Don't Dream Your Life, Live your Dreams

di SlytherinPrincess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Believe In A Thing That Called Love ***
Capitolo 2: *** I Hate You But I Love You ***
Capitolo 3: *** Wuthering Heights… Letterers… I Miss You… ***
Capitolo 4: *** White Roses ***



Capitolo 1
*** I Believe In A Thing That Called Love ***


1

1° Capitolo

 

I Believe In A Thing that Called Love

 

Tre bambine… Ragazzine… Erano sedute all’ombra di un grande salice che con i suoi rami, sembrava voler proteggere le loro pelli alabastrine dai caldi raggi del sole estivo che accarezzava leggero i fili d’erba vergine dell’immenso giardino, il vento soffiava caldo e leggero fra le foglie color giada dell’albero.

 

La maggiore delle tre era distesa a fissare il cielo con sguardo perso; i suoi occhi color pece vacui e inespressivi come il suo volto dai lineamenti forti e aristocratici, contornato dai suoi lunghi capelli corvini, ricci e morbidi, in contrasto con il carattere forte e schietto. Non aveva più di venti anni a quel tempo, bella e rispettosa, talmente diversa dalle due sorelle minori.

 

La seconda delle ragazze aveva all’incirca diciotto anni e era seduta con le spalle al tronco secolare del salice e stava leggendo con voce paziente e dolce una storia alle sorelle; con tenerezza si sistemava i capelli cremisi dietro l’orecchio sinistro per facilitarsi la lettura, piccole e delicate lentiggini  affioravano sul suo nasino dalla curva leggera e sinuosa come il resto del suo volto sempre allegro e sorridente, come i suoi occhi azzurri spensierati e felici, l’esatto contrario della mora che ogni tanto sbuffava annoiata dalla storia sdolcinata che stava leggendo, mentre la minore con il viso rilassato dai lineamenti angelici, appoggiato alla spalla della rossa ascoltava assorta la storia della sorella.

 

La più piccola aveva dei morbidi boccoli, biondo chiarissimo che le scendevano ordinati fino a metà schiena incorniciandole il viso e mettendole in risalto gli occhi color della tempesta, lucenti come due stelle e forti come il suo carattere, tanto in contrasto con il suo aspetto delicato come un fiore primaverile.

 

“Andromeda, finiscila con queste baggianate!” sibilò stanca la maggiore mettendosi a sedere, stufa di quella stupida storia d’amore.

 

“Bellatrix, smettila! Dai, Andy, continua… Mi piace un sacco!” replicò la minore, supplicando Andromeda.

 

“Narcissa, per oggi basta leggere, va bene?” sussurrò dolce la rossa chiudendo il grosso libro che teneva fra le mani.

 

“Uffa! Bella sei una rompiscatole!”  sibilò arrabbiata la bionda incrociando stizzita le esili braccia sotto il seno.

 

“Smettila, Cissy, sono tutte cavolate, l’amore non esiste!” sibilò contrariata la mora guardando con cattiveria la rossa.

 

“Bellatrix, finiscila, lasciale credere in quel che vuole!” affermò contrariata Andromeda fulminando con lo sguardo la maggiore; sembravano identiche, in quel momento, se Andy non avesse avuto occhi e capelli di un colore diverso di Bella sarebbero potute benissimo essere scambiate per gemelle.

 

“Non è più una bambina, Andromeda, ormai ha sedici anni è il momento che smetta di sognare! L’amore non esiste è solo un contratto stipulato per mantenere il sangue puro!” sibilò acida la donna, ghignando alla faccia stordita della rossa.

 

“Non è vero! Smettila, l’amore esiste, Bella, solo perché tu devi sposare Rodolphus non vuol dire che non lo devi amare!” sussurrò con voce tagliente Andromeda.

 

“Sciocchezze! E poi chi sarebbe il tuo innamorato, eh Andromeda? Perché se parli così ci deve essere qualcuno!” affermò con cattiveria la mora alla mezzana, sapendo che non aveva mai avuto un uomo e i suoi genitori faticavano a trovargliene uno per colpa del suo carattere ribelle, si stupì molto nel notare il rossore virgineo accenderle le candide e immacolate guance, mentre ella annuiva silenziosamente.

 

“Che bello, Andy! Chi è voglio sapere tutto!” strillò eccitata la più piccola ignorando lo sguardo confuso della maggiore, la rossa abbasso lo sguardo accoccolandosi le ginocchia al petto, immergendovi il volto completamente rosso.

 

“Sì, Andy, sputa il rospo…” disse malefica la mora avvicinandosi alle sorelline come un avvoltoio.

 

“I-Io… Beh, ecco…” balbettò Andromeda, di solito era molto sicura di sé, e fredda come tutti i Black, ma di fronte alla sua famiglia diventava un agnellino.

 

“Sei una bugiarda, Andromeda!” affermò scandendo con cattiveria le parole, Bellatrix.

 

“Non è vero, ma so che lui non vi piacerà…” sussurrò più a sé stessa che a altri.

 

“Andy, ti prego!” disse la minore con aria angelica.

 

“E’… E’… Ted… Ted Tonks…” disse con voce flebile, quasi in udibile.

 

“Cosa!” urlò la mora facendo spaventare le sorelline.

 

“Mah, Andromeda, è un Mezzosangue!” constatò la biondina allontanandosi come scottata dalla sorella.

 

“Io… Io lo amo!” affermò la rossa con convinzione.

 

Bellatrix si alzò di scatto e iniziò a ridere gelidamente.

 

“Ah sì? Povera piccola, stupida sognatrice! Chi sa cosa ne penseranno nostra madre e nostro padre per non parlare dei parenti!” sibilò cattiva ghignando con aria di superiorità.

 

“Non gli devi dire niente! Lo devo fare io!” urlò la rossa alzandosi anche lei per arrivare all’altezza della mora.

 

“Troppo tardi… Traditrice!” affermò Bella tirandole un poderoso schiaffo sul tenero volto, mentre calde lacrime cercavano di scendere dai suoi bellissimi occhi, ma celate per orgoglio; Andromeda cadde come un sacco di farina, inerme e senza vita al suolo mentre la mora iniziava a correre verso la villa dei Black.

 

La minore delle tre si avvicinò a Andromeda accarezzandole il volto; i suoi occhi erano vuoti e spaventati, spenti della gioia che l’avevano sempre accompagnata.

 

“Andy… Non fare così… Vedrai che tutto si sistema, Bellatrix è solo gelosa vedrai che non lo dirà ver…” cercò di consolarla senza successo; un urlo disumano ruppe l’austero silenzio della villa.

 

Andromeda guardo la sorellina e le sorrise tristemente.

 

“Tesoro, dovrai leggere da sola la fine del nostro libro d’amore…” Le sussurrò abbracciandola, per poi sfiorarle la fronte con un candido e dolce bacio, carico di mille parole che mai sarebbero dette e mai erano lo erano state.

 

“Andy, non…” singhiozzò la ragazzina, cercando di trattenere la maggiore.

 

“No, Cissy, io devo andare… Non dimenticare l’amore, non dimenticarmi…” disse la rossa divincolandosi dal tenero abbraccio della sedicenne per scappare oltre i confini del giardino di Black’s Manor, lontana dalla famiglia, lontana dai pregiudizi… Libera d’amare… (CONTINUA...)

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Capitolo 2
*** I Hate You But I Love You ***


2

2° Capitolo

 

I Hate You But I Love You

 

Erano passati due anni da quel giorno e in casa Black era vietato pronunciare il nome della secondogenito. Nessuno si preoccupava più per lei; tutti si erano dimenticati di Andromeda, e un libro vecchio e rovinato giaceva sotto il grande letto a baldacchino di una ragazza di circa diciotto anni dai lunghi capelli biondi e il viso angelico, si stava preparando con minuzia e cura, quel giorno, era il matrimonio della sorella maggiore e tutto doveva essere impeccabile, lei doveva essere impeccabile o Bellatrix e sua madre non glielo avrebbero perdonato.

 

Narcissa si guardò allo specchio, sì poteva andare, i capelli raccolti in uno chignon leggerissimo che lasciava libere alcune dolci ciocche sulle sue spalle nude e perfette come lei; il vestito verde pallido le scendeva leggiadro sulla sua figura elegante e fragile di una donna dell’alta società, non volgare o appariscente come quella della sorella, semplice e genuina; ghignò divertita era bella e lo sapeva, molti uomini erano andati dai suoi genitori a chiedere la sua mano, erano tutti sotto “giudizio” del padre. Si truccò leggermente e si specchiò con più interesse di prima sciogliendo il ghigno di auto derisione: chi voleva prendere in giro? Sì, era bella ma non le importava niente… Si sentiva incompleta e sola… La donna si voltò e guardò l’orologio con disinteresse, era in anticipo di dieci minuti, sospirò più rilassata e si sedette sul letto tirando fuori da sotto di esso il libro di Andromeda; se lo strinse al petto come tutte le volte che si sentiva sola, chi sa cosa stava facendo… Chi sa se era felice, almeno lei… Sentì gli occhi riempirsi di lacrime di nuovo; le ricacciò indietro con rabbia nascondendo il tomo sotto il letto e uscì velocemente dalla stanza.

 

*****

 

Una donna sui vent’anni dai lunghi capelli castani stava preparando il pranzo della domenica, febbrilmente, nella sua piccola cucina di un appartamento fuori Londra; con rabbia tagliava la verdura e metteva sul fuoco l’acqua per bollire il primo.

 

Con un colpo di bacchetta apparecchiò la tavola per lei e suo marito, per terra giaceva un giornale dalle figure animate che, con cura cercava di ignorare, ma inutilmente; si arrese e lo prese fra le mani affusolate e raffinate, dal fascino delicato e misterioso, pericoloso… La strega si sedette in una sedia aspettando che l’acqua fosse pronta e iniziò a leggere a malavoglia il giornale. Sentì le lacrime pizzicarle negli occhi azzurri e maturi, da donna, nonostante la sua giovane età.  Le mancò il respiro nel leggere i caratteri cubitali della prima pagina…

 

Grande matrimonio per la famiglia Black:

 

La primogenito di questa importante famiglia, oggi alle 15.30 convolerà a nozze con il figlio maggiore della famiglia Lestrange

 

I dettagli a pagina 7…

 

Andromeda si alzò pallida e con le lacrime agli occhi e gettò il giornale nel camino acceso; lo guardò prendere fuoco lentamente, mentre lacrime silenziose le scendevano sul volto, si passò una mano sul ventre arrotondato, sorrise fra le lacrime mentre tornava a preparare il pranzo per il suo Ted; non aveva bisogno di quella famiglia, falsa dagli ideali sporchi in contrasto con il loro sangue puro; inutile sangue, inutile dinastia… Inutile… Inutile pensare che stesse bene anche senza di loro: gli mancavano, ma lei aveva fatto una scelta e non voleva tornare indietro, amava Ted e il figlio che tanto pazientemente portava in grembo da sei mesi. Sì, poteva essere felice lo stesso… Inutile crederlo…

 

 

*****

 

Alla cerimonia furono invitati i maghi più importanti del interno mondo magico. Bellatrix e Rodolphus si sposarono nella villa dei Lestrange che era stata addobbata a dovere dalle madri dei due futuri sposi, i preparativi erano durati mesi e il risultato era da togliere il fiato.

 

Bellatrix nel suo abito candido sembrava un angelo maledetto, i suoi capelli ricci raccolti in una complicata pettinatura impreziosita da piccole perle e candidi nastri, odiati dalla sposa, ma adorati dalla madre che l’aveva costretta a indossarli. La donna procedeva con lentezza lungo la navata della cappella adiacente alla villa, accompagnata dal padre. Lo sposo era in piedi dinnanzi all’altare, bello e dannato, i capelli bronzei precisi e ben pettinati, stupendo nel suo smoking confezionato su misura per lui, guardava la sposa avanzare con aria di sufficienza, quasi annoiato.

 

Quando la maggiore delle Black arrivò dinnanzi al fidanzato gli ghigno a mo’ di sfida, lui ricambiò con uno sguardo truce e freddo.

 

Non si odiavano ma neanche si amavano, si trovavano indifferenti, ma Rodolphus dovette ammettere che, Bellatrix era davvero bella…

 

Il sole era alto nel cielo filtrava dalle finestre della cappella e accarezzava leggero le austere e infelici figure degli sposi nel momento in cui si scambiarono i voti nuziali tra gli applausi di  tutti.

 

Narcissa era alla destra della sorella, le faceva da damigella e da testimone, li guardò con uno sguardo quasi schifato, come potevano sposarsi se non provavano niente?

 

La cerimonia finì e tutti si diressero nel giardino appositamente preparato per ospitare tutti gli invitati ricorsi per quel matrimonio. Una moltitudine di tavoli imbanditi e imbellettati erano disposti in cerchio ai lati di una pista da ballo, quando tutti ebbero preso posto una musica lenta e dolce iniziò a suonare per magia.

 

A malavoglia i due neosposi aprirono le danze, volteggiando leggiadri nel centro della pista.

Pochi attimi e molte altre coppie li raggiunsero, mente la signora Black e Lestrange si sorridevano compiaciute.

 

“Beh, mia cara adesso manca solo Narcissa…” affermò la signora Lestrange sorridendo alla ragazza che era di fianco alla madre.

 

“Sì, ma sai, ha già molti pretendenti…” replicò Durella fiera della figlia minore, la quale sorrise leggermente alla madre del cognato.

 

“Narcissa cara, quanti anni hai adesso?” chiese la donna.

 

“Diciotto”  replicò svogliatamente la ragazze fissando le coppie che danzavano.

 

“Sai, cara Durella, mio figlio Rabastan ha più o meno la sua età…” disse vaga la neo suocera.

 

“Non penso che a mia figlia le interessi…” sibilò cattiva Durella.

 

Narcissa scosse la testa e si diresse lontano dalle due donne, andando a sedersi al suo tavolo continuando a fissare svogliatamente gli invitati ballare e ridere felici. La sua attenzione fu attirata da un gruppo di ragazzi che riconobbe come dei suoi vecchi compagni di scuola, si alzò per andare a salutarli e con passo leggero, molto simile a quello di una cerbiatta impaurita si diresse verso il gruppo di ragazzi, ma fu bloccata da il fratello di Rodolphus che le sorrideva gentilmente. La donna lo guardò con sufficienza molto simile a come, in precedenza Bellatrix aveva guardato Rodolphus.

 

“Ciao, Narcissa, sei bella questa sera…” le disse

 

Lei lo guadò dall’alto in basso annoiata; Rabastan era molto simile al fratello l’unica differenza era che il minore aveva un aria ingenua e stranamente gentile.

 

“Ciao…” affermò seccata.

 

“Ti va di ballare?” chiese spavaldo, sicuro di una risposta positiva.

 

La minore delle Black lo guardò con cattiveria, pronta a rispondere con malignità quando un uomo dai capelli biondissimi e un aria nobile e fredda come i suoi occhi colore dell’acciaio fuso li interruppe.

 

“Buona sera, Rabastan, Narcissa… Mi dispiace deluderti, caro amico ma la signorina deve ballare prima con me…” disse ghignando. Narcissa rimase interdetta per qualche secondo, era cambiato in quasi tre anni che non lo vedeva, ma la sua voce, vellutata e agghiacciante allo stesso tempo non l’avrebbe mai dimenticata: Lucius Malfoy era dinnanzi a lei, in tutta la sua bellezza dannata e la sua eleganza.

 

Rabastan fulminò l’uomo, ma saggiamente decise di farsi da parte, mai mettere i bastoni fra le ruote a un Malfoy… 

 

Narcissa guardò malissimo Lucius, non l’aveva mai sopportato troppo spavaldo; si credeva il padrone del mondo, a scuola tutte le ragazzine gli cadevano ai piedi, bastava che le guardasse… tutte tranne lei, e ne era felice, molto, lei non era stata e mai sarebbe stata una sua pedina, un suo oggetto… No, lei era Narcissa Black e lei non poteva essere una persona qualunque.

 

“Allora, balliamo?” disse con un tono che non ammetteva un no come risposta.

 

“Puoi benissimo scordartelo, Malfoy…” affermò fiera la ragazza immergendo i suoi occhi mercurio in quelli d’acciaio di lui.

 

“Non penso proprio…” replicò lui sorridendole.

 

“Ho detto di no, e ora, me ne vado” ribadì la donna dando le spalle al giovane Malfoy, il quale iniziò a ridere mentre lei, rossa in volto per la rabbia si dirigeva il più lontano da quel ragazzo che tanto aveva odiato ai tempi di scuola.

 

Con passo incerto Narcissa arrivò fino al cancello della enorme villa, con il fiato corto e il cuore che le batteva a mille si appoggiò al muro portante della casa e chiuse gli occhi; perché le aveva fatto quell’effetto? L’aveva sempre odiato e adesso?

 

“Eh no, Black, non devi scappare!” sussurrò malevolo Lucius apparendo davanti a lei facendola sobbalzare.

 

“Cosa vuoi? Perché non te ne vai? Voglio stare da sola!” urlò stizzita la donna.

 

“Ma è impossibile… Una tale bellezza non può rimanere a lungo sola…” disse con voce roca avvicinandosi ancora di più alla ragazza la quale lo fulminò con lo sguardo.

 

“Stammi lontano, io ti odio!” sibilò cattiva la ragazza mentre i suoi occhi lo stavano scrutando con cattiveria.

 

“No che non mi odi, Black, non dire baggianate…” esclamò l’uomo sorridendole dolcemente.

 

“Oh sì invece che ti odio, ti odio perché sei un bastardo, perché fai soffrire tutte le persone a te intorno, ti odio perché ti credi di essere il padrone del mondo e invece non sei nessuno se non un ragazzino viziato!” disse con voce tagliente la bionda ghignando cattiva.

 

“Oh no, Narcissa, tu non mi odi, puoi mentire a te stessa, ma i tuoi occhi non possono mentire…” le sussurrò avvicinandosi ancora di più.

 

“No, io… Io… Ti odio!” sibilò lei, facendo per andarsene, ma Lucius la prese per un braccio e se la portò vicino, Narcissa poteva sentire il respiro caldo e regolare dell’uomo sul suo volto.

                                                                                                     

“Narcissa, tu mi piaci da una vita, da quando eri una bambina tutt’ossa, mi piace il tuo carattere, mi piaci tu… Le altre le usavo solo per attirare la tua attenzione… Sono un idiota e lo devo riconoscere ma amami… Ti prego, ne ho bisogno, ho bisogno di te…” le disse in un sussurro sulle labbra simili a delicati petali di rosa, rosse e morbide… Invitanti e peccaminose…

 

“Io ti odio…” replicò con voce vellutata la ragazza, poco convinta di quel che stava dicendo.

 

“Narcissa, per una sera, una soltanto, amami, e poi domani torna a odiarmi con tutta te stessa ma sappi che io ti amerò per sempre e ti aspetterò dovessero passare mille anni…” affermò lui con voce dolce.

 

La donna spalancò gli occhi sorpresa e si passò la punta della lingua sulle labbra carnose, facendo così scattare qualcosa nel ragazzo dinanzi a lei che annullò le distanze fra loro, da prima sfiorando leggermente le labbra della ragazza invitandole dolcemente a schiudersi come un bocciolo di rosa in fiore, chiedendo il permesso di danzare con lui una danza proibita e perfetta, secolare quanto pericolosa… Narcissa da prima restia a rispondere cedette come una bambola di porcellana alle suppliche del giovane, tanto bramato da ragazzina, ma troppo orgogliosa per ammetterlo…

 

Quando si allontanarono, bisognosi di aria Narcissa guardò il ragazzo davanti a sé e… Gli tirò un ceffone in pieno volto, iniziando a ridere davanti alla faccia sconcertata di lui, evidentemente non se lo aspettava…

 

“Senti un po’, Malfoy, non ti ho dato il permesso di baciarmi! Mai… Mai fare a una Black ciò che non vuole! Né pagherai amare conseguenze!” sibilò con finta dolcezza la donna avviandosi verso il ricevimento a testa alta, fiera e elegante come sempre… Come una Black…

 

*****

Bellatrix era seduta composta al suo tavolo con il neosposo di fianco, con fare annoiato fissava tutte quelle persone sparlare e ridere. Odiava le feste… Odiava le persone felici, che cosa c’è da essere felici in un mondo come il loro? Sospirò sonoramente e si voltò a studiare il marito; era davvero un bel uomo doveva ammetterlo a sé stessa, ma non lo conosceva molto per poter giudicare più affondo, a scuola si parlavano a mala pena e adesso erano sposati… Gettò distrattamente lo sguardo sopra la sua fede e le sue parole dure nei confronti di Andromeda le risuonarono nella mente come un martello… L’amore non esiste è solo un contratto stipulato per mantenere il sangue puro ma lei ci credeva veramente? O era solo un idea inculcata a forza dai suoi genitori? Arrossì leggermente nell’incontrare lo sguardo pervinca del marito, certo che ci credeva… Era solo un contratto… Vero?

 

“Bellatrix, c’è qualcosa che non va?” chiese Rodolphus con la sua voce soave e calda prendendo una mano affusolata della moglie.

 

“No, non essere sciocco!” sibilò lei ritraendo la mano come se ne fosse stata scottata; il cuore al tocco del marito, aveva incominciato a batterle all’impazzata e non accennava a voler smettere, cosa era quella sensazione strana che le stava inondano l’anima?

 

Sospirò ancora una volta doveva smetterla di comportarsi come se fosse Narcissa o Andromeda, lei era più forte… Lei era immune a quel sentimento che faceva piangere le donne e faceva rammollire gli uomini… Stupido sentimento romanzato, l’amore… Una stupidaggine inventata dai poeti per fare rima con cuore e dagli scrittori per narrare di un sentimento devastante quanto inutile, come la compassione o la dolcezza… Lei era vissuta nell’indifferenza totale, cresciuta in un mondo austero e privo di sogni eppure era viva… Ma era sul serio viva o esisteva e basta? Lei chi era in realtà? Chiuse gli occhi e si vide… Una bimba sola che chiama la mamma dalle segrete dove è stata rinchiusa perché era stata cattiva… E piangeva… No! Quella non era lei! Lei non piangeva, lei non rideva di felicità… Lei non amava… Lei era Bellatrix Black in Lestrange… Per lei non c’era posto per l’amore e compassione…  

 

My Space

 

Grazie tante  a tt quelli che hanno letto il primo capitolo e sopratutto a baci e abbracci, per la recensione e - Lily261
 Lily_Snape per avere e aggiunto la Ff tra i preferiti^_^ Mi lasciate un commento?XD Non mordoLolXD

 

Kiss A presto Debby

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Capitolo 3
*** Wuthering Heights… Letterers… I Miss You… ***


Erano passati tre mesi dal matrimonio di Bellatrix e la minore dei Black si trovava sotto il salice tanto amato da bambina a leggere

Erano passati tre mesi dal matrimonio di Bellatrix e la minore dei Black si trovava sotto il salice tanto amato da bambina a leggere il suo libro preferito Wuthering Heights*, il libro lasciatole da Andromeda quasi tre anni prima, ormai logoro e pieno di pieghe ai bordi delle pagine per segnare le parti migliori. Alzò lo sguardo color tempesta verso il cielo limpido e sospirò mestamente, mentre si mandava dietro l’orecchio sinistro delle ciocche ribelli dei suoi capelli lunari.

 

“Narcissa! Vieni in casa, per favore, ci sono ospiti…” disse la madre della ragazza, apparendole davanti, spaventandola.

 

“Madre! Mi avete spaventata!” affermò la ragazza premendosi una mano sul petto, per cercare di regolarizzare il battito cardiaco.

 

“Sciocchezze, muoviti, e comportati bene, mi raccomando… Devi fare buona figura!” rispose Durella dando le spalle alla figlia, incominciando a incamminandosi verso l’austera villa.

 

Narcissa alzò gli occhi al cielo, rassegnata e seguì la madre, con passo elegante.

 

Entrarono nell’immenso salotto, finemente arredato; i mobili antichi, risalenti a secoli prima, alcuni quadri di natura morta e ritratti di famiglia erano appesi ai muri verde scuro, inquietante mentre alcune armature medievali erano poste agli angoli della stanza. Sopra l’imponente camino di marmo scuro vi era un enorme ritratto di famiglia dove tre bambine, una diversa dall’altra erano sedute elegantemente vicino alla madre e al padre posto dietro la poltrona rosso sangue della moglie. Su uno dei due divani erano seduti i due ospiti.

 

L’uomo aveva dei lunghi capelli biondo chiaro, che erano tenuti fermi in una coda bassa aveva dei lineamenti freddi e spigolosi, molto in contrasto con i suoi occhi castano scuro, molto caldi e profondi. Mentre la moglie aveva i capelli molto scuri, quasi come la pece, e degli occhi grigi, sgargianti e espressivi che sembravano monitorare ogni minimo movimento del padrone di casa, seduto dinanzi alla coppia. Cygnus Black era regalmente seduto nella sua poltrona bordeaux studiava gli ospiti con aria di superiorità sorrise nel vedere entrare la moglie e la figlia minore con passo deciso e raffinato, come solo un Black poteva avere.

 

Narcissa sorrise amabilmente al padre, chinando la testa in segno di rispetto.

 

“Padre” disse con voce dolce mentre il signor Black faceva segno alla moglie e alla figlia di sedersi sull’altro divano, vicino alla coppia.

 

La ragazza fissò i due cognugi, confusa, le sembravano famigliari, alcuni tratti del loro volti li aveva già visti… Ma non si ricordava dove…

 

“Vostro figlio quando pensa di arrivare?” domandò acido Cygnus ghignando cattivo nella direzione dei due ospiti.

 

“Presto…” replicò con nonchalance l’uomo mentre la moglie continuava a fissarlo con il suo sguardo freddo e calcolatore.

 

Il padrone di casa fece per replicare con una delle sue battute acide, quando la porta del salotto si aprì rivelando la figura di un ragazzo alto e dinoccolato, dai lunghi capelli biondi e gli occhi color dell’acciaio. Narcissa sobbalzò sorpresa nel vederlo in casa sua… Un brutto presentimento le attraversò la mente, come un fulmine a ciel sereno.

 

“Buona sera… Scusate il ritardo…” disse il ragazzo con la sua voce melliflua.

 

“Siediti, Lucius…” disse il signor Malfoy al figlio, il quale annuì e si diresse verso il divano, sedendosi.

 

“Bene… Ho ascoltato tutte le proposte rivolte a mia figlia e la vostra, Abraxas, è forse la migliore… Quindi, possiamo dire che molto presto saremo parenti…” disse il padrone di casa sorridendo apertamente ai cognugi Malfoy.

 

Narcissa sbiancò nell’istante stesso che quelle parole furono pronunciate. Forse non aveva capito bene… Lei e Lucius Malfoy? No, era impossibile…

 

“Padre… Non penso di aver sentito bene…” affermò la ragazza con voce flebile.

 

“Narcissa, non essere sciocca, certo che hai capito; Entro due anni sposerai Lucius Malfoy, che diamine, ti credevo intelligente!” disse arrogante Cygnus.

 

Ecco quando il mondo ti crolla a dosso…

 

Narcissa strinse i pugni conficcandosi le unghie nel palmo della mano, mentre si mordeva le labbra per non replicare, il cuore le si era fermato; si era sentita morire, come poteva lei, fiera, orgogliosa…. Una Black sposare un mostro come quel ragazzo dalla pelle diafana e gli occhi color tempesta? Un angelo tentatore che aveva trascinato fra le sue grinfie tutte le sue amiche e le aveva fatto soffrire… E lei, l’unica che non aveva avuto, sarebbe stata costretta a sposarlo?

 

La ragazza chiuse gli occhi rimanendo immobile e impassibile, le parole dei suoi genitori e dei cognugi Malfoy le scivolavano a dosso come fosse protetta da un muro invisibile che non le faceva udire niente… Non voleva ascoltare… non voleva essere lì… Non voleva quell’uomo come marito… Non voleva…. Voleva Andromeda…

 

“Narcissa, cara, non ti senti bene?” domandò Durella prendendo una mando della figlia, facendola tornare alla dura realtà: lei avrebbe sposato Lucius Malfoy…

 

“No, madre… Ho bisogno di un po’ d’aria…” disse quasi in un sussurro, aprendo gli occhi argentei.

 

“Vai, tesoro, esci un po’, tanto qua parleremo d’affari…” disse la donna accarezzando dolcemente la testa della figlia.

 

“Con permesso, signori Malfoy…” affermò la ragazza alzandosi con grazia divina dal divano.

 

“Lucius, accompagnala!” replicò freddo Abraxas, il ragazzo annuì silenziosamente avvicinandosi alla giovane appoggiandole una mano sulla schiena facendo una lieve pressione per farla camminare.

 

“So camminare da sola!” sibilò lei allontanandosi con un gesto stizzito.

 

“Narcissa!” la rimproverò suo padre.

 

“Scusi…” disse lei a denti stretti per la rabbia, mentre cercava di rallentare il battito del suo cuore; perché quando la sfiorava le succedeva sempre così?

 

Con eleganza i due ragazzi uscirono dal salotto andando verso il giardino.

 

Raggiunsero il salice dell’infanzia di Narcissa in completo silenzio.

 

La ragazza appoggiò una mano sul tronco secolare dell’albero mentre il giovane la studiava rapito.

 

Amava il suo modo di muoversi, elegante e aggraziato, come una gazzella, delicata e determinata al tempo stesso. Una regina, ecco cosa era quella ragazzina. Anche da bambina era davvero bella, ma crescendo era diventata stupenda, un fiore raro e prezioso, da custodire con gelosia, un fiore che tutti gli avrebbero invidiato…

 

L’uomo ghignò, sì tutti l’avrebbero invidiato… Lei adesso era sua… Sua e soltanto sua, e lei non avrebbe potuto ribellarsi…

 

Narcissa si voltò stizzita, odiava sentirsi osservata… Odiava lui e il suo stupido ego… Odiava il suo essere prepotente e sospettoso… Odiava o amava? Non lo capiva più…  Perché era così terribilmente difficile capirlo? Eppure aveva sempre detto che non ci sarebbe caduta… Ma allora perché tremava quando incontrava i suoi occhi adamantini? Perché si sentiva ancora una bambina ingenua e indifesa quando la sfiorava? Perché quel maledetto giorno aveva risposto con tanta passione al suo bacio tentatore? Perché lui ormai popolava i suoi sogni più romantici? Perché desiderava immergere le sue mani fra i suoi serici capelli? Perché tutte quelle domande e così poche risposte?

 

“Cosa hai da guardare?!” sibilò cattiva la ragazza fulminandolo con lo sguardo.

 

“Guardo te… Narcissa sai che stai diventando stupenda?” sussurrò con fare tentatore il ragazzo, avvicinandosi a lei.     

 

“Non mi incanti!”

 

“Non ti incanto cosa? Non ti voglio incantare… Ti voglio amare…”

 

“Scordatelo!” disse a denti stretti per la rabbia, la ragazza.

 

“Tanto prima o poi cadrai ai miei piedi, principessina…” sibilò fra il malizioso e l’arrogante.

 

“Ma come ti permetti!” disse stizzita la ragazza alzando una mano per tirare un ceffone al ragazzo il quale la bloccò prendendola per il polso, facendole abbassare la mano con rabbia.

 

“Non ci provare mai più… Una volta può andare, ma adesso sei la mia fidanzata e non tollero un simile comportamento!” concluse lui lasciandole andare il braccio arrossato dalla forza della mano del ragazzo.

 

“Mi hai fatto male!” urlò lei tirandogli uno spintone, facendolo spostare per tornare in casa.

 

*****

 

“Casa dolce casa!” disse un uomo dai capelli castano scuro e gli occhi color miele, con il viso dai lineamenti dolci e buoni e un sorriso raggiante mentre appoggiava una grande valigia rosso scuro nell’ingesso della casa, inciampando su di essa, cadendo quasi a terra.

 

“Ted! Per l’amor del cielo, sta attento!” disse la moglie entrando dalla porta con in braccio la figlia nata da pochi giorni.

 

“Scusa, Andy…” rispose lui alzandosi in piedi, dandole un bacio sulla fronte.

 

Lei sospirò rassegnata; era inutile, imbranato era e imbranato sarebbe rimasto… Ma era anche per quello che lo adorava. Sorrise andando in salotto; era felice, aveva la sua famiglia… Famiglia… Chi sa cosa stava succedendo al Manor dove era cresciuta… Sapeva tanto poco.

 

Bella si era sposata da tre mesi e della sorellina minore non sapeva più niente… Chi sa se il destino era stato gentile con quella creaturina dolce e sensibile che era sua sorella. Un senso di vuoto la pervase facendola rabbrividire impercettibilmente.

 

“Andromenda… Che succede?!” domandò Ted abbracciando la mogli e accarezzando la testolina dai capelli viola della figlia.

“Niente, è solo…”

 

“E’ solo cosa?”

 

“Chi sa che succede nella mia famiglia… Non so più niente… Oh, Ted, mi mancano così tanto le mie sorelle!” disse lei iniziando a singhiozzare.

 

“Ehi… Io… Tesoro, ti prego… Non fare così! Tutto si risolverà! Promesso!” affermò lui prendendole di braccio la figlia, mettendola nel suo lettino vicino al divano, per poi stringere a sé la donna, la quale affondò il viso nel petto del marito in cerca di conforto.

 

La bimba nel lettino iniziò a piangere, contrariata di così poca attenzione, facendo sorridere i genitori.

 

“Ah, Ninfadora, come sei egocentrica!” disse Ted ridendo, prendendo in braccio la sua stella.

 

Andromeda sorrise fra le lacrime andando a sedersi sul divano, reclinando indietro la testa, sospirando mestamente, in fondo poteva benissimo andare avanti senza di loro… Aveva passato quasi tre anni senza la sua famiglia e era sempre stata felice… Perché ricominciare a piangere proprio adesso? Chiuse gli occhi ascoltando il marito che diceva tante parole dolci alla figlia che teneva fra le possenti braccia.

 

Il ticchettio di un gufo alla finestra le fece aprire di nuovo gli occhi; rimase interdetta per qualche secondo riconoscendo il candido gufo della sorella minore. Si alzò di scatto dal divano e in pochissimi attimi fu alla finestra, facendo entrare il gufo nel piccolo salotto, quale fece un piccolo giro attorno alla stanza andando a posarsi con grazia sulla spalliera del divano, porgendole la zampetta con aria solenne, scrutandola con i suoi occhi d’ambrosia colata. La donna rimase immobile per alcuni secondi, fino a che non decise di muoversi e prendere la lettera con sopra lo stemma dei Black e scritto a chiare lettere il motto della sua nobile e potente casata: Toujours Pur… Sorrise di scherno nel leggere quelle parole, per lei erano ormai senza senso… Prese la lettera e se la rigirò fra le mani affusolate e aristocratiche, guardò il marito che la stava studiando con aria interrogativa, le sorrise e, con la figlia fra le braccia la lasciò sola con i fantasmi del suo passato…

 

Con insicurezza aprì la lettera e prese un bel respiro e iniziò a leggere nella scrittura ordinata e delicata della sorellina.

 

Cara Andromeda,

 

Sono passati ormai tre anni da quel orrendo giorno in cui ci hai lasciate…

 

Mi manchi, nostra madre e nostro padre sono cambiati da quando te ne sei andata…

 

Ma non ti voglio parlare di loro… E’ anche per colpa dei nostri genitori che te ne sei andata…

 

Sicuramente ti stai chiedendo perché adesso e non prima… Orgoglio? No, solo una stupida e infondata paura che qualcuno potesse scoprirmi, ma ormai non mi interessa più… Andromeda mi potrai mai perdonare?

 

Ti ho lasciato andare senza combattere… Senza di te tutto è strano, diverso… Piatto, mi manca la tua schiettezza e la tua determinazione, mi manchi tu, mia sorella, quella ragazza meravigliosa che mi faceva sognare e innamorare dei suoi libri…

 

Andromeda, tu sai amare…

 

Sei l’unica in questa famiglia che ha avuto il coraggio di prendere una decisione dolorosa quanto sensata… Ti prego, insegnami a essere forte come te, perché non so quanto posso resistere… Nostro padre mi ha combinato un matrimonio, come per Bellatrix… Con Lucius Malfoy… Lo sai anche tu quanto non lo sopporto, usa tutte le persone, le inaridisce della vita e le getta via come una pezza da scarpe usata…

 

Allora perché mi fa questo effetto? Perché quando mi è vicino mi gira la testa, perché quanto mi sfiora anche per sbaglio mi sento tremare e il cuore va a mille? Perché lui, mi fa questo? Perché popola i miei sogni più proibiti? Andromeda, ho paura… Che strana magia mi ha scagliato contro? Cosa mi succede? Perché mi sento volare quando è con me e perché mi sento morire quando è lontano?

 

Quando né ho parlato con Bellatrix, lei mi ha preso in giro, dicendomi che sono ancora una bambina che sogna e che potrebbe rimanere scottata, ma scottata da cosa? Sono confusa, spero che, almeno tu non ti prendo gioco di me e che mi puoi dare le risposte che cerco…

 

Mi manchi, e spero che mi risponderai, anche se ti capirò se non mi rivolgerai più parola…

 

Sappi, però, che io non ti ho mai dimenticato, hai un posto speciale nel mio cuore, da dove nessuno potrà strapparti via…

 

Con affetto,

 

Tua sorella,

 

Narcissa Black

 

Con le lacrime agli occhi la donna si strinse al petto la lettera, come poteva non perdonarla? Era sempre sua sorella, la sua bambina, la sua Narcissa… Prese carta e penna e iniziò a risponderle, sapeva benissimo cosa le stava succedendo e sapeva che anche lei l’aveva intuito, sorrise fra le lacrime, iniziando, con mano tramante dall’emozione a scrivere.

 

Cara Narcissa,

 

Già, sono passati tre anni…

 

Ho saputo di Bellatrix, povero Rodolphus, in che guai si è andato a cacciare! Se sono cambiati, i nostri genitori, spero per te in meglio…

 

Ho tanto sperato, che almeno tu mi scrivessi…

 

Anch’io sono cambiata, mi sono tinta i capelli, non sono più rossi, adesso sono castani, non scuri come quelli di Bellatrix o di nostra madre, ne biondo ramati come quelli di nostro padre, unici, diversi…

 

Volevo tagliare i ponti con la mia vita passata… Ma è stato tutto inutile, mi manchi anche tu, sorellina, vorrei tanto poterti riabbracciare…

 

La mia piccola, chi sa quanto sei cresciuta…

 

Narcissa, non sono forte, sono una ragazza, una donna, ormai una madre, piena di insicurezze e paure… Ma ho fatto solo ciò in cui credevo, io credo nell’amore… Credo in mio marito, e in mia figlia… La speranza è la mia forza…

 

Ti dovrai sposare con Lucius? Ma penso che non ti dispiaccia, in fondo sai anche tu perché ti succede a quel modo quando lo vedi… Narcissa, guarda nel profondo del tuo cuore, sorellina, sei innamorata di lui e non lo vuoi ammettere… Non ti ha incantato con nessuna magia… E’ solo la magia dell’amore…

Non rammenti proprio niente dei miei libri, che tanto amavi? So benissimo, come è Lucius, ma al cuore non si comanda… Forse tu, con la tua determinazione e furbizia lo potrai cambiare… Bellatrix non capisce queste cose, lasciala perdere, la sciocca è lei, non noi che crediamo in qualcosa di così puro e perfetto…

 

Non potrei mai starti lontano, continuerò a parlarti per sempre, sei mia sorella…

Spero di esserti stata utile… Scrivimi presto…

 

Con affetto,

 

Tua sorella,

 

Andromeda Black Tonks.     

 

La donna rilesse la lettera per scrupolo e la legò alla zampetta del candido gufo di Narcissa, aprì la finestra e osservò l’animale volare sicuro verso il tramonto; appoggiò la testa al vetro gelato della finestra e sospirò, più felice di prima, ormai le lacrime erano asciutte sul suo volto e su di esso era ricomparso il sorriso dolce e giovanile che aveva da ragazzina quando giocava con le sorelle nell’immenso giardino di Black’s Manor.

 

* cime tempestose.

 

 

My Space

 

Ehm... Beh grazie a quelle poche persone che hanno letto la mia Ff e a chi l'ha commentata... Comunque, sta volta mi lasciate qualche commentino?XD me si sente scema a continuare una Ff che non legge quasi nex...XD xò per quei pochi continuo sempre se voleteXD LOOL Kiss a presto Debby^_^

 

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Capitolo 4
*** White Roses ***


Bellatrix era seduta sul divano di casa sua e di suo marito e fissava

Bellatrix era seduta sul divano di casa sua e di suo marito e fissava, senza vederlo realmente, un vaso di fiori posto sopra l’elegante camino, scuro, dinnanzi a lei; il suo viso era stranamente rilassato in un sorriso dolce e pacato, che mai nessuno le aveva visto in volto, fra le mani aveva un pezzo di pergamena, ormai rovinato da quante volte lo aveva stretto fra le mani aristocratiche e assassine.

 

La donna si era appena svegliata e non aveva trovato, neanche quella mattina, il marito accanto a lei, non che le importasse particolarmente ma… Perché si sentiva vuota e fragile quando non era con lei? Perché sentiva la sua mancanza tutte le mattine? Perché tutte le sere cedeva a lui e si lasciava andare completamente, dimenticando dove fosse e chi era?

 

In quei mesi aveva sempre pensato che a lui non importasse niente di lei; esattamente come doveva essere… Un contratto… Ma allora perché quella mattina aveva trovato quel biglietto, stranamente dolce… Quasi come se lui fosse innamorato?

 

Bellatrix ghignò, l’amore che stupidaggine… eppure non poteva fare a meno di sorridere a rileggere quelle poche righe scritte di fretta prima di uscire.

 

In questi tre mesi, non sono stato molto presente, me ne dolgo…

 

Ti ho osservato e ho capito che sei una donna forte e speciale, degna di essere una Black, degna di essere una Lestrange; Forte come il nostro sangue puro e immacolato… Combattiamo per la nostra causa, Moglie mia…

 

Le cose presto cambieranno e noi, Purosangue saremo i padroni del mondo e lo epureremo da questi schifosi Mezzosangue e figli di Babbani, indegni di usare un potere tanto perfetto come la magia…

 

A questa sera; ti spiegherò

 

Rodolphus Lestrange.

 

La donna era impaziente, voleva che arrivasse sera il prima possibile per poter parlare con l’uomo per capire meglio quel che aveva accennato nel biglietto che le aveva lasciato sul cuscino.

 

Alzò lo sguardo, era quasi ora di pranzo, sospirò e si diresse verso la sua stanza, per andare a vestirsi.

 

Dopo pranzo, Bellatrix si diresse verso la serra dove aveva fatto portare le sue amate rose; non aveva mai amato niente della vita, se non sé stessa e quei fiori, delicati eppure tanto forti e pericolosi: belli. Con una mano sfiorò l’unica rosa bianca della sua “collezione”, le piaceva proprio perché era l’unica, e perfetta; i suoi petali bianchi e immacolati erano morbidi come la seta più pura e le sue spine ferivano come neanche un coltello avrebbe saputo fare.

 

Si perse a osservare la bellezza di tale fiore, così magnetico, così maledettamente diverso da lei, tanto simile ai suoi genitori, fredda calcolatrice e cinica… Eppure sentiva che dentro qualcosa stava cambiando… Non capiva cosa ma la faceva sentire bene come mai era stata.

 

Ancora una volta sorrise passando tra i suoi amati fiori, sotto l’arcata da lei costruita con tanta pazienza e dedizione, accarezzando ogni singolo fiore per imprimere nella sua mente ogni minimo particolare di essi.

 

“Bellatrix…”

La donna sobbalzò al sentire la voce delicata della sorella minore.

 

“Narcissa… Cosa ci fai qua?” sibilò acida, risvegliandosi dalla pace che aveva trovato quella mattina.

 

“Sono venuta a trovarti…” replicò timidamente la ragazza abbassando lo sguardo.

 

“E perché mai, di grazia? Non dovresti essere con Lucius?” affermò cattiva la padrona di casa allontanandosi con stizza dai fiori, senza fare attenzione, dove andava; calpestando la rosa bianca tanto ammirata prima, notandolo si voltò e fissò per qualche secondo la rosa, schiacciata a terra, inerme e debole… Ghignò, cosa le poteva importare a lei di uno stupido fiore? Anche se l’aveva ammirato, adesso l’aveva ucciso e non provava il minimo rimorso… Fredda e distante anni luce dalla donna che era stata fino a pochi minuti prima, cosa le era successo? Perché era stata così stupida da cedere, da credere in dei fiori? Non era da lei…

 

“Io con un idiota del genere non voglio neanche avere a che fare!” disse stizzita la bionda seguendo la sorella dentro la grande e austera villa Lestrange.

 

 

Bellatrix si sedette sul divano facendo segno alla minore di imitarla.

 

“Vuoi qualcosa da bere?” domandò atona la mora.

 

“No”

 

“Allora cosa ti porta qua, sorellina?” affermò sprezzante, Bellatrix.

 

“Avevo voglia di rivederti, e poi nostra madre chiede quando hai intenzione di darle un nipote” disse Narcissa ghignando, sapeva quanto, Bellatrix odiasse i bambini, non poteva vederli; diceva sempre che erano solo una rottura di scatole e che era inutile metterne al mondo.

 

“Penso mai… Piccoli parassiti!” disse con rabbia la mora stingendo i pungi, conficcandosi quasi le unghie all’interno del palmo della mano.

 

“Come vuoi, riferirò…” rispose la bionda sorridendo maliziosamente.

 

Ci fu un attimo di silenzio nel quale le due sorelle si scrutarono attentamente, l’una alla ricerca della debolezza dell’altra; attaccare per non essere distrutte, era questo che le avevano in segnato fin quando erano piccole: se sei debole verrai ucciso…

 

“Allora, Narcissa, tu quando pensi di sposarti con Lucius?” disse strafottente la mora.

 

“Che il cielo me ne scampi! Spero mai!” replicò esasperata, la strega.

 

Bellatrix sorrise malevolmente, adorava fare arrabbiare la minore, adorava fare arrabbiare chiunque…  

 

“Allora, l’hai sentita?” affermò la padrona di casa, capendo che Narcissa le stava tenendo segreto qualcosa.

 

“Sentita, chi? Non so di cosa stai parlando, Bella” disse evasiva la bionda; non sapeva mentire a Bellatrix che con i suoi occhi color pece, tanto profondi e perversi la mettevano in soggezione; la spaventavano… Bellatrix la spaventava…

 

“Non mentirmi, Cissy, ti sto parlando della traditrice di nostra sorella” replicò fredda la mora.

 

“Io… Sì, Bella…”

 

La mora si alzò dal divano e le diede un poderoso schiaffo sul viso facendo arrossare la candida e tenera guancia della ragazza.

 

“Non lo devi fare! E’ una traditrice, Narcissa Black, vuoi per caso fare morire di crepacuore i nostri genitori?” urlò arrabbiata la padrona di casa.

 

Narcissa si alzò di scatto da dove si trovava, ormai era alta quanto Bellatrix e la poteva benissimo guardare negli occhi; quella volta non si spaventò… Bellatrix era diversa da quando era una ragazzina, ora i suoi occhi erano meno cattivi e Narcissa era veramente arrabbiata con lei…

 

“Non mi devi toccare, Lestrange!” disse con voce pacata e fredda la bionda mostrando il suo lato più combattivo e pericoloso, quel lato che non mostrava mai, ma che sapeva di aver preso da Bellatrix, quella parte di sé che la rendeva una vera Black: orgogliosa e pericolosa.

 

“Perché cosa fai se no? Eh, vai a chiamare la mamma?” replicò strafottente la mora immergendosi nelle iridi tempestose della sorellina.

 

“No, Bella, non sono più una bambina… So difendermi da sola!” disse Narcissa incrociando le braccia sotto il petto.

 

“Certo, una creatura delicata e fragile, sempre difesa da tutti adesso pretende di sapersi difendere… Non dire sciocchezze!”

 

Narcissa stava per replicare quando la porta del salotto si aprì facendo entrare il marito di Bellatrix e una schiera di altri uomini e poche donne e dietro tutti, una figura incappucciata, elegante e algida. La bionda osservò curiosa i nuovi arrivati notando poi il suo futuro marito: Lucius Malfoy.

 

L’uomo la guardò stupito, la futura moglie aveva uno sguardo assassino e gelido, le guance arrossate e i capelli leggermente scomposto come se stesse litigando con Bellatrix la quale li osservava con indifferenza e assoluta calma.

 

“Narcissa, che piacere, averti qua” disse Rodolphus salutando la cognata che sorrise forzatamente.

 

“Sì, ma me ne stavo andando!” replicò fulminando la sorella che ghignò perfida.

 

“Già, non ci siamo trovate molto d’accordo oggi, vero sorellina?” constatò acida la mora.

 

“Infatti, con permesso vostro, io tornerei a casa” disse lei riferendosi al cognato che annuì leggermente.

 

“Ma, non sta bene che tu te ne vada da sola; forse Lucius può accompagnarti…” disse lui facendo segno all’amico di andare con la futura moglie.

 

“Posso andare benissimo da sola!” replicò lei infervorandosi.

 

“Narcissa, non essere sciocca, ti accompagno a casa.” Disse con falsa gentilezza il biondo prendendola per un braccio tirandola delicatamente verso la porta d’ingresso.

 

“Non c’è bisogno, e poi so camminare da sola; Malfoy!” affermò lei strattonando con rabbia il braccio per allontanasi da lui, facendo ridere tutti i presenti; Lucius Malfoy messo a posto da una donna, una ragazzina…

 

“No, io ti accompagno!”

 

“Fai come ti pare, addio Bellatrix, Rodolphus…” disse lei prima di sparire dietro la porta del salotto.

 

Lucius fece per seguirla quando la figura incappucciata richiamò la sua attenzione.

 

“Lucius, ha scelto proprio una moglie davvero graziosa… Ti metterà i piedi in testa, prima o poi…” sibilò con voce fredda e bassa a modo di scherno.

 

“Per questo sarà divertente sottometterla…” replicò Lucius uscendo dal salotto.

 

Ma non sapeva quanto si sbagliava, Narcissa non si sarebbe mai fatta sottomettere da nessuno…

 

La donna aspettava con impazienza il futuro marito, battendo un piede ritmicamente sull’acciottolato dinnanzi alla villa della sorella; se c’era una cosa che odiava era aspettare le persone.

 

Il portone d’ingresso si aprì e ne uscì Lucius che le sorrise meccanicamente facendole segno di precederlo e senza una parola si diressero fuori dai confini si Lestrange’s Manor.  

 

 

My Space:

 

Scusate tanto ma cn il lavoro e le altre Ff trovo pochissimo tempo per aggiornare... Cmq Grazie a tutti quelli che leggono e agli 11 che hanno messo la ff fra i preferiti.. E sopratutto a:

 

Stelle 4ever: Oddio sai che mi hai fatto venire i lacrimoni agli occhi? Miiii grazie tante per la recensione e spero che questo capitolo ti piaccia Grazie ancora^_^ Kiss Debby

 

MARTY_CHAN94,: Grazie tante per la recensione ^_^ spero di averti incuriosito ancora XD Kiss Debby

 

Sophonisba,: Ehm le sgrammaticature sn tt distrazioniXD putroppo non sn molto attenta e quando scrivo mi faccio prendere e non controllo quasi mai xk ho paura k l'ispirazione vada a farsi benedireXD Sinceramente sto ancora pensando al finaleXD Kiss Debby

 

CallieAM: Amorrreeeee miii ma lo sai che tvttb anchioXD comunque grazie ancora per la recensione e ancora auguroni^_^ Kissssssssss Debby

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