I am Jack Frost

di Gio_Snower
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chi sei? ***
Capitolo 2: *** Decision ***
Capitolo 3: *** Eyes of Ice and Warmth ***
Capitolo 4: *** The Kindness Of The Snow ***



Capitolo 1
*** Chi sei? ***


C’è sempre una cosa che mi sono chiesto, cioè “Chi sono?”; da poco tempo ho ricevuto la risposta a questa mia domanda, ma da allora, poche cose sono cambiate.
Chi sono? In un certo qual senso, devo ancora rispondere a questa domanda.
Chi sono? Ero un umano.
Chi sono? Un guardiano.
Chi sono? Sono Jack Frost.
Sei solo questo? Non lo so.
È una giornata invernale, una di quelle fredde e tetre, di quelle che ti fanno venir voglia di una tazza di cioccolata calda, di coperte, cuscini, libri e di non mettere il naso fuori da casa mai più.
Jack Frost, seduto su un albero, aspetta che una persona s’affacci.
La vede attraverso il vetro ghiacciato e pieno di ghirigori – disegnati da lui nella noia, ovviamente – cantare una canzone messa allo stereo mentre si pettina i lunghi capelli.
Batte con il bastone sul vetro, spazientito. Perché ci mette così tanto? Da piccola non era così.
La ragazza è giovane, ha un viso dai tratti delicati che col tempo ha preso una forma simile ad un cuore, occhi grandi e lucidi e biondi capelli che gli ricadono come una cascata dorata sulla schiena.
Con un sbuffo derisorio apre la finestra. «Sempre il solito impaziente, eh, Jack?» esclama.
Jack mette il broncio, poi – tutto d’un tratto, sorride misterioso – alza le spalle e fa quell’espressione da cucciolo che solo i ragazzi sanno fare.
Jack probabilmente non sa che quell’espressione suscita sentimenti diversi nei cuori delle ragazze, principalmente divisi in:
  1. Lo coccolo.
  2. Lo picchio.
  3. Lo ignoro.
Spesso le ragazze scelgono la terza, come se perdonassero un gran torto, uno sfoggio scorretto di un’arma segreta usata a tradimento.
«Sei pronta?» gli chiede Jack.
«Sì.» risponde Sophie con quel suo sorriso radioso, per certi versi, ancora infantile.
Sporge una mano sulla finestra e sente il tocco gelido di Jack su di lei mentre la solleva con il suo potere.
Per fortuna s’è coperta bene.
Chiude gli occhi e respira con tutta sé stessa l’aria invernale, il gelido inverno che tanto adoro, ed un brivido le corre lungo la schiena che, invece s’agitarla, la rilassa.
«Ed ora…Andiamo!» esclama Jack.
Ed ecco l’aria, il vento, il soffio del gelo.
Una distesa di neve, un paesaggio bianco tanto surreale quanto bello.
Nessuna casa, strada, macchina o altro che sconvolga o disturbi, solo la pace e la quiete della neve, dell’inverno freddo, ma – in un certo senso – gentile.
Un fiocco le cade sulla guancia e Jack glielo toglie con delicatezza e lo fa librare nell’aria come una piuma dopo avergli fatto fare delle acrobazie.
«È bellissimo.»  esclama Sophie.
«Lo so.» risponde Jack, guardando con gioia.
«Grazie Jack.» Sophie arrossisce un po’.
«Per cosa? Lo sai che è il mio lavoro rendere gli umani, specialmente i bambini, felici.» replica.
Cosa avrei fatto, altrimenti? Cosa sarei diventato?
Ah, chiedersi cosa sarei quando non so nemmeno chi sono!
«Sì, ma anche se non lo fosse stato, lo avresti fatto comunque.» obbietta lei.
Ne è convinta, ormai, conosce Jack da anni e sa che Jamie non si sbagliava sul suo conto.
«Non ne sono sicuro…Mi stavo perdendo.» distoglie lo sguardo e si gira, un po’ insicuro. Il freddo gli vortica intorno, rendendo un po’ sfocata la sua immagine agli occhi di Sophie.
«No, Jack.» disse Sophie facendolo girare e prendendogli le mani mentre incollava lo sguardo nel suo. «Tu non ti saresti mai perso. Sei gentile…» gli toccò il petto con una mano. «ed hai un gran cuore.»
Jack sorrise.
Potrebbe essere.
«Sophie, rispondimi, io chi sono?» le chiede.
«Chi sei?» ripete. Ci pensa un po’ su, poi con un sorriso sereno gli stringe nuovamente le mani e risponde: «Tu sei Jack Frost.»
«E chi è Jack Frost?»
«Un ragazzo gentile, un po’ insicuro, molto sfacciato…e dolce. Ecco chi è Jack Frost. Ed è tante cose, oltre queste. Sarà sempre così dentro di sé.»
Jack sorride, prende per mano la piccola umana e la riporta a casa.
Un unico dono per colei che m’ha aiutato, pensa.
Crea un fiocco di neve e lo gela per sempre.
«Tieni.» dice.
Sophie sorride.
«Grazie.»
«Di niente.» risponde Jack.
Dovrei essere io a dire grazie a te.
Chi sei? Sono Jack Frost, ero umano, ma ora sono un Guardiano.
Sono un ragazzo un po’ come tanti eppure diverso, sono come sono e per sempre lo sarò.
Ora so chi sono e non mi perderò mai.





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Capitolo 2
*** Decision ***


Decision
 
Quante volte aveva sentito quella voce chiamarlo?
Quante volte era caduto sul pavimento, con una mano sulla testa, premendo forte la tempia, e con le lacrime agli occhi?
Lacrime di cui non capiva il motivo anche se…
La voce e le lacrime erano collegate, di questo ne era sicuro.
Quante volte aveva sentito una carezza sul braccio e s’era girato aspettandosi qualcuno…
E quante volte non aveva trovato nessuno dietro od affianco a sé?
Cadendo da grandi altezze, urlando felice, divertito, pensando al fatto che non può morire.
Che la sua vita – sì, quella che non ricorda – è finita chissà quanto tempo fa e lui esiste.
Sì, lo urla.
Lo urla con tutto il cuore: io esisto!
Eppure nessuno lo vede, nessuno lo sente se non i fantasmi come lui.
Sì, lui è un fantasma del passato, eppure non sa di quale.
Vede i bambini sorridere, giocare, sorridere ed il suo cuore si stringe in una morsa dolorosa, ma in fondo piacevole, e non sa nemmeno perché.
Osserva le mamme mettere a letto le bambine la sera e il ghiaccio che gli vortica intorno, formando un cuore pulsante, un orsacchiotto, dei pattini…figure per qualcuno.
Figure che dovrebbero ricordargli qualcosa, ma che sottolineano solo il vuoto che ha dentro.
E sottile la neve cade, ricoprendo il verde e coprendo la sua coscienza mentre vola con le correnti fredde e s’innalza.
Sale fino a perdersi tra le bianche nuvole, tra le stelle ed il cielo blu scuro, va sempre più su e chiude gli occhi ed immagina.
Cosa?
Immagina un passato dov’era anche lui bambino, dove una famiglia gli voleva bene e – chissà – pure con una sorellina che lo esasperava tanto quanto esso l’amava.
Ed il suo cuore si strazia mentre osserva quella luna, quell’oscuro posto dove abita Lui, silenziosa.
Chi sono?
Corre, scende, urla.
Rabbia, rimpianto, vuoto.
Niente può distoglierlo e la violenza lo ricopre mentre la sua stessa rabbia, la sua stessa paura riempie le strade, i paesaggi, investendo tutto quello che si trova sul suo cammino.
Tira i pugni su un muro, trapassandolo da una parte all’altra.
Il dolore che lo strazia non può essere sfogato in dolore fisico ed infine, con lentezza esasperante, s’accascia in un angolo; si rannicchia frustrato, esausto, confuso e piange.
Silenziosamente, tanto da non essere sentito.
Lui è forte, non può piangere facendosi sentire.
Lui è Jack Frost, senza passato, ma non importa.
Non deve importare.
Si alza asciugandosi con una manica.
Sarà Jack Frost, lo spirito della neve. 

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Capitolo 3
*** Eyes of Ice and Warmth ***


Eyes of Ice and Warmth
 
         
     
Dietro la maschera di ghiaccio che usano gli uomini c'è un cuore di fuoco.
Paulo Coelho, Manuale del guerriero della luce


Chi è quello spirito che porta la neve? Vi chiederete.
Ebbene ecco la risposta: È Jack Frost.
Sì, non ci crederete… eppure dovete crederci!
D’altronde, quello spirito, sono io.
Sì, sono Jack Frost, ho un’età compresa fra i sedici-diciassette anni da circa quattro secoli, niente di che, insomma.
Viaggio per il mondo come Guardiano e sono destinato a grandi cose. Incredibile vero?
Eppure….manca qualcosa.
 
 
Julia si svegliò presto quella mattina. Le membra stanche per via della gara di snowboard del giorno prima ora le dolevano, reclamando altro riposo che, però, non poteva permettersi.
Aveva già diciassette anni Julia e la sua fanciullezza era scomparsa da tempo, lasciando spazio all’età adolescenziale a metà della strada per diventare definitivamente adulta.
Ecco perché non credeva agli spiriti, ai folletti, ai fantasmi o ai Guardiani come diceva Mila, la sua sorellina.
Si trascinò giù dal letto e corse verso le distese ghiacciate della pianura.
Vide le vacche nel recinto e corse a prendere un grosso secchio e lo sgabello per mungerle.
E lì, lo vide.
Un ragazzo dai capelli bianchi volava nel cielo circondato da un vortice di fiocchi di neve. Gli zigomi spigolosi, una felpa blu con cappuccio, braghe marroncine e un’espressione di estremo divertimento.
Ah, aveva pure un bastone.
Lo fissò ammutolita e rapita, lo fissò volteggiare nell’aria e quando incontrò i suoi occhi un brivido le corse lungo la schiena.
Erano azzurri come il ghiaccio e freddi come lo stesso.
Eppure, quando sorrise, quegli occhi mandarono lampi di calore.
E lei lo sapeva, sì, lo sapeva. Lui non le avrebbe mai fatto del male.
Lui era Jack Frost, lo spirito della neve.
E sorrise sentendosi ancora bambina.
Un brivido la percorse dalla testa ai piedi quando lui le atterrò davanti.
«Non smettere di credere, mi hai sentito?» le disse con tono preoccupato come se avesse paura di essere dimenticato o che lei dimenticasse.
«Sì.» si ritrovò a rispondere lei.
Lui le posò un fiocco di neve sul naso che si frantumò sul suo volto e la fece ridere tanto da chiudere gli occhi.
E quando li riaprì, lui era sparito.
Ma Julia non avrebbe smesso di credere. Ora ne era sicura. 

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Capitolo 4
*** The Kindness Of The Snow ***


The Kindness of the Snow
 
 
Niente più voltar le spalle / a chi è debole e sfinito /
 niente più voltar le spalle / al gelo che c'è dentro /
 solo un mondo che tutti quanti dobbiamo condividere /
 non basta restare fermi e guardare / è solo un sogno che si possa in futuro
 / non voltare più le spalle?
Pink Floyd, On The Turning Away
 
 
 
Dal suo aspetto da teppista non si sarebbe mai detto, ma quel ragazzo, dai bianchi capelli, scalzo e con una felpa di un blu slavato, era un bravo ragazzo.
Certo, non sempre rispettava le regole…o gli altri.
Eppure sapeva cos’era il dolore, sapeva cos’era la compassione, l’amore, la dolcezza.
Era gentile. Più gentile di quanto lui stesso immaginasse.
Aveva una positività, un’allegria, che portava i molti a fidarsi, a volergli bene.
E, forse, anche il suo potere, la sua particolarità, contribuiva un po’; infatti, Jack Frost, era lo spirito della neve.
Era lui che nei giorni invernali, di quelli tristi dove pensi solo alla morte degli alberi, del verde ed al gelo che ti cattura il corpo, faceva nevicare.
Lui dava speranza a quei bambini che volevano tanto giocare, lui rallegrava quegli adulti sempre impegnati con i ricordi di un’infanzia.
Sì, la neve portava tutto con sé.
La felicità, la gioia, quella piacevole sensazione di freddo quando un po’ di neve ti finiva addosso, ti colpiva.
E la soddisfazione di tirar palle di neve?
Oh, Jack adorava quell’emozione.
Era il primo a mettersi a giocare, a volare in mezzo ai bambini, a bersagliare ed a farsi bersagliare.
Ed erano questi i suoi pregi. Doti di cui nemmeno si rendeva conto.
 
Lei piangeva avvolta in una coperta azzurra e scura. Lui la vide.
Stava volando per le case come al solito, disegnando bellissimi ghirigori sulle finestre che aveva precedentemente ghiacciato quando l’aveva sentita.
Singhiozzava però flebilmente. Attenta a non far rumore.
A non farsi sentire.
I capelli biondi le ricadevano sulle spalle, mentre lei era rannicchiata sul davanzale della finestra con la testa fra le braccia magre.
«Ehi…?» chiese Jack.
Lei alzò lo sguardo e sgranò gli occhi. Provò a urlare, ma Jack con velocità sorprendente gli tappò la bocca.
«Shh, sono un amico.» la rassicurò con un flebile sorriso.
Lei lo fissò fluttuare.
Poi annuì e lui la lasciò.
«Come ti chiami?» le chiese.
«Annie…tu chi sei?» gli domandò lei fissandolo con occhi scuri e arrossati dal pianto.
«Jack Frost.» rispose lui un po’ imbarazzato e un po’ orgoglioso.
«Sei tu? Sei davvero tu?»
«Sì. Ma dimmi, perché piangevi, Annie? Cosa ti rende tanto triste?»
«Oh, cosa può saperne uno spirito come te, della tristezza!» esclamò lei.
Lui abbassò lo sguardo. «Qualcosa ne so.» mormorò a voce bassa.
Lei lo guardò incuriosita e sorpresa.
Sembrava…malinconico alla luce della luna, triste e solo.
«Piangevo perché sono sola.» mormorò.
«Sei sola? Non hai una mamma? Un papà?»
«Sono morti.» rispose lei sbrigativa e triste.
«E con chi vivi?» le domandò lui.
«Nonna. Ma lei…mi odia.»
«Capisco.»
«Oh, ora sai cos’è pure l’odio? Mi sorprendi.» disse lei sarcastica.
Jack ridacchiò. «Sapessi in quanti mi odiano! Sai il coniglietto pasquale?»
«Esiste pure lui?»
Jack annuì. «Ed una volta mi odiava.» affermò.
«Ne sembri quasi orgoglioso.» constatò lei.
«Bè, Calmoniglio è divertente… quand’è arrabbiato è davvero spassoso.» ghignò lui. Aveva un sorriso infantile, Jack. Aveva un sorriso birichino e falsamente spensierato.
Annie ridacchiò.
Poi rabbrividì. Per un’umana come lei era davvero freddo e la coperta non l’avrebbe scaldata ancora per molto.
«Annie, tu avrai una vita felice. E se, sarai triste ancora, chiamami. Ti sentirò e verrò.» promise Jack toccandogli la guancia bagnata con gentilezza.
Lei sorrise ed annuì.
Jack si congedò da lei e volò con un urlo divertito alto fra le nuvole, fino a sparire.
Annie chiuse la finestra e si rannicchiò a letto. Jack avrebbe sempre risposto alla sua chiamata.
Non era più sola.

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