Iridescent

di 921km
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** A Place In This World ***
Capitolo 3: *** The Story ***
Capitolo 4: *** Because Of You ***
Capitolo 5: *** Disappear ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


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Prologue
Do you feel cold and lost in desperation?
You build up hope
But failure's all you've known
Remember all the sadness and frustration
And let it go
Iridescent - Linkin Park
 
Hazel era seduta sul sedile del passeggero con le gambe incrociate, nonostante il padre le avesse intimato di stare composta. «Stando seduta così triplichi le tue possibilità di morire in un tamponamento».
«Siamo in un’interstatale deserta alle quattro del mattino, dovresti proprio impegnarti per fare un tamponamento» Calò il silenzio e Hazel cominciò a osservare il paesaggio buio illuminato solo dalla luce fioca di alcuni lampioni. Immaginò la sua vita nella nuova città, si chiese quanto tempo ci sarebbe rimasta, era pronta a scommettere che sarebbero ripartiti prima della fine dell’anno. Questa città, pensò, sarebbe stata come tutte le altre.

Victoria stringeva la mano paffuta di Hazel che la guardava con occhi assonnati dal suo lettino, la madre continuava a canticchiare una melodia ad otto note che si ripetevano all'infinito. Per quanto Hazel fosse stanca per la giornata estenuante passata cercava con tutte le sue forze di rimanere sveglia, sua madre le canticchiava sempre quella canzone, ma quella notte Hazel sentiva che c'era qualcosa di diverso.
Si sentì un rumore e Victoria le strinse la mano più forte, smise di canticchiare la canzoncina e una strano silenzio riempì la cameretta, qualcunò suonò al campanello e la madre si abbassò verso la figlia che era sdraiata e le mormorò qualcosa che una Hazel di tre anni non capì subito, poi si alzò e, dopo averle dato un'ultimo sguardo, sparì oltre la soglia della porta.


Hazel si svegliò con la canzoncina che le ronzava ancora in testa, sempre la stessa. Aprì gli occhi e la luce del sole la abbagliò costringendola a socchiuderli. «Siamo quasi arrivati» annunciò il padre. «Dove siamo?» «Siamo in California» spiegò l’uomo «stiamo andando a Beacon Hills».

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Capitolo 2
*** A Place In This World ***


 
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A Place In This World


I’ll be strong, I’ll be wrong
But life goes on I’m just a girl
trying to find a place in this world

A Place In This WorldTaylor Swift

La casa era anonima, le pareti esterne, di uno sgradevole rosso mattone davano ad Hazel la nausea. La ragazza trascinò le sue valige per il giardino,oltrepassò un grande olmo, raggiunse il portico di legno e si fermò a riprendere fiato mentre suo padre Dean apriva la porta con un sorrisetto stampato in faccia. «Benvenuta a casa» Annunciò lui entusiasta.
«Non sarà un po’grande per noi due?» Hazel entrò e si guardò intorno, la casa era già arredata (con dubbio gusto), ma i vecchi proprietari avevano portato via le fotografie appese ai muri, lasciando al loro posto delle tristi macchie rettangolari sulle pareti.
«Capitan ispezione chiama vice Batuffolo, mi ricevi? Iniziamo l’ispezione della casa» esclamò Dean formando un megafono con le mani. «Papà non credi che io sia un po’ grande per questa cosa?» La prima volta che Hazel e suo padre si erano traferiti, lei si sentiva intimidita, così suo Dean pensò di inventare un gioco nel quale i due si fingevano due membri dell’equipaggio di un’astronave che ispezionavano un pianeta all’interno di una nuova galassia ovvero la città, alla ricerca di tesori nascosti.
«Ma è una tradizione di famiglia e poi non si è mai troppo grandi per scoprire nuovi mondi»
«Papà, mi rifiuto di fare questa cosa umiliante»

* * *
«Vice Batuffolo a capitan ispezione, credo di aver trovato il bagno, procedo con la classificazione» Urlò Hazel con enfasi dopo aver spalancato una porta.
«Perfetto vice Batuffolo penso di aver trovato la tua stanza, lascerò qui il segnale».
«Vado subito a colonizzarla» La ragazza salì le scale portando con se le sue valigie, raggiunse la stanza che il padre aveva contrassegnato con un post-it. “Cameretta di Vice batuffolo” Prese il foglio sorridendo e aprì la porta. Davanti ai suoi occhi si prospettò uno spettacolo raccapricciante, alla sua destra c’era un letto ad una piazza, le coperte raffiguravano i protagonisti di Star Wars che impugnavano le spade laser e sul cuscino erano appoggiati una decina di peluches di yoda in diversi formati. Di fronte a lei vide una vetrina dove erano riposte centinaia di statuette di angioletti in cristallo e porcellana. Cercò di raggiungere l’armadio a muro, ma ad un tratto sentì qualcosa sotto i piedi e con orrore si accorse di aver calpestato un tappeto di pelle di orso. Con un balzo raggiunse l’armadio e vi sistemò i suoi vestiti. Quando ebbe finito si diresse sfinita verso il letto.
«Ti piace la tua stanza tesoro?» chiese il padre dal piano di sotto.
«Certo, è fantastica» Si lasciò cadere sul materasso, stava per sdraiarsi quando notò due occhietti vitrei che la fissavano. Si alzò di scatto e si avvicinò all’unica stranezza alla quale non aveva ancora fatto caso. Un procione impagliato, posto su una scrivania. Hazel notò che l’animale (o ciò che ne restava) portava in bocca una matita. Con riluttanza cercò di sfilarla, ma appena l’ebbe toccata un meccanismo si attivò cominciando ad emettere un rumore infernale. La ragazza si ritrovò in mano una matita con la punta perfettamente temperata, la poggiò disgustata sulla scrivania e si diresse a grandi passi verso il letto.
«Un procione impagliato che tempera le matite con la bocca, quale mente malata potrebbe desiderare una cosa del genere?» Con un movimento del braccio fece cadere i pupazzi dal letto si distese e si addormentò.

Hazel rimase in casa, per le due settimane successivenon le sembrò necessario visitare la città, consapevole del fatto che presto l’avrebbe lasciata.
«Sarebbe il caso di fare un giro» propose suo padre, dopo essere entrato.
«Tanto non resteremo qui a lungo» ribatté lei.
«E tu come fai a saperlo?»
«Okay, okay vado a fare questo giro» sul volto di Dean comparve un sorriso trionfante.
«Dammi solo il tempo di prendere la giacca e andiamo» disse lui.
«Papà, posso andarci da sola»
«Certo come vuoi, a dopo» Hazel si sollevò svogliatamente, scese le scale, salutò il padre e uscì di casa. Percorse metà del vialetto che conduceva alla strada per poi accorgersi di portare ancora le pantofole, alzò lo sguardo e si rese conto di essere in pigiama. Oh! Giusto. Tornò in casa a passo svelto e corse in camera a cambiarsi. Aprì l’armadio e tirò fuori i primi pantaloncini che trovò, prese una maglietta sdrucita e li indossò velocemente, poi si guardò allo specchio. I capelli ramati erano un ammasso di nodi, ma siccome non le andava di pettinarli, decise di fermarli in una treccia. Si strofinò una mano sul pallido viso per svegliarsi e si stropicciò gli occhi marroni e fissò con astio le pagliuzze gialle che le contornavano le iridi. Era da sempre convinta che quel colore di occhi non fosse adatto a quei capelli, ma aveva smesso di darvi importanza, infilò le scarpe da ginnastica e uscì. Dopo una decina di minuti, mentre percorreva le vie che le sembravano tutte uguali, ammise di essersi persa. Cominciò a girare alla cieca cercando di ritrovare la strada di casa.
«Ma almeno quelli che vivono qui riescono a distinguere queste cavolo di ville?»
«No, quando cala la notte ci infiliamo nella casa più vicina, fingendo che sia la nostra» rispose qualcuno alle sue spalle. Hazel si girò di scatto e un ragazzo le si parò davanti.
«Ti sei persa?»
«No, io….» Lei stava per chiedergli aiuto quando un bambino le si avvicinò e cercò di attirare la sua attenzione strattonandole l’orlo della maglietta.
«Hey Gordon che succede?» Chiese il ragazzo, chinandosi all’altezza del piccolo.

Il bambino alzò la testa e puntò i suoi occhi marroni in quelli di Hazel, facendola sentire a disagio.
«9 conigli andavano al lago, uno per caso fu preso da un mago. 8 conigli saltavano lo steccato, uno cascò perché era inciampato. 7 conigli giravano in tondo, uno finì in un buco profondo.» Cominciò a recitare.
«Tutto okay Gordon? Sei un po’inquietante»

«6 coniglietti andavano a spasso, uno di loro sbatteva contro un sasso. 5 conigli andavano al mare, uno di loro fu visto affogare. 4 conigli correvano sul prato, uno si perse e non fu più trovato.
» Il bambino finì di recitare e sembrò scosso da un brivido, guardò i due ragazzi e scappò via.


Angolo di Nicole e Martina
Ciaooo, se siete arrivate fin qui, speriamo che il capitolo vi sia piaciuto,
Posteremo a 3 recensioni,
un bacio,

921km

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Capitolo 3
*** The Story ***



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The Story
 
So many stories of where I've been
And how I got to where I am
But these stories don't mean anything
When you've got no one to tell them
The story – Brandi Carlile


« Beh…» strascicò il ragazzo «questo era strano»
Hazel annuì, ma non rispose, aveva già sentito quella filastrocca tante volte.
«Comunque io sono Stiles» si presentò lui per interrompere l’imbarazzante silenzio.
« Okay» Rispose Hazel assorta mentre fissava lo strano bambino che era tornato a giocare serenamente.
«Riproviamo, io sono Stiles, tu?»
«Io Hazel»
Rimasero in silenzio, Hazel esaminò Stiles, il ragazzo sentendosi fissato, incominciò a squadrarla, per la prima volta lei si sentì in imbarazzo per i suoi capelli arruffati e il suo aspetto trasandato, così decise di fissarsi le All Star bianche.
Quel tipo sa come mettere in soggezione qualcuno, pensò Hazel.
«Ti sei persa?
«No, non mi sono persa»
«E allora dove vivi?» Chiese Stiles per dimostrare di aver ragione.
«Di certo non lo dirò a te, potresti essere un Serial Killer » Rispose dopo un attimo di esitazione.
«Ti sembro un serial killer? Ho davvero la faccia da serial killer?»
Hazel lo squadrò con attenzione un ultima volta.
«Forse giusto un pochino»
«Bene, ma tu hai la faccia di una che si è persa»
«Non mi sono persa!» Sbraitò lei, Hazel era sempre stata una ragazza molto permalosa. Rimasero in silenzio, Stiles si guardò intorno, mentre lei fissava i bambini giocare e senza sapere cosa dire.
«Okay, mi sono persa, ma non persa persa, giusto un pochino»
Stiles sfoderò un sorrisetto compiaciuto e le chiese dove vivesse.
«Non pensi che se lo sapessi ci sarei già andata?»
«Okay, descrivi la casa»
«È fatta di mattoni, ha un portico, la porta ha un ingresso per gli animali, ed ha un giardino» Spiegò lei.
«Per quanto ne so, potresti vivere a casa mia»
«C’è un cipresso in giardino, se questo può restringere il campo»
Il sorriso di Stiles si allargò, quando capì che la ragazza viveva nella stessa via di Scott, dove in ogni giardino c’era un grande cipresso.
«So dove abiti posso accompagnarti, se vuoi»
Hazel si sciolse la treccia di capelli rossi e cercò di pettinarli con le dita per sistemarli il più possibile, quando si accorse di aver peggiorato la situazione si fece un veloce chignon e seguì Stiles che era già più avanti.
Per tutto il tragitto lui non smise mai di parlare e Hazel dovette ammettere di trovarlo divertente.
Quando arrivarono lei riconobbe immediatamente la via e cominciò a guardarsi intorno cercando la villa di suo padre.
«Dovrebbe essere una di queste» annunciò Stiles.
«Credo sia questa, o forse quest’altra…No, è questa qui, ne sono convinta» Disse sicura mentre si avviava verso una casa.
« Hazel…»
« Che c’è Stiles?»
« Lì ci abita il mio migliore amico»
La ragazza alzò gli occhi e osservò la casa di fronte a se, poi il suo sguardo si spostò sulla villa accanto e dalla finestra notò delle tende che riportavano l’enorme scritta a caratteri cubitali “Che la forza sia con te”.
« Si si, la mia è sicuramente quella»
« Belle le tende» affermò Stiles mentre si avvicinava alla casa.
« Davvero?» chiese Hazel sollevando un sopracciglio.
Stiles annuì convinto, poi calò un silenzio che durò un paio di minuti.
« Beh allora ciao» salutò lei per poi correre verso la porta.
« Aspetta, ti lascio il mio numero, nel caso dovessi perderti di nuovo»
« Non ce n’è bisogno, ormai ho imparato la strada»
« Dai te lo lascio lo stesso» esclamò lui strappandole il cellulare di mano per memorizzare il proprio numero.
«Uh, ok grazie» Hazel sorrise e raggiunse la porta. Suonò il campanello e mentre aspettava che suo padre aprisse. Notò che Stiles era rimasto nello stesso punto dove lei l’aveva lasciato.
« Non vai a casa?» chiese curiosa.
« Mi assicuro che tu non abbia di nuovo sbagliato casa»
Lei scoppiò a ridere, gli fece una linguaccia e a quel punto suo padre aprì la porta.
« Ciao Vice Batuf…»
« Ciao papà» Lo interruppe tempestivamente lei.
Si girò un ultima volta per vedere Stiles che si allontanava ed entrò in casa.
« Com’è andato il giro?»
« Mi sono persa ma poi ho ritrovato la strada»
Una volta dentro, Hazel tirò fuori dal freezer una confezione di gelato alla vaniglia e lanciò al padre un pacco delle sue patatine preferite, quelle al formaggio.

«Viva le cene salutari!» Esclamò Dean prima di ingurgitarne una manciata  Dopo mangiato lei salì le scale e si chiuse nella sua camera.

Mentre passeggiava nervosamente per la stanza cominciò a considerare se valesse o meno la pena di fare nuove conoscenze in questa città, convinta che presto l’avrebbe lasciata.
Prese in mano il telefono e fece scorrere la sua scarna rubrica.
Emily
Papà
Pizzeria Corvallis, Oregon.
Pizzeria Lewiston, Idaho.
Pizzeria Winchester, Nevada
Ristorante italiano (Lew.)
Ristorante giapponese (Winc.)
Ristorante Thai (Corv.)

Hazel sospirò pensando che nel suo telefono avesse più numeri di ristoranti delle città in cui era stata che di persone che conosceva.
Stiles.
«Dovrei eliminarlo e non pensarci più» borbottò lasciandosi cadere sul letto.
Cercò di spostare i numerosi peluches, ma più li spingeva ai lati del letto e più la infastidivano.
Esasperata premette il contatto del ragazzo e digitò un messaggio.

Vorresti una ventina di peluches di Star Wars?

Inviò e un istante dopo si sentì tremendamente stupida. Passarono un paio di minuti ed Hazel non ricevette risposta.
Si raggomitolò posò a terra il telefono e inziò a preoccuparsi, infondo non gli aveva scritto chi fosse e non l’aveva neanche salutato.
Si era fatta tanti problemi per scegliere se volesse essere sua amica, ma non aveva considerato l’ipotesi che lui non volesse avere nulla a che fare con lei.
Certo, potrei cominciare una collezione di quei cosi.
P.s. Sei Hazel vero?

Hazel si sentì molto sollevata nel ricevere una risposta e ancor di più nel sapere che finalmente si sarebbe liberata di quei mostriciattoli.
Perfetto, vuoi anche un procione impagliato, per caso?

Dopo qualche istante il cellulare squillò, lei rispose subito, ma non ebbe nemmeno il tempo di parlare che la voce di Stiles le inondò le orecchie.
«Un procione impagliato Hazel, davvero?»
«Ciao Stiles»
«Davvero Hazel? Davvero?»
«Guarda che è anche un temperamatite»




Hello boys!
No, non siamo morte, chiediamo scusa per l'enormissimissimissimo ritardo. Posteremo il capitolo a 3 recensioni e promettiamo di essere più puntuali.
Baciozzi,
Martina e Nicole,
921km




 

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Capitolo 4
*** Because Of You ***



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Because of you I never stray too far from the sidewalk
Because of you I learned to play on the safe side so I don’t get hurt
Because of you I find hard to trust not only me, but everyone around me,
Because of you I’m afraid
Because of you – Kelly clarkson
 


Beacon Hills era immaersa nel completo silenzio mattutino.  Casa Sullivan era del tutto buia, illuminata solo dai primi bagliori dell’alba che inondavano la camera di Hazel di una tenue luce arancione.
La ragazza si rigirò tra le coperte mugugnando parole incomprensibili, tastò il materasso in cerca del guanciale e appena l’ebbe trovato vi affondò il viso, apprezzandone la freschezza.
Il boato di una chitarra elettrica invase la stanza. Hazel spaventata scattò il piedi tremante, si guardò intono ancora scossa. Allungò una mano verso il cellulare per poi ricordarsi di non aver impostato la sveglia la sera prima. Seguì la musica e si ritrovò in camera di suo padre. Raggiunse la finestra e la spalancò, la fredda aria mattutina le sferzò il viso.
Hazel incominciò a scrutare la casa di fronte. Attraverso la finestra, vide un ragazzo che evidentemente trovava che allenarsi alle sei del mattino a ritmo di Eye of the tiger a tutto volume con la finestra aperta fosse un idea geniale.
«Hazel, si può sapere che stai facendo?» mugugnò il padre alzandosi dal letto.
«Papà come faccio a dormire con tutto questo rumore?»
«Ma di che stai parlando?» Biascicò lui assonnato.
«Come fai a non sentire questa musica assordante? Sveglierà tutto il vicinato»  Dean aguzzò l’udito e sentì il suo ovattato della famosa canzone dei Surivor.
Non fece in tempo ad aggiungere altro che sua figlia era già di nuovo affacciata alla finestra.
«Ehi idiota!» il ragazzo stoppò la musica e si indicò confuso.
«Si tu, so che probabilmente ti fa sentire più figo allenarti con la musica a tutto volume, ma non lo sei e qui c’è gente che cerca di dormire!» Sbraitò lei assicurandosi che lui potesse sentirla.
«Ma il volume era bassissimo» Protestò Scott Mccall ad alta voce, sicuro che nessuno a parte lui e Isaac, nella stanza accanto, potesse sentire qualcosa.
«Si certo, raccontalo a qualcun altro» Rispose lei stizzita chiudendo la finestra con rabbia.
Si voltò e notò che suo padre non era più in camera da letto. Dean con gli anni aveva imparato che non era un bene avere a che fare con le sfuriate di sua figlia.
Hazel raggiunse la porta del bagno, si fermò sulla soglia e cominciò uno dei suoi tanti infiniti monologhi.
«Non è possibile! Oggi è l’ultimo giorno in cui posso dormire fino a tardi prima dell’inizio della scuola e lui cosa fa? Mette la musica a tutto volume e mi sveglia alle sei del mattino»
Il padre impegnato a lavarsi i denti, alzò gli occhi al cielo e mugugnò un verso d’assenso.
Hazel cominciò a marciare impettita per il corridoio, assicurandosi sempre che suo padre la sentisse.
«Ma io lo sapevo, quì in California sono tutti così, io te l’avevo detto, possiamo andare ovunque ma non in California, ma tu non mi hai voluto ascoltare, la California porta solo guai, per esempio pensa a cosa è successo al nostro vicino a Winchester»
«Di cosa stai parlando?».
«Non ti ricordi? La sua squadra preferita di pallanuoto era californiana e hai visto cosa gli è successo? E MORTO!»
«Ah, ovvio» Commentò Dean.
«La California è un posto orribile, esiste solo una cosa peggio della California ed è…»
«No ti prego non ricominciare»
«Star Wars! E indovina chi era il fan numero uno di quella schifezza. Zio Trevor e sai cosa gli è successo»
Il padre uscì dal bagno con indosso un paio di jeans e una camicia, Hazel gli passò il borsone contenente i camici puliti senza smettere di blaterare.
«Sai che non parliamo di zio Trevor» Dean sapeva che quando era arrabbiata, sua figlia faceva discorsi interminabili, perlopiù privi di senso. Questa era una delle poche cose che gli ricordava sua moglie. Hazel abbassò lo sguardo e non disse nulla, quasi mortificata.
«Oggi è il mio primo giorno di lavoro all’ospedale di Beacon Hills, non voglio fare tardi, tornerò alle due, mi occupo io il del pranzo»
«Sei sicuro che sarai a casa per le due? Non hai nessun intervento?»
«No, oggi è il mio primo giorno, quindi niente interventi»
Hazel annuì e lo abbracciò.
Come ogni volta in cui Hazel si trovava in casa da sola, tutta la mattinata la trascorse spaparanzata sul divano facendo zapping tra i vari canali della televisione. Quel giorno non prestò attenzione a ciò che guardava, troppo intenta a rimuginare sul tremendo comportamento che il vicino aveva avuto quella mattina. Attanagliata dal profondo rancore per il suo ‘nuovo arcinemico’ decise di mangiarci su, con estrema fatica si alzò dal comodo sofà e si diresse stancamente in cucina alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Una cosa che in casa Sullivan non mancava mai erano le torte gelato, le sue preferite perché, come ripeteva sempre lei, erano frutto dell’accoppiamento tra due delle cose migliori al mondo, le torte e il gelato. Aprì il frigorifero convinta e iniziò a scrutarne l’interno, pregustava già il sapore del suo dolce preferito. Trovò, con estrema delusione, soltanto confezioni di cibi precotti, succo di limone e acqua.
«No, perché non l’ha comprata?» avvilita si trascinò di nuovo al divano, ma non fece neanche in tempo a sedersi che la porta di casa si aprì con uno scatto. Quando suo padre era uscito Hazel non si era degnata di togliersi il pigiama, ne tantomeno di alzare le tapparelle, per cui quando l’uomo entrò in casa la luce la abbagliò. Hazel, affamata, si buttò con uno scatto verso il padre che teneva in mano due confezioni di cibo cinese d’asporto, le arraffò mentre lui alzava le tapparelle per avere un minimo di luce. Si sedettero tutti e due a tavola e cominciarono a mangiare con foga.
«Manca la torta gelato» lo informò lei con cipiglio.
«Perché non ho ancora fatto la spesa» disse con ovvietà il padre, ricominciarono a mangiare in un rilassante silenzio. «Allora, come ti sembra Beacon Hills?»
«Più piccola delle altre in cui siamo stati» borbottò mandando giù degli spaghetti di soia
 «La vuoi sapere una cosa buffa?» Il padre annuì, alzando gli occhi dal piatto.
 «Ricordi quella filastrocca che ho sentito in praticamente tutte le città in cui siamo stati?» il battito cardiaco di Dean accelerò a quelle parole, Hazel mandò giù un boccone e continuò il racconto «Beh, l’ho sentita anche qua, certo che è davvero popolare»
L’uomo fissò la figlia per alcuni secondi, cercando di scacciare l’ondata di panico che lo stave assalendo e decise che il suo pasto era terminato.
«Quante strofe erano?» Hazel alzò gli occhi dal piatto. «Non ne ho idea» rispose senza smettere di mangiare «Perché?».
«Haz è una cosa importante te l’ha detta un bambino, vero?».
«Si papà, solitamente i bambini dicono le filastrocche» rispose con ovvietà.
«Hazel, smettila di scherzare e rispondi, quante strofe aveva?». «Perché ti importa di una stupida filastrocca?» il padre sbuffò. «Perché è importante!» esclamò lui, sbattendo una mano sul tavolo, Hazel scattò in piedi, Dean la guardò male. «Sai che c’è? Non mi interessa nemmeno, ora vado a prendermi la mia torta» «Non ti lascerò uscire da sola, se quello che mi hai detto è vero» la ragazza lo fissò interdetta, suo padre si era sempre comportato in modo un po’ strano, ma non fino a quei livelli. «Perché?» chiese esasperata. «Perché ho deciso così» tuonò Dean. «Decidi sempre tutto tu e io non so mai niente» urlò di rimando lei avvicinandosi alla porta a grandi passi pronta ad uscire, seguita a ruota dal padre, afferrò la maniglia e in quel momento il suono cristallino del campanello invase tutto l’ingresso, Hazel infuriata spalancò la porta e le si parò davanti il vicino che quella mattina l’aveva svegliata. Scott McCall aveva rimuginato per tutta la mattinata sull’idea di scusarsi o no, alla fine dopo averne parlato con il suo amico Isaac i due avevano concordato che sarebbe stato meglio instaurare da subito un buon rapporto con i nuovi vicini. «Brutto momento?» domandò timidamente accennando ad un sorrisetto, Hazel lo fulminò. «Pessimo» sbraitò, sbattendogli la porta in faccia. «Hazel, non essere maleducata» le urlò Dean dal salotto, Hazel riaprì la porta e fece un falso sorriso.
 «Buongiorno vicino, come posso esserti utile, vuoi un tè? Un po’ di zucchero? Cosa diavolo vuoi?» disse digrignando i denti e cercando di mantenere la calma, Scott indietreggiò intimorito, dove diavolo era capitato?
 «Volevo scusarmi per stamattina, ho portato una torta» sussurrò Scott.
 «Bene» esclamò «Scuse accettate». Hazel si preparò a sbattere la porta un’ultima volta ma poi si fermò.
«Aspetta, torta?» Scott annuì, mostrandogliela.
 «È una crostata di frutta» Hazel storse il naso. «Non mi piacciono le crostate» Scott abbassò la testa tristemente. «Però la voglio lo stesso» borbottò afferrando la torta e chiudendo la porta.
Scott spaventato e confuso si ri-incamminò verso casa sua. Hazel impettita salì le scale con in mano il vassoio. «Questo discorso non finisce qui» sbraitò il padre per farsi sentire, lei non rispose e si chiuse in camera.






Buoonsaaalve
Allora, rieccoci. Stavolta siamo state punutali (yappy). Sappiate che questo qui è l'ultimo capitolo 'tranquillo' della storia, d'ora in poi diventeranno tutti più movimentati. Come al solito posteremo a 3 recensioni.
Anyway, OGGI E' USCITA LA PUNTATA! RIPETO, QUESTA NON E' UN'ESERCITAZIONE OGGI E USCITA LA PUNTATA! Io sto sclerando.
Alla prossima e Baciozzi.
Martina e Nicole
- 921km

 

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Capitolo 5
*** Disappear ***



 
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Disappear
I try to reach for you,
I can almost feel you You're nearly here
and then You disappear, you disappear
Disappear - Beyonce



Hazel aveva passato tutto il resto della giornata a cercare informazioni su quella filastrocca, senza mai uscire dalla sua stanza. La sua unica fonte di sostentamento era stata la crostata ai frutti di bosco, che odiava, portatale dal vicino. Sul motore di ricerca aveva provato a scrivere diverse parole chiave, come ‘filastrocche sospette’ ‘filastrocche molto popolari’ ‘filastrocche sui conigli’ ‘filastrocche che non piacciono ai genitori’, non aveva trovato niente che avrebbe potuto aiutarla e in più era rimasta alquanto schifata dai risultati dell’ultima ricerca. Sconsolata, spense il vecchio computer portatile che ormai era bollente e si sdraiò sul suo letto, facendosi spazio tra i tantissimi peluche che riuscivano a farsi odiare ogni giorno di più.


Dean bussava energicamente da quasi due minuti quando finalmente sua figlia diede un segno di vita urlando di essere sveglia, l’uomo si allontanò dalla camera e tornò in cucina a preparare la colazione. Sapeva che cambiare scuola continuamente era difficile per sua figlia, per cui il primo giorno le preparava sempre la sua ‘colazione speciale’ a base di bacon sorridente e pancake inzuppati completamente nello sciroppo d’acero. Quando la figlia zampettò giù dalle scale e notò i piatti stracolmi di cibo sorrise contenta, il padre aveva deciso di non spezzare la tradizione nonostante il litigio della sera precedente.
Si sedettero a mangiare in rigoroso silenzio e una volta finito Hazel tornò in camera sua a vestirsi, tentò più volte di pettinare la massa informe di capelli e alla fine decise che quello era ciò che più si avvicinava ad un’acconciatura in ordine, indossò la cosa più elegante che avesse, una maglietta lunga e dei leggins, si guardò soddisfatta allo specchio e scese le scale. Dean mise nella lavastoviglie l’ultimo piatto e si girò verso la figlia, sollevò un sopracciglio.
«Ancora?» domandò squadrandola «Ma metti sempre questo?».
«È il mio vestito da primo giorno» si difese lei lisciandosi la maglietta. «Il problema è che metti cose del genere solo il primo giorno» borbottò il padre.
«Che intendi con ‘cose del genere’?».
«Da… Ragazza» Hazel non poté che dargli ragione.
Dean afferrò le chiavi della macchina e si avviò verso la porta di casa indifferente, Hazel lo seguì di corsa, confusa.
«Dove vai?».
«Ti accompagno a scuola no?».
«Non pensi che io possa andarci da sola?» chiese lei consapevole di star per scatenare un litigio simile a quello del giorno prima, il padre cercò di sorridere gentilmente.
«Sono già andato lì per l’iscrizione, conosco la strada, tu rischieresti di perderti» rispose Dean alludendo alle scarse capacità di orientamento della figlia, Hazel finse di credere a quella palese scusa e saltò in macchina.
I primi giorni Hazel, com’era solita fare, li spendeva alla ricerca di un posto appartato dove passare la maggior parte del suo tempo libero a scuola senza che nessuno la disturbasse, era proprio lì che l’anno prima, a Winchester, aveva conosciuto Emily, una ragazza con cui per la prima volta era riuscita a fare amicizia, lasciarla era stato più doloroso di quanto immaginasse e quest’anno era determinata a non legarsi a nessuno. Hazel scandagliò il corridoio principale sperando di riuscire a trovare la segreteria senza attirare troppo l’attenzione su di sé. Una volta riuscita a recuperare il foglio con le informazioni che le sarebbero tornate utili si avviò alla ricerca del suo armadietto, lo aprì e vi ripose i libri. Durante il suo tragitto dalla segreteria all’armadietto non aveva trovato nessun posto dove potersi nascondere, così decise che durante il pranzo avrebbe visitato la palestra e il giardino, di solito i posti migliori erano lì.
Stava camminando a passo svelto verso l’aula di storia, la sua prima lezione in quella scuola, quando una voce famigliare alle sue spalle la chiamò. Stiles con lo zaino sulla spalla la raggiunse.
«Hazel! Sei arrivata a scuola, pare che io abbia sottovalutato il tuo senso dell’orientamento».
La ragazza si girò e annuì sorridendo, cercò un modo divertente per rispondere, ma si ritrovò a fissare il pavimento senza aprire bocca.
Dopo qualche istante di imbarazzante silenzio, Stiles adocchiò Scott ed Isaac che si stavano avviando verso la classe dove avrebbero seguito la prima ora di lezione.
«Oh guarda c’è il mio migliore amico, ora te lo presento».
Con un ampio gesto della mano fece loro cenno di avvicinarsi e i due furono vicini in pochi passi.
Bastarono pochi istanti perché Hazel potesse riconoscere uno dei due ragazzi. Il malcapitato vicino contro cui Hazel aveva sbraitato il giorno prima.
Sperò con tutta se stessa che non fosse lui il migliore amico di Stiles e nel dubbio rimase zitta cercando di non incrociare il suo sguardo, mentre Stiles faceva le presentazioni.
«Questo è il mio migliore amico Scott e lui invece è Isaac»
La ragazza strinse la mano al più alto dei due, pronunciando goffamente il proprio nome, poi si rivolse a Scott.
«Piacere » borbottò evitando il contatto visivo. Non era più arrabbiata con quel tizio, ma dopo avergli urlato contro senza un valido motivo, si vergognava parecchio a guardarlo in faccia.
«Lei è Hazel, si è appena trasferita da… » Stiles la guardò con occhi interrogativi rendendosi conto di non conoscerla affatto.
«Winchester, Nevada» completò Hazel.
«Oh e vive proprio accanto a voi, perché, Hazel devi sapere che loro vivono insieme».
La ragazza li guardò perplessa.
«Siete fratelli? Perché non vi assomigliate per niente».
I due si guardarono pensando a quanto fosse complicato spiegarle la loro difficile situazione. Hazel li fissò per qualche secondo senza capire, poi le sue guance si colorarono di rosso, esclamò: «Oh ok, ora ho capito» e distolse nuovamente lo sguardo.
I tre rimasero a guardarsi per una manciata di istanti poi Isaac sobbalzò.
«Aspetta che hai capito?».
Il suono della campanella che segnava l’inizio della prima ora riempì i corridoi. Scott e Isaac si allontanarono, mentre Hazel cercava di capire dove potesse essere l’aula di storia. Salutò Stiles con un cenno e cominciò a percorrere il corridoio a passo svelto, trovandosi, però, di fronte all’uscita di emergenza.
Sul muro era raffigurata un piantina della scuola da utilizzare in caso di emergenza ed Hazel cercò di decifrarla per orientarsi, cercò una scritta ‘tu sei qui’ da qualche parte senza successo, quindi tentò di capire dove si trovasse.
«Allora, l’aula di storia è la F, se la porta e di là e il bagno a sinistra, dovrei andare a destra … »
«Scommetto che ti sei persa» rise Stiles raggiungendola.
«Si, cioè no, cioè si – ammise lei.
Il ragazzo le prese il foglio con le lezioni di mano e lo lesse rapidamente.
«Hai storia anche tu, okay, l’aula F è qui, subito a sinistra.
«È esattamente dove stavo andando io, ma grazie» entrarono in classe e occuparono gli unici due posti liberi, appena in tempo perché il professore facesse l’appello.
Il professor Williams si avvicinò ai banchi occupati dai due.
«Oggi abbiamo una nuova alunna, signorina Sullivan vuole alzarsi in piedi e presentarsi?»
Hazel si sollevò facendo stridere la sedia e si schiarì la voce.
«Mi chiamo Hazel vengo da Winchester in Nevada e sono felice di frequentare la Beacon Hills Hight School quest’anno»
Si risedette velocemente, sotto lo sguardo divertito del compagno di banco.
«Discorso toccante» commentò lui.
«E lo stesso che uso ogni anno» rispose lei. Mentre cercava un modo per cambiare argomento, ricordò il discorso con Scott e Isaac che aveva interrotto prima.
«Quindi i tuoi amici stanno insieme?» Stiles sgranò gli occhi.
«Che? Scott e Isaac? No! Come ti è venuto in ment…Ah»
La ragazza che aveva assunto una tonalità purpurea iniziò a giocare freneticamente con una matita.
«Ah, io pensavo, sai…hanno detto di vivere insieme, io… »
«No, è una lunga storia, diciamo che Scott ha adottato Isaac, ecco» spiegò il ragazzo a bassa voce, perché il professore non li sentisse parlare.
L’ora passò in fretta e al suono della campanella i due si separarono, non senza che prima Stiles le chiedesse di andare a vedere gli allenamenti di Lacrosse quel giorno dopo la scuola. Le aveva spiegato che non sarebbero stati dei veri e propri allenamenti, ma che lui ed un po’di amici si sarebbero incontrati per fare un paio di tiri.
Alla fine delle lezioni Hazel si diresse in palestra (che trovò relativamente subito), rimase qualche minuto nella palestra vuota chiedendosi dove fossero gli altri.
«Ma il lacrosse non era quella specie di basket?» poi le venne in mente che potesse esserci un campo all’aperto e stupì se stessa quando in pochi minuti riuscì a trovarlo.
Il prato era lungo un centinaio di metri e largo una quarantina, sui lati lunghi c’erano degli spalti vuoti.
Camminò lungo il campo per un po’ aspettando che qualcuno si facesse vivo, poi confusa, si domandò se fosse almeno nel posto giusto e quando un ragazzo dietro di lei le rispose, si rese conto di non averlo detto a voce bassa.
«Si, questo è un campo da lacrosse. E io sono Danny comunque».
«Hazel».
Il ragazzo indossava una divisa bordeaux e stringeva in mano una mazza con una rete sulla punta. Isaac, Scott e Stiles entrarono in campo indossando la stessa divisa di Danny. I quattro si salutarono e Scott le disse che sicuramente il lacrosse le sarebbe piaciuto, lei annuì e si andò a sedere.
I ragazzi cominciarono a giocare e per i primi dieci minuti lei non avrebbe voluto altro che andare a casa a schiacciare un pisolino, ma quando Scott placcò Isaac buttandolo a terra le cose cominciarono a diventare più interessanti.
Danny era posizionato in porta, mentre il gioco si spostava nella parte alta del campo. Hazel aveva appena cominciato a divertirsi quando uno Scott molto convinto tirò verso la rete e fece goal senza difficoltà.
«Danny tu sei il portiere dovresti stare in porta – protestò Stiles constatando che l’amico non fosse in campo. Hazel si alzò in piedi per vedere meglio.
«Ma dove diavolo è Danny?» chiese Scott guardandosi intorno.
Tutti, compresa Hazel cominciarono a chiamare il suo nome: «Danny? Danny?».
Invano, perché lui non c’era più.


 

Saaalve

Non abbiamo postato appena abbiamo avuto le 3 recensioni perchè... Cavolo siete stati veloci <3
Il prossimo capitolo lo metteremo a 4 recensioni. Speriamo che la storia vi piaccia visto che adesso comincia a farsi più interessante. Fateci sapere cosa ne pensate.
Baciozzi baciozzi.
Martina e Nicole
921Km

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