Gocce di memoria

di AngelOfSnow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scena Prima: I Atto. ***
Capitolo 2: *** Scena Prima: II Atto ***
Capitolo 3: *** Scena Prima: III Atto ***
Capitolo 4: *** Scena Prima: IV Atto ***
Capitolo 5: *** Scena Prima: V Atto ***
Capitolo 6: *** Scena Prima: VI Atto ***
Capitolo 7: *** Scena Prima: VII Atto ***
Capitolo 8: *** Scena Prima: VIII Atto ***
Capitolo 9: *** Scena Prima: IX Atto. ***
Capitolo 10: *** Scena Prima: X Atto. ***
Capitolo 11: *** Scena Seconda: I Atto. ***
Capitolo 12: *** Scena Seconda: II Atto. ***
Capitolo 13: *** Scena Seconda: III Atto. ***
Capitolo 14: *** Scena Seconda: IV Atto. ***
Capitolo 15: *** Scena Seconda: V Atto. ***
Capitolo 16: *** Scena Seconda: VI Atto. ***
Capitolo 17: *** Scena Seconda: VII Atto. ***
Capitolo 18: *** Scena Seconda: VIII Atto. ***
Capitolo 19: *** Scena Seconda: IX Atto. ***
Capitolo 20: *** Scena Seconda: X Atto. ***
Capitolo 21: *** Scena Terza: I Atto. ***
Capitolo 22: *** Scena Terza: II Atto. ***
Capitolo 23: *** Scena Quarta: I Atto. ***
Capitolo 24: *** Scena Quarta: II Atto. ***
Capitolo 25: *** Scena Quinta: I Atto. ***
Capitolo 26: *** Scena Quinta: II Atto. ***
Capitolo 27: *** Scena Quinta: III Atto. ***
Capitolo 28: *** Scena Quinta: IV Atto. ***
Capitolo 29: *** Scena Quinta: V Atto. ***
Capitolo 30: *** Scena Quinta: VI Atto. ***
Capitolo 31: *** Scena Quinta: VII Atto. ***
Capitolo 32: *** Scena Quinta: VIII Atto. ***
Capitolo 33: *** Scena Quinta: IX Atto. ***
Capitolo 34: *** Scena Quinta: X Atto. ***
Capitolo 35: *** Scena Quinta: XI Atto. ***
Capitolo 36: *** Scena Sesta: I Atto. ***
Capitolo 37: *** Scena Sesta: II Atto. ***
Capitolo 38: *** Scena Sesta: III Atto. ***
Capitolo 39: *** Scena Sesta: IV Atto. ***
Capitolo 40: *** Scena Sesta: V Atto. ***
Capitolo 41: *** Scena Sesta: VI Atto. ***
Capitolo 42: *** Scena Sesta: VII Atto. ***
Capitolo 43: *** Scena Sesta: VIII Atto. ***
Capitolo 44: *** Scena Sesta: IX Atto. ***
Capitolo 45: *** Scena Sesta: X Atto. ***
Capitolo 46: *** Scena Settima: I Atto ***
Capitolo 47: *** Scena Settima: II Atto. ***
Capitolo 48: *** Scena Ottava: I Atto. ***
Capitolo 49: *** Scena Ottava: II Atto. ***



Capitolo 1
*** Scena Prima: I Atto. ***


Gocce di memoria

Gocce di memoria.

 Della mia vita a Milano ricordo solamente il volto sfigurato dal tempo di un bambino.
Nient’altro, a parte che mi trovavo spesso a casa sua per colpa del lavoro dei miei genitori e che fosse oramai parte integrante di quella vita: una vita che sinceramente amavo da ogni punto di vista perché non avevo la consapevolezza di quello che avrei realmente lasciato dopo.

Adesso, che ho compiuto 16 anni, non posso fare a meno di domandarmi “chi” e “cosa” rappresentasse per me, anche se so per certo che nessuno mi avrebbe detto alcunché. Eppure sono ottimista pesando che il mio passato mi abbia formata a come sono oggi...

 

<< Forza cominciate! >>

 Sono convinta che quest’anno sarà l’anno più bello tra tutti e non posso fare a meno di pensarlo mentre guardo le mie compagne di classe alle prese con una partita di basket contro la IV F. Stanno vincendo con un vantaggio di 6 punti e per di più contro la classe più forte dell’istituto a cui nessuno aveva mai preso palla, almeno, fino adesso.
Il vociare crea un ammasso di rumori che rimbombano per svariati minuti confondendosi con i passi veloci e precisi delle giocatrici in campo. Ah! Specifico, il mio istituto, è un collegio femminile dove gli unici uomini che sono ammessi sono dei professori di qualch
e era passata o a meno che tu non conosca qualche ragazzo fuori dall’istituto ( alias prigione ) così da poterti rifare gli occhi e poterti divertire in qualche modo. Il che non è proprio il mio caso!

<< Elisa!? >>

Non faccio in tempo ad accorgermi di un pallone da basket che mi ritrovo stesa al suolo. Solitamente avrei avuto i riflessi pronti per afferrare il pallone senza gravi conseguenze ma data la mia assenza mentale, chiusa per carenza di sbalzi ormonali, non ho potuto evitare di svenire per svegliarmi, proprio in questo momento, sulla lettiga di quei pochi metri quadrati di infermeria;

<< Elisa! Tutto bene? >>

Ah la voce della mia migliore amica mi perfora la testa facendomi sentire frastornata.

<< Sam tutto bene... forse... >>

Porto una mano alla faccia premendola dove mi sembra che si siano passati il tempo a prendermi a pugni. La mano affusolata della mia migliore amica mi blocca il polso evitando che mi tocchi il viso.

<< E’ così grave? >>

Lo mugugno senza tener conto di nulla.

<< No ma domani, per colazione, avrai un piatto di melanzane fritte! >>

E comincia a ridere  facendomi sciogliere il cuore, certo la vittima sono io, ma è così raro di questi tempi vederla ridere che non ho la forza di dirle nulla.

<< Oh!  Vedo che la nostra cara Rosaspina si è svegliata anche senza cavaliere... ero tentata di telefonare al mio caro fratellino per questo compito! >>

Arrossisco di colpo mentre sobbalziamo entrambe: non c’era nessuno prima e non avevamo sentito la porta aprirsi o chiudersi. Che fosse capace di trapassare i muri?

<< Signorina Abis non l’abbiamo sentita entrare! >>

Una risata cristallina si leva dalle labbra rosee e carnose della donna davanti a noi lasciando che i capelli, un po’ corti, compissero gli stessi millimetrici movimenti delle spalle.

<< Ragazze è un complimento o cosa? >>

In sincrono assicuriamo per il complimento facendola ridere adesso in modo più visibile.

<< Voi ragazzine siete uno spasso! >>

Abbastanza indispettita da quell’affermazione, che non tocca assolutamente Sam, guardo come la Signorina Abis si avvicini in modo elegante e fluido verso il lettino. Un atto semplicissimo in sé che però mi dà il modo di poter notare le lentiggini ricoperte dalla cipria e l’accuratezza con cui gli occhi sono stati truccati: di certo la mattina si ammirava molto allo specchio. Il camice, che indossa subito, fa risaltare gli occhi neri e profondi e la carnagione dorata tipica dei Siciliani. Una bella donna non posso dire nulla in contrario; una di quelle donne che, essendo forti caratterialmente, sanno mettere in suggestione.

<< Allora...>>

Lo mormora dopo aver guardato una piccola cartellina con su scritto il mio nome: sicuramente i miei dati scolastici.

<< Elisa Reina. Età 16 anni. Corso: III G. Altezza: 1.60. Peso: 50 kg. Trasferita in questa scuola durante la quinta elementare... >>

Si ferma aggrottando le sopracciglia sul mio modulo di iscrizione.

<< Wow! No sei mai stata in infermeria?! >>

Faccio cenno con il capo  di si mentre lei continua a leggere interessata. Che poi, cosa gli interessa della mia vita?!

<< Da quello che ho scoperto su di te hai frequentato quest’istituto dalla fine della quinta elementare ad ora... la tua media è stata eccellente fino il primo anno delle superiori per poi calare drasticamente... >>

Arriccia le labbra in un sorriso compiaciuto prendendo in mano un pacchetto di sigarette, dopo aver poggiato il modulo sulla scrivania, fissandomi con gentilezza.

<< Sei nata a Milano... >>

Annuisco con vigore mentre Sam ascolta la conversazione lisciando una ciocca marrone ramata di capelli ribelle.

<< Si. >>

L’unica risposta mentre le mie labbra si stendono in un sorriso amaro. Mi sembra che si accorga del mio cambiamento di umore perché comincia a far scorrere il pollice sulla rotellina di un accendino argento più volte, senza successo. Con rammarico poggia l’oggetto sulla scrivania guardandoci di sbieco.

<< Avete da accendere? >>
<< Non fanno male le
sigarette? >>

Rispondo in modo freddo guardando la mano di Sam scattare verso la tasca del jeans.

<< Fanno male. Come fanno male le merendine confezionate, le patatine fritte, le masticanti e quant’altro. Ma non penso che tu non le mangi: no? >>

Sconfitta guardo come l’accendino di Sam, a scatto, accenda la sigaretta della Abis che soddisfatta si avvicina alla finestra accavallando le gambe, scoperte, e mettendo in mostra il piccolo tacco nero.

<< Elisa, anche mio fratello minore è di Milano... >>

Di quella frase mi manca un tassello a cui Sam non sfugge.

<< Intende dire che è un fratellastro? >>

Sorride mentre inala dalla sigaretta dando un colpo con il pollice all’oggetto, tenuto tra indice e medio, per far cadere la cenere.

<< Mi scusi, ma quanto “minore”? >>

Prima di ricevere risposta, la dottoressa spegne l’oramai mozzicone di sigaretta all’interno di un portacenere di porcellana. Un sorriso sbieco che in qualche modo mi colpisce come un provocazione mentre il suono stridulo della campananella, a guardia dello scorrere del tempo, ci fa ricordare che questa è l’ultima ora.

<< Andate ragazze...Ah Reina, ecco il tuo permesso per le ore saltate, mentre per te Isaja non ho come aiutarti... anzi! >>

Comincia a scrivere su un pezzetto di carta qualcosa e lo passa ripiegato su se stesso a Sam che lo guarda con scetticismo.

<< Consegnalo alla professoressa di quest’ora: non avrà nulla da rimproverarti! >>

Accenniamo un saluto strascicato mentre percorriamo il corridoio più isolato di tutto l’istituto ( tanto isolato da esserci solo gli stanzini ).

<< Sam ma la partita? >>
<< Abbiamo vinto! >>

Grida esultante mentre gioiosa alza in aria un pugno in segno di vittoria. Velocemente passiamo davanti la portantina e il bar, esatto c’è un bar interno,  stando ben attente a non infastidire le bidelle alle prese con riviste, sudoku e cruciverba. Ogni tanto ci capita di incontrare qualche nostra conoscente che salutiamo con due semplici, quanto inutili, baci sulla guancia. Superata la biblioteca ci dirigiamo a destra entrando nel corridoio con la presenza di molte quinte. Per la cronaca, il nostro corso ha solo tre classi.

<< Elisa! >>

Una vocina mi chiama facendomi arrestare di colpo.

<< Che ti prende? >>

Mormora scocciata Sam, faccio segno di silenzio e alzo gli occhi alla tromba delle scale: mi sta chiamando Veronica Inguanta della sezione F.

<< Ehi! Da quanto, come stai? >>

Le sorrido amichevole mentre lei mi guarda con preoccupazione facendo sciogliere gli occhioni azzurri candidi e puri.

<< Io bene, ma tu? Oggi ero in palestra a vedere il torneo: fa male? >>

Sospiro scompigliandomi i capelli.

<< Sto bene... >>

Parlottiamo per un po’ ma poi con un“scusa, ma devo tornare in classe” riesco a sganciarmi da lei ritrovandomi davanti alla porta della mia classe. 

<< Sam, per forza? >>
<< Hai studiato filosofia? >>

Sorrido facendole l’occhiolino mentre lei sospira aprendo la porta.

<< Reina come stai? >>

Acida e scorbutica la voce della professoressa, che odio, mi irrita facendomi venire subito mal di testa.
Già dai primi trenta minuti il parlottare di individui morti e decomposti mi annoia, almeno, mi annoia la professoressa ma la materia potrebbe anche starci. Guardo Sam che dorme beatamente contro il muro e a malincuore mi tocca darle una gomitata quando la professoressa comincia ad interrogare.
Con le labbra, al suo sobbalzo, mimo delle scuse che vengono ricambiate con un cenno del capo.

<< Visto che la vostra compagna ha avuto modo di entrare in contatto con il mondo alternativo di Platone... bene, Isaja, vuole onorarci della propria sapienza? >>

Rimaniamo pietrificate sul posto per svariati secondi poi lei dopo aver dato una rapida occhiata al libro comincia a parlare aggiungendo, alle schede del libro, pezzi di mitologia, reperti storici, documenti musicali e chi più ne ha ne metta lasciando di sasso  tutti, compresa la professoressa che non dice nulla se non un imbarazzato “10”.

Sorride a trentadue denti Sam battendomi il cinque.

<< Adesso vorrei tanto sentire la compagna di banco... Reina? >>

Quando finisco di ripetere solamente la lezione del giorno, peccando anche di esposizione, sospiro pesantemente spalmandomi contro il banco e sorbendomi la solita storia sulle mie capacità. La scimmiotto ben bene mentalmente sapendo già cosa mi avrebbe rifilato.  

<< Hai delle capacità cognitive eccezionali ma non ti applichi: 7 . >>

Sorrido più a me stessa battendo il cinque a Sam. Era raro, ma sapevo rifilare voti più o meno alti. Quando torno a casa la cupidigia dell’appartamento mi spezza il fiato facendomi scivolare contro la porta. Ho deciso.

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Capitolo 2
*** Scena Prima: II Atto ***


Gocce di memoria II Atto.

II Atto.


Zaino in spalla, voglia sotto i piedi e pazienza al limite sorrido alla commessa del locale che mi guarda un po’ stralunata e confusa: non è normale che una sedicenne mangi qualcosa alle cinque del pomeriggio. Ma proprio non riesco ad entrare a casa quando è così vuota perché cado preda di una strana sensazione a cui non posso cedere, almeno, sarei riuscita a non cedervi.

<< Ecco a te. >>

Mi sorride con un sorriso stanco e tirato, uno di quei sorridi che ti fanno venir voglia di parlare. Porgo la mano alla ragazza con il cappellino e la coda alta presentandomi senza pensarci troppo: Sonia Galante.

Laureata in legge, ma confinata ad un fast food mediocre della periferia Messinese. Sorrido lei quando mi parla del ragazzo che ama e che le ha chiesto di sposarlo.

<< E tu...Elisa, non hai un ragazzo? >>

Blocco la forchetta a metà negando e spiegando lei che le mie conoscenze maschili si fermano a qualche vicino e che nella mia scuola i dinosauri imperversano liberi uccidendo gli ormoni di noi povere comuni ragazze mortali che non hanno il piacere di conoscere tante persone.

<< Perché non vai al Nautico a conoscere qualcuno?! Lì ho molti amici! >>

Tossisco cercando di non affogarmi. Per chi non lo sapesse, il Nautico è l’istituto conosciuto sia per le materie che insegnano all’interno dei corsi che per la quantità spropositata di ragazzi.

<< Sonia, ma, mi hai vista!? >>

<< Si e quindi...? >>

Prima che possa spiegargli lei che il mio aspetto è quanto di più imbarazzante per me, il proprietario del locale la chiama e a me non resta che pagare riprendendo lo zaino in spalla e girovagando per le vie della città, almeno, quelle che conosco e che brulicano ad ogni orario di gente. Sospiro guardando la chiesa di Provinciale dal finestrino del tram senza sapere che fare. Sento il telefonino nella mia tasca ignorandolo per alcuni secondi, pensando che fosse un messaggio, ma mi tocca prenderlo per vedere scritto sul display: Mamma.

<< Pronto? >>

<< Amore della mamma ciao! >>

<< Ciao mamma... dove siete? >>

Sento dei rumori in sottofondo che mi sanno di festa ed evito di commentare per il volume della musica troppo alto.

<< Elisa cara siamo in Egitto! Dovresti vedere che bello sembra tutto magico! Ah, si... ti ho telefonato per avvisarti che non rientreremo domani... >>

<< Ma... >>

<< Rientreremo tra due settimane... gli affari stanno andando bene, ma ci hanno chiesto di aprire le trattative per un altro contratto a cui non possiamo rinunciare... >>

La musica si fa più alta facendomi abbassare il volume del microfono mentre delle grida mi rendono impossibile capire cosa stesse dicendo mia madre, forse qualcosa a che fare con la donna delle pulizie.

<< Mamma non la mandare: la casa la pulisco ogni giorno e non ne vale la pena... >>

<< Elisa sei sicura? La scuola? >>

<< Quella è la morte... La scuola và. >>

<< Ma dove sei tesoro? Sento un rumore strano dal tuo lato! >>

Non rispondo reprimendo l’istinto di lanciare il telefono dal finestrino, stranamente, aperto del mezzo. Mi alzo di scatto dal mio posto portandomi davanti le porte e poi rispondo.

<< Sto andando a fare la spesa... >>

<< Brava! Ah tesoro adesso devo andare! Un bacio! Ciao! >>

<< Ci- >>

Non ho nemmeno il tempo d rispondere che la comunicazione viene interrotta in contemporanea all’apertura delle porte, sono arrivata a Piazza Cairoli senza rendermene conto.

Il telefonino riprende a vibrare nella mia mano, inerme, e questa volta rispondo senza staccare gli occhi dal cielo che si sta oscurando, presto avrebbe fatto buio. Avvicino il “baracchino” all’orecchio senza controllare il display.

<< Pronto? >>

Biascico.

<< Elisa dove sei? >>

Rimango di sasso sentendo la voce maschile dell’unico ragazzo che io conosca, almeno a Messina: Rickye Lorenti.

<< Non penso che siano affari che ti riguardino! >>

L’unico ragazzo per altro che è in grado di farmi saltare i nervi nel giro di pochi istanti.

<< Ti chiedo questo perché sono con la macchina a Piazza Cairoli e c’è una ragazza all’in piedi proprio davanti alla fermata... sei tu? >>

Alzo lentamente lo sguardo notando la Mini Cooper con il tettuccio con a bandiera inglese e gli specchietti del medesimo stampo. La mano destra si alza per salutare il ragazzo dai capelli neri e gli occhi ambra seduto al posto del guidatore che sorride vittorioso.

<< Dolcezza ti sei fatta ancora più carina! >>

<< Tu il solito coglione... eh? >>

Salgo in macchina sicura di potermi fidare.

<< Dovresti uscire più spesso! >>

<< Lo faccio! >>

Ribatto divertita.

<< Intendo con una comitiva! >>

<< Tu adesso sei una comitiva, no? Tanto basta! >>

Non ribatte più roteando gli occhi al cielo facendomi sorridere di cuore;

Se solo avessi saputo prima cosa il Destino aveva in mente per la sottoscritta, sicuramente non avrei mai accettato quell’innocuo passaggio.

 

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Capitolo 3
*** Scena Prima: III Atto ***


Gocce di memoria III Atto.

III Atto.


Da quando ho incontrato, casualmente,  Rickye e la pallonata in pieno viso,  è passata una settimana e sei giorni: i miei sarebbero tornati domani e Sam sarebbe venuta volentieri per potermi fare compagnia.
Stavamo discutendo dei dettagli quando sento un bigliettino accostare contro il mio braccio e Mary farmi cenno di aprirlo.

 Hai saputo la novità?

 Scrivo una breve risposta notando solo adesso l’eccitazione delle mie compagne.

 Su cosa?

 Con naturalezza il bigliettino torna alla mittente che mi guarda con fare scioccato mentre spiego a Sam del bigliettino.

 Da lunedì avremo un nuovo professore e so per certo che sarà anche il nostro coordinatore di classe!

 Sorrido di sbieco mettendo il bigliettino in mezzo al banco per dare modo a Sam di poter leggere.

 Chi ti dice che sia la verità? ( by Sam )

Davvero!? Hai altri dettagli? ( by Elisa )

 Scocciata dalla domanda di Sam, Mary, rilancia la pallina di carta, dopo averla letta, sorridendomi e facendo il segno della vittoria vicino al viso risaltando i propri occhi castani.

 Che sei spiritosa Sam, ma ho avuto modo di parlare con mia madre e lei sa già qualcosa...  so solo che non è vecchio! xD

 Ridacchiamo tutte e tre sotto i baffi facendo il segno dell’Ok alla castana continuando a giocare a tris e parlottare tra di noi fino a quando non suona la ricreazione liberandoci dalle catene del volume e dando modo a tutte di poter parlottare del nuovo presunto professore senza freni.

<< E cosa dovrebbe insegnare? >>

Lo chiedo di slancio abbracciando Chiara e Sofia con un braccio.

<< Penso che insegni filosofia! >>

Strabuzzo gli occhi fino all’inverosimile: e la vecchiaccia che fine avrebbe fatto?

<< Ma la Sturiolo?  >>

Borbottano Lucia e Milena, gemelle, intontite dalla notizia.

<< Sicuramente andrà in pensione... >>

Selene si è alzata dal banco offrendo la sigaretta a Sam e accendendola subito dopo.

<< Non si fuma in classe! >>

Le ammonizioni di Caterina cominciano a farsi sentire dal corridoio mentre io mi fiondo tra le braccia della rossa.

<< Non ci scassare rossa! >>

Caterina scherza avvicinandosi a lei e salutandola calorosamente mentre le gemelline si sistemano i capelli biondi a vicenda.

<< Sofia, Chiara... >>

Saluta anche loro spegnendo, con le mani, entrambe le sigarette e buttandole dalla finestra.

<< Ma...! >>

Mormora Sam guardandomi in cerca di appoggio: mi fingo indifferente.

<< Io odio il fumo. >>

Mi affaccio in corridoio vedendolo brulicare di ragazze e  conoscenti. Sono subito attratta dalla figura di Lidia che, essendo abbastanza alta, è riconoscibile, complici i vestiti appariscenti e il trucco pesante. Ora che ci faccio caso, ha in viso un’espressione truce che mi fa sorridere: chissà da chi sta andando.
Un groppo di saliva mi si forma in gola quando si ferma davanti a me con fare minaccioso: le zalle restano a vita zalle.

<< Tu l mio ragazzo non lo devi nemmeno guardare! >>

Aggrotto le sopracciglia.

<< Eh? >>

<< Che fai mi prendi per il culo? >>

Scoppio a ridere guardando il corteo di ragazze che si sono fermate a godersi la scena.

<< No, ma non capisco...davvero. >>

<< Sabato hai chiamato Ricky e ti sei fatta riaccompagnare a casa! Ammettilo! >>

Come se mi avesse raccontato la barzelletta più bella del mondo comincio a ridere piegandomi in due.

<< Io... Mi sono trovata... li per... >>

Da quanto sto ridendo non riesco nemmeno a parlare. Respiro due volte per calmarmi e poi ricomincio.

<< No, io ho incontrato lì per caso Ricky che si è offerto gentilmente di portarmi a casa; nulla di più,nulla di eclatante! >>

Mi preparo al colpo che sta caricando pronta a menar mani ma mi fermo osservando come la mano della signorina Adis si sia allacciata al polso di Lidia facendola arretrare.

<< Cosa stavi facendo? >>

Impaurita dal tono autoritario si scusa immediatamente con me promettendo di lasciarmi in pace ma che non mi avrebbe mai perdonato il fatto di avere messo piede sull’auto del nero: appena l’avrei chiamato gli avrei rifilato una ramanzina. Mica dopo tre anni mi devo far conoscere adesso!

<<  Stai bene? >>

Guardo gli occhi neri della dottoressa e accetto la cioccolata che mi avrebbe offerto di li a pochi secondi.

<< Sam... >>

Rientro in classe trovando solo le ragazze a parlottare su quello che avrebbero fatto in caso di rissa.

<< Elisa! >>

La morsa d’acciaio di Mary mi fa sentire bene.

<< Sam? >>

Biascico tra una stretta e l’altra. Tutte alzano le spalle mentre Caterina rientra in classe con il fiatone.

<< Elisa! Elisa! Sam sta facendo a botte con Lidia! >>

Senza sentire i commenti delle altre seguo Caterina fino al retro della scuola dove molte ragazze si riuniscono per fumare in pace e la vedo mentre sta prendendo a pugni il volto i Lidia che sta sotto di lei. Insieme a Selene, che non era riuscita a trattenerla, la slacciamo da Lidia trascinandola all’interno dei corridoi.

<< Ma che cazzo combini!? >>

Urlo guardando il labbro spaccato e tamponandolo con un fazzolettino.

<< La cosa giusta. >>

Si limita a dirmi troppo presa a calmarsi.

<< Ti pare che è un sacco pieno di sabbia?! Gli avrai sicuramente fatto parecchio male! >>

Alza le spalle mostrandomi i propri occhi freddi e insensibili, oserei glaciali, a quella frase.

<< Come sarebbe a dire?! >>

Tampono anche i graffi alle nocche delle mani mente alcune ragazze trascinano Lidia, sanguinante e indolenzita, da due parti facendola passare da quell’entrata. Automaticamente metto le mani al petto, formoso, di Sam e Selene al braccio destro.

<< Ehi... >>

Tuona Sam facendo fermare le ragazzine, pallide di terrore, girando Lidia dal proprio lato.

<< Azzardati a dire ancora cose del genere e la prossima volta non mi limiterò: stanne certa. >>

Gli occhi verdi della mora si riempiono di lacrime lasciando colare giù delle gocce. Impossibile, Lidia che piange!
Molte delle presenti cominciano a batterle le mani in sincrono mentre lei accenna un piccolo sorriso. L’abbraccio forte a me nascondendo la faccia nell’incavo del collo e respirando piano per calmarmi.

<< Scusa... sono stata avventata. >>

Una lacrima mi riga la faccia andandosi a posare sulla spalla scoperta di Sam che mi accarezza i capelli.

<< Cretina. >>

Si stacca da me determinata.

<< Devo andare in direzione, anche se è stata lei a provocare, io ho cominciato ad alzar le mani... >>

Le ragazze di prima le intimano di stare calma che sarebbero andate con lei a difenderla ma è irremovibile.

<< Sei convinta? >>

Gira su se stessa dirigendosi verso le scale e sparendo poco dopo. Il mio sospiro spezza il silenzio e mi rivolgo a Selene che piega le labbra in una smorfia di ribrezzo.

<< Ha cominciato ad insultarti... >>

<< Non è un motivo per alzare le mani. >>

Mi guarda spazientita fulminandomi con gli occhioni verdi.

<< Ha cominciato ad insultare anche la tua famiglia... >>

Sospiro ripetendo la frase di prima.

<< Ha cominciato ad insultare anche lei e la sua famiglia... madre e fratellino compresi. >>

Stringo le mani a pugno guardando il vento issarsi e portare via con sé le scie di fumo bianco delle sigarette. Il mio unico pensiero corre a Sam, alla Sam che ho conosciuto in prima media, alla Sam che in terza è morta e a questa Sam cercando di trattenere le lacrime;

<< Ehi... ma perché se l’è presa tanto? >>

Una ragazza dai capelli neri e gli occhi marrone scuro si avvicina con le braccia incrociate guardandoci fisse.

<< Sua madre e suo fratello sono morti quando aveva 12 anni... >>

Mi giro lasciandole con le bocche spalancate trascinandomi dietro sia Caterina, spettatrice muta,  che Selene, tentata di rovinare la vita a Lidia.

<< No. Non ne vale la pena. >>

 

Sei anni addietro.

 

Sono sola e non accetterò mai il fatto di essermi trasferita in Sicilia, più precisamente a Messina, io amo Milano e non potrò mai fare il paragone tra quella e questa città.
Odio viaggiare.
Odio viaggiare in macchina.
Odio la Sicilia.
Odio la Sicilia e Messina.
La odio perchè mi porteranno via dal mio fratellone!

<< Elisa per piacere non tenere il muso, ti faccio vedere che la scuola in cui andrai ti piacerà da matti! >>

<< No! >>

Mi raggomitolo su me stessa guardando male mamma e papà: non mi piacerà.

 

<< Lasciatemiiii! Io non ci voglio andare lì! Voglio tornare a casa! >>

Vaghi gli sforza di divincolarmi dalla presa salda sul mio braccio della mamma che sorridente cerca di entusiasmarmi alla nuova vita a cui ho detto categoricamente no, complici loro che non stanno mai con me nemmeno adesso.

<< Ti piacerà! >>

Mi blocco facendo preoccupare la mamma che mi guarda con dolcezza asciugandomi le lacrime.

<< Per favore. Mamma e papà non ti vogliono vedere piangere: ti vogliamo bene. Se fosse dipeso da noi saresti rimasta a Milano ma non è potuto essere. Capisci tesoro? >>

Sconfitta mi metto al suo fianco senza cancellare il solco delle lacrime chi mi bagnano il viso.
I moduli di iscrizione e l’influenza economica di mia madre mi ha permesso di entrare direttamente in classe e adesso mi sto presentando a quelli che sicuramente diverranno, per i mesi che rimangono, mie compagne.

<< Sono Elisa Reina e sono nata a Milano... >>

Sento una risatina e mi fermo alterandomi.

<< E odio Messina. >>

Ottenuta la loro attenzione vado a sedermi in un angolo della classe accanto ad una tipa strana che mi porge la mano.

<< Piacere Elisa. Sono Sam Isaja... mi spiace che tu odi la nostra città...però, proviamo a divenire amiche... ok? >>

Schiaffeggiata la mano affusolata della strana tizia, guardo fuori dalla finestra odiando il caldo soffocante che entra dalla finestra.

 

 

<< Siamo finite nella stessa classe. Non è magnifico? >>

Urlo contenta andando a finire tra le braccia di Sam che ricambia la stretta prendendo a ridere come una matta: avevo cominciato a parlare con lei subito dopo un mese dal mio arrivo a Messina trovandola interessante.

<< Ma ci pensi? Tre anni di medie nella stessa classe! Sono al settimo cielo! >>

La quinta elementare era finita in fretta e non vedevamo l’ora di progredire per poterci così divertire.

 

 
Ci stiamo guardando intorno senza conoscere nessuna e non posso credere che Sam abbia già attaccato bottone con molte ragazze, soprattutto con una ragazza allegra di nome Mary a mio avviso strana quanto Sam.

<< Dai Elisa! È troppo spassoso! >>

Il telefonino di Sam comincia a squillare e mentre lei risponde urlando un semplice “Emanuel”, il nome del fratellino più piccolo di tre anni, e raccontando lui una miriade di cose sul primo impatto.

<< Davvero!? C’è già una ragazzina che ti piace? Come si chiama? >>

La famiglia di Sam era molto allegra e la madre è una donna dai modi eleganti e raffinati anche quando scherza; il padre è un uomo pacato ed equilibrato che non parla mai a vanvera e ragiona molto prima; il fratellino, invece, è una piccola pesta che si diverte a seguire le pazzie della mamma e che ama molto la sorella.
Sorrido sentendomi felice dopo tanto tempo.

 

Cinque anni prima.

 
I telegiornali palano dell’accaduto da giorni oramai facendomi piangere ancora di più e Sam al mio fianco ogni volta, si raggomitola su se stessa con gli occhi vitrei: evitiamo di aprire la televisione.

<< Sam... >>

Non sento risposta e l’abbraccio forte stringendola a me.

<< Elisa... dimmi che è tutto uno scherzo... >>

Non rispondo girando la testa verso il peluche che mi aveva regalato la signora Giusy piangendo in silenzio e si addormenta così senza fiatare tra le mie braccia. Con l’aiuto di papà la stendiamo sul lettino e usciamo dalla camera.

<< Michele... come sta Antonio? >>

Guardo in silenzio i miei genitori che parlottano piano incuranti delle mie orecchie.

<< Si sta riprendendo ma non hanno avuto il coraggio di dirgli nulla... >>

Ritorno in camera e vedo Sam seduta mentre si abbraccia le ginocchia: è dimagrita molto.

<< Tuo papà sta meglio... >>

Mi guarda spaesata stirando le labbra in un sorriso rassegnato.

<< Sono sollevata... almeno... lui ... >>

Non finisce la frase poggiando la testa sulle ginocchia. Per un mese di fila restammo chiuse in camera.

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Capitolo 4
*** Scena Prima: IV Atto ***


IV Atto

IV Atto

<< Reina, mi sta ascoltando? >>

Mi giro verso la professoressa di scatto.

<< Interrogata. >>

<< Non sono preparata. >>

Mento seccandomi anche ad alzarmi dalla sedia: senza Sam mi annoio facilmente; i miei genitori sono ripartiti e staranno via quasi due mesi. Che nervi.

<< Come mai? >>

<< Non sono preparata. >>

Ribadisco restia dal raccontarle i fatti miei e guardando la sedia vuota al mio fianco: ha ricevuto una settimana di sospensione ridotta a cinque per la correttezza di esser andata direttamente dal preside; questo è il terzo giorno.

I gridolini fuori dalla porta mi fanno male alla testa facendomi innervosire: sono tre giorni che il “professore” è arrivato mandando in pensione la vecchia bisbetica e ogni qual volta noi vorremmo provare a vederlo, semplicemente pedinarlo, sembra svanire nel nulla. Il suono della campanella è come una liberazione.

<< Andiamo da Sam? >>

Le gemelle mi prendono sotto braccia e mi trascinano verso la fermata dell’autobus facendomi sorridere e chiacchierare allegramente. Ci ritroviamo a bussare alla porta dell’appartamento dopo mezz’ora, porta, che viene aperta dal padre di Sam.

<< Ragazze! Prego entrate! >>

Un sorriso raggiante che fa sorridere anche noi e, di soppiatto, assaltiamo Sam per le spalle capitolando a terra e ridendo tutte come sceme.

<< Sceme! >>

Ecco, l’ha detto.

 

Sono nervosa, mi correggo, siamo nervose e non possiamo far altro che rimanere sedute ai nostri posti, in silenzio.

<< Secondo voi verrà? >>

Mormora Selene dal fondo della classe.

<< Non lo so... >>

Sofia prende la mano di Milena stringendola appena.

<< Laura non ci riesco! >>

Chiara si alza dal proprio posto andando a buttare un foglio, il cestino è vicino alla porta, e guardando i corridoi: vuoti. Tutte in coro ci lasciamo andare ad un sospiro rassegnato: abbiamo due ora di filosofia, ma del prof nessuna traccia.

Mi attacco a Sam ( il direttore le aveva ridotto la “pena” ascoltando la versione e le scuse di Lidia) che indifferente, forse l’unica, continua a disegnare il personaggio di un Anime giapponese, tra l’altro il mio preferito.

<< Quanto siete chiassose. >>

Sam ci guarda tutte con fare annoiato rimproverandoci per la nostra stupidaggine, ovviamente insieme, assaliamo la ragazza facendole il solletico; del professore anocora nessuna traccia.

I minuti passano velocemente mentre noi ci divertiamo a giocare al gioco della verità. Tocca a me rispondere ad una domanda.

<< Elisa...allora: Quando abitavi a Milano, conoscevi un ragazzo che ti piacesse particolarmente? >>

Fulmino Milena con lo sguardo facendo ridere tutte.

<< S- >>

La porta si spalanca di colpo e noi ci giriamo di scatto. Spalanco gli occhi guardando il nostro nuovo professore.

<< Non è possibile! >>

Urlo indicando l’uomo e alzandomi in piedi. Mi guarda stranito puntando i suoi occhi verdi sopra i miei.

<< Signorina... ha qualche problema? >>

<< N-no... >>

Mi siedo abbassando gli occhi al banco e dandomi della stupida: impossibile che fosse lui, nei suoi occhi non avevo visto un minimo di stupore o scintilla di ricordo.

Quasi tremo sul posto sentendo la sua voce.

<< Buongiorno ragazze. Perdonate il mio ritardo ma sono stato trattenuto in segreteria... >>

Sento il gesso, appositamente nuovo, venir rotto e l’oggetto incontrare la superficie nera della lavagna stridendo e riempiendo il silenzio dovuto ai respiri trattenuti delle mie compagne. Quando non sento più il gessetto stridere alzo gli occhi.

<< Il mio nome è Davide Ambrosia e da oggi sarò il vostro nuovo professore di filosofia. Spero di trovarmi bene con voi e che mi seguiate con il massimo della costanza. Qualche domanda? >>

Alzo la mano per prima e quasi il fiato mi viene a mancare quando mi indica.

<< Lei è per caso di Milano? >>

Sorride guardandomi negli occhi mentre annuisco mettendomi le mani a coppa davanti al viso. Ascolto le domande delle mie compagne impassibile: è Davide. Quel Davide. Davide il mio fratellone!  

<< Non mi sento bene...posso andare in infermeria? >>

Mi guarda annuendo ed esco via correndo come se mi stesse inseguendo qualcuno. Adesso posso fare il paragone: è cresciuto; ha gli occhi di un verde più chiari e i capelli più lunghi ma sempre biondo cenere; gli zigomi alti e la barba. Quel filo di barba incolta. La barba che prima non c’era.

Sto ancora correndo all’interno dell’istituto passando davanti al bar e alla portantina per entrare nella parte più isolata, indecisa sul da farsi, arresto la mia corsa davanti l’infermeria. Con la solita fortuna che mi ritrovo la porta si spalanca mentre la signorina Abis mi invita ad entrare.

<< Quindi è arrivato... >>

Si siede al solito posto mentre mi intima, con un gesto della mano, a sdraiarmi sul lettino.

<< Chi? >>

Sono sconvolta e non so se essere felice o triste.

<< Davide. >>

Lo dice in un tono così confidenziale da farmi voltare verso lei: sta trattenendo le risate.

<< Davvero non ti ha detto nulla quell’idiota? >>

Nego con la testa non riuscendo a capire: perché quel tono confidenziale?

Forse la mia perplessità è palpabile e visibile tanto che la donna di alza dandomi un buffetto sulla guancia guardandomi intensamente.

<< Elisa, è il mio fra- >>

Una mano grande tappa quella della signorina. Mano che riconosco: la sua.

<< Alice... non credo che la signorina sia venuta qui per dialogare: come stai? >>

Rivolge i suoi occhi su di me sorridendo e poggiando il palmo della propria mano sulla mia guancia. Chiudo gli occhi beandomi di quel contatto e annuso profondamente stupendomi un poco: i polpastrelli fanno odore di fumo.

<< Male e bene. Grazie. >>

Apro gli occhi sentendo il suono della campanella, l’ennesima, segno della fine delle lezioni. Sorride.

<< La classe dove l’hai lasciata? >>

Stacca il palmo della mano dalla mia pelle e mi accorgo subito che quel punto comincia a bruciare, tanto da dover poggiare la mia sul punto per evitare che mi desse fastidio.

<< La classe esce prima il venerdì. >>

La dottoressa mi guarda con curiosità e mi tocca spiegare lei.

<< Facciamo tutte parte di un gruppo sportivo, chi boxe, chi pallavolo, chi basket, chi calcio, chi rugby... e se non mi sbaglio c’è una mia compagna che fa danza... >>

Non capisce ancora e mi tocca spiegare ancora.

<< I professori ci lasciano sempre cinque minuti per andare negli spogliatoi e subito la fine delle lezioni cominciano gli allenamenti. >>

<< E tu quale sport pratichi? >>

Sorrido imbarazzata.

<< Nulla. >>

<< E solitamente che fai? >>

Sospiro, passandomi una mano nei capelli, osservando di sottecchi il professore mentre prende una sigaretta.

<< Nulla. >>

Mi alzo senza guardare nessuno dei due in faccia e salutando con un semplice “arrivederci” accennato. Quando metto piede fuori dal portone principale comincia a piovere a dirotto.
 La mia solita fortuna? Sono senza ombrello.

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Capitolo 5
*** Scena Prima: V Atto ***


V Atto

V Atto


I giorni seguenti mi resi davvero conto delle occhiatacce che studentesse, professoresse e inservienti mi rivolgevano non sapendo il motivo.  Tanto male che mi sorpresi: nemmeno se fossi stata l’amante del prof!

 

Cammino accanto a Sam, l’unica che ancora mi parlasse normalmente, cercando di apparire disinvolta come sempre ma è difficile esser accusata di un qualcosa a cui non si può dare nemmeno un nome. È ingiusto.
Il fatto di essere la rappresentante di classe, eletta senza essere davvero consenziente, non mi aiuta di certo.

<< Reina buongiorno. >>

Ed eccolo lì: spalle larghe, sorriso sghembo, occhi penetranti, zigomi alti e quelle labbra...

<< Buongiorno professore. >>

Sembra quasi deluso da quel mio tono distaccato, sorprendendomi. Mi accorgo di un camice bianco sopra gli abiti casual solo quando il braccio mi sbatte sulla testa il registro di classe. Fa odore di menta.

<< Tieni, per favore riportalo in classe. >>

Lo passo a Sam senza guardarlo in faccia e salutandolo senza nemmeno dargli conto.
Lui non è il mio Davide, non di certo, anche se l’età corrisponde a quella dei miei calcoli: il Davide della mia infanzia aveva dieci anni in più di me.
In pratica quando io ne avevo compiuti dieci lui ne aveva già venti, un adulto della medesima età. Ma sono convinta che non sia lui, devo essere convinta che non sia lui. In fondo, chi mi garantisce che lui si ricordi di me? E poi, perché non si sarà fatto avanti magari con un: “ehi ma tu sei la bambina di cui ci prendevamo spesso cura?”
Dio, mi basterebbe solo questo.
Mi fermo davanti all’entrata del bar guardando gli interni con guardo vacuo: ci sono due tavolini e una dozzina di sedie disposte in ordine a delle mensole, rosse. Il bancone a sinistra è occupato da una teca panini di ogni tipo, la cassa, un pezzo di bancone appoggio e il reparto dolciumi. Alle spalle molte mensole occupano snack di vario tipo, le granite di vario gusto e in una stanza, sul retro, sono tenute le bibite e le piastre. Sorrido alle commesse decidendo mentalmente e con calma cosa prendere, Sam è tornata in classe. Guardo con interesse le granite.

<< Mmm... >>
<< Lei prende un cremino. Io un cafè amaro per favore... >>

Mi giro di scatto verso la mia sinistra sbattendo il naso contro qualcosa di bianco.

<< Ahi! >>

Sento la sua risata riecheggiare bassa e in modo caldo. Sento il mio cuore galoppare guardando la schiera bianca dei denti. Perché tutte a me?!

<< Come fa a sapere cosa avrei preso? >>

Non è Davide... 

<< Perché... >>

Non è lui...

<< I tuoi gusti non sono cambiati per niente... >>

Impossibile!

<< Vero, Elisa? >>

Continuo a fare finta di nulla dandomi della stupida. Avrò capito sicuramente male.

<< Eh? >>
<< Non fare la finta scema... andiamo. >>

Senza essermene accorta la signorina aveva poggiato il bicchiere di carta vicino al mio braccio e stava liberamente stuprando Davide con gli occhi. Prendo in mano il bicchiere seguendolo senza sapere realmente cosa dire, in fondo, mancavano solo cinque minuti al suono della campanella per la ricreazione. Non si gira mai per vedere se lo stessi seguendo e non parla mai durante il tragitto lasciandomi il tempo per pensare.
Davvero, non mi sarei mai aspettata nulla del genere o almeno, non nella vita reale ripercorro alla mente tutti i giochi che quando ero piccola mi faceva fare, anche con le macchinine, non riuscendo a credere.

<< Prego. >>

Lo supero entrando all’interno dell’aula multimediale e mi siedo dove indica il prof con la mano, lui prende posto proprio davanti a me.

<< Per quanto tempo mi avresti ignorato? >>

Sbotta di colpo mettendo i piedi sul tavolino e bevendo nervosamente il cafè.

<< Eh? Non capisco che intende. >>

Mi pietrifico sul posto quando mi guarda in modo glaciale.

<< Stupida almeno dammi del tu quando siamo soli! >>

Continuo a fare l’imbecille cercando di trattenere le lacrime.

<< Dai... Elisa, non è possibile che tu ti sia dimenticata di me, in fondo, quando ci siamo separati avevi solo dieci anni... dovresti ricordarti qualcosa... >>

Nego ancora con la testa mentre l’osservo prendere il portafogli con una mano.

<< Mmm... >>
<< Ecco... >>

Ed è lì che le mie lacrime cominciano a scendere giù lentamente, al ricordo dell’unica foto che ci ritraeva insieme: io piccola, lui senza gli occhiali e poco più basso che mi tiene in braccio in modo protettivo.

<< Non ci posso credere... >>

In silenzio e con una mano occupata a tenere la sigaretta, la sorella, mi accarezza la testa in modo dolce lasciando una scia bollente su ogni angolo in cui le sue dita passassero.

<< Perché piangi? >>

Mi chiede poi ritraendo la mano e alzandosi per avvicinarsi a me di qualche sedia.

<< Perché non pensavo che fossi davvero tu... >>

Ridacchia lasciandomi di stucco.

<< E’ perché sei la solita scema... in sei anni non sei cambiata di una virgola e mi è stato facile riconoscerti anche senza avere la conferma del registro. >>

Imbarazzata da quella vicinanza sbotto tutto d’un fiato.

<< E che ne potevo sapere io!? Sai quanti Davide Ambrosia ci sono in tutto il mondo? Pensavo che fosse una coincidenza! >>

Alza un sopracciglio indispettito mettendomi l’indice al centro della fronte e spingendo piano; quel punto, comincia ad infuocarsi sempre di più.

<< Si ma quanti mi somigliano? >>

Questa volta prendo la sigaretta dalle sue dita spegnendola; il contatto casuale delle mie dita contro le sue comincia far bruciare anche quel punto.

<< Si ma il Davide che conoscevo io non fumava e non aveva gli occhiali! Mi hai depistata! Cretino! >>

<< Cretino? Ah si!? L’unica cretina qua dentro sei tu! >>

Si ricompone di scatto tornando a fare l’indifferente e lasciandomi a bocca asciutta.

<< Perché lo sarei? Sentiamo! >>

Con gli occhi socchiusi riaccende la sigaretta che avevo spento e dopo mi guarda con un occhio chiuso e un occhio aperto fingendosi ancora indifferente e insofferente parlando, però, in modo caldo e dolce.

<< Perché non ti sei resa conto che stiamo litigando come i vecchi tempi... >>

Non so che rispondere e ci guardiamo per alcuni minuti...

Le risate che si susseguirono dopo furono le più belle di tutta la mia vita.

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Capitolo 6
*** Scena Prima: VI Atto ***


VI Atto

VI Atto

Dopo un mese da quello scontro verbale ci vedevamo quasi ogni giorno, lì, in quell’aula multimediale oppure nei laboratori utilizzati soltanto una volta o due a settimana per poter rimanere soli a parlare perché, essendo lui l’unico professore-ragazzo dell’istituto, durante le ore nelle classi non aveva nemmeno un attimo di tregue e poi, lui era il Prof. e come tale l’avrei dovuto chiamare a scuola. Il mio ruolo durante la scuola si limitava a semplice alunna, che non studiava, finendo per passare sempre inosservata, eppure, non riuscivo, e non riesco, a capire perché, ogni qual volta, lui sorride ad una professoressa, il mio cuore comincia a pulsare in modo lento. Non capisco perché ogni qual volta rivolge il suo sorriso o le sue attenzioni altrove, il mio cuore risponde con un sonoro battito che fa male.

<< Elisa...che cos’hai? >>
<< Mh? >>

Guardo Sam che mi parla sottovoce per non far girare il prof. verso di noi. Facendole il segno del silenzio, torno a dormire interessandomi poco, se non niente, alla lezione del giorno di filosofia. Non so quanto tempo passa da quando chiudo gli occhi che sento qualcosa di pesante sulla mia testa e allo stesso tempo doloroso che mi fa sobbalzare.

<< Ben svegliata Reina... >>

Ah! Già, avevo omesso che avesse cominciato a chiamarmi anche per cognome durante le ore scolastiche. Guardo gli occhi verdi con disappunto, i quali non ricambiano le mie occhiate rimanendo impassibili. Sospiro e sposto il libro di filosofia dalla mia testa ( 1034 pagine ) aspettandomi una ramanzina non so quanto lunga; ciò non avviene lasciandomi di stucco.

<< Reina sei in punizione. Rimarrai qui dopo le lezioni ad aiutare le bidelle per pulire... >>

Indignata mi risiedo senza ascoltarlo e cercando di disegnare un qualcosa Wodoo per poterlo piegare al mio volere. Mi blocco di colpo.

 Cosa voglio che faccia?

 

<< Elisa... se vuoi rimango a darti una mano... >>
<< No Sam, grazie ma quel pidocchioso di un professore sicuramente ti riproverebbe e tu non puoi giocarti l’anno... ricordi Lidia, vero? >>

La guardo sicura senza nessuna ombra di giudizio, solo di raccomandazioni: voglio che l’anno per lei scorri il più fluidamente possibile.

<< Vabbè, allora rimaniamo noi? >>

Guardo Milena e Lucia con gratitudine e declino anche il loro aiuto con gentilezza.

<< Ma perché? >>

Piegano la testa dallo stesso lato guardandomi con curiosità. Appena riesco ad elaborare una scusa plausibile vedo le due ragazze immobilizzarsi di colpo e le loro guance arrossire.

<< Ma che... ? >>

Mi do una risposta sensata quando sento la mano del prof. poggiare sulla mia spalla. Perché quel punto comincia a pulsare?

<< Bene, Reina sono contento di vederti qui...>>
<< Mantengo le mie promesse. >>

Rispondo incrociando le braccia al petto e avviandomi verso gli stanzini della scuola pronta per prendere tutto il necessario per pulire. Afferro un rastrello, per le foglie del giardino, una scopa per la polvere e il carrello dove ci sono tutti i prodotti per pulire mettendomi un fazzoletto intorno alla testa e cercando di chiudere lo stanzino.

<< Ma che stai facendo? >>

Rabbrividisco appena al tono divertito che ho sentito nella voce ma non mi giro.

<< Semplice: faccio le pulizie. Non sono in punizione? >>

Convinta mi giro e l’unica cosa che vedo è il camice, che hanno cominciato ad utilizzare tutti i professori, e quando sento le braccia agganciate intorno a me sorrido appena...

<< Sei una stupida... riporta tutto dentro ti accompagno a casa... >>

Aggrotto le sopracciglia sentendo uno strano formicolio allo stomaco e le guance diventare incandescenti.

<< Milena e Lucia? >>

Mi viene subito da pensare che possano essere ancora a scuola e lui mi scompiglia tutti i capelli in modo dolce.

<< Li avevo pettinati una volta... >>
<< Appunto non c’ero io! >>

Lo guardo interdetta mentre sprofondo in quel verde liquido. In qualche modo nella mia testa si affollano le immagini delle persone che avranno avuto modo di immersi nel mio stesso paradiso sentendomi triste senza motivo.

<< Ehi qualcosa non va? Sei diventata pallida in una volta. >>

Mi sposto quando cerca di afferrarmi il mento correndo a più non posso.

<< Scemo! >>

 

Lo dico con convinzione cercando di non cadere durante la mia corsa e cercando di arrivare il prima possibile in classe per prendere lo zaino per volatilizzarmi, per il momento, dalla scuola. Come da copione afferro lo zaino e il giubbotto correndo ancora più velocemente verso l’uscita principale, tanto, penserà che io stia uscendo da qualche uscita secondaria e potrò avere via libera. Ancora con la fortuna dalla mia, non essendoci nessuno fuori, sorrido a me stessa ammirando il contrasto dei colori dell’alba e beandomi della frescura che il vento alita lentamente scompigliandomi i capelli.

<< Finalmente... >>

Come se il mio cuore stesse danzando solo per lui, comincia a galoppare velocemente mentre le gambe cercano il modo di avvicinarsi a lui.
Perché!?
Senza fare caso all’assenza degli occhiali e del camice bianco a coprire gli obiti casual faccio finta di non averlo visto camminando davanti a me.

<< Cos’ho fatto per farti arrabbiare così tanto? >>

Si para davanti a me senza impormi la propria presenza... sono io che mi fermo come se fosse stata la cosa più ovvia da fare.

<< Non sono affari tuoi... >>

Mormoro senza guardarlo in volto.

<< Ah si? E allora perché non mi guardi in faccia? So cos’hai tu s- >>

<< Smetti di parlare come se mi capissi! >>

Mi allontano dalla parte opposta a quella che dovrei prendere e scendo dallo sbocco che si affaccia sul cimitero principale, il Cimitero di Provinciale.
I vecchi muri che si stringono come a volersi unire creano una piccola stradina percorribile solo per salire che costeggia l’intero cimitero in un abbraccio di cemento, tubi e metallo.
L’aria che si respira è satura degli scarichi delle automobili e la strada principale in cui sfocia questa più piccola, costeggiata da un mercato ittico è molto trafficata anche alle due del pomeriggio. “Smetti di parlare come se mi capissi” gli ho urlato contro senza pensare che, di questi tempi, non mi capisco nemmeno io più. Sono scappata via come...

<< Come una mocciosa viziata! >>

Mi giro di scatto verso la strada e lo vedo: è seduto su un macchina davvero bella su cui lo stemma della BMW è orgogliosamente presente. Scende dalla macchina con grazia e mi porge una mano con imbarazzo: quasi non muoio per la troppa gioia quando afferro la sua mano, grande e calda, per farmi guidare alla macchina. Il silenzio regna sovrano. Regna sovrano fino a quando non sentiamo un telefonino squillare, penso che sia il mio ma devo ricredermi quando la sua voce mi dice che è il suo: mi limito a guardare fuori dal finestrino con, finta, noia "tendendo" le orecchie verso lui. 

<< Amore... dove sei? >>

Se mi avessero dato una coltellata in pieno petto non sarebbe uscita una stilla di sangue.

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Capitolo 7
*** Scena Prima: VII Atto ***


VII Atto

VII Atto

Rimango pietrificata sul posto sentendo quelle parole... Cosa?

<< Ho appena finito. Ah quindi sei già davanti al porta dell’appartamento? Ok...  >>

Evito di commentare o guardarlo in faccia trattenendo le lacrime.

<< Dai... veramente?! Così poco e in buone condizioni? Dammi il tempo di sistemare una faccenda e sto arrivando... >>

“Una faccenda”. Non più Elisa è il mio nome ma “faccenda”. Ostinatamente guardo fuori dal finestrino realizzando di essere arrivati vicino al Campo sportivo C. Celeste sopra lo Zir e il semaforo è appena divenuto rosso.

<< Non preoccuparti. Và. >>

Sibilo; scendo velocemente dall’auto cominciando a correre e ringraziando Dio per non aver incrociato macchine alla mia folle attraversata e salendo sul primo autobus che vedo fermarsi alla fermata :il numero 10 per Zafferia; a cosa mi serva non lo so, ma so per certo che non mi avrebbe seguita: “Faccenda” era appena andata via. “Faccenda” aveva appena perso la voglia di parlare con “Stronzo” o roba simile. “Faccenda” ha appena elaborato cosa significhi essere innamorati senza essere ricambiati e, adesso, “Faccenda” può piangere liberamente.

Compongo velocemente il numero di Sam, senza chiamarla,  piangendo sull’autobus e attirando gli sguardi di due vecchietti che mi chiedono se stessi bene e se avessi bisogno di qualcosa. Due brave persone a cui, sempre in lacrime, rispondo semplicemente con un “sto bene, grazie di tutto”  nascondendole per poco dietro un finto sorriso. 
Nulla andava bene, non più. 
Saluto gli anziani signori quando scendono dal mezzo lasciandolo vuoto. 
Osservo il paesaggio cambiare molte volte e il paesino misi para davanti vittorioso ricordandomi cosa le labbra del Prof. avessero appena detto: “Amore...” , “Appartamento...”
Il mezzo attraversa tutto il paese ripuntando alla città. In silenzio questa volta faccio partire la chiamata: la voce di Sam è un po’ annoiata.

<< Pronto? >>

<< Sam... >>

Attimi di silenzio.  

<< Perché stai piangendo? Non sarà stato quel professore?! Ti ha messo le mani addosso?! Dove sei? >>

<< Sam... io... >>

<< Elisa... se non parli mi fai preoccupare ancora di più... dove sei? >>

Sospiro trattenendo i singhiozzi.

<< Sono sul... 10... >>

<< Perché? >>

<< Il professore... è il Davide della mia infanzia... >>

Sento un sospiro.

<< L’avevo intuito... cos’è successo? >>

Le lacrime scendono più velocemente perché mi sento in colpa nei suoi confronti.

<< Perdonami... non avertene parla- >>

<< Si vede che non eri pronta a raccontarmelo...no? >>

<< Io... mi sono innamorata di lui... ma... >>

<< Dove sei?... >>

Alzo gli occhi guardando come l’autobus aprisse le porte alla stessa fermata in cui, mezz’ora addietro, ho lasciato Davide in tredici. 
Non so perché ma al ricordo le mie lacrime si bloccano di colpo mentre gli occhi schizzano fuori dal finestrino più vicino: il punto in cui sono scesa dall’auto è vuoto. Sospiro rispondendo a Sam e chiudendo la comunicazione. Chiudo gli occhi poggiando la testa contro lo schienale della sedia, scomodissima.

<< Sera... >>

Spalanco gli occhi ritrovandomi ad un palmo il viso di Davide che mi osserva con preoccupazione. 
Non fiato quando avvicina il proprio volto al mio facendo sfiorare le punte dei nasi.

<< Perché? >>

Soffia in un sussurro rassegnato. 
Io non posso credere che lui sia rimasto qui per me senza nulla di concreto.

<< Quando? >>

Prende posto davanti al mio poggiandomi la propria mano sulla guancia e guardandomi in modo dolce.

<< Io e Lucrezia stiamo insieme dall’inizio dell’Università... >>

Lentamente ascolto tutta la loro storia e lentamente mi rendo conto che quella Lucrezia, il nome mi mette i brividi, conosce l’uomo che ho davanti molto meglio di me. Lentamente, sento il mio cuore sgretolarsi in piccoli frammenti appuntiti che premono furenti verso il petto dilaniando tutto. Non posso fare altro che chiudere gli occhi ed ascoltare cancellando il solco di qualche lacrima che sfida il mio autocontrollo percorrendo velocemente la guancia.

Il telefonino di Davide comincia a squillare una, due, tre volte fino a quando non lo spegne rimettendolo in tasca.

<< Rispondi se vuoi... >>

Sorride baciandomi la fronte e mandandomi in paradiso per ricadere velocemente sulla Terra ferma.

<< Sciocca... se tu stai male posso pensare a me? Dimmi una cavolata? >>

Non rispondo facendolo ridere, piano.

<< Perché sei scappata via? >>

Lo dice guardandomi con dolcezza disarmandomi del tutto. Porca miseria Elisa, riprendi il controllo di te! 

<< Mi sono solo resa conto di avere davanti una persona completamente differente da quella che mi ricordavo...  mi sono resa conto di non conoscerti nemmeno un po’... mi sono resa conto che il tempo ci ha separati irrimediabilmente. Scusami per la reazione di prima ma quando ho sentito come chiamavi... Lucrezia, mi sono indispettita parecchio perché da quando sei arrivato, ti ricordo che è passato un mese e mezzo, non mi hai detto nulla... >>

Sorrido in modo amaro guardando il tramonto: so perfettamente che mi sta osservando attraverso il riflesso del finestrino. Un sospiro, il suo.

<< Hai ragione. Perdonami. >>

Non dico più nulla contando mentalmente le volte in cui il mezzo passa davanti la fermata al campo sportivo C. Celeste...

Quando scendiamo dal mezzo controllo l’orologio del telefonino con rassegnazione: le sette e mezza. Orario in cui il numero del mio autobus ( 13 ) smette di fare quella strada cambiando percorso. Cerco di calcolare mentalmente a che ora sarei arrivata a casa facendola a piedi.

<< Ehi... >>

Ritorno sulla terra divenendo rossa come un pomodoro: non mi sono resa conto di esser salita in macchina con lui.
Cazzo!

<< Tranquilla, ti accompagno io a casa... >>

Sorrido ringraziando e  guardando il taglio dei suoi occhi dallo specchietto: mi piace così tanto immergermi in essi, che non mi accorgo proprio del sonno che mi reclama a sé.

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Capitolo 8
*** Scena Prima: VIII Atto ***


VIII Atto

VIII Atto.

Giro su me stessa per alcuni secondi non riconoscendo la casa e poi mi vedo, piccole e sbuffante che non vuole entrare all’interno della casa degli Ambrosia. Un sogno forse in treza persona... strano, non mi sembra.

<< Piccola su, non aver paura... sicuramente ti divertirai! >>

Ah! Un ricordo della mia infanzia. Uno di quei ricordi che lasciano uno stampo, un solco al cuore... no, capisco il motivo di questa sensazione: perché c’è lui. Lo vedo sorridere mentre parla al telefono girato di spalle grazie al vetro riflettente della cappa della cucina.

<< Scusa Ro, ma devo proprio lasciarti: è arrivata la mia sorellina! >>

Stacca il telefono abbassandosi poco alla mia altezza allargando le braccia.

 Raggiante mi slaccio dalla presa della mamma e, questa volta, sono io a correre tra le braccia di Davide che mi afferra come se pesassi pochi grammi facendomi volteggiare. Ad un certo punto si ferma guardandomi negli occhi: sorride piegando gli angoli delle labbra verso l’alto; l’assenza degli occhiali mette in risalto la forma perfetta dei suoi magnifici occhi. Arrossisco di colpo.

<< Dai... mi dici che non sei più una bambina e arrossisci come una mocciosetta... Forza Elisa... >>

Sorrido mostrandomi fiera.

<< Brava. Così mi piaci... >>

Si blocca di nuovo guardandomi in volto raggiante: la sua mano si posa sulla mia nuca mentre lui si abbassa poco. Mi aiuto un po’ con le punte e chiudo gli occhi sentendo il respiro mozzarsi. Le nostre labbra si sfiorano e mi sento così bene che, quando suona il telefono, non ho voglia di abbandonare i suoi occhi, ma devo.

<< Pronto? >>

Sorride raggiante giocando con una ciocca dei miei capelli.

L’ambiente cambia facendoci ritrovare in un prato vicino ad una scogliera su cui il mare, grigio, si estende oltre l’orizzonte reclamando a sé la luce del sole.

Non mi tocca più i capelli.

<< Amore ... non vedo l’ora di tornare a casa... >>

Strabuzzo gli occhi. Impossibile: sono IO il suo amore.

Come se avessi capito male mi avvicino a lui per poi indietreggiare di colpo... sempre più dietro.. sempre più dietro.. lui mi è davanti con le braccia aperte che sorride in modo sornione. Tra le braccia spunta una donna che non riesco a vedere in volto...

Un altro passo per sentire il vuoto sotto di me...

 

Sussulto aprendo gli occhi di scatto ed arpionando la mano alla stoffa richiudendo gli occhi e annaspando aria. Poggio la testa contro qualcosa di incredibilmente caldo e spazioso a cui la mia schiena aderisce perfettamente...

<< Tutto bene? >>

Sgrano gli occhi per vedere delle lenzuola bianche e, finalmente cosciente, sento il braccio di Davide poggiato contro la mia vita che adesso mi stringe di più a sé, mentre il fratello passa sotto la testa. In pochi secondi il mio busto ruota fino a ritrovarsi schiacciato contro il petto, ricoperto dal pigiama primaverile, di Davide che mi accarezza la testa...

Ferma un attimo: come diavolo ci sono finita nel suo letto?!

Sospiro pesantemente sentendo quel leggero odore di fumo e alzo il viso per guardarlo in faccia.

<< No... ho avuto un incubo... >>

Le immagini si ripresentano offuscate e non vivide ma comunque hanno il loro effetto.

<< Ne vuoi parlare? >>

Scuoto il capo sospirando ancora più forte della volta precendente.

<< Ma, Davide, come ci sono finita a casa tua? >>

Arrossisco, lo sento molto bene data la temperatura che si alza di colpo sulle guance. 
Ridacchia ed io perdo un battito realizzando di essere sdraiata accanto a lui nel suo letto.

Posso morire in pace!

Ne perdo un attimo quando, da una finestra, un raggio di luna gli illumina il volto facendomi notare i capelli, solitamente ordinati, tutti spettinati e un’espressione talmente rilassata da farlo sembrare una scultura marmorea.

<< Ti sei addormentata in macchina... >>

Mormora chiudendo poco gli occhi continuando però ad accarezzarmi il capo.

<< Ho telefonato ai tuoi genitori avvertendoli e non hanno avuto nulla da obiettare trattandosi di me... >>

Non avrebbero avuto nulla da ridire nemmeno se fosse stato qualcun altro. 
Sbadiglio piano poggiando viso vicino all’incavo del suo collo: è tutto troppo bello.
Quasi come un pugno la discussione avvenuta qualche ora prima mi fa allontanare di colpo mettendomi seduta.

<< Dov’è Lucrezia?! >>

Sorride facendomi il segno del silenzio e indicando la stanza accanto. 
Cerco di non piangere sdraiandomi nella parte più lontana del letto dandogli le spalle e maledicendomi nel peggiore dei modi. 
Come cavolo faccio a cacciarmi in situazioni del genere?!

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Capitolo 9
*** Scena Prima: IX Atto. ***


IX Atto

IX Atto

Quando apro gli occhi ritrovo due occhioni acqua marina a fissarmi attorniati da alcuni ricci rossi. Inutile dire il mio spavento e inutile dire di essere affibbiata, come un koala, a Davide che parlotta con la proprietaria di quegli occhioni.

<< Finalmente! >>

Esclama lui. Lei si limita a ridere.

<< Pensavamo che fossi caduta in coma! >>

<< Ah... >>

La guardo in volto incrociando di nuovo gli occhi acqua marina e il volto sfilato di quella che presumo sia Lucrezia. Non posso reggere il confronto con la sensualità fatta persona e abbasso poco gli occhi.

Il fisico è tonico, asciutto fasciato in una camicia bianca lunghissima ( presumo sia una camicia di Davide ), che le supera metà coscia. È più alta di me, forse 1.65 e l’espressione che ha assunto per guardarmi in viso è quanto di più gentile che io abbia mai visto; difficile da credere ma vengo investita da tantissimi brillantini... ( come quei manga rosa ) 

Mi sorprendo quando allunga una mano verso me facendomi vedere le dita affusolate e le unghie curate.
Insomma, una ragazza perfetta!

<< Piacere... Lucrezia. >>

Mormora innocentemente facendomi sentire a disagio, mentre Davide sghignazza divertito.

<< Hai visto che la spaventi?! >>

Dice contro la ragazza che muta espressione fino a far indurire i lineamenti del viso mostrandomi un’espressione totalmente indifferente e annoiata sul volto, facendo diventare i "brillantini" rosa in "brillantini" neri...

Ma che...!!

<< Piacere ... E-Elisa... >>

Mi guarda alzando appena gli angoli delle labbra. 
Sembra una bellezza dannata!
Mi alzo dal letto notando un pigiama non mio: arrossisco di colpo.

<< Tranquilla... >>

La voce bassa e calda di Lucrezia mi fa sobbalzare.

<< Ti ho cambiata io... quel maniaco perverso non ti ha messo una mano addosso... almeno... >>

Che colpo basso!

Rido mettendomi una mano all’addome sentendo il battibecco che hanno iniziato e come si guardano: sembrano innamorati, anzi, penso che lo siano.
Con un colpetto di tosse attiro l’attenzione su di me e sorrido ancora vedendo i capelli di Davide intrecciati alle dita di Lucrezia che tenta di strapparli, mentre lui, ha un piede sul suo addome per allontanarla.

<< Emh... >>

Si guardano in volto ridendo e distruggendo un altro brandello del mio cuore.

<< Grazie per tutto... davvero... >>

Con un pugno ( in pieno volto ) Lucrezia allontana Davide facendolo finire contro la parete e prendendomi una mano per portarmi in cucina.
Una bella casa, anche se piccola, in stile moderno dove noto una quantità spropositata di strumenti: dal pianoforte orizzontale alle maracas.
Azzardo un ipotesi.

<< Lucrezia... emh... tu sei una musicista? >>

Annuisce dando un altro morso ad un biscotto della Mulino Bianco facendomi rimanere incantata: è sexy senza rendersene conto...
Sentiamo il rumore dell’acqua che scorre e capiamo che si sta facendo una doccia. 
Chissà perché, quando l’acqua scorre già da alcuni secondi, il viso di Lucrezia si indurisce, se possibile, ancor di più.

<< Elisa...  >>

<< Dimmi... >>

Lo dico incerta su quello che avrei voluto facendomi investire dall’intensità degli occhi acqua marina.

<< Sta lontana da Davide... >>

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Capitolo 10
*** Scena Prima: X Atto. ***


G.D.M. Seconda Scena: I Atto.

X Atto.

<< Sta lontana da Davide... >>

Sgrano gli occhi pensando di aver sentito male: il suo sguardo mi intima allerta.

<< Perché dovrei? >>

Rispondo sicura di me lasciando che mi incenerisca.

<< Perché farai una brutta fine...  ringrazia di aver dormito tra le sue braccia questa notte: fosse stato per me, saresti potuta anche stare sotto un ponte... >>

Chiudo le mani a pugno intimandomi la calma.

<< Chi ti dice che io abbia qualche intenzione? >>

Soddisfatta penso di averle dato una lezione ma non è proprio così perché si sporge in avanti per parlarmi.

<< Ho 25 anni... non pensi che capisca una stupida mocciosa viziata? Per colpa tua ieri sera non siamo potuti andare a controllare l’appartamento... quindi hai due scelte: o cresci in fretta, oppure sarai costretta a vederlo da lontano tra le braccia di un’altra... cioè me! >>

Sorride vittoriosa lasciandomi impietrita.

<< A Davide non dai fastidio... anzi penso che ti consideri una sorta di sorellina ma a me, tu, non piaci... sappilo. >>

Non fiato più. Non ne ho la forza, in fondo, ha ragione e il mio amore non avrà mai modo di prendere forma. Evito di piangere per fare la figura della “mocciosa” .

<< Lucrezia... anche tu a me non stai simpatica perché ti considero una vecchiaccia dalle movenze feline e ammaliatrici. Posso assicurarti di non provare nulla per Davide e poi per il fatto della “crescita” penso che tu ti stia sbagliando altamente su chi sia l’adulta e chi la bambina in questo momento... >>

Contrae la mascella senza ribattere e mi alzo dalla sedia per andare tranquillamente a vestirmi e sistemarmi. Saluto la vecchia vipera ringraziandola comunque per l’ospitalità e uscendo dall’appartamento senza incrociare Davide: avrebbe fatto troppo male più di quanto non sia e non avrei potuto nascondere le lacrime che lentamente scendono sulle mie guance.

 

 Busso in modo potente alla porta degli Isaja senza dar peso all’orario, appena le 7:00, certa di trovare almeno Sam alzata.

<< CAVOLO ARRIVO!? >>

Un urlo spiritato che riconoscerei tra mille: in pochi secondi il volto, adombrato, di Sam ringhia in modo feroce.

<< Entra... >>

Sibila pericolosa e non me lo faccio ripetere due volte fiondandomi nella camera di Sam per buttarmi nel lettino contemporaneamente a lei che mi abbraccia sospirando e facendomi spazio sotto le lenzuola per stringermi a sé.

<< Non ti sei fatta più sentire... >>

<< Lo so... >>

<< Dove sei stata? >>

<< A casa di Davide... >>

Non dice nulla aspettando che io continui.

<< ... e ho conosciuto la sua ragazza... che... >>

Singhiozzo contro il suo petto cercando di rimanere presente al racconto che manca alla mia amica.

<< Shhh... tranquilla. Oggi saltiamo scuola, mh? Troveremo una soluzine, ok? >>

Annuisco lasciandomi abbracciare in silenzio.

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Capitolo 11
*** Scena Seconda: I Atto. ***


Scena Seconda: I Atto

Scena Seconda: I Atto.

Quel giorno saltammo scuola senza problemi, anche grazie alla tolleranza di Antonio, il padre di Sam, che non disse nulla annuendo ed andando a lavoro, forse, il mio aspetto, stanco e sconvolto, aveva aiutato. Non nascondo che senza vedere il suo volto mi sento leggermente meglio, ma non posso nascondere che non vederlo mi fa stare in ansia molto di più. Sospiro.

<< Da quanto va avanti? >>

Chiede Sam poggiandomi addosso una camicetta lavanda e rimettendola apposto con cipiglio seccato. Sorrido prendendo una camicetta sabbia e poggiandomela addosso  per poi metterla negli abiti da provare osservando i suoi occhi brillare di assenso.

<< Dal secondo mese in cui Davide è arrivato a scuola... >>

Alza un sopraciglio senza guardarmi in faccia: mi avrebbe disintegrata con lo sguardo.

<< Mh... e questa tipa avrà reagito seconda della situazione no? >>

Annuisco alzando una giacca di pelle nera e spigandole che avevamo dormito nello stesso letto e facendola scoppiare a ridere.

<< Immagina che al posto di questa vipera ci fossi stata tu: come avresti reagito vedendo il ragazzo che ami dormire nello stesso letto con una perfetta sconosciuta? >>

Sicuramente aveva ragione.

<< Penso che avrei reagito più o meno allo stesso modo! >>

Sbotto buttando anche quella nel mucchio. Mi rinchiudo nel camerino sentendo le risate sommesse di Sam.

<< Davide che ha detto a tal proposito? >>

Parla con un tono così canzonatorio da farmi sorridere: sempre la solita.

<< Tu finiscila... è ovvio che non sa nulla. >>

Mi appoggio alla parete rivestita di moquette blu stringendomi nelle spalle.

<< Tieni prova questo. >>

Lancia un vestitino di cotone a palloncino all’interno.

Comincio a spogliarmi rilassata.

<< Ehi... >>

Blocco i miei movimenti sentendo quel tono serio.

<< Cosa farai? >>

<< Non lo so... >>

Sorrido uscendo dal camerino mezzo sorriso imbarazzato e mormoro.

<< Che te ne sembra? >>

Mi viene  alle spalle specchiandosi anche lei.

<< Da favola... >>

Guardo la ragazza con indosso un vestitino di cotone che si apre in un palloncino azzurro per finire appena sotto il ginocchio grazie ad una fascia nera elastica. Il petto ha la medesima fascia nera che definisce il contorno dei seni.

Nel contesto non mi sta male...

<< Lo prendo! >>

Sorridiamo guardandoci negli occhi perché, l’unico vantaggio ad avere dei genitori pressoché assenti nella propria vita, sta nel fatto che, quando stanno via, la carta di credito è sempre piena zeppa di soldi!

<< SHOPPING! >>

Usciamo dal negozio immergendoci interamente nel brusio di fine settimana del Centro Commerciale di Tremestieri  per immergerci in un nuovo negozio che non ho mai visto di bigiotteria. Sam mi ferma davanti ad uno scaffale afferrando un ciondolo a forma di farfalla di brillantini azzurri.

<< Ehi... questo negozio è nuovo! >>

<< Ho notato... ma, non trovi che sia carinissima? >>

Una commessa sentendo il commento eccitato di Sam si avvicina gentilmente e ci fa vedere tante cose carine che, ovviamente, acquistiamo senza problemi. Esco del negozio prima di Sam, che sta decidendo il colore di un paio di orecchini, andandomi a sedere in una panchina insieme alle buste.

<< Elisa...! >>

Una voce sorpresa e due mani a coprirmi gli occhi.

<< Chi sono? >>

Una voce maschile differente da quella di Davide a cui non so dare nome.

<< Emh... chi sei? >>

Le mani sono fresche, in confronto all’aria calda della struttura, e si muovono piano sul mio viso per poi togliersi di botto per farmi vedere il volto di un ragazzo con ricci ribelli neri e due occhioni ambra che mi guardano con felicità.

<< Domenico?! >>

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Capitolo 12
*** Scena Seconda: II Atto. ***


Scena Seconda: II Atto.

Scena Seconda: II Atto.

<< Domenico?! >>

Sam alle mie spalle lascia cadere la busta contenente gli orecchini sbalordita. Sento gli occhi allargarsi quando, il ragazzo, si gira verso Sam allargando le braccia e lei gli salta di sopra stringendolo con affetto e ridendo a crepapelle.

<< Sei cambiato molto! >>

Afferma quando scende dalle braccia del ragazzo afferrando il sacchetto e carezzandogli una guancia.

<< Sono contento che tu mi abbia riconosciuto, ma Elisa non mi ha riconosciuto... chissà se rivede mio fratello cosa succede... >>

Un presentimento mi allarma e le immagini di un ragazzino di 12 anni si sovrappongono al ragazzo che ho davanti...

<< Cosa dovrebbe succedere scusa? >>

Giriamo tutti gli occhi verso la figura di un ragazzo che tiene una busta di carta sulla schiena con aria annoiata e con un braccio si tiene il fianco...

<< Nicola!! >>

Mi alzo all’in piedi e lui porge un braccio nella mia direzione sorridendo e aspettando solo me. Non esito a buttarmici di sopra per stampargli un sonoro bacio sulla guancia.

<< Si... sorpresa? >>

Annuisco guardando gli occhi neri che mi guardano con gentilezza.

<< I miei hanno divorziato subito dopo il mio diciottesimo compleanno ed io ho preso in custodia mio fratello... >>

Si affretta a spiegarmi carezzandomi la schiena. Gli prendo la mano che mi stava accarezzando portandolo accanto a Sam e Domenico, che adesso riconosco, mentre la mia migliore amica abbraccia anche lui sorridendo come una scema.

<< Si ma non parliamo all’in piedi... >>

S’affretta a dire Domenico prendendo tutte le nostre buste.

<< A-aspetta... le porto io! >>

Gli urlo dietro ma è irremovibile e continua a camminare come se non esistessi. Sorrido quando Nicola mi prende il polso sorridendo gentilmente.

<< Dai, lascialo stare... ogni tanto fa finta di essere indifesa... >>

<< Ma smettila! Sai che non lo sono eppure... soprattutto Sam... >>

Sorrido mentre lui storce la testa verso lei scompigliandole i capelli.

<< Elisa smettila... >>

<< Come mai sei non sei indifesa? Cos’è hai iniziato a fare box? >>

Dice Nicola sorridendo come un’ebete all’idea, facendoci ridere.

<< Che ho detto? >>

Continua poi guardando il fratello che se la ride sotto i baffi.

<< Mimmo che ridi? >>

Sbotta e il fratello, senza smettere di ridere, gli parla del fatto che Sam facesse davvero box. Mi fermo un attimo guardando Sam e Domenico per sorridere sotto i baffi.

<< E tu come facevi a saperlo? >>

Improvvisamente tutti e due arrossiscono cominciando a balbettare cose senza senso mentre Nicola ed io ce la ridiamo e ci battiamo il cinque.

<< Quindi siete rimasti in contatto? >>

Dico quando la smetto di ridere guardando i due con sospetto mentre loro sorridono.

<< Già... Anche se non sapevo del vostro rientro! >>

Un’occhiataccia parte dagli occhi di Sam per andare a finire su quelli di Domenico che si gratta la testa sorridendo.

<< Sorpresa? >>

Mormora facendoci ridere ancora.

<< Sono contento che ci siamo rincontrati... sapete? >>

Mormora guardandomi negli occhi e facendomi l’occhiolino.

<< Noi andiamo a prendere qualcosa... >>

Così dicendo mi trascina con lui al bar per ordinare.

<< Guarda quanta fila... >>

Sospiro mentre mi accarezza la testa facendomi innervosire.

<< Smettila... solo perché sono più bassa... uffa! >>

<< Dai scusami non lo faccio più... però... >>

Si blocca guardandomi in faccia.

<< Però? >>

<< Però sei nana... >>

Gli do uno scappellotto sulla testa sorridendo felice. Erano passati anni da quando i miei due vicini si erano trasferiti e, sinceramente, li avevo completamente rimossi dalle mie memorie, eppure, i tre anni di differenza e lontananza che separano me e Nicola non sembrano esserci mai stati.

<< Come va a scuola? >>

Mormora guardandomi con la coda dell’occhio e spingendomi gentilmente in avanti per non perdere il posto nella fila.

Già, come va?

Sorrido esibendo un sorriso falso degno della migliore attrice e rivolgendolo a lui.

<< Bene. >>

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Capitolo 13
*** Scena Seconda: III Atto. ***


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Scena Seconda: III Atto.

<< Bene. >>

<< Bugiarda! >>

Lo guardo in volto senza perdere il sorriso.

<< Ti si forma una piccola ruga qui quando menti... >>

Dicendo questo poggia l’indice vicino alle labbra per seguire il contorno di un piccolo solco che torna a posto subito: il suo tocco sembra un battito d’ali di farfalla.

<< Tsk. Sei tutta rossa in faccia... >>

Non si allontana e posso sentire il suo respiro tiepido sul viso mentre cerco di non imbarazzarmi ancora di più. Si avvicina poggiando delicatamente le sue labbra sul mio zigomo baciandolo con gentilezza.

<< Sei troppo dolce quando ti imbarazzi... >>

Lo dice con naturalezza cominciando, poi, a dialogare con la barista che mi guarda imbarazzata, mentre la collega spettegola con il collega che ha appena finito di servire alcune persone.

Quando si dice “ il mondo è paese”...

<< Ecco a lei... >>

Mormora la barista porgendomi una coppetta di gelato al melone e cocco, la mia, e un frappé alla fragola per Sam.

<< Quanto sei arretrata! >>

<< Sarai rinnovato tu! >>

Sbuffo guardando la brioche con la panna che tiene in mano mentre passa al fratello un cono alla nocciola.

<< Si! >>

Sorride dando un morso allo “spuntino”.

<< In effetti sei arretrato, fratello... >>

Continua Domenico chiudendo un occhio e guardando con quello libero Sam, che fa altrettanto con lui.

<< I più moderni siamo noi! >>

Commentano insieme, alzandosi, e incamminandosi con fare “schifato” o snob.

<< Li hai capiti ai due... >>

Mi ritrovo a pensare ad alta voce gustandomi un cucchiaino di gelato, osservata da Nicola, che non dice nulla sorridendo a se stesso.

 

 
Da quel pomeriggio ne passarono ben altri due, in cui, l’ozio e la noia mi stavano quasi per uccidere. Volevo provare assolutamente i nuovi vestiti che avevo comprato e non riuscivo proprio a trovare né luogo, né situazione adatta: che pizza!

 

Il telefonino suona sul comodino di ciliegio e sembra un picchio alle prese con qualche albero: fastidiosissimo. Allungo la mano sforzandomi di compiere meno movimenti possibili per non far disperdere il calore del mio corpo, ma, essendo io troppo corta, devo per forza muovermi per poterlo prendere e rispondere a quello che, alle dieci e mezza della sera, non ha proprio nulla da fare.

<< Stronzi... >>

Borbotto senza una vera ragione. Guardo il display corrucciandomi appena non riconoscendo il numero.

<< Pronto? >>

Bleah! Avrei bisogno di un cambio di corde vocali!

<< Dormivi? >>

Si dannazione!

<< No... chi sei? >>

<< Ok, ho la conferma che tu stessi dormendo... >>

Una risata mi distrae facendomi maledire in turco.

<< Nicola! Scusa... >>

<< Scusami tu, disturbo? >>

Nego con la testa dandomi mentalmente dell’idiota: come fa a vedermi?

<< Ho capito, basta che non ti auto-insulti mentre neghi con la testa... >>

Sbuffo infastidita facendolo ridere poi mi decido a riprendere un po’ di quella “ sanità mentale” che molto spesso va via durante la notte.

<< Dimmi, ti serve qualcosa? >>

<< Mmm, no, sinceramente volevo salire su: è possibile? >>

Mi stupisco della richiesta: ok che abita al pian terreno rispetto me, ma...

<< No. Buonanotte. >>

Lo dico selettiva facendolo ridere. Ok, il sonno si è impossessato di me. L’avrei potuto far salire, non sarebbe stata la prima volta, ma ho troppo, troppo, sonno per stare dietro a lui.  

<< Scema ci vediamo domani... >>

<< Mmm... >>

Mugolo oramai presa a contare quanti Prof. io sia in grado di acciuffare...

Uno...due...

<< Buonanotte... >>

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Capitolo 14
*** Scena Seconda: IV Atto. ***


Scena Seconda: IV Atto.

Scena Seconda: IV Atto.

La sveglia suona troppo presto per i miei gusti e questo non va affatto bene: io volevo rimanere in quel mondo fatto da miliardi di Prof. tutti per me ancora per molto, molto, molto tempo...

Sbadiglio rumorosamente, facendo il lettino con calma ed entrando in bagno con calma per cominciare a lavarmi. Ne esco che mi sento una leonessa pronta a prendere la gazzella per colazione ( colpa di tutti i documentari che segue Sam )

Indosso una delle felpe, imbottite, che ho comprato pochi giorni addietro e gioco alcuni secondi con i pompon del cappello che sono soffici e vellutati, indosso un paio di jeans, delle semplici scarpe da tennis e alzo i capelli, precedentemente pettinati, in una coda alta così da non averli intorno. Afferro il correttore per gli occhi cominciando a metterne poco prima sull’uno e poi sull’altro e spalmando delicatamente sul contorno occhi, poi, con una leggera positività, afferro sia la fard che il mascara passando prima l’uno, sulla pelle cinerea che mi ritrovo, e il mascara sulle ciglia per dare loro un po’ di volume. Esco dal bagno e percorro il corridoio per rientrare all’interno della mia camera: prendo un paio di punti luce rossi, che si intonano alla felpa, mettendoli all’orecchio, lo zaino e il giubbotto.

<< Forza... >>

Sorrido ricordandomi del telefono e delle chiavi e scendo al piano inferiore dove la cucina e l’immenso salone mi ospitano: sorrido a me stessa aprendo uno sportello in acciaio del piano cottura per prendere un pacchetto di Pavesini: come iniziare la giornata se non con una piccola colazione?

Senza soffermarmi troppo su dettagli inutili indosso il giubbotto, metto lo zaino in spalla, e, dopo averla chiusa come si deve, porto con me la borsa della spazzatura dove avrebbe trovato riparo in un bel cassonetto dell’immondizia.

Guardo l’orario amandomi alla follia: le sette meno venti.

<< Ho ancora venti minuti prima che arrivi l’autobus! >>

Esulto dandomi il cinque da sola come i pazzi.

Mi affretto ad uscire di casa stando ben attenta a dare due mandate di chiavi alle porte che collegano i due piani di casa.

Ripenso alla stranezza: due appartamenti collegati dall’interno a formarne uno, enorme. Strano anche perché l’immobile è in regola così come i progetti...

Scendo le scale condominiali senza fretta e stando ben attenta a non inciampare.

<< Ehi... >>

Sorrido a Nicola e Domenico che stanno uscendo in quel momento dalla casa lasciatogli dai loro genitori.

<< Buonsalve... mattinieri? >>

Un sbadiglio di Domenico mi fanno ricredere: quello sarebbe crollato anche all’in piedi...

<< Immagino che sia un no... >>

Lo sospiro attirando i loro sguardi.

<< E tu... già attiva così presto? >>

Porgo loro un sorriso sornione e un’occhiata fugace e maliziosa...

<< Io sono sempre attiva! >>

Nicola sbuffa incrociando le braccia al petto e facendo una faccia contrariata.

<< Se... ma se ieri notte io ero disposto a salire per far baldoria e tu dormivi che era una bellezza... tsk. Ma sentitela...! >>

Comincio a ridere senza perdere il mio buon umore perché in fondo è verissimo.

<< Fatto sta che ti accompagniamo noi a scuola da oggi in poi: io lavoro nelle vicinanze. >>

Sorrido ringraziando il cielo.

<< Quindi da domani il nostro caro Caparezza qui, comincerà a prendersi l’autobus per arrivare a scuola... io mi rifiuto di alzarmi così presto... >>

Usciamo dall’edifico sorridendo.

<< Perché dove vai? >>

<< Al Sequenza... >>

Sospira sbadigliando sonoramente e facendomi sorridere.

<< Ok, ci sto... >>

Dico battendo il cinque a Nicola che prende in giro Domenico.

Quando racconto la cosa a Sam, per tutte le tre ore della gironata non fa che parlarmi di lui: come se fosse la propria ossessione!! 

Sorridente osservo la porta preda di me stessa e non posso fare a meno di ridere dell'espressione ebete della mia migliore amica mentre mi parla di Caparezza.

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Capitolo 15
*** Scena Seconda: V Atto. ***


Scena Seconda: V Atto.

Scena Seconda: V Atto.

<< Sam, adesso tu mi dici se ti piace Domenico, ok? >>

Guardo gli occhi castani con infinito gusto nel prenderli in giro!

<< Dai... emh... >>

La inchiodo al muro frapponendomi di peso tra il muro e lei: se avesse voluto mi avrebbe scaraventata via, ma so per certa che non lo farebbe mai.

<< Io... >>

Alzo un sopracciglio ridendo e lasciandola andare: il suo rossore, vivo rossore dovuto ad imbarazzo e non a cazzotti, mi basta per essere soddisfatta. Proprio in quel momento entra Davide che rivolge una rapida occhiata alla classe, soffermandosi su di me ed io distolgo lo sguardo leggendo intensamente la copertina del libro di filosofia.

Non ho proprio voglia di rivolgergli la parola, di guardarlo; al contempo, ho voglia di carezzargli il volto e sentire il leggero odore di fumo che ha addosso. Senza rendermene conto il foglio che tengo sotto la mano viene preso di mira dalla mia immaginazione che si riversa tutta sul foglio come un fiume in piena e solo dopo, alla fine dell’ora, sento Sam sobbalzare sul posto facendomi tornare con i piedi per terra.

<< E’... bellissimo!! >>

Arrossisco quando le mie compagne si riuniscono tutte per poter vedere quello che io, sono certa, di aver fatto senza pensare: un disegno che ritrae il volto di Davide.

<< Ragazze? >>

Proprio il momento meno opportuno.

<< Professore Ambrosia, guardi, guardi! >>

Perché tutte a me?!

<< Cosa state combinando ragazze? >>

Sposto lo sguardo appena i suoi occhi si posano sui miei e nello stesso momento in cui le sue dita stanno per toccare il foglio, lo ritiro di scatto riducendolo in mille pezzi e chiudendo gli occhi per non guardarlo in faccia. Annuso lentamente sentendo quel leggero odore di sigaretta:

<< Ma perché?! >>

Sbotta Selene infastidita dal mio gesto, non rispondo sentendo i passi di Davide allontanarsi mentre parla con Chiara e Mary. Alzo appena gli occhi indugiando sulla porta e muoio un po’ dentro incrociando i suoi appena adombrati. Quando sparisce da dietro la porta riapro le mani, che contengono i resti di quel disegno, lasciando che alcune lacrime gli cadano in mezzo: Sam mi abbraccia comprensiva ed io non posso fare altro che ringraziarla.

<< Elisa? >>

Katia mi si avvicina preoccupata affiancata da Martina e Mary, che ha piantato Davide in tredici per rispondere al proprio ragazzo, anch’esso piantato per me.

<< Tranquille... >>

Lo mormoro abbattuta sedendomi e chiudendo gli occhi per non tornare a piangere; mai come in quel momento ringraziai l’arrivo della professoressa di matematica a portarmi via quel subbuglio interiore.

<< Elisa, tutto bene? Ti vedo pallida! >>

<< Nulla professoressa... >>

L’unica professoressa che, pur essendo una danna sui cinquant’anni, ci chiama per nome.

<< Mh... non mi fido, Sam, per favore portala in infermeria: oggi non spiegherò ma ci eserciteremo in vista del prossimo compio che voglio farvi fare... >>

Mi alzo lentamente dalla sedia trascinandomi fuori e sorridendo alla professoressa che parla amorevolmente.

<< Mi raccomando, non tornare fino a quando non ti sentirai bene... mi raccomando Sam. >>

Esco dall’aula tenendomi la testa diventata troppo pesante.

<< Andiamo... >>

Attraverso velocemente i corridoi seguita da Sam, che non parla ma mi guarda con preoccupazione.

<< Non ho nulla... solo mal di testa... >>

Mormoro massaggiandomi le tempie, fermandomi e chiudendo appena gli occhi .

<< Sicura? >>

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Capitolo 16
*** Scena Seconda: VI Atto. ***


Scena Seconda: VI Atto.

Scena Seconda: VI Atto.

La voce di Davide mi fa sobbalzare mentre una leggera tristezza si impossessa di me velandomi gli occhi di lacrime.

<< S-si... >>

Dico incerta senza guardarlo in volto: non avrei sopportato.

<< Elisa? >>

Continua e la sua mano si posa sulla mia mascella costringendomi a guardarlo in volto.

Ti prego... non riuscirei a nascondere...

Appena incrocio i suoi occhi, i miei, si riempiono di lacrime che rischiano di cadere mentre Sam allontana bruscamente Davide chiedendomi perdono per la propria disattenzione: stava salutando un’amica ed era arrivata troppo tardi per fermarlo...

Non dico nulla asciugandomi gli occhi poggiando i polpastrelli dove le sue dita mi hanno sfiorata sentendoli incandescenti...

<< Tutto bene? >>

Annuisco girando l’angolo del corridoio non riuscendo più ad intravedere la sua figura.

<< Ok... >>

Sospiro bussando davanti alla porta dell’infermeria per ritrovarmi la dottoressa che sogghigna divertita.

<< Oh... Reina, è da un pezzo che non ci vediamo... >>

Lo dice come se fosse la cosa più naturale a questo mondo facendoci spazio per entrare.

<< Cos’hai? >>

Mi fa stendere su lettino con gentilezza.

<< Ho mal di testa.. >>

<< Questa notte a che ore sei andata a dormire? >>

Sorrido.

<< Alle nove e mezza... mi sono svegliata alle undici per rispondere al telefono e poi ho fatto una dormita degna di tal nome... >>

<< Il buon umore non ti manca... >>

Si avvicina ad uno sportellino dove tiene garze, medicinali e roba da medici prendendo in mano una bustina bianca poggiandomela tra le dita.

<< Tieni, prendila solo dopo aver mangiato.. intesi? >>

Le sorrido a mi alzo rassicurandola mentre mi vira il telefonino, sicuramente, un messaggio. Prendo il telefono salutando la signorina che mi guarda salutandola:

 

Nana, ti veno a prendere io, a che ora esci da scuola oggi?

 

Rimango un po’ intontita facendo vedere il messaggio a Sam che comincia a ridere della mia espressione.

<< E’ sicuramente Nicola... >>

Sorpresa gli rispondo:

 

Alle 12.30... IL MIO NOME E’ ELISA!

 

Lo invio ridendo a più non posso non aspettando una risposta che, invece, mi arriva.

 

Elisa, alle 12.30 mi troverai fuori dal cancello della scuola ad attenderti... (:

 

<< Secondo te Domenico c’è? >>

Sorrido dandole un buffetto sulla guancia.

<< Adesso chiedo... >>

Veloce ripesco il numero e altrettanto velocemente compongo il messaggio...

 

Lo andiamo a prendere Caparezza?

 

Aspetto la risposta tamburellando un piede.

 

Dì a Sam che lo andremo a prendere. xD

 

<< Dice di si... >>

Sorrido guardando la mia amica che ritorna a fare una faccia da ebete.

<< Tu sei tutta fumata... >>

Lei, come se chiamata in causa, torna con i piedi per terra guardandomi storto.

<< Non quanto te! >>

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Capitolo 17
*** Scena Seconda: VII Atto. ***


Scena Seconda: VII Atto.

Scena Seconda: VII Atto.

Mi sto zitta incassando il colpo e apro la porta dell’aula fermandomi: Davide è seduto alla cattedra mentre è intento a controllare il registro.

<< Ma... la professoressa Frazzica? >>

La mia voce esce come se avessi una mano piantata alla gola e l’aria comincia a diventare poca... troppo bello. Troppo vicino...

<< Reina... vieni qui... >>

Annuisco capendo in che veste e ruolo mi stesse chiamando e sorrido impercettibilmente a Sam che mi passa una matita e una penna per poter controllare il registro di classe e i libretti delle giustificazioni così da non dover svolgere del lavoro extra a casa...

<< Per favore, mi passeresti quel foglio? >>

Sobbalzo ma passo un foglio a quadretti che non posso fare a meno di leggere...

 

“Perché?”

 

Una calligrafia elegante e perfetta che, se messa a confronto con quella di qualche altra persona, sarebbe risultata insignificante, deforme e senza stile. Una di quelle calligrafie che non passa inosservata. No, proprio come gli occhi del proprietario di questa scrittura. Occhi che adesso mi guardano curiosi di sapere, che mi chiedono con determinazione una risposta a quella domanda, precedentemente scritta, facendomi restringere dolorosamente il cuore. Gli stessi occhi che sembrano essere delle radure verdeggianti baciati dalla luce del sole che fa brillare le gocce di rugiada presenti sui ciuffi di erba...

Perché questi occhi chiedono l’improponibile?

Con una certa rigidità prendo tra le dita la penna blu.

 

“ Perché, cosa?”

 

Mi osserva continuando a scrivere sopra il registro e, con velocità, scrivere su un angolo dello stesso.

<< Potresti dettarmi le assenze di ... >>

Annuisco debolmente dettando i giorni e le ore di assenza...

“Mi eviti da quando hai dormito da me...”

“Non ti evito...”

“Tu, menti... ti pare che io non me ne sia accorto, eh?”

 
<< Grazie Davide... >>

Quando rientra la professoressa Frazzica, uscita a fare una semplice telefonata, mi ritrovo gli occhi delle mie compagne stracolmi di ammirazione.

Con qualche difficoltà leggo il labiale di Mary interpretando in modo positivo i movimenti delle sue labbra: “brava”.

 

“Non mento...”

 

Arrivati a controllare le assenze di metà classe, circa, comincia a scrivere anche in quel foglio molto lentamente lasciandomi il tempo di perdermi nei movimenti eleganti che la sua mano compie per poter scrivere controllo l’orologio sul display del telefono mentre Sam, con il volto corrucciato, mi ricorda che alle 12.30 aspetta Nicola davanti ai cancelli della scuola per andare al Sequenza.

Ancora una volta la sua voce mi distrae dai miei pensieri incatenandomi ai suoi occhi... oramai non parlavamo più nemmeno,  gli bastava muovere un singolo muscolo del corpo perché io lo capissi anticipando ogni sua mossa.

Automaticamente passo lui la penna a sfera, la mia preferita, facendolo sorridere appena incatenando così, ancora una volta, il mio cuore...

<< Grazie. >>

Ammicco senza guardarlo più in volto e perdo la misura del tempo, rendendomi conto di non avere scampo.

Ehi, prof, attiri i miei sguardi... sempre, non importa in quale circostanza, ma il mio mondo sembra costantemente incatenato a te...

Ehi, prof, lo sai quanto io desideri un tuo tocco? No, non lo sai, ma posso rimediare: ad ogni tuo tocco, mi sembra di perdere il respiro...

Ehi, prof, anche se mi prendi in giro... mi basta sapere che sei qui...

Ehi, prof, quando poggi il tuo sguardo su di me, sento il mio cuore esplodere di una sensazione piacevole quanto terrificante...

Prof, ti rendi conto di quanto tu stia divenendo indispensabile nella mia vita?

 

Il suono della campanella mi distrae facendomi distogliere lo sguardo da ciò che il mio ruolo di rappresentante mi porta a fare e noto che il tuo sguardo si posa su di me incendiando i miei sensi

<< Mh, penso che dovremmo continuare in un’altra occasione... >>

<< Davide... >>

Mi giro verso la professoressa che lo chiama in modo affabile poggiando alcuni documenti sulla scrivania. Il mio telefonino comincia a vibrare mentre Sam mi aspetta davanti alla soglia.

<< Emh... >>

Mi sento ubriaca, come se mi avessero stregata e non posso fare altro che pregare di essere libera da questo incantesimo...

<< Si? >>

<< Professore, io devo andare... >>

Annuisce togliendosi gli occhiali da vista per poggiarli sulla cattedra mentre si massaggia le tempie.

<< Ok, va... >>

Mi alzo dalla sedia per dirigermi vicino al mio posto quando noto, da fuori la finestra, Nicola a bracci conserte che mi indica l’ora picchiettando sul polso con due dita. Sorrido sporgendomi e lasciando perdere un Sam impaziente di vedere Domenico pronta per picchiarmi a sangue...

<< Era ora! >>

Lo saluto ridacchiando lanciando lo zaino dal secondo piano. Il motivo mi è oscuro ma penso che sia dovuto al fatto che, di questi ultimi tempi, stia diventando per me impossibile rimanere concentrata e libera dentro scuola...

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Capitolo 18
*** Scena Seconda: VIII Atto. ***


Scena Seconda: VIII Atto.

Scena Seconda: VIII Atto. 

<< EHI! >>

Urla evitando lo zaino e raccogliendolo subito dopo mentre comincio a correre a perdifiato per i corridoi, trascinando Sam che ride come una pazza, per poter arrivare quanto prima sul retro dell’istituto per poter sentire meglio quello che avrebbe avuto da dire.

Saluto ogni persona con un sorriso troppo allegro per i miei gusti e una semplice, futile, inutile quanto piccola voce mi arriva all’orecchio facendomi sobbalzare.

 

<< Hai visto? Il professore Ambrosia sta litigando con un ragazzo! Andiamo a vedere?! >>

Sbarro gli occhi pensando che il terreno mi stesse cadendo addosso senza che io potessi fare nulla. Nulla, nemmeno quando scavalco una finestra sorbendomi le imprecazioni di Sam e quelle dei bidelli che tentano di fermare la mia avanzata. Il petto comincia a graffiare per la necessità di ossigeno, le gambe a dolere come se mi stessero conficcando aghi roventi nei muscoli e ...il cuore... comincia a battere in modo lento...

Attraverso il portone principale passando dalle aiuole curate mentre chi mi è affianco mi guarda con odio. Svolto l’angolo del palazzo; adesso li vedo e posso rilassarmi lasciandomi cadere al suolo come se fossi stata gomma piuma per riprendere fiato: Davide affacciato alla finestra si limita a guardare Nicola in malo modo, mentre Nicola ghigna in modo sprezzante verso lo stesso. Mi scappa un sospiro rumoroso che fa voltare entrambi e posso sorridere vedendo Nicola scattare velocemente nella mia direzione per sorreggermi e posso notare la faccia contrariata di Davide che, con gli occhi, avrebbe potuto incenerire qualcosa.

<< Ehi, nana, come sei finita a terra? >>

<< I-io? >>

Annuisce sorreggendomi e guardando Davide in malo modo pronunciando con calma una frase che mi ghiaccia sul posto più di quanto non sia:

<< Davide... ricordati che non potrai mai chiudere il tuo pugno o afferrare la sua mano, se non prima farai i conti con me e con lei... >>

<< Ni-Nicola... tu, lo conosci?  >>

Poggia il suo sguardo su di me sorridendo appena e posso vedere Davide battere un pugno sulla cornice della finestra e rientrare.

<< Riesci a camminare? >>

Mi alzo in piedi del tutto in forma e lo guardo con occhi interrogativi.

<< Cosa significa?! >>

Sbotto troppo seccata dalla situazione...

<< Che la sua fama, in fatto di relazioni umane, lo ha preceduto al locale in cui lavoro... >>

<< Ma sei scemo?! Ti ho chiesto semplicemente come fai a conoscerlo! >>

Mi divincolo dalla sua presa sentendomi presa in giro trovandomi le mani di Sam sulle spalle mentre i suoi occhi mi supplicano di calmarmi. Mi calmo poggiando la fronte sul suo petto e dopo pochi secondi, dopo aver recuperato lo zaino, mi dirigo a passo marciato verso l’uscita principale, fottendomene dei richiami di Nicola e delle inutili proteste di Sam che si sopiscono subito facendo sopire anche quelle di Nicola che, tenuto da Sam, non mi viene nemmeno dietro.

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Capitolo 19
*** Scena Seconda: IX Atto. ***


Scena Seconda: IX Atto.

Scena Seconda: IX Atto.

<< Elisa! Da quanto tempo che non passi da qui, cosa prendi  oggi? >>

Guardo la bacheca con tanto di quel ben di dio con occhio critico e sorrido non sapendo che scegliere.

<< Sonia oggi, fai tu, mi fido di te! >>

Ricambia il mio sorriso mettendo in mostra il suo e mi chiede di accomodarmi che il pranzo sarebbe stato servito tra non molto e le rispondo ricordandole di fare con calma perché, come mio solito, sarei tornata mooolto tardi a casa, almeno, oggi più delle altre!

<< Cos’è successo? >>

Le sorrido cominciando a far affondare la forchetta in quello che sembra pasticcio di patate. Parlo subito dopo aver ingoiato il primo boccone.

<< Mi sono innamorata del ragazzo che consideravo mio fratello e che adesso è il mio professore... >>

Si siede spalancando gli occhi e mettendo una mano per sorreggersi il capo.

<< Raccontami tutto... >>

Raccontai lei ogni cosa, ogni minimo passo e vidi una scintilla di pazzia brillare nei suoi occhi; la stessa che mi riservò.

<< Davide è geloso... >>

<< Ha la ragazza... >>

<< Stupidina... >>

Con delicatezza mi spiega di come, il più delle volte, vanno a finire queste situazioni e non posso fare a meno di sputare tutto quello che stavo cercando di mandare giù.

<< Te lo giuro, a me non è successa la stessa cosa perché io ero innamorata di un altro ragazzo, non del mio attuale ragazzo... >>

Sorrise più a se stessa che a me lasciandomi continuare a mangiare tranquillamente.

<<  Cos’è successo? >>

Mi sfugge di getto in un impeto di curiosità facendomi arrossire.

<< Ha rubato il mio cuore dalle mani del mio ex per prenderselo tutto per sé... >>

Bevo un sorso d’acqua soffermandomi appena sul colore del suo viso che prende via via rossore e non posso fare a meno di farglielo notare perché mi sembra la cosa più divertente del mondo.

<< Davvero?! >>

Annuisco mentre lei dalla tasca della divisa fa uscire uno specchietto piccolo ma che le basta per darmi ragione.

<< Lo so. Quando parlo di lui mi sento tutta un nervo di fasci... >>

Mentre parla guarda altrove gesticolando appena per accompagnarsi con il discorso.

<< Tu no? >>

Rimango impietrita.

Io?  Certo, non è poi così difficile da capire...

<< Non mi sento un fascio di nervi... >>

Sta per parlare ma la blocco puntando lo sguardo fuori dalla vetrata e tenendomi appena il collo con una mano.

<< Però attira i miei sguardi, sempre; desidero che mi tocchi per sentirmi protetta; mi basta sapere che lui c’è, per me, e il mio cuore si riempie di un bel sentimento quanto terrificante e mi basta incrociare i suoi occhi per sentire il petto esplodermi... >>

Non parla osservandomi soltanto, sbalordita, mentre io mi imbarazzo sempre più.

<< Wow. >>

Geme questa parola come se fosse stata la cosa migliore da dire lasciandomi perplessa sul posto.

<< Elisa... questo è Amore, te ne rendi conto? >>

La mano che prima sostava sul mio collo passa direttamente alle labbra  e il mio sguardo si rivolge altrove per non commentare oltre rimanendo così, per un bel po’ in silenzio.

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Capitolo 20
*** Scena Seconda: X Atto. ***


Scena Seconda: X Atto.

Scena Seconda: X Atto.

<< Soniaaa! Sono arrivati altri clienti vai tu per favore? >>

Ci riporta alla realtà il proprietario del locale, nonché padre di Sonia, che s’affretta a rispondere in modo affermativo mentre io le porgo i soldi per il pranzo sorridendole e dandole una mancia degna di questo nome.

<< Elisa, pregherò per te e per il tuo amore... e ogni tanto passa, ok? >>

La guardo mentre rimette la visiera, precedentemente tolta, sistemandosi la coda e allontanandosi velocemente per accogliere i nuovi clienti. Io mi defilo uscendo dal locale per immettermi nel caos dell’una fatto di suoni, odori e emozioni tutte diverse. Sospiro pensando che questa volta Davide non ci sarà, non ci sarà mai e se penso a quello che gli ha detto prima Nicola, sento soltanto una sorda rabbia a cui non posso dar voce. Era chiaro e lucente come il sole che si riferissero a me e Lucrezia, però...

<< Perché? >>

Continuo a camminare fino a quando non incrocio l’autobus che mi avrebbe riportata a casa e lo prendo senza esitazione trovando solo alcune delle mie compagne di classe che mi circondano facendomi partecipe delle news delle loro vite.

 

Quando arrivo nella piazza del mio paese prendo a camminare per entrare nella mia via, non faccio caso alla macchina di Nicola parcheggiata proprio davanti ai miei occhi, ed entro nel portone con gli occhi bassi superando la porta del loro appartamento con gelida calma. Salgo la prima rampa di scale, la seconda rampa e la terza... alla quarta comincio a cercare le chiavi di casa dentro lo zaino e quando le prendo alzando lo sguardo su quello che ho davanti, anzi su chi o davanti: Nicola mi sta guardando appoggiato al muro vicino la porta di casa mia con le mani in tasca e una busta che pende dal polso sinistro.

<< Tu che ci fai qui?! >>

Si rimette in posizione eretta portandosi la mano libera dietro la nuca senza sapere cosa dirmi. Soffoco un sorriso passandoli accanto con, finta, indifferenza.

<< Emh... Elisa? >>

Metto le chiavi nella toppa cominciando a far girare la prima mandata.

<< Si? >>

Mi fermo guardandolo.

<< Posso entrare? >>

<< Perché dovresti? >>

Ribatto troppo divertita per farmi scoprire. Abbassa la testa soppesando le parole e incurvandosi appena su se stesso per guardarmi, sempre in quella posizione, con occhietti da “gatto con gli stivali”

<< Per favore? >>

Oramai divertita giro anche la seconda mandata aprendo la porta ed entrando per metà.

<< No. >>

La richiudo lasciandolo fuori mentre lo vedo, da dietro l’occhiello della porta, sospirare per poggiarsi al muro, che non vedo da quest’angolazione. Ridendo apro la porta mentre lui comincia a ridere dandomi dei buffetti sulla testa.

<< Mi hai fatto prendere un colpo... >>

<< Volevo farti venire un colpo! >>

Ci blocchiamo per guardarci in faccia e, cominciando a ridere di colpo, lo faccio accomodare dentro.

<< Wow... è cambiato molto da come lo ricordo! >>

Sorride guardando lo stile classico-moderno dell’arredamento che mia madre tende a scegliere in qualsiasi cosa. Gli faccio strada fino alla stanza da pranzo facendolo accomodare in una sedia.

<< Ho portato due sfoglie... >>

<< Allora metto sopra il caffé ...lo vuoi? >>

Annuisce sedendosi scompostamente sulla sedia e posso sentire i suoi occhi seguirmi per tutto il tragitto che separa la stanza da pranzo alla cucina, il che è minimo essendo solo un ripiano in marmo addetto a separare le due. Dovendo dare forzatamente le spalle a Nicola mi muovo veloce riempiendo la base della caffettiera, fino alla guarnizione da quattro tazzine, e poi la metà del caffé cercando di stringere con quanta più forza ho nelle braccia le due estremità.

<< Dannazione... >>

Lo mormoro inviperita contro l’utensile.

<< Da qua.. >>

Gentilmente le mani di Nicola scivolano sulle mie prendendo l’oggetto mentre il suo fianco destro strozza contro il mio per farmi allontanare.

<< Sei sempre la più debole dei due... >>

Sorride porgendomi la caffettiera perfettamente chiusa e non ribatto nulla accendendo il fuoco del fornello, poggiando la stessa, sul cucinino.

<< Divertente. >>

Commento poggiandomi contro il bordo del piano cottura.

<< Arriva al dunque Nik... >>

<< Mi dispiace, ok? Non pensavo che fossi tu la ragazza di cui mi parlava spesso al bar... >>

<< Eh? >>

I suoi occhi quasi neri mi travolgono con impeto e non posso fare a meno di arrossire.

<< E’un’abituale cliente del locale e poi ho conosciuto Lucrezia durante gli ultimi mesi in cui vivevamo a Milano... quindi... >>

<< Ah... >>

Non mi esce più nulla dalle labbra se non un qualcosa di simile ad un’affermazione.

Dannazione. No. Deve essere un incubo.

<< Elisa? >>

Giro lentamente il volto verso di lui, troppo persa nei miei pensieri per accorgermi della pericolosa vicinanza tra i nostri due visi...  quando me ne accorgo è troppo tardi e le sue labbra si plasmano completamente contro le mie in un bacio così dolce da farmi male al petto. Dura molto e non posso fare a meno di notare il suo braccio dietro la schiena che mi tira a sé e la mano che tiene la mia nuca per non lasciarmi andare via.

Non mi allontano e dopo alcuni secondi ricambio quel bacio con imbarazzo.

<< Nico...la... >>

Le sue labbra si staccano dalle mie scendendo lentamente dal viso al collo...

<< Nh...Nicola... >>

Con le mani cerco di allontanarlo quel che basta per fermarlo...

<< Shhh... >>

Dopo due tentativi lo allontano facendo forza sul suo petto con tutta la mia forza. Lui ne sembra sconcertato.

<< SMETTILA!? >>

Come spiritato si porta una man davanti al viso scivolando lungo la parete a cui si è appoggiato scuotendo la testa.

<< Scusa... avrei dovuto pazientare ancora... >>

Mi inginocchio davanti a lui spostandogli la mano dal volto per tenerla tra le mie.

<< Mi spiace a me di essere stata sgarbata... >>

<< Elisa... >>

<< Mh... >>

Lo guardo con un certo imbarazzo negli occhi sentendo ancora il suo sapore contro le mie labbra.

<< Ti amo. >>

 

 

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Capitolo 21
*** Scena Terza: I Atto. ***


Scena Terza: I Atto.

Scena Terza: I Atto.

Da quel giorno, si intendo al giorno in cui le labbra di Nicola avevano dolcemente posseduto le mie, passarono due settimane fatte di silenzi e occhiate fugaci a cui lui non aveva obiettato e anzi, se devo essere sincera, ricambia sempre con occhiate piene di dolcezza e sicurezza. Il punto a tutto, il nodo della matassa, non era altri che la reazione, tra l’altro la mia, a quelle due semplici parole: “Ti amo”.

Quel giorno non osai lasciare la sua mano, nemmeno quando si era alzato per sedersi nuovamente guardandomi in attesa. Io di rimando mi ero seduta davanti a lui con il termos pieno di caffé versandolo nelle due tazze fumanti. Ci guardavamo senza toccare nulla di quello che ci stava davanti studiando una le mosse dell’altro.

Davvero era una situazione assurda!?

 

<< Elisa... mi ascolti? >>

<< Mh? >>

Torno con i piedi per terra sentendo i discorsi così eccitati e felici della mia migliore amica non potendo sorridere a mia volta dandomi della genia: Domenico e Sam si erano messi insieme proprio una settimana dopo.

<< Si, ti ascolto! >>

Affermo convinta guardando i suoi occhi brillare di gioia mentre mi racconta il loro primo appuntamento consumato a guardare un film e a parlare all’ombra di un albero della Villa Mazzini.

<< Oggi verrà a guardarmi durante gli allenamenti e poi usciremo... >>

La parola “allenamenti” comincia a far tintinnare un campanello d’allarme nella mia mente.

Allenamenti = Gare.

<< Ma... tu non avevi una gara a Maggio? >>

Sorride abbracciandomi come se avessi detto, che so, ti ha chiesto di sposarlo!! Mio Dio, ma sono anch’io così quando sono innamorata?!

<< Sam...?! >>

I suoi capelli rossicci, ondeggiano lentamente davanti al mio viso mentre la stessa s’affretta a salutare Caterina, seriamente spaventata, mentre il suo corpo snello ondeggia lentamente preda di qualche canzoncina da lei appena inventata.

 I suoi occhi grigi come il mare in inverno brillano quando vedono da fuori la finestra la presenza di Nicola e Domenico fermi al solito posto con la macchina appena fuori dai cancelli principali. Sorrido anche io non potendo non guardare il profilo di Nicola sorprendendomi.

<< Ragazze, su tornate ai vostri posti il prof sta tornando! >>

Torno al mio posto fremendo aspettando la sua comparsa che avviene in modo trafelato e abbastanza impacciato, così tanto che non sembra nemmeno lui...

 

Sta certamente male.

 

Mi alzo dalla sedia, sotto lo sguardo stupefatto dei presenti, fermandomi proprio davanti a lui: è pallido, molto più magro e gli occhi sono velati. Tutto di lui mi dice di non stare bene affatto.

<< Prof tutto bene? >>

Sembra sorpreso ma sorride tranquillamente.

<< Si. Perché? >>

Ancor più tranquillamente poggia i libri sulla cattedra snervandomi.

<< Mi scusi prof. ma potrebbe scrivere sulla lavagna “oggi è giorno X del mese di Aprile del 2012”? >>

Preso in contropiede prende in mano il gesso assicurando di accontentarmi solo perché nel compito avevo preso un buon voto, il che non mi interessa quanto vedere la sua meravigliosa calligrafia tremare e sbavare.

<< Contenta? >>

Si gira con fare tranquillo invitandomi a sedere.

No, che non sono contenta. Sta male ed io non posso nemmeno far nulla, almeno, non in veste di alunna.

Velocemente afferro il telefono, evitando di farmi vedere, per scrivere un messaggio a Nicola:

 

Oggi non aspettarmi, ho una riunione. (:

 

Sospiro guardando l’ora e maledicendo il fatto che l’uomo fosse a dipendente di tempo. L’ultimo film che avevo r più stressante proprio sull’argomento...

Con il gomito Sam mi da una gomitata in pieno fianco riportandomi per l’ennesima volta giù dai miei pensieri consegnandomi un bigliettino da parte di Selene.

 

“Il prof non sta bene.”

 

Spalanco gli occhi non riuscendo a capacitarmi di come l’abbia capito.

 

“Ho notato...”

 

Al suono della campanella rimango seduta rispondendo alle domande delle mie compagne con un semplice “riunione”.

<< Ok, allora mando un messaggio a Domenico e ... >>

Le blocco il polso prima che possa commettere cavolate.

<< Vai tranquilla... >>

Anche quando faccio capire lei il motivo sembra restia a lasciarmi sola. Annuisce rassegnata costringendomi a mandarle un messaggio ogni 15 minuti.

La osservo uscire e dopo poco mi affaccio alla finestra per vederla salire in macchina; Nicola mi schiocca un’occhiata infastidita prendendo il telefono.

 

A che ora finisce?

 

Sorrido.

 

I don’t Know but don’t worry be happy, ok?

 

Sorride dandomi della pazza e parte.

<< Abile in inglese... >>

Sobbalzo girandomi alla mia destra per poter vedere Davide poggiato il muro che mi osserva con circospezione.

<< Non c’è una riunione, perché sei rimasta? >>

Si è lentamente incurvato per guardarmi in volto e non resisto alla tentazione di alzarmi sulle punte per premere le labbra sulla sua fronte... è bollente!

<< No, no, no piccola Elisa... >>

Sono ancora in quella posizione quando mi circonda il corpo con le sue braccia stringendomi a sé.

<< Sai quanto hai sbagliato a muoverti così? >>

Non capisco ma comunque circondo il suo busto con le mani stringendomi il più possibile a lui  fremendo ad ogni istante.

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Capitolo 22
*** Scena Terza: II Atto. ***


Scena Terza: II Atto. Fine Primo Tempo.

Scena Terza: II Atto. 


Un istante magico dove il nostro tempo sembra essersi fermato e a cui cerco di aggrapparmi in ogni modo. Lo desidero così tanto da stringere quasi convulsamente il suo camice tra le dita mente siamo ancora abbracciati.

Mi è mancato da morire. Il non avere un contatto, almeno, chiaro e semplice mi stava ossessionando di quegli ultimi tempi...

<< Ti sono mancato, vero? >>

Lo dice scherzando senza allontanarmi da sé.

<< Soprattutto la tua modestia... >>

Tranquillamente sciogliamo l’abbraccio guardandoci in viso mentre le parole di Nicola mi rimbombano in testa: “Non pensavo che fossi tu la ragazza di cui mi parlava al bar.”

Sorrido anche quando mi passa gentilmente una mano sui capelli in una carezza confortevole e desiderata dalla sottoscritta.

<< E’ sicuramente vero? >>

<< Mh? >>

Le parole gli erano uscite in un sussurro dandomi l’impressione che mi fossi immaginata tutto.

<< Quello che ti avrà spiegato Nicola... >>

<< Oh... >>

Sorrido a me stessa guardando i suoi occhi brillare in modo strano.

<< Stalker. >>

Lo dico repentinamente facendolo ridere a crepapelle.

<< Sei adorabile quando mi guardi così... >>

Dice poi tornando a guardarmi in volto...

Sento il cuore correre all’impazzata nel petto mentre le così dette “farfalle” nello stomaco prendono a volteggiare leggiadre tra le pareti mucose del mio intestino... ok, non è un bel paragone.

<< Ma fammi il piacere! >>

Dico ricordandomi dell’assurda temperatura che la sua fronte ha poggiando la mia mano sulla sua fronte.

<< Scotti. Davvero. >>

Lo ripeto con tranquillità guardando i suoi occhi chiudersi sicuramente per la diversa temperatura sulla sua fronte che gli appaga i sensi.

<< Hai la mano fresca... >>

Dice poi come se fosse la cosa più  naturale di questo mondo, poggiando la propria sulla mia e trascinandola sulla propria guancia leggermente ruvida.

<< Lo so... sei scemo o cosa? >>

Apre l’occhio sinistro guardandomi con dolcezza e rispondendo con finta innocenza.

<< Cosa... ? >>

Sbuffo roteando gli occhi verso il soffitto.

<< Cosa assurda, aggiungerei... forza, su, alzati che ti accompagno dalla signorina Abis... >>

Sospira poggiando la testa sul tavolo e prendendo la mia mano tra le sue.

<< Quella scema di Alice mi rifilerà la solita solfa... >>

Arriccio le labbra sinceramente preoccupata per quel cambio repentino dell’umore... dov’è finito il mio Davide?

Comincio a ridere quando lo vedo arrossire spostando gli occhi al muro per non incrociare i miei mentre una frase mi esce spontanea:

<< Sei adorabile quando stai male Davide... >>

Sembra un bambino e chissà...

<< Elisa? >>

Mi distrae dalle mie congetture guardandomi serio in volto.

<< Dimmi... >>

Con fare annoiato, aspettando il suo discorso, lo faccio alzare mentre cerca di dirmi alcune cose.

Ok, non lo nego, sono al piano più alto del paradiso terrestre e non potrei chiedere di meglio per riparare il mio cuore spezzato perché, adesso, lui c’è ed è qui, anche se non del tutto, solo per me.

<< Elisa... cosa faresti se, per caso... >>

Ascolto annuendo e guidandolo per  corridoi della scuola cercando di portarlo vicino lo scivolo per i ragazzi sulle rotelle per evitare le scale, non so se potrebbe farle in queste condizioni.

<< Ehi, vedi che le scale sono di qua... >>

Si ferma di botto girando su se stesso e cambiando i miei piano.

<< Sia per le scale... >>

Mormoro troppo impercettibilmente per essere sentita. Si ferma proprio sulle scale poggiandosi contro la ringhiera e prendendomi per le spalle in modo deciso. Il mio cuore accelera e sono tentata di accorciare le distante in un bacio disperato.

<< Elisa, cosa faresti se per caso io cercassi di allungare la mia mano per prendere la tua? >>

Sgrano gli occhi sentendo le lacrime pizzicarmi gli occhi mentre la sua presa si fa meno salda. Li richiudo troppo emozionata. Non rispondo subito cercando di darmi una calmata e lo sento allontanarsi con lo sguardo adombrato... Perché?! Stavo per risponderti cretino!!

Lo vedo scendere il primo gradino e non posso fare a meno di pensare che, se non avessi risposto subito, l’avrei sicuramente perso...

<< L’afferrerei subito... mi sembra normale... >>

Lo dico urlando e facendolo fermare di botto. Ho il respiro affannoso e le mani, insieme agli occhi, serrate. Li riapro lentamente vedendolo girato con il busto in un’espressione stupita quanto sollevata.

<< Perché? >>

Lo dice con una calma disarmante mentre il tempo sembra scivolarmi tra le dita e accadere tutto troppo velocemente. Sorrido a me stessa vedendolo scendere quel gradino in cui aveva poggiato il piede per mettersi in equilibrio.

<< Perché... >>

Lo dico come se da questo fosse dipeso qualcosa di importante tra me e lui. Lo dico pregando che questa barriera si spezzasse alle mie parole. Lo vedo esitare con i movimenti e rialzo lo sguardo su di lui sbarrando gli occhi: è troppo goffo potrebbe...

Un piede messo male è la conseguenza di vederlo vacillare. Mi pietrifico mentre i suoi occhi divengono vitrei ed io non posso fare altro che correre afferrandogli una mano stringendolo forte a me per non fargli fare male alla testa. Stringo forte sentendo le scale sotto di noi e un dolore soffocante alla testa si fa improvvisamente vivo facendomi vedere un po’ le immagini in modo confuso. Sorrido quando sento la superficie piana del pavimento sotto la schiena vedendo in modo offuscato. Mi pulsa la testa. Sento qualcosa di liquido scorrere lentamente, forse anche velocemente, non lo so e sento lui... lo sento mugugnare indolenzito facendo leva sulle proprie braccia scostando le mie. Mi chiama con gli occhi sbarrati e parlo prima di vedere il buio abbracciarmi soave.

<< Perché ti amo... >>

Fine Primo Tempo.

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Capitolo 23
*** Scena Quarta: I Atto. ***


Scena Quarta: I Atto. Inizio Secondo Tempo.

Inizio Secondo Tempo.

Scena Quarta: I Atto.

“Perchè ti amo...”

Quella frase sarebbe rimasta vaga se lei non fosse rimasta in vita no? Eppure non posso fare nulla seduto su una sedia del Policlinico di Messina a scongiurare in qualcosa di grave, serio e duraturo come ad esempio la...

<< Ambrosia? >>

Scatto in piedi come se l’infermiera fosse l’unica ancora di salvezza per me e per la mia salute mentale...

<< Dobbiamo farle alcuni esami... >>

Capisco il doppio senso di quella frase e non posso fare a meno di alterarmi: cazzo, mi hanno preso per un pedofilo!?

<< Sto bene. >>

<< Ma... >>

Sicuramente la signorina è alle prime armi perché non riesce a smuovermi da lì balbettando cose assurde su “protocolli” e cose varie. Non capisce che il mio punto fisso è Lei.

<< Come sta? >>

<< Non sono autorizzata a parlare con lei a meno che non sia un parente. >>

Porto una mano alla tempia ringraziando la mia capacità di autocontrollo.

<< La prego... >>

Mi passa per la testa ancora la sua immagine così fredda e pallida che non riesco nemmeno a protestare oltre all’ennesimo diniego.

<< E’ con me. >>

<< Dottoressa Abis! >>

La voce di Alice mi fa sobbalzare sul posto mentre lei, con la solita aria da “sono-tutta-figa” si avvicina all’infermiera che la saluta con un sorriso ampio di ammirazione.

<< Come sta la ragazza? >>

<< La ferita è molto profonda vicino l’orecchio sinistro... durante il tragitto ha perso molto sangue e... >>

Si ferma guardandomi di sottecchi preoccupata per le conseguenze di questa propria rivelazione su di me.

<< E i dottori stanno valutando la possibilità che possa essere entrata in coma. >>

Sbarro gli occhi. No. Non è completamente possibile.

Mi rifiuto di credere a questo genere di possibilità... in coma sarei dovuto entrarci io, non lei...

<< Davide... >>

Poggia una mano sulla spalla sinistra e mi rendo conto solo adesso di essermi seduto tenendomi la testa tra le mani.

<< Vedrai, andrà tutto bene... >>

<< Alice... ti scongiuro fammela vedere... >>

Sospira sedendosi accanto a me smuovendo un quantitativo di aria che sa di sterile e medicinali.

<< Lo sai che non posso emettere operato in ospedale vero ? >>

<< Cazzo, so che non puoi ma... ti supplico. >>

Sinceramente non avevo mai chiesto nulla alla mia sorellastra e mai l’avrei fatto se in ballo non ci fosse stata Elisa...

<< Professore!? >>

Alzo poco la testa vedendo Sam Isaya venirmi incontro con al seguito Nicola e un ragazzino di cui non so nemmeno il nome. Sam sembra devastata.

<< Cos’è ... >>

<< Successo? >>

Finisce la frase Nicola guardandomi con rancore

<< Siamo caduti dalle scale... >>

La mano che mi afferra dal collo della maglietta trema leggermente di rabbia come la sorella pronta a darmi un pugno in faccia. Che lo facesse pure, non avrei sentito nulla se non prima fossi riuscito a vederla.

Il ragazzino con i capelli ricci ferma il pugno del moro con  forza mentre mi lascia andare.

<< Davide!! >>

Dall’entrata riesco a distinguere i ricci rossi di Lucrezia mentre si muovono con il passo veloce di lei e quando mi è vicina non posso fare a meno di lasciarmi stringere.

<< Oh amore... cosa ti ha fatto quella sgualdrina? >>

<< Cosa? >>

Lo dico seriamente preoccupato delle mie orecchie pensando di aver bisogno di un otorino.

Ha veramente detto quello che ho sentito?

<< Ho detto cosa ti ha fatto quella sgualdrina, non ci senti? >>

Sto per risponderle quando vedo Isaya picchiettarle con un dito sulla spalla per attirare la sua attenzione.

<< Ti piace il tuo nasino? >>

Mormora mentre non riesco a capire cos’abbia in mente.

<< Certo! >>

<< E il tuo viso? >>

Lucrezia sbuffa infastidita annuendo ed incrociando le braccia.

<< Hai tante foto immagino... >>

<< Senti ragazzina dove vuoi arrivare? >>

Il pugno che le carica in pieno viso, rompendogli sicuramente il setto nasale, la fa cadere a terra mentre la ragazza ghigna soddisfatta.

<< Perché appena andrai dal chirurgo avrai bisogno di una di queste per farti riconoscere... bastarda! >>

Rido senza contegno rendendomi conto che sia uno scatto nervoso. Sempre ridendo la aiuto a rimettersi in piedi mentre vedo mia sorella tornare con il viso adombrato.

<< Tu piccola mocciosa... >>

<< Cos’è vuoi la rivincita, eh? Uno non ti è bastato? >>

Devo tenere Lucrezia per un braccio per non farle andare incontro ad una camera del suddetto luogo.

Non mi sarei messo in mezzo per proteggerla.

<< SAM, calmati... >>

Il ragazzo con i capelli ricci la tiene per le spalle e Nicola gli tiene entrambi i polsi con una mano.

<< Quella scrofa ha detto ad Elisa... >>

Tappo a Lucrezia la bocca con una mano fottendomene dei morsi che ricevo.

<< Ha detto ad Elisa sgualdrina... non si ... non si... >>

Le lacrime della ragazza si fanno presenti in modo copioso mentre il ricciolino la tiene stretta a sé.

<< Ehi... che sta succedendo? >>

Tolgo la mano dalla bocca di Lucrezia che impreca a bassa voce riprendendosi la borsetta e andandosene.

Non è importante in questo momento.

<< Signorina Abis... >>

<< Oh, la ragazza che mi sta simpatica!! Comunque, Davide stanza numero 302 terapia intensiva... >>

Sbarriamo gli occhi a quella notizia però non aspetto più di due secondi per muovermi nella direzione indicatami.

<< Grazie sorellona... >>

Evito di guardare tutte quelle persone in camice limitandomi alla minuziosa “scoperta” delle piastrelle in ceramica lucida.

La sua stanza mi si para davanti come se qualcuno mi avesse dato un pugno in pieno stomaco togliendomi fiato e forze.

Entro lentamente sentendo la macchina dei BIP suonare ritmicamente e tanti altri macchinari collegati a lei. La fasciatura bianca risalta prepotente sul colore cioccolato dei capelli creandomi un groppo in gola.

<< Elisa... >>

La sedia vicino il lettino sembra non aspettare altro che me.

Prendo tra le mani la sua e non posso fare a meno di baciarle ogni lembo di pelle di quella mano affusolata.

<< Ti prego... ti scongiuro... svegliati... >>

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Capitolo 24
*** Scena Quarta: II Atto. ***


Scena Quarta: II Atto.

Scena Quarta: II Atto.


Non so per quanto tempo rimango lì in quella posizione in cui la mano di Elisa riceve le più costanti attenzioni.

<< Ehi... >>

La voce di un medico mi fa sobbalzare mentre riconosco i tratti del compagno di Alice mentre si fa più vicino.

<< Per quanto ancora rimarrai qui? >>

<< Lorenzo, per favore... >>

<< Dobbiamo solo aspettare che si svegli... nulla di più, nulla di meno... >>

Sospiro e poggia la mano sulla mia spalla massaggiandola poco.

<< Il pericolo del coma è passato... >>

Lo guardo paralizzato prima di far scorrere i miei occhi sul gracile corpo.

<< Come fate ad esserne sicuri? >>

<< Prima di portarla qui le abbiamo fatto una Risonanza Magnetica e una TAC.... >>

Mi alzo dalla sedia sgranchendomi un po’ le gambe ascoltando.

<< In entrambi i casi è risultato che i tessuti stanno bene e non hanno gravi conseguenze... ho ricucito io stesso quella brutta ferita alla testa con sei punti di sutura... pensavamo al peggio perché in queste circostanze pochi hanno riportato lievi danni celebrali come in questo caso... >>

Mi avvicino al lettino carezzandole una guancia e sentendomi sollevato. Sarebbe stata questione di ore...

<< Però... >>

<< Però? >>

<< Il punto leso è uno dei, vastissimi, punti più importanti del nostro cervello... >>

Mi irrigidisco sapendo che già non mi piacerà.

<< Il colpo è stato subito nel lobo temporale, che è posto proprio dietro le tempie, che è responsabile dell’udito, delle emozioni e della... memoria. >>

 Involontariamente delle labbra mi esce un ringhio gutturale.

<< Le conseguenze di quello che ti sto dicendo possono essere vaste e su larga scala: una delle più riscontrate è la perdita temporanea della memoria; oppure, come accade più raramente, totale e assoluta; o a breve termine; o frammentata. >>

Esausto mi siedo di nuovo cercando di metabolizzare la cosa.

<< Non sappiamo con certezza cosa potrebbe accadere ma speriamo che la ragazza sia così fortunata da non avere nessuna di queste conseguenze... >>

Lorenzo, dai tipici tratti Norvegesi, continua a parlare cercando di risollevarmi il morale ma non posso fare nulla. Sorrido a me stesso ripetendomi la cosa almeno un milione di volte: non posso fare nulla.

<<  Ragazzi... >>

Mormora Alice entrando in stanza e noto i suoi occhi puntare su di me.

<< Avete avvertito i genitori della ragazza? >>

Annuisco pesantemente ricordando la crisi isterica che la signora Valeria aveva avuto dall’altra parte della cornetta mettendomi in difficoltà, a differenza del signor Michele che aveva cercato di mantenere una, falsa, freddezza d’animo. Chissà se entro la nottata sarebbero arrivati in ospedale... dove avevano detto di trovarsi? Tanzania? Sinceramente non ricordo.

<< Lo. Sono già passate quattro ore, quanto tempo pensi che... ? >>

Scuote la testa rassegnato facendo muovere i capelli, di un biondo quasi bianco, calando le palpebre sugli occhi azzurri.

Sobbalzo quando un’infermiera entra tutta trafelata dentro la stanza richiamando Lorenzo.

<< Dottore! Dottore! Mi dica lei cosa devo fare..!? >>

Lorenzo sbuffa incrociando le braccia al petto e facendo roteare gli occhi.

<< Mi dica. Cos’è, una massa di liceali non vogliono lasciare il padiglione? >>

L’infermiera annuisce vistosamente e immagino chi possano essere.

<< AH! Vero... Eh, eh, eh... colpa mia. Tesoro sono rimasti fuori per tutto questo tempo ad aspettare di poterla vedere... >>

Sospira, il compagno di Alice, dando un silenzioso consenso all’infermiera che, esasperata, fa entrare i ragazzini.

<< Professore... >>

Mormora Sam.

<< Davide... >>

La blocco forse con troppa asprezza.

<< Fuori dall’ambito scolastico. Davide. >>

<< Breve e conciso. >>

Mormora il ricciolino. Cavolo, quando si deciderà a presentarsi? È snervante chiamarlo con stupidi soprannomi in base ai capelli!

<< Domenico. >>

Dice guardandomi fisso facendomi capire che fosse il suo nome. Simpatico, Domenico, breve e conciso in situazioni dove non ci vogliono parole.

Riprendo tra le mani la mano di Elisa poggiandola sulla fronte. Nessuno fiata mentre Alice e Lorenzo escono fuori.

Svegliati. Elisa. Quanto pensi di dormire ancora?

Torna da me... anzi, torna da noi. Non senti i singhiozzi di Sam?

Voglio rivedere il tuo sorriso...

Un movimento delle dita.

<< Eh? >>

Non la lascio andare pensando che stessi impazzendo ma mi devo ricredere quando si muove, di nuovo.

<< Nicola chiama Lorenzo! No, cioè, voglio dire, il dottore e mia sorella, si sta svegliando! >>

Veloce si catapulta fuori mentre mi alzo in piedi carezzandole la fronte.

<< Elisa... ? Forza, mi senti? >>

Rientra in camera, Nicola, seguito dai due che mi chiedono di allontanarmi un po’ per fargli rendere conto della situazione. Lo faccio malvolentieri però le tengo ancora una mano ( l’altra, Nicola, ha già provveduto a poggiarvi la propria ) .

<< Nh! Che male alla testa! >>

Gli occhi sono ancora chiusi, ma la sua voce esce un po’ stridula e assonnata strappandomi un sorriso. Finalmente!

Quando si aprono i suoi occhi, mi correggo si spalancano, sembra che non abbia mai visto i suoi occhi perché fremo. Stanno per poco tempo immobili a contemplare il tetto per guizzare sui presenti e fermarsi su di me facendomi sentire sollevato e ammaliato al contempo.

Sorride in modo imbarazzato ma noto qualcosa che non va: aggrotta le sopracciglia.

<< Elisa? >>

Mormoro con un filo di voce dandomi del cretino. No davvero, ma dov’è finito il “vero” Davide.

<< ... Si? >>

Lo dice convinta.

<< Come ti senti? >>

Prende parola Lorenzo facendo un passetto in avanti e distogliendo i miei occhi dai suoi.

<< Mh. Indolenzita, un pochino intontita e sbigottita... >>

<< Sbigottita? Perché mai? >>

Continua a dire il medico che annota tutto su un taccuino parlando con voce ipnotica e affabile. Lei sorride in modo sincero guardandosi intorno con fare innocente.

<< Non ridete voi però, eh... siamo intesi? >>

Si gira verso i liceali che mettono la mano sul cuore.

Guardo Sam che ride e piange insieme.

<< Non ricordo come ci sono finita in ospedale... >>

Con fare professionale estrae una lampadina tascabile che fa passare sulle pupille di Elisa. Sorride rasserenato.

<< E quello che è avvenuto prima? Lo ricordi? >>

<< Umh... non mi ricordo bene... ricordo di aver messaggiato durante  una lezione, l’ultima, con Selene, di aver mandato via Sam e di aver mandato un messaggio a... Nicola per dirgli che non sarei tornata a casa... >>

I diretti interessati annuiscono facendomi sorridere.

<< E il motivo che non ti ha portato ad andartene a casa? >>

Scuote il capo corrucciata.

<< L’ultima cosa che ricordi? >>

La vedo arrossire e non posso fare a meno di sentirmi lusingato perché, l’ultima cosa che avrebbe dovuto ricordare è il sottoscritto...

<< La faccia di Nicola che mi accusava di essere “pazza”! >>

Il mio sorriso si spegne di colpo. Impossibile.

<< Mmmh... Scusami se ti disturbo ancora Elisa, posso chiamarti così, vero? >>

Annuisce.

<< Ricordi i nomi di tutti i presenti in questa stanza? >>

<< Vediamo un po’... Nicola Arena e suo fratello Domenico Arena, detto il Mimmo, la mia migliore amica Sam Isaya, lei dottore che a quanto dice questo cartellino si chiama Lorenzo Tolosi, la dottoressa del mio istituto, Ainis, lo vuole detto? Vabbè oramai l’ho fatto! Alice Abis e ... >>

<< Il sarcasmo non ti manca, buon segno, ma potresti continuare? >>

Sorride a Lorenzo spostando suoi occhi sopra i miei. Sorrido lei stringendo un po’ la mano.

<< ... e tu, chi sei? >>



 Fine Secondo Tempo



Angolo Dell'Autrice.


Ma salve a tutte!!
Se vi state chiedendo se sto cercando di indorare la pillola: Si, lo sto facendo! xD
Come avrete notato in molti il "Secondo Tempo" è davvero durato esclusivamente per poter permettere al nostro caVo Proffo di poter emergere e di confondergli le idee. Come perchè?! Perchè sennò sarebbe rimasto appresso quella deviat- cara ragazza di Lucrezia, che non è ancora uscita di scena.
Da quì, da questo capitolo in poi, la storia prenderà, davvero, i binari che il titolo detta, ovvero: Gocce Di Memoria.
Penso che l'abbiate capito da voi ma penso che specificare sia giusto.
Prendete tutti i capitoli che vanno dalla "Scena Prima: I Atto." a due capitoli fa come Introduzione ai fatti che si susseguiranno.
Oh! Già, un'altra cosuccia che mi premeva spiegare: il motivo di queste divisioni in scene e atti che, tra l'altro, ho appositamente scritto in modo erroneo dalla solita stesura operistica ( è al contrario e sono scritti in modo diverso! xD ).
Ho pensato, cosa stranissima, che la vita sia sempre un'alternanza di eventi ed emozioni che creano delle scenette, alle volte, che sanno tanto di teatrale, con diretta conseguenza, di non poter dare un titolo ad ogni evento.
Quindi! *scatto isterico xD* Ho diviso i vari chappy in Scene e Atti!

Questo è il capitolo più lungo tra tutti e spero davvero che vi piaccia!!
Sarei davvero felice di ricevere un commento, piccino picciò, buono o cattivo che sia... senza pretese eh! u.u
Adesso vi lascio.
Un bacione.

Mary. 

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Capitolo 25
*** Scena Quinta: I Atto. ***


Scena Quinta: I Atto.

Scena Quinta: I Atto.

Il vento soffia leggero scompigliandomi i capelli. Il cielo è un misto di colori tra il blu mare, turchese e celeste. Sembra che un pittore si sia divertito a sperimentare aggiungendo anche delle soffici e bianche nuvole che sembrano protagoniste di un palcoscenico senza riflettori o pubblico, o forse si il pubblico c’è. Quel pubblico che come me si rilassava puntando spasmodicamente gli occhi al cielo per poter rimirare quella grandezza infinita. O più semplicemente è l natura, vanitosa a tal punto da non voler rischiare di rimanere sempre uguale...

<< Finalmente! >>

Respiro a pieni polmoni sentendomi infinitamente grata al tempo per avermi regalato una così splendida giornata di caldo sole e cielo intensamente colorato.

<< Sembri rilassata... come va la testa? >>

Sorrido buttandomi tra le sue braccia non aspettando altro di sentire il suo profumo... sa proprio di menta e maschio in un mix seducente.

<< Va benissimo... non ricordo solo alcuni avvenimenti perché un po’ oscurati... >>

Lo abbraccio stringendomi a lui il più possibile dandogli modo di potermi stringere a mia volta mentre il sole ci riscalda infondendomi una strana sensazione: sono convinta di amarlo però...

<< Nicola, ma quell’uomo che è venuto tre giorni fa: è davvero il nostro nuovo professore? Sam non ti ha detto nulla? >>

Sorride irradiandomi i sensi di felicità e avrei tanto, ma tanto voluto baciarlo. Sulle labbra.

<< Davide è il tuo professore, si, di filosofia e poi... >>

Sembra adombrarsi immerso nei propri pensieri e per non permettere ai suoi occhi, quasi neri, di perdere la loro tipica luce cambio del tutto argomento poggiandogli i miei Reyban sul volto.

<< Ma...? >>

<< Ti stanno bene... >>

<< Mmmh! Ah si? >>

Annuisco vistosamente aspettando solo che la sua mano si intrecci alla mia facendole aderire perfettamente tra di loro.

La sfioro con la punta delle dita fremendo segretamente sorprendendomi della delicatezza con cui, senza guardarmi in volto, le intreccia stringendo con una certa urgenza.

Sorrido continuando a guardare quel cielo così intenso fino a quando non sento il clacson della macchina dei miei genitori risuonare per l’arie circostante satura di polline e fragranze primaverili che anno di fresco. Aria pulita. Aria vera... oh si, niente a che vedere con l’aria sterilizzata che si respira dentro l’ospedale. Non si sarebbe retto il confronto.

<< Andiamo... >>

Mormora Nicola strattonandomi appena dalla mano che tiene ancora saldamente alla mia. Avanziamo di pochi passi e istintivamente faccio salire Nicola dalla parte destra e appoggio la testa, sulla sua spalla ascoltando passivamente le discussioni dei miei genitori. Si sarebbero fermati per un bel po’ di settimane, probabilmente.

Il telefono nella mia tasca vibra e mi accorgo che Nicola ha appena posato il proprio sulle gambe aspettando.

 

Davvero, ti senti bene?

 

Aggrotto le sopracciglia per guardarlo bene in volto potendo contemplare ogni lembo del suo viso con meticolosa testardaggine.

Stavo bene. Sto bene. Sento solo una strana sensazione formicolare rabbiosamente nella parte del corpo che entra in contatto con la sua. Come se fosse sbagliato o come se il mio corpo non accettasse la sua vicinanza. Strano.

Vengo riportata con i piedi per terra dalla voce calda e melodiosa, per essere quella di un uomo, di mio padre.

<< Elisa cosa ti piacerebbe mangiare oggi? >>

<< Qualcosa pur che sia commestibile... >>

<< Perché dici così tesoro? >>

Sorrido amareggiata ricordando la poltiglia insapore che spacciassero per “pastina” ...

<< Vorrei vedere te con tre giorni di quella roba... >>

Lo sussurro in modo che mi possa sentire solo Nicola che sghignazza divertito mentre stringe la pressione delle dita sulle mie e avvicinandosi maggiormente a me.

 

 

Siamo arrivati dentro casa e mi hanno dato il tempo di disfare il borsone dei miei oggetti. Un rumore sordo sulla porta mi fa fermare un attimo.

<< Posso? >>

<< Si... >>

Ancora intenta a sistemare una maglietta sento due braccia avvolgermi gentilmente contemporaneamente al calore del suo corpo avvicinarsi al mio. Sospiro beandomi di quel contatto.

<< Sei congelata... e mi piace. >>

<< C’è caldo... >>

Annuisco sopendo un sospiro di piacere quando il suo naso sfiora la mia giugulare.

<< Ti sei dato al vampirismo? >>

Scoppia a ridere mandando getti di aria fresca ancora in  quel punto. Sobbalzo sentendo le sue labbra poggiarsi un’altra volta su quell’aria di pelle. Lo sta facendo apposta.

<< Probabilmente, essendo il tuo sangue Zero Negativo... >>

Corride premendo ancora le labbra in quel punto in un bacio facendomi sorridere. Che ne potrebbe sapere lui?

<< E sentiamo perché il mio si e il tuo no? >>

<< Il tuo è “raro”... >>

Ridacchia prendendo fiato per continuare.

<< Salva tutti ma non ha bisogno degli altri gruppi. Desidera solamente un altro Zero Negativo... >>

<< Perché tu che saresti? >>

Lo dico di slancio con una punta di stizza nella voce.

<< A Positivo. Non potrei aiutarti, quindi... >>

Velocemente mi afferra per un polso buttandomi sul lettino e mettendosi a cavalcioni sopra di me ed io non riesco  respirare. È bellissimo con i capelli, castani, a coprirgli alcuni tratti del viso e quello sguardo così intenso carico di desiderio. Troppo bello.

<< Quindi mi limiterei a prendere la tua vita per farla divenire solo mia... mia e di nessun altro... >>

Avendo una maglietta a maniche corte riesco a contare la quantità di muscoli del braccio sinistro, teso per sostenere il proprio corpo a differenza del destro che è poggiato sulla mia guancia. Si muove lentamente carezzandomi il volto e chiudo gli occhi sentendo davvero quella sgradevole sensazione farsi strada velocemente tra il senso di pace e quiete distruggendoli.

Senza fargli capire nulla mi siedo, facendogli fare la stessa cosa, continuando a ricevere delle lievi carezze che pian piano vanno a spostarsi fino ad arrivare sul capo.  

Mi sento malissimo per la prima volta dove sento il sangue defluirmi dalle guance e la pressione scendere drasticamente.

<< Elisa? >>

Lo sento ma mi fischiano le orecchie per il mal di testa che ha cominciato a far pulsare le tempie e la parte dove i punti vivi stavano compiendo il loro lavoro.

<< Elisa!? >>

Chiudo gli occhi lasciandomi andare e scorrono davanti a me delle immagini sfocate, come un programma che non viene ricevuto nel corretto modo, dove ritraggono quello sconosciuto e me mentre compiono la stessa cosa e in cui mi sento così bene da non poterci credere...

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Capitolo 26
*** Scena Quinta: II Atto. ***


Scena Quinta: II Atto.

Scena Quinta: II Atto.

Li riapro sentendo la testa pesante, dovuta forse al pulsare della ferita, e la presenza dei miei genitori aggiunta a quella di Nicola mi fa rilassare appena.

<< Non lo fare più! Mai più! >>

Quasi lo urla, Nicola, facendomi sentire in colpa. Dannatamente in colpa.

I miei genitori gli lanciano un sorriso comprensivo anche quando si accascia contro la parete pesca della mia camera nascondendo il volto tra le mani. Non piange, ma mi sento colpevole nei suoi confronti di qualcosa  a cui non so dare voce.

Mia madre mi prende una mano nella propria sorridendo in modo tremolante e mio padre mi accarezza la spalla in modo convulso. Un uomo estremamente introverso da sempre, devo ammettere. Un uomo che riesce a mantenere un barlume di lucidità in ogni occasione.

<< Tesoro ti fa male la testa. >>

La sua non è una domanda ma una mera constatazione a cui devo, altrimenti sarei masochista, assolutamente rispondere di si.

<< Vado a prenderti un antidolorifico... >>

Contemporaneamente alla sua uscita dalla stanza il suono del campanello ci distrae, almeno agli altri a me da solo un’immane fastidio, facendoci tendere le orecchie verso i rumori del piano sottostante che attutiti non fanno capire quasi nulla. Contrariamente ai suoi modi di fare sta facendo chiasso, mio padre, anche per andare ad aprire alla porta dove, ne sono convintissima, mormora un -“Davide”- sorpreso mentre sento il cuore pompare velocemente e la felicità raggiungere quasi livelli stratosferici.

<< Tesoro! C’è Davide in compagnia di Sam e Domenico...! >>

Davide. Un nome. Una persona che sono convinta di non aver mai visto. Una persona che mi conosce come le proprie tasche - avevo avuto modo di capirlo dalle visite in ospedale che duravano pochi minuti, sufficienti come se mi avesse allevata. Un uomo che mi guarda con gli occhi stracolmi di tristezza, anche adesso che i miei occhi non vogliono minimamente staccarsi dai suoi e, questa sensazione, è più forte di quella che provo con Nicola: è bella ma fa anche male come se volessero togliermi il respiro.

<< Ciccia! Come stai?! Non sei felice di essere uscita?! Ma che hai sembri pallida! >>

Accolgo di buongrado la voce della mia migliore amica alzandomi in piedi e abbracciandola forte.

<< Trattalo con riguardo. >>

Un mormorio che parte da Sam che si sposta velocemente, senza darmi il tempo di ribattere, per salutare i miei genitori con enfasi.

<< Ciao Mimmo! >>

Abbraccio il ragazzo di Sam che ricambia con gioia ridendo e alzandomi dal terreno essendo dannatamente alto.

<< Caspita ma quanto sei alto? >>

<< 1.75... tu quanto, un metro e una vigorsol? >>

Incrocio le mani al petto e cerco di non badare alle risate che si sono levate contemporaneamente.

<< Ah-ah... divertente. >>

La mia attenzione cade su Davide, il prof, mentre le sue labbra sono piegate verso l’alto lasciando intravedere una schiera di denti bianchi come perle e gli occhi, semisocchiusi, mi lasciano intravedere il colore di un verde intenso quasi liquido a cui il mio cuore risponde con una capriola.

Avevo detto strano altre volte, vero?

Continuo a guardarlo anche quando si accorge dei miei occhi sui suoi che si congelano lasciando il posto ad uno statico ed inflessibile strato di tristezza.

<< Buongiorno profe- >>

<< Davide. >>

<< Buongiorno Davide, la ringrazio per essere venuto, ancora una volta, a farmi visita. >>

 Sorride sbuffando non facendomi capire.

<< ... Dammi del tu! Mi fai sentire vecchio! >>

Sorrido a mia volta nascondendo un velo di inquietudine capendo che mi avrebbe voluto dire altro.

Perché non l’ha fatto?

Anche se il punto centrale della visita sono io, i miei genitori chiamano Davide, un bel nome, fuori dalla stanza mentre io mi spalmo interamente contro Nicola. Ho fame.

<< Si ho capito... >>

Mormora attirandomi a sé ricevendosi delle occhiatacce da parte di Sam e Domenico. Strano.

<< Elisa, davvero non ti ricordi nulla? >>

<< A quale proposito? >>

<< Davide. >>

Sobbalzo un poco ma continuo a rimanere di buon umore e con una gran fame.

<< Non proprio... >>

Automaticamente a quella frase sento appena che la stretta di Nicola diventa più salda.

<< Cosa ricordi? >>

<< Nulla di particolare: sono immagini confuse e rapide. >>

Sam sbuffa prendendomi il volto tra le mani e costringendomi a guardarla fisso negli occhi.

<< Tesoro, mi sapresti descrivere i primi dieci anni della tua vita e il periodo che va da Gennaio sino ad oggi di quest’anno? >>

Scoppio a ridere.

<< Che assurdità, certo! >>

<< Comincia... >>

Mi blocco al tono di Nicola che è angosciato. Divincolo le sue braccia da me ed esco fuori dalla stanza sbattendo la porta per scendere fino al bagno dove chiudo la porta e  penso.

Ci penso davvero tanto arrivando persino a lasciarmi scivolare contro la parete, adornata dalle mattonelle bianche, per rannicchiarmi su me stessa e piangere.

 Non ricordo nulla.

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Capitolo 27
*** Scena Quinta: III Atto. ***


Scena Quinta: III Atto.

Scena Quinta: III Atto.

Piango così forte che non sento nemmeno bussare alla porta che si apre con velocità facendo apparire quell’uomo.

<< Perché piangi? >>

<< Non ricordo!  >>

È stupito ma mi circonda subito in un abbraccio accarezzandomi la base del collo, che comincia a bruciare, e la scapola destra, anch’essa arde. Piango più forte sentendomi stordita da quel contatto.

<< Non mi ricordo di te! Non ricordo cosa ci leghi; non ricordo nulla della mia vita passata a Milano; nulla di questi ultimi mesi. Voglio sapere se quello che manca è collegato a te! >>

Scoppio a piangere più forte stringendo convulsamente la maglietta di cotone sforzandomi di rimanere lucida per ottenere una risposta. Quello che riesco a fare è procurarmi solo un mal di testa allucinante che mi fa girare la testa.

<< Elisa... io... >>

Mi tiene stretta, adesso, bloccandomi tra il muro alle spalle e il suo corpo mentre il suo viso è a qualche centimetro dal mio. Fremo. Fremo sentendo il suo respiro accelerato sferzare contro il mio irregolare.

 Guardo per un attimo le sue labbra schiuse avendo voglia di... divorarle. Ho anche una strana e sconcertante voglia...

<< Intanto... >>

Dice in un modo, ai miei occhi, sensuale.

<< Calmati... respiri profondi, Elisa. >>

Questa scena...

Mossa da non cosa mi alzo appena sulle punte premendo le labbra sulla sua fronte e stringendomi a lui il più possibile, dopo, il buio mi accoglie per la seconda volta in poco tempo

facendomi cadere in avanti fino a scontrarmi con qualcosa di caldo all’altezza delle labbra.


Certo che è strano il semplice fatto che io non riesca a ricordare nulla di lui. Eppure provo un sentimento intenso che mi graffia il petto e il cuore premendo per poter uscire. Fa male e bene contemporaneamente. Ah! Un ricordo, fugace ma sono convinta che sia un ricordo:

sono su un autobus, non ricordo il numero, e sto piangendo.

Perché piango?

Sto parlando al telefono con qualcuno, sicuramente Sam. Sono convinta: sto parlando al telefono con Sam per parlare di un certo... “fratellone”? Possibile?

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Capitolo 28
*** Scena Quinta: IV Atto. ***


Scena Quinta: IV Atto.

Scena Quinta: IV Atto.

Riapro gli occhi lentamente con un senso di vuoto alla pancia così forte da farmi girare tutto: ho fame.

<< Mhh.. >>

Mi rigiro nel letto scontrandomi contro qualcuno che mugugna facendomi sorridere.

<< Sam... >>

La scuoto lentamente chiamandola per evitare che mi disintegri.

<< Sam... >>

<< Mhhh... Eddai... >>

Gli occhi grigi della mia migliore amica si aprono di scatto mentre le braccia mi stringono a sé.

<< Ci hai fatto prendere un colpo... >>

Arrossisco passando anche le mie braccia per stringerla e sprofondare nell’incavo del suo collo. Voglio sapere ma non ho il coraggio di chiedere nulla.

<< Elisa? >>

La guardo di sottecchi mentre arrossisce.

<< Sai che prima hai baciato il professore? >>

Mi metto a ridere non rammentando nulla del genere. Una risata isterica, penso.

<< Non è vero... >>

Miagolo facendola sorridere appena.

<< Hai baciato il prof mentre svenivi... non penso che tu ti sia resa conto della cosa... >>

Sorrido alzandomi dal lettino per aprire la porta della mia stanza.

<< Dove vai? >>

<< Ho fame... >>

Mormoro troppo imbarazzata per continuare.

<< Ah! La solita... svegliamo tua madre? >>

<< No! Sei pazza? >>

Sorride alzandosi anche lei.

<< Ok, allora cucino io! >>

La guardo con gratitudine mentre scendiamo in punta di piedi.

<< Che ore sono? >>

<< Le 4 del mattino... >>

Mi porto una mano alla testa vicino a dove stanno i punti. Quella strana sensazione non ha voluto saperne di abbandonarmi.

<< Ehi... >>

Mormoro prendendo in considerazione l’idea di chiederle qualcosa...

<< Dimmi tutto... >>

Nel dirlo mette sul fuoco il pranzo che ho saltato e si siede di fronte a me. Mi osserva come se avesse capito il punto della mia domanda.

<< Parlami di Davide... >>

Scuote il capo mettendosi una mano davanti le labbra e poggiando lo stesso gomito per sostenere la testa. Ancora quell’espressione.

<< Non è la domanda che volevi farmi vero? >>

Colpita  e affondata.

<< Devo essere sincera? >>

Annuisce alzandosi per controllare il/la pranzo/cena.

<< Sai se per caso io ... amassi Davide? Te ne ho mai parlato? È successo qualcosa? Nicola che c’entra? Non stavo con lui? >>

Sono troppe domande me ne rendo conto quando Sam spalanca gli occhi e mordicchia l’unghia del pollice guardandomi. Forse sta solo soppesando le probabilità di non dirmi nulla.

<< Tu cosa ricordi? >>

Appunto.

<< Possibile che tu non mi sappia dire nulla se non “tu cosa ricordi”?! >>

Sbotto irritata portandomi le ginocchia la petto sulla sedia e guardandola di sottecchi.

 Non gli hanno fatto effetto le mie parole.

<< Il medico ha raccomandato di aiutarti a ricordare. Ha anche severamente proibito di dirti alcunché a meno che non sia tu a ricordare... non posso dirti nulla a meno che tu non abbia un’idea precisa. Perdonami. >>

Sbarro gli occhi.

<< Però... >>

Continua con un sorriso enorme posandomi davanti al volto un piatto di pasta alla Carbonara, dall’odore.

<< Però? >>

Mormoro troppo incuriosita per poter capire cosa passi per la sua testa.

<< Però posso farti vedere le fotografie. Ti va? >>

Annuisco convinta infilzando con la forchetta dei fili di pasta portandoli alle labbra sorridendo sorniona: buona.

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Capitolo 29
*** Scena Quinta: V Atto. ***


Scena Quinta: V Atto.

Scena Quinta: V Atto.

Dal giorno in cui, quella sera, ebbi la discussione con Sam passarono due settimane di puro ozio e noia allentate dalla presenza costante di Nicola, i miei genitori, Sam e Lui. Soprattutto Lui sembrava molto disposto nel non farmi perdere lezioni importanti di scuola: se il professore di chimica, per esempio, andava avanti col programma, Lui il pomeriggio veniva a farmi ripetizioni ed a insegnarmi le nozioni nel modo più semplice e disarmante possibile. Accenni di quell’ipotetico bacio: nulla.

 Di questa situazione ne andava ghiotta anche Sam che, essendo un asso solo nelle materie umanistiche e orali, aveva modo di ripetere matematica e tutte le altre pidocchiose materie con cui avevamo a che fare. Accenno a quelle foto:nulla. Chissà perché. Comunque sia, io non andavo pazza della vicinanza a cui i nostri corpi erano sottoposti e non potevo fare a meno di arrendermi all’idea di non ricordare nulla all’infuori di quella strana sensazione stramba nello stomaco. Ah mi ero pesata e subito messa a dieta come una disperata: cinquantasei chili presi dallo spirito santo a cui avrei tanto dato il ben servito.

“A me non sembri cambiata...”

Lo diceva sempre Nicola e non perdeva mai occasione di carezzarmi il viso gentilmente.

“ Tesoro andremo a fare Jogging insieme le mattine estive... “ ripeteva Sam mettendomi ansia.

A parte i miei complessi sul peso, totalmente inutili, una cosa mi piaceva particolarmente e non potevo assolutamente negare il contrario: le attenzioni.

Ero sommersa dalle attenzioni, anche adesso sinceramente, a scuola, a casa e in giro. Ovviamente avevo completamente perso la mia fissa sul vuoto della mia testa e stavo puntando a riempire di ricordi anche i momenti più insignificanti solo che, queste giornate, sarebbero presto finite....

 

<< Elisa... io e papà dovremo parlarti... >>

Non mi chiamavano mai “Elisa”. Mai. Se non per annunciarmi qualcosa che andava ben oltre ai miei voleri.

Comunque sono seduta sul divano con le gambe al petto, posizione graditissima, e li osservo mentre si posizionano davanti al televisore. Afferro il telecomando stoppando il film comico e aspetto che continuino.

<< Ditemi. >>

Biascico insonnacchiata. Purtroppo, ho già trovato il nocciolo della questione senza che spiccicassero parola.

<< Domattina dobbiamo tornare a lavorare e... >>

Inarco un sopracciglio non aspettandomi quell’ - e - alla fine della frase. Tendo le orecchie ed il busto fino all’inverosimile per incitarli a continuare, mio padre sospira, mia madre guarda mio padre ed io li guardo entrambi. Argh! Non ho voglia di giocare in questo modo.

<< Tu da domani andrai a .... >>

Scatto in piedi avendo capito quel sussurro lieve e delicato uscire dalle mascoline e sottili labbra.

<< COSA!? >>

Oh no. No. No. No. No.

Velocemente indosso delle ballerine nere, mi infilo il giubbotto afferrando contemporaneamente chiavi e telefono, per gettarmi di corsa fuori da casa.

<< Elisa! Torna qui! >>

Urla su urla che non ascolto. Forse mio padre scende velocemente le scale per acciuffarmi ma sono troppo veloce... vedo quasi la salvezza attraverso il portone...

abbasso lo sguardo per non sfracellarmi al suolo e...

le braccia di Nicola mi catturano ancora prima che potessi accorgermene. Dannazione!

Stringe forte immergendo il viso tra i capelli.

<< Nana dove pensavi di andare? >>

Mi stupisco del tono lapidario e cerco i suoi occhi che sfuggono ai miei: lui sapeva!

<< Tu. Sapevi. Tutto?! >>

Scandisco bene le parole guardandolo con astio.

<< Si. >>

Dice solo lasciandomi le spalle e guardando altrove facendomi incazzare ancora di più. Con stizza torno indietro non ascoltando nemmeno mio padre o le futili scuse di mia madre, e mi chiudo dentro la cameretta afferrando il telefono troppo sconvolta.

<< Sam! >>

<< Che succede?! Perchè urli?! >>

Mi calmo respirando appena.

<< Io...>>

<< Tu? Avanti continua! >>

<< Da domani... andrò a vivere con Davide! >>

<< COSA?! >>

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Capitolo 30
*** Scena Quinta: VI Atto. ***


Scena Quinta: VI Atto.

Scena Quinta: VI Atto.

Stavo guardando attentamente le foto davanti al mio naso non riconoscendomi proprio.

<< Ma sono davvero io? >>

E lei annuiva, tutte le volte. Tutte le volte dopo quell’assenso la coda dell’occhio cadeva sul borsone.

<< E tu mi stai dicendo che il soggetto in tutte le foto è Davide?! >>

<< Non te lo sto solo dicendo, te lo sto anche mostrando!  >>

E li mi cadevano sulle foto in questione, dove ero ripresa in mille modi con Davide: sulle altalene, mentre tentava di farmi i codini, con il grembiule e lo zaino, in costume da bagno, mentre mi imboccava, una in cui tiene in mano uno dei miei dentini da latte, una sui castelli di sabbia, una al parco, una con dei gelati enormi in mano, una in cui lo macchio di panna sul volto e viceversa, con il pigiama e addirittura una dentro lo stesso lettino dormienti.

<< Quindi, ti ricordi qualcosa? >>

Sono ombre sfocate che si muovono troppo velocemente per poterle afferrare che mi stanno facendo male alla testa.

<< Un po’ più del nulla, ma aspetta, chi te le ha date? >>

Esita nel rispondermi e cerca di far cadere lo sguardo e le mie attenzioni su una foto dove siamo sdraiati su dell’erba ricoperti di fango. Ok, lo ammetto, siamo carinissimi insieme. Ignoro i pensieri e le farfalle nello stomaco guardandola con sospetto.

<< Davide, ok? >>

Sbotta in una volta dandomi l’ennesima stoccata prima dell’entrata dei miei genitori in salone.

<< Buongiorno... >>

Mormora Sam, io mi limito ad un ciao soffocato e strozzato partito dalla gola.

<< Dai tesoro, ancora seccata con noi? >>

<< No. >>

Bofonchio rassegnata: non valeva a nulla comportarsi come bambina viziata. Non quando partono, almeno.

<< Oh, vieni qui! >>

Li abbraccio tutti e due con vigore stringendomi  loro il più possibile.

<< Starete bene? >>

Dico loro anticipandoli.

<< Non prenderci in giro! >>

Annuisco baciando le guance di entrambi.

<< Starò bene. Chiamatemi quando arrivate in Tanzania. >>

<< Tesoro lo faremo, sta tranquilla. >>

Vedo mia mamma armeggiare con il proprio cercapersone e sorrido stampandole un’enorme bacio sulla guancia.

<< Ti chiameremo ad ogni scalo, ok? >>

Annuisco porgendo la borsa a mia madre come se fosse un oggetto così mistico da dover maneggiare con cura.

Quando attraversano la porta, con un mezzo sorriso sulle labbra sconsolato, sento distintamente la mano sulla spalla che Sam poggia in segno di conforto.

<< Andiamo? >>

 

 

Dopo quasi venti minuti di strada sull’autobus e dieci a piedi, la casa di Davide ci si para contro come un pugno nello stomaco.

<< Wow. >>

L’unico commento decente alla Villetta isolata in periferia vicino al quartiere Messinese più agiato. Assurdo.

<< Tesoro, sai che ti verrò a far visita più spesso? >>

Do uno scappellotto a Sam che i rimando mi fa una timida linguaccia e, seppur con malumore, suono al campanello con lettere vergate in uno stile elegante e raffinato.

Nei minuti in cui aspettiamo che qualcuno ci venga ad aprire, posso notare che lo stile semplice ma imponente della casa, con statuette da giardino ( si perché, diamine c’è anche un giardino! ) fiori e finestre, tante finestre. Con mio sommo piacere, quando mi tiro un po’ indietro per vedere le condizioni delle altre abitazioni, noto che la nostra, sia molto raffinata. Ridiamo quando Sam risuona il campanello come una perfetta cameriera.

<< Scema! >>

<< Se, se... >>

Mi arresto all’istante quando la voce di Davide chiede chi fosse.

<< Emh... E-Elisa! >>

Mormoro imbarazzatissima. Dannazione non va bene partire così!

Il cuore mi si ferma in petto quando lo vedo con la camicia sbottonata e un paio di jeans a fasciargli perfettamente le gambe e il bacino. Lo sguardo risale lentamente e posso contare perfettamente i fasci di addominali che partono dal basso in una perfetta V.

<< Oh... >>

Biascico chiudendo di scatto la bocca dando una gomitata a Sam.

Non va, completamente!

<< Prego, che ci fate ancora lì sulla porta? >>

Contro ogni mia prerogativa però, quando afferra il mio borsone così delicatamente, non posso fare a meno di arrossire come una perfetta bambina alla prima cotta.

<< Sam, vuoi rimanere per cena? >>

Il suo tono di voce è così caldo e dolce che mi ricorda qualcosa di... lontano. Quasi lo stesso tono di una ninnananna.

<< Ma Davide, hai cambiato casa? Non abitavi in un appartamento in centro? >>

Faccio cadere la testa di lato stupendomi del fatto che sapesse dove abita. Mha!

<< Mh, si. Ma ho voluto lasciare l’appartamento a Lucrezia. Sai, da quel giorno ci siamo lasciati. >>

<< Aaaah! Come sta la stronzetta? Ricorda ancora quel pugno in pieno viso? >>

Aggrotto le sopracciglia senza riuscire a collegare la miriade di eventi.

Chi è Lucrezia? Come fa a conoscerla Sam?

 

Mi duole ammetterlo, ma quel bisogno soffocato di ricordare cosa fosse accaduto prima dei miei dieci anni e in quell’anno, si fa prepotentemente avanti. Si fa avanti e prepotente proprio come la distanza che si riduce visibilmente tra Sam e Davide e la distanza che si crea da me a tutti e due.

<< Ehi... >>

Dopo molti minuti in cui ridono e scherzano e parlano di questa – com’è raccapricciante il nome! – Lucrezia, ritornano entrambi sulla mia stessa linea d’onda.

<< Mh? >>

<< Vieni, ti faccio vedere la tua camera. >>

Era grande, come ambiente, e ben illuminato se devo essere sincera. La cosa più dolce in assoluto è il fatto che avesse pensato ad ogni comfort possibile ed immaginabile.

Entro estasiata e poggio il borsone vicino al lettino notando il fatto che si sia fermato proprio allo stipite della porta, e che si sia appoggiato ad esso, assumendo un’aria... sensuale.

<< Ti piace? >>

Il suo sorriso mi ruba un battito.

<< Si! >>

Sorriso che adesso si allarga e li occhi illuminano. Noto un particolare solo adesso: gli mancano  gli occhiali.

<< Cosa c’è? >>

Mormora.

<< N-no, nulla... grazie. >>

Rimango a fissare la sua mascella e i lineamenti del viso così belli, sorridendo alla sua esitazione.

<< Prego... vieni giù, avanti: vi preparo qualcosa da mangiare. >>

Annuisco con vigore stanziandolo di pochi passi alle sue spalle.

<< Senti... >>

<< Si? >>

Dico incantata dai suoi movimenti cadenzati e dalle sue spalle così larghe... oddio!

Sorrido scuotendo la testa alla mia stupidaggine. La mia attenzione viene catturata dalle scale e dalla sua figura avvicinarsi ad esse.

<< DAVIDE ! >>

Urlo terrorizzata. Non so da cosa, ma il panico si insinua velocemente mentre gli afferro il polso con vigore tirandolo a me. Tremo dalla paura stringendomi a lui come meglio posso.

<< Elisa, Calmati! Calmati! >>

Immagini veloci e dolorose mi passano davanti senza che io ne possa capire il senso e poi li vedo... due occhi verdi alla mia altezza, che mi guardano con preoccupazione.

<< Elisa... cosa ti è preso? >>

Scoppio a piangere singhiozzando.

<< Ho provato paura... >>

<< Ho provato paura per te, quando ti sei avvicinato alle scale... scusami io... io non... >>

Lentamente mi faccio scivolare al suolo, mentre lui mi abbraccia comprensivo.

<< Su, su, guarda, ti tengo per mano e scendiamo insieme lentamente...ok? >>

Annuisco alzandomi dal suolo grazie al suo aiuto, e prendo la sua mano, tremante. Mi tranquillizzo tantissimo quando tocco l’ultimo scalino notando quanto sia grande la sua in confronto la mia.

 

Il nostro ingresso in salotto, sotto lo sguardo curioso e stralunato di Sam, mano nella mano, sarebbe stato l’ultimo contatto fisico di quel mese.

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Capitolo 31
*** Scena Quinta: VII Atto. ***


Scena Quinta: VII Atto.

Scena Quinta: VII Atto.


<< Studiate bene, perché tra due settimane affronteremo un test scritto e un test orale di tutto il programma affrontato fino a oggi... ah, e Reina, a causa delle tue assenze dalle lezioni, per problemi gravi ovviamente, dovrai recuperare le ore con dei corsi di recupero pomeridiane... >>

E lì in quell’aula composta da sedici elementi, il mondo, il mio mondo, cominciò a subire assedi da parte di tutte le professoresse e professori, a cominciare da quella svalvolata e stronza di italiano.

<< Certo professoressa... >>

 

<< Studiate bene, perché tra due settimane si terrà il compito di Chimica e un test orale di tutto il programma affrontato sino ad oggi... Reina, mi spiace, ma dovrai seguire dei corsi di recupero... >>

L’aveva detto anche la professoressa di scienze naturali...

 

<< Studiate bene... compito Scienze Sociali... corsi scolastici di recupero... >>

Non sto qui ad elencarli tutti, ma la nostra dannazione, la dannazione di una classe verso la fine della scuola, sarebbe presto iniziata. Anzi, mi correggo: la mia è iniziata già tanto tempo fa con la perdita di memoria.

<< Come farò?! >>

<< Reina impegnati abbiamo parlato con i professori e gli orari sono ben concatenati tra di loro... >>

Gli occhi delle mie compagne mi guardano con rammarico, le gemelle mi toccano la spalla in segno di conforto e Sam... dorme. È così impegnata negli ultimi tempi con gli allenamenti di Box, che temo per la sua salute.

Nessuno la sveglia, tanto meno i professori, che le hanno già dato abbastanza voti per il secondo quadrimestre. Sospiro passandomi una mano tra i capelli, prendendole il telefono dalla tasca che vibra tre volte: è Domenico.

Sorrido comunicandogli che Sam è nel mondo dei sogni, e non aspetto altro che la campanella dell’ultima ora suoni  per dirigermi al bar, dove lo vedo attorniato da un numero indefinito di ragazzine e donne pronte a fargli domande su di noi: è passata una settimana da quando mi sono trasferita in quella casa, ma la notizia già dopo due giorni aveva fatto scalpore.

<< Ma, professore, se una minorenne vive in casa sua, significa che lei è il suo tutore legale? >>

Rispondo seccata prima di lui.

<< Si, lui è il mio tutore legale fino al ritorno dei miei genitori... non sono una minore emancipata, ma affidata in custodia temporanea. Ah! Ci sono anche dei documenti che abbiamo consegnato al preside. Se non ci credi liberissima di andare a chiedere. Adesso: smammate! >>

Rimangono tutti a bocca aperta, soprattutto lui a cui scivolano gli occhiali da un lato: che ho detto?

Mi salvo da ulteriori commenti grazie alla campanella che annuncia la fine delle lezioni mattutine e l’inizio di quelle pomeridiane. Quando rimaniamo soli, si fa sempre per dire, lo trascino verso il giardino dell’istituto mentre lui accende tranquillamente una sigaretta, soffiandomi il fumo vicino: lo odio! Grr, che nervi!

<< Su, cosa dovevi dirmi? >>

<< Tu sei assurdo! Sapevi che avrei dovuto seguire delle lezioni extra, eppure non mi hai detto nulla! >>

Nasconde un sorriso portando la sigaretta alla bocca e poi risponde.

<< Non lo sapevo e non potuto fare altrimenti per evitare che gli altri colleghi ti calassero l’anno... mocciosa! >>

Porto le mani ai fianchi facendo per andarmene ma mi squilla il telefonino facendomi sussultare.

<< Pronto? >>

Dico esasperata.

<< Come va? Sono fuori dal portone con i motori pronti per sgommare a casa mia per vederci un film in santa pace... >>

Anche se sento una certa riluttanza graffiarmi il petto all’idea di lasciare Davide da solo, parlo a grande fiato per vedere la sua reazione.

<< Certo, sto arrivando subito! Riscaldati ben bene, che non vedo l’ora di poter stare con te... ah, dici se posso dormire da te questa notte: perché no? Dai, ne discutiamo dopo quanto recupero lo zaino e la giacca! >>

Se prima lo sguardo era rivolto verso l’unico albero del giardino, adesso è rivolto sopra la mia figura con una strana luce negli occhi, sgranati, con la sigaretta a metà strada: perché sembra sconvolto?

<< Mh... si, anche se non ho capito quello che hai detto, sono giù! >>

<< Ok, a dopo, Nicola! >>

Come se gli avessi inflitto un danno maggiore lo vedo digrignare i denti e gettare la sigaretta, quasi intera, sul pavimento prima di girare i tacchi per allontanarsi. Automaticamente il cuore nel petto sembra restringersi dolorosamente e accartocciarsi su se stesso. Caccio via le lacrime immotivate con una scrollata di testa e corro per i corridoi recuperando la borsa e la giacca in aula, per correre pi speditamente all’interno dell’abitacolo, su cui Sam è seduta nei posti del passeggero.

<< Cos’è successo?  >>

Mormora con la voce impastata e Nicola, dalla strada, s’accosta per prendermi il volto tra il pollice e l’indice per guardarmi meglio: arrossisco visibilmente.

<< Non è nulla... >>

<< Elisa: non mentire. >>

Riprende a camminare sorridendo compiaciuto di se stesso.

<< Non fare quella faccia da gatto... >>

Mormoro imbarazzata e incazzata al contempo, prendendo una ciocca di capelli tra le dita.

<< Certo, certo... >>

Continuano a ridere spensierati e quando accostiamo il liceo l’urlo improvviso e perentorio di Sam ci fa sussultare di colpo.

<< NICOLA FERMATI! >>

Scende velocemente, senza darmi il tempo di capire, e scendo anche io seguendola per un pezzo di strada, poi li vedo anch’io: Domenico ed una ragazza si stanno baciando appassionatamente all’angolo della strada.

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Capitolo 32
*** Scena Quinta: VIII Atto. ***


Scena Quinta: VIII Atto.

Scena Quinta: VIII Atto.


Digrigno i denti imbestialita e cambio direzione con i pugni chiusi: non seguo più Sam, proprio no, ma adesso punto direttamente sopra le due figure che si stanno beatamente leccando. Nemmeno si accorge di noi. Non si accorge di star distruggendo il cuore della mia migliore mica?

<< BASTARDO!? >>

Lo urlo come se fossi stata io l’amante e, appena si gira, il mio schiaffo rimbomba per tutta l’aria, facendo girare le persone.

Si tiene la guancia con una mano, guardandomi con occhi sbarrati.

<< Come hai potuto!? >>

Dico poi, tremando e facendo tremare la voce; il suo sguardo oscilla da me all’auto ( dove non c’è nessuno, perché Nicola è sceso a rincorrere Sam ) parcheggiata alla bell’è meglio sul marciapiede. Sono così arrabbiata che non so cosa dirgli dopo una semplice frase.

<< Era così...contenta del tuo amore, che stava lentamente aprendosi come una volta: sei stato ingiusto! >>

Mi volto camminando velocemente nella direzione in cui è sparita guardando la rotonda prima di attraversarla e salire le scale che conducono alla chiesa di Montalto con il fiatone, cancellando le lacrime che mi rigano il volto.

Sono immensamente dispiaciuta, ferita e, cosa peggiore, mi sento in colpa per la mia migliore amica. Dannazione non  posso essere stata così cieca, così presa dalla mia situazione per non accorgermi di lei... come ho potuto?

Cancello le lacrime annaspando per gli ultimi scalini ritrovandomi lo spiazzale della chiesa. Inorridisco quando vedo Sam sul bordo del muretto rivolta con la schiena verso me e Nicola che cerca di afferrarla intimandogli la calma.

<< SAM! >>

Urlo a pieni polmoni quando alza le braccia per aprirle in orizzontale pronta a lasciarsi andare.

<< SAM! >>

Corro ma con un saltello si lancia giù... cado con le ginocchia al suolo.

<< SAM! >>

Vedo Nicola con l’addome schiacciato contro il muretto e le mani tese verso il basso, che si tiene fermo grazie ad un piede allacciato ad una colonnina di marmo. Mi alzo con il terrore nel cuore correndo per sporgermi senza esitare e...

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Capitolo 33
*** Scena Quinta: IX Atto. ***


Scena Quinta: IX Atto.

Scena Quinta: IX Atto.

<< Scema, ci sei cascata! >>

La vedo, seduta, su una sporgenza con le gambe incrociate e il sorriso ai lati della bocca, mentre Nicola sghignazza divertito ancora in quella posizione battendo il cinque a Sam.

Mi si raggela il sangue nelle vene.

<< Bastardi... >>

Soffio in un sospiro sollevato, lasciandomi cadere con la schiena contro il muro per sedermi in posizione fetale.

Sono spaventata a morte.

<< Come diavolo ti è venuta in testa una cosa simile? >>

Biascico cancellando il solco delle lacrime.

<< Sinceramente, volevo provare il brivido di sfiorare la morte con un dito... e Nicola mi ha aiutata... >>

Rivolgo il mio sguardo su quelli neri di Nicola, che mima delle scuse con le labbra. Bastardo!

<< Come ci siete... >>

<< Hai presente i trapezisti? L’ho afferrata all’ultimo minuto accompagnandola verso la sporgenza... >>

Scuoto la testa: non li ho presenti, in questo momento. Singhiozzo prendendomi il volto tra le mani.

<< Perdono... >>

I singhiozzi di Sam mi arrivano potenti.

Dei passi e vedo una suora che ci guarda da lontano, anzi, che mi guarda da lontano scuotendo la testa. Ho gli occhi appannati, ma riconosco subito la persona che mi sta di fronte. Accenno un sorriso alla donna in abito azzurro che apre le braccia pronta ad accogliermi. E lo faccio: mi alzo in piedi gettandomi contro lei.

<< Suor Marianna! >>

Il velo blu svolazza nel vento mentre la sua risata si va viva e imponente, soprattutto, amichevole e amorevole.

Gli occhiali con una fine montatura si spostano appena mentre poggio la mia guancia sulla sua.

<< Ehilà! We, ma che sono tutti questi musi lunghi? >>

Mi scappa una risata, che risuona nella solitudine del luogo, in cui tre suore professano il loro credo alla luce del sole.

Mi asciugo le lacrime e, con lei, ci avviciniamo dove ho lasciato Sam e Nicola ( intento a fumarsi una sigaretta ).

<< Sam... ma sei proprio una Bertuccia! >>

Un singhiozzo fa cadere per un attimo la battuta e il mio cuore.

<< Suor... Marianna... >>

Si alza in piedi sulla piccola sporgenza e Nicola l’aiuta ad issarsi su. Il che avviene come se ogni giorno decidessero di lanciarsi da qualche posto. Certo, perché no?! Magari domani decideranno di fare Bunjing Jumping...

<< Elisa? Cosa c’hai? >>

Guardo la donna e cancello la stizza dei miei lineamenti facciali, con un caldo sorriso. Troppo stanca per dire altro o fare altro, mi siedo su una panchina di marmo vicino al gruppetto, estraniandomi dai discorsi sui “ragazzi secondo Suor Marianna” ( che tra le altre cose mi fanno ridere per la vericità delle azioni ) cercando di calmare il mal di testa che mi si è presentato con un frizzantissimo dolore dove c’è la cicatrice.

Porca miseria, dannazione!

Chiudo gli occhi dopo essermi sdraiata e sento avvicinarsi qualcuno al mio fianco.

<< Tutto bene? >>

Mormora.

<< No, vattene. Sei stato un... incosciente! >>

Lo dico tranquillamente sentendolo sospirare e sedersi accanto a me. Sospira ancora.

<< Elisa... io, devo parlarti. >>

Apro gli occhi, incrociando quelli neri, e sento quella strana sensazione di vuoto circondarmi il petto. Mi sa di dimenticanza ed esitazione, mi sa tanto anche di risposta non data e mai ricevuta... mi sa di aspettativa.

Un’aspettativa non mia.

<< Adesso no. Sono alterata nei tuoi confronti... >>

Annuisce aritmicamente alle mie parole, incassando la testa tra le spalle e sedendosi verso il tramonto, che tinge il cielo di un caldo colore cremisi. Non conosco il motivo, ma un sospiro mi scappa dalle labbra facendo voltare Suor Marianna con una Sam piangente, ma sorridente.

<< Su, forza, entrate in chiesa che parliamo meglio... >>

Guardo la comitiva entrare dall’ingresso secondario della chiesa e prendo Nicola per un gomito, attirandolo a me.

Quando siamo vicinissimi, mi alzo sulle punte, poggiandomi appena contro di lui, e poggio le mie labbra sulle sue in un casto bacio mentre chiudo gli occhi, divertita. Forse, lui ne rimane scioccato, ma prima che se ne possa rendere conto gli dico di prendere la macchina e mi chiudo la porticina alle spalle sorridendo come una ebete.

<< Signorina, cos’è sta storia?! Non sei troppo piccola per un ragazzo così grande?! >>

Roteo gli occhi al cielo, rendendomi conto di aver offerto loro uno spettacolo in prima fila e che Nicola sta ancora fermo lì, come un baccalà, prima di sorridere e scattare giù per le scale.

<< Miiiii, che sempliciotto, eh?! >>

Sobbalzo ritrovandomi la suora vicino per guardare Nicola con scetticismo e poi sorrido lei.

<< Già, è proprio un sempliciotto, ma non mi farebbe mai del male... >>

Improvvisamente, il singhiozzo di Sam, appare più addolorato di quelli che avevo sentito fino a quel momento. L’abbraccio stringendola forte;

 

Mai avrei immaginato che, proprio chi mi sosteneva con anima  corpo, mi avrebbero tradito, nascondendomi una verità così cercata e sospirata. Non da Nicola, non da Sam, almeno.


Note dell'Autrice!
Salveeeeeeeee!! Quanti capitoli sono passati dall'ultimo mio intervento diretto nella storia..? mmmmh, bho!
In questo momento ne ho sentito davvero il bisogno, chissà perchè!
Fatto sta, che dedico questo capitolo alla mia cara amica Honey!
Dolcezza, spero che tu superi presto questo brutto momento  poi che... Ah, si!
Le cose si stanno complicando, in quanto ogni personaggio, ha in se alcuni sentimenti contrastanti ; un esempio è Nicola, che non riesce a godersi la "compagnia" di Elisa, sentendosi combattuto dal dirle la verità o meno ( in quanto non sono fidanzati ufficialmente come crede Elisa! ); Sam e la voglia di riempire di botte Domenico, il quale ha una ragione ben specificaa per quel gesto, e la voglia di raccontare tutto alla propria amica; poi, non meno importante, abbiamo il caro Davide, distrutto dai repentini cambi di umore della ragazz, o semplicemente, di non poterla stringere tutta per sè e... la cara Elisa, smemorata e sballottata da una situazione ad un'altra senza rendersi conto di amare, con i ricordi del corpo, il caro "fratellastro/sconosciuto"  a cui l'hanno affidata i genitori... anzi, non parliamo della cara Lucrezia, che non può rimanere nell'ombra ancora per molto... tranquille: "l'antagonista"  non è uscita di scena! xD
Bhé , anche se la trama sembra così scontata, spero tanto che non diventi pesante e complicata, appunto perchè, desidero ce rimanga qualcosa di sobrio e delicato.
Sarei davvero felice di ricevere un vostro commento, anche se piccino picciò, di critica o neutro che sia.
Vi ringrazio per la pazienza con cui mi seguite e ringrazio anche chi ha inserito la mia storia nelle ricordate/seguite/preferite: vi adoro!
Un bacio a tutti.
Mary.

P.s: Suor Marianna è una persona che esiste davvero, così come Sam e Nicola, e se prima non avevo accennato alla cosa, posso dirvi che entrambi svolgono attività di pugilato e barman ( nonchè quest'ultimo è un mio grande amico, come del resto Sam... che è un diminutivo. ).
Attenzione: la storia è puramente inventata.

Il liceo E.Ainis esiste davvero e... vabbè, non penso che ci sia bisogno che vi spieghi che Messina è una delle capitali Siciliane e che, quindi, esiste, no? xD

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Capitolo 34
*** Scena Quinta: X Atto. ***


Scena Quinta: X Atto.

Scena Quinta: X Atto.

Il mio sguardo è una maschera di gelo pronto a divorare Domenico, in piedi, davanti a me e Sam, con un mazzo di rose bianche.

<< Cazzo vuoi? >>

Ringhio tra i denti pronta a menar mani.

<< Emh... Elisa, calmati. >>

Sorrido cattiva, quando sussulta e indietreggia, vivamente a disagio dalla situazione. E poi la vedo, la fierezza tipica della mia migliore amica, ritornare a farsi strada, tra la vecchia Sam e la Sam innamorata, bloccandole entrambe.

<< Andiamo Elisa... >>

Fredda, distaccata, austera e ... figa.

<< Wow... >>

<< Cosa? >>

Mi risponde solo dopo pochi secondi inarcando un sopracciglio.

<< Sei davvero... wow! >>

Sbuffa divertita attirandomi a sé con un braccio.

<< Ehi, ragazze! >>

Mi giro verso Nicola, che ci sta chiamando dal ciglio opposto alla chiesa di Provinciale, appena ristrutturata e tirata a lucido, con un braccio fuori dal finestrino, segno di fare con calma.

Attraverso la strada sulle strisce pedonali, convinta che Sam mi stesse seguendo, ma non è così, infatti quando mi giro la vedo ferma con le braccia congiunte, di fronte alla porta principale della chiesa sbuffando un alito di fumo davanti al volto di Domenico, che la guarda con gli occhi pieni di tristezza. Interiormente mi potrebbe fare tenerezza, forse se gli concedessimo il beneficio del dubbio...

<< Dobbiamo parlare... >>

Viene interrotto dalla porta che si apre e si chiude, facendo salire Sam. I suoi occhi grigi sembrano essere sconvolti.

<< Sam? >>

La chiamo con gentilezza, guardando i suoi occhi persi nel vuoto. Non mi risponde.

<< Sam, oggi mangi da me? >>

Ed annuisce, mentre Nicola tira un sospiro che non capisco.

 

Oggi Sam mangia da noi.

 

Mando un messaggio a Davide  non accorgendomi dell’occhiata di Nicola.

Appena sole, nella casa di Davide, ( a proposito, dov’è?!) la sprono a dirmi quello che le è successo per perdere così tanto colorito dopo aver parlato con Domenico, facendola sedere sul divano.

<< Mi ha detto che... >>

Si ferma e noto gli occhi pieni di lacrime, pronte ad uscire fuori. Automaticamente i miei occhi si inumidiscono.

<< Ha detto che mi ama, che non saprebbe vivere senza di me... >>

Le lacrime di Sam scendono lente ad ogni parola ed io non capisco la reazione: se Domenico prova tutto questo amore nei suoi confronti, perché reagire così?

<< Tesoro, qual è il problema? >>

Prende fiato per rispondere ma i singhiozzi le impediscono di parlare. La abbraccio forte senza chiederle nulla.

Nell’ambiente cala un silenzio triste e teso che viene interrotto dall’inserimento delle chiavi nella toppa di casa.

<< Ragazze, sono a casa! Forza, apparecchiate la tavola che ho comprato lasagne e qualche arancino! >>

Forse perché non sente una risposta, forse perché è troppo euforico di questi tempi, forse perché sta per entrare in ferie, che entra a tutta velocità in salotto, con un sorriso... dolcissimo. Scuoto il capo cercando di non pensare a Davide come uomo, di questi tempi, reagisco in modo strano.

<< Cosa sono queste facce? Su forza, siete giovani e belle! Su, in piedi e con i sorrisi sulle labbra! >>

Lo dice con un sorriso sulle labbra rassicurante prendendo la mano di Sam e alzandola, facendola ondeggiare a destra e sinistra in una sottospecie di danza. Colpita, mi alzo dalla sedia e metto lo stereo a tutto volume con il Valzer della Vedova Allegra, facendoli scoppiare a ridere.

<< Ci sta alla grande! >>

E continua a danzare con Sam, goffamente, ma continua a strapparle dei sorrisi, anche quando lei si concentra a non pestargli i piedi e lui le mette una mano alla vita e l’altra tiene la sua...

Scatto in piedi senza sapere il motivo e mi risiedo con in petto una strana sensazione.

<< Eh vabbè... >>

Mormoro cominciando ad apparecchiare la tavola nell’altra stanza. Finisco presto e mi accomodo su una sedia ripensando a quella strana sensazione che stava crescendo dentro il petto per espandersi. Non capisco.

<< Eccoci! Sam sarai brava a fare pugni, ma a danzare... sei proprio una schiappa! >>

<< Hai ragione! >>

Ridono insieme entrando dalla porta e provo... invidia.

Che stupida che sono!

<< Non si può essere perfetti! No? >>

Sorrido scacciando via quella sensazione per la seconda volta.

<< Chi l’ha detto?!  >>

Mormoro a mezza voce soprappensiero ricevendo un’occhiata preoccupata da parte di Davide, che si avvicina e si abbassa fino alla mia altezza.

<< Ehi... tutto bene? >>

Chiede e noto i suoi occhi brillare e specchiarmi per intero.

<< Eh? Ah! Si, certo! Mangiamo?! >>

Sorride scoprendo i denti abbagliandomi e mi carezza la guancia in modo morbido, facendomi sciogliere contro quella mano come se fossi burro.

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Capitolo 35
*** Scena Quinta: XI Atto. ***


Scena Quinta: XI Atto.

Scena Quinta: XI Atto.

Con della scemenza addosso da far paura, durante tutto il pranzo, non smettiamo di ridere e scherzare e mio malgrado, molte volte avevo desiderato di essere la bottiglia di birra che ogni tanto portava alle labbra, solo per saggiare la morbidezza delle stesse... dovrebbero essere morbide, no?

Per scacciare via questi pensieri avevo dovuto bere anche io, ma acqua, taaaanta acqua e solo a fine pasto mi ero accorta di un’occhiata famelica al mio indirizzo da parte di Davide.

A parte questo, prendo a braccetto Sam e con tono giocoso le faccio l’occhiolino.

<< Davide, adesso ti fai i piatti e non ci disturbi vero? >>

Poggio la mano sulla porta scorrevole e lo guardo di sottecchi mentre sposta lo sguardo fuori dalla finestra, assorto, fumando una sigaretta. Mi esce una risata, quando gli vedo sulla spalla una pezza bianca.

<< Capito? >>

Ancora in quella posizione, mentre da un’altra boccata, annuisce e sorrido ancora quando si rende conto che, no, non lo avrei aiutato e che, si, lo stavo prendendo in giro dandogli del servo.

<< EHI! Ma... brutta, se ti prendo!? >>

E avevo chiuso la porta, sentendo il tonfo sordo dello straccio contro il legno e la risata cristallina che parte dal proprietario al suo retro.

<< Dopo me la pagherai! >>

Urla, ma io sono già seduta accanto a Sem, che se la ride alla grande.

<< Sembrate una coppia di sposini alle prime armi! >>

La guardo con stupore.

<< Ma se il primo contatto dopo un mese è stato oggi! >>

Ribatto rassegnata. Rassegnata per cosa, poi....

<< Ne sembri... dispiaciuta? >>

Non so che risponderle e poggia una mano sulla mia spalla, rassicurandomi che fosse del tutto normale, che anzi, se partiamo così è un bene...

<< Perché sarebbe un bene? Sarebbe un male senz’ombra di dubbio. Se dovessi innamorarmi di Davide, Nicola ne soffrirebbe... anche se non ricordo come e quando ci siamo messi insieme, ricordo che mi diceva “Ti amo”, a casa mia... e poi Davide è grande, anche troppo per me. Poi, chi ti dice che da qualche parte non abbia una ragazza? Chi ti dice che avrebbe la orza di aspettarmi? Io non lo so... e  non so nulla di lui. Non lo conosco da  così tanto tempo... >>

Mi sembra sbagliato. Tutto il mio discorso ha buchi dappertutto e Sam se ne accorge ignorando il discorso su Davide.

<< Tu quindi ricordi la risposta che gli hai dato? >>

Ci penso su, ma l’unica cosa che ricordo sono le mie mani a tenere strette quelle sue vicino al petto.

<< Non è questo il punto! >>

Dico.

<< Si che è questo! Tu e Nicola non... >>

<< Ragazze, vi ho portato il dolce! >>

Sobbalziamo vedendoci spuntare davanti Davide con un sorriso tirato e occhi spenti ed io mi sento in colpa per un qualcosa che non so spiegare ma che Sam sembra capire, perché gli ricambia l’occhiata, in modo affranto.

<< Stavate parlando di ragazzi, eh? >>

Ci lancia un occhiolino girandosi e si incammina verso la cucina con la testa infossata tra le spalle.

<< Tornando a Domenico... che ti ha detto? >>

<< Ah, si... ha detto che mi ama, che vuole stare per sempre al mio fianco, avere tutto da me e darmi tutto... ma... >>

Sembra così tranquilla quando parla, adesso, che non posso fare a meno di pensare che ci abbia ragionato molto.

<< Ma la ragazza con cui si stava baciando una settimana ha il cancro al pancreas al quinto stadio e non le resta tanto tempo. Solo tre mesi. Lui era il ragazzo a cui tante volte si era dichiarata... insomma che ama. Domenico ha solo fatto ciò che anche io avrei reputato giusto... anche se mi avrebbe fatta soffrire, sapeva che io non sarei scomparsa come il fuoco di una candela... >>

 La guardo impietrita sul posto e quando si gira a guardarmi in faccia, non posso fare a meno di abbracciarla forte a me, perché quel sorriso forzato e quelle lacrime intrappolate, mi feriscono in modo terribile.

<< Gli credo...  io credo in lui... >>

Lo ripete all’infinito contro il mio petto e non mi accoro dello sguardo altrettanto triste di Davide che ci guarda dall’altra stanza.

 

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Capitolo 36
*** Scena Sesta: I Atto. ***


Scena Sesta: I Atto.

Scena Sesta: I Atto.

Con rammarico nel cuore per poggio la schiena contro lo stipite della porta e guardo Sam salire sull’auto del padre.

Sospiro ripensando alla storia di Domenico e scuoto la testa: non gli credo per il semplice fatto che la stesse facendo soffrire così tanto.

<< Deduco che tu ci stia ancora pensando... no? >>

Guardo Davide con un sentimento strano e scorgo i suoi occhi appena adombrati.

<< Già... >>

Annuisce e si siede accanto a me, sul divano.

<< Se vuoi faccio partire qualche ricerca... >>

Lo guardo di sottecchi ed annuisco. Quando si alza dal divano senza degnarmi di altro ci rimango male facendo mescolare la sensazione al rimorso di prima.

Mi decido a parlare ma le mie parole vengono coperte dal valzer che avevamo utilizzato prima per rimettere di buon umore Sam.

<< Signorina... >>

Con un’elegante falcata si era riposizionato davanti a me e teneva una mano tesa verso il mio indirizzo e l’atra dietro la schiena, con il suo solito sorriso.

<< Mi concedereste l’onore di questo ballo? >>

Senza darmi il tempo di ribattere mi ritrovo già tra le sue braccia a volteggiare senza capirci nulla pestandogli innumerevoli volte i piedi.

<< Non pensavo fossi così scoordinata! >>

Ride divertito e stringe la presa sul mio fianco, abbracciandomi completamente ed io mi sciolgo tra le sue braccia... è così bello.

Continuiamo a danzare senza seguire più il ritmo ( ne vale per l’incolumità dei suoi piedi ) dondolando un po’ sul posto. Aspiro lentamente l’odore della camicia che sa di lui e mi sorprendo nel farlo.

<< Mi fai il solletico... >>

Mormora, ma non mi allontana e anzi, poggia la fronte sulla mia spalla posando le labbra sul collo per lasciarle lì, ferme, riscaldando quella parte di pelle, come se ci fosse stato un fuoco ardente.

<< Davide... >>

Gemo, involontariamente e non accenno ad allontanarmi da lui per nessuna ragione al mondo, solo che sento il campanello suonare per due volte.

<< Lascia stare... sarà pubblicità. >>

Sospira, continuando a tenermi stretta a sé. Quasi ci credo ma il mio nervosismo comincia a pizzicare quando il campanello viene suonato a raffica, per poi passare ai pugni sulla porta.

<< Ne sei ancora convinto? >>

Sbuffo, andando ad aprire di malavoglia.

<< Chi è? >>

Sbuffo.

<< Io, Lucrezia. >>

<< Mh, non conosco nessuno con questo nome... >>

Borbotto fra di me e apro la porta, ritrovandomi davanti ad una ragazza sensuale con due occhi a divorarmi in modo cattivo e dei ricci rossi ben definiti grazie alla schiuma, e due labbra color ciliegie carnose rivolte alla sottoscritta con un sorriso sprezzante.

<< Salve. >>

Mormoro incuriosita.

<< Davvero non ricordi nulla? >>

Mi guarda un po’ scettica ma annuisco e la faccio accomodare, richiamando Davide.

<< Ah, quindi non ricordi nemmeno il volto della ragazza di Davide? >>

Evito di piangere, ma sento perfettamente le lacrime pizzicarmi gli occhi.

<< Co-... >>

La voce di Davide si incrina e indurisce vedendo la rossa mentre io mi alzo, in silenzio, salendo a grandi falcate le scale.

<< Elisa! >>

Sbatto la porta alle mie spalle e chiudo a chiave con due passate, cominciando a piangere.

 

 

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Capitolo 37
*** Scena Sesta: II Atto. ***


Scena Sesta: II Atto.

Scena Sesta: II Atto.

Non avevo voluto spiegazioni e lui non aveva accennato a darmele, nemmeno per giustificarsi o magari per spiegarmi cosa mi fossi, effettivamente persa, ma vabbè, sono dettagli di poco conto, no? In fondo, tre mesi senza accennare alla cosa e una donna del tutto sconosciuto che ogni tanto gironzola in casa, facendo delle moine da gatta morta, provando a sedurlo, che differenza fa?

<< Nicola, usciamo più tardi? >>

<< Certo! >>

Non devo nemmeno chiedere che mi ritrovo le sue labbra premute delicatamente contro le mie e automaticamente mi sciolgo, come se oramai fosse diventata cosa automatica.

Con una piccola pressione allontano il mio attuale ragazzo e sorrido a Sam e Domenico, tornati effettivamente insieme, più uniti di prima

<< Mh, tra poco farai diciassette anni... amica mia, che desideri? >>

Scrollo le spalle e non accenno alla voglia di ritrovare i miei ricordi e tornare a vivere a casa mia, però, pazienza, non posso nulla contro i miei genitori e gli avvocati... quindi.

<< Nulla! >>

<< Davvero non c’è nulla che desideri? >>

Sospiro passandomi una mano fra i capelli e scrollo le spalle, disinteressata del tutto all’argomento.

Con l’orecchio teso, sento la campanella della prima ora suonare e prendo Sam a braccetto, rubando un bacio a Nicola e dandone uno sulla guancia a Domenico, che arrossisce leggermente, mentre Sam fa l’esatto opposto con entrambi. Attraverso la porta della classe e saluto più o meno calorosamente Lucia e Milena, le gemelle, e  Mary, che mi guardano con un certo divertimento negli occhi.

Non dico nulla anche con gli sguardi di Francesca, Chiara e Sofia puntati addosso.

Sam sembra essere immune a questi sguardi, ma posso notare nel fondo dei suoi occhi una punta di divertimento, ben sopita.

Barbara e Teresa, cominciano a confabulare fra di loro in modo civettuolo, lanciandomi delle occhiate strane e Daphne sta dettando qualcosa a Nives, mentre Ilaria annuisce commentando sottovoce.

<< Ehi, ma tu non hai notato nulla di strano? >>

Mormoro aspettando l’arrivo di uno dei professori a caso, ancora l’orario delle lezioni non è stato rilasciato e vengono i nostri professori a turno, senza una logica precisa.

Sam alza le spalle concentrata a massaggiare sia con Domenico che con Anna, Giuliana e Valentina, compagne rimaste a casa.

Senza ricevere risposte soddisfacenti, comincio a massaggiare con Nicola, fino a quando la porta si chiude e ci alziamo in piedi, per salutare la professoressa o professore.

<< Professore Ambrosia, è lei a prima ora?! >>

Esulta Laura, battendo il cinque a Francesca, tornata la proprio posto, mentre io cerco di nascondermi il più possibile gli occhi con i capelli e la cosa sembra fare effetto.

<< Già, è da una buona settimana che c’è scompiglio per i turni e sinceramente, lasciare una classe scoperta, soprattutto la vostra, mi sembrava uno spreco... comunque avete un semplice quaderno? >>

Il suo tono è caldo e gentile e io comincio a scarabocchiare un foglio del quaderno a quadri appena utilizzato.

Quasi tutte annuiscono ed esultano prendendo con piacere gli appunti che sta dettando, io, mi limito a sbadigliare, indifferente, mentre Sam mi da delle gomitate controllate per incitarmi a scrivere qualcosa.

<< Dai... >>

Sussurra... chissà per quale caso, la campanella suona non appena incrocio i suoi occhi e non ho intenzione di lasciami incantare, spostando gli occhi sul telefono.

<< Ma che ti prende? >>

<< Non lo so. >>

Ammetto e sono convinta di vedere una massa di capelli ricci e morbidi, svolazzare sulle scale prima di svanire.

Esaurita da me stessa, prendo Sam sottobraccio e la trascino al Bar.

Con la mia solita fortuna la massa di ragazze sono tutte accalcate dove si trova Davide e allora giro i tacchi, prima di venire richiamata.

<< Elisa! >>

Appunto.

<< Elisa! >>

<< Oh! Lidia! >>

Con un scatto degno della miglior velocista, mi affretto a prendere a braccetto la ragazza che avrei preferito evitare, pur di non parlargli.

<< Che cazzo vuoi? >>

Con un’occhiata acida gli ricambio il buon giorno e con spassionata cattiveria gli indico Sam.

<< Lidia, queste è Sam, la nuova campionessa mondiale di Box giovanile. >>

Automaticamente il sorriso di Sam si fa cattivo, intuendo cosa avessi in mente e Lidia si limita a chiedermi ciò ce voglio con sguardo rassegnato.

<< Portami via da qui, prima che mi raggiunga Ambrosia. >>

Inarca un sopracciglio ma lo fa e in poco tempo lo seminiamo.

<< Dovresti parlarli. >>

<< Lidia non ti ho chiesto un parere, comunque grazie. >>

<< Grazie. >>

Continua Sam salutandola gentilmente, sottolineando il fatto che il suo parere non ci serve.

<< Stai diventando ridicola ! >>

Sbuffa ed io ruoto gli occhi al soffitto.

<< Elisa non sto scherzando, abitate nella stessa casa, ma sembra che nemmeno vi conosciate, è successo qualcosa che non so? >>

Scuoto la testa affidandomi all’istinto di non dirle nulla di Lucrezia.

Il suono della campanella ci distrae e afferro di nuovo Sam per il braccio, tornando in classe.

<< Me deve interrogare l’Adalgisa. >>

Ride divertita Sam e io la seguo, in fondo, non è difficile sfilare un otto a questa professoressa.

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Capitolo 38
*** Scena Sesta: III Atto. ***


Scena

Scena Sesta: III Atto.

Contro ogni buon proposito avevo preso nove, un unico misero nove in quello che sembrava essere un compito perfetto di inglese.

<< Sono davvero contenta dei tuoi progressi in inglese, Reina, continua così e quest’anno la tua media non solo slitterà in avanti, ma i crediti si accumuleranno in modo sensazionale! >>

<< Grazie. >>

Mi ero limitata a dire con una strana emozione in petto.

Certo, il non avere nulla da fare a casa mi incita a studiare, però non mi sarei mai aspettata una cosa del genere!

<< Wow! Un altro nove! Ieri in latino, cinque giorni fa in matematica! Elisa mi sa che dovrò prendere ripetizioni da te! >>

Commenta Mary passandosi una mano fra i capelli e noto una cosa alquanto strana nel collo, simile ad un succhiotto.

<< Chi? >>

Mormoro e lei arrossisce scuotendo la testa.

<< Un succhiotto e mi dici “niente”? >>

Imito la sua voce mentre Selene e Caterina, appena entrata, si avvicinano con uno sguardo interessato.

<< Non è un succhiotto. >>

Questa volta è convinta e la sua luce malinconica mi fa capire che è vero.

<< Allora cosa? >>

<< Il violino. >>

I miei occhi si sgranano dallo stupore e lei arrossisce e sorride per l’imbarazzo.

Lucia e Milena abbracciano Mary con trasporto mentre lei ricambia.

<< Ragazze, buongiorno. >>

Ci irrigidiamo tutte quante sentendo la voce di Davide e io mi limito a guardare la finestra.

<< Reina devo parlarti. >>

Annuisco e a testa bassa mi avvicino a lui, mentre il cuore mi batte nelle orecchie in modo impazzito e le labbra si seccano come se non bevessi da mesi.

<< Dopo le lezioni dovresti fermarti a scuola, una persona ti voleva parlare. >>

Dice e mi decido a guardarlo dopo un’infinità di tempo negli occhi. L’espressione “precipitare in quegli occhi” non rende l’idea, perché sono completamente incantata al suolo e incapace di dire altro.

<< O-ok. >>

Senza che me lo aspettassi mi carezza una guancia, lasciandola poggiata contro la mia guancia per un tempo indefinito ma, secondo me, breve, in quanto volevo che durasse di più, ma non glielo avrei mai detto.

<< Sicura di stare bene? >>

<< In questo momento no... >>

Rispondo con sincerità e socchiudo gli occhi, sospirando.

<< Vieni. >>

Con un improvviso sbalzo di umore, mi prende in braccio come una principessa, sotto gli sguardi di tutti, e per tutti intendo anche i dinosauri cancella ormoni, dei professori e quelle oche pronte per una botta e via di professoresse e compagne.

<< Davide, non c’è di bisogno! >>

Sussurro aggrappandomi a lui... diamine, come gli avrei spiegato che ho il ciclo addosso?!

<< Alice! Alice?!  >>

Urla in modo più o meno allarmante, facendo precipitare la dottoressa della scuola vicino alla scrivania, per spegnere una sigaretta nel posacenere.

<< Ma sei scemo o cosa?! >>

<< Sai che quando c’è lei di mezzo non ragiono, no? >>

Mi tengo la testa, che ha cominciato a farmi un male pazzesco, e torno a guardare la donna con una muta richiesta.

<< Hai il ciclo, vero? >>

Arrossisco alla sparata davanti a Davide, però non ci faccio caso e annuisco, appiattendomi contro il suo petto, che lentamente si discosta poggiandomi sul lettino.

<< Che giorno è? >>

Imbarazzata rispondo con un filo di voce.

<< Terzo. >>

Chiudo gli occhi sollevata per l’aver evitato i suoi verdi.

<< Allora aspettami qui, che vado a prenderti qualcosa al bar e torno, non puoi prenderti una bustina se non prima hai mangiato. >>

Annuisco in modo distratto e mi rendo conto troppo tardi di essere rimasta sola con Davide.

<< Grazie. >>

 Mormoro senza guardarlo in faccia e lui  non risponde, sospirando pesantemente.

<< Figurati, per te questo e altro... >>

<< Certo, certo. >>

Sbuffo e lui sembra essere punto nel vivo, ma non commenta oltre, se non con un verso infastidito.

<< Cioè? Non solo mi eviti da un tempo che non so quantificare, ma c’è qualcosa che dovresti dirmi e non fai. >>

Commenta asciutto in seguito, lasciandomi spiazzata.

Allora se ne era accorto?

<< E non mi guardare  in quel modo, signorina! >>

Borbotta.. è palese il fatto che fosse irritato con la sottoscritta, ma non avrei ceduto.

<< Perché, come ti dovrei guardare? Sentiamo! >>

Sbotto e lui avvicina il suo viso al mio in modo minaccioso.

<< Con rispetto, ragazzina! >>

<< Cosa adesso sarei io la ragazzina?! >>

Strillo, adirata senza muovermi più di tanto e lui socchiude appena gli occhi, gelandomi con i suoi occhi verdi... come ci riesce? Come riesce a trasmettermi una sensazione di calore e dopo pochi attimi di gelo?

<< Si, sei sempre stata tu la ragazzina, ricordi?! >>

La sua risposta alterata e risentita mi colpisce peggio di uno schiaffo.

Mi mordo il labbro inferiore fino a sentire il gusto ferroso del sangue.

Sento gli occhi inumidirsi. Non devo piangere.

Raccolgo tutto il mio autocontrollo, anche se sento gli occhi pizzicare.

<< No, non lo ricordo. >>

Soffio a pochi centimetri dal suo viso, prima di distendermi.

Sussulta e i suoi occhi si fanno umidi come il naso si arrossa un po’.

<< Io... >>

<< Và via. >>

Chiudo gli occhi e mi porto le mani al viso, non potendo più nascondere né le lacrime né il dolore.

<< Ma... >>

<< VA’ VIA! >>

Urlo attutendo la voce con le mie stesse mani.

Singhiozzo e sento un altro singhiozzo al mio fianco.

Non penso di aver sentito bene.

Per questo non mi giro all’istante.

Quando lo faccio oramai è troppo tardi: vedo solo la porta alle mie spalle serrarsi.

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Capitolo 39
*** Scena Sesta: IV Atto. ***


Scena Sesta: IV Atto

Scena Sesta: IV Atto


<< HAI DETTO COSA?! >>

Sentire Alice sgridarmi era stata la minima cosa.

<< Sono un coglione. >>

Mi era scappata una lacrima e mai mi sarei sognato di piangere per la reazione di una semplice donna.

Men che meno di essere trovato da una sadica, pazzoide e spregiudicata seconda donna dal carattere di un uomo ubriaco.

<< Ecco spiegato il motivo per la quale l’ho trovata disperata. >>

Colpo basso.

In fondo è colpa mia lo devo ammettere. Se solo quella reazione fosse stata meno impulsiva, avrei potuto evitarle quell’aggiungersi di dolore.

<< Sono un coglione. >>

<< Lo sei. >>

<< Non sei d’aiuto. >>

Mormoro fissando la sigaretta che sta consumandosi lentamente: siamo nel pieno delle lezioni e l’ultima classe che mi rimane ha filosofia ad ultima ora.

<< Mi meraviglio di te, fratellino! >>

Ringhio infastidito spegnendo la sigaretta sulla ringhiera mal messa del terrazzo.

<< Ovvero? >>

Il suo sguardo si fa furbo ed io inarco un sopracciglio.

<< La ami così tanto, da non poter placare la tua ira funesta verso la sua relazione clandestina con quel ragazzo! Non è da te proprio. Ne abbiamo parlato, sai? >>

La guardo con meno astio negli occhi e lei ridacchia, spegnendo la sigaretta.

<< Di cosa? >>

Chiedo.

<< Di te, di Nicola e del resto: lei non ha la più pallida idea di quando si sia messa insieme a Nicola. >>

La mia espressione confusa la fa sorridere di cuore.

<< Ma quanti anni hai? >>

<< Quasi ventisette. >>

Lei annuisce e sorride sprezzante verso le sue stesse parole.

<< Non avendo idea di quando si sia messa con lui potrebbe non averlo mai fatto, no? Ragiona con me: se quel giorno stava quasi per ammazzarsi pur di salvarti quelle chiappe sode e succulenti che ti ritro- >>

<< Alice! >>

La ammonisco. Lei sorride dandomi una leggera pacca sul sedere facendomi un occhiolino.

<< Quei bei meloni sodi del tuo sedere. >> finisce ridendo e io roteo gli occhi al cielo

<< Sicuramente non stava insieme a Nicola. >>

Improvvisamente tutta l’angoscia di averle fatto del male scompare.

Mi calmo chiudendo gli occhi e sorrido di cuore: avrei dovuto aspettare ancora per poco, prima di poterle parlare con il cuore in mano.

<< Scemo. >>

Sorride Alice dandomi un leggero buffetto in testa: colpito e affondato.

<< Senti da che pulpito. >>

Sussurro, prima di sentire dei gridolini striduli ed eccitati da dietro le ante della porta.

Sospiro mentre Alice ridacchia.

<< E’ molto popolare, professore Ambrosia. >>

Dice sarcastica.

<< Vada a quel paese, professoressa Abis. >>

Rispondo, dandole un buffetto sulla spalla.

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Capitolo 40
*** Scena Sesta: V Atto. ***


Scena Sesta: V Atto.

Scena Sesta: V Atto.


Mi rimbombano nelle orecchie le sue parole.

Fanno proprio male e ha anche ragione.

Non è lui quello da biasimare. Certo che no. Però...

<< Ehi, qualcosa non va? >>

Guardo Nicola e nego, fingendo.

<< Sembri piuttosto abbattuta. Problemi a scuola? >>

Ad un certo punto sento un gridolino compiaciuto alle mie spalle e mi giro a guardare Sam, appiccicata a Domenico, che sta deliberatamente pomiciando e una specie di macchia rossa, le risalta sul collo.

<< Non mi dire che... >>

Annuisco.

 << Oh si... >>

Sam scuote la testa fulminando Domenico che sorride sornione, rimettendo il collo del maglioncino a posto.

<< Ops! >>

Mormora il diretto interessato, con una faccia addolcita e innocente.

Sorrido ritornando a guardare avanti.

<< Davvero, Elisa... stai bene? >>

Sospira Nicola, portando la sua mano sulla mia guancia in una carezza leggera. Il semaforo è rosso.

<< Non ho nulla. >>

Ribatto convinta e la macchina riparte, lentamente a causa del traffico.

<< Oggi mangi da noi, ti va? >>

Sorpresa dalla proposta di Domenico annuisco e guardo Sam annuire di rimando allo specchietto.

<< Ok, perché no? >>

Abbozzo un sorriso e torno a guardare la strada, mentre ogni tanto guardo Nicola di sottecchi.

Una lampadina si accende nella mia testa.

<< Tu stai bene? >>

Sembra riprendersi dall’espressione corrucciata di prima.

<< Emh, si? >>

Inarco un sopracciglio.

<< Equivaleva ad un forse quel tono? >>

<>

Incrocio le braccia al petto e ritorno al mio silenzio anche quando arrivo davanti alla mia palazzina.

Chissà come mai, mi accendo di entusiasmo e salgo le scale come una bambina a cui hanno regalato la cosa più bella del mondo.

<< Rallenta! >>

<< Dove vai?! >>

Rallento il passo e aspetto Sam che a un’espressione talmente allegra e divertita da farmi ridere.

<< Nicola non ti preoccupare per lei! >>

In fermento apro la porta di casa mia e afferro la foto in cui ci sono anche i miei genitori.

Digrigno i denti infastidita e la rimetto al posto.

<< Tutto be- >>

<< No. Ho litigato pesantemente con Davide e ho un dubbio asfissiante in testa. >>

La mia migliore amica si  prende le lebbra a morsi, come se sapesse... anzi, lei sa!

<< Ovvero? >>

Chiede con un filo di voce e io assottiglio gli occhi.

<< Quando mi sono messa con Nicola? In fondo, sono passati già più di sei mesi dall’incidente, eppure non ho avuto modo di festeggiare nemmeno il sesto mese. Non è strano? >>

La mia amica cade sulle ginocchia stringendosi il corpo e spalanco gli occhi a quella reazione.

<< Ehi! >>

Mi siedo accanto a lei, mentre si mette le mani davanti al viso con fare ferito. Quando cerco di toglierle le mani dal viso le scuote la testa allontanando la mano.

<< S-sam, non volevo... I-io... >>

<< Non è colpa tua. >>

Toglie le mani dal viso e mi guarda convinta prima di rimettersi in piedi e afferrarmi il polso con una presa salda.

<< E-e-ehi! Mi fai male! >>

Bercio, cercando di liberarmi, mentre lei afferra le chiavi e richiude la porta.

<< Nicola! >>

Urla dalla tromba delle scale, facendomi irrigidire di colpo, mentre più porte si aprono all’unisono da dove capitolano le teste degli altri inquilini del palazzo.

<< Cosa?! >>

Urla di rimando il diretto interessato con una punta di preoccupazione nella voce.

Come una furia la mia migliore amica mi trascina dalle scale, con il rischio di cadere a causa della velocità.

Sono costretta a stare in silenzio, mentre sento i capelli ricadermi in avanti. Devo tenere gli occhi fissi sulle scale per non cadere e la mano libera chiusa a pugno per tenermi in equilibrio.

Sembra una discesa lunghissima, più della salita e sono sicura di cadere sugli ultimi gradini, se Sam non mi avesse presa al volo.

<< Elisa! >>

Chiama Domenico mentre Nicola è impietrito davanti a Sam, che ha ancora quell’espressione.

<< Dille tutto, ora! >>

Urla Sam e io sgrano gli occhi, guardandola dal basso della mia posizione stretta a lei.

<< Cosa dovrebbe..? >>

Socchiudo le labbra e mi allontano da Sam finendo a terra.

<< Elisa! >>

Chiamano in coro.

<< BASTA! >>

Urlo stringendomi le ginocchia al petto, mentre non riesco a fermare le lacrime.

<< Cosa dovete dirmi? >>

Sussurro smorzata da un improvviso dolore alla testa.

Sam, come indemoniata, si scaglia su Nicola che non si muove, accettando il pugno in pieno viso.

Domenico non muove un dito per aiutare il fratello, ripetutamente colpito in volto dalla furia rossa della mia amica, dirigendosi da me con un’aria affranta e dispiaciuta.

Lo vedo prendere il mio telefono dalla tasca del jeans e cercare un numero, prima di avvicinarlo all’orecchio.

Sta chiamando qualcuno.

Gli sento dire solo di venirmi a prendere il prima possibile e vedo gli occhi sempre brillanti e divertiti di Domenico, divenire più cupi e dannatamente seri.

<< Ci è sfuggita la situazione dalle mani. >>

Sento poi e chiude la chiamata, restituendomi il telefonino con un sorriso smorzato in viso.

<< Vado a fermare Sam. Sta calma. Ok? >>

Annuisco cercando di fermare il fremito del mio corpo.

Ho male alla testa e devo fare qualcosa per calmare Sam. Mi alzo a fatica in piedi e cammino per dividere Sam da Nicola, evitando le braccia di Domenico che la trattengono per le spalle.

<< Fermatevi. Subito. >>

Sospiro di sollievo e vedo il pugno chiuso di Sam fermarsi a mezz’aria.

Riconoscerei fra mille quella voce.

<< Davide! >>

Gemo e mi butto sul suo petto venendo stretta in modo protettivo.

<< Ora andiamo via, mh? – sussurra – Sam, che stavi facendo?! >>

La rimprovera e lei sbuffa, colpendo per l’ultima volta il viso di Nicola.

<< Lo picchiavo, non si vede? >>

Risponde acida e sbarro gli occhi alla sua espressione così iraconda. Perché?!

<< Si può sapere il perché? >>

Chiede Davide, carezzandomi la guancia con il dorso della mano.

<< Era solo stressata per una vecchia discussione, vero, ragazzi? >>

Si intromette Domenico, sorridendo gentile, mentre i suoi occhi tradiscono un comando sottointeso.

Davide vi fa caso, ma mi prende in braccio come la mattina, facendo finta di nulla.

Sentendo il suo cuore implodere, il suo profumo corretto con quello del tabacco, calmarmi lentamente.

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Capitolo 41
*** Scena Sesta: VI Atto. ***


Scena Sesta: VI Atto.

Scena Sesta: VI Atto.


Dopo cinque giorni, alcune immagini mi si erano parate davanti gli occhi anche nel sonno.

Sfocate, sgretolate, alle volte senza volti o senza voce, oppure senza dettagli.

<< Ehi... >> sorrido a Davide che sta entrando in camera con un vassoio pieno di cose da mangiare.

<< Come va la febbre? >>

Scuoto la testa rassegnata e gli rispondo.

<< Ancora a trentotto, mi spiace, ti sto trattenendo a casa. >>

Scuote la testa e sorride abbagliandomi appena.

<< Figurati... sei dimagrita o sbaglio? >>

Alzo gli occhi al cielo e sbuffo.

<< Dimagrisco sempre quando sto male, Davide. >>

Lui sembra sorridere e poi soffia in modo languido un << Lo so. >> da farmi accapponare la pelle.

I brividi sono senz’altro di piacere.

<< Senti freddo? >> mi domanda e nego con la testa, bevendo un po’ di te caldo.

Si sente solamente il mio respirare appena pesante.

Forse dovrà dirmi qualcosa, ma non ha il coraggio.

Forse...

<< Come vanno quelle immagini? >>

Poggio la tazza di te sul comodino e mi lascio sprofondare nel letto con un sonoro sbuffo.

<< Ho visto ancora quel viso sfocato... >> lui annuisce. << Ah, penso di aver visto me prima dell’incidente mentre parlavo con qualcuno... >>

Si sdraia al mio fianco stringendomi in modo dolce e delicato.

<< Mi hai mai stretta così prima d’ora? Mi sembra di aver vissuto una scena simile. >>

Lui sorride ed io sprofondo in quegli occhi verdi.

Dio, quanta bellezza puoi dare ad un uomo?

<< Vedo che facciamo progressi con le sensazioni. >>

Inarco un sopracciglio e chiedo il motivo di questa frase.

Trattengo il respiro quando mi accarezza una guancia con il dorso della mano e arrossisco quando poggia il polpastrello del pollice sulle mie labbra, prendendone a delineare i contorni.

È così assorto in quei gesti che mi rilasso ai suoi tocchi.

Chiudo gli occhi

Quel tocco così delicato non accenna a darmi fastidio e non ho voglia di litigare con lui.

Li socchiudo e li sgrano fino all’inverosimile, così tanto, che cominciano a farmi male: Davide sta per baciarmi.

Arrossisco ma non ho la forza, la voglia, le motivazioni per farlo.

In fondo, ho già toccato il fondo.

Automaticamente mi rilasso e sporgo verso lui. Sta quasi per baciarmi e ha poggiato la mano sulla mia guancia.

Sento il suo calore a pochi centimetri ma... suonano il campanello.

Mi rilasso del tutto e sospiro, distogliendo lo sguardo dagli occhi magnetici di Davide che mi guardano stralunati.

<< Bhè non devi andare ad aprire? >>

Sbuffo sgusciando via dalla sua trappola e mi richiudo la porta alle spalle.

Esco con fare annoiato dopo venti minuti buoni in cui non ho sentito nulla di particolare e inarco un sopracciglio vedendo delle foto sparse d’appertutto.

La maggior parte ritraggono me e Davide in pose che sono sicura di non aver mai visto, mentre alcune sono solo di Davide, in compagnia dei colleghi di Università, credo.

Anzi, no ne ho la conferma quando scorgo anche Lucrezia nelle foto in mezzo ad altra gente.

<< Siamo carini insieme, non trovi? >>

La voce di Lucrezia mi fa sobbalzare.

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Capitolo 42
*** Scena Sesta: VII Atto. ***


Scena Sesta: VII Atto.

Scena Sesta: VII Atto.


La voce di Lucrezia mi fa sobbalzare.

<< Mh, si, penso. >>

Borbotto, guardando diritta negli occhi verdi e felini di Lucrezia, che sembrano mangiarmi viva.

<< E Davide? >>

Mi ricordo ad un certo punto, guardandomi intorno.

<< L’hanno chiamato d’urgenza e mi ha chiesto di stare con te. Ti spiace? >>

Si, dannazione.

<< No, figurati. Se posso, come mai lo hanno chiamato? >>

Non sa che rispondere e allora mi limito a stare nel mio, dovendo forzatamente convivere con qualcuno che mi sta a pelle antipatica. Fortuna che sono solo pochi minuti, forse qualche ora, e poi mi libererò di lei per il resto della serata.  

<< Quindi fai il compleanno fra meno di quindici giorni? >>

Annuisco senza entusiasmo, ricordando che farò diciassette anni non ricordandone dieci e gli eventi che vanno da gennaio o giù di lì. << E non ricordi nulla... >> mormora e mi ritrovo a guardarla di sottecchi con il fuoco negli occhi.

<< Si, perché? >> chiedo cercando di darmi un tono ma senza riuscirci e risultando inevitabilmente acida.

<< Mh, no, stavo pensando a cosa regalarti... >> continua a mormorare, come se io non fossi veramente intenta a dialogare con lei e avesse altro per la mente.

<< Mi basta solo il pensiero, grazie. >> ringhio e lei ridacchia, sghignazzando, per poi alzarsi di scatto e prendermi il mento fra due dita fino ad avvicinarsi in modo scuro e malevolo. Mi fa male ma non gemo e anzi ricambio l’occhiataccia. << Sei così viziata puttanella, che mi dispiace solo per Davide... ma tranquilla, appena si renderà conto di quello che ha lasciato per te, non si perderà il brivido di tornare con la coda fra le gambe dalla sottoscritta, lasciandoti sporca e usata. >>

La mia espressione non cambia minimamente, nemmeno all’insulto e vedo la sua espressione farsi ancora più seccata.

<< Ne sei convinta? >> sbotto sputando le parole per spingerla via con le braccia e liberarmi dalla sua stretta.

<< Convinta che sia io la puttana? Meglio una verginella come me che una come te, sai? Io almeno me la posso tirare come voglio, visto che non l’ho data mai a nessuno, mentre tu... >> inarco un sopracciglio e faccio finta di meditare, trovandomi davvero bene nella parte della stronza scassa cazzo, rubandogli così il ruolo e la scena.

<< Già! Mentre tu chissà a quanti l’avrai già sventolata su un piatto d’argento... compreso Davide! >>

Sbatto due volte le ciglia degli occhi con fare innocente e posso vedere la sua faccia divenire rossa quanto i cappelli, mentre gli occhi dal taglio felino si riducono a due fessure.

La bellezza alle volte gioca brutti scherzi. Mi dico e non faccio nulla per fermare la sua ritirata.

<< Ah! Non dimenticarti le chiavi della macchina, tesoro! >> finisco in bellezza mentre Lucrezia esce dalla porta, sbattendola durante la chiusura per partire a tutta velocità con la macchina.

<< Troia. >> borbotto e vado a guardarmi nello specchio del mobile del bagno, visto che le guance continuano a farmi male, e noto due segni rossi proprio nei punti in cui le sue dita m’avevano stretto il volto.

<< Troia! >> sbotto ancora, dovendo coprire i due segni di sangue pestato con il fondotinta e vado a coricarmi nuovamente, con la testa che mi pulsa da impazzire e la voglia di dormire alta fino all’inverosimile. Chiudo gli occhi e torno a dormire, mentre nei miei sogni, Davide mi carezza i capelli e bacia leggermente sulle labbra, in un caldo e delicato saluto di bentornato.

<< Bentornato... >> mormoro, tornando a sognare anche delle dolci carezze e genitli tocchi fra i capelli.

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Capitolo 43
*** Scena Sesta: VIII Atto. ***


Scena Sesta: VIII Atto.
Scena Sesta: VIII Atto.


Al mio rientro da scuola faccio in modo di stare il meno possibile da sola con Sam, arrivando addirittura a spostarmi, per sedermi accanto a Mary, resa completamente folle dall’amore che da un mese a questa parte è nato in lei per un ragazzo. Mi circondo di persone nei modi che più conosco e sono contenta di trovare le mie compagne cambiate nel profondo, ma con la voglia di starmi appresso.

Le due gemelle sembrano avercela apertamente con la sottoscritta e non posso fare altro che arrossire quando mi fanno notare il netto distacco che ho con Sam.

Sam. La mia migliore amica. La stessa ragazza che aveva afferrato dal bavero Nicola e lo aveva picchiato pesantemente.  

Sono arrabbiata con lei. Non so nemmeno io per cosa, ma sono tremendamente arrabbiata e non posso fare nulla, poiché sento che quest’astio sia più grave del solito non lo sottovaluto, evitando di commentare o rivolgerle qualche parola che potesse rovinare profondamente la nostra amicizia.

Io non voglio perderla.

<< Elisa? >> mi chiama Anna e Valentina scuote la testa, ammonendomi.

<< Che c’è? >> alzano le spalle come se non avessi detto nulla e Valentina ( dai neri capelli ricci e occhi ambra ) con il cenno del capo mi indica Sam.

È sola, con le cuffie nelle orecchie a tutto volume, il naso rosso, intenta a scribacchiare qualcosa o a disegnare.

<< Ti pare il modo? >> sbuffa Milena e Nives sbuffa esasperata, dandomi uno scappellotto, avvicinandosi a Sam, che la respinge quasi subito, uccidendo la conversazione.

Mi alzo infastidita ed esco fuori dalla classe, senza guardare dove stessi andando. A grandi falcate supero due corridoi e vado a finire nell’ala sud dell’istituto.

Il suono della campanella che annuncia l’ennesima lezione finita, per noi passata ad oziare vista l’assenza della docente, mi scuote e vado a sbattere contro una porta.

Cazzo che male!

 Anche perché chi ha aperto la porta non l’ha fatto gentilmente e sento il sangue cominciare a scorrere a fiotti, macchiandomi interamente, mentre cerco di rialzarmi dal suolo.

<< Aia... >> cerco di non dare troppo nell’occhio ma il tonfo del mio corpo ha attirato curiosi e soprattutto la persona che ha aperto la porta con così tanta forza.

Quasi fosse stata d’acciaio, poi!

Sospiro di sollievo quando vedo che non è stato Davide e mi faccio accompagnare in infermeria, dove la signorina Abis scatta in piedi e mi aiuta con il naso.

Dopo circa cinque minuti è il sangue stesso a stufarsi di uscire e mi lascia libera di togliere i tamponi dal naso.

<< Sei parecchio imbranata tu, eh? >> mormora, sbuffando una nuvola di fumo fuori dalla finestra con fare teatrale.

Mi guarda in modo strano e non posso fare altro che cercare di non sentirmi divorata dalla sua espressione.

<< Sei diversa da prima. >> sbotta ad un certo punto, senza guardarmi in faccia, e io scatto quasi punta sul vivo.

<< Cosa? >> chiedo e lei mi ignora bellamente.

<< Sei debole, senza carattere, incosciente e ottusa. >> soffia senza cattiveria ed io non mi lamento, pur sentendomi presa per il culo e un po’ insultata.

<< Grazie, eh. >> dico in modo sarcastico e la donna si alza, fiera come suo solito e impettita.

<< Questa cicatrice è la tua rovina. >> parla gentilmente nonostante le parole e mi accarezza la parte dei capelli che ancora devono crescere, dove c’è la ferita e rabbrividisco in una reazione involontaria. << Quand’è il tuo compleanno? >> mormora ad un tratto e io rispondo fra tre giorni.

Non che il diciassettesimo compleanno sia qualcosa di particolare, però... il fatto che me lo domandassero tutti è sospetto.

<< Finalmente. >> mormora ancora e aggrotto le sopracciglia. << Ti sei accorta che è sospetta tutta questa calma, vero? >>

Il suo sorriso si fa dolce e nonostante le mie insistenze, firmato il coupon da dare alla professoressa dell’ora per l’assenza, mi spedisce in classe, senza dirmi nulla.

Il problema Domenico, Nicola, Sam rimane ancora in sospeso.

Per me sarebbe rimasta una di quelle situazioni da sistemare dopo.

Anche quando esco dalla scuola salgo in macchina con Davide per tornare prima a casa e non accenno a guardare i due fratelli Arena. Nemmeno per sbaglio.

<< Ancora arrabbiata con loro? >> sussurra Davide uscendo fuori dall’istituto ed io annuisco.

<< Si. Ma non è una rabbia semplice da spiegare. >>

Davide sembra così assorto dalla mia spiegazione che mi incita a continuare. Mi sento tranquilla al suo fianco e in pace, quasi il mondo esterno fosse solo un contorno per il nostro mondo.

<< Provaci. >> ripete ed io annuisco, perdendomi a guardare il paesaggio cittadino di Messina e poi i colori del paese in cui abitiamo.

<< Sembra essere un misto fra ira, delusione, rancore, amarezza e... nostalgia. >>

<< Nostalgia..? >> chiede di rimando Davide ed io annuisco, sedendomi pesantemente sul divano, seguita a ruota dal biondo, che sospira di sollievo, massaggiandosi le tempie.

<< Giornata pesante? >> chiedo di rimando e lui inarca un sopracciglio, togliendosi gli occhiali per poggiarli sul tavolino, guardandomi come si fa con una bambina monella che non vuole parlarti.

<< Non cambiare argomento, Reinari.... >> abbozza e io gli faccio una linguaccia.

Non avevo altro da spiegare perchè non so spiegare quello che mi succede. Sento solamente delle cariche elettriche partire dal mio corpo in relazione a quello di Davide ed espandersi per lo spazio circondante, tornando a me come brividi incondizionati.

<< Bene... >> mormora. <<  ... dopo pranzo preparati. Dobbiamo andare in un posto. >>

Inarco un sopracciglio ma non commento oltre e salgo nuovamente nella mia stanza, dandomi una sistemata.

 

Tutto mi sarei aspettata tranne quello che mi ha fatto fare.


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Capitolo 44
*** Scena Sesta: IX Atto. ***


Scena Sesta: IX Atto.

Scena Sesta: IX Atto.


Le luci della città stanno per cavarmi gli occhi con la loro potenza, ne sono convinta. 

Da quanto tempo non andavo al centro commerciale di Tremestieri, per fare un giro?

E sembra proprio che la mia mente non sappia vedere altro che Sam.

In ogni piano, vetrina, negozio ho un ricordo con Sam. 

Sembra essere passata una vita da quando non le parlo e la cosa non mi piace. Non mi piace per nulla.

<< Senti... >> mormora Davide e torno con i piedi per terra, perdendomi nei suoi occhi, sfuggenti ai miei da dietro la montatura fina degli occhiali.

<< Mh? >>

<< Hai intenzione di tagliare con Sam? >> la domanda mi spiazza del tutto e boccheggio un paio di volte, preda di una crisi.

Che dire? Che fare? << Non lo so, Davide. >> sussurro. << Non lo so proprio. >> la sua faccia si modella di disappunto e alzo le spalle, fregandomene di quello che dice.

So di potermi fidare, ma mi sento ferita, da cosa comunque, è un mistero.

<< Vieni. >> salgo sulle scale mobili e mi appoggio al rullo per le braccia con entrambi i gomiti, dando la schiena al vuoto e alla vista dei tavolini del bar.

<< Dove andiamo? >> chiedo con tranquillità e mi fa cenno di seguirlo semplicemente, scendendo dalle scale mobili, dentro un negozio d’alta moda. In quel momento mi perdo un attimo a guardare i pizzi e i merletti degli abiti esposti e non mi rendo conto che Davide si è messo a parlare con una delle commesse. Quando lo noto oramai la ragazza fa un cenno d’assenso e s’avvicina a me, con il sorriso sulle labbra.

<< Cos- ? >> non ho nemmeno il tempo di chiedere, che mi porta davanti alla sezione degli abiti per cerimonia non elaborati ma modreni e... sono stupendi.

Il mio cuore esulta cantando inni alla moda e il mi cervello è perso a rimirare la perfezione dei colori.

Personalmente li indosserei tutti per andare in discoteca e la commessa comincia a sorridere, chiedendomi la taglia, quale modello più mi soddisfacesse e il colore.

<< Non ho preferenze, prendo una S/M ... >> mi limito a mormorare, più rapita dai vestiti che dal dialogo.

L’unica cosa che sento perennemente addosso sono i suoi occhi, fissi a seguirmi in ogni movenza, quasi con gentilezza e calore.

Sembrano occhi innamorati, mi trovo a pensare, ma la cosa mi appare subito ridicola e vorrei ridere, ridere di cuore, ma ciò che le labbra mi permettono di fare è una risatina isterica.

Davide inarca un sopracciglio e sono costretta a trovare una giustificazione plausibile per quella reazione.

<< Penso di non essere abbastanza magra per questo! >> in effetti guardo la taglia ed è semplicemente due taglie più piccole della mia.

<< Sei perfetta così come sei, Elisa. >> il suo tono è profondo e dolce come il miele, non so che fare, anche perché il cuore sembra essere intenzionato ad uscire fuori dalla gabbia toracica. Non ho il coraggio o la forza di controbattere e passiamo più di due ore chiusi dentro il negozio, dove penso di aver provato milioni e milioni di  vestiti.

<< Comincia ad uscire, ci penso io. >> mormora ad un certo punto e aggrotto le sopracciglia, non capendo a cosa si riferisse.

L’illuminazione mi arriva quando vedo la cassa e le commesse che portano dietro al bancone in marmo cinque di tutti i vestiti che avevo provato in camerino.

<< COSA?! >>lo urlo in modo strozzato per evitare che le persone si girano nella mia direzione e i suoi occhi non transigono, fulminandomi sul posto.

<< No, no, no e no! Io ho la carta bancomat che mi hanno lasciato i miei genitori e, diciamocelo, non la tocco da un bel po’ di tempo quindi... >> Davide m’interrompe e mi spinge fuori dal negozio con un sorriso sornione degno di una volpe.

<< Và a prenderti un gelato, ok? >>

Rimango pietrificata davanti alla porta. Quando ne esce con in mano delle grosse buste e l’espressione appagata, mi sembra di morire.

<< Andiamo? >>
<< Dove?! >> gemo esterrefatta e mi trascino dentro il centro commerciale come un automa, senza forza per controbattere alle velate minacce di Davide quando mi porta in una bigiotteria d’alta classe per comperare orecchini da abbinare ai vestiti, in un negozio di calzature con lo stesso intento e, in fine, in una profumeria per cosmetici, profumi e creme ( divise per capelli, viso e corpo. )

 

<< Perché?! >> mi ritrovo a sussurrare, non potendo più tollerare che la mia carta rimanesse intatta, mentre quella di Davide strisciasse ogni volta per pagare cose mie! Dannazione mie!

<< Sono i tuoi regali per i sei anni in cui non ci sono stato. >> il suo sorriso è così dolce che non penso al senso della frase e... mi perdo.

Mi perdo nei suoi occhi verdi, come pozze di prati primaverili. Cerco di ricordare. Qualcosa, qualsiasi cosa ma un forte mal di testa mi fa gemere e strizzare gli occhi dal dolore, senza che io potessi fare altro.

A fine serata sono decisa più che mai a mandare un messaggio a Sam.

Mi addormento sul letto ancora prima di poterlo mandare.

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Capitolo 45
*** Scena Sesta: X Atto. ***


Scena Sesta X Atto.

Scena Sesta: X Atto.

L’indomani mattina la prima cosa che faccio non appena metto piede a scuola  è cercare Sam.

Voglio parlarle, chiederle scusa per il mio stupido comportamento e per la mia scarsa fiducia nei riguardi dell mia famiglia.

I miei genitori non si sono fatti più sentire, nonostante avessero promesso di farlo e non ci sto molto a pensare che, probabilmente, i festini in quella parte sperduta di mondo dove si trovano, durassero molto più che una settimana.

Scrollo le spalle e mi siedo al mio posto – affianco a Sam – sotto le occhiate stupite delle mie compagne.

Aspetto fino al suono della campanella, ma niente: non è venuta.

Senza scoraggiarmi e lasciando andare le lezioni per il loro corso, mando un messaggio a Sam, ma nulla.

Sono leggermente demoralizzata dalla cosa ma lascio correre e, solo quando Davide fa il suo ingresso nell’aula, mi degno di stare attenta a quello che mi circonda.

 

Tre giorni senza che lei si facesse sentire e/o vedere.

È straziante, perché non ho più visto né Domenico né Nicola.

Davide mi aveva confortata per tutto il tempo.

Questa sera  andremo a ballare, con ogni probabilità, non come alunna – insegnante, ma come due ragazzi.

Ho intenzione di annegare nell’alcool.

<< Voglio bere fino a stare male. >> mormoro in macchina, indossando un vestitino comprato in negozio.

<< Smettila di dire scemenze. >> borbotta Davide, con gli occhi fissi sulla strada.

Sistemo i capelli, controllo il trucco, gli orecchini di brillanti, la collana di filo e le scarpe con un tacco vertiginoso.

<< Sarà difficile stare in piedi da sobria per te, figuriamoci ubriaca! >> la risata di Davide mi da un fastidio immenso.

Gli faccio una linguaccia di rimando e metto il broncio fino al nostro arrivo.

È un locale grande e straripante gente. << Sicuro che ci entreremo? >> chiedo e Davide ridacchia, mostrandomi le prevendite necessarie per entrare subito.

<< Logico... >> si era organizzato alla perfezione a quanto noto.

Evito di farglielo sapere.

Mi mescolo alla gente tenendo con forza il polso di Davide e questa volta devo ricredermi sulla gentilezza del biodno.

<< Aspetta... >> mi strattona leggermente e mi tira. << Prima ti devi mettere questa. >> mi benda con una maschera con le fessure per gli occhi annerite e mi  trascina, urlandomi i vari gradini nonostante la musica a palla del dj.

Mi rilasso alla fine delle scale e non sento più il rumore fracassa timpani della musica.

<< Dove siamo? >> anche il vociare confuso delle persone sembra essere diminuito.

<< Rilassati. >> mormora e mi spinge ancora in avanti, mantenendo la mano a palmo aperto contro la mia schiena.

<< Ora... >> sussurra al mio orecchio, lasciando partire altre scariche elettriche già per tutta la schiena, mi poggi una mano sul viso e sfila lentamente la benda dagli occhi.

<< Buon compleanno! >> un coro immane mi investe, non appena la maschera mi viene sfilata via e guardo con occhi umidi tutti i miei amici in piedi con bicchieri in mano, sguardi felici e vestiti in modo elegante.

Mi guardo intonro e... << SAM! >> urlo, quasi con il cuore in gola.

La rossa appena la chiama comincia a venirmi incontro e faccio lo stesso, abbracciandola di slancio.

<< Mi sei mancata. >>

<< Scema anche tu! Tanti auguri! >>

Un colpo di tosse ci distoglie dal nostro abbraccio e, staccatami un poco da Sam, mi specchio negli occhi ambra del mio ragazzo. << Anch’io sono contento di rivederti. >>

Borbotta offeso e lo bacio leggermente, poiché sento una strana sensazione in fondo al petto che macina il cuore, stringendolo in un morsa.

Quando realizzo ciò, cerco gli occhi di Davide.

 

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Capitolo 46
*** Scena Settima: I Atto ***


Scena Settima: I Atto

Scena Settima: I Atto.

 

Il buffet che è stato organizzato da tutti i miei amici era servito solo per smorzare la fame ed evitare di essere ubriacati già in un ora. Gli amici maschi che mi ritrovo sono bevitori eccellenti, devo ammetterlo.

L’unico che si ostinava a bere dei semplici cocktail analcolici era Davide, che mi osserva con un sorriso poco accennato che non contagiano gli occhi.

Ogni volta che mi ci avvicino sembra sfuggirmi.

Troppo preso com’è a farlo, non si rende conto che ho capito il suo gioco e... mi da fastidio.

Mi fa saltare i nervi il fatto che si lasci avvicinare dalle prime ragazze che gli  capititino sotto mano ed io, che – dannazione – sono la festeggiata della serta, devo corrergli dietro come se fosse tutto lecito. Fanculo!

Mi fermo di botto e guardo Nicola, intento a sorseggiare un drink davanti al tavolo. Non so perché tutto quest’accanimento su di lui e sul mio ragazzo niente.

<< Dai Elisa andiamo a ballare! >>

Al primo “no” che biascico mi chiedono più e più volte di andare con loro e a malincuore mi trovo costretta a ballare, attaccata a Nicola che è geloso, sulle note di Somebody That I Use To Know di Gothie, mixata da uno dei dj del locale.

Superata la mezzanotte e i primi tre cocktail da mezzo litro, la mia testa  è quasi completamente partita.

Mi sembra strano che Nicola, Domenico e Sam siano già mezzi ubriachi.

<< Sam, dovresti smetterla. >> le dico, allontanando il bicchiere dalle sue labbra, facendo cadere la cannuccia al suolo.

L’occhiata che mi manda è truce, ma non cattiva e le sorrido, avvicinandola a Domenico, che sembra essere combinato meglio dei tre.

Nicola è completamente andato, perso, inebriato e puzzante liquori non meglio definiti.

<< Ehi... >> mi dice, barcollando sopra Sam, che ridacchia e poi scoppia a piangere, insultando Nicola.

<< Diglielo! Ora che lei è qui. >> ridacchia e mi spingono verso il bancone.

Mi guardo intorno, spaesata, alla ricerca di Davide.

Che mi devono dire?

Li guardo in faccia, livida e allibita. << Tu sei innamorata persa di Davide! >> scoppia quello che dovrebbe essere il mio ragazzo. Dovrebbe essere tale.

Il seme del dubbio s’insinua nella mia testa e comincia a fare male, tanto, mentre Nicola e Sam continuano a farfugliare del mio amore nei confronti del biondo. Del. Mio. Amore.

<< Che cazzo state dicendo? >> gli occhi ambra di Nicola sono liquidi e gli cominciano a scendere delle lacrime lungo le guance.

La stanza sembra cominciare a rimpicciolirsi. Mi manca l’aria e guardo Sam con occhi speranzosi. << Sta scherzando, vero? >>

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Capitolo 47
*** Scena Settima: II Atto. ***


Scena Settima: II Atto.

Scena Settima: II Atto.

Domenico cerca di tenermi per le spalle, forse uno spettatore calmo della scena, e all’occhiata di diniego di Sam, crollo.

<< Come... come avete potuto farmi questo?! Io di voi mi fidavo! E tu! TU! – mollo uno schiaffo a Sam – sono stata in pena per te, cercavo di riconciliarmi, con te, e cosa ne ottengo?! Che le persone a me più care mi mentano per, DIO!, per quasi sei mesi! >>

Nicola mi si appoggia contro, cerca di farmi capire che l’ha fatto perché mi ama e, solo allora, mi decido a versargli in viso il mio cocktail.

Le luci cominciano a farmi venire mal di testa, così come la musica sparata a palla cerca di violentarmi i timpani.

Una domanda mi sorge spontanea: chi sono?

Continuo a sbattere contro le persone fino a quando non mi si rompe un tacco e bestemmio, ancora con le lacrime agli occhi e la voglia di urlare in petto.

Sto cercando Davide in mezzo alla folla ma non lo trovo.

Non c’è mai quando sembra crollarmi il mondo addosso e... comincio ad urlare, non capendo più nulla, mentre un dolore potente e prepotente mi si riversa in testa.

So di aver perso i sensi quando, prima di chiudere gli occhi, l’unico viso che riesco a distinguere è il suo.

 

Sobbalzo e mi metto a sedere.

Mi guardo intorno ma non conosco l’ambiente. << Dove..? >> mi chiedo e continuo a guardarmi intorno, cominciando ad osservare più attentamente l’arredo spartano, composto solo da un tavolino, un mobile e questo divano.

<< Ah, ti sei svegliata? >> la porta è stata aperta da un ragazzo sui ventotto anni, con i lineamenti orientali.

Annuisco leggermente spaesata e il ragazzo sorride buono, annuendo e uscendo di nuovo dalla stanza.

Si riapre con la figura di Davide e subito i ricordi della serata mi schiaffeggiano la mente,

Senza nemmeno pensarci mi ritraggo al suo tocco. << Voglio andare a cacsa. >> dico, senza guardarlo in viso e sento la sua mortificazione nell’aria.

<< Elisa lasciami spie- >>

<< Non hai niente da dirmi. Voglio andare a casa. >>

I suoi occhi, prati solitamente limpidi, divengono cupi e – resami conto di guardarlo in faccia – comincio e guardarmi i piedi.

Mi dovrei fare i complimenti da sola: ho rovinato una Chanel tacco 8 che è una meraviglia.

<< Non puoi camminare con quella scarpa... posso..? >> la sua richiesta rimane nell’aria.

Nego convinta e il cuore sembra volersi comprimere così tanto fino a svanire nella mia cassa toracica. Fargli male mi fa male.

Ed ovviamente io non ricordo nulla di quello che mi hanno sbattuto in faccia Sam e Nicola.

<< Elisa... – lo guardo con astio – non so cosa ti abbiano detto Sam e Nicola su di me, su... di noi. Qualsiasi essa sia io... >>
<< IO NON SO NULLA! OK!? NON MI AVETE MAI DETTO NULLA! VI ODIO TUTTI QUANTI! MI HAI CAPITA? TI ODIO! >> 

Urlo e lo spingo via, cominciando a correre. Al diavolo le scarpe che prendo e gli lancio dietro.

Non so più chi sono, non so nemmeno quanto di quello che ho vissuto dopo l’incidente sia vero.

Perché la mia memoria non torna?

Perché devo continuare ad avere quest’assordante mal di testa?

<< Elisa! >> e perché mi sta seguendo?

Mi sento a pezzi. Prigioniera di una vita che non mi appartiene. Se non posso fidarmi di nessuno, come farò? Inciampo contro qualcosa e arrivo con le ginocchia a terra.

Il mio urlo rimbomba per il sotterraneo della discoteca e Davide mi abbraccia, in ginocchio come me.

Non voglio ascoltarlo. Non voglio che mi tocchi e mi dimeno, ancora in lacrime, fino a quando mi sento del tutto svuotata.

<< Ti prego... Elisa.... >> la presa di Davide, nonostante gli avessi graffiato le mani, non ha accennato a diminuire.

<< Che vuoi da me? >> sussurro, tentando un’ultima strattonata.

<< Andiamo a casa, ok? Parleremo a casa. Ti prego, calmati. >>

In silenzio mi lascio prendere i braccio dalle sue forti braccia.

Non saluto nessuno e ancora in silenzio mi siedo sul sedile.

Il motore si accende piano, come se non volesse disturbare la situazione.

<< Perché? >> sussurro, in modo basso. << Perché non mi hai detto subito chi eri e che ti amavo?  >>

L’occhiata di Davide è bassa mentre il semaforo è rosso e al verde sembra quasi che volesse rimanere fermo. Tanto nelle strade non c’è nessuno.

Comincia a camminare lentamente, dandomi il tempo di distinguere il paesaggio poco illuminato dai lampioni.

Due fari spuntano dal nulla ad alta velocità.

Non ho nemmeno il tempo di dire o fare qualcosa che mi sembra di essere sospesa nel vuoto.

Il nero, poi, è sovrano.

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Capitolo 48
*** Scena Ottava: I Atto. ***


Scena Ottava I Atto.

Scena Ottava: I Atto.

Il suono di un’ambulanza mi rimbomba nelle orecchie. Cos’è successo? Mi ricordo di stare guidando e... << Elisa!  >> spalanco gli occhi, cercando di mettermi a sedere, ma delle cinghie robuste mi impediscono di muovermi.

<< Non deve muoversi. >> mi dice la voce di un’infermiera.

<< Cos’è successo? >> ho la voce completamente roca. Provo a muovermi ma il dolore al fianco mi gela.

<< Deve stare fermo, nell’incidente le si sono incrinate tre costole e si è lussato una spalla, mentre i tagli superficiali sono nella stragrande parte del corpo. >>

Incidente?

<< Adesso le farò un primo controllo, mentre arriviamo in ospedale. Come si chiama? >>

L’infermiera continua ad interrogarmi e – fortunatamente rispondo – dopo, comincia a disinfettarmi le ferite superficiali. Bruciano da morire.

<< In una ha del vetro, al Pronto Soccorso farà più male che qui in ambulanza. >>

Chiudo gli occhi, nauseato dalla posizione e dal movimento del mezzo, e con un filo di voce chiedo dell’incidente.

<< Siete stati investiti da un ubriaco che andava a 100 chilometri orari, nella fiancata destra del mezzo... ecco... la ragazza è ancora lì, incastrata nelle lamiere. È viva, ma non da segni di ripresa. Lei sa chi è? >>

Rispondo ancora alla domanda con le lacrime agli occhi e riferisco del precedente incidente. << Non ne eravamo a conoscenza, aspetti un secondo. >>

L’infermiera comincia a trasmettere le informazioni che ho dato e continuo ad osservare il tetto bianco e poco rialzato dell’ambulanza.

Il mio unico pensiero va ad Elisa.

I rimpianti mi stanno schiacciando, il suo “ti odio” mi scava il petto come la certezza di aver sbagliato tutto, con lei.

Ho sbagliato nel trattarla come una bambola di porcellana, tanto mi pareva fragile, ho sbagliato nel non sfiorarla, per evitare che potesse ricordare qualcosa di me, di quel “noi”  mancato.

Egoisticamente credevo di proteggerla e invece ho sofferto, abbiamo sofferto, inutilmente, vittime di una bugia creata da un malinteso e usata come capro espiatorio.

Per me era stato difficile, gettare Elisa fra le braccia di Nicola, ma avevo resistito per il suo bene: “Lui è più adatto di me.”

Convinto come un’idiota che avere un ragazzo della sua – più o meno – età sarebbe stato meglio che stare con un uomo più grande di dieci anni.

Lo pensavo. Adesso me ne pento più di ogni altro errore.

Ucciderei per fermare il tempo e vederla sorridere, serena, con i soli problemi adolescenziali per la testa, a covare un amore genuino nei miei confronti ed io a ricambiarlo con enorme tenerezza.

Il mezzo si ferma di botto e sento tre portiere aprirsi: quella dietro e le due davanti.

<< Chiami la dottoressa Abis, sono suo fratello. >> mormoro  stordito. I medici del pronto soccorso si guardano in faccia.

Perfetto, mi dico, non sanno nemmeno chi sia.

L’unica fortuna che mi viene riservata, è quella di sentire la voce di Lorenzo nel corridoio.

<< Bene... >> biascico e chiudo gli occhi, troppo stanco anche per ragionare.

 

Quando riapro gli occhi possono essere passati secondi, minuti, ore o giorni, non saprei e nemmeno mi interessa.

L’unico pensiero va ad Elisa.

Senza esitare un attimo suono il campanello delle infermiere e spunta un ragazzo della mia età, che non esita un secondo a darmi del tu.

<< Certo che te la sei giocata con Dio, amico. L’unica considerazione che ti si può dare atto è una: eri troppo sobrio, per essere uscito da una discoteca, e troppo corretto, passando con il verde alle tre e mezzo del mattino. A parte gli scherzi, ti è andata bene. >>

Il cartellino del ragazzo dai capelli corvini, pelle scura, e lineamenti duri, nomina il ragazzo come Francesco.

Prima di riuscire a parlare devo fare mente locale un attimo.

<< Fai con calma... >> dice l’infermiere, in tono mezzo ilare  la mia espressione deve averlo sconvolto.

<< La ragazza? >> dico in modo asciutto e deciso.

<< La ragazza... >>

<< La ragazza, Elisa Reinari, fratello, è entrata in coma. >>

La voce di mia sorella mi spezza il fiato.

Le lacrime cominciano a rigarmi le guance impunemente.

Al diavolo l’onore e l’orgoglio maschile.

<< Dici davvero? >> cerco di dire tra un singhiozzo e l’altro e Alice annuisce, grave, facendo cenno all’infermiere di allontanarsi.

<< Sono passati due giorni dall’incidente. Tu sei stato operato di urgenza... hai perso i sensi subito dopo l’essere arrivato in ospedale per la lacerazione quasi totale di un polmone per colpa delle costole incrinate. Hai rischiato di lasciarci le penne per un’emorragia interna, fratello. Che ti è saltato in testa? >>

Il mio pianto non accenna a diminuire.

<< L’unica notizia buona è quella che il ragazzo che vi ha investiti è stato incarcerato con delle gravi accuse e non verrà rilasciato fino a quando non sarai in grado di rilasciare qualche dichiarazione. Intanto deve rispondere di reati come spaccio e uso i sostanze stupefacenti, droghe e marijuana, detenzione di armi illegalmente guida in stato di ebbrezza. Era strafatto come se non ci fosse stato un domani. Ho chiamato Riccardo da Milano per difendervi. È un mio grande amico e un ottimo avvocato... >>

Mi obbligo a calmarmi, anche perché il dolore al petto che, penso, sia dovuto alla stiratura dei punti.

Non posso respirare profondamente e mi limito a dei piccoli respiri cadenzati. Va già meglio.

Alice continua a parlare, ma sento solo tratti del suo sproloquio.

<< Grazie, Alice, per esserti occupata di tutte queste cose. >> mi affretto a dire, cordiale e sincero, mentre le mani di Alice tremano e i suoi occhi le si fanno lucidi.

<< Mi hai fatta preoccupare, bamboccio! >>

Mi abbraccia delicatamente e non ho più altro da aggiungere.

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Capitolo 49
*** Scena Ottava: II Atto. ***


Scena Ottava II Atto.

Scena Ottava: II Atto.

~ UN MESE DOPO. ~

 

 
Elisa, continuava a dormire.

Io continuavo a guardarla dormire.

Non accadeva nulla, a parte qualche movimento delle mani e degli occhi involontari, che lasciavano pensare che stesse sognando.

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