Un nuovo mondo

di Onlykatyharry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Preparativi ***
Capitolo 2: *** In viaggio verso Hogwarts ***
Capitolo 3: *** Lo Smistamento ***
Capitolo 4: *** Uno splendido inizio. ***
Capitolo 5: *** Il nuovo gruppo ***



Capitolo 1
*** Preparativi ***


Era il 31 Agosto. Sedevo sul pavimento della stanza che condividevo con mia sorella Roxanne, osservando il baule rosso aperto davanti a me. Mia madre Angelina mi aveva già aiutato a sistemare tutto l’occorrente per il mio primo anno ad Hogwarts ma dentro di me sentivo che qualcosa non andava. Con la lista in mano, controllavo che tutto ciò che era scritto su quella pergamena fosse stato preparato e nonostante l’avessi già fatto svariate volte, continuavo a non capire cosa ci fosse di sbagliato: le divise c’erano, il cappello, i guanti, il mantello, i libri e tutti gli strumenti indicati anche, eppure ancora qualcosa non mi tornava. La mia bacchetta, dal giorno in cui l’avevo acquistata era sempre rimasta con me nonostante avessi ricevuto il divieto tassativo di usarla fuori dalle mura del castello all’interno del quale avrei vissuto a partire dal giorno successivo. Era una bacchetta bella, dura, di legno di Frassino, lunga dieci pollici e tre quarti con il nucleo di crine di unicorno. E poi, beh, aveva scelto me, proprio me: Fred Weasley. Non riuscivo mai a separarmene. Era diventata fondamentale. Anche solo sentirla in tasca, mi faceva sentire protetto. Non avrei mai potuto dimenticarmene.
Il gufo da granaio di mia sorella dormiva tranquillo nella sua gabbia mentre il mio piccolo gufetto selvatico si agitava nella sua svolazzando di qua e di là e tubando allegramente. Forse anche lui percepiva l’aria di un imminente cambiamento.
Mentre me ne stavo ancora seduto sul pavimento a cercare di capire cosa fosse a non tornarmi, mio padre George entrò in camera mia. Era un grande mago, da ragazzo aveva combattuto contro l’armata del più grande mago oscuro di tutti tempi e di questa battaglia portava ancora due segni: il primo, alquanto visibile, era la mancanza di un orecchio che aveva perso a causa di un incantesimo lanciatogli contro. Il secondo, nascosto nel suo cuore ma non meno importante, la perdita del suo fratello gemello di cui io porto il nome. Gli avevo sentito dire in più occasioni che avrebbe fatto di tutto pur di non perdere la sua vera anima gemella e che senza di lui non era più stato in grado di evocare un Patronus vero e proprio. “Tutti i miei ricordi felici” aveva detto “sono legati a lui. Senza di lui nulla ha più senso come prima.”
Soffriva molto la perdita di mio zio, ma a me e a Roxanne non lo dava a vedere mai.
Ancora appoggiato alla maniglia della porta, mi fissava cercando di non perdere il contatto con i miei occhi. Era bravo a capirci guardandoci negli occhi. Non gli sfuggiva nulla. Infatti, dopo poco, mi disse: 
“Fred, cosa c’è che non va?”
“Non lo so papà, non riesco a capire cosa sia. Il mio baule è pronto, ho preparato già tutto con la mamma ma credo che mi stia ancora sfuggendo qualcosa.”
“Sei sicuro che a non andare sia qualcosa legato al baule? C’è qualcosa che desideri chiedermi o dirmi?”.
Non risposi subito, abbassai lo sguardo e cominciai a riflettere guardandomi le gambe incrociate sul pavimento ormai non più tanto freddo. 
Poi, con un pizzico di rossore sulle guance (me ne accorsi dallo strano calore che sentivo proprio in corrispondenza di esse), dissi: “In effetti papà non ho idea di cosa possa aspettarmi dietro la soglia del castello di cui tutti parlate qua a casa. Roxanne dice di non preoccuparmi, che lì è tutto perfetto, che sembra di vivere in un mondo parallelo, eppure ho paura. Ho paura di scoprire quel mondo, di non risultare all’altezza di te, mamma, Roxanne e zio Fred. So che ti fa male sentirlo nominare, ma tu e lui insieme avete fatto grandi cose e quella birichina di mia sorella ha preso tutto da voi. Ma io? Io sono sempre stato diverso, eppure vorrei tanto essere come voi. Anche a giocare a Quidditch non credo di essere bravo come voi. Eppure mi piacerebbe tanto far parte di una delle quattro squadre della scuola. Sì, non mi importa in quale di esse. Dopotutto tutte hanno i loro pregi e i loro difetti. Voglio solo essere degno di portare il cognome che ho”.
Mio padre rimase a fissarmi, colpito dalle mie parole. Poi disse: “Fred, tu sei un ragazzo meraviglioso. Io, mamma, Roxanne e anche lo zio Fred..” si fermò, la voce gli si incrinò appena. Poi con gli occhi leggermente lucidi riprese: “si, anche lo zio Fred, ne sono sicuro, siamo fieri di te. Hai una saggezza che nessuno di noi ha mai avuto e per la tua età è davvero un pregio inestimabile. Per quanto riguarda il Quidditch, tutti noi all’inizio siamo stati meno bravi di come siamo adesso. E tutti noi abbiamo sudato tanto per guadagnarci il posto che abbiamo ottenuto. Tu non sei da meno. Sii costante e vedrai! Persino lo zio Ron ce l’ha fatta”. 
Sorrise. E quel sorriso coinvolse anche me. Si trasformarono entrambe in risate fragorose e ci trovammo stretti in un abbraccio immensamente forte. Un vero abbraccio tra padre e figlio. Dopo alcuni minuti realizzammo che era ora di cenare, ci alzammo e andammo giù ad aiutare mamma e Roxanne a preparare la cena. Fu un pasto all’insegna della tranquillità e del relax. Poi, una volta sparecchiata la tavola, io e mia sorella andammo a letto. Dopotutto l’indomani avremmo affrontato rispettivamente il primo giorno del primo anno e il primo giorno del terzo anno. 
Mio padre e mia madre, da copione, vennero ad augurarci la buona notte. Ci rimboccarono le coperte e uscendo, si chiusero la porta alle spalle. Era tutto normalissimo. Poi mia sorella si girò verso di me e mi disse: “In bocca al lupo per domani Freddie. Io sarò nel vagone con i ragazzi del terzo anno ma sono sicurissima che troverai presto qualcuno con cui fare amicizia! Vedrai, sarà meraviglioso.” 
Poi si alzò dal suo letto, si avvicinò al mio e mi baciò forte sulla guancia. 
“Grazie Roxy.” Risposi. “Ti voglio bene”. 
“Anche io, tanto!” mi disse. Poi tornò a letto e senza che ce ne accorgessimo, ci addormentammo.

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Capitolo 2
*** In viaggio verso Hogwarts ***


Il giorno seguente mamma ci svegliò presto. Entrambi balzammo giù dal letto con una rapidità quasi inumana. Ci lavammo e ci vestimmo in fretta, poi scendemmo in cucina per la colazione con i bauli, le gabbie dei gufi e le bacchette già pronti di sotto.
Si vedeva che era l’ultimo giorno a casa. Papà, da bravo cuoco quale era, aveva preparato tantissime leccornie da mangiare sul momento e da portarci in viaggio. Non cucinava spesso per pigrizia, ma quando lo faceva, nulla e nessuno poteva evitare di dirgli che era anche più bravo di nonna Molly. Ed era quanto dire! Sul tavolo c’erano pancakes da condire con sciroppo d’acero e crema di nocciole, toasts caldi con prosciutto e formaggio filante, uova, salsicce, latte, biscotti e dolci vari tipici del mondo magico. In più la tavola era apparecchiata con una meravigliosa tovaglia a fiori e su di essa, in corrispondenza del centro del tavolo, c’era una piccola composizione floreale in tinta con i colori del tovagliato. Questo era sicuramente opera di mamma.
Papà, quando ci vide arrivare, vestiti come due veri Babbani, ci fece un ampio sorriso e si limitò a darci il buongiorno.  Per mamma e papà era un giorno importante, bello e triste allo stesso tempo. I loro due cuccioli sarebbero partiti (finalmente entrambi) per affrontare un intero anno ad Hogwarts e loro li avrebbero rivisti solo per le vacanze di Natale e per le vacanze estive.
A tavola, mangiammo di tutto e di più e riempimmo i nostri zaini con i pacchetti che ci erano stati preparati appositamente per il pranzo. Fu un’emozione ricevere il mio. Roxy invece c’era già abituata da due anni.
Verso le nove e mezza uscimmo da casa e calcolammo circa un’ora di strada da casa nostra alla tanto famigerata e attesa stazione di King’s Cross. Scesi dalla macchina, caricammo i nostri bauli e i nostri gufi sui carrelli della stazione e camminammo per arrivare alla barriera tra i binari 9 e 10. Lì, come già avevo visto fare a Roxanne in passato, senza farci scorgere dai Babbani, ci concentrammo per passare quel muro oltre il quale avremmo trovato l’Espresso per Hogwarts ad attenderci. Appena papà diede il via, passammo tutti attraverso la barriera in ordine crescente di età. Il primo dunque fui io. La sensazione che provai una volta arrivato al binario 9 e ¾ fu meravigliosa. Un turbinio di colori, odori e suoni mi travolse e in un attimo fui consapevole del fatto che mia sorella aveva avuto sempre ragione. Era un mondo davvero magico.
Mentre mamma, papà e Roxanne mi raggiungevano vidi arrivare nove figure che non riconobbi subito. Man mano che si avvicinavano capii: erano lo zio Ron e la zia Hermione seguiti dai nostri cugini Hugo e Rose e lo zio Harry e la zia Ginny, sta volta preceduti dal trio di cugini Lily Luna, Albus Severus e James. Io e Roxanne adoravamo i nostri cugini e loro adoravano noi.
 Avevamo più o meno tutti la stessa età: James, che era il più grande aveva 15 anni; Lily, Hugo e Roxy avevano 13 anni; Albus Severus ne aveva 12 e infine io e Rose ne avevamo appena compiuti 11. James era sempre stato molto protettivo nei confronti di tutti e io e Rose invece eravamo sempre stati i più coccolati di tutti. Nonostante avessimo caratteri completamente diversi, c’era un’armonia davvero insolita in questa famiglia. Non litigavamo mai seriamente e quando qualcuno aveva piccoli screzi con qualcun altro, si cercava di fare di tutto per riportare la pace quanto prima. Anche tra gli adulti era così. Dopotutto, erano cresciuti insieme nel bene e nel male e si trattavano come dei fratelli. Talvolta anche meglio.
Ci salutammo tutti affettuosamente e parlammo a lungo del più e del meno ma quando il capotreno ordinò di salire in carrozza, abbracciammo i genitori e ci sistemammo nei vagoni secondo l’età. Io e Rose, ovviamente, finimmo nello stesso vagone. Con lei accanto era tutto diverso: lei aveva lo strabiliante dono di essere sempre serafica e di farti rilassare anche nel momento più critico della tua vita; io invece cercavo sempre di fare in modo che venissero prese le giuste decisioni. Ci sedemmo l’uno di fronte all’altra nei posti vicino al finestrino e cominciammo a raccontarci le nostre aspettative sulle persone, sul castello, sullo smistamento e in generale su questo nuovo mondo che ci preparavamo a conoscere. Durante il viaggio ridemmo, scherzammo e, all’ora di pranzo, aprimmo i pacchetti preparati dai rispettivi genitori. Dal carrello, comprammo delle gelatine tuttigusti più uno e delle cioccorane, poi ci addormentammo.
Fummo svegliati dal fischio sordo del treno e capimmo di essere arrivati quando una voce familiare gridò: “Primo anno! Primo anno!” Era Hagrid. Il mezzo gigante amico della nostra famiglia da anni. Stavamo scendendo dal treno quando ci rendemmo conto, guardando tutti gli altri ragazzi, che non avevamo indossato ancora la divisa. Ci guardammo a vicenda terrorizzati, poi Rose disse:
“Coraggio. Sta calmo. Troveremo un modo. Per tutte le cavallette! Deve esserci una formula! Dopotutto adesso siamo ad Hogwarts. Possiamo usare la magia!”.
Io la guardavo esterrefatto: come era possibile che un cervello di una ragazzina di undici anni fosse così brillante? Non avevo nemmeno finito di pensare questa frase che lei esclamò:
“Ma certo! Che sciocca. La mamma mi ha insegnato tutto sull’argomento!” Agitò la bacchetta pronunciando una formula che non fui in grado di decifrare a causa di un altro fischio del treno e ci ritrovammo pronti con la divisa indossata.
“Rose!” le dissi “Sei eccezionale! Grazie”
E insieme, salutato Hagrid, salimmo con lui su una delle barche che ci avrebbe condotto fino al castello la cui sagoma si stagliava imponente nella notte, illuminata dalla luce fioca della luna.

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Capitolo 3
*** Lo Smistamento ***


Non appena le barche approdarono nel porticciolo adiacente al castello, fui assalito da una calma e da una serenità mai provata prima. Nonostante avessi Rose accanto a me, capii che quello che stavo provando non era merito suo ma dell’aria che si respirava. Guardai il complesso monumentale che si ergeva davanti a me come un gigante dall’aspetto mansueto e cominciai a pensare che qualunque cosa avessi fatto lì, mi sarei sempre sentito protetto come a casa. Mentre mi perdevo nei meandri della mia mente, fantasticando sui giorni a venire, intravidi mia sorella Roxanne insieme a Lily e Hugo che parlottando si avvicinavano alla soglia del castello per entrarvi. Mi avevano già spiegato che i ragazzi del primo anno sarebbero entrati dopo per permettere a tutti gli altri di prendere posto ai tavoli delle quattro case e per favorire la cerimonia dello smistamento. Mia sorella e i miei cugini, già smistati in passato, non appartenevano tutti alla stessa casa. Infatti, James era un Grifondoro come Hugo, Lily e Roxy mentre Albus Severus era un Serpeverde. Era il primo della famiglia a far parte della casa dai colori verde e argento, ma d’altra parte era rimasto fedele al suo secondo nome che, come una volta gli aveva spiegato lo zio Harry, era il nome del più coraggioso preside di Hogwarts che lo zio avesse mai conosciuto. Io e Rose infine, rimanevamo ancora un’incognita per tutti.
Ero ancora assorto in questi pensieri quando , d’improvviso, una sagoma uscì dal castello: era il professore di Erbologia Neville Paciock, amico fraterno di zia Hermione, zio Ron e zio Harry. Da ragazzi avevano frequentato la scuola insieme ed erano stati capaci, a soli 17 anni, di sconfiggere Lord Voldemort, il più grande mago oscuro di tutti i tempi.
“Primo anno” disse “siamo pronti per ricevervi. Seguitemi.”
Lo osservai rapito. Indossava un abito da mago nero, molto elegante e ci precedeva con aria distinta. Da quello che mi avevano raccontato Roxy e gli altri, godeva di una certa autorevolezza all’interno delle mura di Hogwarts e in generale nel mondo dei maghi. Tutti quanti nel nostro mondo lo rispettavano.
Raggiungemmo senza che ce ne accorgessimo la sala grande e in mezzo al chiacchiericcio e all’eccitazione generale, ci sistemammo in fila per prepararci allo smistamento. Il cappello parlante era sullo sgabello, pronto a cantare e poi a smistare tutti noi, proprio come Roxanne mi aveva detto.
 La canzone fu breve e in men che non si dica cominciò l’appello dei nostri nomi. Il professor Paciock (mi avevano imposto di chiamarlo così sebbene lo conoscessi da prima di nascere), in piedi davanti a noi con le spalle al tavolo degli insegnanti, teneva in mano una pergamena dalla quale chiamava l’appello.
Dopo che ebbe chiamato i primi sette, finalmente fu la volta di Rose. Io di cognome facevo Weasley, sarei stato uno degli ultimi, se non proprio l’ultimo. Il momento fu carico di tensione. Il cappello, posatole sul capo dal professore, cominciò il suo monologo e dopo poco tempo dichiarò: “Corvonero!”.
 Il tavolo dai colori blu e bronzo esplose in un fragoroso applauso che terminò quando Rose si sedette tra di loro. Non le staccai un attimo gli occhi di dosso. Volevo essere sicuro che fosse contenta della scelta che il cappello aveva fatto. Ma non ci fu alcun modo di osservarla in viso. Continuavo solo a vedere una massa rossiccia di capelli che si agitavano mentre lei si dimenava a destra e a sinistra per stringere le mani dei compagni che le stavano accanto.
Stavo ancora cercando il suo sguardo quando nella sala riecheggiò il mio cognome. Ebbi un sussulto. Possibile che già fossimo arrivati agli ultimi? Poi lentamente mi avvicinai allo sgabello e mi accomodai su di esso. Mi adagiarono il cappello sulla testa ma io tenevo gli occhi chiusi, cercando di concentrarmi su me stesso e di evitare il contatto visivo con chiunque altro. La tensione era tale che non fui nemmeno capace di udire ciò che il cappello diceva. O forse semplicemente non volli farlo. Sentii soltanto un’altra acclamazione proveniente da uno dei quattro tavoli e quando aprii gli occhi mi resi conto che era proprio il tavolo in cui poco prima si era seduta Rose. Ero anche io un Corvonero. Fui contento della scelta del cappello e fui ulteriormente contento di essere capitato nella stessa casa di mia cugina. Preso posto accanto a lei, anche io mi presentai ai miei nuovi compagni e, intravedendo i sorrisi compiaciuti di mia sorella e dei miei cugini che ci salutavano dal tavolo accanto, mi rasserenai ulteriormente. Anche Albus Severus era contento e orgoglioso di noi e anche lui ci sorrideva dal suo tavolo.
D’un tratto, la preside Mc Granitt parlò e, una volta datoci il benvenuto o il bentornato a seconda dei casi, inaugurò il banchetto d’inizio anno. Nemmeno papà o nonna sarebbero stati in grado di cucinare in un tale modo. Afferrai una coscia di pollo e iniziai anche io a mangiare. Nulla avrebbe potuto turbare un momento così.
Dopo cena, con la pancia abbondantemente piena, ci recammo, accompagnati dai prefetti, nei nostri dormitori. Il nostro si trovava nella torre ovest del castello e per accedervi fummo costretti, tutti insieme a risolvere un indovinello. Ci sbellicammo dalle risate mentre cercavamo di dare la risposta. Poi, un ragazzino di nome Dan e Rose trovarono la soluzione e finalmente la porta si aprì. La sala comune era meravigliosa, ornata da un busto della fondatrice della casa Priscilla Corvonero e da arazzi blu e bronzo. Il prefetto, Richard, ci indicò i dormitori femminili e quelli maschili e così, salutata Rose, mi diressi verso questi ultimi in compagnia di Dan. Era un ragazzino dalla carnagione chiara, con i capelli biondi e gli occhi blu. Sembrava piuttosto timido ma parecchio intelligente. Durante la strada, parlammo solo per presentarci meglio. Poi, giunti nel dormitorio, ci sistemammo nei letti vicini e ci augurammo la buona notte. Rimasi a riflettere sulla serata per un po’. Ero emozionatissimo di essere finito in quella casa ed ero altrettanto emozionato di scoprire le materie che avrei avuto il giorno dopo. Dan invece, ronfava tranquillamente. Mi stava simpatico e così decisi che il giorno dopo avrei cercato di stringere amicizia con lui. Dopotutto mia cugina era una gran bella compagnia, però avevo bisogno di un amico maschio con cui condividere avventure e disavventure ad Hogwarts come in passato avevano fatto mamma, zio Fred, papà e gli zii. Era circa mezzanotte quando finalmente chiusi gli occhi e mi abbandonai tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 4
*** Uno splendido inizio. ***


Il giorno seguente, mi svegliai senza nemmeno bisogno di una sveglia per la troppa eccitazione. Dan dormiva beatamente al calduccio delle coperte e quando feci per chiamarlo, si rigirò dall’altra parte. Dormivano ancora quasi tutti. Decisi allora, prima di richiamare Dan, di andarmi a lavare e di indossare la divisa sulla quale era già stato cucito lo stemma dei Corvonero. Quando fui pronto tornai a chiamare Dan. Finalmente si decise ad alzarsi. Si vestì di corsa senza dire una parola con gli occhi ancora gonfi per il sonno.
Scendemmo a fare colazione e già seduta al tavolo ovviamente trovammo Rose. I lunghi capelli rossi erano raccolti in un’elegante treccia e la divisa le stava divinamente. Tra le mani, mentre sorseggiava una tazza di cioccolata, reggeva un libro dall’aspetto davvero pesante e sembrava piuttosto immersa nella lettura.
“Buongiorno Rose!” Dicemmo in coro io e Dan.
“Buongiorno!” Rispose lei alzando finalmente gli occhi dal libro. “Dormito bene?” Domandò.
“Divinamente!” Dissi ridacchiando e voltandomi verso Dan che ancora sbadigliava. “E tu?”
“Anche” disse Rose con un enorme sorriso sul volto. “Avete già ritirato gli orari dal professor Paciock?”
Io e Dan ci guardammo sconvolti.
“Quali orari?” domandammo all’unisono.
“Maschi!” mormorò Rose visibilmente irritata. “Come immaginavo! Ringraziate la sottoscritta. Li ho presi anche per voi!”. Io e Dan tirammo un sospiro di sollievo per il fatto di non dover girovagare come trottole per il castello con il rischio di perderci proprio il primo giorno di scuola.
“Vi conviene sbrigarvi. La prima ora è proprio quella di volo giù nel parco. Io mi avvio. Ci vediamo di sotto. Buona colazione.” Si vedeva che era figlia di zia Hermione. Precisa e puntuale come pochi e studiosa come quasi nessuno.
Finita la colazione, io e Dan ci avventurammo verso il parco del castello parlando della personalità di Rose. Dan era pure una mente brillante ma da quello che avevo intuito dalla sera prima sino a quel momento, non amava molto studiare. Era intelligente e basta. Adorava usare la logica e l’ingegno ma dei libri non se ne doveva parlare. Io invece, beh..come aveva detto papà ero piuttosto saggio per cui preferivo pianificare tutto e applicarmi ma non avevo di certo le capacità né dell’uno né dell’altra. Sembravamo proprio il trio perfetto: io studioso, Dan geniale, Rose la perfezione.
La prima lezione di volo fu magnifica così come tutta la mattinata. Imparammo un sacco di cose mai sentite fino ad allora e ancora una volta mi resi conto che mia sorella aveva avuto proprio ragione quando mi aveva parlato così bene del mondo magico.
A pranzo io, Dan e Rose, sedemmo vicini e pianificammo cosa fare il pomeriggio dato che non avevamo lezioni. Le alternative, a dir la verità non erano né molte né allettanti considerato che a quelli del primo anno non era concesso fare quasi nulla. Non si poteva andare ad Hogsmeade, non si poteva andare nella foresta, non si poteva stare a girovagare da soli nei corridoi e chi più ne ha più ne metta.
Ci rimaneva solo di andare da Hagrid, di stare sdraiati nel parco, andare in sala comune e cominciare i compiti.
“Ci conviene portarci avanti con il lavoro” disse Rose imitando alla perfezione la zia Hermione.
“Non voglio starmene tutto il pomeriggio chiuso qui dentro” ribatté Dan facendo il broncio.
“Chi ha tempo non aspetti tempo!” riprese Rose con tono da saputella.
“E io non ne ho!” esclamò Dan infervorato.
Io decisi di non mettere bocca in quella discussione e affogai tutto me stesso nei toast che c’erano a tavola.
Mentre Rose e Dan continuavano ancora a perforarmi i timpani con i loro battibecchi, si sedettero al nostro tavolo i miei cugini e mia sorella. C’erano proprio tutti.
“Ciao ragazzi! Tutto bene?” domandò Albus Severus guardando in direzione di Dan e Rose che arrossirono visibilmente.
“Ehi!” risposi io “non fate caso a loro due. Stavano litigando per decidere cosa fare oggi pomeriggio. Studiare o oziare? Questo è il dilemma!” continuai ridacchiando e assumendo una postura pomposa alla Amleto.
I miei cugini risero fragorosamente e ovviamente tutti tranne Lily Luna si schierarono dalla parte di Dan che sorrise compiaciuto.
“A proposito” disse “non mi sono ancora presentato. Son Dan, Dan Baston.” 
A quelle parole i miei cugini sgranarono gli occhi.
“Tu sei il figlio di Oliver Baston?” Chiese James ancora sbigottito.
“ Il famoso capitano della vecchia squadra di Quidditch di Gifondoro nonché dei Puddlemere United?” continuò Roxy ancora più sorpresa di James.
“Ehm, sì.” Disse Dan arrossendo e abbassando lo sguardo.
“Fenomenale!” continuò Hugo. “Davvero fenomenale.”
“Bando alle ciance!” Esclamò ad un tratto mia cugina Lily. “Eravamo venuti per un motivo ben preciso! Ricordo bene? E per di più tra dieci minuti abbiamo lezione! Quindi muovetevi a dire tutto ai piccoletti!” Disse facendosi rispettare da quel branco di folli dei miei parenti.
“Oh sì!” disse Roxy battendosi una mano sulla fronte. “Volevamo dirvi che oggi pomeriggio, dopo l’ora di Pozioni, noi abbiamo la prima gita dell’anno ad Hogsmeade e…”
“PERFIDI, LURIDI, SCHIFOSI!” Urlò Rose facendosi sentire da tutta (o quasi) la Sala Grande. “Vi pare giusto comunicarcelo così mentre noi staremo qui a non fare nulla?”
“Shhh! Cretina!” la zittì suo fratello Hugo! “Vuoi farci mettere nei guai? “Ti informo che avevamo proprio intenzione di portarvi con noi dato che non avete nulla da fare. E se magari avessi lasciato finire la frase a tua cugina Roxanne magari avresti scoperto i nostri perfidi, luridi, schifosi piani per intero!” Disse Hugo facendo il verso a sua sorella.
Rose, mortificata, abbassò lo sguardo e arrossì. Io e Dan ci scambiammo un’occhiata divertita e aspettammo che ci dicessero tutto.
“Bene, se Rose permette adesso continuiamo” disse Hugo con tono ancora leggermente irritato.
“Aspetta!” Lo fermò Albus. E agitando leggermente la bacchetta sibilò: “Muffliato”.
Se l’avevano fatto, i piani erano davvero diabolici. Sorrisi divertito e guardai Dan che osservava estasiato quella banda di pesti.
“Dunque…” riprese Hugo “..il piano è questo. Vi abbiamo portato il mantello dell’invisibilità di zio Harry. Fred, mettilo nella borsa. Mi fido di te!” Continuò guardandomi fisso negli occhi. “È davvero fondamentale. Ricordatelo.”
“Rose, qui c’è la mappa di nonno James, Sirius e Lupin” Esclamò Albus Severus. “Osserva i nostri spostamenti. Appena ci vedrai dirigerci fuori dai seminterrati, avverti gli altri e andate verso questo punto del castello indossando il mantello dell’invisibilità! Lì troverete Roxy pronta a mostrarvi il passaggio della strega orba che porta dritto a Mielandia. Vi darà tutte le istruzioni che zio George le ha dato in precedenza e si assicurerà che vi entriate. Poi ci raggiungerà. Altrimenti potremmo insospettire la professoressa McGranitt.”
“È tutto chiaro?” domandò James.
“Sì” dicemmo in coro io e Rose.  Poi Lily si rivolse verso Dan.
“Benvenuto nel club!” gli disse con un sorriso.
“Grazie!” Rispose Dan convinto.
“Allora ci vediamo più tardi.” Dissero in coro i miei cugini allontanandosi da noi.
Finite Incantate” esclamò mia sorella con un rapido movimento del polso.
Poi si voltò verso di noi, ci fece l’occhiolino e seguì gli altri suoi compagni di avventure verso l’uscita della Sala Grande.
 

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Capitolo 5
*** Il nuovo gruppo ***


Il piano fino a quel momento era proceduto magnificamente. Il luogo dell’appuntamento non aveva mostrato insidie di nessun tipo (professori, alunni curiosi o altro) e Roxy ci aveva spiegato alla grande tutto prima di avviarsi con gli altri.
“Ancora non mi sembra vero” disse Rose eccitata, mostrando solo la parte ribelle del suo carattere e nascondendo alla perfezione quella diligente e ligia al dovere.
“Nemmeno a me!” esclamai lanciando un’occhiata al corridoio per assicurarmi che nessuno spiasse.
“Bando alle ciance ragazzi!” ci interruppe Dan. “Sarà meglio sbrigarci prima che a qualcuno possa venire la brillante idea di vedere come sta la strega orba o di venire a fare compagnia al solitario corridoio!” continuò soffocando un risolino. “Chi entra prima? E chi per ultimo?”
“Io entro per prima! Sono una signora dopotutto!” Esclamò immediatamente Rose senza darci il tempo di replicare e, prima che potessimo battere le palpebre, entro dentro la schiena della strega orba.
“Qui è tutto ok!” sibilò.
“Molto bene!” rispose Dan. “Allora arriviamo. Prima io o tu amico?” chiese Dan guardandomi con i suoi occhioni blu.
“Fa’ come vuoi! Per me è uguale.” Risposi allegro facendo spallucce.
“Oh bene! Allora se non ti dispiace andrei adesso.” Disse facendomi l’occhiolino e in men che non si dica, sparì.
Miseriaccia. Adesso mancavo solo io.
Non mi piaceva restare da solo. Preferivo di gran lunga la compagnia. Ma ormai era fatta. Ero da solo e Dan e Rose mi aspettavano per portare a termine la nostra prima missione.
“Arrivo” dissi “aspettatemi!” E così dicendo entrai dentro il passaggio tirandomi la porta/schiena della strega orba.
Il corridoio che portava al negozio di Mielandia era buio e freddo e le pareti erano di pietra grezza ma nulla, in quel momento, avrebbe potuto diminuire l’emozione che stavamo provando nell’infrangere le regole il primo giorno di scuola.
“Eccoci arrivati!” esclamò allegra ma sottovoce il nostro capofila Rose.
“Wow!” esclamammo in coro io e Dan rimanendo con la bocca aperta come due stoccafissi.
“Su, mettiamoci il mantello prima che ci scoprano.” Disse saggiamente Rose sbloccandoci dalla momentanea trance.
“Ah sì. Giusto.” Dissi.
E così facendo, passo dopo passo, pian pianino, arrivammo, attraverso una grande botola, al vero e proprio negozio, davanti al bancone.
Il negozio era completamente vuoto e ciò ci permise di osservare tutto per bene. La quantità di caramelle e cioccolatini che c’era, era a dir poco estasiante e l’aria che si respirava era qualcosa di paradisiaco. I commessi, intenti a parlare tra loro, non si accorsero minimamente del nostro arrivo, né del fatto che la mano agile di Dan aveva rubato loro un bel po’ di roba. Sembravano presi da una conversazione particolarmente interessante che tuttavia non riuscimmo a sentire a causa della calca di studenti di Hogwarts che arrivò poco dopo di noi. Tra di essi, ovviamente, c’erano i nostri cugini. Stavano comprando di tutto e di più: gomme bolle bollenti, zuccotti di zucca, calderotti, cioccorane e anche qualche confezione di biscotti gufici.
Quando uscirono dal negozio, ne approfittammo per non dover aprire la porta in un secondo momento e ci avviammo dietro di loro con passo felpato pronti a farli morire di paura una volta lontani dal centro. In teoria infatti avevamo appuntamento all’altezza della recinzione della Stamberga Strillante. E qual’era il posto più adatto ad uno scherzo del genere?
“Allora è tutto chiaro?” sibilò Rose avendo cura di mantenere la giusta distanza dal gruppo dei “grandi” prima di parlare.
“Signor sì!” Rispondemmo io e Dan portandoci una mano in fronte a mo’ di saluto militare.
E dopo una silenziosa ma sentita risata, Rose aggiunse: “Allora al mio tre. 1..2..3”
A quel punto scoppiò l’inferno. Dan, come da copione lanciò un urlo micidiale, io e Rose cominciammo a fare versi sinistri misti a risate mentre i nostri impavidi cugini si scontravano l’uno con l’altro tentando di scappare da quel posto in un’andatura talmente tanto buffa che sembravano stessero pestando l’uva.
Ridevamo talmente tanto che il mantello ci scivolò di dosso senza che ce ne accorgessimo. Stavamo ridendo con le lacrime, eravamo caduti per terra ormai quando qualcosa di potente ci colpì sulla nuca. Erano le mani di Albus, James e Hugo che avevano colpito rispettivamente me, Dan e Rose.
“Ahia!” urlò Rose. “Siamo suscettibili oggi, eh?” chiese con il broncio massaggiandosi ancora la nuca dove suo fratello l’aveva colpita.
“Era solo uno scherzo. Non fate così” dissi. “Dopotutto avreste dovuto vedervi. Mamma mia..eravate uno spasso mortale!” continuai, ancora tra le lacrime.
Dan stava zitto ma rideva di gusto sotto i baffi.
“Fai ancora lo spiritoso Freddie?” disse aspra la voce di Lily.
“Non era affatto divertente.” Disse imbronciata Roxy
“Oh, invece si che lo era” riprese Dan.
“Ben detto amico!” dissi rivolto verso di lui mentre gli strizzavo l’occhio destro.
“Devo forse ricordarvi grazie a chi siete qui? Potremmo sempre decidere di pietrificarvi e portarvi dritti dritti dalla McGranitt. Non credo sarebbe tanto lieta di vedervi!” disse James con fare altezzoso.
“Oppure più semplicemente potremmo scegliere di non dirvi più niente quando usciamo o quando abbiamo in mente qualcosa delle nostre. Eppure credo che non vi convenga sapete? Già per questa settimana bolle in pentola qualcosa!” disse con tono saccente Albus.
In quei momenti era proprio un perfido Serpeverde.
“Uffa. E va bene, va bene. Non era divertente.” Riprese Rose, seccata. “Adesso potete dirci di questa cosa a cui alludeva Sev?”
“Solo se chiedete scusa!” dissero tutti in coro i più grandi.
“Che barba essere i più piccoli!” esclamai.
“Scusateci” dicemmo all’unisono senza bisogno di metterci d’accordo. Dopotutto a casa nostra la curiosità non avrebbe ucciso solo i gatti (come dice il proverbio inglese), avrebbe ucciso tutti quanti. E adesso, la voglia di sapere cosa ci sarebbe stato da fare questa settimana era grandissima.
“Molto bene” disse James. “Adesso possiamo anche condividere i nostri beni con questi tre marmocchi” continuò con fare da bulletto. E detto questo aprì il sacchetto di Mielandia.
“Ah, e così saremmo dei marmocchi?” dissi adirato. “Quanto avete speso per tutto questo?”
“7 Galeoni, 5 falci e 1 zellino per l’esattezza!” disse con tono soddisfatto Lily.
“Ah sì?” dissi con un sorriso sardonico stampato in volto. “Dan, apri la borsa!”
“Obbedisco!” disse Dan che aveva capito tutto.
“Rifatevi gli occhi, GRANDI” dissi rimarcando ogni singola lettera dell’ultima parola e indicando con gli occhi la sacca che Dan aveva aperto mostrando tutta la refurtiva. La borsa straripava.
“Ebbene? Cosa ne dite?” dissi rincarando la dose.
“Complimentoni!” disse James ridacchiando. “E quanto avreste speso?”
“0 Galeoni, 0 Falci e 0 zellini” esclamammo in coro io, Dan e Rose. “Ringraziamo la mano agile del figlio di Baston!” continuai strizzando l'occhio a Dan.
“Allora non solo vi dobbiamo le nostre scuse! Ma dobbiamo assolutamente dirvi cosa ci sarà questo sabato al Castello!” esclamarono in coro Hugo e Roxy.
“Evvaiii!” disse Rose con un sorriso enorme stampato in volto.
I grandi erano talmente tanto contenti di noi che ci guardavano come avrebbero fatto degli allevatori di creature magiche nei confronti di quelle più rare e preziose. C’era sotto qualcosa di grosso.
“Allora, dicevamo..sabato prossimo, il gruppo dei “Potsley”, così abbiamo deciso di chiamarci, vorrebbe inaugurare la sua nascita e festeggiare i suoi tre nuovi membri con un’uscita clandestina dal castello verso il Villaggio. Ci state? Come siete combinati con le lezioni?”. James era proprio soddisfatto della frase appena pronunciata e ci guardava con un’espressione difficile da decifrare. Era a metà tra il pestifero e l’emozionato.
“Beh, veramente non sapr..”
“Zitto cugino! So l’orario a memoria!” Esclamò Rose.
Come avevo potuto sottovalutare le sue potenzialità mentre stavo per dire che non sapevo che orario avessimo?
“Sabato finiamo alle 10 del mattino. Abbiamo solo Storia della Magia e Trasfigurazione” continuò Rose. “Quindi, vada dalle 10 in poi!”
“Affare fatto!” Esclamarono in coro Lily, Hugo e Roxy. “Anche noi finiamo alle 10. Abbiamo Divinazione e Rune Antiche. Voi come siete messi?” chiesero poi rivolti verso Albus e James.
“Io ho solo gli allenamenti sabato” disse Albus soddisfatto “Cominciamo alle sei del mattino. Zabini ha deciso così per poi essere libero dalle 9 in poi e dato che nessuno di noi aveva lezione, abbiamo accettato.”
“Zabini vuole essere libero dalle 9 in poi?” chiese ridacchiando Hugo “E cosa dovrà fare di tanto importante? Se non avessimo qualcosa di organizzato, passerei il sabato a spiarlo. Chissà con quale fagiana starà.” aggiunse mentre tutti noi ridevamo fragorosamente.
“E tu James? Come sei messo?” riprese Lily.
“Ho lezione fino alle 13 ma mi inventerò qualcosa con Pix. No problem!” esclamò sorridendo. “Dopotutto non ho nessuna voglia di vedere per ben due ore la faccia di quella babbuina della Cooman e per un’ora quella oblunga e sciupata del professor Rüf.” A quelle parole si accompagnarono una serie di risate più fragorose di quelle che ci aveva strappato la battuta di Hugo ma prontamente Lily continuò: “Bene, detto ciò direi che sarebbe ora di andare dato che abbiamo appuntamento con la Mc Granitt in piazza tra un quarto d’ora. Voi venite con noi o andate da Mielandia?”
“Andiamo da Mielandia. Dan ha ancora qualcosa da prendere!” dissi facendo l’occhiolino ai miei cugini e poi a Dan.
“D’accordo!” esclamarono i grandi in coro. “Allora ci vediamo in Sala Grande per la cena!”
“Siate prudenti” aggiunse Roxy.
“Non preoccupatevi per noi! A dopo!”
E, girate loro le spalle, ci incamminammo verso il nostro amato negozio.

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