Non sono niente. | Non sarò mai niente. | Non posso volere d'essere niente.

di LeMee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** uno. ***
Capitolo 2: *** due. ***
Capitolo 3: *** tre. ***



Capitolo 1
*** uno. ***


Tutto mi appare nitido, in un quaalche momento della notte. 
Sono sull'autostrada, completamente sgombra. In macchina, vado veloce.
Dev'essere mattino presto, forse pomeriggio tardi, perchè il sole non si vede.
Oppure è semplicemente nascosto, fra le nubi.
Comunque, non lo capisco, non ci faccio nemmeno troppo caso.
Sono con la mia famiglia e ci stiamo dirigendo da qualche parte, su un' autostrada vuota, nulla di più.
Potrei essere ovunque, mi mancano troppi dettagli.
Forse stiamo parlando, oppure ognuno è perso nei suoi pensieri. Ricordo solo che ho molto freddo.
Vedo l'imboccatura di una galleria in lontananza.
Mi sembra leggermente surreale, c'è qualcosa di inquietante in tutto ciò che mi circonda.
Tipo la mancanza di altre forme di vita attorno a noi, oppure l'aria, che faccio quasi fatica a respirare.
Sembra pungente.
Entriamo nella galleria, un normale tunnel di autostrada, illuminato a giorno.
Procediamo velocemente. 
Guardando la nostra auto, non capisco.
Non è una macchina normale.
E' un cocchio, tirato da due cavalli veloci. 
Non so come ho fatto a non accorgermene prima.
Sento qualcosa che mi turba profondamente.
Ecco che, dietro di noi, sento un rumore di zoccoli.
Sono terrorizzata, perchè quel rumore mi fa venire i brividi: sembrano unghie che stridono su una lavagna.
Mi costringo a girarmi. 
Un altro cocchio ci insegue.
Solo che è diverso dal nostro: trainato da due cavalli neri, guidato da uno scheletro.
I cavalli hanno un pelo lucente. 
Lo scheletro ci vede, se così si può dire, e sprona i cavalli con una frusta.
Quelli cominciano, spinti forse da furia animale, a correrre verso di noi ad una velocità spaventosa.
Io posso vederli. Il loro manto si riduce a brandelli, non resiste all'attrito con l'aria.
Predono la criniera e il pelo, ma non si fermano e stanno per raggiungerci.
Ora di loro rimangono solo più le ossa e un certo bagliore folle negli occhi.
Noi sproniamo i nostri cavalli, però questi non riescono ad accellerare: sono animali normali.
Se andassero più veloci probabilmente il loro cuore cesserebbe di battere, sarebbe anche peggio.
Io sono terrorizzata. Mi assale una paura ceca e la consapevolezza che potrei morire in un modo tremendo. 
Divento cosciente, d'un tratto, del fatto che morirò.
Allora, con gli arti praticamente paralizzati, prendo una decisione.
Lo scheletro ci ha praticamente raggiunti.
Alla fine della galleria, vediamo un muro: sembra che non ci sia uscita.
Non so perchè, forse presa dalla paura, decido di buttarmi giù dal cocchio, pensando così di poter salvare i miei genitori.
E' giunto il momento.
Salto, rotolo, o comunque mi sbilancio e scivolo fuori dal cocchio, sull'asfalto.
Contro il muro, senza guardare, aspetto che la morte mi porti via.
Infatti lo scheletro arriva subito.
Non ho il coraggio di aprire gli occhi.
Scende dal suo cocchio, lo so, è dietro di me.
Poi si china e io mi sento morire.
Mi tocca con una mano, ossea. Mi stringe il braccio sinistro, appena sotto la spalla. 
Sento un dolore lancinante, è come se mi stesse polverizzando tutte le ossa del corpo.
E' terribile, anche solo da immaginare.
Le mie vene si gonfiano, poi esplodono.
Mi sento il sangue in gola, nel petto, in testa. E' come se mi fosse scoppiato anche il cuore. 
Poi non capisco più niente.



Angolo dell'autrice.
Questa è una raccolta di sogni che ho fatto.
Forse più un diario per me, che qualcosa per voi.
A meno che non vogliate provare a interpretarli.
Comunque dubito, anche perchè sono quasi tutti strani/inquietanti.
LeMee.


 

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Capitolo 2
*** due. ***


Sono una bambina.
Con me ci sono due signori sui sessant'anni che mi viziano molto, comprandomi tutto quello che desidero, e mi sembrano volermi molto bene.
Potrebbero essere degli zii, oppure dei nonni.
Almeno uno, quello più basso tra i due. Un uomo basso, una faccia simpatica, capelli bianchi. 
L'altro è alto e sottile.

Io, questa mattina, sto andando a vendere le mie bambole usate a qualcuno e entro le dieci devo essere in città per frequentare un corso di qualcosa.
Adesso vivo in campagna.
Una signora a cui io insegno qualcosa al corso mi ha chiesto di cucirle una bambola con un vestito di stoffa pregiata, verde. Lei mi ha dato il pezzo di stoffa qualche giono fa, io l'ho adattato alla bambola. 
Chiamiamo una carrozza per andare in città, ma dentro stranamente ci sono dei maiali, invece che cavalli o mucche.
A metà strada mi accorgo che ho dimenticato di portare il vestitino verde in città, così fermo la carrozza e chiedo allo zio/nonno se possiamo tornare a prenderlo. 
Lui annuisce e riesce a convincere anche l'altro signore.
Io allora gli chiedo se possiamo tornare a casa con il sessantuno per non fare troppo tardi, ma lui mi risponde di no, perchè il sessantuno passa solo una volta ogni tanto.

Così decidiamo di affittare delle cose simili a sci di legno, che però si usano nell'acqua, e iniziamo a risalire la collina verso casa. Passiamo a lato della strada, sciando in mezzo a dei piccoli rivoli d'acqua pieni di alghe, che seguono perfettamente le curve dell'asfalto.
Ad un certo punto vediamo un uomo sdraiato in un carro, sembra morto, ma in realtà sta solo male o dorme.
Non riesco davvero a capire se la collina è in salita o no, se l'acqua scorre verso l'alto o verso il basso.
A noi si unisce un uomo, mio padrino, che inizia a lamentarsi con me del fatto che poco tempo prima si era candidato alla elezioni senza poi venire eletto, e giurando che si sarebbe ricandidato appena possibile.
Adesso siamo in un punto in cui c'è molta acqua: sembra uno slargo della strada soleggiata. I miei zii/nonni sembrano incontrare qualcuno che conoscono e lo salutano.

Guardo l'ora. Mi chiedo se valga la pena tornare a predere il vestito della bambola, sono già le 10:31, quindi tardissimo perchè l'appuntamento era alle dieci in città. 
Entriamo in un negozio e mio zio/nonno mi fa complimenti per il mio modo di sciare davanti alla proprietaria, una donna giovane che entrambi conoscono bene.
Alla fine mi compra un peio di sci di cristallo, mentre l'altro uomo borbotta qualcosa.
La donna ci chiama una carrozza. 

Una volta che siamo saliti il cocchiere  ride in modo malvagio e divertito, poi apre le due porte del carro e ci fa vedere che dentro gli sci sono appoggiati su un maiale, che torna dalle 'cose organiche'.
I due signori, sbuffando, dicono "di nuovo?" e poi salgono in carrozza con me per tornare a casa.




Angolo dell'autrice.
Questo sogno non ha assolutamente nessun senso, credo sia uno dei miei sogni più strani.
Oddio.
LeMee

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Capitolo 3
*** tre. ***


Sono nella mia casa di campagna, sul terrazzo del secondo piano. 
Sto facendo i compiti, promessi sposi o metematica, con due mie compagne di classe.
Nel cielo sopra di noi iniziano a passare velocemente degli iceberg di pietra.
Cioè, pezzi di roccia sospesi con alberi e piante sopra, vanno veloci come le nuvole. 
Strano.

Il paesaggio attorno a noi è marittimo, golfi e coste di terra rossa, vegetazione assurda e rigogliosa.
Sembra un'altra epoca, probabilmente la preistoria, perchè non vedo città o altre case. Solo palme.
Sul dekstop di un coputer (che evidentemente teniamo sulla scrivania) c'è una cartella che mi incuriosisce: Vittoria.
Allora io, per rompere il silenzio imbarazzante, faccio notare alla mia compagna che il nome del file è uguale a corso Vittorio, dove lei abita.
Aggiungo che anche mia nonna abita lì, poi scherzando dico che abita su un iceberg e immediatamente penso che sarebbe tremendamente bello viverci davvero.
Se solo esistessero! Per qualche motivo mi rendo conto che gli iceberg volanti non eistono davvero nella realtà.

Mentre li fisso, comunque, uno di questi comincia a prendere velocità e andare storto, poi cade in un golfo di mare che si vede dal notro terrazzo.
Io sono un po' preoccupata, ma le mie compagne sembrano totalmente a loro agio.
Dalla montagna vicino a casa mia vediamo staccarsi e rotolare a valle qualche pietra, verso di noi.
Capaimo che c'è una frana in corso. I sassi sono sempre di più e sempre più grandi.
Mentre scendo, nel panico, mi accorgo che il mio telefono è ancora sul tavolo, vicino ai libri di scuola.
Allora torno a riprenderlo correndo: vorrei, credo, chiamare persone a cui tengo molto e dire qualcosa prima di morire.
Al piano di sotto la via per le scale è ostacolata da alcune pietre enormi e da una giraffa.
Urlo "che cazzo ci fa qui una giraffa?", presa dall'agitazione.
Vedo che ci sono anche mio zio e mio cugino, non sembrano paricoarmente preoccupati.
Un altro cugino, invece, sta ancora guardando la partita in sala, non si è accorto di niente. 
Io cerco di chiamarlo, ma il volume della televisione è troppo alto perchè lui possa sentirmi.
Nel corridoio vedo mio padre e gli chiedo cosa possiamo fare. Lui risponde che non ne ha idea.
Penso che, forse, potremmo prendere un piccolo elicottero, ma rimarrebbe comunque il problema degli iceberg volanti nel cielo.

Ad un certo punto, credo prima della frana, incontro un'altra compagna.
Lei mi dice che per natale ha dedicato una poesia a ogni membro della classe, presa da un libro di classici greci.
Penso che dovrei falre un regalo anche io, che forse avrei potuto comprare dei guanti per un'altra persona, poi cucirci sopra qualcosa.
Tipo gli "adesivi di stoffa".
Sul letto di una stanza, in cui non dorme mai nessuno, vedo i miei guanti a forma di papera e altri due paia bianchi e giallo canarino, sempre miei e molto caldi.



Angolo dell'autrice.
Uhm, mi sento strana.
LeMee

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