Without Inspiration

di Chaosreborn_the_Sad
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter I ***
Capitolo 2: *** Chapter II ***
Capitolo 3: *** Chapter III ***



Capitolo 1
*** Chapter I ***


Without Inspiration Cap I

 

 

Nota iniziale: Prerequisito per aver letto questa storia è aver letto "Untitled", stesso autore, sezione originali, nonsense http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=133469&i=1 . Questa storia gli da un seguito ed un minimo di senso.

Altrimenti non ci capireste molto.  Alcuni personaggi sono gli stessi trovati in Namarie, che si colloca circa due anni dopo questa.

Detto ciò, vi auguro buona lettura.

 

Without Inspiration

 

Cap I 

Fa freddo la mattina presto, a dicembre. Troppo freddo.
Reprimo uno sbadiglio e salgo sull’autobus. È odioso doverlo prendere alle sette del mattino, perché ciò comporta svegliarsi alle sei, per essere pronti. Ma è il prezzo da pagare per abitare lontano dal centro della città.
Specialmente se la città è triste, come Trieste.
Prendo posto sul mezzo, che rallenta di nuovo. Alla fermata sale una ragazza.
I suoi capelli sono lunghi, di un biondo scuro che può apparir castano e mossi in modo tale da sembrare un cespuglio. I suoi occhi nocciola mi notano. La saluto.
Prende posto di fronte a me e mi sorride.
- Hai studiato fisica?- domanda.
In risposta, rido. Posso impegnarmi quanto voglio, ma il libro perderà sempre interesse, dopo qualche minuto. Sono una persona con la testa fra le nuvole, non posso farci nulla.
Quando mi chiede il motivo di tale reticenza, non dico nulla. Per risposta, osservo l’alba, fuori del finestrino. Devo ammettere che uccide un po’ la poesia, guardarla dall’autobus, ma vedere le prime luci riflettersi sul mare compensa il tutto. Infatti, anche la mia amica mira lo spettacolo mattutino.
Mentre l’autobus continua il suo viaggio, ella nota il mio sguardo perso.
- Kyle?-.
- Dimmi, Jess-.
- Che cos’hai stamattina? Sembri perso. E intendo, più del solito-.
Jessica. Ormai mi conosce così bene da carpire il mio stato d’animo all’istante. Per questo la considero mia sorella, come ella considera me un fratello.
- Nulla, pensieri raminghi- rispondo. Mi appoggio una mano sulla guancia, ricalcando il punto dove sono stato colpito, solo il pomeriggio prima.
Quella ragazza è ancora fissa nella mia mente. Quegli occhi, sono fissi nella mia mente.
- Kyle!- urla Jess, riportandomi alla realtà.
- Che cosa c’è, ora?-.
- Dobbiamo scendere-.
Smontiamo dal mezzo e ci avviamo su per la salita che porta al liceo.
Mentre aspettiamo che il professore della prima ora arrivi, Jess prova di nuovo a farmi dire che cosa mi turba. Invano.
Il professore arriva, portandoci per un’ora ai tempi di Galileo, Copernico e Keplero. Dal canto mio, sono impegnato in un disperato ripasso dell’ultima ora. Tragicamente (e come sempre accade, quando si è in queste condizioni), nel momento in cui memorizzo una formula, quella che ho imparato poco prima, svanisce. Poco male.
L’ora passa velocemente, forse troppo.
Non ha neanche suonato, che i miei compagni han già cominciato a dividere i banchi.
Puntuale come al solito, sento Therese, la ragazza alle mie spalle, dirmi qualcosa del genere: - Kyle, ho paura! Non ho studiato nulla, andrò male…-.
E, come al solito, Luke (il suo ragazzo) ed io siamo pronti a dirle che non è vero, che andrà bene, che il peggio che potrà prendere sarà un sette.
Finalmente entra il prof, felice di trovarci già divisi.
Non perde tempo, mette un plico di fogli in mano a Kimberly, un’altra nostra compagna di classe, affinché li distribuisca.
Guardo Jess ed allungo la mano.
- Tre/quattro?-.
Ella afferra la mia mano e la stringe con vigore.
- Tre/quattro- afferma. Oramai è il nostro “rito propiziatorio”. Perché entrambi sappiamo che il nostro voto sarà molto probabilmente un tre/quattro. È da aprile che siamo abbonati.

Campanella.
Intervallo.
Finalmente.
Consegno, rassegnato, ed esco dalla classe, insieme a Jessica, Jack e ad un altro paio di compagni. La conversazione verte inevitabilmente sul compito. Inutile dire che le rette dei grafici andavano in una direzione diversa per ognuno di noi e che il peso delle auto variava dai cento ai tremila chilogrammi.
Usciamo sul retro, dove incontriamo tutto il gruppo d’amici delle altre classi, raccolti sotto un piccolo portico.
Vengono estratti pacchetti, accendini girano e, dopo poco tempo, la maggior parte di noi ha la sigaretta che pende dal labbro. Tranne quei pochi che non fumano, di cui facevo parte anch’io, fino all’anno prima.
Si parla del più e del meno, si ride, pensando ai voti che il prof ci riporterà, finché Jack non ci ricorda che quel sabato sarebbe stato il suo compleanno.
- Ti tirerò diciassette volte la coda- scherza Jessica, ironizzando sulla chioma castana di Jack.
- Orco bubbetz, ti prova e te verserò Jack per tutti i cavei!- risponde Jack in dialetto, imprecando e minacciando di cospargere del Whisky suo omonimo i capelli di Jessica.
Accanto, un paio di altri ed io ridiamo alla scena.
- Organizzi qualcosa?- domanda Helena, accanto a me.
- Mah, non so. Pensavo di offrire da bere in birreria, nulla di più-.
- Ti dispiace se viene anche una mia amica, allora? Perché le avevo promesso che questo sabato saremmo andate da qualche parte assieme- asserisce la ragazza, scostando uno dei suoi riccioli bruni da davanti agli occhi color acquamarina.
- Basta che sia carina- afferma egli, con un sorriso.
Una risata copre la campanella di fine intervallo.

***

Finita. Passate le altre tre ore di lezioni, usciamo dall’edificio, pronti ad andare a prendere l’autobus per tornare a Muggia.
Mi chiedo se per caso la rivedrò. Dubito, poiché ieri stavo tornando a casa ad un’ora più tarda.
- Allora, a Jack che cosa possiamo prendere?- comincia Jessica, per avviare il discorso.
- Non saprei. Tu che cosa gli regaleresti?-.
- Non ne ho la più pallida idea. Che dici, questo pomeriggio facciamo un giro per le librerie? Si trova sempre qualcosa d’interessante-.
Annuisco. Ella tira fuori il suo fido compagno, il lettore mp3. Lo stesso faccio io con l’iPod.
Continuiamo così il viaggio, con una cuffia soltanto, parlando del più e del meno.
Per le mie orecchie passa un po’ di tutto, da Venditti e la sua “Notte prima degli esami” alla voce carica di passione di Jim Morrison.
Nelle orecchie di mia sorella, invece, passa una vasta gamma di Rock’n’Roll e Metal, abilmente assortiti.
All’altezza del cimitero di Muggia, mi domanda di nuovo che cosa mi stesse assillando, quella stessa mattina. Sospiro.
Le racconto dell’incontro, degli schiaffi. Sorride, sentendo che mi sono preso una sfilza di ceffoni destinati ad un altro. Sorrido a mia volta. Ha un che di tragicomico, rinarrare la vicenda.
Arriviamo finalmente alla stazione, dove ci sediamo sulla solita panca. La stessa dov’ero il giorno prima.
Jess mi domanda se tutto il turbamento derivi solo dagli schiaffi. Sospiro nuovamente, sorrido e la guardo.
- No-.
- Da che cosa, allora?-.
- Son come Petrarca- asserisco.
Coglie l’allusione. Mi sorride anch’ella. Mi dice che sono decisamente romantico. Forse un tantino troppo.
Le rispondo che concordo.
L’autobus numero trentadue sale sulla collina, portandoci a casa. Ci diamo appuntamento ad un’ora più tardi e ci salutiamo. Il tempo di appoggiare i libri, mangiare un boccone e rilassarsi un secondo.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Chapter II ***


Without Inpsiration Cap II

Nota d'autore: Contento di vedere che la fiction è stata apprezzata =)

A voi il secondo capitolo... e RECENSITE!

 

Cap II

- Allora, trovato nulla d’interessante?-.
- Nah. Non so quanto possa interessargli il libro dei “Mille modi per cucinare i capuzzi garbi”- dico, mostrandole un tomo sulla cui copertina campeggia un cavolo.
- Conoscendolo, potrebbe anche andare. Aggiungiamolo alla lista dei forse- asserisce Jess.
È la quarta libreria che frughiamo sistematicamente. Il centro pare essere un po’ spoglio, in questo periodo. Malediciamo entrambi le persone che si mettono a comprare i regali di Natale al primo di dicembre.
- Io direi di chiudere qui, pensarci stanotte e decidere domattina. Così passiamo domani pomeriggio a comprare e ci togliamo il pensiero- dico.
Cominciamo a camminare verso Piazza Unità. Mio padre ci avrebbe dato un passaggio fino a casa, essendo di strada.

***

Quella sera è ancora peggio. La sogno.
Non fa nulla d’importante, rilevante o strano. No. Ma la sogno.
Mi sveglio, verso le tre del mattino. Vedo i suoi occhi, il suo sorriso, i suoi capelli, nel buio della mia camera. Scuoto la testa. Sono sempre capace di innamorarmi di un sogno impossibile.
Mi ero già fatto riconoscere per aver speso due anni ad essere innamorato di Liv, una mia compagna di classe.
“Non sarà un’avventura”, cantava Battisti. Ha colto perfettamente nel segno. Sono una persona che, a meno di non provare qualcosa di veramente profondo, non si fa avanti. E prende anche un sacco di tempo per rassegnarsi all’impossibile.
Liv, la mora che ha avuto il mio cuore per due lunghi anni, avrà sempre un posto là. Ma è tempo di guardare avanti. E così, questa misteriosa fanciulla dall’aurea chioma sta entrando nel mio cuore.
È impossibile, mi dico. È impossibile innamorarsi di due occhi, per quanto possano essere ammalianti.
O forse no?
Non trovo risposta al mio quesito. Posso solo rimembrare la sua risata. Non so neanche come si chiami.
Mi alzo e vado sul balcone. La fresca aria notturna mi lambisce il viso. Accendo una sigaretta, tentando di rischiararmi le idee. Senza alcun risultato apparente.
Tento di convincermi che è solo un sogno, ma è inutile.
Rimango sveglio a rimuginare fino alle cinque. È strano come il tempo passi velocemente, quando invece servirebbe a palate. Non ho modo di recuperare il sonno perso, perché la sveglia comincia a suonare nel momento in cui comincio a cadere nuovamente nelle braccia di Morfeo.
A malavoglia, imprecando contro non so bene quale divinità, mi alzo. Dopo essermi vestito, osservo la mia stanza.
Il caos regna sovrano ed incontrastato. Pile di libri sono sul pavimento, invece che essere riposti nella libreria; una chitarra è appoggiata alla buona al muro. Sull’armadio campeggia un poster di un action movie risalente a qualche anno prima, circondato da varie cartoline e dalla mappa di Gävle, una cittadina svedese, che avevo visitato pochi mesi prima.
La scrivania è in condizioni anche peggiori. Il computer portatile ha il suo posto d’onore, al centro del tavolo, mentre intorno stanno altri mucchi di libri e fogli sparsi.
Riesco a recuperare i libri concernenti Orazio e Ariosto, che mi sarebbero serviti quel giorno, e dopo mi avvio al piano terra.

***

- Non è che ti stai innamorando?-.
- Potrebbe anche essere. Ma significherebbe che l’amore a prima vista esiste- rispondo.
Ho raccontato a Jessica del mio sogno e di come ho trascorso il resto della notte.
Nel mentre, la professoressa sta spiegando i vari significati di “Nunc est bibendum”. Un carmen che sicuramente ricorderemo, da bravi etilisti quali siamo.
L’ora di latino termina, lasciandoci liberi d’andare. L’ultima ora la perdiamo perché la professoressa di chimica ha ben pensato di farsi il week-end lungo.
Salutiamo il resto degli amici e scendiamo lungo la via, diretti alla fermata.
- Che ne dici se andiamo a prenderci un kebab, prima di andare a comprare il regalo?- propongo.
- Mh. Non penso di potere. Mancanza di fondi- mi dice Jessica, mesta.
- Ma dai, ti offro io-.
Mi dice che non dovrei e sorride.
Mentre attendiamo che arrivi il nostro mezzo di trasporto, ella mi caccia in mano un auricolare del suo lettore mp3. Ascolto il riff di chitarra, accompagnato dalla batteria, finché non riconosco la voce del suo amico Francesco cantare in inglese.
- I Roses stanno diventando veramente bravi- affermo, riferendomi al nome della band.
Jess mi dice che Francesco le farà visita a Trieste, verso Carnevale.
Intanto abbiamo raggiunto Piazza Goldoni. Scendiamo dalla corriera ed entriamo nel piccolo take-away turco.
Dopo aver pagato, usciamo con i nostri Doner in mano e ci sediamo su una panchina poco lontana.
- Allora, hai deciso che libro prendergli? Io continuo a proporre quello dei cavoli, altrimenti- le dico, dopo aver ingoiato l’ultimo boccone.
- Prendiamogli la biografia di Guccini e quella di de André. Andranno più che bene- asserisce ella.
Mi trovo d’accordo. Ci alziamo e cominciamo a marciare per le vie, diretti verso la libreria dove, il giorno prima, avevamo visto i suddetti libri.

***

Neanche quella sera dormo bene. Più decido di non pensarla, più il suo viso riaffiora nella mia mente, dai ricordi. Ad un’ora indefinita, crollo in un sonno senza sogni. Per mia fortuna.
La sveglia suona, puntuale come sempre. Sei-zero-cinque. Mi costringo ad alzarmi e a prepararmi, per poi andare a bere il tanto agognato caffè mattutino. Senza saremmo perduti, mi dico.
Mentre bevo, mangiucchiando qualche biscotto, mi faccio un riassunto mentale della giornata. Colazione, scuola, pomeriggio, festa di Jack. Sospiro, mentre esco fuori della porta. Ancora pochi giorni e poi sarebbero finalmente arrivate le vacanze Natalizie.

- Kyle, Jess!-.
- Buongiorno Dean- dico. Ci avviciniamo al ragazzo moro che ci ha salutato. Accanto a lui sta Amy, un’altra nostra amica. Salutiamo anche lei e ci incamminiamo verso il bar della scuola, per il cornetto mattutino.
Mentre mangiamo, parliamo di un po’ di tutto. Entrambi notano che porto i segni di un paio di notti passate per lo più sveglio. Sorrido e dico loro di non sapere a che cosa possa esser dovuta, quell’insonnia. Non è il momento di parlarne. Casomai, più tardi.
Suona la campanella. Finiamo di mangiare e attraversiamo i corridoi, per arrivare in classe.
Una volta là, facciamo i nostri auguri a Jack, che ci fa sapere ora e luogo, per quella sera. Jess riesce nel suo intento di tirare la coda a Jack, nell’ilarità generale.
Arriva, dopo qualche minuto, la professoressa d’inglese, che continua il suo giro d’interrogazioni. È una fortuna avere un buon voto in inglese: la prof, solitamente, interroga prima quelli che sa essere bravi, togliendoci, in tal modo, il pensiero da subito.
Vengo riportato alla realtà da Jess, che mi dà un colpo sull’avambraccio. La guardo, non capendo. Ella m’indica un foglio.
L’hai sognata anche stanotte?
Geniale, sorella mia. Afferro la matita e rispondo.
No. Ma non riuscivo a levarmela dalla mente.
Come mai?
Che razza di domanda? Non lo so. Non posso essere innamorato di un sogno.
Non lo so.
Ella sospira.
Spero non finisca come con Liv.
Liv. È seduta pochi posti più in là, concentrata sui suoi affari. Anch’ella, come me, è stata interrogata tra le prime.
Prima di dichiararmi avevo perso un anno, incerto se dirglielo o meno. Poi, dopo il suo rifiuto, era passato un altro anno, prima che mi riprendessi. E in quell’anno c’erano momenti decisamente pessimi, in cui la tristezza prendeva il sopravvento.
Le lancio un’occhiata veloce e poi guardo il foglio.
Ma no, tranquilla. Non è come con lei.
Jessica scuote la testa, poco convinta.
Non so neanche come si chiami, aggiungo.
Non sono convinta. Basta che non ti rattristi troppo. Lo sai che ci sto male, a vederti soffrire.
Lo so. E sai che provo lo stesso per te.
Mi sorride.
Il resto delle due ore passa tranquillo, mentre noi continuiamo a parlare scrivendo. Ottimo modo per non disturbare la lezione.

Durante la pausa, altre nostre amiche seguono l’esempio di Jess, facendo gli auguri a Jack nello stesso modo. Dopo essersi sottoposto alle torture, mi scrocca una sigaretta.
- Allora, otto e mezza al Giglio, giusto?- domando.
Egli conferma. Poi ci fa notare che offrirà solo da bere, quindi non la cena.
- Tirchio come sempre- dice Dean.
Jack sorride, tira una boccata e soffia il fumo in faccia all’amico.
L’intervallo finisce, mentre noi spegniamo i mozziconi sulla colonna che tiene su il portico.

 

E così è concluso anche il secondo. la festa s'avvicina...

Un grandissimo ringraziamento alla solitaria recensitrice, vedrai vedrai che cosa accadrà...

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Capitolo 3
*** Chapter III ***


Without Inspiration Cap III

E così s'arriva all'ultimo capitolo di Without Inspiration. Che poi (leggerete in fondo tra le note per capire) forse l'ultimo non sarà.

Buona lettura.

 

Cap III

- Hai preso i libri?-.
- Tranquilla Jess, non son tipo da scordarmeli- rispondo. Jessica sbuffa.
Iniziamo a camminare attraverso Borgo Fonderia. Nonostante siano solo le sette e mezza, è già buio.
Mentre camminiamo, la mia amica mi chiede come va.
Le dico che non lo so. Anche perché, in fin dei conti, è vero. Ella sorride, mesta, per poi darmi una pacca sulla spalla.
- Dai, che stasera ci divertiremo- afferma.
- Anche perché paga Jack- aggiungo. Entrambi ridiamo.
L’autobus numero venti si ferma, ad un gesto di Jessica. Saliamo e ci sediamo, contenti di aver trovato un paio di posti.
L’iPod ed il fedele compagno mp3 sono nuovamente tirati fuori e presto la voce del Cesco Guccini risuona nelle mie orecchie. In poco tempo mi ritrovo a canticchiare a mezza voce.
- “Bella d’una sua bellezza acerba, bionda senz’averne l’aria…”-.
- Come dici?-.
- Nulla Jess, canticchiavo- le dico. Senza una parola, ritorna a farsi cullare dalla voce di Steve Tyler.
Arrivati in Largo Barriera scendiamo, pronti a scarpinare fino al luogo designato.
Fa freddo. Troppo freddo.
Dopo una ventina di minuti, arriviamo. Siamo pure in anticipo, ma troviamo Jack già là, con la sigaretta che pende dall’angolo della bocca. Accanto a lui sta Dean, con altri nostri amici ed amiche.
Ci avviciniamo e salutiamo.
Jack e un paio d’altri fumatori tirano le ultime boccate ed entriamo.
Chiedo a Jack se manca ancora qualcuno.
- Mah, non so. Helena mi ha detto che sarebbe arrivata più tardi, con la sua amica, Mary e Johan non potevano venire e Sven è già dentro- mi risponde.
Saliamo la scala che ci porta al piano superiore del pub e prendiamo posto ad un tavolo, che Jack aveva fatto riservare, chiamando quello stesso pomeriggio.
Cominciamo ad ordinare le prime rosse, brindiamo a Jack, che pagherà il conto, alla nostra e agli amici.
Dopo i brindisi si passa alle chiacchiere, qualcuno tira fuori un mazzo di carte, c’è chi fa dentro e fuori del locale per fumare e così via.
- Jack-.
- Dimmi, Kyle?-.
- Proporrei un tagliere- gli dico, riferendomi al peculiare modo di servire le grappe in quel pub: a dozzine sui taglieri. Jack annuisce e si volta verso la cameriera.
Dopo aver preso il suo ordine, la signorina si dilegua. Nello stesso momento, appare, in cima alla scala, Helena.
- Hej Helena, siamo qui!- dico, notandola.
Mi nota, sorride e si avvicina.
- Hej, Kyle! Vado a chiamare Maeve, arrivo subito-.
- Maeve?- mi fa Jess, una volta che la nostra amica è scesa dalle scale.
- Bel nome. È celtico-.
- Sì, lo so. Ma chi è?-.
Asserisco che, probabilmente, sarà l’amica di cui aveva accennato un paio di giorni prima.
Come risposta, Jess afferra un bicchierino rimasto incustodito e lo vuota in un sorso.
- Ragazzi, lei è Maeve- annuncia Helena, dopo aver recuperato l’amica ed esser tornata.
Un coro di saluti accoglie la ragazza. Io levo velocemente gl’occhi verso la biondina nuova arrivata, per poi immergermi nella conversazione con Sven, dall’altra parte del tavolo.
Jess, al mio fianco, si alza per andare in bagno, portandosi dietro Amy. In meno di un secondo mi trovo Helena accanto.
- Allora, come va?- mi domanda sorridendo.
- Bene, grazie. Voi?- le dico. Al che, allungo la mano verso Maeve, seduta oltre Helena.
- Piacere, io sono Kyle-.
Ella stringe la mia mano, guardandomi negli occhi. Sorride. Riconosco quegli occhi.
Per un momento, cala il silenzio, nella mia mente.
Lascio la sua mano e le sorrido anche io.
- Mi dispiace deluderti, ma neanche stavolta, sono Giovanni- affermo.
Helena mi guarda, non capendo. Il sorriso di Maeve s’allarga.
- Ma…-.
- Sì, sono lo stesso di Mercoledì-.
Helena mi chiede se ci conosciamo già. Entrambi rispondiamo “circa”. Helena continua a non capire.
Maeve m’offre una sigaretta.
- Vieni fuori?-.
Accetto la cicca che mi sta offrendo. Con piacere.
Ci alziamo ed usciamo.

- È strano, non pensavo di rivederti così- mi dice ella. Le accendo la sigaretta e annuisco.
- Neanche io-.
Fumiamo, in silenzio, scambiandoci solo degli sguardi, di tanto in tanto.
Ci son momenti, in cui non riesco a staccare gl’occhi da quelle iridi.
Fa freddo. Ma non è troppo.
- Che cosa c’è?- mi domanda, sorridendo. Sorridi ancora, ti prego.
- Nulla- rispondo, sorridendo a mia volta.
Come dirle ciò che provo senza sembrare un folle, mi domando, nel mentre. Noto che anche Maeve ha tirato l’ultima boccata.
- Vuoi tornare dentro?-.
- Non ancora. Stiamo tanto bene qui- dice.
Restiamo in pace ancora qualche minuto, finché la quiete non viene interrotta da due ragazzi, uno ubriaco ed uno meno.
Maeve s’avvicina a me tentando di nascondersi alla loro vista. Troppo tardi.
- Maeve! Vieni qua!- grida quello meno ubriaco.
Lo guardo meglio e noto che m’assomiglia terribilmente.
Le chiedo se si tratta di Giovanni. Annuisce. La allontano da me e le dico che devo portargli un messaggio da parte di due ragazze. Sembra non capire, all’inizio, poi s’accende la scintilla.
- Kyle, no!-. Non l’ascolto. Molto semplicemente, le sorrido e m’avvicino ai due. Guardo quello che ha parlato. Potrebbe essere un mio gemello, se non fosse per qualche dettaglio, come gli occhi castani anziché blu.
- Ti chiami Giovanni?- domando. Mi risponde chiedendomi perché m’interessa. Adducendo una sequela d’interiezioni degne delle più fumose osterie del porto.
Gli dico di rispondere e basta. Conferma, sempre imprecando.
- Ho qualcosa da parte di due ragazze- asserisco. Detto ciò, gli arriva un cazzotto sul viso. Barcolla leggermente e tenta di aggrapparsi all’amico, che rovina in terra, trascinando Giovanni con sé.
Gli butto due euro, per il disturbo, auguro loro una buona serata e torno da Maeve, che mi aspetta ancora sulla porta del pub.
- Non sei la sola che ha avuto a che fare con lui- le dico. Le racconto dell’altra ragazza che mi ha schiaffeggiato, lo stesso giorno in cui l’avevo incontrata. Afferma che è stato molto gentile, da parte mia, fare quello che ho fatto.
Apro la bocca per rispondere, ma ella mi mette la mano sulle labbra.
- Non dire nulla-.
Incerta, come se non fosse sicura di ciò che sta per fare, mi bacia.
Dura poco, ma sembra un’eternità.
Mi ringrazia nuovamente. L’abbraccio.
Non fa più tanto freddo, ormai. O forse sì. Mi accorgo che Maeve sta tremando.
- Vieni, torniamo dentro- le propongo.
Mi stringe più forte. Singhiozza.
- Che cosa c’è che non va?-.
Affonda ancora di più il viso nella mia spalla e mi fa sapere che nessuno, mai, ha fatto qualcosa del genere, per lei.
Le dico che non deve piangere. Le dico che era il minimo che potessi fare. Le dico… che l’amo.
Mi guarda. È senza parole.
Le spiego come stanno le cose. Come il suo sorriso, i suoi occhi, mi abbiano fatto innamorare.
- Sei sincero-. Non è una domanda, è una constatazione. È un sollievo, per me, vederla sorridere ancora. Le asciugo le lacrime dal viso e la guardo. Ella sospira.
- Non posso- sussurra.
Calmo, le chiedo perché. Maeve china il capo e mi illustra la situazione.
Si trova a Trieste per un soggiorno di studio, cominciato a settembre, che si sarebbe concluso quel preciso giorno. L’indomani si sarebbe imbarcata su un aereo, per tornare a casa.
Le domando da dove venga, sperando sia un posto raggiungibile.
Sorrido amaramente, quando mi dice che il suo cognome è Jonasson e che è originaria di Uppsala. Il suo poco accento, quando parla italiano, è dovuto alla pratica e a lontani parenti del ramo di sua madre.
Tutto è un circolo. Le dico che il cognome di mia madre è Svenson. Siamo legati alla stessa nordica terra.
La stringo per l’ennesima volta, prima di parlare nuovamente.
- Se tu potessi…-. Non concludo la frase. Mi bacia prima che io ci riesca. Sussurra un sì nel mio orecchio.
In quel preciso momento, Helena esce dal locale. Stanno tutti per andare via. In più, si è preoccupata relativamente per Maeve.
Helena mi conosce, sa che non sono tipo da mettere le mani addosso ad una ragazza, ma, non vedendoci tornare dopo così tanto tempo, le era venuto un lieve dubbio. Resta anch’ella senza parole, vedendoci abbracciati. Non diciamo nulla. Maeve recupera la sua borsa, dalle mani di Helena, che continua a fissarla tra i riccioli castani, che le ricadono sul viso. In breve, il resto del gruppo esce fuori.
Jessica non dice nulla. Ha capito tutto vedendo Maeve. Le auguro una buona notte, dicendole che sarei rimasto ancora un po’ in città. Mi scocca un’occhiata di bonario rimprovero, mi saluta e si avvia verso casa di sua zia, poco lontana dal pub.
Maeve saluta Helena, dicendole che io le avrei spiegato tutto, per poi ritornare da me. Insieme, cominciamo a camminare verso le rive.
Arriviamo fino al Molo Audace, dove passiamo il resto del tempo.
Passiamo la notte là. Seduti su una panca, a chiacchierare. Ignorando volontariamente i cellulari, che vibrano fino alle due, per le varie chiamate.
Ma questa notte è ancora nostra.

Verso le quattro del mattino, ci avviamo verso la casa dove viene ospitata. L’accompagno fino a sotto la porta.
Mi dice addio.
La bacio ancora. Mentre la porta si chiude, mi sussurra tre parole.
- Jag älskar dig-.
Le uniche parole in svedese che comprendo.
Passo un altro paio d’ore a vagare per la città, immersa nel buio. Aspettando che gli autobus comincino a circolare di nuovo.
Fa freddo, nei momenti che precedono l’alba. Ma non abbastanza.
Finalmente, verso le sei e qualcosa, dopo aver fatto un’abbondante colazione in un bar, trovo una corriera diretta a Muggia.
Anche oggi osservo l’alba dai vetri in plexiglas del mezzo. Il riflesso dorato del sole sul mare mi rimembra subito la sua chioma aurea.
Sospiro.
E così, romantico senza speranze, mi sono innamorato di un sogno impossibile.
Sorrido al vuoto. Sono solo, nell’autobus, tralasciando il vecchio che dorme, seduto qualche posto più in là.
Certo che quando Jess e Helena sapranno tutto, mi prenderanno per pazzo, mi dico.
Scendo all’altezza del cimitero di Muggia e m’incammino su per la salita, per arrivare a casa. Non m’importa della sfuriata che riceverò, nel momento in cui metterò piede in casa, non m’interessa quanto può essere impossibile l’amore che provo per lei. L’unica cosa che m’importa è il cielo sopra la mia testa. Il sole risplende.
Non fa più tanto freddo.

Ok, forse è un po' inverosimile. Ma, chissà...

E si conclude così Without Inspiration. Nonostante restino molte strade, ancora aperte. Chissà che Kyle non abbia voglia di prendere un treno. Tra Muggia ed Uppsala, tanto, ci sono solo novecentoottantadue miglia e mezza. In linea d'aria.

Grazie mille alle due recensitrici ed a tutti coloro che hanno letto.

Ed ora vi pongo un interrogativo: che cosa preferite leggere prima, il baccanale dei diciotto anni di Kyle, Dean e Ben del giugno dell'anno dopo (Without Inspiration si conclude al 15 dicembre); o un eventuale folle viaggio di Kyle verso Uppsala

Avete tempo per dirmi la vostra preferenza fino a domani alle 17:00.

Un saluto a tutti.

P.s. le canzoni citate sono "Autogrill", di Guccini e "Notte Prima degli Esami", di Venditti. Inoltre vedrei perfetta come sottofondo nella scena del bacio "Kissing you" di Des'ree.

Ho citato anche il film Sin City, un paio di volte. A voi il compito di capire dove. =) 

 

 

 

 

 

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