The Fling

di Hermes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. The Beginning ***
Capitolo 2: *** 2. The Poet Awakes ***
Capitolo 3: *** 3. I Can't Lie... ***
Capitolo 4: *** 4. ...That I Feel For You. ***
Capitolo 5: *** 5. Stargazers...When The Dream Begins! ***
Capitolo 6: *** 6. Sleepwalker ***
Capitolo 7: *** 7. Oceanborn & Sleeping Sun ***
Capitolo 8: *** 8. A Sin For Him ***
Capitolo 9: *** 9. Wishmaster ***
Capitolo 10: *** 10. The Beauty And The Beast ***



Capitolo 1
*** 1. The Beginning ***



Lanes of memory paved by sweet frozen moments.
Nightwish ~ Rest Calm

1. The Beginning

1 Febbraio 2003, ore 18
Finlandia, Kitee, Casa Holopainen

Tuomas scese dalla macchina dell’amico, imprecando appena al mezzo metro di neve abbondante che era caduto negli ultimi giorni sulle lande sperdute della Carelia Orientale.
Recuperò il suo borsone militare e si diresse verso casa, salutando l’auto che si allontanava.
Quell’anno di leva obbligatoria era stato il peggiore della sua vita! Per fortuna aveva chiuso con l’esercito!
Mentre arrancava nella neve, verso la casa, il tramonto scendeva rapido.
Tuomas si ripromise di sbarazzarsi del clarinetto per quella stessa sera buttandolo nel camino, si sentiva in astinenza di tasti!
Il vecchio alano gli venne incontro con la lingua di fuori e gli dette una grattata sul capo prima di salire i gradini del portico e scalzare gli anfibi.
Entrato gridò un “Mamma! Sono a casa!” ma capì che il suo richiamo non l’avrebbe comunque sentito nessuno. Qualcuno nel salotto stava cantando a gola spiegata…non era sicuramente sua madre.
Curioso si tolse il pesante parka e la berretta che gli copriva i capelli tagliati a spazzola poi seguì la voce, ritrovandosi in salotto dove Kirsti, seduta al piano verticale, accompagnava una ragazzina che intonava le note di un’antica carola di Natale.
Sbatté le palpebre…c’era un trucco da qualche parte!
Entrambe gli davano le spalle, e Tuomas rimase fermo sulla porta ad ascoltare.
La cantante era mora, d’altezza non gli arrivava nemmeno al petto ma la presenza scenica non le mancava e la sua voce era ancora approssimativa ma ricca. Non ci avrebbe mai creduto se non l’avesse sentita cantare.
La carola si concluse un paio di minuti dopo e la ragazza la completò leggermente in ritardo sul tempo del metronomo, poggiato sul piano. Aveva fatto alcuni errori con i versi ma niente di tremendo.
Senza neanche accorgersene aveva applaudito, attirando la loro attenzione.
“Tuomas! Vieni qui, fatti abbracciare!” Kirsti si era alzata dallo sgabello e gli era andata in contro con slancio, imbarazzandolo a morte. Vabbè che non lo vedeva da quell’autunno ma da qui a strangolarlo il passo era breve!
Quando sua madre lo liberò, notò che la ragazzina era ancora rimasta nel suo angolino accanto al pianoforte ed aveva assunto una tonalità aragosta non indifferente quando l’aveva guardata.
“Ti presento Anette! Le do alcune lezioni d’armonia alla settimana, hai sentito che voce meravigliosa?!” spiegò la donna con entusiasmo, era una delle sue grandi passioni il canto, non per niente sua madre faceva parte del coro in chiesa.
La ragazza chiamata in causa, si fissò le punte dei piedi, mortificandosi le mani. Tuomas non poteva biasimarla ma - mentre la guardava - una lampadina gli si accese sopra la testa.
“Tu…tu sei Nettan, la sorella di Carl?!” balbettò, preso completamente alla sprovvista.
Il capo mogano annuì mentre Kirsti aveva colto che stava succedendo qualcosa e si era allontanata in cucina con una scusa.
Tuomas era rimasto completamente a bocca aperta. Carl era stato uno dei suoi pochi amici alle superiori: avevano fatto parte per diversi anni del complesso Jazz della scuola. Era anche stato qualche volta a casa sua prima di partire per l’anno-scambio in America, ma non riconosceva in quell’adolescente la bambina d’otto anni dai cespugliosi capelli scuri, l’apparecchio ai denti e le lentiggini.
L’apparecchio doveva averlo tolto da un po’ e le lentiggini erano quasi sparite, per quanto riguardava i capelli le scendevano lisci fino a metà schiena, di un bel mogano scuro.
“Per poco non ti riconoscevo! Sei cambiata davvero tanto.” esclamò infine, passandosi la mano fra i capelli e non sapendo che dire “E per la voce…complimenti, Nettan!”
“Grazie…ma non chiamarmi così. Non mi piace quel nomignolo.” aveva alzato lo sguardo, fissandolo nel suo con un paio di limpidi occhi indaco.
“Va bene, Anette.”
“Tuomas, caro, perché non l’accompagni fino a casa? Sta venendo buio e non sta bene che giri da sola!” Kirsti si era affacciata e gli sorrideva subliminale: Se-non-l’accompagni-ti-diseredo!
“Non dovete disturbarvi ancora per me, signora Holopainen. È chiaro fuori.”
“Neanche per sogno, Anette! E se ti succedesse qualcosa?!” la faccia impensierita di sua madre era uno spettacolo di recitazione.
“Non ti preoccupare mamma, l’accompagno fino al paese.” dichiarò Tuomas, scuotendo la testa nella direzione di Anette. La ragazzina sbuffò in piena ribellione adolescenziale ed iniziò a riordinare i suoi spartiti. Nel giro di cinque minuti i due giovani erano di nuovo usciti fuori.
Lei evitava accuratamente di guardarlo e Tuomas aveva il campo libero per studiarla attentamente, curioso.
“Cosa ti piacerebbe fare dopo le superiori?” domandò gentilmente.
“Beh…penso che m’iscriverò alla Sibelius. Mi piace cantare e mio padre ci tiene moltissimo, così…” dal tono si capiva che era di nuovo in imbarazzo.
“Hai tutte le carte in regola, sai? Penso che vedremo presto il tuo nome sui giornali!”
“Tu cosa hai scelto, invece?” domandò lei, curiosa quanto lui.
“Biologia marina. Purtroppo ho fatto il servizio militare e sono indietro con i corsi.”
“Sembra interessante…”
“Anch’io la pensavo così quando ho iniziato…”
“Cambiato idea?”
“Le lezioni del primo anno sono tremende…una noia mortale.”
Continuarono a parlare per il resto della strada finché non arrivarono davanti alla casa della ragazza, lei divenne ansiosa tutta d’un tratto.
“Ehm…grazie per avermi accompagnato fin qui, davvero! Non avresti dovuto…”
“Non dire idiozie, l’ho fatto con piacere, sul serio!”
Tuomas le tese una mano per salutarla ed in quella la porta d’ingresso si aprì.
Nettan! Lo sai che sei in ritardo?! Stavo quasi per venirti a cercare!” la voce irritata di Carl li raggiunse “Mamma era lì lì per scuoiarmi! …e questo chi sarebbe?!”
“Fratellone!” protestò la ragazza, imbarazzata.
“Sono Tuomas, Carl.”
Il giovane sulla porta rimase interdetto per un momento poi strizzò gli occhi nel buio.
“No…non ci credo! Allora sei tornato dalla leva!” l’aveva abbracciato poi domandò sospettoso, guardando sia lui che Anette “Cosa ci fai in giro con la mia sorellina?!”
“L’ho riaccompagnata a casa.”
“Sempre il cavaliere, tu! Proposito, bella la spazzola che hai sulla testa!”
“Simpatico…”
“Volete rimanere fuori a congelare od entrate?” Anette li aspettava nell’alone di luce della porta e Tuomas si lasciò trascinare dentro casa dall’amico.
Beatrice – conosciuta da tutti come Bea – lo invitò a cena da loro con il benestare di Kirsti, tutti quei mesi nel servizio militare lo avevano deperito sensibilmente a loro parere.
Dopo il pasto Carl lo convinse a fare un giro per Kitee come ai vecchi tempi, e Tuomas acconsentì con un sorriso.
Quella sera il clarinetto del ragazzo non fece la brutta fine preannunciata…

1 Febbraio 2003, ore 22
Diario di Anette

“Oddddiiiiiooooo!!!
Non ci credo!
Ti ricordi dell’amico di quel rompiscatole di mio fratello? Tuomas?
Chi mai poteva pensare che fosse anche figlio della mia professoressa di musica?!
Cioè…da come l’ho scritto sembra quasi ‘La maledizione della Mummia’, per essere una coincidenza però è decisamente strana.
Naturalmente dimentico che Kitee è un microscopico punticino in mezzo al nulla…
Dall’ultima volta che l’ho visto deve essere cresciuto ancora, è più alto di Carl. Un tipo gentile, di poche parole. Mi ha accompagnata fino a casa…si è fatto un chilometro e mezzo a meno dieci gradi sotto zero solo per questo!
Ah…è meglio che la smetta con i miei castelli in aria!
Domani sono la solista del coro della Chiesa, non posso fare la stupida a vita!
Ma come faccio a dormire?! Mi vergogno troppo!
Anche se lui non se lo ricorda o ha fatto finta di non ricordarsi che gli ho chiesto di sposarmi!
Ma che mi sarà mai passato per la testa quel pomeriggio?!
Vorrei sotterrarmi, o strangolare l’Anette di otto anni con il suo stesso apparecchio per i denti!!!”

~~~

Ed rieccomi per proporvi il prequel di DOR. xD
Una piccola cosa tutta (o quasi) dal punto di vista di Tuomas e dallo stile leggermente diverso.
Questo piccolo side-project l'ho iniziato più o meno a metà DOR ed è stato completato da almeno un anno a questa parte.
Lo posto così com'è se non per qualche modifica minima. Ovviamente se vedete cose assurde fatemi un segnale di fumo! LoL

Questa storiellina partirà dai veri e propri inizi per arrivare al primo capitolo della storia madre.
Vi anticipo che non è molto lunga (nove-dieci capitoli tutti abbastanza simili in termini di lunghezza)

Approffitto di questa nota per ringraziare i lettori dell'ultimo capitolo di DOR e chi ha recensito: Petitecherie e CrystalRose many hugs, my dearies!

Gli aggiornamenti saranno regolari e settimanali, diciamo ogni sabato. *dita incrociate*
Ovviamente spero che vi godrete questo spaccato nel DOR Universe! xD
Hermes

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Capitolo 2
*** 2. The Poet Awakes ***


2. The Poet Awakes

22 Febbraio 2003, ore 12
Finlandia, Kitee, Casa Holopainen, corridoio

Ho ripreso la mia routine di sempre.
In settimana vivo, lavoricchio e seguo i corsi dell’Università a Kuopio.
Nei weekend torno a casa solo il tempo necessario per mollare le mie cose, prendere la Korg e correre con i ragazzi dei Nattvindens Gråt ai vari locali per esibirci.
Sto iniziando ad odiarla davvero l’Università…cosa cavolo serve sapere per un biologo ‘marino’ qual è il miglior modo per fertilizzare un campo agricolo?! Che beneficio ne traggono i pesci?!
In tre settimane la mia pazienza si è assottigliata sensibilmente anche se passo il più del mio tempo sulle dispense, come una brava matricola dovrebbe fare.
Sottolineo un passaggio, la schiena appoggiata alla parete e l’orecchio sinistro teso ai rumori nel salotto di sotto.
Mamma sta spiegando qualcosa di particolare ad Anette: oggi studiano l’operetta e gli arpeggi.
“Tuom…ma non c’è l’hai una stanza?!” Susanna si è fermata qui accanto, con la testa inclinata da un lato ed un biscotto fra le labbra.
“Mmmmh” mugugno con la matita fermata sotto il naso a mo’ di baffi. Anette ha ripreso a cantare energica, è musica per le mie orecchie.
“Se ti piace tanto ti conviene andare di sotto…io dico che hai un debole per l’usignolo, fratellino!” Susanna si diresse verso la sua stanza, strofinandomi la testa per infastidirmi.
Non reagii, ero troppo occupato con la dispensa.
Ma a chi voglio darla a bere? Non capisco nemmeno quello che leggo!
In quella Anette steccò clamorosamente e si fermò di colpo. Non era nemmeno la prima volta che capitava quel pomeriggio.
Sospirai e chiusi la dispensa…c’era qualcosa che non andava, urgeva un’indagine!
Con circospezione scesi le scale, allungando il collo per sbirciare.
Mia madre era in cucina ed Anette si era accoccolata sullo sgabellino del piano, uno dei gatti soriani acciambellato sulle ginocchia, la testa incassata in avanti.
Mamma deve averla strapazzata per bene…
Kirsti era un po’ come me, non si accontentava e – anche se non si infuriava – poteva schiantarti con le parole senza che queste profumassero di cattiveria. Conoscevo l’antifona, c’ero passato anche io.
Scesi il resto degli scalini e mi avvicinai senza far rumore, scavalcai lo sgabello mentre Anette s’irrigidiva e mi guardava.
“Suoni con me?” domandai con un sorriso d’incoraggiamento.
“So qualche accordo…nient’altro.” si schernì lei, abbassando gli occhi sul gatto che faceva le fusa. Misi le mani sui tasti, iniziando un motivetto allegro.
Do Mi Sol Do Do Sol Mi Do. Se un buon musicista tu vuoi diventar, tante scale e tanti arpeggi devi far. Prendi fiato e ogni nota limpida sarà, se dal petto e non dal naso ti uscirà.” canticchiai piano, poi le feci cenno di continuare, vergognandomi un po’ per la mia voce.
Anette annuì e cantò la famosa canzoncina senza sbagliare anche se la risata le rimaneva in gola, l’accompagnai abbassando il pedale del piano per diminuire il timbro e darle spazio.
“Perché un Disney?” domandò lei alla fine.
“Per farti tornare il sorriso…adesso ci divertiamo, invece.” ricominciai a suonare in libertà, pestando il pedale del forte questa volta…in certi casi il pianoforte è meglio delle tastiere, non c’è che dire!
“La conosci Walkin’ in the air di Howard Blake? Quella del pupazzo di neve eccetera eccetera?” domandai ancora, continuando a suonare.
“Sì…ma…”
“Il segreto non è costringersi a quello che c’è sullo spartito. Se puoi arrivare più in alto fallo, al contrario se non ci riesci devi trovare un arpeggio diverso senza snaturare la melodia. Il segreto è legare la musica, non copiare alla lettera. È stato scritto per una voce bianca? Trova la quadra e prova a cantarla.” spiegai con calma.
Suonai la prima coppia di barre per tre o quattro volte apparentemente senza risultati poi Anette si alzò goffa, prese un bel respiro ed attaccò.
A voce spiegata.
Per poco non persi il tempo per lo shock. Pensavo l’avrebbe cantata con il registro di gola invece era subito partita con il diaframma, maestosa e piena. Con la coda dell’occhio vidi il gatto scappare a zampette levate verso la cucina, la coda a scovolo. Forse il micio non apprezzava molto, ma io sì; mica erano delle unghie su una lavagna!
Anette tendeva ad allungare le strofe nella parte finale e glielo lasciai fare, era talmente perfetta che l’originale mi faceva già una discreta pena.
Con desiderio pensai al mangiacassette di sopra nella mia stanza…questa l’avrei voluta proprio riascoltare!
Se pensavo di conoscere bene la sua voce dopo gli ultimi pomeriggi passati ad origliare dal corridoio mi stavo sbagliando, Anette mi stupì ancora una volta quando attaccò il ritornello finale in rialzo. Sorpassando il suo timbro di canto abituale con uno più acuto.
Mamma lo diceva che Anette non cantava mai appieno in chiesa per evitare di zittire il resto dei coristi…adesso ci credevo.
L’accompagnai mentre estingueva l’ultima nota in un vibrato un po' maldestro, rilasciando il pedale ed aspettando che finisse.
Un applauso assatanato esplose dalla porta che dava sull’ingresso.
Susanna, il gatto e mia madre - che per poco non mi saltava su e giù dalla contentezza come una bambina – battevano le mani manco fossero state al palazzetto per assistere ad un derby di football.
Anette aveva assunto un’insolita sfumatura viola e, grazie alla confusione, mi dileguai di sopra con un sorrisetto in faccia. Il regalo più bello era stato vedere la sua gioia, nient’altro.

22 Febbraio 2003, ore 20 e
Finlandia, Kitee, Casa Holopainen
“Too, non dovresti andare?” domandò Kirsti mentre sparecchiava.
“No, Tapio ha chiamato. Ci hanno annullato lo spettacolo, stasera.” risposi senza guardarla, quella cosa m'infastidiva parecchio ma non potevo farci niente…
Mamma era rimasta piacevolmente sorpresa dalla mia intrusione al piano quel pomeriggio ma non aveva fatto troppi commenti, preferendo un silenzio stupito.
La aiutai a mettere a posto poi salii le scale e prima di svoltare per la prossima rampa, Susanna apparse da dietro la porta della sua camera e mi colpì piano un braccio con una custodia di un nastro magnetico, lasciandolo poi sulla mia mano tesa.
“Buon Natale, fratellino.” disse solo, richiudendo la porta.
Rimasi lì per un po’, domandandomi se fosse uno scherzo ed imboccando le scale per il mio stanzino in soffitta.
Arrivato lì, aprii la custodia dando un’occhiata alla cassetta e la infilai nello stereo, premendo Play.
Deja-vù…
La voce di Anette leggermente soffocata, canta di nuovo. In alcuni punti si sentiva anche il piano, ma la vera protagonista era indiscutibilmente lei.
Giro la manopola del volume poi mi sdraio sul letto, telecomando alla mano in pieno relax.
Era bello ascoltarla cantare, mi conciliava alla pace.

~~~

Secondo capitolo!
Eh lo so che è quasi inesistente ma questi primi due capitoli sono brevi: a differenza di DOR questo non è un racconto da trama ma una serie di ricordi rivissuti attraverso gli occhi di Tuomas.
In DOR, Anette (sopratutto nella prima parte) aveva la convinzione che Tuomas fosse più interessato alla sua voce che a lei come persona.
In 'The Fling' questa licenza poetica è presente, descritta in reverse.
Questo è solo uno dei tanti collegamenti fra le storie, io mi diverto troppo a scrivere in questo modo! xD

Comunque, il motivetto Disney che Tuomas suona per primo è il concertino di Minù de ‘Gli AristoGatti’ per chi non l’ha riconosciuto, diciamo che è stata un’idea automatica... LoL
Del resto, quando ho iniziato ad ascoltare i Nightwish, Walking in The Air mi ha subito presa, è stata quasi una delusione quando ho scoperto che era una cover! QoQ
Poi si poteva ignorare un momento così puccioso fra i nostri giovanotti?! Ovviamente no! xD
Così ho deciso di darle il suo spazio qui, in questa storiella pre-DOR senza alcuna pretesa. Perché merita e l’opinione di Tuomas sull’originale è un po’ la mia opinione. La voce femminile è il massimo in questo caso. (ovviamente le spiegazioni che dà il papero ad An sono di mia invenzione, quindi non prendetelo per roba professionale! Non sia mai!)

Bene ho finito le mie note insensate e non mi resta che ringraziare CrystalRose e Petitecherie per essere passate a recensire il primo capitolo di questa nuova storia! =*

Ci ribecchiamo il prossimo sabato!
Love&peace nel mondo!
Hermes

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Capitolo 3
*** 3. I Can't Lie... ***


3. I Can't Lie...

30 Marzo 2003, ore 1 e 15
Finlandia, Joeensu

Il gig con i ragazzi era andato più che bene ed avevamo ripiegato su uno dei pub ancora aperti per proteggerci dal freddo pungente della serata e per fare quattro risate in santa pace.
Non ero riuscito a toccare una bottiglia per tutto il concerto e stavo per mettere mano alla birra che era appena arrivata quando il telefono vibrò in tasca.
Scocciato per l’ora, lo ignorai per un po’.
La vibrazione non mollava ed alla fine – incuriosito – guardai chi mi stava cercando con tanta urgenza…per poco gli occhi non mi uscirono fuori dalle orbite.
Anette?!
All’una di notte?!

Ci volle qualche attimo prima che reagissi allo shock ma accettai la chiamata, sgomitando per trovare un angolo appartato, mentre dentro qualcosa mi si torceva dalla preoccupazione.
Sì, certo. Ci eravamo scambiati i numeri qualche settimana prima – tanto per una questione puramente tecnica eh… - ma lei non m’aveva mai chiamato.
Angosciante che la prima telefonata fosse nel cuore della notte.
Non ero riuscito a dire ‘pronto’ che-
Tuomas!!!” chiamò lei sollevata.
“Cos-”
“Ti prego dimmi che sei nei dintorni di Kitee!”
“Ehm…cosa è successo, Anette?!” ora ero sensibilmente in panico, e stavo pensando al peggio.
“Sono ad una festa con una mia amica…Sonia ha bevuto troppo e penso ci fosse anche qualcosa in quel bicchiere, poi ha fumato, non riesco a svegliarla…qui sono tutti partiti!” riepilogò lei, isterica.
Rimasi a bocca aperta per un attimo, ma che acciderbolina di festa era quella?! Stavano davvero parlando di quel buco di Kitee?!
Quando ero adolescente io, il massimo della trasgressione era una bottiglia di Chivas Regal sgraffignata da un negozio di liquori e qualche sigaretta!
Strappandomi dalle mie rimuginazioni traumatiche, cercai di esserle d’aiuto, tastando con una mano le tasche del giubbotto e dei jeans in cerca delle chiavi dell’auto. Le parole mi uscivano a raffica
“Stai calma, An! Dov’è tuo fratello? Hai bevuto anche tu?”
“Carl è partito per la Polonia ieri! Non posso chiamare casa, verrebbe fuori un casino! Non dovrei nemmeno essere qui…!”
Marco Hietala comparì, facendomi un cenno.
“Ok, ok…ascolta. Se la tua amica non si riprende, distendila faccia al soffitto e tienile in alto le gambe, bagnale la faccia con dell’acqua gelida. Dammi l’indirizzo.”
“Palo-oja, conosci la fattoria dei Rikonnen, quella sul lago che affitta anche le camere?”
“Sì, tranquilla…parto adesso ed arrivo appena posso.”
“Grazie!”
Chiusi la comunicazione con un “Porca vacca…” masticato fra i denti.
“Le mie potenti capacità divinatorie mi permettono di capire che c’è bisogno d’aiuto.” disse il biondo musicista, gesticolando con la bottiglia in mano.
“Hai voglia d’accompagnarmi, Marco?” chiesi con un sorriso forzato “Missione di salvataggio delicata.”
“Sono sempre pronto a dare una mano, bello mio!” esclamò lui, posandomi una mano sulla spalla.
“Ti ricordi di Carl? Il ragazzo che suonava il basso al posto di Tapio quando l’anno scorso si è rotto la spalla?” Marco annuì “Sua sorella è nei casini.”
“Ma io sono nato per soccorrere le donzelle in difficoltà!” e chissà perché il biondo in versione cavaliere scintillante non m’ispirava molto…
“Dai andiamo! C’è un mucchio di strada da fare.”

30 Marzo 2002, ore 2 e 37
Finlandia, Kiteelahtie, Palo-oja

“Sonia, per le chiappe di Merlino, sta sveglia!” Anette disse a voce soffocata, tenendo un braccio attorno ad una ragazza bionda dall’aspetto cadaverico. Quest’ultima era mezza sdraiata su un divano mentre l’amica mora sudava freddo dall’ansia. La stanza era mal illuminata e praticamente nessuno si poteva dire lucido quanto lei anche se il fumo delle sigarette permeava la stanza ed iniziava ad andarle alla testa.
Dette un’occhiata alle lancette fosforescenti dell’orologio dell’amica, pregando che qualcuno arrivasse a salvarle.
Possibilmente presto.
~
La porta dell’ingresso si aprì.
“Sicuro che non stiamo infrangendo il domicilio sbagliato?!”
“Dal tanfo d’erba che emana questo posto penso proprio di no!” risposi, entrando dietro al biondo ed evitando con una smorfia disgustata una pozza di liquido non meglio identificato “Qui qualcuno si è dimenticato dov’era il bagno…puih!”
“Tuomas, sei tu?” domandò Anette.
“Certo che siamo noi, bambola!” rispose Marco, guadagnandosi un calcio negli stinchi.
“Smettila di fare il deficiente, Marco!” sbottai stizzito, poi mi rivolsi ad Anette con uno sguardo duro “Ci credo che non si riprende qua dentro! Perché non l’hai portata fuori, a respirare?!”
La ragazza non era proprio in vena di sgridate perché mi squadrò e replicò “L’hai vista bene quanto è alta?! Non riesco a sorreggerla da sola!!!”
“C’hai almeno provato?!”
“Cosa vorresti insinuare!?”
“OKAY, Okay! Abbassiamo un po’ i toni o facciamo mattina!” s’intromise Marco, mettendo distanza fra di noi “Dammi una mano Tuommi che la portiamo fuori, tu bella mettile il cappotto o ci diventa uno stoccafisso!”
Tre minuti dopo stavamo trascinando di peso l’amica d’Anette, uscendo nell’aria gelida di Marzo.
Non avevamo percorso mezzo vialetto d’ingresso che Sonia tremò, si divincolò dalla nostra presa e cadde in ginocchio nella neve, iniziando a vomitare in un cespuglio.
Marco la teneva per le spalle, sfregandole la schiena “Brava piccola…meglio fuori che dentro, dico sempre!”
Intanto avevo raggiunto il van di mio padre, lasciato col motore in folle ed accesi gli anabbaglianti per vederci almeno qualcosa.
“Senti un po’, hai un posto tranquillo per far svernare la tua amica, qui?” chiese Marco con gentilezza.
“No…dovevamo passare la notte a dormire da lei ma non posso portarla a casa in questo stato-”
“Capito tutto, bellezza. Vi metterebbero ai ferri per la vita…” Marco le strizzò l’occhio poi si voltò verso di me che mi stavo avvicinando con una coperta, passandola ad Anette “Abbiamo un problema.”
“Questa serata è un problema!” replico con un sospiro rassegnato.
Il biondo mi spiegò la situazione e m’infilai le mani in tasca, rassegnato “Possiamo stare in casa mia. I miei sono in Russia per le solite serate benefiche, torneranno domani sul tardi. Susanna è tornata per il weekend.”
Prendiamo di nuovo Sonia in due, la ragazza si stava riprendendo lentamente ma non era ancora tornata sulla terra. Cinque minuti dopo ero di nuovo al volante, facendo in retromarcia il vialetto della casa. Dallo specchietto vedevo Anette che abbracciava Sonia.
“Dite che si riprende?” domandò la giovane, scostando i capelli biondi dell’amica dalla fronte sudata.
“Tranquilla, la sorella di Tuomas si è appena laureata in medicina!” mormorò Marco, guardando dietro.
Mezz’ora dopo eravamo arrivati a casa Holopainen.
Susanna aveva dato un’occhiata alla ragazza, illuminandole le pupille con una pila e facendosi raccontare la storia da Anette. Alla fine aveva confermato la teoria del biondo e così l’avevamo messa a letto nella stanza di Petri, il nostro fratello maggiore, ormai in disuso da qualche anno dato che aveva messo su famiglia.
Anette aveva telefonato ai genitori dell’amica, cercando di tranquillizzarli con una balla credibile, poi aveva aiutato Sonia ad infilarsi un pigiama di Susanna ed era rimasta con lei fino a quando per poco non ci scontravamo nel corridoio mentre usciva dalla camera e si strofinava gli occhi stanca.
“Si è addormentata adesso…” mormora lei piano con un piccolo sorriso, sembrava dovesse crollare da un momento all’altro “Grazie, Tuomas. Davvero, non sapevo che fare…sono in debito con te!”
“Non fasciarti la testa, Anette…vieni giù che ci facciamo qualcosa di caldo.”
Lei annuisce e mi segue nella microscopica cucina, mentre cerco qualcosa di commestibile in giro.
Dopo un po’ siamo seduti al tavolo davanti ad un insolito spuntino di mezzanotte composto da sottaceti, formaggio, avanzi di pollo allo spiedo e due tazze di caffè bollente, nel suo caso allungato con del latte.
“Dov’è finito il tuo amico?” domanda Anette.
“Si sarà accampato sul divano…Marco è un tipo di poche pretese.”
“Siete stati grandi alla festa!”
“Non adularmi troppo che potrei montarmi la testa…comunque è vero che sono più vecchio di te…” ecco bravo Tuomas, metti i puntini sulle ‘i’ e già che ci sei datti una barottata in testa e finisci il lavoro!
Anette mi fa una linguaccia, protestando “Non trattarmi come una bambina!”
Sorrido mentre la guardo piluccare il pollo freddo “Come ci sei finita in quel postaccio, Nettan?”
Arriccia il naso all’uso del diminutivo ma risponde “Sonia voleva andarci ad ogni costo, ha una cotta per il figlio del padrone di casa, non potevo lasciarla andare da sola così…”
“…l’hai accompagnata.” concludo con un sospiro, grattandomi la nuca “Confesso che mi è venuto un colpo quando ho visto il tuo nome sul display…”
“Sono mortificata, dav-”
“Basta scuse, Nettan. Questa volta ti copro perché ogni tanto può capitare, solo se mi prometti che non frequenterai mai più feste del genere!”
Anette mi tende il mignolo della mano destra ma poi lo tira via con aria furbetta “Lo prometto solo se la smetti di chiamarmi Nettan!”
La guardo di sbieco ed Anette ridacchia, lasciando che incroci il mignolo con il suo, la differenza è tragicomica. “Giurin Giuretto, croce sul petto!” esclama quindi, solennemente.
Mi portai alle labbra la tazza mentre aspetto che Anette finisca di mangiare.
Mi ritrovo a fissarla incantato mentre pilucca lo spuntino. In fondo è proprio carina…
Scossi la testa, bevendo il resto del caffè.
Quando Anette ebbe finito, mi propose di passare il resto della notte sull’altro divano nel salotto ma l’afferrai per un braccio “Non ti faccio dormire lì…non ci riusciresti con Marco che russa!”
“Allora vado da Sonia…”
“La tua amica dormirà come un ghiro fino a mezzogiorno ed è meglio lasciarla in pace, ti lascio il mio letto.”
Anette arrossisce come una fiamma “E-e tu?”
Eravamo arrivati in soffitta ed aprii la porta della mia stanza, accendendo una lampada lì vicino “Il letto è soppalcato, sotto c’è un divano, mi arrangerò in qualche modo non preoccuparti.”
“Ti sto creando un sacco di problemi…”
“Gli amici servono per questo, no? Adesso sali e fa attenzione a non battere la testa contro il soffitto.”
Appena la vidi seduta, mi attivai alla ricerca di una coperta.
“Tuom…” mormora Anette dall’alto.
“Sì?” risposi senza guardarla, frugando nel mio armadio minuscolo.
“Ehm…credo d’aver battuto la testa…vedo paperi dappertutto!”
“Se stai prendendo in giro la mia adorata collezione Disney, accomodati pure, non sei la prima.” rispondo, chiudendo l’anta e voltandomi. Per un attimo sono faccia a faccia con Anette che si è messa a testa in giù per vedermi.
“È fantastica!”
“Così ti andrà il sangue alla testa…tirati su.”
“Che c’è di male ad avere una passione per i paperi?” domanda lei “Io colleziono francobolli, non sarà esotico ma è divertente!”
“Non l’avrei mai detto…” stavo facendo spazio sul divano ma si stava rivelando un tentativo disperato…ed anche Anette se n’era accorta.
“Tuom…quassù c’è spazio per tutti e due…” dice lei quieta.
“Sicura che domani mattina non urlerai alla tentata violenza?” avevo alzato uno sguardo scettico nella sua direzione. Anette sorride, stando al gioco.
“Penso di no, non ti voglio vedere stile colabrodo…papà tiene un fucile da caccia grossa nello sgabuzzino.”
“Splendido.” lasciai perdere il giaciglio di fortuna, spensi l’abat-jour di Paperino e salii sul letto con abilità consumata, mormorai scherzoso “Vedrò di tenere le mani a posto sennò chi lo sente il tuo caro paparino.”
Anette ridacchia.
“Perché collezioni francobolli?”
“In realtà la collezione era di mio nonno…l’ha lasciata a me. Mi piace, chissà magari un giorno andrò in almeno qualcuno di quei posti!” vedo i suoi occhi indaco sognanti, brillano alla luce della radiosveglia lì vicino.
“Sicuramente, Anette.” mi ritrovo a rispondere, con l’amaro in bocca “Tu farai tanta strada, davvero. Hai la stoffa e si sente.”
Si è voltata verso di me “Dal tuo tono si capisce che tu e l’Uni siete ai ferri corti…”
“Penso che chiederò il divorzio in effetti.”
La sua risposta non arriva subito, una mano mi accarezza timidamente i capelli - che avevo lasciato crescere - in un gesto privo di malizia.
Mi dispiace.
Era una frase comune, sfruttata e banale.
Ma quella sera mi toccò direttamente dentro.
Una sottile crepa si era creata nelle lenti da fratello maggiore con le quali la guardavo…era il principio di qualcosa di nuovo.
Quella certezza mi spaventava a morte.

Recall the night you melted my ugliness away?
[…]
Remember, beauty is found within.
Nightwish ~ Beauty and the Beast

~~~

Ciao a tutti!
Oggi vi porto il terzo pezzettino e finalmente rivediamo Marco Hietala, che avrà una sua particina nella storia d'ora in poi anche se qui manca la sua trademark biforcuta ma noi al bassista paciocco gli vogliamo bene lo stesso! xD
Prossimo capitolo sarà un po' più lungo e Tuomas si rende conto dei suoi 'feels' per una certa cantante...glom...perché a scriverlo sento odore di tragedia all'orizzonte?
Tuomas: Perché sei malefica!
Ecco infatti! LoL
Ovviamente ringrazio CrystalRose e Petitecherie per le loro recensioni al capitolo precedente, non ho muffini a portata di mano ma sappiate che ve li lancerei volentieri! xD
Come al solito ci rivediamo tra una settimana!
Io torno a spalar neve...
Hermes

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Capitolo 4
*** 4. ...That I Feel For You. ***


4. ...That I Feel For You.

10 Aprile 2003, ore 14 e 35
Finlandia, Kuopio, Università Statale

Marco e Tuomas erano seduti sotto un albero del parco attorno all’edificio, in pausa pranzo.
Il biondo stava lavorando come ingegnere di studio lì vicino ed era passato per fare quattro chiacchiere ma si rivelava essere un’impresa ormai parlare con Tuomas.
“Per l’amor del cielo, Mister HoIlMioPanino; vuoi staccarti quelle stramaledette cuffie dalle orecchie per due minuti?!” sbottò Marco, stufo marcio.
“Scusa…è una cassetta molto interessante.” si limitò a dire il moro, posando il walkman nello zaino.
“Tuom, senti. Senza peli sulla lingua, eh! Hai battuto la testa?! Ascolti quel nastro da mesi! Manco fosse un rarissimo bootleg inedito dei Metallica!”
“…”
Marco sbuffò, scuotendo i capelli biondi che ormai gli scendevano lungo le spalle “Non puoi continuare così…è solo una bambina!”
“Non è una bambina!” replicò ostile il moro, smettendo di scartare il suo magro pranzo.
“Okay…è adolescente, Tuom! Ti sembra il caso di fissarti così su di lei?!”
Tuomas osservò il panino che aveva in mano, scuro in volto. Marco in effetti non aveva tutti i torti…
“È la sua voce…nient’altro.” borbottò, sperando che la balla reggesse.
“Certo…e io sono la cugina in incognito di Madonna.” rispose Marco sarcastico “Vuoi un consiglio? Cercati una con cui uscire.”
“Ti sta antipatica?”
“Anettina è una brava ragazza ma non voglio che le capiti niente…non sono amico di suo fratello come lo sei tu, ma sta certo che se a Carl arriva il sentore che sua sorella ti piace, tornerebbe dal suo anno-scambio in Polonia per strapparti i gioielli ed appenderli sull’albero più alto del paese come una simpatica decorazione natalizia fuori stagione.” Marco bevette un sorso della sua birra poi continuò “Non scherzare con il fuoco, Tuom.”
“Non ne ho alcuna intenzione. Anette è solo un’amica.”
Peccato che non convinceva nemmeno se stesso.

13 Aprile 2003, ore 15 e 43
Finlandia, Kitee, Casa Holopainen

“Ahhhh!!! Io la odio quella donna! Dal profondo del mio cuoricino!!!” esclamò – per la centesima volta – Anette, con le mani nei capelli dalla disperazione.
Era una domenica pomeriggio, il sole era alto nel cielo di un tenue non-ti-scordar-di-me, gli uccellini svolazzavano lieti…
…ed eravamo chiusi in camera mia, seduti sul pavimento in mezzo ad una valanga di libroni di matematica.
Il giorno prima mia madre aveva chiesto se potevo darle delle ripetizioni…e da bravo secchione – masochista – avevo acconsentito, contento come una pasqua per avere una scusa ufficiale e poter passare del tempo 'non sospetto' con lei.
Alla faccia delle raccomandazioni di Marco…esisteva solo più il ricovero per me, ormai.
“Dici che se domani mi do per malata, ce l’avrà pietà di me?” domandò lei speranzosa.
“Non credo che sia una buona idea, fidati la conosco.”
Sospirò e riprese a risolvere l’esercizio che le avevo assegnato.
Rimasi a guardarla, il suo capo mogano chinato sul quaderno nella luce dorata di quel pomeriggio.
Negli ultimi giorni aveva fatto un caldo fuori-stagione insopportabile e lei si era raccolta i capelli in un buffo nodo alto sul capo che le lasciava scoperto il collo.
“Tuom…Tuom? Ho finito, dagli un’occhiata.”
Era la cinquantesima volta quel pomeriggio che m’incantavo a fissarla…cavolo!
Borbottai qualcosa d’inintelligibile come scusa e mi allungai a guardare l’esercizio. Sembrava corretto, quindi alzai il pollice in alto.
“Direi che ti meriti una pausa, Einstein. Gelato?”
Lei annuì energicamente con sguardo languido quanto quello di un cucciolo “Cioccolato e fragola?”
“È andata a prenderli stamattina mia madre…”
“Yiipppiiiiee!” esclamò contenta, agitando un pugnetto al cielo.
Come riuscisse a mangiare quei due gusti assieme senza dare di stomaco era fuori dalla mia comprensione…
Scesi di sotto e le preparai una coppetta bella piena poi mi versai una tazza di caffè e la seguii fuori, sistemandoci all’ombra della betulla più vicina al lago dove la brezza giocava con le foglie.
La quiete era rotta dai richiami delle anatre; puntolini marroni sulla superficie grigio-azzurra.
Uno dei gatti soriani di casa ci aveva seguito zampettando e rotolava nell’erba mentre Anette si divertiva a punzecchiarlo con una spiga di gramigna.
Alla fine il gatto vinse la partita e poi mi si acciambellò regalmente in grembo facendo le fusa mentre lo grattavo dietro le orecchie.
“Penso che non rimarrò ancora molto, Tuom.” disse Anette, improvvisamente imbarazzata e cauta. Le lanciai un’occhiata e lei continuò, giocando con il gelato “Non posso mica monopolizzarti per tutto il weekend…ho sentito che suoni in giro e hai il conservatorio e l’Università.”
“Tranquilla…stasera non suono e non ho niente di davvero importante da fare.” …a parte duecento pagine di dispensa ed un libro da leggere per mercoledì, ma quelle sono quisquilie! portai la tazza alle labbra e mi andò solo bene che non avevo ancora bevuto quando lei replicò con candida innocenza.
“Veramente pensavo che uscissi con la tua fidanzata.”
Il mio doppione mentale stava sputando caffè tipo idrante mentre esternamente riuscii a raggranellare quel poco per risultare calmo “Ehm…Anette, io non ho la ragazza.”
“Oh…” aveva distolto gli occhi ma non sembrava in imbarazzo quanto me “E dire che mi hai dato sempre l’impressione di qualcuno pronto a mettere su famiglia!”
Il mio doppione stava soffocando, spiattellato a terra sull’erba in stato asmatico.
“Davvero?” domandai curioso.
“La tua famiglia è perfetta…” meditò lei, portandosi il cucchiaino alla bocca “Mi piacerebbe averne una tutta per me un giorno.”
Ero senza parole, inghiottii la saliva e posai la tazza fra l’erba, cercando di riportarla alla realtà…Mio Dio è ancora troppo giovane!
“Ehm…”
“Lo so che è presto…mi piace solo pensare che prima o poi ci riuscirò, tutto lì.” il suo sorriso fiducioso mi calmò. Avevo sudato incredibilmente freddo per un tremendo, lunghissimo istante…l’immagine di lei fra le braccia di qualcun altro mi stava facendo andare il sangue alla testa!…poi il sollievo mi fece parlare con sarcasmo, senza pensare.
“Certo che non sei proprio cambiata da quando mi hai chiesto di sposarti, mmh?”
Anette si tinse di carminio in un battito di ciglia ed il labbro iniziò a tremarle, pure il gatto decise che quello era il momento migliore per tagliare la corda e svicolò dalle mie carezze.
Mi morsi la lingua, desiderando avere una via d’uscita anch’io…quando mai avrei imparato a stare zitto?!
“Ero…ero solo una bambina…” protestò umiliata, mordendosi il labbro.
“Scusami, non-” cosa avevo al posto del cervello? Sabbia?! “È stata un’uscita infelice, perdonami.”
Aveva fissato lo sguardo sull’acqua, dimostrando di saper ricacciare indietro le lacrime senza battere ciglio.
“No, hai ragione.” replicò dopo qualche minuto con un sorriso amaro che riuscì ad accartocciarmi il cuore dal rimorso “Non sono cambiata, sono sempre la stessa Nettan in cerca di un futuro felice da soap opera di terza categoria. Ti dispiace se torniamo dentro e finiamo di studiare? Poi ti libererai della mia presenza, è una promessa.”
Non aspettò una risposta, si alzò rigida come una statua e tornò indietro.
Mi sentivo il più grosso imbecille dell’intera nazione, l’avevo imbarazzata a morte ed umiliata dandole della bambina immatura.
Mi passai una mano fra i capelli ancora corti, detestavo che c’è l’avesse con me.
Urgevano delle scuse ed in fretta.
La raggiunsi in casa ma quando aprii bocca per parlare lei mi interruppe, pragmatica come una macchinetta per far da conto. Fu subito chiaro che non mi avrebbe lasciato modo di riportare in auge l’argomento.
Oltre questo non dava a vedere che l’avessi ferita.
Continuammo a lavorare in silenzio per un’ora scarsa, io le indicavo gli esercizi lei li svolgeva senza una parola. L’atmosfera si era fatta talmente pesante che Anette chiuse il quaderno di scatto e si alzò, iniziando ad infilare tutto nella borsa.
“Può bastare, credo.”
La aiutai a riordinare le sue cose, poi la seguii giù per le scale cercando disperatamente delle parole, un modo per risolvere quell’inghippo.
“Beh…ciao.” sorrise falsamente, e fece per uscire.
Le strinsi il polso, i suoi occhi fissarono le mie dita, poi si alzarono per guardarmi in attesa.
“Non volevo prenderti in giro. Ero solo sorpreso da quanto fossi certa del tuo futuro, non tutte le tue coetanee hanno le idee così chiare o gli stessi propositi.” presi fiato e continuai non riuscendo a frenare il sorriso intenerito che mi piegò le labbra “Non ti ho mai preso in giro per quello che mi hai detto ne l’ho mai rivelato a nessuno. In effetti sei stata la prima persona che me l’ha chiesto…ed anche l’ultima per ora.”
La sua espressione rimase indecifrabile, poi la sua bocca si arricciò in una smorfia adorabile e batté le palpebre un paio di volte.
“Oddio Tuom, così mi fai commuovere!” borbottò piano “Qui ci vuole un abbraccio!”
“Eh?” riuscì solo a dire prima che An mettesse in pratica quello che aveva detto.
Ci rimasi di sasso.
La sua stretta era morbida e tiepida, senza malizia.
Ricambiai a disagio, posandole una mano sui capelli profumati di frutta.
La sua guancia era premuta alla base del mio collo, vellutata e fresca.
Dopo un po’ mi lasciò andare e domandai imbarazzato “Pace fatta?”
Non rispose, sorrise.
Il mio cuore perse un battito, mi guardava come se fossi la persona più importante della sua vita.
Mi salutò una seconda volta poi prese la strada e presto la sua figura si nascose fra gli alberi fino a che non la vidi più.
Sedetti sul pavimento di legno della veranda, inspirando profondamente ad occhi chiusi.
Marco aveva ragione.
Questa cosa doveva finire prima ancora di cominciare o ci saremmo fatti troppo male.

3 Maggio 2003, ore 15
Finlandia, Kitee, Casa Holopainen

Anette camminava in direzione della fattoria per la sua lezione di musica.
Era una bellissima giornata primaverile ma la temperatura era appena gradevole.
Tra un paio di settimane sarebbe partita tutta una serie di concerti in giro per la Carelia Settentrionale al quale avrebbe fatto parte anche lei. Era la prima volta che la sceglievano ed era felice ma anche terrorizzata insieme…
Tuomas non l’aveva più visto da Aprile, quindi non si stupì che fosse tornato per quel weekend.
“Mamma non c’è…partita per la Russia come al solito.” le disse non salutandola nemmeno, senza sorridere “Mi ha detto di accompagnarti al piano per esercizio.”
Detto quello si voltò, lasciando la porta aperta.
Anette fissò la sua schiena mentre si allontanava verso il salotto, confusa.
Non l’aveva mai trattata così freddamente prima.
La casa era silenziosa e quando si decise a varcarne la soglia, lo trovò stravaccato sul divano, un braccio sopra gli occhi e gli occhiali da vista poggiati sul tavolino.
Anette si avvicinò, lasciando la borsa di stoffa sulla poltrona poi si sedette in un angolino del sofà, tentando di stabilire una conversazione “Non sei obbligato a suonare, Tuom. Intanto ho provato il repertorio centinaia di volte e mi sembri piuttosto giù.”
Il ragazzo non parlò - le labbra sigillate in una linea diritta - si voltò verso lo schienale. Più ermetico di una scatola da sardine.
Anette trattenne uno sbuffo, preoccupata “Non è facendo l’asociale che si risolvono le cose.”
“Non ho niente da risolvere e non sono affari tuoi.” rispose finalmente, ad occhi chiusi “Se vuoi esercitarti fallo, o tornatene a casa.”
Tuomas sentì il cuscino del sofà risollevarsi, segno che Anette si era alzata. Se ne stava andando…tanto peggio di così la giornata non poteva andare!
Passò dieci minuti nella stessa posizione finché non sentì dei passi in avvicinamento ed il rumore della ceramica contro il legno del tavolino.
“Tieni musone spilungone…anche se non te lo meriti!” mormorò Anette, prima di allontanarsi. Sentì il click del coperchio del piano ed uno sfogliare confuso.
Tuomas si voltò curioso, all’altezza dei suoi occhi stava un piatto, al centro una tazza fumante circondata da una fila di biscotti di provenienza sconosciuta - almeno per lui - ed un barattolino di marmellata color ambra.
“Che cos’è?” domandò insospettito dal profumo della tazza. Anette non si voltò nemmeno ma la vide sorridere dal riflesso della vetrinetta.
“La mia ricetta della felicità…mi tira sempre su!”
La ragazza iniziò a scaldarsi la voce aiutandosi con il piano, mentre Tuomas sgranocchiava un paio di biscotti distrattamente…che buoni!
Assaggiò anche il latte nella tazza, scoprendo che era stato corretto in una maniera particolare; Anette l’aveva fatto bollire con delle scorze di limone e della cannella, oltre ad avere aggiunto una quantità industriale di miele.
“Mi verrà il diabete!” protestò poco convinto Tuomas, continuando a masticare biscotti ed occhieggiando il vasetto di marmellata.
“Con il sangue amaro che ti ritrovi non credo sia un rischio.” commentò Anette, riprendendo l’accordo dello strumento. Non sembrava offesa ma quella risposta ebbe l’effetto di farlo sentire peggio di un bambino capriccioso.
Intanto era riuscito, dopo due o tre tentativi, ad aprire il vasetto e scoprì che il contenuto era marmellata di limoni fatta in casa. Una rarità assoluta per la Finlandia.
“Da dove arriva tutto questo, Anette?”
“La scorsa settimana è venuto a trovarci mio zio dalla Toscana e ci ha portato una cassetta di limoni giganteschi…li abbiamo messi via e ho pensato di portarne un po’ anche a voi. I biscotti li ho fatti ieri per il compleanno di papà, sono riuscita a salvare solo quelli dalle sue formidabili mascelle.”
“Sono buonissimi, An.”
“La mia ricetta funziona allora! Hai ritrovato il buonumore!”
“A quanto pare sì…” il ragazzo sorrise, bevendo un lungo sorso della tazza ed assaggiando la marmellata che si rivelò essere dolce da star male…ci credeva che era una ricetta della felicità, avrebbe potuto risuscitare i morti!
Quando ebbe finito il piatto di biscotti era quasi vuoto e lo zucchero doveva essergli entrato in circolo ormai perché sorrideva senza problemi. Sentirla cantare era la ciliegina sulla torta ma aveva già fatto troppo per lui quel pomeriggio.
Si alzò e la prese per il polso “Dai vieni…è una giornata troppo bella per stare qui a studiare! Ti offro un gelato giù a Kitee.”
“Davvero?”
“A-ha…cinque gusti extra.”
“Devo prepararti la merenda più spesso!”
“Accomodati pure, sei la benvenuta!”

3 Maggio 2003, ore 18
Finlandia, Kitee

Il gelato promesso non aveva richiesto che una mezz’ora, il resto l’avevamo passato a vagabondare per la cittadina, parlando un po’ di tutto.
“Così hai lasciato l’Uni.”
“Sì…nel giro di quest’anno non ho dato esami e ho speso quasi tutto il prestito studentesco solo per mantenermi gli studi. Era una strada che non portava da nessuna parte, non posso continuare ad illudermi.” dissi, osservando il lago.
Ci eravamo fermati sul ponte mentre il sole si abbassava sempre di più, indorando le punte delle betulle.
“Hai già pensato a cosa farai adesso?”
“Darò una mano alla fattoria accanto alla nostra per l’estate. Poi a Settembre ho sempre il mio posto di assistente al conservatorio…è da fame ma è sempre meglio che niente.”
“Non suonerai più con i tuoi amici?”
La guardai per un attimo, cercando di decifrare la sua espressione “Magari qualche volta…è solo una distrazione, niente di più.”
“Se ti piace è l’unica cosa che conta.”
Era davvero solo un’adolescente? Iniziavo ad avere dei dubbi in proposito…
“Vieni…è meglio se ti riaccompagno a casa prima che il papino sguinzagli la squadra di ricerca.”
Anette rise, scuotendo la testa “Non mi dispiace passare del tempo con te…sei divertente!”
“Non abituarti troppo…la prossima volta è studio serrato!” dichiarai con un’espressione severa ed un sorriso.
Lei si eresse in tutta la sua scarsa altezza e mi fece un rigido saluto militare “Sissignore!”
“Andiamo, soldato Ryan.” ridacchiai, afferrandole la mano e riprendendo a camminare.
Aveva un bel dire Marco…come facevo a distrarmi quando era così adorabile?!

~~~

NDA originale
Okay, Tuommi è cotto…ma proprio cotto-cotto alla Love is in the air!
*Hermes fa le virgolette con le mani, sorridendo come una scema*
La mia personale idea è che questo capitolo un po’ più lungo del solito serve a mettere in chiaro che Anette per lui non è solo una ragazzina divertente e occasionalmente brava a cantare. Tuomas inizia a capire che c’è dell’altro anche se pensa di ‘salvarsi’ minimizzando la cosa. Povero piccolo paperotto! *Hermes abbraccia il bambolo di Tuommi con entusiasmo*
Questo piccolo momentino sulle carenze scolastiche di An e sulla secchioneria del papero l’avevo promesso già in DOR, ed ecco che vi ho svelato la nascita della venerazione di Tuomas per i biscottini di An LoL…mi gonfia il cuore di commozione, che volete sono una vecchia zitella sentimentale! Snif! xD

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Ed ecco che ritorno dopo un hiatus che sembrava non avere fine! =°°(
Non sono sparita per miei felici piani personali, tutt’altro.
Per ora la situazione sembra risoltasi in meglio ma preferisco stare dalla parte della ragione. Illudersi non fa mai bene.
Quindi ho deciso di tornare a scrivere, non ho mai smesso veramente in questi ultimi mesi, e mettere ordine nelle idee che ho buttato giù con infimo stile qua e là in stropicciati fogliettini sparsi in giro. Degli orrori ve lo garantisco…xD

Un caldo benvenuto a TheAltair che è passata a lasciare un commento all'ultimo capitolo nonostante la mia protratta assenza, grazie per i bombon e scusa se non ti ho risposto. (HP e Disney a vitaaaaa, cara! Benvenuta nell’universo DOR!!! xD)
Un timido ‘ciao’ alle immancabili CrystalRose e Petitecherie che sono passate a recensire nonostante la mia improvvisa sparizione. Grazie ragazze! Mi siete mancate, sniff...=*
Non ho tenuto in gran conto le novità a livello musicale quindi abbiate pazienza se non vi ho risposto e non ho gli elementi per darvi le mie idee sull’album di Holopainen ed quello di Olzon. Pian piano cercherò di rimettermi in pari con tutto (assolutissimamente la tua nuova ficcina Marvel, Lalla! Non sia mai! Cavolicchio ho una marea di capitoli da recuperare! O.O ed ovviamente anche il tuo Codice Pepe!xD)

Per il resto ‘The Fling’ ritornerà ad essere aggiornata d’ora in poi, perché sono perfezionista e masochista dato che la sera ho solo le energie per un po’ di editing; gli altri miei progetti da scribana saranno ripresi presto, mi prudono troppo le mani e la tastiera chiama a gran voce il mio nome. LoL
Scusate questo mio ranting incontrollato, spero che possiate apprezzare il capitolo e ci rivediamo al prossimo sabato.
*Alza la tazza di té a mo' di saluto e lancia fette di torta al miele e cannella*
Ciao a tutti e buon weekend.
Hermes

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Capitolo 5
*** 5. Stargazers...When The Dream Begins! ***


5. Stargazers...When The Dream Begins!

10 Luglio 2003, ore 23 e 30
Finlandia, Rantakylä, campeggio
“Tuomas…datti una mossa!” sibilò Marco, piazzato a fare il palo mentre frugavo nella tenda della coppia di tedeschi in vacanza assieme ai loro due gemelli.
Dopo dieci giorni di tortura a causa di quei due bambini matti e con un vistoso futuro da rompiballe nati, eravamo finalmente riusciti a sorprendere la tenda vuota e stavo cercando lo strumento capace di farci impazzire!
Finalmente lo trovai sotto una montagna di coperte ed uscii fuori con uno strano bozzo sotto la maglietta.
“Trovato!” esclamai facendo un segno di vittoria.
“Tuom, così sembri un maniaco molto dotato od un personaggio stranamente incinto!” esclamò Marco, guardandomi da sotto in su.
“Chiudi quella fogna e muovi le chiappe prima che ci mettano agli arresti!” lo spinsi avanti nel buio del sentiero che si snodava fra le varie tende finché non arrivammo al palco del festival locale ancora gremito di gente.
Marco scavalcò le barriere e s’intrufolò dietro le quinte mentre lo seguivo con qualche problema dovuto al mio bottino di guerra.
Trovammo Anette dentro al tendone riservato agli artisti con una faccia tra il traumatizzato e lo schifato…in effetti la baldoria stava prendendo una piega leggermente vietata ai minori.
“Marco, Tuom salvatemi da questo posto!” gemette Anette, quando ci vide.
“Ci puoi giurare, Anettina!” esclamò il biondo “Dai vieni prima che il party degeneri.”
Anette ci seguì fin fuori. Aveva partecipato al festival ed era ancora vestita con l’abito che aveva usato in scena.
Un semplice vestito bianco un po’ retrò dal busto stretto e la gonna a corolla, fino sotto al ginocchio…sembrava un angelo. Purtroppo ad ogni passo zoppicava con evidenti smorfie di dolore.
“Perché fai quella faccia, An?”
“Sono quest’aggeggi…”
Abbassai lo sguardo sulle sue gambe candide – non lasciarti andare a pensieri impuri Tuommi!!! È di An che stai parlando! – fino alle eleganti scarpe bianche che aveva ai piedi, dal tacco esagerato.
“Secondo quelli del festival dovevo cercare un modo per slanciarmi.” continuò lei, mettendo enfasi sull’ultima parola.
“Poveri piedini…!” mugolò Marco “Lo sai An? Sei bella così come sei…senza aggiunte di sorta!”
La vidi arrossire alla luce delle lanterne e scalzar via con gesti poco femminili quelle scarpe infernali “Per fortuna i festival sono finiti! Non ne potevo più…erano una noia colossale!”
“Non eri tu quella contenta come una pasqua?”
“Sì…prima di scoprire in cosa consistevano…non c’è né mai uno veramente sobrio in tutta quella banda! In più sono anche dei bei sporcaccioni!”
Mi colse un brivido a quella frase…povera piccola.
“A proposito…Tuomas, cosa nascondi lì sotto?” domandò Anette, allungando lo sguardo verso di me.
“Eh?”
“Ti sta chiedendo cos’hai dentro i pantaloni, Tuommi…” uscì Marco, evitando per un soffio una cinquina d’Anette rossa come la brace.
“Pervertito di un bassista cerebroleso!” la sentì sibilare.
“Ho la tastiera a pile…” dissi, sfilando lo strumento infernale; che poi era una tastiera giocattolo per bambini da quattro anni in su.
Anette rimase di sale “Come avete fatto a strapparla dalle grinfie di quei due?!”
“Facile, An!” tuonò Marco con superiorità “La felice famigliola è venuta a vedere te!”
“Dai ragazzi…poi gliela riportiamo dopo…” tentò lei con uno sguardo benevolo.
Io e Marco ci guardammo per risponderle in coro “Neanche per sogno!”
Anette si voltò verso di me, severa “Tuomas!”
Per un momento ebbi voglia d’accontentarla…almeno finché Marco non mi dette un calcio negli stinchi “Ok-No…non sono neanche capaci a suonare San Martino, gli indegni!”
Eravamo arrivati in riva al lago su uno dei moli di legno dove un’oretta prima avevamo lasciato uno scolapasta del campeggio convenientemente non in vista. Sull’erba invece c’era una lanterna, qualche coperta e una piccola scorta di cibo.
Marco si liberò della chitarra acustica che portava a tracolla ed accese la lanterna mentre ero salito sul pontile, cercavo la corda e tiravo su con cautela il nostro secchiello del ghiaccio nature.
Lo scolapasta era uno di quelli usati nelle grandi adunate, in questo caso pieno zeppo di lattine di birra, Anette le vide e mascherò una risata incredula con un colpo di tosse.
“Ehm, ragazzi…voi vi cercate delle grane!”
“Non so te, An…ma non ho mai visto una lista di divieti così lunga per un campeggio! Tra un po’ anche respirare dovrà essere approvato in questo posto!” Marco afferrò al volo la lattina che gli avevo lanciato e l’aprì, tracannandone subito un sorso.
Anette si sedette sulla coperta che aveva steso sull’erba, la gonna allargata tutt’intorno come la corolla di una calla. Rubai una o due occhiate nella sua direzione mentre legavo di nuovo la corda al palo in modo che stesse mezza sommersa. Afferrai una lattina in particolare e tornai indietro, tendendogliela.
“Lo sai che non bevo, Tuom!”
“Tè alla pesca, An…”
“Dai…ti sei ricordato?” esclamò lei, incredula “Tu mi vizi!”
Marco – che stava accordando la chitarra – aprì bocca per dar suono ad una delle sue battutine infelici ma lo intercettai, scoccandogli un’occhiataccia…ad Anette non serviva sapere che avevo svaligiato il minimarket giù al paese solo per lei.
Accesi la tastiera giocattolo, cercando di capire come evitare il ‘disco-beat’ che ci aveva fatto andare fuori di melone nelle ventiquattro ore precedenti, avvicinandomi alla luce della lanterna.
Anette mi si avvicinò curiosa, commentando “Ha solo un’estensione di due ottave…”
“Beh…non puoi di certo confrontarla con la mia Korg, purtroppo dovremo accontentarci.” risposi, pensando con orgoglio alla tastiera che mi aspettava a casa “Intanto stasera ce la metterò tutta per scaricare le pile…preferirei buttarla in acqua piuttosto che restituirla a quei due pazzi furiosi, quindi è meglio sabotargli tutto il divertimento.”
Anette fece una smorfia mentre me la ridevo. Marco si avvicinò, e posò la chitarra sulla coperta, sedendosi a gambe incrociate.
“Perdonaci Anettuccia se non ti abbiamo sentita cantare ma era una questione di sopravvivenza, ormai!” disse a mani giunte con sguardo da cucciolo bastonato.
“Dovreste solo vergognarvi! Rubare i giocattoli a due bambini indifesi!!!” Anette bevve il tè freddo con un sorriso “Comunque non vi siete persi niente, ho dovuto cantare Wagner…lo odio Wagner!
“Indifesi quelli?! Anette ma li hai visti bene?!”
Mentre loro parlavano ero riuscito a svelare un po’ dell’arcano funzionamento di quello strumento di tortura e trovai il piano, che come suono lasciava anche leggermente a desiderare.
Provai a suonare qualcosa, gli occhi di Anette puntati addosso. Il suo sguardo mi rendeva impacciato.
“Mi ricorda qualcosa…” mormorò sovrappensiero, gli occhi socchiusi nel tentativo.
“Dieci punti se sai dirmi cos’è.” replicai con un sorriso, continuando a suonare nel limite della tastiera.
“Mmmh…e tu cosa mi dai in cambio?”
Sbagliai una nota mentre il mio cuore faceva una capriola, era la prima volta che usava quel tono da civetta con me.
Too, datti una calmata per l’amor del cielo!
“Diciamo che è una sorpresa.” mi limitai a dire, riprendendo la melodia da dove l’avevo bruscamente interrotta.
“Siete pieni di sorprese, stasera!” esclamò, voltandosi verso Marco “Mi dai un indizio piccolo piccolo?”
“Uhm…mi sembra musica recente tipo roba da colonna son-”
Gli lanciai un’occhiata assassina, ma ormai il danno era fatto.
“Un film?” rifletté ad alta voce Anette, ancora in alto mare.
Continuai a suonare con un sorriso misterioso, non ci sarebbe voluto ancora molto prima che…
The Piano.” mormorò dolcemente, dopo un altro po’. Alzai gli occhi, incontrando il suo sguardo tenero.
Negli ultimi tempi me l’aveva fatta suonare non so quante volte…non che mi lamentassi, era un pezzo meraviglioso. Anette l’aveva scoperta per caso, un pomeriggio che era arrivata prima per la sua lezione, suonavo al piano per sgranchirmi le dita. Era rimasta delusa quando aveva scoperto che non era farina del mio sacco.
Ci stavamo ancora guardando quando Marco si schiarì la gola sonoramente, rompendo quel momento magico.
“Ehm, Joseph, se state cercando dei nomi.” lanciai un’occhiataccia al mio barbuto amico mentre An era venuta rossa come una fragola “Anettina bella…i piedini ti fanno tanto male?”
“No…scalza vado molto meglio.”
“Tuommi suonaci qualcosa di ballabile…qui urge qualche lezioncina!”
Anette roteò gli occhi, sbuffando “Marco! Il ballo dell’ultimo anno di scuola è la prossima estate! Non ho bisogno di lezioni!”
“Vedrai come mi ringrazierai quando volteggerai più leggera di una piuma senza pestare i piedi al tuo principe azzurro per la serata!” Marco aveva due cuoricini al posto degli occhi…aveva conosciuto meglio Anette nell’ultimo paio di mesi e la ragazza si era guadagnata un altro fratello più grande nel barbuto e – solo sul palco – brutale bassista biondo.
La tirò in piedi, mentre Anette cercava di liberarsi.
“Perché non posso ballare con Tuom?! Tu sei vecchio!” si lamentò lei, lasciandomi con il cuore in gola.
“Meglio che balli con me, Anettina…Tuom l’ultima volta per poco non mandava in ospedale metà della gente nel salone!” sghignazzò Marco, lanciandomi di sbieco uno sguardo del tipo smentiscimi-se-sei-capace!
“Non ci credo!”
“Ho un video come prova…con tanto di testimonianze!”
“Sì…cos’è diventata subito, una notizia da telegiornale?!” scherzò Anette mentre faceva una piroetta.
Marco ed Anette danzarono per un po’ senza difficoltà…la gonna del vestito le si gonfiava attorno, mentre accompagnava Marco, cantando una canzone popolare poi qualcosa di più moderno.
Ohmiodio! An nel ruolo di Christine Daae! Il Fantasma dell’Opera!
Perché non ho mai un mangiacassette a disposizione quando mi serve!

Un’ora dopo Anette era sdraiata accanto a me, i piedi affondati nell’erba fresca, mezza addormentata. Avevo abbassato il volume della tastiera al minimo per non darle troppo fastidio.
“Avete visto quante stelle ci sono lassù?” domandò, indicando il cielo.
“Non metterti a contarle, An…o finisci nel mondo dei sogni!” le dissi piano.
“Tuom…è vero che hai smesso di suonare con Tapio ed i Nattvindens?” domandò Marco, pizzicando le corde della chitarra.
“Sì. Ho pensato che non mi va più la musica degli altri.” risposi, guardando i tasti di plastica brillare alla luce della lanterna “Voglio provare a comporre e scrivere canzoni da me.”
“Se c’è qualcuno capace di farlo quello sei tu, Tuom.” disse Anette con un sospiro.
“Non so bene…per ora è solo un’idea…” dissi, non volevo che mi prendessero troppo sul serio.
L’idea era embrionale…nulla più.
Per il momento.
Forse.
Perché no?

24 Dicembre 2003, ore 17
Finlandia, Kitee, Casa di Anette
“Anette cara, vai a rispondere tu per favore?”
“Sì, mamma!”
La ragazza corse per il salotto fino alla porta d’ingresso, strofinandosi le mani macchiate di glassa colorata per i biscotti di Natale. Fuori nell’oscurità, nevicava fitto fitto e si chiese chi mai aveva avuto il coraggio di girare con quel tempo da cioccolata calda!
Il visitatore bussò una seconda volta ed Anette aprì la porta.
Una folata di fiocchi di neve la investì nonostante la figura davanti a lei la coprisse parzialmente.
Era vestito pesante con un lungo parka verde e gli anfibi.
“Tuomas?” domandò lei stupita ma felice della visita, si erano visti solo un paio di giorni prima…
“Ciao, Anette. Disturbo?”
“Scherzi? Entra prima di diventare un pupazzo di neve vivente, su!” lo tirò dentro, chiudendo la porta e prendendo il suo berretto di lana con un saltello “Carl non c’è, è uscito con alcuni suoi amici dell’Uni. Preparati ad essere la cavia di assaggio per i biscotti…mamma è in piena fase infornata!”
“Veramente sono venuto per parlare con te, Anette.”
La ragazza lo guardò, senza parole “Con me?”
“Già…”

~ un’oretta dopo
Le aveva fatto ascoltare il nastro magnetico della demo ed adesso stava educatamente assaggiando i biscotti di mamma Bea che soprassedeva con sguardo amorevole.
“Non sarebbe niente di serio, Anette. Solo tre o quattro canzoni per completare la demo.” le spiegò, un po’ teso “Un modo per divertirsi, tutto qui.”
“Ma è fantastico!” esclamò lei, alzandosi in piedi poi arrossendo, intimidita “Perché proprio io? Avresti potuto chiedere a chiunque di cantare, no?”
“Sei la prima persona che mi è venuta in mente, per la verità…” Tuomas si grattò il capo, distogliendo lo sguardo, a disagio “Se non ti va, fa finta di non aver mai avuto questa conversazione con me…”
VUOI SCHERZARE?!” l’entusiasmo di Anette era quasi solare “Non vedo l’ora!”
Mamma Bea aveva ascoltato tutto mentre continuava a preparare i dolci di Natale e s’intromise gentilmente.
“Pensi di mandarla poi a qualcuno questa demo, Tuomas?”
“Forse qualche rivista o casa discografica…non ho ancora deciso.”
“Conta su di me, Tuom!”
Il ragazzo guardò quella specie di nanetta saltellante accanto a lui, con gli occhi che le brillavano dalla determinazione e capì che la demo sarebbe andata in porto, in bene od in male.
Non l’aveva detto…ma quelle canzoni non erano le uniche che aveva composto.
C’è n’erano delle altre, ormai ci lavorava sopra dalla fine dell'estate precedente ed alcune erano tutte per lei.
Quello era il segreto che non avrebbe mai confessato a nessuno.
Almeno non a parole.

Your ocean pulls me under
Your voice tears me asunder
Love me before the last petal falls

27 Dicembre 2003, ore 10
Finlandia, Kitee, Huvikeskus studio

Le registrazioni per la demo durante quei giorni di vacanze natalizie procedevano lentamente ma con determinazione.
Non avevano un equipaggiamento di prima qualità, gli auricolari li assordavano con la statica e Jukka, il batterista – una vecchia conoscenza di Tero - aveva dovuto suonare in uno sgabuzzino claustrofobico giù in palestra per questioni di acustica.
Marco si era prestato un pomeriggio per incidere i bassi ed avevano trovato un chitarrista disponibile in Emppu Vuorinen, un amico di Tuomas, che già conosceva Jukka dato che i due ragazzi erano andati a scuola nella stessa sezione.
Tero, il loro fonico improvvisato, stava alla console nell’aula magna della scuola mentre aspettavano che Anette arrivasse per la sua sessione.
“Tuom? Ma sei sicuro che questa Anette sia okay? Voglio dire ha la voce adatta?” domandò il tecnico, rivedendo le canzoni.
“Tranquillo TeeCee…vedrai che andrà tutto a meraviglia!” replicò il tastierista con occhi a margherita e che non stava più nella pelle. Ore ed ore di canto…il mio sogno si trasforma in realtà!
Una decina di minuti dopo qualcuno bussò alla porta ed il faccino di An sbucò da dietro.
“Ehm…si può? Sono in ritardo?” domandò con vocina piccola, piccola l’adolescente intimidita.
“Macché! Dai mettiti comoda!!!” Tuomas le fece segno di raggiungerli al mixer in mezzo ai sedili dove iniziarono a rivedere l’armonia delle tre demo da incidere.
Tero ascoltava i loro discorsi, inserendosi anche ma il suo sguardo curioso alla ragazza era chiaro: non era molto convinto da lei. Soprattutto quando An ammise candidamente di non aver mai registrato nulla e di aver sempre e solo cantato repertorio leggero, classico e corale.
Eheheheheh…e chi era lui per spezzare le certezze di Teruccio? Muahahahahah!
Un venti minuti dopo erano pronti per una prima prova ed Anette aveva raggiunto il palco con in mano i testi ed una bottiglietta d’acqua al fondo della sala conferenze dove avevano installato il miglior microfono in dotazione della scuola e Tero stava preparando la demo di Elvenpath, aggiustando i comandi ed alzando il volume della registrazione, scuotendo la testa.
Anette intanto si era infilata un auricolare e provò a battere il microfono per vedere se funzionava.
“Tutto okay! Vai An!” Tuomas fece thumbs up mentre Tero borbottava qualcosa alla ‘bah, primo colpo ho dei dubbi…’, nelle cuffie la demo era partita e la voce del tastierista leggeva l’intro.
La demo dei ragazzi aveva già un discreto ritmo e Tuomas la vide tenere il tempo con il capo, notando che non riusciva a stare ferma sul posto.
Quando iniziò a cantare gli occhi di Tero saltarono via dalle orbite al volume nelle sue cuffie e Tuomas si era stravaccato sulla poltroncina con un sorriso da stregatto e godendo come un riccio mentre nel ritornello la voce di Anette aumentava d’ampiezza agganciando le note più alte, rimbombando pericolosamente sui muri e nella sua cassa toracica, lasciandogli una sensazione di potenza.
Tre minuti dopo il povero fonico era senza parole e dette uno scappellotto al tastierista seduto al suo fianco “Altro che acoustical sound! Non potevi avvisarmi prima, eh?! Bell’amico che sei!”
“Ehm…” Anette si schiarì la voce piano, un po’ imbarazzata “Scusate…forse canto troppo forte in certi punti? Devo stare più bassa?”
“In effetti il compressore ha dato segni di squilibrio…” rispose Tuomas con occhi a cuoricino, troppo felice per essere davvero preoccupato “Ma sono problemini che Tero saprà sicuramente risolvere in un battibaleno, tu sei perfetta Anette!”
“Ah, bene, se è così.”
“Ahem, non per impormi eh…” s’inserì Tero con un sorrisetto “Ma questa voce…è una cosa genetica nella tua famiglia? O sei solo tu?”
Anette lo guardò confusa mentre Tuomas era passato a strangolare il loro fonico sotto il tavolo del mixer “Non prendere in giro la nostra cantante!!!”
La protesta del fonico arrivò forte e chiaro anche al palco “E chi osa! Mi chiedevo solo se avesse una sorella maggiore!”

27 Dicembre 2003, ore 15
Finlandia, Kitee, Huvikeskus studio

La sessione stava andando a gonfie vele.
Anette aveva avuto qualche paio di difficoltà a causa dei suoi primi passi seri come solista ma erano riusciti a superarle con un po’ d’ingegno.
Ora avevano appena finito le sue parti in Beauty and the Beast e Tero si era convertito ufficialmente alla voce di Anette.
Il fonico continuava a farla ridere con aneddoti della scuola mentre lei cercava di mangiare una barretta di cioccolata ed io mi preparavo psicologicamente a portare a termine una delle cose più difficili – e possibilmente umilianti - della mia vita…la mia parte cantata nella canzone.
Carpenter era bassa ed era venuta abbastanza bene, ma Beauty&Beast voleva dire essere a diretto contatto con la voce più lirica di An e la cosa mi terrorizzava assai.
Io, nel migliore dei casi, racchio al microfono. Aiuto, qualcuno mi salvi!
Quindi intonai con trepidazione la mia parte cercando di metterci tutto quello che avevo in termini di voce. Datti da fare Fantasma dell’Opera!
Quando la demo si concluse mi tolsi le cuffie e domandai un po' teso “Allora come sono andato?”
Anette sorrideva in sordina e Tero aveva la faccia scura.
“Penso proprio che dovrai riregistrarla un'altra volta, bellezza! Dobbiamo trovare un punto d’incontro fra voi due o qui siamo nella merda!!!”
"Dai...non è così tremendo, Tero!” obbiettò An, cercando di tirarmi su di morale.
Ma il fonico si dimostrò impietoso, riavvolse la traccia e fece partire la canzone perché ascoltassimo tutti il risultato nell’acustica della stanza.
Avrei voluto sotterrarmi sotto una catasta di legna secca e dare fuoco.
Il mio imbarazzo doveva essere evidente perché Anette decise di stoppare, guadagnandosi un’occhiataccia da Tero e corse sul palco, afferrandomi per mano “Perché non proviamo assieme un paio di volte? Sono sicura che ci riuscirai!”
Sbattei le palpebre, notando che il suo sguardo era parecchio determinato ma anche Tero si aggiunse “Ha ragione, Tuom. Provatela assieme! Magari cambi un po’ la tonalità e non sembri più una segheria!”
“TERO!” lo riprese Anette, lanciando un’occhiata che lo fece riparare dietro al mixer, i suoi piccoli occhietti scuri che la guardavano con timore e reverenza dal bordo della console. Alla faccia della ragazzina…glom!

~ Mezz’ora dopo circa…
“Ah! Lo sapevo!!! Tuom sei il migliore!” esclamava An, saltellando accanto a Tero che la guardava divertito.
Mi grattai il naso, compiaciuto “Se lo dici tu, ci credo…”
“No, no! Davvero! Tero fagli sentire!” domandò eccitata la nanetta ed un momento dopo la canzone suonava fra le pareti dell’aula magna.
Il contrasto fra le nostre due voci non era più così male e dovevo ammettere che, grazie ai suoi consigli, ero riuscito a non sembrare un cane con la raucedine.
Mai più al microfono, preferisco lei mille volte!
L’angelo della musica!

…Forever shall the wolf in me desire the sheep in you…

~~~

Le parti in corsivo centrate sono tratte da 'Beauty and the Beast' dei Nightwish.

Ah e rieccomi a deliziarvi con un nuovo capitolozzo succoso! xD
In questo capitolo è successo un po' di tutto...ho mandato un tantino in forward la storia e finalmente abbiamo assistito alla nascita dei NW ed al debutto di Anettina zuccherosa come vocalist, che spero di aver reso come Dio comanda senza troppe stupidaggini...LoL

Ora ci sono alcune incongruenze da sottolineare...
Del tipo, il film 'The Piano' è uscito nei primi anni '90 (1992, mi pare), nella fic invece è uscito fra la fine del 2002 e l'inizio del 2003, dando il tempo materiale a Tuomas di riuscire a sentirlo, ascoltarlo e metabolizzarlo con quel suo spirito di poeta che noi tutti adoriamo assieme ad Anette! ;)
Ancora, ho già tirato in ballo il fattore 'Phantom of The Opera' di Webber che mi serviva per creare la base dell'amore quasi morboso di Tuomas per la voce di An, che magari non si è ancora formata del tutto ma promette già dannatamente bene! =)
Poi, nella bio del gruppo è espressamente scritto che il demo concept era nato come 'acustico', almeno finché non avevano avuto un incontro più ravvicinato con Tarja e la sua voce drammatica...beh, in questa storia l'idea non entrava dato che Tuomas già prima delle registrazioni conosce la voce di An in parte e 'sa' che non sarà una voce piccola e sensibile. Poi ovviamente da cosa nasce cosa e se son rose... =)

So che sono un giorno in anticipo ma il tempo è tiranno.
Vi rubo ancora un momento per salutare e ringraziare CrystalRose (passerò anche da te presto, cara! =*) che è passata di qui a commentare e a tutti quelli che sono tornati a leggere questo sequel!
Ci rivedremo la prossima settimana con un nuovo pezzo che, vi anticipo, sarà un po' angst...xD
Nel frattempo buon weekend a tutti!!!
Hermes

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Capitolo 6
*** 6. Sleepwalker ***


6. Sleepwalker

6 Gennaio 2004, ore 15 e 22
Finlandia, Kitee, Casa di Anette
Io e Marco eravamo andati a trovare An per farle ascoltare il prodotto finito.
Carl era tornato della Polonia per quelle vacanze e lo vidi gonfiarsi tutto d’orgoglio per le doti canore della sua sorellina, tanto che la agguantò in un abbraccio grattandole la testolina.
“Brava Nettan!”
“Carl…lasciami andare!!!” protestò imbarazzata lei.
“Tsk! Anche se mi diventi famosa guarda che rimarrai sempre la mia piccola Nettie!”
Anette sbuffò, rossa in viso, e – dato che il fratello non sembrava avere intenzione di liberarla – si rivolse ai ragazzi, appollaiati sulle sedie del tavolo. Marco aveva un sorrisetto divertito.
“Le canzoni sono belle ma sotto quale nome manderai la demo, Tuom?”
Patata bollente.
“Non ha ancora deciso.” intervenne Marco lanciando un’occhiata nella mia direzione “E per ora ha solo tirato fuori delle idee assurde.”
“Grazie per il supporto morale.” replicai acido “La verità è che sto cercando qualcosa di esotico, tradizionale e significativo.”
“Alla faccia compare!” commentò Carl, stupito “Quali sarebbero le tue idee per ora?”
Girai i pollici nervoso ed iniziai ad elencare senza guardare in faccia nessuno, mi vergognavo troppo “The Seers, NightDream e Eyes of the Wolf. Lo so fanno schifo.”
“No, sono orrendi, c’è differenza!” girò il coltello nella piaga Marco, subito colpito da un’occhiataccia di An.
“Sono sicura che troverai qualcosa di adatto, Tuomas!” si inserì il centro dei miei pensieri con voce speranzosa “Hai scritto dei testi meravigliosi!”
Sorrisi appena nella sua direzione, le sue parole un balsamo per le mie orecchie.

~ quella sera
Stavo riascoltando per la milionesima volta il mio Compact Disc personale contenente tutte le registrazioni di quel pomeriggio con Anette e Tero.
Ormai era diventata la mia playlist preferita e la voce di An mi teneva compagnia mentre ero seduto sul mio letto soppalcato con sulle ginocchia il moleskine ed una biro.
In quella stava passando una delle poche canzoni che avevamo ritenuto davvero ottime per la compilazione della demo.
Non gli avevo dato un titolo e Tero l’aveva chiamata una “Shakespeariata spiritica” mentre Anette si era limitata a divorare il testo e cantarla drammatica, accompagnata da un ambient music da landa innevata.
La adoravo.
Tutta.

Avevo sfogliato il quadernetto fino a trovare il testo scritto a mano a più riprese nel corso di quegli ultimi mesi…cavoli sembra davvero un pezzo di Shakespeare, anche se mal scritto…
Passai un dito sulle parole mentre la canzone si concludeva con una piccola ode alle stelle della notte che vedevo sempre brillare dalla finestra prima di andare a dormire.
Magari potrei dare un’occhiata a qualche mappa stellare ed inventarmi qualcosa…
Senza pensare puntai il telecomando in basso facendo ripartire la traccia, la chitarra acustica dell’intro davvero limpida come se Emppu stesse suonando accanto a me.
Ed Anette che dava volo a quella canzone.

The voice of nightly winds has awakened me,
Amidst all the grief they embrace me with relief.
Beneath my dreams and wishes
I long for thy caresses.

Colpito dall’ispirazione stappai la penna, sottolineando voice, nigthly winds, dreams, wishes.
Erano le parole chiave di tutto il mio concetto musicale e passai qualche minuto a fissarle, cercando di ricavarne qualcosa.
Sbuffai.
Richiusi il quadernino, scocciato.
Alla fine mando la cassetta come ‘Folk from Kitee with love!’ e sono belle che a posto!
Anette in sottofondo continuava a cantare, imperturbabile finché…
Ho sentito male…?
Riapro gli occhi, recuperando il bistrattato moleskine e rileggendo i lyrics mentre facevo rewind e mi accorgevo che – in effetti – Anette aveva pronunciato leggermente male ‘Nightwish’.
Che poi…questa parola dovevo essermela inventata sul momento perché sul dizionario proprio-
Oh, per tutti i muffin al mirtillo…
An, ignara del mio shock, era già al poema finale ed io fissavo la carta come se avesse potuto azzannarmi.
Una parola unica, coniata senza accorgermene scrivendo frenetico.
Nightwish.
Era perfetta.
Più che perfetta.
Un cerchio che si chiudeva.
Se non fossi stato settanta chili ed ad quasi due metri dal pavimento mi sarei messo a saltare sul letto per la felicità.
Avevo trovato quello che cercavo.

~ il mattino dopo
Era prestissimo ma non ce la facevo più ad aspettare.
Quella notte non ero riuscito a chiudere occhio passando buona parte del tempo a camminare in tondo per la stanza, preso dalla frenesia avevo completato le tracklist ed imbustato cinque della dozzina di nastri magnetici che avevamo inciso.
Imbacuccato avevo raggiunto Kitee in notturna ed avevo atteso che l’ufficio postale aprisse, scarabocchiando sulle buste un ultimo ‘FRAGILE!’ prima di darle in consegna all’impiegata.
Uscito dalla posta presi un grosso respiro profondo e fissai il cielo sopra la mia testa con le dita incrociate.

The Nightwish I send through the starlit sky.

5 Giugno 2004, ore 22 e 41
Finlandia, Kuopio

La folla ruggì per un’ultima volta, salutando Tuomas ed i ragazzi mentre ringraziavano il pubblico e scendevano dal palco.
Il tastierista era vistosamente alticcio quella sera, incespicò nella scaletta e Marco accanto a me lo sorresse aiutato da Emppu appena in tempo prima che si spaccasse il naso.
“Che cav-” sbatté un paio di volte le palpebre, poi ci mise a fuoco sbalordito “Marco? Anette? Che ci fate voi qui?!”
“Distorsione spazio-temporale, cuccioKorg! Non siamo veramente qui!” scherzò Marco, sorreggendolo verso i camerini dove la baldoria post-gig era appena agli inizi…
Dopo l’incisione della demo non era successo nulla degno di nota se non si contava la recensione del Soundi che ci aveva praticamente tagliato le gambe così ognuno di noi si era occupato dei propri interessi personali, anche se per sfizio Tuomas mi aveva chiesto di registrare ancora un paio di tracce per incidere una seconda demo di sette canzoni.
Intanto avevo dato gli esami di fine anno scolastico ed ero appena scappata dal ballo della scuola con la complicità del bassista. Il poveretto aveva acconsentito dopo che l’avevo esasperato per oltre due mesi di seguito.
“Te ne pentirai, An!” aveva detto lui profetico, mettendo in moto.
“Oh beh…hakuna matata!” risposi io seduta sul sedile di fianco, mentre disfacevo la rigida acconciatura “Anch’io voglio essere dall’altra parte delle transenne almeno per una volta!”

Era per quel motivo che mi trovavo in quei camerini striminziti, anziché volteggiare come una prima donna nella palestra della scuola superiore di Kitee.
Okay…all’inizio mi ero pure divertita ma al terzo giro di ballo avevo battuto in ritirata con una scusa sul momento e mi ero lasciata indietro il principe azzurro. Speravo solo che non fosse in una valle di lacrime per colpa mia…
Il concerto dei Darkwoods My Betrothed era stato una bomba sonora!
Adesso capivo perché i ragazzi erano così attaccati al Metal ed alle atmosfere sonore affollate!
Marco aveva posato Tuom su un divano a svernare poi aveva ingaggiato una discussione con alcuni tecnici del suono.
Tero si fece largo verso la mia direzione con due bicchieri di birra in mano, seguito da Emppu che mi rivolse un sorriso solo per me.
“Ehilà principessa! Qual buon vento ti porta qui?” domandò allegro.
“Il vento della ribellione?” risposi con un sorrisino, accettando la birra. Eh qui mi sa che di roba analcolica non c’è né nemmeno l’ombra!
“Tu ribelle? Cos’è uno scherzo?” domandò Julma senza cattiveria.
Ridemmo insieme poi una rossa di provenienza non meglio definita mi venne praticamente addosso nel tentativo di entrare nel camerino. Quando quella furia umana si era ormai fatta largo come un tifone, realizzai d’aver versato tutta la birra su Emppu e di essere volata fra le braccia di Tero.
“Ehm…se può servire vi chiedo scusa…” dissi, imbarazzata a morte per la figura.
“Dio quanto la odio quella…” digrignò fra i denti il chitarrista nano, afferrando l’asciugamano che gli offriva Larha e facendo un cenno con la testa verso il divano. Voltammo lo sguardo e per poco non vomitai il sorso che ero riuscita a bere.
La finta rossa si era seduta sulle ginocchia di Tuom, le braccia strette come delle liane attorno al suo collo con una luce di sinistra possessione negli occhi.
“In effetti quei due sono sempre appiccicati come delle sanguisughe…e già tanto che non si mettano a dare spettacolo sul palco!” replicò poi Julma, arricciando le labbra in una smorfia.
A quella rivelazione inaspettata si accompagnò il colpo di grazia…Tuomas, leggermente ripresosi dalla sbronza, le aveva infilato una mano dietro la testa e l’aveva tirata verso di se in un gesto inequivocabile.
Sentii freddo.
“Ragazzi…vado fuori a prendere aria!” esclamai allegra e mi dileguai, correndo lungo il corridoio senza nemmeno vedere dove andavo.
Stavo piangendo, ma perché?
Non era la prima volta che vedevo certe scene…
Allora perché?
Aprii una delle porte antipanico appena il giusto per sgusciare fuori ed appoggiarmi al muro.
Prendevo respiri profondi ma le lacrime non volevano proprio saperne di smetterla.
Va bene, An…facciamo le persone ragionevoli.
Tuomas per quanto fosse in confidenza, non parlava mai della sua vita privata.
In fin dei conti faceva bene e lo ammiravo per questo.
Era la persona più bella che avessi mai incontrato anche se aveva i suoi difetti come tutti.
Era un uomo.
Stupida Anette!
Strinsi gli occhi, cercando di scacciare via quell’agghiacciante sensazione che si stava facendo strada come un proiettile.
Quell’idea che io…sei mesi prima.
Idiota!
Non ho inciso la sua demo solo per questo!
Non l’ho fatto esclusivamente per lui!
…ma la bambina fradicia, avvolta in una coperta che lo guardava determinata mentre gli chiedeva di sposarla…
…ero, e sarei rimasta sempre io…

5 Giugno 2004, ore 23 e 56
Finlandia, Kuopio-Kitee

Marco curiosava in giro impensierito.
Se capitava qualcosa ad An, Tuom l’avrebbe fatto a fette il mattino dopo!
Tero gli aveva detto che era uscita più di un’ora prima, e la trovò in cortile.
“Meno male…stavo per raggruppare uno squadrone di ricerca, bimba!” esclamò il barbuto biondo, capendo quasi immediatamente che c’era qualcosa che non andava “È meglio se ti riporto a casa, Cenerentola…tra un po’ qui ci suona la mezzanotte!”
“Sì…voglio tornare a casa.”
La risposta flebile ma decisa di lei lo stuzzicò e chinò il capo per scoprire i suoi occhi rossi e gonfi.
“Che è successo?” domandò preoccupato.
“Niente…andiamo?” replicò lei, spazientita.
Marco annuì, evitando la patata bollente per il momento e tenne aperta la porta per farla passare.
Anette esitò sulla soglia e domandò “Tuomas è già andato via?”
Marco alzò un sopracciglio “Ha tagliato la corda mezz’ora fa…”
Lei si tormentò un labbro ed entrò.
Durante il tragitto entrambi rimasero in silenzio, mentre il bassista le lanciava delle occhiate.
Anette fingeva di dormire…e Marco aveva tirato la somma di quel suo comportamento, facendo due più due.
Arrivati alla casa di lei disse, cercando di essere il più delicato possibile
“An…ricorda che io ci sono sempre se hai bisogno anche solo di una spalla, eh? Se vuoi fare due chiacchiere in qualsiasi momento…”
La ragazza sorrise “Tranquillo, non è successo proprio niente…buonanotte!”
Le fece ciao con la mano mentre si allontanava poi il suo sorriso si sfaldò e sospirò, accendendosi una bionda.
Prossima fermata: chiesa.
Non c’erano dubbi…ci voleva un’esorcista per quei due e dell’acqua santa da rovesciare su Tuom per calmargli i bollenti spiriti!

6 Giugno 2004, ore 1 e 21
Finlandia, Kuopio

Sleepwalker
Close your eyes
Feel the ocean where passion lies
Silently the senses
Abandon all defenses

Tamburellavo i polpastrelli sulla ringhiera del balcone, semisdraiato in una delle scomode seggiole di plastica.
Ci eravamo spostati nell’appartamento di Tapio Wilska mentre il festino alcolico andava lentamente scemando.
Aprii la lattina di birra…ormai ero quasi ubriaco perso, ma non lo consideravo un problema.
Tanto avrei dormito lì quella sera. Da solo.
L’idea di passare un’altra notte con Nadia mi aveva dato la nausea.
Sì…ormai la cosa non faceva che disgustarmi, ed appena ero riuscito a staccarmela di dosso avevo messo in chiaro che volevo darci un taglio.
La reazione di lei non si era fatta attendere molto, ne portavo ancora i segni in faccia.
Chiusi gli occhi, lasciando andare la testa indietro.

A place between sleep and awake
End of innocence, unending masquerade
That's where I'll wait for you

Non me l’aspettavo di vederla questa sera.
L’avevo immaginata elettrizzata mentre compiva un paio di giravolte nel suo vestito da sera davanti allo specchio come ogni giovane della sua età e nulla più.
Avevo preferito darmi all’alcol, piuttosto che vagare in quei particolari pensieri.
Marco aveva avuto ragione a mettermi in guardia.
Anette non era fatta per me.
Troppo giovane e troppo innocente, non avrebbe funzionato con lei.
Questo però non spazzava via la mia fissazione, schiacciata anche da come la demo non era stata presa in considerazione da nessuna delle case discografiche alle quali l’avevo mandata…per non parlare della recensione del Soundi.

Hold me near you
So close I sear you
Seeing, believing
Dreaming, deceiving

All’inizio avevo fatto finta di niente, mascherando i miei sentimenti per lei come una comune e semplice simpatia.
Avevamo registrato altre tracce e Tero stava lavorando al mixaggio di una seconda demo di sette canzoni.
Nel frattempo avevo iniziato a pensare di non essere molto normale.
Alla fine ero passato all’azione prendendo alla lettera il detto: chiodo scaccia chiodo.
Quella strategia era fallita ufficialmente un’oretta prima con tanto di sberle ed unghiate, un po’ quel trattamento me l’ero meritato.
Adesso era a corto di idee, accidenti.
Scolai la lattina poi mi misi alla ricerca di una posizione più comoda, con tutta l’intenzione di passare lì il resto della serata.
Era così bella quando era sbucata fuori dal nulla nelle quinte dopo il concerto.
Proveniva da un’altra dimensione.
Avrei voluto metterla sotto una campana di vetro e custodirla gelosamente, al riparo da tutti.
Solo ed esclusivamente mia.

Sleepwalker seducing me
I dare to enter your ecstasy
Lay yourself now down to sleep
In my dreams, you're mine to keep

~~~

Le parti in corsivo centrate sono tratte da 'Nightwish' e 'Sleepwalker' dei Nightwish.

Capitolo in ritardo! Sorry!!!
Eccoci arrivati al pezzo anomalo del pacchetto 'The Fling'. Rimaneggiato pesantemente negli ultimi quattro giorni. (Visto Lalla? Ho drizzato le magagne! Epic win! =)
In origine avevo deciso di narrare l’intera storia da un unico punto di vista, quello di Tuomas.
Poi ho avuto l’idea di aprire uno spiraglio su An ed è uscito questo capitolo un po’ così, raccontato da Anette, Marco e Tuomas (brillo come un birillo!) in simultanea.
Non mi soddisfa molto ma lo ritengo importante ai fini del rapporto che si instaura fra di loro e che risalterà poi in DOR, volevo anche mettere in chiaro che Anette si trova nella scomoda posizione di dover fare i conti con i propri sentimenti inaspettati. Questa sarà una delle sue due apparizioni come narratrice nell'intera storia.

Ahem, ci tengo a sottolineare che il concept nome della band e le possibilità sono creazioni della mia mente bacata! Non abbiate timore che la padella di Holopainen è già in viaggio per colpirmi...LoL

E quest'oggi si saluta la cara CrystalRose che è passata nello scorso capitolo.
Ringraziate lei se mi sono accorta che ho fatto un pasticcio e quindi ho deciso di allungare la storia di un capitolo! ;) Ovviamente devo ancora scriverlo! xD
Comunque sabato ci rivedremo con il prossimo chappy ed io vi lascio qui! =)
Buona settimana a tutti! =*
Hermes

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Capitolo 7
*** 7. Oceanborn & Sleeping Sun ***


7. Oceanborn & Sleeping Sun

Enchantment has but one truth:
I weep to have what I fear to lose

23 Novembre 2004, ore 1 e 32
Germania-Spagna, tourbus
Per una volta il bus non è animato come al solito.
Niente sfide perverse, niente risate, niente di niente.
Siamo tutti imbacuccati meglio che possiamo, il respiro ci esce a nuvolette.
Nessuno ha voglia di parlare.
Abbiamo appena lasciato una venue e ci stiamo spostando per la prossima in Spagna.
Ci esibiamo anche due volte al giorno in posti distanti, mettendo in crisi la nostra sanità mentale ed il nostro livello di stress. Ho iniziato a fumare per sfogarne un po’ all’inizio…adesso ne brucio un pacchetto e mezzo al giorno, senza contare il caffè.
Rientro nel bus, richiudendo la porta e scrollandomi di dosso i pochi fiocchi di neve…ci si metteva pure lei, adesso!
Il motore del mezzo sta per dare il suo ultimo respiro ormai, è già da un paio di giorni che giriamo senza riscaldamento e la situazione sta diventando insostenibile.
Va bene che discendiamo dai vichinghi e dai lapponi, che di temperature prolungate sotto lo zero in Finlandia ci siamo abituati…ma prova a scongelarti i geloni alle mani per suonare!
Jarmo e Tommi fuori non sanno più che pesci pigliare.
Quello che si dice quando si esagera con l’economia…bus di terza mano!
Ci siamo fermati in una piazzola dell’autostrada, al prossimo Autogrill saccheggeremo in blocco l’ala liquori come una banda d’astinenti, questo è certo.
Mi faccio strada cautamente nel corridoio buio, osservando i ragazzi quasi invisibili sotto gli strati di vestiti e coperte. Verso il fondo Marco si è ricavato un letto negli ultimi sedili e sta cercando di leggere alla luce di una piccola torcia portatile, poggiata in precario equilibrio sulla spalla.
Due file più avanti mi fermo, c’è uno strano rumore…il mio sguardo cade su Anette.
Sono i suoi denti che battono uno contro l’altro, anche se sta cercando di evitarlo.
I muscoli del volto rigidi, le labbra screpolate quasi blu dal freddo.
Questo nostro primo tour europeo è iniziato male per lei e – da come si prospetta – continuerà anche peggio.
Si lamenta che non riesce a dormire grazie ai nostri continui festini alcolici.
È tutta colpa mia.
Io l’ho portata a questi estremi, senza pensare al suo benessere.
Noi che abbiamo alcool nelle vene a tutte le ore del giorno ormai, non sentiamo i dieci gradi sotto lo zero come lei, che non tocca nemmeno la birra da quando abbiamo inciso il primo disco per evitare di rovinarsi la voce.
La voce già provata dal cantare ogni sera sopra i suoi registri abituali. Anche la musica più bella nasconde insidie ed è una lama a doppio taglio.
In più i suoi studi alla Sibelius vanno sempre peggio - lei non parla più con me - e Marco che me l’ha detto.
Sembra impossibile che in due anni le cose siano cambiate in questo modo.
Nell’estate appena trascorsa Anette aveva preso ad evitarmi.
Quando entravo in una stanza lei scivolava in quella accanto senza nemmeno alzare gli occhi nella mia direzione.
All’inizio non le ho chiesto il motivo ma quel suo fare indifferente mi rendeva paranoico oltre il limite, più di una volta Susanna si era messa a martellare di colpi la porta della mia stanza perché la smettessi di strimpellare alla tastiera alle due di notte. Non riuscivo a dormire.
Avevo spedito la cassetta della demo dopo il Capodanno e non aveva avuto successo…almeno finché Tapio non me l’ha strappata via dal walkman l’estate dopo e l’ha messa fra le mani di Ewo Pohjola, un talent della Spinefarm.
Da quel momento ho iniziato a vivere quello che era rimasto un sogno, diventando altrettanto velocemente un incubo.
Il successo improvviso ed Anette che faceva finta di niente. Quel suo comportamento nei confronti dell’intera faccenda iniziava a farmi perdere la ragione…mi stava nascondendo qualcosa!
Tenni le orecchie tese per qualche tempo ma non raggranellai niente, quando feci alcune domande scelte ai ragazzi, Marco mi consigliò senza tanti giri di parole di non intromettermi nella sua vita privata.
“Tuom…non puoi controllarla come una bambola di pezza. Abbiamo il dovere di proteggerla non di soffocarle l’esistenza con delle paranoie!”
Le cose peggiorarono da lì a poco…
Avevamo iniziato a suonare in giro quando avevamo il weekend libero e Jukka poteva uscire dalla caserma.
Il gruppo si stava formando lentamente, anche se sul palco sembravamo degli stoccafissi e l’unica che si muoveva un po’ nonostante il terrore da performance era Anette.
Intanto la mia vena possessiva/ossessiva emergeva ogni volta che la vedevo e la sua forza mi spaventava.
In breve stavo diventando un fascio di nervi, un rottame psichico ambulante.
Qualsiasi cosa facessi, per quanto cercassi di sfinirmi non riuscivo a chiudere occhio e se cadevo addormentato, la sognavo.
Ci chiesero un secondo disco a tempo di record, le domandai se se la sentiva di cantare Walkin’ in the air come cover, sperando di vederla finalmente sorridere nella mia direzione.
Anette accettò senza allegria e la registrò nel giro di un pomeriggio, meravigliosa al microfono e con me fredda, professionale come un ghiacciolo. Finita la sessione salutò me e Tero poi se ne andò senza nemmeno un’altra parola.
Oceanborn era nato sotto questa cappa asfissiante; emerso dalle acque turbinanti del mio inconscio prostrato come una punizione nei suoi confronti, un diritto d’inalienabile possessione.
Di lei, della sua voce.
Non è sbagliato dire che sono divenuto un grandissimo stronzo con l’avvento del secondo disco, ho chiesto di proposito l’impossibile, la tecnica assoluta. Abbiamo anche avuto delle lotte senza esclusione di colpi in studio, attaccandoci come delle tigri nella stessa gabbia.
Ora ci parliamo solo per le scalette dei gig.
Mi odia, la odio.
Ti disprezzo perché uso tutta la mia forza per tenerti lontana.
Per proteggerti.

Nemmeno questo è del tutto corretto, in effetti.
Non sono disposto a gettare la spugna ed ammettere di aver sbagliato, ho seguito ciò che mi sembrava più giusto.
I nostri due dischi stanno avendo più successo di quanto speravo, non mi rende felice.
Non quando sono abbastanza sobrio.
Non se vuol dire perderla…è un prezzo troppo alto da pagare.
Sospiro e mi siedo accanto a lei che mi trafigge con un’occhiata gelida.
Jarmo e Tommi sono rientrati ed il motore si riavvia, tossicchiando.
Ewo si alza leggermente dai sedili davanti, parlando con le altre due band in tour “Ci fermiamo tra un paio d’ore all’Autogrill per una fumatina poi niente più soste quindi fatevi le vostre scorte quando potete!”
Il pullman si re-immette in carreggiata mentre Anette ha preso ad ignorarmi bellamente, voltandosi verso il finestrino, tremando. Riesco quasi a sentirla.
Tutta colpa tua, tastierista da strapazzo. Se c’è qualcuno da biasimare quello sei tu!
“An…”
Non mi arriva risposta, solo un ostinato silenzio.
“Tanto lo so che non stai dormendo.”
“Cosa vuoi?” dice finalmente, con un tono iniettato di veleno che mi merito ampiamente ma fa comunque male.
“Vieni qui, stai congelando.”
“Non ho bisogno del tuo aiuto, grazie tante.” replica, senza nemmeno degnarmi di uno sguardo. Mi mordo la lingua per evitare di rispondere per le rime e far scoppiare l’ennesima bomba a mano.
Tanto so che se cerco di convincerla con le buone non caverò un ragno dal buco, testarda com’è.
Quindi faccio di testa mia.
Svelto la prendo di peso e la parcheggio sulle mie ginocchia, inizio a sfregarle la schiena e le braccia cercando di riattivarle la circolazione mentre lei si lancia in un panegirico rancoroso, tutto indirizzato nella mia direzione.
Non mi urla addosso perché ha la gola viola, ma se potesse mi trafiggerebbe a sangue i timpani solo per il gusto di farlo.
I miei sforzi non bastano, continua a tremare.
Libero un braccio e tiro giù la zip del mio giubbotto, afferrandole le mani e posandole sotto l’imbottitura.
“Cosa diavolo stai cercando di fare?!” mormora disgustata, pensando chissà che cosa a torto.
“Sto cercando di sciogliere il pezzo di ghiaccio che hai al posto del cuore, gran donna. Ecco cosa.” rispondo gelido, ma fermo nelle mie intenzioni. La tengo stretta al petto per qualche minuto prima che Anette si decida ad assecondarmi con un sospiro, facendo passare cautamente le braccia attorno al mio torace.
Il suo naso gelido mi preme contro il collo, provocandomi un brivido. Lei sorride.
“L’idea è stata tua, adesso divertiti Tuom!” mormora, cercando una posizione più comoda. Il suo tono leggero mi rilassa ed appoggio delicato il mento sul suo capo.
Passano alcune ore e quando il bus si ferma, le mani di Anette hanno appena iniziato ad intiepidirsi.
Vorrei andare anch’io a prendere una bottiglia per scaldarmi ma sono contrario a lasciarla…non voglio.
Saranno sei mesi che abbiamo avuto un qualche contatto diverso dalla lite.
Marco ci passa accanto, mi lancia un’occhiata interrogativa poi si rivolge ad Anette, ancora rintanata nella stessa posizione “Vuoi qualcosa, An? Un tè?”
“No, grazie.”
Il biondo annuisce e se ne va.
Il bus si è svuotato del tutto. Il tonfo della porta che si chiude, siamo soli.
La luce arancione dei lampioni nel piazzale filtra dai finestrini, appannati dal nostro respiro.
Aumento la mia stretta su di lei, il silenzio del bus m’inquieta.
“Ti sei scaldata almeno un po’?” domando preoccupato.
“Sei una stufetta, Tuomas…” replica neutra, come un dato di fatto “Questo non toglie che domani dovrò per forza visitare vedere da un dottore e farmi uno shot per la gola se voglio riuscire a cantare.”
Tutta colpa tua.
Era così stanca, la sua testa cadeva abbandonata sulla mia spalla ed i suoi occhi erano come incassati nelle orbite, cerchiate di scuro.
“Tuomas…”
“Mmmh?”
“Dimmi che siamo in tregua…non ne posso più di litigare con te.” sussurrò fiaccamente, tanto che dovetti abbassare la testa per sentirla. Un magone salì ad annodarmi la gola a quella frase sincera.
Cosa cavolo era successo in quegli ultimi due anni?! Che ci era preso a tutti e due?
Non sapevo che dire, quindi mi sfilai uno dei guanti e le toccai la fronte per controllare che non le stesse montando la febbre. Niente.
Anette mi guardò poi riabbassò la testa, ma la sentii benissimo “So cosa mi stai per dire…me la devo cavare da sola, perché non sono più una bambina. L’hai detto milioni di volte da quando abbiamo iniziato ad esibirci…”
La sua voce si affievolì per colpa di un singhiozzo, fissai la sua nuca scura sbigottito mentre continuava a parlare “…ma non c’è la faccio…questa cosa si sta rivoltando contro di me! Anche tu sei passato da amico a nemico nel giro di una notte. Non so nemmeno perché sono su questo dannato tourbus quando dovrei studiare come una pazza per i miei esami all’accademia! N-non c’è la faccio…”
Quel fiume di parole aveva quadruplicato il mio senso di vergogna, avrei voluto rannicchiarmi in un angolino e morire.
Cercai di mandare giù quel boccone amaro mentre – non c’erano dubbi – Anette piangeva contro la mia spalla.
La tenni stretta, accarezzandole gentilmente il capo.
Me l’ero cercata facendo terra bruciata tutt’intorno, adesso ne pagavo le conseguenze.
In quegli ultimi mesi l’avevo allontanata ed ignorata, guardata come lo strumento e nient’altro.
Tutto per evitare che la mia inclinazione verso di lei si trasformasse in ossessione.
Risultato? Ero diventato un grandissimo pezzo di merda, senza attenuanti di sorta.
Non avevo nemmeno il diritto di provare qualcosa per lei, o di obbligarla a cantare tutte le sere per dare vita ad un mio progetto. Ero la Bestia della situazione, ecco.
“S-scusa…s-sono una s-stupida!” balbettò, tamponandosi gli occhi con le maniche della maglia ed un sorriso incrinato dal pianto che non voleva saperne di smettere.
“Piangi quanto vuoi, Anette…” risposi tristemente, accarezzandole ancora i capelli “Non vergognarti. Fa bene aprire la valvola di sfogo ogni tanto.”
“G-grazie…” si soffiò quietamente il naso con un fazzolettino, poi tornò a rannicchiarsi fra le mie abbraccia.
Dopo alcuni minuti il suo respiro si era fatto regolare, si era addormentata.
La avvicinai, cercando di metterla più comoda.
Dopo un po’ le porte del bus si aprirono ed i ragazzi rientrarono, leggermente più rinfrancati dalla sosta.
Marco arrivò fra gli ultimi con un thermos, una borsa con delle bottiglie ed un plaid tenuto sottobraccio. Arrivato al nostro posto poggiò gli oggetti sul sedile dall’altra parte e spiegò su Anette la coperta, attento a rimboccarla per bene.
“Si è addormentata?” domandò in un sussurro Jukka, mentre si sedeva un po’ più in là.
“Un paio di minuti fa.”
“Meno male…era uno straccio in questi ultimi giorni.” commentò Emppu, scomparendo sotto il suo cappotto di pelle.
Marco non disse niente, notò le scie lucide sulle guance di Anette e - prima di tornare al fondo del bus - mi lanciò uno sguardo che avrebbe potuto parlare: se anche solo ci ‘provi’ con lei dopo tutto quello che le hai fatto passare negli ultimi tempi, preparati perché ti smembro, strato per strato e senza anestesia!
Abbassai lo sguardo sulla nuca di Anette…ascoltando il suo respiro tranquillo.
Non meritavo d’amarla, quel sole dormiente.
Dovevo insabbiare il mio cuore, tutto lì.
Prima di soffocarla e vederla sfiorire.
Il bus ricominciò il suo viaggio nell’ignoto ed Anette si mosse appena, cullata dal movimento.
Sarebbe stato meglio per tutti e due, tornare allo stadio ‘amici’ e deporre una pietra tombale su questo periodo.
Non sarà mai tua, poeta.
Non ti guarderà mai con amore.
Passerai il resto dei tuoi giorni a desiderarla senza sollievo.
Infine la perderai.

Avrei voluto abbandonarmi al sonno, o piangere od entrambe le cose.
Non ci riuscii…era una sofferenza troppo sorda per permettermi qualcosa oltre che tenermela stretta al petto ed ascoltarla dormire.

I wish for this night-time
to last for a lifetime
The darkness around me
Shores of a solar sea
Oh how I wish to go down with the sun
Sleeping
Weeping
With you

~~~

Le parti in corsivo centrate sono tratte da 'Gethsemane' e 'Sleeping Sun' dei Nightwish.

*Passa scatola di fazzolettini a destra ed a manca*
Lo so, lo so questo pezzo è parecchio denso se non quasi angst…ammetto che è il frutto di una mia particolare nottata insonne. ^^”
Comunque avevo già in mente da un po’ un capitolino del genere. A pensarci bene in una band la vita non può sempre essere rose e fiori, ed An fin dall’inizio di DOR l’ho raffigurata nella mia mente come una ragazza molto giovane alla ricerca del suo posto nei Nightwish, almeno nei primi tempi.
Quello che Tuom racconta sulle registrazioni di Oceanborn è semi-realistico, ho cercato di attenermi alla biografia della band nel limite della trama di DOR. Quel libricino non dipinge l'era Oceanborn come il miglior periodo della band...e pensare che quel particolare disco mi ha fatto innamorare dei NW! =(

Tanti muffini a CrystalRose che nonostante gli esami passa da queste parti! =*
Sappiate che non mordo e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate anche da voi, o lettori silenti! ;)

Okkey...info di servizio, la storia finirà entro tre capitoli ed è possibile che per l'ultimo dobbiate aspettare un po' di più che una settimana dato che ci sto rimuginando su ma non ho ancora scritto una parola. La Hermes non trova il tempo, ahimè -__-'''
Per il resto buon weekend!
Hermes

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Capitolo 8
*** 8. A Sin For Him ***


8. A Sin For Him

Nota: in questo capitolo ci sono varie frasi che indicano al sesso. Ovviamente non parliamo di grafico, ma pensavo che fosse meglio indicarlo dato che siamo nella verde fascia protetta, LoL. Buona lettura!

1 Aprile 2005, ore 14 e 22
Finlandia, Kitee, Caverock studio
Io e i ragazzi stavamo discutendo con Tero per le nuove canzoni del nostro terzo album quando sentimmo qualcuno aprire la porta dell’ingresso di sotto e fare le scale a rotta di collo. Non avevamo dubbi su chi potesse essere…
Dal riquadro della porta entrò Anette senza fiato, frastornata.
“Scusate per il ritardo! Ho perso il treno per tornare a casa e ho dovuto trovare un’altra soluzione…”
“Pensavamo che non saresti più arrivata, Anettina!” esclamò Marco, dando dei colpetti al posto vuoto rimasto sul divano “Dai vieni qui!”
Ero seduto vicino alla finestra e sentii un motore riavviare, lanciai un’occhiata fuori per vedere un’utilitaria uscire dal parcheggio dell’edificio…ignorai l’istinto primario di sapere chi l’avesse accompagnata e mi concentrai semplicemente sulle domande di Jukka, seduto accanto a me.
Intanto Anette aveva ripreso fiato e sfogliava con evidente interesse le partiture, seguendo le note con gli occhi.
La guardai di sottecchi mentre corrugava la fronte e tornava indietro di un paio di pagine, cercando qualcosa che evidentemente non c’era.
Intanto Marco aveva finito il plico “Questi pezzi dal vivo saranno una passeggiata in confronto a quelli di Oceanborn…meno male!”
“In effetti l’idea era quella…Gethsemane iniziava a darmi un leggero tunnel carpale ogni volta che la suonavo.” commentai con un sorrisetto, e non stavo mentendo.
Anette aveva smesso di sfogliare e chiese “Scusate ma…dove sono segnate le mie scale?”
Il biondo accanto a lei abbassò lo sguardo sugli spartiti, leggendo anche lui la musica con maggiore attenzione.
“La sirenetta ha ragione, Tuommi…mancano tutte le notazioni!” commentò Marco.
“Non le ho messe apposta.” replicai, incassando lo sguardo sorpreso di tutti, incluso Tero “Voglio che le trovi da te, An. L’ultimo disco è stato un disastro con tutti i sopracuti e gli acuti che ti ho obbligato a fare. Per questo ho pensato che registreremo prima noi ragazzi come al solito e poi potrai scatenarti come più ti piace ma con alcune clausole.”
Anette mi mandò uno sguardo pieno di gratitudine e dovetti lavorarci su per non ricambiarlo troppo.
C’avevo provato a non pensare a lei ma non era un piano di facile attuazione…
Negli ultimi mesi avevamo messo da parte i Nightwish per dedicarci alla nostra vita normale.
Anette stava recuperando alla Sibelius con dei ritmi di studio spaventosi, io componevo le canzoni dell’album, gli altri si godevano un po’ di sana vacanza dopo le follie dell’ultimo tour europeo.
Era la prima volta che ci rivedevamo tutti assieme dall’inizio della pausa ed Anette aveva l’aria d’essere cambiata in meglio. Era cresciuta lasciando indietro il suo status di nanetta e superando finalmente Emppu in altezza. Il suo viso aveva perso quasi del tutto le forme ancora morbide dell’adolescenza.
Da ragazzina stava diventando donna e ne ero dolorosamente consapevole.
“Ragazzi questa Wish-qualcosa l’adoro già!” esclamò Emppu sullo sgabello con un sorriso enorme “Epica!”
“Winnie-The-Pooh non ha tutti i torti…” commentò Jukka, tenendo il tempo sulle ginocchia “Anette sembrerà una valchiria rock dedita al Signore degli Anelli!”
Lei ridacchiò alla faccia offesa di Emppu, seguita anche da Marco.
Passammo un’oretta a discutere con calma ogni canzone, in modo da chiarire il mood d’ognuna.
Niente sorprese al fatto che Dead Boy’s Poem fu presa da tutti come una cosa seria, Anette aveva tirato fuori una biro iniziando ad annotarsi alcune cose sulle pagine della canzone…morivo dalla voglia di sbirciare, ma non potevo con Jukka ed Emppu di mezzo.
Infine decidemmo di smetterla per quel giorno ed andammo ognuno per la propria strada. Io, Marco ed Anette ci avviammo a piedi verso la strada principale.
“Da come eri trafelata quando sei arrivata ci metto un braccio che ti sei trovata un ragazzo, An!” esclamò di punto in bianco Marco.
Per poco non sbattei contro un lampione a quell’uscita infelice. Gli lanciai un’occhiataccia ma il biondo mi sorrise maligno…bell’amico!
“No! Cioè…accidenti saranno anche affari miei, no?!” replicò lei, presa in contropiede.
A questo punto volevo proprio saperne di più…
“E chi ti ha riportata fino a Kitee, cittadina dimenticata da Dio e dagli uomini ma non dagli esattori delle tasse?!” la tirata di Marco fece girare un paio teste dalla nostra parte.
“Ti ricordi di Sonia? Beh, mi ha dato un passaggio tanto doveva tornare a trovare i suoi questo weekend.”
Ricominciai a respirare mentre mi tamponavo mentalmente il sudore freddo dalla fronte…fiuuu scampata, Marco un giorno o l’altro ti strozzo!
Il restante pezzo di strada si rivelò una lenta, metodica tortura tutta made in Hietala fatta di domande delle quali non volevo proprio sapere le risposte.
Quando Anette chiuse la porta d’ingresso di casa sua, non mi feci problemi a tirargli uno scappellotto in testa e marciare avanti verso casa mentre Marco si lamentava e mi seguiva.
“Ma Tuommi, che ho fatto di male?!” e me lo chiedi, Giuda?!
“Che ti serve sapere se ha il ragazzo o no?” domandai scontroso.
“A me non interessa.” mi fece notare ironico “A qualcun altro invece sì.
Era una battuta innocente e senza doppi sensi…ma sul momento reagii in modo eccessivo.
Non aveva ancora chiuso la bocca che si ritrovò inchiodato al tronco di un albero dal sottoscritto.
“Dimmi. Chi. Sarebbe. Questo. Sfortunato. Ragazzo?” domandai rigido, a scatti “Lo conosco, forse?”
Nella mia testa annebbiata si susseguivano già immagini di bruta vendetta contro un ragazzo senza volto che dopo le mie amorevoli attenzioni finiva peggio di carne tritata.
Marco alzò un sopracciglio, valutando la mia espressione lugubre, poi sospirò ed invece di liberarsi tirò fuori il pacchetto di sigarette, con calma zen ne accese una e tirò a fondo prima di rispondermi “Tuomas, fino adesso non te l’ho detto perché ti rispetto e ci conosciamo da anni ma seriamente…o ti trovi uno strizzacervelli bravo o la smetti di fare il semi-monaco e ti cerchi una ragazza stabile con il quale sfogarti.”
Gli lanciai un’occhiata mentre mi ripetevo mentalmente la sua battuta di prima, gli lasciai il colletto della maglia.
“Non eri tu quello che ha avuto l’idea di tenere Anette a distanza di sicurezza quando si presentava un pericolo?” domandai, le mani che ancora mi prudevano senza motivo.
“Il pericolo sei tu, Tuommi. Francamente, o ti decidi a dirle cosa provi o fatti da parte e lascia che Anette viva la sua vita in santa pace. Questo vale anche per la nostra promessa di proteggerla…sa quello che fa adesso, e non sta bene fiatarle sul collo o seguirla in ogni suo passo come un angelo custode.”
Mi infilai le mani nelle tasche, distogliendo lo sguardo dal nostro bassista. Scalciai via una pietruzza.
Perché quando si trattava di lei non riuscivo mai a fare la cosa giusta?!
Marco tirò l’ultima boccata e spense la cicca con la scarpa prima di rincarare maggiormente la dose di disgusto che sentivo già per me stesso.
“Da alcuni versi che ho letto oggi e da cosa ho sentito la scorsa notte mentre dormivi, fai dei sogni particolarmente grafici.” Marco fece una pausa per stirare la maglia che gli avevo spiegazzato “Non lo dirò ad anima viva e non ti chiedo nemmeno di smetterla. Succede anche al più pio degli uomini di sognare d’andare a letto con una donna. Ritorno al punto di prima però…trovati una valvola di sfogo o mi condanni a dover passare il prossimo tour senza una goccia di vodka per tenerti sott’occhio e fermare le tue uscite stupide sul nascere.”
“Non hai molta fiducia in me…” replicai cupo, non mi reputo un maniaco…o sì?
“Ti affiderei la mia stessa vita se dovessi, ma solo quando sei sobrio.” il sorrisino di Marco la diceva lunga.
Riprendemmo a camminare.
“Ho provato a distrarmi, anche parecchio…ma non è servito a niente.” mi ritrovai a dire, quasi come se dovessi scusarmi in qualche modo “E poi non sono il tipo capace di saltarle addosso…”
“Il tuo Super-Io è assolutamente innocuo, Tuom. È il tuo Es che mi preoccupa soprattutto con dell’alcool nelle vene.”
“Da quand’è che leggi Freud?” domandai stupito.
“Né più né meno da quando ti ho conosciuto…” rispose il biondo mentre si grattava assente la barbetta.
Fantastico…sono un fenomeno da baraccone, adesso.

17 Aprile 2005, ore 13 e 42
Finlandia, Kitee, Caverock studio.

Finalmente i ragazzi avevano finito con le loro parti ed Anette, lui e Tero si erano chiusi da quel mattino presto per preparare le tracce vocali.
Il tempo stringeva ed Karmila del Finnvox giù ad Helsinki li aveva prenotati entro e non oltre il 25 per la masterizzazione finale.
Mancava ancora una settimana, che purtroppo si riduceva a tre giorni; colpa degli esami finali di Anette alla Sibelius.
Tutto sommato però l’atmosfera era rilassata, avevano già finito tre canzoni senza grossi problemi.
Anette aveva pranzato da un po’ e mentre aspettava si riascoltava con le cuffie ad occhi chiusi, battendo una matita sul tavolo a tempo con la musica. Era molto critica verso se stessa e ripeteva quell’operazione anche tre o quattro volte prima di passare a qualcosa di nuovo. In più mi aveva spiegato che dopo aver registrato il vecchio disco aveva scoperto di respirare nel modo sbagliato…era uno dei motivi per il quale cantare le canzoni di Oceanborn era stato tanto difficile.
La guardavo mentre mangiucchiavo il secondo panino. Si era messa comoda con un paio di jeans vecchissimi, scarpe da ginnastica, maglietta e felpa col cappuccio. I capelli legati con un elastico alla base della testa creando una strana cipolla dal quale uscivano ciuffi mogano in tutte le direzioni.
Appallottolai la stagnola, centrando il cestino e misi mano alla lattina di birra.
Anette aprì gli occhi e fermò la matita, schiacciò Stop e prese in mano il suo plico, ormai ridotto in condizioni deplorevoli per il troppo amore. Scarabocchiò qualcosa su un paio di pagine. Poi si voltò verso di me.
“Ti dispiace se proviamo Wishmaster?” domandò titubante “Mi è venuta un’idea e…”
“Vai in saletta, controllo io.” dissi solo, alzandomi dalla poltrona.
“Non un pezzo per volta…è possibile cantarla dall’inizio alla fine? Voglio capire quanto tempo ho.”
“Esattamente che modifica ti è venuta in mente?” domandai curioso, lei sorrise ma rimase a bocca cucita, continuai “Posso darti la demo di Jukka ed Emppu come base.”
“Perfetto.” trottò felice nella saletta, lasciando i suoi fogli sul tavolo e la vidi infilarsi le cuffie ed aggiustarsele poi mi fece segno che era pronta.
Abbassai a metà il volume del master, selezionai la traccia, staccai lo spinotto delle cuffie dalla console e feci partire la demo.
Appoggiai il mento sulle mani e l’ascoltai mentre ricantava il ritornello…fin lì non c’era niente di nuovo…
Abbassai gli occhi sui fogli e vidi che aveva fatto una croce sulle note della barra corrispondente ad Elbereth e Lothlorien ed aveva aggiunto fff di con forza e la notazione cambio d’ottava.
Rialzai gli occhi…era impazzita completamente?!
La differenza con lo spartito era completa e spiazzante, c’avrei voluto pensare io!
In più Anette non sembrava aver problemi di sorta con quell’estensione, bloccai la demo e mi attaccai sovraeccitato al microfono “An!”
“Lo sapevo…” sbuffò imbronciata da dietro il vetro “Non ti piace, vero?”
“È un’idea fantastica…ma voglio che vai più in alto che puoi.”
“Ma avevi detto che i sopracuti-”
“Non importa, se riesci a farlo fallo! Più acuta che puoi senza andare fuori tempo con il resto.”
“Agli ordini o Sommo!” esclamò lei con un sorriso.
Riprovammo solo quel pezzo un paio di volte, le feci il pollice in su,quindi urlai a Tero di salire di sopra un attimo.
Il nostro tecnico arrivò e dichiarai gongolante “Dobbiamo riregistrare Wishmaster, Teecee!”
“Ancora?! È la settima volta in due ore!”
“Ti prego!” chiesi a mani giunte con il mio sguardo più ammaliante.
“Se viene fuori che è la stessa di prima, stasera ti ficco nel bagagliaio e ti scarico nel bel mezzo del nulla nudo come un verme, Tuom.”
“Correrò il rischio!”
Per fortuna anche Tero si rivelò entusiasta dell’aggiunta d’Anette e – mentre lei era impegnata a cantare – sgraffignai i suoi fogli, posandoli sotto la console e li sfogliai.
A margine di Dead Boy’s Poem aveva scritto con una grafia femminile e tondeggiante : Pura Poesia. Trattare con cura.
Per tutto il resto del giorno sorrisi come un ebete…e non potevo fare a meno di amarla ancora di più.

~~~

Note di servizio:
Piccolo corso di psicanalisi! ^^ *Hermes tiene sulle ginocchia uno dei suoi amati saggi/libroni*
Super-io = si indica la parte della mente che – nella personalità normale di un individuo – regola e modifica gli istinti primari (Es) per adeguarli alla situazione in corso. In poche parole è la nostra coscienza, il nostro senso di civiltà.
Es = viene considerato come l’insieme di tutte le pulsioni umane (affetto, desiderio, necessità), e viene regolato dalla libido. Siccome è un istinto spinge l’individuo alla gratificazione immediata del bisogno.

Ed eccoci arrivati alle registrazioni di Wishmaster! xD
Ho poco da aggiungere solo che nel prossimo avrete bisogno di una sana dose di gelato al cioccolato...l'ex epilogo e leggermente denso.
Il prossimo sabato arriverà l'ultimo capitolo pronto e dopo per leggere il finale dovrete armarvi di santa pazienza...
Passo e chiudo e vi saluto tutti miei cari lettori!!!
Hermes

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Capitolo 9
*** 9. Wishmaster ***


9. Wishmaster

Nota: in questo capitolo viene raccontato un'episodio realmente accaduto nel primo tour messicano dei NW. Potete trovare maggiori info nel libro/biografia della band 'Once upon a Nightwish'. La mia visione differisce dal racconto nel libro ma è comunque un pezzo pesante da digerire, io vi ho avvertito quindi vi auguro una buona lettura!

28 Luglio 2005, ore 22 e 56
Messico, Guadalajara, Roxy
Ci stavamo prendendo una pausa fra una canzone e l’altra, mentre il caldo assurdo del Sud America minava la nostra compostezza finnica. È il primo tour qui e si sta rivelando pieno di soprese!
Siamo delle celebrità!
Il posto era pieno da scoppiare…
Anette era in una delle sue giornate migliori e sprizzava carisma da tutti pori, il pubblico pendeva dalle sue labbra.
Rispetto ai tempi di Oceanborn sembra aver finalmente trovato il suo posto nei Nightwish, ed anche i ragazzi della troupe le riservano il loro sorriso migliore.
Tero poi se le studia la notte per imbarazzarla continuamente con le sue uscite, avevo cercato di calmargli i bollori ma si rivelava un’impresa perfettamente inutile…il nostro fonico era fatto così: pazzo e roboante.
Proprio il nostro soundtech mi passa una bottiglietta d’acqua mentre Anette si terge il sudore dietro le quinte.
La folla ha iniziato un coro assordante di ‘Nightwish’, le mando un’occhiata aspettando che mi faccia cenno di iniziare…gioco con la tastiera per imbonire un po’ il pubblico scaldatosi per l’attesa.
Emppu e Marco si sfidano con le chitarre.
Anette torna sul palco e Jukka batte il tempo con le bacchette per iniziare She is my sin.
Presto Emppu gli andò dietro ed Anette improvvisò un balletto prima di iniziare a cantare apparentemente senza sforzo.
Mancano un paio di canzoni alla fine del concerto, è sentivo che la sua voce iniziava a cedere leggermente per la sollecitazione, il pubblico – ignaro di questo piccolo particolare - impazziva ad un metro di distanza.
Suonavo, ascoltandola, avrei potuto seguirla ad occhi chiusi.
Ero così totalmente concentrato sulla sua voce e sui tasti che non mi resi subito conto di Jukka andato fuori tempo.
Emppu aveva totalmente smesso di suonare.
Quando quell’anomalia mi arrivò al cervello, alzai gli occhi e mi voltai.
Le dita mi si congelarono in posizione sui tasti.
La voce d’Anette tremò e si spense.
Era stata imprigionata da dietro da uno del posto, come c’era arrivato sul palco era un mistero…gli occhi d’Anette erano fissi dall’orrore e sgranati mentre quel - non potevo nemmeno considerarlo un uomo – quella bestia la toccava davanti agli occhi sgranati di tutte le persone presenti. Anette immobile dal terrore mentre alcune lacrime minacciavano di cadere, la bocca aperta ma dalla quale non usciva alcun suono.
Sbattei le palpebre in un tentativo di cancellare quella scena dalla mia retina…no, non lei! Non una cosa del genere!
Anche il pubblico si era ammutolito, ci vollero altri dieci secondi prima che uno qualsiasi di noi superasse lo shock.
Marco fu il primo, lanciò il basso a Tero, ed agguantò in una stretta d’acciaio quel molestatore da dietro, strappandoglielo di dosso e scaraventandolo come una palla da bowling su un drappello di uomini addetti alla sicurezza.
“Almeno adesso fate il vostro lavoro!” urlò furente alla security che aveva scattato foto fino a quel momento, sbattendosene altamente del loro compito.
Anette era scappata nel backstage, mentre in prima fila si stava rischiando una rissa di massa. I nostri fan stavano per abbattere le barriere e pestare a sangue il molestatore.
Jukka, Emppu, Marco ed io ci riversammo come un sol uomo dietro di lei mentre Ewo e l’organizzatore dello show cercavano di calmare le acque come meglio potevano.
“An!” la voce di Jukka era impregnata d’apprensione quando la trovammo appoggiata al muro, rannicchiata su se stessa.
Era un disastro. Il mascara le colava sulle guance, i suoi occhi non si sollevavano dal pavimento.
“Piccola…” Marco si avvicinò, ma lei scosse la testa con violenza.
“Non toccarmi!” rantolò, allontanandosi rasente al muro. I singhiozzi silenziosi le impedivano addirittura di respirare.
Vederla così vulnerabile mi faceva star male fisicamente, e non ero l’unico ad essere in quelle condizioni. Emppu si era appoggiato con una mano al muro, bianco come un cencio.
“Anette!” Marco l’aveva presa per le spalle mentre lei si accartocciava su se stessa, folle dalla paura “Reagisci!”
Io e Jukka – come se ci fossimo messi d’accordo – lo trattenemmo dallo scuoterla come una bambola di pezza.
“Marco, oi…Marco!
“Mollala!”
Intanto lei era scivolata in basso, le ginocchia piegate. Cercava di prendere fiato dalla bocca ma il diaframma le si contraeva spasmodico.
“Devi superare il trauma…o non salirai mai più su un palco per la paura d’essere aggredita!” le spiegò il nostro bassista.
“Te l’ha mai detto nessuno che sei un vero stronzo?!” replicò Jukka duro “Il concerto ormai era quasi finito! Possiamo anche chiudere qui e riportarla in albergo!”
“Jukka ha ragione, Mar-” iniziai a dire.
“No.” ci voltammo tutti verso Anette, ancora seduta per terra. Stava cercando di non tremare anche se continuava a piangere. Con uno sforzo continuò “Ha ragione.”
“An!” esclamò Emppu, turbato.
“Dobbiamo finire il concerto…o n-non siamo dei professionisti.” continuò, senza guardarci, la voce che si faceva piccola piccola “Dieci minuti e-e arrivo.”
“Non sei obbligata.” riuscii a dire, prostrato fino nel midollo.
“Andate su! Io arrivo presto!” aveva indossato di colpo una maschera di buonumore che stonava con il suo trucco disfatto, ma nessuno ebbe il coraggio di contraddirla ed uno per uno tornammo nelle quinte del palco in un silenzio di tomba.
Tero ci aspettava con un’espressione di scazzatura totale.
“L’hanno lasciato andare…” disse solo, con un cenno verso i poliziotti.
COSA?!” Jukka era esploso “Cristo, hanno appena assistito ad una molestia sessuale!”
“Volevano metterlo dentro, ma grazie alla confusione si è dileguato dal locale.” spiegò lui “Jarmo e Tommi hanno cercato di fermarlo ma non sono riusciti a prenderlo in mezzo alla calca. Toni gli è andato dietro e non si è più visto…”
Mi trattenni dal mollare un pugno contro qualcosa…l’avrei voluto avere fra le mani quell'animale!
“Dov’è finito Ewo?”
“Racconta al pubblico barzellette in finlandese…ma sta per grattare il fondo del suo repertorio.”
“Andiamo bene…” Marco, si passò entrambe le mani fra i capelli, nervoso.
Il pensiero mi volò ad Anette, sola nel corridoio. Feci per allontanarmi ma Emppu mi trattenne per un braccio.
“Ci ha chiesto di lasciarla sola.” disse solo piano, il suo volto da elfo triste.
“Aspettiamola qui, Tuom.” rincarò Marco “Deve uscirne da se.”
In fondo capivo cosa intendeva il nostro bassista ma era un incubo…non avevo mai previsto una situazione del genere.
Nei minuti che passarono non ci scambiammo una parola, tutti evitavano lo sguardo di tutti. Le numerose bottiglie d’alcool disseminate un po’ dappertutto rimasero dov’erano…nonostante avessimo bevuto prima del concerto ci sentivamo completamente sobri.
Un rumore di passi ci svegliò da quella che sembrava una veglia funebre ed Anette arrivò.
Si era lavata il viso, eliminando tutto il trucco, sembrava di nuovo in se ma dietro quell’apparente calma era ovvio che fosse ancora scossa fino nel profondo.
Il silenzio proseguì…nessuno di noi sapeva che dire.
“Marco…” fece lei flebile, senza alzare gli occhi “Ti dispiace aiutarmi con le ultime canzoni?”
“Certo, Anette. Ci mancherebbe!”
“Non sei obbligata.” dissi di nuovo, mi lanciò uno sguardo poi riabbassò quasi subito gli occhi, vergognandosi.
“Tieni, bellissima.” Tero le aveva appoggiato sulle spalle il suo giubbotto di pelle senza il solito sarcasmo e lei sorrise debolmente anche se la vedemmo tutti che sobbalzò al contatto.
Tornammo ai nostri posti, mentre il pubblico ci accoglieva con un applauso assordante tutto per la nostra cantante che si sforzò di sorridere e ringraziarli per aver aspettato. Cantava piangendo.
Walking in the air ed Elvenpath conclusero quel gig disastroso.
Avevamo dato il peggio di noi in quegli ultimi dieci minuti ma alla folla non importava e ci riservò comunque una standing ovation d’affetto.
Anette sgattaiolò via appena possibile e rimanemmo solo io ed i ragazzi a ringraziare i fan della prima fila.
Molti di loro ci chiesero scusa per l’accaduto, dimostrando un sincero amore per An e per i Nightwish.
L’umore generale non migliorò quando tornammo nella semi-oscurità del backstage.
Ewo, Tommi Jarmo e Teecee ci aspettavano dietro al mixer con delle facce serie.
“Toni ci ha mandato un messaggio.”
“Cosa dice?”
“Che quello stronzo si è fermato in un bar poco lontano e ci prova con tutte le ragazzine che gli passano davanti, mentre si vanta di come ha adescato Anette.” riassunse amaro Ewo.
“Ragazzi, chi viene con me a dargli una lezione?” Jukka aveva infilato le bacchette nella tasca posteriore dei jeans e si scrocchiava le dita con sguardo distaccato.
“Contami.” rispose Tero serio.
“Anche noi.” gli fecero eco Tommi e Jarmo.
“Calma, ragazzi…” Ewo aveva sentito la brutta aria che tirava in quel momento ed alzò le mani “Se vi mettete nei guai, sono cavoli amari…”
“Non attacca, Grande Capo!” esclamò brusco il tecnico delle luci, voltandosi per guardare il nostro manager “Quell’imbecille se l’è cercata, e deve solo pregare che non lo eviriamo seduta stante!”
“Giusto!” perfino Emppu aveva assunto un’aria bellicosa, la cattiveria brillava nei suoi occhi normalmente gentili.
“Una pestata ben data se la merita…” intervenne Marco con un sospiro “Non mi piace la violenza ma sono d’accordo. Le donne non si toccano nemmeno con un fiore.”
Jukka annuì, guardando uno ad uno i suoi compari per il prossimo misfatto poi mi fissò “Cosa fai, Tuom? Ci dai una mano?”
Non feci in tempo ad aprire la bocca che Marco rispose a mio discapito.
“Noi sei siamo più che sufficienti, qualcuno deve rimanere con Anette.”
“Giusto.” annuì Emppu “Portala via e stalle vicino!”
“Cercate di trattenere i vostri istinti omicidi, ragazzi.” era inutile farli desistere…e non volevo che lasciassero perdere.
Avrei voluto torturarlo lentamente con le mie stesse mani.

29 Luglio 2005, ore 0 e 18
Messico, Guadalajara, Hotel Plaza
L’avevo scortata dal locale fino davanti la porta della sua camera.
Non aveva obbiettato alla mia presenza…non aveva proprio detto una parola.
Ero agitato e trafficai un po’ con la tessera magnetica prima di riuscire ad aprire la porta.
Lei entrò, mormorando un grazie.
“Se hai bisogno di qualsiasi cosa sto nella stanza accanto alla tua, Anette.” dissi, cercando di suonare tranquillo.
“Tuomas…”
Mi voltai verso di lei, aveva alzato timidamente gli occhi e mi guardava.
“Ti dispiace rimanere qui per un po’?”
“Vado a fare una doccia e torno, ok?”
Lei annuì e chiuse la porta.
Mi affrettai ad entrare nella stanza doppia che dividevo con Tero. Il nostro budget era ancora sotto stretto controllo e solo Anette aveva il lusso di una camera singola, normalmente anche lei condivideva la stanza con i componenti donna delle altre band in tour con noi.
Frugai nella valigia e mi rinchiusi frettolosamente nel cubicolo della doccia.
Venti minuti dopo facevo mentalmente il punto della situazione fuori dalla porta della sua camera.
Anette era di là, si vergognava per una colpa che non era sua ma nostra.
Le mani non la smettevano di prudermi e presi un respiro, cercando di calmarmi il più possibile.
Riusai la tessera magnetica, la trovai seduta sul letto con i capelli bagnati. Più che pettinarli stava cercando di strapparseli via tanta era la foga che ci metteva.
Mi sedetti accanto a lei ed allentai la presa delle sue dita sul pettine, mentre delle nuove lacrime le rigavano le guance.
Si era cambiata in un pigiama di qualche taglia più grande – il suo preferito con un mucchio di renne fumetto - che la faceva sembrare più piccola e più giovane.
Afferrai dal comodino una scatola di fazzolettini e gliela misi in grembo, poi iniziai a spicciarle i nodi cercando di non farle male.
“An, non siamo tutti come quel quel-” non conoscevo una parola abbastanza forte da appioppargli, in verità il mio cervello era ancora ingolfato da quando avevo visto quella scena rivoltante.
“Lo so…ma non riesco a smettere!” soffiò fra un singhiozzo e l’altro.
“Non preoccuparti…ti stai sfogando.” le sfregai per un attimo il braccio.
Seguì un minuto di silenzio, punteggiato dai singhiozzi.
“Dove sono gli altri?” domandò piano.
“Di sotto nell’atrio.” mentii, continuando a pettinarle i capelli.
“Oddio…ero convinta che fossero andati a mettersi nei guai. Non voglio che facciano delle cavolate, non è successo niente…”
“Non mentire.” dissi freddo, la colonnina del mio dispiacere aveva di nuovo iniziato a sfiorare il segnale di Pericolo!
“Quello che è successo è tutta colpa mia.”
Non resistetti, lanciai il pettine lontano e la presi per le spalle mentre abbassava gli occhi, la obbligai a guardarmi.
“AN! Stammi bene a sentire!” forse le stavo facendo anche male ma in quel momento non ci pensai talmente ero fuori di me dalla rabbia “La colpa non è tua! Se vuoi proprio trovare i responsabili di quello che ti è successo guarda me ed i ragazzi! Siamo noi quelli che dovevano proteggerti! Io avrei potuto arrivare prima di Marco, An…quindi adesso smettila e se devi prendertela con qualcuno, sono qui!”
Anette mi fissava ammutolita, addirittura le sue lacrime si erano fermate. Le lasciai andare le spalle, cercando di costringere quella rabbia che mi sentivo dentro a tornare nell’ombra, dov’era nata.
“Staresti meglio se mangiassi qualcosa.” borbottai a disagio, cercando con gli occhi il telefono dell’albergo.
“Non ho fame.”
Presi in mano la cornetta, ignorandola e chiamai di sotto, chiedendo che portassero dei panini e del tè caldo.
Recuperai il pettine, risciacquandolo nel lavandino del bagno.
Bussarono alla porta appena dopo che ebbi finito di pettinarla, feci entrare il carrello dell’inserviente e lo rispedii fuori con una discreta mancia.
Anette domandò, soppesandomi “I ragazzi non sono di sotto, vero?”
“No.” era inutile continuare a raccontarle delle balle, intanto avrebbe capito lo stesso “Mi hanno chiesto di stare con te.”
“Siete matti da legare.” accettò la tazza fumante “Se li mettono dentro come faremo con il tour?”
“Non gli importava, An.” mi risedetti accanto a lei “Il tour passa in secondo piano quando si tratta di te…dimmi che vuoi tornare a casa e domani mattina prendiamo il primo volo.”
“No.”
“Sto dicendo sul serio.”
“Sono seria quanto te, Tuomas.” mi mandò uno sguardo deciso “Non mi faccio abbattere dal primo molestatore che passa! È stato brutto, va bene…ma piangersi addosso all’infinito non paga!”
Che caratterino!
Soprattutto quando dieci minuti fa stava ancora frignando tutte le sue lacrime…
“Film?” domandai ancora impressionato.
“Perfetto…”
“Spero che ci sia un canale in inglese…non capisco una parola di messicano.”
Finì che ci appollaiammo entrambi sul letto, mangiando i panini e commentando una vecchia commedia in messicano.

29 Luglio 2005, ore 9 e 25
Messico, Guadalajara, Hotel Plaza
La sera prima mi ero addormentato in camera d’Anette.
Quando mi risvegliai ci volle più o meno un millisecondo prima che comprendessi la situazione…mi si era aggrappata addosso come un koala!
Per qualche strana ragione, il mio cuore batteva come un tamburo.
Mi ripetei almeno un milione di volte di stare calmo e di mantenere sgombra la mente, prima che il mio corpo decidesse di prendere in mano la situazione e…beh
Feci la parte del bravo orsacchiotto in bisogno di coccole, passando ancora una mezz’oretta di tortura prima che qualche anima buona venisse a bussare alla porta e mi salvasse da quel frangente imbarazzante.
Per fortuna quello mi dette una buona scusa per strisciare via e quando aprii la porta e ci vidi Marco, sibilai.
“Coprimi tu, io devo uscire di qui!”
Il nostro bassista abbassò lo sguardo “Sì…vai Tuommi che è meglio! Ci rivediamo quando hai risolto, eh!”
Più umiliato di così non potevo essere…dannazione!
Ero anch’io alla stregua di uno stalker se non riuscivo a controllarmi in quel modo!
Feci passare venti minuti e una lunga doccia fredda prima di trovare il coraggio di scendere per colazione. Credevo che tutti mi avrebbero riservato un sorrisino di scherno ma scoprii che Marco non aveva detto una parola della mia mancanza d’autocontrollo…devo aumentargli lo stipendio.
Anette si stava scegliendo la colazione al buffet e quindi mi sedetti al nostro tavolo, chiedendo a bassa voce
“Com’è il bollettino di guerra?”
Tero mi fece un sorriso tutto denti da squalo affamato, ma non riuscì a rispondere.
“L’abbiamo conciato per le feste, Tuommi!” esclamò Emppu, saltando sulla sedia.
Accettai la tazza di caffè che Ewo mi porgeva e Jukka disse con una calma da oscar “Due occhi neri, polso sinistro fratturato, dita delle mano destra in poltiglia. Mascella spezzata ed un paio di costole fuori posto…ci metterà qualche mese ma si riprenderà.”
“Siete completamente fuori, ragazzi.” commentai, ringraziando il cielo che non l’avessero mandato al Creatore.
Anette si sedette fra Marco e Jukka.
“Come stai, piccola?” domandò Tero, posandole una mano sulla sua e ritraendola un attimo dopo essersi accorto della mia occhiata omicida dall’altra parte del tavolo.
“Abbastanza.” disse solo, sbriciolando la sua brioche. Jukka le sfregò la schiena in segno d’affetto e lei fece un sorriso, continuando “La vita continua!”
“Giusto!” Emppu alzò un pugno in aria.
“Oggi vieni con noi, Anettuccia bella?” le chiese Jukka.
“Ma non dobbiamo volare a Città del Messico?” chiese lei confusa.
“Grande Capo Ewo ha cambiato i nostri cinque biglietti per un’altro volo, abbiamo mezza giornata libera.” le spiegò Marco “La troupe c’aspetta lì.”
“Andiamo a fare un giro nel Luna Park qui vicino! Dai An, dicci che sei dei nostri! È una vita che non passiamo un po’ di tempo libero assieme!” Emppu la implorò con il suo faccino triste. Lei annuì con un sorriso “Se proprio ci tenete…”
Non commentai mentre il nostro chitarrista nano l’abbracciò stretta, rischiando di farla cadere dalla sedia.
Quell’idea doveva averla avuta Marco…
Fu così che la tenemmo occupata per metà giornata non dandole nemmeno il tempo di pensare a quello che era accaduto la sera prima.
Visitammo il parco in lungo ed in largo e provammo fra le attrazioni la casa degli orrori, il labirinto di specchi dove Jukka per poco non si ruppe il naso a forza di sbattere contro le pareti e Tero invece lo faceva apposta mentre noi ridevamo come dei deficienti godendoci lo spettacolo da fuori. Poi l’autoscontro e un giro sull’ottovolante facendo grasse risate quando la cabina si girò a testa in giù per un minuto buono ed Anette si mise ad urlare come una pazza.
La costringemmo a salire sulle montagne russe con uno di noi a turno finché non divenne verde come un asparago.
Nel tardo pomeriggio c’imbarcammo sull’aereo che ci avrebbe portato al prossimo concerto in un paio d’ore.
Anette era capitata nel sedile accanto al mio e, sfinita, si addormentò quasi subito con la testa appoggiata alla mia spalla. Aveva posato una mano sul bracciolo fra noi e gliela strinsi, guardando fuori dal finestrino il tramonto.
Sì…dovevo proprio aumentargli lo stipendio al vichingo…

~~~

Ed ecco che Wishmaster emerge dalle ceneri come un’araba fenice, portando con se tutto il suo carico d’imprevisti…
Eh, adesso per la gioia di voi lettori ci sarà una piccola pausa con gli aggiornamenti mentre mi concentro a tirare fuori il capitolo finale! xD
Ringrazio con tante Coppe del Nonno la CrystalRose che è passata a recensire. Ciao Tesora! =* Spero che rivedremo presto con il capitolo finale!!!
Buona estate!!!
Hermes

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Capitolo 10
*** 10. The Beauty And The Beast ***


10. The Beauty And The Beast

Nota: questo capitolo extra è quasi tutto dal punto di vista Anette e riprende la side-story accennata agli inizi di DOR che butta nel mix anche il cantante dei Sonata Arctica, Tony Kakko.
Questo capitolo è lunghissimo quindi armatevi di santa pazienza perché non sono le mie quattro parole solite! xD
Per il resto vi lascio leggere e ci vediamo come al solito in fondo.

From Dreamer of dreams,
Now it's to you.
Relive forever of that one day,
From days of famine,
To days of feasts,
The tale of The Beauty and the Beast.

1 Settembre 2007, ore 15 e 32
Finlandia, Tampere, Tullikamari Backstage
Il primo settembre segnava il primo giorno di scuola ed i Nightwish erano pronti a barcamenarsi in nuove date di riscaldamento in madrepatria in vista del tour europeo di supporto a Wishmaster.
Il caos era assoluto e la situazione attuale prometteva già nuove cime di follia collettiva e coma alcolico.
Anette sospirò paziente mentre si godeva la pausa prove seduta su una cassa ed i ragazzi ridevano e chiacchieravano con Tero ed alcuni ragazzi sul palco.
Quell’agosto, punteggiato da una festa di ferragosto che sicuramente sarebbe diventata leggendaria negli anni a venire, l’aveva passato su a Kitee con i suoi genitori, ma quella piccola pausa non era stata una delle più piacevoli…suo padre Johan non l’aveva lasciata in pace un attimo con il suo cattivo umore riguardo a ‘quell’hobby da quattro soldi’ ed il fatto che ‘stava sprecando tempo che avrebbe dovuto essere dedicato allo studio!’.
Quell’aperto dissenso non le aveva fatto bene e, piuttosto che rimanere in casa a studiare, aveva preso a vagabondare per i sentieri e le betulle attorno al lago di Kitee alcune volte accompagnata da Sonia ma il più del tempo da sola.
Non le piaceva il silenzio sinistro di quei boschi e più di una volta si era trovata a cantare piano per riempirlo.
I Nightwish erano diventati troppo importanti ormai.
Amava esibirsi con i ragazzi e, se avesse dovuto riassumere quegli ultimi tre o quattro anni, l’avrebbe fatto ricordando le soddisfazioni e non i momenti peggiori.
Le sue lezioni di canto con Kirsti si erano interrotte e Tuomas era troppo occupato con i suoi momenti creativi, Marco aveva usato tutto il tempo libero a disposizione con la band di suo fratello, Emppu era partito e Jukka si era accasato ufficialmente con Satu.
Dopo la fine del tour messicano, i suoi rapporti con i ragazzi si erano raffreddati, non la sorprendeva questa svolta in effetti. Si sentono ancora a disagio per quello che è successo, e poi hanno scoperto che sono una donna…alla buon’ora!
Adesso più di prima la trattavano con rispetto e riguardo, manco fosse diventata una bambola di porcellana che il minimo contatto avrebbe potuto scheggiare.
Stessa cosa non si poteva dire quando sarebbe partito il nuovo tour.
Era sicura che dopo i primi due giorni il pullman non sarebbe più stato lo stesso dopo il consumo di un paio di casse d’alcolici ed il passaggio del Night Owl Broadcast.
Per quanto la riguardava, aveva tutte le intenzioni di mantenersi il più possibile lontano dalle esagerazioni, dalla cagnara e dalle condizioni climatiche estreme. In più aveva tutta l’intenzione di studiare per un paio d’ esami: si era ripromessa che un giorno o l’altro sarebbe riuscita a prendere quel maledetto diploma all’Accademia!
Per quel momento comunque aveva deciso di riposarsi un po’, appoggiando la testa sulle ginocchia e chiudendo gli occhi.
“Jukka mica visto An?”
Un tic prese a farle guizzare il sopracciglio destro. Guardati intorno, o sommo tastierista! Inforca gli occhiali cavolo!
“AAAANNNNN!”
Ma che spreco fiato, non ci arriverà mai da solo…
Anette slacciò un braccio dalla sua posizione rannicchiata e lo sventolò nella sua direzione.
“Ah, eccoti qui!” esclamò sollevato, raggiungendola con un altro ragazzo che Anette non aveva mai visto. Era alto quanto Tuomas con un’aria gentile ma un po’ incolta e le sorrideva, genuinamente curioso. Le tese la mano “Tony Kakko, piacere.”
“Ciao…?” la nostra lanciò un’occhiata interrogativa al loro tastierista, accettando la mano che le era stata offerta.
Tuomas sorride grattandosi il capo e prese a spiegare, imbarazzato “Tony fa parte dei Sonata Arctica, ci conosciamo da parecchio e gli ho chiesto se gli andava di coprire le mie parti cantate live del materiale iniziale. Ha accettato quindi l’ho chiamato on board.”
“…e giusto in tempo per una prova!” dichiara Tony con un sorriso, battendogli la spalla “Sono davvero felice di cantare per il tuo gruppo, Tuommi! Ho sentito parlare parecchio di te, posso chiamarti Anette?”
“Okay…” Anette non suonava convinta. Aveva sentito parlare dei Sonata Arctica ma, da quando faceva parte della band, aveva incontrato un mucchio di musicisti e faticava a mantenerli tutti a mente.
Marco e Jukka le avevano dato un’infarinatura generica sul metal e le varie band emergenti ma di certo non era una enciclopedia unita.
Spronati da Tuomas ripresero il soundcheck, Anette un po’ nervosa.
Non sapeva come cantasse Tony e si sorprese ad osservarlo mentre leggeva il testo di Beauty and the Beast ed accettava il microfono e gli auricolari che gli porgeva Tero. Poi parlò con Tuomas che abbassò alcuni accordi ed annuì.
Per fortuna poteva farsi un’idea prima della sua strofa.
Di norma quella canzone era più veloce live ma non l’avevano mai utilizzata molto a causa del rifiuto categorico di Tuomas al microfono.
Alla fine il tastierista mise mano alla N364 ed Emppu, Jukka e Marco lo seguirono di comune accordo in una versione un po’ più ristretta dell’intro per risparmiare tempo.
Tony si era avvicinato e mancò di poco il suo attacco ma non fu un grande problema poiché Anette era rimasta congelata sul posto sorpresa e perse anche lei il suo segno di mezzo secondo, salvata da Tuomas.
Il resto della prova filò abbastanza bene ed alla fine Jukka scese dalla sua postazione “An! Eri in ritardo!”
“Ho avuto un lapsus, scusate!” replicò lei, imbarazzata.
“Hai una voce stupenda.” commentò Tony con un sorriso.
“Anche tu.” Voce perfetta e calata nel ruolo!!! YES!
“Oh beh, rispetto a Tuomas ci vuole veramente poco!” s’inserì Tero portando loro delle bottigliette d’acqua e facendo ridacchiare i ragazzi. Subito venne colpito dal tastierista “Che simpaticone! Perché non canti tu allora, eh?”
Intanto Anette rimuginava sulla prova se non si sbagliava Tony era un tenore leggero, dal timbro pulito, quindi…
“Non è che-” “Non è che-”
Avevano cercato di parlare allo stesso momento e si bloccarono assieme, imbarazzati.
Tony si passò una mano sulla barbetta “Prima tu.”
“Beh…” Anette cercò di superare il disagio iniziale “Stavo pensando che potresti alzare di un tono se non ti senti confortevole con la parte.”
“Mi hai letto nel pensiero…”
La nostra annuì speranzosa, ma Tony scosse la testa con un sorrisino “Sarebbe più facile per entrambi, credo ma non aspettarti grandi cose classiche, non ho per niente la tua bravura.”
“Per quanto ho sentito sei bravo, hai un’ampiezza tenore ed uno stile leggero.”
Tony le lanciò un’occhiata strabiliata e Marco s’intromise, agganciando la spalla di lei.
“Eh, devi scusarla, sta sclerando dietro agli esami dell’accademia! Lei è perfettina ed i vocaboli professionali sono il suo pane quotidiano!” ridacchiò il nostro bassista.
“Tuomas non me l’avevi detto che la vostra vocalist studia canto lirico!!!” esclamò in panico Tony, sudando improvvisamente freddo, terrorizzato.
“Sono mica matto! Se te lo dicevo mi scappavi a gambe levate!!!” replicò Tuomas, agganciandolo per un braccio per levargli le vie di fuga e fumando la sua sigaretta molto noir con voce strascicata “Eh, è dura trovare gente disposta ad affiancarla, sai…”
“Ma…ma…” il povero Tony era lì lì per tuffarsi fra Tero e Jukka e cercare la ritirata quando arrivò Ewo con una cartellina, la punta della matita che spuntava da dietro un orecchio e con passo allegro, tese l’enorme manona a Kakko “Tony, vero? Bella prova! Tuomas qui mi dice che canti in una band…”
Il loro manager aveva agguantato il poveretto e lo stava allontanando dal gruppetto, continuando a battergli la spalla ritmicamente come per tranquillizzare una bestia spaventata.
“Ahi - ai, Ewo è entrato in modalità talent-scout!” commentò Emppu, tenendo ben stretta fra le mani una lista di focaccia che Marco occhieggiava goloso.
“Chi si offre per andare a salvarlo tra un paio di minuti?” chiese Tuomas, controllando il laccio di uno dei suoi braccialetti.
“Nah…”
Dieci secondi dopo dei Nightwish non era rimasta che Anette, gli altri si erano tutti defilati chi per una scusa chi per un’altra. La cantante tirò un sospiro paziente, ovviamente sarebbe toccato a lei salvare il nuovo arrivato.
Ed eccomi invischiata in un nuovo tour con una banda di finlandesi non proprio sani di mente!

[…]
On the first gig of the tour in Hamburg, the bands had a pasta food fight backstage.
In Bremen, Sinergy’s Alexi Laiho got the magical number 6.66 off the Breathalyzer.
In Herford, Anette’s in-ear monitor broke and she had to sing at the top of her lungs just to be
able to hear her own voice.
In Frankfurt, someone in the audience had a heart attack.
In Ludwigsburg, they broke their earlier record with 970 tickets sold and that night…
[…]

12 Ottobre 2007, ore 2 e 36
Nightwish Caravan, Ludwigsburg-Berlino

I festeggiamenti erano ancora in pieno svolgimento mentre il pullman correva in direzione della capitale tedesca.
La notte successiva eravamo stati invitati ad una premiere e nel bus la festa era ancora nel suo vivo più vivo…avevamo raggiunto un nuovo record di biglietti venduti per un solo concerto!!!
Le cuccette erano state prese d’assalto dai componenti della crew Nightwishiana in coma etilico, compresi Tero ed Ewo che avevano tirato capocciate da tutte le parti cercando di ballare classico nell’area soggiorno.
Tuomas, inizialmente sobrio si era trasformato in una spugna alla vodka, colorandosi le unghie di nero con un marker e - capelli calati sul viso - borbottava qualcosa di misterioso su un bambino, l’innocenza e una rosa. Al suo fianco Marco si stava tatuando con il suddetto pennarello indelebile un cuoricino su una chiappa.
Jukka ed Emppu non si vedevano da nessuna parte ma Anette sperava che quei momenti da backstage non finissero immortalati per sempre sulla pellicola fotografica del loro chitarrista o qualcosa sarebbe andato irrimediabilmente storto con la credibilità dei Nightwish.
Il caravan si era fermato ad una stazione di servizio per mezz’ora di pausa e – finalmente! – Anette scese dal mezzo, respirando avidamente la dolce, gelida aria d’Ottobre, e sedendosi su un dissuasore di cemento grata che il clima mantenesse i ragazzi rintanati nel loro fumoso rifugio alcolico.
In mano una delle dispense che stava cercando di studiare a spizzichi e bocconi, gli occhi quasi chiusi nell’intento di leggere le parole alla luce arancione dei lampioni. Tanto dormire là dentro mi è precluso…
No, la nostra Anette non era di buon umore.
Nonostante tutti i suoi buoni propositi era stanca, con la gola verso la raucedine, un doloroso ciclo mensile e gli occhi a palla nel controllare che nessuna delle sue tazze di tè – suo unico lusso on-the-road – venissero corrette accidentalmente con dell’alcool dai maschi che la circondavano 24/7 nell’ultimo mese e mezzo.
Negli ultimi giorni i ragazzi della crew, compresi Tuomas, Marco e Jukka l’ avevano lasciata a cuocere nel suo brodo dopo una serie di risposte caustiche.
“Hey…”
Anette alzò il capo trovandosi davanti Tony, sospirò “Hey…”
Non capiva come faceva Mister Kakko a stare in piedi dopo essersi scolato una bottiglia di vodka e due di birra scura…
“Tè al limone dalla macchinetta? Offro io.” aveva indicato con il capo l’ entrata del corridoio che portava ai bagni dell’autogrill dove si sentivano risatine.
“Okay.”
Entrarono nella piccola stanzetta non riscaldata e ci volle un momento perché il ragazzo cacciasse dalla tasca alcuni centesimi e digitasse il primo ordine.
Anette si era seduta su una panchina di plastica scricchiolante, osservandolo.
“È vero quello che dice Jukka?” domandò d’improvviso Tony, controllando il bicchierino.
“Cosa dice Jukka?” si ritrovò a domandare lei, accettando il tè e tenendolo a coppa per scaldarsi le dita intorpidite.
“Dice che sei in sindrome premestruale.” continuò Tony tranquillo mentre travasava il primo bicchierino di caffè in un secondo e si sedeva accanto a lei.
Per poco Anette non sputò la bevanda ma si riprese con alcuni colpi di tosse e la gola che bruciava “Si nota tanto?”
“Un pochino.”
“Grazie per la sincerità!”
“Prego.”
Dalla porta del bagno dei maschi si sentirono altre risate poi uscirono Jukka ed Emppu ricoperti di carta igienica, nel caso del chitarrista le strisce ordinate a forma di ali strisciavano per terra mentre l’altro teneva le braccia in avanti tipo mummia.
“PISSSSTTTTAAAAA!” strillò il nano e seguì il compare fuori, lasciando indietro solo un silenzio pietoso.
“Meraviglioso…” commentò imbarazzata Anette “Questo mi ricorda com’è che riesci a stare in piedi dopo la bevuta?”
“Ho fatto finta di bere…” Tony sorrise “Voglio dire, metà bottiglia l’ho bevuta il resto se l’è scolato Tero!”
Il ginocchio di lui colpì leggermente la gamba di Anette “Più ti conosco più penso che tu sia un fenomeno…”
“L’alcool che parla immagino-“
“No no! Sul serio! Sei così costante in quello che fai, non so proprio come riesci a studiare mentre intorno c’è un baccano infernale!”
“Abitudine?” replicò Anette con un sorrisino “No, la verità è che sono molto testarda. Non smetto finché non raggiungo i miei obbiettivi.”
Seguì un breve silenzio tranquillo mentre sorseggiavano dai loro bicchierini.
“Posso farti una domanda, Anette?”
“Spara.”
“Se sei così intenzionata a finire i tuoi studi di canto classico non sarebbe più facile lasciare i Nightwish?”
“Sì, in effetti sì…” rispose la ragazza, dopo un po’ “Ma essere on the road con i ragazzi non è una perdita di tempo. Trovo che sia straordinariamente utile come artista, e nell’ultimo anno ho…”
La sua voce si spense mentre Tony la guardava fissare lo sguardo azzurro su un punto indefinito, persa nei propri pensieri. Non osava distoglierla.
“…no, sono felice di fare parte dei Nightwish.” concluse lei, scuotendo la testa cocciuta.
Tony le tirò appena la manica della giacca con una smorfia buffa “Non stai dicendo tutta la verità, forza confessa!”
Anette sorrise ma subito gli angoli della sua bocca si piegarono all’ingiù ed abbassò lo sguardo sul bicchierino ormai finito “Beh…non è niente di sorprendente in fondo.”
“Ovvero?” la incalzò Tony.
Anette si mosse a disagio sotto il suo sguardo così simile a quello di Tuomas.
“A mio padre non gli va giù che io sia in tournee con un rapporto maschio/femmina di 32 a 1. Ha l’idea che sia sempre fasciata in pelle e borchie dalla mattina alla sera!”
Tony cercò di trattenere la risata ma non ci riuscì, schiaffandosi comunque una mano sulla bocca per soffocarla.
“Anche Tuomas ed i ragazzi ci ridono su…vorrei che facesse gioire anche papà mi renderebbe la vita immensamente più facile.” Anette aveva preso a giocherellare con un bottone del suo giubbotto, un po’ imbarazzata.
La sua aura abbacchiata aveva messo un freno all’allegria del ragazzo “Cos’altro?”
Anette gli lanciò un’occhiata brevissima prima di iniziare timidamente “Non è facile studiare canto classico ed allo stesso tempo essere una vocalist per un gruppo metal. Non è la mancanza di tempo per studiare, ma una questione di reputazione: i miei professori mi vedono raramente a lezione e le poche volte che riesco ad attendere mi sento sempre uno strano animale. Canto classico ma i loro pensieri sono chiari: si chiedono tutti perché non sono ancora passata ai corsi di musica leggera – che fra parentesi avrei intenzione di prendere il prossimo anno! – e come se avessi un grosso tatoo addosso che mi brandisca come ‘quella strana, brava ma strana!’. Più di una volta ho sentito altri studenti bisbigliare ‘Ma sì, canta per quella band…’ quasi come se fossi un’appestata.”
La ragazza fece una pausa e Tony dovette ammettere con se stesso che, se si fosse ritrovato nella sua stessa situazione, non sarebbe stata una passeggiata.
Anette prese un respiro profondo e ricominciò “È lo stesso tipo d’ isolamento che ho dovuto affrontare all’inizio quando i Nightwish erano appena entrati nella scena metal alcuni anni fa…pensavano tutti che fossi una specie di mascotte o groupie!” nonostante l’argomento le sfuggì una risatina ed anche Tony sorrise debolmente.
“Anette, sei una forza sul palco. Qualunque cosa ti dicano dietro le spalle.”
Lei gli regalò un sorriso un po’ tremulo “Faccio del mio meglio.”
Un lontano suono di tromba li risvegliò da quel momento, segnale di raduno soffiato da Tero, e corsero indietro al pullman già in moto per un’altra notte di viaggio…

[…]
In Berlin, Nightwish had their most bizarre show so far. The local cinema owner Willy Bogner
opened his new IMAX theatre with a film that featured Nightwish’s “Walking in the Air” on
its soundtrack, and the band was taken to the theatre in luxury Audis. They were asked to
play the song at the premiere without amplifiers so that the audience wouldn’t be disturbed –
and to top it all, they did not even get to see the film!
In Marseille, Tuomas’ rented keyboards went haywire. Something in the factory settings
made the instrument suddenly burst into a disco beat, completely surprising the band,
crew, and audience alike.
[…]

21 Ottobre 2007, ore 16 e 35
Francia, Marsiglia, Jas de Rod, camerini

Erano arrivati a Marsiglia quel mattino presto ed avevano fatto un soundcheck appena erano riusciti ad organizzare la venue con la strumentazione propria accoppiata a quella a nolo, poi erano usciti tutti per qualche ore di libertà alla scoperta della meravigliosa cittadina francese nonostante la pioggia incessante.
Anette aveva declinato l’invito dei ragazzi con la ferma intenzione di portarsi avanti con lo studio e poi aveva la certezza che rimanere in balia di quel clima non avrebbe giovato alla performance di quella sera!
Tony era rimasto indietro semplicemente perché non gli piaceva girare sotto la pioggia quindi erano rimasti solo loro e Toni Peiju, l’assistente del loro manager, imbucati nei camerini del backstage.
Tony aveva adocchiato sul palco una delle Korg a nolo di Tuomas, cercando uno sgabello ed iniziando a suonare per non annoiarsi. Dopo un po’ Anette l’aveva raggiunto, scoprendo che Kakko aveva studiato due anni di tastiere al conservatorio per poi lasciare e la cantante gli aveva confessato di non avere una grande dimestichezza con quello strumento ed, a causa degli ultimi anni in tour, aveva dimenticato le poche lezioni di piano prese da adolescente.
“No no! Non così…accidenti!” protestò disperato Tony per l’ennesima volta quel pomeriggio, afferrando gentilmente le mani di Anette e sostituendole con le sue sui tasti, spingendo un accordo e tenendo i palmi ben alti in modo che la posizione delle sue dita fosse ben visibile.
Anette seduta al suo fianco scosse la testa “Sono una frana in caduta libera! Anche Tuomas ha provato ad insegnarmi all’inizio del nostro primo tour ma alla fine ha lasciato perdere!”
“Dai, prova ancora una volta!” esclamò paziente Tony.
~
Marco era tornato indietro solo perché aveva dimenticato le sigarette nei camerini dove aveva scambiato qualche parola con Toni, impegnato nel redigere un rapporto manageriale sull’andamento del tour per la casa discografica.
Non aveva intenzione di tornare verso lo stage ma la curiosità aveva prevalso dopo aver sentito accesa almeno una delle tastiere di Tuomas.
Aveva raggiunto il palco ed aveva visto che allo strumento erano seduti vicini Kakko ed Anette in una fitta conversazione a voce bassa.
D’improvviso la risata argentina di lei risuonò per il locale e gli strappò un sorriso.
Era bello vederla divertirsi almeno un po’.
Negli ultimi tempi si era isolata completamente dal mood da tour e rimaneva sempre molto tesa, in apprensione per i propri studi ormai alle battute finali, e per i quali era diventata quasi maniacale.
Era opinione comune che la ragazza aveva bisogno di svago o comunque qualcuno di esterno a tutti loro con cui parlare, e se Tony Kakko era la persona giusta per mandare in porto il miracolo allora Marco non aveva opposizioni da porre alla scelta di Anette.
Per il resto, mentre ridava privacy ai due, il bassista si chiedeva come l’ avrebbe presa Tuomas.
Probabilmente non bene.
~
Tony ed Anette continuavano a scherzare con la Korg, ignari di essere stati spiati per qualche minuto.
“Il piano non è il mio punto di forza…preferisco cantare!”
“Non mi dire!” motteggiò ridendo Tony, cambiando qualche impostazione di campionatura “Proposito mi è venuta un’idea nuova per B&B dal vivo…”
“Sarebbe?” replicò lei, curiosa. Nell’ultimo periodo aveva imparato ad ascoltare le sue idee, il più delle volte non si rivelavano niente male e, da quando si era abituata alla sua voce, i live erano saliti di uno scalino in termini di performance.
“Non so come funzioni l’opera ma ecco…immagino che in una rappresentazione chi canta non stia perfettamente fermo immobile, vero?”
“No, dipende da un bel po’ di cose. Principalmente il cantante tende a non strafare con i movimenti per non esercitare troppa pressione sulla sua respirazione. Almeno è così a livello lirico, nei musical questa idea è facilmente ribaltata con l’esercizio.”
“Ho notato che tendi a muoverti meno quando canti certe sezioni…”
“I testi di Tuomas non mi permettono di perdere la concentrazione un momento…tende ad infilare parole difficili da rendere.” Anette stava stressando una ciocca di capelli della sua coda in un tic nervoso “Oltretutto non oso cambiare le posizioni delle pause quindi il respiro è vitale.”
La ragazza si voltò verso Tony che la guardava con un sorrisetto, la testa appoggiata alla mano e si ritrovò quasi a squittire imbarazzata “Ti annoio a morte quando parto con i miei ragionamenti, vero?”
“Al contrario, sei una fonte di ispirazione per migliorarsi.” dichiarò Tony, strizzando gli occhi “Non mi sorprende che essere a diretto contatto con Tuomas in saletta di registrazione ti abbia fatto diventare perfezionista e comunque la mia idea stava nel ricreare una sorta di visività alla storia dietro Beauty and the Beast.”
“Della serie calarsi nei loro panni?” obbiettò Anette, un po’ dubbiosa. La versione di Tuomas non era molto canon e finiva tristemente.
“Sì. Niente di impossibile, magari qualche gesto stilizzato, potrei girarti intorno all’inizio poi riprendere qualcuna delle immagini del testo.”
“…” An guardava dritto davanti a sé poi si scosse “Mi piace come idea ma bisogna sentire cosa ne pensano gli altri.”
Tony ridacchiò, facendola sentire un po’ offesa “Quando parli così sembra quasi che stia cercando di strapparti dal nido familiare!”
Quella frase gli procurò solo un pugnetto sul bicipite ed un “Davvero molto maturo, Tony!”

21 Ottobre 2007, ore 23 e 58
Francia, Marsiglia, Jas de Rod

Il concerto era finito ma la calca nel locale era ancora folle ed i ragazzi erano impegnati a scolarsi quante più birre possibile prima di dondolare stanchi fino al caravan per un’altra notte di viaggio in direzione della Spagna.
Anette aveva tremato per un momento quando Tuomas era sceso nelle quinte alla fine della canzone in cerca di qualche spiegazione a proposito del loro comportamento.
Tony aveva scelto di infilzare la patata bollente con il tastierista che si era trovato entusiasta dell’idea, ed il fatto si era chiuso lì con suo grande sollievo ed avevano terminato il concerto come al solito.
Aveva atteso che i ragazzi e la crew vuotassero il camerino prima di iniziare a struccarsi e passare da ‘Anette vocalist’ a solo ‘Anette’.
Per fortuna si era appena cambiata quando la porta dello stanzino si aprì all’ improvviso ed entrò Tony con fare circospetto sotto il suo sguardo incuriosito.
“Ho paura che siamo stati noi a sabotare senza accorgercene il set di tastiere di Tuommi!” disse il ragazzo tutto d’un fiato, bianco come un cencio “Se lo scopre ci ammazza!”
“Intendi quel disco beat…?”
“A-ha! Siamo spacciati!” il ragazzo si era infilato una mano nei capelli ed Anette sorrise, afferrando la propria borsa e prendendolo per l’altra mano, tirando appena.
“Tony, non importa. Ormai è successo e credi a me, Tuomas non verrà a stanarti per così poco! Poi è stato divertente dai!”
“Non ne sarei così sicuro…” borbottò lui.
“Abbi fede, ha altro a cui pensare stasera.” si ritrovò a reiterare lei con un sorriso triste.
Il tastierista aveva flirtato impunemente con una ragazza del posto per tutta la sera, non ci voleva una boccia di cristallo per prevedere il resto della sua serata…
“Voglia di accompagnarmi fino al pullman? Non mi và di firmare autografi e pensavo di dormire un po’ finché possibile…”
“’kay, sono il tuo bodyguard!”
“Scemo…”

23 Ottobre 2007, ore 22 e 37
Francia-Svizzera, da qualche parte sul confine

Anette si strinse bene al collo la sciarpa, evitò Tero che ondeggiava pericolosamente nel suo sedile e scese dal caravan nella piazzola di sosta dell’autogrill nel quale avevano deciso di fermarsi per quella notte.
Il volume della festa si era – se possibile – innalzato ancora grazie all’ aggiunta dai ragazzi dei Sinergy al mix ed Anette era fuggita quasi dalla disperazione dopo l’ennesima trovata oscena di quella manica di pazzoidi.
In quella particolare serata non si sentiva incline a lasciar correre e quindi aveva deciso per uscire e fare una sortita all’autogrill per uno spuntino sostanzioso…gli ultimi buffet pre-concerto avevano lasciato a desiderare in qualità ed assortimento. Sì, preferiva essere schizzinosa piuttosto che passare una nottata a vomitare…
Quindi si era scelta una insalata mista con tanto di bottiglietta d’acqua frizzante, passando una mezz’ora di pace ininterrotta ed ritornando verso al bus aveva trovato che non era la sola ad aver lasciato la nave quella sera.
Qualcuno aveva abbassato un portellone del vano bagagli e si era seduto comodamente mentre il fumo grigio di una sigaretta saliva in alto.
“Hey! Il fumo ti rovina la voce!” esclamò quando riconobbe Tony, che incassò le spalle beccato in flagrante.
“Mi serve, sapessi a cosa ho assistito là dentro…!”
Anette scosse la testa e si sedette al suo fianco “Niente che quei masnadieri facciano potrebbe veramente sorprendermi ormai.”
Il ragazzo ridacchiò “Come quando ci siamo messi a cantare insieme Barbie Girl? Le facce di Jukka e Tero? Impagabili!”
Anche lei rise, spingendo appena la sua spalla e guardando il piazzale poi esitò un momento prima di accettare il mozzicone con timidezza “Non ho mai provato…”
“Tira e mandalo nei polmoni.” spiegò semplicemente Tony.
Anette analizzò la sigaretta mezza consumata fra le sue dita poi chiuse le labbra sul filtro e inspirò appena.
Bastò per toglierle del tutto la curiosità perché si mise quasi subito a tossire, la gola che bruciava e gli occhi che iniziarono a lacrimare.
“Dritta di schiena o mi spiri e Tuommi mi fa lo scalpo!!!” commentò un po’ preoccupato lui, battendole la schiena “Anzi…non dirgli che ti ho fatto fumare o si trasforma e mi sfonda!” La nostra era nella scomoda posizione di ridere tossendo, per qualche strana ragione Kakko quando beveva si rilassava ed iniziava ad seminare un sarcasmo divino su qualsiasi cosa.
Ripresasi dalla tosse si era appoggiata alla sua spalla con un sorriso che non sembrava aver intenzione di andarsene mentre una serie di colpi e urli alcolici si facevano sentire dall’interno.
“An…”
“Mmmh?”
“Mi piaci.”
La nostra si irrigidì e spostò la testa per incontrare lo sguardo dolce di Tony che continuò con tono più sommesso “Probabilmente mi pentirò domani mattina.”
Anette non aveva parole ed il ragazzo non gliele permise perché né approfittò per abbassare il capo e rubarle un bacio.
Non stupido come quelli immaturi dei suoi anni adolescenti che si davano di solito in caso di scommesse o giochi con la bottiglia alle feste, od ancora quelli più recenti di una paio di ragazzi conosciuti alla Sibelius, che comunque mancavano di tatto.
Quello di Tony fu un bacio breve ma che sapeva del gusto amaro della nicotina ed un accenno di vodka, non frettoloso e nemmeno forzoso.
Ed Anette si trovò a chiudere gli occhi, ammettendo che c’era un potenziale in quel semplice tocco ma era già finito.
Mi chiedo se baciare Tuomas potrebbe essere lo stesso…
Gli occhi le si allargarono mentre registrava ciò che era appena successo ed il cuore faceva un tuffo in basso.
Tony la vide chiaramente impallidire e tentò di parlarle “A-”
Si era alzata di scatto, alzando le mani fra di loro e parlando con una voce più acuta del suo tono abituale, come se stesse per piangere “Mi dispiace! Non posso…!”
Ed era corsa via, risalendo la scaletta.

26 Ottobre 2007, ore 12 e 22
Austria, Vienna

Marco aveva deciso di aggregarsi alla gente che aveva deciso di girare l’ antica città austriaca nonostante l’hangover colossale della sera prima.
Del gruppo facevano parte Winnie Pooh con la sua macchina fotografica, alcuni ragazzi delle luci, Kakko ed Anette.
Tuomas, Jukka e Tero erano rimasti in stato comatoso sulle cuccette del pullman.
Avevano passato il mattino a girovagare per la Innere Stadt ed il bassista aveva notato qualcosa di strano in Anette: la giovane donna aveva cercato di mantenersi sempre fra di loro e mai da sola, in più non aveva rivolto la benché minima parola a Tony.
Che avessero litigato? In più Mister Kakko sembrava preoccupato ed in cerca di qualche spiegazione.
Qui gatta ci cova…
~
“Mi dispiace! Non posso…!”
Di tutte le cose che avrebbe potuto porre avanti aveva scelto le più sbagliate.
Anette non aveva pace e sentiva che la sua ragionevolezza era scesa sotto la soglia di guardia.
Era solo un bacio innocente dopotutto e Tony non era da buttar via ma la vocina fastidiosa della sua coscienza non la lasciava vivere.
E Tuomas?! Dov’è finita tutta la tua mega-cotta spaziale per Mister Korg?!
Non l’aveva confidato a nessuno, sarebbe morta di vergogna piuttosto: quel bacio le era piaciuto.
Da una parte era stufa di aspettare che il sommo poeta si accorgesse di lei e non nutriva molta speranza in un miracolo.
Le mancava il coraggio di fare il primo passo…proprio ora che aveva trovato il suo posto nel gruppo, non avrebbe sopportato il disagio di una dichiarazione che avrebbe mandato a rotoli quel fragile equilibrio.
Sapeva di dover una spiegazione a Tony ma non aveva idea di dove cominciare…

27 Ottobre 2007, ore 20 e 43
Austria, Vienna-Wels

Il caravan finnico si era fermato per l’ora di cena a metà strada dalla prossima venue ed avevano cercato un bel locale nel quale rifocillarsi e ripararsi dal vento e dalla pioggia che batteva.
La compagnia era allegra, fin troppo se si contava il terzo round di birra che iniziava ad intiepidire gli animi dei nostri finlandesi.
Ewo stava diventando tutto rosso in viso e flirtava impunemente con la cameriera, una bella ragazza bionda dagli occhi freddi come il ghiaccio che sembrava a tanto così dal picchiarlo in testa con il vassoio. Jukka e Tuomas stavano ovviamente complottando qualche cosa di probabilmente molto stupido da come ridacchiavano.
Gli altri componenti della crew scherzavano fra loro ma c’era una persona che la guardava…e lei faceva di tutto per non incontrarne lo sguardo.
Come se servisse a qualcosa…
Aveva terminato di cenare in silenzio e fece per alzarsi dalla tavolata subito seguita da una serie di lamentele.
“An dove te ne scappi, rimani qui ancora un po’!” aveva esclamato Emppu con una faccina infelice, agguantandole un avambraccio in una morsa decisa.
“Il nano ha ragione, piccina, tu studi troppo e devi divertirti un po’ di più!” gli dette manforte Marco, battendole alcune piccole pacchette sull’ avambraccio dall’altra parte.
“Ho solo voglia di qualcosa di caldo poi vado a dormire…” replicò lei con un debole sorriso.
Emppu però non voleva farsi convincere e cercò l’attenzione di Tuomas e Jukka dall’altra parte del tavolo “Ditele qualcosa anche voi!?”
Jukka si limitò ad alzare le spalle e Tuomas corrugò la fronte per poi rispondere un “Ma faccia un po’ come crede…” con un tono indifferente che avrebbe potuto far piangere un bambino ma le faceva solo puntare i piedi a terra ed arrabbiarsi.
Lo strumento non è così importante quando è perfetto, basta che suoni, vero?!
Marco aveva intercettato l’occhiata acida che aveva lanciato al tastierista e l’aveva spinta appena, scuotendo la testa.
Non era la prima volta che doveva mordersi la lingua per quei suoi comportamenti, quindi recuperò la giacca dallo schienale della sedia e si avviò nel parcheggio dell’osteria con il vago pensiero per una selezione di tè che aveva comprato qualche settimana prima in un mercatino locale in Francia, chissà se avrebbe fatto bene ai suoi nervi…
[…]
L’acqua era bollita con un fischio acuto nel silenzio insolito del pullman ed Anette aveva passato alcuni minuti a scegliere l’infusione più adatta: un delicato profumo di gelsomino che danzava nell’aria, accompagnato dalle note più scure ed amare del tè.
Era una strana combinazione.
La porta del pulmino venne aperta dall’esterno mentre era occupata a cercare tazza e piattino e quindi non vide subito il nuovo arrivato e per poco le ceramiche non le caddero di mano quando Tony le diresse un sorriso, alzando le mani in un gesto di resa “Sono qui in pace, caso mai stessi pensando di lanciarmi qualche cosa!”
Anette sbuffò poi alzò gli occhi al cielo, in ultimo sembrò rendersi conto di chi aveva davanti e tornò ad occuparsi le mani, cercando di ignorare il proprio nervosismo.
Tony si avvicinò, mimando le sue azioni e nel giro di qualche minuto si erano seduti al tavolino della zona giorno.
Anette si sentiva in una situazione particolarmente scomoda, ogni volta che alzava gli occhi, incontrava quelli di lui, seduto di fronte ed in un paio di casi Tony le aveva sorriso.
No, ora basta!
La cantante prese un bel respiro ed incrociò le braccia davanti a sé, pronta per uno scontro che non aveva veramente il coraggio di affrontare.
“Senti Tony io-” si era zittita quando lui scosse la testa.
“Da quanto tempo?” domandò quindi con voce gentile.
“Scusa?” Anette era rimasta stupita da quella domanda apparentemente senza filo logico ma qualcosa le faceva accapponare la pelle mentre incontrava gli occhi chiari del ragazzo.
“Da quanto tempo sei innamorata di Tuomas?” elaborò quindi con delicatezza.
“…”
Anette era rimasta immobile mentre sentiva come se un secchio d’acqua le fosse stato improvvisamente rovesciato addosso. La lama fredda del panico che le chiudeva lo stomaco in una morsa ed un momento dopo la diga dei suoi pensieri impazziti si era rotta.
È il suo migliore amico! Se Tuomas viene a saperlo non avrò più il coraggio di-…no, stai calma An e cerca di mentire!
“Non è vero.” dichiarò con troppa fretta per risultare sicura di sé.
La fronte del ragazzo si increspò di delusione “Anette-”
“Non capisco come ti è venuta in mente una cosa del genere!” continuò lei, con una risatina falsa e cercando di sembrare divertita da quell’idea.
“Allora perché sei scappata l’altra notte?” ribatté Tony, seccato, bevendo un sorso.
“Potrei avere un ragazzo che mi aspetta a casa.” rispose An senza mostrare alcuna convinzione in quello che stava dicendo.
“No, non credo. All’inizio lo ammetto non riuscivo a capire la tua reazione poi ci ho riflettuto…” spiegò il giovane con calma “Non sei capace d’ ingannare, e nemmeno di dissimulare i tuoi pensieri. Il tuo volto è un libro aperto e ho visto come lo guardi.”
Per un’interminabile momento l’unico rumore udibile era la pioggia che scendeva rapida e veloce sul tettuccio del veicolo, mentre il cuore di Anette batteva come un tamburo per l’agitazione.
La ragazza dovette inghiottire un paio di volte prima di riuscire a spiccicare parola “Tony, ti prego, non-”
“Puoi stare tranquilla non dirò una parola e non ti costringerò a fare nulla a proposito.” si affrettò a chiarire lui con un sorriso triste che quasi subito si tramutò in una smorfia d’amarezza “Tuomas non si merita nemmeno un decimo di quello che possiede se non vede al di là delle apparenze. Peggio per lui.”
“Pensavo che fossi suo amico…”
“Certo che lo sono ma questo non significa che approvo automaticamente tutti i suoi atteggiamenti!” esclamò lui, bevendo dalla tazza e rabbrividendo “Con l’andare del tour le sue buone maniere vanno peggiorando sul serio! È un buzzurro!”
“È solo stanco.”
“Lo difendi pure?!”
Non poté fare a meno di arrossire alla sua occhiata indagatrice, sentendosi una perfetta stupida.
“Anette, se io avessi la fortuna di possedere una minima parte dell’affetto che tu provi per lui io…” le parole sembrarono mancargli e Tony sorrise, passandosi una mano sulla faccia e sospirando a fondo “No, lascia perdere…”
Lei si morse un labbro, abbassando lo sguardo sulla sua tazza che non aveva ancora toccato e che stava venendo fredda col passare dei minuti.
In effetti Tuomas nell’ultimo periodo era diventato parecchio scostante, passava un mucchio di tempo con i ragazzi dei Sinergy, spesso era alticcio e più di una volta lui e Tero erano stati trascinati di peso nel caravan, troppo ubriachi per reggersi in piedi.
Solo alcuni giorni prima il tastierista aveva litigato prima con Emppu, poi con lei e Marco accusandoli di non dare il 100% sul palco. L’aveva chiamata ‘ragazzina’ ed erano volate anche parole più grosse ai danni dei ragazzi.
A quel punto era intervenuto Tero e Jukka che avevano indetto una sosta su una piazzola ed avevano portato il tastierista a fare un giro per sbollentare. Mezz’ora dopo erano tornati indietro ma Tuomas si era chiuso in un mutismo di tomba ed aveva preso a scarabocchiare uno dei suoi quadernetti con un vigore furioso, non guardando in faccia nessuno.
Anette strinse la ceramica, facendosi coraggio prima di mormorare “Tu sei diverso da Tuomas.”
Tony la guardava interrogativo, aspettando che continuasse.
“Mi conosce da molto tempo…all’inizio della band ha continuato a chiamarmi continuamente Nettan per mesi prima di capire che m’ imbarazzava. Mi tratta come una bambina ma vuole la perfezione di una grande Diva sul palco. Se ci penso davvero quasi tutti i ragazzi non fanno che fare attenzione e proteggermi ma non si sono mai resi conto che la bambina non c’è più.”
“An…”
“Quando sei arrivato ho visto la differenza per la prima volta: tu mi tratti come una persona adulta, Tony. Non cerchi di indorare le pillole o zuccherarmi le medicine.” una lacrima traditrice le stava scendendo sulla guancia e lei la portò via in fretta “Probabilmente non sono equa nei confronti degli altri ma sto finendo gli studi, presto avrò un diploma accademico in mano e…amo fare parte dei Nightwish ma mi rendo conto che non potrò reggere la situazione per molto e che i miei sogni glitterati dell’inizio non sono che quello: sogni. Alla fine di questo tour mi aspetto che Tuomas mi sbatta fuori dal gruppo; di me gli interessa solo una parte: le corde vocali.”
La ragazza non piangeva ma il suo viso era contratto in un’espressione demoralizzata che avrebbe commosso anche una pietra.
Tony a metà di quella confessione le aveva coperto le mani con le proprie, ed alla fine si era spostato sulla divanetta di lei, posandole un braccio dietro le spalle per confortarla un po’, con chiari istinti assassini nei pensieri.
Anette singhiozzava appena ma le lacrime non scendevano ed il ragazzo si sorprese quando la sentì ridacchiare.
“Grande mossa questa…”
“Eh…?”
Anette si appoggiò meglio contro la sua spalla “I ragazzi sono buoni come dei pezzi di pane ma se avessero assistito a questo crollo di nervi sarebbero scappati tutti!”
“Hai molta fiducia nell’altro sesso…”
“Puoi biasimarmi?” lei aveva alzato gli occhi per incontrare i suoi a poca distanza.
Tony fece finta di rifletterci poi scosse la testa con un sorrisetto “A pensarci bene…no!”
L’atmosfera della stanza si era sollevata assieme alle loro risatine e, quando tutto si fu calmato, Anette aveva preso a giocare con l’orlo del suo cardigan color acquamarina.
“Ho una cosa da confessarti.” mormorò, sembrando più calma “Credo sia meglio che non ci siano gli altri…”
“A-ha?”
“Quella notte…” Anette distolse lo sguardo, troppo imbarazzata ma decisa a continuare “Non mi aspettavo che mi baciassi ma-”
“Sono così scarso?” domandò Tony un po’ ansioso.
“Fammi finire!!!” esclamò Anette, punzecchiandolo nello stomaco “Subito dopo sono scappata perché mi sono sentita in colpa ma in effetti non né ho nessuna e…ed il fatto che canto per i Nightwish, che canto per Tuomas…” una breve pausa e le sue dita gli avevano stretto la mano per un momento, continuando “…non cambia che il tuo bacio mi sia piaciuto.”
“…”
Anette gli lanciò un’occhiata quando non ottenne risposta, un pizzico di nervosismo visibile.
“An, sei sicura che-” borbottò infine Tony confuso.
“Non è una ripicca: la band non può regolare come penso o vivo la mia vita, ho il diritto di prendere le mie decisioni. Ci ho riflettuto, mi sono accorta che non posso aspettarlo in eterno. Ho un’inclinazione nei tuoi confronti, e desidero sapere dove potrebbe portarmi.”
La pioggia non cadeva più con la stessa forza di prima anche se numerose gocce scivolavano fuori sulla superficie del vetro, Anette si era accomodata guardando avanti a sé, sollevata ed in attesa di una risposta da Tony che non tardò ad arrivare “Ho il forte sospetto che ci fossero degli allucinogeni dentro quella brodaglia, o che al posto dell’acqua hai usato la vodka…”
Un gomito si scontrò contro le sue costole mentre lei replicava imbronciata “Sii serio!”
“’kay.” le afferrò il mento con due dita “Sto per baciarti.”
Gli occhi chiari ed intensi di Tony si avvicinavano ed Anette si ritrovò a socchiudere i propri mentre la voce della sua coscienza protestava in un’eco senza vera forza.
Le sue labbra sapevano di gelsomino e riaccesero quella scintilla che era rimasta sotto le ceneri.
Fu un contatto gentile, migliore del primo bacio troppo breve che le aveva rubato, almeno per come la pensava Anette.
Attraverso le pareti del pulmino sentirono le voci degli altri che si stavano avvicinando e dovettero cercare in fretta e furia di apparire innocenti.
Quando Tero entrò per primo li trovò seduti agli angoli opposti del pullman, Anette occupata con uno dei suoi paperback e Tony che tamburellava con troppa veemenza al ritmo di qualcosa che stava ascoltando.
Al fonico venne un fugace dubbio ma…
Che stessero nascondendo qualcosa? …nah…

2 Novembre 2007, ore 22 e 35
Germania, Ebersbrunn

Avevano appena finito la loro giornata libera on-the-road e quello che di solito era un inferno su ruote si era rivelato vivibile.
Sì, Anette era più felice che mai ed aveva il sorriso sulle labbra…soprattutto perché da quella notte – dopo mesi di trasferta e cuccette – avrebbero passato buona parte del resto in hotel. Privacy indisturbata, at last!
Tony era rimasto il più cauto tra loro due, rubando momenti qui e là fra le ombre delle quinte e nelle pause, qualche volta riuscivano a rubare un paio d’ore fra la notte e l’alba approfittando del coma alcolico.
In un paio d’occasioni erano quasi stati scoperti da vari componenti della crew ma l’avevano sempre scampata, Anette si immaginava le battutine che avrebbero dovuto sopportare se il tutto fosse venuto a galla…
Al momento i ragazzi erano quasi tutti collassati nella hall dell’hotel o sui letti delle loro camere doppie o triple quindi non era stato poi tanto difficile svanire dalla vigilanza senza essere visti.
“An, non so se è una buona idea…” obbiettò Tony mentre percorrevano il corridoio ed Anette leggeva le targhette sulle porte.
“Oh, piantala! Non è un orario sospetto e non credo proprio che ci sia niente di male! Mica possono abbattere la porta!”
“Questo lo pensi tu!” borbottò lui, troppo piano perché la ragazza lo sentisse.

4 Novembre 2007, ore 8 e 40
Germania, Kaufbeuren, Hotel Hall

Marco Hietala si stava godendo la sua prima tazza di caffè del mattino, fumando pigramente una sigaretta, gli occhi su una rivista.
Emppu dormiva ancora nella loro camera sommerso dal piumone del letto singolo mentre Jukka e Tuomas erano sicuramente ancora nel mondo del coma alcolico.
Gli unici che sembravano già svegli erano Tero, passato ad ingozzarsi al buffet poi corso alla venue, ed Ewo che gli aveva mollato una pacca sulla spalla prima di allontanarsi per qualche appuntamento di lavoro per conto della Spinefarm.
La hall dell’hotel era quasi deserta se non si contava una famiglia di quattro persone ed una coppia di anziani che lanciavano occhiate incuriosite al suo principio di barba biforcuta.
La sigaretta era finita ed il biondo bassista la spense nel posacenere, alzando lo sguardo e notando che Tony era appena sceso dall’ascensore con occhi strizzati in due fessure e capelli sparati nonostante il codino.
Il ragazzo lo notò e dopo essersi rifornito di tazza e cornetto l’aveva raggiunto, sedendosi con un grugnito per saluto.
Marco gli fece un cenno del capo e rimasero in silenzio per il tempo necessario a Tony di svegliarsi del tutto.
Al bassista però non risultava che Kakko avesse festeggiato con loro negli ultimi dopo-concerto e se avesse dato ascolto a quello che raccontava il loro fonico ed anche alcuni dettagli dei tecnici delle luci…
“Dormito bene?” domandò quindi, casualmente, voltando pagina.
“Sì.” arrivò la risposta di Tony, i muscoli delle spalle leggermente rigidi.
Marco annuì e decise di aspettare qualche minuto per dargli un falso senso di sicurezza prima di continuare “Mancava l’acqua stamattina?”
“…?”
“Per raderti. Strano, in camera mia c’era.” alzò le spalle il bassista con fare innocente mentre il giovane al suo fianco stava impallidendo a vista d’ occhio.
“Marco non cap-”
Aveva messo da parte il magazine con un breve sospiro “Stammi bene a sentire Kakko: ho scoperto la situazione per puro caso e non ho niente in contrario ma se le fai del male…”
Aveva lasciato quella frase in sospeso lanciandogli un’occhiata penetrante alla quale Tony aveva scosso la testa, seccato “Dovete davvero piantarla, non è più una bambina!”
“Raccontalo agli altri…” sbuffò Marco “…soprattutto a Tuomas.”
“An non vuole che lo sappia.”
“Lo immagino.” ridacchiò il bassista asciutto “Ma temo che sarà inevitabile.”
Tony inghiottì con un’aria nauseata.
“Tutti noi speriamo solo che sia felice. Solo Tuomas, al momento, non è in grado di distinguere un accordo dall’altro.”
“Sai…”
“Conosco An fin dall’inizio, non ho avuto bisogno che me lo confidasse per capirlo.”
La loro conversazione venne interrotta proprio dal tastierista che occupò la divanetta, sbadigliando ed aggrappandosi al suo caffè mattutino “’ giorno…”
Ma la domanda di Marco rimaneva…quanto sarebbe durata quella pace?

[…]
The Ebersbrunn gig at the beginning of November had to be cancelled because Anette got sick and in Amsterdam,
she threw up and passed out in the middle of the concert.
Then there was a sweet blue smoke floating over the front row of the Melkweg club…
[…]

7 Novembre 2007, ore 22 e 10
Paesi Bassi, Amsterdam, Melkweg Club

Eravamo appena saliti sul palco ma l’atmosfera tesa del backstage non si stava trasformando nella solita d’aspettativa e nervi di un gig.
C’era qualcosa che faceva innervosire Emppu, Jukka aveva alzato il volume dello stereo nei camerini per coprire il silenzio e Marco osservava preoccupato la stanza assieme ad Ewo.
Tuomas si era seduto in un angolo con occhi vacui e sfogliava uno dei suoi libri di Tolkien senza veramente leggere.
Tony non era riuscito a sopportare l’aria che tirava per più di cinque minuti e si era dato alla macchia, alla console di Tero…
Ora che erano sul palco, Anette stava dando il meglio di sé in speranza di tirare un po’ su il morale dei ragazzi ma i suoi sforzi fino a quel momento erano valsi a nulla. Certo gli spettatori la seguivano e battevano le mani ma mancava la vitalità dei ragazzi…
Le canzoni continuavano una dietro l’altra e fu presto il momento del binomio Elvenpath/Fantasmic.
Mentre i faretti verdi passavano sulle facce del pubblico An aveva riagganciato il mic all’asta, notando uno strano odore dolciastro e famigliare ma appuntandolo come qualche esalazione degli effetti speciali.
Stava battendo le mani, incitando il pubblico poi partì con grinta e più volume del bisogno per scavalcare la mancanza di entusiasmo di Tuomas alle tastiere.
Lo strumento perfetto ed in piena salute che brillava e saliva sempre più in alto, il respiro controllato ed i polmoni che si allargavano alla loro capienza massima nel minimo tempo possibile, obbedienti.
~
Tony e Tero si godevano lo spettacolo dalle quinte dove la console era stata incastrata in un anfratto buio ma dal quale si aveva una visione perfetta se i ragazzi avessero indicato qualche modifica per gli earbuds o per le loro uscite.
Intanto Elvenpath si era trasformata, Tero stava tenendo il tempo con la batteria di Jukka mentre i due guardavano Anette cantare la lunghissima litania di parole che comprendeva la parte terza di Fantasmic nel quale aveva agganciato tutte le tonalità previste nella registrazione in studio.
“È pazza, completamente pazza!” borbottò il fonico aggiustando il volume di Jukka prima che il batterista saltasse di spavento dalla sua postazione, non era una novità che fosse infastidito dal volume di Anette.
Tony sorrise solo, osservandola.
Per fortuna, perché appena raggiunto ‘Spellbound masquerade’ Anette scartò paurosamente indietro nel tentativo di allontanarsi dal microfono.
“TeeCee.” aveva richiamato il fonico a fare attenzione al parco e videro An trascinarsi verso il piano della batteria alle bottigliette d’acqua con passo confuso.
“Cosa diavolo…”
La frase del fonico rimase in sospeso perché in una frazione Anette era tornata alla sua postazione in attesa di attaccare il resto con uno strano sorriso sognante che le stirava la bocca.
A fine strofa però la ragazza era diventata di uno strano colore verdognolo in volto, inalò un’ultima volta ed il sorriso le si spense, lasciando il posto ad un’espressione di puro panico mentre tutto intorno i ragazzi continuavano a suonare ignari.
Aveva abbandonato il microfono lasciandolo cadere al suolo e si era diretta con scarso equilibrio verso il backstage, incrociando gli occhi di Tony che corse verso le quinte appena in tempo per vederla crollare a terra come un peso morto.
Il ragazzo aiutato da Ewo, l’aveva afferrata sotto le braccia e trascinata via dal palco mentre i ragazzi continuavano a suonare senza fermarsi.
“Oi! Oi! Sveglia Anettina!” mormorava l’enorme manager biondo, con piccoli colpetti sulle guance nel tentativo di farla rinvenire “Non puoi dormire proprio adesso!”
Tony però notò che stava diventando sempre più verde e sudaticcia “TERO! Trovami un cestino! Qualunque cosa!”
Ewo non aveva fatto in tempo a domandarne il motivo che il fonico aveva lanciato a Kakko un bidone di plastica proprio mentre Anette riapriva gli occhi, le pupille dilatate al massimo.
La ragazza emise un verso a metà fra un gemito ed una supplica poi ci tuffò la testa dentro, iniziando a vomitare faticosamente.
“Cosa le sta succedendo?!” domandò isterico il gigante biondo tenendola per le spalle con le sue giganti manone. Il suo spavento era dato dal fatto che era conoscenza comune l’assoluta astinenza di An dall’alcool prima, durante e dopo un concerto.
“Credo di averlo capito ma-” Tony venne interrotto da Anette che rischiava quasi di rimanere soffocata dai conati mentre sputava in continuazione l’ acqua che aveva bevuto durante il concerto mista a bile.
La situazione non era migliorata quando Tuomas e Jukka chiusero la canzone, il batterista era sceso nelle quinte e li aveva raggiunti di corsa seguito quasi subito da tutti gli altri.
“Anette?” la chiamò sorpreso, ma la ragazza non avrebbe potuto rispondere nemmeno se avesse voluto.
“È rimasta svenuta per un minuto buono poi si è messa a vomitare…!” il tono di Ewo era preoccupato “Io chiamo un’ambulanza!”
“Sta smettendo, Ewo.” commentò Tony, sfregando una mano sulla spina dorsale di lei per cercare di calmare i salti del suo stomaco.
“Cosa è successo?” arrivò la voce di Tuomas mentre i suoi occhi passavano in rassegna la situazione, fermandosi qualche momento in più su An e Tony, quasi abbracciati. I conati sembravano terminati e la ragazza era visibilmente scossa dai brividi nonostante il caldo umido dell’ambiente.
“Credo che qualcuno stia fumando spinelli nelle transenne sotto al palco.” spiegò Tony “Anette deve averlo respirato senza saperlo.”
“Non ti ho chiesto cosa ne pensi tu, Kakko. La mia domanda era per Anette.” replicò Tuomas acidamente mentre un muscolo si contorceva sulla guancia dell’altro, poi si rivolse verso la loro cantante ancora inginocchiata a terra “Allora?”
“C’era un odore dolciastro, io…”
“Cos’hai respirato, tre volte aria dolciastra? Tutto qui?
Il silenzio nel backstage era totale mentre Emppu aveva la bocca spalancata dal terrore, Tero non sembrava credere alle proprie orecchie, e Marco e Jukka osservavano la scena con l’idea che sarebbe finita molto male da lì a poco.
Anette aveva alzato gli occhi sgranati verso Tuomas che però rimaneva senza espressione “Io non-n, T-”
“No Anette, non mi dire che ti dispiace! Ne ho abbastanza!” Tuomas aveva alzato il mento in un’espressione prepotente “Ogni scusa è buona per te, vero? Bene, tornatene in albergo.”
Il tastierista aveva alzato i tacchi, allontanandosi e dando un calcio al microfono di An, rimasto a terra, sparendo nel corridoio verso l’uscita.
Anette era rimasta rigida finché non provò ad alzarsi nel tentativo di raggiungerlo, le girò la testa e ricominciarono i conati. Emppu si era inginocchiato accanto a lei mormorando ed allontanando i capelli “An, non stava dicendo sul serio. Sono sicuro che…”
Ma le sue parole cadevano nel vuoto e Jukka lanciò un’occhiata d’intesa a Marco e Tony prima di mormorare “Mi occupo io dell’annuncio ma appena finisco cerco Mister Korg e lo sfascio di botte!”
“Ha oltrepassato ogni limite! Quel bruto! Buzzurro! Ignobile!” squittì il loro chitarrista nano agitando un pugnetto, gonfio d’indignazione.
Marco scosse il capo e si unì a Tony per sollevare in piedi Anette e portarla via.

7 Novembre 2007, ore 3
Paesi Bassi, Amsterdam, Melkweg Club

Aveva passato quelle ore alla larga, in compagnia di una bella bottiglia di vodka in un pub della zona.
Aveva ignorato le telefonate ed i messaggi di Ewo e Marco, per non parlare di cosa lo aspettava nella segreteria: probabilmente una seria lavata di capo del suo batterista.
Finita la bottiglia aveva ancora buttato giù una pinta di birra poi se ne era tornato nel backstage del locale ed aveva riacceso la sua fidata Korg sotto gli occhi seccati di Tero ed un paio dei loro ragazzi che dovevano reimballare l’attrezzatura. Nessuno però gli rivolse la parola ed il fonico prima di andare via gli aveva fatto cadere una serie di mozziconi bruciacchiati e maleodoranti sul bordo della Korg.
Sei spinelli.
Li aveva ignorati ed alla fine l’avevano lasciato in pace.
Era ubriaco ma riusciva ancora a suonare.
Ed infine l’hai persa, poeta.
La piega obliqua delle labbra tradiva il suo stato d’animo mentre continuava a battere i tasti, la vista sfocata.
Non voleva pensarci ma li vedeva in replay nella sua testa a ridere e scherzare. Abbracciati su quel pavimento.
Le dita che tremavano appena mentre suonava, improvvisamente troppo stanche.
No, dopo questo tuo colpo di genio Anette non…
Gli occhi bruciavano adesso, e li strizzò un paio di volte, sforzandosi di suonare ancora.
Hai rotto lo strumento, l’hai buttato a terra e ci hai camminato sopra.
Respirò rumorosamente, prima di cessare la musica.
Potrai scusarti per tutta una vita ma non riporterai indietro le sabbie del tempo.
Il silenzio non poteva nascondere il movimento convulso delle sue spalle nella luce elettrica che illuminava i camerini.
Il sipario era calato mentre la sirenetta raggiungeva la spiaggia, trasportata dalle onde, ferita a morte.

9 Novembre 2007, ore 14
Germania, Köln, Live Music Hall

Quegli ultimi due giorni erano passati in un silenzio perfetto sul caravan dei Nightwish.
Anette passava il proprio tempo libero a dormire nella sua cuccetta escludendo i pasti nel quale cercava di non attirare l’attenzione ma di sembrare allegra.
Tuomas aveva fatto le valigie e si era trasferito nel pullman dei Sinergy lasciando che la crew ed i componenti della sua stessa band facessero muro contro di lui.
La rabbia del momento sembrava essersi sbollita completamente lasciando il posto ad un’amarezza pesante.
La speranza di Tero che Tuomas decidesse di scusarsi era svanita verso la fine del primo giorno, dopo che Anette si era presentata al concerto ed aveva letteralmente sbancato il botteghino con tanto di lancio di rose dopo l’esibizione.
Ma niente, il tastierista non offriva un appiglio ed Anette dopo lo shock e le lacrime era sempre più decisa a cancellare Mister Korg dalla faccia della terra: se davvero quelli erano gli ultimi concerti per lei nel gruppo, li voleva sopra ogni critica.
Rimaneva il fatto che dallo stato dei suoi occhi aveva versato il suo scotto di lacrime amare.
Tony era dalla sua parte ma in concerto cercava di non sovradimensionare e mantenersi al punto, per evitare ripercussioni.
Lo show di quella sera segnava l’ultima data in territorio europeo prima di due settimane di pausa.
I Nightwish poi sarebbero volati in Canada per due date e tornati indietro per una pausa più lunga prima del loro live registrato.
Ma poi?
Quella era la domanda che smorzava gli animi e rendeva capace Anette di cantare con la grazia di un usignolo sul punto di trafiggersi.

Doesn't matter that man has no wings
As long as I hear the nightingale sing...

12 Novembre 2007, ore 10
Finlandia, Helsinki, Casa di Anette

Nevicava fitto appena fuori dalla finestra della loro piccola cucina.
La chiara luce del giorno si rifletteva sulla neve e sulla carta delle sue dispense.
Tutta quella luminosità le faceva lacrimare gli occhi ma non intendeva tirare le tende.
Le piaceva fissare lo sguardo oltre il vetro ed osservare un piccolo fazzoletto del giardino dietro la casa, addormentato sotto la coltre di neve.
Chissà se anche a Kitee…
I Nightwish era ufficialmente in pausa per le prossime settimane ed Ewo li avrebbe richiamati all’ordine in tempo per abbordare l’aereo che li avrebbe portati in Canada, ma ancora nulla era trapelato da quella cassaforte a combinazione che era diventato Tuomas.
Appena arrivati il tastierista aveva recuperato i suoi bagagli ed aveva chiamato un taxi per la stazione ferroviaria.
Punto ed a capo.
Nemmeno Ewo era riuscito a strappargli più di due parole alla volta o monosillabi.
Al sentire Marco, che era tornato a Kuopio per registrare con suo fratello, Ewo assillava il tastierista quasi quotidianamente di telefonate e Jukka non era da meno.
Lei aveva provato a comporre il numero cellulare di Tuomas ma il più delle volte era spento e qualche volta aveva continuato a suonare a vuoto finché la connessione non si interrompeva. Ora non se la sentiva più, ben sapendo che Tuomas la stava evitando.
Sua madre Bea le aveva riempito di nuovo la tazza ed Anette le rivolse un sorriso di gratitudine.
“Tesoro, dovresti fare una pausa o ti verrà un calo di zuccheri!” disse la donna con premura.
“Ma no, Mamma…non preoccuparti!”
“Sembri dimagrita, hai un colorito spento…passi troppo tempo a studiare!” l’apprensione materna era tutta lì negli occhi chiari della donna ed Anette si ritrovò a ridere, scuotendo il capo.
“Mamma!”
“Non usare quel tono con me, signorina!” replicò scherzosamente Bea “Oggi ti preparo il tuo piatto preferito e non voglio sentire scuse!”
“Mi arrendo!”

16 Novembre 2007, ore 11
Finlandia, Helsinki, Centro cittadino

Quel mattino era andata ad aspettare in stazione il treno da Kemi.
Tony era sceso nella capitale finlandese per il weekend ed avrebbe passato le notti accampato da un suo amico musicista.
Avevano fatto colazione in un bar poi due passi per le vie e si erano infilati in un parco pubblico con i vialetti ancora sommersi di neve ai lati.
Anette gli aveva raccontato l’andamento dei suoi studi ed il suo panico per l’imminente sessione invernale ma ora l’argomento si era spostato sulla patata bollente del momento.
“Marco mi ha telefonato ieri.” lo informò lei “A quanto pare Ewo ha tartassato Tuomas finché il suo mutismo non ha ceduto. Le date in Canada sono confermate come anche quella a Tampere per il DVD. Ewo aveva ancora tutto Febbraio prenotato ed immagino che non mollerà troppo facilmente l’osso…”
Anette stava giocando con i guanti di lana, seduta al suo fianco “Tero mi ha mandato una mail in vece di Tuomas. Sembra che la casa discografica voglia pubblicare una specie di EP con tracce live e qualche nuova incisione, da come l’ha scritta si capisce che ce l’hanno ancora tutti a morte con lui…”
Tony respirò a fondo, creando nuvolette di vapore “E tu?”
“Cosa?”
“Ce l’hai a morte con lui?”
La ragazza alzò lo sguardo per poi abbassarlo “No.”
“Sei senza speranza, An.”
“Lo so.” era passata a giocare con le frange della sciarpa “Ma col senno di poi ci ho pensato e…sono convinta che non credesse davvero a quello che ha detto. Lo ha fatto per ferirmi, ha colpito sicuro nel mio punto più debole.”
Mentre Anette parlava, Tony aveva cambiato espressione e quando lei vide che non parlava alzò lo sguardo per trovarlo sbalordito.
“Tony…?”
“No.”
Anette lo fissò preoccupata ed incontrò finalmente lo sguardo del ragazzo “Stai bene? Sei diventato tutto rigido…”
La bocca del ragazzo si piegò di scatto in un sorriso tirato che poi defluì in una risata asciutta, di breve durata.
“…che emerito idiota!” esclamò con voce arrochita, strofinandosi la fronte, sorridendo ancora e poi cambiando completamente discorso.
Anette non comprese mai quel comportamento, nonostante avesse chiesto spiegazioni che Tony non dette mai.

20 Novembre 2007, ore 15
Finlandia, Kitee, Lago Pyhäjärvi

Tony Kakko aveva lasciato Helsinki il giorno prima ed era diretto verso casa per una sana pausa, non avrebbe seguito i Nightwish fino in Canada ma sarebbe tornato per il DVD al Pakkahuone.
Durante il suo viaggio di ritorno aveva deciso di fermarsi a Kitee in un ‘tentativo suicida’ come l’aveva definito Jukka la sera prima.
Fino a quel momento nessuno a parte il batterista sapeva della presenza di Kakko nella cittadina e quel mattino il ragazzo si era fatto a piedi la strada fino a casa Holopainen, solo per sentirsi rispondere da Kirsti che Tuomas non era in casa.
Aveva scoperto che il tastierista da quando aveva fatto ritorno si era ritirato nella cabina di famiglia, e ci era rimasto se non si contavano i pranzi domenicali.
Le Korg erano rimaste spente nella sua stanza.
Quindi era tornato indietro ed Jukka gli aveva prestato la barca, avvisandolo di fare attenzione al ghiaccio.
Tony aveva imbracciato i remi e si era avvicinato lentamente all’isola, cozzando infine con il molo ed assicurando la barca prima di avvicinarsi alla costruzione, prendere un respiro profondo e bussare.
Aveva sentito un’imprecazione poi il cigolio di un vecchio materasso ed alcuni passi prima che la porta si aprisse, permettendogli di vedere un Tuomas in pigiama dall’aspetto rilassato ma triste.
Dallo spiraglio usciva il calore interno ed Tuomas rabbrividì mormorando un “Vattene.” prima di chiudere la porta.
“Hey! Tuom! Apri!” aveva ricominciato a bussare paziente “Ti sei nascosto abbastanza e devo parlarti!”
Non ricevette risposta ma Tony continuò imperterrito “Non sono venuto fin qui per farmi sbattere una porta in faccia!”
“Buon per te!” sentì replicare l’altro con un borbottio.
Tony roteò gli occhi poi smise di bussare con un’espressione seria “So tutto.”
Non si percepiva alcun rumore ed il ragazzo continuò a parlare “So che sei innamorato di Anette e so anche che non glielo hai detto perché sei convinto di essere troppo vecchio per lei.”
La serratura scattò e si riaprì.
“Sei venuto a gongolare? Darmi del deficiente? Da quanto lo sai e da chi l’ hai saputo?”
“Considerando che è parecchio che ti sento parlare di lei avrei dovuto comprenderlo fin dall’inizio, e ci sono arrivato da solo.”
L’uscio si spalancò “Sbrigati che si gela.”

20 Novembre 2007, ore 19
Finlandia, Kitee, Lago Pyhäjärvi, cabina sull’isola.

La notte era scesa nera e freddissima sul lago e su Kitee, visibile dai lampioni che brillavano in lontananza.
Si erano messi comodi, i piedi a scaldare davanti alla stufa a legna che ardeva come un braciere ed entrambi con una sigaretta accesa ed un bicchierino di vodka in mano.
Erano ovviamente sulla strada per l’addormentarsi sbronzi.
“An è…” il mormorio di Tuomas si perse mentre muoveva la mano che teneva il bicchiere in una forma confusa, gli occhi lucidi “L’hai mai vista a fine gig? Distrutta ma che sorride sempre. La sua espressione quando legge, quella voce mentre canta…”
“Sicuro…è radiosa!” rispose Tony, annuendo.
Il tastierista dei Nightwish aveva un’aria scoraggiata e malinconica.
Tendeva a parlare della sua cantante al passato ed Kakko aveva passato una buona parte delle prime due ore a tentare di spiegargli che Anette non era arrabbiata con lui.
“Certo che lo è! Mi starà odiando…”
Ma, Tony non poteva negarlo, il suo amico era completamente acceso per quella ragazza di un sentimento a tratti platonico ed a tratti possessivo e geloso. Un mix che spiegava le sue azioni ma non le scusava per nulla.
“An è una ragazza speciale, Tuomas. Se finirete per mettervi assieme non sarà grazie ad una mano divina. Non puoi aspettare, se la desideri davvero ti devi rimboccare le maniche e buttarti prima che lo faccia qualcun altro che, a differenza mia, non abbia scrupoli!”
“Sì, giusto…” annuì Tuomas poco convinto.
“Devi imparare a rispettare cosa pensa ed involverla nelle scelte di tour. In fondo è lei che canta tutte le sere.”
“La rispetto già!” rimbrottò Tuomas, corrugando la fronte.
“Sì, finché non ti parte la fatidica rondella ed inizi a incolparla di sabotare gli spettacoli.”
Il ragazzo incassò con un grugnito, tracannando una dose di liquore e Tony lo seguì.
“Avevo già deciso di farla sperimentare con Marco per dimezzarle il lavoro…perché stai facendo di tutto per farmi cambiare idea?” domandò il tastierista di getto “Non credo che sia possibile salvare niente…”
“Perché hai bisogno di una lieve dose d’ottimismo ed un calcio nel sedere.” ridacchiò l’amico, versandosi un altro shot “Ciò che hai creato negli ultimi anni assieme a Marco, Jukka, Emppu ed Anette non può fermarsi così per un capriccio del momento o per una fiammata di gelosia. E come infornare un soufflé e toglierlo di proposito dal forno prima che sia pronto per vederlo sgonfiare.”
“Non sono convinto che-”
“Tira fuori i gioielli, Mister Korg. Ma prima cospargiti il capo di cenere e fattela inginocchiato fino ad Helsinki per scusarti come si deve!”
“’Kay, mammina.”
“Bravo lupetto…”
“Tony!”
“Che c’è di male? Sei così carino e peloso in testa!” il ragazzo allungò una mano ed iniziò a scompigliare la chioma tutta spettinata del tastierista.
“Piantala!”

24 Novembre 2007, ore 20 e 13
Finlandia, Helsinki, Aeroporto, partenze internazionali

Anette era stata portata all’aeroporto da suo padre che le aveva fatto una testa così di raccomandazioni più un terzo grado su Tony che non l’aveva lasciato proprio così soddisfatto.
Help!
Si era salvata da sola, facendo finta di essere in ritardo ed era corsa al check -in dove il più dei ragazzi attendeva già.
Ewo l’aveva salutata con un cenno del capo mentre Emppu le era corso incontro, placcandola e saltando su per farle le feste.
Marco era poi venuto in suo soccorso staccando Pooh con facilità e parcheggiandolo sui sedili per l’attesa.
“Ci imbarchiamo fra un quarto d’ora. Tero sta imballando l’attrezzatura con gli altri della crew più avanti.” la informò il bassista, mentre gli occhi azzurri di An passavano in rassegna il gruppetto.
“Non vedo Tuomas.” mormorò preoccupata, voltandosi verso l’entrata mentre Marco scuoteva la testa.
“Tranquilla che arriva.”
Il bassista avrebbe potuto parlare arabo perché nei minuti seguenti la ragazza aveva preso a mordersi il labbro inferiore e girare avanti ed indietro come un’animale in gabbia, lanciando occhiate in giro.
Dopo quasi dieci minuti l’attesa si era fatta snervante ed Ewo aveva preso a marciare assieme ad Anette mentre Marco stava morendo dalla voglia di accendersi una sigaretta.
“Cosa facciamo se non arriva?” domandò Jukka, dando voce al pensiero che avevano tutti.
“Sono sicuro che si farà vivo.” rispose subito Ewo con diplomazia.
I restanti cinque minuti sembrarono passare con il contagocce ma Tuomas non si presentò ed ormai erano in ritardo per l’imbarco.
Tero si era rotto ed aveva tirato fuori il cellulare per chiamare il tastierista che rispose al secondo squillo.
“Cazzo sei, Tuommi!?”
Anette ed i ragazzi guardavano il fonico mentre la sua bocca si contorceva in una smorfia poi passava il telefono ad Ewo che ascoltò ed esclamò tombale “Vengo ad ucciderti, Holopainen! Marca le mie parole!”
Intanto Tero aveva spiegato alla banda la situazione “Il furbo è arrivato prima di noi, ha subito beccato una fan che faceva l’assistente di volo e l’ hanno fatto passare prima! È da mezz’ora che se ne sta seduto sull’aereo!”
Il sospiro di sollievo collettivo fu di breve durata dato lo scatto atletico di tutta la compagnia per non essere lasciati a terra.
La volta che furono saliti trovarono finalmente il tastierista tutto comodo nel suo sedile con tanto di numero nuovo di Paperino al seguito e maxitubo di smarties in grembo.
“Messaggino no?!” si lamentò Tero, battendo la testa di Tuomas con falsa gentilezza.
“Ero senza credito.” arrivò la risposta vergognosa del tastierista da dietro il giornalino.
“Tradotto: picchiami!!!” replicò Jukka con voce inquietante.
“Ti và bene che siamo in un luogo pubblico, Tuommi!” gli fece eco Emppu mentre si massaggiava il fianco.
I ragazzi stavano scivolando ai loro posti e Marco spinse Anette verso il posto libero accanto al tastierista, cieco di proposito alla sua occhiata sgomenta. Della serie: risolvete i vostri problemi!
In quella gli occhi verdi di Tuomas si alzarono dalle vignette, incontrando i suoi “Ciao, An.”
“C-ciao.” rispose cauta, sedendosi il più lontano possibile per non innescare reazioni ostili.
Il ragazzo se ne era accorto perché assunse una lieve tinta porpora e si rituffò fra le pagine del fumetto.
Anette attese ancora ma Tuomas non dava più segnali quindi frugò nel suo bagaglio a mano per cercare un libro ed immergersi nella lettura.
~
Erano decollati da quasi mezz’ora, il brusio della conversazione dei passeggeri era diminuito di pari passo ed era rimasta presa dalle descrizioni, tanto che la sua immaginazione subì un arresto quando si accorse che Tuomas stava leggendo da sopra la sua spalla.
Beccato, il tastierista tentò un sorrisino “Ventimila leghe sotto i mari?”
“Già letto?”
“Più o meno…”
La risposta evasiva del tastierista le fece alzare un sopracciglio ma la ragazza non commentò e Tuomas frugò nel suo zainetto per tirare fuori il tubo degli smarties ed un inedito tupperware arancione, mettendoglieli in grembo con un borbottio mal precisato che suonava tanto con un “Per te.”
Anette incastrò il libro fra la gamba ed il bracciolo della poltrona prima di dare un’occhiata al contenitore e pelar via il coperchio. Dentro c’era una generosa porzione di torta al cioccolato tagliata a fette.
“Tutta per me?”
Tuomas si limitò ad annuire con un debole sorriso ed Anette rise piano “Almeno conosci i miei gusti!”
Il ragazzo si era messo un mano dietro il capo, leggermente a disagio ed un po’ confuso quando Anette bilanciò la torta fra i due sedili.
“Accetto con piacere la tua offerta se mi dai una mano a mangiarla!”
“’kay.”
Passarono dieci minuti rilassati e sublimi mentre facevano sparire alcune fette di torta ciascuno, poi si ripulirono dalle briciole con un paio di fazzolettini di carta forniti dalla cantante.
Solo in quel momento Mister Korg decise di virare in acque più infide, sperando che la cioccolata avesse attivato le endorfine di lei per il meglio.
“Senti, io-” si era già bloccato, completamente nel pallone “Insomma…”
La giovane lo guardava un po’ preoccupata e Tuomas si affrettò a trovare qualcosa di decente da dire senza molto successo per poi sparlare quasi “Mi dispiace, An!”
La flebile speranza del tastierista si estinse quando vide l’occhiata intenerita di lei e si voltò di scatto verso il finestrino, cercando di venire a capo dell’ abisso che gli si era appena aperto sotto i piedi.
Lo sapevi che sarebbe andata così! Colpa tua!
Rimase però doppiamente scioccato quando le dita di Anette si strinsero gentilmente sulla sua mano “Tuomas? Guardami.”
Obbedì con difficoltà ma non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo, l’unica cosa che avrebbe voluto davvero era aprire un portellone e gettarsi senza paracadute.
Anette si abbassò per entrare nel suo raggio visivo “Ti sembro arrabbiata?”
“…”
“Non lo sono.”
A quella rivelazione Tuomas sbottò “Non cercare di farmi sentire meglio!”
Un momento dopo Mister Korg imprecava, sventolando la mano.
Anette gli aveva pizzicato forte il dorso della mano un po’ seccata “Sei contento adesso?!”
“Donna manesca!”
“Uomo Ritardato!”
Con gli occhi chiusi in fessure si erano dati ad un match di occhiatacce… almeno finché un angolo della bocca di Anette non si alzò appena “Davvero, non sono arrabbiata con te.”
Tuomas aveva lasciato perdere l’espressione accigliata e l’ascoltava.
“Non pensavi davvero quello che hai detto quella sera.” si era ripresa la sua mano, stringendola forte “Hai saputo di me e Tony ed hai subito pensato male. Forse credevi che sarei rimasta distratta e non avrei più dato la stessa importanza alla band o peggio che avrei lasciato te ed i ragazzi con un palmo di naso. Per farmi scappare via ci vuole molto di più di un paio di insulti quindi mi dispiace: la mia risposta è ‘No’.”
“Anette-”
“Tony è solo un buon amico. Magari non ci credi ma sono felice sul palco. Mi sento parte dei Nightwish e voglio cantare per te, Tuomas.” le guance di lei avevano assunto una sfumatura un po’ più rosata e la ragazza si corresse piano “Almeno finché lo vorrai.”
“…”
Avrebbe voluto credere ciecamente a quelle parole, il tastierista.
E guardare le mani di Anette strette alla sua, gli provocava una morsa allo stomaco quasi dolorosa.
Per quanto tempo ancora rimarrà davvero al tuo fianco, poeta?
Quella vocina maligna non la smetteva mai di avvelenargli i pensieri ma Tuomas, quella sera, si sforzò di zittirla.
“Tuom…” mormorò Anette con un sorriso “Guarda fuori.”
Il tastierista obbedì, avevano superato le nuvole ed ora l’aereo navigava appena sopra un mare bianco argento, illuminato da una luna piena e tonda come una moneta.
La luce riflessa che smorzava appena il bagliore della Via Lattea, ma non copriva il bagliore azzurrino delle Pleiadi.
Alcuni chilometri più in là il banco di nuvole sotto di loro si apriva, lasciando intravedere le ormai lontane coste frastagliate della Svezia e le acque blu zaffiro dell’Oceano Atlantico.
Era un colpo d’occhio da togliere il fiato, tanto da fargli sperare che il tempo si fermasse.
Senza guardare coprì le mani di Anette con la propria rimasta libera, promettendo a se stesso che non avrebbe più pensato al futuro ma avrebbe vissuto ogni giorno come se fosse stato l’ultimo.
Anche se non trovava il coraggio di rivelare i propri sentimenti.
Quel momento sarebbe rimasto con lui e, per ora, gli sarebbe bastato.

We're walking in the air
We're floating in the moonlit sky
The people far below are sleeping as we fly

I'm holding very tight
I'm riding in the midnight blue
I'm finding I can fly so high above with you

~~~

Le parti in corsivo centrate sono piccoli spezzoni tratti dalla biografia ‘Once upon a Nightwish’ inerenti al periodo che ho descritto, mentre i versi fanno parte rispettivamente di 'Beauty and the Beast (live)', 'Know why the nightingale sings' e 'Walking in the air' sempre dei Nightwish.

L’estate finisce e con lei questo prequel!
Ho digitato la parola ‘fine’ solamente ieri notte ed eccomi di ritorno su EFP per postare l’ultimo capitolo di ‘The Fling’ anche se ormai non ci credeva più nessuno, nemmeno la sottoscritta! LoL
Spero che – nonostante l’attesa – possiate godervi quest’ultimo capitolo che durante la stesura ha raggiunto proporzioni inedite (12.000+ parole!) lasciandomi con il desiderio di pubblicarlo a parte…se confrontate i primi capitoli di DOR con le date dell’ultima parte vi accorgerete che si possono intersecare ed avrete una versione quasi perfetta dell’insieme! ^^’
Ora, non sono sicura che siate d’accordo con questa mia visione ma ho cercato di renderla più coerente possibile con DOR anche se so perfettamente che alcune imprecisioni non sono state debellate e rimarranno lì a rodermi il fegato.
Comunque sono aperta alle critiche! Quindi fatevi sotto!!!

Passo a ringraziare CrystalRose per aver recensito l’ultimo capitolo e per avermi dato l’ispirazione necessaria ad attaccare questa particolare ‘storia-non-raccontata’ dal quale in effetti DOR era iniziata, quasi timidamente, più di quattro anni fa. The road goes ever on, Lalla! <3

Ed ora un po' di pubblicità occulta! xD
Per chi ha solo scoperto il mio universo NW leggendo ‘The Fling’ vi rimando alla storia principale ‘Dreams Of Reality’ che potete trovare nella pagina del mio account.
Per chi conosce già DOR e la mia manica di finlandesi matti…mantenete lo sguardo sull’orizzonte!
Ho ancora una chicca per voi! ;)

Beh, io vi lascio qui e non so se pubblicherò ancora nuovi progetti in questa sezione Nightwishiana che mi ha fatto conoscere tante storie ‘capolavoro’ e le loro autrici che sono persone meravigliose… =’)
Comunque ringrazio anche tutte le persone che hanno letto questa storia, chi l’ha aggiunta fra le sue liste e chi è passato a commentare nei capitoli scorsi.
Sappiate che ognuno di voi mi ha fatto felice! =)
Ed ora salpo per altri mari ed altre storie da concludere… xD
Buona fine estate!
Hermes

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