Il lungo viaggio

di crisalidedaria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentazioni ***
Capitolo 2: *** I DASMIGR ***



Capitolo 1
*** Presentazioni ***


Salve a tutti, permettetemi di presentarmi : mi chiamo Alfred e sono un portachiavi. Lo so suona alquanto strano ma se pensate che gli oggetti non abbiano pensieri, beh vi sbagliate.  Più oggetto viene utilizzato più si forma una coscienza. Naturalmente non parlo, quello è chiaro, ma ho visto abbastanza cose nella mia vita che mi hanno permesso di raggiungere un discreto livello di intelligenza.  Sono nato in una grossa fabbrica in Giappone, tuttavia di quel grande stato non ho visto nulla, mi hanno subito imbarcato con altri 200 portachiavi per l’Inghilterra. Lì venni esposto nella vetrina di un negozio di gadjet da Sarah. Era una bella ragazza con capelli suri e occhi incredibilmente grandi, essendo stata il primo umano che mi ha toccato me la ricordo bene. Aveva un cellulare rosa, che io scoprii essere un cellulare molto tempo dopo quindi pensai fosse pazza a gesticolare e parlare al vento con una scatoletta sull’orecchio. Fumava, tantissimo, almeno 4 sigarette a turno e i turni duravano circa 6 ore, per questo Jacob, l’umo che le dava i baci, la sgridava sempre. Li vedevo discutere dal mio posticino tra le spazzole mignon e le agende colorate, pensavo che le loro discussioni non avessero senso, inoltre finiva sempre per andarci di mezzo il pappagallino di Jacob:
 
Quell’essere deve sparire!
Mai! L’ho preso due anni fa con mia madre e solo ora ha iniziato a parlare, sarebbe uno shock per lui separarsi da me!
Oh che idiozia tutto quello che sa fare è cagare e dire “racchia” quando ci viene a trovare mia madre! Verrà il giorno in cui lo impallinerò!
Ceeerto Sarah, posso solo chiederti solo con quale fucile? Non mi sembra che tu non abbia un fottuto porto d’armi!
In qualche modo farò, magari lo cucinerò!

Ahahahah spero che ti vada di traverso!
 
E così via, del resto cosa si poteva aspettare da quel troglodita che si era trovata per fidanzato? Povera Sara. Non ho saputo che fine abbia fatto il pappagallo perché  quella fu l’ultima discussione che udii e fu anche l’ultima volta che vidi quegli occhi fin troppo grandi. Mi comprò un baldo giovane che mi impacchettò per bene per poi spedirmi in Scozia. Da questo punto in poi inizia il mio lungo viaggio che tenterò di raccontarvi nel modo meno noioso possibile.
 

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Capitolo 2
*** I DASMIGR ***


I viaggi aerei sono terribilmente noiosi inoltre per noi piccoli oggetti posso diventare alquanto pericolosi. Molto spesso veniamo persi o schiacciati e rotti irrimediabilmente, se posso dire: una fine orribile. Dopo vari sballottamenti rividi la luce tra le mani premurose di una giovane donna paffutella che non appena mi vide urlò in una lingua sconosciuta verso un’altra stanza
 
Mor! Paketet har anlänt Gregor!
Åh herregud, skrev också något?

 
Ok qui devo intervenire un attimo : noi oggetti abbiamo un’assurda capacità, come se il pensare non fosse già abbastanza, noi riusciamo a capire ogni tipo di lingua. Non dal primo istante ovviamente ma bastano due frasi ed è come se ci aggiornassimo su tutto il vocabolario della lingua “misteriosa”. Per questo non capii subito che le due  donne erano la sorella e la madre di Gregor, il baldo giovane impacchettatore, che non era altro che uno studente in viaggio di studio appunto.
 
Si, ci sono due righe! Dice: sto bene e mi diverto, vi chiamo presto questo è per Annika!
È sempre così lapidario nei suoi biglietti! Mai che chiami poi!
Mamma, lo sai che costano molto le telefonate da Londra…
Oh si beh, quel coso? Lo lasci li?

 
Il coso ero io, appoggiato su un tavolino sopra ad un centrino di cattivissimo gusto. Ero tuttavia affascinato dalla casa in generale, le pareti ricoperte di giallo senape erano un vero e proprio pugno in un occhio e stonavano con i divani a righe bianche e rosse, un grande orologio a dondolo copriva parte della parete destra mentre le altre erano ricoperte di quadri e vecchie insegne. Il salotto era collegato alla cucina rustica in legno tappezzata da vecchie pentole in rame e fiori incorniciati, alla sala da pranzo in cui troneggiava un enorme tavolo  e alle stanze attraverso un corridoio. Insomma  non c’ era nulla di azzeccato in quella casetta,  tranne forse il caminetto ricoperto di palle colorate ( che tempo dopo scoprii essere gomitoli di lana). Come dire? Decisamente un posto pittoresco come le persone che ci abitavano dentro.
La ragazza, Annika, mi prese tra le mani morbide e mi porto nella sua stanzetta. Era una musicista o meglio non so esattamente se quella si potesse chiamare “musica”, la cornamusa aveva un suono molto particolare ma riusciva a rilassarmi. Dentro quel suono si poteva sentire tutta la vita che scorreva in colui che vi soffiava dentro e non era affatto facile come sembrava. Annika, per il tempo in cui restai con lei, si districava tra le ore di scuola, i compiti e le due ore, strettamente obbligatorie, di cornamusa. Non so se lo facesse solo perché le piaceva o perché Greta, la madre, la riteneva un’ottima suonatrice, comunque sia lei continuava imperterrita a provare e provare per un grande concerto che, avevo l’impressione, non sarebbe mai arrivato. L’unico momento in cui la famiglia Dasmigr poteva dirsi felice era la domenica : si riunivano tutti ( con tutti intendo tutti i dodici parenti stretti)  attorno ad una tavolata a mangiare tutto ciò che il loro stomaco potesse contenere e vi assicuro che era moltissimo cibo. Io ero sempre presente ai loro pranzi galattici attaccato ad un appendino per chiavi vicino alla porta, si poteva dire “un posto perfetto per chi voleva osservare le abitudini scozzesi. Infatti avevo una visione completa di salotto, sala da pranzo e cucina tutti rigorosamente di color giallo senape. Il momento migliore era guardare il rugby con Koster, il capo famiglia; vederlo agitare come un animale mi metteva allegria in quanto a quell’epoca non capivo ancora cosa le persone trovassero di bello nello sport. Ai miei occhi erano molti uomini massicci che si rotolavano nel fango e si colpivano l’un l’altro ma che a fine partita si abbracciavano tutti, inoltre l’omone grosso e panciuto seduto sul divanetto a strisce rincarava la mia dose di dubbi urlando contro ai giocatori frasi senza senso, battendo le mani a vuoto, minacciando dopo essersi alzato in piedi e aver indicato lo schermo luminescente ( si una volta lo fece con tanto trasporto da farmi credere che avrebbe preso la macchina per andare a dirlo di persona al povero giocatore di turno). Durante tutto questo show  la moglie Greta puliva, lavava, stirava, preparava i pasti, badava alla nonna centenaria e in stato comatoso. Mi resi conto troppo tardi che era Greta da osservare e non certo gli altri membri della famiglia, quella donna era un tornado e aveva la potenza di tutti quei giocatori allo stadio; gran donna non c’è che dire ma allo stesso modo quasi invisibile agli altri, i suoi gesti abitudinari venivano ormai ignorati da tutti nonostante non perdessero di importanza. Insomma i Dasmigr erano i Dasmigr e non posso negare di essermi divertito in quell’ambiente e di essermi rattristato il giorno in cui non potei più tornare nella casa dalle pareti gialle. Annika mi perse un giorno di maggio su un treno, furba la ragazza, mi appoggiò sul tavolino e quando scese con le sue amichette schiamazzanti mi lasciò li, solo. Fu proprio su quello stesso treno che conobbi il mio secondo proprietario e fu uno dei più bei incontri di tutto il mio lungo viaggio quindi non posso che ringraziare quella grassottella suonatrice di cornamusa.

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