Come le stelle

di Totallyawesomegeek
(/viewuser.php?uid=59975)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introducing Blaine Anderson ***
Capitolo 2: *** Introducing Kurt Hummel ***
Capitolo 3: *** L'incontro ***
Capitolo 4: *** Sorprese ***
Capitolo 5: *** 5 anni dopo ***
Capitolo 6: *** 5 anni dopo: seconda parte ***
Capitolo 7: *** Decisioni ***
Capitolo 8: *** RE-PLAY ***
Capitolo 9: *** Cena a due ***
Capitolo 10: *** Snowblind ***



Capitolo 1
*** Introducing Blaine Anderson ***


1

INTRODUCING BLAINE ANDERSON

 

 
Blaine Anderson amava Los Angeles.
Amava il clima tiepido, il sole che brillava onnipresente sulla città. Amava le lunghe distese di spazio presenti attorno a casa sua e la possibilità di mirare l’orizzonte senza infiniti grattacieli che gli bloccassero la visuale. Los Angeles non lo soffocava, non lo inseguiva. Los Angeles non lo conosceva.
Era quello il motivo principale per cui aveva lasciato la sua preziosa Inghilterra.
A quasi trent’anni, e con una vita sempre ai vertici delle classifiche europee e asiatiche, Blaine aveva imparato l’importanza e il valore dell’anonimato. Era per quello che, nonostante le continue richieste dei suoi discografici, non aveva mai voluto inseguire la fama negli Stati Uniti. Per avere un luogo in cui nascondersi, in cui poter respirare. Lì era solo Blaine. Benestante ma anonimo rispetto a quello che era lo star-system Hollywoodiano.
Ogni tanto una radio sembrava trasmettere una delle sue canzoni, ma nessuno sapeva davvero chi fosse. Poteva passeggiare tranquillamente senza che la gente lo riconoscesse, o prendere un caffè senza essere fotografato a ogni passo.
Era una liberazione.
Non era mai stato un problema di fans, tutt’altro. Amava i suoi sostenitori con tutto sé stesso e sapeva dove riporre la sua gratitudine. No, i suoi fans avevano sempre capito.
Il problema erano i media, i paparazzi e le bugie inventate senza considerazione del male che avrebbero potuto causare.
Ed era proprio quello il motivo per cui si ritrovava sul balcone della sua villa, con lo sguardo fisso sul tramonto, in attesa che qualcosa lo ispirasse a muoversi.
“Blaine” sentì chiamare dal cancello d’ingresso. “Blaine non hai dichiarazioni da rilasciare?”
Chiuse gli occhi tentando di contenere la rabbia. Lo avevano trovato anche lì, pensò. Era stato uno stupido errore, fatto per ingenuità. Aveva fatto amicizia con la donna sbagliata, un’attrice che aveva sempre ammirato da lontano. Lei sembrava dolce e disponibile, sposata da anni con due meravigliosi bambini, e Blaine aveva avuto bisogno di un’amica. Non aveva capito davvero fino a quel momento, quanto la celebrità potesse macchiare l’animo di una persona.
Quella che sembrava un’amicizia sincera infatti si era trasformata in un complotto per far parlare di sé.
La donna, o chi per lei, aveva chiamato i paparazzi, dando i loro dati, e probabilmente spiegando chi Blaine fosse, prima di indicargli dove li avrebbero trovati.
Il giorno dopo i giornali erano pieni di foto. Scatti rubati, che con il sottotitolo giusto avevano dato un un’impressione completamente sbagliata.
Poco importava infatti che Blaine fosse gay. Non significava nulla che in quelle foto non ci fosse altro se non un abbraccio tra amici. La storia ormai era scritta, e i giornalisti si erano interessati a lui. La sua pace era finita.
Sospirò.
Tanto valeva a quel punto tornare alla sua amata Inghilterra. Se avesse dovuto rassegnarsi a essere infelice, almeno avrebbe avuto il conforto della sua famiglia. Non che gli mancasse il grigiore di Londra. Blaine si era abituato subito al clima americano, e aveva adorato la possibilità di prendere il sole tutto l’anno. Ma quella non era la sua gente.
“Blaine” chiamarono di nuovo dall’ingresso. Quella era la fine di tutto. Blaine aveva perso la sua pace.
“Wes!” chiamò senza rivolgere lo sguardo all’interno.  La porta attigua alla sua camera da letto si aprì immediatamente.
“Hai chiamato?” 
Wesley Montgomery, pubblicitario con una carriera stellare, era l’unico uomo di cui Blaine si fidasse ciecamente. Si erano conosciuti da giovani, quasi coetanei, quando nessuno dei due aveva avuto una carriera o un soldo da mettere da parte. Erano diventati amici sin da subito e più tardi quando Blaine aveva deciso di intraprendere la carriera di cantante, Wes era stata la prima persona a cui si era rivolto. Da allora erano stati inseparabili. 
“Sono ancora là fuori” disse indicando il cancello.
“Non c’è modo di farli andare via.”
“Nessuna dichiarazione da parte di Sheyla?”
“Solo “no comment”. Quella donna ha una faccia di pietra. Ti ha messo volontariamente in questa posizione e non si è curata neanche di rettificare. Blaine, devi fare qualcosa per difenderti. Dai ai paparazzi quello che vogliono e se ne andranno.”
“Non può essere questa la soluzione Wes.”
“E cos’altro possiamo fare? A meno che tu non voglia querelare Sheyla per quello che ha fatto..”
Blaine alzò lo sguardo fulmineo in quello del suo migliore amico.
“No” riprese Wesley preoccupato. “No Blaine. È un’attrice importante, se perdessimo ci spillerebbe fino all’ultimo centesimo, e non c’è modo di dimostrare che abbia chiamato i paparazzi.”
“Iniziamo dal giornale allora” disse poggiando i gomiti sul balcone e sporgendosi a guardare il prato sottostante. “Si difenderanno dicendo di essere stati chiamati, e allora potremo trascinarla in mezzo alla bufera.”
“Blaine sei sicuro di volerti impelagare in questa storia? È solo gossip. Dovresti concentrarti sulla promozione del nuovo album e la preparazione del prossimo tour.”
“Sono stanco Wes” ammise sfregando la fronte in un gesto irritato. “Faccio questo lavoro da tanto tempo. Ciò che prima mi rimbalzava addosso, adesso crea un’ammaccatura.”
Il silenzio tra di loro venne interrotto dalle grida dei paparazzi che chiamavano il suo nome. Wes alzò gli occhi al cielo esasperato.
“Sei sicuro?” chiese infine.
“Sicuro come non mai” rispose avviandosi all’interno. “Adesso andiamo. Ogni momento è quello giusto per iniziare una guerra.”
“Cosa? Blaine, adesso?” chiese seguendolo attraverso la villa. “Blaine riflettici” tentò mettendosi tra lui e la porta d’ingresso. “Datti qualche giorno di tempo per ponderare i pro e i contro di questa cosa. Deve essere una scelta ragionata, non fatta d’impulso.”
“Non ho bisogno di rifletterci” lo liquidò aprendo la porta e dirigendosi al cancello. I paparazzi erano più di quanti non avesse immaginato. Erano tutti in attesa, con il naso in su, probabilmente consapevoli di dove si trovasse la sua camera da letto. Blaine si avvicinò a passo spedito, si passò una mano tra i capelli nel tentativo di calmarsi e sospirò.
Tipico. Avevano urlato il suo nome tutta la giornata, e quando finalmente aveva deciso di farsi avanti nessuno lo aveva notato.
“Mi stavate cercando credo” esordì senza attendere che lo notassero. Fu un attimo, poi i flash partirono accecandolo e un migliaio di domande lo affollarono.
Alzò una mano nel tentativo di zittirli. Wes accanto a lui, rimase in silenzio.  Quando la situazione si calmò riprese a parlare.
“Vorrei rilasciare una dichiarazione” disse con quanta più calma riuscì a trovare. I paparazzi sembravano pendere dalle sue labbra e Blaine si sentì pervadere da un moto di disgusto. “Come potete immaginare, quello che ho da dirvi ha a che vedere con quanto è stato scritto in questi giorni su una mia presunta relazione con Miss Ewinton e nonostante il suo “no comment”, ci tengo a precisare la mia posizione” continuò. “Sono gay” annunciò a quel punto allargando le braccia in un segno di ovvietà. “Se aveste fatto le vostre ricerche probabilmente adesso non saremmo qui, ma a voi non importa, vero?”  I paparazzi rimasero in silenzio stupiti, Blaine incrociò le braccia al petto. “Tempo fa non avrebbe fatto differenza, ma siete caduti male, perché adesso mi interessa. Lo dico qui in anteprima, quindi aggrappatevi a questo scoop finché potete. I miei avvocati depositeranno una querela nei confronti del giornale responsabile di tutto questo entro domani. Questa causa non finirà in un patteggiamento. Per quanto riguarda Miss Ewinton, suppongo sarà chiamata a dare la sua versione dei fatti. Io non sono un rovina famiglie” disse poi. La voce bassa per la rabbia. “Non lo sono da gay, non lo sarei stato da etero. Ci sono dei bambini di mezzo, e una famiglia innocente. E se nessuno si preoccupa di difenderli, vorrà dire che parlerò io per loro.”
Era sceso il silenzio assoluto tra i giornalisti. Non sapevano probabilmente come rispondere a una star che li affrontava faccia a faccia. Era una cosa che pochi probabilmente potevano vantarsi di aver ottenuto.  “Questo era il mio paradiso sicuro, e il fatto che voi non aveste la più pallida idea di chi fossi è prova sufficiente di quanto dico. Ma se devo finire nella bufera, sarà secondo i miei termini.”
Senza lasciare il tempo ai giornalisti di fare alcuna domanda tornò indietro. Le domande lo seguirono anche quando si fu richiuso la porta alle spalle.
“La notizia raggiungerà l’Inghilterra e l’Europa in un batter d’occhio” lo avvertì Wes.
“Lo so.” Sospirò. “Finiamo questa cosa e torniamo a casa.”
Tornò in camera sua, a quel balcone che lo aveva confortato durante gli anni più affollati del suo successo. Non era più la stessa cosa. Il sole che tramontava dietro la collina non lo rilassava, il silenzio attorno a casa sua non lo proteggeva più.
Blaine Anderson aveva amato Los Angeles con tutto sé stesso.

Nota finale: and i’m back.
Questa storia è nata tanti anni fa, ispirata ai tempi, dalla vita della mia pop star preferita. Non l’ho mai terminata, ma la trama è rimasta sempre in un angolino della mia mente in attesa di essere resuscitata.
Ed eccoci qua.
Altra comunicazione di servizio. Sto progettando una serie di one-shots riguardanti “Where’d you go” e “Don’t let me go” quindi se ci fosse qualcosa di cui voleste leggere, mandatemi un messaggio ed esaudirò la vostra richiesta.
Nel prossimo capitolo: Introducing Kurt Hummel.
*hugs*

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Introducing Kurt Hummel ***


   
2

Introducing Kurt Hummel


 
 
La vita di Kurt Hummel non era mai stata semplice.
Orfano di madre alla tenera età di otto anni, era cresciuto, con il solo padre come supporto morale, in una cittadina in cui termini come gay e amici non esistevano nella stessa frase.
Kurt non aveva mai fatto una colpa agli abitanti di Lima per la loro ignoranza, semplicemente aveva lasciato correre, in attesa che il College lo portasse via da lì. Aveva tenuto duro durante le superiori, sopportando insulti e bisbigli dietro le spalle, sognando la vita di città. E quando la lettera di ammissione era arrivata aveva fatto le valigie senza guardarsi indietro.
La fuga tanto agognata non era durata a lungo. Poco dopo la sua partenza per New York, il padre aveva avuto un infarto e lui era tornato a casa senza pensarci due volte. Non c’era sogno o ambizione che per Kurt valesse la vita di Burt Hummel.
Sapeva che i suoi progetti erano stati sospesi solo temporaneamente.
Rimesso Burt in piedi, Kurt era ripartito, ma questa volta si era diretto a Est, verso Los Angeles.
Kurt Hummel voleva diventare un giornalista d’assalto. Voleva investigare, voleva sapere,  voleva scoprire i segreti più oscuri celati dietro volti angelici.
C’era solo un problema.
Los Angeles sembrava non volerne sapere nulla di lui. Nessun giornale, seppur di bassa tiratura che fosse, voleva assumere un giovane senza specializzazione e con una storia di studi interrotti alle spalle e lui dopo due mesi di ricerche era disperato.
Quella mattina era stato chiamato per l’ennesimo colloquio di lavoro, un posto da stagista presso un giornale locale. Non esattamente il Times, ma non era quello il momento di essere particolari, pensò guardandosi attorno, nella sala d’attesa. L’edificio era nuovo, le mura dipinte di colori forti e vivaci, gli ricordavano molto gli ambienti giornalistici universitari, accoglienti e disordinati. Caotici e meravigliosi.
“Kurt Hummel?” chiamò una donna alle sue spalle. Si voltò sorridendo in segno di saluto.
La giovane, non più che ventenne, aveva dei lunghi capelli biondi, gli occhi scuri e un viso che probabilmente non era completamente frutto di madre natura.
“Sono io” rispose avvicinandosi e stringendole la mano.
“La stanno aspettando, da questa parte.” La donna lo invitò a seguirlo e lo condusse all’ufficio in cui era atteso. Entrò senza bussare e annunciò la sua presenza.
“Entri pure Mr. Hummel” lo accolse una voce maschile.
Jake Johnson non aveva l’aria di un giornalista, né quella di un redattore. Era un uomo sulla cinquantina, dall’aria elegante e composta. I capelli scuri, folti e brizzolati erano sistemati ordinatamente, statici. Il vestito elegante, gli dava un’aria severa, quasi da avvocato.
“È un piacere conoscerla” disse stringendogli la mano e sedendosi di fronte a lui.
“Mi dicono che vuole lavorare per noi. Come mai?”
La domanda non lasciava spazio a presentazioni e preamboli. Dritti al punto, pensò risistemandosi sulla sedia.
“So che siete una testata giornalistica in crescita” spiegò, tentando di trattenere il tremolio della voce. “Sono sicuro che potrei trovare il mio posto all’interno di un’azienda dinamica come la vostra. Ho sempre amato il giornalismo, e farò di tutto per poter fare parte di questo mondo.”
L’uomo rimase in silenzio continuando a spulciare il suo curriculum.
“Lei non ha completato gli studi, né ha mai lavorato professionalmente per un giornale, nonostante ciò i suoi scritti rispecchiano un certo talento per la scrittura.”
Kurt sentì il cuore accelerare. Forse, si disse, era arrivato il suo momento.
“Ma,” continuò l’uomo. “Purtroppo questo non è sufficiente per giustificare la sua assunzione..”
“Mr. Johnson” lo interruppe. “So di non avere nessuna esperienza in campo giornalistico, ma sono sicuro di essere all’altezza del lavoro. Se solo voleste darmi un’opportunità” lo pregò.
L’uomo tamburellò sulla scrivania immerso nei suoi pensieri e Kurt sentì il lavoro sfuggirgli di mano con ogni secondo che passava.
“Non posso assumerla” disse l’uomo con voce decisa e Kurt chiuse gli occhi pronto alla resa. “Ma..” continuò.  “Posso darle un’opportunità.”
“Qualunque cosa” rispose pronto. Sarebbe stato disposto a tutto per quel lavoro. A portare caffè tutta la giornata, a fare le pulizie finito l’orario di lavoro. Mai nella sua vita, si sarebbe aspettato la proposta che l’uomo mise sul tavolo.
“Voglio darle l’opportunità di dimostrarmi la sua grinta. Il nostro giornale si occupa di giornalismo investigativo e gossip prima di tutto. Lei dovrà scrivere un editoriale sulla vita di una celebrità dall’interno.”
“Vuole dire che..” non ebbe il coraggio di finire.
“Voglio dire che dovrà trovare il modo di entrare in contatto con una celebrità, una qualunque, lavorare per questa persona o diventargli amica, e scrivere un articolo sugli splendori e le ombre di Hollywood.”
“Ma io non ho nessuna conoscenza qui” protestò. “Non ho nessun contatto a Los Angeles. È un’impresa impossibile.”
“La realizzi Mr. Hummel e avrà il lavoro.”
La discussione era chiusa.
Kurt tornò a casa quella sera con una lista di locali da scandagliare e una serie di nomi di star “raggiungibili” secondo i termini dello star-system Hollywoodiano.
“Non ce la farò mai” annunciò sconfitto lasciandosi cadere sul divano.
“Adoro questo tuo ottimismo” annunciò Mary Jane.
La sua coinquilina e ufficialmente da un qualche tempo, migliore amica, si sedette accanto a lui e gli porse una tazza di caffè. Gli occhi scuri fissi nei suoi.
“Non ce la posso fare” ribatté mettendosi a sedere. Sorseggiò grato il caffè e sospirò.
“Andiamo” disse Mary Jane tendendo una mano. “Fai vedere questa lista.”
Le passò i nomi che gli erano stati assegnati e poggiò la testa allo schienale chiudendo gli occhi. Non lavorava da mesi, ma aveva già bisogno di una vacanza.
“Phillip Grey” lesse ad alta voce. “Bell’uomo. Antipatico. Circola voce che sia un ubriacone. Bocciato.”
“Se lo dici tu” rispose senza aprire gli occhi.
“Stephen Millicent”
“Carino” offrì.
“Sposato” ribatté e passò avanti. “Richard Benson” continuò. “Maniaco.”
“Non devo sposarlo MJ” sospirò.
“No, ma ci dovrai lavorare, ed è meglio che sia una persona tranquilla.”
“Una persona tranquilla?” chiese scettico. “Una star di Hollywood?”
“Non sono tutti così male” tentò la sua amica. Ma la sua stessa voce era indecisa e Kurt sapeva che quella discussione sarebbe finita a suo favore, quindi passò avanti.
“Chi altro c’è nella lista.”
Mary Jane lesse la lista, eliminando altri possibili candidati.
“Blaine Anderson” lesse infine.
“Blaine chi?” chiese Kurt guardandola confuso.
“Non ho idea di chi sia” ammise l’amica. “Aspetta.” Prese il cellulare e fece una ricerca veloce su internet. “Accidenti!”
“Cosa?” chiese Kurt incuriosito. Quando Mary Jane voltò lo schermo di lui, rimase a bocca aperta. Blaine Anderson era probabilmente l’uomo più attraente che avesse mai visto.
Aveva gli occhi d’ambra e dei riccioli ribelli perfetti, che cadevano morbidi sulla fronte. Le labbra piene e invitanti, decoravano un volto che era quasi perfetto.
“Accidenti” confermò in un sussurro. “Chi è? Cosa fa? Dove lo trovo?”
Mary Jane rise divertita, e aprì una delle pagine dedicate all’uomo.
“Cantante” lesse. “Trent’anni, Inglese, ai vertici delle classifiche da quando ne aveva poco più di diciotto. Vive da molti anni negli Stati Uniti e ha vinto a quanto pare una marea di premi nel campo della musica.”
“Non capisco” ammise Kurt dopo un attimo di considerazione. “Quest’uomo non è una star qui, perché il giornale dovrebbe essere interessato alla sua vita?”
“A quanto pare è stato coinvolto in uno scandalo riguardante delle foto con Jenna Ewinton. Si dice che siano amanti, lui ha negato dicendo” rimase in silenzio presa dall’articolo.
“Dicendo cosa?” chiese incuriosito.
“Dicendo di essere gay. Kurt, questo è l’uomo per te. Prendi la lista di locali che frequenta abitualmente e diventa la sua ombra.”
“Cosa? Mary Jane solo perché siamo entrambi gay, questo non significa che lui sia migliore degli altri per questo lavoro.”
“No” ammise l’amica. “Ma se il lavoro non dovesse andare bene potrai sempre provarci, con l’Inglesino. Nessuno ti rifiuterebbe.”
Kurt alzò gli occhi al cielo con un sorriso.
“Certo, perché sono sicuro che Blaine Anderson stia aspettando giusto me. La nostra, sarà una storia d’amore senza precedenti” annunciò mettendosi in piedi e colpendo l’amica con un cuscino. Prese la lista nelle sue mani e gli diede un’occhiata. Anderson sembrava davvero la persona più approcciabile del gruppo. Probabilmente non era abbastanza conosciuto da essere infastidito da fans e giornalisti. Aveva almeno un’opportunità.
Guardò l’amica con un mezzo sorriso.
“Preparati” le disse. “Sei stata tu a scegliere e sarai tu ad aiutarmi a trovarlo.”
“Si!” esclamò Mary Jane. “Blaine Anderson stiamo arrivando.”
Guardandola correre via, Kurt pregò soltanto che quella missione non si trasformasse in un vero disastro.

Nota finale: e questo è quanto per questo capitolo. Spero vi sia piaciuto.
Se doveste avere un minutino di tempo, fatemi sapere cosa ne pensate. Lasciate una recensione, mandatemi un messaggio, anche un segnale di fumo va bene ;)
Nel prossimo capitolo: l’incontro!
Alla prossima settimana.
Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** L'incontro ***


 
3
 
L'incontro.
 
 
Le sue ricerche si erano rivelate un buco nell’acqua. A due settimane di distanza dal colloquio di lavoro, Kurt non era stato capace di scovare Blaine Anderson da nessuna parte.
Era sicuro a quel punto di aver sbagliato i calcoli nella sua scelta. Meno conosciuto significava meno chiacchierato, e non c’era modo di scoprire dove quest’uomo passasse le sue giornate.
La lista di locali datagli da Johnson si era rivelata completamente inutile e Kurt era rimasto con l’unica soluzione di cambiare soggetto per il suo articolo.
Si guardò attorno confuso. Quella sera erano passati da pub a pub, da locale a locale, senza sosta. E pagato ingresso dopo ingresso, pensò alterato. Tutto quello senza mettere qualcosa sotto i denti. Non mangiava, si disse, da quella mattina, e la stanchezza iniziava a prendere il sopravvento.
Giunta la mezzanotte, Mary Jane, stremata, aveva deciso di tornare a casa. Aveva puntato la sveglia alle sei il mattino successivo, e Kurt sapeva bene quanto il riposo fosse importante per la sua migliore amica.
Ma lui era nervoso e particolarmente alterato, aveva deciso di andare a bere qualcosa al pub vicino casa.
Il British Horse era un pub decisamente poco frequentato rispetto ai canoni di Los Angeles. Tranquillo e discreto, con i colori caldi e l’atmosfera accogliente, era sempre stato il suo luogo di relax preferito. Era un luogo in cui poteva rilassarsi senza era sopraffatto dalla musica o dagli altri frequentatori. Era un luogo, in cui scambiare due chiacchiere col barista di turno, era possibile senza dover urlare.
Entrò guardandosi attorno soddisfatto.
Anche quella sera il locale era popolato dai pochi clienti abituali. Si diresse a passo spedito verso il bar e si sedette a uno degli sgabelli disponibili.
“Kurt” lo chiamò il barista con un sorriso. Sorrise di rimando, salutandolo con un gesto della mano.
“Andy, non sapevo fossi di turno oggi.”
L’uomo si avvicinò shakerando un drink.
“Milly è crollata sotto il peso di un esame. Tornerà domani.”
“Quella povera ragazza perirà prima di riuscire a finire gli studi” disse scuotendo la testa.
Andy sorrise versando il cocktail all’uomo seduto accanto a lui. Kurt gli lanciò uno sguardo interessato.
L’uomo era vestito in maniera decisamente particolare. Indossava un berretto di lana beige, nonostante la temperatura mite del pub. Gli occhiali da vista, neri, erano spessi e vistosi, alla moda. La barba incolta sembrava non essere stata rasata per settimane. Quando l’estraneo posò gli occhi su di lui, Kurt notò che le iridi erano del colore del miele. Probabilmente un effetto ottico delle luci basse del locale.
Si costrinse a spostare l’attenzione di nuovo su Andy, che era sicuro, gli avesse detto qualcosa nel frattempo, che non era riuscito a cogliere.
“Come scusa?” chiese imbarazzato.
“Mi stavo chiedendo cosa volessi bere questa sera” ripeté l’uomo con un sorriso.
“Una birra sarà più che sufficiente” ammise. “Ho avuto una serata orribile e non voglio aggiungere una sbronza a tutto il resto.”
“Ti posso chiedere come mai?”
Quello, si disse Kurt, era il motivo per cui continuava a tornare in quel pub. Era riuscito a stringere amicizia con i baristi del locale. Sia Milly che Andy erano gentili e disponibili,  e riusciva sempre a trovare il modo per sfogare le sue frustrazioni in maniera da tornare a casa più rilassato dopo una dura giornata.
“Non ci crederesti” sbuffò dopo aver bevuto un sorso di birra. “Sto pedinando tale Blaine Anderson da due settimane. Apparentemente una star internazionale introvabile.”
“Blaine Anderson?” chiese il barista lanciando un’occhiata all’uomo seduto accanto a lui. Kurt seguì il suo sguardo al suo vicino di sgabello, che nel frattempo sembrava intento a fissare lo specchio al di là del bancone.
“Sì” rispose con un sospiro tornando a rivolgersi a Andy. “Un giornale di Los Angeles ha promesso di assumersi se fossi riuscito a scrivere un editoriale sotto copertura, dall’interno della vita di una star.
Questo tizio, Anderson, che a quanto pare nessuno conosce da queste parti, sembrava più facile da avvicinare, ma mi sbagliavo. Nessuno lo conosce, nessuno sa dove sia.”
“Potrebbe essere più vicino di quanto pensi” suggerì Andy. L’espressione sul suo volto era divertita e Kurt non riuscì a capire quale fosse il motivo di tanto giubilo.
“Ne dubito” sospirò.  “E dubito che sia una di quelle star che frequenta locali accessibili a tutti come questo. Non sarà famoso in America ma difficilmente sarà diverso dalle altre star che bazzicano Los Angeles. Per quanto ne so, ha avuto una relazione con una donna sposata. Un’attrice famosa. Se questo non è un tentativo di trovare la celebrità da queste parti, non so cosa sia. Il che la dice lunga su quanto valga come artista” continuò irritato. “Un uomo che cerca il successo attraverso il gossip e non attraverso la sua arte non può avere niente da dire.”
“Non credi di essere un po’ malizioso nel tuo giudizio?”
Sospirò. Andy era probabilmente la voce della ragione. Se la stava prendendo con un uomo che neanche conosceva, per una sua frustrazione personale.
“Sono solo irritato. Questa caccia al VIP mi manderà al manicomio. Ho passato le ultime due settimane a escogitare un modo per farmi amico Anderson e infilarmi nella sua cerchia, ma non sono neanche riuscito a trovarlo. Figurarsi farmelo amico. Come giornalista sono inutile. In questo io e Anderson potremmo prenderci per mano. Entrambi inutili nel nostro mestiere.”
Tra lui ed Andy scese il silenzio.
Fu allora che si rese conto di stare blaterando ad alta voce accanto a qualcuno che non conosceva. Si girò per lanciare un’occhiata all’uomo che scoprì con una certa sorpresa, lo stava osservando con uno sguardo serio. Quasi rabbioso.
Erano anni, pensò Kurt confuso, che non riceveva sguardi così carichi di astio. Così, senza motivo poi. Mantenne lo sguardo in quello dell’estraneo. Visto così, faccia a faccia, era quasi da togliere il fiato.
C’era una piccola parte del suo cervello che sembrava riconoscerlo. C’era qualcosa che ricordava in quegli occhi, nei riccioli che uscivano scomposti dal berretto. In quelle labbra piene e invitanti.
Scosse la testa per chiarirsi le idee. L’uomo di fronte a lui era decisamente sexy, ma ciò non giustificava il fatto che gli stesse lanciando quelle occhiatacce.
“Posso aiutarla?” chiese inarcando un sopraciglio in segno di interesse.
L’uomo rimase in silenzio per qualche secondo poi estraendo delle banconote dalla tasca dei jeans si mise in piedi pronto ad andar via.
“Nulla che non abbia già fatto” rispose. E Kurt, dannazione a lui, si ritrovò ad adorare la sua voce. Si costrinse a prestare attenzione.
“Come scusi?” chiese affrontato dal comportamento dell’altro.
“Se non avessi provato già un odio profondo per questa dannata città” annunciò irato. “Il suo dolce discorso mi avrebbe convinto a prendere il primo aereo per tornare a casa.”
Kurt rimase in silenzio sconvolto. Gli occhi dei pochi avventori del locale erano su di loro, Andy da dietro il bancone guardava interessato la scena di fronte a lui.
“Chi diavolo è lei per parlarmi in questo modo?” chiese imbarazzato dalle attenzioni che stava ricevendo.
“Assolutamente nessuno, esattamente come lei.”
Quella risposta lo mandò su tutte le furie. Aprì la bocca pronto a rispondere ma il telefono dell’uomo squillò interrompendo la discussione.
“Sono pronto” annunciò l’estraneo senza nemmeno guardare chi fosse dall’altra parte della linea. Si diresse all’uscita senza guardarsi indietro poi sulla porta si fermò guardandosi indietro.
“A presto Andy” salutò. La sua voce era ancora irritata ma più quieta rispetto a pochi secondi prima.
“Alla prossima Mr Anderson.”
Ci volle qualche secondo, forse più di quanto solitamente necessario, ma finalmente la foga nella mente di Kurt si diradò.
“Mr Anderson?” chiese. La sua voce era quasi completamente scomparsa sotto il peso della paura.
“Blaine Anderson” annunciò il barista. “Ma forse” ammise con una mezza risata, “Avrei dovuto dirtelo prima.”
Kurt non era sicuro in quel momento di quale fosse la cosa più giusta da fare. Uccidere Andy lo avrebbe messo, per quanto giustificato, in una situazione imbarazzante con la legge. Lasciò quell’idea al volo e seguì l’istinto prendendo a correre verso l’uscita. La strada era semideserta e non fu difficile per lui individuare Blaine. Era in appoggiato a un muro, le mani in tasca, lo sguardo rivolto verso l’alto.
Era il ritratto, pensò Kurt, di un uomo solo.
Sentì i battiti accelerare man mano che si avvicinava. Doveva scusarsi. Non lo conosceva nemmeno, ma era sicuro, che celebrità o no, non fosse facile sentir dire certe cose di sé. Soprattutto con quel livello di cattiveria. E lui..lui era una brava persona. Era un uomo rispettoso, e gentile, la maggior parte del tempo. E non avrebbe sopportato un peso del genere sulle spalle.
Lo raggiunse a passo svelto, tentando di trovare il coraggio e le parole giuste. Blaine sentì dei passi avvicinarsi e volse lo sguardo nella sua direzione. Erano i suoi occhi, si disse Kurt. Era quello che ricordava. Erano la cosa che di più lo avevano colpito.
Occhi che in quel momento erano fissi nei suoi. Kurt aprì la bocca ma non riuscì ad emettere nessun suono. Ci riprovò, sentendo le guance arrossirsi per l’imbarazzo. Ma un fischio distante sembrò avvicinarsi sempre di più alle sue orecchie, e il cuore accelerò ancora di più i battiti, e prima che se ne rendesse conto il buio lo avvolse. Con un “Mi dispiace” svenne ai piedi dell’uomo che aveva inseguito per settimane.
 

Nota finale: ci tengo a ringraziare tutti quelli che mi hanno mandato un messaggio questa settimana per esprimere il loro apprezzamento e tutti quelli che stanno seguendo la storia. Siete più di quanti non potessi immaginare. Se vorrete lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate di questa storia, mi renderete immensamente felice.
Nel prossimo capitolo: Kurt si sveglia in un letto che non è il suo, in una stanza che non riconosce. Dove sarà?
A presto.
Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sorprese ***


4
 
SORPRESE
 
 
Quando Kurt riaprì gli occhi, la prima cosa che notò fu un soffitto che non conosceva. Faceva ancora fatica a mettere a fuoco la vista, ma era sicuro di non aver mai visto un lampadario di cristallo così grande. Oppure, si disse stranito, che fosse di cristallo vero.
Sentì l’aria fresca accarezzargli il volto, e quando rivolse lo sguardo alla sua sinistra, notò che la porta-finestra della camera era socchiusa.
Si mise a sedere al centro del letto, tentando di schiarirsi le idee. La camera da letto in cui si trovava era grande almeno quanto metà del suo appartamento. Le mura, così come i mobili, erano bianche. Raffinate.
Ancora instabile sui piedi scese dal letto, si infilò le scarpe e si diresse alla finestra. Conduceva a un balcone, notò avvicinandosi. Quando finalmente uscì all’aria aperta rimase senza fiato.
Davanti ai suoi occhi, si estendeva un terreno curato, pieno di cespugli fioriti e alberi splendidi. Non riusciva a vedere la fine del giardino ma era sicuro che si estendesse ben oltre il limite dei suoi occhi. Sotto di sé, poteva vedere una piscina e quello che doveva essere l’ingresso di.. una villa.
Rimase a bocca aperta. Come diavolo era finito in una villa di Los Angeles?
Poi i ricordi tornarono. La sua visita al pub, la discussione con Anderson, poi il buio. Era a casa dell’uomo che aveva offeso a morte.
“Oh mio Dio” sussurrò coprendosi la bocca con una mano. Rientrò di corsa in camera, sperando di riuscire a svignarsela prima che la casa si svegliasse ma non era più solo.
Era magnifico anche di prima mattina, si disse irritato, lanciando un’occhiata all’uomo davanti a lui.
Blaine Anderson era, secondo ogni standard di questo ne era sicuro, l’uomo più affascinante che avesse mai incontrato. Quella mattina indossava una semplice t-shirt verde, e dei pantaloni di flanella stranamente malconci. Come se li avesse portati per anni.
Era a piedi nudi, e i capelli erano in uno stato confusionale difficilmente inestricabile. Gli occhi però, erano freddi, distanti. Era strano pensare che un colore così splendido, così caldo e invitante potesse risultare scostante.
“Io..” balbettò.  “Devo ringraziarla per il suo aiuto. Non so cosa mi sia successo ieri, ma so per certo che sarei rimasto in quella strada per chissà quanto tempo se non mi avesse soccorso.”
Blaine rimase in silenzio a osservarlo. Si chiese se non fosse una tecnica la sua. Se non fosse una sceneggiata per avvicinarlo anche dopo la loro discussione.
“Ho pensato che avrebbe gradito svegliarsi in casa mia, data l’assiduità con cui mi ha cercato.”
Non era del tutto vero, pensò. Quando l’uomo, Kurt, era svenuto ai suoi piedi, il primo pensiero che gli aveva attraversato la mente, era stato puro panico.
Era caduto in maniera così scomposta che Blaine era convinto si fosse rotto qualcosa. Subito dopo, la parte meno nobile di lui, si chiese se non fosse una sceneggiata. L’uomo aveva in fondo ammesso di avere in mente di infilarsi nella sua vita e lo aveva fatto con una tale leggerezza da lasciarlo in dubbio.
Ma Kurt non si era mosso da terra, e Blaine non aveva saputo cosa fare.
Portarlo in ospedale sarebbe stata una buona idea, se non fosse stato per la necessità di dare poi all’ospedale i suoi dati. Avevano quindi deciso di portarlo a casa, e di farlo visitare dal suo medico di fiducia.
Il tutto questo senza che si svegliasse neanche per un momento.
Qualcosa di ammirevole a suo parere.
Il medico aveva parlato di stress, stanchezza e mal nutrizione. E Blaine non aveva avuto scelta, se non quella di farlo riposare in casa sua.
Kurt si morse il labbro inferiore in cerca delle parole giuste. Non si era reso conto, per quanto superficiale potesse sembrare, che la sua missione fosse destinata a ferire qualcuno.  Sospirò.
“Mi dispiace” disse con quanta sincerità riuscì a trasmettere. “So che non è una giustificazione sufficiente, ma stavo cercando lavoro, e l’unica persona disposta a offrirmelo mi ha chiesto prima di scrivere questo editoriale sulla vita di una star. E io so che avrei dovuto rifiutare, non era questo il lavoro che avevo sognato, volevo diventare un giornalista serio, ma sono disperato, e i soldi stanno finendo e io non..” s’interruppe tentando di riprendere fiato. “Non ho giustificazioni.”
“No” rispose Blaine rivolgendo lo sguardo fuori. “Niente giustifica quest’invasione di privacy.” Poi lo guardò dritto negli occhi, sostenendo il suo sguardo e Kurt si sentì arrossire. C’era qualcosa in quell’uomo che lo rendeva nervoso. E non era solo il fatto di essere stato colto in flagrante. No, erano i suoi occhi. Il modo in cui sembrava chiudersi al mondo, quasi a volersi proteggere. Il modo in cui lo guardava.
“Non mi illudo che lei si trattenga dallo scrivere il suo prezioso editoriale,” disse avvicinandosi alla finestra e dandogli le spalle. “Dio solo sa se ho provato a spiegare le cose per quelle che erano. Ma sembrate non voler ascoltare.”
Kurt si chiese se non fosse il caso di fermarlo. Di pregarlo di lasciarlo andare e risparmiargli quell’imbarazzo che lo stava sopraffacendo. Ma la voce non uscì dalle sue labbra, e non poté fare altro che ascoltare.
“Mi lasci mettere in chiaro alcune cose, onde evitare che scriva stupidaggini. La notizia è su tutti i giornali di gossip da una settimana, mi chiedo come mai lei non ne sia informato, è in fondo il suo lavoro. Io e l’attrice di cui si parla nei giornali non abbiamo avuto una storia. Non fosse altro per il fatto che le donne non mi interessano a nessun livello.”
Kurt sbarrò gli occhi a quella nuova informazione, dimenticando per un istante la situazione in cui si trovava.
“E..” continuò Blaine tornando a guardarlo e riprendendo le parole di Kurt della sera prima. “È stata una mia scelta quella di non inseguire la fama in questo paese.”
“Mr Anderson” lo interruppe nel tentativo di difendersi. “Erano solo le parole di un uomo frustrato. La prego di credermi.”
“E perché dovrei?” chiese Blaine scettico. “Non è altro che un altro giornalista di gossip in cerca di scoop.”
“Non ho mai fatto questo lavoro” sussurrò cercando di difendersi.
Blaine sospirò. Dannazione a lui, ma gli credeva. Poteva vedere l’onestà nei suoi gesti e nelle sue parole.
Nel modo in cui i suoi occhi azzurri continuavano ad osservarlo, disperati per la voglia di essere compresi. Nel modo in cui continuava a mordersi le labbra nel tentativo di tenere a bada il nervosismo. I suoi occhi rimasero incantati da quel gesto, e Blaine si rese conto per la prima volta di essere attratto da lui.
Non lo aveva notato ieri, in preda alla rabbia. Di certo non lo aveva notato appena entrato in quella camera da letto e lo aveva colto mentre tentava di andar via.
Ma in quel momento.. Adesso che la rabbia stava lentamente affievolendosi, si costrinse a notare altro.
Il modo in cui i capelli bruni erano sparsi in tutte le direzioni, le mani snelle dalle dita lunghe, che si stavano stringendo in quel momento contro la testiera del letto. Poteva notare le sue guance arrossarsi sotto il suo sguardo e un silenzio imbarazzante scese tra di loro.
“Forse è meglio che vada” sussurrò Kurt. Gli sguardi che Blaine Anderson gli stava lanciando lo stavano mettendo a disagio più di quanto la loro discussione non avesse fatto. Quando vide che l’uomo non sembrava intenzionato a rispondere sospirò e fece per dirigersi alla porta. Era quasi sulla soglia, era riuscito a passare accanto al cantante senza sfiorarlo, quando sentì una mano stringersi attorno al suo polso.
Il gesto lo fece trasalire. Posò lo sguardo sulla mano di Blaine poi incrociò il suo sguardo.
“Cosa..” ma qualunque cosa fosse intenzionato a dire fu bloccato dalle labbra dell’uomo sulle sue.
Blaine non era sicuro del perché lo avesse fatto. Non aveva avuto nessuna intenzione di baciare Kurt fino a che non se lo era ritrovato accanto, mentre tentava di scappare via da lui.
Era sempre stato attento a tenere una condotta tranquilla. Aveva avuto le sue storie sempre lontane dall’occhio pubblico. In America era stato più facile essere anonimo. Ma neanche lì aveva vissuto la vita di un mascalzone.
Era per quel motivo che mentre premeva le labbra contro quelle di Kurt, si chiese cosa diavolo stesse facendo.
Era un uomo che non conosceva, con cui tra l’altro aveva avuto una discussione pesante che lo aveva lasciato stranito e offeso. Eppure era lì. La mano stretta ancora attorno al suo polso, e la mente in subbuglio.
Kurt rimase immobile per qualche secondo, sconvolto. Blaine Anderson lo stava baciando.
In maniera meravigliosa, aggiunse una parte decisamente meno nobile di sé.
Sentì le labbra dell’uomo schiudersi contro le proprie e sospirò facendo lo stesso. Non era un bacio passionale, era una carezza dolce, delicata. L’unico contatto fisico tra i due oltre le labbra era quella mano che lo aveva fermato posandosi sulla sua. Kurt sentì le gambe indebolirsi. Poi prima che potesse stringersi contro l’uomo, Blaine si staccò da lui.
Aveva gli occhi lucidi, e le labbra arrossate, e mai in vita sua Kurt aveva desiderato così tanto essere baciato di nuovo.
Ma Blaine non sembrava condividere i suoi pensieri. Si allontanò da lui, lasciando andare la sua mano, e distolse lo sguardo.
“Perdonami” sussurrò. “Non so cosa mi sia preso.”
Kurt non rispose. Lo guardò, poi senza dire nulla, corse via da quella stanza e fuori da quella casa, senza guardarsi indietro.

 
Nota finale: ta-daaa.. Questa è una svolta nella storia che non avevo previsto. Ma c’è poco da fare, quello che la mia testa vuole, la mia mano scrive e ho imparato a non ribellarmi.
Ringrazio ancora tutti quelli che stanno seguendo la storia. Se vorrete lasciarmi la vostra opinione a riguardo ve ne sarò grata ;)
Nel prossimo capitolo: Blaine a Kurt si rincontrano. Ma quando? E dove?
A presto.
Mary.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5 anni dopo ***


5
 
5 ANNI DOPO
 

Non c’erano molte cose che non andassero bene nella sua vita, decise Kurt guardando la città di Londra estendersi sotto il suo sguardo, dal suo ufficio al diciottesimo piano.
Un lavoro come Pubblicitario non era esattamente stato nei suoi progetti di ragazzo ma aveva scoperto delle capacità nel campo che non avrebbe mai pensato di avere.
Quello che era iniziato come un lavoro temporaneo come assistente di un discografico di modesta importanza infatti, era diventato lentamente il suo intero mondo.
Tutto era cambiato una notte di cinque anni prima.
Tutto era cambiato da Blaine Anderson.
Quell’incontro aveva segnato il suo destino più di ogni altra cosa fino a quel momento, pensò sistemandosi alla lussuosa scrivania che adornava il suo ufficio. Non era ingenuo al punto da pensare che una persona appena conosciuta potesse influenzarlo così tanto, piuttosto le circostanze di quell’incontro gli avevano aperto gli occhi più di ogni altra cosa.
Aveva capito di non essere tagliato per un mondo cinico e superficiale come quello del giornalismo di gossip. Quello era il vero insegnamento che la discussione con Blaine gli aveva offerto. E qualunque altro tipo di giornalismo, senza alcuna credenziale, sarebbe stato per lui praticamente irraggiungibile.
Poi la mattina dopo.. Kurt arrossiva ancora al solo pensiero, anche dopo tutti quegli anni.. La mattina dopo Blaine Anderson lo aveva baciato, dopo averlo accusato di opportunismo. Lo aveva baciato, e lo aveva lasciato andare. Quel pomeriggio, inatteso come la pioggia a Los Angeles, era arrivato l’annuncio.
Non in televisione, o alla radio. L’America non conosceva abbastanza Blaine da interessarsi a lui, ma Kurt aveva ossessivamente controllato il suo sito internet in cerca di notizie sul suo conto. Quasi a volersi accertare che stesse bene e all’alba era arrivato il comunicato.
Blaine Anderson si era ritirato dalla scena musicale. Aveva annullato l’uscita dell’album, il tour, qualunque attività pubblica. Da quel giorno in poi non c’era più stata nessuna notizia su di lui.
Era come se fosse scomparso dalla faccia della terra.
Per il suo pubblico almeno. Per Kurt la conoscenza di Blaine era appena cominciata.
Album, concerti, interviste. Aveva trangugiato tutto senza sosta, con una sete di conoscenza che non sembrava placarsi mai.
Aveva scoperto il suo mondo. Un mondo fatto di una musica splendida, di parole sentite e oneste. Il mondo di un artista puro.
E il ricordo delle parole dette in quei momenti di rabbia, in quel pub, lo imbarazzò ancora di più. Aver etichettato Blaine come una persona senza talento era stato un errore grossolano da parte sua. Lo aveva scoperto purtroppo troppo tardi.
Da quel giorno la vita di Kurt era andata avanti.
Con un colpo di fortuna aveva ottenuto un lavoro da assistente presso un ufficio di pubbliche relazioni e la sua carriera era decollata.
Aveva assistito negli anni, alcuni degli artisti più importanti degli Stati Uniti, poi il salto. L’apertura di un ufficio tutto suo, l’inaugurazione di una filiale in Europa. A Londra per essere precisi.
Ed era ironico che Kurt avesse deciso di lavorare lì, proprio nel paese dove tutti conoscevano Blaine Anderson, ma nessuno sapeva dove fosse.
Poco importava che lui lavorasse nel campo musicale. Non c’era stato verso di scoprire cosa ne fosse stato di lui.
Sospirò. Cinque anni. Erano passati cinque anni e Blaine Anderson occupava ancora i suoi pensieri.
“Kurt” la voce di Mary Jane lo riportò sulla terra. L’aveva portata con sé, offrendole un lavoro come sua assistente personale. Una scelta puramente egoistica da parte sua, non sopportava l’idea di separarsi dall’amica e voleva con sé almeno una parte della sua vecchia vita.
“Si” rispose alzando lo sguardo verso la porta dell’ufficio. “Volevi qualcosa?”
Mary Jane si soffermò all’ingresso. Aveva l’aria nervosa, pensò Kurt. Qualcosa che aveva visto raramente nell’amica.
“Cosa devi dirmi?” chiese sospettoso.
“Ecco..” MJ si avvicinò mettendosi a sedere di fronte a lui. La sua inseparabile carpetta, poggiata ordinatamente sulle sue gambe. “Non so come darti la notizia. Ho paura che scapperai a gambe levate.”
“Adesso sì che sono più tranquillo” ribatté sarcastico. Quando l’amica non rispose alla battuta e il silenzio si prolungò si preoccupò seriamente. “Mary Jane?”
“Ho ricevuto una chiamata da Wesley Montgomery” annunciò tutto d’un fiato.
“OK..”
“Dice che ha avuto il nome della nostra agenzia da Rachel Berry. A quanto pare ha vantato i  nostri servizi da PR con lui e lo ha spinto a contattarci.”
“E Wesley Montgomery è?” chiese confuso. Non riusciva a capire cosa avesse spinto Mary Jane a reagire in quel modo.
“Un pubblicitario.”
Corrugò la fronte. “Non capisco. Sta cercando lavoro? Non credo ci siano posizioni disponibili in questo momento. E comunque non vedo perché te ne stia occupando tu.”
“No Kurt. Lui è.. Ecco lui vuole, vuole che ci prendiamo cura di un suo vecchio cliente. Dice che il suo studio non ha la capacità di sostenere un tale rilancio. E vorrebbe che stipulassimo con lui un contratto di collaborazione per la cessione dei diritti sull’artista.”
“E chi sarebbe questo artista? Chi è così importante da necessitare i nostri servizi?”
Mary Jane lo fissò in silenzio per qualche secondo. Kurt sentì l’atmosfera cambiare. Come se si aspettasse da un momento all’altro un cambiamento importante.
“Mary Jane?” chiese di nuovo. E dalla sua bocca, uscì l’unico nome che non avrebbe mai immaginato di sentir pronunciare.
“Blaine Anderson.”
Il suo cuore si fermò.
Kurt aveva immaginato più volte, durante quegli anni, come sarebbe stato vedere Blaine tornare sulla scena. Aveva sperato di poterlo ascoltare cantare una delle sue canzoni dal vivo, voleva più di ogni altra cosa vedere come fosse diventato. Quanto fosse cambiato con il tempo.
Ma mai nei suoi sogni,  nei suoi desideri più nascosti, avrebbe immaginato di ritrovarsi a lavorare per lui.
“No” disse in preda al panico mettendosi in piedi. Mary Jane lo guardò sorpresa.
“No?” chiese mentre Kurt prese a camminare avanti e indietro per la stanza. “Cosa vuol dire no?”
“Vuol dire che non abbiamo bisogno di Blaine Anderson. I nostri clienti ci danno abbastanza lavoro da non aver bisogno di prenderne altri.”
“Non abbiamo bisogno di Blaine Anderson” ripeté Mary Jane scettica.
“Hai intenzione di ripetere tutto quello che dico?”
“Se serve a farti capire le stupidaggini che stai balbettando.”
“Blaine Anderson non è il tipo di artista che pubblicizziamo” tentò.
“Ma certo! Noi non pubblicizziamo i talenti.”
“E avremmo bisogno di qualcuno che si occupi di lui a tempo pieno data la quantità di tempo da cui è rimasto fuori dalle scene”
“Qualcuno potrebbe dire che il suo lancio sarebbe più facile e clamoroso proprio per quello” controbatté Mary Jane. Ma Kurt sembrava non ascoltarla.
“Poi perché mai dovrebbe volere noi?” si chiese passandosi una mano tra i capelli.
Tutto questo non aveva senso, si disse. Aveva passato anni interi della sua vita a chiedersi dove diavolo fosse finito. Si era sentito un fan di bassa lega, o peggio uno stalker del peggior livello, cercando informazioni su di lui. Si era ripetuto più di una volta, che quel bacio non era stato altro che un capriccio. Un momento capitato per caso, che non aveva avuto nessun senso. Eppure in qualche modo, tutto quello che era successo da lì poi, tutte le relazioni che aveva avuto, erano state macchiate da quel bacio.
Stupido! Stupido! Stupido!
“Non è stato lui a cercarci” la voce di Mary Jane si infiltrò di nuovo tra i suoi pensieri tormentati. “È stato Wesley a contattarci. A quanto pare sta vagliando alcune opportunità.”
“No” ripeté di nuovo. No. Non poteva succedere. Non poteva essere.
“C’è qualcosa che non mi stai dicendo.”
“Cosa?” chiese riportando lo sguardo stupito sull’amica.
“Cos’è che non mi dici? Ci conosciamo da anni, Kurt, e questa storia di Blaine Anderson non mi è mai suonata nel modo giusto.”
E Kurt non aveva dubbi a riguardo. Perché quella mattina di cinque anni prima, non aveva avuto il coraggio di raccontargli la verità. Soprattutto dopo l’annuncio del ritiro.
Si sedette accanto a lei, tenendo lo sguardo basso. Sentì l’imbarazzo crescere solo a pensare a ciò che voleva dire.
“Quella mattina, quando tornai da casa di Blaine. Ti  raccontai della nostra discussione e del fatto che mi avesse portato a casa sua. Ti dissi che Blaine mi aveva spiegato alcune cose e poi mi aveva lasciato andare” alzò lo sguardo verso l’amica. “Quello che non ti dissi, è che Blaine mi baciò prima di lasciarmi andare.”
Il silenzio che scese nella stanza avvertì Kurt che era meglio prepararsi a un’esplosione.
“Cosa?” la voce squillante di MJ lo fece trasalire comunque.
“Vuoi abbassare la voce? Rendermi sordo non aiuterà nessuno.”
“Blaine Sexy Anderson ti ha baciato e non mi hai mai detto niente?”
Kurt chiuse gli occhi tentando di mantenere la calma.
“Perché non ha significato niente.”
“Certo. È questo il motivo per cui non me ne hai parlato.”
“Esatto” annunciò facendo spallucce.
Era stato facile convincerla. Il che era strano, si disse con un sospiro. In genere Mary Jane era un vero e proprio muro di gomma quando pensava di avere ragione.
Poi un colpo in testa lo fece ricredere.
“Hey!” esclamò sfregandosi il punto dolente. “Perché usi la violenza adesso?”
“Perché sei un idiota. E quel bacio è ancora nella tua mente se non vuoi fare soldi solo per non incontrare Blaine. E comunque è troppo tardi” concluse MJ.
Kurt sentì il sangue gelarsi nelle vene. Conosceva quel tono. Sapeva che significava cattive notizie per lui.
“Cos’hai combinato?” chiese. Ma la sua assistente non ebbe il tempo di rispondere. Il suo interfono suonò interrompendo la discussione. Fece il giro della scrivania e si sedette premendo il pulsante che lo avrebbe messo in comunicazione con la sua segretaria.
“Si?”
“Mr Hummel” la voce gracchiò. “Mr Montgomery e Mr Anderson sono arrivati.”
Kurt alzò gli occhi verso Mary Jane. La donna sorrise innocentemente.
“Dimenticavo” gli disse sorridendo. “Ho dato appuntamento a Blaine Anderson per” guardò l’orologio. “Adesso.”
“Li.. li faccia passare” disse in maniera automatica.
Respira, si disse. Calmati. Ce la puoi fare. Sei un professionista. Puoi sopravvivere a questo incontro e poi uccidere MJ senza lasciare tracce. Ma quando la porta si aprì il suo cuore accelerò all’impazzata e Kurt trattenne il respiro.

Nota finale: soooooo sorry, ho dovuto dividere il capitolo a metà o sarebbe stato lunghissimo. La seconda parte, tempo permettendo dovrebbe essere aggiornata tra martedì e mercoledì. Al solito, se vi fa piacere, fatemi sapere cosa ne pensate. Se vi è piaciuto, cosa vi è piaciuto. Le critiche sono sempre bene accette, soprattutto se costruttive.
Nel prossimo capitolo: il ritorno di Blaine Anderson.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 5 anni dopo: seconda parte ***


6

 
 “Sei sicuro di questa cosa?” chiese Blaine mentre lui e Wes percorrevano gli ultimi metri che li dividevano dall’ufficio del “famoso” Kurt Hummel.
“È il pubblicitario più noto del momento. La sua firma rappresenta la maggior parte degli artisti in America. Vedrai che andrà bene.”
“Dovrò fidarmi del tuo giudizio. Per quanto io non riesca a capire perché non possa essere tu a prenderti cura del mio rilancio.”
“Non essere sciocco Blaine” rispose il suo amico esasperato. “Ne abbiamo parlato più di una volta, la mia agenzia non può gestire più il tuo ritorno. Ma questo Hummel, si è fatto un nome nell’ambiente, e sarà in grado di lanciarti in America così come abbiamo deciso.”
“Bah sciocchezze. Mi affiderà comunque a un PR di medio talento che si ricorderà appena di me o della mia musica. E Dio non voglia che sia americano. Allora la mia musica non la conoscerà in ogni caso.”
“Si occuperà di te in prima persona vedrai. Lo costringeremo a farlo. In fondo, abbiamo altre quattro agenzie, tutte sue dirette concorrenti, pronte ai nostri piedi. Non vorrà essere scavalcato.”
Raggiunta la porta Wes bussò e senza attendere risposta aprì.
L’ufficio era spazioso e accogliente, con delle grandi vetrate che sembravano riflettere al loro interno tutta Londra.
La scrivania, nera ed elegante era situata al centro della stanza. Laterale contro un muro, un divano basso, di pelle. Aveva l’aria di essere comodo, e di essere stato usato spesso.
La donna che si avvicinò a lui stringendogli la mano non poteva di certo essere Kurt Hummel. Fu solo allora che Blaine lo notò. Era in piedi accanto alla scrivania, la postura rigida, la bocca aperta come se fosse sorpreso, ma furono gli occhi a riportarlo indietro nel tempo. Gli occhi chiari, azzurri come il mare d’estate.
Kurt.. Kurt..
Fu solo allora che il nome tornò alla mente. Gli anni e gli avvenimenti passati avevano annebbiato quella notte nella sua memoria, e Blaine si ritrovò catapultato a quel pub, e a quella mattina , in cui per la prima volta dopo tanto tempo si era lasciato andare.
Non c’era davvero fine al destino beffardo. E Kurt, che di certo aveva dovuto sapere del suo arrivo, aveva l’aria di chi era paralizzato dalla sorpresa.
Wes si avvicinò presentandosi e stringendogli la mano, era sicuro che il suo amico non lo avesse riconosciuto. Era notte quando lo aveva aiutato a metterlo in auto e a portarlo a casa sua, e la mattina dopo lui non c’era stato.
No, certo. Si disse osservando Kurt. Con la presenza dell’amico, quel bacio tra di loro non sarebbe mai accaduto.
Era cambiato in quegli anni. Sembrava essere cresciuto in altezza oltre che in muscolatura. I capelli, erano perfettamente sistemati, e non era di certo più il ragazzino alle prime armi che aveva tentato..
Corrugò la fronte confuso.
“Credevo facesse il giornalista” affermò senza neanche salutarlo.
E Ok, si disse grattandosi la testa imbarazzato. Forse c’era qualcosa di più adatto da dire dopo cinque anni alla persona che avrebbe dovuto rappresentarlo.
Lo avrebbe reputato impossibile, ma gli occhi di Kurt sembrarono diventare ancora più grandi sotto il peso della sua affermazione.
“Io” balbettò. “Non sono mai diventato un giornalista.” Anche la sua voce era cambiata. Alta ma più profonda. Più adulta.
La stanza era diventata terribilmente silenziosa. Sentì gli occhi di Wes e di quella che doveva essere un’assistente di Kurt su di lui.
“Wes?” chiese poi rivolgendosi all’amico. “Vorrei parlare da solo con Mr. Hummel.”
Wes lo guardò confuso, poi rivolse il suo sguardo a Kurt, che nel frattempo non si era mosso dalla posizione in cui si trovava. Sembrava ancorato al pavimento.
“Non le dispiace vero?” gli chiese, più che altro per sentire di nuovo la sua voce, per assicurarsi che stesse respirando.
“No, no certo.” 
Non era molto ma almeno sembrava aver ripreso a respirare.
Aspettò che l’ufficio si svuotasse poi ignorando completamente le sedie alla scrivania, si diresse al divano e si accomodò.
“Penso sia il caso di fare due chiacchiere.”
Kurt non rispose. Rimane a guardare Blaine, seduto comodamente nel suo divano come se fosse una cosa normale. Come se si fossero visti ogni giorno negli ultimi anni.
Si avvicinò accomodandosi direttamente di fronte a lui.
“Suppongo più che altro, lei abbia delle domande da farmi” sospirò tentando di ricomporsi. Era incredibile, l’effetto che quell’uomo sembrava avere su di lui.
“Qualcuna” confermò Blaine con un mezzo sorriso. “La trovo bene” aggiunse poi osservandolo. “Gli anni passati l’hanno resa ancora più affascinante.”
Fu un piacere vedere Kurt arrossire fino alla punta dei capelli. Non avrebbe dovuto farlo, lo sapeva, e Blaine non era solito flirtare così apertamente. Ma c’era qualcosa nella diffidenza di Kurt che lo spingeva a fare di più. A dire di più.
“Questa non è una domanda” sbuffò Kurt irritato dal suo stesso imbarazzo.
“No, è vero” ammise. “Iniziamo dalla più ovvia. Era un giornalista, ora è un PR. Mi spieghi questa cosa. Non che io sia particolarmente diffidente, ma se dovessi decidere di mettere la mia carriera nelle mani di qualcuno che mi crede senza talento, almeno vorrei essere sicuro che sappia fare il suo lavoro.”
Era un colpo basso, lo sapeva. Ma quelle parole erano rimaste stranamente impresse nella sua memoria. Vide Kurt irrigidirsi, poi il suo sguardo divenne difensivo.
“Non sono mai diventato un giornalista” rispose. “Non era un lavoro che faceva per me.”
Quello che omise di dire, era che Blaine era parte del motivo per cui aveva preso la decisione di cambiare mestiere. Non era un’informazione che voleva condividere, né in quel momento, né mai. “Mr. Anderson” disse poi guardandolo dritto negli occhi. “Io non devo giustificare il mio lavoro. Sono bravo in quello che faccio, se così non fosse lei non sarebbe qui oggi.” Il silenzio tra di loro si caricò di imbarazzo, ma Kurt aveva qualcosa da aggiungere. Qualcosa che si era tenuto dentro per tutti quegli anni e che era sempre stato sicuro di non poter dire. “Io.. Io ho avuto modo di conoscere il suo lavoro da quando ho intrapreso questa carriera” mentì. La sua stupida ossessione verso l’uomo di fronte a lui era un’altra cosa da tenere ben nascosta, si ripromise. “E rimpiango di averle detto di non avere talento. Lei è uno dei musicisti più dotati che io abbia mai avuto il piacere di ascoltare. C’è un’onestà nella sua musica che manca in tanti altri artisti molto più famosi di lei.”
Era riuscito a stupirlo. Blaine rimase a bocca aperta, spiazzato da quelle parole. Sorpreso dal fatto che Kurt si fosse scusato di nuovo. Come aveva fatto anni fa, ricordò. Che amasse la sua musica.
“Io.. non so cosa dire.” Riuscì a balbettare dopo qualche secondo di silenzio. “Grazie.”
“E questo” continuò Kurt. “Ci riporta al punto di partenza. Lei vuole essere rappresentato dalla nostra firma.”
“In realtà è Wes che vuole che io venga rappresentato da voi. Dice che siete i migliori nel campo e io mi fido di lui.”
“Non sapeva che fossi io ovviamente a gestire questa società.”
Blaine fece un gesto impaziente con la mano.
“Lasciamo perdere queste formalità Kurt. In fondo siamo quasi coetanei. Mi sembra di essere in una stanza con i miei avvocati quando mi dai del lei.”
“Come preferisci” lo accontentò.
“Lo preferisco. Se lavoreremo insieme, capirai che non mi piacciono i rapporti formali. Chi lavora per me è una persona di famiglia” continuò Blaine alzandosi e facendo un giro per la stanza. Kurt lo guardò studiare con attenzione ogni dettaglio della sua libreria, scorrere con la punta delle dita i titoli dei libri che stava osservando. C’era qualcosa di terribilmente sensuale nel modo in cui si muoveva, e Kurt si chiese, non per la prima volta, come avrebbe potuto resistere all’uomo davanti a lui. Non che pensasse che il cantante fosse interessato, ma sapeva che non sarebbe stato difficile prendersi una cotta. Poi Blaine si diresse alla sua collezione di CD.
Kurt aveva sempre tenuto la sua musica con sé. In qualunque luogo si trovasse. Non era solo una questione lavorativa. La musica era sempre stata tutta la sua vita.
“Interessante collezione musicale” disse studiando la mensola di fronte a lui.
“Oh no” sussurrò guardandolo in preda al panico mentre schiacciava play sullo stereo. La musica che riempì la stanza era dolce e suadente. Era una delle canzoni di Blaine che più amava.
Blaine si girò verso di lui, lo sguardo incuriosito. Lo osservò, con la testa inclinata, come se stesse tentando di studiarlo.
“Io..adoro questa canzone” si giustificò, tentando di combattere l’imbarazzo. “Ed è in tutto quello che sono che ritrovo ogni istante vissuto con te” recitò. “Sono parole che rimangono impresse nella mente. È una canzone piena d’affetto. Carica di rimpianti.”
“È dedicata a mia madre” ammise Blaine tornando a sedersi. “Non c’è più da così tanto tempo, che a volte ho paura di dimenticarla.”
“Capisco quello che vuoi dire, io stesso ho perso mia madre da giovane. Forse è quello il motivo per cui amo questa canzone così tanto.”
“Fa piacere essere apprezzato.”
Ma quell’affermazione era affettata, come se fosse stata trita e ritrita per così tanto tempo, da aver perso qualunque significato.
C’era qualcosa di più profondo, si disse. Un disagio in Blaine che sembrava permeare tutta la sua musica. Ne aveva visti tanti di artisti negli anni. Era facile per lui ormai scavare a fondo con uno sguardo. Rendersi conto dove la sostanza esistesse veramente e chi invece fosse superficiale, privo di qualcosa da dire. Sapeva che col tempo probabilmente sarebbero arrivate anche le risposte.
“E adesso vuoi tornare a cantare.”
“È ora. Ho vissuto anni tranquilli, nel più meraviglioso anonimato. Ma mi manca la musica, mi manca esibirmi su un palco davanti a trecentomila persone. È tutta la mia vita. Se il pubblico vorrà ascoltare quello che ho da dire.”
“Su questo non ho alcun dubbio. Hai già un album pronto?”
Blaine annuì.  “Più di un album. Ho una trentina di tracce pronte, ma io e Wes abbiamo opinioni diverse sul tipo di musica che accompagnerà il mio rilancio e non siamo riusciti a sceglierne dodici che ci mettessero entrambi d’accordo. È difficile convincerlo a volte, è stato una piaga per tutta la mia vita.”
Kurt sorrise. Traspariva un affetto profondo nelle parole di Blaine, e sapeva quanto fosse difficile trovare delle persone fidate nel loro ambiente.
“Bene” disse a quel punto dirigendosi verso la sua scrivania e sedendosi. “Suppongo che dopo aver sentito le tracce e riuscendo a sistemare alcuni cavilli,  non ci siano motivi per cui non possiamo rappresentarti.”
“Ah ah” negò Blaine seguendolo. “Prima di parlare di cavilli c’è qualcosa che devi sapere Kurt. Io e Wes siamo venuti qui è vero, ma ci sono altre quattro firme pronte a seguire il mio rilancio. Io pretendo il meglio, e se decidiamo di firmare questo contratto con voi, dovrai essere tu a occuparti personalmente di me.”
Il modo in cui lo disse lasciava spazio a ogni tipo di interpretazione. In realtà Blaine non era sicuro del valore di Kurt, non aveva alcuna informazione a riguardo, e tutto ciò che sapeva era quello che Wes gli aveva raccontato. Ma voleva più di ogni altra cosa, avere la possibilità di lavorare a stretto contatto con l’uomo.
“Io non sono disponibile” rispose Kurt quasi senza pensarci.
Blaine sorrise. Gli occhi erano pieni di malizia e di un colore che Kurt raramente aveva avuto la fortuna di incontrare.
“Sono sicuro Mr. Hummel che pensandoci su capirà che la mia richiesta non è poi così irragionevole.”
Si avvicinò sedendosi sulla sua scrivania, a pochi centimetri da lui. “In fondo sei stato tu a dire di amare la mia musica, non c’è nessuno che potrebbe farlo meglio di te.”
“Io non seguo più gli artisti” ripeté Kurt, ma la sua voce era appena un sussurro. La vicinanza di Blaine gli rendeva quasi impossibile pensare.
Poi Blaine si avvicinò ancora, sporgendosi verso di lui. Così vicino che Kurt pensò per un istante che volesse baciarlo di nuovo. Ma prima che potesse decidere di avvicinarsi o allontanarsi, Blaine avvicinò le labbra al suo orecchio e sussurrò, “Hai ventiquattro ore di tempo per pensarci. Dopodiché ci rivolgeremo alla concorrenza.”
Poi si allontanò e Kurt riprese a respirare normalmente.
Lo guardò dirigersi con passo deciso verso la porta. Prima di abbassare la maniglia si voltò nuovamente verso di lui lanciandogli un sorriso disarmante.
“A domani Kurt” lo salutò, e Kurt si ritrovò di nuovo solo.
Quello, si disse fissando la porta, era davvero un pasticcio.

 
An: è questo è quanto per questa settimana. Avrei voluto aggiornare prima, ma una simpaticissima influenza ha pensato bene di tenermi compagnia più a lungo del previsto.
Se vi fa piacere fatemi sapere cosa ne pensate di questa storia. Please, please, pleeeeeeease.
Le vostre recensioni animano la mia immaginazione.
Alla settimana prossima.
Mary

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Decisioni ***


7
 
 
Non aveva dovuto aspettare così a lungo.
Blaine era tornato a casa soddisfatto da quell’incontro e con animo leggero.
Si era concentrato tutto il giorno sulla sua musica, sulle sue canzoni. Chiudendosi nella solitudine della concentrazione, in attesa.
La chiamata di Kurt era arrivata quel pomeriggio stesso. Era stata breve e concisa, giusto qualche parola per confermare la loro collaborazione e invitarlo a tornare nel suo ufficio il giorno dopo.
Kurt era sembrato estremamente professionale e distaccato. Troppo distaccato. Quasi forzatamente distaccato, si disse. Sapeva che qualcosa sotto la superficie stava ribollendo in attesa di essere svelata.
Non era stato difficile mettere da parte il passato e concentrarsi sul presente. Il destino aveva rimesso Kurt sulla sua strada e lui sarebbe stato un bugiardo se avesse detto di non aver pensato a lui di tanto in tanto in quegli anni. A quel ragazzo, giovane e dagli occhi del colore del cielo che era entrato nella sua vita in maniera assurda e aveva preceduto l’inizio della fine.
Erano state giornate difficili quelle che avevano seguito lo scandalo in cui era stato coinvolto, e lo avevano cambiato in maniera irreversibile.
Era stato quello il motivo che lo aveva spinto a ritirarsi dalle scene.
Le canzoni che aveva scritto non erano più parte di lui. L’amore per la musica e il suo lavoro non riempivano più le sue vene di ossigeno. Niente aveva più senso.
Aveva incaricato Wes di redigere un comunicato stampa, di seguire la causa riguardante il giornale che avevano denunciato e aveva fatto i bagagli.
Era tornato a casa, nella sua amata Inghilterra, dalle persone che amava.
La vita dopo quel giorno era stata più facile. Aveva acquistato una tenuta in Irlanda, in un luogo isolato, fatto per lo più di contadini e pastori, avvolto dal verde e dalla tranquillità che aveva cercato per tutta la vita. E in quel luogo, aveva smesso di essere Blaine Anderson, e aveva ricominciato ad essere Blaine.
Aveva ripreso lentamente a respirare, e la gioia di vivere poco alla volta era tornata a riempire le sue giornate. Si era preso cura di sé stesso, della sua terra, degli animali che avevano riempito la sua fattoria.
Poi un giorno, la voglia di fare musica era tornata.
Si era svegliato all’alba quella mattina, così come tante altre mattine prima di quella, si era seduto sul portico di casa con una tazza di caffè in mano, a guardare il sole sorgere, e l’aveva sentita.
L’ispirazione era tornata a riempire ogni angolo del suo cuore. Quel giorno si era chiuso nello studio che aveva usato raramente in quegli anni e aveva ripreso a scrivere.
Ci erano voluti altri due anni prima che si sentisse pronto a tornare sotto i riflettori. Ma le canzoni erano pronte e Wes era diventato piuttosto impaziente. Lo aveva assillato di telefonate e e-mails e più di una volta si era presentato fuori dalla sua porta con due biglietti di ritorno per Londra nelle mani.
Alla fine aveva ceduto.
Quando era arrivato a Londra, due giorni prima, aveva scoperto che Wes aveva già organizzato tutto. Dalla ricerca dello studio di registrazione, alla band, alla ricerca di un’etichetta che fosse pronto a produrlo. Ai PR che avrebbero dovuto rappresentarlo. Ed era questo probabilmente il motivo per cui avrebbe dato la vita per l’amico; Wes era il fratello che gli era sempre mancato.
La porta dell’appartamento si aprì richiudendosi con colpo sordo.
“Va bene, basta. È ora di parlare” esordì Wesley attraversando il salone e mettendosi a sedere sul divano di fronte a lui. Blaine era seduto al pianoforte, gli spartiti delle sue canzoni chiusi sul leggio.
“Di cosa stiamo parlando?” chiese rivolgendo uno sguardo innocente all’amico.
“Non ci provare. Come hai convinto Hummel a rappresentarti? Cos’è che non mi dici?”
“Lo sai che sono sempre stato una persona convincente. Hummel ha riconosciuto  il mio talento, e ha deciso che rappresentarmi fosse la cosa più sensata da fare.”
“E non vi conoscevate prima?” L’espressione sul suo volto era diventata sospettosa.
“No.” Sospirò. Troppo veloce, troppo netto. Non era mai stato bravo a mentire a una domanda diretta.
“Ah!” esclamò Wes balzando in piedi e avvicinandosi.
“Ah?”
“Si” rispose l’amico soddisfatto. “Ah! Perché ti conosco da quando avevamo poco più di sedici anni, ti ho visto ubriaco, ti ho visto felice e ti ho visto nudo più volte di quanto io non voglia ricordare, e conosco una bugia quando la sento uscire dalla tua bocca.”
Blaine sospirò. Era sempre stato un cruccio, quello di non riuscire a mentire all’amico. Non era mai riuscito a mantenere un segreto a lungo. Mai, si disse, se non per un minuscolo, insignificante bacio, dato a un perfetto sconosciuto, il giorno in cui la sua vita era cambiata.
Si girò sullo sgabello fino ad essere faccia a faccia con Wes.
“Cinque anni fa, il giorno in cui ho deciso di ritirarmi..” esordì.
“Si?” lo incitò Wesley incuriosito. Sorrise.
“Ti ho chiamato per venirmi a prendere all’uscita da un pub. Quando sei arrivato mi hai trovato chinato per strada di fronte a un uomo svenuto.”
“Il giornalista?”
“Esatto.”
Gli occhi di Wesley diventarono così grandi da coprire la maggior parte della sua faccia in un’espressione di stupore che Blaine raramente aveva avuto la fortuna di vedere.
“Mi stai dicendo che..”
“Che il giornalista che portammo a casa quella notte, era proprio Kurt Hummel.”
Nella stanza calò il silenzio.
Blaine aspettò, e aspettò, e aspettò ancora ma Wes sembrava essere entrato in una situazione di trance permanente.
“Wes?” chiamò tentando di riportare l’amico alla loro conversazione.
Wes si sfregò la fronte con le dita, quasi a voler ripulire i pensieri che aveva in mente.
“Accidenti. Cose che non accadono neanche nei migliori film. C’è altro che dovrei sapere?”
Blaine esitò. Se la reazione dell’amico era stata di quelle proporzioni solo alla notizia di chi fosse Kurt, non voleva pensare come avrebbe reagito all’ammissione di quello che era successo quella mattina.
“Giusto una cosuccia” ammise evitando di guardare Wes negli occhi.
“Tremo al pensiero.”
“La mattina dopo, quando salii in camera a controllare che Kurt stesse bene. Ci fu una discussione tra di noi e poi..”
“Poi?” l’espressione di Wes era tornata sospettosa.
“E poi ci fu un bacio” ammise tutto d’un fiato. 
Silenzio di nuovo.
“Kurt ti ha baciato?”
Non proprio, pensò Blaine imbarazzato. Anzi, per niente, si corresse ripensando al modo in cui lo aveva fermato mentre Kurt tentava di defilarsi da lui. Al modo in cui lo aveva attirato a sé.
“Non direi.”
“Non capisco.” L’ammissione dell’amico lo costrinse ad essere più chiaro. Sentì la punta delle orecchie bruciare per l’imbarazzo.
“Fui io a baciarlo.”
Ecco era fuori. Lo aveva detto, e adesso non rimaneva più niente di cui essere imbarazzato. Adesso poteva mettersi alle spalle quell’episodio e tornare a concentrarsi sul lavoro.
Lui e Kurt non avevano accennato a quel bacio durante la loro conversazione, e Blaine si era convinto che per l’uomo fosse stato un episodio in fondo dimenticabile.
Sapeva che era stupido pensare che qualcosa successo così tanto tempo fa avesse alcuna importanza, e se Kurt poteva dimenticarlo, allora avrebbe dimenticato anche lui.
E Wes era ancora in silenzio, si disse tornando all’amico.
Avrebbe dovuto usare informazioni del genere più spesso, se fosse servito a dargli tregua dal continuo chiacchierio a cui era sottoposto normalmente.
“Bene” disse poi battendo le mani davanti a sé. “Adesso possiamo parlare di lavoro. Hai portato i contratti da revisionare? Wes?”
“Non mi hai mai detto di aver baciato Kurt Hummel.”
E a quanto pare erano ancora fermi a quella discussione.
“Non ho pensato fosse importante” mentì.
“O al contrario, era qualcosa di importante che non volevi ammettere.”
“Non fare l’idiota Wes. Lo conoscevo appena, non so neanche cosa mi sia preso quella mattina.”
“Eppure lo hai baciato. E Blaine, celebrità o no, tu non sei il tipo da scappatelle, o da baci occasionali con giornalisti in incognito.”
“No, è vero. Ma capita a tutti di avere un momento di incertezza.”
Più che incertezza era stato un momento di vera e propria debolezza davanti a quegli occhi, pensò ricordando l’azzurro che l’aveva avvolto quando aveva poggiato le labbra contro quelle di Kurt.
“E ora hai deciso di lavorare con lui.”
“Sì, ho deciso di lavorare con lui” ripeté. “Se ovviamente hai intenzione di lasciarmi lavorare” si spazientì. Non era mai stato il tipo di persona a cui piaceva esprimere le proprie sensazioni, se non tramite musica. E quella discussione stava rotolando velocemente in territori delicati.
“Va bene, va bene” concesse Wes tirando fuori i contratti che avrebbero stipulato con la Hummel PR. “Un giorno però mi dovrai raccontare di quale arma tu abbia usato per convincere Kurt Hummel a lavorare direttamente per te.”
Blaine annuì senza nessuna intenzione di tornare sull’argomento.
“Abbiamo preso appuntamento per domani” gli disse. “Gli porterò alcune delle canzoni che abbiamo scelto per l’album. Poi parleremo di promozione. Hai prenotato lo studio di registrazione?”
“La prossima settimana” rispose Wes scorrendo la sua agenda elettronica. “Abbiamo un paio di mesi per finire il lavoro e mandarlo in revisione. Lascerò ad Hummel l’organizzazione dei servizi fotografici, compresi quelli per il booklet dell’album. Io mi occuperò della casa discografica.”
“Sto facendo la cosa giusta Wes?” chiese poi. “Il mercato musicale non da’ seconde possibilità. Potrebbe essere il fallimento più colossale della storia.”
“Certo. E gli asini potrebbero iniziare a volare domani” ribatté l’amico. “Blaine, i tuoi fan ancora mandano lettere al mio ufficio chiedendomi quando tornerai. Ogni giorno. Non prendiamoci in giro. Il mondo ti sta aspettando.”
Blaine annuì. Non era nella sua natura essere troppo sicuro di sé, e Wes era sempre stato la parte più sicura del suo ego.
Lavorarono in silenzio per qualche minuto. Rileggendo le clausole legate ai contratti stilati dagli avvocati. Ma c’era qualcosa ancora che riverberava nella sua mente. Un richiamo che non sentiva da tanto tempo.
Aveva avuto le sue storie negli anni. Due, si disse, due storie importanti. Due uomini diversi che per un motivo o per un altro si era convinto di amare.
Ma quelle storie erano finite, e Blaine dopo, era rimasto con l’impressione di aver agito per solitudine e non perché trasportato da sentimenti profondi. Il perché questi pensieri lo attraversassero adesso e fossero stati sollecitati da un uomo che aveva visto un paio di volte nella vita, era un mistero che non riusciva a spiegarsi.
Non che Blaine non credesse al destino, o alle connessioni create attraverso un solo sguardo. Era un autore in fondo, la poesia dei sentimenti era il suo pane quotidiano. Ma Kurt Hummel? Un uomo con cui aveva condiviso solo una lite furibonda e un bacio avvenuto subito dopo? Un uomo con cui aveva conversato in totale per poco più di mezzora in cinque anni? Poteva essere attratto in questo modo da una persona del genere? E anche se così fosse stato con una collaborazione alle porte, era il caso di rischiare?
“Aspetta almeno che abbiamo firmato i contratti” disse Wes di punto in bianco.
“Come?” chiese confuso.
“Se devi dare la caccia a questo Hummel aspetta almeno che siamo vincolati per contratto prima che le cose prendano una qualunque piega. Non vorrei ritrovarmi senza PR a pochi mesi dal lancio dell’album.”
Sorrise. Sapeva che quello era il modo di Wes di incoraggiarlo a seguire il suo istinto.
La caccia a Kurt Hummel iniziava adesso.

 
An: ebbene anche questo capitolo è terminato. Mi sembrava giusto fare luce sugli anni che Blaine aveva trascorso lontano dalle scene. L’idea di un Blaine dato alla vita di campagna è sempre stata allettante nella mia mente. Chissà che non ne venga fuori una storia a parte. Lol.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che vi sia piaciuto a tal punto da lasciare un commentuccio ;)
Alla prossima settimana.
Mary

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** RE-PLAY ***


8

RE-PLAY
 
 
“Dovresti licenziare la tua receptionist.”
Kurt alzò lo sguardo su Blaine, che lo osservava dalla porta.
Quella mattina era vestito in maniera più informale rispetto al giorno prima. Indossava una camicia bianca, coperta da un cardigan rosso, dall’aspetto casual ma ricercato al tempo stesso e un paio di jeans stretti. Molto stretti, si disse osservandolo. A completare l’opera, attorno al colletto bianco c’era un farfallino blu. Un farfallino. Blaine sembrava uscito da un catalogo di moda, e lo stava fissando in attesa che lui dicesse qualcosa.
“Come prego?”
“La tua receptionist. Non è alla sua postazione. Ho aspettato per cinque minuti che arrivasse.”
“Io non..”
“E ovviamente mi sono dovuto auto annunciare” affermò avvicinandosi e mettendosi comodo su una delle sedie di pelle che fronteggiavano la sua scrivania.
“Più che altro sei entrato senza bussare.”
Blaine alzò le mani in segno di resa.
“Colpevole. Ma mi piace prenderti alla sprovvista.”
Il suo sorriso avrebbe potuto illuminare l’intero ufficio. C’era qualcosa di malizioso nella sua espressione. Come se fosse depositario di un segreto che nessuno conosceva. Sospirò. Meglio non soffermarsi sui sorrisi di Blaine Anderson.
“Ti aspettavo mezzora fa” disse poi tentando di rimettere in ordine i suoi pensieri. “Se dovremo lavorare insieme mi aspetto puntualità Blaine. Ho un appuntamento tra quindici minuti e non posso spostarlo. Qui l’atteggiamento da star non attacca.”
“Sono rimasto bloccato nel traffico” si giustificò. Kurt sembrava stranamente nervoso.
“Non importa. Passiamo al lavoro. Hai portato il materiale?”
Blaine gli porse una chiavetta. “Vogliamo ascoltare qualche pezzo?”
“Non adesso” rispose. “Ci sono un paio di cose che dobbiamo sistemare prima. Hai un’intervista in settimana con il Music of the World. Dobbiamo rilanciare te, prima di pensare a rilanciare la tua musica. Mi sono fatto mandare una lista di domande che il giornalista vorrebbe proporre.”
Blaine aggrottò la fronte, confuso.
“Perché ci ha inviato le sue domande?”
Non era mai capitato durante tutta la sua carriera di prepararsi a un’intervista.
“Perché sono stato io a chiedergliele. Da ora in poi ogni intervista che verrà fatta, sarà prima autorizzata da noi.”
“Non sono sicuro che mi piaccia questo modo di fare. Le interviste perderanno di spontaneità.”
Kurt si appoggiò allo schienale della sua poltrona incrociando le braccia.
“Questo è il mio metodo di lavoro. Non voglio che facciano domande a cui non vogliamo rispondere.”
“Come ad esempio..” chiese Blaine.
Kurt aprì la cartella inviatagli.
“Domanda numero due” lesse. “È lontano dalle scene da tanto tempo. Questo ha in qualche modo a che vedere con lo scandalo in cui è rimasto coinvolto anni fa? Lei e Ms. Ewinton eravate coinvolti in una relazione clandestina che alla fine è sfociata in una denuncia per coprire la verità?”
Blaine rimase in silenzio. Kurt vide l’espressione dell’uomo tramutarsi. La leggerezza nella sua espressione cambiare. Diventare più inquieta.
“Domanda numero due” ripeté. “Credevo fosse un giornale di musica.”
“Lo è” confermò Kurt richiudendo la cartella. “Non sono sicuro di poter dire lo stesso del giornalista.”
Avrebbe dovuto essere preparato. Era quello in fondo, il motivo per cui si era ritirato dalle scene. La sua incapacità di gestire il lato più oscuro dello spettacolo.
“Qual’era la prima domanda?”
Kurt sorrise. Un sorriso beffardo ma rassegnato.
“Come sta questa mattina?”
Blaine annuì.
“Suppongo di dovermi ritenere fortunato che non fosse la prima domanda.”
“Ne dovrai affrontare parecchie di queste interviste, Blaine. Il mio compito è quello di renderle più tolleranti possibile. A meno che..”
“A meno che?”
“A meno che tu non voglia rispondere a questo genere di domande almeno una volta. Raccontare la tua verità e poi lasciarti tutto alle spalle.”
Kurt tentò di non far trasparire la sua curiosità. La necessità quasi inarrestabile di sapere cosa fosse successo dopo. Come Blaine avesse reagito al post scandalo. La sua reazione quando la causa si era conclusa in un nulla di fatto.
“Puoi chiedermelo.”
La voce di Blaine era seria. Quasi come lo era stata cinque anni prima. Appesantita probabilmente da pensieri poco felici.
“Chiedere cosa?”
“Chiedere cosa sia successo. Cinque anni fa eri un giornalista in cerca di scoop, ora sei il mio Pubblicitario. Ci sono cose che dovrai sapere, soprattutto se dovrai agire come mio portavoce.”
“D’accordo” sospirò facendosi coraggio. “Perché non mi racconti tu quello è successo. Quello che DEVO sapere” sottolineò.
Il silenzio che seguì fu carico di tensione.
“Credevo di aver trovato un’amica” iniziò Blaine. “Ero solo, in una città che non conoscevo, immerso nel più meraviglioso anonimato. E ho fatto l’errore di fidarmi di un’arrivista. Poco importava che nessuno mi conoscesse, lei aveva solo bisogno di una controparte maschile nei suoi stupidi giochi di notorietà.”
“Voleva far parlare di sé” concluse Kurt.
“Hollywood si stava dimenticando di lei” ribatté. “Era alla disperata ricerca di attenzione e mi ha trascinato giù con sé. In meno di quarantotto ore, ho perso tutto ciò per cui avevo lottato. Pace, anonimato, tranquillità. Non c’era più nulla. La decisione di far causa al giornale che aveva pubblicato l’articolo è stata solo una manovra per costringerli ad ammettere di essere stati chiamati da Sheyla. Lo hanno fatto. Da lì tutto si è ramificato. Sheyla ha fatto causa al giornale. Io ho fatto causa a Sheyla. Tutto ciò che sono riuscito a ottenere sono stati pochi spiccioli che ho dato in beneficienza e le scuse del giornale. Almeno così mi ha detto Wes. Io non ero più negli Stati Uniti da mesi ormai.”
“Eri tornato qui?”
Non aveva più senso ormai trattenersi dal fare domande. Blaine gli aveva dato il permesso di chiedere e Kurt aveva vissuto sopraffatto dalla curiosità per troppo tempo, per lasciarsi sfuggire un’occasione del genere.
“Si” continuò Blaine. “Ho comprato una fattoria in Irlanda. Ho vissuto in un paradiso per anni, in attesa che l’ispirazione tornasse. In attesa che la musica tornasse a scorrere nelle mie vene. Poi un giorno ho ripreso a scrivere. Da allora non ho più smesso.”
“E adesso sei qui.”
“E adesso sono qui” confermò. Sembrò immerso nei suoi pensieri per qualche istante. “Il passato è passato” disse poi. “Non voglio tornare sui miei passi.”
Kurt sorrise. Prese il pennarello rosso dal suo portapenne e tirò una linea dritta sulla domanda.
“Il resto delle domande sono accessibili. Per lo più riguardanti la tua musica, e il nuovo album. Il che ci porta” disse prendendo la chiavetta. “A questo.”
Kurt tentò di contenere l’entusiasmo. Era difficile. Stava per ascoltare il nuovo album di Blaine. Avrebbe dovuto aiutarlo a scegliere le tracce da pubblicare. Tentò di non farsi prendere dall’entusiasmo. L’ultima cosa che gli serviva, era mostrarsi di fronte a lui come uno dei suoi fan.
Quando le prime note riempirono la stanza, chiuse gli occhi concentrandosi sulla melodia. Era dolce e coinvolgente. Sembrava carica di tristezza.
Riusciva a immaginare Blaine, nella sua tenuta di campagna, suonare quelle note al pianoforte. I piedi scalzi, gli occhi chiusi. Totalmente preso dalla musica che stava creando.
Quando riaprì gli occhi, trovò lo sguardo di Blaine su di sé.
 
Blaine non aveva avuto nessuna intenzione di parlare. Guardare Kurt coinvolto dalla sua musica era stata un’esperienza affascinante. Ma quando i loro sguardi si erano incrociati, ancora prima che l’intro della canzone finisse, non aveva saputo resistere.
“Pensi mai a quel bacio?”
Il pennarello che Kurt aveva nelle mani cadde sulla scrivania rotolando per terra. Le sue guance diventarono porpora, gli occhi brillanti per l’imbarazzo.
“Come scusa?”
Lo ripeteva spesso, quando era confuso, notò Blaine. Probabilmente nel tentativo di trovare le parole giuste per rispondere.
“Quel bacio” ripeté sporgendosi in avanti. “Cinque anni fa. Quella mattina, quando ci ritrovammo soli nella stanza degli ospiti.”
“Io.. ricordo quello che è successo” ammise imbarazzato. Perché? Perché Blaine stava rivangando il passato?
“Ci pensi mai?”
Gli occhi di Blaine erano fissi nei suoi. Il suo sorriso malizioso.
“Non sono stato io ad iniziare quel bacio.”
Non era esattamente una risposta, ma era l’unica che avesse.
Perché dirgli che ci aveva pensato talmente tanto da sentirsi ossessionato, non era una possibilità.
Dirgli che ogni bacio da quel giorno era stato paragonato al loro, sarebbe stato ridicolo.
Raccontargli che un semplice incontro di labbra, con un uomo che non conosceva, lo avesse cambiato a vita, era semplicemente impensabile.
“No” ammise Blaine mettendosi in piedi e girando attorno alla scrivania che li separava. “Ma ricordo di una certa partecipazione da parte tua.”
Blaine si sedette sulla scrivania, direttamente di fronte a lui. Era una posizione che sembrava piacergli. Kurt si alzò facendo qualche passo indietro, il volto in fiamme.
“Gradirei che mantenessi le distanze.”
Blaine sorrise ma lo seguì. Un passo avanti e uno indietro. Una danza tra di loro.
Quando Kurt andò a sbattere contro la libreria Blaine si fece avanti invadendo il suo spazio personale.
Era vicino, al punto da poter sentire il suo profumo.
I suoi occhi studiarono il viso di Kurt come se stesse cercando qualcosa.
“Dimmi che non ci pensi mai” sussurrò poggiando le mani contro la libreria all’altezza dei suoi fianchi e premendosi contro di lui. Kurt si sentì in trappola.
“Blaine.”
Kurt premette i palmi delle mani contro il suo petto, spingendo. Ma Blaine sembrava ancorato al pavimento. Irremovibile.
“Kurt” rispose con un sorriso. Le labbra a pochi centimetri dalle sue. “Non pensi mai a come sarebbe adesso quel bacio?”
“Io non fraternizzo con i clienti.”
Ma la sua voce non aveva nessun tipo di convinzione.
Perché Blaine era lì a pochi centimetri da lui. Vicino a tal punto da poter sentire il suo respiro sulle sue labbra e il suo calore contro la sua pelle. E lo guardava come se volesse baciarlo, e Kurt non riusciva neanche a immaginare una possibilità simile. Che Blaine per la seconda volta, a distanza di cinque anni, potesse volerlo ancora.
In preda al panico, lo vide accorciare la distanza tra di loro, chiudere gli occhi, e le sue mani si strinsero contro il suo cardigan. Se nel tentativo di avvicinarlo o respingerlo, Kurt non aveva idea.
Poi l’interfono suonò facendoli sobbalzare. Blaine si tirò indietro lanciando un’occhiataccia al telefono.
“Mr. Hummel” gracchiò Jane. “Il suo cliente, Mr. Hamilton è qui.”
Blaine si allontanò passandosi una mano tra i capelli.
“Adesso decide di fare il suo lavoro” mormorò.
Quando guardò Kurt, lo vide immobile nello stesso punto in cui era prima. I suoi occhi erano sbarrati per lo stupore.
Sorrise.
“La lascio al suo lavoro Mr. Hummel.” disse dirigendosi all’uscita. “Prenderò appuntamento con la sua assistente per rivederla.”
Poi se ne andò.
Kurt rimase in silenzio. Lo sguardo fisso sulla porta ormai chiusa, il cuore in subbuglio. Blaine Anderson aveva tentato di baciarlo. Di nuovo.
Sospirò.
“Accidenti…”

AN: bene, bene.
Anche questo capitolo è giunto alla fine.
Se vorrete lasciare un commento, al solito, mi renderete moooolto felice. Also, mi darete un’idea di quanto amiate o odiate questa fanfic. Difficile a dirsi altrimenti ;)
Nel prossimo capitolo: cena per due?
 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Cena a due ***


An: sorry sorry sorry.
Sembra esserci voluta una vita per aggiornare la storia, ma spero di riuscire a farmi perdonare con un capitolo più lungo. Sono stati giorni strani fatti di dubbi e incertezze riguardo a questa storia. Ma ne sono venuta a capo, e credo, CREDO, di esserne venuta fuori a testa alta ;)
Buona Lettura!
 
9
 
 
C’erano diverse cose di cui Kurt Hummel andava fiero.
Il suo stile, prima di tutto. Il modo in cui affrontava con incredibile aplomb qualunque sfida la vita avesse deciso di lanciargli. La sua fedeltà inesauribile nei confronti degli amici, l’amore della sua famiglia. L’intelligenza che lo aveva fatto emergere dal mare di PR poco noti e assolutamente inutili che intasavano il suo ambito lavorativo.
Eppure, l’acutissimo Kurt Hummel, si trovava per la prima volta, di fronte a una situazione che non riusciva a comprendere. Una situazione che portava il nome di Blaine Anderson.
Blaine che aveva richiesto di lavorare direttamente con lui, nonostante cinque anni prima Kurt avesse tentato di imbrogliarlo.
Blaine che il giorno prima lo aveva stretto al muro, risvegliando una parte di sé che credeva sopita da un pezzo. Blaine che a quanto sembrava, non era in grado di rispettare un appuntamento lavorativo neanche per salvarsi la vita.
Aveva annullato con un sms l’incontro fissato con la sua assistente per quella mattina e lo aveva pregato di passare da lui per concludere i contratti che erano rimasti in sospeso.
Era quello il motivo per cui Kurt, astutissimo ma decisamente fuori forma per quanto riguardava le interazioni con altri uomini, si era ritrovato davanti alla porta di una camera d’albergo, alle nove di sera, con in mano dei documenti che il suo assistito avrebbe dovuto firmare quella mattina.
“Mezzora” si disse. Il tempo di firmare le carte e mettersi d’accordo per un altro appuntamento e poi di corsa a casa. Non che temesse di rimanere da solo in una stanza con Blaine.
Doveva ancora nascere l’uomo che lo mettesse alle strette. A meno, si corresse, tali strette non fossero quelle del suo ufficio, e quell’uomo non fosse Blaine.
Scosse la testa nel vano tentativo di chiarirsi le idee. Quell’uomo sembrava ridurlo a un ammasso di nervi.
“Coraggio,” mormorò tra sé e sé. Poi alzò il pugno battendolo contro la porta.
“Un attimo.” La voce di Blaine risuonò dall’altra parte.
Sentì un tonfo, seguito da una serie di imprecazioni. Quando Blaine aprì la porta, trafelato e con un piede in mano, sorrise.
“Male?” chiese tentando di rimanere impassibile, ma era un’impresa piuttosto difficile. Blaine stava saltellando dal dolore, gli occhi ancora fissi sui suoi piedi scalzi.
“Malissimo” rispose ancora irritato. “Il mio mignolo ha fatto amicizia con la scrivania.” Poi alzò lo sguardo su di lui, e la sua espressione cambiò talmente in fretta da fargli girare la testa.
“Hey,” lo salutò. E Kurt pensò, che in quel momento, neanche un sole nascente avrebbe potuto brillare più di quel sorriso.
Dannato Blaine Anderson, e dannati i suoi occhi d’ambra.
“Hey” rispose, tentando di riportare i suoi pensieri su strade più dignitose. Alzò la cartelletta che si era portato dietro dal suo ufficio. “Pronto a lavorare?”
Blaine non rispose ma si scansò dall’ingresso invitandolo ad entrare.
La stanza, o meglio l’appartamento in cui viveva, non era esattamente ridicolo nel suo lusso, ma aveva l’aria di essere dispendioso.
Era ordinato, ma vissuto. Kurt poteva vedere diverse paia di scarpe accatastate una sull’altra accanto al divano.  Il tavolino basso, coperto di fogli. Un pianoforte accanto alla finestra.
“Da quanto vivi qui?” chiese senza riuscire a trattenersi.
Si trovavano in un albergo a cinque stelle e Blaine aveva detto di essere in città da un paio di giorni, ,ma quel piano sembrava appartenere più a una casa che a una suite affittata per un breve periodo di tempo.
“Non vivo qui” rispose Blaine alle sue spalle. Si voltò a guardarlo confuso. “Wes ha affittato questa suite per me prima ancora che partissi. L’ha sistemata secondo le mie necessità. Io non ho una casa a Londra,” spiegò. “Troppe attenzioni. Troppa gente.”
“Il tuo amico sa esattamente come fare il suo lavoro.”
“Non lo dire mai di fronte a lui,” ribatté Blaine con un sorriso complice. “Potrebbe non riaversene più. Da come parla di te sembra che sia innamorato. Professionalmente parlando ovviamente.”
“Ovviamente,” ripeté Kurt arrossendo.
“Non che sia impossibile innamorarsi di te al di fuori del lavoro” balbettò.
Il silenzio che accompagnò quelle poche battute si caricò d’imbarazzo. Kurt rimase in silenzio, in attesa.
“Lavoro?” chiese Blaine all’improvviso. E Kurt ringraziò il cielo per quel diversivo.
“Lavoro” confermò mettendosi a sedere.
Il lavoro era facile. Il lavoro era conosciuto, prevedibile. Il lavoro non lo guardava negli occhi come se volesse strappargli via i vestiti da un momento all’altro.
“Tra un paio di giorni indiremo una conferenza stampa” annunciò. “È ora di farci avanti. Il giorno stesso avrai l’intervista con il Music of the world.”
Blaine rimase in silenzio. L’espressione corrugata. Come se all’improvviso non fosse più sicuro di quel che stava facendo.
“Blaine?” sussurrò nel silenzio della stanza.
Blaine sorrise, ma per qualche ragione Kurt si sentì a disagio. Si erano visti poco, e si conoscevano ancora meno, ma Kurt sapeva, con una certezza che lo spaventava, che quel sorriso non era sincero.
“Se hai dei dubbi,” tentò. “Se pensi che qualcosa nella gestione del tuo rilancio non vada bene, ne possiamo parlare.”
Il silenzio si protrasse ancora per qualche istante, poi Blaine sospirò.
“Non ho dubbi sulla tua professionalità Kurt. È che a volte..” si bloccò in cerca delle parole giuste. “A volte mi sembra che sia tutto un grande errore. Che forse sarei dovuto rimanere in Irlanda, con le mie pecore, e le mie galline. Con le mie albe pacifiche e i tramonti infiniti.”
Lo sguardo di Blaine si perse nei ricordi della sua vecchia vita.
Kurt si chiese in quel momento chi fosse davvero. Se il musicista arrabbiato col mondo che aveva conosciuto da ragazzo o l’uomo indisponente che lo aveva corteggiato il giorno prima.
O se il vero Blaine fosse quello davanti a lui. Profondo e sensibile. E nostalgico di una tranquillità che probabilmente non avrebbe mai più avuto.
Non dopo la pubblicità che lo aspettava.
“Saresti felice in quella vita?”
“Non lo so” sussurrò. “Quando canto la mia vita è completa. La musica mi scorre nelle vene. È quello che sono, ciò per cui vivo. Poi però arriva questa parte. Le pubblicità e le domande, e l’invasione della privacy. E vengo assalito di nuovo dai dubbi.”
“Blaine,” tentò.
“Lo so, lo so” lo interruppe con un mezzo sorriso. “Mi sto comportando da ragazzino viziato. Prometto di non crearti problemi. Parlavamo di interviste,” continuò con un gesto della mano. Sembrava imbarazzato da quel momento di onestà. Quasi a voler dimenticare l’accaduto. Dubbi compresi.
“Blaine,” ritentò cercando le parole giuste. Non era sua abitudine entrare in confidenza con i suoi clienti, ma c’era qualcosa in Blaine che lo spingeva a volerne sapere di più. A voler chiedere di più. “Non è necessario rimanere dentro l’occhio del ciclone. Lanceremo la tua musica, faremo le nostre interviste, e poi potrai tornare in Irlanda in attesa del tour. Puoi avere tutte e due le cose,” promise.
In realtà non era sicuro neanche di quello. Sapeva quanto i paparazzi fossero pericolosi. Quanto poca cura avessero dei sentimenti degli altri.
Il sorriso che Blaine gli rivolse fu leggero. Quasi tenero.
“Non prendiamoci in giro, Kurt. Sappiamo bene entrambi che una volta tornato perderò quel poco di privacy che mi è rimasta.”
“Non potrai tornare all’anonimato, questo è vero. È bene che tu sia sicuro di quello che fai.”
Non era esattamente un ultimatum, ma era importante che Blaine capisse che qualunque decisione avrebbe preso, avrebbe dovuto mantenerla.
“Non sono un ragazzino,” rispose. L’irritazione tornò a colorare il suo tono di voce. “Se sono tornato è perché non posso farne a meno. Perché per quanto ci siano cose che mi rendono miserabile, ci sono parti di questo lavoro che mi rendono felice più di ogni altra cosa al mondo.”
“Bene,” sospirò Kurt a quel punto, tentando di placare la conversazione. “Allora mettiamoci a lavoro. È tempo di firme. E dobbiamo discutere la presentazione del tuo album. La tua casa discografica si è occupata della musica. Ho ricevuto oggi il testo di presentazione del cd. Devi vagliarlo e dare l’ok. Blaine? Blaine?” chiese di nuovo quando non ottenne risposta. Blaine sembrava concentrato su qualcosa. Su cosa Kurt, non aveva la più pallida idea.
“Blaine?” chiamò di nuovo.
L’uomo sembrò riscuotersi e tornò a guardarlo.
“Ho fame” annunciò. “Andiamo. Possiamo parlare mentre prepariamo la cena.”
“Prepariamo?” chiese scettico. Poi si maledì. Per qualche ragione, l’idea di rifiutare, non gli era neanche passata per la mente.
“Hey. Non sei costretto ad aiutare. Se non ne sei capace puoi semplicemente sederti a guardarmi lavorare,” scherzò Blaine dirigendosi verso la cucina.
“Non ho detto questo” protestò seguendolo. “Sono un cuoco splendido.”
La cucina di Blaine, come il resto della suite, era impeccabile, ma tinta di personale. Frutta fresca, ancora fogli, probabilmente spartiti, e un bollitore elettrico affiancato da una confezione di tè che sarebbe bastata a dissetare l’intero Hotel.
Blaine aprì il frigorifero tirando fuori diversi alimenti. Verdure, a quanto sembrava. Carne bianca. Un vasetto di spezie fresche.
“Ti piace cucinare?” chiese. Non era esattamente tipico delle star che aveva frequentato. Molti avevano cuochi sempre a disposizione. Alcuni non si curavano neanche di sapere da dove arrivasse il cibo.
“Ho sempre amato la cucina,” rispose Blaine tirando fuori dei taglieri e due coltelli. “In Irlanda ho imparato ad apprezzare ancora di più il tempo speso a preparare i pasti. Mi faceva bene concentrarmi sul cibo, sulla preparazione degli ingredienti. C’è arte anche in un pranzo fatto bene,” concluse lanciando a Kurt un’occhiata. Gli passò dei peperoni. “Inizia a tagliare,” ordinò. Poi si mise a lavoro sulla carne.
Lavorarono in silenzio per qualche minuto.
Kurt osservò Blaine condire la carne. C’era domesticità nei suoi gesti. Una familiarità che rendeva tutto più domestico. Come se fosse in compagnia di un vecchio amico. Di qualcuno che conosceva da sempre.
“Hai finito di ascoltare l’album?” chiese Blaine di punto in bianco, mentre metteva la carne sul fuoco.
“Finito?” rise. “Blaine credo di conoscere ogni canzone a memoria ormai. Tutte e trenta.”
Blaine si girò a guardarlo, stupito.
“Eh?” chiese. Come se fosse incerto della qualità della sua musica. Kurt si chiese, non per la prima volta, chi diavolo fosse realmente l’uomo davanti a lui.
“Ed è splendido Blaine. Non so come riuscirai a venir fuori con sole tredici canzoni.”
Si avvicinò, passandogli la verdura. Lo guardò metterle sul fuoco poi continuò.
“Ci sono un paio di canzoni che lasciano senza fiato. Soprattutto Snowblind.” Notò Blaine irrigidirsi. Fu solo un attimo, poi tutto tornò come prima. “Hai scritto la dichiarazione per la stampa?”
Blaine scosse la testa.
“Non sono mai stato tipo da preparare discorsi. Dirò quello che vorrò dire, nel momento in cui lo vorrò dire.”
“Spero allora che in quel momento ciò che sentirai di dire non sia di mandar a quel paese i giornalisti.”
“Non temere Kurt,” lo tranquillizzò. “Non ne sono mai stato il tipo.”
“Ti stupirebbe sapere della quantità di volte in cui ho dovuto salvare dalla rovina un assistito che a prima vista sembrava tranquillo. La persone, gli artisti soprattutto, si lasciano andare alla rabbia nei momenti meno opportuni.”
“In realtà conosco abbastanza il mondo della musica da averne viste tante se non più di quante non ne abbia viste tu.”
E Kurt pensò di essere ammattito, perché per un momento era convinto di aver visto Blaine fargli l’occhiolino. L’occhiolino. A lui.
Era impossibile, si disse. O forse no, si corresse, ripensando al giorno prima.
Consumarono la cena amichevolmente. Parlarono del più e del meno. Discussero le future mosse pubblicitarie. Fu facile per Kurt, dimenticarsi per qualche ora del mondo attorno a loro.
Di essersi ripromesso che non avrebbe mai fraternizzato con un suo cliente.
Sarebbe stato facile, troppo facile per lui invitare Blaine nella sua vita. Aveva passato in fondo gli ultimi anni a pensare a lui, e adesso che iniziava a conoscerlo, poteva sentire l’interesse nei suoi confronti aumentare in maniera esponenziale. Ma non era ciò che voleva. Relazioni di quel tipo erano sempre foriere di disastro e Kurt aveva già affrontato troppi dispiaceri nella sua vita.
“Non ricordo neanche l’ultima volta in cui ho consumato un pasto fatto in casa per me,” mormorò soddisfatto a cena terminata.
Blaine lo stava osservando, attento. Gli occhi fissi nei suoi.
“Non c’è nessuno che ti prepari la cena?”
La domanda avrebbe dovuto essere innocente, eppure qualcosa nelle sue parole sembrava intimamente pericoloso.
Scosse la testa con un sorriso.
“Vivo da solo da anni. E Mary Jane, la mia migliore amica, messa ai fornelli è pericolosa come poche altre persone.”
“Nessun uomo che ti corteggi invitandoti per una cena intima?”
Kurt sentì le guance colorarsi per l’imbarazzo. Come diavolo si ritrovava sempre nella situazione di voler sprofondare davanti a Blaine?
“No” rispose mettendosi in piedi e iniziando a raccogliere i piatti. “Nessuno abbastanza importante da varcare la soglia di casa.”
Tenne gli occhi bassi sul tavolo, tentando di evitare lo sguardo di Blaine, che sembrava bruciare sulla sua pelle.
“Lascia stare” mormorò Blaine intercettando la sua mano mentre tentava di ritirare i piatti.
“È giusto che ti aiuti” protestò senza guardarlo. Ma la mano di Blaine si era ancorata alla sua, e  Blaine si era messo in piedi accanto a lui invadendo il suo spazio personale.
“Kurt.”
Il suo sussurro provocò una serie di brividi lungo il suo corpo. Su per la schiena, fino a raggiungere il collo, le labbra.
Era la sua voce. Era sempre stata la sua voce a trascinarlo in basso. Ad attirarlo a lui. Alzò lo sguardo e si ritrovò inchiodato da occhi del colore del miele.
Blaine non aveva detto altro, gli era bastato pronunciare il suo nome. La testa inclinata quasi lo stesse studiando. Come se fosse un animale esotico e raro.
“Dovresti avere qualcuno che ti vizi.” disse Blaine facendo un altro passo avanti. Kurt ne fece uno indietro.
“Non ho tempo per i vizi” balbettò. “Non ho tempo per le relazioni.”
Sospirò tentando di tenere a bada i battiti del suo cuore.
Dio, quanto avrebbe voluto lasciarsi andare. Stringere le braccia attorno a lui, e permettere a Blaine di posare ancora una volta, per un magnifico istante, le labbra sulle proprie.
Ma anni di muri elevati per proteggersi e di delusioni lo avevano reso scettico. Sull’amore in generale. Sulle relazioni con qualunque tipo di uomo.
E Blaine, lui aveva sempre avuto qualcosa di speciale. Come se fosse stato un regalo in attesa di essere scartato. Un’opportunità in attesa di essere colta. Ma non da lui, si disse, facendo un altro passo indietro.
Kurt Hummel era il pubblicitario più noto dell’ambiente musicale. Una relazione con un assistito avrebbe distrutto la sua credibilità e avrebbe messo Blaine sotto i riflettori. Rendendolo noto non per la sua musica ma per il gossip che avrebbero provocato.
No. Era una relazione impossibile.
“Adesso devo andare” annunciò. La sua voce stranamente ferma e decisa, nonostante il caos dei suoi pensieri.  “Grazie per la cena, ma la prossima volta prova a rispettare gli impegni presi. Non ci saranno altre riunioni notturne.”
Detto questo si defilò prima che Blaine potesse rispondere, o anche solo riscuotersi dalla confusione che il suo atteggiamento gli aveva provocato.
Ci era quasi ricascato, si ammonì tornando a casa. Ma Kurt non era più il ragazzino di una volta, e non ci sarebbe stato un altro Mark nella sua vita.

An: and we’re done. Al solito, se vorrete lasciarmi un commento su questa storia, ne sarò più che felice.
Voglio ringraziare anche tutti quelli che hanno commentato, spronandomi ad andare avanti.
Nel prossimo capitolo: i pensieri di Blaine, la sua prima conferenza stampa e Snowblind. E…chi è Mark?
A presto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Snowblind ***


10
 
 
Era difficile riuscire a capire il motivo per cui Kurt continuasse a tirarsi indietro.
Blaine era sicuro che non fosse indifferenza. Aveva visto le sue reazioni quando erano stati vicini. Aveva notato il suo sguardo quando aveva tentato di baciarlo.
No, Kurt decisamente non era indifferente. Kurt era spaventato.
Di cosa, Blaine non aveva la più pallida idea.
Negli ultimi giorni l’uomo si era reso praticamente inaccessibile a tutto ciò che non fosse lavoro.
Non gli aveva rivolto un sorriso, né uno sguardo complice. Si era rifiutato categoricamente di incontrarlo in qualunque luogo al di fuori dal suo ufficio.
Kurt Hummel stava scappando, e Blaine non sapeva come fermare la sua corsa.
“…tutto questo tempo. Mr. Anderson?”
Blaine alzò gli occhi sul pubblico di fronte a lui. Giusto, si disse. La conferenza stampa.
Si era messo a pensare a Kurt durante la sua prima conferenza stampa in cinque anni.
“Scusi” mormorò imbarazzato. “Può ripetere la domanda?”
Sentì lo sguardo di Kurt su di sé ma lo ignorò. Sarebbe stato difficile pensare ad altro, se avesse incrociato gli occhi azzurri del suo pubblicitario.
“Quanto è cambiato il suo modo di fare musica, dopo tutto questo tempo?” ripeté il giornalista. Si costrinse a prestare attenzione.
“Non molto” rispose con un mezzo sorriso. “Fare musica è sempre stata la parte facile. Mi sono sempre fatto trasportare dalle emozioni, guidare dai sentimenti. Quest’album non è diverso.”
“Non ha paura che il mondo della musica non abbia più spazio per lei?” chiese un altro giornalista, dal lato opposto della sala.
Blaine tentò di quietare le paure che lo assalivano ogni volta che quella domanda attraversava la sua mente.
“Spero di no” sdrammatizzò provocando le risate dei giornalisti. “In verità non è qualcosa che posso controllare. Tento di preoccuparmene il meno possibile. In fondo la risposta a questa domanda arriverà molto presto.”
“Il prossimo” intercettò Kurt guardando l’orologio. Blaine mantenne lo sguardo fisso davanti a sé.
“Mr. Anderson” chiamò una donna seduta direttamente di fronte a lui. “Ha più avuto modo di incontrare Ms. Ewinton? Si dice che la sua carriera sia precipitata a causa della vostra controversia.”
Sospirò. Ed eccola lì, la domanda che aveva temuto più di tutte.
A neanche dieci minuti dall’inizio della conferenza stampa, nessuno aveva più alcun tipo di interesse per il suo album. Reporter di riviste musicali, che facevano domande di gossip. Sentì la gola costringersi. Il cuore appesantirsi per l’ennesima volta.
In quel momento la voce di Kurt tornò a riempire la sala.
“Mr. Anderson è qui per parlare del suo album. Eventi facenti parte di un passato così lontano non sono di alcun interesse per il mio cliente. Prossima domanda.”
Blaine gli lanciò un’occhiata piena di gratitudine.
Grazie al cielo per la sua presenza. O a quel punto sarebbe stato pronto a mandare tutto al diavolo.
“Dobbiamo considerarci censurati nelle domande da porre?” chiese la giornalista piccata.
Blaine tornò a guardarla, l’espressione corrugata. La mente in subbuglio.
La donna sembrava decisa, se non ad ottenere una risposta, almeno a creare abbastanza scompiglio da avere qualcosa da riportare nel loro articolo. E ingenuamente, Blaine non si era aspettato di dover affrontare quel tipo di problema.
Fece per rispondere ma Kurt lo bloccò posandogli una mano sul braccio. Il suo sguardo fu abbastanza significativo da placarlo.
“Lei ha il diritto di fare le sue domande, signorina” rispose Kurt. La sua voce dura e professionale. Impenetrabile a qualunque tipo di emozione. “Il mio cliente, in quanto uomo libero, ha il diritto di rifiutarsi di rispondere. Siamo qui per parlare della sua musica. Prossima domanda” ripeté spostando lo sguardo dalla giornalista.
“Mr. Anderson,” chiese a quel punto un giornalista corpulento. “Avremo modo di ascoltare alcune delle sue canzoni oggi?”
Blaine annuì, grato per quella domanda. Il panico si era dissipato, e tornare su un argomento che lo metteva a suo agio lo aveva tranquillizzato completamente.
“Abbiamo organizzato una presentazione unplugged di alcune tracce. In modo che potrete avere un’idea di cosa stiamo parlando. Anzi,” aggiunse, guardandosi attorno per poi fermarsi su Kurt. “Se siamo pronti, potremmo passare direttamente a quella parte.”
Kurt annuì, mettendosi in piedi e guidandolo all’angolo della stanza che avevano attrezzato di chitarra e pianoforte.
Tra i giornalisti scese il silenzio.
Blaine inspirò a fondo, tentando di mantenere la calma. Erano passati anni dall’ultima volta in cui aveva suonato di fronte a un pubblico. Ancora di più da quando aveva suonato davanti a dei giornalisti per la presentazione di un album.
Sfregò le mani sui jeans, tentando di asciugare il sudore che il suo nervosismo aveva provocato, e si sedette al pianoforte.
Kurt era a pochi passi da lui, in silenzio, ma bastava la sua presenza a riempire la stanza e i suoi pensieri. Gli sorrise e tornò a guardare il pianoforte, senza aspettare che rispondesse. Sapeva che non lo avrebbe fatto.
“Questa canzone” spiegò provando gli accordi del piano. “Si chiama “Snowblind” e sarà il primo singolo tratto dal mio nuovo album. È una canzone a cui tengo molto” continuò tornando a guardare i giornalisti. Non era sicuro del perché stesse spiegando le motivazioni che lo avevano spinto a scrivere quella canzone. Ma Blaine era stato sempre un uomo guidato dall’istinto. E l’istinto gli diceva in quel momento, di condividere quella parte di sé.  “Parla di un amore non corrisposto. Di due persone lontane, che vivono i sentimenti in maniera diversa. Che vogliono cose diverse. Due pianeti che girano uno intorno all’altro, senza incontrarsi mai.”
Lanciò un ultimo sguardo a Kurt. Lo stava guardando con un’espressione imperscrutabile, ma Blaine poteva intravedere qualcosa nei suoi occhi azzurri. Un’emozione imbottigliata che tentava disperatamente di uscire. Chiuse gli occhi, tentando di incanalare tutte le emozioni che riusciva a percepire attorno a sé. Poi poggiò le dita sui tasti del pianoforte e si lasciò andare. La voce tremò durante il primo verso.
 
I'm snowblind,
Looking at you,
Let me melt a while in your company,
I unwind in your rapture,
I'm an overture to your symphony,
 
Lasciò che i sentimenti fluissero dentro di lui e si tramutassero in note, in parole.

 
Time makes time,
A memory between us,
Am I still impossible to read?
While the whole world was looking at you,
You came and wrapped yourself around me.

 
Aprì gli occhi, riportando lo sguardo su Kurt. Era ancora lì davanti a lui, immobile. Ma la sua espressione era cambiata. Era più aperta, e Blaine sembrò vedere, per un istante, il tormento che lo accompagnava.
 
You feel the sun,
A work in progress,
I'm so far away from where I wanna be,
You stole my heart,
But my madness,
Is taking the man right out of me,

 
Tentò di riportare l’attenzione sui giornalisti. Di interrompere quel momento che non era adatto a una conferenza stampa. Di convincersi del fatto che ci sarebbe stato un altro momento per mettere a nudo i suoi sentimenti. Possibilmente uno che non comprendesse la presenza di duecento giornalisti. Tutti muniti di telecamera e di registratori, e di occhi soprattutto, che testimoniassero qualcosa di così personale.
 
You said, we could have been so good together,
I complicate so easily
While the whole world was looking at you,
You wrapped yourself around me.

 
Ma tutti i ragionamenti del mondo non gli impedirono di riportare lo sguardo su Kurt. Per dedicargli almeno, quella parte di canzone. Per fargli capire che non era solo una caccia. Che aveva la certezza assoluta, nonostante il modo in cui si erano conosciuti e re-incontrati, nonostante l’assurdità dei suoi sentimenti, che ci fosse qualcosa tra di loro. Qualcosa che trascendeva la razionalità e la follia.
 
So wonderful,
Feeling so vulnerable
You'll never know what you did to me,
Can't disguise,
I'm hiding behind my eyes,
You could've meant the whole world to me.

 
L’ultima nota risuonò, vibrando attraverso il suo corpo. Ci fu un attimo di silenzio che lo preoccupò. Poi gli applausi partirono. Un battito di mani alla volta fino a diventare un rumore fragoroso ed eccitato. Blaine sorrise. I giornalisti erano tutti in piedi. Tutti incantati dalla sua musica, e lui non era mai stato così convinto di aver fatto la scelta giusta.
Cercò Kurt con lo sguardo.
Non voleva altro che condividere con lui quel momento. Il suo ritorno al successo. Ma quando si girò, Kurt era scomparso, non era più nella stanza. Corrugò la fronte confuso, ma non ebbe il tempo di ragionare. I giornalisti si erano seduti ancora una volta, ed erano in attesa che continuasse.
Tentò di mettere da parte il panico che si era fatto strada nella sua mente quando aveva notato l’assenza dell’altro uomo e si rimise a suonare. Riuscì a finire le tracce programmate senza troppi problemi.
Il rilancio era stato senza dubbio un successo. I giornalisti, sembravano incantati dalle sue canzoni e Blaine era convinto che le recensioni dell’album sarebbero state positive.
Ma una parte di sé, continuò a concentrarsi su Kurt, sul fatto che fosse sparito senza spiegazioni. Che avesse abbandonato una conferenza stampa, su cui si giocava il suo intero futuro, lasciando che Blaine affrontasse tutto da solo.
Si sentì in imbarazzo, pensando che forse, era stato proprio il suo atteggiamento a spingere Kurt ad andare via. Il fatto che lo avesse reso il centro dei suoi pensieri durante la prima canzone. Che forse Kurt si era sentito messo alle strette, davanti ai giornalisti e ai suoi collaboratori.
Riuscì a districarsi dalle domande dei giornalisti, dirigendosi a passo svelto dietro le quinte. Intercettò Mary Jane, che lo stava aspettando.
“Dov’è Kurt?” chiese, impaziente di parlare con lui. Di scusarsi se necessario.
La donna lo guardò per qualche istante, e Blaine capì in quel momento che tutti i suoi timori erano fondati.
“ È nel tuo camerino” rispose infine. “Ti sta aspettando.”
La strada che lo divise da Kurt sembrò interminabile. Un corridoio di dubbi e incertezze. Quando aprì la porta, trovò Kurt in piedi, di fronte a lui. Si avvicinò con cautela, quasi avesse a che fare con un animale impaurito.
“Kurt” mormorò ma non fece in tempo a continuare. Gli occhi di Kurt brillarono di rabbia e un secondo dopo il palmo della sua mano si scontrò con il suo volto.
Blaine alzò la mano, posandola sulla sua guancia, nel tentativo di attutire il bruciore causato dallo schiaffo.
“Come ti permetti?” infuriò Kurt. Aveva il respiro irregolare, le guance rosse per la rabbia. Gli occhi velati di lacrime.
“Kurt” tentò di nuovo. Ma l’uomo sembrava non voler sentire spiegazioni.
“No” lo interruppe. “Non voglio sentire una parola. Cosa credevi? Che cantandomi una stupida canzone davanti a duecento giornalisti avrei cambiato idea? Che avrei finalmente aperto gli occhi e mi sarei reso conto che tenere le distanze era stato un errore? Qualcuno se ne accorgerà riguardando le immagini. Si renderanno conto che hai cantato quella canzone per me, Blaine, e i giornali si riempiranno di gossip. Monteranno una storia che non esiste, e tutto questo lavoro sarà stato per niente. Tu tornerai a fare notizia solo per i pettegolezzi, e io sarò di nuovo coinvolto in una storia con un mio cliente. Perderò di nuovo la mia credibilità, ma questa volta la caduta sarà più rumorosa e farà più notizia. E io non posso permetterlo.”
La sfuriata di Kurt lo lasciò senza parole. Era probabilmente una reazione esagerata, ma Kurt sembrava parlare con una certezza inconfutabile di quello che sarebbe successo.
“Cosa vuol dire di nuovo?” chiese poi senza riuscire a trattenersi.
“Ho avuto una storia con un mio cliente anni fa” rispose Kurt. Il tremolio nella sua voce, l’unica indicazione che stesse parlando di sé. Blaine rimase in silenzio, stupito da quella confessione. “Il suo nome era Mark,” continuò. “Era un cantante in ascesa in quel periodo. Mark era affascinante, era più grande di me di qualche anno, e sembrava avere il mondo in tasca. E io mi sono lasciato conquistare.” Blaine trattenne il fiato. Non ne aveva nessun diritto, lo sapeva. Eppure sentì la gelosia crescere dentro di sé in maniera esponenziale. Infuocare ogni parte del suo cuore fino a bruciare nelle sue vene.
“Ero appena diventato titolare della mia agenzia, non ero molto conosciuto, ma mi stavo facendo un nome nel giro” ammise. “La nostra storia cambiò tutto. Fu tormentata e traballante dall’inizio. Io ero ancora un ragazzino di città che sognava il grande amore, e lui.. beh.. lui era una star con un seguito di ammiratori pronti a lanciarsi ai suoi piedi. Una sera lo trovai con uno dei suoi fans, nel suo camerino.” Rise. Una risata ironica e piena di rabbia. “Avrei dovuto aspettarmelo, ma per qualche motivo, quel tradimento mi ferì profondamente. Inutile dire che troncai la storia.” Kurt tornò a guardarlo. Sembrava avere bisogno di un abbraccio, di sentirsi dire che non era colpa sua. Ma Blaine non era sicuro che toccasse a lui o che Kurt avrebbe accettato i suoi tentativi di consolarlo. 
“Ero deciso a mantenere il nostro rapporto lavorativo. Avrei lasciato qualcun altro a capo della situazione, ma Mark aveva un’altra idea. Andò dai giornalisti a raccontare che a causa della nostra separazione io ero stato poco professionale, e avevo lavorato contro di lui, perché perdesse i fans e il suo lavoro. Inutile dire che la mia agenzia ne risentì. Che trovare lavoro da quel momento in poi fu difficile. Nessuno voleva essere rappresentato da qualcuno poco professionale e vendicativo. Ma ce l’ho fatta. Adesso sono qui. Sono un pubblicitario di successo. E non permetterò a nessuno di trattarmi di nuovo così.”
Era una promessa. Di questo Blaine era sicuro. Kurt sembrava soffrire ancora per quella storia, e Blaine riusciva a capire solo in quel momento, il motivo della sua distanza.
Avrebbe voluto rassicurarlo, e dirgli che tra di loro avrebbe funzionato, ma la realtà era che non poteva fare una promessa del genere. Si conoscevano appena, e l’unica cosa che li legava, era la sensazione che ci fosse qualcosa di più tra di loro. Qualcosa di speciale, di diverso.
Una sensazione che Blaine non aveva idea se Kurt ricambiasse o no.
“Mi dispiace” mormorò infine. “Io non..” s’interruppe, senza la più pallida idea su cosa dire. “Mi dispiace” ripeté.
Il silenzio nella stanza si protrasse fino a diventare un muro tra di loro. Non aveva potuto saperlo, si disse. Non aveva avuto la più pallida idea di quanto Kurt avesse sofferto in passato. Del fatto che avesse avuto una storia con un suo cliente. Eppure non poteva evitare di sentirsi in colpa per quanto successo. Per averlo ferito ancora una volta, nel suo tentativo malriuscito, seppur sincero, di fargli capire i suoi sentimenti.
“Mi dispiace” ripeté di nuovo.
Kurt, di fronte a lui, sembrava diventato un muro di gomma. Gli occhi bassi, il respiro appena percettibile. Il volto pallido.
“Non possiamo più lavorare insieme” disse infine. E Blaine sentì il cuore fermarsi a quella frase. “Puoi lavorare con uno dei miei agenti o puoi cambiare agenzia. La decisione è tua. Ma io e te abbiamo chiuso.”
Kurt si diresse alla porta, senza guardarlo. Poi uscì. Lasciandolo solo.
Le lacrime, traditrici e inaspettate, scesero silenziose.

AN: e anche questa è andata. Ovviamente “Snowblind” non è stata scritta da me (non sarei mai capace di un tale capolavoro neanche provandoci) ma da Robbie Williams. Per chi volesse ascoltarla, questo è il link.
Non dimenticatevi di lasciatemi i vostri pensieri su questo capitolo. Tramite messaggio, o recensione, tramite segnali di fumo, piccioni viaggiatori, pony express, messaggeri a cavallo. Va bene tutto, basta che se ne parli.
Alla prossima ;)
Mary

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2402371