Here's A Lullaby To Close Your Eyes

di chronophoenix
(/viewuser.php?uid=49027)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il quarantesimo compleanno di Harry ***
Capitolo 2: *** Proprio come tanto tempo fa ***
Capitolo 3: *** Prime lettere lontani da casa ***



Capitolo 1
*** Il quarantesimo compleanno di Harry ***


1

1

Il quarantesimo compleanno di Harry




Rose Weasley si svegliò che fuori era ancora buio pesto, eppure, guardando l’orologio, appurò che erano quasi le cinque e mezza, e presto, tempo una mezz’ora, la casa si sarebbe svegliata.

Aveva sete, ecco perché si sentiva del tutto sveglia. Scivolò con leggerezza giù dal letto, attenta a non svegliare Victoire, che dormiva profondamente, aprì con cautela la porta della loro camera e se la richiuse alle spalle.

L’oscurità non le faceva paura, anche perché dalla cucina proveniva una luce molto fioca, e, se la vista non la ingannava, vedeva una figura scura salire le scale, con passo strascicato, sicuramente dettato dal sonno.

«Rose» chiamò semplicemente, e lei riconobbe la voce di Albus.

«Al!» sussurrò a mezza voce «è così presto… come mai sei già fuori dal letto?» sorrise.

Anche nel buio riuscì a intravedere il sorrisetto di Albus. Rispose, laconico «Sono andato a fare gli auguri a papà, è un pezzo che è sveglio» sbuffò.

«E perché mai?» chiese lei, sorpresa. Non era da zio Harry essere così mattutino, anche in occasioni come il suo compleanno.

«Va’ a saperlo» rispose Albus, sorpreso quanto lei. «E tu? Perché sei sveglia a quest’ora?»

«Avevo sete» rispose lei con un mezzo sorriso «infatti progettavo di scendere in cucina, ma se è occupata…»

«Non sta mica facendo progetti, o piangendo o ingozzandosi» ridacchiò Albus «puoi sempre scendere, non è mica sua…»

E lì si interruppe, pensoso. O meglio, tentando di intravederlo nel buio, Rose vide i suoi occhi verde chiaro, molto simili a quelli della nonna mai conosciuta, leggermente velati, come se qualcosa lo tormentasse.

Stava per chiedergli, molto infantilmente, cosa gli avesse regalato, ma lui la interruppe prima che lei potesse domandargli qualsiasi cosa: «Ascolta, adesso torno a dormire» borbottò, superandola, e lei sentì qualcosa di strano irradiarsi dentro di lei, uno strano senso di calore e di fastidio al contempo.

«Al…» bisbigliò pianissimo, ma lui la sentì, e, giratosi, domandò con un sorriso «Che c’è?»

Solo adesso Rose notò che Albus indossava una cannottiera e i boxer, e subito sentì di nuovo quella sensazione strana alla bocca dello stomaco, quasi avesse inghiottito un mattone.

«No, niente» rispose allegramente «adesso scendo, così faccio anche io gli auguri a zio Harry. Ehm… allora ‘notte» sorrise.

«’Notte anche a te» ricambiò il sorriso Albus, e si allontanò sempre trascinando i piedi.

«Bah» pensò lei, scendendo con cautela le scale «maschi… valli a capire…»

Prima di entrare in cucina bisbigliò, in modo ben udibile «Ciao, zio Harry» in modo da non farlo sobbalzare qualora fosse entrata senza che lui la sentisse.

Harry Potter a quarant’anni era ancora l’uomo più affascinante che Rose conoscesse. Alto, snello, con i capelli nerissimi e ribelli e gli occhi verdi, era una persona così calma, concreta e leale che la ragazza non poteva non adorarlo.

Harry si girò e le sorrise, gli occhi ancora un po’ velati dal sonno. «Buonasera, Rose» le disse «o forse dovrei dire ‘buongiorno’, visto che ormai…» e indicò con un cenno del capo la finestra, dalla quale cominciavano a entrare i primi fasci di luce rosata.

Lei ricambiò il sorriso, senza sentirsi fuori posto o imbambolata. Con gesti meccanici, prese la brocca dell’acqua e un bicchiere e bevve avidamente. Quando ebbe svuotato il bicchiere, chiese: «Un po’ d’acqua, zio?»

Lui, che fino a quel momento aveva guardato fissamente davanti a sé fuori dalla finestra, si volse e la guardò con i suoi occhi verdi così profondi e rispose negativamente. «No, grazie, Rose, non disturbarti. Sto a posto così.»

Rose, riposto il bicchiere nel lavello e la brocca, gli si sedette accanto. «Come mai sei così pensoso oggi, zio?» mormorò, studiandosi le mani.

«Beh» rispose Harry «diciamo pure che lascio vagare la mente, direi fin troppo. Voglio dire, sono arrivato incolume al mio quarantesimo compleanno dopo aver passato guai per una vita intera… però, sai com’è, dopo tutta quella serie di peripezie» Rose annuì, conosceva ciò che avevano dovuto passare i suoi genitori e lo zio quando erano poco più grandi di lei, diciassettenni «alla fine una persona ci ritorna sopra, ci rimugina. Forse è per questo che sono sempre così silenzioso e quieto» sorrise.

«Immagino» disse Rose, rimproverandosi silenziosamente per non riuscire a dire qualcosa di più intelligente. Fece per parlare di nuovo, ma Harry la interruppe. «E tu, Rose?» chiese, guardandola «Stai per iniziare il quinto anno, se non erro. Sei contenta?»

Lei, contenta di avere un appiglio al quale aggrapparsi, rispose con foga «Oh, sì, tantissimo! Voglio dire, è l’anno più difficile, sai, con i G.U.F.O e tutto il resto, però siamo abituati agli esami alla fine di ogni anno… poi sono contenta di imparare ancora cose nuove» concluse, arrossendo lievemente.

Harry annuì, sorridendo. «Tale e quale a tua madre» disse, con un velo di ironia affettuosa nella voce «e dimmi, hai ancora passato l’anno con il massimo dei voti?»

«Sì» replicò lei nello stesso tono.

Lui sospirò. «Un gran bel cervello, Rose Weasley» sentenziò. «Proprio un gran bel… toh! Chi si vede qui? Il mio primogenito mattiniero?» domandò, rivolto alla porta, sulla quale era comparso James Potter, bruno, spettinato e in pigiama. Strofinandosi gli occhi assonnati, entrò in cucina e disse, con voce impastata: «Ciao pa’, buon compleanno… uh, ciao Rosie.»

«Ciao, Jamie» rispose lei con un cenno della mano. Si sorrisero.

«Tutto a posto?» domandò Harry, alzandosi e risistemando la sedia che aveva occupato al suo posto con un tocco di bacchetta.

James annuì, soffocando uno sbadiglio. «Ho sentito Al e Lily litigare, prima» ridacchiò, addentando una fetta di pane tostato sulla quale aveva malamente spalmato della marmellata, sporcandosi tutte le mani. Sbattè il coltello sul ripiano della cucina. «Che seccatura non poter usare la magia…»

«Fai piano, la cucina non è tua» lo redarguì severamente il padre, anche se gli occhi gli ridevano. «Mi spieghi adesso perché quei due stanno litigando?»

«Boh» replicò James con un’alzata di spalle. «Lily sostiene che lui ha nascosto il Mantello…»

«Non vi avevo detto di usarlo a turno?» chiede Harry alzando un sopracciglio, la voce meno calma di prima.

«Appunto!» e qui la voce del ragazzo fu sovrastata da dei passi che pestavano pesantemente le scale, quasi a voler sottolineare la propria presenza. Tutti ne conoscevano la fonte, e difatti, pochi secondi dopo, Lily Potter si precipitò in cucina, i capelli rossi sparsi disordinatamente sulle spalle, e il volto acceso dalla rabbia. «Papà» esclamò, ma si bloccò vedendo anche Rose e James, l’una seduta di fronte alla finestra, l’altro impegnato a divorare una fetta di pane tostato accanto alla cucina. Quest’ultimo sbottò, con la bocca piena: «Dai, sorellina, calmati…» senza convinzione, ma Harry lo interruppe. «Cos’è questa, una riunione di famiglia? Scommetto che tra breve scenderà anche tuo fratello e come minimo sveglierete l’intera Ottery St Catchpole.»

Lily alzò le spalle, con un sorrisetto: «Esagerato… comunque, papà, Al non vuole lasciarmi il Mantello. Dice che lo deve usare per altri due giorni, ma i patti erano diversi

«Sì, certo» commentò James «vai a prendere accordi con quello…»

«James, silenzio, tu non c’entri» lo rimproverò seccamente il padre «Lily, gli hai detto cosa lo aspetta se non obbedisce?»

«Sì!» replicò la ragazzina, agitata. «Gliel’ho detto chiaramente che tu non gli lasci usare la Firebolt a scuola, ma non ne ha voluto sapere!» terminò con enfasi.

Harry sbuffò. «E va bene» borbottò «andiamo da tuo fratello, così gli faccio un bel discorsetto…»

«Bene!» esclamò Lily, un po’ meno furiosa di prima, e uscirono insieme dalla cucina, ma Rose avrebbe giurato di sentire lo zio che brontolava: «Bel modo di cominciare un compleanno, ci fosse stato uno solo dei miei figli che mi ha fatto gli auguri…»

Sorridendo divertita, Rose si stiracchiò. Ormai dalla finestra entrava a fiotti la luce dorata del sole, e sentiva distintamente dietro di sé James che masticava. Si voltò per guardarlo, e gli disse: «Ma a che serve, scusa? Tra un po’ faremo colazione tutti insieme…»

«Fame nervosa» si giustificò lui, poi la squadrò per bene. «Obbiettivamente» ridacchiò, con la bocca piena, agitando un pezzo di pane nella sua direzione «dovresti essere tu quella che deve mangiare un po’ di più. Sei magra come un uccellino!»

Lei sorrise, non sapendo se sentirsi più lusingata o più irritata da quello che sembrava un complimento. Dopotutto James era così spontaneo e diretto da risultare persino impertinente, a volte. Ma Rose, che lo conosceva da anni, provava per lui un affetto così grande da considerarlo un fratello maggiore, sebbene tra loro non ci fossero legami di sangue. Nonostante fosse più grande di lei solo di un anno, sapeva un mucchio di cose interessanti e a Rose piaceva molto confidarsi con lui.

«A proposito» si sforzò di non ridere «come va con quella ragazza di Corvonero? Hallie McDonald, giusto?»

«Sì» bofonchiò James, senza guardarla, ma lei scorse un po’ di rossore sulle sue guance «quella. Oh, beh, l’ho lasciata due settimane e mezzo fa. Beh, era una cosa così, per gioco, e lei mi si è attaccata come una sanguisuga. Insopportabile. Ma ti prego» e lì sollevò lo sguardo, supplichevole «non dirlo a papà! Mi ci è voluto un secolo per farlo smettere di ridere. Credevo che fosse una cosa seria e gliel’ho detto, però non ci ha creduto e adesso che l’ho lasciata mi riderà dietro per millenni» bofonchiò contrariato. Anche se non sembrava, James teneva molto all’opinione dei suoi genitori, soprattutto riguardo le ragazze.

Rose represse un sorriso. «Non credi di starti facendo troppe nemiche a Hogwarts?» gli chiese. «Voglio dire, adesso Hallie McDonald. Tre mesi fa era Judy Flechter, che per poco non ti ha ucciso durante la partita Grifondoro-Tassorosso. All’inizio dell’anno scorso era…»

«Sì, ok, adesso basta» biascicò James, rosso come un peperone. «Lo so che mi sto facendo delle nemiche ma… uffa, non mi piace l’idea di legarmi sempre e per sempre a una sola. Capisci? Deve ancora arrivare quella che mi farà perdere la testa» dichiarò fieramente.

Lei scoppiò a ridere. «Ecco, appunto, e scommettiamo che sarà una Serpeverde?»

James la guardò, scandalizzato. «Mai sia! Papà mi diserederebbe» scherzò, con un sorrisetto.

«No» replicò lei quieta. «A differenza di te, tuo padre non ha simili pregiudizi.»

«Non più» sottolineò il ragazzo «prima però sì.»

Dopodichè gettò un’occhiata distratta all’orologio al polso e disse: «Sono quasi le sei e dieci, Rosie, meglio se ci sbrighiamo a tagliare la corda, prima che scenda Molly e ci affidi compiti ingrati» ridacchiò.

«Tipo organizzare la festa di compleanno per tuo padre, James Potter? Un compito ingrato, vero?» la voce di Molly Weasley, sarcastica ed ironica al contempo, fece sobbalzare entrambi, che si volsero di scatto verso di lei, James leggermente vergognoso.

«Ma no…» obbiettò il ragazzo, cercando di darsi un contegno «non intendevo questo…»

Molly sorrise. «E allora comincia a preparare la colazione, ragazzo, ci sono ventiquattro persone affamate di sopra.»

James sgranò gli occhi. «V… venti-quattro?» sillabò, stupefatto.

«Ventiquattro» ripetè Molly tranquillamente. «Coraggio, al lavoro.» Poi guardò Rose e bisbigliò: «Non vorrei che James pensasse che faccio favoritismi, ma defilati più cautamente che puoi fuori di qui. Anzi, già che ci sei, puoi stendere il bucato sui fili del retro?» Un tocco di bacchetta, e il cesto pieno di biancheria pulita atterrò tra le braccia della ragazza. «Grazie mille!» sorrise Molly.

«E di che?» replicò Rose, e si avviò verso lo spiazzo nel cortile dove c’erano i fili di cui la nonna le aveva parlato. Mentre stendeva il bucato, la ragazza pensò stupidamente che l’aveva voluta tenere lontano da James, ma subito si rimproverò aspramente.


*


Qualche ora più tardi, tutti lavati e vestiti, avevano sistemato nel cortile della Tana quattro tavoli e si stavano servendo dell’ottima cucina della signora Weasley, chiacchierando animatamente tra di loro.

Molly, seduta accanto ad Arthur, stava spiegando a Fleur: «Non so nemmeno io come siamo riusciti in realtà a preparare tutte le stanze, voglio dire, come casa è abbastanza spaziosa, tuttavia non riusciamo a starci in otto, figurati in ventiquattro! Però Arthur è stato proprio bravo, sai, ha chiamato un dipendente del Ministero…»

«Incantesimo Espandente» spiegò il signor Weasley, servendosi di pasticcio «Micheal Honey… brav’uomo. L’anno scorso mi ha aiutato a risolvere quell’inghippo con un frullatore impazzito…»

«Micheal Honey del Ministero?» intervenne Lily, spruzzandosi il vestito di succo di zucca, ma non ci badò. «Samantha Honey è sua figlia! È nei Grifondoro proprio con me!» esclamò.

«Sì, tesoro, lo sappiamo» mormorò Harry, poggiando la bacchetta sul vestito della figlia, e le macchie sparirono.

«Papà, perché non posso usare anche io la bacchetta quando sono in vacanza?» chiese Lily, improvvisamente rabbuiata.

«Perché nessuno al di sotto dei diciassette anni può, tesoro» intervenne Ginny, poi si rivolse ad Albus, che stava chiacchierando con Hugo «hai restituito il Mantello a tua sorella?» domandò, un po’ meno calma di prima.

Albus sbuffò. «Sì» cantilenò, poi si rituffò nella conversazione. Ginny roteò gli occhi al cielo.

Quando tutti si furono saziati, la signora Weasley agitò la bacchetta e un’enorme torta di compleanno, ricoperta di glassa dorata, comparve in mezzo al tavolo, scatenando la meraviglia di tutti.

«È…» fece per esclamare James, ma prima che qualcuno potesse profferire parola, una grossa lince argentea planò verso di loro. Harry, Ron ed Hermione scattarono in piedi simultaneamente. Avevano riconosciuto il Patronus di Kingsley, Ministro della Magia.

Molly ed Arthur si bloccarono nel bel mezzo di una risata, catturati dalla vista dell’animale.

«Sono tornati. Chi può venire, mi raggiunga immediatamente al Ministero. Restate uniti e mantenete la calma. Nessuno di noi è più al sicuro.»





E allora, eccomi qui! ^^ spero che il capitolo vi sia piaciuto, e mi scuso se ci sono delle somiglianze con il settimo libro ma è importantissimo per il resto della storia!

Fatemi sapere, sia giudizi positivi sia negativi, così posso correggermi meglio!

Baci, chronophoenix.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Proprio come tanto tempo fa ***


2

2

Proprio come tanto tempo fa




Seguì un istante di agghiacciato silenzio, dopodichè Harry si girò verso Ron ed Hermione, che lo guardavano impietriti.

A dispetto di tutto, Hermione sorrise. «Proprio come tanto tempo fa» bisbigliò, ed estrasse la bacchetta.

«Mamma…!» esclamò Rose, senza riuscire a capire cosa stesse succedendo. «Dove vai? Che…»

«Non c’è tempo per spiegare» le rispose «abbi cura di tuo fratello».

«Che cos…»

Ma non riuscì a terminare la frase. Con un crack secco Hermione si era Smaterializzata.

Rose si voltò verso Ron. «Papà!» urlò, incapace di trattenersi «mi spieghi che diavolo sta succedendo?»

«Rose…» in un balzo, Harry le fu accanto. «Sta’ calma. Sei tu quella più responsabile. Molly ti darà una mano. Abbi fiducia».

Ormai prossima alle lacrime, la ragazza sussurrò: «Ma chi è tornato, zio?»

Come sua madre, Harry scosse la testa ed estrasse la bacchetta. «Ti fidi di me?» mormorò.

«Certo…» rispose lei, confusa. «Certo che mi fido di te…»

«Allora lasciaci andare» le disse, guardandola fissamente con i suoi profondi occhi verdi. «Sei una brava ragazza, Rose» bisbigliò, e le diede le spalle.

Tentando di non piangere davanti a tutti, lei si rivolse a Lily, che guardava la scena come muta, gli occhi scuri sgranati.

«Zio!» esclamò, ed Harry si volse, un’espressione preoccupata in viso. «Che c’è?» le domandò, mentre attorno a loro, tutti gli adulti si Smaterializzavano, eccetto Molly, Arthur e Ginny, che guardava Harry in un modo strano.

Harry si accovacciò accanto alla piccolina, che gli bisbigliò: «Papà… ma torni?»

«Certo che torno, tesoro» replicò il padre, scrutandola con affetto. «E tornano anche zio Ron e zia Hermione. Quello che devi fare, Lily…» sussurrò «è stare molto calma, come Rose. Non devi dare problemi a Molly e Arthur, d’accordo?»

Poi si rivolse a Ginny, che lo scrutava con occhi a fessure. «Ci rivedremo presto» disse, sbrigativo, e corse verso Teddy, che brandiva la Firebolt e gli faceva cenno di muoversi.

Stupefatta, Rose vide Ginny mollare lo strofinaccio con il quale stava asciugando una chiazza di Burrobirra per terra e rincorrere il marito, il quale stava inforcando il manico di scopa, pronto a partire.

«Harry James Potter!» ruggì, furente. I lunghi capelli rossi le ondeggiavano intorno alle spalle, dandole un aspetto ancora più minaccioso di quanto non fosse già. «Perché non posso venire a combattere con te?»

Harry per tutta risposta la guardò e smontò dalla scopa, andandole vicino.

«Ginevra» mormorò, e lei sussultò, sorpresa. In ventitré anni di matrimonio non l’aveva mai chiamata così, quella era in assoluto la prima volta. «Questo è molto pericoloso, non è un gioco, se sono davvero tornati».

«Voglio esserci, Harry» replicò lei con forza. «Non mi fanno paura. Sinceramente» e qui abbassò la voce «la cosa che mi spaventa di più è… il fatto che tu possa andartene».

«Incrocia le dita allora» ribatté Harry nel suo stesso tono ostinato «perché non ho nessuna intenzione di portarti con me, Ginny. È una cosa seria».

Lei si arrabbiò moltissimo. «Harry James Potter!» ripetè, alzando la voce di parecchi toni. «Quando ti ho sposato, ventitré anni fa, non ho preso in considerazione il fatto che tu, dopo tre figli, potessi considerarmi una rammollita

«Ginny!» esclamò lui, cominciando a perdere la pazienza. «Stiamo perdendo tempo!»

«Vengo con te allora!» replicò di nuovo, ostinatamente, lei. «Non ho intenzione di restare qui e… crogiolarmi nell’angoscia, mentre tu muori o chissà… chissà cos’altro!» terminò, fissandolo rabbiosa.

«Ginny…» la voce di Molly la bloccò per un attimo, e, distogliendo lo sguardo dagli occhi turbati di Harry, si voltò a malincuore.

«Harry ha ragione» disse semplicemente sua madre, guardandola con un cipiglio che a lei ricordò vagamente quello di Lily quando si impuntava su qualcosa. «Devi restare».

«Mamma…» cominciò, esasperata, ma Harry intervenne. «Ti manderò un Patronus ogni ora con nostre notizie» le promise «andrà tutto bene, Ginny».

«Io…» cominciò lei con un groppo in gola, ma Molly la interruppe di nuovo. «I tuoi figli e i ragazzi sono spaventati, hanno bisogno di qualcuno che li rassicuri, qualcuno che mantenga i nervi saldi anche in loro presenza. Stavolta tocca a te» le disse, guardandola dritta negli occhi.

Senza distogliere lo sguardo da quel viso meno liscio di tanto tempo prima, ma sempre impassibile e vigile in occasioni come quelle, Ginny mormorò: «Io voglio esserci!»

«No, Ginny» disse con semplicità Molly. «Coraggio, vieni con me».

Harry guardò di nuovo sua moglie mentre si allontanava, sentendosi in colpa per averle fatto un simile torto. Tuttavia, dall’occhiata che gli aveva scoccato Molly, gli sembrò che la donna lo avesse capito perfettamente, e si augurò che potesse spiegarle lei, Molly, perché lui non volesse Ginny al suo fianco contro i Mangiamorte.

Mentre stava di nuovo per inforcare la Firebolt e seguire Teddy, che già sfrecciava lontano nel cielo azzurro, con il cuore gonfio di preoccupazione, sentì un richiamo dietro di sé.

«Harry!» e Ginny gli corse incontro, gli occhi asciutti. Soltanto il tremito delle mani lasciava intendere che si era arresa, ma appariva turbata.

Lui lasciò andare la Firebolt e la strinse a sé, dandole un bacio sulle labbra. «Ti ho promesso» soffiò «di farti avere mie notizie, e non intendo mancare alla parola data. Chiaro?»

«Chiarissimo» bisbigliò lei. «Stai attento».

Gli diede un secondo bacio e sciolse con dolcezza l’abbraccio, prima di girarsi di scatto e correre verso Molly, che la attendeva sulla soglia della casa, e la stava guardando in modo indecifrabile.



*



Giunti al Ministero fu subito chiaro che le cose erano più complicate di quanto avevano intuito ascoltando il Patronus di Kingsley.

Hermione, appena li notò, subito lasciò la strega grassa con la quale stava parlottando concitatamente accanto a Bill e corse verso Harry, e, avvicinando la bocca al suo orecchio: «Kingsley vuole vederti, ti aspetta vicino a quel che resta della fontana» mormorò tristemente.

«Che cos…» cominciò lui, ma Hermione si era già volta e aveva di nuovo raggiunto il gruppetto, al quale si erano aggiunti Ron e Teddy.

Subito sentì qualcuno strattonargli il braccio e, prima che potesse fare qualsiasi cosa la voce del mago che lo aveva afferrato lo precedette: «Harry Potter!»

Abbassando lo sguardo intravide una zazzera di capelli biondo sporco, con qualche filo argenteo sparso qua e là, molto somiglianti a quelli di Luna, ma, dato che non poteva essere di certo lei, Harry cercò di individuare almeno un po’ i lineamenti del mago nella penombra.

Cominciava a sentirsi stanco, il pranzo di Molly gli pesava ancora sullo stomaco; e pensò con leggero rimpianto alla bella torta ricoperta di glassa dorata che non avrebbe potuto assaggiare…

«Non c’è tempo di presentarsi, ora» stava dicendo «capirà più avanti, signor Potter, il ruolo che ricopro io al Ministero. Ecco, il signor Shaklebolt è lì».

Harry affrettò il passo mentre raggiungeva Kingsley, il quale stava parlando con un mago alto e stempiato, con gli occhiali di traverso sul naso, che frugava dentro una borsa piena di scartoffie e parlava con voce tremula e agitata. Harry captò più cose mentre si avvicinava.

«...Un disastro, Ministro, a quanto pare hanno preso d’assalto proprio l’Atrium nel bel mezzo della giornata… la fontana dei Fratelli Magici che avevamo con tanta fatica portato di nuovo a compimento distrutta, e sei dipendenti dispersi, due uccisi dopo essere stati torturati… Cosa facciamo? A quanto pare sembra che adesso si divertano a rapire più gente che possono… ma certo» sbottò appena vide Harry «ottima idea, Ministro, Harry Potter potrà sicuramente darci una mano» e gli lanciò un’occhiata speranzosa.

«Kingsley… che cos’è successo?» chiese lui ignorando quel brusco approccio «Sono loro… vero?»

«Ritengo di sì» replicò Kingsley, imperturbabile «anche se quasi sicuramente progettavano questo attacco da molto tempo».

«Cosa facciamo?» domandò lui, sentendo il panico montargli dentro.

«Dovremmo» e lì Kingsley abbassò la voce «intensificare le protezioni, porre diversi Incanti Fidelius sulle famiglie dei dipendenti colpiti… e non a caso» bisbigliò con amarezza.

«Non…»

«Honey! Regon!» chiamò autoritario il Ministro, interrompendo Harry, e il mago che stava armeggiando con le scartoffie si volse, seguito da un anziano con i folti capelli argentei legati in una coda di cavallo, che a Harry ricordò curiosamente un incrocio tra Bill e Albus Silente. Il viso di Regon era liscio, gli occhi neri scintillavano alla luce delle lampade, e le sopracciglia folte erano inarcate.

«Ministro» disse, con voce roca e profonda «ho appena chiesto a Sabina Goldriks di occuparsi dei dipendenti feriti. È molto brava» ammiccò verso Harry con un sorriso «potrà sicuramente adempire ai suoi doveri. Dopotutto ha lavorato sedici anni al San Mungo… sa occuparsi di ciò che le compete. Mi sono inoltre premurato di mandare uno squadrone di Auror a cercare i Mangiamorte. Potter…»

Harry lo guardò. «Sì?»

«Dovresti essere con loro» borbottò il mago, squadrandolo.

«Ma non abbiamo prove di dove siano i seguaci di Voldemort!» esclamò lui ricambiando l’occhiata leggermente ostile.

«Sei appena arrivato e non conosci le informazioni che ci sono giunte. E adesso, va’ con la tua squadra, immediatamente» gli intimò.

Con un’ultima occhiata a Kingsley, che non era intervenuto, ma si era girato a confabulare con Micheal Honey, Harry seguì Regon.

«Signor Regon, mi vuole spiegare…» incominciò, ma quello lo interruppe, parlando in fretta mentre raggiungevano il gruppo di Auror: «Da fonti sicure abbiamo appreso che i suoi seguaci potrebbero nascondersi nei pressi di Little Hangleton, dove il Signore Oscuro risiedeva prima di divenire colui che hai sconfitto, Potter» spiegò, avvicinandosi agli Auror tra i quali c’erano anche Ron ed Hermione, che si tenevano per mano, i visi leggermente preoccupati accostati l’uno all’altro.

«È necessario» disse a voce alta Regon, interrompendo il brusìo «che eseguiate le vostre mansioni a gruppi».

Harry si volse verso Ron ed Hermione. Nei loro occhi lesse la stessa leggera emozione, mescolata alla paura, che provava.

«Come dicevi, Hermione…?» chiese pianissimo.

«In che senso?» rispose lei.

«Qualcosa riguardo a quello che… lascia perdere» soggiunse poi, vedendo Luna, i fluenti capelli biondo sporco lunghi fino alla vita che le ondeggiavano attorno al viso a ciocche disordinate correre verso di loro.

«Magnifico, si comincia subito?» domandò allegramente, come se non si fossero visti l’ultima volta due anni prima, come se stessero per fare un picnic invece di andare a caccia di Mangiamorte.

Hermione fece un largo sorriso. «Proprio come tanto tempo fa».

E mentre si Smaterializzava, Harry pensò in un secondo che era proprio quello che voleva sentirsi dire da Hermione pochi istanti prima, senza conoscerne il motivo preciso.



*



«Mi sento un animale in gabbia» annunciò Ginny a una indaffarata Molly Weasley, che stava lustrando senza magia una pentola, tanto per fare qualcosa. Il fruscìo della pezza sul metallo non fece che accrescere la frustrazione di Ginny, così come il silenzio che seguì quella dichiarazione.

«Sai» proseguì a voce più alta «forse in questo momento mio marito è stato colto dai Mangiamorte e forse lo hanno già…»

«Smettila, Ginny!» esclamò Molly, sbattendo con forza lo strofinaccio sul tavolo. Le due donne si scrutarono torve dai lati opposti del tavolo, senza parlare. «Non capisci che non è così che si affronta la situazione?» la rimproverò sua madre, guardandola in modo strano.

«Mi domando» disse Ginny senza guardarla, facendo finta di averla ignorata «perché diavolo Harry non mi ha voluta con sé. Accidenti, come se mi fossi rammollita o che so io! Scommetto che sarei perfettamente in grado di affrontare una situazione simile…»

«Ginny, tesoro, non ti è ancora chiaro il perché del fatto che Harry non abbia voluto che tu lo seguissi?» domandò dolcemente Molly.

«Ma è ovvio, no?» bofonchiò lei, colpita dal tono dolce che aveva assunto la madre. «Non mi avrà ritenuta all’altezza della situazione e la persona più adatta a consolare i ragazzi. Vorrei che avesse pensato anche ai miei sentimenti, però» aggiunse amareggiata.

«In realtà le cose non stanno proprio così, a mio sincero parere» disse Molly, risedendosi e riprendendo lo strofinaccio. L’età aveva lasciato i suoi segni sul volto di Molly Weasley, ma i suoi occhi erano vigili e attenti, e c’erano sempre più numerose striature argentee nei capelli rossi.

«E com’è che dovrebbero stare?» domandò Ginny, fissandola.

«Tesoro» sospirò Molly «conosciamo Harry da tempo, sappiamo come è fatto. Ha un terribile istinto di protezione nei confronti di tutto e tutti, figuriamoci poi se si tratta di Tu-Sai-Chi! Non capisci che probabilmente ha intuito che avresti reagito in quel modo, e ti ha proibito di venire per proteggerti!»

«Proteggermi da cosa?» chiese Ginny, sentendosi sempre più stupita man mano che Molly parlava.

«Forse non ti è chiaro che tu e i ragazzi costituite la prima vera famiglia che Harry abbia mai avuto» sussurrò la madre, abbassando lievemente la voce «immagina come si sentirebbe se… se sua moglie rimanesse uccisa! O se rimaneste uccisi tutti e due! Chi portebbe avanti tre ragazzi soli, spaventati e orfani?»

«Ma senza padre…» cominciò Ginny, implacabile. Molly la zittì.

«Immagina di dover crescere i tuoi figli in una casa vuota, doverli rincorrere e redarguire quando si comportano male, senza una figura maschile più autoritaria» disse «immagina di doverli portare ogni domenica alla tomba del loro padre a lasciare dei fiori. Immagina che a doverlo fare sia Harry. Privato di una figura femminile, della sua compagna, della donna che cresce i suoi figli…»

«Io…»

«Nella sua vita Harry ha perso più cose di quanto a noi non sembri» le sorrise tristemente Molly. «Tu non puoi permettergli di perderti, per quanto bizzarro possa sembrare, e per quanto egoista possa sembrare. Ma ti assicuro che lui lo fa solo per il tuo bene, oltre che per il suo».

«Mamma, e io come andrei avanti senza di lui, nell’eventualità che possa accadere qualcosa?» chiese Ginny dopo un lungo silenzio. La madre non le rispose, limitandosi a darle le spalle per riassettare un po’ la cucina.

L’interrogativo rimase sospeso fino a quando la porta non si aprì di scatto, rivelando la figura di Rose che entrava. «Zia» bisbigliò «zia, verresti un attimo? Lily ha gli incubi, chiede di te».

«L’hai fatta addormentare?» domandò Ginny, alzandosi «A quest’ora?»

Rose sembrava per l’ennesima volta sull’orlo delle lacrime. «Pensavo che forse sarebbe stato meglio… era così spaventata…»

Ginny si pentì immediatamente della domanda inopportuna. Carezzando i capelli di Rose, uscì dalla cucina, dicendo: «Hai ragione, tesoro, che sciocca che sono stata. Resta qui con la nonna, penso io ai ragazzi. Tuo fratello, come sta?»

«Dorme profondamente da più di un’ora» replicò la ragazza, sollevata, sedendosi.


Harry, Ron ed Hermione tornarono molto più tardi, verso le undici di sera, quando sulla Tana era sceso un torpore innaturale. Arthur dormiva stravaccato sul divano del salotto, respirando lievemente, la bocca semiaperta, e sua moglie era seduta al tavolo di cucina, le mani giunte, e fissava il legno scuro da ore, probabilmente, immobile. Ginny continuava ad entrare e uscire dal cortile, scrutando il cielo alla ricerca di una figura a cavallo di un manico di scopa, ma invano.

Continuava a ripetersi di stare calma, che Harry le avrebbe mandato un Patronus se fosse accaduto qualcosa – certo non l’avrebbe lasciata lì all’oscuro di tutto, di pensare ai suoi figli e ai suoi nipoti che dormivano nelle stanze che erano state di Ron, Fred e George, eppure non riusciva a placare il tremito delle mani e il respiro affannoso.

Ad un certo punto sentì un suono che la fece sussultare di paura e sollievo insieme: il crack di chi si era appena Smaterializzato. Infatti, la voce di suo fratello Ron dopo pochi secondi esclamò: «Lumos!» e la luce sprigionata dalla sua bacchetta illuminò il suo volto e quello di Hermione, tutti e due pallidi, ma illesi.

Lei gli corse incontro, senza parlare. Prima che potesse fare qualsiasi cosa, Ron lasciò cadere la bacchetta e la strinse in un abbraccio convulso, al quale presto si unì anche Hermione. Ginny sentì il cuore gonfiarsi di paura quando vide le lacrime scorrere sul viso del fratello.

«Che è succ…» ansimò, ma Ron la interruppe bruscamente: «Sta bene, Harry sta bene» gracchiò, lasciandola andare di colpo. «Stiamo tutti bene, è solo che… ho visto tutte le luci spente e… ho avuto paura… tutto qui».

«Harry sta arrivando» intervenne Hermione, rispondendo all’occhiata interrogativa che le aveva scoccato Ginny «Bill e Fleur sono tornati a Villa Conchiglia con gli altri, anche Percy… stanno tutti bene, non è morto nessuno» disse «però la situazione è molto delicata, è meglio se andiamo in cucina» poi si interruppe. «Come stanno i ragazzi?» chiese a voce bassa, mentre si avviavano insieme verso l’entrata.

«Bene, dormono» soffiò Ginny in risposta, svegliando il padre con una carezza sul viso. «Papà…» sussurrò «Ron ed Hermione sono qui, sono tornati!»

Arthur aprì gli occhi a fatica, uscendo dal sonno a malincuore, ma appena vide Ron ed Hermione sorrise e i suoi occhi gonfi si rischiararono. «Ragazzi» disse, alzandosi «andiamo da Molly, lei sicuramente…» ma prima che potesse terminare la frase lei era già lì, il volto teso dalla preoccupazione.

«Eccovi!» esclamò, e li abbracciò a turno, stringendoli forte a sé. «Venite, presto, venite… fate piano, i ragazzi dormono… cos’è successo? Harry dov’è? Bill, Percy, George? Stanno bene, sì?»

Si sedettero al minuscolo tavolo stringendosi un po’, e Ron cominciò a raccontare: «A quanto pare c’è stato un tentativo di far cadere il Ministero da parte di alcuni simpatizzanti del Signore Oscuro. Oh, no, mamma» disse, prevenendo l’esclamazione terrorizzata di Molly «lui non è tornato, è solo che i pochi sopravvissuti ad Azkaban sono andati un po’ in giro in tutti questi anni, circuendo un po’ di gente e facendola passare dal loro lato».

«Non hanno un capo preciso, si muovono in massa, seguono l’istinto e quello un po’ che succede al momento» spiegò Hermione, intervenendo «ma questo colpo che hanno tentato al Ministero dev’essere un segno negativo da interpretare… per noi tutti. Io penso» dichiarò «che presto faranno qualcosa che ci costringerà ad alzare le mani. Obbiettivamente, senza un capo è difficile, ma proveranno. Ed è per questo che dobbiamo imporre degli Incanti Fidelius, fare qualcosa… hanno ucciso due dipendenti, al Ministero» disse «e come ci ha fatto notare giustamente Kingsley, non a caso» bisbigliò.

«Perché dici ‘non a caso’, Hermione?» domandò Arthur, guardandola.

«Perché uno era Frankie Byron» rispose con voce piena di tristezza «e l’altra Sybille Moody. Ora, come ben sapete…»

«Frankie Byron è stato uno dei primi a unirsi all’Ordine della Fenice dopo la scomparsa di Voi-Sapete-Chi» singultò Molly, gli occhi improvvisamente rossi. «Oh mio Dio, povero Frankie…»

«Scusa» disse Arthur, guardando prima Hermione, poi Ron «hai detto Sybille… Moody

«Proprio così» annuì Hermione «ho pensato anche io che fosse un caso, ma poi Kingsley mi ha detto di averla reclutata come Auror sotto falso nome subito dopo la scomparsa di Malocchio… mi ha chiesto scusa per non avercelo detto, ma riteneva fosse troppo rischioso».

Arthur fece un cenno come a dire che non importava. «Quindi tutto questo riporta a…»

«Harry, esatto» concluse Hermione per lui «e adesso, quando arriverà, dovremo parlare per bene con lui».

«Riguardo cosa?» intervenne in quel momento Ginny.

«Riguardo i vostri figli, Gin» le rispose Hermione «se stanno, come temo, prendendo di nuovo di mira Harry, non esiteranno a colpire te o James, Al o Lily. Ed è un pericolo che dobbiamo scongiurare, in qualche modo».

«Hai ragione» le sorrise Ginny, ed Hermione ricambiò con una leggera strizzatina d’occhio. L’atmosfera era ancora un po’ tesa, a causa della mancanza di Harry.

Per ignorare l’ansia che le premeva contro il petto come un peso, Ginny cercò di dire, nel tono più leggero possibile: «Beh, intanto che Harry arriva beviamo qualcosa, no?»

«Non serve, Gin, sono qui» mormorò la voce familiare di Harry dietro di loro. Si girarono tutti di scatto e lei, incapace di trattenere il sollievo, gli corse incontro per abbracciarlo.

«Cominciavo a preoccuparmi» gli sorrise con dolcezza. Lui le sfiorò i capelli con le labbra, poi si avvicinò alla sedia più vicina e ci si lasciò cadere sopra. La Firebolt, con un tocco di bacchetta, atterrò delicatamente sul pavimento. Harry si massaggiava le tempie con gli occhi chiusi, l’espressione del viso distrutta.

«Che lavoraccio» bisbigliò con voce roca «sono davvero molto astuti, questi Mangiamorte, davvero tanto. Little Hangleton deserta, ma è scoppiato un incendio in una casa babbana poco prima che ce ne andassimo… sospetto, certo, ma Regon non l’ha vista così, ci ha rispediti tutti a casa».

«È da stamattina che state lavorando, Harry, l’ha fatto per un motivo preciso» obbiettò Ginny severamente.

«Già, ma lasciare un lavoro incompiuto…»

«Harry, vecchio mio, non li avremmo comunque trovati» replicò Ron sorseggiando una delle Burrobirre che Hermione aveva chiamato a sé con un tocco di bacchetta e che si erano distribuite a tutti da sole «credo siano in netta maggioranza rispetto alle ben più rosee previsioni» si appoggiò allo schienale della sedia e li guardò uno a uno. «Sapete cosa intendo» proseguì «se c’è qualche infiltrato…»

«Credo che sia meglio andare a dormire» intervenne Ginny «ne riparleremo con calma domani…»

«Non così in fretta, Gin» rispose Hermione «tu ed Harry dovete parlare dei vostri figli».

Harry subito si drizzò a sedere, con aria preoccupata. «In che senso?» chiese, lo sguardo che passava da Hermione a Ginny «Non sarà successo qualcosa ai ragazzi mentre ero via?»

«No, Harry, tranquillo, non è successo niente» disse Ginny «è solo che se i Mangiamorte ti hanno preso di mira… io non so se è un bene rispedire i ragazzi ad Hogwarts».

Harry la guardò. «Certo che è un bene, Gin» rispose lentamente. «Di sicuro non saranno più sotto la protezione di Albus Silente, ma non lo sarebbero comunque, perché di certo lui non era così intelligente o forte da restare in vita anche per vegliare sui nostri figli» disse «ma nonostante lui sia morto, io ritengo che sotto Heartfould i ragazzi sono al sicuro. Ricordiamo» e li guardò tutti «che è stato un Auror brillante, e che entrerebbe volentieri nell’Ordine se glielo proponessimo».

«Ma…» disse Ginny, poi tacque. «Forse è meglio rimandare il discorso a domani mattina, sapete» tentò di sorridere. «Ho un sonno…»

Harry annuì, poi si rivolse a Ron ed Hermione. «Voi come vi regolerete?» chiese.

«Io li mando» rispose Hermione decisa. «Tu, Ron?»

Anche Ron fece un cenno affermativo con la testa. «È indubbio la soluzione migliore.»

«Ne va anche della loro istruzione magica» disse poi Hermione «non possono perdere un anno per un problema che sicuramente sarà risolto prima ancora che terminino i primi tre mesi scolastici. Ne sono pienamente sicura».

«E con questo, direi che il discorso è chiuso» intervenne Molly, alzandosi a fatica. «Andiamo a dormire, domani sarà una giornata molto faticosa».

Harry guardò Ginny, e lei gli rispose con uno sguardo impassibile. Erano passati pochi minuti dall’ultima volta che l’aveva sfiorato, e sentiva il bisogno di farlo di nuovo. Lui parve capire, perché rimase seduto.

Gli altri, con sorrisi discreti, si allontanarono il più velocemente possibile, e soltanto quando la porta della cucina si fu richiusa Ginny parlò.

«Non c’è bisogno che tu dica niente. Per quanto mi sembri sbagliato, mi rimetto alla tua decisione».

Si sorrisero. Harry si alzò. «Vieni qui».

La abbracciò con forza e in quel contatto cercò di mettere più cose non dette del solito. Ginny gli appoggiò il viso sul petto e sospirò, sciogliendosi in un sorriso, mentre Harry chiudeva gli occhi.

In quel momento tutte le paure di Ginny svanirono. Erano trent’anni che si conoscevano e ventitré che erano sposati, e lei, in quegli attimi di intimità, sentiva sempre che sarebbero riusciti a superare qualsiasi cosa e a prendere decisioni importanti.

«È deciso, allora» bisbigliò più tardi, mentre salivano con delicatezza gli scalini, ben attenti a non farli scricchiolare.

Harry, nel buio annuì. «I ragazzi andranno ad Hogwarts».





Un po’ noiosetto, però bisogna vedere quando i nostri fanciulli arrivano a Hogwarts! ^^ Questi due capitoli iniziali erano un po’ l’introduzione a ciò che succederà… ma spero che possiate gradirli ugualmente!

Ringrazio lye ( sì, lo so, ma ricordiamoci che Harry si attira sempre tutte le sfighe XDD grazie mille e ancora complimenti per le nonsense <3 ), Deidara ( fammi sapere se questo capitolo ti ha appassionato ^^ grazie mille! ), e lily_94 ( hai ragione Molly e Arthur sono un po’ invecchiati ma non per questo hanno perso il loro essere attivi! :D infatti comunque Arthur è andato in pensione eccetera eccetera… e la tua supposizione è esatta, sono proprio i Mangiamorte ;) grazie mille per i complimenti e fammi sapere anche per questo chap! )

Ringrazio anche chi non ha recensito ma ha soltanto letto e chi ha aggiunto questa storia tra i preferiti! <3

A presto!

chronophoenix

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Prime lettere lontani da casa ***


3

3

Prime lettere lontani da casa

 




Il suono della sveglia la ridestò quasi subito, ma Rose preferì tenere gli occhi chiusi ancora per qualche minuto prima di alzarsi. A giudicare dai rumori morbidi e ovattati intorno a lei, molte compagne si erano alzate e si stavano vestendo, alcune chiacchierando pigramente, altre in silenzio, ancora insonnolite.

La ragazza sospirò, contò fino a dieci e scostò le coperte, aprendo gli occhi a fatica: erano le sei e mezza e il sole era sorto ormai da tempo. Salutò Anne, che stava parlando con una ragazza e bruna che Rose non conosceva – anche se a giudicare dalla sicurezza sul suo volto, le avrebbe dato almeno diciassette anni –, raccolse la divisa che durante la notte era scivolata a terra, prese dal baule la biancheria intima pulita e si chiuse nel bagno, stranamente libero, quel giorno. Solitamente l’ora di punta era quella e si scatenava una vera competizione per potersi lavare subito, specialmente perché molte ragazze erano davvero lente e rischiavano di far fare ritardo a tutte.

Un quarto d’ora dopo, ancora intorpidita, Rose prese posto alla tavolata di Grifondoro, già piena per metà di studenti mattinieri, e cominciò a sbocconcellare di malavoglia un panino farcito al bacon. Però, dopo che ne ebbe mandata giù a fatica la metà, anche il gusto si svegliò dal suo torpore e Rose finì di mangiarlo più contenta.

«Buongiorno, Rose!» una voce allegra la fece girare di scatto, ma prima che potesse individuare il suo interlocutore, Albus le si sedette accanto, fondando tutti i dubbi. «Come va’?» le chiese il ragazzo, afferrando un intero piatto di fette biscottate e passandosi una mano tra i capelli. «Che giornataccia sarà oggi» proseguì, addentandone una e masticando vigorosamente. «Ci è voluto poco che mi dessi malato.»

«Perché?» chiese Rose, divertita da tanta vitalità.

«Oh, senti» brontolò l’amico, prendendo dalla tracolla un pezzo di carta e passandoglielo: «Guarda che schifo di giornata!»

«Trasfigurazione… Pozioni… accidenti, ma chi ti ha fatto fare di prendere Divinazione, Al? Saresti potuto venire con me a Babbanologia e non avremmo avuto problemi» commentò solidale Rose restituendogli l’orario.

«Sì, lo so» bofonchiò Albus in risposta, addentando la terza fetta biscottata. «Sono stato un idiota.»

«Dai, coraggio, magari al prossimo anno puoi cambiare» disse lei in tono consolatorio, puntellando i gomiti sul tavolo. «Almeno avete un’ora libera nel pomeriggio» mormorò «io invece ho Cura delle Creature Magiche con i Serpeverde.»

«No no» la corresse lui con un sorrisetto «ce l’ho anch’io, vedi? E l’ora libera entrambi, dopo Difesa contro le Arti Oscure. Credevi di farmela, eh?» e le indicò l’orario.

Rose, un po’ più serena, sorrise e disse: «D’accordo, scusami, non lo sapevo…»

«Buongiorno! Cosa si fa qui?» era la voce di James, il quale era seguito da Hugo e Lily, vestiti e preparati per cominciare la giornata. «Siamo al completo, ora?»

«Direi di sì» disse Rose, spostando la borsa per far loro posto. «Com’è la vostra giornata?»

«Schifosa, come sempre» commentò James con la bocca piena.

«Io ho le prime due ore di Incantesimi» commentò allegramente Lily, scostandosi i folti capelli rossi dagli occhi. «Sarà divertente!»

«Sì, rimanda i tuoi giudizi a quando studierai tutti quegli incantesimi orribili e difficilissimi, e poi ne riparleremo» brontolò James, ma la sorellina era troppo impegnata a chiacchierare con gli amici del suo anno e non lo degnò di uno sguardo.

«Ehi» Rose si sentì tirare leggermente una ciocca di capelli e si voltò, incuriosita. Dietro di lei c’era Sam Lester, un bel ragazzo alto e biondo del suo stesso anno, che le sorrise. «Andiamo a lezione insieme?» le chiese con gentilezza.

«Ciao Sam» ricambiò lei «mi dispiace, ma aspetto loro. Una vera scocciatura» sbuffò ridendo. «Magari, se mi aspetti in aula, possiamo sederci insieme.»

«Non credo proprio» intervenne Albus con gentilezza, poi si rivolse a Sam. «Scusa, Lester, ma ho grandi difficoltà di apprendimento e Rose è l’unica che può aiutarmi. Ti dispiace se rimandate alla prossima volta?»

Rose lo osservò, letteralmente sconvolta.

Sam alzò le spalle con un sorriso: «Va bene, Potter. Scusate il disturbo. Ciao, Rose.»

«Ciao, Sam, io…» cercò di spiegarsi la ragazza, ma Sam non gliene diede l’opportunità: si allontanò velocemente, rosso in viso, e lei, furente, si rivolse ad Albus:

«Ma cosa diavolo ti salta in testa? Se sei uno dei più bravi della classe come puoi pretendere tutto ad un tratto il mio aiuto?»

Albus fissava cupo davanti a sé. «Quel Lester è un pallone gonfiato, è meglio se gli stai alla larga.»

«Da quando» Rose si rese conto di stare per perdere il controllo e abbassò la voce «da quando ti preoccupi per me e decidi chi devo frequentare, Albus?»

Il ragazzo trasalì: quando Rose lo rimproverava usando il suo nome per intero l’aveva offesa sul serio, e lui lo aveva imparato a proprie spese.

«Ascolta, mi dispiace…» bisbigliò, ma lei lo precedette: «Non ti scusare, dopotutto alla fine non t’importa nulla, a te basta solo decidere per me e farti aiutare in Trasfigurazione… vero?» si alzò e prese la borsa. «Ci vediamo in classe, Albus.» mormorò.

Mentre la osservava allontanarsi, James commentò: «Fratellino, dammi retta, non ci sai proprio fare. E poi lo sai com’è fatta, è orgogliosa, si arrabbia… E’ stato comunque poco carino, ti metterà il broncio per mesi.»

Albus osservò le briciole sparpagliate sul tavolo e bevve del succo di zucca. «Lo so, ma proprio non riuscivo a sopportarlo… Dico, ma l’hai visto in faccia? Un Mangiamorte è più educato di lui!»

«Sst» bisbigliò il fratello maggiore, scuotendo la testa con disapprovazione. «Papà ti ha detto di non fare più simili commenti in pubblico. E te lo dico io di ascoltarlo, almeno in questo!»

«Hai ragione» brontolò Albus, «però…»

Furono interrotti da un fruscìo e James, senza alzare lo sguardo, disse: «Sicuramente ci avranno scritto da casa, sono più di due settimane che non lo fanno.» Nel tono apparentemente indifferente del fratello Albus notò una leggera insicurezza, come una sfumatura di inquietudine, ma si trattenne dal prenderlo in giro.

Un gufo bruno dalle piume leggermente spruzzate di argento planò dolcemente verso di loro. Alle zampe forti erano legate una lettera e un pacco piuttosto capiente. Albus li sciolse, incuriosito.

James si appropriò immediatamente del pacco, seguito da Lily. «Ordinaria amministrazione» spiegò al fratello con un sorrisetto saccente. «Vedi cosa c’è scritto nella lettera, piuttosto.»

Albus pensò che fosse la cosa più sensata che poteva fare e si affrettò ad aprirla. La grafia era tonda e scorrevole, indubbiamente appartenente a Ginny. Il ragazzo sorrise, scorrendola.

 


Vostro padre non vorrebbe, continua a borbottare che lui da ragazzo era denutrito e che non ha mai ricevuto niente di simile, ma io penso alla vostra salute, non alla sua!

Scherzi a parte, vi ho mandato un pacco di biscotti fatti in casa e alcuni dolci che ha preparato la nonna. Vedete di mangiarli a colazione o negli intervalli tra una lezione e l’altra quando avrete fame. Non finiteli subito!

Era necessaria quest’introduzione, visto che volevo prendere un po’ in giro Harry, ma adesso passo alle vere ragioni per le quali vi ho scritto.

 


Cari James, Albus e Lily (ultima ma non meno importante),

come state? Qui va tutto bene, ma vostro padre ha delle raccomandazioni da farvi – ma tranquilli, presto anche Rose e Hugo riceveranno una lettera molto simile (naturalmente suppongo anche i biscotti preparati da Hermione, nel caso non arrivino divideteli con loro – fatelo anche nell’eventualità che arrivino, si intenda).

Naturalmente, tolte tutte le prediche del preside sulla sicurezza ad Hogwarts, vostro padre vi IMPONE di tenervi alla larga dai Serpeverde (non per un vecchio pregiudizio comune, ma sostiene che la “feccia” è ancora lì, sempre presente) e in particolar modo di non frequentare i sotterranei perché c’è sempre qualche malcapitato che viene malmenato ben bene da quei distinti signori.

Per Natale vi chiediamo cortesemente di tornare a casa, visto che vorremmo passare le feste in famiglia, e dobbiamo parlarvi di un progettino che abbiamo in merito alle vostre scope da corsa. NIENTE ANTICIPAZIONI!

Lily, abbiamo saputo da Hagrid che sei stata poco bene. Com’è apprensivo nei vostri confronti! Rispettatelo, mi raccomando, adesso che è vecchio e stanco, e andatelo a trovare ogni domenica, appena potete, tutti insieme, e nel caso portatevi anche Rose e Hugo. Più siete, più è contento! Perciò, piccola, nel pacco ho messo anche una boccetta con un’essenza di rose che ti farà stare meglio, basterà applicarla su viso e collo. Se i suoi effetti sono soddisfacenti, parlane a Madama Chips. Lei potrà fornirtene altra, se la conosce. Dividila anche con i tuoi fratelli, tesoro.

Per quanto riguarda i due baldi giovani, io e vostro padre abbiamo deciso di negarvi il Mantello dell’Invisibilità almeno fino al mese prossimo, vista la vostra condotta riprovevole quest’estate con Lily. Niente di personale, naturalmente. Suppongo che con le feste potrete rientrarne in possesso, salve qualche espulsione improvvisa o qualche bravata notturna.

James, studia. Anche tu, Albus, e l’ordine è rivolto anche a te, Lily. La vostra istruzione viene prima di tutto, specialmente in questi tempi incerti. Sinceramente vostro padre è molto perplesso dalla situazione, e io non sono da meno. Non parlatene a nessuno, mi raccomando.

Usate sempre gli scaldini che vi ho mandato il mese scorso, vi proteggeranno da cose sgradevoli come calli, verruche e quant’altro.

Un bacio a tutti anche da parte dei nonni, e tanti cari complimenti, Jam, per il test di Trasfigurazione.

Un abbraccio,

mamma e papà

 


Il bello dei loro genitori, pensò poco più tardi Albus, entrando in aula, era che non li trattavano come tre bambini pestiferi: riferivano loro i pensieri, le supposizioni, le proprie paure e le speranze. Naturalmente c’era Ginny, madre e amica in ogni singolo gesto: ma la loro vicinanza e il loro calore lo si sentiva tramite l’ironia che traspariva da ogni singola parola delle loro lettere. Per questo, quando era la madre a scrivere loro, le conservava sempre Albus con estrema gelosia, anche perché leggerle gli faceva bene, si sentiva più positivo.

In classe la professoressa di Trasfigurazione non era ancora arrivata, perciò Albus prese posto accanto a Rose, che, appena diede prova di averlo notato, puntò lo sguardo fisso dinnanzi a sé e non parlò, ma una certa durezza trasparì dall’impassibilità dei lineamenti, una durezza che notò anche lui.

«Rose…» bisbigliò, esitante.

«Che cosa vuoi?» chiese lei con tono di voce normale. «Albus?» aggiunse poi, con una punta di malignità.

Lui le si fece ancora più vicino, ma lei non si mosse di un millimetro. «Scusa per prima» bisbigliò, innervosito da quell’assenza di reazione: Rose lo stava punendo per il comportamento che aveva assunto, e lui non poteva sopportarlo.

«Ah, davvero?» replicò lei. Non lo guardò in viso. «Ti dispiace

«Da morire» rispose lui, snervato. Quella ragazza aveva la capacità di fargli perdere la testa soltanto rispondendogli “ah, davvero?” con quel tono petulante. Sentiva di detestarla profondamente quando si comportava così. Parlava di maturità e comprensione, e poi…

Lei si volse a guardarlo, e, per un secondo, appena i loro occhi si incontrarono e lui potè osservare quelli di Rose, screziati d’oro nel loro profondo castano caldo, sentì la fronte imperlarsi di sudore freddo. Sotto il banco, le mani gli si strinsero convulsamente l’una all’altra.

«Per stavolta passi» disse lei severamente. Poi gli diede un colpetto sulla spalla, e sorrise, ma dall’inclinazione delle labbra non prometteva nulla di buono. «Adesso vediamo come posso aiutarti a riparare alle terribili lacune in Trasfigurazione che ti porti dietro da tempo.»

Lui sospirò. Era davvero impossibile.

 


Nonostante tutto, la giornata volò in fretta, e, dopo la cena Rose decise di andare una mezz’oretta in biblioteca, per poter scrivere il suo diario e restare sola nella quiete più assoluta senza pensare a nulla.

Perciò salutò i suoi amici, s’infilò la tracolla e, sentendola ancora più pesante rispetto a quella mattina – la stanchezza giocava brutti scherzi – uscì dalla Sala Grande e si incamminò tra gli studenti che andavano a cena o, come lei, ne uscivano.

Mentre lasciava vagare lo sguardo verso un punto imprecisato del pavimento, quasi seguisse una linea invisibile tracciata per terra, uno scoppio di risa improvviso la fece sussultare e alzò il viso verso la fonte del rumore.

Un bel ragazzo biondo dall’espressione strafottente, anche se con un accenno di insicurezza sul viso altrimenti sorridente, le stava andando incontro, gli occhi grigi puntati su di lei.

Rose lo riconobbe in un attimo.

«Scor…» provò a sussurrare. Scorpius Malfoy. La “feccia”.

Decise di non correre rischi e di allontanarsi, ma, prima che potesse farlo, sentì che qualcuno le stava tirando i capelli con forza, troppa forza, e le stava facendo male. Si volse.

«Malfoy» sibilò «lasciami andare immediatamente o ti giuro che non uscirai incolume da questa situazione.»

La lasciò andare subito, quasi si fosse scottato o lei gli avesse fatto realmente paura. Ma Rose sentiva che non si trattava né della prima né della seconda cosa.

«Però» commentò lui con una voce calda e pura, che lei non gli aveva mai sentito «mordi, eh?»

«Specialmente chi mi tira i capelli» replicò lei nello stesso tono ironico.

«Dove stai andando, Weasley?» le chiese, tentando maldestramente di sembrare gentile e disinvolto.

«Non sono affari tuoi, Malfoy. Adesso, se non ti dispiace…»

Gli diede le spalle e si incamminò a grandi passi. In realtà, era solo un pretesto per non mettersi a correre. Non che avesse paura. Lei, Rose Weasley, la studentessa più brillante di tutta Hogwarts, paura di un bulletto viziato e impertinente?

Solo, si era sentita terribilmente a disagio nello scambiare quelle poche parole con Scorpius Malfoy, rinomato leader dei Serpeverde («tale e quale a suo padre» aveva commentato Ron con una smorfia di disgusto quando, quella stessa estate, ci avevano scherzato su) e sarebbe stato meglio per lei se non l’avesse rivisto per del lungo tempo. C’era qualcosa che la inquietava nei suoi occhi, nell’espressione del suo viso. Sarebbe stato meglio tenersi alla larga da qualsiasi tipo di guaio che avesse implicato la presenza di quel ragazzo.

Era finalmente arrivata in biblioteca. Con un sospiro sollevato la ragazza prese posto ad uno dei tavoli vuoti, proprio di fronte a una delle grandi finestre, e osservò per un po’ di tempo il cielo scuro fuori, assaporando la sensazione di pace che provava.

Dopodiché trasse fuori dalla borsa il pennino e il diario, lo aprì alla pagina di quel giorno e, dopo aver intinto la penna nella boccetta d’inchiostro, scrisse a chiare lettere sul foglio:

 


Cenare prima e / o non passare più nel corridoio per la biblioteca dopo le sette di sera. Si rischia di incontrare strani buzzurri impomatati con un quoziente intellettivo pari a quello delle zucchine mature.

 


Sorrise, più rilassata, e cominciò a scrivere.

 






Chiedo scusa per la lunga assenza, ma ho avuto dei grossi problemi anche dovuti al malfunzionamento del pc -.-

Spero che la fanfiction interessi ancora chi mi ha inseguito fino ad ora, e spero di interessare altri XD

Buon natale in ritardo e buon anno in anticipo :D prometto di aggiornare presto ;)

chronophoenix

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=240239