By accident

di Kim_HyunA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** By accident ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** By accident ***


Il vento gli stava scompigliando i capelli.
 
Li faceva volare all'indietro, scoprendogli la fronte.
 
Non era una situazione che normalmente avrebbe sopportato, ma aver comprato una nuova decappottabile aveva cambiato le sue priorità. O almeno le aveva cambiate per quel giorno. Certo, ogni tanto si passava una mano tra i capelli per sistemarli, ma doveva ammettere che era una sensazione piuttosto piacevole.
 
Con l'aria fresca che gli colpiva il volto e i palazzi che gli sfrecciavano accanto, Kibum si sentiva il padrone della strada. E del mondo.
 
Imprecò sottovoce quando dovette fermarsi ad un semaforo rosso. Una macchina del genere non poteva sicuramente abbassarsi a rispettare le regole di tutti gli altri comuni mortali.
 
Non staccò nemmeno il piede dal pedale dell'acceleratore, non volendo perdere neanche un secondo quando sarebbe scattato il verde.
 
Con un indice si sistemò meglio gli occhiali da sole sul naso, dandosi una rapida occhiata allo specchietto retrovisore. Si passò la lingua sulle labbra, lasciandovela per qualche secondo di più mentre si ammirava con attenzione.
 
Perfetto.
 
Era assolutamente perfetto con i capelli biondi leggermente spettinati, una canottiera grigia che gli lasciava scoperto il petto e una giacca di pelle nera sbracciata che metteva in completa mostra le sue braccia bianche e sottili.
 
Tamburellò le dita sul volante, iniziando a spazientirsi quando il semaforo sembrava come morto e non dava segno di voler cambiare colore.
 
Si concentrò sulla canzone che stavano trasmettendo alla radio, e non appena le sue orecchie riconobbero le note della sua canzone preferita, non esitò ad alzare il volume, incurante dell'occhiataccia che l’autista della macchina in coda accanto alla sua gli aveva lanciato.
 
Come se gli sarebbe interessato poi.
 
Nessuno aveva il diritto di dirgli di abbassare il volume. Non quando c'era quella canzone che lo aveva fatto iniziare a cantare a squarciagola. Non quando si trovava in una decapottabile nuova di zecca e rossa fiammante.
 
I suoi occhi si incollarono al semaforo, non lasciandolo nemmeno per un secondo, e, quando finalmente scattò il verde, fece in modo che tutta la città potesse sentire il rombo del suo motore e che tutti quelli in coda dietro di lui non avessero nemmeno avuto il tempo di accorgersi di quanto fossero stati bruciati alla partenza.
 
Stava procedendo a tutta velocità, ma con l'avvicinarsi di un incrocio aveva iniziato a rallentare scalando le marce. Ma non stava prestando particolare attenzione, era una zona poco frequentata, soprattutto a quell'ora nel tardo pomeriggio. Ne approfittò per darsi un'altra occhiata allo specchio e spostare una ciocca che era finita fuori posto.
 
Sporse le labbra in concentrazione e strizzò gli occhi nel tentativo di mettere di più a fuoco, anche se gli occhiali da sole non erano molto d'aiuto per vedere meglio. Tenendo una mano sola sul volante mentre l'altra era ancora impegnata a combattere contro un ciuffo ribelle, urlò spaventato quando sentì l'inchiodare dei freni di una macchina e si sentì sobbalzare.
 
Un’auto si era appena scontrata con la sua, colpendone la fiancata. Per fortuna l'urto non era stato troppo forte.
 
"Ma che...".
 
Gli ci volle qualche secondo per realizzare quello che era appena successo. Sbarrò gli occhi con le mani ancora sul volante e scese a tutta velocità dal veicolo, non preoccupandosi nemmeno di richiedere la portiera.
 
"Oh porca tro—" inveì, notando un graffio lungo la fiancata. Si sentì mancare la terra sotto i piedi. La sua splendida macchina, la sua splendida macchina nuova aveva un graffio. "Sei un deficiente, non puoi guardare dove vai?", iniziò ad aggredire l'altro automobilista, anche lui sceso dalla vettura per verificare i danni.
 
"Sei tu che ti saresti dovuto fermare allo stop! Non l'hai visto?" ribatté subito l'altro e Kibum, girandosi e notando che effettivamente c'era un segnale che non aveva visto, doveva ammettere che era una replica legittima. Ma certo anche il suo comportamento era stato legittimo: erano gli altri che dovevano rispettare i segnali, non lui e la sua meravigliosa auto.
 
"Forse se non andavi così veloce, saresti riuscito a fermarti in tempo".
 
"Ma se tu aves—".
 
"Guarda come hai ridotto la mia macchina" lo interruppe, prendendosi la testa tra le mani e guardando la carrozzeria rovinata. Stava soffrendo. Stava soffrendo terribilmente.
 
Guardò l'altro ragazzo come se uno scambio di sguardi potessi risolvere la situazione, come se si aspettasse che potesse tirare fuori una bacchetta magica e sistemare tutto.
 
Doveva ammettere che non era niente male. Capelli castani ben curati, viso ben proporzionato, braccia muscolose. In un'altra circostanza non avrebbe certo perso un secondo di più per provarci con lui, ma gli aveva appena rovinato l'auto e ora non avrebbe voluto fare altro che prenderlo a calci.
 
"Era nuova" commentò, come se all'altro potesse interessare quel dettaglio.
 
"Senti, mi dispiace" iniziò il ragazzo, passandosi imbarazzato una mano tra i capelli.
 
“Ci mancherebbe altro che non ti dispiacesse” lo attaccò ancora una volta, sentendo la rabbia crescere dentro di sé.
 
Si avvicinò alla macchina e si abbassò, facendo attenzione che le ginocchia non toccassero l’asfalto per paura di rovinarsi i pantaloni.
 
Poggiò il palmo della mano sulla carrozzeria, facendo scorrere le dita sulla scalfittura, notando come la vernice fosse stata grattata via lasciando intravedere il color argento sottostante. Gli ci volle tutta la forza di controllo che aveva per mantenere la calma e non iniziare ad aggredire fisicamente quel ragazzo. Avrebbe voluto urlargli contro che gli avrebbe dovuto pagare tutti i danni e fare in modo che la sua macchina tornasse perfetta ed impeccabile come prima.
 
Fece un respiro profondo e si mise a contare fino a dieci.
 
Uno. Due. Tre. Quatt
 
“Dovremmo compilare i documenti per l’assicurazione” la voce leggermente insicura dell’altro interruppe i suoi pensieri.
 
Si morsicò la lingua ed annuì piano con la testa, anche se sapeva che, così facendo, sarebbe stato lui a dover risarcire l’altro. Per quanto pretendesse di avere ragione, sapeva che una parte — una buona parte — di torto spettava anche a lui.
 
Lanciò un’occhiata alla macchina dell’altro e alzò le sopracciglia tra il sorpreso e il disgustato nel vedere quel macinino piccolo e sporco. Come si poteva andare in giro in quel modo? Come faceva quel ragazzo a camminare a testa alta sapendo di dover guidare una cosa del genere? E Kibum avrebbe dovuto addirittura ripagargli i danni. Che affronto.
 
Compilò i documenti sbuffando, un’espressione scocciata sul volto.
 
“Kim Kibum” lesse l’altro avvicinandosi e sbirciando il foglio che Kibum stava riempiendo appoggiato al cofano della sua auto.
 
Il biondo gli lanciò un’occhiataccia, già sul punto di dirgli di allontanarsi e rispettare il suo spazio personale, e soprattutto di dirgli di levarsi quello stupido sorriso dalla faccia, perché non c’era nulla da sorridere in una situazione come quella.
 
La macchina che aveva comprato era già rovinata.
 
Non c’era assolutamente nulla da ridere.
 
“Io sono Kim Jonghyun” si presentò il moro con un leggero inchino.
 
Nessuno te l’ha chiesto, avrebbe voluto rispondergli ma decise che un cenno del capo potesse essere più appropriato.
 
“Sei ancora arrabbiato con me?”
 
Cercò di trattenersi dal guardarlo male per l’ennesima volta ed optò per una semplice alzata degli occhi al cielo. Questa confidenza da dove arrivava?
 
“Mi hai appena distrutto la macchina” fu la sua semplice risposta.
 
“Se ti invito a cena mi perdoni?” chiese, quel sorriso amichevole che non aveva ancora abbandonato il suo volto mentre gli occhi gli si erano fatti più grandi come per cercare di convincerlo.
 
“Scusa?”
 
Come erano passati da un incidente ad un invito a cena?
 
Lo guardò incredulo, quasi divertito da quell’improvvisa richiesta.
 
“Una cena. Io e te” spiegò Jonghyun.
 
E Kibum stava per rispondergli che no, non ci sarebbe stata nessuna cena, perché dopo che gli aveva rigato la fiancata in quel modo, era meglio che rimanesse a distanza di sicurezza se non voleva essere aggredito, ma poi l’altro disse le parole magiche che riuscirono a cambiare la sua opinione in meno di un secondo.
 
“Pago io ovviamente”.
 
Lo sguardo di Kibum si fece più interessato. Forse non era poi così male come proposta.
 
“Affare fatto”.
 
Jonghyun gli si fece più vicino e si tese verso un suo orecchio. Il biondo notò come aveva dovuto alzarsi sulle punte per poterci riuscire.
 
“Vedrai, mi farò perdonare”.
 
 
--
A/N: giuro che non doveva finire così. doveva essere una cosa carina che si concludeva con un semplice invito a cena. ma poi ho pensato “perché no?” e quindi ho deciso di fargli concludere al meglio la serata XD ho già scritto la seconda parte, prima o poi la pubblico
 
non guidate come kibum, mi raccomando. a meno che non siate abbastanza fortunate da tamponare qualcuno come jonghyun. allora lì sì, avete il mio permesso di fare le spericolate per strada.
 
che poi sono curiosissima di sapere come guida nella vita reale. a volte penso sia uno di quelli stra prudenti, che rispettano tutti i limiti e che vanno nel panico quando sono in macchina con qualcuno che va troppo veloce. e poi ci sono volte in cui me lo immagino andare a tutta velocità e fregarsene di tutto. boh son curiosa di saperlo ahah
 
btw, kibum che se la tira per la sua macchina mi rende molto felice ahah
 
l'ispirazione per questa storia è venuta da un suggerimento della ale che mi ha detto di scrivere qualcosa in cui kibum rigava la macchina di jong e si mettevano a litigare. qua in realtà è jong che gliela riga, ma son dettagli XD ale visto che sono riuscita a pubblicarla in tempo?!
 
giusto una cosa, pur avendo la patente, non ho idea di come funzionino le assicurazioni, quindi quello che ho scritto su chi deve ripagare chi non ha nessuna pretesa di essere veritiero. i’m sorry ._.
 
direi che posso finirla qui con i miei commenti finali.
 
grazie per aver letto c:
 
ps. = per curiosità, questo è vagamente come me li sono immaginati in questa storia. e questa è la canzone che key ascoltava in macchina. parliamo del disagio di questa persona vi prego. kibum sei imbarazzante, vai via. no ok questa è la versione originale.

pps. = ho messo il rating verde ma se riuscirò davvero a postare la seconda parte, mi sa che lo dovrò proprio cambiare XP non l’ho messo subito se no era troppo ovvio ahahah (oddio spero di poterlo cambiare poi. oh, al massimo io vi ho avvertito u__u)

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Capitolo 2
*** 2. ***


“Dio, non ti fermare” lo implorò Kibum, rafforzando la presa delle dita sui suoi capelli.
 
Non avrebbe saputo spiegare come era finito dall’essere tranquillamente seduto a cenare all’essere premuto con la schiena al muro e la testa all’indietro con Jonghyun inginocchiato ai suoi piedi.
 
Il moro gli aveva promesso che si sarebbe fatto perdonare per il danno che gli aveva causato alla macchina, e ci stava riuscendo senza ombra di dubbio.
 
Si erano rifugiati nel bagno di un ristorante appena avevano finito di cenare e, senza che fosse stato necessario dire una parola, Jonghyun lo aveva spinto in un cubicolo, chiudendo la porta a chiave dietro di loro.
 
Si erano avventati l’uno sulla bocca dell’altro, senza sprecare nemmeno un secondo.
 
“Sei così aggressivo” aveva commentato il moro senza fiato, il suo labbro appena morsicato dall’altro.
 
Era il suo modo di fargliela pagare. Di manifestare la rabbia che ancora non gli era passata. Era il suo modo di esprimere la sua frustrazione verso un eccitante ragazzo che aveva appena incontrato ma che al tempo stesso gli aveva rovinato la macchina.
 
Chiuse ancora una volta i denti sulla sua pelle, tirandola, e fu molto compiaciuto nel sentire un lieve lamento di dolore lasciare la sua bocca.
 
“Sbaglio, o avevi detto che ti saresti fatto perdonare?”, un sorriso storto sul suo volto che gli metteva ancor più in risalto i suoi alti zigomi. “Sto ancora aspettando”.
 
Amava avere il comando. Amava avere il controllo della situazione. E non gli interessava se quello sconosciuto di cui sapeva solo il nome fosse più grande di lui — come aveva avuto modo di imparare durante la cena —, se gli aveva causato un danno, doveva ripagare.
 
Jonghyun si inginocchiò davanti a lui, facendogli scorrere le mani lungo i fianchi. Senza esitazione, aveva iniziato a massaggiarlo da sopra i pantaloni, già dolorosamente stretti da tempo ormai — un piede di Jonghyun lo aveva sfacciatamente stuzzicato per tutta la serata sotto il tavolo.
 
Lo guardò mentre gli abbassava la cerniera senza alcuna ritrosia, come se fosse perfettamente naturale. Come se gli capitasse tutti i giorni di trovarsi in ginocchio sul pavimento di un bagno con una persona che aveva incontrato solo qualche ora prima. Chissà, magari gli capitava davvero tutti i giorni, Kibum non poteva saperlo.
 
Sentì la sua mano chiudersi intorno alla sua eccitazione, le dita calde che gli solleticavano la pelle gli avevano fatto scorrere brividi lungo tutto il corpo.
 
Emise un gemito roco a quella sensazione e non poté fare altro che prolungarlo quando si sentì avvolgere dalla bocca di Jonghyun. Era umida. Era calda. Era appagante. E il modo in cui stava muovendo la lingua era strepitoso.
 
Aveva notato la leggera fissazione orale che aveva l’altro ragazzo — come poteva essergli sfuggita quella sua abitudine di passarsi continuamente la lingua sulle labbra? — ma non poteva certo immaginarsi la sua abilità.
 
Non trascurava nemmeno un centimetro della sua pelle, facendo in modo che nessun punto fosse dimenticato.
 
Gli teneva la base con una mano mentre la sua bocca si dedicava all’altra estremità, prendendola tra le labbra e succhiando con avidità, al punto da incavare le guance.
 
Kibum era in estasi.
 
Quella lingua lo stava mandando fuori di testa.
 
Ma quella sensazione era ancora niente se paragonata a quello che provò qualche istante dopo, quando Jonghyun prese tutta la sua eccitazione in bocca e Kibum arrivò a toccargli la gola.
 
Si chiese come riuscisse a non soffocare in quel modo, ma non gli interessava davvero. Gli importava solo che ci riuscisse.
 
Non l’aveva mai provato. Non aveva mai provato a spingersi così tanto in profondità, e ora che sapeva quale piacere gli procurava, non aveva nessuna intenzione di rinunciarvi troppo presto.
 
Con gli occhi serrati e il collo che quasi gli faceva male per quanto fosse reclinato all’indietro, abbassò una mano, posandola sulla testa dell’altro ed intrecciando le dita con i suoi capelli.
 
Aveva tutte le intenzioni di trattenerlo lì, di non farlo spostare, perché ne aveva bisogno, un disperato bisogno.
 
Si sentiva le gambe formicolare e avrebbe dovuto cambiare posizione, ma non ce la faceva. Non poteva interrompere quel contatto nemmeno per un secondo.
 
Alle sue orecchie arrivavano i gemiti appagati di Jonghyun, come se anche lui stesse godendo insieme a lui. Forse aveva davvero una fissazione orale, forse avere qualcosa in bocca lo soddisfaceva come se fosse stato lui stesso a ricevere piacere.
 
“Dio, non ti fermare” lo implorò Kibum, rafforzando la presa delle dita sui suoi capelli, tirandoli. “Non osare fermarti” gli ripeté, sentendosi ad un passo dal paradiso.
 
Era troppo.
 
Non sapeva per quanto ancora avrebbe potuto resistere.
 
Allentò la presa della sua mano sui suoi capelli, ormai incapace di controllare il suo corpo mentre sentiva il suo orgasmo avvicinarsi sempre più.
 
Jonghyun approfittò di quel momento per allontanarsi per un breve istante per riprendere fiato, ma lo riprese subito in bocca, come se fosse incapace di rimanervi lontano, anche se solo per pochi secondi.
 
I suoni umidi che lasciavano la sua bocca furono il colpo di grazia per Kibum, che abbassò lo sguardo verso l’altro e si maledisse per non averlo fatto prima.
 
Le sue labbra rosse ricoperte di saliva e avvolte intorno al suo membro, i suoi occhi concentrati rivolti verso l’alto, le dita poggiate sul suo bacino, tutto di lui riuscì ad aumentare ancora di più il suo piacere.
 
Non aveva senso continuare a resistere. Non aveva senso e non ne sarebbe stato capace.
 
Venne senza nemmeno avvisare Jonghyun, aveva come l’impressione che avrebbe amato quella sensazione, che non avrebbe voluto tirarsi indietro ma ingoiare tutto.
 
E non si sbagliava.
 
Aveva cercato con tutte le sue forze di tenere gli occhi aperti mentre i suoi muscoli si contraevano in preda all’orgasmo, e il suo stomaco si era contorto ancora di più nel vedere come Jonghyun aveva chiuso gli occhi mentre deglutiva, attento a non lasciarsi sfuggire nemmeno una goccia.
 
Era ancora senza fiato quando l’altro si alzò e si leccò le dita davanti ai suoi occhi, ed era talmente eccitante vedere la sua lingua passare tra le dita, che gemette rocamente, non avendone ancora abbastanza.
 
Senza preoccuparsi di tirarsi su i pantaloni e riallacciarli, lo tirò per la maglietta, attirandolo verso il suo corpo e facendo scontrare con forza le loro labbra. Poteva sentire il suo sapore dentro la sua bocca, e non poté non far scorrere le immagini dell’altro inginocchiato davanti a lui nella sua mente.
 
Lo spinse contro il muro, ghignando quando, sbattendogli con energia la schiena contro il muro, un’espressione di sofferenza comparve sul volto dell’altro.
 
Si sentiva insaziabile.
 
Si accanì contro il suo collo, ricoprendolo di morsi e lasciando una serie di segni rossi su cui si divertiva a ripassare con la lingua.
 
Gli infilò le mani sotto la maglietta, rimanendo piacevolmente sorpreso nel sentire il suo fisico tonico, e fece scorrere le dita sulle linee ben definite dei suoi muscoli, mentre gli prendeva un labbro tra i denti, tirandolo.
 
“Dio, Kibum” lo sentì dire mentre si dedicava con particolare attenzione ad un suo orecchio, mordicchiandogli il lobo.
 
“Allora, sono riuscito a farmi perdonare?” chiese con un mezzo sorriso e il respiro rotto, avvolgendogli le braccia intorno alla schiena ed attirandolo a sé per far incontrare ancora una volta i loro corpi.
 
“Non c’è male” iniziò, non volendogli dare la soddisfazione che in realtà era stato fantastico e che doveva ancora riprendersi; dopotutto lo odiava ancora per quello che aveva fatto solo qualche ora prima. “Ma direi che c’è un altro modo per farti davvero perdonare”.
 
Lo guardò complice, sorridendo, sapendo che l’altro non avrebbe avuto problemi a capire a cosa si stesse riferendo.
 
“Andiamo”.
 
Jonghyun lo prese per un polso, trascinandolo fuori dal locale e arrivando alla strada dove le loro macchine erano parcheggiate.
 
Farlo in una macchina non era certo il massimo della comodità, ma l’eccitazione di trovarsi in un luogo pubblico in cui potenzialmente tutti avrebbero potuto sorprenderli era innegabile.
 
Non c’era dubbio per Kibum che non l’avrebbero fatto nella sua auto. Era nuova e non aveva alcuna intenzione di rovinarla — e inaugurarla — così presto.
 
Vide Jonghyun che stava già aprendo la propria quando Kibum si ricordò che razza di catorcio avesse e di come mai sarebbe riuscito a farsi convincere a salirci. Aveva degli standard, lui. Aveva una dignità. E quella macchina vecchia e rovinata non era decisamente alla sua altezza.
 
Incrociò le braccia sul petto con risolutezza.
 
“Io non ci salgo lì”.
 
 
 --
A/N: devo trovarmi qualcuno che mi scriva i finali .-.
 
so che avevo promesso di pubblicare questa seconda parte settimana scorsa solo che visto che ho fatto un esame martedì, non ho avuto molto tempo per finire di scrivere. sorry TT
 
non è niente di speciale, anzi, ora che la rileggo mi fa abbastanza schifo, ma spero vi sia piaciuta lo stesso!
 
a presto :)

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