La Fine è solo un Nuovo Inizio

di jo_gio17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Speranza ***
Capitolo 2: *** Le cose non cambiano… crescono. ***
Capitolo 3: *** Notte di luna e Saké ***
Capitolo 4: *** Partire o Restare? ***
Capitolo 5: *** Ricordo ***
Capitolo 6: *** Dov'è casa? ***
Capitolo 7: *** Insani Sorrisi ***
Capitolo 8: *** Complicazioni ***
Capitolo 9: *** Il buio prima dell'alba ***



Capitolo 1
*** Speranza ***




Ciao a tutti, sono riuscita a terminare il primo capitolo; sta iniziando una nuova avventura! Per chi non lo sapesse, questa storia è una sorta di seguito di un mio racconto precedente “Fino in Fondo”. In realtà non c’è davvero bisogno che la leggiate per seguire questo sequel, in quanto riprendo i fatti raccontati nella prima. Se qualcosa non vi è chiaro vi basterà leggere il primo e l’ultimo capitolo di “Fino in Fondo”. Detto questo, vorrei farvi presente che questa volta, i capitoli non saranno Os uniche, ma si può considerare una vera e propria long. Spero di aggiornare con tempi ragionevoli, ma purtroppo è iniziata la sessione degli esami e quindi sarò stra-impegnatissima con lo studio. Penso di avervi detto tutto, spero che la storia vi piaccia e che la seguiate in tanti. Fatemi sapere cose ne pensate, perché ho già gran parte della storia in mente, ci saranno molto colpi di scena e sono davvero curiosa di sapere il vostro pensiero/critica. Ok. Ho straparlato…. Buona lettura!
Baci Baci
Jogio  



 
 
Speranza




Un grido si alzò nell’aria insieme ad una forte imprecazione. – Portatemi da bere! Non ce la faccio! – urlò Nami con tutto il fiato che aveva in gola.

- Non puoi bere, il bambino è ancora dentro. Spingi! – Le urlò di rimando Nojiko.

La rossa stava praticamente stritolando la mano della sorella, ma era la prima volta da quando era tornata che sul suo viso si vedevano delle emozioni. Era un fantasma incinta che si aggirava per i campi di mandarini, non parlava quasi con nessuno, a parte Nojiko e quel suo amico, che era venuto con lei.

Un mese dopo il Grande Conflitto, che causò la morte di Rufy, Nami o quello che ne rimaneva di lei,  tornò nel suo villaggio natale. Ad accompagnarla fu Sanji; si sistemarono nella vecchia casa insieme a Nojiko. Il Villaggio di Coco non era cambiato di una virgola in tutti quegli anni, a parte il fatto che ora l’arcipelago ospitava Marine Park.

Finalmente la levatrice fece nascere quella splendida creatura. Nami tirò più di un sospiro di sollievo e allentò gradualmente la sua presa ferrea. Senza parlare allungò le braccia per prendere in braccio il frutto del suo amore, appena vide il suo piccolo e dolce volto si concesse un sorriso, il primo dal suo ritorno a casa. – Sei bellissima, ti chiamerò Saki.

Un sommesso sorriso si accese sul volto di Sanji. La levatrice lo aveva appena fatto entrare nella stanza. – Speranza… è un bellissimo nome.
Anche Nami finalmente sorrideva, ma quel velo di tristezza che ricopriva i suoi occhi stava già tornando. Guardò di nuovo sua figlia e una calda lacrima le rigò il viso. Avrebbe donato tutto l’oro del mondo per averlo lì, proprio in quel momento la piccola Saki mugugnò. Uno stupido verso infantile che la riportò bruscamente alla realtà. Rufy non sarebbe più tornato, ma le aveva lasciato un’enorme parte di lui. Di nuovo quella familiare morsa allo stomaco la strinse fino a farle male. Il pianto bruciava dietro le sue palpebre.

- Lasciatemi sola! – sbottò senza un’apparente motivo.

Nojiko si alzò dalla sedia accanto al letto, accarezzò la fronte ancora sudata della sorella e uscì dalla stanza, trascinando con sé il cuoco.
Quando fu sola, la neomamma si concesse di piangere liberamente. I forti singhiozzi le facevano vibrare il corpo, teneva ancora in braccio Saki, più la guardava più le sue lacrime aumentavano. Era davvero una neonata bellissima; le sua labbra erano rosee proprio come le sue, ma i suoi occhi erano due grandi buchi neri, proprio come quelli di Rufy. Passarono alcuni minuti e piano piano riuscì a calmarsi. – Non ti lascerò mai sola piccola mia. Tu sei il mio più grande tesoro. Sei la mia speranza.

Haruki, la levatrice entrò di nuovo nella candida stanza. Era una signora gentile e sempre sorridente, ma soprattutto era stata vicina a Nami durante tutta la gravidanza.

- Ora devi riposare mia cara. – le disse con dolcezza porgendole un fazzoletto. – Penserò io a Saki fino al tuo risveglio.

Nami le porse la piccola, dopo averle stampato un piccolo bacio sulla fronte. – Grazie.

Haruki le sorrise di rimando e prese la bimba; in silenzio uscì di nuovo dalla stanza.

 
 
***
 
- Non può andare avanti così!- Nojiko camminava isterica avanti e indietro per la piccola cucina di legno scuro.

- Le serve ancora tempo. – Le rispose Sanji, che era seduto su una sedia vicina al tavolo, accostato alla finestra.

- Non posso vederla in questo stato, non ce la faccio più, sto impazzendo. E tu smettila di giustificarla. Deve reagire.

Il cuoco si accese una sigaretta e poi alzò lo sguardo verso la donna, che ora aveva smesso di rimbalzare come una palla per tutta le stanza e lo fissava con le mani sui fianchi. Sorrise tristemente e scosse la testa – Tu non puoi capire, Nojiko.

- Anche io ho perso delle persona care nella mia vita Sanji! Certo che posso capire.

Questa volta fu Sanji ad alzarsi in piedi. La sua figura alta e magra sovrastò la giovane donna. – Tu non c’eri. Io si. – Il suo tono risultò più duro di quanto volesse, ma lui era il primo a soffrire se Nami stava male. Anche lui avrebbe voluto che le cose fossero andate diversamente.

Senza scusarsi imboccò la porta, lasciando Nojiko immobile e a bocca aperta. Quella reazione non se la aspettava proprio, molto, troppo spesso si dimenticava che anche Sanji era lì quel maledetto giorno e che anche lui aveva perso Rufy e gli altri suoi compagni.

L’aria fresca della sera lo calmò. Gli dispiaceva molto aver risposto così male a Nojiko. Sapeva che anche lei si preoccupava per la sorte di Nami, ma oggi non era un buon momento per discuterne. Oggi la vita le aveva fatto un enorme dono e lei aveva sorriso, dopo così tanto tempo, il suo volto si era illuminato di nuovo. C’era ancora speranza.

Un fruscio alla sua destra, verso il campo di mandarini attirò l’attenzione di Sanji. I suoi occhi vigili scrutavano il buio, quando si accorse che dal suo petto stava spuntando un braccio. La mano gli indicò il campo; senza pensare si incamminò lentamente verso la distesa di alberi.

Erano tornati!

Attraversò l’intera coltivazione fino ad arrivare alla rupe dove una c’era la vecchia tomba di Bellemere. Adesso l’area era stata recintata con una staccionata di legno, colorata di giallo. Non era più solo il luogo di riposto della mamma di Nami. Decisero di seppellire in quel posto anche i loro compagni. Lo sguardo di Sanji si posò sulle scritte incise nelle croci di legno. Asop, Franky ed infine la più lontana, Rufy. Fu proprio accanto a quella croce che li vide. Robin e Zoro.

- Ce l’hai fatta cuoco da strapazzo!

- È bello vederti Sanji.

Il biondo si avvicinò sorridendo. – Mia bella Robin, sono contento che tu stia bene! – poi lanciò uno sguardo a Zoro – Bentornato Marimo.
Poi come fossero attratti da qualcosa, tutti si girarono verso la croce di Rufy. Il suo cappello di paglia pendeva dall’asta verticale. Robin lo sfiorò con le dita.

Fu Sanji a rompere quell’attimo di silenzio. – Avete scelto un ottimo giorno per tornare. La bambina è nata. Il suo nome è Saki. Robin alzò lo sguardo verso di lui – Nami ha scelto davvero un bel nome. È proprio quello che ci serve… la speranza.

- Dobbiamo aggiornarti di alcune cose cuoco! La piccola dovrà aspettare.

- Non sono più “il cuoco” – rispose tristemente.

- Per noi lo sarai sempre. – il dolce tono di Robin, lo commosse un po’. Aveva ragione loro sarebbe stati per sempre compagni.
- Mi sento a disagio a parlare qui. – cambiò discorso Sanji. Questa volta fu Zoro a sbottare. – Ti senti a disagio a parlare su una tomba vuota! – l’ira che lo colse era segno che anche lui soffriva molto per questa cosa.

Alla fine del Grande Conflitto, i marine prelevarono il corpo ferito del loro capitano, senza che loro potessero nulla per fermarli. Fu proprio Akainu, il suo carnefice a prelevare il corpo.

- Proprio di questo ti dobbiamo parlare. Sembrerebbe che quel bastardo senza onore abbia nascosto il corpo di Rufy perché la gente non potesse piangerlo. Siamo riusciti a scoprire che si trova ad un quartier generale. Purtroppo non siamo riusciti a capire di quale si tratti. Il casino di un mese fa ad Alabasta ci ha tenuto molto impegnati.

Un tremito scosse il corpo di Robin. Il ricordo di Ohara non sarebbe mai scomparso ed il nuovo Buster Call richiamato per distruggere l’isola di Sunday, aveva riaperto quella vecchia ferita.  

- Per fortuna siamo riusciti ad intercettare con il lumacofono nero le intenzioni della marina, siamo riusciti a far evacuare l’isola quasi per intero, ma molti innocenti non ce l’hanno fatta. – il viso di Robin era una maschera di dolore. Zoro si avvicinò a lei, pronto a sorreggerla, come sempre. Le posò una mano sulla spalla e continuò.

- Dragon ci sta usando, come unità speciale dei Rivoltosi. Le sue condizioni di salute sono pessime, Chopper è rimasto con lui alla base. Anche tu e Nami siete richiesti.

- Siamo diventati dei simboli a quanto pare.

Robin annuì – Come dicevo prima, anche le persone hanno bisogno di sperare. E soprattutto, abbiamo fatto una promessa.

- Fino in fondo. – sussurrò Sanji.

- Fino in fondo. – risposero all’unisono gli altri due.

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Capitolo 2
*** Le cose non cambiano… crescono. ***


Eccomi qui! Già il secondo capitolo? Ebbene si… sto cercando di ritagliarmi del tempo per scrivere e per fortuna ci sono riuscita (non so se risuccederà in tempi così brevi, meglio approfittare del momento) XD
Sarò concisa quassù perché il capitolo necessita di una nota finale… Buona lettura!


 
 
Le cose non cambiano… crescono.

 
La cena era pronta. Il gruppo si era riunito attorno al piccolo tavolo della cucina, Sanji come al solito aveva preparato un succulento pasto. Nojiko entrò nella stanza con aria un po’ triste.

- Nami e Saki stanno ancora dormendo. Haruki mi ha consigliato di non svegliarle.

Robin sorrise dolcemente e le fece cenno di sedersi accanto a lei. – Non preoccuparti, domani saremo ancora qui e avremo tutto il tempo di conoscere la nuova arrivata.

L’altra donna annuì e la raggiunse. Sanji servì la cena, prima le signore poi Zoro ed infine riempì il suo piatto. Prima di sedersi a mangiare però, preparò due porzioni in due cestini; uno per Haruki e uno per Nami, in caso si svegliasse affamata.

Appena uscì dalla stanza Zoro bisbigliò a Nojiko. – Come sta il cuoco?

La ragazza avvampò, dopo la discussione di poche ore prima si sentiva molto in colpa, ma ancora non aveva avuto modo di scusarsi con lui. Sospirò – Non lo so. – disse stringendosi nelle spalle. La cosa che la stupì ancora di più, fu il rendersi conto che davvero non lo sapeva. In tutto quel tempo, le sue attenzioni si erano riversate solo ed esclusivamente su Nami, sulla bambina e perfino sull’andamento dei mandarini sul mercato, ma mai una volta aveva pensato che anche  Sanji potesse soffrire. Lui era la figura forte. Da quando aveva riportato a casa Nami, si era preoccupato di tutto lui; le stava accanto costantemente e la aiutava in ogni momento. Insomma si prendeva cura di lei. Inoltre la mattina accompagnava Nojiko al mercato o andava a raccogliere i mandarini. Insomma si era davvero reso sempre disponibile e indispensabile senza chiedere nulla in cambio.  Il senso di colpa crebbe, lei, Nojiko, una donna forte che era riuscita a sopravvivere da sola per tutto quel tempo stava approfittando della presenza di quell’uomo e come se non bastasse, non si era mai davvero preoccupata per lui.

Zoro annuì, come se fosse riuscito a leggerle nel pensiero.


 
***

 
Sanji bussò lievemente alla porta.  – Entra pure. – rispose in un soffio Haruki.

La donna era seduta su una sedia al lato destro della stanzetta. La parte sinistra invece era occupata dal letto su cui stava riposando Nami e da una piccola culla intagliata nel legno, dove dormiva Saki. Sanji si soffermò a guardarle; il volto della piccola aveva ripreso colore, adesso anche le guance si erano tinte di rosa. Il suo sguardo accarezzò l’intero corpo di Nami nascosto sotto le leggere lenzuola verdi, doveva essere davvero distrutta. Erano mesi che non la vedeva dormire così beatamente.

- Passerà…

La dolce voce di Haruki lo fece rinvenire. – Come?

- Un giorno tutto questo dolore passerà.

Lui annuì convinto – È una donna forte, ha solo bisogno di altro tempo.

Haruki si avvicinò a lui per prendere i due cestini. – Io non stavo parlando di Nami. – I suoi occhi penetrarono quelli dell’uomo. Sanji si sentì quasi in imbarazzo. In realtà quello che provava era solo un’enorme senso di colpa, cercava di tenerlo nascosto, di sopprimerlo, ma immancabilmente ogni volta che guardava Nami gli veniva alla mente il ricordo della sera prima della battaglia.

Rufy l’aveva seguito in cucina. Non avrebbe mai dimenticato le sue parole, ma soprattutto non avrebbe mai potuto cancellare dalla sua memoria quell’espressione che vide disegnarsi sul suo volto. Quella forza, quella decisione che appariva solo nei momenti più tragici e disperati; Rufy sapeva a cosa andava in contro, lo aveva capito. A differenza di tutti quanti, aveva compreso che la guerra non sarebbe potuta finire con l’ennesima vittoria. La Marina non si sarebbe fermata, anche a costo di spazzare via tutto il mondo.

Sanji strinse i pugni fino a sentire dolore. – È stata colpa mia. Io avevo capito le sue intenzioni, eppure non l’ho fermato.

Haruki continuò a fissarlo con quei suoi occhi azzurri, così limpidi e infinitamente buoni. – Non credo avresti potuto. Non si ferma l’Ambizione del Re.

- Avrei potuto provare.

- Sei troppo duro con te stesso Sanji. Il Re aveva preso la sua decisione, niente avrebbe potuto fargli cambiare idea. – concluse Haruki voltando le spalle all’uomo, dirigendosi verso il tavolino per posarvi la cena.


Il biondo  osservò per una manciata di secondi la schiena della vecchia donna, un’occhiata fugace a Nami e raggiunse gli altri.
 
Il suo viso aveva un’espressione sofferente, ma vedere i suoi compagni riuniti a quel tavolo gli scaldò il cuore. Erano la sua famiglia, averli lì sani e salvi rendeva il suo peso un po’ più leggero. Forse anche le parole della levatrice avevano avuto effetto, forse aveva ragione, un giorno quel dolore che lo perseguitava sarebbe semplicemente svanito.

Quando si avvicinò al tavolo vide che nessuno aveva ancora toccato cibo. Il suo sguardo s’incupì, ma la voce di Robin fu tempestiva.
- Ti stavamo aspettando.

- Ci hai messo un secolo. – esclamò scontroso come al solito lo spadaccino. Sanji si limitò a sedersi di fronte a Nojiko, che gli sorrise.

- Che aspettate – esclamò di colpo. – Si fredda! – continuò afferrando la forchetta come fosse un’arma potentissima.
 
Il gruppo consumò la cena in silenzio, nonostante tutto, si era creata un’atmosfera rilassante e nessuno voleva guastarla. Erano così rari i momenti di serenità che tutti cercarono si assaporarlo come meglio potevano.

- Mi mancava la tua cucina Sanji.  – disse Robin con un’espressione soddisfatta in viso. – È consolante sapere che certe cose non cambieranno mai. – Poi si alzò in piedi. – Scusatemi ma ho veramente bisogno di riposare.

- Ti accompagno io, così ti aiuto a sistemare la stanza. Starete un po’ stretti – disse Nojiko guardando anche Zoro.

Robin le posò una mano sull’avambraccio. – Andrà benissimo, abbiamo sicuramente dormito in posti più scomodi. – Poi si rivolse a Zoro, con un sorrisino cattivo. – E poi lui dormirebbe anche steso su delle pietre acuminate.

Lo spadaccino si limitò a fulminarla con il suo occhio e incrociò le braccia con fare offeso. Nojiko con aria divertita fece cenno a Robin di andarle dietro. – In questo caso, seguimi.

La mora si soffermò un secondo davanti a Sanji che nel mentre si era alzato per sparecchiare e lo abbracciò. Senza dire una parola poi raggiunse l’altra ragazza. Sanji rimase pietrificato, non ricordava nessun contatto fisico né affettivo di nessun tipo con Robin. Le cose cambiavano, eccome se cambiavano.

- C’è del sakè in questa casa? – la domanda di Zoro interruppe il flusso dei suoi pensieri.

- Se si sa dove cercare. – gli rispose mentre si abbassò e aprì il doppio fondo dell’ultimo cassetto del mobile della cucina. Allo sguardò incuriosito di Zoro continuò con aria innocente – Abbiamo dovuto nascondere l’alcool quando Saki ha iniziato a scalciare.

Il famigliare sorrisetto si disegnò sulla faccia di Zoro mentre si portava le mani incrociate dietro alla testa. – Ha proprio ragione Robin, certe cose non possono cambiare.

Il cuoco si sedette e versò il liquido chiaro in due bicchieri, poi alzandone uno disse – Altre invece, crescono senza che nessuno se ne renda conto.

Come risposta anche Zoro alzò il bicchiere e entrambi trangugiarono il sakè tutto d’un fiato.






 
NdA:
Come preannunciato sopra ecco le note. Come prima cosa, spero di essere riuscita a spiegare lo stato d’animo di Sanji. Per chi non avesse letto la storia precedente, vi riporto l’ultima conversazione tra Sanji e Rufy così che possiate comprendere.

“…Sanji sparì in cucina seguito da Rufy.

Una volta arrivato, il capitano chiuse la porta alle sue spalle. – Devi promettermi una cosa, Sanji.

Il biondo posò i piatti e si voltò verso di lui annuendo.

- Devi promettermi che la proteggerai. – Il suo viso ora era sfigurato dal dolore, ma comunque deciso e risoluto. – Sei l’unico che l’ama quanto me, non lasciarla mai sola.

In quel momento Sanji capì. Rufy avrebbe combattuto davvero fino alla fine, in fondo quella guerra si sarebbe combattuta proprio a causa sua… (salto un pezzetto tanto lo sapete già)

- Non la farò morire di fame, lo prometto.

Dopo uno sguardo d’intesa Rufy raggiunse Nami che nel frattempo si era ritirata nella sua stanza.”

Dopo di che, vorrei fare un passetto indietro al primo capitolo. Questo finisce con uno scambio di battute “Fino in Fondo”, questa è una promessa che si sono fatti tutti i membri della ciurma. Avrebbero vissuto le loro vite in pieno fino alla fine. Ed è anche la promessa che si ripetono prima del Grande Conflitto.
Spero di non avervi annoiato troppo con le spiegazioni ma mi sembra una cosa importante da dirvi. Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate e ci sentiamo al prossimo capitolo :D
Baci Baci
Jogio

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Capitolo 3
*** Notte di luna e Saké ***


Ciao ciao! Come previsto questa volta ci ho messo un sacco a scrivere, ma finalmente eccoci qui! Vi auguro subito buona lettura e vi aspetto in fondo.


 
Notte di luna e Saké

 
 
La stanzetta era davvero molto piccola, il tatami ci stava a malapena, ma comunque era una sistemazione molto più comoda di quella a cui erano abituati. Era da così tanto tempo che non dormivano insieme in un vero letto. Quando Zoro entrò, Robin stava già dormendo, non aveva nemmeno aperto il suo libro, doveva essere stremata. Così senza far rumore si sfilò le vesti e le ripose in un angolo, con la stessa delicatezza posò le sue fedeli spade accanto al letto. Infine si infilò sotto le coperte, il profumo della sua donna gli invase le narici, grazie alla pallida luce della luna che filtrava dalla finestrella, Zoro riuscì a scorgere il profilo del suo corpo. Robin era raggomitolata dandogli le spalle, in quella posizione sembrava così piccola e indifesa; il cuore dello spadaccino si gonfiò e il suo sguardo si addolcì mentre con la mano le sfiorò i lunghi capelli neri. Era davvero bellissima, qualsiasi cosa ella facesse per lui era sempre perfetta. Non voleva svegliarla, ma aveva davvero bisogno di sentire il contatto con la sua pelle; si avvicinò lentamente a lei, finché il suo petto non aderì perfettamente alla candida schiena. Nonostante il tempo che passavano insieme, gli mancava. Non era come prima, quando passavano tutte le notti stretti l’uno nell’altra, dolcemente cullati dalla Sunny. Negli ultimi mesi si erano districati tra scomode tende e amache attaccate alla bell'e meglio, questo, quando aveva avuto il lusso di poter riposare.

 Dopo il Grande Conflitto ognuno di loro aveva reagito al dolore come meglio poteva. Il primi giorni furono quelli più devastanti per tutti, se non ci fosse stato Trafalgar Law forse sarebbero rimasti ancora impietriti su quella maledetta isola ormai distrutta. Law caricò quasi a forza ciò che rimaneva della ciurma e li condusse a Dressrosa, la capitale del suo territorio, dove li curò e dove scoprirono che Nami era incinta. I corpi forti e allenati dei mugiwara guarirono piuttosto in fretta, grazie anche alla destrezza del chirurgo; le loro anime però erano perse e lacerate, ferite del genere, non si curano con la medicina. Dopo circa un mese di permanenza sull’isola, Sanji decise di portare Nami e i corpi dei loro compagni in un posto che avrebbero potuto chiamare casa. Così si imbarcarono alla volta dell’Arcipelago Konomi.

Robin intrecciò le sue morbide dita con quelle di Zoro ed un lieve sorriso si disegnò sulle sue labbra.

- Sei arrivato finalmente. – sussurrò tenendo ancora gli occhi chiusi.

- Non volevo svegliarti – rispose stringendola ancora più forte nel suo abbraccio.

Robin si beò di quel calore, il corpo di Zoro emetteva sempre quella strana energia che la attraeva e la rilassava; non c’era altro posto in cui si sentiva più al sicuro che fra le sue braccia. – Non importa. Avevo bisogno di questo.

Adesso anche Zoro sorrise e con uno scatto la porto su di sé per poterla sentire ancora più vicina. Un leggero risolino accompagnò quel movimento. – Lasciami, mettimi giù! – esclamò divertita in un soffio di voce. Senza risponderle Zoro infilò una mano tra i suoi morbidi capelli e annullò la distanza tra le loro bocche. Quel bacio fece vibrare tutto il corpo di Robin, il suo sapore le dava alla testa, il profumo della sua pelle la inebriava. I suoi pensieri stavano cominciando a perdersi, quando Zoro staccò le sue labbra dalle sue.

- Io non ce l’avrei fatta.

- A fare cosa? – domandò mentre cercava di riprendere coscienza.

- Non avrei voluto sopravvivere senza di te. – si interruppe per darle un altro piccolo bacio – Non ce l’avrei fatta a superarlo.
Gli occhi di Robin si inumidirono, lei amava Zoro, più di ogni altra cosa al mondo e sapeva che per lui era lo stesso, ma sentirglielo dire. Udire quelle parole la commosse profondamente, la parte più razionale di lei si chiese subito cosa potevano essersi detti lui e Sanji dopo cena, ma quel barlume di razionalità nacque e morì in meno di un secondo.

- Io sono qui – gli bisbigliò portando la sua bocca più vicina all’orecchio di lui – E ho intenzione di rimanerci per sempre, niente potrà mai separarci.

Zoro sospirò. Non poteva credere di essere stato così fortunato. Tutto il mondo era in preda al caos mentre lui poteva stingere a sé la donna che amava. Questo non voleva dire che non soffrisse per la perdita dei suoi compagni, ma poter condividere la propria sofferenza con qualcuno leniva il dolore meglio di qualsiasi altra cura, e questo lo aveva capito solo qualche minuto prima…


 
***
 
Zoro era seduto a capotavola, mentre Sanji era alla sua sinistra, il silenzio della notte incombeva su di loro. La bottiglia di Sakè era già vuota per metà quando ad un tratto Sanji propose l’ennesimo brindisi.

- Questo lo voglio dedicare a te testa d’alga. – Gli occhi di Sanji erano leggermente vacui, l’alcool stava già dando i suoi effetti. – A te che sei un fottutissimo uomo fortunato!

Zoro alzò il bicchiere, era sempre ben disposto ad un brindisi in suo onore, anche se era strano che lo avesse avanzato proprio il cuoco. Il liquido caldo inondò le gole dei due uomini, appena entrambi posarono di nuovo il bicchierino sul tavolo Zoro piantò il suo spietato occhio verde in quelli di Sanji.

- Perché credi che io sia più fortunato degli altri?

Sanji scoppiò in una risata. – Sul serio non ti rendi conto? Sei proprio un idiota… - si portò una mano sulla fronte con fare disperato. – Non sono abbastanza ubriaco per affrontare questo discorso.

- Non dire stronzate cuoco, spiegati.

- E tu versami da bere. – con la mano il biondo spinse il bicchiere verso l’altro.

Zoro sbuffò innervosito, cinque giri di Sakè e il cuoco ancora non parlava. Così acconsentì alla sua richiesta e versò il sesto.

- Grazie. – lo stuzzicò Sanji prima di buttarlo giù tutto d’un fiato, poi rubò anche il bicchiere di Zoro e ingollò anche quello.

- Soddisfatto?

- Ancora no, ma ti dirò perché sei uno stronzo fortunato. – disse indicandolo con l’indice – Sei vivo. Dopo tutto quello cha abbiamo passato, sei vivo.

- Fino a prova contraria lo sei anche tu. – obiettò Zoro, non capendo il discorso.

- Stupido spadaccino, non intendo vivo nel senso che pensi! Intendo che il tuo animo è vivo.

Zoro si concentrò e si sporse in avanti per prestargli più attenzione.

Sanji sorrise di nuovo – Bene, vedo che cominci a capire. Il fato ha voluto donarti una bellissima donna che ricambia il tuo amore e come se questo già non bastasse, ti ha permesso di sopravvivere a quell’inferno.

Zoro si scurì in volto, incrociò le braccia e distolse lo sguardo da quello del suo compagno. – Non è stato il fato a permettermi di sopravvivere. È stato Franky.

Con una presa poco salda Sanji versò altro Sakè. – Il fato o Franky non fa differenza. Tu hai qualcuno che ti ama e che ti supporta. Io adesso sono da solo, costantemente accompagnato da questo stramaledetto senso di colpa che non mi fa dormire la notte e non mi fa vivere il giorno. Ogni volta che vado a raccogliere quei mandarini di merda e mi imbatto in quella tomba vuota, il mio stomaco si contorce, la stessa aria che mi permette di vivere sembra soffocarmi. Come se non bastasse, da nove mesi a questa parte ho assistito in silenzio all’autodistruzione della donna che amo. Non hai idea Zoro, non hai idea di quanto abbia fatto male vederla piangere per intere giornate. Finite le lacrime è iniziata la rabbia, anche quella si è consumata ed è subentrato il dolore. Quello silenzioso, quello che ti lacera dentro e che ti fa gridare di notte. Se non fosse stato per Saki, l’avrei persa. Intendo persa per sempre. – fece una piccola pausa per fermare le lacrime che volevano scendere ad ogni costo – il resto del mio cuore invece è occupato  a piangere la morte di quella che per me era la mia famiglia. Ma questo dolore lo conosci bene anche tu.

Un breve silenzio seguì quello sfogo. Zoro era riuscito nella sua missione; voleva alleggerire il peso che Sanji portava dentro di sé. Per un’intera vita l’aveva considerato un damerino pervertito. Non avrebbe mai pensato che invece fosse in grado di gestire così tanto male. Sorrise beffardo davanti agli occhi increduli del biondo. – Hai ragione cuoco.

- Ho ragione?

- Si. Hai ragione ad essere incazzato e hai ragione a dire che sono fortunato. Ma devi smetterla di darti la colpa per tutto questo.

- Tu che cazzo ne sai per cosa mi sento in colpa?

Zoro si alzò in piedi e si parò davanti a Sanji che era ancora seduto. – Uno: perché so cosa si prova a vedere un compagno che si sacrifica per te. Due: perché Rufy manca anche a me, motivo per cui voglio recuperare il suo corpo a tutti i costi. Tre: - disse accompagnando i numeri con le dita direttamente davanti al volto del biondo – Vi ho sentiti quella notte, non sei stato l’unico a parlare con lui.  
 



NdA:

Spero proprio che vi sia piaciuto! Ho inserito un po’ di “fluff” tra quei due tenerissimi amanti. Amo esageratamente la coppia Zoro/Robin. Comunque detto questo comincio con le spiegazioni che mi sono venute in mente leggendo le vostre (meravigliose, bellissime, splendide, eccezionali)  recensioni, per cui vi ringrazio moltissimo. Ammetto che sono la benzina della mia ispirazione. :D

Allora, ci tenevo a precisare il senso della frase “Le cose non cambiano… crescono.“ che è anche il titolo del precedente capitolo. Come avete potuto intuire, con le cose non cambiano intendo, le persone, le loro abitudini. Ad esempio la cucina di Sanji o Nami che ha voglia di bere. Con “crescono” invece, non intendevo soltanto Saki, ma nello specifico intendevo che i rapporti tra i compagni sono cresciuti, si sono evoluti. Ad esempio l’abbraccio di Robin o la stessa chiacchierata tra Zoro e Sanji.

Come al solito spero di non avervi annoiato troppo e spero di sentirvi in tanti! Grazie ancora a tutti quanti…

 
Baci Baci
Jogio
 

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Capitolo 4
*** Partire o Restare? ***


Ciao!!! Finalmente un po’ di respiro. Mi scuso per avervi fatto aspettare così tanto, spero proprio che il capitolo valga l’attesa!
Ci vediamo in fondo!


Partire o Restare?

 
Un bel sole caldo sorse nel cielo illuminando il Villaggio di Coco. Nojiko era seduta sul tavolo della cucina con una tazza di caffè fumante tra le mani, era ancora molto presto e per casa regnava la calma assoluta. Stranamente si era alzata prima di Sanji, non lo avrebbe mai ammesso ma quella mattina le era mancato. Svegliarsi con il profumo della colazione e del caffè era un vizio a cui si era abituata subito; dovette quindi accontentarsi della bevanda calda e sperare in un manicaretto a pranzo.

La porta della cucina cigolò un pochino, a varcare la soglia però non fu Sanji, ma Robin.

- Buongiorno Nojiko.

L’altra le sorrise e le porse una tazza vuota – Lì c’è il caffè – disse accompagnando la frase con un lieve movimento della testa.

- Grazie – disse rispondendo al sorriso – Questa notte ho dormito davvero bene, strano come a volte le cose più semplici ti donino serenità.

La porta cigolò di nuovo, questa volta apparì Sanji. Aveva l’aspetto di uno zombie; i capelli biondi erano una nuvola arruffata e la sua impeccabile divisa nera era tutto sgualcita, per non parlare del passo incerto con cui avanzò. Robin nascose il viso dentro la tazza per evitare di ridere. Aveva visto quella scena milioni di volte, Sanji sapeva essere davvero perfido la mattina dopo una sbronza. La povera Nojiko ignara della situazione e soprattutto delle reazioni del cuoco dopo una festa a base di alcool, gli rivolse la parola.

- Diamine sei uno straccio! – poi inclinò la testa per osservarlo meglio – Ma sei andato a dormire vestito?

Lui si portò una mano alla testa e cercò di ignorare l’acuta voce della ragazza. Avanzava barcollando in cerca di zuccheri, posò gli occhi sulla tazza color pesca di Nojiko. Si avvicinò a lei che ancora lo guardava allibita e sconcertata, cercando negli occhi di Robin una qualche spiegazione. Lei mi limitò a fare spallucce, proprio come se non ne sapesse nulla. Nel frattempo il cuoco arrivò all’ambita tazza e gliela sfilò dalle mani, accasciandosi poi sulla sedia vicina.

- Se volevi del caffè bastava chiedere!

Di nuovo Sanji si limitò ad osservarla senza rispondere, poi si girò verso Robin e con una voce roca e gutturale brontolò. – Lui dov’è?

- È andato ad allenarsi.

Una fiamma di odio mista ad invidia investì gli occhi dell’uomo. Quella maledetta testa d’alga era addirittura uscito ad allenarsi e lui faticava a reggersi in piedi. Sbuffò e trangugiò quel poco caffè rimasto.

Ancora più incuriosita Nojiko continuava a guardare i due. – Non capisco che succede! – esclamò imbronciata.

- Niente, non succede niente. – Ringhiò Sanji alzandosi e mettendosi ai fornelli.

- Niente di nuovo…- sogghignò Robin mentre si dirigeva alla porta d’entrata. – Qui come arrivano i giornali?

- Lascia perdere il giornale, tanto tu non puoi prenderlo!  - sbuffò di nuovo Sanji che stava recuperando lentamente tutte le sua facoltà.
Questa volta fu Nojiko a sbuffare. – Questa mattina sei proprio intrattabile – poi si voltò verso Robin – Intende dire che voi non potete andare a prendere il giornale perché li distribuisce la Marina alla Piazza Grande.

- Sul serio?

- Tutto a causa della vicinanza con Marine Park.  Distribuire i giornali è una sora di punizione per i cadetti insubordinati. – rispose di nuovo Nojiko con noncuranza.

Gli occhi di Robin si fecero più vispi e attenti. – Oppure potrebbe essere un ottimo modo per controllare la popolazione. Chi è corretto può rimanere aggiornato sui fatti del mondo, mentre chi non lo è… - la frase le morì sulle labbra mentre i suoi occhi erano persi nel vuoto. Segno che stava elaborando una complessa teoria.

- Rimane all’oscuro di tutto. - Concluse al suo posto Sanji. – Vogliono evitare che i pirati si riorganizzino tra di loro.

Il cuoco servì una succulenta colazione e una parte la mise su un vassoio. – Robin ti dispiacerebbe portare la colazione a Nami? Sicuramente le farà piacere vederti.

Per fortuna era tornato il dolce Sanji di sempre, cucinare lo rilassava davvero molto. – Certo.

La ragazza prese il vassoio e Nojiko la accompagnò alla stanza. Le due bussarono lievemente alla porta, non ricevettero risposta. Nojiko aprì lo stesso. Haruki era addormentata su una grande poltrona accanto al lettino di Saki, mentre Nami era raggomitolata nel suo letto. La donna aprì gli occhi.

– Buongiorno ragazze. – bisbigliò mentre si stiracchiava. – È stata una nottata inaspettatamente tranquilla.

- Grazie Haruki. Sanji ha preparato la colazione. E poi se vuoi puoi andare a casa.

La donna si alzò un po’ goffamente, prima di lasciare la stanza riservò un bel sorriso a Robin. Lei ricambiò e prima che potesse chiedere Nijiko intervenne. – È il suo modo di presentarsi. Non è una donna molto tradizionale. – Poi si avvicinò alle tende e le aprì delicatamente.
La luce iniziò ad invadere la stanza e un mugugno si alzò dal letto dove riposava Nami. - Robin?

- Ciao mammina – la canzonò affettuosamente prima di correre ad abbracciarla.

Il corpo di Nami era incredibilmente magro e fragile, i capelli invece le erano cresciuti moltissimo. Le due rimasero strette per qualche secondo quando Nami si staccò. – Devi vederla…

Il suo volto era sorridente, una vera espressione di gioia, Nojiko quasi si commosse. Prese in braccio Saki, le stampò un piccolo bacio sulla fronte e la porse a sua madre. Nami la guardò con occhi pieni di gratitudine, prima di dedicarsi completamente a sua figlia.

- Guarda Saki, ti presento zia Robin.

Il piccolo fagottino di coperte schiuse i suoi occhi scuri e scrutò la zia, proprio come se avesse capito.

- È bellissima. – Nel vedere quegli occhi così incredibilmente uguali a quelli di Rufy, Robin si commosse e portò una mano sul volto di Nami per lasciarle una carezza. A quel gesto Nojiko uscì dalla stanza per lasciarle sole.

- Gli somiglia molto non è vero? – chiese Nami, stringendo un po’ di più a sé la sua piccola.

Robin non sapeva bene come comportarsi e non era una sensazione famigliare per lei. Si sentiva in colpa per aver lasciato la sua amica da sola in quel periodo così delicato, ma non avevano avuto scelta. Se fossero rimasti tutti al Villaggio prima o poi li avrebbero scoperti. Decidere di dividersi dopo tutto quello che era accaduto era stata una scelta davvero dura, ma era inevitabile.

La sincerità ebbe il sopravvento. – Ha i suoi stessi occhi.

Una lacrima ribelle sfuggì al controllo di Nami. – Mi sei mancata -  disse guardando l’amica.

Robin le strinse in un abbraccio formato da tante mani. – Anche tu. Non sai quanto mi sia dispiaciuto doverti lasciare. Sarei dovuta rimanere io qui con te, ma Sanji aveva insistito così tanto e io…

- Non dire sciocchezze, il tuo posto era accanto a Zoro.

La risolutezza nel volto di Nami faceva quasi paura. Se qualcuno non l’avesse conosciuta prima avrebbe detto che stesse bene. Solo chi aveva visto il suo sguardo spegnersi insieme a quello di Rufy poteva capire il dolore che portava dentro.

 
La mattinata volò via velocemente. Dopo aver pranzato si stiparono tutti nella stanza di Nami. Lei era ancora debole e non poteva alzarsi dal letto per via delle ferite del parto, così decisero di parlare lì.

Sanji era seduto sulla poltrona dove aveva dormito Haruki e teneva in braccio la nuova arrivata. Saki era così piccola da occupare solo metà del lungo braccio del cuoco, che continuava a sussurragli complimenti.

- Diventerai una donna bellissima…

La sua espressione era serena, forse il metodo di Zoro era stato brutale, ma gli aveva davvero fatto bene parlare e senza Saké non ci sarebbe mai riuscito.

Nojiko invece sedeva sul bracciolo della stessa poltrona di Sanji. Non l’aveva mai visto sorridere così dolcemente, ma soprattutto non lo aveva mai visto senza la sua sigaretta.

Robin si era sistemata ai piedi del letto di Nami e Zoro aveva avvicinato la sedia della che in genere era accostata alla scrivania.

Dopo alcuni momenti di gioco e di tranquillità tanto agognata da tutti, si fece sempre più forte la necessità di discutere di argomenti più seri. Fu la stessa Nami a sentire il bisogno di porre le sue domande.

- Come mai siete tornati proprio adesso? E da soli per giunta.

Gli sguardi della coppia si incrociarono prima tra di loro e poi si congiunsero sull’espressione di Nami.

- In realtà siamo venuti anche per conto di Dragon. – sentenziò  Zoro serio – Vorrebbe che vi uniste a noi.

Gli occhi di Nojiko si spalancarono. Sanji e Nami invece rimasero impassibili e in silenzio.

- Quando? – domandò ancora Nami.

- In realtà avevamo pensato prima del parto, ma raggiungere il Villaggio di Coco senza essere scoperti è stata più dura del previso. – mentre parlava mosse una mano verso le gambe raccolte dell’amica – Lo so che è una decisione difficile da prendere, adesso non devi più badare solo a te stessa.

- Non ti offriamo molto tempo per decidere, questa notte alcuni rivoluzionari ci verranno a prendere per riportarci all’isola di Dragon.
A quel punto Nojiko sbottò. – State scherzando? – urlò alzandosi in piedi. – Non puoi affrontare un viaggio così convalescente, per non parlare del luogo che devi raggiungere! Ma dico siete impazziti?

Sanji le posò una mano sulla spalla. – Andiamo. – le disse indicando la porta.

- Io non esco da questa stanza! E tu non puoi comandarmi. Non permetterò a Dragon o chi per lui di usare mia sorella come simbolo di libertà per alimentare un’altra guerra.

Tutti gli occhi si spostarono verso Nojiko, lei a sua volta li puntava dritti verso quelli nocciola della sorella.

- È una decisione che non spetta a te. – continuò Sanji calmo. Ormai conosceva benissimo Nami, la presenza di Nojiko le stava offuscando ancora di più le idee. Doveva pensare al suo bene e a quello di Saki. Era vero che il Villaggio di Coco era un posto sicuro data l’imminente e monumentale presenza di Marine Park, ma poteva essere il luogo dove far crescere Saki? Prima o poi si sarebbe venuto a sapere dell’esistenza della piccola e a quel punto come avrebbe reagito la Marina?

I pro e i contro erano già troppi per essere vagliati in qualche ora, di certo non sarebbe stata d’aiuto la figura strepitante di sua sorella.
- Ha ragione Nojiko, perdonami. – riuscì infine a dire Nami.

Il sangue della sorella si gelò nelle vene. Così non oppose resistenza quando Sanji la accompagnò in un’altra stanza, subito dopo aver adagiato la piccina nel suo letto.  
 
Una volta chiusa la porta le lacrime sgorgarono incontrollate dagli occhi di Nojiko.

- Non potete andare via!

Il tono di voce della ragazza era ancora troppo alto, così con pazienza Sanji la condusse in cucina. I singhiozzi presero il sopravvento. Alla fine tutta quell’ansia e quel dolore accumulato in quei mesi si stava riversando in quelle lacrime amare.   

- Calmati adesso. – la voce rassicurante di Sanji la fece stare ancora più male. – Respira lentamente.

- Non ci riesco – disse tutto d’un fiato affondando il suo viso nel petto dell’uomo.  – Non voglio che andiate via. Non voglio che tu vada via!
Fu come se il tempo si fermasse. Dopo quell’esclamazione, i corpi di entrambi s’irrigidirono come blocchi di ghiaccio. Appena la ragazza comprese ciò che aveva appena detto si stacco violentemente da lui e imboccò l’uscita sul retro, quella che conduceva ai campi di mandarini.

Sanji rimase ancora per qualche momento impietrito, fermo in piedi nel mezzo della stanza. Non poteva credere a ciò che aveva sentito. Con due lunghi passi indietro si appoggiò alla cucina, come se avesse bisogno di sorreggersi. Appena riacquisì equilibrio frugò con una mano nella sua tasca ed estrasse il pacchetto di sigarette. Ne portò una alla bocca e la accese.

- Non è possibile… - disse a sé stesso passandosi le mani tra i capelli.
 
 

 
NdA:
Lo so, dopo tutto questo tempo eravate curiosi di sapere cosa avesse detto Rufy a Zoro il giorno prima della battaglia, mi spiace ma dovrete aspettare ancora un po’. E giusto per aggiungere curiosità ad altra curiosità secondo voi… Partire o Restare? :D
Ho abbozzato già il prossimo capitolo quindi spero di non dovervi fare aspettare di nuovo così tanto, purtroppo sono sommersa dai libri e ritagliarmi degli spazi per scrivere è davvero complicato. Spero comunque che vi sia piaciuto. Alla prossima…

Baci Baci
Jogio

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Capitolo 5
*** Ricordo ***


Ciao, mi dispiace un sacco, ancora non sono riuscita a terminare il capitolo, questi esami mi stanno uccidendo. Ho deciso così di postarvi una sorta di "capitolo speciale". Spero che almeno un po' soddisfi la vostra curiosità e vi faccia capire che non mi sono dilaguata nel nulla, né ho intenzione di mollare la storia! Grazie a tutti, per la lettura, per la pazienza e per i bei commenti che mi avete lasciato finora...

Ricordo
 
La notte era calma e silenziosa, spaventosamente silenziosa. Sembrava che anche il mare fosse in attesa del fatidico giorno. Zoro camminava sul ponte, non riusciva a dormire, alla fine decise che una bottiglia di Sakè l’avrebbe aiutato a rilassarsi, anche solo per un po’. Si incamminò verso la cucina, da sotto la porta filtrava della luce. Incuriosito si avvicinò lentamente alle assi di legno e senti le voci di Rufy e di Sanji. I suoi muscoli si irrigidirono, non aveva mai sentito parlare il suo capitano così seriamente in tutto quel tempo vissuto insieme. Sentì dei passi decisi avvicinarsi velocemente, così scatto di lato; il legno si spalancò e la figura di Rufy invase il suo campo visivo. I loro sguardi si incrociarono, ma non dissero una parola fino a che non furono soli sul ponte.

- Ti sei messo ad origliare? Non dirmi che sei diventato geloso di Sanji? – L’aria ilare del capitano era assolutamente contrastante con quello che lo spadaccino aveva appena appreso.

- Che cazzo hai intenzione di fare? – gli chiese di gettò, era già andato su tutte le furie vedendo quel sorriso ebete dipinto sul volto di gomma.

- Come pensavo, sei geloso!

Il volto di Zoro s’imporporò di rabbia. Come poteva lui, essere geloso di quel biondino! Afferrò Rufy per un braccio e lo costrinse a fermarsi, dato che il moro aveva già mosso qualche passo verso la sua cabina.

 – Dove credi di andare! Vi ho sentiti. – poi abbassando un po’ il tono della voce e allentando la presa sul braccio continuò – Ripeto la domanda: Cosa hai intenzione di fare domani? – marcò bene le parole, in modo tale che non potessero esserci incomprensioni.
Lo sguardo del capitano tornò ad essere torvo e il suo sorriso si spense gradualmente. Si avvicinò con il volto serio a quello di Zoro, come se volesse sfidarlo. – Niente di meno e niente di più di quello che tu hai fatto molti anni fa.

Istintivamente il vice capitano mollò la presa, ci si poteva sempre aspettare di tutto da Rufy, ma mai avrebbe pensato che avrebbe tirato fuori una storia così vecchia, di cui tra l’altro doveva essere all’oscuro. Con un sospiro riprese il controllo di sé stesso. – A cosa ti riferisci? – La sua mente era andata troppo oltre, non poteva sapere.

Di nuovo si dipinse un sorriso sul pallido viso di Rufy, questa volta però era diverso, meno largo e più consapevole. – Io sono il Re dei Pirati. – disse facendo spallucce – Io so cosa hai fatto a Thriller Bark. In tutti questi anni non sono mai riuscito a ripagare il mio debito, se non fosse stato per il tuo sacrificio forse a quest’ora non ci troveremmo qui.

- Non volevo lo sapessi. – ringhiò lo spadaccino.

- Mi è stato riferito anche questo. – Il suo sorriso soddisfatto non si spegneva.

- Robin… - sentenziò a fior di labbra.

Nello stesso momento Rufy iniziò a dirigersi verso la sua cabina dove lo aspettava Nami. Non voleva perdere altro tempo, se quella doveva essere la sua ultima notte voleva passarla con lei. Nel mentre che il capitano si allontanava, Zoro capì a cosa si riferiva, al perché avesse deciso di tirar fuori quell’episodio proprio in quel momento. I suoi occhi si spalancarono mentre fissava la schiena di Rufy; si sarebbe sacrificato per la salvezza della ciurma. Avrebbe combattuto certo, ma se le sorti della battaglia fossero già segnate, lui si sarebbe consegnato alla Marina. Non fu l’ira l’emozione che lo invase, ma un senso di ammirazione profonda. Ecco cosa lo spinse a seguire quel ragazzino degenerato in passato; la sua ricchezza non consisteva nei tesori accumulati, ma nella semplicità e nella forza della sua anima.



NdA:
Spero che avrete pensato "breve ma intenso", vi avevo promesso che avreste saputo cosa si fossero detti Zoro e Rufy, in realtà questo ricordo doveva far parte del capitolo, ma non avendo avuto tempo a sufficienza ho deciso di postare questo brevissimo testo. Spero che non vi abbia deluso ma soprattutto spero che un po' vi abbia sorpreso. A presto!
Baci Baci
Jogio

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Capitolo 6
*** Dov'è casa? ***


Ieri sera ho finito di scrivere e rivedere il capitolo, come promesso è più lungo dell’ultimo XD
Buona Lettura!
 
Dov’è casa?
 
Finalmente rimasero solo in quattro nella piccola stanza. Saki mugugnava tranquilla nel suo lettino mentre Nami, Robin e Zoro discutevano.

- Saki è la mia priorità adesso. – Sentenziò decisa la neomamma.

- Sapevi che questa non poteva essere una sistemazione definitiva. – intervenne deciso Zoro - La nostra casa è il mare.

Nami puntò gli occhi dritti nel suo – La nostra casa era la Thousand Sunny e adesso giace in fondo all’oceano insieme alla Going Merry.
L’aria si faceva tesa, ogni parola, ogni gesto, aveva un peso non indifferente. – Non è questo il punto… - Intervenne Robin per paura che la situazione degenerasse. Conosceva entrambi troppo bene per non capire che il vero problema era un altro.

- Il punto è: vuoi partire con noi o vuoi restare qui? Sperando che nessuno ti riconosca o che non riconosca Sanji. Perché sai bene che non ti lascerà qui da sola. – Disse di nuovo Zoro.

Nami socchiuse gli occhi e posò la testa sulla spalliera del letto, ad un tratto si sentiva ancora più stanca. Sapeva che Sanji non l’avrebbe lasciata, era così ingiusto. Lei non voleva questo, era vero che senza il suo aiuto non ce l’avrebbe fatta, ma non era giusto ancorarlo ad una vita che non voleva. Legare Sanji a quel luogo era terribilmente sbagliato, ma lei non riusciva nemmeno a pensare di andare via. Lì era iniziato tutto; aveva conosciuto Rufy proprio in questo Villaggio,  qui riusciva a sentirlo un po’ più vicino. Come poteva rinunciare a quella sensazione… la mano di Robin la riportò alla realtà.

Aprì di nuovo gli occhi, non riusciva a pensare chiusa in quella stanza, costretta a quel letto. – Ho bisogno d’aria. – Mentì guardando l’amica e sperando che capisse la sua necessità. Doveva andare da Rufy, o meglio doveva andare nel posto in cui ancora riusciva a sentirlo, sulla sua tomba.

-Ti accompagno. – rispose Robin mentre la aiutava ad alzarsi. - Zoro, puoi occuparti di Saki finché non torniamo?

Lo spadaccino guardò la sua amata colmo di stupore, quale persona sana di mente avrebbe affidato a lui una neonata? – Chiedilo al biondino, io non saprei nemmeno che farle.

- Per favore – chiese Nami ormai in piedi. Era dannatamente magra e pallida, Zoro stentò a riconoscere nella figura rannicchiata nel letta quella che gli si parava adesso di fronte. Era solo l’ombra della forte navigatrice di appena un anno fa. Adesso capiva, comprese a pieno le parole del cuoco. Nami si era davvero autodistrutta.

- E va bene – brontolò.

 Quell’immagine lo convinse ancora di più, dovevano trovare il corpo del loro capitano, avevano il diritto piangerlo. Il Re dei Pirati non meritava una tomba vuota.

Appena le due donne uscirono, lui si avvicinò a quel piccolo essere nel lettino; la bimba appena scorse i capelli verdi di Zoro allungò una manina verso di lui, come se volesse afferrarli. Lui la osservava muoversi incuriosito, quando lei ad un tratto abbozzò un sorriso, anche il forte cuore dello spadaccino perse un colpo. Non bastavano gli occhi, anche l’espressione era identica a quella del padre; non poté far altro che sorridergli di rimando. Rufy mancava tremendamente anche a lui, non avrebbe mai pensato che nella sua vita ci fosse spazio per allacciare dei legami così indissolubili. Lui era determinato a diventare il più grande spadaccino di sempre, e in passato, questo voleva dire una vita solitaria. Invece il destino gli aveva fatto incontrare dei compagni meravigliosi, un capitano degno di fiducia e stima. E cosa più importante, gli aveva regalato Robin. Con estrema delicatezza portò entrambe le mani attorno al piccolo corpo di Saki e la sollevò. Sorrise sorprendendosi a pensare che pesava meno di una piuma.

- Se ti devo controllare, meglio che tu mi stia vicino.  – Così si sdraiò sul letto dove prima era stesa Nami e si posò la piccola Saki sul petto. La bimba si perse in un lungo sbadiglio e Zoro la sentì abbandonarsi con la testolina sui suoi pettorali. Quei pochi capelli rossicci erano così fini da trapassare la sottile maglietta bianca che indossava fino a solleticargli la pelle. Non gli dava fastidio, così socchiuse gli occhi e si incrociò le mani dietro la nuca come da sua abitudine e continuò a cullarla con il suo respiro.

 
***

Nami si appoggiò alle spalle di Robin e lei a sua volta le cinse la vita per sorreggerla, era debole ma riusciva a camminare. Uscirono di casa passando dalla cucina, sembrava non esserci nessuno.

Robin si guardò le spalle prima di varcare la porta sul retro. – Dove sono andati tutti? – Chiese perplessa. Le sue doti intuitive erano sempre vigili. Nami non badò alla domanda, rivolse il suo sguardo al cielo limpido. Nonostante fosse pomeriggio inoltrato il sole era ancora caldo e baciava la sua pelle diafana delicatamente. Inspirò a fondo e l’odore dolce dei fiori le invase le narici. Percorsero il campo in silenzio, Nami sarebbe riuscita a raggiungere la collina anche se fosse stata bendata. Arrivarono al piccolo cimitero nascosto e le sue gambe iniziarono a vacillare. Robin la strinse di più, non era abituata a vederla così. Raggiunsero la tomba di Rufy, la lieve brezza muoveva il cappello di paglia, accuratamente legato all’asse verticale della croce di legno. Nami sciolse l’abbraccio e si accasciò sull’erba verde. Accarezzò il cappello e gli tolse un piccolo fiore che si era incastrato nella paglia; quel gesto le fece velare gli occhi di lacrime. Le mancava, sentiva costantemente la sua assenza, sapere che nella terra non giaceva davvero quel corpo tanto amato la faceva stare male, allo stesso tempo però, sentiva che qualcosa di lui aleggiava in quel posto, o almeno così aveva tanto sperato che aveva iniziato a crederci.

- Non posso andarmene – sussurrò con voce affranta.

La mora posò la sua testa contro quella di Nami. – Lo capisco.

 – Non so cosa devo fare. – continuò la rossa, ma il pianto spezzò la sua voce. – Non so cosa devo fare. – ripeté tra i singhiozzi.

Un fruscio di passi e un inconfondibile odore di sigaretta si avvicinarono, non avevano bisogno di alzare la testa per capire chi fosse. Sanji si avvicinò alle due ragazze, si piegò per arrivare all’altezza dei loro visi.

Robin gli sorrise tristemente, anche lei aveva gli occhi lucidi, ma cercava di contenersi per far forza all’amica. Sanji con l’indice e il pollice catturò il mento di Nami e la costrinse a guardarlo negli occhi poi con voce dolce e rassicurante cominciò a parlare. – Possiamo restare ancora se vuoi, tu hai ancora bisogno di riposo, Saki è appena nata, hai tutto il tempo e Nojiko…- Mentre pronunciava il suo nome tornò con la mente a  quello che era successo un’ora prima. Dopo aver cercato invano di metabolizzare quelle parole Sanji uscì a cercarla. Invece si ritrovò a vagare solo tra i campi e il bosco finché non arrivò al cimitero. – Beh.. tua sorella ha ancora bisogno di te.

Sembrava che le avesse letto nel pensiero, di nuovo Nami scoppiò a piangere. Come poteva essere così buono con lei, come poteva capirla così a fondo. Si sentiva tremendamente in colpa nei suoi confronti; entrambi sapevano che lei non lo avrebbe mai amato, ma il suo cuore scoppiava di gratitudine e affetto. Così annuì forte e si aggrappò a lui ancora una volta. Era diventato la sua roccia, il suo punto fermo.

- Torniamo a casa. – disse Sanji mentre la prendeva in braccio. Lei rivolse un ultimo sguardo alla croce e i tre si allontanarono.

 
Nojiko era appena rientrata. La fuga non era stata una buona mossa, ma aveva agito d’istinto. Durante quel lungo pomeriggio aveva avuto modo di pensare, non voleva ammettere a sé stessa ciò che provava per Sanji. Non aveva mai davvero pensato alla durata della loro permanenza; c’erano così tanti altri problemi, così tante altre cose a cui pensare. Si sentiva una sciocca. Se ne stava sulla veranda con il giornale aperto tra le mani, anche se la sua mente era altrove. Non voleva rientrare in casa, con che coraggio avrebbe guardato Sanji. – Sono una persona orribile… - si disse, poi continuò la frase mentalmente: “Lui è di Nami, come posso essermi invaghita di lui, com’è potuto succedere?”. Alla fine si decise a rientrare, la mano le tremava leggermente, così si sbrigò a posarla sulla maniglia, fece forza ed entrò dalla porta principale. Nello stesso istante vide la porta opposta, quella che dava sul retro della casa, spalancarsi. Per la seconda volta nella giornata si ritrovò impietrita nel mezzo della cucina. La prima ad entrare fu Robin, seguita da Sanji che portava fra le braccia sia sorella. Sia lei che Robin avevano gli occhi rossi, senza ombra di dubbio erano stati alla collina. Involontariamente incrociò lo sguardo di Sanji, lo stomaco si chiuse in una morsa, ma riuscì ad appellarsi alla sua forza. Si avvicinò continuando a guardarlo, all’ultimo distolse lo sguardo e si accostò a Nami. – Stai bene? – chiese con risolutezza. In realtà non era quella la domanda che avrebbe voluto porre, desiderava sapere più di ogni altra cosa la decisione che avrebbe dovuto prendere sua sorella. Ogni fibra del suo corpo necessitava di quella risposta.

Nami annuì e inaspettatamente sul suo viso si disegnò un piccolo sorriso. – Resto qui con te. – Appena pronunciò quelle parole Sanji la rimise a terra, così che le sorelle potessero abbracciarsi. Robin si accostò alle due, il suo cuore gioì del loro piccolo momento di gioia. Sarebbe stato un errore allontanare Nami da quel posto, era troppo presto. Non aveva ancora recuperato la forza per combattere, un giorno forse… ma non quella notte.

In un attimo di lucidità Nojiko staccò di colpo dall’abbraccio della sorella, lasciandola instabile. – Dov’è Saki?

- Che zia premurosa, è con Zoro. – rispose ilarità Robin. Anche Nami si abbandonò ad un sorriso più largo, mentre Sanji alle sue spalle disse la prima parola da quando erano entrati in casa. – Cosa?- domandò quasi scioccato.

Tutto il gruppo si diresse verso la stanza, chi incuriosito, chi evidentemente preoccupato, ma nessuno di loro era nemmeno lontanamente preparato alla scena che gli si parò davanti. Zoro e Saki ancora dormivano beatamente. Lei sembrava ancora più piccola così rannicchiata sul muscoloso torace dello spadaccino, mentre lui non era mai apparso così dolce davanti a occhi che non fossero quelli di Robin.

 

NdA:
Partire o Restare? Restare… :D Devo ammettere che per un momento ho pensato di farli partire, ma non potevo resistere al caldo sole del Villaggio di Coco, né alla nuova fiamma di Nojiko. In questo capitolo ci sono emozioni e fatti per tutti i gusti, spero di aver fatto un buon lavoro e che non risulti un insieme insensato di azioni. Sarei curiosa di sapere quale momento del “lungo pomeriggio” vi è piaciuto di più? Perché personalmente mi sono proprio divertita ad affrontare le varie situazioni ed emozioni con i vari personaggi. :D
Come al solito colgo l’occasione per ringraziarvi tutti:
 chi recensisce in modo assiduo o saltuario, siete la mia carica, il motore della mia storia :)
chi ha messo la mia storia tra le preferite, seguite e ricordate, mi rende davvero felice, siete tantissimi…
Chi legge assiduamente, ma ancora non ha lasciato la sua traccia…
E anche chi è capitato questo capitolo per caso, spero vi innamorerete della mia storia…
Grazie a TUTTI!
Baci Baci
Jogio

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Capitolo 7
*** Insani Sorrisi ***


Ciao a tutti, so che è passato molto (troppo) tempo dall’ultimo capitolo, ma non so perché mi sono trovata in una sorta di blocco. Spero con questo capitoletto di essermi ripresa un po’. Vi ringrazio comunque per la pazienza e spero di non aver perso il vostro interesse. Buona lettura :D


 
Insani sorrisi


 
Il momento di ripartire giunse insieme al buio della notte. Il Villaggio di Coco era costantemente sorvegliato dai cadetti di Marine Park, ma questo non avrebbe fermato i due pirati. L’appuntamento con la ciurma dei ribelli che li avrebbe riportati all’isola di Dragon era a mezzanotte, in una piccola baia nascosta a sud dell’isola.

Erano tutti raccolti nella piccola e accogliente cucina, l’atmosfera non era particolarmente tesa, quello non sarebbe stato un addio, ma solo un nuovo arrivederci. Zoro aspettava Robin appoggiato alla porta che dava direttamente al campo di mandarini, il suo volto era serio, i suoi muscoli pronti a guizzare il caso di emergenza. Con un gesto lento sfiorò l’elsa delle spade appese al suo fianco, si sorprese a pensare che quel familiare peso gli era mancato. Lui non era fatto per le attese, lui era nato per la guerra. La mancanza di azione lo uccideva, soprattutto adesso, quando fermarsi significava riflettere, pensare e quindi riuscire a percepire il vuoto che c’era nel suo cuore.

Lui aveva una missione da compiere, l’unica cosa che avrebbe rimesso in ordine, per quel che possibile la sua vita e che gli avrebbe restituito l’onore perso in quei mesi di oblio: doveva ritrovare il corpo del suo capitano. Non gli importava davvero cosa significasse per il mondo poter piangere il Re dei Pirati. Il suo desiderio era puramente egoistico. “Anche se fosse la mia ultima avventura” pensò più determinato che mai, mentre il suo occhio accarezzava Robin, in attesa che terminasse i suoi lunghi saluti.

La ragazza non riusciva a sciogliere l’abbraccio con Nami. Sapeva che le sarebbe mancata terribilmente, ma rimanere tutti lì significava mettere a rischio le loro vite e quella della piccola e indifesa Saki, ora tra le braccia di Nojiko.

- Le nostre battaglie non sono ancora finite, cerca di riprenderti, fallo per noi. – sussurrò dolcemente Robin, quando finalmente si decise a raggiungere il fianco di Zoro. – Ci vedremo presto, è una promessa.

- Lo spero. – rispose tra Nami, cercando di controllare il nodo che le si era stretto in gola. Ormai non faceva altro che piangere o emozionarsi, ma voleva davvero tornare in sé. Ci avrebbe lavorato costantemente ogni giorno, per Saki, per Sanji e per tutti quanti. Sarebbe tornata la gatta ladra che tutti conoscevano e avevano imparato a temere. Avrebbe ritrovato quella parte della sua anima e l’avrebbe riportata a galla a qualsiasi costo.

I tre varcarono infine la porta, Sanji avrebbe scortato la coppia fino alla spiaggia, attraversando i campi sarebbero passati inosservati e al sicuro, almeno fino al bosco. Il buio inglobò le figure che si inoltravano silenziose nel frutteto.

Una volta raggiunto la boscaglia, Robin azzardò una frase, mentre inchiodava i suoi magnetici occhi in quelli stanchi di Sanji. – Non esitare a chiamarci per qualsiasi cosa. Noi correremo da te, il più in fretta possibile. – data l’assenza di risposte continuò. – Noi siamo una famiglia e…
A questa affermazione Zoro la zittì violentemente, mentre la sua mano già stingeva convulsamente l’elsa della spada. Un silenzio ancora più soffocante investì brutalmente il bosco; i pirati potevano tranquillamente distinguere i loro respiri, la completa assenza di suoni fu la prova lampante che qualcosa non andava.

Noncurante della situazione Sanji si infilò una mano in tasca ed estrasse il suo pacchetto di sigarette, ne portò una alla bocca e la accese. Lo sfregare del cerino creò un frastuono che risultò assordante, dopo aver preso una piccola boccata, inspiegabilmente sorrise.

- Possiamo cominciare. – disse con un antico tono di voce che sapeva di sfida e di pericolo.

A questa affermazione anche sul volto dello spadaccino si allargò un piccolo e folle sorriso mentre sfoderava la sua katana e ne saggiava il dolce peso. Anche Robin si unì all’insana ilarità dei due. Le sue mani erano già incrociate davanti al suo petto quando la truppa nascosta di marines attaccò.

Erano poco più che ragazzi, li avevano accerchiati nel poco folto boschetto. Forse una piccola truppa di reclute che doveva tenere sott’occhio quel lato dell’isola. Comunque una forza irrisoria in confronto al trio, ma coraggiosamente li assalirono lo stesso.

Ogni pirata rivolse le spalle al proprio compagno cosicché potessero proteggersi a vicenda.

Robin creò una mano grande come una quercia e schiacciò quasi tutti gli uomini del suo lato con un solo movimento. Zoro impugnò solamente due spade, per quelle mezze calzette non valeva la pena di sfoderare la sua tecnica migliore. Mosse un paio di passi verso di loro e li atterrò con estrema facilità.

Sanji invece si gustò l’assalto fino all’ultimo secondo, quella scossa di adrenalina sembrava averlo destato dal sonno in cui era caduto per tutto quel tempo. Solo all’ultimo parò con la gamba il colpo del primo dei coraggiosi quanto stupidi marines.

Una manciata di minuti e i corpi con le divise bianche costellavano il terreno, come fossero fiorellini scomposti appena spuntati. Dopo essersi accertati che intorno a loro non ci fosse nessun altro vivo o in grado di reggersi in piedi, i pirati proseguirono verso la spiaggia dell’appuntamento.

La luce della luna li accompagnò, per il resto della strada non si imbatterono in altre truppe. Il vento fresco della notte soffiava verso il largo, un clima perfetto per imbarcarsi.

Sanji si fermò sulla linea di confine tra la spiaggia e la foresta. – Come promesso, vi ho condotti qui sani e salvi. A presto! -  Annunciò mentre voltava le spalle agli amici, diretto sulla via del ritorno.

- Anche tu ci mancherai. – rispose Robin, dando voce alle parole pensate ma taciute dei due orgogliosi uomini. Il cuoco a quelle parole si fermò e di nuovo sorrise lievemente, ma non si voltò. Aveva ragione Robin, come al solito,  il loro non era un addio.
 
 
NdA:
Come anticipato prima del capitolo, in questo periodo ho difficoltà a continuare delle “storie in corso”, non tanto per mancanza di tempo o di idee, ma quando mi mettevo davanti al pc non riuscivo a scrivere nulla che in realtà mi piacesse. Mi ero un po’ demoralizzata, in quanto tengo molto a questa storia e non ho nessunissima intenzione di abbandonarla così!
Devo ammettere che la spinta me l’hanno data le vostre recensioni, non pensavo di poter scrivere qualcosa che piacesse a così tante persone. Né mi aspettavo così tanti complimenti, data la mia vena tendente all’ angst. Per questo vorrei ringraziarvi di nuovo tutti quanti.


 
GRAZIE DI CUORE

 
Baci Baci
Jogio

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Capitolo 8
*** Complicazioni ***


Incredibile, sono riemersa… non ho molte giustificazioni né scuse, mi spiace essere sparita ma come promesso non abbandonerò la storia, anche se ci vorrà tempo e pazienza. Non sono una persona costante e questo l’avrete notato anche voi. Quindi che dire… spero non la abbandoniate nemmeno voi.
 
Complicazioni
 
Sanji si inoltrò nella boscaglia senza attendere la partenza, nel profondo sarebbe voluto andare con loro, il mare gli mancava più di quanto volesse ammettere, ma mai l’avrebbe abbandonata, avrebbe mantenuto la sua ultima promessa a qualsiasi costo. Nonostante tutto indugiò nel ritorno, non temeva altre squadre di marines, sentiva solo il bisogno di camminare e lasciare che la sua mente vagasse. Gli ultimi giorni erano stati per lui come un balsamo fresco su una bruciatura, si sentiva stranamente rifrancato, non sapeva dire se il merito fosse di Zoro, di Saki o se fosse per via delle buone intenzioni di Nami o ancora per le parole di Nojiko. Forse davvero sarebbe andato tutto meglio come pensava Haruki; si concesse così il lusso di sperare.


***
 

Nel frattempo sulla battigia Zoro e Robin attendevano la compagnia che li avrebbe riportati all’Isola.

- Stanno tardando – sentenziò Zoro impaziente.

- Pensi abbiano avuto delle complicazioni? – rispose Robin mentre scrutava l’acqua nera come pece.

Zoro fece spallucce e si sedette sulla sabbia umida a gambe incociate – Comunque non ci resta che aspettare.

Finalmente la fiamma di una candela illuminò la baia come un faro in un porto, una, due, tre volte: era il segnale.

- Ci siamo – sbuffò Robin.

Zoro sorrise leggermente – So che non ti piace, ma secondo i ribelli è il modo più veloce per scappare in caso di emergenza.
La donna si avvicinò con il suo fare altezzoso che divertiva sempre Zoro; lui la aiutò ad issarsi sulla sua schiena e lentamente si addentrò nell’acqua calma e cheta della notte. – La barca non è lontana.

- Mi sento al sicuro con te.

Appena l’acqua lambì la sua pelle diafana, Robin come ogni possessore del frutto del diavolo, si sentì mancare, ogni volta era una sensazione terribile, poteva sentire letteralmente le energie scivolare via secondo dopo secondo fino al punto in cui il suo corpo diventava pesante e completamente inutile. A Zoro non sembrava pesare, anzi si affannava affinché il tratto sembrasse più breve.

Erano a metà strada quando un colpo di fucile ferì l’aria creando un frastuono che riecheggiò per la baia, Zoro arrestò di colpo la sua corsa, la candela che segnava il punto in cui sarebbe dovuto arrivare si era spenta, intorno a lui solo acqua, tenebre e i chiari rumori di un’imboscata. Il suo primo istinto fu di controllare i nodi che legavano il suo corpo a quello inerme della sua amata e con uno scatto improvviso cambiò direzione puntando verso la riva. Un secondo colpo, stavolta troppo vicino, miravano a lui.

“Ma come diavolo fanno a vedermi” imprecò fra sé e sé. Non fece in tempo a prendere fiato che una pioggia di proiettili gli cadde addosso, un paio di questi centrarono il bersaglio. Immediatamente si immerse l’acqua intorno a lui sapeva di sangue, auspicava fosse solo il suo.
I polmoni iniziarono a bruciargli in petto, doveva resistere, doveva portare Robin a riva.

“Ancora poche bracciate” continuava a ripetersi.

A un tratto un barlume di speranza, le sue mani toccarono la sabbia, riemerse ispirando rumorosamente, era senza fiato e lievemente ferito, ma sulla terra ferma avrebbe sicuramente avuto qualche chance in più. Fece per mettersi in piedi quando un potente fascio di luce lo accecò nello stesso istante venne investito da quello che gli sembrò un’onda fatta di piccole lame affilatissime. Il sangue caldo ora colava copioso lungo il suo corpo, fece per estratte la prima katana ma questa strappò la corda già lacera che teneva Robin ancorata alle sue spalle. La sentii scivolare via, si girò per cercare di afferrarla, ma questo momento di distrazione gli costò un’altra ferita, stavolta più profonda. Una katana aveva trapassato il suo braccio sinistro. Zoro serrò i denti e sferrò il suo colpo verso lo sconosciuto aggressore, questo lo bloccò incrociando le sue katane di fronte a sé.

- Sei pieno di ferite eppure hai ancora la forza di attaccare.

L’occhio di Zoro si stava iniziando ad abituare a quella luce folgorante e intravide di fronte a sé una sagoma conosciuta. – Comir!

- Sbagliato, ma ci sei andato vicino. – Rispose slanciandosi in un altro attacco.

Le lame degli avversari produssero alcune scintille al loro contatto, i volti dei due combattenti si avvicinarono quasi a volerle sfiorare.

- Sono suo figlio, schifoso pirata. Il mio nome è Guro.

Inaspettatamente l’ammiraglio lasciò una delle due spade e con la mano libera lanciò una strana polvere sul viso di Zoro. Di nuovo il pirata si ritrovò accecato. Un secondo colpo gli trapassò il fianco destro stavolta cedette e cadde in ginocchio.

Prima che potesse rialzarsi Guro gli sferrò un pugno – Feccia, ho preso le giuste precauzioni, la polvere che ti ho tirato è un estratto di veleno di pesce palla, immobilizza muscoli e sistema nervoso - sussurrò prima di impartire i suoi ordini.

- Prendete la donna, il pirata potete lasciarlo agonizzare qui.

Il corpo di Zoro non rispondeva ai comandi impartiti dalla sua mente perfettamente lucida. Vide chiaramente il volto dei due marines che ammanettavano Robin e la allontanavano da lui, cercò di nuovo di muoversi o di urlare. Poteva seguire i movimenti ormai silenziosi della squadra che gli aveva teso la trappola ma non poteva reagire in nessun modo, era furente come una bestia legata ad una catena troppo stretta. L’ultima cosa che occupò il suo campo visivo fu lo stivale di uno dei marines che gli assestava un tremendo calcio.
 
NdA:
Dopo tanto, anzi tantissimo tempo ho ripreso a scrivere, spero non ci siano troppi errori e che il testo sia sensato XD
Mi pento di aver accantonato la mia passione, è stato sciocco da parte mia, comunque sto ricominciando da questa ff, forse perché è una di quelle a cui sono più legata. Come sempre grazie per la pazienza.
Baci Baci
Jogio

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Capitolo 9
*** Il buio prima dell'alba ***


Il buio prima dell’alba
 
L’aria era fresca e profumata, ma l’alba era ancora lontana quando Sanji rincasò. L’abitazione era avvolta nel buio e nel silenzio. “Un’altra notte senza incubi” pensò sollevato mentre si avvicinava allo scomparto segreto della cucina che aveva sapientemente rifornito di alcool dopo la nottata passata con Zoro. Stava per aprirlo quando sentì un strano sciabordare dietro di sé, voltandosi vide Nami. La donna era avvolta in una lunga camicia da notte bianca a pois arancioni, era appoggiata allo stipite della porta e sventolava una bottiglia di Sakè vuota per metà.

- Ho trovato questa. – disse con un fil di voce da cui si intuiva la sua ebrezza.

Il cuoco sospirò prima di risponderle – Non credo dovresti bere così tanto.

Nami prese un’altra sorsata direttamente dalla bottiglia e mosse qualche passo incerto verso di lui. – Credo di essermelo meritato invece e ancora non sono ubriaca. Ho sempre retto bene l’alcool. – affermò decisa.

Anche Sanji si avvicinò fino a prendere il collo della bottiglia e sfilarlo dolcemente dalla sua mano, senza indugi la portò alla bocca e fece scendere una gran quantità di liquido lungo la sua gola senza mai però interrompere il contatto tra i loro occhi, si asciugò la bocca con il dorso della mano e ribatté – Lo tenevi bene prima di pesare meno di una bambina di dieci anni.

Nami alzò gli occhi al cielo e agguantò di nuovo la bottiglia appoggiandosi sul tavolo.

- Perché lo fai? – chiese poco prima di ingollare altro Sakè.

- Perché mi preoccupo per la tua salute e per quella di Saki.

Nami sorrise amaramente – Non c’è bisogno che ti preoccupi per Saki, non potrò comunque allattarla Sanji – disse mentre le lacrime le riempivano gli occhi – il mio fisico non riesce a produrre latte perché troppo debilitato. – Di nuovo una pausa, questa volta le lacrime si fecero strada lungo le sue gote mentre riempiva di nuovo la sua bocca. – Come potrò essere una buona madre se non riesco nemmeno a sfamarla?

Sanji si avvicinò, pronto a consolarla come sempre aveva fatto negli ultimi otto mesi, ma questa volta Nami si sottrasse al suo abbraccio. Stupito la guardò senza proferire parola.

- Non sarò una buona madre, non sono stata una buona sorella e nemmeno una buona amica – un singhiozzo le scosse il corpo e il viso si trasformò in una smorfia di dolore, Sanji conosceva bene quella maschera di sofferenza, stava cedendo di nuovo – Io uccido le persone che amo! – urlò disperata mentre cadeva in ginocchio.

Il cuore dell’uomo si sgretolò ancora una volta, come aveva potuto sperare in una ripresa così veloce, come aveva potuto solo pensare di poter partire di nuovo con i suoi compagni? Nel momento in cui si flesse per tirare su Nami da terra Nojiko irruppe nella cucina. I suoi capelli erano tutti scompigliati, il pigiama stropicciato ma i suoi occhi erano terribilmente vigili, si lanciò protettiva sulla sorella aiutando Sanji a farla alzare. Proprio in quel momento un altro grido si levò in casa: il pianto della piccola Saki. Sentendola Nami crollò nuovamente, Nojiko la sorresse poi si riferì al biondo – Tu pensa a Saki, a lei ci penso io.

Lui annuì e corse verso la camera. Appena lo vide il pianto della piccola si affievolì, lui la prese in braccio e la accostò al suo petto.

- Andrà tutto bene, la tua mamma starà bene, non preoccuparti piccola. – Le ripeté cullandola dolcemente.



Nel frattempo Nojiko aveva trascinato Nami nella vasca da bagno, sicura che l’acqua calda l’avrebbe calmata.

- Non posso farlo Nojiko, non posso riuscirci. Non posso crescerla senza di lui. Io… - continuava a farneticare senza sosta fino a che un portentoso schiaffo la frenò. Incredula guardò Nojiko con la mano ancora sollevata.

- Smettila! Adesso basta Nami. Devi tornare alla realtà, hai avuto il tuo tempo per soffrire ora basta. Basta incertezze, basta incubi, basta tutto. Lo stai distruggendo e non lo merita. Se non vuoi farlo per lui o per me, fallo per Saki, lei non ha colpe e deve in una casa allegra con sua madre non con un fantasma. Essere l’unica figlia dell’ultimo Re dei Pirati non sarà facile, ma avrà te, avrà noi. Quindi adesso smettila di pensare solo a te stessa.

Le lacrime si fermarono, Nami era impietrita ma sua sorella aveva perfettamente ragione. Il suo dolore, le sue paure l’avevano resa cieca, egoista, come aveva potuto non accorgersene?

- Mi dispiace – sussurrò piano, come se il dirlo ad alta voce avrebbe reso tutto più reale, molto più di quanto già fosse.

- Domani il sole sorgerà di nuovo e tu con lui. Ti concedo un’ultima notte e poi rivoglio mia sorella. – Con queste parole si congedò.

Nami rimase sola nel bagno prese un profondo respiro, socchiuse gli occhi e si rilassò.

- Ovunque tu sia, veglia su di noi, proteggici come hai sempre fatto, anche in questa nuova avventura.

 
***
 
La luce del giorno invadeva la stanza, il caldo era quasi soffocante e la sua bocca era arida come il deserto. Appena realizzò di essere vivo cercò di tirarsi su, ma il suo corpo non si muoveva, non sentiva nulla al di sotto del suo collo. Il suo primo pensiero fu per Robin; l’ultima cosa che aveva visto erano dei marines che la portavano via ancora priva di sensi per via dell’acqua e infine il sorriso maligno di Guro. Lo avrebbe ucciso, lo avrebbe fatto senza remore, se solo fosse riuscito a muovere un muscolo. Passò del tempo dal suo risveglio, dalla luce che filtrava dalla finestra stimò almeno un paio d’ore e ancora nulla, per quanto la sua mente fosse lucida e fremeva per salvarla il suo corpo era dura pietra. In quelle ore non era riuscito a darsi nessuna risposta, né a riconoscere dove fosse.

 Infine il suono di una porta che si apriva, fece per parlare mosse appena le labbra dalle quali però non uscì nessun suono. La sua rabbia e la sua frustrazione lo avrebbero fatto implodere se nel suo campo visivo non fosse apparso un volto sorridere inaspettatamente familiare.

- Sei sveglio!
 
***
 
Delle voci sconosciute riempivano l’aria, ma lei chiusa in quella bara di vetro dal fondo di agalmatolite le udiva appena; si sentiva debole e stordita anche se tentava con tutte le forze di rimanere sveglia almeno per capire cosa le fosse successo. Ricordava di essere entrata in acqua insieme a Zoro, poi uno sparo e l’odore del sangue mischiato a quello salmastro del mare, poi più nulla. Secondo i suoi calcoli erano passati circa tre giorni dalla sua cattura, dal suo risveglio non aveva visto nessuno, solo l’alternarsi delle forti luci al neon poste sopra di lei attaccate al soffitto,  questo era rivestito di metallo spesso, il che poteva significare che si trovasse sotto terra o sott’acqua, non un grande indizio, ma ragionare le impediva di cedere al panico. Non sapeva chi fossero i suoi rapitori, anche se probabilmente a prenderla fosse stata la Marina, solo di una cosa era certa: era in pericolo, tuttavia Zoro sarebbe venuto a salvarla.

 
NdA:
Ciao a tutti :D sembra che la mia musa ispiratrice si tornata dalla sua lunghissima vacanza, quindi non ho perso tempo e vi ho posto il nuovo capitolo. Che dire spero vi piaccia e soprattutto che vi incuriosisca... mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate! Mi piacerebbe molto sapere che idea vi siete fatti...
 
Baci Baci

Jogio

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