Di cosa un Malfoy debba intendere per famiglia

di nefastia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Le relazioni pericolose ***
Capitolo 2: *** Una casa di Melograni ***
Capitolo 3: *** E' difficile essere un Dio ***
Capitolo 4: *** Un lungo, fatale inseguimento d'amore ***
Capitolo 5: *** America ***
Capitolo 6: *** Favola crudele ***
Capitolo 7: *** Nessuno al mio fianco ***
Capitolo 8: *** Ultima dea ***
Capitolo 9: *** Se sei infelice è tutta colpa tua ***
Capitolo 10: *** Come pietre nel fiume ***
Capitolo 11: *** Cronache del cono sud ***
Capitolo 12: *** Dona Flor e i suoi due mariti ***
Capitolo 13: *** Guerra e pace ***
Capitolo 14: *** La mia famiglia e altri animali ***
Capitolo 15: *** American Gods ***
Capitolo 16: *** Le confessioni ***
Capitolo 17: *** Una bambina e basta ***
Capitolo 18: *** Ragione e sentimento ***
Capitolo 19: *** I ragionamenti ***
Capitolo 20: *** Devo raccontare ***
Capitolo 21: *** E non disse nemmeno una parola ***
Capitolo 22: *** Fenomenologia della malafede ***
Capitolo 23: *** Tre d'amore ***
Capitolo 24: *** Foto di gruppo con signora ***
Capitolo 25: *** La banalità del male ***
Capitolo 26: *** Rosso come una sposa ***
Capitolo 27: *** Stirpe di drago ***
Capitolo 28: *** Il principe scalzo ***
Capitolo 29: *** Il giardiniere tenace ***
Capitolo 30: *** Una vita diversa ***
Capitolo 31: *** L'autunno del patriarca ***
Capitolo 32: *** In cerca di guai ***
Capitolo 33: *** In famiglia ***
Capitolo 34: *** Magicland ***
Capitolo 35: *** L'arte di trattare le donne ***
Capitolo 36: *** Doppio sogno ***
Capitolo 37: *** Candido o dell'ottimismo ***
Capitolo 38: *** Notte e giorno ***
Capitolo 39: *** D'amore e d'ombra ***
Capitolo 40: *** Il processo ***
Capitolo 41: *** Estinzione ***
Capitolo 42: *** I have a dream ***
Capitolo 43: *** La storia infinita ***



Capitolo 1
*** Prologo - Le relazioni pericolose ***


Per chi non ha seguito l’originale “Il principe stupido”, di cui questa dramione riprende la trama, faccio presente che mi sono divertita a dare ai capitoli i titoli di opere da me conosciute e variamente amate.

I titoli sono scelti solo per la loro attinenza con il contenuto del capitolo, che quasi mai rispecchia, nemmeno minimamente, quello del libro. Alla fine di ogni capitolo inserirò il nome dell’autore e, a volte, qualche breve notizia.

Grazie a chi leggerà e buon divertimento.

nefastia

 

 

 

 

Di cosa un Malfoy debba intendere per “famiglia”

 

 

0-Prologo: Le relazioni pericolose

 

È stato durante il settimo anno.

Se la scuola avesse dovuto tener conto di tutte le assenze fatte da entrambi avrebbe dovuto costringerli a ripetere l’anno. I processi ai Mangiamorte li vedevano più che spesso come testimoni.

E i due, costretti, loro malgrado, a passare un sacco di tempo insieme, incominciarono a ridere di certe battute argute e maligne, lanciate l’uno all’altra e viceversa, poi a parlare.

Hermione non era caposcuola, quindi non aveva alcuna stanza singola. La Preside se ne era scusata, all’inizio dell’anno, ma aveva valutato incompatibili i gravosi doveri di caposcuola con le innumerevoli testimonianze dovute e con gli impegni istituzionali, essendo, insieme ai suoi due amici, un simbolo vivente della ritrovata libertà del mondo magico.

Malfoy aveva una camera singola.

Non era caposcuola, ovviamente, ma dopo le prime cinque visite in infermeria per le aggressioni notturne da parte dei suoi compagni di dormitorio, la preside si era decisa a concedergli questo privilegio per la sua sicurezza.

Nessuno poteva far nulla per quanto succedeva nei corridoi, ovviamente, dove lui era ignorato o insultato, nel migliore dei casi, vittima di agguati nel peggiore. La sua bellezza angelica era ormai un ricordo, offuscata e stravolta da tagli, lividi, bernoccoli, gonfiori vari.

Lui sopportava con una certa nonchalance, restituiva quello che poteva sul momento, si faceva curare e tornava a lezione o a tavola senza proferire minacce o vendicarsi, almeno all’apparenza. Era esattamente quello che si aspettava tornando a Hogwarts: Mangiamorte per gli uni, traditore per gli altri.

A Hermione era capitato più di una volta di difenderlo da attacchi piuttosto vili, tipo cinque a uno, con o senza bacchette, e di denunciare l’accaduto alla preside facendo nomi senza guardare in faccia alla casa di appartenenza. Così anche lei si era presa la fama di traditrice, puttana del Mangiamorte.

Dopo tutto quello che aveva passato, per lei era acqua fresca.

«Non ti aspetterai che ti ringrazi», aveva sputato il Furetto la volta che lei aveva schiantato tre, dei cinque della sua stessa casa, che lo avevano aggredito.

«Per niente. So quanto la tua educazione lasci a desiderare», aveva risposto, tranquilla.

A lui era venuto da ridere, sia per la prontezza con cui l’aveva zittito, sia perché i purosangue si consideravano la crème del mondo magico, non solo per il sangue puro e per i cospicui patrimoni, ma anche per la loro rigorosa e impeccabile educazione. Che, evidentemente, non comprendeva un semplice e dovuto ringraziamento a chi era diverso.

Il primo guaio era successo una sera in cui erano rientrati più tardi del solito.

La McGranitt aveva fornito una passaporta che li aveva scaricati all’ingresso, ma girare nei corridoi ed entrare nei dormitori alle tre di notte era un problema. Inoltre non avevano mangiato e avevano fame.

Scesero nelle cucine, dopo varie proteste di Hermione sull’inopportunità di togliere agli elfi il poco riposo notturno, di cui Malfoy rise di cuore.

«Fa' come ti pare, io scendo.»

Lei lo aveva seguito mugugnando, per scoprire che le cucine fervevano di attività. Un elfo sorridente si fece loro incontro asciugandosi le mani nel grembiule di cucina che sembrava il suo unico indumento e chiese con un sorriso radioso cosa desiderassero.

«Vorremmo mangiare qualcosa», disse Draco senza scomporsi.

«Solo se non disturbiamo…»

«Noi elfi è felicissimi di servire», rispose l’elfo con un profondo inchino, mettendo in imbarazzo Hermione, che si morse il labbro, aprì e chiuse la bocca tre volte senza sapere cosa dire.

Draco rise di nuovo.

«Smettila di fare il pesce!»

In un attimo, l’elfo approntò una cena leggera e appetitosa, prendendo qua e là tra le pietanze in preparazione.

Mangiarono in pochi minuti e tornarono nell’ingresso, Hermione preoccupata per il lungo tragitto, sicura di incontrare Gazza e di svegliare tutte le compagne di dormitorio, che la consideravano già una disgrazia per una serie di motivi che andavano dalla sua difesa degli ex Mangiamorte all’invidia per le numerose assenze dalle lezioni e per le frequenti presenze sui giornali.

«Puoi venire da me, stanotte», concesse Draco. «Solo per questa volta e a patto che tu te ne stia buona da una parte.» Lei stava per replicare piccata quando lui la prese per mano e le lanciò un’occhiata divertita. «Lo faccio solo perché mi hai fatto ridere. Erano parecchi mesi che non mi capitava.»

In quel momento Hermione non vide il nemico di sempre, né il borioso maleducato. Vide un ragazzo molto simile a lei, che come lei portava cicatrici insanabili. Che, a causa di scelte non sue, aveva perduto l’adolescenza, amici, affetti, la possibilità di essere normale.

Dormirono vicini e basta, quella volta. Dormirono sodo, una volta tanto senza sognare, per la stanchezza, certo, ma forse, pensarono in seguito, per la vicinanza dell’altro.

 

 

 

1-   Le parole per dirlo

 

Harry ha capito tutto fin dalla prima volta che Hermione ha chiamato per nome Draco Malfoy. Per loro è stato sempre Malfoy o Malferret, per tacere delle centinaia di appellativi e nomignoli poco cortesi. Mai, assolutamente mai, Draco.

Quindi quando a Hermione, in un attimo di distrazione esce dalle labbra quel nome, Harry capisce al volo.

«Herm, scusa se mi intrometto, c’è qualcosa tra te e Malfoy?»

«Non… non direi che ci sia qualcosa… non proprio.»

«Molto chiaro, davvero!»

«In che senso?»

Harry ride della confusione dell’amica.

«Beh, adesso non ci vediamo più ogni giorno come prima e me ne dispiace, mi manchi spesso. Ma da un lato è più facile vedere certe cose.»

«Quali cose Harry? Spiegati, non riesco a capire di cosa parli!»

«Vedi, se una persona che hai sotto gli occhi ogni giorno cambia, puoi anche non accorgerti, ma se non la vedi per un po’ è più facile, ecco, il cambiamento risalta di più.»

«Ti sembra che io sia cambiata?»

«In qualche modo sì. Hai chiamato Malfoy per nome e nemmeno te ne sei accorta. Significa che per te è diventato normale.»

«Oh!» Hermione tace. Il silenzio dura qualche minuto.

«Vorrei… mi piacerebbe…» Le parole non sono mai state la specialità di Harry. «Insomma, non voglio impicciarmi in cose che non mi riguardano, ma… posso dirti quello che penso?» Un cenno invitante da parte di Hermione. «Malfoy non è più come prima, sappiamo che la sua famiglia ha seguito la corrente, come al solito e tra qualche mese giureranno di non aver mai conosciuto Voldemort. Non può torturarti e ucciderti, forse, ma penso che sia lo stesso pericoloso per te. In un altro modo.»

«Che vuoi dire?»

«Herm, io non voglio che tu pensi che io…»

«Harry, ci conosciamo da otto anni, abbiamo diviso tutto, tu sei probabilmente la persona che mi conosce meglio in assoluto. Non penso niente di te. Puoi dirmi tutto quello che vuoi e io ti ascolterò. Non ti prometto che farò quello vuoi tu, ma ti ascolterò. E ti ringrazierò sempre di preoccuparti per me.»

«Hermione, lui è un egoista. Tu la persona più generosa e altruista che conosca. Non c’è molto da dire, basta fare due più due. Si approfitterà di te in modo vergognoso.»

Hermione guarda negli occhi il suo amico fraterno e sospira.

Lo sa bene, Harry ha assolutamente ragione. La sua mente ha più che chiara la situazione attuale e i possibili sviluppi futuri. Peccato che il suo cuore sia al timone adesso, e non la mente.

«È la cosa più probabile, in effetti. Ma io lo amo. Forse col tempo mi passerà e magari riuscirò a risparmiarmi le bastardate peggiori, ma se lo lasciassi ora non sono sicura che me lo perdonerei.

Sai, Harry, sapere di dover morire non è un buon motivo per suicidarsi. Lui adesso mi fa felice.»

Harry ride mestamente.

«Come al solito sei più saggia di me. Io sono terrorizzato dall’idea del male che potrebbe farti, tu dici che lasciandolo ti faresti male con le tue mani e preferisci goderti il momento senza pensare a quando soffrirai. Devo ammetterlo, ha senso.»

La conversazione finisce a causa dell’intervento dei valletti del Ministero che li avvisano dell’arrivo del Ministro, il loro compagno di battaglie dell’Ordine della Fenice, Kingsley Shacklebolt, e dei sottosegretari alla ripresa del mondo magico e alle attività ricreative e di impatto sociale (il figlio di Ludo Baggins, guarda caso), la riunione può incominciare.

Erano considerati una specie di “arma segreta” per entusiasmare le vittime dei guasti della guerra e spingerli a guardare con fiducia al futuro (e al Ministero).

C’è stato un crollo dei matrimoni e delle nascite. A malapena la McGranitt e Shacklebolt sono riusciti a fermare una legge a dir poco distruttiva che prevedeva il matrimonio obbligatorio entro i ventitré anni per i maghi e le streghe.

Adesso il Ministero cerca di organizzare una vera e propria campagna per risollevare gli spiriti e instillare l’ottimismo nei cittadini del mondo magico, a base di manifestazioni, sport, musica e gossip. Tutto quanto può servire a distrarre l’attenzione dalle tragedie recenti.

Draco, invece, è alla Sezione Auror, deve identificare alcuni sospettati. Gli domandano se li avesse mai visti al Manor nel periodo in cui il Lord Oscuro vi risiedeva e in quale ruolo.

Uno di loro era arrivato come prigioniero. Temendo il dolore, sicuro che non avrebbe sopportato le torture, si era gettato ai piedi di Voldemort e gli aveva giurato fedeltà eterna.

Era stato messo alla prova: aveva dovuto uccidere tutti gli altri prigionieri, compresa sua moglie.

L’aveva fatto senza esitare.

Gli altri erano semplici galoppini. Tutti colpevoli, se è una colpa non avere il coraggio di schierarsi dalla parte più scomoda e rischiosa, di opporsi a un nemico potente e crudele. Anche lui è colpevole di aver seguito senza farsi domande gli insegnamenti della famiglia. Di suo padre.

Suo padre, che adesso fa il pentito, collabora attivamente nel mandare in galera quelli che pochi mesi prima chiamava compagni e amici. Draco prova una leggera nausea nei confronti di quella situazione.

L’unica cosa che sente come positiva, l’unica che lo rende piuttosto fiero di sé, è l’essere riuscito a conquistare l’amore della Mezzosangue. Una creatura forte e pulita come nessun altro. Se lei lo ama, in fondo non può essere del tutto da buttare, no?

Lui ha quasi finito, l’aspetterà e torneranno insieme a Hogwarts.

 

*****

 

Esattamente un anno dopo, Hermione Granger, ha scoperto di essere incinta, e non sa come dirlo al suo… al suo cosa? L’unica definizione sicuramente corretta è “quello con cui va a letto”.

Da quasi un anno si vedono regolarmente, ma non stanno insieme. Nessuno dei due ha mai fatto cenno al futuro. Lei vive nella Londra babbana, nella casa che era dei suoi genitori, mai ritrovati. Ha fatto di tutto per farsi dimenticare e sta attenta a mantenere un basso profilo per evitare ogni tipo di esposizione mediatica.

Anche Draco Malfoy vola basso. La sua famiglia ha evitato Azkaban per aver lasciato, poco prima della fine, il fianco del maledetto Voldemort, per la collaborazione prestata al Ministero nella cattura dei peggiori Mangiamorte e anche per l’aiuto fornito da Narcissa a Potter. Tuttavia non hanno potuto evitare il biasimo sociale. Non è questo, quindi, il momento buono per finire sui giornali.

Ora la Granger è incinta di un figlio di Draco Malfoy. Sarebbe una ghiotta notizia per le riviste di gossip. Non va bene.

Quando sente la chiave girare nella toppa sussulta. Da quando ha avuto il primo sospetto è passato un mese e mezzo e ormai è più che una certezza. Deve dirlo.

Ma non vuole.

Non riesce a immaginare la reazione di Draco. Lui si comporta come un innamorato ma le sue parole lo smentiscono regolarmente: “I Malfoy non amano e questa relazione è più di quanto chiunque abbia mai avuto da uno di loro”.

Le dimostra stima e apprezzamento, dichiara tranquillamente di stare bene con lei, perfino di averne bisogno. Mai una volta ha parlato di un futuro per loro.

Adesso il futuro lei se lo porta in grembo. Concreto, ineludibile.

Non si era alzata come il solito per incontrarlo, gli ha negato il solito bacio nell’ingresso, pietrificata in attesa sul divano.

Lui è entrato in soggiorno con lo sguardo preoccupato. Si è avvicinato, la fronte aggrottata.

«Che c’è? Stai male?»

«No, è che…»

«Oh, per fortuna! Mi hai fatto preoccupare.» Un bacio prepotente e le mani dentro la camicetta. «Ti stai ingrassando, donna. Le tue tette hanno preso almeno una misura. A me piacciono anche di più, quindi non preoccupartene.»

«Draco…» lei tenta debolmente di respingerlo.

«Dopo», taglia corto lui, e continua a baciarla e a spogliarla. «Mi sei mancata, ho bisogno di sentirti.»

«No, Draco, se non lo faccio subito non ci riuscirò più!»

Lui si ricompone. La faccia tempestosa, la voce dura. «Che cosa non riusciresti a fare? Che intenzioni hai?»

«Devo dirti una cosa.» Apre la bocca due volte per parlare, prende fiato ma non emette sillaba. Il cuore a mille, la gola chiusa.

«Sto aspettando.» Inutile, le sue corde vocali sono paralizzate e i suoi occhi sono spalancati come quelli di un coniglietto ipnotizzato dal serpente che si accinge ad ingoiarlo. «Ti facilito il compito. Chi è lo stronzo?»

Lei fatica a collegare le parole di lui con un qualche senso logico.

«Di chi parli?»

«Chi è lui, avanti non è questo che mi devi dire?»

«No, io», deglutisce. «Io sono… non so come sia successo.» Fa un profondo respiro a bocca aperta. «Io… ho… ecco…»

«HERMIONE! Non ne posso più di questi monosillabi, vuoi parlare?»

«Sono incinta!» lo dice precipitosamente.

«Come?»

«Sono incinta.»

«Oh! Ma…»

«Io non lo so, non so come sia successo. Tu sei sicuro di essere stato sempre attento?»

«E tu sei sicura che non lo hai fatto apposta per fregarmi?»

Gli è uscito quasi contro la sua volontà. Non ha potuto fare a meno di pensarci, non dopo che suo padre, per tutta l’adolescenza, gli ha ripetuto l’importanza dell’attenzione alla prevenzione e di come le donne, tutte le donne, quelle che apparivano più ingenue erano le peggiori, non mirassero ad altro che al loro nome e ai loro soldi.

Lei è stata colpita come da un pugno allo stomaco.

Sapeva che non sarebbe stato felice della notizia, che probabilmente l’avrebbe lasciata, ma credeva che la conoscesse abbastanza da risparmiarle quei volgari sospetti.

Impiega un paio di minuti per recuperare la poca dignità che le resta, stropicciata e male in arnese. Si alza in piedi e si riallaccia la camicetta, stringe a sé il golfino e alza la testa.

«Addio, Malfoy. Non abbiamo bisogno di te. Ritenevo che fosse mio dovere fartelo sapere e l’ho fatto. Ora per favore vattene.»

Vattene? Addio? Ma che significa? Adesso per quale motivo vorrebbe cacciarlo?

«Che cavolo dici? Sono appena arrivato!»

«E mi hai già offeso più di quanto di solito riesci a fare in tutta la sera. Forse non hai capito, sono incinta. Questo significa che, malgrado le tette grosse, non sono più tanto adatta ad essere il tuo giocattolo sessuale. Ho altre esigenze, tra cui sento particolarmente forte quella di essere rispettata, e ho delle responsabilità, tu non conosci nemmeno il significato della parola. Ti ripeto, non ho bisogno di te. Esci da quella porta e non farti più vedere da me.»

«Si può sapere che hai in mente?»

«Niente di più di quanto ho dichiarato. Se non ti fidi della mia parola posso firmare un impegno a non pretendere mai niente da te né per me né per mio figlio o figlia.»

«Io non… scusa, non penso quello che ho detto. Mi hai preso alla sprovvista. Ho bisogno di pensarci un attimo.»

«Pensaci quanto ti pare. Intanto lasciami sola, per favore.» Hermione sente le lacrime che premono e non vuole dare spettacolo di sé. Non vede l’ora che lui se ne vada.

«Davvero non vuoi stare con me?»

Possibile che stia parlando di sesso? È davvero un idiota? 

Le si avvicina e le carezza un braccio.

Lei si scosta e gli volta le spalle.

«E smettila! Che c’è da essere così offesa? Che ti avrò detto mai?»

«Draco va’ via, prima che ti schianti! A volte non riesco a capacitarmi di essere innamorata di un simile idiota!»

«Innamorata? WOW! Non mi avevi mai detto di essere innamorata. E come puoi respingermi se sei innamorata?»

L’ha afferrata da dietro e la stringe dolcemente, le carezza le spalle e la pancia.

«Lasciami.»

Lui non cambia la sua posizione.

«Non riesco a credere che qui dentro ci sia un piccolo Malfoy. Quando l’abbiamo fatto?»

Lei si scioglie in lacrime irrefrenabili.

«Sei un bastardo, Malfoy! Lasciami e vattene! Non voglio vederti mai più, ti detesto.»

«Shht, lo sai che non è vero. Tu sei la mia donna. Sei l’unica che mi fa stare bene. Non voglio rinunciare a te per nessuna ragione. E se avremo un figlio va bene. Così oltre a una donna splendida avrò anche un figlio splendido. Non ti lascio andare per così poco.»

«Sei davvero un romantico, tu sì che sai come rassicurare una donna!»

«Sono un Malfoy. lo sapevi. È me che vuoi, non uno sdolcinato piagnucolone.»

«Mi tratti come un oggetto.»

«Non è vero, lo sai. Non sono capace di dirti cose romantiche e devi prendermi per quello che sono. Ma mi piaci, più di qualsiasi altra cosa al mondo. Sei l’unica che mi fa stare bene, solo con te mi sento in pace. Come potrei mai fare a meno di te?»

«Io potrei, se questo fosse per la tua felicità. Anch’io sto bene con te, ma ti voglio bene più che a me stessa. E adesso c’è qualcuno a cui vorrò bene quanto a te.»

«No, questo non è accettabile, mi dispiace. Il moccioso deve stare al suo posto, non posso essere geloso di mio figlio, non posso nemmeno schiantarlo, ti rendi conto?»

«Stupido!»

«Sì, probabilmente…»

 

*****

 

Erano stati insieme per quasi tutta la gravidanza. Lei chiusa in casa. Lui si materializzava direttamente all’interno per evitare chiacchiere e la possibile presenza di giornalisti.

Sapevano che era una femmina e avevano scelto il nome: Eltanin. La stella più brillante della costellazione del serpente, l’occhio di Draco.

Mancava un solo mese alla nascita della bambina, quando successe il disastro.

Hermione, dopo averlo aspettato a lungo, essersi preoccupata e aver resistito per parecchi giorni, senza cercarlo, fu costretta a chiamare Ginny e chiederle di farle la spesa e comprarle il giornale.

Fu così che scoprì cosa era successo una settimana prima: i genitori di Draco erano stati vittima di un attentato da parte di un gruppo di ex Mangiamorte. Il “Profeta” faceva un riassunto di quanto successo nei giorni precedenti.

I coniugi Malfoy erano stati attirati con un falso invito in una villa, di proprietà di un ambasciatore, conosciuto dalla famiglia ma che in quel momento si trovava all’estero e che sembrava del tutto estraneo all’episodio.

Una volta raggiunta la villa, illuminata come per una festa, erano stati aggrediti da quattro individui che avevano lanciato contro di loro maledizioni oscure. Narcissa era morta a San Mungo dopo quattro giorni, Lucius era paralizzato e non c’era modo di sapere quando o se avrebbe mai recuperato l’uso delle gambe. Solo il figlio, Draco, si era salvato. Era stato  invitato con i genitori ma aveva declinato l’invito per impegni presi in precedenza.

Era lei l’impegno preso in precedenza. Quella sera, come quasi tutte le sere, avrebbe dovuto venire a casa sua e dormire lì, dove gli riusciva meglio che in ogni altro posto.

Ma non era mai arrivato. E non le aveva mandato nemmeno uno stupido gufo.

Ginny aveva capito tutto, ovviamente. Non aveva con lei lo stesso legame empatico di Harry, ma era sveglia e riusciva a capire al volo le persone e le situazioni. Inoltre le era sinceramente affezionata.

Quando Hermione sollevò gli occhi dal giornale incontrò quelli di Ginny, pieni di comprensione.

 

 

 

 

 

Le relazioni pericolose: Chi non conosce il bellissimo romanzo epistolare di P.A.F.Choderlos de Laclos, sicuramente ha visto o sentito parlare del film che ne è stato tratto.

Le parole per dirlo: è un libro di Marie Cardinal, è la storia del superamento, lungo e doloroso, di un grave disagio psicologico.

           

 

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Capitolo 2
*** Una casa di Melograni ***


2-              Una casa di melograni

 

«Puoi lasciare Eltanin a qualcuno, oggi?»

«Perché?»

«Devi venire con me. Ho una sorpresa per te.»

«Va bene. Chiedo a Ginny. Devo fare qualcosa di particolare? Quanto tempo ci serve?»

«Quante domande! No, non devi fare niente di particolare e  non lo so, penso un paio d’ore, forse tre.»

«Telefono subito.» Compone il numero dell’amica. «Harry? Ginevra c’è?» Un attimo di attesa. «Ciao, Ginny. Volevo chiederti se potresti prendere Nin all’asilo, alle quattro e tenertela fino a ora di cena, ti è possibile? … Grazie! Non lo so, a dire il vero. Ti racconterò poi. Grazie ancora, ciao.» Riattacca. «Tutto a posto, possiamo andare.»

Draco la prende per la vita e si smaterializzano insieme.

Si ritrovano sul bordo di una piscina coperta. Sulle pareti, dipinti che ricordano le antiche terme romane, un leggero vapore si solleva dall’acqua delle vasche.

«Dove siamo?»

«A casa tua.»

«Che cavolo dici?»

«Vieni con me.» La prende per mano e la guida all’esplorazione di quella che lui ha chiamato "casa": una villa enorme ed eccessivamente lussuosa, a parere di Hermione.

Nel giardino un’area di giochi per bambini, un angolo formale all’ingresso, un frutteto e una quantità di piccole piante mai viste.

«Che sono?»

«Melograni. Danno il nome alla casa.»

«Questa "casa" ha anche un nome?»

«Certo.»

«Verremo a vivere qui? Oh, Draco! Vivremo qui insieme?» chiede eccitata.

Lo guarda. Non ha la faccia di uno intenzionato a vivere con lei. Ha lo sguardo spento e imbarazzato.

«Draco», chiede sottovoce, molto più cauta di prima. «Vorrei davvero che vivessimo insieme. Non per me, è per Eltanin, lei ti cerca sempre, io mi accontento, lo sai.»

Lui si sente in colpa. Non vorrebbe che lei si accontentasse, vorrebbe farla felice. In certi momenti sembra che lo sia. Ma sa anche che non le piacerà quello che le deve dire. Non le piacerà per niente. Dovrà abituarsi all’idea e forse ci vorrà del tempo. Forse piangerà.

«Tu ci verrai a vivere, con Eltanin. Lo sai che io non posso.»

«Tutto come prima, allora?» chiede Hermione, delusa.

Eltanin sta crescendo e presto si domanderà perché papà non dorme sempre a casa con loro. Hermione non ha mai desiderato il matrimonio, ma sente la necessità di “normalizzare” la situazione per evitare insicurezze a sua figlia. Lei non ne ha bisogno, sono una famiglia anche così, capisce benissimo i problemi di Draco, il rapporto difficile con la famiglia, la necessità di non attirare l’attenzione. Ma che dirà a Eltanin? Ha già quasi tre anni, presto farà domande.

Quando ha visto la casa si è illusa, solo per un attimo.

Le è sembrato il tipo di casa in cui lui potrebbe voler vivere.

Nello stesso giorno vanno dal notaio e perfezionano l’acquisto. Draco paga una cifra che Hermione giudica folle, senza battere ciglio. La proprietà è esclusivamente di Hermione, Draco non appare in alcun modo.

Quando escono Hermione è perplessa. Non ha mai accettato nulla da lui. Cosa l’ha spinta, adesso, ad accettare la proprietà di una casa di enorme valore? Un presentimento? Mica è la Cooman!

«Dobbiamo parlare», attacca Draco all’uscita dallo studio del notaio.

«Non adesso. Devo andare a prendere Eltanin.»

Lo sapeva. Sapeva che c’era qualcosa sotto.

«Va bene, tanto questa sera resto, abbiamo tutto il tempo.

Lo sa che non le piacerà per niente quello che ha da dirle.

Non è piaciuto nemmeno a lui quando suo padre lo ha informato, una settimana prima.

Ricorda la sera in cui l’ha trattenuto a casa, il suo tono irritato, come non si sia nemmeno sognato di chiedere il suo parere, o almeno il suo consenso.

 

*****

 

Lucius è infastidito dal fatto che suo figlio passi così tante notti fuori casa.

«Draco, puoi farmi l’onore di restare in casa questa sera? Dobbiamo parlare», ha chiesto senza alcun garbo.

«Abbiamo tutto il giorno per parlare, perché dovrei restare in casa di sera?»

«Non si tratta di lavoro.»

«Cosa, allora?»

«Ti devi sposare. È ora di dare un erede alla casata.»

Draco detesta profondamente il modo di suo padre di disporre della sua vita senza remore e non si trattiene dal farglielo sapere.

Tuttavia obbedisce regolarmente.

«Saranno pure affari miei, non ti pare? Mi sposerò quando lo riterrò opportuno.»

«Non mi hai capito, non sto parlando della Sanguesporco che ti sbatti né della tua bastarda. Devi, ti ripeto, DEVI sposare una fanciulla purosangue di buona famiglia e fare in modo che entro l’anno ti partorisca un erede. Punto.»

Vorrebbe rispondergli male. Solo che non può.

Lucius è paralizzato dalla vita in giù. Da quando è stato aggredito da un gruppo di ex “amici” Mangiamorte. Gli hanno rimproverato il tradimento, la mancata partecipazione alla battaglia finale, si sono detti convinti che Draco abbia in realtà combattuto dalla parte dell’Ordine della Fenice, e che all’epoca dell’omicidio di Silente lui fosse già un traditore. Una delle prove che hanno addotto è la sua frequentazione di Hermione Granger.

In quell’attentato sua madre ha perso la vita, suo padre, l’uso delle gambe.

Draco prova un senso di colpa devastante. Per quanti tentativi si siano fatti, Lucius non ha mai più camminato.

«Hai già un’idea, in proposito?»

«Pensavo alla figlia di Greengrass.»

«Dafne è già sposata.»

«La minore no.»

«Quella piaga! Intanto è una ragazzina, poi non mi piace, è piagnucolosa, manipolatrice, noiosa e prevedibile come un orologio!»

«È molto bella.»

«Capirai!»

«Capisco che i tuoi gusti siano guastati dalle tue frequentazioni, ma Astoria Greengrass è obiettivamente bellissima, sarete una coppia fantastica.»

«SAREMO? Quindi tu hai già deciso tutto senza nemmeno sentirmi! Che lo domando a fare? È quello che hai sempre fatto, da quando sono nato. Mi chiedo se sia tuo figlio o solo un elfo domestico più alto del normale!»

Lucius lo ignora.

«Ho parlato con Thomas. Abbiamo buttato giù una bozza di contratto. Lei è più che disposta, le piaci.»

«Lo so, è lei che non piace a me!»

«Te la farai piacere. Falle fare l’erede, poi potrai godere di una certa libertà. Spero che tu non intenda mantenere la relazione con la Granger, ma se dovessi decidere di farlo non se ne deve sapere nulla! Esigo una discrezione assoluta. E naturalmente basta con i bastardi!»

Draco stringe i denti per ingoiare la risposta che vorrebbe dare. Si alza e lascia la stanza.

Come può andare  da Hermione questa sera? Come può dirle che sarà costretto a sposare un’altra?

Lascia passare giorni, prima di rivederla, mettendo scuse. E compra una casa. Una casa “discreta”.

 

*****

 

«Mi sposo.»

Per un solo, folle momento, il cuore di Hermione ha accelerato il suo battito. Per un unico illusorio attimo ha pensato che lui volesse rendere loro tre una famiglia.

Poi la sua mente lucida ha preso il sopravvento. Ha detto “mi sposo”, non “ti sposo” o "sposiamoci" o niente di simile. LUI si sposa, punto.

«Non intendo, con questo che la casa sia un regalo d’addio, anzi. Per noi non cambierà nulla, siete la mia famiglia.»

«Se siamo noi la tua famiglia perché sposi un’altra?»

Sono nel loro letto, abbracciati. Lei ha domandato con voce tranquilla. Tutto come d’abitudine. Lui fa un sospiro.

«Devo. È necessario un erede per la casata, è un matrimonio combinato, le solite “porcate purosangue”, come le chiami tu.»

«Ma tu hai Eltanin, lei è tua figlia…»

«Ma non può essere la mia erede. Lo capisci, è mezzosangue, femmina e illegittima. Come credi che possa essere accettata dalla mia famiglia e dal mio mondo? Non ti devi preoccupare per lei, non le mancherà mai nulla.»

«Tranne suo padre.»

«Sono stato suo padre fino ad ora e continuerò ad esserlo. Solo con maggior discrezione. Forse non potrò fermarmi spesso a dormire. È anche per questo che voglio che vi trasferiate nella Casa dei Melograni, è bella e comoda e assolutamente discreta. Qui siamo al centro di Londra, la possibilità di essere visti è alta.»

«Draco, non farlo! Io non posso accettare di vivere una vita intera di nascosto. E non voglio accettarlo per Eltanin!»

«Che dovrei fare, secondo te?»

«Scegliere, per una volta nella vita.»

«Ah, certo, mi scordavo la tua mania per le scelte! Non sono libero di scegliere, possibile che non ti entri in testa? Credi che se potessi non sposerei te? credi che non mi piacerebbe passare ogni giorno con te e mia figlia?»

«Non lo so. Ti vergogni di noi, ci rifiuti.»

«Hermione, voi siete quello che mi permette di sopportare la mia vita. Io sto bene con te. Non dico di sentire ancora l’eccitazione dei primi tempi ma, se possibile, sono legato a te molto più di allora. Non vedo l’ora che venga la sera per tornare qui, per rivederti e vedere Eltanin. Tu sei la mia pace, non vivrei mai bene senza di te.»

«Certo, è un grande onore per me essere il tuo infuso di camomilla. Non ti passa per la testa l’idea che per me sia un po’ umiliante tutto questo?»

«Cos’è “tutto questo”? Ti sto dicendo che la mia donna sei tu, non ci sarà mai nessun’altra come te.»

«Beh, non ne sarei così sicura. Di certo non sono abbastanza per te da convincerti a scegliermi davvero.»

«Ti credevo più sveglia, pensavo davvero che avresti capito! Beh, io non posso fare quello che voglio, sono costretto a sposarmi con una che non mi piace e non ho nessuna intenzione di rinunciare a voi. Faremo meglio che si può.»

Hermione tace a lungo.

Cerca di immaginare la propria vita, dopo che Draco si sarà sposato. Non è vero che non potrà dormire “spesso” da loro, non potrà dormire lì e basta. Si vedranno in ore rubate, con la scusa di impegni di lavoro. Avranno rapporti frettolosi e sua figlia sarà ricoperta di regali.

Davvero vuole vivere così?

Qual è l’alternativa?

La sa.

Ma vuole vivere senza Draco?

Si sente morire all’idea.

Non ci penserà, non adesso. Tra un mese dovrà laurearsi. Poi dovrà pensare alla specializzazione, fare l’internato…

Quanto tempo ha? Draco avrà già scelto la sua sposa?

Sarà bella di sicuro. Non bella, bellissima.

Farà l’amore con lei. Per “dovere”, certo. Lei porterà in grembo il figlio che il mondo conoscerà come suo.

Si addormenta con un nodo di dispiacere che le soffoca il petto.

La mattina le sue occhiaie raccontano la notte passata. Draco le fa alzare il mento e la guarda intensamente.

«Non starci male, ti prego. Non è niente, per me, è un lavoro, un dovere come un altro. Io sto bene con te, non c’è nessun’altra.» Lei abbassa gli occhi. Le sue parole le sembrano una crudele presa in giro. «Ci vediamo stasera, va bene?»

Lei scuote il capo.

«Lasciami il tempo di digerire la cosa.»

Lui annuisce, con la faccia triste.

«Mi mancherai molto, cerca di non metterci troppo. Mi chiami tu?»

«Certo. E tu cerca di pensare a quello che ti ho detto. Tu dici che non sei libero di scegliere, ma io credo di sì. Tutto sta decidere se sei disposto a pagarne il prezzo. Io l’ho sempre fatto, puoi farlo anche tu.»

 

*****

 

Quando è apparso sul giornale l’annuncio del fidanzamento dello scapolo d’oro, Draco Malfoy, con la giovane Astoria Greengrass, Hermione ha avuto un mancamento. Non immaginava che le avrebbe fatto quell’effetto devastante.

Ha guardato per un quarto d’ora la foto che li ritrae abbracciati e sorridenti. Lei è bellissima, come previsto. E lui sembra felice. Almeno lui.

Ha pianto un’ora intera tra le braccia di Ginny e di Harry. Poi si è ricomposta e ha preso la sua decisione.

 

*****

 

Ha chiamato Draco e lui la sera stessa è lì. Non vedeva l’ora, era preoccupato per lei, triste per la tristezza che le aveva letto in volto l’ultima volta che si erano visti.

Oggi non è meglio.

Non solo è triste, ma è chiusa, rigida. I suoi tratti esprimono una decisione che lo spaventa.

«Ci ho pensato molto e non posso accettare questa situazione», inizia senza perdere tempo. «Non posso essere la tua amante se tu ti sposi con un’altra. Sei un uomo noto, tua figlia vedrà le tue foto sui giornali e in che modo credi che potrei farle capire per quale motivo la donna al suo fianco non è sua madre e il bambino che viene definito suo figlio non è lei?»

«Che vorresti dire? Non intenderai lasciarmi?»

«Tu dici che non puoi scegliere, ma questa volta sarai costretto a farlo. Non si tratta solo della mia umiliazione, quella potrei sopportarla, se volessi farlo. Ma mia figlia ha il diritto di crescere serena. Quindi non vedo altra possibilità. O con noi o senza di noi.»

«Tu vaneggi!»

Hermione si siede, seria in volto e invita con un gesto Draco a fare altrettanto.

«Non abbiamo mai parlato di amore, io e te. Ma per me era sottinteso. Non avrei potuto fare una figlia con un uomo per cui non provo qualcosa di profondo. Ma qualcosa di profondo ti può ferire profondamente.» Lui apre la bocca per parlare ma lei lo ferma con la mano. «Se fosse solo per questo, ti ripeto, forse accetterei la tua proposta, ingoierei l’orgoglio, come ho fatto finora, e accetterei di essere la tua amante nascosta perché l’idea di rinunciare a te mi fa soffrire molto di più di quanto non faccia la gelosia.

Ma l’unica soluzione per Eltanin è che tu esca dalle nostre vite, perché davvero non potrei mai spiegarle una cosa tanto sordida e non voglio che lei si vergogni di sé, e dei suoi genitori.»

«Hermione, tu stai sragionando! Ti pare che io potrei rinunciare a mia figlia? A te? pensi davvero che non provi niente per voi?»

«Rinuncia a sposarti, allora.»

«Questo è un ricatto!  Non me lo sarei mai aspettato da te!» Stringe i denti, arrabbiato, il muscolo sulla mascella guizza. «Io mi sposerò perché devo. E non rinuncerò a voi perché non voglio. Siete importanti per me.»

«Draco, tu hai già rinunciato a noi. Non so cosa provi, qualunque cosa sia non è abbastanza, ovviamente. Non c’è niente da discutere a questo proposito. Tu non ci vedrai più. Pensa che è per il bene di tua figlia e fattene una ragione. Ci dimenticherai, avrai una splendida donna al tuo fianco, figli che potrai amare liberamente, che non saranno mezzosangue e illegittimi. Forse nemmeno femmine, se hai fortuna.»

«Hermione, smettila! Non ho nessuna intenzione di fare a meno di voi!»

«Sei di un egoismo vergognoso! Non ti sei domandato nemmeno per un secondo come mi senta io e tutto quello che ti ho detto di tua figlia ti è scivolato sopra come acqua fresca!»

Lui si alza e si inginocchia davanti a lei, tenta di abbracciarla.

«Allontanati! Abbi un po’ di contegno. Non è in questo modo che risolverai il problema, ammesso che tu ne abbia uno!»

«Che pretendi che faccia? Che lasci la mia fidanzata, poi? Non potrò sposarmi con te e non potrò riconoscere Eltanin e tutto questo sarà stato inutile!»

Hermione sembra spegnersi. Ha ragione lui, è tutto inutile. Si è illusa per cinque anni, non ha nessuna possibilità che lui sia la sua famiglia. Deve rassegnarsi: è sola. Sola con sua figlia. Non cambia nulla se lui si sposa o no, per loro non ci sarà mai posto nella sua vita.

«Non mi interessa cosa intendi fare tu! Io ti sto dicendo cosa farò IO e ti ho spiegato anche per quale motivo ho preso la mia decisione! E se tu avessi anche solo una piccolissima coscienza capiresti che non posso fare altro. Sono anni che capisco i tuoi problemi e mi adatto alle tue esigenze. Adesso mi hai chiesto troppo! Basta così. Posso perdere la mia vita, ma non quella di mia figlia.»

Lui resta in silenzio per qualche minuto.

Ha ragione. Vorrebbe trovare qualcosa da ribattere ma non c’è.

Si domanda come può sbattere sotto il naso di sua figlia un’altra famiglia, e se Hermione potrebbe capire, una bambina non potrebbe farlo mai.

Boccheggia, si dispera, poi parla.

«Dammi tempo. Ti prego, non lasciarmi fuori della tua vita proprio ora che ho più bisogno di te… di voi. Dov’è Eltanin?»

«A casa di Harry.»

«L’hai fatto apposta, per non farmela vedere!»

«Ti pare che avremmo potuto discutere davanti a lei? In ogni caso, incomincia a farci l’abitudine, presto non la vedrai più.»

«Chi ti credi di essere? Pensi davvero di potermi negare mia figlia? Non provarci nemmeno! Se tu non vuoi stare con me non te lo posso imporre ma lei è mia figlia, MIA! Lo capisci questo? Non accetterò mai di non far parte della sua vita!»

«Non è TUA! Non hai voluto darle il tuo nome, non l’hai presentata a nessuno come tua figlia! Tu non hai figli, Malfoy!»

Draco capisce che quello non è il modo giusto

«Non farlo, Hermione, ti prego, non ora!»

«Se non ora, quando? Quando Eltanin sarà capace di leggere sui giornali della splendida famiglia di suo padre?»

«Non lasciarmi ora. Dammi qualche giorno. Forse riesco a trovare una soluzione.»

«Ma di che parli? Non esistono soluzioni, se non quelle che tu rifiuti!»

«Hermione, basta, non parliamone più per stasera. Vieni qui, stammi vicino. Ti prometto che cercherò di farmi venire in mente qualcosa!»

Come al solito lei non resiste.

L’amore con lui è stato sempre splendido. Oggi è più triste, e più intenso. Hermione sa che dovrà ricordarselo, perché non succederà di nuovo.

 

 

 

Una casa di melograni: è il titolo di una raccolta di fiabe, scritta da Oscar Wilde. Contiene le storie “Il giovane re”, “Il compleanno dell’infanta”, “Il figlio delle stelle” e “Il pescatore e la sua anima”. È meno famosa dell’altra, “Il principe felice” e forse le fiabe che contiene sono un po’ più crudeli.

 

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Capitolo 3
*** E' difficile essere un Dio ***


3-      È difficile essere un Dio

 

Draco lascia passare un po’ di giorni prima di tornare a parlare con Hermione.

Veramente pensa a qualche soluzione che gli permetta di salvare capra e cavoli, ma ovviamente non c’è.  Gli viene in mente di farle trasferire all’estero, di inventarsi una qualche filiale che necessita di cura e passare ogni tanto del tempo insieme. Questo potrebbe risolvere in parte il problema della sua notorietà, Eltanin non leggerebbe quasi ogni settimana notizie di lui e della sua “altra” famiglia.

Nel pomeriggio ha dovuto accompagnare la sua fidanzata dall’organizzatore di matrimoni, fingere di interessarsi a un milione di stupidaggini, dal “tema”, Merlino solo sa cosa intendessero, al colore delle tovaglie al tipo di pergamena per gli inviti, fiori, musica, e il diavolo sa cos’altro. Ha dovuto inventarsi una scusa per non portarla a cena e svincolarsi da lei che continuava a fare domande indiscrete, osservandolo attentamente, come a voler cogliere eventuali menzogne. Non ha capito che tipo di matrimonio l’aspetta?

Alla fine è stato costretto a essere esplicito.

«Astoria, non  mi puoi assillare in questo modo, io non lo farò con te e mi aspetto che tu rispetti scrupolosamente i miei spazi privati.»

«Che intendi per spazi privati? Saremo marito e moglie, non ci saranno spazi privati, se non per piccole cose, chiacchiere con gli amici o fumare un sigaro la sera.» Fumare un sigaro? Ma che si è fumata? «Cose di questo tipo. Tu adesso mi stai lasciando e non vuoi dirmi dove vai e ti sei irritato per le mie domande, ma io ho il diritto di farti domande e tu hai il dovere di rispondermi sinceramente.»

«Si può sapere che ti sei messa in testa? Il nostro è un matrimonio combinato, solo un affare! Io non ti amo e non intendo averti appiccicata addosso più del necessario. Vuoi la verità? La mia donna mi aspetta, ho voglia di stare con lei. Avrai il nome e i soldi dei Malfoy, è questo che ti è stato promesso, niente di più!»

«Tu… mi stai dicendo che hai un’altra donna?» Astoria boccheggia e poi scoppia a piangere. «Sei un mostro! Non voglio più vederti!» Entra in casa e sbatte la porta.

«Magari!»

Quando Draco arriva a casa di Hermione, Eltanin dorme. Le si avvicina e le posa un bacio sui capelli. La guarda per qualche minuto. Non vederla più? Impensabile.

Si china di nuovo su di lei, l’accarezza da sopra la copertina azzurra, annusa il suo odore dolce, di bimba, poi esce dalla stanza con un sorriso sulle labbra.

Si siede su una poltrona e si tira Hermione sulle ginocchia.

«Come va? Hai sentito la mia mancanza in questi giorni?»

«Molto. Tu?»

«Da morire. Non voglio stare senza di te, Hermione.»

«Intendi dire che io devo essere disponibile a ogni tuo richiamo così potremo approfittare dei tuoi momenti liberi?»

Lui sospira. «Che altro?»

«Io lavorerò. E non ho intenzione di trascurare Eltanin per te.»

«Tu non hai nessun bisogno di lavorare, penserò io a te. Ed Eltanin mi potrà vedere ogni volta che lo desidera.»

«E porterai qui il suo fratellino per farli giocare insieme?»

«Che cazzo dici?»

Hermione si è alzata e allontanata da lui.

«Tu non mi hai ascoltata affatto. Credi davvero che con quattro moine mi convincerai a fare quello che vuoi!»

«Hermione, io non intendo davvero rinunciare a voi!»

«Ma non vedi che l’hai già fatto? Che ti fa pensare che io possa essere per tutta la vita la tua mantenuta?»

«Non ho rinunciato a voi, non ho fatto niente del genere. Anzi, stasera ho messo le cose in chiaro con la mia “sposa”, le ho detto che non deve interferire. Non l’ha presa molto bene ma sarò irremovibile su questo.»

«E io, segregata in una prigione di lusso, dove potrò aspettare che il mio unico cliente abbia un momento libero per me! Che fortuna Malfoy!»

«Si può sapere che cazzate stai dicendo?»

«In che modo quello che mi hai proposto è diverso? Non mi hai chiesto di rinunciare a tutta la mia vita per starmene rintanata in una gabbia d’oro ad aspettare che i tuoi impegni di purosangue ti lascino un momento per usufruire delle mie grazie? E tu come la chiami questa? Da noi babbani si chiama prostituzione!»

«Certo, certo che è diverso! Sono cinque anni che stiamo insieme, non conta niente? Credevo che da parte tua ci fosse un minimo di…»

«Di cosa, di sentimento? Da parte mia, certo, perche dalla tua, me l’hai detto mille volte che è solo sesso!»

«Che avrei dovuto dirti? Lo sai come stanno le cose. Sono un purosangue, ho una tradizione di famiglia da portare avanti e nella mia vita non sono previste sciocchezze sentimentali. Ma tu lo sai, sai che se mai potessi amare qualcuno, questo qualcuno saresti tu.

E mia figlia»

Hermione tace. Non c’è più molto da dire.

«Tra quanto tempo ti sposerai?»

«Quattro settimane.»

«Quattro settimane… Hai fatto sesso con lei?»

«Sì. Non mi piace, ma devo.»

Lei annuisce lentamente. Gli volta le spalle e guarda fuori della finestra.

Lui aspetta qualche minuto. Lo sa che queste notizie non le fanno piacere, ma non intende mentirle. Si sente dispiaciuto per lei. Le occorrerà tempo per digerirlo ma lo farà. È intelligente, e molto comprensiva. Ha sempre capito i suoi problemi, capirà anche stavolta.

«Hermione, sono molto stanco. Vogliamo andare a letto?»

Lei sembra non aver sentito. Lascia passare ancora un paio di minuti, poi sospira e si volta.

È pallida. Draco non crede di averla mai vista così triste. Quasi disperata. Le si avvicina e l’abbraccia.

«Hermione, guardami. Non vorrei mai farti soffrire, credimi. Purtroppo non posso fare altro, lo capisci. Ci abitueremo, vedrai. Tu stammi vicino, ho bisogno di te.»

«Va a casa tua, Draco.»

«Non vuoi che restiamo insieme? Non so se domani potrò.»

«È già incominciato, vedi?»

«Di che parli?»

«Del dover stare insieme non più perché lo si desidera ma per non sprecare l’occasione. Va via Draco, quando vorrò vederti ti chiamerò io.»

«Quando vorrai vedermi? Che stai dicendo?»

«Sarò più chiara. SE vorrò rivederti, ti chiamerò io.»

«Non dire sciocchezze! Con te c’è mia figlia, non penserai ancora di sottrarmela?»

«L’unica forma di contatto che ti posso concedere con lei è di informarti periodicamente, sai, foto, notizie, pagelle scolastiche, queste cose. Ma non dovrai più vederla e, soprattutto, lei non dovrà vedere te. Devi sparire dalla sua vita.»

«Come ti viene in mente che io possa sparire dalla vita di mia figlia?»

«Tua figlia? Come si chiama tua figlia?»

«Eltanin, si chiama Eltanin, come l’occhio del Drago ed è mia, ricordatelo!»

«Si chiama Eltanin Granger. Non è tua, è mia. Tu non l’hai mai rivendicata. Tu ti vergogni di lei. Non è purosangue, non è legittima e non è maschio! E non può essere tua, non è abbastanza per te e tu non la vuoi!»

«Ho capito, ti sei offesa per le cose che ti ho detto. Lo sai che le voglio bene, lo sai che per me non ha importanza che sia mezzosangue, ma di fatto è così, lei è mezzosangue e non può essere la mia erede, punto! Questo non vuol dire che le voglio meno bene. Lei è mia, tengo a lei e a te!»

«La smetti di credere che il mondo intero giri attorno a te? Lo sai che cosa migliore per lei è dimenticarti. Ha solo due anni e mezzo. Tra pochi mesi non sarai più che un’ombra per lei, a cui non sarà in grado di dare un nome. Solo così non soffrirà ogni volta che dovrà vedere quello che ama e che chiama padre rifiutarla dalle pagine di una rivista o per strada!»

«Rifiutarla?»

«Rifiutarla, fare finta che non esista, cancellarla! Dillo come ti pare, ma TU avrai un’altra famiglia e altri figli e lei non potrà dire mai a nessuno il nome di suo padre, perché lui si vergogna di lei! Non lo permetterò, sappilo. Proteggerò mia figlia da te e dalle tue porcate purosangue! E non verrò più a letto con te.»

In quel momento un gufo picchietta al vetro della finestra alla quale è appoggiata Hermione.

Draco riconosce uno dei gufi del Manor.

Prende velocemente il messaggio, lo legge, aggrotta la fronte e guarda Hermione di traverso.

«Devo andare. Non è finita qui, ricordatelo! Quando torno chiariamo questa storia una volta per tutte! Non ti permettere nemmeno di pensare che potrai impedirmi di vedere mia figlia!» Le punta il dito con aria minacciosa. «Dovrai farti passare la gelosia e tutto tornerà a posto.  Mi meraviglio di te, l’eroina del mondo magico vittima di un sentimento da donnette! È in questi momenti che si vede che sei una babbana. Adesso devo risolvere questa rogna. Ci vediamo appena posso. Buona notte.»

Le si avvicina per un bacio di saluto, come sempre, ma lei si scosta, altezzosa.

«Come ti pare!»

Si è già smaterializzato.

«Addio.»

 

*****

 

Al Manor si scontra con la furia di Lucius

«Si può sapere che hai combinato, razza di deficiente?»

«A che ti riferisci?»

«Greengrass è venuto qui arrabbiato, ha minacciato di rescindere il contratto, ha detto che hai trattato sua figlia come uno straccio vecchio! Si può sapere che le hai detto?»

«Casomai sono io che chiedo a te cosa le hai detto! Che si immagina quella, che le sarò fedele? Oltre al nostro nome e ai soldi ha anche qualche altra pretesa?»

«Sta zitto imbecille! Che ti immaginavi di sposarti una delle migliori fanciulle del mondo magico e trattarla come una serva? Devi portarle rispetto!»

«Che cazzo intendi con “rispetto”? Che devo raccontarle tutti i cavoli miei? Che davvero non sono più libero di fare niente? La mia vita è finita per l’onore di poter ingravidare quella sciacquetta?»

«Quella sciacquetta è la madre del tuo futuro erede, la tua sposa, una Malfoy! le devi tutto il rispetto…»

«Ma quale rispetto! Ha il cervello di una gallina e la stessa moralità! Non mi piace e non voglio che avanzi pretese su di me! TU l’hai scelta, non io, ricordatelo e se non posso fare della mia vita quello che voglio è perché TU pretendi che io abbia una moglie! Perche non te la sposi TU e lasci in pace me?»

«Maledetto idiota! Tua madre si rivolterebbe nella tomba se sapesse come sei caduto in basso!»

«Non pretendere di sapere cosa penserebbe mia madre, non ne sai granché di lei!»

«È stata una sposa perfetta, l’unico amore della mia vita.»

«Sì, dopo morta, però, perché da viva non mi pare che tu avessi questa grande considerazione di lei.»

«Che ne sai?»

«Ma falla finita!»

«In ogni caso, domani mattina andrai a casa di Astoria, ti scuserai con lei e le prometterai formalmente di rompere immediatamente ogni rapporto con quella puttana che ti sbatti di solito.»

«SCORDATELO! Già mi hai incastrato con questa storia del matrimonio, che altro vuoi?»

«Che ti comporti da quello che sei!  Che tu la faccia finita con tutti questi stupidi capricci e che ti prenda le tue responsabilità!»

«Se questo significa che dovrei rinunciare all’unica donna che mi fa stare bene e a mia figlia te lo ripeto, scordatelo!»

«Tu non sei un babbano, non ti puoi permettere stupidi sentimentalismi! Noi siamo l’élite del mondo magico, abbiamo dei doveri verso noi stessi e verso la storia.

Noi siamo Dei, l’intera società magica guarda a noi come a un esempio! Se ci lasciamo andare a comportamenti indecenti saremo giudicati cento volte più severamente di chiunque altro.

Se non fai quello che ti dico, se getterai altro fango sul nostro nome, puoi anche uscire da quella porta e non tornare più! Tanto ormai non sono più che un rottame! Puoi infierire quanto ti pare, ma non farmi rinunciare ai miei principi, ricordalo!» Volta indietro la testa, sulla sedia a rotelle e chiama a gran voce «OSCAR!» Arriva il suo elfo personale. «A letto, subito!»

L’elfo afferra il padrone e si smaterializza con lui.

Draco si lascia cadere su una poltrona e si prende la testa tra le mani.

Gli sembra di scoppiare. Sente le pretese di suo padre come un peso enorme sulle spalle.

E lei, Hermione, quella che da anni è il suo punto di equilibrio, che lo ha aiutato sempre a sopportare quella vita che, in qualche momento, non è preferibile alla morte, adesso incomincia a fare capricci, a rifiutarsi. Credeva davvero che tra loro fosse tutto chiaro.

Dovrà parlarci ancora, seriamente. “Non verrò più a letto con te”, ha detto. Gli scorre un brivido lungo la schiena all’idea che possa mettere in pratica quello che ha minacciato.

 

*****

 

Nei giorni successivi, Draco è praticamente sorvegliato a vista. Oberato di impegni pretestuosi durante il giorno, assillato dalla fidanzata durante la notte. Lei si è praticamente trasferita al Manor.

Non riesce a tornare a casa di Hermione.

Dopo due settimane l’ansia lo travolge. Litiga disastrosamente con la ragazza e la caccia in malo modo. Lucius è messo a tacere altrettanto bruscamente e Draco esce sbattendo le porte.

È notte fonda quando arriva davanti alla casa di Hermione. Non si è fidato a smaterializzarsi, troppo nervoso, si sarebbe spaccato di sicuro.

Bussa alla porta ma non riceve risposta. La porta resta chiusa.

Strano. Hermione ha il sonno leggero, si sarebbe svegliata subito.

Tira fuori le sue chiavi. Prima ha preferito bussare, dato che non si sono lasciati bene, l’ultima volta, e che è così tanto tempo che non entra più in quella casa, a malapena è riuscito a inviare qualche gufo. Non vuole spaventare le sue ragazze.

Anche con le chiavi, però, la porta gli resiste. Sembra quasi che non siano le chiavi giuste. Dopo aver controllato più volte e aver bussato di nuovo, passa agli incantesimi di apertura.

E scopre la casa deserta. Completamente svuotata.

Rimane in piedi, in mezzo a quella che è stata la loro stanza da letto e si guarda intorno senza capire.

Dove sono Hermione ed Eltanin?

Possibile che abbia messo in atto le sue minacce? Ma non ha mai parlato di andare via, solo di non volerlo più vedere.

All’improvviso si ricorda della Casa dei Melograni. Si sarà trasferita!

Che stupido a non averlo pensato prima!

Non riesce, però, a materializzarsi all’interno della casa, bussare di nuovo? Avrà cambiato le serrature anche a questa casa? Ah, il campanello!

Suona un paio di volte, alla fine un anziano si affaccia dal giardino, in ciabatte, pantaloni di pigiama e felpa.

«Chi è a quest’ora?»

«Casomai chi è lei? Mi apra, devo vedere la signora!»

«I signori dormono e non vogliono essere disturbati. Torni domani a un’ora decente!»

«Ma come si permette screanzato! Mi chiami subito Hermione!»

«Chi?»

«Hermione, Hermione Granger! La padrona di questo posto, la chiami senza fare altre storie se non vuole essere cruciato!»

«Lei è matto! Se ne vada o chiamo la polizia! E la smetta di strillare in questo modo, sveglierà tutti!»

In quel momento si aprono le imposte della finestra centrale al primo piano, quelle della camera da letto padronale, e si affaccia un uomo.

UN UOMO!?!?

«Si può sapere cosa sta succedendo?»

Draco si lancia al di là del cancello, aperto con un “alohomora”, e apostrofa senza garbo il signore assonnato che si sporge dal balcone nel tentativo di vedere meglio il disturbatore.

«Chi è lei! che ci fa in casa di Hermione?»

Anche la porta di casa è chiusa, ma una bombarda risolve egregiamente il problema.

Draco si lancia per le scale furibondo e deciso a fare a pezzi l’uomo che osa affacciarsi dalla finestra della camera da letto di Hermione, spalanca la porta e si ferma, gelato.

Nel letto una biondina eccessivamente abbronzata, con le eccessive tette malamente coperte dal lenzuolo lo guarda a occhi spalancati, mentre il suo compagno di letto, marito o solo Merlino sa cosa, tenta di nascondersi tra le tende.

Dov’è Hermione?

«Dov’è Hermione?»

«Chi?»

«Hermione Granger, è la padrona di questa casa», spiega Draco per la seconda volta.

«Oh, capisco, c’è un equivoco. Noi abbiamo preso in affitto la villa appena quattro giorni fa. Questa signora deve essere l’inquilina che c’era prima. A dire il vero quella dell’agenzia ci ha detto che da quasi un anno qui non abita più nessuno!»

«Affitto?»

«Naturalmente. Non è conveniente l’acquisto di una villa, non più. Il mercato degli immobili è in caduta libera, sa?»

Draco si rende conto di essere in un guaio. Quelli sono babbani. Tutti. E lui si è presentato a bacchetta spianata, ha distrutto la porta di ingresso e spaventato inquilini e custode, che lo ha inseguito e ora è dietro di lui, nella stanza. Adesso tre paia d’occhi lo guardano, allarmati.

Lui annuisce lentamente.

«Vi prego di scusarmi, si è trattato di un equivoco, tornate pure a dormire. “Oblivion”.»

Uscendo ripara la porta e richiude il cancello.

Raggiunge di nuovo la casa vuota che considerava sua, che ha visto anni di felicità sua e di Hermione, la casa dove Eltanin è stata concepita, l’unico luogo al mondo dove riuscisse a rilassarsi, a sentirsi sereno.

Si siede a terra, con le spalle appoggiate al muro, le ginocchia sollevate, le braccia appoggiate e la testa china.

È vuoto.

La casa, lui. Vuoto.

Non c’è più niente.

Prova a immaginare la sua vita senza Hermione e si sente schiantare all’idea.

Niente più serate a leggere sul divano, mentre Eltanin gioca sul tappeto, con i piedi della sua donna sulla pancia. Niente più mattine domenicali dolci e pigre, discussioni su chi deve preparare la colazione, niente solletico a Eltanin sul letto. Eltanin che ride, che si attacca alle sue gambe. Eltanin che ogni giorno è diversa, che impara cose nuove ogni giorno. Niente notti appassionate, folli, allegre, tranquille, con il cuore che batte al ritmo giusto, che fanno migliore anche la più insopportabile delle giornate. Niente Hermione.

Niente.

Solo giornate al Manor, da ora in poi, o in giro per lavoro, in uno o nell’altro ufficio, al Ministero, a contatto di gente odiosa.

Notti al Manor. Sempre al Manor. Con quell’ospite insopportabile nel letto. Stupida mocciosa. Querula. Piagnucolosa. Capricciosa. Ignorante. Priva di empatia. Incapace di stare zitta, di esprimere un pensiero di minima profondità, di fare l’amore, o anche solo sesso, di conversare, di occuparsi di se stessa, di lasciarsi dimenticare.

Con Lucius. Maledetto tiranno!

Non reggerà un mese senza di lei. Senza loro.

Troverà il modo, lo troverà. Non appena potrà parlare con lei di nuovo riuscirà a convincerla, troverà il modo di averla di nuovo nella sua vita.

Potter!

Possibile che non gli sia venuto in mente prima?

Lui sa di sicuro dov’è. Lui o la Weasley femmina. Gli basta trovarla, poi la convincerà, ne è sicuro.

La pregherà in ginocchio se deve. L’importante è trovarla.

 

 

 

 

È difficile essere un Dio: romanzo fantastico dei due fratelli Arkadi e Boris Strugazky. Pare siano tra i maggiori autori della fantascienza russa (?). Chi l’avrebbe mai detto che esisteva anche la fantascienza russa? (Asimov non conta) Eppure è, insospettabilmente, una bella storia.

 

 

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Capitolo 4
*** Un lungo, fatale inseguimento d'amore ***


4-      Un lungo, fatale inseguimento d’amore

 

Arriva davanti alla casa di Harry Potter alle cinque di mattina e incomincia a bussare.

Quando lui apre, con i capelli sconvolti e gli occhiali di traverso lo guarda come se fosse una delle creature inesistenti di Lovegod.

«Malfoy? Che ci fai qui, a quest’ora?»

«Hermione è qui?»

«Ah, ho capito. Non voglio saperne delle vostre beghe, quindi vattene e non farti più vedere!»

«Falla finita, stronzo! È qui o no?»

«No, sono parecchi giorni che non la vedo. Non è a casa?»

«Se lo fosse l’avrei trovata, ti pare?» non è mai stato sveglio, Potter.

«Perché la cerchi?»

«Come… che domanda è? Non è a casa sua, voglio vederla e non la trovo. Che cazzo di domanda è “perché la cerchi”

«Sbaglio o tra una settimana ti sposi? Che ti importa dove va Hermione?»

«E allora? Farsi gli affari propri non va più di moda?»

«Guarda che sei tu che mi hai cercato. Buona notte.» Gli gira le spalle e rientra in casa.

«Dove vai?»

«A farmi gli affari miei.»

«Potter…» quasi si strozza con la parola che sta per dire. «scusami. Ho passato la peggiore notte della mia vita. Non riesco a trovarla, solo tu mi puoi aiutare.»

«Te lo domando di nuovo.» Parla lentamente, come si fa con un bambino o con uno stupido. «Tu ti sposi, che vuoi da lei, invitarla alla cerimonia?»

«Che c’entra con Hermione, il fatto che mi sposo? È solo un matrimonio combinato, non posso evitarlo, se potessi lo farei! La mia donna è lei, ed è la madre di mia figlia. Ti pare che possa rinunciare anche a mia figlia? Dimmi dov’è, Potter, per favore!»

«Non lo so. E se lo sapessi non te lo direi. Se ha deciso di non farsi trovare da te avrà i suoi motivi, ti pare? Io mi fido di lei.»

«Qualunque motivo abbia non ha alcun diritto di privarmi della mia bambina! Hai figli, Potter?»

«Uno in arrivo.»

«Bene, non ne sai niente, ancora. Ne riparleremo quando l’avrai avuto tra le mani, quando l’avrai visto crescere, quando ti avrà sorriso, quando avrai avuto paura per lui e quando avrai passato le notti insonni a vegliarlo perché sta male. Allora torna da me e dimmi che se la tua donna te lo portasse via senza più permetterti di vederlo avrebbe le sue buone ragioni!»

«Malfoy, tu ti stai facendo un’altra famiglia. Possibile che non ci arrivi? Non è come un divorzio babbano, due non vogliono più stare insieme e si lasciano, stanno con altre persone, ma non si rinnega il passato, meno che mai i figli! Tu non l’hai mai accettata davvero questa figlia, non le hai dato il tuo nome, nessuno sa che esiste, ti sei sempre comportato come se ti vergognassi di lei e adesso avrai una legittima sposa e dei figli legittimi, che avrebbe dovuto fare Hermione? Essere la tua sgualdrina? Far sapere a quella bambina innocente che tu osi chiamare figlia che non è abbastanza buona per suo padre e che lui si vergogna di lei?»

«Non è mai stata la mia sgualdrina e mai lo sarà. Lei deve solo… Deve stare con me, essere la mia pace, la mia serenità. E di mia figlia non ti impicciare. Io non posso e non voglio vivere senza di loro.»

«Non riesco nemmeno a credere che tu sia un tale bambino! Ti preoccupi solo di te stesso! Non ti chiedi quanto Hermione ha pagato finora e quanto ancora pagherebbe per l’onore di essere “la tua pace”?»

«Lei è felice! Che ne sai di noi? Non giudicare quello che non conosci.»

Potter se ne esce in un ghigno derisorio, come se Malfoy fosse uno scemo.

«Magari ne so qualcosa, o tu non saresti venuto a cercarla qui.»

«Dimmi dov’è.» La voce di Malfoy si fa supplichevole.

«Non lo so. Ma so che non tornerà indietro. Questo lo so per certo, rassegnati.»

«Rassegnarmi? Mai! Con chi credi di parlare?» Tira fuori la bacchetta con un gesto repentino. «Legilimens!»

Il pugno di Harry lo stende a terra.

«Non provarci mai più! Tornatene tra i purosangue come te e non farti più vedere.» Ha sputato quella parola come un insulto. «Non la troverai mai. E ti odio, ti odio con tutto il cuore per averla costretta ad andare via. Tu non l’hai voluta e io per colpa tua ho perso la mia migliore amica.

Non mi fai nessuna pena, sei tu che hai scelto la tua strada, lei ha solo dovuto subire ed essere costretta a…» si blocca appena in tempo. Draco ha capito che sa, ma non parlerà mai. «Davvero credevi di poter avere sempre tutto senza dover mai dare niente in cambio? Non farti più vedere da me, idiota! Ah, auguri per il tuo splendido matrimonio!»

Sbatte la porta lasciandolo a terra.

 

*****

 

Al Manor l’attende un Lucius furibondo e una fidanzata in lacrime.

«Si può sapere cosa ti passa per la testa, pezzo di idiota? Dove sei stato tutta la notte?» lo aggredisce Lucius.

«Sei andato di nuovo da quella sgualdrina, vero? Non ti libererai di lei, vero?» piagnucola Astoria.

«Impossibile! Non puoi aver fatto una tale stupidaggine!» riprende Lucius.

«Ne sono sicura! È stato da lei! Lo vedo, ha la faccia da sesso!»

«No, cara, che dici? Lui non si sporcherà più con quella feccia, adesso ha te!» Draco passa davanti ai due e si avvia verso le scale. «Dove vai? Ci devi delle spiegazioni!»

«Continuate pure tra voi, state andando bene. Io vado a dormire.» Astoria si avvia per seguirlo, lui si volta e le punta in faccia la bacchetta. «Non ti azzardare! Stammi lontana, non è giornata.»

«DRACO!» la voce di Lucius lo insegue inutilmente per le scale.

 

*****

 

Draco ha tentato di rimandare il matrimonio adducendo affari improrogabili che lo terranno all’estero per settimane, l’impossibilità di prendersi il tempo per la luna di miele, e tutto quello che gli è venuto in mente sul momento.

La verità è che è impegnato a cercare Hermione e la bambina.

Ha ottenuto solo un paio di settimane, alla fine, minacciando di rompere il contratto definitivamente. Sa che non saranno sufficienti.

Ormai è piuttosto chiaro che Hermione si è allontanata da Londra. La serratura di casa sua è stata cambiata. Ha avuto tutto il tempo di fare con calma grazie a quella stronza della sua fidanzata e a suo padre, che l’hanno praticamente sequestrato per giorni e giorni.

Ha dovuto piantonare la casa di Hermione fino a quando non sono arrivate delle persone con le chiavi. Un agente immobiliare e una coppia in cerca di una casa in affitto.

Draco si è avvicinato, fingendosi interessato anch’egli e ha chiesto tutte le informazioni possibili sulla proprietaria.

«Scusi, come fa a sapere che la casa appartiene a una donna?»

Draco resta spiazzato per qualche minuto.

«I vicini… Ho visto la casa, mi piace,» (non è vero, è solo una casa babbana) «e così ho chiesto ai vicini. Loro mi hanno detto che la padrona…»

«Oh, capisco! In effetti appartiene a una giovane donna che si è trasferita di recente. Non posso dirle molto di lei, a parte le notizie anagrafiche e i documenti di proprietà non so altro. Per il pagamento delle mensilità ha lasciato delle coordinate bancarie. Mi scusi, ora, dovrei far vedere la casa. Naturalmente venga anche lei.» Con lo sguardo ammiccante e un gesto di invito, l’agente tira fuori le chiavi e apre il portone di ingresso.

«La casa mi piace davvero. Sono disposto a pagare una provvigione più alta.» Draco continua ad attirare l’attenzione dell’agente che, a malapena. È riuscito a salutare la coppia per cui era venuto lì.

«Mi scusi, ma noi eravamo qui prima di lei», protesta debolmente la signorina.

«Non credo, sono molti giorni che tengo d’occhio la casa per poter parlare con qualcuno.»

«C’era il cartello.»

«Senza nessun numero di telefono!» Draco non molla. «In ogni caso non credo che il nostro signor…»

«Oh, Norby, Samuel Norby!»

Draco stringe la mano tesa di Samuel Norby, babbano untuoso e troppo profumato prendendo appunti mentalmente di lavarsi le mani appena possibile.

«Signor Norby, piacere. Dicevo, credo che il compito del signor Norby sia quello di fare gli interessi della padrona della casa e della propria agenzia. Le dico chiaramente che le offro un terzo in più di qualunque cifra che siano disposti ad offrire i signori. Senza rancore. Come avrete capito ci tengo molto!»

Malfoy è abituato a ottenere sempre quello che vuole. La coppia si scambia un’occhiata desolata e se ne va senza salutare nessuno.

Draco, con il carnet degli assegni babbani e la penna in mano, guarda l’agente in attesa.

«Mi scusi signor… mi perdoni, non mi ha detto il suo nome.»

“Non ti riguarda” sta per rispondere Draco, ormai non è più necessario essere gentile, poi però pensa che forse è necessario dare il proprio nome per il contratto.

«Draco Malfoy. Mi dica cosa devo scrivere.»

«Non funziona così, signor Malfoy. Dobbiamo stendere un contratto e in base alla cifra mensile stabilita per la locazione sarà definita la caparra e la percentuale dell’agenzia, che è pari al dieci per cento della cifra mensile per un anno.»

«Non ho tempo adesso. Non potremmo accordarci verbalmente? Io le verso la caparra e ci diamo un appuntamento per regolarizzare tutto.»

«Naturalmente, se per lei è meglio così.»

«Ha detto che l’affitto sarà decurtato per un anno?»

«Certo, è così che funziona.»

Draco si scurisce in volto. Lei vivrà di quello? Dove sarà?

Intanto farà in modo di farle avere un po’ più di denaro. Non vuole certo che sua figlia faccia la fame. Quando la troverà chiariranno tutto.

«Allora, mi dica quale cifra mensile è prevista per l’affitto di questa casa.»

«La signora si è affidata alla nostra esperienza, non aveva idea di quanto valesse la locazione. La casa è indipendente, ha un giardino, rifiniture eleganti ed è ben tenuta ma la sua posizione non è ideale. Le abbiamo suggerito di chiedere non più di seicento sterline al mese.»

«Solo seicento sterline?»

«Le sembra poco?»

Draco riflette. Non sono niente, seicento sterline. Non ha idea di quanto le arrivi dalla Casa dei Melograni, almeno tremila sterline, spera. Inoltre sa che ha una piccola rendita personale. Basteranno? Lei è frugale, non ha bisogno di molto, ma se dovesse avere qualche difficoltà? Se si ammalasse? Deve concludere gli studi e se studierà e lavorerà avrà bisogno di una baby-sitter.

Maledizione a quella testona!

«Facciamo novecento sterline al mese. Oltre alla caparra le verserò anticipatamente la percentuale dovuta alla sua agenzia.»

«Ma… novecento?» il signor Norby ride. «Non mi è mai capitato un cliente che cerca di alzare il costo!»

«Dei miei soldi faccio quello che voglio! Mi dia la chiave e le coordinate bancarie. Per il contratto va bene domani alle nove e trenta? Mi dia un suo biglietto con indirizzo e numero di telefono.» Norby esegue sbigottito. «Allora, l’orario va bene?»

«Naturalmente, signore, certo!»

«Buona giornata», dice secco Malfoy porgendo l’assegno compilato.

«Mi scusi ma, sa la politica dell’agenzia…»

«Signor Norby, questa è una casa vuota. Lei mi dia le chiavi e incassi subito l’assegno. Avrà le prove della mia solvibilità molto prima di domattina. Se ha paura che faccia saltare in aria la casa può telefonare immediatamente alla mia banca e chiedere informazioni. Non ho con me questa cifra in contanti, quindi prenda l’assegno.»

Norby prende il foglietto che Draco gli porge e si volta senza aggiungere altro.

Non ha capito cosa sia successo. Quel tipo è il più strano che abbia mai conosciuto.

 

*****

 

Draco si reca presso la banca, babbana, ovviamente, presso cui sarà versato l'affitto, e tenta di avere informazioni sull’intestatario del conto.

«Mi dispiace, signore. Non siamo autorizzati a diffondere informazioni sui nostri clienti. Conoscerà, ovviamente la normativa sulla privacy.»

«Oh, capisco, mi faccia parlare con il direttore.»

La trattativa è breve, la mazzetta consistente.

Peccato che l’unica cosa che riesce a scoprire è che il denaro degli affitti, decurtati delle “spese” della banca, sono girati su un secondo conto, presso una banca svizzera.

A Zurigo, usando lo stesso espediente, scopre che il denaro raggiunge le isole Cayman. Da lì, Malfoy non riesce a proseguire: il conto è gestito on-line, tramite codici e solo a seguito di una comunicazione si scopre dove i soldi dovranno essere inviati.

Torna a Londra, al matrimonio mancano pochi giorni.

«Pezzo di imbecille, si potrebbe sapere dove sei stato e con chi? E non mi rifilare la storiella degli affari e delle filiali all’estero, nessuno sa niente di questa storia!»

«Lasciami in pace, ti conviene!»

«Allora facciamo così: o tu fai il tuo dovere o io farò in modo che tu non abbia più distrazioni!»

Draco ride.

«E come faresti, sentiamo.»

«Credi che perché adesso faccio il buono e sono su una sedia a rotelle non abbia più i contatti giusti per ottenere quello di cui ho bisogno, qualunque cosa sia?»

«E di che, esattamente, avresti bisogno?»

«Ho bisogno che tu la smetta di fare il coglione e faccia il tuo dovere. Se la Mezzosangue è un ostacolo farò in modo che venga rimosso!»

«E in che modo, intenderesti rimuovere l’ostacolo, uccidendo Hermione?»

«Se non mi dai altra scelta lo farò.»

«E, tra i tuoi scagnozzi, ce n’è uno con abbastanza pelo sullo stomaco da uccidere anche una bambina di due anni e mezzo?»

«Vedremo che si può fare.»

«Ma falla finita! Non dubito che tu sia il criminale che sei sempre stato e che sia capace di tutto», il tono di Draco è schifato. «Però, se mi consenti, potrebbe essere il modo sbagliato, se lo scopo è ottenere la mia obbedienza. Intanto dovresti trovarla, prima. Auguri!»

«Non credo che tu possa averla nascosta così bene!»

«Imbecille. Non l’ho nascosta io, magari fosse così. È sparita. E si è portata via mia figlia.»

«È perfetto! Brava, mezzosangue! Adesso possiamo sposarci e mettere incinta come si deve la sposa che ti ho procurato?»

«Nemmeno morto! Non se non riesco a ritrovare la Granger. Come pensi che potrei sopportare quella piaga senza nemmeno il conforto di qualche serata con la mia donna?»

«Vorrà dire che ti conforterai altrove! Non sarà certo l’unica passera disponibile!»

«IO – VOGLIO – LEI! È tanto difficile da capire?»

«Non è difficile da capire, è sbagliato! Una cosa è un po’ di sesso per divertimento, un’altra è mantenere un’altra famiglia. Il sesso va bene, lo fanno tutti, ma una donna fissa… non si fa, è scorretto, ed è offensivo nei confronti di tua moglie. Levatelo dalla testa.»

«E allora tu levati dalla testa che io mi porti a letto per tutta la vita quella piaga.»

Lucius riflette per qualche minuto. Ormai ha capito che la tranquillità di suo figlio passa per quella Sanguesporco. Fin quando l’ha frequentata è stato anche più manovrabile, adesso sembra un pazzo, tratta malissimo la sua fidanzata e non si cura degli ordini di suo padre. Se questo è il minore dei mali…

«Posso darti ancora qualche settimana. Faccio finta di stare male, mi faccio ricoverare. Ricordati però, la prima volta che ho sentore di un accenno di scandalo, o se tua moglie si lamentasse troppo, lei è morta, e la bastarda con lei! Non farmi pentire di quello che sto facendo per te!»

«Io mi sono pentito di quasi tutto quello che ho fatto per te. E di questo matrimonio sono pentito prima ancora di farlo.»

Lucius chiama, screanzatamente, al suo solito, l’elfo che lo aiuta nei movimenti, più che altro materializzandolo dove è necessario, a Draco, al solito, si stringe il cuore. Per colpa sua, sua madre è morta e Lucius è vivo a metà. La metà peggiore, probabilmente.

 

*****

 

La pista dei soldi si è fermata alle isole Cayman.

Si informa al Ministero su tutte le passaporte autorizzate e, presso la sezione auror, sulle possibilità di utilizzo di quelle non autorizzate.

Esclude che abbia utilizzato una passaporta.

Restano i mezzi babbani. È praticamente certo, ormai, che non sia più nel Regno Unito, e probabilmente nemmeno in Europa.

Si reca personalmente, in tutti gli aeroporti, per giorni e giorni, a quello internazionale di Heathrow. Ottiene, mentendo spudoratamente, confondendo gli impiegati, quando le menzogne non bastano, di poter consultare le liste-passeggeri dei voli internazionali nelle ultime settimane. 

Nel frattempo scrive una lettera e invia un gufo con un incantesimo di tracciabilità, l’indicazione è “A Hermione Granger, dovunque si trovi”.

Aspetta per dieci giorni, ma il gufo non torna.

Manda un uccello molto più robusto, una civetta delle nevi forte e in buona salute ma, le sue speranze di rivederla non sono molte. Dove sarà andata?

La troverà.

Si sente sicuro.

Non sa che è solo l’inizio. L’inizio di un lungo, fatale, inseguimento d’amore.

 

*****

 

Hermione si è rifugiata a casa di Harry, poi alla Tana. Ha organizzato nei dettagli la sua fuga: affidato a un’agenzia l’affitto delle due case, pensato e realizzato il complicato percorso del denaro, avendo cura che alle isole Cayman si interrompa, solo attraverso Internet, utilizzando dei codici, darà, di volta in volta indicazioni su dove inviare il denaro.

Lei stessa non ha idea di dove si stabilirà e di quante volte dovrà cambiare il proprio domicilio. Partirà per New York. Poi si vedrà.

Non ha voluto nessuno all’aeroporto. Niente addii strazianti. Ha salutato tutti i suoi amici la sera prima. Si è presa un momento sola con Ginny, le ha accarezzato la pancia. Avrebbe dovuto essere la madrina di suo figlio.

«Herm, non posso credere che non sarai tu la madrina di James. A chi altri lo potrei chiedere? Non c’è nessuno di cui mi fidi come di te.»

«Che dici, Ginny, puoi chiedere ad Angelina, o a Luna. Chiunque sarebbe felice di essere il padrino o la madrina di tuo figlio.»

«Ma non potresti farlo lo stesso? Tanto in caso di necessità basta una passaporta, arriveresti subito.»

«Non mi pare il caso, Ginny. Io non potrò tornare a vivere qui in ogni caso. Non so ancora dove né come sarà la mia vita. Come vuoi che mi assuma una tale responsabilità? Mi dispiace tanto. Sapessi quanto…» le  lacrime le pungono gli occhi. «Scusa, sto diventando una stupida piagnucolona.»

«Io al tuo posto non avrei smesso di piangere nemmeno per un minuto, non so come fai ad essere tanto forte. Se dovessi separarmi da Harry e-e lasciare tutto… e tutti… come vivrei?» Ginny piange a dirotto, nascondendo il viso nella spalla dell’amica.

«Ginny, non piangere, ti prego. Andrà bene, vedrai. Ne abbiamo passate di peggiori.»

 

*****

 

È in coda al check-in quando, di lato, coglie un lampo dorato, familiare. Si sposta in modo che il grosso signore in coda dietro di lei la copra meglio e si volta a guardare.

Draco Malfoy è all’aeroporto, discute insistentemente con un addetto della compagnia di bandiera inglese. Eltanin, per fortuna, sonnecchia sul passeggino, riesumato per l’occasione.

Non può farsi fermare adesso.

Mette la mano in tasca e tocca la bacchetta, trasfigurata in uno stick per le labbra. I suoi lineamenti e quelli della bambina mutano lentissimamente, in modo che i babbani non se ne avvedano, gli abiti scuriscono, virano di colore. Draco conosce quel soprabito.

Ha fatto in modo da non cambiare così tanto da non somigliare più alla foto del passaporto. Quando finalmente imbocca il corridoio che le porterà all’imbarco, tira un sospiro di sollievo.

E sente il suo cuore spezzarsi.

Draco non ha trovato nulla nelle liste delle settimane precedenti. Sta per lasciare l’ufficio.

«Questo è davvero tutto? Non ci sono state… che ne so? Persone che ne hanno sostituite altre all’ultimo momento o roba del genere?»

«No, signore, è tutto. Mancano solo quelli di oggi.»

«E perché mancano quelli di oggi?»

«Perché non sono state ancora consegnate. Saranno salvate nell’archivio solo dopo la partenza del volo, quando saranno accertate le presenze, le eventuali sostituzioni o aggiunte last-minute.»

«E non c’è modo di poter consultare queste liste?»

«Non da questo terminal. Provi a chiedere al check-in.»

«E lei non potrebbe…»

Il funzionario sospira irritato.

«Venga, l’accompagno.»

«Vorrei sdebitarmi per il disturbo che le ho arrecato e per il tempo perso. Spero di non fare nulla di sbagliato.» Malfoy, con queste parole tende una busta al funzionario.

Questi la prende e le getta un’occhiata appena. Sgrana gli occhi.

«No, signore, non è sbagliato. La ringrazio. Deve tenerci davvero molto a sua figlia.»

«È così.»

La trova al primo colpo. Volo per New York delle dodici e zero quattro.

Si guarda attorno cercando un orologio: le dodici e zero nove. Forse è in tempo. Corre come un pazzo verso l’imbarco, dopo averne domandato il numero con un tono che ha spaventato la povera impiegata.

Ne incontra un’altra che lo ferma.

«Non si può andare da questa parte, torni indietro!»

«Il volo… il volo per New York… mi dica che non è partito ancora!»

«Sta decollando in questo momento.»

«NOOO! Lo fermi, lo faccia tornare indietro!»

«Signore, la prego, è impossibile!»

Lui la scansa bruscamente e riesce a raggiungere la porta che dà sulla pista. Accanto al muro della costruzione, a fianco della porta, il vecchio passeggino di Eltanin.

L’aereo sta rollando sulla pista.

Malfoy, torna dentro e fa il diavolo a quattro per tentare, inutilmente, di fermare l’aereo, rischia l’arresto e il ricovero in un manicomio. Alla fine domanda un biglietto per il prossimo aereo per New York. Riesce a comprarlo per una cifra folle da una coppia di sposini in luna di miele. Partiranno due giorni più tardi ma potranno comprarsi una casa senza dover chiedere prestiti.

Si rende conto di non avere con sé il passaporto, si dirige verso un parcheggio e si smaterializza tra le macchine, ragionevolmente sicuro di non essere visto.

Al Manor  Lucius lo affronta.

«Dove credi di andare, imbecille! Il matrimonio è fra una settimana, questa sera i tuoi amici hanno organizzato l’addio al celibato!»

«Vacci tu!»

Afferra la sua borsa sempre pronta con il necessario per un paio di giorni, il passaporto, la bacchetta, una manciata di soldi babbani e sparisce sotto gli occhi di suo padre.

«Ma dov’è andato?» piagnucola Astoria.

«Mi piacerebbe saperlo!» bofonchia Lucius.

 

 

 

 

 

Un lungo, fatale inseguimento d’amore: è il romanzo da adulti, e meno conosciuto, di Louise May Alcott, la famosissima autrice di “Piccole donne” e tutti gli altri della serie.

 

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Capitolo 5
*** America ***


 

5-      America

 

All’aeroporto “JFK” Hermione si sente domandare il motivo del viaggio. Lei non è brava con le bugie, ma non può certo dire la verità.

Sto scappando dal padre di mia figlia”? Che impressione avrebbe fatto?

Così, opta per L’ALTRA verità.

«Mi sono laureata in medicina. Ho intenzione di specializzarmi qui in America.»

«Motivi di studio, quindi.»

«Certo.»

«Ha qualche documento che lo provi? Corrispondenza con università statunitensi, ad esempio.»

«Non ho contattato nessun ateneo, mi sono informata tramite la rete e pensavo di contattare di persona quelle che mi paiono idonee. Ho il mio certificato di laurea e il curriculum accademico.»

«Accontentiamoci. Ha il permesso per un anno. Prima che scada lo deve rinnovare o sarà considerata una clandestina, quindi espulsa.»

«La ringrazio.»

La bacchetta trasfigurata in uno stick di lucidalabbra, Hermione si guarda bene dallo smaterializzarsi e da qualunque stranezza. D’altra parte è nata e cresciuta babbana, a Londra ha vissuto per anni in un quartiere babbano, sa come ci si comporta.

Raggiunge il centro della città, un albergo anonimo e a basso prezzo, relativamente pulito.

«Ho prenotato a nome Hermione Granger.»

«Certo signora.» L’anziano, gentile portiere controlla. «Camera doppia, un adulto e un bambino. Ha bisogno del letto con le sbarre?»

«No, grazie, non più. Sa dirmi dove potremmo mangiare qualcosa?»

«Un ristorante?»

«No, solo uno spuntino, per ora»

 Non ha molti soldi, sa che dovrà viaggiare. Se mangia sempre al ristorante e dorme in albergo dureranno poco. Sul dove dormire non ha molta scelta, con una bambina, ma il ristorante non sarà per tutti i giorni.

«Beh, a due isolati c’è un caffè dove si può mangiare, non c’è molta scelta ma è roba genuina, cucinata al momento. Se preferisce un fast-food a quattro da quella parte.»

«Meglio il caffè. Spero!»

Di fronte al caffè c’è un’edicola. Chiede una guida alle università statunitensi e una sui trasporti pubblici della costa orientale.

Mentre Eltanin mangia polpette e insalata, Hermione consulta la sua guida. Esclude immediatamente le università più prestigiose e costose, anche perché, se mai Draco riuscisse a trovare le sue tracce, a queste si rivolgerebbe, immaginando che una studentessa tanto brillante non riesca a rinunciare al meglio in campo accademico, lui non vi avrebbe rinunciato, infatti, e non la conosce bene come crede.

Esamina attentamente le università con sede in piccole città anonime, con buoni corsi di studio ma non particolarmente prestigiose. Studia la guida ai trasporti e butta giù un piano di massima per i prossimi giorni: spostarsi presto, passare non più di due, tre giorni in ogni città fino a trovare l’ateneo e l’ospedale universitario giusto. Mezzi di locomozione: treno e autobus.

Intanto Eltanin ha combinato un vero disastro con il ketchup e la senape, presenti sul tavolo. Quando si è stufata di mangiare la sua insalata con polpette ha incominciato a giocare con le bottiglie di plastica, mescolandone il contenuto non solo nel suo piatto ma sul piano del tavolo. Poi ha assaggiato le dita impiastricciate, ha fatto una smorfia schifata e scosso violentemente la testa.

Hermione ride e si guarda intorno, pare che nessuno le presti attenzione. Con un colpo di bacchetta ripulisce tutto, poi prende in braccio la bambina e va a pagare.

«La sua bambina è molto educata, complimenti», dice la padrona del locale (o è una cameriera?), dopo aver gettato un’occhiata al tavolo. «Di solito i bambini sporcano tutto!»

Hermione, con la piccola in braccio, sorride e tira fuori i soldi con qualche difficoltà, paga ed esce. Si dirige vedo l’albergo, tesa e disorientata dal jet-lag.

Nin, assonnata, incomincia a fare capricci.

«Mama, doè papu

«A casa, piccola. Questo bellissimo viaggio ce lo facciamo da sole.»

«A cata nottra

«No.»

«Pecché

«Perché ha da fare.»

«Pecché

«Lo sai che spesso è impegnato, non può stare sempre con noi.»

«Pecché

«Nin, ti ho già risposto, amore, non rifarmi la stessa domanda cento volte!»

«Hoio papu!» e incomincia a piagnucolare.

Anche Hermione vorrebbe piangere. Ma non può.

Sa che la specializzazione e il tirocinio saranno parecchio più duri in un ospedale babbano che in quelli magici. Ovviamente non può nemmeno avvicinarsi alle comunità magiche, sarebbe trovata in un baleno.

Per un attimo si chiede se sarebbe poi tanto terribile essere trovata, per un solo istante DESIDERA essere trovata.

Non se lo può permettere.

Sa bene che non c’è nessuna possibilità che lui torni sui suoi passi. Lei non sarà mai niente di più che l’amante segreta, per lui, la mantenuta, la prostituta di un solo cliente.

Non avrebbe mai creduto di potersi risolvere a vivere in questo modo. Invece l’ha fatto. Per anni. Ha sperato che prima o poi lui avrebbe trovato il coraggio di essere il suo uomo e il padre di Eltanin alla luce del sole, non è stato così. Perché avrebbe dovuto? Perché se poteva avere tutta la sua “presentabilità” agli occhi del suo mondo ipocrita e allo stesso tempo una donna che gli scaldava il letto e il cuore meglio delle “signorine” a cui di solito ricorrono i suoi pari?

Quel barlume di libertà che si era illusa di scorgere in lui e che aveva alimentato il suo sogno, si era infranto definitivamente con la morte di sua madre, l’unica, forse ad aver provato affetto per lui, a essersi augurata il suo bene. Dopo l’attacco dei Mangiamorte, che ha lasciato Lucius paralizzato, non solo Draco ha perduto la persona che prendeva qualche volta le sue difese nei confronti di quel bastardo di suo padre, ma questi non ha mancato di sfruttare il suo dispiacere per sottometterlo ancora di più, per convincerlo di non avere né il diritto, né la possibilità di vivere in altro modo che secondo le sue regole e sotto il suo dominio.

Ormai è finita. Lui non ha fatto alcuna scelta, alla fine. O meglio, non ha scelto lei e, ancora peggio, non ha scelto nemmeno di rinunciare a lei.

Sarebbe stato più semplice e dignitoso, per lui, accettare di non poter fare parte della vita di sua figlia ma essere informato della sua salute, della sua crescita, delle eventuali difficoltà. Hermione avrebbe potuto contare, forse, su di lui, se avesse incontrato qualche problema importante. Invece è stata costretta ad abbandonare tutto e a trovarsi sola, straniera in terra straniera. Solo perché lui, da perfetto ragazzino viziato,  avrebbe voluto avere entrambe, la moglie nobile e l’amante di bassa lega.

La scelta ha dovuto farla lei. Era tempo.

Per quando doloroso e umiliante sia stato, ricorderà per sempre con nostalgia le notti passate tra le braccia del suo uomo stupido e meraviglioso. Ma non può fare questo a sua figlia.

Non intende lasciarla crescere pensando che il padre si vergogna di lei. Una volta raggiunta la capacità di valutare lei stessa le situazioni, sarebbe stata lei a vergognarsi di suo padre.

Come potrebbe mai sentirsi certa del proprio valore sapendo che nemmeno suo padre l’accetta?

Potrebbe sviluppare una pessima opinione di suo padre, scaricando sulla pochezza di lui la responsabilità del rapporto iniquo, ma anche così, si sentirebbe composta da un ben misero materiale genetico.

No. Nessuno si merita qualcosa di tanto terribile. Sua figlia ha diritto di crescere circondata dall’amore e dall’incoraggiamento. Lei sarà fiera di sé e si sentirà amata e apprezzata come ogni bambino ha diritto di sentirsi. Da un solo genitore, purtroppo, ma almeno non dovrà sentire il rifiuto e il disprezzo da parte dell’altro.

D’altra parte, quando lei ha accettato sua figlia, l’ha fatto in piena consapevolezza, accettando parimenti la responsabilità e l’eventuale necessità di sacrificio che questa portava con sé.

Le sarebbe piaciuto che lui capisse almeno questo, che accettasse di sparire e di essere informato dei suoi progressi, avrebbe potuto vederlo, anche una sola volta all’anno, e solo per parlare di lei.

È cresciuto egoista e viziato e lei non ha contribuito alla sua maturazione, adattandosi alle sue esigenze come ha fatto.

“L’amore è un sentimento estremamente pericoloso. Uccide l’orgoglio, tacita la coscienza, distrugge la consapevolezza di sé” riflette amaramente.

Quando lei si era trovata incinta, senza volerlo e senza averlo previsto, era stata cosi felice e sollevata che lui le fosse vicino, che non si fosse limitato a darle dei soldi e dirle “arrangiati”, che molto era passato in secondo piano. Si era illusa che avrebbe riconosciuto la bambina e che, prima o poi, sarebbe rimasto con loro in via definitiva. Non le importava il matrimonio, basta che vivesse con loro, che ci fosse sempre per sua figlia.

Un mese prima della nascita di Eltanin, c’era stato l’attentato in cui sua madre aveva perso la vita e Lucius era rimasto paralizzato. Il gufo di rivendicazione giunto alla “Gazzetta del Profeta” non lasciava dubbi: la famiglia Malfoy era accusata di aver tradito la fazione del Signore Oscuro, e non solo dopo la sua caduta, alla quale di certo avevano contribuito.

Ovviamente il giornale esprimeva il dispiacere per la morte di Narcissa senza commentare più di tanto il proclama.

Draco si era allontanato, preso a occuparsi del padre, distrutto da inutili sensi di colpa. Non l’aveva visto per molto tempo e non era con lei alla nascita di Eltanin. Non aveva potuto nemmeno avvisarlo subito e, ovviamente, non l’aveva riconosciuta. Il nome l’avevano concordato prima e lei non si era nemmeno sognata di imporne un altro.

Poi si era riavvicinato a loro, ma ormai Hermione aveva perso molte delle sue illusioni, aveva capito che sarebbe sempre venuta DOPO. Dopo la famiglia di origine, dopo le richieste di Lucius, dopo le esigenze del suo status sociale.

E andava ancora bene. Era solo un po’ più triste e si era chiesta come avrebbe fatto quando Eltanin avrebbe iniziato a farle domande. Ma era innamorata. Non riusciva nemmeno a pensare di vivere lontana da lui. Aveva rimandato il problema.

Ormai Eltanin si è addormentata in braccio a lei, pesa parecchio, per fortuna manca poco all’albergo. Prende le chiavi con qualche difficoltà alla reception, sotto lo sguardo indifferente di un addetto diverso da quello, molto gentile, che c’era al suo arrivo.

Dopo aver posato Eltanin sul letto e averla coperta con la sua copertina preferita, continua a far andare la testa.

Sarebbe meglio cambiare nome.

Sa che non sarebbe mai in grado di trovare un bravo falsario per ottenere dei documenti credibili. Però può trasfigurare quelli che ha. Non cambiare molto, solo far sì che chi li guarda percepisca un nome un po’ diverso.

Forse più che il nome, va cambiato il cognome.

Granger… ger… Berger. Sì, Berger.

Herminie Berger. E sua figlia Elsa, abbastanza simile a Eltanin.

No, lei la chiama Nin. La prima volta che la chiamerà con il nome sbagliato e lei non si girerà affatto tutti capiranno che il nome è falso. Una bambina di meno di tre anni non è capace di mentire.

Nina.

Herminie Berger e Antonia. Può andare. Nina può essere il diminutivo di Antonia.

Opera immediatamente l’incantesimo. Perfetto. Reggerà fino alla sua morte, se non interverrà lei stessa a modificarlo.

Ha pensato “la sua morte”. Merlino, non le era mai capitato. Mai più, dopo la guerra.

Se dovesse succederle qualcosa? Che ne sarebbe di Nin, in un paese straniero, dove nessuno la conosce?

Va bene, deve provvedere.

Domani. Ci penserà domani.

Si sdraia accanto a sua figlia e si addormenta.

 

*****

 

Draco arriva a notte fonda a New York.

Non gli resta che trovarsi un buon hotel e rimandare tutto alla mattina dopo.

Sa che non ha usato una passaporta, per cui immagina che se ne stia alla larga dal mondo magico ma, per non lasciare nulla di intentato, contatta il Ministero della Magia e cerca di sapere se Hermione Granger, eroina del mondo magico inglese, sia per caso in America.

Gli viene chiesto, dal solerte impiegato, il nome e la ragione delle sue ricerche. Nessuna difficoltà per il nome, ma non riflette abbastanza riguardo alla ragione delle ricerche. Pensa solo che cercare un’amante non potrebbe mai suscitare l’interesse e la sollecitudine del Ministero, quindi gli esce di bocca che la donna si è portata via sua figlia. Viene inviato all’ufficio Auror.

Viene fuori subito che la figlia in questione non è mai stata riconosciuta dal padre e porta, di fatto, il nome della madre. Chiedono se la situazione sia dovuta alla volontà di quest’ultima, se sia mai stata sottoposta ad incantesimo di paternità e se il padre fosse informato della sua esistenza. Verificati i fatti, Draco coglie un’occhiata di fiero rimprovero da parte del capo dell’ufficio.

«Mi scusi, non comprendo la ragione della sua richiesta. Lei ha ripudiato questa figlia in modo piuttosto evidente. Non ha alcun diritto su di lei.

Al contrario, se la madre richiedesse l’incantesimo di paternità potrebbe ottenere il suo mantenimento e sarebbe delegata a lei soltanto la decisione di farla o meno partecipe della vita di sua figlia.

Sarebbe diverso se la signora le avesse nascosto l’esistenza della figlia ma così non è. Lei sapeva perfettamente che esisteva, è stato a contatto con lei per più di due anni e non ha sentito alcun bisogno di legarla a lei. Quindi mi perdoni, ma non capisco cosa adesso lei pretenda. L’unica detentrice di diritti sulla bambina è la madre, che è perfettamente giustificata a fissare ovunque ritenga opportuno la propria residenza e a veder tutelate la propria privacy. Se mai entrerà nel mondo magico americano, sarà accolta con tutti gli onori. La saluto, signor Malfoy.»

Draco resta basito. È così, dunque? Non ha diritti? Ma quella è sua figlia, ha il suo sangue nelle vene.

Certo, non solo il suo, non è una purosangue ma è…

Ha un’intuizione fulminante. Certo, non è purosangue, ma non per questo è meno figlia sua. Solo che lui ha scelto di essere un purosangue, non un padre. Un purosangue che sarebbe disonorato dall’esistenza di una figlia mezzosangue.

Quindi Hermione aveva ragione. Non credeva di averlo fatto, invece ha scelto.

Ha scelto il suo essere purosangue a scapito di sua figlia e della donna di cui non ha intenzione di fare a meno. Quindi…

Quindi deve trovarla. Punto.

Scelta o non scelta, lei è sua. Eltanin è sua.

La troverà.

Inizia a battere gli uffici babbani: compagnia aerea, immigrazione, si procura una lista di alberghi e motel nei dintorni dell’aeroporto e si rende conto che l’impresa è assolutamente superiore alle sue forze.

Cerca un’agenzia di investigazioni private e gli fornisce tutti i dati in suo possesso. Loro gli chiedono un recapito telefonico.

A quello non aveva pensato. Non ha un telefono. Come potranno tenerlo aggiornato? Beh, è semplice.

Entra nel primo negozio che incontra e compra un cellulare. Impiega circa tre quarti d’ora per farsi spiegare dalla commessa come funziona. Lei perde tempo volentieri, sperando di poter ottenere in cambio molto del tempo di quel bell’uomo, così evidentemente ricco, anche se parecchio tonto.

Il tonto ringrazia con un luminoso sorriso, senza accennare minimamente a volerla rivedere.

Torna all’agenzia, fornisce il proprio numero e salva in rubrica quello che gli viene fornito. Resterà l’unico contatto in memoria forse per sempre. A che gli serve un telefono se può avere i gufi?

Poi cerca investigatori anche nella comunità magica. È stato un errore rivolgersi alle autorità, i soldi arrivano più lontano e con maggior sicurezza. Da lì, eventuali notizie arriveranno per passaporta al Ministero inglese e gli verranno spedite via gufo. Se Hermione metterà piede nella comunità magica lo saprà subito.

È già arrivato all’aeroporto, nella speranza di trovare un volo in partenza, quando il cellulare squilla per la prima volta.

«Signor Malfoy abbiamo un’informazione.» caspita! Babbanolandia batte mondo magico uno a zero!

«Mi dica!»

«La signora Granger è entrata negli States con un visto per motivi di studio valido un anno.»

«Bene, questo significa che dovrete tenere d’occhio le università.»

«Quale università?»

«Tutte. No, non tutte. Lei ha una laurea in medicina, quindi tutte le scuole di specializzazione e gli ospedali che accettano specializzandi.»

«Ma lei ha idea di quanti sono?»

«No, ma immagino che lei lo sappia.»

«Se devo svolgere un lavoro tanto imponente e viaggiare così tanto le annuncio che l’anticipo versato è insufficiente.»

«Ho il suo numero di conto, le manderò altro denaro. Mi dica quanto.»

«Beh, non meno di…» esita, prima di spararla grossa. «…dodicimila dollari, per cominciare.»

«Bene. Dodicimila. Li avrà non appena rientrerò in Inghilterra, tra un paio di giorni, credo, prenderò il primo volo disponibile.»

«La ringrazio, signor Malfoy.»

«Non mi ringrazi, la trovi.»

Chiude la comunicazione.

Si avvicina di nuovo allo sportello presso cui stava acquistando un biglietto.

«Allora? Niente prima?»

«Non prima di domenica, signore, mi dispiace.»

«Va bene.»

Suona il telefono.

«Mi scusi…»

L’impiegato parla brevemente al telefono, poi riattacca e si rivolge a Draco con un sorriso.

«Mi hanno appena comunicato che si è liberato un posto di prima classe nel volo di questa notte, parte alle due e venticinque.»

Certo, potrebbe arrivare in tempo per il matrimonio.

È colto da un conato di vomito che reprime a malapena. Lui non vuole sposarsi.

Immagina la furia di Lucius, i piagnucolii della sua sposa.

«Non importa. Questa notte non faccio in tempo, ho da fare ancora qualcosa. Va bene domenica.»

Adesso deve tornare in albergo. Prendere un taxi e…

Si ferma in mezzo all’enorme sala partenze dell’aeroporto, sente il peso della giornata lunga, faticosa e frustrante.

Siede su una delle poltroncine della sala d’aspetto, intreccia le mani dietro la testa, allunga le gambe e si rilassa.

Immagina i gufi inviati da suo padre. Chissà se un gufo potrebbe arrivare fin lì? Forse. Facendo un lungo giro e impiegando molti giorni.

Chiude gli occhi. Il sorriso di Hermione gli invade la testa. Poi Eltanin, poi ancora Hermione.

La sua espressione si distende per un momento.

E se non la trovasse?

Impossibile.

 

 

 

 

America: Romanzo di Franz Kafka. Incompiuto, maledetto lui, quando ho visto, dopo circa trecento cinquanta pagine scritte in piccolo, come NON finiva l’avrei ucciso un’altra volta. Avrei dovuto immaginarlo, Kafka ha il vizio di fare queste cose.

 

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Capitolo 6
*** Favola crudele ***


5-      Favola crudele

 

Il giorno dopo, appena sveglia, Hermione ricorda subito e lucidamente l’intera situazione, non proprio rosea.

Nemmeno un attimo di illusione, per rendere meno duro il risveglio.

Le escono le lacrime senza che se ne accorga. Eltanin ancora dorme, per fortuna. La sua mente, invece, ha già ripreso a lavorare.

Il pensiero che l’ha colta ieri sera non è minimamente sbiadito nella sua mente. Ha pensato che potrebbe morire. Si è domandata cosa succederebbe a Eltanin se dovesse morire. O solo ammalarsi gravemente, avere un incidente.

Inutile nascondersi la realtà: è sola, lontana da quelli che ama e su cui potrebbe contare. Nessuno la conosce, qui. Forse, con il tempo, troverà un luogo in cui rifarsi una vita e nuove amicizie, ma nessuno le garantisce che non le succederà nulla prima, ed Eltanin è troppo piccola per riuscire a cavarsela in un frangente così sfortunato.

Sa di dover chiedere aiuto.

Fa un grosso sospiro, di solito è lei che aiuta gli altri, non è abituata a chiedere e la cosa la mette davvero a disagio. Sarà costretta a chiedere aiuto ai suoi amici di sempre. Dovrà porre questo fardello sulle spalle di Harry, che sta per avere un figlio e che si deve concentrare sulla carriera, perché la sua fama non lo aiuterà per sempre e deve costruirsi una solida posizione, se vuole garantire alla sua  famiglia benessere e buona reputazione.

Dovrà chiedere a Ron, che è fidanzato ma non è ancora sicuro che sia quella giusta. Ripensa a tutte le volte che le ha detto che per lui era lei quella giusta, “se non ti fossi innamorata di quel viscido di Malfoy, che ci troverai, poi…”. Non è giusto che adesso debba impegnarsi per sua figlia, che è anche figlia del viscido.

D’altra parte sa che chiedere a Harry è come chiedere a entrambi. Lo offenderebbe soltanto, se cercasse di tenerlo fuori.

Deve farlo.

Si alza velocemente dal letto, ora che ha deciso. Ma la decisione  le provoca un conato di vomito, per quanto poco le piace. O forse è il cambio di posizione improvviso, o quello che ha mangiato ieri sera… no, ieri sera non ha mangiato. E nemmeno a mezzogiorno.

Ecco cos’è.

Entra nella doccia e regola l’acqua, mentre continua a pensare a cosa fare. Subito, oggi stesso.

Niente gufi. Non sa nemmeno se un gufo, o qualsiasi altro uccello adatto a portare posta, sia in grado di attraversare l’oceano. In ogni caso, dove mai potrebbe trovarlo?

Userà la posta babbana. Meglio. Anche la possibilità di essere intercettata è minore. In fondo Harry vive nella parte non magica della città, non c’è motivo per cui non possa essere raggiunto da una semplice lettera attraverso il servizio postale di Sua Maestà.

Si asciuga e si veste in modo semplice, non deve conquistare nessuno, solo stare comoda.

Aspetta che Eltanin si svegli e la prepara in fretta. Dovranno far colazione nello stesso posto in cui hanno mangiato ieri sera. È pulito e la cucina le sembra abbastanza sana.

Non che vada bene per una bambina. Non è facile trovare gli alimenti a cui è abituata, non in un caffè e meno che mai in un fast-food. Dovrà cercare al più presto una sistemazione semidefinitiva, una casa, un posto in cui sia possibile cucinare.

Questo collide con le decisioni che ha preso ieri: come può pensare a una casa se intende spostarsi tanto velocemente?

Possibile che lei, maga dell’organizzazione non abbia tenuto conto di tutte le variabili?

È davvero fuori di testa.

Prende caffè per sé, latte e un muffin ai mirtilli per Eltanin.

Il caffè dev’essere pessimo, il suo odore le dà la nausea. Lo lascia nella tazza e quando la cameriera passa con la caffettiera in mano a domandare se ne vuole ancora, chiede se è possibile avere una tazza di tè al latte e dove può trovare carta da lettere e tutto il necessario per inviare una missiva.

«Questo è un internet-caffè, può usare le nostre macchine per inviare un’e-mail.»

«La persona a cui devo scrivere è molto anziana, non se la cava bene con il computer, devo usare un mezzo più tradizionale.»

Chiede scusa mentalmente ai suoi amici. Non può certo spiegare il mondo magico.  Anche Harry, che è cresciuto fino a undici anni senza conoscerne l’esistenza, non ha familiarità con la tecnologia.

«Oh, allora può trovare carta e francobolli all’edicola di fronte. Può lasciare qui la sua signorina, ci penso io a lei.» Un sorriso gentile a Eltanin. «Vero, piccola? Resti un attimo con me mentre la mamma va a comprare la carta da lettere? Come ti chiami?»

«Nin.»

«Nin? Che nome strano!»

«Nina, si chiama Nina. La ringrazio per la sua gentilezza, faccio in un attimo.»

Hermione esce e attraversa la strada. L’edicolante sta chiacchierando di football con un cliente, pare che ci sia stata una partita importante, che surriscalda parecchio gli animi. Hermione attende pazientemente, voltandosi ogni tanto a guardare il locale dove ha lasciato sua figlia. Dopo un paio minuti inizia a spazientirsi, poi, a tradimento, la coglie il pensiero che ha lasciato sua figlia sola, affidata a una perfetta estranea. La paura e il senso di colpa la travolgono.

«Signore, sto aspettando già da un po’, potrebbe essere così gentile da occuparsi di me, poi continuerà la sua conversazione.»

Il cliente si volta verso di lei lentamente  e le rivolge uno sguardo di apprezzamento.

«Che ne dici se mi occupo io di te, bella signorina.»

«Bella signorina un par di calderoni! Si levi di mezzo o la schianto!» Rivolta all’edicolante. «Carta da lettera e busta. E un bollo… quello che è.»

«Che tipo di francobollo?»

«Che ne so? Devo inviare una missiva all’estero. Posta aerea.»

«Le do quello da due dollari e cinquanta, così va sul sicuro.»

«Grazie.» Paga velocemente e attraversa la strada come se avesse il diavolo alle calcagna.

«Questa sì che è fretta!» la schernisce ancora il cliente.

Entra nel bar guardandosi attorno, ma prima ancora di vederla, sente la risata di Eltanin… di Nina, deve abituarsi, o commetterà errori.

«La ringrazio infinitamente, è stata molto gentile», dice Hermione alla cameriera. O è la padrona del locale?

«Non è niente, vede da sé che è un orario un po’ morto, non avevo altro da fare. È molto carina sua figlia, le somiglia.»

«Grazie.»

«Le porto il the. Non ha bevuto il suo caffè, non le piace? Di solito il nostro caffè è molto apprezzato.»

«Oh, lo credo, è solo che questa mattina il suo odore mi ha dato fastidio, forse non sto troppo bene.»

«Capisco. A me succedeva all’inizio della gravidanza, ogni volta. Al terzo figlio ormai avevo capito che quello era il primo, inequivocabile sintomo. Così quando, dopo due anni ho sentito fastidio per l’odore del caffè ho detto al mio Jack “tesoro, ci risiamo!” e lui per poco non sviene.»

Hermione sa che dovrebbe ridere educatamente. Perché non ci riesce?

È letteralmente paralizzata.

Gravidanza?

Black-out mentale.

Gravidanza.

No, impossibile, ha avuto il ciclo. Sì? O no? Non riesce proprio a ricordarselo, maledizione!

«Signora, si sente bene? Oh, forse anche lei è in dolce attesa? In tal caso auguri! I figli non sono mai una brutta cosa!»

Annuisce vagamente con una smorfia che vorrebbe essere un sorriso.

Gravidanza.

Quella parola continua a galleggiare nella sua mente, ottundendo ogni funzione.

Deve scrivere a Harry, e…

Gravidanza.

Cazzo!

Eltanin sta impastando quello che resta del suo muffin bagnato di latte e infine si pulisce le mani sul suo vestitino pulito… che era pulito.

China il capo e lo appoggia sul palmo della mano lasciandosi sfuggire un lamento. Ora è sicura che negli ultimi due mesi non ha visto traccia di ciclo. Con tutto quello che è successo non ci ha pensato minimamente.

Gravidanza.

Il conato di vomito questa volta è più forte e fatica davvero a reprimerlo. È davvero la gravidanza? O è solo paura?

Il suo cervello si spegne di nuovo, è colta da un panico devastante. Si guarda intorno. Non c’è niente per lei, in quel luogo, né per lei né per sua figlia.

Come ha potuto pensare di riuscire a sopravvivere da sola, senza un lavoro, senza nessuno a cui rivolgersi, con una bimba piccola e ora un altro in arrivo!

Prenderà il primo aereo e tornerà a Londra. Magari si trasferirà in periferia, o addirittura in un’altra città. Non può farcela. Non così lontano.

La cameriera si avvicina con il the e le pone una mano sulla spalla. Infine si siede accanto a lei.

«Che succede, cara? La vedo sconvolta, posso fare qualcosa per lei?»

«I-io… la ringrazio ma no, non credo.»

«Pensa davvero di essere incinta?» Hermione annuisce. «Ed è tanto grave?»

Apre la bocca un paio di volte prima di riuscire a tirar fuori il fiato.

«Mi sono appena separata dal mio compagno. Sono sola in un paese straniero e… È grave, sì. È grave.»

«E non può… che ne so? Tornare indietro?»

Guarda quella donna gentile e materna. Non la conosce, ma sente di potersi confidare con lei. In ogni caso tra pochi giorni sarà lontanissima e non si vedranno più. Sì, è la persona giusta.

Apre la bocca per dire che sì, tornare indietro è l’idea migliore, che è quello che stava pensando in quel momento.

Poi il pensiero di Draco e della sua fidanzata, che sarà sua moglie tra pochissimi giorni la ghiaccia.

«Lui sta per sposare un’altra. Lei lo farebbe?» Forse non sembra, ma è una domanda vera.

«Oh!» La faccia della donna esprime compassione. «L’ha lasciata per un’altra? È il padre di questa meraviglia?»

«Sì, no… mi scusi.» Prende fiato e cerca di riordinare i pensieri. «Intendevo che è il padre di Nina ma non mi ha lasciata. Lui avrebbe voluto tenermi come amante. E intanto formare una famiglia con l’altra donna.» Scuote la testa. «Ho accettato molte cose per amor suo, ma questa no. Non è solo per me, capisce? Come sarebbe cresciuta la mia piccola in una situazione tanto ambigua? Lui è una persona nota, si parla di lui sui giornali. Sarebbe stato un disastro. Sono scappata.»

«Mmm, proprio un bel cazzo di Principe Azzurro! Chissà perché quando trovi nella realtà qualcosa che somiglia a quelle belle storie dei film, finisci sempre per sbattere il naso in una favola crudele, quella che va a finire bene per tutti tranne che per la povera Cenerentola. Alla fine quella che si sposa è sempre quella stronza della sorellastra! Perdona il turpiloquio ma quando ci vuole ci vuole!»

La cameriera continua ad accarezzarle la schiena gentilmente. Hermione ha voglia di poggiare il capo sulla sua spalla, lasciarsi abbracciare e piangere tutte le sue lacrime.

«Cameriera!!» Un cliente richiama l’attenzione con una certa impazienza.

«Un momento! Non vede che sono occupata?» Guarda Hermione con tenerezza. «Un attimo solo, cara, mi libero di quel selvaggio e torno.»

È mentre la cameriera si alza dalla sedia che Hermione vede il cartellino appuntato sul grembiule.

Jean, si chiama Jean. Le lacrime rompono gli argini.

Quando Jean ritorna la trova con la faccia allagata. Le porta una manciata di tovaglioli di carta per asciugarsi le guance.

«Non disperarti così, ti prego. Prova a raccontarmi qualcosa, magari posso aiutarti, conosco un sacco di gente, sai?»

«Jean, tu ti chiami Jean…»

«Sì, L’ha scelto mio padre. Mi ha chiamata così per via di Marylin Monroe. È morta quando sono nata io. Quello non era il suo vero nome, sai? Si chiamava Norma Jean. Norma Jean Mortenson. Così lui, che l’adorava, mi ha chiamata Jean, solo Jean, o mia madre gli avrebbe strappato le palle. Per lui era sufficiente.

Non guardarmi adesso, ho quattro figli grandi, ma un po’ di anni fa ero un bel bocconcino. Non proprio come lei, ma insomma.»

A Hermione scappa una piccola risata, strana, con il naso rosso e colante e gli occhi piccoli e arrossati.

«Mia madre si chiamava Jean. L’ho persa alcuni anni fa.»

«Oh, capisco. Anche lei si chiamava così per l'attrice?»

«No, non credo, almeno. Io sono inglese.»

«Beh, anche voi avete delle belle attrici. Molto brave, anche. Tu vuoi fare l’attrice?»

«No, santo cielo!»

«La ballerina, sfondare in televisione, cosa?»

«Niente del genere!»

«Perché sai, la maggior parte delle ragazze che  si trasferisce nella Grande Mela vorrebbe fare queste cose. Finiscono quasi tutte a fare le cameriere. Qualcuna molto peggio. E tu? Che vuoi fare, allora?»

«Ormai non lo so più.» Suote il capo e sospira. «Sono un medico. Non è esatto, sono laureata in medicina e pensavo di specializzarmi ma non ci sono più le condizioni.»

«Caspita! Una cervellona!»

Hermione ride. Le chiacchiere di Jean la stanno davvero aiutando a riprendere il controllo.

«Lei non lo sa, ma questo mi e valso tante di quelle prese in giro! Sono sempre stata la secchiona, so-tutto-io, la mente del trio e così via! Le prese in giro più crudeli le ho beccate a scuola da quello che poi è diventato il mio uomo.»

«Intendi lo stronzo che si sta per sposare con un’altra?»

«Già. Proprio quello.»

Un attimo di profondo silenzio. Hermione si sente pronta ad affrontare di nuovo il proprio futuro. Jean lo capisce.

«Cosa pensi di fare?»

«Beh, posso contare su una piccola rendita, mi sarebbe bastata per vivere e pagare una persona che si occupasse di Nina mentre io sarei stata impegnata. Pensavo di specializzarmi in chirurgia pediatrica.» Scuote la testa. «Ma sarebbe stato già difficile così, adesso è tutto peggio. Tra qualche mese non potrò più reggere lo studio e il tirocinio. Sarebbe davvero impossibile.»

«Beh, avere qualcosa è molto meglio che non avere niente. Sei fortunata. Pensa se fossi costretta a fare la cameriera per mantenerti agli studi!»

«Oh, certo, il bicchiere mezzo pieno. Di fatto non posso studiare, però. E il mio visto è di studio. Tra un anno sarà scaduto.»

«Vediamo», Jean prende fiato, riflette un attimo e parla. In tono rassicurante. «Puoi rinnovare il visto, basta che quest’anno ti iscrivi, dai un paio di esami, o quello che c’è per la specializzazione, e l’anno prossimo chiedi il rinnovo, credo che la gravidanza sia accettata come giustificazione per lo scarso rendimento. Poi avresti il vantaggio che tuo figlio sarebbe cittadino degli States, quindi ti sarebbe molto più facile ottenere i visti. Oppure puoi trasferirti in Canada prima che il visto sia scaduto, o al sud, in molti paesi è più facile prendere una specializzazione e l’immigrazione non ti sta col fiato sul collo.»

«Come sai tutte queste cose?»

«Beh, due dei miei figli sono secchioni, come te, e negli ultimi tre anni ho avuto la casa invasa di depliant universitari, regolamenti e piani di studio. Poi di qui passa mezzo mondo. Da noi gli yankee veri sono davvero pochi. La maggior parte sono immigrati. Quindi ne so un po'.»

«Canada?»

«Mmm, a chi piace il genere…»

«Detesto il freddo!»

«Brasile. Venezuela, Argentina… città medie o medio-grandi.»

«Perché?»

«Minore criminalità rispetto alle capitali, università decenti, servizi decenti. Non proprio come qui, ma insomma, Vivibili.»

«Cuba?»

«Lascia perdere! Sei comunista?»

«Che ne so? Però mi piacerebbe imparare a ballare la salsa!»

Ridono entrambe.

 

*****

 

Draco ha affrontato l’uragano. Il matrimonio non è avvenuto, ma non è stato nemmeno rimandato. Quando hanno visto che lui non arrivava hanno messo una scusa, a cui nessuno ha creduto, per gli ospiti e hanno banchettato senza di lui.

«Mi hai messo in ridicolo! Ti rendi conto che umiliazione per la tua sposa?»

«Immagino che si possa sopportare questo e altro per qualche tonnellata di galeoni!»

«Disgraziato, tutto il mondo magico ci ride dietro! Che scusa hai per questo?»

«Nessuna scusa.»

«E allora? Che devo dire a chi me lo chiede?»

«Qualcosa ti inventerai! Se vuoi il mio consiglio potresti dire che ho litigato con la mia fidanzata e che il matrimonio è saltato.»

«MAI! Tu sposerai Astoria! Non ci sono discussioni!»

«Ma se non ci sono nemmeno io risulta un po’ difficile!»

«Tu ci sarai! La prossima volta che oserai fare una simile mossa ti diseredo e ti disconosco!»

«Accomodati!»

In tutto questo Astoria non ha mai smesso di piangere.

Draco non ne può più.

Esce, si materializza a Diagon Alley e di lì passa nella Londra babbana. Passeggia un po’ per le strade, raggiunge a piedi la casa di Hermione, ormai vuota, ma di cui paga l’affitto, quindi può entrare ogni volta che crede.

Che può fare? Tornare da Potter? Andare a parlare con i Weasley? Forse Molly si commuoverà.

Mamma Molly. Lei la chiamava così.

Non ci pensa due volte

Davanti alla Tana esita solo un attimo prima di bussare.

Apre la porta una Molly scarmigliata, con un grembiule pieno di farina e la faccia meravigliata.

«Signora Weasley, potrebbe dedicarmi pochi minuti?»

«Entra, Draco.» L’occhiata che gli rivolge è molto meno gentile delle parole. «Dovrai seguirmi in cucina, se mi vuoi parlare, sto preparando i muffin e non mi posso interrompere.»

«Certo, si figuri, per me va bene.»

La segue in quella casa assurda, voltandosi a guardare tutti gli strani oggetti, apparentemente inutili e domandandosene la funzione. In cucina gli viene offerta una sedia un po’ sgangherata, coperta da un cuscino scolorito. Esita un attimo prima di sedersi. Non può offendere quella da cui si aspetta aiuto.

«Signora, lei sa dove si trova Hermione?»

Gli è uscito dalla bocca prima di riuscire a fermarsi. Avrebbe voluto incominciare da lontano, magari raccontarle una versione un po’ sdolcinata della sua storia con lei.

Molly rimane immobile per un momento, voltandogli le spalle, si gira lentamente. Lui coglie un’occhiata gettata alle sue spalle e si volta di riflesso.

L’oggetto che Molly ha guardato, quando lui gli ha chiesto di Hermione, è lo strano orologio di casa Weasley, che ha una lancetta per ogni componente della famiglia, più una per Hermione. È l’orologio più affollato che Draco abbia mai visto. Si avvicina per guardare meglio. Al posto dei numeri i sono delle frasi. Quattro Weasley risultano “a lavoro”, compreso Arthur, e due “in viaggio”. Lo colpisce la lancetta di Fred. Lui è “a casa”. Com’è possibile?

Harry Potter, marito di Ginevra, “sulla strada del ritorno” ed Hermione “molto lontano”.

Si mette la mano sulla bocca e stringe gli occhi per un attimo. Sente un colpo al petto.

Molto lontano.

Molto lontano da lui. Molto lontano dai suoi occhi, dalle sue braccia. Perduta.

Impossibile. La troverà.

Si domanda cosa gli dia quella sicurezza. Non lo sa. Sa solo che non riesce a vivere senza di lei, non senza soffrire ogni momento. Quindi la troverà.

La troverà e…

E cosa? La sua mente non prosegue. Non ha idea di cosa farà quando l’avrà trovata, nemmeno gli importa. L’importante è trovarla e riportarla vicina a lui, sotto i suoi occhi, dentro le sue braccia.

La troverà.

 

 

 

 

 

 

 

Favola crudele: raccoglie venti piccole favole di R. L. Stevenson, quello de “L’isola del tesoro”. Sono molto carine ma non mi sentirei di consigliarle ai bambini. Ve ne regalo una molto breve ma secondo me geniale

“Un uomo trovò un ragazzo che piangeva e gli domandò: «Perché piangi?» «Piango per i miei peccati.» gli rispose il ragazzo, «Devi aver poco da fare» gli disse allora l’uomo.

Il giorno seguente si incontrarono di nuovo, e di nuovo il ragazzo piangeva. «E ora perché piangi?» gli domandò l’uomo. «Piango perché non ho niente da mangiare» rispose il ragazzo. «Sapevo che ci saremmo arrivati.» concluse allora l’uomo.”

 

 

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Capitolo 7
*** Nessuno al mio fianco ***


 

7-       Nessuno al mio fianco

 

Draco sembra paralizzato avanti all’orologio di casa Weasley. Quello che gli dice che Hermione è molto lontana da lui. Ha la mano davanti alla bocca, come ogni volta, quando tenta di nascondere un’emozione che lo indebolisce. Come quando era bambino e suo padre gli diceva che doveva mantenere la dignità, che se proprio non riusciva a sopprimere quelle volgari emozioni, paura, dispiacere, affetto, doveva fare in modo che nessuno le vedesse sulla sua faccia.

Molly Weasley si è pulita le mani dalla farina e osserva attentamente il gesto di Draco.

Le ha chiesto di Hermione. Lei sa perfettamente cosa pensano i suoi della stramba relazione tra quei due e, in fondo, anche lei è d’accordo che Hermione sia sprecata per lui, che non si sogna di darle quello che lei merita. Ma in quel momento, l’espressione disperata di lui le fornisce un diverso punto di vista.

Lui le vuole bene. A modo suo, sbagliato, certo, ma le vuole bene.

E allora perché si sposa con quella sciocchina della Greengrass?

Lui sente lo sguardo della signora Weasley sulla schiena. Si schiarisce la voce e si volta.

«Mi stavo domandando per quale motivo ti fossi abbassato a venire qui, a parlarmi, a entrare a casa mia. Ora è tutto chiaro», dice Molly, con tono abbastanza duro.

«Non mi ha risposto, però.»

«Credi che dovrei farlo?»

«Credo di sì. Io sento molto la sua mancanza. Non so se riuscirò a…»

«Chiedi alla tua sposa di consolarti.»

Stringe le labbra. Non sta andando bene. Deve convincerla, deve commuoverla o non otterrà nulla.

«Non sia cattiva con me. Io non la vorrei sposare, ma mio padre mi obbliga a farlo.»

«Non mi riesce nemmeno di essere tanto buona con te. Immagino che tu voglia bene a Hermione, a modo tuo. Ma vedi, tutti noi le vogliamo bene. Per me è una figlia, la stimo e le sono grata per tutto quello che ha fatto per Ron e per tutti noi. Adesso, per colpa tua, non la potremo più vedere e…», si interrompe, si asciuga gli occhi e il naso con un fazzoletto preso dalla tasca del grembiule. Si siede, mentre nella cucina si spande un odore delizioso che fa venire a Draco l’acquolina in bocca. «Vedi, sto cucinando i suoi muffin preferiti per vincere la nostalgia! E sono appena venti giorni che non la vedo! Quando andavano a Hogwarts, sapevo che sarebbero tornati per Natale, invece lei non tornerà più! Non vedrò più Eltanin, crescerà e io la ricorderò sempre così e tra pochi anni non la riconoscerò più. Non riesco a perdonarti per questo.»

«E crede che per me sia meno dura? È di mia figlia che sta parlando. Anch’io non la vedrò crescere!» La voce si spezza. Draco Malfoy, malgrado abbia deciso di far commuovere la signora Weasley per estorcerle informazioni, non intende certo piangere davanti a lei.

Molly capisce, gli mette una mano sulla spalla.

«Mi dispiace, mi dispiace per te, vedo che soffri. Ma sei stato tu a volerlo.»

«Che diavolo sta dicendo? Io non l’ho voluto affatto! Crede che se l’avessi voluto la cercherei come un pazzo, adesso?»

«Vuol dire che hai cambiato idea?»

«Che vuol dire cambiato idea? Io l’ho voluta sempre con me, non mi sono mai sognato di rinunciare a lei né a mia figlia!»

«E come pensi di poterla avere al tuo fianco se stai per sposarti con la Greengrass?»

«Come abbiamo fatto finora, ecco come!»

Molly stringe le labbra e sembra gonfiarsi come un tacchino. La sua faccia è spaventevole e Draco si aspetta di vederle uscire vapore dal naso e dalle orecchie.

«Draco Malfoy! Esci da casa mia! Sono desolata per la partenza di Hermione, ma vedo che davvero non ha avuto altra scelta! Con chi credi di avere a che fare? Con una delle tue stupide purosangue, che si accontentano di un patrimonio e di un certificato per vendere il proprio corpo e tutta la loro vita? Lei è una ragazza in gamba e pulita, ti ha amato con tutto il cuore, ti ha aspettato e tu in cambio le proponi di essere la tua prostituta! Non sei degno nemmeno di pronunciare il suo nome!»

Draco esce a testa bassa. Un’altra occasione sprecata.

Tutti quelli che potrebbero aiutarlo, tutti quelli che sanno, perché è certo che anche Molly Weasley sa dov’è, sono dalla sua parte, tutti concordi nel dire che è lui indegno di lei.

Sulla porta si volta e tenta l’ultima carta.

«Signora, mi creda, anch’io…» l'amo? Come potrebbe dire una cosa del genere a un’estranea quando non è mai stato capace di dirlo a lei? «Io tengo davvero a lei, ma come crede che possa spezzare il cuore di mio padre, dopo che per colpa mia è ridotto su una sedia a rotelle, dopo aver causato la morte di mia madre. Io ho tentato di tutto per convincerlo, ma finché lui vive, io sono costretto a rispettare il suo volere.»

Lei lo guarda a lungo, fin quando lo stare così, sulla porta, diventa imbarazzante, infine rompe il silenzio.

«Vuoi un muffin?»

Non crede sia il caso di dirle che quei muffin sono i suoi preferiti, non di Hermione. Ripensa a tutte le volte che lei ne portava a casa un bel po’ e alle colazioni allegre con lei e con Eltanin. Con i muffin di mamma Molly.

«Grazie.»

Si siede di nuovo. E stavolta non si vergogna di piangere.

Molly lo consola, con muffin e tè caldo, ma non gli dice nulla della donna che ama e di sua figlia.

 

*****

 

“Harry,

ho da chiederti qualcosa che solo a te posso domandare, a te, Ginny e Ron, a voi, che siete la mia famiglia.

Ho preso la sofferta decisione di allontanarmi dall’Inghilterra e di non farmi trovare dall’uomo che ho considerato il mio per lunghi anni, mentre non lo è mai stato. Non sono pentita, non avrei potuto fare altro.

Ora però, sono costretta a scendere a patti con la realtà in molti modi.

Forse il più duro da digerire è che non ho nessuno al mio fianco.

Non un uomo, non un amico o amica, nessuno di cui mi possa fidare abbastanza da sperare che in ogni caso mia figlia avrà un sostegno. Non voglio pensare a niente di brutto, ma sarebbe un errore ignorare la possibilità che mi succeda qualcosa e che lei potrebbe trovarsi sola. Ci sono, inoltre, novità che in questa lettera non posso raccontare, mi vedo quindi costretta a chiedere a tutti voi qualcosa che non posso chiedere a nessun altro.

Innanzitutto, vorrei che voi faceste un voto infrangibile, tutti e tre, ognuno testimone per gli altri, di segretezza e di impegno verso la mia prole.

Non crediate che la mia richiesta sia dovuta a mancanza di fiducia, al contrario, so che un voto infrangibile vi metterà al sicuro da ogni forzatura o obbligo legale, è solo per vostra tutela che ve lo chiedo.

Mi fido ciecamente di voi, quando mi direte che l’avete fatto io ci crederò.

Quando riceverò la vostra risposta vi invierò le informazioni di cui avrete bisogno in caso di necessità.

Vi sarò in eterno debitrice. Grazie.

                                                                             La vostra amica.

Inviate la vostra risposta a questo indirizzo:

Nina

c/o Jean Seymour

14, Houston Street

Grenwich Village – Manhattan

New York, USA

 

 Harry si preoccupa parecchio per questa lettera. Le notizie non sono quelle che aspettava, il tono è più angosciato di quanto non intenda apparire.

Chiama suo cognato e informa Ginevra della situazione. Chiusi in casa, circondati di incantesimi, con un disturbatore di frequenze acceso, si accingono a pronunciare il voto infrangibile.

«Io Harry Potter, prometto di impegnarmi al meglio delle mie capacità, nel caso ne sia richiesto o ne sorga la necessità, nella protezione e nella cura della prole di Hermione Granger e giuro, pena la mia vita, di conservare il segreto sulle informazioni che mi fornirà fino a quando lei stessa non mi avrà dispensato dal farlo.»

Si è chiesto una decina di volte per quale motivo lei abbia usato quella parola ambigua, “prole”. Non poteva dire il nome di sua figlia e basta? Alla fine ha deciso di usare quella nella formula. Raramente Hermione usa le parole a caso.

Gli altri due pronunciano lo stesso giuramento. Alla fine, prima di rimuovere tutto, scrivono una lettera di risposta, che sarà inviata al più presto.

 

“Hermione,

abbiamo fatto quello che ci hai chiesto. Riporto sotto la formula che abbiamo usato, così che, se per caso ne scorgi la necessità, potrai correggerla e noi potremo rifare tutto.

“Io (nome), prometto di impegnarmi al meglio delle mie capacità, nel caso ne sia richiesto o ne sorga la necessità, per la protezione e la cura della prole di Hermione Granger e giuro, pena la mia vita, di conservare il segreto sulle informazioni che mi fornirà fino a quando lei stessa non mi avrà dispensato dal farlo.”

Ci siamo interrogati sulla parola ”prole”, non potevi mettere semplicemente il nome di Eltanin? Cosa c’è che non sappiamo?

Rispondi alla svelta, ti prego, siamo tutti in ansia per te.

                                                                             Harry     Ron    Ginny     

PS: Abbiamo pronunciato il voto chiusi in casa, circondati di incantesimi di protezione e con un disturbatore di frequenze acceso.

Forse non era necessario, ma la prudenza non è mai troppa.

Il tizio che credevi fosse il tuo fidanzato saltabecca da un aereo all’altro ed è stato anche da Molly per avere tue notizie.”

 

La lettera di Harry arriva appena in tempo. È già passata una settimana. Hermione ha usato il suo tempo per effettuare una visita ginecologica e un’ecografia, che le ha rivelato che non solo è incinta di oltre due mesi, ma lo è di due gemelli. Di bene in meglio.

Per fortuna la preziosa amicizia di Jean le tira un po’ su il morale e l’aiuta in tante piccole cose pratiche. Ad esempio, le permette di cucinare per la bambina, o prepara lei stessa, pasti adatti a una piccola di nemmeno tre anni.

Il giorno prima dell’arrivo della lettera di Harry, una civetta delle nevi ha picchiettato al vetro della finestra dell’albergo. È notte, Hermione spera che nessuno l’abbia scorta. Si domanda se Harry sia del tutto impazzito, inviare la sua civetta invece della posta babbana!

Ma quando apre la finestra si rende conto che quella non è Edvige. Edvige III, a dire il vero. Comunque non è lei.

È stremata, magra e arruffata. Deve aver viaggiato a lungo.

Hermione le porge dell’acqua e la rifocilla come può, con il poco che ha in camera, intanto le sfila dalla zampa una pergamena stracciata e si accinge a leggere.

Nota immediatamente la calligrafia e la firma sbiadita. Draco.

Maledizione! Non ha dubbi che l’uccello abbia addosso un incantesimo di localizzazione e ringrazia Morgana di essersi registrata con il suo vero nome. Da lì in poi si sposterà usando l’altro nome, e al più presto.

Legge la pergamena, che non contiene nulla di nuovo, rispetto a quello che lei già sa e a tutte le cose che lui le ha già detto per convincerla.

Niente che faccia intuire che potrebbe aver cambiato idea.

Riflette sul fatto che una civetta non può aver attraversato l’Atlantico, quindi, posto che provenga dall’Inghilterra, di sicuro avrà sorvolato le terre a nord e sarà scesa lungo la costa fino a New York. Almeno due settimane di viaggio. Quindi altrettante per il ritorno.

Risponde. Cosa le costa? Quando la civetta avrà raggiunto il suo mandante lei sarà molto lontana da lì.

 

Draco,

Ti ringrazio per gli anni più belli della mia vita.

Certo, se non si tiene conto dell’umiliazione quotidiana di essere quella di cui ti vergognavi.

Ti invito a concentrarti sulla tua nuova famiglia, noi staremo bene, e in ogni caso non siamo più affar tuo.

Addio.

Sanguesporco Granger e

 Mezzosangue Granger

 

*****

 

Quando la civetta batte col becco alla finestra della stanza di Draco, lui crede di sognare.

La riconosce dal vetro e si alza dal letto in un baleno, apre la finestra, fa entrare l’animale e richiude.

«Draco», lo chiama Astoria dal letto. «Perché non fai uscire quella bestia? È tutta sporca.»

Lui non risponde, impegnato a leggere la breve missiva.

La sua faccia si trasforma in una maschera di dolore. Mette una mano sulla bocca.

«Draco, amore, c’è qualche problema?»

Lui sente un rombo nelle orecchie che copre la voce della fidanzata.

Gli anni più belli della mia vita” è vero. È vero anche per lui. Non aveva vissuto davvero, prima. Solo con lei era stato vivo, aveva provato qualcosa. E non sta certo vivendo adesso, concentrato a sopportare, oppresso dalla nausea e dal fastidio, soffocato dalla nostalgia.

Certo, se non si considera l’umiliazione…” umiliazione? Era stata un’umiliazione, per lei? Quando, in che modo l’ha umiliata?

Quella di cui ti vergognavi” No! Come può aver frainteso? Possibile che non abbia capito niente? Non si è mai vergognato era solo… era per suo padre.

«Draco, ti prego, parlami! Si può sapere cosa è successo? Sono brutte notizie?»

«Vattene, Astoria, lasciami in pace.» La voce è spenta.

«Che vuol dire lasciami in pace? Mi devi una risposta!»

Non siamo più affar tuo”. Non siamo più… impossibile. Impossibile. Eltanin è sua figlia, sangue del suo sangue, come può non essere affar suo? Come è possibile se lui l’ha generata? Lei sarà sempre sua.

Nemmeno il suo nome. Nemmeno quello gli ha regalato. Si è firmata con gli epiteti che le dava a scuola. Ed era stato lui a definire sua figlia mezzosangue.

L’ha persa perché ha anteposto il suo essere mezzosangue al suo essere figlia.

Ma è la figlia, che lo strangola di nostalgia, non la mezzosangue. È davvero tanto grave che non siano purosangue? Davvero sono meno degne per questo? Davvero, per questo, non potrà più averle?

Si mette una mano sulla bocca, come per sbarrare la strada all’espressione della sua infelicità.

Il gesto non sfugge ad Astoria. Vi legge una disperazione, un sentimento che, ne è quasi certa, non  proverà mai per lei e questo la infiamma.

«Si tratta di quella puttana, vero? Quella rovina famiglie! Quella sporca sgualdrina! Ammettilo, è lei vero?»

«Astoria, ti ho già detto di andartene, non farmelo ripetere!»

«No! Non voglio andarmene! Ho diritto di stare nel tuo letto, IO, non lei! IO sono la tua fidanzata, è me che sposerai! Quella ti deve lasciare in pace!»

«Smettila! Se vuoi saperlo sei tu la rovina famiglie, perché la mia famiglia è lei. Anzi, non sei nemmeno questo, sei una stupida pedina di mio padre e del tuo. Te lo dico di nuovo: non sei niente per me, non avanzare pretese di tipo sentimentale, accontentati. Io amo lei, l’amerò sempre, e ho una figlia che adoro e senza cui non potrei vivere. QUELLA è la mia famiglia, tu sei solo facciata.»

Ecco, l’ha detto, l’ha detto alla persona sbagliata. Ma le parole sono quelle giuste, non riesce più a nasconderselo.

«NON È VERO! Io ti amo e voglio il tuo amore, ne ho diritto e lo voglio!»

«Non puoi averlo. Ora vattene da qui.»

«NON ME NE VADO! RESTO CON TE! È MIO DIRITTO!»

«VA’ VIA!» La prende bruscamente per un braccio, la butta fuori dalla stanza e chiude la porta. «VATTENE TU E IL TUO DIRITTO DEL CAZZO!!»

Lei piange e grida, si alza da terra e tenta di rientrare, ma la porta è sigillata.

Lucius, che ha sentito le urla e ora sente Astoria piangere e supplicare fuori della porta di suo figlio, si fa aiutare dall’elfo, esce dalla stanza con la sua sedia, in vestaglia, si avvicina alla ragazza.

«Cosa succede? Perché sei fuori dalla stanza? Avete litigato?»

«È lei, è sempre lei! Quella puttana! Gli ha scritto e lui mi ha cacciato via!»

«Adesso ci penso io, non ti preoccupare.»

«Non mi ama! Non mi amerà mai! Ha detto che sono solo facciata, che la sua famiglia è lei e la figlia! Ha una figlia, capisci? E io? Io cosa sono?»

«Io non lo so, ma in ogni caso cosa vuoi che conti, è una bastarda! Ora ci parlo io.»

«No! No, per favore, mi faccia aprire la porta, solo questo, poi ci parlerò da sola. Grazie.»

«Bene, se questo è quello che desideri…» Si avvicina alla porta e si limita a buttarla giù con una bombarda. «La tua fidanzata ti deve parlare.»

Si volta e se ne va.

Astoria sulla porta sfondata, avvolta nel lenzuolo, di fronte al fidanzato nudo, prende fiato e mette su un cipiglio deciso.

«Bene, a quanto pare non posso avere il tuo amore, perché tu l’hai dato alla prima puttana che hai incontrato e non ti sei sognato di preservarlo per tua moglie.»

«Non osare parlare di lei in questo modo, lei vale dieci di te!»

«Se così fosse sarebbe lei tua moglie. Se non l’hai sposata evidentemente non vale poi tanto, né mi risulta che esistano piccole Malfoy, quindi…»

Lui boccheggia, resta per un attimo senza parole.

«Non ne sai niente.»

«Qualcosa so. So che non posso avere il tuo amore, ma potrò avere soddisfazione. Perché se io sono il burattino di tuo padre e del mio, tu non sei niente di diverso. Ti consiglio di smetterla di far pagare a me la tua incapacità di essere un uomo, perché IO sarò tua moglie, e, amore o non amore, posso fare della tua vita un posto molto brutto! Buonanotte, CARO!» Il tono acido e ironico dell’ultimo saluto gli fa capire che la piccola Greengrass forse si è svegliata. Tanto meglio.

Anche lei ha messo in dubbio il suo amore, il suo rispetto per Hermione.

Davvero è un burattino? Sì, certo che lo è. Da sempre. Ora per il senso di colpa, prima per l’amore mal riposto e il desiderio di compiacere quell’uomo che non ha mai avuto alcun rispetto per lui, che ha solo preteso.

E lui cosa ha fatto nei confronti di Hermione e di Eltanin? Non ha avuto solo pretese?

Concentrati sulla tua nuova famiglia, non siamo più affar tuo.”

Quelle parole gli schiantano il cuore.

Deve trovarla. Deve parlare con lei.

La traccia, l’incantesimo che aveva posto sulla civetta. Bene, è ancora intatta. La trasferisce in un ciondolo.

Domani dovrà cancellare tutti gli impegni. Ha un viaggio da fare. Molto urgente.

 

*****

 

La mattina dopo, scende portando con sé una piccola borsa.

«Draco, ricordi che dobbiamo…»

«Parto. Starò fuori qualche giorno.»

«Che vuol dire qualche giorno? Il matrimonio è la sett…»

«Ti sposerò quando torno. Fa lo stesso. Arrivederci.»

«DRACO!!»

Si è già infilato nel camino. Lucius arriva in quel momento.

«Dove va quell’idiota?»

«Come faccio a sa… Mi pare che abbia detto… Ministero?»

«Che ha da fare al ministero?»

«Che ne so? Ha detto che parte e che starà via qualche giorno.»

«Qualche giorno? Il matrimonio è…»

«LO SO!» Stringe i denti e tenta di ricomporsi. «Crede sia il caso di rimandare?»

«Credo di sì. Potrebbe arrivare in tempo, ma considerato il suo umore, non ci giurerei. Non mi va di fare la figura dell’altra volta.»

«Di nuovo! Che Merlino e Morgana inceneriscano quella puttana!»

 

 

 

 

 

Nessuno al mio fianco:  è un romanzo di Nadine Gordimer, sudafricana, premio nobel per la letteratura nel 1991.

 

 

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Capitolo 8
*** Ultima dea ***


8-      Ultima dea

 

Al Ministero, sulle mappe magiche del mondo, scopre che il luogo di consegna della missiva è New York.

Lo sapeva. C’è già stato. Ma la sua traccia si è fermata quasi subito. Ha scoperto che è arrivata all’aeroporto Kennedy, che è entrata negli States con un visto di studio. Ha fatto cercare in tutte le università dotate di scuole di specializzazione in medicina, un’iscrizione a nome Hermione Granger, senza successo. Ha lasciato indicazioni di continuare le ricerche in tutti gli ospedali universitari, e in tutti quelli che accettano tirocinanti e specializzandi, e di ripetere periodicamente i controlli negli atenei.

Ha anche riempito di cimici le case e gli uffici dei suoi amici ma senza successo. Solo poche settimane prima gli hanno segnalato un malfunzionamento che, forse, poteva essere una manomissione, ma dopo un paio d’ore, il dispositivo ha ripreso a funzionare regolarmente.

Proprio in quel lasso di tempo, Weasley si è recato a casa di Potter. Non è tanto strano, è suo cognato. Avrebbe voluto entrare con la forza in casa Potter e costringerlo a rivelargli tutto quello che sicuramente sa. Ma non è opportuno. Ora ha un’indicazione più precisa. La troverà, o almeno troverà una traccia più fresca.

È praticamente certo che lei sia già andata via. È troppo sveglia per non capire che la civetta aveva addosso l’incantesimo di localizzazione.

Oppure potrebbe farsi trovare. Forse voleva solo dargli una lezione, fargli sentire il dolore della sua mancanza, e ora si lascerà ritrovare.

L’ha sentito. È straziante. Se solo pensa che potrebbe non ritrovarla si sente soffocare.

Il Ministero della Magia nordamericano mette a disposizione di Malfoy le sue mappe. Non è così lontano, Geenwich Village, quasi al centro. Vi si reca velocemente. Chissà se riuscirà a rientrare in tempo? Sente una fitta alle viscere, all’idea. Quel maledetto matrimonio!

Il luogo è un albergo. Chiede di lei. È partita quindici giorni fa. Praticamente subito dopo aver ricevuto la sua lettera. Fa domande su domande allo sgarbato portiere e infine gli legge la mente. Niente.

Lascia il portiere parecchio confuso ed esce desolato, si va a sedere in un bar vicino. La cameriera di mezza età, dall’aria gentile, si avvicina e pulisce pigramente il tavolo già pulito.

«Come mai un così bel giovane tanto triste?»

«Non credo siano affari suoi. Mi porti un the al latte senza zucchero, grazie.»

A lui nemmeno piace il the. A lei piace. Al latte, senza zucchero.

«Avevo un’amica che prendeva sempre il the in questo modo. Glielo porto subito.»

Un’amica? Che prendeva the al latte senza zucchero. E non potrebbe essere lei? Quando la cameriera torna la trattiene.

«La prego di scusarmi, sono stato sgarbato con lei. Ha detto che ha un’amica che ama il the, anch’io ne ho una, chissà se è la stessa? Lei è stata qui per qualche tempo.»

Jean lo guarda con un sorrisetto che a Draco sembra di scherno.

«La mia è una ragazza davvero deliziosa. Ha una bambina che è un amore!»

«È…» deglutisce. «Io credo che potrebbe essere la stessa. Non è più qui?»

«No, purtroppo. È partita.»

«Oh, mi sarebbe piaciuto davvero salutarla! È troppo tempo che non la vedo.»

«Anche a lei, ne sono sicura. Poverina, così sola! Ha una brutta storia alle spalle. Sono sicura che vedere un vecchio amico le avrebbe tirato su il morale.»

Una brutta storia? A che si riferisce? Non le sarà capitato qualcosa!

«Che storia ha avuto?»

«Come?» La cameriera sembra distratta, non lo guarda in faccia. Draco detesta essere ignorato.

«Lei ha detto che ha una storia triste alle spalle», impaziente, di nuovo sgarbato.

«Vuole assaggiare i nostri muffin ai mirtilli? La piccola ne andava pazza.» Ma fa apposta? Ha detto “la piccola”, Eltanin, la sua stella luminosa. La nostalgia lo colpisce a tradimento.

«Nin va pazza per tutti i dolci» gli occhi persi nel ricordo.

«Lo so, ma i muffin erano i suoi preferiti. Ai mirtilli.»

«Me li porti. Non ha risposto alla mia domanda.»

La signora si allontana senza parlare e torna dopo un po’ con un grosso muffin su un piattino.

«Non so se sia giusto parlare di una persona che non c’è.»

«In fondo è una nostra conoscenza comune. Io non la vedo da tanto, è normale chiedere notizie, non trova?»

«Oh, sì, credo che abbia ragione, alla fine.»

«Allora?»

«Allora cosa?»

«Cosa le è capitato?» L’ansia non ha fatto che aumentare da quando la donna ha parlato di una brutta storia. Cosa le può essere successo? Qualsiasi cosa: è una donna sola, in giro per il mondo.

«Una storia come tante. Si è innamorata, ha avuto una figlia dal suo amato, lui le ha detto sempre che lei era l’unica e adesso si sposa con un’altra. Succede ogni giorno, ma quando capita a te è davvero dura. La capisco se se ne è andata. Cosa avrebbe dovuto fare, restare lì a guardare l’uomo che ama con sua moglie, magari con i suoi altri figli. Come poteva?»

È lui. È lui la sua brutta storia.

Non può accettarlo, lei per lui è stata tutto quello che di bello c’è nel mondo. Possibile che lei lo consideri solo “una brutta storia”? O è quella chiacchierona a definirlo così?

«Poteva, io dico che poteva.»

«Allora lei non sa niente del cuore delle donne.»

Davvero non sa niente del suo cuore? Non riesce a crederlo.

«Non le ha detto dove andava?»

«No, purtroppo.»

«Come posso sapere se la sua amica sia anche la mia?»

«Posso fargliela vedere.»

«Come?»

«Ho una sua foto. Me l’ha lasciata per ricordo.»

«La prego.»

«Eccola là», indica una parete, alle spalle di alcune postazioni di computer.

È lei, una foto babbana, a colori, piuttosto grande, in mezzo a centinaia di altre, lui la vede subito. Il suo viso è accanto a quello di Eltanin, ridente, con la bocca sporca di mirtilli. Sorride anche lei, ma non è il sorriso che lui conosce, è spento e non illumina lo sguardo.

Allunga una mano, la tocca cautamente.

Si mette il palmo della mano davanti alla bocca. Un gesto che lei conosce bene, come ogni altro suo gesto. Conosce ogni suo sguardo, ogni suo desiderio. Sa la sua gioia e la sua tristezza, la sua rabbia e la sua serenità.

E lui? Che sa davvero di lei?

Non riuscirà a vivere così lontano da quello che rappresentava il suo punto di equilibrio, che gli consentiva di sopportare il suo mondo sporco e crudele.

Come farà a rinunciare a loro proprio adesso, che dovrà sopportare quell’enorme fardello, quel peso intollerabile? Gli pare impossibile che lei non capisca quanto poco abbia a che fare lei e sua figlia, quel matrimonio. Possibile non veda che è solo un obbligo? Un faticoso dovere?

Come riuscirà a staccare gli occhi da lei?

«Mi scusi, signora, so che le chiedo molto, ma non potrei…» Si schiarisce la voce. «Potrei averla?»

«Mmm. È la mia preferita», mugugna Jean, contrariata. «Ma va bene, ne ho un’altra. La prenda.»

«Davvero non sa dov’è?» Draco si schiarisce di nuovo la voce, gli è uscito un tono supplichevole che non riconosce come proprio.

«Abbiamo parlato di tanti posti, del Canada, di Cuba…» Alza le spalle. «Che vuole che le dica?»

Leggerle la testa? Che motivo avrebbe di mentire? Potrebbe farla svenire, sarebbe imbarazzante. C’è gente nel locale.

«La ringrazio. È stata molto gentile.»

«Oh, non ho fatto niente. Ho chiacchierato un po’, sono una chiacchierona, lo so. Stia bene. E se trova Hermione mandatemi una cartolina.»

«Lo farò di sicuro!» esce e chiude la porta.

Jean lo saluta con un sorriso professionale. Aspetta che le abbia voltato le spalle e chiuso la porta prima di ridere davvero.

Hermione conosce bene il suo pollo. È lui che non ha capito con chi ha a che fare!

Meglio così, un simile coglione non merita nulla. Spera solo che Hermione possa trovare qualcuno degno di lei.

Ricorda una delle ultime conversazioni.

 

«Arriverà più o meno tra un paio di settimane, forse più. Potrebbe anche non fermarsi qui, ma credo che lo farà e tu lo riconoscerai facilmente. È un bel ragazzo, ha la mia età, è alto e biondo, molto elegante, con dei meravigliosi occhi grigi.» Jean mima ridendo una sviolinata, Hermione ride anche lei, abbassando la testa. «Mi piace, se non fosse così ti pare che adesso sarei in questa situazione?

Ti farà un sacco di domande senza dire niente di sé. Non è una persona gentile, ma quando vuole, quando cerca di ottenere qualcosa, sa essere molto affascinante.

Dagli la foto. Lo so che ci vuole bene, ma è tremendamente ottuso e privo di spina dorsale. Ho tentato di aiutarlo ma finché rimane sotto le grinfie di quel padre…», un grosso sospiro. «Io devo pensare a mia… ai miei figli. Questo è meglio che non lo sappia. Non dargli indizi veri di dove potrei essere, anzi, se puoi depistalo.»

«Sta tranquilla, non saprà niente da me.»

«Grazie Jean, grazie! Quanto vorrei restare qui! non sopporto l’idea di non rivederti.» L’ha abbracciata stretta e ha versato qualche lacrima. «Scusa, sono gli ormoni.»

«Lo so bene. Fatti sentire.»

«Potrebbe metterti il telefono sotto controllo. Non lo conosci. Lui è del tutto digiuno di tecnologia ma ha un sacco di soldi e può farlo fare. Non fidarti di lui.»

«Va bene», le porge un biglietto. «Qui ci sono tutti i modi in cui mi puoi contattare: indirizzo, telefono fisso e cellulare, indirizzo e-mail, sito, blog, skipe, chat, tutto. Ho perfino una casella postale che conoscono in pochi. Vedi un po’.»

Lei guarda il biglietto e ride, ci sono almeno dieci diversi modi di comunicare con lei, qualcuno abbastanza sicuro lo troverà di certo.

 

****

 

Draco si dirige verso l’ufficio di investigazione. Ha altre piste per loro. Dovranno tenere sotto controllo gli aeroporti, non solo il JFK, perché non è così sprovveduta da rendergli le cose facili, e i treni. Questo sarà un po’ più complicato. Naturalmente estendere le ricerche a Cuba e al Canada.

Il signor Porter, capo dell’agenzia investigativa, avanza l’ipotesi di documenti falsi, che complicherebbero di molto la faccenda.

Lui ci pensa un po’.

«Quanti soldi ci vogliono per ottenere documenti falsi?»

«Beh, dipende. Per un documento convincente occorrono dieci, quindicimila dollari. Potrebbe disporne?»

Draco scuote la testa. Non li ha, lo sa bene, ma sa anche (e non può certo dirlo al signor Porter) che abile strega sia. Non dubita che riuscirebbe facilmente a trasfigurare i documenti o a confondere abbastanza i controllori da far credere di leggere qualcosa di diverso sul passaporto.

«Non lo so», risponde a Porter. «Voi, in ogni caso controllate ogni giovane donna che viaggi in compagnia di una bambina dell’età giusta e che le somigli, anche vagamente.»

«Lei ci ha fornito una descrizione ma senza un’immagine, mi creda, le speranze di trovarle sono pressoché nulle.» Il babbano allarga le braccia e scuote la testa.

Draco ricorda, all’improvviso, la foto che ha ricevuto dalla padrona del caffè. Una foto babbana, l’ultima. Non vuole dargliela.

«Ho una foto ma…»

«Che c’è, non è chiara? Mi faccia vedere.»

«No, è che ho solo questa.»

La porge, timoroso.

«Non si preoccupi, gliela rendo subito.»

Il signor Porter inserisce la foto dentro uno strano oggetto. Draco aggrotta la fronte, vede l’uomo trafficare con un computer.

Dopo appena un paio di minuti, l’immagine compare sullo schermo, rovesciata, ma perfettamente identica.

Draco non chiede nulla. Sono le strambe magie dei babbani, ormai ha a che fare con loro abbastanza da non farsi più domande. E da non essere più così stupido da sottovalutarli. Hanno mezzi diversi, ma ugualmente potenti e, spesso, un cervello molto più vivo e scattante di quello di qualunque mago.

Riprende la foto con un sospiro di sollievo. La ripone con cura. Ringrazia e saluta il signor Porter ed esce dall’agenzia.

Non è finita, ha ancora speranza di ritrovarla.

Ha speranza.

È l’unica cosa che gli resta. La speranza.

L’ultima dea.

 

*****

 

Quando arriva al Manor, passando davanti alla porta dello studio di Lucius, sente la voce di Astoria.

Evidentemente si sentono tranquilli per la sua assenza, altrimenti Lucius non avrebbe mai dimenticato di insonorizzare la stanza.

«…non se ne scorda mai! Come posso fare?»

«Non lasciarti scoraggiare, esistono metodi per invalidare gli incantesimi contraccettivi. Una volta che sarai incinta non dovrai più temere nulla, sarà incastrato per sempre.»

Metodi per invalidare gli incantesimi contraccettivi” ha fermato i passi cauti con i quali si accingeva a passare davanti alla porta dello studio senza farsi udire, risparmiandosi così una sessione di insulti; “incastrato per sempre” l’ha spinto a origliare con attenzione.

Draco si appoggia tranquillamente al muro e ascolta.

«Non vorrei ricattarlo, io lo amo, è che non voglio dividerlo con quella sudicia babbana!»

«Intanto lei adesso non è a Londra. È sparita con la bastardina, lui la sta facendo cercare.»

Un lamento da parte della fidanzata.

«Non si potrebbe togliere di mezzo per sempre? Infine è solo una babbana!»

«Magari fosse così! In realtà è un’ottima strega. Eliminarla è stato uno dei miei primi tentativi, ma è fallito, e lei ha trovato il modo per farmi sapere che aveva capito perfettamente che ero stato io e per minacciarmi. Non a vuoto, purtroppo, è a conoscenza di certi miei segreti che nemmeno mio figlio conosce. Insomma, non lo posso fare davvero, ma posso minacciarlo.»

«Che lo minacci a fare se non si trova?»

«LUI non la trova! Ha cambiato nome, per questo non la troverà mai. È intelligente, la Sanguesporco, se non vuole farsi trovare lui non la troverà.»

«E tu come lo sai?»

«Oh, ho i miei metodi. Non devi dubitare di me. Io sono dalla tua parte.

Intendi, lui è mio figlio, ci tengo, ma proprio per questo deve dimostrarsi all’altezza. I suoi sono capricci, deve sposare la donna giusta e avere il giusto erede, per la famiglia. L’ho fatto io, l’ha fatto tuo padre e nessuno di noi è morto per questo. E nessuno di noi ha sentito il bisogno di mantenere per anni una mezzosangue. Qualche distrazione è prevedibile e perdonabile, ma questo suo comportamento se lo deve togliere dalla testa!»

Uno sbuffo spazientito.

«Quella maledetta sgualdrina! Lo sai cosa tuo figlio ha avuto il coraggio di dirmi? Che la sua famiglia è lei e io sono solo facciata. Non vedo l’ora di fargli ingoiare tutto! Dimmi di questi metodi per annullare l’incantesimo contraccettivo.»

Per Draco è abbastanza.

Si ritira nella sua stanza, si spoglia e si infila sotto l’acqua della doccia.

Che deve aspettarsi da questo matrimonio? Continue trame, ricatti e veleni.

Che vita lo aspetta?

Si dà dell’ingenuo. Non lo sapeva forse? È un matrimonio di interesse, un matrimonio in cui ognuno guadagna qualcosa, in cui il gioco di potere è l’unica dinamica prevedibile. E un figlio è l’arma più potente in mano a una moglie.

È davvero sicuro di poter sopportare tutto questo? Senza di lei, senza sua figlia. Non la vedrà crescere, non saprà mai se sta bene, se le capiterà qualcosa.

Avere un figlio da quella odiosa intrigante. Un figlio per ricattarlo. Dando per scontato che lui lo amerà. O sarà sufficiente l'orgoglio di casata a rendergli caro l'erede? Chissà se l’amore verso i figli è davvero istintivo e ineludibile o se si ama nel figlio l’amore che l’ha concepito, la donna nel cui ventre è cresciuto.

Un figlio si ama per natura, per dovere o per amore?

Non lo sa.

E in fondo cosa conta? È forse stato amato, lui? E suo padre? Astoria è stata amata o allevata come una giumenta di valore, per ricavarne il massimo in termini di ricchezza e prestigio sociale?

Stare tanto tempo con una nata babbana gli ha cambiato il punto di vista. Quando ha incominciato a valutare le relazioni famigliari in termini di AMORE? È forse diventato uno stupido Grifondoro?

Che deve fare? tentare di tornare sui binari ufficiali o accettare che ormai il danno è fatto e lui non sarà mai più il purosangue convinto che è stato in passato?

Quando la sua fidanzata entra in camera e si infila nel letto, accanto a lui, blaterando sorpresa di trovarlo in camera, lui le volta le spalle schifato e non le rivolge altro che la propria schiena.

 

*****

 

Continua a riflettere per giorni, cercando di scendere a patti con l’infelicità che gli si prospetta. Sa perfettamente che non si porrebbe nemmeno il problema se non avesse avuto anni di felicità. Solo adesso riconosce la pienezza e la gioia in cui ha vissuto finora, senza dover dare nulla in cambio, senza dover compiere alcuna scelta. Ha compiuto il proprio dovere di purosangue, ogni giorno, in compagnia delle persone giuste, occupandosi degli affari di famiglia, brigando al Ministero per ottenere situazioni favorevoli.

Ma sapeva che alla fine di ogni giorno arriva la sera e alla fine di ogni settimana la domenica. E lui, finalmente poteva restare a casa.

E casa era quella villetta senza pretese alla periferia di Londra, quella donna dai capelli arruffati, quella bambina che si attaccava alle sue gambe per farsi prendere in braccio.

Solo adesso si domanda quanto a lei sia costato rinunciare alla vita mondana, agli onori che il mondo magico le ha tributato per nascondersi in un angolo solo e sempre a sua disposizione. A quante opportunità ha rinunciato per lui? Quanti pericoli ha dovuto affrontare senza nemmeno dirglielo?

Suo padre ha tentato di farla uccidere. Quando? Perché lui non ne sa nulla? Qual è il segreto di cui la Granger è a conoscenza?

E poi, sarà vero che suo padre sa di lei qualcosa che lui non sa? Ha la minima possibilità di scoprirlo?

Il pomeriggio seguente passa un’intera ora sulla tomba di sua madre, a interrogare la sua pietra, il ritratto muto, a chiederle perdono per essere un erede tanto carente. Perché il sorriso di sua madre gli appare tanto spento? Solo perché lui è triste immagina triste anche sua madre. Forse. O forse lo è sempre stato, e lui non ha saputo vedere.

 

 

 

Ultima Dea: è un romanzo di Gianni Riotta.

 

 

 

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Capitolo 9
*** Se sei infelice è tutta colpa tua ***


9-      Se sei infelice è tutta colpa tua

 

 

La mattina del matrimonio lo sorprende insonne.

Si è rifiutato di dormire nello stesso letto con Astoria, come fa dalla sera in cui ha spiato la conversazione tra lei e suo padre, e siccome lei non ha voluto lasciare la sua camera, se n’è andato lui.

Quella sera, entrando in camera, lei si era sorpresa di trovarlo nel letto e gli si era avvicinata con inequivocabili intenzioni: ovviamente quella di provare subito il trucchetto suggerito da Lucius per annullare l’incantesimo contraccettivo. Draco si era visto obbligato a fuggire.

Ogni notte sigilla la porta della stanza per paura che, tra lei e suo padre, gli giochino qualche brutto scherzo per obbligarlo a copulare.

Ora non c’è più tempo per riflettere, per dubitare, per tergiversare.

Tra due ore sarà il marito di Astoria. E dovrà mettere in cantiere il figlio.

No, non un figlio, solo un erede.

 

*****

 

Un gufo picchietta alla finestra.

È il rapporto di una delle agenzie americane.

Una donna di nome Herminie Berger, con la figlia di tre anni, Antonia, si è imbarcata, dieci giorni fa,  all’aeroporto di New Orleans, su un volo diretto a Port au Prince. È stata individuata di recente nell’isola e la sua descrizione corrisponde perfettamente a quella della donna e della bambina da lui ricercate.

Il loro agente l’ha individuata per caso, mentre faceva spesa in un negozio e sembra convinto della sua identità, però non ha potuto fotografarla subito. L'unica ummagine, presa per strada e da lontano, è molto sgranata, tuttavia lui potrebbe riconoscerla, se fosse lei.

L’agenzia ipotizza che la donna sia riuscita a procurarsi falsi documenti e lo invita a raggiungere New York al più presto, attraverso passaporta, o a inviare un indirizzo di posta elettronica attraverso cui comunicare e poter mostrare le foto fatte alla donna.

Che diavolo è una posta elettronica? E come farebbe lui a conoscerne l’indirizzo, se non ha idea nemmeno di cosa o chi si stia parlando?

Deve partire subito.

Esce di corsa dalla stanza e attraversa il corridoio, affollato di elfi e damigelle, che strillano vedendolo a torso nudo correre come un pazzo verso la stanza della sposa,  che poi sarebbe la sua. Ha bisogno di vestirsi in modo normale e prendere la sua borsa ma nella stanza dove ha dormito non c’è altro che il tight per le nozze.

Spalanca la porta e tre donne si girano sorprese a guardarlo.

La madre di Astoria urla che porta sfortuna e si para davanti alla figlia in vestaglia e all’abito bianco posato sul letto.

Draco apre la bocca per annunciarle le sue intenzioni ma Astoria è più veloce. Supera con un balzo la barriera materna e gli punta contro il dito indice come fosse una bacchetta.

«NO! Scordatelo! Non rimanderai il matrimonio un’altra volta per correre dietro alla tua baldracca! Incomincia a pensare a me, perché lei è storia vecchia!» Lui pensa a quanto piccola sia Port au Prince, rispetto a New York, al fatto che potrebbe anche essere solo una tappa, un depistaggio. Quando lui sarà arrivato lei potrebbe non essere più là. Pensa che deve fare presto. «Tu mi sposerai questa mattina stessa e questa sera, in questo letto tu farai l’amore con me e concepirai un figlio nel mio ventre. E ti scorderai per sempre ogni altra donna, compresa quella lurida puttana sanguesporco che ti sei sbattuto e che da oggi in poi per te è MORTA!»

Draco ha guardato quella con cui dovrebbe dividere la vita vomitargli addosso la sua condanna e solo in quel momento tutte le sue riflessioni giungono alla loro naturale conclusione.

In un lampo di puro intuito scopre la verità che non era riuscito, finora, a dire a se stesso.

Solleva la bacchetta verso di lei.

Lei spalanca gli occhi e si ritrae spaventata.

Lui sposta di pochi gradi la direzione della bacchetta e, senza una parola, incendia il suo abito da sposa bianco e prezioso.

Fa un falò del letto in cui credeva, sinceramente, che avrebbe concepito un figlio, un giusto erede per la sua famiglia.

Brucia senza ripensamenti il suo destino di purosangue.

«Se vuoi scopare in quel letto fallo», sussurra a denti stretti. «Facci dei figli, sposati, muori, fai il cazzo che ti pare, fallo con chi ti pare. Ma non con me! Con me hai chiuso.»

Si veste in fretta, senza curarsi di Astoria, né di sua sorella, né di tutte le persone che si sono affacciate per capire cosa stesse succedendo, senza badare alle contumelie della sua ex futura suocera, quando si sfila le mutande davanti a lei, senza una misera parola di scuse.

Afferra la sua piccola borsa e la apre per controllare il contenuto in mezzo alle grida, al fuoco che sta divorando le cortine del letto e si attacca alle tende, al fumo che riempie la stanza.

A nessuno viene in mente un incantesimo freddafiamma per evitare la distruzione completa delle suppellettili.

Lucius, richiamato da Astoria, gli urla dietro, lo copre di insulti e lo minaccia con la bacchetta, senza ottenere la sua attenzione.

Draco richiude la borsa senza guardare nessuno e senza dar segno di accorgersi della confusione che lo circonda. Si lancia fuori della stanza, travolge un fattorino che, cadendo, getta in aria un centinaio di rose bianche. Lui le calpesta correndo lungo il corridoio, verso le scale.

Ed è in cima alle scale, addobbate di fiori e nastri dal gusto impeccabile, che lo raggiunge, alle spalle, lo schiantesimo di Lucius, lo scaraventa in avanti, lo solleva, alto sopra la scalinata, lo lascia cadere e ruzzolare fino in fondo, svenuto, sanguinante, con l’omero spezzato che fuoriesce dal braccio e perfino dalla manica della giacca.

 

*****

 

Il matrimonio è rimandato di nuovo.

Non annullato, solo rimandato.

La sposa si compra un altro vestito, lo sposo passa un mese al San Mungo, per rimettere insieme le ossa e superare la commozione cerebrale e il leggero stato di coma, conseguenza del suo incidente.

I giornali fanno grasse tirature con la storia del giovane bellissimo purosangue che ha un terribile incidente proprio la mattina del matrimonio, fanno illazioni sulle cause della sfortuna di cui è vittima questa unione, già rimandata un numero imprecisato di volte.

Non appena il giovane in questione si riprende abbastanza da poter tornare a casa, Lucius entra nella sua nuova stanza provvisoria senza  bussare.

«Ti sposerai esattamente tra quindici giorni. Mi sono informato, per quella data potrai muovere bene il braccio e non avrai problemi a fare il tuo dovere.»

«Non lo farò.»

Ha parlato sottovoce. Lucius, che ha già girato le spalle per uscire, si ferma sulla porta. Non è sicuro di aver capito.

«Cosa? Cosa hai detto?»

«Non mi sposerò. Né fra quindici giorni né fra trenta. Non sposerò mai Astoria.»

Allora aveva sentito bene!

«Se non lo farai di tua spontanea volontà ti metterò sotto imperio e lo farai comunque.»

«Ammesso che tu ci riesca, prima o poi recupererò le mie facoltà. Sappi che se mai mi dovessi trovare sposato contro la mia volontà o incastrato in qualsiasi modo, ammazzerò sia te che lei e lo farò sembrare un incidente. Sarò il giovane purosangue più sfortunato d’Inghilterra e piangerò come si deve. Se mai dovesse succedere qualcosa di brutto alle persone che amo, non avrà più importanza farlo sembrare un incidente, ti ammazzerò dopo averti fatto soffrire tanto da farti supplicare la morte.»

Lucius boccheggia. Il tono di suo figlio lo costringe a prendere sul serio le sue minacce.

Malgrado la sua esperienza di Mangiamorte, non è affatto certo di poter tenere testa a suo figlio in un duello. Senza contare che lo potrebbe sorprendere nel sonno o in qualsiasi momento, lo potrebbe sopraffare fisicamente, per via dell'età e della sua menomazione.

E non è così stupido da sottovalutare la determinazione di Draco

«Che hai intenzione di fare?» chiede in tono ancora forzatamente arrogante.

«Niente che ti riguardi.»

«Sei mio figlio e il mio erede, hai dei doveri verso di me e verso il nome che porti.»

«E allora?»

«E allora tutto quello che devi fare è sposarti e dare un erede alla casata.»

«Ho una figlia. Se ti piace bene, se non ti piace disconoscimi. Sei ancora in tempo a fare altri figli, perché da me, l’unico erede che avrai è lei.»

«Maledetto stronzo, non oserai! È per colpa tua che sono…»

Draco si solleva sul letto a fatica, ma con tutta la foga che le sue condizioni gli concedono.

«NO! Non è vero! TU, non io, TU ti sei mescolato a quella feccia purosangue che ha messo il proprio destino nelle mani del figlio pazzo di un babbano!»

«Come osi!»

«TU, pezzo di imbecille, mi hai consegnato al tuo Lord e mi hai fatto marchiare senza domandarmi se fossi d’accordo!»

«Era ovvio.»

«Un cazzo! Non era ovvio per niente! Io non ho tradito nessuno, ma se l’avessi fatto ne avrei avuto mille ragioni! Se sei uno storpio ringrazia te stesso e non mi mettere in mezzo! MAI PIÙ!»

 

*****

 

Arriva, non si sa da dove, alle indiscrete orecchie di Rita Skeeter l’illazione che il matrimonio più atteso del secolo è stato rimandato tante volte non per sfortunati e casuali eventi, ma perché lo sposo non fa altro che cercare in tutto il mondo, come un pazzo, una donna, di cui nessuno conosce il nome.

Qualche ingenuo rispolvera il nome di Hermione Granger, con cui si mormorava, anni addietro, che il giovane avesse un flirt, ma la Skeeter, che conosce il mondo magico e la sua aristocrazia come nessun altro, boccia nettamente l’ipotesi. Quella ragazzina priva di attrattive e di eleganza non potrebbe mai affascinare il golden-boy, lo scapolo più ambito!

Si lanciano quindi le ipotesi più spericolate, perché, parliamoci chiaro, trovarne una più bella, ricca e affascinante di Astoria Greengrass, è davvero dura!

Così, ora innamorato di una veela, ora legato a sé da una strega orientale che gli ha maledetto la virilità impedendogli di andare con altre donne, il silenzioso, riservato e quasi scorbutico purosangue, diviene protagonista, suo malgrado, di infiniti romanzi, mentre si spiano i suoi frequenti viaggi all’estero, si contano i gufi che affluiscono alla sua casa o al suo ufficio e perfino la quantità della posta babbana che perviene al suo indirizzo, mentre la fidanzata purosangue non tenta nemmeno più di stabilire la data delle nozze ma rifiuta ostinatamente di lasciare il Manor.

Dopo sei mesi, l’interesse si è ormai affievolito, in un ultimo geniale sprazzo, la Skeeter lo paragona all’eroe di certe storie babbane, un tale che combatteva mostri inesistenti, affrontando mulini a vento e scambiando pecore per eserciti nemici e finisce bastonato. Così come il nostro cerca disperatamente una donna che chissà mai se esiste davvero.

 

*****

 

Hermione si sposta, cambia nazione più volte, cercando quella in cui allevare i suoi figli con un minimo di tranquillità, dove poter lavorare, perché se per lei e Eltanin sono sufficienti le rimesse dall’Inghilterra, rappresentate dalla piccolissima rendita, costituita dai suoi genitori in vista degli studi superiori, e dagli affitti delle due case, tre figli necessiteranno sicuramente di entrate maggiori.

Snobbando i consigli di Jean prova ad Haiti, per prima cosa, immaginando una vita a basso costo in una capanna sul mare, ma l’estrema povertà dell’isola la deprime quasi quanto la presenza di militari stranieri. Infine, dopo aver fatto conoscenza con il primo uragano, decide che non è quello il posto giusto.

Scende lentamente verso sud, attraversando l’America centrale, e addentrandosi poi in quella meridionale, attraverso paesaggi e costumi tanto differenti che la lasciano senza fiato. Per fortuna da quelle parti è tutto meno costoso che negli States.

Il Venezuela l’affascina per molti mesi, per la varietà geografica e culturale. A San Cristobal nascono i due gemelli: un maschio e una femmina, così biondi da provocarle un urto nel petto.

All’ospedale ha dovuto presentare i propri documenti senza alcuna alterazione, o avrebbe rischiato di vedersi negata la maternità dei figli in caso fosse potuta rientrare in patria. Quindi lascia il Venezuela appena si riprende abbastanza da poterlo fare.

Trascorre qualche tempo in Argentina, ancora scossa dalla crisi economica, infine trova il suo posto nel mondo: Salvador de Bahia.

Imparare il portoghese non è un problema, non per lei, la città è una meraviglia, prima ancora di aver concluso la specializzazione apre un piccolo ambulatorio in uno dei quartieri periferici e disperati della città e fa il tirocinio sul campo. Non tutti possono pagare e all’inizio è piuttosto dura. Va meglio quando la sua fama di ottima pediatra si diffonde oltre i confini del quartiere. Arrivano pazienti più danarosi e quindi la possibilità di aprire due ambulatori: uno in centro, con parcelle elevate, l’altro gratuito, vicino ad una delle bidonville alla periferia della città.

Compra una piccola casa, due stanze, il bagno e la cucina. Tutto a piano terra, due scalini fuori del portone, un portico di legno, un piazzale circondato da limoni, un gigantesco albero di mango, un piccolo orto.

Scrive a Harry e gli chiede di andarla a trovare. Sente forte la nostalgia degli amici. E di Draco.

Lui ormai avrà quella sua famiglia purosangue e si sarà dimenticato di lei.

Ha cambiato di nuovo nome: ha scelto un nome del posto, che nessuno usa, ormai tutti la chiamano Dona Flor. I suoi figli sono Nina, Rodrigo e Remedios.

 

*****

 

Draco non è riuscito a trovare Hermione: ha scoperto che quella che gli investigatori sospettano sia lei, ha passato meno di due mesi ad Haiti e che non è stata più vista dopo un disastroso uragano.

Ha visto anche la famosa foto di questa Herminie, veramente di pessima qualità. Non è sicuro che sia lei: porta grandi occhiali e ha i capelli cortissimi, la figura  troppo pesante, per essere lei, anche ipotizzando che si sia un po’ ingrassata. Però la bambina che la tiene per la mano e che la guarda dal basso in alto sembra proprio Eltanin.

È andato di persona ad Haiti ma non ha trovato indizi convincenti. In ogni caso, se anche fosse stata lei, adesso non è più lì. Ha un brivido all’idea che potrebbe essere una delle molte vittime dell’uragano.

No, impossibile, è una strega, non può essere la vittima anonima di un evento atmosferico.

Torna a Londra.

Ha lasciato il Manor senza dire una parola. Semplicemente non è tornato. Le poche cose che considerava sue sono bruciate nell’incendio della sua stanza. Non ha niente da fare lì, non ha voglia di rivedere suo padre, né Astoria che vive ancora lì e continua a dire di essere la sua fidanzata.

Ormai sono molti mesi che paga l’affitto della casa dei genitori di Hermione, che c’è di meglio?

Non sa che fine abbiano fatto i mobili, forse in un magazzino, forse venduti. Ricompra solo lo stretto necessario. Hermione troverebbe tremendamente anonima quella mobilia, ma a lui non importa: quando tornerà ci penserà lei a trasformare quel dormitorio in una casa.

Ha un paio di elfi che considera suoi e che gli obbediscono, gli basta chiamarli. Una è la sua anziana balia, l’altro è quello che i genitori gli hanno regalato per il suo decimo compleanno. Loro non vorrebbero essere liberati ma Draco impone di accettare uno stipendio e turni di riposo. Hermione lo crucerebbe se gli facesse trovare elfi in schiavitù nella sua casa.

 

*****

 

Ormai da anni vive solo, nella casa semivuota.

Continua a ricevere i rapporti negativi delle agenzie. Ha chiuso la collaborazione con alcune di quelle nordamericane e ne ha contattate altre, in vari paesi del Centro America e del sud. Ogni tanto fa un viaggio per verificare un avvistamento, un’ipotesi.

Lavora per suo conto, lasciando perdere le “imprese di famiglia”. Ha acquistato una casa editrice e una compagnia di assicurazioni e partecipazioni ad altre imprese magiche e babbane, utilizzando i capitali ereditati dalla famiglia Black e non ha più messo piede al Manor.

La casa editrice è quasi un passatempo per Malfoy. L’ha comprata più pensando a Hermione che per fare un buon affare. Ha immaginato quanto avrebbe goduto nell’occuparsi personalmente dei libri da pubblicare.

Quello da cui ricava i maggiori introiti è la compagnia di assicurazioni.

Almeno fino a quando i rimborsi non aumentano in modo preoccupante. Stranamente tutti nello stesso settore e nella stessa zona del paese.

Gli ispettori non vengono a capo di nulla, i danneggiati sono per lo più babbani e la cosa strana è che, interrogati dagli ispettori dopo alcuni mesi non ricordano quasi nulla del danno all’abitazione che aveva dato luogo al rimborso.

Alla fine Malfoy e i suoi ispettori giungono concordemente alla soluzione che i disastri fossero simulati con la complicità di un mago che, dopo aver incassato tutto o in parte il rimborso dell’assicurazione, oblivia il malcapitato babbano e ripara il danno senza lasciare traccia di sé.

Quindi la “Malfoy Insurance”, nella persona del suo proprietario, si rivolge agli auror per una sospetta truffa perpetrata da uno o più maghi sconosciuti ai suoi danni.

Malfoy ha così l’occasione di rivedere Potter dopo più di due anni.

Un giovane auror lo fa accomodare nell’ufficio. Lui siede e aspetta, domandandosi se sia opportuno chiedergli di nuovo della Granger.

Alla fine decide per il no. È praticamente certo che abbia mentito la prima volta e non si farà scrupolo di farlo di nuovo.

Passano dieci minuti e Potter non si vede ancora. Si alza e incomincia a camminare qua e là per l’ufficio, guardando le foto sui ripiani dello scaffale  e sulla scrivania. La maggior parte le riconosce facilmente: la moglie, la famiglia Weasley, un paio di mocciosi, forse i suoi figli, una foto del trio ai tempi della scuola. Guarda con nostalgia la piccola Hermione, di forse tredici o quattordici anni, sfiora la carta, le accarezza con un dito i capelli, la guancia minuscola.

Una foto coloratissima attira la sua attenzione: una donna abbronzata, seduta sull'erba, con un largo cappello che le nasconde gli occhi, un abito arancione e tre bambini seminudi addosso, una bimba di forse cinque anni, con le treccine scure e due piccoli biondissimi, uno dei quali allunga la sua mano sul mento della donna, dal sorriso splendente.

Non si spiega perché quell’immagine lo attragga tanto. Il sorriso di quella donna lo affascina inspiegabilmente.

In quel momento entra Potter.

«Buon giorno, Malfoy. Cosa ti serve?»

«Potter, chi è questa donna?»

«È una cugina di Ginny. Non credo che ti interessi.»

Strano, perché la foto è babbana, non si muove. Ginevra Weasley ha parenti babbani?

«Non lo so. Il suo sorriso mi ricorda Hermione. Mi hai mentito già una volta su di lei e adesso lo stai facendo di nuovo.»

«Tiri a indovinare. In ogni caso, se l’avessi fatto, avrei avuto ottimi motivi.»

«Non sono ottimi motivi. Lei è mia.»

«Lei non appartiene a nessuno. Credi che sia un cavallo?»

«E non ci possono essere ottimi motivi per separare un padre da sua figlia.»

«Ma ne possono esistere per allontanare una figlia da un non-padre che non intende prendersi cura alla luce del sole ma solo gettarle le briciole come a un cane.»

«Il mondo magico è…»

«Cosa, è crudele? Lo so bene. Lo è più che mai con figli del letto sbagliato.»

«Non sai quello che dici. Io sono suo padre. Dovunque lei sia è mia figlia.»

«Però io so che tutti i miei figli si chiamano Potter e se domandi chi è il loro padre sanno cosa rispondere, non devono inventarsi niente.»

«Adesso che ragione hai per negarmi questa informazione? Non mi sono sposato, lo sai.»

«Ti direi qualcosa se sapessi dov’è…»

«Sì, ci credo.»

«…E se lei mi chiedesse di farlo.»

«Ma lo sa che non mi sono sposato?»

«Come faccio a saperlo?»

Draco vede rosso, afferra Potter per il bavero.

«Tu non glielo hai detto? Non le hai detto che non mi sono sposato?»

«Non sono il tuo assistente personale! Sei venuto qui solo per interrogarmi su Hermione?»

«No. Ma solo perché non serve a niente. Se servisse a ritrovarla, a sapere qualcosa di lei, mi accamperei davanti alla tua porta.»

«Non fare la vittima. Se sei infelice è tutta colpa tua.»

Che novità, lo sa che è colpa sua. Se c’è una sola cosa che ha capito è quella, che è stato un idiota. Non solo non riesce a fare il suo dovere di purosangue senza il suo sostegno, ma nemmeno ha speranze di poter vivere una vita semplicemente decente. Mai più.

Ed è stato ancora più idiota a sottovalutare Potter e il rapporto che ancora c’è, evidentemente, tra lui e la sua mezzosangue.

L’unico che avrebbe dovuto mettere sotto stretta sorveglianza è Potter. Lui sa dov’è e di sicuro è rimasto in contatto con lei. Le cimici non sono servite, ha scoperto presto che andavano in tilt troppo spesso. Sapeva che c’erano e le neutralizzava ogni volta che lo trovava necessario.

Sarà lei quella della foto? E allora Eltanin è cresciuta così tanto? E gli altri bambini? Di chi sono?

Potrebbe avere qualcuno. A questo pensiero il cuore accelera e il respiro si mozza.

Parla velocemente con Potter delle questioni riguardanti il lavoro e se ne va.

 

 

 

 

 

 

 

 

Se sei infelice è tutta colpa tua: ovvero “Il libretto dei proverbi tibetani”, a cura di Fabio Zanello. È esattamente quello che dichiara di essere: una raccolta di proverbi e quello che gli dà il titolo è uno di questi, particolarmente azzeccato, secondo me. 

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Capitolo 10
*** Come pietre nel fiume ***


 

10-  Come pietre nel fiume

 

 

Hermione,

ti scrivo per scusarmi con te per una grave omissione. Lasciami raccontare con ordine.

Un paio di giorni fa è venuto nel mio ufficio, al Ministero, Draco Malfoy, per denunciare una truffa ai danni di una delle sue imprese.

Non avrei mai immaginato che lui potesse trovarsi nel mio ufficio, meno che mai che avesse il tempo e la possibilità di girare a suo piacimento e guardare le mie cose, invece è andata proprio così, ho dovuto farlo aspettare perché ero a colloquio con Kingsley e lui ha guardato tutto quello che c’era da guardare.

Compresa la tua foto.

Lo so, mi avevi detto di non far vedere a nessuno le tue foto, ma non sai quanto mi manchi! In casa non ho niente, ci passa un sacco di gente che ti conosce fin troppo bene, in ufficio ho messo quella in cui il tuo viso è mezzo coperto e dico a tutti che è una cugina di Ginny e che ho la foto perché io e lei siamo i padrini dei gemelli.

Peccato che lui non ci abbia creduto per niente. Ha riconosciuto il tuo sorriso, dice.

Abbiamo quasi fatto a pugni (di nuovo) e questa volta ho paura che avesse ragione lui. Non so come dirtelo senza che anche tu ti arrabbi con me.

Lo so che non abbiamo mai più parlato del Furetto, so che tu hai tagliato completamente i ponti con l’Inghilterra per non farti trovare da lui e che noi siamo i soli custodi del tuo segreto, i tuoi soli contatti con la tua terra.

È proprio per questo che non avrei dovuto permettermi di nasconderti qualcosa che forse per te è importante. È inutile che dici che stai bene e che non rimpiangi niente della tua vecchia vita, di fatto non hai nessuno, non hai cercato nessuno, altrimenti una donna bella e speciale come te non sarebbe restata sola nemmeno per un giorno.

Uhh, devo proprio dirlo.

Il Furetto non si è sposato. È ancora celibe e non vive più con suo padre.

Avrei dovuto dirtelo subito, solo che non ci ho creduto. Hanno detto che il matrimonio era solo rimandato, come è successo un centinaio di volte, io ho immaginato che nel giro di un mese o anche meno sarebbe ritornato tutto come prima.

Il rinvio, quella volta, era causato da un incidente che lo ha tenuto a San Mungo per un po’. Non ti immaginare tragedie, pare sia caduto dalle scale. Ci sono stati articoli su questa faccenda, fantasiosi, come al solito, poi si sono chetati anche i giornalisti. A quanto mi risulta il contratto non è mai stato sciolto e la Greengrass vive tuttora a Malfoy manor. Solo che ormai sono passati più di due anni dall’ultima notizia in tal senso.

Lui si è arrabbiato tremendamente perché non te l’avevo detto. Non che fossi obbligato, ma mi sa che stavolta ha ragione. Non certo per lui, ma per te. Avevi il diritto di decidere conoscendo tutti i fatti.

Posso solo chiedere scusa. Nel nostro desiderio di proteggerti, anche dal piccolo dolore di sentirlo nominare, ci siamo arrogati un diritto che non ci spettava.

Ora lo sai. Se deciderai di cambiare il tuo atteggiamento verso di lui ti capirò. In ogni caso, ora lo sai. Fa’ come credi.

Non vedo l’ora che arrivi luglio, ti verremo a trovare, ma stavolta alloggeremo in albergo: ho forti dubbi che quella tua “casa” possa contenere, oltre a tutti voi, anche me, James, Albus e Ginevra, incinta di nuovo! A luglio sarà bella grossa.

Rispondimi al più presto e dimmi di te.

Con tutto l’affetto

Il tuo fratello d’elezione

Harry

 

 

*****

 

Un giorno dopo l’altro, la vita di Hermione scorre relativamente piana. Il tempo la leviga, come le pietre di fiume.

La madre, vedova e disperata, del primo bambino che ha curato per una grave intossicazione da metalli, adesso è la sua tata, sorridente e affettuosa. Suo figlio va a scuola. È uno dei pochi, da quelle parti.

Ormai è la signora Joager, Heloisa Florinda Joager, pediatra conosciuta e ben pagata dalle migliori famiglie di Salvador, ed è anche Dona Flor, madre di tre figli, senza marito o, come dicono i ragazzini scalzi che cura gratis, con due mariti, forse tre.

Questa storia dei due mariti è nata quando i suoi due amici, Harry e Ron, sono venuti a trovarla, prima l’uno, poi l’altro.

I ragazzini, curiosi come gazze, hanno visto Harry uscire da casa sua e rientrarci, lo hanno visto parlare con lei in confidenza come nessun altro uomo prima, così lo hanno seguito in branco, chiedendo ripetutamente.

«Sei il marito di Dona Flor? Sei tu il marito misterioso?»

E a Hermione.

«Abbiamo visto tuo marito, adesso lo sappiamo che esiste: ha gli occhiali ed è palliduccio come te!»

Quando, l’anno dopo è venuto Ron, è stata la stessa storia. Così quegli impudenti hanno incominciato a dire che lei ha due mariti, forse tre, perché nessuno di loro somiglia ai gemelli, quindi quelli devono essere di un altro marito.

Quando riceve la lettera di Harry, la legge tranquillamente, all’inizio. Dopo aver letto il nome di lui cerca, ansiosa, la notizia che lui le ha promesso all’inizio.

Cosa sarà? Gli sarà capitato qualcosa di brutto? Avrà avuto il figlio? Ma quello non è una notizia, e ormai dovrebbe essere successo da tempo.

Legge saltando le parole e le righe. Poi si blocca e ricomincia.

Fa violenza a se stessa per leggere lentamente e capire bene tutto quello che è scritto.

Le foto, l’ufficio... che diavolo vuole dirle? Il fatto che non ha un uomo. Tsh! Che dovrebbe farsene? Che stupida idea quella di accoppiarla per forza! Credono forse che soffra di solitudine?

Il matrimonio di Malfoy.

Non si è sposato?

Solo rimandato, Astoria vive al manor, appunto.

Il Furetto non è sposato.

Oh, che bello, Harry verrà a trovarla!

E Draco non si è sposato.

Né sta con qualcuna, o Harry l’avrebbe detto.

Non vive più con suo padre.

E allora?

Che si aspetta che faccia, lei? Che torni scodinzolando?

Non le importa niente, ormai è fatta.

 

*****

 

Una giornalista di una rivista americana, è venuta a fare foto al branco di monelli che si riunisce quattro volte a settimana nel cortile di Dona Flor, a cui lei insegna a leggere e scrivere, l’inglese, lo spagnolo, e come non farsi fregare con il resto o con il conteggio delle ore di lavoro.

La signora Wellington è molto espansiva ed elegge Hermione a sua guida e consulente. Lei non capisce se sia davvero interessata alla situazione delle persone di lì o solo furba e manipolatrice. L’articolo sulla favela di Salvador è solo uno di dodici articoli che riguardano i quartieri oltre ogni povertà disseminati attorno alle grandi città in tutto il mondo. Il reportage le vale una candidatura al premio Pulitzer e parecchio credito.

Dona Flor compra la rivista, ritaglia le foto e le appende in casa sua, usa l’articolo per far esercitare i ragazzi a leggere in inglese. Dice: “Siete famosi, adesso! Chissà, magari qualcuno vi vede e vi fa fare un film, visto quanto siete belli!”

I mocciosi ridono di cuore, non sono belli, loro, sono poveri e scuri, scalzi e con i vestiti vecchi dei fratelli più grandi, magri e con mani callose. In tanti vanno alla scuola di Dona Flor solo per la merenda che lei distribuisce a metà delle lezioni. Sono lì per il burro e per il pane bianco, più che per l’aritmetica, e per le caramelle e la carne di maiale affettata.

Lei non cucina mai l’acarajé, né la fejolada, dice che non è capace, lei cuoce le uova con la pancetta e delle strane zuppe dolci e frittelle e distribuisce un sacco di frutta e di dolci al latte. Ai bambini piace la cucina inglese di Dona Flor più della lingua inglese.

Lei è quasi serena. Parla con Jean, attraverso il suo portatile, scrive a Ginny e alla signora Weasley, a Harry e a Ron, qualche volta. Chiede che tempo fa a Londra.

A Bahia c’è sole o pioggia, ma è sempre caldo e allegro, c’è il mare e le grandi case della zona vecchia sembrano disegni di un bambino senza pensieri. Il suo corpo si è adattato, ha preso un colore di miele e forme più dolci, i suoi figli devono portare sempre il cappello e proteggersi la pelle dal sole, ma sono felici.

Eltanin non ricorda suo padre. O almeno così sembra.

Il fatto che Draco non si sia sposato la sfiora, di tanto in tanto, e si chiede se non potrebbe contattarlo, solo lei, ovviamente, con tutte le cautele, per capire se…

Cosa? Se ancora ci tiene a lei? Se ancora esiste qualcosa del vecchio rapporto che non era solo di sesso, qualunque cosa lui ne pensi.

Già. Proprio questo è il punto. Lui era ossessionato da lei e non voleva farne a meno. Ma che altro c’era oltre al capriccio di un viziato a cui nessuno aveva mai negato nulla?

Che presunzione la sua, di credere di aver avuto un valore nella vita di Draco, per se stessa, non solo per il comodo sfogo e l’illusione momentanea di una vita diversa in cui si rifugiava la sera. Quando non aveva altro da fare. Quando la sua vita vera non lo chiamava a sé.

È la differenza, il problema. La differenza di peso tra lui nella vita di lei e quella di lei nella vita di lui. Per lei quell’uomo è stato tutto e, in qualche modo lo è ancora: è e resterà per sempre il padre dei suoi figli. Per lui, lei è stata un gioco di ruolo. E sua figlia non è stata niente, niente di più di un accessorio in quel gioco.

Che sia sposato o meno non cambia nulla.

Non ha senso rischiare la serenità dei propri figli solo per togliersi una curiosità.

Perché questo lo deve ammettere, è davvero curiosa. Vorrebbe sapere perché non si è sposato, come vive, chi ha preso il posto che un tempo era suo.

Avrà altri figli bastardi?

Sarà felice?

 

*****

 

Il cellulare squilla. Lavoro. Nessun altro lo chiama al telefono. Ormai le agenzie investigative, quelle che non hanno rinunciato all’incarico, fanno rapporto raramente.

«Signor Malfoy? Se per lei va bene potremmo vederci venerdì per definire i particolari della campagna pubblicitaria.»

«A che ora?»

«Per noi qualsiasi ora va bene. Le nove? È troppo presto?»

«Va bene.»

Quanto chiacchierano!

Venerdì arriva presto. Piatto come ogni altro giorno.

«Vorremmo farle una proposta un po’ originale, non del tutto nuova, però. Ha dato ottimi riscontri ogni volta che è stata utilizzata.» Draco Malfoy non si sogna nemmeno di interrompere per fare domande. Dopo un momento di leggero imbarazzo il creativo prosegue. «L’idea è di realizzare la campagna che lei ha già approvato, utilizzando lei stesso come testimonial. A quanto pare i clienti apprezzano molto il tocco genuino che questo conferisce.»

«Che dovrei fare, esattamente?»

«Come scusi?»

«Cosa fa un… come l’ha chiamato?»

«Oh, un testimonial, è una persona che associa la propria immagine al prodotto che si intende pubblicizzare.»

«Sia più chiaro. Non sono particolarmente socievole.»

«Non si preoccupi, non è niente di che, solo lasciarsi fotografare ed essere lei stesso il volto della sua azienda! Pare che questa cosa abbia un grande successo. Tanto più che lei ha la fortuna di possedere un aspetto molto gradevole, lo sarà ancor di più se potesse sorridere, per le foto, intendo.»

«Quindi la novità consiste solo nel fotografarmi e far vedere in giro le mie foto?»

«Naturalmente accompagnate dagli slogan che le abbiamo già sottoposto. Lei ha figli?»

Che deve rispondere a questa domanda? Eltanin è sua figlia. E non la vede da quasi tre anni. Eltanin Granger, non Eltanin Malfoy. Anche se l’aveva presa in braccio mille volte, quando piangeva e quando rideva, anche se ha il suo sangue nelle vene, come fa a dire che è sua figlia? Scuote appena la testa, poco convinto.

«Non importa, cercheremo tra i nostri modelli, ci sarà pure un bambino che le somigli un po’. I bambini vendono sempre molto bene, specialmente quando si tratta di sicurezza. Vede si tratta di agganciare il concetto di amore paterno, di protezione e cura a quello di sicurezza che è veicolato dalle assicurazioni.»

«Quindi dovrei fare delle foto con dei mocciosi che lei mi fornirà?»

«Beh, se vogliamo metterla così…»

«Voglio vederli prima.»

«Naturalmente! Certo, faremo così. Possiamo vederci la settimana prossima per questo?»

«Non si può fare ora?»

Il creativo scuote la testa e lancia un’occhiata al vicedirettore. Che annuisce.

«Perché no? Non volevo approfittare ulteriormente del suo tempo.»

«Allora non lo faccia, smetta di chiacchierare e mi faccia vedere questi fanciulli.»

«Naturalmente, abbiamo un book. Mi segua in ufficio, prego.»

In ufficio gli viene mostrato un grosso volume contenente le foto di centinaia di bambini di età compresa tra pochi mesi e dodici anni. Malfoy lo sfoglia rapidamente ma nessuno riceve la sua approvazione.

«Tutto qui?»

«Nessuno le piace?»

«Sono ridicoli, sembrano pupazzi. Hanno facce poco intelligenti e non mi somigliano nemmeno un minimo. Chi ci cascherebbe mai?»

Il giovane disegnatore, quasi uno schiavo, che più che disegnare porta caffè e messaggi da un ufficio all’altro, entra, chiamato dal suo capo.

«Desidera?»

«Abbiamo altri book fotografici con bambini?»

«N-non saprei. Che tipo di bambino?»

«Dovrebbe impersonare il figlio, o la figlia del signor Malfoy, quindi biondo, piuttosto distinto, naturalmente. Vedi che cosa abbiamo.»

Malfoy è infastidito dal “piuttosto distinto”, lecchino, falso come una moneta da otto zellini.

«Ho visto dei bambini, in una foto, che sembrano davvero figli suoi, ma…», il sorriso spontaneo del galoppino è spento dall’acidità del creativo.

«Che aspetti, portale!»

«Ma sono solo…»

«Non perder tempo, sbrigati, ne parleremo dopo.»

Il ragazzo esce con una faccia parecchio perplessa. Rientra con una rivista in mano, aperta su una grande foto colorata. In mezzo a parecchi bambini di colore, spiccano due piccolini biondissimi, a giudicare dalle pettinature, un maschio e una femmina, probabilmente gemelli.

Il giovane appoggia la rivista sul tavolo, davanti al cliente che guarda con estremo interesse la foto.

«Ma questa non è pubblicità, è un articolo, come credi che potremmo mai ritrovarli? Sei un imbecille!» lo rimprovera il suo capo.

Malfoy osserva i bambini con concentrazione. Gli ricordano fortemente qualcosa che non riesce a mettere a fuoco. Deve averli visti da qualche parte, ma dove?

«Voglio questi», dichiara senza pensare troppo.

«Non so se potremo accontentarla, questi non sono modelli, sarebbe davvero difficile trovarli. Oltretutto l’articolo parla di un posto dall’altra parte del mondo.»

«Mi farete avere la vostra nota spese. Trovateli!»

Ha agito d’istinto. È sicuro di aver già visto quei bambini e la sensazione che gli danno è difficile da spiegare. Li sente fortemente ancorati a sé, o a qualcosa di molto importante per lui. Solo non sa cosa.

Mangia da solo come al solito e va a letto con quel tarlo.

Ci pensa così tanto, prima di addormentarsi, tentando di afferrare il ricordo che sfugge, che li sogna.

Nel sogno i bambini fuggono, mentre lui li insegue preoccupato, come se temesse per loro e li volesse portare al sicuro. I due gli corrono avanti con le corte gambette e si girano a irriderlo ogni tanto e lui, agitato, con il batticuore, ormai quasi senza fiato non riesce a raggiungerli, per quanto si sforzi. Si allontanano, anzi. Li vede gettarsi tra le braccia di una donna vestita di arancione, che li accoglie tra le braccia con un bellissimo sorriso e si china a baciarli, lasciando scorgere solo lo scintillio, al sole, dei suoi lunghi capelli scuri. E lui sente di aver perso, la disperazione lo invade.

Si sveglia di soprassalto, le pulsazioni accelerate, il sudore che gli appiccica i capelli alla fronte.

La foto di Potter, la donna col sorriso di Hermione. Come ha fatto a non pensarci prima?

Erano più piccoli, ma sembravano davvero loro.

Non si trovano a tutti gli angoli di strada due gemelli così biondi.

Due gemelli biondi e una donna col sorriso di Hermione. Nell’ufficio di Potter.

Hermione. Due gemelli biondi.

Possibile?

Sarebbe davvero il colmo!

Se fosse vero quello che gli è venuto in mente, l’avrebbe privato non solo di sua figlia, ma anche di quei due.

E se fossero di qualcun altro?

Così biondi? Che età avranno? Difficile dirlo, anche perché potrebbe essere passato del tempo da quando sono state fatte le foto. Dimostrano l’età di Eltanin quando l’ha vista per l’ultima volta.

Ha ripensato cento volte a quel piccolo bacio sui capelli, mentre dormiva. L’ha rivissuto cento volte, ha risentito l’odore di borotalco e di latte, la morbidezza della sua pelle, sotto la carezza appena accennata e cento volte all’ultimo bacio rifiutato dall’unica donna che abbia mai considerato sua.

Ha desiderato dolorosamente di poter tornare indietro.

Per fare cosa?

Si è infuriato e ha maledetto Hermione per averlo privato di quello che più amava al mondo. Ma ormai, dopo quasi quattro anni di solitudine e di rimpianti, è arrivato alla conclusione che lei aveva ragione. È lui che le ha abbandonate.

È quasi rassegnato, ormai. Sente di avere quello che ha meritato, sa di non essere stato capace di difendere quello a cui teneva, di averlo stupidamente considerato assodato, eterno, un elemento inamovibile della propria vita. Una piccola propaggine di sé che non si sarebbe mai staccata da lui, qualsiasi cosa avesse fatto, dovunque avesse deciso di andare, le sue ragazze non avrebbero mai smesso di essere sue. Invece lei non appartiene a nessuno.

Imbecille.

La verità è che se lei non l’avesse lasciato lui non si sarebbe mai sognato di ribellarsi a suo padre, avrebbe sposato Astoria e a quest’ora avrebbe un figlio da lei. Se lei avesse continuato a rendergli sopportabile la vita lui avrebbe ottemperato a cuor leggero ai suoi doveri.

Se ha rifiutato, se si è ribellato a un destino imposto, è stato solo perché la sua acquiescenza gli è costata lei. Loro.

Malgrado la tristezza e la solitudine si sente più leggero, adesso. Non ha più bisogno di qualcuno che lo aiuti a sopportare, la sua vita è tranquilla.

Ma gli manca da morire la sua donna e sua figlia.

Ha vissuto tutte le fasi del lutto per la loro perdita: all’inizio, dopo lo shock della porta chiusa, ha negato. Ha viaggiato per tutto il mondo, assolutamente convinto che le avrebbe ritrovate, che gli sarebbe bastato parlare con Hermione per far tornare le cose come prima.

Ha iniziato a prendere in considerazione l’idea di averle perse davvero e ha cercato un colpevole da investire con la sua furia. È stato in quel periodo che ha minacciato di morte suo padre e la sua fidanzata, che ha lasciato il Manor e rischiato di finire ad Azkaban per le ripetute aggressioni a giornalisti e fotografi che lo importunavano, ha maledetto a gran voce quella stronza egoista di Hermione, ha preso a male parole i suoi amici che hanno finito per ignorarlo.

Ha lasciato passare ancora un po’ di tempo, mentre le relazioni delle agenzie investigative si susseguivano prive di alcun riscontro. A quel punto avrebbe rinunciato a parecchi anni della propria vita, a parecchi galeoni del suo patrimonio e a quasi tutta la sua dignità solo per avere una notizia, solo perché qualcuno gli dicesse che erano vive, che esistevano ancora da qualche parte nel suo stesso mondo.

È tornato da Potter, a  mendicare almeno qualche notizia, la certezza che  stesse bene, una foto di sua figlia, farle avere un messaggio, o solo un saluto. Ha pregato Molly Weasley, l’unica che non lo ha maltrattato, ma nemmeno lei ha soddisfatto le sue richieste.

Infine si è chiuso in se stesso. Ha smesso di fare qualsiasi cosa. Si è adagiato sul fondo.

È rimasto ad aspettare la fine del dolore.

Sta ancora aspettando.

Abita discretamente quella casa spoglia, lavora, molto raramente incontra qualche amico o presenzia a situazioni mondane. Evita le donne e i giornalisti. D’altra parte la sua vita è ormai così poco interessante che anche loro l’hanno dimenticato. Le rare avventure di una sera gli lasciano l’amaro in bocca ed è così poco socievole che le ragazze stesse, dopo averlo avvicinato per il suo aspetto, lo abbandonano per la sua scortesia e mancanza di brio.

È un uomo solo.

 

 

 

 

 

Come pietre nel fiume: è un bel romanzo di Ursula Hegi, che, per alcuni versi, ricorda il più famoso “Il tamburo di latta” di Günter Grass.

 

 

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Capitolo 11
*** Cronache del cono sud ***


11-    Cronache del cono sud

 

 

L’agenzia pubblicitaria ha contattato la casa editrice della rivista e la fotografa che ha realizzato il reportage. Scoprono che le foto sono state realizzate in Brasile. A peso d’oro comprano le informazioni e inviano un incaricato sul posto per trovare i bambini e contrattare la loro partecipazione alla campagna pubblicitaria.

Quando torna, dopo due settimane, è piuttosto seccato.

«I bambini sono figli di una donna straniera, nessuno mi ha saputo dire esattamente la sua provenienza ma potrebbe essere inglese, a giudicare dall’accento.»

«Sei riuscito a strapparle un contratto?»

«No. Le ho offerto tutto quello che mi avete autorizzato a offrire ma non c’è stato niente da fare. Lei è quella che ha organizzato la scuola, una certa Flor, Dona Flor, non ho capito il cognome ma tanto mi hanno detto che non è difficile trovarla, è sempre lì, la casa è di sua proprietà.»

Quando riferiscono a Draco, questi si arrabbia.

«Chi vi ha detto di porre un limite? Datele tutto quello che vuole, purché ci lasci i bambini. Li voglio conoscere.»

I due responsabili dell’agenzia lo guardano in modo strano.

«Signor Malfoy, la prego, mi rassicuri sul suo interesse nei confronti dei due bambini», mormora il galoppino.

«Fatti gli affari tuoi, imbecille!» lo riprende aspramente il responsabile. «Vai a prendere del caffè per il nostro ospite, piuttosto. Lo scusi signor Malfoy, non è molto intelligente.»

Draco si aggronda. Capisce cosa intenda Travis, e apprezza la sua preoccupazione. Capisce anche come ai dirigenti dell’agenzia non importi affatto dell’ossessione, apparentemente insana, che nutre verso i due piccoli: quelli sarebbero più che disposti a vendere i due piccoli a un possibile pedofilo senza alcun rimorso. Non è sicuro del motivo per cui si sente così infastidito dall’atteggiamento dei due. Forse solo perché quelli potrebbero essere i suoi figli.

Draco volta loro le spalle ed esce, dietro al galoppino.

«Signor Travis», lo richiama. «Vorrei rassicurarla. Lei ha ragione e apprezzo il suo interesse genuino. Non posso dirle tutto, ma mi creda se le dico che non potrei mai desiderare altro che il bene di quei piccoli.»

Travis fa un breve cenno del capo e un sorriso.

Gli piace quell’uomo. E la simpatia è reciproca, malgrado la loro conoscenza sia recente e superficiale.

Draco rientra in ufficio e sorprende il dirigente e il creativo a confabulare con un ghigno sulle labbra. Tacciono immediatamente al suo arrivo.

«Ehm, possiamo provare a telefonare di nuovo. Che ore saranno adesso in Brasile?» chiede il responsabile della campagna Malfoy.

«A Bahia le nove di mattina» risponde Draco, che si è ben documentato.

«Beh, proviamo, cosa ci costa?»

Travis torna con un vassoio pieno di bicchieri di carta con il coperchio. Malfoy li guarda schifato. Il dirigente perde il sorriso.

Compone velocemente il numero che l’inviato gli ha consegnato ma al telefono risponde una signora che parla solo portoghese.

«Ma non avevi detto che è inglese?»

«In realtà non lo so, però parla un ottimo inglese.»

«Questa non capisce quello che dico!»

«Passamela.» Parla in portoghese e ascolta. «Non è lei. Ha detto che la dottoressa è impegnata e non può parlare al telefono. Dobbiamo richiamare stasera.»

«Avevi detto che è una maestra di scuola.»

«No, ho detto che ha organizzato una scuola, quella di cui parla l’articolo della rivista.» Il creativo non ha letto l’articolo. «Non so che mestiere faccia. Da quello che mi ha detto la persona con cui ho parlato sembrerebbe un medico. Si è presentata come “l’infermiera”.»

Draco è sempre più confuso ed eccitato. Il nome non corrisponde. Chi cavolo è questa Flor? È un medico, però, ed è inglese. E ha due bambini gemelli, biondissimi.

«Ha altri figli?» domanda Draco, inseguendo il suo pensiero.

«Prego?»

«Quella donna, ha altri figli?»

«Non ne ho idea. Sono stato incaricato di domandare dei due gemelli biondi e non ho chiesto di altri figli.»

«È stato a casa sua?»

«Certo.»

«C’erano altri bambini?»

«Molti. Lei fa scuola nel cortile di casa sua. Quando la folla si è diradata, con lei è rimasta un’altra donna, del posto, credo, i gemelli e altri due, una ragazzina bianca e un maschietto di colore, più grandi. Ah, poi c’era uno poco più grande dei gemelli però è stato portato via da un ragazzo sui quindici anni, brasiliano.»

«Quindi ha o non ha una figlia più grande?»

«Come faccio a saperlo? Quella casa è un porto di mare. Mentre ero lì sono entrati e usciti almeno otto ragazzini, dai cinque ai quindici anni. Potrebbe. La femmina le somiglia, potrebbe essere sua.»

Malfoy riflette per un po’.

«D’accordo, continuate a contrattare, intanto datemi il suo indirizzo e tutte le informazioni che avete.»

 

*****

 

Quella sera Hermione torna a casa più tardi del solito. È buio e si meraviglia di trovare Venâncio ancora a casa sua. Si è addormentato sull’amaca.

«Fernanda, come mai Cesar non è venuto a prendere Venâncio?» 

«Non lo so. Arriva sempre molto prima di quest’ora, non mi sono potuta allontanare per sapere qualcosa e non è venuto nessuno.»

«Fatti un giro, cerca di sapere se è successo qualcosa, ci penso io al mangiare dei bambini.»

Si toglie il vestito “da città” e le scarpe, infila il camicione azzurro e il grembiule e apre il frigorifero per preparare la cena.

Fernanda arriva dopo meno di un quarto d’ora, molto agitata.

«Mãe de Deus! Senhora! Dona Flor è una disgrazia!»

«Fernanda! Mi stai spaventando, che è successo?»

«Cesar! È caduto giù dall’impalcatura! L’hanno portato a casa ma sta morendo!»

«Come a casa? All’ospedale lo dovevano portare!»

Fernanda scuote il capo e si asciuga gli occhi.

«Non possono pagare e non hanno nessuna assicurazione!»

«Adesso vado a vedere. Pensa tu per i bambini, ho messo su qualcosa… pensaci tu!» Hermione indica vagamente con la mano i fornelli su cui una padella e una pentola contengono la cena.

Infila al volo i sandali, afferra la sua borsa, ci butta dentro la bacchetta e corre verso la casa di Cesar.

Questa è una baracca di lamiera, rivestita all’interno di cartone per isolarla un minimo dal calore del giorno. Nell’unica stanza mangiano e dormono Cesar, quindici anni, muratore, unico sostegno economico della famiglia, Venâncio, quattro anni, e la nonna, semiparalizzata, che si sposta appoggiandosi a una sedia.

Sulla branda, pallido, al lume della lampada a gas, giace Cesar, privo di conoscenza.

«Dona Flor! Che Dio ti benedica! Il mio Cesar muore. Aiutami!»

«Da quanto tempo è così?»

«Non lo so, l’hanno portato un’ora fa.»

Le labbra sono violacee e un po’ di sangue esce dal naso.

Hermione appoggia la sua borsa a terra e gli palpa la testa, ha un grosso bernoccolo ma non ha fratture. Palpa l’addome e osserva attentamente il torace e gli arti. Un braccio è sicuramente rotto, non è un gran problema, ma la respirazione è estremamente difficoltosa. Tre costole sono rotte ed Hermione sospetta che il polmone di destra sia collassato.

Tira fuori una grossa siringa e inserisce l’ago tre le costole. Esce aria e sangue.

Lei scuote la testa.

«C’è bisogno di una radiografia. Non ha mai ripreso conoscenza?»

La nonna scuote tristemente il capo.

Poco dopo arriva una donna scura e imponente. La vecchia nonna la fa entrare e le si inchina con deferenza.

«Mãe de Santo! Grazie per avermi onorato della tua presenza.» Le porge un galletto magro e arruffato, con le zampe legate. «Prega per mio nipote, Mãe de Santo!»

«Tranquilla, Imaculata. Stanno già preparando l’acarajé per Exu. Canteremo per tuo nipote tutta la notte, se serve.»

La donna si rivolge a Hermione, inchinandosi a sua volta.

«Dona Flor, siamo qui per lo stesso motivo.»

«Lo so, Dona Jacinta, ognuno con i propri metodi. Speriamo di farcela.»

«Farò quello che posso. Tu non vuoi partecipare alle nostre cerimonie, ma non importa, io so chi sei.»

«E chi sono?»

«Sei il cavallo di Ossaim. Non solo un medico.»

Hermione ride di cuore, ripensando alle cerimonie di cui è stata testimone all’inizio della sua permanenza a Salvador. I cavalli delle divinità, per lo più ragazze o ragazzi adolescenti, posseduti, si agitavano e rovesciavano gli occhi, probabilmente con l’aiuto di qualche pozione allucinogena.

«Non mi ci vedo a fare il cavallo

«Ognuno lo è a suo modo. Gli Orixa ti amano, lo sappiamo tutti, qui. Ora vado a fare il mio lavoro.»

«Grazie Dona Jacinta», la saluta la vecchia Imaculada.

Hermione chiama l’ambulanza e sale con Cesar. All’ospedale si offre di pagare per lui le prestazioni che non rientrano nell’obbligo di soccorso. Gli fa fare una lastra al torace e al braccio e una tac al cranio.

Per fortuna la testa va bene, ma non tanto i polmoni, il destro perforato e ancora collassato in parte.

Adesso sa che fare, anche se questo scherzo le costa molto di più di quanto aveva preventivato.

Oltretutto Cesar non potrà lavorare per settimane, se lei userà la magia, per mesi se lo curerà con metodi tradizionali.

Quella famiglia morirà di fame se non troverà il modo di aiutarli. In questo momento non ha più soldi, sarà difficile tirare avanti. Certo, lei non morirà di fame, né la sua famiglia. I fornitori le fanno tutto il credito di cui ha bisogno e a volte può pagare “in servizi”, quelli che hanno bambini. In ogni caso ha bisogno di soldi. Per la famiglia di Cesar e per sé.

Quando l’ambulanza arriva alla casa di Cesar, all’interno sono ancora presenti i rappresentanti del terreiro che purificano la casa di Imaculada e invocano gli Orixas per la salute di Cesar.

Entra dopo i paramedici e aspetta che i Fijos do Santo concludano i loro rituali. Non discute la fede altrui.

Quando la maggior parte di loro esce, saluta Dona Jacinta e chiede a tutti di uscire.

«Che devi fare da sola?»

«Il cavallo di Ossaim»

«Mi piacerebbe tanto vedere.»

«Non è possibile, Dona Jacinta.»

«Oh, beh. Se è così è così, pazienza. Ognuno ha i suoi segreti.»

Escono tutti dalla casupola. Hermione chiude, sigilla e imperturba.

Poi tira fuori la bacchetta.

Dopo quasi un’ora, esce e permette alla vecchia Imaculada di rientrare.

«Perdonami, Imaculada, ma non potevo fare diversamente. Adesso dorme e sta molto meglio. Domani porterò una medicina per guarire le sue ossa. Starà bene, sta tranquilla. Hai bisogno di aiuto? Hai da mangiare?»

«Dona Flor, hai fatto tanto per noi. Non preoccuparti per me, stasera mangerò un po’ di frutta. Sono solo preoccupata per Venâncio. So che è ancora a casa tua.»

«È da me, stai tranquilla. Se per te va bene lo terrò fino a quando Cesar non si sarà ripreso. Tu avrai troppo da fare per occuparti di lui. Domani torno e ti porto qualcosa da mangiare e le medicine per Cesar.»

«Ma tu lavori, come farai con tutti i tuoi figli e anche Venâncio?»

«Tranquilla, c’è Fernanda quando non ci sono io.»

Dopo parecchi ringraziamenti da parte dell’anziana finalmente riesce a tornare a casa.

È notte fonda. Non ha mangiato quasi nulla dalla mattina, solo un paio di frittelle comprate per strada. Pazienza, si rifarà domani.

Entra a casa in silenzio. Apre la porta della stanza dei bambini e nell’ombra scura intuisce i più grandi, Eltanin, Venâncio e il figlio di Fernanda, Valdemar, sul letto e i due più piccoli sulle amache, Rodrigo con le gambe aperte, di qua e di là dall’amaca, Remedios rannicchiata.

Hermione li copre con le lenzuola ed esce.

Fernanda si è messa un materasso a terra, in cucina. Lei si rifugia nella sua stanza, la più piccola della casa, e nel suo letto, da una piazza e mezza che occupa quasi tutto lo spazio.

Pensa che quella casa sta diventando davvero troppo piccola per tutti loro. Si sdraia senza togliere nemmeno la tunica. Tanto tra un paio d’ore la dovrà rimettere e sa già che non dormirà.

I soldi degli affitti arriveranno non prima di dieci giorni. In questo periodo ha solo tre giorni di apertura dell’ambulatorio ricco. Non si è mai preoccupata di allargare il suo giro di clienti, quel lavoro le serve solo per integrare, in realtà, se non ci fossero altri problemi che la sopravvivenza della propria famiglia potrebbe farne a meno. Perfino vivere bene, con la propria rendita e gli affitti.

Ma come si può vivere in mezzo a quella povertà e non fare nulla? Come può condannare Cesar, Venâncio e Imaculada a morire di fame? Gli altri non hanno abbastanza di che vivere per sé, tranne qualche ragazza che si prostituisce o qualche piccolo malvivente, nessuno ha abbastanza per vivere decentemente da quelle parti, chi altri potrebbe aiutarli?

Gli viene in mente quel tipo strano, quello che voleva fotografare i suoi figli. Le ha offerto un sacco di soldi. Chissà se ha buttato il biglietto con il numero di telefono?

Come quasi ogni notte rivolge un pensiero alla sua patria lontana, ai suoi amici, al padre dei suoi figli. Perduto.

Forse non del tutto. Si domanda ancora se  sia il caso di contattarlo. Lui potrebbe aiutarla. In fondo mantenere, in parte i suoi figli sarebbe suo dovere.

In realtà questo lo fa già. La Casa dei Melograni l’ha pagata lui, ed è il maggior introito, ben milleduecento sterline al mese.

Prova a immaginarsi di incontrare di nuovo Draco. Che farebbe lui? Sarebbe gelido e indifferente? Si ricorda ancora di loro? Se sì, probabilmente prova rancore e potrebbe aggredirla e cercare di vendicarsi di lei. Forse perfino togliendole Eltanin. E dei gemelli che dovrebbe dirgli?

Si concede un lungo sospiro, scuote la testa nel buio. Per bene che vada dovrebbe dare un bel po' di spiegazioni.

Meglio lasciare tutto com’è.

Domattina proverà a ritrovare il biglietto di quello strano tipo, se non l’ha buttato. Fa una smorfia. Far fotografare i propri figli da un estraneo per soldi! Non è certo da lei!

Ma ormai cos’è lei? Una donna sola, con tre figli senza padre, che sbarca il lunario come può.

Ormai è Dona Flor, niente altro che questo. Anche se il suo essere strega le torna utile ogni tanto, per curare le persone, per risolvere piccoli problemi quotidiani, a volte si sente indegna della bacchetta. Vive tra i babbani, non ha nemmeno voluto sapere se in città o nello stato esista una comunità magica. Tanto non ci potrebbe mettere piede.

Ha scoperto, per un vero colpo di fortuna, un negozio che vende le cose più strane e disparate, sia magiche che per i fedeli del Candomblé. La padrona non fa domande, basta chiedere e pagare. Così può acquistare gli ingredienti per le pozioni. Non le usa mai nell’ambulatorio ricco, ma sono spesso necessarie per gli altri suoi pazienti, che non si possono permettere medicine, che spesso può curare solo a colpi di bacchetta e pozioni dal sapore infame.

Nessuno le chiede conto dei suoi metodi, non quando rimette a posto in due giorni la gamba di un padre di famiglia che può tornare a guadagnare qualcosa, o guarisce un figlio che la madre ha già iniziato a piangere morto. Tutto quello che Dona Flor fa è ben fatto. La favela, compatta, la difende e la protegge dalla curiosità e dal biasimo.

Si preoccupa un po’ per quando i suoi figli inizieranno a produrre magie involontarie, anche se qui non è come nella razionale Inghilterra, nessuno si meraviglia di qualche fenomeno inconsueto. Eltanin ha già superato quella fase, riesce a controllarsi abbastanza bene. Ha anche iniziato ad andare a scuola.

I piccoli hanno combinato qualche pasticcio con i barattoli dei dolci e con la frutta degli alberi ma sembra che nessuno l’abbia notato, almeno Fernanda non le ha riferito nulla. Spera che la cosa non peggiori.

Che farà quando avranno undici anni?

Chiude gli occhi per un attimo. Quando li riapre è mattina e la casa risuona di voci.

 

*****

 

Alla “Brand Image inc.”, il responsabile della campagna per la “Malfoy Insurance” chiede conto al suo assistente della situazione dei famosi gemelli. Il cliente sembra molto interessato ad avere proprio loro. Anche oggi è in ufficio a chiedere della telefonata prevista per la sera prima.

L’assistente ragguaglia il proprio superiore e lo strano cliente.

«Ieri sera abbiamo telefonato, alle dieci di sera, laggiù erano le sette, o giù di lì. Un’altra donna che parla solo portoghese e strilla come una gallina ci ha detto che “la dottora” non è a casa, perché un certo Cersar è caduto dal muro, o qualcosa del genere. Non ci abbiamo capito molto e, di nuovo, non siamo riusciti a parlarle.»

«Riprovate.»

«Naturalmente, riproveremo verso le dodici.»

«Perché non prima?»

«Il fuso orario.»

«Già.»

Il telefono interno squilla in quel momento, il responsabile solleva la cornetta e ascolta in silenzio. Guarda brevemente Malfoy, seduto davanti a lui.

«Me la passi subito.» Copre la cornetta con la mano e si rivolge a Draco. «Sembra che la signora ci abbia ripensato.»

Malfoy fa un cenno col capo. «Mi faccia sentire la telefonata.»

«Posso mettere il viva voce. Se crede potrebbe anche intervenire.»

«No, voglio solo ascoltare. Non le dica che sono qui.»

«Come vuole.» Schiaccia un tasto e attende un attimo che si attivi il collegamento. «Buon giorno, signora. Mi dica, ha pensato alla nostra offerta?»

«Buon giorno a lei. In effetti la situazione è cambiata, quindi sarei disposta ad accettare in cambio di garanzie da parte vostra e di un maggior compenso.»

«La nostra offerta era già molto generosa.»

«Cosa crede che sia cambiato da prima? Si immagina forse che abbia deciso di far intraprendere ai miei figli la carriera di fotomodelli?»

«Sarebbe una bella cosa, sono molto fotogenici.»

«Non dica sciocchezze, ho solo bisogno di soldi, quindi mi faccia un’offerta più generosa

Malfoy aggrotta la fronte, attentissimo. Il vicedirettore cerca il suo sguardo e lui annuisce.

«Possiamo trattare, il cliente ci ha autorizzato ad aumentare la cifra, in modo ragionevole, ovviamente.»

«Che intende per ragionevole?»

«Beh, possiamo raggiungere i», guarda Malfoy, «quindicimila dollari?»

«Facciamo sterline.»

Malfoy annuisce. Che le sarà capitato? Perché ha bisogno di soldi?

Il Vicedirettore spalanca gli occhi.

«Va bene. Lei è fortunata. Le faremo sapere.»

«Non ho finito. Le foto si faranno qui e alla mia presenza. I bambini non saranno impegnati per più di quaranta minuti di seguito e per non più di tre volte in un giorno.»

«Lei sta mettendo dei paletti…»

Draco gli lancia uno sguardo di fuoco.

«Posso sapere per quale motivo le sessioni di soli quaranta minuti?»

«Se avesse figli e se ne occupasse lei saprebbe che quello è un tempo fin troppo lungo per un bambino di tre anni.»

Draco sorride. Eccola, è la sua Grifona. Decisa, protettiva. È lei.

Non gli sembra vero di risentire la sua voce.

«Sinceramente non ho mai avuto condizioni così restrittive. La sua fortuna è che il nostro cliente è davvero affascinato dai suoi figli!»

«Posso sapere il nome del cliente?»

Non guarda Draco, in quel momento, e coglie troppo tardi i gesti frenetici con cui questi tenta di zittirlo.

«È la “Malfoy Ins…” che c’è?» guarda il telefono perplesso.

«Che è successo?» chiede Malfoy agitato.

«Ha riattaccato!» risponde il responsabile basito.

Malfoy si alza ed esce come se avesse il diavolo alle calcagna.

Si materializza a casa. La borsa contiene sempre i due cambi, la biancheria, spazzolino, rasoio, pettine, denaro, e passaporto. L’afferra e si materializza al Ministero.

La comunità magica di Bahia è troppo piccola, non è possibile raggiungerla direttamente. Trova una passaporta per Rio de Janeiro, da lì tenterà di raggiungere Salvador de Bahia con mezzi babbani.

La rivedrà. Deve far presto, prima che scappi di nuovo.

 

 

Cronache del cono sud: di Luis Sepulveda. Non ha bisogno di presentazioni, credo, è molto famoso e uno degli autori che amo particolarmente.

 

 

*Il Candomblé è uno dei culti sincretici diffusi in centro e sud America, associano divinità africane (Orixà) a personaggi della religione cristiana. Giunta in Brasile dall’Africa, con gli schiavi, corrisponde, più o meno, alla Macumba (San Paolo, Rio de Janeiro), al Vudù (Haiti) o alla Santeria (Cuba).

Spiego sinteticamente alcuni dei termini usati:

Mãe de Santo: è la sacerdotessa del culto, la figura più alta e autorevole insieme al Pai de Santo.

Filos do Santo: sono gli iniziati, una specie di preti.

Terreiro: è il luogo dove si svolgono i riti e si dedicano le offerte, sotto forma, per lo più, di canti e danze.

Exù: è uno dei principali personaggi del Candomblé, colui che porta agli dei le richieste degli uomini, l’inizio di ogni rituale è dedicato a Exù  e gli omaggi gli sono offerti per primo nelle celebrazioni, o ai crocicchi delle strade. Secondo alcuni è associato al diavolo cristiano ma, a quanto pare, non così brutto come lo si dipinge da noi.

Acarajé: è un piatto tipico brasiliano, pasta di fagioli e cipolla fritta con peperoncino che, preparato con la ricetta tradizionale dai Filhos de Santo, rappresenta l’offerta agli Orixà.

Ossaim: è la divinità dei segreti della medicina e delle cure.

Cavallo: è chiamato cavallo della divinità un fedele che è scelto per essere posseduto e dare corpo e voce alla divinità.

Forse nella narrazione verranno fuori altri termini riferiti a questa religione, spero che il loro senso si possa intuire.

 

 

 

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Capitolo 12
*** Dona Flor e i suoi due mariti ***


11-    Dona Flor e i suoi due mariti

 

La tentazione di scappare è forte. Radunare i suoi figli e saltare sul primo aereo.

Poi si ricorda che non ha soldi per quattro biglietti, nemmeno per Pôrto Alegre.

Dovrebbe radunare i figli, le cose sue e dei figli, avvisare Fernanda e i bambini della scuola. Avvisare non è la parola giusta, ABBANDONARE Fernanda e i bambini della scuola, chiudere l’ambulatorio, lasciare al suo destino Cesar e Imaculada, Venâncio per strada.

Troppe brutte cose. Non può farle tutte.

In fondo che può succedere?

Forse ha sbagliato anche a riattaccare il telefono, non era con lui che stava parlando. Quasi sicuramente lui nemmeno sa niente di tutta la storia, sarà stato uno dei suoi dirigenti a curare la faccenda. Qualcuno ha visto due bambini in una foto, su una rivista e ha deciso che andavano bene per la sua pubblicità. Lui non sa nemmeno che esistono, meno che mai come figli suoi. Stupida. E illusa.

Si dà della stupida ancora un paio di volte, poi prende la borsa per andare a controllare Cesar. Cavolo! Ha promesso a Imaculada di portarle da mangiare. Ormai non ha più tempo per fare acquisti. Saccheggia il frigorifero e la dispensa, spedisce Valdemar a cogliere un cestino di manghi dagli alberi e si avvia.

Quando torna prepara un pranzo leggero, poi la calura estiva costringe tutti a chiudersi nel fresco della casa  e lei può dormire fin quando un leggera pioggia abbassa la polvere, rende l’aria umida  e la brezza marina la rinfresca.

Continua a pensare a Draco e al fatto che non si è sposato.

Possibile che la cerchi ancora? Potrebbe aver messo su questo carrozzone, la storia delle foto pubblicitarie, solo per cercare lei?

Assurdo. Deve smetterla di illudersi. Non si è raccontata abbastanza balle su di lui? Ancora crede alle fiabe?

Alle cinque del pomeriggio, sotto l’ombra del mango gigantesco, si radunano gli scolari di Dona Flor. Tereza, una ragazzina di dodici anni che è stata una delle prime e più brillanti allieve di Hermione, prende i cinque ragazzini dai cinque ai sette anni e insegna loro a riconoscere e copiare numeri, lettere e parole. Hermione le dà venti Real per questo “lavoro”, quasi tre ore ogni volta. Non è molto ben pagato, ma è più della paga oraria dei ragazzini-muratore o dei raccoglitori di cacao.

Nina e Valdemar si alternano nel leggere storie ai più piccoli e organizzare qualche gioco per loro.

Hermione oggi insegna aritmetica, dopo merenda farà l’inglese.

Ma è distratta. Sbaglia a contare e i ragazzini la prendono in giro.

«Dona Flor, a quale dei tuoi mariti stai pensando?»

«Non ho nessun marito, svergognati, dovreste avere più rispetto!»

«Certo che hai dei mariti! Una donna bella come te dovrebbe avere un sacco di mariti.»

«Ne avete visti in giro?»

«Solo qualcuno, magari qualcun altro viene di notte.»

«E dove dorme sul ramo del mango?»

«No, Dona Flor, dorme sul tuo cuore!»

«Hai ragione, Florestan, infatti lo tengo qui dentro.» solleva il medaglione che porta sempre al collo, dentro gli abiti, invisibile se non per la catenella che lo sorregge.

«Dev’essere molto piccolo!»

«Adesso basta! Tutte le scuse sono buone per non studiare.»

«Dona Flor, siamo stanchi non è ora di merenda?»

«E va bene, è troppo presto, dopo ci rifaremo con l’inglese.»

Creme caramel, oggi, e manghi tagliati a porcospino.

I ragazzi ridono anche di questo: che lei perda tempo a realizzare piatti belli solo per essere mangiati in un baleno.

Anche la lezione di inglese non è un capolavoro.

Hermione è davvero distratta. Si ripete che non succederà proprio niente.

Che proverebbe rivedendolo? Se mai dovesse rivederlo resterebbe indifferente? Forse non proprio indifferente. Sarebbe più forte l’astio per averla costretta a lasciare tutto quello che amava o cosa? Amore?

Ormai, dopo tanto tempo…

È il padre dei suoi figli. Ha un senso questo?

Se sì, quale?

Se si esclude Eltanin, che ha avuto i ritagli del suo tempo per un paio d’anni, i suoi figli non hanno avuto alcun rapporto con lui, né padre-figlio, né di altro tipo. Non sanno che esiste, né lui sa di loro. Forse sarebbe più esatto dire che lui è il donatore dello sperma.

Padre è un’altra cosa. Molto diverso da così.

Ricorda suo padre. Protettivo, affettuoso, severo, fiero di lei eppure attento ai suoi comportamenti. Ricorda come la riprendeva con un’occhiata, i regali scarsi e di poco valore che le elargiva, rigorosamente nelle occasioni canoniche e come a lei paressero meravigliosi. Ricorda i suoi sorrisi, l’abbraccio della sera, al ritorno dal lavoro, il bacio della buona notte, le domande che le faceva ogni giorno sulla scuola e su quello che era successo in sua assenza, e quelle di lei a cui rispondeva sempre, con pazienza e onestà.

Ricorda quando lei aveva ripreso lui per il vizio del fumo: ne aveva parlato a scuola un insegnante con toni apocalittici e lei si era subito preoccupata perché suo padre aveva sempre fumato.

«Ah mi hai beccato!» aveva riso lui. «Ora lo sai anche tu!»

«Che cosa, che il fumo fa male?»

«No, che non sono perfetto!»

Non aveva capito proprio subito cosa intendesse, sarebbero passati ancora diversi anni prima che accettasse davvero l’idea che nessuno è perfetto, nemmeno il proprio padre.

Ma lui era un padre.

E Draco? Sarebbe mai diventato un padre se lei glielo avesse concesso?

No, ne è quasi sicura. O forse sarebbe diventato il padre di qualcun altro, di qualcuno con cui avrebbe modo di stare ogni giorno, che avrebbe visto crescere, che non avrebbe dovuto nascondere.

Agli occhi del mondo lui non è il padre di nessuno. E anche ai suoi.

Non avrebbe dovuto fare quella telefonata. È servita solo a riempirle la testa di pensieri molesti. Che stupida idea le è venuta? Il problema dei soldi è reale, ma troverà un altro modo per risolverlo.

Coinvolgere i suoi figli! Doveva essere impazzita per averlo solo pensato.

Non riesce a mangiare quasi niente a cena. Prima di dormire torna da Cesar e poi cade in un sonno agitato e pieno di sogni.

Vede Rodrigo, più grande, con la divisa di Hogwarts, la bacchetta puntata verso di lei e la faccia severa, quasi schifata. Le urla “Nessuno ha chiesto il tuo parere, mezzosangue!”

Che dice? Perché l’ha chiamata così? Le viene da piangere, lo chiama con il suo nome inglese “Regulus!”

Ecco che lui abbassa la bacchetta e le si avvicina e, mentre si avvicina diventa più adulto a ogni passo, infine allunga una mano e la posa sulla sua guancia, la guarda con una dolcezza quasi disperata. Lei è sempre più agitata, il cuore accelera e sente le gambe cedere. Poi lui le volta le spalle e lei resta a guardarlo, mentre si allontana.

«Draco…» si sveglia, ancora in preda alla tachicardia e con il viso bagnato di lacrime.

 

*****

 

È arrivato in quello che il giovane Travis ha chiamato il quartiere e si è perso subito. Non ci sono quasi strade, le baracche sono disseminate senza ordine. Più che un quartiere sembra una discarica a cielo aperto. C’è puzza, stracci stesi al sole, bambini sudici e scalzi.

Possibile che lei viva in una favela?

Possibile che abbia rinunciato alla Casa dei Melograni per questo?

Un gruppetto di ragazzini ha preso a seguirlo e lo guarda ridendo e scambiando commenti che, è pronto a giurarlo, non avrebbe piacere di comprendere.

Si ferma, si fermano anche loro. Uno dice una breve frase e gli altri ridono. Riparte e loro dietro.

Mette le mani intasca con la tremenda tentazione di tirar fuori la bacchetta. I ragazzini gli si fanno intorno. Si sono immaginati che avrebbe dato loro degli spiccioli?

Però potrebbe essere un’idea.

Tira fuori un po’ di monete, tenendole solo strette nel pugno.

Si sente ridicolo, quelli parlano portoghese e lui non ne sa mezza. Provarci non costa niente. «Qualcuno di voi sa dirmi dove sta Dona Flor?»

«Quanto ci paghi l’informazione?» risponde uno dei monelli in un inglese fortemente accentato.

Draco spalanca gli occhi. Questo non se lo aspettava.

«Chi mi dice che sappiate davvero dov’è?»

«Facciamo così: tu dai cinque real a questo qui, io ti porto e se trovi la tua bella me ne dai altri cinque.»

Draco fa un rapido conto. Quattro sterline o poco più. Pensa a quanto ha speso, in dollari, sterline e galeoni, per cercarla senza risultato. Gli viene da ridere.

E se Dona Flor non fosse lei?

Che novità sarebbe se DI NUOVO non fosse lei?

«Facciamo così: io do cinque real a ognuno di voi e se tutto va come voglio ve ne do venti a testa. Voi però dovete rispondere a tutte le domande che vi farò.»

«Venticinque real! Mio padre ci mette due giorni a guadagnarli.»

«No, venticinque real è quello che porta a casa dopo essersi bevuto il resto!» risate.

«Pensa per il tuo, se riesci a trovarlo!» altre risate.

«Io lo so chi è! – Ma va! – Dev’essere uno dei mariti di Dona Flor! – Già, quelli che restano un giorno solo.»

I ragazzini continuano a prendersi in giro tra loro ignorandolo bellamente.

«Dona Flor ha un marito?» chiede Draco, improvvisamente agitato.

A questo non aveva pensato. Che idiota! Una donna bellissima e appassionata, come poteva restare tutti questi anni da sola?

«Noo! Dona Flor ha DUE mariti! – Forse tre. – Non forse, tre di sicuro!»

«Smettetela! Guadagnatevi la paga. Chi sono questi mariti?» Draco è preda delle ipotesi più vergognose.

«Uno ha gli occhiali. È venuto due anni fa e ha dormito a casa sua.» Sì, quello è Harry Potter.

«Sono tutti palliducci.»

«Quell’altro ha i capelli di un colore stupido, sono rossicci!» Weasley. Regolare.

Quindi non ha nessuno? O almeno nessuno alla luce del sole.

Ripensa alle sue manovre per non farsi vedere con lei.

«Questi sono due.»

«Quell’altro non lo fa vedere a nessuno, se lo porta sul cuore, chiuso in un coso tondo attaccato a una catena.»

Un coso tondo… ricorda vagamente il piccolo medaglione portaritratti in argento che le aveva regalato per un compleanno. Una cianfrusaglia di poco valore. Possibile che lo conservi ancora? Se è davvero lei.

«Come?» Il ragazzino che ha parlato ha mischiato inglese e portoghese. Un altro ripete in un inglese un po’ più decente. «Adesso ho capito, insomma, quasi. Come mai sapete l’inglese?»

«Ce lo insegna Dona Flor.»

«E ci dà la merenda!» Rumori e gesti di apprezzamento.

«Adesso incomincia a tirar fuori i soldi.»

«Calma! Ha figli, questa Dona Flor?»

«Solo tre.»

«C-come, solo tre?»

«Nina è grande come me, i gemelli invece sono piccoli. Rodrigo e Remedios.»

«Quanto piccoli?»

«Tre anni.»

Tre anni. Poteva essere già incinta quando è partita. Lo era di certo. Altri due figli. Altri due figli rubati. La rabbia gli sale nel petto.

Calma. Non è sicuro.

Invece è sicuro. Lui è più che sicuro. Lei è scappata da lui portandosi via i suoi figli, ha vissuto per più di tre anni dalla parte sbagliata del mondo e ha cambiato nome, ha cambiato il nome di sua figlia e ha imposto nomi ridicoli a quelli che lui non ha nemmeno mai visto.

«E quale marito è il padre di…»

«Quello non l’ha visto nessuno, dev’essere quello chiuso nel medaglione.»

«Potresti essere tu! Sei il più pallido di tutti anche i tuoi capelli sono gialli! Sei tedesco?»

Sente che potrebbe ucciderla in quel momento, per farle pagare tutto il dolore, tutta l’amarezza, la solitudine, la nostalgia.

«Portatemi da questa…» impostora. Da questa bugiarda!

«Tu sgancia i soldi!»

«Questo hai imparato a dirlo bene!»

«Cinque real.» Draco distribuisce una banconota per ciascuno fin quando non si accorge di non averne abbastanza. «Dovete dividervele. Questi sono venti, per quattro di voi.»

«Devi darci anche gli altri venti real.»

«Quando vedo la casa di Dona Flor.»

«È  quella», dice una piccoletta indicandola col dito.

«Porc…»

«I patti sono patti.»

Draco conta i ragazzini e tira fuori un paio di grosse banconote.

«Questi sono più di quello che vi spetta, trovate il modo di dividervele.»

«Grazie.»

«Uh, siamo anche educati!»

«Certo, Dona Flor ci spella se ci scordiamo di dire grazie.»

Draco osserva i ragazzini contare velocemente le banconote.

«Ci sono cinquanta real in più», annuncia il più grande, quello che sembra il capobanda. «Se li dividiamo vengono quattro e quaranta centavos a testa. Io non li voglio. Che dite se li diamo a Imaculada?»

«Quella li dà alla Mãe de Santo! – Allora è scema! Cesar non lavorerà per un bel po’, deve usarli per mangiare – Facciamo come Flor, compriamo le cose e gliele portiamo. – Brava Terezinha, è una buona idea. Tutti i cinquanta? – Sì – per me va bene – certo – lo faccio solo per Venâncio – lui sta con Flor – allora per Cesar – fallo per chi ti pare.»

Draco li vede allontanarsi continuando a discutere, un po’ in inglese un po’ in portoghese.

Si volta e guarda la casa minuscola in cui sono cresciuti i suoi figli. Si avvicina cautamente.

Gli manca un po’ il fiato.

È davanti alla porta, a dieci metri. È aperta. Che deve fare? Entrare? Annunciarsi?

Si ferma vedendo muovere la tenda. Una ragazzina esce di corsa, gira sullo scalino, rientra, esce di nuovo con un frutto in mano. E si ferma sulla soglia. Lo guarda.

Il tempo si ferma. Draco sente che, anche se volesse, non potrebbe muoversi di lì, né dire una sola parola.

Solo guardare. Solo cercarla in quel corpo che non ha mai visto prima.

Come se fosse vittima di un petrificus rimane immobile, solo gli occhi, avidi, assorbono una delle immagini che potrebbero chiudere la voragine che ha nel cuore.

Ha una lunga treccia scura sulle spalle, una canottiera gialla e pantaloncini, giallo più scuro, sandali inconsistenti, gambe lunghe e abbronzate. Sei anni e mezzo.

Continua a guardarlo.

Lui riconosce la forma delle sue labbra, gli occhi. Non gli pare possibile. Come ha fatto una testolina di ricci scuri a diventare una lunga treccia?

Lei lo guarda ancora.

Non sorride. Respira forte. Ha occhi allarmati.

Lo guarda.

Poi si volta ed entra velocemente  in casa.

Presto sarai solo un’ombra, a cui non saprà dare nome.”

Sente un dolore forte al petto. 

La sua bambina. La sua bambina non lo riconosce, non è nemmeno più lei, è una ragazzina scura e seria.

Arretra verso gli alberi, si graffia con le spine dei limoni bassi, si allontana dalla casa, senza andarsene veramente. Si lascia andare contro il tronco del grande mango.

«…Quem estas procurando?»

Una donna mulatta gli stava parlando e lui non aveva idea di cosa avesse detto.

«Dona Flor.» Gli pare una buona idea pronunciare il nome di chi sta cercando, anche se non è quello giusto.

«Ah, estas em casa de Cesar.»

«Non ho capito niente. Pazienza.»

La donna si volta e riprende a camminare affrettata. Draco si accorge che, parecchi passi avanti corrono due piccoli biondissimi.

Allunga il collo per vederli meglio, fa qualche passo ma sono già lontani. Vorrebbe richiamare la donna. Come?

Rimane lì, ad ascoltare il battito furioso del suo cuore, incapace di decidere alcuna mossa.

 

*****

 

Intanto Hermione è entrata in casa, posa la borsa. Cesar sta migliorando vistosamente. È un ragazzo sano e robusto, presto potrà tornare al lavoro.

Entra nella stanza dei bambini per riordinarla e si meraviglia molto di vedere Eltanin rannicchiata sull’amaca.

«Che ti succede Nin?»

«Non lo so. Perché mi hai chiamata Nin?»

«Ti dispiace?»

«Quando ero piccola mi chiamavi sempre Nin.»

«È vero. Tu come fai a ricordarlo?»

«Mmm.»

«Nina, mi sto preoccupando. Mi dici perché sei così strana?»

«C’era un uomo, fuori.»

«Fuori dove? Io non ho visto nessuno. Ti ha fatto qualcosa?» L’ansia traspare dalla voce di Hermione, che vorrebbe essere tranquillizzante, invece.

«No, niente. Però…»

«Piccola, se non mi parli io come faccio ad aiutarti? Lo vedo che sei turbata. Conoscevi già quell’uomo?»

«Non lo so. Però…»

«Però cosa?»

«Ho sentito una cosa strana. Era come se lo conoscessi e non riuscissi a ricordare. Mi… mi veniva voglia di corrergli incontro e di sorridere, abbracciarlo, ma come posso se non so chi è?» Tace per qualche minuto. «Non lo conosco, ma lui è dentro il mio cuore. C’è una spiegazione per questo?»

Ecco.

È successo. Chi altro potrebbe essere nel cuore di Eltanin ma non nella sua memoria?

Hermione sospira. Che può rispondere? Non può dirle tutto, è presto.

E, matrimonio o non matrimonio, continua a non vedere alcuna possibilità per loro.

«Non lo so. Adesso vado a cercare quest’uomo. Tu resta qui.»

 

*****

 

Draco si volta e se la trova davanti.

Sono quattro anni che la cerca, ha smesso di vivere per lei.

Adesso è davanti a lui.

Si copre la bocca con la mano, come sempre, quando le emozioni si fanno prepotenti.

La guarda a lungo, incredulo.

Vorrebbe trovare il modo di mantenere un contegno, davanti a lei, non sa se lei provi ancora qualcosa, non gli va di fare la figura dello stupido. Solo che non fa in tempo. 

Non riesce a ritrovare le sue maschere, i filtri che interpone tra sé e il mondo, mai tra sé e lei.

«Oh, Merlino! Sei tu! Sei… sei… SEI TU!»

Lei deglutisce, inghiotte le lacrime e gli si avvicina.

Si abbracciano inevitabilmente, forte, a lungo, come se non volessero più lasciarsi andare. E in effetti lui non vuole lasciarla andare. Ha paura di vederla sparire di nuovo. Non vuole più ammazzarla, vuole solo tenerla stretta a sé. Sente il cuore veloce come non succedeva da anni.

«Hai la pelle più scura e i capelli più chiari. Ti riconoscerei anche a occhi chiusi. Sei la donna più straordinaria. No, non ci sono parole per te, sei mia!» mormora tra i suoi capelli, si ubriaca del suo odore. «Sono quattro anni che ti cerco. Ho girato tutto il mondo per te, ho speso tanti di quei soldi da poter mantenere una piccola nazione per un intero anno, ho smesso di sorridere, di sognare, di vivere. Amore mio, non mi lasciare, non farlo mai più!»

Lei sospira. Per un attimo la paura le chiude la gola. Tutto quello che ha fatto per garantire la serenità dei suoi figli è improvvisamente a rischio. E lui dice "amore mio". Un'altra delle sue trappole. Possibile che sia già finita? Che debba ricominciare subito a discutere con lui? Un attimo. Per favore, solo un momento da ricordare negli anni a venire.

 

 

 

 

 

Dona Flor e i suoi due mariti: Jorge Amado, inevitabile. Non so se ho fatto trasferire Hermione a Bahia per via di Amado o se il fatto che sia lì mi ha ricordato le sue storie. Non ho letto tutto quello che ha scritto, ma quello che ho letto mi è piaciuto.

 

 

 

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Capitolo 13
*** Guerra e pace ***


13-  Guerra e pace

 

 

Sono abbracciati, come non credevano sarebbe successo mai più. Lui è convinto che la sua pena sia finita, lei che questo non cambi nulla.

Ancora non lo sanno, ma nessuno dei due ha ragione. Ancora non lo sanno, ma dovranno cambiare entrambi. E non sarà facile.

«Hermione, guardami, rispondi, dimmi che staremo insieme.»

«Sta’ zitto, Draco. Non parlare. Tienimi solo così, per un momento.»

Il cuore accelerato, l’odore di lui nelle narici e in bocca già un sapore di rimpianto.

«Non posso crederci. Tutto questo tempo! Non voglio staccarmi da te, voglio vivere tra le tue braccia da ora in poi, voglio morirci, quando sarà il momento. I bambini. Dimmi dei miei figli. Ho visto Eltanin e lei non mi ha riconosciuto, capisci? Come è possibile che non conosca suo padre, devo parlarle.»

«No, Draco, non devi.»

«Che stai dicendo? Non capisco quello che dici. È Eltanin, la mia bambina! E gli altri, quelli che non ho mai visto.»

«Draco ascolta. È una cosa che non ti riguarda.»

«Stai zitta, non puoi inventarti niente, ho visto le foto dei piccolini. Mi somigliano troppo per non essere miei. Sono diventato di nuovo padre e non l’ho saputo. Sei stata crudele e ingiusta. Parleremo di questo e dovrò conoscere i miei figli. Abbiamo tutto il tempo e dobbiamo recuperare quello perduto.»

Lei si stacca dolorosamente da lui. Esce da quell’abbraccio perché non c’è altro da fare.

«Basta! Non c’è niente da recuperare. Non ti permettere di usare la parola padre davanti ai miei figli perché non lo sei.»

«Che stai dicendo?» La trattiene per le braccia e la guarda angosciato. «Mi hai dimenticato? Hai un altro? Mi dici perché non mi vuoi più?»

«Non ho nessuno. Non ci sono novità riguardo ai miei sentimenti. Ma nemmeno alle mie intenzioni.»

«Hermione, in questi anni, io non ho fatto che cercarti. Adesso ti trovo, così lontano, così per caso che non sono riuscito a crederci, non ho voluto crederci fino all’ultimo, fino a quando non ti ho vista. E tu mi dici che non  posso parlare ai miei figli. Non ti pare il caso, almeno di parlarne tra noi, prima di darmi ordini?»

Non è stato brusco, ma lei ha percepito la solita nota di possesso e di prevaricazione nei suoi confronti.

«Nessuno ti ha chiesto di farlo. Puoi tornare alla tua vita. Non ho dubbi che troverai chi ti consola.»

Si stacca da lei e assume il suo atteggiamento elegante e distaccato.

«No, Hermione, non posso farlo e non voglio. Ma non penso di essere lontano dal vero, immaginando che qualcuno abbia consolato te! In fondo il tuo grande amore per me non valeva poi molto, vedo.»

«Non osare! Non azzardarti a crederti padrone della mia vita! Non mi hai voluta come moglie né come compagna, non sono nemmeno la madre dei tuoi figli, perché tu non hai figli. Per ragioni che evidentemente per te erano più che valide, tu mi hai sbattuto in faccia i tuoi rapporti sessuali con un’altra donna e io non ho potuto dire niente, perché non ero niente, mentre lei era la tua promessa sposa. Se non ero niente per te allora, figurati se tu puoi essere qualcosa per me ADESSO! Non ti deve interessare come vivo, non sono affari tuoi! Torna da dove sei venuto. Io qui sto bene, non voglio essere costretta a scappare di nuovo.»

Eccola, quella maledetta Grifondoro. Credeva di averla domata, invece è ancora lei. La tentazione di risponderle per le rime è forte, ma non intende tornare a Londra senza di lei. Alla fine, se lei è una Grifona, lui è sempre una Serpe. Dovrà convincerla, circuirla, se sarà necessario, perfino ingannarla. È disposto a tutto per riaverla.

«Hermione, non sono qui per discutere con te. Non possiamo parlare con calma? Innanzitutto devo dirti che non mi sono sposato. Né voglio farlo.» Si aspetta la sua meraviglia, che non arriva. Draco stringe gli occhi. Cosa si è perso? «È davvero cambiato tutto. Non puoi trattarmi come se questi anni non fossero passati.»

Lei sospira.

«So che non ti sei sposato.»

«Allora quello stronzo di Potter mi ha mentito!»

«Non so cosa ti abbia detto. Mi ha scritto una lettera, quando sei andato da lui per qualcosa, non mi ricordo… una denuncia, mi pare.»

«Quindi tu sai che non mi sono sposato da quasi un anno e non hai fatto niente?»

«Che avrei dovuto fare?»

«Allora davvero non sono niente per te! Davvero sono l’ultimo degli imbecilli, visto che non ho mai smesso di cercarti per tutto il mondo! Idiota, illuso! Pensavo davvero che la Grifondoro dura e pura non mentisse quando diceva di provare qualcosa per me, hai detto addirittura che eri innamorata! Figurati! Sei come tutte, evidentemente, quando hai visto che non potevi avere il mio nome e i miei soldi sei sparita con i miei figli! I MIEI FIGLI, maledetta te!»

«Che te ne fai dei bastardi di una simile profittatrice? Sparisci finché sei in tempo, ti conviene!»

Ha sibilato come una serpe. Un momento, è lui la serpe. Guarda i suoi occhi furibondi. Fermi tutti, ricominciamo. Così non va.

Le volta le spalle per un attimo, per riprendere il controllo, ma sente un fruscio dietro di sé. Si gira di scatto. Anche lei si è voltata e si sta allontanando.

«Aspetta! Dove vai, non abbiamo finito di parlare.»

«Io sì. Tu parla quanto ti pare.»

«No, aspetta, non volevo dire quelle cose.»

Lei si volta a metà e incrocia le braccia sotto il seno.

«Se non volevi non le avresti dette. Credo sia esattamente quello che pensi.»

«Non è così, lo sai.»

«So più cose di te di quanto vorrei. E niente di quello che so mi spinge a desiderare la tua presenza nella mia vita. Meno che mai in quella dei miei figli. È per questo che non ti ho cercato. Per questo e perché credevo che fossi andato oltre.»

«Non sono andato da nessuna parte. Io stavo bene con te. Che ti devo dire? Non mi piace vivere senza di voi.»

«Oh, allora… mi prostro ai tuoi piedi, non sia mai che tu debba soffrire il minimo fastidio!»

«Smettila di fare la stronza! Ti sto dicendo che voglio che torni. Che voglio conoscere i miei figli, che non voglio mai più farne a meno a qualunque costo.»

A Hermione viene da ridere. Probabilmente quello è il massimo che si possa ottenere da Draco Malfoy, nel campo delle dichiarazioni d’amore.

«Per oggi sei un amico della mamma. Quando avremo parlato con più calma si vedrà. Non farti illusioni, però. Io mi sono illusa a lungo su di te e adesso ho gli occhi aperti. Probabilmente non sei tu il padre che desidero per i miei figli. Né l’uomo che può farmi felice.»

Lui sente il cuore cadere molto in basso.

«Che cazzo vuol dire che non sono il padre che vuoi? SONO i miei figli! Non puoi scegliere tu il loro padre!»

«Tu non sei un beato accidenti per loro! Non hanno il tuo nome, non vivono con te, non sono nemmeno della tua razza! Sono solo tre bastardi mezzosangue, che hai a che fare con loro?»

«TUTTO! Ho a che fare tutto con loro, sono miei, hanno il mio sangue nelle vene, mi somigliano e io li voglio!»

«Questa sì che è una novità! Li vuoi per farci cosa? Per venirci a giocare quando il resto della tua vita purosangue te ne lascia il tempo? Non sono tuoi, non sono manici di scopa né proprietà immobiliari.»

«Hanno il mio…»

«Sei il donatore dello sperma. Solo quello.»

Tace per qualche secondo cercando di controllare la rabbia.

«Io non ho più una vita purosangue, come dici tu. Ho rinunciato al mio nome e rinnegato mio padre. Che altro vuoi? quale altra pretesa devo soddisfare per avere l’onore di avervi accanto?»

«PRETESE? IO avrei delle pretese? Ti ho forse impedito IO di farti la tua vita? Ti ho obbligato a rinnegare quello che ti pare? Non direi, io mi sono ritirata in buon ordine, ti ho lasciato libero!»

«Esatto, mi hai lasciato! E lo sapevi che non sarei riuscito a vivere decentemente senza di voi!»

«Quindi io sarei il tuo accessorio per farti “vivere decentemente”? E chi fa vivere decentemente me? Oh, hai ragione, scusa, che diritto ha una stupida Sanguesporco alla decenza ? Il massimo a cui può aspirare è diventare l’orsacchiotto del nobile purosangue, la sua camomilla, quella che lo fa vivere bene! Come ho fatto a sputare su questo onore? Che mi ha detto la testa? Come potevo pretendere di essere trattata con dignità e correttezza? Addirittura una vita onorevole per la mia bastarda! Dovevo essere impazzita!» Draco l’ha presa per le braccia e la sta scuotendo, ma lei non tace. «Che punizione merito per aver lasciato insoddisfatto il nobilissimo rampollo?»

«BASTA! SMETTILA, STRONZA! È tutto come vuoi tu, adesso, il nobile purosangue ha rinunciato al suo nome e al suo ceto, ha chinato la testa per te e tu ancora urli?»

«Levami le mani di dosso! Non li voglio i tuoi sacrifici!»

«E ALLORA CHE CAZZO VUOI?»

Draco la scuote ancora, arrabbiato, ma all’improvviso si fa tutto scuro e lui cade a terra, colpito in testa da una violenta padellata.

«Fernanda! Che fai! Draco!»

Draco si riprende dopo pochi attimi.

«Mi hai schiantato, maledetta stronza!»

«No, Draco è stata…»

«HO CAPITO! Va bene, ho capito. SE non sai che fartene di me vado via. Credevo che ti avrebbe fatto piacere…» Boccheggia un attimo, non sa che dire. «Addio!»

 

*****

 

Si avvia al luogo dove ha lasciato la macchina a noleggio, imbufalito, a grandi passi.

Guida veloce verso l’aeroporto: ha pagato il noleggio in anticipo. Telefonerà prima di salire sull’aereo e…

Accosta sul bordo della strada e si ferma. Spegne il motore.

Davvero vuole andarsene? Davvero rinuncerà, dopo averla cercata per tanti anni?

E poi?

Immagina la sua casa, desolatamente vuota, una casa in attesa. La casa di lei.

Non potrebbe tornarci se decidesse di rinunciare per sempre.

Ma che accidenti sta pensando, lui non vuole rinunciare!

Ma che altro può fare se lei non lo vuole più?

L’abbraccio.

Forte, intenso. Un abbraccio d’amore, non l’abbraccio di due vecchi amici che si ritrovano dopo tanto tempo e si abbandonano alla nostalgia.

Lei tremava.

Ripensa alle chiacchiere dei ragazzini, i suoi mariti, sorride.

Chi la capisce quella.

Respira profondamente e cerca di calmarsi, si appoggia al sedile e sente un dolore acuto alla testa quando la appoggia.  Porta una mano dietro la nuca e sente un bernoccolo di tutto rispetto. Ha preso una botta in testa. Allora è vero, non è stata lei.

Perché ce l’ha con lui? Non è sposato, perché non può tornare tutto come prima?

Cerca di mettersi nei suoi panni ma è difficile. Lui non è riuscito mai a capirla davvero.

Lei non ha mai compreso la differenza che c’è tra loro, è nata babbana, e i babbani si vantano parecchio della loro parità. Lui, a sua volta, non capisce perché dovrebbe essere meglio essere uguali a tutti gli altri. No, non uguali, lo ha spiegato bene, per quanto poco interesse lui avesse mostrato verso la questione: le persone non sono uguali, al contrario, ognuna è diversa e per questo speciale, ma devono essere rispettati tutti allo stesso modo, essere considerati pari davanti alla legge e pari nella dignità umana, qualunque cosa significhi.

Dunque lei si considera sua pari e non vede i suoi figli in alcun modo inferiori a quelli di qualunque famiglia purosangue.

È normale che si sia sentita offesa da suo atteggiamento, anche se non è lui quello strano.

In effetti, deve ammettere che lei ha qualche argomento, in proposito. Se pensa al valore di Hermione, alla sua intelligenza, abilità e potenza magica, è lecito chiedersi in che modo la sua inferiorità di sangue sia riconoscibile.

È anche vero che molti purosangue, malgrado l’antichità della famiglia e la rigorosa educazione, sono gretti e poco intelligenti, mediocri nella magia e in nulla ammirevoli. Che potranno mai avere di importante da trasmettere ai loro eredi, se non un perfetto pedigree?

Astoria.

Un’oca priva di fascino, una donnetta senza altre qualità che tratti regolari e un portamento dovuto alle bacchettate ricevute da sua madre per tutta l’infanzia. È lei il prototipo della perfetta purosangue.

Hermione ha dimostrato al mondo il proprio valore ed è apprezzata e considerata per se stessa, non per il sangue, non per il conto alla Gringott.

Davvero i geni di Hermione valgono meno di quelli di Astoria?

Sarebbe abbastanza normale per lei, figlia di babbani, avere figli babbani o magonò. Eppure, praticamente tutte le famiglie purosangue ne annoverano almeno uno nelle ultime tre generazioni.

Sospira. La rabbia gli è passata.

Gli torna in mente il suo odore e la sensazione del suo corpo morbido addosso. Sente il calore salire all’inguine.

Stupido, impulsivo, debole. Sorride mentre fa manovra per tornare indietro.

Non le ha dimostrato il suo cambiamento. Non l’ha convinta che se ritornerà non dovrà ritrovarsi nella situazione che l'ha fatta scappare. Non l’ha rassicurata.

Che si era immaginato, di prenderla per i capelli e trascinata nella caverna?

Dovrà dimostrarle che con lui starà meglio che senza di lui.

 

*****

 

«Fernanda, che ti è preso? Lo potevi ammazzare!»

«Ci vuole altro. Gli uomini hanno la testa dura. Lui ti urlava, ti ha messo le mani addosso e io non volevo che ti facesse male.»

Fernanda è pallida e sconvolta. Lei ha una profonda esperienza di cosa significhi per una donna avere addosso le mani pesanti di un uomo. Suo marito era un violento, quando è morto ha pianto di sollievo.

«No, Fernanda, non mi avrebbe fatto male. Non è un uomo di quel tipo, era solo molto arrabbiato.»

«E perché era tanto arrabbiato con te?»

«Perché io non voglio tornare con lui.»

«Oh, è tuo marito, Flor?»

Hermione scuote la testa.

«No. Però è…» Si interrompe, si guarda intorno. «Dove sono i bambini?»

«Sono con Terezinha. Ha detto che li avrebbe portati a giocare al fiume.»

«Ci sono un sacco di serpenti.»

«Fidati di Tereza. È brava.»

«No, preferisco che tornino a casa. Andiamo a cercarli.»

«Non è per i serpenti, vero?»

Hermione la guarda e stringe le labbra. Che stupida! Nonostante tutto continua a difendere la reputazione di quell'uomo. La verità è che lo crede perfettamente capace di prendersi i bambini per ricattarla o solo perché li considera roba sua. Potrebbe benissimo, per rabbia verso di lei, andare lì e dire loro cose che lei non vuole sappiano, cose che distruggerebbero la loro serenità. E lei non vuole che Fernanda pensi male di lui! Stupida.

«Non è per i serpenti.»

Fernanda annuisce e si avvia verso il fiumiciattolo.

I bambini non tornano volentieri a casa. Preferirebbero rimanere al fiume ma Hermione è irremovibile. Li lascia in camera a disegnare e torna in cucina.

«Dimmi Flor, è tuo marito? I gemelli sono uguali a lui.» Fernanda non demorde.

«No. Non è così semplice. Lui mi considera sua, ma appartiene a una classe sociale differente e si sente superiore a me. Così  vuole che io sia sua ma lui non è mio.»

«Gli uomini potenti fanno sempre così. Si sposano con una cacasecco del loro ambiente e si tengono una donna ardente nascosta. Ci fanno l’amore, le fanno fare figli, le fanno regali, fin quando non invecchia e allora ne trovano una più giovane. Magari fanno studiare i figli, così anche loro disprezzano la madre, e quella poveretta se ne muore da sola.»

Hermione tace. Fernanda, nella sua semplicità, ha capito perfettamente. E non fa che girare il coltello nella sua piaga. Quale sarebbe la differenza? Il fatto che lei ha studiato?

Ricorda l’umiliazione provata alle sue parole “non avrai bisogno di lavorare, penserò io a voi”. Voleva che fosse la sua mantenuta per averla a disposizione in ogni momento, non voleva che avesse una vita perché questa avrebbe interferito con la soddisfazione dei suoi pruriti, perché la SUA vita, i suoi impegni di nobile purosangue e di marito gli avrebbero concesso rari momenti di libertà.

«È come dici tu, Fernanda.»

«Ma tu sei un medico, sei una donna così intelligente e forte! Come ha fatto a piegarti così?»

«Che vuoi che ti dica? L’ho amato. Speravo che un giorno mi avrebbe amato anche lui.»

«Oh, Flor, che tristezza essere donna!»

«Che dici Fernanda!» Che dire a una donna che è stata maltrattata e quasi uccisa  dall’uomo che amava? «Essere una donna è un privilegio. Dovrebbe esserlo.»

«Se lo dici tu che sai tutto…» Fernanda ride. Ormai riesce perfino a scherzare sulle sue disgrazie. «Bisognerebbe spiegarlo al mio ginocchio che ogni tanto fa cilecca e alla mia spalla che mi fa male quando piove. E anche a tutte le cicatrici che ho sul corpo e ai tre denti che ho salutato anni fa.»

«Va bene, ho capito! Hai avuto le tue rogne, lo ammetto.»

«Tu invece hai avuto un gran culo! Bisogna ammetterlo, siamo due femmine fortunate!»

La porta è aperta, come sempre.

Draco appare all’improvviso.

«Posso entrare in casa tua?»

«Non sei partito?»

«No. Sono qui. Posso entrare?»

«Entra», risponde cautamente.

«Non farò niente che tu non voglia.»

«Bene.»

Si avvicina velocemente e allunga la mano verso il suo collo. Lei sussulta leggermente. La sua mano afferra la catenella argentea, solleva il medaglione e lo apre.

Lei lo afferra non appena capisce la sua intenzione ma non fa in tempo, lui ha visto.

Ha visto la piccola foto.

Alza gli occhi verso quelli di lei, dilatati dalla sorpresa.

Ha visto la foto stropicciata dal tocco delle sue mani. Centinaia, migliaia di carezze minuscole.

Deglutisce. Lei lo ama.

La sua foto, custodita in un medaglione da quattro soldi, che è quasi l’unico regalo che lui le abbia mai fatto. Custodito sul cuore di Hermione.

«Dimmi che mi hai dimenticato, dimmi che non sono niente per te. Dimmelo guardandomi negli occhi», la sfida.

«Non ha importanza.» Lei abbassa gli occhi solo per un attimo.

«Come fai a dirlo?»

«Lo dico perché è così. Non importa se io ti voglio o no. Ho tre figli, la cui serenità viene prima delle mie voglie.»

«Se rispetterò i tuoi ordini, posso restare con te per un po’? Abbiamo bisogno di parlare.»

«Sì. Certo, rimani. Basta che… lo sai.»

 

 

 

 

 

 

 

Guerra e pace: romanzo famosissimo di Lev Tolstoj, quattro volumi, nell’edizione Garzanti. Potrebbe spaventare l’idea di leggere un tale tomo, in realtà, una volta superato il problema del linguaggio, un po’ datato, e quello di tenere a mente i nomi russi, è più o meno una soap-opera, piuttosto divertente.

 

 

 

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Capitolo 14
*** La mia famiglia e altri animali ***


14-  La mia famiglia e altri animali

 

 

Draco si porta la mano dietro la testa.

«Che mi è successo? Chi mi ha schiantato?»

«Non io, Fernanda, con una padella.»

«Cosa?»

«Fernanda, quella signora vicino ai fornelli, ha pensato che mi stessi facendo male e ti ha dato una padellata in testa.»

«Ah! È il tuo cane da guardia?» Occhiata al vetriolo da parte di Hermione. «Che cos’è, la tua cameriera tuttofare? Mi sembra fin troppo protettiva verso di te.»

«Non credo che capiresti i rapporti sociali in questo angolo di mondo. È tutto parecchio diverso da quello che conosci tu.»

«Però mi ha colpito, avrebbe potuto farmi qualsiasi cosa! Non mi è piaciuto affatto, per quale motivo non la dovrei denunciare per aggressione?» insiste Draco, petulante.

«Perché io parlerei in sua difesa e potrebbe finire peggio per te che per lei.»

«Che cavolo dici?»

«Sono la pediatra dei figli del procuratore, lui ha parecchia fiducia in me.»

«E tu prenderesti le difese di una che a momenti mi ammazza?»

«Ci vuole ben altro. Lei ha avuto le sue ragioni per fare quello che ha fatto.»

Fernanda si avvicina con la chiara intenzione di parlare a Draco.

«Cosa c’è, Fernanda?»

«Devi dire a quel tuo signore che mi dispiace di avergli fatto male», dice guardando Draco ma rivolgendosi a Hermione perché traduca le sue parole.

«Si sta scusando per averti colpito.»

«Oh, molto generoso da parte sua! Perché ha sentito il bisogno di difenderti DA ME?»

«Lei ha preso molte botte, suo marito. Ti ha visto scuotermi e non avevi una bella faccia. Ha pensato che volessi farmi male.»

Inutile, Hermione non sente alcuna solidarietà per la sua infermità, è decisamente dalla parte di questa Ferdinanda o come si chiama. Draco riflette per un momento. Deve cambiare registro se vuole riprendersela.

«Se ti è così affezionata la perdono.»

Hermione riferisce.

«Digli che per me sei più che una sorella, che sei l’unica che ha avuto pietà di me, che non sarei viva se non fosse per te e che hai salvato mio figlio, tutta la mia vita ti appartiene. Io ero come morta! Ero magra, e cenciosa, sporca e piena di lividi e piaghe. Guardami adesso! Per merito tuo sono bella e felice!»

Draco segue la mimica espressiva della donna e capisce che sta esprimendo gratitudine e forse qualcos’altro.

«Fernanda! Non ho fatto niente di eccezionale e tu mi hai ripagata più di quanto meritassi con il tuo aiuto e il tuo affetto.»

«Diglielo! Digli quello che ti ho detto», indicando ripetutamente Draco.

Hermione, dopo un sospiro esasperato traduce le parole della donna.

«In realtà non è proprio così», aggiunge, senza badare all'occhiata irriverente di Draco. «Ho solo curato lei e suo figlio, quando mi sono stabilita qui, da allora lei mi fa da tata e da governante per pochi soldi, quindi sono io in debito.»

«Dona Flor ha un cuore grande!»

«Basta Fernanda, non gli dirò altro.»

«Ho capito», interviene Draco. «Ho capito, anche se non so la lingua. Tutti hanno una certa opinione di te. Chi sono io per pensare una cosa diversa?» Insomma, in realtà è qualcuno, ma fare il modesto, in questo momento gli pare la cosa migliore. «Da noi, nel mondo magico, tutti ti ammiravano per quello che hai fatto in guerra. Sei venuta qui e in poco tempo è la stessa cosa, senza guerre, senza eroismi, tutti ti ammirano lo stesso, e ti vogliono bene. Forse sei tu, forse sei speciale. Non solo per me, lo sei e basta.

Ho paura che dovrò darmi da fare per riavere il tuo amore.»

«Non dire stupidaggini.»

Intanto lui le ha preso la mano e la carezza dolcemente con il pollice.

«Hermione, non ti dirò che ho bisogno di te. Questo lo sai, e io ho imparato che non è sufficiente. Tu non mi devi niente, non è giusto chiederti di vivere con me solo perché io ne ho bisogno. Ti dirò che credo di essere pronto a fare la cosa giusta verso di te. Io ti amo, ti voglio e voglio veder crescere i miei figli. Quando torneremo a Londra vivremo insieme e i miei figli porteranno il mio nome. Farò tutto quello che è necessario perché tu non debba desiderare di nuovo di sfuggirmi.»

«Mi stai minacciando?»

«Come?»

«Quello che dici sembra più tipo “troverò i chiavistelli giusti per impedirti di scappare”, piuttosto che “ho capito che sei tu la donna della mia vita, per me sei più importante di quello che ci ha divisi”.»

Draco boccheggia per un minuto. Che ha detto di sbagliato? Magari si aspettava che si mettesse in ginocchio e aprisse una scatolina con l’anello di famiglia. Di nuovo parla prima di connettere il cervello.

«Ma insomma! Che pretendi che ti dica? Ti sposerò, se è questo che vuoi, Ti ho già detto che farò tutto…»

«…“Quello che serve per non farti scappare”. L’hai già detto.»

Draco si chiude in un mutismo ostinato.

Probabilmente è ancora arrabbiata con lui. Eppure sa bene che non si è sposato. Non era quello ad averla infastidita? Con la sua mentalità babbana non è riuscita a scindere il suo dovere verso la famiglia da quello che lo lega a lei.

Lui adesso crede di aver capito le difficoltà che in quel momento non ha voluto vedere perché sarebbe stato come ammettere di doversi lasciare. Lei ha scelto anche per lui. E lui è stato costretto a comportarsi come mai avrebbe creduto di poter fare.

Deve ammetterlo, sta meglio di prima. Ma non bene. Prova una fastidiosa puntura quando pensa alla posizione sociale della propria famiglia, al rispetto che tutti tributavano al suo nome, all’importanza di certe consuetudini nella loro società… No, in realtà nella società che non è più la sua, perché lui adesso vive tra i babbani e non è considerato altro che un eccentrico.

È stato quello che ha interrotto la purezza della linea di sangue, è lui che ha trascinato la propria famiglia nella vergogna. Ha rinnegato suo padre e il suo nome per lei.

Si domanda se ne sia valsa la pena.

La guarda.

È meravigliosamente bella, se possibile più di prima. È bella senza trucco e senza abiti costosi o pettinature elaborate.

È bella la sua faccia serena, il suo corpo accogliente, il suo odore conosciuto, la sua pelle. È bella la sua forza, la sua generosità,  la sua anima splendente.

È bello che lei sia così amata, così speciale da illuminare tutto quello che le sta attorno.

Per lei vale la pena.

Porta alle labbra la sua mano. Non vede l’ora di essere davvero solo con lei, di assaporare di nuovo la morbidezza della sua pelle, il calore delle sue braccia e il resto. Gli si chiude la gola all’idea di fare di nuovo l’amore. Con lei. Con l’unica che gli suscita davvero emozioni, non solo un conato muscolare che lo lascia più nervoso di prima.

È presto. Deve conoscere i suoi figli,  deve parlare con Eltanin. Davvero non potrà dire loro chi è?

Quella donna è crudele.

«Hermione.»

«Sì?»

«Davvero non posso abbracciare i miei figli? Ho bisogno di parlare con Eltanin, lei mi ha dimenticato.»

«Era necessario. E credo che lo sia ancora. Se l’ami almeno un po’, preoccupati per lei, non solo per te stesso. Se ci saranno le condizioni avremo tempo per chiarire.»

«E ci sono le condizioni per avere un bacio da te?» La sua voce da seduttore. Credeva di averla persa per sempre, invece ancora funziona. Con la donna giusta.

Lei ride piano, in modo sensuale.

«Non direi. Che ne penserebbe Fernanda?»

«Stai scherzando?»

Lei ride della sua faccia sconvolta, si sporge verso di lui e lo bacia, lì dove si trova. Fernanda sbircia.

È un bacio dolce, innocente. Ma a Draco sembra che i polmoni si siano gonfiati di ossigeno all’improvviso, sente un leggero capogiro e quando lei si stacca si guarda attorno spaesato.

Indifeso.

La porta è aperta,  e da fuori arrivano grida e risate di ragazzini, Fernanda li guarda con un sorrisetto sulle labbra

«Mi pare di stare in mezzo alla strada!»

«Da queste parti è tutto un po’ diverso.» Diventa seria. «Ti ho baciato perché lo desideravo davvero tanto. Ma questo non significa niente. Non scherzavo quando ti ho detto che sei solo un amico della mamma. Non osare fare dichiarazioni compromettenti davanti ai miei figli o scoprirai come hanno fatto i Mangiamorte a perdere la guerra.»

«Sono miei, sono anche i miei figli», insiste Draco, appassionato.

«Non lo sono, non li hai voluti.»

«Non è vero! Io non credevo possibile riuscire a rinunciare a certe cose. Era mio dovere, capisci?»

«E adesso non lo è più?»

«Ho rinnegato tutto, ho abbandonato tutto. Sono anni che non vedo mio padre. Non mi fa piacere. Mi sento ancora in colpa per questo. Ma senza di te non…» che sta per dire? Davvero si metterà nelle sue mani? Beh, non importa quello che dice adesso, tutto per riaverla. «…non sono capace di vivere.»

Lei tace a lungo, scuote la testa lentamente.

«Io ti credo, penso che tu sia in buona fede. Ma penso anche che tu abbia fatto quello che hai fatto nell’impeto del momento, ti conosco sei impulsivo. E ostinato.

Sono sicura che tu abbia sofferto quando hai perso qualcosa che credevi tuo per sempre. Ma se io tornassi indietro, finiresti per attribuirmi la colpa delle tue rinunce,  vedresti in me quella che ti ha privato del ruolo sociale e della famiglia. Tu, il nobile purosangue, senti di esserti abbassato verso di me, umile Sanguesporco, e io non ti ripagherò mai abbastanza del tuo sacrificio.»

«Mi stai dicendo che non è servito a niente? Che tutto quello che ho fatto per riaverti è stato inutile?»

Lei prende fiato e si erge un po’ di più sulla sedia.

«Se hai rinunciato alla tua sposa e alla tua posizione sociale solo “per riavermi”, allora è così, è stato inutile!

Se non hai fatto quello che hai fatto per te stesso, per la tua libertà e per avere la vita che vuoi allora sei uno stupido, Malfoy.»

«Che cazzo dici? La mia libertà e la mia vita hanno un minimo di senso se stai con me, tu e i miei figli, perché finora, non mi sono divertito per niente a essere libero!»

Apre la bocca per parlare ma dalla porta entra una ragazzina alta e scura. Draco è convinto di averla rivista.

«Siamo tutti sotto al mango, ti aspettiamo», dice in portoghese rivolta a Hermione.

«Arrivo Terezinha. C’è Nina?» Terezinha. Gli pare di conoscerla. Ah, quella che ha avuto l’idea della spesa per quell'altra. Come diavolo si possono ricordare certi nomi?

«Siamo tutti fuori, anche Rodrigo e Remedios»

«Ho da fare, adesso, ti puoi riposare un po’ hai viaggiato e sei stato aggredito», dice Hermione con un tono un po’ canzonatorio. «Ti chiameremo per cena, se vuoi. Se preferisci puoi venire fuori con noi, ma ti avviso che i ragazzi ti prenderanno in giro tremendamente.»

«Ci sono anche i miei figli?»

«No, Malfoy. Non so come fartelo capire, tu non hai figli, fattene una ragione. Comunque, i MIEI figli sono là.»

«Hermione…»

«Se vuoi vederli puoi, ma non fare sciocchezze o te ne vai subito!»

«D’accordo, farò quello che mi chiedi. Per adesso.»

 

*****

 

Hermione si ferma un attimo a confabulare con Fernanda che sta rimestando una pentola piena, apparentemente di latte.

Escono insieme e si avviano verso il grande albero di mango alla cui ombra siedono, più o meno compostamente, una quindicina di ragazzini, compresi quelli che, qualche ora prima gli hanno venduto le informazioni. Li guardano in silenzio. Sono vicini quando uno dei ragazzini, con una faccia serissima, indica Draco.

«Dona Flor, qual è seu marido?»

«Per voi tutti quelli con cui parlo sono miei mariti!»

«QQWQQuesta volta però è vero! Si vede che Rodrigo e Remedios sono usciti dalle sue p…»

«Venceslao! Non ti permettere!»

«Dicci come si chiama!»

«Si chiama Draco. Potreste salutarlo educatamente, così iniziamo la lezione.»

«Dra… Dragão! Tuo marito si chiama Dragão!» Giù tutti a ridere.

«Chi l’ha mai visto un drago di quel colore? Sembra un cuore di palma!»

«Dona Flor, hai per marito un drago di cuore di palma

«Basta, Raquel.»

«Gli altri erano palliducci, ma questo li batte tutti!»

«Vogliamo incominciare?»

«Che facciamo, oggi, Dona Flor?»

«Perché ti chiamano tutti Dona Flor? Perché hai cambiato nome?»

«Secondo te?»

«Dona Flor, senti che idea! Facciamo conversazione in inglese: parliamo con tuo marito Palmito Dragão, che dici?»

«Non è mio marito. Di che vorreste parlare con Draco?»

«Beh, vediamo se siamo così bravi che riusciamo a farci capire, gli facciamo domande sull’Inghilterra!»

Lei scuote la testa ridendo.

«Che vogliono?»

«Vogliono parlare con te.»

«Va bene, perché no?»

«Non li conosci!»

«Beh, proviamo.»

Lei alza un sopracciglio. Bene, avrà quello che ha chiesto.

«Allora, Draco ha accettato di rispondervi, siate educati e non fate domande personali.»

Una decina di ragazzini alzano le mani.

«Venceslao.» Hermione concede la parola a uno.

«Tu abiti a Londra?»

«Sì.»

«E Dona Flor abitava con te quando stava a Londra?»

«No.»

«Allora quando avete fatto Rodrigo e Remedios?»

«Chi sono Rodrigo e Remedios?»

Tutti ridono e indicano i due piccolini che giocano, un po’ defilati.

Draco si alza per vederli meglio. Sono insieme ad altri due bambini piccoli e accanto a loro Eltanin gli rivolge la sua occhiata curiosa.

«Oh!» Draco è spiazzato, si rivolge a Hermione. «Che razza di nomi sono Ro… quello che è.»

«Nomi del posto.» Si rivolge ai ragazzi. «Adesso un altro… Raquel!»

Una bambina con qualche finestra tra i denti si alza.

«Ti piace tanto, Dona Flor, che sei venuto fin qui per vederla?»

Lui ride. Ha promesso di non dire padre, non di non essere sincero.

«Mi piace davvero tanto!»

Tra i ragazzini scoppia un putiferio di voci, risate, prese in giro.

«AH! Palmito Dragão è innamorato di Dona Flor! – Auguri, Dragão! – Quanti figli farete ancora? – Basta che non la porti via! – La porta via? – Resta tu con noi Palmito Dragão! – Qui è meglio di Londra!»

«Adesso basta!» grida Hermione. «Questa non è una lezione, è un macello! State zitti. Compito scritto!» Mugugni e proteste da parte di tutti.

Hermione distribuisce fotocopie di un brano da tradurre, matite e tavolette dove appoggiare il foglio.

«Non vi scordate a scrivere il vostro nome.»

Mentre tutti si accingono a scrivere, Hermione chiama Eltanin.

«Nina, venite qui vicino a giocare.» 

Si avvicinano, Eltanin, i due gemelli e altri due bambini dalla pelle scura.

I gemelli hanno pantaloncini e canottiere fradici, lei minuscole trecce sfatte, lui vistose sbucciature sulle ginocchia.

Draco li mangia con gli occhi, ma non osa parlare.

«Vieni qui, Remedios.» dice in inglese.

«Che bbuoi

«Rifarti le trecce.»

Lei guarda in alto e scuote le braccia.

«Uffa!»

La prende tra le gambe, tenendola ferma, con un pettine rado, tratto dalla borsa, le ravvia i capelli e si accinge a intrecciarli di nuovo.

Lui la guarda meravigliato, curioso. È figlia sua, lo sa, ma non lo sente, ancora. Ricorda la prima volta che ha preso in braccio Eltanin. Era un fagottino tenero e odoroso. Questa sembra un piccolo panzer. Indubbiamente è molto Malfoy. Il suo sguardo altezzoso tiene bene il confronto con quello che incontra nello specchio ogni giorno.

«Come ti chiami?» chiede Draco alla piccola.

«Remedios. Ho anche un antro nome ma non te lo dico.» Modi arroganti.

«Perché?»

«Perché è un secreto. Lo sa solo la mamma.»

«Vuoi sapere come mi chiamo io?»

«Tanto lo so, sei Palmito Dragão.» Supponente. Questo viene da Hermione.

«Mmm, sai un sacco di cose.»

«Sei un amico della mamma che viene dall’Inghlitterra

«Sì.»

«Allora ftanotte mamma dorme con noi! Evviva!»

«Perché dorme con voi?»

«Perché quando ci sono gli amici dell’Inghlitterra dormono nel letto di mamma e lei dorme con noi!» Si blocca perplessa. «Ma dove dormi, mamma? C’è anche Venâncio!»

«In qualche modo faremo, non ti preoccupare.»

Certo che sembra una stracciona. È anche tutta bagnata. Si rivolge a Hermione.

«Questa bambina è tutta bagnata, non sarebbe meglio che si cambiasse?»

«Non ha importanza.»

«Ma si prenderà un raffreddore!»

Hermione ride delle preoccupazioni di Draco

«Non credo proprio. Reme, manda qui Rodrigo.»

La piccola scappa via e chiama il fratello. Quello finge di non sentire. Alla fine lei lo prende per i capelli e lo strattona senza garbo.

«Tutta la mamma!» ride Draco osservando la scena.

«Finito!» strilla soddisfatto un ragazzino alzando i pugni in segno di vittoria.

«Rileggi!» lo riprende Hermione.

Rodrigo si avvicina.

«Che vuoi, ma’?» Identico nell’aspetto alla sorella, ma molto diverso nei modi.

«Ripulisciti le ginocchia e disinfettale.»

«No, mi lavo ftasera!» la esse tra i denti, come la sorella più grande.

«Non ci vuole niente a darsi una ripulitina.»

«Ma tanto mi fporco di nuovo!»

«Un giorno farai la fine del principe Oliviero!»

«Che divento tutto fporco e puzzo?»

«No, che ti faccio mangiare nei piatti sporchi di ieri!»

«Bleah! Che fchifo

«Anche le tue ginocchia.»

A testa bassa, brontolando si avvia verso casa, a dieci metri dalla porta incomincia a urlare.

«FERNANDA!»

«Come si chiama, lui?»

«Rodrigo.»

«Altro nome del posto.» Lei annuisce. «La piccola ha detto di avere un altro nome.»

«Già.»

«Non hai intenzione di dirmelo? Quando torneremo in Inghilterra questi nomi suoneranno strani, potrebbero essere imbarazzanti per loro.»

«E chi dice che torneremo in Inghilterra?»

Lui ride. Sta scherzando.

«Non riesco a credere che tu non abbia affatto tenuto conto di me quando hai scelto i loro nomi.»

«Tu non eri previsto. Tu ti stavi sposando con un’altra e ci avresti fatto altri figli. Per quale motivo avrei dovuto cercare la tua approvazione per i loro nomi? Quando mai avresti avuto modo di preoccupartene?»

«Vedi, però che non è così. Non bisogna mai dire mai. Io spero che i loro altri nomi siano un po’ più inglesi.»

«E se non lo fossero?»

«Credo che, come padre, potrei avere la facoltà di cambiarli o aggiungerne altri.»

«Ma tu non sei il loro padre.»

«Io SONO il loro padre», sibila a bassa voce. «Sto avendo pazienza ma sappi che non rinuncerò a loro. E se intendi continuare a fare la stronza su questa cosa, chiederò l’accertamento di paternità.»

«E a chi lo chiederesti?»

«Al Wizengamot, a chi altri?»

«Oh, capisco! In Inghilterra. SE mai ci arriveremo.»

«Perché non dovremmo?»

«Tu sì, quando vuoi!»

Maledetta capra ostinata! Che accidenti deve ancora fare per convincerla?

«Hermione, posso sapere cosa esattamente ti impedisce di stare con me? Io ho…» pensa un attimo alla parola giusta da dire «…lasciato perdere tutto quello che ci separava. Che motivo hai di respingermi ancora?»

«Ne ho molti. Difficili da capire per te, che sei convinto di essere l’ombelico del mondo, e che io dovrei solo adorarti per il sacrificio che hai fatto per me.»

«Hermione…» incomincia davvero a sentirsi davvero esasperato. «Ma possibile che non ci sia la possibilità di parlare in privato?»

«Più tardi. Non avere fretta.»

«Posso parlare con Eltanin?»

«Solo se sei disposto rispettare i patti.»

«Che sarebbero?»

«Lei si chiama Nina, si ricorda vagamente di te, non sa chi sei ma sa di averti già visto. La versione è che ti ha visto prima che lasciassimo Londra, sei un mio amico. Punto. Puoi dirle che la ricordi da piccola, ma non che sei suo padre, né fare cenno a situazioni intime. Chiaro?»

«Va bene. Sei una tiranna.»

«Adesso devo andare via. Tu puoi restare o venire con me, fa come ti pare.» Si rivolge ai ragazzi, attirando la loro attenzione. «Quando avete finito mettete tutto nella borsa. Tra poco Fernanda porterà la merenda. Io vado da Cesar. Ci vediamo giovedì.»

Tutti la salutano mentre lei si avvia verso casa.

Lei rivolge a Draco uno sguardo minaccioso.

Pazienza. Deve avere pazienza.

Sono così vicini, adesso, non manderà tutto a rotoli perché non sa aspettare.

Convincere l’amico dentro i pantaloni ad avere pazienza mentre lei gli passa accanto lasciando una scia del suo delizioso profumo di donna, è un’altra faccenda.

 

 

 

 

 

 

La mia famiglia e altri animali: di Gerald Durrel, un naturalista che racconta, in questo libro, della sua infanzia a Corfù.

 

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Capitolo 15
*** American Gods ***


 

15-  American Gods

 

Draco si accosta a Eltanin, che lo guarda di sottecchi, un po’ diffidente.

Che può dirle? Vorrebbe solo prenderla in braccio e baciarle le guance e carezzare i suoi capelli, annusare il suo odore e chiamarla, come un tempo, “piccoletta di papà”. E non può.

Gli occhi e il naso pungono, si mette una mano sulla bocca, per arginare quella cosa, non sa nemmeno cosa sia, solo che lo fa stare male e bene allo stesso tempo.

Prende fiato e le rivolge la parola.

«Sei molto cresciuta da quando ti ho visto l’ultima volta.»

«Tu mi conosci?»

«Ti ho vista molte volte, quando eri piccola, a Londra.»

«Oh.»

«Non ti ricordi di me?» il dispiacere trasuda dalle sue parole, che vorrebbero apparire neutre.

«Non molto, quasi niente. Però quando ti ho visto ho pensato…» si interrompe, imbarazzata.

«Cosa hai pensato?»

«Beh, non lo so, mi facevi allegria. Forse mi stavi simpatico.»

«Solo simpatico? Eravamo quasi innamorati, io e te.»

Lo guarda, se possibile, ancora più diffidente.

«Tu sei grande.»

Lui ride.

«Certo, non farti strane idee, ho la stessa età della mamma. Intendevo dire che eravamo affezionati, stavamo molto bene insieme.»

Lei sembra riflettere.

«Mmm, sì, è possibile.»

«Pensi che sia possibile anche se non ti ricordi di me?»

«Qualcosa mi ricordo. Insomma non sono veri ricordi, però quando ti ho visto, era come… che ne so? Mi veniva voglia di…» Alza le spalle e rinuncia.

«E adesso, la senti ancora questa sensazione?»

«Non so cosa sia. Mi viene da fidarmi di te. Ma è molto pericoloso, la mamma lo dice sempre, non dobbiamo fidarci degli sconosciuti. Abbiamo delle regole.»

Un lampo di dolore passa negli occhi di Draco. È uno sconosciuto di cui non ci si deve fidare.

Pensa sia giusto che Hermione abbia messo in guardia la figlia contro gli sconosciuti, ma disperato all’idea di essere uno di loro, per lei.

Si domanda che ne è stato della sua compostezza. Perché mai senta questa cosa tremendamente sgradevole nello stomaco all’idea che sua figlia non lo consideri per quello che è. In fondo suo padre gli ha forse mai dimostrato di provare qualcosa?

Non era molto più che un estraneo per suo padre.

Dev’essere lui, quello difettoso, perché anche allora, lo ricorda bene, soffriva parecchio per l’indifferenza di Lucius. Desiderava i suoi occhi su di sé, avrebbe voluto da lui parole gentili, pacche sulle spalle di incoraggiamento e approvazione.

Ha avuto delle vergate, qualche volta. Fino a quando non ha imparato a nascondere bene le sue aspirazioni inappropriate. Ovviamente sa che suo padre non avrebbe mai desiderato il suo male, che teneva a lui. Nell'interesse della famiglia, è ovvio. Che altro?

Quello che sente per questa piccoletta non c’entra niente con la sua gloriosa stirpe, lei è mezzosangue, improponibile! Non capisce nemmeno lui di cosa si tratti. Però è capace di procurargli quella specie di piacevole dolore che non sa classificare ma a cui non vorrebbe mai rinunciare. Un po’ come Hermione ma senza il sesso. Qualche volta anche con Hermione, non c’entra il sesso.

Sarà genetico? Saranno queste femmine che hanno qualcosa nel sangue o chissà dove, che lo confonde. Qualcosa che lo attira, che gli apre il sorriso in risposta al loro e che lo getta nel dolore quando è rifiutato?

Che sarà?

Si rifiuta ancora di chiamarlo amore. Ha sempre saputo che quella è una fanfaluca da perdenti. È come i personaggi inventati di cui la sua balia gli raccontava per spaventarlo e convincerlo a comportarsi bene. Se ne parla tanto ma credere che sia reale è da ingenui.

Eppure, sa che adesso molte balie o nonne, per spaventare i bambini, raccontano storie su Voldemort. E lui non è un’invenzione.

 

*****

 

Sente gli strilli e le risate provenienti dal minuscolo bagno, da cui, uno dopo l’altro, escono i bambini, completamente nudi, placcati da Fernanda, armata di asciugamano. Dopo averli asciugati infila loro un paio di mutandine e di ciabatte, li ammonisce in tono severo e li lascia andare.

Per ultima esce lei, un asciugamano bagnato attorno al corpo e capelli gocciolanti.

«Se vuoi lavarti, il bagno è libero», gli dice sorridendo e avviandosi alla porta.

Appena fuori la soglia, raccoglie la massa dei capelli, li torce con le mani lasciando cadere acqua sul terreno, poi li districa alla meglio con le dita, alzando il viso verso il sole, ormai basso sull’orizzonte.

Resterebbe a guardarla per sempre, ma forse lavarsi è una buona idea.

Entra nel bagno e per poco non va a sbattere nella parete di fondo. È davvero minuscolo e la doccia non ha protezioni, attorno. Ecco perché l’asciugamano era bagnato, quando apre il getto della doccia l’acqua arriva dappertutto.

Possibile che lei ami vivere in questo modo, quando a Londra ha ben due case confortevoli, quella dei suoi genitori e un’altra, bellissima e grande.

Parleranno, la convincerà, ne è sicuro.

Si lava, NON riesce ad asciugarsi, con l’asciugamano fradicio, lo lega attorno ai fianchi ed esce tutto bagnato.

Non si aspetta di trovare tutti nella cucina-soggiorno che si voltano verso di lui e lo fissano. I bambini scoppiano in risate inopportune. Lo guardano, si danno di gomito e ripetono “Palmito Dragão!”, indicandolo con le mani.

Anche lei ride e lo guarda attentamente. Nei suoi occhi passa qualcosa che Draco già conosce.

«Hai qualcosa da dire anche tu, per caso?»

«Certo!»

«Dimmelo, allora», suggerisce lui con tono sensuale.

«Palmito Dragão!»

«Stronza!»

Le si avvicina per abbracciarla, quasi per istinto, come avrebbe fatto un tempo. Lei si irrigidisce e lo allontana con uno sguardo.

Lui abbassa la testa, per nascondere la rabbia.

A tavola i bambini sono decisamente troppi. Ne conta cinque, di cui solo tre sono suoi.»

«Hermione, chi sono tutti questi bambini?»

Hermione li indica uno a uno con la mano pronunciando i loro nomi senza fare distinzioni.

«Remedios, Nina, Valdemar, Rodrigo e Venâncio.»

«E sono tutti tuoi?»

Lei lo guarda e ride di cuore.

«Non ti pare che se fossi la madre di Valdemar lo sapresti? E anche di Venancio.»

«Già, che stupido!» Sorride e scuote la testa. «E allora chi sono?»

«Valdemar è il figlio di Fernanda, Venâncio sta con noi in questo periodo perché suo fratello si è infortunato e non può occuparsi di lui.»

«E suo fratello sarebbe?»

«Cesar. Quello che sono andata a visitare oggi pomeriggio. È un muratore, è caduto da un’impalcatura e si è conciato male.»

«I genitori?»

«Chi lo sa?»

«E tu, con questo fratello?»

Hermione ride.

«Sei geloso?»

«No, che dici? Sono sicuro che nessun uomo ti ha avvicinata in questo periodo.»

«E come fai ad esserne così sicuro?»

«Tu non sei una ragazza facile.»

«Ma potrei essermi rifatta una vita. Non sono così vecchia da ridurmi a vivere di ricordi. E Cesar è obiettivamente molto bello.»

Lui si irrigidisce. Ripensa alla reazione di lei quando l’ha sfiorata, poco prima. L’ha interpretato come un avvertimento per la presenza degli altri. Gli ha dato fastidio, ma solo perché avrebbe voluto che lei lo presentasse con fierezza come il suo uomo, non che nascondesse la loro relazione per non far scoprire ai suoi figli che è il loro padre. Non ha pensato che potrebbe avere un altro uomo, che potrebbe essere perduta per lui. Questo non l’ha mai creduto davvero, nemmeno per un istante. È stato un coglione?

«Quando torni da questo Cesar?»

«Dopo cena. Devo portargli una pozione e controllarlo. Per le fratture non c’è problema ma il polmone mi preoccupa.»

«Posso venire con te? Solo se credi sia il caso, non vorrei rovinarti la piazza.» Lo dice scherzando.

«Se ci tieni…»

 

*****

 

La favela, è un mondo di cui Draco aveva sentito vagamente parlare, a cui non si è mai interessato. Come alle abitudini di strani animali con cui mai avrà a che fare e che nemmeno lo incuriosiscono.

Adesso si domanda come degli esseri umani possono vivere in questo modo. E, di nuovo, perché LEI ha deciso di farlo, perché proprio lì.

Mentre passa tra una baracca e l’altra, Hermione è raggiunta da richiami e saluti, che ricambia allegramente. Le donne lo indicano parlando in portoghese, lei risponde tranquilla. Alcuni uomini lo guardano male.

Quando raggiungono la costruzione, perfino più fatiscente delle altre, l’umore di Draco è abbastanza cattivo.

La baracca di lamiera non supera i due metri di altezza e circa tre per lato. L’odore è molto fastidioso, di fogna e cucina allo stesso tempo, urina vecchia e di verdure bollite.

Si deve chinare per poter entrare senza sbattere la testa.

All’interno due donne e un giovane seduto su una branda. Quando entrano, il giovane saluta Hermione con un sorriso luminoso.

Pochissime suppellettili appoggiate su casse di frutta e un tavolo sbilenco. Sollevate contro il muro altre due brande con un mucchio di stracci appesi.

La donna più vecchia si appoggia alla spalliera di una sedia, curva su di essa come se non fosse capace di stare in piedi, l’altra, bella e sensuale malgrado la stazza, con un turbante bianco e un abito di colori vivaci, stona decisamente con l’ambiente.

«Oh, Mae de Santo! Non credevo di trovarti qui!»

«Sono venuta a salutare Imaculada e a portare l’augurio del terreiro a Cesar.» "e a prendere tutto quello che si può a questa poveretta", pensa Hermione.

«È molto gentile da parte tua, Dona Jacinta.»

«E questo uomo è con te?» domanda guardando attentamente Draco.

«È con me. Lui è un vecchio amico inglese, Draco Malfoy.» Poi, rivolgendosi a Draco, in inglese. «Questa è Dona Jacinta, un personaggio molto importante da noi.»

«Oh piacere.» Draco le porge la mano che lei afferra e trattiene un po’ più di quanto preveda la buona educazione, senza distogliere gli occhi da quelli di lui.

«Mmm, è una famiglia interessante, la tua.» Hermione apre bocca per negare che lui faccia parte della famiglia. «Lo sa che tu sei il cavallo di Ossaim? Anche lui è un cavallo?»

«Dona Jacinta, noi non crediamo a questa cosa del Candomblé, e non siamo i cavalli di nessuno.»

«Oh, se lo siete. Tu, lui e i tuoi figli.»

«E chi dovrebbe cavalcarlo, secondo te?»

«Exu, potrebbe. Ma preferirei cavalcarlo io se non fosse tuo.»

«Lui non è mio.»

«Dona Flor, dici un sacco di bugie, stasera.»

Draco si distrae alla svelta, anche se ha capito che stanno parlando di lui. Non capisce una sola parola, Hermione non ritiene necessario coinvolgerlo nella conversazione, né a lui interessa aver a che fare con una specie di santona locale. Osserva, invece, con attenzione il paziente di Hermione.

È meno alto di lui, ma davvero bello. Ha tratti decisi e una bocca sensuale, grandi occhi neri bordati di lunghe ciglia, spalle larghe e braccia muscolose.

Potrebbe piacerle? Potrebbe essere lui l’uomo con cui lo tradisce? Un muratore. Sospira. Lei non ha pregiudizi, non le importa delle ricchezze e del ruolo sociale.

Questo lui non riesce a capirlo.

E lei non capirà mai le pressioni a cui è sottoposto lui, le aspettative di suo padre e dell’intera società magica, la tradizione famigliare, la sensazione di essere osservato e giudicato da secoli di storia.

Due mondi diversi, mentalità diverse. Se dovranno vivere insieme avranno molto da imparare per comprendersi.

Hermione si è avvicinata a Cesar, armata di fonendoscopio, fa spostare Draco da vicino al lettino, gli ausculta le spalle poi ordina.

«Sdraiati!» come se l’avesse sempre fatto.

Lui è molto giovane. E la guarda come si guarda una dea.      

Draco si morde le labbra e non sa se dovrebbe dire qualcosa. Alla fine decide per il no.

 

*****

 

Hermione va DAVVERO a dormire nella stanza dei bambini!

E lui che dovrebbe fare? Sono ore e ore che la guarda da lontano, è eccitato fin dal primo abbraccio, sotto il mango. Non può restare solo, non stasera.

E se davvero non lo volesse più? Se avesse un altro uomo?

Sospira. Non è arrivato fin qui per ripartire pieno di dubbi. Se lei ha un altro lo scoprirà. E cercherà di riprendersela.

Aspetta che tutto sia silenzioso, poi, scalzo, con grande cautela, si avvia verso la stanza dei bambini. Fernanda ha steso in cucina il suo materasso e dorme da un pezzo.

Draco percorre con pochi passi la distanza dalla porta aperta della stanza. È molto più grande di quella dove dorme lei, c’è un letto a due piazze, uno piccolo e due amache appese. Lei è lì. Non dorme.

«Hermione…» appena un soffio, per non rischiare di svegliare qualcuno di quei nani.

«Che c’è, non riesci a dormire?»

«No. Non potresti venire di là, con me?»

Lei lo guarda, nel buio alleggerito dalla luna piena. Poi scende dall’amaca e gli porge la mano.

Il cuore di lui accelera, la prende e la trascina gentilmente fino al letto. Lei lo lascia e chiude la porta, fa un gesto con la bacchetta.

Lui non ci aveva pensato. Quando stavano insieme Eltanin era piccola e non c’era nessuno che si occupasse di lei, di notte, non avrebbero mai osato sigillare e insonorizzare la stanza, se lei avesse avuto bisogno di loro doveva poterli chiamare.

Draco si sdraia, aspettandosi che lei faccia lo stesso ma lei non lo fa. Resta in piedi, a guardarlo.

«Che rapporti ci sono tra te e quel Cesar?» chiede, prima ancora di domandarsi se sia la mossa giusta. È tutta la sera che ci pensa e sta diventando un fastidio enorme.

«Oh, siamo amanti!» Lui alza la testa vivacemente e la guarda con occhi furibondi, lei scoppia a ridere. «Che scemo! Cesar ha quindici anni.»

«Oh,  non sembra.»

Ha fatto la figura dello scemo geloso. Meglio questo che avere ragione.

Adesso lei è lì. E lui non osa toccarla, per timore di fare qualcosa di indesiderato. Quella poca distanza tra loro gli brucia come una ferita aperta.

«Vuoi stare con me?»

Lei lo guarda negli occhi e si siede sul letto.

«Sono più di tre anni che non sogno altro, ma ho paura di commettere un errore madornale.»

«Vuoi che prima parliamo un po’? Sento che non ti fidi di me. Perché?»

«Quanto tempo hai?» chiede ridendo.

«Tutto il tempo del mondo. Parlami, io ti ascolto.»

Si tira su e appoggia la schiena alla testiera del letto. Anche lei si accomoda, a gambe incrociate, di fronte a lui.Molto vicina, il letto è piccolo.

«Quando abbiamo iniziato a parlare, a scuola, ho intravisto un Draco diverso da quel servo del proprio sangue, privo di spessore umano che avevo sempre conosciuto. Ho immaginato che un giorno avresti visto l’inconsistenza di quello che ti circondava e che ti legava saldamente, suggerendo i tuoi comportamenti e tracciando una strada ineludibile davanti a te.

Mi sono innamorata di quanto di straordinario ho creduto di scorgere in te, di quel germoglio di grandezza, di libertà. Vedevo anche le tue fragilità e mi facevano tenerezza, anche se erano quelle a creare tra noi una barriera quasi insormontabile.

Questo mi ha legata a lungo a te. Poi è nata Eltanin e il legame si è rafforzato. Tu l’amavi, e questo mi faceva illudere ancora di più.» Lui apre la bocca per ribattere, ma lei lo zittisce con uno sguardo. «Non ho voluto vedere la tua pigrizia e ho drasticamente sottovalutato la capacità di tuo padre di manipolarti, usando di volta in volta l’argomento giusto, per ultimo il tuo stupido senso di colpa nei suoi confronti.»

«Perché dici che il mio senso di colpa era stupido? Per colpa mia…»

«Per colpa tua? Di cosa sei stato accusato? E da chi? Di aver tradito qualcosa che non avevi mai scelto volontariamente ma che ti era stata imposta, guarda caso, proprio da chi poi ha sfruttato per anni il tuo rimorso e, probabilmente, ancora lo fa. La ragione per cui i tuoi si sono trovati in quella tragica situazione, sono le loro stesse scelte, che tu non hai avuto nemmeno la possibilità di compiere!

E quanto a tradimenti, non mi pare che loro abbiano condiviso la sorte dei loro compagni Mangiamorte, anzi, li hanno denunciati e hanno contribuito a farli catturare. Come ti viene in mente che siano stati attaccati solo perché tu avevi un’amante mezzosangue?

Comunque non mi interessa convincerti che esiste anche l’acqua calda, mi hai chiesto perché non mi fido di te. Devo continuare o l’hai capito?»

«No, sinceramente non ho capito. Eravamo rimasti che tu non riuscivi a mandare giù il fatto che mi sposassi, malgrado ti abbia spiegato che questo non aveva niente a che fare con l’attaccamento che provavo per te. Io non avevo scelta e tu sei scappata.»

«Ma questo non ha niente a che fare con il nostro attaccamento», risponde in tono ironico. «Sono scappata perché tu non mi hai dato scelta.»

«Che accidenti vuoi dire con questo? Mi hai lasciato! Tu mi hai lasciato! Non io, tu. Chi dei due ha tradito i sentimenti?»

«Non si vive solo di sentimenti, testa di rapa! Tu non avevi nessuna intenzione di farlo e ancora adesso non riesci a pronunciare questa parola senza imbarazzo. Però avevi la pretesa che lo facessi io! Ti sei anche permesso di dirmi “non hai bisogno di lavorare, penserò io a voi”! Come se io fossi una prostituta.

Che proposta generosa, quella di togliermi tutto, dal lavoro alla dignità, in cambio delle briciole della tua presenza! E questo senza prendere ancora in considerazione tua… MIA figlia!»

«Non era così. Hai travisato tutto, non era quello che intendevo.»

«Tu, nella tua fantasia ti sarai immaginato qualcos’altro ma ti assicuro che è esattamente quello che mi hai proposto! E senza possibilità di scelta, IO avrei dovuto restare a tua disposizione mentre tu facevi la tua vita con tua moglie, condividendo con lei tutto quello che a me era negato e…» La rabbia le chiude la voce. Fa un respiro per calmarsi. «Lo sai cosa ha detto Fernanda quando ho tentato di spiegarle il nostro rapporto? Lei ha capito immediatamente, di cosa si trattasse, ha detto “Gli uomini potenti fanno sempre così. Si sposano con una cacasecco del loro ambiente e si tengono una donna ardente nascosta. Ci fanno l’amore, le fanno fare figli, le fanno regali, fin quando non invecchia e allora ne trovano una più giovane.” Ti pare davvero diverso quello che tu immaginavi per me? Che donna credi che io sia? Davvero non sai niente di me?»

«Non è vero!» Prende fiato. «D’accordo, lo ammetto che per te sarebbe stato difficile  sopportare che io fossi legato a un’altra, ma una volta avuto l’erede avrei potuto perfino non giacere mai più con lei. Molti matrimoni funzionano così. In ogni caso avremmo potuto trovare una soluzione se solo fossi rimasta.»

«In effetti mi era venuta in mente una soluzione: avrei potuto trovarmi anch’io un marito, così da avere un padre vero per Eltanin e la possibilità di vivere in modo normale, alla luce del sole. Avresti potuto sempre avere le briciole del mio tempo come io del tuo. Indovina perché non l’ho fatto?»

«Un marito? Ma sei pazza! E io avrei dovuto sopportare che un altro uomo ti mettesse le mani addosso?»

«Sbagliato», equivoca di proposito. «Non è per questo che non l’ho fatto, anzi, ti avrebbe fatto un gran bene assaggiare un po’ della tua medicina! Se non ho nemmeno pensato di farlo è perché IO non sono TE, io non inganno le persone e non faccio proposte inaccettabili a una persona degna, né avrei mai sposato un uomo che non lo fosse! Riguardo al “mettere le mani addosso” che diritti credi di avere su di me?»

«Non è questione di diritto.»

«Ah, no, giusto. È questione di sentimento. No, non di sentimento, questa è roba per sfigati, i purosangue non provano sentimenti, è solo attaccamento, come quello che si può provare per il cane di casa. Un vero onore per me.

In effetti il fatto che tu andassi a letto regolarmente con la tua fidanzata mi rendeva un po’ triste, ma certo, lo facevi solo per dovere, quindi perché avrei dovuto lamentarmi?»

«Eri gelosa?» Lui sorride senza volerlo, all’idea.

Lei lo guarda un attimo a bocca aperta poi scuote la testa e ride amaramente.

«Sei un idiota assoluto.»

«Sì, probabile. Non ti avrei corso dietro per tutto il mondo se non fosse così.»

Si guardano in cagnesco per un po’.

Non va bene. Non sta andando affatto bene.

Draco si dispera in silenzio.

 

 

 

 

 

American Gods: di Neil Gaiman, uno strano fantasy che shakera leggende di ogni paese ed epoca, le scarica nel presente e le lascia a interagire con la storia umana, il regista, il misterioso signor Mercoledì, non è altri che Odino, padre degli dei vichinghi. Per gli appassionati di mitologia c’è davvero da divertirsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** Le confessioni ***


16-  Le confessioni

 

Hermione, nel buio, riflette su come porre quella domanda. Cerca di mantenere un tono tranquillo.

«Posso sapere cosa ti ha impedito di sposare la tua fidanzata purosangue?»

Lui tace a lungo. Poi risponde con tono quasi lugubre.

«Tu. Tu, me l’hai impedito.»

Risposta tipica di lui. La colpa dovrà pur essere di qualcuno che non sia lui.

«Se avessi avuto questo potere l’avrei usato per non perderti. Forse. Avrei potuto se tu mi avessi amato, se fossi stata per te più che un giocattolo sessuale.» Lui sussulta a quelle parole. Non gli è chiaro perché le senta offensive, in fondo è stato sempre lui a dire che tra loro era solo sesso.

«Non hai mai visto davvero quello che chiami il tuo mondo e non hai mai avuto il coraggio di chiamare ogni cosa con il suo nome. La tua realtà è stata sempre deformata dalle idee di tuo padre, trasformata in una metafora splendente. Io e Eltanin non avevamo alcun ruolo in questo, eravamo fuori, semplicemente. Talmente fuori dalla realtà da non aver più consistenza umana. Per questo non capivi quando ti chiedevo di scegliere. Hai immaginato che io volessi farti rinunciare a tutto per noi, che volessi rovinare la tua schiatta purosangue. Non hai la minima idea di cosa significhi scegliere, non l'hai mai fatto in vita tua. E così hai trascinato noi e te stesso in una situazione indegna. Ti pare che se avessi avuto potere su di te l’avrei permesso?

Non ti ho impedito proprio niente, non io. Eri libero di fare tutto quello che volevi, ma non di decidere per me, né di rovinare la vita di Eltanin. Mi hai detto molto chiaramente, che tu non avresti rinunciato a sposarti con quella donna, quindi mi sono fatta da parte, per il mio bene e per quello di mia figlia. Perché per te saremo solo un accessorio utile alla tua felicità, ma in verità siamo persone, con una sola vita, che non merita di essere sacrificata a te. Ci siamo salvate come potevamo. Non ho io la responsabilità di quello che hai fatto dopo.»

Parole dure. Lo sa che ha ragione. Ma perché definirla situazione indegna? Si sente confuso e del suo discorso ha capito ben poco. Si rende conto di non aver ancora risposto alla sua domanda.

«Lei è davvero insopportabile.»

«Oh, ecco. Mi stai dicendo che l’avresti sopportata se io fossi rimasta con te? Per questo dici che io te l’ho impedito?»

«Penso che sia come dici. Avrei sopportato qualsiasi cosa con te al mio fianco.»

«Non al tuo fianco. Nascosta in un angolino dove nessuno poteva vedermi.» La sua voce è amara.

Lui sospira, lascia passare qualche secondo.

«Smettila di puntualizzare! Quello che dici fa apparire tutto così sporco!»

Lo era” pensa lei. Tace, però, in fondo c’era anche lei, in due avevano dato vita a quella sporca relazione  

«Ho rimandato il matrimonio diverse volte per cercarti», continua lui. «La mattina delle nozze è arrivato un messaggio: ti avevano vista a New Orleans mentre ti imbarcavi per Haiti. Non so nemmeno se eri davvero tu.»

«Ero io.»

«Ho litigato con Astoria. Veramente ho dato fuoco al suo abito da sposa ma è lei che avrei voluto bruciare. Lei e mio padre. Ero così arrabbiato! Mi ero reso conto all’improvviso che non l’avrei sopportata, a stretto contatto, nemmeno per una settimana, figuriamoci tutta la vita.

Ho preso la mia borsa e sarei uscito per raggiungerti se Lucius non mi avesse schiantato sulle scale. Sono caduto davvero male, ho avuto una brutta frattura, ho battuto la testa e sono stato privo di conoscenza per giorni.» Mostra la cicatrice ancora visibile sul braccio. «Per quasi due mesi non sono stato capace di muovermi autonomamente. Nel frattempo c’è stato un uragano ad Haiti e di te si sono perse di nuovo le tracce. Penso sia stato questo.

Non sono riuscito a perdonare né ad Astoria, né a mio padre di avermi fatto perdere te.

Per questo non mi sono sposato, e me ne sono andato dal Manor. Credevo che se solo ti avessi ritrovata, sarebbe bastato dirti “non mi sposo più” per riaverti. Ora scopro che non è proprio così.

Lo so cosa pensi adesso, che sono il solito idiota presuntuoso ma la verità è che il mio cervello era come bloccato, pensavo solo a ritrovarti. Solo ora sto incominciando a domandarmi cosa dovrei fare.

E la risposta è che sono disposto a fare qualunque cosa, tutto quello che vuoi, basta che torni con me! Non voglio più vivere solo, mai più senza di te.»

Draco si meraviglia di essere riuscito, in poche ore, a parlare di se stesso e dei propri sentimenti in modo tanto rilassato. È così da sempre. Solo con lei riesce a vedersi come un uomo complesso e vivo, dotato di impulsi, emozioni, sentimenti. Non solo un Malfoy. Non solo un purosangue, fatto di antica magia, educazione impeccabile, spropositata stima di sé e soffocante senso di appartenenza alla propria stirpe. Forse è questo che Hermione intendeva parlando delle metafore splendenti.

Con lei accanto si sente fuori dal mondo, e tanto al sicuro che riesce a parlare di sé, anche se lei è tanto arrabbiata, e forse ha ragione, anche sapendo che quella potrebbe essere una parentesi e che potrebbe tornare solo, in quella casa in attesa.

Il silenzio si fa lungo e teso.

Il buio è più fitto, la luna nascosta dalle nuvole. Incomincia a piovere.

Hermione si sdraia accanto a Draco e gli poggia la testa sul petto.

«Non è così che funziona. Se tornassi a Londra con te, in poco tempo finiresti per rimpiangere quello che hai sempre ritenuto indispensabile: il tuo status e tutto quello che comporta, e ricominceresti a pensare che i tuoi figli non siano abbastanza per te. O forse non hai mai cambiato idea su questo, non lo so, magari hai detto che li vuoi riconoscere considerando questo solo un prezzo da pagare. Che ne so perché sei venuto a cercarmi. Però sono sicura che faresti scontare a me e ai tuoi figli, la colpa di averti sporcato e fatto perdere i tuoi privilegi da principino purosangue.»

«Come fai a dirlo? Non hai idea di quanto abbia sofferto senza di voi.»

Lei lascia cadere l’argomento “quanto ho sofferto senza di voi”, è un po’ stufa delle sue lagne, come se per lei fosse stata una passeggiata. Come se avesse fatto quello che ha fatto per capriccio.

«Dove abiti, come vivi adesso?» Inutile continuare a discutere, tanto non è pronto per capire. E non è detto che un giorno lo sarà.

«Sto a casa nostra. A casa tua. Pago l’affitto.»

«TU paghi l’affitto per la mia casa?» lei ride. Allora è lui il matto che ha deciso sua sponte che l’affitto era troppo basso e se l’è aumentato. Ha dedicato più di un pensiero grato a quello sconosciuto, negli ultimi tre anni. Adesso è tutto chiaro.

«Che c’è da ridere? L’ho presa in affitto. Io sto bene lì.»

«Il destino fa strani giri. Io non volevo essere mantenuta da te e invece adesso, in qualche modo ci stai mantenendo. Insomma non proprio del tutto ma oltre la metà delle nostre entrate è costituita dagli affitti delle case in Inghilterra, quella che hai pagato tu e quella di cui tu paghi l’affitto. Quindi, almeno in parte ci mantieni.»

«Mi sono meravigliato quando hai accettato la casa, sai? Non avevi voluto  mai niente da me. Era come se sapessi qualcosa che io ignoravo.»

«Non sapevo ma me lo sentivo. Mi sono meravigliata anch’io, a dire il vero. Non è che la casa mi abbia tentato particolarmente, né ho pensato che qualcosa sarebbe cambiato in meglio. Me ne sono illusa solo per un istante.» Riflette per un attimo e scuote la testa. «Ho pensato a Eltanin. Ho pensato che avesse diritto di avere qualcosa da te. È stata una fortuna, alla fine. Prima di riuscire a lavorare, con i gemelli appena nati, non ce l’avrei mai fatta solo con l’affitto di Londra e la rendita dei miei.

Che altro fai oltre a pagare il mio affitto?»

Lui alza le spalle, come a dire che non ha importanza.

«Ho comprato un paio di imprese, utilizzando il patrimonio Black, che mi danno da vivere comodamente, non ho più una vita pubblica, se non in quanto imprenditore, sono abbastanza solo e praticamente un babbano. Le mie imprese sono a cavallo tra mondo magico e non, vivo in casa tua, quindi in zona babbana. In questi anni ho capito molto della società e della morale babbana. E ho capito molte delle cose che mi dicevi e che per me non avevano senso.

Ma la mia vita è piuttosto desolata. L’unica cosa che non mi è mancata sono i viaggi. Ogni volta che mi dicevano di avere un sospetto, una traccia di te, prendevo l’aereo. Ho visto mezzo mondo, ma non me lo sono goduto affatto.»

«Chi ti diceva di avere una traccia?»

«Ho rapporti con otto agenzie investigative, sparse per mezzo mondo.»

Lei si muove un po’, raggiunge la sua faccia e lo bacia.

Perché no?” si dice. La verità è che ne ha voglia da quando l’ha visto. No, non da quando l’ha visto, ne ha voglia da anni. Da moltissimi anni.

Lui accetta, cauto, all’inizio. Risponde al bacio, ancora un po’ incredulo, dopo tutti quegli insulti. Non sono mai andati bene a parole, loro due.

Scorre le sue mani lungo le cosce di lei, sollevandole il vestito. Scopre che non porta biancheria e gli si mozza il respiro.

Sfiora le sue natiche, l’afferra per i fianchi e la rovescia sotto di sé. Solleva ancora la tunica leggera e le posa un bacio caldo sulla pancia.

Lei è quasi al limite, anche se si sono appena toccati. È troppo tempo che sogna di fare l’amore con lui e scopre in quel momento che i sogni non rendono giustizia alla realtà. Si toglie velocemente l’unico indumento e tocca il petto di lui con bramosia, scende all’elastico dei pantaloni e lui si solleva per consentirle di farlo scorrere fino alle cosce, poi finisce di toglierli ingarbugliandosi per la fretta.

Nudi, abbracciati, così ansiosi da risultare scoordinati nei movimenti, così affamati l’uno dell’altra, da farsi male. Lui corre con le mani tra le sue cosce e l’accarezza impaziente, la sente bagnata e soffice. Lei apre le gambe e lo attira a sé.

Lui entra, con un gemito rauco. Cerca di mantenere un ritmo lento.

«Non ce la faccio.» Si ferma, profondamente dentro di lei, immobile. «Perdonami, non ce la faccio. È troppo tempo che ti desidero!»

«Anch’io», e si muove. Quasi impercettibilmente.

Lui non resiste, si tira indietro e spinge forte due, tre volte. Sente l’orgasmo di lei, confuso con il suo.

Restano abbracciati, lui ancora dentro di lei, per qualche attimo ancora.

La testa vuota e il cuore accelerato, le membra languide e pesanti, il respiro corto.

«Merlino, è stato un attimo. Il più bello della mia vita. Almeno degli ultimi anni. Come credi che potremmo riuscire a farne a meno?»

«È tremendamente difficile e doloroso. Solo per i miei figli riesco a farlo.»

«Perché? Che bisogno c’è? Stiamo insieme, io voglio stare con voi. Farò tutto quello che posso per essere un buon padre per loro.»

«Non ci pensare, adesso. Prendiamoci questi momenti, senza rovinarli con le discussioni. Questo possiamo averlo, accontentiamoci per adesso.»

 

*****

 

Draco apre gli occhi alla luce del mattino e la prima cosa che vede gli apre il sorriso, gli fa battere il cuore e sollevare il lenzuolo all’incrocio delle sue gambe.

Il viso di Hermione, con un raggio di sole nei capelli, rilassato e sorridente. Lo guarda come si guarda qualcosa di meraviglioso: estasiata.

«Buon giorno», sussurra lei.

«Buon giorno, amore. Mi dai un bacio?» Lei si china su di lui e gli posa un bacio quasi casto sulle labbra. «Quanto abbiamo dormito?» Gli è scappata una parola che se fosse stato sveglio non avrebbe mai detto. Meglio non farci caso.

«Molto poco.»

«Va bene così. Ne è valsa la pena. Voglio dormire poco tutte le notti della mia vita.»

Lei si fa seria in volto.

«Non tornerò con te.»

Un profondo sospiro.

«Me lo immaginavo. Cosa ti trattiene qui?»

«Niente. Ma niente mi attira altrove.»

«Non provi più niente per me?»

«Ti amerò per sempre.» Ancora quella parola. «Ma questo non basta.» Appunto.

«Spiegami.» Quasi spento.

«L'ho fatto. Tu non capisci perché non vuoi. Se tu avessi fatto quello che hai fatto per te stesso, se avessi scelto il tuo posto nel mondo, senza ripudiare le tue radici, ma dando la tua impronta al presente e al tuo futuro, vorrebbe dire che quello che ho intravisto in te c’è davvero, e che è cresciuto ed è diventato forte. Me ne fiderei. Ma non è così. La tua è stata solo una ripicca verso tuo padre, non hai messo in discussione proprio nulla. Se io accettassi tutte le tue proposte, saresti capace di tornare da Lucius e sposarti con chiunque lui voglia, o almeno penseresti che sarebbe la cosa giusta da fare.

Come potrei fidarmi di te se non te ne fidi nemmeno tu?»

«Dunque il problema è mio padre? Lo devo ammazzare per riaverti?»

«No, naturalmente. Non riesco a farmi capire da te, sembra che non parliamo la stessa lingua. Dovresti solo crescere. Sai, diventare qualcuno che non è solo alto e ingombrante, ma che pensa con la propria testa e sente con il proprio cuore. Dovresti capire cosa vuoi davvero, cosa è importante per te. Potresti scoprire che in fondo non ti importa così tanto di me e che davvero vuoi restare per sempre uno stupido, obbediente rampollo purosangue, ma almeno non avresti rimpianti.»

«Grazie per la considerazione che hai di me! Ho apprezzato particolarmente lo stupido e obbediente rampollo! Mi pare che non sono stato tanto obbediente negli ultimi anni.»

«Posso anche esprimermi diversamente, tanto per me è lo stesso. Diciamo che potresti scoprire che per te è importante rimanere nella storia del tuo casato e non tradire gli ideali dei tuoi antenati. Il risultato sarebbe sempre che io non c’entro niente con la tua vita. Ti prego di capire che per quanto nobile, ricco e purosangue tu sia, non puoi avere tutto! Questo di solito si incomincia ad avere chiaro prima dei sei anni.»

«Credi davvero questo? Credi che per me tu sia solo un capriccio e che quello che voglio veramente è restare un Malfoy uguale a Lucius e a tutti quelli che l’hanno preceduto?»

«Sì. No, forse no. Non lo so, ma non cambia nulla. Tu non hai fatto i conti con nulla, ti sei solo ribellato. Hai fatto i capricci.»

«Sono solo parole. Dimmi che devo fare.»

Lei stringe le labbra esasperata. Riflette un attimo poi apre un sorriso luminoso.

«Resta con me.»

«Tu sei matta!» ride.

«Beh, almeno un po’ di giorni.»

«E dopo tornerai?»

«No.»

No.

«È la parola più dura che abbia mai sentito. È una condanna. Perché mi togli la speranza in questo modo? Davvero non c’è niente che io possa fare per tentare di tornare con te, per riavere i miei figli?»

Lei lo guarda, speranzosa, apre la bocca, trattiene il fiato per un attimo.

«Cerca dentro di te quello che io ho visto un tempo. Coltiva quel piccolo germoglio. So che esiste dentro di te, l’ho visto. Lascia che diventi grande, lasciati prendere e sostenere. Vivi per te stesso, perché tu vali abbastanza anche fuori dalla tua stirpe di malati di mente.»

Se qualcun altro avesse definito i Malfoy “una stirpe di malati di mente”, se non fosse così abituato agli insulti che lei rivolge regolarmente alla sua famiglia da non farci più caso, la prenderebbe a schiaffi.

«Io non so come fare. A dirla tutta non capisco nemmeno cosa intendi.»

«Incomincia ad ascoltarti. Non rifiutare quello che senti. Se continui a negare ogni tua emozione, a paragonarla a quello che dovresti provare secondo le idee che altri ti hanno imposto, tu vivrai la loro vita, non la tua, tu non avrai mai una vita. E se la vita  non ti appartiene, come potresti mai aprirmi la porta e lasciarmi entrare? Non ci sarà mai posto per me, né per i figli che dici di volere. Non fin quando tu non sarai te stesso ma solo il prodotto della tua educazione.»

«Ma io SONO questo! No. Basta discutere. Non tornerai a Londra con me?» Per un attimo è davvero rassegnato, e depresso. Solo per un attimo.

«No.»

Lui la guarda intensamente e le tocca la guancia con le dita.

«Solo qui potrò essere tuo, allora?»

«Per adesso direi che è così. A parte il fatto che non sei mai stato mio e quindi sarebbe una bella novità!»

«Resterò con te finché posso, donna crudele. Potrò venirvi a trovare qualche volta?»

«Non so se sia il caso. Però posso farti avere, per posta, notizie dei bambini. Se ci tieni.»

Lo sta chiudendo fuori. Gli nega tutto, di nuovo. Stringe i denti, non andrà così.

«Certo che ci tengo, lo sai», il tono è quasi distratto.

Ha un po’ di giorni. Forse riuscirà a farle cambiare idea. Ci riuscirà di sicuro.

Non è vero che non è mai stato suo. È suo, anima e corpo, da anni. Ma forse è meglio non farglielo sapere.

Fanno di nuovo l’amore e Draco si riaddormenta. Quando riapre gli occhi vede davanti a sé la signora Heloisa, Florinda Joager, giovane pediatra di chiara fama, con uno studio in centro.

I capelli raccolti, una gonna di lino grigio chiaro sopra il ginocchio con una giacca abbinata e una blusa turchese che sembra di seta. Trucco leggero, capelli raccolti, orecchini d’argento e turchesi, borsa e scarpe con il tacco.

«E tu chi sei? Che ne hai fatto della mia Dona Flor?»

«L’ho nascosta sotto l’urbanità. C’è ancora, e questa sera verrà fuori di nuovo.»

«Se ho bisogno di te come faccio?»

«NON mi mandare un patronus.»

«Tranquilla, non me la cavo bene con i patronus»

«Lo so, l’ho detto per scherzare. Non ti do nemmeno il numero di cellulare perché ti risponderebbe la mia infermiera. Non parlo al telefono mentre visito.»

«Insomma non posso contattarti!»

«Di che potresti mai aver bisogno? Chiedi a Fernanda, se ti serve qualcosa.»

 

*****

 

Che farà, oggi, senza di lei?

Potrebbe vedere la città. Non sente alcuna curiosità, non gli importa niente di vedere la città.

Molto meglio restare lì, parlare con i bambini, cercare di capire cosa succede.

Si alza ed entra in cucina. Lei sta salutando i bambini, che sono tutti a tavola, accuditi da Fernanda, armata di padella. Questa volta solo per cuocere le frittelle o quello che sono.

«Siediti Draco, che vuoi mangiare?» gli chiede lei, gentile.

«Quello che mangiate voi, andrà benissimo.» Lei afferra la borsa. «Aspetta! Solo un attimo, io non parlo portoghese, come faccio a comunicare se avessi bisogno di qualcosa?»

«Ti affido a Nina, lei parla molto bene sia l’inglese che il portoghese. Nina, vuoi? Ti va di fare la traduttrice per Draco?»

Lei gli lancia un’occhiata di traverso, poi alza gli occhi sulla madre e fa un cenno deciso con il capo. Il suo sguardo timido e temerario al tempo stesso, gli ricorda moltissimo la piccola Hermione, ai tempi della scuola.

Che rabbia gli facevano quelle sue occhiate prive di sottomissione, di ammirazione o timore. Nemmeno a umiliarla riusciva mai, per quanti insulti sanguinosi la sua mente partorisse.

Eppure la sfida nei suoi occhi non offuscava il suo candore.

Lo insultava sanguinosamente senza mai usare parolacce. Arrossiva, quando lui la travolgeva di offese gratuite, gli occhi le si inumidivano, poi prendeva fiato e gli dava, in tono puntuto, la più sottile e sanguinosa delle risposte.

Ricorda ancora quando gli disse “Ti credono tutti un codardo, ma non mi pare che tu lo sia, io non avrei il coraggio di farmi vedere in giro sapendo di essere TE”.

Così, mentre lui le sputava addosso parole volgari, con la faccia distorta dalla rabbia e dal disgusto, lei, con una sola frase educata, quasi gentile e l’espressione composta, l’aveva insultato almeno due volte, dicendo che aveva fama di vigliacco e che era tanto impresentabile da doversi vergognare, e lui è quasi certo che gliene sia sfuggita una terza.

Ritorna bruscamente al presente quando Nin gli chiede qualcosa che lui non afferra.

«Scusa, mi ero distratto. Stavo notando quanto assomigli a tua madre.»

Lei lo guarda ancora, sconcertata, come se non sapesse interpretare le sue parole.

«Mamma è molto bella. Non le somiglio tanto. Forse quando sarò grande…»

«E a chi pensi di somigliare?»

Lei alza le spalle e la sua espressione si rabbuia.

«Non conosco mio padre. Forse lui non è tanto bello.»

Merlino! Anche questo le ha passato, la capacità di offenderlo senza parere?

«Te l’ha detto tua madre?»

«No, figurati!»

«Che ti ha detto?»

«Niente.»

«Ma tu le hai chiesto?»

Annuisce e fa una faccia annoiata.

«Certo, lei però non dice niente. Niente di vero, almeno. Ci racconta delle favole.»

«Come fai a saperlo?»

«Secondo quello che dice lei sarebbe un uomo bellissimo e meraviglioso, nobile e gentile e bla-bla-bla! Insomma, sembra che sono figlia del principe azzurro di Cenerentola.»

«E perché credi che non sia vero?»

«Tu ci credi? Nemmeno esistono i principi!»

«Ma se lo dice tua madre…»

Lei alza le spalle.

«Se lui è tanto nobile e gentile perché ci avrebbe lasciati soli?» La sua faccina diventa molto triste, solo per un attimo, poi rialza la testa con un gesto fiero che ha visto fare mille volte a sua madre. «Che ti credi, non siamo mica solo noi i bambini senza padre! Lo sappiamo come vanno le cose!»

«Oh, davvero? E come vanno?»

«Che quando arriva un bambino gli uomini scappano perché se no gli tocca lavorare e mantenere la moglie e il figlio. Ecco come vanno le cose.»

Draco è basito. È questa l’idea che sua figlia si è fatta di lui?

«Questo chi te l’ha detto?»

«Lo sanno tutti. I grandi ne parlano tra loro e i bambini ascoltano. Non siamo stupidi, sai?»

«Tua madre lo dice?»

«No, lei no. Lei dice che siamo troppo piccoli per capire ma non è vero, non sono mica Remedios! Non vuole dirmi perché papà ci ha lasciati. Penso che non lo sa nemmeno lei.» Lo guarda intensamente. «Tu lo conosci mio padre?»

 

 

 

 

 

 

 

Le confessioni: molto conosciuto. È una sorta di diario di S. Agostino d’Ippona, in cui racconta la propria vita, la conversione e le sue idee. L’ho letto molti anni fa, quando mi interessavo ancora di cose religiose.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 17
*** Una bambina e basta ***


 

17-  Una bambina e basta

 

Draco resta un attimo spiazzato dalla domanda di Eltanin.

Tu lo conosci mio padre?”

Che deve rispondere? Se risponde che lo conosce lei gli farà delle domande. Apre la bocca e la richiude un paio di volte, poi recupera un filo di voce.

«Devi chiederlo alla mamma.»

«Ho capito. Lo sai ma non me lo vuoi dire. Hai paura che lei ti spelli vivo se mi dici qualcosa che lei non vuole farmi sapere.»

Alza di nuovo le spalle, come a dire “non importa”.

I piccolini hanno finito di mangiare e si sono lavati la faccia e le mani, con l’aiuto di Fernanda. Lui li guarda attentamente. Sono vivaci, svegli. La bambina è tremendamente prepotente. Decisamente sua figlia.

«Che succede, adesso?»

«Veramente è la domanda che ti ho fatto io e tu non mi hai risposto.»

«Cosa?»

Eltanin sbuffa

«Ho promesso alla mamma che sarei stata con te e che ti avrei fatto da traduttrice. Ti ho chiesto cosa vuoi fare, se vuoi visitare la città, per esempio. Ma tu hai incominciato a parlare di mamma e non mi hai risposto.»

«Non ho voglia di visitare la città. Invece vorrei sapere perché non sei a scuola.»

Lei lo guarda come se fosse scemo.

«La scuola è chiusa!»

«Ma se siamo a gennaio!»

«Appunto! Tra un mese c’è il carnevale e DOPO, riapriranno le scuole. Più tardi possibile, spero!»

Ah, già. Emisfero australe.

«Non ti piace andare a scuola?»

«Perché, a te piaceva, quando eri piccolo?»

«Io non andavo a scuola, avevo un istitutore.»

«Che culo!»

«Elt… Nina! Ma come ti esprimi?»

«Ah, che t’importa? Mica sei la mamma!»

Draco si morde la lingua ancora una volta. Questa conversazione sta diventando parecchio dolorosa e difficile.

«Tu di solito cosa fai, quando non vai a scuola?»

«Mmmm, quando non vado a scuola…» Sembra pensarci un po’. «Quando non ho gli impegni con tutta la beneficienza di mamma, gioco con gli amici.»

Lui ride.

«Anch’io faccio parte della beneficienza di mamma?»

Eltanin ride di cuore e si mette la mano davanti alla bocca come se si fosse lasciata sfuggire qualcosa di compromettente.

«Mica sei un bambino della favela, sei Palmito Dragão!» Alza il naso e fa un espressione tronfia, prendendolo in giro.

Anche Draco ride. Lei ha la stessa risata di allora. La nostalgia lo strangola. Respira forte. Com’è che l’ha chiamato?

«Palmi... ah, già. Che vuol dire esattamente?»

«Hai presente i cuori di palma?»

«No, che sono?»

«Roba che si mangia. Di rado, però, perché costano tanto. Insomma questi cuori di palma sono bianchicci come te. Palmito Dragão significa Drago di cuore di palma, bianco, insomma. E anche un po’ molliccio.»

«Uh, molto gentili i tuoi amici!»

«Certo che siamo gentili, siamo tutti gentili. Se non siamo gentili i grandi ci rompono. Comunque tu piaci a tutti. Sei quasi come noi… Insomma, diverso, però non tanto male.»

QUASI come noi. Lui è lo straniero, è un privilegio raro essere accolto considerato QUASI come loro.

Stringe gli occhi per un attimo, la rabbia lo acceca. Non sopporta di essere stato escluso da quel NOI. Lui non solo è “come loro”, è suo padre, SUO PADRE, maledizione! Lei dovrebbe pensare NOI intendendo se stessa, i suoi fratelli, Hermione e LUI, Draco, suo padre, la sua famiglia.

E invece non può nemmeno toccarla.

Si sono alzati da tavola e hanno posato le stoviglie nel lavandino. Draco ha tolto la tovaglia suscitando le ire di Eltanin. Fernanda le ha detto poche parole nella sua lingua e lei si è calmata.

«Perché ti sei arrabbiata per la tovaglia? Volevo solo aiutarvi.»

«Ma quante domande fai?»

Si avvia fuori della porta, seguita dall’uomo. Appena fuori lui cerca con gli occhi i due piccoli e si agita non vedendoli immediatamente.

Non dice nulla, segue Eltanin fin sotto l’ombra del mango. Il caldo aumenta continuamente con il salire del sole nel cielo.

I gemelli sono lì, insieme a Venâncio, si rincorrono sull’erba.

«Allora?»

«Allora, cosa?»

«Voglio sapere perché hai detto che i grandi rompono con la gentilezza.»

Draco si diverte. La piccola sbuffa e guarda in alto. Vuole conoscerla, vuole sapere chi è diventata la sua piccolina. La osserva profondamente, riconosce alcune espressioni, piccoli gesti e smorfie che non sono cambiati. Perde pian piano quella sensazione di estraneità. La riconosce.

«Beh, per esempio, gli insegnanti mi dicono sempre che devo essere più gentile.

Vogliono dire che devo fare finta di niente quando mi insultano e non dire a quei brutti stronzetti, faccia da scimmia, prepotenti e pieni di soldi quello che penso di loro. Dicono sempre alla mamma che non sono una bambina gentile.»

«E tu invece pensi di esserlo?»

«Che vuol dire? Quando uno è a posto sono gentile! Per esempio, quella cacasecco della Joachim mi prendeva in giro perché dice che mi vesto da maschio! Ma che gliene frega a lei? Le ho detto che non mi piace vestirmi come lei perché sembrava un pezzetto di cacca su un fuscello. Che avrò detto di male? Quella stupida di inglese mi ha punito, me sì e lei no! solo perché suo padre è giudice.»

«E tu?»

«La mamma dice che avrei fatto meglio a stare zitta, ma a me sono uscite le parole che nemmeno mi sono accorta, davvero!»

«Insomma che hai detto?»

«Che anche se suo padre è giudice lei ha lo stesso la faccia da scimmia. Lei ha detto che almeno ce l’ha un padre e io ho detto “ce l’ho anch’io, meglio del tuo” e lei ha detto “e chi sarebbe?” e io ho detto “è il principe azzurro e i suoi figli sono i più belli del Brasile, non hanno facce da scimmia”. Così impara!»

Draco vorrebbe non ridere, non è certo un atteggiamento da compita signorina. Ma non riesce a non vedere loro due a scuola. A chi somiglia di più? A lui o a Hermione?

«Altra punizione?»

«Come lo sai?»

«Esperienza. La mamma che ha detto?»

«Lei dice che dobbiamo essere gentili ma non farci mettere sotto i piedi.»

«Che dovresti fare allora?»

«Che dobbiamo essere gentili con quelli che hanno meno di noi. Vuol dire che ci dobbiamo prendere in petto di tutti i randagi della favela, così quei bastardi dei genitori possono continuare a bere, fumare e sparirsi in vena tutti i soldi anziché comprare da mangiare ai figli.»

«Aspetta, non ho capito, che vuoi dire?»

Lei lo guarda di sottecchi, un po’ imbarazzata.

«Che ne so? Fernanda lo dice sempre. Insomma la gentilezza è una specie di fregatura. Vuoi sapere altro?»

Draco è shoccato dal linguaggio e dal contenuto del discorso di Eltanin. In quale ambiente vive quella bambina? Hermione dovrà fare i conti con lui.

«Ma, Her… la tua mamma non manterrà tutti i bambini del quartiere!»

«No ma ci sono quelli che hanno proprio fame, chissà che farebbero senza le merende di mamma!

Quando Cesar è caduto ha speso un sacco di soldi per curarlo, così siamo rimasti a secco. Però Cesar è una cosa diversa. Ha fatto bene.» Tace per qualche istante, poi riprende con foga. «Perché, vedi? Venâncio la mamma non ce l’ha, ha solo la nonna, ma lei non è buona a niente. Solo Cesar si occupa di lui. Se Cesar muore che deve fare Venâncio? Mica può lavorare, mica può cucinare da solo, è piccolo! Deve morire anche lui? E allora ha fatto bene a curare Cesar!»

Draco sorride. Troppo generosa, come lei.

«E la tovaglia?»

«Che tovaglia?»

«Ti sei arrabbiata perché ho tolto la tovaglia.»

«No hai fatto bene a togliere la tovaglia, però non dovevi buttare a terra tutte le briciole. Se facciamo così le formiche ci mangiano.»

Draco scoppia a ridere.

«Sei proprio la figlia di tua madre!»

Lei fa una smorfia scontenta.

«Che ho detto di male?»

«La mamma dice che sono figlia di mio padre quando si arrabbia con me.»

«Che ti rimprovera tua madre, quando ti dice questo?»

«Dice che sono razzista. Che “ti permetti di sentirti superiore agli altri mentre dovresti solo pensare a migliorare te stessa”.» Imita sua madre, strappando un sorriso riluttante a Draco. «Figlia di mio padre. Che ne so? Non dovrebbe dirmi queste cose se non riesco nemmeno a capirle, ti pare?» Draco alza le spalle, impotente. «Mi sa che questo principe non è granché.» Lo guarda intensamente. «Com’è mio padre? Tu lo conosci.»

«Un uomo meraviglioso, è il principe azzurro.» Lei guarda in alto e sbuffa ma le viene anche da ridere. «E anche uno stupido razzista.»

«Dimmi chi è.»

«Chiedi a tua madre. Prima o poi dovrà dirtelo.»

«Come no, quando sarò maggiorenne. E allora andrò a cercarlo e lo prenderò a calci nel sedere!»

«Sei proprio sicura che abbia tutte le colpe?»

«La mamma c’è e lui no. Se uno non vuole vedere i suoi figli non dev’essere un buon padre, ti pare?»

«E se lui volesse e non potesse?»

«Come se è in galera?»

«No, perché in galera? Forse tua madre è arrabbiata con lui e lo ha lasciato. Forse lui vi cerca e non vi trova.»

«Se lui ci volesse bene lei non lo lascerebbe mai.»

«Come fai a saperlo?»

«Lei gli vuole bene.»

«L’ha detto lei?»

«Sì. Lo dice sempre.»

Draco apre la bocca. Poi la richiude senza sapere che dire.

Lei gli vuole bene, non lo nasconde ai suoi figli, lei non lo ha mai denigrato ai loro occhi. Quando potrà parlare con loro, quando potrà essere il loro padre, non avrà da superare gli ostacoli di una cattiva opinione, non per colpa di lei, almeno.

Deglutisce e si schiarisce la gola. Sta diventando uno stupido piagnucolone. Dev’essere il clima.

«Hai sofferto molto?» chiede a Eltanin.

«Per cosa?»

«Di essere una bambina senza padre.»

Lei si arrabbia.

«Io non sono senza padre, da qualche parte lui c’è, io sono… sono una bambina e basta, sono una bambina!

Sono brava a scuola, sono più alta di quelle della mia classe e sono anche gentile! È lui che ci perde! È lui!»

Scoppia a piangere e scappa via.

Si ferma poco lontano, si ricompone e torna, dopo un po’, mormorando “scusami”. Come se fosse lei quella in torto.

E lui vacilla, davanti all’abisso di tutto quello che ha perso. Di tutto quello che ha negato a se stesso e a quelli che sì, a quelli che ama.

 

*****

 

Draco fatica a scendere a patti con le proprie sensazioni. Tristezza, per l’amarezza e l’ostilità con cui sua figlia parla di lui, preoccupazione, per la vita che tutti loro fanno in quel posto incivile, che gli sembra pericolosa e perché i suoi figli sono allevati come selvaggi, rabbia, per l’ostinazione di Hermione. Potrebbero stare meglio, tutti. Avere non solo una vita più confortevole, ma più sicura e adeguata.

Non immagina alcuna situazione particolare, in cui i figli dovrebbero mostrare un’educazione perfetta. Di fatto non immagina che loro possano far parte dell’alta società magica.  Ma solo l’essere suoi figli li obbliga a un certo contegno. Non è così, forse?

O forse non sopporta di essere invisibile. Essere il padre invisibile dei suoi figli.

Tutta questa preoccupazione e questo bisogno di averli accanto, questo coinvolgimento, è difficile per lui anche solo da ammettere. Si sente fuori dai suoi panni abituali. Non esiste alcun motivo razionale per quello che prova.

La separazione da Hermione e da Eltanin è stata dolorosa ma aveva trovato il modo di giustificare tutto senza sentirsi sbagliato, rispetto all’ideale di perfezione personale che gli è stato trasmesso e che lui ha accettato fin dall’infanzia. Hermione faceva sesso con lui, era la sua amante preferita. L’unica a dirla tutta. Ma non c’è nulla di male nel bisogno di rilassarsi e gratificarsi attraverso il sesso. Eltanin all’inizio era stata una specie di pedaggio per potersi tenere la madre. Poi si era affezionato, gli piaceva e non avrebbe mai rinunciato a lei. Poi la storia dell'essere padre era gratificante. Si sentiva come se avesse salito un gradino nella scala personale: era un padre. Non più un ragazzo, non solo un uomo, un padre. Era sempre cosciente però, che quello per lui era una specie di gioco e che prima o poi sarebbe arrivato il momento del dovere, di tenere fede all’impegno che comporta l’appartenenza a un’importante famiglia come la sua.

E adesso?

Altro è ribellarsi e lasciare la casa di suo padre, senza per questo cessare di essere quello che è, altro è questo dolore, questo desiderio che non sa gestire né giustificare.

Non ha mai staccato gli occhi da Eltanin. Ad un tratto il silenzio lo colpisce, cerca con gli occhi i piccoli e non li trova.

«Dove sono i gemelli?»

«Oh, cavolo! Con tutte queste chiacchiere mi hai distratto!»

Eltanin si alza da terra e si avvia di corsa verso una precisa direzione.

Lui la segue con il cuore in gola.

Quando la raggiunge la trova intenta a rimproverare i piccoli, tutti e tre, compreso Venâncio, che è poco più piccolo di lei.

«Lo sapete che qui non potete venire senza qualcuno più grande! Adesso torniamo indietro immediatamente!»

Il luogo incriminato è la riva sassosa di un fiumiciattolo. I piccoli incominciano a pregare la sorella.

«Dai, Nina, ommai ci siamo, giochiamo qui.»

«Per niente.»

«Ma la mamma non si arrabbia, c’è Palmito!»

«Si torna a casa. Sotto il mango, se vi sbrigate, se continuate ancora un minuto a fare storie, in camera a disegnare.»

«Ma oggi non piove!» brontola Rodrigo.

«Tu ummi comandi!» – sputa Remedios con rabbia. «Mica sei la mamma e io faccio che mi pare!»

«Se la mamma sa che sei venuta qui senza dire niente e senza qualcuno grande ti fa il sedere rosso!»

«E io dico che tu chiacchieri con Palmito e non ci guardi!»

«E io ti prendo per le trecce e ti trascino, poi piangi e dillo a chi ti pare!»

Senza altre parole, Remedios afferra un sasso e lo lancia contro la sorella, che lo schiva abilmente. Non va altrettanto bene a Draco, che lo prende in pieno petto. Non è un grande sasso ma la botta fa male. Rodrigo spalanca gli occhi e si porta la mano davanti alla bocca. Di traverso, con il pollice di lato al naso. Draco riconosce il suo gesto abituale, che il piccolo non ha mai visto, eppure lo ripete, come una minuscola versione di sé. Dimentica solo per un momento la sassata di Remedios.

La guarda con un cipiglio severo. Lei sembra finalmente intimorita. Lui si avvicina minaccioso e l’afferra senza tanti complimenti, tenendola sotto il braccio si avvia a grandi falcate verso la casa.

Gli altri lo seguono senza fare storie, mentre Remedios scalcia e strilla gentilezze in portoghese.

«Coloca-me no chão! Feio macaco!»

«In inglese, maleducata!»

«Tu sei madelucato! Non si prendono così i figli degli altri!»

«So quello che faccio!»

«Lo dico alla mamma che mi hai messo le mani addosso e lei ti fpara

«Se non la smetti scoprirai che succede a quelli a cui metto le mani addosso!»

«Lasciami subito!»

«Siamo quasi arrivati!»

La mette a terra sotto l’enorme albero e lei si allontana di corsa. Da una distanza di sicurezza gli urla in portoghese quelle che, non c’è dubbio, siano parolacce. Poi marcia verso casa con passo marziale.

«Adesso dove va?»

«A disegnare in camera.»

«E perché?»

«Si mette in punizione da sola così toglie a tutti la soddisfazione. È proprio una str…»

«Nin! Adesso basta, parli come un pescivendolo!»

«E allora? Mica sono a scuola!»

«Ma tua madre non ti dice niente?»

«Vuoi fare lo spione?»

«Non devi dirle e basta!»

«E tu chi sei per dirmi cosa devo fare?» braccia conserte, faccia da schiaffi.

Lui stringe tra i denti la risposta giusta.

***

La sera, a letto, racconta a Hermione l’episodio quando lei, toccando il torace nel punto dove la sassata di Remedios l’ha colpito, lo fa sussultare. In effetti c’è un bel livido.

«Cosa ha fatto Remedios?» chiede Hermione con tono pericoloso.

«Ha… lanciato un sasso. Eltanin la stava rimproverando e lei… non importa.»

«Certo che importa, credi che i miei figli possano lanciare sassi contro gli altri e passarla liscia?»

«Sta’ calma! Non l’ha passata liscia, l’ho rimproverata e messa in punizione. No, a dire il vero si è messa da sola in punizione. Lei è proprio come me. Come ero io da ragazzino.»

«E quando saresti cresciuto?» lei ride e lo prende in giro.

«Stupida!» La bacia, la stringe e continua a parlare, ha bisogno di dirlo a lei. «Anche Rodrigo, quando il sasso di Remedios mi ha preso lui ha fatto un gesto come…»

«So di che parli. Lo fa sempre, quando qualcosa supera la sua capacità di esprimersi. Tutto questo, la prepotenza di Remedios, la mano di Rodrigo davanti alla bocca, i loro occhi e i loro capelli. Per me è un colpo al cuore ogni volta. Non pensare mai che la mia scelta sia stata comoda o facile.»

«Non lo penso. Solo… è sbagliata. È con me che dovete stare.»

Lei tace. Che dovrebbe dire? Che non si fida di lui?  lo sa.

 

 

 

 

 

 

Una bambina e basta: un libro per ragazzi di Lia Levi, racconta la fuga verso la Svizzera, per sfuggire alle leggi razziali, per riuscire ad essere “una bambina e basta”, non più una bambina ebrea.

 

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Capitolo 18
*** Ragione e sentimento ***


18-  Ragione e sentimento

 

 

Venti giorni.

Tre settimane con con quella che avrebbe potuto essere la sua famiglia.

Gli pare di essere qualcun altro. Fuori dei suoi panni abituali e felice di esserlo. I suoi figli sono splendidi, intelligenti e simpatici, si diverte a trovare tutte le somiglianze e si sazia di loro.

I giorni e le notti con Hermione  sono così appaganti che quasi non gli importa di non riuscire ad asciugarsi in bagno o di dormire in un letto stretto, di dividere la tavola con una quantità variabile di sconosciuti e essere preso in giro da tutti i ragazzini della favela.

Superati i primi giorni di eccitazione e meraviglia, scopre un po' di fastidio per le abitudini troppo informali dei bambini. Trova che sia un buon argomento per convincere Hermione a tornare in Inghilterra.

«Non va bene, Hermione, i bambini non stanno crescendo in un ambiente giusto per loro. Dovete tornare. Capisco il tuo orgoglio, capisco che non ti fidi di me, ma devi farlo per loro.»

«Quale sarebbe, secondo te, l’ambiente giusto?»

«Lo sai! Non fare la finta tonta. A Londra potranno frequentare buone scuole e avere un’educazione adeguata.»

«Adeguata a che cosa? Anche qui hanno un’educazione adeguata. Adeguata al luogo in cui vivono. Adeguata ai principi che mi sforzo di trasmettere loro.»

Sono di nuovo a letto insieme. Di nuovo hanno fatto l’amore come se ne andasse della loro stessa vita, per ore. Tra poco sarà l’alba, e loro stanno ancora discutendo.

«Non puoi non prendere nemmeno in considerazione la possibilità di tornare! E se lo farai loro saranno in imbarazzo nella società magica inglese.»

«Ti sbagli, io considero la possibilità di tornare, con o senza di te, ma non adesso. SE succederà, non avranno alcuna necessità di fare vita di società, come dici tu. Se la vorranno, si adegueranno. Sono abbastanza svegli da saperlo fare quando e SE verrà il momento.»

«Hermione», la stringe più forte, «non potrò restare ancora a lungo. Ti prego, torna indietro con me.»

Lei sospira.

«Non posso. Non sono sola, non posso rischiare.»

«Cosa rischi, sentiamo, di essere felice con me?»

«Che razza di presuntuoso!»

«Tu mi ami. Siamo stati insieme per anni e non abbiamo mai smesso di…»

«Di cosa? Di essere felici?» lo dice con un tono sarcastico.

«Perché lo dici con questo tono? Non eri felice con me, prima di Astoria?» Lei sospira e distoglie lo sguardo. «Hermione, guardami. Mi spezzi il cuore, così. Per me tu sei l’unica cosa bella e pulita della mia vita. Se ho un modo per sapere cosa significa la parola serenità lo devo solo a te. Mi sono illuso che tu mi ricambiassi, che sentissi le stesse cose che sentivo io. Mi stai dicendo che non è vero? Che l’unica cosa che credevo autentica invece non lo è?»

Lei tace troppo a lungo. Lui sente il cuore gonfiarsi di amarezza. Ha fatto tutto questo per niente? Che gli rimane adesso?

«Ti ho amato così tanto! So che amore è una parola con cui non sei pronto a confrontarti, ma per me non è così. Io ti ho amato più di ogni altra cosa al mondo, più di quanto abbia mai amato me stessa. Ti ho amato oltre il lecito, oltre ogni sensatezza.» Il tono di lei è triste. «Ti ho amato quando dormivi con me ma continuavi a chiamarmi Sanguesporco e dicevi che tu non potevi amare e non certo “una come me”, che era solo sesso.

Ti ho amato quando mi sono accorta di essere incinta e non sapevo se mi avresti detto “arrangiati, non mi riguarda” o se mi avresti offesa di nuovo dandomi una manciata di soldi. Ti ho amato da morire quando sei rimasto con me, durante la gravidanza, non l’avrei mai creduto.

Ti ho amato anche quando sei sparito senza dire niente. Ho saputo dai giornali cos’era successo. Avevo immaginato che tenessi abbastanza a me e a quella che chiamavi tua figlia per mandarmi almeno un biglietto. Non l’hai mai fatto e io ti ho amato lo stesso.

Ti ho amato dopo aver perso molte delle illusioni che mi ero fatta su di te. Ti ho amato anche quando ho capito che per te non saremmo mai state niente di più che un hobby. Qualcosa che serve solo a rilassarti, che rende più gradevoli le tue giornate ma che non ha niente a che fare con la tua vita vera.

Ti ho amato quando sono stata costretta a lasciarti. Perché mettendo al mondo Eltanin mi sono presa delle responsabilità verso di lei e non potevo trascinarla con me in una vita indegna di essere vissuta.

Ma non chiedermi se sono stata felice. Tu lo saresti stato, al mio posto? Saresti stato felice di essere solo una comoda ruota di scorta per la persona che per te era la più importante al mondo? Saresti stato felice di sapere che quella persona si vergognava di te e che non sarebbe mai stata al tuo fianco, che avresti avuto niente di più che i rimasugli del suo tempo e della sua attenzione. Per sempre. Dimmi, saresti stato felice?»

«Mi stai dicendo che io ti ho reso infelice? Che hai sofferto per colpa mia?»

«La mia felicità con te era solo attimi. Come adesso. Sono felice di essere nello stesso letto con te, di stringerti, di sentire la tua pelle sulla mia. Ma una vita felice è un’altra cosa. Forse meno eccitante, non è splendida come gli attimi meravigliosi che illuminano lo squallore che li circonda. Una vita felice è quella in cui quello che fai corrisponde a quello che sei, in cui ti senti accettata e amata e ami e sei in armonia con quelli che ti sono vicini e con il mondo. È quella in cui ti senti semplicemente al tuo posto. Io sono stata felice, un tempo, ricordo com’era. E non somigliava a quello che provavo stando con te.»

«Non mi ami più?» Deglutisce, incerto.

«Amarti è un vizio talmente radicato in me che non credo lo perderò mai. Continuerò ad amarti. Ma da lontano fa un po’ meno male.»

Lui la lascia andare e le volta le spalle.

Com’è possibile? Ogni volta che incontrava il suo sguardo era sempre così sereno, così caldo! Sembrava contenta ogni volta che lo vedeva arrivare. Possibile che fosse così dolce, così appassionata e infelice? Perché non lo rimproverava, allora? Perché non gli aveva mai rinfacciato le sue colpe?

«Aiutami a capire, tu eri infelice per colpa mia e non mi hai mai rimproverato nulla!»

«A che sarebbe servito, a farti stare male? No, nemmeno quello, non credo, forse solo a innervosirti. Tu non eri capace di farmi felice e io non lo potevo pretendere. Hai presente, sangue dalle rape…»

«Che stai dicendo? Io ti ho dato tutto quello che potevo e se solo l’avessi accettato avrei potuto darti molto di più.»

«Stiamo parlando di due cose diverse. Cosa c’entra la felicità con quello che tu avresti voluto darmi? Credi che la tua collana di diamanti avrebbe potuto farmi felice? O venire con te in vacanza in un posto di lusso?»

«Magari se fossi stata più sincera avrei capito di cosa avevi bisogno!»

«Avrei dovuto dirti che per me era offensivo il tuo vergognarti di me. Che trovavo il tuo comportamento razzista assolutamente idiota. Che avrei voluto essere la tua donna alla luce del sole. Davvero avevi bisogno che te lo dicessi io? Sarebbe cambiato qualcosa se te lo avessi detto ogni giorno?»

«Lo sai che non potevo.»

«Non continuare a raccontarti balle, sei troppo grande per certe sciocchezze. Semplicemente una vera relazione con me, l'amore, era in contrasto con le tue idee sul sangue puro e sul tuo ruolo sociale.

Hai avuto una figlia, hai detto che tenevi a lei, ancora adesso sei qui a rivendicarla come tua, ma per te è stata sempre una bastarda mezzosangue, solo dopo tua figlia. Se l’avessi amata come si ama una figlia lei sarebbe stata la tua prima preoccupazione, invece la tua UNICA preoccupazione è sempre stata te stesso.» Adesso è decisamente alterata. Non sopporta che, dopo tutto quello che ha passato, dopo che l’ha cercata letteralmente fino in capo al mondo, sia ancora così attaccato alle balle che si è raccontato per tutta la vita. Non sopporta che tutto quello che hanno fatto, sia lei che lui, quattro anni, essersi ritrovati fortunosamente, non sia servito a niente perché LUI non è cambiato di una virgola. «Hai creduto senza farti domande a tutto quello che tuo padre ti ha detto: che la cosa più importante della tua vita è il tuo dovere verso la dinastia di maghi che tu chiami famiglia, che il tuo posto nel mondo è già stabilito, che non puoi decidere nulla. Tu hai preso tutto il pacchetto per buono, senza dubitare un attimo, senza chiederti se non avresti potuto cambiare qualche piccola cosa per stare meglio. Quando il tuo cuore ti ha detto qualcosa di diverso non hai fatto altro che nasconderlo sotto il tappeto.

ME, hai nascosto ME sotto il tappeto, come spazzatura, troppo pigro per buttarla via come avresti dovuto, secondo la tua morale purosangue.»

Si è alzata dal letto e si è infilata in un camicione giallo. Porta sempre questi colori assurdi. Lui la guarda e non può fare a meno di pensare che somiglia al sole. Anche se è arrabbiato con lei.

«È questo? Questo hai pensato di me per tutti questi anni? Io credevo che tu mi capissi, che fossi capace di metterti nei miei panni e che avessi accettato la situazione per amor mio.»

«Certo che avevo accettato. Mi ero accontentata. IO ho fatto una scelta, ho scelto di avere il poco che potevo da te e farmelo bastare.»

«Allora perché sei scappata?»

«Ma sei proprio ottuso! Possibile che tu non riesca a vedere le conseguenze di quello che mi hai chiesto? Oltre a moltiplicare la mia sofferenza e la mia umiliazione, e ti assicuro che sopportare già non era facile prima, la situazione era assolutamente inaccettabile per Eltanin!»

«Credi davvero che sia meglio così, non sa nemmeno chi è suo padre, pensa cose terribili di me!»

«Se fossi rimasta avrebbe pensato molto peggio di così e a ragion veduta.

Ma la cosa davvero inaccettabile è che avrebbe pensato male di SÉ. Si sarebbe sempre chiesta perché non era degna di essere tua figlia.

Certo, tu avresti potuto sempre spiegarglielo! Mezzosangue, bastarda, femmina. OVVIAMENTE indegna.»

«Non l'ho mai detto!»

«Oh, sì che lo hai detto: lei non può essere la tua erede perché è bastarda, femmina e mezzosangue? Ho capito male?»

«Ma quello è un dato di fatto, non c’entra con l’affetto che…»

«Ma è il motivo per cui non sarebbe mai stata tua figlia alla luce del sole, è la ragione per cui ritieni di dover concepire un figlio migliore con una della tua razza.

Per me l’indegno sei tu. Tu non sei degno di essere suo padre. Un padre accetta i suoi figli e li ama senza condizioni, un padre vive per i suoi figli. Io so cos’è un padre, ne ho avuto uno.» Draco sente un pugno nello stomaco a quelle parole. «E dato che non lo sei, ne approfitto per non farle sapere, o almeno farle sapere più tardi possibile di che materia è fatta. Non è detto che crescendo in modo più sano di quanto abbia fatto tu non si salvi dal tuo destino di ignavo, incapace di fare altro che chinare la testa e lasciare che altri decidano della sua vita.»

«Come ti permetti? Chi ti dà la faccia tosta di dire questo di me? Credi di essere migliore?»

«Probabilmente sì. In ogni caso sono l’unico genitore che abbiano i miei figli, quindi decido come credo meglio per loro.»

«Vedo che ho commesso un grosso errore a venire fino a qui.»

«Londra la ritrovi da solo, vero?»

«Sei una stronza! Non lo so perché ti ho cercata così tanto, non lo so perché ho rinunciato a tutto per te!»

«Beh, io per te non ho rinunciato a niente perché lo dovresti fare tu?» un tono pesantemente ironico.

«Ti libero immediatamente della mia presenza, così puoi stare meglio. Trovati qualcuno da queste parti, qualcuno a cui non faccia schifo prendersi i miei avanzi!»

«Ti stai dimenticando i bastardi mezzosangue! Anche quelli non dovranno fargli schifo. Ma sai, da queste parti c’è gente di bocca buona, non pretendono molto, dei figli sani, belli e intelligenti sono ritenuti all’altezza, anche se non hanno sangue puro da ventisei generazioni.»

Draco boccheggia. Per un attimo si fa buio.

Che sta facendo? Non vuole davvero rinunciare a lei, ai figli che incomincia appena a conoscere. È solo arrabbiato, offeso.

Credeva di averle dato qualcosa e lei gli sta dicendo che le ha tolto tutto.

In cambio di qualcosa di scadente e vergognoso.

La cosa più bella della sua vita è una relazione scadente e vergognosa, lui è scadente e vergognoso. I suoi figli devono essere difesi dalla consapevolezza di averlo per padre, perché è materiale scadente.

Come si permette?

Il purosangue superbo ha un rigurgito di orgoglio.

«Molto bene. Quindi non mi devo preoccupare per te. Posso pure tornare alla mia squallida vita di indegno purosangue.»

«L'avresti fatto comunque. Non l’hai mai lasciata, quella vita. E in fondo te la meriti.»

 

*****

 

È rimasto fuori di casa. Non ha il coraggio di allontanarsi, spera di vederla ancora, di vedere i suoi figli, a cui ha rinunciato due ore fa.

Invisibile. Di nuovo e per sempre.

Ha telefonato all’aeroporto, alla società dei taxi, la sua macchina a nolo è stata restituita da parecchi giorni, non sapeva che farsene.

La sua borsa con dentro due cambi è ai suoi piedi. Seduto su un tronco, utilizzato come una panchina, non perde d’occhio la porta.

L’ha vista uscire con la borsa e avviarsi verso la favela. È rientrata dopo mezz’ora.

Eltanin è uscita e gli si è avvicinata.

«Palmito Dragão! Già parti?»

«Sì.»

«Quando torni?»

«Non lo so.»

«Oh! Non vuoi tornare?»

La guarda, la mangia con gli occhi. Non la vedrà più. Sua figlia, bella sana e intelligente. Sua figlia che non saprà mai chi è suo padre. Perché se lo sapesse si vergognerebbe di lui. Sua figlia che crescerà lontano. Invisibile.

«Dove vai?»

«A prendere i manghi per Imaculada.»

«Non ti arrampicherai mica su quell’albero?»

«No, io sono fortunata, i manghi mi cadono in mano.» Ride come di una battuta divertente.

«Dove sono i tuoi fratelli?»

«Stanno ancora mangiando, quei due porcellini. Tra poco usciranno.»

«E tua madre?»

«Oggi non va in città. Peccato.»

«Perché peccato?»

«Beh, porta sempre a casa bei soldi quando ha l’ambulatorio ricco.»

Draco si dà dell’idiota. Eltanin aveva detto qualcosa sul fatto che erano senza soldi e lui è rimasto lì per settimane senza offrirsi di pagare qualcosa.

Adesso è troppo tardi. Dopo la scena di poche ore prima offrirle dei soldi sarebbe come minimo imprudente.

Eltanin si è allontanata, lui si volta a guardare, ha paura di essere stato preso in giro e che lei si arrampichi davvero sull’albero con il rischio di farsi male. Pensa che è stupido da parte sua, dato che da oggi in poi non avrà più alcun modo di vegliare su di lei.

Tra le fronde dei limoni vede Eltanin a naso all’aria, i manghi cadono davvero nella sua mano tesa. Come per un perfetto Accio.

Anche questo. Se mai avesse avuto un dubbio in proposito, adesso è certo che sarà una strega potente.

Vede uscire i gemelli. Rodrigo gli si avvicina con un sorriso un po’ timido, Remedios gli getta un’occhiata da perfetta civetta serpeverde. Sono identici a lui, nell’aspetto, ma il maschio è un grifondoro.  Gli viene da ridere. Ha un figlio grifondoro nato. Che si deve aspettare se l’ha generato con una…

Gli viene di nuovo quel groppo alla gola. Ha generato tre figli che non saranno mai suoi, con una donna meravigliosa.

Che non è sua. Che lo ama ma che lui non è capace di prendere per sé.

Inutile pensarci.

Però c’è un modo per farle avere dei soldi. Almeno quello.

Si alza e si avvia verso la cucina.

«Hermione, c’è una piccola questione di cui vorrei parlarti. Non riguarda noi, tranquilla. Credo che ci siamo detti tutto quello che c’era da dire.»

«Di che si tratta?»

«La questione delle foto pubblicitarie. Mi domandavo se saresti disposta a farle comunque. Il compenso mi pare che fosse già stabilito, vero?»

«Non mi pare il caso. Lascia perdere. Prendi il primo volo e dimenticati di noi.»

«Questo non avverrà, lo sai. In ogni caso questa faccenda non c’entra. I gemelli sono perfetti per questo, non sono stati trovati altri adatti. Ovviamente tutte le tue condizioni saranno rispettate.»

Lei siede e appoggia i gomiti sul tavolo e la fronte sul palmo delle mani. Respira cercando di raggiungere la calma che insegue da ore. Da quando ha chiuso per sempre la porta in faccia all’unico uomo che abbia mai amato.

«Non riesco a pensarci adesso, scusami.» Un respiro profondo. «Quando sarebbe questa cosa?»

«Non lo so. Tra qualche settimana,forse. Non sono io a farlo, è un’agenzia pubblicitaria.»

«Ma lavorano per te.»

«A dire il vero per una società di assicurazioni di mia proprietà.»

«Mmm. Fammi chiamare. Lascia passare qualche giorno, per favore. In questo momento non sono capace di ragionare tanto lucidamente.»

«Hermione…» le si avvicina, vorrebbe toccarla.

Forse non è tutto perduto.

Lei lo ferma con un gesto.

«Va via, è meglio.»

 

*****

 

Sale le scale di quella casa vuota come se portasse un peso enorme sulle spalle.

Gli pare di aver perso tutto.

Non ha più rispetto, ruolo sociale, orgoglio purosangue. È riuscito a farne a meno per quattro anni, ma aveva la speranza di ritrovare lei.

Non ha più nemmeno quella. Oltre a quello che prima considerava la sua vita ha perduto anche il futuro che desiderava, con la donna che, cazzo, sì, la donna che ama. I suoi figli.

È ora di smetterla di comportarsi da idiota. Così idiota da aver paura delle parole. Così idiota da riuscire a perdere tutto. Quando consente a se stesso di pensare che l'amore non è una leggenda, è quello che sente, che lui ama Hermione e i suoi figli e che li ha perduti per sempre, il dolore lo strangola.

Si ferma sulle scale, incapace di muovere i piedi.

E adesso?

Raggiunge a fatica la camera, posa a terra la borsa senza toglierne il contenuto. Chiama gli elfi e chiede la cena. O quello che è. Non ha nemmeno guardato l’orologio. Mangerà qualcosa e andrà a dormire. Si sente un vecchio, uno che non ha più nulla da sperare dalla vita.

Mentre si sveste, un gufo picchietta alla finestra della camera. Non lo conosce.

Apre la finestra e prende la missiva, lasciando all’elfo l'incombenza di rifocillare la bestia.

Riconosce subito la calligrafia di suo padre. La rabbia lo coglie, irrazionale, come se fosse lui l’unico colpevole dei suoi fallimenti.

Poi si preoccupa, se lo cerca dopo quattro anni, potrebbe esserci un motivo serio.

Lui lo convoca senza mezzi termini.

Se non è morto finora, non morirà, probabilmente nelle prossime venti ore. Scrive che passerà al Manor domani mattina e invia il biglietto con lo stesso gufo.

Si infila a letto e beve una pozione “Sonno senza sogni”. Sa che non riuscirebbe mai a dormire, altrimenti.

 

 

 

 

 

Ragione e sentimento: la famosissima Austen ha colpito ancora. “Orgoglio e Pregiudizio” potrebbe aver stufato anche quelli che non l’hanno mai letto (e penso siano parecchi), ma anche questo è abbastanza noto. Tra l’altro una delle due protagoniste, secondo me, somiglia parecchio a Hermione.

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Capitolo 19
*** I ragionamenti ***


 

19 – I ragionamenti

 

 

Al Manor, Lucius lo riceve al fianco di Astoria, sempre bella come una bambola di plastica. Un po’ ingrassata, forse.

«Che ci fai, tu, qui?» le chiede, sinceramente stupefatto.

«Non fare domande stupide, sono la tua fidanzata!»

«Oh, Merlino! Ma siete matti o cosa? Per poco non ti do fuoco e tu continui a pensare di essere la mia fidanzata?»

«Io non “penso di essere”, SONO la tua fidanzata. Il contratto non è mai stato annullato. Aspetto solo che tu rinsavisca e ti decida a fare il tuo dovere.»

«Fatemi capire, è per questo che mi avete chiamato?»

«Draco, siediti. Dobbiamo parlare di cose serie.» Per la prima volta Lucius fa sentire la sua voce.

Gli chiede sempre di sedere, non gli piace doverlo guardare dal basso.

«Ti trovo bene, padre.» Draco, sorridente, si accomoda per caso su una sedia più alta di quella di Lucius. «Non mi pare che tu senta troppo la mia mancanza. Anch’io sono stato bene senza di te!»

«Smettila. Vogliamo parlare di dove sei stato in questi giorni?»

«Non vi riguarda.»

«Non ho chiesto dove sei stato, lo so perfettamente. Ho chiesto se vuoi parlarne.»

«Come fai a saperlo?»

«So tutto quello che c’è da sapere sulla tua mezzosangue e sui suoi tre bastardi. So tutto. Lo so da sempre e lo saprò sempre.»

«TU!» Apre la bocca e poi la richiude, tentando di scendere a patti con quello che Lucius ha detto, incerto di aver capito bene. «Che significa tutto? Tu sapevi dov’era? Mentre io la cercavo per il mondo tu sapevi dov’era e non me l’hai detto!»

«Ma tu non me lo hai chiesto, ho pensato che non ti interessasse molto, perché dovrebbe? Hai visto bene che non ne valeva la pena. Adesso ti deciderai a fare quello che ci si attende da te? C’è qualche altro ostacolo?»

«MALEDETTO!» Draco urla e scappa via, sbattendo la porta.

«Draco…» Astoria fa per seguirlo ma Lucius la blocca con una mano sul braccio.

«Tornerà, non ti preoccupare.»

«Come fai a dirlo? È così arrabbiato! Non la dovevi nominare.»

«Sta’ tranquilla. Conosco mio figlio.»

 

*****

 

Dopo aver vagato per le strade di Londra per ore, continuando a domandarsi perché diavolo continua a farsi manovrare da suo padre, Draco siede in un parco e tenta di mettere ordine nei suoi pensieri.

Se pensa agli anni di vuoto, passati a cercare la sua donna, lo soffoca il rancore verso Lucius, che sapeva tutto, se è vero quello che ha detto. Non ha spiegato come faceva a sapere.

Sarà vero? O è solo l’ennesima menzogna utile solo a farlo sentire una nullità?

In ogni caso ormai non gli servono più le informazioni che Lucius possiede o finge di possedere. Sa dov’è. L’ha vista, toccata, ha fatto l’amore con lei.

Era solo l’altro ieri ma gli sembra passato un secolo.

Appoggiato alla panchina umida, le mani in tasca, il respiro che si condensa in nuvolette bianche davanti alla sua faccia, gli pare che il freddo gli schiarisca le idee.

C’è la concreta possibilità che ormai Hermione sia perduta per lui. Questo gli provoca uno sgradevole vuoto allo stomaco. Non riesce ad accettarlo. Quattro anni senza di lei, però, l’hanno aiutato a scendere a patti con questa evenienza. Ripassa nella testa le infinite discussioni dei giorni precedenti e l’ultima, che è finita con il suo allontanamento.

Il senso di perdita però, gli pare già meno definitivo. Hanno litigato, è vero. Lei gli ha detto cose che lui non ha digerito. E altre che non ha capito. Probabilmente il punto è questo. Deve capire.

Deve essere lucido e cercare di vedere in modo diverso le cose di sempre.

Non gli è chiaro, ad esempio, cosa lei pretenda da lui. Gli ha detto che soffriva di non poter essere la sua donna alla luce del sole ma quando lui le ha proposto di vivere insieme, quando le ha detto che aveva rinunciato a tutto per lei, non è andata come lui si era immaginato. Ha detto che se l’aveva fatto per lei aveva sbagliato, avrebbe dovuto farlo per se stesso.

Le donne sono tremendamente complicate. O forse solo lei lo è.

Lei pretende che, non solo si getti alle spalle tutti i suoi privilegi, tutto quello in cui crede e che lo descrive come persona, il suo essere un mago purosangue, la fierezza della propria stirpe, il proprio posto nella società magica, l’orgoglio di appartenere a una famiglia che da secoli decide la storia del mondo magico, rinunciare a tutto non basta, no. Dovrebbe ANCHE esserne felice, considerarlo un traguardo, non un sacrificio necessario!

E gli pare impossibile che lei non riesca a capire quanto poco c’entri l’affetto per i suoi figli con il loro stato di sangue: sono OBIETTIVAMENTE dei mezzosangue, obiettivamente non hanno posto all’interno della sua famiglia, che deve proseguire come purosangue.

Un attimo, sta sbagliando.

Sta sbagliando tutto, sta continuando a considerare le cose dal solito punto di vista, che in fondo non è proprio il suo, ma quello che gli è stato trasmesso da suo padre. Hermione ha detto qualcosa riguardo al sentire, dare fiducia alle proprie sensazioni, qualcosa del genere.

Cosa prova lui all’idea di proseguire la discendenza sangue puro della famiglia Malfoy, con tutto quello che ne consegue per la propria vita, considerato che SOLO lui può farlo?

Rabbia, dolore, perdita, ribellione. Un fastidio quasi fisico. Questa esigenza della sua famiglia, gli costa tutta la sua vita, ogni minuto di quella gioia tranquilla che rappresentavano per lui le serate con Hermione e Eltanin, le domeniche in casa insieme a loro. Quella che lui chiamava serenità e lei una relazione sordida.

Non sarebbe sordida se potesse viverla alla luce del sole.

Ed estinguere la sua famiglia? O almeno estinguere i Malfoy come il mondo magico li conosce da secoli: purosangue di antica schiatta, superiori alle altre famiglie esclusivamente per questo.

Estinguere la famiglia, impossibile! Un’ondata di vergogna lo travolge. Per una donna.

In realtà i Malfoy sono anche potenti nella magia, intelligenti, capaci di cavalcare qualsiasi onda, di cavarsela in ogni situazione e uscirne più ricchi e potenti di prima. Queste caratteristiche non correrebbero rischi se la sua discendenza fosse anche di Hermione, almeno per quanto riguarda l’intelligenza e la potenza magica. Niente da fare per la purezza di sangue, invece.

Indubbiamente è un privilegio appartenere a una simile genìa.

Ripensa all’idea di dover sposare una purosangue e alla conseguenza di perdere definitivamente anche solo la speranza di riavere Hermione e i suoi figli.

Il suo è un privilegio molto simile a quello del martirio. Ne vorrebbe fare a meno.

Può?

Per quattro anni l’ha fatto, assolutamente sicuro di non essere capace di fare il proprio dovere senza il supporto di Hermione. Ora sa per certo che non l’avrà più. Non per aiutarlo in questo.

Che brutta parola dovere! È il contrario di possibilità. E lui adesso vorrebbe questo: delle possibilità.

Invece ha un dovere. E suo padre oggi stesso glielo ha ricordato. Come se non fosse mai andato via, come se quattro anni non fossero esistiti è tornato a pretendere da lui l’assolvimento di un obbligo: mettere incinta la donna giusta, quella con ascendenze immacolate. Che importa se non è quella che lui vuole, se il risultato di tali ascendenze meravigliose è deludente, che importa se per metterla incinta deve compiere quello che viene definito un atto d’amore, mentre l’unico amore che il suo cuore è in grado di sentire è quello verso Hermione?

È vero quello che suo padre gli ha inculcato da bambino a suon di staffilate? Deve ancora crederci? Che succede se non lo fa?

Suo padre è un bastardo nell’anima, lo sa. Malgrado il suo sangue puro non c’è altra parola per descriverlo. Probabilmente anche suo nonno era un bastardo e il suo bisnonno. Chissà se sono nati bastardi, se lo sono diventati per educazione o se il loro cuore è marcito lontano dalla verità, soffocato dal disamore.

Davvero è un dovere imprescindibile proseguire questa stirpe di bastardi? È un bastardo anche lui? Lo diventerà? Per ora è un ignavo.

Verso Hermione non si è comportato bene, a quanto pare. Se il buongiorno si vede dal mattino…

Sarà per questo che Hermione sente di dover difendere i bambini da lui? È forse un pericolo per loro?

Li rivede con gli occhi della mente, fermando per un attimo la ridda di domande senza risposta. Eltanin, che lo prende in giro facendo un’espressione altezzosa, Rodrigo, con la mano davanti alla bocca, e gli occhi spalancati, Remedios, superba, prepotente, civetta, serpeverde nata.

Lei pensa che lui farebbe loro del male. E in che modo potrebbe essere male conoscere il loro padre, sapere che lui si occupa di loro, essere sollevati dal dubbio che sia una persona indegna, come pare sia convinzione di Eltanin.

Lei l’ha definito indegno di essere padre. Ha detto chiaramente che non si fida di lui. Pensa che lui potrebbe tornare indietro e lasciarli di nuovo nel limbo, con la convinzione, da parte dei suoi figli di essere disprezzati dal loro stesso padre, non abbastanza buoni per lui, insicuri, abbandonati. Ha ragione, sarebbe peggio che non sapere.

Lo farebbe?

CHI è, davvero Draco Malfoy? Il figlio di suo padre o il padre dei suoi figli?

Perché due minuti prima stava ragionando seriamente sulla necessità della sua famiglia di proseguire senza contaminazioni del sangue e questo renderebbe impossibile avere accanto i suoi figli. Se questa fosse la sua scelta, lei avrebbe ragione. Sarebbe il figlio di suo padre, quindi indegno di essere padre dei propri figli. Se avesse detto ai bambini di essere il loro padre, come l’impeto del momento lo pressava a fare, sarebbero stati abbandonati. Di nuovo. Perché in nessuno dei mondi possibili Hermione potrebbe tornare ad essere solo la sua amante segreta.

Hermione, con il sole nei capelli e il sorriso tranquillo. Il contatto con il suo corpo nudo, l’odore della sua pelle mentre gli dice che stare con lui non è quello che vuole, che nemmeno somiglia alla felicità.

Draco si trova di nuovo con la mano davanti alla bocca e con gli occhi lucidi.

Ha ragione lei. Non può avere entrambe le sue famiglie. Quella del suo cuore distruggerebbe la sua stirpe purosangue.

Inconciliabile.

Come ha fatto a non vedere? Come ha fatto a sbagliarsi così?

Adesso gli è chiara la sofferenza di Hermione, la sua mancanza di fiducia in lui, perché davvero, davvero è stato un ragazzino egoista con lei, non si è mai posto il problema della felicità di lei, curandosi solo della propria. Perché di questo è sicuro, lui con lei stava così bene! Era quella la felicità? Chi lo sa? Sa che somigliava molto a quello che ha sempre sentito dire della felicità.

Gli tornano in mente episodi. Lei che si asciuga le lacrime di nascosto e mette una scusa, silenzi, la luce sul viso quando ha immaginato che avrebbero vissuto insieme nella casa che le ha regalato e come si è spenta subito dopo. L’espressione di quando gli ha chiesto se faceva sesso con la sua fidanzata. Che accidenti ha pensato allora? Come ha fatto a non vedere?

Potter. Quando l’ha cercata a casa sua ha detto a Potter che lei era felice e Potter gli ha riso in faccia. Ha detto “qualcosa ne so, o tu non l’avresti cercata qui”. Tutti i suoi amici gli hanno sputato in faccia il loro rancore per averla costretta ad andarsene. E lui, lo stupido, che non capiva che intendessero: lui la voleva lì, insieme a lui, che diavolo intendevano con costretta ad andarsene?

Inconciliabile.

La sua proposta, agli occhi di Hermione, era inconciliabile con la responsabilità nei confronti di Eltanin.

E per lei era dolorosa, umiliante e immorale. Inaccettabile.

Come ha fatto a raccontarsi tante balle, possibile che non si sia mai chiesto quanto costasse a una persona tanto pulita e sincera una relazione così ambigua? Convinto che per lei fosse un onore che un purosangue di antica famiglia le rivolgesse le sue attenzioni, possibile che non si sia mai reso conto di quanto lei abbia rinunciato per lui?

Lei era qualcuno, nel mondo magico, era stimata, le era aperta ogni porta e avrebbe potuto avere tutto quello che desiderava.

Invece si era rinchiusa in un lavoro nascosto, lontana dalla fama e dagli onori che le spettavano per lui.

È vero. Non la merita. Ed è giusto che l’abbia persa. È lui l’indegno.

Se lui continuasse la sua vita come figlio di suo padre sarebbe indegno dei suoi figli perché non in grado di occuparsi di loro, se fosse il padre dei suoi figli sarebbe indegno di essere un Malfoy, perché interromperebbe la tradizione di sangue puro della famiglia, trascinandola nel fango.

Indegno in ogni caso.

E adesso che dovrebbe fare? Davvero rientrare nei ranghi? Sposare quella sciacquetta e farci un figlio?

I suoi figli…

Belli, sani, intelligenti. Generosi, come la madre, maghi potenti, come lei. Davvero si può chiedere di meglio?

Come può vivere senza sapere almeno che stanno bene? Senza vedere come crescono?

Il dolore diventa fortissimo.

Rodrigo che si mette la mano davanti alla bocca, proprio come lui sta facendo adesso, Remedios che gli urla contumelie in portoghese e che si mette in punizione da sola per non dare soddisfazione.

Eltanin…

Che pensa di lui cose terribili. Che se sapesse penserebbe anche peggio.

Indegno di essere padre.

La bufera che ha dentro imperversa per lunghi minuti, mozzandogli il respiro e accecandolo di lacrime.

Alla fine trae lunghi sospiri. Non sa ancora cosa deve fare, si è limitato ad assaporare la crepa che lo spacca dolorosamente, a contemplare la dissonanza.

 

*****

 

La mattina dopo un altro gufo da suo padre, che lo convoca di nuovo. Detesta essere trattato come un servo.

Quando arriva lo fa entrare nello studio e chiude la porta. Astoria non è in vista.

«Allora, credo sia il momento di trattare. Mi hai dimostrato la tua fermezza, adesso dovresti accettare la realtà.»

«Che intendi quando dici che dovrei accettare la realtà?»

«Lo sai. Obbedire alla legge dei padri. L’ho fatto io, l’ha fatto mio padre, mio nonno e tutti i nostri antenati per conservare alla famiglia la sua purezza e il suo potere. Chi sei tu per rompere tradizioni vecchie di secoli?

Ormai la storia della tua Mezzosangue è conclusa mentre la famiglia continua ad avere necessità di un erede. Sono disposto a fornirti regolarmente notizie della Granger e dei suoi figli a patto che tu faccia il tuo dovere verso Astoria e verso di me.»

«Che vuol dire? Come faresti a farmi avere notizie?»

«Non ho mai perso di vista la Granger, posso avere informazioni anche quotidiane, se lo ritenessi necessario.»

«Come?»

«Questi sono affari miei.»

«E se accettassi cosa ci si aspetta da me?»

«Solo che sposi la ragazza e che concepisca l’erede.»

«Quella è una piaga. Se ricomincia a pretendere che io l’ami la strozzo.»

«Non lo farà. Sarà discreta.»

«Ci penserò.»

«Fa in fretta.»

 

*****

 

A Draco, i babbani hanno insegnato qualcosa. Come scoprire i segreti altrui, ad esempio, senza VeritaserumImperio, in modo indolore, diciamo. Anche se questo non aveva funzionato con Potter, che era mezzo babbano e anche auror, non significa che non funzionasse mai.

Ha appiccicato una cimice sotto la scrivania di Lucius. Non è sufficiente, lo sa.

Accetterà di sposare Astoria. Così avrà libertà di muoversi per il Manor e disseminare le sue piccole amiche.

Si fidanzerà di nuovo. Non vorrebbe mai vedere la faccia di Hermione se glielo dicesse, ma lo deve fare. Per lui stesso, stavolta, non per suo padre o per la discendenza. Lo fa perché deve sapere.

Deve scoprire come fa suo padre ad avere informazioni sulla Granger e perché sente il bisogno di averle. Deve conoscere cosa suo padre gli nasconde con tanta cura.

Ha fieri dubbi che la piaga si sia ammansita, si aspetta delle sorprese, del tipo di quella che progettavano l’altra volta, costringerlo a fare un figlio contro la sua volontà per poterlo tenere al guinzaglio. È pronto a scommettere che ci sia qualcosa sotto.

Diciamo che quell’esperienza lo ha educato profondamente.

Deve capire davvero, “con la sua testa”, come dice lei, come funziona quello che ha sempre considerato il suo mondo, per scegliere se estinguere la sua schiatta purosangue, trasformandola in altro, oppure proseguirla, a rischio di vivere tutta la propria vita corroso dal di dentro, marcio, amareggiato, ma certo di aver fatto la cosa giusta.

Il giorno prima, dopo essersi ghiacciato per bene in quel parco, è tornato a casa. Si è guardato intorno, scendendo a patti con la sua non vita degli ultimi anni.

Non aveva mai badato al soggiorno completamente vuoto, all’unica scrivania con un’unica sedia in quella che un tempo era una saletta da pranzo, accanto alla cucina. Sul tavolo da lavoro un’unica fotografia babbana: lei e Eltanin, la foto che ha lasciato per lui nel bar di New York. Al piano di sopra solo il letto e un piccolo armadio, il bagno con gli asciugamani e il necessario per la toletta su un paio di mensole.

Adesso tutto questo lo colpisce fastidiosamente. Chi potrebbe mai vivere così? Solo qualcuno che non vive.

Aspetta.

Si è seduto sull’unica poltroncina, rendendosi conto solo ora che è scomoda, e ha tentato di fare un minimo di piano per il futuro.

Di tutto il suo confuso ragionamento gli è chiaro solo che l’idea di perdere il suo status, la reputazione, distruggere quello che i suoi avi hanno costruito ed estinguere la famiglia gli fa male quasi quanto quella di perdere per sempre Hermione e i bambini.

Ha capito che deve scoprire che significa FAMIGLIA. Che significa per lui.

E che per capire ha bisogno di conoscere.

Da qui le cimici. Ha un buon impianto e, prima di andarsene ha collocato il ripetitore in giardino, in un posto che ritiene abbastanza sicuro e lo ha attivato.

Adesso, a quindici minuti appena da quando ha lasciato Malfoy Manor, ascolta quello che si stanno dicendo i due.

Suo padre sembra piuttosto tranquillo mentre la sua fidanzata, parecchio ansiosa.

 

Lucius, non so come fai ad essere tanto calmo! Qui il tempo passa.»

«Astoria, te l’ho detto, non ti devi preoccupare, non si farà domande!»

«Ma non è così stupido da non sapere quanto dura!»

«Non si farà domande perché in realtà non gliene importa, tu devi solo essere discreta, far finta che non ti interessi quello che fa, accettare il suo comportamento. Insomma, mantieni un basso profilo, almeno all’inizio. Tanto lui continua a pensare a quella sanguesporco. Gli ho promesso che avrà informazioni regolari su lei e  sui bastardi e si è convinto subito.»

«Ma a me non pare che…»

«Ha detto che vuole pensarci, sono pronto a scommettere che domani sarà qui prima di pranzo.»

«E continuerà a pensare a lei!»

«È così importante a chi penserà? Va bene, penserà a lei, all’inizio, ma verrà a letto con te. Se ci saprai fare pian piano si scorderà di lei e amerà te. E se non ti ama, pazienza. Lo sai che non sarai mai sola!»*

 

Che strano tono di voce. Insinuante. Come se condividessero un segreto.

Non è chiaro perché lei abbia questa fretta. Ha detto che il tempo passa. Ha paura di invecchiare? Gli viene da ridere. Quanto dura cosa?

Scoprirà di che parlano, non c’è niente di strano nel non capire immediatamente.

Lascia così, tanto sarà tutto registrato, se diranno ancora qualcosa la sentirà più tardi. Adesso ha da fare. Si prepara per recarsi all’agenzia di pubblicità.

Conferma la disponibilità dei brasiliani per il servizio fotografico e chiede di essere avvisato per tempo prima di prendere qualunque accordo. In ogni caso non prima di un paio di settimane.

Si guarda bene dal parlare dei suoi rapporti con i piccoli modelli.

D’altra parte si è dimenticato anche di dire a Hermione che le foto avrebbero dovuto farle con lui. Oops!

A casa, accende subito il registratore ma, a parte pochi rumori difficilmente interpretabili, non sente niente di più di quanto ascoltato prima.

 

 

 

 

 

I ragionamenti: di Pietro Aretino. L’abbiamo studiato a scuola, chi più chi meno. A volte leggere queste cose può riservare sorprese.

 

 

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Capitolo 20
*** Devo raccontare ***


20-Devo raccontare

 

 

Verso le sei del pomeriggio, con un tempo da lupi, un gufo picchietta ai vetri della finestra.

Draco immagina provenga dal Manor. Si stupisce abbastanza di non riconoscere la calligrafia del mittente.

Apre la lettera, in realtà solo un biglietto.

 

“Si può sapere dove ti sei rintanato?

Sono venuto a cercarti al Manor e non c’eri. Abbiamo organizzato una serata tra vecchi amici per festeggiare il mio ritorno, manchi solo tu. Ti aspettiamo a casa mia. Se sei in dolce compagnia porta pure lei (o lui) nessuno ti farà domande. Fa presto!

Blaise.”

 

Baise? Blaise Zabini? Da quanto tempo non vede Blaise? Anni.

Se festeggia il suo ritorno è perché evidentemente è stato via. Per quanto tempo? Non ne ha idea. Si domanda chi potrebbero essere gli amici. Potrebbero essere figli di gente che lui o suo padre o entrambi, hanno mandato in galera.

È il caso di rischiare?

È stufo anche di fare l’eremita. Nella peggiore delle ipotesi si ubriacherà e farà a pugni con qualcuno.

Chiama il suo elfo e gli consegna un messaggio da spedire con urgenza a Blaise Zabini e si va a fare una doccia.

 

Che cazzo significa “porta anche lei O LUI”? Ti sei bruciato il cervello?

Comunque ho deciso di degnarti della mia presenza. Devo mettermi lo smoking o è una cosa alla buona? Non potevi avvisarmi prima?

Dra”

 

Il gufo è di ritorno prima che Draco abbia tolto dall’armadio l’abito da sera.

“Lascia perdere la roba elegante e porta qui il culo.

A dire il vero sono dieci giorni che ti cerco, brutto stronzo, sono perfino andato di persona al Manor per sentirmi dire che non abiti più lì, da quattro anni. Che hai combinato?

Me lo racconterai con calma, adesso sbrigati a  infilare un paio di mutande e materializzati (alle mutande ci tengo).

Bla”

 

Zabini Manor è esattamente come lo ricorda. Forse un po’ più sciupato. D’altronde anche Malfoy Manor, senza la mano di sua madre non è più lo stesso.

«Evviva! Malfoy redivivo!» Zabini gli va incontro e lo stringe in un abbraccio virile. «Ma lo sai, brutto stronzo, quanto mi hai fatto faticare per trovarti? Si può sapere dove abiti? Per fortuna i gufi trovano sempre il destinatario, altrimenti non sarei nemmeno riuscito a vederti.»

«Perché, pensi di ripartire?»

«Resto per tre mesi. Intanto mi sposo e collaboro con la sezione di qui. Poi si vedrà. Dipende da Myra e dal lavoro. Potrei tornare in Italia o restare altri sei mesi, o fermarmi definitivamente. Raccontami qualcosa di te. La Granger? Mi dicono che non l’hai ancora sposata, che aspetti?»

Draco sente un urto nel petto.

«Se avessi potuto l’avrei fatto.»

«Perché non hai potuto?»

«E come? Lo sai come sono le nostre famiglie.»

«Che cazzate stai dicendo? Non mi dirai che vivi ancora sotto la bava di Lucius! Credevo che te ne fossi liberato, quando non ti ho trovato al Manor ho tirato un sospiro di sollievo. Ho creduto davvero che finalmente avessi iniziato a capire qualcosa.»

«Anche tu ti stai per sposare. Mi vuoi dire che la tua fidanzata non è purosangue?»

Zabini ride di cuore. E chiama con la mano una splendida ragazza.

«Questa è Myra. Non è purosangue, è solo bellissima e dolce e io l’adoro. Trovo che non ci sia ragione migliore per sposare una donna.»

Le sorride come se fosse l’unica al mondo e lei splende di felicità.

Non ha mai visto quell’espressione sulla faccia di Hermione, mai.

«Probabilmente dalle tue parti le norme sociali non sono tanto rigide.»

«Ma di che parli? Guardati intorno, quasi nessuno dei nostri vecchi amici ha una famiglia purosangue. In realtà solo Daphne ha sposato l’uomo che suo padre ha scelto per lei. Infatti stasera è qui con uno che non è suo marito.»

Parlando, Draco si guarda intorno. Gregory Goyle tiene stretta a sé una ragazzona vistosamente incinta, alta quanto lui. Mai vista. Se è una purosangue deve essere straniera. Millicent Bullstrode chiacchiera con Pansy. Quello è Potter? L’uomo si volta confermando i suoi sospetti. Che ci fa Harry Potter a casa di Zabini?

«Ma quello non è Harry Potter?»

«Già, Potter, mezzosangue, marito di Weasley, purosangue. Goyle con la sua strega babbana, la Parkinson tecnicamente ha sposato un purosangue. Peccato che sia nato fuori dai matrimoni dei suoi genitori e che non erediterà mai nulla. Tanto lei ha soldi abbastanza. Poi Pucey! L’avresti detto, con una babbana? Il marito di Bullstrode è mezzosangue,  come la moglie di Montague.»

«Che cazzo stai dicendo? Che tutti i nostri amici di Serpeverde si sono sposati fuori della casta?»

«Esatto. Non ti sei rincoglionito del tutto.»

«Non ci credo. Fammi capire, io non ne so niente e tu che torni ora dopo anni sai tutto di tutti.»

«Credici. Domandalo a loro stessi. Sono io a non capire come fai a non sapere nulla, dove sei vissuto finora?»

«Beh, in effetti ho rotto un po’ i rapporti negli ultimi anni.»

«Perché hai rotto i rapporti?»

Draco si schiarisce la voce. «Un po’ era nel conto, ti pare? I miei si sono distaccati piuttosto brutalmente da molte delle famiglie che frequentavamo prima, o forse sarebbe meglio dire che quando quelli si sono trasferiti ad Azkaban i rapporti si sono complicati.»

«Spiritoso! Un po’ eravate giustificati, visto cosa vi ha fatto passare Voldemort, e gli amici non hanno certo sostenuto tuo padre. Però sai anche che tanti dei nostri compagni hanno una storia come la nostra, sono stati obbligati, e non erano certo sulla stessa lunghezza d’onda dei loro genitori. La guerra è stata una benedizione per tanti.»

«Gregory mi ritiene responsabile della morte di Vincent. Figurati dopo che mio padre ha mandato in galera il suo!»

«È sempre stato uno scemo. Ma tutti gli altri?»

«Mi sarei dovuto sposare e… insomma, ho avuto un periodo burrascoso, ho litigato con un sacco di gente, alla fine ho smesso di cercarli e di farmi trovare. Tutto qui.»

«Sei strano Dra, ti è successo qualcosa.»

«Mi chiedo cosa sia successo a loro! Sono tutti purosangue, quasi tutti avevano in piedi dei contratti di matrimonio, come hanno fatto?»

«Con i genitori fuori gioco e le leggi magiche cambiate è stato un gioco da ragazzi, adesso stanno benissimo! Tutti noi che abbiamo sposato, o sposeremo, chi ci pare campiamo alla grande. Probabilmente la guerra è stato un affare migliore per noi che per i vincitori.»

«Mi stai dicendo che sono l’unico stupido che si preoccupa della prosecuzione della stirpe magica?»

«Mi pare che Goyle si preoccupi abbastanza, quello è il terzo! Sua moglie sarà pure nata babbana ma è un’ottima strega.»

Anche Hermione è un’ottima strega, la più brillante della sua generazione.

«Perché Potter?»

«Siamo colleghi. Non mi dirai che ancora ci litighi, perché davvero saresti un bambino!»

«Ci litigo per altre ragioni, adesso.»

«Tipo?»

«Mi ha sabotato con la mez… con Hermione.»

Zabini ride di cuore.

«Vieni a salutare tutti e bevi un po’. Mi pare che tu ne abbia bisogno. Ti va se ci vediamo domani e mi racconti un po’ di cavoli tuoi?»

«Perché no? Magari tu potresti fare altrettanto, o aggiornarmi sul gossip, visto che io sono un po’ indietro. Mmm, facciamo nel pomeriggio?»

«Ok, nel pomeriggio. Dove ci vediamo?»

«A casa mia?»

«E dov'è casa tua?»

«Sai dove abitava la Granger?»

«Sì, abiti con lei?»

«No, senza.» Zabini lo guarda di traverso. «Ti racconterò, è una lunga storia.»

L’amico fa un cenno col capo, come a dire “domani”.

Si avvicinano al bar e Draco incomincia a socializzare.

Arriva inevitabilmente il momento in cui si trova a parlare con Potter.

«Ho visto Hermione.»

«Oh», è il laconico commento di Potter.

«Tutto qui? Mi hai nascosto ogni informazione, sei stato così stronzo da non dirle nemmeno che non mi ero sposato, mi hai mentito sistematicamente, anche l’ultima volta quando ho visto la sua foto e adesso dici “Oh”?»

«Che vorresti che ti dicessi? Non quello che penso di te, credimi.»

«Me lo immagino.»

«Come l’hai trovata?»

«Per puro caso. Ho pagato milioni alle agenzie di investigazione e non hanno mai trovato una pista convincente, poi ho visto su una rivista la foto dei gemelli. Cercavamo due bambini per la pubblicità. Quelli dell’agenzia pubblicitaria li hanno trovati.»

«E allora?»

«Tu devi aiutarmi a capire, Potter. Tanto lo sai che lei vuole me, ma non riesco a capire COSA vuole da me.»

Potter gli ride in faccia. Di nuovo. Che si aspettava da lui?

«Malfoy, tu non hai mai nemmeno tentato di comportarti da uomo. Solo questo vorrebbe da te, che tu fossi un uomo e non un adolescente viziato e stupido. Quando sarai cresciuto torna a cercarmi, prima non mi rompere le palle.»

Di nuovo questa storia dell’essere uomo. Che cavolo intendono i Grifondoro quando dicono “essere uomo”? Gettarsi a testa bassa contro i pericoli senza riflettere come fanno loro? Dire la verità a costo della pelle? E in che modo questo essere uomo lo aiuterà a riavere la Mezzosangue?

«Una volta o l’altra dovrete spiegarmi che intendete con “diventare uomo”.»

Potter lo guarda, indeciso. Sembra domandarsi se vale o meno la pena di sprecare fiato per lui. Quando Draco ha già rinunciato e ripreso a bere dal suo bicchiere, Harry gli risponde.

«Non so se abbia un senso discutere di questo con te, perché immagino che quello di cui parlo non sia una delle caratteristiche umane coltivate di preferenza nel tuo ambiente. Sto parlando della coscienza morale.» Draco smette di bere e lo guarda con attenzione. Pistolotto-Potter in arrivo. Servisse almeno a capire la Granger! «Sai, quando ti trovi in una situazione problematica e devi fare una scelta…»

«Ecco, questa è un'altra cosa che non capisco tanto. Purtroppo quella di scegliere è una capacità ancora meno coltivata della coscienza morale, qualunque cosa sia.»

«Questa stronzata del non poter scegliere lasciala per Hermione, che magari è ancora tanto cieca d’amore da crederti. Non essere capace di scegliere può essere una giustificazione nell’infanzia, la potrei accettare ancora a quindici anni. Tu quanti ne hai?»

«Quelli che hai tu, lo sai.»

«Appunto. Io ho una famiglia. E tu?»

Draco stringe le labbra. Lui ne ha due. Il problema è che sono inconciliabili e lui non sa che pesci pigliare. Sta cercando di tirar fuori gli scheletri dall’armadio di Lucius ma ha bisogno anche di capire Hermione.

«Parlami di questa coscienza morale. Mi potrebbe servire con lei?»

«Certo che no. Però credo che, se mai ti spuntasse, saprebbe apprezzarla a dovere.»

«Che ne sai che io ne sia sprovvisto?»

«Se l’avessi l’avrei vista e soprattutto l’avrebbe vista lei. Se tu l’avessi, lei non sarebbe stata costretta a scappare da te.» Draco lo guarda parecchio più interessato. «Se tu l’avessi non avresti fatto una figlia con lei senza nessuna intenzione di darle rispettabilità, sicurezza e sostegno. È accaduto, diciamo che vi siete trovati in una situazione imprevista, e diciamo che per ragioni che io non sono in grado di capire, tu avresti comunque deciso di sposare la Greengrass. In quel caso ti saresti chiesto, prima di proporre soluzioni impossibili per chi abbia il minimo rispetto di sé, cosa ne sarebbe stato di loro.

La coscienza morale è quella che ti obbliga a considerare una quantità di elementi che non hanno cittadinanza né nel semplice rispetto delle regole apprese, né nel perseguire i tuoi desideri. È quella che ti domanda quali saranno le conseguenze delle tue scelte per le persone che ami e anche per le altre, quelle che conosci, quelle che non hai mai visto, se possono essere coinvolte, che ti costringe a tenerne conto, a metterle sul tuo stesso piano e se appena puoi, agire per il bene di tutti.»

Draco resta a bocca aperta per alcuni secondi.

«Cazzo, ha una presunzione notevole questa tua coscienza morale.»

«Non me ne parlare. Quando ero un ragazzino si era messa in testa che avrei dovuto ammazzare Voldemort, a costo della mia stessa vita, per dare un futuro migliore al mondo magico. E, indovina un po’? L’ho ammazzato davvero.»

«Potter, te l’ho mai detto che non ti reggo?»

«Parecchie volte. È reciproco.»

 

*****

 

La mattina dopo torna al Manor per completare l’opera di disseminazione delle cimici.

Il bello degli strumenti babbani è che non si fanno confondere dagli incantesimi. Puoi imperturbate quanto vuoi, e lanciare muffliato, loro registrano comunque, fedelmente le voci. Inoltre molti maghi, e suo padre è verosimilmente tra questi, vista la sufficienza con cui ha sempre trattato i babbani, non hanno idea della loro esistenza e se anche le vedessero non le saprebbero riconoscere.

«Allora, padre, che hai in mente per questo matrimonio?» chiede Draco appoggiandosi alla mensola del camino (una cimice di lato, nell’angolo tra la spalletta e la mensola, invisibile).

«Intanto di farti sposare subito, abbiamo perduto fin troppo tempo.»

«E dove dovremmo dormire? Hai allestito un appartamento padronale per noi o dovremo accontentarci di una stanza degli ospiti?»

«Hai la tua.»

«Non è bruciata?»

«L’ho fatta sistemare. Ha un salotto e un bagno. Se credi, aprendo una porta sulla destra potresti avere una seconda stanza o uno studio per te. Intanto adesso devi dormire con lei, quindi non ti serve un’altra stanza.»

«Posso andare a dare un’occhiata?»

«Naturalmente!» Lucius è rincuorato dall’interesse di Draco.

Lui sale le scale di corsa, prima di entrare nella propria vecchia stanza, apre la porta di quella di Lucius (una cimice sulla cornice interna e una su quella esterna).

Nella stanza, che un tempo era la sua, è evidente la presenza di Astoria (una cimice nella stanza, una in salotto e una in bagno. Un’altra nel corridoio, per sicurezza).

Scende subito e commenta quella che, secondo Lucius, dovrebbe diventare la sua camera da letto. «Immagino che la Piaga avrà detto la sua. Un tantino leziosa è decisamente un eufemismo.»

«Smetti di chiamarla Piaga. Che c’è di male? In fondo dovrà starci anche lei.»

«Beh io voglio la mia stanza. Normale, senza fiori alle pareti, baldacchini rosa e cuscinetti pelosi verde mela. Dimmi del matrimonio.»

«Abbiamo pensato a un matrimonio discreto, che non necessiti di grande organizzazione, alla fine di questa settimana sarete sposati. Daremo l’annuncio a nozze avvenute.»

«Questa settimana non è possibile.»

«E perché?»

«Un viaggio di lavoro, non posso rimandare. La prossima o quella dopo.»

«Almeno puoi tornare a casa tua e dormire con la tua fidanzata? Credi di poter fare questo sacrificio?»

«Mmm, vedremo.»

In verità non ne ha nessuna intenzione. Deve restare a casa sua per ascoltare le registrazioni e non ha davvero voglia di sperimentare il famoso incantesimo che annulla quello contraccettivo.

A dire il vero c’è anche un’altra ragione, anche se si sente un cretino, visto che la Granger non ne vuole più sapere di lui. Non riesce più a ignorare il ricordo dei suoi occhi, quando lui le ha detto che faceva sesso con Astoria. Oltretutto, con il ricordo fresco del corpo di Hermione, non si sente minimamente tentato dal quel manico di scopa lucidato.

Non sa ancora cosa farà, ma sa per certo che di quei due non c’è da fidarsi. Se c’è una verità vera che Hermione gli ha sputato in faccia, è che non ha mai vissuto una vita che potesse chiamare sua. È ora che questa cosa cambi.

Chissà che alla fine non decida di lasciare davvero e per sempre questo mondo che non gli è mai piaciuto e a cui si sente legato da un dovere che odia ma che non riesce a mettere in dubbio. In ogni caso, questa volta farà una scelta, e la farà a occhi aperti.

 

*****

 

Il suono screanzato del campanello fa sobbalzare Draco, intento a esaminare tutte le dodici piste del registratore. Non ha dimenticato dimettere una cimice in cucina. Suo padre non vi entra mai. Proprio per questo gli elfi si sentono liberi di parlare. Oh, non dicono mai niente di male, gli elfi domestici non sono pettegoli, ma questo non vuol dire che ascoltare le loro parole sia inutile.

Zabini entra in soggiorno e si avvicina immediatamente all’apparecchiatura.

«Chi stai spiando?»

«Come?»

«Questa è un’attrezzatura per intercettazioni ambientali. Chi stai spiando?»

«È una lunga storia.»

«Cazzo, Draco, ne hai di storie lunghe!»

«Tu come fai a conoscere questa attrezzatura?»

«Sono un auror, non te l’ho detto? In Italia collaboro con la polizia babbana, quindi conosco anche tutti i loro mezzi.»

«Che bevi?»

«Niente. No, anzi, un tè. Non sono più molto abituato agli alcoolici. Bevo solo di sera e molto poco.»

«Non ci credo!»

«Credici. E smettila di cambiare argomento, raccontami tutto dall’inizio.»

«Uff. Non so da dove incominciare ma, sì. Ti devo raccontare, con qualcuno dovrò farlo prima o poi. Non farmi pentire Zabini.»

«Mmm, cose grosse, allora. Beh, vediamo, io ti ho lasciato innamorato cotto della Granger. Tua madre era contenta per te, tuo padre era furibondo. Non ti ha cruciato a morte solo perché era convinto che si trattasse solo di una storia di letto ed era disposto ad aspettare che ti stancassi di lei. E forse anche perché essendo il suo unico erede non voleva rischiare l’estinzione della famiglia. Poi me ne sono andato.

Alla fine dell’accademia, ho avuto le ultime notizie, attraverso le poche lettere che scambiavo con gli amici, ho saputo che tua madre era morta e tuo padre paralizzato a causa di un attentato. E che tu avevi lasciato la Granger.

Poi ho passato un sacco di tempo sotto copertura e dalla parte dei babbani. Vi ho persi di vista. Che è successo?»

«Abbiamo avuto una bambina. Ma io non l’ho vista nascere. Dopo l’attentato ai miei mi sono sentito così in colpa che l’ho lasciata senza una parola.»

«E lei aspettava tua figlia? Sei davvero un signore!»

«Non l'ho certo pianificato. In un primo momento mia madre era grave, ma sembrava che si sarebbe salvata. Non mi sono mosso dal suo fianco nei pochi giorni che è sopravvissuta. Poi il dolore per la sua morte era così forte che non riuscivo a pensare ad altro. Mi dicevo che avrei dovuto darle notizie, farmi vedere ma ogni volta c’era qualcosa che me lo impediva.

Così sono passati mesi. A quel punto ero sicuro che fosse finita, che non avrebbe più voluto vedermi.»

«Nemmeno io avrei voluto. Ma se sei qui, evidentemente la storia non è finita.»

«No, non lo è.»

 

 

 

 

 

Devo raccontare: Masha Rolnikaite è una sopravvissuta ai lager nazisti, aveva tredici anni, all’inizio. Ha scritto il suo diario, in yddish, su pezzetti di carta recuperati per ogni dove e nascosti, solo nel 2002, in tedesco è uscita la versione integrale del suo diario.

 

 

 

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Capitolo 21
*** E non disse nemmeno una parola ***


 

21-   E non disse nemmeno una parola

 

Draco, con una voce che l’amico non conosce, continua a raccontare a Zabini.

«Una volta mi sono materializzato fuori di casa sua e ho sentito la sua voce. Ho sentito la piccola piangere. Da allora ho preso l’abitudine a farlo, quasi ogni sera, me ne stavo lì, disilluso, per non essere scambiato per un maniaco dai vicini della Granger, sotto la sua finestra. A volte sentivo la sua voce, parlava con la bambina, era sempre sola.

Una volta pioveva, sono rimasto per quasi due ore sotto l’acqua, sperando di riuscire a sentire qualcosa, ma vedevo solo le luci accendersi e spegnersi. La nostalgia mi uccideva.

Era estate, lei aveva spesso le finestre aperte. Spesso cantava per far addormentare Eltanin. Non so che era, una ninna nanna. Era lei, era la sua voce.

Una sera è uscita al buio per buttare la spazzatura, non me lo aspettavo, mi è finita addosso e si è spaventata.  Io l’ho stretta e le ho parlato all’orecchio “sono io, ho detto, sono solo io, non aver paura.”

Lei non mi vedeva, ero ancora disilluso, ma conosceva la mia voce. Si è rilassata. E io l’ho stretta di più.

Non ha detto nemmeno una parola, ha lasciato cadere il sacco ed è rimasta immobile tra le mie braccia.

Da dentro casa è venuto un vagito e lei si è riscossa, ha gettato velocemente il sacco della spazzatura ed è rientrata. Non ha chiuso la porta dietro di sé.

Io l’ho seguita. Aveva in braccio Eltanin e cercava di calmarla. L’ho presa dalle sue braccia e l’ho cullata fin quando non si è addormentata.

Non riuscivo a staccare gli occhi da mia figlia. E da Hermione. Lei non aveva ancora parlato.

Pensavo che ero stato un idiota, che lei avrebbe capito, se solo le avessi detto quello che provavo, mi avrebbe lasciato vivere il mio lutto come credevo. Invece avevo fatto la cosa peggiore di tutte: l’avevo lasciata lì, senza dirle niente, senza nemmeno uno stupido biglietto.

Credevo davvero che sarebbe stata la fine. Lei continuava a non parlare e io non avevo il coraggio di chiedere perdono.» Zabini tace, Draco non sta raccontando a lui, sta rivivendo un ricordo che lo commuove al punto da fargli uscire delle lacrime di cui nemmeno si accorge. «Ho messo la piccolina nella culla e mi sono avvicinato a lei. Le ho toccato il viso. Le ho messo una mano sulla guancia. E lei ha continuato a guardarmi in silenzio. Non si è  scostata, non ha fatto niente. Così l’ho abbracciata di nuovo. E ho sentito… che ne so? Il mio cuore ha preso il volo.

L’ho baciata, l’ho stretta ed era come se quei mesi schifosi, la morte di mia madre, il senso di colpa, Lucius che mi comandava a bacchetta, fossero passati davvero, come se solo in quel momento fossero diventati un brutto ricordo.

Sono riuscito a parlarle solo dopo che avevamo fatto l’amore. Solo allora le ho detto “perdonami, sono uno stronzo. Però sei l’unica per me. Voglio stare con te, Hermione, perdonami, ti prego” e lei mi ha risposto “è tutta la vita che ti perdono, ormai so farlo bene”.»

«Ti sei sprecato, nemmeno un “ti amo”?»

«No, mai. Non gliel’ho mai detto.»

«Quella donna è una santa. E tu uno stronzo assoluto.»

«Ero uno stronzo felice. Per anni sono stato felice e nemmeno me ne rendevo conto.

Merlino, che idiota sono stato! Con lei ero un uomo felice e non lo sapevo!»

Zabini si guarda attorno per non mettere in imbarazzo Draco, che si asciuga le guance.

Gli pare incredibile che viva in una casa così… spartana è dir poco. Una casa vuota, e lui è semplicemete accampato. Ci era entrato alcune volte quando c’era la Granger e l’aveva trovata sempre accogliente e gradevole. Adesso per sedersi uno di fronte all’altro sono andati in cucina, dove c’è un piccolo tavolo e due sedie, anziché solo una come in… che diavolo è una stanza in cui c’è solo una scrivania, una poltroncina e un’apparecchiatura per intercettazioni ambientali?

Si schiarisce la voce.

«E dopo che hai fatto per farla scappare? E che fine ha fatto la bambina?»

«Oh, suppongo di essere stato più coglione di quanto lei riuscisse a sopportare.»

«Spiegati.»

«Mio padre mi ha ordinato di sposarmi con quella piaga della sorella di Daphne. Io, come al solito non sono riuscito a dire di no. Dopo che è rimasto paralizzato mi fa andare come una marionetta. Ci litigo, poi il senso di colpa mi travolge e gli dico di sì.»

«Senso di colpa? E perché?»

«Nella rivendicazione che hanno inviato al “Profeta”, i mangiamorte autori dell’attentato mi hanno nominato più volte. Hanno detto che le prove del tradimento erano già evidenti quando “mi sono rifiutato” di uccidere Silente, e che la mia relazione con una sanguesporco era la prova definitiva che la mia famiglia è indegna e colpevole di tradimento fin dall’inizio.»

«Ma che si aspettavano? Tutti hanno fatto la stessa cosa, si sono traditi a vicenda, ognuno ha cercato di salvarsi come ha potuto, che c’entri tu in questo?»

«Nell’attentato è morta mia madre e mio padre è un povero invalido. Sarebbe stato meglio per lui e per noi tutto finire ad Azkaban.»

«Ti penti di quello che hai fatto?»

«Perché, che ho fatto? Mi sono barcamenato alla meglio, come tutti noi, ho fatto quello che ho potuto. Non credi che abbia provato davvero ad ammazzare Silente? Voldemort aveva in mano mia madre e minacciava la sua morte. Non so di chi sia la colpa se non ho abbastanza pelo sul cuore da riuscire ad ammazzare a sangue freddo un vecchio, un uomo che rispettavo.»

«E la Granger?»

Scuote la testa, muove le mani senza sapere che dire.

«Lo sai che io non sono mai stato un rivoluzionario, a me andava bene così, volevo solo essere quello che mio padre voleva. Probabilmente solo essere accettato, come tutti. Quindi non mi sarebbe mai venuto in mente di innamorarmi, meno che mai di una donna inadatta. All’inizio ho creduto sinceramente che fosse una storia di sesso. Che c’è di strano, lo fanno tutti, per una scopata non si guarda allo stato di sangue. Ho continuato a raccontarmelo a lungo, che lei era solo brava a letto, che mi conosceva e mi corrispondeva, che non mi conveniva andare con un’altra a cui avrei dovuto insegnare tutto dall’inizio quando avevo lei a disposizione.

Quando mi ha detto di essere incinta la primissima cosa che mi è venuta in testa è stato mio padre, i suoi ammonimenti: “Le donne vogliono il nostro nome e i nostri soldi. Tutte, quelle che sembrano più innocenti sono le peggiori”. Così la mia prima battuta è stata infelice. Lei mi ha cacciato di casa e mi ha detto che non aveva bisogno di niente.

Ma mentre parlava, la guardavo e pensavo che dentro il suo ventre c’era qualcosa di mio, che io ero germogliato dentro di lei e avevo… avevamo creato una persona vera, un figlio. Mentre lei era ancora arrabbiata con me io già non mi ricordavo più quello che le avevo detto, ero così eccitato e non vedevo l’ora che nascesse, di guardarlo negli occhi, di riconoscermi in lui, in lei, a dire il vero. Invece… lo sai come è andata.»

«Beh, lo sai che non c’è un motivo razionale per sentirti in colpa.»

«Sì, lo so. Sarà un motivo irrazionale, però funziona.»

«Continuo a non capire perché tu sei a casa sua e lei no.»

«Non volevo lasciarla. Lei mi ha detto chiaramente che non intendeva restare con me dopo il mio matrimonio ma io non l’ho ascoltata. Così lei è sparita. Ho trovato la casa vuota e basta. L’ho presa in affitto, non riuscivo a sopportare l’idea che ci abitasse un estraneo.»

«Ma non l’hai arredata.»

«No, che mi importa? Pensavo che lei sarebbe tornata e l'avrebbe sistemata, io non sono bravo. E poi non mi serve molto.»

«Continua.»

«L’ho cercata per quattro anni. Solo pochi giorni fa, l’ho trovata per caso. Sta a Salvador de Bahia, in Brasile. Ha due gemelli di cui non immaginavo nemmeno l’esistenza. Quando è partita dall’Inghilterra era di nuovo incinta. Lei dice che se n’è accorta dopo.»

«Era incinta di te?»

«Certo, di chi se no?»

«Caspita! Hai tre figli?»

Lui sospira e deglutisce. Sembra che gli sia difficile parlare.

«No. Non ho tre figli. È stata chiarissima, sono figli suoi. Non mi ha permesso nemmeno di dire loro chi sono. Lei dice che non sono degno di essere padre.»

«Beh, magari ha ragione. Dimmi che ho capito male. Tu intendevi tenerti lei come amante e intanto sposare Astoria e farci altri figli?» Draco abbassa la testa. «Sei un turpe individuo! Perché volevi fare una cosa del genere?»

«Che avrei dovuto fare?» Si passa la mano tra i capelli, alza le spalle. «Non avrei mai voluto rinunciare, senza lei sto male.»

Blaise quasi non riconosce il suo vecchio amico. Certo, anche lui è cambiato, è naturale. Ma Draco è tormentato. È un uomo che non riesce a mettere pace tra i propri desideri e il proprio senso del dovere.

Un senso del dovere coltivato con cura in ogni giovane purosangue, che adesso, nella società magica del dopoguerra, più rilassata e garantista, appare malato e privo di senso e che è stato mantenuto vivo in lui dalle manipolazioni e dai ricatti morali di Lucius.

Draco ha bisogno di aiuto nella ricerca dell’elementare buon senso.

«Fammi capire. Non hai sposato Astoria, vero?»

«No.»

«E non hai intenzione di sposarla!»

«Che ne so?»

«Ma se hai detto che non ti piace! Non ti piace, vero?»

«Che c’entra se mi piace o no? La detesto! Ho anche dato fuoco al suo abito da sposa, se morisse credo che non verserei una lacrima.»

«Allora mi vuoi spiegare perché Merlino la vorresti sposare?»

«Io non vorrei ma la famiglia…»

«No! Ti prego, lo sai anche tu che queste sono stronzate!»

Draco alza la testa vivacemente.

«Per te saranno stronzate, per me no! È  quello che sono e lo sono perché generazioni di maghi prima di me si sono sposati con streghe di famiglia purosangue, che c’è di strano se credo che sia mio dovere continuare la tradizione che mi rende quello che sono?»

«Perché è un’idiozia, ecco perché. Questa storia del sangue puro è stata smentita dai fatti. Ti risulta che i purosangue siano in qualche modo maghi migliori degli altri? Vogliamo andare a vedere quali sono stati i maghi più potenti dell’ultimo secolo?»

«Silente era un purosangue!»

«Ma non lo era Tom Riddle. Severus era un mezzosangue, come Potter e la tua ragazza, ti ricordo, la strega più brillante della nostra generazione, è nata babbana. In compenso tutto questo sposarsi tra parenti ha avuto come conseguenza una bassissima prolificità, tanto che molte famiglie si sono estinte e altre sono in procinto di farlo. Non esistono più Silente, né Peverel, Black, Flamel, la McGranitt è l’ultima della sua casa. Sono aumentati, all’interno delle famiglie pure, i casi di follia, la nascita dei maghinò, gli aborti spontanei. Per quale di questi augusti motivi ritieni di dover sacrificare la tua felicità, quella di Hermione e far crescere i tuoi figli senza padre?»

«Non sono io a far crescere i miei figli senza padre!»

«Tu continui a pensare di doverti sposare con una gallina solo perché è purosangue e di poter essere contemporaneamente il padre dei figli di Granger? Ma sei diventato scemo o c’eri anche prima?»

«Ahh! Non ti ci mettere anche tu! Io non so che fare.» Prende fiato, si alza e cammina in su e in giù per la stanza. «Ci ho pensato, lo so, so che non potrò essere entrambe le cose, non sono idiota. Ma credimi, l’idea di distruggere la mia famiglia, di negare alla mia discendenza la reputazione e la potenza che proviene da una stirpe incontaminata non mi lascia indifferente, io sento tutto il peso di questa scelta.

Sono disperato all’idea di non rivederla e di rinunciare ai miei figli. Se li vedessi! Sono una meraviglia, ma io non posso essere altro che quello che sono! E non sono sicuro che non le rinfaccerei, alla fine, la mia rinuncia.

D’altra parte mi fa così schifo il comportamento di Lucius, ogni volta che penso a come mi ha usato per il suo tornaconto, che potrei diventare come lui… A volte mi immagino che penso che potrei fare a Eltanin, ai gemelli, quello che è stato fatto a me e preferirei ammazzarmi!

Sono confuso.»

«Parli di discendenza come di una cosa astratta, ma la tua discendenza sono i tuoi figli, che esistono, che tu lo voglia o no! Sì, mi pare di aver capito che sei confuso, forse mi sbaglio.»

«Non fare lo stronzo. Lei mi ha cacciato, dicendomi che sono indegno di essere padre perché non metto al primo posto i miei figli, e dice anche che se quello che ho fatto l’ho fatto per lei ho sbagliato, che avrei dovuto farlo per me stesso.

Potter dice che non so cos’è la coscienza morale, e lui invece sì, e secondo lui questo è il segreto per capire la Granger.  

Mio padre dice che sono indegno per aver concepito dei bastardi e perché mi rifiuto sposare quella che mi è destinata e di dare il giusto erede alla famiglia.

L’unica cosa su cui tutti sono d’accordo è che sono indegno ma le ragioni si mandano a quel paese l'un l'altra. Ho qualche motivo di essere confuso. E poi mi pare di non saperne abbastanza. Nessuno mi ha mai dato una scelta, non so cosa sia, e adesso tutti mi pressano perché lo faccia, e io non ho elementi, non ne so abbastanza! Sono lo scemo del villaggio!»

«È per questo che spii tuo padre?»

«Che ne sai tu?»

«Dammi un po’ di fiducia! Lei è troppo lontana, quindi è Lucius quello con le cimici in casa!»

Draco ci pensa un po’ e decide di raccontare proprio tutto. Blaise è sempre stato suo amico. Alla fine non potrà andare peggio di come va adesso.

«Una delle cose che mi ha fatto decidere, quattro anni fa, a lasciar perdere il matrimonio e a scappare dal Manor è stata una conversazione che ho sentito, tra lui e la mia fidanzata. Discutevano su come potermi manovrare, e l’idea era costringermi a procreare con la piaga, in modo che, secondo loro, non avrei più potuto sottrarmi ai miei doveri. Un figlio come arma di ricatto, insomma.

Adesso mi ha chiamato di nuovo, appena tornato dal Brasile. Ho scoperto che sapeva tutto, compreso che Hermione mi aveva dato il due di picche. Lui dice che ha sempre saputo tutto di lei. Quindi, mentre io spendevo galeoni su galeoni e viaggiavo per il mondo in cerca di Hermione, lui sapeva dov’era e non si è sognato di dirmelo.

La piaga è ancora al Manor, come mia fidanzata, il contratto è ancora valido e io dovrei sposarmi entro la fine della settimana con la deliziosa signorina Greengrass.

Ho messo le cimici per cercare di capire. Non mi metterò un’altra volta nelle loro mani alla cieca. Sono capaci di tutto quei due!»

«Cazzo! Entro la settimana? E tu?»

«Ho preso tempo. Ho detto che ho un viaggio di lavoro irrimandabile. Mi ha detto che dovrei almeno trasferirmi al Manor e dormire con la mia fidanzata.»

«Questa fretta mi puzza parecchio. Nessuno organizza un matrimonio in quattro giorni.»

«Beh, l’altra volta è stato fatto in quasi tre mesi, solo che poco prima delle nozze è sparita Hermione e io, per cercare lei, ho rimandato parecchie volte e alla fine li ho mandati al diavolo. Mio padre mi ha schiantato per le scale. Sono stato in ospedale due mesi. Quando sono uscito ho trovato un altro matrimonio organizzato e una minaccia di mettermi sotto Imperius

«Come ne sei uscito?»

«Gli ho detto che avrei ammazzato sia lui che lei.»

«Oh, ottima mossa.»

«Non fare lo stronzo anche tu!»

«E tu smettila di maltrattarmi, sto cercando di aiutarti!»

«Hai ragione, scusami. Non so come potresti aiutarmi. Non ho idea di…»

«Ci arriviamo. Quando avremo tutti gli elementi necessari lo saprai.

Quindi è per evitare il rischio di nuove dilazioni che tuo padre ti vuole sposato prima che tu riesca a capire quello che fai.»

«Credo. Non che abbia molto senso.»

«Vogliamo sentire queste intercettazioni? Quante piste hai?»

«Dodici, attive.»

«Caspita! L’hai sistemato per le feste!»

«Si attivano quando c’è suono, e sullo schermo è indicata l’ora di inizio registrazione.»

«Sì, so come funziona, anche se le macchine che usiamo noi sono più vecchie.»

Dopo circa quattro ore di porte sbattute, Astoria che canticchia, avanti veloce, cigolii e mugugni, sedie spostate, avanti veloce, conversazioni sull’importanza del colore dei divani nelle sale di ricevimento, sul modo migliore di cucinare la cacciagione, e su “quando ci sarà Draco mangeremo in sala, come possiamo renderla un po’ più moderna?”, avanti veloce, chiacchiere degli elfi, (“Sistemato la camera da letto?” – “Tutto fatto.” – “ Hai anche dato un’occhiata a quella della signorina?” – “Tutto a posto, tutto fatto.”)Blaise Zabini ghigna annuendo all’indirizzo di Draco, si toglie le cuffie e lo guarda seriamente.

«Devo darti un paio di notizie.»

«Ma se non hanno detto niente!»

«Ti sbagli. Non hanno detto quello che ti aspettavi, ma ci hanno fatto sapere qualcosa che, ci scommetto, non vorrebbero mai che scoprissi. Non prima di un matrimonio indissolubile, almeno.»

«Sputa.»

«Lucius si scopa la tua fidanzatina.»

«Che cazzo dici? È paralizzato!»

«Se mai lo è stato adesso non lo è più.»

Draco non sa se ridere o arrabbiarsi con Zabini. Non ci crede.

Sarebbe davvero troppo anche per lui!

 

*****

 

Lucius manda di nuovo il suo gufo, che ormai Draco riconosce perfettamente, a chiamare all’ordine il figlio ritroso, come quasi ogni giorno.

«Mi avevi promesso che ti saresti trasferito qui, cosa è successo? Ti aspettavo già ieri.»

Mi avevi promesso” non è del tutto esatto, anzi è esattamente una delle solite manipolazioni della verità di Lucius. Draco rileva ma non commenta a voce alta. Ha deciso di dargli corda.

«Ho cenato con Zabini, sai com’è, abbiamo fatto tardi. Mi trasferirò al mio ritorno, parto tra due giorni.»

«Resta a cena da noi almeno. Stasera va bene per te?»

Draco ci pensa un attimo. Qualcosa deve pur concedere, che vuoi che sia una cena?

In questi giorni ha avuto da Lucius delle informazioni dettagliate su Hermione e sui bambini. Vorrebbe tanto non credere che lui abbia seguito ogni passo della sua donna, ma ha troppi riscontri perché sia solo una montatura.

Lui non ha concesso nemmeno un gesto di affetto o di semplice cortesia nei confronti di Astoria, che è molto delusa e tenta ogni giorno di apparire desiderabile ai suoi occhi, pur non azzardando mosse apertamente seduttive.

«Non mi fermo a dormire, però. Domani mattina devo trovarmi presto a casa mia, ho un appuntamento.»

«Che razza di casa! Tra i babbani. Certo che se volevi farmi vergognare ci sei riuscito!»

« Se ti vergogni sono problemi tuoi, io ci sto bene.»

«Contento tu…

Allora, per quando devo fissare questo matrimonio?»

«Che ne so? Mi servono almeno tre, quattro settimane.»

«Per un viaggio di lavoro?» Lucius è sul punto di esplodere. Quattro settimane è un tempo inaccettabile. E anche tre.

«In realtà sono due viaggi. Ormai non li posso rimandare.»

«Invece un matrimonio è una bazzecola, la puoi rimandare tutte le volte che vuoi!» Ormai è fuori controllo, grida e agita il bastone che, Draco lo sa bene, contiene la sua bacchetta.

«Falla finita, Lucius, già non brillo di gioia all’idea, se poi tu sei così acido me ne torno tra i babbani che almeno non mi rompono i coglioni!»

In quel momento entra Astoria, che sembra di passaggio, casualmente elegantissima, con le braccia piene di fiori freschi, e profumata (troppo, pensa Draco), casualmente getta uno sguardo da civetta, di fintissima meraviglia.

«Oh, Draco, che sorpresa!»

«Astoria…»

«Ti seccherebbe, mia cara», Lucius con tono affettato, «ordinare agli elfi di aggiungere un posto a tavola? Draco si ferma a cena con noi.»

«Con piacere! Volete un aperitivo?»

«No, grazie.» Draco

«Non sarai diventato anche astemio!» ironizza Lucius.

«Gli aperitivi mi danno alla testa, non li sopporto.»

«Va bene, allora. Torniamo ai fatti nostri: il matrimonio.»

«Che ne so, padre! Se tanto lo facciamo in forma privata che bisogno c’è di decidere molto prima? Appena ho un po’ più chiari i tempi dei viaggi ti faccio sapere. Può darsi che lo possa incastrare tra un viaggio e l’altro.»

«Perfetto. Dove devi andare?»

«Perché ti interessa?»

«Beh, se è un bel posto potresti portare Astoria con te e approfittarne per fare un viaggio di nozze.»

«Non tentare di estorcermi dichiarazioni che non voglio fare. Ho detto che ti farò sapere.»

La sgradevole conversazione è interrotta da un elfo che annuncia la cena.

Della quale Draco non ha ricordi.

 

 

 

 

 

E non disse nemmeno una parola: romanzo di Heinrich Böll, premio Nobel nel 1972. Come molti altri dello stesso autore, ambientato alla fine della guerra e racconta il disagio e il disadattamento provocato dalla situazione, che distrugge anche la vita privata delle persone.

 

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Capitolo 22
*** Fenomenologia della malafede ***


22- Fenomenologia della malafede

 

 

Draco ricorda perfettamente di essersi seduto a tavola, vicino ad Astoria-la-Piaga, che Lucius, prima di avvicinarsi alla tavola è entrato in cucina, cosa inaudita per lui, con la sua sedia cigolante.

Ricorda di aver scoperto con orrore che la prima portata è un potage, praticamente un brodino.

Lui odia profondamente quella roba liquida e insapore, dal colore giallino-verdognolo, che di solito non serve ad altro che a ustionare le mucose della bocca e distruggere ogni possibilità di assaporare il resto della cena.

Sua madre non avrebbe fatto mai niente di simile, Hermione non gli ha mai propinato nemmeno per errore una simile, disgustosa, portata.

Non ricorda altro.

Possibile?

Prima di aprire gli occhi si domanda dove diavolo si è addormentato e da dove viene quell’odore. Non è quello di casa sua. Non è quello delizioso di quando dorme con Hermione, è un odore alieno e fastidioso, intenso.

Ha fame. Ed è troppo caldo, un caldo soffocante.

A meno che non abbia dormito sei mesi o non sia stato trasportato dall’altra parte del mondo è gennaio. No, gennaio è finito, è febbraio, comunque un mese freddo. A lui non dispiace il freddo, a casa tiene il riscaldamento piuttosto basso e il Manor non è famoso per essere troppo caldo.

Perché è così caldo allora?

La sua testa non vuole saperne di rimettersi in moto e iniziare a fornire qualche risposta, anziché solo domande. Per esempio potrebbe aprire gli occhi.

Troppo difficile.

Un movimento del materasso gli ghiaccia il sangue nelle vene.

“Merlino in braghe di tela!” Che significa? Non è solo?

Tutto il suo corpo si tende istintivamente.

Quanto ha bevuto ieri sera?

Si ascolta attentamente. Niente nausea, niente dolore alla testa, solo una grande confusione e spossatezza. Non è paralizzato ma fatica a muoversi. Ha preso abbastanza sbronze da saper riconoscere una di quelle mattine e non è questa.

Quindi il problema non è quanto ha bevuto, ma COSA ha bevuto. O inalato. O Merlino sa che altro.

“Zabini, dove sei?”

L’hanno fatto fesso? Il dubbio che si insinua prepotente in lui somiglia spaventosamente a una certezza. Se adesso aprisse gli occhi e vedesse la faccia della Piaga lo sarebbe.

Prende un respiro profondo e socchiude gli occhi.

“Merlino, uccidimi!”

Si può vedere una che si sveglia al mattino ed è già truccata?

«Che è successo?» chiede, con il poco fiato che gli è rimasto nei polmoni.

«Non dirmi che non te lo ricordi. È stata una notte meravigliosa. Tu sei stato così dolce! Non l’avrei mai creduto.»

«Che cosa» nessuna curiosità, a dire il vero.

«Che potessi amarmi con tanta passione e tanta dolcezza.» Bugiarda spudorata.

«Infatti non ti amo per niente. E non mi ricordo di averti toccata.»

«Beh, hai bevuto parecchio.»

Apre la bocca per dirle che non è vero. Ma lei lo sa già, ovviamente. Un dubbio terrificante lo assale.

«Si-siamo sposati?»

Lei ride.

«Che dici, sciocchino! Se lo fossimo te lo ricorderesti, ti pare?»

Anche se avessi fatto sesso me lo ricorderei” pensa lui. E si domanda per l’ennesima volta che diavolo gli hanno fatto ingurgitare. O messo in corpo in qualche modo.

Controllo. Fin quando non capisce in che situazione si trova non deve far capire i suoi sospetti, deve fare il carino. Il carino scemo che si beve tutte le cavolate che gli propinano.

«Oh, bene. Mi sarebbe dispiaciuto perdermi lo spettacolo.»

«Non sarà così bello, temo. Non avrò un abito come quello che tu hai bruciato. Era bellissimo!»

«Perché no? Una bella ragazza come te ha diritto a un bel vestito, prenditi tutto il tempo che serve.»

«Oh, non è importante. Lucius ha optato per un matrimonio semplice.»

«Lucius a volte è un insensibile. Io dico che te lo meriti un bel vestito. Credevo che l’avessi ricomprato, dopo.» La voce gli esce un po’ piatta ma lei pare non farci caso.

Sta giocando al gatto e al topo? E chi è il gatto?

«Oh, quello. Non posso metterlo.»

«Perché?»

Draco prova un po’ di gioia maligna nel vederla arrampicarsi sugli specchi. Sa perfettamente che la ciccia che ha sui fianchi non entrerebbe mai nel corpetto striminzito dell’abito che, è pronto a giurarci, è la copia di quello che ha bruciato.

«Ormai è fuori moda, sono passati quattro anni!»

«Caspita, il mondo magico ha un diritto di famiglia che risale all’epoca di Giovanni Senza Terra e in quattro anni un abito da sposa va fuori moda? Da non crederci!»

«Già.»

«Così abbiamo fatto sesso?»

“Non può essere, lo so che non è vero. O sì?”

«Certo», risponde lei senza esitazione. «Ed è stato meraviglioso.»

Che ne sa che effetto può avere la robaccia che gli hanno dato?

«Oh beh, non sarà stato niente di nuovo, non è la prima volta che lo facciamo.»

O si è trattato di un incantesimo? Se quel mostro di Lucius gli avesse lanciato un Imperius?

«Sì, certo. Comunque è stato molto bello.»

E poi anche un Oblivion, visto che non se ne ricorda.

«Uhh! Com’è tardi! Mi avranno già cercato a casa. Devo andare. Ci vediamo quando torno.»

Maledizione! Deve venire a capo della faccenda.

«Bene, arrivederci, allora.»

«E comprati un bel vestito, dammi retta. Mettilo in conto a mio padre.»

È stato un ingenuo. “Che vuoi che sia una cena?” Non sa se piangere o ridere della propria stupidità.

Si smaterializza mezzo nudo, come uno sorpreso dal legittimo consorte.

 

*****

 

A casa il suono insistente del campanello lo costringe a scendere le scale di corsa.

Zabini intirizzito davanti al portone ha l’umore di un ungaro spinato di quelli cattivi.

«Un punto di materializzazione in casa, un camino attivo come tutte le persone civili no, eh? Dove cavolo eri? Sono morto congelato!» Solo allora Zabini lo guarda in faccia. È grigio e spaventato. «Che ti è successo, sembri un fantasma!» Draco apre la bocca ma non ne esce alcun suono. «Draco, parlami!»

«Mi hanno fottuto!»

Zabini aggrotta la fronte.

«Che vuol dire che ti hanno fottuto? Che è successo?»

«Io non lo so! Cazzo, NON LO SO! Mi hanno fatto qualche incantesimo, o un Oblivion, O forse una pozione non… non…»

«Calmo, sta calmo! Racconta dall’inizio.»

«Mi sono svegliato nel letto della piaga e non mi ricordo un beato cazzo. Mi hanno drogato o lanciato una maledizione o… che ne so?  So solo che ora tentano di farmi credere che ho scopato con lei dopo essermi sbronzato.»

«E tu sei sicuro di non averci scopato?»

«NO! MALEDIZIONE, NO! Non mi ricordo niente, ti dico!»

«Ma eri o non eri ubriaco?»

«No, di quello sono sicuro. Primo, dopo una sbronza, una così forte da non ricordarmi niente, ho un mal di testa da troll e lo stomaco rovesciato in bocca, invece sono solo confuso. In un primo momento, appena sveglio, faticavo a muovermi ma adesso va bene. Secondo ho una fottuta paura dell’imperius che  Lucius ha minacciato l’altra volta. Non è che mi tocca ammazzarli per davvero?»

«Non credo. Bisogna che ti calmi, troveremo il bandolo della matassa. Cos’è successo ieri sera?»

«La cena. Quella maledetta cena!» Scuote la testa. «Sono un idiota assoluto, Zabini! Ho pensato che in fondo era solo una cena, che non potevo sempre andare lì e stare solo pochi minuti, continuare a evitare la Piaga, non avrei convinto nessuno, ho pensato “che vuoi che sia una cena” Che vuoi che sia!» Draco è senza fiato.

«Le intercettazioni che ci sono a fare? Vediamo che è successo mentre dormivi. Qual è l’ultimo ricordo?»

«Quel maledetto brodino!»

Trovano l’ora e la pista giusta e ascoltano.

 

*(rumori in sottofondo, chiacchiere banali. Poi qualcosa di grosso che cade, cocci infranti)

«Che succede?» è la voce di Astoria.

«Questa notte si fa sesso, bellezza mia!» Lucius, piuttosto allegro.

«Eh? Tuo figlio è quasi morto e tu mi parli di sesso; sei matto?»

«Ma certo, sesso con Draco.»

«Non mi pare possibile! Non era granché quando era al suo meglio, non ci tengo a scoprire la sua performance da morto.»

Lucius chiama un paio di elfi  e ordina di portare il “signorino” in camera della signorina, di spogliarlo e metterlo a letto.

(Schiocchi di smaterializzazione, passi. Un sacco di passi. E nessun cigolio di ruote).*

 

«Che ti dicevo?» Zabini.

«Non ci posso credere!» Draco.

«Sht! Ascolta.»

 

*(rumore di stoviglie)

«Che gli hai dato?»

«Una pozione. Non ti sto a dire cosa c’è dentro. L’importante è che domani non ricorderà niente e potrai fargli credere quello che ti pare.»

«Era necessario?»

«La stava tirando davvero troppo lunga.»

(un mugugno, ancora rumore di stoviglie) Le voci di Astoria e Lucius si alternano.

«Pensi che il viaggio sia per andare da lei?»

«Astoria, ma che te ne importa!»

«Mi importa, sì, certo che mi importa! Tutto il mondo magico mi ride dietro, pensa se continuasse ad andare e venire dal Brasile per vedere quella babbana.»

«Lei non lo vuole vedere. Si è accorta anche lei che non ha le palle!»

(una risatina imbarazzata)

«Beh, a me va bene anche senza palle.»

«Ma smettila! Lo sappiamo entrambi, lui è quello che devi sposare, ma non il migliore!»

«Presuntuoso! Non mi hai mai detto come fai a sapere tutto.»

«Certo che no! Credi davvero che dovrei dirtelo?»

«Perché no?»

«Perché prima o poi finiresti per dirlo a Draco.»

«Che dici? Non lo farei mai!»

«Posso dirti solo che lei si porta dietro, il mio agente, senza accorgersene. E quando lei dorme lui mi fa rapporto.»*

 

«Che può essere?»

«Non è la cosa più importante in questo momento», proclama Zabini alzandosi in piedi. «Andiamo dal medico legale e cerchiamo di scoprire che ti sei bevuto e se ci hanno messo sopra qualche incantesimo. Forse può scoprire se hai o non hai fatto sesso stanotte.»

«Ottimo!»

Il medico legale del Ministero garantisce che non è stato sottoposto a incantesimi, ma non riesce a individuare tutte le componenti della pozione che gli hanno somministrato, di sicuro dentro il famoso potage, quella schifezza probabilmente era la cosa più adatta a coprire il sapore della pozione. Evidentemente alcuni dei componenti sono così volatili che durante la notte il suo organismo li ha eliminati.

«È verosimile immaginare che fosse un potente sonnifero, con un effetto confondente, sia per i sintomi riferiti, sia per la presenza di una quantità rilevante di latte di papavero e polvere di mummia. L’ultimo rapporto sessuale risulta risalente a undici giorni fa. Lei vive più castamente, di quanto si dica in giro. Forse dovrei farle i miei complimenti. O condoglianze, non so.»

«Sono casto solo perché non ho vicino a me la donna che vorrei», puntualizza Draco.

«Devo avvisarla che questo incantesimo rivela solo la fuoriuscita del liquido seminale, può essere positivo per un’attività masturbatoria o negativo per un rapporto senza eiaculazione. Questo è il referto, se intendete sporgere denuncia potete usarlo come prova. In ogni caso vi consiglio di conservarlo, potrebbe rivelarsi utile in molti modi.»

«Grazie, è stato gentile a riceverci subito.»

«È il mio lavoro», risponde laconico il medico legale. I due si congedano e si materializzano a casa di Draco.

«Undici giorni. Hermione.»

«Non dirlo con quella faccia erotica, io sono etero, non voglio vedere quell’espressione se non sul viso di una donna!»

«Lo sono anch’io. Mi fa schifo solo l’idea del tuo culo peloso.»

«Pensa al tuo, in grave pericolo, a quanto pare. Quei due ti stanno cucinando.»

«Se mi riesce gli andrò per traverso.»

«Allora hai abbandonato l’idea di una sposina purosangue?»

«Che ne so? Di sicuro mia moglie non sarà lei. Non dopo quello che mi hai detto l’altro ieri.»

«Allora ci credi!»

«Ormai mi tocca.» Scuote la testa. «Non ci posso credere! Astoria doveva essere alla fame per andare con Lucius, lei ha due anni meno di noi, ti rendi conto?»

«Oh, a molte delle ragazze va peggio. Hai mai conosciuto quello che Pansy avrebbe dovuto sposare, per contrato? È più vecchio di Lucius e decisamente meno affascinante.»

«E come se ne è liberata?»

«Ah, è stato bellissimo, un giorno te lo racconto. In poche parole ha fatto in modo che lui fosse coinvolto in uno scandalo e ha rotto il contratto per colpa di lui!

Ma pensa a te, adesso, ti consiglio di cambiare aria. Se resti qui e corri ogni volta che Lucius fischia, finirà che ti farai male.»

«Come faccio? Devo controllare le registrazioni.»

«Ci penso io. Posso dedicarci un paio d’ore al giorno. Non è molto ma sono piuttosto esperto, in due ore riesco a fare una panoramica e individuare eventuali situazioni rilevanti.»

«Inoltre il contratto è ancora valido.»

«Non te ne curare, faremo come Pansy, se le cose vanno come devono si scioglierà da solo. Il viaggio di lavoro? Inventato?»

«Non del tutto. Dovrei andare via per una campagna pubblicitaria.»

«Non voglio saperlo, in realtà non me ne importa niente, voglio solo che ti tiri fuori da questa situazione. Vattene adesso. Puoi?»

«Non lo so. Posso sentire.»

Al telefono il dirigente gli risponde entusiasta.

«Anche domani, signor Malfoy! Il nostro miglior fotografo è libero. Ci dica, quando vuole andare?»

«Domani.»

«Ovviamente, certo!» La voce un po’ meno entusiasta. «Ehm, non sono certo di riuscire a prenotare per domani ma farò il possibile! La richiamerò appena ho il numero e l’orario del volo.»

«Bene.»

«Caspita Malfoy, Ti sei sprecato! Avrai detto si e no quattro parole, ma come ti sopportano?» dice Blaise.

«Mi sopportano perché sono quello che paga. Poi loro parlano anche per me.»

«Ti stanno proprio sui coglioni.»

«Non più. Hanno trovato Hermione» sorriso irrefrenabile.

«E come? Racconta.»

«Che ficcanaso sei, Zabini!»

 

*****

 

Dopo appena un paio di giorni partono per il Brasile. Draco dà istruzioni al fotografo e agli altri dell’agenzia di aspettare in albergo. Possono visitare la città e divertirsi a spese sue fin quando non li avviserà. Per i contatti con la madre dei piccoli non avrebbero dovuto preoccuparsi, ci avrebbe pensato lui.

Ha qualcosa da fare. Qualcosa di molto importante.

Intanto ha deciso che le sue liti con la mezzosangue non sono un motivo valido per lasciar perdere la migliore delle sue possibilità. E che non è il caso di raccontare in anteprima a Lucius tutti i suoi affari con lei, quindi la questione della spia va affrontata. Subito.

Ne hanno parlato con Zabini e si è fatto un’idea piuttosto precisa di come suo padre riesce a controllare Hermione.

Ha un piano. Due piani. Uno per la spia, uno per tornare nel letto della sua strega.

La sera dopo cena, quando ritiene che lei sia sola in camera, Draco telefona.

«Pronto?»

«Hermione sono io, non fare il mio nome, sei spiata.»

«Cosa?»

«L’ho scoperto da poco. Ti prego, fai come ti dico.»

«Dovrei fidarmi?»

«Sì, dovresti. Il Mangiamorte con cui sono imparentato sa tutto di te. Potrebbe essere anche nel telefono, quindi domani, quando puoi, fa questo numero da un telefono pubblico. Non dire niente, nemmeno il tuo nome, io capirò. Resterò in attesa tutto il giorno. Ci sentiamo domani.»

Hermione è abbastanza sconcertata ma, considerato il soggetto di cui Draco non ha fatto il nome, riesce a credergli. Al di là del suo essere uno stupido e un pavido, Hermione si fida di Draco, è sicura che lui voglia bene a lei e ai bambini.

Farà come dice.

 

*****

 

Draco passa l’intera giornata in attesa della telefonata. Finalmente il suo cellulare suona.

Sente respirare, dall’altra parte.

«I bambini sono al sicuro? Rispondi solo sì o no.»

«Sì.»

«Puoi restare fuori per alcune ore?»

«Sì.»

«Bene, fai esattamente quello che ti dirò.

Vai al bar di Zora, penso che lo conosci, è vicino al tuo ambulatorio.» – parla sottovoce, sperando che il suono non sia percepibile fuori della cornetta – Lei ti consegnerà una busta. Usa il suo contenuto per procurarti quello che è elencato sul foglio allegato. Vai in un grande magazzino, un posto dove puoi trovare tutto parlando meno possibile.» – il silenzio dall’altra parte lascia Draco libero di immaginare la faccia perplessa di Hermione – Devi andare in un posto chiuso, ermeticamente chiuso e senza nascondigli,  e che non sia né casa tua, né il tuo ambulatorio.

Devi spogliarti completamente, anche le scarpe, e infilare tutti i tuoi abiti nei sacchi e chiuderli molto bene. Infila tutto dentro la borsa, anche la tua borsetta e il telefono. Nel frattempo i vestiti nuovi devono restare ben chiusi in un sacco e lontani dal tuo corpo. Ah, lega stretti i capelli e fai tutto più in fretta che puoi.

Quando avrai finito guardati attorno attentamente. Se c’è anche solo una zanzara o una mosca uccidile. Forse è il caso di comprare anche dell’insetticida. Lancia un Hominum revelo per assicurarti che non ci sia nessuno, né trasfigurato né disilluso, dentro e fuori dalla stanza o bagno o quello che è, ma NON sulla borsa in cui hai riposto i vecchi abiti. A questo punto puoi rivestirti con i nuovi.

Vai alla stazione dei treni. Prendi un armadietto e riponici la valigia o borsa, e chiudilo a chiave. Fallo subito e fa’ più presto che puoi.»

Draco chiude la comunicazione.

Se la spia avesse sentito quello che lui ha detto al telefono sarebbe stato tutto inutile.

Hermione, per quanto perplessa, segue alla lettera le istruzioni.

Nella busta ci sono parecchie banconote. Non entra nel primo magazzino che vede, va in uno che conosce bene, così farà prima a trovare tutto, poi sa bene che ci sono dei bagni con cubicoli ben chiusi, quasi ermetici, una volta chiusa la finestrina in alto. Il posto ideale per cambiarsi.

Ha comprato anche un cellulare nuovo. Non si sa mai. Basterà togliere la sim a quello vecchio. Su un oggetto tanto piccolo non si può nascondere niente.

Alla stazione, quando toglie la chiave dalla serratura dell’armadietto e si volta, trova Draco davanti a sé.

Il sorriso le nasce in faccia contro la sua volontà.

 

 

 

 

Fenomenologia della malafede :  di Renato Giorda, docente di psicologia presso l’Università di Perugia molti, molti anni fa. Ovviamente non è un’opera di narrativa ma un saggio.

 

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Capitolo 23
*** Tre d'amore ***


Mi  scuso per il cambio di font. Ho cambiato software e non ho più alcuni dei miei preferiti.

 

 

 

23- Tre d’amore

 

Draco risponde al suo sorriso e l’abbraccia, prima che lei possa dire qualcosa.

«Mi sei mancata tanto.»

«Sono solo pochi giorni!»

«È vero, ma sono successe molte cose.»

«Spiegami.»

«Vieni a cena con me?»

«Mi fai la corte?»

«Ho solo voglia di stare con te. E naturalmente devo dirti tutto. Ti fidi di me?»

«Certo, non dovrei?»

Draco la guarda un po’ spiazzato.

«Ma Se ti fidi di me, perché non vuoi che stiamo insieme?»

Hermione ride.

«Probabilmente ci vuoi bene più di quanto pensi. Forse potresti perfino morire per noi, ma non saresti mai capace di vivere con noi.»

Lui respira forte. Probabilmente ha ragione.

«Va bene. Un passo alla volta. Intanto ti devo qualche spiegazione per tutte queste manovre.»

«Oh, credo di aver capito.»

Draco la guarda basito.

«Oh, la sapientona ha colpito ancora?»

«Ti ho mai raccontato quando ho tenuto Rita Skeeter in un barattolo?»

«Come? No, come hai fatto a ten… stai scherzando vero? È un modo di dire.»

«La Skeeter è un animagus non registrato. Si trasforma in uno scarafaggio.»

«Mmm, piuttosto adatto!»

«Sì, decisamente!»

«Allora è per questo che ce l’ha tanto con te.»

«Non le sono mai stata simpatica. Ma in certi casi sapere è potere. Non mi infastidisce più da tempo.»

«Hai tenuto anche mio padre in un barattolo?»

Parlano camminando, lei con il nuovo abito, un po’ sgargiante, per i gusti di Draco ma indubbiamente adatto per passare inosservati in quella strana città, in cui le strade si riempiono al tramonto.

Camminano, infatti in mezzo a una vera folla.

Lei non risponde subito alla domanda che ha capito benissimo.

«Con lui è stato più facile. Se non altro non mi dovevo ricordare a nutrirlo.»

«Dove la tenevi?»

«Chi, la Skeeter? In dormitorio, tra le mie cose. E, prima che me lo chieda, le davo da mangiare zucchero, pezzetti di pane, o di dolce. Qualche volta anche piselli o pezzetti di carne, ma non mi pare che le piacessero molto.»

«Credo che se lo sia meritato. Mi è capitato di rileggere un articolo che parlava di te e non mi è piaciuto affatto.»

«Io non pretendo di essere simpatica a tutti, ma quello che non sopportavo di lei è che si inventava le cose. Comunque non è più un problema. Levami una curiosità, tu mi hai detto di lanciare un Hominum revelo nello sgabuzzino e fuori, se questo animagus fosse stato una zanzara e a quel punto si fosse trasformato, che avrei dovuto fare, io?»

«Ah, non posso crederci! La grande eroina di guerra che si preoccupa di uno stupido animagus! Sarebbe bastato un Petrificus!»

«E poi? Che avrei dovuto farmene di un mago nudo come un verme?»

«Hermione, non mi sono allontanato nemmeno un minuto da te, ti ho seguito dal bar di Zora e sarei venuto in tuo soccorso in ogni momento. Avremmo potuto ritrasformarlo, o rimpicciolirlo, nasconderlo nella borsa e portarlo fuori. In ogni caso, se la fortuna ci ha assistito, dovrebbe essere dentro la borsa.»

«E poi? Che faremo con questa spia?»

«Ammesso che l’abbiamo presa davvero?»

«Certo, ammesso che l’abbiamo presa, che progetti hai?»

«Per adesso lo lasciamo lì. Intanto ci penso.»

Entrano in un ristorante, Draco chiede un tavolo e ordina per entrambi.

«Lo sai che è la prima volta che andiamo insieme in un ristorante?» rileva Hermione, con voce noncurante.

«Mmm. È un’esperienza. Ce la ricorderemo.»

«Se fossimo a Londra non saresti tanto rilassato.»

«In effetti mi pare che sia tu un po’ nervosa.»

«Già. In questa città sono io quella che ha una reputazione da difendere.»

«Scusami, non ci ho pensato. Vuoi che…»

«Lascia perdere. Non ho niente di cui vergognarmi.» Lui abbassa la testa piccato. Ancora con questa storia della vergogna. Non ha capito niente. «Allora, raccontami. Come sai che sono spiata?»

«Appena sono tornato a casa, la sera stessa, è arrivato un gufo da Lucius, praticamente una convocazione. In passato ne ho ignorate molte ma erano anni che non mi cercava più. Ho pensato che poteva esserci un motivo serio.»

«Ed era serio?»

«Mmm, non sai quanto! Intanto mi ha ricevuto al fianco della Piaga.»

«Che piaga?»

«La Piaga è la mia fidanzata.» Una smorfia. «Ex fidanzata, secondo me. Ma quando le ho chiesto che ci faceva al Manor mi ha risposto “Non essere stupido, sono la tua fidanzata!”»

Hermione ride dell’imitazione di Draco, voce in falsetto, tono acido e supponente, bocca a culo di gallina, sopracciglia sollevate.

«Ti piace davvero!» ride Hermione.

«È  una piaga.»

«È così bella!»

«È insulsa. Sembra fatta di plastica. Non le ho mai sentito dire niente che non fosse una banalità. La detesto.»

«La sposerai?»

Lui alza gli occhi e la guarda attentamente. Vorrebbe capire che sentimenti ci sono dietro quella domanda. Ma la faccia di Hermione è accuratamente censurata.

«Tu che dici?»

«Che è probabile.» Lui sorride e scuote la testa.

«Forse meno di quanto credi. Allora vuoi che ti racconti?»

«Sono tutta orecchi.»

«In poche parole, lui sapeva tutto, perfino quello che ci siamo detti. Ha detto che ha sempre saputo tutto e che saprà sempre tutto di te. Non so dirti cosa ho sentito quando mi ha detto che mentre io ti cercavo come un disperato e morivo di dolore senza di te, lui sapeva dov’eri, in ogni momento.»

«Ti sei arrabbiato?»

«Tanto. Ho lasciato il Manor deciso a non metterci più piede.»

«Un sacco di gente sapeva dov’ero.»

«I tuoi amici non contano, tenevano il segreto per te. Ho tentato di tutto per farmi dire dov’eri da loro, ma mi hanno detto chiaramente che, secondo loro, tu eri nel giusto a nasconderti da me. Ho anche preso qualche sganassone e un sacco di insulti per questo. Da Lucius non me lo aspettavo. Come ha potuto vedermi completamente distrutto e non dirmi niente! Nemmeno quando gli ho detto che non avrei sposato Astoria in ogni caso, nemmeno dopo anni che vivevo lontano da lui.»

«Mi pare evidente che lui non ha mai creduto che tu avresti mantenuto il punto.»

«Già.»

Ma come fa? Come fa quella donna ad arrivare immediatamente al cuore della questione, mentre lui ancora si arrovella e ci gira intorno? Perché lui ci ha pensato parecchio. È suo padre. Di solito i padri non godono della sofferenza dei figli mentre Lucius se n’era stato a guardarlo ridursi come un’inferius, isolarsi, rompere tutti i rapporti umani, persistere nella sua decisione per quattro anni senza muovere un dito per lui. Ma lui ha sempre avuto un fine, ecco che tutto si spiega. Non ha mai guardato in faccia a nessuno, Lucius, per raggiungere i suoi scopi.

«Ma, esattamente, cosa voleva da te?»

«Oh, una grande novità. Mi ha proposto, visto che tanto tu mi avevi scaricato, di “fare il mio dovere”, in cambio lui mi avrebbe fornito informazioni su te e sui bambini. Dopo mi sono scervellato per capire come faceva a sapere tutto. Mi sono ricordato anche di quello che ho sentito quattro anni fa, origliando alla porta del suo studio, la volta in cui progettava, insieme alla mia fidanzata di farmi fare un figlio contro la mia volontà per potermi manovrare meglio.

Lui aveva detto qualcosa su di te: che aveva provato a ucciderti e che non poteva farlo perché tu avevi qualcosa con cui lo ricattavi. Ha detto anche che non ti trovavo perché cambiavi nome, qualcosa del genere. In quel momento ho creduto che fosse solo una sua ipotesi, ma adesso molte cose si collegano. Nei due giorni successivi ho riempito il Manor di cimici.»

«Cosa?»

«Non insetti, microfoni piccolissimi, una cosa babbana. Ci aveva provato con Potter una delle molte agenzie investigative che mi ha aiutato a buttare i miei soldi ma lui è un auror e mezzo babbano. Metteva un disturbatore di frequenze ogni volta che non voleva farsi sentire. Però Lucius non ne sa mezza di questi gioiellini elettronici. Ho sentito delle cose molto istruttive, in questi giorni. Non ha detto come ti spia, ma ha detto che ti porti addosso il suo agente. In un primo momento ho pensato a un dispositivo, una microspia. Ma un oggetto avrebbe dovuto essere fissato a un altro oggetto, senza alcuna garanzia che non l’avresti buttato via, perso, dimenticato. Inoltre è troppo lontano. Avrebbe dovuto esserci anche qualcuno che ascolta nei paraggi e che provvede a sostituire il dispositivo quando è necessario. Troppo complicato, così ho pensato a un animagus.» Scuote la testa. «Ci ho impiegato giorni ad arrivarci. Tu quanti minuti?»

«Tu non hai tenuto Rita Skeeter in un barattolo.»

«Comunque non è la Skeeter. Quella, dopo che eri partita, era ancora a Londra a scrivere male di te. In ogni caso deve essere una mosca, una formica o comunque qualcosa di abbastanza piccolo da nascondersi tra i tuoi abiti o nella borsa e seguirti ovunque. Spero che non sia una pulce o un pidocchio, altrimenti potrebbe essere ancora con noi.»

«Spero di no, che schifo!»

«Oh, invece una mosca…»

«Lascia perdere. Se penso che questo schifoso mi è stato alle costole per anni! Tu credi che sia così? Non potrebbe essere addosso a te?»

«Possiamo verificarlo.»

«Come?»

«Chi è venuto da te mercoledì sera?»

«Cesar, a prendere Venâncio, come al solito. No, aspetta, mercoledì… Jaime, il cugino di Fernanda.»

«Già, ricordami di prenderlo a pugni quando lo vedo.» Lei ride. «A Eltanin è caduto un dente?»

«E tu come fai… Ops! Allora è proprio così.»

«Sei spiata. Lui me lo ha riferito.» Sorride. «Non vedo l’ora di vederla, con la finestrina tra i denti!»

«Non è che ti stai allargando troppo?»

«Vorresti negarmi anche qualche foto? Ho pensato che mentre facciamo il servizio fotografico potremmo fare anche qualche altra foto per me. Per avervi sotto gli occhi.»

«Che dirà tua moglie?» il tono ironico non nasconde del tutto il tremito della voce.

«Per ora non ho nessuna moglie. E non è detto che quando l’avrò sarà quella che pensi.»

«Che cambia?» Alza le spalle, scontrosa. «Se hai avuto modo di riempire di cimici il Manor significa che lo frequenti e quindi che hai accettato le proposte di Lucius.»

«Mmm, sì e no. Ho accettato, ma con grosse riserve. Credo che, se alcune cose saranno confermate, non ci sarà bisogno che io rompa la promessa. Si romperà da sé. Ho riflettuto parecchio in questi giorni e ti ringrazio di aver accettato di vedermi. Vorrei dirti tutto ma ancora non so tutto. So però che anche tu mi hai nascosto qualcosa. E so che non ho abbastanza elementi per decidere.»

«Decidere? Se davvero credi di poter decidere qualcosa è già un bel passo avanti!» ironica.

«Non sai ancora tutto quello che ho pensato.» Prende fiato. «Ho paura che quando avrò finito di parlare scapperai a gambe levate.»

«Sono una Grifondoro, non ricordi?»

Lui ride.

«Già. Coraggiosa e pura di cuore. Tutto il contrario di me.» Smette di sorridere. «Io sono un groviglio. Sono così avvolto nella menzogna che ho difficoltà a districarmi, non sono più certo di sapere chi sono. E non tutte le bugie sono quelle che dico agli altri, o che gli altri dicono a me.»

«Stai dicendo che ti sei raccontato delle balle da solo?» altra ironia.

«Già, facile per te, vero? Vorrei che fosse più facile. Vorrei…» cosa, essere come te?

Davvero vorrebbe essere così libero, così semplice e privo si legami. Così babbano. Vorrebbe davvero essere fuori dalla sua stirpe?

«Intanto sei lì, con lei.»

Adora la sua gelosia, ma non vorrebbe che fosse triste. Sa che dirle tutto potrebbe renderla ancora più triste.

Prende aria di nuovo, è più difficile di quanto credesse.

«Ho cercato di fare quello che mi hai chiesto. Un po’ per capire cosa vuoi da me, che è un mistero, un po’ per me stesso. Quando mi dici che sono un ignavo, che non ho mai vissuto una vita mia ma solo obbedito, mi offendi profondamente, ma solo perché è profondamente vero e tu mi costringi ad ammetterlo, a farci i conti. Ho deciso che questo è l’unica cosa che sono sicuro di voler cambiare: ho una vita sola e non voglio che sia qualcun altro a governarla. Così ho provato a vedere le cose da un punto di vista diverso, ad ascoltarmi, come hai detto tu.

Quando Lucius mi ha detto che sapeva tutto di te e io mi sono reso conto che aveva sempre saputo dove eri io l’avrei ucciso a mani nude, la bacchetta era fin troppo distaccata per quello che provavo in quel momento. Sono scappato, temendo di cedere alla tentazione e mi sono fermato in un piccolo parco. Era freddo ma mi pareva che andasse bene così, il freddo mi schiariva la testa.

Non so nemmeno se era quello che tu intendevi, ma io mi sono immaginato il futuro, quello che ero venuto qui a chiedere e a promettere, e tutte le sue conseguenze. E mi sono dovuto rendere conto che avevi ragione, che io ero corso da te senza riflettere, spinto da un impulso e allo stesso modo avrei potuto, domani, fuggire da te.

Mi sono visto con te e i bambini, felice. Ma ho pensato anche alla mia stirpe, interrotta, trasformata in qualcosa di completamente diverso. Non più purosangue. A causa mia.

So che non puoi capire, non credo, almeno. Ma questo mi ha fatto soffrire.

Mi rendo conto che i miei non sono gente di cui andare fieri, sono scorretti, crudeli, opportunisti, privi di qualsiasi morale o sentimento. Mi sono domandato se sono nati così o se lo sono diventati per la vita che è toccata loro in sorte, se anch’io potrei diventare come loro. Se già lo sono e non me ne rendo conto. Ma questo non mi impedisce di sentirmi legato alla mia famiglia. Mi vergognerò di essere la causa della sua fine. Se andrà così.

Ho anche capito, però, che sono troppe le cose che non so. Non posso decidere niente se la mia testa è piena solo delle affermazioni di Lucius, che ormai sono costretto a mettere seriamente in dubbio, e di domande senza risposta. Ed è per questo che sono tornato. E ho messo le cimici.»

«I piccoli purosangue crescono.» Il sorriso sulle labbra è solo un po’ amaro.

«Chi l’avrebbe mai detto?» Una piccola pausa. «Non sei offesa?»

«No, Draco, sono contenta per te. Credo che tu abbia ogni diritto a scegliere e che non ho alcun diritto di essere io la tua scelta. L’importante è che tu creda abbastanza in te stesso da saper discernere quello che è importante per la tua vita da ciò che puoi sacrificare. Rinunciare non piace a nessuno ma fa parte del gioco.»

«E a che pensi che stia rinunciando?»

«Ne abbiamo già parlato, in passato. Credo tu abbia chiaro che non intendo restare con te se sei impegnato con un’altra, come richiederebbe la tua adesione alla tradizione della tua stirpe. D’altra parte la storia era già conclusa l’ultima volta che sei stato a casa mia.

A questo punto mi pare un po’ fuori luogo anche la faccenda delle fotografie. Se è proprio necessario manda questa benedetta agenzia ma evita di farti vedere dai bambini, per favore.»

«Ti ho detto che non ho preso decisioni, non ancora.»

«Mi hai detto anche che sei al Manor, con lei.»

«In effetti mi sono fermato a cena, quattro sere fa, non l’avessi mai fatto. Mi sono svegliato nel letto con la Piaga.» La vede perdere colore, abbassare gli occhi. «Per fortuna è tornato Blaise.»

Aggrotta la fronte, spiazzata.

«Che c’entra adesso, Blaise?»

«È lui che ha avuto l’idea. Mi ha portato da un medico legale, la mattina stessa. Ha accertato che sono stato drogato e che l’ultimo rapporto sessuale risaliva a undici giorni prima.»

Hermione rialza la testa vivacemente, lo guarda incredula.

«Stai dicendo che non hai fatto l’amore con lei!»

«No, ma hanno cercato di farmelo credere. Io non ho mai fatto l’amore con lei e mai lo farò. Voglio farlo con te.»

La mano sulla tovaglia ha preso quella di lei e ne accarezza il dorso con il pollice.

«Non è vero che non…»

«Non ho mai fatto l’amore con lei. Ho fatto sesso. E l’ho trovato scadente. Mi è capitato di fare sesso, anche senza impegno, solo per divertimento ed era divertente. Poi ho avuto te. Con te è molto diverso, così tanto che non trovo più divertente fare sesso. Con lei era una pena. Se non ti posso avere preferisco la castità, il sesso è deludente.»

«Inutile che cerchi di farmi pena, nessuno ti obbliga.»

«Hai ragione.» Ride. «Incomincio a pensare che hai proprio ragione! Vuoi il dessert? O lo andiamo a prendere a casa?»

«Mi stai chiedendo asilo?»

«Asilo e rifugio. Solo tu mi sai tenere al caldo e al sicuro. Dona Flor, vuoi stare con me questa notte?»

«Non sarebbe…»

«Vuoi?» Gli occhi negli occhi, la mano stretta nella sua. Come si fa a resistere?

Come resistere se le ha appena detto che non fa l’amore con altre donne? O lo ha solo fatto credere?

Come può star sempre a ragionare e a fare la cosa giusta se lui la guarda in quel modo?

Lui paga e la sospinge fuori, per strada. Devono camminare molto prima di trovare un posto abbastanza nascosto da potersi smaterializzare. Camminano lentamente, tra la gente, lui con una mano alla vita di lei, sereno, come se l’avesse fatto sempre.  Lei alza gli occhi ogni tanto e si gode la sua faccia. Gli posa la fronte sulla spalla e lui si gira a lasciarle un bacio sui capelli.

 

*****

 

A casa dormono tutti.

Entrano in camera in punta di piedi. Si baciano al buio. Cercano a tentoni il letto.

Come due vecchi coniugi, abituati l’uno all’altro, senza timidezze né timore di essere giudicati, si spogliano con calma, aiutandosi l’un l’altra. Draco si sdraia per primo e tende una mano a Hermione, che accoglie l’invito. Sotto un lenzuolo leggero si toccano e si baciano dolcemente, si prendono senza ansia e senza apparente bramosia. Solo attenzione per l’altro, piacere che cresce lento.

Quando tutto si fa un po’ più intenso, un piccolo grido rompe il silenzio. I gemiti si mescolano, i cuori cavalcano all’unisono.

Si sistemano, infine, uno accanto all’altra, a scrutare nel buio il brillio degli occhi dell’altro, toccandosi con mani discrete.

E Draco inizia a parlare. Senza pensare, quasi senza volerlo, il cuore gli esce dalle labbra.

«Ti amo. Non è una novità, anche se non l’ho mai detto prima. Questa è una delle cose che ho capito a Londra: non ho più paura delle parole. Come posso capire qualcosa se non riesco nemmeno a chiamarlo con il proprio nome? E quindi ti amo. E sono stato uno stupido  a non avertelo mai detto finora, perché io non so vivere senza di te. Sei la mia terra, la mia casa, il mio stesso cuore.

Ti ho fatto soffrire, lo so. Ti capisco se non mi perdoni ma credimi, io ti amo. Hai ragione, morirei per te. Spero di riuscire a trovare il coraggio e la capacità di vivere per te. Per te e per loro, il nostro tre d’amore.

A me, da piccolo, hanno fatto credere che ero speciale per il mio sangue e per la mia discendenza. Adesso non mi sento speciale, mi sento un burattino nelle mani di mio padre, la vittima di una tradizione ingiusta e forse inutile.

Ma i nostri figli! Oh, loro sì, sono speciali perché sono nati da un amore splendido. Tu hai detto che la nostra è solo una relazione squallida, ma non è vero, perché io ti amo e tu ami me. Non può esserci niente di squallido tra due che si amano. E i nostri figli sono noi. Noi due insieme. Non ti ho fatto felice, è vero, ma ho ancora tempo. Non puoi negare che insieme siamo un piccolo focolaio di felicità. Forse non è tardi per alimentarlo, forse un giorno ne sarò capace. Presto. Tu amami, amami come ti amo io.» Si porta la sua mano alla bocca e la bacia. Sorride e scuote il capo. «Che sciocco! Non amarmi come ti amo io, io faccio schifo ad amare. Tu sei molto più brava di me. Amami come hai sempre fatto, è perfetto. E io cercherò di rendertelo un po' più facile.»

Hermione ascolta, un po’ catturata dalla dolcezza del momento, un po’sorpresa dalla piega sempre più strana che ha preso quella serata. Hanno (forse) catturato un animagus che la spiava, hanno cenato insieme per la prima volta in pubblico, Draco, per la prima volta, ha dimostrato di aver riflettuto seriamente sulla propria vita (forse), ha avuto il coraggio di guardare in faccia le proprie contraddizioni.

E adesso, le sta parlando come non ha mai fatto, esprimendo sentimenti che lei ha intuito ma di cui lui non ha mai mostrato di avere coscienza.

Ora è lei che considera Draco solo di passaggio nella propria vita, questi brevi periodi solo una piccola vacanza dalla sua solitudine, mentre lui sta cercando di prendere le redini della sua vita e pare voglia tener conto di lei e dei suoi figli, in un modo o nell'altro.

Questa è una grande novità, anche se non è detto che cambi tutto davvero, quello che ha sognato per anni non più che una tenue possibilità. Se quello che sembra un grande cambiamento è reale, se non è solo diventato più bravo a mentire e manipolare, potrebbe sempre scegliere di restare nella tradizione ma lei potrebbe sperare di contrattare la soluzione più corretta per i suoi figli. Non osa sperare in una scelta diversa.

Che deve fare lei adesso? Aspettare? Perché, non l’ha già fatto abbastanza?

Adesso la sua vita è stabile, perché mai dovrebbe agitarsi tanto per le decisioni di Draco?

Beh, nessuno la obbliga a pensarci adesso. Si godrà, per il momento, quello che lui è disposto a darle, attraversando l’oceano per farlo, ma non coltiverà la speranza, non farà più l’errore di aspettarsi qualcosa da lui.

E non cambierà una virgola nel suo modo di vivere, non per lui. Non più.

 

 

 

 

 

Tre d’amore: una bellissima raccolta di racconti di Roberto Piumini.

 

 

 

 

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Capitolo 24
*** Foto di gruppo con signora ***


24-  Foto di gruppo con signora

 

 

La mattina, quando esce dal bagno con il solito asciugamano fradicio attorno ai fianchi, Draco sente il chiacchiericcio in cucina, sono già a colazione. Sguscia in camera velocemente e si veste alla meglio ed entra in cucina con i capelli ancora bagnati.

«Palmito Dragão! Ma non eri partito?» Eltanin si apre in un sorriso mettendo in evidenza l’incisivo mancante. Il cuore di Draco si riempie di allegria.

«Certo, sono tornato.» è stupido sentirsi felici perché tua figlia ha perso il primo dente? Allora lui è uno stupido, felice di essere lì, a guardare il sorriso di Eltanin con un dente in meno, di non essersi perso anche questo.

«E perché sei tornato?»

«Perché mi hanno detto che tu hai perso qualcosa.»

Lei chiude immediatamente la bocca.

«Hai conosciuto la fatina dei denti?»

«No, chi è?»

«Non le hai dato il tuo dente?»

«No.»

«Oh, santo Merlino! bisogna correre ai ripari! Dov’è il dente?»

«Di là, non l’ho buttato.»

«Vorrei vedere! Allora, funziona così: tu stanotte lo metti sotto il cuscino. Mentre tutti dormono, la fatina dei denti si prenderà il tuo dentino e ti lascerà una moneta, in cambio. È l’unico modo per essere sicuri che un nuovo dente cresca bene al posto di quello vecchio.»

«Lo so, la mamma me l’ha detto che avrò un altro dente, al posto di questo.»

«Molto più grande e bello!»

«Sei sicuro che devo le dare il mio dente?»

«Assolutamente.»

«Perché nessuno mi ha detto niente?»

«Non lo so come funziona qui. La fata dei denti è inglese.»

«Ma allora che c'entra con me?»

«Anche tu sei inglese! Non ti lascerà senza dente, né senza la tua moneta!»

«Mi prendi in giro?»

«No.»

«Non lo so se ti devo credere.»

Remedios, nel frattempo, è scesa dalla sua seggiola e si è arrampicata sulle ginocchia di Draco. Mangia nel suo piatto e ogni tanto si svita la testa per guardarlo in faccia.

Lui la tiene con la mano sinistra e continua a chiacchierare con Eltanin.

«Remedios,» la riprende Hermione, «torna al tuo posto!»

«No.»

«Lasciala stare. Solo per oggi. Va bene?» interviene Draco. «Però ci vuole un’altra frittella.»

Hermione gli lancia uno sguardo traverso.

«No, due flittelle

«D’accordo, Fernanda, ne possiamo prendere due?» Sapendo che lei non capisce l’inglese, Draco indica le frittelle e solleva due dita.

Fernanda si affretta a metterle nel piatto di Draco con un sorriso a tutti i denti che ha, che non sono più il numero giusto, dopo l’intervento del defunto marito.

Rodrigo lo fissa a bocca aperta.

«Allora, Hermione, quando vuoi fare queste foto?»

«Posso scegliere?»

«Certo, sono tutti qui, spaparanzati in albergo in attesa di un tuo cenno.»

«Anche questa mattina stessa, per me. Poi dobbiamo finire il discorso di ieri sera. Ci sono molte cose che non mi hai detto.»

«Quello di ieri sera, o quello di stanotte?» Voce vietata ai minori. Occhiataccia di Hermione. «Scusa.»

«Intendevo proprio ieri sera. Che si fa, allora?»

«Telefono. Tu che proponi per il luogo?»

«Sotto il mango. È bellissimo, no?»

«Lo è.» Draco telefona al dirigente dell’agenzia e chiede di venire tutti, il traduttore sa bene dove.

«Devono indossare qualcosa di speciale?»

«No, non di speciale. Qualcosa di asciutto, direi.»

«Stupido. Remedios, vieni a farti le trecce.»

«Non le voglio le trecce!»

«Stai molto bene con le trecce! Vorresti farle per me? Così facciamo un po’ di foto insieme!»

«Le foto! Sì!»

Salta giù dalle gambe di Draco e corre da Hermione.

Rodrigo si avvicina.

«Io le posso fare le foto?»

«Certo, anche tu.»

«Senza trecce però.»

«Gli uomini non portano le trecce.»

Lui ci pensa un po’  poi risponde.

«Checcuno sì.»

«Conosci uomini con le trecce?»

«Edmundo ha un sacco di trecce. Però sono brutte.»

«Oh, beh, il mondo è bello perché è vario.»

«Che vuol dire che è varo

«Vario. Vuol dire che è pieno di cose tutte diverse tra loro e anche di persone diverse. Così ognuno può trovarci sempre qualcosa che gli piace. Se tutti fossero uguali non sarebbe noioso?»

Rodrigo alza le spalle abbastanza disinteressato all’argomento.

«Faccio le foto con te?»

«Sì. Ti va?»

«E con la mamma?»

«Se lei vuole, certo.»

«Che mi devo fare? Mi devo pettinare?»

«Direi che è meglio. Vieni qui, portami il pettine.»

«Mi pettini tu?»

«Se vuoi.»

Rodrigo arriva subito con il pettine. Ha i capelli un po’ bagnati. Draco li pettina tutti all’indietro, come li portava lui da piccolo, fermati con la gelatina.

«Guarda Hermione! Chi ci ricorda?»

Lei ride.

«Santa Morgana! È uguale! Proprio la stessa faccia da str…»

«Hermione! Non osare! È un bambino bellissimo. Non è colpa sua se mi…»

«Draco! Non osare!» lo imita lei.

«Scusa, non ci pensavo.» Si rannuvola.

 

*****

 

Alla fine la sessione fotografica dura molto più del previsto. Draco ordina di fotografare tutti, compresa Fernanda e i bambini della favela che si assiepano intorno a guardare quella novità. Insieme o da soli, a coppie, a gruppetti, tutti insieme, con Hermione vicina a lui e i bambini in piedi o sulle ginocchia, tipo foto di famiglia.

«Dopo sceglieremo quelle adatte per la pubblicità, ma io le voglio tutte.»

Fa compilare a Hermione una liberatoria per l’uso delle immagini e scopre così gli “altri nomi” dei gemelli.

Gli scappa un sorriso. Lo sapeva! Lei non ha mai smesso di amarlo.

Avrebbe potuto imporre ai gemelli i nomi dei suoi genitori, o dei suoi molti amici, invece aveva dato loro quelli di due parenti di lui, i due che lei, per diversi motivi, aveva stimato e apprezzato maggiormente. A cui, forse, le sarebbe piaciuto che lui somigliasse un po’ di più.

Regulus Rodrigo e Ninfadora Remedios, i nomi della sua unica cugina e dell’amatissimo cugino di sua madre. Granger. Il cognome gli fa storcere la bocca, stona decisamente.

Dopo la fine della guerra Narcissa si era riconciliata con sua sorella e ne era stata molto felice. Lucius un po’ meno: la figlia, la famosa auror Ninfadora Tonks, lo aveva arrestato, una volta. Ma lei era morta e aveva lasciato a zia Andromeda il piccolo Teddy.

Nemmeno sua madre sapeva nulla, invece, della storia di suo cugino, che aveva lasciato Draco basito. Regulus, giovane, promettente Mangiamorte, era sparito senza lasciare tracce e solo dall’arazzo, su cui era comparsa la data della sua morte, avevano scoperto che non era più in vita. Hermione, nel corso delle molte avventure con i suoi amici suonati, aveva scoperto che si era ribellato a Voldemort e che era morto nel tentativo di danneggiarlo distruggendo uno dei suoi horcrux. Non che Draco sappia cosa sia un horcrux, al di fuori di quello che Hermione gli aveva raccontato: che erano una serie di oggetti in cui era racchiusa una parte dell’anima di Voldemort e che lei, Potter e Weasley erano stati in giro per quasi un anno per cercarli e distruggerli.

Dunque Regulus e Ninfadora. Dora. Meglio.

Lancia un’occhiata alla piccola. La pelle leggermente biscottata dal sole in contrasto con i capelli chiarissimi. Dora. Le sta proprio bene!

Draco continua a fissare il foglio con un sorriso ebete per qualche minuto.

«Chiudi la bocca, Malfoy, ti si riempie di mosche», suggerisce lei voltandogli le spalle per riacchiappare i bambini.

 

*****

 

La sera vanno a cena insieme, Lui, Hermione, il creativo, il dirigente, il fotografo e, su richiesta di Draco, Trevis, il galoppino: quello che ha tutta la sua riconoscenza per aver trovato Hermione, quello che nessuno ascolta, l'unico che parla portoghese, quello senza il quale niente di quello che adesso sta vivendo si sarebbe mai realizzato.

Draco indossa, per la prima volta in quella parte di mondo, un abito formale, sotto gli occhi straniti dei bambini, continuando a brontolare contro quei babbani inopportuni. Lei non si agita affatto, infila un tubino rosso senza maniche che ha visto tempi migliori ma che risulta tremendamente sexy agli occhi di Draco, e un paio di sandali con un modestissimo tacco. Solleva i capelli in una pettinatura semplice, che le scopre il collo. Nessun gioiello.

William Shoting, il creativo, siede accanto a Hermione quasi di prepotenza. Draco, abbastanza osservatore e geloso da intuirne le intenzioni lo guarda peggio del solito. Accanto a lui  si siede una splendida ragazza, di un tipo che riconosce al volo.

«Un’amica che abbiamo conosciuto qui», la presenta il dirigente. «Una ragazza davvero simpatica e disponibile.»

Altre due ragazze simpatiche e disponibili si distribuiscono attorno alla tavola.

Jamie, il fotografo, è un nero enorme, a Hermione ricorda un po’ un Kingsley Shacklebolt più giovane e meno serio. Guarda Draco, guarda William e ridacchia, come se si fosse raccontato una barzelletta da solo.

«Sono certo che la campagna avrà un successo strepitoso», imbonisce il dirigente, mentre il creativo ci prova abbastanza spudoratamente con Hermione e la ragazza simpatica e disponibile di cui nessuno ricorda il nome, fa piedino a Draco. Lui la gela con una sola occhiata. «A dire il vero avevamo pensato qualcosa di più formale, sia come abbigliamento che come location, ma il signor Jameson mi ha assicurato che le foto sono di grande impatto. Ha già visionato i provini e dice che sono fantastiche! Io mi fido molto del signor Jameson, è un ottimo fotografo, molto esperto e ha, come dire, un occhio particolarmente attento alla realtà, sa cogliere l’attimo, riesce con una immagine a raccontare una storia, una relazione, un’emozione. D’altra parte si dice che un’immagine vale più di mille parole, no? Lei che ne pensa, signor Malfoy?»

«Non lo so, non sono un fotografo.» Chi mai potrebbe avere dubbi sull’umore di Malfoy?

Solo qualcuno che non lo conosce affatto.

«Naturalmente, ognuno il proprio mestiere! Nemmeno io lo sono ma mi fido a ragion veduta di Jamie, si è rivelato negli anni un prezioso…» continua a blaterare senza l’attenzione di nessuno, mentre la cena inizia.

Hermione si diverte. Senza fare assolutamente nulla per incoraggiare il suo indesiderato spasimante, lo ascolta sproloquiare sulle evidenti affinità che li legano commentando con qualche neutro “Mmm” o “lei crede?”, e lancia occhiate divertite a Draco e sorrisi di circostanza agli altri commensali.

Draco risponde con casuali monosillabi al dirigente e incenerisce con gli occhi il creativo. Le signorine, ignorate, chiacchierano in portoghese tra loro e con l’unico uomo in grado di farlo.

Il fotografo continua ad osservare tutti ridacchiando, consapevole della trama di relazioni e intenzioni che lega i personaggi presenti alla cena. È bravo nel suo mestiere proprio perché è un uomo attento, a cui non sfugge quasi nulla. Così ride del dirigente, convinto di reggere le fila della conversazione. Ride del creativo pieno di sé che, stupidamente convinto di avere a che fare con una donna semplice, continua a tentare di sedurre un’inseducibile, che a sua volta ride di lui. Spia il cliente, che è fin troppo evidentemente appeso alle mutande della signora, non certo da oggi, e che è altrettanto ovviamente ricambiato. Si domanda quanto ottusi si debba essere per non aver visto, durante il servizio fotografico, la confidenza fisica tra i due, la complicità, l’affetto evidente.

Amanti di lungo corso, è la sua diagnosi. Verosimilmente entrambi genitori degli stessi figli, viste anche le somiglianze. Deve essere una storia interessante, la loro.

E quello stupido crede di  avere una possibilità con lei! Si deve essere idioti per non capire certi sguardi.

Jameson si domanda se la faccenda finirà in modo elegante, come sembra sia lo stile della signora e del suo compagno, uomo di mondo di alto livello, a giudicare dai modi, o con una scena penosa, tipo un bicchiere di vino rosso rovesciato in testa, come suggerirebbe la gelosia che sta corrodendo il suo autocontrollo.  

Quando il signor Shoting, ritenendo, in base a chissà cosa, che sia venuto il momento, azzarda un braccio attorno alle spalle di  Hermione e le si avvicina per parlarle all’orecchio, soffiandole sul collo mentre le dita percorrono appena un paio di centimetri sul braccio di lei, Draco si alza in piedi, senza guardare Hermione.

«Credo che per me sia ora di rientrare.»

Lei si alza immediatamente e gli si avvicina dopo aver lanciato alle dita del signor Shoting, un’occhiata di rimprovero.

«Vuoi restare ancora un po’?» domanda Draco gentilmente.

«No, sono stanca.»

«Ma, andate già via? Pensavamo di andare a ballare.» Il dirigente sembra deluso, mai quanto il creativo.

«No, mi dispiace.» Si rivolge a tutti. «Grazie per la splendida serata, scusateci, ma domani dobbiamo alzarci molto presto. Buona notte a tutti.»

«Ma… posso accompagnare io, la signora», azzarda Shoting.

Draco lo guarda sinceramente meravigliato, è tonto? Un po’ sì, l’aveva già capito, ma qui si esagera!

«Perché mai? Dobbiamo andare nello stesso posto, posso ben accompagnarla io», risponde Draco tranquillo.

«Ma, signor Malfoy, lei ha una stanza nel nostro hotel… forse c’è… ci sarebbe qualcosa…»

«Prego?» La voce di Draco sensibilmente più fredda, mentre Jamie rischia un infarto per non scoppiare a ridere.

Decisamente elegante.

«Buona notte!» conclude splendidamente il dirigente.

«Ci puoi scommettere, idiota», mugugna Draco, lontano dalle orecchie degli inglesi.

Si sposta appena dalla porta del locale, prende la mano di Hermione e, gettata un’occhiata attorno per essere sicuro che nessuno li veda, si smaterializza.

Il creativo vede sulla sedia la sciarpina di seta che corredava l’abito di Hermione e li insegue fuori della porta per restituirla ma non trova nessuno.

Rientra perplesso. Devono aver trovato un taxi velocissimo… e già con lo sportello aperto. Che diavolo! Sembrano spariti nell’aria!

Hermione e Draco sono a casa, dove tutti dormono già.

«Ma davvero quel fesso pensava di poterti portare a letto?»

«Beh, tecnicamente sono una donna libera. E a quanto pare ancora abbastanza apprezzabile.»

«Te la do io la donna libera! Tu non sei libera, sei mia!»

«Uh, davvero?» lei, in tono ironico.

«Davvero. Puoi scommetterci.»

«Mi hai comprato? Quanto mi hai pagato?»

Sono entrati in camera e si stanno spogliando.

«Non ti ho comprato, tu non hai prezzo. Ti ho conquistato, ti ho espugnato come una cittadella fortificata. Ho regnato su di te in pace e in guerra.» Si avvicina e la prende per la vita. «Ti ho un po’ stropicciata, è vero, ma mi farò perdonare. Oh, e ti ho legata a me tre volte. Tre catene di carne e di sangue.»

«Draco, smettila! Siamo stati stupidi. Come puoi essere sicuro che una volta in Inghilterra quelli non diranno niente di noi?»

«Sono babbani.»

«Ormai molti maghi sono in contatto con il mondo non magico, anche tu, mi pare. Come fai a…»

«Non mi importa, va bene? Dicano quello che vogliono! Sono stufo di segreti.

Stiamo nascondendo il nostro amore, i nostri figli, mentre quelli che vivono apparentemente alla luce del sole nascondono nefandezze di ogni tipo. Adesso basta, dicano quello che vogliono di noi. A me non importa più.»

«Ma ora importa a me.»

La sua voce triste. Non riesce quasi a sopportarla.

È stata una giornata così bella!

Le foto devono essere magnifiche se rispecchiano almeno un po’ del divertimento, della pienezza, della sensazione di appagamento che lo ha pervaso per tutta quella magnifica giornata. Hanno giocato, hanno posato in tutte le strane maniere richieste e non richieste, hanno seguito ogni impulso e ogni strana idea che è venuta ad ognuno di loro, una volta messo fuori gioco quello stupido Shoting, che credeva di poter fare a modo suo. Il fotografo è uno a posto, si è divertito con loro e non ha fatto storie.

A cena ha ingoiato rabbia per la presunzione di quell’idiota e per ogni sfioramento apparentemente casuale alla sua donna, ed è stato fiero di lei per come l’ha trattato. Niente isterismi da donnetta, niente scene, una educata, perfetta indifferenza, condita qua e là da sottili prese in giro. Deliziosa.

Non deve essere triste, non oggi.

«Shht, risolveremo tutto. Credimi. Questa volta sto cercando davvero di pensare a noi. A te, ai bambini. Andrà tutto bene.»

«Basta, smettila di dire queste cose! Sto con te, lo vedi, tu sei qui e io sto con te. non chiedermi altro. Sarò io a trovare le soluzioni giuste per i bambini, non te ne preoccupare.»

«Io non voglio più essere escluso dalla loro vita. Lo so», respira forte. Solo ieri le ha detto qualcosa di diverso. «So quello che ti ho detto. Dammi solo un po’ di tempo. Per favore.»

«Non chiedermelo, sta zitto! Non fare promesse che non puoi mantenere. Pensa solo a questo momento. Siamo insieme, in un piccolo letto, nel buio. È bellissimo non credi? Presto partirai e forse ci rivedremo, forse no. Non ha importanza. Tutto quello che importa è qui, adesso.

Amami adesso. Non ti chiedo altro.»

È stato sempre così, e per colpa sua. Solo ora Draco se ne rende conto, riconosce l’attimo felice, quello di cui lei gli parlava la volta scorsa, l’attimo che splende in mezzo allo squallore, alla precarietà. Ha ragione, è bello. Più che bello, è meraviglioso.

Ma lei desidera una vita felice. Un’altra cosa. Anche lui la vorrebbe, sa, da come lei l'ha descritta, di non aver mai avuto nulla di simile.

Ci sono ancora cose da chiarire, con se stesso e con il suo mondo, ma forse il privilegio del martirio non è poi l’unica strada.

 

 

 

 

 

Foto di gruppo con signora: è il romanzo che mi ha fatto scoprire Heinrich Böll, autore che ho molto amato.

 

 

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Capitolo 25
*** La banalità del male ***


25-   La banalità del male

 

La valigia di Hermione rimane chiusa per tre giorni nell’armadietto, alla stazione ferroviaria. Poi decidono che è tempo di controllare la loro spia.

Stendono un telo candido sul pavimento, dopo aver spostato il tavolo di cucina e le sedie, chiuso le zanzariere e le porte delle stanze. Con le bacchette in mano, dato che non sanno se la spia abbia o non abbia le ali, iniziano ad aprire con grande cautela un sacchetto alla volta, al centro del telo, parlando ad alta voce e trasferendo ogni indumento ispezionato in un braciere, dove prende rapidamente fuoco. La stanza è piena di fumo, che esce dalle finestre attraverso la sottile rete metallica, aiutato dalla magia per evitare che possa nascondere l’insetto. Di questo sono entrambi sicuri, non potrebbe essere un animale più grande, sperano invece che non sia troppo piccolo.

Dalle pieghe della larga gonna a fiori, scappa infine un piccolo ragno verde, zampettando follemente sul lenzuolo candido, immediatamente catturato da un bicchiere rovesciato, all’interno del quale continua ad agitarsi, descrivendo spirali disperate.

Entrambi si scostano ed è Hermione a pronunciare un incantesimo che Draco nemmeno ha mai sentito nominare.

«Ripristina forma

Il bicchiere si solleva, fino a posare sul deretano pallido di un signore cicciottello e fornito di due grandi occhi a palla.

«Bene, un ospite! La buona educazione impone di presentarsi», gli intima Draco.

«Mi scusi, signore, non potrebbe essere così gentile da togliermi da questo imbarazzo? C’è una signora!» pigola la spia, supplichevole, indicando la sua poco attraente nudità.

Draco  gli getta addosso un lenzuolo.

«Immagino che la sua delicatezza si sia risvegliata all’improvviso. O si copriva gli occhietti ogni volta che mi spogliavo?» chiede Hermione abbastanza alterata.

«Oh, ahem, io non… Ecco…»

«La smetta, per piacere. Mi dica il suo nome innanzitutto.» Draco, all’idea che quel sorcio abbia visto Hermione nuda infinite volte, che sia stato presente ai loro momenti più intimi è a dir poco furibondo. Trova che non sarebbe esagerato ucciderlo. Prima però dovrà interrogarlo.

«Mi chiamo Phileas Nigthingale. Sono un animagus regolarmente registrato, anche se in questo momento non ho modo di mostrarle le mie licenze. Sono al servizio del signor Malfoy da ormai sette anni.» Un profondo sospiro. Vorrebbe apparire più sicuro, ma è la prima volta che viene sorpreso dai suoi sorvegliati, completamente nudo, per di più. «La prego di credere che si tratta di un lavoro di grande sacrificio, anche se ben pagato.»

«Oh, me lo immagino!» L’ironia di Draco è corrosiva. «Dover spiare una donna bellissima giorno e notte, assistere ai suoi momenti intimi!»

«Solo quando ne sono espressamente richiesto!» si difende il signor Nigthingale. «Non creda che io sia uno squallido guardone, faccio solo il mio lavoro. Di solito approfitto del sonno della signora per trasformarmi per qualche ora, riposarmi e fare rapporto.»

«Approfittava, lei approfittava, perché non lo farà mai più! E pagherà per quello che ha fatto.»

«Non ho fatto nulla di sbagliato, signore. Ho una licenza da investigatore privato. Ho fatto il mio lavoro», insiste il signor Nigthingale.

«Sentiremo cosa ne pensa il Wizengamot!»

«I-io non ho fatto altro che seguire le istruzioni del cliente, non mi è mai stato chiesto di fare del male alla signora, solo di riferire ogni più piccolo particolare!»

Nigthingale diventa sempre più pallido e sembra che stia per svenire.

«Draco, penso che si senta male», interviene Hermione.

«Troppo poco! L’aiuterò a stare peggio!»

«Perdonate, sono stato tre giorni senza acqua né cibo. Per un ragno non è un gran problema, ma quando mi ritrasformo ho bisogno… io… non mi sento molto bene…»

«Draco, dagli un paio di mutande. Signor Nigthingale, è disposto a fare un giuramento magico che non si trasformerà e non tenterà di fuggire mentre ci occupiamo della sua salute?»

«Naturalmente, certo! Non posso però promettere che non continuerò il mio lavoro, perché il contratto con il mio cliente prevede una severa penale.»

«E se le dimostrassimo che il suo cliente ha tentato di coinvolgerla in un reato?»

«Sfortunatamente non cambierebbe nulla. Nel nostro contratto non c’è nulla che impedisca di commettere un reato.

Devo ammettere che non ho dimostrato lungimiranza nell’accettare questo incarico.  Per assurdo, se il mio cliente mi chiedesse di uccidere qualcuno dovrei scegliere tra finire ad Azkaban e subire la penale che, le assicuro, non è preferibile alla prigione. Ringrazio Merlino ogni giorno per non aver subito tali richieste.

Mi dia la pergamena, scriverò la mia promessa e lei potrà applicare la penale che ritiene più opportuna.»

«Potrebbe promettere anche di non fare rapporto su questo episodio prima che sia passata almeno una settimana?» chiede Draco.

«Non posso, mi dispiace.»

«Ma se fosse impossibilitato a farlo?» domanda Hermione.

«In tal caso…»

«Bene. Non forzeremo la sua coscienza.» Hermione sorride all’ometto. Sotto lo sguardo contrariato di Draco.

Hermione porta fuori il braciere e apre tutto per disperdere il fumo, prima di apparecchiare la tavola per il signor Nigthingale.

In boxer, un po’ troppo aderenti, e maglietta, di Draco, l’animagus si siede a tavola, si disseta e fa un’abbondante colazione, continuando a parlare, sempre più rilassato e amichevole, con Draco ed Hermione.

«Devo confessarle che, in tutti questi anni ho sviluppato una notevole ammirazione per lei, signora Granger. Capisco come il giovane signor Malfoy possa amarla tanto. Mi è capitato di seguire persone di ogni tipo e lei, se mi consente, non è solo una bella donna, ma ha una personalità non banale, è stato davvero un piacere, per me, avere la possibilità di conoscerla così da vicino. Naturalmente ero al corrente della sua fama.»

«Lei mi lusinga, Phileas. Posso chiamarla Phileas?» lo interrompe Hermione.

«La prego!»

«Sono molto curiosa, lei passa molto tempo sotto forma di ragno, un bellissimo ragno, se posso permettermi.»

«Signora, mi confonde.»

«Quello che mi sono sempre chiesta, sugli animagus è come facciano a nutrirsi in forma animale. Lei quando è ragno mangia insetti come tutti i ragni? E non le pare strano?»

«Affatto! Quando sono ragno, fatta salva la capacità di elaborazione mentale, sono in tutto e per tutto un ragno, perfettamente capace di nutrirmi come ogni rappresentante della specie.»

«Ha delle preferenze? Come ragno, intendo.»

«Oh, qui è una pacchia per un ragno! Le mosche sono deliziose e ci sono così tanti tipi di zanzare e formiche! È davvero piacevole la vita in questa parte di mondo, per un ragno, certo. L’unico problema è che sono ingrassato! Non crederete che quattro anni fa, quando la signora decise disgraziatamente di partire, avessi questi rotoli di ciccia!»

«E quindi se li è procurati mangiando da ragno?»

«Devo ammettere che adoro anche il dulce de leite. Quando sono umano, intendo.»

«Oh, bene! Ne ho qui un po’ che ha preparato Fernanda!»

Hermione mette a tavola una ciotola ripiena di una crema marroncina e profumata.

«Oh, signora ha un odore divino!»

Draco vorrebbe schiantare il signor Ragno, oltre che per le ragioni prima esposte, anche perché con le sue chiacchiere lo sta frastornando. Invece rimane lì, ad osservare, un tantino stranito, le manovre della sua Granger, senza capire dove intende andare a parare. Non sarà il suo solito cuore tenero? Gli sembra strana tanta benevolenza verso quello che per anni ha raccontato tutti i fatti suoi a Lucius Malfoy, praticamente dalla nascita di Eltanin, forse anche prima.

Sa anche che lei è una persona molto razionale e capace di trovare le soluzioni meno pericolose e più rapide per raggiungere uno scopo. In fondo l’unica differenza tra il suo modo di agire e quello delle serpi è che lei è sempre schifosamente corretta, quindi aspetta, quasi certo che alla fine capirà le sue intenzioni.

Il signor Nigthingale, concluso il pasto, lascia andare un sospiro soddisfatto.

«Se per voi è lo stesso, adesso mi trasformerei. Posso?»

«Naturalmente, Phileas!»

Phileas rimpicciolisce e, apparentemente, scompare. Un attimo dopo, il piccolo ragno verde brillante spunta dalla scollatura della maglietta afflosciata sulla sedia. Hermione gli appoggia sopra un barattolo, il ragno sale sulle pareti di vetro e lei avvita velocemente il coperchio.

«Dovrò trovare una soluzione migliore, così non ha molta aria, non vorrei ucciderlo. Intanto farò dei buchi sul coperchio.»

Draco è rimasto a bocca aperta.

«Non ho capito bene che è successo. Sei stata tremendamente gentile con quello che ha raccontato tutti i fatti tuoi a Lucius e che, ha dichiarato lui stesso, ti avrebbe ucciso se gli fosse stato ordinato. Gli hai fatto delle domande di cui non c’era necessità, dato che, come tu stessa mi hai raccontato, hai già avuto a che fare con un animagus in un barattolo.»

«In effetti gli ho solo chiesto informazioni sui suoi gusti alimentari come ragno. Se dovrò nutrirlo per diversi giorni mi saranno utili.»

Quindi quei due si sono accordati sotto il suo naso su come far fesso Lucius e lui non se n’è accorto? È meno sveglio di quanto abbia mai creduto.

«Quanto tempo lo terrai nel barattolo?»

«Dimmelo tu. Fino a quando Lucius non dovrà sapere che l’abbiamo scoperto?»

«Non lo so. Ho detto una settimana, ma è davvero il minimo. Devo aspettare una mossa da parte del nemico

«Che sarebbe Lucius?»

«In questo caso sì.»

«È tuo padre.»

«Se dovessi dividere il mondo in bene e male, Lucius sarebbe decisamente male

«È tuo padre», ripete Hermione.

«Non ha fatto altro che usarmi e manovrarmi. È bene che un padre faccia questo a suo figlio?»

«Tu glielo hai permesso. È lecito pensare che non fossi contrario, forse anche lui l’ha creduto. Cosa sei tu? Bene o male? Per te o per gli altri?»

«Sai perfettamente come io non abbia avuto molta scelta!»

«E il signor Nigthingale? Lui ha avuto scelta? Lui è bene o male?»

«Hermione, che stai cercando di dimostrare?»

«Che il male non è opera di mostri, il male è opera di ogni nostra piccola, banale, scelta quotidiana, del nostro arrenderci, del nostro pensare che la colpa sia degli altri, del nostro scegliere le strade più facili o le più convenienti.

Il male che tu mi hai fatto non è colpa di Lucius, non del tutto, almeno. È colpa tua, ed è anche colpa mia. Se non mi fossi ostinata a volerti contro ogni logica, se non dipendessi da te in modo così… malato, tu non avresti il potere di distruggermi come hai già fatto tante volte. Chi è male tra te e me?»

Draco sputa violentemente il fiato che ha trattenuto mentre Hermione parlava. L’abbraccia con urgenza.

«Non voglio essere un male, per te. Non ci ho mai pensato, non ho mai creduto di farti davvero male. Tu mi hai fatto male quando mi hai lasciato e io lo so che me lo sono meritato ma non riuscivo più a vivere senza di te e non capivo perché. Credevo che tu con me stessi bene, non mi sono mai reso conto che per te fosse tanto dura.

Anche tu hai delle colpe in tutto quello che ci è successo, mi hai nascosto molte cose e ne hai date per scontate altre, che per me non lo erano affatto. Non mi hai mai detto quello che Lucius ha fatto contro di te, hai preteso che io conoscessi i tuoi sentimenti senza dirmi niente. Non sei giusta con me se credi che solo io abbia peccato nei tuoi confronti.»

Hermione va a sedersi accanto al tavolo e china il capo. Sembra riflettere per qualche minuto.

«Hai ragione.» Ancora una pausa. «Era tutto così difficile!»

«Anche per me, lo era. Credi che sia stato semplice anche solo ammettere che provavo qualcosa per te? Sei la donna della mia vita, ormai lo so.

Ma come potevo pensare, sette, otto anni fa, che una sanguesporco, una che per la mia educazione consideravo una persona inferiore, fosse la donna della mia vita? Dovevo al mio retaggio il disprezzo nei tuoi confronti e ogni altro sentimento non poteva avere cittadinanza. Non secondo le mie convinzioni. Non secondo le regole non scritte del mondo a cui appartenevo.»

Appartenevo. Ha usato il passato e nemmeno se n’è accorto.

Lei lo guarda a lungo.

«Vieni qui», sussurra.

Lui si avvicina e lei, senza alzarsi dalla sedia, gli circonda i fianchi con le braccia e posa la guancia sulla sua maglietta.

«Ho mancato, verso di te. Sapevo che mi avresti fatto soffrire, ma io non volevo aumentare la distanza tra noi, non volevo che ti allontanassi da me. Ti ho amato in modo folle, perché se solo ti avessi amato un poco di meno non avrei mai voluto rimanere con te a quelle condizioni. Ho accettato i tuoi comportamenti, che mi facevano soffrire, pur di averti, perché non credevo di riuscire a vivere senza di te. Ho preferito il poco che eri disposto a darmi piuttosto che rischiare di perderti e sì, ti ho nascosto tutto quello che avrebbe potuto dispiacerti o allontanarti da me.

Perdonami.»

«Non sarebbe mai successo. Mai. Infatti sei tu che mi hai lasciato, non io. Lo so, non potevi fare altro, non me lo ripetere.» Ridono, non troppo allegri. «Ora però devi dirmelo. È il momento.»

«Cosa vuoi sapere?»

«Voglio sapere cosa è successo con mio padre, perché lui ti tiene così strettamente sotto controllo, non credo sia solo a causa mia.»

«Ho qualcosa che lui vorrebbe.»

Draco si siede comodamente.

«Sono tutto orecchi.»

«Adesso?»

«Ancora ti pare presto? Il signor Ragno è al sicuro, non ci può né vedere né sentire, io sono qui, tu anche, che aspettiamo?»

«Meglio chiamare Fernanda.»

Si scambiano un bacio leggero, a fior di labbra ed escono a chiamare Fernanda, che scalpita sotto il portico perché è ora di preparare il pranzo.

 

*****

Sotto il mango, seduti fianco a fianco, iniziano a parlare.

«Quando lavoravo alla biblioteca della facoltà di lingue antiche, una strega anziana era il mio supervisore, Violetta Panfield. Quando decise di andare in pensione, mi invitò a prendere un tè a casa sua. Tutto mi aspettavo tranne che lei mi trasferisse un segreto.

So chi sei, Hermione, ma tu non sai chi sono io, mi disse, io sono la zia di Yaxley, il mangiamorte, sua madre era la maggiore delle mie sorelle.”

Mi raccontò che suo nipote aveva nascosto in casa sua delle lettere che lei aveva trovato di recente. Yaxley era all’estero e lei, che non aveva mai condiviso le scelte di suo nipote, aveva deciso di consegnare le lettere, però non voleva consegnarle al Ministero, per non rischiare di essere coinvolta. Si rendeva conto che sarebbe stata sospettata di complicità, nel migliore dei casi avrebbe dovuto dare parecchie spiegazioni e non pensava di poter sopportare la vergogna, né era certa di essere capace di sostenere la sua verità. Mi chiese di leggerle e valutare se fossero di qualche utilità e, a meno che non ne andasse della vita di qualcuno, conservarle fino a dopo la sua morte.»

«Cosa ha a che fare questo con mio padre?»

«Le lettere erano di tuo padre, indirizzate a Yaxley, e non risalivano a prima della guerra, al contrario, erano piuttosto recenti e compromettenti.»

«Quindi tu ti sei tenuta queste lettere che avrebbero compromesso mio padre.»

«Sì.»

«E lo hai ricattato.»

«Detta così è piuttosto brutale.»

«E tu come la diresti?»

Hermione abbassa lo sguardo e raccoglie un attimo le idee.

«Tuo padre è venuto a casa mia poco dopo che tu eri tornato, dopo l'aggressione ai tuoi. Eltanin aveva pochi mesi.

Me lo sono trovato davanti quando sono scesa con la piccola in braccio, la mattina. Per puro caso avevo in mano la bacchetta.

Nessuna minaccia, ha sollevato la bacchetta contro di me e in quel momento avrei giurato che stesse per pronunciare un Avada. Ho stretto Eltanin con la sinistra ed evocato un ottimo Scudo. Ho reagito d’istinto, la forza della sua stessa maledizione gli è tornata indietro. Ha sfrenato la carrozzella e l’ha mandata indietro per parecchi metri, fino a farla sbattere contro il muro e lui ha perso i sensi. Il suo elfo lo ha soccorso immediatamente, ti puoi immaginare di che umore fosse quando si è ripreso.»

«Era davvero un’Avada kedavra

«No. Non so cosa fosse, un incantesimo non verbale, ma considerato l’effetto che ha avuto rimbalzando contro lo scudo, immagino che non ne saremmo uscite in buona forma, io e mia figlia.»

«E cosa ha fatto poi?»

«Beh, è rimasto senza conoscenza per pochi minuti e quando si è ripreso mi ha minacciato, ha detto che si sarebbe “occupato di me e della mia bastarda” se non avessi “smesso immediatamente di circuirti”.»

«E tu che risposta gli hai dato?»

«”Non intendo più aiutarti se continuerai a comportarti come un idiota. Gli auror sanno dove ti nascondi e verranno a prenderti domani stesso.”»

«Che cavolo stai dicendo?»

«Quello che ho risposto a tuo padre. Mi sono limitata a recitargli a memoria un brano di una delle lettere in mio possesso.»

«Quelle che ti ha dato la vecchia?»

«Già.»

«E lui?»

«Ha sbraitato un bel po’ su “quello che mi illudevo di sapere” e ha detto che “sono cose fuori della mia portata” e altre sciocchezze simili. Io gli ho fatto presente che le lettere erano in mio possesso, ben al sicuro e che nel caso fosse successo qualcosa a me o a Eltanin sarebbero arrivate contemporaneamente al Ministro della Magia, agli auror e a tutti i giornali del mondo magico. Si è smaterializzato, ancora brontolando ma credo si sia convinto.»

«E immagino che a quel punto sia entrato in scena il signor Ragno.»

«È verosimile.»

Draco riflette per qualche minuto. Si chiede come sarebbero andate le cose se lei avesse davvero consegnato le lettere. Avrebbe potuto farlo in forma anonima, mettendosi così al riparo dal suo rancore, che non sarebbe mancato, a quell’epoca, se avesse fatto arrestare suo padre. Sarebbero stati liberi, nessuna fidanzata imposta, nessun contratto-capestro per lui. Ma lei non l’aveva fatto, si era limitata a minacciare suo padre per garantirsi la sopravvivenza e proteggere sua figlia. Qualcosa non quadra in questa situazione.

«Non riesco a capire, scusami. Tu che hai combattuto contro i mangiamorte e che sei sempre stata ligia alle regole, non hai consegnato le prove della malafede di uno dei più pericolosi mangiamorte che era riuscito a gabbare il Ministero. Scusa ma non capisco. L’hai fatto per me?»

«Ho fatto una promessa a Violetta. Non avrei potuto infrangerla senza gravi conseguenze fisiche. Avrei potuto consegnare le lettere solo dopo la sua morte o in caso di grave e imminente pericolo. Ma questo tuo padre non lo sa.»

Tacciono per un minuto.

«Sai che penso?» chiede Draco. «Che quel cappellaccio sia davvero troppo vecchio. Con te ha toppato, sei una serpe. Altro che Grifona!»

«Come ti permetti?» un pugno deciso alla spalla.

«Ahi! Passiamo alle maniere forti?»

«Quando ci vuole, certo.»

«Che fine hanno fatto le lettere?»

«Le ho ancora io.»

«E non le puoi consegnare? Questa Violetta è ancora viva?»

«È morta l’anno scorso.»

«Bene. Avevamo proprio bisogno di un discreto mezzo di pressione nei confronti del mio augusto genitore.»

«Mi stai chiedendo di condividere?»

«Lo faresti?»

«Lo sai che se lui scoprisse che non le ho più, la mia vita e quella dei bambini non varrebbe più un solo zellino?»

«Hai mai parlato di questa cosa da quando ospiti il signor Ragno?»

«Non ho mai parlato di questa cosa, con nessuno, mai prima d’ora.»

«E come sai che la vecchia è morta?»

«Avevo chiesto a Ginevra di andarla a trovare qualche volta per me, portarle i miei saluti e tenermi informata sulla sua salute.»

«Come sei affettuosa!»

«Come sei maligno! Ero davvero affezionata a lei, è stata una buona collega, era sola, anziana e mi ha fornito la migliore delle assicurazioni sulla vita.»

Fernanda chiama per il pranzo. Si alzano e vanno verso casa, quasi travolti dai ragazzini che li sorpassano per arrivare primi alla fontanella sotto il portico, dove si lavano le mani prima di entrare vociando in cucina.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La banalità del male: Hannah Arendt, con uno stile da reportage giornalistico, racconta il processo di Eichmann a Gerusalemme nel 1961. Questi, come molti altri, ha addotto come giustificazione per i crimini contro l’umanità di cui era accusato, l’obbedienza agli ordini. La Arendt cerca di dimostrare che gli autori di azioni orrende, come lo sterminio degli ebrei, spesso non devono il loro comportamento ad una particolare malvagità ma solo a una sorta di “sordità” della coscienza.

 

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Capitolo 26
*** Rosso come una sposa ***


26-   Rosso come una sposa

 

Draco riceve dalle mani di Hermione le lettere, chiuse in un cofanetto la cui serratura è una passaporta: in caso di morte di uno della famiglia, il cofanetto si sarebbe trasferito immediatamente nelle mani di Harry Potter, che avrebbe potuto leggere le lettere, il messaggio  di Hermione e mantenere per lei la promessa fatta a Lucius.

«Sto mettendo la mia vita e quella dei miei figli nelle tue mani. Alla lettera», dice Hermione, consegnando il cofanetto.

«I NOSTRI figli, non dimenticarlo mai. Niente al mondo potrebbe convincermi a far loro consapevolmente del male. Dammi un po’ di fiducia.»

«Te ne sto dando davvero molta, non ti pare?»

Lui sorride e la bacia su una guancia. Poi saluta i bambini con affetto ed Hermione con un “a presto”, a cui lei dà poca importanza.

A Londra, Zabini  lo mette al corrente delle novità: Lucius è sempre più nervoso ma Blaise non ha trovato grossi indizi sul motivo; hanno parlato di lui, con la fidanzata, ma non è certo dell’argomento, anche se si è fatto un’idea abbastanza precisa.

«Zabini, non mi sei molto utile!»

«Ti posso far sentire le parti in cui parlano di te. Il fatto che Lucius sia nervoso è una mia deduzione.»

«Il nervosismo di Lucius lo capisco bene, invece! Abbiamo sequestrato la sua spia, sono sicuro che non riceve più aggiornamenti da una decina di giorni. Si starà preoccupando!»

«Sequestrato? Ma sei matto? È un reato, e io sono un auror! Sarebbe mio dovere denunciarti!»

«E perché non lo fai?»

«Perché sono certo che mi darai una spiegazione.»

Draco racconta le scoperte fatte in Brasile, di come il signor Phileas Nigthigale, animagus, di professione investigatore privato, sia stato incastrato in un contratto a dir poco ambiguo da Lucius e di come abbia accettato di trovarsi “impossibilitato ad informare il cliente”.

«Quindi lui ha acconsentito.»

«Non avrebbe potuto mai farlo, a quanto ho capito la penale prevista per l’inadempienza abbastanza terribile. Dalla sua bocca non è mai uscita una parola di consenso, ma quando Hermione l’ha catturato con un barattolo di vetro lui non si è ribellato, al contrario, ha facilitato la propria cattura. Adesso se la spassa alla grande in un comodo terrario, quotidianamente rifornito di mosche e formiche, ben lontano da noi, praticamente in vacanza.»

«Uuh, NOI! Intendi tu e la tua felice famigliola?»

«Zabini…»

«Va bene. Io non so niente di questa storia. Vuoi sentire la conversazione?»

«Certo!»

 

*«…ma davvero non sai quando tornerà?»

«No, mi dispiace, non lo so.»

«Ma le altre volte…»

«Questa volta è diverso, non so che dirti!» Ha alzato la voce. «Scusami, sono un po’ teso.»

«Me ne sono accorta», tono piuttosto offeso. «Te lo chiedo perché ormai è passato quasi un mese, potrei anche dirlo, ti pare?» la voce di lei si avvicina, evidentemente, alla microspia.

«Credi che sarebbe possibile averne la sicurezza?»

«Insomma… penso di sì. Ma quanto credi che ne capisca? Se lo dico mi dovrà credere.»

«Non ti scordare che per lui non è una novità. Che ne so quanto hanno parlato con quella sapientona? Io ho iniziato a spiarla solo dopo.»

«Ma vuoi che abbiano parlato di questo? In fondo sono cose da donne.»

«Non è ben educata, che ne sai che può dire e non dire?»

«Comunque, appena torna glielo dico.»*

 

«Che pensi debba dirmi?»

«Oh, io un’ipotesi ce l’avrei.»

«Quale?»

«Vediamo se arriviamo alla stessa conclusione: da quale evento è passato QUASI un mese?»

Draco riflette a voce alta.

«Mmm… sono tornato il venticinque di gennaio, sono stato al Manor sette volte a partire… la cena

«Già, la cena delle beffe!»

«Delle che?»

«È una cosa italiana, un vecchio film che si chiama così. È la storia di uno che si vuole vendicare per una donna, una storia intricata, in sostanza la cena avrebbe dovuto essere un’occasione di riappacificazione e invece era progettata per l’inganno e la vendetta. Come la tua.»

«Wow! Interessante. Ricordami di non domandarti più niente.» Zabini ride. «Allora, un mese dalla cena e dalla finta notte d’amore. Ma che cazzo, è impossibile! Lo sai che vive al Manor, se fosse incinta vorrebbe dire che è uscita con qualcuno, ti pare che mio padre accetterebbe come erede… OH PORCO MERLINO!»

«Appunto!»

 

*****

 

Non intende farsi vedere immediatamente al Manor. Tanto è ben sicuro che stavolta Lucius non sappia quando è tornato. Infatti nessun gufo si presenta.

Approfitta di quei pochi giorni per sistemare alcune questioni lavorative che ha trascurato negli ultimi tempi.

La casa editrice ha in progetto di ampliare il proprio giro d’affari pubblicando su internet, pare che tablet ed e-reader stiano soppiantando la carta stampata. Le assicurazioni sono un po’ in ribasso, per questo era stata progettata la grande campagna pubblicitaria.

Alla “Image Brand inc.”, si incontra con l’odiato creativo, quello che ha osato mettere gli occhi (e le mani) sulla sua donna. Questi esprime le sue perplessità mentre Draco controlla a fatica la propria espressione che, se fosse appena un po’ meno educato sarebbe a terrificante.

«Le ripeto, signor Malfoy, immaginavo un ambiente più formale, in grado di trasmettere affidabilità, mentre queste foto, sono bellissime, lo vedo ma…»

«Ma?»

«Ma trasmettono spensieratezza. Secondo me è anche meglio», suggerisce timidamente il disegnatore-interprete-passacarte-schiavo.

«Nessuno chiede il tuo parere!» lo riprende bruscamente il creativo. «In effetti, signor Malfoy, mi sembra che siano, ecco, un po’ troppo spensierate. Le assicurazioni in fondo dovrebbero dare un’immagine di solidità.»

«Non aveva parlato della paternità?»

«Certo, appunto come un pater familias, le assicurazioni si prendono cura del…»

«E un padre non è spensierato se si sente tranquillo della sicurezza della sua famiglia?»

«Oh, sì, beh, in effetti… Però, vede…»

«La faccia corta, intende usare queste foto per la campagna pubblicitaria o no?»

«Io-io-i... Sì, certo, se è quello che lei vuole.»

«È quello che voglio. Possiamo sceglierle insieme?» chiede Draco mettendo da parte quelle che gli sono state mostrate.

«Naturalmente! Travis, porta le foto! Tutte!» sputa schifato Shoting.

Il mite galoppino esce velocemente dall’ufficio e torna altrettanto velocemente portando una scatola di stampe a colori di grande formato.

«Ne sceglieremo due serie, la prima da usare subito, nella prima uscita, la seconda quando io le dirò di farlo.»

«Intende una seconda campagna pubblicitaria?»

«Non è necessario, diciamo un secondo momento della stessa campagna. Potrete riutilizzare gli slogan.»

Draco, senza ascoltare nemmeno di striscio le sue opinioni, sceglie le foto e dà le sue precise direttive ad un creativo sempre più contrariato.

Questi, oltre a sentirsi espropriato delle proprie prerogative, non ha dimenticato l’infelice serata a Bahia, quando lui l’ha scavalcato con la donna che aveva puntato e l’ha costretto a ripiegare su una professionista. Tuttora inconsapevole del legame esistente tra i due, ha pensato che Draco abbia corteggiato per primo la donna annullando ogni sua possibilità di seduzione.

Tuttavia il cliente ha sempre ragione. Ancora di più quando paga così tanto senza fare storie.

Draco approfitta del momento in cui il signor Shoting è uscito dalla stanza per passare un biglietto al giovane Travis.

«Mi telefoni. Mi sembra che in questo posto lei sia un po’ sottovalutato. Potremmo scoprire di avere degli interessi in comune.»

«La ringrazio, la chiamerò senz’altro», risponde Travis, un po’ imbarazzato.

Torna Shoting. Draco si congeda e ribadisce che vuole essere informato passo passo e approvare personalmente il lavoro prima che sia pubblicato.

 

*****

 

Draco è consapevole di quello che lo aspetta, quando si presenta al Manor, di mattina, cogliendo impreparati gli abitanti.

Per la prima volta ha un progetto. Un progetto per sé.

Adesso sa come vuole che sia la sua famiglia, e come proseguirà, se dipende da lui. Gli è ancora più chiaro cosa NON vuole.

Non è ancora del tutto libero dai dubbi, malgrado tutto quello che ha avuto modo di scoprire su suo padre, una parte di lui vorrebbe ancora illudersi di contare qualcosa per l’uomo che l’ha generato.

Astoria scende in vestaglia, piuttosto pallida e scarmigliata. Rimane parecchio sorpresa di vederlo.

«Draco, come sono felice di vederti! Non ti aspettavo, potevi mandare un gufo per annunciarti, ti avrei ricevuto meglio.»

«Non dire sciocchezze, mandare un gufo per annunciarmi a casa mia? E poi perché ti preoccupi? Se mai ci dovessimo sposare questo sarebbe quello che vedrei ogni mattina.» Le fa un sorriso strano, che a lei fa correre un brivido per la schiena.

«Che vuol dire  “se mai”? Non avevamo deciso di sposarci presto?»

«Sì, beh, non mettermi fretta, è una cosa seria.»

«Ma, tesoro, non possiamo aspettare! Vedi caro, io non so come dirtelo… ricordi la notte che abbiamo passato insieme?»

«Intendi quattro anni fa?»

«No, che dici, un mese fa. La sera che hai bevuto, e sei rimasto con me. Davvero non ricordi?»

«No. Ricordo solo di essermi svegliato in un letto schifosamente rosa con te. Che sarebbe successo quella notte?»

«Beh, sarebbe successo che noi, che io…»

«Allora?»

«Aspetto un bambino!»

Draco non riesce a reprimere una smorfia. L’ha detto.

Tutte le ipotesi peggiori sono confermate. Lucius, che non si fa alcuno scrupolo nei suoi confronti, lo tratta come un burattino senza dignità. Bene, non c’è altro da appurare.

«Oh, auguri! Allora dovrai sposarne il padre, credo sia meglio.» Un altro sorriso ambiguo.

«Ma sei tu il padre!»

«E quando lo avremmo fatto?»

«La notte che-che… quando…»

«E io non mi sono accorto di niente?»

«Avevi bevuto!» è sull’orlo delle lacrime.

Astoria non se ne accorge, ma lui la sta aiutando, le dà ogni possibilità di dire il vero, di tirarsi fuori da quella squallida commedia.

In quel momento arriva Lucius, con un sonoro schiocco di materializzazione, accanto al suo elfo, con la fida sedia a rotelle.

«Che succede? Draco, bentornato! Astoria ti ha detto?»

«Certo. Sono un po’ meravigliato, ma, a questo punto… direi che non mi resta altra scelta, farò quello che devo.»

«Finalmente! Allora posso avvisare il Ministro? Va bene per venerdì prossimo?»

Una settimana. Ce la farà.

«È perfetto. Ci saranno invitati?»

«Solo i genitori e la sorella di Astoria.»

«Meglio. Niente estranei.»

«Tu, se vuoi, puoi invitare qualche amico.»

«Vorrei invitare zia Andromeda.»

«E perché mai?»

«È La mia unica parente in vita, a parte te. Ti sembra così strano?»

A dire il vero l’ha detto solo per infastidirlo, sa che sua zia non metterebbe piede al Manor nemmeno se ne andasse della sua vita.

«Certo che è strano!»

«Mia madre le voleva bene, è sua sorella! Che c’è di strano?»

«Lei ha sposato un babbano, ha fatto la sua scelta molti anni fa ed è stata esclusa dalla famiglia. Lei è…»

«Cosa, indegna? E chi sarebbe degno, la dolce zia Bellatrix? Scommetto che quella l'avresti approvata. Oh, è morta, peccato! È morta mentre tentava di far fuori una ragazzina di sedici anni, la tua cara cognata, intima di Voldemort, assassina del suo stesso sangue, molto degna. E tu? Ti senti degno?» è furibondo, non riesce a contenersi, malgrado abbia già deciso cosa fare e questo non comprenda scenate disgustose.

«Stai attento a come parli, ragazzino! Sono tuo padre, e sono ancora lord Malfoy, ancora in tempo a diseredarti e a disconoscerti!»

«Fai pure. Mi hai chiesto tu di invitare qualcuno, ma fa’ come ti pare, se non vuoi chiamare zia Andromeda per me va bene. Tua la casa, tua la festa. A che ora venerdì?»

«Che vuol dire a che ora? Non resti qui?»

«No, ho da fare. Non campo di rendita, io.»

«Come ti pare. A partire da venerdì dovrai starci per forza.»

«Sì, forse. O forse no. Non dovrebbe essere la mia sposa a seguirmi?»

«E dove, in quella catapecchia babbana?»

«È casa mia, chi sposa me dovrà venirci a vivere.»

«Non dire stupidaggini!»

«Non discuterò con te le mie faccende coniugali. Allora? Alle undici?»

«Sì, alle undici. Se ci fosse qualche cambiamento ti manderò un gufo.»

«Certo, anch’io se, ci fossero problemi.»

«Sarà meglio per te che non ce ne siano! E trovati un testimone!» Draco nasconde un sorriso ironico.

«Lo farò. E tu compra un bel vestito ad Astoria, non farla sposare in vestaglia!» si gira verso la ragazza e le strizza l’occhio.

I due si guardano perplessi. Draco saluta con un cenno e si smaterializza.

 

*****

 

Venerdì è tutto pronto.

La campagna pubblicitaria sarà presentata alla stampa questa sera; domani mattina enormi foto di lui assieme ai suoi figli ricopriranno gli spazi pubblicitari sui palazzi della City, si affacceranno nelle edicole dai quotidiani e dalle riviste più diffusi, passeranno su internet e in televisione, viaggeranno sui treni della metropolitana e sui bus. Con maggior discrezione, anche la Londra magica farà conoscenza con la sua famiglia.

Venerdì è tutto pronto.

È ancora troppo freddo per sfruttare il bellissimo giardino, la cerimonia e il pranzo per i pochi ospiti si terrà nel salone, addobbato senza troppo sfarzo.

Il Ministro si presenta con un piccolo drappello di persone. Un cancelliere, il suo assistente personale, un Weasley, rileva schifato Lucius, e un signore anziano che nessuno conosce.

Draco arriva subito dopo, con Zabini e Potter.

POTTER?

È impazzito?

«Draco, come ti viene in mente di invitare quella disgrazia vivente al tuo matrimonio? Possibile che ogni volta tu debba comportarti come un pazzo? Non posso dire nemmeno di essere deluso perché ormai non mi aspetto più un comportamento decente da te! Oggi farai il tuo dovere, senza altri scandali!»

«Non ho capito perché te la prendi, mi hai detto di trovarmi un testimone, LUI è il mio testimone. Se non ti va bene peggio per te.» Draco è arrabbiato, ma anche eccitato, carico, quasi euforico. «In fondo è il capo della squadra speciale degli auror, chi meglio di lui?»

«Zabini andava benissimo!»

«Sì, forse. Ti ho detto che anche lui è un auror?»

«Che vuoi che mi importi il mestiere di Zabini? Vai al tuo posto, Astoria sta per arrivare!»

«Sei sicuro che non preferiresti starci tu?»

«Che accidenti dici?»

«A te è piaciuta sempre più che a me!»

«Smettila di fare il buffone!»

Draco si accosta al Ministro, lo saluta calorosamente. Si erano conosciuti tramite Hermione e avevano parlato a lungo. Anche pochi giorni fa, Draco è andato a trovarlo.

Si ricompongono quando la giovane sposa entra dalla porta. Estremamente elegante, nel suo terzo abito da sposa. Niente bustino attillato e gonna a meringa, questa volta, ma un modello molto sobrio e prezioso, di seta e pizzo, dalla linea morbida.

Infatti la prima cosa che fa Draco, non appena lei gli è vicino sono i complimenti per il vestito.

«Sei elegantissima, complimenti, è davvero molto bello il tuo vestito. Non te lo brucerò questa volta, mi piace.»

«Gr-grazie.» Astoria è perplessa, completamente spiazzata, sia dal sorriso di Draco, che poche volte le ha dato modo di apprezzare, sia dal tono del tutto rilassato, mentre lei è tesa come una corda di violino. Non vede l’ora che tutto sia finito e che lei sia la signora Malfoy, padrona di tutto.

«Vorrei annunciare a tutti una importante novità. La mia, ancora per poco, fidanzata aspetta un bambino.»

Astoria diventa completamente rossa, i pochi invitati mettono su una falsissima faccia stupita, un brusio di auguri doverosi saluta l’annuncio. Lucius ha una faccia tempestosa, Draco e Zabini si divertono.

In quella, il misterioso accompagnatore del Ministro si fa avanti.

«Immagino che questo richieda i miei servigi», mormora con tono di voce educato.

«Naturalmente, signor Gilles, la prego», risponde Draco, scostandosi da accanto ad Astoria.

«Un attimo, che storia è questa?» Thomas Greengrass si rivolge a Lucius in tono arrabbiato.

«Non c’è da preoccuparsi, signor Greengrass», risponde il Ministro. «Questa è una consuetudine: quando la sposa è incinta si verifica la paternità prima del matrimonio. Sa bene che il matrimonio di casata è inscindibile e se mai il nascituro non fosse discendente della famiglia sarebbe un grosso guaio! Nessuno si offenda per questo, non credo che la signorina abbia da temere.»

«No, certo che no!» risponde Astoria con troppa veemenza.

Il signor Gilles si avvicina e passa la bacchetta a pochi centimetri dalla pancia della ragazza.

«In effetti il feto è un Malfoy.»

«Bene, possiamo andare avanti?» Lucius è impaziente e scocciato.

«Naturalmente lei saprà dirmi quando nascerà, vero?» domanda Draco.

«Posso stabilire il tempo di gestazione, naturalmente.» Solita manovra, parole differenti sussurrate. «Tredici settimane. Nascerà in settembre.»

«Astoria, sei troppo veloce! Se, come TU mi hai raccontato, abbiamo fatto sesso il cinque febbraio, come puoi essere incinta da TREDICI settimane? C’è un altro piccolo problema da chiarire… oh, scusate!»

Il cellulare di Draco suona interrompendolo. Tutti i presenti ascoltano in silenzio la sua conversazione.

«Pronto?» Il sorriso si apre. «Hai chiamato al momento giusto, non sai quanto sono felice di sentirti!» Si rabbuia, stacca teatralmente il telefono dall’orecchio. In effetti tutti sentono le urla provenienti dal piccolo dispositivo. «Davvero? Quando?» Il sorriso si apre di nuovo. «Non posso crederci! Mi dispiace che tu la prenda così male ma io sono felice, sarò lì appena posso. Co-come cinque!» il telefono tace di colpo, Draco lo guarda stupefatto per qualche secondo, poi sorride di nuovo.

«Beh, dottore, credo che ora dovrebbe rivelarci il nome del padre di questo bambino, perché sono sicuro di non essere io.»

«Come non sei tu? Certo che è tuo figlio, che stai insinuando, non mi credi forse?» Astoria è isterica.

«Non posso, cerca di capire! Tu sei incinta di tredici settimane, io tredici settimane fa ero dall’altra parte del mondo, a mettere incinta un’altra donna.» Lei spalanca la bocca e gli occhi. «Quindi, per quanto io sia prolifico, mi pare obiettivamente impossibile che l’abbia fatto con te nello stesso tempo! Sai, c’è la questione della distanza, capisci?»

«Non è vero! Potresti essere tornato e…»

Ero in Brasile, sono stato lì un mese, avrei potuto tornare e ripartire, certo, attraverso le passaporte del Ministero e non l’ho fatto. In ogni caso, esigo di conoscere la paternità del figlio che mi è stato chiesto di riconoscere come mio!»

«È un Malfoy, che altro ti serve?»

Ci prova anche Lucius. Draco lo gela con un’ochiata.

Zabini e Daphne si guardano da lontano e soffocano le risate dietro il palmo della mano, Potter guarda severamente Astoria e Lucius, che è impallidito, mentre il medico legale si accinge a fare il suo lavoro. Guarda la bacchetta poi consulta un libro  e aggrotta le sopracciglia.

«Non capisco…»

«Che cosa non capisce?»

«Non trovo il corrispondente. O è un babbano, e non è possibile, dato che il feto risulta appartenente alla famiglia Malfoy, o è nato prima del 1970… oh, mi scusi.» Una strana manovra con la bacchetta e il libro cambia copertina. «Ecco, trovato! Lucius Abraxas Malfoy, quarantanove anni, purosangue.» Il medico legale solleva gli occhi, armati di spesse lenti, dal libro senza alcuna espressione particolare e si rivolge a Draco. «A quanto pare lei vive più castamente di quanto si supponga, ma per suo padre è il contrario.»

«Oh lo capisco, Astoria è una vera bellezza!»

«E allora perché non mi sposi, stupido!» bercia lei, ormai in lacrime tra le braccia della mamma.

«Perché non sei quella che voglio.»

«Non avresti potuto risparmiarci questa pagliacciata? Non ce la facevi proprio a comportarti con dignità?» sputa Lucius tra i denti.

«Mi scusi, Ministro, posso pensare che il contratto di matrimonio tra me e la signorina Greengrass sia stato infranto?»

«Direi di sì, Malfoy.»

«Un ultima cosa. Da parte della signora Granger.»

«Lo sapevo che c’entrava lei! quella lurida Sanguesporco! Ha fatto di tutto per portarmi via il mio uomo! Quella puttana!»

«Astoria, smettila! Non voglio mancarti di rispetto, ma lei è la madre dei miei figli e tu quella che ha tentato di far passare per mio figlio il mio fratellastro. Vuoi essere una Malfoy? Sposa mio padre!»

«Ah, certo! Così mio figlio sarà solo un cadetto e non erediterà niente di importante! Non sono stata allevata per diventare la madre di un figlio cadetto, come puoi pensare una cosa simile?»

«Penso che tu sia sconvolta, stai dicendo più sciocchezze del solito.»

«Non sono sciocchezze! Tu sei il mio fidanzato! Lei non ha il diritto…»

«Io ERO il tuo fidanzato, involontario e scontento. È stato un errore fin dall’inizio. Non prendertela con Hermione, se vuoi qualcuno da accusare, prenditela con Lucius e con la tua ostinazione. In ogni caso tra te e me  non è mai cominciata.»

«Scusa, Malfoy, ho un impegno, non potresti rimandare le spiegazioni con la tua… quello che è o è stata. Hai nominato Hermione? Ho sentito bene? È sparita da tanto tempo, mi piacerebbe davvero poterla rivedere, immagino che tu sappia dov’è.»

«Oh, sì. Quella testona non vuole tornare in Inghilterra, ma io spero di convincerla.

In realtà, il contenuto di questa cassetta riguarda mio padre. Questi miei amici auror ci hanno dato un’occhiata e l’hanno trovato piuttosto interessante: si tratta del carteggio intercorso tra lui e Yaxley, durante le latitanza di quest’ultimo, e mentre lui collaborava con il Ministero. Le piacerebbe leggerlo? Sono certo che a Lucius non dispiacerà!»

Lucius ormai verde in faccia si alza di colpo dalla sedia a rotelle e tira fuori la bacchetta tentando di incendiare le carte in mano a Draco.

Zabini e Potter lo impastoiano prima che possa fare una mossa. Sono lì per quello.

«Un solo favore vi chiedo, duplicatele una alla volta e poi riponetele nello stesso cofanetto: ha un incantesimo protettivo nei confronti di Granger e dei suoi figli che io ho modificato un po’.» Parlando, fulmina con gli occhi Lucius.

«Traditore del tuo sangue! Indegno! Non sei più mio figlio!»

«Bene! Hai sentito, Astoria? Se io non sono più suo figlio, il tuo non è più un figlio cadetto ma il primogenito! Puoi sposare questo schifoso impostore. Auguri e figli maschi!»

Astoria piange più forte tra le braccia di sua madre mentre Daphne ride a crepapelle e Zabini si trattiene a stento. Potter resta serio ma non riesce a evitare un’occhiata divertita ai protagonisti della vicenda e a quelli che ridono apertamente.

 

 

 

 

Rosso come una sposa: Anilda Ibrahimi. È la storia di un’autorità femminile, che si trasmette da una generazione all’altra attraverso la tradizione e la storia di un paese tanto vicino quanto poco conosciuto: l’Albania.

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Capitolo 27
*** Stirpe di drago ***


27-   Stirpe di drago

 

Lucius, nei giorni seguenti, è molto impegnato a dare imbarazzanti spiegazioni agli auror investigativi, e ha seri motivi per ritenere che, questa volta, nessuno gli risparmierà qualche annetto ad Azkaban. Finora, per il carteggio intrattenuto con un mangiamorte latitante, mentre tentava di convincere il Ministero della Magia che era quasi una vittima, ormai lontanissimo dagli ideali di Voldemort, l’unica, misera spiegazione che gli è venuta in mente è un debito di gratitudine nei confronti di Yaxley, ma non ha fatto in tempo a costruirci intorno una storia credibile.

Fortunatamente, dovesse capitargli la galera, non dovrà farsela in sedia a rotelle, a quanto pare.

Draco non ha indagato su quel miracolo. Che abbia finto fin dall’inizio, o che sia riuscito a recuperare l’uso delle gambe, e di ogni altro apparato al disotto dell’ombelico, non si è sognato di metterlo a parte della novità. E questo dice qualcosa su che tipo di padre sia Lucius.  Esattamente quello che lui non vorrebbe mai diventare.

Sarà comunque difficile diventare un pessimo padre se non riesce prima a diventare almeno il padre dei suoi figli.

Chiede a Potter un aiuto per far annullare al più presto il contratto del signor Nigthingale.

Dopo avergli spiegato la sua attività e le condizioni poste da Lucius, e dopo aver visto la faccia incazzata nera dell’auror, è assolutamente convinto che Potter ne otterrà lo scioglimento, a costo di convincere Lucius a sganassoni.

Draco non sta nella pelle per il desiderio di rivedere la sua donna e gli viene da ridere ricordando le contumelie di cui l’ha ricoperto al telefono.

Solo perché è di nuovo incinta.

Il sorriso si allarga. Non si perderà la nascita di questo figlio, come è stato per gli altri. Figli, di questi figli. Gemelli, di nuovo. Che avrà quella donna da partorire tanti gemelli? Ah, che importa?

Resterà vicino alla sua Granger  e non la mollerà più. Mai più.

Anche se la sua naturale attenzione alla propria integrità fisica lo convince a rimandare di qualche giorno il ricongiungimento.

 

*****

 

Con il fidanzamento ormai annullato e Lucius custodito nelle celle di detenzione temporanea del Ministero, la piccola Greengrass si è rifugiata in casa della mamma.

L’idea di sposare Lucius non la entusiasma, è stata abituata a pensarsi moglie del bellissimo Draco, si è perfino convinta di essere innamorata di lui. In realtà era solo affascinata dall’idea di essere al fianco dell’uomo più conteso del mondo magico.

Lui era sgarbato e noioso e di sicuro l’avrebbe tradita. Il sesso con lui non le è mai piaciuto, era noioso come la sua conversazione. Solo in questi ultimi giorni si era mostrato più simpatico. Doveva immaginare che avesse qualcosa in mente.

Lucius, invece, era un grande, a letto!

Vecchio, però.

Molto affascinante, una vera personalità dominante, una potenza nel mondo magico, malgrado i rovesci di fortuna dovuti alla guerra.

Un vedovo.

Dovrebbe subire sempre il confronto con la prima moglie, Narcissa, una donna splendida e raffinata.

Perché dovrebbe preoccuparsene? Anche lei è splendida e raffinata.

Madre di un figlio cadetto. Questa non si supera. 

Certo, se lui disconoscesse Draco i vantaggi potrebbero essere gli stessi. Non l’ha ancora fatto ufficialmente, però.

A questo punto, a favore di Draco resterebbe solo l’essere più giovane e bello, il resto è un disastro. Ormai anche l’amore gli è passato da un pezzo.

Lucius le ha sempre detto che i Malfoy sono sessualmente molto attivi fino a tarda età, quando faceva la pubblicità a suo figlio. Quando i loro rapporti sono cambiati, invece le ha fornito dimostrazioni pratiche.

Draco deve aver preso dalla parte dei Black.

Che se ne fa la Granger di un mezzo impotente come lui? Lei è una nata babbana, non può certo aspirare al matrimonio e quindi ai vantaggi di immagine, ruolo sociale e ricchezza. Senza contare che lei, come eroina di guerra potrebbe fare quello che vuole e non avrebbe bisogno di nessuno se solo si sapesse gestire un minimo. Che ci trova in Draco? È una schiappa su tutti i fronti.

Possibile che siano vere quelle storie sdolcinate sull’amore e che con lei sia tutto diverso? No, impossibile, è roba da ragazzine babbane! Anche se la sua preferenza nei confronti di quella sanguesporco senza nessuna buona qualità è francamente inspiegabile.

Forse qualcosa di questi sentimenti, così plebei, deve averlo contaminato, o non si spiega davvero. Ragione di più per non avere a che fare con lui. Bamboccio, privo di autocontrollo e di stile.

Meno scemo di quanto Lucius le ha fatto credere, però, visto che alla fine li ha smascherati e ha avuto la sua vendetta anche se, a suo parere, la sceneggiata di Draco è stata priva dell’eleganza e della discrezione di cui un purosangue non dovrebbe mai mancare!

 

*****

 

Il vecchio Greengrass non è stato contento di come sono andate le cose. Il suo cuore malandato è stato più volte messo a dura prova, fin dalla firma del contratto. Sarebbe stato meglio lasciar perdere, dato che Draco era così poco entusiasta.

Già questo è offensivo: sua figlia è una perla rara, bellissima, educatissima, con ascendenze perfette e perfettamente in grado di ricoprire il ruolo di padrona di una nobile casa, avrebbe potuto avere chiunque come sposo. Che accidenti pretendeva di più, quel viziato?

Lucius lo ha convinto, ha detto che Draco ha sempre fatto quello che ci si aspettava da lui. In altre parole si è sempre lasciato comandare da suo padre come un burattino e Thomas ha pensato che, alla fine, meglio un marito un po’ tonto che uno troppo furbo. Quindi ha accettato.

Quando lo sposo ha incominciato a fare capricci, Thomas avrebbe voluto rompere il contratto ma sia Lucius che sua figlia si erano opposti. Da quel momento in poi, è stato sempre peggio: erano ormai diventati una barzelletta, il matrimonio era stato rimandato cento volte e non ci voleva un veggente per capire che non sarebbe mai stato celebrato. Quella testona di sua figlia non si dava per vinta, anche dopo anni in cui lui non si era mai fatto vedere, era voluta rimanere al Manor, non era riuscito a immaginarne la ragione fino a venerdì mattina.

E mai, mai avrebbe immaginato che quello che considerava un amico, e che sembrava particolarmente inoffensivo per la sua menomazione, avrebbe sedotto sua figlia, una bambina, più giovane ancora del figlio di lui!

Non si capacita di come quel viscido vecchio abbia schifosamente approfittato del suo fiore delicato. Non riesce nemmeno a trovare le parole per descrivere quella situazione, non se riguarda Lucius e la sua bambina!

E adesso si permette perfino di fare storie! Si gingilla con gli auror del Ministero e con il Wizengamot per non fare il suo dovere, che è quello di sposare Astoria, facendo di lei una donna onesta, e disconoscere quel lazzarone di suo figlio, colpevole di ogni misfatto.

Con questo spirito, Thomas si reca a visitare Lucius presso la cella di detenzione temporanea del Ministero.

«Non riesco a perdonarti di aver sedotto mia figlia e mi aspetto che tu raccolga il poco onore che ti è rimasto per fare il tuo dovere verso di lei: sposala e disconosci Draco.»

«Non mi ricordo esattamente chi ha sedotto chi. Tua figlia è, come dire, molto calda!»

«Brutto infame! Come ti permetti?»

«Scusa, che ne sai tu? Se te lo dico è perché IO ne ho le prove. In ogni caso non ho mai avuto intenzione di disconoscere Draco. È stato un buon figlio, malgrado tutto.»

«Un buon figlio? Che ne è di quello che, mi hai assicurato, faceva sempre quello che ci si aspettava da lui? È questo che intendi per buon figlio? Ha suscitato uno scandalo, ti ha mandato in galera! Deve ammazzarti con le sue mani per essere un cattivo soggetto?»

«Draco è un elemento della massima importanza, non rinuncerò mai a lui! Rappresenta la sintesi tra due delle famiglie più pure e più potenti del mondo magico, i Malfoy e i Black. Ti pare che lo dovrei estromettere dalla discendenza? Mi hai preso per uno scemo?»

«Ma se ha inondato la famiglia di bastardi mezzosangue!»

«È solo una messa in scena!»

«Che cavolo dici? Questi bastardi esistono o no?»

«Tutti noi, chi più chi meno, abbiamo seminato bastardi, l’importante è che se ne stiano al loro posto, ben nascosti, fuori dalla famiglia. Tornando a noi, non avrei niente in contrario a sposare tua figlia se non fossi praticamente certo che, non appena girerò gli occhi, lei mi riempirà di corna, magari con il mio stesso figlio e forse dovrò fare da padre a qualche mio nipote, se non addirittura a qualche mezzosangue. Cerca di capirmi, non ci sono abituato!»

«Brutto schifoso!» Prima ancora di riflettere Thomas Greengrass tira fuori la bacchetta e schianta Lucius Malfoy con tutta la rabbia che ha dentro. Lui sviene, dopo aver cozzato violentemente contro il muro alle sue spalle.

L’auror di sorveglianza, allarmato dal trambusto, entra e constatata la frattura cranica di Lucius, arresta l'anziano Geengrass e organizza il trasporto di Malfoy a San Mungo.

 

*****

 

Dopo cinque giorni, Lucius non ha ancora ripreso conoscenza.

Thomas Greengrass chiede di poter conferire con Draco.

Draco accetta di parlare con Thomas e gli fa visita nella stessa cella che era, prima, occupata da suo padre.

«Oh, giusto te!»

«Mi hai fatto chiamare?»

«Non ti pare che abbiamo qualcosa da decidere, io e te?» esordisce Thomas, evidentemente di pessimo umore.

«Thomas, capisco che per te sia stata una brutta sorpresa ma, mettiti nei miei panni, il vostro contratto mi aveva messo in una posizione insostenibile. Lucius l’ha firmato alle mie spalle, non ne sapevo nulla e non mi ha dato alcuna possibilità di dire la mia. Ho tentato di convincere mio padre a rescinderlo fin da subito, non avrei mai potuto rendere felice tua figlia e ne avremmo avuto la vita distrutta entrambi. Capirai che nemmeno io mi immaginavo gli ultimi sviluppi. Lo capisci da te, non sono un pupazzo, anch’io ho una dignità, anche se mio padre non ne è al corrente.»

«Non intendo chiederti di sposare mia figlia, se è questo che temi. Anch’io avrei voluto rescindere il contratto, quando mi sono reso conto che non avresti potuto dare a mia figlia quello che meritava. Tuttavia lei è rovinata, lo capisci. Non sarebbe un problema se fosse la figlia di un mezzosangue ma lei è una principessa, è stata allevata nella convinzione che un giorno sarebbe stata la signora di una grande famiglia. Che possibilità ha adesso di realizzare il suo destino? Se a causa di questo scandalo dovrà accontentarsi di un matrimonio modesto non potrà mai essere felice e nemmeno serena, passerà la vita nel rimpianto.»

«Questo lo capisco. Ma mio padre farà il suo dovere, almeno lo spero. Mi rendo conto della differenza di età, ma mi pare che finora loro due non se ne siano preoccupati. Da parte mia posso assicurare al bambino una divisione equa del patrimonio, non ho bisogno di tutte le ricchezze dei Malfoy.»

«So per certo che la consistenza del vostro patrimonio non è paragonabile, adesso a quello che era prima della guerra.»

«Lo so, i rimborsi alle vittime, le pene pecuniarie e le donazioni, sono quello che ha tenuto mio padre fuori della galera, oltre alla collaborazione. Lo stesso, non basterebbero quattro generazioni per dilapidare gli averi dei Malfoy. Io ho utilizzato l’eredità Black per l’acquisizione di imprese che danno da vivere a me e manterranno anche i miei figli, se lavoreranno e cureranno i loro interessi come è giusto. Credo che mio fratello, se dimostrerà la stessa saggezza, non avrà alcuna difficoltà a vivere bene con metà patrimonio Malfoy.»

«Quindi tu saresti disposto a garantire la metà del patrimonio?»

«Naturalmente. A patto di non essere diseredato. In tal caso il figlio di Astoria avrebbe l’intero patrimonio.»

Thomas non sembra rassicurato dalle garanzie offerte da Draco.

«Quel criminale di tuo padre non vuole sposare mia figlia!»

«Lo farà. Astoria può obbligarlo, porta in grembo suo figlio.»

«Intanto è in coma e non si riesce a tirarlo fuori! Non è che fa finta come per la paralisi? E se muore? E se si sveglia tra due anni?»

«Chiedi il matrimonio in punto di morte.»

Thomas ci pensa un po’.

«Mmm, ne ho sentito parlare ma non conosco nessuno che l’abbia fatto davvero. Come funziona?»

«In effetti è molto raro. Deve esistere un ottimo motivo e nessun ostacolo, se le condizioni ci sono si può celebrare un matrimonio perfettamente valido anche se uno degli sposi non è cosciente. Il suo parente più prossimo, in questo caso sarei io, risponde al posto suo ed è perfettamente valido.»

«Il motivo c’è.»

«E anche nessun ostacolo: mio padre è vedovo e non ha altri contratti di matrimonio, quindi si può risposare. Porta tua figlia a San Mungo prima possibile e risolviamo la faccenda. Procurale un bel vestito, ci tiene molto.»

 

*****

 

Ora Thomas deve solo convincere la figlia.

«Ma non so se è proprio quello che voglio.»

«Ma sei scema o cosa? Chi credi che ti sposerà incinta di un bastardo Malfoy, e dopo tutti questi scandali! E alla fine se, come spero, morirà,  sarai la sua vedova, e avrai tutto il tempo di rifarti una vita, con la bella eredità che ti spetterà!»

«Capirai, la maggior parte andrà a Draco!»

«Mi ha garantito metà del patrimonio.»

La conversazione avviene all’interno della stessa cella in cui Thomas ha schiantato il suo ex amico e in cui si era accordato con Draco.

«Sei sicuro? Che garanzie ti ha dato?»

«Solo una promessa magica. Ma se non sono diventato di colpo un imbecille, ti dico che lui è parecchio diverso da suo padre, non mancherà, stai tranquilla.»

Il matrimonio si fa. In quattro e quattr’otto, con il minimo di persone presenti, e grande discrezione. Draco si occupa dell’organizzazione e fa in modo che la notizia non trapeli. Se Lucius si riprenderà decideranno insieme come e quando dare l’annuncio.

Seduto sul letto di Lucius, a suo nome e per suo conto, accetta volentieri l’impegno matrimoniale che ha rifiutato strenuamente per sé.

A matrimonio avvenuto, Draco fa i migliori auguri alla neo sposa e allo sposo, che non lo sente.

«Il vestito che avevi per sposarti con me era più bello», stuzzica Astoria.

Lei si guarda preoccupata l’abito, a veli sovrapposti, con un raffinato ricamo sul seno e la linea decisamente morbida.

«Davvero? Che ha questo che non va?»

«Niente, davvero, è molto elegante, ma a me piaceva più quello. Perché non l’hai messo?»

«Come avrei potuto? Era già stato visto!»

Draco rimane a bocca aperta per un attimo. Un abito che costava quanto lo stipendio annuale di un impiegato del Ministero, visto da cinque persone, non può essere riutilizzato? Non è economica la sposa di suo padre, alla fine essere diseredato potrebbe rivelarsi conveniente.

«Tesoro! Spero che mi perdonerai se non ti chiamerò mai mamma, ma sono felice per entrambi, voi siete davvero fatti l’uno per l’altra! Auguri!»

 

*****

 

La campagna pubblicitaria sta entrando nel vivo. La gente si ferma per strada a guardare quel tenero, bellissimo padre, nell’atto di sollevare la bambina, mentre il maschietto si appoggia alle gambe e lo guarda ridendo con la lingua tra i denti. O i due maschi, adulto e bambino, fare la stessa identica smorfia. O la grande mano protettiva sulla spalla della ragazzina con la finestrina tra i denti, lo sguardo dolce e fiero.

Inevitabili come la morte, arrivano i giornalisti.

Li evita per un po’, solo per far salire la curiosità. Fa tutto parte del suo progetto.

Dopo due settimane dal lancio, Malfoy decide di organizzare una conferenza stampa.

Con il consenso della nuova matrigna, ormai padrona di casa, dà appuntamento al Manor   ai giornalisti. Astoria li accoglie con rinfreschi e con grande classe, nel salone delle feste, perfino eccessivo per la ventina di persone presenti. Si presenta come Lady Malfoy, la nuova padrona di casa, glissando abilmente sull’identità del marito, ancora mezzo morto al San Mungo. I giornalisti non ottenendo risposte, immaginano che, finalmente, Draco si sia sposato con la sua storica fidanzata.

Quando Draco Entra, lei si congeda discretamente. Non si dica mai che Lady Malfoy è una pettegola!

Draco saluta tutti, chiede di rispettare l’argomento, che è la campagna pubblicitaria, il turno stabilito e di presentarsi prima di fare la domanda.

«Andreas Midgen, “Gazzetta del Profeta”. Signor Malfoy, tutti i nostri lettori si chiedono, con una certa meraviglia, per quale motivo lei, che si è sempre mostrato così schivo, abbia accettato di essere il testimonial di una campagna pubblicitaria. Oltretutto si tratta di foto babbane e la campagna si estende oltre i confini del mondo magico. Questo contrasta con quello che ci si ricorda di lei.»

«È molto semplice: la compagnia di assicurazioni che è pubblicizzata mi appartiene, e i suoi clienti sono anche babbani. Quindi non sto facendo altro che i miei interessi.»

«Jack Doubtfire, “Wekley Witch”. Abbiamo potuto vedere che è anche maledettamente in gamba, in questo mestiere. Nessun fotografo è così bravo da cogliere espressioni che non esistono. I piccoli modelli le somigliano in modo impressionante, mi creda, sembra davvero il loro padre. Avrebbe mai creduto di essere tanto versato in questa attività? Si è aperta una nuova carriera per lei?»

«Nessuna nuova carriera. Neanche in questo ci sono misteri. Anche i bambini mi appartengono. Sono i miei figli.»

Cala un silenzio irreale

«Come ha detto?»

«Che i bambini delle foto sono i miei figli.» Tranquillo e sicuro.

Si scatena l’inferno. Tutti fanno domande, le grida aumentano di volume. Lui tira fuori la bacchetta e lancia un “Silencio”.

«Se per gentilezza vorrete seguire l’ordine previsto nelle domande, risponderò a tutti»,  e annulla l’incantesimo.

Dopo un brusio che dura ancora qualche attimo, tutti si ricompongono.

«Alexandra Lee, del “Daily Prophet”. Mi scusi, temo di non capire. Lei era fidanzato con Astoria Greengrass e non è proprio lei la signora che ci ha accolto, oggi, presentandosi come Lady Malfoy? Che ne pensa sua moglie dei suoi figli?»

«Astoria è stata, per un periodo la mia fidanzata ma non è mia moglie. Quindi sui miei figli non ha opinioni semplicemente perché non la riguardano.»

«In effetti non si ha notizia di un suo matrimonio. Ammetterà che è un bel mistero.»

«Che sarà svelato a suo tempo, non è questo l’argomento di oggi.»

Draco sa che non faticheranno troppo a scoprire che il marito di Astoria è suo padre, basterà chiedere al Ministero, ma non vuole parlarne e non vuole essere accusato di nuovo da suo padre di provocare scandalo ai suoi danni.

«Dunque Draco Malfoy ha davvero una donna segreta! Questo è un vero scoop!»

«Rita, rispetti il turno.» La Skeeter gli strizza l’occhio. Draco non riesce a trattenere una risata pensandola nel barattolo.

«Vera Snuffer, “Magic London”. Dove vivono i suoi figli e chi è la loro madre?»

«Queste sono due domande.  Comunque vivono in Brasile, dove abbiamo fatto le foto.»

«Mi scusi, ehm, pardon, sono Joey Duncan, del “Internet news”. La donna del mistero non è forse Hermione Granger, con cui si è più volte supposto avesse una relazione e che da tempo è scomparsa dal mondo magico?»

«Che sciocco!» interviene la Skeeter. «Con tante donne affascinanti come si può pensare che lo scapolo d’oro del mondo magico si sia perso dietro a quella petulante, presuntuosa…»

«Continui, signora Skeeter, come definirebbe la mia futura moglie? Si esprima liberamente sulla madre dei miei figli!»

La Skeeter spalanca gli occhi e la bocca. Tace, spiazzata, solo per un attimo, poi riprende il suo solito sorriso. «Poco fa ero Rita, non ricordi?» Tutti ridono. «Penso che adesso tocchi a me. Non voglio sapere della tua, ehm, donna segreta, o futura moglie, quello che ti pare, tutti la conosciamo. Parlaci dei bambini», declama con enfasi. «Vi vedete spesso? Ti chiamano papà o, secondo la tradizione purosangue, padre

«Eltanin, la maggiore, è nata qui a Londra. Si è trasferita con la madre quando aveva tre anni. I gemelli, Regulus e Dora, sono nati all’estero. Non li vedo spesso come vorrei ma spero che potranno tornare presto in Inghilterra. E no, non mi chiamano padre.»

«Poveri piccoli sentiranno molto la mancanza di papà, che idea, trasferirsi dalla parte sbagliata del mondo!» commenta Rita Skeeter, gettando un’occhiata alla sua penna prendi-appunti.

«A quando il matrimonio?» le voci iniziano a rincorrersi piuttosto velocemente e anche le presentazioni sono trascurate.

«Non lo so. Dipende dalla sposa. Fosse per me anche domani.» Draco non si lascia sorprendere e risponde calmo.

«Non ha difficoltà a sposare una donna non purosangue? Che ne dice suo padre? E che ne sarà della purezza della famiglia?»

«Sono maggiorenne, non ho bisogno del consenso di Lucius, e lei è la donna migliore che abbia mai conosciuto. È lei la mia famiglia, lei e quei bambini meravigliosi che tutti avete visto.»

 

*****

 

«Cazzo, Malfoy, in due settimane hai distrutto gli sforzi di almeno dieci anni da coglione!»

«Eh?»

Zabini, con il giornale aperto davanti alla faccia, parla con un Draco impegnato a lanciare palline di pane tentando di centrare il calice di Zabini, ancora mezzo pieno di prosecco.

«Hai provocato un terremoto, gettato nella disperazione almeno ventisei fanciulle purosangue e più di altrettanti padri che vedevano in te il baluardo della tradizione!»

«Smettila di dire scemenze.»

«A proposito, come sta tuo padre?»

«Meglio. Non è ancora del tutto lucido ma inizia a dare segni di ripresa.»

«Mi fa piacere.»

«Anche a me, soprattutto per la sua vedova.»

Zabini scoppia a ridere. «La sua vedova?»

«Astoria ha già comprato una decina di abiti da lutto, completi di scarpe con i tacchi a spillo, cappellini con o senza veletta e lingerie coordinata. Ho paura che non si sia resa conto che si è un tantino appesantita.»

«A proposito di donne pesanti…»

«Oh, la mia è deliziosa anche con la pancia.»

«E allora perché non sei lì?»

«Ehm, ci andrò molto presto. Ecco, devo sistemare delle cose. E volevo aspettare che Lucius si riprendesse almeno un po’.»

«Oh, allora non è perché sei stato minacciato di asportazione chirurgica delle palle!»

«E tu che ne sai?»

«La voce del tuo amore supera gli oceani!»

 

 

 

 

Stirpe di drago: Un romanzo di Pearl S.Buck. scrittrice americana, premiatissima (anche il Nobel, 1938), che ha passato l’infanzia in Cina. In Italia è uscito nella famosa collana delle “Meduse” Mondadori, ed è questa vecchissima edizione che ho letto (traduzione terribile) moltissimi anni fa. 

 

 

 

 

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Capitolo 28
*** Il principe scalzo ***


28- Il principe scalzo

 

 

Dopo un paio di settimane, Draco riceve due gufi contemporaneamente: il primo è di Potter, l’altro proviene dal San Mungo.

Apre prima il messaggio di Potter, che gli comunica che il contratto tra Lucius Malfoy e il signor Phileas Nigthingale è stato rescisso e che il compenso concordato è stato trasferito direttamente dai conti Malfoy a quello personale dell’investigatore. Inoltre gli è stata comminata una multa, anche quella trasferita direttamente dai conti di Lucius alle casse del Ministero, per aver redatto un documento contrattuale non conforme alla normativa.

A Lucius sono stati concessi gli arresti domiciliari, una volta dimesso dall'ospedale, in considerazione del suo stato di salute. Sarà sentito dagli auror direttamente in casa e dovrà solo presenziare al processo, non prima che siano trascorsi circa un paio di mesi, necessari per l’inchiesta.

Bene, questa è fatta. Scrive un breve messaggio di ringraziamento e rispedisce il gufo.

Solo dopo gli viene in mente. Lei non è più spiata e non ha preso bene la nuova gravidanza. A dirla tutta è imbufalita.

Probabilmente nemmeno le notizie sui giornali le avranno fatto piacere, se ha avuto modo di leggerle. Draco spera di no.

Non le verrà in mente di scappare di nuovo? D’altra parte che ragione ha di tardare ancora? Le faccende famigliari sono sistemate meglio possibile (sarebbe meglio Lucius ad Azkaban, almeno per un paio d’anni, ma bisogna accontentarsi), il lavoro gira perfettamente, ormai potrebbe restare in Brasile anche per mesi.

Mentre nella sua testa passano queste considerazioni, le sue mani hanno aperto l’altro messaggio, da San Mungo.

Lucius si è svegliato. È perfettamente lucido e ha chiesto di lui. Pensano di dimetterlo entro pochi giorni.

Per la sottana puzzolente di Merlino! E adesso?

Non ci tiene a dare spiegazioni al padre sul matrimonio “in punto di morte” né sulle foto dei suoi figli che tappezzano il regno unito e sulle interviste che compaiono su tutte le testate del mondo magico. Preferirebbe non essere nei paraggi quando lo scoprirà.

Per la sua salute, è meglio lasciargli il tempo di sbollire, prima di farsi trovare da lui.

Ha ottimi motivi per cambiare aria. Di Lucius si occuperà la sua mogliettina. A questo punto, più che diseredarlo non potrà fare. Capirai!

Ripensa alla possibilità che lei, arrabbiata con lui, se ne vada, come ha già fatto una volta, e la fretta lo coglie.

Al Ministero chiede una passaporta per Brasilia e da lì prende un aereo per Salvador.

Sull’aereo, nella breve tratta tra Brasilia e Salvador de Bahia, si rilassa, lascia fluire i pensieri.

Ecco cosa fanno i babbani, mentre si spostano da un luogo all’altro con mezzi tanto lenti, hanno tempo di pensare. Un tempo disprezzava a scatola chiusa tutto quello che li riguarda, adesso ha non solo clienti babbani, ma anche collaboratori babbani, alcuni di essi sono persone in cui ripone la massima fiducia, usa mezzi di comunicazione babbani, la scoperta del telefono cellulare ha cambiato la sua vita, e ha in merito, opinioni diametralmente opposte a quelle di un allora.

I babbani sono combattivi, hanno una capacità di adattamento alle situazioni, una creatività e un temperamento che i maghi si sognano. La loro relativa impotenza ha sviluppato le loro caratteristiche personali mentre i maghi sono sprofondati nella pigrizia mentale.

Se mai ce ne fosse bisogno, la loro tecnologia è una prova evidente che non sono inferiori a nessuno. Ecco perché i nati babbani sono così spesso maghi migliori degli altri, perché alla potenza della magia uniscono il loro forte carattere. Ecco perché lei è la strega migliore della sua epoca ed è così meravigliosa!

Sorride, sereno, mentre nuvole leggere scorrono oltre l’oblò dell’aereo.

Ha sistemato molte delle sue faccende, ha chiarito nella sua testa e nel suo cuore cosa vuole per sé. Adesso passerà alla seconda parte del progetto, la più importante: riconquistare la sua donna, convincerla a tornare con lui per sempre e poter chiamare figli quelli che ha generato con lei.

 

*****

 

Arriva nel tardo pomeriggio. È stanco, fa caldo e non vede l’ora di essere con lei, quindi decide di materializzarsi. Sceglie un angolino discreto e si trova a sovrastare Rodrigo (Regulus, si chiama Regulus), con il pisellino fuori dei pantaloni. Ha scelto lo stesso posticino tranquillo per tutt’altra faccenda.

Il piccolo alza gli occhi, continuando a riversare la sua pipì sulle scarpe di Draco.

«Ahà! Tutti voi inglesi fparite così?»

«Non tutti, solo quelli speciali.»

«E tu sei fpeciale

«Sì.»

«E la mamma?»

«È la più speciale di tutti.»

«E io?»

«Anche tu sei speciale.»

«E posso fparire

«Ti è mai capitato di rompere qualcosa senza toccarlo, o di far cambiare le cose…»

«Come quando voglio una cosa che lei viene da me?»

«Sì, quello.»

«Beh, che ci vuole?»

«Allora sì, puoi sparire. Non adesso, quando sarai più grande.»

«Fico!»

«Però non lo devi dire a nessuno. È un segreto.»

«Nemmanco al mio amico più amico di tutti?»

«No. È un segreto di famiglia.»

«A Valdemar lo posso dire, che lui è di famiglia?»

«Non abbastanza.»

«E Fernanda?»

«Nemmeno lei.»

«E la mamma?»

«Lei è di famiglia.»

«E Remedios e Nina?»

«Sono di famiglia.»

«E tu?»

«Anch’io sono di famiglia.»

«Ah!»

«Mi hai fatto pipì sulle scarpe, come la mettiamo?»

«Te le devi tojere

«E cammino scalzo?»

Rodrigo lo guarda interrogativo. Che c’è di strano? Certo che se togli le scarpe sei scalzo. Quell’inglese non è tanto sveglio.

«Dopo la mamma te le pulisce.»

«Oh, allora… Dov’è la mamma?»

«Dentro. Non ha fatto fcuola, oggi. Non lo so se fta un po’ male.»

Lui sente il cuore cadere un po’ più in basso. Lui è rimasto a Londra più del necessario e l’ha lasciata da sola. Inutile illudersi, è il solito imperdonabile egoista.

E da egoista qual è, spera e desidera con tutte le sue forze di essere perdonato e farà di tutto, lecito o meno, affinché questo succeda. Quindi, spazio al seduttore.

Entra velocemente, dopo aver tolto le scarpe, che lascia sulla veranda, e la trova in cucina. Ha addosso una delle solite tuniche colorate, viola, questa volta, sotto la quale si intravede una piccola pancia.

«Granger! Hai mangiato un melone?» la apostrofa ridendo.

Lei gli getta un’occhiata torva, lui le si avvicina e l’abbraccia da dietro.

«Stammi lontano. Sei pericoloso. Chesei venuto a fare? I danni li hai già fatti, potevi risparmiarti il viaggio.»

«Ti avevo detto che sarei venuto appena potevo. Non intendo lasciarti sola questa volta. Nemmeno un bacio al tuo uomo che torna dall’altra parte del mondo?»

«”Appena hai potuto” è dopo due mesi? Prendo atto.» Niente bacio. Ritirata strategica.

«Sono stati due mesi intensi. Devo raccontarti tutto. Intanto dimmi come stai, Rodrigo mi ha detto che non ti senti bene.»

«Solo un po’ di stanchezza, niente di grave.»

«Perché ti tocca cucinare, che fine ha fatto Fernanda?»

«È andata a trovare sua sorella. Tornerà tra qualche giorno.»

«E come stanno i miei figli?» chiede lui, seguendola per la cucina, in modo da restarle sempre vicino.

«QUALI figli?» abbaia. Forse morderebbe pure se si avvicinasse troppo.

«Tutti, compresi quelli che hai lì dentro.» Le sfiora cautamente il rigonfiamento sopra la tunica, abbassa la voce, tono sensuale. «Mi dispiace che tu l’abbia presa così male, perché io invece sono felice. Non ti lascerò sola, non mi perderò anche questa volta la loro nascita.

La cosa è molto semplice: mi sposi, torni con me a Londra e andiamo a vivere tutti insieme dove ti pare.»

«Ma certo», acida. «Forse ti sfugge che non sarebbe tanto facile nascondere cinque figli sotto il tappeto.»

«Non mi sfugge niente. Non intendo nascondervi, al contrario, voglio che tu sia mia moglie e che i bambini vivano con me, ho già perso troppo di voi.»

Non ha letto i giornali. Almeno non quelli magici, non sa nulla delle interviste. Bene. Almeno per ora.

«Oh, bene! Non intendi nasconderci. Quindi immagino che andremo a vivere al Manor, insieme a nonno Lucius e che i miei figli saranno gli eredi del patrimonio dei Malfoy!»

«Beh, questo potrebbe presentare qualche problema.» Ci pensa un attimo. «Granger, non ti facevo tanto venale. È al patrimonio dei Malfoy che miravi?»

«Appunto. Proprio come pensavo!» Lei non si sogna nemmeno di rispondere alla sua insinuazione.

«È cambiato tutto, davvero. E forse il patrimonio dei Malfoy non è più cosa che mi riguardi.» Si gratta la testa, non sa da dove iniziare. «Ho capito di recente due o tre cose che di sicuro tu avresti potuto dirmi in qualsiasi momento e forse l’hai fatto. Sapevo che mio padre è uno stronzo manipolatore, ma pensavo che tentasse di tutto per obbligarmi al rispetto di certe regole perché ci credeva anche lui, insomma che avesse una forma di lealtà almeno verso la famiglia. Verso di me.» Il tono è amaro. «Solo di recente ho avuto modo di apprezzare fino in fondo le sue doti.»

«E la cosa mi riguarda?» Sempre troppo fredda, per i gusti di Draco.

«Assolutamente sì.»

«Non credo. A meno che tu non sia più purosangue da ventisei generazioni o noi non siamo più bastardi mezzosangue.»

«Io sono quello che sono perché decine di miei avi hanno fatto il sacrificio di sposare una donna che non era quella che il loro cuore desiderava ma quella considerata migliore per la famiglia. E mi sentivo in obbligo verso questi miei antenati e verso i miei discendenti. Non volevo essere quello che avrebbe distrutto quello che il loro sacrificio aveva creato. Anche se avrei preferito essere cruciato mille volte che lasciarti.»

«E all’improvviso non senti più questo dovere?»

«No. Non lo sento più.» Lei alza gli occhi e lo guarda, in attesa di spiegazioni. «Non ne vale la pena.

Quello che ho visto con i miei occhi, non è stato bello per me. E non è stato bello rendermi conto che in fondo lo sapevo, che non sono rimasto deluso, non quanto credevo.

Mi sono chiesto se i miei avi, a cui ritenevo di dovere qualcosa, non fossero esattamente come Lucius e se anch’io sarei diventato così.

Se io avessi sposato quella donna, o un’altra come lei, se avessi fatto un figlio solo per la continuità della stirpe, sarei diventato Lucius, perché non potrei vivere in mezzo a quello schifo senza che mi marcisca l’anima.»

«Oh, ma allora cambia tutto! Hai scoperto che Lucius è un bastardo e che tu non vuoi diventare come lui, quindi torniamo tutti in Inghilterra e io potrò stare tranquilla fino a quando tuo padre non troverà un altro modo per convincerti o ricattarti o farti ballare come ha sempre fatto!»

«Hermione, non puoi parlare per partito preso, c’è ancora qualcosa che non ti ho detto.»

«Se riguarda i tuoi antenati risparmiami.»

«No, riguarda i miei discendenti. Per me è stata sempre una parola astratta, immaginavo che in un lontano futuro i miei discendenti avrebbero mi chiesto conto di come avevo conservato la purezza della famiglia, non mi ero mai reso conto di avere già dei discendenti. Per me erano solo figli amatissimi. Adesso so che la mia discendenza passerà attraverso i figli che abbiamo generato insieme. Sono loro i miei discendenti, loro e nessun altro, mai. Parleremo di tutto, farò quello che posso per rassicurarti sulle mie intenzioni, ma dopo dirò ai bambini che io sono il loro padre.»

«Non osare!»

«Non avere paura, io sono qui per voi, non vi lascerò più. Loro hanno diritto di conoscermi come padre e io ho diritto di amare i miei figli per quello che sono. Tu non puoi cambiare questa cosa e io non accetterò ancora di restare nell’ombra.»

«Non voglio nemmeno…» la vede sbarrare gli occhi all’improvviso, si volta.

Eltanin è sulla soglia, le labbra strette, il cipiglio furioso. Si alza per andarle incontro.

«Eltanin…»

«Io mi chiamo Nina. E tu sei un bugiardo!»

Si volta ed esce di corsa.

«Nina…» la voce di Hermione si strozza e le lacrime iniziano a cadere.

Lui le lancia un’occhiata che vorrebbe essere rassicurante, poi esce e insegue Nina.

La raggiunge presso il greto sassoso del fiumiciattolo, dove, secondo Hermione, ci sono un sacco di serpenti.

«Nina fermati!»

«No!»

«Se devo prenderti ti prenderò, sarebbe meglio che ti fermassi.  Credevo che volessi sapere!»

Lei si ferma di botto e si volta a guardarlo.

«Che cosa, un altro mucchio di balle?»

«Non ti ho mai detto bugie e non lo farò mai.»

«Ma io ti ho chiesto di mio padre e tu…»

«Non potevo dirti niente, avevo promesso. Adesso ti prometto che saprai tutta la verità. Come non ho infranto quella promessa non infrangerò questa.» Le porge la mano. «La mamma è preoccupata, vieni?»

Lei guarda la mano per un po’, poi la scansa platealmente e precede Draco verso casa.

Quando rientrano in cucina i gemelli stanno correndo attorno al tavolo senza riuscire a prendersi, Hermione mescola una padella trattenendo il manico con un panno ripiegato, le lacrime le rigano la faccia sconvolta.

Nina si ferma sulla porta e la guarda, la fronte aggrottata dal senso di colpa.

«Mamma…» “perdonami”, vorrebbe dire, ma non le esce la voce.

Ha fatto piangere la mamma. È una bambina cattiva. Come potrà volerle ancora bene?

Lei si volta e apre le braccia. Eltanin corre a gettarvisi.

«Scusa, mamma, scusa. Non lo farò mai più!»

«Perdonami tu. Non volevo farti soffrire.»

Le lacrime scorrono a fiumi. Anche Rodrigo e Remedios si sono fermati e guardano  mamma e Nina che si abbracciano e piangono, Palmito che le guarda e alza le mani come se le volesse toccare e poi le lascia ricadere, mentre un leggero odore di bruciato si diffonde nella cucina.

Hermione si stacca di colpo.

«Merlino! La cena!»

Afferra il manico della padella di ferro e la solleva di pochi centimetri per poi lasciarla ricadere sul fornello e gridare reggendosi la mano ustionata.

Draco spegne il fornello e controlla la mano di Hermione.

«Accidenti, ti sei scottata. Mettila sotto l’acqua, qui ci penso io.»

Quella sera Draco ha il suo primo assaggio di paternità. Lava i bambini, mentre Hermione si cura la mano con la bacchetta. Purtroppo è la destra e lei non è molto brava con la sinistra.

Draco torna ad occuparsi del contenuto della padella, mescola delicatamente, evitando di staccare la parte appiccicata sul fondo e assaggia. Non ha sapori strani ed è cotta. Quindi, con l’aiuto di Nina prepara la tavola e serve i bambini.

Torna da Hermione. Ha bisogno di spalmare un unguento e di fasciare la mano. Ovviamente da sola non ci riesce.

«Da’ qua, testarda. Chiedere aiuto, mai, vero?»

Fascia la mano con attenzione e la bacia su una guancia.

«Andiamo a mangiare. Ho promesso a Nina di raccontarle tutto.» Lei lo guarda sconsolata. «Credevi che avremmo potuto continuare a mentirle? Ormai è fatta.» Hermione abbassa la testa. «Fidati di me, ti prego.»

Dopo cena Rodrigo si addormenta quasi con la testa sul piatto e Remedios si arrampica sulle gambe di Draco e si accoccola con la testa nell’incavo del suo braccio. Dopo dieci minuti dorme anche lei.

Quando Draco torna dalla stanza dei bambini, dove ha messo a letto i gemelli, trova Eltanin ed Hermione sedute al tavolo che lo aspettano.

Hermione racconta in modo scarno la vicenda.

«Io e tuo padre ci siamo amati moltissimo, fin da quando andavamo a scuola. Dal nostro amore sei nata tu. Però non ci siamo mai sposati perché… c’erano degli ostacoli. Quando Draco mi ha detto che avrebbe sposato un’altra donna io ho deciso di partire con te. Non volevo che soffrissi vedendo tuo padre insieme alla sua nuova famiglia. E siccome lui non poteva fare diversamente, l’unico modo era allontanarci.»

Ora Eltanin è libera di fare tutte le sue domande.

«Perché volevi sposare un’altra? Non volevi bene alla mamma?

«Moltissimo. Ma nella mia famiglia il padre sceglie la moglie per il figlio e mio padre ha scelto una donna che non è la mamma. Io non volevo dare dispiacere a mio padre, anche se soffrivo al pensiero di non poter stare sempre con voi. Quando siete andate via mi sono disperato e mi sono arrabbiato con mio padre e gli ho detto che non avrei sposato la ragazza che lui aveva scelto.»

«E poi?»

«E poi vi ho cercato. Tanto. Quando vi ho trovato avrei voluto abbracciarvi e portarvi con me, ma la mamma non era sicura di potersi fidare. Aveva paura che mio padre potesse convincermi ancora e che tutti voi avreste potuto soffrire per colpa mia. Per questo le ho promesso che non ti avrei detto niente.»

«Mmm. E adesso?»

Draco guarda Hermione.

«Adesso dipende da lei. Io vorrei sposare la mamma e portarvi tutti con me in Inghilterra ma lei non si sente tranquilla. Ha delle ragioni di pensare male di me, l’ho fatta soffrire molto, anche se non avrei voluto. Quando la mamma deciderà che è il momento giusto staremo insieme per sempre.»

Eltanin sbadiglia, sbatte gli occhi per tentare di restare sveglia. Le domande non sono finite, probabilmente ne ha un migliaio nella testa.

«Allora sei tu il principe.»

«Già. Così pare, delusa?»

«I principi non girano scalzi.»

«Rodrigo mi ha fatto pipì sulle scarpe.» Lei ride.

«Allora sei anche quello…»

«Il bastardo razzista, sì. Sono sempre io, mi dispiace.»

Lei tace per qualche secondo.

«Posso chiamarti papà?»

«Mi faresti felice, tesoro.»

«Buonanotte, papà.»

Corre ad abbracciare la mamma, vacillando per il sonno, entra in camera, e si chiude alle spalle la porta.

«Vuoi che parliamo adesso?»

«Sono curiosa, ma non sono sicura di reggere, se davvero sono successe tante cose. Ho sonno. Dimmene solo una. Che ne hai fatto delle lettere che ti ho consegnato?»

«Ah, sì, è una storia divertente. Il giorno del mio matrimonio…» La faccia di lei diventa pallida, la sua bocca si apre in una smorfia dolorosa. Lui le si avvicina, sorride e le prende la mano. «Ma quanto sei sciocca? Ti ho chiesto di diventare mia moglie, l’avrei fatto se ne avessi già una? Ricominciamo.»

Il giorno del mio MANCATO matrimonio, ho consegnato le lettere di Lucius…»

«Oh, bene!» lo interrompe lei. «Così mi ammazzerà quando vuole!»

«Non lo farà. Ho consegnato le lettere, dicevo, davanti al Ministro e a due auror. LORO le hanno trovate interessanti. Lucius ha dovuto dare qualche spiegazione.»

«È  in prigione?»

«No, a San Mungo.»

Lei fa una faccia preoccupata.

«Che hai fatto?»

«Io? Niente. Cioè, non ho mandato io Lucius all’ospedale, è stato suo suocero.»

«Smettila! Mi stai facendo impazzire! Che c’entra adesso… Lucius non ha un suocero!»

Lui ride.

«Io mi sono offerto di raccontarti tutto con ordine, sei tu che hai rifiutato.»

«Sono stanca. Voglio andare a letto e dormire.»

«Dormire?»

«Dormire. Non ce la faccio più, è stata una giornata pesante.»

«Troppe emozioni? Quanto ti amo, donna! Lo sai quanto mi costa lasciarti dormire?»

«Sarai ripagato per tutti i tuoi sacrifici, con la gloria eterna.»

«Ma che me ne frega della gloria, mica sono Potter!»

Lei ridacchia, già mezzo addormentata.

 

 

 

 

 

 

Il principe scalzo: Laura Mancinelli che narra una versione abbastanza romanzesca della famosa umiliazione di Enrico IV, rimasto in ginocchio nella neve per tre giorni e tre notti, fuori dal castello di Canossa per ottenere la revoca della scomunica dal papa.  

A Draco non toccherà niente di simile.

 

 

 

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Capitolo 29
*** Il giardiniere tenace ***


29-    Il giardiniere tenace

 

 

La mattina, al risveglio, non apre subito gli occhi. Non ce n’è bisogno, sa esattamente dove si trova. Sorride.

Ricorda il risveglio al Manor, la mattina dopo la famosa cena. Come si era sentito disorientato, infastidito dall’odore, dal caldo, sconcertato per non riuscire a ricordare niente, consapevole di non essere nel luogo giusto, il cuore accelerato per l’ansia.

Stamattina è nel suo posto preferito: nel letto della sua donna. E lei è  lì, la pelle soffice contro il suo petto, il calore che gli accende i sensi. Sente la pace, la splendida serenità che lo avvolge sempre, quando si trova con lei.

Non hanno fatto l’amore, non ancora. Avranno tutto il tempo.

Allunga una mano e la poggia sulla pancia convessa, la carezza, la palpa. Cerca di ricordare come era quando lei era incinta di Eltanin. A lui l’aveva detto quando era già di tre mesi e lui non si era accorto di niente. Aveva solo notato il seno un po’ più florido e aveva pensato che avesse messo su qualche chilo, perché la pancia non si vedeva. Anche adesso è di tre mesi, possibile che abbia una pancia già così avvertibile?

«Granger?»

«Mmm…» lei mugugna, ancora addormentata.

«Sei incinta!»

«Non ti si può nascondere niente.»

«Voglio dire, sei TROPPO incinta, come è possibile?»

Lei resta immobile per qualche secondo. Il sonno ormai è perduto, si volta e lo guarda piuttosto freddamente.

«Mi hai scoperta. In realtà sono incinta di cinque mesi e il padre è il maggiordomo.»

«Non dire scemenze! È solo che mi domandavo come è possibile che quando eri incinta di Eltanin non mi fossi accorto. Non era così.»

«E non ti viene in mente che due è il doppio di uno?»

«Ah! Che stupido! Scusami, ti ho svegliato.»

«E non volevi?»

«Beh, forse un pochino. Non ti sei accorta in che condizioni sono?» confessa, premendo il bacino contro di lei.

«Poverino! Hai bisogno di un po’ di coccole?»

«Sì, tante coccole. Tu no?»

Lei ride.

«Ma cosa ho fatto per meritarmi così tanti bambini?»

«Sei stata molto buona. Ma io sono il tuo bambino speciale, vero?» mugugna lui cercandole il seno.

Lei ride più forte. Già, è davvero un bambino speciale!

 

*****

 

Dopo l’amore, meravigliosamente sereni, ascoltano il frenetico concerto degli uccelli, che annuncia l’alba.

«Ti va di sentire tutta la storia?»

«Sono curiosa.»

«Ti ho già detto che quando sono tornato, a gennaio, mio padre sapeva tutto di noi e che avevo messo delle cimici al Manor.»

«Certo, è così che abbiamo fatto la conoscenza con il signor Ragno. A proposito, ti saluta e ti ringrazia. Dice che se mai avrai bisogno dei suoi servigi, è a tua disposizione.»

«Mmm, che gentile!»

«Continua.»

«In quel periodo Zabini è tornato dall’Italia. È un auror, adesso e collabora con la polizia babbana, quindi mi ha aiutato con le intercettazioni. Io ascoltavo solo le parole e mi ero perso un sacco di informazioni che invece non sono sfuggite a lui, che è un esperto. La prima volta che mi ha detto quello che succedeva non riuscivo a crederci. Ha detto che Lucius non era paralizzato per niente, camminava tranquillamente, e che si scopava la mia fidanzata

«Ma come è possibile? Credi che abbia finto sempre?»

«Non lo so. E nemmeno mi importa. Che mi cambia se ha finto sempre o solo per metà tempo? In ogni caso resto l’imbecille che gli ha creduto.

È stato sempre Zabini a farmi capire quello che è successo la sera della cena, prima che mi svegliassi nel letto della Piaga e lei mi dicesse che avevamo fatto sesso, e sua è l’idea di consultare il medimago legale, che ha stabilito che io vivo castamente. Devo molto a quell’uomo.»

«Al medico legale o a Zabini?»

«A entrambi, a pensarci bene. Zabini è un amico; mi ha chiesto di fargli da testimone al suo matrimonio.»

«Auguri! La conosco?»

«No, è straniera. E nata babbana.»

«Davvero? Beh, non lo conosco così bene, non so se abbia mai coltivato pregiudizi. Continua a raccontare.»

«Mio padre mi voleva sposato entro pochi giorni, io ho preso tempo, con la scusa di un viaggio di lavoro. Avevo bisogno di stargli lontano o avrebbe trovato il modo di incastrarmi prima che io potessi farlo con lui. Così sono venuto qui e abbiamo fatto le foto, a proposito sono splendide! Non hai letto i giornali inglesi?»

Pone la domanda con una certa cautela ma Hermione non sembra interessata all’argomento. Si risponde da solo: no, non le è nemmeno venuto in mente.

«E tu vivi castamente?»

«Parecchio. Se consideri che per avere un po’ di sesso mi tocca attraversare l’oceano…»

«Oh, non ci sono più donne in Inghilterra?»

«Non abbastanza interessanti.»

«E come sono quelle interessanti?»

«Incinte e con un cespuglio in testa. Astoria, per esempio era incinta, ma i capelli non andavano.»

«Che str… Come sarebbe che Astoria era incinta?»

«Sì, la dolce Piaga me lo ha comunicato al mio ritorno, e naturalmente, secondo lei, avrei dovuto sposarla al più presto. Matrimonio entro una settimana. Non mi sono preso la briga di rimandare di nuovo, tanto, grazie a Zabini, sapevo già tutto. Mi sono organizzato per bene e alla svelta, ho accettato il matrimonio. I miei testimoni erano Zabini e Potter.»

«Harry? E lui ha accettato di farti da testimone?»

«Certo! A lui ho detto tutto, non poteva dire di no. Invece a Kingsley ho raccontato solo una parte della faccenda, le lettere sono state una sorpresa, per lui. Mi sono divertito un po’, lo ammetto, a vedere Astoria che si arrampicava sugli specchi per spiegarmi perché non poteva mettere il vestito da sposa che già aveva, ha detto che era passato di moda!»

«E perché non lo poteva mettere?»

«Perché quello aveva un bustino striminzito e lei era già incinta di tre mesi, tredici settimane, per la precisione! Quando ho dato l’annuncio il medico legale non ha avuto bisogno di essere chiamato, pare che sia prassi: se la sposa è incinta, prima della celebrazione di un matrimonio inscindibile, verificare la paternità. Se mi sposerai subito anche tu sarai esaminata.»

«Scordatelo!»

«Chissà perché mi immaginavo la tua risposta. Naturalmente, al medico ho chiesto anche il tempo di gestazione e non ci crederai mai! In quel momento hai telefonato. È stato meraviglioso! Ho detto che tredici settimane prima ero in Brasile a mettere incinta un’altra donna, quindi non potevo aver messo incinta lei.»

«Che eleganza! “in Brasile a mettere incinta…” buon per te che io non fossi presente! E poi non ero di tredici settimane quando ti ho chiamato.»

«Ma ero con te, tredici settimane prima! Non sarà stato elegante ma molto divertente. Forse mi sono lasciato prendere un po’ la mano ma per me è stato un grande momento, per la prima volta nella vita ho ripagato Lucius con la sua stessa moneta, io… lo capisci? Avevo io il controllo, per la prima volta!»

«Vero. E poi hai consegnato le lettere?»

«Oh, sì, e lì c’è stato il miracolo, Lucius si è alzato dalla sedia a rotelle e ha impugnato la bacchetta. Peccato che Zabini e Potter non aspettassero altro. Così lui è finito in prigione e il mio contratto di matrimonio è stato annullato.»

Lei si alza dal letto.

«Continua. Hai detto che Lucius non è in prigione ma in ospedale. Come è successo?»

«Dove vai? Perché ti sei alzata? È prestissimo.»

«Ho da fare. Oggi ho anche l’ambulatorio. Se vuoi continuare a raccontarmi vieni con me, se vuoi dormire dormi. Stasera finirai il racconto.»

«No, voglio stare con te, ti do una mano.»

Entrano in bagno insieme e si lavano scontrandosi un po’, poi in cucina.

«Allora, Lucius?»

«È stato schiantato dal mio ex aspirante suocero perché aveva sedotto la sua perla rara. Astoria doveva essere alla fame per andare a letto con Lucius, lei ha due anni meno di noi! Quella stupida si è intestardita a rimanere al Manor e Lucius... Beh, se vuole sa essere un uomo affascinante.»

Lei tira fuori il pentolino per il latte e lui la bottiglia dal frigo.

«Mmm, ecco da chi hai preso…»

La mano non è guarita, quindi Hermione porge il pentolino con la sinistra e Draco versa il latte, poi accende il fornello.

«Mi trovi affascinante?»

«Certo, e molto modesto, anche», un bacio per ridere.

La tovaglia la mette lui. Lei tira fuori le tazze.

«Non ti ho raccontato ancora il meglio. Frittelle con lo sciroppo?»

«Mmm! Che aspetti?»

Draco prende la padella, mentre Hermione tira fuori la farina e le uova.

«Astoria ha sposato Lucius “in punto di morte”, lui era incosciente e lei convinta che sarebbe rimasta vedova alla svelta. E anche che mi avesse diseredato, perché è quello che mi ha urlato dietro mentre gli auror lo arrestavano, e Thomas si è ben guardato dal riferirle cosa Lucius gli ha detto in prigione, cioè che non avrebbe mai rinunciato al punto di incontro tra le famiglie Black e Malfoy, che sarei io.

C’è da dire che Lucius era ancora all’oscuro di alcune cosucce, in questo momento potrebbe aver cambiato idea. Prima di partire ho aspettato che lui stesse un po’ meglio, sono partito quando ho avuto la notizia che si era svegliato.

Quindi è per questo che non ti posso promettere il Manor né l’eredità Malfoy, perché in questo momento non sono certo di non essere stato diseredato e disconosciuto, e comunque potrei esserlo quando ci sposeremo. Sarebbe un grosso problema?»

Hermione ammira la tecnica di Draco per girare le frittelle.

«    Quando hai imparato a fare le frittelle?» “e sul fatto che ci sposiamo? Niente?”

Draco sospira. Non aveva immaginato che sarebbe stato facile.

«Un sacco di tempo fa. Vivo solo da un bel pezzo.»

«Elfi?»

«Un paio. Ma hanno i giorni di riposo.» A lei scappa un sorriso.

«Perché pensi che Lucius ti abbia diseredato? Se non l’ha fatto dopo lo scherzo del matrimonio vuol dire che ci tiene davvero ad averti come figlio. Credi che sia successo dell’altro?» Lei si è fermata con il bricco del latte in mano ad ascoltare.

«Non ne ho idea. Io sono qui!»

Un’altra frittella vola in aria e atterra perfettamente nella padella.

«Vuoi dire che sei scappato prima di parlare con tuo padre?»

«Ovviamente. E prima che lui leggesse anche un solo giornale.»

«Eeehh… mi sono persa. Perché non dovrebbe leggere i giornali?»

Porta in tavola il piatto con le frittelle e cerca lo sciroppo.

«Credi che la sorpresina di vederli invasi di foto mie con i bambini non gli farà venire almeno un travaso di bile?»

Si siede a tavola.

«Ma lui non li ha mai visti. Per quello che ne sa sono dei fotomodelli ingaggiati, la spia era già fuori uso quando…» si blocca a bocca aperta. «Draco?»

«Dimmi.»

«Che hai combinato?»

«In che senso?»

«Non fare lo scemo! Non hai detto niente di loro, vero?»

«Al contrario. Perché avrei dovuto dire bugie? Mi hanno intervistato e io ho detto che quelli erano i miei figli. Non avrei dovuto?»

«Certo che no! Ma sei idiota?»

«Non direi, casomai sei tu che hai qualche problema. Non è che gli ormoni ti hanno confuso il cervello? Prima mi rimproveri di vergognarmi dei miei figli e di volerli tenere nascosti e poi ti arrabbi quando dico tutti che sono i miei figli, e ti assicuro che l’ho fatto con tutto l’orgoglio di padre e tutta la fierezza che meritano!»

«Come ti sei permesso? Perché continui a fare tutto alle mie spalle? Loro non…»

«Avanti, ricomincia con la storia che non sono figli miei perché portano il tuo nome!»

«Non perché portano il mio nome, non SOLO perché portano il mio nome, ma perché IO li ho partoriti, allevati, amati e mi sono occupata di tutto quello di cui hanno avuto bisogno, IO, non tu!»

«Non chiedo altro che occuparmi di loro, di voi! Sei tu che non me lo permetti! Che altro devo fare per guadagnarmi la mia famiglia?»

«Certo, adesso li vuoi! Adesso io devo fidarmi di te e correre tutta felice a gettarmi nelle tue braccia perché TU lo vuoi! Quando succederà quello che voglio io?»

Le frittelle si freddano.

«Io li ho voluti sempre, dal momento in cui ho saputo che esistevano li ho amati. Tu me li hai portati via. VA BENE!» Alza le mani per bloccare la sua protesta. «Lo so, sono stato un imbecille e ti ho proposto condizioni inaccettabili. Per quanto devo pagare? Perché intanto i bambini crescono, e crescono senza il loro padre. Non hai il diritto di privarli di…»

«IO non ho il diritto? Se c’è qualcuno senza diritti qui sei tu! Li hai persi tutti quando ci hai rifiutati!»

«Io non…» Si alza, agita le mani e sembra sul punto di scoppiare. Si domina con uno sforzo. «D’accordo, basta. Non ho attraversato l’oceano per litigare con te. Se ho sbagliato ti chiedo scusa. Voglio solo stare con voi, parliamone, aiutami a capire come fare, a essere il padre che loro meritano.»

Le ha preso le mani, sopra la tavola.

«Penso che questa mattina abbiamo parlato fin troppo. Sono arrabbiata con te, non ho voglia di parlare ancora.»

Lui le carezza il volto.

«Non essere arrabbiata con me. Perdonami. Non pensavo che l’avresti presa male.»

«Sei pentito?»

È pentito? Rivive il momento di silenzio dopo la rivelazione, quando ha detto “sono i miei figli”. Risente il batticuore, l’adrenalina che gli ha fatto tremare le viscere. “I miei figli”. Che frase meravigliosa!

Solo in quel momento si è reso conto di aver saltato il fosso e di aver bruciato i ponti alle sue spalle.

Quella rivendicazione orgogliosa è stata la sua dichiarazione d’indipendenza.

«Nemmeno un po’. Lo rifarei subito! È stato… Merlino! È stato eccitante! Qualcosa che ricorderò per tutta la vita. Avresti dovuto vedere la faccia di Rita Skeeter!» Un sorriso da schiaffi si apre sulla faccia di quel gran bastardo.

Il rumore della porta che si apre li fa girare entrambi.

Remedios, assonnata, scalza, si avvicina strofinandosi gli occhi, si arrampica sulle gambe di Draco come se fosse il suo posto.

Lui strofina il naso sulla testolina di Remedios, lancia un’occhiata maliziosa a Hermione e mima un bacio da lontano.

Lei ride e nasconde il viso nelle braccia appoggiate sul tavolo.

«Perché mi dai i baci? Vuoi essere il mio papà?»

«Tu vorresti che fossi il tuo papà?»

«M-m.»

«Vuol dire sì?»

«Sì.»

«E perché pensi che potrei andarti bene come padre?»

«Perché sei biondo!» tono assolutamente ovvio.

Già, come ha fatto a non pensarci? È biondo! Draco scambia un’occhiata divertita con Hermione.

«E pensi che potrei essere il papà anche di Rodrigo e di Nina?»

«Di Rodrigo sì. Di Nina non lo so. Lei non è bionda.»

«Magari lei assomiglia alla mamma e voi al papà.»

Lei si volta a guardarlo con gli occhi seri e la fronte aggrottata.

«IO voio somijare alla mamma!»

«Le somigli, però anche a me.» Altra occhiata severa. «Un po’.»

Si gira, tranquillizzata.

«Solo poco, però!»

«Ma certo, solo perché sei bionda.»

Salta giù dalle ginocchia di Draco con una frittella gocciolante di sciroppo in mano e si dirige verso la camera dei bambini.

«Quando le diciamo che è la mia copia sputata?» chiede Draco allegro.

«Lo scoprirà da sé.»

«È una promessa?»

«Oh! Sei la persona più scorretta che conosca. A che ti servono le promesse? Tanto ti prendi quello che vuoi, indipendentemente da me.»

Hermione sbadiglia e nasconde la faccia tra le mani.

«Come va la tua mano?»

Lei la guarda, la muove.

«Meglio.»

«Prima che esci rifacciamo la medicazione. Mangia adesso.»

«Mmm, sto mangiando così tanto che diventerò una botte prima dei sei mesi.»

«È normale, no? Non devi mangiare per tre?»

«No, sarebbe meglio di no. Quando aspettavo Rodrigo e Remedios i primi mesi sono addirittura dimagrita.»

«E come… è normale?»

«No. Non stavo bene.»

«Ti mancavo?»

«Avevo paura. Ero lontana da tutti e sola.»

«E ti ho costretta io  a scappare.»

«Già.»

«I tuoi amici non me lo perdoneranno mai.»

«Lo faranno quando lo farò io.» Lui le prende la mano sopra il tavolo. «Davvero hai detto a tutti che questi sono i tuoi figli? E che è successo poi?»

«Mi hanno chiesto chi fosse la madre.»

«E tu non avrai…»

«Detto che è la meravigliosa Hermione Granger? Certo, avrei dovuto mentire?»

«E…?»

«E ho detto che spero che mi sposi presto e che voglio vivere insieme a te e ai nostri figli in Inghilterra. Ti aspettano tutti. Non ti ho presentata in modo equivoco, ho detto ben chiaro che se tu volessi sarei già tuo marito.»

«Ma come ti sei permesso? Tu sei… sei… AH!»

Si alza come una furia ed esce dalla cucina.

Che ha detto, adesso, di sbagliato?

Si è arrabbiata di nuovo.

Draco sorride. Da poco ha iniziato a capire quanto grande sia stata la pazienza di Hermione nei suoi confronti. Si è domandato come si sarebbe comportato lui al suo posto.

Si è risposto che ha davvero molto da farsi perdonare. Non c’è niente di strano che lei non si fidi di lui.

La convincerà. Ha tempo.

Ricorda una delle prime cose che gli ha detto dopo aver rifiutato di tornare con lui in Inghilterra, la prima volta che era venuto in Brasile. Gli ha detto di non lasciar morire il germoglio di libertà.

In quel momento non ha capito di che parlasse ma ora lo sa.

Non lascerà morire il futuro che desidera, pur senza sapere bene in che consista. Sa solo che conterrà lui insieme a Hermione e ai loro figli. Sa che dovrà cambiare, forse diventare uomo, come dice Potter. Forse ha già incominciato e non lascerà le cose a metà.

Entra in camera. Lei si sta vestendo, ha difficoltà a chiudere il vestito, per via della mano destra scottata.

«Lascia, faccio io.»

«Grazie.»

Gli occhi di lui le accarezzano la pelle, raggiungono le natiche. Merlino, si sta eccitando! Solo per pochi centimetri della sua pelle scoperta e quelle forme dolci che l’abito lascia intuire.

«I tuoi fianchi sono un po’ più morbidi.» Le chiude velocemente l’abito. «Mmm, sensuali.»

«È per via della gravidanza. Tra poco sarò un monumento.»

«Sarai sempre bellissima. Sarai ancora la mia donna, quella che mi eccita solo a pensarla.» Le appoggia al sedere il bacino e si muove leggermente per farle sentire la conseguenza della sua vicinanza. «Devi proprio andare subito?»

«È già tardi.» Ha esitato un attimo, la sua voce è roca.

«Va bene, mi arrendo. Non preoccuparti dei bambini, me ne occupo io, oggi. A che ora tornerai?»

«I bambini non hanno bisogno di te. Che c’è, vuoi giocare a fare l’uomo di casa?» Si è ricordata che è arrabbiata con lui.

«No, voglio diventare l’uomo di casa. E voglio conoscere meglio i miei figli.»

Lei gli volta le spalle. Lui la segue e l’abbraccia di nuovo da dietro, sulla porta.

«Non lascerò morire la tua piantina», le sussurra all’orecchio. «La farò crescere, sarò il giardiniere più attento e tenace che tu abbia mai conosciuto. E tu un giorno mi vorrai come ti voglio io, e ti fiderai di me.»

Lei si volta e lo bacia, impetuosa, lo stringe a sé.

«Vorrei che fosse vero!»

«Lo è.» Lei lo guarda scettica. «Lo sarà.»

Ancora qualche bacio, un sorriso tirato e lei se ne va.

 

 

 

 

 

 

Il giardiniere tenace: è uno dei bellissimi e altrettanto deprimenti romanzi di  Le Carré, che io detesto, perché non vanno MAI a finire bene!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 30
*** Una vita diversa ***


Buona Pasqua a tutti

Ancora un capitolo di passaggio. Nel prossimo succederà qualcosa, GIURO!

 

 

30-   Una vita diversa

 

Draco saluta Hermione sulla porta e torna in cucina. Deve svegliare i bambini? Eltanin deve andare a scuola?

Forse no, è sabato. Beh, sarà meglio chiedere.

Entra nella stanza dei bambini e si avvicina al letto della più grande.

«Eltanin… Nina.» La scuote leggermente. «Non devi andare a scuola?»

Lei si sveglia di soprassalto, si solleva sul letto prendendo aria a bocca aperta.

«Che ore sono?»

«Le sette e mezza.»

«MERDA! Tra quindici minuti passa il pulmino!» Salta dal letto e rovista nell’armadio. «Dove si è cacciata la divisa?»

«Hai scuola  anche di sabato?»

Lei si immobilizza.

«È sabato?» domanda stupefatta.

«Sì.»

«Oh, meno male!» Si ributta nel letto e dopo un minuto dorme di nuovo.

Remedios dorme nel lettone con Rodrigo. Le guance lucide sul cuscino, sudicio e inzuccherato, un pezzo di frittella stretto nella mano, i capelli appiccicati alla faccia dallo sciroppo.

Draco si gratta la testa.

È così che funziona? Lui da bambino non sarebbe mai tornato a letto dopo la colazione e addirittura con roba da mangiare in mano.

Era lui lo strano? Quanto era strana la sua famiglia e l’educazione che ha ricevuto? Un bel po’, probabilmente.

Cerca di ricordare chi e in che modo si occupasse di lui, quando aveva l’età dei suoi figli.

La governante lo svegliava al mattino. Qualche volta mangiava a tavola con i suoi genitori, ma il più delle volte da solo.

Era tutto molto noioso, era costretto a mangiare lentamente perché “solo i porci e i babbani si ingozzano”, ma lui avrebbe voluto che la colazione finisse il più in fretta possibile.

La sera, quando faceva il bagno trovava tutto pronto in camera, si spogliava e si rivestiva da solo. Quando mai sua madre lo aveva lavato e aiutato a vestirsi? Quando avevano riso insieme per qualcosa?

E cosa aveva fatto con suo padre? Niente, a parte ascoltare le sue filippiche sul comportamento degno e sulla gloria e la potenza del nome Malfoy e altre cose della massima importanza.

Si distraeva.

Si rendeva conto, all'improvviso, di pensare ad altro e spesso era il frustino di suo padre che si abbatteva sulle sue cosce a richiamare la sua attenzione.

L’unica cosa che ricorda dell’istitutore è che gli puzzava il fiato di marcio e gli abiti di canfora. Nessuna scuola andava bene per lui, e meno che mai il rischio di fare amicizie ed essere così contaminato da idee eretiche.

La governante probabilmente si considerava molto professionale: manteneva l’espressione severa e la schiena diritta come se avesse mangiato un manico di scopa, almeno fin quando era in sua presenza, ma lui l’aveva scoperta, stravaccata, a bere birra e ad emettere rumori indecenti, convinta che nessuno la potesse vedere. Dopo l’aveva sopportata meglio.

Si guarda indietro, ripercorre con la memoria quella solitudine terribile. Quale delle sue esperienze lo potrà aiutare a comportarsi da padre?

Come si può dare quello che non si è ricevuto?

Qualcuno gli ha forse dato amore, attenzione, cure, calore umano?

Certo che sì. Non da bambino, però. Ha ricevuto tutto il bello della vita solo da una persona. Da Hermione. Solo lei lo ha amato, coccolato, fatto sentire importante, solo lei ha spiato i suoi umori, si è accorta quando era triste o soffriva e se n’è preoccupata. Solo lei l’ha consolato e si è curata di lui, solo lei ha fatto di lui il centro del suo mondo.

Come ha fatto a non rendersene conto subito? Lei gli ha restituito il cuore, gli ha restituito una famiglia, perché quella in cui è cresciuto non ha niente a che vedere con una famiglia. La sua era solo una maledetta dinastia.

Ai legami di sangue non corrispondevano legami affettivi. Laddove questi avrebbero dovuto formare l'impalcatura della famiglia, tessere la sua storia, crearne il corpo vivo, non c’era altro che un vuoto abissale.

Niente amore, né il più basilare, istintivo attaccamento, nessuna cura parentale, niente condivisione, niente storie di famiglia passate dalla bocca del nonno alle orecchie del nipote, né la sapienza dei gesti insegnata e imparata senza forzature, solo facendo insieme.

Una famiglia non può essere composta da estranei, antipatici l’uno all’altro, obbligati a vivere sotto lo stesso tetto per volontà e calcolo da parte dei loro antenati, in cui i più deboli, i bambini, sono abbandonati a se stessi con la complicità di personale pagato!

Adesso si rende dolorosamente conto di aver creduto per anni che una discendenza adatta sarebbe andata più che bene, che se i purosangue si sposavano per contratto da secoli questo sarebbe andato bene anche per lui. Perché no, non era forse un purosangue?

Dove diavolo era andato in vacanza il suo cervello per accettare in modo così acritico di conformare la propria intera vita a un modello di cartone.

Merlino, si sente come uno dei piselli di Mendel: frutto di incroci genetici e destinato ad altri incroci, come un cavallo, come mais. E non per la purezza, che accidenti c’è di puro in quello schifo? In realtà solo per concentrare una quantità sempre maggiore di potere e di denaro in un numero sempre minore di mani.

I Weasley non sono forse purosangue? E dunque perché disprezzarli, se non perché sono poveri e TROPPI per concentrare potere? E come possono i soldi rendere migliore qualcuno?

È questo che vuole? Diventare un Weasley?

Istintivamente prova fastidio, gli tornano in mente tutte le cattiverie dette, tutti gli sberleffi crudeli, i loro maglioni ridicoli, le loro divise riciclate. Poi rivede Molly che combatte contro la sua pericolosa zia, ponendosi senza esitare davanti a sua figlia, tutte le teste rosse strette attorno al cadavere di Fred.

Perché mai non dovrebbe voler essere un Weasley, se loro possiedono più affetto, solidarietà e capacità di essere felici di quanto il denaro potrà mai comprare? Loro hanno sempre qualcuno sui cui contare. E lui?

Non che ci tenga a portare brutti maglioni, o a vederli addosso ai suoi figli, ma ormai sa per certo che non ricalcherà le orme di suo padre ma tenterà di costruire per la sua famiglia qualcosa di più umano.  Una vita diversa, piena e degna di essere vissuta, una vita che non è mai stato capace di vedere, fin quando lei non gliel’ha mostrata.

 

*****

 

Verso le nove Eltanin si alza di nuovo. Entra in cucina sbadigliando e si siede a tavola. Draco le porge il latte scaldato e le frittelle, senza domandarle niente. Sa cosa le piace e questo lo rende molto fiero. Poco dopo anche Remedios esce dalla stanza. E Rodrigo?

Draco entra a vedere se si è svegliato. Lo osserva per parecchi secondi.

È perfettamente immobile, sembra che nemmeno respiri. Draco lo chiama piano.

«Rodrigo? Rodrigo svegliati. Rodi… è tardi, non ti alzi?» Nemmeno il più piccolo movimento. Draco inizia ad agitarsi, si avvicina e lo tocca. Gli sembra freddo, leggermente umido. Si agita ancora di più, lo afferra per le braccia e lo scuote.

«RODRIGO! SVEGLIATI RODRIGO… Merlino, che faccio? Elt… no, sono io il padre. Rodrigo?»

Si guarda intorno disperato, poi torna con gli occhi sulla faccetta di suo figlio. Si muove. SI MUOVE!! La bocca si muove come se stesse masticando e le sopracciglia si alzano come per trascinare le palpebre riluttanti ad aprirsi. Muove le braccia e le gambe. Infine, prima ancora di aprire gli occhi, farfuglia.

«È ccià ponta la colaffione

«Merlino! Mi hai fatto morire di paura!»

Si volta al rumore proveniente dalla cucina. Risate, le risate di scherno di quelle due piccole serpi.

«Credevi che fosse morto?» gli chiede Eltanin.

«Beh, io l’ho chiamato e toccato, l’ho scosso e lui non si è mosso, insomma, mi sono preoccupato!»

«Rodi dorme sempre così forte. Qualche volta gli tiriamo l’acqua per svegliarlo!»

«Davvero?» Draco respira, cerca di rilassarsi, di cancellare la nota di panico dalla voce. «Dormi forte, Rodi?» Il piccolo sbadiglia e tende le braccia verso Draco.

Lui lo prende e Rodrigo gli si accoccola addosso, appoggiando la testa nell’incavo del suo collo e strofinando il naso sulla sua maglietta.

Draco lo stringe e sente una tenerezza mai provata prima.

Si sente defraudato di migliaia di momenti come quello e per un attimo prova rabbia verso Hermione, che l’ha lasciato senza nessuna possibilità di ripensamento.

Se fosse dipeso da lei, se a una sconosciuta giornalista non fosse mai venuto in mente di scegliere per le sue foto quel quartiere di quella città, tra i milioni di miseri quartieri dei milioni di città del mondo, se a quello stupido creativo non fosse venuta l’idea delle foto veritiere, se nel book ci fosse stato un solo bambino convincente, se uno solo dei casuali, banali eventi che lo hanno portato lì fosse venuto meno, lui non avrebbe mai abbracciato suo figlio. Mai  avrebbe provato quella dolcezza di cui si sente già drogato, di cui non vuole mai più fare a meno. Degli abbracci di Rodrigo, delle smorfie, delle sue domande, dei denti nuovi di Eltanin e delle sue conversazioni sagge, delle civetterie e delle esplosioni d’ira di Remedios.

Terezina entra senza annunciarsi in cucina, assieme a Venâncio.

«Oh, Palmito, sei tornato?» chiede nel suo inglese con troppe vocali.

«Sì, Terezina, ci sono io con loro. Eri venuta per aiutarli?»

«Sì, facciamo così sempre, noi. Dona Flor lascia la colazione pronta e noi arriviamo e restiamo qui insieme.»

«Mangiate con noi Tere?»

«Certo, mangiano sempre con noi il sabato.» interviene Nina.

Terezina è andata verso il frigorifero per prendere altro latte.

«Siediti, ci penso io. Ho già mangiato.»

Sorridendo, in preda a una stranissima sensazione, Draco Malfoy, scalda il latte, prepara altre frittelle e serve la colazione a cinque bambini affamati e ridacchianti.

Se lo vedesse Lucius, direbbe che si è ridotto peggio di un elfo domestico. Se lo vedesse, Lucius si vergognerebbe di lui.

Sorride ancora, soddisfatto. È esattamente dove vuole essere e sta facendo quello che vuole fare. Probabilmente, fosse per lui, in casa ci sarebbero solo i suoi figli e forse un elfo si occuperebbe della cucina, ma ormai ha fatto l’abitudine alla generosità di Hermione, non trova più strano convivere con tutti i ragazzini semiabbandonati della favela, anzi, si sente stranamente gratificato dai loro sorrisi sdentati.

Chissà se Lucius ha mai provato quello che prova lui in questo momento. Chissà se ha mai sentito la dolcezza di un bambino caldo di sonno,  profumato, amato.

Draco crede di no. Se ne ricorderebbe se, anche solo una volta, suo padre l’avesse preso in braccio. Forse è successo, quando era troppo piccolo per ricordarsene. Si ripromette di domandarlo a lui, quando tornerà in Inghilterra, se ce ne saranno le condizioni.

I bambini hanno finito di mangiare, lui li spedisce fuori dopo aver lavato alla meglio la faccia e le mani dei gemelli. Terezinha li sorveglierà.

Ripulisce la cucina e guarda in frigo per decidere cosa cucinare per pranzo. Non c’è molto, bisognerà fare la spesa.

Entra nelle stanze, dove regna un disordine epico, solleva un lenzuolo poi lo lascia ricadere: non sa davvero dove mettere le mani. Prova con la bacchetta ma, a parte radunare in qualche modo i vestiti e allisciare le lenzuola sui letti, non ottiene apprezzabili risultati. Dovrà chiedere a Hermione. Come elfo domestico sarebbe bocciato.

Ride all’idea ed esce, alla ricerca dei bambini.

 

*****

 

Trova molto facile vivere in questo modo, si rilassa. Anche Hermione, dopo un po’.

Lui compra tutti i giorni un paio di giornali inglesi, riesce a trovare anche qualche copia di giornali del mondo magico, vecchie di qualche giorno, presso lo strano negozio dove Hermione si procura gli ingredienti per le pozioni. Mostra a Hermione le foto pubblicitarie, leggono gli articoli. La fantasia dei giornalisti, ovviamente, si è sbizzarrita e anche Hermione, dopo l’ennesima, incredibile, versione della loro storia d’amore, incomincia a prenderla sul ridere.

Le foto la commuovono, sono bellissime. Ne appiccica un paio allo specchio, in camera da letto, anche se l’irritazione sopravvive e ogni tanto rispunta.

«Non ci posso credere che tu le abbia sbattute sotto gli occhi di tutti, sono i nostri figli!»

«Oh, non solo tuoi? Adesso sono nostri?»

Lei gli molla un pugno sul braccio.

«Stupido!»

«Violenta! Che c’è, ti vergogni? Mi stai dicendo che dopo avermi accusato di vergognarmi di voi, che non è vero, adesso sei tu che non vuoi uscire alla luce del sole? Te lo avevo promesso che non li avrei nascosti sotto il tappeto, adesso che mi rimproveri?»

«Non lo so, che non hai misura? Possibile che tra la pretesa di una clandestinità assoluta e mettere manifesti per tutta l’Inghilterra, per te non esista una sensata via di mezzo?»

«Ho colto un’occasione che mi si è presentata. Se tu avessi accettato di tornare con me e con i bambini ci saremmo sposati e vivremmo tranquilli in casa nostra, al riparo dagli scandali e senza preoccuparci di nulla.»

«Puoi biasimarmi se non mi fido di te?»

«Che ne so? So solo che se non fossi stato vergognosamente fortunato non vi avrei mai trovati. Non ti avrei mai più abbracciato, non avrei conosciuto Remedios e Rodrigo, non avrei mai più avuto la minima possibilità di essere felice.»

«Che avresti fatto al mio posto, dimmelo.»

«Non mi hai dato nessuna possibilità!»

«Io ti ho dato cinque anni di possibilità! Cinque anni, Draco, alla fine dei quali mi hai proposto di essere la tua mantenuta, senza poter mai sperare in niente di meglio. Mi hai chiesto di allevare tua figlia come una bastarda senza diritti, nemmeno quello di sentirsi accettata da chi l’aveva messa al mondo.»

«Forse…»

«NO! Non ti azzardare a dire che avresti trovato una soluzione, non esisteva nessuna soluzione! Nessuna che io potessi accettare. Ho aspettato per settimane, ti ho spiegato sinceramente le mie ragioni, ti ho detto quello che avrei fatto, ho sperato che tu cambiassi idea, ma tu hai continuato per la tua strada, senza tenere conto di noi. Quindi smettila di dire che io ti ho separato dai tuoi figli e che non ti ho dato possibilità. Non accetto rimproveri da te, non per questo!»

«È cambiato tutto, non lo vedi? Ti ho raccontato cosa è successo e perché.»

«È cambiato tutto perché la tua sposina purosangue ti ha messo le corna, a ragione, devo dire, perché ha tentato di far passare per tuo figlio il figlio di tuo padre. È cambiato tutto perché sei offeso e arrabbiato con Lucius, che ti ha preso in giro. Che c’entriamo noi in tutto questo?»

«Voi c’entrate sempre, tutto quello che faccio lo faccio per te, per noi, per i nostri figli. Siete voi la mia famiglia.

Siete la famiglia che ho scelto e anche l’unica che abbia mai avuto. Chiamavo famiglia qualcosa che non lo era.

Adesso mio padre avrà qualcun altro da opprimere. Ho pietà di quel povero cucciolo. È mio fratello, farò quello che posso per dargli l’affetto che non riceverebbe da nessuno, ma io ormai sono libero. Non potrà mai più farmi fare quello che non voglio.

Vuoi sapere tutta la verità? Una delle ragioni per cui ho tappezzato l’Inghilterra delle nostre foto e ho rilasciato tutte quelle interviste è stato per impedire a mio padre di nascondere tutto come al solito. Probabilmente hai ragione, pensando che lui influenza ancora il mio comportamento: ho paura di lui, ma non sono solo un fifone, sono realista, so che ha infinite risorse e che io so di lui molto meno di quanto credessi un tempo, quindi mi sono premunito. Dovrebbe farmi passare per pazzo per poter negare che ho dei figli con te. E un Malfoy pazzo a che gli servirebbe?» Tace, nessuno rompe il silenzio. «Hermione, non mi hai interrotto perché sei d’accordo con me o…»

Tira su la testa e, a fatica, riesce a guardarla in faccia. Dorme, con la testa affondata sulla sua spalla.

Lui ride di sé, che ha continuato a parlarle mentre lei dorme. Deve essere la gravidanza, di solito non si addormenta nel mezzo di una discussione, non è da lei.

Le posa un bacio sulla testa e si sistema meglio.

Accidenti a quel letto minuscolo!

 

*****

 

Non dorme subito, ripensa ai giorni trascorsi.

È bello fare il padre, faticoso ma bello.

E lui, incredibilmente, miracolosamente, è un padre. Non avrebbe mai creduto di poterci riuscire, non con l’esempio di Lucius e nessuna esperienza di affetto e condivisione, salvo Hermione.

Si sente molto fiero di questa sua riuscita, non ricorda nemmeno cosa avesse in testa quando definiva in termini di stato di sangue i suoi tre meravigliosi bambini, tra poco cinque. Sangue e carne, geni e cromosomi, tutti presi da lui. E dalla loro madre, l’unica donna che abbia mai contato qualcosa nella sua vita.

Peccato che non voglia sentir parlare di matrimonio. Ogni volta cambia discorso. Lui è ormai così preso da questa nuova famiglia, dall’idea di famiglia, dall’essere padre che fatica veramente a non insistere ogni cinque minuti con la pretesa del matrimonio, di mettere lucchetti e chiavistelli a quella felicità, perché non scappi di nuovo.

Dopo tutto quello che gli è costato, in termini di evoluzione personale, arrivare a questo punto, non sopporta di essere ostacolato dalla cattiva opinione che lei si è fatta (a ragione, purtroppo) di lui in passato.

Possibile che lei non veda quanto poco lui assomigli a quel povero bastardo di Lucius, per cui padre, è solo un titolo in nome del quale pretendere obbedienza e sottomissione.

Lui è ormai disposto a tutto per i figli, è un padre nel cuore e nella testa, e loro non sono un suo prodotto, sono una parte importante di sé, in ogni momento, nel bene e nel male, inevitabilmente.

Si domanda qualche volta che avrebbe provato se le cose fossero andate come lui voleva all’inizio, se davvero fosse andato avanti con il progetto di sposare Astoria e tenersi i figli di Hermione nascosti al mondo? Si sarebbero gonfiate allo stesso modo le sue emozioni? Sarebbe cresciuta lo stesso quella consapevolezza fortissima che adesso non lo abbandona mai? Che avrebbe provato verso quel bambino, unico, verosimilmente, che sarebbe stato soltanto il frutto di un atto obbligato?

Lo immagina, quel bambino che non esisterà mai, e lo vede esattamente come è stato lui: infelice.

Adesso sa come e perché si amano i figli, non è solo una questione genetica e non basta un contratto. È necessario accettare e coltivare quel forte legame che porta a desiderare la vicinanza, il contatto fisico, che fa preoccupare per loro presente e il loro futuro, che fa preferire il proprio dolore al loro, che li riconosce come parte insopprimibile della propria vita, parte di sé e incarnazione di un altro amore.

Quella donna, quella strega ostinata, solo lei e nessun’altra, è sua per sempre, anche lei parte di lui, perché non se ne fa una ragione? Non deve fare altro che sposarlo e tornare con lui in Inghilterra, dove saranno una perfetta famiglia felice in eterno.

Adesso sono una famiglia a metà, una famiglia da vacanza, e lui vuole renderla definitiva.

Sarà per questo che non lo abbandona la sensazione di essere venuto meno a qualche impegno vitale, di aver fatto una scelta comoda ed egoista.

Gli capita di sentire, talvolta, un disagio simile a quello che si prova rompendo una dieta ferrea. O commettendo peccato. Se dà piacere non può essere la cosa giusta. La pozione che guarisce è quella dal sapore peggiore, mentre quello che ha sapore delizioso mina la salute.

E la donna che ti fa stare bene è quella indegna di te.

Essere felici non rende automaticamente colpevoli? Non è forse necessario il sacrificio per essere giusti agli occhi del mondo? Che c’è di eroico nella scelta di quello che il proprio cuore reclama?

Quali saranno le terrificanti conseguenze di questa vita PIACEVOLE?

 

*****

 

Gli ormoni di Hermione, in procinto di entrare nel quinto mese di gravidanza, sono parecchio instabili, i momenti di allegria si alternano a malinconia o rabbie improvvise, di cui è quasi sempre Draco a fare le spese. Pazienza. Anche questi due sono i suoi figli, e nessuno può pretendere che i bambini siano sempre deliziosi.

Quella mattina era incominciata in modo divertente.

«Io penso», pontifica Remedios, «che la mamma e Palmito si devono fposarsi, perché così, almeno si baciano e sono felici e si amorano per sempre.»

Draco ride. «Così si parla!»

Hermione rimane per parecchi secondi a bocca aperta, poi si volta verso di lui con un’espressione tutt’altro che rassicurante.

«Potrei sapere che accidenti hai messo in testa a Remedios?»

«IO? Che ho messo IO in testa a Remedios? Parla con quella tua Fernanda. Casomai, io non c’entro!» Lei continua a fissarlo con un’aria bellicosa. «Aspetta un momento, mi stai dicendo che credi sul serio che io abbia suggerito quelle stupidaggini a Remedios?»

«E allora come le sono venute in mente?»

«Non c’entro niente, ti dico! Avrà… che ne so? Applicato gli schemi di qualche fiaba o visto qualcosa in televisione.»

«Oh, Remedios, anni tre, non fa altro che applicare schemi, è la sua attività preferita.»

«Mi sento di contraddirti, la sua attività preferita è tiranneggiare gli altri, e la seconda preferita è fare la civetta. Ma considerata cotanta madre, non mi meraviglierei se si occupasse, a tempo perso di logica e di filosofia.»

Hermione scuote la testa e gli gira le spalle.

«Scusa, mamma, è colpa mia. Non volevo farti arrabbiare.» Eltanin, a testa bassa e a voce ancora più bassa.

«Che cosa è colpa tua?»

«Sono io che ho detto a Remedios che tu e Palm… eh… papà? Sì, insomma, lui. Le ho detto che forse vi sposerete e che mi piacerebbe perché saremmo tutti più felici. Insomma… ecco. Sono stata io.»

«Oh, piccola! Non hai fatto niente di male, vieni qui.» Draco tende le braccia a Eltanin, che vi si rifugia, cercando di trattenere le lacrime.

«Ma la mamma è arrabbiata.»

«Non ti preoccupare.» Un’occhiata a Hermione, che non sembra minimamente rabbonita. «Adesso ne parliamo con lei e cercheremo di capire che è successo di tanto grave. Io credo che si sistemerà tutto, non piangere.»

Dopo un po’ il dramma rientra. Draco spiega che forse, sì, forse un giorno si sposeranno e vivranno insieme, ma non si sa ancora quando e se la mamma non è ancora sicura ha i suoi ottimi motivi.

«Quando sarà il momento sarete i primi a saperlo.» Draco non perde la fiducia.

Ma dovranno parlare, seriamente. I bambini soffrono e sono destabilizzati dalla situazione. Dovrà essere tutto più chiaro, lui è il loro padre e dovrà poterlo essere agli occhi di tutti, alla luce del sole.

 

 

 

 

Una vita diversa: Catherine Dunne. Non sappiamo mai cosa davvero sia bene per noi, nel momento in cui compiamo una scelta e la felicità, o il dolore, colpisce dove non immaginiamo. Questo romanzo è un po’ la dimostrazione di questo concetto: la vita di sorelle, diverse per carattere, prende strade impreviste.

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Capitolo 31
*** L'autunno del patriarca ***


31- L’autunno del patriarca

 

La sera, in camera, Draco parla con Hermione con maggiore libertà.

«Hermione, non posso credere che i bambini abbiano così tanta soggezione di te da piangere in quel modo solo perché pensano che ti sia arrabbiata con loro.»

Lei, alle prime parole si innervososce di nuovo. A Draco sembra di avere a che fare con un orso iracondo: non sa mai cosa gli riservino gli ormoni sballati della sua dolce metà.

«Oh, tu non pensi, lo so, non pensi mai. O almeno mai abbastanza. Credi sia stato facile essere per loro madre e padre?»

Draco apre la bocca e la richiude. Si morde la lingua per non ripetere che non è più necessario, che i loro figli hanno un padre.

«Hermione, non ti scaldare.»

«Non mi scaldo? Mi bolle la testa se ci penso! Ho dovuto cavarmela da sola in ogni frangente, tu non puoi neanche immaginare le difficoltà che ho dovuto affrontare, i problemi, le ansie, i dubbi. Non sai quante volte ho dovuto negare loro qualcosa perché era la cosa giusta da fare o semplicemente perché non ce lo potevamo permettere, quante volte ho dovuto alzarmi con la febbre alta perché i tuoi figli avevano bisogno di me, andare lavorare al di sopra delle mie forze, dopo notti e notti passate in bianco, e-e e poi arrivi TU, il padre perfetto, bello, gentile, dolce, mai un rimprovero, mai un’espressione burbera. IO, invece, sono la cattiva, quella che dice di no, quella che si arrabbia, perché tu resterai tre settimane, e io per sempre! IO dovrò arginare le cattive abitudini che hanno preso con te!»

Ecco, queste sono le docce fredde che arginano la sua perfezione paterna.

«Hermione, lo so che non sono capace di fare il padre, non ho avuto modo di imparare.»

«Ricominci con questa storia? Tu non hai imparato a fare il padre perché non ti interessava esserlo, non dei miei figli di seconda categoria, almeno! Adesso FORSE hai cambiato idea e ti aspetti che ti stenda un tappeto rosso e faccia suonare le cornamuse?»

«Aiutami, dammi un po’ di tempo! In questo momento sono solo felice di averli vicino, non sarei capace di negare loro niente. Lo so che non si fa così. Imparerò, ma tu dammene l’opportunità.» La guarda dolce, le tende le braccia. «Vieni qui, strega mia, lasciati abbracciare, non essere arrabbiata con me. Davvero trovi che sono bello?»

Riprenderà il discorso. Adesso è troppo nervosa, nemmeno ride della sua battuta, nemmeno gli dà del cretino. Pessimo segno.

Lui le si avvicina e allenta il cordoncino che stringe sotto il seno la tunica, poi la slaccia sulla schiena e la lascia cadere a terra.

Gli occhi gli scivolano sulle natiche. Accarezza con lo sguardo la pelle della schiena e sente una blanda eccitazione. Conosce il suo corpo come se fosse il proprio e in ogni angolo, in ogni centimetro di pelle si nasconde un ricordo di piacere. Le accarezza dolcemente la testa e prosegue sulla schiena, come si fa con un gatto, per calmarla.

Tenta di ricordare il corpo di Astoria ma è solo un’ombra sfocata. La ricorda troppo magra, ricorda la fatica per riuscire ad eccitarsi abbastanza riuscire a imbastire una specie di rapporto sessuale.

Usava l’immaginazione, evocava immagini neutre, situazioni piccanti. Riusciva a scaldarsi abbastanza da penetrarla e avere un rapporto completo, ammesso che un rapporto sia completo senza tutti i giochi deliziosi che gli suggerisce il corpo di Hermione, che fa tremare i nervi al solo pensiero di poterla toccare, mordere, leccare, penetrare ovunque. Essere dentro di lei, una sola carne.

Come ha potuto pensare di vivere ogni giorno con una donna diversa da lei?

 

*****

 

Il giorno dopo la lite riprende.

«Perché non posso essere il loro padre a tutti gli effetti? Perché non posso dire al mondo che sei la mia donna? No, non la mia donna, io voglio dire che sei mia moglie. Devi essere mia moglie!»

«Tu semplicemente non ti devi permettere di parlare di me, è chiaro?»

«Ma che devo dire, allora, che mi sono sbagliato? Che mi pareva di aver fatto tre figli con Hermione Granger invece era un’altra?»

«Non fare lo stronzo, devi solo evitare di metterci in piazza.»

«Prima ti arrabbiavi…»

«Smettila con questa storia! Avrei dovuto gioire del fatto che consideravi i tuoi figli gente di categoria inferiore? Questo non significa certo che avessi il desiderio di essere sulla bocca di tutti!»

«Senti, Hermione i bambini ci tengono così tanto! Perché non mi sposi?»

«NO! Dovrei sposarti solo perché adesso ti sei sputtanato? Io non mi fido di te, sei sempre stato uno stupido bastardo razzista e…»

«E mi ami.»

«Questo non c’entra niente! Dovrei sposarti, poi? Magari quando torni in Inghilterra tuo padre ti propone qualche nuova sposina purosangue e tu ci molli qui, dopo avermi tolto anche la possibilità di rifarmi una vita!»

«Rifarti una vita? Ma tu vaneggi! Sei la madre dei miei figli, dei miei CINQUE figli! Con chi vorresti farti una vita se non con me? E non guardarmi con quegli occhi furiosi, mi fai eccitare!»

La sua faccia si trasforma in quella di una erinni.

«Ma sei scemo? Ci sono i bambini!» sibila tra i denti.

Lui si volta di scatto.

«Dove?»

«Sono fuori, ma potrebbero rientrare!» le viene da ridere. Il peggio è passato.

«Ah, sono tutte scuse. Vieni a sederti qui», la chiama, invitandola sulle sue gambe. «Ma tu dimmi se dopo dieci anni e cinque figli io debba essere costretto a farti la corte. Sono l’uomo della tua vita, fattene una ragione. Sposami, così se farò ancora lo stronzo potrai divorziare e lasciarmi in mutande.»

«Davvero?»

«Certo.»

Lei lo guarda seria, ma Draco ha capito che il suo umore è cambiato. Maledetti ormoni, benedetti ormoni!

«E senza mutande?»

«Ancora meglio. Solo se sei senza mutande anche tu.»

«Sporcaccione.»

«Senti chi parla, come se non sapessi che te ne vai in giro sempre senza mutande.»

«Solo in casa, capirai!»

«Questo lo potrei raccontare: l’eroina del mondo magico, la severa Hermione Granger va in giro senza mutande. E mi fa eccitare in modo indecente… Mmm.» Le annusa il  collo gemendo senza ritegno.

«Tanto non ti sposo. Non voglio tornare in Inghilterra.»

«Perché là dovresti metterti le mutande? Sposami qui. Sarà meglio di niente. I bambini saranno contenti e forse quegli impertinenti la smetteranno di dire che hai due mariti.»

«Tre, con te. E smettila di parlare di mutande.»

«Ma davvero pensano questo di te?»

«In che senso?»

«Ti considerano una donna promiscua?»

«Un po’ scherzano, un po’ no. Qui non è come da noi.»

«Adesso sono io a domandare in che senso.»

«Beh, Harry è venuto con Ginevra, ma questo non è bastato a scoraggiare le chiacchiere. Era il primo uomo che hanno visto entrare in casa mia e rimanerci per giorni, il fatto che fosse molto evidentemente con sua moglie non ha impedito le prese in giro. Quindi è ovvio che, almeno in parte scherzano.

Di sicuro sono una donna sola con tre figli, e non ci piove che con qualcuno dovrò pure averli fatti, quindi sanno benissimo che ho avuto uno o più amanti di cui per anni non si è vista traccia. Ma vedi, qui certe cose sono considerate abbastanza normali. Da una parte i bahiani sono moralisti, non perdonano una donna che si prende gioco di suo marito e lo ferisce nell’onore. Dall’altro sanno che la fame è più forte dell’onore e che l’amore è forte quanto la fame. Quindi ci sono prostitute più rispettate di signore dell’alta borghesia, apparentemente irreprensibili, e i peccati d’amore sono quelli che tutti perdonano. Io, a quanto pare, sono simpatica alla gente. Nessuno mi ha mai fatto domande imbarazzanti. Salvo i bambini, ovviamente.»

«Quando ci sposiamo?»

Uno sbuffo irritato.

 

*****

 

Lucius è fieramente arrabbiato per il tiro mancino di Draco. Trovarsi sposato a quella…

D’accordo. È una purosangue, di ottima famiglia, ma per lui non era previsto alcun matrimonio. Lui avrebbe dovuto vivere fino in fondo la sua dignitosa vedovanza. Non senza concedersi qualche svago, ovviamente, ma un’altra moglie! Che Merlino aveva in testa suo figlio? In che modo pensava che questa mossa potesse giovare ai loro interessi?

Una sposa INCINTA, poi, come se Lucius Malfoy fosse un ragazzino con gli ormoni in subbuglio che non riesce a pronunciare un decente incantesimo contraccettivo! Che avrebbe pensato di lui il mondo magico?

Quella se ne va in giro dandosi arie da padrona di casa quando non ha la minima esperienza. Non ha certo dignità, eleganza e padronanza della gestione di una magione pari a quella di Narcissa. Per fortuna non ne ha nemmeno il carattere forte, non sarà difficile ridurla all’obbedienza più assoluta.

Che si immagina la piccola arrivista, che le lascerà campo libero? Ha già proposto una festa per annunciare il loro matrimonio.

Una festa.

Che c’è da festeggiare? Chi la vuole vedere nel salone di ingresso a ricevere gli ospiti con quella sua pancia che attira le battute maligne?

Per ora ha messo la scusa dell’assenza di Draco. Festeggeranno quando ci sarà anche lui. L’ha vista cambiare espressione, a quell’annuncio. Non si immaginerà che sia davvero disposto a disconoscerlo!

Maledizione! Adesso dovrà trovare un’altra moglie per quel somaro! Che gli costava sposare Astoria? In fondo il piccolo è un Malfoy, che differenza fa se l’ha concepito l’uno o l’altro membro della famiglia? Non è colpa sua se a quel cretino si drizza l'uccello solo per quella femmina impura!

«Tesoro, ho bisogno di sapere su che appannaggio posso contare, visto che devo rinnovare il guardaroba.»

«Perché? Non l’hai già fatto tre settimane fa?»

«Ma caro non posso portare sempre il nero! Ho bisogno di qualcosa di nuovo per l’estate.»

«E perché il tuo guardaroba è solo nero?»

«Beh, sai, tu eri molto grave e non si sapeva come sarebbe finita. Ho voluto essere previdente.»

«Quindi ti sei procurata un buon assortimento di abiti da lutto!» Lei china la testa e arrossisce. «Scordati che io muoia per consentirti di sfoggiare i tuoi abitini!»

«Non volevo dire questo, anzi, non vedo l’ora di poter di nuovo dividere il letto con te. Come ti senti?»

«Sono io che non ho nessuna voglia di dividerlo con te! Non sei tanto affascinante con quel pallone sotto il vestito!»

È stato uno stronzo, d’accordo. E allora? Non sapeva forse con chi aveva a che fare? In tal caso ha commesso un errore, la signorina Greengrass. Maledizione! È la signora Malfoy, adesso. Grazie a quel deficiente totale di suo figlio!

Appannaggio Probabilmente si aspetterà parecchie migliaia di galeoni al mese, mentre in questo momento sono a secco.

Non gli è stata tolta nemmeno la bacchetta, il Ministero si è limitato ad imporre un blocco ai suoi capitali, lasciandogli solo il necessario per vivere. Comodamente, secondo loro. Meno del minimo indispensabile, per un purosangue abituato come lui.

 

*****

 

Astoria sa che essere furibonda non è molto fine. Provare disappunto è il massimo concesso ad una signora, ma quello che prova lei non è disappunto, è umiliazione, è rabbia, è odio cieco contro quel vecchio mangiamorte che le è toccato per marito, viscido porco, rimbambito, incapace di pronunciare decentemente un incantesimo contraccettivo e che si permette anche di insolentirla, di dire che lei non è attraente a causa della pancia.

Questa deve fargliela pagare molto cara!

Questa sera stessa.

Se lo ricorderà che lei era la prima del suo corso in pozioni?

 

*****

 

A cena Lucius mangia con appetito il filetto alla Stroganoff. Lancia ogni tanto occhiate alla moglie. Ormai ha detto che non la vuole nel suo letto e dovrà mantenere il punto per un po’.

Peccato. A dire il vero non gli dispiace affatto con quella pancina. Non è grassa e sformata, anzi, è molto sexy. Ha due magnifici seni e le gambe snelle. Anche il viso è più bello di prima, più sensuale. Non sembra offesa per le parole che le ha rivolto. Anzi, pare quasi che sorrida in modo impercettibile.

Dopo cena si fa servire un superalcolico dal suo elfo personale e lo sorseggia leggendo l’edizione settimanale della “Gazzetta del Profeta”, considerata l’organo ufficiale del Ministero.

A quest'ora avrebbe potuto riprendere a frequentare gli ambienti politici, grazie anche all’attentato da cui era uscito come un martire della libertà, se solo quel somaro di suo figlio si fosse fatto gli affari suoi. Adesso dovrà rispondere di quelle lettere.

Ha pensato, sommariamente, a come difendersi. Al primo interrogatorio ha dichiarato di avere un debito di riconoscenza verso Yaxley ma non ha specificato in che consista. Che poteva inventarsi sul momento? Rischiava di essere attaccabile. Poi c’era stata l’aggressione, da parte di Thomas e tutto era stato sospeso. Probabilmente è stata una gran fortuna, adesso gli sono stati concessi gli arresti domiciliari e avrà tempo per elaborare qualcosa di credibile, sempre sperando che quell’idiota di Yaxley non si lasci trovare. Comunque se Thomas immagina che lo ringrazierà per gli interessanti cambiamenti alla sua vita farà meglio a ricredersi. Sarà già tanto non essere remunerato con un avada.

Ora ha tre settimane per inventarsi qualcosa di credibile.

Quando Astoria si alza dalla poltrona e gli augura educatamente la buona notte, lui risponde a mezza bocca. Poi però si volta a guardarle il sedere. Sì, ha deciso che la perdonerà presto. Domani stesso, magari.

Durante la notte un terribile incubo lo fa sudare e girare tra le lenzuola senza potersi svegliare. Sogna il pomeriggio  in cui Voldemort si è preso la sua bacchetta.

 

«Non è un grande onore per te Lucius?» domanda il Signore Oscuro, con la sua voce serpentina, mentre Lucius si torce le mani, umiliato, ridotto peggio di un babbano, privato della propria bacchetta. «E ho in mente per te anche un altro privilegio che, sono certo, ti aiuterà a non sentire troppo la mancanza della tua bacchetta.»

È in quel momento che Lucius inizia a sentire dolore. Cosa gli sta facendo il Lord? Si chiede Lucius, sempre più angosciato, eppure la bacchetta è abbassata, in che modo riesce a procurargli quelle fitte insostenibili? Tenta di portarsi le mani al ventre dolorante, ma si rende conto di non potersi muovere, stretto in un abbraccio a cui è impossibile sfuggire, abbassa gli occhi e non riesce a credere a quello che vede: Nagini, l’enorme, terrificante demone domestico del Signore Oscuro lo avvolge con le sue spire e gli sta mangiando le viscere.

«Ecco! Quale maggior privilegio che nutrire il mio animaletto? Lei ha tutto il mio amore, e adesso, essendo parte di lei, anche tu lo avrai.»

Il serpente intanto ha infilato la testa dentro la cavità sanguinolenta aperta nel suo addome, gli morde lo stomaco e avanza rodendo i polmoni e il cuore.

Il dolore gli fa versare lacrime incontenibili, ha capito che non ha nessuna speranza di sopravvivere. Guarda l’uomo che ha servito per anni e che adesso lo osserva senza alcuna simpatia, come se fosse un piccolo scarafaggio che tenta inutilmente di risalire una parete di vetro. Una fitta ancora più dolorosa gli strappa un grido. Voldemort ride. Ride di lui.

«Signore», dice ridendo, con una strana voce squittente. «Padrone, signore, parlami padrone, ti prego !»

 

Lucius si sveglia ansante, completamente sudato, avvolto strettamente nelle lenzuola umide, ma il dolore non finisce con il sogno, al contrario, sembra mille volte più intenso.

«Nagini…», la bocca spalancata in un grido che esce solo come uno strano sbuffo stridente. Tenta di liberarsi dalle spire che lo avvolgono, ma non c’è nessun serpente, solo il dolore accecante e le lenzuola che lui stesso si è arrotolato attorno con i suoi movimenti scomposti.

Per un attimo il suo cervello si riconnette alla realtà e un’intuizione lo coglie: “veleno”.

«Padrone, dimmi, padrone, devo chiamare la padrona?» Lucius scuote la testa terrorizzato. «Devo chiamare il guaritore? Stai male padrone?» l’elfo insiste a fare domande a cui Lucius non riesce a rispondere.

Alla fine mormora “guaritore” con il poco fiato che riesce a racimolare. L’elfo scompare con un sonoro schiocco per andare a eseguire l’ordine.

In quel momento Astoria entra in camera. E Lucius muore letteralmente di paura.

Non gli è difficile immaginare cosa sia successo: lei ha tutti quei vestiti da lutto e lui oggi l’ha offesa!

«Che hai tesoro mio? Ti senti male? Dimmi dove ti duole.»

Lucius balbetta, gli occhi si abbassano involontariamente al ventre e lei, senza alcuna creanza lo tocca, spinge sull’addome molle e dolorante facendolo urlare.

«Poverino, adesso ci penso io, sta tranquillo.» Tira fuori dalla tasca una fiala dal contenuto lattiginoso. «Ecco, bevi questa, ti farà bene.»

Lui chiude le labbra più forte che può, ma è debole, lei si limita a pinzargli il naso con due dita fino a quando è costretto ad aprire la bocca per respirare. E lei, veloce e precisa, gli svuota in bocca la fiala tenendogli poi la bocca chiusa fin quando non è certa che l’abbia inghiottita.

«Così, bravo. Non bisogna far arrabbiare la mamma. Ora vai pure in bagno, ne hai bisogno.»

Lucius è terrorizzato, ormai certo che la sua ora sia giunta. Maledice il momento in cui gli è venuto in mente che una Greengrass sarebbe stata una buona Lady Malfoy, quando l’ha vista e si è lasciato sedurre dal suo viso perfetto e dalla sua perfetta educazione. Più di ogni altro momento, maledice la sera in cui è entrato in camera sua, dando inizio a una relazione che non avrebbe mai dovuto intraprendere e che lo sta portando alla morte.

Incredibilmente, gli spunta dentro anche un briciolo di ammirazione, malgrado quella sua aria da ochetta non è una che si lascia prendere in giro, sa farsi valere, proprio come una vera Malfoy. Non ha sbagliato in fondo.

I movimenti delle sue budella si fanno all’improvviso frenetici ed è costretto a tentare di alzarsi dal letto e trascinarsi, più velocemente possibile, verso il bagno. È costretto anche ad accettare l’aiuto di sua moglie assassina per raggiungerlo e non dare un misero spettacolo di sé in mezzo alla stanza.

Il medico pontifica che di sicuro ha mangiato qualcosa di tossico, forse mal cucinato, forse poco fresco. Alla notizia che il piatto cucinato per cena conteneva anche dei funghi, si dice certo che un fungo velenoso si sia mischiato a quelli buoni. Lucius fa finta di accettare il responso.

Essere avvelenati da una femmina è abbastanza umiliante anche senza farlo sapere al mondo intero.

La diarrea dura per tutta la notte e il giorno seguente. Verso sera non è ancora passata ma sta un po’ meglio. Medita di scendere a cercare la sua dolce consorte per darle il fatto suo quando questa entra in camera tranquillamente, dopo aver bussato appena, senza aspettare il suo permesso.

«Non potresti attendere come tutte le persone educate?»

«Perché mai? Questa è casa mia e tu sei mio marito. Posso andare dove voglio in ogni momento e se ti vedessi nudo non sarebbe nulla di nuovo.»

«Maledetta puttana!»

«Ahh, cominciamo male. Te lo ripeto, sono tua moglie, lady Malfoy, che tu lo voglia o no. Portami rispetto, o saprò io come farmi rispettare.»

«Certo, ho visto, avvelenandomi! Sappi che non la passerai liscia. Non intendo certo denunciarti, perché ci farei una brutta figura, ma tu sappi che non mi scorderò.»

«Se avessi voluto avvelenarti saresti morto. È stato solo un avvertimento. Sai, questa frase l’ho detta a tuo figlio, una volta, e non avrei mai creduto di doverla ripetere a te: sono tua moglie, posso e sono capace di rendere la tua vita un posto molto brutto. Sarà meglio per entrambi che impariamo a rispettarci.»

Lucius non riesce a credere alle sue orecchie, nemmeno sua moglie, quella che nel suo cuore sarà sempre l’unica vera moglie, Narcissa, nemmeno lei ha mai osato minacciarlo. Allunga la mano automaticamente verso il tavolino da notte, dove tiene sempre la sua bacchetta mentre dorme. Un paio di Cruciatus avrebbero ridotto a più miti consigli quella spudorata.

Peccato che l’impeto con cui porta avanti la sua bacchetta e la punta al petto di sua moglie non dia per risultato altro che un ciondolamento ridicolo: la bacchetta è spezzata, tenuta insieme solo dalla fibra interna. Corda di cuore di drago, ricorda inutilmente.

«La mia bacchetta! Ma che…» Si blocca, vedendola sogghignare.

«Oh, gli elfi a volte sono così maldestri!»

 

 

 

 

 

L’autunno del patriarca: romanzo di Gabriel Garcia Marquez. Non è “Cent’anni di solitudine” ma non è male.

 

 

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Capitolo 32
*** In cerca di guai ***


32-   In cerca di guai

 

 

Passano diversi giorni prima che Lucius abbia la possibilità di uscire, accompagnato da un auror, per ricomprare la bacchetta.

Si è rimesso perfettamente e si domanda, rientrando in casa, se debba far pagare alla dolce metà il fio della sua colpa, o lasciare che quell’episodio resti isolato e dimenticato, come una sorta di chiarimento che ha prodotto una nuova alleanza.

Probabilmente sarebbe la scelta più saggia. Trattarla con rispetto e pretenderne altrettanto senza perseguire la vendetta. Se poi lei si dimostrasse poco adeguata, sarebbe sempre in tempo a tornare sulla sua decisione.

Non c’è dubbio che sarebbe la soluzione migliore.

Ma Lucius non è abituato a passar sopra alle offese. Il fastidio di essere stato giocato da una ragazzina non accenna a passare.

Probabilmente una piccola Cruciatus le fornirà il giusto incentivo per stare al suo posto, da ora in poi. Dolore per dolore, e saranno pari.

Si congeda dall’auror con grande cortesia, dopo avergli offerto un aperitivo, rifiutato, e un invito a fermarsi a cena, rifiutato anch’esso.

Infine prende un grosso respiro e si avvia verso il salotto preferito di quella sua moglie. Prima di entrare afferra la bacchetta, mantenendola nascosta nella tasca del mantello.

Lei è seduta sul divano, piuttosto tesa, sembra, la mano sinistra sulla pancia e la destra appoggiata dietro, ai cuscini del divano, come per sostenersi.

Lo guarda e si apre in un sorriso strano.

«Lucius, tuo figlio scalcia.»

Lucius è spiazzato. Stava per lanciarle una Cruciatus senza tenere minimamente conto di suo figlio dentro di lei! Un figlio cadetto, è vero, ma sempre un Malfoy. E poi non è detto, se Draco non rinsavirà alla svelta c’è la concreta possibilità di dover affidare a questo nuovo Malfoy la successione della famiglia. Senza più sangue Black, né patrimonio dei Black.

Lucius spera davvero che non si debba arrivare a tanto.

Intanto è rimasto bloccato, a bocca aperta, a guardare Astoria, che lo guarda di rimando.

Va bene, la cruciatus non è la cosa migliore, non in quel momento.

Si avvicina e si siede sul divano, mette cautamente la mano sulla pancia di lei e sente i famosi calci. Solo un fremito, una piccola onda dura sotto la pelle di lei. È quel Malfoy che fa questo? Quello dentro la pancia di Astoria? E come sarà?

Il fatto che si faccia sentire fin da ora gli pare un buon segno, un Malfoy di carattere, deciso a non farsi ignorare. Cerca di ricordare se Draco scalciasse, ma non ricorda un accidenti di Draco da piccolo, figuriamoci prima della nascita.

«Bene», commenta, imbarazzato. «Mi fa, ahem, piacere che tuo… nostro figlio scalci. È buon segno, vero?»

«Naturalmente.»

«Bene, vogliamo andare a cena?»

«Certo, vai, ti seguo immediatamente.»

Mentre si avvia verso il bagno del pianterreno per lavarsi le mani, Lucius si dà dello stupido per aver pensato di usare la Cruciatus, per punire quella piccola arrogante. E se il bambino ne avesse risentito? Se fosse nato malato o deforme o, peggio ancora, privo di magia? Decisamente, dovrà pensare a qualcosa di meno drastico, considerato il momento. Astoria sarà punita, questo è certo, qualcosa si inventerà.

Astoria, rimasta sola, estrae velocemente la bacchetta da dietro i cuscini del divano dove, di nascosto, la impugnava saldamente, e la ripone nell’apposita tasca del suo abito da strega.

È matematicamente certa che Lucius stesse per usare la propria, appena entrato nella stanza. Per stasera è andata. Dovrà stare molto attenta, però.

Se lo conosce appena un po’, non è finita qui.

 

*****

 

Draco è costretto a tornare a Londra.

Prega Hermione di tornare con lui ma lei non ne vuole sapere.

«Mi piacerebbe tornare, rivedere gli amici, ma come potrei fare? La mia vita è qui adesso, i bambini vanno a scuola, io ho i miei impegni. Come potrei venire con te?»

«Stai facendo finta di non capire: io ti propongo di tornare per sempre, lasciare questo posto e venire via con me, insieme ai bambini, sposarmi e fare di me un uomo onesto.»

Lei ride, come di una battuta di spirito.

«Smettila! Ho la mia vita qui, a Londra non c'è niente che potrebbe tentarmi abbastanza.»

«Ci sono io.»

«Ma sei serio? Hai già finito i tuoi esami di coscienza?»

Lui resta basito per un attimo. E tutti i discorsi che hanno fatto da un mese a questa parte?

«Ho fatto quello che dovevo, ora ti sto chiedendo seriamente di diventare mia moglie, te lo sto chiedendo da un mese, a dire il vero. Possibile che ancora tu non abbia capito? Che devo fare per farti credere che voglio solo sposarti e passare la vita con te e con i miei figli?»

Si ferma appena in tempo. Non vuole dire e nemmeno pensare che davvero non lo voglia più.

Lei tace a lungo.

«Mi pare che sia presto per questo.»

«Presto? Come presto, dovremmo aspettare che i nostri figli siano a Hogwarts prima di sposarci?»

«È presto per me! E anche per te, credo.»

«Mi stai dicendo di no?»

«Sarebbe così assurdo?»

Lui la guarda, abbassa gli occhi e prende fiato. Il cuore schiacciato dal timore che sia non troppo presto, ma troppo tardi. Che lei ormai non lo ami più abbastanza da accettarlo per sempre nella sua vita, che tutto quello che ha fatto di sbagliato verso di lei abbia alienato per sempre il suo affetto e ogni possibile fiducia in lui.

«No. Non sarebbe assurdo. Ma per me sarebbe terribile.» Chiude gli occhi e respira forte. «Capisco le tue ragioni, credimi, ma non so se potrei continuare a vivere senza di voi, se quella sarebbe ancora vita.»

«Non stai esagerando? Eri pronto a sposare un’altra donna e a farti un’altra famiglia e adesso non vivi senza di noi!

Draco, stai forzando i tempi. Io ho conosciuto bene il Draco di prima, quello che non poteva far sapere al mondo di aver “seminato bastardi”, fatico a credere che in pochi mesi tu sia cambiato così tanto. Ho paura che, a contatto con il mondo magico, immerso nell’ambiente in cui sei cresciuto rispuntino le vecchie ragioni. In fondo ti è sempre piaciuto essere l’élite, ne sei sempre stato fiero. Che ne sarebbe di noi se ci trovassimo ad essere motivo di imbarazzo per te? Non te ne farei una colpa, perché non si può decidere di provare o non provare emozioni a comando, ma ne farei una colpa a me stessa, per non averlo previsto. Scusami, ma non me la sento di mettere nelle tue mani la serenità dei miei figli, non ancora.

E, devo dirtelo, per onestà, non è detto che succeda. Non dubito delle tue intenzioni, ma della tua capacità di mantenere un simile impegno. Dovrai convincermi.»

«Ascolta, potreste venire con me solo per una visita, una piccola vacanza. Facciamo una prova. Che ne dici? A fine luglio si sposa Blaise, vieni con me al matrimonio, tu e i bambini. Restate per qualche giorno e poi torniamo qui.»

«Vedremo, ci penserò.»

Draco si accontenta. Non può pretendere di più, per ora.

È convinto più che mai di volere Hermione e i bambini nella sua vita e deciso a convincerla, costringerla, manipolarla, ingannarla, forzarle la mano, fare di tutto e di più per averla con lui. Se non saranno insieme come farà a convincerla che è possibile, che starà bene con lui, che la proteggerà e si occuperà di lei e dei suoi figli come ogni uomo fa con la sua famiglia?

Incomincia immediatamente, già sull’aereo per Rio de Janeiro, a pianificare.

 

*****

 

A Londra, chiama Blaise, che gli ha chiesto di essere il suo testimone, per domandargli se può portare la Granger e i bambini.

«Non hai bisogno di chiederlo, porta chi ti pare! Che sarebbe, una sorta di prima uscita pubblica?»

«In un certo senso. Le ho chiesto di sposarmi e lei mi ha mandato a fare un giro. Non si fida ancora e non vuole tornare in Inghilterra.»

Zabini ride.

«Se ti ha detto di no, la Granger è più sveglia di quanto credessi. Sai che ci sarà tuo padre, vero? Cioè, se sarà ancora a piede libero.»

«A proposito, come vanno le sue faccende?»

«Ah, vorrei avere il tempo di raccontarti le novità! Ce ne sono delle belle!»

«Che ti trattiene?»

«Myra, è a Londra e abbiamo parecchio da fare per organizzare il matrimonio.»

«Porta anche lei, non lavorerete anche a cena e dopo!»

«DOVE dovrei portare la mia fidanzata, in quella specie di caverna? E dove si siederebbe, visto che non hai nemmeno abbastanza sedie? Vieni tu a casa mia, meglio. Facciamo mercoledì… no, impossibile, giovedì. Va bene?»

«Ok, avrò il tempo di occuparmi di un paio di faccende a cui mi hai fatto pensare.»

«Che hai intenzione di combinare?»

«Niente di che. Se voglio portare qui Hermione e i bambini dovrò avere dove metterli, quindi mi toccherà arredare la caverna.»

Nei giorni successivi, Draco è impegnato nel lavoro. Le sue aziende procedono abbastanza bene anche in sua assenza, i suoi vice si tengono in contatto ma è necessaria, qualche volta, la sua presenza fisica, e quando va in ufficio, dopo un’assenza di un mese, le faccende accumulate richiedono diverse, intense giornate di lavoro.

Le assicurazioni sono risalite in modo più che soddisfacente, grazie alla campagna pubblicitaria. Draco si trova ad esaminare proposte per nuovi prodotti da immettere sul mercato con ottime possibilità di guadagno per la compagnia.

La casa editrice si barcamena, come tutte, di questi tempi. Pubblicano su internet ma i loro testi vengono scaricati abusivamente la metà delle volte e per ogni buco tappato se ne apre un altro, si sa, è per tutti così, fa parte del gioco. I libri di carta vendono sempre meno, hanno allegato musica e film ai libri, pubblicato su DVD, libri interattivi, audiolibri, collane per l’infanzia a basso prezzo, romanzi classici in edizioni pregiate e tutto quello che è venuto in mente a chiunque. Non è in perdita ma non guadagna molto, con la cultura pare non si diventi ricchi. A Draco non importa molto, lui è già ricco.

La sera arriva a casa sfinito. Malgrado il suo rapporto non proprio amoroso con il telefono, si impone di chiamare Hermione almeno ogni due o tre sere.

«Allora, che hai deciso per il matrimonio di Blaise?»

«Non lo so, quasi non lo conosco.»

«Che cavolo dici? Se era l’unico che frequentavamo, veniva a casa tua, non ti ricordi?»

«Stiamo parlando di otto anni fa! Poi è partito e non l’abbiamo più sentito, non io almeno. E comunque era amico tuo, non mio.»

«A lui fa piacere averti al matrimonio, gli ho detto che forse saresti stata a Londra in quel periodo e lui mi ha pregato di invitarti», inventa, che importa qualche piccola bugia per convincerla? «E poi la sua ragazza è deliziosa, ci terrebbe tanto a conoscerti, Blaise le ha parlato di te. Ti ho già detto che è nata babbana anche lei?»

«Ti stai inventando tutto.»

«No, giuro! Piuttosto, ho una domanda per te: che fine hanno fatto i mobili di casa?»

«Non ci sono più. Li ho venduti, regalati, buttati. Non credevo di tornare, quindi ho sgomberato la casa. Ma a te che importa, scusa?»

«Beh, credevo che ci tenessi ai mobili dei tuoi genitori, pensavo di rimetterli a posto prima che arrivaste.»

«E quelli che ci sono adesso?»

«Non c’è niente adesso.»

«Ma come, mi hai detto che vivi lì da anni!»

«Sì ma io non ho bisogno di molte cose. E poi pensavo che ci avresti pensato tu, al tuo ritorno. Perché io non mi sono mai rassegnato, non ho mai creduto che tu non tornassi.»

«E per tutto questo tempo hai vissuto in una casa quasi vuota?»

«Beh, diciamo… sobria», fa qualche smorfia che lei non può vedere. «Va bene, hai ragione, non quasi vuota, proprio vuota! Ho un letto, una scrivania, un fornello, un tavolo da cucina e due sedie. Cinque stanze e due bagni sono completamente vuoti e inutilizzati.»

«Malfoy, ma questo è patetico!»

«Che dici? Io non sono patetico!»

«Beh, insomma…»

«Non sono patetico, a meno che non sia patetico aver fede, credere con tutto me stesso che ti avrei riavuta, perché nessuna alternativa era decente.»

«Ok, allora non proprio patetico, diciamo romantico.»

«Un Malfoy non è mai romantico!»

«Va bene, allora definisci da te cosa è uno che vive in una cella monastica di duecentocinquanta metri quadri per cinque anni perché si sente abbandonato e non lo ammette.»

Lui chiude la comunicazione. Stringe i denti, aggrotta la fronte e pensa che lei è davvero una stronza. Patetico!

Lui non è patetico! Le farà vedere chi è patetico!

 

*****

 

Il mattino dopo, telefona all’agenzia pubblicitaria, prende un appuntamento per il pomeriggio stesso. Non ha molto tempo, Blaise si sposa tra un mese appena.

«Siamo pronti per la seconda parte della campagna», comunica secco.

«Oh, vuol dire con la nuova serie di immagini?»

Shoting storce la bocca. Non è mai stato convinto e non gli è piaciuto che il cliente, anziché accettare, ringraziando, le sue idee abbia imposto le proprie.

«Esatto. Spero che sia tutto pronto.»

«In effetti, non sono state fatte le copie ma quella è questione di pochi giorni, gli spazi ci sono, quindi, una volta deciso, in una settimana si distribuisce.»

«Abbiamo ancora qualcosa da decidere?»

«Vede, lei dovrebbe fidarsi dei professionisti, altrimenti non ha molto senso valersene.»

«Venga al sodo, non ho tutto il giorno.»

«Insomma, non sono d’accordo con la scelta delle immagini», le tira fuori da una cartella, insieme ad alcuni bozzetti per i manifesti e per le pagine delle riviste. «Lo vede da sé, sono troppo affollate, non hanno…»

«Certo, se mettere delle scritte così invadenti!» Prende a guardare i bozzetti velocemente, spostandoli di lato dopo appena un’occhiata. «I primi erano più raffinati, questo carattere è orrendo. Che vuol dire “La paterna sicurezza della nostra…” a chi è venuta in mente questa insulsaggine?»

«Ahem, abbiamo avuto delle difficoltà, ultimamente, uno dei nostri collaboratori ci ha lasciato e facciamo fatica a sostituirlo. Forse lo ricorda Trevis, quello che…»

«Lo ricordo», anche perché lavora per lui, alle pubbliche relazioni, da mesi, ormai. «E senza Trevis non gira? Avreste dovuto trattarlo meglio. I talenti vanno valorizzati.»

«Era giovane, impaziente, tutti abbiamo dovuto fare la gavetta.»

«Io no.» Alza gli occhi dai bozzetti. «Se potrete avere Trevis per tre giorni, IO potrò avere dei bozzetti decenti?»

«E come…»

«Non se ne preoccupi. Domattina Trevis sarà qui, con la mia delega a decidere per la campagna. Mi aspetto di vedere le nuove immagini in giro entro il trenta, massimo il tre luglio. Buona serata.»

 

*****

 

La tentazione è quella di prendere un architetto e incaricarlo di arredare la casa. È quasi sicuro che a lei non piacerebbe. Ma nemmeno ha tanto tempo per farlo di persona.

Perché quella zuccona ha buttato i vecchi mobili?

Ikea? Mobili tradizionali? Moderni? Un falegname? No, che falegname! Non farebbe mai in tempo.

Alla fine sceglie una via di mezzo: entra in un negozio di mobili di ottima qualità e parla con l’architetto di interni.

«La mia casa dovrà essere calda e accogliente. Abbiamo cinque bambini, quindi ci vorranno stanze per i giochi e per lo studio e i mobili dovranno essere robusti e… insomma, non voglio quella roba di cristallo e acciaio e nemmeno quelle stupide poltrone a forma di un’altra cosa.»

«Mi scusi, direi che la prima cosa da fare sia un sopralluogo. Ha le planimetrie delle stanze?»

«Non credo.»

«D’accordo, ci penso io. Adesso guardi queste foto di ambienti e mi esprima il suo parere.»

Dopo quindici giorni, tre visite da parte dell’architetto con un tecnico addetto alle misurazioni, nessun interesse da parte sua per le sfumature di colore (“preferisce ghiaccio o perla? Ci sarebbe anche questa sfumatura guscio-d’uovo…” “Ma non sono uguali?”) e vere e proprie aggressioni per ragioni che l’architetto non capisce a pieno (“Spigoli? E io che le ho detto a fare che abbiamo bambini? Questa panca è perfetta per spaccare teste!”), sessantacinquemila galeoni (trasformati in sterline), la casa è arredata e corredata di tende, tappeti, biancheria e suppellettili.

Molto meglio.

 

*****

 

Mentre è impegnato nell’arredamento di casa, prima ancora che siano pubblicate le nuove immagini, arriva il gufo di Lucius.

Un invito, questa volta, una novità rispetto alle solite convocazioni.

Lucius dà una festa per presentare la nuova lady Malfoy. Bene. Forse i problemi sono superati.

Blaise gli ha riferito che Lucius ha dato in escandescenze quando si è reso conto delle proporzioni dello scandalo. Nella Londra magica le immagini della campagna pubblicitaria sono arrivate molto meno che nella parte babbana, quello che ha fatto davvero scalpore sono stati gli articoli, generati dalla sua conferenza stampa ma arricchiti di particolari e rivelazioni, a seconda della fantasia del giornalista di turno, sempre più eclatanti, sempre più lontani dalla verità, come Draco ha potuto costatare di persona.

Comunque meglio così, se Lucius se ne è fatto una ragione.

La festa si rivela piena di sorprese: innanzitutto la rassegnazione di Lucius è solo una speranza, presto delusa, di Draco. Sono presenti una quantità di ragazze purosangue, in età da marito che gli fa immediatamente intuire che l’invito ha tutt’altro scopo rispetto a quello dichiarato.

E poi non c’è lady Malfoy!

«Posso sapere che diavolo hai in mente?» chiede Draco a denti stretti mentre tutte le ragazze lo occhieggiano e qualcuna, più audace, si è già presentata e ha tentato di piantare la  propria bandiera.

«A che ti riferisci?»

«Chi diavolo sono tutte queste assatanate?»

«Sono ragazze. Hai presente le ragazze? Quelle con cui si possono fare tanti bei giochi, e quella con cui i giochi sono più piacevoli si può anche sposare e farci un figlio. Ecco a che servono le ragazze. Dimmi tu se devo fare una lezione di questo genere a mio figlio trentenne!»

«Ho già qualcuno con cui fare i giochi più piacevoli del mondo.»

«Sì, ho visto. Razza di pervertito! Come si fa a sbattere in faccia all’intero mondo magico i propri bastardi?»

«Benissimo. Quelli sono i miei figli, non ne avrò altri se non dalla stessa donna, quindi rassegnati e congeda pure tutte queste puttane, non so che farmene.»

«Perché? Sei passato all’altra sponda?»

«Che cazzo dici?»

«Se non sai che fartene di splendide ragazze, devi essere diventato gay.»

«Perché, tu adesso troveresti il modo di utilizzarle, sotto il naso di tua moglie?»

«Mia moglie era tua madre, Narcissa Black Malfoy. Quella che tu mi hai appiccicato contro la mia volontà e a mia insaputa è solo un modesto rimpiazzo.»

«Ma che dici? Una delle migliori fanciulle del mondo magico, una purosangue perfetta…»

«Perfetta per te, imbecille! Io sono troppo vecchio per accontentarmi di una ragazzina.»

«Avrei detto il contrario. Avete scopato alle mie spalle per anni, non ti pareva una ragazzina, allora? A proposito, dov’è? Non era la sua festa, questa?»

«Disturbi della gravidanza. Non può scendere.»

Draco lancia un’occhiata di traverso a Lucius, posa il bicchiere e si avvia verso le scale driblando abilmente le fanciulle che gli tendono agguati.

Al piano superiore bussa alla porta della stanza di Lucius. Da dentro gli arriva un mugolio. Entra.

Astoria, in abito da sera argentato e sandali con tacchi a spillo, siede sulla poltrona con la faccia furiosa.

«Me lo immaginavo. Che ti ha fatto?»

«Locomotor Mortis» mugugna tetra, tentando inutilmente di muovere le gambe.

«E posso sapere per quale ragione mio padre avrebbe fatto una festa per presentarti e poi ti avrebbe impedito di partecipare?»

«Perché è un…»

«Astoria! Sei una signora, non lo dimenticare.»

«Quel brutto vecchio!» sputa, come se fosse il peggiore degli insulti. «Fa il carino, sembra che abbia perdonato e dimenticato, addirittura mi lascia organizzare la festa poi… ma questa me la paga, ci puoi giurare!»

«Aspetta, aspetta… Ti ha fatto questo per punirti di qualcosa?»

«Beh? Che si aspettava, che avrei ingoiato le sue volgarità e avrei anche ringraziato? Per chi mi ha preso?»

«Astoria, fammi capire, per piacere.»

«Lui è stato sgradevole, maleducato, offensivo, con me. Mentre io cercavo di essere gentile e far funzionare il matrimonio, visto che non è stato così intelligente da morire quando ne ha avuto l’occasione, mi insulta come se fossi un elfo domestico! Lo sai che si è permesso di dire? Che non sarebbe venuto a letto con me, che non lo attraevo per via della pancia. E di chi è la colpa se ho la pancia? Se uno a cinquant’anni ancora non è capace di pronunciare un incantesimo contraccettivo dovrebbe solo vergognarsi, altro che élite del mondo magico, è solo uno stupido VECCHIO RIMBAMBITO!!!»

«Sht, non urlare, tanto non ti sente, di sotto c’è un bel rumore. Ho capito, lui ti ha offeso. E tu? Non credo che tu sia rimasta lì a prenderle.»

«Beh, era mio diritto remunerarlo giustamente.»

«E in che modo l’avresti remunerato?»

«Una sciocchezza. Gli ho fatto assaggiare una minima parte del dolore e dell’umiliazione che lui mi ha inflitto.»

«Attraverso?»

«c-na …zione»

«Cosa? Non ho capito, parla più lentamente.»

Lei, più che parlare lentamente, alza la voce.

«Ero la migliore del mio corso, in pozioni. So preparare veleni assolutamente impercettibili. Uno si trova morto e non ha idea di come sia successo.»

«L’hai avvelenato?!»

«Solo un pochino.»

«Come “solo un pochino”

«Dopo gli ho dato l’antidoto. Ha avuto un po’ di mal di pancia, due giorni di diarrea, che vuoi che sia? Quando ha ricomprato la bacchetta avevo paura, a dire il vero, ma lui sembrava aver dimenticato. Non c’è da fidarsi di quell’uomo.»

Draco ride di cuore.

«Sono d’accordo, anche se detto da te… Spiegami questa cosa della bacchetta.»

«Ti pare che avrei potuto lasciargli usare la bacchetta? Mi è toccato spezzarla! Cioè… è stato un incidente. Colpa di un elfo.»

«Naturalmente.» Ride di nuovo. «Così per punirti lui ti ha fatto organizzare la festa e poi ti ha impedito di partecipare, giusto?»

«NO, non è giusto affatto, perché se lui mi rispettasse come merito io non lo avvelenerei!»

«Quindi hai intenzione di rifarlo?»

«No, adesso fa assaggiare tutto agli elfi, prima di mangiare e di bere.» Una smorfia sprezzante. «Ma non credere,  troverò il modo di fargliela pagare. Non si deve nemmeno immaginare di potermi trattare come uno straccio usato!»

Draco scuote la testa. Finiranno per ammazzarsi a vicenda. Perfettamente degni l’uno dell’altra.

«Astoria, vuoi che ti liberi? Così potrai scendere e partecipare a quel che resta della festa.»

«Scherzi? Non ci penso affatto. Tu liberami ma non posso scendere. Ormai ha detto a tutti che sto male. Ha detto che sto male, vero?»

«Sì, qualcosa del genere.»

«E io dovrei scendere ed espormi alle chiacchiere? Tutti penserebbero che abbiamo litigato!»

«E non è vero?»

«Che c’entra? Il mondo non ha bisogno di sapere i fatti nostri. Risolverò la cosa a modo mio. È una faccenda tra me e mio marito.» Gli lancia uno sguardo scherzoso. «Magari se mi liberi gli faccio trovare un nido di vespe nel letto.»

Draco ride. Spera che non si facciano male davvero. Lui non può farci nulla.

«Come stai? La gravidanza come va?»

«Tutto bene. Dovrei partorire in agosto. O forse a inizio settembre.»

«Sai se è un maschio o una femmina?»

Lei fa un’espressione strana.

«No, non lo so ancora.»

È una bugia. La conosce abbastanza, ormai.

Se fosse un maschio lo direbbe con fierezza, grazie allo stupido pregiudizio della casta contro le femmine, che hanno la colpa di non trasmettere il nome di famiglia, quindi è sicuro che avrà una sorellina.

Un sorriso si apre sulla sua faccia, si domanda quanto somiglierà a Remedios. Parecchio, immagina.

«Io adoro le bambine!»

Astoria lo guarda maliziosa e ride anche lei.

«Non dirglielo, però.»

Draco mima di chiudere a chiave le labbra.

 

 

 

 

 

In cerca di guai: il vecchio Mark Twain colpisce ancora!

 

 

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Capitolo 33
*** In famiglia ***


33-   In famiglia

 

Le ultime due telefonate fatte a Hermione non sono andate come Draco sperava: la prima volta lei ha mugugnato al telefono due o tre frasi minacciose e poi ha riattaccato. La seconda gli ha chiaramente suggerito di non farsi rivedere da quelle parti senza dargli tempo di ribattere.

Lui, in risposta, manda un messaggio:

 

"Spero che tu ti renda conto che mi chiedi l’impossibile: hai sei piccole cose che mi appartengono e che non intendo perdere di vista. Una è il mio cuore. Arriverò lunedì, fatti trovare, ho delle novità. Dopo, se vuoi, mi schianterai come meglio credi.”

 

Un po’ se lo immaginava: dopo la prima ondata di foto e interviste, lei si è abituata a tenere sotto controllo le faccende inglesi. È praticamente certo che abbia comprato i giornali per trovarvi sopra foto non solo di Draco e dei suoi figli, ma anche di lei, tutti in posa, come una famiglia vittoriana.

È esattamente quello che è successo.

Ha visto l’allegra caricatura di famiglia tradizionale in cui lei appare scalza e ridente, con addosso una semplice tunica di lino rosso, i suoi figli vestiti alla meglio. L’uomo spettinato che le tiene la mano sulla spalla, invece, guarda in macchina fiero, mostrando al mondo la sua spudorata eleganza, malgrado i pantaloni sporchi d’erba e i bambini appesi alle gambe.

Ha stracciato il giornale e minacciato a gran voce il padre dei suoi figli delle più serie mutilazioni, solo dopo si è guardata intorno preoccupata che qualcuno dei bambini avrebbe potuto sentirla esprimersi in quel modo.

Quando Draco bussa alla porta, Hermione apre, gli getta appena un’occhiata inespressiva e richiude piuttosto violentemente, a due millimetri dal naso di lui.

Lui bussa di nuovo. Ancora e ancora, fin quando lei non riapre.

«Mi fai entrare?»

«No.»

«Ti prego.»

«Vuoi per caso farci una foto?»

«Non adesso»

«Che vuol dire “non adesso”?»

«Che ne faremo altre, ma non ora,  per ora ne ho più che abbastanza. Anzi, te ne ho portate alcune che quasi nessuno ha visto. Sono le più belle, quelle che saranno solo per i nostri occhi.

Faremo altre foto, al nostro matrimonio, quando i bambini cresceranno, ce ne faranno i paparazzi, probabilmente, siamo una coppia chiacchierata, adesso. Non mi dirai che Hermione Granger è così timida da lasciarsi impressionare da qualche foto sui giornali. Mi dispiace, dovrai farci l’abitudine.»

«Non se ti evito come avrei dovuto fare sempre!»

«Hermione, perché non mi lasci entrare? Vorrei vedere i bambini.»

«Hai un sacco di foto, guarda quelle!»

«Tu hai bisogno di guardare qualche foto, non io. Io ho bisogno di toccare e abbracciare i miei bambini e la mia… te.»

Lei lo guarda, ostile.

Lui sospira, appoggia la sua borsa a terra e la apre, ne tira fuori una foto, piuttosto grande, stampata su una carta opaca, e forse con qualche artificio che conferisce una particolare morbidezza ai colori.

Sono loro, in primo piano, anche se di sicuro la foto è stata presa da lontano, stanno parlando, con gli occhi persi, ognuno in quelli dell’altro e le facce così serene! Lui leggermente chinato verso di lei, lei con il viso girato verso di lui, un lieve accenno di sorriso, l’amore che trabocca dallo sguardo di entrambi. Così inequivocabile, così potente da gridare da una semplice, immobile, foto babbana.

Draco la porge a Hermione senza dire niente. Lei la prende e la guarda per qualche momento. Si lascia sfuggire un piccolo suono sconsolato.

«È questo che vedi quando… è così che ti guardo?»

Draco si prende qualche attimo.

«Che pensi di fare a  questo proposito?»

Lei, ha gli occhi ancora fissi sulla foto.

Gli afferra rudemente la camicia e appoggia la fronte sul suo petto. Stringe più forte il pugno e lo scuote, con un mugugno contrariato. Lui la stringe e la culla, fin quando lei non alza il viso e si lascia baciare.

«Sei inqualificabile! Si può sapere per quale ragione hai fatto questa cosa?»

«Ho delle ragioni. Ma non ho voglia di parlartene adesso, abbiamo tempo. Voglio solo entrare in casa, salutare i bambini, cenare insieme e venire a letto con te. Posso?»

Lei alza le spalle come a dire “tanto ormai non ci posso più fare niente”.

Sente alle spalle uno scalpiccio.

«Papà! Sei tornato!»

Eltanin gli abbraccia i fianchi e subito dopo si sente investito dagli altri due che gridano e gli si attaccano alle gambe.

Lui non osa muoversi temendo di farli cadere ma il suo sorriso prende due taglie.

«Sono tornato, e ho un paio di piccole sorprese per voi.»

«Ci hai portato un legalo?» si entusiasma Remedios.

«Niente di importante, ma spero che vi piacerà.»

Entrano in casa e lui tira fuori dalla borsa tre foto sotto vetro, pronte per essere attaccate al muro, tre splendidi ritratti di ognuno di loro. Il regalo li entusiasma parecchio e ognuno insiste per piantare il proprio chiodo, scegliendo il posto dove appendere con criteri assolutamente oscuri per Draco. Remedios lo appende davanti all’amaca, per vederlo anche quando dorme, Rodrigo pretende di attaccare il suo a ottanta centimetri di altezza “così lo vede proprio bene”. Eltanin chiede che il suo sia appeso in cucina, per mostrarlo a tutti.

Hermione apprezza il fatto che Draco non abbia mai tentato di abbagliare i bambini con la sua ricchezza, facendo regali vistosi e costosi. Non sa se si sia posto il problema autonomamente, preferendo conquistare l’affetto piuttosto che comprarlo, o se si sia ricordato delle liti furiose scoppiate ogni volta che lui tentava di mettere in qualche modo il suo denaro tra loro due.

Anche a Fernanda ha portato un ritratto, insieme a suo figlio che le fa sgranare gli occhi, la fa piangere e chiedere a Dona Flor di ringraziare un migliaio di volte “seu marido” che è l’uomo “mais maravilhoso do mundo e generoso como um rei”.

«Ma smettila, Fernanda, non ha fatto niente di speciale!»

Draco ha capito solo qualche parola ma non gli sfugge il senso, anche grazie al tono di Hermione.

«Ma come, finalmente una donna che mi adora come merito e tu la maltratti?» guarda giocoso Fernanda e le fa un baciamano.

Lei ride, scuote la testa e si avvia ai fornelli per evitare che la cena bruci.

Quando i bambini domandano qual è l’altra sorpresa, lui promette che domani lo sapranno.

Prima deve chiarire tutto con Hermione, non vuole rischiare un nuovo litigio, visto che ha risolto tanto brillantemente il problema della campagna pubblicitaria.

 

*****

 

Dopo cena, in camera, affronta il discorso.

«Posso dire ai bambini del viaggio?»

«Quale viaggio?»

«Hermione, non ricominciamo, me l’avevi promesso!»

«Non sono sicura che…»

«Solo per pochi giorni, come fai a capire se può andare bene tra noi se non stiamo insieme mai?»

«Non si tratta di stare insieme, lo sai.»

«Certo che lo so, si tratta di stare insieme in Inghilterra, nel mondo magico ed è proprio lì che ti chiedo di stare con me per qualche giorno.»

«Con i bambini?»

«Naturalmente!»

«Non mi sento sicura. Non sarebbe meglio…»

«Cosa, lasciarli qui?»

«E se succede qualcosa di brutto? Se tra noi non andasse bene? A quel punto tutto lo sapranno, i bambini lo sapranno e soffriranno.»

«Hermione, Hermione, basta. Smettila di nasconderti dietro ai bambini. Loro sanno che io sono il loro padre e te lo giuro, Granger, lo sono. Spero che un giorno mi permetterai di dare loro il mio nome, presto, spero. Non so se saranno mai gli eredi del patrimonio Malfoy, perché non ho idea di cosa intenda fare Lucius, per ora litigano, lui e sua moglie come bambini, però non ci serve davvero il patrimonio perché io ho il mio.»

«Smettila di parlare di soldi! Lo sai che non c’entra niente.»

Draco tace solo un momento.

«Qualunque cosa succeda tra noi, io non li abbandonerò, e non abbandonerò te, se non sarai tu a chiedermelo.

E adesso possiamo organizzare questo viaggio?»

Lei tace per un po’, il tempo di digerire le parole di Draco. Un’altra delusione la ucciderebbe ma, dentro di sé, ha già deciso di dare una possibilità a Draco. Anche perché sarebbe difficile tornare indietro ora che i bambini sanno di lui. Quindi il passo successivo sarà tornare in Inghilterra, solo per pochi giorni, solo per provare.

«Quanto tempo abbiamo?»

«Di quanto tempo hai bisogno?

«Il tempo di avvisare il mio sostituto, per lo studio e per l’ambulatorio. Dovrò parlare con gli insegnanti dei bambini. Per fortuna Eltanin va benissimo a scuola, basterà che mi diano i compiti per un paio di settimane, porteremo via i libri, non ci saranno problemi.»

«Ne sono sicuro. Secchiona la mamma, secchiona la figlia.»

«Smettila, stupido!»

«Vorrei partire prima possibile. Sarà necessario un po’ di shopping e forse è meglio a Londra.»

«Perché?»

«Il clima lì è diverso e anche la moda, quindi ne avrete bisogno tutti. Dovrai comprare qualcosa per il matrimonio di Zabini. Il tuo tubino rosso è delizioso ma credo che sarebbe meglio qualcosa di un po’ più formale.»

« Devo venirci davvero? E pensi che sia una buona idea portare anche i bambini? Non ne sono convinta, sinceramente.»

Draco ci pensa un momento.

«Forse hai ragione, per quanto riguarda i bambini, credo che il matrimonio di Zabini sarà un sufficiente motivo di stress, per te. Se andiamo presto avremo il tempo di trovare una persona a cui affidarli per quel giorno. Magari andremo a far visita ai tuoi amici e loro potrebbero aiutarci. Che dici?»

«Vuoi usare i miei amici come baby-sitter?»

«Non ho detto questo, ma potrebbero aiutarci a trovare qualcuno, che conoscano bene e di cui potresti fidarti.»

«Mmm…»

«Hermione…»

«Lo so. L’ho promesso e lo farò.»

«Credi di poter partire giovedì mattina?»

«Penso di riuscire. E tu sei sicuro di trovare i biglietti?»

«Aereo babbano?»

«Decisamente. È presto per loro, non sanno quasi nulla del mondo magico.»

«Lo immaginavo, non preoccuparti per i biglietti. E non sono rimborsabili, quindi mi auguro di cuore che tu faccia in tempo a fare tutto prima di giovedì.»

«Fammi capire, hai già comprato i biglietti?»

«Prima di partire.»

«E sapevi già che ero arrabbiata con te.»

«E anche che mi avresti perdonato.»

«Che razza di presuntuoso, manipolatore, infido, brutta serpe!»

«Vedila in positivo, il fatto che ti conosca così bene non è una garanzia?»

«Come no? Garanzia di essere presa per il…»

«Amore, i bambini!»

«Quali bambini?»

«Questi», le tocca gentilmente la pancia. «Non vorrai dare il cattivo esempio fin dall’inizio!»

 

*****

 

Per i bambini il viaggio a Londra è una grande avventura, sono eccitati come non mai.

Quando entrano in casa si guardano intorno incuriositi.

«Questa casa è troppo grande», stabilisce Rodrigo.

«Certo, Regina lo dice sempre che Dragao è ftraricco come un signore», interviene Remedios, saccente, «e allora ce l’ha una casa grande che ci centrano drento tutti quelli della favela.»

«Devo darti una delusione», spiega Draco. «Questa casa è di mamma. Io ci vivo ma è la sua. Eltanin, non ti ricordi niente? I tuoi primi anni li hai vissuti qui.»

«Davvero?» Si guarda  attorno spaesata e scuote la testa.

In quel momento due elfi fanno capolino dalla cucina, i bambini spalancano gli occhi e la bocca. Rodrigo si stringe di più alla gamba di Draco, Remedios sobbalza spaventata ma ritrova in un attimo la sua compostezza, Eltanin abbraccia Hermione e nasconde la faccia sulla sua spalla.

Draco li presenta alla famiglia con un sorriso e presenta la famiglia a loro in pochissimi minuti.

I bambini guardano a bocca aperta.

«Che sono quelli?» chiede Rodrigo.

«Ve l’ho detto, sono elfi domestici. Lavorano in casa nostra, puliscono, cucinano, fanno quello di cui c’è bisogno. Sono creature magiche, fanno parte del nostro mondo.»

«Ah, sono fpecialii pure loro?» chiede Rodrigo.

«Già, proprio così»

«E sono come i diavoli che dice Fernanda?» Remedios cerca di capire.

«Mmm, non credo. Gli elfi sono molto buoni e gentili.»

«E non tirano i piedi di notte ai bambini cattivi?»

«Non lo so. Qui non ci sono bambini cattivi. Scherzo! Non tirano i piedi a nessuno!»

«Ma perché a casa nostra a Salvador non c’erano?»

«Vivono nella parte magica del mondo, non si fanno vedere dagli altri.»

«Non si fanno vedere da quelli che non sono fpeciali come noi?»

«Proprio così, Regulus. Vuoi toccarli?»

Il piccolo scuote la testa.

«Li tocco domani. Perché mi chiami Reg… quel nome lì?»

«È il tuo nome inglese, non ti piace?»

«Boh?»

Draco dà brevemente agli elfi indicazioni per la cena. Il jet-lag si fa sentire e sono tutti un po’ sconvolti.

«Possiamo andare a vedere il resto della casa?» chiede Eltanin.

«Certo. Andate pure. Prima di scendere sceglietevi una stanza per dormire e lasciateci le vostre cose, lavatevi e cambiatevi, e se avete bisogno di qualcosa chiamate Mimi. Ovviamente la camera mia e di mamma non la potete avere.»

I bambini si lanciano lungo le scale. Non chiameranno Mimi, non prima di conoscerla meglio e sentirsi un po’ più sicuri di quegli strani personaggi.

«Nina, secondo te davvero sono buoni quei… quelli… non mi ricordo come si chiamano», domanda Rodrigo.

«Gli elfi?»

«M-m, i lelfi

«Se lo dice papà allora è vero. Lui non le dice le bugie. E poi vivono in casa con lui, se fossero cattivi non li terrebbe, ti pare?»

Sono rimasti soli, in soggiorno, Hermione si guarda attorno.

«È tutto diverso. Nemmeno io la riconosco» dice Hermione.

«E ti piace?»

«Molto! Non avrei mai creduto che saresti stato capace di essere così sobrio nelle tue scelte.»

«Non ho fatto tutto da solo. Mi ha aiutato un architetto, io gli ho detto tutto quello che mi serviva e lui ha fatto il grosso del lavoro.»

«Di solito gli architetti realizzano arredamenti belli ma eccessivi. Qui sembra quasi che le cose siano state accumulate nel tempo, come accade nelle famiglie normali.»

«È quello che voglio.»

«Sembrare una famiglia normale?»

«ESSERE una famiglia normale. Ma non è sull’architetto che conto per questo, a lui ho chiesto che la casa avesse un aspetto tranquillo, che non presentasse pericoli, gli ho detto di tutti i figli che abbiamo! Ho litigato un po’ per gli spigoli, per i quadri strampalati, e i tappeti delicati. Alla fine è venuto fuori questo. A me piace.»

«Anche a me. Molto.» Sembra ripensarci e, osservando le due riproduzioni di Paul Klee, e uno grande e coloratissimo di Kandinsky. «Che intendi per quadri strampalati? Ti aveva proposto qualcosa di ancora più strano?»

«Delle schifose riproduzioni di scene campestri, Turner, Fattori, roba così. Bah, non valevano niente. Se dobbiamo guardare qualcosa appeso alle pareti che almeno sia bello.»

«E questo è bello, Turner invece no.» Hermione cerca di capire.

«Era di carta! E poi Turner non è per niente adatto a questo ambiente. Va beh, ti piace o no?»

«Certo, volevo solo capire. Che intendi con “di carta”, questi non lo sono?» chiede indicando uno dei quadri.

«Certo, ma è l’originale.»

Hermione resta a bocca aperta per un po’, li guarda meglio, da vicino, poi scuote la testa. Non discuterà con lui per come spende i suoi soldi. Quando se ne andrà si porterà via tutto e tanti saluti.

Lui la guarda attentamente.

«So quello che pensi. Smettila subito!»

«Eh?»

«Smetti di pensare quello che stai pensando.»

«E tu che ne sai?»

«Stai pensando che sono uno stupido sprecone a spendere soldi per opere originali e che in ogni caso la cosa non ti riguarda.»

«Perché non è così?»

«No, non è così.

Io trovo che comprare quadri belli da avere sempre sotto gli occhi è un gran bel modo di spendere soldi, ma se tu non sei d’accordo non lo farò più. Tutto quello che riguarda me riguarda anche te. Ogni cosa, capisci? È ora che inizi a farci i conti, siamo una famiglia. Abbiamo gli stessi figli e tu dovrai preoccuparti anche di come spendo o non spendo i soldi, di quanto guadagno e di tutto quello che un giorno apparterrà a loro.» Silenzio da parte di lei, che sembra assorta. «Entrato?» Lei scuote la testa. «Entrerà. Possiamo invitare a cena Potter?»

«TU vuoi invitare a cena Harry?»

«Certo. Sono ancora incazzato con lui per averti nascosto, ma mi ha spiegato che gli hai richiesto un patto infrangibile e io farò finta che il motivo sia quello, altrimenti lo dovrei schiantare a vista. In ogni caso abbiamo collaborato, ultimamente, mi ha dato una mano con il matrimonio e con il contratto di Nigthingale. Quindi invitarlo a cena mi pare il minimo.»

«Ma non stasera.»

«La settimana prossima. Sarebbe maleducato invitarli con così poco preavviso. Poi sabato ci sarà il matrimonio e abbiamo da fare.

Stasera, serata famiglia, ci sistemiamo e ceniamo insieme, solo noi. I bambini hanno bisogno di riposare, abituarsi alla casa nuova e, soprattutto, mangiare qualcosa di sano, a pranzo si sono ingozzati di schifezze.»

Lei ride.

«Lo ammetto, abbiamo mangiato schifezze. Che piacere, però, dopo tanto tempo godersi un cartoccio di fish and chips! È piaciuto anche a te, ammettilo.»

«Credi che non ne abbia mai assaggiato? Sai quante volte mi sono trattenuto in ufficio e non potevo far venire gli elfi perché c’erano dei babbani, così abbiamo mangiato cinese, pizza, cheeseburger, e certo, anche fish and chips

 

*****

 

Vanno a letto presto, sono tutti stanchi.

I bambini si ammucchiano in una delle stanze e dormono tutti insieme in quella che Draco aveva pensato come stanza di Eltanin, utilizzando il letto a una piazza e mezza e il divano letto che un giorno ospiterà le sue amiche e i loro pigiama-party.

La camera che Draco ha arredato per lui e per Hermione è molto semplice, l’armadio è quasi vuoto, in attesa delle cose di lei.

Lei entra, si guarda intorno, si siede sul letto e si apre in un sorriso, mentre Draco aspetta, col fiato sospeso, il suo giudizio.

Butta via le scarpe, si rotola e saltella sul materasso emettendo suoni deliziati.

«Devo dedurre che approvi la scelta del materasso?»

«Credo di non averne mai avuto uno così comodo.»

«Felice di averti fatto felice! Vuoi lavarti?»

«Mmm, sono troppo stanca.»

«Vuoi che ti lavi io?» Voce vietata ai minori.

«Domattina, magari.»

Si è già liberata degli abiti e della biancheria, si sdraia nuda tra le lenzuola e si addormenta in un attimo.

Lui le si avvicina e la guarda dormire. Ha il cuore che batte forte.

È questo.

È il suo sogno. Avere accanto a lui, in una casa vera, la sua moglie vera, i suoi veri figli. Insieme, senza equivoci, senza il rischio che tutto svanisca come un sogno. Le carezza i capelli, quasi incredulo, annusa il suo odore, si avvicina e la circonda con un braccio, posa un bacio gentile sulla sua spalla nuda.

È qui, grazie a Merlino, e se tutto va bene, presto sarà per sempre.

 

*****

 

La mattina dopo, in un centro commerciale per rifornire il guardaroba, Eltanin si trova davanti una se stessa alta due metri, raffigurata su un manifesto, insieme a suo padre e rimane lì davanti a bocca aperta per due minuti buoni. Alla fine Remedios le dà una spinta e protesta:

«Perché lei sì e io no?»

«Ci sei anche tu, tranquilla», la rassicura Draco, «laggiù, guarda!»

In effetti, poco più avanti, un grande schermo mostra per trenta secondi, a intervalli di due minuti e quarantacinque, l’immagine di Draco con Remedios in braccio e Rodrigo appoggiato alle gambe. Ancora più avanti un manifesto con l’intera famiglia copre una grande vetrina.

Hermione digrigna i denti guardandolo di traverso, lui sorride, sollevando le spalle. Remedios saltella e grida a chiunque la voglia ascoltare

«Sono io! Quella sono io, guarda! Sono io!»

Eltanin le tira bruscamente una treccia e la allontana malgrado le proteste.

 

 

 

 

 

In famiglia: di Ector Malot, è il seguito del molto più famoso (giustamente) “Senza famiglia”. Storia per ragazzi ottocentesca e piuttosto melensa.

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Capitolo 34
*** Magicland ***


34- Magicland

 

Nessuno dei figli di Hermione dimenticherà mai la prima visita alla Tana.

Hermione aveva mandato un gufo a Harry e a Molly, annunciando la propria visita a  entrambi. Harry le aveva risposto, sorpreso che lei si trovasse a Londra, che la aspettavano tutti alla Tana per pranzo e che sì, poteva portare il Furetto e DOVEVA portare i bambini.

Al limitare del giardino la prima sconvolgente sorpresa.

«Ma come si regge?» chiede Eltanin guardando a bocca aperta la strabiliante costruzione.

«Beh, non è tanto semplice da spiegare. Sostanzialmente la tiene su la magia», spiega Draco. «Mi domando se Arthur e Molly abbiano considerato che alla loro morte potrebbe crollare tutto.»

«Sono sicura di sì», risponde Hermione tranquilla. «In fondo le protezioni del tuo castello non si sgretolano alla morte di ogni vecchio Malfoy.»

«Quella è magia molto antica e non credo che i rossi possano…»

«Qualcuno dovrà pur averla iniziata, ti pare?»

«In effetti… Regulus! Lascia stare quel nano se non vuoi che ti morda!»

Hermione ride, Regulus, o Rodrigo, che dir si voglia, non si gira nemmeno.

«Ti sti allenando a chiamarlo con il nome che ti piace di più?» domanda Hermione. Draco risponde con un sorriso da ragazzino pestifero.

«Come l’hai chiamato? Ah, la faccenda dei nomi inglesi», dice Eltanin.

«Regulus era il nome di un mio zio, uno in gamba», le fa sapere Draco.

«Stai dicendo che mamma ci ha messo i nomi dei tuoi parenti?»

«Stai dicendo che non sai da cosa viene il tuo nome?»

Eltanin stringe gli occhi e guarda diffidente ora uno ora l’altro genitore. Prende una posa di sfida, con le braccia incrociate sul petto e si accinge a scoprire uno degli, evidentemente infiniti, misteri della sua famiglia. O quello che è.

«E da che verrebbe il mio nome?»

Draco si china accanto a lei e la guarda negli occhi.

«Draco, il mio nome, è anche il nome latino della costellazione del Dragone, o del serpente.»

«Mai sentita nominare.» Brusca e diffidente. Tutta la mamma.

«Non è visibile nell’emisfero australe, è molto grande, è visibile in tutto il nord, ed Eltanin è la stella più brillante della sua testa. È chiamata anche “l’occhio del Drago”. Questo sei tu, la luce dei miei occhi.»

Lei spalanca gli occhi e la bocca, le labbra le tremano  e si getta tra le braccia di Draco.

«Papà!» Troppo sentimentale. Tutta la mamma.

«Amore mio, ti voglio bene.»

«Anch’io.»

«Allora fammi un sorriso.»

Lei sorride, un po’ incerta. Meravigliosa, come la mamma.

«Papà, siamo sicuri di questo posto?» dice gettando un’occhiata inquieta alla casa.

«Tranquilla. Loro sono stati un po’ la seconda famiglia di mamma, le vogliono molto bene e lei tiene a loro. Amano un po’ meno me, ma spero che mi accettino per amor suo.»

«Perché non ti amano?»

«Perché non sono mai stato amabile verso di loro. È colpa mia.»

«Ma com’è possibile?» altri misteri.

«Avremo tempo di raccontarci tutto. Non mi sono comportato bene, da ragazzo. Adesso fidati di mamma. E sbrighiamoci, stanno aspettando noi per bussare.»

Draco getta un’occhiata a Hermione che scalpita davanti alla porta d’ingresso della Tana, guardando verso di loro.

Il secondo shock sono le grida di quella signora grassa: ha lanciato in aria le braccia, ha urlato “HERMIONEPICCOLAMIA!!!” e poi ha stretto mamma così forte che Rodrigo dopo un po’ è andato lì e ha cercato di separarle, con il risultato di attirare l’attenzione di quella draghessa che l’ha preso in braccio, baciato, sempre strillando, e bagnato tutto di lacrime e chissà che altro.

Non appena a terra si è ripulito la faccia lanciando occhiate offese alla donna.

Remedios, vista l’esperienza del fratello, si defila saggiamente, nascondendosi dietro alle gambe di Draco.

La casa dentro è ancora più strana: a parte le pentole che si girano da sole, gli oggetti strampalati, tra cui un orologio con una quantità inverosimile di lancette, sembra davvero impossibile che quella casa possa contenere una tale quantità di persone. Tutti si avvicinano, abbracciano mamma, stringono la mano a papà, quasi tutti, gridano, piangono, ridono, chiacchierano tutti insieme. Alla fine i piccoli Granger si siedono su un vecchio divano e guardano tutto come se fosse uno spettacolo, tentando di sembrare disinvolti e domandandosi quante stranezze ancora riserverà loro il mondo magico. Per una miracolosa mezz’ora riescono a far dimenticare la loro presenza mentre gli adulti fanno un baccano indicibile.

Poi arrivano gli altri.

Così si scopre che quelli erano i signori Weasley, Molly e Arthur, e solo tre dei loro sei figli (pare che ce ne fosse anche un settimo, nominato più volte ma mai visto), le loro fidanzate o mogli, che, aggiunti a mamma e papà, facevano ben dieci persone in una sola stanza. I nuovi arrivati sono altri figli sposati e con prole dei Weasley: Bill, con la moglie Fleur e le bambine, Victoria e Dominique, George e Angelina, con i loro gemelli dell’età di Remedios e Rodrigo, e Ginevra, con il marito Harry e i figli James e Albus. Eltanin si ricorda di aver già conosciuto Harry e Ginevra, sono venuti a Salvador a trovarli, anni prima, invece non si ricorda di Ron, anche lui dice di essere stato a casa loro ma lei non si ricorda proprio. Di sicuro non c’è andato con la sua moglie sfregiata, di lei si sarebbe ricordata sicuramemente. E siamo a diciotto.

Arriva anche Andromeda, che pare sia la zia di papà, con il suo nipotino Teddy, tre anni più di Eltanin. Viene fuori anche che il nome inglese di Remedios, Ninfadora (“Dora”, corregge inutilmente Draco), è quello della figlia morta di Andromeda e questa cosa la fa piangere parecchio.

Come faranno a pranzare tutti insieme?

A conti fatti, di brutto c’è che questo battesimo inglese, per i bambini di Hermione e Draco, è stato piuttosto sconvolgente.

Di bello c’è che dopo un paio d’ore avevano fatto amicizia con i piccoli Weasley, i Potter e Teddy, pur senza riuscire a ricordare i nomi di tutti e meno che mai ad attribuire a ciascuno i genitori giusti, e incominciavano a trovare divertente quella famiglia, gli scherzi di George, poi, li hanno definitivamente conquistati.

Di strano c’è che non sono riusciti a capire come hanno fatto a mangiare tutti a tavola quando sembrava del tutto impossibile, date le dimensioni della tavola e il numero delle persone. Erano un milione e tutti stavano comodi.

Di buono c’è il pranzo di mamma Molly. Nessuno di loro aveva mai mangiato così tanto né così bene. Alla fine, anche se hanno in testa una gran confusione, riguardo ai nomi e alle parentele, promettono di tornare con grande entusiasmo.

Come al solito, la sera, a letto, Hermione e Draco fanno il bilancio della giornata.

«È  andata bene, no?» dice Hermione, piuttosto assonnata.

«Più che bene. È andata a meraviglia.»

«Dì la verità, l’hai fatto apposta a domandare proprio a Molly di una baby-sitter fidata, lo sapevi che si sarebbe offerta.»

«Un po’ ci contavo. Tu non ti saresti fidata di nessuno.»

«Potremmo sempre portarli con noi», propone Hermione tutt’altro che convinta.

«No, Herm, facciamo le cose con calma. Sai che incontreremo molti esponenti della società purosangue, se a qualcuno venisse in mente di essere un po’ sgarbato preferisco che i piccoli non siano presenti. Un po’ alla volta, va bene?»

«Che ti capita, Furetto? Ti preoccupi per loro?»

«Sono il padre, Hermione, che altro dovrei fare?»

«Hai ragione.» Un attimo di silenzio. «Se qualcuno fosse sgarbato io saprei difendermi, ma loro no.» Hermione rabbrividisce leggermente. È quello che teme più di ogni altra cosa, l’unica cosa peggiore sarebbe che ad essere sgarbato sia il loro padre.

Di nuovo apprezza lo sforzo di Draco per proteggere i figli e per non imporre il proprio mondo, le proprie abitudini, il suo essere un privilegiato appartenente alla classe più elevata del mondo magico. L’ha visto anche mentre facevano gli acquisti: i suoi occhi erano attratti dai negozi più esclusivi, dagli abiti più eleganti e costosi ma ha accettato di buon grado, non senza sforzo, però, di seguire il gusto dei piccoli e il senso pratico di Hermione.

A casa Weasley ha sopportato stoicamente le battute, non sempre di buon gusto e ha risposto in modo spiritoso. A un certo punto ha anche ammesso che  l’opinione che aveva un tempo nei confronti della famiglia Weasley era dovuta al punto di vista di suo padre, che era stato anche il suo per troppo tempo, e che adesso era cambiata, “come tutto il resto, nella sua vita”.

Sa anche che in realtà non è “cambiato tutto nella sua vita”, come dice lui. Lui non è cambiato. Sono cambiate le sue priorità, i suoi progetti, non lui. Lui è ancora quello per cui la correttezza è un optional, da sfoderare se conviene, ancora è disposto a percorrere ogni strada, lecita o meno, per ottenere quello che vuole, non accetterà rifiuti né rispetterà la volontà di altri che non siano Draco Malfoy. E ADESSO vuole loro.

Ci si può fidare di un serpente?

No. Solo sperare che i suoi interessi coincidano con i tuoi.

 

*****

 

Due giorni prima del matrimonio, Hermione ha conosciuto Myra, invitata a cena con il fidanzato nella casa, finalmente arredata, ed è stata d’accordo con Blaise: è una creatura deliziosa, molto innamorata di quello zingaro gabellato per purosangue.

Dopo le presentazioni, i bambini, che hanno mangiato prima, vengono accompagnati a letto da Mimi. Una cena con Zabini difficilmente sarà adatta ad orecchie innocenti.

Tra lei e Zabini, infatti, sono ricominciate alla svelta le battute e le prese in giro scherzose.

È cresciuto anche lui. È un uomo innamorato, attento verso la sua donna, sarà un buon padre, un giorno.

Glielo dice.

«Hai detto bene, un giorno. Non ho intenzione di fare come qualcuno che si è riprodotto in abbondanza prima ancora di decidere di fidanzarsi con madre dei suoi figli!»

«Blaise! Non essere antipatico», lo riprende Myra, poi le viene da ridere. «Come mai avete così tanti figli?»

«Semplice!» interviene Draco. «La mia signora ha il vizio di fare gemelli.»

«Beh, probabilmente nella sua famiglia ci sono gemelli. È una tendenza ereditaria.»

«Ci sono gemelli nella tua famiglia?»

«Mia nonna era parte di una coppia di gemelle e io avevo una gemella. È morta alla nascita, purtroppo.»

«Quindi abbiamo rischiato di avere DUE streghe secchione e insopportabili a Hogwarts?»

«Che stronzo che sei, Zabini!» lo gratifica Hermione.

«Te la sei cercata», rincara Myra. «Che dici, Hermione, ti andrebbe di essere una delle mie damigelle?»

«Sei molto gentile ma non ti devi preoccupare, ci conosciamo appena. E poi dubito che un abito da damigella possa ben figurare addosso a me!» risponde Hermione indicandosi la pancia con un sorriso.

«Beh, ho pensato che siccome Draco sarà il testimone...»

«Credo che me la caverò per una mezz’ora senza di lui.»

«Ne sei sicura?»

Zabini scoppia a ridere.

«Che hai da ridere?» chiede la sua fidanzata.

«Non si sono visti per quattro anni! E lei crede di cavarsela per una mezz’ora!»

«Oh… era una battuta.»

Ride anche lei, non del tutto convinta.

«Myra, non ti agitare», Hermione cerca di arginare l’ansia della sposa. «Andrà tutto benissimo.»

«Ah, non lo so. È il mio matrimonio, capisci? Non voglio che qualcuno lo ricordi come una brutta giornata, voglio che siano tutti felici. Mi sento responsabile.»

«Calma. Prenditi un infuso di valeriana prima di dormire e pensa positivo. Andrà tutto bene, credimi.

Uno dei più bei ricordi che io abbia è il matrimonio di Harry e Ginny. Lei era incinta e non faceva che vomitare, lui è stato chiamato durante la notte per un’emergenza, è arrivato all’ultimo momento, quando lei credeva già di essere stata abbandonata all’altare, non ha avuto nemmeno il tempo di fare una doccia quindi ha infilato lo smoking sopra le macchie di sangue e fumo. Aveva uno strano odore, i capelli bruciacchiati e quando Ginevra ha tentato di infilargli l’anello ha scoperto che la sua mano era così gonfia che non era proprio possibile. Il testimone di Harry si è ubriacato troppo presto ed è caduto con la faccia dentro la torta», conta sulle dita, «la figlia di Bill, che aveva due anni, si è mangiata uova di doxy ed è stata portata d’urgenza a San Mungo, il rospo di Neville è affogato nella sangria.»

Myra la guarda inorridita.

«Merlino! Sei una sadica perversa, come fai a dire che è uno dei ricordi più belli?»

«Lo è anche per loro e per tutti quelli che c’erano; ogni volta che ci si incontra ci facciamo quattro risate con il ricordo di quel giorno. Non c’è niente che possa rovinare la felicità di chi si ama. Non conta la perfezione degli abiti, o gli imprevisti che possono capitare. A meno che non muoia qualcuno, dopo poche settimane ogni incidente diventa un ricordo divertente. Oserei dire che un matrimonio senza imprevisti sarebbe noioso.»

«Io spero che il mio allora sia noioso!»

«Te lo auguro, se è questo che vuoi.»

 

*****

 

Lucius ritiene di essersela cavata piuttosto bene. In fondo Astoria gli ha portato il muso solo per due settimane e adesso è perfino tornata a fare sesso con lui. 

È probabile che abbia tentato di propinargli ancora qualche strana pozione. Per fortuna lui non assaggia più niente per primo e lei non ha potuto farci niente. Si è arresa.

E lui, ormai da parecchi giorni si gode il suo splendido corpo. È sempre stata una ragazza calda! Fare l’amore con lei è estremamente soddisfacente, senza contare la sua età. La freschezza della sua splendida pelle, le sue tette sode e il suo… Ehm.

È davvero una meraviglia.

Domani andranno insieme al matrimonio di Zabini, sarà la prima uscita ufficiale insieme. Sarà ben fiero di avere al fianco questa splendida fanciulla, avrà l’invidia di tutti i maschi della sua generazione.

Dopo una più che soddisfacente sessione di ottimo sesso, Astoria si solleva dal cuscino.

«Ti dispiacerebbe tanto se andassi a dormire in camera mia?»

«Come vuoi, cara. Ti do fastidio mentre dormi?»

«Tesoro, che dici? È solo che la pancia incomincia e diventare ingombrante e io mi giro parecchio, durante la notte. Mi indolenzisco facilmente e mi sveglio tante volte, soffro il caldo e devo cambiare posizione di frequente. Temo che ti terrei sveglio e poi un letto libero mi permette maggior libertà di movimento.»

«Ma certo, cara, vai pure. Capisco che il bambino sia diventato fastidioso, a questo punto. Dormi bene, amore! Oh, fa caldo, ti dispiace aprire la finestra?»

«Ma certo, tesoro.»

Astoria esce dalla stanza e corre in quella che un tempo era di Draco. Si spoglia a gran velocità, brucia nel camino camicia da notte e vestaglia e si fionda sotto la doccia, si lava accuratamente, ripassando per due volte il bagnoschiuma su tutto il corpo e la faccia e strofinando ogni centimetro di pelle. Infine, soddisfatta, indossa una nuova camicia da notte, si sdraia nel letto e si addormenta subito.

 

*****

 

Il giardino di Zabini Manor è splendido, quella mattina, enormi teli bianchi ombreggiano il luogo previsto per la cerimonia, i sessanta tavoli per il pranzo sono disseminati sul prato, ombreggiati anch’essi, disposti attorno a una pedana per il ballo.

Hermione, un po’ imbarazzata nel suo abito lungo, fin troppo elegante, getta in giro occhiate ansiose, al braccio di Draco, mentre lui se la ride delle sue preoccupazioni. In molti infatti li fermano, fanno loro gli auguri, salutano Hermione esprimendo felicità per la sua decisione di tornare a Londra e la speranza che questa sia definitiva, ponendo domande indiscrete sulle loro intenzioni matrimoniali.

Draco risponde a questo tipo di domande sereno e compiaciuto, senza dare alcuna data ma ribadendo l’intenzione.

«Li hai pagati?» domanda Hermione sottovoce.

«No. Credo siano sinceri. Sei un personaggio amato e ammirato.»

«Ma va’!» borbotta lei. «Piuttosto, non doveva esserci anche Harry?»

«Certo, come si fa a trovarsi tra tutta questa gente? Lo vedrai dopo, quando tutti si sistemeranno, spero.»

Hermione è piuttosto tesa. Aveva immaginato che nessuno avrebbe fatto caso a lei, invece sta attirando fin troppe attenzioni, per i suoi gusti.

Al contrario Draco gongola. Sta andando tutto secondo i suoi piani. Sapeva benissimo che la presenza dei maggiori esponenti dell’aristocrazia e della politica del mondo magico avrebbero trasformato questo matrimonio in una perfetta vetrina, in cui presentare al mondo la futura lady Malfoy. È la loro prima uscita pubblica, che lei l’abbia capito o no.

Il matrimonio di Zabini prevede oltre quattrocento invitati, quindi Draco immagina non sia un caso imbattersi, poco prima dell’inizio della cerimonia, nella sua fresca matrigna, che lo avvicina con un gran sorriso e saluta gentilmente Hermione.

«Mi presenti la tua fidanzata?» Poi, rivolta a lei. «Sono certa che non mi porti rancore, i grifondoro non lo fanno, vero? Ti dirò, nemmeno io ho sentimenti negativi verso di te. Dopotutto, ormai siamo quasi parenti!» conclude con un sorriso smagliante.

È allegra, elegantissima, con un abito mai visto (che strano, vero?) grigio chiarissimo (il bianco è vietato ai matrimoni) di splendida seta e dal taglio sapiente, che valorizza il seno e scivola morbido slanciando la figura. Hermione si meraviglia di nuovo per la sua bellezza spudorata e si chiede se davvero Draco non sia mai stato attratto da lei. Le pare impossibile, probabilmente lo diceva solo per farle piacere.

Draco getta un’occhiata a Hermione, per essere sicuro che non ci siano problemi. Lei risponde con il più rassicurante dei sorrisi.

«Tesoro, lei è Astoria, la moglie di mio padre e futura madre di mia sorella.» Si rende conto immediatamente di aver fatto una gaffe e si guarda intorno preoccupato. «Scusa, non ci pensavo.»

Astoria scoppia a ridere.

«Dovevo immaginarlo che per lei non hai segreti. Ah, l’amour!» scherza tendendo una mano a Hermione. «Sono felice per voi. Questa è una fortuna davvero rara dalle nostre parti.» La squadra attentamente, dalla testa ai piedi, con curiosità, senza lasciarle la mano. «Draco diceva sul serio, sei incinta anche tu! E di quanto? Ma non avete già dei figli? Che bello! Avremo i bambini insieme, saranno…» ci pensa per un po’ e fa una smorfia. «Ehhh, zia e nipote!»

Hermione, travolta da quel diluvio di parole, non ha ancora aperto bocca. Approfitta di una breve pausa per pronunciare poche parole.

«Non credo che a loro importerà molto il rapporto di parentela, se mai si conosceranno.»

«Ma certo che si conosceranno, che sciocchezze! Siamo parenti. E credo anche che andremo d’accordo, io e te.

Sarò sincera, continuo a non capire la preferenza di Draco nei tuoi confronti ma devo supporre che il sentimento spieghi tutto. In ogni caso ormai i giochi sono fatti e sai che ti dico? Mi va bene così, non mi è mai piaciuto tanto il tuo… quello che è.» L’ha presa sottobraccio, lasciando indietro Draco si avvia verso il gazebo. «Levami una curiosità, ma con te, come se la cava con il sesso? Perché con me, le poche volte che mi ha degnato, è stato un disastro. Mi è toccato fare finta. Capirai! Poi la gente si domanda perché sono andata con Lucius. Beh, te lo dico: con lui è tutta un’altra storia! Lui è magnifico! È esperto, ha passione, si vede che il sesso gli piace davvero. Fare l’amore con lui è un’esperienza meravigliosa, ogni donna dovrebbe provarlo!»

«Ahem…» Draco, decisamente imbarazzato dai discorsi di Astoria, cerca di attirare la sua attenzione. «A proposito di Lucius, non lo vedo. Si è fermato a parlare con qualcuno?»

«Oh, no», faccia di circostanza. «Povero Lucius, non sai cosa gli è capitato! È stato punto dalle zanzare, tantissime, anche sulla faccia, colpa della finestra aperta, penso. È tutto gonfio e rosso e…» fa una faccia tra lo schifato e il pietoso, «…pieno di bozzi orribili. Il prurito non lo lascia vivere ma la cosa peggiore è il suo aspetto. Lo sai quanto è vanitoso, no? Ha preferito non venire.»

Draco si blocca, a bocca aperta. Hermione lascia scorrere lo sguardo dall’uno all’altra senza capire.

Draco piega la testa di lato e lancia uno sguardo di rimprovero alla sua matrigna.

«Astoria…»

«Mmm?» Draco continua a guardarla senza parlare, alla fine lei si innervosisce. «Che c’è! Adesso devo prendermi la colpa anche per le zanzare che volano d’estate? L’avevo detto a Lucius che il laghetto era troppo vicino alla casa!» Draco continua a tacere e a guardarla con intenzione. «Insomma! Se anche avessi fatto qualcosa, e non sto dicendo che l’ho fatta, sarebbe mio diritto, ti pare?»

«Che gli hai fatto?»

«IO niente, sono state le zanzare.»

«Lasciami indovinare: ieri sera avete fatto sesso, poi tu sei andata a dormire in un’altra stanza e ti sei lavata molto, molto bene.»

Lei scoppia a ridere.

«Davvero, sembravi meno sveglio. Hermione, a te non sembrava meno sveglio? Credi che facesse il tonto solo con suo padre? Perché Lucius ha davvero una misera opinione di suo figlio.»

«Lo immagino», risponde Draco, torvo.

«Beh, godiamoci la festa, il povero Lucius starà meglio domani, in fondo non è nulla di grave.»

«Astoria lo sai che lui è un mago esperto, vero? Io credo che starà meglio molto prima di domani.»

«Credi?» Astoria si incupisce per un istante. «Oh, beh, meglio per lui!»

 

 

 

 

 

 

 

Magicland: è una raccolta di racconti fantastici di vari autori.

 

 

 

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Capitolo 35
*** L'arte di trattare le donne ***


 

35- L’arte di trattare le donne

 

Un valletto guida Astoria ed Hermione al loro posto, sotto il gigantesco gazebo, tra le prime file di poltroncine candide, mentre Draco si avvicina a Blaise. Astoria continua a chiacchierare sottovoce fino a quando inizia la musica che annuncia l’ingresso della sposa.

Astoria si svita il collo per vedere le damigelle percorrere il corridoio tra le panche, Hermione si perde i commenti di Astoria sull’abito della sposa, impegnata a guardare  avanti. Draco la sta fissando con un sorriso appena accennato. Sta immaginando il momento in cui lei sarà la sposa, quando camminerà verso di lui, con un abito splendido e un sorriso ancora più meraviglioso, pronta a mettere la propria vita nelle sue mani.

Hermione lo guarda perché lo trova bello. Forse lo trova bello solo perché lo ama, ma guardarlo le dà sempre un gran piacere.

Al centro Kingsley Shacklebolt, appena un po’ più pesante di come lo ricorda, con una delle sue solite tuniche sgargianti, sta in piedi, serio e compito. Avrebbe dovuto immaginare che sarebbe stato il Ministro in persona a sposare uno dei più importanti eredi del mondo magico. Con buona pace della sua convinzione che Blaise sia frutto di qualche scorribanda fuori del letto coniugale e che poco o nulla abbia dell’anziano, valoroso e ormai defunto da tempo, Alexander Zabini.

Guardando il Ministro della Magia, Hermione è assalita dai ricordi della guerra. Rivede Kingsley nella casa di Grimmaud Place, alle riunioni dell’Ordine della Fenice, taciturno e assennato, durante la battaglia del due maggio, agile e letale, nonostante le sue dimensioni, lo ricorda coperto di sangue e bruciature, con la tunica strappata, inginocchiato accanto ai corpi di Tonks e di Lupin, incapace di trattenere le lacrime. Le pare di sentire ancora il suo abbraccio rude, la sua risata roca.

Aveva condiviso molto con quel mago scuro ed enorme, come con gli altri membri dell’Ordine. Quasi la metà di loro sono morti. Adesso lui è Ministro della Magia. Lo è ancora? Sicuramente sì, o al suo posto ci sarebbe qualcun altro a pronunciare le parole dell’antico rituale del matrimonio magico che non sono quelle che lei ricorda.

Aggrotta la fronte e si concentra su quello che stanno dicendo, in un linguaggio pesantemente arcaico. Di sicuro non sono le stesse parole che ha sentito pronunciare al matrimonio di Harry.

Si china verso Astoria.

«Scusa, non capisco che sta dicendo. Non mi pare sia questa la formula del matrimonio.»

«Oh, non ti è mai capitato di assistere a un matrimonio “di casata”? Beh, immagino di no.»

Hermione apre e chiude la bocca un paio di volte prima di riuscire a parlare di nuovo.

«Si fanno ancora matrimoni “di casata”?»

«Eccome! Quasi tutte le famiglie purosangue lo fanno. Hanno paura che la sposa rifiuti i suoi obblighi, una volta ottenuto il nome e il patrimonio.»

«E tu?»

«Me ne sono ben guardata, visto che ho potuto decidere. D’altra parte ho già assolto il principale dei miei impegni», indica la pancia con un gesto distratto, «quindi…»

«E ti pare normale chiudersi in un matrimonio di quel tipo? Santa Morgana, perché mai una dovrebbe mutilarsi così?»

«Non lo so, infatti io non l’ho fatto. Tanto, in ogni caso, i mariti non si sognano di restare fedeli alle loro donne. Principalmente è il bisogno di un erede che spinge le famiglie a proporlo, poi ci sono indubbi vantaggi per la parte maschile della coppia. Saprai che è un contratto medioevale, in cui la donna quasi non ha diritti.»

«Certo che lo so. Per questo mi meraviglio. Che ha in testa Myra?»

«Fiducia. Crede che Blaise non pretenderà mai che lei ottemperi a certe prescrizioni.»

«Oh, capisco.»

«Non dirmi che capisci. Anche mia sorella si è fidata.»

«No, veramente pensavo che forse sono io ad essere troppo diffidente, perché non lo farei nemmeno con una bacchetta puntata alla tempia.»

Astoria scoppia a ridere un po’ troppo rumorosamente.

Per fortuna la cerimonia è finita e tutti si stanno alzando per andare a congratularsi e fare gli auguri agli sposi.

Draco si avvicina a Hermione, fendendo la folla, le prende le mani e la avvicina a sé.

«Dimmi che presto ci saremo noi davanti al Ministro a scambiarci promesse», le sussurra nell’oracchio.

«Posso salutare la mia vecchia amica?»

Una voce alle spalle salva Hermione da una risposta difficile. Una voce che conosce.

«Kingsley! Come stai?»

Si abbracciano sorridenti, cauti ed emozionati.

«Oh santa Morgana! Ti sei sposata?» domanda il moro osservando attentamente la sua pancia.

«Ci sto lavorando», interviene Draco. «Se potesse metterci una buona parola anche lei l'apprezzerei.»

Shacklebolt ride di cuore.

«Quindi questo è un piccolo Malfoy?»

Draco interviene ancora. «Due. Quarto e quinto della serie, per la precisione. Lei non crede sia ora di sposarci?»

«Beh, se le cose stanno così hai qualche ragione, Malfoy.» Si rivolge di nuovo a Hermione. «Raccontami qualcosa di te Hermione, sei sparita all’improvviso, sono almeno sette anni che non ti si vede. Io speravo di poterti convincere ad assumere un ruolo nella gestione del mondo magico, non sai che necessità ci sia al Ministero di teste pensanti!»

«Sono un medico, King, e vivo in Brasile.» Hermione riesce finalmente a rispondere di persona.

«E che diavolo sei andata a fare dall’altra parte del mondo?»

«Sarebbe un po’ lunga da spiegare.»

«Permettimi allora di invitarti a pranzo, uno di questi giorni, così avremo tempo e modo. Portati pure il tuo Malfoy, tanto ormai ci conosciamo bene, vero?» si rivolge a Draco.

«Sarà un piacere, Ministro.»

Prima ancora che Hermione possa dire la sua, è quasi investita da Astoria.

«Dimmi che hai la bacchetta a portata di mano.»

«Certo, ma…»

«E che sei mia amica e mi difenderai se ce ne fosse necessità.»

«Lo farei, Astoria ma non mi pare…»

Astoria si è voltata verso il Ministro e la sua espressione è totalmente mutata: gli porge la mano con un sorriso affascinante e Kingsley le fa il classico baciamano con cui ogni rappresentante maschio della nobiltà magica omaggia le signore e che ogni rappresentante femmina della stessa casta si aspetta. Il Ministro si congeda gentilmente, richiamato da altri ospiti. Prima di allontanarsi ricorda a Hermione il pranzo promettendole l’invio di un gufo l’indomani stesso.

Mentre si domanda se Astoria non abbia problemi di personalità multipla, un’altra voce richiama l’attenzione di Hermione, di nuovo alle spalle.

«Hermione Granger?»

«No, Lurida Sanguesporco, per lei, signor Malfoy.»

«Oh, andiamo! È acqua passata. Io ho fatto quello che credevo necessario per la mia famiglia, mio figlio non era del mio stesso parere e alla fine ha vinto lui. Non c’è ragione di portare rancore, non credi?»

Hermione fa un sorriso luminoso.

«Non credo, a dire il vero.»

«Se vorrai continuare ad avere un rapporto con mio figlio dovrai scendere a patti con me, prima o poi.»

«Chissà cosa ci riserva il futuro. Per il momento sto bene così, grazie.»

Draco è rigido, al suo fianco. Non ha idea di cosa stia passando per la testa di suo padre ma preferirebbe averlo lontano da Hermione mille miglia. Di sicuro ha in mente qualcosa che lui non riesce nemmeno a immaginare.

Astoria si accosta a Lucius con un sorriso amorevole.

«Che bella sorpresa, tesoro! Stai molto meglio di stamattina, appena un po’ arrossato. Ti sei aiutato con qualche pozione? Se avessi saputo che ti saresti ripreso tanto in fretta ti avrei aspettato», dice osservandolo attentamente  e passandogli la mano sulla faccia in una delicata carezza.

Lui ghigna.

«Sì, è tutto passato, amore. Tanto che ho deciso di venire, per non lasciarti sola. Immagino che ti sarai annoiata senza di me.»

«Tanto! Sono davvero felice che tu sia potuto venire.»

Draco ha preso Hermione per la vita e la stringe al suo fianco allontanandola dalla coppia.

«Bene, buon divertimento, allora.»

«Oh, ma perché non restiamo insieme? Potremo conoscerci meglio», pigola Astoria.

«Avremo tutto il tempo, tesoro. Adesso vieni con me.» Lucius abbassa la voce e continua a parlare all’orecchio di sua moglie. «Piccola bastarda, credevi di avermi ingannato, ti dimentichi troppo spesso che sono un mago molto più esperto di te. Vedo che non hai capito ancora come funzionano i ruoli: tu obbedisci a me e mi porti rispetto o io farò in modo che tu trovi estremamente desiderabile compiacermi, ti è chiaro?»

«Il nostro non è un matrimonio di casata. Se mi farai del male chiederò il divorzio e farò uno scandalo!»

«Farti del male? Come ti viene questa idea? Sto solo cercando di educarti, non sei ancora una moglie perfetta ma lo diventerai, te lo assicuro!»

Lui le stringe dolorosamente il braccio, lei lo strattona e si svincola, tentando di sfuggirgli. Non ha fatto i conti con il baricentro spostato che rende instabile il suo equilibrio. Cade malamente, batte la testa sul bordo della fontana e perde i sensi.

Lucius la guarda a terra, immobile, il volto cereo, le labbra cianotiche. Il suo vestito freme, sulla pancia, sicuramente il piccolo Malfoy sta scalciando.

Spalanca gli occhi. Si rende conto all’improvviso della possibilità che lei sia morta e che il suo stesso figlio potrebbe esserlo con lei tra pochi minuti. In pochi secondi gli passa davanti agli occhi la sua vita solitaria, senza quella ragazzina a cui si è abituato in questi anni, senza il figlio di cui ha già iniziato ad andare fiero, il suo letto vuoto.

Quando si è inginocchiato accanto a lei? Di chi è la voce supplichevole che la chiama per nome?

All’improvviso la sanguesporco Granger è di fronte a lui, tocca il corpo della sua Astoria, la sua sposa bambina, il suo orgoglio. Come si permette?

«Si allontani Lucius.»

«NO! NON LA TOCCARE!»

«Sono un medico, stia tranquillo, starà bene.»

Draco lo solleva da terra e lo trattiene.

«Fidati di lei.»

«No, lei la odia. Le farà del male.»

«Non farà niente del genere.»

«Come fai a dirlo?»

«Lo so. È una grifona, ricordi? E poi Astoria si fida di lei.»

«E come è possibile, che ne sai tu?»

«Sono state sempre insieme prima del tuo arrivo. Quando ti ha visto a chiesto a lei di proteggerla. Per questo vi siamo venuti dietro.»

«Se-sei sicuro?»

Draco sospira.

«Non capisco perché la tratti così se ci tieni tanto a lei.»

«È la mia sposa. Deve capire qual è il suo posto. Tu non sai cosa mi ha fatto!»

«Smettila, sono solo sciocchezze. Vi fate i dispetti come bambini.»

«Dispetti? Mi ha avvelenato!»

«Tu non hai capito con chi hai a che fare! Se ti avesse voluto avvelenare saresti morto senza nemmeno accorgertene. Credi che siano tanti i maghi capaci di estrarre e maneggiare i feromoni maschili delle zanzare? Lei è davvero pericolosa, credimi. Per tua fortuna l’unica cosa che vuole davvero è il tuo rispetto, e non la tua eredità. Cerca di non farle cambiare idea e tutto andrà bene.»

Nella testa di Lucius continuano a girare le parole del figlio: “vuole il tuo rispetto, non la tua eredità - il tuo rispetto, non la tua eredità, cerca di non farle cambiare idea”.

Non ha mai seriamente pensato a qualcuno che si sposi per altro che non sia il desiderio di diventare più ricco o salire nella scala sociale. A questo serve il matrimonio, a che altro?

Davvero quella ragazzina sta bene con lui e desidera solo essere trattata bene?

Se così fosse, lui non sarebbe mai capace di gestire QUESTO tipo di matrimonio. Non saprebbe nemmeno da dove incominciare.

E poi come fa Draco a sapere tante cose di lei? Avranno parlato durante il loro fidanzamento? No, la evitava come il vaiolo di drago.

Erano a scuola insieme. Lui non sa niente di com’era a scuola. Brava? Intelligente? Che voti aveva? A quanto dice Draco un talento naturale in pozioni.

Come si fa a conoscere una donna se questa ti mostra solo la sua perfetta educazione purosangue? Se perfino gli argomenti di conversazione sono stabiliti da protocolli rigidi per le ragazze, come si può conoscere qualcuno?

Sarà per questo che Draco si è innamorato della sanguesporco, perché l’ha potuta conoscere? E come farà lui a conoscere questa sua moglie? Perché è davvero importante, a questo punto, conoscerla, se non vogliono arrivare ad ammazzarsi a vicenda.

Ma se poi la conoscesse e si… bleah! Se si innamorasse? No, non lui.

Intanto si è creato un capannello di persone attorno a loro. Tutti osservano con ansia la ragazza stesa a terra e la strega che la sta soccorrendo.

Astoria muove appena la testa ed emette un flebile lamento.

«Come stai?»

«Mi fa male…»

«Lo so. Tranquilla, tra un minuto starai meglio.»

«IL BAMBINO!» grida Astoria, portandosi le mani al ventre.

«Sta bene anche l…» Si blocca appena in tempo, prima di rivelare un segreto non suo. «Tranquilla, è tutto a posto.»

Astoria cerca di alzarsi, trattenuta da Hermione, gira attorno la testa, cercando con gli occhi.

«Lucius!»

È già lì, con un nodo alla gola e qualcosa che non credeva avrebbe mai provato in vita sua: senso di colpa, rimorso, dispiacere per quello che ha fatto. E non riesce nemmeno a capire perché, in fondo non l’ha ammazzata, è andata bene. Nessuno ha visto altro che un piccolo incidente, una caduta accidentale con minime conseguenze.

«Astoria, io…» Apre e chiude la bocca senza emettere suono. Si rende conto di non possedere le parole per esprimere quello che sente. «Io spero che tu stia bene. Che questo  incidente non abbia conseguenze. Sarei davvero desolato se per mia colpa tu dovessi soffrire.»

Lei lo guarda e sorride. Chiude gli occhi e si tende verso di lui. Lucius mette la sua mano sotto le spalle e prende con l’altra la mano di lei e l’aiuta a sollevarsi.

«Sta ferma un attimo.» Hermione, alle spalle di Astoria le punta la bacchetta e mormora sottovoce un paio di formule.

«Che hai fatto?» domanda Lucius un po’ sospettoso.

«Un incantesimo per fermare una eventuale emorragia e uno per il dolore. Vuole che ne faccia uno rilassante a lei? È davvero troppo agitato, può farle male», risponde Hermione tranquilla. Può anche avercela con Lucius ma è molto professionale e in quel momento sono entrambi suoi pazienti, in qualche modo.

Lucius la guarda attentamente, come valutandola.

«Ho paura che non sarai mai granché come Malfoy. Avevo ragione, è Astoria la donna giusta.»

«Per te, evidentemente», interviene Draco, «a me non importa se “come Malfoy” tu non la ritieni adatta. È perfetta per me.»

 

*****

 

La crisi di assestamento del matrimonio tra Lucius e Astoria pare superata. Lui è gentile quanto lo consente il suo orgoglio, molto premuroso e apprensivo nei confronti della salute di madre e bambino.

Non ci sono stati episodi incresciosi nell’ultima settimana e Astoria incomincia a sperare cautamente di poter vivere bene, come signora Malfoy, con il bonus di uno splendido amante, il migliore mai provato, malgrado l’età. O forse per quello.

Ha notato, però, l’interessamento di Lucius verso Hermione, che lei trova molto simpatica, ma alla quale si è avvicinata più che altro perché non la considera una minaccia: intelligente ma meno bella di lei, non purosangue ma stimata nel mondo magico, con una solida antipatia per Lucius, ampiamente ricambiata. Ideale come amica ed eventuale complice.

Ora invece lui cerca di sapere tutto di lei e, quando parla con gli estranei, non solo non tenta di nascondere il legame di suo figlio, ma ne parla per primo, con entusiasmo, come se non vedesse l’ora di averla in famiglia.

Così un giorno si vede costretta a domandare, lontano da orecchie indiscrete, per quale ragione la mezzosangue sia entrata nelle grazie di Lucius e lui sia così felice all’idea che sposi Draco.

«Assolutamente no! Inorridisco all’idea!»

«Ma scusa, allora perché queste sviolinate?»

Astoria non si capacita del discorso che le sta facendo Lucius, mentre di solito mostra tanto entusiasmo. QUANDO è diventato accettabile il matrimonio tra Hermione e Draco? Che spera di ricavarne? E, alla fine, vuole che lui la sposi o no?

«In tempi normali per lei sarebbe un onore anche avere il mio disprezzo perché per disprezzarla avrei dovuto accorgermi di lei.»

«Ma a Montague hai detto ben altro.»

«Ci sono una serie di ottime ragioni per quello che dico ai nostri pari riguardo a quella donna e che di certo non rispecchia la mia reale opinione: la prima è che mi sono reso conto dell’inutilità dei miei sforzi per dare un erede come si deve alla famiglia passando per quel deficiente. Ormai quella l’ha completamente rimbambito. Una volta sceso a patti con questa realtà, tanto vale approfittare del poco vantaggio che ci potrebbe portare.»

«E quale sarebbe il vantaggio per noi?»

«Ci sto arrivando: accogliendo in famiglia Hermione Granger, che come sai è stata una delle maggiori artefici della caduta del Signore Oscuro, si potrebbe ottenere un netto miglioramento della reputazione generale della famiglia. Lei, come sai, è considerata una specie di eroina, santa vergine e martire, non si ha notizia di nessuno che abbia di lei un’opinione meno che eccelsa, quindi potremo avere solo vantaggi di immagine avendola in famiglia.

Credevo che ormai la sua fama fosse tramontata e che nessuno si ricordasse più di lei, invece l’hai visto, al matrimonio di Zabini tutto il mondo magico si contendeva la sua attenzione, anche il Ministro è in confidenza con lei.

Come potrei non mostrare il massimo gradimento e relazioni più che positive con lei? Dovrei essere un imbecille, anche considerata la mia posizione rispetto alle scelte compiute prima della guerra.»

«Non ne so molto, a dire il vero. Non eri un sostenitore convinto del Signore Oscuro?»

«Non ha nessuna importanza quello che è successo davvero. La versione accettata è che durante la prima guerra ero sotto imperio ed è allora che sono stato marchiato. Al suo ritorno l’Oscuro, attraverso il marchio, mi ha di nuovo soggiogato e io, per proteggere la mia famiglia mi sono piegato alla sua volontà. Tutto questo è stato avvalorato anche dalla testimonianza di molti che hanno notato i cattivi rapporti tra noi e l’Oscuro, all’avvicinarsi della guerra. Lui non ha gradito i nostri fallimenti, prima con la profezia e poi con Silente.

Se non fosse per la stupida faccenda delle lettere a quest’ora sarei completamente riabilitato. Non appena risolto questo intoppo, con l’apporto positivo della Granger, il mio ritorno in politica non troverà più ostacoli, capisci?»

«Oh, adesso sì. Quindi ho fatto bene a presentarmi a lei e a intrattenere un rapporto amichevole.»

«Certamente, anche se, fossi in te, non le darei troppa confidenza, solo, faglielo credere. Ovviamente sarà necessario tenerla strettamente sotto controllo, non le si può certo permettere di fare quello che vuole, una volta assunto il nome di famiglia. Conto su di te per tenerla calma, visto che avete un così buon rapporto. In ogni caso, il matrimonio di casata non lascia molta possibilità di manovra.»

«Che ti fa pensare che lei accetterà un matrimonio di questo tipo?»

«Lo accetterà perché vuole Draco e quindi sarà sufficiente convincere lui.»

Astoria emette un breve lamento.

«Sei davvero sicuro che sia una buona idea? A me pare che dovremmo lasciarli in pace. Forse è l’unico modo per riuscire a costruire un buon rapporto con loro. Magari tra un po’ di tempo…»

«Non dire sciocchezze, Astoria, più tempo passa più perdo la presa su Draco. Presto non riuscirò più non dico a ottenere un minimo di rispetto da lui, ma nemmeno a parlarci educatamente, dobbiamo legarlo alla famiglia, anche se per farlo dobbiamo passare per quella sanguesporco, faremo quello che è necessario.»

«Ma Lucius, non ti è bastato quello che ci ha fatto? Lui non è uno stupido, ha espresso più che chiaramente la sua opinione su di te, mi pare. Credo che se vuoi avere una possibilità quello per cui devi passare è un po’ di rispetto e accettare che farà le sue scelte indipendentemente da te. Hai un altro figlio di cui occuparti, adesso, non ricordi?»

«Astoria, so che tu ritieni ingiusto che tuo figlio non sia il primogenito, ma sappi che a lui non mancherà nulla, farò in modo che abbia tutto quello a cui ogni Malfoy ha diritto, ma devi capire cosa Draco rappresenti nell’albero genealogico della famiglia.»

«Lo so perfettamente, l’unione tra i Black e i Malfoy. Inoltre Draco ha fatto un patto con mio padre per riservare a mio figlio una larga fetta del patrimonio, e io mi fido di lui. Solo penso che anche tu dovresti farlo. Fidarti di lui, intendo.»

Lucius scuote il capo, sta perdendo la pazienza. Ma cosa è capitato a sua moglie? È diventata una mammoletta? O si è di nuovo innamorata di quel cretino?

«Astoria, se non sei capace di ragionare in prospettiva per quella che adesso è anche la TUA famiglia, è meglio che tu ne stia fuori.»

«È solo che non capisco», mugugna Astoria, «che vantaggio ci sia per la famiglia dal continuare a manovrare e ingannare continuamente tuo figlio.»

«Hai detto bene, MIO FIGLIO, non tuo. Non te ne interessare!»

«Bene. Non me ne interesserò. Sappi però, che per avere sempre il controllo stai rischiando seriamente di perdere tutto.»

Astoria si alza e si dirige verso la propria stanza.

«Vado a cambiarmi per la cena. Non abbiamo ospiti, vero caro?»

«Non oggi, tesoro.»

«Bene, scenderò alle sette.»

 

 

 

 

 

 

 

L’arte di trattare le donne: Shopenauer. Un trattatello che fa venire voglia di prendere a sassate il grande filosofo. Dopo un centinaio di pagine delle più volgari banalità prodotte dalla mente maschile, si riscatta, in parte, con le ultime due righe, piuttosto spiritose (spero):

“Più guardo gli uomini, meno mi piacciono. Se soltanto potessi dire lo stesso delle donne, sarebbe tutto a posto.”

 

 

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Capitolo 36
*** Doppio sogno ***


36- Doppio sogno

 

Alla fine della giornata Hermione è sfinita.

È stato tutto molto bello, Myra e Blaise erano il ritratto della felicità e, a parte il piccolo incidente di Astoria, è andato tutto secondo i desideri della sposa.

Lei ha potuto passare del tempo con i suoi amici, Ginevra e Harry, chiacchierando e rinnovando la confidenza, arrugginita dalla distanza e da anni di rapporti epistolari o al massimo telefonici.

Approfittando della momentanea assenza di Draco, impegnato in una discussione con alcuni vecchi serpeverde, Ginny le ha fatto il terzo grado sul suo rapporto con lui.

Alla fine del racconto, non tanto breve, delle peripezie degli ultimi mesi, è rimasta in silenzio per qualche minuto, riflettendo profondamente.

«Ci sei cascata con tutte le scarpe», ha sentenziato, alla fine. «Almeno è ricco. E se a letto è bravo come dici, alla fine, che ci rimetti a provare?»

Harry la guarda scandalizzato. Hermione guarda lui a bocca aperta. Possibile che dopo anni di matrimonio e due figli, si meravigli ancora della libertà di eloquio di Ginny?

«Che cavolo dici, Ginny? Intanto non sarà più così ricco quando Lucius lo avrà diseredato, poi ha già quasi trent’anni. Anche ammesso che le sue intenzioni siano buone e non sprechi il suo talento con altre donne, potrà godersi le “meravigliose prestazioni” ancora per una decina d’anni al massimo, prima che inizino a scadere.»

Come non detto, si conoscono. Hermione ride parecchio dei commenti dei suoi amici sulle abilità erotiche di Draco. Quando lui torna lo guardano tutti ridacchiando e lui si sente un tantino esposto.

«Mi sono perso qualcosa?» domanda, incerto. Tutti scoppiano a ridere e lui aggrotta la fronte per poi concludere. «Grifondoro! Tsk!»

 

*****

 

Hermione rientra in casa sfinita, quasi barcollando, con Draco che le brontola dietro che sarebbero dovuti tornare prima, che non c’era bisogno di passare cento ore a sparlare di lui con quelle piaghe dei suoi amici.

Un piccolo gufo grigio picchia al vetro della saletta sul retro. È l’unica finestra, assieme a quella della stanza da letto, immediatamente sopra, a cui sia consentito l’accesso da parte dei gufi, perché ben nascoste agli occhi dei vicini babbani.

«Dev’essere di Molly. Il povero Leotordo ormai avrà tirato le cuoia.»

Draco si avvicina alla finestra e prende il messaggio.

«Sì, è lei.  Chiede se i bambini possono restare a dormire insieme ai suoi nipoti.»

«Quali nipoti?»

«Che ne so?» Legge. «Albus e James.»

«I Potter. Per me va bene. Sono sfinita voglio solo dormire.»

«Devo rispondere?»

«Direi, visto che il gufo è ancora lì.»

Draco gira la pergamena, scarabocchia poche parole e rispedisce il gufo.

«Che vuol dire che vuoi solo dormire?»

«Che è meglio che tu non ti sia fatto qualche filmino erotico in testa. Sono sfinita. A proposito, grazie per queste scarpe maledette!» sputa acida.

«Andiamo Hermione, che avresti voluto mettere sotto questo vestito? Sono stato d’accordo con te sull’evitare tacchi sottili, sarebbero stati fuori luogo in giardino, ma queste sono scarpe giuste, comode ed eleganti, non c’è motivo per cui…»

Hermione si è seduta e ha estratto, da una delle deliziose e comode scarpine, un piede gonfio come una zampogna. Lo allunga verso Draco e questi rimane a bocca aperta per due minuti buoni. Poi si inginocchia e toglie l’altra scarpa, si porta in grembo entrambi i piedi della ragazza con grande cautela e li carezza, osservandoli meravigliato.

«Ma cosa ti è successo? Voglio dire, tu lo sapevi? Ti è capitato altre volte? Ti fanno male?»

«Malfoy, calmati. Non è niente, è abbastanza normale a questo punto della gravidanza, con il caldo e tante ore in piedi.»

«È colpa della gravidanza?»

«Beh, certo. Sono le gioie della maternità.»

«Merlino, ho tre figli e non ne so mezza di queste cose. Sono un compagno orribile.»

«Non c’eri, come avresti potuto saperlo?»

«Già. Avrei potuto documentarmi, però.» Scuote la testa, stringendo delicatamente i piedi di Hermione. «Mi perdonerai mai di non esserci stato?»

«Può darsi. Non facciamo un affare di stato per un paio di piedi gonfi.»

«Avresti dovuto venire via prima e stenderti! Avresti dovuto dirmelo!»

«E cosa avresti fatto?»

«Io… non lo so, che avrei dovuto fare?»

«Non è niente, tranquillo. Immaginavo che sarebbe successo. Adesso mi riposo e passa tutto.»

«Avrei voluto parlare con te di questa giornata. Per me è stata fantastica, grifondoro a parte. Mi piacerebbe sentirti dire che anche tu…»

«Draco, per me, grifondoro a parte, è stata tanto faticosa. E imbarazzante.»

«Perché imbarazzante?»

«Tutta quella gente! Io speravo che nessuno avrebbe fatto caso a me.»

«Che cavolo dici! Tu sei Hermione Granger e poi eri con me!

«Oh! Un grande affare!»

Draco le lancia un’occhiataccia.

«Sei stanca e il tuo cervello non funziona troppo bene. Parleremo domani. Vuoi che ti massaggi i piedi? Vuoi fare una doccia fresca? Per andare a letto mi pare presto, possiamo guardarci un film sul divano, stretti stretti, che dici?»

«Sì.»

«Sì cosa?»

«Tutto», mugugna lei, con voce lamentosa.

«Quindi massaggio dei piedi, doccia fresca e film sul divano? Che ne dici di qualche extra?»

«Direi prima doccia fresca e pigiama, poi film sul divano e tu mi massaggi i piedi. Per gli extra si improvvisa, non garantisco nulla.»

«Ok, saggio e sensato. Come potrebbe essere altrimenti, saggia e sensata Hermione Granger?»

A metà della rilassante serata, finito il film, Hermione si stiracchia, tra le braccia di Draco.

«Stai bene?»

«Un sogno. Questo divano è comodissimo.»

Draco emette un verso contrariato: «Credevo di essere io a farti stare bene.»

«Mmm, sì, anche tu sei comodo.»

«Spiritosa. Come ti sembra l’esperienza londinese, ripetibile?»

Lei tace più di quanto lui non si aspetti. Quando Draco non si aspetta più una risposta, Hermione incomincia a parlare.

«Non ho mai pensato seriamente di tornare a Londra, né al mondo magico. È stato doloroso andare via proprio perché lo vedevo come un distacco definitivo, una grave perdita, per me. Ma non ho mai creduto che fosse un problema per il mondo magico londinese perdere me.

Non mi sarei mai immaginata che ci fosse così tanta gente mi ricorda. All’inizio ho pensato che fosse per via delle foto e delle tue interviste ma nessuno ha detto “Abbiamo saputo della tua relazione con Malfoy” o “Abbiamo visto le tue foto”, al contrario, erano meravigliati che non ricoprissi qualche posto di potere e di responsabilità, uno mi ha detto perfino di non aver mai creduto che me ne fossi andata di mia volontà, ma che pensava mi avessero silurata politicamente per timore della mia correttezza. Sono stata anche rimproverata per non aver continuato ad occuparmi del mondo magico.»

«Hermione, credevi davvero che la gente potesse dimenticarti?»

«Perché no?»

«Perché sei tu. Quello che hai fatto ha parlato per te. Loro si aspettavano qualcosa. È come se avessi fatto delle promesse che non hai mantenuto.»

«Mi stai dicendo che dovrei sentirmi in colpa? Che ho dei doveri verso il mondo magico?»

«No, sto dicendo che LORO si aspettano qualcosa da te a causa di quello che hai dimostrato, ma sta a te decidere se hai già dato o se vuoi impegnarti ancora. Mi sa che tutta quella intelligenza è solo un mito.»

«Lo è, altrimenti non mi sarei mai confusa così tanto con te.»

Lui ride

«Al tuo posto avrei pensato male di me, tipo che volevo sposarti per ripulire il mio nome e splendere della luce riflessa della tua buona fama.»

Un attimo di troppo prima della risposta.

«Ed è così? Hai bisogno di ripulire il tuo nome?»

Draco ride ancora più forte.

«No, non ne ho bisogno. Ma se mi dici che saresti disposta a sposarmi per ripulire il mio nome allora sì, ne ho bisogno. Però preferirei che mi sposassi perché mi ami. Io ho bisogno solo di te.»

«Ma... che ci fanno le tue mani tra le mie gambe?»

«Occupano legalmente i loro territori.»

«Sono già incominciati gli extra?»

«Vuoi discutere?»

«No.»

«Meglio così.»

La stringe a sé e smaterializza entrambi sul loro letto.

 

*****

 

La vacanza londinese è durata più di quanto Hermione avesse preventivato, quasi un mese.

Hanno salutato gli amici alla Tana, chiedendo di non essere accompagnati all’aeroporto. Una folla di maghi in un aeroporto babbano, difficilmente sarebbe passata inosservata.

All’arrivo a casa, molte ore dopo, bambini, stanchi ed eccitati, raccontano tutto a Fernanda e a Valdemar, dandosi sulla voce e facendo una gran confusione.

Quando, finalmente, tutti i bambini dormono, mentre Draco si fa la doccia, Fernanda parla con Hermione.

«Quando lo sposerai?»

«Non…» Sta per rispondere automaticamente che non ne ha intenzione, almeno non ancora. Si blocca e guarda Fernanda direttamente. «Tu pensi che lo sposerò?»

«Certo, non vedi l’ora. Tu lo vuoi, lui ti vuole. È tutto perfetto.»

Hermione si morde il labbro, come fa sempre quando è indecisa.

«I miei sentimenti verso quest’uomo sono ambigui, contrastanti. Lo amo da morire ma non mi fido di lui. Mi aspetto da un giorno all’altro che lui mi dica che ha cambiato idea e che non potevo aspettarmi che davvero passasse tutta la sua vita con me. A volte sono così arrabbiata per tutto quello che mi ha fatto passare che credo che non lo perdonerò mai, a volte non riesco a credere che ami proprio me. E allora torno a immaginarmi che prima o poi succederà qualcosa di brutto.»

«Io non posso credere che tu ti senta come se non fossi alla sua altezza. E chi sarà mai questo Dragao, un re?» Hermione ride di cuore. «All’inizio mi hai raccontato che lui aveva fatto di te la sua amante segreta e che era un uomo potente, ma non sei una povera donna disarmata, tu sei un medico, in pochi anni ti sei fatta conoscere, tutta la città ti stima e se il sindaco avesse un figlio maschio sarebbe felice di averti come nuora. Chi diavolo è questo che si permette di farti sentire come una estupida cadela?»

Le parole di Fernanda la riportano indietro nel tempo. Quante volte si è ripetuta le stesse cose, per poi cedere ogni volta al suo sguardo, al sentimento che la legava a quel ragazzo fragile e cattivo.

No, non cattivo. Solo ignorante, oppresso, smarrito. Nascosto dietro una quantità di maschere.

Lo guarda uscire fradicio e sorridente dal bagno.

«Ci metto una bomba sotto questa casa, un giorno!»

Transita velocemente verso la camera da letto lasciando impronte bagnate sul pavimento.

«A me non sembra», brontola Fernanda, lo sguardo rivolto nella direzione verso cui è sparito.

«Cosa non ti sembra?»

«Non mi sembra che non ti consideri, al contrario. E non sembra nemmeno un uomo incostante. Si capisce che è abituato a comandare ma con te non ci prova nemmeno. Vorrei vedere in faccia il poveraccio che tentasse di imporsi con te. Lui è intelligente, non ti comanda, ti aggira, ti prende da dietro mentre sei distratta.» Fernanda ridacchia. Hermione si meraviglia di come abbia ragione. Evidentemente è una buona osservatrice. «Da quanto tempo state insieme?»

«Beh, avevamo diciotto anni quando abbiamo incominciato.»

«Dieci anni?»

«Sì, ma per un lungo periodo non ci siamo visti.»

«Ma tu non l’hai mai dimenticato.»

«E come? Quando avrei dovuto dimenticarlo, mentre partorivo i suoi figli? Quando li guardavo negli occhi ed erano identici ai suoi? Avrei dovuto dimenticarlo mentre vivevo dell’affitto della casa che lui mi ha regalato?»

«Nemmeno lui ha dimenticato te. Non ha fatto altro che cercarti per tutto il mondo.»

«Così dice», sospira. «E io so che è vero. Sì, Fernanda, sono dieci anni.»

«Forse è successo qualcosa in questo tempo. Forse è cambiato e tu potresti fidarti di lui, di come è ora. Forse siete destinati.»

Ma certo, destinati!

«E se poi…»

«Tu hai paura. Ma sbagli, che gusto c’è a non soffrire se nemmeno godi?»

«Fernanda sei una filosofa!» dice Hermione ridendo.

È un pensiero profondo, che senso ha non soffrire né gioire? Che vita sarebbe?

Forse non è poi così profondo, forse è solo che non ci aveva pensato prima. Certo questo non risolve la questione dei figli.

Prova a immaginare la loro vita futura a Londra. Prova ad anticipare il suo abbandono, come i suoi figli ne sarebbero distrutti.

E se invece lui (o lei) avesse tagliato i ponti ADESSO?

Certo, è un anno appena. Ma loro gli sono affezionati, lo amano, sono fieri di essere “i figli di Palmito Dragao”, se ne vantano con gli altri ragazzini. Lui si è occupato di loro, è andato a prenderli a scuola, ha preparato da mangiare per loro e per i loro amici, l’ha perfino sostituita nelle lezioni di inglese. I bambini sono abituati alla sua presenza, al suo abbraccio, a chiacchierare con lui, ascoltano le sue storie e i suoi rimproveri, gli obbediscono. E non certo per paura ma solo perché vogliono l’approvazione del loro padre, perché lo amano e si sentono amati e protetti da lui.

Fa una strana faccia sconsolata.

La riscuote la risata di Fernanda, di cui si è dimenticata.

«Va’, diglielo subito!» esclama, prima di tirar fuori il suo materasso e stenderlo a terra in cucina, accanto al muro in comune con la stanza dei bambini.

 

*****

 

Hermione entra in silenzio nella stanza. Draco si sta infilando la maglietta, dopo aver strofinato i capelli con un asciugamano asciutto.

Lei lo avvicina da dietro e lo cinge con le braccia, posa un bacio casto sulla sua spalla ancora umida. Lui resta immobilizzato, con la maglietta ancora sulla faccia. Lentamente si volta, nell’abbraccio della sua donna, butta via la maglietta e ricambia dolcemente l’abbraccio.

La guarda e la sua faccia sembra abbia delle storie da raccontare.

«Ti ascolto.»

«Ho da farti una proposta.»

«Bene, falla.»

La sua sicurezza è tutta finta. Il sorriso di lei sembra sincero, ma chissà cosa avrà in mente davvero?

«Vorresti sposarmi, Malfoy?»

Lui boccheggia. Certo che vuole sposarla, domani? Adesso?

Apre la bocca e poi la richiude, la serpe alza la testa.

«Non lo so, mi pare presto, non vuoi pensarci ancora un po’?»

«Se credi che sia necessario…» anche il grifone si è risvegliato.

«Beh, sai, mi piacerebbe sposarti, ma chi mi garantisce che una mattina non mi svegli con moglie e figli dall’altra parte del mondo per qualche misteriosa ragione?»

«Le mie ragioni non sono mai state misteriose. Però se non ti senti sicuro lasciamo perdere. Giusto adesso Fernanda mi diceva che il sindaco mi vedrebbe bene con suo figlio.»

«Chi cazzo è adesso questo qui? Lo conosco? Che ha a che fare con te?»

La stringe più forte, i suoi occhi si riempiono di nuvole tempestose. Lei ride di cuore.

«Scusa se tu non mi sposi dovrò pur provvedere, in qualche modo!»

«Sei una stronza! Sono mesi che chiedo la tua mano e tu me la neghi, adesso che tu vuoi la mia la pretendi subito?»

«Sì. Prendimi prima che cambi idea.»

«Figurati se ti lascio cadere!» La bacia, dolce, intenso, felice come un ragazzino al suo primo volo. «Siamo fidanzati?»

«Certo.»

«E a che devo?»

«A Fernanda.»

Lui si acciglia, ci pensa, senza arrivare a nulla, scuote la testa.

«Dovrò ringraziarla?»

«Non lo so.»

«Un giorno mi spiegherai perché Fernanda ti ha convinto mentre io ti supplico e faccio salti mortali senza ottenere niente?»

«Non direi che tu non abbia ottenuto niente.»

«Ma Fernanda…»

«A volte, da fuori, certe cose si vedono meglio.»

«Ma che ti ha detto?»

«Che non vedo l’ora di sposarti.»

«Ed è vero?»

«E che non serve non soffrire se nemmeno si gode.»

«È un genio!»

«Già.»

Un bacio molto più urgente, l’abito sfilato con foga.

«Ehi!»

«Festeggiamo il fidanzamento.»

«Con un po’ di calma, sono una donna incinta!»

«Fidati. Leva questa merce», ordina, tirando la spallina del reggiseno.

La fa sdraiare sul letto e le si pone accanto, l’accarezza, traccia la sua pelle di baci, la eccita senza fretta, la possiede con calma e attenzione, in una posizione un po’ strana, per via della pancia, ma rifiutandosi di staccare gli occhi dai suoi.

Hermione si sorprende a pensare che è sempre come una prima volta. Tremendamente emozionante.

«Sono così felice…» biascica Draco, già mezzo addormentato.

Anch’io", pensa Hermione, "anch’io sono felice.”

Pensa che quella cosa, il calore di quell’uomo accanto, sarà per sempre. Forse.

Al diavolo tutto. Se ci sarà da soffrire se ne preoccuperà al momento, adesso  non ci vuole pensare, vuole solo abbandonarsi al sogno, per una volta.

 

*****

 

Lasciare Bahia non è così facile e immediato come Draco si era immaginato. Hermione deve sistemare tutte le sue faccende, lasciare l’ambulatorio gratuito, lo studio in centro, trovare uno o più volontari per proseguire il suo lavoro di alfabetizzazione dei bambini della favela. Richiede tempo.

La casa è l’ultimo dei problemi: non intende venderla. Draco si agita, vuole forse mantenere la possibilità di tornare?

In realtà intende regalarla a Fernanda e anche aiutarla a trovare un nuovo lavoro.

Draco è costretto ancora una volta a tornare a Londra senza di lei. Spera sia l’ultima.

Intende organizzare il lavoro in modo da avere del tempo libero, o quanto meno poco impegnato, per aiutare la sua famiglia ad abituarsi alla nuova vita. Hermione ha già stabilito che Eltanin non si inserirà immediatamente in una nuova scuola, ma studierà a casa fino a recuperare la differenza di programmi tra le scuole brasiliane e quelle inglesi.

Inoltre deve organizzare un matrimonio memorabile.

Lei avrebbe preferito, dice, una cerimonia intima, con pochi amici ma lui è riuscito a convincerla. Draco Malfoy non si sposerà in sordina, come se avesse qualche vergogna da nascondere. Draco Malfoy sposerà Hermione Granger con tutto il fasto e la grandezza che ci si aspetta da un evento di tale portata, da un matrimonio che coinvolge uno degli ultimi “scapoli d’oro” del mondo magico e l’eroina della seconda guerra magica, un matrimonio da favola, da far invidia a tutti, un evento che i loro figli ricorderanno per sempre.

Non prima della nascita dei bambini, ha detto lei. Va bene. Ricorda i suoi piedi gonfi, dopo il matrimonio di Zabini e capisce le sue ragioni. Ha aspettato così tanto, cosa vuoi che sia pochi mesi in più?

Primavera, sarà bellissimo sposarla a primavera.

Certo, aveva sempre immaginato il proprio matrimonio al Manor, in giardino, secondo la migliore tradizione della propria famiglia.

Perché lui ha deciso che la sua vita gli appartiene e che intende viverla con lei, ma questo non significa che abbia rinunciato a se stesso, questo mai. Ma la sua identità non è certo inficiata dal luogo in cui si sposerà.

Ne troverà uno adatto.

 

 

 

 

 

 

Doppio sogno: di Arthur Schnitlzer, è il romanzo, a mio parere un tantino decadente, da cui Kubrick ha tratto il suo ultimo film, “Eyes wide shut”. Non mi è piaciuto il libro, figuriamoci il film.

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Capitolo 37
*** Candido o dell'ottimismo ***


37- Candido o dell’ottimismo

 

 

Astoria non è molto d’accordo, non quella sera. Ormai è vicina al momento del parto, si sente gonfia, la sua faccia non le piace, meno che mai quelle gambe sformate, con le caviglie troppo grosse. Ha riposato tutto il pomeriggio ma continua a sentire disagio, piccole fitte insistenti, un peso fastidioso sulla vescica.

Il medimago dice che è perfettamente normale, che nel giro di due settimane tutto si risolverà.

Però non le piace l’idea di farsi vedere da Draco (né da nessun altro) in quelle condizioni. Si specchia di nuovo, prima di scendere. È pallida ed ha faticato a nascondere con il trucco e la bacchetta quelle malsane chiazze che le deturpano gli zigomi.

Maledetto vecchio testardo, che gli costava aspettare ancora qualche settimana prima di invitare a cena suo figlio per ricominciare i suoi soliti teatrini?

Un sospiro. Si entra in scena.

Un’ultima occhiata allo specchio. L’abito lungo forse è un tantino eccessivo, ma le sue gambe non sono decenti, in questo momento. Che avrebbe dovuto indossare, pantaloni? Alla fine è una cena, con un gradito ospite.

Quando scende la scalinata, sente le voci di Lucius e di Draco. È già arrivato, dunque.

«Spero che tu ti sia messo l’anima in pace in merito alla possibilità di manovrare ancora il mio futuro, perché se tentassi ancora una sola, piccola scorrettezza, non solo questa sarebbe l’ultima volta che mi vedi, ma mi occuperei di testimoniare contro di te al processo e farti finire ad Azkaban per un tempo sufficiente a renderti innocuo.»

«Ti pare il tipo di discorsi che sia lecito fare con tuo padre? Sei mio ospite, ti ho invitato solo per avere il piacere della tua compagnia, che ormai è veramente raro, e tu mi minacci?»

«Lucius, l’ultima volta che mi hai invitato a cena “per il piacere della compagnia” mi hai drogato e hai tentato di farmi credere di aver fatto sesso con la tua attuale moglie per affibbiarmi la paternità di tuo figlio. Mi scuserai se non nutro una cieca fiducia nei tuoi confronti.»

«Sono pur sempre tuo padre. Quello che ho fatto era nell’interesse superiore della famiglia, un argomento sul quale non mi pare di poter trovare una sintonia con te, per quanto la cosa mi intristisca. Ti sei espresso piuttosto chiaramente in merito, non posso che prenderne atto. La vita va avanti, siamo ancora parte della stessa famiglia, malgrado le trasformazioni a cui intendi sottoporla. Forse potresti aver ragione tu, alla fine. Magari il futuro non è dei purosangue, ma di chi riesce a scendere a patti con questi cambiamenti,  con la modernità.» Lo dice come se fosse una parolaccia. «Per me è tardi, rimarrò sempre legato ai valori della mia generazione, ma non intendo per questo perdere mio figlio.»

Draco ride.

«Quando ti sono spuntati i sentimenti paterni?»

«Sempre avuti.»

Altra risata.

Astoria è ferma sulle scale. Non vorrebbe rompere le uova nel paniere a suo marito interrompendo la conversazione. Ha già espresso in privato le sue riserve in merito al suo tentativo di legare Hermione mani e piedi con un matrimonio di casata. Se adesso tentasse di avvisare Draco, il suo sarebbe interpretato come un tradimento che rischierebbe di vanificare i timidi progressi che lei e suo marito stanno facendo nella direzione di una convivenza più serena e piacevole. Quindi non le conviene. E fare qualcosa che non le conviene è decisamente contrario alla sua natura.

Le conviene, invece, ascoltare con attenzione. C’è sempre da imparare dal vecchio volpone.

Ammira la disinvoltura, per non dire la faccia tosta, con cui Lucius minimizza, tralascia, ignora tutte le bastardate che ha fatto a suo figlio. E non riesce a capire come e perché questi voglia continuare a parlare con quel pericoloso individuo.

Beh, lei l’ha sposato.

Sia chiaro che Astoria non è ingenua, non ha sposato Lucius credendolo diverso da quello che è, solo non considera un difetto il suo essere un abile manipolatore, al contrario. A patto di non essere la sua vittima.

Un’altra fitta. Maledizione, quanto preferirebbe restarsene sdraiata! Non che da sdraiata la situazione migliori. Niente da fare, è una serata no.

Sospira e sbuffa, le gambe sono rigide e doloranti, non riesce più a restare immobile, in piedi sulle scale. Indossa il suo miglior sorriso e scende gli ultimi gradini per entrare nella sala da pranzo.

«Draco, sei già arrivato!» rivolta a Lucius. «Perché non mi hai fatto avvisare? Sarei scesa prima. Hermione non è con te?»

«No, purtroppo, è in Brasile. Deve organizzare la sua partenza definitiva. Come stai?»

«Oh, come una vecchia balena, sbuffo e mi rotolo da una poltrona all’altra. Se ci fosse Hermione almeno non mi sentirei così mostruosamente enorme, ci consoleremmo l’un l’altra.»

«Non fare la lagna, lo sai che sei sempre affascinante. Mio padre ti tratta bene?»

«Molto, grazie. Siamo una coppia felice.»

«Lo dici perché è questo che si deve dire o il vecchio ha capito l’antifona?» le mormora vicino all’orecchio, dopo una scherzosa occhiata d’intesa.

«Spero che abbia capito. Non vorrei doverlo avvelenare», risponde lei con un finto sguardo preoccupato.

«Ma tu non sei fidanzato con la babbana?» si intromette Lucius, un po’ infastidito.

«Sì, finalmente siamo fidanzati.»

«E allora lascia perdere mia moglie, non metterle in testa strane idee.»

«Che vuol dire che finalmente siete fidanzati, non lo eravate già da prima?» domanda Astoria.

«Solo pochi giorni fa Hermione ha accettato di sposarmi. Ora siamo davvero fidanzati.»

«Che bello, Draco! Quando vi sposerete? Aspetterete la nascita dei bambini, vero? Gli abiti da sposa non vanno d’accordo con le pance. Poi per organizzare un bel matrimonio ci vuole tempo. In primavera, che ne dici?»

«Anch’io pensavo alla primavera.»

«Immagino di doverti fare gli auguri», interviene Lucius. «Sei sicuro di quello che fai?»

«Più che sicuro.»

Lucius scruta Draco attentamente, come a voler comprendere qualcosa che gli sfugge. Alla fine sembra arrendersi con un sospiro.

«Non credo che capirò mai il tuo punto di vista. Sei troppo sentimentale. Il matrimonio in una famiglia come la nostra non può prescindere da un minimo di calcolo. So che per te è una brutta parola, ma che ne sarebbe dalla famiglia se ognuno sposasse la prima femmina che gli fa stringere i pantaloni?»

«Anche se tu avessi ragione, e non è così, Hermione non è quello che dici tu. Stiamo insieme da dieci anni, la mia non è una scelta avventata.»

«Ma come la giustifichi a livello famigliare? E non dire che non riguarda la famiglia. Una scopata sicura, riguarda solo i due che la fanno, un matrimonio e relativi eredi, riguarda l’intera famiglia, sempre.»

«Hermione è una persona di enorme valore, sia personale che sociale. In che modo la famiglia potrebbe essere danneggiata dall’ingresso di una degli eroi del mondo magico? Non solo la sua buona fama sarebbe un toccasana per la nostra reputazione alquanto stracciata e sporca, ma la sua intelligenza, le sue capacità e la sua potenza magica non potrebbe che migliorare la famiglia sotto ogni aspetto, ora e in futuro. E questo è quanto.»

«Già, devo ammettere che, se non si tiene conto del suo stato di sangue avresti ragione tu.»

«La purezza del sangue non garantisce di essere migliori in nulla. E tu lo sai! Malgrado le tue chiacchiere ti sei asservito a un mezzosangue. Il mio stesso padrino, Severus, era un mezzosangue, tuo amico e uno dei maghi migliori che tu abbia mai frequentato. Quindi o riconosci che il valore di una persona non è legato al suo stato di sangue, o riconosci che sei un idiota.»

Astoria spalanca gli occhi. Ha notato l’irrigidirsi della mascella di suo marito. È solo un attimo, lui ride.

Lei nasconde una smorfia. Loro chiacchierano tranquillamente, mentre lei siede su un cuscino di aghi e spilli. Quanto durerà questa serata?

«Va bene, ammettiamo che tu abbia ragione»

«Io HO ragione.»

«SE ANCHE tu avessi ragione, ammetterai che lo stato di sangue è uno dei valori riconosciuti della nostra cultura.»

«Lo era. Adesso l’attribuirvi importanza è considerato sinonimo di “mangiamorte, seguace di idee antiquate e legate alla maggior disgrazia dei giorni nostri: la guerra magica e colui che l’ha provocata”»

«Mmm, grazie!»

«Dovere!»

«Quindi il tuo desiderio di legarti alla signorina Granger si spiega con queste nuove tendenze della politica e del costume nella società magica.»

«Oh, grazie per il “signorina Granger” al posto di “lurida sanguesporco”.»

«Mi adeguo.»

«Comunque no. Il mio legame con la “signorina Granger” è dovuto alle tendenze ormai decisamente monogame dei miei ormoni e alla gioia che mi danno lei e i miei figli. Scusa se preferisco essere felice, anziché rodermi tutta la vita e rovinarla agli altri come hai fatto tu.»

«A me hanno insegnato che il privilegio di nascere in una famiglia come la nostra comporta oneri e responsabilità. Non mi pare di essermi comportato da egoista tentando di garantire a te e alla tua discendenza la ricchezza e gli agi che questa comporta.»

«Padre, non intendo continuare a discutere con te di questo. Puoi raccontarti tutte le balle che vuoi e crederci, ma il modo in cui mi hai trattato è inqualificabile. Se sono qui, oggi non è per te, ma perché non voglio che mio fratello si senta solo e soffra come ho fatto io da bambino. Vorrei offrirgli il mio affetto. Quindi, se me lo permetterai, manterrò i rapporti con tutti voi ma questa è l’unica ragione. Qualunque cosa tu ne pensi, io sposerò Hermione e riconoscerò i miei figli.»

«Non ho nulla in contrario. Anzi, sarei felice se volessi sposarti qui, al Manor e ripristinare i buoni rapporti tra noi. Non ho dubbi che io e la signorina Granger, se è intelligente come dicono, troveremo il modo per convivere civilmente.»

Draco rimane a bocca aperta per un tempo quasi ridicolo.

Che vuol dire che non ha niente in contrario? Dopo averlo quasi ammazzato per evitarlo, adesso gli dice che non è contrario al suo matrimonio con Hermione, addirittura gli offre il Manor per la cerimonia. Di sicuro ha qualcosa in testa.

Cosa?

Astoria sente una fitta più forte delle altre. Molto più forte.

Impallidisce, prende due respiri che vorrebbero essere profondi, ma si rende conto di non riuscire a farlo. I suoi polmoni si rifiutano di espandersi, il diaframma e tutto l'addome è contratto.

Un elfo, inchinandosi ripetutamente, annuncia la cena.

Lucius si sente parecchio soddisfatto. Draco è completamente spiazzato. Per ora potrebbe anche accontentarsi di questo risultato. Ha dichiarato di voler mantenere i rapporti, quindi ha tempo e possibilità per fare con calma. Se lo pressasse troppo finirebbe per domandarsi per quale ragione lui abbia cambiato opinione in modo tanto radicale. Molto meglio ricostruire il rapporto gradualmente. E, naturalmente, attrarre la mezzosangue in modo che i loro rapporti sembrino i migliori del mondo. L’importante è che, alla fine, lei sia sotto controllo, non le si può consentire di mettere a soqquadro la famiglia.

Per ora dovrà mantenere un atteggiamento tollerante ma troverà il modo, in un secondo momento, di espellere dall’albero genealogico i mezzosangue. Sono una malattia per la quale non ha una cura, adesso. Ma la troverà.

La voce di Draco interrompe le sue riflessioni.

«Astoria! Che hai? Non stai bene.»

«Oh, non è nulla, Draco. Sei gentile a preoccuparti ma…» altra smorfia, altro pallore improvviso.

«Stai male. Smettila di far finta di niente. Lucius, si può sapere per quale ragione non ti occupi di tua moglie? Non vedi che sta soffrendo?»

«Oh, ti senti male? E perché non mi hai detto nulla?»

«Abbiamo ospiti Lucius, non mi pareva il caso. Credo non sia niente di grave, il guaritore mi ha detto che è normale avere delle contrazioni in questo peri…» la voce si spezza e lei si piega quasi in due per il dolore.

«Io non credo sia normale. Lucius fa’ chiamare un medico.»

«Ahem… sì, certo, subito.»

Lucius non riesce a staccare gli occhi da Astoria e non accenna a muoversi. Draco prende in mano la situazione. Incarica un elfo di chiamare il medimago che si è occupato della gravidanza di Astoria. Al suo arrivo questo conferma quello che Draco sospetta: Astoria è in travaglio. La bambina sta per nascere, solo un po’ in anticipo.

 

*****

 

«Hermione…»

«Draco! Ma, che ora è a Londra

«Sono le due del mattino.»

«E tu come mai sei sveglio

«Sto tornando a casa di mio padre.»

«A quest’ora? È successo qualcosa

«Sì, Astoria sta partorendo.»

«E lui ti ha chiamato

«No, in realtà è stato un puro caso. Ero lì a cena e Astoria faceva di tutto per nascondere che stava male. Sono uscito solo per prenderle dei fiori.»

«E dove

«Dal fioraio vicino al teatro. È aperto anche di notte. Secondo te andranno bene delle rose? Di che colore? Non mi è mai capitato niente del genere.»

«Rosa pallido andranno benissimo. Ma dovrebbe pensarci il marito.»

«Mio padre è completamente fuori di testa. Spero che almeno, una volta risolta la faccenda, mi offra qualcosa da bere e da mangiare, visto che la cena è rimasta in cucina.»

«Sei cinico. Pensa a quella povera Astoria che sta soffrendo le pene dell’inferno

«In effetti strilla parecchio.»

«Vorrei vedere te

«Invece sarò io a vedere te.»

«Cosa ti rende tanto sicuro

«Non mancherò per niente al mondo, questa volta.»

«Vedremo

«I bambini dormono?»

«Draco, anche qui è piuttosto tardi, certo che dormono

«Oh, scusa, ti ho svegliata?»

«No, stavo leggendo

«Strano!»

«Stupido» un sorriso nella voce.

«Buonanotte amore.»

«Buonanotte. Ci sentiamo domani. Fammi sapere di Astoria e della bambina

«Certo, a domani.»

 

*****

 

Quando rientra, nel corridoio fuori della stanza di Astoria, vede Lucius urlare come un pazzo all’indirizzo del povero medimago.

«UNA FEMMINA? I MALFOY NON HANNO FEMMINE!» Si volta verso il figlio e grida ancora. «Quella stronza puttana mi ha fregato, ha partorito una femmina! Come può essere mia figlia, è una femmina!»

Draco lo guarda perplesso.

«La paternità è stata accertata, come può non esserlo? Hai una figlia. Non sei contento?»

«Come, contento! Secondo te, dovrei essere contento di una femmina?»

«Attento a come parli, è una Malfoy, ed è mia sorella.» La faccia di Lucius è così sconvolta che Draco scoppia a ridere. «Io vado a conoscerla, mentre tu scendi a patti con la faccenda.»

«NO! Non te lo permetto. Io, devo entrare io, non tu.»

«Alla buonora!»

Draco porge a Lucius il mazzo di rose rosa, lui lo guarda schifato.

«Che dovrei farci con questa verdura?»

«Pare sia gentile portare dei fiori a una donna che ha appena partorito.»

«Chi ti ha messo queste scemenze nella testa, i babbani? I Malfoy non vanno in giro con cespi di insalata in mano.»

«E cosa fanno i Malfoy, in questi casi?»

«Regalano alla moglie un gioiello di famiglia per ringraziarla di aver perpetuato il nome… Ah! È una femmina. Maledizione! Che dovrei fare adesso?»

«Regalale lo stesso il gioiello. Un maschio ce l’hai già. Alla fine sarai contento, non hai idea di che delizia siano le bambine.»

«Una collana di diamanti per una femmina! Bah!»

«Mi pare perfetto.»

«Mmm. La vado a prendere. Non azzardarti a entrare.»

«Sta tranquillo.»

Aspetta che Lucius abbia girato l’angolo, ancora un secondo e sente i suoi passi lungo le scale. Si alza velocemente dalla panca e apre uno spiraglio nella porta della stanza di Astoria.

«Ehi, mammina…»

Lei alza la testa dal cuscino. Ha la faccia inondata di lacrime.

«Oh Draco… non la vuole! Che faccio adesso?»

«Smetti di piangere. Tu non hai sentito niente, dovrà dirtelo in faccia se la cosa non gli garba. Ma dimmi se devo insegnarti certe cose! E sì che sei una serpe anche tu, mi pare. Dignità, un bel sorriso, e poi ci penserà tua figlia a fargli cambiare idea.»

«Ma se…»

«Shht, asciugati gli occhi. Com’è la piccola?»

«Oh, Draco, è meravigliosa! Non avevo idea che si potesse adorare tanto qualcuno.»

«Così va meglio. Il sorriso ti dona. Adesso vado, lui mi ha intimato di non entrare.»

Richiude la porta velocemente e in silenzio. Appena in tempo, si sentono già i passi di Lucius sulle scale. Si appoggia con le spalle al muro, il mazzo di rose ancora in mano.

«Auguri, papà», dice Draco con un sorriso leggermente ironico.

Lucius gli getta un’occhiata severa.

«I babbani ti hanno bevuto il cervello» brontola, prima di aprire la porta.

Draco intravede Astoria seduta, sostenuta dai cuscini, un sorriso fiero sul viso e un piccolo fagotto tra le braccia.

«Lucius, ti presento tua figlia.»

La porta si chiude.

Solo dopo una ventina di minuti, quando Draco incomincia a pensare che sia il caso di tornare a casa, la porta si riapre e Lucius ne esce con in braccio la neonata.

«Questa è tua sorella, Daphne Narcissa Malfoy.»

Draco sbircia impaziente tra i panni che l’avvolgono e scorge un faccino minuscolo, pochi, biondissimi capelli sulla fronte, occhi indefinibili.

«Santa Morgana! È microscopica. Anch’io ero così piccolo?»

«Non mi ricordo, è passato tanto tempo. Immagino che tu fossi un po’ più grosso, eri un maschio, in fondo. Non la trovi piuttosto bella?»

«È deliziosa. Avevi dubbi?»

«Perché, sai, è importante che sia bella, per via di  trovarle un marito. Insomma, si ha maggiore possibilità di scelta, di avere un buon partito, ecco.»

«Non è nata ancora e tu già pensi a infilarle qualcuno tra le cosce?»

Gli è uscita piuttosto dura. Lucius stringe protettivo la piccola,  senza nemmeno rendersene conto.

«Che razza di linguaggio…»

«Lasciala in pace, per favore. Limitati a farla crescere bene, stalle vicino, non ha bisogno di un contratto di matrimonio. Adesso posso andare a salutare la mia matrigna?»

Lucius risponde con un gesto distratto della mano, continuando a guardare attentamente la bambina. Draco bussa alla porta ed entra, richiudendosela alle spalle.

«Allora? Com’è andata?» mormora, offrendole i fiori.

«Oh sono per me?»

«No, per Daphne Narcissa.»

«Beh, lei non è in grado di apprezzare, ancora.»

«Allora li regalerò alla mamma.» Abbassa la voce. «Mi dici come è andata con Lucius?»

«Bene, mi sembra. Guarda che mi ha regalato.»

Apre l’astuccio posato sul comodino e mostra la parure scintillante, di foggia antica.

«Mmm, cose grosse! Non mi pare che esprimano un rifiuto.»

«Ha detto che è stata fatta dai folletti per la sua trisavola, che era riuscita a partorire un maschio solo dopo sei femmine. Suo marito era così felice che le ha fatto fare questi gioielli. Infatti il modello è parecchio antiquato.»

«Più che antiquato direi che è antico. Fine seicento, direi. Probabilmente non era il suo trisavolo ma un antenato ancora più lontano, i Malfoy si sposano molto giovani, di solito. In ogni caso è di gran valore. Credo che sia il più bel gioiello che abbiamo. È un po’ impegnativo, in effetti, non so quando potrai sfoggiarlo.»

Astoria spalanca gli occhi. «Davvero? Oh, beh, credo che troverò qualche occasione.»

Guarda di nuovo la collana e gli orecchini poi richiude attentamente la scatola.

«Fai in modo che mia sorella abbia l’affetto che a me è mancato. Non lasciarla allevare dagli elfi.»

«Io…» Astoria si morde il labbro. «Non so dove mettere le mani. La mia famiglia non può essermi di aiuto, anche io sono stata allevata dagli elfi. Daphne è lontana.»

«Ma tu le vuoi bene, hai detto che l’adori. Non lasciare che il tuo sentimento si spenga.»

«Mi hanno detto che occuparsi dei neonati è complicato. Se almeno potessi avere Hermione, vicina, potrebbe consigliarmi, lei ha esperienza.»

«Forse presto l’avrai. A primavera ci sposeremo, e magari potremo farlo proprio qui.»

Lei lo guarda aggrottando la fronte. Apre la bocca per parlare, poi scuote la testa. Che dovrebbe dirgli, che suo padre, quel gran bastardo di suo padre, sta progettando un altro intrigo ai suoi danni? Che vuole solo rendere innocua la sua futura moglie e trovare il modo di estromettere dalla discendenza i suoi figli? E non sarebbe come tradire suo marito? Merlino, lui lo conosce da quando è nato, come fa a fidarsi ancora?

A Draco arriva solo un lungo sguardo preoccupato.

Entra Lucius, ancora perso nella contemplazione della piccolina. Si china a baciare leggermente la moglie e le restituisce la bambina, che lei pone nel letto, accanto a sé, dopo averla baciata più volte con un sorriso dolce.

«Riposati, adesso. Domattina tornerò da te.» Rivolto a Draco. «La cena non è andata come ci aspettavamo. Vuoi che ti faccia preparare qualcosa?»

«Ti ringrazio, ma non c’è bisogno. Adesso torno a casa. Astoria, complimenti per la bambina, è un capolavoro. A presto.»

Esce, nel fresco della notte e attraversa il giardino, per smaterializzarsi fuori dai cancelli.

È l’alba. Potrebbe andare a far colazione da Starbucks, anziché svegliare gli elfi a quest’ora. Sì, è un’ottima idea, la fame si sta trasformando in crampi allo stomaco.

Seduto al tavolo, appena asciugato dalla rugiada, fuori dalla caffetteria, con davanti un cappuccino e un vassoio di croissant, continua a pensare a quello che Astoria non gli ha detto.

 

 

 

 

 

 

 

Candido: tutti noi, a scuola, ci siamo imbattuti in Voltaire, perché pare sia stato un personaggio di quelli che hanno definito  un’epoca, e nella più conosciuta delle sue opere: “Candido”.  Non potevo immaginare, allora, che un giorno l’avrei letto davvero e che l’avrei trovato così divertente.

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Capitolo 38
*** Notte e giorno ***


38-  Notte e giorno

 

«Non ci posso credere! Non riesco a crederci, dimmi che non è vero!»

«Posso sapere di che parli, Ginny?»

«Dimmi che non vuoi davvero portarti dietro quella zecca della Greengrass!»

«Dubito fortemente che se ne starà dietro

«Ormai è ufficiale, Malfoy ti ha ridotto il cervello in pappa.»

Hermione ride di cuore.

«Ginevra, Harry ha la disgrazia di non avere una famiglia propria, se così non fosse anche tu, per amor suo, saresti scesa a compromessi.»

«Una cosa è scendere a compromessi, un’altra è portarsi dietro la sua ex fidanzata, piattola, per l’organizzazione del matrimonio. Quella è una cosa tua, si fa una volta nella vita, dev’essere un momento splendido, non un sacrificio di sopportazione! E poi mi spieghi che sarebbe quella lì? Tua suocera? Non siete né sarete mai parenti.»

«È la madre della sorellina di Draco. E Draco stravede per la sua sorellina.»

«E quindi dovremo andare a scegliere l’abito della tua vita insieme a quella spocchiosa!»

«Che esagerata! Intanto è solo un vestito, poi andiamo solo a guardare cosa passa il mercato, non a scegliere. Come faccio a scegliere se non posso misurare nulla e quindi vedere cosa mi dona e cosa no?»

«Uhff! Non credo che riuscirò a sopportarla.»

«Come fai a dirlo, nemmeno la conosci!»

«Sta a vedere che adesso viene fuori che è pure simpatica!»

«Beh, proprio simpatica no, però è deliziosamente spudorata.»

«Dice le parolacce?»

«E parla di sesso.»

«Ma dai!?»

«Insomma, non giudicare un libro dalla copertina.»

Il campanello suona in quel momento. Hermione apre la porta e Astoria entra. È elegante, come sempre, ma vestita molto semplicemente. Ha partorito da appena un mese e mezzo ed ha già ritrovato la sua bella linea, tranne che per il seno, ingrossato dall’allattamento.

«Tesoro! Che piacere rivederti!» Bacia Hermione su una guancia.

«Ciao, Astoria, come stai?»

«Benissimo. Allora, oggi andiamo a fare una bella ricognizione, dobbiamo stabilire anche i colori prescelti perché poi i fiori, le tovaglie, tutto, insomma, sarà abbinato. Viene anche la tua amica con te? Non è ancora arrivata? Non vedo l’ora di conoscerla!» Abbassa la voce. «Per caso è quella che ha avuto un matrimonio disastroso?»

«Ma che dici? Chi ti ha raccontato queste cose?»

«Myra! Dice che l’hai terrorizzata con il racconto del matrimonio di Potter e quando ha sentito dire che ero caduta le è preso un colpo, ha pensato che tu portassi sfortuna.»

Ecco, anche questo! «Ginevra è in salotto. Andiamo, te la presento. Vuoi darmi il cappotto?»

«Oh, grazie. Non avete elfi?»

«Due. Ma per così poco non vale nemmeno la pena di farli spostare.» Entrano nel grande soggiorno. Ginny non si è alzata dal divano. «Questa è Ginevra Weasley Potter, la mia amica. E lei è Astoria.»

Ginny saluta piuttosto freddamente la nuova arrivata, mentre Astoria sembra piena di entusiasmo.

«Sono felicissima di conoscerti, non ne hai idea! So un sacco di cose di te, perché quando eravamo a scuola Zabini ti moriva dietro e faceva l’investigatore privato per scoprire tutto su di te. Aveva anche rubato un paio di mutandine e diceva in giro che erano le tue ma io non ci ho mai creduto.»

«Come, scusa?»

«Ehm, non dovevo dirlo?»

Hermione ride e la rassicura. «Puoi dire tutto quello che ti passa per la testa. Credo che Ginny sia solo molto sorpresa. Come sta Daph? Con chi l’hai lasciata?»

«Con Lucius, ufficialmente, quindi con gli elfi, di fatto. Non sarà mai il padre che sognavo per lei.»

«Chi lo sa, prova a dargli tempo. In ogni caso non le mancherà l’affetto, tuo, di Draco e mio.»

«Lo so, e vi ringrazio.» Cambia velocemente tono. «Guarda qui! Ho perso altri due chili!»

«Ma smettila, mi fai una rabbia!»

Astoria ride di cuore.

«Non mi sta più bene niente, mai avute queste tette maestose! Lucius è felicissimo, sapessi come se le palpeggia, le strizza le annusa le rimescola. Fosse per lui mi lascerebbe allattare per quattro o cinque anni.»

«Merlino, fulminami!» Ginny non resiste. «L’immagine di Lucius che ti palpa le tette non me la leverò mai dalla testa!» ha un’espressione tra lo schifato e il disperato. Hermione ride.

«Perché?» domanda Astoria con aria meravigliata.

«Come perché! Intanto è vecchio, poi io l’ho visto sempre minacciare, comandare, disprezzare e tentare di mandare all’altro mondo qualcuno, come posso pensare a lui che… Bleah!»

«Ti sbagli, Lucius è una macchina da sesso! Pensa che nel periodo in cui non potevamo darci dentro davvero, lui riusciva a farmi venire almeno un paio di volte solo con i giochini che di solito si fanno come preliminari. Qualche volta pensavo che il pisello gli sarebbe esploso.»

«D’accordo, basta così!»

«Perché? Hermione non credevo che la tua amica fosse così casta! Ma tu con tuo marito…»

«Non lo vengo a raccontare a te quello che faccio con mio marito!»

«Perché?»

«Astoria, basta», interviene Hermione. «Io e te abbiamo una certa confidenza, ormai, ma Ginevra è abbastanza sconvolta dalla tua libertà di linguaggio.»

Astoria sembra spegnersi.

«Oh… ti chiedo scusa. Sai, immaginavo che al di fuori dell’alta società purosangue avrei potuto rilassarmi e non badare troppo all’etichetta. Perdonami se ti ho mancato di rispetto.»

Ginny la guarda come se fosse uno schiopodo che balla il tip-tap: a bocca aperta.

«Capisco che tu sia sconvolta. La prima volta che abbiamo parlato mi ha chiesto informazioni sulle prestazioni sessuali di Draco perché pare che con lei fosse un disastro. Spero che ti abituerai ad Astoria spudorata, perché quando fa la purosangue è una palla.»

Ginevra apre la bocca per parlare, si schiarisce la voce e poi esala: «Credo di poterlo fare.»

 

*****

 

Hermione non aveva mai maledetto se stessa come quel pomeriggio. Dopo il primo momento di incomprensione, Ginny e Astoria sono diventate un’associazione a delinquere ai suoi danni.

Ginny si diverte come una pazza dei repentini cambi di atteggiamento di Astoria, quando incontra qualcuno del proprio ambiente. Astoria è curiosa come una bambina del modo di vivere di “quelli che non ci badano”, espressione che comprende i non purosangue e tutti quelli che considerano babbani e mezzosangue come propri pari e rifiutano, di conseguenza, tutta a retorica e l’etichetta purosangue.

Hanno fatto tirar fuori alla povera madama McClan mezzo negozio, proponendole abiti del tutto assurdi.

«Vediamo di chiarirci, io non sono una ragazzina, ho un sacco di figli, non vi pare un tantino ridicolo pensare di conciarmi come un trionfo di panna montata? E chi vi dice che a primavera riuscirei ad infilarmi in quel bustino?»

«Ma certo che ci riuscirai, ti passerò il mio personal trainer.»

«Non ci penso nemmeno! Se sarò un po’ cicciottella pazienza. Col tempo riprenderò il mio peso, non ho intenzione di farlo a tappe forzate!»

«Hermione! Io non ho potuto avere il matrimonio che desideravo, anche se non mi sono mancati gli abiti da sposa!»

«Come?» Ginny è incuriosita.

«Beh, il primo è stato quello per il matrimonio con Draco, era candido, con un ricamo di perle sul corpetto e una gonna di chiffon, eeenorme! Davvero magnifico. Draco gli ha dato fuoco. E io l’ho ricomprato perché non avevo nessuna intenzione di dargliela vinta. È ancora nell’armadio.» Profondo sospiro. «Ne ho comprato un altro quando Lucius era riuscito a “riportarlo all’ovile”, credeva lui. Ma io ero già incinta, e  un abito a sirena, ricamato d’argento, con un piccolo strascico», tono nostalgico e sognante, «è andato a far compagnia al collega quando il tuo Draco ha fatto passare così tanto tempo che io mi sono ingrossata troppo per poterlo indossare.» Ginny incomincia a ridere. «Poi ho avuto quello per il matrimonio dell’anno scorso, sempre con Draco, quello che non è mai avvenuto, durante il quale ha smascherato tutti gli altarini di Lucius. Se non fossi stata così disperata per la brutta figura e arrabbiata con Lucius per avermi messa in quella situazione, mi sarei divertita almeno quanto Daphne e Blaise, che non hanno mai smesso di ridere.

L’ultimo è stato quello con cui mi sono sposata davvero, anche se il mio sposo non l’ha visto per niente e a Draco non piaceva. Mi domando se non dovremmo ripetere il matrimonio. Quello è stato così brutto!» Si morde le labbra, in preda a un tremendo dubbio.

«Non ci posso credere! Sei pazza, vorresti un altro matrimonio? Ti portano sfiga, lascia perdere!» consiglia caldamente Ginny.

«Non ho avuto il matrimonio che volevo, però. Per questo mi piacerebbe che quello di Hermione fosse splendido.»

«Ma io non voglio il matrimonio che desideravi tu. I miei gusti sono più semplici dei tuoi.»

«Hermione non devi dimenticare che sarà un matrimonio di tipo purosangue, al Manor, tutti si aspettano un certo stile e né Draco né Lucius ti permetteranno di fare una festa sottotono. Quindi anche il tuo abito dovrà essere all’altezza.»

«Matrimonio purosangue, pfui! Ma che gli prende a Draco, si è rimbambito? Spero di non dovermi pentire di essermi fidata di lui!»

«Dai, Herm, alla fine è solo una festa, sarà bello, vedrai.»

Hermione sospira. Poi si rivolge a madama McClan.

«Signora, mi faccia vedere degli abiti dalla linea semplice e dal taglio perfetto, adatti anche a un fisico non filiforme, non bianchi, di stoffe pregiate ma non eccessivamente decorati.»

«Subito signora, è un piacere servire qualcuno che ha idee chiare.»

QUESTI abiti sono molto più accettabili. Hermione sceglie due o tre modelli e prende appuntamento per dopo due mesi per la scelta definitiva.

Scelgono il colore di base, che sarà l’avorio, con accostato il verde e il mandarino. Visionano qualche modello per le damigelle”, che saranno le sue figlie. E, finalmente tornano a casa.

«Allora ci vediamo domani?»

«Per fare cosa?» domanda Hermione che sperava di starsene tranquilla per qualche giorno.

«Ma scherzi?» Astoria la guarda come se fosse pazza. «Dobbiamo trovare il catering, decidere il menù, scegliere le tovaglie, le porcellane, i fiori e tutto il resto. Se consideri che quando partorirai dovrai per forza prenderti qualche giorno, dobbiamo fare il più possibile adesso!»

«E se ci pensaste voi? Mi pare che vi divertiate molto più di me, io mi fido!»

«Tesoro mio, sei un disastro!»

«Domani non ce la faccio, un altro giorno così e ti giuro che i miei figli, appena fuori dalla pancia, mi sputeranno in un occhio!»

«VA BENE, va bene! Domani riposati. Ci vediamo», un’occhiata a Ginny, «giovedì per te va bene?»

«Ok. Giovedì alle dieci, pranziamo fuori e facciamo shopping non stop.»

«Sìììì! Perfetto!»

«Oddio! Siete fatte l’una per l’altra! Ma mi spieghi come fai a restare così tante ore fuori casa? Non allatti la piccola?»

«Certo! Basta tirare il latte per una poppata in più, e ho sei ore di autonomia! Se poi dovessi tardare c’è sempre il latte artificiale, per una volta.»

Hermione scuote la testa e saluta le due streghe che, una dopo l’altra, si infilano nel camino e raggiungono le loro abitazioni.

Hermione è così stanca che rinuncia perfino alla cena. Si ferma nella stanza dei bambini (Draco non è ancora riuscito a separarli) e legge loro, con fatica, una storia. Li saluta e si addormenta quasi prima di toccare le lenzuola.

 

*****

 

«Ehi… tesoro, che c’è?»

Hermione apre gli occhi a fatica.

«Mmm?»

«Ti stavi lamentando nel sonno. Non stai bene? Hai fatto un brutto sogno?»

Hermione si accoccola tra le braccia di Draco.

«Non mi ricordo.» biascica con la faccia nascosta nella spalla di lui.

Lui le accarezza la pancia. «Sei contratta. Sicura di non avere dolore?»

«Solo un po’. Non è niente.»

«Sicura?»

«Quasi.» Strofina il naso sulla maglietta di Draco e si accomoda meglio tra le sue braccia. «Stavo sognando, credo, i miei genitori. C’era mia madre e lei ha rimproverato perché… perché non le ho permesso di abbracciare i suoi nipoti.» Le lacrime le escono senza quasi che se ne accorga.

«Tua madre? Ma non è morta? Scusa io l'ho sempre creduto ma tu non ne hai mai parlato.»

Passano diversi minuti prima che lei parli di nuovo. «La verità è che non lo so.»

Non sa se i suoi genitori sono morti o vivi? C’è qualcosa di strano in questo. Draco cerca di ricordare se gli avesse detto qualcosa che lui ha dimenticato.

«Vuoi parlarne?»

«Loro sono in Australia, credo. Ho cancellato loro la memoria di me. Loro credono di non avere figli e si sono trasferiti in Australia con un altro nome.»

«Come?»

«Sai, per proteggerli, poco prima che scoppiasse la guerra.»

Oh, ecco. A lui non sarebbe mai venuto in mente. Perché avrebbe dovuto? Non era necessario proteggerli dalla guerra, dato che erano tra quelli che l’avevano provocata.

«E non sei mai tornata a cercarli?»

«Ti ricordi quando sono sparita per un mese, dopo la fine della scuola?»

«Ricordo che sono quasi impazzito. Ho pensato che fosse finita.»

«Sono andata a cercarli. Ma non li ho trovati. Non avevo abbastanza soldi per restare più a lungo. In ogni caso non sono sicura che sarei riuscita a restituire loro la memoria.»

«Ti mancano?»

«All’inizio tanto. Ormai sono abituata. Spero solo che stiano bene e che siano sereni.»

«Ma questa notte hai sognato tua madre.»

«Già.»

«Hai rinunciato a cercarli solo perché non avevi soldi? Nemmeno per i tuoi genitori sei stata capace di vincere l’orgoglio e chiedere a me?»

«Non avresti fatto niente.»

Draco si offende. Per diversi minuti assapora il fastidio provocato dalla sua risposta. Poi si rilassa, con un po’ di sforzo, e tenta di essere obiettivo. Lei lo conosce meglio di quanto lui conosca se stesso. È vero, non l’avrebbe fatto.

Aveva negato ostinatamente la sofferenza che gli causava la sua assenza, aveva cercato altre donne, solo per poter continuare ad illudersi che lei non fosse nulla per lui. Oh, certo, le avrebbe regalato gioielli, soverchiandola con l’ostentazione della sua ricchezza e del suo potere, se solo glielo avesse permesso, l’avrebbe portata in posti esclusivi, ostentandola, come una cosa sua.

Ma probabilmente non avrebbe accettato di fare qualcosa davvero, solo per lei. Qualcosa di così intimo e segreto. Come aiutarla nella ricerca dei suoi genitori babbani.

Si sente un tantino verme, in quel momento. Sente di non meritarla, per questo la stringe più forte.

«Lo faremo, te lo prometto. Andremo a cercare i tuoi. Se loro non si ricorderanno di te, vorrà dire che ci accerteremo che siano felici lo stesso, faremo tutto il possibile per loro. Tutto quello che vorrai.» La sente irrigidirsi per un attimo. Non gli crede? «Che c’è?»

«Niente, solo una fitta.»

«Cosa credi che sia, pensi che stiano per nascere?»

«No, è presto. Non è niente. Dormi.»

«Sei sicura? Perché tu mi hai detto che a volte i gemelli nascono prima e io domani parto, ho un incontro a Manchester e se dovesse succedere potrei non riuscire a tornare in tempo.»

«Non saranno così dispettosi. Potranno pure starsene buoni per un paio di giorni.»

«Ma Remedios e Rodrigo non sono nati un mese prima?»

«Va beh, ma proprio oggi? Dormi e lasciami dormire, quando saranno nati rimpiangeremo la possibilità di dormire per una notte intera!»

Un minuto di silenzio. Che vuol dire? Perché non dovrebbero più dormire?

«Stai scherzando, vero?»

«No. Buona notte.»

Hermione gli gira le spalle irritata. Sa che non se riesce a dormire probabilmente non è per colpa di Draco ma sfogare su di lui il malumore è un buon modo per buttar fuori il fastidio.

La mattina Draco parte presto. Hermione vorrebbe continuare a dormire. Ficca il capo sotto il cuscino per non sentire i pochi rumori, discreti che lui produce mentre si veste.

Niente da fare. È troppo nervosa.

Si tira a sedere, appoggiandosi alla testiera del letto, con un cipiglio minaccioso e un nido di corvi in testa.

Draco la guarda e ride. «Sorgi e splendi, meravigliosa aurora!»

«Chi sarebbe questa aurora?» Draco ride di più.

«Dovresti vederti, hai una faccia tanto minacciosa che sembri pronta ad affrontare un’orda di trolls a mani nude. Per non parlare dei rovi che hai in testa.»

«Beh, allora sta lontano se ti sembro minacciosa!»

«Perché sei arrabbiata?»

«Non sono arrabbiata.»

«Si vede.» Ancora una risata, poi le si avvicina e la bacia a fior di labbra. «Io vado. Devo prendere l’aereo, sono con un branco di babbani. Cerca di non scodellarmi gli eredi proprio oggi.»

«Ancora con questa storia! Non partorirò oggi! Vuoi che te lo metta per iscritto?»

«Non c’è bisogno. A domani.» Altro bacio.

Prende la giacca, il trolley ed esce dalla stanza, richiudendo la porta dietro di sé.

Hermione si sdraia di nuovo. Respira con calma, cercando di riprendere sonno. Ma ogni volta che sta per addormentarsi, una piccola fitta la riporta alla coscienza, facendola sobbalzare, accelerare il respiro e il battito cardiaco.

Dopo una decina di volte, imprecando tra i denti decide di alzarsi e fare colazione.

Ma la colazione non si rivela una buona idea.

Gli elfi, felici e un po’ sconvolti dall’avere in casa dei bambini preparano delle colazioni abbondanti e varie, a volte perfino eccessive. Lei è costretta a tornare indietro non appena l’odore della pancetta affumicata la raggiunge per le scale e correre in bagno a vomitare come non le succedeva più da sei mesi. Aspetta l’arrivo della tata che porta i bambini al parco, a pattinare e chiede agli elfi di ripulire tutto e prepararle solo una tazza di tè con pane tostato, prima di entrare in cucina.

Eltanin la guarda in modo strano.

«Vuoi che rimanga con te, mamma?»

«No, tesoro, perché dovresti? Non hai voglia di andare al parco?»

«Sì, ma… tu non stai bene. Davvero non vuoi che resti?»

«Stai tranquilla, sto bene. Un po’ affaticata ma, sai, è normale. Tra un po’ di tempo sarà tutto passato.»

«Lo so, ma…» Si morde le labbra, indecisa. «Tu sei proprio sicura di stare bene?»

«Non ho niente di grave e non c’è nulla che tu possa fare per me. Vai a pattinare e divertiti. Ci vediamo a mezzogiorno.»

Non appena la porta si richiude tira un sospiro e si avvia alla cucina, nella speranza di poter fare colazione.

Ma che succede oggi alla sua famiglia? Che è questo eccesso di attenzione nei suoi confronti?

Il tè nella tazza, finalmente, il pane abbrustolito al punto giusto, marmellata di mirtilli, burro fresco e niente. Che diavolo c’è che non va, adesso?

Non ha più fame.

Sale di nuovo in camera e si fa una doccia, poi si veste con la versione inglese dei suoi camicioni di Bahia: una tunica larga e lunga, di morbida lana. Niente biancheria, si sente soffocare solo all’idea di un reggiseno.

Il campanello la infastidisce di nuovo. Chi diavolo è, adesso? Possibile che non riesca a stare un attimo tranquilla? La voce di Astoria? Che ci fa a casa sua a quest'ora?

«Ma come ti sei conciata? Non sei ancora pronta?»

«Scusa ma che ci fai tu qui? Per cosa dovrei essere pronta?»

«Dobbiamo andare a fare shopping con Ginny, possibile che non ti ricordi?»

«Ma no, oggi… che giorno è oggi?»

«Sveglia! È giovedì, dovevamo andare a fare shopping non stop, sai, fiori, inviti, pasticceria, e altri abiti, soprattutto per me, che con queste tettone non so se troverò mai qualcosa.»

In quel momento entra Ginevra, sbadigliando, dalla porta rimasta aperta.

«Posso sapere per quale ragione abbiamo deciso di andare a quest’ora antelucana?»

«Sono le dieci, Ginny.»

«Troppo presto. Stanotte Albus aveva mal d’orecchi e io non ho dormito. Sono distrutta.»

«Anche lei, vedo», risponde Astoria, indicando Hermione.

«Ma che avete tutti?»

«Ma come ti sei conciata? I tuoi capelli sembrano il nido di un corvo», la interrompe Ginny.

«Eccone un’altra! Sto bene, STO BENE, non c’è niente che non va! E lasciatemi in pace!!»

Detto questo scoppia in un pianto dirotto.

Astoria emette un flebile lamento.

«Hermione, dov’è Draco?»

«Perché ti serve Draco, vuoi organizzargli un altro matrimonio?»

«No, ma tu stai per partorire.»

«Non oggi», nega ostinatamente Hermione, scuotendo la testa.

«Hermione hai altri figli, possibile che tu non ti accorga di quello che sta succedendo?»

«Ma che diavolo, non ho mai avuto tanta gente attorno le altre volte. Ero solo un po’ di cattivo umore, con qualche doloretto, poi iniziavano le doglie vere e partorivo. Oggi tutti avete deciso che devo partorire e io invece non ci penso proprio. E tu che ne sai, poi, sei un guaritore? Come fai a dire che devo partorire?»

«Perché hai la stessa faccia che avevo io  quella sera.»

«Quale sera?» chiede Hermione in tono depresso.

 

 

 

 

 

 

 

 

Notte e giorno: Virginia Woolf, è stata a lungo una delle mie scrittrici preferite. Questo non è il mio romanzo preferito, quello che mi ha colpito al cuore (anche il primo che ho letto) è stato “Orlando”.

 

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Capitolo 39
*** D'amore e d'ombra ***


39- D’amore e d’ombra    

 

Alla fine Hermione è costretta ad ammettere che davvero, qualcosa non va. E se ne convince definitivamente quando iniziano le doglie.

«Devi dirmi come contattare Draco!» insiste Astoria, mentre Ginny, molto più pratica, ed esperta, è andata a riempire una borsa con gli effetti personali necessari per lei e per i bambini.

«Lui non c’è, torna domani.»

«Io credo che potrebbe ucciderci molto dolorosamente se lo lasciamo tornare domani.»

«Ma lui è a Manchester, in mezzo ai babbani e io gli ho garantito che oggi non avrei partorito.»

«HERMIONE!!» strilla Astoria, esasperata. «Riprenditi! Sembri un’idiota! Anche i babbani comunicheranno in qualche modo, no? Fagli sapere che stai per partorire e che ti troverà a San Mungo non appena si degnerà di tornare!»

«Sì, certo, adesso gli telefono subito.»

Ma non è così facile, ovviamente. Il cellulare è spento. Probabilmente è in riunione e non vuole essere disturbato.

Manda un sms.

Intanto lascia indicazioni agli elfi per quando torneranno i bambini. Giorgia, la nuova “Fernanda”, è una giovane strega, piuttosto in gamba, sembra. Dovrà far mangiare i bambini, farli riposare un po’ e poi, se Draco non si vede ancora, occuparsi di loro fin quando lei non l’avrebbe fatta chiamare per portarli al San Mungo.

 

*****

 

Mentre guarda la faccia sofferente di Hermione, Astoria si domanda come faccia a sopportare tutto quel dolore senza un fiato. È una donna diversa, l’ha capito già da un po’.

Ha tentato di farlo capire a Lucius, ma lui è piuttosto ottuso, persegue i suoi scopi costruendo sottili trame, senza calcolare le travi che si abbattono su di esse senza che lui possa farci nulla.

 

«Che farai quando nasceranno i tuoi nipoti, andrai a vederli?»

«Non ci penso nemmeno. Andrai tu, in rappresentanza della famiglia. Non voglio dare messaggi sbagliati alla mezzosangue. Ah, se puoi, evita di chiamarli in quel modo.»

«Tuoi nipoti? Ma lo sono.»

«Sono mezzosangue.»

«Tu hai detto che vuoi mostrare di avere ottimi rapporti con Hermione!»

«Ma non riconoscere i suoi figli come eredi.»

Astoria riflette un attimo.

«Non ci riuscirai.»

Lucius sogghigna.

«Questo lo credi tu.»

«Draco riconoscerà legalmente tutti i suoi figli, quindi la primogenita sarà Eltanin, il primo maschio Regulus.»

Lucius ghigna, maligno.

«E tu insisti a dire che a lei non importa di essere una Malfoy? Sei un’ingenua, Astoria, credi ancora a panzane come l’amore, che esiste solo nelle favole, cara bambina.

Granger sa quale affare sia riuscire a tenersi un Malfoy. Se così non fosse, per quale ragione avrebbe dato ai suoi figli i nomi della tradizione purosangue? Eltanin e Regulus, nomi di stelle, come si chiama l’altra? È un’altra femmina, vero?»

«Mmm… Remedios, ma ha un altro nome, il nome di una parente di Draco, me l'ha detto ma…» Astoria spreme le meningi ma non riesce a ricordare. «Un nome inconsueto, non me lo ricordo.»

«Comunque il nome di una parente di Draco, GUARDA CASO!»

«Se dirai a Draco queste cose lo perderai di nuovo.»

«Non intendo farlo, infatti.»

«E come pensi di procedere?»

«Penso di convincerlo a sposarsi qui, innanzitutto, e magari anche trasferirsi qui. Vorrei averli tutti sotto controllo. Se accetterà di sposarsi al Manor, e lo farà, credimi, non sarà difficile occuparci noi della cerimonia, e quindi dare per scontato il matrimonio di casata che, in fondo, è l’unico tipo di cerimonia che abbia mai avuto cittadinanza in una famiglia come la nostra.»

«Io non ti ho sposato così.»

«Questo succede a lasciare iniziativa alle donne. È per questo che non ti sento tanto mia moglie», sputa con un certo disprezzo.

«Oh, bene, mi sento molto più libera adesso. Se tu non mi senti tua moglie, perché mai io mi dovrei sentire vincolata a te? Farò tutto quello che mi passa per la testa, caro mezzo-marito, e non credo tu abbia nulla da dire, dato che non sono proprio tua moglie.»

Un giorno o l’altro dovrà dare il fatto suo a quella presuntuosa. Lucius è furente, ma si rende conto che lui si è cacciato in questa situazione. Possibile che quella ragazzina abbia la lingua di una serpe?

«Beh, se tu non ti sentirai vincolata ad obbedirmi, nemmeno io mi sentirò vincolato a pagare i tuoi conti.» Onorevole mediazione.

«Oh, io non ho conti miei, quando compro qualcosa lo faccio mettere sul conto dei Malfoy. Se non vorrai più pagarli la cosa non mi riguarda, almeno fin quando non ci butteranno fuori di casa per debiti.»

Serpe! Ha scaldato in seno una serpe. Come ha potuto non capire con chi aveva a che fare? C’è voluto un avvelenamento, una notte terribile, in preda alle zanzare, essere trattato come un marito babbano, per rendersi conto di aver sposato una…

Ok, d’accordo, una perfetta purosangue: infida, ipocrita, superba, perfettamente in grado di difendersi e di vendicarsi. Troppo furba per i suoi gusti.

«Comunque la Granger solo a questi patti entrerà nella famiglia.»

«E come farai per i figli?»

«Intanto dovremo pensare alla loro educazione: collegi all’estero. Potrebbe succedere qualcosa, degli incidenti, almeno al maschio, o potrebbe finire in galera. Delle femmine poco mi importa, basterà trovare un marito per loro, quattro galeoni di dote e ce le togliamo di torno.»

«E come farai ad avere eredi purosangue se lui sarà sposato a lei?»

«Nessun maschio purosangue si accontenta del talamo coniugale. Nella peggiore delle ipotesi andrà bene anche un bastardo, purché con il sangue giusto. Oppure potrebbe restare vedovo, chissà?»

Astoria scuote la testa. «Continuo a credere che Hermione Granger non farà quello che pensi tu.»

«Lo farà. Nessuna donna sana di mente rifiuta di sposare un Malfoy.»

«Lei non è come noi.»

«Beh, se rifiuterà il matrimonio, chi siamo noi per costringerla? E si può sapere perché TU sei dalla sua parte?»

«Non sono dalla sua parte, sono dalla tua. Sto solo cercando di farti vedere i rischi che corri. E posso farlo perché la conosco meglio di te e perché Draco, adesso che ha più confidenza con me, mi ha raccontato quanto ha dovuto insistere per ottenere il suo assenso al matrimonio. Stai sbagliando i tuoi conti perché ti basi sulla tua mentalità ma loro non ragionano come te. Perderai tuo figlio.»

«E smettila con questa storia! Che potrebbe fare, sentiamo, se io fossi pronto ad accoglierla come una figlia e lei continuasse a fare capricci? Chi sarebbe in torto, in quel caso?»

Astoria sospira. A volte  Lucius è così sicuro di sé da sembrare ottuso.

Perché lei ha conosciuto Hermione e sa che non è una persona manovrabile, che non starà zitta se lui tenterà di allontanare i suoi figli o addirittura di far loro del male.

E mai, mai, mai si presterà a un matrimonio che le toglierebbe ogni libertà.

Ma chi è lei per pretendere di far cambiare opinione a un grand’uomo come Lucius Malfoy? Lei ha imparato qualcosa dal fidanzamento combinato con Draco e da tutte le sue conseguenze, mentre Lucius sembra voler ripetere ostinatamente i vecchi errori. Gli lascerà tutta la corda del mondo.

Spera solo che, quando lui ci si impiccherà, non la trascini con sé.

 

*****

 

Draco è in riunione, quando Hermione entra in travaglio.

Naturalmente il cellulare è spento. Lo riaccende appena esce, mentre ancora sta parlando con un dirigente dell’azienda. Vede subito il messaggio di Hermione e lo apre distrattamente.

“Le doglie sono incominciate. Ho aspettato finché ho potuto ma è la terza volta, non ci vorrà molto. Sono già in ospedale, raggiungimi là.

Con me ci sono Ginny e Astoria, quindi non sono sola (ti prego salvami da quelle due!)”

 

Il cuore di Draco parte al galoppo

«Maledizione!» grida, dimenticando completamente il dirigente che ancora gli sta parlando. «Maledizione! Non è possibile, non un’altra volta! Dove… co… Maledizione!»

Scappa a gambe levate, lasciando il dirigente basito, la borsa nell’ufficio di Manchester, il soprabito sull’attaccapanni, si fionda nel parcheggio, si guarda intorno per capire dove diavolo potrebbe… ah, sì! Si nasconde dietro i bidoni della spazzatura e si smaterializza.

Scarmigliato e quasi afasico, si rivolge al banco delle informazioni per sapere dove si trovi sua moglie. La flemma dell’incaricato lo fa infuriare, dopo averlo insultato pesantemente si ricorda di essere un Malfoy. Quindi lo minaccia apertamente fino ad ottenere il benestare a raggiungere il reparto, oltre a indicazioni precise.

«Mi scusi, signora!» L’infermiera si ferma e lo guarda interrogativa. «Ho bisogno di sapere dove si trova mia moglie.»

«Può chiedere alla caposala, in quell’ufficio.»

«Grazie.» Riparte di corsa.

La caposala impiega troppi secondi, a suo parere per rivelare che Hermione è già in sala parto.

«Allora vado subito, dov’è la sala…»

«Non si può!»

«Non ci provi nemmeno! Io devo essere presente, Hermione mi aspetta! Non ho visto nascere nessuno dei miei figli e stavolta non posso mancare!»

La caposala lo guarda perplessa e poi lo accompagna.

«Venga con me. Dovrà lavarsi molto bene le mani e indossare un camice.»

«Tutto quello che vuole, ma facciamo presto!»

Fuori dalla sala parto ci sono le due svitate che lo aggrediscono.

«Oh, Draco, era ora. Hermione è già dentro, almeno credo, ci hanno buttate fuori già da più di mezz’ora, quindi penso che forse ha già finito, anche se non so come vada con due gemelli.»

Lui abbassa gli occhi su Astoria, incapace di arginare quel fiume di parole, poi su Ginny che, al contrario, lo guarda torva, in silenzio.

Scuote la testa e si volta per andarsene ma Astoria lo arpiona per il camice che l’infermiera gli ha fatto indossare.

«Ma dove vai, nessuno ci ha chiamato, ancora. E… come ti sei conciato?» Lo guarda tutto e spalanca gli occhi. «Non vorrai mica entrare?»

«È quello che farò.»

Draco strattona il braccio prigioniero della presa di Astoria ed entra di corsa nella sala parto, con la bocca già aperta per scusarsi del ritardo. La sala è vuota, solo un’infermiera sta sistemando su un carrello alcuni strumenti.

«Oddio! È troppo tardi! Non ci posso credere, l’ho fatto di nuovo!»

L’infermiera si volta.

«Mi scusi, chi è lei?»

«Draco Malfoy», risponde con voce spenta.

«Oh, certo, la signora la stava aspettando, ci ha detto che sarebbe arrivato e che avrebbe voluto assistere. Di solito non si fa, qui, è una pratica tipicamente babbana quella della presenza del padre in sala parto, ma se lei insiste…»

«Insisto. Ma dov’è Hermione? Non è già tutto finito, vero?»

«Oh, no! La mia collega è andata a prenderla, sarà qui tra pochissimo.»

«Allora non ha… ancora non sono…»

«Ecco, sta entrando.»

Hermione, pallida e spettinata, sta effettivamente entrando sulle proprie gambe, accompagnata da un’ostetrica. Quando vede Draco, piantato in mezzo alla sala, con camice, cuffia e bocca aperta, sorride, poi scoppia proprio a ridere.

Lui aggrotta la fronte, offeso, poi la vede smettere di ridere e chinarsi leggermente per sopportare una contrazione. Le corre incontro, non sa che fare, l’istinto è di abbracciarla ma teme di farle male. Le prende le mani.

«Che devo fare? Dimmelo, che posso fare?»

«Sta con me. Solo questo, resta con me», chiede lei, con un filo di voce.

«Amore mio, non ti lascio. Non vado da nessuna parte. Avevo paura che fosse troppo tardi!»

Lei sorride di nuovo. Si toglie la vestaglia, che un’infermiera sollecita prende e ripone fuori della sala.

L’ostetrica aiuta Hermione a sistemarsi sul lettino del parto.

«Lei può stare al suo fianco, se vuole», dice, rivolgendosi a Draco, «oppure posizionarsi alle sue spalle.»

«Sì, sto al suo fianco. O dietro… Come?»

«Se si mette dietro può sostenerla.»

«La sostengo.»

«Come preferite. L’importante è che sia sereno…»

«Sono sereno.»

«…e non si agiti. Non è il primo parto che vede, immagino.»

«Il primo parto… sì, è il primo ma farò del mio meglio.»

Lei lo guarda strano. Sembra davvero fuori di sé. Eppure la signora ha dichiarato di avere avuto già due parti, di cui uno gemellare.

Lui guarda la sua quasi-moglie aspettandosi ordini da lei.

«Dimmi cosa vuoi che faccia.»

«Niente di particolare. Io non sono abituata ad avere qualcuno. Devi solo sapere che soffrirò un po’ e potrei non controllarmi, devi stare tranquillo, è tutto normale.»

«Beh, dopo Astoria, che era convinta di morire… si sentivano gli strilli dal piano terra. Perché lei era tanto disperata e tu invece sorridi? Non senti dolore?»

«Molto. Ma per lei era la prima volta, non se lo aspettava…» Si ferma per sopportare una contrazione molto dolorosa. «Io ormai so come funziona.»

«La signora è molto coraggiosa. Spero che non si trattenga solo per non far preoccupare suo marito!»

«Lui non è mio marito.»

«Ma lui ha detto…»

«Lo so, ci prova sempre.»

«Comunque è lei che deve decidere, se crede che si sentirà più libera senza di lui…»

«No, siamo d’accordo. Non mi tratterrò.»

Draco la guarda, cercando di leggere la sua espressione.

«Io sono qui per te. Amore, sei stravolta, se credi che ti possa aiutare grida quanto ti pare.»

«Grazie!» risponde, un po’ ironica.

«Vuoi che mi sieda dietro di te?»

«Se vuoi. Fallo in fretta, però.»

Draco è aiutato da un’infermiera ad assumere la posizione giusta per fornire sostegno a Hermione.

Intanto la sala parto si è riempita di persone. Camici bianchi, verdi e gialli, bacchette sfoderate e qualche attrezzo di cui Draco non intuisce la funzione.

Continua a guardare, un po’ intimorito, tentando di nascondere l’ansia che sta crescendo. Intorno al lettino ci sono almeno quattro persone, parlano a bassa voce, sorridono, sembrano molto rassicuranti. Lui stringe la sua Hermione, così ha la sensazione di proteggerla, non sa che altro fare.

«Sta iniziando la fase espulsiva. Quando ne sente il bisogno spinga pure.»

Che cavolo significa?

Guarda di nuovo Hermione, il viso trasformato in una maschera di dolore, i denti serrati. Le prende la mano e lei la stringe per qualche minuto con una forza che Draco mai avrebbe immaginato. Si rilassa, finalmente, ma è solo per pochi secondi.

Una nuova contrazione strappa un grido acuto alla donna.

«Va tutto bene.» La gentile ostetrica passa con lo sguardo dalla faccia di Hermione a sotto il telo verde. «Si vede la testa.»

Draco allunga il collo per tentare di vedere qualcosa.

«Tolga il telo, per favore», chiede Hermione con un filo di voce.

«Ne è sicura?»

«Sì.» La voce si strozza.

Draco la guarda soffrire e si sente male per lei ma ammira il suo coraggio e il suo autocontrollo. Come fa?

«La testa è fuori, ancora una spinta.»

Draco non vede ancora niente. Passa con lo sguardo dal viso di Hermione al punto in cui si concentrano tutti gli sguardi. Il sesso della sua donna, quell’angolo di paradiso che non avrebbe mai creduto di condividere con nessun altro. Invece in questo momento… prova un attimo di fulminante gelosia verso quegli uomini che osano guardare quello che è solo suo.

Si dà dello scemo e torna a guardare, cercando di cogliere il momento, ma vede solo le cosce sporche di sangue.

Altra spinta, altro grido di dolore.

Esce in un baleno, piccolo, sporco, bellissimo. Suo figlio.

Si sporge verso di lui, ancora attaccato al cordone ombelicale.

«Vuole tagliarlo lei?» domanda l’ostetrica.

Con chi sta parlando? Lui dovrebbe tagliare il cordone? E se sbaglia, se fa male al bambino o a Hermione? No, no, impossibile!

«Non… non credo.»

Sorridono, il medico taglia il cordone e lo chiude. Appoggiano quella meraviglia appena nata sulla pancia di Hermione, dopo avergli dato qualche pacca e dopo che lui ha emesso alcuni vagiti contrariati ed ha assunto una smorfia oltraggiata.

«Non abbiamo ancora finito, lo sa, vero?»

Cielo! È vero, sono due!

Infatti quasi subito Hermione stringe ancora i denti. E la sua mano, fino a stritolarla.

Questa volta è più rapida. Il secondo, perfettamente identico al primo. Questo concede appena un vocalizzo sprezzante, poi chiude la bocca e arriccia tutta la faccia, solo per un attimo. Sembra più controllato e serio del fratello.

«Oh, questo è Severus!» soffia Hermione, dopo un lungo sospiro.

«Abbiamo un…» La voce gli inciampa in gola. «…un Severus?»

«Certo, non lo vedi?»

«E l’altro?»

«Un’idea ce l’avrei.»

«Dimmi.»

«Vorrei chiamarlo Harry.»

Harry? HARRY? Quando mai un Malfoy ha avuto un figlio di nome Harry? Quando mai è esistito un Harry Malfoy? Santo Merlino, quanto ama questa donna! Non riesce a dirle mai di no.

«Va bene. Anche se Harry Malfoy, concedimelo, fa schifo.»

Lei ride.

«Non posso avere TUTTI i figli con nomi tanto strampalati. In fondo sono una mezza babbana, non ti ricordi? Concedimi almeno un Harry.»

«Quanto ti amo, donna!»

Abbassa gli occhi sui due bambini ma si accorge che qualcuno li ha presi, non sono più sul petto di Hermione. Li cerca con gli occhi, freneticamente, sente un tuffo al cuore, come se qualcuno l’avesse risucchiato fuori dal suo petto.

Li vede poco lontano, uno immerso in una bacinella di acqua, mentre un’infermiera lo lava delicatamente, l’altro già pulito, appoggiato su un piano morbido, viene vestito da un’altra.

Ancora qualche minuto, poi i due piccoli sono affidati a Draco, con l’incarico di andare a farli vedere a tutti, mentre l’ostetrica accudisce Hermione.

«Potrà raggiungerla in camera tra pochi minuti. Vada, adesso.»

E lui va. Stordito, semicosciente, felice,  incapace perfino di guardare dove mette i piedi, preso dalle faccette raggrinzite dei suoi due figli. Che lui ha visto nascere.

Un morso doloroso gli ricorda che quel momento magico si è già verificato due volte e che lui non c’era, se l’è perso. E non tornerà.

Fuori c’è una vera folla. Lui, che si aspettava solo Astoria e Ginny, si trova quasi aggredito da almeno una decina di persone.

Ci sono i Weasley, Harry Potter e i suoi figli, Zabini con Myra, un paio di persone che non conosce assolutamente, e tutti che urlano e gli danno pacche sulle spalle e vogliono vedere i bambini. Molly piange come una fontana e suo marito l’abbraccia, anche lui con una strana faccia.

Quando riesce a rientrare è sconvolto. Non sa dove andare, si trova perso nei corridoi, davanti a diverse porte chiuse e rimane impalato senza sapere cosa fare, impedito ad aprire le porte da quel piccolo, doppio ingombro che abita le sue braccia.

Un’infermiera, per fortuna.

«Mi scusi… Hermione Granger?»

«Da questa parte, signor Malfoy», un sorriso gentile.

E come lo conosce? Ah, potrebbe essere una di quelle che erano dentro, non ha guardato in faccia nessuno, può essere.

Finalmente una porta si apre sul sorriso della sua donna e lui si rilassa.

Le porge uno dei due fagottini. Lei si sposta un po’ sul letto, invitandolo.

Lui si siede, appoggia la schiena ai cuscini addossati alla testiera del letto e solleva le gambe. Con il braccio libero circonda le spalle di Hermione, lei appoggia la testa sul suo petto.

«Grazie», dice lui, a bassa voce, dopo vari minuti. «Non riesco a credere di essere stato tanto coglione da perdermi questo… per due volte.»

«Oh, io non mi sono persa niente, invece.»

«Ah-ah. Davvero spiritosa.» Ancora qualche minuto di contemplazione. «Come faremo a distinguerli?»

«Penso che ci riusciremo. Sono diversi.»

«Io non la vedo questa differenza, ma forse imparerò.»

«Certo, imparerai, di sicuro. E poi non importa, anche a Molly capitava spesso di non distinguere Fred da George. E loro la prendevano in giro tremendamente e si divertivano a confonderla ancora di più.» Anche lo sguardo di Hermione diventa triste per un attimo. «Credo che lo rimpianga, ora che Fred non c’è più.»

Oh! Draco ha scoperto perché Molly piangeva.

Un brivido lo attraversa. Perdere un figlio. Dev’essere terribile.

Guarda la sua donna, che ama, e i suoi figli, di cui non riuscirà mai più a fare a meno. Non gli pare possibile che tutto questo potrà cambiare. Non cambierà.

Hermione sospira.

«Dovremmo chiamare Giorgia e chiederle di portare i bambini a conoscere i fratelli.»

«Certo. Tra un po’. Godiamoci ancora un attimo questa felicità. Da soli. Avremo tutto il tempo per dividerci in cinque. Questi due avranno pure diritto a mezz’ora tutta per loro.»

 

 

 

 

 

 

 

D’amore e d’ombra: poteva mancare l’altro lato del Sudamerica? Isabella Allende, cilena, ha in comune con Amado, con Marquez e con molti altri scrittori di quel continente, un mondo in cui la cruda, storica, ineludibile realtà, si mescola alla magia domestica e al soprannaturale quotidiano.  

 

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Capitolo 40
*** Il processo ***


40- Il processo

 

I primi giorni, con i bambini appena nati in casa, sono una follia. Di notte non si riesce a dormire, il primo dei gemelli che si sveglia, sveglia anche l’altro ed entrambi i genitori sono ridotti uno straccio. I fratelli sono eccitatissimi dalla novità, e si danno da fare come possono a sfinire ancora di più i due poveri adulti.

Astoria e Ginevra, dopo i regali, le visite e i complimenti del caso, tornano fin troppo alla svelta ad assillarla con la preparazione del matrimonio.

Lucius, dopo molte interviste, in cui si è dichiarato infinitamente felice dell’imminente matrimonio del figlio primogenito con l’eroina del mondo magico Hermione Granger, invia un gufo a Draco, in cui lo invita al Manor, a cena, con la sua fidanzata, “per conoscersi, visto che presto saranno una sola famiglia”.

I bambini non sono nominati. Questo però non è strano, i genitori purosangue iniziano ad avere minimi rapporti con i loro figli solo quando sono abbastanza grandi da renderli fieri per il loro successi o farli vergognare per le loro carenze studentesche, sportive o mondane in genere e i bambini non fanno vita sociale.

Draco ne parla con Hermione.

«Che facciamo?»

«Tu cosa vuoi fare?»

Draco scuote la testa e rimane due minuti buoni a riflettere.

«Non mi fido di lui, non riesco a pensare che sia sincero, che davvero si sia arreso e che non abbia ancora qualche idea delle sue per danneggiare te o i bambini. Io sono quasi certo  che trami qualcosa. E so, per esperienza, quanto potrebbe essere pericolosa anche una semplice cena a casa sua.»

«Che indizi hai in proposito? È solo per le tue esperienze passate che ti senti insicuro?»

«Una volta, parlando con Astoria, ho detto che forse mi sarei sposato al Manor. Lei ha fatto una faccia che mi ha fatto capire che non condivideva l’idea.

In altri tempi avrei pensato che si sentisse minacciata da noi, ma ho fatto un accordo con suo padre , penso di avertene parlato, quindi lei si sa per certo che non ho alcuna intenzione di danneggiare i suoi interessi e non ha ragione di preoccuparsi. Anche se è una serpe, mi pare che la simpatia nei tuoi confronti sia vera. Quindi sono sicuro che sappia qualcosa. Qualcosa che a noi non farebbe piacere.»

«Ma?»

«Ma lui è suo marito, probabilmente le ha estorto una promessa di silenzio. In ogni caso lei è molto legata a lui. Non riesco a immaginare che una donna giovane come lei possa essere innamorata di Lucius ma evidentemente è così.»

«Io non riesco a credere che lei si fidi a dividere il suo letto, io non lo vorrei alle mie spalle, figuriamoci se potrei dormire nei suoi paraggi.»

«Oh, lei si sa difendere. Non lasciarti confondere dai suoi modi, è una degna serpe. Ti ho raccontato in che modo ha messo i puntini sulle i, con lui.»

«E tu? Non credi che sarebbe meglio mantenerci a distanza di sicurezza? Voglio dire, quanto è forte il tuo desiderio di restare in seno alla famiglia?»

Sospiro profondo da parte di Draco.

«È per mia sorella. Voglio restare in contatto con lei, non riesco a pensare che si possa sentire sola e rifiutata come sono stato io da bambino. Per questo non posso rompere drasticamente i rapporti con mio padre. Devo cercare una mediazione con lui.» La guarda, accorato «Cerca di capirmi.»

Lei lo guarda attentamente. Cosa può pretendere da lui? L’affetto che lo lega a sua sorella gli fa onore. Invece l’idea di una full immersion nella sua famiglia purosangue agghiaccia lei.

Reggerà il nuovo Draco? Quello che ha accettato le proprie responsabilità paterne, quello che ha abbracciato finalmente la consapevolezza di non valere solo per il suo stato di sangue e di aver diritto alla felicità, quello che adora lei e i suoi figli, potrà resistere ai condizionamenti perpetrati fin dalla sua nascita? A suo padre, al clima superbo e razzista del clan dei purosangue, alle pressioni, alla disapprovazione. Reggerà?

E lei, sarà capace di reggere? O finirà per comportarsi male e dare ragione a Lucius? O, peggio, lui riuscirà ad aver ragione di lei e le toglierà tutto?

E davvero è solo l’affetto verso Dana a muovere Draco verso suo padre?

Ora è lei che sospira. Non resta che andare avanti e scoprirlo.

«E non si può fare senza coinvolgermi?»

«No. Io e te siamo una cosa sola. Se lui mi vuole vicino, qualunque ne sia la ragione, deve sapere che tu sei con me. Sempre. Non deve illudersi nemmeno per un secondo che io potrò tornare tra le sue mani come è stato in passato. Sei tu la mia forza. Dobbiamo stare insieme.»

«Oh, a quanto pare ha già iniziato a trarre qualche piccolo vantaggio da me. Deve affrontare ancora un processo e avere in famiglia quella che un tempo era il nemico potrebbe influenzare favorevolmente i giudici. Non può non averlo pensato.»

Draco china la testa. Sembra dispiaciuto e vergognoso.

«Perdonami. Avevo intenzione di testimoniare contro di lui per farlo finire ad Azkaban, in modo da essere liberi per qualche anno, da poter costruire la nostra famiglia senza la spada di Damocle delle sue pericolose iniziative. Ma adesso…»

«Adesso non te la senti di togliere a Dana il padre e ad Astoria il marito che ama.»

Lui solleva uno sguardo colpevole. Hermione attende ma lui non dice nulla.

«Draco. Se tu non ti facessi alcuno scrupolo mi piaceresti molto di meno. Temevo l’influenza di tuo padre e della società che è sempre stata la tua. Ma qui si parla di sentimenti, non di spocchia purosangue. È il mio terreno, non il tuo.»

«Stai dicendo che mi sto trasformando in un Grifone?»

«Sarebbe un complimento ma, no, non sarai mai un grifone, al massimo una serpe con un cuore. Come potrei oppormi al tuo tener conto dei sentimenti degli altri?

Solo, promettimi di stare attento. Tuo padre... insomma, non credo che siano molto consistenti le possibilità che lui sia cambiato o che lo siano le sue intenzioni.»

Draco si apre in uno dei suoi sorrisi meravigliosi.

«Ti amo, donna. Te l’ho mai detto?»

«Stai diventando perfino noioso.»

«Bene così.»

«Credi sia il caso di rimandare?»

«Cosa, il matrimonio? No!»

 

*****

 

Lucius, alla prima udienza, si dichiara colpevole, una mossa del tutto imprevista.

Ammette di avere attivamente aiutato Yaxley (attraverso le lettere in mano al Wizengamot) a sfuggire alla pena prevista per i suoi crimini.

Sostiene, a sua “parziale discolpa” che Yaxley lo aveva salvato più di una volta, a rischio della sua stessa vita. E che l’aveva coperto nei confronti del Signore Oscuro, quando lui, pur non potendosi ribellare, era così inefficiente come mangiamorte, da guadagnarsi l’ira del loro padrone. Racconta delle volte in cui, davanti a Lord Voldemort che, come tutti sanno, era un ottimo Legilimens, e quindi con grande pericolo per la sua stessa vita, Yaxley aveva testimoniato attribuendo a Lucius imprese che non aveva compiuto al fine di coprire la sua mancanza di entusiasmo e fedeltà, salvandolo così da morte sicura.

Inoltre insinua il sospetto che  Yaxley abbia lasciato le lettere a sua zia sapendo che queste sarebbero finite nelle mani della Granger.

«Lei ama mio figlio da molti anni, non l’avrebbe mai privato del padre. Infatti lei le ha date a Draco. Yaxley si sentiva sicuro che non ci sarebbero state conseguenze gravi per me. Mi è affezionato, e io, malgrado i suoi errori di gioventù, che in fondo sono anche i miei, non potevo permettere che finisse ad Azkaban. Se dovrò pagare per questo pagherò.»

È sempre stato un buon attore. E per niente stupido.

Ha intuito di non avere alcuna possibilità di negare, dato il contenuto delle lettere, quindi ha preferito far leva sul sentimentalismo, dare di sé l’immagine di qualcuno che può infrangere le regole per una buona causa, per affetto, riconoscenza e tutte le palle da grifoni che  sicuramente i vecchi tromboni del Wizengamot avrebbero apprezzato.

«Sta insinuando che la signorina Granger abbia nascosto intenzionalmente delle prove alla giustizia?»

«Non ho alcuna idea di quali siano state le motivazioni della signorina Granger. So solo quello che anche gli auror hanno sentito dalla voce di mio figlio: che le lettere erano in possesso della signorina e che lei le ha consegnate a Draco.»

«Alla fine è stato il suo stesso figlio a consegnarcele» rileva il presidente del Wizengamot.

«Lo so, c’ero anch’io. I giovani sono impulsivi e io non sono stato capace di valutare correttamente la forza del sentimento che lo legava a Hermione Granger, diciamo che ho male interpretato i segni e lui si è sentito minacciato.»

«Si spieghi.»

«Ho predisposto per lui un matrimonio secondo la tradizione del nostro ceto sociale, credendo di far bene. Lui ha accettato e quindi ho ritenuto che la storia con la signorina Granger fosse finita, come a volte succede. Tanto più che lei, in quel periodo, si è allontanata da Londra e per anni non se ne è avuta notizia. Nulla mi faceva pensare che non fosse andata avanti con la sua vita, la credevo ormai sposata e completamente perduta per mio figlio. Gli ho concesso tutto il tempo che ha voluto per riprendersi e credevo sinceramente che, dopo quattro anni, si fosse dimenticato di lei.

Quando gli ho ricordato i suoi doveri, lui ha interpretato la cosa come una costrizione nei suoi confronti, un’ingerenza indebita nella sua vita e, beh, mio figlio è impulsivo, ha creduto che volessi costringerlo. Ha ritenuto di doversi difendere da me.

Io ero convinto di aver agito per il meglio e di essere stato fin troppo comprensivo, mio padre non mi ha certo dato modo di dire la mia, in merito al matrimonio. Forse ho sbagliato io, nell’educarlo, forse sono i tempi che corrono. I figli non accettano più l’autorità paterna e questo non posso considerarlo un bene. In ogni caso le mie buone intenzioni sono state travisate.»

«Quindi suo figlio ha agito contro di lei solo per un malinteso.»

«Naturalmente. Quando ho capito che lui non aveva intenzione di onorare il contratto, mi sono fatto avanti con la dolce Astoria, che non meritava certo di essere svergognata in questo modo, e lei ha voluto concedermi la sua mano. Ora siamo tutti felici, grazie a Merlino. Ho il piacere di annunciare che anche mio figlio sta per coronare il suo sogno d’amore, sposando la signorina Granger» conclude soddisfatto.

«E come spiega la sua miracolosa guarigione? Tutti credevano che lei fosse paralizzato dalla vita in giù, invece, quando gli auror si sono avvicinati, lei ha dimostrato di essere perfettamente sano.»

«Non me lo spiego! I medici del San Mungo mi avevano detto che questa era una possibilità, perché il midollo non era tanto danneggiato da giustificare una paralisi, ma di fatto io non riuscivo a muovermi. In quel momento probabilmente lo shock ha sbloccato qualcosa. Non so che dire, è stato un miracolo.»

L’udienza si è conclusa con un “uno a zero” per Malfoy.

La successiva sarà dopo il matrimonio di Draco. Saranno sentiti i testimoni e Lucius conta di poter imbavagliare la Granger attraverso il matrimonio di casata.

Va tutto bene. Dovrà stare ancora chiuso in casa con la maggior parte dei fondi bloccata, ma presto si risolverà tutto.

 

*****

 

Alla fine Lucius è riuscito a prendere le redini del matrimonio.

In verità è stato molto gentile, ha insistito perché il giardino di Malfoy Manor ospitasse l’evento e ha garantito che avrebbe sottoposto all’approvazione degli sposi ogni aspetto della faccenda. Ha offerto il gusto di Astoria per le decorazioni e concordato la lista degli invitati senza nemmeno storcere la bocca di fronte alla tribù Weasley, e agli altri grifoni, ha offerto i propri elfi per la cucina ma si è dichiarato disposto ad accettare anche il catering umano, sottolineando soltanto lo spreco e l’offesa recata agli elfi del Manor, che si sarebbero sentiti scavalcati, inutili e in colpa per non aver saputo soddisfare i padroni.

Alla fine Hermione ha ceduto: il pranzo sarà cucinato dagli elfi.

Draco ricambia l’invito a cena ma Lucius rifiuta, adducendo l’ottima ragione degli arresti domiciliari. In realtà non vede alcuna ragione per recarsi in un tugurio babbano né per dare confidenza ai piccoli mezzosangue.

Ma Draco non demorde. Si autoinvita per un tè, insieme ai bambini. Astoria è entusiasta, Lucius fa un sorriso tirato, dichiarandosi altrettanto entusiasta.

Un martedì pomeriggio, il Manor è invaso da bambini come mai era successo prima, dai gemelli, di poche settimane, a Eltanin, otto anni.

Astoria arriva subito con Daphne Narcissa, ormai diventata per tutti (tranne uno) Dana, i bambini la festeggiano rumorosamente.

«Che razza di nome è Dana? Sembra quello di un elfo.» Lucius è scandalizzato dal nomignolo di sua figlia.

«Remedios ha iniziato a chiamarla così, A me non dispiace, è carino. E poi mi pare più adatto.»

«Più adatto? A un cagnolino, è adatto, non alla figlia di Lucius Malfoy!»

«Avremo tutto il tempo per chiamarla con il suo nome completo, adesso lei pesa quattro chili e il suo nome due quintali, ti pare normale? Io la chiamerò Dana, ma tu fai pure come ti pare» concede graziosamente.

Lucius è palesemente infastidito dalle domande dei bambini e dalla loro stessa presenza.

Remedios tenta di salirgli in grembo, come fa con suo padre, Rodrigo (Regulus, ormai è Regulus, ripete a se stessa Hermione) gli domanda quanti anni ha, perché gli pare troppo vecchio per essere un papà, i papà sono giovani e belli come il suo.

Lucius è sempre più di cattivo umore, anche se tenta di mantenere l’apparenza. Ha già ripetuto almeno cinque volte che accoglierà Hermione in famiglia “a braccia aperte” e che dovrà considerarlo un padre perché lei per lui “sarà un’altra figlia”.

Merlino ce ne liberi!” pensa Hermione, e si domanda se l’abbia detto così tante volte perché è rimbambito e si dimentica di averlo già detto o se la mancanza di entusiasmo da parte di lei gli ha fatto dubitare di non essere stato udito.

«Insomma di chi sei il papà?» insiste Dora (o Remedios… questa storia che in Inghilterra si debbano usare i nomi inglesi ha entusiasmato, all’inizio, i bambini, ma adesso genera una confusione epica).

«Sono il PADRE», scandisce bene Lucius, «di Draco. E, naturalmente, di Daphne Narcissa.»

«E allora sei il nostro nonno?» chiede ancora, fresca di lezioni sulla struttura della famiglia in occasione della nascita dei fratellini.

Lucius impallidisce, poi diventa paonazzo, apre la bocca e la richiude, si schiarisce la voce e poi non dice niente. Remedios (o Dora) non demorde, lo fissa aspettandosi una risposta chiara, tipo sì o no.

«Ehm, tra noi purosangue non si usa un tale appellativo. Di un avo si dice che è un avo, o il patriarca della famiglia. In effetti sono il patriarca, in questo momento.»

«E che vuol dire, che sei il nonno o che non sei il nonno?»

Lucius si guarda attorno disperato. Alla fine Hermione lo toglie dalle sue pene.

«Reme, non fare domande indiscrete, a Lucius non piace essere chiamato nonno

Lucius fa un sorriso tirato e cerca con gli occhi Draco.

«Credo che a questi bambini farà un gran bene un po’ di educazione purosangue», mastica tra i denti.

«Non farti sentire da Hermione, se ci tieni alle palle.»

«E tu non hai voce in capitolo?»

«Per ora mi va bene così.»

Lucius fa un sorriso stranamente sincero. Se ha capito bene suo figlio sta dicendo che gli va bene per ora, quindi è d’accordo con lui, quando avrà la situazione saldamente in pugno le cose cambieranno per quei piccoli selvaggi.

E cosa c’è di meglio, per conferire a un marito la giusta autorità, che un matrimonio di casata? Questo è l’assenso che gli mancava. Adesso è sicuro che andrà tutto secondo i suoi piani.

 

*****

 

Domani è il giorno.

Draco è travolto dall’ansia. Ripensa alla faccia di Astoria, quando è nata Dana.

Pensa a quello che non ha detto.

Lucius si dichiara cambiato, fa il carino, anche con Hermione, cerca di convincerla che davvero non veda l’ora di averla per nuora, senza la minima speranza di successo, ovviamente. Non è sempre gradevole ma sarebbe strano il contrario.

Di fatto gli è rimasta addosso la sensazione di non essere riuscito ad anticipare le sue mosse. Lui ha in mente qualcosa. È sicuro.

Cosa?

Domani. Domani lei sarà sua moglie.

Non riesce a crederci.

Non nel senso che è troppo bello per essere vero, nel senso che è praticamente certo che succederà qualcosa.

Cazzo! Nemmeno fosse la Cooman.

Che si può inventare quello?

Astoria. Deve chiedere ad Astoria.

La trova in giardino, con al seguito un’elfa agitata che le porge Dana urlante mentre lei, praticamente isterica, grida che non è il momento, che adesso ha da fare, che hanno sbagliato tutto.

«Quell’infame ha modificato il colore dei fiori con la magia, quando stanotte si addormenterà il colore sbiadirà INEVITABILMENTE, e domattina chissà che troveremo!» Draco prende la bambina e tenta di calmarla, missione impossibile a causa degli strilli di Astoria. «Ho faticato SETTIMANE per trovare la giusta sfumatura di color mandarino, perfetta accanto al verde dei rametti di-di… insomma, il colore stonerà con le tovaglie!»

«Vuoi stare calma?»

«CALMA!! Dovrei stare calma, dici? È la mia prima occasione, avrò tutti gli occhi puntati su di me, dovrò dimostrarmi all’altezza di Narcissa e per colpa di un idiota di fioraio sarà uno schifo, brutto stupido, razza di magonò, figlio di una babbana di facili costumi!»

«Astoria, è tutto perfetto. Almeno per quanto ti riguarda, perché io…»

«DRACO MALFOY! HAI CAMBIATO IDEA??!!»

«Ma che dici?»

«E allora? Che significa che quello che hai detto?»

«Ho solo una brutta sensazione. Ho paura.»

Lei spalanca gli occhi allarmata.

«Ormai non si torna indietro, avresti dovuto preoccuparti prima!»

«Di cosa?»

«Di…», tranquilla e casuale, «di niente. È tutto perfetto, l’hai detto tu. Non c’è nulla di cui preoccuparsi, sarà il matrimonio dell’anno.»

Lui la guarda direttamente in faccia, continuando a stringere la sorellina al petto.

Le labbra di lei fremono per un attimo e gli occhi si abbassano solo per un attimo.

«Devi dirmi cosa ha in mente, Astoria. Non voglio perdere Hermione per colpa sua.»

Dana ricomincia a frignare al momento giusto.

«Oh, piccolina, la mamma ti trascura, stella mia vieni qui,»

«Astoria! Che cazzo si è inventato per impedirmi di sposarmi?»

Astoria si riprende miracolosamente.

«Di che parli? Lucius non vuole impedirti nulla. Al contrario, ti vuole sposato anche troppo!»

«Non capisco. Che vuol dire anche troppo

«Draco, non chiedermi di riferirti le confidenze tra me e mio marito. Sei nel giusto se pensi che voi avete idee diverse rispetto alle conseguenze di questo matrimonio, ma tu sei suo figlio, di sicuro lo conosci meglio di me. Scusami adesso, è l’ora della poppata.»

Con un sorriso e uno svolazzo della gonna Astoria si volta e rientra al Manor, coccolando la piccola Dana.

Draco resta immobile, cercando di interpretare le parole di Astoria.

Le ha detto chiaramente che c’è qualcosa che lei non può raccontare.

Che sarà?

 

 

 

 

Il processo: Unico romanzo di Franz Kafka che arriva all’ultima scena. Gli altri due (di mia conoscenza) sono entrambi incompiuti. È bello, angosciante, terribile e finisce male. Lo odio.

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Capitolo 41
*** Estinzione ***


41- Estinzione

 

Molly Weasley si è offerta con piacere di occuparsi di Harry e di Severus, sazi e assonnati, vestiti, per una volta, di trine purosangue, nel loro passeggino babbano.

Draco, accanto a Zabini e al Ministro della magia, guarda verso il fondo del vialetto formato dalle sedie imbottite. Blaise continua a parlargli senza che lui capisca un accidenti, ha in testa un gran miscuglio di preoccupazione e aspettativa, emozione e timore. Getta occhiate inquiete a Lucius, affiancato dall’auror di sorveglianza, che confabula con il Ministro. Non ha capito bene perché. Che hanno da dirsi?

Cerca con gli occhi i bambini, che saltellano in fondo al vialetto, apparendo e scomparendo alla sua vista.

All’improvviso tutto si riallinea. La musica si ferma e riprende dopo pochi secondi, più solenne. I bambini smettono di saltellare e si mettono in fila.

Le bambine sono deliziose, nel loro abitino verde tenero. Dora si avvia per prima, spargendo bianchi petali di rosa, Eltanin la segue. I lunghi capelli scuri tirati indietro da un fermacapelli fiorito sulla nuca, l’orlo dell’abito che sposta i petali sulla passatoia, un piccolo bouquet in mano. Regulus, vestito di velluto verde scuro, regge un cuscino con le fedi, legate da un nastrino di raso, per non farle cadere.

Draco sorride ai suoi figli, che trova irresistibili. Si è quasi distratto dalle sue preoccupazioni.

E infine eccola. È bellissima. Non ha idea di cosa vedano gli altri, lui vede una meraviglia: l’amore della sua vita. Con un colpo d’occhio coglie ogni particolare: l’abito, semplicissimo, a vita alta, un mazzolino di fiori raffinato, i capelli, più morbidi del solito ma non del tutto domati, il passo altero, il seno pieno. Un sorriso.

Dimentica tutto, per un attimo.

Lei sorride. Le lacrime della notte non hanno lasciato tracce sul suo volto.

 

Ha cambiato posizione, nel letto, almeno un milione di volte, impossibilitato a dormire, oppresso da un pessimismo che non ricorda di aver mai sperimentato. Ogni volta che chiude gli occhi immagini orrende scorrono dietro le palpebre.

«Draco. Sono io la sposa, io dovrei essere nervosa, non tu.»

Draco non risponde subito. Che può dirle? Che ha una sensazione orrenda ormai da giorni e che non riesce a credere che davvero domani sarà una giornata da ricordare con un sorriso. Domani succederà qualcosa di irreparabile. Che diavolo dovrebbe raccontare alla razionale Hermione Granger?

Si limita a sospirare, e a girarle le spalle per non far vedere l’angoscia che, ne è sicuro, altera i suoi tratti.

«Draco, ascolta, non credo sia una buona idea nascondermi i tuoi pensieri. Questa notte abbiamo ancora tutte le strade aperte, è ancora tutto possibile. Domani non sarà più così. Quindi ti prego, dimmi cosa ti tormenta, dimmelo ora.»

Draco stringe gli occhi. Il fatto è che DAVVERO non sa cosa dire.

Si solleva, appoggiandosi con i cuscini alla testiera del letto e getta solo uno sguardo a Hermione, nel chiarore fioco del lampione all’angolo che invia poca della sua luce attraverso la finestra.

«Non so cosa dire. So solo che in questo momento vorrei prendere te e i bambini, e portarvi nel posto più lontano che esiste.»

Hermione non si domanda nemmeno cosa voglia dire questa cosa. Nel fondo del suo cuore è stata sempre sicura che prima o poi si sarebbe pentito. O che avrebbe rimpianto tutto quello che avrebbe perso sposando lei.

«È per quello che dovrebbe succedere domani?»

«Anche, certo.»

«Hai paura?»

«Tanta.»

Hermione, è vulnerabile. Molto più di quanto vorrebbe credere di se stessa, molto più di quanto gli altri, Draco compreso, immaginino. Quel suo atteggiamento dignitoso e severo, che la fa apparire così forte e sicura, ha un costo. le ansie, le fragilità negate costituiscono un pesante grumo di pessimismo dentro di lei.

Le risposte di Draco le appaiono altrettante conferme dei suoi timori.

Questa notte lei è nuda. Non c’è abito né armatura che tenga. Ora che quello che ha vissuto per un anno intero le sembra solo un bel sogno di cui il destino le presenta il conto. La sua segreta paura, nel buio della notte somiglia sempre più a una certezza. Lui si scoprirà incapace di tenere insieme il suo essere figlio, e il suo essere padre. Di scegliere definitivamente tra il suo ambiente esclusivo e i suoi figli mezzosangue e la sua compagna, nata babbana. Inconciliabile.

Non riesce a impedire alle lacrime di farsi strada attraverso i suoi occhi, di superare il bordo delle palpebre, spinte da altre lacrime, sempre più amare e dolorose, di gettarsi a capofitto lungo le guance, fino a cadere sul lenzuolo, sulle mani strette una all’altra.

«Bene», un ansito. «Direi che dobbiamo decidere come comportarci. Naturalmente non ci saranno problemi, da parte mia.» Le lacrime riprendono a scorrere.

«Di che parli?» Finalmente si volta verso di lei e la guarda con attenzione. «Che succede?»

«Scusa. Credevo di essere pronta anche a questo. La verità è che non lo sono. Forse non lo sarò mai. In ogni caso è molto meglio ora che dopo.»

«Posso sapere che stai dicendo? E perché piangi così? Tesoro, io non posso vederti piangere, dimmi che hai. Vieni qui.»

La abbraccia, la culla, tenta di capire per quale ragione sia tanto disperata. Ha cambiato idea? Non vuole più sposarlo? Sembrava così convinta! E adesso dice che non si sente pronta.

«Perdonami, io ti amo, ho creduto-ho creduto... Non importa. Fa quello che è meglio per te, io non sarò un problema.»

«Che vuol dire che non sarai un problema? Sei sempre stata il problema più grosso di tutta la mia vita, ma sei anche la miglior soluzione che si possa immaginare. È per questo che piangi? Non ci sto capendo niente, giuro. Non vuoi più sposarmi?»

«TU non vuoi più sposarmi!»

«IO? E come ti è venuta questa idea?»

«Vuoi ancora sposarmi?»

«Ma certo.»

«E allora perché ci vuoi portare lontano?»

«Ah, quello. Scusa, a dire il vero non lo so nemmeno io. Sono giorni che ho una brutta sensazione che non riesco a capire, non c’è niente di razionale, niente di più delle preoccupazioni di cui abbiamo già parlato, per via di mio padre e delle sue eventuali macchinazioni. Razionalmente SO che non farà niente di terribile, non davanti a tutti gli invitati, al Ministro, al suo auror di sorveglianza. So che non lo vedrò alzare la bacchetta su di te, né offrirti cibo avvelenato, non ho la minima idea di cosa potrebbe succedere di brutto, ma la sensazione resta e io non riesco a mandarla via.»

Ha parlato carezzandole i capelli, con il mento appoggiato sulla testa di lei. E si sente già meglio. Le sue paure hanno perso consistenza. Se l’avesse saputo, le avrebbe parlato prima.

Lei, si è rilassata. Le è bastato sentire che lui  la vuole ancora. Piange ancora, ma la morsa di dolore si è allentata.

Una brutta sensazione non andrebbe mai sottovalutata. Anche se ha mollato Divinazione al terzo anno, ha avuto, durante la guerra, tempo e possibilità per capire che l’istinto è un buon presidio di sicurezza. Non ne capisce i meccanismi ma se ne fida per esperienza.

Sorride e strofina il naso sul petto di lui.

«Non facciamoci guastare l’umore. Noi non siamo sprovveduti, abbiamo amici. Domani saremo in mezzo a tanta gente. In seguito staremo attenti. Draco…»

«Mmm?»

«Buona notte.»

Draco si sdraia, trascinando Hermione con sé.

«Buona notte, amore.»

 

Dopo meno di due ore Harry si è svegliato, e dopo altri venti minuti anche Severus. Quindi la notte prima del matrimonio gli sposi non hanno quasi dormito.

Adesso occhiaie spariscono dietro il sorriso, la cosa più bella che abbia mai visto. Le bambine si sono fermate di fronte a lui, investendosi per la foga, non allineate perfettamente come la tradizione vorrebbe. Tra loro Shacklebolt, vestito come un albero di natale, di seta scintillante di molti colori. Remedios saltella eccitata ed Eltanin la strattona, cercando di farla stare buona. Rodrigo è serissimo e concentrato, con il suo cuscinetto prezioso.

Lei cammina sola, verso di lui. Credeva che avrebbe chiesto allo sfregiato di accompagnarla, invece no, è solo il suo testimone.

Hermione si avvia sola verso il suo sposo, come sola è stata per anni. È ormai troppo tempo che governa la propria vita senza alcun sostegno per mettere in piedi adesso una farsa, in cui un uomo, quale che sia, la consegna ad un altro uomo, come se fosse un prezioso vezzo, da conservare, proteggere e sfoggiare.

Lei è altro, è di più, e non ha bisogno di nessun uomo.

Tranne di colui che ha le chiavi del suo cuore. Quello che è davanti a lei è quello con cui intende passare la vita, non nelle sue mani, ma al suo fianco.

Le tremano un po’ le ginocchia, perché sta vivendo quello che è stato il suo sogno per una parte consistente della vita. E si sa, quando si desidera a lungo qualcosa, non sembra possibile che alla fine diventi vero e basta. Qualcosa dovrà pur succedere per guastare, annullare, procrastinare, distruggere, sovvertire. Qualcosa di cui anche Draco ha paura. Qualcosa  di quasi scontato, che è nell’ordine delle cose. Qualcosa impedirà che Draco Malfoy, purosangue di antica schiatta, contamini il suo blasone attraverso il sangue babbano di Hermione Granger.

Eppure sorridono, increduli e illusi al tempo stesso, per la prima volta, davanti a tutto il mondo magico, o quasi, fieri del loro amore. Non importa cosa succederà, tutti hanno visto, il matrimonio dei loro sguardi è già avvenuto, tutti sanno che non ameranno mai nessun altro in quel modo, che sono legati per sempre.

 

*****

 

Le primissime parole di Shacklebolt, sono in gaelico. Hermione le comprende a malapena. Capisce benissimo, invece, e subito, cosa Lucius abbia tramato per quell’occasione. Sposta lo sguardo su di lui.

Il Ministro prosegue in latino.

«Quae celebratio, ut Draco Hermionem habeat uxorem fecimus. Ipsa, ipsius erit. Ipse, quod suum est, curabit.*

Draco Malfoy, vuoi prendere come moglie, secondo l’antico rito delle nobili famiglie purosangue, questa donna, e ti impegni a non farle mancare nulla, a proteggerla da ogni male, a rispettarla e tenerla al tuo fianco per tutta la vita, finché morte non vi separi?»

Draco lancia un’occhiata perplessa a Hermione. Lei ha assottigliato gli occhi e non lo guarda. Sembra furiosa. «Sì, ma… posso sapere che succede?»

«Non ci sono ma, andiamo avanti.» Lucius, a fianco del celebrante, come prevede il rito di casata, interviene, benché QUESTO non sia previsto.

Kingsley gli lancia un’occhiata di avvertimento, poi si volta verso Hermione e pronuncia, incerto, la restante parte del rituale.

«Hermione Granger, accetti di appartenere da oggi in poi a quest’uomo? Di partorire i suoi figli, di rinunciare al tuo nome per il suo, di essere parte della sua famiglia, di cui ti impegni a rispettare le tradizioni, e di servirlo con fedeltà, secondo i suoi desideri?»

Hermione non ha gettato un solo sguardo a Kingsley Shacklebolt, per tutto il tempo in cui ha pronunciato le parole del rito, né a Draco. Sta guardando fisso Lucius, che sostiene il suo sguardo furibondo con olimpica calma.

Scuote rigidamente il capo mentre il silenzio prolungato incomincia a provocare brusii tra gli invitati.

Alla fine, pronuncia parole ben diverse da quelle previste: «Non ci siamo Malfoy, mi aspettavo qualcosa di meglio da te.»

«Mia cara, non c’è nulla di meglio. Ti accolgo nella nostra famiglia con tutto l’affetto di cui sono capace. Per dimostrartelo ho scelto per te la cerimonia che consacra ogni sposa Malfoy da secoli. Non un rito mediocre, che sia possibile sciogliere in ogni momento, ma le nozze di casata. Sei la prima non purosangue a godere di questo privilegio.»

Hermione fa un grande sorriso a Lucius, di quelli che, a chi non ha la pelle dura, provocano ustioni di secondo grado.

«I vostri “privilegi” non mi interessano. Diciamo che non sono in grado di apprezzarli, sai, noi babbane ci consideriamo persone, non proprietà. E, ti prego, risparmia il tuo affetto, o non te ne resterà abbastanza per tua moglie e tua figlia.»

Si volta verso Draco con un sorriso gentile, perfettamente padrona di sé.

«Ci vediamo, Draco.»

Lui è a bocca aperta, sconvolto. Non ha ancora messo a fuoco cosa sia successo. Sa solo che c'è riuscito di nuovo, suo padre l'ho fregato ancora.

Hermione ha salutato il Ministro con una stretta di mano e con uno scherzoso “Ti sei fatto fregare un’altra volta.” Si avvicina alle bambine, le prende per mano, mentre Harry prende in braccio Rodrigo e si smaterializzano quasi contemporaneamente.

Draco si volta e nota che non c’è più nemmeno la signora Weasley, con Harry e Severus, né alcun rappresentante della famiglia Weasley, nessuno degli amici di Granger.

Intanto Lucius ha iniziato la sua sceneggiata.

«Ma come si permette quella mezza-babbana di metterci così in imbarazzo? Mi compiaccio Draco, è questa la meraviglia per cui hai rinunciato a tutte le fanciulle purosangue? Che razza di maleducata, incivile, rozza sanguesporco!»

«Smettila immediatamente! Lo sapevo che tramavi qualcosa, ma questa volta è davvero l’ultima. Non posso più vivere con questa ghigliottina sulla testa.»

«Di che parli? Sei impazzito? Che avrei dovuto fare, più di così? IO l’ho accolta come una figlia, ma evidentemente ho sprecato la mia benevolenza e la mia tolleranza, si sa che non conviene offrire perle ai porci! Spero che almeno ora tu abbia finalmente capito con chi hai a che fare!»

«Oh, l’ho capito da tanto. Solo non volevo credere di contare così poco per mio padre. Ma hai ragione, ormai ho capito. Stiamo per risolvere tutti i nostri problemi.»

Lucius, malgrado le sue urla arrabbiate, non riesce a nascondere del tutto il ghigno di soddisfazione, non a chi lo conosce bene.

Astoria si è alzata e si è avvicinata a suo marito, gli ha preso la mano e lo guarda severa. Poi lancia uno sguardo di scuse a Draco.

Il Ministro della Magia ha chiuso il libro dei matrimoni della famiglia Malfoy ma non sa a chi restituirlo, così finisce per metterlo nelle mani di Astoria.

Lei l’aveva detto a quello zuccone di Lucius che Hermione non si sarebbe sposata in quel modo. Lui gli aveva assicurato che lo avrebbe fatto, che Draco era d’accordo, che quello era il massimo onore possibile per una donna non purosangue. Aveva bellamente ignorato la sua risposta, cioè che a Hermione non importava un fico secco del sangue puro, aveva ben altre frecce al suo arco. Infine Lucius aveva sostenuto che nessuna donna era entrata nella famiglia Malfoy con un rito diverso da quello, era semplicemente impensabile e se lei non lo capiva non poteva essere una Malfoy.

La duplice offesa contenuta in quell’affermazione l’aveva fatta bollire. Ma lei è pur sempre una sposa purosangue, qualunque cosa ne pensi suo marito. Nel momento della crisi il suo posto è al fianco di Lucius. Troverà in seguito il modo di fargli ingoiare le sue parole incaute.

Kingsley sta riflettendo, gli dispiacerebbe se Hermione gli attribuisse la responsabilità di quella mossa, specie adesso che era quasi riuscito a convincerla a collaborare con lui per ammodernare le leggi arcaiche che governavano ancora il mondo magico. In effetti aveva trovato strano che lei avesse accettato quel rituale del tutto inadeguato, per quello che sa di lei. Adesso gli è perfettamente chiaro che quella non è altro che l’ultima mossa scorretta di Lucius Malfoy per allontanare Hermione da suo figlio o, nel peggiore dei casi, controllarla attraverso quel contratto-capestro che è il matrimonio di casata.

Liberatosi del pesante documento, Kingsley attira l’attenzione dei due litiganti tossicchiando educatamente

«Visto che non ho più nulla da fare, io andrei...»

«NO!» Draco ha urlato, un tantino fuori di sé. «Ti prego, rimani. C’è ancora qualcosa… è necessaria la tua presenza.»

«E per cosa?»

«Un disconoscimento. Davanti a te e a… Quanti testimoni mi servono?»

«Due, bastano due, ma cosa vorresti disconoscere? I tuoi figli non sono ancora Malfoy, che io sappia.»

«Allora è tutto a posto, mi pare», interviene di nuovo Lucius, «perché quella non entrerà nella nostra famiglia a nessun costo. Ha avuto la sua occasione e l’ha sprecata.»

«Nella TUA famiglia. Hai ragione Hermione Granger non entrerà mai nella tua famiglia.»

«Siamo d’accordo, allora!»

Shacklebolt continua a fissare Draco in attesa. Lui non calcola minimamente le parole di Lucius. Astoria stringe più forte la mano di suo marito, che non sa ancora di averne bisogno.

«Il mio nome», risponde Draco, guardando il Ministro negli occhi. «Intendo disconoscere il mio nome e assumere quello di mia madre. Intendo uscire dalla famiglia Malfoy e dalla sua discendenza.»

Lucius rimane gelato. Sente il suo intero mondo sbriciolarsi e crollare. Poi si riprende, lo sta dicendo solo per spaventarlo. E ride.

«Tu non lo farai. Non è ancora nato un uomo tanto scemo da rinunciare al nome più prestigioso del mondo magico e non posso certo credere che un idiota simile sia mio figlio.»

«Tra pochi minuti non lo sarà più.»

«Ma figurati!»

«Zabini. Sarai il mio testimone?»

«Sei sicuro di quello che fai?»

«Al cento per cento. Non riuscirò mai a vivere serenamente finché resto un Malfoy. Piuttosto che uccidere mio padre credo sia meglio cambiare nome.»

«Allora sì. Capisco quello che intendi. Sarò il tuo testimone.»

«Astoria?»

Gli occhi di lei si riempiono di lacrime. «Non posso farlo. Perdonami.»

Lucius si volta a guardarla meravigliato. Davvero lei l’avrebbe fatto? Certo, in questo modo sua figlia sarà la primogenita. E allora perché non accetta?

Solo perché è sua moglie? E questo che vuol dire?

Lei gli stringe più forte la mano. E Lucius capisce qualcosa che finora gli era sfuggito. Più di qualcosa.

Mentre lui continuava a tramare, convinto di farlo per il bene della famiglia, sicuro che un giorno il suo stesso figlio gliene sarebbe stato grato, il bene della sua famiglia si era realizzato contro la sua volontà. Quella donna, che lui aveva voluto per Draco e che poi aveva concupito, in preda all’astinenza, senza alcuna intenzione sentimentale, quella che gli era stata tirata dietro, a causa di una gravidanza imprevista e indesiderata, che lui aveva tentato di attribuire a Draco e di sfruttare per ottenere la sua obbedienza, quella donna tiene a lui abbastanza da non voler partecipare a qualcosa che gli causa dolore, anche se a lei conviene. Tiene a lui abbastanza da sfidare il suo malumore per metterlo sull’avviso, per mostrargli il suo errore. E lui non l’ha ascoltata.

E ha perso suo figlio, come lei aveva previsto.

NO! No, impossibile.

Draco si guarda intorno, nessuno dei purosangue, amici più di suo padre che suoi, si presteranno.

All’improvviso appare l’erborista, Paciock, quello del rospo.

«Ehi!», lo richiama Draco. «Scusa, sei Paciock, vero?»

«Sì?»

«Puoi venire un attimo qui, per favore?»

«Certo. Che c’è?»

«Volevo chiederti un favore. Ma prima, Hermione sta bene?»

«Sta bene. Non mi chiedere dove si trova, però, non sono sicuro che le farebbe piacere se tu lo sapessi.»

«Eravate d’accordo?»

«Naturalmente. Non sapevamo cosa aspettarci ma lei non era tranquilla e sapeva che, se ci fosse stato pericolo non sarebbe stata in grado di occuparsi di cinque bambini.»

E lui? Non contava niente?

Per un attimo si sentì di nuovo messo da parte, rifiutato da lei. Poi pensò che lui stesso era rimasto così spiazzato dalla faccenda del matrimonio di casata che non aveva saputo che fare, né se fosse davvero qualcosa di inaccettabile per lei. Poi pensò alle parole della promessa e di come Lucius avrebbe potuto sfruttarle a suo favore.

Insomma, non era proprio un pericolo imminente ma nessuno dei due sapeva quale fosse il vero scopo di Lucius. È quasi scontato che avrebbe approfittato di quella formula, con la quale la sposa si impegna a non nuocere in alcun modo a nessuno dei membri della sua nuova famiglia e a rispettarne “le tradizioni", per impedirle di testimoniare contro di lui. Ma Draco non sa se Lucius progettasse, in futuro, di fare del male ai bambini nati prima del matrimonio, o comunque escluderli dalla famiglia. Che suo padre sia capace di tutto è ampiamente dimostrato. Forse lei aveva fatto bene ad allertare i suoi amici, anche se avrebbe preferito saperlo.

«Malfoy?» Si è dimenticato di Paciock. «Cosa volevi chiedermi?»

«Come mai sei qui?»

«Oh. È solo che Molly ha dimenticato la sua borsa.» Solleva nella mano una borsa femminile. «Volevi solo questo?»

«Oh, no, scusa, mi faresti da testimone?»

«Mmm, già ti risposi? L’avevo detto a Hermione che non c’era da fidarsi.»

«Grazie tante per la fiducia! Non mi sposo. Non oggi e mai con qualcuna che non sia lei.»

«Allora va bene.»

«Scrivi quello che devi», dice, rivolto al Ministro.

Lui appunta su una pergamena i nomi dei testimoni e la incanta per registrare fedelmente le parole di Draco.

«Puoi cominciare.»

«Io, Draco Malfoy, perfettamente in salute e nel pieno delle mie facoltà, liberamente stabilisco quanto segue: rifiuto il nome di mio padre…»

«Non farlo!» geme Lucius.

«…e con esso ogni appartenenza alla famiglia e alla discendenza dei Malfoy, rifiuto ogni proprietà, privilegio, prerogativa e onere legato al nome dei Malfoy. Da oggi in poi, domando di essere chiamato con il nome di famiglia di mia madre Narcissa Black. Non mi risulta esistere alcun ostacolo che possa impedirmi di raccogliere l’eredità morale e temporale della nobile famiglia Black. Fatta salva la parte spettante a mio zio Sirius, che è stata ereditata da Harry Potter, ho già ereditato ogni avere della famiglia Black, in qualità di unico discendente in vita. Di mia spontanea volontà ho restituito la parte che sarebbe spettata a mia zia Andromeda, se non fosse stata esclusa a causa del suo matrimonio. Tale quota del patrimonio andrà a Ted Lupin, suo unico nipote. Quindi, per quanto ne so, nessuno ha il diritto di porre veti. Per maggior tranquillità, chiedo la pubblicazione dell’atto affinché, qualora esistano ragioni di impugnazione o controversia, sia possibile prenderne atto e dirimerla entro e non oltre i tre mesi a partire da oggi.

Con questo, anche a nome e per conto dei miei discendenti, mi considero libero da ogni vincolo con Lucius Malfoy e da ogni onere o privilegio derivante dall’appartenenza alla famiglia Malfoy, ora e sempre. Scelgo per me e per i miei discendenti il nome Black.

Da questo momento in poi, io sono Draco Black.»

Lucius, basito, pallido e aggrappato alla mano di Astoria, si accartoccia lentamente, ad ogni parola.

Vorrebbe avere ancora la sua parlantina sciolta, vorrebbe gridare che LUI impugnerà il documento, che un figlio non può disconoscere il padre, casomai il contrario, che lui l’ha generato e…

Buio.

Scambiano ancora qualche battuta, Draco parla di qualcosa di incomprensibile. A Lucius sembra di essere cieco e sordo. Nulla ha più senso.

Tutto quello che ha costituito il fulcro della sua vita, le cose in assoluto più importanti per lui, il capitale, la discendenza, la reputazione di invincibile, la fierezza della propria stirpe, suo figlio le ha gettate al vento, le ha calpestate, incurante, come se fossero la polvere della strada.

Draco l’ha rifiutato. Non ha più un figlio. Peggio che se fosse morto.

È finito tutto. La sua discendenza si è estinta di colpo.

Perché?

È il Ministro della Magia a raccogliere tra le braccia, prima dell’impatto sul terreno, il corpo di Lucius Malfoy, che Astoria ha lasciato cadere con un grido, troppo piccola e debole per sostenerlo.

Draco non sa cosa dovrebbe sentire. Stringe le labbra, poi si pone dall’altra parte di Kingsley per aiutarlo a sostenere il corpo del suo ex padre.

 

 

 

*Chiedo scusa per il mio latino arrugginito. Vuol dire, più o meno: “Celebriamo questo rito affinché Draco abbia Hermione in sposa. Lei gli apparterrà. Lui avrà cura di ciò che è suo”.

 

Estinzione: ho letto solo questo romanzo del grande scrittore Thomas Bernhard.

Mi è piaciuto, molto, ma il perché non avrei saputo dirlo. Almeno non fin quando ho finito di leggerlo. La sua scrittura è asfissiante, quasi senza punteggiatura, affascinante e ansiogena come il personaggio protagonista. Solo le ultimissime pagine hanno dato, secondo me, un senso alla vita del protagonista e a quattrocento pagine che avrebbero estinto lettori meno motivati e robusti di me.

 

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Capitolo 42
*** I have a dream ***


 

42- I have a dream

 

Non è ammissibile. Non può essere successo. Non a lui.

Astoria continua a carezzargli la fronte bollente, dopo il collasso che lo ha colto. Lui le allontana la mano, infastidito. L’agitazione non si placa, gli pare che il cuore intenda esplodergli nel petto da un momento all’altro.

Merlino! È caduto a terra come una donnicciola. Per fortuna gli ospiti si erano già allontanati, imbarazzati di dover assistere a una tale caduta di stile e letteralmente terrorizzati dalla possibilità di essere in qualche modo coinvolti nella contesa. Così in pochi l’hanno visto. Meglio così.

Non appena è rinvenuto, sul proprio letto, ha visto la faccia di Draco e quella di Astoria, preoccupate entrambe.

Per un attimo si è sentito normale.

Ha dimenticato quello che è successo poco prima.

Draco ringrazia e congeda i suoi testimoni e il Ministro, che sono rimasti, preoccupati della salute di Lucius. Al Ministro conferma chissà quale appuntamento.

Un pensiero sfiora la mente, ancora ottusa, di Lucius: da quando Draco si interessa di politica? Ha cercato per anni di convincerlo a prendere il posto che gli spettava nella vita pubblica senza ottenere nulla e ora scopre che lui dà del tu al Ministro della Magia e ha rapporti regolari con lui.

Un’ombra di soddisfazione lo attraversa. Ha avuto ragione, Draco si è convinto della necessità di tenersi vicini alla politica per curare gli interessi della famiglia.

Uno stridio ai margini della coscienza distorce e offusca quel pensiero. Lui non è più parte della famiglia. E l’ombra di soddisfazione diviene buio profondo, la brezza del compiacimento diventa un uragano di rabbia. Invisibile fuori di lui.

Il cuore accelera di nuovo, il fiato inciampa nei denti, il medico gli fa bere una pozione schifosa, dicendo che entro pochissimi minuti starà meglio.

«È una pozione che cancella il passato?» domanda sgarbatamente.

«Certo che no, signor Malfoy, è solo una pozione rilassante e tonica, ma sono certo che le farà bene.»

«E io sono certo che, se non serve a cancellare quello che ha fatto quello scellerato di mio figlio non mi farà stare meglio. Anzi, credo che niente di quello che potrebbe fare lei in questa occasione possa essermi d’aiuto, quindi può andare, grazie.»

«Ehm, se è quello che vuole…»

«È quello che voglio. Se ne vada.»

«Bene, buon pomeriggio. Signora…» saluta inchinando appena il capo.

«Grazie dottore. La prego di scusare i modi di mio marito.»

«Non è nulla, signora, mi creda.»

«La smetta di denudare con lo sguardo mia moglie e se ne vada.»

«Certo, certo.»

Il medimago esce tanto velocemente da far pensare più a una fuga che a un educato congedo.

Lucius fissa gli occhi su Draco, in attesa di una spiegazione. Lui lo guarda, di rimando, perfettamente sereno.

«Stai meglio?»

«Sto aspettando.»

«Cosa?»

«Che mi spieghi cosa credi di aver ottenuto.»

Draco solleva le spalle in un gesto noncurante, oltremodo fastidioso, per suo padre.

«Spero che adesso sarà tutto più semplice. Non sono più il tuo erede. Se vuoi, potremo avere un rapporto normale. Se non vuoi, pazienza. In ogni caso non sono più affar tuo. Dovrai produrre un figlio maschio con questa bellissima purosangue», strizza l’occhio ad Astoria, «se vorrai trasmettere il tuo nome. O potresti accontentarti di avere dei figli e dei nipoti che renderanno la tua vecchiaia migliore di quanto meriti. Se sarai capace di apprezzarlo, se tutto questo ti avrà insegnato qualcosa.» Sospira, guardandosi attorno. «Non avrei mai creduto di dover arrivare a tanto.»

Lucius non trova la voce per rispondere. Che potrebbe mai dirgli? Che può dire di peggio di quanto gli ha già detto. Che è un traditore del suo sangue? L’ha dimostrato definitivamente. Che è indegno del nome che porta? Deve averlo creduto anche lui, perché ha smesso quel nome. Se ne è liberato, come di una vecchia camicia sdrucita.

Lucius sente i polmoni stretti in una morsa che, a malapena gli concede la possibilità di parlare.

«Dimmi perché. Dimmi cosa ti ho fatto per essere trattato come l’ultimo dei criminali, come qualcuno di cui ci si deve vergognare al punto da rifiutarsi di riconoscerlo come padre!»

«Lucius, ma sei serio?»

«Molto più che serio. Dimmi perché l’hai fatto.»

«Tu SEI un criminale e io ho ottime ragioni per vergognarmi di te. Non importa come ti vede il mondo perché io so quanto marciume copre la tua corazza dorata. Ma più che di te mi vergogno di me stesso, per non aver capito prima quanto inutile fosse cercare la tua approvazione o il tuo affetto, per non aver compreso cosa nascondesse quello che tu mi gabellavi per onore o per dovere verso la famiglia. A causa tua ho rischiato di perdere per sempre l’unica occasione di felicità e non ho quasi nulla di cui ringraziarti. Ma non è per questo che ho deciso di fare questo gesto che, mi rendo conto, è un po’ estremo.

È solo che tu non mi hai dato scelta. Io non posso vivere assediato da te, che pretendi di costringermi a vivere come vuoi tu con tutti gli sporchi mezzi che la tua fantasia è in grado di partorire. Se credi che io sia uno stupido te ne do atto, è vero, se così non fosse mi sarei svincolato prima da te. Ma sono un uomo, non un bambino incapace di fare le proprie scelte e tu sei mio padre. L’unica cosa che dovresti pretendere da me è affetto e rispetto, non obbedienza cieca.» Si ferma un attimo, come per riflettere. «Te lo dico, anche se non credo che tu potrai capirmi. Io non voglio vivere a modo tuo, ci ho messo un po’ per rendermene conto ma adesso è così chiaro, per me!

Io ho un sogno semplice. Sogno di poter vivere una vita accanto alle persone che amo e che mi fanno sentire bene. Sogno di poter essere considerato solo per me stesso, senza che qualcuno studi il mio albero genealogico credendo di potermi conoscere in questo modo. Sogno di scegliere le persone di cui desidero essere amico e tenere lontane quelle con cui non voglio avere niente a che fare. Sogno di far crescere i miei figli in un posto migliore di questo, in un mondo che si farà un’opinione di loro soltanto in base alle loro capacità e al loro comportamento, non allo stato di sangue o ai loro antenati. Voglio che i miei figli siano scelti e amati per se stessi e non pesati e giudicati come bestie alla fiera, per il loro capitale o per le possibili alleanze che procurerebbe un matrimonio con loro.

Io sogno di essere libero. Tu non conosci nemmeno il senso della parola.»

«Sogni! Tu sogni! Sei uno stupido! Un giorno ti renderai conto di quello che hai fatto e sarà troppo tardi.»

«Ho tutto il diritto di sognare e di tentare di realizzare i miei sogni. E lo farò. Ho paura che per te sia troppo tardi, anche se ti è toccata una fortuna che non meriti. Hai Astoria che, non so per quale misteriosa ragione, ti ama, e hai Dana. Loro sono la tua occasione. Chissà che non riescano dove io ho fallito?»

«Togliti dalla mia vista, traditore.»

«Con piacere. Astoria, sai dove trovarmi. Vieni a trovarmi quando ti pare ma non far passare troppo tempo, e portati Dana.» Un bacio sulla guancia e un saluto con la mano.

Dopo che la porta si è chiusa alle spalle di Draco, Lucius ricomincia ad agitarsi. Respinge, infastidito le attenzioni di sua moglie e sbraita a gran voce contro quell’idiota che, lo giura, non metterà mai più piede in casa sua e che non avrà il becco di uno zellino da lui e che se crede che la babbana potrà essergli più utile di suo padre non ha capito un cazzo della vita e quando tornerà strisciando si beccherà tutti i calci nei denti che si è meritato, e così via.

Astoria, evita di fargli notare che è Draco stesso che ha scelto di rinunciare alla casa, ai suoi soldi, alla sua influenza e che è abbastanza sicuro che non tornerà strisciando, e nemmeno in altro modo.

Dopo un po’ incomincia ad averne abbastanza, anche perché, quando perde la tramontana, Lucius tende a diventare scurrile e offensivo anche nei suoi confronti. Vorrebbe tanto essere una donna comprensiva e far finta di non sentire, visto che lui è sconvolto. Purtroppo per lui non è una donna comprensiva. Per niente.

Tanto più che lui, dimenticando che lo aveva avvisato di quello che sarebbe successo e che l’ha bellamente ignorata, adesso pretende di attribuirle la colpa. Come se avesse davvero potuto convincere Hermione a quella pagliacciata delle nozze di casata.

Così si premura di fargli bere una dose generosa di pozione “Sonno senza sogni” e, finalmente, può lasciare quello stupido testardo e andare a occuparsi di sua figlia, che non ha visto per tutto il giorno.

Il vecchio caprone si merita tutto quello che gli è capitato, quindi farlo dormire è una soluzione infinitamente più gentile di quella che le suggerirebbe l’istinto. Magari E' una donna comprensiva, in fondo.

 

*****

 

Draco si ferma sulla soglia di quella che non è più casa sua.

Si rende conto che non lo è più da molto tempo e che non è più un Malfoy da quando ha deciso di essere l’uomo di una nata babbana e padre di figli mezzosangue.

Ora è ufficiale.

Si meraviglia di non sentire nostalgia per il nome che lo ha identificato per tutta la vita e che, per tutta la vita lo ha costretto in un personaggio a due dimensioni, del tutto privo di spessore, solo una riproduzione, uno stereotipo.

Al quale anche lui ha creduto, però.

Respira forte.

Hermione.

Già, Hermione. Dov’è?

Non gli pare possibile che lo abbia lasciato di nuovo, di sicuro lo aspetta a casa.

In fondo i suoi timori si sono realizzati: non si è sposato. A quest’ora, se le cose fossero andate bene, loro starebbero salutando gli ospiti, già marito e moglie da ben quattro ore. Forse starebbero ballando o cercando con gli occhi i loro figli, in giro per il giardino.

Invece in QUESTO giardino, i suoi figli non giocheranno mai.

Dovranno ricominciare tutto daccapo per il matrimonio. Inviteranno Lucius?

Gli viene da ridere a pensare alle infinite stranezze a cui lo esporrà questa sua iniziativa. Certo non vuole rinunciare a frequentare sua sorella ma, tecnicamente, lei non è nemmeno più sua sorella. E se inviterà Astoria e Dana al matrimonio come potrebbe non invitare Lucius? E lui verrebbe?

Ah! Che strana idea, come gli è venuta?

Non lo sa nemmeno lui. È stato un lampo, un’epifania. Quando ha visto Hermione sparire è stato colto da una incredibile sensazione di impotenza, una disperazione assoluta. Lucius sarebbe sempre riuscito a guastare ogni sua gioia, non c’è difesa da lui.

Che ha fatto di male per meritare di averlo come padre?

È stato quello il momento.

Gli è sembrata una soluzione tanto semplice da domandarsi come non gli fosse venuta in mente prima.

Così adesso non è più Draco Malfoy. È qualcun altro.

E lei vorrà sposare qualcun altro?

E se a lei non piacesse? Se si rifiutasse di acquisire il cognome di quella che l’ha torturata?

Cazzo! A questo non aveva pensato. Ma i Black sono molto di più di quella pazza di Bellatrix, anche Andromeda, che lei stima e a cui è affezionata, è una Black. Sa che ha conosciuto Sirius e, se è vero quello che gli ha raccontato ne ha combinate delle belle, assieme a quei due suonati dei suoi amici, per salvargli il culo.

Ha chiamato suo figlio Regulus.

Che farà se lei non vuole diventare una Black? Diventerà il signor Granger?

Gli viene da ridere.

Potrebbe sempre fondare una nuova dinastia, una grande famiglia magica di cui lui e lei sarebbero i capostipiti.

Per ora deve solo farle di nuovo la proposta di matrimonio. A nome del signor Black, stavolta.

Tecnicamente è lei che l’ha fatta a lui, dopo che lui l’aveva fatta a lei circa trecento volte, vero, ma solo quando lei l’ha fatta a lui è stata accettata, quindi è quella che vale.

E alla fine è stato abbandonato sull’altare! Avrebbe diritto di essere arrabbiato. Invece gli viene ancora da ridere.

Che bastardo Lucius! Sapeva che con quella mossa sarebbe caduto in piedi in ogni caso: se lei avesse rifiutato il matrimonio sarebbe stato perfetto, per lui, se l’avesse accettato sarebbe stata nelle sue grinfie, impossibilitata a ribellarsi, legata da un contratto che solo i membri di quella casta sapevano quanto vincolante fosse. Alle spose "di casata" risultava fisicamente impossibile rifiutare un ordine diretto da parte del proprio marito o di qualcuno superiore a lui nella gerarchia famigliare: un suocero, ad esempio.

Peccato Non aver previsto la mossa di Lucius, e per Lucius quella di Draco. Si convince sempre di più di aver fatto la cosa giusta. È stata geniale.

Ora basta andare a cercare Hermione, fidanzarsi di nuovo con lei e stabilire un’altra data per le nozze. Questa volta andrà tutto bene.

Gli viene in mente all’improvviso. Lui non ha mai regalato un anello a Hermione. Si è comportato come uno stronzo Malfoy che non si degna di regalare ad una nata babbana un prezioso anello di famiglia. E adesso non ha più gioielli di famiglia.

Che stupido! Non è così, per fortuna. I gioielli della famiglia Black sono al Manor, inglobati nel patrimonio Malfoy. Ma ora esiste un Black in vita, che intende sposarsi, che ha delle figlie e che quindi ha bisogno dei gioielli della sua famiglia.

Gira sui tacchi e torna dentro.

Trova Astoria nella nursery, impegnata a coccolare Dana. Entra, annunciato dall’elfo, che lo guarda strano. Sa che non è più suo padrone e sembra quasi dispiaciuto, come se avesse perduto un parente.

«Astoria, scusa se ti disturbo, avrei bisogno del tuo aiuto.»

«Oh, Draco, come mai ancora qui?»

«Mi è venuto in mente che i gioielli dei Black sono qui, e io non ho mai regalato un anello a Hermione. Ne ho bisogno.»

«E in che modo ti posso aiutare?»

«Credo che i gioielli siano nella cassaforte insieme a quelli dei Malfoy. Non sono sicuro di potervi accedere ancora.»

«Ma Lucius dorme profondamente e non credo si sveglierà prima di… un paio di giorni, credo.»

«Potrei tornare tra due giorni ma non credo che sia una buona idea. Meglio lasciarlo sbollire. E in ogni caso la mia richiesta sarebbe per lui un'occasione per ricominciare le sue recriminazioni o peggio.»

«Lo so, penso di conoscerlo bene, ormai.»

«Potevi dirmelo, però.»

Astoria sospira profondamente.

«Mi dispiace, tanto. Ma mi devi capire. È mio marito, sarebbe stato un vero tradimento. Una cosa è avvelenarlo per avermi offeso, se l’è cercata, ma sabotare le sue iniziative “a favore” della famiglia, da parte mia non avrebbe giustificazione.»

«Quindi lui te ne aveva parlato.»

«Certo. E io non ho mancato di avvisarlo delle conseguenze. Gli ho detto che lei non ci sarebbe cascata, gli ho detto che ti avrebbe perso. A volte penso che non riesca a vedere la realtà. Mi dispiace di come è andata, ma ero sicura che Hermione non avrebbe mai accettato niente del genere, quindi non ci sarebbe mai stato pericolo per i bambini.»

«I bambini?»

«Beh, lui era disposto ad accettare il tuo matrimonio, ma non che i tuoi figli entrassero nella discendenza della famiglia. Era preoccupato solo per i maschi. Non so cosa avesse in mente ma sono sicura che i suoi progetti non ti sarebbero piaciuti.»

«Sono sicuro anch’io.» La voce di Draco è scura e minacciosa. Che cavolo gli è venuto in mente? Ha esposto la sua famiglia a un grave rischio, senza rendersene conto. Suo padre è un mostro e non ha dubbi che, pur di mantenere “pulito” il suo blasone, non avrebbe esitato a uccidere i bambini, o farli rapire o chissà che altro.

«Non te la prendere, è andata bene. Se così non fosse stato non avrei lasciato che i tuoi figli corressero rischi. Mi credi?»

«Aiutami a recuperare questi gioielli», mugugna furioso.

«Non essere arrabbiato con me, per favore. Tu ed Hermione siete gli unici amici che abbia, gli unici su cui possa contare.»

«Che fine ha fatto tua sorella?»

«Adesso che è incinta non le permettono nemmeno di uscire di casa. Non era nemmeno al matrimonio, non ti sei accorto?»

«Com’è possibile?»

«Matrimonio di casata. Che bella invenzione!»

«Perché ha accettato?»

«Perché si è fidata di suo marito. Terribile errore.»

«Che tu non farai mai.»

«Che io non ho fatto!» Lo sguardo di Astoria si incupisce. «A questo proposito prevedo qualche problemino di salute per tuo p… per Lucius.»

«Che ti ha fatto, stavolta?»

«Non è mai abbastanza gentile, non mi rispetta. Una delle ultime volte ha detto che nessuna sposa Malfoy entra in famiglia se non con un matrimonio di casata. E qui già ha insinuato che io non sono una vera Malfoy, visto che io ho evitato come la peste quella corda al collo, e ha rincarato la dose dicendo che se non lo capisco non sono nemmeno degna di esserlo.»

Gli occhi fuori dalla testa, le spalle sollevate, sembra quasi che anche i capelli si arruffino sulla sua testa.

Draco ride. Malgrado la furia che lo ha colto nel sentire i progetti di Lucius sui suoi figli, Astoria riesce a farlo ridere. Inoltre è ben lieto che Lucius abbia trovato qualcuno capace di tenergli testa. Dove teneva nascosto questo temperamento la perfetta fanciulla purosangue? Che fortuna non averla sposata!

«Ancora veleno?»

«Ho in mente qualcosa di più raffinato, questa volta. Non mi accontento di un po’ di dolore fisico, questa volta bastonerò il suo orgoglio e non sarà nemmeno di così breve durata.»

«Ah, basta così, non me lo dire, o non sarò capace di mantenere il segreto. Solo promettimi che poi mi racconterai tutto.»

«Te lo giuro. Però lontano da orecchie innocenti.»

«Ok, mi sono fatto un’idea. Vediamo, pozione restringente corretta con lingua di…»

«Io e te avremmo potuto metter su un laboratorio di pozioni unico al mondo. Peccato non esserci sposati!»

«Già, proprio quello che pensavo!» il tono un po’ troppo ironico per essere serio.

«Ah, mi stai prendendo in giro. Tu non mi hai mai voluta.»

«Lo ammetto. Però come amica ti adoro. Quello che mi hai detto sulle intenzioni di Lucius mi ha fatto arrabbiare e mi ha spaventato, e anche fatto sentire in colpa per non averlo previsto. Adesso tu, malgrado tutto, sei riuscita a farmi ridere.»

«Meglio così. Se fossi tu mio marito le mie armi sarebbero spuntate contro di te, sei un pozionista bravo quanto me, non so immaginare che mi sarei potuta inventare per stare al passo.»

«Qualcosa avresti trovato. Di certo sto molto più tranquillo, sapendo che Lucius ha pane per i suoi denti. Mi sono preoccupato molto per te, sai?»

«Che bravo figliastro! Ti sei meritato una manciata di gioielli. Ammesso che riuscirò a tirarli fuori dalla cassaforte.»

«Ci riuscirai. Sei una Malfoy a tutti gli effetti, qualunque cosa ne dica Lucius, ti basterà appoggiare la tua mano al sigillo.»

«Probabilmente potresti farlo da solo.»

«Non voglio nemmeno provare. Se la casa mi riconoscesse ancora come Malfoy prima o poi Lucius lo scoprirebbe e sarebbe stato tutto inutile.»

«Come farai a riconoscerli? I gioielli dei Black da quelli dei Malfoy, intendo.»

«Mi sono stati presentati molto tempo fa. A suon di scudisciate, come tutto il resto. Conosco la provenienza, il nome dell’artigiano, l’epoca di produzione, per quale occasione sono stati ordinati, la storia e il costo di ogni pezzo. E tu sta’ pure tranquilla, non resterai senza niente da metterti addosso. Ne abbiamo fin troppi. Io voglio solo quelli ereditati da mia madre e un paio di piccole cose personali che mi sono state regalate da bambino. Il resto è tutto tuo.»

«E di Dana.»

«E di Dana. E di tutti i figli che vorrai fare con quell’individuo.»

Astoria immaginava forse che Draco dovesse portare con sé una decina di astucci, tra bracciali, collane e anelli. Non si aspettava che fosse costretto a portarsi via un piccolo, pesantissimo baule, pieno d’oro e di gemme preziose. E, naturalmente, Draco aveva ragione: i gioielli rimasti sono più di quelli portati via da lui.

Usare un camino è un’impresa abbastanza ardua, quando le mani sono occupate da un oggetto voluminoso. Quindi la cosa più sensata è la materializzazione, anche quella non del tutto priva di rischi, dato l’impiccio.

Quindi Draco, saluta e ringraziata Astoria, coccola per dieci minuti buoni la sorellina, poi si smaterializza nel soggiorno di casa sua.

Ovviamente inciampa nel tappeto e si schianta la cassa su un piede.

Dopo le imprecazioni di rito, dopo aver appoggiato la cassa altrove, rispetto al suo piede, si ferma un attimo ad ascoltare.

Non è materialmente possibile che un tale numero di bambini possano fare tutto quel silenzio.

Il cuore di Draco si ferma per un attimo. Dove sono tutti?

 

 

 

 

 

I have a dream: è il più celebre dei discorsi di Martin Luther King, il cui sogno, senza voler essere troppo blasfemi, non era troppo diverso da quello di Draco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 43
*** La storia infinita ***


43- La storia infinita

 

Per qualche momento la razionalità di Draco si spegne e lui si ritrova rannicchiato sul pavimento nudo, in una stanza vuota, a domandarsi che fine avessero fatto la sua donna e sua figlia. Rivive l’angoscia, l’incredulità, lo spavento, il senso di vuoto che l’avevano colto allora.

Respira profondamente, una, due, tre volte. Si guarda intorno. È tutto come lo ha lasciato questa mattina, tranne per la cassa poggiata sul tappeto.

Si dirige verso le scale ed entra nelle stanze da letto. Gli elfi hanno messo in ordine ma gli oggetti e gli abiti di Hermione e dei bambini sono tutti al loro posto.

«Mimi?»

«Sì, padron Draco.» L’elfa compare all’improvviso accanto a lui, facendogli prendere un colpo, come sempre.

«Mimi, la signora è tornata a casa?»

«Solo per un momento, signore. È salita nella stanza dei piccoli a prendere qualcosa poi è uscita di nuovo. Ha detto che andava alla Tana.»

«Grazie, Mimi.»

Già, che stupido, alla Tana. Sembra quasi che sia quella casa sua.

E lui? Che deve fare? Andare alla Tana anche lui?

Non è affatto sicuro che sia una buona idea. O che sia la migliore delle possibilità. Sperava di trovarla qui.

Sarà arrabbiata con lui? Avrà capito che lui non ha nulla a che fare con la storia delle nozze di casata? Per fortuna è alla Tana, non ha preso un aereo per il Brasile.

O forse non ancora.

Deve correre? Correrle dietro, di nuovo?

Un grosso sospiro. Quasi uno sbuffo.

Non si può vivere così. Se c’è qualcosa che non va si deve dire non scappare e basta.

Gli viene in mente che è sempre stato lui a omettere e nascondere la verità, a camuffarla, a svicolare. Lei è grifondoro.

Però non gli ha detto di aver messo su quella manovra con i suoi amici, quella di sparire con i suoi figli. Per proteggerli. Come se il loro padre non ne fosse in grado.

In fondo Hermione è abituata a non contare su di lui. Un accidente. Questa cosa deve cambiare e lei avrebbe dovuto parlarne.

Sì, questa volta la perfettissima ha sbagliato, non si esclude il padre dei propri figli da un piano per la loro protezione, a meno che lei non sia convinta che il padre stesso sia pericoloso per loro.

È questo che pensa? Che non li avrebbe difesi?

D’accordo ci sarà da discutere. Ma non intende fare il bambino, non rischierà di rovinare il loro rapporto per questo. E a proposito di questo, deve trovare l’anello. Ce l’ha in mente, sa quale le piacerebbe. È stato l’anello di fidanzamento della sua bisnonna, o tris… chi se ne ricorda? È un gioiello semplice, nemmeno troppo prezioso ma di raffinata eleganza, un topazio luminoso, che ricorda moltissimo il colore dei suoi occhi, il taglio ovale, la montatura in oro bianco, con minuscole foglie ai lati. Le piacerà.

Solo vorrebbe darglielo in privato, non certo davanti a un pubblico di teste rosse. Dovrà rimandare ancora? E poi devono parlare, possibile che si debbano trattare questioni delicate di famiglia in questo modo? Ma i grifoni non hanno alcuna riservatezza?

Si inginocchia e si accinge ad aprire il baule dei gioielli per cercare l’anello quando un inconfondibile schiocco di materializzazione gli fa alzare la testa.

Hermione è a mezzo metro da lui e si siede tranquilla sul divano, così che Draco si ritrova praticamente inginocchiato davanti a lei. Si perde un po’ nei suoi calmi occhi topazio. Lei siede tranquilla e dignitosa, sembra una gatta. Se non fosse per quei suoi eccessivi capelli che hanno avuto già ragione dell’acconciatura in cui erano stretti poche ore prima.

«Non c’è bisogno che mi adori in questo modo, ti puoi alzare. Che è questa roba?» indica la cassa ai suoi piedi.

«Sono i tuoi gioielli.»

«Furetto hai bevuto?» ride, forse ha bevuto lei. «Io non ho gioielli.»

«Beh, li hai quasi. Per ora sono miei, ma mi vedi con addosso una collana di smeraldi?»

«Uuuh!» Smorfia disgustata. «Non credo. Che ne dici di darmi qualche spiegazione?»

«Che ne dici di darmi tu qualche spiegazione?» chiede, da quella posizione poco autoritaria. «Perché ti sei messa d’accordo con i tuoi amici per proteggere i MIEI figli e non con me?»

«Non c’è stato il tempo, scusami.» Sembra un po’ imbarazzata. «Io non avevo idea di quali fossero le intenzioni di tuo padre. Certo non mi sono mai fidata di lui ma non credevo che avrebbe mai tentato qualcosa di brutto sotto gli occhi di tutti. Però tu, stanotte, mi hai fatto preoccupare. Ne ho parlato con Ginny, mi dava una mano a vestirmi. Se io non ho una buona opinione di Lucius figurati che ne pensa lei, ha tentato di farla fuori a undici anni! Così mi ha assicurato che nessuno di loro avrebbe perso di vista i bambini e che alla minima cosa poco chiara si sarebbero smaterializzati alla Tana.

Ho pensato “meglio così, non è male che ci sia una piccola rete di protezione per i bambini”.

 Avrei dovuto mandare qualcuno a dirtelo, non son ancora abituata a condividere la responsabilità.»

Draco tace per un po’. Si aspettava di dover discutere. Invece lei si è scusata.

«E perché non si sono preoccupati di quello che avrebbe potuto fare a te?»

«Tu che dici?» Solleva un po’ di lato la gonna dell’abito da sposa mostrando la propria bacchetta. «E non dirmi che tu mi avresti lasciata in pericolo.»

«Credi che ti avrei difeso contro il mio stesso padre?»

«Certo, l’hai già fatto.»

«Granger, tu ti fidi di me!» è una costatazione che suona meravigliata e apre un sorriso sulla faccia di Draco.

Si accorge di essere ancora in ginocchio sul tappeto. Non è una brutta posizione, in fondo. Solleva l’orlo del vestito di Hermione e guarda sotto. Poi ci infila le mani e le carezza le cosce, spingendo un po’ per aprirle.

«Che stai facendo?»

«Uso i miei migliori argomenti per convincerti a fidanzarti con me.»

«Infilarmi le mani sotto il vestito è uno dei tuoi migliori argomenti?»

«Ho appena incominciato.»

«Malfoy…»

Draco si blocca.

«Malfoy? Non hai visto Paciock?»

«No. So che è passato alla Tana a lasciare la borsa di Molly, ma era di fretta. Il ero di sopra ad allattare. Ha detto qualcosa su una novità strabiliante ma non sappiamo di cosa si tratti. Tu lo sai?»

«Forse.»

«E allora? Non fare il prezioso, dimmi di che si tratta.»

«Mmm, prima rispondi a una domanda. Che diresti se uno, che non è Malfoy, ti chiedesse di sposarlo?»

«Che non posso farlo.»

«Nemmeno se questo ti piacesse tanto?»

«Ho promesso a Malfoy di sposarlo, come potrei cambiare idea così alla svelta?»

«Ma se quest’uomo fosse biondo come lui e gli somigliasse davvero tanto, se fosse bravo a fare l’amore, ma proprio bravo e ti conoscesse come il palmo della sua mano e ti amasse così tanto…»

Draco ha ripreso i suoi viaggi sotto al vestito, diventando un po’ più audace.

«Draco, proprio non vuoi dirmi cosa hai in mente?»

«Te, come sempre.»

«E allora perché stai cercando di convincermi a sposare un altro? E chi sarebbe poi?»

Lui stringe le labbra e prende fiato.

«Non vorresti diventare la signora Black?»

Lei aggrotta la fronte. Non riesce proprio ad arrivarci. Che vuol dire? Esiste ancora qualche Black?

«Che hai combinato?»

«Ho…» deglutisce, «cambiato nome. Ho preso il nome di mia madre e ho rinunciato a tutto quello che riguarda i Malfoy, compreso il patrimonio. Spero non sia un problema per te.»

«Merlino, ma è una cosa folle!» Lo guarda con attenzione, come se si aspettasse di vedergli spuntare delle orecchie a trombetta o un terzo occhio sulla fronte. «Sei sicuro? Voglio dire, tu hai sempre… sei, cioè, non sei… Cazzo! Sei sicuro?»

«Sì, sono sicuro, e no, non sono più un Malfoy. Che ne pensi?»

«Beh, posso rispondere con una citazione babbana “Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa, con un altro nome, conserverà il suo soave profumo”»

Ormai Draco si è appoggiato ai cuscini del divano , tra le gambe scoperte di Hermione e insidia con la bocca la sua scollatura.

«Mmm, mi piace. Quindi credi che io abbia conservato il  mio profumo, adesso che non sono più un Malfoy?»

«Scherzi? Black è molto più ganzo! Io ho conosciuto Sirius e mi piaceva parecchio. Era matto scatenato, decadente, fascinoso!»

«Ok, adesso basta. Non mi costringere a pensare che per essere il tuo idolo dovrò competere con un morto. Con mio zio morto! Ti proibisco di vedere ancora Astoria.»

«Ma io non ho promesso di obbedirti.»

«Che mi importa?»

«Di’ la verità, davvero non ti sarebbe piaciuto che ti promettessi obbedienza cieca e assoluta e tutte quelle cose, secondo la tua volontà?»

«Che me ne farei di un cagnolino se mi sono innamorato di un leone? A me basta che mi prometti che mi amerai per sempre e che non ti allontanerai da me per nessuna ragione, che sarò il tuo primo pensiero ogni mattina e che vivrai nell’attesa di poter fare l’amore con me ogni giorno della tua vita… no, della MIA vita, meglio.»

«Ancora QUALCOS’ALTRO? Vuoi che ti prometta che ti cucinerò frittelle ogni mattina, che sfornerò altri dodici figli tuoi, che ti luciderò le scarpe, che altro?»

«Solo che mi sposerai. Dimmi di sì.» Lei sospira e stringe le labbra. «Che ti costa? L’hai già fatto, quasi. E poi abbiamo già buttato giù le richieste fondamentali.» Una decina di baci appassionati. «Sposami, Hermione, non farmi aspettare ancora.»

Lei si irrigidisce, ricordando all’improvviso i motivo della sua presenza.

«Aspettare… Oh, capperi! Ero venuta a cercarti perché era quasi pronta la cena. Ormai sarà più che pronta. Molly ci sta aspettando, vuole consolarci del mancato banchetto di nozze.»

«Ma io devo parlare con te, dobbiamo prendere delle decisioni, devo essere sicuro che mi concederai la tua mano.»

«Mi pare che ti sia appropriato di tutto il resto. Forse non è proprio la mia mano che ti interessa maggiormente.»

«Sta’ zitta, fai l’amore con me. Dopo penseremo a una buona scusa per Molly.»

 

 

Fine.

Il resto, tutto il resto, è un’altra storia, e dovrà essere raccontata un’altra volta.*

 

 

 

 

Epilogo: come andrà a finire…

 

…Lucius e Astoria, Daphne Narcissa (Dana)

La nuova (e unica) signora Malfoy, impiegherà un paio d’anni per ottenere il riluttante (e venato di timore) rispetto del vecchio mangiamorte. Dopo i sei mesi di prigione e la nascita del piccolo Scorpius le cose andranno molto, molto meglio.

Lucius si scoprirà più sereno, meno bisognoso di affermazione pubblica e capace di gesti affettuosi. Manterrà con Draco un rapporto improntato alla quotidiana recriminazione, ormai solo per abitudine. In fondo anche i piccoli Black non sembrano niente male, malgrado il loro stato di sangue. Solo da sbronzo ammetterà di invidiare il coraggio che Draco ha avuto, di mollare le antiche regole per vivere come gli pare.

Quando morirà felicemente di un infarto, tra le ancora splendide cosce della sua dolce metà, non pochi penseranno male di lei, considerata la sua, ormai risaputa, abilità di pozionista. Lei, lungi dal tentare di far cambiare idea alle malelingue, alimenterà le chiacchiere, scoraggiando così i molti pretendenti al patrimonio Malfoy.

Alla fine, lei e Draco, apriranno davvero un’ottima scuola di perfezionamento per pozionisti e la pessima fama della signora si rivelerà un’ottima pubblicità.

 

…Daphne Greengrass, futura vedova Caramel

Già, quello delle sorelle Greengrass sembra un triste destino: vedove entrambe. Ma mentre Astoria, a cinquantotto anni, piangerà sinceramente la perdita di suo marito, malgrado i sospetti di aver aiutato la sorte, Daphne, poco più che trentenne, piangerà per finta, sotto il velo, il marito scelto per lei da altri e che si è rivelato gretto e manesco. E ovviamente nessuno la sospetterà di omicidio, considerata la sua scarsa abilità sia nella preparazione di pozioni che nell’uso di incantesimi offensivi.

Sposerà il solido, tranquillo, e insospettabilmente fascinoso erbologo, Neville Paciock. La sua splendida bambina crescerà con loro, e con i suoi fratelli più giovani: benché erede della famiglia Caramel, il nonno, ex Ministro della Magia non avanzerà pretese sulla sua educazione. In fondo è solo una femmina.

 

…Harry e Ginevra, James, Albus e Lili

Harry, una brillante carriera negli Auror, poi in politica, dopo aver preso serie ripetizioni sulla materia dalla sua amica di sempre, Granger. Finirà, in modo piuttosto scontato, per essere il Ministro della Magia più giovane degli ultimi tre secoli. Ginevra, una carriera sportiva durata pochi, intensi anni e interrotta dalla nascita in rapida successione dei due figli maschi, si dedicherà all’insegnamento del volo in una scuola preparatoria magica e a fare la mamma-drago, ruolo ereditato da Molly.

 

…La Tana

Penseranno seriamente di abbandonarla, o forse abbatterla e ricostruirla, quando Arthur incomincerà a guadagnare meglio e gli introiti dei figli celibi (come Ron, portiere di successo che troverà tardi la sua anima gemella) lo avrebbero consentito. Prendere la decisione sarà piuttosto facile, quasi scontata. Realizzarla molto meno. Si rimanderà di anno in anno, con le motivazioni più varie, fino a quando non risulterà chiaro che la Tana piace a tutti così com’è.

 

…Hermione e Draco, Eltanin, Remedios (Dora), Regulus (Rodrigo), Severus e Harry

Draco differenzierà ulteriormente le proprie attività, Hermione farà il pediatra solo in ambulatori gratuiti nei quartieri più poveri e collaborerà con suo marito nella gestione delle sue complesse attività e dell’ancor più complessa famiglia e vivranno mediamente felici e contenti per sempre (o quasi).

In realtà si separeranno gli uni dagli altri in tempi diversi, come accade sempre. La prima a lasciare il nido sarà Eltanin, a Hogwarts dopo soli tre anni dal matrimonio dei suoi genitori. Poi tutti gli altri, come le onde del mare, andranno e torneranno, a periodi, sempre più diversi, cresciuti, cambiati, aumentati di numero da consorti e figli e, prima o poi, qualcuno non tornerà.

È la vita.

 

 

 

 

 

*La storia infinita: l’ho saccheggiato di nuovo, ormai M. Ende ci sarà abituato. L’ho letto così tante volte ai miei figli che potrei citarne brani a memoria. Non so più contare le volte in cui si sono addormentati in braccio al Mordipietra o sulla groppa della vecchissima Morla e hanno galoppato nei sogni con Atreiu. Ormai è un pezzetto della vita della mia famiglia.

 

 

 

Arrivederci.

Anche questa avventura è giunta alla fine. Ho un paio di storie iniziate ma ancora troppo indietro per poterle iniziare a pubblicare. Sarà una mia fisima, ma voglio vedere l’intera struttura prima di incominciare a postare, o non sarei mai in grado di proporre una storia decente e con ritmi gradevoli (cioè senza far aspettare il capitolo così tanto da far dimenticare il precedente). Quindi passeranno, immagino, alcune settimane prima di rileggerci, con un’altra storia.

Non vi scordate di me.

Vi ringrazio con tutto il cuore per aver letto quello che ho scritto, per averlo apprezzato e per avermelo fatto sapere.

Un bacione a tutti

nefastia

 

 

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