Everything is possibile, if someone still believes it.

di Wholockedhead
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The man in the blue box that comes and goes without ever leaving ***
Capitolo 2: *** Never forgot: I'm brillant! ***
Capitolo 3: *** Take me with you, wherever you go. ***
Capitolo 4: *** If I'm with you, nothing is important anymore. ***
Capitolo 5: *** Can you ever forgive me? I'm sorry, it's my fault. ***
Capitolo 6: *** Freed. ***
Capitolo 7: *** This is the way you left me, I'm not pretending, no hope, no love, no glory, no happy ending ***
Capitolo 8: *** I'm the hoper of the fur-flung hopes, the dreamer of improbable dreams ***
Capitolo 9: *** I gave my life to save yours. ***
Capitolo 10: *** Fear is our ally, it allow us to don’t understimate who whe have in front. And you, you are not afraid ***
Capitolo 11: *** Fear is our ally, it allow us to don’t understimate who whe have in front. And you, you are not afraid- parte 2. ***
Capitolo 12: *** I need you like I need the air when I'm underwater. ***
Capitolo 13: *** Sweet dreams ***
Capitolo 14: *** Deja-vus? No, only distant memories. ***
Capitolo 15: *** AVVISO ***
Capitolo 16: *** The Dream's Lord ***



Capitolo 1
*** The man in the blue box that comes and goes without ever leaving ***


                                             "THE MAN IN THE BLUE BOX THAT COMES AND GOES WITHOUT EVER LEAVING":

                                                   
C’era silenzio, molto silenzio, non si sentiva volare una mosca, l’unico suono era il ticchettio delle lancette dell’orologio appeso in cucina. La finestra era aperta, per via della forte afa che dominava quel giorno. Nel  salotto di quell’ appartamento c’erano due poltrone rivolte verso una televisione che sembrava nuova di zecca e tra quest’ ultima e le poltrone c’era un piccolo tavolino di mogano sul quale era appoggiata una tazza di thè ormai non più caldo. Su una delle due poltroncine era accoccolata una ragazza dai capelli rossi, ricci e straordinariamente lunghi. Il suo viso era rilassato e i suoi profondi occhi verdi erano nascosti dalle palpebre chiuse. Sul grembo aveva appoggiato un libro aperto, con le pagine spiegazzate; Il titolo era coperto dalla sua mano delicatamente appoggiata su di esso; l’altro braccio penzolava giù dal soffice bracciolo della poltrona e le sue gambe erano piegate lateralmente occupando lo spazio restante. Le sue labbra rosse erano semi aperte e si poteva sentire il lieve rumore del suo respiro. Esperia dormiva profondamente e avrebbe continuato, se qualcosa non l’avesse svegliata. Un forte rumore riempì la stanza rimbombando sulle pareti, era un suono sordo che andava e veniva come un respiro affannato. La ragazza si svegliò di soprassalto e balzò in piedi come una molla, si guardò intorno ma non vide niente, non riusciva a capire da dove provenisse quel rumore, si affacciò alla porta della cucina che stava dietro di lei e scrutò ogni angolo di quella stanza quando all’ improvviso il rumore cessò. Esperia si irrigidì tenendo lo sguardo fisso sulla cucina ma con le orecchie ben tese; udì un lieve cigolio provenire da dietro di lei e senza pensarci si girò, nonostante fosse assalita dalla paura. Rimase scioccata nel vedere che nel suo salotto si era appena materializzata una cabina della polizia, di quelle molto vecchie che si usavano un tempo, era di un blu intenso, di un blu speciale. La porta della cabina era semiaperta e lasciava filtrare una luce giallastra. Esperia rimase immobile fissandola con curiosità, aveva la sensazione che anche la cabina stesse fissando lei, quel suo blu acceso, così suggestivo, lo sentiva trapassargli il petto. Ad un tratto sentì un rumore provenire da lì dentro come se qualcuno stesse picchiando su delle grate di ferro; erano passi, dei passi che si avvicinavano sempre di più all’uscita. Esperia indietreggiò fino a raggiungere il bancone della cucina e lo tastò alla ricerca di qualcosa con cui difendersi, sempre tenendo gli occhi fissi sulla porta di quella strana struttura che era comparsa in casa sua. Afferrò il manico di una padella e lo strinse forte. I passi si facevano sempre più vicini fino a quando la porta iniziò ad aprirsi lentamente. Da dietro di essa spuntò un’uomo, aveva i capelli corti, di un castano scuro, tutti spettinati. La sua testa era china e se la teneva tra le mani come se gli dolesse. Portava un trench molto lungo che gli batteva sulle caviglie, calzava un paio di all star e indossava un completo blu. L’uomo avanzava, camminando lentamente, alzò la testa e aprì finalmente gli occhi. Appena si rese conto di dove fosse si fermò di colpo e si guardò intorno spaesato. Si accorse della ragazza solo qualche secondo dopo e il suo sguardo si immobilizzò su di lei; Il verde profondo degli occhi di lei fu trafitto dall’intensa sfumatura di marrone di quelli di lui. Esperia lo guardava impaurita ed incuriosita, fu lui il primo a rompere il silenzio :-E tu chi sei?!- chiese lui chinando lievemente la testa e inarcando un sopracciglio:-Chi sono io?! Chi sei tu, piuttosto!?- chiese la ragazza stringendo ancora più  forte il manico della padella:
-Mi dispiace, l’ho chiesto prima io.-
-Beh se permette, non sono io lo sconosciuto che si è materializzato nel salotto di qualcun altro.-
L’uomo gli rifilò uno sguardo sbieco :-Io sono Il Dottore.- disse
-Dottore, chi?-
-Dottore e basta.-
-Molto bene Dottore e Basta, io mi chiamo Esperia.-
-Esperia, bel nome…bella stella, ci sono passato vicino una volta, davvero magnifica. -
La ragazza lo guardò perplessa, sapeva che il suo nome era il nome di una stella ma cosa intendeva dire?
-Che cosa ci fai qui, come ci sei arrivato, come hai fatto a far entrare quel…coso?!-
- Questa… è una bellissima domanda.-
-E qual è la risposta?-
- Non saprei dirti. In che anno siamo, scusa?-
- N…Nel 2013…-
-Giorno?-
- 29 Luglio.-
Il Dottore si spostò verso la vetrata, scostò leggermente la tenda color panna e guardò fuori. Esperia intanto aveva distrattamente lasciato la presa che aveva sull’impugnatura della pentola e si era sporta per seguire con gli occhi quell’uomo misterioso, che si voltò verso di lei e disse :- E siamo in Irlanda se non vado errato.-
-Sì, è esatto.-
-29 Luglio 2013, Irlanda…Molto male.- Disse distogliendo lo sguardo
da Esperia e guardando nuovamente fuori dalla finestra.
La ragazza fece qualche passo in avanti, con cautela e attirò nuovamente lo sguardo del Dottore che dopo averla fissata ancora per qualche secondo si passò una mano tra i capelli e li strinse facendoli scivolare tra le dita. Si voltò e inizio a camminare nervosamente avanti e indietro, bisbigliando frasi su qualcosa che era andato storto, di qualcosa che aveva sbagliato e che non riusciva a capire, ma la ragazza non riuscì a seguire il discorso. Il Dottore si fermò e, di nuovo, trafisse gli occhi della giovane con lo sguardo. Dopo qualche interminabile secondo posò gli occhi sulle pareti della casa, esaminò tutta la struttura e i mobili ma il suo sguardo sembrava quello di uno che non riusciva a trovare la soluzione di un grosso problema. Alla fine guardò ancora la ragazza e parlò: - Mi dispiace devo andare- la ragazza si imbambolò un secondo ma poi fece alcuni passi verso il Dottore che con uno scatto si diresse verso la sua cabina:
-Dove stai andando?? Aspetta!!- gridò Esperia
Il Dottore però era già entrato e aveva chiuso la porta a chiave e dall’interno della struttura gridò in risposta:- Mi dispiace davvero, dimenticati di me, vivi la tua vita come se non mi avessi mai incontrato, addio.-
La ragazza fece ancora qualche passo verso la cabina ma quando la raggiunse  e allungò la mano per provare a toccarla, quella era gia sparita nel nulla con un rumore sordo: esattamente com’era arrivata, se n’era andata.
 
 
 
La mattina dopo Esperia si svegliò sul tardi, con il sole che le batteva in faccia, guardò la sveglia che aveva sul comodino e lesse l’ora poi si infilò sotto il lenzuolo coprendosi interamente e rimase a crogiolarsi nel letto ancora per un po’. In quel momento ripensò al Dottore, come aveva fatto anche il giorno prima e come avrebbe fatto ancora per molto tempo, perché una volta che incontri Il Dottore la tua vita cambia. Pensò ai suoi occhi  marroni, profondi, li sentiva ancora scivolare dentro di lei, quegli occhi... il suo aspetto dava l’idea di un uomo abbastanza giovane, ma quegli occhi, così stanchi, così…vecchi, le erano rimasti impressi nella mente. Non aveva voglia di alzarsi né di uscire, voleva solo stare a letto e lasciarsi avvolgere dai ricordi di quello strano uomo. L’avrebbe mai rivisto? Avrebbe mai saputo chi fosse veramente? "Addio", le aveva detto. Era una parola inconcepibile, come se all'improvviso le si fosse presentata di fronte a un'eternità vuota, così tangibile da togliere il fiato, e in questa eternità non ci fosse più nemmeno la certezza di uno sguardo amato, a guidarla nei tortuosi labirinti del cuore. Addio, era tanto insostenibile che nell'intimità dei sogni, l'ombra di quello sguardo avrebbe vissuto per sempre.
 
Verso mezzo giorno alla fine decise di alzarsi e di andare a prepararsi qualcosa da mangiare. Aprì il frigo ma non vi trovò gran che quindi si convinse ad uscire a comprare qualcosa. Si fece una doccia veloce, si infilò un paio di shorts, una canottiera, un paio di chipie ed uscì.
 
Esperia aveva appena finito di fare la spesa e si stava incamminando verso casa. Percorse tutto il viale centrale della città e raggiunse lo svincolo che l’avrebbe portata a casa sua. Proprio mentre girava però un uomo vestito di scuro ed incappucciato le passò di fianco e la urtò tirandogli una forte spallata. Esperia senti una forte scossa :-Ahi!!- disse con tono arrabbiato ma l’uomo se n’era gia andato. Era abituata alle persone che la urtavano, capitava spesso, ma quella volta le aveva fatto proprio male. Si strinse la parte dolorante con una mano e riprese a camminare.
Arrivò a casa e mise a posto la spesa, poi andò allo specchio e si guardò la spalla. Rimase piuttosto stupefatta: certo aveva ricevuto un colpo più forte del solito ma non pensava fino a tal punto; si era formato all’attaccatura del suo braccio un grosso livido viola, molto gonfio, che le procurava parecchio dolore. Ci mise sopra un po’ di crema e lo fasciò sperando che alleviasse il malessere.
Il resto della giornata trascorse lentamente. Si preparò del thè caldo e si mise a leggere sulla sua poltroncina ma leggere non la distraeva abbastanza. Cercava di smettere di pensare al Dottore ma non ci riusciva. Provò a guardare un film il che riuscì a farle pensare ad altro per un po', ma una volta finito si trovò nella situazione iniziale. Si fece dell’altro thè, questa volta freddo, e accese la TV. Tutto ciò che trovò fu un documentario noioso su gli animali e quindi si addormentò ben presto;
 
                                            
 
 

*********************************************************************************************************************************************************** Ciao a tutti :) Se state leggendo vi ringrazio davvero tanto, è la prima storia che pubblico e spero davvero che vi piaccia, spero di non aver fatto confusione e di aver attirato la vostra attenzione, purtroppo in questo capitolo non succede gran che ma prometto che nel prossimo movimenterò un po' la storia. Grazie mille ancora se state leggendo, e dato che è la mia prima esperienza spero che mi facciate sapere cosa ne pensate, i vostri giudizi sono davvero preziosi! Baci <3

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Capitolo 2
*** Never forgot: I'm brillant! ***


 

                                                  NEVER FORGOT:I'M BRILLANT!: 
 
Esperia si svegliò, stava per aprire gli occhi ma sentì delle voci, erano voci fredde…
-Uccidiamola-
 -No! dobbiamo tenerla in vita!-
-Ma se si sveglia inizierà a strillare come fanno tutti quelli della sua specie e io odio sentire le loro urla.-
-Dovrai resistere abbiamo bisogno che lei sia viva, un’esca morta non serve a niente!E poi così, quando sarà il momento, ucciderla sarà ancora più gradevole.-
 
La ragazza si sentì gelare il sangue. Parlavano di lei. Aveva paura, non sapeva cosa fare. Il panico la stava assalendo, non era mai stata molto coraggiosa e quello non sembrava il momento migliore per fare azioni avventate e stupide. Stava elaborando questi pensieri e solo in quel momento si accorse di non essere più sulla sua poltrona ma su una sedia e di avere i polsi legati uno all’altro mediante una specie di corda, che la stringeva procurandogli un forte bruciore. Le sue caviglie invece erano strette alle gambe della sedia. Esperia sollevò di poco le palpebre nel tentativo di vedere qualcosa e nella speranza che nessuno degli individui intorno a lei si accorgesse di quel movimento, così non fu. Quello che vide  furono un paio di piccoli occhi vispi che la scrutavano attentamente. La giovane donna sobbalzo facendo spostare la sedia. A quel punto spalancò gli occhi e si guardò intorno trasalita da una folle paura. Era a casa sua ma i suoi mobili erano spariti. Le sue poltroncine, il tavolino di mogano, la televisione…tutti spariti; c’era solo lei seduta al centro della stanza vuota, circondata da strani esseri somiglianti a delle patate lesse con occhi bocca e arti. Erano tutti uguali e portavano tutti delle tute blu chiaro. Tutti quegli occhietti erano puntati su di lei e molti di loro avevano un sorriso maligno dipinto in faccia. Esperia rimase immobile, tremando davanti a quegli esseri. Uno di questi gli puntò addosso una strana arma. Il respiro della ragazza si fece irregolare ed uno degli esseri lo notò e scoppiò in una risata maligna che le fece venire la pelle d’oca. Anche l’essere che gli puntava addosso l’arma ridacchiò ed infine premette il grilletto: un raggio di luce le colpì il ventre, non gli fece male, anzi le diffuse una forte sensazione di tranquillità, la ragazza si lasciò andare e prima che un sonno profondo l’avvolgesse sentì la finestra del suo appartamento infrangersi facendo un forte rumore e facendo svolazzare pezzi di vetro tagliente ovunque, alcuni di essi gli scalfirono la faccia ma lei svenne lasciando la sua testa chinata di lato e il corpo, senza forze, abbandonato su quella dura e fredda sedia di plastica bianca.
I mostri-patata, che prima erano fissi su Esperia, si girarono all’unisono verso la finestra che era stata appena infranta. Una cabina blu della polizia stava fluttuando nel cielo e si era precipitata nell’appartamento di Esperia e si preparava ad atterrare. I mostriciattoli sorrisero malignamente e seguirono con lo sguardo la cabina blu nei suoi movimenti. Una volta posizionata da dentro di essa vi uscì il Dottore con sguardo fiero e malizioso .-Buongiorno Sontaran - disse con un ghigno :- Salve a lei Dottore- disse uno di loro facendosi avanti :-Ti aspettavamo- disse:
-Si me ne rendo conto- rispose il Dottore guardandosi intorno :- Che avete fatto a questa povera casa? Era così graziosa.-
-Troppe cianfrusaglie, avevamo bisogno di spazio-
-Molto bene Lynx…Dov’è Esperia?- disse guardando il Sontaran negli occhi con fare molto serio. A quel punto un paio di esseri che stavano nascondendo Esperia dietro i loro corpi si scostarono. Il Dottore alzò lo sguardo e la vide, il suo viso si distese in un’espressione di preoccupazione, tolse le mani dalle tasche dei pantaloni e corse verso di lei inginocchiandosi al suo fianco :-Che le avete fatto?!- gridò con rabbia mentre cercava di capire se era ancora viva :- Tranquillo Dottore sta bene, l’abbiamo solo anestetizzata, sapevamo che non avresti resistito.-
-Cosa volete da me?-
-Che domanda sciocca, dopo tutto questo tempo, ancora ti stupisci che qualcuno ti dia la caccia? Tu puoi essere un’arma davvero efficace Dottore, l’energia dei signori del tempo è potente, se usata nel modo giusto può portare chi la possiede a controllare l’universo intero.-
Il Dottore lo ignorò, stava invece cercando di far rinvenire Esperia. Alla vista di quella dedizione il Sontaran rise fragorosamente e continuò a parlare :- Ohoh Dottore, Non cambi proprio mai eh? Sempre alla ricerca di qualche nuova compagna da strapazzare con le tue ridicole avventure...A proposito che fine a fatto l’ultima? Quella con i capelli rossi…come si chiamava? Donna?-
-A quelle parole il Dottore si alzò in piedi e avanzando verso Lynx lo minacciò :- Attento a quello che dici Sontaran, lasciala andare prima che sia troppo tardi-
Il Sontaran rise di gusto lasciando la testa cadere all’indietro, poi tornò a guardare il Dottore con aria di sfida :- Non ci riuscirai Dottore non questa volta-    
Il Dottore rispose allo sguardo nello stesso modo:
-Oh  caro il mio Lynx, tu dimentichi una cosa molto importante!-
Il Sontaram lo guardò con aria interrogativa:
-Io sono brillante -
Il Dottore sfoggio un largo sorriso e poi estrasse velocemente dalla tasca un oggetto di metallo circolare e lo lancio vicino alla sedia dove stava accasciata Esperia :- Quell’oggetto genera un campo di forze, in questo momento circonda Esperia, e se ci tenete a saperlo serve a proteggerla dalla carica esplosiva che ho posizionato proprio lì- disse indicando un punto dietro ai Sontaran che si girarono tutti insieme. A quel punto il Dottore tirò fuori dalla tasca del suo trench un altro oggetto metallico questa volta dalla forma allungata e premette un pulsante, puntandolo sul collo di un Sontaran dove risiedeva l’unico punto debole di quella specie. L’oggetto emanò una lieve luce blu accompagnata da un rumore simile ad un ronzio e all’improvviso tutti i Sontaran si accasciarono a terra con un gemito. Il Dottore sorrise e ridacchio tra sé e sé :-Fin troppo facile- subito dopo si avvicinò al Sontaran di nome Lynx e lo minacciò nuovamente:- Adesso sei più convinto? Teletrasporta te e i tuoi amici lontano da qui non costringermi a fare cose che non voglio fare.- Il Sontaran lo guardò con rabbia ma non si arrese. Con un gesto veloce estrasse un arma e gli sparò. Il Dottore fece appena in tempo a spostarsi quindi il raggio lo sfiorò appena, si rivolse a l Sontaran :- E’ la tua ultima possibilita Lynx!- L’essere ancora sdraiato per terra tentò di sparare di nuovo ma il Dottore fu più veloce e gli tolse l’arma gettandola lontano :- Lynx fermati ti prego, vattene via di qui tu e i tuoi compagni, o dovrò far esplodere la carica che vi confinerà fuori da questo universo e da qualsiasi altro. Sarete imprigionati per sempre. Tu non vuoi questo vero?- il Sontaran fece un ghigno:- Tu sai come siamo fatti noi, i Sontaran sono creati per la guerra, non si arrendono mai, Dottore .-
-Lo so, ma speravo di riuscire a farti fare la scelta giusta.-
Il Dottore fece qualche passo in dietro e si mise di fianco ad Esperia all’interno del campo di forze poi prese il suo arnese e lo puntò verso la carica esplosiva. Una luce azzurra-verde riempì la stanza e una sfera cristallina si espanse prendendo al suo interno tutti i Sontaran. Il Dottore li guardava con rammarico. La sfera si espandeva poi a un certo punto si ritirò portando con se quegli esseri. Il Dottore chiuse gli occhi per qualche secondo ed infine li riaprì. Raccolse il disco di metallo che li aveva protetti
E poi si inginocchiò a guardare Esperia. La fissò per qualche secondo osservando i suoi lunghi capelli rossi che cadevano fin quasi a toccare il pavimento guardò e i lineamenti del suo viso, poi le slegò i polsi e le caviglie e sfiorò delicatamente i segni che le corde le avevano lasciato. Si tolse il trench e lo appallottolò a mo’ di cuscino poi sollevò con estrema attenzione il fragile corpo della ragazza e la posò delicatamente per terra appoggiandole la testa sul suo trench. Il Dottore si sedette accanto a lei con la schiena contro il muro in attesa che si svegliasse.



 


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 Buongiorno! :D o meglio...buona sera!! ecco a voi il secondo capitolo...come promesso ho inserito un po' di azione... o almeno ci ho provato... spero che vi piaccia anche se ritengo di non essere molto brava nelle scene di azione...sono una che preferisce più il genere romantico:3 Grazie mille se state leggendo e se potete mandatemi qualche consiglio e i vostri giudizi...spero sempre di non aver combinato qualche casino scrivendo...tanti baci! al prossimo capitolo ♥♥♥

 

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Capitolo 3
*** Take me with you, wherever you go. ***


" Take me with you, wherever you go."

Era il tramonto la luce rossastra, non più ostacolata dalle tende, riempiva la stanza e un raggio illuminava il pallido viso di Esperia che piano, piano, stava riprendendo coscienza. Provò ad aprire gli occhi ma dovette richiuderli a causa del forte bagliore roseo che le infastidiva la vista. Si tirò su,  rendendosi conto di non essere più seduta su quell’ orribile sedia. Inginocchiata sul pavimento, si guardò attorno: le pareti spoglie, la stanza vuota, le trasmettevano un forte gelo. Non era stato un sogno. Girò la testa verso la cucina e appoggiato sulla parete vide il Dottore con le gambe distese e le braccia incrociate. Il suo viso era corrucciato e la testa era china, rivolta all’indietro. Esperia fissò lo sguardo su di lui e rimase a guardarlo in silenzio per qualche minuto. Si avvicinò lentamente a lui fino ad arrivargli di fronte. Lo scrutò ancora per un po’ ma poi lui spalancò improvvisamente gli occhi:- Bu!-
Esperia sobbalzò e indietreggiò velocemente, il Dottore scoppiò a ridere:
-Lo trovi divertente? – disse Esperia rifilandogli uno sguardo bieco mentre lui si alzava. Tentò di sembrare più seria possibile ma in realtà dovette fare appello a tutte le forze che le restavano per non sorridere:
-Si molto in effetti.- disse il Dottore porgendogli una mano per aiutarla ad alzarsi :- Beh sappi che non lo è!-
-Dai Espy era solo uno scherzetto innocente.-
-Non chiamarmi Espy, lo detesto! Il mio nome è Esperia.-
-Va bene, va bene.-
I due si ritrovarono in piedi l’uno di fronte all’altra, Esperia cercò di sistemarsi mentre il Dottore raccoglieva il suo trench:- Cosa mi è successo?- chiese lei.
-Beh i Sontaran stavano cercando me, e per arrivare a me sono passati attraverso di te. Vedi il livido sulla tua spalla? Ti hanno messo un localizzatore dentro la pelle e così hanno trovato la tua casa e l’hanno usata come “base”.-
-Me perché dovevano usare proprio me per arrivare a te? E come faccio a togliere il localizzatore?! -
-Tranquilla faccio io.- disse tirando fuori dalla tasca del trench l’oggetto metallico che aveva usato per sconfiggere i Sontaran. Lo puntò sulla spalla di Esperia e di nuovo premette un pulsante facendo accendere la lucina blu: - Cos’è quell’ affare?-
- E’ un cacciavite sonico.-
-E dovrebbe aiutarmi?-
-Sì, sto disattivando il localizzatore…ecco fatto!-
Esperia si guardò la spalla:- Il livido guarirà e il localizzatore è molto piccolo non dovrebbe crearti problemi.-
-Bene…ora rispondi alla domanda, perchè proprio io?-
-Perché per qualche motivo mi sono ritrovato a casa tua ieri, e i Sontaran sapevano che se avessero preso te mi sarei sentito responsabile e sarei intervenuto.-
-Oh.- fu tutto quello che riuscì a dire.
-Stai bene?-
-Sì credo di sì-
- Beh se stai bene, il mio lavoro qui è finito.- disse dirigendosi verso la cabina blu. Esperia però non voleva lasciarlo andare, non  di nuovo :- No! Aspetta!- il Dottore si fermò ma senza girarsi, se Esperia avesse visto la sua faccia sarebbe stata un’espressione di rassegnazione che nascondeva anche un velo di sofferenza:- Chi sei tu?- 
- Sono il Dottore, ma mi pare di avertelo già detto- disse senza girarsi:
-No, intendo dire chi sei veramente. Tu che vai in giro con una cabina blu della polizia che può sparire e apparire, non devi essere uno qualunque.-
-No, infatti non lo sono.-
-E allora, chi sei?-
Il Dottore proseguì verso la cabina blu e fece per salirci ma Esperia provò a fermarlo.- Dove andrai adesso?- Il Dottore cercò di ignorarla ma lei lo seguì e lo raggiunse prima che potesse chiudere la porta e lo afferrò per un braccio; lui si voltò verso di lei e si guardarono negli occhi:- Vuoi sapere dove sto andando?- Esperia lo guardò: un brivido di paura le trapasso la schiena, indugiò un attimo ma poi annuì.
-Allora vieni a scoprirlo.-. Gli spuntò un gran sorriso sul viso, poi ricambiò la presa che Esperia aveva sul suo braccio, la trascinò dentro alla cabina e  le mise le mani sugli occhi:
-Benvenuta sul TARDIS Esperia…emh Esperia…?-
- Welsh…Esperia Welsh.-
- Benvenuta sul TARDIS  Esperia Welsh-
Le tolse le mani da sopra gli occhi. Esperia rimase incantata da ciò che vide: a pochi passi da lei si apriva una sala enorme con il pavimento fatto di grate al cui centro si ereggeva un specie di “tavolo” esagonale pieno di cavi, pulsanti e lucine e nel mezzo di quest’ ultimo partiva un cilindro lungo e stretto che andava a toccare il soffitto dal quale pendevano altri grossi cavi. Sempre da quella stanza partivano due scalinate che portavano ad un piano superiore e una che portava ad un piano inferiore. Tutto era illuminato da una luce gialla-arancione. Esperia si girò verso il Dottore con aria meravigliata:- Ho capito chi sei!- il largo sorriso del Dottore si trasformò in un espressione sconcertata:- Davvero?!-
-Si! E’ come quando Hermione fa l’incantesimo di estensione irriconoscibile alla sua borsa, tu sei un mago! Come quelli di Hogwarts!-
Il Dottore scoppiò a ridere e continuò per alcuni minuti mentre Esperia lo guardava seria:- Se non sei un mago, allora cosa sei?- Il Dottore riprese fiato:- Esperia Welsh tu sei riuscita a dire qualcosa che non avevo mai sentito dire in 900 anni di vita.-
-900 anni hai detto??!-
- Si, io sono un alieno, un Signore del Tempo, precisamente-
Esperia lo guardò un po’ sbalordita e un po’ spaventata:- Quindi tu saresti un alieno e questa la tua astronave?- disse indicando prima lui e poi il TARDIS :- Esattamente.-
-E puoi andare ovunque nell’universo?-
-Non solo nell’universo, il TARDIS può andare dovunque nel tempo e nello spazio.-
-Wow! Proprio come nei film?!-
-No, questo è ancora meglio, questa è la realtà.- Disse facendole un occhiolino. Esperia si stava ancora guardando in torno quando il Dottore la prese per mano e la guardò negli occhi:- Forza vieni.-.
La portò al centro della stanza e le prese anche l’altra mano, cercando di attirare il suo sguardo ancora perso nelle meraviglie di quella cabina:          -Allora signorina dove la porto?- disse sorridendole beffardo:
-Io…io non lo so.-
-Hai a disposizione tutta la linea temporale dell’universo e l’universo stesso…allora dove vuoi andare?-
Esperia fisso il suo sguardo per terra pensando a tutto ciò che aveva sempre voluto vedere e alla fine alzò lo sguardo verso il Dottore e gli sorrise. Si avvicinò al suo orecchio e gli sussurrò qualcosa, il Dottore la guardò ridacchiando e dopo qualche secondo lasciò le sue mani e si mise a schiacciare alcuni bottoni. Quando ebbe finito la guardò nuovamente e sorrise alzando solo un angolo della bocca, la ragazza ricambiò il sorriso. Il TARDIS iniziò a far rumore e a tremare e poi inizio ad oscillare e a mandare forti scossoni, Esperia perse l’equilibrio e cadde addosso al Dottore che la afferrò impedendole di cadere. La ragazza si trovò tra le braccia del Dottore che la stringeva forte per paura che potesse cadere di nuovo. Gli scossoni cessarono ma nessuno dei due si mosse, si guardarono soltanto un po' imbarazzati. Esperia si perse un attimo ad analizzare i suoi occhi. Il Dottore distolse lo sguardo e guardò verso la porta del TARDIS poi tornò nuovamente su di lei:- Siamo arrivati- mormorò rivolgendole un sorriso mentre lei si staccava da quel contatto con fare impacciato.
 
I due uscirono dalla cabina, Esperia si guardò intorno, ansiosa di vedere ciò che la circondava: l’antico Egitto. A scuola era sempre stato il suo argomento preferito, trovava quel popolo affascinante, misterioso e geniale. Appena esaminato brevemente il panorama, si mise a saltellare, battendo le mani dalla gioia, con aria divertita. Di fronte a lei si innalzava, fiero, un enorme palazzo con un vasto giardino, circondato da palme. Dietro di esso in lontananza si poteva scorgere un’ altra costruzione che poteva sembrare un tempio. Dietro di loro, invece, spuntavano delle piramidi e una di queste sembrava in via di costruzione. Esperia smise di saltellare e si precipitò verso il Dottore aggrappandosi al suo collo :-Grazie, grazie, grazie!!- il Dottore ridacchiò e rispose volentieri all’abbraccio, nonostante l’avesse colto di sorpresa. Rimase anche piacevolmente stupito da come la ragazza mostrasse la sua gratitudine verso di lui: in pochi lo ringraziavano.
Quando Esperia realizzò che la sua reazione era forse un po' esagerata smise di stritolarlo e si scusò mentre cercava di ricomporsi, il Dottore rise dolcemente e poi la guardò dall’alto in basso con aria critica :- Il tuo abbigliamento non è molto adatto all’antico Egitto, non credi?- Esperia si diede uno sguardo veloce e poi tornò a guardare il Dottore facendo spallucce: - Mi dispiace, non ho portato il cambio…beh in realtà anche se l‘ avessi fatto, non è che abbia mai avuto i cassetti traboccanti di abiti da faraone!- disse con fare scherzoso. Il Dottore sorrise divertito:- Non hai bisogno del cambio, vieni con me.- disse togliendo una mano dalla tasca e porgendogliela. Esperia la afferrò e lo seguì incuriosita. Il Dottore la condusse giù per una rampa di scale, percorse un breve tratto di corridoio e si fermò davanti ad una porta. Appoggiò la mano libera sulla maniglia e poi chiese alla ragazza: -Sei, per caso, un amante della moda?-
  -Beh in un certo senso si.-
  -Fantastico allora!-
Il Dottore fece pressione sulla maniglia e spalancò la porta poi ci trascinò dentro Esperia, tirandola per il braccio. La stanza era una gigantesca, meravigliosa, straordinaria cabina armadio. La ragazza spalancò gli occhi e si guardò intorno, estasiata. C’erano vestiti di tutti i colori, di tutti i tipi , di tutti i generi e… di tutti i tempi! Il Dottore uscì sorridendo e chiudendo la porta dietro di sé, lasciando Esperia in mezzo a quelle meraviglie.
La ragazza venì fuori da lì, ancora con aria stupefatta, qualche minuto dopo.
Portava un lungo abito bianco che le arrivava fin sotto le caviglie, aveva delle spalline sottili che non si vedevano per via di una collana a forma di disco, molto sottile, di color oro con decorazioni verdi, che le copriva tutta la parte scoperta, dal collo alle spalle. Il vestito era stretto in vita da una grossa cintura che riprendeva i colori della collana. Si era infilata, in più, dei grossi bracciali, che però aveva fatto scorrere fino a poco più in alto del gomito. Il Dottore sorrise non appena sentì i suoi passi dietro di lui, si girò e la guardò con stupore:- Wow! Sei davvero favolosa, all'ultima moda oserei dire- la ragazza abbassò lo sguardo e rise cercando di nascondere il rossore affiorato sulle sue guance:- Beh allora? Andiamo?- continuò lui; a quelle parole Esperia ritirò su la testa e annuì felice, si affiancò a lui , lasciandosi condurre fuori dal TARDIS.
Giunsero fuori discutendo sul perché lui non si fosse cambiato e appena alzarono lo sguardo si trovarono una brutta sorpresa ad attenderli: una dozzina di uomini armati di lancia li aveva circondati. Il Dottore aggrottò la fronte, fece scivolare la sua mano fino a quella di Esperia e, stringendola forte, la fece posizionare dietro di lui:
-Chi siete?- disse uno dei soldati
-Io sono il Dottore e lei è Esperia-
-Che ci fate qui?-
-Siamo in visita-
Il soldato si rivolse verso uno dei suoi compagni dando l’ordine di scortare gli ostaggi al palazzo, probabilmente quello che avevano notato poco prima.
Furono condotti in una stanza enorme, la stanza del trono. Sulla parete si appoggiava un enorme poltrona d’oro, grande abbastanza per quattro persone. Il trono era riempito da grossi cuscini, finemente ricamati, e ai lati della poltrona, degli schiavi  agitavano dei ventagli costituiti da grosse piume. Sedeva, sul trono, una donna che il Dottore riconobbe come Cleopatra: - Chi sono questi?- disse la regina con fare altezzoso.
-Sono dei prigionieri, mia signora, li abbiamo trovati non distanti da qui, dicono di essere dei visitatori.-
- Qual è il tuo nome?- disse Cleopatra rivolgendosi al Dottore:
-Io sono il Dottore, e lei è la mia compagna Esperia.-
Esperia si perse per qualche secondo nei suoi pensieri: La sua compagna? Un piccolo angolino del suo cervello si agitò, pervaso dal timore che non ci fosse un biglietto di ritorno da quell'assurdo viaggio, ma adesso c'erano cose più gravi a cui pensare, per poter tornare a casa avrebbe dovuto essere viva e possibilmente non rinchiusa per sempre in una prigione dell'antico Egitto . Ritornò alla realtà e facendo un profondo inchino rese omaggi alla regina d’ Egitto. Cleopatra li esaminò per qualche secondo e poi si rivolse ad una guardia :- Portateli via, voglio che li mandiate nella piramide, non abbiamo più spazio nelle nostre prigioni e lui deve essere nutrito, prima che scateni la sua ira tempestosa sul nostro popolo.-
Il Dottore aggrottò la fronte perplesso: -No, eih aspetta! Dove ci stanno portando?!- ma non gli fu concessa alcuna risposta.
Furono legati, bendati e scortati attraverso il deserto, verso le piramidi. Giunsero all’entrata di una di queste immense costruzioni e furono liberati:- Dove ci avete portati?- chiese il Dottore, infuriato.
-Siete stati condannati a diventare il suo prossimo pasto.- disse la guardia :
- Il prossimo pasto di chi?! Chi si nasconde nella piramide?! Che cos’è?!-
- Un mostro.-
-Che mostro?-
-Tutto ciò che vi occorre sapere è che nessuno è mai uscito vivo da lì.-
Il Dottore cercò di avvicinarsi al soldato ma questi alzò la sua arma e gliela puntò alla gola. Il Dottore si fermò e lo guardò torvo e minaccioso. La guardia avanzò lentamente di passo in passo obbligando il Dottore ad indietreggiare fino ad entrare nella piramide, subito dopo vi ci spinse dentro anche Esperia:- Addio sciagurati!- disse, mentre due schiavi rimettevano il macigno, che fungeva da porta, nella sua posizione originaria, intrappolando così il Dottore ed Esperia, all’interno della piramide.
 
 

 
 
************************************************************************************************************************************************************************** Ciao a tutti!! Finalmente ho pubblicato il nuovo capitolo!! Fiuu, ce l’ho fatta, è davvero un’immensa soddisfazione. Grazie mille ancora a tutti quelli che stanno seguendo la mia storia, spero che sia di vostro gradimento. Per qualsiasi tipo di commento, consiglio, critica (anche per possibili, anzi, probabili errori grammaticali) aspetto sempre le vostre recensioni!! Grazie mille, al prossimo capitolo! Baci!!♥♥♥
 
 
P.s. Una mia cara amica sta scrivendo una storia, sempre su EFP, non riguarda nessuna serie o film o quant’ altro ma è una storia davvero bella. Si intitola “Finn” di senn3342, se volete darci un occhiata ve la consiglio ;)
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** If I'm with you, nothing is important anymore. ***


"If I'm with you, nothing is important anymore."


Era buio pesto lì dentro, Esperia non lo gradiva particolarmente, da piccola ne aveva tantissima paura e ancora adesso nonostante riesca a sopportarlo, il buio la inquieta. Per fortuna il Dottore tirò fuori dalla giacca il cacciavite sonico creando un lieve bagliore blu in mezzo a tutta quella oscurità. Lo puntò un po’ su tutte le pareti  alla ricerca di qualcosa con cui fare luce, poi lo puntò per terra illuminando il pavimento: niente. Non c’era niente, una bastone, un pezzo di stoffa…nulla:

-E ora che facciamo?- chiese Esperia. Cercava di nasconderlo ma in realtà era presa dal panico

- Non lo so.-

I due si sedettero uno a fianco all'altro alla fioca luce del cacciavite sonico, la ragazza cercò di regolarizzare il suo respiro per poter parlare, magari un po' di conversazione l'avrebbe distratta dall'attuale situazione:

-E' questo,quindi, quello che fai? Viaggi in giro per l' universo in cerca di guai?-

- A volte si, ma la maggior parte delle volte sono i guai che cercano me.-

- Capisco... e la tua famiglia? Non si preoccupa mai di quello che ti succede?-

- Io non ho una famiglia. Il mio pianeta è stato distrutto durante l'ultima guerra del tempo, non esiste più, la mia razza è estinta, io sono l'ultimo Signore del Tempo.-

Esperia cercò di guardare il suo volto in mezzo a quella oscurità, nonostante fosse molto buio riuscì a vedere chiaramente il velo di tristezza che si era steso sul suo viso, percepì anche la malinconia nelle sue parole. Rimase in silenzio. Voleva consolarlo ma non era mai stata brava in questo. Avrebbe voluto dirgli che gli dispiaceva, ma sapeva bene che quando si è tristi non c'è cosa peggiore da sentirsi dire. Bocciata l'idea della conversazione. Non disse nulla, fissò un punto indefinito nell'oscurità che li circondava cercando di concentrarsi su qualcosa che potesse calmarla, per esempio dei coccolosi coniglietti morbidi e rosa:

-E tu invece?Hai qualcuno che ti aspetta a casa?-

- Beh ho una famiglia, una normalissima e noiosa famiglia, per quanto riguarda gli amici beh, non posso lamentarmi, conosco persone davvero fantastiche il problema è che...io sono strana, e se voglio avere degli amici devo nascondere le mie stranezze agli altri.-

- Strana è bello.-

-Non tutti la pensano così.-

-Cosa intendi per strano?- 

-Beh, diciamo che ho delle certezze che turbano le persone. Per esempio ho sempre saputo che esisteva qualcosa al di là della terra, mondi nuovi, universi paralleli, alieni, magari anche magia. Forse per questo non sono rimasta troppo shockata da tutto questo, non ho fatto altro che sperare in una dimostrazione, in una prova concreta di quello che ho sempre sostenuto, anche se ammetto che essere chiusa in una piramide aspettando una probabile morte imminente non era l'idea che avevo di magia e fantascenza, il che è strano in effetti perchè non ho mai letto un libro in cui tutto fila liscio. So che probabilmente non dovrò mai parlare con nessuno di questo viaggio quando tornerò, ma sarà bello sapere che avevo ragione, per una volta, anche se gli altri non potranno saperlo.-

Il Dottore si rattristò per un attimo: aveva detto "quando tornerò", quindi anche lei se ne sarebbe andata? L'avrebbe lasciato anche lei come tutte le altre?L'aveva appena incontrata, certo, ma ci aveva sperato per un attimo. Non c'era da stupirsi. Nessuna compagna sarebbe durata per sempre, lo sapeva bene, in molte lo avevano lasciato, eppure faceva ancora male, ogni dannata volta.

- Beh tutto qui? Sono solo queste le tue "stranezze"?-

-No, questa era una delle tante, ma non credo che le altre possano interessarti!- disse scherzandoci un po' su.

-Oh si invece, mi interessano!- disse ridendo

-Meglio di no...- disse tornando seria: -Allora, Dottore, vogliamo stare qui a marcire fino alla fine dei nostri giorni, o cerchiamo il modo di uscire?!-

- Agli ordini, Miss. Strana!- rispose ridacchiando sotto i baffi mentre si alzava:

-IO non mi permetterei di parlare se fossi un alieno che va in giro in una cabina della polizia con un aggeggio sonico a sequestrare ragazze - ribattè Esperia ridendo:

-Beh, la porta è bloccata non possiamo uscire da qui, tanto vale andare avanti. Le piramidi sono dei veri labirinti, ci si mette un secondo a perdersi, ma soprattutto ci sono sempre molte trappole.-

-Oh fantastico…quindi siamo in trappola, dentro un labirinto pieno di trappole…ma le tuo giornate sono sempre così?!- 

- Sì, solitamente sì.- Disse proseguendo per il buio corridoio, tenendo stretta la mano di Esperia:

-Di solito le piramidi hanno un’uscita secondaria, come un passaggio segreto, se lo troviamo, siamo salvi.- disse lui.

-Ottimo, e cosa facciamo con questo mostro?-

- Ah pensavo che fosse scontato: prima di uscire di qui dobbiamo trovarlo.-

- E perché mai?!- 

-Dobbiamo dargli un’opportunità, tutti meritano una chance.-

Esperia non disse niente, lo guardò e basta, mentre la guidava in mezzo a quei cunicoli bui. Era davvero un uomo straordinario. Non voleva semplicemente salvare loro stessi, voleva salvare il popolo che lo aveva preso e rinchiuso in una piramide oscura, e non solo, voleva tentare di aiutare anche il “mostro” che aveva ucciso chissà quante persone. Era davvero fantastico: era il Dottore. I dottori di solito, guariscono le persone ma lui no, lui voleva guarire l’universo. 

Immersa in questi pensieri la ragazza strinse più forte la mano del Dottore, in segno di ammirazione, che, pensando che si stesse agitanto rispose accarezzandole dolcemente il palmo con il pollice, cercando di calmarla.

Camminavano ormai da una decina di minuti quando il Dottore si fermò di colpo. Il pavimento inizio a scricchiolare e poi a tremare. Esperia guardò il Dottore allarmata lui ricambio lo sguardo, la guardò dritta negli occhi e stringendole la mano più forte che poteva disse:- Corri!-

Iniziarono a scappare, il pavimento dietro di loro franava appena ci posavano sopra i piedi. Esperia correva dietro al Dottore senza mai lasciare la sua mano. L'aria passava veloce e gelida sui loro visi. C'erano delle ragnatele che cadevano dal soffitto, che si appiccicavano ai loro corpi e ai loro volti. Esperia aveva paura, avrebbe potuto morire, ma si sentiva viva, come mai si era sentita prima di allora, si concentrò sulla presa del Dottore sulla sua mano e fece scivolare via tutte le preoccupazioni. Corse più forte, accanto al Dottore, che non smetteva un secondo di stringere la sua mano. La stanchezza iniziò ad incombere su entrambi. Corsero ancora, fino a perdere il fiato ma il pavimento sotto di loro crollava e li stava raggiungendo. Il Dottore si guardava in giro alla ricerca di una soluzione, si guardò in dietro, guardò dove il pavimento non c'era già più, sotto quell'enorme buco c'era solo il vuoto. Ormai erano sfiniti, le gambe iniziavano a protestare a quel continuo sforzo. Esperia non si lasciò prendere dallo sconforto, guardava il viso del dottore, lo trovava rassicurante, si sentiva al sicuro:

- Dottore, che facciamo?, non possiamo correre per sempre!-

il Dottore si voltò e continuando a correre la guardò negli occhi:- Ti fidi di me?- Esperia sostenne il suo sguardo profondo, quello sguardo, era lo stesso di quando la aveva guardata la prima volta, non poteva rispondere diversamente:- Si.- 

Il Dottore, con un ultimo, enorme sforzo, accellerò, trascinando con se Esperia. Avevano guadagnato qualche metro, avevano tempo una manciata di secondi            prima che il pavimento crollasse sotto i loro piedi. Il Dottore si fermò di colpo. Esperia fece lo stesso, senza fare domande; Lui la avvolse nelle sue braccia e la strinse forte, fino a toglierle il respiro, lei gli cinse la vita con le braccia e si aggrappò al suo trench. Sentiva il tocco delicato del Dottore sui suoi capelli e le sue morbide labbra posarsi sulla sua fronte e pensò che non avrebbe potuto immaginare modo più teatrale di morire, e soprattuto non sarebbe stato grave dopo quello che aveva visto. La frana si avvicinava sempre di più, sempre di più. Mancava meno di un metro prima che li raggiungesse. Entrambi chiusero gli occhi e aumentarono la stretta sui loro corpi. Eccolo, lo sentivano, stava arrivando, il vuoto stava per raggiungerli. Tre…due…uno…


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Buuu!^^ Come state? Mi dispiace che questo capitolo sia così corto, ma ho preferito dividere ulteriormente la storia anche per renderla più leggera altrimenti questo capitolo sarebbe diventato infinito! E ho preferito lasciarvi un po' sulle spine (sempre se ci sono riuscita)...Ringrazio ancora tutti quelli che stanno leggendo e sono sempre in attesa di vostre recensioni, di qualunque tipo! Ci vediamo al prossimo capitolo!! :D 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Can you ever forgive me? I'm sorry, it's my fault. ***


"Can you ever forgive me? I'm sorry, it's my fault." 

I due trattennero il respiro. Si udì un tonfo sordo e poi il silenzio. Nessuno dei due aprì gli occhi, per qualche secondo poi il Dottore riprese a respirare; piano, piano i suoi due cuori rispresero a battere regolarmente, a quel puntò aprì gli occhi. Esperia li aveva ancora chiusi e stringeva forte il trench del Dottore. Lui si mosse lentamente e con cautela, le prese il viso tra le mani: -Esperia- sussurrò. Lei aprì gli occhi: - Siamo vivi?-
-Sì- disse lui sorridendo gioioso e abbracciando Esperia, sempre muovendosi con attenzione:
-Ora però devi stare calma. Niente movimenti bruschi. Il pavimento si sgretola appena ci spostiamo. Quando non c’è più peso, crolla. Dobbiamo procedere uno alla volta stando molto attenti. Vai prima tu, il mio peso basterà a non farlo crollare finche ci sarò sopra.
Esperia smise di stringere il trench del Dottore, e lo prese per mano. Iniziò a sollevare un piede ma il pavimento schricchiolò e lo rimise subito giù:
- E cosa succede se ti sbagli?-
-Tranquilla, io non mi sbaglio mai.- disse, e le sorrise cercando di rassicurarla.
Esperia allora tornò ad alzare il piede cercando di ignorare gli scricchiolii del pavimento. Mosse lentamente la gamba e poi si posò sulla piastrella successiva. Aveva una gamba in “salvo” e una no, ma c’era ancora il Dottore in pericolo. Alzò più lentamente che poteva l’altra gamba, il pavimento tremò, lei chiuse gli occhi e strinse forte le mani del Dottore ma senza abbassare la gamba. Proseguì e  appoggiò anche l’altro piede sulla nuova piastrella. Il Dottore era ancora in bilico, guardò Esperia che lo fissava preoccupata, poi volse il suo sguardo per terra e si bagnò le labbra. La piastrella sotto di lui iniziò a tremare fortemente, ma lui, con i riflessi pronti, fece un leggero balzo e si staccò da quel pezzo di pavimento un secondo prima che si frantumasse e cadesse in quell’ abisso di oscurità. Si trovarono nella stessa situazione di prima, solo mezzo metro più in là:- Questa volta vai prima tu, Dottore.-
-Non se ne parla neanche.-
-Io di qui non mi muovo se prima non vai tu.-
Si guardarono per un tempo che sembrò interminabile, fino a quando il silenzio non fu spezzato da un sospiro. Il Dottore aveva smesso di guardarla e ora stava provando a muoversi. Procedette esattamente come Esperia ma quando sollevò la seconda gamba la pietra sotto Esperia iniziò a fare strani rumori. Mantenne la calma e si posò definitivamente sull’altra piastrella. Esperia stava cominciando a sollevare il piede quando la piastrella cominciò a tremare. Esperia guardò di sotto. Vide gli angoli della pietra iniziare a sgretolarsi in minuscoli granelli. Fece per saltare come aveva fatto prima il Dottore ma non fu abbastanza veloce. La piastrella scomparve in un secondo sotto i suoi piedi e lei scivolo giù il Dottore, per fortuna, le teneva ancora la mano e si ritrovò sdraiato sul pavimento con una mano che tastava l’aria, mentre l’altra teneva stretto il polso di Esperia. La disperazione si poteva leggere sul volto di lui, nemmeno fosse stata una scritta a caratteri cubitali. Esperia invece era avvolta dal terrore:
-Dammi l’altra mano!- disse il Dottore  quasi urlando. Esperia tirò su il braccio e tentò con tutte le sue forze di afferrare la mano del Dottore, che si stava a sua volta protendendo verso di lei. Le loro dita si sfiorarono e poi riuscirono finalmente ad allacciarsi. Il Dottore usò tutta la sua forza e si sollevò portando con se Esperia. La ragazza era quasi in salvo, finalmente si scacciò via la paura di dosso. Poteva toccare con la punta dei piedi la spessa roccia che reggeva lei e il Dottore. Si aggrappo con  il piede sulla superficie levigata, era scivolosa, e i sandali che aveva abbinato al suo vestito non erano esattamente le calzature più adatte. La suola delle sue scarpe non fece attrito con la pietra liscia del pavimento. Il piede le scivolò via. Successe tutto troppo in fretta, per fino per i riflessi del Dottore. Esperia scivolò di nuovo nell’oscurità, questa volta però la sua mano non riuscì a reggere il forte strattone e lasciò  il polso del Dottore, colto alla sprovvista, che perse la presa su Esperia, lasciandola cadere nell’oscurità, mentre scompariva nella nebbia con un lungo e terribile grido disperato. Quel suono fece gelare il sangue nelle vene del Dottore che lanciò un urlo carico di  rabbia e di amarezza:- Esperia!!!-
Fissò il vuoto, alla ricerca di un segno, un rumore, qualsiasi cosa che potesse indicargli la presenza di Esperia: Niente. Era scomparsa, per sempre, ed era stata colpa sua. Il Dottore si inginocchiò con lo sguardo perso nell’oscurità di quell’abisso che aveva inghiottito quella ragazza cos’ dolce e allegra. Serrò i pugni e li poggiò al suolo, con le braccia stese lungo i fianchi. Una frazione di secondo dopo si ritrovò ad urlare e a battere le mani per terra, non curante delle schegge di pietra che lo graffiavano, sfogando tutta la sua ira su quel maledetto pavimento. Rimase lì, in ginocchio, i pugni stesi sul pavimento e la testa china.  Era stata colpa sua.



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Buon g-g-g-giorno!! :D 
Non odiatemi.
Vi prego. *si inginocchia*
Lo so è un' altro micro-capitolo, anzi 10 volte più micro di quello scorso, ma ve lo giuro( *mignolino*), ho gia scritto il seguito! Non so se lo dividerò ancora, spero di no, altrimenti potete venire a cercarmi e picchiarmi. Potete sempre insultarmi in qualche recensione ahah.
Perdonatemi. 
Ci vediamo strasupermegaprestoloprometto.
Smack!
 

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Capitolo 6
*** Freed. ***


“Freed”
 
Passarono alcuni minuti prima che il Dottore decidesse di riaprire gli occhi e tirarsi su. Una volta in piedi guardò di nuovo il vuoto sotto di lui e poi riprese quel pericoloso cammino. Con estrema cautela proseguì su quelle piastrelle traballanti, per molto tempo. Un’ ora, dieci minuti, forse un giorno intero. Non ci stava pensando, impressa nella sua mente e sulla sua coscienza c’era solo l’immagine del viso sorridente di Esperia. Camminò a lungo e non si accorse nemmeno che dopo un po’ il pavimento sotto di lui era diventato stabile e ora poteva camminare con maggiore tranquillità. Camminò, finche non si trovò ad un bivio. Erano due strade identiche, tutte e due proseguivano dritte fino a dove l’occhio poteva vedere e poi buio totale. Il Dottore si sfrego la testa e si passò una mano tra i capelli, provò a sonicizzare le due strade ma non trovò niente che potesse differenziarle. Iniziò a camminare nervosamente avanti e indietro sforzandosi di pensare, due strade completamente identiche, qual’era quella giusta? Forse anche il loro percorso era identico, ma se non fosse stato così?
Si inoltrò di qualche metro nel cunicolo di destra e raccolse una manciata di terra, poi entrò in quello di sinistra e fece lo stesso. Analizzò i due campioni, e finalmente trovò una differenza: la terra del cunicolo di destra era sabbia, normalissima sabbia, quella del cunicolo di sinistra invece aveva una componente particolare, erano presenti dei microgranelli di cristallo. Non era un grande indizio ma almeno era una differenza.
Decise di proseguire nel cunicolo con tracce di cristallo. Capì presto da dove esse provenissero: inoltratosi di qualche centinaio di metri si accorse, alla flebile luce del cacciavite sonico, che nelle pareti intorno a lui, erano incastonate delle piccole pietruzze di cristallo. Proseguì ancora, forse per degli interi chilometri fino a ritrovarsi in un’ immensa sala. Appena entrato, sulla destra vi trovò due pietre focaie poggiate su una lunga “mensola” che sembrava percorrere tutta la parete. Il Dottore strofinò le due pietre l’una contro l’altra facendo partire alcune scintille che si posarono sulla mensola. Non appena queste ebbero raggiunto la superficie di quella sporgenza, partì una lunga fiammata che circondò tutto il perimetro della stanza seguendo il percorso della lunga mensola che illuminò la sala. Il Dottore, compiaciuto, ripose il cacciavite nella tasca del trench e iniziò ad esaminare il luogo in cui si trovava. Il soffitto non era particolarmente alto e le pareti erano decorate con i cristalli che aveva trovato prima nel cunicolo. Quelle pietruzze scintillavano alla luce del fuoco creando meravigliosi effetti nella stanza. C’erano quattro colonne, in fila al centro, che reggevano il soffitto. Le colonne erano levigate e decorate con dei colori sgargianti. Escluse quelle 4 strutture, la stanza era vuota. Si guardò un po’ in torno ammirando la maestosità di quella stanza. Vedendo quello splendore, pensò al luminoso sorriso di Esperia “questo le sarebbe piaciuto” pensò, ma subito cacciò via quel pensiero, prima di cadere nuovamente nella rabbia e nello sconforto. Scosse la testa e tornò a guardarsi in torno. Camminò qua e là alla ricerca di un’uscita o di un passaggio. Qualsiasi cosa. Mentre tastava le pareti sentì un rumore provenire da dietro di lui. Si girò di scatto estraendo il suo cacciavite sonico:
-Chi sei?! Fatti vedere!!!-
Nessuno rispose ma sentì di nuovo un rumore, proveniente ,questa volta, dalla sua sinistra. Si girò ancora, sempre puntando la lucina blu verso il vuoto, tutti i suoi sensi erano ben tesi alla ricerca del minimo suono, del minimo movimento. Finalmente quel coso, qualunque cosa fosse o chiunque fosse, si mosse nuovamente. Era dietro una colonna e con uno scatto velocissimo corse e raggiunse la secondo colonna. Il Dottore questa volta lo vide e fece qualche passo avanti verso il pilastro che nascondeva quell’ essere:- Che cosa sei?- disse quasi a se stesso. Avanzava lentamente, passo dopo passo, ma quando fu troppo vicino, “la cosa” saltò fuori dalla colonna, con un balzò passo sopra al Dottore e si mise a correre. Era una specie di animale, almeno così sembrava, era bianco, come ricoperto di bende, sembrava una mummia (beh, era il posto giusto per le mummie) ma il Dottore giurò di averlo visto andare su due zampe. Ora invece, scappava, dritto e stabile su quattro arti. Il Dottore, che si era buttato a terra, si rialzò e lo rincorse. Fecero più volte il giro della sala quando alla fine il Dottore, sfinito, si fermò. La creatura colse quel momento per scomparire: Si avvicinò ad un muro gli tirò un calcio, distruggendolo, ed entrò nell’apertura che si era creata. Il Dottore vide tutto, poi abbasso la testa un secondo; non fece in tempo a risollevarsi che il muro era tornato ad essere intonso, perfettamente costruito, e dall’aspetto solido. Il signore del tempo sgranò gli occhi: si era forse sognato ogni cosa?
Si avvicinò al muro e iniziò a tastarlo. Provò a spingere ma non successe niente, così prese a sonicizzarlo:- Ohh, ma è geniale! Assolutamente geniale! Pietre magnetizzate!-
Ancora una volta pensò a Esperia, pensò all’espressione che avrebbe fatto alla vista di quel congegno. Tornò alla realtà e prese a tirare calci e pugni a quella parte di muro, cercando di sfondarlo per poi passare, ma la sua forza, se pur non indifferente, non bastava. Provò a lanciare sul muro le pietre focaie che aveva trovato nella stanza ma nemmeno quelle erano abbastanza pesanti. Non sapendo che fare iniziò a girare per la stanza alla ricerca di un punto fragile nel muro da cui prelevare una pietra ma non vi trovò niente, quindi tornò davanti alla parte di muro magnetizzata:- Coprire la porta con delle pietre magnetizzate è stata davvero un idea geniale, ma non ho altra scelta purtroppo- tirò quindi, fuori il cacciavite sonico e lo puntò sul finto muro: invertì la polarità dei magneti che invece di attrarsi iniziarono a respingersi, facendo crollare la parete. Al di là del buco nel muro si vedeva poco o niente, era molto buio; il Dottore cercò di farsi un po’ di luce con il cacciavite sonico. Riconobbe solo che la il percorso continuava con una piccola striscia di pavimento sospesa nel vuoto, non vedeva per quanto continuasse, ma senza pensarci troppo si mise a camminare. Il tratto fu piuttosto breve e poi ricominciarono i cunicoli bui. Andò dritto, poi a destra e poi a sinistra e poi si trovò di nuovo ad un bivio:- Ahhh!! Ma che cavolo! Al diavolo gli egizi e la loro mania di dividere le strade!- sbuffo e si passò una mano tra i capelli, ma prima che potesse scegliere dove andare, senti un rumore di passi provenire dal cunicolo di sinistra e una sagoma bianca sporgersi da dietro l angolo: era il mostro, di nuovo! Il Dottore subito prese a correre dentro quella strada, la creatura intanto scappava velocemente, abbastanza da non potersi far toccare dal Dottore ma non abbastanza per seminarlo, come se lo stesse guidando, come per indicargli la strada. Ma che fa? Dove mi sta portando? Pensò lui. Corsero per alcuni minuti attraverso un corridoio basso e stretto. I due avevano rallentato il passo ora non era più una corsa continua, era una camminata lesta; a un certo punto però il mostro riprese a correre tutto d’un tratto, più veloce di prima, e il Dottore lo perse di vista. Continuò comunque a camminare, e cammina,cammina, si ritrovò il una sala come quella di prima, solo più piccola e più buia. C’erano sempre le colonne, identiche alle altre, e dietro ad una di esse, scorse la sagoma dell’essere:- Allora chi sei? Perché mi hai portato fin qui?-
Il mostro non rispose, ma il Dottore lo vide mentre si muoveva verso una delle parete e piegarsi a raccogliere qualcosa. Sì, adesso era di nuovo su due zampe. Ci fu un breve e secco rumore e poi si accese una luce. Il metodo era quello della stanza precedente, e in pochi secondi la stanza era illuminata. Il mostro si era spostato in un angolo e dava le spalle al Dottore : Rispondi! Cosa sei?-
Era un sussurro, un mormorio, di una voce timida e balbettante che diede risposta alla domanda:- S-sono un fauno.-
- Ma certo!! Come ho fatto a non pensarci prima!! E’ perfettamente normale trovare fauno sulla terra in un epoca in cui non sono ancora stati creati!- disse con marcata ironia.
- N-on volevo venirci qui, io.-
- E chi ti ci ha mandato?-
Il fauno non rispose:
-Qual’ è il tuo nome?-
- S-simri.-
-Perchè hai ucciso quelle persone, Simri? Non mi sembri un’essere cattivo, i fauni sono pacifici.-
-I-io non ho ucciso nessuno.-
-Capisco…E come spieghi tutti le persone che dicono di aver perso?-
- N-non lo so, qui è p-pieno di trappole ed-d è facile per-r-dersi. I-i pochi che s-sono arrivati fino a m-me, sono scappati. I-io non ho fatto del m-male a nessuno.
-Perchè mi hai portato qui?-
- D-di solito q-quando qualcuno finisce in u-una trappola muore, e i-io recupero i c-corpi e li brucio. M-ma oggi ne ho trovato uno che r-respira. Q-quando ti ho v-visto ho pensato che avresti p-potuto aiutarla.-
Solo a quel punto Simri si spostò dalla sua posizione lasciando vedere, in parte, quello che il suo corpo nascondeva. Il Dottore vide solo una lunga ciocca di capelli rossi, ma gli bastò. Si precipitò verso il corpo pallido della ragazza che giaceva a terra, estraendo i suoi occhiali, se li mise sul naso e iniziò a guardarla. Esperia aveva gli occhi serrati e la bocca semiaperta. Aveva del sangue sulla fronte proveniente da un profondo taglio che si era aperto vicino al suo orecchio. Il bel vestito bianco era ora sporco e strappato, e si potevano vedere le lunghe gambe piene di lividi e di piccoli tagli. Aveva un polso gonfio, ma nonostante tutto il suo cuore continuava a battere e lei continuava a respirare regolarmente. Il Dottore la abbracciò, con gli occhi lucidi ricolmi di gioia. Era viva, e questo lo riempì di speranza e determinazione. Non si sarebbe svegliata prima di un paio d’ore, ma lui l’avrebbe portata fuori in salvo, e avrebbe portato con se anche il fauno:- Simri, da quanto tempo sei qui?-
- N-non lo so,  qui dentro il t-trempo non passa mai, forse d-due mesi o magari due  a-anni-
- Beh i fauni, resistono molto senza mangiare ma due anni mi sembra eccessivo non credi?-
- B-beh io h-ho trovato delle erbacce q-qua e la, e mi sono n-nutrito con quelle.-
-Beh ma come mai sei qui? E come mai sei travestito da mummia?!-
- I-io beh ecco, sul mio pianeta c-ci sono dei ragazzi, mi prendono in g-giro perché b-balbetto. U-un giorno uno di questi ha d-detto di aver rubato un manipolatore Vortex da u-un laboratorio segreto, e che avrebbe potuto viaggiare nel tempo. Io ero c-capitato li per sbaglio ma loro mi hanno visto e m-mi hanno incolpato di averli s-spiati, così mi hanno fasciato tutto il corpo con q-queste bende e mi hanno spedito qui dentro. Quando s-sono arrivato ho provato a t-tornare indietro ma il manipolatore si era s-spento.-
- Perché non te le sei tolte? Devono essere fastidiose-
-All’inizio le ho tolte, m-ma qui c’è m-molto freddo, e queste sono bende di c-cotone, tengono un po’ di caldo.-
- E non hai mai provato ad uscire di qui?-
-S-sì, ho trovato un passaggio p-per uscire, m-ma non ho voluto, n-non sapevo c-come fosse lì fuori, avevo p-paura-
- Simri, è arrivato il momento di tornare a casa-
Così dicendo prese in braccio Esperia tenendo un braccio sulla sua schiena e uno sotto le sue ginocchia, lasciando , però, le braccia cadenti e la testa pesantemente chinata all’indietro:
-Mostrami l’uscita, Simri! Allons-y!!!-
Disse sorridente. Il fauno annuì e poi iniziò ad incamminarsi in un largo, ma buio, corridoio. Andarono sempre dritti poi in un punto qualunque di quella strada si bloccarono:- E-ecco è qui, credo.- disse Simri indicando un apertura nella parete:
-Qui?!-
-S-si, guarda dentro, si v-vede la luce del sole.-
Il Dottore appoggiò delicatamente il corpo di Esperia per terra, e si chinò a guardare all’interno dell’ apertura. Era vero, era sicuramente la luce del sole ma quel cunicolo era solo un condotto per l’aria, era stretto e in discesa, come uno scivolo:
-Vado prima io, poi dovrai far scivolare Esperia, ti aspetterò giù, lo prometto.-
Il fauno guardò negli occhi il Dottore e vide tutta la sua sincerità: non era un uomo falso, né cattivo, poteva fidarsi.
Così il Dottore si fece scivolare nel condotto e  in pochi secondi fu fuori. Il tepore della luce solare lo invase  e lui si fermò un attimo in piedi, con gli occhi chiusi, sotto quel sole che gli sembrava di non vedere da anni.  Si girò e si chinò sull’apertura:- Simri! Mi senti? Fai scendere Esperia!-
Il fauno raccolse il suo corpo  e lo accostò con attenzione nel cunicolo. Esperia stava scivolando lentamente, quando, a un certo punto, i suoi occhi iniziarono ad aprirsi. Ci volle un po’ prima che la ragazza riprendesse completamente coscienza ma quando successe e si rese conto di dov’ era, fu presa dal panico. Tutto quello che ricordava era che stava cadendo nel vuoto e che aveva sentito il Dottore gridare il suo nome;il Dottore, dov’era il Dottore? Dov’era lei? Era viva? Magari quella era la sua tomba. Voltò la testa e guardò all’estremità alta del cunicolo dove il fauno la stava guardando. Appena vide quell’ essere si spaventò e s fece sfuggire un urlo: Chi sei tu?! Dove sono?! Che cosa ci faccio qui?! Sono morta?! Dov’ è il Dottore?!!Aiutatemi vi prego, non so dove sono!!-
Il fauno riuscì solo a balbettare qualcosa che Esperia non riuscì a percepire:- Esperia! Stai calma! Va tutto bene!- una voce calda e familiare proveniente da sotto di lei le riscaldò il cuore e la fece calmare:- Dottore, sei tu?!-
-Si sono io! Ora stai calma, e cerca di scivolare verso di me, stai uscendo dalla piramide, e sei viva!-
- O-okay. Dottore, chi è quello lassù?!-
- E’ Simri, è un fauno ed è nostro amico, quindi non preoccuparti e continua a venire verso di me.-
- Okay, okay.- disse cercando di regolarizzare il suo respiro affannato. Finalmente le sue gambe iniziarono a sporgere dal cunicolo, appena il Dottore la vide uscire si chinò, la afferrò saldamente per i fianchi e la fece uscire completamente da lì. La prese e la strinse fortissimo al suo petto, tanto che gli sembrò di sentire i suoi due cuori toccare quello di lei. La sollevò leggermente da terra e la fece girare ridendo:- Ahah! Esperia Welsh, sei fantastica!-
- Perché cos’ho fatto?- chiese lei un po’ frastornata da tutto quel girare:
-Sei viva! E questo è davvero eccezionale!- disse lui rimettendola a terra con un sorriso che gli andava da un orecchio all’ altro. Si strinsero ancora un po’,  poi furono interrotti da un tonfo: Simri era atterrato bruscamente e  ora si stava strofinando la schiena con la mano. I due ridacchiarono e poi si avvicinarono a lui. Il Dottore lo aiutò ad alzarsi e poi passò alle presentazioni:- Esperia, lui è Simri. Simri, Esperia-
Lui le fece un timido sorriso mentre lei sventolò leggermente la mano in modo cordiale.
Ci fu qualche secondo di imbarazzante silenzio, interrotto dal Dottore:- Allora, vogliamo andare?- disse rivolto ad Esperia porgendogli un braccio, lei lo prese con tutte e due le mani e si fece guidare verso il TARDIS, al loro fianco il fauno Simri trotterellava allegramente, felice di essere libero.
Raggiunsero la cabina e il Dottore entrò per primo seguito da Esperia che stava cercando di instaurare una conversazione con il fauno. Appena furono tutti dentro il Dottore chiuse la porta e poi disse:- Allora Simri, pronto per tornare a casa?- il fauno sorrise e annuì. Esperia, che ormai aveva imparato, si aggrappò alle sbarre che circondavano la sala comando e spinse il fauno a fare lo stesso. Il Dottore smanettò con alcune leve e certi pulsanti: Si parte!!- disse infine. Fu un atterraggio particolarmente brusco, ed Esperia si trovò, nonostante le precauzioni, con il sedere per terra. Il Dottore corse ad aprire la porta e poi invitò Simri a guardare fuori. Era un locale bianco, molto luminoso, con al centro una scrivania di legno verniciato, dove sedeva un fauno in divisa, che leggeva il giornale:- S-siamo alla stazione di p-polizia!-
Il Dottore fece un sorrisetto compiaciuto:- Sì, esatto, sai mi pare di ricordare che il furto sia un reato anche qui su Mercurio, e ritengo anche che utilizzate un manipolatore del vortice del tempo per dar fastidio a qualcuno, sia un po’ illegale. Quindi forza fatti avanti. O preferisci essere preso di mira per tutto il resto della tua vita?-
Il fauno guardò fuori, e poi si girò verso il Dottore :- Grazie mille.- e poi fece ancora quel sorriso timido:- Addio Simri, ti auguro ogni bene.-
- Arrivederci, Dottore.-
Il fauno scese dal TARDIS e si diresse verso la scrivania, prima che il Dottore chiudesse la porta si girò nuovamente, questa volta aveva un sorriso più deciso, e fece un lieve cenno con la mano in segno di saluto.
Il Dottore rientrò nella sua cabina e si diresse verso il centro di comando, spinse una leva e poi si rivolse ad Esperia, che si stava massaggiando il polso:- Stai bene?- le chiese. Lei si girò verso di lui:- Mi rimbomba la testa, e non mi sento più il polso, ma per il resto sì, bene…ah ho anche bisogno di una doccia.- Il Dottore sorrise teneramente, tirò fuori le mani dalle tasche dei pantaloni e prese delicatamente il polso di Esperia:- Vieni, ti metto una benda sul polso, ho paura che sia slogato.-
- Okay…Dove stiamo andando Dottore?-
- A casa…- disse, cercando di nascondere la malinconia. Esperia, si stupì di quella risposta, non voleva andare a casa, ma non aveva intenzione di essere un peso per il Dottore quindi si limitò a dire:- Okay- con il tono più convincente che riuscì ad usare.







Eilà! Questo capitolo è un po' tanto lungo ma spero non vi risulti troppo pesante, ho appena finito di scriverlo , ma non ho tempo di rileggerlo per bene quindi se ci sono tanti errori fatemi sapere, in ogni caso domani lo ricontrollerò con calma, fatemi sapere come vi sembra! Ho cercato in tutti i modi di trovare soluzioni poco banali, spero di esserci riuscita, vorrei solo ringraziare tutti i lettori perchè state diventando davvero tanti!! Ora vado scusate, sto crollando dal sonno! Baci! 
Spero di pubblicare il prossimo capitolo il prima possibile.

Buonanotte! <3
 

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Capitolo 7
*** This is the way you left me, I'm not pretending, no hope, no love, no glory, no happy ending ***


Capitolo 7:
 "This is the way you left me, I'm not pretending, no hope, no love, no glory, no happy ending."


Erano, forse le due di notte ed Esperia era in un morbido letto spazioso. Era un letto a baldacchino, circondato da leggeri veli ai lati. Il Dottore stava dormendo, aveva detto che appena si fossero svegliati l’ avrebbe riportata a casa. Quel letto era maledettamente comodo, e le coperte la riscaldavano notevolmente, tutto spingeva al sonno, ma lei non riusciva a dormire. Il soffitto sopra di lei era una proiezione di un meraviglioso cielo stellato, a volte si vedevano addirittura delle stelle cadenti, oppure dei satelliti che viaggiavano velocemente. Gli venne in mente una sera, quando si era sdraiata sul prato che c’era in cima alla collina della sua città, era insieme a Wren, un ragazzo dolcissimo, era il suo migliore amico, lo era sempre stato. Si ricordò del cielo che avevano osservato quella sera tra una risata e l’altra. Aveva un po’ nostalgia di casa, di Wren, di Sophie, la sua migliore amica, non che la ragazza di Wren. Anche sua mamma le mancava, e anche suo padre, chissà cosa gli avrebbe detto una volta tornata…già…tornata.
Stava pensando a tutto quello che gli mancava, e si rese conto che ci pensava solo per convincere sé stessa che era meglio per lei, tornare a casa, nel suo mondo. Ma come avrebbe potuto tornare alla sua normale vita dopo quello che aveva visto? Un fauno! Aveva visto un fauno! Aveva incontrato la regina Cleopatra in persona! E aveva viaggiato in un’ astronave più grande all’interno che all’esterno. Come poteva lasciarsi tutto alle spalle? Come poteva dimenticare lui  il Dottore. Non credeva che ce l’avrebbe fatta. Perché il Dottore non la voleva con lui? Domanda sciocca, lei non era all’altezza, non era speciale come lui, non era coraggiosa, non era una ragazza avventurosa, era solo una sognatrice, e non era abbastanza per il Dottore. Continuò a pensare ai lati positivi della sua vita, ma sapeva perfettamente che avrebbe rinunciato a tutto, ad ogni cosa, ad ogni persona, per poter viaggiare ancora nel tempo , per poter vedere tutte le stelle, per poter restare con il Dottore.
 
 Ma lui non la voleva, quindi cercò di addormentarsi e di non prendersela troppo sapendo che lui stava dormendo tranquillo e impaziente di scaricarla nel suo monotono mondo. Ma si sbagliava. Nemmeno il Dottore riusciva a prendere sonno, continuava a rigirarsi nelle coperte. Perché non vuole restare con me? Se avesse voluto farlo avrebbe protestato quando le ho detto che l’ avrei riportata a casa, ma non l’ ha fatto. Anche lei se ne andrà, come tutte le altre. Forse non è giusta per me, forse  questa volta mi sono sbagliato, ho scelto quella sbagliata.
Ma sapeva che stava solo cercando, inutilmente, di ingannare sé stesso, per alleviare il peso di quest’ altra ennesima perdita. Due cuori non erano abbastanza per un Signore del Tempo, non per uno che faceva la sua vita, avrebbe avuto bisogno di infiniti cuori, per riuscire a sopportare tutta quella solitudine, tutto quel dolore. Affondò la testa nel cuscino e si lasciò andare, svuotò la mente da tutte le sue preoccupazioni e dormì, sperando di trovare un po’ di pace.
 
 
 
Un brivido di freddo trapassò la schiena di Esperia, che uscì dal mondo dei sogni e si ritrovo nella sua camera all’ interno del TARDIS. La sua coperta le era scivolata via di dosso, lasciandola in balia dell’arietta fresca che passava dagli spifferi sotto la porta. Senza aprire gli occhi, la cercò con la mano tastando il materasso. Non voleva alzarsi sapeva che se l’avesse fatto sarebbe dovuta tornare a casa e non voleva. Continuava a cercare ma non trovò la coperta, bensì una superficie più ruvida e più rigida, non ci volle molto prima che realizzasse che era la gamba del Dottore quella che stava liberamente tastando. Ritirò la mano di scatto ma non si girò sperando che lui non si fosse accorto che era diventata tutta rossa. Cercò di fare finta di niente sperando che lui le lasciasse ancora qualche minuto per prepararsi ad abbandonare tutte quelle meraviglie, ma tutte le sue speranze furono infrante quando si sentì sussurrare all’orecchio:-Buongiorno raggio di sole- accompagnato da una risatina, si voltò lentamente sfoggiando il sorriso migliore che riuscì a fare: - Buongiorno-. Anche lui stava sorridendo “si vede com’è dispiaciuto che io me ne vada, ma è meglio così, questa vita non fa per me, lui non fa per me” pensò lei infastidita e assalita dalla tristezza, senza sapere che in realtà il Dottore stava morendo dentro, ancora.
 Solo in quel momento la ragazza si rese conto che lei era in pigiama, che il Dottore era di fianco a lei, che la coperta era caduta per terra e che il suo pigiama consisteva in una maglietta blu notte XXL che aveva trovato nel guardaroba e che non la copriva nemmeno fino al ginocchio. Diventò paonazza  e istintivamente tirò giù la maglietta fin dove poteva. Il Dottore alla vista della sua reazione si alzò mortificato:- Scusa, ho bussato, non ha risposto nessuno e sono entrato, non volevo metterti a disagio-. Esperia intanto si era messa seduta sul letto e stava raccogliendo gli short, quelli con i quali era partita, e se li stava infilando:- No tranquillo non…non fa nulla- disse evitando il suo sguardo: Va be allora io…io esco ci vediamo dopo.-
Disse lui imbarazzato, uscendo dalla camera e chiudendo la porta dietro di sé.
Appena fu uscito Esperia sospirò e iniziò a fissare il vuoto, tutti i buoni motivi ai quali aveva pensato per convincersi a tornare a casa si erano come volatilizzati, spariti dal suo cervello completamente, ora pensava solo “no, non voglio tornare a casa, non posso” quest’ unica frase rimbalzava nelle pareti della sua mente e si ripeteva continuamente, un doloroso e agghiacciante eco infinito. Rimase lì due minuti buoni, poi raccolse il resto dei suoi vestiti e si cambiò. Si trascinò fuori dalla stanza, giù per le scale, e poi cercò di ricomporsi al meglio prima di raggiungere il Dottore nella sala di controllo. Mentre camminava verso di lui si raccolse i capelli in uno chignon fatto un po’ male. Lo raggiunse alla console, mentre smanettava con i comandi:- Pronta per tornare a casa?- chiese lui senza guardarla in faccia- Si…- rispose Esperia nascondendo la sua espressione affranta:- Partiamo allora – continuò lui. Esperia provò ad avvicinasi alla sponda per aggrapparsi, ma lui la anticipò prendendogli la mano. Finalmente i loro sguardi si incontrarono: Altrimenti che divertimento c’è?- disse lui ridendo malignamente. Lei non fece in tempo a protestare che il TARDIS inizio a tremare fortemente come suo solito. In men che non si dica, lei e il suo equilibrio da elefante, cedettero, e lei si ritrovò a cadere in avanti, addosso al Dottore ed insieme finirono a terra. Lui stava già ridendo da prima e nemmeno lei riuscì a trattenersi per molto, nonostante tutto. Risero come due bambini fino a che non gli fece male la pancia poi lui iniziò a riprendere fiato. Si alzò a fatica e aiutò Esperia. Non si erano accorti che il TARDIS si era fermato. Erano arrivati, la prima a rendersene conto fu Esperia, la sua espressione tornò seria e il suo sguardo ando alla porta della cabina. Là fuori l’aspettava la sua vecchia vita, la sua solita, monotona, noiosa vita. Anche il Dottore tornò serio a quel punto. Le sue mani, che prima erano selle sue braccia scivolarono via. Esperia fissò il pavimento per qualche secondo. Il Dottore ruppe il silenzio schiarendosi la voce:- Beh quindi…suppongo sia il momento di andare…-
-Già…-
I due camminarono verso la porta, lui si fece avanti e la aprì per poi richiuderla una volta fuori entrambi:
- Quanto tempo è passato?- chiese lei:
- Mh…credo 8 ore, circa.-
- Wow! E’ meraviglioso- disse lei entusiasta.
- Eh già- rispose il Dottore, mentre con una mano accarezzava la vecchia cabina blu:
- Grazie di tutto Dottore- disse la ragazza con un sorriso sincero, un po’ malinconico. Lui rispose sorridendo a sua volta, senza riuscire a nascondere la sua delusione, che gli era dipinta sul volto. Ci fu qualche secondo di silenzio, Esperia si guardava le scarpe mentre il Dottore aveva lo sguardo perso nel vuoto, poi si risvegliò di colpo:-UH! Dimenticavo- quell’improvviso sussulto fece spaventare Esperia che sobbalzò lievemente. Il Dottore frugò nella tasca dei pantaloni e ne estrasse una piccola scatolina nera. La aprì e la rivolse alla ragazza. All’interno della scatola c’era un piccolo ciondolo. Era una piccola biglia di vetro avvolta da una spirale di sottile filo d’argento. Esperia guardò meglio dentro la biglia e vide che dentro era come proiettato un insieme di stelle, di galassie, sembrava che tutto l’universo fosse stato racchiuso in quella minuscola biglia:- Ti piace?- le domandò, ma lei era rimasta senza parole:- E’…è…-
fu tutto quello che riuscì a dire:- Lo prendo come un sì- disse sorridendo, poi prese la collana la incitò a girarsi e gliela legò al collo. Esperia la contemplò per qualche secondo :- Così non ti dimenticherai di me-
-Non serviva un regalo per questo.-
 La ragazza alzò lo sguardo e trovò i suoi occhi marroni già lì pronti ad accoglierla, era forse l’ultima volta che avrebbe visto quei suoi bellissimi occhi e così non voleva perdersi nemmeno un secondo di quello sguardo. Studiò il suo volto, i suoi lineamenti, voleva imprimersi nella mente, quel viso, e farlo restare lì fermo, per sempre. Si avvicinarono l’uno all’altra e si abbracciarono , era un’ abbraccio stretto e caldo pieno di affetto ma con anche un pizzico di rabbia. Lei era aggrappata al suo collo mentre il Dottore le cingeva i fianchi. Esperia respirò a fondo per farsi inondare dal suo dolce profumo, nemmeno quello voleva dimenticarlo. Poi girò il volto  alla ricerca della sua guanci per stamparci un bacio, ma anche lui si stava voltando e gli angoli delle loro labbra si incontrarono accidentalmente. Subito si sciolsero da quel contatto e presi dall imbarazzo si allontanarono cercando di evitare di guardarsi:- Io, scusa non volevo- disse lei imbarazzata:- No, no è…è stata colpa mia scusa…- ci fu una pausa di qualche scondo poi ad Esperia usci una risatina soffocata, a quel punto anche il Dottore si fece sfuggire un ghigno e alla fine ci risero sopra insieme. “ E’ un alieno, eppure è così umano” pensò lei.
Finirono di ridere e si guardarono nuovamente:- Beh mia cara Esperia Welsh, la tua famiglia ti aspetta, è meglio che tu vada-
-Sì…hai ragione-
Abbassò nuovamente lo sguardo, nascondendo la tristezza che si stava impadronendo della sua mente e la voragine che gli si era aperta nello stomaco. Il Dottore fece un passo verso di lei e cercò la sua mano. Lei lo guardò:- E’ un addio?-  questa volta fu lui a evitare i suoi occhi:- Ho paura di sì-. La ragazza si limitò ad annuire accentuatamente:- Allora addio.- disse fredda. Il Dottore si avvicinò ancora, e le diede un delicato bacio sulla fronte, poi indietreggiò verso la porta del TARDIS. Le loro dita non si abbandonarono fino all’ultimo istante, e anche quando si separarono rimasero tese per una frazione di secondo, alla ricerca di un contatto, che non arrivò. Il Dottore entrò nel TARDIS senza mai interrompere quell’intenso contatto visivo. Esperia lo guardò fino all’ultimo secondo, sentiva che una lacrima le stava per scivolare sulla guancia, ma la trattenne finchè il Dottore non chiuse la porta, solo a quel punto sbattè le palpebre e la fece cadere, lasciando tutta quell’amarezza che aveva dentro, scorrere via con quell’unica lacrima. All’interno del TARDIS il Dottore era appoggiato di schiena sulla porta della cabina e indugiò qualche secondo, lasciandosi prendere dalla tristezza. Poi si scrollò di dosso tutto quanto e con un rapido movimento si tirò su. Camminò velocemente fino alla console e iniziò a impostare delle nuove  coordinate: Si riparte!- annunciò a se stesso. Poi il TARDIS iniziò a rumoreggiare. Il Dottore guardò la porta chiusa e il suo voltò si trasformò in un vortice di depressione, di solitudine, di amarezza e di malinconia. Ecco fatto, era di nuovo solo.
 
Esperia attese fino all’ultimo secondo, poi quando il TARDIS si fu dissolto definitivamente, si voltò e diresse verso la porta di casa. “ Buongiorno, vita da persona qualunque, ti sono mancata? Tu nemmeno un po’.” Pensò con un sorriso malinconico dipinto sul volto , e con il segno della lacrima che ancora gli ardeva sul viso salì i due scalini che la separavano dalla porta e poggiò una mano sulla maniglia. Si guardò indietro, come se si aspettasse di trovarlo lì per dirgli “ ti è piaciuto lo scherzetto? Dai vieni si parte per una nuova avventura”. Con la mano libera sfiorò il ciondolo che le accarezzava la pelle. Fece un respiro profondo, chiuse gli occhi, prese coraggio e girò il pomello.”Ben tornata”





Buonasera! Oggi è stata una giornataccia, davvero! Ma sono riuscita a pubblicare il nuovo capitolo! Contenti? spero che vi piaccia come al solito e aspetto sempre le vostrecritiche/recensioni. Scusate tanto ma in questi giorni sono piena di compiti e non trovo un secondo libero quindi non sono riuscita nemmeno questa volta a rileggere il brano, per eventuali errori mandatemi un commento o lasciate una recensione ve ne prego mi sarebbe di grande aiuto. Non ho ancora avuto il tempo di rivedere l'altro capitolo quindi scusatemiscusatemi davvero, davvero tanto. Sto dormendo in piedi. Vi lascio ciao a tutti  baci <3

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Capitolo 8
*** I'm the hoper of the fur-flung hopes, the dreamer of improbable dreams ***


Capitolo 8:

 " I'm the hoper of the fur-flung hopes, the dreamer of improbable dreams"

 
-Mi sembri pensierosa, cos’ hai?- le chiese Wren sdraiandosi sul fianco, verso di lei.
Esperia che si era persa a guardare il cielo fu riportata alla realtà dalla voce insistente del suo migliore amico che martellava le sue orecchie per farsi breccia nella sua testa: - Come scusa?-
-Come non detto, che ti succede?-
- Non lo so, perché dovrebbe succedermi qualcosa? Sto bene.-
- Se lo dici tu…- rispose lui vago tornando a sdraiarsi sul plaid che avevano steso sull’erba, poi continuò il suo fastidioso interrogatorio:- Perché ieri non sei venuta al pub? C’erano tutti quanti, dove sei finita? Ho provato a chiamarti e ti ho mandato dei messaggi ma non hai risposto…-
- Mi…mi dispiace… ma dov’ero io non c’era campo.- rispose lei distrattamente:
- Beh e dov’eri?-
- Te l’ho detto, sono uscita con un mio vecchio amico, abbiamo fatto una specie di gita.-
- Quale amico? Non sapevo avessi amici che non conosco, non sarà forse una specie di fidanzato segreto vero? Me lo diresti se ti mettessi con qualcuno?-
A quelle parole Esperia si imbarazzò molto:
- No! No!  Ma figurati… e poi certo che te lo direi, è solo un’ amico d’infanzia…-
-Ok…oh guarda, arriva Sophie.- disse lui alzandosi in piedi. Esperia lo imitò e scese velocemente il pendio della collina correndo verso di lei. Subito le saltò addosso gettandole le braccia al collo. Sophie colta alla sprovvista per poco non cadde: - Eih, calma! Cos’hai? Sembra che tu non mi veda da un’eternità!-. Esperia ignorò totalmente quell’affermazione e continuò a stringerla:- Ci siamo viste ieri, ricordi? Ma che ti è preso?- solo a quel punto la ragazza si scollò dall’amica:- No niente sono solo felice di vederti…- disse fingendo una lieve tosse:- Beh wow, non è cosa di tutti i giorni tutto questo entusiasmo, comunque, vogliamo andare? E’ quasi ora di pranzo!-
Wren e Sophie si diedero un leggero bacio sulle labbra e poi, tutti insieme, si incamminarono alla ricerca di un posto dove mangiare qualcosa. Esperia passò tutto il giorno con la testa tra le nuvole, rispondendo in modo vago alle domande che i suoi amici le facevano, e che le fecero anche i suoi parenti nei giorni successivi. L’estate ormai era quasi finita, erano le ultime settimane, ma il caldo stava già via via svanendo. Erano passate quasi due settimane da quando Esperia aveva lasciato il Dottore, e la voragine che aveva nello stomaco si stava richiudendo giorno dopo giorno. Stava cominciando a riprendere il ritmo della vita quotidiana, a tornare con i piedi per terra, i suoi amici avevano perfino smesso di bombardarla di domande e quindi riusciva anche a pensare ad altro per brevi tratti di tempo “Quando ricomincerà la scuola andrà meglio” pensava, ma non aveva nessuna voglia di tornare a scuola. Faceva la quinta del liceo scientifico, odiava quel posto, i suoi genitori l’ avevano obbligata a frequentarlo, dicevano che era l’unico che poteva fornirle un’ istruzione sufficiente per aprirgli delle porte nel mondo del lavoro, ma quale lavoro? Un lavoro che avrebbe odiato e che avrebbe dovuto fare per il resto della sua vita. Lei aveva sempre voluto fare il liceo artistico, amava disegnare, amava usare la colla, la carta, i colori e tutti gli altri materiali; faceva sempre dei gran pasticci, ma lei amava i suoi pasticci. Quella scuola invece era buia e fredda, aveva tutte le pareti grigie e i banchi bianchi, non uno schizzo di colore, non un accenno di allegria. E i suoi compagni di classe poi, si comportavano tutti come fossero dei piccoli genietti destinati a fare chissà che. Non sopportava quasi nessuno di loro.
 
Esperia richiuse con attenzione la copertina del grosso libro che aveva appena finito di leggere. Era seduta sulla poltroncina del suo appartamento. Lei viveva con i suoi genitori ogni tanto, ma loro le avevano comperato un piccolo appartamento nella periferia del paese dove avrebbe potuto trasferirsi non appena finiti gli studi. Esperia amava quella piccola abitazione, non era grande, non era di lusso, ma era sua, solo sua e l’aveva arredata come piaceva a lei, quindi quando poteva andava lì e leggeva in pace, o guardava la TV, ci andava anche per studiare e molte volte ci passava la notte. Ripose il libro sul tavolino di fronte a lei. Dopo essere tornata a casa la ragazza aveva visitato l’appartamento e aveva ritrovato tutti i mobili chiusi nello stanzino e li aveva rimessi al loro posto. Per quanto rigaurdava la finestra, l’aveva coperta con un telo di plastica in attesa che venissero a ripararla.  Si guardò in torno e poi fissò il suo sguardo dove aveva visto per la prima volta apparire il TARDIS. Si alzò e camminò verso quel punto ripercorrendo con la mente tutto quel momento. Si fermò lì e si fece trasportare per un attimo dalla malinconia. Fu riscossa dai suoi pensieri solo quando il campanello suonò. Chi poteva essere? Nessuno veniva mai a trovarla nel suo appartamento, a parte Wren e Sophie, ed infatti se li trovò entrambi sulla porta: - Ciao, che fate qui?-
-Come cosa ci facciamo qui? Volevamo assicurarci che tu stessi bene! I tuoi genitori erano molto in pensiero!!!-
-In pensiero per cosa? Vengo quasi sempre qui al pomeriggio, non vedo cosa ci sia di tanto preoccupante!-
- Esperia!! Da quanto tempo non accendi la televisione?!! E’ tutto il giorno che ne parlano ai telegiornali!-
Sophie era visibilmente nervosa e si fece largo nell’appartamento urtando Esperia con la spalla, mentre lei, rimasta allibita dal suo comportamento, guardava Wren perplessa. Lui fece una faccia come per dire “ non so che le prende, perdonala, è molto agitata.” Alzando le spalle. Esperia si girò e raggiunse l’amica in salotto dove era appena stata accesa la televisione. Sophie aveva in mano il telecomando e stava girando tutti i canali.
Tutte le trasmissioni erano state interrotte e passava una sola ed unica notizia: Stava piovendo oro. Piccole gocce di oro solido, colavano a picco dal cielo, in tutto il mondo. Esperia rimase con la bocca aperta e si lasciò cadere a peso morto sulla poltrona:- Oh-mio-dio-
- Capisci adesso? La gente lì fuori è impazzita! Tutti stanno facendo una corsa a chi prende più oro! Piove solo da un paio d’ore e ci sono già state le prime aggressioni!-
Esperia rimase in silenzio, nella sua mente si stavano schierando uno dopo l’altro tutti gli scenari peggiori che quella pioggia d’oro avrebbe portato: uccisioni interminabili, lotte continue, guerre mondiali. L’avidità dell’uomo era l’arma più letale che poteva essere sfruttata...ma da chi?
 
- Tra poco tempo potrebbe essere rischioso anche solo uscire di casa! I tuoi genitori vogliono che torni subito a da loro!-
Disse Wren proferndo per la prima volta parola da quando era entrato in casa:
-Nemmeno per sogno!- disse Esperia alzandosi dalla poltrona:- Io resto qui!-
-Allora parlaci tu con i tuoi, noi non siamo riusciti a convincerli.-
-Va bene li chiamo subito.-
Andò in cucina e prese il telefono, compose il numero e fece squillare. Quando le risposero iniziò una furiosa discussione tra Esperia e sua madre che, testarde allo stesso modo, non volevano mollare la presa. Alla fine esasperata, la ragazza concluse la chiamata chiudendo la cornetta in faccia alla povera donna che si rassegnò ad avere una figlia con la testa di coccio.
Esperia tornò in salotto:- Sophie io esco, Wren non provare a seguirmi.-
- E-e dove devi andare?! Si può sapere che hai in quella testa dura? Fuori c’è un’ondata di persone pronte ad uccidere chiunque provi a mettere le mani su quell’oro e tu vai a farti una passeggiata!- le urlò dietro Wren
-Sì, è esatto.- disse Esperia infilandosi un paio di converse e un cappotto nero corto.
Uscì dalla stanza e prima di chiudere la porta lanciò uno sguardo speranzoso a Sophie che non la deluse e le rispose con un sorriso. Lei si fidava di Esperia e sapeva che non avrebbe mai fatto una cosa così stupida senza un valido motivo, per cui la lasciò andare, convinta che stesse facendo la scelta giusta; non fece domande, non le chiese perché o per chi, semplicemente la lasciò andare, dandole completa fiducia. Esperia le fu molto grata per questo e prima di correre via si rivolse di nuovo a Wren: - Proteggi Sophie, fa che non le accada nulla, e proteggi anche te stesso, non uscite da qui fin che non sarò tornata, ecco tieni- e gli lanciò le chiavi di casa, poi chiuse la porta e si mise a correre. Solo  una volta in strada si rese conto che in realtà, non sapeva dove andare e non sapeva nemmeno con quale coraggio fosse uscita di casa, con tutto il caos che c’era fuori. Non era una ragazza coraggiosa, non lo era mai stata, intraprendente forse, ma non coraggiosa. Realizzò poi che l’unico motivo per cui si stava mettendo in pericolo era la speranza. La speranza di rivedere il Dottore. Se c’era qualcosa di alieno sotto, ma anche se fosse una cosa del tutto umana, confidava che il Dottore sarebbe intervenuto. Non lo conosceva da molto, ma sapeva con certezza assoluta che era gentile oltre ogni limite, e compassionevole, e soprattutto le cose pericolose lo divertivano un sacco.
Smise di correre e riprese fiato, sentiva le gocce d’ oro cadere come grossi chicchi di grandine sul suo corpo, dovevano essere vuoti all’interno perchè non erano tanto pesanti, altrimenti avrebbero fatto molto più male. La ragazza alzò gli occhi al cielo coprendosi con una mano dalle gocce che gli arrivavano in faccia. Il cielo non era più azzurro, e il sole era coperto da delle nubi, delle nubi dorate. Ovunque si girasse il cielo era d’oro, una distesa interminabile di quelle nubi. Esperia si mise al riparo sotto una tettoia e cercò di riflettere. Se c’era una remota speranza che il Dottore accorresse in aiuto della terra, dove avrebbe potuto incontrarlo?
Si trovava in una stradina secondaria quasi deserta, quando all’improvviso udì delle voci maschili provenire da dietro di lei. Istintivamente cercò di nascondersi, uscì da sotto la tettoia e si mise dietro ad alcuni bidoni che erano lì vicino. Sentì i passi degli uomini che si avvicinavano sempre di più a lei, dovevano essere in due. Chiuse gli occhi sperando che chiunque fossero non l’avrebbero aggredita, in fondo non aveva raccolto nessuna goccia d’oro e non aveva alcun interesse nel farlo. Gli uomini stavano venendo nella sua direzione, l’avrebbero vista di sicuro, e così fu:- Eih signorina che fai lì dietro? Eh?! Esci subito! Sei una ladra vero?! Piccola schifosa alzati in piedi forza!-
Ladra?! Perché le avrebbero dato della ladra? Era solo spaventata, e si era nascosta. Fece come gli era stato ordinato e si alzò in piedi, si accorse solo in quel momento dell’enorme errore che aveva commesso: i bidoni dietro i quali si era nascosta erano stati messi lì per raccogliere le gocce d’oro che ora traboccavano dal recipiente:- No sentite, lo giuro non ho rubato niente, e non era mia intenzione farlo, vi prego dovete credermi.- così dicendo alzò il volto verso i due uomini. Uno dei due era notevolmente alto, con la pelle scura e teneva in mano un coltello, mentre l’altro masticava rumorosamente una cicca e la guardava minaccioso:- Vieni subito qui.- disse quest’ultimo prendendola bruscamente per un braccio e trascinandola fuori da dietro i bidoni. Esperia provò nuovamente a parlare ma non ne ebbe tempo perché l’uomo le tirò un forte schiaffo, che le incendiò la guancia. Esperia con la mano libera si tastò la faccia e la sentì subito gonfia. Cercò di divincolarsi dalla presa dell’ uomo ma questo lo fece arrabbiare ancora di più e quindi le tirò un altro schiaffo, ancora più forte del precedente che la fece quasi piangere. Lei si mostrò forte e chiese nuovamente di essere liberata, poiché non aveva fatto niente. L’uomo col coltello scoppiò a ridere:- Razza di ingenua, pensi che te la caverai così?- e si avvicinò a lei tirando su il coltello. La lama era estremamente vicina al viso della ragazza. Lei andò in panico, il suo cuore prese ad accelerare e il suo respiro si fece affannato. Questo divertì molto l’uomo che le disse:- Hai paura piccola?- e con un movimento veloce ma deciso le inflisse un profondo taglio sulla guancia che l’altro delinquente le aveva colpito. Esperia sentì un forte dolore e subito dopo avvertì il calore del sangue che le colava sul viso. L’uomo che la teneva per il braccio strinse la presa e poi la spinse violentemente a terra. Esperia cadde su una distesa di gocce dorate e la continua pioggia non l’aiutava di certo. Tirò su la schiena ma l’uomo le mise un piede alla gola e la costrinse a stare giù, mentre l'altro con il coltello le aveva aperto il cappotto e ora le stava procurando altri profondi tagli sulle braccia, Esperia gemeva di dolore ogni volta che la lama le passava violenta sulla pelle e le lacrime iniziarono a rigarle il viso, cosa che motivò ancora di più gli aggressori. L’uomo che la teneva a terra aumentò la pressione sulla sua gola e la ragazza iniziò a respirare a fatica. Dopo di che quello con il coltello lo allontanò ed insieme la sollevarono e la spinsero contro un muro. Esperia  aveva sempre più paura, se non avesse fatto qualcosa sarebbe morta. Guardò dietro di se con la coda dell’occhio e vide un alto palazzo la cui porta era aperta. Uno dei due stava pulendo il coltello dal suo sangue mentre l’altro la teneva braccata con un braccio sul collo.  Esperia raccolse tutte le sue forze e approfittò del momento. Tirò una forte ginocchiata in mezzo alle gambe dell’uomo che la stava bloccando e appena fu libera si mise a correre. Entrò nel palazzo e inizio a salire le scale urlando e chiedendo aiuto. Bussava a tutte le porte e poi continuava a correre. L’uomo con la pelle scura era entrato nel palazzo e ora la stava inseguendo. Esperia continuò a correre  su per le scale cercando di non cedere al dolore che la stava invadendo. Gridava più forte che poteva, ma nessuno le aprì la porta. Arrivò all’ultimo piano e si trovò in trappola. L’unica via d’uscita era una porta che portava su una terrazza. Sapeva che non le avrebbe portato nulla di buono ma che scelta aveva?! Aprì la porta e uscì allo scoperto. La pioggia era cessata, ma non era un buon segno. Molto presto l’uomo la raggiunse e si avvicinò a lei lentamente , tenendo alto il coltello:- Sei in trappola, bimba, che cosa vuoi fare?-
Esperia non aveva via di scampo, non ragionava più, per ogni passo che l’uomo faceva verso di lei, ne faceva uno verso la fine della terrazza. Le lacrime continuavano a scendere tiepide e salate sulle sue guance e i profondi tagli che le erano stati inflitti, colpiti dal vento gelido, la facevano gemere dal dolore. L’uomo ridacchiò quando Esperia fu sul bordo del balcone. Guardò giù, saranno stati almeno 6 piani, se si fosse buttata sarebbe morta, ma sarebbe morta anche se si fosse lasciata prendere dall’uomo. Il suo pianto si fece più energico ma smise di gemere. Era chinata in avanti per il dolore e chiuse gli occhi. Il vento passava veloce sul suo viso e le faceva svolazzare i capelli che le finirono negli occhi e in bocca. Non aveva scelta, sarebbe morta,ma non voleva morire per mano di un essere umano, quindi si tirò su, si tolse i capelli dal viso e allargo le braccia. L’uomo di fronte a lei rise di gusto, alla vista di quella disperazione. Esperia richiuse gli occhi e fece un respiro profondo. Si lasciò andare, distese tutti i muscoli e per un attimo tutto il dolore le scivolò via di dosso. Si sentì cadere lentamente, e in pochi secondi scivolò nel vuoto. Quella sensazione, quel brivido alla schiena, quel vuoto allo stomaco, li aveva gia provati, quando era caduta nella piramide. Pensò al Dottore in quel momento, al suo sorriso luminoso che avrebbe fatto allegria a chiunque, e infatti Esperia sorrise, mentre cadeva nel vuoto, mentre l’oscurità l’avvolgeva, lei sorrise.
 Addio.






 Cucù! Salve a tutti! Visto? Oggi mi sono dedicata solamente a questa storia! Il prossimo capitolo uscira prestissimissimo ve lo prometto! Come sempre vi ringrazio moltissimo per aver letto la mia storia, e ovviamente aspetto sempre le vostre recensioni e i vostri commenti,  sia positivi che negativi! 

State diventando davvero tanti, spero solo di non deludervi! Vi ringrazio un sacco ancora, ciao baciii <3
 

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Capitolo 9
*** I gave my life to save yours. ***


Capitolo 9:

 " I gave my life, to save yours"
 
Il corpo della ragazza era immobile,senza forze posato su una morbida superficie. Il suo respiro era irregolare e il suo cuore batteva debolmente. Ogni traccia di colore aveva abbandonato il suo viso; la caduta le aveva provocato un forte trauma celebrale, la maggior parte delle costole erano incrinate e il femore destro era fratturato. Esperia era incosciente, immersa in un coma profondo. Non le restava molto tempo da vivere, un impatto con l’asfalto da quell’ altezza  non lasciava molte speranze, era gia tanto che fosse sopravvissuta. I tagli che aveva sul viso e sulle braccia erano stati ripuliti e curati. Una mano le sfiorò il viso freddo, spostando una ciocca di capelli color rame che le era caduta sugli occhi. Quel tocco delicato si spostò sul suo collo e arrivò fino al ciondolo che le era stato regalato dal Dottore. L’uomo dai capelli spettinati si chinò sul suo viso e le diede un bacio sulla fronte poi vi poggiò delicatamente la sua e rimase lì fermo. Le palpebre nascondevano gli occhi color nocciola ormai lucidi. Il Dottore  sussurrò qualcosa all’orecchio di lei: - Ti prego resisti, so che puoi farcela, tu sei fantastica, ce la farai vedrai. Perdonami Esperia, perdonami se non sono riuscito ad arrivare in tempo, scusa se non sono riuscito a salvarti, ma ti prometto che non sbaglierò mai più, nessuno potrà mai più farti del male, ti prego…-
I suoi occhi erano ancora chiusi  e combattevano per trattenere le lacrime. Strinse i denti e chiuse i pugni con rabbia. Si alzò dal letto sul quale giaceva Esperia, quasi senza vita. Il suo polso era sempre più debole, e respirare era sempre più difficile per lei. Il Dottore le tornò accanto e le prese la mano, inginocchiandosi al bordo del letto “ti prego” pensò, stringendo forte la sua mano nella speranza che potesse riprendere a emanare calore, nella speranza che il suo volto potesse tornare ad essere luminoso e sorridente. La guardò profondamente, avrebbe dato la sua vita per rivedere quei suoi occhi così verdi e profondi, ed infatti, quando il cuore iniziava ad arrancare e il respiro si stava fermando il Dottore posò entrambi le mani su quella di lei e chiuse gli occhi. Quel contatto iniziò a sprigionare una luce dorata e una forte energia. Il flusso partiva dalle mani del Dottore e penetrava la pelle di Esperia. La luce invase prima il suo braccio e poi tutto il resto del corpo. Il Dottore strinse le  labbra e corrugò la fronte. Dopo una decina di secondi lasciò la presa di scatto e si accasciò a terra, contro il muro, esausto. Non molto tempo dopo si girò verso la ragazza e vide la sua mano muoversi. Subito si mise in piedi e si sedette di fianco a lei pronta ad accoglierla con quel suo sorriso, che Esperia tanto amava. La ragazza aprì lentamente gli occhi, ma la forte luce la infastidiva quindi si coprì con un braccio, mentre con l’altro cercava di tirarsi su, inutilmente. Notò subito che i tagli sulle sue braccia erano spariti e si passò una mano sul viso per scoprire che la sua pelle era perfettamente liscia. Si sentiva piena di energia, aveva voglia di correre di muoversi di saltare, aveva qualcosa dentro che le si agitava nei polmoni, nel cuore nello stomaco, un calore che partiva dalla punta dei piedi e arrivava fino ai capelli spettinati. Aprì gli occhi di nuovo, in quella posizione la luce non le dava fastidio perché era coperta da una sagoma che non riuscì subito a mettere a fuoco. Strizzò forte gli occhi e li riaprì. La prima cosa che vide fu una massa di capelli castani arruffati e poi i suoi occhi furono catturati da quelli del Dottore che ancora la guardava intensamente. Quella sensazione che aveva dentro si fece più forte non appena lo riconobbe e un branco di farfalle iniziò una migrazione verso il suo stomaco: era lui, era davvero lui, non era morta, ne era sicura, si sentiva troppo viva. Esperia rimase in silenzio, avrebbe voluto aprire bocca ed esplodere in un vortice infinito di pensieri che voleva esprimere, voleva alzarsi e stritolarlo tra quelle sue braccia così impazienti di sfogare la loro energia, ma restò in silenzio cercando di selezionare attentamente le parole adatte. Non fu una scelta molto originale: -Eih- disse rimanendo seria, cercando di trattenere tutta quella forza che stava rimbalzando dentro di lei:- Eih- disse il Dottore stando al suo gioco. Anche lui aveva voglia di stringerla forte, di dirle quanto le dispiaceva, di fargli capire che non l’avrebbe mai più lasciata sola o in pericolo. Si guardarono a lungo, le mani del Dottore pizzicavano, e da un momento all’altro avrebbero assalito Esperia, che per suo conto non riusciva più a trattenersi. Alla fine esplosero insieme, ma Esperia fu più veloce e mentre entrambi scoppiarono in una fragorosa risata, si avventò sul suo collo trascinandolo con se sul letto. Si strinsero l’uno all’altra con tanta foga da rotolare giù dal letto e finire sul pavimento freddo, ma questo non li fermò e continuarono ad abbracciarsi ridendo: Mi sei mancato Dottore..- le sussurrò lei all’orecchio:- Anche tu.-  il Dottore la tirò a sé e l’avvolse completamente tra le sue braccia. Esperia mise la testa sul suo petto e riuscì a sentire il battito del suo cuore…anzi dei suoi cuori. Si rialzò all’improvviso:- Uououo!! Time out, che succede?! Cos’era quello?!-
- Quello cosa?-
-Quello!! Quel rumore! Che hai nel petto?!-
Era in piedi drittissima e sembrava una molla pronta a scattare. Aveva le braccia protese in avanti e poi con un altro improvviso movimento le rimise giù e torno a posare l’orecchio sul petto del Dottore:- Ah! Quello! Sono solo i miei due cuori, ma non te l’avevo già detto?!-
-No! O forse sì e non me lo ricordo, o più plausibilmente non ti stavo ascoltando.- parlava velocemente, sembrava una macchinetta, forzò un sorriso per un secondo e poi tornò seria:- Hai due cuori, interessante, su forza andiamo Dottore che stiamo aspettando?!-
Lui la guardava sconcertato mentre usciva a passo spedito dalla camera e si dirigeva verso l’uscita del TARDIS. Rimase imbambolato qualche secondo e poi la inseguì correndo. Non appena fu dietro di lei le chiese:- Eih aspetta un secondo! Dove stai andando?!- Lei continuò a camminare con quella andatura:- Non l’hai ancora capito?! Esco di qui dobbiamo risolvere un problema!- si fermò di colpo e per poco il Dottore non le cadde addosso. Esperia alzò un dito e poi si girò e lo puntò su di lui in tono accusatore:- Aspetta un attimo!- iniziò a fare dei passetti in avanti e il Dottore fu costretto a indietreggiato, in quel momento la ragazza lo spaventava:- Che ci faccio qui?! Io dovevo essere morta! Perché sono qui?!-
- Beh sei caduta e io ti ho presa e portata sul TARDIS.-
-Quindi mi hai savato la vita?- disse lei senza smettere di puntargli il dito contro:- …Si- rispose il Dottore intimorito. L’espressione seria della ragazza si dissolse e si trasformò in uno splendido sorriso. Esperia saltò di nuovo addosso al Dottore:- Che pensiero carino, grazie!!- il Dottore non si mosse, e non ricambiò l’abbraccio, ancora troppo spiazzato da quel comportamento. Ancora una volta Esperia fece uno scatto e tornò a guardare male il Dottore:-Eih un secondo! Hai detto che sono caduta, quindi come posso essere viva?-
- Beh , ho usato un po’ della mia energia rigenerativa, ma missà che non è stata tanto una buona idea- disse guardando dall’alto in basso la ragazza che si comportava come presa da un attacco di iperattività. Esperia in quel momento sentì l’energia che l’aveva invasa per tutto quel tempo scivolare via dal suo corpo, lentamente tutti i pensieri che si stavano accavallando uno sopra l’altro smisero di tormentarla e quella voglia di muoversi e parlare l’abbandonò. La ragazza si sentì mancare per un secondo e dovette aggrapparsi al corrimano lì di fianco per non cadere. Il Dottore capì quello che stava succedendo e subito si avvicinò a lei per sorreggerla:- Tutto bene?-
-Si credo dì si, ho solo un po’ di…ohh la mia testa- disse premendosi le tempie con la mano mentre il Dottore le afferrava un fianco e si avvolgeva il suo braccio attorno al collo:-Vieni qui, devi sederti- disse accompagnandola a sedersi su un gradino:- Energia rigenerativa? Che roba è?- disse lei picchiettandosi la resta con il palmo-: Noi signori del tempo non moriamo, ci rigeneriamo, quando stiamo per morire cambiamo aspetto , diventiamo un’altra persona, ma sopravviviamo.-
-Puoi farlo all’infinito?-
-Beh non proprio.-
-Allora perché hai sprecato dell’energia su di me?-
I loro sguardi si incontrarono e Esperia rimase in attesa di una risposta che il Dottore non seppe dargli. Così cambiò argomento:- Come hai fatto a sapere che ero in pericolo? E come hai fatto a trovarmi?-
Il Dottore alzò un angolo della bocca in un sorrisetto compiaciuto. Allungò la mano verso di lei e afferrò il ciondolo che le aveva regalato:- Un gioiello bellissimo, ma anche molto utile non trovi?-
- Quindi mi hai tenuto d’occhio a distanza?! Per tutto questo tempo?-
Il Dottore gongolò compiaciuto di sé stesso. Esperia gli diede una leggera spinta con la mano e rise:- E cosa hai fatto in queste ultime due settimane?-
-Beh ecco… sai il tempo è molto relativo, per te sono passate sole due settimane ma per me ecco… credo… un paio di mesi..-
Esperia strabuzzò gli occhi:- Due mesi?!- Esperia fu assalita da una preoccupazione: e se avesse trovato un’altra ragazza? Una nuova compagna con cui viaggiare?
Senza rendersene conto si guardò in torno, alla ricerca di qualche altra figura, umana o non. Il Dottore percepì la sua preoccupazione:- Si ma sono stati parecchio noiosi… non ho fatto nulla di speciale, sai solite cose.- Esperia non si tranquillizzò un gran che ma smise comunque di guardarsi in giro. Si era quasi dimenticata di quello che era successo sulla terra nelle ultime ore e che i suoi migliori amici e i suoi genitori potevano essere in pericolo:-Dottore tu sai cosa ha provocato la pioggia d’oro?-
- No ma chiunque sia stato, non ha buone intenzioni…-
-Chiunque?! Vuoi dire che qualcuno sta cercando di mettere gli esseri umani gli uni contro gli altri?-
- Si è esatto, vuole che vi sterminiate a vicenda, in modo da sgombrare il pianeta.- disse il Dottore  illuminandosi:- Ma chi vorrebbe un pianeta privo di vita?!- chiese la ragazza alzandosi e seguendo il Dottore che si stava dirigendo alla console:-Non lo so…- disse guardando il piccolo schermo luminoso davanti a lui poi si voltò verso Esperia e la prese per mano: -C’è solo un modo per scoprirlo!- disse sfoggiando il suo sorriso brillante. Il Dottore afferrò al volo il suo trench ed insieme si diressero fuori dal TARDIS.






Buondì miei cari :3
Allora mi è stato fatto notare da fonti attendibili che i miei capitoli sono un po' troppo lunghi e che possono risultare pesanti. Quindi ovviamente provvederò d'ora in poi a tagliarli. In realtà per adesso devo andare un po' veloce per motivi che scoprirete presto, quindi farò il possibile ma potrebbero comunque risultare un po' lunghetti, mi dispiace. Ma ci farò attenzione. Grazie mille ancora sempre e comunque a quelli che  stanno seguendo la mia storia e prometto di pubblicare entro mercoledì prossimo il nuovo capitolo. Saluti a tutti e buona domenica <3

 

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Capitolo 10
*** Fear is our ally, it allow us to don’t understimate who whe have in front. And you, you are not afraid ***


Capitolo 10:
 
 “Fear is our ally, it allow us to don’t understimate who whe have in front. And you... you are not afraid.”
 
La città era già in degrado. Ovunque si posasse lo sguardo c’erano nuvole di fumo che inquinavano l’aria e si sentiva gente che urlava e persone che scappavano a nascondersi con sacchi pieni d’oro in mano:- Da dove si comincia?-
-Prima di tutto dobbiamo analizzare un campione di quell’oro quindi…- rispose il Dottore chinandosi a raccogliere una goccia d’oro da terra e puntandoci contro il cacciavite sonico. Dalla faccia che fece il Dottore non sembrò un esito tanto positivo, e ad Esperia questo non piacque molto:-Dottore va tutto bene?-
Il Dottore non rispose, si limitò a girarsi e a guardare la ragazza dritta nelle iridi verde smeraldo:- Esperia ora devi ascoltarmi bene, se ho ragione, e io ho sempre ragione, potrebbe essere davvero molto pericoloso, e io non lascerò che ti facciano ancora del male, devi restare qui, il TARDIS ti proteggerà.-
- No Dottore, non puoi lasciarmi qui, mentre tu sei la fuori in balia di ogni tipo di pericolo-
-So badare a me stesso. Tornerò a prenderti te lo prometto.-
-No Dottore! Non puoi farlo!!!- gridò lei mentre il Dottore la sollevava di peso e la spingeva nel TARDIS. Esperia si dimenava cercando di impedirgli di abbandonarla così, ma lui era più veloce e più forte e la trascino fino alla console, le stampò un bacio sulla fronte e poi corse via. Esperia, che era stata messa a terra, si rialzò e provò ad inseguirlo ma questo uscì e chiuse la porta a chiave dietro di sé. La ragazza arrivò alla porta quando ormai non poteva più uscire e iniziò a tirare calci e pugni e a gridare:- E’ meglio per te se torni vivo così posso strozzarti io con le mie mani!!!- gli gridò dietro:- Tranquilla mia dolce Esperia, non tarderò!- disse lui ironico avviandosi per la sua strada con le mani in tasca:- Cazzo!- disse  Esperia infuriata come mai, dirigendosi alla console:- Ci sarà pure una leva o qualcosa di simile per aprire la porta, in mezzo a questo casino!-
La rabbia  si era impossessata di lei, odiava quando le persone la trattavano così, come se fosse una bambina indifesa che non sapeva badare a se stessa, e adesso anche il Dottor, l’uomo più straordinario dell’universo, la riteneva incapace di difendersi e inutile. Avrebbe potuto aiutarlo, ne era sicura, poteva essere utile, ma lui non gli dava possibilità di riscattarsi, come tutti d’altronde. Esaminò tutti i pulsanti e tirò tutte le leve ma il TARDIS non ne voleva sapere di muoversi. Esperia alla fine diede un calcio alla console e si lasciò cadere sui gradini della scala, cercando di ritrovare un po’ di autocontrollo. Mentre pensava ad un modo per uscire di lì ne approfittò per girovagare per il TARDIS.
 
Il Dottore era riuscito a rintracciare il segnale di provenienza della pioggia, e aveva confermato le sue teorie. Una flotta di navi spaziali Zabax aveva assediato la terra e ora la circondava. Il pianeta degli Zabax aveva enormi riserve d’ oro e quindi non era stato un problema per loro trovare un modo per far salire a galla il lato avido ed egoista degli esseri umani. Il Dottore era riuscito, con il suo cacciavite sonico, a trasmettere un segnale agli Zabax che una volta riconosciuta la provenienza di questo segnale, hanno teletrasportato il Dottore nell’astronave madre. Adesso si trovava in un lungo corridoio bianco e freddo affiancato da due robot che lo stavano scortando alla sala di comando. Le due macchine che lo affiancavano erano alte quanto lui ed erano rivestite da una tuta in tinta con le pareti del corridoio. Non portavano armi e avevano le sue sembianze. Sulla testa portavano un caso completamente costituito da vetro oscurato, che non lasciava scorgere ciò che vi era al suo interno.
 Il corridoio continuava sempre dritto e si concludeva con una porta metallica che rompeva quel nauseante bianco, che emanava una luce quasi dannosa per la vista. Giunsero alla porta dove erano di guardia altri due di quei robot che li lasciarono passare senza fare domande. L’ambiente al di là della porta non era molto diverso. La stanza era bianca  e totalmente vuota eccetto che per un trono dello stesso colore posto al centro. Sul trono c’era un’ altro di quei robot, vestito, però, con una tuta nera. Era come rannicchiato in posizione fetale, e sembrava che dormisse. Non che la cosa turbasse minimamente il Dottore che attirò l’attenzione su di sè con un marcato colpo di tosse. Lo Zabax sul trono si ridestò bruscamente e si alzò in piedi :- Quante volte ve lo devo dire di non disturbarmi durante il mio sonnellino pomeridiano?!- disse con voce roca l’essere. Una delle guardie fece un passo in avanti e spiegò la situazione:- Mio signore, abbiamo ospiti.-
A quel punto quello che sembrava essere il comandante si voltò e vide il Dottore che lo guardava con le mani in tasca e con aria spazientita:-Dottore!- disse con quella sua voce cupa:-Che ci fai qui, Tiffy?-
Il robot non sembrava gradire essere chiamato così e camminò veloce verso il Dottore con fare minaccioso, ma non sembrò incutergli nessuna paura:-Il mio nome è Tiferius il Terribile!-
Disse gridandogli in faccia, ma il Dottore non curante allungò una mano verso l’essere e premette un bottoncino rosso sulla sua tuta. A quel punto la visiera del casco di vetro si abbassò istantaneamente rivelando ciò che c’era al suo interno: era un mostriciattolo alto forse due spanne con un corpo minuscolo e un enorme testa di forma ovoidale allungata ai lati. Aveva la pelle color verdastro e due grandi occhi vispi. Lo Zabax teneva le labbra strette in una smorfia di disgusto e aveva lo sguardo furioso. A quel punto tutti gli altri Zabax si tolsero il casco in segno di rispetto. Poi il Dottore con tono assente iniziò a girovagare per la stanza:- Che ci fai qui Tiffy?-
La voce dello Zabax si era tramutata in un suono stridulo e acuto, come poteva esserlo quello della voce di un bambino.
- E’ Tiferius, e beh mi sembra ovvio cosa sto facendo, invado un pianeta.-
 - Cosa c’è piccolino, hai distrutto il tuo parco giochi e te ne serve uno nuovo?!- Lo beffeggiò il Dottore cercando chiaramente di irritarlo
- Non scherzare con me Dottore.-
- Tiffy, quanti anni hai ormai? Sei? Sette? Non sei un po’ cresciuto per giocare al piccolo invasore?!-
- Oh, Dottore, questo non è un gioco. Ho radunato un esercito,e adesso stiamo conquistando il nostro nuovo mondo!- Tiffy si fece scappare una risatina maligna:- Un esercito? Vuoi dire i bambini del tuo asilo?! E poi il nuovo mondo di chi?-
- Non capisci Dottore, non è più uno dei miei soliti giochetti, quelli erano dei passatempi. Ma non questa volta, oggi conquisterò davvero il mio primo pianeta, e tutti i bambini di Zabax potranno finalmente essere liberi!-
-Tiffy, tu non ti rendi conto di quello che dici! Stai uccidendo milioni di esseri umani, così li estinguerai!-
-Io, Dottore? Io non ho fatto proprio niente, ho solo dato loro qualche piccolo regalino d’addio, al resto ci pensano da soli. Non li vedi?- disse estraendo un telecomando da una tasca e facendo apparire uno schermo che proiettava delle scene raccapriccianti: uomini che si picchiavano a morte, donne che scappavano, cadaveri per strada, bambini che piangevano:- Hai visto Dottore? Gli esseri umani sono deboli! Il loro equilibrio è fragile, basta una manciata di metallo luccicante per spezzarlo! Ancora non capisco perché ti piacciono tanto, sono così…primitivi!!-
- Tiferius, devi fermarti, non sei più una larva, ascoltami ti prego, questa tua idea non funzionerà mai! I tuoi genitori verranno a saperlo.-
-I miei genitori? Quali genitori? Quei piccoli ingrati che ho appeso ad un albero più di un anno fa? Caro il mio Dottore, adesso sono io padrone di me stesso!-
-Sei un piccolo mostriciatto shifoso! Non la passerai liscia!-
Lo Zabax che fino a quel momento gli aveva dato le spalle schioccò le dita e si volse verso di lui. Due delle guardie si avvicinarono al Dottore e lo afferrarono saldamente senza che lui potesse dire niente:- Dov’è il tuo TARDIS Dottore? Perché non sei salito a bordo con quello?-
Il Dottore alzò lo sguardo e lo fulminò:- Oh capisco, l’hai lasciato a terra, con dentro la tua compagna- disse Tiferius con un sorriso malizioso dipinto in volto:- Tranquillo, ci penserò io alla tua cabina, dille pure addio Dottore-
Lo sguardo fulminante del Dottore si sciolse in uno sguardo allarmato e supplichevole:- Tiffy non farlo, te ne pentirai.-
Disse cercando di essere più convincente possibile, infilandosi discretamente una mano nella tasca. Lo Zabax allargò il suo sorriso:- Ti ho gia detto, che il mio nome e Tiferius.- disse facendo un cenno alle guardie che strinsero la presa sulle braccia del Dottore e rilasciando una forte scarica elettrica che lo fece urlare di dolore. Ormai indifeso si accasciò a terra, ma prima di perdere i sensi attivò il cacciavite sonico da dentro la tasca e lanciò un segnale. Le guardie continuarono a dargli delle forti scariche, e per quanto ci provasse alla fine non riuscì più a opporre resistenza e si lasciò andare. Il suo corpo senza forze fu trascinato in un angolo della stanza e abbandonato li come una carcassa:- A lui penseremo dopo, ora voglio che lanciate una carica esplosiva elettromagnetica sul TARDIS. Dovete distruggerlo. Il resto verrà da sé. Oh e portatemi il mio biberon e dei biscotti, voglio godermi lo spettacolo.- disse Tiffy tornando a sedersi sul suo trono, rivolto allo schermo.






Buongiorno miei cari lettori! Come state? Avete visto che brava? Ho già pubblicato il nuovo capitolo :3Come vi sembra l'idea di questi nuovi nemici? Vi piace? Spero di essere stata abbastanza chiara e di non aver fatto troppa confusione:) Fatemi sapere cosa ve ne pare e vi ringrazio in anticipo. Ho provato ad accorciare un po' il tutto dividendo la storia in due , ma la seconda parte uscirà a brevissimo perchè è gia quasi pronta. Ciao ci vediamo presto mi raccomando fatemi sapere che ne pensate :3^^ baci <3

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Capitolo 11
*** Fear is our ally, it allow us to don’t understimate who whe have in front. And you, you are not afraid- parte 2. ***


Capitolo 11:
"Fear is our ally, it allow us to don’t understimate who whe have in front. And you, you are not afraid"- parte 2.
 
Esperia stava giocherellando con le dita, seduta su un gradino della scala, e intanto canticchiava, cercando di non pensare al Dottore, che per quanto ne sapeva poteva essere vivo ma poteva essere anche morto. Questo pensiero le attraversò la mente per una frazione di secondo, ma bastò per farle salire un brivido lungo la schiena e per farle venire una forte angoscia. Si erano appena ritrovati, e lei avrebbe voluto viaggiare con lui ancora e ancora fino ai confini dell’universo e del tempo stesso. Ma non le importava solo di viaggiare, c’era qualcos’altro, lei voleva lui, voleva il Dottore. Cacciò via subito quel pensiero e scosse la testa in segno di disapprovazione verso sé stessa, come le venivano in mente certe cose? Restava però il fatto che se fosse stato in pericolo non avrebbe potuto aiutarlo, e questo le faceva molta rabbia. Si alzò in piedi e si diresse alla console:- Stupida macchina! Perché non ti muovi?!- disse picchiettando sul cilindro con la mano:- Portami dal Dottore! Forza!! So che puoi farlo! Muoviti! Ora!!-  la colpì ancora con entrambe le mani e ringhiandogli addosso con violenza:- Stupida macchina idiota!!- le tirò un calcio e questa emise uno strano rumore. Le luci che prima erano spente si accesero una per volta e il pavimento sotto i piedi della ragazza iniziò a tremare:- Così sì che andiamo d’accordo! Forza bello, portami dal Dottore!- Esperia indietreggiò e si aggrappò alla sponda, inutilmente. Il TARDIS atterrò poco dopo ed Esperia sbirciò fuori dalla porta per vedere dove si trovava: Riuscì a scorgere solo delle pareti metalliche, non c’era molta luce quindi non potette distinguere nient’altro, anche perché la stanza era totalmente deserta ed isolata, eccetto per alcune casse impilate dietro alla cabina. Uno spiffero di aria gelida entrò nel TARDIS facendo rabbrividire la ragazza che si accorse di essere vestita a sproposito: il suo cappotto era finito chissà dove ed era rimasta con una canottiera scollata, una felpa larga e dei jeans logori. Corse nella cabina armadio del Dottore e si infinlò dei pantaloni neri aderenti e un grosso maglione dello stesso colore, furono le prime cose che trovò. Una volta finito di cambiarsi corse di nuovo alla porta del TARDIS legandosi i capelli in una cipolla fatta male. Sbirciò di nuovo fuori e poi con cautela uscì senza fare rumore. Chiuse la porta dietro di sé. Non riusciva ancora a vedere nulla a causa dell’oscurità della stanza ma facendo qualche passo all’indietro inciampò in qualcosa cadendo bruscamente a terra con un tonfo sordo. Picchiò la testa contro uno spigolo e per poco non perse i sensi; si mise una mano sulla bocca e si morse il labbro per cercare di non emettere alcun suono nonostante il dolore alla testa che sembrava essersi convinta di essere una trottola e continuava a girarle ininterrottamente.  Quando il dolore si fu placato riaprì gli occhi:ci vedeva doppio, ma provò comunque ad alzarsi aiutandosi con le braccia. L’oggetto in cui era inciampata era una cassa di legno e dietro di lei ce ne erano molte altre. Avevano l’aspetto di essere molto solide ed infatti Esperia dovette tirarle molti calci prima di scalfirla. Insiste ancora un po’ ed infine aprì una fessura tra le assi. Da quel buco iniziarono a fuoriuscire ondate di gocce d’oro ed Esperia fece un passo indietro per evitare quel flusso. Non pensò nemmeno che avrebbe potuto raccoglierle, semplicemente capì che era nel posto giusto, ma anche il Dottore era lì? non poteva esserne sicura ma ormai lei c’era e non sarebbe rimasta chiusa nel TARDIS con le mani in mano. Si diresse quindi verso una porta sul fondo della stanza. Era una porta di metallo e fece molta fatica per aprirla, ma essendo molto magra le bastò una stretta fessura per poter scivolare fuori. Al di là della porta sembrava di essere su un altro mondo: le pareti erano bianchissime e strette ed emanavano una luce accecante. Si trovava nel mezzo di un corridoio di cui non vedeva la fine, forse perché in realtà curvava poco più in la, ma quel bianco la confondeva. Iniziò a camminare seguendo il percorso del corridoio, per una decina di minuti. Teneva le mani rigide in avanti per evitare di sbattere contro un muro, nel caso non si fosse accorta di una possibile curva, e in effetti questa tecnica le fu molto utile. Esperia camminava velocemente ma non sapeva dove stessa andando, perché le capitava coì spesso di non saper dove andare? Forse perché era molto impulsiva, e infatti fu così che impulsivamente, si stufò di camminare e fece una cosa molto stupida. Aveva trovato un’altra porta metallica, molto simile a quella dalla quale era uscita. Con tutta la forza che aveva si mise a percuoterla con calci e pugni creando un gran rumore, che rimbalzò sulle pareti del corridoio infinito e si diffuse fin dove poteva. Esperia sperava di attirare l’attenzione di qualcuno o di qualcosa, ed infatti non molto dopo sentì dei passi provenire dalla sua sinistra. Non si mosse, non scappò, aspettò che dei robot molto alti vestiti di bianco la raggiungessero e si lasciò portare via. Si rese subito conto di che pessima idea fosse stata, ma dopotutto loro non potevano sapere che lei fosse…oppure sì?
Mentre le guardie la scortavano pensava ad elaborare un piano per liberarsi. Il tempo non le bastò sfortunatamente. Raggiunsero presto un’altra porta, più grande di quelle che aveva visto in precedenza, era protetta da due file di guardie armate che non appena videro due dei loro simili avvicinarsi si spostarono e aprirono la porta. Era una stanza estremamente buia ma al loro passaggio si accesero delle luci molto flebili. Esperia intravide delle porte secondarie, molto piccole ma dall’aspetto solido. Una delle due guardie che la scortava la afferrò per tutte due le braccia tenendola immobile mentre l’altra apriva una delle celle. Esperia fu scaraventata in quell’abiente gelido e raccapricciante. Lo stanzino era spoglio e freddo, le pareti erano grigie, non c’era nessuna finestra, eppure la luce filtrava da qualche ed illuminava abbastanza perché si potesse vedere l’assoluto nulla che governava lì dentro. La porta fu richiusa ed Esperia intrappolata:- Eoh no aspettate! Dovete portarmi dal vosto capo! Voglio parlare con il vostro comandante!-
- Richiesta respinta prigioniero 1106, il capitano non è al momento disponibile a ricevere visite.-
Rispose una voce robotica da dietro la porta.
Esperia imprecò a bassa voce e poi si lasciò cadere sul pavimento, con le ginocchia unite e i piedi rivolti verso l’interno. Nascose la faccia fra le mani e sospirò “ Ma che mi è saltato in mente? Avrei dovuto restare nel TARDIS, come mi aveva detto il Dottore. Chissà lui dov’è adesso, probabilmente non lo rivedrò mai più.”
Il solo pensiero di non poterlo più rivedere le faceva crollare il mondo addosso. Sentì un gelo penetrarle il petto e la paura scivolargli addosso, come una coperta che non tiene caldo e che non conforta. Quando la malinconia stava per catturarla lei la precedette e trasformò la sua tristezza e la sua frustrazione in rabbia, come era solita fare. Adesso un fuoco di ira le bruciava dentro, e per sfogarsi tirò un pugno alla parete dov’era appoggiata, facendosi male. Si infuriò ancora di più e si mise a gridare battendo le mani sulla porta:- Fanculo! Maledetti!-
A quel punto iniziarono a balzargli in mente tutti i pensieri tristi che aveva represso, e ogni pensiero si trasformava in rabbia, e poi diventarono lacrime. Perché stava piangendo?! Lei odiava piangere, odiava essere vulnerabile. E poi per cosa? Perché le importava tanto di quell’uomo, anzi di quell’alieno?! Stava piangendo, le lacrime le passavano sul volto come lava bollente e più piangeva e più si arrabbiava. Il suo cuore le tamburellava violento nel petto, quasi volesse uscire. La ragazza si passò le mani nei capelli e li afferrò con fermezza. Nascose la testa tra le ginocchia e rimase in silenzio.
 
Toc toc
 
Esperia alzò gli occhi e si guardò in torno.
 
Toc toc
 
Guardò verso la parete
 
Toc toc toc
 
Ci appggiò sopra l’orecchio e picchiettò a sua volta toc toc toc toc
:-Yhuhuu- si sentì sussurrare dalla parte opposta. Esperia non riconobbe subito la voce del Dottore:- Chi sei?-
- Esperia!! Sei tu?-
A quel puntò realizzò chi c’era dall’altra parte del muro:- Dottore!! Oh mio dio!! Dottore, sei tu sei proprio tu!- disse lei asciugandosi le lacrime e lasciando indietro le brutte sensazioni che la perseguitavano:
- Che ci fai qui?! Il TARDIS avrebbe dovuto portarti al sicuro!! Come hai fatto ad arrivare qui?-
- Beh… gli ho solo chiesto gentilmente di portarmi da te.-
- Che?! cosa?! Sei riuscita a parlare con il TARDIS?!-
-A quanto pare…-
-E’ incredibile! Ora non esegue nemmeno più i miei ordini!-
-Che ordini?!-
- Gli ho mandato un segnale con il cacciavite sonico, avevo impostato delle coordinate a distanza, figuarati, adesso obbedisce più a te che a me. Che storia.-
- Non è il momento di offendersi Dottore! Come usciamo da qui?-
-Ah si giusto, giusto, dammi solo un secondo.-
Dalla parte di Esperia si senti un rumore, come un ronzio e poi un forte clack:- Che è successo?- chiese la ragazza sempre tenendo l’orecchio ben teso sulla parete:- Ho aperto la porta!-
-Come hai aperto la porta?! Se potevi aprirla che ci fai ancora qui?!!-
-Se adesso esco mi cattureranno di sicuro, Esperia adesso devi ascoltarmi attentamente, ho bisogno del tuo aiuto-
Quelle parole risuonarono nelle orecchie della ragazza, aveva bisogno di lei. Lui il Dottore, lo specialissimo Signore del Tempo, aveva bisogno di lei, la semplice ragazza umana. Rimase in ascoltò e lui proseguì:-Anche se riuscissi a fermare gli Zabax, il danno sulla terra è fatto, ed è irreversibile, a meno che il problema non sia risolto ancora prima di esistere.-
-Vuoi dire, tornare indietro nel tempo e fermarli prima che inizino l’attacco?-
disse lei senza porre domande su chi o cosa fossero gli Zabax o su cosa volessero fare:- Sei sveglia ragazza- disse il Dottore con un sorriso che Esperia riuscì a figurare nella sua mente:
-Beh e perché ti serve il mio aiuto?-
- Come ho già detto, se esco di qua adesso, le guarde mi inseguiranno e mi prenderanno, il che sarebbe stato assolutamente inutile prima di ora, ma adesso, potrei concederti qualche minuto di vantaggio e tu potrai correre al TARDIS-
-No! Non se ne parla nemmeno! E poi io non lo so guidare il TARDIS! Troveremo un’altra soluzione! Potrei scappare io mentre tu torni al TARDIS.-
-Esperia no. Potrebbe essere pericoloso per te, mentre a me non torceranno un capello te lo assicuro. Il TARDIS ti ha già ascoltato una volta, vedrai che lo farà di nuovo.-
-Come fai ad esserne sicuro?-
-Ti fidi di me?-
Esperi rimase spiazzata da quella domanda, certo che si fidava di lui!, ma non poteva lasciarlo andare. Non poteva nemmeno mentirgli però, gli bastava solo il pensiero di quei suoi occhi color nocciola che le scivolavano nell’anima per togliergli la forza di mentirgli:- Si-
-Allora fai come ti dico. Me lo prometti?-
-Sì.-
-Okay, aspetta qualche secondo da quando esco e poi corri al TARDIS. Non ti fermare, non guardarti indietro. Corri.-
-Esperià annuì a sé stessa:- E poi cosa devo fare?-
- Il TARDIS sa dove deve portarti, cerca uno Zabax di nome Tiferius, e persuasilo a non fare ciò che ha fatto.-
-Come?-
-Non lo so, in qualche modo. Hai presente il mio cacciavite sonico?- Esperia non fece in tempo a rispondere che udì un altro clack provenire però dalla sua porta. Questa si aprì velocemente e da dietro spuntò il Dottore. Aveva i suoi soliti capelli spettinati e il completo marrone a righe con il quale era partito. Aveva un’espressione seria e guardava Esperia come solo lui sapeva guardarla. Esperia rimase immobile, intrappolata in quello sguardo, intrappolata dall’energia che quell’uomo sprigionava, e dalle sensazioni che anche solo la vista delle sue iridi scure riusciva a sprigionare dentro di lei:- Punta e pensa.- disse il Dottore lanciandole il cacciavite sonico.Si soffermò una frazione di secondo a guardarla. Sapeva di averle mentito quando le aveva detto che gli Zabax non l’avrebbero toccato. Sarebbe stato pericoloso anche per lui, ma non avrebbe messo ancora in pericolo la vita di Esperia. Si fidava di lei, sapeva che sarebbe riuscita a fermare Tiffy e che qualsiasi cosa fosse successa a lui sarebbe stata annullata. Guardò il suo volto serio, fermo su di lui. Ogni volta che i loro occhi si incontravano sentiva un brivido salire sulla sua schiena. Non sapeva cosa le aveva fatto quella dolce e bizzarra ragazza, lunatica e divertente, così bella, ma sapeva che non voleva lasciarla andare via da lui mai più, non voleva perderla come aveva perso tutte le altre. Le lanciò un’ultima occhiata mentre lei afferrava il suo cacciavite al volo e con la bocca semi aperta cercava di dirgli qualcosa. Non ebbe tempo per stare ad ascoltarla, se voleva salvare la vita di entrambi doveva correre via, poi sarebbe tornato tutto normale, avrebbe avuto molto tempo per ascoltare le sue parole e i suoi pensieri talvolta contorti. Accostò la porta della sua cella e corse via. Colse di sorpresa le guardie che stavano davanti al portone della prigione e ne spintonò alcune aprendosi una breccia tra le due file, poi scattò verso il corridoio sulla destra. Non appena gli Zabax si resero conto dell’accaduto partirono tutti insieme al suo inseguimento.
 
Esperia aprì lentamente la porta per controllare che non ci fosse più nessuno davanti all’entrata e poi si mise a correre a perdifiato verso la direzione opposta a quello dov’era corso via il Dottore. Da lì potette scorgere appena il suo lungo trench svolazzare colpito dall’aria sferzante. Il corridoio aveva una sola direzione, non poteva sbagliare. Il TARDIS era parcheggiato all’interno della seconda stanza che aveva incontrato all’andata. Corse senza mai fermarsi per un tempo indeterminato: ecco la prima porta. Era a metà strada. Il respiro era già diventato irregolare e il suo battito era accelerato. Aveva un dolore lancinante al fianco ma questo non la fermò. Girò ad un angolo di 90 gradi e vide subito la seconda porta. Accelerò con un ultimo, grande sforzo e raggiunse la porta. La spalancò, usando tutte le forze che le rimanevano e corse verso la cabina blu. Entrò dentro e si diresse verso la console:- Okay, il Dottore dice che puoi sentirmi e che mi ascolterai, quindi patti chiari e amicizia lunga, portami sul pianeta degli Zabax prima che iniziasse l’invasione della terra. –
Rimase in silenzio in attesa di un segno, di un rumore, di qualcosa, ma non successe niente. Nonostante si sentisse parecchio stupida parlò ancora:- Allora? Eh dai ti prego, ho bisogno di te! La terra ha bisogno di te! Il Dottore ha bisogno di te! Se non vuoi farlo per me o per il mio pianeta almeno fallo per lui!-
 Ancora nessun segno venne dal TARDIS:- Cos’è?! All’improvviso sei taciturno?! Sbrigati stupido ammasso di cavi!!-
Esperia cerco di trattenersi e si mise le mani dietro la nuca facendo profondi respiri. Chiuse gli occhi raccogliendo tutta la calma che riuscì a trovare. Si ricordò allora del cacciavite sonico che il Dottore le aveva dato. Si infilò una mano in tasca e lo tirò fuori. “ Punta E pensa” ripetè nella sua mente “punta e pensa”. Lo rivolse verso la console e premette l’unico pulsante che vi era sopra. La lucina blu si accese e l’oggetto cominciò ad emettere il suono simile a un ronzio. “Parti, ti prego” pensò.
Il TARDIS si illuminò come aveva fatto anche all’andata e prese a rumoreggiare e a tremare come d’abitudine:-Grande!- esclamò Esperia appoggiandosi alla console per non cadere. Una volta atterrata, la ragazza non perse tempo e uscì dalla cabina disinvoltamente. Il panorama che le si proiettò davanti però la fece esitare un momento. Era in un prato enorme, davanti ad una villa. L’erba era di un azzurro acceso e il cielo ero giallo come un limone. In mezzo ad esso vi era una macchia viola che poteva forse sembrare un sole. La cosa più bizzarra erano gli alberi, che erano capovolti a testa in giù e sembrava che avessero le loro radici sulle nuvole. La ragazza non aveva tempo per ammirare il paesaggio e quindi si incamminò verso la villa. Dove era arrivata lei era il retro del giardino che probabilmente circondava per intero la grande abitazione. C’era una porticina e la usò per introdursi inosservata. La casa all’interno sembrava quasi umana, tranne che per i colori sgargianti e improbabili che avevano le pareti e i mobili. Quella dov’era lei sembrava una specie di taverna. C’era un enorme tappeto sul quale era posto un divano e di fronte un caminetto spento, ma già pronto per l’uso. Sulla sinistra c’era un’estenzione della sala che ospitava un lungo tavolo, mentre sulla destra partivano delle scale a chiocciola. Esperia salì i gradini e sì trovò al piano di sopra. C’era un’alto divano  e di fronte una mensola vuota, un altro tavolo e poi una cucina ad angolo. La ragazza notò che quel piano era deserto come quello precedente, quindi prese un’altra rampa di scale e proseguì al piano di sopra. Qui l’ambiente era diverso, lo spazio libero era ristretto, un piccolo spiazzo sul pavimento che si divideva in 5 porte diverse, tutte chiuse meno una dove si poteva scorgere un lavandino e una vasca da bagno. Esperia si avvicinò alla prima porta e sbirciò nel buco della serratura. Era una cameretta, destinata ad un bambino piccolo, c’era una culla e un fasciatolo e vari giocattoli sparsi per terra. Non sapeva perchè, forse per via della polvere, ma Esperia ebbe la sensazione che quella camera fosse inutilizzata da molto tempo. Era concentrata nell’esaminare l’interno della stanza quando un rumore la riportò alla realtà e la fece girare. Il suono veniva da una delle porte. Era un brusio, un mormorio e dei rumori di carta e oggetti metallici. Come aveva fatto a non sentirli prima? Era un rumore così forte. Si avvicinò alla porta da cui provenivano i suoni e si abbassò a guardare nella serratura. Questa stanza era molto più grande della precedente ed era piena di tavoli e di comodini, Ognuno di questi era carico di fogli svolazzanti o di mappe arrotolate e tutte cose di quel genere. Nella scrivania più centrale era seduto su uno sgabello un essere verde e buffo. Era la prima volta che Esperia vedeva uno Zabax e per poco non si fece sfuggire una risata. L’omino verde stava farfugliando frasi senza un apparente senso e faceva scorrere il suo sguardo da un foglio all’altro mentre con la mano sinistra prendeva appunti, distrattamente. Esperia fece vagare lo sguardo sulle pareti e ci vide attaccato un disegno firmato “Tiferius”. Quindi era lui? La causa di tutto? Doveva semplicemente entrare e…e cosa? Ucciderlo? Non ne sarebbe stata capace. Poteva legarlo e chiuderlo nell’armadio. Oppure poteva prima parlargli. Decise di dargli una possibilità. Appoggio la mano sulla maniglia e fece una leggera pressione. Piano piano apri la porta. Quando fu abbastanza aperta per guardarci dentro la ragazza si accorse che Tiffy si era  accorto della sua presenza e ora la guardava con uno sguardo pietrificante:- Chi sei?- chiese impassibile:- Mi chiamo Esperia-
-Che ci fai qui, umana-
-Voglio solo parlare..-
-Parlare? Di cosa? Io nemmeno ti conosco.-
-Lo so.-
Esperia fece qualche passo avanti e si guardò intorno. I fogli sui tavoli erano dei progetti. C’erano disegni di robot, come quelli che aveva visto sulla base Zabax, e del pianeta terra, calcoli e formule:- Devi essere un piccolo genio eh?-
-Io sono un grandissimo genio.-
-Oh scusa.- disse lei alzando le sopraciglia:
-Cosa vuoi da me?-
-Parlare.-
-Di cosa?-
-Di questo.- disse indicando una mappa della terra:
-Cosa sai di quelli?-
-Tutto.
-Come?-
-Faccio parte del tuo futuro Tiferius.-
-Come sei arrivata qui?-
-Forse mi sbaglio, ma non credo siano affari tuoi.-
-Nemmeno i miei piani sono affari tuoi.-
-Invece credo di si dato che vuoi distruggere la mia casa.-
-Concesso. –
-Perché vuoi farlo?-
- Non lo sai?-
-No.-
-Come il Dottore non te l’ha detto?!-
Esperia alzò lo sguardo  e lo fisso perplessa:- Come…?!-
-Non sono uno stupido.-
-Beh visto che sai del Dottore, saprai anche che in questo preciso istante, nel futuro, lui ti ha intrappolato e ti tiene in ostaggio.-
-Tu menti.-
-Ne sei proprio sicuro?-
-Come faccio a essere sicuro che mi  stai dicendo la verità?-
-Non puoi esserlo, ma correresti il rischio.-
-Certo che lo correrei.-
-Molto bene. Sappi che sono venuta qui per farti ragionare, e non me ne andrò finchè non ti avrò fatto cambiare idea. O con le buone o con le cattive.-
-Non sembri una che usa le maniere forti.-
-Non lo sono, quando sono in me. Ma se mi arrabbio posso essere un po’ indelicata.-
-Capisco.-
-Perché vuoi invadere il mio pianeta?-
- Mi annoio-
-Tutto qui?! Distruggi una specie perché sei annoiato?-
-Sono in cerca di un nuovo pianete dove vivere.-
-Cos’ ha il tuo che non va?-
-Gli adulti. Gli adulti ci opprimono, pensano di poterci controllare, ma noi bambini non siamo ingenui, e ci siamo stancati.-
-Sei un’egoista immaturo!- Disse lei quasi gridando avvicinandosi a Tiferius:- E ora che farai per fermarmi? Mi ucciderai? No, non ne sei capace. Sei debole, come tutta la tua specie, e ancora peggio, tu sei buona. Puah la bontà. Un sentimento che ho allontanato già da tempo. La bontà ti rende vulnerabili. Per questo adesso il tuo mondo perirà, perché tu sei stata troppo debole.-
Esperia distese i muscoli del suo viso:- Hai ragione, non ho la forza per uccidere qualcuno, ma non credo che questo sia un male.-
-Si, lo è. E sai perché? Perché adesso tu morirai a causa della tua debolezza.-
Tiffy aprì un cassetto e velocemente ne estrasse una grossa arma dall’aspetto tutt’altro che amichevole, e la puntò verso la ragazza. Esperia avrebbe potuto prendere quel piccolo omuncolo per i piedi e buttarlo fuori dalla finestra senza problemi, ma lei non era un’assassina. Si limitò ad alzare le mani in alto:- Tiffy, fermati, lo dico per il tuo bene.-
In quel momento tutto successe molto velocemente. Qualcuno entrò nella stanza e deviò la traiettoria della pistola che stava per colpire Esperia, poi disarmò lo Zabax. La ragazza non perse tempo e ne approfittò per afferrare l’essere con una mano, poi si rivolse al suo salvatore:- Tempismo perfetto, Dottore!-
-Lo so, è una delle mie tante doti.- disse lui facendole un occhiolino. Esperia si accorse solo in quel momento che anche il dottre teneva intrappolato Tiffy nella sua mano, il Tiffy del futuro:- Ma come..?!- chiese sconcertata:
-Te lo spiego in un altro momento, adesso preoccupiamoci di faccende più importanti.-
I due Tiferius si guardarono dall’alto in basso senza dire nulla. Fu il Dottore a rompere il silenzio :- Allora Tiffy del passato, hai visto cosa succede se fai il cattivo bambino?!-
Tiferius lo fulminò con lo sguardo:- Dottore, dovrai uccidermi per riuscire a fermarmi.-
-Non ce ne sarà bisogno. Ci penserà il paradosso ad uccidervi se non risolvete in fretta la questione, e non penso che sia una cosa ragionevole.-
-Allora morirò.-
A quel punto il Tiffy del futuro intervenne:- Tiberius, non essere cocciuto! Rinuncia ai tuoi stupidi giochetti d’orgoglio e arrenditi!E’ un’ordine.-
-Come puoi dire così?! Come puoi essere così codardo?! Preferisci l’umiliazione alla morte?!-
-Sono solo cresciuto, è me che diventerai, che ti piaccia o no, e ti sto consigliando, per la nostra salvezza, di lasciar perdere- disse scandendo bene le parole:- Tu sei una vergogna per me! Se è questo che devo diventare, un codardo, beh allora preferisco la morte!-
-Tiberius, datti ascolto, ti prego!- intervenne Esperia:- No!!!- gridò lui in preda alla rabbia. Tiberius del passato morse la mano della ragazza che lo reggeva e la costrinse a mollarlo. Cadde sul pavimento, rotolò e raggiunse la sua arma, la raccolse e la puntò verso il sé del futuro. L’ultima cosa che sì sentì fu la voce allarmata del Dottore che cridava di non farlo. Ci fu un suono sordo, e poi il buio.
 




Buon giorno a tutti! Come va?Mi scuso in anticipo per l'ora, per la lunghezza eccesssiva del capitolo (prometto che d'ora inpoi taglio) e per eventuali (Più che probabili) errori di battitura, ma ci tenevo a pubblicarlo presto e data l'ora non ho il tempo di ricontrollare, ma domani lo riguardo e lo metto a posto dove è necessario. Spero sepre in vostri commenti/recensioni. Spero che il finale vi sia piaciuto e vabbè anche tutto il resto. Più che altro temo di aver fatto durare troppo lo svolgimento curando troppo i dettagli e aver invece fatto troppo veloce e poco curato il finale, voi che dite?Credo di aver detto tutto. Ora vado a dormire, buonanotte a tutti ^^ Baci!
 

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Capitolo 12
*** I need you like I need the air when I'm underwater. ***




Capitolo 12:
 
“I need you like I need the air when I’m underwater.”
 
 
Esperia si ritrovò nel suo appartamento, seduta sulla sua poltrona, con ancora in mano il suo libro. Sentiva una morsa allo stomaco e la testa le girava vorticosamente. Che era successo? Non riusciva a ricordare. Ci volle qualche minuto prima di realizzare ciò che era appena accaduto. Lei e il Dottore avevano appena fatto in modo che l’invasione della terra non fosse mai avvenuta, e quindi lei non era mai uscita dal suo appartamento, non era stata aggredita e il Dottore non l’aveva soccorsa, il Dottore non era mai tornato da lei. Si toccò distrattamente il ciondolo che potava al collo e si ricordò quello che lui le aveva detto su quel gioiello. La stava tenendo d’occhio, sempre e comunque. Ma se lei si ricordava di quello che era successo, anche il Dottore avrebbe dovuto, perché non era lì con lei? Forse stava arrivando; sì stava arrivando. Se lo sentiva, il Dottore sarebbe tornato da lei e l’avrebbe portata con lui, nel TARDIS, in giro per lo spazio e per il tempo.
Questa volta non si sbagliava. Il Dottore si era trovato improvvisamente nel suo TARDIS e si ricordava tutto. Voleva tornare da Esperia, subito, voleva stringerla e voleva portarla con lui, per farle vedere le stelle.
 
Esperia si alzò dalla poltrona e andò a quello che restava della sua finestra. Prese il telone che copriva l’enorme buco della vetrata e lo strappò via per agevolare l’atterraggio del TARDIS. Si sporse un po’ per vedere se in lontananza nel cielo c’era per caso una cabina blu che fluttuava nella sua direzione. Ma da lì non arrivò proprio nulla. Invece dietro di lei, dopo qualche secondo,  si sentì un forte rumore, familiare, che riconobbe all’istante. Sul suo viso si dipinse un largo sorriso.
 
Il Dottore stava atterrando per la terza volta nel salotto della ragazza. Il TARDIS smise di tremare e il Dottore si sollevò. Mentre si dirigeva alla porta della cabina, si passò una mano tra i capelli per spettinarli di più di quanto non lo fossero già, e si sistemò la cravatta. Arrivò all’uscita e sollevando un angolo della bocca spalancò la porta:- Eccomi qui, mi stavi aspettando?!-
Nessuno rispose. Il salotto di Esperia era completamente vuoto, sulla sua poltroncina era ancora appoggiato il libro che stava leggendo, aperto a faccia in giù:- Esperia?- disse lui facendo scivolare il suo sguardo nel locale. Il Dottore fece qualche passo in avanti, non si accorse che dietro di lui qualcun altro si stava avvicinando velocemente a lui. Avvertì il pavimento scricchiolare alle sue spalle interrompendo il profondo silenzio che dominava l’ambiente. Si girò di scatto e tutto quello che vide fu una massa di bellissimi capelli color rame arrivargli addosso.
Esperia si era nascosta dietro al TARDIS appena l’aveva sentito arrivare e adesso era saltata addosso al Dottore, cogliendolo di sorpresa. Gli aveva gettato le braccia al collo e con un piccolo salto aveva intrappolato il busto del Dottore tra le sue gambe. Lui nonostante non se l’aspettasse, non fece fatica a sorreggerla e ricambiò l’abbraccio stringendola a sé. I due stavano ridendo insieme, ridevano spesso, al Dottore veniva così facile sorridere quando era con lei, era una ragazza così solare, la sua sola presenza sprigionava in lui un’ondata di vitalità. Esperia tornò con i piedi a terra, ma non per questo si sciolse da quel caldo abbraccio:- Sei stato fantastico Dottore!- gli sussurrò in un orecchio, lui spinse con le mani sui suoi fianchi, per farle fare un passo indietro in modo da poterla guardare negli occhi:- No Welsh! Tu, sei fantastica.- Le rispose. Si fissarono per qualche secondo, entrambi sorridenti, poi il Dottore la tirò di nuovo a sé. La ragazza mise il viso nell’incavo tra la sua spalla e il collo e si lasciò inondare dal suo dolce odore:- Esperia?-
-Sì?-
- Vorresti viaggiare con me, nel TARDIS?
La ragazza a quelle parole scoppiò di gioia, strinse ancora più forte il Dottore. Il suo cuore iniziò ad accelerare e a battere all’unisono con quelli del Dottore, gli occhi le si inumidirono e le si dipinse un sorriso in volto:- Si.- disse chiudendo gli occhi per assaporare a pieno quel momento. Anche il Dottore strinse più forte il fragile corpo della ragazza al suo, quasi avesse paura che da un momento all’altro avrebbe potuto scomparire. Dopo qualche secondo si staccarono e si presero per mano, il Dottore la guardò sorridente e la tirò con sé all’interno del TARDIS:-Allons-y, allora!!-
I due entrarono nella, Esperia non smise di guardarlo nemmeno un secondo, neanche quando dovette stacarsi da lei per infilarsi gli occhiali. Era bello anche con gli occhiali, sembrava molto più secchione, ma era sempre fottutamente bello:-Dove mi porti Dottore?- chiese lei  guardando lo schermo insieme a lui:- In un posto molto speciale…- rispose con un sorriso malizioso. In una manciata di secondi i due arrivarono a destinazione. Il Dottore alzò lo sguardo dal monitor e si tolse gli occhiali: Signorina- disse scherzosamente, porgendole la mano. Esperia accettò l’invito di buon grado e intrecciò le sue dita con quelle di lui e si lasciò guidare fuori dalla porta:- Dove siamo?-
-Abbi pazienza, è una cosa che ho sempre voluto fare, voglio sbalordirti.-
-Oh Dottore, l’hai già fatto. Ma questo non risponde alla mia domanda!- disse Esperia nervosa per l’estrema curiosità. Il Dottore fece finta di niente e proseguì verso l’uscita. Slacciò le sue dita da quelle di Esperia e posò le mani su entrambi le maniglie delle ante delle porta. Esperia era dietro di lui e non vedeva gran che, sovrastata dalla sua altezza. Il Signore del Tempo tirò velocemente le porte a sé e le spalancò. Si soffermò qualche secondo a guardare fuori e poi si scostò lasciando avvicinare Esperia. Il TARDIS stava fluttuando nello spazio profondo e da lì si poteva vedere un panorama mozzafiato: c’erano milioni di stelle in lontananza che da dove erano loro erano solo dei grossi puntini di luce che risplendevano su quella infinita distesa di vuoto. Alcune stelle erano più vicine altre più lontane ma erano tutte bellissime. In torno a loro passavano lentamente degli asteroidi incandescenti. La ragazza era estasiata e si guardava intorno, piena di meraviglia, con occhi grandi e spalancati. Sembrava una bambina appena entrata in un negozio di caramelle. Si sporse in fuori tenendosi con una mano saldamente al TARDIS:- Siediti non dovrebbe mancare molto.- disse gentilmente il Dottore. Esperia non era sicura di aver capito:- Come scusa? Non dovrebbe mancare molto a cosa?-
-All’arrivo della cosa per cui ti ho portato qui.-
-La cosa, cosa?-
-Lo scoprirai presto, ora siediti e goditi lo spettacolo.-
Esperia si soffermò un attimo su di lui e poi tornò a guardare l’immenso universo che lei, una ragazza qualunque, aveva a portata di mano. Perché era lì? Perché il Dottore l’aveva voluta con sé? Non era speciale, non era coraggiosa né intraprendente, era solo lei, era solo Esperia, una qualunque ragazza umana, ma una ragazza che aveva avuto la fortuna di viaggiare con lui:-Ancora pochi minuti, la vedi quella lucina la?-
Disse il Dottore puntando il dito contro una delle tante stelle, ma questa sembrava avvicinarsi a loro molto più velocemente delle altre:- Sì, la vedo.-
-Quella è una stella morta, o quasi, sta esaurendo tutta la sua energia, e poi si sarebbe dovuta  trasformare in un buco nero-
-Sarebbe dovuta?-
-Esatto, sta a vedere.-
-Come riusciamo a respirare?-
-E’ il TARDIS che ci protegge, è come racchiuso in una bolla che non lascia penetrare nulla di pericoloso.-
-E’ davvero fantastico!- Esclamò la ragazza sorridendo, con lo sguardo ancora perso nell’immensità dello spazio. Il Dottore la guardò con un sorriso tenero. Aveva sempre prediletto la specie umana, perché non finiva mai di stupirlo, e di stupirsi, ed Esperia era sempre così grata ed entusiasta di quello che le veniva concesso, che il Dottore non potè fare a meno di nutrire un pizzico di ammirazione per lei. Studiò il suo volto, i suoi lineamenti: gli occhi verdi profondi e maledettamente belli, quel nasino all’insù così buffo e le labbra perfette, no, lei era perfetta, e anche se il Dottore non voleva ammetterlo a sé stesso, quella ragazza gli piaceva, gli piaceva davvero, anche se era sbagliato, anche se era pericoloso e controverso, gli piaceva. La mano della ragazza era appoggiata per terra, estremamente vicine a quella del Dottore che con discrezione, prima la sfiorò, e poi quando Esperia diede segno di consenso intrecciarono le loro dita.
La stella morta stava fluttuando verso di loro, e ormai era molto vicina:-Dottore, dimmi solo che sai quello che stai facendo e io non farò più domande.-
-Tranquilla va tutto bene. Ecco guarda è quasi arrivata, preparati.-
La stella non era di grandi dimensioni, era larga appena più del TARDIS, e li stava venendo addosso. Era vicinissima ormai, appena a qualche metro di distanza. Esperia iniziò a preoccuparsi quando non vide accadere nulla ma proprio in quel momento successe una cosa meravigliosa. Giusto a un metro o poco più di fronte a loro, la stella si stava…polverizzando! Man mano che avanzava la sua superficie, veniva sgretolata in una leggerissima polvere argentata che entrò nella “bolla” del TARDIS  e aleggiando andò in contro ai due. Creava un effetto quasi magico. La ragazza, in preda alla meraviglia si sporse e protese le braccia in avanti. Una nuvola di quel materiale si diresse verso di lei. Le sue dita entrarono nella nube: era fredda, e appena stabilito il contatto un brivido le attraversò la schiena. Ormai quasi tutta la stella si era sgretolata e la polvere circondava il TARDIS, e aveva inondato i corpi dei due viaggiatori. Il Dottore si fece avvolgere dal fresco di quella nube, lo trovava rilassante, mentre Esperia ci stava giocherellando con le dita. La ragazza ridacchiava mentre passava veloci le mani in quella polvere, che le provocava un leggero pizzicorio alla mano. Con tutte le due mani ne spostò un po’ in faccia al Dottore che avverti un lieve solletico e scoppiò a ridere. Quello strabiliante effetto durò ancora una manciata di minuti, poi svanì. Esperia era dispiaciuta, ma restava ancora lo splendido panorama da ammirare. Il Dottore aveva le mani salde sul bordo della cabina blu e le gambe a penzoloni, esattamente come la ragazza. Lei stava ancora ammirando le meraviglie che l’universo le stava mostrando mentre lui, non poteva fare a meno di guardarla affascinato mentre lei sfoggiava il suo bellissimo sorriso: quello si che era un panorama spettacolare. Esperia dopo qualche minuto si accorse che il Dottore la stava fissando, e il suo cuore iniziò a galoppare. Le sue gote si colorarono di rosso e il respiro le si fece pesante. Si girò lentamente, prima con lo sguardo basso, ma poi i suoi occhi cercarono quelli del Dottore, che erano già fissi su di lei pronti ad accoglierla. I loro sguardi si incatenarono, e a quel punto anche i due cuori del Dottore iniziarono a tamburellargli nel petto:-Perché guardi me? Non dovresti ammirare il paesaggio?- chiese la ragazza in un sussurro, con voce tremolante:-Cosa può interessarmi di una manciata di stelle, quando ho davanti i tuoi occhi?-
L’aveva detto davvero?! Non pensava di riuscire a dirlo ad alta voce, invece l‘aveva fatto. I suoi occhi rimasero fissi su quelli di Esperia che stava perdendo il controllo delle sue azioni. Il suo cuore aveva perso un battito, o forse 10, quando aveva sentito il Dottore pronunciare quella frase. Nessuno le aveva mai detto niente di simile, nessuno l’aveva mai guardata in quel modo. Il suo cervello si mise in pausa, voleva concentrarsi solo sugli occhi del Dottore in quel momento. Avrebbe voluto prendere quel momento e intrappolarlo in una palla di vetro. Il Dottore si sentì mancare il fiato, cosa stava per succedere? Esperia con un movimento impercettibile si chinò in avanti, molto lentamente, si bloccò di colpo aspettando di vedere se il Dottore faceva lo stesso, e così fu. I due si avvicinarono e si ritrovarono a distanza di pochissimi centimetri. La ragazza poteva gia percepire il profumo del Dottore sfiorarle il volto. Lui sollevò una mano e le accarezzò la guancia. Le loro fronti erano attaccate e le loro labbra pericolosamente vicine. Esperia mise la sua mano su quella del Dottore che ancora era appoggiata al suo viso. Rimase immobile con gli occhi fissi nei suoi. Il Dottore abbasso lo sguardo sulla sua dolce bocca e sentì dentro di sé accendersi il desiderio di portarle a toccare le sue. Quel desiderio ardeva come una fiamma in mezzo al suo petto, non poteva più resistere. Esperia stava impazzendo, dentro di sé sentiva il sangue ribollire. Rimasero immobili così, ancora per qualche secondo, poi fu lui a muoversi e in un secondo, annullò la distanza tra le loro labbra, e finalmente la baciò, ponendo fine all’incendio che stava divampando all’interno del suo torace. Fu un bacio breve ma pieno di passione, le loro labbra si intrappolarono tra loro e non si staccarono per qualche secondo. Esperia riaprì gli occhi e riuscì a realizzare solo in quel momento ciò che era accaduto. Rimase con la bocca semi aperta e anche il Dottore sembrava un po’ stupito:- Io…- provò a dire ma Esperia non lo lasciò continuare:- No, senti va bene così.- disse scuotendo la testa e abbassando lo sguardo. Il Dottore non aggiunse altro. Moriva dalla voglia di baciarla ancora, di stabiloire di nuovo quel contatto, di averla per un altro singolo istante, ma sapeva anche che era sbagliato. Si alzarono in silenzio e rientrarono nel TARDIS, Esperia era davanti al Dottore, che era rimasto indietro per chiedere le porte. La ragazza voleva dire qualcosa, voleva spezzare quell’imbarazzante e doloroso silenzio. Si girò di scatto cercando di introdurre una frase, ma ancora una volta si ritrovò troppo vicino al Dottore, che non si era accorta, stesse camminando subito dietro di lei. I due ci ricascarono, non riuscendo a trattenersi e questa volta il bacio si fece più intenso e profondo. Il Dottore le mise le mani sui fianchi e la tirò a se, mentre Esperia gli avvolse le braccia intorno al collo e ricambiava al bacio con estrema passione.  Il Dottore ebbe un attimo di lucidità e l’allontano bruscamente da lui. Esperia si irrigidì e gli rifilo uno sguardo bieco ma lui non la stava guardando, aveva gli occhi fissi per terra e si passava una mano nei capelli: Questo è sbagliato,è sbagliato noi non…- Esperia lo interruppe ancora una volta:
- Dottore, guardami.-
Lui anzò gli occhi e fu intrappolato dalle sue iridi color smeraldo che lo guardavano serie, impassibili:- Dottore…- disse dolcemente facendo un passo avanti verso di lui:- Non mi interessa- lo afferrò bruscamente per il bavero della giacca e catturò nuovamente le sue dolci labbra. Il Dottore non oppose resistenza e continuò a baciarla con vigore, le posò una mano sulla coscia per invitarla a saltargli in braccio, lei non esitò e attorcigliò le gambe attorno al suo corpo caldo. Lui senza fatica, si sposto verso la console e la fece sedere lì sopra mentre le sue mani vagavano sotto il maglione alla ricerca del gancetto del reggiseno. Lei intanto stava sbottonando la giacca e la camicia. Il Dottore le sfilò il maglione, interrompendo per un secondo quel bacio appassionato. Esperia aveva le mani sul petto muscoloso del Dottore e le fece scivolare dietro le sue spalle abbassando lentamente gli indumenti. Lei era rimasta con una canottiera larga e con i jeans mentre a lui restavano solo i pantaloni. La prese in braccio di nuovo e la portò su per le scale mentre lei gli baciava il collo, provocandoli dei leggeri brividi.  Raggiunsero la camera da letto e quando Esperia fu sul morbido materasso smisero di baciarsi e si guardarono negli occhi. La ragazza cercò di prendere fiato mentre il Dottore, senza smettere di guardarla con ardente desiderio le slacciava i jeans scuri. Fu questione di secondi e i pantaloni finirono sul pavimento. il Dottore si chinò suo di lei per toglierle anche la canottiera e le baciò il collo tenermene. I brividi la assalirono quando all’interno di quei baci si insinuò una punta di lingua. Esperia sentiva il calore del corpo nudo del Dottore scontrarsi con il suo, e quella sensazione le diede sicurezza. Fece scivolare le mani sulla schiena del Dottore, poi raggiunse l’allacciatura dei suoi pantaloni e la aprì. Anche i pantaloni del Dottore finirono presto per terra, accanto ai jeans di Esperia. Lui le sciolse i capelli, facendoli cadere morbidi sul cuscino. In quel momento la guardò e fu incantato dalla perfezione del suo volto e dalla delicatezza delle sue forme perfette. Si baciarono ancora, un bacio lieve e delicato ma carico di sentimento. Esperia sentì il tocco di lui scivolarle sulla spalla e sul braccio. Le sue dita corsero poi fino alla pancia e si soffermarono a disegnare delicate sulla sua pelle bianca, prima di scendere ulteriormente.  La ragazza non potè fare a meno di mordere le labbra del suo compagno quando sentì una mano far scivolare via i suoi slip neri. Le dita del Dottore giocherellarono tra le sue gambe. Esperia si fece  sfuggire un leggero gemito quando le sentì entrare in lei. La ragazza infine tolse i boxer al Dottore e i due non ebbero più barbiere a frenare il loro desiderio. Il Dottore prese i fianchi della ragazza, non poteva più trattenersi, la desiderava, desiderava lei, il suo splendido corpo e le sue morbide labbra. Esperia aveva le mani aggrappate alle spalle del Dottore e il suo cuore ormai aveva smesso di battere del tutto. Aveva fatto l’amore molte volte prima di allora, ma non aveva mai provato quelle sensazioni. Il calore che il Dottore riusciva a trasmetterle era speciale, confortante. Da quando i loro occhi si erano incontrati la prima volta non era passato un solo giorno in cui non avesse ci pensato, e adesso era li stretta a lui, non avrebbe voluto essere da nessun’altra parte. Il Dottore fece scivolare una mano sulla sua coscia, la ragazza divaricò leggermente le gambe, e il Dottore non ebbe più niente a trattenerlo. Esperia strinse più forte le spalle del Dottore quando senti il suo intimo, spingere insistente tra le sue gambe, e quando inisme, raggiunsero il piacere, anche lui si fece sfuggire un gemito, mentre Esperia ansimava sotto di lui. Quella notte -o quel giorno, comunque fosse-, si amarono più di una volta, quando infine risero insieme, increduli dell’accaduto, si strinsero l’uno all’altra e si lasciarono trasportare dal sonno.
 
 



Bungiorno a tutti my dears!! BUON SAN VALENTINO!! Avete visto? ho deciso di pubblicare qualcosa di tenero per l'occasione, spero vi sia piaciuto!! Fatemi sapere, baci  e tanto amore<3<3
 

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Capitolo 13
*** Sweet dreams ***


Capitolo 13:
 
 
"Sweet dreams"

 

-Mamma, mamma, vieni, vieni a vedere!!-
-Lucy non allontanarti troppo! Resta vicino a me!Il bosco è pericoloso-
-Sì, mamma sono qui vieni a vedere!-
-Cosa c’è piccola mia, cos’hai trovato?-
-C’è una casetta di legno mamma, posso entrare?-
-Va bene amore ma fai attenzione-
-Dai mamma vieni anche tu, vieni a vedere, qui dentro è bellissimo-
-Va bene Lucy aspetta che arrivo.-
-Va bene!-
La bambina trova una porticina la apre e si nasconde lì dentro “così la mamma non mi trovera mai”:- Mamma prova a trovarmi, voglio giocare a nascondino!-
La mamma entra nella casetta,grande quanto la cuccia di un cane, non c’è alcun posto dove la sua bambina poteva nascondersi se non dietro la porta, così la apre:- Ti ho trovata pestifera!!....Lucy?!-
La stanzina era vuota:- Lucy dove sei?!-
La mamma esce dalla piccola casetta:- Lucy?!LUCY!!!???- silenzio.
 
 
 
Esperia spalancò gli occhi di colpo, era sudata e il suo cuore batteva velocemente. Che strano sogno. Il suo battito si stabilizzò e la ragazza si rese conto di non essere nella sua camera. Si ricordò tutto. Lei, il Dottore…Istintivamente allungò la mano sull’altro lato del letto alla ricerca del suo corpo. Niente. Il lenzuolo era piatto e freddo,  non c’era nessuno al suo fianco. Si mise a sedere sul bordo del letto. Allungò una mano e raccolse i suoi slip e la sua canottiera larga, poi si diresse nella sala di controllo del TARDIS, dov’era convinta , avrebbe trovato il Dottore.
Non si sbagliava, lui era lì intento a trafficare con alcuni fili sotto la console. Sul naso erano appoggiati i suoi buffi occhiali. Esperia moriva dentro ogni volta che li indossava, lo rendevano ancora più affascinante. Il Dottore non si era accorto che Esperia era entrata, era troppo concentrato. La ragazza si avvicinò piano alla console, senza far rumore, non voleva disturbarlo. Si mise a girare in tondo, curiosando tra le varie leve e pulsanti. Il Dottore ci mise un po’ ad accorgersi di lei. Vide le sue gambe nude e perfette, e decise di uscire da lì sotto. Fece un bel respiro, avrebbe dovuto mantenere un certo contegno:
-Buongiorno raggio di sole- disse comparendole alle spalle con un gran sorriso. Lei si voltò:-Buongiorno.- ricambiò il sorriso, lui continuò:-Dormito bene?- oh-oh, domanda sbagliata:-Sì- rispose lei con forzata disinvoltura:-E tu?-
-Anche io- era maledettamente vero, non aveva mai dormito meglio se non di fianco a lei, ma ammetterlo gli costava molto, non voleva rassegnarsi ai suoi sentimenti. Un silenzio imbarazzante calò tra i due, poi la ragazza si fece avanti:- Senti, per quanto riguarda ieri notte…io…ecco- aveva cominciato una frase senza nemmeno sapere come finirla, ma per fortuna intervenne lui:- Esperia, è stata una notte perfetta, ma non sono sicuro che sia quello di cui abbiamo bisogno.-
Una fitta al cuore, quelle parole la colpirono in pieno, non era d’accordo, lei ne aveva bisogno, lei lo desiderava:- Sì, forse hai ragione tu.-
 
Stupida, stupida, stupida!
 
Il suo sguardo era basso, ma sentiva gli occhi del Dottore che la scrutavano, così prese coraggio e lo guardò. Erano vicini, non tanto, ma abbastanza per farla impazzire. Vedeva gli occhi del Dottore, era certa che anche lui bramava di averla ancora, ma al contrario di lei, aveva pieno controllo di sé stesso, almeno era così che stava cercando di apparire. Rimasero in silenzio, guardandosi l’un l’altra. Esperia voleva fare un passo indietro, per allontanare ogni tentazione, ma gli occhi del Dottore e il suo corpo, erano come un’enorme calamita, e lei in quel momento lei era fatta di metallo. Non avrebbero resistito ancora per molto. La ragazza opponeva resistenza a quell’ attrazione, un passo sarebbe bastato, o ad unirli o a separarli, cos’avrebbe fatto? Sarebbe andata in avanti o all’indietro? E il Dottore? Cosa stava provando? Era molto confuso, la sua mente era azzerata, i suoi cuori erano fermi. Si stavano guardando da troppo tempo, era ora di fare qualcosa. 3…2…1…
La ragazza fece un passo indietro e il Dottore distolse lo sguardo.
Lei guardava il pavimento:-Adesso…vado a farmi una doccia.-
Lui annuì. Esperia si voltò, non fece nemmeno in tempo a fare un passo:- Esperia aspetta.- una mano afferrò il suo braccio e la fece girare, poi senza nemmeno la possibilità di realizzare quanto stava accadendo, delle morbide labbra si posarono sulle sue. Gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte a sé, aumentando l’intensità di quel bacio. Si staccarono dopo qualche secondo:- Dovrei davvero andare a farmi una doccia.-
Il Dottore rise e la lasciò andare. La seguì con lo sguardo mentre saliva le scale, poi tornò a quello che stava facendo:-Allora bellezza, qual è il problema?-
 
Esperia entrò nel bagno e si spogliò. Accese la doccia e mentre aspettava che l’acqua si riscaldasse si guardò allo specchio. Era dimagrita, in effetti da quando era col Dottore non mangiava un granchè, ma non ne soffriva. Notò alla base del suo collo una piccola macchia rossa, e un tenero sorriso le spuntò sul viso: gli era sempre piaciuto portare i segni dell’amore dei ragazzi con cui stava, ma portare i segni del Dottore era ancora più speciale. Si riscosse dai suoi pensieri ed entrò nella doccia. Sentiva ancora le mani del Dottore sul suo corpo, ma scivolò tutto via, trasportato dall’acqua calda. La ragazza si lasciò andare sotto quel rilassante getto.
 
Rimase sotto l’acqua per più di mezz’ora, era davvero rilassante. Uscì, si avvolse in un asciugamano e si strizzò i capelli prima di legarli in una treccia. Si diresse verso l’armadio del Dottore per cercare qualcosa da mettersi. Optò per un paio di jeans con il risvolto, un maglione verde smeraldo e un paio di scarpe nere. Uscì da lì e si diresse in sala di comando:- Eccomi qui, allora dove sì va oggi Dottore?-
Ma il Dottore non c’era:- Eih Dottore?Dove sei finito?-
La ragazzà vagò con lo sguardo. Fece un passo in avanti. Una mano l’afferrò da dietro. Un’altra mano la soffocò con un fazzoletto bagnato. Perse i sensi.
 
 
-Mamma? Mamma dove sei? Guarda che sono qui dentro!Mamma?-
La bambina con i capelli dorati apre la porta dello stanzino, convinta di trovare sua madre:- Mamma?-
Sua mamma non c’è. La bambina piange e richiude la porta:- MAMMA!!!- grida mentre le lacrime le rigano il viso.
 
 
 
 
Buongiorno miei bellissimi lettori, come state?? Com’è il capitolo? Vi intriga almeno un pochino? Spero di sì, a proposito mi sono dimenticata di chidervi una cosa sullo scorso capitolo: che ve ne pare della scena in cui fanno l’amore? Sono stata indelicata o magari ho descritto male? Mi piacerebbe molto se rispondeste a questa domanda perché essendo la prima volta che tratto un argomento così delicato volevo sapere cosa ne pensate. Ah ho anche accorciato notevolmente, che dite, così è meglio? O è troppo corto?Baci al prossimo capitolo <3

 
 
 

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Capitolo 14
*** Deja-vus? No, only distant memories. ***


Capitolo 14:
 
Deja-vus? No, only distant memories.
 

Ancora la bambina dai capelli d’oro, era chiusa nella nicchia, le lacrime ormai asciutte e gli occhi rossi. Alzò lo sguardo e guardò il vuoto, poi allungò la mano e aprì la minuscola porticina. Due bambini grassottelli farfugliano tra loro poi si accorgono di lei:- Oh, ben arrivata!- disse uno dei due:- Sei nuova eh? Mi dispiace qui è occupato, chiudi la porta e vai da un'altra parte.- la bambina non risponde ma le lacrime ricominciano a scorrerle sul viso. I due bimbi si lasciano commuovere:- Eih bambina, tranquilla, non è così male la casetta, ti ci abituerai fidati. La bambina piange ancora e tra i singhiozzi fa uscire qualche parola:-Dove sono? Dov’è la mia mamma?-
-Oh, ricciolina, non sai proprio niente di tutto questo? Non ti hanno mai raccontato questa storia? Beh, è inutile piangere, tua mamma non la vedrai mai più, rassegnati.-
La bambina piange più rumorosamente e i due cercano di consolarla.-
 
Esperia si mette a sedere tutto d’un colpo,quasi spaventata, portandosi con sé il lenzuolo candido del letto. Che strano sogno. Dall’altra parte del vasto materasso qualcuno si muove lasciandosi sfuggire un lamento. La ragazza ancora affannata si volta, e quello che vede la fa calmare. Il Dottore si stava risvegliando, brontolando per la maniera brusca con cui Esperia aveva fatto scivolare via il lenzuolo, che ora lo copriva solo dal bacino in giù lasciando scoperto il suo petto muscoloso. Esperia si sciolse  alla vista di cotanta perfezione. Si lasciò sfuggire un sorriso:- Buongiorno- sussurrò dolcemente. Prima che lui aprisse gli occhi si avvicinò pericolosamente al suo viso e poggiò le labbra sull’angolo della sua bocca. Un brivido trapassò la schiena del Dottore che sussultò, irrigidendosi per un secondo prima di rilassarsi e di sfoggiare un sorriso smagliante :-Buongiorno a te.- Esperia si stiracchiò, e poi si alzò diretta in bagno:- Io vado a farmi una doccia- disse già diretta con passo delicato verso la porta. Quando sentì la sua stessa voce pronunciare queste parole, si bloccò un’istante: le pareva di aver già detto quelle parole quella mattina. Scacciò via la sensazione e uscì. Quando entrò in bagno aprì l’ acqua e si specchiò in attesa che si riscaldasse. Guardò i suoi capelli e la sua fronte si corrugò in una smorfia di stupore e perplessità. Aveva le punte ancora fradice, quasi gocciolanti, e tutte le lunghezze ancora umide. Come faceva ad avere i capelli bagnati? Ci riflettè qualche secondo ma poi fece spallucce ed entrò nella doccia. Quando ebbe finito si avvolse in un asciugamano e si legò i capelli in una treccia. Per andare a vestirsi passò per la sala di controllo dove il Dottore stava trafficando con certi cavi sotto la console. Fece finta di niente e tirò dritta per la cabina armadio. Il Dottore vide solo le sue perfette gambe passargli davanti e le seguì con lo sguardo. Notò che a un certo punto le gambe smisero di muoversi, Esperia si era fermata improvvisamente:- Esperia tutto bene?- la ragazza fu riportata alla realtà dalla sua dolce voce:- Cosa? Eh? Sì sì, tutto bene è solo che…no niente lascia stare.- Era di nuovo quella strana sensazione di deja-vu, delle immagini le balzarono in mente: il Dottore che le diceva che avevano commesso uno sbaglio, lei che si sentiva una fitta al cuore e cercava di andarsene e poi una di loro due in piedi che si baciavano. Riaffiorarono anche le sensazioni di quei momenti.
Aprì la porta e si ritrovò nella sala piena di abiti. Notò accasciati a terra un paio di jeans delle scarpe nere e un maglione verde. Le parve strano che fossero in disordine, ma li prese e se li infilò.
 
Quando tornò alla console il Dottore era in piedi davanti allo schermo con gli occhiali sul naso. Esperia stava pensando a quelle strane sensazioni, ai suoi capelli bagnati prima della doccia, alle immagini che le erano apparse in mente:- Che hai? Sembri pensierosa.- la ragazza esitò ma poi decise di condividere con il Dottore le strane cose che erano accadute nell’ultima ora e mezza. Mentre parlava altri ricordi riaffiorarono alla sua mente:- E ricordo anche di qualcuno che mi afferrava e che mi drogava con un…fazzoletto impregnato di…qualcosa- disse infine per concludere il discorso. Il Dottore aveva l’aria perplessa e guardava il vuoto: Non c’è altro? Solo questo?- la ragazza ci pensò un po’ su:- Faccio anche degli strani sogni, con una bambina e una casetta inquietante, ma non credo che c’entri molto.-
-No, infatti credo di no.- fece una pausa:- Quello che mi preoccupa di più è il fatto che avevi già i capelli bagnati stamattina, non c’è nessuna spiegazione plausibile per questo.-
Esperia annuì debolmente. Era preoccupata, c’era un particolare che non aveva detto al Dottore: nei ricordi che lei aveva, lui era sparito nel nulla, e questo la inquietava molto più di tutto il resto. Il Dottore doveva aver notato la sua espressione perché la prese per mano e la tirò a sé per abbracciarla:- Eih, è tutto okay.- Esperia si fece avvolgere da quell’inebriante profumo. Senti le labbra del Dottore posarsi sulla sua fronte. Si stava calmando, dopotutto lui era lì, con lei, cosa sarebbe potuto accadere?
 
Il TARDIS iniziò a tremare e tutte le luci si spensero all’improvviso. Esperia si allontanò subito dal Dottore per vederlo in faccia, ma lui era perso a guardarsi in torno. Uno scossone più forte degli altri fece perdere l’equilibrio, già precario, della ragazza che cadde a terra picchiando la testa. La vista le si annebbiò lentamente e tutto quello che sentì prima di svenire fu il Dottore, che inginocchiato accanto a lei, cercava di tenerla sveglia gridando il suo nome con un velo di disperazione nel suo tono.
 
-Non ho ancora capito- dice la bambina con voce tremante:- Sei proprio ottusa eh? Ora te lo rispiego! Questa è una casetta demoniaca, chiunque finisce nella casetta e si chiude nel bugigattolo tenebroso viene intrappolato per sempre, se chiudi la porticina e poi la riapri ti troverai in un'altra casetta demoniaca, in un altro luogo, in un altro mondo , in un altro universo. Se esci dalla casetta non sai cosa trovi, se resti dentro sopravvivi di sicuro, qui il tempo non passa, non avrai fame o sete, non morirai, non crescerai, rimani solo…tu.-
-Perché voi non uscite da qui allora?-
-Sei matta? Ci sono solo 4 possibilità se esci dalla casetta: Paradiso, Inferno, Purgatorio, e Infinito.-
-Cosa vuol dire?-
-Se esci e trovi un Paradiso, ti ritrovi nei posti più belli degli interi universi, se esci e trovi un Purgatorio vuol dire che sei nel tuo mondo, ma magari in un altro luogo, se esci e trovi un Inferno ti trovi in posti brutti e lontanissimi da casa tua, ma se esci e trovi l’Infinito…beh sarai perso per sempre nel vuoto più assoluto, ma il tempo continuerà a scorrere, inizierai ad avere fame e sete e non potrai soddisfarti, ma nonostante tutto non morirai mai.-
L’altrò bambino aggiunse:- Hai capito allora? Non vale la pena rischiare non credi?-



 

 

Bonjour miei adoratri! Come si dice, meglio tardi(s) che mai giusto?? Mi scuso davvero, non userò scuse come "non ho avuto tempo" perchè non è vero, la verità e che non ho avuto voglia di elaborare il nuovo capitolo, ma oggi sono tornata da scuola e mi sono subito seduta al computer giurando che finchè non avessi concluso il capitolo non mi sarei alzata, quindi eccolo qui: scritto impulsivamente, ma scritto. E poi impulsivo non è sempre sinonimo di brutto...ma questo lo lascio decidere a voi eh? So che non è una grande svolta nella trama, ma è pur sempre qualcosa no?Fatemi sapere!! Ciao baci <3<3

 

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Capitolo 15
*** AVVISO ***


Buongiorno miei cari lettori!<3

Sono le ore 4:44 di notte e non riesco a dormire per il troppo caldo quindi volevo leggere un po', peccato che il mio libro di shadowhunters sia al piano di sotto e che io non abbia voglia di scendere dal letto ahahah:,D Beh in alternativa al libro mi sono messa a rileggere un po' le mie storie e riguardando il capitolo sul Dream's Lord beh...non sono molto soddisfatta e non ho tempo di riscriverlo ora dalcellulare quindi...l'ho eliminato!Non credo sia un problema dato che comunque non aveva avuto molto successo...in ogni caso tornerà prossimamente completamente riformulato sperando che esca un po' meglio di prima! 

Scusate ancora!Buonanotte<3

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Capitolo 16
*** The Dream's Lord ***


"THE DREAMS'S LORD"

Il Dottore aprì gli occhi, era sdraiato nel suo letto con il lenzuolo che lo copriva per metà lasciando scoperta il ventre piatto. Il suo petto si alzava e si abbassava a ritmo dei suoi due cuori, il respiro era pacifico e regolare. Aveva un braccio disteso e sentì le sue dita intrecciate a quelle di Esperia, le sue mani erano morbide e vellutate al contrario delle sue, ruvide e piene di cicatrici con le unghie sporche, a ricordargli ciò che era e ciò che aveva passato. Lui era vecchio, quasi antico, un ombra ambulante che rimbalzava tra il tempo e lo spazio lasciando una scia di distruzione, molte volte. Esperia invece era l’esatto opposto, così bella, così delicata, come un fiore, uno di quelli così belli che anche se vorresti coglierlo e portarlo con te per sempre, non lo fai perchè sai che non potresti che rovinarlo, sprecando così tutta la sua bellezza. La guardò, era rannicchiata sul materasso con un espressione pacifica dipinta sul viso, sembrava una bambina, un braccio piegato, disteso sul materasso e la testa delicatamente appoggiata al braccio del Dottore. I suoi capelli mossi che ricadevano morbidamente sul cuscino, così lunghi da arrivare a solleticare il viso del Dottore, creavano un  alone scuro sul cuscino intorno a loro. Emanavano un intenso profumo. Il Dottore sciolse l’intreccio di dita cercando di non svegliare Esperia che fece una smorfia e si mise entrambe le mani sotto la testa. Provò a toccare i suoi capelli…erano bagnati. E lì iniziò a ricordare tutto, momento dopo momento, sembrava uno di quegli orribili filmini sull’inquinamento o sulle malattie o sulle catastrofi naturali che servono a farti prendere coscienza della situazione. Un’immagine dopo l’altra scorreva nella sua mente, come un’ enorme segnale di pericolo con scritto: DOTTORE  SVEGLIA! E capì. Si tirò a sedere bruscamente, sapendo già che le luci del TARDIS avrebbero iniziato a vibrare e a spegnersi ad intermittenza. Era quello il  motivo per cui si era alzato ed era andato a controllare la console le volte precedenti. Il suo petto aveva preso a ondeggiare freneticamente, si stava agitando e nell’alzarsi non si era accorto di aver svegliato Esperia:- Dottore?-
Non rispose. Nella sua mente stavano vorticando pensieri, considerazioni e possibilità. Si passò una mano nei capelli scompigliati, percorrendo avanti e indietro una piccola parte di spazio. La ragazza gli si parò davanti obbligandolo a fermarsi, chiedendogli che cosa stesse succedendo, ma lo sguardo di lui era rivolto al pavimento e sembrava non sentirla:- Dottore.- disse con  tono determinato, e finalmente riuscì ad avere l’attenzione dei suoi occhi color nocciola, solitamente bellissimi, ma che adesso erano scuri, impenetrabili e nascondevano un velo di agitazione, forse anche un lampo di rabbia:- Che cosa sta succedendo?- In pochi, interminabili secondi, quello sguardo così insostenibile le disse tutto ciò che doveva sapere, e iniziò a rendersi conto di quello che stava accadendo. Si toccò i capelli umidi  senza distogliere lo sguardo:- Niente di buono.- rispose lui. 
Senza perdere altro tempo Esperia raccolse i vestiti che aveva lasciato ai piedi del letto la notte precedente e seguì il Dottore che  stava correndo nella sala controllo.
-Perché stiamo rivivendo questi momenti Dottore? -
- Perché qualcuno vuole che sia così.-
Arrivarono davanti alla console, il Dottore accese un monitor che emanava una forte luce bianca che gli illuminava  il viso, sottolineandone i lineamenti perfetti. Ora che Esperia si era resa conto della situazione, ricordava tutto, e vedendolo lì, bellissimo, dovette resistere all’impulso di chiedergli perché l’aveva respinta e poi ribaciata nel giro di cinque secondi, se pensava davvero che non era ciò di cui avevano bisogno. Il display si spense di colpo, le ombre sul viso del Dottore scomparvero e lei fece appena in tempo a distogliere lo sguardo prima che lui la vedesse mentre lo fissava imbambolata. Il Dottore estrasse il cacciavite sonico dalla tasca dei pantaloni, non portava il suo solito completo con tanto di trench, aveva solo i pantaloni della sua tenuta classica, e in più una maglietta bianca che di solito teneva ben nascosta sotto giacca e camicia.:- Cosa stai cercando Dottore?- chiese riferendosi alla punta blu accesa dell’aggeggio, puntata verso l’alto, che stava facendo girare sul perimetro della stanza.
-Non cosa, ma CHI- disse, quasi urlando l’ultima parola, mentre con una mezza giravolta si rivolse alla scalinata del TARDIS:- Allora? Forza vieni fuori! E’ da maleducati non presentarsi!- gridò al nulla. Esperia lo guardò con uno sguardo a metà tra il divertito e il preoccupato, che diventò un’espressione di pura sorpresa non appena una sagoma dalle forme umane si materializzava sui gradini di fronte a loro. Era un uomo, anziano e dalla corporatura generosa, con un’espressione gelida dipinta sul volto:-Ciao Dottore.-
-Ciao.-
Il viso del Dottore era rigido e non esprimeva nessuna emozione,Esperia vedendolo così ebbe un brivido di gelo attraverso la spina dorsale. I suoi occhi mandavano fulmini di rabbia e quando aprì la bocca la ragazza ebbe il timore che stesse per rimettersi ad urlare ma la sua voce invece usci quieta e morbida, ma pur sempre molto cupa:- Esperia, lui è il signore dei sogni, un illusionista da quattro soldi…-
Stava per aggiungere altro ma fu interrotto:- Io manipolo la realtà e ne creo di nuove, entro nella mente delle persone e modifico i loro ricordi e le loro percezioni fin che non sono più in grado di distinguere ciò che è un sogno da ciò che è reale, li manipolo sin quando i loro piccoli insulsi cervelli non perdono il controllo e li conduco alla pazzia, dopo di che gli offro una scelta. Gli offro di scegliere la loro realtà.-
-E se sfortunatamente scelgono quella sbagliata fai in modo che muoiano in modi atroci.-
-Oh certo, se la metti in questo modo sembro proprio un cattivone, ma tu sai bene chi è quello cattivo tra i due, vero Dottore? O forse non ricordi quello che è successo durante la Guerra del…-
-ZITTO! Non dire un’altra parola o GIURO che ti estinguerò da questo e da tutti gli universi esistenti, in tutti i tempi passati e futuri in modo che mai nessuno potrà ricordare l’esistenza di un essere tanto crudele e disgustoso.- ora i suoi occhi erano fiammeggianti e i suoi denti stretti, le parole gli uscivano come sibili inquietanti. Si era avvicinato al Signore dei Sogni e sembrava sul punto di aggredirlo, in tutta risposta l’altro aveva un espressione totalmente indifferente, anzi quasi divertita:- Come mai tutta questa rabbia Dottore? E’ forse perché sono entrato nel tuo TARDIS senza permesso? O perché  sono riuscito a manipolarti e tu ci sei cascato in pieno?-. Lo sguardo del Signore dei Sogni scivolò su Esperia per la prima volta, come se prima fosse stata invisibile prima. La squadrò dall’alto in basso, la ragazza era impassibile:- Oh, capisco.- disse dopo averla fissata qualche altro secondo:-E’ per lei. Sai mamma Orsa, pensavo che dopo tutte le tue “esperienze passate” avessi smesso di adottare dei cuccioli da proteggere. Ma non hai ancora imparato vero? Il senso di solitudine è troppo forte per non prendere qualcuno con te, sei così egoista! Mettere a rischio la vita di una così bella ragazza, solo perché sei completamente solo! Non è affatto carino.- Esperia si sentì avvampare, dalla rabbia, non sapeva se era dovuta più al fatto che stesse insultando il Dottore, o più per quello che aveva detto: tutte le esperienze passate? A cosa si stava riferendo? L’uomo tornò a guardare il Dottore, che non sembrava essere scosso da nulla di quello che diceva, ma Esperia giurò di averlo visto percorso da un lieve tremore, tanto impercettibile da spingerla a chiedersi se non se lo fosse immaginato:
- Perché sei qui?- disse il Dottore con il tono più calmo che riuscì a mantenere:
- Sono qui perché voglio sfidarti-
-Invito declinato, grazie lo stesso, e ora esci IMMEDIATAMENTE di qui.- le ultime parole gli uscirono cariche di rabbia. Il Signore dei Sogni si voltò lentamente verso Esperia, che stava in piedi rigida, si sentiva un pezzo di ghiaccio ed era percorsa da un senso di nausea ogni volta che l’uomo la guardava:- Ma io non ho detto che avresti dovuto scegliere tu, Dottore.- schioccò le dita e il Dottore ebbe un fremito. Si piegò in due, con n movimento orribile, innaturale, come un tubo di metallo che viene attorcigliato, un urlo atroce gli uscì da in fondo alla gola, mentre si accasciava sul pavimento freddo in preda a spasmi e convulsioni. Esperia gli si precipitò accanto:- Dottore? Dottore? Va tutto bene?- lui si stava stropicciando la maglietta, come se lo stesse corrodendo, i pugni serrati intorno al tessuto leggero, le nocche bianche e il visto pallido, privato di ogni traccia di colore. Con un altro grido straziante spinse via la ragazza e si gettò all’indietro allungando le braccia per cercare di aggrapparsi alla console. Esperia si senti bruciare lo stomaco, la bile aveva cominciato a ribollirgli tutto ad un tratto, la rabbia stava montando attraverso i suoi polmoni:- Che gli hai fatto bastardo!?-
-Opopop tesoro, non c’è bisogno di essere così scurrili, io non sto facendo proprio niente, non gli farebbe così male se non opponesse resistenza.-
-E cosa gli succede se smette di resistere?-
-Beh, morirebbe.-
-Lascialo in pace brutto stronz…-
-Un po’ di contegno! Un visino dolce come il tuo non dovrebbe conoscere certe parole!-
Lo fulminò con lo sguardo, ma ciò non sembrò fare altro che divertirlo:
-Oh zuccherino, non guardarmi così, in fondo, sei tu che stai prolungando questa tortura. Dimmi di sì e  smetterà di soffrire.-
-E cosa succede se dico di sì?-
-Inizia il gioco.-
Il viso dell’uomo era maligno, furbo e divertito.
La ragazza si stava facendo prendere dal panico, guardò il Dottore, a terra, ancora straziato dai dolori e i loro sguardi si incrociarono. Sapeva benissimo cosa stava cercando di dirgli: Non farlo.
La ragazza fece un respiro profondo e poi si voltò a guardare il Signore dei Sogni:- Se ti piacciono così tanto i sogni allora…buonanotte!-
Esperia corse verso l’uomo, era molto veloce per essere così esile, ma nei suoi occhi si leggeva chiaramente una grinta improvvisa. A poco meno di un metro da lui alzò la gamba destra e con un forte slancio ci piazzò un calcio dritto sulla mandibola, si sentì un suono sgradevole, come un bastoncino secco che viene spezzato. Il signore dei Sogni barcollò all’indietro, inciampò sul primo gradino della scala alle sue spalle e cadde. Il gradino, di metallo spigoloso, gli aprì una ferita sul cranio, l’uomo sbiancò, poi i suoi occhi si chiusero, i muscoli si rilassarono facendo ricadere mollemente le braccia sulle scalette. Esperia, stupida da sé stessa, restò immobile, mentre il Dottore , arrancando un po’ si avvicinò al corpo floscio dell’altro e lo esaminò con il cacciavite sonico:- E’ svenuto- annunciò con un filo di voce, ancora molto pallido in viso:- Ma questo..- aggiunse puntando la lucina blu sulla fronte di quello:- Lo terrà a cuccia il tempo necessario per raggiungere il buco nero più vicino, e buttarcelo dentro.- concluse soddisfatto.
 
Il Dottore emise un gemito quando, nel tentativo di appoggiarsi al muro la sua spalla fece un movimento equivoco. Esperia gli era seduta accanto e stava cercando di aiutarlo a trovare una posizione che non gli provocasse fitte lancinanti:- Dove hai imparato a tirare dei calci così?- le chiese lui. Esperia rise sommessamente:- Quattro annidi karate e due di autodifesa.-
-Niente male per una ragazza.-
-Lo so.- disse in tono altezzoso.
Il Dottore rise, ma questo gli provocò una brutta fitta di dolore alle costole. Gli sfuggì un urlo strozzato che cercò di rimangiarsi, ma poi il dolore svanì, sostituito da una forte pulsazione alle tempie, ad un tratto i suoi cuori battevano così forte che non sentiva nessun altro rumore,anche la vista gli si annebbio pian piano e tutto diventò nero.
Esperia continuava a chiamarlo, a gridare il suo nome, ma il Dottore non apriva gli occhi. Le sue palpebre erano crollate all’improvviso senza alcun apparente motivo:- Dottore? Dottore?! Dottore svegliati! Ma che ti prende!? Cosa ti è successo?!- Tutti i peggiori scenari fecero capolino nei pensieri della ragazza, presa dal panico e dalla disperazione. Pian piano anche la sua vista si annebbiò senti il respiro diventare faticoso , si sdraiò a faccia in giù, cercando di riprendersi, ma ormai aveva quasi perso del tutto i sensi. Una voce cupa risuonò alle sue spalle:
-Pensavate davvero che sarebbe stato così facile? Non avreste dovuto abbassare la guardia.- 




Ciao a tutti! Quanto è passato? Mi sembra un secolo! E per questo mi scuso infinitamente! Il problema è che vabbè l'estate, le vacanze e blablabla ma boh, mi sono parecchio demotivata in questo periodo, all'inizio avevo un sacco di lettori, e anche di recensioni, insomma sono partita parecchio bene e mi sentivo spronata a scrivere ancora, ma adesso è tutto crollato, non recensite più, ho la metà dei lettori di prima e io sto leggendo e rileggendo in cerca di cosa c'è che non va, che possa aver allontanato i miei lettori... Quindi vi prego, vi supplico, vi straimploro...Lasciatemi una recensione, che vi costa? Non voglio complimenti, lodi o altro, sto cercando delle critiche, vorrei tanto sapere cosa vi spinge a non leggere più! Per favore, ho davvero tanto bisogno di voi!
Tanto amore per quellli che ancora mi seguono <3 Ciao ciao! <3 

 

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