Spotlights

di jas_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 9 10 11 12 13 14 15 ***



Capitolo 1
*** 1 ***







 
 
1
 
 
 
Sei felice?
No
Troppo netto.

Poco credibile.
Wynne si portò la matita alle labbra e cominciò a mordere la sua estremità fino a quando si rese conto che non era sua. L’allontanò dalla bocca e si affrettò a scrivere “abbastanza”.
Cosa devi fare tra due ore?
Wynne aggrottò le sopracciglia: ma che razza di domande erano? Inarcò le sopracciglia mentre osservava le altre domande alle quali avrebbe dovuto rispondere prima di iniziare quel benedetto trattamento di bellezza al quale era stata costretta a sottoporsi.
Sua madre gliel’aveva regalato per il suo compleanno… Di un anno prima. In quasi 365 giorni non aveva trovato il tempo (e la voglia) di andare in quella spa e “trovare la pace dei sensi”, come affermava il dépliant appoggiato sul tavolino.
Scosse la testa e tornò al questionario. Cosa doveva fare dopo?
Studiare per gli esami, aggiornare il mio blog, provare i nuovi rossetti di Mac…
Wynne si portò una mano sulla fronte e scosse la testa. Quel trattamento doveva essere una specie di antistress, o almeno questo era quello che ricordava le avesse detto sua madre, un anno prima. “Sei pallida tesoro, tutto bene con la scuola? Mi sembri molto stressata, questo ti farà bene”. Meno stressata sembrava, meno sarebbe durata quella tortura. Che poi “stress” era un’esagerazione, sua madre era sempre stata troppo apprensiva, quale studente universitaria sotto esami non era stressata? Eppure c’era qualcos’altro che sembrava fluttuare nella sua mente ma che non riusciva a focalizzare. Quella lista di cose da fare che si era affrettata a cancellare non era completa, doveva fare qualcos’altro oltre che provare i nuovi rossetti di Mac…
«Cazzo!» esclamò Wynne appoggiando con violenza la matita sul foglio del test.
Stephanie alzò lo sguardo dall’agenda degli appuntamenti. «Tutto bene tesoro?» domandò.
Wynne annuì, affrettandosi a completare con poco interesse il resto delle domande.
Lou. Doveva essere da Lou alle quattro per posare come modella per il suo nuovo libro. Se n’era completamente dimenticata.
Si alzò dal divanetto e si avvicinò a Stephanie porgendole il foglio del test. «Possiamo iniziare?» domandò, fingendosi entusiasta del regalo di sua madre.
La donna annuì, le fece strada verso gli spogliatoi mentre leggeva le sue risposte.
«Allora non hai niente da fare dopo la seduta?» domandò, mentre le porgeva un accappatoio e delle ciabattine di carta che avrebbe dovuto indossare.
Wynne scosse la testa. «Niente. Sono perfettamente rilassata quindi direi che i massaggi e quant’altro possono durare anche un’ora. Tu che dici?»
Stephanie scosse la testa. «Spogliati e indossa questi. Lascia nell’armadietto cellulari, iPod, iPad e qualunque altra diavoleria elettronica che voi giovani utilizzate. Dalle due e mezza alle quattro e mezza devi estraniarti dal mondo esterno.»
Wynne annuì, aspettò che la donna fosse uscita per prendere il cellulare e scrivere a Lou per avvertirla del suo ritardo. Si cambiò come richiesto e prima di uscire impostò sul telefonino la modalità vibrazione e lo nascose all’interno delle mutande.
«Che schifo» mormorò mentre camminava lentamente verso la camera in cui Stephanie l’aspettava.
«Mettiti a pancia in giù, inizieremo con un massaggio ai piedi, immagino che tu stia molto in movimento, magari su dei scomodi tacchi…»
Wynne si limitò ad annuire nonostante quella non fosse l’esatta verità. A parte le rare corse mattutine che s’imponeva di fare, più che stare seduta dietro un banco a lezione o in biblioteca quando doveva studiare, non faceva molto. Le ore più movimentate erano probabilmente quelle in cui curava Lux quando Lou non aveva proprio nessun’altro a cui affidare sua figlia. Si chiese cosa le avesse detto sua madre quando le aveva preso l’appuntamento. Forse Stephanie pensava che fosse una donna in carriera che lavorava in un prestigioso ufficio della City, sarebbe stato imbarazzante confessarle che in realtà era soltanto una studentessa alla University of the Arts di Londra.
«Sì, è massacrante la cosa. Quando arrivo a casa la sera devo farmi dei lunghi bagni in acqua tiepida per scaricare la tensione accumulata…» inventò Wynne mentre sentiva le mani calde e delicate di Stephanie cominciare a massaggiarle la pianta del piede.
Cercando di evitare movimenti bruschi abbassò la mano destra verso le mutande, scostò leggermente l’elastico fino a quando non sentì la custodia gommosa del suo iPhone. Estrasse il telefono e non appena se lo portò sotto il viso, stando attenta a non farsi vedere da Stephanie concentrata nel suo lavoro, lo schermo s’illuminò.
Wynne aprì il messaggio prima che il cellulare prendesse a vibrare.
“Quattro e mezza, non più tardi! L.”
“Sarò puntuale, a dopo :) W.”
Wynne inviò il messaggio e bloccò il telefono che emise un rumore inaspettato.
Stephanie arrestò il suo lavoro all’istante.
«Che cos’era?» domandò.
Wynne si guardò in giro confusa. «Che cos’era, che cosa?»
«Quel rumore.»
Stephanie si allontanò dal lettino e si avvicinò al viso di Wynne che si affrettò a nascondere il telefono sotto la sua pancia.
«Non avrai qualche aggeggio elettronico con te, vero?» domandò Stephanie, mettendosi a braccia conserte.
«Certo che no! Probabilmente si è sentito il mio telefono suonare dallo spogliatoio, mi sarò dimenticata di mettere il silenzioso.»
La donna osservò Wynne per istanti che alla ragazza parvero infiniti, quando stava per tornare alla sua postazione il telefono prese a vibrare.
Wynne improvvisò un attacco di tosse cercando di non muoversi a causa del solletico che la vibrazione del telefono le causava.
«Mi stai nascondendo qualcosa?» chiese Stephanie, sempre più irritata.
«Certo che no!» squittì Wynne mordendosi il labbro per non scoppiare a ridere. Perché quel dannato telefono non la smetteva di vibrare? Probabilmente qualcuno la stava chiamando.
«Alzati» le ordinò Stephanie.
«Ma il massaggio! Non vorrai interrompere la terapia così su due piedi!»
«Al-za-ti.»
La dolce e gentile Stephanie nel giro di pochi secondi si era trasformata in un agente della Gestapo, Wynne obbedì in silenzio. Anche se l’avesse scoperta che male c’era? Lei, o meglio, sua madre, aveva pagato per quella seduta e cellulare o meno, sarebbe stata conclusa. Perché Stephanie la prendeva tanto sul personale?
«Avevo detto niente aggeggi elettronici!» gridò la donna, osservando l’iPhone nero che sembrava risaltare particolarmente sul lettino bianco.
«Era un’urgenza! Dovevo avvertire una persona del mio ritardo! Ho un appuntamento alle quattro!» si difese Wynne.
«Ma se hai scritto sul test che eri libera!»
Il viso di Stephanie divenne rosso come un peperone e Wynne si aspettava che da un momento all’altro scoppiasse.
«Ho mentito, okay?! Non capisco perché volete sapere tutto della mia vita! Io voglio soltanto delle sopracciglia curate e lo smalto sulle unghie! Non creiamo problemi inutili!»
Ci fu un attimo di silenzio nel quale il telefono di Wynne riprese a vibrare, la ragazza guardò Stephanie che la osservava dura prima di allungare la mano e leggere il messaggio che aveva ricevuto.
“Ti ho chiamata ma probabilmente sei impegnata. Volevo soltanto chiederti se domani sera puoi curare Lux perché sarò impegnata in un evento. Te l’avrei chiesto dopo ma non so a chi altro rivolgermi e volevo dirtelo prima che prendessi altri impegni! xx L.”
Wynne rispose che non c’era problema, ignorando lo sguardo sempre più infuriato di Stephanie. Si rimise il telefono nelle mutande con disinvoltura prima di riportare l’attenzione sulla donna.
«Cosa facciamo ora?»
 
 
 
Wynne si ritrovò a correre con lo smalto a malapena asciutto e il viso completamente struccato verso l’indirizzo che Lou le aveva comunicato la sera prima. Non appena comunicò al portinaio del palazzo al quale era arrivata chi fosse, questo si affrettò a spingerla all’interno di un ascensore e cliccare un bottone che lei non vide. Prima che le porte si chiudessero l’uomo uscì dall’abitacolo e Wynne si ritrovò a salire da sola verso chissà quale piano. Ancora non sapeva perché avesse accettato la proposta di sua cugina visto che lei avrebbe sempre voluto rimanere dietro l’obbiettivo, e non davanti. Il fatto è che si sentiva in debito nei suoi confronti, Lou era tutto quello che lei sarebbe voluta diventare: un lavoro stupendo a contatto con persone simpatiche e che ti offriva la possibilità di viaggiare. Da quando era diventata make up artist e parrucchiera dei One Direction, Lou aveva visto ogni angolo del globo: dal Giappone al Canada, Australia, Stati Uniti e ogni stato d’Europa. Ora stava per pubblicare il suo primo libro e aveva chiesto a lei, Wynne Teasdale, di posare come modella. Non le era nemmeno venuto in mente di rifiutare, sarebbe stata una buona pubblicità per lei, avrebbe sicuramente postato delle sue foto sul suo blog e gli iscritti sarebbero aumentati ulteriormente dall’ultima volta che Lou l’aveva pubblicizzata su Twitter facendo schizzare le visite alla sua pagina alle stelle.
I suoi pensieri furono interrotti dal suono dell’ascensore, le porte davanti a lei si aprirono e Wynne mosse alcuni passi all’interno dell’enorme stanza immersa nel caos. Persone con in mano pettini e pennelli camminavano avanti e indietro in preda all’ansia, modelle truccate alla perfezione chiacchieravano tra di loro e infondo alla sala, davanti ad una schiera di specchi, Wynne vide Lou intenta a spruzzare un po’ di lacca su una folta chioma bionda. Si avvicinò a passo svelto e prima che la chiamasse sua cugina alzò gli occhi dal suo lavoro sorridendole gentile.
«Wynne! Ce l’hai fatta allora!»
La ragazza annuì. «Scusa ancora per il ritardo ma sono dovuta andare a quel maledetto trattamento che mia mamma mi ha prenotato quasi un anno fa.»
«Non preoccuparti» la rassicurò Lou, «siediti lì e tra un attimo arrivo a prepararti.»
Wynne annuì, si tolse la giacca, appoggiò la borsa e si accomodò. Lanciò uno sguardo fugace alla ragazza seduta accanto a lei che leggeva una rivista, i bigodini in testa e il viso perfettamente truccato. Era bellissima e Wynne si chiese per l’ennesima volta perché Lou avesse voluto che anche lei fosse nel suo nuovo libro quando aveva centinaia di ragazze più adatte di lei disponibili. Quella fu la prima domanda che le porse quando la cugina cominciò a sistemarle i capelli.
«Perché di modelle se ne vedono ovunque, la maggior parte delle persone che leggeranno questo libro saranno ragazze normali, voglio che vedano persone nelle quali si rispecchiano in questo libro, non modelle.»
Wynne annuì mentre osservava nello specchio Lou piastrarle i capelli.
«Anche Gemma è una ragazza normale, si è appena laureata.»
Wynne si voltò verso la ragazza al suo fianco che aveva alzato la testa dalla rivista e le osservava, probabilmente essendosi sentita chiamata in causa. Lei non era una modella, era una ragazza normale come lei? Non l’avrebbe mai detto, anzi, alcuni secondi prima l’aveva scambiata, appunto, per una modella.
«Wynne, lei è Gemma Styles, la sorella di Harry. Non so se hai presente quello riccio dei One Direction.»
«La fama di mio fratello arriva sempre prima di me!» esclamò la ragazza mentre stringeva la mano di Wynne e «è un piacere conoscerti» diceva in tono gentile.
«Ho presente chi è…»
«Quello più cretino» osservò Gemma. Wynne l’avrebbe definito come il più bello ma capì che sarebbe stato meglio mantenere i suoi pensieri per sé.
Lou rise. «Poverino, si è anche offerto di tenermi Lux per il pomeriggio.»
«Riponi troppa fiducia in lui!»
Wynne si limitò ad ascoltare in silenzio mentre Lou le scostava i capelli perfettamente lisci dal viso per passare al trucco.
«Ho intenzione di lasciarti abbastanza naturale. Sarai una delle poche, sappilo» disse poi, cambiando completamente argomento.
Wynne annuì e Lou le fece l’occhiolino mentre spalmava un po’ di fondotinta sulla sua pelle chiara. «Voglio attirare l’attenzione sulle tue labbra che saranno di un bel rosso scuro, con la tua carnagione staranno da dio. Gli occhi saranno poco truccati.»
«Bene.»
Wynne si sentì leggermente sollevata. Nonostante le piacessero i trucchi, lo stile di Lou era troppo eccentrico per i suoi gusti e si sarebbe sentita a disagio con gli occhi e i capelli di un colore acceso come fucsia o blu elettrico.
In pochi minuti Wynne fu pronta.
«Non ho previsto abiti per te in quanto la foto sarà un primo piano scattato quasi di sorpresa. Ho in mente quest’idea da troppo e sono convinta che il tuo viso sia il più adatto per questa cosa.»
Lou le fece strada verso il set fotografico.
«Marc, lei è mia cugina Wynne, la modella di quella foto di cui ti avevo spiegato…»
L’uomo abbassò la macchina fotografica dal viso ed osservò Wynne per alcuni secondi.
«Certo» disse poi, e senza alcun avvertimento le scattò alcune foto sotto il suo sguardo confuso e quello divertito di Lou.
Osservò le foto e le mostrò alla bionda che batté le mani entusiasta.
«La luminosità e il contrasto verranno poi corretti dopo.»
«Perfette! Marc, sei un genio!»
Wynne osservò i due sempre più smarrita. Avevano già finito?
Qualcuno interruppe per un secondo l’entusiasmo di Lou che abbassò lo sguardo verso chi si era aggrappato alle sue gambe.
«Lux!» esclamò la donna prendendo in braccio la bambina. «Sei già di ritorno?»
La piccola annuì, spostando poi i suoi occhi azzurri prima su Marc e poi su Wynne che chiamò, ma la ragazza aveva la testa altrove e lo sguardo rivolto verso il ragazzo che stava parlando con Gemma.
 








 

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Capitolo 2
*** 2 ***





 
 
 
2
 
 
 
«Wynne!»
La ragazza si voltò di scatto verso Lux che la chiamava con impazienza. Le sorrise e la salutò con un bacio sulla guancia.
«Come stai?»
La bambina ignorò la domanda e mostrò con fierezza un piccolo orsacchiotto di peluche. «Guarda cosa mi ha preso lo zio Harry oggi!»
Wynne sorrise. «È bellissimo!» esclamò poi. «Come si chiama?»
«Ted. Come il 99% degli orsacchiotti di peluche esistenti sulla faccia della Terra.»
Non era stata Lux a rispondere, quella voce era palesemente maschile, roca e il modo di parlare era lento. Una caratteristica che colpì subito Wynne. La ragazza si voltò sorpresa verso il suo interlocutore e trovò due occhi grandi e verdi osservarla divertiti.
«Sono lo zio Harry» si presentò, senza nascondere l’ironia nella voce.
Wynne strinse la mano grande e pallida che il ragazzo le stava porgendo e si presentò a sua volta, pronunciando il suo nome con imbarazzo e un tono così basso che lei stessa fece fatica a sentirsi.
«Harry!» lo chiamò Lux con entusiasmo, sporgendo le braccia verso il ragazzo nonostante ci avesse passato tutto il pomeriggio insieme.
Lou lo salutò distrattamente e lo ringraziò per il suo aiuto, gli diede in braccio la bambina prima di scusarsi e tornare al lavoro.
«Sei la cugina di Lou, giusto?»
Wynne annuì. «Come fai a saperlo?»
Harry sorrise, incurante di Lux che si agitava tra le sue braccia e parlava con Ted. «Gemma» disse soltanto, indicando con un cenno della testa la sorella alla quale stavano togliendo i bigodini.
Wynne annuì, e la conversazione sarebbe caduta lì, arrivata ad un punto morto, se Lux non avesse cominciato a lamentarsi di avere fame.
«In effetti sono le sette passate» osservò Wynne, giustificandola.
Harry lanciò uno sguardo a Lou, indaffarata a preparare le ragazze, osservare gli scatti e dirigere il lavoro altrui. «Credo che qui ce ne sia ancora per molto» disse sovrappensiero.
«Ho fame» si lamentò di nuovo Lux.
Harry le sorrise. «Vado a parlare un attimo con la mamma, tu stai qui con Wynne?»
La bambina annuì, Harry la posò a terra e si avvicinò a Lou.
Wynne si ritrovò a fissarlo, le gambe magre strette in quei jeans fin troppo aderenti, e la giacca marrone che gli copriva le spalle larghe. Non era la prima volta che vedeva un personaggio così famoso da vicino ma era la prima volta in assoluto che questo si comportava con assoluta disinvoltura. Se non avesse saputo che lui era Harry Styles, lo avrebbe scambiato per un ventenne qualunque. I suoi modi di fare erano gentili e spontanei, a differenza dell’atteggiamento di superiorità che invece avevano certi personaggi che avevano persino meno successo di lui.
Wyne dovette distogliere lo sguardo quando lo vide tornare nella sua direzione.
«Lux, andiamo a mangiare e dopo ti porto a casa» disse Harry contento, mentre s’inginocchiava per aiutare la bambina ad indossare la giacca. Poi alzò lo sguardo verso Wynne che li guardava in silenzio. «Vieni anche tu con noi?»
La ragazza sussultò, presa alla sprovvista da quella domanda.
«Ecco, io…»
«Dai Wynne!» esclamò Lux guardandola con gli occhi dolci.
«Non so se ho finito qua…» borbottò in imbarazzo.
«Lou mi ha detto che avete fatto velocissimo e che ti hanno fatto alcuni scatti stupendi» disse Harry.
«Oh» mormorò soltanto Wynne, osservando il ragazzo che la guardava in attesa di una risposta.
Quella situazione era imbarazzante e inaspettata. Doveva studiare, aggiornare il suo blog, provare i nuovi rossetti e soprattutto andare a letto presto perché il giorno seguente era venerdì, giorno di pulizia, e lei si sarebbe dovuta alzare presto, tirare la sua coinquilina fuori dal letto e pulire pavimenti, cucina, bagno e salotto e in più trovare il tempo per studiare e fare la spesa. La proposta di Harry era arrivata nel momento più sbagliato, Wynne avrebbe dovuto rifiutare l’invito ed andarsene a casa eppure prima che lei stessa se ne fosse resa conto, dalle sue labbra era uscito un “okay” piuttosto entusiasta e che andava contro ogni ragionamento logico.
Harry le sorrise gentile. «Allora, dove andiamo?»
 
 
 
Non che Wynne si aspettasse di essere portata nel ristorante più chic di Londra, non voleva essere assalita dai paparazzi e ritrovarsi il giorno seguente sulla copertina di tutti i tabloid, sospettata di essere la nuova fiamma dello scapolo più ambito da tutte le ragazzine del Regno Unito e non solo. Era normale, però, che non si aspettasse di finire per mangiare un Big Mac in un anonimo Mc Donald's nella periferia di Londra. Le proteste di Lux durante il viaggio, tuttavia, erano state inarrestabili e l’unico modo per farla tranquillizzare era stato, ovviamente, accontentarla. Solo dopo aver dato il primo morso al suo cheeseburger si era placata, da allora non aveva più parlato se non per chiedere ad Harry, seduto accanto a lei, di aprirle il gioco che aveva trovato all’interno dell’Happy Meal.
«Probabilmente se avessi rifiutato l’invito, avresti sicuramente fatto un pasto più salutare e buono» osservò Harry, appoggiando le patatine avanzate da Lux sul suo vassoio e portandosene una alla bocca.
Wynne si strinse nelle spalle, non era il tipo di ragazza che si faceva problemi per che cosa mangiava visto che la maggior parte delle volte si ritrovava ad ordinare cibo d’asporto o a scongelare qualcosa nel microonde. E poi Harry era un ragazzo simpatico, e molto bello, aveva dovuto ammettere a se stessa. Aveva dei bei modi di fare e… Fascino. Se Wynne avesse dovuto descriverlo con una parola, era sicura che avrebbe scelto “affascinante”. Aveva uno stile poco adatto ad un ventenne eppure quei vestiti li portava come il migliore dei modelli, i capelli legati in un codino erano obiettivamente orribili eppure Wynne si rese conto che ad incorniciare quel viso stavano bene, così come quegli anelli sulle sue dita lunghe e magre.
Affascinante. Harry Styles era affascinante e Wynne aveva finalmente capito perché tutte le ragazze s’innamorassero di lui. Anche lei l’avrebbe fatto… Se avesse avuto quindici anni.
«Cosa fai nella vita, Wynne Teasdale?»
La voce del ragazzo interruppe i suoi pensieri, Wynne alzò lo sguardo incrociando quello cristallino di Harry. Non era ancora riuscita a definire il colore delle sue iridi. All’inizio le erano sembrate verdi ma con delle sfumature tendenti all’azzurro, mentre in quel momento erano di un verde scuro.
«Frequento l’università. Vorrei diventare una make-up artist» si affrettò a rispondere, sperando che Harry non si fosse accorto del suo attimo di distrazione.
«Hai deciso di seguire le orme di tua cugina?»
«Diciamo che abbiamo avuto lo stesso sogno. Lei fortunatamente è riuscita a realizzarlo.»
Harry rise, Wynne lo guardò confusa chiedendosi cosa ci fosse di tanto divertente nelle sue parole.
«Scusa, è che mi fa strano pensare che il sogno di Lou fosse avere a che fare con cinque scapestrati come noi.»
«Io lo definirei di più un bel lavoro, con uno stipendio che presumo sia piuttosto sostanzioso, la possibilità di viaggiare, pubblicare un libro, essere nel mondo dello spettacolo… Avere a che fare con voi è solo un minuscolo lato negativo, quasi trascurabile. Poi è da vedere fino a che punto è un lato negativo. Credo che qualunque vostra fan farebbe carte false per essere al posto di Lou Teasdale.»
Harry sorrise. «Forse hai ragione. Infondo sono un bel tipo, no?»
“Assolutamente” fu la prima riposta che le venne in mente ma: «Non ho abbastanza informazioni per rispondere alla tua domanda» fu quello che uscì dalle sue labbra prima di abbassare lo sguardo per finire la sua coca-cola.
«Non sei male, sai?» osservò Harry divertito.
Wynne aggrottò le sopracciglia confusa su come interpretare le sue parole. «Nemmeno tu sei male… Per essere una superstar.»
Harry scoppiò a ridere lasciando andare leggermente la testa indietro. «È questo quello che intendevo» aggiunse alzandosi dal divanetto. «Lux, andiamo?»
La bambina alzò gli occhi dai suoi giochi e sbadigliò, annuendo stanca.
Wynne indossò la sua giacca e buttò le carte nel cestino mentre Harry vestiva Lux. «È tardi, la mamma ci sgriderà» lo sentì dirle e sorrise nel ripensare alla giornata appena trascorsa.
Salì in macchina con un’euforia che non le apparteneva e una stanchezza che invece conosceva troppo bene.
«Lasciamo prima Lux a casa e poi porto te. Va bene?» domandò Harry accendendo l’auto.
«Non preoccuparti, posso prendere la metropolitana, abito vicino alla fermata.»
«Non se ne parla neanche! Ti accompagno io.»
Wynne si limitò ad annuire e ad appoggiare la testa sul finestrino. Sentiva le palpebre farsi sempre più pesanti e l’aria calda che usciva dai bocchettoni davanti a lei non faceva altro che conciliarle il sonno. Chiuse gli occhi solo per alcuni istanti, beandosi del caldo che le sfiorava la pelle, della musica di sottofondo e della guida tranquilla di Harry.
«Wynne?»
La ragazza si mosse leggermente cercando una posizione più comoda.
«Wynne, svegliati.»
Qualcuno le strattonò delicatamente la spalla e lei aprì gli occhi di scatto, confusa.
«Eh?» fu l’unica cosa che disse prima di incontrare il viso di Harry a pochi centimetri dal suo.
«Siamo arrivati a casa.»
«Ma…»
«Ho chiesto a Lou il tuo indirizzo quando le ho lasciato Lux. Dormivi come un angioletto e mi dispiaceva svegliarti.»
Wynne si stropicciò gli occhi ancora assopiti dal sonno e sbadigliò mentre si rimetteva composta e si slacciava la cintura.
«Mi dispiace. Sono stata di pessima compagnia.»
Harry scosse la testa e sorrise. «Ogni tanto parlavi, è stato bello sentirti mugugnare frasi senza senso.»
Wynne strabuzzò gli occhi. «Mi dispiace» fu l’unica cosa che riuscì a dire mentre sperava che dalle sue labbra non fosse uscito nulla di compromettente.
Harry le sorrise rassicurante. «Non preoccuparti, ho passato una piacevole serata.»
Wynne sentì dei brividi percorrerle la schiena nonostante il caldo che c’era in macchina e le guance bollenti. Sapeva che le parole di Harry erano sincere e prive di malizia, si ritrovò a sorridergli lusingata.
«Anch’io. Grazie per il passaggio e per la cena, sono stata bene.»
«Figurati.»
Wynne aprì la portiera dell’auto, pentendosene l’istante dopo che l’aria fredda entrò nell’abitacolo.
«Allora… Ci vediamo» disse, rendendosi conto che probabilmente Harry non l’avrebbe più rivisto se non in tv.
«Certo, a presto» fu la sua risposta, che suonava come un desiderio inespresso in quella fredda serata di fine novembre.
 





Ho apprezzato tantissimo le recensioni che mi avete lasciato nello scorso capitolo, non sapete quanto mi rende felice sapere che la mia idea per questa fan fiction vi stia piacendo così tanto e niente, è per questo che sono già qua ad aggiornare: non riuscivo più a resistere ahaha
Che dire? Harry e Wynne si conoscono, siamo ancora agli inizi ma come potete notare lui è un vero gentleman, un po' vanitoso forse. Beh, questo è l'Harry che m'immagino io, quello che penso sia davvero nella realtà anche se è tutto frutto della mia fantasia, ovviamente.
Ora che ho finito di scrivere Good old days potrò concentrarmi esclusivamente su questa storia che, se devo essere sincera, mi sta prendendo molto.
Fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo! Vi lascio sotto la foto dello scatto che sarebbe stato fatto a Wynne nello scorso capitolo ma svampita come sono ho dimenticato di inserirlo lì e quindi ve lo metto qua, un po' in ritardo ahaha
Alla prossima :)
Jas



 

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Capitolo 3
*** 3 ***






 
 
 
3
 
 
 
Wynne aveva i capelli spettinati, le palpebre pesanti, il trucco di Lou un po’ sbavato ma ancora sul viso. La sera precedente era entrata in casa, aveva salutato Deb con un cenno del capo e dopo aver troncato ogni sua possibile domanda sul nascere con un “ti racconto tutto domani” si era buttata sul letto di camera sua.
Il giorno successivo si era svegliata col rumore dell’aspirapolvere che le rimbombava nelle orecchie, non appena arrivata in salotto si era sorpresa nell’aver trovato il locale già perfettamente pulito, così come la cucina.
«Allora, chi tira fuori chi dal letto oggi?» domandò Deb mentre staccava la spina dell’aspirapolvere dalla presa della corrente e riavvolgeva il filo.
«Scusa» fu l’unica parola che uscì dalle labbra di Wynne mentre si dirigeva, trascinando i piedi, verso la brocca colma di caffè che i suoi occhi assonnati erano riusciti ad individuare.
«Sei ancora truccata? Fammi indovinare, ieri sera hai alzato un po’ troppo il gomito» insinuò Deb, seguendola in cucina.
«Ho cenato da Mc Donald.»
«Ma la vendono la birra lì...»
Wynne sorrise assonnata, non si sarebbe mai abituata agli atteggiamenti della sua coinquilina. «Non ho bevuto, ero soltanto stanca» spiegò cercando invano di reprimere uno sbadiglio.
 Nel sentire quelle parole il viso di Deb s’illuminò.
«È vero! Come è andato il servizio con tua cugina? Me n’ero dimenticata per un attimo. Hai conosciuto qualcuno di famoso?»
«È andato bene» disse Wynne sedendosi a tavola e cominciando a sorseggiare pigramente il suo caffè.
«Hai conosciuto qualcuno di famoso?» ripeté Deb, Wynne strinse le labbra in segno di disappunto. Sperava che la sua coinquilina si fosse dimenticata dell’ultima domanda alla quale lei non aveva risposto ma solo in quel momento si rese conto che sarebbe stato impossibile.
«Conosciuto è un parolone, direi più… Intravisto» mormorò Wynne, timorosa della piega che quella conversazione avrebbe potuto prendere.
Deb si dimenticò completamente delle pulizie e si sedette con trepidazione di fronte a Wynne che la guardava sconcertata. «Oddio chi? Non dirmi…»
«Harry Styles» l’interruppe Wynne.
L'urlo di Deb la fece risvegliare improvvisamente, sussultò spaventata e col braccio colpì leggermente la sua tazza, rovesciando un po’ di caffè sul tavolo appena pulito.
«Lo sapevo! Lo sapevo! Tua cugina è praticamente la sua migliore amica, figuriamoci se non c’era! Anzi, mi sorprendo che tu non l’abbia mai incontrato prima!» esclamò Deb estasiata.
«Sono sopravvissuta lo stesso» borbottò Wynne mentre si alzava per prendere una spugna e pulire il disastro che aveva fatto.
Se lei non aveva mai incontrato i One Direction non era un caso. Aveva sempre evitato con cura quell’ambiente per il semplice fatto che avrebbe voluto farcela da sola. Già non era facile portare lo stesso cognome della truccatrice dei One Direction che esce con Harry Styles anche quando non si è in tour, non voleva fare la figura dell’arrampicatrice sociale, raggiungere il successo solo grazie a dei pettegolezzi su di lei e qualcuno di famoso. Voleva meritarsi ogni singola parte di ciò che – sperava – avrebbe ottenuto. Sebbene avrebbe voluto lavorare dietro le quinte di servizi fotografici, set di video musicali e altro, odiava il mondo dello spettacolo: i pettegolezzi, l’assenza di privacy, le luci accecanti dei flash dei paparazzi. Lei avrebbe lavorato lontano da tutto ciò.
“Ma chi se la caga una make-up artist? Va’ a fare la modella” era stato il commento di Deb quando, il primo giorno di convivenza, avevano chiacchierato un po’ delle loro vite e dei loro sogni. Wynne le aveva spiegato che era proprio il non essere presa in considerazione dal mondo intero che le piaceva, voleva il successo a modo suo, senza essere accecata dalle luci della ribalta.
Fu la parlantina inarrestabile di Deb a riportarla alla realtà: «Ma dimmi, te la sei fatta una foto insieme? Un autografo? E com’è dal vivo? È così alto? Ma poi ce li ha davvero tutti quei brufoli? E la barba? E il suo profumo com’è? Secondo me lui non è il tipo da One Million di Paco Rabanne, sembra più un Acqua di Giò. A lui si addice un profumo leggero e delicato, non di quelli che lasciano la scia.»
Wynne dovette sforzarsi di non interromperla a metà del discorso per dirle che non era ancora pronta a subire i suoi monologhi, invece si limitò a liquidare il suo interrogatorio con un “l’ho visto solo di sfuggita, te l’ho detto”.
Lo sguardo di Deb si spense all’istante, Wynne si sentì in colpa soltanto per un attimo.
Voleva bene alla sua coinquilina – soprattutto quando le faceva trovare la cena pronta – ma non voleva rivelarle della sua uscita con Harry né tantomeno del fatto che la sera prima l’avesse riaccompagnata lui a casa. Avrebbe alimentato inutilmente le sue speranze visto che era certa che quel ragazzo non l’avrebbe più rivisto. Inoltre, non ci sarebbe stato niente di male nell’omettere quelle poche ore, se ne sarebbe dimenticata anche lei presto nonostante, doveva ammetterlo, era stata davvero bene con lui.
Wynne finì il caffè e si alzò per posare la tazza nel lavandino. «Grazie per aver fatto praticamente tutto te oggi» disse poi a Deb che, delusa, era passata a pulire il pavimento del salotto.
«Terrò il bonus per quando sarò io a tornare a casa distrutta, la sera prima» rispose lei accennando un sorriso un po’ sforzato.
 
 
 
Wynne prese in mano l’ultimo rossetto che avrebbe dovuto provare ed abbassò leggermente il volume della televisione. Lux dormiva già da venti minuti, lei non aveva idea di che cartone fossero finite per guardare ma non le piaceva stare nel silenzio e quel sottofondo allegro le stava facendo compagnia.
Alzò leggermente lo specchietto e cominciò a mettersi con precisione il rossetto rosa pallido. Non aveva nemmeno finito di delineare il bordo del labbro inferiore quando qualcuno suonò alla porta. Wynne alzò gli occhi al cielo chiedendosi chi fosse proprio in quel momento ma soprattutto quella sera, quando i padroni di casa non c’erano. Appoggiò il rossetto sul tavolino, non facendo caso a cos’avrebbe pensato chi aveva suonato nel vederla con un labbro mezzo colorato.
Aprì la porta senza nemmeno disturbarsi nel chiedere chi fosse e si pentì di non essere prima andata in bagno a darsi una sistemata quando riconobbe quei ricci quella sera tirati indietro con una bandana e quel sorriso sempre gentile.
«Oh» disse sorpresa, senza preoccuparsi di cosa Harry avrebbe pensato con un’accoglienza del genere.
«Ciao.»
«Lou è ad un evento – al quale pensavo foste invitati anche voi in realtà» aggiunse un po’ più sottovoce.
«Oh no, niente relazioni pubbliche prima del tour promozionale in Europa» spiegò Harry nascondendo le mani nelle tasche della giacca.
Wynne si dondolò da un piede all’altro. «Interessante…» mormorò con tono distaccato.
«Posso entrare?» domandò il riccio senza il minimo accenno di imbarazzo nonostante la situazione strana che lui stesso aveva creato.
Il problema era che, quando la sera precedente aveva guardato Wynne rientrare in casa, si era reso conto che avrebbe voluto rivedere quella ragazza. Non si conoscevano per niente eppure in quelle poche ore trascorse insieme, si era sentito rilassato e considerato un ragazzo qualunque, non Harry Styles membro dei One Direction. Voleva riprovare quella sensazione di spensieratezza e tranquillità, per farlo aveva dovuto spiegare la situazione a Lou ma quando lei, con nonchalance, gli aveva detto che quella sera sarebbe stata a casa sua a curare Lux, Harry aveva colto la palla al balzo.
L’imbarazzo l’aveva dovuto mettere da parte quando aveva impugnato un microfono e cantato davanti a milioni di persone.
«Beh…» Wynne si passò una mano tra i capelli pensando attentamente alla richiesta del ragazzo. «Perché sei qua?» domandò poi, senza preoccuparsi di risultare maleducata e poco ospitale.
Harry sorrise, lo sguardo di chi la sapeva lunga, di chi non si vergognava di dire ciò che pensava e manifestare ciò che provava.
«Può darsi che Lou mi abbia casualmente detto che tu stasera saresti stata a casa sua da sola a curare Lux. Dal silenzio che sembra esserci, presumo dorma.»
«Harry, la star di fama mondiale, che spreca una sua serata per fare compagnia ad una ragazza normale come me, che onore!» esclamò teatralmente Wynne facendo strada ad Harry all’interno di quella casa che lui conosceva bene.
«Ti ricordo che è la seconda serata che “spreco” con te, altro che onore!» ribatté il riccio mentre si toglieva la giacca e l’appoggiava sulla poltrona.
Indossava un maglione beige dal cui scollo spuntava il bavero di una camicia rossa e i soliti jeans neri che, nonostante Wynne non fosse una fan dei One Direction, glieli aveva scovati indosso in ogni sua singola foto che aveva visto. Si era chiesta più volte perché, con tutti i soldi che aveva, non si comprava qualche paio di jeans in più, poi però aveva sempre lasciato stare quei pensieri perché a lei alla fine non avrebbe fatto alcuna differenza.
Wynne guardò Harry avvicinarsi e sedersi sul divano.
«Infatti continuo a non capire perché tu sia qua…» bofonchiò poi soprappensiero, ma lui la ignorò, troppo preso a guardare il computer che lei aveva lasciato acceso sul tavolino.
«Una fashion blogger! Ora si spiega il tuo rossetto ridicolo…» rise Harry, prendendo in mano il telefono e aprendo l’app di Twitter.
«Che fai?» domandò allarmata Wynne, pulendosi le labbra con una mano, ma Harry non le rispose fino a quando non ebbe twittato qualcosa che lei non riuscì a leggere.
«Niente, ti faccio un po’ di pubblicità. Avere 19 milioni di followers ogni tanto è utile.»
Wynne sospirò e si lasciò andare sul divano. «No…» bofonchiò, un misto tra l’irritato e il rassegnato.
Lanciò poi uno sguardo alla pagina delle interazioni che aveva lasciato aperta ed osservò in silenzio le notifiche che la avvertivano di nuovi utenti che la seguivano e gente sconosciuta che la menzionava.
«Se vuoi cancello ciò che ho scritto… Non capisco la tua frustrazione» ammise Harry.
Wynne scosse la testa liquidando la conversazione con un “niente, lascia perdere…” e chiudendo con un rumore secco lo schermo del suo portatile.
Harry non rispose, confuso dalla sua reazione ma senza il coraggio di chiederle il perché di quell’atteggiamento. Sorrise quando notò il trucco sbavato sul viso di Wynne.
«E ora che c’è?» borbottò lei irritata, accorgendosi dell’espressione di Harry.
Lui non rispose, si limitò ad accentuare ulteriormente le sue fossette ed avvicinarsi a lei. Poté leggere chiaramente negli occhi di Wynne la sua confusione mista a un po’ di paura quando lo vide a una spanna dal suo naso.
«Ti sei conciata peggio di prima» disse lui a voce bassa, senza prestare attenzione al suo sguardo.
Si limitò ad osservare le labbra colorate di Wynne e cercò di riparare al danno sfregandoci il suo pollice sopra.
«Sembra pittura indelebile» si lamentò di fronte ai suoi scarsi risultati. Si portò il dito alle labbra e lo bagnò con un po’ della sua saliva prima di riprendere il suo lavoro.
Wynne strabuzzò gli occhi sorpresa da quel gesto, a Harry non sfuggì la sua reazione.
«Non dirmi che hai schifo…» disse divertito senza tuttavia smettere.
«No, non è quello» si affrettò a chiarire lei, in preda ad un imbarazzo che Harry non sembrava provare. «C’è lo struccante in bagno, farei in un attimo.»
Il ragazzo alzò gli occhi da ciò che stava facendo e incrociò lo sguardo di Wynne.
Era la prima volta che lei vedeva i suoi occhi così da vicino e si sorprese del loro colore così intenso. Li aveva sempre trovati particolari ma mai aveva pensato che sarebbero stati così belli visti da vicino, e soprattutto, che provocassero certe sensazioni in lei.
Sentì il battito del suo cuore accelerare, più di quanto non avesse già fatto quando Harry le era avvicinato, e il respiro farsi leggermente più corto. Temeva che lui potesse accorgersi di quel cambio di ritmo ma il sorriso tranquillo che le rivolse la fece sperare nel contrario.
Harry alzò le spalle. «È più divertente così» disse, senza demordere.
Dopo quella che a Wynne parse un eternità, lui allontanò la mano dal suo viso e la guardò trionfante.
«Ecco fatto!» esclamò soddisfatto.
Wynne si sentì sollevata da una parte ma, dall’altra, si ritrovò a desiderare ancora quel contatto che per quanto fosse stato imbarazzante l’aveva trovato allo stesso tempo piacevole. Il tocco di Harry era stato delicato e le sue mani erano calde e morbide.
Si ritrovò a chiedersi come sarebbe stato sentirle su altre parti del suo corpo, sorprendendosi dei suoi stessi pensieri.
«Devo portare Lux a letto» disse improvvisamente, cercando di liberare la sua mente dall’idea di Harry che le accarezzava la schiena e i fianchi. Si alzò di scatto dal divano ma Harry fu più veloce di lei nel raggiungere Lux e prenderla in braccio per portarla nella sua camera. Wynne lo seguì su per le scale, accese la bajour e lo guardò in silenzio rimboccarle le coperte.
Il giorno prima l’avevano sorpresa l’affetto e la dolcezza con le quali Harry si comportava con Lux, aveva già sentito la bambina parlare dello “zio Harry” ma non pensava che tra i due ci fosse un rapporto così bello.
Harry socchiuse la porta alle sue spalle e tornò in salotto, ributtandosi sul divano e cambiando canale. «Puoi continuare tranquillamente con i tuoi trucchi» disse poi a Wynne, accennando un sorriso che riuscì a smorzare la tensione degli ultimi attimi.
Lei scosse la testa. «Non riuscirei mai a discutere di rossetti davanti ad un pc con te che mi ascolti. Finirò domani» spiegò, sedendosi sul divano accanto a lui.
Harry sorrise soddisfatto prima di focalizzare l’attenzione su un film che stavano trasmettendo alla tv, Wynne prese il plaid che prima aveva Lux e se l’adagiò sulle gambe. Harry, senza distogliere lo sguardo dallo schermo, si tolse le scarpe, appoggiò i piedi sul tavolino e tirò leggermente la coperta verso di sé. Una gamba di Wynne si scoprì, la ragazza lanciò uno sguardo ad Harry prima di rimettere il plaid nella sua posizione iniziale. Il ragazzo lo tirò di nuovo dalla sua parte dando via ad una gara tra chi sarebbe riuscito a coprirsi meglio.
«Se ti avvicinassi un po’ di più forse ci staremmo entrambi» osservò ad un certo punto Harry, cercando di mascherare un sorriso divertito.
Wynne gli lanciò uno sguardo poco convinto ma poi fece come lui le aveva suggerito notando con piacere che con i loro corpi così vicini la coperta bastava. Il braccio sinistro di Harry era completamente aderente al suo e dal profumo che sentì Wynne si rese conto che Deb aveva ragione: Harry era decisamente un tipo da Acqua di Giò.
Cercò di riportare la sua attenzione sul film che stavano guardando quando sentì il braccio di Harry spostarsi e finire dietro di lei: la sua mano a sfiorarle la spalla. La classica scena che aveva visto milioni di volte nei film.
«Ci stai provando con me?» domandò Wynne divertita, con un sopracciglio alzato e uno sforzato tono incredulo che in realtà rispecchiava la verità.
Harry la guardò divertito, spostando per la prima volta lo sguardo dalla tv agli occhi marroni di Wynne che lo scrutavano, a pochi centimetri dal suo viso, in attesa di una risposta.
«Ho l’aria di uno che ci sta provando?» ribatté.
«Se non fossi così famoso e richiesto sul mercato da un numero esorbitante di ragazze dello spettacolo, modelle, e solo Dio sa cos’altro, sì. Hai l’atteggiamento di uno che ci sta provando.»
Harry abbassò il volume della televisione per concentrarsi esclusivamente sulle parole di Wynne.
«Ma io adesso sono qui con te piuttosto che fuori a cena con qualche modella che mangerebbe soltanto insalata scondita per non ingrassare di un etto.»
Wynne sorrise trionfante, nonostante il cuore le martellasse il petto e le parole – e la vicinanza – di Harry non le fossero proprio indifferenti.
«Lo sapevo! È il Big Mac che mi sono divorata ieri sera che ti ha fatto buona impressione!» esclamò divertita.
Harry rise ed annuì, stringendo ulteriormente la presa sulle spalle di Wynne. «Hai ragione, ho un debole per le ragazze che mangiano hamburger e che riescono a sporcarsi persino il naso di maionese.»
Wynne strabuzzò gli occhi, fece per ribattere ma Harry tornò con lo sguardo sulla tv ed alzò il volume di questa, segno che la conversazione era conclusa.
Lei gli tirò un pugno sulla pancia – che lui non parve nemmeno sentire – giusto per ripicca, appoggiò la testa sulla sua spalla e cercò di concentrarsi, nonostante le difficoltà, sul film che probabilmente era giunto quasi alla fine.
Si rese conto che le sarebbe dispiaciuto non rivedere più Harry e si sorprese nel sentire quanto fece male la consapevolezza che lui si sarebbe presto dimenticato di lei.


 
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Here I am! :)
Non sapete quanto mi faccia piacere leggere tutte le vostre recensioni e i complimenti che mi fate su Facebook! Grazie mille <3
In questo capitolo (sorpresa ahaha) rispunta Harry che come vedete non sa cosa sia l'imbarazzo ed entra in scena un nuovo personaggio: Deb!
A chi ha già letto alcuni capitoli in anteprima è piaciuta, spero sia così anche per voi! Me la immagino un po' come Lily di Hannah Montana, non fisicamente ma come carattere: una fangirl un po' pazza che come avrete notato ha un debole per i One Direction!
La scena del rossetto sbavato l'ho aggiunta dopo (tipo alcuni giorni fa) ma volevo far capire che nonostante Wynne non si sia fatta mettere troppo in soggezione da Harry, lui comunque è Harry Styles e anche se non lo fosse è comunque un bel (bellissimo) ragazzo quindi credo che sarebbe stato piuttosto anormale se lei in quel momento non si fosse imbarazzata almeno un po'!
Poi comunque si tranquillizza, riesce pure a fare del sarcasmo sul braccio di Harry attorno alle sue spalle e... Niente! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere! :)
Alla prossima,
Jas


 

(Buon Compleanno Harry <3)




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Capitolo 4
*** 4 ***




 

 



 
4
 
 
 
Wynne alzò lo sguardo dal libro sul quale si era concentrata nelle ultime tre ore quando sentì la porta di casa aprirsi. Una stanca e stravolta Deb lasciò alcune borse per terra prima di togliersi giacca, sciarpa e guanti e buttare tutto con poca delicatezza sul divano.
«Quando metteranno a posto quel benedetto ascensore? Non è possibile che ogni volta che faccio la spesa debba arrivare a casa con le braccia doloranti» si lamentò la ragazza, prima di bere in un sorso un bicchiere d’acqua.
Wynne sorrise alla scena, scosse la testa divertita prima di tornare a leggere l’ultimo paragrafo del capitolo.
«Lavori questo fine settimana?»
Studiare nella stessa stanza in cui era Deb era praticamente impossibile, fortunatamente lei di solito lavorava tutto il giorno altrimenti Wynne sapeva che sarebbe stato impossibile avere dieci minuti consecutivi di pace e tranquillità.
«Sì, come tutti i fine settimana» rispose paziente, senza alzare gli occhi dal libro sul quale però non riusciva a concentrarsi.
«Okay. Io starò via per tutto il weekend, vado con alcuni amici a Brighton, se non avessi lavorato saresti potuta venire con noi.»
Wynne alzò gli occhi e le sorrise grata. «Sarà per la prossima volta, dai» disse, notando il dispiacere negli occhi della sua amica.
Deborah era la ragazza più sensibile che avesse mai conosciuto. Qualunque cosa facesse o provasse, in lei sembrava amplificata all’ennesima potenza. Rideva a crepapelle davanti al più stupido dei telefilm e riusciva ancora a piangere ininterrottamente dal primo all’ultimo minuto di Titanic, nonostante quel film ormai lo sapesse a memoria. Sembrava essere continuamente in fase premestruale e Wynne non sapeva mai cosa aspettarsi da lei. Erano simili sotto molti punti di vista, entrambe casiniste e chiacchierone, disordinate (per questo si erano imposte il giorno di pulizia), ma Deb sembrava essere tutto “più”. Se Wynne ogni tanto si concedeva dei momenti di pausa, Deb sembrava non esaurire mai le energie, era un inarrestabile uragano di vitalità che gironzolava continuamente per casa con il telefono in una mano e una sigaretta nell’altra.
Deb annuì convinta, andò in sala, accese la tv e cominciò a digitare qualcosa sul suo cellulare. Wynne capì che avrebbe dovuto approfittare di quel momento di quiete per finire con lo studio giornaliero, stava per riprendere la lettura da dove l’aveva interrotta quando la voce squillante di Deb, con un tono decisamente più alto del normale, le rimbombò nelle orecchie.
«Wynne! Harry Styles!» urlò, e in un istante fu davanti agli occhi dell’amica che la guardava sorpresa e spaventata. «Ieri sera ha twittato il link del tuo blog! Oddio!» continuò, cominciando a saltare sul posto in preda all’eccitazione.
Wynne sospirò cercando di trovare una scusa plausibile a quel tweet. «Deb…» la chiamò, ma le sue parole furono inutili in quanto la sua coinquilina non sembrava essere in grado di darle ascolto, troppo occupata a smaltire la notizia a modo suo.
«Accidenti…» mormorò Wynne stringendo la matita nella mano destra. Non aveva minimamente pensato alle conseguenze che quel tweet avrebbe avuto, a parte le più evidenti e cioè un aumento della popolarità del suo blog. Non aveva pensato a Deb che visitava il profilo di ogni membro dei One Direction praticamente ogni giorno, era certo che prima o poi l’avrebbe notato e secondo lei Harry Styles l’aveva solo intravisto. Non sapeva che anche la sera precedente l’aveva accompagnata a casa, lasciandole un leggero bacio della buonanotte sulla guancia e guardandola entrare in casa con quel solito sorriso gentile e irresistibile sul viso. Non sapeva che aveva passato due ore circa con la testa appoggiata sulla sua spalla e il battito del suo cuore a scandire il tempo che passava. Avrebbe dovuto confessarle tutto, o per lo meno omettere meno di quanto avesse fatto il giorno precedente. Correggere leggermente sia la realtà che ciò che le aveva raccontato.
«Lou è davvero una cugina fichissima! Insomma, ha dato il link del tuo blog ad Harry così che lo pubblicizzasse! Non è fantastico? E ora lui ti segue pure! Ti conosce! Indirettamente, è ovvio, ma ti conosce!»
«Deb…» tentò Wynne, ignorando il fiume di parole che usciva inarrestabile dalla sua bocca.
La ragazza sospirò con occhi sognanti. «Me lo presenterai quando lo conoscerai davvero. Vero?»
«Deb!»
Solo in quel momento in casa ci fu silenzio, Wynne chiuse gli occhi cercando di mettere in ordine i pensieri.
«Io lo conosco già, Harry Styles. Davvero.»
Deb strabuzzò gli occhi e sporse leggermente la testa in avanti. «Sul serio?»
Wynne annuì. «L’ho conosciuto il giorno del servizio fotografico, non te l’ho detto perché non pensavo fosse importante, sapevo che avresti reagito… Beh, come hai appena fatto, se non peggio, e per evitare tutto ciò ho preferito non dirtelo perché comunque non l’avrei più rivisto.»
«Ma il tweet risale a ieri sera…» Deb riprese in mano il telefono. «Per la precisione alle 22.07.»
Wynne annuì. «Appunto. Ieri sera mentre ero a casa di Lou a curare Lux…» La ragazza chiuse gli occhi cercando le forze di terminare la frase e subire ciò che ne sarebbe conseguito. «Lui è arrivato e abbiamo trascorso il resto della serata insieme.»
Deb spalancò la bocca in preda allo shock. «Oh mio Dio» fu l’unica cosa che riuscì a dire.
«Stavo provando quei rossetti di cui ti avevo parlato ed avevo Twitter aperto e lui… Beh, ha pensato di pubblicizzarmi, ecco.»
Deb si sedette sulla prima sedia che le capitò a tiro, il respiro fin troppo controllato e lo sguardo vago. «Vi siete baciati?» riuscì a dire, dopo attimi infiniti di silenzio.
Wynne non riuscì ad evitare di scoppiare a ridere ma lo sguardo di Deb era tutt’altro che divertito. «Certo che no! Siamo solo… Beh, non credo siamo nemmeno amici lui è venuto solo a farmi compagnia. Lo so che sembra strano sentirselo dire ma è così. Non ci ho ancora riflettuto molto, in realtà non so perché sia venuto, insomma…»
La sua risposta era confusa e rispecchiava perfettamente ciò che le frullava in testa. Per la prima volta aveva detto ad alta voce ciò che era successo e solo dopo averlo fatto si era resa conto che tutta quella faccenda era bizzarra. Lei ed Harry non erano amici, si conoscevano a malapena, eppure nel giro di due giorni avevano trascorso due serate insieme e nonostante tutto lei si era divertita. Non si era mai fatta troppi problemi fino a quel momento perché nonostante tutto era contenta di ciò che era successo ma comprendeva lo sguardo confuso di Deb perché rispecchiava perfettamente il suo.
«Mi sembra di essere finita in una di quelle fan fiction che mi diverto a leggere su internet…» mormorò Deb incredula.
Wynne stava per chiederle cosa fosse una “fan fiction” quando il suono del suo cellulare l’anticipò. Lanciò uno sguardo allo schermo illuminato del telefonino e sorrise nel vedere il viso furbo di sua cugina che la guardava.
«Pronto?» disse, rispondendo alla chiamata.
«Wynne! Tutto bene?»
«Sì, dai. Tu come stai?»
«Bene, bene…»
Wynne rimase in silenzio in attesa della richiesta di Lou. Non che sua cugina la cercasse soltanto quando aveva bisogno di qualcosa ma una chiamata di circostanza non arrivava il giorno dopo che l’aveva vista.
«Ho visto il tweet di Harry, è stato carino da parte sua…» cominciò tranquilla.
Wynne annuì. «Sì, anche se avrei preferito non l’avesse fatto.»
Lou rise. «Lo so, so cosa pensi a riguardo, al fatto che vuoi farcela da sola eccetera, e a proposito di questo ho un’offerta da farti.»
«Okay…» disse incerta, in attesa di altre informazioni.
«Sabato prossimo c’è un evento molto chic al quale, non so nemmeno io per quale ragione, sono stata invitata. Tom non ha intenzione di accompagnarmi perché sai com’è fatto, odia quelle cose più di me, l’ultima volta che si è messo uno smoking credo avesse dieci anni, così mi chiedevo se potessi venire tu al suo posto. Sarà un’occasione per conoscere gente nuova, magari qualcuno a cui può interessare quello che fai. E poi ci sarà anche Harry, so che avete legato molto ultimamente…»
Wynne non riuscì a trattenere un sorriso. «Lou non fare la finta tonta, gliel’hai detto tu che ieri sera ero a casa tua!» ribatté divertita, lanciando uno sguardo a Deb che la osservava in attesa di sapere il motivo della chiamata.
«Però è stato lui a chiedermi di te!»
Wynne si morse un labbro sentendosi lusingata da ciò che aveva appena sentito. Harry che chiedeva di lei… Probabilmente era arrossita, dallo sguardo sempre più confuso di Deb doveva essere sicuramente così.
«Comunque mi dispiace ma non posso, sai che lavoro tutti i weekend al “Luke’s”.»
Lou sbuffò, rimase in silenzio per alcuni secondi e poi «ti pago!» esclamò entusiasta della sua idea. «Quanto prendi per una serata? Ti pago il doppio!»
Wynne rise. «Non è per i soldi, o meglio, non è solo per quello. Non mi va di abbandonare Dave proprio il sabato sera. Fa sempre il pienone!»
«Trova qualcuno che ti sostituisca! Wynne ti prego…»
La ragazza sospirò. «Vedrò cosa posso fare» disse, seppur poco convinta. «Ma Sam?»
«Andrà a casa dei genitori del suo ragazzo in Scozia e hanno organizzato il tutto da tempo, non può annullare tutto. Sei la mia ultima speranza, altrimenti non ti avrei chiamata!»
«Grazie per la considerazione allora…» mormorò Wynne leggermente delusa.
«Sai cosa intendo! A parte mia sorella e Tom sei l’unica che so che non vuole approfittare della mia posizione e con la quale mi piace trascorrere del tempo! Avrei altre persone da invitare ma portarmele appresso sarebbe una tortura in più! Wynne ti prego!»
La ragazza rimase in silenzio, pensierosa. «Stasera durante il turno parlerò con Dave, ti farò sapere ma non ti garantisco nulla» disse poi.
«Okay» sospirò Lou. «Grazie mille.»          
«Figurati. Ti chiamo dopo per farti sapere» la salutò Wynne prima di riattaccare ed incrociare lo sguardo indagatore di Deb.
Confessarle il motivo di quella chiamata avrebbe significato essere costretta ad andare a quella festa. 






Capitolo un po' di passaggio, non succede niente di nuovo se non che Lou invita Wynne a questa festa alla quale, forse, andrà. Viene citato il personaggio di Dave, se vi interessa me lo immagino bello come Dave Franco ahaha, che verrà approfondito in uno dei prossimi capitoli. Non so ancora che ruolo avrà precisamente nella storia ma ha un rapporto strano con Wynne che verrà poi spiegato!
Vi ringrazio per tutti i vostri complimenti, mi fa piacere che la storia vi stia piacendo :)
Alla prossima,
Jas

 


 

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Capitolo 5
*** 5 ***






 
 
 
5
 
 
 
Wynne sapeva che avrebbe finito per partecipare a quella festa, sapeva che Deb avrebbe cercato di convincerla in qualunque modo, riprendendo l’argomento anche quando la discussione sembrava conclusa, e sapeva che Dave di fronte alla sua richiesta non le avrebbe detto di no. Sapeva di approfittare un po’ troppo della sua gentilezza – e della sua cotta per lei – ma avrebbe preferito resistere per alcune ore in un ambiente completamente estraneo a lei che subire i discorsi infiniti di Deb sull’occasione che aveva perso.
Quando però alle quattro del pomeriggio – perché serviva molto tempo per prepararsi ad un evento del genere – si era presentata a casa di Lou, non pensava che la situazione sarebbe stata così tanto insopportabile. Era contenta del trucco e dei capelli che sua cugina le aveva fatto, un po’ meno del vestito che era stata costretta ad indossare. Un’ampia scollatura sulla schiena la faceva sentire più a disagio dei vestiti a metà coscia che indossava le poche volte che usciva a ballare, e i tacchi troppo alti per lei la facevano barcollare senza che avesse ingerito un sorso d’alcol.
«Secondo me farai colpo su tutti e cinque, non solo su Harry!» esclamò Lou, soddisfatta del suo lavoro.
Wynne strabuzzò gli occhi. «Ci saranno anche gli altri?» domandò sorpresa.
Lou annuì tranquilla mentre si ripassava il rossetto. «Te l’ho detto che era un evento importante!»
«Ma… Tu non devi truccarli?» domandò Wynne confusa, mentre si faceva spingere fuori di casa da una Louise impaziente.
«Siamo giusto un pochino in ritardo» borbottò la bionda mentre chiudeva la porta alle sue spalle.
«Ma è nostra quella limousine?» chiese Wynne sorpresa, indicando il mezzo dai vetri oscurati fermo sul ciglio della strada.
Lou annuì mentre si dirigeva verso di esso quasi correndo, Wynne si chiese come facesse ad essere così agile su dei tacchi così alti.
«Certo! Non credevi mica che saremmo andate in metropolitana! E poi è qua che truccherò i ragazzi…» spiegò Lou prima di salire sulla limousine.
«Gente, lei è mia cugina Wynne!» esclamò poi non appena incontrò i visi di cinque ragazzi che l’aspettavano.
Wynne salutò tutti imbarazzata, i ragazzi erano già vestiti e pettinati piuttosto bene: mancava solo un po’ di trucco.
«Wynne, mi aiuti?» domandò Lou mentre si avviciava a Liam e cominciava a coprirgli le imperfezioni col fondotinta.
La ragazza annuì. «Cosa devo fare?»
«Guarda nella mia trousse, dovrebbe esserci il fondotinta della tonalità di Niall, inizia da lui.»
Wynne fece come richiesto, si avvicinò al biondo e gli sorrise nervosa prima di mettersi all’opera. La vicinanza con quel ragazzo, continuamente modificata dalle frenate e dalle accelerate dell’autista, la metteva a disagio, così come il pensiero che il suo lavoro sarebbe stato ben visibile su tutte le foto che avrebbero scattato a Niall durante la serata.
«Che ne dici?» domandò Wynne a lavoro ultimato, guardando Lou in attesa di una risposta.
«Perfetto, passa ad Harry allora.»
Sentendo quelle parole Wynne sembrò risvegliarsi. Era stata così travolta dagli eventi che per un attimo si era dimenticata della sua presenza all’interno dell’abitacolo se non per i saluti iniziali.
«Stai iniziando a fare pratica» le disse lui, non appena Wynne gli si avvicinò.
Lei annuì con lo sguardo basso prima di cercare di concentrarsi esclusivamente sulla pelle del ragazzo e sul prodotto che stava applicando su di essa. Se si era sentita a disagio con Niall, con Harry non sapeva dove guardare, dove mettere le mani, se respirare o battere le ciglia. Lui sembrava tranquillo, non le tolse nemmeno per un momento gli occhi di dosso mentre una ad una le sue imperfezioni venivano nascoste.
«Sono contento che tu sia qui, stasera» mormorò ad un certo punto.
Wynne in quel momento gli stava truccando la fronte, abbassò lo sguardo incontrando gli occhi verdi del ragazzo che la scrutavano senza pudore, stava per rispondere qualcosa – qualunque cosa – quando la limousine si arrestò bruscamente facendola finire letteralmente addosso a Harry.
Il suo viso sfiorò quello del ragazzo prima che le sue mani grandi e forti la prendessero per le spalle tenendola ferma.
«Mi dispiace» sussurrò lei mortificata, allontanandosi lentamente.
Harry sorrise e scosse la testa, portandole poi una ciocca di capelli sfuggita all’acconciatura dietro l’orecchio. Wynne abbassò lo sguardo cercando di riprendere la calma e finire il suo lavoro.
«Ma chi è che guida stasera?» si lamentò Lou, spennellando della cipria sulla faccia di Zayn.
«Qualcuno che sembra essere più ubriaco di quanto sarà Louis tra un paio d’ore» rispose Liam, dando una pacca amichevole sulla spalla del più vecchio del gruppo.
«Vedremo se tu sarai più sobrio di me, Payne.»
Wynne sorrise nel sentire i botta e risposta dei ragazzi. «Ho finito» disse poi, allontanandosi da Harry e mettendo a posto i prodotti che aveva utilizzato.
«Potresti diventare il braccio destro di Lou» disse Niall mentre si portava alla bocca una manciata di patatine al gusto di paprika.
«Niall ti prego chiudi quel pacchetto, fa una puzza insopportabile» si lamentò Harry con una smorfia infastidita.
«Ci sarà un rinfresco alla festa, ti ricordo» osservò Lou.
«Se non metto qualcosa nello stomaco prima, lo mangio tutto io il rinfresco!» esclamò Niall serio.
Wynne scoppiò a ridere senza che riuscisse a trattenersi, attirando sei paia di occhi su di lei.
«Non è abituata ai deliri di Niall» la giustificò Zayn divertito.
«Scusate ma…» Wynne si fece aria con una mano cercando di calmarsi, Harry si alzò dal proprio posto e si sedette vicino a lei.
«Era serio» le sussurrò in un orecchio.
«Siamo quasi arrivati!»
A parlare dagli altoparlanti fu l’autista che diminuì lentamente velocità.
«Non dovremo fare la sfilata sul red carpet, vero?» domandò Wynne leggermente allarmata.
«No, certo che no!» rispose Louis ridendo.
«Però è probabile, anzi, quasi certo, che ci saranno un po’ di paparazzi in giro» spiegò Liam.
Wynne annuì cercando di rimanere tranquilla, la limousine si arrestò e qualcuno aprì la portiera lasciando che le luci dei flash illuminassero leggermente l’abitacolo.
Il primo ad uscire fu Niall, seguito da Louis, Zayn e Liam. Harry prese la mano di Wynne mentre si alzava, lei lo guardò preoccupata prima di mollare bruscamente la presa. Lui le lanciò uno sguardo confuso e triste prima che i ragazzi già fuori lo chiamassero e lui li raggiungesse.
Lou le lanciò uno sguardo dispiaciuto, capendo perfettamente il gesto di Wynne prima di esortarla a seguirla fuori dall’auto.
I flash che le colpirono il volto la costrinsero a chiudere gli occhi e coprirseli istintivamente con una mano.
«Vieni!»
La voce di Lou sovrastò il baccano dei paparazzi, dei curiosi e dei fan appostati lì intorno. Wynne seguì sua cugina, scortata da alcuni bodyguard, e non appena raggiunse l’entrata dell’edificio, le sembrò di essere tornata a respirare normalmente dopo una corsa interminabile.
«Sconvolgente, vero?»
A parlarle fu Niall, divertito dalla faccia dissestata di Wynne e ancora incredula.
«A dir poco. Wow.»
Il biondo le sorrise, alzò le spalle rassegnato e seguì il gruppo verso l’ascensore. Wynne riconobbe i capelli di Harry, accelerò il passo e superò Lou e Liam fino a raggiungerlo. Si mise di fianco a lui quando le porte si chiusero ma il riccio mantenne lo sguardo alto e indifferente, Wynne non capiva il suo atteggiamento. Davvero pensava che lei si sarebbe fatta vedere mano nella mano con lui, davanti a tutta quella gente, tutti quei paparazzi, quando loro due erano poco più che conoscenti? Avrebbero alzato un polverone mediatico inutile, e poi i personaggi famosi non erano soliti cercare di mantenere i loro affari privati tali? Per quanto si sforzasse non riusciva a capire il suo atteggiamento ma soprattutto, non riusciva a capire perché lui se la fosse presa così tanto. Non era difficile seguire il ragionamento di Wynne, pensava che lui l’avesse fatto ma dall’atteggiamento distaccato che aveva capì che non era così.
«Harry…» lo chiamò in un sussurro, ma lui la ignorò. La ragazza alzò gli occhi al cielo, si avvicinò ancora di più a lui fino a quando le loro braccia si sfiorarono – proprio come la settimana prima a casa di Lou – ma Wynne aumentò ulteriormente il contatto, intrecciando le sue dita con quelle più lunghe del ragazzo.
Sentì Harry muoversi leggermente sotto quel tocco e subito dopo liberarsi bruscamente della presa, proprio come lei aveva fatto prima. Wynne sospirò, stava per spiegargli il motivo della sua reazione ma le porte si aprirono e tutti, Harry più impazientemente degli altri, uscirono dall’ascensore lasciando Wynne guardare impotente il ragazzo mischiarsi tra la folla.
 
 
 
La festa era una vera e propria noia.
Wynne aveva passato la maggior parte del tempo ad ascoltare gruppi di persone parlare di politica, calcio, persino del tempo, ma non di moda o qualunque altro argomento che si avvicinasse anche lontanamente a ciò a cui lei era interessata.
Stava sorseggiando distrattamente l’ennesimo Martini della serata mentre nelle sue orecchie rimbombava la voce baritonale dell’uomo che stava discutendo dell’andamento della borsa quando qualcuno la prese per un braccio. Due iridi azzurre la scrutavano un po’ annebbiate, probabilmente quanto le sue.
«Ciao Niall» lo salutò Wynne educatamente, accennandogli un sorriso gentile che lui ricambiò.
«Sono venuto a salvarti dai discorsi economici ai quali stavi prestando molta attenzione» si giustificò lui, l’accento irlandese più marcato del solito a causa dell’alcol ingerito.
Wynne mosse una mano davanti al viso dando poca importanza alla cosa. «In realtà sono io che mi sono intrufolata nel discorso giusto per non rimanere sola a gironzolare per la sala. Lou mi ha abbandonata venti minuti fa per parlare con Tom. A quanto pare Lux ha la febbre.»
Niall annuì. «Non vai da Harry?» domandò poi.
Lo sguardo di Wynne si rabbuiò, finendo per osservare il drink restante nel suo bicchiere. «Credo che abbiamo litigato…» mormorò poi, non capendo perché si sentisse così a disagio.
«Lo sapevo io!» esclamò prorompente Niall, facendo sussultare Wynne. «Scusa è che… Sapevo che c’era sotto qualcosa ma lui ha negato fino alla fine.»
La ragazza alzò le spalle. «Non importa. Tanto chi lo rivede più…» mormorò più a se stessa che rivolta a Niall, anche se alla fine Harry era sempre riapparso.
«Wynne!» si sentì chiamare proprio quando il biondo sembrava star per rispondere.
La ragazza si voltò verso la voce inconfondibile di Lou che sembrava piuttosto di fretta. «Devo andare a casa, Lux non sta molto bene e sai com’è Tom, è meglio che ci sia anch’io. Se tu ti stai divertendo però puoi rimanere qua!»
«Veramente…»
«Ci stiamo divertendo da matti!» esclamò Niall, sovrastando la voce di Wynne e cingendole le spalle con un braccio, cercando di essere il più convincente possibile. «Verrà a casa con noi, non preoccuparti.»
Lou guardò poco convinta il nuovo assetto, si strinse nelle spalle pensando che infondo quelli non fossero affari suoi e poi si dileguò così com’era comparsa.
«Veramente io volevo andare a casa» osservò Wynne, completando la frase che il biondo le aveva fatto sospendere.
Niall si strinse nelle spalle con una smorfia che sembrava dire “non prendertela con me”, prese due drink dal vassoio di un cameriere che passò accanto a loro in quell’istante e gliene offrì uno con un sorriso divertito.
Wynne fu costretta a finire in un sorso quello che aveva in mano prima di accettare il nuovo bicchiere colmo di un liquido tendente al rosso.
«Vai a brindare con Harry che sembra essere piuttosto triste, tutto solo fuori sul balcone» le sussurrò Niall all’orecchio prima di bere il primo sorso del suo drink e sparire tra la folla.
Wynne si voltò verso la direzione indicata dall’irlandese e riconobbe subito il fisico slanciato di Harry, le gambe lunghe e magre avvolte nei soliti jeans neri e aderenti, le braccia appoggiate alla ringhiera e lo sguardo rivolto verso Londra ai suoi piedi.
Wynne si fece coraggio e dopo aver preso in mano un altro cocktail si avvicinò a lui cercando di non sentire il freddo che le colpì come un coltello affilato la schiena e le braccia. Doveva chiarire quella situazione, non poteva rovinarsi la serata e rovinarla ad Harry per uno stupido malinteso. Sempre che i pensieri che sembravano occupare la mente del riccio, che non si accorse nemmeno dell’arrivo di Wynne, fossero rivolti a lei e non a qualcos’altro.
Si schiarì la voce non appena gli fu alle spalle, Harry si voltò di scatto, il volto sorpreso e tirato, quasi come se la persona che aveva appena interrotto i suoi pensieri potesse automaticamente leggerli.
«Oh, sei tu» disse poi quando riconobbe Wynne che gli porgeva un drink.
Harry lo accettò titubante prima di tornare nella posizione di prima e riprendere ad osservare le luci della città.
Wynne prese un respiro profondo ignorando la pelle d’oca e i denti che tra un po’ avrebbero preso a battere gli uni contro gli altri. «Senti mi dispiace per prima» esalò tutto d’un colpo. «È che farci vedere così, davanti a tutti, mano nella mano, insomma…»
«È stata colpa mia» la interruppe Harry, piuttosto bruscamente.. «E invece che capirti mi sono arrabbiato. Ci ho messo un po’ ad arrivarci, forse me ne sono reso conto solo ora che tu hai sfidato il freddo londinese di dicembre per venire a parlare con me.»
Solo in quel momento Harry si voltò verso Wynne accennando un sorriso e lei si rese conto che i suoi occhi al buio, con soltanto le luci provenienti dall’interno a renderlo un po’ meno scuro, sembravano vivi, quasi come se ci fosse il mare dentro. Se si concentrava poteva vedere le onde infrangersi sugli scogli e il cielo terso d’estate.
«Forse allora è meglio che rientriamo perché, sai com’è, credo di star perdendo la sfida» confessò Wynne stringendosi nelle spalle ormai congelate.
«O forse potremmo andarcene direttamente perché, sai com’è, io a questa festa non mi sto divertendo per niente.»






Eccomi qua!
Scusate per il ritardo ma questo capitolo non mi piace per niente e non riuscivo a postarlo ahaha
Cioè, mi piace quello che succede ma non mi piace come è scritto solo che non ho voglia di riscriverlo quindi dobbiamo tenercelo così!
Il prossimo sarà completamente Hynne, lunedì ricomincio l'università quindi probabilmente aggiornerò nel fine settimana :)
Ho visto che le recensioni sono calate, spero che sia stato un caso e non perché avete abbandonato tutti questa fan fiction! ahaha Se c'è qualcosa che secondo voi non va o altro non fatevi problemi a dirmelo! 
Alla prossima :)

Jas



 

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Capitolo 6
*** 6 ***







 

6
 
 
 
Wynne era rimasta sorpresa dell’efficienza del management dei One Direction. Avevano dovuto aspettare solo venti minuti perché una macchina arrivasse nel garage del palazzo in cui c’era la festa, pronta ad abbandonarlo subito dopo con Harry alla guida.
Avevano percorso una strada buia, fortunatamente sgombera di paparazzi, e dopo alcuni minuti si erano ritrovati tra le strade trafficate di Londra.
«Dove andiamo?» le domandò allora Harry, diminuendo la velocità in prossimità di un incrocio.
«Dove vuoi, sei tu che hai voluto fuggire» fu la risposta provocante di Wynne.
Il riccio sorrise distogliendo per un istante gli occhi dalla strada, giusto il tempo di lanciarle uno sguardo divertito.
«Perché tu saresti rimasta ancora lì volentieri? Ti ho vista affogare i tuoi dispiaceri nel Martini mentre la gente intorno a te discuteva dell’andamento delle azioni di non so quale compagnia.»
«Qualcuno mi ha controllata durante la serata…» osservò Wynne divertita ma al contempo lusingata per tutte quelle attenzioni.
«Non passavi di certo inosservata» ribatté Harry con l’ingenuità di un bambino in contrasto col sorriso malizioso che era comparso sul suo viso.
Wynne abbassò lo sguardo sentendo il nervosismo impossessarsi di lei e le guance farsi sempre più calde.
Il resto del viaggio trascorse in silenzio, Harry che tamburellava le dita sul volante con in mente chissà quale motivetto e qualche imprecazione contro chi gli intralciava la strada. Wynne invece aveva la testa appoggiata al finestrino e gli occhi che ogni tanto si muovevano veloci dalla strada al profilo concentrato di Harry, illuminato a intervalli dalle luci delle auto che viaggiavano in senso opposto. Le sue labbra sembravano morbide e le sue sopracciglia erano leggermente aggrottate. La sua pelle era chiara e a Wynne dispiaceva quasi che le sue imperfezioni fossero nascoste dal fondotinta che lei stessa gli aveva messo. Quelle erano l’unica cosa che sembravano rendere Harry reale perché, ai suoi occhi, quel ragazzo non aveva nulla che non andasse. Anche i suoi capelli, che quella sera erano tirati indietro ma lasciati comunque un po’ sbarazzini, sembravano perfetti, così come il suo naso e i piccoli nei sul collo e accanto alla bocca. Wynne si ritrovò quasi ipnotizzata mentre osservava i movimenti meccanici di Harry che accelerava, frenava e cambiava marcia. Sussultò quando lui parlò.
«Siamo arrivati» disse infatti, parcheggiando l’auto sul ciglio della strada.
Wynne si guardò intorno siccome fino ad allora non aveva prestato molta attenzione a dove fossero diretti. «Covent Garden?» domandò poi quando riconobbe la zona.
Harry annuì. «È il primo posto che mi è venuto in mente» ammise mentre scendeva dall’auto.
Wynne lo imitò, si strinse nel cappotto per il freddo che le colpì il viso – anche se non era niente in confronto al gelo che aveva provato poco prima – e gli camminò accanto in silenzio, osservando i marciapiedi affollati e sperando che nessuno si accorgesse di loro due, di Harry.
«Niente sciarpa in faccia per non farti riconoscere?» lo prese in giro Wynne non appena svoltarono l’angolo.
Harry scosse la testa. «Se mi prestassi la tua potrei provare. In quel caso però dovresti tenermi la mano per evitare che vada a sbattere addosso ad un palo.»
«Mi dispiace ma preferisco tenerla stretta intorno al mio collo. Il vestito di Lou è così leggero che mi sembra di essere nuda sotto questo cappotto.»
Harry allungò il braccio dietro la schiena di Wynne ed appoggiò la mano sul suo fianco, avvicinandola a lui. La ragazza sentì una scarica elettrica partire dal punto in cui le dita di Harry si erano posate su di lei e propagarsi in tutto il corpo. La sua vicinanza le provocava la tachicardia e respirare le veniva improvvisamente più difficile. Inspira. Espira. Cercò di concentrarsi ma le parole che Harry le sussurrò in un orecchio con una lentezza inaudita le diedero il colpo di grazia.
«Io ho trovato la tua schiena molto sexy, stasera.»
E improvvisamente Wynne non sentì più freddo.
 
 
 
«Sei passata dallo stare ibernando al mangiare un frozen yogurt, a cos’è dovuto questo cambio repentino?» domandò Harry mentre porgeva i soldi al commesso.
«Non lo so» fu la risposta vaga di Wynne che dopo aver afferrato la coppetta aveva assaggiato i gusti che aveva scelto.
Il riccio rimase in silenzio, non voleva metterla in imbarazzo più di quanto non avesse già fatto, e si avvicinò indisturbato verso una piccola folla di persone che si era piazzata intorno ad uno dei tanti artisti di strada che in quella zona ravvivavano le serate.
«Pensa se non avessi partecipato ad X Factor, magari sarei finito al suo posto» osservò Harry, portandosi il cucchiaino di plastica in bocca e gustando l’aroma di fragola del suo frozen yogurt.
«E magari io questa sera sarei venuta qua con un altro ragazzo…» continuò Wynne.
Harry la guardò confuso ma davanti al suo sorriso vittorioso i suoi dubbi si sciolsero. «Ti avrei rubata comunque dalle sue braccia, sappilo» ribatté, cingendole le spalle con fare possessivo.
«Probabile» rise lei.
L’esibizione del cantante di strada finì e nel momento in cui il ragazzo ringraziò chiedendo agli spettatori di lasciare un’offerta, la folla pian piano scemò fino a quando rimasero solo poche persone.
Harry prese in mano il portafoglio ed estrasse da esso cento sterline. Wynne lo guardò sorpresa avvicinarsi al ragazzo e porgergliele con tranquillità.
«Valgono anche per tutta la gente che probabilmente ha apprezzato la tua musica quanto me ma che non ha fatto lo sforzo di rinunciare a qualche spicciolo per ripagarti.»
Il ragazzo era palesemente sconvolto, balbettò un grazie a malapena udibile prima di chiedergli, con altrettanta difficoltà, una foto insieme. Harry acconsentì, si complimentò ancora una volta con lui per la sua esibizione prima di salutarlo con una pacca sulla spalla e tornare da Wynne, che aveva assistito la scena da lontano.
«Wow» disse la ragazza riprendendo a mangiare dalla sua coppetta e camminare. «Le fai tutti i giorni queste cose o…?»
Harry rise. «Certo che no! Mi piaceva davvero come cantava quel tipo.»
«Ma se non hai ascoltato mezza parola! Stavamo parlando.»
«Tu non hai sentito mezza parola. Io di orecchie ne ho due e sono riuscito a sentirlo lo stesso.»
Wynne alzò gli occhi al cielo, si allontanò per un istante da Harry per buttare la coppetta ormai vuota in un cestino e quando si voltò per tornare da lui lo vide occupato a parlare con due ragazze, probabilmente fan.
Non sapeva cosa fare, tornare da lui avrebbe significato farsi scoprire, anche se in realtà tra loro due non c’era niente. Wynne rimase immobile ad osservarlo scattarsi delle foto con le due ragazze che in un batter d’occhio erano diventate cinque. Sapeva come funzionavano le cose, da un momento all’altro qualcuno avrebbe scritto da qualche parte che Harry si trovava a Covent Garden e nel giro di poco quelle cinque ragazze sarebbero diventate trenta, se non di più. Harry alzò lo sguardo verso Wynne e la vide in piedi accanto al cestino della spazzatura guardarlo senza sapere cosa fare. Lei gli fece segno che sarebbe andata verso la macchina e che l’avrebbe aspettato lì. Harry annuì e tornò con l’attenzione sulle sue fan prima che queste potessero accorgersi del suo attimo di distrazione.
 
 
 
«Mi dispiace.»
Erano fermi davanti a casa di Wynne da alcuni minuti, l’auto spenta ma la radio alla quale nessuno stava prestando attenzione ancora in funzione.
Lei scosse la testa. «Non importa, davvero.»
«E invece sì!» esclamò Harry dando un pugno al volante. «Dannazione!»
Wynne sussultò, colpita dalla sua reazione. Gli appoggiò una mano sul braccio guardandolo preoccupata. «Non è colpa tua se il tuo bel faccino lo conosce chiunque» cercò di rassicurarlo con un sorriso.
«Tu non vuoi farti vedere con me, saremo costretti a passare il tempo chiusi in casa a guardare dvd o in un posto dimenticato da Dio. Tra poco qualcuno ci fotograferà pure mentre siamo in macchina. Mi hanno scattato foto anche quando ero fermo ad un semaforo!»
Wynne abbassò lo sguardo abbattuta, Harry aveva ragione e purtroppo non c’era nulla che potessero fare per cambiare la situazione.
«Ringrazio il cielo ogni giorno per la possibilità che mi è stata data ma a volte vorrei solo essere… Un ragazzo qualunque» sospirò Harry lasciandosi andare addosso al sedile. «Vorrei poter andare al cinema, a fare una passeggiata, a correre o al ristorante senza essere riconosciuto. Senza che mentre mi sto mangiando una bistecca al sangue qualcuno arrivi al mio tavolo chiedendomi l’autografo. Penserai che sia stupido e irriconoscente ma la verità è che a volte tutto questo mi sta stretto.»
Wynne allungò la mano stringendo quella di Harry. «Penso che tu abbia ragione invece» disse. «Non so cosa si provi ad essere nella tua situazione ma posso capire. Io sono rimasta traumatizzata solo dai paparazzi che c’erano oggi quando siamo scesi dalla limousine!» esclamò, cercando di strappare un sorriso al volto imbronciato di Harry. Lui si limitò ad increspare leggermente le labbra.
«Puoi sempre diventare uno stronzo che non prende in considerazione nessuno, ignorare tutti quelli che ti fermano per strada e ti chiedono una foto» cercò di sdrammatizzare poi.
«Non sono quel tipo di persona» mormorò Harry, mantenendo lo sguardo fisso fuori dal parabrezza, nonostante non stesse osservando niente di particolare.
Wynne annuì. «Lo so» sussurrò, col tono di chi ha appena rivelato un segreto. «È per quello che mi piaci così tanto.»
Harry si voltò di scatto verso Wynne che lo guardava stranamente rilassata. Non era da lei dichiarare una cosa del genere, stava per risponderle ma le parole gli rimasero inespresse in gola perché lei gli prese il viso tra le mani e lo baciò.
Wynne sentì le vertigini quando le sue labbra sfiorarono quelle di Harry ma soprattutto quando sentì lui ricambiare il suo gesto. Dischiuse le labbra lasciando che la lingua di Harry s’intrufolasse nella sua bocca e quasi si aggrappò alle sue spalle mentre lui cercava di avvicinarsi ulteriormente a lei. Il suo movimento fu bruscamente bloccato dalla cintura ancora allacciata.
«Maledizione» borbottò il ragazzo, allontanandosi lievemente da lei.
Wynne rise mentre Harry cercò a tentoni il bottone da schiacciare per liberarsi della sicura.
«Ti serve aiuto?» domandò lei divertita, alzando lo sguardo sugli occhi di Harry rivolti verso il basso, cercando di vedere qualcosa nel buio di quell’abitacolo.
Il ragazzo stava per risponderle ma in quell’istante uno scatto le fece capire che era riuscito nel suo obiettivo.
Senza aggiungere altro Harry tornò a cercare le labbra di Wynne che, sorpresa e lusingata da quella reazione, ricambiò con entusiasmo ritrovandosi col corpo schiacciato tra quello di Harry e il sedile e con la testa appoggiata al finestrino freddo.
Era inebriata dal suo profumo e incapace di intendere e di volere in quel momento. Si sentiva su di giri, come se tutto l’alcol che aveva ingerito durante la serata le avesse fatto effetto tutto d’un colpo, sebbene sapesse che nessun drink sarebbe stato in grado di farle provare quelle sensazioni, a meno che questo si chiamasse Harry Styles.
Il ragazzo si staccò leggermente da lei, il respiro affannato che le accarezzava la pelle e gli occhi ancora più belli visti così da vicino.
«Ti farei salire se non fosse che la mia coinquilina morirebbe d’infarto vedendoti in casa sua» mormorò Wynne cercando di riprendere il controllo di se stessa.
Harry scosse la testa. «Devo andare anch’io.» Stava per rimettersi composto ma Wynne lo bloccò.
Il riccio la guardò in attesa che dicesse qualcosa ma lei sembrava in difficoltà ad esternare ciò che le passava per la testa.
«Ti metto ancora a disagio?» le chiese allora lui, senza riuscire a trattenere un sorriso.
«Credo che mi metterai sempre un po’ a disagio» ammise Wynne con imbarazzo. «Volevo solo chiederti se…» Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo cercando di racimolare un po’ di coraggio. «Ho bisogno di sapere che non sparirai, Harry.»
Il ragazzo sorrise, rincuorato nel sapere che ciò che preoccupava Wynne fosse solo quello.
«Non vado da nessuna parte» la rassicurò lui, dandole un bacio sulle labbra. «Dopodomani parto per Madrid, in realtà» Harry sorrise. «Ma sabato sarò di nuovo qui.»
«Bene, perché ho una collezione di dvd a casa, nel caso in cui tu non voglia uscire.»
Wynne prese la borsa ed aprì la portiera.
«Se vuoi che mi faccia vivo però devi lasciarmi il tuo numero» le ricordò Harry, porgendole il telefono con un sorriso soddisfatto.
«Che stupida» borbottò Wynne mentre lo digitava sul cellulare del ragazzo. «Ora però non hai più scuse.»
«Non ne ho mai volute avere.»
Harry appoggiò due dita sotto il mento della ragazza ed avvicinò il suo viso al suo facendo incontrare le loro labbra in un ultimo bacio.
«Buonanotte» le sussurrò, così vicino che parlando la sua bocca sfiorò nuovamente quella di Wynne.
«Lo sarà» rispose lei prima di scendere dall’auto e correre in casa, il cuore che le batteva all’impazzata e la mente che non aveva ancora elaborato ciò che era appena accaduto.






Sono in ritardissimo con gli aggiornamenti e probabilmente me ne avrete dette dietro di ogni ma spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo!
Le cose cominciano a movimentarsi, chi mi conosce sa che sono solita far penare i miei lettori fino all'ultimo per baci, dichiarazioni e cose del genere ma questa volta ho deciso di cambiare un po' il mio modo di fare, spero di avervi resi felici! ahaha
Non ho molto da aggiungere, sto morendo di sonno e non pensavo nemmeno di postare stasera ma ultimamente un bel po' di persone mi hanno chiesto del nuovo capitolo e non mi andava di farvi aspettare ulteriormente!
Non credo di aver riletto quindi mi scuso per eventuali errori!
Alla prossima,
Jas

P.S. Ho scritto una one shot su My Mad Fat Diary se qualcuno è interessato :)



 





 

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Capitolo 7
*** 7 ***






 
 
 
7
 
 
 
Il sabato sera “Luke’s” era sempre affollato. Si riunivano trentenni scapoli che seguivano il campionato di calcio con coinvolgimento, uomini sposati che prendevano una boccata d’aria dalla vita coniugale almeno una volta alla settimana, anziani che spendevano parte della loro pensione in birre ma anche giovani che volevano bere qualcosa in compagnia prima di continuare la serata in qualche discoteca.
«Wynne, queste ordinazioni vanno al tavolo sedici.»
La ragazza annuì, appoggiò i drink sul suo vassoio e stando attenta alle persone che affollavano il locale raggiunse gli uomini che avevano ordinato quelle sei birre.
Li servì con un sorriso gentile nonostante loro la stessero ignorando, troppo presi a criticare Torres che aveva sbagliato un goal clamoroso davanti alla porta e la tattica scelta da Mourinho, per quella partita decisiva contro il Manchester United.
Wynne si avvicinò ad un altro tavolo e lo liberò dai bicchieri vuoti prendendo poi le altre ordinazioni.
«Tre tequila, sale e limone e un Long Island» esalò raggiungendo il bancone dove Dave era occupato a preparare altri cocktail.
«Puoi preparare te il sale e il limone?» le domandò il ragazzo che non aveva nemmeno alzato gli occhi da ciò che stava facendo.
Wynne annuì, lo raggiunse e tagliò alcune fette di limone.
«C’è anche un Long Island» gli ricordò.
«Sì, è che George stasera non c’è e proprio oggi sembra che mezza Londra sia qua» si lamentò il ragazzo senza smettere di mischiare e shakerare alcolici.
«C’è Chelsea-Manchester, che ti aspettavi?» rispose Wynne, mettendo alcuni bicchieri sporchi nella lavastoviglie sotto il bancone. Nello stesso istante in cui lei si alzò Dave si voltò per prendere la bottiglia di Bayley’s appoggiata lì vicino, picchiò addosso al suo petto e senza nemmeno rendersene conto finì tra le sue braccia.
S’irrigidì sentendo le mani forti del ragazzo reggerla – se non l’avesse fatto avrebbe perso l’equilibrio finendo sicuramente per terra – ed abbassò lo sguardo cercando di nascondere il rossore sulle guance.
Dave era un ragazzo di cinque anni più grande di lei che aveva preferito prendere in gestione il bar aperto da suo padre molti anni addietro che continuare gli studi. Era alto, aveva gli occhi e i capelli scuri ed un sorriso a dir poco stupendo. Wynne notava sempre le occhiate che le clienti del pub gli lanciavano, interessate non soltanto ad ordinare qualcosa da bere ma anche a quelle mani grandi ed esperte che preparavano con movimenti quasi automatici i cocktail richiesti. Non era il ragazzo per lei, era simpatico e gentile, la lusingava come lui diventasse impacciato quando si ritrovavano insieme a parlare ma i sentimenti non erano mai stati ricambiati. Wynne l’aveva capito quel venerdì sera di sei mesi prima che quando alla chiusura del locale Dave le aveva chiesto di accompagnarlo a buttare la spazzatura, sarebbe successo altro. Aveva sempre buttato quei sacchetti neri, nemmeno troppo pesanti, da solo e quel repentino cambio di routine l’aveva subito messa all’erta. Quella sera Dave era stato più schivo del solito, non l’aveva guardata negli occhi nemmeno quando lei gli riportava le ordinazioni e quei sospiri continui e quelle mani tra i capelli non avevano fatto altro che metterla sempre più in agitazione.
“Ti andrebbe di uscire con me, una di queste sere?” aveva poi esalato lui, le sopracciglia aggrottate ed in mente chissà quali parole magiche per far sì che Wynne accettasse.
Lei era rimasta immobile e zitta, quella richiesta non la sorprendeva – aveva captato ciò che Dave sembrava provare per lei – ma in quel momento non sapeva, e non avrebbe mai saputo, come rifiutare, spiegargli che lui era un ragazzo fantastico ma non quello adatto a lei, e spezzargli il cuore. Aveva cercato di essere gentile e delicata nello spiegargli che sarebbe volentieri uscita con lui, da amica.
Dave aveva annuito, lo sguardo basso e le mani ormai libere da quei sacchetti strette in due pugni. Wynne l’aveva guardato dispiaciuta ma senza sapere cosa dirgli per rendere quella situazione meno dolorosa e imbarazzante. Se n’era andata lasciandolo solo con i suoi pensieri.
Da allora Dave era diventato sempre più schivo, non parlavano più se non quando era indispensabile farlo e lui non le rivolgeva più alcun sorriso. Solo dopo mesi la situazione aveva cominciato a farsi meno tesa e più sopportabile, ogni tanto chiacchieravano, quando i clienti non erano troppi, ma sempre di cose superflue: lamentele tipiche di ogni cittadino, Wynne che chiedeva come andavano gli affari e lui che le domandava degli studi. Niente di più. Wynne si sforzava di essere la stessa, di mostrarsi disponibile e simpatica, di fargli capire che un rifiuto non era poi la fine del mondo, che lui non doveva sentirsi umiliato, e Dave pian piano aveva ripreso a sorriderle e a guardarla negli occhi. Quello però era stato troppo. Wynne non gli era mai stata così vicina, non sapeva quale fosse il suo profumo e quell’odore di dopobarba che invece sentiva in quel momento la stava mandando in confusione. Si staccò lentamente da Dave che sembrava sorpreso quanto lei e si schiarì la voce mormorando un «devo tornare al lavoro» a malapena udibile tra tutto il baccano del locale per quel goal subito dal Manchester.
 
 
 
Erano le due passate, Wynne era rientrata in casa più presto del solito, solitamente quando le partite finivano male i clienti tornavano a casa subito, le bocche piene di consigli da dare alla squadra ma che questa non avrebbe mai sentito e i volti imbronciati. La ragazza aveva aperto la porta con lentezza per non svegliare Deb, e si era sorpresa nel trovarla invece ancora davanti alla tv.
«Già a casa?» le domandò la coinquilina alzando la testa dal divano.
Wynne annuì togliendo la giacca ed appendendola dietro la porta.
«Tu, ancora sveglia?»
«Stanno facendo la maratona dei film con Hugh Grant, Notting Hill è quasi finito poi faranno Quattro Matrimoni E Un Funerale!» esclamò Deb estasiata.
Wynne sbadigliò stancamente ignorando gli atteggiamenti strani della sua pazza amica. «Io vado a farmi una doccia veloce, puzzo di birra» spiegò dirigendosi a passo strisciato verso il bagno.
«Cos’è successo?» gridò Deb, non preoccupandosi del fatto che fosse notte fonda e che qualche vicino avrebbe potuto sentirla.
Wynne, che di buon senso ne aveva un po’ di più, tornò in salotto. «Un cretino troppo ubriaco per reggersi in piedi mi è venuto addosso ed ha rovesciato tutta la sua birra sulla mia maglietta. Ho quest’odore nauseabondo addosso da più di tre ore, se non mi faccio una doccia all’istante svengo» spiegò.
Deb scosse la testa. «Tutte a te capitano…» mormorò tornando con lo sguardo sulla televisione. «Ma Harry non doveva tornare oggi? O meglio, ieri?» le domandò poi di punto in bianco, come se quel primo piano di Julia Roberts le avesse fatto venire in mente Harry.
«Sì, sarà stato stanco…» disse vaga Wynne nonostante quello che aveva detto Deb non era altro che quello che lei pensava da quella mattina. Harry non si era mai fatto vivo quel giorno e Wynne si era trattenuta dal chiamarlo o dallo scrivergli perché non voleva sembrare troppo oppressiva, eppure continuava a sperare che il suo cellulare s’illuminasse e che “Harry” comparisse sul display. A volte le era persino parso di sentire il telefonino vibrarle nella tasca ma ogni volta che l’aveva estratto si era resa conto che quelle sensazioni erano solo frutto della sua immaginazione.
Tornò in bagno lasciando Deb di nuovo sola sul divano, completamente rapita dal fascino di Hugh Grant. La ragazza aveva lo sguardo completamente rapito dalla scena finale del film, quella in cui il signor Thacker si autodefinisce un “cazzone avariato”, quando qualcuno suonò alla porta, facendola sussultare.
Deb rimase immobile, il film che continuava ad andare avanti e un po’ di ansia che si faceva spazio dentro di lei. Chi andava a casa di qualcun altro nel cuore della notte? Si alzò lentamente e si avvicinò alla porta cercando di non fare alcun rumore. Wynne era sotto la doccia, probabilmente non aveva sentito niente e Deb non sapeva se chiamarla prima di rispondere. Si fece coraggio, avvicinò il viso allo spioncino e quando mise a fuoco la persona che c’era dall’altra parte della porta si allontanò di scatto, confusa. Si avvicinò di nuovo, convinta che fosse la stanchezza a farle venire le allucinazioni ma il ragazzo che aspettava pazientemente che qualcuno venisse ad aprirgli era sempre lo stesso.
Prese un respiro profondo, rincuorata dal fatto che non fosse nessun viso ignoto –qualche malintenzionato, anche se non aveva mai sentito di ladri che bussavano alla porta della casa che volevano derubare – ed aprì la porta cercando di mantenere la calma.
«Ciao, c’è Wynne?»
Harry le sorrideva, il viso palesemente stanco e tirato eppure ancora così bello. Era più alto di quanto pensasse, i capelli erano spettinati come sempre, tirati indietro da una bandana, e la pelle più chiara di come sembrava invece essere nelle fotografie.
Era come paralizzata, solo quando notò il viso di Harry fare una smorfia confusa, si rese conto di essere in pigiama e struccata, e che lui aspettava una riposta.
«Oh, Wynne!» esclamò, spostandosi dalla porta per fare entrare Harry. «È… È a fare la doccia» spiegò con difficoltà. «Te la chiamo.»
Il ragazzo annuì e si sedette sul divano, lo stesso dove c’era lei pochi minuti prima, pensò Deb, con una strana agitazione che cercava con fatica di tenere dentro. Aspettò di essere in corridoio, lontano dagli occhi stanchi di Harry, per cominciare a saltare sul posto e mordersi le labbra con forza per non farsi sfuggire alcun urlo o rumore strano. Spalancò la porta del bagno senza preoccuparsi di Wynne che sussultò nella doccia, ancora insaponata.
«Ma che combini?» domandò la ragazza spegnendo l’acqua e guardando Deb confusa.
«Siamo fatte tutte uguali non c’è niente da nascondere» cominciò. «E…»
Deb prese un respiro profondo, Wynne aspettò pazientemente che la ragazza continuasse a parlare e quando esclamò “Harry Styles è nel mio salotto!” cominciando a saltellare per il bagno, lei dovette trattenersi dal non mettersi ad esultare con lei.
«Fammi sciacquare e arrivo» spiegò Wynne con calma. «E non fare cretinate. Non fargli un interrogatorio, non metterlo in imbarazzo, anzi, non parlargli proprio perché sei un pericolo ambulante.»
Deb annuì, se si fosse trovata in un’altra situazione, probabilmente si sarebbe lamentata del tono dell’amica ma in quel momento la sua mente era nel caos più totale e le direttive, seppur poco gentili, dell’amica l’avevano aiutata a darsi un contegno.
«Okay» mormorò Deb prima di tornare in salotto.
Wynne sciacquò via il sapone dal suo corpo velocemente, si coprì con un asciugamano e uscì dal bagno. Il freddo del corridoio la fece rabbrividire, si sarebbe dovuta chiudere in camera e vestirsi il prima possibile ma i suoi piedi nudi si diressero verso il salotto.
Harry era seduto sul divano, le palpebre socchiuse e lo sguardo troppo stanco per accorgersi di Deb, accovacciata dalla parte opposta del divano, che lo guardava con lo stesso sguardo di adorazione che un orso rivolgerebbe ad un barattolo di miele.
«Ehi…» disse Wynne rabbrividendo per l’acqua fredda che le gocciolava sulla schiena.
Harry sussultò, sembrò riprendersi da quello stato di trance in cui era caduto e si alzò dal divano sforzando un sorriso tirato, sempre sotto lo sguardo adorante di Deb.
«Ciao» mormorò il ragazzo avvicinandosi a Wynne, fece per darle un bacio sulla bocca ma la ragazza si spostò lievemente facendo scontrare le sue labbra con la sua guancia.
Harry la guardò confuso ma troppo stanco per chiedere spiegazioni.
«Sei arrivato solo ora?» le domandò Wynne con fare materno.
Il ragazzo annuì e lei avrebbe voluto accarezzargli dolcemente la guancia e baciarlo ma non aveva ancora avuto il coraggio di raccontare a Deb ciò che era successo la settimana prima.
«Non sono nemmeno passato a casa, arrivo direttamente dall’aeroporto.»
Wynne non riuscì a trattenere un sorriso, non pensava di essere così importante per Harry.
«Ti lasciamo guardare il tuo film in pace» spiegò Wynne a Deb, facendo poi segno al ragazzo di seguirla in camera sua.
La stanza era disordinata, c’erano vestiti sparsi ovunque e la scrivania piena zeppa di trucchi, alcuni mai utilizzati.
«Mi dispiace per Deb, mi sorprendo che non si sia messa a gridare quando ti ha visto alla porta di casa» spiegò Wynne. «E soprattutto non sa ancora niente di noi.»
«Non importa…» disse Harry con un’alzata di spalle. Si tolse la giacca e l’appoggiò lì accanto.
«Saresti potuto venire domani» osservò lei, prendendo un paio di slip dall’armadio.
«Avevo voglia di vederti» sussurrò Harry che nel frattempo si era avvicinato alla ragazza. Prima che Wynne potesse voltarsi le braccia di Harry la strinsero a lui ed il suo viso si posò sulla sua spalla nuda.
«Mi sei mancata» confessò, baciandole la pelle.
«Harry…»
Wynne si sentì pervasa dai brividi ed era certa che Harry avesse notato la sua pelle d’oca. «Devo vestirmi prima che mi prenda qualche malanno» concluse, facendo appello al poco autocontrollo che le era rimasto. Harry annuì staccandosi lentamente da lei, Wynne si voltò e catturò le labbra di Harry nel bacio che gli aveva negato prima, davanti a Deb.
«Arrivo subito» sussurrò poi, prendendo anche la maglietta sgualcita che utilizzava come pigiama e tornando in bagno. Si vestì velocemente senza riuscire a trattenere un sorriso che poteva sembrare sforzato per quanto fosse accentuato. Non aveva mai pensato che Harry sarebbe arrivato a casa sua nel cuore della notte perché non resistiva ad aspettare il giorno successivo per vederla.
Mise l’asciugamano umido nel cesto dei panni sporchi e tornò in camera sua. Sorrise nel vedere Harry sdraiato sul suo letto, le scarpe ancora indosso, gli occhi chiusi e il viso più rilassato. Si sedette accanto a lui e passò una mano tra i suoi capelli, ancora sporchi di lacca spruzzata per chissà quale evento.
Il ragazzo mugugnò qualcosa, mosse lievemente la testa ed aprì gli occhi. «Devo andare» sussurrò, nonostante non avesse per niente voglia di alzarsi, uscire al freddo e tornare nella sua fredda casa, dove era solo.
«Puoi restare qui, se vuoi» rispose Wynne, senza smettere di accarezzargli dolcemente il viso.
«Cosa penserà Deb?»           
La ragazza si strinse nelle spalle, si mise sotto le coperte e si accoccolò ad Harry che la strinse in un abbraccio.
«Capirà» sussurrò soltanto, prima di chiudere gli occhi.






Chi non muore si rivede!
Scusate per il ritardo ma ho perso completamente interesse in questa storia, ho i capitoli pronti fino al 15 - credo - ma non scrivo da settimane. Non so come andrà a finire, se mi tornerà l'ispirazione o altro ma ho deciso comunque di continuare a postare ciò che ho già scritto, poi si vedrà haha
Ringrazio di cuore chi legge, grazie mille per le recensioni <3
Jas
 

 

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Capitolo 8
*** 8 9 10 11 12 13 14 15 ***


Questo non è l'aggiornamento che aspettavate, scrivo qua per dirvi che ho deciso di sospendere la storia.
Non è colpa della mancanza di ispirazione o di idee, ho perso completamente interesse per il fandom dei One Direction, mi piacciono ancora, li ascolto ancora ma non li seguo più come facevo prima. La cosa è stata un po' graduale ma se prima mi piaceva comunque scrivere su Harry, ora ho perso l'interesse anche per lui. Non cancello il profilo di efp perché è pieno di long e one shot che ho scritto con impegno, mi dispiacerebbe mandare in fumo tutto il lavoro che ho fatto da tre anni a questa parte e non voglio negare a nessuno la possibilità di (ri)leggere quello che c'è qua. Tuttavia credo che diventerò completamente inattiva, non leggo le storie che seguo da settimane, credo di avere completamente chiuso con questo mondo. Forse scriverò altre cose in altri fandom, se lo farò credo che pubblicherò tutto su Tumblr perché, per quanto attraverso efp abbia conosciuto persone meravigliose, ora odio completamente questo sito.
Tornando a Spotlights, comunque, l'ho scritta fino al capitolo 15 quindi posterò qui tutto d'un colpo ciò che ho già scritto ma ripeto, non continuerò a scriverla quindi sarà incompleta comunque anche se saprete altre cose riguardo Wynne e Harry.
Mi dispiace lasciarvi così senza un finale ma non riesco davvero anche solo a pensare a come far finire le cose anche con solo altri due capitoli. I One Direction sono proprio fuori dal mio mondo ora come ora, magari tra un po' mi tornerà la voglia di scrivere ma al momento sono convinta di quello che vi sto dicendo.
Detto ciò, è stato un piacere leggere tutti i vostri complimenti, le vostre recensioni, i tweet, i messaggi su Facebook e tutto il resto. 
Non credo che smetterò di scrivere perché è una cosa che mi piace davvero fare ma questo non è il posto giusto per condividere i miei pensieri. Mi sento estranea all'atmosfera che si è creata su questo sito, mi pesa pure aggiornare anche se è questione di pochi minuti, ora non voglio farne proprio più parte. Spero che capiate la mia scelta. 



 


 
 
8
 
 
 
Wynne spostò leggermente le gambe e sussultò nel sentire dei piedi caldi a contatto con i suoi, gelati. La sensazione di smarrimento durò un istante, il tempo che le ci volle per ricordare di Harry, che quella notte era arrivato a casa sua. Allungò il braccio, senza disturbarsi di aprire gli occhi, e l’appoggiò sul petto nudo del ragazzo che si muoveva lentamente al ritmo del suo respiro rilassato. Si avvicinò ulteriormente a lui e sorrise quando sentì la sua mano accarezzarle la schiena.
«Buongiorno» lo sentì sussurrare, e Wynne si rese conto che la sua voce da appena sveglio era la cosa più sensuale che avesse mai sentito.
«Ridillo.»
Harry sorrise, sforzandosi solo in quel momento di aprire gli occhi.
Si abbassò sulla ragazza fino a sfiorare il suo orecchio con le labbra e «buongiorno splendore» disse con lentezza.
Wynne sospirò, le sue labbra si distesero in un sorriso e la prima cosa che vide quando, con fatica, aprì gli occhi, furono due grandi occhi verdi ed assonnati che la guardavano.
«Vorrei svegliarmi così tutti i giorni» ammise Wynne stiracchiandosi leggermente.
Harry rise. «A chi lo dici. Quest’anno mi sono svegliato più volte in hotel sparsi per il mondo che a casa mia.»
La ragazza si tirò su appoggiandosi coi gomiti e guardò Harry in silenzio. La sua nota di tristezza nella voce non era passata inosservata e Wynne avrebbe davvero voluto fare qualcosa per fargliela andare via ma sapeva che quella rientrava nelle cose per le quali lei non avrebbe potuto fare nulla.
«Quando partirai la prossima volta?» domandò invece, quasi come se volesse girare il coltello nella piaga.
Sorprendentemente il viso di Harry non si rabbuiò, anzi, sorrise con tranquillità, una sensazione di pace che mandò in confusione Wynne.
«Non parto» disse, e il suo sorriso si aprì – se possibile – ancora di più. «Oddio non mi sembra vero che ho così tanto tempo libro davanti a me!» esclamò, lasciandosi andare ad una risata inaspettata.
Wynne inarcò le sopracciglia senza riuscire a rimanere seria davanti a quella scena esilarante e surreale ma, obiettivamente, da quando aveva conosciuto Harry, c’era stato qualcosa di normale? Due settimane prima sapeva a malapena chi fosse e invece eccolo lì a ridere come un bambino nel suo letto, nel quale avevano appena dormito insieme.
«Dovremmo andare da qualche parte, sei mai stata in Messico?» domandò di punto in bianco.
Wynne si mise seduta e guardò Harry con fare ovvio.
«Ho la faccia di una che è mai stata in Messico? Avrò preso l’aereo cinque volte in vita mia.»
Il riccio strabuzzò gli occhi sorpreso da quelle parole. «Davvero?»
Wynne annuì, cominciando a vergognarsi della sua confessione. Chissà cos’avrebbe pensato Harry di lei, magari che era una persona dalla mentalità chiusa e alla quale non interessava nulla di ciò che c’era oltre il Regno Unito.
«Allora dovremmo decisamente andare in Messico! Potremmo organizzarci per dopo le vacanze di Natale, a gennaio dovrei andare a Los Angeles ma credo annullerò tutto, oppure febbraio…»
Wynne non ascoltò il resto del discorso, la sua mente si era fermata a “a gennaio dovrei andare a Los Angeles”. «Allora parti tra poco» osservò senza nascondere una punta d’irritazione, interrompendo il riccio.
Lui la guardò confuso, gli ci volle un attimo per capire l’improvvisa durezza nella voce della ragazza.
«Ha organizzato tutto Alexa da un po’, da prima che ci conoscessimo, ma non so se ci andrò. Insomma, ora è cambiato tutto…»
Wynne annuì, avrebbe voluto chiedergli chi fosse quest’Alexa ma preferì rimanere in silenzio. Non voleva fare la figura della fidanzatina gelosa – anche perché loro due non erano fidanzati – e non voleva dire cose che avrebbero definito il rapporto tra loro due perché, se doveva essere sincera, non sapeva cosa fossero, esattamente. Non ne avevano ancora parlato, non ce n’era stato il tempo, ma a Wynne interessava davvero sapere cosa ne pensasse Harry di quella situazione, se mentre era a Madrid e a Milano aveva pensato a lei almeno la metà di quanto lei l’aveva pensato, se gli era mancata – anche se quello gliel’aveva detto quella notte – e se preferiva passare il tempo con lei o con quest’Alexa. Voleva sapere chi era, doveva, ma non poteva chiederglielo. Magari avrebbe potuto domandare a Lou, sicuramente lei l’avrebbe saputo e l’avrebbe rassicurata dicendo che era soltanto un’amica di Harry, come lei d’altronde.
«Chi è Alexa?» domandò invece, e maledette la sua lingua lunga e la sua impulsività per quelle parole che avevano scatenato sul viso di Harry un sorriso divertito che irritò Wynne ancora di più.
«Sei gelosa?» domandò lui, continuando ad istigarla.
Wynne si mise a braccia conserte ostentando un’indifferenza che non le apparteneva.
«Perché dovrei esserlo?» ribatté evitando volutamente il suo sguardo.
Harry le si avvicinò lentamente, le cinse i fianchi con un braccio e le sfiorò il collo col naso. «Non so, forse perché improvvisamente sei diventata rigida come il tronco di un albero?» sussurrò, baciandole la pelle tra una parola e l’altra. «O forse perché non mi guardi più negli occhi?» continuò, risalendo con una mano la sua coscia.
Wynne si mosse di scatto staccandoselo di dosso. «Va bene!» sbuffò. «Mi ha leggermente infastidita sentirti parlare di un viaggio a Los Angeles con quest’Alexa. È tanto strano?» esalò.
«Quindi sei gelosa?»
«Hai finito?» lo riprese lei, guardandolo per la prima volta negli occhi per fulminarlo con lo sguardo.
«Devi rispondere, non è semplice.»
«Sì! Lo sono!» esclamò Wynne alzando leggermente la voce. «C’è qualcosa di male in ciò?»
Harry scosse la testa e sorrise. «Non c’è nulla di male, volevo solo sentirtelo dire» ammise. «E comunque tra me e Alexa non c’è niente, è solo una buona amica con la quale avevo organizzato una vacanza. Non fa per me. Nonostante le sue gambe chilometriche, il fisico da urlo, gli occhi di ghiaccio e quelle labbra… Mmh, le sue labbra…»
Wynne si scostò le coperte di dosso con un gesto secco e si alzò dal letto prima che il ragazzo potesse bloccarla.
«Vaffanculo Harry!» sbottò dirigendosi fuori dalla stanza.
«Stavo scherzando Wynne!»
«Vaffanculo!» ripeté lei prima di sbattersi la porta alle spalle.
Il ragazzo si affrettò a seguirla, ignorando il fatto di indossare soltanto un paio di boxer.
«Wynne!» la chiamò, mentre attraversava il corridoio a piedi nudi e guardava in salotto e poi in cucina.
«Hai visto Wynne?» domandò a Deb, intenta a fare colazione e leggere qualcosa sul cellulare.
La ragazza alzò smarrita gli occhi dal telefonino e quando vide Harry Styles appena sveglio, mezzo nudo nella sua cucina, rivolgerle la parola, rischiò di strozzarsi con il caffè che aveva appena ingurgitato.
Cominciò a tossire con forza, si portò una mano sulla bocca e sentì alcune lacrime scenderle dallo sforzo. «No» riuscì a dire con la voce strozzata, Harry annuì tornando in corridoio. La casa non era molto grande, Wynne era o in camera di Deb o in bagno e notando la porta chiusa di quest’ultimo, capì che era lì che si era nascosta.
«Wynne» la chiamò, cominciando a bussare sul legno chiaro.
«Harry vattene.»
«Mi dispiace! Non volevo farti arrabbiare.»
«Non rompere i coglioni. Tornatene da dove sei venuto!»
Il ragazzo continuò a bussare. «Posso sfondare la porta se voglio.»
«Sì, poi me la ripaghi te.»
Harry sorrise. «Non c’è problema. Te ne compro anche dieci di porte.»
Wynne alzò gli occhi al cielo rendendosi conto della gaffe. «Non mi interessa, voglio che te ne vai. Va’ da Alexa, dalle sue gambe chilometriche, i suoi capelli perfetti e… Cos’era? Le labbra? Ti piacciono le sue labbra?»
«Wynne stavo scherzando! Era solo uno scherzo di pessimo gusto, non capisco perché tu te la stia prendendo così tanto!»
Harry bussò di nuovo, quando sentì la chiave nella serratura girarsi si allontanò leggermente dalla porta felice che Wynne avesse capito che non era sua intenzione offenderla. Il modo in cui la ragazza lo guardò, però, non sembrava per niente contento.
«Non m’interessa Harry. Io le gambe chilometriche non ce le ho, i miei occhi sono di un comune marrone e le mie labbra… Beh, non so come sono le mie labbra ma di certo quelle di Alexa sono migliori quindi piuttosto che fare inutili paragoni va’ da lei così siamo tutti felici e contenti.»
Harry appoggiò le mani sulle spalle della ragazza, ancora rigide per la rabbia.
Lei abbassò lo sguardo sul suo petto ancora nudo e su quell’enorme farfalla che la metteva un po’ in soggezione. Non era una tipa permalosa ma tutto quello che aveva vissuto in quell’ultimo periodo le era completamente nuovo. Non avrebbe mai potuto competere con le ragazze che facevano parte del mondo di Harry: modelle, attrici, cantanti. Lei non aveva né le belle gambe di Alexa né il talento di Taylor Swift. Lei era soltanto una normalissima studentessa universitaria che abitava ad East London e che nel fine settimana lavorava in un pub per non dipendere completamente dai propri genitori. Non avrebbe mai organizzato un viaggio a Los Angeles con Harry e non sarebbe mai andata in Messico. Non poteva competere con tutto quello, Harry non poteva dirle certe cose perché se lei all’inizio avrebbe potuto sopportare e nascondere le insicurezze dietro un sorriso sforzato, non avrebbe resistito per tanto.
Harry le accarezzò una guancia, sentendo la pelle umida delle ragazze capì che aveva pianto ma era riuscita a nascondere bene le sue lacrime.
«Io non voglio andare da lei» le sussurrò, come se le stesse confessando la cosa più ovvia del mondo. «Stanotte appena sono atterrato la prima cosa a cui ho pensato è stata che volevo vederti, anche se erano le due di notte. Sono venuto da te, non sono andato da Alexa. Stamattina mi sono svegliato nel tuo letto, accanto a te, ed è lì che volevo essere. Mi dispiace per quello che ho detto, non mi piace nemmeno Alexa. È troppo magra, la sue labbra non mi piacciono e anche se i suoi occhi sono azzurri io preferisco i tuoi, di un comune marrone. Quindi no, non vado da lei. Sono felice e contento qua.»
Sospirò davanti al silenzio di Wynne.
«Mi dispiace se le mie parole ti hanno ferita e se ti ho fatta sentire inferiore alle ragazze da cui sono circondato. Tu non hai niente da invidiare a loro né a nessun altro perché a me piaci così anche se sappiamo relativamente poco l’uno dell’altro. Sono stato uno stronzo ma non pensavo te la saresti presa così, solo dopo ho capito cosa sono significate quelle stupide parole per te. Scusa.w»
«Allora la prossima volta morditi la lingua, coglione» borbottò Wynne tirandogli un pugno sulla spalla, ma il sorriso che comparve sul suo viso tradì il suo tono duro.
Harry tirò un sospiro di sollievo stringendola in un abbraccio. «Scusa» ripeté per l’ennesima volta. «Sono un pessimo ragazzo, siamo insieme da meno di un giorno e già ti ho fatta arrabbiare» mormorò.
«La prossima volta twitto la tua posizione e guardo in silenzio l’orda di fan che ti assale» borbottò Wynne sentendo il profumo che emanava la sua pelle.
Harry rise. «D’ora in poi farò il bravo, lo giuro.»
Wynne si staccò leggermente da quell’abbraccio e lo guardò negli occhi. «Ti conviene» lo intimò, prima di baciarlo con dolcezza.


 
9
 
 
 
Wynne era appena rientrata in casa dopo una giornata passata tra lezioni e studio quando Deb aveva invaso la sua privacy irrompendo in camera sua come un uragano.
«Qualcuno qui deve dirmi qualcosa!» esclamò entusiasta. «E non dirmi che devi aggiornare il tuo blog o studiare o che hai il mal di testa o che devi scrivere una lettera al Papa perché non uscirai da questa stanza fino a quando non mi avrai spiegato cosa c’è tra te e Harry-sono-il-sesso-che-cammina-Styles.»
Wynne sorrise di fronte alle ultime parole dell’amica. «Non so a cosa tu ti stia riferendo.»
Deb alzò gli occhi al cielo e si buttò con poca delicatezza sul letto dell’amica. «Sabato notte è piombato in casa alle due, domenica mattina me lo sono ritrovata in cucina mezzo nudo, vi ho sentiti urlare e poi fare la pace e da allora lo vedo gironzolare per casa più spesso di quanto abbia mai immaginato nei miei sogni più erotici. Deve esserci qualcosa, Wynne.»
La mora si strinse nelle spalle. Aveva cercato di evitare di pensare a quelle cose negli ultimi giorni: si sentiva bene con Harry e non ricordava nemmeno quando fosse stata l’ultima volta in cui aveva provato certe sensazioni. Non voleva rovinare tutto perché si faceva prendere dalle sue solite – ed inutili – paranoie. Stavano bene insieme nonostante fossero ancora agli inizi, non voleva rovinare tutto come si ritrovava sempre a fare.
«Ci piacciamo, vogliamo vedere come vanno le cose» rispose vaga.
«Mio Dio.» Deb sorrise incredula. «Ho immaginato tante volte il mio incontro con Harry, l’ho visto già tre volte e non gli ho ancora chiesto né un autografo né una foto. È incredibile.»
Wynne inarcò le sopracciglia. «Potresti chiederglielo stasera visto che l’ho invitato a cena.»
«Ma non ho preparato niente!» squittì Deb, lasciandosi prendere dall’agitazione.
«Ha detto che avrebbe portato lui le pizze. A te piace la margherita, vero?»
 
 
 
«Allora Deb, cosa fai nella vita?»
La ragazza appoggiò il trancio di pizza mangiato a metà nel cartone e si perse per un istante – di troppo – negli occhi verdi di Harry prima di dargli una risposta.
«Lavoro in un supermercato, niente di entusiasmante» ammise con un pizzico di vergogna.
«Non c’è niente di male in ciò. Anch’io facevo il panettiere prima di partecipare ad X Factor, e probabilmente sarei ancora in quel negozio a servire le vecchiette del paese se non fosse successo quel che poi è successo.»
«Sì ma tu sei Harry Styles» fu la risposta di Deb, il viso nascosto dietro ad un bicchiere di Coca-Cola.
Il riccio sorrise. «Non riuscirai mai a vedermi come un ragazzo normale te, vero?»
La ragazza scosse la testa lasciandosi andare ad un sorriso nervoso.
«Possiamo farci una foto insieme?» domandò poi, con una timidezza che Harry notava raramente nelle sue fan che solitamente si limitavano ad urlargli nelle orecchie quanto lo amassero e quanto fosse bello. Deb era diversa, nonostante Wynne gli avesse raccontato della sua reazione iniziale quando aveva scoperto che lei lo conosceva, davanti a lui si era sempre dimostrata educata, quasi intimorita. Gli faceva tenerezza: i suoi modi impacciati e la voce tremante. Più s’incrociavano per casa e più i suoi nervi sembravano distendersi ma Harry avrebbe sempre ricordato l’espressione che assunse la sua faccia quando lo vide per la prima volta, davanti alla porta di casa sua alle due di notte.
«Certo!» rispose regalandole uno sei suoi migliori sorrisi. Si alzò e si mise accanto a Deb che prese prontamente il suo iPhone dalla tasca dei jeans.
«Devo farvela io la foto?» intervenne Wynne divertita.
Deb scosse la testa. «Le selfie sono più belle» spiegò con un sorriso sulle labbra mentre Harry le si avvicinava e sorrideva all’obiettivo.
Deb cercò di nascondere l’agitazione che quella vicinanza le provocava. Sentiva i capelli solleticarle l’orecchio ed il suo braccio stringerle le spalle. Il cuore le batteva all’impazzata ed era sicura che anche lui avrebbe potuto sentirlo se si fosse concentrato solo un po’. Deb scattò la foto e l’istante dopo Harry alzò gli occhi vesto Wynne e le sorrise, un sorriso diverso da quello che aveva un attimo prima. Un sorriso sereno e sincero. Non aveva occhi che per lei.
 
 
 
«Cos’hai fatto oggi?» domandò Wynne, cambiando canale alla tv.
Erano le dieci passate, Deb era uscita di casa a causa di un impegno che aveva preso prima di sapere che quella sera Harry sarebbe stato loro ospite a cena e dopo aver sparecchiato loro si erano spostati sul divano come facevano spesso ormai.
«Niente di particolare. Ho fatto un giro per Londra, sono andato a pranzo con Grimmy… Solite cose…»
La ragazza annuì, arrivò ad MTV e sorrise nel vedere il viso di Harry sullo schermo: stavano trasmettendo il video di Story Of My Life.
«Che effetto ti fa vederti alla televisione?» domandò curiosa.
Harry alzò le spalle. «Ormai ci ho fatto l’abitudine ma all’inizio era piuttosto inquietante. Dovresti chiedermi che effetto fa vedere la mia faccia su zaini, scarpe, quaderni, tazze, portafogli e chi più ne ha più ne metta, invece.»
Wynne rise. «Mi credi se ti dico che volevo comperare la tua sagoma di cartone a Deb per il suo compleanno? Sfortunatamente eri finito al supermercato se no in questo momento ci sarebbero stati due Harry Styles in casa.»
Harry rise stringendo Wynne a sé. «Sono unico e inimitabile» disse fiero prima di lasciarle un bacio sulle labbra che sapevano ancora del caffè che avevano bevuto dopo cena.
«E dici che dovrei essere lusingata del fatto che l’unico e inimitabile Harry Styles, desiderato da solo Dio sa quante ragazzine, decida di sprecare il suo tempo con me?»
Il ragazzo sorrise soddisfatto baciandola di nuovo. «Decisamente. Nick invece vuole conoscere la ragazza misteriosa, quando avrà l’onore d’incontrare l’unica e inimitabile Wynne Teasdale?»
Wynne si staccò leggermente da Harry. «Ne abbiamo già parlato, non rendiamo le cose più difficili di quanto non lo siano» spiegò assumendo un tono più duro.
«Non voglio farti pressioni» si difese Harry. «Aspetterò che tu sia pronta.»
«Le cose sono un po’ più complicate di così» disse in un sospiro.
Harry aprì la bocca per ribattere ma capì che non ne sarebbe valsa la pena, che non sarebbero arrivati da nessuna parte. Avevano già intavolato il discorso un’altra volta e Wynne era stata inamovibile sul fatto di farsi vedere insieme, anche se a un metro di distanza. Harry la capiva nonostante nessuna delle ragazze che aveva frequentato prima di lei avesse temuto così tanto i tabloid, le fan e l’opinione pubblica in generale. Sapeva che non era facile stare con lui, le pressioni erano molte e per alcuni insostenibili – gli venne subito in mente Danielle – e non voleva obbligarla a fare qualcosa per la quale non si sentiva ancora pronta. Avrebbe aspettato, sentiva che ne sarebbe valsa la pena: cos’aveva da perdere infondo? Un po’ la capiva Wynne, l’attenzione mediatica su Harry era più che giustificata, infondo se l’era cercata lui accettando di entrare a far parte di una boyband che poi avrebbe scalato le classifiche; lei invece non voleva che Harry, tutto il resto sarebbe stato solo una spiacevole conseguenza.
«So che non è facile stare con me, oltre ai normali problemi che ci possono essere tra noi due si aggiungeranno quelli causati da tutti gli altri: insulti da parte di fan gelose, insinuazioni false da parte di giornalisti e ciarlatani ma se c’è una cosa che ho imparato in questi anni è che bisogna fidarsi solo di sé stessi e pochi altri. Se si ha la coscienza a posto nulla ti può affliggere, nemmeno l’invidia e le cattiverie. Ricordalo Wynne.»
Harry l’abbracciò e le diede un bacio sulla fronte. «Era da un po’ che non mi sentivo così bene con qualcuno» ammise sincero.
La ragazza si fece cullare dalle braccia forti e piene di tatuaggi di Harry, lui non capiva, non poteva capire perché lei non gli aveva ancora spiegato perché loro non si fossero mai incontrati prima. Perché lei non avesse mai voluto incontrare lui e gli altri prima.
«Cosa farai a Natale?» domandò il riccio cercando di cambiare argomento ed alleviare la tensione. Mancava poco più di una settimana al venticinque dicembre e solo in quel momento lui si era reso conto di essere in ritardo con i regali. Non aveva idea di cosa prendere né ai suoi genitori né a Rob, Gemma ma soprattutto Wynne.
«Andrò dalla mia famiglia, come tutti gli anni d’altronde. Tu? Vai ad Holmes Chapel?»
Harry annuì. «Mia mamma mi ha prenotato per quel giorno da mesi ormai» rise. «Come se volessi passare il Natale con qualcun altro.»
«Magari Alexa decideva di partire per Los Angeles il 25 dicembre. Che ne sai?» ribatté Wynne allontanandosi leggermente da lui e cercando di mantenere un’aria seria.
Harry alzò gli occhi al cielo. «Per quanto ancora dovrò sopportare le tue frecciatine?»
«Fino a quando non sarò passata ad altro, per il momento non ti resta che sopportare.»
Wynne sorrise vittoriosa di fronte allo sguardo rassegnato del ragazzo.
«Fino a quando non nominerò casualmente qualche altra modella dalle gambe chilometriche e gli occhi di ghiaccio?»
«Esatto.»
«L’unica cosa che cerco io è un po’ di normalità, Wynne. Sei il mio rifugio da tutto il resto.»


 
10
 
 
 
Hyde Park era affollato quel giorno. Lou e Wynne camminavano l’una accanto all’altra, gli occhi rivolti verso Lux che correva con una bambola in mano a pochi metri da loro.
«Ora ti aspettano un po’ di ferie arretrate allora» scherzò Wynne, mettendosi le mani nelle tasche della giacca e beandosi del calore che sentì.
Lou annuì senza riuscire a nascondere un sorriso di chi la sapeva lunga. «Sei ben informata, vedo.»
La cugina si strinse nelle spalle borbottando qualcosa d’insensato, sentendosi improvvisamente a disagio in previsione della piega che il loro discorso avrebbe preso.
Wynne non vedeva Lou dalla festa alla quale era stata – fortunatamente, avrebbe poi aggiunto – obbligata ad andare. Era stata contenta di averla sentita al telefono alcuni giorni prima e di aver organizzato una tranquilla passeggiata insieme, nonostante Wynne sapesse che gli incontri con Louise Teasdale non erano mai fini a loro stessi.
«Harry è molto preso, non lo vedevo così da tempo» disse Lou dopo alcuni attimi di silenzio. Sapeva che in quel tempo Wynne aveva fatto i suoi stessi pensieri e che l’avrebbe capita all’istante. «Anzi» aggiunse, «non credo di averlo mai visto così preso punto!»
Wynne nascose parte del viso dietro la sciarpa pesante che indossava, le parole dell’amica la lusingavano. Dopo quel litigio di poco conto Harry si era dimostrato il ragazzo che probabilmente tutte le sue fan speravano che fosse: divertente, simpatico, dolce spigliato ed intelligente. Nonostante fosse ufficialmente libero dagli impegni col resto della band sembrava essere sempre richiesto dalla sua grande cerchia di amici partendo da Nick Grimshaw fino ad arrivare a Pixie Gedolf. Lei aveva sempre rifiutato di uscire con lui: non voleva finire sulla copertina di tutti i tabloid inglesi ed inoltre sapeva di avere poco in comune con tutte quelle celebrità che lei aveva solo visto in tv o sentito alla radio. Harry, dopo aver protestato la prima volta si era rassegnato ed aveva rispettato il volere indiscutibile di Wynne.
«Mi piace molto» ammise la mora con difficoltà.
Era la prima volta che si ritrovava a parlare liberamente di Harry con qualcuno. Con Deb doveva stare attenta a come si esprimeva data l’ammirazione, quasi morbosa, della ragazza nei confronti del cantante. Le voleva bene ma anche Wynne aveva notato lo sguardo perso che Deb aveva ogni qualvolta si parlasse di Harry, non sapeva cosa le passasse per la testa ma temeva dell’effetto che qualche sua confessione troppo intima avrebbe avuto.
«Hai già deciso cosa regalargli per Natale?» chiese Lou, sentendosi come quando a scuola c’era l’intermediario tra i due ragazzi che si piacevano ma che non avevano mai il coraggio di parlarsi faccia a faccia.
«No… Non conosco molto i suoi gusti ed il mio budget è piuttosto limitato. Qualunque cosa gli prenderei lui potrebbe permettersene a quantità industriali» ammise Wynne.
Lou scosse la testa. «Ti sei beccata il membro più azzeccato della band per questo. Hai visto come va in giro quello? Ruba una giacca al primo barbone che vedi in giro e regalagliela: l’amerà.»
Wynne non riuscì ad evitare di ridere di fronte alle parole così dirette della cugina.
Lou era sempre stata molto schietta nel parlare. Per lei non c’erano vie di mezzo o indecisioni, era sempre molto categorica e testarda su tutto e Wynne un po’ l’ammirava per questo, lei che era perennemente nel dubbio.
«Sai cosa intendo» riprese la bionda. «E poi sbaglio o è il pensiero che conta? Se trovi la cosa giusta, renderai Harry il ragazzo più felice del mondo con dieci sterline, non sto scherzando.»
«Lo terrò a mente» rispose Wynne con un sorriso più rilassato sulle labbra.
«Allora, dove ti ha portata fino ad ora?» domandò dopo un attimo Lou, avida di sapere visto che Harry, nonostante fosse solitamente molto loquace riguardo le sue conquiste, aveva assunto l’atteggiamento opposto da quando aveva cominciato a frequentare Wynne.
«Da nessuna parte in realtà» mormorò la mora, rendendosi conto di quanto suonassero brutte quelle parole. «A parte la sera dopo la festa a Covent Garden, dove fortunatamente le fan che l’hanno riconosciuto non si sono accorte di me, siamo sempre rimasti a casa mia. Non mi va di farmi vedere in giro con Harry, insomma, sai meglio di me cosa comporterebbe.»
Lou annuì. «Chissà che sesso sfrenato che avete fatto allora!» esclamò poi senza riuscire a trattenere una risata. «Non voglio farmi gli affari vostri ma dimmi: com’è Harry a letto? A sentirlo parlare sembra che sia il ragazzo più esperto del pianeta ma sotto questo punto di vista gli uomini sono tutti uguali…»
Wynne si nascose ulteriormente dietro la sciarpa, in quel momento avrebbe voluto che fosse così grande da coprirle completamente il viso e il rossore sulle guance. «Non abbiamo ancora fatto niente» mormorò, così a bassa voce che Lou dovette chiederle di ripetere.
«Non abbiamo mai fatto sesso» disse con difficoltà, mantenendo lo sguardo fisso su Lux che si era fermata ad osservare un camioncino che vendeva Fish&Chips.
Lou strabuzzò gli occhi, completamente scioccata da quella rivelazione. «Wow!» esclamò soltanto.
«Non c’è mai stata l’occasione, non so come spiegarti. Mi ha baciata prima di partire, è tornato poco più di una settimana fa e da allora abbiamo solo…»
«Abbiamo solo?» la spronò Lou.
«Guardato film sul mio divano, bevuto cioccolata, ci siamo coccolati un po’… Oddio non so!» ammise poi Wynne coprendosi il volto con le mani fredde.
«Sembra noioso» ammise la bionda prima di concentrarsi su Lux che voleva a tutti i costi le patatine fritte.
«Cosa dovrei fare? Sembra che Londra conosca meglio Harry Styles della Regina, io non voglio essere considerata da tutti un’arrampicatrice sociale!»
«Tesoro, ti capisco ma non potete nemmeno passare il resto della vostra vita chiusi in casa tua! Lo sapevi che saresti andata incontro a questo quando hai deciso di iniziare a frequentarlo. Potreste uscire in gruppo, chi andrebbe a pensare che tra tutte quelle persone sia proprio tu la sua ragazza?»
«Lo so ma…»
«Ma?»
Wynne sbuffò. «Non so niente. Non sto più capendo niente.»
 
 
 
«Così sì che sei in incognito» rise Harry, distogliendo per un istante lo sguardo dalla strada per posarlo su Wynne che, col viso nascosto per metà da una sciarpa e per metà da un berretto calato quasi sugli occhi, era seduta accanto a lui.
«Zitto e guida» lo riprese lei con tono duro, senza nemmeno voltarsi a guardarlo: un po’ perché a causa di quel travestimento i suoi movimenti erano limitati e un po’ perché non voleva nemmeno.
«Siamo quasi arrivati capo. Devo lasciarti all’angolo così che tu possa infiltrarti nel mio appartamento senza dare dell’occhio?» continuò a punzecchiarla Harry senza riuscire a nascondere un sorriso divertito. «Dovrei farti una foto e postarla su Instagram. Ho già in mente cosa scrivere: “Wynnstagram”.»
«Devo ridere?» ribatté la ragazza.
«Credo che anche se lo facessi non se ne accorgerebbe nessuno.»
Harry scoppiò a ridere e nemmeno il pugno che Wynne gli tirò sul braccio riuscì a placarlo.
«Siamo arrivati comunque» continuò, rallentando fino ad arrestarsi.
«Bene» borbottò Wynne aprendo la portiera e seguendo Harry nel lussuoso palazzo che le aveva indicato.
Solo quando furono nella hall la ragazza si liberò dei pesanti indumenti che stavano cominciando a farla sudare ed ignorò deliberatamente le occhiate divertite di Harry.
«Io ti giuro, di ragazze come te ne ho conosciute davvero poche» ammise il riccio mentre entrava nell’ascensore.
«Lo so che sono unica e inimitabile, puoi anche smetterla di ricordarmelo» lo prese in giro Wynne.
Harry le cinse le spalle con un braccio. «Voglio che tu sappia quanto sei speciale» sussurrò con lo sguardo rivolto davanti a sé.
Wynne stava per ribattere ma il suono di un campanello si diffuse nell’ascensore e un istante dopo le porte si aprirono.
Harry la prese per mano e le fece strada verso il suo attico. Wynne spalancò gli occhi quando si ritrovò davanti ad un enorme salone arredato con cura: divani in pelle, televisori al plasma e tappeti sui quali lei avrebbe avuto paura a camminarci occupavano la stanza. Una parete era costituita da una vetrata che si affacciava su Londra, dalla parte opposta c’era una cucina professionale e probabilmente inutilizzata.
«Benvenuta nella mia umile dimora» disse Harry, lasciando la mano di Wynne per togliersi la giacca.
«Sì, è proprio umile» osservò la ragazza continuando a guardarsi in giro sempre più scioccata. «Non capisco come tu preferissi quel buco del mio appartamento a questo…» continuò incredula, andando ad affacciarsi alla vetrata.
«Casa tua è accogliente, questa è… Anonima. E vuota.»
Wynne distolse lo sguardo dalla vista di Londra per posarlo su un soggetto che, le faceva ancora strano ammetterlo, preferiva.
«Ora è un po’ meno vuota, non credi?» le chiese Wynne, togliendosi a sua volta la giacca ed appoggiandola sullo schienale del divano.
Harry accennò un sorriso ed annuì.
«Potremmo renderla anche più accogliente ed intima. Sembra uscita da un catalogo di design che ti mostra case da sogno» continuò la ragazza, avvicinandosi ad Harry e cingendogli il collo con le braccia.
«Potremmo sì» rispose il riccio con un tono basso di voce. Le sue mani fredde si appoggiarono alla base della schiena di Wynne e l’avvicinò ulteriormente a sé, la ragazza sorrise sentendo una scarica elettrica partire da quel punto e propagarsi lungo tutta la sua spina dorsale.
«Io inizierei dall’utilizzare quella cucina ancora nuova, perché sto morendo di fame.»
 
 
 
Wynne ormai l’aveva capito che con Harry Styles non avrebbe mai mangiato cibi cucinati da chef premiati con stelle Michelin. Quelle lasagne congelate prese da Tesco non erano poi così male, se ti concentravi su tutto tranne che sul gusto che sentivi sul palato.
«Qualunque cosa tenga in dispensa finisce sempre per scadere, non mangio quasi mai a casa» spiegò Harry, pulendosi la bocca con un tovagliolo di carta.
Wynne si strinse nelle spalle. «Questi sono i miei pasti quotidiani, non preoccuparti.»
«Ti porterò nel ristorante più costoso di Londra, prima o poi.»
Wynne sorrise, appoggiò il piatto ormai vuoto per terra e si avvicinò ad Harry che aveva finito di mangiare prima di lei.
«Non vedo l’ora» sussurrò, a pochi centimetri dal suo viso.
Harry mostrò le sue fossette in un sorriso malizioso che rispondeva perfettamente agli atteggiamenti di Wynne. Senza dire una parola appoggiò le sue labbra sul collo della ragazza e glielo baciò delicatamente lasciando che le mani affusolate di Wynne giocassero con i suoi capelli. Harry si spostò in alto passando alla mascella fino ad arrivare alle labbra socchiuse di Wynne. La guardò sorridente, le sfiorò la bocca senza dare il via a quel bacio che sapeva la ragazza stava agognando. Non avrebbe mai ceduto, così come non avrebbe mai distolto lo sguardo dai suoi occhi verdi. Harry sorrise divertito dalla testardaggine incorreggibile della ragazza. Lui però non aveva voglia di aspettare e quegli occhi da cerbiatta apparentemente impassibili lo stavano mandando fuori di testa. Wynne era diversa, era ciò che serviva ad Harry e per qualche strana ragione lui l’aveva capito nell’esatto istante in cui Gemma gliel’aveva indicata come “la cugina di Lou”. Lei non voleva il successo, non voleva il successo di Harry, e poche volte nella sua vita il ragazzo era stato con qualcuno avendo la certezza che nessuno si stesse approfittando di lui, dei suoi soldi, della sua fama e delle sue conoscenze. Wynne non voleva avere niente a che fare con tutto ciò – anche fin troppo – ed Harry apprezzava il suo piccolo appartamento, il suo divano con qualche molla fuori posto e la sua camera disordinata e piena di trucchi. Amava la sua ordinarietà, i suoi problemi normali, l’università, l’affitto da pagare ed una coinquilina un po’ sopra le righe con cui dover condividere gli spazi. Non gli aveva mai domandato niente riguardo ai One Direction, gli chiedeva dei suoi viaggi come se Harry quei posti li avesse visitati di sua spontanea volontà. Non le interessava a quante interviste avesse partecipato, quali personaggi famosi avesse conosciuto. Wynne gli aveva chiesto se i grattacieli a New York erano così alti come sembravano nelle fotografie, se le spiagge californiane ed australiane fossero davvero così piene di surfisti e com’era il cibo in Giappone. Ad Harry piaceva come si sentiva accanto a Wynne, la normalità che provava chiuso in quelle quattro mura con lei e un po’ aveva paura a mostrare il suo tesoro, quella ragazza che aveva conosciuto così per caso, al resto del mondo, alle telecamere, alle fan, come se loro potessero in qualche modo cambiarla, toglierle quella normalità che tanto l’aveva catturato.
«Allora, vuoi fissarmi ancora per molto o hai intenzione di baciarmi?»
La voce di Wynne lo destò dai suoi pensieri, col sorriso ancora sulle labbra dischiuse le sue labbra su quelle della ragazza lasciando che tutte le sue preoccupazioni si togliessero di dosso come i suoi vestiti, lasciandolo solo con lei.


 
11
 
 
 
«Harry, tu credi che io sia… Ecco… Tu credi che io sia noiosa?»
Wynne chiuse gli occhi nel pronunciare quelle parole, non perché non volesse guardare in faccia Harry visto che la sua visuale in quel momento era la televisione spenta appesa al muro di fronte a lei, ma perché aveva paura di quella che sarebbe stata la sua risposta a quella domanda.
Sentì Harry sospirare, l’aria che uscì dalla sua bocca le mosse quasi impercettibilmente i capelli e il petto su cui aveva appoggiato la testa si alzò leggermente per poi tornare nella posizione originaria. Wynne non riuscì a capire se quel gesto fosse sinonimo di difficoltà nell’ammettere la verità o solo una conseguenza del sorriso divertito che si dipingeva sul suo volto ogni qualvolta lei diceva qualcosa di stupido e insensato.
Il ragazzo le accarezzò i capelli e prese a giocarci con le sue dita lunghe e affusolate.
«Cosa stai blaterando?» domandò, dopo attimi di silenzio in cui Wynne si chiese se lui l’avesse ascoltata.
«Stiamo sempre a casa mia e pensavo che tu potessi stancarti, non so…» mormorò Wynne stranamente a disagio. Non avrebbe dovuto lasciare che le parole di Lou le occupassero la mente, avrebbe dovuto tenere quei dubbi per sé e non domandare niente a Harry perché quei silenzi stavano diventando carichi di tensione e lei stava rovinando un tranquillo risveglio alla vigilia di Natale.
«È per questo che hai insistito tanto perché ti portassi a casa mia, ieri?» domandò Harry, allontanando per un istante la mano dai capelli di Wynne.
La ragazza si ritrovò a trattenere il respiro col timore che quel gesto significasse un’irritazione che non era riuscita a scorgere nelle sfumature sua voce. Quando però sentì di nuovo le dita di Harry su di lei, si sentì sollevata.
«Anche» sussurrò soltanto allontanandosi dal petto nudo di Harry per posare lo sguardo sul suo viso. Non riusciva a parlare senza guardarlo negli occhi, senza captare ogni sua emozione all’interno di quelle iridi che con la luce del mattino sembravano ancora più verdi e infinite.
Harry sorrise, gli occhi ancora assonnati ed i capelli che avevano una forma più indefinita del solito.
«Se ti trovassi noiosa non sarei qui con te, ora» sussurrò accarezzandole una guancia. Wynne si lasciò andare, rincuorata da quella risposta: la migliore che avrebbe potuto ricevere.
 
 
 
Harry alzò leggermente il riscaldamento e sfregò una mano contro l’altra per cercare di scaldarsi un po’. Era fermo davanti a casa di Wynne da alcuni minuti, lei era salita entusiasta di dargli il suo regalo di Natale ma lui aveva deciso di aspettarla in macchina in quanto era un po’ di fretta. Sarebbe dovuto essere già in strada per Holmes Chapel invece era accostato in una zona in cui vigeva il divieto di fermata ed osservava le strade londinesi addobbate per le feste.
Il suo regalo per Wynne era sul sedile posteriore della sua macchina, la ragazza non aveva voluto aprirlo a casa sua quella mattina in quanto sembrava credere fermamente nello scambio dei regali di Natale che non sarebbe potuto avvenire in quel momento in quanto lei aveva lasciato quello di Harry in camera sua.
Il ragazzo si spaventò quando sentì la portiera dell’auto aprirsi, troppo immerso nei suoi pensieri per accorgersi che Wynne era tornata.
«È solo un pensiero» spiegò lei, porgendogli il regalo impacchettato con cura.
Harry sorrise e si sporse verso i sedili posteriori per prendere ciò che lui le aveva comperato.
«Anche il mio, non sapevo cosa regalarti» si giustificò il ragazzo, rendendosi improvvisamente conto dell’insignificanza di ciò che le aveva preso. «Spero ti piaccia.»
Wynne sorrise rassicurante. «Sono sicura che sarà bellissimo» disse.
Il suo sguardo si spostò dal viso di Harry ad una persona alle sue spalle che stava venendo nella loro direzione e che superò la macchina senza accorgersi di loro all’interno, dirigendosi verso il palazzo in cui abitava Wynne.
Harry si accorse del suo attimo di distrazione, guardò prima l’uomo e poi lei, confuso.
«Tutto bene?» le domandò.
Wynne annuì. «È solo che non capisco cosa ci faccia Steve qui» disse sovrappensiero, continuando a seguire con lo sguardo l’uomo che stava entrando nell’edificio.
«Lo conosci?»
Wynne sembrò tornare alla realtà solo in quel momento. «Sì» disse. «È il proprietario del nostro appartamento ma non viene mai qua, insomma… Solitamente siamo noi che lo chiamiamo quando c’è qualcosa che non va in casa ma Deb non mi ha detto niente prima…»
Harry la guardò in silenzio, non capiva tutta quella preoccupazione negli occhi della ragazza.
«Magari l’ha chiamato ieri sera dopo che tu sei venuta da me e prima non le è venuto in mente di avvertirti. Sono sicuro che va tutto bene» cercò di confortarla.
Wynne annuì. «Credo che tu abbia ragione» disse, seppur poco convinta. Rimase in silenzio per alcuni attimi. «Chi apre per primo?» propose poi, sforzando un sorriso.
«Apri tu.»
La ragazza annuì, cominciò col staccare delicatamente la carta ma dopo alcuni secondi la sua curiosità ebbe la meglio e si ritrovò a scartare il regalo senza preoccuparsi di rompere la confezione proprio come facevano i bambini. Spalancò gli occhi quando si trovò davanti agli occhi un cesto pieno di trucchi che aveva visto soltanto su internet e che non aveva ancora comperato perché troppo cari.
«Harry!» esclamò soltanto mentre osservava uno ad uno i rossetti, gli ombretti, mascara e altro che il ragazzo le aveva preso. «Ma sono tutte le nuove collezioni!» continuò, con la voce più alta di qualche ottava per la sorpresa. Erano tutti trucchi di grandi marche: da Dior a Chanel, Armani, Yves Saint Laurent… «Oh mio dio» disse, continuando a rovistare in quel cesto. «Ti sarà costato una fortuna! Il mio regalo in confronto fa schifo.»
Harry si strinse nelle spalle e si grattò la testa con una mano. «Non sapevo cosa prenderti così sono andato in un negozio e ho chiesto alla commessa di darmi tutti i trucchi appena usciti, così da essere certo che tu non li avessi ancora comperati.»
Wynne alzò gli occhi dal cesto e si voltò verso il ragazzo. «È il più bel regalo che abbia mai ricevuto» mormorò ancora incredula. Appoggiò entrambe le mani sul collo del ragazzo e si avvicinò a lui baciandolo con dolcezza. «Grazie ancora» sussurrò sulle sue labbra che si distesero in un sorriso rilassato.
«Ora tocca a me però» disse Harry senza riuscire a nascondere la curiosità nel sapere cosa gli avesse preso Wynne.
La ragazza annuì e si allontanò da lui per lasciargli aprire il regalo.
Harry cominciò a scartare il pacchetto con impazienza. «Due paia di jeans?» domandò divertito, osservando ciò che aveva tra le mani.
«Così magari è la volta buona che butti quelli tutti rotti che hai e che ti ostini a continuare a indossare.»
Harry guardò per alcuni secondi Wynne, sorpreso da quelle parole, poi scoppiò a ridere. «Sei… Sei così imprevedibile» ammise, continuando a guardare quei pantaloni. «Ma mi piacciono. Questo tuttavia non significa che butterò via i miei amati jeans» continuò, accarezzandosi il tessuto nero e aderente sulle sue cosce.
«Ma sono tutti rotti! Hanno buchi ovunque: su entrambe le ginocchia, sulle tasche posteriori, tra un po’ ti si squarceranno del tutto ed andrai in giro col sedere per aria!» esclamò Wynne ridendo.
«Così renderò contente le mie fan, non credi?»
Wynne alzò gli occhi al cielo esasperata dalle parole di Harry che si affrettò a stringerla tra le sue braccia e baciarle le labbra screpolate dal freddo. «Grazie mille» le disse, sfiorandole le guance con le dita.
Wynne sorrise e appoggiò la propria mano su quella del ragazzo. Aveva una vera e propria ossessione per le mani, erano una delle prime cose che guardava nelle persone e si era sorpresa di se stessa per quanto amasse quelle di Harry. Erano grandi e affusolate, non erano molto curate ma erano morbide, segno che di lavori manuali non ne faceva. Non amava molto gli anelli sui ragazzi ma doveva ammettere che su quelle dita stavano bene, così come stava bene quella croce spessa e nera che risaltava sulla sua pelle pallida.
Wynne chiuse gli occhi e si beò del tocco delicato di Harry che passò dalle sue guance al contorno delle sue labbra, aprì gli occhi sorpresa quando sentì queste essere sostituite dalla bocca di Harry che premette sulla sua.
Appoggiò le mani sulle sue spalle e poi tra i suoi capelli e dischiuse le labbra quando sentì la lingua di Harry chiederle di farlo in silenzio. Dei brividi le pervasero la schiena e si sorprese per l’ennesima volta della leggerezza che provava quando Harry la baciava con tanta intensità, strinse leggermente la presa sui suoi capelli ripensando alle sensazioni che aveva provato quella notte ma allontanò le mani di scatto quando sentì Harry mugolare leggermente a causa di quel tocco forse poco delicato.
«Siamo aggressivi oggi» mormorò il ragazzo sulle sue labbra, lasciandosi andare ad un sorriso malizioso.
«È colpa tua» ribatté Wynne.
Harry inarcò le sopracciglia e si allontanò leggermente da lei per vederla meglio. «Colpa mia?» ripeté incredulo.
La ragazza annuì convinta. «Sì. Sei troppo bello e in gamba. Mi mandi fuori di testa» confessò.
«Devo prenderlo per un complimento?»
Wynne si strinse nelle spalle, stava per rispondergli ma il suo sguardo cadde di nuovo su Steve che stava attraversando la strada diretto verso la sua macchina parcheggiata dal lato opposto della carreggiata.
«Chissà cos’è successo…» mormorò Wynne sovrappensiero.
Harry si strinse nelle spalle. «Tra poco lo chiederai a Deb, io ora devo lasciarti se voglio arrivare ad Holmes Chapel per cena.»
La ragazza annuì. «Anch’io devo finire di preparare alcune cose prima di andare dai miei.»
«Ci sentiamo allora, buona vigilia.»
«Buona vigilia anche a te, Harry.»
Il ragazzo abbracciò Wynne un’altra volta, la baciò sulle labbra e la guardò in silenzio scendere dalla macchina.
«La carta regalo te la lascio però» disse Wynne, facendogli una smorfia.
Harry rise. «Va bene capo, buone feste.»
«Anche a te.»
Wynne rimase in piedi sul marciapiede a guardare quel Range Rover nero partire. Anche se per pochi giorni, le sarebbe mancato Harry.
 
 
 
La sensazione d’inquietudine non l’aveva mai abbandonata. L’aveva provata mentre apriva il portone del palazzo, mentre saliva le scale perché non aveva voglia di aspettare l’ascensore e mentre litigava con la serratura difettosa della porta di casa. Si era fatta più insistente quando, abbandonate scarpe e cappotto all’entrata, aveva trovato Deb affacciata alla finestra della cucina nonostante il freddo, intenta a fumare con nervosismo una sigaretta. Wynne era certa che ci fosse qualcosa che non andava, Deb le aveva lanciato uno sguardo poco interessato, come se volesse solo accertarsi che ad essere entrata in casa fosse davvero la sua coinquilina e non qualche sconosciuto, poi era tornata a darle le spalle, la sigaretta quasi giunta alla fine tra le mani. Trovava strano che non si fosse soffermata sul cestino colmo di trucchi che Wynne aveva in mano, che non l’avesse accolta con un interrogatorio su come avesse reagito Harry al suo regalo – che avevano deciso insieme – e su cosa invece le avesse preso lui.
Wynne decise di ignorarla, quello non le sembrava il momento giusto per parlare così si limitò a chiudersi in camera e finire di preparare le valigie. Non sarebbe stata a casa dei suoi per molto, nonostante le mancassero quella casa le era sempre stata un po’ stretta: un po’ per l’eccessiva apprensione di sua madre che purtroppo aveva solo lei su cui sfogarla e un po’ per il carattere scorbutico di suo padre che sembrava disinteressarsi completamente della sua unica figlia.
Stava cercando di far entrare un paio di scarpe nella sua valigia già piena quando Deb bussò alla porta e senza aspettare che Wynne le rispondesse, entrò nella stanza.
«Odio fare i bagagli» ammise Wynne, appoggiando un ginocchio sulla valigia per farla chiudere. Fece scorrere con fatica la cerniera e guardò soddisfatta quello che sembrava un fagotto che stava per esplodere. Avrebbe sparso vestiti ovunque se l’avesse fatto per davvero ma Wynne era felice di essere riuscita a far stare tutte le sue cose in un solo bagaglio: se c’era una cosa che odiava era viaggiare con molte valigie e borse appresso.
«Tu non parti?» chiese poi, spostando lo sguardo su Deb che sussultò quando sentì Wynne rivolgerle la parola.
C’era sicuramente qualcosa che non andava, erano poche le volte in cui Deb non sprizzava vitalità da tutti i pori, quel suo carattere così estroverso permetteva a chiunque di capire quando qualcosa le occupava la mente: diventata improvvisamente silenziosa e nonostante avesse più o meno sempre la testa tra le nuvole, l’espressione pensierosa che assumeva quando qualcosa occupava i suoi soliti pensieri era inconfondibile. Wynne decise di non indagare, non sapeva se quell’atteggiamento fosse dovuto alla visita di Steve o a qualcos’altro, era certa che Deb si sarebbe confidata con lei quando se la sarebbe sentita. Tuttavia non riusciva ad ignorare la visione del loro affittuario che entrava nel palazzo e ne usciva poco dopo, infondo era un suo diritto sapere perché fosse venuto a far loro visita.
Wynne si spostò verso l’armadio e cominciò a rimettere a posto i vestiti che aveva deciso di non portare con sé. «Ho visto Steve prima» esordì con calma, senza lasciare trasparire alcuna particolare curiosità da quelle parole. «Si è per caso rotta ancora la caldaia?» buttò lì, voltandosi verso Deb che si era chiaramente irrigidita dopo quelle parole.
«N-no» mormorò la ragazza mantenendo lo sguardo basso.
«Non ha altri appartamenti qui, vero? Deve essere per forza venuto qua, tu l’hai visto?»
Deb annuì. «Sì, è venuto qua» mormorò soltanto.
Wynne annuì, continuò a mettere a posto i suoi vestiti in silenzio facendo finta di niente.
«È venuto solo per farci gli auguri di buon Natale, ha detto che ti saluta» aggiunse Deb dopo un attimo.
Wynne le sorrise. «Peccato che fossi con Harry, avrei voluto salutarlo di persona» disse convinta, nonostante sapesse bene che Steve non era venuto lì per quello, non aveva mai fatto loro gli auguri né di Natale né tantomeno di Pasqua, non vedeva perché avrebbe dovuto cominciare proprio quell’anno. Decise di lasciare perdere quel discorso, forse non era niente di che ma a Deb non andava di parlarne. Fino a quando non sarebbe stata sfrattata da quel posto, non c’era niente di cui preoccuparsi.

 
12
 
 
 
Wynne non ricordava un Natale in cui casa sua erano regnati il silenzio e la pace. Nonostante sotto quel tetto a viverci fossero solo in tre, la mattina del 25 dicembre lei finiva sempre per svegliarsi a causa del baccano causato dagli elettrodomestici usati da sua madre, dalle lamentele di suo padre per la poca efficienza degli spazzaneve del paese e dal suono del telefono che sembrava non volere mai smettere di squillare. Anche quel giorno quindi si era svegliata di buon’ora, ignorando il nervosismo che sembrava essersi già impossessato di lei, davanti a quella che le era sempre sembrata la giornata più lunga dell’anno. Si era vestita elegante per il pranzo di famiglia a casa della nonna e aveva aiutato sua madre a finire di preparare alcuni dei piatti che avrebbero fatto parte di un pranzo che sarebbe stato in grado di sfamare un esercito intero.
«George sei pronto?» domandò la donna, ignorando le lamentele della figlia sulla quantità di cibo che sarebbe finita nella spazzatura.
«Vi sto aspettando da mezz’ora!» fu la risposta poco tranquilla da parte dell’uomo che era apparso in cucina.
«Oh, bene» disse soltanto Sandra, asciugandosi le mani con uno strofinaccio e regalando un sorriso rilassato al marito che invece aveva dipinta sul volto una smorfia impaziente e piuttosto irritata.
«Papà, che ne dici di portare queste in macchina? Io e la mamma ti raggiungiamo tra poco» intervenne Wynne, porgendo all’uomo due sacchetti colmi di pietanze.
Lui annuì ed uscì dalla cucina borbottando cose insensate su quanto odiasse il Natale e la famiglia di sua moglie, composta soltanto da donne bisbetiche e uomini che, secondo lui, non erano degni di essere chiamati tali.
 
 
 
«Tesoro siediti, faccio io» disse Anne mentre prendeva i piatti sporchi che Harry le aveva appena portato in cucina.
«Ehi! Che cosa sono questi favoritismi?» intervenne Gemma che in quel momento li aveva raggiunti con altre stoviglie da lavare. «Ricordati che dentro questa casa tu non sei una superstar» continuò stizzita, rivolgendosi al fratello che la guardava divertita.
«Allora vuol dire che mi riprenderò quella meravigliosa borsa di Michael Kors che hai trovato stamattina sotto l’albero» ribatté lui, arruffando i capelli alla sorella che, nonostante fosse più grande di lui, non poté fare altro che sbuffare.
«Ricordati di prendermi quei sandali che ti ho fatto vedere, quando vai a Los Angeles!» esclamò poi, mentre Harry stava tornando nella sala da pranzo.
«Mi dispiace ma dovrai aspettare un po’» fu la risposta del ragazzo, sopra il baccano causato da Archie che giocava col suo nuovo elicottero e dalla tv col volume troppo alto lasciata accesa.
«Cosa vuol dire che devo aspettare un po’?»
Gemma seguì il fratello in cucina con in mano altri piatti sporchi, in attesa di una risposta.
«Vuol dire che non vado più a Los Angeles» rispose lui schivo.
Anne alzò gli occhi dalla lavastoviglie che stava riempiendo per prestare più attenzione alla discussione tra i due fratelli.
«Perché?» domandò Gemma, sempre più interessata alla piega che quella conversazione stava prendendo.
Harry si strinse nelle spalle. «Perché non mi andava più di andare» rispose, sperando che quelle parole potessero essere sufficienti a placare la curiosità di sua sorella.
«Hai conosciuto qualche ragazza, Harry?» domandò invece lei.
Gemma sorrise trionfante quando vide suo fratello irrigidirsi di fronte a quelle parole. «Allora, chi è la fortunata?» continuò sempre più gongolante.
«Non sono affari tuoi» fu la risposta burbera di Harry, prima che riprendesse ad aiutare sua madre passandole i piatti sporchi. Gemma però non aveva voglia di finire quella conversazione proprio sul più bello, si appoggiò all’isolotto della cucina e non distolse nemmeno per un istante lo sguardo da suo fratello che sembrava invece intenzionato ad ignorarla.
«Fammi indovinare…» riprese la bionda dopo un attimo. «Il suo nome inizia per caso per W e finisce per E?»
Harry si arrestò di scatto, la sua faccia sorpresa fu però subito sostituita da un’espressione rassegnata.
«Perché voi ragazze dovete essere così pettegole?» sospirò.
Gemma ignorò le sue parole. «Dai, dimmi qualcosa su di lei. Com’è? Ti piace? Anche se credo di sì, visto che hai mandato all’aria i tuoi progetti di un mese per lei…»
«Di chi state parlando?» intervenne Anne, fingendo di non avere ascoltato una parola fino a quel momento.
«Della nuova ragazza di Harry, Wynne. È la cugina di Lou, l’ho conosciuta più o meno un mese fa sul set fotografico di The Craft.»
«Da quant’è che lo sai?» borbottò irritato Harry.
Gemma alzò gli occhi al cielo. «Ti ricordo che c’ero anch’io quando l’hai invitata a cena con te e Lux, già da allora ho capito che ti interessava se no non ti saresti nemmeno sprecato. Era ovvio che le saresti piaciuto, con questo bel faccino che assomiglia tanto a quello della tua sorellona» spiegò Gemma, prendendo le guance di Harry tra le sue mani.
Il riccio si scansò con poca delicatezza da quella presa. «Smettila» borbottò spazientito.
«Ma glieli hai fatti almeno gli auguri di Natale?» domandò Gemma per niente infastidita dagli atteggiamenti del fratello.
«Stavo giusto aspettando che ti levassi di torno per farlo ma se avessi saputo che eri più informata dell’FBI non mi sarei sprecato» ribatté Harry, lasciandosi scappare un sorriso mentre estraeva dalla tasca dei suoi jeans il cellulare.
«Salutamela!» esclamò sorridente Gemma prima di tornare in salotto.
Harry uscì nel giardino proprio mentre Wynne rispondeva alla chiamata con un “pronto?” poco udibile a causa di alcuni schiamazzi.
«Buon Natale!» esclamò il riccio, sentì la ragazza ridacchiare e il chiasso diminuire fino a sparire completamente dopo un rumore sordo, probabilmente una porta appena chiusa.
«Buon Natale anche a te, Harry» rispose poi.
Il ragazzo cominciò a gironzolare per il giardino. «Come stai?» domandò quando si arrestò davanti ai fiori che sua madre aveva piantato la primavera prima.
«Tutto bene, sono a casa di mia nonna e mi fa male la testa, non puoi capire quanto voglia solo sdraiarmi nel mio letto e gustarmi un po’ di silenzio» spiegò Wynne rassegnata.
Harry sospirò. «Ti capisco eccome. La mia fregatura è che sono tutti a casa mia quindi non avrò un po’ di pace fino a quando l’ultimo ospite non se ne sarà andato.»
«Ti ospiterei volentieri» fu la risposta audace di Wynne, dopo alcuni attimi di silenzio.
Le labbra di Harry si aprirono in un sorriso lusingato. «Lo sai che io verrei altrettanto volentieri» mormorò passandosi una mano tra i capelli tirati indietro con una bandana.
Rimasero entrambi in silenzio per alcuni istanti a gustarsi il silenzio interrotto soltanto dai loro respiri. Harry, che fino a quel momento era rimasto in piedi davanti ai fiori di Anne, riprese a camminare e si avvicinò alla finestra del soggiorno per vedere com’era la situazione all’interno. Gemma stava scrivendo qualcosa al telefono, i suoi zii e Robert stavano chiacchierando animatamente ancora seduti a tavola mentre suo cugino Archie sembrava incantato a guardare la tv.
«Non vedo già l’ora di tornare a Londra» disse Wynne pensierosa.
«Cosa ti ha portato Babbo Natale?» domandò Wynne, facendo distogliere ad Harry lo sguardo dal salotto di casa sua.
«Alcuni vestiti, un profumo, solite cose… A te?»
«Vestiti, un buono da spendere in un negozio, mia nonna mi ha fatto un paio di calze di lana» rise Wynne facendo sorridere di rimando Harry che posò lo sguardo su Archie che in quel momento l’aveva raggiunto in giardino, troppo concentrato sull’elicottero che stava facendo volare per accorgersi della presenza del cugino a pochi metri da lui.
«Saranno utili per scaldare i tuoi piedi perennemente congelati.»
«Avrei preferito che fossi tu, a scaldarmeli…» sussurrò Wynne lasciva.
Harry strabuzzò gli occhi, lo sguardo fisso sull’elicottero che volava nel giardino ma la mente altrove, mentre una strana sensazione gli attanagliava lo stomaco.
«Wynne…» mormorò con voce roca Harry, stava per aggiungere altro quando l’urlo di disperazione di Archie lo interruppe.
«Il mio elicottero!» esclamò il bambino. «Harry il mio elicottero è finito sul tetto!» continuò, rivolgendosi al cugino.
Harry non riuscì a trattenere un sorriso guardando il giocattolo incastrato nella grondaia.
«Scusami, devo andare» avvertì Wynne. «Mio cugino ha combinato un casino. Ci sentiamo, okay?»
«Okay» ripeté lei mascherando la delusione per quella chiamata durata troppo poco. «Ci sentiamo.»
Stava per riattaccare ma la voce di Harry la richiamò un’ultima volta.
«Wynne aspetta!» esclamò, ignorando le lamentele di suo cugino che si erano fatte sempre più insistenti, fino ad attirare l’attenzione di Robert e Gemma che erano accorsi in giardino.
Harry si allontanò un po’ da loro per continuare a parlare indisturbato ma, soprattutto, lontano dalle orecchie indiscrete di sua sorella che non gli aveva negato un’occhiata eloquente.
«Capodanno lo festeggiamo insieme, vero?» domandò, timoroso che a causa della sua solita sbadataggine lei avesse preso altri impegni per quella sera. Quando però sentì Wynne lasciarsi andare ad un sorriso, dall’altra parte, anche il peso sul suo stomaco si alleggerì e dovette dare le spalle agli altri per nascondere la sua espressione felice che avrebbe sicuramente catturato l’attenzione dell’occhio attento di Gemma.
«Aspettavo solo che tu me lo chiedessi.»


 
13
 
 
 
Wynne si sentiva un’approfittatrice, in certi casi.
Ciò che le occupava principalmente la mente in quei giorni erano problemi legati principalmente al suo non essere un’approfittatrice ma sapeva che, in certi casi, lo era stata. Avrebbe sfidato chiunque a non trarre vantaggio, qualche volta, da qualche situazione, precisamente dall’infatuazione che il tuo “capo” ha per te.
Sapeva che a Capodanno il Luke’s avrebbe fatto il pienone e sapeva altrettanto bene che essendo stata a casa la vigilia di Natale – altra occasione in cui il locale sembrava essere la meta prediletta di molte persone – avrebbe dovuto lavorare il trentun dicembre. Nonostante questa consapevolezza, aveva tentennato un solo istante prima di chiedere a Dave di fare uno strappo alle regole e di lasciarle quel giorno libero, il senso di colpa l’aveva abbandonata nello stesso istante in cui, aprendo la porta alcune ore prima, si era ritrovata faccia a faccia col viso sorridente di Harry Styles.
Il freddo pungente della notte di San Silvestro colpiva senza pietà le gambe di Wynne, lasciate scoperte dal vestito che indossava, e in quel momento il suo lavoro era l’ultimo dei suoi pensieri, reso sempre meno frequente ad ogni sorso di champagne che aveva fatto. Sapeva che avrebbe dovuto mettere dei collant più pesanti ma non era colpa sua se ogni volta che li indossava questi si smagliavano e, essendosi dimenticata di andare a comperarne delle paia adatte alla stagione, le erano rimasti in casa solo quelli più leggeri.
«Freddo?» le domandò Harry, notando la ragazza rabbrividire.
Lei sforzò un sorriso mentre si stringeva nelle spalle. «Un pochino» ammise.
«Siamo quasi arrivati» la rassicurò lui, cercando con la sua mano quella congelata di Wynne e facendo incastrare le loro dita.
Erano le dieci e mezza ed erano diretti ad una festa privata a casa di Nick Grimshaw. Alla fine Harry era riuscito a convincere Wynne ad incontrarlo, sebbene lei si fosse mostrata poco entusiasta. Non voleva rovinare la sera di Capodanno ad Harry, lui l’aveva rassicurata che le persone che sarebbero state presenti erano tutt’altro che interessate alle ragazze che lui frequentava e che non ci sarebbero stati problemi se li avessero visti insieme. Lei si era lasciata convincere dal tono deciso e dal sorriso rassicurante di Harry e sapere che anche Deb sarebbe stata con lei l’aveva resa più tranquilla: non si sarebbe sentita completamente un pesce fuor d’acqua.
La sua coinquilina camminava dietro lei e Harry, accanto a Niall che chiacchierava a suo agio nonostante lo sguardo sognante di Deb che non distoglieva gli occhi da lui nemmeno per un istante.
Avevano cenato a casa di Harry, che si era premurato di riempire il frigo per l’occasione, e avevano deciso di raggiungere gli altri per il conto alla rovescia.
«Siamo arrivati» proclamò Harry arrestandosi davanti ad una casa dai muri bianchi e la ringhiera nera. Suonò il campanello ed alcuni minuti dopo un ragazzo con un ciuffo laccato e la bocca grande li accolse.
«Harry!» esclamò questo su di giri, ignorando gli altri per abbracciare il riccio che ricambiò ridendo.
«Vedo che sei già entrato nello spirito della festa, Grimmy» osservò lui divertito.
«Manca poco più di un’ora all’anno nuovo e tu sei ancora sobrio! Cosa c’è che non va, fanciullo?»
Harry si strinse nelle spalle ma prima che potesse rispondere Nick posò lo sguardo si Wynne che lo guardava in silenzio.
La sua espressione non era sorpresa o divertita – come quella della maggior parte delle persone che vedevano Grimmy per la prima volta – i suoi occhi non lasciavano trasparire nessuna emozione e le sue labbra pitturate di un rosa scuro, tendente al rosso, erano chiuse in una linea dritta. Sarebbe stato un cipiglio severo, il suo, se le sue sopracciglia non fossero state completamente distese e non aggrottate.
«E questo splendore chi è?» domandò Nick, incurante dell’espressione di Wynne, porgendole la mano.
«Lei è Wynne. Wynne, ti presento Nick Grimshaw.»
«È un piacere conoscerti» disse lei educatamente, mostrandogli finalmente i suoi denti perfetti in un sorriso che sembrava quasi di circostanza.
Non che Wynne seguisse molto Radio1 ma Nick Grimshaw non le era mai piaciuto. Non aveva nulla di personale contro di lui, probabilmente era pure simpatico se Harry gli era amico, ma le sembrava troppo gay, troppo esibizionista, troppo altezzoso. Troppo… Troppo. Era il classico personaggio famoso che si atteggiava con aria di superiorità più di quanto il suo effettivo successo gli permettesse. Il contrario di Harry, insomma. Era soltanto un radiofonico, infondo, con le amicizie giuste.
«Oh mio dio Grimmy in persona!» squittì Deb incredula, coprendosi la bocca con le mani dallo stupore.
La sua voce acuta fece tornare Wynne alla realtà, giusto in tempo per intercettare l’espressione quasi schifata di Nick, come se avesse appena calpestato un insetto fastidioso.
«E lei chi è?» domandò quasi con timore ad Harry, che si grattò la testa leggermente in imbarazzo.
«Lei è Deb, un’amica» spiegò il riccio.
«Nick ti ascolto tutte le mattine, sei meraviglioso!» continuò la ragazza, non facendo caso all’espressione infastidita e completamente disinteressata di Grimmy.
«Andiamo dentro, comincio ad avere freddo» osservò lui, ignorandola completamente.
 
 
 
La festa era divertente, stava superando di netto le aspettative di Wynne che si era resa conto, piacevolmente, che Grimmy sembrava essere l’unico personaggio famoso in quel luogo con “l’atteggiamento più altezzoso di quanto la sua fama gli permettesse”. Si circondava delle persone giuste, lei l’aveva capito da prima che le loro mani curate si stringessero, quella festa e il fatto che fosse un amico così stretto di Harry ne erano l’ennesima conferma.
Lanciò uno sguardo divertito a Deb che aveva uno guardo sognante, come se quello fosse il Paese dei Balocchi e lei Pinocchio. Teneva il telefono in mano, pronto a scattare una foto con qualche personaggio famoso e un flûte di champagne nell’altra, mentre parlava vivacemente con Niall che sembrava interessato alle sue parole.
«Mademoiselle.»
Wynne rabbrividì nel sentire quel respiro caldo soffiarle sul collo e si voltò di scatto incontrando gli occhi verdi di Harry, resi leggermente lucidi dall’alcol, che la guardavano divertiti.
«Ti ho preso da bere» aggiunse, porgendole un bicchiere colmo di un drink di un colore che tendeva al rosso, molto meno di classe rispetto allo champagne di Deb, pensò Wynne.
Lo ringraziò e lui sorrise, le labbra erano chiuse ma le fossette erano ben evidenti lo stesso. Harry si sporse leggermente verso Wynne e la baciò sulle labbra, lasciandosi scappare una risata.
«Sai di fragola» fu il commento divertito di lei.
Harry era palesemente su di giri, l’aroma di fragola era mischiato a quello dell’alcol e di qualcos’altro che Wynne non aveva riconosciuto, quel ghigno allegro ma allo stesso tempo assente la divertivano ma già pensava quanto Harry avrebbe retto, se ci fosse stato qualche paparazzo appostato fuori da quell’appartamento che ospitava personaggi che sarebbe stato interessanti fotografare stravolti, la prima mattina dell’anno.
«Ti stai divertendo?» domandò Harry, che senza che Wynne se ne fosse accorta si era sbarazzato del suo bicchiere e con entrambe le mani libere le aveva cinto i fianchi, attirandola a sé e cominciando a dondolare lentamente, completamente fuori tempo con la canzone ritmata che invece le casse stavano pompando.
Lei sorseggiò il drink prima di rispondere. «Certo» disse tranquilla, sorridendo di fronte a quell’Harry col viso un po’ stravolto, i capelli spettinati e non completamente in sé che lei non aveva mai visto.
«Mi preoccupo molto per te» riprese lui, come se prima di quel momento non si fossero detti nulla. «Non voglio perderti, come Liam ha perso Danielle o come…»
Harry si zittì quando il dito di Wynne si poggiò sulle sue labbra impedendogli di aggiungere altro.
Rimase incantato a guardarla, nel suo vestito elegante e con gli atteggiamenti giusti per una serata di quel tipo. Wynne era sempre all’altezza, di ogni situazione. Wynne era studentessa universitaria, era babysitter, coinquilina, fashion blogger, ragazza affascinante che riusciva a stare ad una festa piena di gente famosa conformandosi con loro senza cambiare. Era una forza della natura e Harry l’aveva capito da quando l’aveva vista chiacchierare con Lou quella sera in cui Gemma gliel’aveva indicata distrattamente presentandola come la cugina della loro amica. Non voleva perderla, non voleva che il suo successo rovinasse anche il loro rapporto ma aveva una paura assurda che questo accadesse. Wynne sembrava dello stesso avviso e la sua mania di organizzare tutto aveva coinvolto anche quell’aspetto, finendo per restare sempre al sicuro all'interno di quattro mura domestiche. Harry non voleva quello, voleva vivere alla luce del sole ma senza ritrovarsi inondato di messaggi di odio verso lei e la loro relazione, come se al posto di stare con una ragazza lei fosse un mostro, una copertura, un’approfittatrice o chissà cos’altro. Le sue fan erano molto fantasiose sotto questo punto di vista. Sapeva che il suo era un desiderio inavverabile, almeno per il momento, e non l’avrebbe mai confessato a Wynne. Se non fosse stato per i diversi cocktail che aveva bevuto in compagnia, era sicuro che non le avrebbe rivelato nemmeno le sue paure riguardo loro due. Lei sembrava già abbastanza apprensiva da sola, senza che lui le confermasse che lei non era l’unica a temere le luci, eppure quando l’aveva osservata a pochi centimetri dal suo viso, perfettamente truccata e serena, le parole gli erano sfuggite prima che la sua razionalità avesse potuto fermarle e sapeva che non aveva detto nulla di male, ma lui avrebbe comunque preferito tenerseli per sé quei pensieri.
«Mancano due minuti a mezzanotte» sussurrò Wynne, lasciando completamente perdere le parole di Harry di cui, per quanto fossero vere, lei non voleva occuparsi almeno per quella sera.
Il ragazzo annuì, la prese per mano e le fece strada verso il terrazzo sul quale alcune persone stavano già aspettando lo scoccare della mezzanotte. Wynne rabbrividì quando le sue spalle scoperte vennero a contatto con l’aria gelida ma l’istante dopo sentì le braccia calde e muscolose di Harry circondarle il corpo e la sua schiena venire a contatto col petto del ragazzo, coperto soltanto da una leggera camicia.
«Trovo che Londra sia bellissima» osservò Wynne, spostando la testa leggermente indietro fino a quando non l’appoggiò alla spalla di Harry. Sentiva il suo respiro rilassato e caldo sul collo, in netto contrasto col leggero venticello freddo che soffiava quella sera. Il suo profumo le era famigliare ormai, e quello un po’ le faceva paura. Non aveva mai dato Harry per scontato, non l’aveva mai considerato un’avventura eppure quel pensiero per un secondo le era sembrato una rivelazione, perché non aveva mai pensato davvero, così inesorabilmente, a loro due come una vera coppia. Tutto quello che aveva fatto fino a quel momento dimostrava il contrario, e dentro di lei l’aveva sempre saputo, eppure quella consapevolezza così diretta l’aveva lasciata spiazzata per un attimo. Se le braccia di Harry non fossero state così strette attorno a lei probabilmente avrebbe barcollato leggermente in quel momento, invece si sentì al sicuro in quello spazio che sembrava impenetrabile, costruito apposta per loro.
«Manca un minuto» sussurrò Harry, lo sguardo perso verso i tetti di Londra, troppo alti rispetto a dov’erano loro perché si vedessero il Big Ben e il London Eye.
«Facciamo un gioco» aggiunse poi.
Wynne rimase in silenzio, permettendogli di continuare. La intrigavano quelle parole.
«Quando si comincerà a fare il conto alla rovescia, ad ogni secondo uno di noi dovrà dire un pensiero che gli passa per la testa, senza filtri. Dobbiamo essere sinceri e spontanei al cento per cento» spiegò Harry sicuro.
Wynne annuì. «Va bene» acconsentì. «Sembra divertente.»
Harry allontanò un braccio da lei per alzarlo e leggere l’orario sull’orologio che portava al polso. «Venti secondi. Sei pronta?»
«Inizia tu.»
Rimasero in silenzio fino a quando tutti cominciarono a fare il conto alla rovescia.
Dieci.
«Sono un po’ brillo.»
Wynne rise.
Nove.
«Grimmy mi sta antipatico. Non so come tu faccia ad essere amico di una persona così...»
Otto.
«Oh» disse Wynne stupita.
«Hai parlato troppo» osservò Harry.
Sette.
«Dovevi essere più coincisa. Ora non diremo cinque pensieri per uno» si lamentò con aria imbronciata.
Sei.
«Continua lo stesso. Chi se ne frega dei secondi» osservò Wynne.
Cinque.
«Sei in gamba, Wynne Teasdale.»
Quattro.
«Hai delle belle mani, Harry Styles.»
Harry rise.
Tre.
«Solo quelle?»
«Anche i piedi, dai.»
Due.
«Sei così fottutamente sexy. Sto trattenendo i miei istinti» sussurrò Harry con voce roca, Wynne non riuscì a fare a meno di rabbrividire più di quanto non stesse già facendo per il freddo, lusingata da quelle parole un po’ dirette ma che le facevano comunque un certo effetto.
Uno.
«Voglio che tu faccia parte della mia vita» disse Wynne, quasi tra sé e sé, così a bassa voce che dubitava che Harry l’avesse sentita con le urla e gli scoppi che si erano quasi sovrapposti alle sue parole.
«Lo sono già» fu la risposta ben più decisa di Harry, il cielo di Londra sopra le loro teste illuminato dai fuochi e il silenzio interrotto dai botti e dagli auguri che la gente si scambiava.
 

 
14
 
 
 
Al suo petto caldo, al suo respiro regolare, ai suoi movimenti sicuri e ai suoi sorrisi dolci Wynne si stava abituando. Così come si stava abituando alle sue carezze delicate, alle sue dita tra i capelli e ai suoi baci a volte morbidi e altre volte da mozzare il fiato. La sua presa era sempre salda e la sua pelle chiara, marchiata da quei tatuaggi rigorosamente in bianco e nero che Wynne non conosceva ancora a memoria, anche in quel momento si sorprese nel vedere quella scritta sotto il suo braccio sinistro. Sorrise e baciò il petto nudo di Harry, appoggiandoci poi sopra di nuovo la testa e lasciando che questa si muovesse quasi impercettibilmente a causa del suo respiro. Non aveva idea di che ore fossero ma era certa che fosse tardi, notando la luce che filtrava dalle tende non chiuse perfettamente, quella notte. Wynne mosse le gambe, causando un fruscio di lenzuola accentuato dal silenzio che c’era nella stanza, e cercò con i propri piedi freddi quelli di Harry. Il ragazzo sussultò leggermente a quel contatto, mugugnò qualcosa con gli occhi ancora chiusi.
«Scusa» mormorò Wynne, ponendo fine a quel contatto.
«Dove vai? Vieni qua.»
La voce di Harry era più roca del normale, si sentiva la bocca impastata e avrebbe bevuto un litro d’acqua in un fiato, in quel momento. Forse la sera precedente aveva esagerato con l’alcol.
Wynne si accoccolò ancora di più addosso a Harry e sorrise quando sentì i suoi piedi strofinare contro i propri, cercando di scaldarli.
Si diceva “quello che si fa il primo dell’anno, si fa tutto l’anno” e se Wynne si fosse svegliata così per i successivi trecentosessantacinque giorni, sarebbe stata la ragazza più felice del mondo. Quando aveva visto Harry per la prima volta, l’ultima cosa che si aspettava era di frequentarlo, di iniziare a provare certi sentimenti per lui e di ritrovarsi a pensarlo più del normale. Era tutto ciò che aveva sempre cercato di evitare eppure era colui che la attraeva di più. Non aveva occhi che per lui, non voleva nessun altro se non lui e un po’ questo la spaventava perché Harry non era un ragazzo normale, era un ragazzo che in qualche strano modo doveva condividere con milioni di altre persone. Quella era una situazione nuova per Wynne, una situazione che non sapeva se stava affrontando nella maniera giusta, quella però era la maniera che le sembrava più appropriata.
«Ho sete» si lamentò Harry a un certo punto. Wynne pensava stesse dormendo e sussultò quando lo sentì parlare.
«Vado a prenderti un po’ d’acqua se vuoi.»
Harry scosse la testa. «Voglio che tu stia qua con me.»
Wynne si alzò mettendosi seduta. «Vado in cucina, prendo l’acqua e torno» spiegò, scostando le lenzuola quello che bastava per scendere dal letto. Indossò una maglietta di Harry che giaceva sulla sedia e gli slip che lui le aveva tolto quella notte, sgambettando poi fino in cucina. Prese una bottiglia d’acqua ed aprì la borsetta che aveva abbandonato sul divano alla ricerca del proprio cellulare. Quando tornò in camera notò Harry nella stessa posizione di prima, non sapeva se si fosse riaddormentato nel frattempo ma lui alzò leggermente la testa sentendo i suoi passi e aprì gli occhi. Scorse Wynne nella penombra, i capelli disordinati e il trucco un po’ sbavato, quella sua maglietta troppo grande per lei le donava.
La ragazza gli porse la bottiglia d’acqua e tornò a letto con lui, pentendosi di non aver indossato un paio di ciabatte quando sentì che i suoi piedi erano diventati più freddi di prima.
«Devo fare gli auguri di buon anno alle mie lettrici» disse mentre accendeva il telefono ed accedeva a Twitter.
«Hai tanti fan?» domandò Harry dopo che ebbe bevuto quasi metà bottiglia, pulendosi le labbra umide col dorso di una mano.
Wynne sorrise. «Ne ho molti di più da quando tu mi hai pubblicizzata.»
Harry alzò gli occhi al cielo. «Quante altre volte dovrò dirti che mi dispiace? E poi le mie fan possono essere anche tue fan, ti ho dato solo un po’ di visibilità, poi ciascuno è libero di decidere cosa gli piace o meno. Non credi?»
Il ragazzo si voltò verso Wynne quando sentì in risposta solo silenzio. Lei aveva lo sguardo incredulo e le sue dita scorrevano veloci sullo schermo dell’iPhone mentre i suoi occhi si muovevano da destra a sinistra e viceversa con una velocità incredibile.
«C’è qualcosa che non va?» domandò Harry, leggermente preoccupato. «Non devi far caso alle stronzate che ti scrivono. Insomma, la gente parla senza sapere, si nasconde dietro a un computer e fa la coraggiosa ma devi farti scivolare addosso gli insulti gratuiti.»
Wynne non rispose di nuovo, era talmente concentrata sul telefono che sembrava non aver nemmeno sentito le parole del ragazzo. Lui aggrottò le sopracciglia confuso, e senza aggiungere altro si tirò su lo stretto necessario per allungare il collo verso Wynne e sbirciare ciò che stava facendo.
La ragazza stava guardando delle foto, erano scure, fatte al buio senza flash, ma erano abbastanza nitide da capire chi erano i due soggetti in piedi, con dei drink in mano che parlavano, ridevano, e poi si baciavano, rimanendo stretti per altri tre scatti. Wynne spostò il dito da destra verso sinistra ma l’immagine sullo schermo non cambiò, segno che la galleria che stavano guardando era finita.
«Non ci credo…» furono le parole di Harry, che tornò con la testa sul cuscino coprendosi la faccia con entrambe le mani.
Wynne sospirò, ma non aggiunse altro. Lasciò il telefono sul comodino e si alzò dal letto senza rispondere a Harry che le chiedeva dove stesse andando.
Entrò in bagno, sbatté la porta alle sue spalle ed aprì l’acqua della doccia lasciandola scorrere mentre si toglieva gli unici due indumenti che aveva addosso. Si muoveva meccanicamente, senza riflettere davvero su ciò che stava facendo, intanto la sua mente era completamente altrove. Si chiedeva chi avesse scattato quelle foto, nessuno sembrava aver dato particolare attenzione a Harry, che si era ubriacato senza preoccuparsi di cosa avrebbero potuto pensare le altre persone. Anche Wynne si era sentita tranquilla a quella festa, aveva lasciato che Harry la baciasse tra la folla, in mezzo a tutta quella gente, senza considerare che ci potesse essere qualcuno ad aspettare solo quello per fotografarli.
Wynne chiuse gli occhi e lasciò che l’acqua bollente le scivolasse sul viso e sul resto del corpo mentre i pensieri si susseguivano inarrestabili nella sua testa. Avrebbe dovuto essere più prudente, Harry conosceva sì Nick, l’organizzatore della festa, ma non conosceva tutti gli invitati che sicuramente non erano esclusivamente personaggi disinteressati a ciò che lui faceva. Infondo la sera precedente c’erano state anche lei e Deb. Se non fosse stata la ragazza di Harry e se la sua amica lo avesse visto con un’altra persona, non era sicura che si sarebbe trattenuta dallo scattargli una foto. Poteva essere stato chiunque, magari “un’altra Deb”, un’amica di qualcuno che con quella gente non c’entrava nulla, proprio come loro due.
Alcuni colpi sulla porta fecero destare Wynne dai suoi pensieri, prima che potesse rispondere sentì qualcuno entrare nel bagno – era convinta di essersi chiusa a chiave – e dei passi avvicinarsi a lei. Harry scostò la tenda e la guardò preoccupato, lo sguardo non più assonnato ma i capelli ancora spettinati.
«Stai bene?» chiese.
«Ti sembra che potrei stare bene?»
Harry sospirò, richiuse la tenda ma Wynne capì che era ancora in bagno perché non sentì la porta riaprirsi.
Prese un asciugamano e se lo avvolse sotto le ascelle prima di uscire dalla doccia e guardare Harry, seduto sulla tavoletta del water abbassata.
«Scusa per come ti ho risposto» sussurrò lei, abbassando lo sguardo.
Vide i piedi nudi di Harry entrare nel suo campo visivo, sentì le sue braccia avvolgerla e le sue labbra posarsi tra i suoi capelli bagnati, lasciando un leggero bacio.
«Scusa tu, per quello che è successo.»
Wynne scosse la testa e lasciò che alcune lacrime le rigassero le guance già umide per la doccia.
«Avrei dovuto dire a Grimmy che non saremmo andati, ci saremmo divertiti lo stesso.»
«Harry, tu non ne puoi più di stare chiuso in casa. L’ho capito.»
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, sorpreso dalle parole di Wynne. Non ne avevano mai parlato apertamente e non si aspettava che lei capisse così bene i suoi pensieri. La sera precedente, disinibito dall’alcol, si era fatto scappare le paure che lo assalivano, le aveva confessato alcuni dei suoi dubbi ma era stato più che attento a non mostrare il suo dissenso per la reazione che Wynne aveva avuto di fronte al timore delle opinioni altrui su loro due. Sebbene Harry avesse sempre saputo che sarebbe stata solo questione di tempo prima che la loro storia venisse a galla, aveva cercato di assecondarla in tutto e per tutto, non aveva insistito troppo quando lei declinava ogni sua proposta di presentarle i suoi amici o di uscire a cena insieme. Harry sapeva che non era difficile stare con lui, ai normali problemi che sorgevano tra una coppia si sommavano quelli dettati dalla fama, dalla cattiveria e dall’ipocrisia della gente, non voleva che la scelta tra un ristorante a Soho o una pizza d’asporto influenzasse così il loro rapporto. La fama gli aveva insegnato ad apprezzare maggiormente le cose semplici, quelle che fino a pochi anni prima dava per scontate, Wynne era una ragazza normale che non si interessava a lui come membro di una band, gli aveva detto chiaramente più di una volta che avrebbe preferito conoscerlo in un locale o all’università piuttosto che sul set fotografico di Lou. Non voleva perderla, avrebbe fatto qualunque cosa per evitarlo.
«Ora mi sento in colpa il doppio» riuscì a dire, accennando un lieve sorriso.
«Cosa succederà adesso?» chiese lei. «Non… Non me ne intendo di queste cose.»
Harry le accarezzò una guancia. «Beh, ti ritroverai sommersa di insulti, cercheranno tutti di scavare nel tuo passato e trovare gli scheletri che nascondi. Cercheranno di mettere in evidenza i tuoi difetti, analizzeranno ogni capo che sceglierai di indossare, ogni sguardo che io e te ci scambieremo. Dovresti sorridere ogni secondo se non vuoi che fotografino il solo istante in cui sei assorta nei tuoi pensieri e dicano che quella è la prova che tu sei solo una copertura perché io sto con Louis Tomlinson.»
Nonostante la situazione, la rabbia, lo sconforto, la paura e le incertezze, Wynne riuscì a sorridere davanti alle parole di Harry e mormorare un “grazie”.
Il ragazzo le prese il viso tra le mani e premette le sue labbra sulla fronte pallida della ragazza. «E poi, guarda il lato positivo» aggiunse. «Posso portarti nel ristorante più chic di Londra, basta cibo surgelato o panini del Mc Donald’s.»
Wynne passò le braccia attorno al torace del ragazzo e congiunse le mani dietro la sua schiena, appoggiando di nuovo la testa sulla sua maglietta ormai bagnata a causa dei suoi capelli.
«Non aspettavo altro» riuscì a scherzare, con un sospiro.
 
 
15
 
 
 
Wynne era seduta sul divano, i piedi nudi, con lo smalto ancora fresco sulle dita, appoggiati sul tavolino e il computer che cominciava a scottare sulle gambe.
La pagina del nuovo post del suo blog era aperta da una buona mezz’ora eppure, in quella casella, solo poche righe ci stavano scritte. Le visualizzazioni erano cresciute in maniera esponenziale, così come i suoi follower su Twitter, Instagram, Tumblr, Vine e le sue richieste di amicizia su Facebook. Erano però aumentati anche gli insulti gratuiti, che non si riferivano soltanto alla sua persona, a quanto fosse brutta, grassa e non all’altezza di Harry, ma anche al suo lavoro che aveva impiegato tempo a costruire. Wynne non sapeva se le critiche al suo blog e ai suoi video su YouTube fossero sinceri o dettati soltanto dall’invidia. L’unica cosa di cui era certa era che erano aumentati a vista d’occhio nel giro di una settimana e ciò aveva fatto sì che lei non fosse ancora riuscita a scrivere il post sui suoi prodotti preferiti del 2013.
Sospirò, si passò una mano tra i capelli non ancora pettinati quella mattina e appoggiò il computer sul divano alzandosi poi da esso.
Raggiunse Deb in cucina, intenta a preparare il pranzo mentre canticchiava a labbra chiuse una canzone che Wynne non conosceva.
«Sono in crisi mistica» borbottò avvicinandosi all’amica per sbirciare oltre le sue spalle e vedere cosa stava cucinando.
«Cos’è successo?» domandò Deb, continuando a mescolare le uova nella ciotola di plastica.
«Tutta questa faccenda» sospirò Wynne, andando a sedersi. «A furia di leggere tutte quelle critiche, quegli insulti, mi sta passando la voglia di continuare a scrivere post sul mio blog. Credo che lascerò perdere tutto.»
Deb si voltò di scatto. «Non puoi!» esclamò. «Wynne non puoi mollare così, per colpa di qualche fan gelosa che non ha niente di meglio da fare che perdere tempo a insultarti senza nemmeno conoscerti. Sei migliore di loro, non lasciarti abbattere così.»
«Non è così facile» borbottò Wynne abbassando lo sguardo sui pantaloni del pigiama che ancora indossava.
Sentì Deb avvicinarsi e sedersi accanto a lei.
«Mi dispiace per tutta questa situazione» disse poi. «Non sai quanto…»
Wynne sforzò un sorriso. «Non è colpa tua.»
L’amica sospirò. «Già.»
Stava per aggiungere altro ma il suono del campanello l’anticipò.
«Stai per caso aspettando Harry?» chiese allora.
Wynne scosse la testa. «Non ho idea di chi possa essere la domenica mattina» ammise alzandosi dalla sedia per andare a rispondere.
Si avvicinò alla porta lasciando tornare Deb ai fornelli e quando l’aprì rimase pietrificata con la mano ancora sulla maniglia.
«Mark?» disse incredula, la voce acuta e un tono per niente accogliente.
«Ciao Wynne, sei sola in casa?»
La ragazza scosse la testa spostandosi dall’entrata ancora confusa. «C’è Deb.»
In quel momento la sua coinquilina apparve in corridoio, l’uomo aveva mosso soltanto due passi all’interno dell’abitazione e la porta era ancora aperta alle sue spalle.
«Mark!» esclamò Deb, il suo tono non era sorpreso come quello di Wynne alcuni secondi prima ma teso, quasi spaventato.
«Hai i soldi?» domandò l’uomo, senza troppe cerimonie.
Wynne stava per chiedere a che cosa si riferissero visto che la quota d’affitto la pagavano bimestralmente e tramite bonifico bancario ma Deb annuì e sparì in camera in un istante.
«Vuoi… Qualcosa da bere?» domandò allora Wynne a disagio.
Mark scosse la testa e lei annuì. Non aveva mai avuto a che fare con quell’uomo sebbene fosse il suo locatario e non sapeva se fossero i suoi occhi vitrei o quel forte aroma di dopobarba, ma la sua presenza la metteva sempre in imbarazzo. Decise di rimanere in silenzio e di chiedere poi chiarimenti a Deb riguardo quella situazione, quando sarebbero rimaste sole.
Fortunatamente questa tornò pochi secondi dopo, con in mano una busta bianca e chiusa, che porse immediatamente a Mark.
«C’è tutto» confermò poi, rispondendo alla tacita domanda dell’uomo.
Questo annuì prima di salutare entrambe e andarsene.
Wynne chiuse la porta alle sue spalle sempre più confusa da quella situazione. Qualcosa le diceva che il suo arrivo quel giorno fosse collegato alla sua presenza in quella casa alla vigilia di Natale e aveva una strana sensazione, come se ci fosse qualcosa che non andava, lo stesso presentimento che aveva avuto il mese prima ma che aveva cercato di ignorare.
«Mi puoi spiegare cos’è successo, esattamente?» domandò allora, con l’insistenza che aveva lasciato da parte la volta precedente.
Deb riprese a cucinare. «A cosa ti riferisci?»
Wynne alzò gli occhi al cielo, prese in mano piatti e posate e cominciò ad apparecchiare la tavola.
«Alla scena alla quale ho appena assistito che, secondo me, è collegata alla visita di Mark della vigilia. Qualcosa mi dice che la sua presenza qui non fosse per farci gli auguri che non ci ha mai fatto prima di allora» commentò dura.
Deb rimase in silenzio per alcuni istanti, durante i quali scolò la pasta nel lavandino e ci aggiunse uova e pancetta, preparando una deliziosa carbonara.
«Non è niente di che, non preoccuparti» cercò di liquidarla, ma Wynne prese i bicchieri dalla credenza e si voltò verso la sua coinquilina che aveva in mano la pentola fumante.
«Se non è niente di che perché non mi dici cos’è successo così che io mi metta il cuore in pace?» ribatté, andando ad appoggiare i bicchieri sul tavolo.
Deb la seguì in silenzio e cominciò a mettere la pasta nei piatti, solo quando si fu seduta parlò.
«Gli ho dato i soldi dell’affitto» mormorò, prima di cominciare a mangiare.
Wynne rimuginò per alcuni minuti sulle sue parole: continuava ad esserci qualcosa che non andava, altrimenti Deb non sarebbe stata così riservata.
«Ma anche tu solitamente fai il bonifico, no?» cercò di insistere senza tuttavia far trapelare la sua innata curiosità.
«Ho avuto dei problemi con la banca, nulla di grave, allora l’ho pagato in contanti, tutto qui.»
«Con… Un mese di ritardo?»
Deb smise di mangiare e riempì il suo bicchiere d’acqua. Wynne s’irrigidì, forse aveva esagerato con le domande ma più passava il tempo e più era certa che quella riservatezza da parte della loquace e trasparente Deb non presagisse niente di buono.
«Te l’ho detto, ho avuto dei problemi tecnici con la banca. Ora però è tutto risolto, non preoccuparti, davvero…»
«Però se ci fosse qualcosa che non va me lo diresti, vero?»
Deb annuì, sforzando poi un sorriso che non fece altro che intensificare i dubbi di Wynne.
«Certo! Ti stai facendo problemi inutili, è tutto risolto ora!»
«Allora okay.»
 
 
 
«Porteresti questi Cosmopolitan al tavolo tredici?»
Wynne annuì, bevve un veloce sorso di acqua dalla bottiglietta nascosta sotto il lavandino e subito dopo prese i bicchieri che Dave le stava porgendo per appoggiarli sul vassoio.
Senza aggiungere altro, uscì dal bancone e si avvicinò al tavolo al quale cinque ragazze, probabilmente sue coetanee, stavano chiacchierando.
Senza disturbarle appoggiò i cocktail e raccolse i bicchieri vuoti. Stava per andarsene quando una di loro la fermò.
«Volete ordinare altro?» domandò allora Wynne, sorridendo gentile.
La bionda scosse la testa. «Ti abbiamo notata anche prima e…»
«Ci sembra di averti già vista» continuò un’altra ragazza.
Wynne aggrottò le sopracciglia confusa, cercò di associare quei visi anonimi a qualcuno di cui forse si era dimenticata ma la sua memoria era visiva ed era strano che non riconoscesse qualcuno. Aprì la bocca per rispondere quando la consapevolezza di non essere poi così sconosciuta la colpì di sorpresa.
«Me lo dicono in molti, devo avere un viso comune.»
Cercò di liquidare quella conversazione il più velocemente possibile ma proprio quando stava per andarsene, la ragazza bionda la fermò di nuovo.
«Oh mio dio!» esclamò infatti questa. «Sembri la ragazza con cui Harry Styles era a Capodanno!»
Wynne sentì il sangue congelarsi nelle vene, le altre ragazze strabuzzarono gli occhi di fronte all’insinuazione dell’amica e subito dopo presero ad osservarla con insistenza. Wynne avrebbe voluto scappare di lì, scosse debolmente la testa ma quella negazione era troppo poco di fronte ai visi sempre più consapevoli di quelle ragazze.
«È vero!» esclamò una. «È lei!»
«Credo che vi stiate sbagliando… Io…» farfugliò Wynne.
«Posso fare una foto con te? È importante!» aggiunse un’altra.
«Non…»
Wynne era confusa, tutti quegli sguardi insistenti la stavano mandando in pallone e non sarebbe riuscita a reggerli un secondo di più.
«Devo tornare a lavorare» farfugliò goffamente, prima di voltarsi e tornare velocemente al bancone.
Appoggiò il vassoio con i bicchieri vuoti senza nemmeno metterli nel cesto della lavastoviglie.
«Wynne queste ordinazioni vanno al…»
Dave si arrestò quando vide la ragazza slacciarsi il grembiule.
«Scusa ma devo andare a casa…» borbottò lei, mantenendo lo sguardo basso.
«Stai bene?»
Il ragazzo appoggiò i bicchieri che teneva in mano per concentrarsi esclusivamente su di lei. «Sembri piuttosto scossa…»
«Io… Devo andare. Non c’è molta gente, Cinthia se la caverà anche da sola. Scusa.»
Wynne raggiunse il retro dove appoggiò il grembiule e indossò la giacca. Prima che prendesse la borsa qualcuno le si avvicinò.
«Mi puoi dire cosa c’è che non va, per favore?»
Dave si passò una mano tra i capelli, sorrise nervosamente prima di mettersi a braccia conserte esattamente davanti alla porta, impedendo il passaggio a Wynne.
«Non è niente di che, solo che non mi sento tanto bene.»
«Wynne…» la riprese lui.
La ragazza sospirò. «Diciamo che ultimamente la mia popolarità è aumentata» cominciò, e vide Dave sorridere.
«Ti riferisci ad Harry Styles?»
«Io non… Aspetta, come fai a saperlo?»
«Ehi, vivo anch’io a Londra, uso anch’io Internet, credi che non ti avrei riconosciuta su quelle foto?»
Wynne sbuffò. «È tutto un gran casino.»
Dave le si avvicinò ulteriormente e le appoggiò una mano sulla spalla. Era la prima volta nell’arco di tempo che loro due riuscivano ad avere una conversazione normale pensò Wynne, mentre alzava lo sguardo per incrociare gli occhi scuri e familiari di Dave.
«Fregatene» le disse poi, accennando un sorriso rassicurante.
«Potrei anche farlo, se non fosse che anche i clienti cominciano a riconoscermi» ammise Wynne. «Insomma, non pensavo di essere così ravvisabile!»
«Dici che il bar ora mi si riempirà di Directioners? Potrei aumentarti la paga solo per questo!»
«Cretino!»
Wynne rise e tirò un pugno amichevole sul braccio di Dave.
«Almeno sono riuscito a tirarti un po’ su di morale.»
La ragazza annuì. «Grazie.»
«Ora che ne dici se la cameriera dell’anno e il barman migliore di tutta Londra tornassero di là?» propose Dave.
«Io non…»
«Ignorale» le ripeté lui convinto. «Manca…» il ragazzo alzò il braccio per vedere che ore fossero. «Manca poco più di un’ora alla chiusura, non farti condizionare così.»
Wynne rimase in silenzio per alcuni istanti, Dave aveva ragione ma odiava sentirsi così al centro dell’attenzione e soprattutto per quel motivo, tuttavia le dava altrettanto fastidio essere così condizionata dai comportamenti altrui. Non doveva farsi sopraffare, doveva continuare a vivere la propria vita, a lavorare in quel bar, frequentare l’università, scrivere sul suo blog e twittare senza sentirsi perennemente giudicata.
Lo sguardo rassicurante del ragazzo davanti a lei le diede la forza di annuire, avrebbe dovuto resistere.
 
 
 
Il cielo era scuro e la luna piena era coperta dallo spesso strato di nubi grigie che minacciavano pioggia. Wynne si strinse nel suo cappotto e continuò a camminare in silenzio, la stanchezza che si propagava per tutto il suo corpo fino ad arrivare alle palpebre che, se non fosse stato per il freddo e per il male ai piedi, si sarebbero chiuse all’istante.
Dave al suo fianco si sfregò le mani l’una con l’altra.
«Quanto manca?» domandò poi, prima di congiungerle, portarsele davanti alla bocca e soffiare sui palmi cercando di farle scaldare.
«Casa mia è dietro l’angolo» spiegò Wynne. «Se vuoi puoi andare, siamo praticamente arrivati.»
Il ragazzo scosse la testa. «Ti ho detto che ti avrei accompagnata a casa» ripeté lui accennando un sorriso, «non ti abbandonerò a metà strada.»
Wynne alzò gli occhi al cielo. «Come vuoi» gli concesse.
Dave scosse la testa, gli occhi fissi sulle sue scarpe sebbene intravedesse anche le Nike Force bianche di Wynne che risaltavano al buio. «Come va la scuola?» domandò dopo alcuni attimi, cercando di occupare il silenzio con qualche parola.
«Per ora bene, non ho lezioni e quindi sono più tranquilla. Ho più tempo per studiare.»
«Hai degli esami?»
Wynne annuì ma il suo sguardo era altrove, intento ad osservare l’entrata del suo palazzo. Dave notò la sua disattenzione e il suo passo accelerare.
«Tutto bene?» domandò allora, standole dietro.
«Sì, è che…»
La ragazza lasciò la frase in sospeso fino a quando non fu abbastanza vicina a casa sua per riconoscere la figura al buio, avvolta da un cappotto nero e lungo.
«Harry?» domandò confusa, quasi incredula.
Il ragazzo alzò una mano in segno di saluto ma i suoi occhi verdi incrociarono solo per un istante quelli di Wynne, troppo intenti ad esaminare l’individuo accanto a lei.
Harry si avvicinò sicuro, con lo stesso atteggiamento di qualcuno che voleva mettere in chiaro le cose, chi appartenesse a chi. Wynne intuì la tensione nell’aria, lo sguardo di sfida di Harry e quello timoroso, quasi ingenuo di Dave. Si schiarì la voce.
«Harry ti presento Dave, il mio datore di lavoro e… Amico» concluse indecisa.
Il riccio tese la mano al ragazzo che gliela strinse accennando un sorriso.
«Piacere» disse duro. «Sono Harry, il suo ragazzo.»
Dave annuì leggermente a disagio. «Beh, vi lascio soli» annunciò, grattandosi la nuca imbarazzato. «Wynne ci vediamo domani, Harry è stato un piacere.»
La ragazza annuì. «Certo, a domani!» lo salutò sorridendo, Harry si limitò ad un cenno con la mano e ad una smorfia strana a labbra serrate che sarebbe dovuta essere un sorriso.
Non appena Dave si fu allontanato abbastanza Wynne tirò un pugno sulla spalla di Harry. «Ma si può sapere che ti è preso?» sbottò, cercando le chiavi nella borsa mentre si avvicinava al portone.
Il ragazzo la seguì. «Stavo marcando il territorio.»
«Marcando il territorio?» ripeté Wynne incredula, alzando lo sguardo per incrociare gli occhi di Harry che la guardavano per niente turbati. «Non siamo dei cani.»
«Chiamalo come vuoi, ma mi da fastidio che un ragazzo qualunque accompagni la mia ragazza a casa alle tre di mattina!» ribatté il riccio, lasciando trapelare un po’ di nervosismo dalle sue parole.
«Prima di tutto Dave non è un ragazzo qualunque.» Wynne aprì il portone ed entrò nell’atrio. «Non stava facendo niente di male, è stato carino vista la serata d’inferno che ho trascorso. E poi non capisco cosa ci faccia tu davanti a casa mia alle tre di notte!»
«Ho provato a chiamarti ma a quanto pare eri impegnata in altro» borbottò il riccio cominciando a salire le scale.
Wynne lo seguì, la sua irritazione aumentava ad ogni minuto che passava. Non capiva il comportamento di Harry e quel suo essere geloso per così poco quando lei doveva condividerlo con metà popolazione femminile.
«Stavo lavorando!» esclamò infuriata.
«E quando hai finito il turno non l’hai guardato il telefono?» Harry si arrestò perché arrivato al pianerottolo e si voltò a guardare Wynne.
Lei si passò una mano tra i capelli. «Avevo altro per la testa! Volevo solo tornare a casa, mettermi in pigiama e dormire! Ti chiedo perdono Harry, per non aver visto i tuoi messaggi o le tue chiamate! Ora posso entrare in casa?» ribatté, alludendo alla posizione del ragazzo che le impediva di aprire la porta del suo appartamento.
Harry rimase in silenzio senza accennare ad uno spostamento. Accese la luce e si concentrò a guardare il viso stanco e tirato di Wynne. Solo in quel momento si rese conto che c’era qualcosa che non andava, che quella per lei era stata una giornata “no” e che lui, piuttosto che rassicurarla, abbracciarla e confortarla, le era saltato addosso senza una valida ragione.
«Mi dispiace» mormorò. Alzò il braccio destro e con la mano le accarezzò una guancia fredda. Lei chiuse gli occhi lasciandosi andare ad un respiro stanco. Prima che potesse dire qualcosa sentì Harry cingerle la schiena, il suo viso entrare in contatto col petto del ragazzo e il suo profumo avvolgerla. 
«Ti va di dirmi cos’è successo?» sussurrò lui, col mento appoggiato sulla testa di Wynne e gli occhi chiusi.
«Possiamo parlarne domani?»
Harry fu esitante.
«Ti prego» aggiunse lei. «Non è niente di grave, te lo assicuro. Al momento voglio solo dormire.»
Il ragazzo si staccò da lei con un sospiro. «Okay» assentì. «Andiamo a dormire allora.»






Spero che questi capitoli vi siano piaciuti, fatemi sapere che ve ne pare se volete, leggerò con piacere le recensioni!
Potrei dirvi come sarebbe andata a finire la storia ma il fatto è che non lo so nemmeno io, avevo programmato gli eventi del prossimo capitolo e basta, questa storia rimarrà incompiuta per sempre, credo ahaha
Grazie mille per tutto, davvero <3
Jas

 

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