Noel

di annies
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XIV ***
Capitolo 15: *** XV ***
Capitolo 16: *** XVI ***
Capitolo 17: *** XVII ***
Capitolo 18: *** XVIII ***



Capitolo 1
*** I ***


s


But she doesn't know who I am,

and she doesn't give a damn about me.


Il suono di quella maledetta sveglia aveva il potere di farlo svegliare ogni cazzo di mattina di soprassalto e di farlo cadere - ormai era quasi abituato - puntualmente sul parquet scuro di casa sua. Che poi, perché diavolo suo padre si ostinava a puntargli la sveglia di nascosto? Saltava quasi sempre la prima ora per stare con Niall e con Liam, lo sapeva ormai anche lui.
«Ma vaffanculo» imprecò il riccio, cercando di staccare il muso dal pavimento e tastando i mobili intorno per rialzarsi alla meno peggio. Ecco che un'altra stupida giornata aveva inizio. 
Cosa avrebbe fatto? Probabilmente avrebbe litigato con suo padre, avrebbe fumato più o meno quaranta sigarette, avrebbe perso l'autobus e avrebbe corso per mezza Manchester con una tracolla mezza bucata in spalla, tentando di non farsi scivolare dalla vita i jeans troppo larghi e infine avrebbe raggiunto casa del suo migliore amico sfinito e con poca voglia di vivere già a partire dalle nove del mattino.
«Sei sempre il solito idiota, quante volte dovrò trovarti ancora ai piedi del letto?» suo padre stava ritto in piedi sulla soglia della sua camera, stretto in quell'abito ormai consumato e con la gola strozzata da una cravatta rossa orrenda, probabilmente l'unica che possedeva. Harry odiava il suo sguardo minaccioso. A dire il vero Harry detestava suo padre e basta: Des Styles era un cinquantenne frustrato che riversava tutta la sua rabbia repressa su di lui.
«E tu sei il solito rompipalle, papà» sbuffò il riccio, cercando una Lucky Strike dal pacchetto sotto il cuscino; se la mise tra le labbra, accendendola con un accendino trovato per caso nel caos di quella camera e si stiracchiò, cominciando ad infilarsi il solito paio di jeans e la solita maglietta dei Pink Floyd che metteva trecentosessantacinque giorni su trecentosessantacinque.
Prima che Des potesse replicare in qualche modo, Harry era già fuori di casa con la solita cartella e la Lucky Strike mezza finita tra le labbra: non faceva neanche colazione, alle sette del mattino quale essere normale ha fame? Avrebbe comunque mangiato un sacco durante il corso della giornata, avendo amici come Liam e Niall a fianco.
Si accese una seconda sigaretta dopo aver finalmente raggiunto la porta di casa di Niall Horan, suo migliore amico da dieci lunghissimi anni: Niall si era trasferito a Manchester dall'Irlanda quando era solo un bambino e da allora erano diventati come fratelli. Liam si era aggiunto solo un paio di anni dopo, quando alle superiori tutti e tre avevano cominciato a frequentare la stessa classe di algebra.
La sua vita era così: fatta di birra, venerdì sera in discoteca con i soliti idioti e tante ma tante sigarette. Niente di allucinante insomma, la solita vita da diciannovenne standard; c'era una cosa però, che quasi ogni notte gli si insinuava nel cervello e non gli permetteva di dormire benissimo.
«Ma porca troia, ti vuoi rendere conto che l'ho sognata di nuovo?» il riccio si lasciò cadere sul divano verde smunto della camera di Niall che ancora - da una buona ora - stava sul water.
«Smettila con sta storia, sembri coglione - urlò lui, concentrato nel suo gioco per la PSP - anzi, scusami, lo sai già» 
Harry non lo sapeva da dove gli uscisse quell'immagine. Non sapeva perché ogni sera, prima di addormentarsi aveva quel chiaro viso impresso bene in mente. Non sapeva neanche per quale assurdo motivo continuava a sognare una persona che non aveva mai visto in vita sua.
«Sempre il solito spiritoso» si lamentò Harry strofinandosi gli occhi con le mani e cercando di non badare alle minacce che il suo amico biondo lanciava al tipo di GTA.
Dopo circa un quarto d'ora di pura nullafacenza, Harry sentì lo sciacquone e un Niall profondamente scazzato uscì dal bagno e si infilò una tuta nera, frizionandosi i capelli che aveva lavato con un asciugamano di spugna «dovresti smettere di pensare a quella tipa»
In effetti non è che avesse senso pensare ad una ragazza immaginaria: poteva essere la più bella ragazza a cui Harry avesse mai pensato - e lo era davvero - ma restava comunque frutto del suo cervello bruciato dalle troppe canne.
«Se potessi controllarlo, l'avrei già fatto» sospirò, spegnendo la cicca della sigaretta su una doga del materasso e lasciandola cadere proprio sotto il letto, come faceva quasi ogni mattina.
«Abbiamo letteratura adesso? - domandò Niall, ignorando i pensieri dell'amico che ormai da qualche mese aveva in testa questa ragazze immaginaria - Harry, cazzo, non mi ammobare con le tue cose romantiche già di prima mattina, sta' zitto»
Il biondo infilò due libri nella cartella e prese le chiavi di casa dal comodino, per poi sollecitare il suo amico ad uscire perché entro pochi minuti sarebbe iniziata la seconda ora.

Noel si rigirò nel letto ben cinque volte prima di alzarsi definitivamente: dopo otto anni passati in Galles, ritornare a Manchester e iniziare un nuovo percorso da zero non era proprio l'ideale per una ragazza di diciotto anni, che doveva affrontare l'ultimo anno di liceo.
Sua madre bussò due volte prima di entrare in camera sua e sfoderarle il solito sorriso di ogni mattina: teneva tra le mani una fumante tazza di caffè americano con una fetta di pane, burro e marmellata sul piattino. Forse faceva in quel modo per addolcirle la pillola: rivedere Manchester, riviverla dopo tanto tempo tra le campagne, era abbastanza strano, nonostante non avesse ricordi precisi di chi frequentasse da bambina in quel periodo.
«Ma non c'è la Nutella?» domandò arricciando il naso e, puntellandosi con i gomiti, si mise a sedere sul letto, assumendo un'espressione non proprio rassicurante.
«Amore, fa male la Nutella - ecco che l'essere una tremenda ossessionata della roba biologica e naturale al cento per cento cominciava a darle l'orticaria già dalla mattina - e sai che tuo padre è allergico a quella robaccia. Probabile che lo sia anche tu»
Ecco, come fare irritare Noel Wood in due velocissimi minuti «senti mà, lasciami sola, devo soltanto realizzare che oggi devo andare a scuola e devo cominciare con letteratura»
Se c'era una cosa che Noel non poteva sopportare era la letteratura: soprattutto Shakespeare del cavolo. Ma che importanza avevano quei sonetti ipocriti sull'amore e sulla perfezione della donna? Noel aveva solo voglia di ritornare in Galles dalle sue amiche.
«Va bene, ti lascio stare» disse la signora Wood, poggiando la tazza e il piattino sul comodino - praticamente uno dei pochi mobili della stanza nuova - e uscendo velocemente.
Non aveva ancora messo piede fuori di casa ma già sentiva di odiare Manchester con tutta se stessa. Iniziare una giornata senza Nutella, poi, era una cosa inaudita.
Si vestì velocemente, provando a ripassare qualche sonetto con scarsi risultati e, una volta in macchina diede inizio alla sua disperazione più profonda: non pianse per un soffio.
Una volta arrivata di fronte a quell'edificio imponente e di quel colore così smunto, si sentì mancare; non era una persona timida, ma Noel era molto spaventata dalle novità. I trasferimenti improvvisati non erano proprio nelle sue corde, ecco.
«Oh, tu devi essere Noel Wood» si sentì chiamare improvvisamente, una volta varcato il cancello del liceo di Manchester; quando si girò, un bel ragazzo dagli occhi chiari, grande più di lei di almeno un paio di anni, la stava fissando sorridente. Noel rimase un attimo destabilizzata dalla bellezza di tale ragazzo ma cercò di darsi un contegno e lo guardò stranita.
«Sono Louis Tomlinson, il tirocinante della professoressa di letteratura» Louis le tese la mano sicuro e lei si sforzò di non sembrare restia, stringendogliela di rimando. Non disse più niente, Noel era una ragazza abbastanza timida a primo impatto, non si lasciava andare mai più di tanto.
«Beh, questa è la classe della professoressa» il tirocinante si accostò ad una porta di legno ridipinto di un giallo pallido e bussò con dolcezza; quando sentì la risposta pronta della professoressa, la aprì e lasciò entrare per prima Noel, le cui guance erano ormai diventate rosse per la vergogna.
Avanzò lentamente sforzandosi di non guardare quella ventina di visi che la fissavano incuriositi: puntò lo sguardo sulla professoressa, una donna cinquantenne con una crocchia grigia ben sistemata. Si vedeva da un chilometro che insegnava letteratura inglese, era la tipica donna fissata con la patria e la cultura.
«Ragazzi, lei è Noel Wood, una nuova alunna della scuola» ci fu un attimo di silenzio in seguito alle parole della professoressa White, ma le solite risatine di qualche ragazza non tardarono ad arrivare. Noel si sedette a ridosso dell'unico banco disponibile, quello in prima fila, con una panoramica perfetta proprio sulla professoressa White, desiderosa di sentire qualcuno.
Mentra scarabocchiava su un quaderno vuoto e cercava di prestare attenzione alla lezione, si rese conte che un ragazzo riccio, sicuramente un po' più grande di lei, dall'altra parte dell'aula la stava fissando: un paio di occhi grandi e meravigliosamente chiari le erano addosso, e proprio quando cominciò a ripetersi che magari guardarla era solo un modo per non fissare Mrs White, lo sentì esclamare 
«Cazzo, Niall è lei».

~

Lo so che vorreste uccidermi AHAH ormai esordisco così ogni volta che inizio una fan fiction :) "Noel" arriva da un'idea che mi è baluginata in mente un paio di giorni dopo del concerto dell'11 Maggio (sono andata a vedere i One Direction a Berlino), precisamente quando mi sono innamorata di Teenage Dirtbag. Diciamo che di questi tempi non sono proprio molto ispirata, quindi non prendetela a male se non posterò subito, anche perché prima devo finire Technicolor. Beh,  è su Harry perché .. a dire il vero non  c'è un perché; ho un "legame" particolare con Harry e in questo periodo mi rilassa scrivere su di lui. Ho pensato a Noel come Miley Cyrus bionda con i capelli lunghi, ma se avete suggerimenti vi prego aiutatemi perché io non ne sono assolutamente convinta, sono disposta a rifare il banner anche AHAH (in origine l'avevo fatto con la Palvin ma .. no ahah)
Fatemi sapere che ne pensate. Devo continuare o meglio che lascio perdere?
Un bacione,
Ari

s



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Capitolo 2
*** II ***


s

when you feel my heat
look into my eyes
it's where my demons hide

-
 
Un paio di mani piccole, affusolate come quelle di una piccola bambina stringevano quella grande e solida di Harry, che per la prima volta nella sua vita stava avendo a che fare con le maledette farfalle nello stomaco. La bionda gli stava accanto su quel molo scricchiolante di quel posto in cui non era mai stato. Il mare non l'aveva mai visto prima di allora, Harry Styles. Sin da piccolo si era ripromesso che un giorno l'avrebbe visto, ci si sarebbe tuffato e avrebbe nuotato fino ad esaurire le forze; poi sarebbe riemerso e si sarebbe buttato sulla sabbia calda della spiaggia e avrebbe dormito per quarantotto ore di seguito, svegliandosi solo ogni tanto per fumare una sigaretta. Aveva progetti intensi, lui. La bionda gli si avvicinò improvvisamente, con un gesto che gli fece quasi saltare il cuore fuori dal petto: se non aveva mai visto il mare, non aveva mai neanche sperato di avere quella ragazza così vicina. 
Quante volte l'aveva desiderata? Eppure non conosceva neanche il suo nome, non conosceva niente di lei. Molte volte l'aveva vista correre sulla spiaggia, sempre con quel pareo bianco che le fasciava interamente il corpo, e adesso lei era lì, sorridente e così dannatamente vicina alle sue labbra.
«Sei così bella» le sussurrava Harry, cercando di avvicinarsi ancora di più a lei e di baciarle le labbra. Proprio quando il riccio si era avvicinato al punto giusto, la visione di quella ragazza svanì improvvisamente, inghiottita tra i flutti del mare, polverizzata, come se non ci fosse mai stata...
 
«Ma è possibile che ti addormenti sempre nei momenti più sbagliati?» disse Niall seccato, scuotendo l'amico che si era appisolato - come al solito - sul divano di casa sua; prima che Harry si addormentasse come un sasso, Niall aveva cominciato a guardare la partita tra Bayern e Borussia, e adesso, con gli occhi semichiusi, leggeva dallo schermo che era appena finita. Chissà perché si addormentava così spesso e perché sognava sempre la stessa cosa.
«Perché è un momento sbagliato?» domandò sbadigliando il riccio, sfilando una sigaretta dal pacchetto che Niall aveva lasciato sul bracciolo del divano: tra i due non si era in grado di stabilire chi fumasse di più e da più tempo.
«Il Bayern ha vinto - disse entusiasta il biondo, prima di dargli un pugno sulla spalla - se non trovi che questo sia un momento importante allora ucciditi»
«Niall sei sempre il solito coglione» Harry si girò a pancia in giù e, abbracciato il cuscino, cercò di elaborare nuovamente l'immagine di quella ragazza bionda del sogno. Anzi, dei sogni.
«Tu invece no, vero? L'hai sognata anche sta volta, la misteriosa?» disse ironico Niall, accendendo l'Xbox e rovistando tra i suoi giochi, scegliendone uno a caso: Niall Horan passava più tempo davanti a quella maledetta televisione che sui libri o comunque, fuori di casa. Nonostante fosse stato già bocciato una volta, insieme ad Harry, non aveva mai di sua spontanea volontà preso un libro per studiare, e quando sua madre lo costringeva, faceva finta per i primi cinque minuti e poi cominciava a scarabocchiare le pagine con la matita.
«Faccio lo stesso sogno da quasi un anno, Niall, come se non lo sapessi» si lamentò il riccio, rigirandosi ancora una volta e guardando l'amico, intento a giocare da solo ad Assassin's Creed.
«Per me dovresti scoparti la Teasdale, ti va dietro da anni e tu non la consideri neanche - disse schietto come al solito Niall, guardandolo per una frazione di secondo e poi ritornando con gli occhi fissi sullo schermo della tv - e poi dev'essere una troia pazzesca»
Niall ed Harry passavano i pomeriggi così, a fumare, a sparlare di qualsiasi essere umano sulla faccia della terra e a giocare alla Playstation - Niall lo faceva in ogni caso, Harry doveva essere particolarmente ispirato, sennò lasciava perdere. Ovviamente stavano sempre buttati sul divano di casa Horan, dato che Harry odiava casa sua, odiava suo padre e faceva di tutto per trascorrere il minor tempo possibile con lui.
«Stai zitto Niall, mi dai fastidio - Harry si lamentava in continuazione nell'ultimo periodo. O meglio, o stava completamente in silenzio, o si lamentava per le cose più idiote - cosa posso fare per parlare con quella ragazza?»
Quella mattina a lezione di letteratura era arrivata una certa Noel Wood. In realtà Harry non aveva neanche prestato attenzione alla presentazione che aveva fatto Mrs White, ma sapeva bene che c'era qualcosa che non andava; e quel qualcosa stava nei suoi occhi: vedeva quel luccichio particolare, quel colore così .. insomma, gli ricordava da morire la ragazza dei suoi sogni, non inteso come la sua ragazza ideale, ma semplicemente come la ragazza che ogni notte gli torturava i sogni. Continuamente.
«Secondo me stai sbagliando. Andiamo, è impossibile che quella tizia possa essere lei!» la storia della ragazza immaginaria aveva cominciato a stufare Niall: non era tipo da perdere troppo tempo dietro a qualcuna, soprattutto se questa qualcuna non esisteva, o comunque esisteva soltanto in sogno. 
«Dai cazzo, ma che ti importa? Aiutami e basta» sbuffò Harry, alzandosi improvvisamente dal letto e raggiungendo la finestra in pochi passi: si mise tra le labbra un'ennesima Lucky Strike blu e aspirò a fondo, cercando di concentrare i suoi pensieri da un'altra parte. Noel però, era il suo pensiero fisso. 
«Vuoi che ci parli?» chiese Niall inutilmente. Non si conoscevano, non poteva mica parlarle senza conoscerla.
«Si certo Niall, così tu fai una figura di merda e io non avrò speranze in nessun caso» si sedette sul davanzale della finestra, creando una nuvola di fumo davanti a sé. Odiava non sapere cosa fare, Harry aveva sempre il controllo di qualsiasi situazione: quando era a casa, cucinava per suo padre, chiamava il riformatorio per sentire sua sorella Matilde e cercava sempre di non lasciare nulla in sospeso; adesso che non sapeva come parlare con quella misteriosa ragazza, si sentiva tremendamente stupido.
«Oh, io ci ho provato. Cosa vuoi che faccia? Deprimermi come te? - nonostante il suo tono fosse particolarmente spazientito, Niall era sempre calmo, fin troppo - Oggi usciamo con Liam, andiamo in discoteca e cerchiamo qualcun'altra. Okay?»
«La fai facile, tu» sbuffò Harry, sforzandosi di sorridere e fumando in fretta la sua Lucky Strike, pensando già a quella che avrebbe fumato dopo se non si sarebbe calmato.

Noel sorseggiò lentamente la sua cioccolata calda, fissando lo sguardo su quell'equazione di matematica che aveva provato a fare quaranta volte. Odiava la matematica, odiava la letteratura e odiava la scuola in generale. Perché doveva perdere il suo tempo sui libri?
Passarono un paio di minuti durante i quali non fece altro che scrivere numeri a buffo dappertutto: finalmente decise di alzarsi e di scendere al piano di sotto per liberare un po' la testa da tutti quei fastidiosi calcoli che aveva dovuto fare.
«Hai finito di studiare, cuore di mamma?» la signora Wood fece capolino dalla cucina nonappena Noel cercò di avvicinarvisi: non aveva scampo.
«Si» mentì la ragazza, camminando verso il lavabo e poggiandovi la tazza sporca di cioccolato: odiava quando sua madre doveva mischiarsi nei suoi affari. Insomma, aveva o no il diritto di gestirsi da sola lo studio? Era grande, non andava più alle elementari, quello che faceva non riguardava né sua madre né suo padre, anche se a quest'ultimo non sarebbe importato in ogni caso.
«Ecco, allora perché non vai a comprare lo spumante? Sai quanto ci tiene papà» Noel sbuffò. Odiava anche fare cose per conto di suo padre: cavolo, lui era fuori tutto il giorno, non poteva semplicemente passare un minuto dal supermarket e comprarlo lui? No, dovevano sempre relegare tutto il lavoro a Noel, pensando che non avesse niente da fare. 
Guardò sua madre di traverso, con il naso arricciato, «Che palle» disse, e si diresse verso l'ingresso, mettendo al posto delle sneakers le ciabatte che aveva fino ad un attimo prima.
Quando uscì, l'aria fredda di Manchester le colpì il viso, cosa che la costrinse ad affondare ancor di più il viso nella sciarpa; non sapeva neanche dove si trovasse quel fatidico supermarket: erano a Manchester da pochissimi giorni e l'unico tragitto che aveva fissato in mente era - purtroppo - quello per andare a scuola.
Dopo un paio di minuti che camminava, un'insegna rossa la sovrastò: era arrivata. Certo, a quell'ora della sera non c'era più nessuno di normale che andava in un supermarket, ma si sforzò di non pensarci ed entrò un po' titubante. 
Non le piaceva Manchester. Voleva soltanto tornare in Galles, ci pensava da due giorni, costantemente. Si, era nata a Manchester, per i primi quattro anni della sua vita aveva abitato lì, aveva stretto amicizia con persone di cui non si ricordava neanche, ma adesso l'unico pensiero che la torturava era il Galles. Aveva lasciato Daisy e Beth, ed era sicura che, nonostante continuassero a sentirsi su Skype regolarmente, e nonostante il Galles non fosse poi così distante, i loro rapporti si sarebbero persi in ogni caso.
Persa nei suoi pensieri, non si accorse neanche di aver fatto cadere rovinosamente la bottiglia di spumante per terra e di trovarsi, al contempo, in una pozza di liquido frizzantino.
«Minchia» esclamò improvvisamente una voce alle sue spalle. 
Noel si girò e diventò paonazza, notando che quel paio di occhi chiari la stavano fissando un'altra volta: il ragazzo della lezione di letteratura le stava di fronte, con uno strano ghigno sulle labbra e una sigaretta spenta dietro l'orecchio, nascosta dalla miriade di ricci che aveva.
«Scusa. Non l'ho fatto a posta... insomma, ero sovrapensiero e...» cominciò a dire Noel, grattandosi la nuca e strizzando un occhio.
«Ma dai figurati, capita a tutti - cercò di dire il riccio, strizzandole un occhio - sono Harry, e sono più sbadato di te» Harry le porse la mano destra, che Noel strinse con un filo di esitazione.
Non che fosse spaventata dalle persone, ma vedere quel ragazzo le produceva un effetto strano: come se in qualche modo l'avesse già conosciuto, come se ci avesse già parlato.
«Noel - disse, ridendo - mi sa che frequentiamo lo stesso corso di letteratura» 
Noel adesso era rossa come un peperone, e la cosa più esilarante era che nessuno dei due aveva ancora lasciato la mano dell'altro. Sembravano due ebeti.
«Cazzo, ma che è successo qua?» un ragazzo con i capelli cortissimi, alto un po' meno di Harry e con uno sguardo leggermente preoccupato, fece risvegliare i due, che si lasciarono improvvisamente la mano.
«Dai, Liam, ci penso io - disse Harry, rivolto all'amico, facendogli un cenno del capo - la bottiglia era messa male ed è caduta» 
Non era vero. Noel l'aveva semplicemente presa male e non se n'era neanche accorta, troppo intenta ad esercitare il suo odio per suo padre e per Manchester.
«Il mio capo m'ammazza se vede che è successo, muoviti che dobbiamo uscire» disse Liam seccato e in fretta, sparendo poi nei magazzini sul retro del supermercato.
«Non ci fare caso, Liam è sempre così» sussurrò rassegnato Harry, afferrando una nuova bottiglia di spumante e porgendola a Noel, «questa te la offro io» 
«Ma..»
«Niente ma, vai prima che Liam torni» sussurrò ancora il riccio, mettendosi la sigaretta spenta tra le labbra e strizzandole di nuovo l'occhio.
«A... a domani, allora» disse incerta Noel, cercando di scavalcare la pozza d'alcool. Prima di raggiungere l'uscita del negozio, si girò un'ultima volta per guardare Harry, che ancora la stava fissando con quello strano sorriso sulle labbra. 
«A stanotte» Noel non era certa di aver sentito proprio quelle parole, ma Harry aveva detto qualcosa del genere, mentre si accendeva la sigaretta.

-

Buona domenica ragazze :) Posto velocemente perché devo andare a mangiare da mia nonna e non ho proprio tempo. Non so se l'idea che ho avuto vi è piaciuta, ma sono contentissima delle 6 persone che seguono la mia storia e di quelle 3 mi sembra, che l'abbiano messa tra le preferite. Non ho molto tempo per parlare, devo dirvi alcune cose. Come forse avrete capito, sia Harry che Noel hanno problemi in famiglia (in particolar modo Harry), ma non voglio anticiparvi molto, voglio soltanto dirvi di non sottovalutare troppo la cosa. Spero che il capitolo - seppur orribile - vi sia piaciuto, in caso contrario, fatemi sapere.
Un bacio enorme,
Ari
 
s

 

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Capitolo 3
*** III ***




s

you are the best thing,
it's ever been mine


«Matilde, ti ho detto un miliardo di volte che non possiamo venire» disse Harry, esasperato, facendo aderire la schiena alla parete della mensa, ancora vuota e scompigliandosi i capelli per il nervosismo. Parlare con una bambina di sei anni, troppo piccola per capire le cose che le stanno intorno non faceva per Harry, già troppo poco paziente per indole naturale.
«Ma... mi mancate» la voce bianca di Matilde adesso si faceva più spezzata, come se trattenesse a fatica le lacrime: la famiglia Styles si era rotta,  si era divisa a metà, e la cosa ancora più demoralizzante erache Harry non ricordava neanche come avesse potuto permettere agli assistenti sociali di portare via Matilde.
«Giuro... ti prometto che vengo a trovarti Mati, fosse l'ultima cosa che faccio» Harry pigiò il bottone rosso sul display e chiuse la telefonata prima che potesse immaginare sua sorella piangere. Non poteva farcela. Afferrò la Lucky Strike che  aveva  dietro l'orecchio e se la portò tra le labbra, deciso ad accenderla una volta in cortile. Aveva saltato anche l'ora di biologia quella mattina, l'ultima lite che aveva avuto con il padre l'aveva fatto arrabbiare così tanto che se non ci fosse stato Niall e le sue fedeli sigarette non sarebbe tornato vivo a casa.
«Coglione» disse Niall, dandogli un pugno sulla spalla, costringendolo così a farlo girare verso di lui: il suo migliore amico era più felice del solito, cosa che in quel momento, contribuiva soltanto a fargli saltare i nervi; Niall era quasi sempre senza pensieri, non era mai né troppo arrabbiato, né troppo felice o troppo triste. Aveva sempre un umore statico, insomma, non mostrava mai emozioni esagerate, come spesso invece capitava ad Harry.
«Lasciami stare, ti prego - rispose il riccio, accendendo in pochi secondi la Lucky Strike - non è giornata» scosse la testa come per sottolineare il suo stato d'animo altalenante e si diresse lentamente verso il muretto non lontano dal cancello principale della scuola: quante volte con Niall o con Liam si era seduto su quel muretto? Di quante ragazze avevano parlato lì sopra? 
«Neanche se ti dico una cosa fottutamente bellissima?» il biondo allargò le braccia e si mise gli occhiali da sole sopra la testa; Niall aveva quasi sempre un paio di Rayban Wayfarer addosso, erano ormai quasi un segno di riconoscimento: raramente l'avrebbero visto senza. 
«Sentiamo» acconsentì, con un cenno del capo.
«Ho rimediato il numero di quella tizia.. come cazzo si chiamava? Naomi, Noè, Nica?» 
«Noel» disse fermo Harry, guardando il suo migliore amico con aria di rimprovero: il giorno prima, quando si erano presentati al supermercato dove lavorava Liam, era subito corso da Niall e, in discoteca, non aveva fatto altro che parlare di Noel e di quanto fosse stato assurdo il loro primo incontro. 
«Vabbè, la stessa cosa - rispose Niall infastidito, gesticolando - comunque, praticamente ho scoperto che ha fatto amicizia con la ragazza di Greg, e ... niente, ho rimediato il suo numero!» esclamò poggiando entrambe le mani sulle spalle di Harry e scuotendolo per bene, come a volerlo risvegliare dallo stato di torpore in cui evidentemente era finito.
«Ma cosa dovrei farci con il suo numero, scusa?» il riccio si spostò, infastidito dall'allegria di Niall e attese una sua risposta, appoggiato al muretto. 
Non erano passate neanche ventiquattro ore da quando aveva conosciuto Noel Wood, ma era già sicuro che ci fosse un collegamento tra lei e la ragazza che le appariva in sogno ogni notte: avevano la stessa forma armonica del viso, lo stesso colore di capelli, erano praticamente identiche. 
«Per esempio la chiami»
«Certo, Niall, così poi passo sul serio per lo stalker di turno» sbuffò Harry.
«Sei un'immensa rottura di coglioni» Niall fece per andarsene - le loro conversazioni finivano quasi sempre così, inspiegabilmente - quando all'improvviso una ragazza bionda, con i capelli corti più o meno fino alla spalla, gli si parò davanti: Noel Wood cercava di raccogliere da terra più o meno una miriade di libri che le erano caduti per terra.
«Vai ad aiutarla, testa di merda» il biondo diede una spinta sulla schiena di Harry che lì per lì, imbambolato per com'era, lo fece sobbalzare. 
Tenne fissi gli occhi su Noel, assottigliando lo sguardo e cercando di  scrutare meglio la sua espressione:  maledetta la lieve miopia che con il passare del tempo aveva sviluppato. 
Ignorando Niall che lo incitava, nascosto dietro la porta d'ingresso della scuola, cominciò a dirigersi verso la bionda cercando di sembrare il più disinvolto possibile, quando non lo era per niente. Aveva addosso una strana agitazione, come se parlarle per la seconda volta gli mettesse addosso più ansia ancora. 
«Maledizione, Shakespeare di merda» imprecò Noel, ancora accovacciata sui centomila fogli di appunti e libri che erano caduti per terra. Non si era minimamente accorta che Harry, con il solito sorrisino sghembo e ambiguo le si era quasi seduto a fianco. 
«Neanche a me piace molto - disse Harry, schiacciandole l'occhio, appena lei si accorse di lui - Ciao»
«Oh, ehm, ciao, ma... cazzo, ci incontriamo sempre nei momenti sbagliati» Noel cercò di raccattare le cose alle ben'e meglio, profondamente imbarazzata per le parole che aveva detto: insomma, una ragazza non poteva mostrare così tanto interesse nei confronti di un ragazzo alla seconda volta che ci si vedeva! Aveva mostrato ad Harry di ricordarsi perfettamente di lui, e questo non andava bene.
«Ah già, la bottiglia di spumante - rise il riccio, spegnendo e gettando la cicca per terra - non sai quanti rimproveri mi sono sorbito dal mio amico» le schiacciò l'occhio, cercando di apparire disinvolto ancora una volta e per nulla agitato. Non stava bene per uno come Harry Styles, agitarsi.
«Scusa» sorrise Noel, allontanandosi di poco da Harry, dato che nel frattempo si erano avvicinati di molto; in breve tempo e con l'aiuto valido del ragazzo, Noel raccolse tutti i libri. Quando entrambi si alzarono da terra cadde un silenzio imbarazzante.
Harry si grattò la nuca, sfilando dal pacchetto, un'ennesima sigaretta che si portò tra le labbra quasi meccanicamente, come se quello ormai fosse un gesto di routine, mentre Noel restò in piedi di fronte a lui, costringendo le sue pupille a fissare il titolo di uno stupido sonetto per non incappare nello sguardo tremendamente familiare e ambiguo di Harry. 
«Beh, vedo che andiamo nella stessa scuola» prese la parola Harry, per la seconda volta, emettendo una nuvola di fumo.
Noel, al dire di Harry emise un risolino sommesso, coprendosi la bocca con la mano, per non risultare scortese «credo di averti detto che frequentiamo lo stesso corso di letteratura», disse, mostrandogli i libri che avrebbe dovuto possedere anche lui.
Harry si maledisse mentalmente circa dieci volte: avrebbe voluto spaccarsi la testa contro l'angolo di un muro per quanto era stato idiota. Possibile che non si ricordava neanche quello che aveva detto soltanto un giorno prima? Era davvero possibile? 
«Ti giuro, scusa... è che... vabbè insomm-»
«Stai tranquillo, Harry» lo rassicurò lei, accennando un sorriso e guardando l'orologio: era ora di chimica, non poteva permettersi di ritardare ulteriormente.
«Che ne dici di scambiarci-»
«Scusa, devo andare, sono in tremendo ritardo - disse in fretta Noel, sfuggendo così alla conversazione - Ciao!» 
La vide correre per tutto il cortile in cerca dell'entrata giusta per raggiungere l'aula: era davvero impacciata, non c'era niente da dire a riguardo. Harry, deluso, camminò a passo lento fino al bagno maschile del primo piano e continuò a fumare la sua Lucky Strike, noncurante della lezione di francese che stava per iniziare.

Noel si strofinò gli occhi e alzò la testa dal banco, risvegliata dal suono infimo e trillante della campanella: l'ora di chimica era passata troppo velocemente. 
«Com'è possibile che ti addormenti sempre?» le sussurrò Anastasia Perwinkle, meglio nota come Nastee, trattenendo una risata.
Nastee era una ragazza strana: oddio, non che avesse un ritardo mentale o cose del genere, era proprio strana e basta. Era una di quelle ragazze cattive e altezzose all'apparenza, ma pezzi di pane nel profondo e con le persone a cui volevano realmente bene; Noel non sapeva perché Nastee l'avesse presa così a cuore, ma non le dispiaceva avere un'amica in quella città sconosciuta. Il primo giorno di scuola, a chimica le si era seduta vicina e da quel momento non le si era scollata più: l'aveva scoperta essere la ragazza del fratello di un certo Niall Horan, un tipo che andava forte tra le ragazze a Manchester. Nonostante non avesse mai visto Niall - famoso sciupafemmine - sapeva già che non sarebbe mai stato intrigante quanto Harry Styles. Insomma, quel ragazzo, oltre ad essere oggettivamente bello, aveva qualcosa di strano nello sguardo, qualcosa che le risultava tremendamente familiare.
«Non mi sono addormentata, Nast» rise lei, scompigliando i capelli alla sua amica dal viso pieno di lentiggini.
«Mrs Marble ti ha anche sentita russare, Noel, non dire stupidaggini» Nastee le diede un buffetto su una guancia, che Noel prese a massaggiarsi fingendo di essersi fatta male, per poi scoppiare a ridere un secondo dopo. Grazie a Nastee stava dimenticando piano piano il passato che aveva lasciato in Galles, anche se Manchester non avrebbe mai fatto per lei.
«Ti hanno vista con Styles, stamattina» le sussurrò ancora l'amica, tra una risata e un'altra: Noel impallidì per un secondo. Chi l'aveva vista? In cortile non c'era stato nessuno a parte lei ed Harry, in quel lasso di tempo.
«Ma chi è, questo Styles? - mentì Noel, spudoratamente - E poi comunque non è possibile, perché ero completamente da sola stamattina. O meglio, sola con Shakespeare» le strizzò l'occhio, sforzandosi di sembrare convincente, cosa che evidentemente non riuscì poi tanto bene; Nastee le diede un ennesimo buffetto sulla guancia, strizzandogliela pure con l'indice e con il pollice, come con i bambini.
«Vuoi nascondere le cose a me, piccola Wood? Guarda che ho le mie fonti» che Harry fosse amico di quel Niall che tutti adoravano? Noel non conosceva nessuno dei due, ma non pensava che un ragazzo come Harry potesse essere amico di uno tanto famoso e idolatrato.
«Nastee, ti prego, non farmi spazientire - Noel si portò le mani alle tempie, massaggiandole, provando a calmare i nervi per non darle un pugno in faccia - ancora non mi conosci bene»
«Cazzo come sei noiosa. Sei davvero perfetta per Harry, anche se lui almeno è solo silenzioso, ma poi le cose le dice e le fa» sbuffò la ragazza, mettendo su il broncio e tornando composta, con le braccia conserte, segno evidente che s'era offesa per la poca fiducia che aveva mostrato Noel.
Quest'ultima, fin troppo spazientita si alzò dalla sedia, strisciandola sul pavimento ed uscì dalla classe, diretta al bagno femminile: magari avrebbe potuto schiarirsi le idee.
Proprio quando stava per varcare la porta della toilette, un Harry sorridente, con un bicchierino di plastica in mano - probabilmente con del caffè all'interno - le si parò davanti. Per un attimo, per una frazione di secondo le sembrò che quello sguardo enigmatico le ripetesse "a stanotte".

-

Perdonatemi. Sono reduce da un .. come si chiama in americano? Hangover? AHAHAH, ieri sera è stata una serata divertentissima, ma vi risparmio i particolari pietosi perché non vi interesserebbero neanche. Comunque, il capitolo fa DAVVERO schifo: insomma, non mi convince per niente. Nonostante gli incoraggiamenti di Jas (grazie tesoro, credo ti sfrutterò ancora un po'!♥♥♥) questo capitolo non mi convince per niente, anche se non è una novità AHAHAH vabè ragazze io vi lascio con la mia gif preferita di Harry (perdonatemi se è lunga, ma proprio la amo un sacco, non posso non metterla), domani ho compito su Boccaccio e non posso stare troppo al computer çç
Vi mando un bacione enorme,
Ari
p.s vi prego, fatemi sapere cosa pensate della mia storia :( a me l'idea non dispiaceva, ma vedo che non recensisce nessuno, non so, magari non siete della stessa opinione.


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Capitolo 4
*** IV ***



s
my lips start to shake
how does she know who I am?
and why does she give a damn about me?

Un paio di occhi cristallini le si pararono di fronte, prendendola a fissare in modo curioso: Louis Tomlinson le era davanti e stava cercando di spiegarle - inutilmente - l'analisi del sonetto centotrenta.
La professoressa White non le aveva concesso neanche un giorno per recuperare e per riprendersi dallo shock del trasferimento e aveva già capito di che pasta fosse fatta Noel Wood; per questo l'aveva affidata a Louis, che aiutava gli studenti in difficoltà e che erano partiti col piede sbagliato, durante il pomeriggio.
«E' quindi il distico finale ad introdurci il vero significato del sonetto... - Louis si interruppe bruscamente, poggiando entrambi i gomiti sul tavolo e sospirando - Noel, ma mi stai ascoltando?» 
«Professore-»
«Chiamami Louis, ti prego, ho ventiquattro anni» disse spazientito, facendo uno strano gesto con la mano destra e tornando a fissare il testo, cercando di trovare qualcosa di meno soporifero di cui parlare a Noel, che non sembrava per niente interessata alla donna amata da Shakespeare e alla sua visione dell'amore.
«Ecco, allora, Louis, devi capire che a me non importa molto di quello che stai dicendo» sbottò spazientita Noel, contorcendosi le dita e portandosele in grembo, tentando di guardarlo il minor tempo possibile: quello sguardo puro, così pulito, le metteva un po' di soggezione; sin dal primo momento in cui l'aveva visto quel viso sbarbato e sorridente le aveva provocato una strana sensazione allo stomaco che però aveva successivamente dimenticato con l'avvento di quell'Harry Styles. Cavolo, non provava un vero e proprio interesse verso nessuno dei due, ma il fatto che Harry le ricordasse così tanto un passato che aveva completamente rimosso dal suo cervello l'incuriosiva, e non poco: erano giorni che cercava di sfogliare album di famiglia e diari segreti per scoprire qualcosa, ma aveva trovato soltanto polvere e adesivi colorati. Niente di niente.
«E a me non importa quello che hai appena detto» Louis sorrise, richiamando l'attenzione di Noel sbattendo il palmo della mano sinistra sul banco accanto al quale erano seduti entrambi.
Noel sussultò, «ritorniamo a Shakespeare che è meglio» disse, appoggiando una guancia al palmo e assumendo un'espressione ancor più corrucciata di quella che aveva sfoderato precedentemente.
«Come mai non ti piace la letteratura inglese?» Louis si mostrò per la prima confuso e prese a guardare Noel, cercando di captare qualcosa di più sul suo conto solo dal guizzo dei suoi occhi chiari: aveva capito subito che non avrebbe avuto a che fare con una ragazza tanto semplice.
«Non è importante adesso» glissò la bionda, sbuffando e pensando che, una volta fuori dalla scuola, sarebbe corsa subito al primo panificio per prendersi qualcosa da mangiare. Non stava prestando la giusta attenzione a Louis che stava soltanto tentando di aiutarla nel più leggero dei modi.
«Io faccio una domanda e tu devi rispondere - cominciò il ragazzo, sbottonandosi il primo bottone della camicia, dato che aveva cominciato a innervosirsi tanto da diventare leggermente rosso all'altezza del collo - mettiamola così: tu continui con questo menefreghismo e io ti faccio bocciare»
Noel rimase interdetta per un secondo, con le labbra schiuse e le sopracciglia inarcate: mai aveva visto un tirocinante, o comunque un insegnante, così sfacciato e così impertinente. Louis era sì un bellissimo ragazzo, ma nel contesto scolastico era assolutamente una persona impossibile.
«Professore, - Louis le lanciò un'occhiata di rimprovero - beh si, Louis, non c'è un perché. Odio la letteratura, la letteratura odia me e non è destino che io la studi, contento?» sbraitò spazientita, alzandosi dalla sedia facendola - come al solito - strisciare contro il pavimento, producendo un rumore incredibile.
Era già la seconda volta nel giro di mezza giornata che qualcuno la faceva spazientire: tutte queste pressioni non facevano altro che metterla a disagio e a costringerla ad allontanarsi da tutto e tutti. Non aveva parlato più neanche con Nastee, che se n'era andata a casa con Greg non degnandola neanche di uno sguardo; non ci poteva fare niente, Noel se si spazientiva era in grado di diventare la persona più spregevole dell'intero pianeta! Fortuna che non aveva visto Harry, perché avrebbe fatto una delle sue solite figure di merda, e non ci teneva per niente.
«Perfetto - annuì Louis, cercando di mantenere la calma - ora passiamo ad analizzare la concezione dell'amore di Shakespeare che si evince da questo sonetto» passò la penna - coperta dal tappo - lungo la pagina che Noel avrebbe dovuto già aver studiato, «siediti» ordinò quasi alla ragazza, che, scioccata per l'ennesima volta dal comportamento duro di Louis, si sedette e sbuffò ancora.
«All'inizio fa una serie di paragoni, ma sembra che ne parli addirittura male, giusto?» chiese Noel, scorrendo gli occhi sulla pagina che le stava mostrando Louis e leggendo in modo distratto.
«Beh si, ma secondo te qual è il significato? - cominciò - O per lo meno... quale potrebbe essere?»
«Magari perché non gli piaceva particolarmente?» Noel si sforzò di pensare a qualcosa di senso compito che non al tipico vaffanculo che le usciva ogni volta che prendeva un libro di letteratura in mano, però con scarsi risultati dato che Louis assottigliò lo sguardo e le rivolse un'occhiata colma d'odio «Wood, Shakespeare ama profondamente questa donna».
«E allora non lo so, Louis»
«Tu lo sai» l'incalzò il castano, cominciando a battere furiosamente il piede contro il pavimento. Si stavano innervosendo entrambi e non stavano concludendo niente.
«Forse era brutta, ma lui l'amava ugualmente» provò ancora Noel, facendo spallucce.
«Wood, Shakespeare ama così tanto la sua donna che addirittura non sente il bisogno di lodarla "falsamente", come gli altri poeti contemporanei» Louis si arrese, rispondendo da solo alla domanda che le aveva posto, «facciamo che per oggi vai a casa, ma domani voglio che lo porti a memoria»
Prima che Noel potesse ribattere, Louis si alzò dalla sedia in maniera composta, raccattò tutto quello che aveva lasciato sul tavolo, mise il tutto nella sua ventiquattrore  e uscì dalla stanza, seccato.

«Perché sei rientrato così tardi?» Des Styles giaceva inerme sul divano, un piede sullo schienale e una birra tra le mani: stava sviluppando giorno per giorno una pancetta che mai prima d'allora aveva avuto, e Harry non poteva che attribuirla alle quantità d'alcool colossali che il padre aveva cominciato ad assumere da quando sua sorella Matilde gli era stata portata via.
«Perché tu sei ancora in piedi?» domandò di rimando Harry, controllando l'orario sul display del cellulare: erano le quattro del mattino, ma trovare il padre ancora sveglio a quell'ora non era più una novità. Forse si sarebbe stupito di più trovandolo a letto, a dormire. Il riccio si diresse a passi lenti verso la cucina e guardò con aria sconfitta la pila di piatti sporchi nel lavabo che era cresciuta ancor di più rispetto alla mattina precedente; il fatto che nessuna donna entrasse in quella casa non faceva che peggiorare le cose. Harry non poteva - e non aveva alcuna voglia - di pulire ogni giorno tutto, e suo padre non lo faceva per partito preso.
«Non sono affari che ti riguardano» gli sentì rispondere, rude, mentre alzava il volume della televisione.
«E allora non ti riguarda il perché io sia tornato a quest'ora» Harry si strofinò le mani sul viso prima di cominciare a lavare una parte dei piatti incrostati, cercando di mantenersi sveglio.
Era stato con Niall e Liam fino ad un momento prima ma stranamente non si era divertito neanche un po' dato che non aveva fatto altro che pensare a Noel e alla figura di merda che aveva fatto quando l'aveva vista e aiutata in cortile. Neanche il Rhum l'aveva aiutato a tirarsi su di morale, tanto che i suoi migliori amici l'avevano preso in giro per tutta la serata.
Quando finì di sciacquare anche l'ultimo piatto, messo tutto nella credenza, salì le scale fino alla sua camera senza neanche salutare il padre, che ancora era sdraiato sul divano, con una canottiera bianca e un paio di mutande a righe, imbambolato di fronte al televisore che trasmetteva una qualsiasi porcheria con dei personaggi più o meno famosi della scena inglese. Harry e Des avevano sempre avuto un rapporto pessimo, anche quando a casa c'erano anche Matilde ed Anne.
Si tolse prima i pantaloni, poi la solita maglietta dei Pink Floyd e si lasciò cadere sul letto, senza che il pensiero di una bella doccia rinfrescante gli passasse per la mente; sospirò, prima di prendere il cellulare in mano e scorrere la rubrica fino alla lettera N: il numero di Noel gli spuntò di fronte.
Niall gli aveva torturato l'esistenza per tutto il pomeriggio per far sì che si salvasse quel numero e che per lo meno tentasse di mandarle un messaggio, e alla fine Harry aveva ceduto anche se non avrebve facilmente trovato il coraggio necessario per contattarla.
«Cazzo Harry, sei un uomo, forza» disse a sé stesso, come a volersi infondere quel briciolo di coraggio necessario per schiacciare il tasto verde del telefonino.
Sospirò, portandosi il palmo sulla fronte e cercando sul comodino il pacchetto di sigarette: aveva bisogno di una Lucky Strike per carburare; se ne accese una e, dopo una prima boccata di fumo, decise di chiamarla: casomai le avrebbe detto che aveva sbagliato numero.
«Pronto?» dopo un'infinità di squilli a vuoto e una sigaretta quasi finita, Noel rispose: diciamo che era anche normale che una persona normale alle cinque meno venti di mattina dormisse, ma Harry, a dire la verità non ci aveva neanche pensato.
«Chi è?» disse spazientita, con la voce impastata dal sonno e sbadigliando sonoramente.
«Ehm... scusa, sono Harry» cominciò lui, incerto, mascherando il lieve balbettio che spuntava fuori quando si agitava.
«Ma Harry chi?»
«Lo spumante, sai com'è» si passò una mano tra i capelli, «e lo stesso che ti ha aiutato con i libri»
«Ma quello di letteratura?» Noel rimase in silenzio per un paio di minuti, forse per riconnettere la voce al viso e sbadigliò una seconda volta «Lo sai bene che sono le cinque del mattino, vero?»
Non che le fosse dispiaciuto riconoscere la voce di Harry Styles all'altro capo del telefono, ma se c'era una cosa che non potevano toglierle era il sonno: Noel dormiva un sacco, e odiava le telefonate nel cuore della notte.
«Si, scusa, ti volevo chiedere i compiti» si giustificò Harry, maledicendosi un'altra volta - come la mattina prima - mentalmente per essere così idiota. Insomma, era possibile che Harry Styles chiedesse i compiti di letteratura a una persona che aveva visto due volte in vita sua alle cinque del mattino? No, non aveva assolutamente senso.
«Ma lo sai o no che ore sono?» Noel cominciava a sembrare spazientita, Harry lo intuiva dal tono acido della sua voce, «E poi figurati se io ho i compiti di letteratura» sbuffò.
«Non essere arrabbiata, fiorellino» Harry sorrise, ormai a suo agio. Nel cuore della notte, stava parlando - e non sognando - Noel Wood. Ne aveva davvero bisogno.
«Fiore... cosa?» cominciò lei, trattenendo una risata «Ma poi come diavolo hai fatto ad avere il mio numero?» la sua voce non era più infastidita, segno che forse cominciava a svegliarsi e ad essere meno burbera.
«Ho i miei informatori segreti, fidati, fiorellino» gettò la cicca della sigaretta nel posacenere, già ricolmo, sotto il letto e si mise a sedere sul letto, sistemandosi un cuscino dietro la schiena.
«Chi sono questi informatori?» domandò, curiosa.
Non era neanche da tre giorni a Manchester e già stavano succedendo cose strane: questo Harry Styles che le sussurrava strane cose e che le ricordava tremendamente un periodo infantile andato perduto, Nastee che aveva cominciato ad esserle amica sin dal primo momento, nonostante Noel non fosse una persona poi così tanto amichevole e infine Louis, che con i suoi modi di fare ambigui e la sua persona affascinante l'avrebbero anche attirata se non fosse stato più grande e un suo professore.
«Fiorellino, questo non te lo posso dire» rispose Harry, inclinando la testa a destra e prendendo a grattarsi un morso di zanzara sulla gamba: gli piaceva da morire stare al telefono con lei, e questa era davvero una cosa fuori dal comune, dato che era da molto tempo che non si trovava così bene con una ragazza.
«Stronzo» la sentì ridere.
«Quindi, questi compiti?» insistè Harry, puntando lo sguardo sfacciato su un punto impreciso del muro.
«Non ci crederò mai che hai voglia di fare i compiti a quest'ora» Noel era più testarda di quanto Harry avesse immaginato: dopo tutto, la ragazza che sognava tutte le notti non parlava, non diceva niente, aveva soltanto forma fisica, non diceva mai nulla di concreto e adesso che la sentiva parlare, Harry era sempre più covinto che quella ragazza fosse Noel.
«Ma che te ne frega» rise Harry, soffiando nell'altoparlante con la sua voce roca.
«Senti riccioli d'oro, io ora vorrei dormire» Noel sbadigliò, divertita dalla situazione ma percepibilmente stanca.
«Buonanotte fiorellino» disse con voce bassa Harry, sospirando.
«A domani, riccioli d'oro» disse di rimando Noel, credendo di aver staccato la telefonata.
Una volta che Harry era in procinto di chiudere, cominciò a sentire il respiro regolare di Noel: aveva dimenticato la telefonata aperta e adesso Harry la sentiva dormire.
«Fiorellino...» mormorò lui, sorridendo flebilmente e chiudendo gli occhi. Teneva il telefono attaccato all'orecchio e malediceva ogni piccolissimo rumore che copriva il respiro leggero di Noel: era certo che non avrebbe dormito neanche un'ora. Non aveva più bisogno di sognare.


__

Buonasera ragazze :) Lo so che sto postando con una regolarità (velocità, più che altro) alquanto strana, ma sta finendo la scuola e sono molto più libera. Oggi pomeriggio poi, ho cominciato a leggere qualche fan fiction e m'è venuta una voglia assurda di scrivere .. quindi ho mollato la lettura e ho cominciato a scrivere. Perdonatemi se ci sono errori di qualsiasi genere, domani dovrei rivedere il capitolo e correggere tutto, ma intanto volevo lasciarvelo.
Grazie per le 12 persone che hanno messo tra le seguite la mia storia, per le 7 che l'hanno messa tra le preferite, le 7 persone che hanno recensito lo scorso capitolo e tutti quelli che leggono in silenzio :)
Vi mando un bacio,
Ari
ps. credete che dovrei cambiare il banner? Non so, non mi convince particolarmente. Ditemi.


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Capitolo 5
*** V ***


s


and you try to take me home
like you're DiMaggio
 
Noel entrò di soppiatto in cucina, sperando di non farsi sentire dal padre, seduto sulla poltrona del salotto con una copia del Times sulle gambe, concentrato e con quei soliti occhialetti sul naso che gli permettevano di leggere anche da lontano. Erano le sette e mezzo del mattino ed entro mezz'ora sarebbe dovuta già essere a scuola. Che palle. 
Dopo la telefonata che aveva ricevuto da quello strano ragazzo, Harry, verso le cinque di quella notte, si era addormentata come un sacco e si era accorta della telefonata aperta soltanto quando alle sei era stata svegliata dal russare del riccio. Si era sentita una stupida per essersi addormentata e non essersene accorta, ma dopo ci aveva riso su. Sorrideva al solo pensiero della loro conversazione: le piaceva l'essere profondamente impacciato di Harry, un po' perché lo era anche lei, un po' perché le davano fastidio i ragazzi che facevano i fighi e gli sciupafemmine. 
«Noel» la chiamò suo padre all'improvviso, facendola sussultare, «mi porgi il caffè?»
Paul Wood le era di fronte, in vestaglia rigorosamente di seta blu e con il giornale sotto il braccio: Noel si ricordava di non aver mai visto il padre vestito male o con una tuta, neanche per stare a casa.
La bionda sospirò, prendendo la caffettiera e versando parte del contenuto in una tazzina di ceramica, mischiandolo insieme ad un cucchiaino di zucchero; Paul annuì, soddisfatto di sua figlia e, a gambe accavallate, si sedette, prendendo a sorseggiare il caffè.
«Non vai a scuola?» chiese poi, dopo un paio di minuti di silenzio.
«Mi preparo tra cinque minuti» rispose Noel, svuotando il suo bicchiere di succo d'ananas e poggiandolo con fermezza sul bancone, cominciando ad irritarsi. Odiava quando suo padre si fingeva interessato a quello che faceva: in diciotto anni di vita mai aveva pensato al suo bene, a partire dai continui trasferimenti che avevano dovuto affrontare a causa sua.
«Come va con la letteratura?» domandò ancora, insistendo, poggiando lo sguardo su un titolo interessante sul giornale: aveva già dimenticato la domanda che aveva posto alla figlia.
Noel non rispose e si avviò verso la sua camera, sgranocchiando un toast ancora caldo. 
Si infilò i jeans in fretta e si buttò a letto, ancora con il sopra del pigiama: non aveva per niente voglia di andare a scuola, aveva un sonno tremendo e l'unica cosa che voleva fare in quel momento era dormire. Solo dormire fino all'indomani mattina. Afferrò il telefono e si stupì quando, illuminando il display, trovò un messaggio non letto.
Buongiorno, fiorellino, c'era scritto.
Sorrise dolcemente prima di rispondergli con un ma rompi i coglioni già alle sette del mattino? e abbandonò il telefono sul letto, dirigendosi verso il bagno: avrebbe avuto letteratura a seconda ora e doveva essere più che sveglia. Quasi esuberante.
«Ciao mamma» disse Noel, scendendo dopo dieci minuti al piano di sotto e fuggendo fuori di casa, correndo per le vie di Manchester, dato che un autobus che arrivasse puntuale era diventato quasi un'utopia.
Stava camminando da circa cinque minuti, velocizzando sempre di più il passo, quando un «Noel!» la costrinse a girarsi e a notare immediatamente due ragazzi. Uno era Harry.
«Ciao» disse flebilmente la ragazza, diventando immediatamente rossa. Aveva dimenticato anche che accanto ad Harry vi si trovasse un'altra persona.
«Vai a scuola?» domandò, Harry, ma dovette ricredersi subito dato che si sbattè una mano sulla fronte prima di dire «Sono sempre il solito idiota!» e ridere sommessamente.
Noel cominciò a ridere, poggiando lo sguardo prima su Harry - che rideva anche lui -, poi su quello che doveva essere il suo migliore amico: un ragazzo biondino, un po' più basso di Harry e con un paio di Rayban Wayfarer addosso. 
«Non ti preoccupare» disse lei, facendo un gesto con la mano destra.
«Lui è Niall, - Harry le indicò il biondo con cenno - il mio migliore amico»
Niall Horan. Ne aveva sentito molto parlare, Noel, a scuola. Sapeva che Greg Horan, fidanzato di Nastee, fosse suo fratello, ma non avrebbe mai potuto immaginare che quest'ultimo fosse il migliore amico di Harry, a cui non aveva mai pensato come Dongiovanni o cose del genere.
«Naomi, giusto?» Niall assottigliò lo sguardo, arricciando le labbra e puntando un indice contro Noel.
«N-»
«Noel» la precedette Harry, guardando con aria di rimprovero l'amico, «Niall, che ne dici se ci vediamo dopo a lezione?» disse stringendo i denti e facendogli un segno strano.
Noel non capiva il linguaggio tramite il quale i due si stavano parlando, ma la situazione la divertiva abbastanza: aveva infatti un sorriso tranquillo stampato in faccia e stava a braccia conserte davanti ai due, non pensando alla lezione che entro pochi minuti sarebbe cominciata. Prese a guardare prima Niall, distrattamente e poi Harry; rimase colpita dalle fossette accentuate che gli spuntavano sulle guance ogni qual volta sorrideva o distendeva le labbra, o dai ricci morbidi che gli ricadevano sulla fronte e che ogni tanto - più o meno ogni trenta secondi - spostava con un gesto veloce. Era davvero bello, non si poteva negarlo. 
«Si, beh, insomma, io in effetti dovrei andare a ripassare» disse Niall, grattandosi la nuca e dando un buffetto sulla spalla di Harry, con un'aria quasi scocciata. Se Noel avesse conosciuto Niall almeno un po', avrebbe saputo che quella era una bugia bella e buona: Niall Horan che ripassava? Un miracolo.
«Okay, a dopo Niall» lo salutò Harry, dandogli uno spintone sulla schiena.
«Ciao» disse Noel, salutandolo con la mano.
Harry si passò una mano tra i capelli, per scostarsi il ciuffo dagli occhi e sorrise a Noel, visibilmente agitato: perché diavolo doveva agitarsi così ogni cavolo di volta che le parlava? Sembrava uno stupido ragazzino di tredici anni che si innamorava per la prima volta, e a dire il vero, lui a tredici anni non era mai stato così, quindi era ancora peggio. Guardava Noel con uno strano bagliore negli occhi che non avrebbe voluto avere, odiava quando le persone potevano decifrare i suoi sentimenti facilmente. Purtroppo - o per fortuna - Noel era ancora troppo ingenua per capire che il ragazzo che le stava davanti era completamente pazzo di lei, anche perché in realtà era un po' improbabile dato che si conoscevano da soli quattro giorni circa.
«Cazzo, ma è tardissimo» disse Noel improvvisamente, guardando il display del cellulare e agitandosi sul posto, facendo avanti e indietro con lo sguardo, dalla scuola ad Harry.
Il ragazzo ci pensò su un secondo e poi, preso il coraggio necessario, disse «E se non entrassimo?»
«Sei normale? I miei mi uccidono se lo scoprono» rispose seria Noel, continuando a guardare preoccupata il display del suo telefono: ormai era troppo tardi per fare la prima ora.
«Devono saperlo?» disse incuriosito Harry, guardandola con un sopracciglio alzato. Lui non diceva mai niente a suo padre, forse perché Des Styles non era per niente interessato al destino di suo figlio. 
«Ma..»
«Non dirmi che non hai mai saltato scuola!» esclamò il riccio, facendo due passi verso la bionda e avvicinandovisi pericolosamente. Noel notò ancora una volta il suo sorrisetto sghembo e il suo cuore fece un tuffo: il profumo di Harry era forte, le pizzicava il naso, ma quel sorriso la metteva in confusione.
«Mai» la ragazza si allontanò di colpo, facendo un passo indietro, «e questa non dovrebbe essere la prima volta»
«Se non vieni ti chiamo alle tre, stanotte» la minacciò lui, prendendole un polso e cercando di trascinarla con sé.
«Stronzo» disse, sconfitta, mettendosi a braccia conserte.
«L'hai già detto» le strizzò l'occhio, prendendosela sotto braccio, «dove ti piacerebbe andare?»
«Ho fame» rispose lei, facendo il labbrino. Sperava che l'avrebbe portata a mangiare da qualche parte, aveva mangiato soltanto un toast e di certo non le sarebbe bastato per il resto della giornata.
«Dai, ti porto in un posto» affermò.
Harry la prese per mano, stavolta, e cominciò a correre a più non posso, tanto che Noel dopo dieci minuti aveva già il fiatone, non abituata a correre così tanto e così veloce.
«Ma fermati un secondo!» urlò lei, divincolandosi dalla presa del ragazzo. 
«No, dobbiamo andare veloce» gli sentì dire, mentre le afferrava nuovamente la mano. Non sapeva dove diavolo stessero andando ma essere con Harry in qualche modo le dava quel pizzico di sicurezza che in quei casi le mancava sempre: a tratti la sua espressione spensierata le ricordava qualcosa, ma ogni volta che ci pensava per più di un minuto scordava tutto e non riusciva a ricollegare niente.
«Eccoci» disse all'improvviso, arrestando la corsa e facendo quasi inciampare Noel.
Si trovavano in una zona tranquilla di Manchester, in mezzo al verde, nascosta dal caos nevrotico della città. Non era niente di che, c'erano frasche dappertutto e non ci si poteva sedere da nessuna parte, ma i cespugli di fiori emanavano un profumo dolce e finalmente non si sentivano più i clacson e lo smog tipici del centro di qualsiasi città.
«Ti piace?» chiese Harry, sedendosi per terra, poggiando la cartella sull'erba, indelicatamente.
«Si, è un posto tranquillo - cominciò Noel, sedendosi accanto ad Harry e cingendosi le ginocchia con le braccia, poggiandovi la testa e inclinando il capo in sua direzione - ma io ho ancora fame»
«Aspetta» il riccio frugò nella cartella per un paio di minuti e poco dopo ne uscì un sacchetto bianco, evidentemente contenente qualcosa da mangiare; lo porse a Noel che lo aprì e prese in mano il contenuto: un panino al latte con delle gocce di cioccolato sopra. Niente di speciale, ma pur sempre qualcosa mangiare.
«Facciamo a metà?» sollecitò Harry, che sì, era stato magnanimo, ma il suo animo da mangione non poteva smentirsi neanche in quella situazione. 
Noel sorrise: Harry Styles era un ragazzo curioso. Non aveva ancora molto capito il suo carattere, non sapeva come si comportasse normalmente. Magari lei gli aveva fatto particolarmente simpatia o la voleva soltanto abbindolare perché la trovava carina. Non lo sapeva. Non sapeva quasi niente di lui e forse era anche per questo che non si lasciava avvicinare mai moltissimo.
«Fiorellino, ti sei incantata?» il ragazzo le passò più volte la destra davanti agli occhi, sorridendo.
«Scusa, stavo pensando» si giustificò, spezzando il panino e porgendogliene metà.
«Stavi pensando a me, vero?»
«Harry, sei un'idiota» 
«Un sacco di ragazze si incantano, guardandomi» si vantò lui, dando un morso al panino.
«Anche un sacco di ragazzi si incantano guardando me» mentì Noel, che aveva avuto un solo ragazzo in vita sua, tra l'altro.
«Zitta, ti stai solo giustificando» Harry arricciò il naso, avvicinandosi alla bionda, dandole una gomitata leggera al fianco.
«Perché, non sono bella?» lo provocò, mettendo su il broncio, con fare altezzoso.
«No» disse secco Harry, toccandole la mano e guardando le sue labbra, «sei bellissima»
Noel chiuse gli occhi, agitata dalla vicinanza di Harry, «Non fare il ruffiano, riccioli d'oro, io non sono una delle tante ragazze che abbindoli con sto sorriso» si allontanò di scatto, strizzandogli l'occhio.
«Stronza» rise, dando un ennesimo morso al panino. 
Sapeva benissimo che non si sarebbe mai lasciata baciare, non la conosceva, ma aveva capito sin da subito il suo carattere difficile. Di sicuro non era né una ragazza troppo chiusa né troppo aperta: era semplicemente una via di mezzo, e possibilmente era anche un po' lunatica. Rise, facendo queste considerazioni e tornò a guardarla; era bella da morire, ancor più bella di quanto si ricordava dei suoi sogni quotidiani.
«Zitto e mangia» rispose, dandogli un buffetto in viso.
 
«Quindi, com'è andata?» chiese Niall, aprendosi una lattina di birra e lasciandosi cadere sul divano, con un joystick nella mano sinistra, pronto ad un nuovo pomeriggio di Call Of Duty.
«Lo so che non ti interessa» disse svogliato Harry, aspirando avidamente la sua sigaretta, sdraiato sul letto dell'amico, a pochi centimetri dal divano. Non era ancora tornato a casa da quella mattina, ed erano già le sei di pomeriggio; aveva mangiato velocemente un panino e poi insieme a Niall erano andati a comprare un nuovo gioco per la Playstation che gli serviva. Lui però, non aveva fatto altro che pensare alla mattina che aveva passato con Noel: erano stati nel suo posto "segreto", avevano passeggiato per Manchester come se fossero amici da una vita e poi l'aveva riaccompagnata a casa, attento a non farsi vedere dal signor Wood che sarebbe rientrato dal suo studio intorno a quell'ora.
«Coglione - Niall lo guardò con aria minacciosa - come se non fossi il tuo migliore amico»
Harry rise. Gli aveva raccontato più o meno dieci volte cosa avevano fatto nel corso della mattinata e lui puntualmente, dopo circa un minuto voleva che glielo raccontasse di nuovo. O era completamente andato per via delle troppe canne o davvero Harry non sapeva più cosa pensare riguardo al suo cervello.
«Quanto hai fumato oggi?» lo prese in giro, spegnendo la Lucky Strike sulla moquette e alzandosi con fatica dal letto, per raggiungere Niall e dargli una manata sulla nuca.
«Dai Harry, ma veramente non me lo vuoi dire?» 
«Ma sei normale?»
«Tu sei uno stronzo»
«Ma la smettete tutti di dire che sono uno stronzo?!» sbottò, sfilandogli la birra dalle mani e bevendone un lungo sorso.
«Quindi?»
«Quindi, per la sessantesima volta, siamo stati nel posto vicino a quella stradina e poi l'ho riaccompagnata a casa. Niente di speciale» disse, sbuffando e sedendosi sul bracciolo del divano.
«Sempre meglio di me che mi sono dovuto sorbire la Teasdale che non faceva che chiedermi di te. Mi ha rotto il cazzo per sei ore consecutive» si lamentò ancora Niall, cominciando ad agitarsi sul posto per una missione fallita. Era sempre così: Niall non riusciva mai ad essere troppo serio; in generale, Niall non riusciva mai a fare discorsi seri, il che era ancor più preoccupante.
«Mi dispiace per te» mentì Harry, ridendo e prendendo il cellulare.
Attenta, potrei chiamarti in ogni momento, stanotte, scrisse velocemente.
Dopo dieci minuti, il display del suo cellulare si illuminò, facendolo sorridere automaticamente.
Se mi svegli sul serio, puoi ritenerti morto.
 
--
 
Credo che questo capitolo sia corto, lo so. Io odio i capitoli corti, ma vi giuro che non mi sembrava opportuno scrivere altro, non so .. per me si doveva concludere così. Ecco, adesso che c'è stato un primo avvicinamento reale tra Noel ed Harry avrò il mio periodo da pagina bianca (non temete, scrivo presto .. ho tante idee in testa) AHAH e il prossimo sarà sicuramente un capitolo di super-passaggio.
Non penso che si avvicineranno molto presto, Noel ha un carattere un po' complicato, credo che si sia capito :) Beh, se non vi è piaciuto qualcosa, datemi un parere .. sono qui per questo (e per migliorare).
Vi mando un bacio,
Ari
 
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Capitolo 6
*** VI ***


s

No matter how far we go,
 I want the whole world to know
I want you bad
 
«Sono ufficialmente offesa» sbraitò Nastee, poggiando con forza il vassoio sul tavolo grigio della mensa, costringendo Noel a guardarla con ancora mezzo hamburger in bocca, interdetta. 
Nastee si sedette, spostando il vassoio verso di lei e mettendosi a braccia conserte: adesso cosa c'era che non andava? Cosa non le aveva detto di così tanto importante da offendersi? Noel sbuffò, seccata.
«Anastasia, per Dio, cosa ti ho fatto stavolta?» domandò Noel, lasciando l'hamburger sul piattino e prendendo a fissare la sua amica con sguardo leggermente annoiato: voleva bene a Nastee, e per quel poco che la conosceva, sapeva bene che il bene era assolutamente ricambiato. 
«Sei uscita con Harry Styles e non me l'hai neanche detto» piagnucolò, punzecchiando una foglia di lattuga con la forchetta e mangiandola con fare svogliato.
«Non sono uscita con Harry Styles», disse, «io non so neanche chi sia» mentì, arrossendo notevolmente.
In realtà Noel sapeva benissimo chi fosse Harry Styles, e in quei giorni, anzi, non faceva altro che pensarci continuamente. Era come se si fosse infiltrato nel suo cervello, e questa non poteva che essere una cosa negativa, ai suoi occhi. Noel odiava concentrare troppe attenzioni su una sola persona: si sentiva tremendamente stupida nel farlo, nel perdere tempo per dei tizi qualsiasi che magari l'avrebbero soltanto fatta stare male, ma in quel momento era così, e non poteva farci niente.
«Stai mentendo, lo dicono anche i tuoi occhi» la provocò Nastee, lanciandole una pallina di carta, fabbricata con un pezzo di tovagliolo.
Noel si spostò, schivando la pallina e arricciando il naso: gliel'avrebbe dovuto dire? Insomma, Nastee era l'unica vera amica che aveva a Manchester e magari trattenersi tutto dentro non sarebbe servito a nulla. 
«Nastee, non ho voglia di parlarne» sospirò di nuovo, spezzando un pezzo di panino e portandolo alla bocca, mangiandolo con lentezza. 
Si guardò intorno: tutti stavano mangiando, tutti ridevano, tutti scherzavano tra di loro. Un gruppo di ragazze fissava tre ragazzi, borbottando e sghignazzando come delle oche. Noel odiava profondamente le ragazze che si comportavano in quel modo per attirare l'attenzione. Fissò lo sguardo sui tre ragazzi, strizzando gli occhi per vedere di riconoscerli; quando Harry si girò e si accorse dello sguardo di Noel addosso, fece un mezzo sorriso e, grattandosi la nuca, le accennò un saluto con la mano.
Noel diventò più rossa della salsa barbecue che traboccava dal suo hamburger e abbassò gli occhi sul piatto, sperando che lo sguardo di Harry si allontanasse o per lo meno prendesse a fissarla con meno insistenza.
«Ti sta mangiando con gli occhi» sussurrò Nastee, nascondendo un risolino con la mano destra e afferrando un altra foglia di insalata, «Greg mi aveva detto che Niall gli ha detto che non fa altro che parlare di te»
Nastee era una pettegola, e il suo ragazzo Greg non era da meno. Evidentemente in quella scuola tutti avevano una particolare tendenza ai pettegolezzi, dato che nessuno si faceva gli affari propri.
«Pettegola» sputò acida la bionda, rialzando lo sguardo e constatando che Harry stava camminando proprio verso il loro tavolo, con passo deciso. Quella giornata stava decisamente partendo male. Okay, Harry non poteva sapere di quanto Noel si vergognasse profondamente di parlare in pubblico con dei ragazzi - in particolar modo con lui, con il quale aveva questo strano rapporto -, ma comunque stava mandando a quel paese il progetto di giornata tranquilla di Noel.
«Ciao» sussurrò il ragazzo, poggiandole una mano su una spalla e sedendosi a cavalcioni sulla panca dove stava seduta, noncurante della presenza di Nastee di fronte a loro. 
Harry sorrideva; erano un paio di giorni che - stranamente - Harry era sempre felice. A casa aveva pulito i piatti con un'insolita solerzia, e soprattutto aveva giocato a ben quattro partite a PES con Niall, cosa che accadeva più o meno una volta l'anno, solitamente. Con un veloce gesto della mano afferrò la sigaretta che aveva nascosta dietro l'orecchio e la portò alle labbra, «mi fai compagnia a fumare?»
«Beh, io dovrei-» si grattò il braccio, in cerca di una scusa plausibile. Nonostante Noel avesse voglia di passare un po' di tempo con lui, per la vergogna in quel momento avrebbe soltanto detto stronzate.
«No, non accetto risposte negative» il ragazzo la guardò serio, stringendole il polso.
«Ma-»
«Noel!» esclamò Harry, alzandosi e trascinandosi anche Noel, che teneva - appunto - per il polso, «Vabbè, se non vuoi, ti costringo io».
Sotto lo sguardo attento e curioso di tutti i presenti - in particolare quello di Nastee, compiaciuto - Harry la trascinò in cortile, vicino al muretto dove qualche giorno l'aveva visto insieme a Niall. 
«Ti odio» sbuffò lei, cercando di saltare sul muro per sedervici sopra.
«E tu non sai salire un muretto» la prese in giro Harry, battendo le mani e dando un primo tiro alla sua sigaretta appena accesa.
«Ma se è alto, che ci posso fare?» disse Noel, indispettita, gesticolando e mostrandogli quello che era un muretto relativamente basso, tra l'altro. Harry rise, divertito dal comportamento della ragazza e improvvisamente le si avvicinò, tenendo la sigaretta tra le labbra e prendendola dai fianchi.
«Styles, che cazzo fai?» sbraitò lei, cercando di divincolarsi dalla presa ferrea del riccio, che rideva ancora, mentre la sollevava e la poggiava sul muretto, aiutandola così a sedervici. 
Mentre aveva i fianchi di Noel tra le mani e la issava sopra il muro, Harry pensò a quanto fosse dannatamente bella e di quanto lui fosse tremendamente fortunato ad averla così vicina. Aveva un irrefrenabile desiderio di baciarla, ma sapeva bene che non era né il luogo né il momento adatto.
Noel restò due minuti in silenzio a guardarsi la punta delle Vans conumate per paura di incontrare lo sguardo di Harry, che nel frattempo stava continuando a fumare con una mano in tasca, davanti a lei.
«Che lezione hai, adesso?» domandò lui, aspirando la sigaretta, cercando di smorzare la tensione.
«Credo francese» borbottò lei, facendo penzolare le gambe e arricciando il naso.
Perché diavolo si sentiva sempre a disagio di fronte ad Harry? Non era né il primo né l'ultimo con il quale avrebbe avuto un così semplice rapporto d'amicizia, eppure c'era qualcosa che non andava, e lo sentiva ogni volta che le distanze tra di loro venivano meno, come in quel caso. Non che avesse le farfalle allo stomaco o cavolate del genere, ma un formicolio alle dita, una specie di scossa elettrica le inondava il corpo, costringendola a irrigidirsi per non lasciarsi troppo andare.
«Come fai a non saperlo?» la prese in giro lui, dandole uno schiaffetto sul ginocchio e gettando la cicca per terra.
«Tu che lezione hai?» disse di rimando Noel, mettendo su un'espressione altezzosa.
«Non lo ricordo» si arrese Harry, alzando le braccia e cominciando a ridere.
Noel cominciò a tenersi la pancia per le troppe risate: se da un lato la vicinanza con Harry la metteva in imbarazzo, dall'altro era come se si conoscessero da una vita, come se avessero passato una vita precedente insieme, o qualcosa del genere.
«Sei un caso perso, Styles» disse, sbattendosi una mano sulla fronte e guardando per terra, per controllare se sarebbe stato opportuno scendere con un salto o farci più attenzione.
«Anche tu» rispose Harry, avvicinandosi e offrendole la mano, «non sai neanche scendere da un muretto!»
«Ah no? Ora te lo faccio vedere io chi è che non sa scendere da qui!» disse offesa Noel, lasciandosi cadere dal muretto e precipitando addosso ad Harry, che per fortuna la prese tra le braccia e la salvò dall'impatto inesorabile contro il suolo. 
La teneva con una dolcezza insolita, come se stesse stringendo tra le sue braccia tutto ciò che di importante aveva, quando conosceva Noel Wood soltanto da una settimana scarsa e non sapeva quasi niente di lei. Le sorrise e lei ricambiò, imbarazzata, poggiando la fronte sulla sua spalla quasi involontariamente. Harry la sentì ridere sommessamente contro il suo petto, così iniziò anche lui.
«Imbranata» sentenziò Harry, sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Noel si staccò improvvisamente, non smettendo di sorridere ma diventando leggermente rigida: Harry avrebbe dovuto faticare e non poco prima di potersi avvicinare del tutto a lei, lo sapeva.
«Ha parlato l'atleta olimpionico» sbuffò, roteando gli occhi.
«Medaglia d'oro» si vantò Harry, facendo schioccare la lingua contro il palato.
«Di stupidaggine, vero?» disse Noel, facendogli la linguaccia per poi controllare l'ora sul cellulare: ogni volta che stava con Harry il tempo passava sempre troppo in fretta; la campanella sarebbe suonata a breve e avrebbe dovuto affrontare una stupida e noiosa ora di francese. 
«La vincerai anche tu, tranquilla» le rispose, «devi andare in classe, vero?» domandò poi, serio. Sfilò un'ennesima sigaretta dal pacchetto nella tasca posteriore dei jeans e continuò a guardarla. Era bella da morire, pensò.
«Mi sa di si» sussurrò.
«Che ne dici di uscire, una sera di queste?» domandò Harry, facendo piombare il silenzio.
Adesso Noel non sapeva né cosa dire né cosa fare: se già si trovava in imbarazzo con Harry in circostanze amichevoli, non osava immaginare cosa sarebbe successo ad un vero appuntamento. Scosse la testa, guardando ancora per terra, spostando un sassolino con la punta della scarpa. Oddio, sarebbe uscita volentieri con Harry, ma non era sicura riguardo i suoi sentimenti. Stare con lui le provocava sempre sensazioni troppo strane, aveva continui dejavù di momenti che non ricordava neanche sforzandosi, e questo un po' le metteva paura, dato che non le era mai successo.
«Scusa Harry, sono impegnata» si giustificò, provando ad avviarsi verso l'ingresso della scuola.
«Cazzate!» esclamò, gettando la sigaretta a metà e rincorrendola, nonostante Noel non stesse correndo, ma soltanto camminando. «Con chi sei impegnata, con Il boss delle torte?» 
«Non mi fare incazzare» sbottò, seccata. 
Odiava chi non rispettava le sue decisioni e poi, cosa voleva dire "sei impegnata con Il boss delle torte?"? Era tanto brutto guardare ogni sera quel programma, prima di cena? Lo considerava da sfigati senza vita? Anche se l'avesse pensato, a Noel non sarebbe importato di sicuro.
«Vuoi dirmi che non è vero?» la bloccò, afferrandole il polso.
«Non sono affari tuoi» si girò bruscamente, puntandogli l'indice contro con fare minaccioso, «non mi conosci, non sai niente di me»
«Se tu non ti fai avvicinare, come potrò imparare a conoscerti?» domandò esasperato, lasciandole il polso e guardandola con fare interrogativo. Dopo tutto non gli sembrava che insieme non stessero bene, non gli sembrava che Noel si trovasse a disagio - o comunque capitava soltanto alcune volte -, adesso perché si agitava così?
«Senti, Harry, è meglio che vada» mormorò imbarazzata, avvicinandosi a lui e torturandosi le mani. Noel Wood era una ragazza forte. Insomma, niente Hello Kitty, niente rosa, niente di femminile, ma il poco affetto da parte del padre e tutti quegli spostamenti le avevano donato un'insicurezza a tratti fastidiosa. Non credeva in se stessa e in niente di quello che faceva.
«Ti giuro che ti chiamerò ogni notte, sempre più tardi» disse serio, quasi come una minaccia.
Quando la vide girarsi e tornare verso la scuola Harry sospirò, combattuto: forse Noel era una ragazza troppo difficile per lui, forse doveva lasciar perdere. Ma come poteva farlo se ancora la vedeva tutte le notti, nelle stesse circostanze? Come poteva lasciarla andare se con lei si sentiva totalmente un'altra persona? Non succedeva spesso.
 
Harry si accovacciò, ispezionando il sangue che correva dalla ferita sul ginocchio di Noel, seduta per terra con un dei lacrimoni che le rigavano le guance. Aveva un'espressione incredibilmente seria anche se stava piangendo; Harry si schiarì la voce, costringendo Noel a guardarlo.
«Come faccio a dirlo alla mamma?» cominciò lei, senza un filo di indecisione nella voce. «Sono sicura che si arrabbierà moltissimo»
«Dobbiamo dirglielo per forza?» disse Harry, grattandosi la punta del naso e guardando la sua amica che giaceva per terra con il ginocchio sanguinante.
Solo pochi minuti prima stavano giocando e scherzando con le loro biciclette fiammanti, e un attimo dopo, a causa di uno stupido sassolino in mezzo alla strada, Noel era caduta e si era sbucciata il ginocchio, riuscendo a strappare persino i suoi pantaloni azzurri preferiti.
«Harry ti ho detto un fantastamiliardo di volte che non posso mentire a mamma!» sbuffò la bambina, assumendo un'espressione contrita.
«Aspetta» urlò quasi Harry, correndo via e lasciando Noel da sola in mezzo alla strada. Dall'altra parte dell'isolato, gli occhi chiari di Noel riuscivano a scorgere casa sua e quella di Harry, vicine da sempre. Era sicura che Harry sarebbe andato da sua madre e l'avrebbe portata da lei per curarle il ginocchio, ma questo avrebbe soltanto complicato la situazione: adorava Anne, ma avrebbe di sicuro poi detto a sua madre del ginocchio e dei pantaloni.
«Eccomi, ora risolviamo tutto!» sbraitò Harry con un pezzo di garza bianca in mano e un tubetto di colla stick nell'altra, come se per fissare la medicazione ce ne fosse bisogno. Si avvicinò a Noel, che ancora stava seduta sul prato e la guardò con un sorriso trionfante dipinto in volto.
«Adesso io ti curo, ti do un paio di pantaloni miei e Bianca non si accorgerà di niente» la rassicurò il bambino, che per avere soltanto cinque anni era davvero intelligente.
«Ma a che serve la colla? Si appiccica così?» domandò la bambina confusa, grattandosi il capo e cercando di spostarsi un po' più vicino ad Harry, che guardò sorridente. Adorava Harry, erano sempre stati insieme, avevano sempre giocato a rincorrersi da quando sapevano camminare, e lui l'aiutava in qualsiasi momento di difficoltà. 
«Credo di si» bisbigliò, armeggiando con le garze e tirando su i pantaloni di Noel, inesorabilmente strappati. Avvolse la garza intorno al ginocchio e poi all'ultimo, la incollò alla pelle con la colla stick, non sapendo medicare davvero una ferita, «visto? Abbiamo fatto» sussurrò trionfante.
 
Noel si svegliò di soprassalto, confusa. Si massaggiò le tempie e si alzò a sedere sul letto, come per voler dare un ordine ai suoi pensieri: aveva ancora quel sogno in testa. Si scoprì il ginocchio destro, scoprendolo sano e salvo: nessuna ferita, nessuna cicatrice, niente. Dopo tutto, quella nel sogno era stata una semplice sbucciatura e le sbucciature se lievi, non lasciano cicatrici. Giusto?
«Ma che cazzo?» disse quasi fra sé e sé, afferrando il cellulare.
Potevano essere le sei del mattino, dato il sole che pallido si infiltrava tra le fessure delle serrande, ma aveva bisogno di parlargli. La mattina prima non si erano lasciati bene, durante il pomeriggio non l'aveva sentito e a scuola aveva evitato il suo sguardo. Noel ci era rimasta male.
Cercò il numero di telefono di Harry dal registro chiamate e lo chiamò, senza ripensamenti; quante volte l'aveva fatto lui, di svegliarla nei momenti più improbabili?
«Niall giuro che ti ammazzo» finamente, dopo sei squilli, rispose, con la voce più bassa e roca del solito.
«Sono Noel» disse, atona, sistemandosi il cuscino dietro la schiena, «ti ho sognato»
Harry rimase in silenzio, come se fosse realmente stupito della chiamata di Noel «Cosa?» domandò, forse divertito dalla situazione.
«Noi eravamo amici da bambini?» non le piaceva rigirarsi le situazioni. Noel andava sempre dritta al punto, non curandosi delle conseguenze.
«Noel ma cosa stai dicendo?» sbottò Harry, cominciando ad innervosirsi.
Okay, anche lui l'aveva chiamata nel cuore della notte, svegliandola, quando ancora neanche si erano mai parlati, ma adesso la situazione si stava facendo decisamente strana. Se si conoscevano da piccoli? Ma che sciocchezza era mai quella? Noel era originaria del Galles, mentre lui aveva sempre abitato a Manchester, nella stessa villetta a schiera del quartiere residenzale.
«Rispondimi e basta!» esclamò, infastidita, sebbene nella sua voce ci fosse una punta di insicurezza appena percepibile. Doveva scoprire perché si sentisse così a casa con Harry.
«Noel, sono le sei del mattino, non mi ricordo neanche come mi chiamo e mi chiedi di fare un viaggio nel passato che manco con la macchina del tempo?» disse Harry, rigirandosi nel letto.
«Uffa, ti odio» sbottò, sbuffando la bionda e mettendosi sdraiata su un fianco, prendendo a guardare un punto impreciso del muro di fronte a lei.
«Ne parliamo dopo fiorellino, te lo prometto» disse lui, «ora dormi un altro po'»
«Ma-»
«Buonanotte, fiorellino» 
 
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Fa schifo. Fa davvero schifo. Fa veramente veramente veramente veramente schifo. E potrei continuare all'infinito :( Non mi piace per niente come ho introdotto l'argomento, voi che ne pensate? Ci saranno molti altri flashback come questo. Ovviamente in questo caso, la cosa del ginocchio c'entrava un po' con quello che era successo con il muretto, etc. Spero vi sia piaciuto anche se io vorrei soltanto cancellare questo capitolo dalla faccia della terra.
Vi mando un bacio (fatemi sapere vi preego) çç
Un bacissimissimo,
Ari
 
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Capitolo 7
*** VII ***





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And all I’ve seen since eighteen hours ago
is green eyes and freckles and your smile
in the back of my mind making me feel like
I just wanna know you better

«L’abbiamo perso» sbottò Niall infastidito dalla situazione che si era venuta a creare in quei giorni. Insomma, prima dell’arrivo di Noel Wood, l’irlandese per lo meno riusciva a parlare con Harry senza che questo s’incantasse ogni quattro secondi a pensare alla bionda che adesso non faceva solo parte dei suoi sogni, ma anche della sua vita quotidiana.
«Ci sono, testa di cazzo» mormorò Harry, soffiando sul suo caffè bollente, in attesa di poterlo finalmente bere.
Non vedeva Noel dalla mattina del giorno prima e già si sentiva perso. Era possibile? Non gli risultava credibile che un ragazzo come lui si fosse invaghito di una che a malapena conosceva; nonostante tutto, però, ogni volta che pensava alla sua espressione buffa e ai suoi capelli disordinati, sorrideva e desiderava essere da qualsiasi parte con lei, anche sul muretto della scuola a ridere come degli idioti.
«Che stai aspettando a mangiare il tuo croissant?» domandò stupito il suo migliore amico, alternando lo sguardo da Harry al cornetto che giaceva accanto alla tazza di caffè che aveva ordinato qualche minuto prima. 
Ad Harry non piaceva particolarmente il cornetto che facevano da Starbucks, ma da anni, quando andavano a fare colazione lì prendeva sempre quello con il caffè: era quasi diventato un rito.
«Non ho molta fame» si lamentò, tastandosi le tasche dei jeans in cerca del pacchetto ancora chiuso di Lucky Strike. Sarebbe uscito a fumare appena Niall avrebbe finito di mangiare, ne aveva decisamente bisogno. Quando Noel l’aveva chiamato alle sei del mattino, non aveva neanche capito bene di che stesse parlando e del perché fosse così preoccupata. 
«Secondo me sei malato» decretò il biondo, cominciando ad ingurgitare il primo dei suoi cinque muffin al cioccolato e prendendo a squadrare Harry, «casomai lo mangio io, ovviamente»
«Sei sempre il solito maiale» borbottò, uscendo il pacchetto di sigarette e portandosene una dietro l’orecchio, com’era solito fare, «secondo te Noel ha ragione?» domandò improvvisamente.
«Ma riguardo cosa? Sei totalmente impazzito?» Niall sorrise, pulendosi con la manica della felpa il cioccolato che gli era rimasto appiccicato ai bordi della bocca. Rise anche Harry, sbattendosi una mano sulla fronte: era possibile che il suo migliore amico fosse così imbranato? Eppure a scuola tutti lo sapevano come il ragazzo più stronzo, più serio e sciupafemmine di Manchester, quando era semplicemente un irlandese immaturo e con poco cervello.
«Te l’ho detto…» sbuffò, bevendo un sorso di caffè «Noel mi ha chiamato stamattina e mi ha detto una cosa strana riguardo…boh, se ci conoscevamo da piccoli o qualcosa del genere»
Niall strabuzzò gli occhi. Come poteva essere? L’aveva detto sin dall’inizio che quella ragazza aveva qualcosa di strano. Non era normale sognare – o comunque immaginare – di conoscere un ragazzo che aveva visto per la prima volta un paio di giorni prima sin da quando entrambi avevano non più di cinque anni. 
«Secondo me dovreste rinchiudervi entrambi in una clinica psichiatrica» borbottò, afferrando il cornetto dal piatto di Harry e ingurgitandolo in pochi secondi «ringrazia che non esistano più i manicomi!» 
«Ti ci avrei portato anche io, Niall. È anormale che tu mangi così tanto» si lamentò il riccio, rigirandosi la sigaretta tra le mani. Aveva sempre pensato che sognare quella ragazza non fosse poi così tanto normale, ma non si riteneva pazzo, e non riteneva pazza neanche lei. Aveva semplicemente avuto una specie di flashback durante il sonno, ammesso che quello fosse davvero un flashback. 
«Comunque, ti assicuro che non conoscevamo nessuna Noel Wood da piccoli. La ragazzina che ti piaceva si chiamava Alba ed era italoamericana» Niall si pulì nuovamente con la manica della felpa lo zucchero a velo e si alzò, incitando con uno sguardo l’amico a fare lo stesso.
A dire il vero Harry non si ricordava di nessuna Alba, ma sapeva benissimo di non avere una memoria di ferro, lui. Scosse la testa per sistemarsi i capelli con un gesto veloce della mano e si alzò, strisciando la sedia sul pavimento.
«Non lo so… vuoi fare un po’ più di rumore la prossima volta?» si lamentò Niall, dando un colpo sulla spalla di Harry e uscendo velocemente dallo Starbucks.

«Noel scendi» disse Nastee con la sua solita voce squillante, chiudendo subito la chiamata con l’amica che non aveva neanche avuto il tempo di rispondere con parole di senso compiuto. 
Non sapeva perché aveva accettato di andare a quella stupida festa: a lei non piacevano le feste. Lei era più una tipa da uscite e da ubriacature in mezzo alla strada, ma le feste e i posti pieni di gente non le piacevano particolarmente, soprattutto se la festa in questione era di Niall Horan e ci sarebbe stato anche Harry. Non aveva nulla contro Harry, ma non voleva vederlo; dopo l’episodio della sera prima si era costretta a non cercarlo e a non vederlo. Tutto quello che stava succedendo era strano: andiamo, non capitava tutti i giorni di sognare un probabile evento della propria infanzia, e soprattutto Noel non aveva mai provato tanti sentimenti contrastanti per un ragazzo prima di Harry. 
Scese velocemente le scale, stretta nel suo vestito che non le piaceva neanche poi così tanto e con un’ espressione che la diceva lunga sulla sua voglia di uscire.
«Dove vai?» chiese sua madre, riapparendo dalla cucina con un mestolo in mano e con un sorriso gentile stampato in viso.
«Ad una festa con Nastee» disse Noel, mettendosi le ballerine all’ingresso «torno presto, non ti preoccupare» Bianca Wood le si avvicinò e le diede un bacio sulla fronte.
«Mi raccomando, non fare cose stupide» raccomandò alla figlia, che prima ancora di rispondere era uscita di corsa.
Appena Noel vide la macchina di Greg posteggiata a ridosso del marciapiede di casa sua si sentì sprofondare: era assolutamente convinta che Nastee fosse sola. Okay, stava andando alla festa del fratello e se lo doveva aspettare, ma… 
«Perché sei venuta con lui?» disse quasi schifata, indicandolo con la speranza di non essere vista.
«Che vuol dire? È il mio ragazzo!» esclamò offesa Nastee dandole un buffetto sul viso, «Comunque sei troppo carina, stasera Harry ti starà alle calcagna!» disse, noncurante dell’espressione scocciata di Noel, che non ne poteva più di sentir parlare di lui. Da quando avevano visto lei ed Harry insieme, a scuola non si parlava di altro.
«Smettila, Anastasia. Ti ho detto mille volte che tra me e Styles non c’è assolutamente niente» sussurrò, pizzicandole il fianco fasciato da un bustino con una fantasia floreale ed entrò in macchina, «Ciao»
«Ciao, Noel» disse entusiasta Greg, girandosi e sorridendole. Certo, non era poi così antipatico, ma comunque era nella cerchia di Harry e questo non contribuiva a vederlo di buon occhio. Okay, a Noel piaceva Harry, le piaceva proprio come persona, ma dopo l’ultimo sogno una strana confusione le aveva preso i pensieri. Desiderava disintossicarsi da lui per un paio di giorni e ragionare su quello che era successo: ricordava perfettamente il bambino riccio del sogno.
Dopo circa dieci minuti di silenzio, la Volvo raggiunse una villetta a schiera, molto simile alla sua ma meno grande.
«Siamo arrivati!» esclamò Greg, incitando le ragazze a scendere poiché lui avrebbe posteggiato nel garage sul retro. 
«Dai, sono sicura che ci divertiremo» Nastee era entusiasta. Forse non era la prima volta che Niall dava una festa o semplicemente era lei che era la solita esaltata. La musica era forte – si sentiva addirittura da fuori – e solo per questo Noel sarebbe impazzita nel giro di pochi minuti: amava profondamente la musica, ma di quel tipo e così forte tanto da poter sentire i timpani spaccarsi, no.
Annuì distratta alla frase della sua amica, che dopo pochi secondi era già di fronte alla porta di casa Horan.
«Suoni tu?» domandò, mettendosi dietro di lei con un passo.
«Ma perché dovrei?» sbraitò, infastidita.
«Perché io non ne ho voglia!»
«Sei una piaga, Perwinkle» sbuffò Noel, premendo il campanello e aspettando che qualcuno si degnasse di aprire; passarono dieci minuti buoni prima che qualcuno si palesasse di fronte a loro, e quando quel qualcuno apparì, Noel fu sul punto di avere un attacco di cuore: indietreggiò involontariamente, pizzicandosi più volte il dorso della mano. Harry Styles la guardava sorridente dietro la soglia di casa Horan, più bello che mai. Non indossava niente di particolare, ma quella camicia candida gli fasciava il busto alla perfezione tanto che Noel avrebbe potuto disegnarlo soltanto toccandolo per un paio di secondi. Harry si sistemò i capelli con un gesto veloce, leggermente imbarazzato e prese a squadrarla.
«Sei proprio bellissima» commentò infine, fissando per un paio di secondi – interminabili a detta di Noel – le sue gambe, ricevendone però soltanto uno schiaffo sulla guancia sbarbata.
«E tu sei sempre il solito idiota» commentò, superandolo, «quindi? Dov’è la birra?»
«È una settimana che non ci vediamo e tu pensi alla birra?» domandò Harry, facendo entrare Nastee e raggiungendo Noel, ignorando completamente la sua amica. Le mise una mano su di una spalla per costringerla a guardarlo negli occhi.
«Intanto non è una settimana ma saranno si e no due giorni scarsi» sibilò, girandosi e perdendosi nei suoi occhi. Più Harry la guardava, più Noel si malediceva per essere caduta nelle sue mani; quel ragazzo non era solo incredibilmente bello, ma le stava dimostrando che era lei che gli interessava. Solo lei. E allora cosa c’era che non andava?
«Non me ne fotte un cazzo, è comunque tanto» disse, duro, mollandole la spalla e afferrandole il braccio, in modo da avere un maggiore controllo sul suo corpo. Era dannatamente bella, quella sera, anche se Harry aveva il suo viso stampato in testa da un bel po’, non riusciva a capacitarsi di trovarsi di fronte ad una bellezza simile.
«Non ho voglia di parlare, Harry, voglio solo bere e non pensare più a questi casini inutili che ci stiamo creando» sentenziò la bionda, sospirando. Erano due giorni che non faceva altro che fare collegamenti strani: Manchester, Galles, Styles. Niente, non riusciva a figurarsi amica di Harry durante la sua infanzia, anche se si ricordava bene di essere nata a Manchester.
«Smettila di fare la stupida» disse il riccio, trascinandola fino al sottoscala di casa di Niall, in modo che nessuno di indiscreto potesse sentire le loro conversazioni: Harry non voleva che i loro compagni di scuola cominciassero a parlar male di Noel inutilmente, la voleva proteggere da tutti i pettegolezzi idioti che sarebbero potuti girare, manco fossero sul set di Gossip Girl.
«Lasciami andare, per favore» lo implorò Noel, sussurrando, «perché non ti godi la festa e basta, Harry? Ci sono almeno una ventina di ragazze che aspettano solo che tu dia loro un po’ di conto»
«Quello che non hai capito è che delle altre non me ne fotte un cazzo. C’è una ragione per cui ti sogno tutte le cazzo di notti, o no?» Harry non sussurrava più. Si maledisse più volte per non aver parlato ad un tono di voce normale, ma di aver urlato come mai aveva fatto, perché tutti cominciarono a guardarli frastornati: la prima però, a guardare Harry interdetta era Noel, con la fronte corrugata e le labbra leggermente schiuse.
«Come, scusa?» chiese, indietreggiando. 
Questa storia dei sogni cominciava a stufarla: o Harry, farneticando, aveva detto la prima cosa che gli era passata in testa, o stava succedendo qualcosa di strano e Noel non ne era affatto contenta.
«Niente, ho detto una cosa idiota, lascia perdere» il riccio lasciò Noel libera dalla sua morsa, ma prima che gli potesse sfuggire definitivamente l’attirò a sé, tenendole il viso con i palmi di entrambe le mani, delicatamente, come se non ci fosse niente di più fragile.
«Non scappare via, per favore» la pregò Harry, fissando gli occhi chiari sui suoi tanto limpidi quanto dubbiosi, in quel momento. Stettero un paio di secondi così, tanto da riuscire a sentire quasi il respiro incerto di Noel infrangersi sul suo collo e poi quest’ultima, divincolandosi, sparì tra la folla.
Harry rimase per qualche secondo in piedi, senza riuscire a spiccicare una parola, senza riuscire a muovere un muscolo: la cercava con lo sguardo, ma l’unica cosa che riusciva a scorgere erano i fianchi prorompenti della Teasdale che si strusciava contro qualcuno, di Noel, neanche la traccia.

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Non temete, la festa non è finita qua, ovviamente :) questo è un po' un capitolo di passaggio, se vogliamo chiamarlo così .. ma non avevo voglia di riempirvi troppo di roba "importante", quindi vi ho scritto questo capitolo con la speranza che non faccia proprio schifo. Vi prego, se non vi piace ditemelo pure, si è vero, ci rimango un po' male perché cerco sempre di fare del mio meglio, ma non fa niente, questo può solo spingermi a fare sempre meglio. Vi piacciono Noel ed Harry insieme? Vi incuriosiscono? Insomma, fatemi sapere.
Un abbraccio,
Ari

s

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Capitolo 8
*** VIII ***



you rock my world you know you did
and everything I own I give
 
Noel non aveva un vero e proprio motivo per avercela con Harry e per averlo trattato in quel modo. Anzi, non ce l'aveva e basta; stava lì, sul primo gradino delle scale di casa Horan con un bicchiere di qualcosa di strano - e di troppo forte per il suo fegato - in mano e con la testa piena di roba. Se era venuta alla festa per accontentare Nastee e per liberarsi un po' dai pensieri, stavolta aveva toppato in pieno: aveva guardato Harry ballare da quella posizione tutta la serata, e ora che era mezzanotte passata e la sua mente non era poi così tanto lucida a causa dei troppi bicchieri versati da Nastee e Greg che ogni ora passavano a trovarla, completamente ubriachi, desiderava soltanto andare ad abbracciarlo e basta. Che fosse bipolare? A inizio serata l'aveva trattato nel peggiore dei modi, quando lui non aveva fatto nient'altro che dimostrarle interesse, e adesso Noel avrebbe tanto voluto una macchina del tempo per tornare indietro di poche ore e sistemare tutto. Non l'aveva più guardata, da quando era scappata dalle sue braccia non aveva più sentito lo sguardo di Harry addosso, piuttosto l'aveva visto ballare con due, tre ragazze con dei capelli chilometrici e dei sederi poco, molto poco scoperti.
Noel sospirò, sorseggiando il liquido colorato e poggiando subito dopo il bicchiere sul gradino; si prese la testa tra le mani e riflettè su tutto quello che era successo in quei giorni: non era una cosa così grave non ricordarsi della propria infanzia, ma era fastidioso, tremendamente fastidioso, soprattutto se questo passato aveva in qualche modo a che fare con Harry, che stava diventato ogni giorno più importante, anche se non l'avrebbe ammesso neanche sotto tortura.
«Che ci fai qua tutta sola?» una voce maschile la fece sussultare e la costrinse a girarsi: Niall Horan in persona le era davanti, con una birra ghiacciata in mano e una sigaretta a metà tra le labbra. Aveva un ghigno simile a quello che metteva su Harry ogni volta che erano insieme, e questo non fece altro che ricordarle quanto odiava che quest'ultimo non fosse lì con lei, in quel momento.
«Bevo» sussurrò, mantenendo quel tocco di acidità nella voce che aveva usato con Harry poco prima. Gli mostrò il bicchiere inclinando il capo, e cercò di guardarsi intorno alla ricerca di Nastee, sperando che Niall capisse che voleva semplicemente stare da sola. 
«Okay, allora ti faccio compagnia» sentenziò, facendo un cenno. 
Non era affatto lucido: continuava a fumare la sua sigaretta e a bere la birra, ma chissà quanto aveva bevuto e cosa aveva fumato in precedenza, dato il suo sguardo incerto e i suoi occhi rossi e lucidi.
«Horan, non sei in te, tu non mi sopporti» disse, facendo un gesto con la mano e spostandosi un po' più in là, dato che Niall si era seduto accanto a lei.
«Come no? Io ti sopporto benissimo» rispose, strabuzzando gli occhi, «ormai ti conosco meglio di quanto tu creda. Harry mi parla in continuazione di te»
Un colpo al cuore, ancora. Solo sentendo il nome di Harry il suo cuore aveva saltato un battito. Girò lo sguardo, ignorando quello poco sobrio del biondo che le era addosso, e lo cercò tra la folla: in fondo alla stanza, camicia sbottonata fino allo stomaco - riusciva a vederne l'ombelico -, sigaretta dietro l'orecchio e ricci fin troppo riconoscibili: Harry Styles stava parlando con Greg e Zayn, un amico dei fratelli Horan a quanto pare, e aveva su lo stesso ghigno malizioso di Niall.
«Niall, tu sei ubriaco» disse Noel, non staccando gli occhi dalla figura di Harry in fondo. Non riusciva a staccare lo sguardo da lui, sebbene non riuscisse benissimo a vederlo in viso.
«Guarda che è vero, è assolutamente fottuto» se Niall non parlava bene - e in modo pulito - da sobrio, ci si poteva benissimo immaginare come avrebbe parlato da ubriaco. Noel scosse la testa, sorridente. Prese il bicchiere che aveva lasciato sul gradino e buttò giù un altro sorso.
«Ma come parli?» rise, rigirandosi tra le dita una ciocca di capelli.
«Il cervello di Harry si è completamente fottuto per te» la scimmia di Tarzan si sarebbe espressa meglio di Niall Horan.
«Niall, smettila» Noel cominciava a spazientirsi. Perché Niall aveva il bisogno di dirle tutte quelle cose su Harry? Tra di loro c'era una magia strana, come se ci fosse qualcosa di strano a legarli. Chimica. A volte è solo una sensazione, a volte si trova davvero una persona che ti attira a sé e non ci si può spiegare neanche il motivo.
«Guarda che è vero, scema» si mise a braccia conserte, mettendo la bottiglia di birra per terra e continuando a fumare la sua sigaretta quasi finita «se non fosse interessato a te, avrebbe già preso la Teasdale o qualsiasi altra femmina e sarebbe scomparso al piano di sopra»
«Ti rendi conto che stai parlando di Harry da quasi venti minuti?» domandò lei, sbuffando e cercando di riflettere però sulle parole sconnesse che le aveva detto Niall: e se Harry desiderasse davvero Noel con tutte le forze? 
«Certo, ti devo far ricredere su di lui, sennò poi chi lo sente» disse, «guarda che resta da me stanotte, e non ho intenzione di non dormire per le vostre cazzate»
Noel scosse la testa, «ma cosa dovrei fare, scusa?»
«Non mollarlo come un coglione ogni volta! Non fare l'idiota e vai da lui» Niall le diede uno spintone sulla spalla, esortandola ad alzarsi dal gradino sul quale si stava fossilizzando.
«Ti fai troppi film in testa, Niall» sbuffò la bionda, alzandosi e cercando ancora Harry con lo sguardo.
«E voi due sognate troppo» sospirò Niall enigmatico, appoggiando le spalle al muro e "sdraiandosi" sul gradino, forse troppo esausto per parlare ancora.
Noel non rispose neanche, questa storia dei sogni cominciava a farsi davvero strana, e lei odiava profondamente tutte quelle situazioni da film in cui ci si poteva ritrovare. Camminò - o per meglio dire, traballò - in mezzo a tutta quella gente che la guardava stranita e raggiunse la cucina, nella quale entrò senza più la speranza di trovare Harry. Aveva voglia di abbracciarlo e di stringerlo forte, sapeva che i suoi occhi le avrebbero infuso quella sicurezza solita che le riscaldava il cuore.
«Che ci fai tu qua?» domandò il riccio girandosi improvvisamente stupito. Noel arrossì violentemente nonappena il suo sguardo arrivò al busto scoperto di Harry.
«Scusa, non volevo disturbare» disse la ragazza con un filo di voce, anche se effettivamente Harry non stava facendo niente se non allitrarsi d'acqua dal rubinetto, tanto che la camicia bianca era ricoperta di macchioline.
«Scema» Harry scosse la testa, aprendo le braccia e facendole cenno di avvicinarsi. La guardò e scosse la testa, facendo qualche passo verso Noel, che gli si gettò tra le braccia stringendolo come fino a quel momento non aveva e non avrebbe mai fatto.
«Cosa ti prende?» domandò sempre il ragazzo, congiungendo le mani alla fine della sua schiena e facendole poggiare la testa su di una sua spalla.
«C'è che non sto capendo più niente» cominciò Noel «mi sembra che tutto stia accadendo così in fretta! Insomma... quella sensazione che ho quando sono con te...» 
«Ma perché ti fai questi problemi inutili? Ti incazzi per tutto, ti innervosisci e ti chiudi come un riccio. Non credi di essere esagerata? Noel, tu sei importante per me» disse Harry, stringendola a sé ancora di più e assaporando quell'attimo come se non potesse più tornare. Averla così vicina era decisamente una conquista.
«Harry, io non mi sento mai a mio agio con nessuno, odio le cose nuove, mi spaventa staccarmi dall'abitudine e mi spaventi tu. Mi spaventi perché con te mi sento a casa, e questo non mi è mai capitato con nessuno, vuoi capirlo o no?» Noel sfiorò accidentalmente la pelle scoperta del petto di Harry con un gesto fugace e diventò ancor più rossa di prima. Guardò le due rondini tatuate sui pettorali: ogni cosa di Harry era bella, perché?
«Hai diciotto anni, è normale che tu ti faccia tutti questi complessi?» domandò Harry, accarezzandole la testa e sospirando. Non aveva mai incontrato una ragazza più complessata di Noel Wood.
«Mpf» mormorò lei, afferrandogli la nuca con entrambe le mani e guardandolo negli occhi per un paio di secondi: in quegli occhi verdi ricordava un passato lontano, un passato come quello che aveva visto in sogno qualche notte prima. Doveva scoprire qualcosa, e lo doveva fare al più presto, anche soltanto per sentirsi più sciolta in sua presenza.
«Mi concede l'onore di riaccompagnarla a casa, signorina?» Harry sorrise, staccandosi dall'abbraccio e prendendo Noel - che lo guardava come se fosse sul punto di impazzire - sottobraccio. Si sentiva molto Leonardo DiCaprio in Titanic in quel momento. 
«Harry, da quando in qua tu hai un mezzo di trasporto?» domandò Noel sbattendosi una mano in fronte e cominciando a ridere: anche per lei quel po' di roba che aveva bevuto fino a prima cominciava a farsi sentire. 
«Da quando Des Styles è così coglione da non accorgersi che mancano le chiavi della sua moto» Harry le fece l'occhiolino, facendo uscire dalla tasca dei pantaloni un mazzo di chiavi, che le sventolò davanti agli occhi, come a dimostrazione di quello che aveva appena detto.
Noel rise, «ma la patente almeno ce l'hai?» domandò, poggiando la testa sulla spalla di Harry.
Il ragazzo scosse la testa, ridendo «mi ha insegnato Greg anni fa, ma non ho mai preso la patente. Ti garantisco che sono bravissimo!» esclamò, facendola uscire dalla porta sul retro, per non dover attraversare quella massa di persone che sarebbe scomparsa intorno alle cinque del mattino.
Raggiunsero in pochi secondi una moto nera, posteggiata proprio accanto alla macchina con la quale era venuta Noel ore prima, insieme a Nastee e Greg. Noel guardò Harry staccarsi da lei e saltare in sella alla moto, come se fosse un motociclista professionista. Rise tanto da doversi piegare e tenersi la pancia con le mani, «oddio mi piscio addosso tra poco».
«Dici che non guido bene? Sei un fiorellino poco rispettoso» scherzò Harry, poggiando i gomiti sulla moto e incitandola con lo sguardo a salire dietro di lui, «vado piano» promise, schiacciandole l'occhio.
«Ma almeno un casco ce l'hai?» disse lei, mettendosi a braccia conserte e bloccandosi di fronte alla moto. Resistette alla tentazione di guardarsi nello specchietto, tanto avrebbe visto soltanto un mostro con il trucco sbavato e i capelli simili a quelli della Maga Magò.
«Tieni, idiota» Harry si abbassò, colse da terra un casco molto malmesso e glielo porse, sorridente.
«Styles, se cadiamo la mia testa si sfracellerà» lo rimproverò lei, sbuffando e sistemandosi sulla moto dietro di lui.
«Ma ti lamenti sempre?»
«Non cominciare, tu hai voluto accompagnarmi!» sbuffò, seccata.
«Dovresti ritenerti fortunata, un sacco di ragazze pagherebbero» commentò Harry, girandosi verso Noel e lanciandole un bacio con la mano, come un vero e proprio narciso.
«Parti che sennò ti faccio andare da solo» 
Detto fatto. Harry partì immediatamente, con il sorriso sotto i baffi e più veloce di quello che le aveva promesso; per lo spavento, Noel, si strinse forte al busto di Harry e strizzò gli occhi.
«Poi non devo dirti che sei un coglione» urlò, mentre attraversavano Manchester con quella moto che effettivamente Harry sapeva guidare. Chissà perché i maschi riescono sempre meglio in queste cose, se a Noel avessero dato una moto o un motorino in mano probabilmente non avrebbe saputo neanche da dove cominciare. 
«Guarda che bello!» Harry lasciò lo sterzo con una mano per indicarle un palazzo a cavolo che non aveva niente di bello, probabilmente l'aveva fatto solo per spaventarla.
«Ma che fai? Ma sei pazzo? Pirata della strada!» urlò Noel divincolandosi dietro un Harry che se la rideva anche alla grande. Chissà che risate si sarebbe fatto Niall appena gliel'avrebbe detto. Premette l'accelleratore, consapevole delle bestemmie che gli avrebbe lanciato Noel, e sorridente cominciò a sfrecciare con la moto di suo padre per tutta Manchester. 
Dopo un primo momento di panico Noel cominciò ad abituarsi alla velocità e poggiò la testa sulla schiena di Harry, guardando la città che scorreva sotto i suoi occhi: in fondo Manchester non le era più così antipatica come durante i primi giorni, anzi, cominciava anche a piacerle, in qualche modo.
Si lasciò trasportare dall'allegria di quel momento e aspirò a fondo il profumo che emanava Harry, lasciandosi cullare dal rumore del motore e dal suo respiro lento.
«Sei morta di paura?» domandò Harry, rallentando. Noel si chiese perché, ma poi riconobbe la casa di mattoni rossi uguale alla miriade di case che le stavano accanto e annuì, rassegnata. Avrebbe potuto girare per tutta l'Inghilterra in moto con Harry e non si sarebbe mai stancata. Era così rilassante.
«Beh, se tu non sai guidare non è mica colpa mia» mentì lei, scendendo dalla moto e slegandosi il casco, constatando di avere dei capelli ancora più brutti di prima, «non mi guardare in queste condizioni!» esclamò, per poi cercare di appiattirseli con le mani.
«Ma smettila, se stai andando a dormire, che cosa ti sistemi i capelli?» domandò Harry, scendendo pure dalla moto e mettendosi di fianco a lei, infilandosi le mani nelle tasche.
«Senti... uffa, ma non criticare ogni cosa che faccio!» disse esasperata, dandogli un buffetto sul viso.
«Sei bella anche se sembri una capra in calore» rispose sincero, ignorando l'ennesima lamentela di Noel che sì, era decisamente una ragazza difficile.
«E tu sei bello... ah, scusa non sei bello» lo schernì, poggiando il casco-scolapasta sulla sella della moto e lasciandosi abbracciare ancora da Harry. Noel sospirò, guardandosi intorno e sperando che sua madre non fosse nei paraggi: avrebbe pensato a vita che quello fosse il suo ragazzo e le avrebbe torturato il cervello per sapere come l'aveva conosciuto.
«Ti odio, fiorellino» disse sorridendo Harry.
«Oh, non sai quanto ti odio io» rispose Noel avvicinandosi a lui e guardandolo dal basso verso l'alto, dato che anche se Noel non era poi così tanto bassa, Harry era davvero molto più alto di lei.
Harry sorrise: aveva una gran voglia di baciarla, come al solito, ma non avrebbe mai, mai e poi mai voluto rovinare quel momento tanto perfetto. Era riuscito a stare con Noel senza litigare neanche un secondo e quella serata - anche se aveva avuto un inizio burrascoso - non poteva essere più bella.
Indugiò per qualche secondo sulle sue labbra, tanto vicino da potersi sfiorare i nasi, prese un respiro profondo e le baciò la fronte, tenendole le tempie con le mani.
«Buonanotte, fiorellino» disse, come ormai faceva ogni sera.
«Buonanotte, idiotino» lo prese in giro ancora lei, stampandogli un bacio sulla guancia e camminando verso la porta di casa sua. Quando infilò le chiavi nella toppa si girò un'ultima volta a guardarlo, bello, già in sella alla moto che la guardava sorridente. Le fece l'occhiolino e le mandò un bacio prima di mettere in moto e scomparire tra le vie di Manchester.
 
Se c’era un giorno che Harry Styles odiava a morte quello, era la domenica. Non c’era niente di più inutile delle domeniche. Cosa si poteva fare? Dormire fino a tardi, saltare colazione e fare direttamente pranzo con Niall e drogarsi davanti ai videogiochi, che più o meno era la cosa che facevano ogni sacrosanto pomeriggio. Ma la domenica era peggio, la domenica era uno di quei giorni in cui desidereresti dormire soltanto, ventiquattro ore su ventiquattro.
Si alzò dal letto a fatica, per una volta non tormentato dal suono fastidioso della sveglia e controllò che ore fossero: le tre di pomeriggio, benissimo. La sera prima era tornato a casa sua, non era più passato da Niall perché aveva troppe cose a cui pensare. Voleva stare solo con le sue Lucky Strike, quella era la verità.
«Anne, non ti azzardare a fare un passo verso Manchester. Hai scelto il tuo percorso quando hai deciso di tradirmi, anni fa» Harry sentì il padre parlare al telefono con una Anne, che doveva essere per forza sua madre, dato il tono con cui le parlava.
«No, non ho intenzione di perdonare proprio nessuno. Te l’ho detto, hai fatto la tua scelta, e non cercare di colpevolizzarmi per Matilde, tu hai costretto gli assistenti sociali a portarmela via» Harry ascoltava attento quello che il padre diceva. Aveva un tono ancor più piatto del solito, come se non stesse neanche ascoltando quello che Anne Cox, la sua ex moglie, aveva da dirgli. Scese le scale attento a non farsi sentire e si nascose dietro la porta della cucina: Des era seduto con il cordless in mano e si teneva la testa tra le mani. Aveva addosso la solita canottiera sgualcita e piena di macchie e un paio di pantaloncini di almeno due taglie più piccole. Quando c’era sua madre a casa – per quanto poco Harry ricordasse di quel periodo – Des non si comportava affatto come un trasandato senza voglia di lavorare.
Harry sapeva bene che sua madre non amava più suo padre e che varie volte avevano usato le mani, ma non sapeva affatto che se ne fosse andata sollecitata da quest’ultimo per un misero tradimento. Come aveva potuto suo padre, sfasciare una famiglia soltanto per uno sfregio personale? Gli avevano tolto una figlia di sei anni, perché troppo piccola per un ambiente del genere e perché nessuno dei due era in grado di mantenerla adeguatamente, e né Anne né Des avevano detto niente. 
«Non farti sentire mai più, Anne» Des chiuse la telefonata e mise giù il cordless sul tavolo, sbattendo un pugno sulla sua superficie liscia. Cosa aveva fatto di male per meritarsi tutti quei casini? 
«Papà» disse fermo Harry, entrando in cucina e guardando serio il padre, che se prima non avrebbero mai detto che avesse cinquantadue anni, in quel momento ne dimostrava almeno dieci di più.
«Si, mamma mi tradiva» confessò Des, passandosi una mano tra i capelli.
«E perché cazzo hai permesso che se ne andasse per un semplice tradimento?» domandò Harry, assottigliando lo sguardo. Non lo odiava, provava semplicemente una forte pena nei suoi confronti.
«Quell’uomo era il mio migliore amico, Harold, tu non reagiresti allo stesso modo?» domandò retorico il padre, vedendo lo sconcerto sul volto del figlio.
«No, papà, io non ho due figli da mantenere» rispose il riccio, sedendosi sulla prima sedia libera e guardando fisso il padre.
«Scusami» mormorò, nascondendosi il viso tra le mani.
«Chi era quest’uomo?» chiese Harry istintivamente, come se in quel momento fosse davvero importante saperlo.
«Wood. Paul Wood» sibilò, con rabbia, facendo sussultare il figlio.
 
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Buongiorno a tutti/e :) devo dire subito una cosa perché poi me lo scordo: i crediti del banner vanno alla cara parenthetical che è un vero tesoro! Quello precedente l'ho fatto io, ma come al mio solito mi aveva stufata e non mi piaceva più, sono la solita idiota. Coomunque, come vi sembra questa svolta? Ovviamente Harry non riuscirà subito a stabilire se Paul Wood è effettivamente il padre di Noel, perché non ne conosce il nome, ma ricollegherà il cognome. Vi chiedo pareri sinceri, perché a me piace davvero tanto questa fan fiction.
Vi mando un bacio,
Ari
 
ps. se volete essere avvisate su Twitter, scrivetemi sul mio account (@loveIycurls)  e ditemelo :)
ps 2. mi trovate anche su Facebook (click)!
 
s

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Capitolo 9
*** IX ***





We were best friends since we were this high
so why did I get nervous everytime you walk by?

Harry si mosse tra le coperte, provando con tutte le forze di tenere gli occhi chiusi e di non aprirli per nessun motivo: erano a stento le cinque del mattino e aveva dormito tre ore, e neanche. Si sedette sul bordo del letto e si passò una mano sulla faccia, sbadigliando. Aveva passato una giornata d'inferno, non aveva scambiato neanche una parola con suo padre e soprattutto non aveva avuto voglia di sentire Noel. O meglio, certo che aveva avuto voglia di sentirla, di stringerla a sé e di sfogarsi con lei, ma ogni volta che pensava a Paul Wood gli veniva una rabbia dentro, da scaraventare tutto a terra. Prese una sigaretta dal pacchetto di Lucky Strike, che infilò subito nella cartella e la lanciò dall'altra parte della stanza, accendendosi la cicca e aspirando il fumo lentamente. Si avvicinò al davanzale della finestra e guardò la Manchester mattutina cominciare ad animarsi.
Era strano come ci fosse rimasto male per le confessioni di suo padre; in fondo sapeva benissimo che qualcosa non era andato tra Anne e Des, ma non pensava potesse esserci qualcuno di mezzo. Quel qualcuno poi, che avrebbe potuto ricostruire finalmente il puzzle mentale di Noel. Neanche Harry si ricordava di lei, era un passato forse troppo brutto per essere impresso nella mente di un bambino puro senza alcun tipo di pensieri che vanno al di là del mi dai una caramella?, ma avrebbero dovuto fare qualcosa. Non c'era assolutamente niente di male se avesse scoperto che si, Paul Wood era proprio il padre di Noel e l'ex migliore amico di suo padre, ma gli avrebbe volentieri spaccato la faccia per aver rovinato una famiglia rotta già in partenza. Strinse i pugni, pensando a sua sorella Matilde che probabilmente ancora dormiva in una stanza triste con altre tre bambine, con un letto più simile ad una tavola di marmo che ad un materasso morbido. Paul Wood.
Esalò il fumo e chiuse gli occhi, pensando al volto di Noel e ai suoi lineamenti delicati: istintivamente alzò la mano in aria, come per accarezzarla, come se fosse lì di fronte a lui e sospirò appena si accorse di avere davanti soltanto un peluche mordicchiato dal cane che gli aveva regalato Matilde. Doveva vederla, anche se in quel momento l'unica cosa che aveva voglia di fare era andare da quel Paul Wood e spaccargli la faccia, fregandosene di tutto e di tutti.
Si alzò dal davanzale, camminando un paio di minuti avanti e indietro per la stanza; si rimise a letto dopo un tempo infinito, ma prima di riaddormentarsi, afferrò il cellulare e le scrisse un messaggio, ormai conosceva anche il numero a memoria di quante volte l'aveva digitato e cancellato dopo un secondo.
"Ti vengo a prendere io, dobbiamo parlare" scrisse, e poi, con il telefono ancora in mano, finalmente si addormentò.

Appena Noel vide Harry scuro in volto, indietreggiò, impaurita. Non l'aveva mai visto così arrabbiato, o così perplesso.
«Che hai?» domandò la ragazza, stavolta dirigendosi verso la moto, titubante.
«Fiorellino..» sussurrò Harry, scendendo dalla moto e sforzandosi di sorridere, abbracciandola istintivamente. Subito il suo profumo dolce gli arrivò alle narici, costringendolo a maledirsi per aver pensato di non vederla più solo per uno sbaglio delle loro famiglie. Come aveva potuto pensare di allontanarsi da lei, se era solo Noel la persona in grado di farlo sentire meglio?
«Dai Harry, sul serio, che hai?» domandò Noel, staccandosi dall'abbraccio e infilandosi il casco mezzo rotto che aveva avuto in testa due sere prima quasi. Ormai la festa di Niall era un lontano ricordo.
«Ho scoperto una cosa che non mi piace e ho bisogno di tue conferme» disse a denti stretti Harry, guardandosi in giro per paura di trovare Paul da qualche parte, «ma se prima arriviamo a scuola?»
«Harry» lo riprese lei severa, affilando lo sguardo e posando lo zaino viola sulla sella della moto, mettendosi a braccia conserte di fronte a lui, «non salgo se non mi dici che succede»
Il riccio sbuffò, mettendo la moto sul cavalletto e prendendole entrambe le mani, deglutendo. Doveva trovare da qualche remota parte la forza per dirglielo.
«Ho parlato con mio padre ieri» cominciò, a fatica.
«E quindi?» domandò Noel, insistente, torturandosi una ciocca di capelli biondi. Harry adorava quando era così nervosa: le diventavano le guance di un rosso delicato e arricciava il naso in una maniera deliziosa. Era proprio bellissima, pensò, passandosi una mano sul viso prima di continuare.
«Prima era al telefono con mia... madre» continuò Harry, contraendo la mascella, «e parlavano di qualcosa, vabbè insomma, mia madre voleva tornare a casa»
«Fantastico!» esclamò istintivamente Noel, pensando che il problema fosse stato solo quello. Gli saltò in braccio, lasciandosi andare alla felicità del momento. Sebbene non conoscesse Harry da tanto tempo, in quei giorni aveva capito che gli voleva più bene di quanto volesse ammettere.
«No, Noel.. ferma, c'è dell'altro» confessò il riccio, staccandosi dall'abbraccio per l'ennesima volta e poggiandole i palmi delle mani sulle guance, constatando quanto queste fossero calde e sorridendo per il suo ennesimo pensiero idiota su di lei, «mio padre poi mi ha confessato che mia madre lo tradiva con il suo migliore amico, quindi... l'ha fatta andare via di casa»
La ragazza si immobilizzò improvvisamente, come se tutta la felicità di quella mattina fosse scomparsa in un solo istante.
«Il suo migliore amico?» riuscì solo a dire, boccheggiando.
«Si chiamava Paul» rispose Harry, sospirando, «Paul Wood».
Harry vide Noel strabuzzare gli occhi e poi portarsi una mano di fronte alla bocca: era possibile che suo padre avesse potuto tradire Bianca con la madre di Harry? Era questo il motivo del loro trasferimento in Galles? Non poteva essere. Sua madre le aveva sempre detto che il lavoro di suo padre era più importante di qualsiasi altra cosa, era assolutamente impossibile che per un tradimento si fossero spostati così tanto.
«Pensi possa essere tuo padre?» chiese Harry, vedendo che Noel non riusciva neanche a parlare.
Noel non amava suo padre, anzi, c'erano momenti in cui si chiedeva addirittura perché fosse sua figlia, ma non avrebbe mai potuto pensarlo come una persona infedele. Era proprio una mancanza di rispetto verso le persone in generale, non solo verso sua moglie che lo amava sinceramente.
«Mio padre si chiama Paul» deglutì Noel, provando a fare un discorso di senso compiuto e accantonando le sue vicende di famiglia per un momento. Harry stava peggio, e lo vedeva nei suoi occhi che di solito erano così limpidi e chiari, mentre in quel momento non c'era neanche l'ombra di un'eventuale tranquillità percepibile.
«Noel, ti prego, non dire niente ai tuoi genitori, dobbiamo vederci chiaro su questa faccenda, hai capito?» cercò di rassicurarla. Se si sarebbero messi ad indagare in silenzio avrebbero fatto meglio e soprattutto non avrebbero fatto male a nessuno.
«Ma come faccio a non dire niente? Abbiamo due famiglie che sono un disastro!» quasi urlò lei, tanto da farsi coprire la bocca da Harry. Non potevano farsi sentire dai suoi genitori.
«Dai, andiamo a scuola, non possiamo parlarne qui» disse convinto Harry, mettendosi in sella e intimando la ragazza a fare lo stesso. Quando Noel salì, lo abbracciò, poggiando la testa su di una sua spalla: aveva il cuore e la testa disastrati, ma la sicurezza del corpo di Harry non avrebbe potuto dargliela nessun altro, ne era sicura. Non stavano insieme, ma Noel cominciava ad affezionarsi sul serio a lui.
Harry sfrecciò con la sua moto mezza rotta per tutta Manchester: non pensava a niente, materialmente. Pensava soltanto a quanto la sua vita fosse un disastro e a quanto fosse fortunato, però, ad avere Noel vicino. Sorrise, sentendo le sue mani piccole stringerlo all'altezza della vita e sospirò, cercando di reprimere la voglia immensa di fermarsi e baciarla sul ciglio della strada.
«E ora come faccio ad affrontare una giornata così con questa notizia?» chiese la bionda, scendendo dalla moto che Harry aveva molto malamente parcheggiato e togliendosi il casco, sistemandosi i capelli nello specchietto, «sto casco dovresti buttarlo, mi fa dei capelli orrendi»
«Noel, ma pensi seriamente che sia il casco a farti dei brutti capelli?» la stuzzicò lui, pizzicandole un fianco.
«E tu pensi davvero che...» Noel si trattenne perché in realtà non aveva niente da dire. Harry non si lamentava praticamente mai, stava sempre di fronte a lei a sopportarla con quel sorrisetto sincero e una sigaretta tra le labbra.
«Avanti, parla» la provocò, prendendole le guance con le dita come faceva con sua sorella quando era più piccola.
«No, niente» Noel lasciò perdere, divincolandosi dalla presa del riccio che però la trattenne a sé, afferrandole i fianchi da dietro e facendola aderire al suo corpo, «non mi scappi fiorellino!».
«Ti odio» disse lei, appoggiando la nuca sulla sua spalla e guardandolo dal basso verso l'alto.
«Cazzo, oggi ancora non me l'avevi detto, mi ero quasi abituato, sai?»
«Zitto!» ordinò seria Noel, scoppiando a ridere due minuti dopo. Non riusciva mai a stare seria per più di due minuti con Harry, anche se dalla festa di Niall si era sciolta un sacco. Aveva pensato ad Harry per tutta la notte e non era riuscita a chiudere occhio. Se solo pensava a quanto bello era stato il loro abbraccio sotto casa sua, ancora in quel momento le veniva da sorridere malinconica.
«Comunque non ci pensare, fiorellino, fatti la tua bella lezione di letteratura e ci rivediamo a pranzo, se non ti presenti con un bel voto ti ammazzo» la minacciò lui, sapendo del suo esame.
«Harry, diventi scocciante quasi quanto mia madre quando fai così!» esclamò ridendo Noel, stampandogli un bacio sulla guancia e attaccandosi al suo collo, guardandolo per dieci minuti buoni.
Il riccio la guardò per un tempo che gli parse interminabile e poi si avvicinò al suo volto, deciso a baciarla. Deglutì appena si accorse di essere a manco un centimetro dalle sue labbra schiuse, e quando la baciò, si rese conto solo un minuto dopo di aver baciato la punta del suo naso.
«Non è il momento, Harry, non sono pronta» gli confessò lei all'orecchio, mettendosi in punta di piedi.
«Mi hai fatto rimanere di merda, te lo posso dire?» rise lui, baciandole la pelle dell'orecchio nascosta dai capelli biondi, soffiandole una risata contro la guancia.
«Ogni tanto non ti fa male, tranquillo» lo rassicurò lei, carezzandogli il naso e fuggendo via in classe a causa dell'esame che sarebbe iniziato a breve.

«Amico, ma non ti puoi fare questo genere di problemi!» esclamò Niall, addentando un sandwich tonno e maionese, chiudendo l'armadietto con forza.
Era la prima volta da un sacco di tempo che andavano a scuola separati e soprattutto che entravano entrambi a prima ora. Harry rise, riflettendo su questo e gli diede una pacca sulla spalla.
«Ma da quando entri in orario?» domandò, sviando l'argomento.
«Da quando sei così testa di cazzo» disse Niall, cominciando a camminare verso la classe di biologia, che avevano in comune - come quasi tutte le lezioni, tra l'altro.
«Io non sono mai stato una testa di cazzo, forse lo sei tu» Harry si sistemò meglio la Lucky Strike dietro l'orecchio, guardandosi intorno: Noel era già in classe, era sempre puntuale e odiava i ritardatari, aveva già imparato a conoscerla.
«Io non mi sono innamorato di una che conosco da due giorni» borbottò il biondo, salutando con un cenno del capo qualche ragazza che passava dal corridoio. Da quando Harry aveva conosciuto Noel, indubbiamente non era più la stessa persona. Certo, Niall non si poteva lamentare dato che Harry stava perennemente con lui, ma tutti gli altri loro amici - Liam compreso - non avevano fatto altro che lamentarsi di quanto fosse apatico ed asociale in quel periodo.
«Punto primo, io non sono innamor-»
«Non dirlo, perché lo sei, non c'è bisogno di un genio per capirlo»
«Niall, non sai neanche cos'è l'amore» si lamentò Harry, sistemandosi lo zaino sulla spalla.
«Io lo so meglio di chiunque altro!» esclamò offeso. Già si era scordato delle lamentele che stava facendo sul conto del suo migliore amico. Niall era così, non poteva offendersi più di due minuti e soprattutto non sarebbe mai riuscito a fare un discorso di senso compiuto riguardante un argomento serio. L'unica cosa di cui sapeva parlare fluentemente erano i videogiochi.
«Dopo scuola andiamo da Starbucks?» chiese all'improvviso, sedendosi all'ultimo banco e guardando Harry pensieroso.
«Non lo so, volevo fare una passeggiata con Noel, veramente» Harry si grattò la nuca, pensieroso. Avrebbe dovuto risolvere questo problema dei loro genitori in poco tempo o il cervello gli si sarebbe fottuto più di quanto non lo fosse già, e poi, a dirla tutta, aveva voglia di stare con Noel.
«Guarda che la rapisco sta Noel, non è possibile che stai sempre con lei»
«Zitto, che inizia la lezione» lo ammutolì Harry, sistemandosi meglio la canotta, dalla cui scollatura si potevano notare le rondini, anche se non per intero, ovviamente.
«Quando mai sei stato attento a biologia, tu!» si lamentò il suo migliore amico, mettendosi a braccia conserte e mangiando l'ultimo morso del suo sandwich per poi prendere un muffin al cioccolato da dentro lo zaino. Era un pozzo senza fondo, quel ragazzo.
Non ebbe neanche il tempo di ridere che la professoressa zittì entrambi, minacciandoli di mandarli fuori. Sarebbe stata una lunga mattina, quella, Harry se lo sentiva.
Insieme a Noel quel pomeriggio avrebbe voluto ragionare meglio sulla loro vita. Insomma, avrebbero trovato tutti e due un punto in comune, no? C'erano dettagli che, parlando, ovviamente gli erano sfuggiti e ricollegando le situazioni - con l'aggiunta dello scandaloso tradimento - si sarebbe potuti giungere ad un punto di contatto. Se lo sentiva.

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Ciao ragazze :) Innanzitutto mi dispiace per questo capitolo, lo dico già da prima. Non mi piace per niente e ve lo sto propinando .. non so, è un po' troppo pieno di roba, troppo pieno di boh.. non lo so, fatemi sapere voi. Grazie alla mia migliore amica ho scoperto che "Catching feelings" di Justin Bieber è praticamente uguale alla mia fanfiction, se avete tempo guardate la traduzione AHAH giuro che non ho mai ascoltato la canzone prima di ieri! Fatemi sapere cosa pensate riguardo Noel e il rapporto che sta avendo con Harry, tengo moltissimo a loro due :)
ps. se volete potete seguirmi su Twitter (@loveIycurls) o su Facebook :)
Un bacione,
Ari

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Capitolo 10
*** X ***


d

my heart against yours, now

«Possiamo parlarne tranquillamente, adesso» disse Noel accomodandosi di fronte ad Harry che aveva già un termos pieno di caffè tra le mani. Proprio Harry prese un lungo respiro prima di cominciare a parlarle: era bellissima anche con i capelli scompigliati e con quell'espressione confusa in volto. Deglutì, cercando di scacciare il disagio e la timidezza che lo irrigidivano e sorrise.
«Fiorellino, devi capire che è un argomento delicato» spiegò il riccio, cercando di avvicinare la mano destra alla sua, per poi stringerla. Aveva delle mani deliziosamente piccole, come quelle di una bambina, con le dite affusolate e con le fossette ancora visibili su entrambi i dorsi. 
«Sei proprio sicuro di aver sentito Paul Wood e non Woodson? Insomma, ci si può sbagliare e .. insomma, tu a volte sembri sordo» Noel cominciò a guardarsi intorno, evitando lo sguardo severo di Harry. Se aveva cominciato a farsi meno paranoie quando era insieme a lui, adesso questa storia del tradimento che intrecciava ancor di più il loro passato le faceva venire un'emicrania pazzesca; evidentemente il destino non era dalla loro parte. 
Sentiva gli occhi chiari di Harry squadrarla e arrossì violentemente: quando la guardava si sentiva costantemente sotto esame, anche se sapeva benissimo che non l'avrebbe mai criticata.
«Noel, ma quando mai io ti ho dimostrato di essere sordo?» domandò scocciato Harry, lasciando la presa dalla sua mano e bevendo un sorso del suo caffè. Capiva benissimo quanto Noel fosse delusa da suo padre e da tutta quella situazione, ma era assolutamente sicuro di aver sentito Paul Wood e quel Paul Wood era suo padre.
«Beh... non è questo il punto!» disse Noel, spazientita e delusa allo stesso tempo, «dammi un po' di caffè che ne ho davvero tanto bisogno».
La bionda, senza neanche aspettare una risposta da Harry afferrò il termos che era a pochi centimetri da lei e bevve un lungo sorso di caffè per poi poggiarlo nuovamente sul tavolino sotto lo sguardo divertito di Harry. 
«Com'è andato l'esame, fiorellino?» chiese il ragazzo, cercando di sviare l'argomento.
«Non starai mica cercando di cambiare argomento?» domandò Noel, guardandolo con circospezione. Non aveva accettato di vederlo solo per passare del tempo insieme e per chiaccherare come sempre, per quello avrebbero potuto aspettare. Noel cominciò a giocare con i polpastrelli di Harry, aspettando che cominciasse a parlare di qualcosa da cui sarebbero potuti partire e sorrise flebilmente: anche le mani di Harry le trasmettevano sicurezza.
«Sai, ho pensato di recente a quel sogno che hai fatto, Noel» disse Harry dopo un paio di minuti di silenzio, corrugando la fronte «io... io me lo ricordo quel momento» 
Ricollegare momenti della propria vita quando si è ancora in un periodo in cui non ci si ricorda neanche cosa si ha mangiato il giorno prima non era proprio una cosa semplice per Harry, che tra l'altro non aveva mai avuto una memoria di ferro, ma era come se ogni qual volta guardasse Noel, pezzi della sua vita salissero a galla.
«Ti ricordi di noi insieme?» domandò stupita Noel, stringendogli la mano senza rendersene neanche conto. 
«Mi ricordo quel momento, Noel, non acceleriamo le cose» chiarì, prendendole la mano e baciandole dolcemente le nocche, una per una «ti prometto che risolveremo tutto»
«E se noi ci conoscessimo davvero? Che ci sarebbe di strano?» domandò ancora Noel, senza opporre resistenza ai baci dolci che Harry le stava lasciando; solitamente avrebbe ritirato la mano e gliavrebbe dato un buffetto, ma in quel momento aveva bisogno di sicurezza, di conforto, anche perché oltretutto, con tutti quei pensieri quel maledetto esame era andato male.
«C'è di strano che io non ricordo niente se non me che corro a casa per procurarti qualcosa per il tuo ginocchio, Noel. E tutto questo a me sembra strano...» Harry si passò una mano tra i capelli, incerto su quello che avrebbe dovuto o non avrebbe dovuto fare. Avrebbe dovuto parlare con suo padre o con quello di Noel? In fondo era passato del tempo e rispolverare quella storia avrebbe solo fatto del male a qualcuno, in particolar modo alla madre di Noel.
«Ma ti ricordi di noi, Harry, questo già è un passo avanti» lo rassicurò Noel, carezzandogli con il dorso della mano una guancia malamente sbarbata. La bionda poteva benissimo sentire i tagli che Harry si procurava con la lametta quando tentava di farsi la barba. Sorrise e sospirò, come se ad un tratto le fosse scesa una strana pesantezza nel cuore.
«Come mai vi siete trasferiti in Galles, fiorellino?» Harry vedeva che Noel pian piano acquisiva una sicurezza mai vista in sua presenza, e di questo non poteva che esserne entusiasta, in fondo l'unica cosa che voleva era lei, lei e nient'altro.
«Io.. io non lo so» Noel ci aveva pensato varie volte, ma forse all'epoca era davvero troppo piccola per comprendere i problemi che affliggevano la sua famiglia. Magari i suoi genitori avevano fatto un accordo, una volta scoperto il tradimento, o magari Paul aveva deciso di andarsene da Manchester proprio per lasciarsi alle spalle Anne, la madre di Harry. Noel non lo sapeva e non sapeva neanche come avrebbe potuto risalirci. 
«Devi cercare di scoprirlo, Noel, magari possiamo scoprire qualcosa» 
«E se fossimo partiti perché mio padre voleva dimenticarsi di tua madre e per cercare di nascondere i suoi errori? Il ragionamento non è sbagliato» disse Noel, dando voce ai suoi pensieri e guardando negli occhi Harry, che aveva corrugato nuovamente la fronte, pronto ad ascoltare le sue argomentazioni.
«E tua madre secondo te non ne sa niente?» domandò infine, dopo aver appurato che Noel avrebbe potuto avere ragione.
«Devo dirglielo» disse la ragazza, passandosi una mano sul volto, sconfitta, e prendendo a guardare un punto impreciso sul muro di fronte. Harry, notando il suo sguardo preoccupato, le prese il volto tra le mani, accarezzandole con le dita gli zigomi. Ispirò profondamente, bloccato dalla sua bellezza che gli fermava le parole in gola e poggiò la fronte sulla sua, arrivando così ad un millimetro dalle sue labbra. Sentiva il suo respiro infrangersi contro la sua mascella, e poteva percepirne il lieve disagio. Noel odiava trovarsi così vicina ad Harry; la metteva in difficoltà.
«Sei sicura di fare la cosa giusta?» domandò all’improvviso Harry, chiudendo gli occhi e allontanandosi lentamente dal suo viso, maledicendosi più volte per non aver preso le sue labbra.
«Sai, Harry, non lo faccio solo per vederci chiaro su di noi. Io… io non posso credere che mio padre abbia fatto questo a mia madre» confessò Noel, accigliandosi ancor di più. Era vero: suo padre non era mai stato un uomo di cui fidarsi, ma era sicura – fino a qualche ora prima – che il suo amore nei confronti di Bianca fosse reale.
«Come mai ti sei tinta i capelli di biondo?» domandò istintivamente Harry, accantonando per un’ennesima volta il discorso serio che stavano affrontando. Vide l’espressione di Noel mutare: la ragazza aggrottò la fronte, sollevando un sopracciglio. Ma che stava dicendo Harry? E soprattutto, come faceva a sapere che non era bionda naturale?
«Guarda che io sono bionda naturale, riccioli d’oro» sentenziò offesa, cercando di trattenere una risata.
«Ma io mi ricordo di una bambina con i capelli castani, fiorellino» disse scherzando Harry, sebbene in fondo sapesse che il suo colore naturale fosse il castano chiaro.
«Come diavolo fai a ricordarti dei miei capelli da bambina se non ti ricordi neanche di come ci siamo conosciuti!» esclamò Noel. In effetti aveva sempre avuto i capelli castani, lei, ma quando aveva compiuto quindici anni, in Galles, la sua amica Eryn, curiosa di provare le tinte per la ricrescita di sua madre, le aveva colorato i capelli. Rise, pensando a quel momento e guardò Harry dritto negli occhi, arrossendo di nuovo.
«Senti, me lo ricordo e basta. Non c’è un perché!» esclamò, bevendo un sorso di caffè dal suo thermos e lasciandole un bacio leggero sulla fronte, «ora vado o Liam e gli altri mi uccideranno».
Noel lo vide alzarsi e uscire una sigaretta dal pacchetto di Lucky Strike conservato in tasca. Le sorrise, avvicinandosi una cicca alle labbra e girò intorno al tavolo per avvicinarsi a lei.
«Non me lo dai un bacio?» la provocò lui, abbassandosi su Noel ancora seduta e indugiando sul suo viso. La bionda sorrise e scosse la testa, esasperata dalla continua ricerca di un bacio da parte di Harry.
«Certo che te lo do» scherzò Noel, baciandogli la guancia e alzandosi di rimando, prendendo la sua borsa appoggiata ai piedi della sedia e mettendosela in spalla, «vado anch’io, o Nastee mi radierà dall’albo delle sue amiche».
Harry le sorrise dolcemente, stringendola a sé, baciandole la fronte per l’ennesima volta e respirando il suo profumo. Si sentiva bene.
 
Des Styles varcò titubante la soglia di quello studio che conosceva fin troppo bene; una targa placcata in oro era affissa sulla porta che si era appena lasciato alle spalle: studio medico Wood. Non vi entrava da almeno una decina d’anni ma ricordava ogni centimetro di quel luogo, avendoci lavorato per un po’ di tempo.
Sospirò, ricordando quei momenti e chiedendosi che diavolo ci faceva lì. Sapeva benissimo che appena l’avrebbe visto, avrebbero preso ad insultarsi. Des provava odio nei suoi confronti, ma l’odio non è anch’esso un sentimento?
«Può avvisare Paul che Des Styles desidera parlargli?» domandò impulsivamente alla segretaria che lo stava scrutando da dieci minuti buoni, chiedendosi probabilmente come un uomo potesse essersi ridotto in quelle condizioni. Si rigirò il cappello mezzo rotto tra le mani e guardò il suo riflesso sulla superficie argentata dell’ascensore: un cinquantenne con le sembianze di un settantenne almeno gli si stagliava di fronte.
«Signor Styles» la segretaria lo richiamò improvvisamente dai suoi pensieri, costringendolo a guardarla «il dottor Wood l’aspetta».
Des annuì per poi cominciare a camminare a passo lento verso la porta dello studio di Paul. Non era cambiato niente, a partire dall’odore di disinfettante che si respirava appena si entrava e concludendo con la collezione di palle con la neve delle città più disparate.
«Che ci fai qua?» domandò Paul, tamburellando le dita sul tavolo di mogano davanti al quale era seduto. Una marea di carte, di ricette e di penne vi erano sparse: sulla scrivania si Paul Wood regnava il caos, come al solito.
«Sono venuto a parlarti di una cosa importante» Des si fece coraggio, spostando una poltroncina e provando a sedervisi.
«Non ho detto che puoi sederti, Styles» lo bloccò il dottore, mettendo le mani avanti e guardandolo in maniera severa. Quell’uomo e la sua famiglia gli avevano solo portato guai, ed era stato costretto a rintanarsi in Galles per far dimenticare tutto a tutti.
«Credo che tua figlia si veda con mio figlio» disse indurendosi e maledicendosi un numero indefinito di volte per essere venuto. Aveva trasmesso questo vizio di pensare troppo tra sé e sé anche a suo figlio.
«Che cosa stai dicendo, Des?» domandò Paul, boccheggiando. Non poteva essere. Aveva fatto di tutto per evitare gli Styles e adesso Noel aveva rovinato tutto.
«Ieri Harry ha lasciato il telefonino a casa» cominciò «e c’erano circa sei messaggi inviati ad una certa Noel Wood. È tua figlia?» domandò, guardando la faccia di Paul sbiancare.
«E tu controlli i messaggi di tuo figlio, Des? Non hai meglio da fare? Hai perso anche il tuo stupido lavoro da spazzino?» lo provocò Paul, ridendo e intrecciandosi le mani sotto il mento.
«Senti Paul, ho meno voglia di te di stare qua a parlarti, ma tieni tua figlia lontana da mio figlio» disse minaccioso Des, sbattendo i palmi sulla scrivania, «non voglio avere niente a che fare con la tua famiglia, hai capito?».
«Casomai è tuo figlio che non deve provare neanche a toccare mia figlia, Paul, spero che ti sia ben chiaro» tentò di minacciarlo il signor Wood, alzando un indice contro il padre di Harry, «ora esci dal mio studio e non farti vedere più».
«Me ne vado, Wood, stai certo che non tornerò mai più» gli voltò le spalle, ma prima che potesse uscire dal suo studio si girò un’ultima volta, guardandolo con disprezzo.
«Spero che Anne stia bene» disse Paul, fingendo un sorriso e facendogli crollare il mondo addosso.

 

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Buongiorno ragazze :) sono reduce da una nottata terribile (ho fatto un sogno che mi ha un po' destabilizzata, tanto per rimanere in tema onirico) e lavoro dalle 8 di stamattina su questo capitolo che avevo iniziato già ieri sera. Beh, spero che le mie 2012 (forse non ho mai scritto un capitolo più lungo ahah) parole vi siano piaciute e che il capitolo non vi abbia fatto confondere le idee. Non ho scritto del padre di Harry che fruga tra le sue cose semplicemente perché non lo trovavo così importante da descrivere. Che ne pensate? Noel ed Harry? Che mi dite? Spero che possiate farmi sapere. Grazie a chiunque passi e legga la mia storia.
Vi mando un bacio enorme,
Ari
ps1. il banner non l'ho rifatto perché quello di parenthetical non mi piacesse, ma perché mi è venuta quest'idea di loro bambini e ho provato a farlo da sola, non volendo disturbare Anna.
ps2. potete trovarmi su Twitter (@loveIycurls) e su Facebook (Annies Efp). Non metto i link perché mio padre mi ha rubato il portatile e dall'editor di efp non riesco a inserire i collegamenti ahah :)

 

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Capitolo 11
*** XI ***


 

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loving him is like trying to change your mind
once you're already flying through the free fall

Noel sbuffò, chiudendo violentemente il libro di storia. Erano esattamente due ore che cercava di leggere la stessa riga con scarso successo: neanche la cioccolata calda con i marshmallow al cocco aveva potuto aiutarla, e adesso si ritrovava con la pancia piena e il cervello completamente vuoto, o meglio, pieno di cose che non c’entravano per niente con la storia. Se prima aveva odiato con tutte le forze suo padre, adesso non poteva proprio sopportarlo: quell’odore fastidioso di dopobarba da vecchio che le lasciava addosso ogni volta che le dava il bacio del buongiorno, la sua fastidiosa abitudine di lasciare gli occhiali da vista sul water e i suoi capelli neri – tinti, sebbene si ostinasse a dire in giro il contrario – sempre pieni di gel le procuravano l’orticaria. Anche adesso che ci stava pensando, aveva preso a grattarsi il braccio come se avesse sul serio qualcosa. 
Si alzò dal suo scrittoio e prese il telefono in mano, aprì la pagina di Whatsapp – gliel’aveva fatto scaricare Harry, diceva sempre che così non avrebbe dovuto fare la ricarica ogni due giorni – e controllò l’ultimo accesso del riccio. Erano esattamente tre ore che non si connetteva e Noel era sempre più preoccupata: si sentivano regolarmente ed Harry faceva sempre di tutto per connettersi, glielo diceva sempre che non riusciva a stare senza prenderla in giro almeno un po’. La bionda sorrise e lesse un pezzo di una loro conversazione precedente: la verità era che Harry la faceva ridere, Harry, le sue fossette, quel sorriso malizioso e quegli occhi limpidi le rendevano la vita più semplice. Non le importava più molto capire il loro passato, ormai Harry faceva parte del suo presente e ne stava diventando un elemento fondamentale. Certo, magari non riusciva a studiare più come prima anche per colpa sua, ma un voto in più o un voto in meno di sicuro non le avrebbe cambiato la vita. Sorrise nuovamente, leggendo di lui che le raccontava come la sera prima avesse sbattuto contro la zanzariera della sua veranda e di come l’avesse rotta inesorabilmente. Harry era un ragazzo strano, un ragazzo pieno di qualità nascoste e pieno di problemi che l’avevano portato ad avere una corazza ed una reputazione non degna di quel che era veramente e questo Noel l’aveva capito sin dal primo momento in cui l’aveva visto. Harry era diverso in tutto e per tutto, a partire da come le aveva afferrato le mani quando avevano saltato scuola. Noel si fidava di lui, non era innamorata, non scriveva sui libri il suo nome circondato da cuoricini, semplicemente con Harry era diverso tutto. Posò il telefono accanto al cuscino e si buttò sul letto, massaggiandosi le tempie: stavano scavando nel tempo per trovare un passato che non aveva più importanza, e si stavano facendo solo del male. Da quando aveva scoperto il tradimento di suo padre, Noel non riusciva più a guardarlo in faccia.
Fiorellino, studia o ti costringo a fare il giro dell’Inghilterra in moto con quel casco orribile. Lo faccio, non sottovalutarmi.” 
Noel strizzò gli occhi per leggere dal display il messaggio di Harry e subito sorrise, serrando le palpebre.
«Noel Katrina Wood» tuonò suo padre dal primo piano. Katrina era il suo odioso secondo nome, scelto per chissà quale attrice russa con la quale sua madre era fissata da giovane. Fatto sta, che tutti in famiglia sapevano quanto Noel odiasse il suo secondo nome, e suo padre a maggior ragione lo sapeva meglio di chiunque altro.
«Che vuoi?» urlò la ragazza, tirandosi a sedere sul letto e girando gli occhi, figurandosi quello che il padre le avrebbe detto di lì a poco. 
Scese lentamente le scale e roteò ancora gli occhi, sperando che la discussione non sfociasse in qualcosa di brutto.
«Hai da dirmi qualcosa, per caso?» Paul Wood era ancora sulla soglia di casa, con la ventiquattrore in mano e il cappotto ancora addosso, con il bavero alzato. Noel rabbrividì impercepibilmente e si appoggiò alla ringhiera della scala «non credo, perché?».
«Conosci un certo Styles qualcosa?» domandò, sospetto.
Noel si irrigidì: se lo conosceva? Harry stava cominciando a diventare parte integrante della sua vita e suo padre le aveva chiesto se lo conosceva? 
«Perché questa domanda?» chiese di rimando Noel, aggrottando la fronte. Che avesse parlato con il padre di Harry? Era impossibile, quei due a stento riuscivano a vedersi.
«Ho saputo che ti vedi con questo ragazzo» cominciò «è vero?».
Se Paul Wood non fosse stato suo padre, Noel l’avrebbe anche potuto uccidere a mani nude, in quel momento. Cos’è, ora si informava anche sulla sua vita privata? Aveva ingaggiato un investigatore privato, come in una delle tante serie tv che seguiva su Fox? Non poteva crederci.
«Tu hai qualche problema in testa, fatti curare, papà» sputò indignata, facendo per andarsene. Proprio quando aveva girato le spalle per tornare in camera sua e chiamare Harry, Paul la bloccò.
«Noel, ho bisogno che tu mi dia una risposta» disse fermo.
«Non hai bisogno di sapere cose sulla mia vita privata papà, non hai bisogno di fingerti interessato a me. Lo sappiamo tutti che l’unica cosa che ti importa sono i soldi e te stesso» Noel ancora non poteva crederci che suo padre si era permesso di immischiarsi così nella sua vita.
«Ti proibisco di vedere qualsiasi Styles che conosci, Noel. Non devi avere niente a che fare con nessuno di quella famiglia, è chiaro?» ordinò Paul, lasciando la spalla della figlia e tirando un sospiro. Non gli era ancora chiaro il rapporto che Noel aveva con il figlio di Des Styles, ma di qualsiasi natura fosse, questo avrebbe dovuto interrompersi immediatamente.
«Perché, sentiamo, che ti hanno fatto gli Styles?» domandò Noel con un sorriso amaro «O forse dovrei dire… cosa hai fatto tu agli Styles?» 
Paul si irrigidì. Come diavolo faceva Noel a sapere, o comunque ad alludere ad una situazione che aveva saputo tenere nascosta per anni e anni? 
«Cosa sai, Noel?» domandò, sospettoso, mollando la ventiquattrore a terra e prendendo a massaggiarsi le tempie, come se tutta quella discussione gli avesse causato il mal di testa.
«Non sono affari tuoi, papà, so abbastanza da dirti che non riesco più a guardarti in faccia senza pensare a quanto tu sia egoista» la rabbia di Noel esplose con quelle parole. La ragazza aveva le guance rosse come un pomodoro e la fronte le si era corrugata. Anche in quel momento però, riusciva a concentrare i suoi pensieri su Harry, solo per calmarsi, solo per trovare un punto si sfogo mentale.
«Se ti vedo uscire se non per andare a scuola, stai tranquilla che non mi spavento a riportarti in Galles o a mandarti in collegio in Groenlandia» Paul Wood aveva puntato l’indice contro sua figlia e le vene del collo gli stavano per esplodere – Noel ne era abbastanza sicura – per quanto si era agitato. La coscienza sporca giocava brutti scherzi a suo padre, pensò.
«E io non ci metto molto a dire alla mamma quello che ci ha portati in Galles quasi dieci anni fa» sorrise Noel, facendo per andarsene. Questa volta poté tranquillamente salire le scale, perché suo padre non la bloccò, rimase in piedi al piano di sotto per un tempo interminabile, o almeno fino a quando Noel sentì la porta della sua camera da letto sbattere. 
«Hai capito tutto, Nastee?» domandò spazientita Noel, ripassando tutto il programma che aveva ideato nel corso della giornata. Non era poi così tanto difficile fingere di essere a casa con Nastee se solo quest’ultima avesse collaborato senza sbagliare.
«Si, attivo la registrazione di noi due che parliamo e io mi guardo un film con le cuffie, perché tanto non tornerai tardi» ripeté l’amica, gesticolando e sistemandosi meglio sul letto. Era da quattro ore che macchinavano questo piano, a cui Nastee aveva accettato di partecipare soltanto perché Noel le aveva promesso che l’avrebbe portata a fare shopping e le avrebbe tenuto tutte le buste, solo ed unicamente per questo. Certo, voleva molto bene a quella biondina che le nascondeva un sacco di cose, ma non avrebbe fatto quel tipo di favori neanche a sua madre o a Greg. 
«Ti amo!» esclamò Noel, infilandosi le Vans leopardate che le aveva regalato proprio Nastee un paio di giorni prima e aprì la finestra in silenzio. Avrebbe dovuto calarsi proprio da lì e si sarebbe spaccata la faccia se non ci fosse stato Harry sotto, pronto a soccorrerla. Rise al pensiero del suo sedere spiaccicato contro il suolo e baciò Nastee su una guancia, scompigliandole i capelli «ti prometto che non faccio tardi, e lo sai che io mantengo sempre le promesse!» esclamò, facendole l’occhiolino, e si calò giù, attenta a non fare alcun tipo di rumore.
Proprio come uno dei primi giorni di scuola, Harry l’afferrò proprio nel momento giusto, impedendole lo scontro rovinoso contro il suolo, e la strinse contro il suo petto, beandosi del suo profumo. La guardò, e per un attimo desiderò che il tempo si bloccasse, che restassero petto contro petto fino alla fine dei loro giorni. Rise: non era abituato a formulare pensieri romantici verso un altro essere umano – Niall gli aveva insegnato che l’unica degna di tali parole era la PlayStation o al massimo l’Xbox.
«Mi terrà in punizione fino alla fine dei miei giorni» borbottò Noel, staccandosi leggermente da Harry e poggiandogli le mani sulla nuca, guardandolo dritto negli occhi.
«Anche mio padre ha cercato di dirmi qualcosa di strano su di te, ma ovviamente non l’ho neanche ascoltato. Pensi sia successo qualcosa?» domandò la bionda, disegnando cerchi immaginari sul collo di Harry con i pollici.
«L’altro giorno ho trovato il telefono fuori posto, ma mio padre non mi controlla mai, sarebbe davvero strano» rifletté il riccio, spostando una ciocca bionda di Noel dietro l’orecchio, «ma purtroppo non possiamo escludere niente».
«Che facciamo?» domandò, prendendogli la mano e cominciando a camminare per portarlo in un posto più sicuro che non fosse esattamente sotto la camera dei suoi genitori.
«Vuoi dirlo a tua madre?» chiese di rimando Harry, grattandosi il mento e pensando ad una eventuale soluzione; non ce n’erano molte, perché in ogni caso qualcuno li avrebbe allontanati, e anche se non stavano insieme e robe varie, Harry non avrebbe potuto sopportarlo.
«E se mia madre lo sapesse già? Insomma, è impossibile che abbia accettato il trasferimento senza dire niente… non lo so, mi sembra tutto così strano» rispose pensierosa, stringendogli la mano «però non pensiamoci troppo per ora, troveremo una soluzione. Ormai non possiamo più tirarci indietro».
Harry si bloccò e le poggiò entrambe le mani sulle guance, prese un respiro profondo e la guardò dritta negli occhi, segno che stava per dirle qualcosa di impegnativo o comunque di importante.
«Noel, io devo confessarti una cosa» cominciò, facendole strabuzzare gli occhi, «io credo… credo che mi stia…»
«Noel! Cazzo! Noel, sali immediatamente!» la voce sommessa di Nastee arrivò alle orecchie di entrambi, e, controvoglia Noel si girò verso l’amica che agitava le braccia fuori dalla finestra per attirare l’attenzione. Evidentemente i genitori di Noel avrebbero scoperto tutto se non si fosse ritirata immediatamente.
«Continua Harry, non ti preoccupare» Noel non immaginava affatto quello che il riccio le avrebbe potuto dire di lì a poco, e pensando che si trattasse di una cosa brutta voleva saperla subito, prima di affezionarsi ancor di più a lui.
«Ho bisogno di tempo, Noel, non posso dirtelo così» disse, «ora vai, sennò ti mandano in Siberia, fiorellino» le fece l’occhiolino e si avvicinò lentamente, lasciandole un delicato bacio sull’angolo della bocca.
«Buonanotte, Harry» disse lei, sorridendo «ti voglio bene».
«Si… si, ti voglio molto bene anche io».

 

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Buongiorno ragazze! Vi posto oggi il capitolo perché credo che questo sia uno degli ultimi per questo mese. Dal 19 al 25 sono a casa a mare con le mie migliori amiche e dal 30 al 22 Agosto sarò a casa a Berlino, e anche se ho la connessione e tutto non credo proprio che aggiornerò presto, scusate. La storia in ogni caso durerà altri quattro capitoli + l'epilogo, quindi in generale non manca moltissimo.
Vi mando un bacio, spero di non avervi annoiate con il programma delle mie vacanze AHAH.
Ari
ps. se vi va potreste passare anche dalla mia oneshot (è davvero molto corta, ma ci tengo particolarmente) e dirmi che ne pensate! Vi lascio il banner sotto :)


 

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Capitolo 12
*** XII ***


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and we danced all night
to the best song ever


Harry si svegliò di soprassalto, con la fronte imperlata di sudore ed una strana pesantezza addosso. Aveva sognato di nuovo Noel, sempre lo stesso sogno, forse appena un po' più nitido, ma niente di più. Erano già passati un paio di giorni da quando aveva ricominciato a sognarla: forse perché pensava a lei costantemente, forse perché il rimorso di non averle confidato i suoi sentimenti, qualche sera prima, era troppo grande, o forse perché semplicemente ne era innamorato. Aveva completamente oscurato la faccenda dei loro padri perché era stato troppo impegnato a prendere a pugni il muro - e Niall - chiedendosi perché fosse stato così codardo. Aprì piano un occhio, strizzandolo quasi subito a causa della luce fastidiosa che gli aveva colpito la cornea, ma qualche minuto dopo si sforzò nuovamente e si guardò confuso intorno: la sua stanza era il disordine per antonomasia come al solito e sembrava essere tutto perfettamente come l'aveva lasciato. Quasi. Allungò una mano per prendere la prima sigaretta della giornata - i suoi polmoni si sarebbero ribellati molto, ma molto presto - e si accorse solo dopo averla accesa che mancava il cellulare. Okay, non se ne faceva proprio nulla, il più delle volte lo usava per mettersi d'accordo con Niall - e insultarlo - o parlare con Noel fino a notte fonda, ma gli sembrava troppo strano averlo dimenticato da qualche parte. Scese dal letto scostando le lenzuola e infilandosi distrattamente una maglietta, dato che suo padre odiava vederlo vagare praticamente nudo per casa e, ancora perplesso, scese le scale grattandosi il capo: gli era caduto quando aveva aiutato Noel a scendere dalla finestra di casa sua? Oppure l'aveva lasciato in macchina da Greg? Oddio, non lo sapeva. 

«Buongiorno, papà» disse Harry entrando in cucina e rivolgendo un'occhiata a suo padre: perché aveva quell'aria da colpevole? Aveva anche nascosto qualcosa dietro la schiena, ed Harry, sebbene fosse ancora mezzo addormentato, cominciava a capire qualcosa «che ci fai con il mio telefono dietro la schiena?» domandò quindi, afferrando la caffettiera e gettando la cicca dentro ad un posacenere da lì poco distante. Non poteva sapere se Des l'aveva fatto altre volte, ma cominciava a pesargli tutta quell'aria tesa in casa - anche se in fondo, in casa Styles non ci si poteva mai dire tranquilli. 

«Io non ho il tuo cellulare!» esclamò suo padre, con l'aria di un bambino incolpato ingiustamente. 

«Lo vedo sbucare, smettila e restituiscimi il telefono.» disse piatto Harry, senza un filo di esitazione nella voce. Ormai era abituato a combattere con suo padre, a rispondergli a tono o ad ignorarlo: non avevano più un normale rapporto. Des gli porse il cellulare con sguardo sconfitto e si sistemò il colletto della camicia, dato che pochi minuti dopo sarebbe dovuto uscire. 

«Dovevo controllare dei messaggi, Harry» rispose l'uomo, passandosi una mano sul viso. Avrebbe dovuto dirgli di Noel, di suo padre e dei Wood? Non sapeva come comportarsi, sapeva che gli avrebbe dato una grossa delusione «quelli con Niall, si». 

«Conosci Niall, che bisogno hai di vedere i nostri messaggi?» domandò «Lo so benissimo che hai controllato quelli con Noel, non sai mentire neanche un po'.» suppose indignato, aggrottando le sopracciglia e afferrando il suo cellulare, illuminando il display: noto immediatamente una particolare conversazione su WhatsApp con Noel aperta e cominciò quasi a tremare per la rabbia. Odiava quando la gente spiava le sue cose senza permesso.

«Devi stare lontano da lei, Harry, capisco quanto tu ci tenga, ma devi starle lontano» disse Des in un sussurro più simile ad un'imposizione che ad una preghiera. Non c'era niente e nessuno che l'avrebbe costretto lontano da Noel perché purtroppo ormai non poteva più farlo. 

«Tu non capisci, papà» Harry scosse la testa, grattandosi la mano e poggiandosi una mano vicino al cuore, involontariamente «io l'amo, ne sono sicuro.» 

«Harold, suo padre mi ammazza se continuerai a vederla, quel Paul Wood di cui ti avevo parlato, è proprio lui.» Des si passò nuovamente una mano sul viso e sospirò, alzandosi dalla sedia sulla quale era seduto per fare colazione e si avvicinò a suo figlio «Mi prometti che non la vedrai più?».

«No, non posso promettertelo, mi dispiace.» confermò Harry, uscendo spedito dalla cucina e salendo in camera sua, deciso a vestirsi e ad andare immediatamente da Noel con la moto: tra Manchester e Crosby c'erano soltanto una sessantina di chilometri, quel vecchio catorcio avrebbe potuto farcela.

La domenica mattina per Noel era sempre qualcosa di assolutamente traumatico. In realtà qualsiasi tipo di risveglio forzato per Noel era traumatico, ma se quel qualcuno che l'aveva risvegliata si chiamava Harry Styles tutto assumeva un aspetto diverso. Appena la bionda aprì gli occhi si trovò proprio quest'ultimo davanti alla sua faccia e per poco non s'era messa ad urlare per la paura. 
«Ma chi ti ha fatto entrare? Ma vuoi farmi morire d'infarto, per caso?» lo sgridò lei, portandosi una mano al cuore e cercando di regolarizzare il suo battito. Sbatté le palpebre un paio di volte e focalizzò bene il volto del riccio, meraviglioso come sempre. Aveva delle strane pieghette sotto gli occhi che le lasciavano capire quanto poco avesse dormito, e i capelli tutti scompigliati - nonostante di solito non li avesse pettinati; una maglia bianca di cotone leggero e con un profondo scollo a V gli fasciava il busto alla perfezione, anche se era larga in alcuni punti e gli lasciava scoperte metà delle rondini sul petto. Era bello da morire, ed era troppo da sopportare da appena sveglia. 
«Tua madre mi ha detto che dovevo fare veloce e poi ha detto qualcosa con tuo padre, ma non ho ascoltato.» disse sottovoce Harry, inginocchiandosi ai piedi del suo letto e cominciando a riempirla di baci sulle mani, sulle guance, sul naso. Noel adorava le coccole di mattina, e forse perché era ancora mezza addormentata e non capiva molto bene, si tirò su sul letto e attirò Harry a sé, facendo per baciarlo. 
«Non ora, non così» le disse Harry, poggiandole l'indice sulle labbra e infilandosi nel letto insieme a lei «dobbiamo andare in un posto bellissimo, ma ci metteremo un po', credo.» Noel sospirò e fece spazio ad Harry che si era tolto quelle orribili scarpe marroni, nel frattempo, e si accoccolò a lui, stringendogli il busto e nascondendosi sull’incavo del suo collo. Profumava di fresco, non faceva un odore particolare, forse perché non gli piaceva mettere il profumo, ma Noel adorava chiudere gli occhi e perdersi dentro quel mare di sensazioni che le causava. 
«Dove vuoi andare? Allo Starbucks all’angolo?» domandò seria Noel, che non aveva ancora fatto colazione e che cominciava ad avere lo stomaco in subbuglio. 
«Ti ho portato già caffè e cornetto, ma dove andiamo è una sorpresa. Ti posso dire solo che andiamo in moto!» esclamò Harry guardandola negli occhi per cercare di decifrare la sua espressione. Quando si parlava di moto, Noel non era mai convinta a pieno perché in realtà si spaventava un po’, ma era sicura che Harry non le avrebbe mai fatto qualcosa di spiacevole. 
«Per forza in moto?» si lamentò la bionda, stiracchiandosi e torturando le guance del riccio con le mani. 
«Per forza in moto, fiorellino.» confermò, tirandosi su dal letto e rimettendosi le scarpe «Dobbiamo andare o faremo tardi!». 
Anche Noel si alzò dal letto, si infilò un paio di jeans comodi e una maglietta leggera e mangiucchiò il cornetto che Harry le aveva portato: sperava vivamente che suo padre non entrasse di colpo nella sua stanza – anche se era a lavoro e questo era molto improbabile – perché sennò sarebbero stati guai, sia per lui che per Noel stessa. 
«Dai, andiamo, prima che mio padre ci faccia qualche sorpresa.» disse, prendendo Harry per mano e scendendo le scale furtivamente. Non voleva neanche che sua madre se ne accorgesse, perché l’avrebbe subito detto al marito, quindi uscirono di soppiatto e si recarono vicino alla moto di Harry – o meglio, di Des. 
«Terrai gli occhi chiusi?» domandò Harry, attirandola a sé e tenendola stretta, sorridendo malizioso. «Coglione, non mi spavento di niente, io.» Noel cercò di divincolarsi per sembrare infastidita. «Andiamo o no?» chiese insistente. 
«Fiorellino, non essere arrabbiata!» la provocò ancora Harry, mettendosi in sella alla moto e porgendo un casco nuovo di zecca a Noel. 
«Come mai hai comprato un nuovo casco?» domandò, infilandoselo. 
«Perché non posso rischiare che il mio fiorellino si faccia male.» rispose serio, infilandosi a sua volta un casco. 
«Non cercare di fare il dolce. So benissimo che non lo sei!» Noel salì sulla moto e circondò la vita di Harry con le sue braccia, per stare meglio in equilibrio e per sentirlo più vicino. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, adorava andare in moto con Harry. 
«Lo sono più di quanto tu possa immaginare.» disse piano il ragazzo, mettendo in moto e sorridendo: Noel non aveva la minima idea di dove la stesse portando. Harry guidò per circa un’ora sull’autostrada; durante il tragitto nessuno dei due parlò, Noel guardava ammirata i paesaggi verdi dell’Inghilterra e il mare che pian piano cominciava a farsi sempre più nitido ed Harry pensava a cosa avrebbero fatto una volta arrivati a Crosby.

«Fiorellino, siamo arrivati. Mica ti sei addormentata?» domandò Harry fermando la moto e intimando Noel a scendere. 
«Non mi sono addormentata, idiota, stavo guardando il paesaggio.» disse lei, scendendo dalla sella e togliendosi il casco. Come al solito aveva dei capelli orrendi, anche perché li aveva tenuti legati e adesso aveva la forma dell’elastico. Di male in peggio, insomma.
«Lo sai che sei proprio orribile con questi capelli?» la provocò Harry mettendo il cavalletto e inserendo l’antifurto e la catena alla moto. 
«Ma devi proprio dirlo ogni volta?» chiese, infastidita 
«È come se ti dicessi “quanto sei brutto con quella camicia!” ogni volta che ti vedo, è degradante!» esclamò, mettendosi a braccia conserte e aspettando una sua risposta. Insieme non erano niente male, ma erano troppe le preoccupazioni che li dividevano. Noel non sapeva ancora cosa avrebbe detto ai suoi genitori per questa fuga improvvisa e Harry non sapeva se si sarebbe dovuto andare a scavare la fossa, appena tornato. Con tutti questi problemi però, riuscivano ad essere felici anche quando scherzavano e si insultavano a vicenda. 
«Tanto lo so che proprio questa camicia mi sta troppo bene.» disse Harry pavoneggiandosi e cercando di prendere la mano di Noel, per portarla sulla spiaggia. 
«Tanto lo so che sono bellissima anche calva come Britney Spears!». Mano nella mano si diressero verso la spiaggia di Crosby: una vasta distesa di sabbia e un mare da mozzare il fiato proprio. Harry non era mai stato a mare, e aveva pensato di andarci per la prima volta proprio con Noel: lei doveva per forza essergli accanto. Il riccio aveva sempre amato i paesaggi marini, o anche solo le spiagge, le rocce che cadono a picco nell’acqua, insomma, aveva sempre avuto una tremenda voglia di andarci anche solo per vedere quanto spettacolare era tutto ciò. 
«È assolutamente bellissimo» Noel si guardava intorno da più o meno dieci minuti, o per lo meno, da quando si erano tolti le scarpe e avevano cominciato a camminare sulla riva, attenti a non bagnarsi troppo. 
«Non ero mai stato qui, ho trovato una cartolina di questo posto in un vecchio libro di mia madre.» disse serio Harry, cercando si piegare come mai fossero venuti proprio a Crosby. 
«Grazie per aver pensato a me.» rispose, poggiando la testa sulla sua spalla e facendosi praticamente trascinare. Da lontano si poteva intravedere un vecchio faro rosso scrostato dall’acqua di mare, e come in uno dei momenti romantici alla Nicholas Sparks, Harry decise di portare Noel lì. Non avevano molto da dirsi, stavano in silenzio e camminavano cercando di fare meno rumore possibile: entrambi stavano pensando a cosa avrebbero fatto una volta tornati a Manchester. Noel odiava nascondersi, odiava dover vedere le persone sperando di non essere scoperta, ma soprattutto odiava stare lontana da Harry, ora che si era abituata alla sua costante presenza. Il riccio le afferrò la mano, facendole spostare la testa e cercò di forzare la piccola porta del faro: era sicuro che se fossero entrati per un paio di minuti, nessuno se la sarebbe presa più di tanto. 
«E se poi il guardiano è un vecchio gigante che somiglia ad Hagrid? Do la colpa a te Harry, te lo dico prima.» Noel mise le mani avanti, trattenendo una risata per non far rumore ed entrò scortata da Harry nel faro; a dire la verità prima d’ora non ne aveva mai visto uno – se non nei programmi sulla BBC che sua nonna vedeva ogni giovedì – ed era davvero curiosa di entrarvi. 
«Mi ricorda tanto qualcosa di troppo sdolcinato, lo sai?» disse Noel, stringendo la mano di Harry e salendo le scale. 
«Hai sempre qualcosa da ridire, però!» esclamò, ridendo «La prossima volta ti porto al porto e ti faccio salire su un peschereccio, così vediamo se hai da lamentarti!». 
«Quanto sei noioso, non mi stavo lamentando!» rise Noel, avvicinandosi pericolosamente ad Harry. Forse un po’ troppo. 
«Non ti avvicinare così a me, Wood» Harry si morse il labbro inferiore, costringendo Noel ad indietreggiare e a farle aderire la schiena contro la parete del faro. Ovviamente la luce, essendo in pieno giorno, era spenta, così non si sarebbero accecati. 
«Perché? Sennò?». Noel non ebbe neanche il tempo di allontanarsi di pochissimo che Harry si era già fiondato sulle sue labbra. Noel non si spostò, ma si spinse contro di lui e gli poggiò le mani sulle guance. Notò con piacere che Harry teneva gli occhi completamente chiusi da quando l’aveva baciata e così fece anche lei, schiudendo le labbra e baciandolo con trasporto. Non sapeva perché aveva sempre rifiutato i baci di Harry, ma – ne era sicura – quello era il momento perfetto. Il sole era alto nel cielo, forse erano quasi le due di pomeriggio e nessuno dei due aveva mangiato molto, ma né Noel né Harry avrebbero voluto essere da nessun’altra parte. Harry cominciò ad accarezzare la linea dei fianchi di Noel, beandosi dell’armonia del suo corpo e delle sensazioni forti che gli stava regalando. Stare con Noel era bello come quando i primi tempi la sognava su quel molo, vestita di bianco. Solo che quella volta era riuscita a baciarla, era riuscita a farla sua se pur per un semplice bacio, che desiderava ardentemente dalla prima volta in cui l’aveva vista. 
«Era questo il momento giusto, vero?» domandò all’improvviso la ragazza, staccandosi all’improvviso da Harry che rimase con la bocca schiusa per un paio di secondi, come se non si fosse ancora ripreso dal bacio. 
«Che momento giusto?» disse confuso, guardandola negli occhi. 
«Stamattina non hai voluto baciarmi. Era questo il momento giusto di cui parlavi?» domandò ancora, baciandogli gli angoli della bocca. 
«Si. Qui. Ora.» disse Harry, trattenendosi dall’impulso incontrastabile di dirle che l’amava con tutto il suo cuore e baciandola ancora una volta per trattenere quelle parole che avrebbero soltanto appesantito il momento.


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Vi prego, non ditemi niente. So che fa davvero schifo questo capitolo, ma vi ho fatto aspettare dodici capitoli e ... beh, non ce la facevo più neanche io :) dopo tutto non credo che sia troppo presto per un bacio dato i sentimenti di Harry. Se avete delle perplessità dite pure, ci tengo molto a sapere la vostra opinione. Comunque, questo è l'ultimo capitolo prima di partire. Il 30 vado a Berlino e torno il 22, quindi mi dispiace moltissimo ma credo dobbiate aspettare un po'. Nel frattempo, ho postato il primo capitolo di una nuova fan fiction che aggiornerò di rado perché devo completare questa, ma ci terrei a sapere la vostra opinione anche su questa, se vi va.
ps. sono troppo esaltata per il video di BEST SONG EVER, quindi è anche per questo che ho immaginato Harry vestito in quel modo AHAHAH
Un bacione,
Ari


a

s

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Capitolo 13
*** XIII ***


d

Come back, be here

Bianca Wood non poteva dirsi né una cattiva madre né una cattiva moglie. Insomma, era sempre stata una donna attenta ai particolari, alle regole, ad apparire bene in società e anche abbastanza rigida ma non era mai stata una madre cattiva che Noel era arrivata ad odiare. Glielo dicevano sempre le sue amiche, in Galles, che sua madre sembrava troppo tirata, troppo rigida e che si sarebbe dovuta ribellare, ma a Noel stava bene così, con i suoi difetti e le sue smancerie dell’ultimo minuto. Forse era proprio per questo che non riusciva a sopportare l’idea che suo padre l’avesse tradita. Scese le scale lentamente: odiava dover andare a scuola e svegliarsi a quell’orario indecente. Dopo quella domenica fantastica passata con Harry a Crosby, l’unica cosa che avrebbe voluto fare era poltrire a letto e guardare tutta la mattina i cartoni animati su Fox, non prestare attenzione ad una psicopatica dopo l’altra. 
«Buongiorno, amore» aveva detto sua madre, senza girarsi a causa dei pancakes in padella. Noel poteva però percepire il sorriso che le era spuntato in viso: era lo stesso di ogni mattina. Ci aveva pensato tutta la notte, a suo padre. Era andato a Londra per lavoro e non sarebbe tornato presto, gliel’aveva detto Bianca. L’odio, però, nei suoi confronti cominciava a crescere sempre di più e Noel sentiva l’impellente bisogno di dire la verità a sua madre: voleva soltanto che non si illudesse più e che aprisse gli occhi. Si appoggiò al bordo del bancone di marmo della cucina, ancora in vestaglia e con lo sguardo assonnato e prese un respiro profondo. Aveva bisogno di tanto, ma tanto coraggio. «Buongiorno anche a te, mamma.» disse ferma, fissando gli occhi sui pancakes che scoppiettavano in padella. 
«C’è qualcosa che non va, bimba?» domandò Bianca, abbandonando la padella sul fuoco e girandosi verso la figlia, carezzandole il volto con un sorriso malinconico. Si cominciavano a notare le piccole rughe sulla fronte e attorno alle labbra, ma per Noel restava sempre bellissima. Sorrise poco convinta anche la bionda prima di sospirare e di sedersi su una delle sedie affianco al tavolo. 
«Devo dirti una cosa, ma non è facile…» cominciò. 
«Sei incinta?!» Bianca la bloccò subito, portandosi una mano sul cuore e diventando rossa come un peperone. Forse quello era il terrore di qualsiasi madre. Noel rise, aveva visto un sacco di volte a Sixteen and Pregnant questa scena. 
«Tranquilla mamma, secondo te potrei mai essere incinta?» la bionda si indicò il volto con l’indice, quasi a volersi prendere in giro da sola e poi continuò 
«È comunque una cosa abbastanza seria». Bianca mise i pancakes ormai ben cotti su un piatto e girò il bancone, sedendosi di fronte alla figlia. 
«Noel, per favore non farmi preoccupare inutilmente, dimmi!» disse, incalzandola. La ragazza prese un respiro, chiuse gli occhi e decise di dirle tutto senza inutili fronzoli. Sarebbe dovuta arrivare subito al punto. 
«Sai che papà ti ha tradito, vero?» disse retorica Noel, mantenendo la schiena dritta e guardandola negli occhi. L’espressione contenta di sua madre si stava via via spegnendo, e si sentì improvvisamente in colpa da morire per aver rovinato la sua serenità. 
«Lo so.» disse solamente. Era invecchiata di vent’anni tutto in una volta. Lo sguardo cupo, le mani sulla guance e gli occhi fissi su un punto impreciso del muro di fronte: le aveva ricordato qualcosa di troppo doloroso. Per Noel, però, fu un colpo al cuore. 
«Cosa?! Che vuol dire “lo so”? Ti rendi conto di cosa ha fatto quell’uomo?» sbottò, alzandosi dalla sedia e cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza, nervosamente, guardandola di sbieco. 
«Non chiamarlo “quell’uomo”. È tuo padre e non puoi permetterti di rivolgerti a lui in quel modo.» affermò senza una particolare intonazione nella voce. Non avrebbe mai voluto che Noel lo scoprisse, anzi, non avrebbe mai voluto che qualcuno all’infuori di lei e Paul lo scoprisse. 
«Lo chiamo come voglio! Mamma hai solo l’idea di quello che ti ha fatto? Ci ha allontanati da Manchester e ha distrutto la tua vita!». Noel sembrava feroce. Anzi, lo era. Non poteva spiegarsi come sua madre avesse potuto perdonare Paul, che era l’ultima persona al mondo che poteva meritarlo. 
«Eri piccola, non ti ricordi neanche di Harry e degli altri tuoi amici. Manchester non era importante e non lo è neanche adesso. La prima cosa è la famiglia, e sai bene quanto io ami tuo padre». 
Harry? Cosa c’entrava Harry adesso? Quel presentimento ce l’aveva avuto, lo sapeva anche lei che doveva per forza esserci un collegamento tra di loro ma se prima Noel era arrabbiata, adesso era feroce. 
«Ti rendi conto che metà della mia infanzia l’ho passata in un modo che io neanche ricordo?» sibilò, camminando verso sua madre. 
«Amo Paul e insieme abbiamo deciso di passarci sopra per non creare scandali inutili. Comunque, credo non siano affari tuoi.» disse ancora, provando a giustificarsi. 
«Quel Paul che tanto ami ti ha tradito con la donna del suo migliore amico, ti sembra una cosa da persone normali?» le urlò Noel, invasa dalla rabbia. Harry gliel’aveva detto: suo padre, Des, gli aveva confessato che l’uomo con il quale sua moglie l’aveva tradito era il suo migliore amico, e quest’ultimo era proprio Paul Wood, suo padre. Bianca sospirò, lasciandosi cadere la testa e afferrandosi la nuca con entrambe le mani: non era più abituata a litigare con sua figlia in quel modo, l’ultima volta non se la ricordava neanche più. 
«Ti prego, Noel, queste non sono faccende che ti riguardano» disse alzando lo sguardo e fissando la figlia. Noel era il volto della rabbia misto ad una delusione profonda, ed era questo che a Bianca faceva più male in assoluto. Le lacrime, che avevano cominciato a rigarle il volto ancora preso dal sonno, erano lacrime dettate dal nervosismo. 
«Quindi la mia famiglia è una “faccenda che non mi riguarda”?» le fece il verso, citando le sue parole facendo le virgolette con le dita. Non attese la sua risposta, uscì semplicemente dalla cucina e salì le scale correndo. Non si sarebbe mai aspettata una delusione del genere da parte di sua madre. 
Bianca in fondo, non era mai stata una cattiva madre. Aveva dei segreti, ma chi al mondo, non possiede segreti?


Harry si svegliò con un piede di Niall praticamente in bocca e la sua gamba sullo stomaco. Quando dormiva a casa sua, Niall, si prendeva la libertà di fare quel che voleva e la metà del letto. 
«Svegliati, merda» disse il riccio, scuotendo vigorosamente l’amico, che aprì gli occhi d’improvviso e gli bestemmiò contro con lo sguardo. Chi al mondo non odiava i lunedì mattina? Harry rise, notando la bocca corrucciata del biondo e lo sguardo assottigliato, come se stesse programmando di ucciderlo come faceva ai suoi stupidi giochi della playstation. 
«Che hai fatto ieri tutto il giorno, che sei così stanco?» chiese ancora, dando un colpo sulla pancia – scoperta – di Niall, che per la botta si alzò e gli tirò un pugno. Facevano sempre così, ormai era routine. 
«Ma più che altro dimmi che hai fatto tu. Sei scomparso e io ti odio. Avevamo l’ultima del torneo di calcio ieri, sei una merda.» disse Niall, puntandogli il dito contro. Purtroppo era vero: aveva mandato a quel paese tutti i suoi impegni soltanto per fare quella sorpresa a Noel e non se n’era pentito minimamente, anche se si sentiva un po’ in colpa per aver abbandonato Niall. 
«Lo sai dove sono stato, te ne ho anche parlato!» Harry alzò le braccia e sorrise. Solo pensare a Noel gli metteva il buon umore, era incredibile. Sfilò una sigaretta dal pacchetto e si alzò, cercando in giro per la stanza un paio di pantaloni e la maglietta verde che tanto gli piaceva. Con quel cumulo di roba sopra, non si riusciva neanche a distinguere la moquette dalla fantasia delle sue mutande. 
«Prima o poi la faccio emigrare di nuovo, quella ragazza» borbottò il biondo, alzandosi dal letto e camminando lentamente verso il bagno. 
Niall era il tipico ragazzo irlandese, tutto birra e maschilismo. Non poteva sopportare l’idea di vedere Harry innamorato e con una ragazza al suo fianco. Entrambi avevano avuto diverse storie ma mai nessuna era entrata nel cuore del suo amico così tanto come Noel Wood, e se da un lato poteva essere relativamente contento per Harry, dall’altro cominciava ad odiarla perché lo stava cambiando. 
«Niall, non parlare in quel modo di lei, lo sai.» lo rimproverò Harry, frugando tra le cose per trovare quella dannata maglietta verde. Se ripensava al bacio che gli aveva finalmente concesso il giorno prima, contraeva la mascella per non bestemmiare in tutte le lingue del mondo: a distanza di poche ore gli mancava tremendamente. 
«Fratello, secondo me stai perdendo la testa! Hai presente che grazie a te quelle merde viventi di Finnigan e la sua squadra hanno vinto?» disse Harry ancora a petto nudo, guardando Niall uscire dal bagno dopo pochi minuti. Ci metteva decisamente poco. 
Rise «Sei un coglione, secondo me» disse 
«ma è normale che non trovo questa maglietta?».
Era sicuro di averla messa sopra quell'ammasso indefinito appena qualche giorno prima, suo padre non prendeva mai la sua roba - a parte il suo cellulare e qualche sigaretta di nascosto -, per giunta sporca, quindi doveva decisamente averla persa.

«Ma che maglietta verde?» domandò Niall, infilandosi dalla testa una canottiera bianca e larga con stampato lo stemma di una squadra di calcio per cui tifava. Harry neanche lo ricordava, sapeva soltanto che l'irlandese era avverso al Manchester e questo bastava a definire qualsiasi squadra per cui tifasse "uno scempio", quindi non era importante saperlo.
«Quella che metto praticamente ogni giorno della mia vita, Niall.» si grattò il capo, infilandosi intanto un paio di pantaloni neri, non smettendo di guardarsi intorno. Non poteva andare a scuola senza la sua maglietta preferita, era indecente.
«Ma non è la bandana che metti tutti i giorni?» cominciò Niall «Ah, a proposito, io sono tuo fratello, il tuo migliore amico, quindi devo dirtelo: fa cagare il cazzo, quella cosa».
«Ma la bandana?» Harry strabuzzò gli occhi: quella bandana attorcigliata intorno alla testa era la cosa più bella del mondo, certo, non gli avrebbe mai detto che per imparare a mettera aveva dovuto guardare un tutorial su Youtube, ma restava comunque bellissima.
«Non cambierai mai, Harry» disse rassegnato Niall, infilandosi un paio di Vans e sedendosi sul bordo del letto.
«Beh comunque aspetta un attimo, vado a chiedere a mio padre se...» camminò frettolosamente verso la porta, abbassò la maniglia e appena alzò gli occhi si sentì sprofondare.
«L'ho messa a lavare, Harold, puzzava come un cane morto».
Anne Cox, quaranta tré anni, capelli neri, fisico slanciato, sguardo apprensivo. Sua madre.

«Cosa ci fai qua?» domandò Harry, atono.
«Che vuol dire? Questa è anche casa mia!» esclamò, senza perdere quello strano sorriso tenero sulle labbra. Harry non la vedeva da troppo, troppo tempo e non era né in grado di perdonarla, né in grado di vederla di fronte a sé come se niente fosse stato.
«Sarà meglio che vada...» mormorò Niall, passando lateralmente sia ad Anne che ad Harry, dando a quest'ultimo un'impercettibile pacca d'incoraggiamento sulla schiena.
Si sentì soltanto il rumore della porta d'ingresso sbattere e poi un rumore di passi salire le scale: Des Styles si stava avvicinando alla camera di Harry, ancora impassibile di fronte a sua madre, a petto nudo e con la testa piena di pensieri.
«Cosa sta succedendo qui?» disse Des, entrando nel campo visivo di Harry e facendogli crollare il mondo addosso. Una giornata più di merda di quella non poteva esistere.

--

Buongiorno! Sono un'idiota perché vi sto postando un ultimissimissimo capitolo prima di partire (parto domani AHAH) ma ho fatto insieme alla mia migliore amica - che mi ha aiutata un sacco - lo scaletta capitolo per capitolo quindi adesso ho decisamente le idee più chiare :) La fan fiction durerà venti capitoli precisi senza epilogo né niente dato che manca di prologo. Io ne sono entusiasta, credo sia una delle fan fiction che mi ha resa più orgogliosa (anche se non mi piace comunque il mio modo di scrivere). Spero vi piaccia.
Vi mando un bacione,
Ari


s

(guardate quanto è bello il mio amore 
♥ ♥)

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Capitolo 14
*** XIV ***



d
I came in like a
wrecking ball

 
Anne Cox non avrebbe mai perso quello sguardo furbo che aveva sin da quando era giovane. Des lo sapeva benissimo, che quando aveva su quell'espressione non ci si poteva aspettare niente di buono; dopotutto era stato proprio lui il fesso che si era innamorato perdutamente di lei tanto da sposarla dopo qualche mese. E anche in quel momento, in cui sentiva di odiarla ma di amarla allo stesso tempo, riusciva a distinguere il lampo di furbizia che le aveva passato l'iride. 
«Sono a casa mia, non c'è niente che non va.» disse la bruna, camminando nervosamente in mezzo alla stanza di Harry e guardando con un'espressione disgustata la roba che con il tempo si era accumulata negli angoli più impensabili. 
«Cosa hai intenzione di fare? Hai avuto uno dei tuoi soliti attacchi di pazzia?» disse l'uomo, lasciando la maniglia della porta - che avrebbe spaccato volentieri - e avvicinandosi ad Harry, che nel frattempo guardava la scena con sguardo assente, come se non stesse capendo assolutamente nulla. Harry non vedeva sua madre da quando era davvero molto piccolo, e probabilmente quello non era proprio un momento facile per lui. Lo vide stringere i pugni lungo i fianchi e pensò ancora una volta a quanto gli assomigliasse. 
«Fino a prova contraria questa casa è anche mia da quando l'abbiamo comprata. Non ho il diritto di tornare quando mi pare e piace?» domandò Anne con presunzione, come se ci fosse stata sempre, come se niente fosse cambiato.
«Era casa tua fino a quando non hai deciso di abbandonare me e i tuoi figli.» rispose, piatto.
«Non ho mai abbandonato i miei figli.»
«Dov'è allora Matilde? E perché io non ricordavo neanche la tua faccia, mamma?» Harry era leggermente pallido, la mascella contratta e  con addosso tanta voglia di spaccare il mondo. Si era ripromesso che non avrebbe mai tentato di contattare sua madre né di avere qualcosa a che fare con lei, aveva fatto troppo male a un sacco di persone, Noel compresa, anche se indirettamente, e adesso cosa faceva lei? Ritornava nella loro casa pretendendo rispetto.
«Non mi pare che sia stata io ad auto cacciarmi da casa mia...» sbottò Anne, cominciando a prendere le magliette di Harry e a piegarle una ad una sul letto, fingendo di avere cura di suo figlio.
«Hai rovinato due famiglie, mamma, non so come tu abbia avuto il coraggio di presentarti, oggi» cominciò il riccio «ti rendi conto che sei una delusione vivente?».
Non ragionava più. Gli pizzicavano gli occhi e aveva un gran desiderio di piangere, di prendere a pugni qualcosa o di sfondarsi di birra con Niall in uno dei pub infrattati di Manchester. Aveva voglia di abbracciare Noel e di dormire con lei, di sentirla respirare e di farsi toccare i capelli come solo lei sapeva fare. Non voleva stare lì, non voleva avere né sua madre né suo padre davanti e soprattutto voleva sparire dalla sua camera. 
Si tastò le tasche in cerca del pacchetto ammaccatto di sigarette e ne estrasse una Lucky Strike, davanti agli occhi di entrambi i genitori. Non gli importava più di tanto di ciò che potesse pensare Anne. 

«Des! Quando gli hai permesso di fumare in casa?» sbraitò la donna, gesticolando vorticosamente contro l'ex marito, esasperato dal tono prepotente di Anne. 
«Da quando ha preso a fumare come una ciminiera...» sussurrò, già stanco di discutere con quella donna.
«E da quando ha preso a fumare come una ciminiera?» 
«Ti prego, mamma, smettila! Non mi hai visto crescere, non c'eri quando avevo l'apparecchio, non c'eri quando mi sono rotto il braccio in secondo superiore e non c'eri quando ho iniziato a fumare come una ciminiera. Non ti riguarda più, la mia vita, vuoi capirlo o no?!» Harry aveva dato sfogo alla sua rabbia e aveva cominciato ad urlare come da un sacco di tempo non faceva. Più o meno da quando aveva spaccato il naso di quel giocatore di football - gli pareva si chiamasse Nick, o qualcosa del genere - che aveva tentato di fare discussioni con Niall.
«Harold, come puoi parlarmi in questo modo?» domandò stupita Anne, dopo esser stata un paio di secondi in silenzio.
Tutto si poteva dire di lei, ma l'aggettivo "intelligente" non rientrava nell'elenco delle sue qualità. Era una donna davvero bella, brillante a tratti e forse anche simpatica, ma era frivola come poche e con un quoziente intellettivo davvero molto basso.

«Posso parlarti in questo modo perché se la mia vita è una merda è anche grazie a te, mamma. Mi hai lasciato a vivere con un padre che non mi parla. Mi ritiro da scuola stanco e devo lavare i piatti, perché papà non alza il culo da quel divano del cazzo. Passo la mia vita a cercare di non morire di fame, e questo solo ed esclusivamente per colpa tua e di una tua stupidaggine. Grazie.» Harry ancora urlava, preso dalla rabbia, e in quel momento non c'era più niente. C'era soltanto lui a urlare contro il suo passato devastato, contro un presente che era buono per prenderlo e buttarlo nella spazzatura e contro tutto quello che la vita gli aveva riservato. 
Harry non era un depresso, dopotutto non poteva dire che la sua vita, fuori da quella maledetta casa, fosse brutta. Harry aveva Noel, e bisognava credergli quando diceva che ormai questa lo rendeva felice. 
Sbuffò una nuvola di fumo davanti a sé e sospirò: fino a qualche ora prima si sarebbe potuto dire un ragazzo felice, senza particolari pensieri per la testa - a parte i soliti impicci con suo padre - e adesso tutto, come al solito, si era ribaltato. La felicità era momentanea, l'aveva letto dappertutto, pareva essere una delle frasi più condivise su Facebook e una delle poche - forse - vere.

«Harry, forse è meglio che tu vada. Ho bisogno di parlare con tua madre» disse Des, rompendo il silenzio «da soli, se è possibile».
Le parole di suo padre lo costrinsero ad indietreggiare di un paio di passi: stava difendendo Anne? La stessa donna che l'aveva tradito e umiliato? Harry non credeva ai suoi occhi. Spense la sigaretta che nel frattempo aveva fumato avidamente, sul legno consumato del comodino lì vicino e si avvicinò verso suo padre.

«Non voglio avere lei in casa. Non voglio più vederla, papà, ti è chiaro?» Harry parlava come un cinquantenne intrappolato in un corpo di un diciannovenne un po' stanco e apatico, e Des non faceva che incupirsi di più, a vederlo in quello stato.
«Vai.» disse soltanto, facendogli un cenno con la mano verso la porta e guardandosi la punta consumata delle sue scarpe di cuoio. 

Tutto si era fatto confuso. Anzi, tutto era confuso, ma ad Harry ormai non importava più. Appena era uscito da casa aveva cominciato a correre per tutta Manchester, senza curarsi delle persone che urtava, senza chiedere scusa ai bambini a cui pesatava i piedi e senza degnare di uno sguardo le macchine che avrebbero potuto investirlo da un momento all'altro; voleva raggiungere il suo posto segreto in pochi minuti, solo lì avrebbe potuto chiamare Noel senza essere ascoltato da nessuno. Non era pronto per andare da lei, baciarla e farsi ascoltare, probabilmente si sarebbe lasciato andare e avrebbe pianto come un bambino e Harry non poteva permetterlo. Non davanti alla ragazza di cui era innamorato. Aveva pur sempre una dignità.
Riconobbe immediatamente le frasche non potate - quel posto era più simile ad una jungla che ad un giardino pubblico - e si addentrò nel suo "giardino" personale nella periferia della città, estrasse un'ennesima sigaretta dal pacchetto e si sedette sull'erba, accendendola e tirando fuori dalla tasca - prima di sedercisi sopra - il cellulare per chiamare Noel. 

«Harry?» rispose quasi subito, e gli parse quasi di stare immediatamente meglio.
«Ciao...» riuscì a mormorare, con la voce di almeno un ottava più bassa del solito. 
«Hai deciso di provare a fare il tenore? Che è sta voce?» chiese sarcastica, ed Harry quasi la immaginava sdraiata sul letto o davanti al libro di letteratura, con uno chignon malmesso e gli occhiali da vista - erano il suo segreto più grande - sul naso.
«Diciamo che non sto bene, fiorellino» cominciò «sono dovuto scappare da casa mia.»
«Harry, ma sei ubriaco?» domandò Noel, trattenendo una risata. Le faceva ridere quel tono di voce così basso e il modo di parlare che Harry aveva assunto. 
«No, è tornata mia madre.»
Si zittirono entrambi, nessuno dei due riusciva più a dire qualcosa. Noel non sapeva se essere contenta per Harry, indignata o assolutamente indifferente. Quella donna aveva rovinato anche la sua di famiglia, e non avrebbe voluto vederla per nessuna ragione al mondo, non l'avrebbe mai vista di buon occhio, neanche dopo delle eventuali rassicurazioni di Harry - al quale al momento voleva un gran bene.

«Come sarebbe a dire? Stai scherzando?» chiese, quasi ridendo.
«No, purtroppo non sto scherzando.» ed era la verità. Purtroppo Harry non stava scherzando, purtroppo ora avrebbe dovuto combattere con i sentimenti contrastanti che la presenza di sua madre scaturiva. Non gli piaceva sua madre, più che altro perché lo aveva deluso nel profondo ma era pur sempre sua madre, ed Harry aveva sempre sentito la sua mancanza, in fin dei conti.
«E tuo padre non l'ha ancora cacciata?» Noel aveva riso, Harry l'aveva sentita sbuffare sommessamente, quasi con cattiveria. Sapeva benissimo perché stava reagendo in questo modo, sapeva che se avesse potuto, avrebbe volentieri staccato i capelli di sua madre uno ad uno ma questo non era un buon motivo per non confessarle i suoi sentimenti,
«Noel, per favore.» disse, serio.
«Sai che tua madre non mi sta proprio simpatica, Harry» rispose la bionda, guardandosi le unghie smangiucchiate e rovinate da uno dei suoi smalti random. Come Harry aveva previsto, si trovava a casa sua, davanti al libro di letteratura - doveva anche fare i compiti aggiuntivi assegnati da Louis - e la sua giornata non avrebbe potuto andare peggio.
«E questo vuol dire che non mi vuoi neanche ascoltare?» domandò, indignato.
«Ma che dici?!» Noel neanche si rendeva conto dell'aiuto che stava negando ad Harry, una delle persone che più contavano nella sua vita, implicitamente.
«Appena ho detto il nome di mia madre, ti sei alterata e non mi hai fatto più parlare» si sistemò meglio per terra ed estrasse le decima (o undicesima?) sigaretta dalla tesca, portandosela alle labbra e accendendola dopo pochi secondi. Aveva i nervi a fior di pelle.
«Sai che puoi sfogarti con me, Harry, lo sai benissimo.» Noel con una mano a sostegno della sua testa, si passò l'altra sulla fronte, trattenendo un sospiro.
«Non me lo stai dimostrando.» disse piatto, emettendo un'ennesima nuvola di fumo davanti a sé.
«Scusa» si arrese la bionda, prendendo a torturarsi una ciocca di capelli ormai rovinati dal colore.
Non le piaceva quando Harry faceva così, ma in fondo sapeva che si trovava in una brutta situazione, col cuore tormentato e la testa piena di pensieri, se non lo aiutava lei, chi avrebbe dovuto farlo?

«Fa nulla, fiorellino, scusami tu.» rispose il riccio, chiudendo gli occhi e assaporando gli ultimi tiri della sua Lucky Strike, una delle poche cose in grado di distendergli i nervi «Com'è andata la tua giornata?»
«Quell'idiota del mio tutor mi ha dato dei compiti in più tipo una settimana fa, e ho inziato a farli solo adesso, ti giuro sono un sacco e la mia testa esplode!» esclamò Noel, mettendo su una faccia scoraggiata e pensando a quanto volesse Harry in quel momento.
«Scema» scherzò Harry, sorridendo flebilmente. Avrebbero parlato di sua madre quando entrambi sarebbero stati più calmi.
«Vorrei vedere te, a leggere questi libri pallosi!» esclamò, ridendo.
Aveva una gran voglia di abbracciarlo e di vederlo, non stavano insieme da appena un giorno e già Noel fremeva dalla voglia di averlo accanto, anche se non gliel'avrebbe mai detto.

«Esistono i film, fiorellino!» disse questi, come se fosse la cosa più normale al mondo.
Noel rise,
«raccontaglielo tu a Mrs White, che ho visto il film e non ho letto il libro».
«Beh, io sono sicuramente più furbo di te» Harry spense il mozzicone non molto lontano da lui, sull'erba e si alzò, stiracchiandosi poi, una volta in piedi.
«Oh cazzo, c'è papà. Se mi vede parlare al telefono con te ti viene a cercare con un'ascia in mano, meglio sentirci dopo, okay?» disse Noel, trattenendo per l'ennesima volta una risata.
«Ciao, fiorellino, ti...» cominciò «voglio tanto bene».
Non poteva dirglielo al telefono, sarebbe stato abbastanza squallido.

«Anch'io Harry, anch'io.»
 

Buongiorno a tutte :) scusate il tremendo ritardo ma sono stata in vacanza, a Berlino, e sebbene io abbia scritto qualcosa, non ho avuto la voglia - e l'ispirazione - per postare un nuovo capitolo di questa storia. Beh, spero che Anne non vi risulti troppo ... come dire.. neanche io me l'immagino così (io l'adoro), ma capitemi .. è necessario. 
Ci aggiorniamo con il prossimo capitolo, che dovrei postare entro la settimana prossima, compiti delle vacanze permettendo.
Un bacio,
Ari
ps. non trovo gif decenti di Miley, tumblr è invaso da quelle dei VMAs, perdono.

 
 
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Capitolo 15
*** XV ***



d

Un delicato odore di pancakes appena fatti raggiunse le narici di Harry che, pian piano, aprì gli occhi e si mise a sedere sul letto; tutto ciò era davvero molto strano. Suo padre non sapeva riscaldare neanche i fagioli in scatola, figuriamoci fare i pancakes. Si passò una mano sul viso e pensò un attimo a cosa avrebbe dovuto fare durante la giornata: aveva preferito rimuovere i ricordi del giorno prima e non pensare a quanto Noel l'aveva reso perplesso.
Sospirò e con calma scese dal letto, lamentandosi per chissà quale mal di schiena - forse inesistente - e infilandosi una Lucky Strike tra le labbra, cominciando a scendere per dirigersi in cucina.
«Harry, ci sono i pancakes!» esclamò una voce femminile a pochi passi da lui.
Sua madre era ancora lì, in casa loro, ai fornelli e con un'orrenda vestaglia rosa a costine stretta in vita e con qualche disegno ridicolo sulla schiena. Anne non ci aveva rinunciato.

«Perché sei ancora qua?» domandò il riccio, poggiando la sigaretta sulla superficie liscia del tavolo e raggiungendo sua madre, prendendo respiri profondi per mantenere la calma. Chiuse gli occhi. Era come se contemporaneamente volesse e non volesse sua madre vicino.
«Papà ed io abbiamo riflettuto che è meglio che io stia qui, per un po'» cominciò la donna, volgendo lo sguardo ad Harry per un paio di secondi, per poi tornare alla sua padella.
Il riccio ispirò ed espirò lentamente: non poteva prendersi di collera di prima mattina, ma la presenza di sua madre lo infastidiva davvero troppo.

«E di quello che penso io non importa a nessuno? Spiegatemi!» la voce di Harry, come al solito, era diventata di qualche ottava più bassa e Anne si meravigliò di quanto potesse assomigliare così poco a lei e così tanto al suo ex marito. In tutto, anche nel modo di sbattere il pugno sul tavolo quand'era arrabbiato.
«Non sei ancora in grado di poter decidere.» disse ferma, mettendo l'ultimo pancake sul piatto.
«Ho diciannove anni, se non sono in gradi di poter decidere ora, quando potrò?» chiese spazientito Harry, cominciando a muoversi avanti e indietro per la cucina, trattenendo l'impulso di spaccare qualcosa e gridare. Non poteva più sopportare tutta questa pressione: in quei giorni non aveva fatto altro che innervosirsi e pensare a quanto la sua vita facesse davvero schifo, quando non era così. Stava affrontando soltanto un ennesimo periodo difficile che quasi tutti affrontano prima o poi. I problemi di certo non li aveva soltanto lui, e almeno di questo ne era consapevole.
Era perennemente combattuto: da un lato la presenza di sua madre lo infastidiva ma dall'altro sentiva di aver bisogno di lei, o per lo meno di qualcuno che lo capisse che non fosse Noel o Niall.

«Ma perché non capisci che ti voglio bene, Harry? Non potrei mai fare qualcosa che ti infastidisce!» esclamò Anne, che finalmente sembrava mostrare delle emozioni reali.
«Perché non ci sei stata per tutti questi anni, perché hai tradito papà, perché hai rovinato due famiglie, perché hai permesso a quegli idioti di portarsi via Matilde... non ti basta?»
«Nella vita si fanno delle scelte, Harold, e queste scelte possono rivelarsi sbagliate. Io ho sbagliato, lo ammetto, ma sbagliare è umano e ti sto chiedendo di provare ad andare avanti.» concluse Anne, portando il piatto pieno di pancakes sul tavolo, dove già stavano due termos colmi di caffè e latte caldo e una caraffa con del succo d'arancia.
«Sembra che vogliate tutti mettermi in confusione, non capisco più niente» esclamò Harry, mettendosi le mani nei capelli e prendendo fiato. Tutte quelle discussioni inutili lo stavano sfinendo, non ne poteva davvero più.
Quando sollevò di nuovo lo sguardo su sua madre, questa lo stava guardando con la testa inclinata, un sorriso sincero e le braccia tese: Harry aveva bisogno di un suo abbraccio? Era pronto a lasciarsi indietro il passato o a dimenticarsi semplicemente per un momento quello che era successo?
Prese un grande respiro e l'abbracciò.

«Io ti voglio bene Harry, e io e tuo padre siamo pronti a ricominciare.» disse Anne, anche se poi non sapeva se Des avrebbe davvero accettato la sua proposta. Gli carezzò i ricci e lo strinse ancor di più a sé, come quando era piccolo e la sera veniva a farsi abbracciare nel letto che condivideva con suo marito.
«Sono incasinato, mamma, non ce la faccio più, devi capirlo» cominciò Harry. Il cuore gli faceva male, riusciva a parlare a malapena, perché i ricordi della sua infanzia stavano riaffiorando insieme al magone. Non aveva mai pianto prima, ma il profumo di sua madre e le sue parole gli facevano pizzicare gli occhi.
«Che hai? Che ti succede?» domandò, dandogli un bacio sulla fronte e sciogliendo l'abbraccio.
«Sono innamorato di una ragazza che un momento sembra mi ricambi, un momento no. A scuola è tutto, come sempre, un casino e poi c'è questa situazione a casa che mi stressa fin troppo.» confessò.
«Chi può essere talmente stupida da non ricambiare il tuo amore?» domandò Anne sorridendo.
Era seria, suo figlio era bello come il sole e, sebbene lui si sforzasse di non dimostrarlo, aveva un cuore grande che concedeva a chiunque volesse bene. Sapeva benissimo che avrebbe deto la vita per Niall o per Liam, che erano i suoi amici più cari sin dall'infanzia.

«Noel Wood.» disse asciugandosi gli occhi e ritornando serio, afferrando un pancake e cominciando a mangiarlo.
Anne aveva sorriso, sentendo il nome di Noel e s'era seduta accanto a lui, con lo sguardo perso su un punto impreciso.

«Eravate molto amici, da piccoli, ti voleva molto bene...» disse, confermando tutti i presentimenti che i due avevano avuto circa la loro infanzia. Harry non disse niente, non aveva più voglia di discutere per quella mattina, era davvero esausto.
«E se mi volesse bene come un semplice amico? Mi sono impegnato sin dal primo giorno, e adesso ... non so se i suoi sentimenti sono ricambiati.» disse, sospirando.
Harry ne aveva bisogno, aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno che non fosse Niall - in qualche modo avrebbe sempre messo di mezzo le partite di calcio e la PlayStation - e sua madre stava dimostrando che, nonostante tutto, lo avrebbe ascoltato volentieri.

 «Dille cosa provi per lei, non ti illuderà. Non può farlo.» rispose Anne, accarezzandogli lo zigomo col dorso della mano. Harry era cresciuto davvero bene: i ricci spettinati, gli occhi chiari e grandi e lo sguardo di chi ama veramente. Non poteva esserne più fiera.
«Grazie, mamma» disse sorridendo flebilmente. Anche se non era del tutto a posto con la presenza di sua madre, in quel momento sentiva soltanto il bisogno di starle accanto.
«Va da lei, Harry, ti farà bene.» gli diede un'ennesima carezza e vide Harry correre su per le scale, prendere - forse - lo zaino di scuola e catapultarsi fuori di casa.
Com'è duro l'amore, a diciannove anni.

Casa di Noel era sempre la stessa: stesse tegole rosse, stessi mattoni, stesso giardinetto perfetto e stessa BMW nel cortile davanti al garage. Erano un paio di giorni che non si vedevano, che non l'andava a prendere sotto casa ma niente era cambiato. Mezz'ora dopo sarebbero dovuti essere a scuola, ma Harry aveva davvero bisogno di vederla e di stringerla anche solo un secondo.

«Scendi?» domandò al telefono, dopo il "pronto" assonnato che aveva sentito.
«C'è ancora mio padre! Sei pazzo?» la vide in pigiama, con i capelli raccolti e gli occhi assonnati dietro le tendine della sua stanza che aveva lentamente scostato. Stava sorridendo, ma Harry riusciva a sentirlo senza vederlo. La conosceva a memoria.
«Devo salire dalla grondaia come al solito?» domandò cominciando a muoversi verso la camera di Noel. La sentiva ridere e gli bastava.
«Ti faccio entrare dalla porta sul retro, ma non fare rumori strani!» esclamò, mandandogli un bacio dalla finestra e sparendo un momento dopo. Harry si spostò sul retro di casa Wood, cercando un'eventuale porta d'ingresso e, quando si girò, trovò Noel con un ridicolo pigiama a righe di fronte a sé, e non riuscì a reprimere l'istinto di abbracciarla.
«Ciao...» mormorò la bionda, stringendosi contro il suo corpo e affondando nel suo abbraccio. Anche Noel aveva bisogno di lui. Anzi, Noel aveva perennemente bisogno di lui: dormiva col pensiero della sua voce morbida, pensava ai suoi abbracci e alla sua pelle profumata. Noel lo amava, ma non riusciva ad accettare sua madre, era un rifiuto che - purtroppo - gli veniva naturale.
«Il mio fiorellino è stanco, oggi...» le baciò l'angolo della bocca, prendendole poi il viso tra le mani e carezzandole gli zigomi dolcemente «...sei sicura di voler andare a scuola?»
«Resterei volentieri a casa con te, Harry, ma lo sai com'è Mrs White...» parlavano entrambi sottovoce, perché il padre di Noel poteva essere in agguato in ogni momento, ma Harry adesso non provava più paura. Voleva soltanto passare un paio di minuti con quella che avrebbe voluto che fosse la sua ragazza.
«E vaffanculo a Mrs White...» Harry prese a baciarle il collo dolcemente, con gli occhi chiusi e con l'estasi per tutto il corpo. Adorava il suo profumo e adorava sentirla vicina. Era come se una scarica elettrica gli si fosse diffusa in tutto il corpo.
«Harry...» lo rimproverò dolcemente lei, sorridendo e lasciandogli un delicato bacio sulle labbra.
«Ho bisogno di parlare con te di quella cosa, fiorellino.» Harry si staccò a malincuore dalle sue labbra, anche se non avrebbe voluto, ma la tenne salda contro il suo petto.
«Mia madre è tornata a casa, e sembra che starà qui per un po'...» cominciò quindi, dopo il segno d'assenso che Noel gli aveva dato «...stamattina abbiamo parlato e mi sono accorto di aver bisogno di lei al mio fianco, nel senso, sono ancora arrabbiato con lei, ma non ho mai avuto una madre, e credo di averne bisogno.» concluse, sperando che Noel non si sarebbe arrabbiata.
«Ma... non so se... insomma, Harry, tua madre vi ha lasciati nella merda e ha rovinato la mia famiglia, è una buona idea perdonarla, adesso?» Noel appariva stranamente infastidita, ed Harry lo aveva capito sin dalla telefonata che avevano avuto il giorno prima. In realtà poteva capire benissimo la sua reazione, ma non gli piaceva che lei non fosse pronta a supportarlo.
Harry sospirò
«Noel, ma è mia madre! Tu tuo padre lo hai ancora in casa, io non l'ho mai avuta al mio fianco, non mi ricordo più neanche quello che ho fatto quando ero piccolo!».
«Ho capito, ma non ti rendi conto di quello che ha fatto?» esclamò spazientita, staccandosi violentemente dal riccio e gesticolando.
«Me ne rendo conto, ma le persone si perdonano, prima o poi!» disse Harry, corrugando la fronte. Noel in quei momenti le sembrava una bambina di sei anni non in grado di ragionare, e questo non faceva altro che infastidirlo.
«Harry, tua madre è una stronza. Ha lasciato solo tuo padre per uno stupido capriccio e ha fatto chiudere tua sorella in quel posto per matti, vuoi capirlo o no?» Noel era diventata rossa per il nervosismo e gesticolava furiosamente. Non sembrava più neanche lei.
«E tuo padre è un coglione che ha sottomesso sua moglie! Ti rendi conto in che famiglia di merda stai? E ti permetti anche di giudicare mia madre e la mia situazione?».
Harry non ce l'aveva fatta a trattenersi tutte quelle cose che pensava: teneva più di sé stesso a Noel, ma non lo stava aiutando, e lui ne aveva davvero bisogno. Avrebbe gettato la spugna con lei se non sarebbe cambiata. Sua madre adesso ci sarebbe stata e sarebbe stata pronta a ricostruire il loro rapporto ed Harry necessitava della sua presenza.

«Mio padre almeno non si fa infinocchiare da una donna che si comporta da prostituta!» Noel era su tutte le furie: se Harry non riusciva a capire perché si stesse comportando in quel modo, la bionda non riusciva a capire i suoi ragionamenti. Non si stavano capendo e questo era insolito.
Il riccio aveva strabuzzato gli occhi e l'aveva guardata con una smorfia che le aveva spaccato il cuore: come se tutto il bene che le aveva dimostrato in tutto quel tempo fosse svanito in un secondo.

«Tuo padre se l'è scopata la prostituta, a quanto pare, però.» disse piatto, serrando la mascella e stringendo i pugni contro le gambe. Aveva voglia di spaccare tutto.
«Vai via, Harry» riuscì solo a dire Noel, piatta.
«Hai rovinato tutto, Noel, hai rovinato tutto.» Harry le era venuto vicino e le aveva stretto i polsi. La scuoteva, ma Noel restava piatta, con lo sguardo fisso su qualcosa dietro Harry. Non voleva più saperne.
«Vattene.» gli ripeté, liberandosi dalla sua stretta e indicandogli il punto dal quale era venuto.
Una lacrima silenziosa le solcò le guance, ma fu solo quando l'ombra di Harry si allontanò che si lasciò cadere per terra in un pianto soffocato.
Adesso era vuota.

 

Eccomi dopo un po' di tempo con questa fan fiction! Mi scuso per l'eventuale ritardo anche con l'altra mia storia, ma hanno riattaccato internet solo stamattina (per miracolo) e non ho potuto fare praticamente niente, quindi ho approfittato della noia per studiare. Tra due settimane si torna a scuola e io ancora non ho finito i compiti ma dettagli AHAH a parte gli scherzi.. volevo spiegarvi un paio di cose: Noel è innamorata di Harry, e anche se avete istinti omicida verso me e la mia protagonista, posso garantirvi che .. tra un paio di capitoli sarete soddisfatte :) capite che Anne è pur sempre la mamma di Harry, ed essendo quest'ultimo cresciuto senza di lei adesso ne ha bisogno .. cioè secondo me è proprio una cosa normale, poi se voi lo considerate incoerente pazienza, me ne farò una ragione AHAHAH
Spero vi sia piaciuto il capitolo e boh, vi mando un abbraccio e vi lascio con la mia gif preferita
Ari

 
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Capitolo 16
*** XVI ***


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I never hit so hard in love
 

Noel Wood aveva provato una sola volta nella vita quell’orribile sensazione di vuoto che le stava attanagliando le membra, poco a poco. Aveva tredici anni e Brian Ford le aveva appena urlato contro il primo vaffanculo della sua vita. Noel era rimasta a letto per tre lunghi giorni – non era neanche andata a scuola, grazie alla speciale concessione e comprensione di sua madre – e aveva fissato il soffitto, pensando alla maniera più dolorosa per spaccare la faccia di quel sedicenne tanto prepotente che era tale Brian. 
Ma adesso, adesso era qualcosa di diverso; adesso Noel si ritrovava a camminare distratta nel cortile della scuola, insieme a quella che poteva dirsi una sua cara amica – Nastee le era sempre stata vicina, dopo tutto –, con il cuore vuoto e lo sguardo perso. 
Lo scontro con Harry non l’aveva portata a decisioni drastiche quali il non mangiare più o il vegetare da una stanza all’altra di casa sua con il pigiama per una settimana intera, ma la stava consumando giorno per giorno. Sentiva come una sorta di fitta, un male che sfiorava il limite alla bocca dello stomaco e la testa piena di pensieri. Perché si erano impelagati in quella situazione? Tutte le discussioni che nel corso di quei pochi mesi li avevano portati ad avvicinarsi improvvisamente, adesso li aveva separati in modo brusco. 
Discorsi inutili i loro, poi. Nessuno dei due avrebbe potuto aggiustare le cose tra i loro genitori, e a dir la verità, il passato sarebbe dovuto rimanere tale, senza rispolverarlo e indagarci su.
Si scostò una ciocca bionda dal viso, stringendosi il libro – tanto odiato – di letteratura inglese al petto e sospirando profondamente. Camminare in mezzo a tutte quelle persone le metteva ancor più ansia di quella che aveva normalmente: la “perdita” di Harry non era un fatto tanto sconvolgente ma Noel, ora più che mai, si sentiva come se avesse perso un pezzo del suo duro cuore.
«Sei sicura di stare bene?» chiese la sua migliore amica, sfiorandole il braccio con il dorso della mano. Nastee era sempre stata molto protettiva nei confronti della bionda amica e vederla così distrutta – lei non gliene aveva parlato, ma Greg le aveva riferito qualcosa – la faceva sentire quasi in colpa. 
«Sto benissimo» mormorò lei, accennando un flebile sorriso e tornando a guardare un punto impreciso in mezzo alla folla.
Sul piccolo muretto di cemento, proprio quello in fondo al piccolo cortile della scuola superiore, Harry Styles stava fumando la sua – sicuro come la morte – cinquantesima sigaretta della giornata.
 Una maglietta multicolore – più sui toni del fucsia e del giallo evidenziatore – gli sbucava dai soliti jeans strappati sulle ginocchia che indossava quasi ogni giorno. La schiena curva, le gambe penzoloni e i ricci di qualche centimetro più corti. Gli occhi verdi scrutavano attenti la situazione del cortile mentre un biondissimo Niall Horan gesticolava vorticosamente di fronte a lui, probabilmente intento a raccontargli qualche particolare divertente.
Lo sguardo immerso e solenne del riccio costrinsero il cuore della bionda a battere sempre con più frequenza. Noel teneva davvero tanto a quello stupido ragazzo. Poteva dirsene quasi innamorata.
Senza quasi.
«Vuoi che andiamo?» domandò Nastee, lasciandole capire che forse, sapeva qualcosa sulla sua situazione attuale.
Noel fece un cenno di dissenso quasi impercettibile col capo e continuò a camminare a fianco dell’amica, senza staccare le iridi chiare da Harry Styles. In quello stesso momento, anch’egli si girò verso di lei, in maniera del tutto disinteressata. Quando si rese conto di chi avesse davanti, dilatò le pupille e la fissò intensamente. Gli mancava in una maniera quasi malata.
Gli mancavano le sue carezze, gli mancava rubarle i baci e farla ridere.
Gli mancava da morire, nonostante non fosse passato che un misero giorno. 
«Che hai?» domandò Niall Horan, voltandosi di scatto; appena si rese conto di chi il suo migliore amico stesse fissando così intensamente, assottigliò le labbra e si portò entrambe le mani alle tempie «È possibile che non riusciate a staccarvi neanche per un giorno?».
Ovviamente, Harry non rispose. La sigaretta era ormai finita, senza che quest’ultimo ne avesse assaporato gli ultimi tiri, e bruciava imperterrita tra le dita lunghe ed esili del riccio, che sembrava non farci particolarmente caso. I suoi occhi verdi erano fissi sulla figura snella di Noel, che continuava a camminare seguita da Anastasia Perwinkle, ragazza pressoché insignificante e conosciuta da tutti come la più pettegola di tutta Manchester.
La cosa che più colpiva Harry al momento, però, non era tanto la Perwinkle che, al suo fianco, tentava di trascinarla dentro la scuola, bensì lo sguardo assente di Noel fisso sul suo. Non uno sguardo si sfida, non uno sguardo compassionevole né particolarmente sentimentale. Era semplicemente lo sguardo assente di una ragazza che non mostrava a nessuno quel che realmente provava.
Anche Harry l’analizzò da capo a piedi: riusciva ad apprezzare tutto di Noel, persino il modo buffo in cui la camicia color fango era abbinata ad un paio di Vans consumate e verde mela; o anche il modo strano in cui i suoi capelli biondi e abbastanza rovinati dalle tinte erano tenuti insieme da una matita mordicchiata.
«Ma la smetti di fissarla? Sembri il maniaco di quei film horror che mi costringi a guardare a volte» disse Niall, strattonando l’amico e costringendo a distogliere lo sguardo da quella che avrebbe voluto essere la sua ragazza. 
Un brivido gli percorse la schiena e le membra quando, dopo esser stato distratto dal suo biondo amico, non la vide più.
«Sei una testa di cazzo.» si lasciò sfuggire Harry, scendendo dal muretto e calpestando con rabbia il mozzicone della Lucky Strike ormai ridotta all’osso.

Noel si lasciò cadere sulla sedia scomoda dell’aula di letteratura con una lentezza inesorabile: in quel momento avrebbe voluto essere da qualsiasi parte – sì, anche nel laboratorio di chimica col professor Cowell – tranne che lì. Non avrebbe potuto sopportare le urla gracchianti di Mrs White e le occhiatacce del suo tirocinante, Louis, con cui passava un paio di pomeriggi a settimana per recuperare. 
Ma quello che l’irritava di più non erano né Mrs White né Louis Tomlinson. Purtroppo per lei, le ore di letteratura era costrette a passarle sempre con Harry, che in quel momento aveva appena varcato la soglia.
«Era ora, Styles!» esclamò infastidita Mrs White, alla quale Harry rispose con un cenno sbrigativo della mano. Questi esaminò più e più volte lo spazio angusto dell’aula, constatando infine che l’unico posto disponibile si trovava proprio accanto a Noel, che di certo non avrebbe gradito la sua compagnia.
Maledetto Niall! Anche sta volta il suo ritardo era stato causato da lui e dai suoi infiniti discorsi sul GTA appena uscito.
«Non ha intenzione di accomodarsi, oggi, Styles?» insistette la professoressa, che pochi attimi prima gli aveva già intimato di prendere posto accanto a Noel. 
Fece un cenno con il capo, sospirando e incamminandosi con il suo zaino malmesso su una sola spalla verso il banco della bionda, che si muoveva nervosamente sulla sedia, stringendosi le mani per impedire al ragazzo di scorgere il suo tremore. 
Faceva sempre così Noel, per mascherare il suo nervosismo. Peccato però, che stranamente Harry riusciva a smascherarlo la maggior parte delle volte: anche adesso, aveva preso ad osservare le pieghe della sua fronte corrugata e il broncio che aveva messo su, leggermente arrossato.
Il riccio si sedette lentamente sulla sedia e non la degnò di un minimo sguardo: sapeva che al momento non era la cosa migliore da fare per entrambi. Non poteva permettersi di fissarla com’era accaduto pochi minuti prima in cortile, la distanza di sicurezza era stato bruscamente annullata ed Harry avrebbe rischiato di rimetterci la pelle. Il ragazzo riuscì a reprimere un risolino, causato da quel pensiero e aprì il libro di letteratura dal quale quello strano e giovane tirocinante stava leggendo un sonetto particolarmente complicato.
Noel non si muoveva, a volte si rendeva conto, a causa delle guance gonfie ed arrossate, di stare addirittura trattenendo il respiro; allora si girava dall’altra parte, magari esponendosi agli sguardi indiscreti di Matt Tiger, un suo segreto ammiratore, e buttava fuori il fiato, attenta a non farsi sentire da Harry, che continuava a seguire la lezione attento, con una mano sotto il mento e sbattendo le palpebre più velocemente di quanto fosse normale.
La bionda lo guardava poche volte, e sempre con la coda dell’occhio, cercando di non avvicinarglisi troppo: avrebbe rischiato di sentire il suo profumo e di sfiorargli la spalla, o magari il braccio.
Harry invece, era riuscito a guardarla una sola volta nel corso della lezione e aveva avuto una voglia irrefrenabile di stringerle la mano e baciarle le dita una ad una; aveva però represso quell’istinto e aveva deglutito forse un po’ troppo rumorosamente. 

Il suono improvviso e tremendamente metallico della campanella aveva segnato da un paio di secondi la fine di quella che per Noel, era stata la lezione più lunga di tutto il quadrimestre. 
Sospirò, e rilasciò ancora una volta l’aria che aveva trattenuto nei polmoni negli ultimi minuti e si alzò di scatto dalla sedia, afferrando con nervosismo penne, matite e libri e infilando tutto alla rinfusa nella piccola cartella color cuoio, prima per terra.
Harry non l’aveva osservata neanche con la coda dell’occhio stavolta, perché non aveva voglia di metterla in imbarazzo ancora una volta.
Quando però, sentì Noel sgusciare via dall’aula frettolosamente e con gli occhi lucidi – questo l’aveva visto, sì – non ce l’aveva fatta, e aveva fatto cadere la sua testa sul banco.
Non potevano continuare così ancora per molto.

 
Praticamente non ho scuse, però .. SCUSATEMI per l'infinito ritardo nel postare ma è iniziata la scuola da ormai quasi un mese e non ho avuto minimamente il tempo per dedicarmi alle mie storie. Oltretutto non ho neanche parecchia ispirazione (perdonatemi se questo capitolo vi fa schifo, ma...) e sono sommersa dagli impegni. Scusatemi ancora, quindi.
Vi lascio con questa gif che io trovo meravigliosa di Miley. Immaginate ovviamente che abbia i capelli lunghi, perdonatemi, ma la trovavo perfetta. 
Un bacio enorme,
Ari

 
s

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Capitolo 17
*** XVII ***



  d

 

Raggiungere Noel non gli era mai sembrato più difficile: aveva aspettato, aspettato e ancora aspettato una sua maledetta chiamata, ma Harry, dopo esattamente quindici giorni senza il suo profumo, senza la sua pelle, non ce l’aveva più fatta. Aveva preso la moto, il casco malandato e aveva raggiunto casa Wood pronto ad affrontarla; il desiderio di toccare, vedere Noel era più forte di qualsiasi altra cosa anche se questo avrebbe comportato litigi o discussioni.
Scese dalla moto mettendosi una mano tra i capelli arruffati e constatando l’assenza delle macchine eleganti dei coniugi Wood: come avrebbe potuto farsi aprire? Noel non gli avrebbe mai permesso di entrare a casa sua.
Girò intorno al perimetro della casa e si fermò proprio sotto la sua stanza: quest’ultima era situata al primo piano ed era l’unica stanza ad essere collegata al piano di sotto con una sorta di balconcino bianco che poteva essere facilmente – beh, facile non era proprio la parola adatta – “scalato”. Prima di affrontare l’impresa, il riccio si fermò e appoggiò le spalle contro l’intonaco color crema della parete e sospirò: perché la sua vita doveva essere sempre una continua sfida? Noel era arrivata prepotentemente, prima nei suoi sogni, dove si divertiva a farlo scervellare e impazzire, poi nella sua quotidianità, riuscendo a farlo confondere e spaccandogli il cuore.
«Dannazione!» esclamò, pensando ad una delle tante discussioni che aveva avuto con Niall qualche giorno prima. L’irlandese lo conosceva meglio di chiunque altro e sapeva benissimo quanto si stesse tormentando in quel momento; era stato proprio lui, infatti, a suggerirgli di raggiungere Noel anche solo per provare a parlarle: non era giusto che i loro forti sentimenti venissero ostacolati da situazioni familiari che, in fondo, neanche li riguardavano.
Harry, deciso, cominciò quindi a raggiungere la stanza di Noel dal balcone: non provò neanche a suonare o a chiamarla al telefono, c aveva già tentato più volte senza mai ottenere una risposta.
Una volta giunto – dopo sforzi esorbitanti – sul balcone di Noel, si appiattì alla parete e la guardò di nascosto: era ferma, sdraiata sul suo letto, con le guance rosee rigate dalle lacrime e con il telefono tra le mani. Fu un colpo al cuore: Harry odiava vedere piangere Noel: era capitato soltanto raramente, uno di quei giorni in cui era stressata per via dei troppi compiti o per via dei rimproveri continui di suo padre, ed Harry odiava, odiava profondamente vederla singhiozzare e rovinare il suo bel volto con quelle lacrime dettate dallo stress e dall'insoddisfazione. A maggior ragione, in quel momento, Harry avvertì un forte dolore al petto: la visione di Noel, quella che probabilmente era l'unica ragazza che aveva mai amato sul serio, piangente gli spaccava il cuore. Mosse un piede verso la porta finestra della stanza e l'aprì, approfittando della fessura che la ragazza aveva lasciato.
Quando Noel percepì la presenza di Harry nella stanza, sussultò: aveva perso un battito alla sua vista. Era lì, bello come il sole, con i jeans neri strappati sulle ginocchia e una camicia a quadri che aveva messo Dio solo sa quante volte. Sorrise amaramente, cercando di reprimere tutta la voglia di abbracciarlo e baciarlo di quel momento, si alzò, tirpò su con il naso e si stagliò di fronte a lui, fronteggiandolo.
Lo guardò intensamente, piantando le iridi chiare sulle sue e assottigliando lo sguardo: evitarlo per due settimane era stata una mossa sbagliata per il suo cuore, ma al suo cervello forse, aveva fatto bene. Harry le era entrato dentro, in ogni particella del suo corpo, tanto che stargli lontano costituiva una vera e propria sofferenza fisica.
Dopo dieci minuti buoni, Harry si decise a muovere un altro passo decisivo verso di lei: Noel, sopraffatta dalla sua presenza, si fiondò tra le sue braccia tanto velocemente che il riccio, stupito e meravigliato da quel gesto, faticò pure a richiudere immediatamente le braccia sulla sua schiena. Fece appoggiare solo dopo il capo di Noel sul suo petto e la sentì respirare, in silenzio, mentre le lacrime insistenti della ragazza gli bagnavano la camicia e gli bruciavano il corpo.
«Perché sei qui?» domandò Noel, alzando lo sguardo e guardandolo in viso: Harry era esattamente quello che lei aveva sempre cercato, e adesso, guardarlo, mentre quell'espressione seria gli induriva i tratti solitamente gentili, le faceva capire quanto effettivamente ne fosse innamorata.
Innamorata di ogni centimetro della sua pelle, innamorata di qualsiasi suo difetto, innamorata del tono della sua voce, delle sue mani che la stringevano e delle sue labbra piene e rosee.
«Perché io non riesco a starti lontano, Noel» rispose d'un tratto, facendola sussultare di poco.
Doveva dirle la verità, doveva dire tutto quello che provava e cercare di risolvere la situazione tra loro due.
«E se non fossimo destinati a stare insieme, Harry?» domandò la bionda, abbassando lo sguardo e allontanandosi da lui. Si era lasciata andare troppo facilmente, dimenticandosi tutto quello che si erano detti durante quella litigata, e di tutti i problemi che aleggiavano fra di loro.
«Che il destino si fotta!» esclamò adirato, cercando di nascondere tutta la rabbia che provava per quella situazione che andava facendosi sempre più pesante.
«Noel, non capisci che ormai per me sei più che una persona con cui mi trovo bene, non sei più una semplice ragazza con cui passare il sabato sera o con la quale guardare un film quando mi annoio!» la voce di Harry si era fatta più alta, non urlava, ma si era fatto prendere dai suoi impetuosi sentimenti «Non sei una semplice Jessica, o Claire, o Chloe, cazzo! Tu mi fai felice, quando mi abbracci il mio cuore scoppia e chi se ne frega se i nostri genitori hanno dei casini. Perché non dovremmo viverci e basta?» chiese, gesticolando.
Noel non sapeva se essere spaventata o meravigliata da quelle rivelazioni e abbassò di nuovo lo sguardo: perché non riusciva a parlare di fronte a quelle confessioni? Perché non riusciva a dire ad Harry quello che davvero provava?
Noel era sempre stata così: cercava di sembrare simpatica e onesta con tutti, cercava di essere una buona amica ed una buona fidanzata, ma permetteva solo a sé stessa di guardarsi nel profondo. Solo lei si conosceva davvero.
«Permettimi di far parte della tua vita, Noel».
Le gambe le vacillarono, le diventarono molle e la costrinsero a lasciarsi cadere sul materasso. Odiava le confessioni, odiava sentirsi vulnerabile e odiava sentire gli occhi pungere e la vista annebbiarsi: piangeva raramente per questioni che coinvolgevano il cuore, ma vedere Harry di fronte a lei le distruggeva qualsiasi barriera psicologica.
Successe tutto in un attimo, in una frazione di secondo: Harry si inginocchiò di fronte a lei, le prese il viso tra le mani e la baciò con impeto. Desiderava baciarla ed averla tra le braccia da troppo tempo, e l'improvviso contatto con Noel gli inebriò i sensi. Harry amava Noel con tutto il suo cuore, e ogni qual volta le fosse vicino se ne rendeva sempre più conto.
Noel premette le mani sul petto di Harry e gli carezzò delicatamente la pelle, mentre lo baciava senza neanche prendere un attimo fiato. Ogni tanto apriva un po' gli occhi per sbirciare il viso dolce di Harry contratto e concentrato. Era innamorata di qualsiasi tratto del suo viso, della sua pelle morbida e dei suoi occhi gentili.
Indietreggiò sul letto e lasciò che Harry la seguisse: il suo comportamento era chiaramente dettato dalla passione di quel bacio, dall'ardore dei loro corpi e dal desiderio che rischiava di esplodere da un momento all'altro. In un attimo furono tremendamente vicini: le mani di Noel accarezzavano il corpo bollente di Harry e lui la baciava come se non avesse altro desiderio.
«Io...» provò a dire Harry, staccandosi dalle sue labbra solo per fiondarsi sul suo collo e lasciarle piccoli baci.
«Harry io...»
«Io...»
«Ti amo» dissero entrambi, all'unisono. Il corpo di Harry si irrigidì per un momento, piantò i gomiti sul materasso, ma non ci volle molto e cadde di nuovo su Noel, bramoso di lei, della sua pelle, dei suoi capelli e delle sue piccole mani.
Un secondo, forse un minuto, o chissà dopo quanto, furono solo loro, pelle contro pelle, cuore contro cuore, anima contro anima.
Fusi. Insieme.
Erano una sola persona, ora.

Anastasia camminava avanti e indietro per la sua stanza con il telefono di casa in mano e con la testa piena di pensieri: perché Noel non le stava rispondendo? La sapeva sola a casa ed era proprio per questo che l'aveva invitata a passare la notte da lei. Si stava facendo buio e lei cominciava a preoccuparsi per la sua migliore amica. Che le fosse successo qualcosa? Che si fosse sentita male? No, a questo Nastee non voleva neanche pensare: d'altronde però, con Harry non aveva chiarito e l'ultima volta che si erano viste, Noel le aveva ribadito ancora che l'interesse nei confronti del riccio Styles era svanito del tutto dopo il loro ultimo litigio.
Quindi, eliminato Harry, Nastee sentiva la preoccupazione crescere sempre di più: era sempre stata una persona molto apprensiva, in più sapeva che Noel fosse in una situazione poco stabile al momento. Che fosse scappata?
Nastee digitò quindi il numero del suo ragazzo - lo sapeva ormai a memoria - sul telefono e attese di riconoscere la sua voce all'altro capo.
«Greg, ho un grosso problema!» esclamò, non badando alla voce assonata del maggiore degli Horan.
«Spero sia importante, stavo riposando beatamente.» disse, e Nastee lo vedeva già alzarsi dal letto e scompigliarsi i capelli scuri.
«Noel doveva venire da me più o meno tre ore fa e non si è ancora fatta viva!»
Anastasia era conosciuta da tutti come esuberante, estroversa ma fin troppo esagerata: aveva il potere di ingrandire ogni situazione in maniera spropositata e Greg, dopo anni e anni, aveva ormai imparato ad apprezzare anche questo suo lato.
«Nastee, ma stai tranquilla! Niall mi ha detto che Harry è andata a trovarla per chiarire» spiegò Greg, lasciando spiazzata la ragazza, che ebbe bisogno di appoggiarsi alla parete, per capire un attimo la situazione: Harry era andato a chiarire con Noel e dopo tre ore buone ancora non era ritornato a casa? Le opzioni erano due: o era stato davvero sfortunato e adesso Noel lo stava riempendo di pugni e calci, o...
«Nastee, ascoltami, lasciali stare. Fatti una camomilla che tra dieci minuti vengo con i croissants, okay?» domandò retorico Greg.
«Va bene».
Certo che quei due erano decisamente molto, ma molto strani.



Mi odiate tutti profondamente e io vi do ragione! Ahah purtroppo in questo periodo ho dovuto tralasciare questa fan fiction per ragioni che non sto qui a spiegarvi. La scuola ha la precedenza su tutto e in più ho anche quasi tutti i pomeriggi impegnati - non solo per lo studio - quindi, piuttosto di far finire malamente questa storia, che personalmente adoro, ho deciso di prendermi una pausa :) Spero che vi ricordiate di Noel ed Harry e del perché del loro litigio. Ho voluto inserire questa scena - vi prego ditemi che l'avete capita e che non vi è sembrata fuori luogo perché mi vergogno come una pazza - perché la tensione tra i miei due personaggi era papabile. Vi prego, non giudicatemi maniaca o cose del genere AHAH
Non mi dilungi più di tanto perché devo aiutare mia madre a preparare per stasera, buon Natale a tutti voi e a tutte le vostre famiglie!
ps. prometto di essere più veloce con gli aggiornamenti e soprattutto prometto di finire entro le vacanze! (mancano solo 3 capitoli!)
Un bacio enorme,
Ari

s



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Capitolo 18
*** XVIII ***



  d


 
Harry Styles non aveva mai preso in considerazione l’idea che la mattina potesse essere qualcosa di, in qualche modo, piacevole; ma quel giorno, a petto nudo – certo, cominciava a sentire un po’ di freddo dato che era per metà scoperto -, con le braccia di Noel intorno alla vita e con i ricci sparsi sul suo cuscino si sentiva veramente bene forse per la prima volta dopo tanto tempo.
Si erano detti tante cose, avevano parlato, riso, fatto l’amore e a Noel era venuto pure da piangere, ad un certo momento ma in quel momento, come mai, aveva la certezza di essere felice con lei.
Si stropicciò gli occhi, attento a non dare gomitate o calci alla bionda che ancora dormiva, con le labbra schiuse, i capelli davanti al viso e una gamba attorcigliata al suo fianco. Rise, guardò il soffitto per qualche secondo e solo dopo dieci minuti le baciò la fronte, pur non volendola svegliare.
«Buongiorno» mormorò però Noel, un paio di secondi dopo, schiudendo gli occhi azzurri e sorridendo.
Non si era mai risvegliata così bene, ma il pensiero della notte precedente la fece arrossire non poco, trovando anche sotto le sue mani il petto nudo di Harry e le gambe così vicine alle sue.
«Buongiorno, fiorellino» rispose lui, scostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sorridendole di rimando. Era bellissima anche la mattina presto, con gli occhi circondati di nero, le labbra rosse e screpolate e i capelli disordinati, ma non gliel’avrebbe detto. Non gliel’avrebbe detto perché in fondo Harry cominciava a sentirsi un po’ troppo innamorato, un po’ troppo sdolcinato, un po’ troppo e basta. Le sicurezze che aveva dato a Noel erano davvero tante, e dopo la notte scorsa le aveva dato l’ennesima dimostrazione. Sì, anche lei aveva confessato di essere innamorata di lui, ma Harry per adesso si sarebbe limitato a baciarla ogni qual volta lo desiderasse e ad abbracciarla ogni minuto per sentire il suo profumo forte. Troppe sicurezze, d’altronde, possono sempre portare a qualcosa di spiacevole.
«Parli nel sonno, non sei così delicata come pensavo, comunque» scherzò Harry, che per quest’uscita si guadagnò un pizzicotto sulla pancia e un buffetto sulla guancia.
«La prossima volta altro che parlare nel sonno, ti tiro talmente tanti calci che ti ritrovi i lividi!» esclamò.
La prossima volta.
Harry sorrise, e nel suo sorriso non c’erano né malizia né furbizia di alcun genere.
La prossima volta.
Era una promessa bella e buona. Implicita ma solida. Come le persone che quando ti danno la buonanotte magari ti dicono “a domani” e tu sorridi perché sai di poterci davvero contare. Perché domani quella certa persona sarà ancora a fianco a te pronta a baciarti, a supportarti e a sentirti parlare quanto vuoi; e adesso Noel, anche se probabilmente non se n’era affatto resa conto aveva fatto la stessa identica cosa: aveva promesso ad Harry che avrebbero di nuovo dormito insieme, che l’avrebbe sentita di nuovo parlare nel sonno o magari anche russare.
Era bello, da dire.
«Harry?» chiese lei, quasi per richiamarlo da quel groviglio di pensieri che aveva nel cervello.
Il riccio stava infatti fissando un punto impreciso da un paio di minuti e Noel nel frattempo lo aveva minacciato in tutte le lingue del mondo.
«Fiorellino?»
«Ma non mi hai ascoltata?» domandò indispettita. Cominciavano bene! Neanche stava ad ascoltarla.
«Oh, non sbuffare! Stavo solo pensando» la voce di Harry di mattina assumeva un tono ancor più basso, e Noel si ritrovò a pensare quanto sexy – si vergognò non poco per questo – la sua risata e ad arrossire ancora una volta.
«Perché, tu sei in grado di pensare?»
«Se non la smetti immediatamente ti butto giù dal letto»  la minacciò, pizzicandole un fianco e facendola indispettire ancor di più. Certo, Noel non era proprio una delle persone più docili e calme del pianeta, ma ad Harry piaceva da morire il suo diventare improvvisamente nervosa e permalosa quando la stuzzicava.
«Non so come questo sia possibile dato che io sono la ragazza più forte non solo di Manchester, ma di tutto il Regno Unito!» esclamò.
Talvolta aveva delle manie di protagonismo un po’ strane ma Harry sapeva bene che la convinzione che dimostrava era dettata solo ed esclusivamente da un’insicurezza spaventosa.
«Sei anche la più rompicoglioni, se proprio lo vuoi sapere» disse il ragazzo, lasciandole un bacio sul naso e avvicinandosi a lei ancora di più. La strinse forte per qualche secondo e poi, con uno scatto decisamente improvviso le si ritrovò di sopra, e cominciò a farle il solletico.
«Brutto bastardo!» urlò lei, dimenandosi tra le lenzuola candide e cercando di sfuggire alla presa salda di Harry – operazione quasi impossibile. Cominciò a ridere così forte che prese a lacrimare; solo dopo un quarto d’ora Harry la smise, fiondandosi sulle sue labbra.
«Dimmi quello che mi hai detto ieri notte» la sollecitò lui, puntellandosi sui gomiti e guardando le sue guance arrossate e i suoi occhi ancora lucidi per le risate.
«No»
«Dai» rise.
«Ma che vuoi?! Non mi sembra il caso di dare troppe soddisfazioni a Mr Sonoilpiùbellodelmondo Styles!» borbottò Noel, coprendosi il busto – seppur fasciato da una canottiera – con il lenzuolo. Scherzava, gliel’avrebbe ripetuto duecento volte consecutivamente se lui gliel’avrebbe chiesto, ma il modo in cui Harry arricciava il naso quando era contrariato, o il suo sorriso sghembo di quando tramava qualcosa erano troppo irresistibili per cedere.
«Tanto lo so già che sono l’unico per te» rispose, spavaldo «meno male che sai che sono il più bello del mondo!».
«Guarda che recentemente ho fatto qualche pensierino sul tuo amico Niall, non è che sia poi così male…» lo provocò, ricevendo per tutta risposta un morso sul braccio, che la fece sobbalzare.
«Mi ucciderai, così!» esclamò, divertita, lasciandogli un bacio sulle labbra un secondo dopo.
All’improvviso, un rumore inaspettato li fece trasalire: Harry si mise a sedere sul letto e Noel temette di stare per avere un collasso. I suoi genitori non sarebbero dovuti rientrare prima del giorno dopo e i due avevano appena sentito la porta d’ingresso sbattere.
Rimasero in silenzio per alcuni istanti, pietrificati sul letto, e Noel sperò con tutte le forze che chi stesse salendo le scale e stesse aprendo la porta di camera sua fosse sua madre.
«Noel, sono rientrato prima  e-» Paul Wood si bloccò improvvisamente. Sua figlia di diciotto anni, sdraiata nello stesso letto di quel cretino del figlio di Desmond Styles. Sua figlia, la sua unica figlia della quale era segretamente geloso. Molto.
«Papà posso spiegarti tutto-» non riuscì neanche Noel a completare il suo discordo in quanto suo padre si era mosso velocemente verso Harry, l’aveva preso da un braccio e da seminudo qual’era – indossava solo un paio di boxer – l’aveva trascinato fino all’ingresso di casa Wood con in mano solo le sue Nike consumate che aveva appena fatto in tempo a prendere.
«Non ti fare rivedere mai più, lurido schifoso!» aveva esclamato Paul una volta cacciato Harry di casa.
Aveva poi risalito le scale fino alla camera di sua figlia, l’aveva guardata con occhi carichi di disprezzo e le aveva detto: «Ti avevo chiesto soltanto una cosa, sei un’enorme e immensa delusione».
E tutta la felicità, tutta la tranquillità di quella domenica mattina erano stati cancellati.

Paul era stato così arrabbiato solo un paio di volte in vita sua, ma aver visto sua figlia praticamente nuda accanto a quel ragazzo – che per di più era uno Styles – l’aveva quasi fatto impazzire. Aveva segregato sua figlia in casa, in punizione per almeno quarant’anni ed era uscito, senza neanche preoccuparsi di indossare il cappotto, diretto a casa di Des Styles, intenzionato a spaccare la faccia a questo, per non essersi preoccupato del patto, e al figlio che aveva stravolto la tranquillità – apparente – della famiglia Wood.
Suonò ripetutamente il campanello di quella casa che conosceva fin troppo bene e quando la porta si aprì rimase letteralmente a bocca aperta. Che diavolo stava succedendo? La sua vita stava cominciando a prendere una piega davvero bizzarra.
«Anne?!» esclamò lui, strabuzzando gli occhi e assumendo un’espressione contrita. Rivederla aveva sempre un certo effetto su di lui, ma provò a nasconderlo perché non era opportuno.
«Non mi dire che sei sorpreso di vedermi qui» rispose, quasi prevedendo lo stupore di quell’uomo che per anni aveva amato.
«Hai ripreso il tuo matrimonio?» chiese sarcastico Paul, guardandola dalla testa ai piedi.
«Sto cercando di rimettere le cose a posto con i miei figli, sai Matilde è in riformatorio e spero che da qui a poco le cose cambino» disse, con un velo di tristezza nello sguardo «ma che ci fai qui?».
«E me lo chiedi pure? Ho trovato tuo figlio spalmato su mia figlia, nel suo letto, stamattina e tu mi chiedi cosa ci faccio io qui?!» la rabbia che per un momento la figura di Anne Cox era riuscita ad attenuare era esplosa in forma ancor più grave, tanto che l’uomo adesso aveva le guance completamente rosse e le vene del collo evidenti.
«Ancora con questa storia di Harry e Noel? Ma siamo nel Cinquecento, Paul?» domandò retorica ed annoiata Anne, appoggiandosi allo stipite della porta e sistemandosi il grembiule.
«Mia figlia non deve avere niente a che fare con tuo figlio, perché non volete capirlo?!» esclamò, esasperato.
Gli sembrava che tutto il mondo fosse contro di lui! In fondo non stava chiedendo niente di eclatante: odiava l’idea di vedere Noel accanto al figlio di una delle persone che detestava più al mondo per aver sposato la donna dei suoi sogni. Perché era così tanto sbagliato? Certo, era un pensiero abbastanza egoista, ma Noel era ancora giovane e sicuramente non era innamorata di quel riccio scapestrato, bocciato non si sa quante volte.
«So a cosa stai pensando, Paul, ma devi lasciare i tuoi pensieri egoisti da parte, stavolta. Mio figlio è innamorato perso di tua figlia, e anche se non gli sono stata accanto quasi per niente, è pur sempre sangue del mio sangue, e ho riconosciuto il suo sguardo quando l’altro giorno si è confidato con me. Fidati».
Paul non voleva crederle, anche se in fondo al suo cuore sapeva quanto stesse sbagliando, quanto stesse negando a Noel la possibilità di essere davvero felice per la sua stupida gelosia da padre e per i suoi pensieri egoistici da adolescente.
«Dà loro una possibilità, che male fanno? Noel ha diciotto anni, Harry diciannove. Chi sei tu per ostacolare i loro desideri? Sei ridicolo quando fai certe cose, Paul, non ti capisco. E quella stupida di tua moglie Bianca che ti asseconda pure!» esclamò, mettendosi a braccia conserte e guardandolo con sguardo di rimprovero.
«Forza, vai a casa e dì a Noel di non preoccuparsi. So che stai pensando che ho ragione e so bene che ora mi darai le spalle e te ne andrai perché ho osato ferire il tuo orgoglio, ma fallo».
Paul Wood girò i tacchi, le diede le spalle e si infilò nella sua Porsche Carrera. Afferrò il volante con tutta la forza che aveva in corpo e ritornò a casa sua, con  la fronte sudata e il battito del cuore accelerato.
Ah, l’amore.
 

Buonasera! Non mi dilungo molto stavolta perché non ho il tempo né la voglia di farlo! Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia deluso. Le cose tra Harry e Noel andranno decisamente meglio d'ora in poi anche se ci stiamo avviando alla conclusione, mancano solo due capitoli.
Vi abbraccio,
Ari

 
s

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