What if you

di DonnyBoy91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Fuoco d'artificio ***
Capitolo 3: *** Wild And Free ***
Capitolo 4: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** Prologo ***





 
 

 

Questo scritto non è a scopo di lucro, i personaggi non mi appartengono e non voglio in alcun modo offenderli o rappresentare la realtà veritiera dei fatti.

Ps. Sono consapevole che nella realtà Lottie è più piccola di Louis ma mi serviva ai fini della storia renderla la sorella maggiore.





 

1. Prologo





Era un vortice di cui pensavi di poterne avere il controllo, da cui pensavi di uscirne da un giorno all'altro, così, intatto, sano, salvo.
Pensi che sia un qualcosa che ti faccia stare bene ma non ti crei dipendenza. Qualcosa che non nuoccia alla salute, che in qualche modo, psicologicamente e fisicamente, ti faccia rimanere così come sei.
E non credevi alle prediche altrui, le ramanzine, i soliti "Non entrarne, non ne esci più" perché è vero che fin quando non provi una cosa sulla tua stessa pelle non ti rendi conto di quanto sia importante o pericolosa.

Solo che pensi di sentirti felice, diventi socievole, spari minchiate a non finire, chiacchieri e sei anche simpatico.
Ti crei una personalità fittizia di cui poi ti accorgi di non poter fare a meno. Pensi di essere tu, ne sei convinto, ma in realtà è quello che sei diventato. E che, in qualche modo, non riconosci più.
Ti cambia, ti rende una persona diversa. Nel mentre ti costruisci una realtà circostante che non è vera, non è reale, anche se ti sembra che lo sia.
La ragione va a puttane, i sensi altrettanto, e giorno dopo giorno la situazione peggiora anche se non te ne rendi conto.
E' tutto amplificato, per un certo lasso di tempo la realtà ingannevole, che ti crei, è piacevole, diversa, magari quella che vorresti fosse realmente.
Ma poi dopo. Dopo ti senti scivolare la vita tra le dita e non te ne accorgi neanche.
"E' divertente", si, un divertimento che costa caro. Troppo caro. Allora te ne rendi conto troppo tardi di non poterne fare a meno, ti rendi conto troppo tardi che la droga è una realtà circostante e quando ne entri a contatto, in un modo o nell'altro, cambi.
La droga ti rende prigioniero.

 

E ciò che Harry si sentì dire sull'uscio della porta quando due uomini lo afferrarono per le braccia e lo strattonarono verso quell'auto fu "Lo faccio per il tuo bene".
E Harry, da quel momento, pensò di non solo aver perso un padre all'età di 17 anni, ma all'età di 20, anche una madre.

"Devi smettere" era ciò che continuava a rimbombare nelle orecchie di Harry.
Ma un semplice 'devi smettere' non avrebbe cambiato nulla, non avrebbe cambiato la realtà, non avrebbe cancellato il suo passato, non avrebbe cancellato nulla e probabilmente avrebbe solo riportato a galla quegli incubi che erano i ricordi, le colpe che si era attribuito e continuava ad attribuirsi nonostante il tempo passato e trapassato.

 

 

Ciò che la vita riservò per Louis fu ben diverso. Il suo non fu un gioco. Era un ragazzo normale, all'inizio. Svegliava le sue nipoti, andava all'università a seguire i suoi corsi, eseguiva ciò che sua mamma gli raccomandava, prendeva le due gemelle* dall'asilo, le preparava il pranzo, non sapendo che dopo poco la sua vita sarebbe cambiata.
Ciò che era sarebbe stato sostituito da ciò che aveva sempre giurato di non voler essere.
Quando un avvenimento ti cambia la vita, quando non riesci a poggiare la testa sul cuscino e a chiudere gli occhi senza che effluvi di quell'accaduto ti trapassino la vista è difficile andare avanti.
Quando non riesci a metterti in gioco per cambiarti la vita, per salvarti la vita, quando non vuoi farlo, entra in gioco chi desidera farlo per te. Ma di una cosa Louis era sicuro. Se lo avesse desiderato veramente, avrebbe smesso.
Se è qualcun'altro a spingerti, a farlo per te, è difficile. Diventa complicato. Più di quanto non lo sia già.

 

E il destino, il fato, ciò che regola le vite umane o semplicemente la presenza di casualità fece si che le vite dei due si incrociarono.
Due cammini così diversi eppure così simili tra loro, il non usare la vita e il tempo a proprio favore ma contro, il non voler essere consapevoli di ciò che si vive perché sfoghi su te stesso, dimentichi, cerchi e provi a dimenticare.
Ma fallisci.

Un edificio in muratura, anticipato da un cancello grigio, era quello che avrebbe rappresentato il futuro di Louis e di Harry. All'interno un lungo corridoio con pareti bianche quasi simile ad un ospedale con qualche crepa qua e là. Buchi nei muri e un odore nauseante che si faceva spazio nelle narici rendevano il tutto più orribile ed angosciante.

E quando su quel manifesto sulla parete sinistra Louis scorse quella scritta in rosso "Tutti ne escono. Passerà" in contrasto con il bianco dello sfondo, pensò che tutto passa, è ovvio che passa.
Ma dipende se passa, ti sorpassa o ti trapassa.

 

I due cammini saranno destinati ad incontrarsi, unirsi e diventarne uno?

 




___________________             _________________________________________________________________ ____

 

 

*Le gemelle sono le figlie di Lottie. Come già ho reso nota sopra so che Lottie è più piccola di Louis ma ai fini della storia avevo bisogno che fosse la sua sorella maggiore.

 

Note:

Non so neanche io come mi è uscito questo sgorbio cortissimo ma è solo il prologo e non so neanche se lo continuerò ma ho un mezzo abbozzo nella mia piccola testa che qualche volta da frutti. Ho scritto talmente di quelle cose sul mio pc che non riuscirei a contarle e questa è la prima volta che pubblico qualcosa. Abbiate pietà di me, se non vi è chiaro qualcosa basta dirlo (potete contattarmi in privato/recensire, come preferite) e cercherò di chiarire i vostri dubbi ma penso che comunque sia troppo presto per trarre delle conclusioni. So che è corto e che fa anche schifo e che probabilmente tra qualche giorno mi pentirò di aver pubblicato questa schifezza ma se non l'avessi fatto me ne sarei pentita ugualmente quindi ci provo dai ahhahaa

 

A presto e se siete arrivati fin qui, vvb <3
-Alessia

 

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Capitolo 2
*** Fuoco d'artificio ***





 
 

 

 

Capitolo 1:
FUOCO D'ARTIFICIO*

 

Ad Harry sembrava che ormai la vita non fosse più la sua. Ogni decisione era sempre presa da qualcun'altro, ma mai da lui, non aveva mai deciso per la sua vita e neanche per quella di qualcun'altro. A malapena decideva cosa fare il sabato sera, cosa ci si poteva aspettare da uno come lui. Suo padre era uno di quelli, aveva sempre deciso ciò che era giusto o non giusto senza neanche considerare ciò che gli riguardasse, era ormai un burattino i cui fili ormai erano aggrovigliati in un nodo che mai e poi mai si sarebbe srotolato. Non sapeva esattamente cosa significasse vivere, non sapeva cosa significasse essere felici per una volta, una volta soltanto, almeno per davvero e non sotto l'effetto di droghe. Sua mamma, l'unica donna nel quale aveva riposto tutta la sua fiducia, aveva preso in mano la sua vita pensando a cosa fosse opportuno, proprio come l'uomo che alla prima occasione, con le mani legate, li aveva abbandonati.

"L'ho fatto per te". Aveva sentito quella frase ben troppe volte e non aveva mai trovato il bene e il giusto in quelle azioni. E anche adesso che si aggirava per i corridoi di quella comunità anticipato dalla signora Thompson si chiedeva se anche i genitori di tutti quei ragazzi che si ritrovavano seduti a gambe incrociate in quelle sale immense ricoperte di intonaco bianco avessero deciso per loro.
Magari a sedici anni li avevano mandati a letto senza cena perché avevano scoperto il pacchetto di sigarette nella tasca più remota di quella borsa di scuola.
Magari a diciassette li avevano lasciati fuori casa perché avevano lasciato quella bustina di erba sulla scrivania prima di andare a quella festa di fine anno tanto attesa.
Magari a diciotto non gli avevano parlato per qualche giorno perché venuta fuori la loro omosessualità.

 

L'omosessualità non era mai stata un problema per uno come Harry a cui importava assolutamente poco e nulla dei giudizi altrui sul proprio conto. A 17 anni aveva baciato Nick in piazza a quella festa del quartiere. E Harry lo ricordava ancora, forse fin troppo bene per quei tre anni così difficili e travagliati, colmi e stracolmi di eventi che lo avevano successo. E ammetterlo gli era costato l'abbandono di un padre e la compassione di una sorella.

 

"Bene Harry, come penso tu abbia notato ci sono ragazzi che si aggirano all'incirca intorno ai 20-22 anni. Ognuno di loro sta seguendo lezioni e il processo di disintossicazione avverrà con il tempo, è un processo lento"

"Mi sembra di averle già spiegato che è mia mamma che mi ci manda" La interruppe Harry bruscamente. L'educazione non era mai stata il suo forte sebbene avesse avuto una madre che avrebbe voluto tramandargli i suoi sani principi. Ma da uno come Harry tutti avevano smesso di aspettarsi qualcosa.

"Dicevo, è un processo lento e richiede tempo ma con pazienza e costanza tutti ne escono"

Poi quella donna si alzò da quella sedia in pelle e si diresse verso la porta e ad Harry che si era poggiato lì accanto con una gamba accavallata all'altra.

"Sembra che lei abbia imparato questo discorso a memoria e ad ogni pover'anima che arriva lo ripeta senza neanche sapere le ragioni del perchè una persona inizia a drogarsi" seguì quella donna per quel corridoio buio con qualche neon funzionante qua e là fino ad arrivare ad una rampa di scale.
Ad ogni scalino Harry ricordò tutte quelle persone che avrebbero voluto aiutarlo, che dicevano di nutrire affetto sincero nei suoi confronti. Se non avesse prestato attenzione sarebbe inciampato nei suoi stessi piedi. E così era nella sua vita. Non aveva prestato attenzione alle persone che gli erano accanto. O forse era una di quelle cose che si ripeteva ogni giorno per non addossare la colpa a qualcun'altro.
Era così abituato a sentirsi il centro dei problemi che proprio non ci faceva più caso.

Perchè, alla fine, come si può voler bene ad una persona che non vuol bene se stessa? Ecco il primo scalino. Harry aveva visto andare via dalla sua vita tante persone ma ciò che ancora non aveva superato era l'abbandono di suo padre. Poi pensò a sua madre. Poi a Gemma, sua sorella maggiore. Poi si susseguivano Nick, Niall, Luke e Michael. La sua comitiva. Vecchia comitiva. Ad Harry non piaceva utilizzare l'aggettivo "vecchio" perché voleva ancora bene a quei piccoli figli di puttana ma quando qualcosa non funziona più bisogna lasciarla perdere. Non puoi dannarti tutta la vita. O forse non era abbastanza ciò che lo legava a loro. Ma quando in un puzzle perdi dei pezzi non puoi più continuarlo. Non avrebbe senso. Ciò che si era perso era quel divertimento, quell'armonia nello stare insieme. Ciò che funzionava anche prima della droga. E che, in un certo senso, non funzionava più.

"Questa è la tua camera" il numero 18 si faceva spazio nella parte superiore della porta in legno "La condividerai con altri tre ragazzi, è abbastanza grande per tutti" e gli porse le chiavi.

Infilò le chiavi nella serratura ed abbassò la maniglia. Ciò che gli si presentò davanti agli occhi fu ben diverso da ciò che c'era fuori. Un ampio spazio in cui erano situati sulla destra due letti a castello e sulla sinistra una poltrona. Il tutto contornato da un intonaco beige delle pareti che si intonava al tappeto spaziato per tutto il pavimento della camera.

Sperava che quei ragazzi con cui avrebbe dovuto condividere un tempo indefinito fossero non rompicoglioni.

 

E mentre tutta la sua attenzione era catturata da quelle pareti così curate e da quella finestra semi-aperta che permetteva al vento di gelare l'aria lì dentro, la maniglia di quella porta sulla destra, accanto alla poltrona, si abbassò e uscì un ragazzo. Harry lo guardò dall'alto al basso pensando di non aver visto mai nulla di più bello. Una tuta blu e un torace nudo. Ciò che subito Harry notò furono i tatuaggi che gli coloravano il braccio destro. Ad Harry erano sempre piaciuti i tatuaggi, marchiavano la pelle di qualcosa che non volevi dimenticare. Tutto ciò che Harry aveva tatuato sul suo corpo era ciò che voleva portarsi dietro tutta la vita e che non voleva in alcun modo dimenticare.

Uno sguardo spassionato fu ciò che ricevette Harry. I capelli gli ricadevano sulla fronte e gli davano le sembianze di un pulcino spennato. Era magro e basso, ma non troppo.

"Condivideremo questa stanza?" chiese Harry incapace di formulare altre frasi.

"A quanto pare si" infilò la testa nel buco della maglia e ciò fece spettinare ancor più i suoi capelli.

"Che fai? Te ne stai lì o sistemi le tue cose nei cassetti?" lo riprese allora.

 

Avrebbe dovuto condividere quella stanza con una persona come lui e il tutto era un po' angosciante. Non sapeva quanto tempo avrebbe dovuto spendere lì dentro, chiuso in quelle mura ma Harry sapeva che se non avesse avuto nessuno con cui fumare una sigaretta, magari di nascosto, se non avesse avuto una persona con cui spiccicare due parole sarebbe finito con l'impazzire. Ne era certo.

 

"Tra 10 minuti si pranza, fa in fretta se non vuoi rimanere digiuno"

Harry non si girò quando sapeva che avrebbe potuto incontrare i suoi occhi. Non voleva sapere di che colore fossero, se ne sarebbe innamorato probabilmente. Amava gli occhi, di qualunque colore, facevano trasparire lo stato d'animo di una persona . E Harry amava capire come stessero le persone. Definire il loro stato d'animo. Perché non l'aveva mai fatto con lui stesso, non riusciva mai a capire come stesse. Anche quando sembrava che tutto andasse per il meglio, che aveva una madre su cui contare, degli amici e Nick con cui scopare, non andava mai nulla bene.

Si concesse di dargli un'occhiata, di girare lo sguardo quando ormai era già di spalle e stava varcando la soglia della porta e andando via.

 

 

La mensa era già stracolma anche se era iniziata dieci minuti prima. Essere puntuale era uno dei difetti peggiori di Harry. Non riusciva a non arrivare in ritardo in qualsiasi circostanza. Ci provava, dio se ci provava, ma svegliarsi la mattina per lui era una croce. Ognuno ha una croce. Per Harry era quella. E lo sarebbero diventati anche gli occhi di Louis.

 

Gettò uno sguardo ai tavoli al centro della sala e scorse il ragazzo della camera che si portava una patatina alla bocca. Sedutosi al tavolo, ciò che ricevette fu la sua indifferenza che non spostò neanche per un secondo gli occhi dal suo vassoio. Non che Harry non avesse mai ricevuto indifferenza da qualcuno perché alla fine ciò che fai prima o poi ti viene ricambiato con la stessa moneta. E Harry non amava i detti e i proverbi.

 

"Fa sempre così schifo il cibo qui?" interruppe il silenzio Harry assaggiando una patatina dal pranzo del ragazzo. Il ragazzo dal bellissimo sorriso annuì.

"Non mi sembravi poi così timido" Harry mise un gomito su quel tavolino malandato appoggiando la testa sul palmo della sua mano "Condivideremo una stanza non so per quanto tempo e non mi dispiacerebbe se tu spiccicassi una parola"

 

Dopo un secondo che per Harry sembrò un'eternità, quel ragazzo alzò il viso regalando ad Harry la più bella visione di sempre. I suoi occhi erano di un colore indefinito, non era azzurro, non era neanche verde e non aveva neanche intenzione di scoprirlo, occhi così belli non meritavano di essere definiti, avrebbe soltanto voluto guardarlo per sempre, non importava se stessero in una mensa, se non conoscesse neanche il suo nome, se l'avesse incontrato soltanto una manciata di minuti prima. Harry era un grande osservatore. Non si limitava a vedere, ma andava oltre. Harry osservava.

 

"Non sono qui per fare amicizia"

 

E andò via. Ma Harry ci era abituato. Ciò a cui Harry non era abituato era desiderare così tanto di guardare ancora un po' negli occhi una persona. Quella persona. Quel ragazzo. Così si alzò bruscamente ottenendo l'attenzione di tutta la mensa. Ma non importava. Si sarebbero abituati anche loro.







*Fuoco d'artificio è una canzone di Alessandra Amoroso che mi piace tantissimo anche se non amo particolarmente canzoni italiane, escluse quelle vecchie: la trovate qui -------------->  
http://www.youtube.com/watch?v=Dz04vE45H_k

Note d'autore:
Buonasera innanzituttooooo.
Allora non saprei da dove partire. So che il "capitolo" (se vogliamo chiamarlo così) è corto ma ho cercato di parlare un po' di Harry. Il prossimo capitolo sarà dedicato a Louis ovviamente. Adesso sapete un po' com'è andata la vita di Harry prima che la mamma decidesse di mandarlo in comunità. Il padre l'ha abbandonato dopo aver scoperto di avere un figlio omosessuale e da lì è stato tutto in discesa. Harry aveva Nick ma scopriremo che è stato lui stesso ad indicare 'brutte strade' ad Harry ma già vi sto dicendo troppo.
Se siete arrivati fin qui e il capitolo non vi ha annoiato un applauso a voi.
Alla prossima.

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Capitolo 3
*** Wild And Free ***


 




2.  Wild And Free



 

Un paio di click dell'accendino e finalmente Louis si ritrovò ad aspirare di gusto una boccata ad occhi chiusi. Incaricava Luke controllare che non ci fosse nessuno che potesse vederlo e fumava. Fumava almeno otto o nove volte al giorno e sua mamma si chiedeva sempre cosa ne facesse di quei soldi che gli portava ogni lunedì. Quando lavorava in quel negozio di giocattoli non gli era mai pesato nulla. Poteva permettersi anche due pacchetti di sigarette al giorno, pranzava fuori quando gli andava, e se aveva un appuntamento con un uomo aveva il bisogno di pagare lui il conto. Quando smontava dal suo turno serale, cacciava fuori da quella tracolla quelle bambole di pezza che aveva comprato alle sue nipotine e gli piaceva da morire vedere gli occhi azzurri delle due che si illuminavano più di due stelle. Aspirò un'altra boccata e fissò un punto indefinito nel cielo che stava iniziando a scurirsi pensando a quanto gli mancassero quei due occhi azzurri così simili ai suoi, a quelli di sua sorella, a quanto gli mancasse quel sorriso, a quanto gli mancassero quei disegni che aveva tanto maledetto perché non aveva più idea di dove ficcarli, erano diventati fin troppi per un cassetto come quello accanto al suo letto. Allora quando si era reso conto che non avrebbe più potuto rivedere quegli occhi azzurri, aveva inziato ad incollare quei fogli di carta alle pareti di camera sua, sperando che in quel pennarello azzurro che colorava il cielo avrebbe potuto scorgere quelle iridi.

Faceva maledettamente male sapere che la causa di quel turbamento e di quel dolore che affliggevano ogni giorno la sua famiglia fosse lui. I sensi di colpa gli facevano compagnia ogni notte. Il dolore arrivava dritto al cuore come un proiettile e gli capitava, spesso, di non dormire. Sapeva che, ormai nelle braccia di Morfeo, quegli occhi gli si sarebbero presentati avanti come a ricordarglielo ancora. "Sei stato tu" "E' colpa tua". La sua vita ormai gli era scivolata dalle mani, gli era caduta, lui ci aveva provato a tenerla stretta ma era andata via. La felicità era ormai un ricordo in dissolvenza, sempre più lontana, e Louis la guardava andare via senza far nulla, non era mai stato bravo a trattenere qualcuno.

 

L'ultima boccata di fumo e gettò via con tanta prepotenza il filtro, infilandosi quel cappuccio sulla testa in modo che soltanto il ciuffo rimanesse scoperto.

 

"Louis" un tono canzonatorio lo distrasse dal calciare quei sassi in quel vialetto che portavano in comunità. La signorina Thompson a braccia incrociate avvolta in una camicia che le risaltava il seno prorompente e una gonna all'altezza dell'addome si fermò al varco della porta.

Una delle solite ramanzine non era pronto a sopportarle, uno dei soliti "Potresti aiutarmi?" lo avrebbero seccato più di quanto non lo fosse già e se non l'aveva ancora mandata a quel paese era solo perché sua madre gli aveva insegnato le buone maniere.

 

"Hai incontrato Harry? Il tuo compagno di stanza?"

 

"Si" affermò Louis "L'ho visto prima"

Harry. Bel nome Harry.

 

"Puoi parlargli?" chiese e quel tono apparve più compassionevole di quanto non lo fosse già. Poi Louis la fissò e i suoi occhi non erano cupi, gelidi, come sempre. Aveva gettato via le vesti di tiranno che tutti detestavano dentro quelle quattro mura. Almeno per quel dialogo. E Louis gliene fu grato perché quella non era una delle giornate migliori.

 

"Ma non era Liam quello che si occupava di cercare di intraprendere un dialogo con i nuovi arrivati?" Louis si agitò pensando a cosa avesse mai potuto dirgli dopo che aveva cercato di evitarlo per le quattro ore precedenti.

 

"Louis" lo ammonì la donna "ti ricordo che quella volta che Liam cercò di parlare con Zayn tornò con il labbro superiore rotto e l'occhio violaceo"

 

Cosa avrebbe mai potuto dirgli? Di cosa avrebbero mai potuto parlare? Avrebbe dovuto principalmente cercare di fargli dimenticare il suo atteggiamento scorbutico a mensa, dirgli che quello era stato solo un momento sbagliato, magari fargli pensare che fosse una persona solare e divertente, che seguisse tutti i corsi che doveva, che stesse bene, che quella terapia stesse funzionando alla grande, che solitamente alle sei del pomeriggio non si faceva portare dell'erba, che nel mondo della droga ci era entrato per sbaglio, che dopo quel-

 

"Louis" la signorina Thompson lo riprese da quello stato di trance in cui era caduto "và da lui e parlagli"

 

"No" e poi Louis girò i tacchi percorrendo quel corridoio con più fretta che poteva, con i ricordi più belli a raffiorargli la mente perché si sa, più son belli, i ricordi, più ti levigano ciò che non puoi difendere.

L'ultima volta che ho provato a parlare con il fatidico nuovo arrivato ci sono finito a letto e per due buoni mesi ho pensato di esserne innamorato avrebbe voluto rispondergli, forse avrebbe capito. Ma come puoi pretendere che gli altri capiscano ciò che non hai compreso neanche tu? Quindi andava bene così, Louis si accontentava, non andava oltre. Andò via con la voglia di restare solo per un po', in silenzio. Uno di quei silenzi che anche l'anima di Louis si concedeva. Quei silenzi che ti creavano degli abissi nel cuore, quelli che ti facevano distruggere le cose più preziose.

 

 

Harry se ne stava lì sul letto con il viso rivolto verso il materasso del letto superiore, con una mano sull'addome e un'altra a reggere il cellulare. Gli auricolari sparavano a tutto volume Shattered. Dopo due anni ancora non gli aveva dato noia ascoltarla e quando lo faceva si immaginava in circostanze completamente diverse da quelle che viveva attualmente.

Magari si immaginava in America con una casa che potesse ospitare quanti più festini possibili, con degli amici che non gli voltassero le spalle e con un ragazzo che non lo usasse solo per scoparlo.

 

Era ciò che forse all'età di 13 anni aveva immaginato della sua vita. Harry aveva sempre amato proiettarsi nel futuro ed immagnarsi il meglio sebbene sapesse che il meglio non era ciò che dovesse aspettarsi da una vita così torturata come la sua.

Ciò che la vita gli aveva serbato fu completamente l'opposto e si malediceva ogni notte per aver solo pensato che forse ci sarebbe stato qualcosa di positivo.

 

Stare lì sdraiato sul letto ad ascoltare musica cancellava qualsiasi altra immagine dalla sua testa tranne le visioni che la musica evocava in lui.

I pensieri erano ormai qualcosa in dissolvenza, non si accorgeva del resto, tanté che non si accorse della porta che sbattè violentemente provocando un tonfo dentro la stanza, non si accorse che quel ragazzo era entrato imprecando tutto e tutti fin quando non se lo ritrovò davanti impegnato a mettere un piede nella staffa giusta mentre saliva nella cuccetta superiore.

 

Fu a quel punto che Harry si tolse le cuffie dalle orecchie arrotolandole su se stesse in modo che non si formassero nodi.

 

"Non dovresti ascoltare musica a volume così alto" disse mentre si toglieva le scarpe aiutandosi con i suoi stessi piedi "Ti si potrebbero rompere i timpani"

 

"Che t'importa" sbuffò Harry.

 

"M'importa se mi diventi sordo. Pensa se sto dormendo e tu non senti la porta. O se sto al cesso"

ed Harry a quella risposta si rassicurò pensando che allora non era muto come gli aveva fatto pensare. Poi uno scricchiolio di quelle aste del letto di ferro e quel ragazzo si sporse con la testa dalla cuccetta superiore, con i capelli a mezz'aria, lasciando la visuale dei suoi occhi, troppo lontani per essere scrutati come avrebbe voluto Harry.

"Capisci Harry?"

 

Harry. E' il mio nome.

Forse metabolizzò tardi ciò che aveva appena sentito ma fatto sta che lo fece.

 

"Harry? Come sai che mi chiamo così?" esclamò il riccio forse lasciando intravedere fin troppo lo stupore e la curiosità nel suo tono.

 

"Non lo sapevo, ho tirato fuori un nome a caso ma con questa risposta me l'hai confermato" Harry non poteva vedere il suo viso ma, non seppe perchè, se lo immaginò con gli occhi socchiusi rivolti verso quel soffitto bianco panna e un accenno di sorriso tra le guance. Non sapeva neanche come fosse il suo sorriso. Ma se lo immaginava.

 

"Non ti credo" lo ammonì Harry passandosi una mano tra quei ricci ormai non più ricci ammaccati dal cuscino su cui si era poggiato.

 

"Cosa t'importa di sapere come lo so? Lo so" poi fece una pausa e sospirò ed Harry temè sul serio che avesse smesso di parlare. Stava iniziando a piacergli quella conversazione o forse no, ma dopo quattro ore o di più era riuscito a fargli formulare frasi che non fossero monosillabi "Quanto la fai lunga riccio"

 

Riccio. Così mi chiamava Nick. Non dirlo.

 

"Sai il mio nome, non ritieni che sia cosa buona e giusta che io sappia il tuo?"

 

"Louis, mi chiamo Louis"

 

E poi il silenzio calò in quella stanza. Ma quello fu diverso. Quello non fu uno di quei silenzi che ti distruggono dentro, ma fu uno di quelli che fanno bene al cuore e all'anima, quelli che ti lasciano riflettere, quelli preziosi, quelli del momento giusto. Uno di quelli che anche Louis e Harry si concedevano.

 

 

Harry non si svegliò di buon umore quella mattina. Quello che era successo la notte prima l'aveva lasciato sveglio ed era riuscito a chiudere occhio solo alle 6 del mattino. L'unica cosa positiva, forse, era che, al contrario delle sue aspettative, quei compagni di stanza che aveva tanto maledetto non erano così male.

 

00.47

Harry guardò ancora una volta lo schermo di quel cellulare coprendosi con il dorso della mano gli occhi per quanto quella luce fosse forte. Gettò uno sguardo alla finestra ancora socchiusa e teoricamente pensò che era arrivato il momento di alzarsi per chiuderla, era calata l'umidità della sera e constatò che dormire in pantaloncini non era stata una delle pensate migliori.

Le sue gambe però si rifiutavano di muoversi.

Come se dicessero 'piuttosto muori di freddo'.

 

Poi quel silenzio fu interrotto da schiamazzi, risate e gridolini nel corridoio, poi il rumore della chiave nella serratura e la luce accesa.

"Liam" "Liam ti stai fermo" "Liam cazzo" quelle parole vennero pronunciate da una voce calda e autoritaria che apparteneva ad un ragazzo moro. Il castano, invece, si faceva forza su di lui con un braccio intorno al suo collo mentre cercava di alzargli la maglia e solleticargli la pancia.

 

Occhi scuri, pelle color oliva, capelli neri con un accenno di biondo sul ciuffo.

 

"E tu chi cazzo sei?" esclamò aiutando il castano a togliersi le scarpe.

 

Harry fu ripreso da uno stato di trance e mentre stava per aprire bocca per pronunciare un 'Harry, mi chiamo Harry e dovrai condividere questa stanza con me stronzo', la voce acuta di Louis lo anticipò.

 

"Lui è Harry e quando entri fai meno casino la prossima volta"

 

"So parlare" lo stroncò Harry, apprezzando in qualunque caso il suo tentativo di rispondere al suo posto. Ma fino a prova contraria una bocca e delle corde vocali le possedeva ancora.

 

"Mi piaci" affermò il moro di spalle "Io sono Zayn" e poi si girò dopo aver definitivamente messo a letto l'altro, indubbiamente fatto o ubriaco.

 

"Ho portato della roba leggera" cacciò dalla tasca posteriore del jeans quella bustina trasparente "Componente?" si rivolse ad Harry che annuì prontamente. Come rifiutare dopo non aver fumato per 4 giorni? Prima che sua madre lo mandasse in quel posto, era stato occupato a pulire il garage di casa tutto il giorno e aveva avuto il tempo di fumare due o tre sigarette, ma Niall non gli aveva portato la roba. Stava impazzendo, lo sentiva, se non l'avesse portata Zayn in un modo o nell'altro ce l'avrebbe dovuta fare. Era concesso uscire da lì dentro una, due volte a settimana e avrebbe sfruttato quei due giorni per diventare una ciminiera di erba.

 

"Loulou al posto di fare il mestruato perché non vieni qui?" fece Zayn, inarcando il labbro inferiore assumendo una faccia da cucciolo.

 

Harry si irrigidì a quel soprannome.

 

"Scendo solo per la roba e faccio finta che tu non mi abbia chiamato Loulou" e poi si girò di spalle scendendo cautelamente, mettendo con attenzione il piede in ogni staffa.

Si sedette di fianco ad Harry, di fronte a Zayn, con la schiena poggiata al ferro del letto e il braccio a contatto con quello del riccio.

 

Zayn prese le cartine dal giubbotto in pelle poggiato alla sedia e, messa sulla sua coscia, mischiò il tabacco di quelle Winston con l'erba, poi rollò e lasciando una breve scia di saliva chiuse quella canna. Poi un'altra. Poi ancora un'altra. E un'altra ancora.

 

Un click, due click e poi tutti e tre iniziarono ad aspirare una boccata come se non ci fosse niente di più rilassante al mondo. E in effetti era così. I muscoli si rilassavano, la testa diventava più leggera e gli occhi più pesanti. Harry era abituato a fumare con la testa all'indietro, poggiata da qualche parte. Gli capitava spesso in quel cortile di sedersi su quella panca su cui aveva dato il suo primo bacio, ad una donna per giunta, con la testa gettata all'indietro sulla ringhiera. Contava le stelle, sceglieva quale fosse la più luminosa e si immaginava da tutt'altra parte.

 

Tra una battuta e l'altra, dopo aver scoperto le avventure di Zayn e Liam di quella notte, dopo aver scoperto che avessero 21 e 22 anni, nel lasso di tempo di un'ora finirono tutto.

A Zayn cominciarono a pesargli gli occhi e liquidò i due con un "Non capisco un cazzo, da quanto non mi fumavo 'sta roba" salendo sulla cuccetta superiore ancora in jeans e maglietta.

 

Harry si alzò con difficoltà da quella posizione poggiandosi prima alla spalla di Louis che sussultò a quel contatto improvviso e poi al materasso del suo letto.

 

"Vado in bagno" e con le gambe che minacciavano di crollare da un momento all'altro e con il mondo sottosopra si avviò verso quella porta.

Aveva soltanto bisogno di constatare il suo stato al momento. Era da tanto che non fumava roba leggera e abusandone pensava di non arrivare a stare così. Ma era felice di trovarsi in quello stato, non riusciva a pensare a nient'altro che "Gira tutto" ed era per quello che amava stare così. Con la testa tra le nuvole, consapevole di ciò che succede fuori ma senza avere la forza per pensarci troppo.

Poi, assorto nel suo mondo, Harry non si era accorto che Louis aveva aperto quella porta e entrato, l'aveva richiusa. Si accorse della sua presenza solo quando, avvicinatosi a quelle mattonelle, sedendosi l'aveva urtato con il suo braccio.

 

A quel punto, ripresosi da quello stato di incantamento, si girò per guardarlo pregustandosi il momento in cui avrebbe aperto gli occhi e l'avrebbe visto così, a fissarlo.

Aveva gli occhi chiusi e quelle labbra rosee, sottili incitavano Harry a fare ciò che aveva immaginato di fare dal primo momento in cui aveva messo piede in quella stanza e l'aveva visto. I lineamenti ben definiti, un accenno di barba sul mento e sulla mascella lo rendevano ancora più sexy di quanto non lo era già.

 

 

Un altro tiro ed Harry lasciò che il fumo invadesse i suoi polmoni, bruciandoli e consumandoli. Al ricordare quel momento un brivido gli percosse la spina dorsale perché quegli occhi finalmente poi li aveva guardati. Harry odiava vedere. Harry amava guardare. E ci era riuscito. Da fatto, ubriaco, sobrio o quel che poteva essere quegli occhi se li sarebbe ricordati in qualunque caso. Perché gli occhi bisogna guardarli sempre, ci si affoga dentro, ci si perde, non si sa più dove si è.*

 

 

E Harry lo sapeva. Louis aprì gli occhi lentamente e Harry fissò le sue ciglia folte che si muovevano su e giù. Poi saldò quelle iridi azzurre nelle sue smeraldo ed Harry stava per rompersi. Come un vaso, stava per frantumarsi in cocci. Aveva i contorni rossi e le palpebre pesanti. Harry guardava quegli occhi con attenzione, talmente tanto da forse saper raccontare quanto misurasse la circonferenza della sua pupilla. O che forma avessero. O addirittura avrebbe saputo contargli le ciglia. Non riusciva a decifrarne il colore, ancora. Quegli occhi meritavano di essere scrutati nei dettagli, nel profondo. Lì dentro potevi scorgerci un abisso e nel momento esatto in cui sorrise, Harry si irrigidì.

"Perché mi guardi così?" lo riprese Louis pensando che forse avrebbe potuto leggergli nel pensiero, forse avrebbe potuto leggergli quel ho voglia di baciarti, perché indubbiamente gli si leggeva negli occhi.

 

"I tuoi occhi" fece Harry avvicinando con fatica una mano al viso di Louis carezzandogli con il pollice quella guancia morbida con una delicatezza che forse non gli apparteneva neanche "Non riesco a decifrarne il colore"

 

"Sento che potrei fare qualcosa di cui potrei pentirmene" sussurrò Louis mordendosi il labbro inferiore, quasi rompendolo a sangue. Moriva dalla voglia di assaggiare quelle labbra rosse e carnose, quelle labbra che meritavano di essere baciate fino allo sfinimento.

 

"Fallo" e si parlò di un secondo solo, poi Louis portò una mano alla nuca di Harry avvicinando quelle labbra alle sue. Poi questione di attimi: i loro respiri affannati al sapore di erba divennero uno e poi le loro labbra si unirono, mischiando quei sapori così uguali ma così diversi. Louis fece pressione sulle sue labbra, fin quando Harry non le schiuse e lasciò esplorare a Louis quella bocca così familiare. Si baciavano con ardore, con veemenza, con passione e Louis si abbandonò alle mani di Harry che gli afferrarono il viso mentre le loro lingue saettavano, si perlustravano, si esploravano. Un bacio che avvolse i due in un turbine di eccitazione e calore.

 

Harry fece scorrere le sue mani sul torace di Louis fino ad arrivare al cavallo dei suoi pantaloni già rigonfio. Sganciò quel bottone che tanto lo ostacolava e sentì Louis trattenere il respiro mentre la sua mano raggiunse la sua eccitazione già irruente.

 

"Harry" Louis trattenne un mugolio e poi portò la sua mano su quella di Harry che stava inziando a regalargli piacere "Non possiamo"

 

"Invece si" e incastrò una mano tra i suoi capelli mentre delicatamente gli mordeva il labbro inferiore "Lo vuoi" bisbigliò.


"C'è Zayn" disse Louis.

 

"Non m'importa"

 

"A me si" e la sincerità con cui lo disse, disarmò Harry che cercava di calmare il suo respiro e il battito cardiaco.

 

"Va bene così" e poi scattò in piedi davanti a Louis che lo vide allontanarsi da lui. Già, lontano. Come tutti infondo. Come Zayn. Come sua sorella. Come sua madre. Come Denise.

 

Harry pensò a quel bacio. Ancora il calore al basso ventre. Ancora i brividi a percorrergli la schiena. Ancora il suo sapore. Ancora quel respiro ad infrangersi contro il suo. Ancora il cuore a battergli come se potesse uscirgli fuori dal petto. E per un momento, dovette fermarsi. Dovette smetterla di pensarci perché quel battito avrebbe potuto svegliare Louis.


*Mi sono riferita ad una frase che mi piace tantissimo.

Note:

Buonaaaaaaaseraaaaaaaaa.
Premetto che vado di fretta e se scriverò tutte cose insensate perdonatemi. Parliamo prima del capitolo: come vedete Harry conosce Zayn e Liam, i compagni di stanza, insieme a Louis e fuma insieme a loro. Si, non potrebbero. Si, lo fanno di nascosto. 
Poi succede IL FATTO. Harry e Louis si baciano ma Louis è ancora "preso" da Zayn in un certo senso, perché tra di loro c'è stato qualcosa un po' di tempo prima e a Louis non è ancora "passato" del tutto. 
Per quanto riguarda quella Denise che ho scritto a fine capitolo, sfatiamo subito il mito: è la nipote di Louis, figlia di Lottie. (vi avevo già detto che avrei fatto essere Lottie più grande ai fini della trama della storia).


Poi volevo ringraziare chi ha messo la mia storia nelle preferite, nelle seguite e nelle ricordate e anche a chi l'ha letta e basta. 
Se vi va, lasciate una recensione così per farmi sapere cosa ne pensate. 

-Alessia

 

 

 


 

 
 

 

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Capitolo 4
*** AVVISO ***


AVVISO:

Buonasera innanzitutto. Volevo informare tutte le persone che hanno messo la mia storia tra le preferite/ricordate/seguite che non ho proprio il tempo materiale per continuare questa long considerati i miei continui impegni settimanali. Se anche trovo del tempo, mi manca l'ispirazione. L'unico momento in cui ho ispirazione è la sera, nel letto, ma i miei occhi si chiudono così in fretta che non ho neanche il tempo di prendere il pc dalla scrivania. Quindi, se anche riuscirei ad aggiornare, aggiornerei una volta ogni due/tre mesi e non mi sembra neanche giusto per chi segue la mia storia restare ad aspettare (so quanto è straziante l'attesa per una storia che segui çççç). In base a questo vorrei dirvi che la storia non penso di cancellarla, sarà qui, però mi sto già mettendo al lavoro per un'os (sempre con questa trama), cosicchè quand'è che ho ispirazione apro il mio documento word e scrivo, senza che aspettiate necessariamente il capitolo.
Quando pubblicherò l'os cancellerò questa qui. 

Grazie per tutte le persone che mi hanno seguita, alla prossima.

-Alessia

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