Can you change me?

di EaterOfCarrots
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Let me think! ***
Capitolo 2: *** Bitch, sex, what? ***
Capitolo 3: *** Give me five, sis! ***
Capitolo 4: *** Room six. ***
Capitolo 5: *** We are full of stories to be told, maybe. ***
Capitolo 6: *** We'll get drunk again. ***
Capitolo 7: *** Are you (fuckin') kidding me? ***
Capitolo 8: *** Make love..maybe! ***
Capitolo 9: *** Magic Mike ***



Capitolo 1
*** Let me think! ***



Let me think! 

 

Sfogliai il libro di psicologia che avevo davanti, contai le pagine.
Ne mancavano ancora 350 e potevo dare l’esame. Belle soddisfazioni!
Mi abbandonai lentamente tra il divano e mi ripetei che aver scelto la facoltà di psicologia era stata la scelta più idiota che avessi mai fatto.
Sentii la porta d’ingresso sbattere e feci un balzo tra i cuscini, dal corridoio sbucò la mia coinquilina Emma con una faccia affranta.
“Che succede?”dissi non appena si lanciò sul divano, facendosi letteralmente risucchiare la faccia dai cuscini.
“Va tutto male!”bofonchiò lei .  
“Per l’università?”
Si alzò e mi guardò accigliata.
“Per tutto. Tu vai bene con gli esami, hai un ragazzo che è un gran figo, ci scopi come una dannata e sei una gran gnocca. E poi guarda me?!”alzò le mani verso il soffitto e spalancò la bocca.
Io le feci un sorriso bonario e cercai di giustificare tutto quello che mi aveva elencato, soprattutto la relazione che avevo con Giacomo.
“Io e Giacomo ci vediamo una volta a settimana e sto pensando di lasciarlo”dissi senza dare peso al fatto.
“E certo! Cosa pensi ti abbia fatto questa volta?”disse facendo una smorfia. Si alzò e se ne andò in cucina. “Menomale che c’è la mia amata mortadella a farmi compagnia” esclamò.
Rimasi a fissare il muro di fronte a me per qualche altro minuto, le mani intrecciate l’una all’altra. Avevo detto davvero che volevo farla finire con Giacomo? Dopo tutte quelle promesse? Quei segni indelebili sulla pelle? I viaggi? L’amore? Io volevo scomparire davvero dalla sua vita?
Dopo il nostro viaggio a New York, quattro mesi prima, Giacomo aveva capito che ero la donna della sua vita. Lui era ribelle, era uno spirito libero, amava viaggiare, amava fare l’amore con me in qualsiasi posto, si scioglieva quando mi vedeva ridere, amava i nostri corpi nudi nel cuore della notte. E io cosa provavo per lui? Era solo una voglia sfrenata di sesso, o di più?    
Ripresi il contatto con la vita reale non appena Emma iniziò a sventolarmi le mani davanti agli occhi.
“Che c’è?”risposi scocciata.
“Forse ho trovato qualcuno che può procurarci i biglietti per il concerto”disse lei con un largo sorriso stampato in faccia.
Sentii improvvisamente il cuore alleggerirsi, tutti i pensieri sciogliersi e colare via velocemente.
“Finalmente una buona notizia!”esclamai.
Il sorriso di Emma scomparve lasciando posto ad una smorfia. “Non puoi dire così davanti a me! A te non va mai bene niente e non ti accorgi di quanto hai veramente” urlò.
Feci cadere il discorso non replicando alla frase, lei mi guardò infuriata per qualche secondo, poi scocciata girò i tacchi e si chiuse in camera.
Quanto avevo e perché io non me ne accorgevo? Quante persone, tra il centinaio che si reputava mia amica, teneva davvero a me? Perché mi stancavo così facilmente delle persone? Giacomo mi amava e io stavo scappando. Avevo promesso e stavo fuggendo. Perché ero così instabile, diffidente, complicata?  Esisteva qualcuno, nel mondo, che mi potesse cambiare? Qualcuno sarebbe mai riuscito a plasmarmi in un altro modo?
Mi accesi una sigaretta e aspirai con ferocia più fumo possibile.
No, nessuno avrebbe mai potuto cambiarmi, nemmeno una dose massiccia di psicologia!

 
 
 
 
 
 


Salve a tutti, cari lettori :)
Ebbene si , sono approdata anche in questa sezione sconosciuta, 
questa è una FF sui Bastille, anche se da questo capitolo non è ancora molto chiaro!
Allora questa storia è un po' un'esperimento, però spero vi piaccia e spero
che mi lasciate un po' di recensioni :)
Un bacio, Elisa ♥

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Capitolo 2
*** Bitch, sex, what? ***



Capitolo 2: Bitch, sex, what?

Borsa con i vestiti del weekend, sigarette, accendino, patente, portafoglio, si ora avevo tutto.  Salii in macchina e accesi il motore. Il mio piccolo gioiellino  vibrò sotto il mio peso, schiacciai la frizione, l’acceleratore e partii.
Quella mattina ero particolarmente nervosa, Giacomo riecheggiava nella mia testa da un paio di giorni e non c’era verso di scacciarlo via.
“Ehi Giacomo, ti lascio” feci un sorrisino ipocrita e mi guardai nello specchietto.
Con quale faccia mi stavo presentando? Lui mi amava, dopotutto. Quale motivazione gli avrei potuto dare?
“Ti lascio, ti lascio… ti lascio perché sei lontano e non mi soddisfi più sessualmente. Si ecco perché!”guardai nuovamente il mio riflesso nel vetro, le mie labbra delineate da un rossetto rosso fuoco, sotto sotto, fremevano per baciarlo di nuovo, e i miei occhi azzurri, vividi e lucidi ripercorrevano e soprattutto si godevano le nottate di sesso estremo.
“Gioia sei una gran puttana”dissi tamburellando le dita sul volante.     
Continuai a parlare da sola per altre due ore circa ma non riuscii a trovare una scusa plausibile e il meno dolorosa possibile.
Uscii dall’autostrada il più velocemente possibile, casa sua era li vicino, svoltai in una piccola strada, piena di verde, piena di ville, piena di ricordi. Parcheggiai davanti al cancello di ferro battuto di casa sua, presi le chiavi dalla borsa e scesi;  presi un lungo respiro e iniziai a guardarmi intorno.
Le finestre erano chiuse, il cane era accucciato sotto al porticato, nessuno che parlava, il vento stava facendo piegare gli alberelli dei giardini, una piccola e fine pioggia stava iniziando a cadere e delle imponenti nuvole nere stavano scavalcando le montagne sullo sfondo. La tempesta era prossima.
Aprii il cancello e percorsi velocemente tutto il giardino, arrivai sotto il portico e spalancai la porta di casa.
Dentro regnava il buio e il silenzio. Stranamente, perché di solito c’era Elena, la mamma, che stava in cucina e cantava, e non c’era nemmeno Thomas, il fratello, che come sempre era spaparanzato sul divano a guardare la tv.
Salii le scale e da li iniziai a capire tutto.
Iniziai a sentire gemiti sempre meno leggeri, sentii la voce rauca di Giacomo urlare un nome, Noemi, mi parse di capire, sentii il letto cigolare sotto il loro peso, lei raggiungere l’orgasmo, lui fare apprezzamenti di quando fosse brava a scopare, sentii la mia testa implodere.
Salii gli ultimi gradini e mi bloccai davanti alla porta di camera sua.
Nonostante avessi intenzione di lasciarlo, beccarlo con un’altra donna a letto, non era il massimo che potessi desiderare. Il mio cuore, prima colmo di sensi di colpa, ora era pieno di rabbia e di un ardente senso omicida verso questa Noemi.
“Giacomo così mi fai male”disse lei ridacchiando.
Lui si mise a ridere, poi ci fu una lunga pausa di silenzio rotta solo da i loro respiri affannosi.
Dopo poco lei iniziò a ridacchiare, sentii il letto cigolare nuovamente, ma decisi di rimanere li dietro, ero curiosa di sapere dove sarebbero arrivati.
Il respiro di lui si fece sempre più grave, intenso e udibile ma non disse una parola. “Mi stai tirando i capelli!” sussurrò lei.
“Sto per venire”ansimò Giacomo.
Lei rise nuovamente, fece un attimo di silenzio ma poi sussurrò l’unica parola che Giacomo avrebbe voluto sentirsi dire da molto tempo. “Ingoio”.
La mia mente subdola decise che era il momento di entrare. 
Aprii la porta e la feci sbattere contro la parete. Be’ la scena non era di certo comica, ma vedere lui con i capelli di lei in mano che mi guardava con la bocca aperta e lei con la sua cappella in bocca, mi divertiva.
Lei immediatamente si coprì con il lenzuolo, lui prese da in fondo al letto i suoi boxer e se li infilò, io aspettavo a braccia conserte che qualcuno dicesse qualcosa.
“Gioia ti posso spiegare”disse lui, prendendomi una mano.
“Giacomo non mi toccare, chissà cosa hai toccato con quella mano!”guardai la ragazza che era ancora stesa sul letto ma che stava ancora disperatamente raccogliendo i suoi vestiti, poi mi girai e scesi le scale.
La mano sudaticcia di Giacomo mi raggiunse un’altra volta, questa volta mi toccò una spalla e mi fece voltare lentamente. In realtà di tutta quella storia mi importava veramente poco, ma ero proprio curiosa di sapere quali scuse avrebbe inventato.
“Scusa, io ti amo!”si abbassò e mi sfiorò il naso con le labbra. Che gran faccia da culo.
“Oh si, anche io”risposi dolcemente guardandolo nei suoi immensi occhi blu oceano. Mi stampò un bacio sulle labbra, sbavandomi leggermente il rossetto.
Iniziai ad accarezzarlo con dolcezza, partii dalle spalle, andai sui suoi pettorali leggermente scolpiti, la pancia, i fianchi, il suo sedere sodo, il profilo del suo pene che si stava sempre di più alzando da sotto le mutande.
Mi scappò un sorriso. Possibile essere così stupidi?
Gli strinsi le palle giusto per lasciargli un ricordo felice di me e me ne andai.
“Ero venuta per lasciarti”urlai dall’uscio di casa.
“Salutami tua mamma e tuo fratello… ah e anche la troia che c’è di sopra!”
Chiusi la porta, accarezzai il cane e salii in macchina.
La mia nuova vita poteva iniziare, e sapevo anche da chi farla cominciare. 

Buongiorno cari lettori :) 
Come state? 
Io ho appena saputo che sono uscita (finalmente) con 76/100 dall'esame di maturità yay
 
Anyway vi volevo tantotanto ringraziare per le 7 recensioni + 1 commento breve che mi avete lasciato, 
io onestamente me ne aspettavo massimo 2 uu
Spero che anche questo vi piaccia :)
E non temente Dan arriva presto ;)
Con tanto amore, Elisa ♥ ps: il banner l'ha fatto mia sorella (fategli i complimenti)

 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Give me five, sis! ***




 


Capitolo 3: Give me five sis!

“Ti prego, descrivimi di nuovo la scena!”esclamò Emma.
Era seduta sul divano affianco al mio e ogni tanto, giusto, per incitarmi a raccontare nuovamente la scena tra Giacomo e la sua nuova fiamma, mi scrollava il ginocchio. Erano più o meno venti minuti che rideva come una pazza e mi ripeteva che avrebbe voluto, molto volentieri, assistere alla scena.
“Ti scongiuro, descrivimi la faccia di lei con il suo pisello in bocca”urlò e poi si mise a ridere così sguaiatamente che molto probabilmente tutta la palazzina si stava chiedendo quale bel film porno ci stessimo guardando.
Feci un sorriso mesto e la pregai di abbassare il tono di voce.
“Questa cosa non ti tange in nessun modo?”mi chiese lei, facendosi per un attimo seria.
“No”risposi secca. In realtà un senso di fastidio, subito dopo essere salita in macchina, mi aveva assalito. Dopotutto mi stava tradendo, e chissà da quanto!  E poi quella Noemi, che a mio malgrado, conoscevo già, mi stava altamente sui coglioni.
“Ma dopo tutto quello che dicevi di lui, che lo amavi, che non vedevi l’ora di vederlo, Gioia mi hai fatto due scatole con quel tatuaggio…e poi così all’improvviso hai deciso di lasciarlo”sussurrò e poi mi toccò nuovamente la gamba però con fare materno.
“Le persone cambiano, poi si è dimostrato quello che è, e io non sono da meno”sbuffai e mi afflosciai sul divano.
Emma cercò di replicare ma suonò il campanello, lei sobbalzò sul divano, rimase inerme per qualche secondo e poi si alzò per andare ad aprire.
Quando aprì la porta comparve un bel ragazzo, alto, di carnagione color bronzo, si notavano i suoi pettorali ben delineati, occhi scuri come la pece, l’unica pecca il naso, decisamente sproporzionato rispetto al corpo.
“Ehi Michele”esclamò la mia coinquilina con un tono fin troppo stridulo, gli fece segno di entrare, ma lui rimase fermo alla porta, guardò alle spalle di Emma, mi scrutò ben bene e poi indietreggiò. 
“No tranquilla, devo scappare”mosse le mani per farle capire che era di fretta, si voltò verso di me con un aria infastidita e poi si dedicò interamente a Emma. Ma cosa era venuto a fare allora?
“Però ti ho portato un piccolo regalino”lui sorrise e tirò fuori dalla tasca interna del giubbotto due pezzi di carta rettangolari. Ci misi un po’ per capire che quelli era proprio quei pezzi di carta che aspettavo così ardentemente da quattro mesi. Mi misi sull’attenti e iniziai a fissare la scena. Chissà perché ma quel Michele era diventato interessante tutto all’improvviso.
Emma di getto si buttò al collo del ragazzo, lo ringraziò giusto una ventina di volte e poi lo salutò fin troppo calorosamente. Ora era arrivato anche per me il momento di esultare. Iniziai ad urlare e poi andai ad abbracciare la mia amata coinquilina.
“Andiamo a vedere i Bastille, mia cara”mi sorrise e poi ricambiò l’abbraccio.
“Ma come hai fatto a prenderli?”chiesi entusiasta, incuriosita più che altro da dove era uscito questo Michele.
“Vieni sediamoci, ti racconto dal principio”con aria solenne mi guidò fino al divano e si sedette affianco a me.
“Qualche tempo fa avevo messo un annuncio sulla bacheca dell’università con scritto che cercavo disperatamente due biglietti per il concerto dei Bastille, mi sono sentita veramente stupida e pensavo che nessuno si cagasse un annuncio del genere. Ma due mesi fa Michele mi ha chiamata e mi ha detto che ne aveva due e se ci potevamo incontrare”
“E solo ora te li porta?”chiesi, questa storia mi puzzava alla grande.
“Con calma, ora ti spiego! Be’ io e lui ci siamo visti in un bar, ma al telefono aveva omesso volontariamente che mi aveva visto in giro all’università e mi aveva chiamata solo per uscire, però mi promise che i biglietti in qualche modo li avrebbe ottenuti. E così ha fatto!”
Rimasi perplessa. Perché lei non mi aveva mai detto niente di questo Michele? Eppure io le descrivevo anche i minimi particolari.
In quel momento però ero più incuriosita di sapere la bizzarra storia di Emma e Michele che eccitata di andare a vedere la band per cui stavo impazzendo.
“E poi?”chiesi sperando che mi raccontasse esplicitamente cosa era successo dopo.
“Poi cosa?”mugugnò lei imbarazzata.
“Lo sai cosa voglio sapere”le dissi facendole l’occhiolino.
“Be’ in realtà spero non sia quello a cui sto pensando!”
“Ci sei finita a letto?”
Lei annui debolmente, quasi vergognandosi di quello che aveva fatto ma poi si giustificò dicendo che lei lo trovava un bel ragazzo.
“L’importante è che ora abbiamo i biglietti e che tra due settimane saremo a Milano, batti il cinque sorella”alzò la mano in aria aspettando la mia risposta, ma io stavo pensando ancora a quel Michele.
Ora iniziavo a capire perché mi guardava in quel modo, sperava tanto che non ci fossi così lui poteva avere libero accesso nel letto della mia coinquilina. Be’ si ora mi era tutto chiaro.
“Certo che quando hai aperto la porta, ho visto prima il suo naso che lui!” dissi ridendo e guardando la faccia contrariata di Emma.
“Ricorda, chi di naso abbonda, di cazzo sfonda!”disse non riuscendo a trattenere le lacrime, mi misi a ridere anche io, poi si calmò, si alzò e ripose con estrema cura i biglietti sulla credenza.
 
 


 

Ciao bellezze :) 
Come state? 
Io sono stra super felice delle 13 recensioni ricevute
(perché proprio non me le aspettavo) 
Vi volevo ringraziare veramente tanto perché la storia
(nonostante sia solo al terzo capitolo) è andata a finire tra le popolari (è la prima lol). 
Sono anche felice perché i giorni al concerto dei Bastille si stanno accorciando, 
certo sono ancora 133, ma spero che passino in fretta lol
Anyway, si lo so, Dan non arriva, ma arriverà molto molto molto presto ;) 
Inoltre devo ringraziare la vera Emma  ( @doyouringos ) 
che mi delizia ogni giorno con le frasi sopra citate (si, le dice davvero). 
Mi sono appena accorta che mia sorella si sta facendo pubblicità sul banner
(si, è nuovo, l'altro non le piaceva, fatele i complimenti anche per questo) 
Sto scrivendo un commento chilometrico, ma ok :)
Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate di questa cacchetta. 
Un bacio, Elisa ♥

 

 
 

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Capitolo 4
*** Room six. ***



Capitolo 4: Room six.

 
Presi il rossetto e con estrema cura mi rifinii le labbra con una dose abbondante di rosso, imporporai le mie guance fino a renderle perfette, delineai gli occhi con una matita scura, feci in modo che il pubblico potesse osservare con un minimo di attenzione anche i miei occhi color del mare, legai i capelli scuri in uno chignon, poi Marta mi passò una parrucca biondo platino e la indossai.
Mi guardai allo specchio, da cinque mesi a quella parte, le persone che mi conoscevano erano convinte che facessi la cameriera in un bar, in quel posto avevo visto passare un sacco di persone che conoscevo eppure conciata così nessuno mi aveva mai riconosciuto, avevo constatato che molti studenti che reputavo dei bravi ragazzi al mattino erano depravati puri la notte, li dentro avevo imparato a vivere davvero, a capire che tipo di donna ero.
“Gioia, sbrigati vestiti!”Marta mi ammonì guardando la mia figura riflessa nello specchio poi mi lanciò i vestiti.
Indossai il reggiseno di pelle , il tanga, le giarrettiere, il mini vestitino di pailettes e i tacchi che mi aveva lanciato.
“Rox ci sta annunciando!”Marta mi prese per mano e mi condusse proprio dietro le spesse tende rosse del palcoscenico.
Intravidi tra la stoffa l’avvenente Rox al centro del parco. I suoi lunghi capelli neri ondeggiavano sul suo fondoschiena pressoché perfetto, i suoi fianchi erano accarezzati da un abitino succinto e sexy e nonostante l’età non aveva nessun problema a far intravedere la lingerie. Il pubblico la adorava, si eccitava non appena le sue lunghe gambe, rifinite da un po’ di pizzo nero, non entravano in scena. Non appena finì il suo lungo discorso di apertura, io, Marta e le altre ragazze entrammo.
Gli occhi di tutti gli uomini presenti si girarono dalla nostra parte, iniziarono a brillare, ma non di una luce pura e intensa ma di quella luce intinta di edonismo, di piacere, di una bramosia sessuale, e noi eravamo la perfetta reincarnazione delle loro voglie.
E io volevo essere guardata in quel modo, volevo sentirmi desiderata, volevo suscitare emozioni. Le mie compagne, dopo lo spettacolo, amavano ‘catturare’ qualche bel imbusto pur di fare un po’ più di soldi. Si spogliavano davanti alla prima persona che trovavano più interessante delle altre, cedevano al richiamo, crollavano davanti ai fischi. Sapevo che da quel posto era molto facile cadere in brutti giri, ma a me importava solo divertirmi e far divertire, amavo solo il ballo, la musica, il burlesque
 
 
 
“Cosa hai sulla faccia?”mi disse Emma puntandomi un dito appena sotto l’occhio.
Mi girai verso di lei, aveva gli occhi socchiusi e guardava con circospetto ciò che avevo in viso, mi guardai nello specchietto ma non vidi niente, o meglio feci finta di non vedere i brillantini che mi avevano messo la sera prima.
“Sto guidando Emma, vuoi farmi fare un’ incidente proprio oggi?”la ammonii.
“No ma tu hai veramente qualcosa. Ti sei sniffata della droga dorata stanotte?”con molta serietà mi porse la domanda più sciocca della giornata, probabilmente, considerando il fatto che stavamo andando al concerto e l’ovvia euforia, ero sicura che non sarebbe stata l’ultima. 
Sbuffai rumorosamente e mi concentrai sulla strada, tra un’ora saremmo arrivate a destinazione.
“Riusciremo ad arrivare in prima fila?”domandò Emma tra una parola e l’altra di Oblivion.
“Certo, ci dobbiamo riuscire, quello è il nostro posto!” dissi con convinzione, tanto che anche lei annui e poi riprese a cantare la canzone.
 
E così fu.
 
Rimasi, con una mano, attaccata alla transenna che separava il palco dal pubblico per non essere disarcionata dagli altri, e con l’altra mano afferrai Emma che stava scivolando sempre più indietro.
Proprio davanti a me c’era Kyle, il tastierista, che si stava dimenando sul suo strumento, poco più in la il resto della band.
Dan correva da una parte all’altra del palco, le mani tese verso di lui lo sfioravano lasciando un piccolo brivido a chi quelle mani appartenevano, si asciugava la fronte imperlata di sudore con la maglietta nera, beveva un piccolo sorso d’acqua ogni tanto, si toccava i capelli mandando in visibilio ogni presenza femminile li dentro e soprattutto mandava a puttane ogni ormone.
Ora si trovava dalla parte opposta di dove mi trovavo io, si sporse e iniziò a stringere leggermente ogni mano, sorrise ad ognuno, aveva un sorriso così semplice, così umano, così bello; poi si spostò dall’altra parte, dalla mia.
Lasciai la mano ad Emma e mi sporsi il più possibile, il massimo che la mia bassa statura riuscisse a fare.
Incontrai la sua mano calda e affusolata. Non so perché ma la strinse così forte da sentirla formicolare tra le sue dita, si piegò in avanti, i suoi occhi azzurri incontrarono i miei, volenterosi di non lasciarlo più andare via, di incatenarmi ad esso, furono momenti interminabili, ebbi il tempo di analizzare ogni suo dettaglio, il riflesso del suo sguardo, le pieghe delle sua labbra, la vena che pulsava sul collo, le punte dei capelli che si flettevano, le gocce di sudore che scendevano senza sosta sulla sua fronte, ma ebbi anche il tempo di guardarlo e andare lontano con la mente.
La musica di sottofondo e lui che mi guardava.
Poi qualche ciocca di capelli gli caddero su gli occhi, distruggendo quella catena immaginaria che ci legava. No. Che legava me a lui.
Mi lasciò con la mano sospesa nell’aria, con uno sguardo incredulo e con la mente annebbiata fino alla fine del concerto.
 
“E’ stato il miglior concerto della mia vita!”urlò Emma alzando le mani al cielo.
Le sorrisi, mi sistemai i capelli dietro un orecchio e continuai a fissare la strada.
“Ora andiamo in quel locale che abbiamo visto oggi, ok? Dobbiamo finire la serata in bellezza” mi mise una mano sulla spalla e mi scosse. Ma io non davo ancora segni di vita. Ero totalmente un vegetale. Perché quegli occhi mi avevano stregato così tanto?
Ben presto arrivammo davanti al locale che aveva adocchiato la mia coinquilina il pomeriggio, dalle porte ne usciva una musica soffusa mista al chiacchiericcio dei giovani milanesi.
Entrammo facendoci spazio tra ragazzi in giacca e cravatta e ragazze seminude.
Emma si avvicinò al bancone, fece per ordinare due drink ma il barman la interruppe, mi porse un vassoio con sei birre. “Portale nella sala numero sei, nel privé” disse indicandomi una porta poco più in la. 
Fissai la porta quasi incredula, mi voltai per controbattere ma dietro al bancone non c’era già più nessuno.
Mi voltai verso Emma, che mi guardava divertita, lei alzò le spalle e mi fece segno di portare queste benedette birre a destinazione.
“Vediamo un po’ chi c’è in questo privè, magari ci offrono qualcosa”si mise a ridere sguaiatamente, pensai che l’odore di alcool e le dense nebbie di fumi dovevano aver già fatto effetto sul suo organismo, poi mi convinsi che lei era così di natura.
Iniziai a fare lo slalom tra la folla danzante e rischiai parecchie volte di mandare in frantumi le bottiglie. “Sono cinque mesi che fai la cameriera e non hai ancora imparato a portare un vassoio?” rise di nuovo, io le risposi solo con un sorriso mesto, quella situazione mi stava veramente infastidendo.
Emma aprii la porta, mi fece passare, poi si chiuse alle spalle il caos dell’altra sala.
C’era un lungo corridoio con una lenta musica e un profumo gentile che lo riempiva.
Poi alcune porte numerate dalla uno alla otto.
Io avevo la sei.
Bussai ma non rispose nessuno, tesi le orecchie verso la porta, udivo solo un fitto parlottio. Probabilmente non mi avevano sentito, probabilmente le cameriere non bussano.
Emma sbuffò poi scosse la testa, e ci pensò lei ad aprire la porta.
Ma rimase come paralizzata.  

  

SPAZIO AUTORE.
Ciao bellezze :)
Scusate se ci ho messo un po' per questo capitolo, ma ero un po' a corto di idee :(
Anyway, finamente il nostro carissimo Dan è comparso,
prossimamente appariranno anche Will e Woody, tranquilli :) 
Spero che il capitolo vi piaccia, ci ho messo il cuore per scrivere il momento del concerto. 
Poi vi volevo dire che vi amo, mi avete lasciato 29 recensioni in 3 capitoli :')
Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate di questo. 

#pubblicitàtime

Siccome sono molto gentile (?) ho deciso di fare un po' di pubblicità ad altre OS/FF 
(cliccate sui banner, dovreste andare direttamente alle storie, se ci riesco) 

1) Mia sorella Lara, 
dansslaugh

 

2) Mia cugina Michela, 
howellsdimple




 
4) La Aure, compagna stormer, 
DarkFirefly22




Un bacio, Elisa :) 

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Capitolo 5
*** We are full of stories to be told, maybe. ***



Capitolo 5: We are full of stories to be told, maybe. 

 
DAN’S POV
Mi asciugai la fronte con la maglietta e dalla folla uscì un boato assordante, sorrisi e aspettai che le urla si affievolissero per bere un sorso d’acqua. Li dentro faceva un caldo soffocante. Guardai il pubblico. Tutti ammassati, uno contro l’altro, tutti sudati, tutti eccitati, ma chi glielo aveva fatto fare di venire a vedere quattro scemi che suonavano?  Scossi la testa e feci un cenno a Kyle, ora poteva darmi l’attacco per Laughter lines.
Non appena i fan riconobbero la canzone iniziarono a cantarla insieme a me, andai di scatto verso la parte sinistra del palco. Era sempre entusiasmante vedere le persone che tendevano le mani verso di te, che sapevano a memoria ogni singola parola, che tenevano il ritmo con le braccia tese nel buio più totale.
Era incredibile quanta alchimia ci fosse tra band e fan.
Sfiorai le mani di ogni persona in prima fila e mi divertii a vedere le loro smorfie non appena le toccavo leggermente. Raggiunsi l’altra parte del palco, feci la stessa cosa, ma ad un certo punto mi fermai.
 
We brushed our hands right back in time through century’s eyes […]
I’ll see you in the future when we’re older.
And we are full of stories to be told.
 
Vidi una ragazza minuta, con la carnagione color bronzo, un paio di occhi così azzurri da far invidia al mare, i capelli mogano scompigliavano quella effimera perfezione, si sporgeva in avanti, tese la mano come tutti gli altri, io la afferrai e la strinsi più forte che potei.
Presi le sue piccole dita tra le mie, e mi avvicinai al suo viso; sentii le mani degli altri sfiorarmi, un leggero spostamento d’aria scalfirmi il collo, avevo il microfono vicino alla bocca, le parole uscivano senza freno, quasi automaticamente, avevo gli occhi puntati nei suoi e niente e nessuno sembrava esistere.
Ebbi il tempo di soffermarmi in ogni suo dettaglio. Dalle sue labbra carnose leggermente aperte e screpolate, dai suoi occhi incredibilmente lucidi, dal piccolo neo vicino al naso, al braccialetto di cuoio legato al polso.
Fu come se il mondo intorno a noi si fosse azzerato, la musica abbassata e le urla lentamente scomparse.
Poi alcune ciocche di capelli mi caddero davanti e dovetti lasciarle la mano per sistemarmeli, quando la mia mano cercò di nuovo la sua, lei non c’era più. Come se fosse stata inghiottita dalla folla.
 
“Dan cosa è successo prima?”mi chiese Chris non appena il cameriere che ci accompagnò nel privé ci lasciò soli. 
“Prima quando?”scossi la testa non capendo a cosa si riferisse.
“Da quel poco che ho visto, mi è sembrato che una fan ti avesse trattenuto troppo del dovuto”mi fece l’occhiolino ma non riuscii a capire lo stesso.
Poi ripercorsi tutto il concerto e intuii a cosa si riferiva.  
“Oh no, mi sono solo fermato un attimo. C’era veramente troppo caldo li dentro”dissi tralasciando la parte della ragazza, sarebbe stato veramente stupido parlare di una persona di cui non avrei mai più visto il volto. Non potevo non pensare al fatto che c’era stato un indiscusso magnetismo, ma la storia finiva li. Purtroppo.
“Si certo”intervenne Will marcando la sua ironia.
Ma il discorso cadde non appena tutti ci voltammo vedendo la porta aprirsi e una ragazza sbucarci da dietro e subito riscomparire. Poi ne spuntò un'altra. Ebbi solo il tempo di spalancare gli occhi incredulo che la porta si richiuse.
 
 
GIOIA’S POV
Emma sbuffò poi scosse la testa, e ci pensò lei ad aprire la porta.
Ma rimase come paralizzata. 
Guardai le pupille della mia coinquilina dilatarsi ed un sorriso farsi largo sul suo viso, da li decisi di affacciarmi nella stanza anche io. E scena più bella di quella non vidi.
Quattro ragazzi ci guardavano con uno sguardo tra il divertito e lo spaventato.
Ritrassi subito la testa imbarazzata. Guardai Emma che aveva un sorriso che le andava da orecchio a orecchio, mi diede una pacca sulla spalla e mi disse “Vuoi fare la timidona proprio ora?” .
La timidezza non faceva proprio parte del mio DNA ma in quel momento ero talmente imbarazzata da non desiderare altro che correre e lasciare quel posto il prima possibile. 
“Lasciagli le birre e poi scappa”balbettai porgendo il vassoio ad Emma.
“Gioia che ti succede?” spalancò la bocca e mi guardò di sottecchi “Mica sono dei serial killer o cos’altro!” .
Rimasi in silenzio e mi interrogai sul perché ero rimasta imbambolata davanti a quella porta, non era da ma fare una cosa del genere, di solito accettavo le sfide e mi ci fiondavo a capofitto, infischiandomene di cosa sarebbe successo dopo. E in una situazione come questa mi sarei certamente fatta avanti, personificando la tipica fan isterica. Ed ora cosa stavo facendo? Ero come sull’orlo di un precipizio. Inerme. Immobile. Dubbiosa sul da farsi. Similitudine del tutto inappropriata visto che mi trovavo semplicemente davanti ad un porta. Perché quel ragazzo mi aveva provocato un uragano interiore? Aveva distrutto la mia sfacciatezza e su questo non c’erano dubbi. Ormai non ero nemmeno più convinta di chiamarmi Gioia.
Be’ magari Dan che va in giro con scritto ‘I killed Laura Palmer’ sulla maglia te lo potrebbe far pensare, ma tranquilla è solo un cantante, penso!” si mise a ridere sguaiatamente come al suo solito, ma fu interrotta dalla porta che si aprì di scatto.  
Ne uscì un Kyle con aria sospetta, ci guardò per qualche secondo e poi indicò le birre.
Io gliele porsi facendogli un sorriso, lui contraccambiò, alzò la mano e ci fece segno di aspettare poi rientrò dentro, scambiò qualche parola con i suoi compagni e tornò  tempestivamente da noi.
“Entrate” Kyle si mise da parte, ci spalancò la porta e intanto io ringraziai mentalmente la decisione di mia mamma di farmi fare un corso di inglese.
Entrai con calma e nonostante la cordialità del tastierista io avevo ancora l’ansia.
L’ansia di averli incontrati, di iniziare a balbettare, di non riuscire a capire cosa dicevano, di metterli a disagio e così via. I ragazzi si strinsero sul divanetto, ognuno si prese una birra e lasciarono le due rimanenti sul vassoio. Non appena io ed Emma ci avvicinammo si alzarono tutti in piedi, ci strinsero la mano e si presentarono. Come se ce ne fosse bisogno. Io sussurrai il mio nome.
Poi ci fecero accomodare sul divanetto di pelle nera e cadde un interminabile silenzio.
Finalmente Will iniziò ad intrattenere un discorso. Feci attenzione a non perdermi nemmeno una parola, ma era veramente difficile capirlo.
Guardai Emma, annuiva ad ogni calar di frase dei ragazzi, ma sicuramene non stava capendo niente. Dan rimase in silenzio a lato del divano, con la bottiglia di birra in mano, seguiva febbrilmente  con lo sguardo le labbra da cui usciva qualsiasi suono, ma lui le sue le teneva serrate.
Poi dopo più di una buona decina di minuti, finalmente, Dan si mise dritto sul divano, posò la bottiglia sul tavolo e mi guardò.
“Che nome è Oia?”mi domandò perplesso. Rimasi quasi incredula, era stato un quarto d’ora a pensare cosa volesse dire il mio nome?
Emma ridacchiò sotto i baffi. “Gioia non Oia”
Dan la guardò male per un secondo e poi riposò lo sguardo su di me. Non sapevo che dire. “Chiamami Joy se preferisci, è quello il significato”
Dan annuì e mi sorrise. Io, forse per la prima volta nella mia vita, arrossii.
“Okey Joy. Mi piace come nome. In quale Hotel siete?”chiese, cambiando completamente discorso.  
“In realtà avevamo pensato di dormire in macchina. Doma..”
“In macchina? Venite da noi”  disse il cantante con così tanto entusiasmo da lasciarmi esterrefatta. Mi girai verso Emma (che questa volta aveva capito) che mi guardava sorpresa, e non era la sola a dirla tutta, anche sul volto degli altri ragazzi si era formato un cipiglio inaspettato. Probabilmente non era un comportamento usale alla Smith. Vidi Emma non dare segni di vita e allora risposi io.
“Va bene, grazie”.  Lui mi sorrise nuovamente e si sistemò i capelli senza mai smettere di guardarmi, rendendomi possibile, ancora una volta, incatenarmi ai suoi occhi.  
  


SPAZIO AUTORE. 
Ciao bei lettori e recensori :) 
Come state? 
Scusate per l'immesa assenza, ma questa FF mi sta dando un po' di problemi ._. 
Anyway sono qui con un pezzo di capitolo che non era in programma.
Ebbene si, la parte di Dan non era in programma (?) 
So benissimo che questo capitolo non dice un granchè e che 
l'invito di Dan sia un po' fuori dall'immaginario, 
Ma in amore si fa tutto, giusto?
Si bo. *Si arrampica sugli specchi*
Visto che sono arrivata al quinto capitolo devo fare anche un momento ringraziamenti.
Ringazio:
-chi recensisce sempre (38 recensioni, vi amo ♥)
-le 13 persone che seguono la storia
-le 8 che la preferiscono
-le 2 che la ricordano
-e il lettori silenziosi (una recensione please)

Spero mi facciate un sacco di recesioni anche a questo, un bacio Eli ♥ 


 

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Capitolo 6
*** We'll get drunk again. ***



Capitolo 6: We’ll get drunk again.

 
Mi abbandonai sul morbido letto ad una piazza della loro stanza, avevo una bottiglia di whisky in mano e la stavo versando nei vari bicchierini che mi stavano porgendo.
Non avevo la più pallida idea di come essere arrivata li, in che zona di Milano ero e nemmeno l’ora. Io e l’alcool andavamo indiscutibilmente d’accordo.
Mi allarmai rendendomi conto che Emma non c’era, poi una mano appoggiata sul mio interno coscia mi fece distogliere da quei pensieri. Dan era seduto vicino a me, teneva una mano sulla mia gamba, provocandomi non pochi brividi, con l’altra sorreggeva un bicchierino con il liquido ambrato, i suoi occhi erano rossi, lucidi e stropicciati, il suo sorriso aveva cambiato forma dopo litri di alcolici, il suo ciuffo era caduto e si era appiattito contro la testa e non riusciva a fare un discorso di senso compito da qualche decina di minuti.
“Cu-Cu”  Emma sbucò da dietro il letto matrimoniale su cui erano sdraiati gli altri e poi si mise a ridere cadendo di nuovo per terra.
Non ci feci più caso del dovuto e mi riconcentrai su Dan. Non appena mi voltai, lui si stese sul letto, mi prese per una mano e mi tirò a se facendomi appoggiare la testa sul suo braccio. Io mi accoccolai vicino a lui, con un braccio intorno al suo torace e una gamba sopra al suo ventre.
“Che lavoro fai?”mi chiese con lo sguardo rivolto verso il soffitto.
“Spogliarellista”dissi con determinazione ma poi subito dopo cadendo in una risata.      
 Lui si mise a ridere e volse lo sguardo verso di me. “Dai non ci credo”
Parola di boy scout”
“Sei troppo bassa per essere una…”fece una pausa e sospirò, facendomi arrivare in faccia il suo fiato che sapeva di alcool “…spogliarellista”
“Che carino che sei!”mi girai dall’altra parte ignorando ogni suo tentativo di scuse e robe varie.
Dopo poco capì che le parole erano inutili così iniziò ad accarezzarmi i capelli e poi prese il mio viso tra le mani cercando di farmi voltare; mi lasciai andare, mi girai, ritrovandomi con lo sguardo sul suo petto.
Lui inaspettatamente avvicinò le labbra alla mie, le mordicchiò, ci giocherellò per poi culminare in un bacio. Corto ma denso di emozioni.
“Mi verrai a trovare a Londra, un giorno?”mi chiese con dolcezza.
Annui e sprofondai nuovamente con la testa tra le sue braccia calde.
 
     Otto mesi dopo..
 
Mi tolsi i tacchi e affondai i piedi nella sabbia. Faticosamente raggiunsi la tenda e il gruppo di luci in riva al mare. Era da tanto che non vedevo la mia vecchia compagnia.
Non appena arrivai tutti si voltarono verso di me, quasi increduli, poi una delle mie migliori amiche, Giulia, si avvicinò e mi abbracciò quasi facendomi perdere il fiato.
“Gioia pensavo non staresti venuta”disse poi staccandosi da me “Sai per il fatto di Giacomo. La voce si è sparsa velocemente e non sai quanto mi sia dispiaciuto”.
I suoi occhi marroni da cerbiatto si posarono su di me per interminabili secondi e poi mi sorrise sussurrandomi quanto le fossi mancata.   
Alcuni dei miei amici (tra cui anche qualche compagno di notti bollenti) si avvicinarono e mi abbracciarono calorosamente. Dio, quanto mi mancavano.
Non appena il gruppo si diradò, notai nell’angolo un ragazzo, da solo, taciturno, mi guardava con occhi tristi e non appena si accorse che il mio sguardo era posato su di lui, si girò dall’altra parte. Giacomo, quella sera, era più bello che mai.
La serata passò velocemente tra balli scatenati in pista, fiumi d’alcool e qualche canna di troppo. Amavo divertirmi, purtroppo avevo un debole per tutto ciò che era alcolico e infatti poco dopo mezzanotte dissi ufficialmente addio al quel poco di pudore che mi era rimasto.
Attraversai tutta la pista, facendomi largo tra tutti i ragazzi, arrivai ad uno dei supporti laterali della tenda, verificai che fosse ben stabile e mi ci aggrappai, facendo una sorta di lap dance, mandando fuori di testa ogni maschi li dentro.
Mi assicurai di essere più sexy possibile, dopo poco anche Giulia si avvicinò e iniziò a strusciarsi vicino a me. Io e lei eravamo famose per queste cose. Eravamo quelle che ai compleanni sbucavano da enormi scatoloni, mascherate, ricoperte di oli e brillantini e che improvvisavano spogliarelli. Ormai era la nostra nomea.
Ad un tratto, qualcuno mi afferrò una mano e mi trascinò via. Mi portò verso l’oscurità della spiaggia, in una zona appartata, vicino ad un lido dagli ombrelloni rossi e bianchi.
Emanuele mi guardava con occhi rossi ed un sorriso stanco. “Nemmeno hai salutato il tuo migliore amico” . Gli feci una smorfia e lo abbracciai, poi lui mi condusse verso un gruppetto di persone poco più lontano.
Mi inserii tra loro, vidi che si stavano passando qualcosa, in cerchio, da destra verso sinistra, poi arrivò a me, aspirai con ferocia fino a farmi bruciare la gola.
Tutti ridacchiarono e io iniziai a tossire. Alzai lo sguardo e vidi Giacomo esattamente di fronte a me. Mi guardava con poca lucidità. Si avvicinò e mi cinse tra le sue braccia.
Io lo lasciai fare. Appoggiai la testa sul su petto muscoloso, poi iniziò a lasciarmi una scia umida di baci partendo dalla fronte e arrivando fino al decolté.
Sentii gli altri ragazzi parlottare e poi ridere. “Vi liberiamo una cabina se volete” urlò un ragazzo.  
Dopo qualche minuto sentii un tonfo sordo alle mie spalle e subito dopo una mano che ci trascinava verso il rumore. Vidi la porta della cabina per terra, scardinata, i giochi che c’erano dentro riversati a terra. Poi ci spinsero dentro e fu tutto buio.
Giacomo iniziò a togliermi con foga il vestito e poi buttarlo per terra, io feci lo stesso con i suoi, dopo pochi secondi ci ritrovammo completamente nudi, con la sabbia da tutte le parti e al buio più totale.
Ci ritrovammo anche a fare l’amore, nel posto più scomodo che potessimo trovare, con sentimenti contrastanti, senza buon senso, con le lacrime agli occhi, con le unghie impiantante nella sua schiena abbronzata, cercando di non cadere nel piacere più totale, volendo uscirne fuori con indifferenza, mi ritrovai persino a pensare al mio lavoro, all’università, a Dan e ai miei amici li fuori che ascoltavano i nostri gemiti.
Poi ripresi un minimo di lucidità, presi fiato, mi sfilai da lui, indossai il vestito e mi allontanai.


SPAZIO AUTORE:
Buonsalve.
Innanzitutto, scusatemi per questo capitolo che rasenta lo schifo.
Scusate davvero.
Ditelo pure che è una merda, non mi offendo!
Anyway vi devo ringraziare per le recensioni, perchè siete mitiche,
non ho mai avuto così tante recensioni in appena 5 capitolo.
Se recensire pure questo vi faccio una torta.
*prende le ordinazioni* 
Un bacione, Eli ♥
 

 

 
 

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Capitolo 7
*** Are you (fuckin') kidding me? ***


SPAZIO AUTORE. 
 CIAO A TUTTI! MI VERGOGNO TANTISSIMO, SONO QUASI DUE MESI CHE NON POSTO, LO SO SCUSATE O' VOI POCHE CHE LEGGETE! 
TRA LA VACANZA, ISCRIZIONE ALL'UNIVESITA', PREPARAZIONE ALL'ESAME E POI ESAME (SONO ENTRATA, PER LA CRONACA) NON HO AVUTO PROPRIO TEMPO, SCUSATEMI! VA BE' ORA SONO QUI, E' LA PRIMA VOLTA CHE SCRIVO LO SPAZIO AUTORE ALL'INIZIO MA VI VOLEVO DIRE ALCUNE COSE.
UAN° HO PRESO SPUNTO PER IL LAVORO DI GIOIA DA BURLESQUE, CHE E' UN FILM CHE ADORO. 
CIU° MENTRE LEGGETE IL CAPITOLO VI INVITO A SENTIRE QUESTA --> CANZONE <--
TRI° SE MI FATE UNA RECENSIONCINA MI FARESTE TANTO TANTO FELICE
FOR° VI AMO TUTTE, UN BACIO ♥  



Capitolo 7: Are you (fuckin’) kidding me?


Il 'Red Ice Lounge' era un vecchio teatro semi abbandonato, con delle piccole scale antincendio di metallo che correvano lungo una parete di mattoni rossi; un insegna luminosa segnava l'entrata e un'enorme porta a vetri faceva intravedere il finto sfarzo degli interni. Aprii il portone e mi investì un ondata di musica ritmata, due giovani alla mia destra, seduti su un divano di pelle, si girarono e mi sorrisero, tenevano un Martini in mano. Notai subito l'abbigliamento bizzarro della ragazza, indossava un gonnellino bianco, un gilet rosso con degli splendidi ricami di pizzo sulle spalle, calze a rete, tacchi vertiginosi. Quello era il mio posto. Distolsi lo sguardo dalla coppia e mi guardai in giro. Le pareti erano ricoperte da carta da parati beige con sfumature dorate, alla mia sinistra c'era un pesante drappo bordeaux, poco più avanti delle grandi scale a chiocciola.
Scesi al piano di sotto. Dopo qualche grandino la scala si trasformò in un lungo pianerottolo ricoperto di parquet scuro e venato, per poi terminare nuovamente con una scala che dava sul teatro. Al di sotto c'era uno spazio enorme. Un palco grande il doppio di quello a cui ero abituata in Italia, con tanto di scale e area per la band, una zona tavolini e una zona bar.  
Mi accolse un uomo con un elegante cappello bianco e nero in testa. L'uomo mi scrutò da dietro i vetri.
"Mai stata in un posto così tesoro?" mi chiese, non appena mise in cassa i soldi datogli da uno degli ultimi clienti.   
Scossi la testa e mi sporsi dalla balaustra sopra il bar. "Sono 20 sterline mia cara"  
Arricciai il naso. "Ho un appuntamento con Coco" dissi senza guardare l'uomo. I clienti arrivavano uno dopo l'altro, scendevano l'ultima rampa di scale, ordinavano i cocktail più strani e poi si accomodavano in un dei tavolini, gentilmente decorati con vasi di fiori freschi, sotto il palco.
"Ormai lo spettacolo inizia, sono 20 sterline". L'uomo insistette e cacciai dal mio portafoglio queste benedette 20 sterline.
"Lasciami il tuo nome, lo passerò a Coco" mi disse con tono soddisfatto. "Joy" gli urlai mentre stavo già scendendo le ultime scale.
Mi sedetti su uno degli sgabelli del bar e ordinai un drink. Anche i ragazzi del bancone avevano lo stesso cappello dell’uomo dell’entrata, inoltre portavano finemente una sottile riga di eyeliner.
Dopo poco le luci si affievolirono, un pianoforte iniziò a suonare lievemente, una bella ragazza bionda uscì da dietro le quinte, indossava un vestitino ricoperto di grandi piume bianche, delle scarpe tempestate di piccoli diamantini, si muoveva sinuosa verso il centro, dall’oscurità dei lati del palco emersero in modo inaspettato altre otto ragazze con solo la lingerie addosso.                                                                                       
Rapita dallo spettacolo, non mi accorsi nemmeno che una donna con un lungo abito da sera verde smeraldo si avvicinò a me.
“Tu devi essere Joy”  disse sensualmente la donna. Mi girai e la scrutai. Era così sexy.
“Coco?” 
Mi sorrise e fece increspare le sue labbra porpora.
“Ho sentito tanto parlare di te”
“Da chi? Mi è sembrato strano il tuo invito!”   
Due mesi prima, in Italia, nel pieno dello spettacolo, Rox mi aveva chiamata nel suo ufficio, mi aveva porto una lettera e mi invitò a leggerla con cura. Era scritta in inglese ma riuscii a capire che una donna, titolare di un locale di Burlesque, mi voleva a tutti i costi nel suo Lounge. Non capii, nessuno capii, come e perché il mio nome ‘Joy’  fosse arrivato fino a Londra.
“Un assiduo frequentatore del locale mi ha parlato di una bella ragazza italiana che quando si esibisce fa rallentare il tempo, fa vibrare gli animi, zittisce i rumori” 
La guardai perplessa. Quella di certo non ero io.
“Voglio vederti esibire” si alzò e io feci lo stesso. Lei mi diede una pacca sul sedere e mi invitò a seguirla fino dietro le quinte.
 
“Allora sei delle nostre!” la ragazza bionda che prima avevo visto esibirsi, si era avvicinata a me e mi aveva appoggiato una mano sulla spalla.
“Piacere Patty” mi porse la mano con fare cordiale.
“Joy” le ricambiai la stretta.
Non appena finii la mia esibizione di routine, Coco si era avvicinata entusiasta e mi aveva che era più che felice di avermi tra loro e poi aveva aggiunto che aveva in mente grandi cose. In realtà non avevo la più pallida idea del perché mi trovasse così interessante, ero allo stesso livello delle altre ragazze.
Patty mi guardò a lungo prima di parlare nuovamente.
“Dove abiti?” mi chiese con uno strano sorriso sul volto.
“Sto in un hotel in centro” le risposi, poi guardò dietro di lei, una ragazza dai lunghi capelli castani stava ascoltando la nostra conversazione e ridacchiava.  
“E come ci ritorni?” disse insistendo.
 “Penso che chiamerò un taxi” risposi frettolosamente cercando di allontanarmi da quella situazione che non riuscivo a capire.
“Oh ma cara, c’è Duncan che può accompagnarti, non ti devi preoccupare qui siamo tutti amici” mi sorrise poi si girò e chiamò il ragazzo poco più in fondo, lo avvertì della situazione e lui accettò di accompagnarmi.
Duncan era un bel ragazzo di colore, con dei pettorali ben scolpiti, gli occhi chiari e un sorriso che metteva buon umore.
Mi guidò fino alla sua macchina, che era a qualche centinaio di metri dal Lounge, non appena fummo arrivati iniziò a scrutarmi. “I vestiti te li vuoi tenere?” disse ridendo.
Guardai in basso e mi accorsi che indossavi i vestiti striminziti che mi aveva dato Coco per esibirmi. Alzai le spalle e aprii la portiera. Poi li avrei restituiti.
 
Camminammo per una ventina buona di minuti ma da cinque non riuscivo a capire dove stessimo andando. Ero convinta che la strada non fosse quella. Guardai preoccupata Duncan mentre fissava la strada buia davanti a se. “Penso che tu stia sbagliando strada” dissi con agitazione.
“E’ una scorciatoia” mi sorrise e mi fece vedere la sua dentatura perfetta.
Iniziai a guardarmi in giro, alberi e buio, c’era solo questo. E la cosa mi preoccupava.
Passarono altri cinque minuti poi lui frenò di colpo facendomi spaventare.
“Ora devi scendere” sussurrò lui, poi mise una mano sul cambio, frettoloso di andarsene.
“Come devo scendere? Mi stai prendendo in giro?” sussurrai con un sorriso nervoso poi guardai il suo volto impassibile e capii che era serio.
“Si, scendi” lui si allungò verso la maniglia della mia porta e la aprì con forza, poi mi diede uno spintone facendomi sbalzare fuori dalla macchina.    
“E’ stato un piacere!” rise sguaiatamente e poi se ne andò di tutta fretta.
Mi guardai in giro. Sembrava di vivere in prima persona una storia dell’orrore. E il panico mi assalì.
 

DAN POV’S   
            Appena salii in macchina notai sul cruscotto la luce rossa e fissa che segnava le 2.35.
Non mi ero proprio accorto che fosse già così tardi. Accesi la macchina e partii. Decisi di prendere la strada più lunga, ma meno trafficata, spesso le notti estive a Londra poteva diventare spiacevoli. Preferii prendere una strada deserta ma più scorrevole.
Percorsi appena metà strada nel più completo buio poi in lontananza vedi una prostituta. Non pensavo che si spingessero così lontano dal centro. Di solito quella strada non era tanto frequentata. Man mano che mi avvicinavo, si faceva più chiara la conformazione della ragazza. Era giovane, senza alcun dubbio, portava una minigonna rossa e nera, una canottiera striminzita con del pizzo e aveva delle bellissime gambe nude in vista. Mi avvicinai ancora. I suoi capelli neri tagliati in un caschetto le sfioravano il collo abbronzato e notai che si stringeva a se, tremava, e si accarezzava la pelle. Era troppo giovane per fare quel lavoro. La sorpassai e dallo specchietto vidi che piangeva allora mi fermai. Scesi e aspettai che si avvinasse, ma non ne aveva l’intenzione. Lei mi fissava e solo allora capii che quella ragazza la conoscevo.
“Joy” esclamai.  Lei socchiuse gli occhi, forse al buio non mi aveva riconosciuto.
“Dan!” urlò lei.  Corse verso di me, si sciolse in un abbraccio e iniziò a far venire giù fiumi dagli occhi.   
  

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Capitolo 8
*** Make love..maybe! ***


SPAZIO AUTORE (SE COSì MI POSSO DEFINIRE) 
CIAO BELLE PULZELLE, SO CHE SONO PASSATI PIù O MENO 3 MESI DALL'ULTIMA VOLTA CHE HO POSTATO, MA SONO SUCCESSE TALMENTE TANTE BELLE/BRUTTE COSE CHE NON HO AVUTO MODO. CHIEDO UMILMENTE PERSONO ALLE DUE PERSONE CHE LEGGONO. 
HO SCELTO (NUOVAMENTE) DI METTERE LO SPAZIO AUTORE ALL'INIZIO PER QUESTO SEMPLICE MOTIVO:
HO STRAVOLTO IL CAPITOLO, LA STORIA CAMBIERA' DA COME L'AVEVO PENSATA. NON HO ANCORA BENE IN MENTE COSA FARE MA CON CALMA CI ARRIVERO'. E FORSE NEL DUEMILAEMAI RIUSCIRO' A FINIRLA. 
BENE INTANTO VOLEVO FARVI GLI AUGURI DI NATALE, DI INIZIO ANNO, DELLA BEFANA E MAGARI ANCHE DI PASQUA. POI VOLEVO RENDERVI PARTECIPI DEL FATTO CHE IL CONCERTO DEL 23 NOVEMBRE DEI BASTILLE E STATO UNA FIGATA ASSURDA, E PRESA TANTO DALL'EMOZIONE HO PRESO DI NASCOSTO I BIGLIETTI ANCHE PER IL 22 MARZO (FATEMI UN APPLAUSO SU).
ANYWAY SPERO CHE IL CAPITOLO VI PIACCIA E MI FACCIATE UNA PICCOLA RECENSIONCINA, IO CI SPERO TANTO, E VEDERE COSA PENSATE DI QUESTA STORIA MI RENDE PER UNA BUONA VOLTA FELICE :D
VI VOGLIO BENE, UN BACIO, ELI ♥
PS: HO SCRITTO UNA ONE SHOT SU HARRY DEI ONE DIRECTION, SE C'E' QUALCHE DIRECTIONER QUA DENTRO, MI FAREBBE PIACERE SAPERE CHE NE PENSATE. SI INTITOLA 'ONCE UPON A TIME'.
SE PASSATE VI AMERO' PER SEMPRE ♥  

 


Capitolo 8: Make love…maybe!

DAN’S POV
 
La caricai in macchina con calma. Singhiozzava rumorosamente e i miei tentativi di calmarla erano stati inutili.
Cercai nei sedili dietro una bottiglietta d’acqua, ma l’unica cosa che trovai fu una birra e non mi sembrava davvero il caso, ma lei fu più veloce di me, me la strappò dalle mani, la stappò e ne bevve un lunghissimo sorso.
Le sorrisi e finalmente lei ricambiò.
Dopo una ventina di minuti arrivammo a casa mia. Una piccola casetta un po’ fuori città, un posto tranquillo, senza caos, dove potevo tranquillamente farmi i miei comodi.
La aiutai a scendere dalla macchina, notai che si era tolta quei tacchi esagerati e che il suo piede sanguinava, allora decisi di prenderla in braccio e portarla fino sotto la porta di casa. Non disse una parola ma fece un cenno di gratitudine.  
Era stato così strano quell’incontro. Erano passati nove mesi da quella bellissima serata a Milano e be’ sì, mi era mancata. Era diversa dalle altre, era lo psicodramma fatto persona, e a me piaceva indagare, scavare, conoscere i segreti più oscuri delle persone.
Non appena aprii la porta di casa, lei iniziò a scrutarla. Non era il massimo dell’ordine e tanto meno della pulizia, ma non era malaccio. C’erano bottiglie di birra sparse qua e là, cartoni della pizza ancora impilati in un angolo e un mucchio di vestiti al lato della sala. Mi affrettai di metterli a posto ma lei mi interruppe. “Sono le tre di notte, Dan, andiamo a dormire!”. Totalmente perso nella sua voce sensuale e forse suggestionato dal suo abbigliamento e dai troppi alcolici bevuti,  mi avvicinai al suo corpo scoperto, così come una calamita attratta dal ferro. Lei all’inizio si scostò e sorrise poi si lasciò andare.
 
 
GIOIA’S POV
 
Il mattino seguente mi svegliai ancora visibilmente scossa, mi sentivo gli occhi arrossati e gonfi, per non parlare poi dei piedi, erano un ammasso di carne dolorante.
Quell’esperienza era troppo anche per una come me.
Mi girai dall’altra parte del letto, mi arrotolai completamente nelle calde coperte bianche di Dan e iniziai a fissarlo.
Sorrisi al pensiero di quanto avessi pensato a quel momento, certa che non sarebbe mai e poi mai potuto accadere. E invece eccomi li, con il 100% delle probabilità che lui non si ricordasse niente.
Guardai i suoi capelli sulla fronte, la sua barba incredibilmente rossastra, la sua mano salda sulle coperte come cercasse protezione tra quelle quattro lenzuola.
Mi alzai di scatto, non volevo farmi trovare li, volevo che lui si chiedesse se avesse sognato o se fosse stato tutto vero. Risi come un’imbecille davanti allo specchio.
Mi sciacquai la faccia, tolsi gli aloni neri della matita sotto gli occhi e corsi in camera per raccogliere i vestiti, prenderne qualcuno nuovo dal suo armadio e filare via. Insomma, proprio come si fa nei film.
Ma appena uscii mi girai verso casa sua. Se non si fosse ricordato nulla, lui non si sarebbe nemmeno ricordato che sono a Londra. Sarebbe partito per qualche suo tour e con ogni probabilità non l’avrei mai più rivisto.
Se si fosse ricordato, invece, andandomene via così stavo dimostrandone che lui era la mia prima botta e via londinese. E dopo avermi trovato mezza nuda su una strada nel cuore della notte, la sua plausibile teoria ‘Joy è una troia’ si sarebbe rafforzata.    
Per un momento rimpiansi di essere uscita, avrei voluto ancora restare sotto le coperte e trastullarmi tra le sue braccia.
In cuor mio, poi, sperai che lui dimenticasse tutto.
 
 
DAN’S POV
 
Quella mattina mi svegliai sollevato, felice e stranamente ottimista. Avevo dormito da dio quella notte. Mi stiracchiai e mi stesi tra le lenzuola con calma, poi mi girai dall’altra parte come convinto che da quel lato mi stesse aspettando qualcuno. Ma non c’era nessuno. Mi massaggiai la testa perché una fitta mi corse lungo la tempia. Quanti litri di birra mi ero scolato ieri?
Strizzai gli occhi e li massaggiai con il dorso della mano, mi alzai e mi misi a sedere sul bordo del letto. C’era qualcosa che non andava.
Scossi la testa cercando di ricordare cosa non andasse, mi voltai verso l’altro lato della stanza ma sembrava tutto come l’avevo lasciato la sera prima. Il letto era apposto, la finestra sigillata, l’armadio in uno stato perenne di caos. Si tutto come al solito.
Scesi al piano di sotto, mi preparai una sostanziosa colazione e mi misi al tavolo con un grosso dubbio in testa.
‘Cena con i ragazzi, poi pub, tre birre, due drinks o forse quattro, non ricordo, qualche figura di merda, il proprietario che ci caccia. Un'altra birra. E poi?’    
Ripassai la mia serata ad alta voce, come se qualche mobile o oggetto di quella casa mi potesse rispondere e spiegare cosa era successo, ma probabilmente mi avrebbero risposto solo ‘Dan sei un cretino’. Dovevo imparare a controllarmi, ecco. 
Decisi di chiamare Kyle per cercare di schiarirmi le idee, ma non fu molto utile, mi disse solo che avevo preso la macchina, da perfetto incosciente.
Mi rassegnai al fatto che non fosse successo niente, che tranquillamente fossi andato a casa, così mi feci una doccia.
E li che mi venne l’illuminazione.
Presi la strada meno trafficata, incontrai una prostituta e la feci entrare in macchina.
Mi misi le mani sulla faccia e cercai di affogare la serata prima con il getto della doccia.
Che mi era saltato in testa?    
 
  



 

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Capitolo 9
*** Magic Mike ***


Primo Spazio Autrice.
Salve a tutti i pochi lettori che mi sono rimasti (sob). 
Scrivo nuovamente qui per informarvi che qualche giorno fa ho stravolto lo scorso capitolo. 
Ebbene si, ho deciso di cambiare (per la ventesima volta) il corso della storia. 
Non poteva essere così facile il loro amore no? 
Quindi prima di leggere questo, se no siete passati dall'ultimo, vi conviene ritornare un attimo indietro. 
E lasciarmi, magari, anche una bella recensione. 
Peace & Love 
*Ci si vede più sotto. 

 

Capitolo 9: Magic Mike.
 
Salii sul taxi che mi aspettava sotto l’hotel, feci svolazzare la ampia gonna a fiori che indossavo e mi accomodai sui soffici sedili.
Al mio fianco una bellissima donna mi stava aspettando, non appena mi sedetti, si tolse gli occhiali, sfoderò dalla borsa il più sbrilluccicante rossetto che avessi mai visto e si rifece il trucco.
“Joy, mi spiace per l’inconveniente” mi disse con profondo rammarico. “Avrei dovuto accompagnarti io in hotel”.
Coco mi mise una mano sul ginocchio scoperto e me lo accarezzò. Io rimasi in silenzio. Erano successe talmente tante cose in quei tre giorni che non avevo avuto nemmeno il tempo di pesare.
“Ovviamente ho provveduto a licenziare tutti e due” sfoggiò un sorriso a trentadue denti e mi diede una pacca sulla coscia. “Non farmi sentire in colpa su. Parla”
Non sapevo che dire in realtà. Le ero solo grata in quel momento.
Ma quella bella notizia non fece cambiare il mio umore. Una strana specie di agitazione mi appesantiva e non sapevo da cosa fosse dovuta. Probabilmente Dan. Ma non ero proprio il tipo da farsi problemi di quel genere. Chissà perché ma le sue braccia che tenevano la mia schiena stretta al suo petto, il modo delicato e gentile con cui mi toccava il seno, nonostante fosse ubriaco, tutto il puro amore che mi aveva fatto provare mi si riproponeva continuamente in testa.
Mi scollai quei pensieri poco puri dalla mente e mi girai con uno sguardo spento verso Coco.
“Mi stavi ascoltando?” Certo che no, non potevo non dare retta al Dan nudo apparso nella mia testa. Ma le sorrisi e le risposi con un sibilante “Si”
“Bene, allora ora andiamo al Lounge e facciamo le prove, sarà tutto perfetto stasera. Dobbiamo farlo per Mike” Batté le mani, le poggiò in grembo e poi sorrise nuovamente. Che vitalità che aveva.
“Chi è Mike?” le chiesi cercando di essere discreta.
“Oh Mike è quell ’assiduo cliente’ di cui ti parlavo. Ha avuto buon occhio con te. Stasera sarà qui per vederti” mi guardò, sprigionava felicità da tutti i pori.
Io, invece, sprigionavo ansia e agonia.
 
Il ‘Red Ice Lounge’ di giorno appariva come un vero e proprio teatro abbandonato. Non c’era nessuna insegna al neon ad indicarne l’entrata, nessuna ballerina dall’abbigliamento eccentrico ad invitare turisti di passaggio, nessuna melodia a riempire l’aria. Era vuoto. Proprio come lo ero io. 
Coco mi guidò per i lunghi corridoi bui che correvano per tutto l’edificio, mi indicò le uscite per lo spettacolo, la botola che correva sotto il palco, la stanzetta nascosta dietro gli specchi del bar, le zone centro di ripetuti scandali, il suo ufficio e la zona vestiti.
Be’ li dentro potevi trovare di tutto, dalla divisa della poliziotta, alle piume di struzzo, dalla mise sexy di Marilyn Monroe alla sfacciataggine di quelle gipsy. 
“Bene ora proviamo, le altre dovrebbero arrivare” con uno schiocco delle dita mi riportò alla realtà. “Intanto mettiti questo”. Mi tirò alcuni vestiti e poi scomparve dietro la porta. 
Avevo una massa di pailettes in braccio, ma io adoravo quel tipo di cose, mi vestii con calma, ma poco dopo qualcuno bussò alla porta.
“Joy, è arrivato Mike e vuole parlare con te” una vocina dolce mi sussurrò dal legno scuro della porta. Mi affrettai. Volevo proprio sapere chi era questo ‘assiduo cliente’.
Appena uscii una delle ragazze che lavorava li mi afferrò per un braccio, palesemente entusiasta di quello che stava per accadere, mi portò fino alla saletta del bar, e si fermò davanti ad un uomo che aspettava su una poltroncina.
Quell’uomo mi era familiare.
“Ciao Gioia” mi sorrise e porse la sua mano massiccia. Come potevo scordami del suo naso. In quel momento mi sentii in colpa. “Michele”. Gli strinsi la mano e mi sedetti sulla poltrona davanti alla sua.
“Mi devi un po’ di spiegazioni” gli dissi mentre lui si sistemava contro lo schienale imbottito.
Lui sorrise, chinò la testa e poi si mise le mani in grembo.
“Già. Per farti capire, devo raccontarti tutto. Cioè devo iniziare da quel che è successo un anno fa. Hai tempo?” tirò su la testa ma iniziò a fissare un punto poco più in alto della mia spalla.
“Ho tutto il tempo che vuoi” mi misi comodamente sulla poltrona e accavallai le gambe.
“Bene. E’ iniziato tutto più di un anno fa. Frequento spesso locali come quello in cui lavoravi. Discoteche, lounge, bar, tutti quelli in cui ci sono belle ragazze, alcool e un possibile guadagno. Ho girato per l’Inghilterra, l’America, sono stata a Madrid e Amsterdam e poi sono approdato nuovamente in Italia. E be li ho trovato una che poteva spaccare. Quando balli ci metti passione e si vede, cazzo, sono rimasto sconvolto appena ti ho vista. Appena finito lo spettacolo sei scesa dal palco e hai iniziato a girare per i tavoli, eri felice quando qualcuno ti fermava e ti faceva in complimenti, avevi un sorriso che andava da orecchio a orecchio. Poi ti sei sciolta i capelli, il profumo di vaniglia è arrivato anche a dove ero seduto io, e non appena sei passata ti ho preso la mano, ti ho fatto i complimenti, avrei voluto concludere un affare. Ma sei scappata.
Così andai a parlare con Rox. Ma non ci furono cristi. Lei ti voleva nel suo locale.
Non potevo lasciarti in quel buco quando avevo in mente grandi progetti per te. Capisci?”
Annui. Se ero li era solo grazie a lui.
“Allora iniziai a seguirti. Un giorno ti vidi con una tua amica. Emma. Sapevo che se fossi arrivato a lei potevo arrivare tranquillamente anche a te. Così la seguii, vidi che metteva un annuncio nella bacheca della sua università. Cercavate dei biglietti per quella band. E io avendo contatti a destra e a manca potevo benissimo arrivare ad ottenere quei biglietti. Infatti fu così. Iniziai ad uscire con Emma, parlavamo tanto di te e sapevo che avevi problemi con il tuo ragazzo e volevi andare via. Nonostante la tua vita fosse pressoché perfetta. Quando venni a Londra poi parlai di te a Coco. Ed ecco tutto. Ora sai perché sei qua! Hai domande?”  
“Si. Quanti anni hai?” gli chiesi.
Lui spalancò la bocca. “Con tutte le domande che mi potevi fare mi fai proprio questa?”
Socchiusi gli occhi e capii che mi doveva rispondere.
“39….” Rispose “…Ma non li dimostro affatto” si affrettò ad aggiungere. “Altro?”
“Hai preso in giro Emma per tutto questo tempo? Lei ci teneva a te!” dissi alzando di un tono la voce.
Ci mise un po’ a rispondere. Si contorceva le mani e aveva lo sguardo fisso a terra.
“All’inizio si, ma poi continuando ad uscirci è iniziata a piacermi davvero. Poi la scorsa settimana ho saputo che avrei dovuto incontrarti quindi ho deciso di dirle tutto…E sai che ha fatto?”. Alzò lo sguardo verso di me. Mi sembrava davvero dispiaciuto.
“Conoscendola direi che ti ha insultato come un cane”.
Annuì.
Decisi di cambiare discorso. Ero sicura che le cose sarebbero andate per il meglio.
“Perché c’è tutto questo trambusto stasera?” gli chiesi, mi guardai in giro. C’erano operai che armeggiavano con il palco, le ragazze in fermento e Coco che stava impazzendo.
Oh, ogni sabato sera si esibisce qualcuno di abbastanza famoso da portare ulteriori grane a questo posto” si guardò in giro. Poi si alzò e si congedò.
Rimasi a riflettere per un po’ sulla poltrona mentre la gente sfrecciava al mio fianco.
Poi mi alzai, andai a prendere una sigaretta e corsi fuori. All’aria. Cercando di lasciar liberi tutti i pensieri che mi frullavano in testa.
Un ragazzo che era fuori dalla porta del locale, stava distribuendo volantini plastificati, poi si avvicinò e me ne porse uno, io sorridendogli lo presi e le tenni in mano per un po’. Non appena finii la sigaretta, presi il volantino e mi diressi verso il cestino.
Lo stavo per buttare, ma notai una foto. Poi una scritta. Un logo. Mi erano terribilmente familiari. Cavolo non ci potevo credere. Forse il destino…?

 

Secondo Spazio Autore.
Eccomi qui.
Ho trovato tempo per scrivere questo capitolo tra strigliate dei miei genitori,
mia mamma che mi usa come sua schiava personale,
un arredamento compulsivo e qualche puntata di Sherlock. 
Quindi se non vi piace, capitemi.
In questo capitolo ho reintrodotto qualche vecchio personaggio.

Ripasso time. 
Emma è la amica di Gioia. (primo capitolo)
Mike è il presunto moroso di Emma. (terzo capitolo)
Rox è la titolare del locale italiano in cui lavora Gioia. (quarto capitolo)
Coco è la titolare del Red Ice Lounge.  

Va be' spero di piaccia e mi lasciate tante belle recensioni. 
Un bacio.
Eli ♥



 
  

 

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