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di Tefnuth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 (prima parte). ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6(seconda parte) ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


~~Anno 2035, l’umanità ha fatto passi da gigante nello sviluppo tecnologico, le città hanno del tutto cambiato volto e grazie alle nuove tecniche scientifiche i continenti più all’avanguardia sono riusciti a risolvere i problemi sull’inquinamento e la fame in quelli che erano i paesi sottosviluppati.


In un laboratorio situato nel centro di Berlino lo scienziato Keane Kaulitz, assieme ad un suo collega, sta lavorando ad un progetto segreto. Il sogno di tutta una vita.  “I risultati degli ultimi esami sono eccezionali,il T34 ha ottime possibilità di continuare il suo sviluppo senza problemi” disse il collega di Keane, Raoul, che nonostante collaborasse con lui fin dall’università non  conosceva i particolari più basilari dell’esperimento come, ad esempio, dove il dottore avesse trovato la sua piccolissima cavia che stava galleggiando davanti ai loro occhi in un liquido speciale “Ti prego chiamalo Bill, sai che non mi piace dare nomi troppo scientifici ai miei esperimenti. In fondo è come se fossi suo padre,e tu lo zio” lo riprese Keane senza  accennare a quello che gli aveva detto il collega “Vorrai dire con questo in particolare,mi domando perché. Non mi hai nemmeno detto come tu sia riuscito a procurartelo, eppure ormai dovresti sapere di poterti fidare di me” chiese Raoul provando di nuovo a carpire quella preziosissima informazione “E nemmeno te lo dirò. Non offenderti io mi fido di te, però questa cosa preferisco tenermela per me” “Sembra che tu abbia commesso qualcosa d’illegale” disse Raoul, la legge, infatti, impediva di prelevare gli embrioni destinati alle fecondazioni in vitro e utilizzarli per gli esperimenti scientifici “Niente del genere stai tranquillo” in quell’istante il cellulare di Keane squillò, lui rispose dopo il terzo squillo“Pronto? Si sono io…certo vengo subito” chiuse la telefonata e mise il cellulare nella tasca dei pantaloni “Ci sono dei problemi?” chiese Raoul preoccupato “Era l’ospedale, Elsie è entrata in travaglio. Puoi chiudere tu per favore? ” “Certamente e congratulazioni per il lieto evento” disse Raoul terminando la frase urlando, dal momento che il collega si era già precipitato fuori dal laboratorio e dalla tromba delle scale fino al garage dove aveva parcheggiato la sua auto,vicino all’uscita in modo da non rimanere bloccato da altre macchine; non era ancora orario di uscita e non dovette attendere alcuna coda prima di uscire dal garage sotterraneo, alla luce del sole . Nel frattempo Raoul, che era rimasto nel laboratorio, contemplava l’esserino che galleggiava davanti ai suoi occhi “ Da dove vieni tu?” si disse,pochi secondi dopo il computer estrasse il cd che vi aveva inserito Raoul per copiare i dati dell’esperimento “Mi dispiace – disse lui sventolando il cd davanti al vetro che li separava – ma è così che va la vita” e se ne andò dopo aver spento le luci e chiuso il laboratorio, a monitorare la piccola creatura ci avrebbe pensato il computer.


Nonostante fosse sabato Keane riuscì ad arrivare in fretta all’ospedale, appena in tempo per assistere all’evento più importante della sua vita: la nascita del suo primo figlio,la sua gioia era incontenibile e quando la compagna gli chiese quale nome avrebbe voluto dare al loro maschietto non ebbe dubbi, ci aveva pensato durante il viaggio dal laboratorio all’ospedale “Tom, sarebbe perfetto” gli rispose guardando il neonato che cullava tra le braccia, si era appena addormentato dopo aver strillato con i suoi piccoli polmoni per  almeno mezz’ora “E’ un nome bellissimo - disse Elsie dal suo letto – come sta Bill invece?”chiese,aveva dato lei il nome alla cavia pensando che gli stesse bene “Tutto nella norma, ma adesso riposa cara al resto ci penso io”.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Sono passati dieci anni da quel giorno nel laboratorio e alcune cose sono cambiate dall’ultima volta: Raoul è stato licenziato dopo che Keane lo ebbe sorpreso mentre copiava i dati dal computer senza il suo permesso, tra i due ci fu un grosso litigio e Keane lo aveva cacciato fuori in malo modo; l’esperimento invece ha continuato la sua crescita senza problemi. Anche Tom è cresciuto ed oggi, nel giorno del suo compleanno il padre ha deciso di fargli visitare il laboratorio e il suo inquilino, un peso che lo opprimeva fin dalla nascita del figlio “Questo è un gran giorno per entrambi  Tom, non potrei essere più felice” disse Keane durante il viaggio in macchina verso il laboratorio,il sole splendeva nel cielo e i finestrini dell’auto si erano oscurati per non rischiare che il conducente rimanesse accecato dalla troppa luce “Andiamo al laboratorio vero? Mi avevi promesso che oggi mi avresti fatto vedere una bella cosa” disse il bambino dai posti passeggero “Certo, oggi ti faccio vedere dove lavoro, e vedrai anche quella cosa che a me sta molto a cuore. Ma tu mi devi promettere di non dirlo a nessuno va bene? E’ una cosa molto segreta e solo poche persone l’hanno vista – Tom fece segno di silenzio – così mi piaci, ecco il palazzo siamo arrivati”.

 Dopo che ebbe parcheggiato l’auto Keane condusse suo figlio fino all’ascensore, il laboratorio era proprio all’ultimo piano dell’edificio  e il piccolo Tom non sarebbe riuscito a salire tutte le rampe di scale. L’interno dell’edificio era proprio come all’esterno: lucido e impeccabile, i robot pulitori erano sempre all’opera per togliere qualunque macchia ci potesse essere, i condizionatori mantenevano l’interno a una temperatura ottimale e allo stesso tempo pulivano l’aria da eventuali batteri, la zona doveva essere sempre igienizzata e chi stava poco bene, doveva tenere una mascherina per non spargere il virus. La salita fu breve e veloce,ma al piccolo Tom sembrava di non essersi mai mosso dal piano terra e si sorprese di vedere del colore quando varcò la porta automatica che dava l’ingresso al laboratorio “Buongiorno” disse Keane appena entrato, non ci fu una risposta al saluto del dottore ma comparì un altro uomo seduto su una di quelle sedie girevoli con le ruote che solitamente si vedono nelle stanze-studio nelle case, sul viso aveva un paio di occhiali grandi e buffi che fecero ridere Tom “Buongiorno Keane,sei in anticipo oggi” disse lo sconosciuto “Non avevo nulla da fare e così sono venuto un po’ prima. Ah lui è mio figlio Tom, non vedeva l’ora di venire a vedere il laboratorio” disse Keane indicando con la mano il figlio, lo sconosciuto si alzò dalla sedia e si avvicinò a loro “Benvenuto Tom, io sono Josef e sono un collega del tuo papà” si  presentò lui “Come va con il nostro piccolo progetto?” chiese Keane a  Joseph “Gli  esami delle stimolazioni esterne hanno rilevato che c’è un’ interessante attività ma non è ancora sufficiente per i nostri scopi ” rispose Joseph,leggermente deluso “Posso vedere la cartella?” “Certamente, eccola qua” gli disse Josef tirando fuori dal camice una cartella con la copertina in plastica verde, Keane inforcò gli occhiali e si mise a leggere i fogli che vi erano contenuti, sembravano veramente tanti e siccome Tom non aveva alcuna intenzione di aspettare iniziò a fare una piccola ispezione in solitaria.

Nel laboratorio il colore predominante era quello del freddo acciaio con cui erano costruiti i marchingegni, i soli ad arredare l’interno oltre a poche sedie girevoli, e nonostante il termometro segnasse 25 gradi a Tom venivano i brividi di freddo anche per la poca luce che entrava dalle enormi finestre, coperte in parte da un albero dalla grande chioma. Dal suo punto di vista Tom non riusciva a scorgere niente che fosse degno della sua attenzione, nemmeno il grande tubo che dal pavimento arrivava fino al soffitto: a esso arrivavano molti fili e tubi di plastica e neanche toccandolo riuscì a capire quale fosse la sua funzione “L’hai trovato” gli disse il padre arrivandogli da dietro le spalle, la cartella era tornata nelle mani dell’assistente “Cos’ho trovato?” chiese Tom, non aveva capito a cosa il padre si riferisse “Il nostro progetto segreto, lo stai toccando con la tua mano”  “Il tuo progetto segreto è un tubo?” chiese con un’espressione confusa, cosa poteva esserci di tanto segreto in un tubo, anche se  molto grande “Non tutto è quello che sembra, infatti se facciamo aprire i pannelli scorrevoli” Josef premette dei tasti alla postazione di controllo che era lì vicino e il ragazzino sentì vibrare sotto la mano.

Sul grande tubo si aprì uno spiraglio e man mano che i pannelli si aprivano rivelavano il suo interno in vetro doppio, Tom non poté credere ai propri occhi quando vide che dietro al vetro c’era qualcuno “Ma cosa?” il ragazzino guardò il padre con espressione attonita, all’interno di quel marchingegno c’era un bambino che sembrava avere la sua stessa età ma essendo rannicchiato in posizione fetale non riusciva a vederne il viso, solo i capelli biondi che fluttuavano nell’acqua “Non preoccuparti sta bene, è solo addormentato” gli disse il padre, sembrava molto orgoglioso del suo esperimento “E quando si sveglia?” chiese Tom impaziente di conoscere il misterioso inquilino del laboratorio “Non lo so, a dirti la verità ho dei dubbi sul suo risveglio” “Oh, ma perché è qui? Sta male?” “No figliolo, sto facendo degli studi sul nostro DNA, ti ricordi cos’è vero?” il ragazzino annuì vigorosamente “Allora lui è nato qui – batté la mano piccola e affusolata sul vetro – lo hai creato tu” a quell’affermazione Keane non seppe dare subito una risposta, fu Josef ad intervenire “In un certo senso si, siamo partiti da una piccola cellula e lo stiamo accudendo come i tuoi genitori stanno facendo con te” “Capito…come si chiama? Gli avrete dato un nome” “Si chiama Bill, e se vuoi potrai venire a trovarlo tutte le volte che vuoi, dopo la scuola naturalmente. Ricordati che non devi dirlo a nessuno”.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3. ***


La mattina seguente per Tom fu difficile restare concentrato in classe, da quando aveva visto Bill non faceva altro che pensare a lui e gli dava fastidio non poterlo dire a nessuno nemmeno ai suoi migliori amici: Georg e Gustav.
Non erano suoi compagni di classe, erano più grandi di lui, li aveva conosciuti al corso di musica dove aveva imparato a suonare la chitarra “Non suoni male” gli aveva detto durante le prove per il saggio di fine anno un ragazzo dai capelli castani e gli occhi grigio-verdi che portava con sé un basso, il suo nome era Georg ed aveva un paio di anni in più di Tom “Grazie, anche tu sei bravo” “Il mio nome è Georg” gli porse la mano “Io sono Tom” “Vorrei farti conoscere un mio amico, credo che ti sarà simpatico” gli aveva detto, ed in effetti quel ragazzino biondo che suonava la batteria tutto solo nell’angolino dietro la sua scorza da duro si era dimostrato un grande amico.

“Qualcosa non va’? Sei un po’ troppo silenzioso oggi” gli aveva detto Gustav mentre sistemava personalmente gli elementi della sua batteria “Niente di particolare” “Non ci credo, altrimenti ce lo avresti già detto” intervenne Georg, aveva appena finito di accordare il suo nuovo basso, regalo di compleanno dei genitori “Ve lo assicuro non c’è niente” cercava di dire Tom, ma non sapeva dire le bugie e i suoi amici se ne accorsero immediatamente, si vedeva dai loro sguardi “E va bene, ma non posso dirvi tutto perché ho fatto una promessa” confessò lui “Spara” dissero in contemporanea Georg e Gustav “Ieri mio padre mi ha portato nel suo laboratorio e mi ha fatto vedere il progetto a cui sta lavorando, basta non vado oltre” disse e per enfatizzare le sue ultime parole si portò le mani alla bocca “Aah, ecco perché oggi non parli – Georg puntò il dito contro Tom – scommetto che continui a pensare a quello che hai visto ieri” “Già, ma non posso dirvi di cosa si tratta e per favore non ditelo a nessuno, non avrei dovuto dirvi neanche questo” “Non preoccuparti, saremo muti come tombe vuote” “Ritornerai spesso al laboratorio?” chiese Gustav “Certo, mio papà ha detto che posso andare quando voglio”.

Tom volle tornare al laboratorio già pochi giorni dopo, voleva aiutare suo padre il più possibile,  anche se poteva fare ben poco come portare le cartelle oppure tentare, assieme al padre e a Joseph, di stimolare il suo nuovo amico : leggevano libri, ascoltavano musica, intrattenevano discorsi; Tom faceva anche i compiti davanti a lui spiegando ad alta voce quello che stava facendo ma l’elettroencefalogramma era sempre lo stesso “Forse è annoiato” disse Tom un giorno, anche lui avrebbe dormito tutto il giorno se fosse stato costretto a restare sempre in un tubo “Purtroppo non può uscire, le sue funzioni vitali sono ancora troppo deboli e se non si sveglia dubito che possa riuscire a sopravvivere all’aria aperta – rispose il padre- ma sono certo che presto o tardi faremo dei passi avanti” Tom non sapeva se lo diceva perché ci credeva veramente o per convincersi che non avrebbe fallito, eppure qualcosa di straordinario avvenne veramente un paio di anni più tardi : era tardo pomeriggio e Keane stava facendo le ultime analisi prima di tornare a casa mentre il ragazzo stava terminando i suoi compiti per l’indomani “Prendi le tue cose Tom, è ora di andare a casa” disse il padre dalla stanza attigua allo studio “Posso salutare Bill?” chiese il ragazzino mentre rimetteva velocemente i libri nello zaino “Certo, ma fai presto, la mamma ci aspetta” Tom si mise lo zaino in spalla e, come faceva tutte le  volte, posò la mano sul vetro del congegno che rinchiudeva il suo amico “Devo andare a casa adesso, ma tornerò presto” disse Tom, non si era accorto che il computer aveva rilevato qualcosa di insolito “ Forza è ora di andare” disse Keane che era già alla porta, Tom girò la testa senza staccare la mano e  non vide che a sua volta Bill aveva appoggiato la sua proprio nello stesso punto, quando se ne accorse il suo cuore si fermò “Papàaaaaa” urlò a squarciagola Tom, non solo per quel miracolo ma anche perché in quell’istante Bill aveva leggermente alzato il viso, così simile a quello di Tom “Oddio, non posso crederci le sue onde cerebrali si sono intensificate” sul viso di Keane si era disegnato un grandissimo sorriso “Papà…perché è uguale a me?” chiese Tom, una domanda lecita che Keane sperava di non dover mai sentire “Perché… non lo so, forse quando l’ho creato ho pensato a te” fu questa la sua risposta, per nulla esaustiva, così Tom decise di non ripeterla più.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


~~ “Sono passati anni da quando ti conosco, ma tu non accenni ancora a svegliarti. Come mai Bill, ti annoia così tanto il mondo qua fuori?” disse Tom, non aveva indossato il camice non ne aveva bisogno. Era vero che erano passati anni dal loro primo incontro, adesso Tom era un giovane uomo che era diventato assistente del padre assieme a Josef e le sue mansioni erano molto diverse da quelle che ricopriva da bambino, quella sera però la sua era solo una visita di piacere. Non era la prima volta che Tom entrava di nascosto nel laboratorio per osservare l’inquilino del congegno che troneggiava nella stanza: il viso di quel ragazzo era così simile al suo, ma era immobile come lo era il resto del suo corpo; sembrava una statua fredda e impassibile, un guscio vuoto. Come faceva tutte le volte che veniva a fargli visita, Tom inserì nel computer il cd in cui registrava tutti i dati rilevati durante la giornata approfittando del fatto che non c’erano né il padre né Josef; nonostante non potesse instaurare un vero dialogo adorava stare in sua compagnia “Prima o poi dovrai uscire da qui o diventerai una prugna secca” continuò sogghignando, la sua mano si muoveva velocemente sul vetro; in cuor suo sperava che anche la mano di Bill si muovesse di nuovo ma non era più accaduto da quel giorno.


“La porta d’ingresso è qua dietro, sbrigatevi” disse un uomo, il passamontagna calato sulla testa e la pistola ferma nella mano destra. Era accompagnato da tre uomini ugualmente abbigliati ed armati che stavano sorvegliando l’entrata secondaria dell’edificio. La porta aveva un sistema di apertura elettronico ad alto livello, anche un hacker avrebbe avuto difficoltà ad eludere il sistema di sicurezza eppure l’uomo più piccolo del gruppo tirò fuori dalla borsa un piccolo marchingegno che collegò al sistema e in pochi minuti la porta si aprì senza far scattare il sistema di allarme “Le sonde interne sono attive?” chiese uno dei tre, a giudicare dalla sua figura era il più grosso ed anche la sua pistola era la più grande “Per quelle non posso farci nulla, ma ho la planimetria completa con le posizioni delle sonde. Sarà facile eluderle ed arrivare al laboratorio, per l’uscita non ci saranno problemi” disse quello che aveva fatto aprire la porta. Rispetto al resto dell’edificio il corridoio dell’entrata posteriore era più trascurato, dal momento che veniva utilizzato unicamente nei casi di emergenza oppure come passaggio per trasportare i materiali durante i lavori di costruzione. Utilizzando quell’ingresso gli intrusi arrivarono direttamente al secondo piano dell’edificio, da quel momento innanzi avrebbero dovuto fare attenzione alle telecamere che scannerizzavano l’interno della costruzione “A cento metri ci sono due camere-sonda con movimento sincrono, seguite i miei movimenti e non fate i coglioni altrimenti ci scopriranno subito” disse il più piccolo che con passo sicuro si dirigeva nella direzione delle telecamere. Bastarono pochi passi per vedere le due telecamere posizionate nell’angolo tra la parete e il soffitto che puntavano i loro obiettivi a destra e sinistra scannerizzando e registrando quello che entrava nel loro raggio d’azione “Sarà uno scherzo distruggerle” disse il più grosso del gruppo, aveva già tolto la sicura alla sua arma ma fu subito fermato “Hai il cerume nelle orecchie? Ho detto che non devono essere distrutte, se una sola va in corto circuito scatterà l’allarme e sarà tutto inutile. Lo ripeto, dobbiamo aggirarle, e ora muovetevi” disse il leader e dopo un attento calcolo dei tempi di percorrenza delle camere-sonda fece dei grandi passi per poter velocemente superare il loro raggio d’azione “Andiamo lumaconi, la notte non è così lunga come credete” esortò gli altri due componenti del gruppo che riuscirono a superare le telecamere ma non con la stessa facilità di chi li aveva preceduti, uno rischiò di cadere all'indietro proprio nell’istante in cui l’occhio della telecamera stava tornando indietro “Attenti maledizione, mi farete uccidere” disse acido il capogruppo noncurante del peso che dovevano trasportare gli altri due “Aspetta che usciamo da qui e vedrai come lo faccio scappare” disse l’uomo che stava per far scattare l’allarme a causa del peso dell’attrezzatura che portava con se “Fa lo sbruffone solo perché il capo ci ha detto di stare ai suoi ordini, appena ne avremo l’occasione potremmo dargli il ben servito che si merita”.
Sapevano tutto avevano una planimetria completa dell’intero edificio che indicava l’esatta posizione di ogni telecamera-sonda, tuttavia non potevano conoscere le telecamere nascoste che Keane aveva fatto installare quando aveva iniziato a lavorare al suo progetto; erano telecamere fisse a rilevamento termico nascoste all’interno delle mura praticamente invisibili, indipendenti dalla rete principale, collegate al computer del laboratorio “E questi chi sono?” si chiese Tom non appena il suo sguardo si posò sul monitor centrale, sapeva che si stavano dirigendo lì non c’era altro motivo ma aveva timore di quali fossero le loro intenzioni. La prima cosa che Tom fece fu chiudere i pannelli scorrevoli per nascondere Bill e poi cancellò tutti i dati presenti sul computer, quando loro iniziarono a forzare la porta d’ingresso software e hardware erano del tutto puliti.


“Questa porta ha un codice di sicurezza molto più alto delle altre, non riesco a forzarla” disse lo sconosciuto hacker che grazie ai suoi congegni era riuscito ad eludere le telecamere principali e ad aprire tutte le porte, ma quella era il primo vero ostacolo che trovò in tutta la serata “Fatti da parte, questa volta ci penso io” disse il nerboruto puntando la sua arma contro la serratura elettronica della porta “No, così ci farai….” provò a ribattere l’hacker ma l’uomo sparò prima che potesse finire la frase “Ormai siamo arrivati a destinazione, ci possiamo permettere un po’ di rumore in più” disse lui mentre la porta si apriva  “Che strano, non siamo gli unici ad essere qua stasera” disse l’uomo di corporatura media indicando un ragazzo che stava vicino alla postazione del computer “Deve essere Tom Kaulitz, il figlio dello scienziato – disse l’hacker - . Ehi moccioso, togliti di mezzo abbiamo da fare ” era sicuro che lui se la sarebbe data a gambe “Perché dovrei andarmene ? In fondo questo è anche il mio laboratorio, siete voi gli intrusi” ribatté il ragazzo, aveva del fegato “Non fare lo sbruffone, sappiamo che tuo padre sta lavorando ad un progetto segreto. Adesso ci farai vedere cos’è, ci darai i dati e forse ti lasceremo andare” “Progetto segreto? Ma che vi siete fumati? Qua non c’è niente controllate voi stessi” disse Tom, sapeva di azzardare troppo parlando in questo modo ma doveva mostrarsi sicuro di se per poterli convincere “Non preoccuparti ora controllo io” disse l’hacker e dopo aver fatto cenno agli altri due di tenere d’occhio il ragazzo  che fece allontanare dalla postazione, entrò nel sistema del computer ma la sorpresa fu amara: non c’era niente.
“Che vi avevo detto? Non c’è nulla da rubare” disse Tom, era molto più tranquillo rispetto a pochi istanti prima “Maledetto bastardo, cos’hai fatto dei dati che c’erano qua dentro?” gli chiese l’hacker, i suoi occhi erano diventati rossi per la rabbia “Semplice, non ci sono mai stati. Secondo me però fareste meglio ad andarvene – si scostò di poco da dove era per mostrare una seconda pulsantiera -  non volendo ho premuto questo e credo proprio di aver appena chiamato la polizia. Mi dispiace” fece spallucce “D’accordo, ragazzi distruggiamo quello che c’è qua dentro, tanto non ci serve a nulla” disse il criminale, adesso anche lui aveva tirato fuori la sua pistola; Tom riuscì a nascondersi un attimo prima che i tre criminali iniziarono a sparare e a crivellare di colpi l’intero laboratorio, se ne andarono una volta svuotati i caricatori.
Quando il rumore assordante degli spari finì, passò ancora un lunghissimo minuto prima che i muscoli di Tom iniziassero a rilassarsi, posò le mani a terra e oltre al freddo del pavimento sentì un liquido caldo bagnargli le mani, il cuore iniziò a battergli più velocemente di quanto non avesse mai fatto; fu l’allarme del computer ad attirare la sua attenzione “Cambiamento nei parametri dei segni vitali” risuonò l’altoparlante in tutta la sala, lo sguardo di Tom si posò subito al congegno che conteneva Bill: aveva delle perdite di liquido ed anche il suo inquilino sembrava dare segni di sofferenza con i suoi piccoli movimenti del viso “Merda” gridò Tom mentre cercava di capire come poter risolvere la situazione “Posso fare solo una cosa” pensò il ragazzo e subito dopo compose il codice per dare inizio al processo di risveglio. Non appena premette l’ultimo tasto,il vetro della macchina iniziò a scorrere verso l’alto per far fuoriuscire l’acqua, più il livello si abbassava e più il corpo di Bill cadeva sulla base per appoggiarsi poi del tutto ancora privo di sensi; Tom gli si avvicinò e gli tolse la maschera dell’ossigeno, sapeva quello che doveva fare ma aveva il timore di toccare anche solo la pelle del ragazzo “Forza dimmi che respiri” gli sussurrò mentre gli faceva la respirazione cardio polmonare finché Bill non tossì ed inspirò autonomamente per la prima volta “Oh grazie” Tom aveva le lacrime agli occhi, la felicità che provava in quel momento poteva essere paragonata solo a quella di un uomo appena diventato padre soprattutto in quei pochi istanti in cui Bill aprì i suoi occhi color nocciola; adesso doveva solo trovare il modo per portarlo fuori  da lì in sicurezza prima del reale arrivo della polizia, dal momento che prima aveva mentito sul fatto di aver fatto scattare l’allarme.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


~~Le prime luci dell’alba filtravano dalle grandi finestre del laboratorio e Tom, che ancora non si era mosso dal pavimento, non aveva deciso cosa fare. Il tempo incalzava. Solo dopo un lungo ed interminabile silenzio decise che la cosa migliore da fare fosse chiamare la polizia “Tom Kaulitz- disse al suo interlocutore – qualcuno è entrato nel mio laboratorio” “Sa se hanno rubato qualcosa?” gli aveva chiesto il centralinista “Non so, è tutto sottosopra” “ Al momento le pattuglie in servizio sono impegnate appena si libera qualcuno verrà inviato sul posto. Attenda il nostro arrivo e non tocchi nulla” gli avevano detto e poi la chiamata fu interrotta immediatamente. Dopo quella telefonata la mente del ragazzo era decisamente più lucida così poté pensare alla mossa successiva: compose un secondo numero sul touch screen del telefono.


A pochi chilometri di distanza, Georg stava dormendo in camera sua nell’appartamento che aveva acquistato assieme a Gustav poco dopo essere diventato maggiorenne. Era situato in un condominio di stile rustico che sebbene fosse stato restaurato di recente aveva mantenuto la forma originale facendolo spiccare tra gli altri edifici; l’interno del palazzo invece era molto più moderno gli appartamenti occupavano tutti i piani eccetto l’ultimo che era interamente dedicato alla palestra. L’alloggio in cui abitavano Georg e Gustav era uno dei più ampi, un bilocale con due camere da letto comunicanti che avevano la porta sulla grande cucina che fungeva anche da sala da pranzo, il bagno era un po’ più modesto ma pur sempre confortevole e adatto alle esigenze di due single. Fu nella quiete della camera che la suoneria del telefono di Georg risuonò accompagnata dalla vibrazione “Ma chi diavolo è a quest’ora?” pensò il ragazzo non riconoscendo il numero privato, si meravigliò sentendo che dall’altra parte c’era Tom “Sono Tom, devi farmi un favore” “Ma ti rendi conto di che ore sono?” “TI prego  qualcuno è entrato nel mio laboratorio, ho avvertito la polizia ma c’è una cosa che non voglio assolutamente che vedano” “E tu vuoi che venga io a prenderla – si strofinò gli occhi e accese la lampada sul comodino - . Posso venire a ritirare il pacco con la macchina?” “Non avrai problemi, per favore è molto importante non ho molto tempo” “Cinque minuti e sono da te”.


Dopo la seconda telefonata il morale di Tom era molto più sollevato, Georg sarebbe arrivato prima della polizia  e non avrebbero sospettato di nulla. Il contatto con la pelle bagnata di Bill ricordò al ragazzo che prima di portarlo fuori avrebbe dovuto vestirlo; il padre teneva sempre dei capi di ricambio nel piccolo mobile che stava sotto alla finestra, prese quelli e con molta cura lo vestì constatando anche che era semicosciente “Almeno non dovrò portarti in braccio” gli disse. Una volta che fu pronto Tom fece alzare Bill e sorreggendolo si diresse all’ascensore e poi uscì dall’edificio. Pochi istanti più tardi l’auto di Georg si fermò davanti all’edificio, Tom era seduto su una panchina assieme a Bill che sotto i vestiti aveva la pelle d’oca “Mi hai fatto venire qui per lui? Spero non sia l’intruso e che tu abbia una buona ragione” “Non è l’intruso, gli aggressori erano tre ed anche ben armati. Il laboratorio è un disastro. Puoi portarlo a casa tua e tenerlo finché non ho risolto con la polizia?” “ Mi fiderò di te perché sei uno dei miei migliori amici e poi ormai sono qui  non vedo perché dovrei rifiutare. Fallo salire forza” disse Georg aprendo la portiera “Cos’ha detto Gustav?” “Non è a casa ora, tornerà più tardi ”; mentre Tom faceva salire Bill sull’auto il cappuccio della felpa che gli copriva la testa scivolò giù  rivelandone il volto, Georg indietreggiò “Ma cosa? E’ uguale a te” “Ti spiegherò tutto a tempo debito, fa attenzione quando si sveglierà del tutto, è solo semicosciente” “Sarà una bella sorpresa per Gustav” “Lo so, ma vi dirò ogni cosa appena potrò venire a prenderlo. Ora sarà meglio che tu vada, non so quanto tempo abbiamo ancora” “Volo” disse Georg catapultandosi al posto del guidatore. La macchina sparì dopo un’inversione ad u .

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 (prima parte). ***


 ~~Durante il viaggio di  ritorno al suo appartamento, Georg approfittava dello scarso traffico per osservare il suo passeggero che era steso sui sedili in uno stato di semi-incoscienza come se fosse stato drogato con qualche tipo di farmaco “Sarà stato Tom a ridurlo così?” si chiese il ragazzo, ma non badò troppo a quel pensiero “Avrà avuto le sue buone ragioni” fu la sua risposta qualche secondo dopo. Quando parcheggiò la macchina nel garage interrato sentì lo sconosciuto emettere dei piccoli suoni, come quelli che fa chi si è appena svegliato, scese dalla macchina per aprire lo sportello del passeggero e vide il ragazzo che lentamente alzava la testa e la muoveva guardandosi intorno “Ti sei svegliato finalmente” gli disse attirando la sua attenzione, ma per tutta risposta il sosia di Tom si appoggiò con la schiena all’altro sportello con una faccia terrorizzata, dalla sua bocca non usciva un suono “Tranquillo, sono un amico di Tom. Ti ricordi di lui vero? E’ il ragazzo che ti somiglia tanto e che ti ha portato fuori dal laboratorio” quelle parole dovevano aver fatto scattare qualcosa nei ricordi del giovane perché si rilassò e la sua espressione si trasformò diventando da una maschera del terrore ad una piena di curiosità.
“Tom e Georg” ripeté nella sua testa Bill mentre seguiva Georg su per le rampe di scale “Una volta arrivati in casa ti asciugherò i capelli e ti darò qualcosa di meglio da metterti, quegli abiti non ti donano affatto” gli disse Georg per cercare di stabilire un dialogo con il nuovo arrivato; durante la salita dovette sorreggerlo più volte perché le sue gambe sembravano quelle di uno zoppo “Per fortuna pesi poco” pensò Georg senza ripeterlo ad alta voce, poi con gran sollievo del nuovo venuto arrivò davanti alla porta del suo appartamento “Eccoci qua”. “Sei tornato finalmente” la voce di Gustav arrivò dritta da una delle due camere da letto non appena Georg ebbe chiuso la porta, il sole ormai era alto “Ho dovuto fare una cosa urgente, nulla di che” “Beh se dovevi uscire con Tom potevi invitarmi, a proposito come mai è qui e vestito in questo modo per giunta?” chiese Gustav che non appena vide Bill lo scambiò per Tom, come non avrebbe potuto “Ti sbagli, lui non è Tom. E’ un suo conoscente” disse Georg mentre prendeva il phon dopo aver fatto sedere il ragazzo sul divano “Che? Mi prendi in giro?” la faccia incredula di Gustav fece quasi ridere Georg che dovette trattenersi.


“E’ identico a lui, potrebbe benissimo essere il suo gemello omozigote” disse Gustav dopo che Georg gli ebbe fatto il resoconto della serata “Ho pensato la stessa cosa quando l’ho visto” Georg continuava a guardare il suo ospite che invece cercava di non incrociare il suo sguardo nascondendo il viso tra i capelli biondo cenere ancora caldi per l’aria del phon usato poco prima “Spero che Tom abbia una spiegazione plausibile per tutto questo” “Sicuramente si, dobbiamo solo aspettare finché non uscirà dalla stazione di polizia per la denuncia”.
Nello stesso istante alla stazione di polizia, il tenente stava interrogando Tom per avere delucidazioni sui fatti che erano accaduti nel suo laboratorio “Lei dice che quegli uomini sono penetrati mentre era nel laboratorio, hanno fatto delle richieste particolari?” chiese il tenente a Tom, dietro alla sedia su cui era seduto il ragazzo c’erano i genitori che erano stati immediatamente avvertiti dell’accaduto all’arrivo del figlio alla caserma “Dicevano di cercare una cosa ma nel laboratorio non c’era nulla di così segreto che potesse destare l’interesse di altri, non so a cosa alludessero” rispose il ragazzo “Non hanno cercato nei computer o nelle cartelle?” “Non prima che mi riparassi dagli spari, ma non penso che abbiano avuto il tempo per farlo” “Evidentemente erano stati mandati da qualcuno e non conoscevano il loro obiettivo. C’era del liquido sul pavimento, saprebbe dirmi da dove proveniva?” “Dalla camera di incubazione, era il liquido restante da un precedente esperimento fallito. Non c’era nulla lì dentro” “Mmmm, va bene può andare se le viene in mente altro ci faccia sapere” “Certamente”. “Che ne è stato di Bill?” chiese Keane al figlio una volta che furono usciti dalla caserma e dopo che Elsie se ne fu andata “E’ al sicuro a casa di Georg e Gustav, l’ho fatto portare via prima che arrivasse la polizia” “E’ vivo?” “Si, non ha avuto problemi a respirare da solo. Volevo andare da loro per portarlo a casa mia, vuoi venire anche tu?” “E me lo chiedi? Certo che voglio venire, forza Sali in macchina”. 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6(seconda parte) ***


~~Mentre la sua macchina blu sfrecciava sulla strada ad alta velocità per raggiungere al più presto l’appartamento di Georg e Gustav, Keane volle sapere dal figlio come fossero veramente andate la cose nel laboratorio, ad ogni parola che gli diceva Tom sembrava sempre più entusiasta forse troppo. Il resoconto del ragazzo finì nel momento in cui l’auto fu parcheggiata nel garage nel posto accanto a quella di Georg “Spero che Bill non abbia dato loro dei problemi” disse Tom mentre sganciava la cintura di sicurezza ma si accorse presto che il padre era già uscito dall’auto lasciando sul sedile del guidatore le chiavi per chiuderla, si stava già dirigendo sulle scale “E poi dice che sono io quello che ha troppa fretta” pensò. Ai suoi occhi sembrò che il padre fosse ritornato un bambino cui era stato promesso un grosso premio, Keane saliva le scale precedendolo e salendo i gradini due per volta con quella che sembrava energia sopita da tempo fino a che non arrivò alla soglia dell’interno dei ragazzi “Forza Tom bussa” gli disse quando lo raggiunse “Perché non lo hai fatto tu?” chiese il ragazzo mentre batteva la mano sinistra sul legno scuro “Sono amici tuoi, sarebbe sconveniente” “Che dici?” “Chi è?” chiese qualcuno dall’interno della porta, era la voce di Gustav “Sono Tom apri per favore” disse il ragazzo e la porta si aprì dopo che l’amico ebbe tolto l catenella e fatto girare la chiave “Sei arrivato finalmente, dottor Kaulitz c’è anche lei…buongiorno. Prego entrate”  “Grazie mille Gustav ” disse Keane che con lo sguardo sembrava cercare Bill “E’ nella stanza di Georg, vada pure” gli disse il ragazzo e seguì il consiglio senza pensarci due volte “Mi dispiace di avervi recato disturbo, so bene che per voi possa essere stata una scocciatura” disse Tom all’amico “Nessun disturbo, però la prossima volta che succede una cosa del genere avvertimi o dovrò andare in analisi per riuscire a capirci qualcosa” “Quando mio padre se ne sarà andato vi racconterò tutto”.


“Dovrei portarlo al laboratorio per fare qualche esame al ragazzo, voglio accertarmi che stia bene” stava dicendo Keane quando anche Tom e Gustav andarono nella camera di Georg; Bill era seduto sul letto e il dottore ne stava già esaminando i riflessi oculari con una piccola torcia passando poi al controllo della gola “Per ora sembra sia tutto a posto, la pupilla risponde agli stimoli, le tonsille sono a posto e non vedo arrossamenti” fu il suo responso “Se non ti spiace papà preferirei portare Bill a casa mia e fare io le analisi, penso che in un ambiente domestico possa sentirsi più a suo agio ” disse Tom, sembrava quasi che le sue parole avessero destato l’interesse dell’interessato  “Allora il suo nome è Bill – disse Georg – comunque credo che stia approvando la tua proposta” “Se te la senti d’accordo, ma dovrai informarmi di ogni cosa e se qualcosa non va chiamami immediatamente” dai suoi occhi Tom capì che il padre faceva sul serio “Lo farò non preoccuparti” “Bene, ora sarà meglio che vada o tua madre si preoccuperà. Arrivederci ragazzi” salutò Keane sparendo poi dietro la porta d’ingresso.


“Lui è il motivo per cui andavi così spesso al laboratorio di tuo padre quando eri bambino vero?” chiese Georg a Tom non appena sentì il rumore dei passi di Keane scendere le scale, aveva fatto due più due semplicemente vedendo la reazione del dottore alla vista del ragazzo “Si è lui, ma non ho mai potuto parlarvene perché mio padre me lo ha vietato. Lui è il risultato di un esperimento scientifico, non chiedetemi come e quando ma dalla prima volta che lo vidi è sempre stato in una camera di incubazione che ne manteneva stabili le funzioni vitali” rispose Tom “Quindi non sai in che modo tuo padre si sia procurato… lui” intercalò Gustav “Non me lo ha mai detto” “Sei sicuro che non sia tuo… gemello, sai è praticamente uguale a te” osò dire Georg, mentre parlava continuava a guardare Bill che ascoltava tutto con molta attenzione senza mai parlare “Mi piacerebbe, ma lui mi avrebbe informato e mia madre di lui non sa niente” “Se lo dici tu, è solo che sembra incredibile che per tutti questi anni sia rimasto dietro ad un vetro e che ora si muova quasi come niente fosse” “Anch’io penso che sia incredibile, fino a qualche ora fa non avrei mai pensato che potesse svegliarsi respirare e camminare autonomamente, invece quando l’ho tirato fuori dal congegno ha respirato subito. Vi ha dato dei problemi?” “Nessuno, si è svegliato quando siamo arrivati qui, all’inizio era spaventato ma quando ho fatto il tuo nome non ha più fatto resistenza e se ne è rimasto buono e zitto nel suo angolino” “In verità non so se riuscirà mai a parlare, le sue corde vocali potrebbero essere troppo atrofizzate per poter funzionare” sul volto di Tom comparve la delusione “Secondo me ce la farà, ti somiglia così tanto che secondo me è anche lui un vero e proprio chiacchierone” disse Gustav ridendo “Dio non voglia, stiamo diventati matti con uno figuriamoci con due” disse Gustav scatenando una risata generale che terminò la loro riunione, poco dopo infatti Tom tornò a casa sua portando con sé Bill.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7. ***


~~“Maledizione, eravamo così vicini all’obiettivo” “E invece adesso dovremo dire addio alla grana” “Vi avevo detto che dovevamo andarci con i piedi di piombo ma non mi avete dato ascolto perciò arrangiatevi” a parlare erano i tre uomini che erano entrati nel laboratorio di Tom e suo padre, dopo il loro fallimento erano stati convocanti dal loro mandante nello stesso luogo in cui avevano ricevuto l’incarico ossia un edificio costruito originariamente per ospitare uffici riconvertito poi ad un unico e gigantesco centro scientifico dallo stesso anonimo proprietario che aveva ingaggiato i tre. Loro non conoscevano affatto il loro mecenate, il suo volto era semplicemente quello di un ricco signore ma chi, come Keane, aveva già collaborato con lui non avrebbe fatto fatica a riconoscervi Raoul se vi si fosse trovato davanti. Dopo il licenziamento Raoul aveva cambiato la sua identità e aveva fatto fortuna vendendo i suoi servigi ai signori del mercato nero per poi diventare egli stesso un pezzo grosso, ma aveva ancora bisogno di una cosa per coronare la sua carriera e per questo aveva chiamato i mercenari, ma ne era rimasto alquanto deluso quando nel suo ufficio gli dissero che l’operazione non era andata a buon fine “Incredibile siete riusciti a fallire in una cosa così semplice” disse loro senza staccare gli occhi dai documenti che stava visionando “Non sarebbe successo se lei ci avesse detto dove e cosa cercare” disse il portavoce dei tre, il suo nomignolo era Fox “Non vi avrei ingaggiato se avessi saputo dove cercare, inoltre mi avete detto che dentro c’era una persona quindi avreste potuto farvelo dire da lui” “Quel moccioso non ne voleva sapere, nemmeno quando abbiamo aperto il fuoco” disse Shark uno dei due energumeni che erano rimasti in piedi, sentendo le sue parole Raoul sbattè violentemente i palmi delle sue mani sul tavolo “Siete degli incompetenti, vi avevo tassativamente vietato di aprire il fuoco. Vi vantate di essere i migliori sulla piazza ma la verità è che non sapete nemmeno cambiarvi le mutande sporche” “Abbassa la cresta, sei stato tu a chiamarci quindi sono affari tuoi. Non sai con chi hai a che fare” disse Rock il più spavaldo che era rimasto in piedi accanto a Shark, gli era stata requisita la pistola ma se ce ne fosse stato bisogno avrebbe volentieri preso a pugni in faccia quell’individuo odioso. La risposta che ne seguì fu del tutto diversa da quella che l’uomo muscoloso si aspettava, di solito quando faceva un’intimidazione del genere le persone ridimensionavano il loro tono mentre quello iniziò a ridere fragorosamente come se avesse sentito la battuta più divertente del mondo “Devo proprio essere disperato se mi sono rivolto a tipi del genere, siete voi che non sapete con chi avete a che fare  io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno. Shadow” chiamò all’interfono e poco dopo comparì alla porta d’ingresso un giovane uomo alto con i capelli molto corti quasi rasati ed una serie di tatuaggi su entrambe le braccia, in verità non sembrava pericoloso ma il suo sguardo era freddo come il ghiaccio “Per favore, potresti scortare i signori fuori dal mio ufficio, li richiamerò a tempo debito” disse Raoul, i tre ebbero da ridire su questo “Dacci la grana, il nostro lavoro lo abbiamo fatto” disse Fox “Non avete fatto un bel niente invece, toglietevi dalla mia vista o chiamerò la polizia” ribatté ancora Raoul facendo cenno con la mano a Shadow il quale posò le mani  sulle spalle dei due uomini più muscolosi “Ehi ragazzino torna a giocare con la Lego e lascia parlare i grandi” disse Rock  scrollando le spalle per far si che quello lasciasse la presa, ma si ritrovò la spalla bloccata  “Smettila di giocare” disse l’altro provando invano a sua volta a liberarsi dalla stretta “Che diavolo vi prende?” disse il piccoletto rimasto seduto sulla poltrona “Non riusciamo a liberarci, questo ha delle mani d’acciaio” dissero Rock e Shark quasi all’unisono “Non prendetemi in giro, che c’è vi siete messi d’accordo con lui?” “No affatto, vedi il mio collega qui presente è molto più forte di quanto possa sembrare” disse Raoul che si stava godendo la scena dalla poltrona “Questo è tutto da vedere” dissero i due uomini muscolosi che provarono a colpire Shadow in faccia con un doppio diretto ma lui liberò velocemente le mani e altrettanto rapidamente bloccò le braccia di entrambi scagliandoli poi a terra con una contromossa di arti marziali per finirli con dei colpi di palmo sui loro setti nasali che si spaccarono facendo fuoriuscire sangue a fiotti “Scusi per il disordine capo” disse Shadow riferendosi al sangue sul pavimento di marmo bianco “Nessun problema caro, adesso per favore occupati dell’altro signore qua presente, è proprio il momento che vada via” disse Raoul. Per non sporcare oltre Shadow tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una pistola e fece fuoco.

La casa di Tom era dall’altra parte della città, molto lontano dalla casa in cui aveva vissuto assieme ai genitori che avevano da poco iniziato le pratiche per il divorzio. La sua vecchia abitazione gli piaceva ma da anni ormai non sopportava più la vista dei loro litigi  così se ne andò, in cuor suo era contento che avessero deciso di separarsi, anche se molto probabilmente era troppo tardi. La sua nuova abitazione era un appartamento in un quartiere residenziale, a differenza del condominio in cui abitava Georg l’edificio era di recente costruzione e già dalla facciata si poteva notare lo stile moderno che vi aleggiava anche dentro. Il garage dell’edificio si estendeva dal piano terra fin in un piano sotterraneo che si trovava sotto la strada in modo da non mettere a rischio la stabilità dell’intero impianto, c’erano così tante auto da far pensare che il posto non sarebbe bastato per tutti, tuttavia per ogni condomino dotato di un qualsiasi mezzo motorizzato era stato assegnato un posto specifico, inoltre ogni postazione aveva uno speciale sensore che leggeva la targa e se non corrispondeva a quella registrata si sarebbe innalzata una barriera che avrebbe impedito al mezzo di sostare in quel luogo “Eccolo qua, 620” disse Tom riferendosi al numero del suo parcheggio situato al piano in superficie. L’aria fresca dell’enorme garage entrò nell’auto non appena Tom aprì la porta del passeggero facendo venire la pelle d’oca a Bill che uscì dall’auto con un po’ di riluttanza, non volendo lasciare l’abitacolo riscaldato “Ce la fai a camminare?” gli chiese Tom, per tutta risposta lui si appoggiò per fargli capire di aver bisogno di una mano dato aveva già visto cosa lo aspettasse dopo che ebbe dato un’occhiata veloce alle scale “Purtroppo non possiamo usare subito l’ascensore, ma la strada da fare è poca” aggiunse il ragazzo  “Per me sarà sempre troppa” pensò Bill, era il primo vero pensiero che faceva da quando aveva aperto gli occhi.
Fortunatamente per Bill il percorso per arrivare all’ascensore fu più breve rispetto a quello che aveva dovuto fare prima a casa di Georg e quando fu davanti alla porta le sue gambe non protestavano molto. Quando si aprì i due ragazzi si ritrovarono nel piccolo ingresso dove alla parete era attaccato un appendiabiti in legno, ricordo dei nonni, con a fianco il citofono mentre a terra c’era il portaombrelli in acciaio “Benvenuto a casa” disse Tom a Bill che già aveva superato l’ingresso per osservare la grande sala, separata solo in parte da un muro bianco che nascondeva la cucina a chi entrava facendo sì che in bella vista restasse unicamente il tavolo trasparente adatto per ospitare non più di quattro persone sulle sue sedie nere; le pareti erano bianche ma su quella portante era stata appesa un grande pannello con l’ immagine del ponte di Brooklyn che aveva anche dei punti luminosi “Oltre quella porta c’è la mia camera, anche tu dormirai lì. C’è anche una finestra che dà su un terrazzo” disse Tom indicando con il dito una porta scorrevole a scomparsa nera “L’altra porta invece è quella del bagno ” indicò ancora con il dito mentre Bill osservava tutto con grande interesse “Mi piace” pensò il ragazzo. Appena si fu tolto la giacca Tom si diresse nella parte della sala occupata dalla cucina, in acciaio con i fornelli ad induzione “Siediti al tavolo” disse dall’altra parte del muro, Bill obbedì ma quando sentì il rumore di stoviglie la curiosità lo vinse e andò a vedere cosa stesse facendo Tom . Su uno dei fornelli c’era un pentolino con all’interno del latte mentre sull’altro la caffettiera che stava già fumando “Cosa fa?” si chiese il ragazzo e Tom gli rispose come se gli avesse letto nel pensiero “La colazione, ormai sono quasi le dieci e io ho fame. Qui dentro c’è il latte per te mentre qua il caffè per me, altrimenti mi addormento sul tavolo” prese una tazza da una delle credenze sopra ai fornelli, dall’altra invece prese un pacchetto di frollini.
Non appena fu tutto pronto Tom ripeté a Bill di sedersi e gli mise di fronte una tazza di latte e un paio di biscotti, voleva vedere come se la cavava a mangiare “Latte e biscotti” disse il ragazzo indicando l’uno e l’altro con l’indice della mano destra; l’espressione interrogativa di Bill gli fece intuire che non aveva capito a cosa alludesse “La colazione, ti faccio vedere come si fa” continuò poi gli dimostrò come fare, sorseggiando dalla tazza il caffè che aveva preparato per se e dando un paio di morsi ad un biscotto stando attento a non sbriciolare troppo. Bill provò ad imitarlo, ebbe successo con il latte che scese in gola senza problemi ma le briciole del biscotto gli rimasero in gola, un paio di colpi di tosse lo aiutarono a liberarsi “Non è nulla, con calma si fa tutto. Sei andato bene per essere la prima volta” disse Tom tuttavia, dall’espressione sul suo volto,  si vedeva che Bill non era della stessa opinione.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8. ***


~~“Quegli imbecilli, non sono riusciti a vedere quello che avevano sotto il naso” esclamò Raoul nel suo ufficio mentre Shadow si sistemava la giacca dopo essersi disfatto dei corpi “E’ possibile che sia morto? Non era altro che un esserino minuscolo” domandò Shadow “Ne dubito fortemente, quando lasciai il laboratorio era più sano di un pesce. Sono certo che sia vivo, anzi, dopo quello che è successo penso che il figlio del dottore lo abbia dovuto svegliare” mentre parlava Raoul prese tutti i suoi documenti ed uscì dall’ufficio seguito dalla sua guardia del corpo “Il figlio del dottore? Non me ne ha mai parlato” il passo dell’uomo era più veloce di quello di Raoul, tanto che spesso si dovette fermare per farsi raggiungere dal suo superiore ( solo a lui era permesso un comportamento del genere) “Si chiama Tom, lo incontrai quando era un bambino e ora lavora come assistente del padre; quei tre allocchi non potevano conoscerlo ma senza dubbio lui è l’unica persona oltre al padre a poter entrare nel laboratorio di notte” “Avresti potuto mandare me” entrarono nel grande ascensore che portava ai piani inferiori “Non volevo disturbarti per questioni del genere, ma una cosa la puoi fare” Raoul frugò nella cartella dei documenti, ne tirò fuori una foto e la mostrò a Shadow “Di chi si tratta?” domandò l’uomo “E’ Tom Kaulitz, voglio che tu ora lo segua; se l’esperimento è vivo sarà certamente con lui. Trovalo e fammi sapere” la porta dell’ascensore si era aperta facendo entrare l’aria fresca dell’aria condizionata che veniva diffusa nella hall; entrambi uscirono dall’ascensore ma si divisero alla porta d’ingresso “Sarà fatto mio signore, ma cos’ha di tanto speciale questo esperimento?” domandò Shadow “Niente, il mio ex-collega aveva in mente dei progetti ma li annullò tutti: ci era talmente affezionato che non osò mai toccarlo ” un ghigno malizioso si disegnò sul viso di Shadow, sarebbe stato un gioco da ragazzi occuparsi del rivale.


“Questa roba non mi piace per niente” i pensieri di Bill si facevano più complessi, a lui piaceva ascoltare il proprio pensiero, ma avrebbe voluto parlare come faceva Tom così avrebbe potuto dirgli quello che pensava sui vestiti che gli aveva dato “Non ti piacciono” disse Tom come se gli avesse letto nel pensiero “Per fortuna se n’è accorto” pensò Bill togliendosi la felpa; Tom era seduto sul letto pensando a cosa avrebbe potuto dare al nuovo amico “Io non so più che fare, guarda tu se c’ è qualcosa che ti interessa” lo autorizzò. Le mani di Bill si mossero veloci sugli abiti appesi nell’armadio, sembrava quasi che sapesse già cosa volesse indossare; quello che tirò fuori furono un paio di pantaloni scozzesi a cavallo basso e una maglia nera “ Avevo sbagliato genere” sogghignò Tom, i pantaloni che aveva scelto Bill in realtà gli erano stati regalati da un amico ma non li aveva mai indossati perché non erano affatto di suo gusto; il ragazzo era riuscito a trovarli nonostante li avesse relegati nel fondo dell’armadio. “Questo mi piace” pensò Bill una volta indossati pantaloni e maglietta, si vedeva che era felice, tuttavia mancava ancora una cosa: un paio di anfibi che Tom prese dalla scarpiera “Già che ci siamo” Tom aiutò Bill a mettere le scarpe e poi una volta abbigliato lo mise davanti allo specchio “ Ti piace?” gli domandò pur conoscendo la risposta, infatti Bill assentì con la testa “Forza allora, usciamo e andiamo a fare spese”. Entrambi uscirono in gran fretta senza curarsi di riordinare la camera.


Il quartiere non gli piaceva per niente, troppo tranquillo per i suoi gusti “Impazzirei, se dovessi abitare qui” pensò Shadow mentre osservava la porta del palazzo in cui abitava Tom Kaulitz. Non aveva avuto alcuna difficoltà a trovare l’edificio, era bravo in queste cose e gli era bastato solamente chiedere ad un paio di persone che abitavano nei dintorni facendosi passare per un amico ; si era seduto su di una panchina a leggere il giornale e da lì osservava: le persone che camminavano sul marciapiede senza fare caso a lui, le auto che sfrecciavano sospese sulla strada, gli ologrammi che mostravano le pubblicità, la porta scorrevole dell’edificio che si apriva e richiudeva come un erogatore facendo entrare o uscire le persone. “Ma quello sta tutto il giorno in casa ?” pensava di essersi appostato nel giorno sbagliato, poi finalmente la sagoma di Tom Kaulitz uscì dall’edificio, accompagnato da un ragazzo alto forse appena un po’ più di lui “Non è possibile” un campanello d’allarme risuonò nella testa di Shadow non appena poté scorgere il volto del suo futuro avversario, il giornale gli cadde dalle mani. Se qualcuno in quel momento gli fosse passato davanti, probabilmente si sarebbe chiesto se avesse avuto un attacco di paralisi dato che era rimasto del tutto impietrito; se non fosse stato per i vestiti non avrebbe potuto distinguere Bill da Tom Kaulitz, un problema che inaugurava la sua lista di imprevisti che gli avrebbero reso il compito più difficile. Shadow spiò i due ragazzi come un’ombra in ognuno dei luoghi che visitavano, tuttavia era così infastidito dall’idea che loro fossero due gocce d’acqua che rischiò più volte di farsi scoprire; quasi si scordò di fare le foto che gli aveva chiesto Raoul. Infine, quando il suo obiettivo rientrò nell’appartamento, si recò nell’abitazione di Raoul dove gli era stato dato alloggio “Hai visto il ragazzo?” gli chiese Raoul appena lo vide entrare nella casa, lo aveva aspettato sulla tromba delle imponenti scale che portavano al piano superiore “Si, è vivo e mi sembra in ottima salute” la risposta di Shadow, doveva ancora digerire quello che di lì a poco avrebbe detto “E com’è fisicamente?” “La copia esatta di Tom Kaulitz, mi è venuto un colpo quando l’ho visto” Shadow porse le foto che aveva fatto, Raoul le osservò poi scoppiò in unna fragorosa risata “Non ci credo –  nella foto si vedevano i volti di entrambi i ragazzi – l’hai combinata grossa Keane” Raoul non smetteva di ridere “Scusi?” domandò Raoul, era confuso “ Bill non è altri che il fratello gemello di Tom, ah che volpe quell’uomo. Così si spiega il motivo per cui non ha voluto rivelarmi tutto” “Ma come può essere?” Shadow non aveva molte cognizioni di ingegneria biomedica “Certo tu non lo puoi sapere : quando iniziai a lavorare al progetto la moglie del mio ex collega era già gravida, tuttavia Keane era molto preoccupato che lei non riuscisse a portare a termine la gravidanza a causa di alcuni problemi di salute della donna, anzi lei stessa dovette fare un cesareo per ridurre il rischio per lei e per il neonato” i neuroni di Raoul stavano elaborando dati alla velocità della luce “ Non riesco ancora a capire il nesso”  “Keane non mi disse mai dove e come si era procurato l’embrione per l’esperimento, io penso che la moglie fosse incinta di due gemelli e Keane per salvare tutti e tre ha volutamente prelevato dalla madre l’embrione che tra i due avrebbe potuto avere meno chance di sopravvivenza nel caso di complicazioni e lo abbia tenuto in vita attraverso il congegno ” gli occhi di Raoul sembravano spiritati “ Quali sarebbero le prove? A parte il fatto che sono identici?”  “Keane non ha mai fatto esperimenti sul soggetto, ne ha voluto che li facessi io, il suo DNA è rimasto quello originale e poi nella famiglia di lui ci sono già stati dei casi di fratelli omozigoti. Non c’è dubbio che loro due siano fratelli di sangue” la sue idea era tanto strana quanto reale.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9. ***


~~Era quasi sera ormai quando Bill e Tom rientrarono nel “loro” appartamento, le luci a led dei marciapiedi si erano già accese ed erano stati spenti gli ologrammi che mostravano le pubblicità, il silenzio era sceso assieme al sole. Bill si era seduto sul divano appena varcata la porta, le gambe gli facevano male, mentre Tom dopo aver riordinato la camera da letto preparò una cena vegetariana con quello che avevano comprato al supermercato. Tom si aspettava che il nuovo inquilino avesse difficoltà ad ingoiare il cibo e invece non ci furono grossi problemi.
“Vuoi provare a parlare? – domandò Tom dopo aver terminato la cena – Non hai ancora tentato” Bill si limitò ad alzare le spalle “Non lo faccio ho troppa paura” pensava, tuttavia il moto di delusione che lesse nel volto di Tom lo convinse a prendere carta e penna e scrivere : “Ho paura, vorrei farlo ma non so se riesco ad articolare bene” aveva una bellissima calligrafia, nonostante fosse la prima, e Tom ne rimase stupito “Provaci, di quello che vuoi. Al massimo ti alleni” disse provando a contenere la fretta. Bill iniziò a pensare a cosa avrebbe potuto dire, una parola non troppo difficile da pronunciare, poi il suo sguardo si posò sul tatuaggio che Tom aveva sulla mano: una serie di quattro numeri (0620) che simboleggiavano l’ora in cui era nato “Bello” pensò Bill ed ecco che aveva trovato la sua parola. Con il cuore in gola e la paura di non emettere un suono, Bill prese la mano tatuata di Tom per fargli capire a cosa si sarebbe riferito, trasse un profondo respiro e timidamente disse “B…be…bello” non avendo mai parlato la voce che ne uscì non era affatto chiara, tuttavia per Tom fu più che sufficiente “Grazie, mi hai tolto un bel peso dallo stomaco. Adesso devi cercare di parlare sempre di più e vedrai che andrà sempre meglio” un gran sorriso illuminò il volto di Bill “V…va be…ne”.


Nel frattempo, nella grande casa di Raoul “Che devo farne, del soggetto?” domandò Shadow, sperava che il capo gli dicesse di ucciderlo perché la sua esistenza lo irritava “Non devi ucciderlo, se è questo che avevi in mente” rispose Raoul dalla sua cabina armadio “E allora? Perché seguirlo se poi non devo farci niente?” “Ho dei progetti per lui, ti basti sapere questo” “Vuole sostituirlo con me” pensò Shadow. Una rabbia improvvisa invase la mente dell’uomo, non avrebbe mai permesso che Raoul lo gettasse via come un sacco della spazzatura dopo quello a cui si era sottoposto per lui “Tu sei una persona speciale, una delle poche” gli aveva detto Raoul quel giorno “Non mi basta, io devo sapere” disse iracondo l’uomo, i suoi pugni erano serrati “Ti ho già detto che non sono affari che ti riguardano, ora lasciami in pace” ripeté Raoul uscendo dalla cabina armadio in abbigliamento da notte, a volte si pentiva di aver scelto lui. Stava per entrare nella sua camera da letto quando Shadow, invaso dall’ira, gli sparò in fronte. D’ora in poi avrebbe condotto lui i giochi.


Dopo il grande successo ottenuto da Bill, la serata passò in fretta davanti alla olo-televisione con Tom che rispondeva a tutte le domande di Bill “Accidenti se chiacchiera” si disse il ragazzo sogghignando, da quando aveva detto la sua prima parola Bill non aveva mai smesso di parlare tanto che la voce era migliorata nel giro di poco tempo. Alle undici circa, Tom spense la televisione e portò Bill in camera da letto dove aveva preparato un futon, acquistato in Giappone durante un viaggio con Georg e Gustav, dove avrebbe dormito lui cosicché Bill potesse stare più comodo sul letto. Senza pensarci troppo mise a letto il ragazzo e poi si infilò sotto la coperta, si svegliò poco dopo di soprassalto spaventandosi nel vedere gli occhi nocciola di Bill che lo osservavano dall’alto del letto “Co…me fa…i?” si sentì chiedere “Come faccio a dormire? E’ facile, chiudi gli occhi e dopo un po’ ti addormenti” non si sarebbe mai aspettato una domanda del genere, non sapeva nemmeno come spiegarglielo a dovere “Non…c…ci, non ci ries…co” ribatté invece Bill con una faccia da cucciolo . Tom dovette arrendersi all’evidenza, si alzò dal futon e si mise sotto le coperte accanto a Bill “Hai vinto, per stasera si dorme assieme ma tieni le mani a posto” disse appoggiando la testa sul cuscino e tenendo gli occhi chiusi, Bill lo imitò e dopo un po’ si addormentò mentre Tom restò sveglio. Rimase sveglio quasi tutta la notte a farsi mille domande sulla persona che aveva davanti ai suoi occhi, identica a lui, di cui stava spostando i capelli biondi dal viso; sfiorarlo gli fece venire i brividi “Sei sicuro che non sia tuo… gemello, sai è praticamente uguale a te” gli vennero in mente le parole di Georg “Papà non avrebbe mai potuto farlo” si convinse. Si addormentò con delle domande che ancora non avevano trovato risposta.

La mattina seguente Tom ricevette una chiamata dalla caserma di polizia: dai rilevamenti fatti sui proiettili e dal modus operandi, erano risaliti al trio che aveva fatto irruzione nel laboratorio i cui corpi erano stati ritrovati in un fosso; inoltre gli era stato detto che il laboratorio era di nuovo agibile e sebbene non fosse operativo, sarebbe potuto entrarvi per verificare quali fossero realmente i danni. Per l’occasione il ragazzo aveva chiamato anche il padre, il vero proprietario dello studio, e mentre lui guidava l’auto verso l’edificio Bill guardava assorto il panorama. A Bill piaceva guardare il mondo al di fuori del finestrino dell’auto, tutto scorreva veloce finché Tom non si fermava al semaforo rosso “Pensavo che ci avrebbero messo molto più tempo per fare i rilevamenti, invece sono stati rapidissimi” disse Tom, non ricevette risposta ma non se l’aspettava dal momento che Bill era tutto intento ad osservare il mondo esterno. Al loro arrivo Keane era già fuori dalla porta ad aspettarli “Figliolo – lo salutò il padre - . Vedo che hai portato anche lui, come sta?” “Bene, possiamo già entrare?” domandò schietto il ragazzo mentre faceva scendere Bill dall’automobile “Si non c’è nessuno dentro, abbiamo libero accesso” “Allora è inutile aspettare, forza andiamo”.
“Se non lo sapessi non direi mai che Bill ha passato tutta la sua vita in una camera di incubazione” disse Keane osservando il ragazzo che, appena entrato, si era diretto con sicurezza alla sua precedente dimora e ora posava una mano sul vetro incrinato “E’ troppo sveglio per uno che vede il mondo da poche ore” disse Tom senza farsi sentire “In effetti si comporta molto meglio del previsto, tuttavia credo sia nella norma” “Papà lui sa scrivere, e molto bene” esordì il ragazzo, sembrava che le sue parole avessero finalmente destato l’interesse del padre “Questo è strano. Forse mentre era nella camera il suo cervello ha memorizzato quello che noi dicevamo, sai bene che lui poteva sentire tutto e se non ricordo male tu gli hai fatto delle lezioni - ipotizzò lo scienziato, era l’unica possibilità - . Ma ora non pensiamo troppo a queste cose, vai da lui “ “E tu?” chiese il ragazzo “Devo parlare con una persona, dobbiamo decidere come sistemare questo macello” disse ed uscì.
“Io sono già stato qui” esclamò Bill non appena Keane se ne fu andato, sembrava che non volesse avere a che fare con lui “In verità si – Tom gli si avvicinò – tu vieni da qui” provò molto rimorso nel pronunciare quella frase “Poi tu mi hai svegliato” le parole di Bill furono una freccia dritta al cuore “Ti ricordi di…?” Tom non sapeva come terminare la frase, le parole gli rimasero serrate in gola “Un grande rumore – Bill cercava di ricordare – poi tu. Eri felice, perché?” domandò il ragazzo “Perché eri vivo – Tom posò la mano sul vetro, vicino a quella di Bill -. Ricordi qualcos’altro?” “Solo una cosa, di tanto tempo fa: la tua mano appoggiata sul vetro, come adesso” il cuore di Tom iniziò a martellare nel suo petto “Si e poi tu hai messo la tua dove l’avevo messa io, come se volessi toccarla” lacrime gli scesero sulle guance “Perché piangi adesso?” chiese Bill, sembrava dispiaciuto “Perché sono felice che tu ti ricordi di quel giorno, nulla di più”.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


~~Una volta conclusi tutti i controlli, Tom e Bill uscirono dall’edificio dove ad attenderli c’erano Georg e Gustav chiamati la mattina stessa da Tom dopo la telefonata della polizia “Ce ne avete messo di tempo” scherzò il ragazzo dagli occhi grigio-verde “Ahimè il lavoro” disse Tom facendo l’espressione più stanca che poteva per reggergli il gioco “Ci avevi detto che avevi una sorpresa da farci vedere” intervenì Gustav che aveva già una mezza idea di cosa poteva essere. Tom non rispose, ma con lo sguardo rivolto verso Bill fece intendere che la sorpresa riguardava lui e anche il ragazzo aveva capito che doveva fare la sua mossa “Ciao…ragazzi” disse, la sua voce era limpida ma lui doveva ancora abituarsi all’idea di poter parlare “A quanto pare qualcuno ha ritrovato le proprie corde vocali, parla già benissimo” fu la reazione di Georg, Gustav invece assentì con la testa senza aggiungere altro “Per forza – rispose Tom – ieri non ha fatto altro che parlare, parla più di me” “Te l’avevo detto” scoppiarono tutti a ridere. Non sapevano che Shadow li stava spiando.


“Potrei ucciderli tutti e quattro adesso in un colpo solo” pensò Shadow dal suo punto di osservazione, era la prima volta che vedeva gli amici di Tom ma non gli facevano paura anche se dalla struttura fisica era facile capire che facevano palestra, lui era superiore a loro.  Mescolandosi tra la folla seguì il quartetto da molto vicino osservando i loro movimenti: il modo in cui quei due si atteggiavano con Bill gli dava il voltastomaco, come potevano stare così vicino a lui come se niente fosse pur conoscendone l’origine? Li vide fermarsi in uno spiazzo all’interno del parco che stava a circa venti minuti dal laboratorio, le mani gli prudevano dalla voglia di andare da loro e presentarsi alla sua maniera.


Il quartetto aveva deciso di fermarsi nel parco non troppo distante dal laboratorio, giusto per pranzare all’aperto ai tavolini del piccolo bar che offriva anche piatti freddi in modo da poter scambiare anche quattro chiacchiere in tutta tranquillità mentre le persone facevano scorrazzare i cani o facevano giocare i bambini. Subito dopo pranzo Gustav portò Bill in un punto più vuoto dell’area verde mentre Georg rimase con Tom, era una strategia che i due avevano architettato così che il ragazzo dagli occhi grigio verde potesse parlare con l’amico di questioni private senza la presenza del diretto interessato “Ti vedo pensieroso Tom, che succede?” domandò Georg per cadere sull’argomento “Nulla di particolare, è solo che la situazione mi sembra più strana del previsto” fu la risposta di Tom “Lo immagino, da un giorno all’altro ti sei ritrovato in casa una persona uguale a te. Hai ancora avuto tempo per fare il test del DNA?” era inutile girare troppo intorno all’argomento “No, ma non ne vedo il motivo” “Io penso piuttosto che tu dici così perché non vuoi scoprire che tuo padre ti ha detto molto meno di quello che pensavi” disse Georg rischiando molto, sapeva quanto il ragazzo si fidasse della parola del padre “Non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, e poi me lo avrebbe detto” la voce di Tom si era fatta incerta “Allora non hai nulla di cui preoccuparti, fai il test e vedi cosa ti dice” “Lo farò, ma non oggi, devo presentare Bill a mia madre” il loro discorso fu interrotto dalla voce di Gustav che diceva “Lascialo in pace”. Un uomo alto con entrambe le braccia tatuate si era avvicinato a Bill e con uno spintone lo aveva fatto cadere a terra, suscitando la rabbia di Gustav “Che cazzo fai? Lascialo stare” gli aveva urlato contro, sebbene fosse più basso dell’ aggressore non aveva esitato a difendere l’amico “Che succede qua?” chiese Georg appena ebbe raggiunto il trio assieme a Tom che si occupò di Bill, aveva solo dei piccoli graffi sul braccio “Questo scemo ha spinto Bill senza alcuna ragione” rispose Gustav, era già sul piede di guerra “Non è successo niente, sto bene” disse Bill cercando di calmare le acque “Imperfetto e anche smidollato, il tuo creatore poteva fare di meglio. Mi presento, mi chiamo Shadow” disse l’aggressore passando velocemente dall’offesa al galateo “Non mi interessa chi sei, voglio che tu te ne vada da qua” il tono di Georg era minaccioso  e i suoi occhi lo erano ancora di più “Almeno sembra che qualcuno qua abbia del fegato” fu il commento di Shadow alla reazione di Georg, il suo sguardo era fisso su Bill. I tre ragazzi avevano attorniato l’uomo come degli avvoltoi pronti a planare sulla preda alla sua prima mossa, ma quello sembrava non curarsene e continuava a guardare chi era rimasto a terra “Almeno lo sanno loro chi sei veramente?” domandò Shadow a Bill i cui occhi si aprirono come delle finestre, ma il ragazzo non rispondeva: la sua voce era bloccata nella gola come se avesse perso di nuovo la capacità di parlare, le gambe gli tremavano. La mano di Georg ricadde pesantemente sulla spalla di Shadow, se non voleva andarsene di propria volontà lo avrebbe fatto con la forza “Adesso minacci? Non è molto gentile” disse l’uomo con tutta calma, la sua mano si posò sul polso del ragazzo dagli occhi grigio-verdi ed iniziò a stringere; Georg dovette trattenere un moto di stizza per poi mollare la presa, il suo polso era molto dolorante. Infine, senza dire più una parola, l’uomo tatuato se ne andò così come se n’era venuto facendo solo un piccolo cenno con la mano “Quello è sicuramente un pazzo squilibrato” disse Gustav seguendo l’individuo con lo sguardo “Comunque se n’è andato” disse Tom facendo alzare Bill “Grazie ma non dovevate, non mi è successo niente” le parole di Bill celavano un tono di inquietudine “Su una cosa aveva ragione – ribatté Gustav - : tu sei troppo morbido, ne hai ancora di strada da fare prima di imparare a stare nel mondo; non tutti sono come Tom o noi”. I ragazzi restarono ancora un po’ di tempo al parco, giusto per dimenticare l’accaduto, poi ognuno ritornò a casa propria, anzi no: Tom aveva deciso di far conoscere Bill alla madre, ma non aveva idea della sorpresa che avrebbe trovato.


La madre di Tom, Elsie, viveva in una casetta a piano terra che aveva acquistato poco dopo la separazione con Keane; era un’abitazione a un piano con un giardino e un piccolo vialetto d’ingresso, forse dall’estetica un po’ anticonvenzionale rispetto alle abitazioni intorno ma non meno moderna. Dopo aver parcheggiato la macchina Tom bussò energicamente sulla porta, non sapeva cosa avrebbe detto alla madre, ma non fu la madre ad aprirla bensì Shadow; Elsie era seduta su una sedia e le sue mani tremavano come non mai “Che diavolo ci fai qui?” ringhiò Tom, se avesse torto anche solo un capello alla  madre gli avrebbe staccato la faccia a morsi “Sono semplicemente venuto a fare visita a tua madre, ancora non le hai dato la bella notizia-  rispose l’uomo, evidentemente sapeva qualcosa – anche se forse è lei che dovrebbe raccontarti una bella favoletta” “Ma si può sapere che cazzo vuoi? Io non ti ho fatto niente” Tom urlava “A me di te non interessa, io voglio solo parlare con il tuo fratellino perciò adesso se lui non vuole che io faccia del male a te o alla tua bellissima madre sarà meglio che venga con me. Non sto scherzando Bill, non mi farò nessuno scrupolo” i suoi occhi erano fissi su Bill come se non ci fosse nessun’altro nella stanza. Tom invece, per un attimo, ebbe le vertigini: la parola che aveva usato Shadow era la stessa che avevano pronunciato Georg e Gustav, quella che non lo aveva fatto dormire e a quanto pare sua madre sapeva qualcosa; il suo mondo era crollato. L’uomo continuava a restare vicino ad Elsie, in attesa di una risposta che arrivò presto “Prometti che non farai del male a Tom o a lei”  Bill non voleva che si ripetesse la scena del parco “La solita storia ma…lo prometto, mi interessi solo tu” fu la risposta di Shadow, sul volto aveva un sorriso a trentadue denti, era stato fin troppo facile “Non farlo Bill” la voce di Elsie era risuonata per la stanza “Zitta tu” gli urlò contro Shadow, il braccio alzato  “Fermo, verrò con te”.


Fu così che Tom vide Shadow uscire da quella porta con la mano stretta al braccio di Bill, invece lui era stato lì a guardare.; solo la madre era riuscita ad avere una reale reazione e aveva chiamato Keane, era il momento di dire la verità.  Alla vista del padre Tom sentì un gran rabbia in corpo, non aspettò nemmeno che lui si sedette “So già cosa devi dirmi, ma voglio vedere se questa volta riesci a dirmi la verità” disse in modo deciso, questa volta sarebbe stato impossibile per Keane celare il vero perciò prese un lungo sospiro e disse “E’ giusto – si sedette – prima o poi sarebbe giunto il momento; ti prego solo di ascoltare tutto prima di giudicarmi” una richiesta accettabile “ Cercherò, avanti parla” “E’ vero, Bill è tuo fratello gemello. Io l’ho preso da tua madre che era un embrione di poche settimane e l’ho messo nel congegno in cui è sempre stato” “E hai fatto degli esperimenti sul suo Dna?” Tom aveva abbassato la testa e teneva i pugni chiusi “No, non l’ho mai toccato ne ho mai permesso a Raoul di farlo” “Lui sarebbe potuto morire in qualsiasi momento” “Non lo avrei mai permesso” Tom ebbe uno scatto d’ira e sbattè violentemente i pugni sul tavolo “E come hai fatto a scegliere? Hai fatto la conta?” “No – intervenne la madre - . Sarebbe sempre stato lui, devi sapere che quando rimasi incinta i medici mi dissero che per me sarebbe stato impossibile farvi nascere entrambi e che anche io rischiavo di avere delle complicazioni serie. Le mie opzioni erano rischiare di morire per portarvi avanti entrambi oppure abbandonare uno di voi due; non avrei mai accettato la seconda” gli occhi di Elsie erano rossi, stava per piangere “E io non avrei mai potuto sopportare di perdervi tutti e tre, per questo ebbi l’idea e feci quello che ho fatto” “Perché lui e non me?” domandò, la sua voce era come strozzata, stava per piangere “Lui era il più piccolo,  aveva meno possibilità di sopravvivere” rispose Keane, non sapeva quale sarebbe stata la reazione del figlio “Sai qual è la cosa che mi dà più fastidio? Voi due non mi avete detto niente in tutti questi anni; io ho passato intere giornate, anni, nel laboratorio senza sapere che lui era mio fratello. Avreste potuto dirmelo” “Volevamo ma non ne abbiamo mai avuto il coraggio, non sapevamo come avresti reagito” disse Elsie, era profondamente dispiaciuta “Sicuramente meglio di così. Tu non sei mai venuta a vederlo” “Non ne ho mai avuto la forza lacrime scesero sul suo volto”. Tom non disse più nulla, semplicemente uscì lasciandosi alle spalle una porta chiusa.


La mano di Tom bussò di nuovo ad un’altra porta, quella di Georg e Gustav “Che succede Tom?” chiese Gustav vedendo il volto sconvolto del ragazzo che aveva insistentemente bussato alla sua porta “Sono un completo idiota” gli disse Tom “Perché dici cosi?” Gustav non capiva “Sono un completo idiota, non mi sono accorto di nulla e voi avevate ragione; era così evidente” “Ma cosa?” stava per perdere la pazienza “Lo hanno portato via” Tom aveva le lacrime agli occhi “Tom in grammatica esiste una cosa chiamata complemento di argomento, se non lo metti non capisco nulla” “Bill è il mio gemello – finalmente lo aveva detto - , ho avuto conferma dai miei; anche mia madre lo sapeva” “Che ti avevo detto? E’ meraviglioso” “Si ma ora me lo hanno portato via” Georg comparve sulla porta “Cos’è successo?” “Quell’uomo, Shadow…l’ho trovato a casa di mia madre e lo ha minacciato di uccidere me e lei se non fosse andato con lui. Bill lo ha seguito, non so dove ” le lacrime scendevano copiose “Risolveremo la situazione, insieme. Vieni entra in casa”.

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11. ***


Era già passata circa un’ora da quando Tom si era presentato in lacrime a casa di Georg e Gustav, ancora non si era del tutto ma era riuscito a raccontare quello che era successo poco prima “Lo troveremo Tom, dovessimo anche cercarlo in capo al mondo” disse Gustav mentre porgeva al ragazzo un bicchiere di acqua “Hai degli indizi che possano aiutarci? ” domandò Georg, seduto sul bracciolo del divano. Tom riordinò le sue idee alla ricerca di qualcosa che potesse aiutarli nella ricerca, ma non gli venne in mente nulla “Non saprei dirvi nulla, so solo che quell’uomo ce l’ha con Bill e sapeva che io e lui siamo fratelli biologici; in effetti sembra sapere molte più cose di quante ne sappia io” “Sicuramente Bill non avrà potuto cercare di liberarsi, la sua presa è come una ghigliottina: ho i lividi sul polso” disse Georg mostrando i lividi violacei “Non potrebbe essere un potenziato?” domandò Gustav, negli ultimi tempi erano uscite in commercio delle protesi biomeccaniche  identiche agli originali “Cosa te lo fa pensare?” replicò Tom “La sua struttura fisica e la sua baldanza, non siamo dei giganti ma siamo pur sempre in tre. Avemmo dovuto almeno metterlo in soggezione” rispose il ragazzo biondo “Non sembra avesse degli arti meccanici, anche se le protesi sono indistinguibili dagli arti naturali ancora si può distinguere la differente consistenza della pelle. Se veramente è un potenziato deve aver preso dei farmaci sperimentali”. Tra loro era sceso un silenzio meditativo quando l’olo-televisione si accese, doveva esserci un’importante notizia trasmessa dal telegiornale “E’ stato ritrovato poco fa  il corpo di un importante ingegnere, Patrick Locker” disse la presentatrice che non era altri che un avatar creato digitalmente “ Il corpo era situato nei pressi di un canale. Nello stesso luogo sono stati ritrovati anche i corpi di tre uomini non ancora identificati. Gli agenti della polizia stanno cercando  di capire se gli omicidi siano collegati oppure no” continuò l’avatar. Tom ebbe un sussulto quando mostrarono le foto dell’ingegnere, anche se erano passati anni riconobbe subito chi era “Raoul” urlò, si era improvvisamente trovato a gattoni davanti al televisore, tutto iniziava ad avere senso “Lo conosci?” domandò Gustav “Era l’assistente di mio padre, fu licenziato dopo che mio padre lo scoprì mentre copiava dal computer i dati che riguardavano Bill” lo stupore stava diventando rabbia  “Quindi poteva sapere la verità?” “Non credo  ma Shadow conosceva il mio nome e il suo, molto probabilmente lavorava per lui e poi lo ha ucciso” “Può esserci la possibilità che vi abbia fatto seguire, magari ha fatto delle foto e poi quando le ha mostrate a…Raoul, lui ha fatto il collegamento ” suppose Georg, il ragionamento non faceva una piega “Resta comunque il fatto che non sappiamo dove abbia potuto portare Bill” disse Gustav “Questo non è vero – esordì Georg – basta cercare l’indirizzo della casa dell’ingegnere: secondo me lo porterà là” .
La presa esercitata da Shadow sul suo braccio era fortissima, Bill era sicuro che nel momento in cui lo avrebbe lasciato avrebbe trovato un bel livido. Faceva male ma non era nulla in confronto a quello che avrebbe provato Tom se fosse successo qualcosa a sua madre, lui invece era nato in un laboratorio ed era certo che a nessuno sarebbe importato della sua morte; non aveva dato peso alle parole dette prima dall’uomo “Non devono morire per me” aveva pensato nella casa. Per Shadow, Bill non era il primo ostaggio ma era l’unico che lo aveva seguito senza fare alcuna resistenza, non aveva provato a scappare neanche quando lo aveva fatto salire sulla sua Jeep e aveva finto di dimenticare la sicura alle portiere “Di solito le persone nella tua situazione tentano di scappare, devi volere veramente un gran bene a tuo fratello” disse Shadow mentre effettuava un sorpasso, il suo prigioniero non rispose “Fratello” pensò, la stessa parola usata da Georg e Gustav al loro primo incontro, ma non riusciva a comprenderne il significato. Fecero un lungo tragitto nell’auto fino ad arrivare alla periferia della città : su una collina c’era la grande villa di Raoul, nascosta dalla boscaglia. Shadow condusse il suo prigioniero fino alla porta e poi lo portò nei sotterranei dove Raoul aveva allestito un laboratorio segreto, dove in segreto aveva lavorato sul corpo di Shadow; era più piccolo dello studio dove Bill aveva passato la sua vita fino a pochi giorni prima, ma le molte tipologie di strumenti sparsi qua e là lo rendevano molto più minaccioso.
Shadow avrebbe voluto attendere ancora un po’,prima di uccidere il ragazzo, ma presto o tardi sarebbe arrivata la polizia e dovette rinunciare ai suoi programmi iniziali “Tu sei solo un essere imperfetto – disse l’uomo tatuato – non dovresti nemmeno esistere. Guarda me, io sto diventando perfetto” aprì le braccia per mettersi in mostra, tuttavia Bill non reagì e questo lo irritò “Non dici niente? Hai di nuovo perso la lingua?” gli domandò “Stavo solo pensando che il tuo comportamento è ridicolo” esordì il ragazzo, se doveva morire almeno avrebbe detto cosa pensava. Le parole del ragazzo urtarono così tanto Shadow che lui gli dette uno spintone così forte da farlo sbattere contro un carrello porta-strumenti in acciaio, per fortuna gli strumenti che vi erano posti sopra caddero dalla parte opposta “Se ti arrabbi così tanto vuol dire che quello che ho detto è la verità” disse il ragazzo alzandosi, le spalle tenute contro il muro “Ho sopportato le pene dell’inferno in attesa che lui mantenesse le sue promesse, ma poi sei arrivato tu e sei tornato a essere il tuo preferito” dalla sua bocca uscivano parole velenose di odio represso “Il tuo creatore? E sa quello che stai facendo ora?” domandò Bill, con la mano tastava il bancone che aveva lì vicino per cercare qualcosa con cui difendersi “Se è già arrivato all’inferno probabilmente si : io l’ho ucciso, non avrei mai permesso che mi rovinasse di nuovo la vita” gli rispose Shadow che, con la coda dell’occhio, si era accorto di quello che stava facendo la mano di Bill “Ancora un paio di centimetri a sinistra” gli disse poi, indicandogli il bisturi elettrico sul bancone. Incurante del fatto che il suo carceriere si era accorto di quello che stava facendo, Bill prese il bisturi con la mano destra e si lanciò contro Shadow che permise al ragazzo di colpirlo al braccio “Che credi di fare? – lo allontanò da se, poi tolse il bisturi dal suo braccio e lo accese– Io non sento dolore, non più”. L’uomo tatuato teneva saldamente il bisturi, che ora era molto rumoroso, Bill non sapeva cosa fare anche se la sua mente gli diceva di doversene tenere alla larga “Spero che tu abbia già detto addio a tuo fratello, perché da qui non uscirai vivo” gridò con tutta la forza che aveva nelle corde vocali, tuttavia quando il braccio era pronto per colpire Tom sbucò da dietro la porta e si gettò sulla schiena di Shadow facendogli abbassare l’arto “Sai dovresti parlare più piano se non vuoi che ti senta tutta la città” disse il ragazzo mentre cercava di mantenere la sua presa al collo “Io sarò rumoroso, ma tu dovresti fare più attenzione a quello che tengo in mano” disse Shadow che piantò il bisturi nella gamba del ragazzo che cadde a terra sanguinante. Alla vista di quella scena il cuore di Bill si fermò, avrebbe voluto gridare con tutte le sue forze ma la voce gli restò bloccata in gola, furono Georg e Gustav a farlo per lui “No Tom”. I due si avventarono su Shadow cercando di bloccarlo, ma quello continuava a muoversi; fu Bill che approfittando della situazione prese un altro bisturi e lo impiantò nella gola dell’uomo che morì dissanguato, non sentiva più il dolore ma non era certo un immortale “L’ho ucciso” pensò Bill, aveva agito per puro impulso ma ora il terrore lo aveva pervaso “Tranquillo, hai fatto quello che dovevi. Andrà tutto bene… fratellino” gli disse Tom nel tentativo di calmarlo, ma il bisturi aveva colpito vicino all’arteria femorale e anche se non l’aveva lacerata aveva perso sangue e la sua vista iniziava a farsi annebbiata “Dobbiamo portarlo in ospedale, di corsa” disse Georg, aveva ragione.

Lo portarono di corsa all’ospedale dove i dottori gli curarono immediatamente la ferita ma la perdita di sangue era stata ingente e gli serviva una trasfusione, naturalmente pensarono subito a Bill  “Sarebbe di grande aiuto per tuo fratello” gli dissero, ancora quella parola, ma lui non chiese nulla e lasciò che i medici gli prelevassero la preziosa linfa rossa “Cosa significa?- domandò a Georg e Gustav mentre osservava il cerotto sull’incavo del gomito – quella parola che usate sempre, fratello” li sorprese ma entrambi si dissero che era una cosa del tutto normale “I fratelli sono persone nate dagli stessi genitori, hanno un legame di sangue che li unisce per tutta la vita; si utilizza la parola fratello per indicare i maschi mentre per le femmine si dice “sorelle”. Di solito tra fratelli c’è una differenza di età, anche di un solo anno, ma ci sono casi in cui due fratelli siano divisi da una manciata di minuti: gemelli si chiamano, persone nate nello stesso giorno che condividono un legame molto speciale . Persone come loro, maschi o femmine, possono avere volti diversi ma possono anche essere uguali, omozigoti si dice” rispose Georg “Come te e Tom, voi siete fratelli gemelli omozigoti” aggiunse Gustav “Ma io non sono nato da sua madre” “Lo saresti stato tesoro, se solo avessi potuto” la voce di Elsie si frappose tra le loro “Ho dovuto farlo per non perdere nessuno di voi tre” aggiunse Keane, Bill era piuttosto confuso “Purtroppo io non avrei potuto portarvi in grembo entrambi, avrei rischiato di perdere te o di morire io stessa. Io avrei rischiato per voi due, avrei lottato con tutte le mie forze, ma vostro padre no e così prese te e ti mise in quel congegno per tenerti in vita” mentre parlava la donna accarezzava il volto del ragazzo, era in lacrime “Mi dispiace tantissimo ragazzo mio, non lo avrei mai fatto se non fossi stato obbligato. Una cosa posso giurartela, non ho mai fatto strani esperimenti su di te, tu sei come avresti dovuto essere fin dall’inizio” disse Keane, stava cercando di trattenere le emozioni “Adesso ci credi?” gli domandò Gustav. Bill non rispose subito, doveva assimilare la cosa, ma infine riuscì a pronunciare le parole che Elsie aveva sempre sognato “Allora tu sei mia…madre – si rivolse allo scienziato – e tu mio padre” il vuoto creato dalla preoccupazione per Tom era stato in parte colmato dalla consapevolezza di non essere solo al mondo. Poco dopo il dottore che aveva fatto la trasfusione a Tom tornò con altre ottime notizie “E’ stabile, non è ancora sveglio ma potete andare a trovarlo se volete”.
Facendo attenzione a non fare troppi rumori molesti, il gruppo entrò all’interno della stanza dove era stato portato Tom. Nonostante la finestra fosse stata chiusa poco prima da un’infermiera, l’aria era tornata immediatamente viziata ed era tornato l’odore che caratterizzava gli ospedali, era quasi come se i muri ne fossero talmente impregnati che niente avrebbe potuto scacciarlo. Si misero tutti in cerchio accanto al letto intenti a guardare il monitor della macchina che controllava i parametri vitali, era tutto a posto ma non tutti erano tranquilli: vedendo Tom sul lettino Bill venne improvvisamente assalito dai sensi di colpa e lasciò la stanza dopo appena cinque minuti lasciandosi dietro la madre che avrebbe voluto seguirlo, magari fermarlo, ma era stata trattenuta da Keane “Lasciamolo solo per qualche minuto, credo che per lui siano accadute troppe cose insieme”.

Si era rifugiato nel bagno del corridoio, gli dispiaceva di essere scappato via come un coniglio ma non riusciva a sopportare la scena: Tom era finito in quel brutto posto e anche se ora stava bene lui sapeva che i dottori lo avevano salvato per il rotto della cuffia. Ed era tutta colpa sua. In quella stanza tutta bianca il suo stesso stomaco gli si era rivoltato contro, nel lavandino del bagno aveva vomitato anche l’anima e le poche energie che gli erano rimaste bastavano appena a tenerlo in piedi. Dopo vennero anche le lacrime, accompagnate dalla voce di Shadow che gli ripeteva che la colpa era sua “Sei solo un debole, se non ti fossi mai svegliato ora lui non sarebbe in quella condizioni” gli ripeteva di continuo quella voce. Venne la rabbia, non contro il nemico ormai morto ma contro se stesso, per non essere stato capace di lottare da solo contro Shadow. Si odiava e più guardava nello specchio  maggiore era il disprezzo che provava, in un gesto istintivo aveva incrociato le braccia portando le mani sulle spalle e poi aveva sfregato violentemente le unghie sui due arti; dai graffi che era riuscito a procurarsi usciva sangue.

 Vedendo che Bill tardava a tornare dal bagno, Georg e Gustav lasciarono Tom alle cure dei suoi genitori per andare a controllare se l’amico stesse bene. Quello che videro non era una bella scena: su tutta la lunghezza delle braccia Bill aveva delle ferite da cui usciva sangue che si era anche riversato per terra sotto forma di piccole gocce, non era molto ma dal momento che aveva da poco donato il proprio sangue al fratello anche la più piccola perdita di sangue era motivo di preoccupazione; i suoi occhi inoltre erano rossi e gonfi per il pianto e dalle condizioni del lavandino non era difficile intuire che aveva vomitato. Senza farsi sentire dall’amico Georg suggerì a Gustav di chiamare un medico, poi si avvicinò e si rivolse a lui cercando di non assumere un tono di critica “Perché lo hai fatto?” domandò mettendosi all’interno del suo campo visivo “E’ colpa mia se lui ora è così, è solo colpa mia. Se io non fossi mai esistito tutto questo non sarebbe mai successo” rispose Bill. Georg avrebbe voluto tirargli quantomeno un pugno dritto sul naso ma si trattenne perché il ragazzo si era già punito abbastanza “Queste sono solo sciocchezze, la colpa è di quello scimmione che se l’è presa con te” gli ricordò “Ma se io non mi fossi svegliato ora non saremmo qui” “Lui starà bene, lo ha detto anche il medico – pose una mano sulla spalla di Bill - . Andrà tutto bene” ripetè scandendo le ultime tre parole “Sono stato solo un peso per lui” continuò ad accusarsi Bill “Non è quello che abbiamo visto io e Gustav, io ho capito tutt’altro” una frase che incuriosì il ragazzo dai capelli biondi “Davvero?” domandò “Te lo posso giurare. Nel momento in cui lui è venuto a casa nostra piangendo dopo che tu eri andato con quell’uomo per salvare loro, io ho capito che tu per lui sei la cosa più bella che gli sia mai potuta capitare”.

In quell’istante arrivò anche Gustav, il dottore e Keane erano con lui. Il medico era lo stesso che aveva in cura Tom e si precipitò subito a controllare le braccia di Bill “Nulla di grave, sono solo graffi superficiali, basterà un bendaggio leggero. Per fortuna le tue unghie sono corte” disse il medico mentre bendava il ragazzo, non lo aveva criticato perché sapeva che lo avrebbe già fatto il padre “Ma che diavolo ti è preso da fare una cosa del genere?” domandò infatti severo Keane “Stia calmo signor Kaulitz, è stata colpa mia. Avrei dovuto avvertirvi che c’era una remota possibilità che lui avesse una crisi di nervi. Probabilmente si è sentito in colpa per l’accaduto e si è inflitto una piccola punizione” spiegò il dottore “E’ vero?” domandò Gustav anticipando il padre “E’ colpa mia se lui è così, non sarebbe mai successo se io…” iniziò Bill prima di essere interrotto dalle lacrime “Sfogati pure, meglio le lacrime che il sangue. Ascolta ora vado a controllare tuo fratello, quando ti sei calmato vieni anche tu” e uscì dal bagno con Keane.
Bill rimase lì ancora per una ventina di minuti, doveva riprendersi e sistemarsi per non far vedere a Tom cosa gli era successo, e una volta preso coraggio rientrò nella stanza. Suo fratello era sveglio e stava parlando con la madre. Bill aveva nascosto i graffi e le bende sotto la giacca ma appena i loro sguardi si incrociarono Tom percepì che era successo qualcosa, glielo diceva il suo istinto da gemello “E’ successo qualcosa? Hai gli occhi rossi” domandò subito, la risposta gli venne dal padre “Prima, quando ancora dormivi, lui si è intenzionalmente ferito le braccia con le unghie” “Ha anche pianto e vomitato” aggiunse Georg che più di tutti aveva potuto osservare la scena. Lo sguardo di Tom si fissò su quello del fratello “Stanno scherzando vero?” gli domandò quasi accusando gli altri di essere dei bugiardi “No, è vero” rispose Bill che si tolse la giacca mostrando le bende e il cerotto sulla vena da cui avevano preso il sangue  “Per tua fortuna sono stanco morto altrimenti ti avrei preso a pugni in faccia – lo rimproverò - . Perché diavolo lo hai fatto?” “E’ stato preso dai sensi di colpa per quello che ti è successo, ha avuto una crisi di nervi e questi sono i risultati. E’ stato fortunato a non svenire perché prima ha donato il sangue con cui ti hanno fatto la trasfusione” rispose Gustav, sembrava quasi che le persone lì dentro avessero deciso di parlare a turno appositamente “Ma perché? Io non capisco” domandò ancora Tom “Tu ora sei qui per causa mia, io sono stato solo un peso per te. Non riesco a trovare una sola cosa buona che potrei aver fatto” confessò infine Bill “Tu un peso per me? Questa è solo una tua stupida fantasia, io l ho fatto perché volevo veramente salvarti” precisò Tom “Ma se non mi fossi mai svegliato tu non saresti qui, non avresti passato tutto questo” “Non avrei ritrovato mio fratello” una frase che spiazzò Bill, non sapeva cosa dire “ So bene che all’inizio potevo sembrarti un po’ impacciato ma era tutto dovuto al fatto che ero confuso. Tu eri uguale a me e dal primo giorno in cui ti ho visto in quel congegno ho sempre desiderato parlarti e diventare tuo amico. Quando è arrivato Shadow e tutto è andato sottosopra, quando ti ha portato via con sé ero distrutto perché  ti eri sacrificato per due persone che conoscevi da poco tempo. Poi mio padre mi disse che io e te eravamo fratelli, una verità che mi ha fatto arrabbiare con me stesso perché se n’erano accorti Georg e Gustav prima di me. Avrei fatto di tutto per riportarti a casa e questo non è niente credimi” continuò il ragazzo, Elsie si era messa silenziosamente a piangere  “Si, prima…mamma e papà mi hanno detto che io e te siamo gemelli. Sei contento di avere un rammollito come me?” domandò Bill, cercava di nascondere la commozione “Sono onorato di avere te. E ricordati che tu non sei un rammollito, sei una persona forte e di tutto rispetto” lo invitò ad abbracciarlo, gesto che non venne rifiutato “Non ti lascerò mai più”. Da quel momento restarono per sempre insieme.
 
 
----Spazio autrice---
Eccoci arrivati alla fine di questa avventura. Ho sempre avuto l’idea di scrivere una fan fiction sui Tokio Hotel, ma solo adesso ho avuto il coraggio di scriverla cercando di buttarmi sul tema della fantascienza anche se non è un genere in cui riesco ad esprimermi molto, nonostante adori i film di questo tipo. Proprio per questo ho deciso di proiettare la storia in un futuro non troppo lontano in cui la tecnologia ancora non ha invaso la nostra vita, pensando piuttosto ad un passo in avanti per quanto riguarda la medicina e così è nata “Dna”. Volevo fare una precisazione su Shadow, nel caso che il mio testo non risulti troppo chiaro: gli esperimenti fatti su di lui seguivano l’idea di Raoul che avrebbe voluto creare persone insensibili al dolore, avrebbe voluto cominciare su Bill modificandone il dna ma poiché non ha potuto si è affidato all’ex militare il cui nome in codice era Shadow e dopo una lunga serie di esperimenti (di cui rimasero molte cicatrici coperte da tatuaggi) riuscì nel suo intento, purtroppo per Raoul non aveva mai dimenticato la tela bianca che non poté toccare.  Spero che, sebbene sia un racconto non troppo lungo, sia piaciuto a voi che lo avete letto e a coloro che, spero, lo leggeranno in seguito o che decideranno di leggere altri miei racconti. Grazie per  il vostro tempo, un abbraccio Tefnuth.

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