Prelude
Sera.
In quel palazzo in una delle zone più signorili di Neo Tokyo 3 alcune luci
erano già state accese da coloro, in genere funzionari o dirigenti della
complessa architettura burocratica della città, che dopo una giornata di lavoro
erano finalmente tornati all’agognata magione. Il
pesante portone di ingresso era stato sfondato
nonostante la blindatura e schegge di lucido legno e plastacciaio
ricoprivano il pavimento di raffinato marmo dell’androne, ormai reso
irriconoscibile dalle crepe, i graffi e dallo spesso strato di sangue non
ancora rappresosi, su cui galleggiava lo zuppo contenuto di alcune cassette
delle lettere, che nessuno avrebbe mai più aperto un’altra volta. La scena, la
stessa scena che si presentava spalancando una qualsiasi delle porte di accesso ai lussuosi appartamenti avrebbe fatto gelare il
sangue anche del più sadico psicopatico della mente purulenta. Corpi mutilati e
sventarti, membra sparse su preziosi divani in pelle
ed alcantara, schegge dei più nobili cristalli
piantate in cadaveri cui neppure la più solenne delle sepolture avrebbe potuto
ridare dignità dopo quello scempio, pareti impiastrate del rosso del sangue
impunemente versato, ed ovunque demoni, demoni rabbiosi, con le braccia sporche
di sangue fino al polso che banchettavano come iene affamate dopo una mattanza.
Al quarantacinquesimo piano una donna dalle forme prosperose e lunghi capelli
cremisi aveva il volto, un volto nobile ed attraente,
sfigurato dalla rabbia e dal dolore. Nonostante il suo temperamento calmo, riflessivo
e pacato, l’odio, l’odio su tutto aveva preso il
sopravvento, e brillava nei suoi profondi e grandi occhi ramati. Brandendo uno
splendido coltello da cucina aveva sgozzato tre demoni che le erano piombati in
casa, assaporando il dolce sapore di una vendetta che mai avrebbe potuto
ripagarla per ciò che aveva perso. Era sfinita, in fondo lei non era per nulla
una guerriera,e, sebbene frequentasse con regolarità
le lezioni di aerobica e si dilettasse di ciclismo,rimaneva comunque una
semplice biologa, pertanto ciò che aveva fatto andava già molto oltre le sue
possibilità. Altri quattro demoni le saltarono addosso, e tutto ciò che ella fu in grado di fare fu piantare nell’addome
dell’orribile mostro a lei più vicino l’unica arma a sua disposizione. Mentre quest’ultimo si piegava in
due dilaniato dal dolore gli altri atterrirono la donna, non solo spinti dalla
bramosia di far scempio di quell’insignificante
essere umano che aveva osato opporsi uccidendo ben quattro di loro, ma anche
attratti dalla bellezza del suo corpo, dalla voluttuosità delle sue forme, rese
ancor più seducenti dall’odore del sangue e sudore che la ricoprivano. A turno venne violentata nel modo più truce, non una ma innumerevoli
volte dai tre demoni inferociti, sebbene
non una richiesta di pietà, od un grido fossero usciti dalla sua bocca. Mentre,
inchiodata mani e piedi al costoso parquet del
soggiorno, che lei stessa aveva scelto, con acuminati pezzi di vetro che uno
dei tre bestiali esseri aveva provveduto a ricavare da un grande specchio
andato in frantumi, veniva brutalmente penetrata, l’unico pensiero che le
attraversò la mente fu il rimorso per non poter morire accanto a suo figlio,
che giaceva nella stanza a fianco, l’ingresso di casa. Aveva ancor vivido nella
mente la scena che si era trovata davanti al suo ritorno: il corpo del
quindicenne prono, profondi occhi d’oro sbarrati, anch’esso inchiodato al
pavimento, affinché non si muovesse troppo mentre, dopo esser stato denudato,
gli veniva scorticata la schiena; avevano abusato di
lui, come ora stavano facendo con lei. Se solo non fosse uscita per andare al
supermercato, ma si fosse fatta consegnare a domicilio ciò di cui aveva bisogno
come era solita fare, magari avrebbe avuto la
consolazione di trovare la fine accanto al figlio che tanto aveva amato, e che
ora giaceva a pochi metri da lei, spoglio e violato. Ma
il servizio a domicilio le era sembrato eccessivo per un misero six-pack di birra, ed era uscita. Del resto, se fosse
rimasta a casa non avrebbe mai avuto l’occasione di acquistare
quello splendido coltello con manico antiscivolo e lama lunga in plastacciaio che ora spuntava dal ventre di uno dei suoi
assalitori. Ancora un altro pensiero sopraggiunse prima della fine: il
disprezzo per quegli dei che, dopo la breve illusione
di alcuni anni di felicità, l’avevano privata di tutto in quell’orrida
maniera. Quasi di tutto, almeno i ricordi felici della sua famiglia sarebbero
morti con lei e nessuno avrebbe potuto portarglieli via. Poi tutto fu freddo e
buio.
Cap 1
Il mondo come si era stati abituati a
conoscerlo non sarebbe mai più stato lo stesso. I demoni che fino a quel momento avevano vissuto in pace con gli
uomini, nonostante le innegabili diversità ormai erano come impazziti. I
massacri non si contavano più ed intere famiglie nate dall’unione tra uomini e
demoni, tabù che ormai era crollato, erano state dilaniate dall’interno. Il
caos era totale specie nelle regioni più ad ovest, dove gli attacchi dei demoni
a spese degli umani aumentavano di giorno in giorno.
Il motivo di tale degenerazione fu imputato al tentativo di riportare in vita
il terribile demone Gyuma-Oh da parte dei suoi seguaci, sconfitto e rinchiuso secoli prima dal Dio della guerra Nataku. L’incrocio tra chimica ed arti demoniache aveva partorito questo orribile delirio. I tre Sanbutsu-Shin affidarono il compito di impedire la
rinascita del gigantesco demone guerriero al bonzo di rango massimo,Genjo Sanzo Hoshi,
al suo fido demone scimmia, Son Goku, al mezzodemone Sha Goyjo, ed all’enigmatico Cho
Hakkai. I 4 partirono per questa impresa disperata,
che assunse il nome di viaggio verso ovest.
Settimane
dopo l’inizio del viaggio.
La
taverna era un piccolo edificio in legno e pietra a
vista di due piani, situato in una zona collinosa frequentata quasi
esclusivamente da escursionisti o viandanti in cerca di ristoro. La parete nord
si affacciava su una piccola valle alla fine di un dolce declivio, che il
calore dell’estate aveva coperto di odorosi fiori
celesti, mentre tutt’intorno gli altri lati della
struttura il terreno era stato spianato a ghiaia. La strada, sufficientemente
larga, anche se piuttosto tortuosa affiancava la taverna dal lato sud,
permettendo così ai potenziali avventori di vedere l’insegna posta proprio
sopra la porta di accesso principale. Forse ricordo di
un lontano medioevo, l’insegna rappresentava un drago nero intento a sputare
dalle sue fauci una copiosa dose di veleno. A dispetto del tetro simbolo già da
fuori era possibile percepire l’insieme di aromi e
profumi che scaturivano dalla cucina: pane appena fatto e diverse varietà di
arrosti erano le note dominanti. Non a caso la locanda del Drago Nero era nota non solo per la qualità del servizio, ma anche per
l’eccellente cucina. Un luogo semplice, a conduzione
familiare, per persone semplici, e soprattutto di buon appetito. Il pout-pourri di profumi veniva
amplificato notevolmente entrando nella struttura, mischiandosi a tenui note di
umanità varia, che affollava la sala comune al piano terra. Il secondo piano
invece ospitava le non troppo numerose stanze in cui poteva trovar posto al
massimo una quarantina di avventori. L’ambiente si
presentava fumoso ed allegro: le due cameriere, figlie del padrone, giravano
senza sosta tra i tavoli portando piatti colmi di cibo e grandi boccali di
birra schiumosa, supplendo con una grande cortesia e
simpatia al loro aspetto decisamente non armonioso, soprattutto per quanto
riguardava il collo taurino ed i fianchi palesemente larghi. Tutti i tavoli
erano occupati da signore e signori di mezz’età intenti
a cibarsi, o da arzilli vecchietti impegnati in partite di morra od in
indiavolatissimi marafoni. Tra la folla però un uomo
aveva attirato le attenzioni delle due corpulente cameriere: un ragazzo magro,
dai muscoli armoniosi e ben definiti che svettavano da sotto la stretta
giacchetta nera che indossava. Neri erano pure gli stivali, che apparivano da
poco lucidati ed i pantaloni, di uno strano tessuto, all’apparenza molto
leggero, che erano trattenuti in vita da una complessa cintura, ottenuta da un
intreccio di fili metallici, da cui pendevano tre sacchettini
di cuoio marrone. Ciò che però risaltava particolarmente di questo personaggio
non era il suo eccentrico abbigliamento, ma i capelli, di un lucente grigio
azzurrato, lisci fino alla vita, quasi fossero stati
una cascata di prezioso argento. Dello stesso colore dei
capelli, gli occhi svettavano come due gemme sulla pallida carnagione; la
frangia, un po’ più lunga del dovuto incorniciava un viso dai lineamenti
delicati, ma al tempo stesso glaciali; un viso che tradiva un’età ed
un’esperienza sicuramente superiori a quella cui uno sguardo frettoloso avrebbe
fatto pensare. Sedeva solo, ad un grande tavolo
tondo, intento a scrivere come un ossesso al suo portatile linee su linee di
codice, cui la cameriera più giovane (e meno riservata), aveva buttato un
occhio mentre era persa nell’adorazione di quello strano personaggio. Come se
nulla fosse il ragazzo staccò gli occhi dal monitor, sorrise alla cameriera ed
ordinò l’ennesimo bicchiere di grappa, per accompagnare la porzione di patate
alle erbe che aveva ordinato in precedenza e che si era già raffreddata da tempo. La cameriera pensò, allontanandosi, che fosse completamente ubriaco, avendo egli bevuto come un
fradicia spugna sfonda. Non a caso sul tavolo svettavano ben quattordici
bicchierini, e ciò che era riuscita a leggere dal monitor era tutto meno che
comprensibile.
“Sanzo,
ehi Sanzo! Daiii, ho fameeeee!
Sediamoci subito ed ordiniamo, che sto morendo di fame!”
STONK!
“Taci
stupida scimmia!”
“Ahiooo!”
“Per
favore”, disse un giovane che trasportava su una spalla un piccolo drago
bianco, visibilmente in imbarazzo, “Non facciamoci
riconoscere anche qui!”
La
scena che si presentò agli occhi degli avventori della taverna
fu tragicomica: un bonzo, che dal comportamento pareva tutto fuorché un
religioso, aveva appena colpito pesantemente con un grosso ventaglio il capo di
un ragazzino che continuava a piagnucolare per avere un po’ di cibo come se
fosse stata questione di vita o di morte. Il giovane con il drago sulla spalla
si stava vergognando come un ladro, cercando di sfoggiare un atteggiamento il
più composto possibile, mentre l’ultimo avvenente membro, snello, scolpito e
dai lunghi capelli di fuoco, di quello strano gruppo sembrava come rapito, alla
ricerca di qualcosa.
“Ehi,
Sanzo. Sei sicuro che nei dintorni non ci sia un’altra locanda? In questa,
…beh…, le cameriere sono ….”
STONK!
Quest’ultimo non fece in tempo a finire la frase che fu
subito colpito dal ventaglio.
“Ahioo!, Che diavolo fai bonzo
maledetto!”
“Zitto
kappa maniaco e cafone!”
L’uomo
dai capelli d’argento pregò che non si trattasse del famoso gruppo di persone
che stava aspettando, ma dallo scambio di battute e dal sutra,
prontamente identificato come sutra del cielo
demoniaco, l’amarezza della cruda verità gli fu chiara
come il sole.
Alzatosi
dal suo tavolo si avvicinò al religioso: “ Buona sera, lei è il venerabile Genjo Sanzo Houshi, non è vero?
Il mio nome è Dark Schneider, e sarei molto lieto se sedesse al mio tavolo
insieme ad i suoi compagni. Ho bisogno di discutere
con lei di cose della massima importanza.”
Terminate
queste parole l’uomo presentatosi come Dark Schneider posò lo sguardo sui tre
accompagnatori del bonzo, realizzando solo in quel momento che trattavasi di tre demoni. Visibilmente turbato riportò lo
sguardo su Sanzo, che nel frattempo gli aveva puntato la sua fida Shureju alla fronte.
“Se
sei un altro sicario venuto per il sutra
dillo subito così non perdo tempo e ti ammazzo immediatamente. Sono stanco, ho
finito le sigarette e sono terribilmente stufo di andare in giro con questi
tre. Perciò Parla!”, minacciò il bonzo.
“Purtroppo
non è così semplice”, replicò il ragazzo in nero, “Seguitemi prego.”, e così
dicendo si diresse verso il suo tavolo, lanciando ,nel
voltarsi, un’occhiata tra l’astioso ed il preoccupato al resto della compagnia.
Non
tanto per la curiosità che poteva esser nata per le sue parole, neanche per
l’arroganza con cui aveva osato rivolgersi a lui, arrivando addirittura ad
ignorare la Shureju, ma solo perché non vi erano altri
tavoli liberi, il bonzo lo seguì. Una volta che tutti si furono accomodati i primi a rompere il silenzio furono Goku e Gojyo, dicendo rispettivamente: “Non è che hai già ordinato
qualcosa da mangiare, signore? Questo prete crudele vuole farmi morire di fame.” e “Ti piace bere, eh? Sei sicuro
di reggere tutta questa roba?”
Il
destinatario di tali domande, non degnandoli neanche di uno sguardo, ma
continuando a mantenere gli occhi fissi
sul bonzo, estrasse una lucida cartellina di colore rosso e la porse al
venerabile.
“Ehi,
tu. Ti ho fatto una domanda. Visto che ci hai invitati
a sedere potresti anche mostrare la buona creanza di rispondere, non ti pare?”,
disse uno stizzito Gojyo.
“Onorevole
Sanzo, legga immediatamente il contenuto di ciò che le ho
appena dato. Secondo le mie informazioni probabilmente si infurierà
non poco, ma è di fondamentale importanza che io ottenga la sua piena
collaborazione. Mi spiace, ma ciò è necessario.”
I
due demoni avevano rivolto lo sguardo al plico, lasciando perdere l’affronto
subito, mentre Hakkai, senza darlo a vedere, stava diventando sempre più
sospettoso, sorseggiando il sakè che si era appena fatto servire da una delle
cameriere.
“Che significa ciò?”
Le
parole uscirono a Sanzo totalmente inespressive, sebbene una grossa vena
pulsante sulla sua fronte tradisse le sue vere emozioni.
“Proprio
quello che ha….. che hai letto. In base al presente
documento, siglato da tutti e tre i Sanbutsu-shin e
dal comandante supremo dell’organizzazione che io rappresento, la Nerv, mi unirò al vostro gruppo per adempiere
alla missione di impedire il risveglio del demone Gyuma-oh,
od in caso ciò non sia possibile di eliminarlo fisicamente.”
Un
silenzio di tomba scese sul tavolo, i tre demoni prima si guardarono increduli,poi rivolsero lo sguardo verso il bonzo, mentre il primo a
prendere la parola, se si esclude lo stomaco di Goku che da tempo rumoreggiava,
fu un Hakkai, preoccupato, ma come al suo solito molto diplomatico.
“Scusi
l’ardire, ma come possiamo avere la certezza che lei non sia un comune
truffatore, come già ci è capitato in passato, e che
il documento che ci ha or ora presentato non abbia lo stesso valore di questo
tovagliolino di carta?”
Gli
occhi di Dark Schneider non si staccarono dal religioso: “In primo luogo
immagino che tu abbia riconosciuto il sigillo dei tre testoni, e poi sarebbe
alquanto sciocco imbarcarsi in una tale pazzia volontariamente, non ti pare?
Specie in compagnia di questi tre…” Proprio mentre il kappa si stava alzando, avendo messo mano alla sua
alabarda, un cellulare squillò interrompendo le parole di Dark, che si affrettò
a rispondere.
“Ciaooooo! Come stai? Non starai
bevendo come al solito, vero?” una voce femminile, con
l’inflessione tipica dell’oca giuliva usci dall’apparecchio, mentre sul display
apparve il viso seducente di una bella mora, con due splendidi occhi neri.
“Il
contatto è appena avvenuto, Misato, i documenti sono
stati presentati, quindi non hanno scelta, devono prendermi con loro.” L’uomo dai capelli d’argento si interruppe,
riempiendo di astio la voce, più che poté: “Per quale motivo non sono stato
informato che i tre quarti di questo gruppo era composto da demoni? Pensate
forse di prendermi in giro. Di chi è stata questa stupida idea, tua, o del
comandante Ikari? Sapete perfettamente come la penso
a riguardo.”
La
melensa voce della sua interlocutrice si caricò immediatamente di autorità: “Non ha importanza, hai ricevuto i tuoi ordini,
perciò eseguili, come stiamo facendo noi tutti.
Oppure mi vuoi dire che sarebbe cambiato qualcosa se
l’avessi saputo?”
“Per
me sicuramente, certamente non per voi o per lo svolgimento della missione, per
chi mi avete preso, sono un professionista, io. In ogni caso non tollererò più
che da parte tua o del comandante mi siano tenuti
nascosti anche i più infimi dettagli riguardanti questa missione. Sono stato
chiaro?”
“Pesa
bene le tue parole: queste conversazioni sono registrate.”
“Non
importa, non potete fare a meno di me in questa situazione, quindi almeno
cercate di mettermi nelle migliori condizioni per svolgere il mio lavoro.”
Dicendo
così riattaccò.
“Finisci
la frase di prima, amico. In compagnia di chi? Di tre bei ragazzi come noi,
oppure di tre demoni? Non ti piacciamo, o ti facciamo paura? Se è così è meglio
che rinunci all’idea di venire con noi, visto che ne vedresti molti, nei
prossimi giorni.”, disse Gojyo, che era stato zitto
per tutta la telefonata.
Senza
nemmeno voltarsi verso di lui Dark Schneider pensò: “Non si può spalare l’acqua
con un forcone!”,e disse: “Ho preso l’ultima stanza
disponibile, anche se ci sono solo quattro letti. Sarà necessario
organizzarsi.” Si allontanò dirigendosi verso il piano superiore che ospitava
le stanze.
La
mano di Sanzo fu sufficientemente rapida per fermare il kappa
che già stava scattando all’attacco: “E’ tutto a posto, va bene così. L’unico
problema sarà stringersi a bordo di Hakuryu, ma
questi sono fatti tuoi e della scimmia, io sto
davanti.”Ed aggiunse: “Non sono ammesse discussioni,
lui verrà con noi ed il discorso finisce qui.”, vedendo che i suoi compagni
erano pronti a tempestarlo di domande.
Goku
fu l’ultimo a salire in camera, essendosi, come al
solito, ingozzato come un otre, pertanto trovò Sanzo Gojyo ed Hakkai già
intenti a stendersi nei letti che avevano occupato, mentre il nuovo arrivato
era impegnato a leggere qualcosa sul monitor del pc.
Avvicinandosi al quarto giaciglio Goku fu fermato da un Gojyo che sorrideva,
aspettandosi la scontata reazione di Goku: “Cosa pensi
di fare? Quello è riservato al nostro nuovo loquace compagno. Se non l’hai
ancora capito stanotte dormirai per terra.”
“EEEEH?
Stai scherzando, vero? Non ho alcuna intenzione di
dormire sul pavimento, mentre voi ve ne state comodamente sdraiati su dei
lettoni morbidi, Se questo è occupato perché non posso dormire con uno di voi?
Basterebbe stringersi un po’. Non è giusto!! Allora?”
Effettivamente
lo stesso Goku non aveva alcuna voglia di chiedere a Dark Schneider di cedergli
il suo letto, dopo aver udito quella telefonata.
“Taci
stupida scimmia, noi ci siamo già sistemati perché non abbiamo perso tempo a
mangiare come maiali, al contrario di qualcun altro. E
poi scordati di dormire con me, russi e ti puzzano i piedi, inoltre non faresti
altro che scalciarmi tutta la notte. Anzi, già che ci sei
lascia fuori le tue scarpe, …vorremmo
evitare di soffocare nel sonno.”
“Scimmia
a chi, come ti permetti! Ehi, Hakkai?”
“Mi
spiace, Goku. Ma c‘è già Hakuryu qui con me. In tre non ci staremmo.”
“Ma… Sanzoooo?”
“Taci animale, voglio dormire!”
“Uffaaaaa! Qui il più animale di tutti è Hakuryu,
perché lui può dormire in un letto ed io no?”
“Visto che ci scarrozza tutto il giorno è quello tra noi che
ha più bisogno di riposare.”, disse affabilmente Hakkai.
“Però non è giusto che ….”
“ORA
FINISCILA!” tuonò Dark Schneider, senza neanche staccare lo sguardo dal monitor,
“Ho del lavoro da fare e lo devo finire al più presto
possibile. Stai zitto e prendi il mio letto, tanto ne avrò
per tutta la notte. E non voglio sentire altri rumori
che i tasti del computer ed il nostro respiro. Capito?” Mentre Gojyo ed Hakkai
si domandavano cosa stesse trattenendo Sanzo dallo
sparargli, in fondo neanche loro avevano mai osato parlare così in presenza del
bonzo, Goku gli si avvicinò con occhioni luccicanti.
“Grazieeee!!, Hai visto come sono cattivi con …”
Scattando
come alla viste di una serpe letale Dark Schneider
sibilò al piccolo demone: “Se osi toccarmi ti uccido con le mie mani.”
Per
la prima volta Goku aveva guardato negli occhi l’uomo. Rabbrividì, sotto quello
sguardo carico di disprezzo, si spogliò e si infilò
sotto le coperte senza aggiungere altro.
Nessuno
dubitò che Sanzo avrebbe voluto sparargli.