Nature ~ Keayn

di Ginger01
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ~ ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ~ Laura Flamme ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ~ Isabelle Eau ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ~ Josh Nuage ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ~ Freddie Terre ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ~ Red Eyes ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ~ Uisge ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ~ Peanta ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ~ Armaich ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ~ Creideas ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ~ Dorcha ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ~ Manadh ***



Capitolo 1
*** Prologo ~ ***


Mi sentivo in dovere di dover scrivere un piccolo prologo...Fatemi sapere che ne pensate, e seguite la FF! Questa storia è ispirata alla FF di BiancaneveFG, "Il sesto Elemento - L'Oceano", quindi se trovate delle analogie con la sua storia scusate ^^"
Un bacione;
Luna

P.S: Ad ogni capitolo scriverò un piccolo spazio alla fine e all'inizio per poter spiegare qualcosa...Quindi ci vediamo all'inzio del prossimo caiptolo ;)
 



 ~Nature
 
 ~ Prologo ~
 
La notte del 21 Settembre, il solstizio d'autunno, accadde un fatto unico, nel regno delle Fate. 
Quattro donne stavano partorendo. Quattro donne, apparententi a razze diverse, una alle fate Marine, una alle fate dei Boschi, una alle fate di Neve e una
delle ultime fate della Luce, stavano per dare alla luce quattro bambini che avrebbero influenzato la salvezza del mondo. Quattro bambini diversi dalle madri e dai padri che li avevano concepiti, di natura totalmente differente. 
Madre Natura aveva deciso, sarebbero stati creature nettamente superiori alle fate.  I quattro bambini sarebbero stati la reincarnazione dei Quattro Elementi.
 
E quando scoccò la mezzanotte, quattro urli di neonati si sparsero dalle rispettive quattro città. 
 
E quattro fasci di luce piombarono in quattro punti diversi della cittadina Californiana di Rose. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ~ Laura Flamme ***


Salve a tutti!
Rieccomi qui con il primo capitolo :D
Ringrazio chi sia andato avanti con questa FF anche solo dal Prologo xD Allora, non c'è molto da dire, forse solo che qui non ci sarà moolta magia, ma più avanti ce ne sarà tanta, quindi continuate a seguire c.c 
Ok, vi chiedo solo di lasciare una recensioncina <3 
Un bacione, ci vediamo in fondo;
Luna

 



 

~Capitolo 1~
Laura Flamme

 

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– Laura, tesoro, allontanati da lì! E' pericoloso! – una donna dai lunghi capelli neri come la pece si avvicinò ad una bimba sui 4 anni, seduta accanto ad un falò.
– Ma mamma, non mi fa paura. – disse ingenua la piccola.
La madre le accarezzò i capelli corvini – Si, ma lui ti farà del male. –

Laura alzò le spalle e girò la testa, incrociando i suoi occhioni con quelli di una bambina, una bambina dai capelli castani con tanti boccoli, una bambina dai bellissimi e profondi occhi blu.
 

Erano passati dodici anni da quella serata. Ora Laura era una studentessa liceale di 16 anni, pochi amici, un po' timida ma molto intelligente per la sua età.
Era seduta davanti alla sua finestra, a fissare le stelle che brillavano nel cielo – bruciavano – le piaceva precisare, pensare che a milioni di anni luce di distanza quelle stelle bruciassero...La facevano in qualche modo sentire meglio. Aveva sempre pensato alle parole della madre “Ma lui ti farà del male”. Strano ma vero, il fuoco non le aveva mai fatto male. Laura Flamme non si era mai scottata in vita sua.
Il cellulare rosso vibrò, annunciando l'arrivo di un messaggio “Domani ti aspetto davanti a scuola, vedi di essere puntuale, Annie”. La sua amica Anne, sempre ansiosa, sempre dolce. Erano amiche dall'asilo.
“Ci sarò, tranquilla :)” spense il cellulare svogliatamente, non aveva voglia di ricevere altri messaggi. Non aveva voglia di sentire la gente.

Accese una candela e si concentrò sulla fiammella che si agitava lieve lieve. Socchiuse gli occhi, fissandola intensamente. D'un tratto al fiammella cominciò ad agitarsi violentemente, fino a dividersi in altre due fiammelle. Laura era capace di farlo da quando aveva 8 anni. E non si era ancora spiegata il perché.

La mattina dopo si svegliò in ritardo.
– Cavolo! – gridò, guardando la sveglia luminosa sul comò di legno chiaro. Corse in bagno dove si sciacquò la faccia, si lavò, indossò in fretta la sua maglietta preferita, una T-shirt rossa con lo scollo a V ed una frase “Dreams are forever”, i jeans a sigaretta neri e le ballerine rosse, in tinta con la maglia. Si legò i capelli neri in una treccia che le ricadeva sulla spalla, e, prima di uscire, si fissò un attimo allo specchio, guardandosi gli occhi: occhi nocciola ma in qualche modo inquietanti per via di quelle strane pagliuzze rosso sangue presenti vicino alla pupilla. Le aveva fin da piccola, fin da quando era nata. Forse era per questo che aveva pochi amici: avevano paura di lei.
Prese la borsa di pelle e corse fuori di casa, dirigendosi verso la scuola che era a due passi da lì.
Una ragazza dai capelli ricci, biondo cenere e piena di lentiggini la stava aspettando battendo i piedi calzati da logorate converse nere.
– Alla buon ora! – la salutò Anne.
– Scusami, Annie, ho cercato di fare il più in fretta possibile! – si scusò Laura, cercando di riprendere fiato.
– Fa niente...Andiamo, su, che perdiamo al prima ora! – la spinse verso il cancello principale, quindi entrarono, salirono le scale di corsa e si precipitarono nella classe di storia: il professore non era ancora arrivato.
– Meno male! – esclamò Anne, respirando affannosamente.
– Visto...anf...Che avevi da preoccuparti? – le sorrise Laura, ma fu subito fulminata e poi sommersa dalla risata dell'amica.
– Hai finito di ridacchiare, McClaire? – la voce gelida di Jenna Frenns freddò la bellissima e calda risata di Annie.
– Io rido quanto mi pare, Frenns. – la rimbeccò Annie, guardandola storto.
– Flamme, quando riuscirai a non inquietare la gente? – non avendo avuto risultati con Anne, Jenna cercò di offendere Laura. Al primo colpo ci riuscì, ma dopotutto Laura amava i suoi occhi – Se ti lasci inquietare da questi occhi che uno stilista famoso e agente per modelle reputa bellissimi e unici, non sei normale. – la liquidò, sedendosi tranquillamente al suo banco e tirando fuori i libri.
– Al posto, ragazzi! Frenns, che ci fai ancora in piedi? Forza, al tuo banco! –

– Allora ci conto, eh? A dopo! – la voce di Annie al telefono era ancora più dolce se possibile. Le aveva chiesto di accompagnarla ad un appuntamento a quattro...Sulla spiaggia. Falò sulla spiaggia. Falò. Fuoco. D'un tratto Laura si sentì irrequieta: e se avessero scoperto cos'era capace di fare? L'avrebbero presa per pazza? Ma ormai aveva detto di si, dopotutto doveva innumerevoli favori ad Anne.
Scosse la testa e si andò a sciacquare il viso “No, andrà tutto bene.” si disse, guardandosi allo specchio. Si concesse una doccia, prima di tirare fuori il suo costume e prepararsi per l'attesissima uscita. Mentre si lavava via il bagnoschiuma, notò una piccola voglia rossa accanto all'ombelico “Ma cosa...” la sfiorò con la punta delle dita, e notò che era calda...come il fuoco.
“Forse è un fungo...” si disse, cercando di non pensare al cuore che le batteva a mille.
Ovviamente era in ritardo. Quando finì di asciugarsi i capelli il telefono squillò – Pronto? – rispose, pettinandosi.
– Si può sapere dove sei?! – gridò la voce di Anne dall'altra parte.
– Come dove...Oddio! Sto arrivando! – si scusò, guardando l'orologio. Attaccò, buttò il cellulare nella borsa, si vestì e corse fuori casa.
– Finalmente! – Anne era appoggiata ad un muretto, un delizioso vestitino bianco e i capelli biondi legati in una treccia disordinata che ricadeva sulla spalla.
– Scusa! – la pregò Laura, incrociando le mani davanti al petto.
– Vabbè...Tanto non sono ancora arri...Oh, eccoli! Parli del diavolo! – da dietro l'angolo comparvero due ragazzi, uno dai cappelli biondi e gli occhi neri, l'altro ricciolino, capelli rosso fuoco e occhi incredibilmente nocciola.
– Ciao, Tom! – salutò il biondo Anne.
Il ragazzo la salutò, poi Annie presentò Laura – Lei è Laura, la mia migliore amica. – le diede una spinta che costrinse l'amica a porgere la mano – Piacere. – farfugliò.
– Piacere, Thomas..Ma chiamami Tom. Questo è Louis, il mio migliore amico...E' irlandese quindi non è che parli molto... – lo canzonò. Louis sorrise – Non dategli retta, non mi vergogno del mio accento. – disse tranquillamente, accentuando il suo modo irlandese di parlare.
– Io lo trovo molto carino! – si ritrovò a dire Laura. “Ma come me ne sono uscita?” si rimproverò, ma poi notò che Louis le sorrideva dolcemente.
Anne le diede una gomitata nelle costole e le fece l'occhiolino.
– Allora, vogliamo andare? – propose Tom, offrendo la mano ad Anne che la prese sorridente.
Si incamminarono verso la spiaggia.
– Avete con voi l'occorrente? – Laura alzò un sopracciglio.
Louis le sorrise – Si, ovvio. – alzò una borsa piuttosto grande per farle vedere.
– Si...ovvio... – “Cavolo. Che razza di domanda ho fatto?!” si battè la fronte con una mano.
– Allora...Laura. Cosa fai di solito nel tempo libero? – chiese un po' intimidito Louis.
Lei alzò le spalle – Sinceramente...Tutto quello che una normale adolescente fa. –
– ...Uscire con i ragazzi? – scherzò lui. La ragazza lo spintonò: lo trovava davvero simpatico.
– Ma no...Ascolto musica, leggo, guardo film...Ah, adoro disegnare. –
– Lei è un genio nel disegnare! – urlò Annie girando la testa verso di loro.
– Davvero? – chiese conferma sorpreso Louis, un sorriso a 36 denti stampato in faccia.
– Uh...Bè...Molti dicono che sono brava...Ma...Non lo credo. –
Il ragazzo fece per replicare quando l'amico esultò – Eccoci arrivati! –

La spiaggia era praticamente vuota, dopotutto era appena cominciato settembre. Il sole stava per tramontare, orario perfetto per un falò.
– Allora, noi uomini cominciamo a sistemare le cose per il falò... – cominciò ad organizzare Thomas.
– Mentre noi donne ci faremo una romantica passeggiata lungo la spiaggia...Vero Laurie? – Anne prese sottobraccio la sua migliore amica e la trascinò a fare una passeggiata.
Laura ebbe il tempo di girarsi e notò che Louis la fissava con sguardo dolce. Ruotò subito la testa, arrossendo.
– Sembra che tu piaccia a quel Louis. – la stuzzicò l'amica. Lei fece spallucce – Mh, non lo so. Per ora siamo praticamente amici. –
Anne annuì – Sai, io e Tom siamo stati amici per un po' di tempo, poi mi ha proposto quest'uscita...Magari andrà cosi anche per voi! Comunque, Tom è davvero simpatico...Per non parlare della sua bellezza! Allora, stavamo camminando davanti a voi... – e cominciò a raccontarle di quando Thomas fosse perfetto. A Laura faceva piacere sentire che la sua amica fosse felice, però voleva tornare da Louis...In qualche modo voleva stargli vicino.

– Che ne dici di Laura? – Louis si passò una mano tra i capelli, aspettando la risposta dell'amico.
– Sai, è un po' inquietante...con quegli occhi. – e storse la bocca.
Louis alzò le spalle – Io li trovo bellissimi. – disse semplicemente, ricordandosi di com'era rimasto incantato da quei meravigliosi occhi speciali.
– Sarà...Bè, di per se è davvero carina. – aggiunse Thomas, stuzzicandolo.
Ci riuscì – Carina?! E' bellissima! Hai visto la pelle? Chiara che sembra porcellana, i capelli neri neri, le labbra rosee...Sembra quasi Biancaneve, solo che è più bella. – si ritrovò a dire, con aria sognante.
– Louis? –
– EH? –
– Ti sei innamorato. – concluse divertito l'amico. Louis arrossì – Ma...ma che dici... – balbettò, incapace di pronunciare parola – Tu, piuttosto, con Anne? –
Thomas alzò le spalle – E' carina, simpatica, intelligente...Credo che mi piaccia. –
– Ottimo, mettetevi insieme, allora! – esclamò l'amico.
– Si, e se io non piaccio a lei? –
– Si che le piaci! Si vede lontano un miglio! –
– E allora perché tu non ti metti con Laura? –
– Perché...Eccole che arrivano, mi raccomando, MUTO. – lo pregò Louis, imbarazzato.
– Bè, avete fatto? – Anne comparve dietro la schiena di Tom, facendolo sobbalzare e provocando una risatina a Louis che contagiò anche Laura. Louis si ritrovò a pensare quanto potesse essere bella quella ragazza quando sorrideva.
– Abbiamo finito, vero Louis? – lo distrasse Tom, con un sorrisetto furbo stampato in faccia.
– Uh, sisi...Direi che possiamo accenderlo, anche perché ormai è buio.
Le due ragazze annuirono e si sedettero accanto al falò ancora spento.
D'un tratto il cellulare di Laura suonò.
– Uh...Mi tocca rispondere. – disse, notando il nome sul display, e lanciò un'occhiata veloce ad Anne, che capì tutto.
– Si, ok, meglio che tu vada. – Laura si alzò di malavoglia e si allontanò, rispondendo.
– Sembra che tu sappia chi sia quello che l'ha chiamata. – disse sconsolato Louis.
– Oh si... – rispose distratta Anne, concentrandosi sui marshmallows.
– Il suo ragazzo? – azzardò lui, passandosi una mano tra i riccioli rossi.
– Ragazzo? – Anne si girò verso Laura che stava discutendo animatamente al telefono.
– Sembra che siano in crisi. – aggiunse ancora più sconsolato.
– Ma che ragazzo...E' il fratello maggiore. – si lasciò sfuggire secca Anne. Si portò una mano alla bocca.
– Che c'è di male? – chiesero in coro i due, cercando di capire. Lei scosse la testa – Nulla...Sta tornando. Mi raccomando, non chiedete niente riguardo a quella telefonata. –
Laura tornò a sedersi accanto all'amica, buttò il cellulare nella borsa con un'espressione crucciata, poi guardò malissimo i due ragazzi, gli occhi che lanciavano fiammate e che sembravano ancora più inquietanti – Bé, questo falò? Si deve accendere da solo?! – sbottò, nervosa.
Anne le diede una gomitata – Laura... – la rimproverò.
Laura annuì – Si, scusate...Sono un po' nervosa. – Annie mandò uno sguardo complice ai due ragazzi, facendoli intendere di non chiedere nulla.
– Si, allora...Louis, a te l'onore. –
Il ragazzo accese il fuoco e poco dopo cominciarono ad arrostire i marshmallows.
– Tutto ok? – chiese Louis a Laura, che si era allontana e seduta davanti al mare, visto che Anne e Thomas avevano cominciato a sbaciucchiarsi.
– Mh, si... Stavo guardando il mare. – rispose la ragazza, lasciandogli posto accanto a sé.
– Ah, davvero bello... – disse lui, ma in quel momento non sapeva se si stesse riferendo effettivamente al mare o alla ragazza seduta accanto a lui.
– Cosa ti piace di più? – chiese lei, distratta.
– Tra cosa? –
– Tra...il fuoco e l'acqua. – sussurrò, girandosi verso il falò.
– Non lo so...a te? –
– Il fuoco. – rispose senza pensarci la ragazza.
– Perché? – chiese curioso ma anche affascinato Louis.
– Non lo so...Mi ha sempre affascinato. E a te, cos'è che affascina? – chiese lei, girandosi sorridente verso il ragazzo.
Lui tentennò, fissandola in quei bellissimi occhi che sembravano lanciare fiammelle calde rassicuranti – Te. – le prese il viso tra le mani e la baciò con passione.


~Angolo Autrice
Allora, che ne pensate? Si, finora non c'è granché di "magico"...Vorrei prima spiegare il collegamento con gli Elementi che ha ogni ragazzo e poi vedrò..Perchè penso proprio che abbiate capito di che Elemnto si parli in questo primo capitolo, vero? ;) 
Ok, spero mi lasciate una recensioncina e...che dire, ci vediamo al prossimo capitolo che spero pubblicherò al più presto :') 
Un bacione, 
la vostra,
Luna!
P.S: che ne dite della ragazza che interpreta Laura, in alto al capitolo? <3 Io la trovo perfetta, era proprio come l'ho immaginata! 



 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ~ Isabelle Eau ***


Salve a tutti! 
Ecco il 2 capitolo...Questa storia è ispirata a quella di
BiancaneveFG "Il Sesto Elemento - L'Oceano" (che vi consiglio di leggere ;) ) 
Quindi se trovate delle analogie scusate...Ma sono casuali! ^^" Chiedo scusa soprattutto all'autrice...
Ok, ora godetevi il capitolo :3 
un bacione,

Luna

 


~Capitolo 2~
Isabelle Eau

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Isabelle Eau era sempre stata considerata una ragazza solare e vivace.
Il giorno in cui tutto cominciò, aveva appena 4 anni. Si trovava sulla spiaggia con la sua sorellona e suo padre, vicino ad una famiglia che sembrava davvero carina, ma la cosa che l'aveva colpita, era la bambina che faceva parte di quella famiglia: capelli neri e occhi nocciola e stava toccando il fuoco senza la minima piega...E chissà fin dove fosse arrivata, se la madre non l'avesse fermata.
– Laura! Allontanati da lì! – la mamma la prese per la manina e la portò lontana dal fuoco. La bimba fissò Isabelle per un attimo, poi seguì la madre.
– Belle, che fai? – la sorellona le scompigliò i capelli castani.
La bambina spalancò gli occhioni blu – Niente, guardavo quella bimba e il fuoco. –
– Ah...Perché non guardi il mare invece? E' cosi bello! – è cosi che nacque tutto.
– E' bello? – chiese la bambina, guardando l'immensa distesa blu. Non le sembrava molto speciale.
– Si, non vedi? E' cosi blu, cosi bello! E senti che buon odore! –
Isabelle alzò il nasino all'insù, respirando l'aria salmastra – Mh, che buono! Lo posso mangiare il mare? – chiese, ingenua.
– No, no non ti piacerebbe. Ma ci puoi nuotare. – si avvicinarono alla spiaggia finché i piedini della bimba non toccarono l'acqua.
– A me piace nuotare. Posso nuotare, no? Il mare non fa male. –
– No, tesoro, ma devi stare attenta...Spesso il mare ti tende delle trappole. E tu le devi evitare. –

Stai attenta.

“Stai attenta, sei troppo a largo!” “Attenta, c'è una buca!” “Attenta, stai attenta!” durante la sua vita Isabelle si era sempre sentita dire le stesse identiche parole. Ora aveva 16 anni, sua sorella si era sposata e viveva lontano, cosi era costretta a vivere da sola. Il padre l'aveva lasciata sola poco dopo che la sorella, Kate, era andata a convivere... – Scusami, piccola. – le aveva detto – Ma devo andarmene. Mi ricordi troppo lei. Tutto mi ricorda troppo lei. – e aveva preso la porta.
Isabelle si era tormentata per tutto il resto dell'anno, finché la sorella le aveva spiegato che la mamma era uguale fisicamente a lei, e che Belle stava cominciando a somigliarle anche caratterialmente...A partire dalla sua passione per l'oceano.
Pur avendo questi gravi problemi familiari, Isabelle riusciva a vivere la vita con semplicità ed affrontava le giornate sempre con il sorriso in volto, gliel'aveva insegnato la sorella.

– Che fai questo pomeriggio? – le chiese la sua migliore amica Ashley.
– Mh, non lo so...Tu? – ripose i libri nello zainetto blu.
– Pensavamo di andare in spiaggia: ovviamente vieni, no? –

Gli occhioni blu di Isabelle si illuminarono, proprio come avevano fatto 12 anni prima – Certo! –
Uscirono dalla scuola, prima che la ragazza si scontrò con una schiena.
– Ahi! – girdò, ritrovandosi buttata a terra. La schiena apparteneva ad un ragazzo dai capelli biondo platino talmente chiari che sembravano bianchi, per non parlare degli occhi, grigi, e la pelle che sembrava neve. D'un tratto Belle lo scambiò per un fantasma.
– Scusami, davvero. – disse con un sorriso, porgendole la mano. La ragazza la prese senza parlare, gli occhi puntati su quelli di lui.
– Non...Non fa niente, dovevo prestare più attenzione...Sono cosi sbadata! – aggiunse, sorridendo e alzando le braccia. – Grazie, comunque. – si ricordò di ringraziare.
– Di nulla! – le gridò lui, correndo dietro all'amico che se ne stava andando.
Lei arrossì, poi notò che tutti gli studenti avevano formato un cerchio attorno a loro.
Fu allora che la notò: i capelli neri erano più lunghi e sciolti, le ricadevano morbidi lungo la schiena, la pelle candida metteva in risalto gli occhi nocciola...E solo allora notò le pagliuzze stranamente rosse che aveva. Un ragazzo dai capelli rossi le circondò le spalle, ma prima di andarsene gli occhi blu di Belle e quelli strani della ragazza si incrociarono, e per un attimo tutto sembrò fermarsi. Isabelle sentì un lieve bruciore vicino all'ombelico “Ach...” si portò la mano nel punto in cui aveva sentito il calore.
– Belle? – Ashley la riportò alla realtà. – Tutto bene? – le prese lo zaino ancora a terra, lo sguardo preoccupato.
– Mh? Oh, si si...ora devo tornare a casa, scusa. – disse, prendendo lo zainetto.
– Ma, ci sentiamo dopo, no? Per oggi pomeriggio. –
– Certo, tranquilla. – il bruciore sulla pancia continuava a farsi più forte, costringendola a correre.
Quando entrò dentro casa e chiuse la porta si lasciò scivolare lungo di essa, tenendosi la pancia – Ahia! – gridò, sentendo una grave scottatura. Corse nel bagno, aprì l'acqua della doccia, si spogliò ed entrò velocemente sotto lo scroscio d'acqua fresca.
Finalmente sentì un po' di sollievo. Dopo un po' che stava lì sotto si decise ad abbassare lo sguardo verso l'ombelico: una strana voglia che sembrava formare 4 cerchi incrociati, le si era formata sulla pelle. Ma la cosa più strana era che era blu. Una voglia blu.
– Ma cosa... – la voglia sembrava pulsare, e quando il bruciore tornò, Belle notò che l'acqua ai suoi piedi si stava muovendo. Mentre lei muoveva la mano. Alzò un dito e dall'acqua si formò una colonnina.
– Ok, questo è davvero strano... – sussurrò, una mano sullo strano simbolo e l'altra per aria, le dita che si muovevano. Tanti mulinelli d'acqua si erano formati e ora ruotavano accanto a lei. Uno le si avvicinò e le diede un buffetto sulla guancia.
– Uao... – disse, abbassando il braccio e di conseguenza i mulinelli. L'acqua riprese a scorrere normalmente. Uscì dalla doccia con le idee confuse.
1. Riusciva a padroneggiare l'acqua.
2. Aveva uno strano simbolo sulla pancia.
3. Con la comparsa dello strano simbolo aveva cominciato a fare quelle cose strane...con l'acqua.
Il telefono squillò e Isabelle, l'accappatoio allacciato velocemente, corse per rispondere.
– Pronto? – chiese, quasi con il fiatone.
– Belle? Sono io, Katie! – la voce della sorella le arrivò un po' distorta.
– Katie? Ti sento di schifo! Ma dove siete? Sono giorni che non ti fai viva! – Kate chiamava Isabelle praticamente ogni giorno e le inviava i soldi per le bollette e per le spese extra visto che lavorava come avvocato in un importante studio e aveva diciamo “i soldi che le uscivano dalle orecchie.”
– Ah, scusa, ti sto chiamando da una cabina telefonica! Ti devo dire una cosa importante! – la sua voce era eccitata.
– Che cosa? – Belle era un po' preoccupata.
– Sono incinta! – esclamò la sorella dall'altra parte. Isabelle rimase scioccata.
– In...Incinta?! – non seppe se essere felice o..gelosa? Con il nuovo bambino si sarebbero sentite e viste ancora di meno.
– Si! Di 3 mesi! Ma...Che hai? Ti senti distante... –
Scosse la testa, come se la potesse vedere – Uh, niente, niente... – il discorso sull'acqua non lo poteva certo fare. – Niente, sono solo un po' stanca. Sono felicissima per te, Katie! Davvero! –
Sorrise, realmente felice per sua sorella.
– Sono contenta...Senti, qui sta scadendo il tempo...Ti mando un bacione, ci sentiamo presto! Ciao, futura zia! – e agganciò. Belle deglutì, rendendosi conto che effettivamente stava per diventare zia.
Sospirò e tornò nella sua stanza, le pareti azzurrine cosparse di foto e quadretti, le mensole bianche piene di conchiglie raccolte durante gli anni, il letto tondo bianco sovrastato da una bella zanzariera...Si sentì dentro il mare.
Prese il suo costume e preparò il tutto per passare un pomeriggio con le amiche in spiaggia.

– Eccoti qui! Mancavi solo tu! – Mary la aspettava con Ashley e il loro gruppetto di amiche in spiaggia, davanti all'entrata del loro solito stabilimento. Spiaggia...Mare...Acqua. E se fosse successo quello che aveva fatto nella doccia?
– Si, scusate... – cercò di giustificarsi, alzando gli occhi al cielo. Mary fece spallucce – Non ti preoccupare davvero..Andiamo! –
Arrivarono in riva al mare, sistemarono gli asciugamani, quindi Isabelle si tolse velocemente i pantaloncini, la maglia e le scarpe rimanendo in costume e si buttò in acqua, non curante della temperatura fredda. In acqua si sentiva se stessa. Si distese a pancia in su e si lasciò cullare dalle onde delicate, chiudendo gli occhi.
– Ehi! – una voce limpida e soave la portò nel mondo reale.
Isabelle aprì gli occhi infastidita solo per ritrovarsi quelli grigi del ragazzo della scuola.
– Oddio! Scusa! – si alzò all'improvviso, rischiando di dargli un colpo con la testa.
– E di che? Non mi hai neanche sfiorato! – rise lui. Isabelle non potè fare a meno di notare quant'era carino.
– Ah, e allora perché mi hai svegliato? – chiese, divertita.
Lui alzò le spalle – Perché mi stavi per sfiorare e...Ei! Che bel tatuaggio! E' vero? – domandò d'un tratto, indicando la pancia di Belle. Lei abbassò lo sguardo per notare che lo strano simbolo a 4 cerchi si era riformato, più evidente che mai.
– Ah...No, è all'ennèe... – disse, sorpresa.
– Carino! Fattelo vero, dà retta a me... – sorrise dolcemente.
– Non mi sono presentato: Josh, piacere. – e le porse la mano.
Lei la prese con titubanza – Isabelle... – disse, arrossendo.
– Piacere! – gli occhi di lui si illuminarono, provocando un ulteriore rossore sulle guance di Isabelle.
– Belle! Ehi, Belle! Vieni qui! – sentì chiamarsi la ragazza da Ashley.
– Ehm...Mi chiamano...Devo andare... –
– Ci si becca in giro Belle! – la salutò lui, nuotando velocemente verso la riva. Ma prima di raggiungere le sue amiche, Isabelle potè notare che quel dolce ragazzo portava una voglia identica alla sua ma bianca, forse troppo chiara per poterla notare, ma lei ci era riuscita.
– Tutto apposto? Chi era quello? – chiese Ashley, notando lo sguardo disorientato dell'amica.
– Mh...Il tizio di oggi a scuola...E' simpatico. – alzò le spalle. Ashley guardò Josh di sottecchi – Ah, direi anche abbastanza carino... – sussurrò, sorridendo furbescamente.
Belle la spinse in acqua – Smettila di fare la pervertita! – esclamò, ridendo.
– Io pervertita? Mica gli sono caduta addosso per 2 volte nello stesso giorno, IO! – precisò lei, rialzandosi e cominciando a schizzare Isabelle.

– Andiamo, si sta facendo buio! – Ashley cominciò a riassettare le sue cose.
– Si, sbrighiamoci... – Bella si stiracchiò e cominciò ad imitare l'amica. Poi la vide.
La ragazza che aveva intravisto a scuola, la ragazza dai capelli corvini e gli strani occhi. Era seduta poco lontano da lei, in costume, e stava sistemando le sue cose, insieme ad una ragazza davvero carina dai capelli biondo cenere.
La mora si girò ed incrociò gli occhi celesti di Isabelle. Rimasero imbambolate fissandosi negli occhi finchè quelli d lei non si andarono a posare sull'ombelico di Belle, si sgranarono e poi puntarono sull'ombelico della proprietaria.
Belle fissò la pancia della ragazza per notare una voglia identica alla sua ma rosso acceso. Sussultò: come faceva quella ragazza ad avere la sua stessa strana voglia...Anche se di un colore differente? Si scambiarono un'occhiata preoccupata, poi Isabelle si decise ad avvicinarla.
– Ciao. – la salutò. La ragazza alzò un sopracciglio, poi rispose al saluto.
Belle le porse una mano – Piacere, Isabelle. –
La ragazza la prese titubante, guardandola storto. Poi sorrise debolmente e fissò i suoi occhi nocciola in quelli di Belle – Laura. –

 


~Angolo Autrice
Direi che si è capito benissimo l'elemento di Isabelle cosi come quello di Laura...E penso abbiate capito anche chi è Josh...
Dio, come sono pervedibile D: 
Spero vi sia piaciuto <3
Un bacinoe, spero continuiate a seguirmi! Nel caso ci vediamo nel prossimo capitolo ;)
Luna
P.S. Che ne dite della ragazza che invece interpreta Belle? A me piace davvero tanto <3 Fatemi sapere in una recensione :D 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ~ Josh Nuage ***


Saalve a tutti!
Si, bè, anche se questa FF non ha molti lettori, io continuo a scrivere! Pochi lettori ma buoni u.u <3
Ok, questo capitolo mi sembra un pò cortino eh...Però spero vi piaccia :)
Lasciate una recensioncina, per favore c.c Anche solo "E' bella" o "Fa schifo" c.c
*Sguardo lacrimoso*
Ordunque vi lascio c.c

Luna

 


~Capitolo 3~
Josh Nuage

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La bambina dagli occhioni blu gli corse incontro, sorridendo. Voleva tanto bene alla sua piccola amica. Forse avrebbe voluto che fosse qualcosa di più che una piccola amica...Che strani pensieri per un bambino di appena 5 anni.
– Josh, giochiamo? – gli porse la palla saltellando, i boccoli castani che ondeggiavano leggeri.
Lui la fissò arrossendo, poi annuì con vigore – Certo! –

– Belle, Belle! Andiamo! – Josh guardò Isabelle Eau prendere la borsa e rincorrere l'amica, il suo bellissimo sorriso pieno di vita stampato sempre sul viso. Sospirò guardandola andare via.
– Ehi, fratello! – Freddie, il suo amico di sempre, gli diede un'energica pacca sulla spalla.
– Oddio, Freds, mi hai fatto prendere un colpo... – esclamò, sorpreso.
Freddie lo guardò divertito con quei suoi penetranti occhi verdi – Che stavi facendo? –
Josh si trovò impreparato – N...Niente, che pensavi stessi facendo? Non stavo facendo niente, stavo qui, seduto, a fissare... –
– Isabelle Eau. – finì l'amico per lui, sorridendo.
– Il nulla. A fissare il nulla. – corresse inviperito. Anche se Freddie aveva detto la verità.
– Amico, sei cotto! – Josh scosse la testa – Na, ti assicuro di no. –
Freds lo guardò inclinando la testa come per dire “Mi stai prendendo in giro?” e Josh alzò gli occhi al cielo, sorridendo – Andiamo, dai. – D'un tratto però si piegò in due, assumendo una smorfia di dolore.
– Ehi, amico, che hai? – chiese Freddie un po' preoccupato.
– Non lo so...Da un paio di giorni la pancia mi brucia orribilmente.... – rispose lui, le sopracciglia corrucciate.
Freddie annuì, si guardò intorno, prese per il polso l'amico e lo trascinò nei bagni maschili.
– Ehm, Freds? Che vuoi fare? – chiese un po' divertito Josh, ma anche un po' preoccupato notando l'espressione seria di Freddie.
– Togliti la maglia. – gli ordinò. Josh sbiancò – Aspeee...Cosa? –
Freddie alzò gli occhi al cielo – Dio, Josh, ci conosciamo da quando eravamo piccoli...Se ti vergogni alzala almeno! – Josh lo guardò storto ma poi obbedì alzando la T-Shirt blu fino ai pettorali.
Freddie fissò a lungo la pancia dell'amico finché non gli si illuminarono gli occhi – Eccolo! – esclamò, sorridendo.
– Freds, cos'ho? – chiese Josh, preoccupato.
– Guarda tu stesso. – disse soddisfatto lui.
Josh abbassò lo sguardo per notare una voglia grigio chiaro, quasi bianco, a forma di 4 cerchi che si incrociavano, quasi invisibile sulla sua pelle chiara, ma che ora sembrava quasi pulsare.
La sfiorò con la punta delle dita e la sentì stranamente calda.
– Cos...Cos'è? – chiese, sudando freddo.
Freddie sorrise – Tranquillo – alzò la maglia per scoprire una voglia identica a quella di Josh, ma verde – ce l'ho anch'io. –
Josh si lasciò scivolare lungo la parete del bagno – Ok, ce l hai anche tu...E che cos'è?! – domandò in preda all'ansia. Cominciò a respirare velocemente, e subito fuori le nuvole coprirono il cielo.
– Amico controllati. – cercò di calmarlo Freddie. Un forte vento cominciò a scuotere gli alberi e i lampioni.
– Josh! – lo scosse, l'amico lo fissò – Che cos'è? – chiese di nuovo, gli occhi spaventati.
Fred sorrise – Prima respira normalmente. Stai provocando un uragano. – ed indicò la finestra.
Josh lanciò un'occhiata oltre il vetro per vedere gli alberi agitarsi, giornali che volavano e nuvole nere nel cielo.
– Aspetta...Sono io che faccio questo?! – domandò sbalordito.
Freddie gli posò le mani sulle spalle – Con calma. Una cosa per volta. Primo: respira normalmente. – Josh fece dei grossi respiri finché non si calmò totalmente. Subito il mal tempo fuori svanì.
– Ok, ora seguimi. – lo guidò fuori dalla scuola, nel parco.
– Che ci facciamo qui? – chiese l'amico.
Freddie sorrise furbescamente – Guarda. – si avvicinò ad un bocciolo, vi passò una mano sopra e subito questo si aprì in una bellissima camelia.
– Come caaaaavo... – Freddie sorrise alla reazione dell'amico.
– E' cosi da circa un anno. – annunciò – Da quanto questa – e indicò la sua voglia – ha cominciato ad apparire e a bruciare. – Josh lo fissò perplesso sul fatto di credergli o meno.
– Che c'è, non mi credi? – disse Freddie, leggendogli i pensieri.
Josh alzò le spalle – Bè, non è facile credere alla magia da un momento all'altro... – sbuffò, incrociando le braccia.
Freddie sorrise – Si, anche io avevo reagito cosi... Senti Josh, – continuò serio – questa cosa non coinvolge solo noi ma altre due persone per un totale di quattro. Come i Quattro Elementi. –
Le cose cominciavano a girare nella testa del ragazzo.
L'amico continuò – Noi siamo l'incarnazione dei Quattro Elementi, Josh, e dobbiamo trovare gli altri due per poter unirci e combattere per Madre Natura...E tu, caro mio, sei l'Aria. –
– Madre Nat....Ma tu stai delirando, amico! – fece per andarsene ma un rametto spuntato dal terreno lo fermò per una caviglia.
– E' il tuo destino, non puoi scappare. –
Lui deglutì – Ma perché me? –
Freddie alzò gli occhi al cielo – Perché tu non sei un normale essere umano. Fin da quando eri nella pancia di tua madre eri predestinato, eri speciale. Ma non eri ancora un Elemento. – disse misterioso.
– E quando sono diventato...Strano? – chiese l'altro.
Freddie fece spallucce – Verso i 4 anni di media. Devi aver avuto un'attrazione verso il tuo elemento...Ricordi niente? –
Josh ci pensò su: era difficile essere attratti dall'aria....Eppure – Si, da piccolo volevo tanto buttarmi con il paracadute, o fare il parapendio....E sognavo tantissimo di volare, volare...Facevo volare il mio aquilone pensando di essere io...Può essere considerata un'attrazione? – chiese titubante.
Freds annuì vigorosamente – Direi proprio di si! –
Josh sorrise mesto – Quindi ci sono altri due ragazzi...O ragazze come noi, ma che sono l'Acqua e il Fuoco. Cavolo, da dove partiamo? –
Freddie indicò la voglia – Dobbiamo trovare chi possiede una voglia cosi sulla pancia. Hai mai visto qualcuno con questo simbolo? – chiese.
Josh alzò gli occhi al cielo pensando: non aveva mai visto proprio le pance dei suoi compagni, e al mare o nello spogliatoio non aveva mai visto nulla del genere...Mare...Isabelle. Isabelle aveva quello strano tatuaggio con quattro cerchi che si incrociavano.
Io...Isabelle. – annunciò all'amico.
– Che? Isabelle Eau? Sei sicuro? O stai delirando? Devi togliertela dalla testa...E poi quando le avresti visto la pancia? Mi devi dire qualcosa? –
Josh arrossì capendo che intendesse Freddie, scosse la testa – Ma no, l'ho incontrata una volta al mare e...E aveva una voglia come la nostra ma blu.
Gli occhi verdi di Freddie si illuminarono – Perfetto, andiamo da lei! –
Josh si irrigidì – Cos...Ah no, non ce la posso fare. –
– Ma se le hai parlato l'ultima volta tranquillamente! – gli ricordò.
– Bé, l'ultima volta era almeno due settimane fa e... – si ammutolì, arrossendo.
– E ancora non sapevi che ti piacesse, eeh? – finì per lui Freddie, ammiccando.
Josh lo spinse – Zitto e andiamo. –
Freds rise – Posso farti da testimone almeno? –

Raggiunsero Isabelle che per fortuna era ancora a scuola. Stava riponendo alcuni libri nell'armadietto, i lunghi capelli castani raccolti in una treccia disordinata.
Josh la fissò a lungo rimanendo imbambolato finché Freddie non gli diede una gomitata.
– Andiamo. – lo svegliò. Josh annuì e si incamminarono verso la ragazza.
– Ciao, Belle! – la salutò impacciato il ragazzo.
Isabelle sorrise – Ciao...Josh, giusto? –
Josh annuì con vigore – Lui è Freddie, il mio migliore amico. –
Freddie le porse la mano che lei strinse cordialmente.
– Senti, scusa se sono indiscreto, ma Josh mi ha detto che hai un bellissimo tatuaggio sulla pancia...Posso vederlo? –
Belle impallidì – Ehm, che...No...Cioè era...Era all'ennèe, ora non c'è più. – disse farfugliando.
I due si scambiarono un'occhiatina – Quanto sarà passato: due settimane? Magari c'è ancora il segno... – insistette Freddie. Isabelle si avvicinò alla parete stringendo i libri e scosse la testa, sbiancata.
– Ehi, Belle, ho trovato un sacco di cose su quel seg...E voi chi siete? – una ragazza dai capelli neri e la carnagione pallida raggiunse Isabelle e, vista l'espressione dell'amica e notata la presenza dei due, si era insospettita.
– Uh, siamo...Amici di Isabelle. – disse Josh, cercando di giustificarsi.
Laura fissò l'amica – Li conosci? – Belle annuì – Tranquilla, Laurie, non mi hanno fatto nulla. – la rassicurò, sorridendo un po' preoccupata.
Lei la squadrò, poi le prese la mano – Allora andiamo, devo farti vedere una cosa. –
Belle annuì, salutò con la mano i due e seguì l'amica.
– Seguiamole. – annunciò Freddie, tirando per una manica Josh.
– Cos...Ma sei matto?! – sbraitò lui, cercando di ribellarsi. Ma la presa di Freddie era troppo salda e stretta, anche giusto visto che faceva football da anni, e lo costrinse a seguirlo.
Le due ragazze camminarono fino al cafè Blanc, quindi entrarono e si sedettero ad un tavolino appartato. Josh e Freddie si sedettero ad un tavolino vicino e alzarono i menù per non farsi riconoscere. Laura tirò fuori dalla sua borsa un portatile bianco che aprì e mostrò a Isabelle.
– Si può sapere che cosa stiamo facendo?! – Josh era indignato.
– Riesci a vedere cosa sta mostrando? – Josh era proprio dietro le spalle di Isabelle che stava leggendo una pagina.
– Mmh, è una specie di articolo...Non si legge molto bene, è scritto piccolo. – lo informò, allungando il collo.
– Ci sono delle immagini? –
– Mh, no...Aspetta, si! E' una specie di incisione su una pietra...E' il simbolo dei quattro cerchi. – disse sbalordito. Freddie annuì.
– Quindi...cos'è di preciso? – domandò d'un tratto Belle a Laura.
– Non l'ho capito bene...Ci sono numerose versioni. Sembrerebbe essere un'antica runa celtica simboleggiante la Natura. – cercò di spiegare sorseggiando la cioccolata calda.
Isabelle riportò i suoi occhi blu sullo schermo luminoso – Qui dice che secondo alcuni filosofi tra cui Plauto (NdA: ovviamente Plauto non ha mai detto nulla di tutto ciò: è pura inventiva u.ù E' il nome del primo filosofo che mi è venuto in mente, quindi xD ) reputano questo simbolo una sorta di segno indicante i Quattro Elementi...Bè, più o meno le versioni coincidono, no? Ma perché è comparso sul nostro corpo? –
Freddie sorrise – Ah, allora anche l'altra è un Elemento...Bingo, le abbiamo trovate! – esultò sussurrando. Josh annuì preoccupato, poi voltò di nuovo lo sguardo su Isabelle.
Laura le rispose – Non lo so, davvero...Ho cercato su internet, ho letto tremila libri...Nulla. Non ci ho capito nulla. – sbuffò sconsolata. Belle annuì anche lei demoralizzata.
Freddie fissò l'amico – Entriamo in azione? – e prima che lui gli rispondesse si era alzato e diretto verso le due.
– Che caspita ci fate qui?! – esclamò Belle, chiudendo di colpo il portatile.
– E' inutile che lo chiudi, abbiamo visto tutto. – la smorzò Freddie – E abbiamo anche sentito abbastanza. – le due erano sbalordite.
Josh alzò le mani – Scusate, io non volevo...Ma lui ha insistito... – e le infilò nelle tasche dei jeans.
Freddie continuò – Sappiamo cos'è di preciso quel simbolo e anche perché è comparso su di voi. Volete seguirci? –
Isabelle e Laura si fissarono, poi quest'ultima annuì – Ok. – Belle fissò Josh che le sorrise rassicurante.
Si alzarono e uscirono dal locale per dirigersi nel parco dov'erano stati i due ragazzi.
– Perché siamo qui? – si decise a chiedere Belle.
– Per rispondere alle vostre domande. – le sorrise Freddie. Belle arrossì per un attimo provocando in Josh una piccola fitta di gelosia.
– Allora, cos'è questo simbolo? – Isabelle si decise ad alzare il lembo della maglia per rivelare la voglia blu.
– Ne ho visto uno simile anche su di te, al mare. – informò Josh che annuì, mostrando anche il suo.
– Direi che ormai...Laura, ce l'hai anche tu, no? – la intimò Belle. Laura alzò la maglia titubante rivelando la sua voglia rossa. Quindi toccò a Freddie.
Le due rimasero sbalordite – Che cos'è? – richiese Laura.
Freddie cominciò a spiegare – Avete letto bene, è il simbolo della Natura, rappresenta i Quattro Elementi, fuoco, acqua, aria e terra. Perché su di voi? Perché voi siete l'incarnazione degli Elementi. –
Si scambiarono un'occhiata sbalordita – Stai scherzando? – domandò ironica Laura.
Freds scosse la testa – No, mi dispiace. Accettate la realtà. Avete una sorta di legame tu con il fuoco e lei con l'acqua, vero? – e indicò prima Laura poi l'altra.
Belle abbassò lo sguardo, fissandosi la punta delle scarpe.
– E' cosi, vero? – insistette Freddie.
Lei alzò gli occhioni blu su di lui, lasciandolo interdetto.
– Venite. – disse semplicemente. Si addentrarono nel parco fino al piccolo stagnetto.
Belle si guardò intorno, ma non c'erano persone a quell'ora. Allora respirò a fondo, alzò una mano e con dei suoi piccoli movimenti delle dita, l'acqua cominciò a muoversi, sollevandosi e formando dei piccoli serpenti che si andarono ad attorcigliare attorno a Josh che era rimasto sbalordito.
Con un altro cenno di Isabelle, l'acqua tornò al suo posto.
– Non..Non me lo avevi mai fatto vedere. – disse Laura, rompendo il silenzio.
Belle alzò le spalle – Io...Credevo di essere l'unica a saper fare queste cose... – fissò Freddie che le sorrise – Ma non lo sei. – alzò un dito e gli alberi cominciarono a fiorire tutt'un tratto lasciando tutti a bocca aperta.
Fissarono Laura – E tu che sai fare? – domandò curioso Freddie. Laura alzò le spalle – Non c'è del fuoco qui. – si giustificò.
– Puoi crearlo. – la intimò lui.
Laura storse la bocca – Io...Non credo di esserne capace... – ammise, imbarazzata.
Isabelle le sorrise e le mise una mano sulla spalla – Almeno provaci. –
Laura annuì, un po' rincuorata dal supporto dell'amica. Respirò a fondo, chiuse gli occhi, alzò una mano e diresse l'indice verso un mucchietto di foglie. Subito una fiammella si accese per diventare poi un po' più grande.
– Laurie, apri gli occhi! Ce l'hai fatta! – esultò Belle. Laura aprì un occhio poi, accorgendosi di essere riuscita nel suo intento, li aprì entrambi, sorridendo. Mosse un po' la mano e il fuoco si divise in due fiammelle che danzarono per un po' finché, con un cenno delle dita della ragazza non si spensero senza lasciare traccia.
– Fantastico! – esclamò Josh. Tutti si girarono verso di lui.
– Bè, che c'è? – chiese. Alzarono un sopracciglio – Che sai fare? – gli chiese con aria di sfida Belle.
Lui abbassò lo sguardo – Bè, veramente l'ho scoperto solo oggi, quindi...Non so fare molto... –
Isabelle gli sorrise dolcemente – Provaci anche tu, dai! –
Josh si sentì invaso da una grande energia quando gli occhi di lei incontrarono quelli grigi di lui.
Annuì e si concentrò, inarcando le sopracciglia. Delle nuvole scure vennero a coprire il sole. Josh chiuse gli occhi e cercò di conentrarsi ancora di più, si estraniò dal mondo esterno, cercando solo di percepire l'aria. Era come se fosse parte di lui, sentiva le dita leggere come nuvole.
– Amico? Ehm, basta cosi.... – la voce di Freddie arrivò come smorzata...dal freddo. Perché sentiva davvero freddo in quel momento. Aprì gli occhi per ritrovarsi immezzo ad una distesa di neve, fiocchi candidi che continuavano a scendere lievi soltanto sopra loro teste.
– Ups, scusate... – arrossì, si concentrò e la neve scomparve.
– Ci penso io. – disse Laura, riferendosi alle rimanenti pozzanghere. Le fece evaporare con un gesto della mano.
– Ottimo, direi. – sorrise Freddie.
Isabelle annuì – Si, è davvero bello ma...Io non ho ancora capito qualcosa... – e guardò Freddie dritto negli occhi – Come fai a sapere tutto, tu? –
Lui alzò le spalle – Eh, bé...Diciamo che ho avuto tempo per imparare e poi...Poi ho avuto una guida. –
Lo guardarono interrogativi, con espressioni comiche.
Lui rise – Che facce! Tranquilli! Io...ho solo avuto un sogno. – disse semplicemente.
Vedendo le loro espressioni interrogative sbuffò divertito – Forse...un anno fa? Mi apparve in sogno una creatura di cui ancora oggi non conosco natura: so solo che aveva strabilianti occhi smeraldo e orecchie a punta. Un elfo? Può darsi, nei sogni tutto accade. Fatto sta che la creatura dai grandi occhi mi spiegò tutto: Madre Natura ha mandato gli Elementi sulla Terra affinché la proteggano. – spiegò, d'un tratto serio.
Laura sorrise, beffarda – Ma dai, Madre Natura?! Oh certo... –
Belle la rimproverò – Andiamo, Laurie, hai visto cosa sappiamo fare: a questo punto perché non credere all'esistenza di Madre Natura? – Laura si morse un labbro, spiazzata.
Freddie sorrise ad Isabelle, ringraziandola e facendola arrossire.
Josh rabbrividì: perché ogni volta che i due incrociavano gli sguardi, lei arrossiva? Abbassò lo sguardo, livido di rabbia.
– Freds, scusami ma mi sono appena ricordato di dover aiutare mia madre a casa. Ciao. – lo salutò freddamente, non degnò di uno sguardo le due ragazze e corse via, verso casa sua.
Corse corse corse finché non raggiunse la porta di casa sua, quindi si dovette fermare per prendere le chiavi. Entrò sempre di corsa e salì le scale per piombare nella sua stanza, buttò lo zainetto sul letto e si lasciò scivolare lungo la porta, la testa tra le ginocchia e le mani sulle tempie e cosi, senza accorgersene, una prima lacrime scese lungo la sua guancia. E nello stesso momento, il cielo si rabbuiò, premeditando un temporale. 

 


~Angolo autrice
E rieccomi :'3
Bè, che c'è da dire....Tuuutta la cosa di Madre Natura ecc si spiegherà nei prossimi capitoli...
Quindi niente...Ve lo richiedo, lasciatemi una recensioncina, per favore :')
Un bacio,
Luna

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ~ Freddie Terre ***


Salve a tutti :)
Eccomi con il quarto capitolo, mi dispiace avervi fatti aspettare :P
Ringrazio vivamente i pochi che hanno messo questa storia tra le seguite o le preferite e quelli che recensiscono sempre ;)
Un bacione;
Luna

 


~Capitolo 4~
Freddie Terre


 

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La primavera era da sempre stata la stagione preferita di Freddie. Ma quella primavera, la primavera dei suoi 5 anni, gli cambiò la vita.
Era al parco con la mamma e il papà, felicemente aggrappato alla grande mano del padre, attaccato all'orlo della gonna dell'altra.
– Vacci piani, Freds. – lo avvertì la madre, sentendosi sbilanciare e stringendo la manina della piccola Alice, appena 3 anni.
Freddie la fissò facendo il broncio – Mammina, lascia in pace QUELLA e vieni con me. – disse.
La madre sorrise – QUELLA è la tua sorellina. Avanti, non è carina? E poi puoi giocarci, no? – e gli accarezzò i capelli biondo cenere.
Lui rise ma fu distratto da un guizzo colorato: una farfalla era appena passata, una farfalla dai colori vivaci e incredibili. Freddie corse dietro alla farfallina finché non arrivò in mezzo ad un prato fiorito. Alcuni boccioli erano ancora chiusi e Freddie si avvicinò ad un tulipano rosso vivace che stava per aprirsi.
– Uao... – sussurrò, quando questo aprì i petali.
– Freds! – la voce del padre lo distrasse.
– Papà, papà! Hai visto il fiore! – il piccolo non si accorse di un apetta lì vicino.
– Freddie, vieni, fa vedere: ti ha punto? – disse, scacciando via l'ape. Freddie lo guardò interrogativo – Ma che punto, le api sono buone, sono loro ad aiutare i fiorellini. – disse, mostrando aria di intelligenza.
Il padre sorrise dolcemente – Si Freddie, proprio cosi. – e insieme tornarono dalla mamma. Ma prima di andarsene, Freddie lanciò un'ultima occhiata alla farfalla colorata che, tutt'un tratto, sembrò salutarlo.

– FREDRIQUE TERRE! – il ragazzo alzò il volume della musica. Non era possibile.
– Che vuoi? – la sorella entrò come un tornado nella sua stanza.
– Voglio che vai dalla ragazza che sta appostata qua sotto da ANNI. Dille qualcosa, non puoi essere cosi senza cuore! –
Freddie alzò gli occhi al cielo – Alice, puoi lasciarmi in pace e farti gli affaracci tuoi? – chiese scortesemente. Alice, quindicenne dai capelli rosso fuoco e viso di porcellana, con il suo temperamento da generalessa, andò dal fratello e gli strappò letteralmente le cuffie dalla testa.
– EHI! Attenta! Si rovinano! –
– Ah, e non pensi al cuore DISTRUTTO di quella ragazza?! Almeno dille addio come si deve! –
Freddie alzò le spalle – Gliel'ho detto che non ne voglio più sapere. –
– E ridiglielo! – lo spronò lei, tirandolo per una mano.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo – E va bene. – si infilò velocemente le converse, scese le scale e andò al portone, dove una ragazza dagli occhi scuri lo aspettava, impaziente.
– Non mi hai più richiamato. – lo salutò, lo sguardo serio.
Freddie sbuffò – Perché, dovevo? –
Lei sgranò gli occhi – Si, dovevi. – il ragazzo si infilò le mani nelle tasche – Sue, posso sapere perché stai appostata sotto casa mia? –
Lei lo guardò torvo – Per sapere che dobbiamo fare, Freds. E' finita? – domandò, la voce rotta.
– Si. –
Gli occhi di lei si inumidirono, e Freddie sospirò: era sempre cosi.
– E posso sapere perché? – chiese, ormai le lacrime agli occhi.
Lui le posò una mano sulla spalla “Perché mi hai stufato.” stava per dirgli, ma quel suo senso di umanità lo costrinse a rispondere – Perché mi piace un'altra ragazza. –
Sue scoppiò a piangere, si allontanò da Freddie e corse via. Il ragazzo sospirò e si scompigliò i capelli – Finalmente. – disse, rientrando in casa.
– Sei senza cuore. – sibilò Alice, davanti alla porta.
– Perché? –
– Perché l'hai lasciata? – gli chiese.
– Perché non mi piace più. – lei lo guardò torvo – Sei senza cuore, Fredrique. –
Freddie alzò le spalle – Fatti gli affari tuoi, Alice. – e salì le scale.
Si chiuse la porta alle spalle, sbattendola e guardandosi intorno: la sua stanza sembrava un misto tra una serra e una normale camera da letto. C'erano piante ovunque, alla finestra, sulle mensole, piante grasse, rampicanti, fiori...Dei piccoli tulipani rossi, i fiori preferiti da Freddie, erano sul davanzale della finestra appena sopra il letto. Si sedette sul materasso e prese il vasetto.
Alzò un dito ed un tulipano si richiuse. Lo rialzò e questi si riaprì.
Sorrise divertito: quel giochetto gli piaceva sempre. Ripose il vaso dove stava e si buttò sul letto, le mani dietro la testa. Era quasi un anno che conviveva con quel potere e aveva trovato gli altri tre Elementi solo il giorno prima. Ripensò a quando tutto era successo: la voglia, il bruciore, e infine il sogno. Quella strana creatura dagli occhi smeraldini: un elfo? Aveva visto un guizzo colorato che gli aveva riportato alla mente quel pomeriggio primaverile al parco, con la famiglia.
Gli aveva rivelato il piano di Madre Natura: la Terra era minacciata, e gli Elementi dovevano agire.
Ma minacciata da chi? Da cosa? Si girò su un fianco, fissando la foto con il suo migliore amico Josh che aveva sul comodino. Non si sarebbe mai aspettato che lui fosse l'Aria. Certo, Josh era sempre stato un po'...speciale rispetto agli altri, ma Freddie non si sarebbe mai aspettato fino a quel punto.
Sospirò girandosi a pancia in giù per addormentarsi.

La scena che gli si presentò era piuttosto familiare: era in un prato pieno di tulipani colorati, un cielo luminoso e il sole splendente. Si trovava a piedi nudi, jeans e maglia candida, un piacevole venticello primaverile che gli scompigliava i capelli biondo cenere.
Si guardò intorno quando una lucina lo colpì: era immezzo ad un tulipano. Si avvicinò e subito la luce sparì dietro le sue spalle. Si girò di colpo per ritrovarsi davanti la creatura che lo aveva avvertito: occhi smeraldini, pelle candida, capelli corvini e un vestito fino alle ginocchia verde chiaro...E le solite orecchie a punta.
– Ce l'hai fatta. – gli disse la creatura, con una voce limpida e cristallina.
– Io...si, infatti. – abbassò lo sguardo, arrossendo. Aveva degli occhi troppo verdi, lo mettevano in soggezione.
– Hai delle domande, dico bene? – domandò poi, sorridendo cordialmente.
Freddie deglutì – Perché compari solo a me? Chi sei? Perché la Terra dovrebbe essere in pericolo? E da chi dovrebbe essere minacciata? –
La creatura si rabbuiò – Il mio nome è Fanie io...sono una fata dei boschi. – dichiarò.
– Tu sei...cosa? – esclamò il ragazzo, sgranando gli occhi.
– Non è importante chi sono o cosa sono. Non sono una priorità. – rispose secca, inarcando le sopracciglia.
– Sono stata mandata da Madre Natura per parlarti. Perché te? Perché sei stato il primo a rivelarti. –
L'aveva sempre pensato, e ora la sua ipotesi veniva confermata.
– Perché sono stato io a rivelarmi per primo? –
– Perché...Non lo so di preciso. E' stata la tua volontà. Chi si rivela per primo è puramente casuale. – Freddie annuì: si, aveva previsto anche questa risposta.
– Vuoi sapere da cosa è minacciata la Terra? – chiese poi Fanie.
– Si. Voglio capire. –
– E' minacciata dall'uomo. –
Freddie rimase spiazzato – Che vuol dire dall'uomo? –
Fanie divenne d'un tratto fredda – Vuol dire che l'uomo sta distruggendo il pianeta. Non te ne sei accorto? Come fai ad essere cosi cieco? Intere razze di fate e creature magiche si sono estinte a causa sua. –
– Ma...Non l'abbiamo fatto apposta! – cercò di giustificare.
– Perché parli in prima persona? Tu non sei uomo. – alzò un sopracciglio.
Freddie sgranò gli occhi – Che?! –
– Tu sei un Elemento. Una creatura nettamente superiore all'uomo. – alzò un labbro, ripugnata anche solo dalla parola “uomo”.
– Cosa...Cosa sono allora? Sono come te? –
– Oh no...Sei superiore a noi fate. Tu sei...Più simile ad un elfo. – rispose squadrandolo.
– Ok, sono una specie di elfo, perfetto...Ma...Come possiamo sconfiggere l'uomo? Come possiamo salvare la Terra? – domandò, tornando al problema principale.
– In tutta sincerità non è solo colpa dell'uomo, ma di un'entità estranea alla Terra, proveniente da un altro pianeta insomma. –
– Un alieno? –
– Si, si potrebbe chiamare cosi. Non sappiamo cosa sia, ma sappiamo che è forte, molto forte. Ha un potere distruttivo enorme e ha la facoltà di insinuarsi nei deboli animi umani e farli ragionare come vuole. Per questo stanno distruggendo il pianeta. Dovete agire. – concluse.
Freddie notò come il paesaggio stesse ingrigendo – Che succede? – chiese, vedendo Fanie sbiadire.
– Il mio tempo è finito. Ci rivedremo per ulteriori istruzioni! Intanto, cercate la Domina Mors. – e svanì, cosi come il prato attorno a lei, lasciando Freddie solo, nel buio totale.

– ..ds! Freds! Svegliaaa! – qualcosa di morbido lo colpì in piena faccia.
– Ma cos... – aprì gli occhi di colpo per ritrovarsi davanti la faccia di Alice.
– Muoviti! – gli gridò, uscendo dalla porta.
Sbuffò e si girò verso la sveglia: le 8! Era in ritardo! Corse in bagno e poi via, verso il liceo.

– Non hai una bella stoffa, Freds. – gli fece notare Josh, durante l'ora di spagnolo vedendolo con la testa posata sul banco e le braccia sopra di essa.
Gli rivolse un'occhiataccia – Tu dici?! Dio, non mi ha fatto dormire... –
– Ma chi? – chiese inarcando un sopracciglio l'amico.
– Fanie. – rispose sussurrando.
– Chi?! –
– Fanie. E non urlare che sennò la prof ci sgrida. Fanie, è la fata che ho sognato tempo fa e che ho risognato stanotte. – lo informò, sbadigliando.
– E che ti ha detto? – domandò incuriosito. La professoressa li fissò.
– Te lo dico dopo...E lo dico anche a Belle e Laura. – sentenziò, mettendosi ritto sulla sedia per ascoltare la lezione. Josh si sentì a disagio quando Freddie aveva detto il nome di Belle. Aveva visto negli occhi dell'amico una sorta di scintilla. Che a Freds piacesse Isabelle?
La campanella suonò dopo quella che sembrò un'infinità. Freddie ripose i libri nel suo zaino velocemente, al contrario di Josh che compiva il tutto in modo lento.

– Oh, andiamo! – si spazientì Freds, buttando i libri dell'amico nel suo zainetto.
– Ehi! Tranquillo! – si alzò dando una pacca sulla spalla di Freddie.
Lui respirò a fondo e poi sorrise – Si, scusa. Forza, ci stanno aspettando agli armadietti. –
Uscirono dall'aula per dirigersi verso gli armadietti blu del liceo. Davanti ad uno spalancato stava Isabelle, i capelli castani legati in una treccia morbida che lasciava libera qualche ciocca, intenta a cercare di infilare nell'armadietto i suoi libri.
– Oh che cavolo... – sbottò ad un tratto, quando alcuni fogli e quaderni caddero a terra. Si chinò subito per raccoglierli, li infilò in un libro che buttò nell'armadietto e che chiuse di colpo, lasciandosi andare un sospiro di sollevazione che fece svolazzare una ciocca ondulata sul volto.
– Belle! – la salutò Freddie. La ragazza si raddrizzò di scatto, si sistemò la maglia che era un po' salita e, arrossendo, sfoderò il più bel sorriso che potesse fare.
– Ehi, ciao ragazzi! Novità? – domandò, un po' imbarazzata. Freddie sorrise di rimando e anche Josh, seppur un po' disagiato.
– Molte, effettivamente. Laura? – Freds cercò Laura con lo sguardo e la vide arrivare, mano nella mano con Louis, il suo ragazzo. Si scambiarono un veloce ma dolce bacio e Laura raggiunse i suoi amici.
– Ciao! – salutò, tutta sorridendo e con le guance arrossate. Era davvero carina.
– Laurie...Guarda che puoi anche raggiungerci un po' più tardi...insomma non vorremmo... – Belle sorrise furbetta, facendo arrossire l'amica. Lei le da una spinta, le gote rosse – N...No, non fa niente...Allora, che novità? – domandò, cercando di sviare. Isabelle rise, facendo sorridere come un ebete Josh.
Freddie gli diede una gomitata nelle costole e cominciò a ridacchiare, alimentando la risata di Belle, che, essendo contagiosa, passò anche a Laura. Cosi Josh si ritrovò immezzo a tre matti che ridevano apparentemente senza motivo. Dopo qualche minuto la situazione provocò ilarità anche a Josh, e cosi le risate dei quattro amici si persero per i corridoi della scuola.

– Momento, momento, momento. Che caspita vuol dire che non siamo umani? – domandò Belle, alquanto confusa. Freddie sospirò, ma sorrise comprensivo: dopotutto aveva avuto anche lui la stessa reazione. Strinse la tazza di cioccolata calda: erano nel loro solito caffè, a prendersi la loro solita cioccolata calda con panna.
– Significa che io sono una specie di elfo...Penso anche voi. Fatto sta che non siamo umani. –
Silenzio sul gruppetto. Josh alza un sopracciglio – E come facciamo ad essere certi di questa cosa? Solo da un tuo sogno? – disse sarcastico. Proprio in quel momento Isabelle lasciò cadere per sbaglio il piattino che si ruppe in mille pezzi.
– Oh caspita, mi dispiace... – disse, prima che la cameriera arrivasse. Raccolse un po' di cocci ma con uno di essi si tagliò.
– Ahio.. – disse, bagnando il dito con un po' di saliva. Sgranò gli occhi ma non si tolse il dito dalla bocca finché la cameriera non se andò con un sorriso.
– Ehi, ti sei fatta male? – chiese Laura, vedendo l'espressione dell'amica. Lei scosse la testa e mostrò il dito a Laurie che rimase sbigottita.
– Ok, questo è strano. – prese per la mano di Isabelle e la mise immezzo al tavolino.
Il taglio del dito non rivelava una gocciolina rossa di sangue, come doveva essere, ma bensì di uno strano liquido trasparente con dei riflessi bluastri.
– E' dolce. – li informò lei. Freddie fece una piccola pressione sul dito facendo uscire un po' più di liquido.
– Ma...Prima, quando sanguinavi? Non te ne sei mai accorta? – domandò, prendendo una gocciolina e ficcandosela in bocca: si, era dolce.
Isabelle ci pensò un po' su alla domanda che le era stata posta – Non mi pare di essermi mai fatta talmente male da far uscire sangue. – disse infine.
– Ok...Venite. – disse semplicemente Freds, alzandosi e lasciando sul tavolo il conto pagato.
Gli altri lo seguirono fino a casa sua, dove aprì la porta e li condusse in camera sua.
Rimasero sbalorditi dall'originalità della stanza. Prese un coltellino da un cassetto – Forza, dobbiamo ferirci. – disse, offrendo la lama a Josh.
– Che? Ma sei matto?! – esclamò lui.
– Oh, andiamo, mica dovete dissanguarvi. Solo un taglietto sul dito, come quello di Belle.
Premette la lama sul suo indice finché non uscì da esso una gocciolina di quella che sembrava linfa.
Belle la osservò curiosa. Prese dei piattini di plastica e ne fece scivolare una su di esso.
– La porterò domani al laboratorio di biologia. – li informò, prendendo altri 3 piattini.
Belle premette sulla ferita ancora aperta e ne fece uscire il suo liquido che andò a posarsi sull'altro piattino.
– Andiamo, tocca a te. – disse a Josh, porgendogli il coltellino e mettendosi un cerotto sul taglio.
Belle fece lo stesso e fissò interessata Josh, che esitava.
– Oh, faccio prima io. – disse esasperata e impaziente Laura. Impugnò il coltellino e senza timore si tagliò il dito. Il suo sangue era di un rosso davvero vivace e sembrava emettere piccole scintille.
– E'...Emette calore. – disse Laura, avvicinandolo alla guancia.
– E' come un piccolo fuoco. – constatò Freddie, prendendone un campione. Laura porse il coltellino a Josh – Andiamo, non vorrai fare il codardo. – disse, sorridendo beffarda. Lui sospirò, prese la lama e si tagliò. Inizialmente non si vide nulla. Ma con una certa luce, si riusciva a notare perfettamente un liquido trasparente.
– Ok, questo è stranissimo. – ammise Freddie, cercando di prendere una goccia dal taglio dell'amico che stava fissando il suo sangue tutto interessato.
– E nessuno di noi ha mai notato questo strano sangue? – domandò incredula Laura. Tutti scossero la testa.
– Caspita. – commentò Belle, fissando i vetrini uno per uno.
– Quello che mi affascina di più e il tuo, Josh. – informò il ragazzo che sorrise compiaciuto.
Poi si sentì osservato: Laura non gli levava gli occhi di dosso.
– Josh...Posso parlarti un momento? – chiese, con aria furba. Lui deglutì ed uscirono dalla porta della camera.
Laura era ferma di spalle davanti alla porta della stanza di Freddie. Josh non si sentiva a proprio agio lasciando quei due chiusi dentro.
– Secondo te che gli vuole dire? – chiese Belle a Freddie, curiosa. Lui alzò le spalle, ma di sicuro la loro amica aveva capito di ciò che Josh provava per Isabelle.
E infatti, Laura gli stava facendo un bel discorsetto.
– Ho visto come guardi Belle. – disse, lo sguardo indagatore. Josh abbassò gli occhi, imbarazzato – La guardo...Come? –
Lei alzò gli occhi al cielo – Dio, gli uomini...Ammetti che ti piace o no? –
Lui rimase un attimo spiazzato dalla schiettezza della ragazza – Bé...Si, certo... – farfugliò, provocando un sorrisetto compiaciuto sul volto di Laura.
– Ok. Senti, Isabelle ha sofferto davvero tanto durante la sua vita. Prima ha perso la madre, poi è stata abbandonata dal padre e dalla sorella. E' praticamente sola al mondo. Devi starle accanto. Non fare l'idiota. – gli disse, dandogli una pacca sulla spalla.
– Ma io non intendo certo... –
– Dichiararti? Davvero? E ti aspetti che lei nel giro di qualche giorno non lo scopri? Ma sei stupido o cosa? Si vede lontano un miglio che ti piace. Di sicuro ti scopre. –
Lui ammutolì: forse aveva ragione lei. Gliel'avrebbe dovuto dire, prima o dopo. Il dopo era una scelta migliore, di certo.
– Glielo dirò. – disse, guardandola dritta negli occhi che lei alzò al cielo.
– Si, muoviti però. Ci sono un sacco di mosconi che le ronzano intorno. – disse lei, sorridendo, e facendo con il dito un segno, come se qualcosa volasse attorno ad un centro.
Lui annuì e la seguì dietro la porta di Freddie.
– Bé, che stavate facendo? – domandò Isabelle, curiosa, mentre Freddie esaminava di nuovo il sangue e lei, seduta sul letto a gambe incrociate, guardava la stanza con attenzione.
Laura alzò le spalle – Niente, abbiamo solo chiacchierato. – rispose all'amica, mettendosi vicino a lei. Isabelle le rivolse un'occhiata dubbiosa che fu subito smorzata da un sorriso dolce dell'altra.
– Va bene....Oggi abbiamo scoperto tante cose. – aggiunse Laura, scoccando un'occhiatina a Josh che arrossì. Freddie scorse lo sguardo da Laura a Josh, poi capì e per poco non scoppiò a ridere, facendo innervosire Josh.
Freddie annuì, sorridendo divertito dalla situazione – Si, è vero. Siamo giunti ad una semplice ed evidente conclusione: non siamo umani. –
Tutti annuirono all'unisono. Erano tutti d'accordo e spaventati da questo fatto, eccetto forse Freddie. Lui aveva già scoperto questa loro facoltà, Fanie gliel'aveva rivelato.
Fanie.
Quella creatura....Era una fata, aveva detto. Che cosa strana, scoprire che tutte le creature magiche descritte nei libri di fiabe, quegli esseri mitologici...Esistevano. Tutta quella situazione incuriosiva tanto Freddie quanto lo inquietava. Cosa sarebbe successo ora? Fanie gli aveva detto di cercare la Domina Mors. Ma sinceramente non aveva idea di dove cominciare. Forse...quella notte sarebbe tornata nei suoi sogni. Arrossì al pensiero, era cosi bella quella donna. No, non era una donna. Era una fata. Isabelle notò l'aria assente dell'amico e si morse un labbro. Quant'era bello Freddie, con quei capelli biondo cenere, la pelle leggermente abbronzata. E quegli occhi verde smeraldo. Cavolo. Era davvero bello. Laura tossicchiò. Si era ritrovata immezzo al covo degli innamorati. Alzò gli occhi al cielo e fissò l'orario sul cellulare rosso.
– Ach, Belle, dobbiamo andare. – disse all'amica, rimasta incantata da un Freddie alquanto distratto.
– Ugh, si... – rispose lei, scuotendo la testa.
– Allora...vi accompagno alla porta. – disse Freddie, accompagnato da un caloroso sorriso.
Annuirono, salutarono Josh, presero le borse e uscirono dalla camera.
Freds le accompagnò fino alla porta d'ingresso.
– Bè, allora ciao. – salutò Belle, imbarazzata. Si infilò il giubbotto, sorrise dolcemente a Freddie e uscì di casa.
– Io e te dobbiamo parlare prima o poi. Di quei due. – disse, ammiccando ad Isabelle e porgendo la mano a Freddie – Soci? – propose.
Lui sorrise e strinse la mano della ragazza. Mentre la stringeva non potè fare a meno di notare dei brutti lividi e segni rossi sul polso dell'amica che, vedendo che le fissava quel punto, ritrasse subito la mano, facendo finta di niente.
– Devo andare. – disse semplicemente, sorridendo e uscendo di corsa dalla casa.
Lui la salutò con la mano, piuttosto colpito da ciò che aveva visto. Cos'erano quei brutti segni e lividi sui polsi di Laura? La ragazza era scappata non appena aveva visto che lui fissava intensamente qui segni. Che nascondesse qualcosa. Sospirò, richiuse la porta principale, e se ne tornò in camera dove Josh lo aspettava, guardando dalla finestra le due ragazze andarsene spensierate.
– Bé... – disse Freddie, annunciando il suo arrivo nella stanza sbattendo la porta per sbaglio.
– Freds. – lo salutò Josh, senza distogliere gli occhi da Isabelle che attraversava ridendo.
Freddie si sedette sul letto, davanti a Josh.
– Che c'è, amico? – chiese, vedendo l'aria assente dell'altro.
– Laura mi ha detto delle cose su Isabelle. – lo informò, un po' malinconicamente.
– Che cose? –
– Sul suo passato. –
– E' cosi tanto oscuro? – rispose Freddie, scherzando.
– E' tormentato. – disse Josh, fissando l'amico.
– Nel senso? – domandò l'altro, posando una mano sulla spalla del ragazzo, per supportarlo.
– Nel senso che la madre morì quand'era piccola. Il padre l'ha abbandonata a 12 anni, e poco dopo la sorella l'ha lasciata, sposandosi e trasferendosi. Si sentono ogni giorno al telefono, ma lei è praticamente sola. Io non credo di essere all'altezza di poterle stare accanto. –
– Josh...Che discorsi fai? Nel senso che ora che tu sai tutte queste cose non sei più sicuro di amarla? – chiese scioccato Freddie.
– Ma no, ma no, ovvio che no...Io...Semplicemente è come se non mi sentissi all'altezza di aiutarla. Cosa posso fare io? –
– Starle accanto e basta. Supportarla e basta. – rispose pronto l'amico.
Josh si morse un labbro – Si, ma intanto non sa neanche cosa provo per lei. –
Lui gli diede un colpetto sulla guancia – Se sei un'idiota non è colpa sua. – si stiracchiò, buttandosi sul letto.
– Mh... – mugugnò Josh, alzandosi dalla sedia sulla quale era seduto.
– Senti, glielo devi dire. Domani. – disse Freddie.
Josh sbiancò – Che?! No no, non ce la posso fare. Assolutamente no. – rispose.
L'amico gli sorrise – Uffi, sei un uomo... –
– Non esattamente... – ribattè Josh, facendo alzare gli occhi al cielo all'altro.
– Dio, Josh! Sei patetico! – esclamò esasperato, trascinandolo fuori dalla stanza.
– Ehi, ma... – cercò di fermarlo, ma Freddie non demordeva: lo portò fino alla porta d'ingresso che aprì e buttò letteralmente fuori il suo migliore amico.
– Non voglio vederti in questa casa finché non avrai detto ad Isabelle Eau ciò che provi, capito? – gli gridò in faccia. Josh era sorpreso dalla reazione dell'amico che però rideva sotto i baffi.
– Io...Ok. – alzò le spalle il biondo, cominciando ad incamminarsi verso casa sua.
Freddie si morse un labbro, chiuse al porta e girò i tacchi, dirigendosi verso la sua stanza.
Appena entrò si buttò con poca grazia sul letto, facendo volare a terra alcuni cuscini. Sospirò e si portò un braccio sopra gli occhi. Voleva solo dormire.

Fanie. Fanie sei tu?
Luce accecante e rieccolo immezzo alla radura fiorita. Al centro della quale, più bella che mai, stava Fanie, aspettandolo con un grosso sorriso.
– Ciao, Freddie. – lo salutò, con la sua solita voce cristallina.
– Fanie...Devo farti molte domande. –
Lei annuì, sempre sorridendo – Lo so. –
– Bene. – silenzio tra i due. Freddie si concentrò sugli occhi verde smeraldo della fata.
– Io...Ho scoperto di non avere sangue nelle vine. – disse infine il ragazzo, mordendosi il labbro cosi tanto da farlo diventare bianco.
– Era ovvio. –
– Ma anche gli altri non hanno sangue. –
– Come doveva essere. –
Freddie inarcò le sopracciglia: quelle rispostine gli davano i nervi.
– Vorrei sapere cosa sia ciò che mi scorre nelle vene. – chiese.
Fanie si sedette nel prato verde, accarezzando i petali di una primula rosa.
– La tua è una specie di linfa. – rispose, concentrandosi sul piccolo fiore.
– E quella di Belle? E di Laura? E di Josh? – domandò, sedendosi davanti a lei. Erano vicinissimi.
– Quella dell'Acqua è una sorta di acqua. E'...Bé, possiamo definirla anch'essa una sorta di linfa, ma totalmente diversa dalla tua. E' solo acqua. –
– Quindi Isabelle ha acqua nelle vene? – chiese stupito.
– Esatto. Il Fuoco...Bé, è come se avesse una specie di lava. Non...so spiegarti bene. Sono elementi che io non conosco. Aria...Dovrebbe essere una linfa a base soltanto di zuccheri e..vapore, immagino. –
Freddie annuì: veramente aveva le idee ancora più confuse di prima.
– Cos'è la Domina Mors? – questa era la domanda più importante.
Fanie si rabbuiò e prese un dente di leone. Ci giocherellò un po', poi i semi cominciarono a volare via.
– E' una creatura malvagia. – disse, fissando il cielo.
– Fin qui ci ero arrivato. Dove la troviamo? –
Fanie storse la bocca – Nel luogo più oscuro della Terra. Ma non dovete affrontarla ora, non potete.
Siete ancora incapaci. Prima dovete prendere pieno possesso dei vostri poteri, diventare una cosa sola finalmente con il vostro Elemento. – unì le mani.
Freddie non capiva – Dobbiamo...allenarci? –
Lei sorrise – Si, se vuoi metterla cosi. Io...proverò a contattarvi il più presto possibile, magari riesco ad aiutarvi. – distese le ali delicate e si alzò.
– No...Te ne devi già andare? – chiese deluso il ragazzo. Lei si avvicinò e gli posò una mano candida sulla guancia.
– Si, ma ci rivedremo preso, Freddie. – sorrise dolcemente e baciò il ragazzo sulla punta del naso.
Spiccò il volo e in poco tempo si confuse con la luce del sole.

– Freds. Non te lo ripeto più. ALZATI. – Alice era di nuovo entrata in camera sua per svegliarlo.
– Si, si... – bofonchiò lui, stiracchiandosi e mettendosi seduto. La sorella arrossì vedendolo a torso nudo: era pur sempre una ragazza. Afferrò una maglia dall'armadio del fratello e gliela tirò.
– Vestiti, per l'amor del cielo. – disse, cercando di non fissarlo. Uscì dalla stanza velocemente, chiudendosi la porta alle spalle.
Il fratello si passò una mano tra i capelli arruffati, sbadigliando. Si infilò la maglietta rossa che la sorella gli aveva tirato e si diresse in bagno, dove si fece una doccia e si finì di vestire.
– 'Giorno. – si annunciò, entrando in cucina.
La madre stava finendo di preparare delle deliziose frittelle e il padre, ovviamente, era già a lavoro.
– Muoviti, Alice non ti aspetterà ancora per molto. – disse, posandogli le frittelle nel piatto e facendo cenno verso la finestra. Attraverso i vetri Freddie riuscì a vedere la sorellina che parlava al telefono con qualcuno, sorridente e lievemente arrossita.
– Mh.. – mugugnò lui, finendo la colazione.
Uscì dalla porta d'ingresso.
– Ehi, è arrivato mio fratello, ci vediamo dopo a scuola. – attaccò velocemente Alice, raggiungendo Freddie.
– Ciao, fratellone. Andiamo? – ammiccò lei, prendendolo a braccetto, stranamente sorridente.
– Alice, che succede? – chiese infatti lui, notando la stranezza della sorella.
Lei alzò le spalle e fissò il cielo, sorridendo beatamente.

 


~Angolo Autrice
Eccoci alla fine :D 
Che ne pensate? 
Spero vi sia piaciuto! 
Richiedo perdono per averci messo tanto a pubblicare :P
E vi riprego di lasciare una piccola recensioncina c.c
Un bacione, spero continuiate a seguirmi...
Luna


 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ~ Red Eyes ***


Eccomi qui con il 5 capitolo <3
Scusate l'attesa...Allora, ci sarà una scena un pò ehm, violenta...Ricordate nel primo capitolo, quando Laura riceve quella telefoanta dal fratello ed è un pò...arrabbiata? Adesso si spiegherà perché...
Non spoilero, va ;)
Vi lascio alla lettura!
Ci vediamo in fondo! 
Luna
P.S. L'immagine l'ho fatta io e racchiude un pò quello che succede nel capitolo...Si, l'occhio è di Laura ;)

 




~Capitolo 5~
Red Eyes

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Le finestre si aprirono di colpo, lasciando entrare una folata di aria gelida. Laura spalancò gli occhi, il fiatone, la pelle cosparsa di goccioline di sudore. Ansimò, cercando di regolare il respiro. Si sedette sul letto, portandosi una mano sulla fronte.
“Un sogno. Solo un sogno.” si disse, asciugandosi la fronte imperlata di sudore. Un brivido le percorse la schiena, e solo allora si accorse delle imposte spalancate. Si alzò tremante dal letto e chiuse la finestra, sospirando e fissando il vetro bagnato. Aveva piovuto.
Da quando aveva scoperto del suo sangue ogni notte aveva un incubo diverso. Ma pur sempre un incubo. Si alzò distrattamente la maglia del pigiama, sfiorando la voglia dei quattro cerchi.
Ormai sapeva cosa significava quello strano segno. I Quattro Elementi. E lei era il Fuoco. I quattro cerchi pulsavano, rilasciando un piccolo calore. Bruciavano. Laura li sfiorò con la punta del polpastrello freddo, provocando un po' di sollievo. Aprì delicatamente la porta della stanza e, in punta di piedi, arrivò nel corridoio. Respirò a fondo, cercando di non fare rumore: l'ultima cosa che avrebbe voluto era svegliare il fratello. Si portò le mani ai polsi, dove c'erano ancora dei segni rossi. Si infilò di corsa nel bagno, chiudendo la porta delicatamente. Appena dentro sospirò: ce l'aveva fatta, non aveva svegliato Jacob. Aprì l'acqua e si bagnò abbondantemente il viso, cercando di togliere la sensazione appiccicosa del sudore dalla pelle. Bevve un po' dell'acqua fresca e si decise a guardarsi allo specchio. Storse la bocca: aveva due occhiaie profondissime, i capelli, raccolti in una treccia, era fuggiti da tutte le parti e poi la voglia, la sua voglia rosso fuoco, che bruciava più che mai. Sospirò amaramente e se ne tornò, in silenzio, in camera sua, chiudendo piano la porta. Si infilò sotto le coperte e provò ad addormentarsi: niente.
Prese il cellulare dal comodino e lesse l'orario: le quattro del mattino. Ributtò il telefono sul comodino, esasperata. Si alzò e si diresse sulla piccola mensola sopra la scrivania, cercando nella lettura un qualche stimolo alla sonnolenza, come quando era piccola. Chiuse gli occhi e prese un libro a caso, come faceva sempre quando non sapeva che leggere. Si rinfilò nel letto e guardò la copertina: “Fairy Tales”. Alzò gli occhi al cielo: “Proprio in tema.” disse, ripensando alla scoperta sulla sua vera natura. Aprì svogliatamente il libro, sperando di trovare, tra le sue storie preferite sulle creature magiche, qualcuna che la facesse dormire, come quando gliele raccontava la madre.
Lesse le prime righe della sua storia preferita, “La fata e la Morte”, e sgranò gli occhi.
– Oh mio Dio! – sussurrò, portandosi una mano alla bocca. Afferrò il cellulare e digitò velocemente il numero di Freddie Terre. Poi si accorse dei numeretti in alto a destra: le 04:40. No, non era proprio ora di chiamare.

BAM! Il rumore del volume sbattuto sul tavolo rimbombò per tutta l'aula mensa.
– Ehi, Laurie, calmati.. – disse Josh, che aveva quasi spruzzato in faccia a Freddie il suo succo all'arancia per il colpo. Lei alzò gli occhi al cielo – Si, si, magari dopo...Dovete vedere che ho scoperto! – esclamò, indicando il libro di fiabe.
– Un libro di...fiabe. – commentò Freddie, alzando un sopracciglio.
Isabelle lo prese tra le mani – Oh, avevo anche io quest'edizione! Ci sono dei disegni bellissimi! – esclamò, cominciando a sfogliare il libro. Laura alzò gli occhi al cielo – Ok, vai alla prima storia. “La fata e la Morte” … – le disse, sedendosi accanto a Freddie.
Isabelle annuì – Era la mia storia preferita... – commentò, mentre cercava la pagina.
Si fermò proprio dove stava il titolo e una bellissima immagine di una fata dagli occhi rossi che, con le ali piegati in giù, i capelli blu e circondata da una foresta incantata, suonava un flauto magico.
– Vedi? Questi disegni sono splendidi... – sussurrò, accarezzando la fatina.
– Si, e guarda bene, sul braccio della fata... – le consigliò Laura, indicando l'avambraccio della creaturina dipinta.
– Che cosa dovrei...Oh. – disse Belle, sgranando gli occhioni blu.
– Che c'è? – domandarono i due ragazzi, allungando il collo.
Isabelle pose il libro al centro del tavolo, in modo tale da far vedere a tutti.
– Guardate bene. E' piuttosto piccolo, ma il nostro simbolo è ritratto nel braccio della fata. – disse piatta Isabelle.
In effetti, sul minuscolo e candido braccino della fata dagli occhi rossi stava il simbolo dei quattro cerchi, ognuno dei quali era di un colore diverso, o rosso, o blu, o grigio o verde.
I due ragazzi si guardarono, sgranando gli occhi.
– E non è tutto. – disse Laura, sfilando il libro dalle mani dell'amica e sfogliando di poche pagine.
– Sentite qua “La giovane Carnill, con il suo flauto in mano, si diresse nella caverna oscura, dove la Domina Mors la attendeva per combattere. La piccola fata della Luce non sapeva cosa la stava aspettando, si era fidata della donna sbagliata, della donna dolce e gentile che in realtà nascondeva un mostro, un mostro malevolo.” – citò, scrutando oltre il volume gli altri tre che la ascoltavano rapiti.
– La Domina Mors... – sussurrò Belle, stringendosi nelle spalle.
Laura richiuse il libro – Prima il simbolo sul braccio della fata, poi il nome della Domina Mors. Troppe coincidenze. – disse, riponendo il volumetto nella borsa.
Isabelle storse la bocca, concordando con l'amica.
– Ho risognato Fanie, la sera in cui... – li informò Freddie, abbassando la voce sulle ultime parole – La sera in cui abbiamo scoperto la nostra natura. – disse, quasi in un sussurro.
I tre si avvicinarono di più – E che ti ha detto? – domandò Josh.
Freddie si guardò intorno, circospetto – Che prima di colpire la Domina Mors, dobbiamo allenarci. E che ci aiuterà. – concluse, prendendo un pezzo di panino e portandoselo alla bocca.
– In che senso ci aiuterà? – chiesero in coro gli altri tre.
Lui alzò le spalle – Non lo so, magari si presenterà a noi in qualche forma, oppure userà un qualcosa per contattarci... – rispose, scrutando tutte le ragazze che passavano e sperando di trovare in esse quei bellissimi e penetranti occhi smeraldini. Tentativo fallito.
Si concentrò sul suo pranzo, cercando di non pensare alla fata che gli aveva rubato il cuore. Non poteva essersi davvero innamorato di una creatura che magari esisteva solo nella sua testa.
Eppure era così.

Isabelle stava considerando un piano d'attacco. Ma lo stava considerando durante l'ora di letteratura inglese. La professoressa Kelpiens, altera nel suo tailleur ocra, scrutava la classe dall'alto del suo tacco dieci, gli occhialini sulla punta del naso, gli occhi che viaggiavano dalla pagina su Charles Dickens ai suoi studenti.
Belle stava scarabocchiando sul suo quaderno il simbolo a quattro cerchi che in quel momento le pulsava sotto la maglia.
– Eau! Signorina Eau! – la richiamò la prof. La sua amica Sam, accanto a lei, le diede una gomitata.
– Belle, l'avvoltoio ti chiama! – le sussurrò, ammiccando alla professoressa.
– Ehm, si professoressa? –
– Signorina Eau, sarebbe cosi gentile da leggerci l'ultima riga che abbiamo commentato? – le chiese, con un sorrisetto maligno. Isabelle lanciò un'occhiata alla pagina e poi a Sam e ai suoi compagni, che la guardavano con pietà.
Sam le sussurrò – Ultima riga... – e Belle cercò subito con lo sguardo l'ultima riga della pagina.
Lesse sudando freddo e aspettando che la professoressa la fermasse per metterle una nota o cose simili ma, con suo stupore, l'insegnante sgranò gli occhi, memore di essere appena stata imbrogliata da una studentessa – Molto bene, signorina Eau, la prossima volta però presti più attenzione alla mia lezione. – sibilò, sedendosi alla cattedra e chiudendo il libro. La campanella suonò e Belle non potè fare a meno di lasciar andare un grosso respiro.
Si passò una mano sulla fronte – Grazie, Sam... – disse all'amica che le sorrise e prese la sua borsa.
– Di nulla! Io ora ho spagnolo...te? – domandò, mentre Isabelle riponeva nella sua borsa a tracolla i libri.
– Biologia. – rispose distrattamente, notando nella borsa il libro di fiabe che Laura le aveva dato a pranzo.
– Ok, allora ci vediamo! – la salutò Sam, lasciando l'aula. La ragazza tirò fuori il libro e si incamminò verso il laboratorio di Biologia, intenta nella lettura di quella maledetta favola che si era rivelata un mezzo per capire qualcosa di più sul loro nemico.
Nel laboratorio trovò, con grande sorpresa, Josh, che le fece segno di sedersi accanto a lui.
– Ciao, Belle! – la salutò, mentre lei posava la borsa sotto il banco.
– Ciao, Josh. – rispose lei, arrossendo e sentendosi un po' imbarazzata dal modo in cui lui la guardava. Poi il ragazzo notò il libro di fiabe.
– Come mai ce l'hai tu? – domandò, interessato.
Lei puntò gli occhi sulla copertina rosa pallido – Me l'ha dato Laura...Voglio capire qualcosa di più, magari leggendo la storia... – rispose distrattamente, tornando alla pagina della fiaba La Fata e la Morte.
Josh la fissò concentrarsi e non potè fare a meno di ridirsi di quanto era bella quella ragazza.
Abbassò subito lo sguardo quando lei trasportò gli occhi su di lui.
– Tro..Trovato niente? – chiese, cercando di non guardarla e sapendo che lei lo scrutava.
– Ancora no...Anche se rimango dell'idea che ci sia un solo modo per venire a capo di questo mistero. – rispose enigmatica.
– Ovvero? –
Il professore entrò, ma Belle fece in tempo a rispondere all'amico – Parlare con la scrittrice. –

Laura entrò in casa scocciata e nervosa. La notte precedente, passata i bianco, l'aveva distrutta, e ora voleva concedersi solo un po' di riposo. Cosa impossibile in quella casa.
– Laura, sei tu? – chiese, la voce isterica del fratello.
Lei alzò gli occhi al cielo – Si, sono io, Jacob. – rispose, correndo su per le scale e cercando di raggiungere la propria stanza il più in fretta possibile.
– Potresti almeno salutare. – la intercettò lui,sputando a terra sul parquet scuro.
Laura assunse una smorfia che non piacque affatto al fratello.
La raggiunse e, afferrandola per i polsi, la sbatté al muro.
– Che cavolo era quella faccia?! Ingrata! – e le diede un forte schiaffo su una guancia.
Lei respirò a fondo, già gli occhi le lacrimavano dal bruciore della guancia – Jacob, lasciami in pace! Non sei tu a comandare! – gridò, cercando di liberarsi dalla presa di lui che strinse ancora di più, facendola sussultare.
– Ti ricordo che finché mamma è fuori città sono IO a comandare, piccola sgualdrinella! – gli rispose lui, tirandole un altro ceffone sull'altra guancia.
Laura lo fissò con disprezzo e ciò le provocò una ginocchiata nello stomaco che la fece piegare in due dal dolore.
– Smettila di fissarmi cosi! – le gridava, mentre la picchiava sonoramente, accasciata ormai a terra. Ma lei ogni volta lo fissava con odio e disprezzo. Il labbro rotto e grondante di sangue, le guance rosse e un graffio sul collo, si alzò ignorando il dolore alla pancia e si avvicinò al fratello con aria di sfida. I suoi occhi lanciavano scintille e lui sembrò davvero spaventato. Fece per alzare di nuovo la mano, chiusa in un pugno, ma lei gli bloccò il polso.
– Non provarci mai più. – sibilò stringendo la persa attorno al polso del ragazzo che cominciava a sentire un bruciore strano.
– Questa è l'ultima volta che mi picchi. Ti è chiaro? – continuò lei, sputando sangue e veleno.
Il fratello emise un urletto di dolore, mentre Laura lo lasciò da solo, dirigendosi a grandi passi verso la propria stanza. Entrò di corsa, e la prima cosa che fece fu di tirare giù dall'armadio due grosse valigie che portava solitamente in vacanza. Ci infilò tutti i suoi abiti, le scarpe, e nell'altra tutti i suoi libri scolastici e gli oggetti a lei cari. Infilò il portatile rosso nell'apposita valigetta e, con le valigie ingombranti, scese le scale, dirigendosi alla porta principale e rivolgendo un'ultima e odiosa occhiata al fratello – Addio. – disse secca, ma Jacob era troppo impegnato a fissare sconvolto l'ustione di secondo grado che riportava sul polso dove poco prima la sorellina lo aveva bloccato.

Laura non sapeva dove andare. Era cosi arrabbiata con Jacob che non aveva considerato la meta della sua fuga. In più le guance le pulsavano, si era coperta il graffio sul cullo con una sciarpa, ma il viso colpito e il dolore lancinante allo stomaco non era in grado di nasconderli. Considerò le case dei suoi amici, ma nessuno dei loro genitori l'avrebbe lasciata a lungo alloggiare nelle loro abitazioni. Poi un lampo a ciel sereno le piombò in testa: Isabelle. Abitava da sola, e di sicuro l'avrebbe accolta con il suo solito e gentile sorriso che la faceva sempre stare meglio. La sua migliore amica. A grandi passi si diresse verso la casa dell'amica, poco distante.
Soltanto davanti al cancelletto d'ingresso si poteva già sentire l'essenza di Isabelle: sulle colonnine di pietra c'erano due conchiglie incollate e la struttura di ferro era stata dipinta di blu oltremare. Nel giardino i fiori erano di tutti i colori possibili e immaginabili, e un piccolo laghetto circondato da delle pietre ospitava una vecchia barchetta abbandonata lì da quelli che sembravano tanti anni.
Laura pensò se magari quella barchetta era stata costruita dal padre di Belle e se magari insieme avessero giocato nelle giornate estive. Scosse la testa e suonò il campanello.
– Arrivo! – gridò la sua amica da dentro la casa, si sentì correre giù per le scale, “Con la sua solita grazia” pensò Laura sorridendo debolmente, e poi lavorare con la chiave.
Dopo pochi minuti una sorridente Isabelle aprì la porta. Ma il suo sorriso durò poco, quando vide le condizioni dell'amica. Si portò una mano alla bocca – Laurie...Oh mio Dio...Chi... – cominciò, ma poi si rispose da sola. – Jacob. – disse a denti stretti, prendendo alcune delle valigie dell'amica.
– Forza, entra subito. – le disse, cercando di sorriderle in modo naturale. Ma la preoccupazione sul suo volto era troppo evidente.
– Ok, ok, posa le valigie qui, starai nella camera di mia sorella oppure...Ho un letto in più sotto il mio quindi se non vuoi dormire sola... – cominciò a farfugliare, cominciando ad andare avanti e indietro per la stanza.
Laura la fermò – Ehi, ehi, ehi, Belle, va tutto bene. Smettila. – le disse, cercando di sorridere.
Ma gli occhi dell'amica erano già lucidi – Oddio Laurie...Guada che ti ha fatto... – disse, la voce rotta, accarezzandole una guancia. – Giuro che lo affogo. – disse, quando ormai le lacrime le scendevano copiose dalle guance.
Laura le prese la mano – Tranquilla, va tutto bene io... – ma senza accorgersene anche dai suoi occhi scesero lacrime salate. Si guardò le mani, tremante, e, vedendo i polsi rossi e pieni di lividi, si accasciò a terra, abbracciandosi le ginocchia e piangendo. Isabelle non seppe cosa fare, cosa dire. Semplicemente l'abbracciò, e per Laura quello era il supporto migliore che mai avesse avuto.

Laura si era appena addormentata, tra le braccia di Isabelle. L'amica le aveva fasciato il collo e medicato il volto, e insieme avevano convenuto che forse era meglio per Laura non andare a scuola per un po', non era proprio il caso. Raggomitolata, con il segno della lacrime sulle guance ancora evidente, la ragazza dai capelli neri dormiva profondamente, stretta ad Isabelle che le accarezzava il capo lentamente, pensando alla sua amica e a quello che aveva passato. Laura le aveva rivelato che il fratello era diventato violento con lei da dopo la morte del padre in un incendio, al quale lui tra l'altro aveva insistito. Non aveva mai capito però perché la picchiasse. Isabelle sospirò, fissando il soffitto chiaro della sua stanza e, senza saperlo, le venne in mente la mamma. Quanto le mancava! Quanto le avrebbe voluto raccontare delle sue avventure, delle sue stranezze, la scoperta di essere un Elemento, e quanto le avrebbe voluto presentare la sua nuova migliore amica, Laura, e i suoi due nuovi amici, Josh e Freddie, della sua cotta per uno di loro...Laura sussultò nel sonno, forse per un incubo, e Belle non potè fare a meno di notare quanto sembrasse indifesa, cosi, addormentata tra le sue braccia. Si sentì in dovere di proteggerla, cosi la abbracciò ancora di più, posando il mento sulla sua testa e chiudendo gli occhi – Tranquilla – le sussurrò – nessuno ti farà mai più del male... – e cosi si addormentò.

La giovane fata volava ormai da molto tempo, volava contro il tempo stesso, cercando di essere il più veloce possibile. Ma la pioggia scrosciante le appesantiva le ali delicate e lei non era certo una fata Marina, in grado di poter perfino nuotare sott'acqua. Lei era solo una semplice fata dei Boschi, ed era proprio attraverso di essi che stava viaggiando. Si fermò sotto le fronde di un imponente abete, respirando a fondo e sfiorando la corteccia umida dell'albero. Chiuse gli occhi, chiedendo all'abete la via per la Corte...Un sussurrò le si insinuò nella mente, un sussurro che nessuno avrebbe potuto sentire o percepire, un sussurro che solo una Fata dei Boschi avrebbe potuto capire.
Sorrise e ringraziò l'albero, riaprì le ali intorpidite dal acqua gelida e riprese il suo sfiancante viaggio.
Il tempo passò e sembrò infinito, ma alla fine la giovane fata riuscì a raggiungere Aranel, la città delle fate di Luce, dove risiedeva la Regina Calien, ultima fata di quella razza cosi rara e potente.
– Fanie! – gridò una fata dai lunghi capelli castani, occhi verde muschio e pelle candida. Corse dalla compagna che, accasciata a terra, non riusciva più a sopportare la fatica del viaggio.
– Lilian...Devo andare subito dalla regina... – riuscì a dire all'amica, mentre, stremata, riusciva a malapena a distinguere il volto dell'altra fata.
– Si, ma prima ti devi riposare, Fanie, non puoi presentarti da Lei in questo stato...Andiamo, ti porto a casa mia... – le disse, prendendola in braccio e trascinandola fino ad una casetta di legno piena di fiori sul davanzale.
Prima di svenire, Fanie riuscì a leggere, accanto all'elegante porta verde d'entrata, una lastra di legno su cui era inciso “Lilian Terre, Fata Dei Boschi”.
Terre...

 

Fanie riaprì gli occhi per ritrovarsi davanti un soffitto dalle travi a vista. Si portò una mano alla fronte e vi trovò una borsa per l'acqua fredda.
– Grazie, dottore... – sentì la voce di Lilian appena fuori la porta. Poco dopo questa si aprì per rivelare la sua amica, con una faccia preoccupata.
– Ehi, Fanie...Come va? – le chiese, sedendosi ai piedi del letto sul quale era stesa l'amica.
Lei storse la bocca – Mi fa malissimo la testa e...la schiena. – disse, sentendosi tutta ammaccata.
Lilian annuì tristemente sorridendo malinconicamente – Si, bè...Hai avuto un problema. – la informò, prendendole le mani.
– Che...E' successo? Perché parlavi con un medico? – domandò ansiosa.
– Fanie...Riguarda le tue ali. La tua...Ala destra in particolare. –
Fanie si morse il labbro e, a fatica, riuscì a mettersi seduta. Distese le ali, ma sentì un dolore lancinante a quella destra. Girò la testa e vide che era spezzata.
– Per Madre Natura... – sussurrò, sfiorando la sua ala che fremette al suo contatto.
– Si, ma tranquilla, il medico ha detto che si rimetterà...Tra poco tornerà e te la fascerà e in poco tempo riuscirai a guarire... – le disse, rincuorandola.
Fanie scosse la testa – Oh no, questo comprometterà la mia missione! Come farò... – si mise le mani davanti agli occhi, agitandosi.
– Ehi, ehi, tranquilla...parlane con Sua Maestà. Lei saprà cosa fare, tranquilla. – le disse, poco prima che il medico bussasse alla porta.

La reggia della Regina Calien era imponente e delicata. Le torri sembravano aprirsi in un fiore dorato, decorate da piccoli segni ambra. La porta d'ingresso era di ebano e presentava il simbolo di Madre Natura, in quanto la Regina era anche la sacerdotessa di Feaw, la divinizzazione di Madre Natura. Fanie varcò la soglia del palazzo a piedi, l'ala destra fasciata, attraversò il lungo padiglione dorato che portava subito alla sala del trono dove la Regina Calien riceveva i sudditi.
Al posto della fata della Luce però, trovò il suo consigliere.
– La Regina è in preghiera. – le disse la fata dai capelli argentati che Fanie riconobbe come Fata Delle Nevi.
– Capisco e quando la potrò vedere? Si tratta della missione Elementi. – gli rispose lei, guardandosi circospetta.
– Oh, allora la vado a chiamare. – disse il consigliere, alzandosi in volo e prendendo una porta invisibile agli occhi.
Fanie si guardò intorno mentre aspettava. Era stata mille volte in quel palazzo, e tutte le volte rimaneva incantata dai mille ori che decoravano quella Sala. Il trono, in quarzo giallo, risplendeva sotto un'apertura del tetto molto alta da cui entravano i raggi del sole. E' noto che le fate della Luce hanno bisogno di luce per poter avere il massimo dei poteri. Un rumore la distrasse, alzò la testa e vide la Regina entrare nella Sala del Trono. Indossava una veste candida che metteva in risalto la pelle lievemente ambrata e gli occhi dorati. Lunghi capelli rossi le ricadevano sulla schiena, sul capo una delicata ma complicata corona d'oro e, sulla fronte, il simbolo della Natura, i quattro cerchi incrociati, incisi sulla pelle ad ogni sacerdotessa consacrata a Feaw.
– Fanie, ben tornata a casa. – la salutò con una voce calda e dolce.
– Sua Maestà... – si inchinò rispettosamente la fata, abbassando lo sguardo, intimidito da quello dorato della Regina.
– Allora, cosa volevi rivelarmi? – le domandò gentilmente la Regina Delle Fate, sedendosi sul suo trono.
Fanie si morse il labbro – Maestà, purtroppo ho riportato un danno all'ala destra e...ho paura che possa compromettere la mia missione. –
La Regina sorrise – Oh, le tue ali non ti serviranno in quella parte della missione che voglio affidarti. –
Fanie la guardò con sguardo interrogativo – Mi scusi, ma non comprendo... –
– Nel tuo ultimo rapporto hai espresso il volere di aiutare gli Elementi nel trovare la Domina Mors... –
Fanie annuì – Si, infatti...Ma quindi? – chiese ancora, cercando di capire a che punto sarebbe arrivata la Regina Calien.
Quest'ultima sorrise – Oh, è molto semplice...Ti confonderai tra loro. –

Isabelle camminava nervosa e spedita per i corridoi della scuola. In quei giorni non riusciva più a sorridere. Laura stava migliorando, ma il grosso occhio nero era ancora evidente e le metteva sempre angoscia.
– Belle! – la salutò da lontano Josh, vedendola passare. Isabelle si girò di scatto, il cuore che batteva a mille, martirizzandosi le mani con le unghie.
– Ehi, tutto bene? – le chiese avvicinandosi e notando che non lo aveva accolto con un sorriso come faceva sempre.
– Si, si, tutto apposto, si... – rispose distratta lei. Si portò una ciocca della treccia morbida dietro l'orecchio, gli occhi che fuggivano nervosi allo sguardo indagatore di Josh.
– Sai, volevo parlarti... – cominciò lui, pur vedendola in quello strano stato.
Lei si irrigidì – Devo andare. – tagliò corto, sentendo la campanella. Girò i tacchi, strinse i libri al petto e si incamminò velocemente verso l'aula di francese.
Josh inclinò la testa: Isabelle che non sorrideva. Non era affatto da lei. Fece per seguirla, poi si ricordò della campanella ormai suonata da un pezzo.
– Te l'ho detto, è davvero strana. – sussurrò Josh a Freddie, durante spagnolo. L'amico stava ormai da ore cercando di seguire l'insegnante che stava spiegando un difficile passo della Letteratura Spagnola del '600, ma Josh non gli dava pace.
– E dai, avrà litigato con la sorella... –
– No, una volta le successe ma mi sorrise lo stesso. E' più grave. – lo smorzò lui, facendogli alzare gli occhi al cielo.
– Josh, ma ti è mai passato per la testa che magari anche a lei può capitare di essere lunatica? – gli rispose spazientito-
– No, perché lei è un sole splendente. –

Belle entrò in casa frettolosamente, nervosa, buttando le chiavi nel vecchio portacenere del padre distrattamente.
– Belle? – la voce scoppiettante di Laura la rincuorò.
– Laurie, sono io! Dove sei? –
– In salotto! – le rispose lei, ma Isabelle notò una punta di preoccupazione nella sua voce.
Accorse subito nel salotto per trovare l'amica seduta sul divano blu notte, davanti alla poltrona dello stesso colore occupata però da una donna dai capelli neri a caschetto, la pelle pallida e occhi neri come il carbone.
– E cosi tu sei Isabelle Eau, l'amica di Laura. – le disse la donna, alzandosi e posando il bicchiere di tè freddo che Laura le aveva offerto – Piacere, sono Michelle Flamme, la madre di Laura. – si presentò, porgendole la mano.
– P...Piacere. – rispose Isabelle, stringendo la mano della signora.
– Dunque, ero venuta qui per poter parlare con Laura di...Jacob. – disse, scrutando Isabelle che al nome del fratello violento di Laura si irrigidì.
Laura annuì, affranta – Si, infatti, la mamma è comunque arrivata da poco, non mi aveva ancora detto niente. E, mamma? – si rivolse direttamente alla madre – Voglio che sia presente anche Belle. Tanto anche se non rimanesse le racconterei comunque tutto. –
La madre annuì, sorridendo malinconicamente – Si, me lo aspettavo. Mi va bene, dopotutto questa ragazza ti ha accolta in casa sua, ti è stata vicino. Ti ringrazio molto per questo, Isabelle. –
Belle si sedette accanto a Laura, mettendole un braccio attorno alle spalle e stringendola a sé – Laurie è la mia migliore amica, avrei fatto questo e altro. – rispose lei, sincera. Laura le sorrise dolcemente, stringendo la mano di Belle posta sul suo braccio.
– Mi fa davvero piacere. – rispose la donna, sorridendo e fissando la figlia. Si rabbuiò notando l'occhio nero e le fasciature – Io...Laura...Devo dirti che quando tornai a casa, la sera in cui tuo fratello...Ti ha fatto questo, lo trovai sconvolto. Si fissava in continuazione il polso che era scottato. Tu...Devi sapere una cosa molto importante. – le confidò, facendosi seria.
– Tuo fratello ha cominciato a diventare violento con te dopo l'incendio in cui morì tuo padre 7 anni fa. –
Laura annuì – Si, e non mi sono mai spiegata perché. –
La madre si morse il labbro – Vedi, tuo fratello assistette all'incendio e si vide tuo padre carbonizzarsi davanti ai suoi occhi. Lui stesso si è salvato per miracolo. – le disse, gli occhi lucidi al ricordo del proprio lutto.
– Si, ma perché è diventato violento con ME? – chiese di nuovo la ragazza, gli occhi già lucidi.
– L'ho portato da uno psichiatra, sai, per cercare di superare il trauma ma... – la fissò negli occhi, le pagliuzze rosse che facevano scoppiettare gli occhi della figlia come fuoco. Erano quelli il problema.
– Jacob si spaventa ogni volta che vede una fiamma. – le disse.
Laura cominciava a capire – E....I tuoi occhi piccola... – disse ancora la madre, ma non riuscì a finire la frase perché le lacrime cominciarono a scendere e si dovette portare una mano alla bocca per reprimere i singhiozzi.
– I tuoi occhi gli hanno sempre ricordato il fuoco. – nella mente di Laura rispuntò l'aria spaventata del fratello che assumeva sempre prima di picchiarla, quando la guardava negli occhi.
– I primi tempi pensavo che ti picchiasse solo per qualche litigio tra fratelli, ti rifilava solo qualche schiaffo...Poi c'è stata quella promozione a lavoro e ho dovuto viaggiare sempre più spesso, e ogni volta che tornavo eri sempre peggio...Ma non mi dicevi mai niente...Perché? – le chiese, ormai le lacrime che scendevano copiose.
– Ogni volta che mi picchiava cercava sempre di non incontrare i miei occhi. Se lo faceva mi picchiava più forte. L'ultima volta l'ho guardato con odio e...a quanto pare i miei occhi “fiammeggiano” ancora di più quando sono arrabbiata...Mi ha pregato di non fissarlo mentre mi picchiava. Non te l'ho mai detto perché quando smetteva si metteva a piangere e mi pregava di non dirti niente, o mi avrebbe rifilato di peggio. Capisci? Piangeva e mi minacciava contemporaneamente. Ci sono stata perché provavo pena per lui. Ma ora basta. Mi sono stancata, mamma, ha rischiato di uccidermi. – disse a denti stretti Laura – Potrà avere tutti i traumi che gli pare, ma non deve sfogarsi su di me solo perché ho degli occhi...particolari. –
– Laurie, prova a capirlo...Per lui il fuoco gli fa venire in mente quella notte. La notte dell'incendio. Per lui ogni cosa anche soltanto riconducibile al fuoco lo fa impazzire. Gli ho trovato un'ustione sul polso, quando sono tornata. Non ho idea di come se la sia fatta. Ne sai qualcosa? – domandò la madre, ansiosa.
Laura si morse il labbro: ovvio che ne sapeva qualcosa, gliel'aveva procurata lei.
Ma scosse la testa. La stretta di Isabelle sul suo braccio si fece più forte e Laura la ringraziò mentalmente: non avrebbe sopportato quella conversazione se al suo fianco non ci fosse stata anche Isabelle.
– Capisco... – disse la madre, lanciando un'occhiata all'orologio che portava al polso – Ora devo andare, piccola...Ci vedremo, vero? – si alzò e accarezzò una guancia ancora un po' dolorante della figlia.
Lei annuì – Si, certo. – e le diede un lieve bacio su una guancia.
La madre sorrise malinconica e si fece accompagnare da Isabelle alla porta.
– E' stato un piacere incontrarti, Isabelle. – le disse, varcando la soglia.
– Anche per me, signora Flamme. – rispose cordialmente la ragazza.
– Oh, ti prego, chiamami Michelle. Isabelle, devo chiederti un favore... – le disse, prima di avvicinarsi alla Volvo nera parcheggiata nel vialetto.
– Si signo...ehm, Michelle? –
La donna sorrise dolcemente – Prenditi cura della mia Laura. – detto questo entrò nell'auto e, in pochi secondi, scomparve dalla strada.
Belle tornò in casa, trovando Laura seduta nello stesso modo, a mangiarsi le pellicine delle dita.
– Ehi...Tutto bene? – le chiese, sedendosi a terra e posandole le mani sulle ginocchia.
Lei sorrise – Si, si, tutto apposto... – rispose, posandosi una mano sulla fronte.
L'emozione di aver saputo la verità era troppo grande. Sorrise debolmente all'amica. Dopo un po' si rialzò, un po' barcollante e si portò in cucina dove si preparò un bicchierone di tè freddo al limone.
– Senti...Che compiti hanno dato? – domandò a Belle, mentre sorseggiava la bibita.
– Spagnolo, biologia...Ma perché, vuoi tornare a scuola? – le chiese l'amica, scrutandola per vedere se fosse in grado di andare a scuola.
– Si, ce la faccio. Insomma, ho solo un graffietto sul collo, le guance si stanno sgonfiando e domani saranno normali...L'occhio nero lo copro con un po' di trucco. – le ripose sorridendo.
– Ma perché tutta questa voglia di andare a scuola? – le domandò di nuovo Belle. Si portò distrattamente una mano alla pancia: erano giorni che le bruciava la voglia.
Laura notò il suo gesto e si alzò il lembo della maglia, rivelando la sua voglia rossa più vivida che mai – Brucia anche a me. Per questo voglio tornare a scuola. Dobbiamo mettere in atto un piano. –

Freddie stava infilando i libri nell'armadietto quando vide arrivare nel corridoio Laura e Isabelle, a braccetto, una con un'espressione serena, l'altra preoccupata.
– Josh! Ehi! – riscosse l'amico che, cadutogli un libro a terra, si era chinato per riprenderlo.
– Che c'è? – chiese questo, mente riponeva il raccoglitore rosso nell'armadietto.
– Laura è tornata! Non ha una bella cera però... – si morse un labbro.
– Magari è stata male e non si è ancora del tutto ripresa... – rispose tranquillo l'amico, prendendo lo zaino e avviandosi verso le due ragazze.
– Ehi, ciao! Come va? – chiese, salutandole.
Belle sorrise, un sorriso tirato – Tutto bene...più o meno... – sussurrò, lanciando un'occhiata ansiosa a Laura, come se avesse paura che potesse svenire da un momento all'altro.
– Tutto apposto, grazie. Io...sono stata un po' male in questi giorni. – mentì la ragazza dai capelli corvini, stringendo il braccio di Belle.
– Ah...Ok. – risposero in coro i due ragazzi, non convinti di quelle parole.
– Sentite...Vorrei un attimo parlare sul da farsi con la Domina Mors e tutta la storia... – disse Belle, abbassando il tono di voce.
Annuirono – Si anche noi. –
– Avete avuto qualche idea? – chiese Laura, parlando allo stesso modo dell'amica.
Freddie annuì – Volevo aspettare che Fanie mi si rivelasse di nuovo in sogno, ma ancora niente...Voi? –
Belle fissò Josh – Io...avevo pensato di andare dall'autrice del libro. – con un cenno del capo dell'amica, Laura tirò fuori dalla borsa a tracolla di pelle il libro di racconti.
Aprì la prima pagina dove si trovava la biografia della scrittrice – “Sophie Glace, nata a Parigi nel Dicembre del 1978, abita ora in una villetta in campagna della cittadina americana di Rose, in California.” – lesse Laura, mettendo il libro al centro in modo tale che i compagni potessero leggere.
– Bé, basta andare in campagna, no? – disse ottimista Josh. Gli altri annuirono – Ok, e quando andiamo? C'è l'indirizzo, no? – chiese Freddie, scorrendo il testo.
Laura annuì – Si...Non so il giorno, che ne dite? E il mezzo? – domandò oggettiva la ragazza.
Freddie sorrise – Possiamo usare il mio pick-up...Che giorno...Non so. – rispose, passandosi una mano tra i capelli biondo cenere.
Belle li fissò uno per uno – Andiamo oggi, che ne dite? Meglio prima che dopo. –
– Ci sto. – risposero in coro gli altri tre.

Il clacson del pick-up di Freddie suonò fuori dalla porta. Belle si affacciò dalla finestra della sua stanza, che dava sulla stradina. – Arriviamo subito! – gridò la ragazza, tornando in camera, dove Laura, seduta comodamente sul puff celeste dell'amica, la guardava divertita.
– Che c'è? – le chiese lei, notando il modo in cui la fissava.
– Che c'è? Hai una faccina...Ti piace Josh, eh? – disse maliziosa. Belle arrossì all'istante – Ma no, che dici, per me Josh è solo un amico, non dire stupidaggini...Forza, andiamo. – smorzò il discorso la ragazza, prendendo al volo la tracolla piena di spille e scendendo le scale seguita dall'amica.
Uscirono di casa, Belle chiuse a doppia mandata la porta, e salirono sul pick-up verde muschio di Freddie.
– Ci siete? – chiese il ragazzo, notando che erano un po' stretti. Annuirono. – Ok, ora ditemi bene l'indirizzo... – disse Josh, aprendo l'app del navigatore sull'Iphone.
– Si, certo... – Laura lesse l'indirizzo al ragazzo che in pochi secondi digitò il nome sull'iphone.
– Ok, amico, devi prendere l'autostrada e poi.. – cominciò a dettargli le varie istruzioni, mentre Freddie, con maestria, guidava tranquillo. Isabelle si mise a fissarlo e questo non sfuggì all'occhio attento di Laura, come anche lo sguardo afflitto di Josh sulla sua migliore amica.
Alzò gli occhi al cielo – Che ne dite di un po' di musica? – propose, tirando fuori l'Ipod che collegò alla radio di Freddie.
– Si, perché no. – le sorrise lui. Laura sorrise e si rimise a sedere, selezionando la playlist riservata ai Guns 'n Roses. E cosi, sulle note di Sweet Child O'Mine, i quattro Elementi raggiunsero la campagna californiana.
Scesero dall'auto e Belle tirò fuori i suoi occhiali da sole: erano ad Aprile e il sole già picchiava forte. Bussarono alla porta, ma questa era stranamente aperta. Si fissarono perplessi, e Freddie si mise davanti alle ragazze, seguito subito da Josh. Entrarono cautamente – E' permesso? – domandò Freddie, mettendo un piede nel salottino. Sentirono una risata cristallina e Freds, facendo un cenno ai suoi amici, si addentrò per l'abitazione, avvicinandosi sempre più alla fonte della risata.
I quattro ragazzi, con passo felpato, raggiunsero una porta finestra dal vetro finemente lavorato. La oltrepassarono per trovarsi in un giardino splendido, pieno di piante e fiori di tutti i generi. Seduta su un divanetto candido, di spalle, stava una donna dai lunghi capelli corvini che le ricadevano sulla schiena. Teneva una mano diafana sul ginocchio e sulla punta delle dita affusolate si era posata una bellissima e variopinta farfalla. Con l'altra mano sfiorò le delicate ali della creatura che fremette e sembrò dare un buffetto sull'indice della donna. I quattro ragazzi si avvicinarono silenziosamente, ma Freddie calpestò un rametto, spaventando la farfalla che volò via e facendo girare di scatto la donna che, non appena li vide, sorrise gentilmente. I ragazzi rimasero di stucco alla vista del bellissimo volto della fanciulla, perché dimostrava forse vent'anni, ma la cosa che più li colpì fu il colore degli occhi, un color verde smeraldo, cosi vivo e luminoso da mettere in soggezione. Nessuno aveva mai visto degli occhi cosi, tranne Freddie che sapeva benissimo il nome di quella donna.
– Ciao, Fanie. –

 


~Angolo Autrice
Allora? Come semrpe vi chiedo di lasciare una recensione...Che ne pensate? Che ne dite anche della parte del Regno delle Fate? In seguito si spiegherà anche un pò la struttura del Regno...Spero vi sia piaciuto e che la scena con il fratello di Laura non vi abbia fatto cambiare opinione riguardo la storia...Sinceramente volevo mettere qualche scena si, diciamo violenta, sennò sarebbe stata una storia da bambini, e poi volevo trovare un modo anche per denunciare questo fatto, perché molte ragazze, ma anche ragazzi, vengono picchiate/i in casa e costretti al silenzio...E' una cosa su cui pensare.
Ok, spero lasciate una recensioncina <3
Un bacione;
Luna

 








 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ~ Uisge ***


papapaaaan!
Alluora alluora..Eccomi qua con il 6 capitolo :3 Devo dire che in questo la maggior parte sarà vista da Isabelle, e sarà anche un pò concentrato su di lei, un pò come nel precedente capitolo con Laura...Dunque, si capiscono tantissime cose, soprattutto nella prima parte...
ok, non spoilero!
Vi mando un bacione, ci vediamo in fondo!
Luna


 




~Capitolo 6~
Uisge

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La donna, a questo punto era più corretto definirla fata , sfoderò un sorriso ancora più luminoso, quando Freddie pronunciò il suo nome. Si alzò dal divanetto con grazia sovrumana e si diresse verso di loro.
– Ciao, Freddie. – lo salutò, con la sua voce cristallina.
Lui abbozzò un sorriso, ma era troppo sorpreso nel vederla lì – Fanie...Che ci fai qui? – le chiese, un nodo alla gola.
– Ve lo spiegherò dopo. Voi dovete essere gli altri Elementi. – disse, rivolgendosi agli altri tre che non ci stavano capendo nulla.
Annuirono e fu Isabelle a parlare – Io sono Isabelle, lui è Josh e lei Laura. – disse, indicando gli amici.
– Acqua, Aria e Fuoco quindi. – aggiunse la fata, sorridendo anche a loro.
– Io sono Fanie, fata dei Boschi, in missione per conto della regina Calien, somma sacerdotessa di Madre Natura e sovrana delle Fate, nonché ultima delle Fate della Luce. –
I quattro ragazzi sgranarono gli occhi – C'è un regno delle fate? – domandò incuriosita Belle, avvicinandosi alla fata e ignorando il comportamento di Freddie nei confronti di Fanie.
– Si, ma si fa sempre più piccolo perché l'uomo sta distruggendo tutto. Se continua cosi le razze magiche si estingueranno totalmente. Già i folletti e gli gnomi hanno lasciato questa Terra, tra poco anche le sirene faranno lo stesso... –
– Sirene? – Belle sgranò gli occhioni blu.
Fanie sorrise – Si, sirene. Ormai ce ne sono poche, sono creature delicate che devono vivere in acque pure, e con l'inquinamento marino crescente ormai anche loro sono quasi estinte. Tu sei l'Acqua, vero? Loro sono i tuoi sudditi. – disse, lasciando Isabelle sempre più incuriosita e stupita.
– I miei sudditi? – domandò alzando un sopracciglio.
– Si, tutto il popolo marino è tuo suddito, e anche le Fate Marine. –
– Fate Marine? –
– Come le volete chiamare, fate d'Acqua? Sono fate che sono si, sudditi della regina Calien, ma sono innanzitutto sudditi di voi, Elemento. – disse, assumendo un tono formale.
– Mi stai dando del voi? – chiese divertita al ragazza.
– Bé, si, voi siete esseri superiori a me...Non dovevo? – Belle le mise una mano sulla spalla sorridendo – Non ce n'è bisogno, chiamami Belle. –
Fanie rimase sorpresa dal comportamento della ragazza, quando la Regina le diede le informazioni anche sui precedenti Elementi le aveva spiegato che erano altezzosi anche se gentili, e che bisognava darli del voi. Quella situazione era del tutto nuova.
– Perché non ci parli un po' di più di questo Regno delle Fate? Mi incuriosisce tantissimo. – disse Belle, prendendo per mano la fata e facendola sedere accanto a se sul divanetto.
– Io...ok. Bé, cosa vuoi sapere? – chiese sempre stupita ma pronta a rispondere alle più strane domande.
– Ok, allora...Vediamo un po': hai detto che tu sei una Fata dei Boschi, ci sono delle Fate Marine miei sudditi, e la Regina è l'ultima Fata Della Luce...Quante razze di Fate esistono? E perché la Regina è l'ultima della sua specie? – cominciò.
Fanie si pose le mani in grembo – Le Fate si suddividono in Fate dei Boschi, Fate Marine, Fate della Neve e Fate della Luce. Di Fate della Luce ce ne sono solo due, non solo la Regina Calien: l'altra è molto giovane e succederà sul trono alla Regina. In precedenza...Ce n'era anche un'altra ma...è morta di parto. – disse, mordendosi un labbro e lanciando un'occhiata a Laura. Scosse la testa “Non posso ancora dirlo...” pensò, tornando a concentrarsi su Isabelle che aveva pronte altre domande – Ah, ok...Perché la Regina è della Luce? Non poteva essere della Neve? – domandò la ragazza.
– Perché è la razza più potente. Dunque, le più potenti sono le Fate della Luce, seguite da quelle Marine, quelle della Neve e infine quelle dei Boschi. – sorrise un po' malinconica.
Belle stava per fare un'altra domanda, quando d'un tratto una donna dai capelli biondo platino entrò nel giardino con un vassoio con sopra un paio di tazzine e una teiera in mano.
– Eccomi, Fan...E voi chi siete?! – gridò la donna, lasciando cadere il vassoio che si ruppe, con le tazzine, in mille pezzi.
Fanie si alzò di scatto e, con una velocità che stupì i ragazzi, corse dalla donna.
– Va tutto bene, Sophie, loro sono gli Elementi. – disse, accarezzandole le spalle.
La donna, che doveva essere sui trent'anni massimo, sembrò rasserenarsi – Oh, scusate. – disse, chinandosi a raccogliere i cocci.
– Sophie? Sophie Glace? – ricollegò Laura – E' lei? – chiese, avvicinandosi alla donna.
Questa sorrise – Si, sono io, come mi conoscete? – domandò, riponendo i frantumi sul tavolino davanti al divanetto sul quale Belle era ancora seduta.
– Noi...Abbiamo il suo libro di fiabe. – rispose Laura, tirando fuori dalla borsa il libro.
– Oh... – Sophie prese il libro tra le mani e ne accarezzò la copertina rosa pallido.
– Vorremo farle qualche domanda sulle storia de “La Fata e La Morte”... – aggiunse la ragazza, portandosi dietro l'orecchio una ciocca corvina.
Sophie si sedette su una poltroncina bianca davanti al tavolino e aprì il volume – Lo immaginavo... – disse, sorridendo enigmatica e sfogliando delicatamente le pagine.
Josh si avvicinò – Si vede, volevamo chiederle cosa sa della Domina Mors e... – indicò la fatina nel disegno della storia dove la donna era ormai arrivata – Su questo simbolo. – concluse il ragazzo.
Lei fissò il ragazzo, riflettendo i suoi occhi grigi in quegli uguali di lui.
– Come lo so? – domandò sorridendo. Porse a Josh il libro e portò le mani alla maglia blu che portava. Tirò su il lembo della maglia rivelando il simbolo a quattro cerchi, ormai sbiadito, come se fosse una cicatrice bianca, forse un tempo grigio – Perché io ero un Elemento. –

– Lei...era un Elemento? – dissero in coro i quattro, spalancando le bocche increduli.
Sophie sorrise – Si, esatto, io ero l'Aria. – rispose, fissando Josh, che abbassò lo sguardo imbarazzato.
Laura si rivolse a Fanie – Perché noi siamo Elementi allora, se c'erano già? –
– Perché gli altri hanno fallito. – rispose secca lei.
Sophie abbassò gli occhi, affranta – Si, abbiamo fallito miseramente. Fuoco, il cui nome era Gabriel, fu ucciso, e anche Terra, Michael. Juliet, che era l'Acqua, innamorata di Michael cadde in depressione e andò...A vivere in mare. – disse.
Isabelle sgranò gli occhi – Che? Vivere in mare? –
– Si, anche se non siamo più Elementi, teniamo ancora alcuni poteri. Lei può respirare sott'acqua, io posso creare mulinelli e neve. – disse, alzando un dito e facendo nevicare nel giardino che si imbiancò. Era bellissimo, ma i ragazzi, che indossavano t-shirt e jeans leggeri, gelarono, finché Sophie, ridendo, fece andar via la neve.
– Ha raggiunto il suo popolo. – continuò Sophie – Anche se essi ora non la vedono più come una sovrana, ma solo come una loro compagna. –
– Che cos'è successo di preciso? – domandò Josh, mettendosi vicino alla donna. La sentiva stranamente vicina a sé.
– Noi...Eravamo all'ultima battaglia contro la Domina Mors. Juliet e Michael stavano insieme da tempo, si amavano molto...Ma...Juliet venne tratta in inganno dalla Domina Mors e Michael, per salvarla, venne ucciso. Gabriel, per vendicarlo, andò stupidamente a combatterla da sola, mentre io e Juliet cercavamo in vano di salvare Michael. Anche Gabriel venne ucciso. Noi due da sole provammo a sconfiggerla, ma la regina Calien intervenne, riuscì a battere la Domina Mors, ma non del tutto. Ci riportò a casa sane e salve. Ma solo due Elementi non possono nulla, cosi, una normale mattina, ci svegliammo con il simbolo sbiadito, solo come un ricordo. Provammo ad evocare i nostri poteri ma invano. Io riuscii solo a creare un bel vento del Sud, lei niente. La accompagnai alla scogliera di Goodwind dove si tuffò per scoprire se riusciva ancora a respirare...E lì incontrò una sirena che al accolse in casa. Mi disse addio, e da quel giorno non ci siamo più riviste. Mi manca tanto...Era la mia migliore amica... – Sophie si asciugò una lacrima che le era scesa, ricordando quei terribili momenti. Isabelle ascoltava rapita e Laura, seduta accanto a lei, le aveva preso la mano nell'ultimo tratto del racconto.
I due ragazzi erano rimasti rapiti, e Josh non aveva potuto fare a meno di immaginarsi Isabelle e Freddie al posto di Juliet e Michael. Dopotutto negli ultimi tempi si erano avvicinati sempre di più, e aveva paura che la ragazza provasse qualcosa per il suo migliore amico di cui invece non era sicuro di nulla. Dal modo in cui guardava Fanie, Josh pensò che magari era lei quella che occupava sempre i suoi pensieri, non Belle.
Sperava fosse così.
– Josh, ei amico, stai bene? – domandò Freddie, quando Josh si posò allo stipite della porta finestra.
– Si, si, tutto bene...mi gira solo un po' la testa... – rispose lui distrattamente.
– Si vede... – sorrise Freds, ammiccando al cielo che si era oscurato.
– Josh! Stai bene? – domandò Belle dal giardino: doveva aver notato anche lei il cambiamento climatico.
– Si, si, grazie Belle! – rispose prontamente lui.
Freddie lo squadrò – Josh...Gliel'hai detto? – gli chiese.
– Che...Che cosa? – disse vago lui, ma sapeva benissimo cosa intendesse l'amico.
– Che cosa?! Idiota, le hai rivelato i tuoi sentimenti? Scommetto di no. – disse alzando gli occhi al cielo. Josh abbassò lo sguardo – Glielo stavo per dire ma...lei era strana, ricordi? Prima che Laura tornasse... – rispose l'amico.
Freddie scosse la testa – No, non ce la faccio più. Per favore, entro questa settimana lo deve sapere. –

Isabelle salutò dal finestrino del pick-up verde Sophie Glace che, sulla soglia della porta, sventolava la mano. Avevano parlato tanto e a lungo, e spesso di Juliet. Fanie stava parlando con Freddie davanti alla portiera, e Belle non potè fare a meno di pensare a quanto fosse bella: pelle perfetta e candida, occhi spettacolari, capelli bellissimi in confronto a i suoi capelli che non si capivano se fossero mossi o ricci...Sbuffò e si buttò sul sedile, vicino a Laura che la guardava divertita – Belle, tutto ok? – le diede un'affettuosa spinta con le spalle.
Belle si ridestò dai suoi pensieri – Uh, sisi, ci sono...Andiamo? – urlò fuori dalla macchina.
Freddie si girò e annuì verso di lei. Salutò Fanie, si dissero qualcosa, e poi entrò in auto, accendendo i motori, un sorriso ebete stampato in faccia.
– Felice? – disse acida Isabelle, fissando il paesaggio dal finestrino che scorreva veloce.
– Cosa? Oh, si. – rispose distrattamente lui, guardando la strada.
Isabelle non parlò più per tutto il viaggio.

– La situazione deve finire. – erano appena tornate a casa, Laura aveva appena chiuso la porta di casa e Isabelle si stava dirigendo su per le scale.
– Che situazione? – domandò Belle, non capendo.
Laura la fissò torva – Il triangolo amoroso. Deve finire. Si può sapere chi ti piace? –
Belle si sedette sulle scale di legno scuro, portandosi le mani alle tempie – Non ne ho idea. Non ne ho proprio idea. Insomma, Josh mi piace, ma forse solo come amico, con Freddie...uguale. Però magari con lui ho meno possibilità...insomma, hai visto anche tu come guarda Fanie... –
– Non vuol dire niente. –
– Oh si che vuol dire. E vuol dire che io ci soffrirei. Ed è l'ultima cosa che voglio. Però non voglio accontentarmi di Josh, usarlo come rimpiazzo. Non sarebbe giusto nei suoi confronti. E poi che ne so se gli piaccio o meno? – aggiunse.
Laura alzò gli occhi al cielo – Dio sei cieca...Senti, vedi di capirlo, o ci soffriranno anche loro due. –
– Ma non li piaccio! –
– Oddio! A Josh di sicuro! E' Freddie l'incognita. Ma secondo me anche lui ci sta facendo qualche pensierino. L'importante è che tu capisca chi ti piaccia, ok? – concluse Laura, sedendosi vicino all'amica.
Belle mise il broncio – Oook... – sbuffò. Laura sorrise quando poi il suo cellulare squillò, annunciando un messaggino. Lo lesse – Senti, è mia madre. Jacob è uscito di casa, quindi posso andare a prendere le mie ultime cose...Non ci metterò tanto, ok? – disse, alzandosi.
Isabelle la trattenne per una manica – Stai attenta. – le disse, lo sguardo preoccupato. Laura si strofinò i polsi che riportavano ancora qualche segno – Tranquilla, c'è mia madre, e se tornasse mentre ci sono anch'io non mi sfiorerebbe, non davanti a lei. – la abbracciò velocemente e uscì dalla porta, lasciandola sola. Sola.
Ormai Isabelle era abituata al silenzio della casa, ma negli ultimi tempi quel silenzio era stato occupato dalle canzoni che Laura ascoltava sempre, dalle sue risate, dai loro chiacchiericci, dalla tv che trasmetteva Gossip Girl, il programma preferito della sua amica.
Belle si costrinse ad alzarsi, quando il telefono squillò. Prese la cornetta – Pronto? –
La voce dall'altra parte la conosceva bene, ed era da tanto che non la sentiva – Belle? Sono Katie! – la sua sorellona, che l'ultima volta le aveva rivelato di essere incinta. Erano successe tantissime cose da allora e non tutte positive.
– Katie, ciao! Come va? – le chiese la sorellina, felice di sentirla.
– Tutto bene, senti...Ho fatto la prima ecografia e ho scoperto il sesso... – esclamò entusiasta.
Il cuore di Belle cominciò a battere all'impazzata – Ed è... – sussurrò.
Dall'altra parte Kate lasciò un po' di silenzio per la suspence – E'...una femmina! – esultò.
Belle sorrise felice – Oh mio Dio! Una bambina! Katie! E' fantastico! –
– Si, lo so! – rispose la sorella – E...Volevamo chiamarla come mamma, insomma, Lily...Sei d'accordo, no? – le disse, abbassando la voce. Il cuore di Belle ebbe un sussulto e gli occhi le divennero lucidi – Si, si, certo che sono d'accordo! – si portò una mano alla bocca, felice.
– Dio, Belle! Sono cosi contenta! – Katie dall'altra parte era scoppiata a piangere. Isabelle rise – Ei, non devi piangere... – le disse, ma anche dai suoi occhi cominciarono a scendere lacrime.
– Belle, dobbiamo vederci! Mi manchi troppo! – le disse, singhiozzando.
– Si, si, certamente! – si asciugò velocemente le lacrime, respirando a fondo.
– Allora ci sentiamo, devo tornare in studio...Ho un caso piuttosto complicato... – disse la sorella, cercando di calmarsi.
– Tranquilla, poi ci mettiamo d'accordo. Ti voglio bene, Katie... – le disse.
– Ti voglio bene anch'io, Belle! – e riattaccò.
Il silenzio tornò nella casa.

Fanie sospirò: e anche questa era fatta.
– Va tutto bene? – Sophie era appena entrata nella sua stanza. Fanie sorrise – Si, si, tutto apposto. –
Fanie non conosceva l'Aria, ma la regina l'aveva contatta per poter ospitarla.
– La ringrazio per avermi presa con se. – aggiunse rispettosamente la fata, mente Sophie stava lasciando la stanza.
– Oh, tranquilla, è un piacere per me. – rispose questa sorridendo e chiudendo la porta.
Fanie si stiracchiò ben bene e aprì la finestra, lasciando che l'aria primaverile la investisse.
D'istinto mosse le scapole, ma le ali non si aprirono. Sbuffò: quella situazione era frustrante.
Prese l'anello che aveva all'anulare sinistro, d'argento, con una pietra verde smeraldo, e lo girò tre volte. Le ali spuntarono subito, lasciandole un piccolo fastidio, e le orecchie si allungarono. Stiracchiò le ali e sentì un dolorino a quella destra. La fissò: ormai era quasi guarita, ma ancora non poteva percorrere grosse distanze. Si sedette comunque sul davanzale della finestra e spiccò il volo.
Riuscì a volare per neanche cinque metri, poi si dovette posare sul ramo del grosso pesco lì vicino.
Sospirò e sfiorò la corteccia dell'albero, fissandone le foglie. Alcuni boccioli già si stavano aprendo. Uno perse un petalo che le volò dritto in mano – Anch'io vorrei volteggiare come hai fatto tu... – sussurrò al petalo rosa. Una voce le si insinuò nella mente – Cos'hai, fatina? – le domandò l'albero.
– Cos'ho? Ho che non posso volare, per questa maledetta ala. – rispose lei, accennando all'ala.
Un piccolo ramo le si posò sulla spalla delicata – Mi dispiace... – le disse. Lei accarezzò il rametto e sorrise – Non importa, presto potrò rifarlo. –
L'albero non le rispose, ma sentì che la stava incoraggiando silenziosamente. Posò la schiena al tronco e respirò a fondo il profumo dei fiori che la rilassarono, facendola addormentare velocemente. E sognò. Più che un sogno fu un ricordo, un ricordo un po' vacuo: c'era anche Lilian, la sua amica, che la portava dentro casa sua, e un'incisione sulla porta “Lilian Terre”...Perché quel nome le sembrava così importante?

L'armadietto sbatté violentemente, e Belle sussultò. Si guardò intorno e notò lo sguardo dei compagni su di lei. Deglutì: non l'aveva fatto apposta. Si strinse al petto i libri che aveva recuperato dall'armadietto e si avviò sconsolata verso l'aula di biologia: era un periodo nero per lei.
Laura era tornata ad abitare a casa propria – Tranquilla – le aveva detto – per due settimane, Jacob starà in una clinica e io qui con mamma...Poi lei ripartirà e tornerò da te. –
Ma in quei giorni non si era vista neanche a scuola. Kate non l'aveva più richiamata, e cosi lei non aveva saputo più nulla della sua nipotina e di sua sorella. Sbuffò quando entrò in classe, solo per trovarla vuota. Al posto del professore, una bidella stava ripulendo la lavagna – Non ti hanno avvertita? – le chiese la donna. Isabelle la guardò interrogativa – Oggi il professore non c'è. – la avvertì. Finito di pulire ripose i suoi attrezzi nel carrello – Se vuoi puoi rimanere qui, ma non rompere o sporcare niente, sono chiara? –
– Si, grazie. – le rispose monotona la ragazza, tirando fuori il quaderno dalla copertina turchese.
La donna la fissò, un po' apprensiva, poi uscì dall'aula. E cosi Belle si ritrovò di nuovo sola.

Ormai ci si stava riabituando.
Aprì svogliatamente il libro di biologia e cominciò a ripassare la lezione del giorno. Ma non riusciva a concentrarsi, anche perché il simbolo sulla pancia le aveva ricominciato a bruciare. Un malditesta la sopprimeva da giorni, non riusciva a dormire per via di alcuni incubi orribili e la situazione con Josh e Freddie non era migliorata.
– Ciao! – parli del diavolo...Josh Nuage era appena entrato nella classe.
– Ciao, Josh... – lo salutò distratta lei, continuando a guardare il libro. Lui si sedette davanti a lei, fissandola e sorridendo.
– Come mai non c'è nessuno? –
– Il prof è assente... – gli rispose.
Josh la guardò torva – Belle, tutto bene? –
Isabelle lo scrutò con i suoi profondi occhi blu, chiuse di colpo il libro e sbuffò – No, nulla va bene. Nulla. – disse, riponendo con poca grazia il volume nella borsa. Si alzò di scatto rischiando di far cadere la sedia.
– Non va bene niente. – disse di nuovo secca, lasciando la classe. Josh si alzò subito dopo di lei, rincorrendola: era suo amico, le voleva parlare e farla sfogare se ne sentiva il bisogno.
La ragazza camminava molto velocemente verso l'esterno dell'edificio, dirigendosi verso il parco segreto, cosi chiamato dagli studenti, una zona della scuola conosciuta solo ad quelli degli ultimi anni, un vecchio parco annesso al liceo, bellissimo in primavera perché pieno di ciliegi, dove spesso gli alunni andavano a studiare. Ma quel giorno non c'era nessuno, eccetto due ragazzi intenti a pomiciare dietro un cespuglio di rose.
Isabelle alzò gli occhi al cielo: aria di primavera. Si allontanò dalla coppietta e si sedette sotto un ciliegio appartato, il suo preferito. Tirò fuori il suo quaderno e cominciò a studiare gli appunti.
Poco dopo però, un'ombra si stagliò su di lei – Ehi. – Josh l'aveva seguita.
Lei alzò gli occhi su di lui, scrutandolo di nuovo e mettendolo in soggezione. Riabbassò lo sguardo sulla pagina. Josh si sedette accanto a lei, guardandosi attorno – Qui è bellissimo, ci ero venuto una sola volta... – la informò, guardando estasiato il ciliegio in fiore sotto il quale erano seduti. Lei fece un cenno con la testa.
– Belle perché non sorridi più? – le domandò.
Lei lo rifissò, chiedendoselo anche lei – Perché è un brutto periodo. – stava per continuare ma forse non si sentiva abbastanza in confidenza con lui.
– Me ne vuoi parlare? – Si...Una voce dentro di lei le diceva di farlo. E ne aveva tanta voglia. Conosceva Josh, era sicura che lui l'avrebbe consolata con le parole giuste, facendola tornare a sorridere anche durante le giornate di pioggia, lei che era meteoropatica.
– Si. – gli rispose quindi e Josh le si avvicinò di più.
– Laura è tornata a casa sua, ma non doveva perché... – stava per rivelare l'orribile segreto dell'amica che invece le aveva fatto giurare di non dirlo a nessuno – Per vari motivi. – disse infine, fissando negli occhi chiari l'amico – E...E io ci sto male, ho paura per lei. Non posso dirti perché. Mia sorella è incinta, per carità, son felice, ma vuole chiamare la bambina come nostra madre, e io non so se proprio lo voglio...E...Sto sognando zia Julie, negli ultimi tempi. –
– Zia Julie? – le domandò Josh. Era riuscito, non si sa come, a cogliere tutte le veloci parole che la ragazza aveva sparato.
– Mia madre aveva un tumore al pancreas, incurabile, sua sorella, zia Julie, era appena stata tradita e quindi lasciata dal marito. Non riuscì a sopportare i terribili dolori, cosi si buttò in mare, suicidandosi. Avevo circa quattro anni. E le ero molto affezionata. – rivelò all'amico, gli occhi che già le si stavano riempiendo di lacrime. Si portò una mano alla bocca, soffocando i singhiozzi e cercando di reprimere le lacrime. Josh non sapeva che fare, ma non intendeva rimanere con le mani in mano: la abbracciò, lasciandola sfogare sulla propria spalla. Belle apprezzò davvero tanto quel gesto, e non si vergognò di tutte le lacrime che stavano consumando la maglia dell'amico.
Lui le accarezzò la schiena, gustandosi per un attimo il fatto di averla tra le braccia finalmente. Ma si sentì quasi in colpa, pensando che mentre lui era felice di abbracciarla, lei stava piangendo e soffrendo. Dopo un po' Isabelle sembrò calmarsi e cominciò a respirare a fondo, anche se ogni tanto singhiozzava. Quando si riprese completamente, non si staccò subito da Josh, anzi, portò le sue mani dietro la schiena del ragazzo, avvicinandosi di più e stringendolo a sé.
– Grazie, Josh. – gli sussurrò in un orecchio, posando la testa tra la spalla e il mento del ragazzo.
Lui arrossì violentemente per quella vicinanza , ma sorrise dolcemente, stringendola di più e accarezzandole la chioma castana – Di niente, Belle. – assaporò quel suo lieve profumo salmastro: ogni volta che era con lei le veniva in mente il mare. Rimasero cosi per molto tempo, abbracciati, stretti l'una all'altra, e Josh non poteva fare a meno di pensare che forse quello era il momento perfetto per dichiararsi. Ma aveva paura, una paura matta che lei potesse rifiutarlo, cosa possibile e che aveva considerato, visto il modo in cui fissava il suo migliore amico.
– Belle... – le sussurrò, facendola scostare. Lo fissò sorridente, finalmente il suo sorriso.
Sotto un albero di ciliegio in fiore, lì, stretta a sé...Si, era quello il momento giusto.
– Belle devo dirti una cosa importante. – deglutì il ragazzo, cercando il coraggio di ammettere quello che provava.
– Dimmi. – le disse cordiale lei, sempre sorridente.
Lui le sorrise di rimando. Senza accorgersene, una mano era arrivata alla guancia perfetta e un po' arrossata della ragazza, accarezzandola.
Belle fu sorpresa da quel gesto, ma poi lo trovò estremamente piacevole. In quel momento il cuore le batteva fortissimo, non sapeva bene perché, e ciò la spaventava.
Josh prese un grosso respiro, chiuse gli occhi – Sono innamorato di te da quando ci siamo conosciuti. – le disse, tutto d'un fiato.
Belle non ne fu tanto sorpresa.
– Ah. – disse, cercando di riordinare i milioni di pensieri che le si erano presentati tutti insieme nella testa. Era appena riuscita a sfogarsi, a stare un po' meglio, e ora la confusione le era tornata in mente.
Josh la guardò attentamente, notando un segno di delusione, o pena. Ma niente. Il volto di Belle era impassibile.
– Non dici niente? – le chiese, titubante.
Lei lo scrutò, si morse un labbro, prese la borsa e si alzò. – Ciao, Josh. –
– Belle! – la fermò per una manica, un po' arrabbiato: si era appena dichiarato e lei se ne stava andando?!
– Belle, mi devi rispondere. –
– Non lo so, Josh, sono confusa. Non saprei che risponderti,e sono in ritardo per le lezioni. – lo liquidò, dirigendosi verso l'uscita.
Josh rimase di stucco: tutto si sarebbe aspettato, tranne quella reazione. Era confuso quanto la ragazza, forse anche di più. Si passò una mano tra i capelli chiari, come faceva quando era nervoso. Ma non bastò. Si alzò anche lui, prese lo zaino ma rimase in piedi per almeno un quarto d'ora. Quando si decise a muoversi fu per dare un grande pugno alla corteccia dell'albero, facendo cadere alcuni fiori.

Isabelle non andò alle lezioni, piuttosto prese il cancello della scuola e si diresse in tutta velocità verso casa sua. Corse, corse a per di fiato, cercando disperatamente le chiavi nella borsa e aprendo la porta blu. Non appena se la richiuse alla spalle si lasciò scivolare lungo di essa, ansimano e cercando di regolare il respiro. Erano successe troppe cose tutte insieme, aveva la necessità di parlare con qualcuno. Il suo primo pensiero andò a Katie. Ma era troppo impegnata in quel suo caso “importantissimo” per poter parlare con la sorellina sedicenne dei suoi problemi d'adolescente.
Pensò di chiamare Laura. Prese il cellulare e digitò velocemente il numero che ormai aveva imparato a memoria. Suonò a vuoto, e aumentò la frustrazione della ragazza e anche la preoccupazione: e se la madre si fosse assentata e Jacob fosse rientrato un attimo, ritrovandosela davanti? L'avrebbe potuta uccidere di botte. Ma il ragazzo era in una clinica, non poteva uscire e andarsene in giro cosi, da solo. Senza saperlo, si ritrovò ad aver selezionato il numero di Freddie Terre. Stava per pigiare il tasto verde, quando qualcuno suonò alla porta. Posò il cellulare sul tavolo da pranzo e andò a vedere chi era: dalla finestra accanto alla porta d'ingresso riuscì a intravedere la figura di un uomo probabilmente di mezz'età, vestito un po' trasandato, i capelli castani e un po' ondulati, occhi scuri.
Isabelle aprì la porta, sorridendo – Desidera? – domandò, un po' sospettosa.
Non appena l'uomo la vide, il sorrise che prima presentava si tramutò in un'espressione sorpresa e quasi spaventata – Lily... – sussurrò, le lacrime agli occhi.
Belle sussultò al sentir pronunciare il nome della madre – Scusi...Chi è lei? – domandò, un po' impaurita e rientrando pian piano in casa.
– Lily, sono io...George...Non mi riconosci? – domandò ancora questo, facendo un passo avanti verso Belle.
George... – Papà... – sussurrò Belle, riconoscendo l'uomo.
– Papà, sono io, Isabelle! – gli gridò, le lacrime agli occhi. L'uomo si riscosse, avvicinandosi alla figlia – Belle...sei uguale a lei... – sussurrò, accarezzandole la guancia.
Le sensazioni che in quel momento stava provando la ragazza erano tante e tutte insieme: paura, rabbia, felicità...Non ne aveva idea. Rabbia: quell'uomo l'aveva abbandonata, e ora tornava come nulla fosse. Felicità: era tornato da lei, le voleva davvero bene.
– Che ci fai qua? – gli domandò però, sempre un po' diffidente.
– Volevo vederti, piccola, vedere la donna che sei diventata...Ma sinceramente non mi aspettavo questo tuo...cambiamento. Sei troppo uguale a tua madre. – le rispose, gli occhi velati dalla tristezza.
D'un tratto la abbracciò, stringendola a sé – Belle...Mi sei mancata, piccola... – Isabelle soffocò le lacrime sulla camicia un po' sudicia del padre.
– Anche tu, papà... – gli rispose, stringendosi a lui, come poco prima aveva fatto con Josh.
– Lils... – lo sentì sussurrare, facendola sussultare. – Lils...sento il tuo profumo... – il padre le annusò il collo, baciandolo. Belle lo allontanò subito – Papà! – gridò, spingendolo via.
– Belle? – domandò lui sconcertato – che ti prende, piccola? –
Lei lo guardò sbalordita, poi si irrigidì – E' meglio che tu te ne vada, papà. – gli disse, fredda come un iceberg.
– Che? –
– E' meglio che te ne vada. – lo spinse fuori dalla porta.
– Questa è casa mia! – gridò lui. – Lily! Non mi lascerai di nuovo! – urlò in faccia alla figlia, sconvolgendola ancor di più.

– Non sono Lily! Sono Isabelle, papà! ISABELLE! Lily è MORTA! MORTA! – scandì bene le parole, mentre un terribile peso le si insinuò nel cuore.
Lui sembrò spiazzato dalle parole della ragazza – Ma cosa... – sussurrò, prima che un auto nera arrivò velocemente. Da lì uscì una ragazza dai capelli castani e gli occhi scuri, pelle candida come la neve, tailleur gessato e maglia celeste che spiccava sotto la giacca aperta.
– Belle! – Katerine Eau era tornata a casa.
– Katie! – gridò lei, correndo incontro alla sorella.
– Katie, papà... – le sussurrò, abbracciandola stretta stretta e sentendo un rigonfiamento sotto la maglia. Sorrise.
– Si, è venuto anche da me... Ma non delirava cosi, e non era certo in queste condizioni... –
– Mi scambiava per la mamma, Katie, mi chiamava Lily e...Mi baciava il collo... – sussurrò sconvolta Isabelle.
Katie si avvicinò all'uomo – Papà? –
– Katerine? – le sussurrò lui, sconvolto.
– Si, papà, sono io. Come stai? –
– Katie, sapevi che la mamma è morta? Ma io la vedo qui, davanti a noi... – le disse l'uomo. Katerine lo guardò affranta: negli anni era peggiorato.
– Papà, lei è Isabelle, tua figlia. – gli rispose.
– La piccola Belle? Quant'è cresciuta... – sussurrò, commosso.
– Si, papà, ma non è Lily. –
– E' uguale alla mia Lily. –
– Lo so. –
Il dialogo tra i due si concluse cosi. George continuava a fissare Belle mentre aspettavano il taxi, e Belle fissava Katie che, preoccupata e con sguardo nervoso, guardava la strada.
Finalmente il taxi arrivò – Ciao, papà... – lo salutò Belle.
– Ciao Lils... – la salutò invece lui, sorridendole malinconicamente.
Isabelle non potè fare a meno di piangere: non l'avrebbe mai più vista come sua figlia? Avrebbe sempre vissuto all'ombra della sua amata mamma?
Mentre agitava la mano in direzione del taxi, le delicate mani di Katie le sfiorarono le spalle – Belle? Tutto bene? – le chiese, apprensiva.
Belle annuì – Si, tutto bene. Tu, piuttosto? – le domandò, ammiccando alla pancia. Strano che fosse cosi poco accentuata. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano.
Katie sembrò irrigidirsi a quella domanda, si portò le mani al ventre – La piccola Lily... – le lacrime le scesero subito dagli occhi, alzò lo sguardo verso la sorella – Non c'è più, Belle. Ho perso la bambina. – le disse, le lacrime che scendevano copiose sulle guance.
– Katie... – sussurrò la sorellina, correndole incontro e abbracciandola fortemente. Anche lei si mise a piangere: non sarebbe più stata zia, non avrebbe più potuto stringere tra le braccia la sua nipotina.
E cosi rimasero, a piangere una sulla spalla dell'altra, a singhiozzare fino al tramonto, immezzo alla strada, a sfogare tutto il dolore che portavano dentro.

Quando Belle rientrò in casa era più affranta di prima. Aveva rivisto dopo tanto tempo il padre che invece la vedeva come la madre e aveva scoperto che Kate aveva perso il bambino. Quando rientrò, però, c'era una visione ancora più orrenda ad aspettarla: Laura era tornata, stava seduta sulle scale di legno scuro, ed era tutta fasciata.
– Che cavolo ti è successo?! – le gridò l'amica, correndole incontro.
– Jacob...E' entrato in casa stanotte. Mi ha visto. – le rispose malinconica.
Belle si sedette vicino all'amica, le lacrime che ormai scorrevano sulle guance da ore – Non è possibile... – disse, affranta, notando le condizioni dell'amica.
– Sai, mamma ha detto che è meglio che io non metta più piede in quella casa. – la informò, alzando le spalle e sorridendo malinconicamente.
Belle però aveva ben poco da sorridere – Ti dovevo proteggere, l'avevo promesso a me stessa e a tua madre. – disse in un sussurro.
– Cosa? –
– Laurie, io non ti ho protetta. – disse, sconvolta, abbracciandosi le ginocchia.
– Non ho protetto te, la mamma, zia Julie, Lily, Kate...E neanche papà... – sussurrò, cominciando a dondolare lievemente.
Laura la abbracciò – Belle, di che stai parlando? –
– E' venuto papà, Laurie. – le confessò. Laura rimase sconvolta – Cosa? –
– Si, e non mi ha riconosciuta. – le disse, portandosi le mani tra i capelli – Mi ha scambiata per la mamma. – Laura aveva visto per la casa le foto della mamma di Belle, Lily Eau, ed era davvero una bella donna, tutta uguale alla figlia minore.
– Poi è arrivata Katie, e ho scoperto che ha perso Lily, la bambina... – sussurrò, piangendo ancora di più.
– E Josh mi si è dichiarato! E non so che fare! Non voglio più fare nulla! – affondò la testa tra le ginocchia, piangendo e piangendo. Laura le diede alcune delicate pacche sulla schiena, per quanto le mani fasciate le permettessero. Capiva di non essere l'unica ad aver sofferto, e forse la sua amica era quella ad aver sopportato sofferenze e dolori maggiori rispetto ai suoi.
Belle continuò a singhiozzare per un po', poi si diede una riscossa. Si alzò di scatto – So cosa fare. – disse, guardando l'amica.
– Ovvero? –
– Se vuoi seguimi. – le disse semplicemente. Corse fuori dalla porta, seguita a ruota da Laura.
Presero molti autobus, fino ad arrivare alla scogliera.
– Che ci facciamo qui? – domandò Laura, avendo paura di quello che Belle, nelle sue condizioni, potesse fare qualche pazzia.
Belle le sorrise, poi fissò il mare che, quella sera, era piuttosto agitato.
Tornò con lo sguardo sull'amica – Andiamo a conoscere Juliet Bulles. – disse, sorridendo furbescamente.
Prima che Laura potesse commentare o dire una sola parola, Isabelle si era già buttata nell'acqua scura.

Non appena entrò a contatto con l'acqua, Isabelle non provò il freddo che si aspettava. Anzi, trovò l'acqua estremamente calda. Aprì gli occhi, insicura, ma, con sua sorpresa, scoprì di riuscire a vedere tutto nitidamente, persino con il buio. Mosse le gambe e le braccia, ed era una sensazione totalmente diversa rispetto a quando andava a nuotare prima di scoprire l'Elemento: era come se stesse sulla terra ferma, ma dentro l'acqua si sentiva completa, più libera. Rise, e rimase sorpresa e divertita nel sentire la sua nitida e cristallina risata. Si aspettava di vedere Laura, ma non la trovò accanto a sé. Era di nuovo sola. Ma non veramente sola. Era con il suo Elemento, anzi, lei era l'Elemento. Semplicemente, era nel suo mondo, e forse Laura non era pronta per entrarne a far parte, lei che era il Fuoco.
Nuotò per un po' senza meta, aspettandosi un segno, un qualcosa. Finché un guizzo colorato non la distrasse.
Vide una lunga coda violacea nascondersi dietro ad un masso pieno di coralli.
Belle si avvicinò titubante – Cosa sei? – domandò alla creatura posta dietro la roccia.
Tanti pesci uscirono da dietro il masso, accecandola per un momento. Quando il banco si dissolse, si ritrovò davanti due enormi occhioni rosa acceso.
Dopo un primo spavento, Belle si allontanò dalla creatura per vederla meglio: era per metà umana e per metà pesce. Una sirena. Finalmente ne vedeva una. Aveva lunghi capelli neri che le ricoprivano il seno, mossi, fermati da una stella marina appena sopra l'orecchio, che era a punta a adornato da numerosi orecchini di conchiglie. Aveva una lunga coda violetta che si andava sfumando in tante squame quando raggiungeva la pancia. Sul seno, potè intravedere altre squame dello stesso colore.
Gli occhioni rosa erano sovrastati da lunghe e scure ciglia e, al centro della fronte, vi era un piccolo gioiello turchese.
– Tu sei l'Acqua? – le domandò la creatura, sorridendo e rivelando una dentatura perfetta e bianca come perle.
– Si, sono io. – rispose con fermezza la ragazza. La sirena sembrò illuminarsi – Mi chiamo Sielle. –
Belle la fissò, poi rispose al sorriso – Chiamami Isabelle, o Belle. – le disse.
Sielle sorrise ancora di più e le afferrò la mano – Andiamo, ti devo portare a Keayn! –
Belle fu sorpresa dalla cordialità della sirena, e la seguì senza dubbi: dopo tutto era nel suo elemento, cosa poteva succederle?
Si addentrarono in una foresta di alghe, superarono varie depressioni e banchi di pesci colorati, fino a raggiungere un'altra depressione, più grande e...luminosa. Vi entrarono e, dopo un bagliore iniziale, Belle riuscì a mettere a fuoco inizialmente un bellissimo e grande castello fatto di corallo bianco, circondato da edifici simili in coralli colorati.
– Vieni, ti porto dalla SeanUisge! – molte delle parole che la sirena pronunciava, a Belle sembrarono Gaelico, l'antica lingua utilizzata in Scozia, Irlanda...che spesso si riconduceva alle creature magiche. La sua insegnate di Storia della Letteratura Inglese gliene aveva parlato.
Sielle la condusse all'interno della reggia.
– Sono cosi emozionata! – disse la sirena, mentre la portava dentro stanze dove Belle notò numerose guardie dalla coda turchese o blu scuro. Le guardie la fissavano sorprese, alcune, riconoscendola, le si inchinavano profondamente.
– Andiamo, per di qua. – le disse emozionata. Belle si lasciava portare ovunque, finché non si fermarono davanti ad una porta azzurro ghiaccio. Sielle bussò elegantemente.
– Si? – rispose una voce dolce dall'interno.
– SeanUisge? L'ho trovata. – disse semplicemente Sielle.
Si sentì un piccolo rumore ovattato, e dopo poco la porta si spalancò rivelando una donna, Belle notò le due gambe umane, con un lungo abito turchese che sembrava fatto di nuvole, che strano paragone in acqua!, capelli biondi legati sulla testa e due occhioni turchesi.
Ad Isabelle, quella donna sembrò troppo familiare.
– Isabelle? – le domandò commossa la donna. Fin troppo familiare.
– Sono Juliette Bulles. Io sono il vecchio Elemento, il tuo predecessore. – Troppo, davvero troppo familiare.
– Sono zia Julie, Belle. – le sussurrò, portandosi le mani alla bocca dalla commozione. Ecco, era davvero familiare.


 


~Angolo Autrice
Allora, che ne pensate? Si capisce tutto di più grazie ai discorsi con Sophie...Ebbene si, Juliet è la zia di Belle, Julie...Si capirà meglio nel prossimo capitolo...che ne dite di tutta la situazione di Belle? E delle sirene, del mondo sottomarino? So che è solo accennato...Ditemi un pò xD Lasciatemi una recensione e scrivetemi che ne pensate!
Spero vi sia piaciuto...
un bacione;
Luna 
P.S. Uisge vuol dire acqua in Gaelico, SeanUisge vuol dire "Vecchia Acqua" insomma, perché era l'antico elemento e Keayn, il nome della città delle Sirene, vuol dire Mare...Spero siano giusti, ho cercato su internet xD ma se qualcuno conoscesse qualche parola e mi vorrebbe correggere, ben venga! <3 





 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ~ Peanta ***


Buooon giorno a tutti :3
Perdonatemi per la lunga attesa <3
Alluora, questo capitolo mi piace tanto, spero piacerà anche a voi :3 Mi sembra un pò corto rispetto agli altri...Ditemi un pò <3
Ok, vi lascio alla lettura <3
Un bacione;
Luna
P.S. Che ne dite dell'immagine? A me piace tanto :3 

 



 

~Capitolo 7~
Peanta

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Isabelle se l'era aspettato: quella donna era troppo familiare, e infatti si era scoperta essere la zia che credeva morta. “Ma certo” pensò, ricollegando “Juliet...Julie.” si diede una pacca sulla fronte, al pensiero di quanto potesse essere stata stupida.
– Piccola mia... – le si avvicinò la zia, prendendola per le spalle delicatamente.
Lei si ritrasse – Tu mi hai abbandonata. – le disse, velenosa.
Juliet assunse un'espressione triste – Hai ragione, ero troppo egoista e ho pensato solo al mio dolore...Ma...avevate e avete vostro padre... –
– Quel padre che mi ha abbandonata e che ora non mi riconosce quasi più! – le urlò in faccia la ragazza, spaventando Sielle che,dietro di lei, assisteva alla scena un po' stupita.
– Sielle, ti dispiace lasciarci da sole? – le domandò gentilmente Juliet, sorridendole.
La sirena annuì un po' impaurita e se ne andò.
– Abbiamo tante cose di cui parlare... – disse Juliet, sorridendo alla nipote che invece la guardò in cagnesco.
– Si, lo credo anch'io. – rispose secca, seguendo la zia dentro la stanza e chiudendo la porta azzurro ghiaccio.

Erano quasi venti minuti che Belle era in acqua. Laura si stava crogiolando dalla paura e dalla preoccupazione, grattandosi nervosa le fasciature.
– Belle...perché sei cosi avventata? – sussurrò, mangiandosi l'unghia del pollice e prendendo il cellulare dalla tasca dei jeans. Digitò di nuovo, forse per la quinta volta, il numero di Freddie Terre.
Dopo molti squilli, finalmente il ragazzo rispose – Laurie! Ciao! Come va? E' da tanto che non ci si vede! – esultò dall'altra parte della cornetta.
– Ho un problema. – disse semplicemente la ragazza, il tono ansioso.
Freddie si fece subito serio – Che è successo? Sei in pericolo? –
Laura si morse il labbro – Non io, Belle. Riuscite a venire subito alla scogliera di Cyron? Sapete arrivarci? –
Freddie disse di no, e la ragazza gli spiegò come raggiungerla mentre sentiva dal telefono la porta chiudersi e i passi svelti del ragazzo, e poco dopo la voce di Josh che si aggiungeva.
– Che succede? – la sentì chiedere.
– Belle è in pericolo. – gli rispose distrattamente Freddie, e Laura si immaginò Josh impallidire all'istante.
– Laura? – fu Josh a prendere la cornetta – Freds sta guidando, stiamo arrivando. Ora ti metto in vivavoce. –
Dopo un po' la voce di Freddie si rifece viva, un po' lontana – Cos'è successo di preciso? –
Laura si sedette su un masso – Io...Sono tornata a casa ma...ho visto Belle abbracciata ad una ragazza, penso sia la sorella, che piangevano, allora sono entrata dalla porta del retro, aspettandola. Quando è rientrata piangeva ancora, e non appena mi ha visto è sbiancata ancora di più perché...bè, mi vedrete. Poi si è seduta vicino a me e mi ha spiegato che è tornato suo padre e...Bè ha cominciato anche a delirare, poi è rimasta un po' in silenzio. Ad un certo punto si è alzata di scatto e ha detto che aveva un piano, voleva andare a trovare Juliet. –
I due ragazzi rimasero in silenzio, pensando – Quindi suppongo si sia buttata in acqua. – disse Josh, a bassa voce, cosi bassa che Laura quasi non lo sentì.
– Si ma, lei respira sott'acqua, no? – domandò preoccupata la ragazza.
Freddie intervenne – Ne sono sicuro, l'acqua è il suo Elemento, non può farle del male. Ma perché tu non l'hai seguita? –
Laura alzò gli occhi al cielo – Perché magari io non so respirare sott'acqua? O comunque non ho una buona apnea e...Ho paura dell'acqua. Soprattutto ora, che è buio. – rispose imbarazza.
Freddie sorrise tra sé e sé: era anche ovvio, Laura dopotutto era il Fuoco, il contrario dell'Acqua insomma. Era strano che proprio quest'ultima fosse la sua migliore amica.
– A che punto siete? – domandò ansiosa la ragazza – Il tempo passa e di Belle non c'è traccia. –
Josh, preoccupato, fissava il paesaggio scorrere fuori dal finestrino.
– State tranquilli, ok? – disse Freddie, rivolgendosi ad entrambi – Belle respira sott'acqua, l'Acqua è il suo elemento, non può succederle nulla di male, capito? –
Laura annuì stringendo il telefono nella mano, Freddie aveva ragione, ma chissà perché aveva un terribile presentimento.
– Siamo arrivati. – disse Freddie, spegnendo il motore davanti alla scogliera. Scesero velocemente dall'auto e si diressero da Laura che li era venuta incontro.
– Presto, dobbiamo fare qualcosa. Sto morendo di preoccupazione...E il simbolo brucia, ho un brutto presentimento. –
– Come se potesse essere in pericolo, vero? Ce l'ho anch'io. – rispose Josh, monotono.
Laura notò il suo sguardo perso, e non potè fare a meno di provarne pena – Josh, andrà tutto bene. – sorrise dolcemente cercando di tirargli su il morale. Sapeva di ciò che era successo, Belle gliel'aveva raccontato mentre stavano andando alla scogliera. Lui rispose con un sorriso, poi si avvicinò al brodo dello scoglio, fissando il mare scuro.
– Forse io potrei raggiungerla. – disse, pensando ad alta voce.
– Ovvero? – chiese Freddie interessato, avvicinandosi.
Josh si allontanò dall'amico: era sicuro che il rifiuto di Belle fosse stato provocato da una cotta per Freddie.
– Ovvero che forse riesco a creare una bolla tale da poter respirare sott'acqua. –
Freddie sembrò pensarci un po' ma, prima di poter parlare, lo precedette Laura – Fallo. E fallo anche su di me, per favore. – lo pregò, lo sguardo sempre più ansioso.
Josh annuì – Dovrei provare sott'acqua. – disse, riportando lo sguardo sulle acque buie.
Laura non se lo fece ripetere due volte – Sbrigati, o morirò sott'acqua. – disse, posando il cellulare su un masso e togliendosi le scarpe. Si tuffò senza timore, nonostante la sua paura. Il cuore le batteva a mille, e non appena entrò, il gelo dell'acqua la sembrò infilzare la carne come mille aghi.
Si guardò intorno: il buio totale. Dopo poco Josh la seguì, sentendo le stesse sensazioni.
Cercò di creare una bolla d'ossigeno prima attorno a Laura, poi attorno a sé. Al primo colpo ci riuscì. Laura respirò a fondo, riprendendo fiato. Non riusciva ancora a vedere bene, un po' per il buio, un po' per il sale. Ma riusciva a sentire Josh – Tra poco le dovrò rifare. – la avvertì, cercandola con lo sguardo. Laura intravide la sua mano e gliela strinse, facendogli capire dove si trovava. Josh la strinse di rimando.
Scalciarono un po', in modo tale da poter ritornare in superficie. Non appena a contatto con l'aria, le bolle scoppiarono. Freddie si era affacciato – Tutto bene? – gridò.
Josh alzò un pollice facendo segno di si – Rimani lì! Nel caso Belle tornasse e noi no! – gli gridò di rimando. Laura cominciò a battere i denti – Muoviamoci. – disse Josh, notandolo.
Tornarono sott'acqua e il ragazzo ricreò le bolle. Si addentrarono tra la fauna e la flora marina, banchi di pesci che li passavano accanto indifferenti. Andarono verso sud, superando numerose depressioni.
– E se incontrassimo degli squali? – domandò Laura, rabbrividendo all'idea di incontrare quelle bestie.
– Salutiamoli. – ironizzò Josh, seppur altrettanto preoccupato. Laura non sorrise, semplicemente strinse la mano del ragazzo.
Dopo un po' che nuotavano verso sud, si ritrovarono davanti una foresta di alghe.
– E ora? – domandò Josh, guardandosi attorno: le alghe erano altissime, tante e fitte, non era il caso di addentrarsi lì dentro senza riuscire a vedere un palmo dal naso. Laura cominciò ad agitarsi – Che cosa facciamo? – non appena finì d pronunciare quella frase, un movimento veloce delle alghe colse di sorpresa i due.
Un guizzo colorato, troppo veloce per poter essere percepito e poi due occhi gialli,sgranati, giallo limone che li fissavano intensamente.
– Chi siete? – domandò la proprietaria dei due occhioni, con una voce un po' spiritata.
Il cuore di Josh batteva all'impazzata, la bocca gli si era impastata e non riuscì ad aprirla, cosi rispose Laura per lei.
– Noi siamo gli Elementi. – disse, mostrando il simbolo a quattro cerchi, rivelato dalla maglia che fluttuava nell'acqua.
Lei si allontanò per poter scrutarli meglio, ma fu lei ad essere squadrata dalla testa ai piedi, anzi, alla coda, perché la creatura che avevano incontrato presentava una lunga coda arancione, un arancione tenue, come quello del tramonto, che si sfumava con delle piccole squame fino ai fianchi e un po' sul seno. Lunghi capelli color caramello le ricadevano in tanti morbidi boccoli ed una ciocca era fermata da una piccola conchiglia delicata e rara. Con un po' di timore, Laura notò che la sirena era munita di una lancia fatta di corallo con la punta di conchiglia molto acuminata e affilata.
“Se ti infilzasse con una di quelle penso che farebbe male” si ritrovò a pensare.
– Oh... – disse la sirena, sempre con quel suo tono un po' fiele.
– Tu sei il Fuoco. Il tuo simbolo è rosso. – disse, d'un tratto interessata.
– Com'è il fuoco? – domandò, inclinando un po' la testa.
Ma prima che la ragazza potesse rispondere, Josh prese il coraggio di parlare.
– Hai per caso visto una ragazza dai profondi occhi blu e capelli castani che respirava tranquillamente senza...bolle? – disse, riferendosi alle bolle che li circondavano le teste.
Le alzò un sopracciglio, pensierosa – Si...Si, mi pare sia andata con Sielle a Keayn...Volete andare da lei? – domandò poi, facendosi un po' più seria.
Laura rispose senza esitazioni – Si, si, è una nostra cara amica. –
La sirena li studiò a lungo, indecisa sul da farsi. Poi sorrise, sgranando gli occhi – Va bene, vi accompagnerò io. Il mio nome è Grian. Andiamo, cercate di tenere la mia velocità. – disse, girandosi e cominciando a nuotare sicura tra le alghe altissime. Josh e Laura la seguirono con un po' di difficoltà, addentrandosi nella foresta d'alghe. Non appena uscirono, una grande depressione buia li si presentò davanti.
Grian si girò verso di loro – State attenti – disse – di solito questo è territorio degli squali che non amano gli stranieri. –
I ragazzi deglutirono, annuendo e seguendola. La sirena nuotava velocemente, ma ogni tanto si fermava per aspettarli, poi ricominciava la sua silenziosa corsa. Oltrepassarono la cura depressione, e Laura intravide una coda bianca, rabbrividendo. Si avvicinò di più a Grian, come se potesse proteggerla – Tranquilla – le disse questa – Se degli squali vi dovessero attaccare, vi proteggerei io, siete gli Elementi dopotutto, anche se non siete la Uisge. –
Laura alzò un sopracciglio, al suono di quella strana parola – Come? –
– Cosa? – domandò la sirena, non capendo a cosa si riferisse.
– L'ultima parola che hai detto...cosa significa? –
– Uisge? E' il nome che utilizziamo per parlare della nostra sovrana, Uisge, l'Acqua. – rispose semplicemente, sorridendo leggermente.
– Ah, capisco... – disse distrattamente Laura, guardandosi intorno. Stavano nuotando in mezzo ad alcuni banchi coloratissimi di pesci, e la ragazza non potè fare a meno di notare quanto fossero belli. Un pesciolino rosso fuoco le si avvicinò, sfiorandole la mano. Lei alzò un dito, accarezzandogli le squame. Lui sembrò quasi sorriderle. Laura rimase sorpresa ma ammaliata da quel mondo incantato. Forse l'acqua non l'avrebbe più spaventata tanto.
Arrivarono davanti ad un'altra grande depressione, dalla cui profondità si scorgeva una luce.
– Siamo quasi arrivati. – annunciò la sirena – Dovete stare sempre dietro di me, mi raccomando. Non guardate nessuno, non parlate a nessuno, non considerate nessuno, solo la mia coda. Chiaro? –
La creatura spiritata si era trasformata in una guerriera sicura di sé e determinata. Strinse la lancia nella mano candida e all'apparenza delicata.
Laura annuì convinta: non sapeva perché, ma Grian le era davvero simpatica.
Al contrario di Josh, che invece era un po' timoroso e attendeva con ansia di rivedere la sua Belle, anche perché le bolle cominciavano a dissolversi.
Grian sorrise, cercando di incoraggiarli, e cominciò a riscendere lungo la parete rocciosa.
I due la seguirono, cercando di tenere gli occhi puntati sulla coda arancione della loro compagna, ma, dopo pochi metri, la luce abbagliante li investì, costringendogli a coprirsi gli occhi ma senza smettere di nuotare. Quando allontanarono le braccia dal viso, gli si presentò davanti la città delle sirene, Keayn. Era spettacolare, con il castello di corallo bianco che stagliava sulle piccole casupole di coralli colorati che costituivano la città.
– Benvenuti a Keayn. – disse cordialmente Grian, sorridendo, e riassumendo un po' quella sua aria spiritata – Ora ricordatevi cosa vi ho detto prima. – aggiunse, tornando seria.
I due annuirono, seguendo la sirena silenziosamente. Arrivarono davanti alla porta candida, guardandosi attorno stupefatti dai colori e dalla magnificenza di quella cittadina sottomarina.
– Sono Grian, capo delle sentinelle. – si annunciò la sirena, rivolgendosi alle guardie all'entrata.
– Devo discorrere con la SeanUisge. –
La guardia, un maschio grande e grosso dalla lunga coda verde smeraldo, alzò il mento, gonfiando il petto – La SeanUisge è impegnata con la Uisge, finalmente. E' giunta una nuova era. –
Grian alzò un sopracciglio – Ne sono a conoscenza, ma questi due con me...Sono Aile e Fonn. –
La guardia sembrò irrigidirsi e scrutò i due ragazzi da dietro le spalle della sirena.
– E sia. – sentenziò – Potete andare. – Si spostò per lasciarli passare attraverso la grande porta. Grian li guidò sicura su per le lunghe scale bianche, liquidando spesso le guardie che ponevano milioni di domande.
Infine, giunsero davanti ad una porta color ghiaccio.
– E' qui. – disse Grian, esuberante – Riesco a sentirne l'aura potente. La Uisge è qui. –
– Grian! – una voce cristallina la distrasse, facendole girare la testa di scatto.
– Sielle! – rispose la sirena, vedendo la sua compagna dagli occhi rosa.
– Grian, che ci fai qui? – domandò ansiosa.
La diretta interessata ammiccò ai due alle sue spalle, e Josh trovò irritante quel suo comportamento – I due Elementi, il Fuoco e l'Aria, intendono avere un colloquio con lei. – Sielle squadrò i due dietro le spalle della compagna, poi annuisce, un po' affranta.
– Va bene, ma non ti assicuro niente. – disse infine, bussando lievemente alla porta.
Un lieve fruscio, e questa si aprì, rivelando una donna dai capelli biondi, occhi turchesi, che sorrideva dolcemente – Sielle, sei ancora qui? – disse, nel suo tono un lieve cenno di rimprovero.
Lei abbassò lo sguardo – Ci sono due persone che vorrebbero parlare con la Uisge. –
La donna guardò oltre le spalle della sirena – Non ora, per favore. Dobbiamo discutere ancora per molto tempo, e di faccende enormemente importanti. – rispose, seria, congedandoli.
Josh rimase spiazzato – E' impazzita? – sussurrò a Laura, che alzò le spalle.
Sielle sembrò averlo sentito – Non osare rivolgerti cosi alla SeanUisge. Non osare. – disse, velenosa, le sopracciglia inarcate. Girò la coda e se ne andò lungo il corridoio.
Grian lo rimproverò – Non devi mai più mancare di rispetto alla SeanUisge, capito? E' la nostra antica sovrana ed è stata grande, finché lo è stato. Ora venite, non possiamo sostare qui a lungo, desteremmo sospetti. – le bolle stavano svanendo, cosi si dovettero fermare, in modo tale che Josh potesse ricrearle.
– Muoviamoci. – disse Grian, guardandosi intorno timorosa. Le guardie di passaggio li scrutavano sospettosi, e il gruppetto lasciò velocemente il castello, rintanandosi nelle strade della città.
Qui sirene di tutti i colori ed età nuotavano tranquillamente, come se quella fosse una normale città.
Bambini che giocavano, donne che compravano alghe e altri cibi...I due Elementi rimasero a bocca aperta e, senza ascoltare le raccomandazione di Grian, cominciarono a girare per la città sbalorditi, sorridendo davanti ai bambini sconvolti che andavano a rifugiarsi dietro le code delle madri.
– Perché reagiscono cosi, secondo te? – domandò un po' malinconicamente Laura, vedendo che una bambina che aveva salutato aveva gridato e si era andata a nascondere dietro ad una statua.
Josh non seppe risponderle, ma qualcosa non andava.
E infatti, un'anziana sirena si avvicinò e, con sguardo cattivo, li insultò – Feccia. Cosa fate voi qui?! Fuori dal nostro Regno! Non fate altro che distruggerlo! Andatevene! Siete una maledizione! –
Un guppo di uomini e donne si avvicinarono pericolosamente ai due, spaventandoli – Si, andatevene! – – Non vi vogliamo qui! – – Via! Ci ucciderete! –
Laura e Josh arretrarono, spaventati, fino a ritrovarsi con le spalle al muro. La vecchietta aveva lasciato il posto a cittadini ben più giovani e disposti a mettersi nei guai, e cosi sembrò quando uno di questi alzò un pugno su Josh che si coprì il viso con le mani.

Ma una voce ferma e decisa lo fermò – Basta! –
La folla ammutolì, lasciando spazio ad una donna, i due notarono le lunghe gambe affusolate, dai profondi occhi blu che sembravano lanciare fulmini.
– Basta. – disse, abbassando la voce e avvicinandosi ai due ragazzi.
Si accovacciò vicino a loro, porgendo la mano delicata a Josh, sorridendogli dolcemente, un sorriso ben noto a lui.
– Belle... – sussurrò lui, non potendo credere di vederla lì, davanti a lui, con una stella marina tra i morbidi capelli castani che fluttuavano attorno alle sue spalle. Al sentir pronunciare il proprio nome, il sorriso della ragazza sembrò illuminarsi ancora di più. Strinse la mano del ragazzo e lo aiutò ad alzarsi, quindi andò vicino alla sua amica, che le accarezzò la guancia e la abbracciò, finalmente serena.
Poi Isabelle si alzò, si girò verso i cittadini e di nuovo, con quel suo tono autoritario, disse – Ora lasciatemi tornare nel castello, e non provate mai più a far del male ai miei amici e compagni. Loro sono Aile e Fonn. –
La folla ammutolì e chinò la testa, in segno di rispetto.
Belle sorrise – Ora basta, tornate alla vostra vita. – aggiunse, arruffando i capelli verdi di un bambino che rise.
– Andiamo. – disse poi, rivolgendosi ai suoi amici, che la seguirono.
Belle sembrava fare parte di quel mondo quanto ne faceva parte una sirena. Ed una in particolare, dalla coda del colore del tramonto, si avvicinò a loro, preoccupata.
– Eccovi! Vi avevo perduto di vista! – disse Grian, affranta.
Fissò i suoi occhioni gialli in quelli blu di Belle, che di nuovo sorrise dolcemente. Non appena la riconobbe, Grian si inchinò profondamente – Perdonatemi, Maestà, non ho adempiuto al mio dovere di sentinella... – sussurrò, vergognosa.
La ragazza le posò una mano delicata sulla spalle, invitandola a rimettersi dritta – Va tutto bene, andiamo. – disse, dirigendosi verso l'imponente castello.
Questa volta non dovettero fermarsi ogni due metri per poter avere i permessi delle guardie perché queste, non appena vista Isabelle, si scostavano, lasciandoli passare con un profondo inchino.
Laura fissava le scene sorpresa, e poi spostava lo sguardo sull'amica, che sembrava imbarazzata alle mosse dei sudditi. Sorrise: Belle non era proprio tipo da regalità, ma se l'era cavata meravigliosamente con la folla, riuscendo a imporsi ma a non spaventare, con il suo dolce e gentile sorriso.
In poco tempo raggiunsero la porta di ghiaccio. Belle bussò leggermente e non passò tanto tempo che una voce cristallina all'interno dicesse – Avanti! –

La ragazza aprì la porta velocemente, entrando – Li ho trovati, zia Julie. – disse, avvicinandosi alla donna dai capelli biondi che avevano visto in precedenza.
– Zia Julie? – domandò sbalordita Laura.
La donna sorrise – Si, sono io, la zia di Isabelle, Juliet, il precedente Elemento dell'Acqua. –
Laura si avvicinò sorpresa ma sollevata: aveva paura che quella donna potesse fare del male alla sua Belle – P...Piacere, sono Laura Flamme... –
– Tu sei il Fuoco, giusto? Belle mi ha raccontato tutto di voi, anche di te, Josh. – disse, rivolgendosi al ragazzo che non aveva mai smesso di guardarsi attorno con stupore.
Sentendosi nominare scosse la testa e rivolse uno sguardo interrogativo a Belle che sorrise alzando le spalle.
A Juliet non sfuggì quello scambio di sguardi, ma cercò di non farci caso – Io e mia nipote abbiamo parlato a lungo. –
Belle annuì, confermando – Soprattutto della...loro missione. Zia Julie mi ha spiegato una cosa molto importante. – disse la ragazza rabbuiandosi.
– Si, ma non ve la possiamo rivelare. E' un segreto Marino, solo l'Acqua può esserne a conoscenza. Ma c'è qualcun altro, che voi ben conoscete, che lo sa. –

Freddie era seduto con le gambe penzoloni sullo scoglio, aspettando impazientemente Josh, Laura e magari Belle. Si passò una mano tra i capelli biondo cenere, preoccupato. Fissò lo schermo del cellulare, ma non c'era bisogno di vedere l'ora: il cielo cominciava ad albeggiare, il manto scuro della notte si tingeva delle tonalità più dolci dell'arancione, del rosa tenue....Fino a sfumarsi nell'azzurro limpido del cielo. Sbadigliò: tutta la notte era rimasto ad aspettare i suoi amici, tutta la notte era rimasto con l'ansia di non vederli più, magari ora giacevano sul fondo dell'Oceano, e lui non era rimasto con loro. Forse avrebbe dovuto seguirli, invece di dar retta a Josh e aspettare che Belle tornasse. Non era tornata, e ora non tornavano neanche loro.
Mentre ancora si crucciava con questi pensieri, una grossa onda lo investì, bagnandolo da capo a piedi. Quando l'acqua tornò al mare, e riuscì ad aprire gli occhi, davanti si ritrovò Belle, Laura e Josh, la prima serena, asciutta e con un sorriso stampato in faccia, gli altri due bagnati, un po' ansimanti e con un'espressione più confusa di quanto non l'avessero già.
– Ehi! – corse loro incontro Freddie, abbracciando Belle, che arrossì.
– Freds, ciao! – disse lei, mentre il ragazzo la stringeva a sé – Mi hai fatto morire di paura! – le disse, quando poi si allontanò da lei per andare ad abbracciare gli altri due – E voi due, perché mi avete convinto a restare qua?! Dovevo seguirvi! – si maledì per averli dato retta.
Josh sorrise – Dai, è andato tutto bene, Freds. –
Laura si sedette su una roccia, schioccò le dita accendendo un fuoco abbastanza grande per riscaldarli e asciugarli – Si, Freds, tranquillo. Vieni qui ad asciugarti. – disse, sorridendo all'amico che, ancora un po' arrabbiato, si sedette accanto a lei. Isabelle si sedette tra Laura e Josh, tutta sorridente.
– Che cosa hai trovato l'ha sotto? – si decise a chiedere Freddie, dopo minuti che stavano in silenzio.
Lei alzò il viso verso il cielo ormai celeste – Mia zia. La sorella di mia madre. – disse.
Freddie alzò un sopracciglio – Tua zia? Julie? –
– Il nome completo è Juliet. Mia zia era l'Acqua, quando Sophie era l'Aria. – spiegò Belle, abbracciandosi le ginocchia.
Laura e Josh fissarono Freddie, per vedere la sua reazione.
Lui spalancò la bocca – Ah. – disse semplicemente.
– E ti ha rivelato qualcosa? Sulla Domina Mors? –
“Ecco la nota dolente” pensò la ragazza, scrutando l'amico con i profondi occhi blu – Si, ma non posso dire niente. –
Lui rimase scioccato – Non puoi dire niente?! –
– Allora non potè dire niente neanche lei... – sussurrò Belle, stringendo ancora di più le ginocchia.
Freddie non poteva crederci – Belle, noi siamo i tuoi compagni, siamo gli Elementi, siamo una squadra! Dobbiamo stare uniti, essere sinceri tra noi e dirci tutto ciò che potrebbe essere vitale alla missione, trovare la Domina Mors e sconfiggerla, per poter riportare la pace sulla Terra ed evitare la morte di milioni di innocenti! Possibile che tu non lo capisca?! – gli gridò in faccia.
Isabelle si alzò di scatto, infuriata per le accuse che le erano state attribuite – Credi che non lo sappia? Credi che se potessi non ve lo direi?! Ma sei scemo, Freddie Terre? Appena l'avessi saputo ve l'avrei detto! Ma non posso! Capisci? C'è una bella differenza tra potere e volere! – detto ciò girò i tacchi e si diresse nella direzione opposta ai suoi amici.
– Hai esagerato, Freds. – disse Laura, alzandosi a sua volta per rincorrere l'amica. La raggiunse in poco tempo, e insieme si allontanarono.
Josh e Freddie rimasero seduti senza parlare, davanti al fuoco magico di Laura che si stava affievolendo.
– Freds, ha ragione Laurie. – disse infine Josh.
Freddie gli rivolse un'occhiata cattiva – Adesso ti metti dalla loro parte? –
– No, semplicemente io c'ero. –
Freddie non seppe che rispondere, e attese che l'amico continuasse – Io c'ero, quando la folla di sirene e creature marine ha assalito me e Laura, e dovevi vedere Belle, come ci ha salvati, come una regina. Perché lì è trattata cosi, quasi anzi come una divinità. Lei ci ha salvati, Freds. E c'ero, quando sua zia Julie, o Juliet se vuoi, ha detto che quello era un segreto Marino, che solo l'Acqua poteva sapere e che l'Acqua doveva mantenere. Ho paura che se facesse il contrario Belle perderebbe i suoi poteri. E noi non vogliamo questo, no? Hai parlato di sincerità, ma in una squadra c'è bisogno anche di fiducia, Freds, e a te ne serve tanta. –
In tutto quel discorso Freddie non aveva contrastato l'amico, perché sapeva che le sue parole erano vere, d'altronde la maggior parte delle volte in cui parlava, Josh diceva cose giuste.
Era cosi, e lui gli voleva bene.
Josh si alzò, stiracchiandosi – Bé, io tornerei a casa, che ne dici? – disse, sorridendo e porgendo una mano a Freddie, che afferrò, facendosi aiutare per alzarsi.
Annuì – Si, andiamo. –
– Freds? –
– Si? –
– Juliet ha detto che qualcuno che noi conosciamo bene è a conoscenza del segreto. Quindi possiamo ancora scoprirlo, senza costringere Belle a rivelarcelo. Si trova sempre un'altra strada, Freds. – disse, ancora sorridente.
Freddie sorrise di rimando – Hai ragione, come sempre. –
Gli diede una pacca sulla spalla, e insieme si diressero verso il pick-up verde, per poter finalmente tornare a casa.

La porta blu sbatté, quando Belle entrò in casa, seguita da una Laura abbastanza divertita.
– Dico, ti rendi conto?! Dovremmo essere una squadra?! Imparasse ad avere un po' di fiducia negli altri! Brutto....bruto! – disse, torcendosi le mani.
Laura non potè fare a meno di fare un sorrisetto divertito – Andiamo, non esagerare. Hai ragione, ma non farne un dramma. Anche io e Josh siamo rimasti stupiti quando Juliet ci ha detto che non potevamo saperlo. Ora capiamo chi sia quest'altra persona che ne è a conoscenza, cosi possiamo scoprirlo anche noi, senza che tu lo riveli. – disse, alzando le spalle.
Belle annuì – Mi dispiace, Laurie, vorrei tanto dirtelo ma...Non posso. –
– Lo so, ti capisco. – le disse, avvicinandosi.
Le fasciature sulla mano scivolarono, rivelando alcuni graffi. Laura le coprì velocemente, sperando che Belle non fosse riuscita a vederle, ma era troppo tardi.
Isabelle le prese la mano e la strinse nella sua – Andrà tutto bene, non lo dovrai più vedere. – disse, gli occhi lucidi e le mani tremanti.
Laura posò l'altra mano su quella dell'amica, che stringeva la sua – No, non lo vedrò, e sarò al sicuro. Come tu non dovrai mai più vedere tuo padre, non dovrai più soffrire. Noi ci proteggiamo a vicenda*. – le rispose, le lacrime che le scesero copiose sulle guance.
Belle annuì, sorridendo, un sorriso bagnato. Insieme si sedettero sugli scalini di mogano, sfogandosi una sulle spalle dell'altra.
E, senza accorgersene, si addormentarono cosi, abbracciate, i segni delle lacrime ancora evidenti sulle guance, e la consapevolezza di avere un'amica, anzi una sorella, sempre pronta a stargli accanto, sempre pronta a proteggerla.

La reggia di Aranel non era mai stata cosi splendente. Le cose cominciavano a girare nel verso giusto, e la regina Calien si sentiva finalmente serena.
O quasi.
Quella fata dei Boschi, mandata in missione ormai da tempo, non le aveva fatto più ricevere sue notizie da mesi, mentre prima la aggiornava di continuo.
Era mezzogiorno, il momento in cui il sole è più alto nel cielo, in secondo momento della giornata in cui rendere onore a Feaw. Si recò nelle sue stanze, leggiadra e delicata, le ali dorate abbassate perché stanche di doversi mostrare ai sudditi e a chi circonda la loro padrona. “Tutti a voler vedere la grande regina Calien. Non l'hanno ancora capito, che la vera regina è Madre Natura.” pensò.
Arrivata davanti alla grande porta candida, dalle rifiniture dorate, abbassò la maniglia ed entrò nella sua camera: un grande letto tondo dorato, sembrato fatto di nuvole luminose, occupava gran parte del grande ambiente. Una grande finestra dava su un altrettanto grande giardino pieno di tutte le piante che esistono al mondo. Nella parte restante della stanza, un semplice scrittoio e una poltroncina bianca, la parete occupata da una grande libreria. Si diresse nella piccola stanza guardaroba adiacente alla camera da letto, ed aprì una stanza segreta, dove si trovavano gli abiti per le cerimonie sacre. Indossò un semplice abito verde pallido, era Primavera, la stagione dove la Terra è più potente, e il verde era il colore sacro in quel periodo. Si legò i lunghi capelli rossi in un'intricata acconciatura che le lasciava scoperta la fronte e quindi il simbolo di Feaw. Tornò nella stanza e si avvicinò circospetta ad una parete. Qui premette un piccolo bocciolo rosa pallido disegnato e la parete si aprì, rivelando delle scale a chioccola che scendevano molto in profondità.
La regina si guardò attorno prima di scendere i primi gradini quindi, scalza, proseguì la discesa.

Pian piano che si scendeva le scale si facevano più buie e aumentavano le fiaccole appese alle pareti umide.
Fin quando, verso l'ultima rampa, una luce azzurrina investì l'ambiente angusto. Quando scese dalla scala, la regina si ritrovò davanti ad una pozza d'acqua cristallina, sopra la quale troneggiava una statua dorata di una donna, una donna esile e all'apparenza fragile sulla cui fronte stava il simbolo degli Elementi. Sul petto della statua era stato inciso un intricato disegno, conosciuto tra i Celti come Triskele. L'espressione trasmetteva calma e serenità ma anche un'incontenibile forza. La luce dorata che emetteva rifletteva sull'acqua, illuminando di una luce calda l'ambiente.
Calien si avvicinò alla pozza d'acqua e si sedette sulla roccia in modo da essere proprio davanti alla statua. Qui sorrise al volto di essa chiuse gli occhi e respirò a fondo – Feaw, Madre Natura. – pronunciò, quasi un sussurro – Aiutaci in questo momento difficile. Hai mandato i tuoi Elementi a compiere una grande missione che non salverà solo la razza umana ma anche noi. Ti prego di guidarli e di aiutarli nell'arguta battaglia contro la Domina Mors. Anche se non sarà la loro ultima nemica. – si alzò ed entrò lentamente in acqua. Si avvicinò pian piano alla statua. Qui, con un movimento veloce della mano, fece comparire delle candele profumate in onore della Madre.
Si allontanò dalla statua quindi, con estrema concentrazione, si sedette sull'acqua, come sospesa su una nuvola luminosa e cominciò a pregare.

Tornato a casa, Freddie Terre era davvero nervoso. Aveva litigato con Belle, pur sapendo di essere lui, quello in torto. Josh gliel'aveva fatto capire con poche e giuste parole. Odiava quando il suo amico aveva sempre ragione, cosa che accadeva spesso, soprattutto negli ultimi tempi.
Sentì la musica rock provenire a tutto volume dalla camera della sorellina, Alice.
“Strano” pensò “ero convinto fosse uscita. Poco importa.” si diresse su per le scale e, passando davanti alla porta chiusa della teenager gridò – Ciao, Ali! – nessuna risposta. In un primo momento pensò che non l'avesse sentito. Rigridò ma ancora nulla. Un po' preoccupato aprì la porta della stanza. Vuota. Il letto era sfatto, le custodie di alcuni cd erano sparse per terra e lo stereo acceso a tutto volume. La finestra era aperta, come sempre visto che la sorella amava l'aria fresca, soprattutto in primavera.
“Sarà uscita e avrà lasciato lo stereo acceso.” concluse il ragazzo, spegnendo l'oggetto in questione e riassettando un po' la stanza, pensando alla furia della madre se avesse visto quel disordine.
Fece per andarsene quando sentì una voce fiele venire dalla finestra. Si girò di colpo, solo per vedere tutto com'era prima. Pensò che quella vocina forse era solo frutto della sua immaginazione, cosa altamente probabile, se non fosse stato per quella luce verde che proveniva dalla finestra.
Ma il ragazzo non se ne accorse, ed uscì dalla stanza, chiudendo la porta. Poco dopo, una testa rossa spuntò dalla finestra.
– Meno male non se n'è accorto. – sussurrò Alice, entrando nella camera.
Teneva in mano un globo verde dove si intravedeva a scatti una figura – Devi stare molto attenta. – disse la figura all'interno – Mi raccomando. Conto su di te. – il globo scomparve, lasciando al suo posto solo un orecchino a perla verde smeraldo che la ragazza si mise subito.
– Lo credi facile... – sussurrò, fissando la porta dalla quale era appena uscito il fratello. 


*Fatti e riferimenti alla saga di Hunger Games non sono puramente casuali :') Sono una Tribute incallita LOL Avrete notato che gli scalini di casa di Belle sono di Mogano...<3 That is Mahogany!

 


~Angolo Autrice
Papapaaaan...Ed ecco qua il capitolo :3 
Alice nasconde un segreto...Probabilmente qualcuno di voi l'ha pure capito :P Mmmh...Che ne dite della città delle sirene? Si capisce un pò di più...Reagiscono cosi verso Josh e Laura perchè pensano siano umani, quegli umani che hanno distrutto loro il mare...
Mi piaceva quest'idea, anche un pò per condannare l'inquinamento marino...
Ed il "segreto Marino" che l'Elemento dell'Acqua non può rivelare? :3 Spero vi abbia intrigato <3
Ok, ci vediamo al prossimo capitolo!
Vi prego di lasciare una recensioncina <3
Un bacione;
Luna!

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ~ Armaich ***


Eccomi qua, ebbene si: ci sono ancora.
Perdonate l'attesa c.c 
Ok, questo capitolo è piuttosto importante, spero vi piaccia :P
Ci vediamo in fondo! <3
Luna


 



Armaich
~Capitolo 8~
 

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Erano passati alcuni giorni dalla visita sottomarina. Josh cercava sempre di ignorare Belle mentre lei faceva finta di niente. I due ragazzi avevano evitato di fare domande a Laura circa le sue fasciature, sapevano che non ne voleva parlare e rispettavano la sua scelta.
I quattro non si parlavano più. Freddie era testardo e non si decideva a chiedere scusa a Belle che invece aspettava la richiesta di perdono del ragazzo. Laura seguiva come un cagnolino Isabelle, e ogni tanto andava da Louis, il suo ragazzo.
– Come va con Louie? – si decise a domandare Belle all'amica, durante la lezione di storia.
Lei storse la bocca – Sinceramente? Non tanto bene. L'ho beccato a provarci con una sua compagna di Biologia. – rispose a denti stretti.
Isabelle si morse un labbro: non ci voleva un'altra sofferenza nella vita di Laura. Non dopo Jacob.
Le mise una mano sopra la spalla – Tranquilla, chiarirete. – disse, sorridendole.
Laura le sorrise di rimando, poi tornò concentrata sul libro di Storia, cercando di non pensare al suo ragazzo. Quando la campanella suonò, fu proprio lui che si ritrovò davanti. Aveva uno sguardo affranto e due occhiaie molto profonde.
– Dobbiamo parlare. – le disse, girando la testa quando lei tentò di baciarlo.
Lei deglutì e annuì, con un'espressione degna di un fantasma. Vagarono per i corridoi alla ricerca di un luogo calmo in cui parlare. Finirono per ritrovarsi davanti allo sgabuzzino delle scope, vicino alle classi in disuso.
– Di...cosa volevi parlare? – domandò Laura, preoccupata, sebbene sapesse già la risposta.
Lui abbassò lo sguardo – Sta succedendo qualcosa, tra noi. E...Non mi piace. Ti sento troppo distante. E' successo qualcosa? – d'istinto la ragazza si portò le mani ai polsi, dove portava ancora i segni dell'ultima violenza subita dal fratello. Scosse la testa, nervosa – Nulla. –
– Ma dev'essere successo qualcosa: non eri cosi prima... – le disse, avvicinandosi e cingendole i fianchi.
Lei lo fissò intensamente negli occhi, mettendolo in soggezione. E lui non potè far altro che ripetersi quanto fosse bella. Le sfiorò una guancia – Louis...Io...Effettivamente è successo qualcosa. – una lacrima si fece spazio tra le sue lunghe e scure ciglia.
Lui le sorrise dolcemente, asciugandogliela – Di che si tratta? –
“Non ce la faccio.” pensò Laura, il cuore che le batteva all'impazzata. Prese un bel respiro e, con un coraggio di cui non conosceva natura, gli parlò a cuore aperto – Non possiamo stare insieme...Mi è successa una cosa, più grande di me, di cui non ti posso parlare. Una cosa che non ci permette di stare insieme. – le lacrime ormai le scendevano copiose dalle guance candide.
Gli occhi di lui sembrarono velarsi delle stesse lacrime – Ma... –
Lei lo baciò dolcemente, mettendoci tutto l'amore che provava – Io ti amo, ma non possiamo stare insieme. – disse, con un sorriso bagnato dalle lacrime salate. Gli accarezzò le guance prima di girarsi e correre vie, lasciando scie luminose dai riflessi rossi.

Laura entrò in classe affranta, i segni delle lacrime ancora sul volto, i capelli un po' scompigliati per la corsa, gli occhi arrossati.
– Mi scusi per il ritardo... – si giustificò, abbassando lo sguardo e portandosi una ciocca dietro l'orecchio.
L'insegnante di quell'ora, la signorina DuBois, insegnante di francese, visto il suo aspetto, sorrise dolcemente e la invitò semplicemente a sedersi.
Laura prese posto accanto a Isabelle, al loro solito posto accanto alla finestra.
La sua compagna la guardò un po' sconcertata. Ma ormai conosceva Laura, doveva evitare di domandare, quando si sarebbe sentita pronta gliene avrebbe parlato lei.
Cosi si limitò a stringere la mano dell'amica posata sul banco. Laura abbassò la testa, coprendosi il volto con i capelli corvini e, silenziosamente, cominciò a piangere, mentre fuori gocce d'acqua cominciavano a cadere dal cielo.

Josh Nuage non la finiva più di tormentarsi i capelli. Le sopracciglia corrucciate, cercava di seguire la lezione di trigonometria. Maledetto coseno e maledetta Isabelle. Era lei che lo distoglieva dalla realtà. Era lei che, con quel suo bel sorriso e quei suoi occhioni blu l'aveva rapito, l'aveva allontanato dalla realtà cruda del mondo, portandolo in uno illusorio chiamato da tutti come amore.
Ma dopo un po' devi svegliarti, ed era stata sempre lei, con lo sguardo impassibile dopo la sua dichiarazione ad averlo riportato alla realtà. E ora il suo volto gli tornava in mente, tormentandolo peggio delle locuste. “Perfetto, ho anche scatenato un temporale.” disse, fissando la pioggia che cadeva a catinelle fuori dalla finestra. L'insegnante l'aveva richiamato più volte, ma senza risposta alcuna – Nuage! Santo cielo! – gridò, ottenendo finalmente l'attenzione del ragazzo.
– Eh? Ha detto qualcosa, professore? – la classe scoppiò a ridere. Il professore lo fissò con sguardo arcigno – Nuage. Stai bene? – chiese poi, vedendo l'espressione del ragazzo.
Questi si portò le mani alle tempie – Effettivamente no, mi scusi. –
L'insegnante alzò gli occhi al cielo “Devo smetterla di essere cosi indulgente con gli studenti” pensò – Ok, vai in infermeria, e vedi di rimetterti. – disse poi, dirigendosi verso la cattedra e annotando sul registro che lo studente si sarebbe recato fuori dalla classe.
Josh annuì – Grazie. – e, prendendo la borsa dei libri, si diresse verso l'infermeria.
Lì la dottoressa, una signora di mezz'età, gli disse semplicemente che aveva un mal di testa da stress e che avrebbe fatto meglio ad andare a casa a rilassarsi. Il cielo si aprì, forse perché il ragazzo si era finalmente calmato, cosi preferì fare una lunga passeggiata per il parco. Si incamminò fuori dalla scuola, respirando a pieni polmoni l'aria un po' umida ma primaverile che aleggiava. La maglietta bianca a maniche corte, dallo scollo a v, che metteva in risalto la sua pelle diafana, era perfetta per quella stagione, e doveva ringraziare solo sua madre che gliel'aveva comprata insieme ad altre simili. Sua madre. Non voleva tornare a casa da lei, sapeva che sarebbe stata piuttosto irritabile, come al solito d'altronde, cosi come il padre. Il loro matrimonio non era più come una volta, e questo Josh l'aveva notato bene. Avevano provato a nasconderglielo, ma non aveva più otto anni.
Con passo svelto si diresse verso il parco comunale della cittadina, in centro, e in quel momento desiderò avere il pick-up di Freddie. Aveva la patente, ma i suoi non potevano ancora permettersi un'auto in grado di definirsi tale per il figlio. Ma gli andava bene lo stesso, gli piaceva camminare.
Raggiunto il parco, si diresse verso il centro, accanto la laghetto, un luogo piuttosto isolato dove nessuno andava mai. Incamminandosi verso il suo luogo prediletto, Josh notò la miriade di coppiette innamorate intente a sbaciucchiarsi o a tenersi per mano. Storse la bocca e inarcò le sopracciglia, pensando spontaneamente a Belle. Il cielo si oscurò. Alzò lo sguardo verso le nuvole grigie “Ok Josh, devi stare calmo. Non puoi rovinare il pomeriggio alla gente solo per una delusione d'amore.” Aprì un occhio solo per vedere le nuvole diradarsi e lasciar spazio al sole. Sorrise compiaciuto. “Ce l'ho fatta, Belle, riesco a controllare i miei poteri.” pensò, rivolgendosi alla sua amica, fissando il cielo e sedendosi sull'erba ancora bagnata. Poco gli importava delle goccioline sui fili d'erba. Forse, il contatto con l'acqua lo faceva sentire più vicino a Belle. Fissò l'acqua del lago, e non potè fare a meno di pensare ancor più intensamente a lei. E senza accorgersene, pensando ai suoi occhi e al suo sorriso, si rasserenò, e con lui il cielo. Cominciò a soffiare una piacevole arietta.

Fanie si lavò accuratamente le mani. Aveva appena salvato la vita ad un vecchissimo abete che stava nel boschetto vicino alla casa di Sophie. Erano queste le cose che la facevano stare bene. Era questa la parte che più le piaceva dell'essere una fata dei Boschi. Poteva donare il Soffio di Vita.
E ora l'abete stava bene. Anche se sapeva che non sarebbe durato molto, era troppo vecchio. E il Soffio poteva essere utilizzato una sola volta su vivente.
La fata sospirò, rigirando la pietra verde che portava all'anulare destro, facendo scomparire ali e orecchie a punta. Gli abiti da umana si sostituirono al leggero abitino verde foglia che portava sempre, anche a casa. Si avvicinò al comodino accanto al letto, dove era posto un portagioie finemente lavorato, in argento. Si sfilò dal collo una chiave argentata che infilò nella serratura dell'oggetto. Questo si aprì con uno scatto, rivelando una sfera dalla superficie opaca, grigia.
La prese delicatamente tra le mani, si sedette sul letto e se la pose in grembo. Con la pietra verde dell'anello sfiorò la superficie dell'oggetto, che diventò di un verde luminoso.
– Maestà. – sussurrò. La sfera sembrò illuminarsi per un attimo di una luce gialla, poi tornò verde, ma comparve il volto della Regina Calien.
– Fanie, finalmente. Come procede? – domandò con voce dolce e un po' a scatti la regina delle Fate. La fata si morse un labbro – Io...Devo ammettere, non molto bene. Non so come fare, Maestà. Non so se è il momento, non sembrano adatti...Forse non sono nemmeno loro, sembrano cosi immaturi... – disse, rimanendo senza fiato sulle ultime parole. Perché sapeva bene la risposta.
– Non devi avere dubbi sulla loro natura. Se il simbolo c'è, e c'è, è stato messo lì da Madre Natura, e tutto ciò che fa è giusto. Li hai portato le Armaich? –
Fanie si morse le labbra ormai bianche – No... –
– Fanie, mi stai deludendo. Datti da fare, o dovrò affidare la missione ad un'altra fata. – la sfera divenne d'un tratto di nuovo grigia, lasciando la Fata dei Boschi attonita.
Ripose la sfera nel portagioie e lo richiuse con la chiave. Sospirò: la Regina era stata ben chiara.
Si diresse verso l'armadio a muro, candido, e ne aprì le ante. Tirò fuori una lunga custodia d'argento, dalle decorazioni simili a quelle del portagioie.
– E' arrivato il momento... – sussurrò, accarezzandone la superficie elaborata.

Freddie. Freddie.
Il giovane aprì gli occhi, ritrovandosi nella radura. Al centro, come al solito, si trovava Fanie, più bella che mai con un cipiglio fiero e deciso.
– Freddie. – lo salutò semplicemente.
– Fanie...Perché mi sei di nuovo comparsa in sogno? – si avvicinò alla fata, fino ad avere il proprio viso a pochi centimetri dal suo.
Lei si morse un labbro – Perché è ora, Freddie. Avverti gli altri. –
– E' ora per cosa? – domandò il ragazzo, continuando a non capire cosa intendesse.
Lei alzò un sopracciglio – E' ora che voi conosciate le Armaich. –
Un lampo di luce bianca lo travolse, accecandolo.
E poi solo il buio.

Isabelle Eau si alzò dalla sedia con grazia e con un sorriso stampato in faccia. Sistemò i libri nella borsa e seguì i compagni che uscivano a fiumi dalla classe. Si diresse verso gli armadietti per poter prendere i libri che le sarebbero serviti. Si sentiva davvero di buon umore: era tutto il giorno che pioveva, ma finalmente il cielo si era aperto. Dopo aver ritrovato sua zia, Belle si sentiva quasi completa. Aveva ricevuto le risposte alle numerose domande che si era posta. C'era solo una nota dolente in quella sua felicità: Josh. Non sapeva bene che fare. Sapeva di provare forti sentimenti verso di lui, lo sapeva dalla prima volta che lo aveva visto, quando si scontrarono nel corridoio della scuola. Ma non sapeva con certezza se quello stesso forte sentimento lo provava anche per Freddie.
O forse considerava entrambi solo amici? Scrollò le spalle e richiuse l'anta dell'armadietto: no, non ci doveva pensare. Cerco Laura con lo sguardo, in mezzo alla folla dei ragazzi, e la trovò: era in una sorta di stato vegetativo, vicino alla porta dell'aula di letteratura, l'ultima materia che aveva avuto, posata allo stipite, sguardo assente, sembrava una statua di cera.
Belle le si avvicinò – Laurie? – le domandò, preoccupata per l'amica. Lei si riscosse – Belle! Ciao. Abbiamo letteratura ora, vero? –
– Veramente dobbiamo andare a casa. – Laura le rivolse un'occhiatina interrogativa – Sei sicura? –
Isabelle si morse un labbro e la prese a braccetto, sorridendole – Si, ne sono sicura. Vieni, è tardi. –
Laura si lasciò trasportare fuori dalla scuola, ma non poterono proseguire perché qualcuno era fermo davanti alla porta.
– Ciao, Belle. – la salutò Josh, sorridendole.
Lei deglutì. Ecco, quindi era davvero arrivato il momento in cui doveva scegliere.
– Ciao, Josh. – Laura si staccò dall'amica – Io vado a casa, Belle. Ho bisogno di camminare da sola. Ci vediamo lì. – Belle rispose con un cenno. I suoi occhi erano puntati in quelli grigi di Josh. Il ragazzo che le aveva scombussolato il cuore.
– Non mi hai più parlato. – iniziò il discorso lui, alzando le spalle.
Lei scosse la testa, abbassandola – Non sapevo cosa dirti. –
– Potevi far finta di niente e continuare ad essermi amica. –
– Non potevo. – rispose tutto d'un fiato lei, torturandosi le mani.
Lui le si avvicinò, alzandole il viso dal mento – Perché? – le domandò, il cuore a mille.
I suoi occhi blu fuggivano allo sguardo penetrante del ragazzo. Belle riabbassò lo sguardo – Perché...Ero confusa. –
– E ora? –
I loro cuori battevano all'unisono, veloci, forti ma deboli.
– E ora...Non lo so ancora. –
Josh annuì: si aspettava quella risposta – Quindi non hai ancora pensato ad una risposta? – le chiese, fissando i propri occhi in quelli della ragazza.
Questa volta, Isabelle non distolse lo sguardo. – Forse si. –
Il cuore di Josh batteva cosi forte che non era sicuro che sarebbe riuscito ad arrivare alla sera.
I loro sguardi continuarono ad essere incollati. Ogni tanto Belle sembrò stare sul punto di dire qualcosa, ma le sue labbra rimanevano sigillate. Le sue labbra. Josh le avrebbe tanto volute sfiorare, morbide, rosee...Inaspettatamente Belle gli portò una mano sulla guancia.
– Ho capito. – disse, gli occhi che le scintillavano.
– Che...Che cosa hai capito? – riuscì a chiederle, portando la mano su quella della ragazza.
Lei sorrise e si mise sulla punta dei piedi, troppo bassa rispetto a lui, e lo baciò delicatamente, forse per paura della sua reazione.
Josh ci mise un po' a realizzare che lo stava baciando e lì per lì rimase imbambolato. Quando però se ne accorse, capì di essere la persona più felice del mondo. Le accarezzò le guance, rendendo il bacio più passionale.
Quando si staccarono i suoi occhi luccicavano. La strinse a sé, facendola ridere.
– Ti amo, ti amo... – le sussurrò nell'orecchio. Lei non rispose, ma lui sentì che la sua spalla si stava pian piano bagnando.
– Piangi? – le chiese, d'un tratto deluso.
– Di gioia. – gli sussurrò in un orecchio. Lui la strinse ancor di più a sé e cominciò a girare, facendola ridere.
Il cielo si aprì totalmente, e un raggio di sole li colpì.

Freddie si era svegliato male, quella mattina. Nel sogno, Fanie non era stata per niente chiara.
“E' ora” aveva detto. Era ora per cosa? Si scompigliò i capelli, frustrato. Accanto al cuscino aveva trovato una foglia con su scritto ora e luogo dell'appuntamento di quel giorno con la fata.
Assurdo. Prima faceva l'enigmatica, poi pretendeva che andassero in un luogo sconosciuto, fuori città, per fare chissà cosa.
Era ora di pranzo e, scocciato, il ragazzo si diresse nella mensa. In quella sala c'era sempre molta confusione, i ragazzi gridavano, alcuni persino cantavano. Le finestre, seppur ampie e luminose, non venivano mai aperte e così l'aria era pesante e vi era sempre odore di fritto. Freddie odiava quel posto. Trovò il suo migliore amico, Josh, seduto tranquillamente ad un tavolo isolato. Aveva una faccia da ebete e un sorriso altrettanto stupido.
Alzò gli occhi al cielo: doveva essere successo qualcosa con Belle. Lo raggiunse e si sedette davanti a lui – Ehi, bell'innamorato! – lo salutò canzonandolo.
Lui sembrò ridestarsi – Eh?! – disse soltanto.
L'amico sorrise divertito, alzando un sopracciglio – Ci rinuncio, quella ragazza ti ha proprio fatto perdere la testa... – rubò una mela dal vassoio dell'amico, che non si lamentò, anzi, sorrise – E non sai che è successo... –
Gli raccontò tutto per filo e per segno e Freds si trovò davvero contento. Ma sentiva una piccola fitta nel cuore: gelosia? Non lo sapeva con certezza.
Prima che potesse parlare comparvero dalla porta Laura e Belle, la prima con il naso affondato in un libro, l'altra che sbirciava quello stesso libro e spesso commentava.
Più di una volta rischiarono di andare addosso ad alcuni studenti, o di intruppare nei tavoli.
Freddie si alzò – Siamo qui! – disse, agitando la mano. Isabelle li fissò, poi incrociò gli occhi di Josh e arrossì, abbassando lo sguardo. Lui sorrise dolcemente – Ciao. – la salutò, invitandola a sedersi accanto a lui. Laura si mise davanti all'amica, senza distogliere gli occhi dal volume e salutò gli amici con un mugugno – Mh... –
– Che leggi? – le domandò Josh, cercando di scorgere il titolo del libro.
– E' il libro di fiabe di Sophie. C'è ancora qualcosa che non ci torna. – rispose distrattamente Laura, rubando una patatina dal vassoio di Josh che, spazientito, lo allontanò dalle mani degli amici.
Belle sorrise – Si, secondo noi dovremmo tornare da Sophie e chiederle altre cose. Insomma...Non vi sembra che la fata Carnill sembri Juliet? Il fatto che è stata ingannata dalla Domina Mors... – scrutò gli altri e Belle abbassò lo sguardo: lei sapeva più di tutti.
Josh si morse un labbro: si sentiva a disagio per lei, con tutte le pressioni che le mettevano.
– Dovremmo trovare quel personaggio di cui parlava tua zia, Belle. Quella persona che conosciamo e che sa del Segreto Marino... –
Fu come se le orecchie dei suoi compagni si rizzassero.
– E' vero! – esclamò Laura, riprendendo vitalità all'idea di avere qualcosa da fare – Dobbiamo darci da fare. – Belle sorrise mestamente e annuì – Si, forza. – la campanella di fine pranzo suonò, Isabelle si alzò di stacco e camminò velocemente verso l'uscita. Josh la fissò andare via – Bé, che stai facendo? – lo incitò Laura – Muoviti, corrile dietro! –
Lui scosse la testa, annuì, e rincorse Isabelle.
– Belle, Belle! Ehi, fermati! – raggiunse la ragazza e la fermò per il polso. Lei si girò verso di lui, fissandolo interrogativo – Josh? –
In quel momento non sapeva cosa dirle – Io... – si ritrovò senza parole e lei gli sorrise, avvicinandosi gli – Volevi dirmi qualcosa? –
Prese coraggio – Tra...Tra noi è tutto a posto? –
Belle si morse un labbro – Si, perché? –
– Ma...Nel senso che ora...Stiamo insieme? –
Isabelle si allungò sulle punte dei piedi per poter raggiungere le sue labbra che sfiorò lievemente.
Quindi sorrise furbescamente e girò i tacchi, avviandosi per l'aula di Storia e lasciando il ragazzo con il sapore di un bacio amaro sulle labbra.

– Alice! Ali, hai di nuovo preso le mie cuffie?! – Freddie irruppe bruscamente nella camera della sorella. Vuota. La stanza era vuota e stranamente in ordine. Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, frustrato “Maledetta” disse, avvicinandosi alla scrivania e scrutando le mensole.
Sulla scrivania trovò un bigliettino “Per Freddie” diceva “Sono uscita con Jason, ho preso le tue cuffie, ero di fretta e non trovavo le mie. Tranquillo, non te le rompo! Un po' di fiducia! Torno presto, ho avvertito la mamma. Un bacione, Ali” Alzò gli occhi al cielo: la solita disordinata.
Ma allora perché la camera era cosi in ordine? Freddie si guardò intorno, in cerca delle cuffie della sorella. Si avvicinò al comodino di legno chiaro, sormontato da una lampada drappeggiata di vari colori e notò un orecchino verde smeraldo posato lì, sopra un libro.
“Dev'esserselo tolta stanotte...” lo prese per poterlo mettere nel portagioie sulla scrivania quando cominciò a illuminarsi.
– Che caspita... – sussurrò, vedendo che la piccola perlina cominciava a ingrandirsi.
Alla fine, Freddie si ritrovò in mano una sfera delle dimensioni di una palla da beachvolley che emanava una luce verdognola.
Sulla superficie comparvero delle righe nere, e poi un volto piuttosto sfocato.
– Ehi! Perché mi hai chiamata? – domandò la figura. La voce era un po' distorta, ma il tono era dolce.
– Chi....Chi sei tu? E perché contatti mia sorella? – domandò Freddie, sedendosi sul letto, preoccupato.
La persona all'interno della sfera non rispose.

– Sei Freddie. – disse infine.
– Si. E tu? –
– Non dovevi vedere la sfera. Devi...metti a posto la sfera. Non dovevi assolutamente venirne a conoscenza. –
La conversazione si spense, e la sfera rimase buia. Freddie la riposò sul comodino e, non appena la sua pelle lasciò la superficie dell'oggetto, questo cominciò a rimpiccolirsi, fino a tornare il piccolo orecchino a perla verde.
Freddie rimase a fissarlo a lungo “Che cavolo era?!” pensò, stringendo gli occhi.
Si sentì un rumore di passi e poi la porta della stanza si aprì rivelando Alice che, sorridente e con le cuffie del fratello addosso, lo salutò – Freds! Ciao! Si, si, ora mi tolgo le tue cuffie... – si sfilò le cuffiette dalle orecchie, le staccò dal IPhone e le ridiede al fratellone.
– Ecco, contento? Ora puoi uscire da... – il sorriso della ragazza si spense non appena vide l'orecchino davanti al fratello. Si avvicinò e lo prese velocemente – Ah guarda, era qua... – disse, nervosamente.
Lui la fissò torvo – Già... –
– Qu...Qualcosa non va? – domandò la sorella, infilandosi l'orecchino nel secondo buco, nervosa.
– No, nulla. Stavo per andarmene. – lasciò la stanza continuando a fissare la ragazza che lo salutò con la mano.
Non appena il fratello chiuse la porta, lei prese di nuovo la perla.
La sfiorò con la punta del polpastrello e subito la perlina divenne la sfera luminosa.
– Pronto? Pronto? – sussurrò alla sfera. In poco tempo comparve di nuovo la figura indefinita.
– Finalmente! Perché Freddie aveva la sfera? Non deve scoprirci! –
Alice si morse un labbro – Si, lo so. Scusami, è stata un'imprudenza. –
– Tuo fratello deve restarne all'oscuro fino al momento giusto, chiaro? –
– SI, erano questi i patti. Lo sono sempre stati e non cambieranno. –
– Vorrei vedere. Ora c'è una funzione. Devo andare. Tienimi aggiornata. –
La sfera tornò verde e Alice la sfiorò di nuovo, facendola tornare un orecchino. Sospirò, sperando che sarebbe andato tutto bene.
Ma ciò che non sospettava era che Freddie era rimasto dietro la porta e, sfortunatamente, aveva ascoltato tutta la conversazione.

Fanie tirò fuori la custodia d'argento dall'armadio, sospirando.
– Devi proprio? – Sophie era comparsa sulla soglia, chiusa in un cardigan bianco quasi quanto la neve. – Insomma, sono un grosso peso. –
– Si, devo. La regina Calien me l'ha ordinato. E me l'ha ordinato sotto consiglio di Feaw. –
Sophie annuì, malinconica – Si, lo capisco. Ma senti...Io ci sono passata. Non mettergli pressione. –
Fanie sorrise dolcemente mentre la donna richiudeva la porta. Scrutò oltre il vetro e vide il pick-up verde scuro di Freddie accostare vicino al pesco. Fissò i quattro ragazzi scendere dall'auto e sospirò, spostando lo sguardo sulla custodia argentata. Si avvicinò all'oggetto, tirandone fuori dai lati delle maniglie. Afferrò la custodia e la portò fuori dalla stanza. A fatica fece le scale, e quasi cadde quando arrivò nel salottino. Freddie si precipitò da lei – Tutto ok? Sembra pesante. – lei lo fulminò: l'ultima cosa che voleva era mostrarsi debole davanti a lui.
– Si, è pesantuccia, ma ce la faccio tranquillamente. – scrutò gli altri tre: gli occhi di Josh vagavano nervosi per la stanza e Isabelle parlottava con Laura riguardo al perché fossero là.
Quelli erano gli Elementi. Quattro ragazzi che pensavano ai loro problemi adolescenziali e che di sicuro non avevano assolutamente fatto un minimo di pratica con i grandi poteri di cui disponevano.
– Seguitemi. – disse secca la fata, aprendo la porta-finestra che dava sul giardino. Il divanetto bianco e la poltroncina erano stati spostati in un angolo remoto cosi come il tavolino. In questo modo, il giardino era stato sgomberato totalmente, lasciando un grande spiazzo al centro. Fu propro lì che Fanie scaricò la custodia, sbuffando per la fatica.
– Molto bene, vi starete chiedendo perché siete qui. – cominciò la fata, portando le mani ai fianchi.
I ragazzi annuirono, guardandosi interrogativi. Fanie li scrutò, poi afferrò l'anello dalla pietra verde che portava al dito e Freddie non potè fare a meno di pensare all'orecchino di Alice – Vi prego di non emettere suoni molesti. – li avvertì, riferendosi soprattutto a Belle che era affascinata più degli altri dal mondo fantastico. Detto questo, la fata girò la pietra e subito due ali delicate le spuntarono da dietro la schiena, le orecchie si allungarono tornando a punta, la pelle divenne più candida e gli occhi più luminosi. I jeans e il maglioncino verde muschio erano scomparsi, lasciando posto ad una casacca verde prato e a dei pantaloni di pelle marroni. I piedi, che prima erano scalzi, ora calzavano dei morbidi stivali di pelle scura legati da dei laccetti verdi.
Isabelle, Laura e Josh rimasero sbalorditi da quella trasformazione, in particolare Belle, che non staccava gli occhi dalle splendide ali della fata. Quest'ultima le sgranchì un po' – Finalmente. Non sapete che fastidio, stare senza le proprie ali. E che razza di tessuti utilizzano per i vestiti, gli umani? Davvero terribili. Molto meglio quelli delle fate. – le ali fremettero, e Fanie diede un piccolo buffetto a quella destra che presentava una piccola linea irregolare. Sorrise mestamente e un ramo del pesco le diede una lieve pacca sulla spalla – Si, stai tranquillo, sto molto meglio. – rispose la fata, sorridendo. Poi si voltò di nuovo verso i Quattro Elementi, che erano rimasti sbalorditi dall'azione dell'albero.
– Dunque. Torniamo a noi. Non avete idea di cosa sia questa, vero? – domandò, indicando la custodia d'argento.
Laura alzò gli occhi al cielo – Secondo te? – domandò, sarcastica. Belle le diede una gomitata nelle costole: l'amica era piuttosto irascibile da quando si era lasciata con Louis.
Fanie sorrise: non sapeva perché, ma Laura le stava molto simpatica.
– Molto bene. Sono le Armaich. – rispose la fata, pronunciando il nome gaelico in modo scandito.
– Ovvero? – Josh alzò un sopracciglio, avvicinandosi.
Fanie si chinò per aprire la custodia. Fece scattare le cerniere e la aprì rivelando degli oggetti argentei, quasi quanto la loro scatola, che afferrò e dispose ai suoi piedi. Armi.
– Cosa dovremmo farci con quelle? – domandò Freddie, alzando un sopracciglio: aveva sempre odiato le armi.
Lei sorrise – Dovete trovare la vostra Armaich. Trovatela, e vi sentirete davvero completi e in grado di padroneggiare i vostri poteri. Trovatela, e forse riuscirete a sconfiggere la Domina Mors. –
Fanie prese altre armi dalla custodia: spade, archi, lance e coltelli da lancio erano stipati lì dentro, ma la fata non finiva più di tirarli fuori. Era palese che la custodia fosse incantata.
– Ora voglio che ognuno di voi provi ognuna di queste armi, e capisca quale sia la propria. – spiegò semplicemente. Divise le armi per tipologia e, vicino alla sezione di tiro con l'arco, fece crescere degli arbusti a mo di obbiettivo per le frecce. Dove stavano le spade, le lance e i coltelli creò dei manichini d'erba.
– Cominciamo. – disse, fissando gli Elementi per uno con aria di sfida.

Belle osservò i suoi amici buttarsi su quelle armi d'argento. Freddie inizialmente era piuttosto titubante, ma alla fine si decise ad afferrare una spada, e cominciò a menare fendenti al manichino.
Josh provò un po' di volte la lancia mentre Laura era concentrata sui coltelli. Solo lei non si era ancora decisa, solo lei era rimasta ferma, in piedi, nello stesso punto in cui era arrivata. Storse la bocca e si strinse nelle spalle: non le piaceva quell'idea delle armi. Fanie le passò vicino, e la ragazza la osservò: si muoveva leggiadra tra i suoi amici, guardando attentamente le loro mosse, le ali leggere che fremevano. Poi le rivolse uno sguardo di altezzosità, quasi, e Belle si sentì infiammare: ah no, non si sarebbe mostrata debole davanti a quella. Non le era mai piaciuta.
Respirò a fondo e si avvicinò ai suoi compagni. Considerò la lancia, ma le sembrò troppo pesante. Poi notò l'arco, ancora posto a terra, in attesa di qualcuno che lo prendesse, e sembrò attirarla.
Il tiro con l'arco l'aveva sempre affascinata, cosi decise di dedicarsi a quello. Prese in mano l'arco argentato, e notò che aveva due pietre grigie sui vertici che fermavano la corda, e una proprio al centro del fusto. Storse la bocca, poi fece spallucce si prese la faretra., afferrò una freccia argentata e incoccò. Respirò a fondo, regolò la mira con le labbra e osservò a lungo il suo obbiettivo. E poi scoccò. La freccia non colpì il centro esatto dell'arbusto, ma le sembrò un buon inizio.
– Come ti senti? – domandò una voce alle sue spalle. Si girò e si ritrovò davanti gli occhi verdi di Fanie, che le sorrise.
Belle abbassò l'arco – Nel senso? – domandò, fredda.
La fata le si avvicinò, osservandola con occhi scrutatori – Non...Non senti tipo un formicolio alle mani?
Isabelle la guardo storta – Eehm...No, mi dispiace. – alzò un sopracciglio.
Fanie sembrò delusa – Oh, capisco...Ci state mettendo troppo tempo. Prova un'altra arma, vuoi? –
– Ma io veramente... –
– Te lo consiglio vivamente. – tagliò corto la fata, incenerendola con i suoi penetranti occhi verdi.
Belle deglutì e annuì. Si avvicinò alla postazione dei coltelli da lancio, dove Laura aveva appena finito di provare – Sono piuttosto difficili da usare, sai? Non credevo. – la avvertì, porgendoli. Fanie si aggirava tra di loro, fissandoli irrequieta – Secondo te perché fa cosi? – domandò Isabelle all'amica. Questa alzò le spalle – Non so, forse si aspetta un qualche segno...Hai presente prima, quando ha detto che dobbiamo trovare la nostra arma? Credo sia un po' preoccupata perché finora nessuno di noi ha...sentito un certo legame con un'arma. Capisci? –
Isabelle annuì, fissando la fata. Laura la salutò e si avvicinò all'arco che l'amica aveva riposato a terra. La ragazza sospirò, puntando i suoi occhioni blu sull'obbiettivo. Afferrò un coltello, si concentrò, puntò, si preparò al lancio... – Ahi! – la voce di Laura la distrasse, facendo finire il coltello addosso ad un albero. Vide Freddie avere un tremito e gli chiese meltalmente scusa. Il ragazzo si avvicinò alla corteccia della vittima di Isabelle, tirò fuori il coltello e, con la punta delle dita, curò il taglio. Poi si concentrarono sulla loro amica che, in piedi davanti alla postazione di tiro con l'arco, fissava l'arco argentato sbigottita.
– Che è successo? – domandò Belle, avvicinandosi preoccupata. Laura si teneva la mano al petto, tremante – Io...Mi...Mi sono bruciata. – sussurrò, incredula.
Ora, la cosa può sembrare normale, può capitare a tutti, ma non poteva di certo capitare al Fuoco.
Belle le prese la mano e vide il palmo dell'amica ustionato – Tranquilla – le disse, chiudendole la mano nella sua – Ci penso io. – si concentrò e la mano di Laura si illuminò di azzurrino.
La ragazza sentì un certo sollievo, come se avesse infilato il palmo ustionato sotto un getto d'acqua fresca.
– Va meglio? – le chiese Belle, continuando il suo trattamento.
– Perfetto, grazie. – le disse, sorridendo. Fanie le raggiunse – Che è successo? – domandò con una strana luce negli occhi.
– Io...Non appena ho preso in mano l'arco mi sono bruciata. – spiegò in poche parole Laura.
La fata sorrise, entusiasta – Si, finalmente! – esultò, abbracciando Laura.
La ragazza rimase attonita dalla reazione della fata – Perché finalmente? –
Fanie scosse la testa, sorridendo – Ora lo capirai. Prendi l'arco. –
– Ma... –
– Prendilo. Non ti farà del male. –
Laura la fissò per un po', alzando un sopracciglio. Poi si diresse verso l'arco gettato a terra, e l'afferrò. Nel momento in cui le sue dita sfiorarono il metallo, l'arma venne avvolta da una luce rossa, e gli occhi di Laura divennero totalmente rossi. Le pietre che stavano ai vertici e davanti divennero rosse e subito anche le piume delle frecce si tinsero di un inquietante rosso sangue.
– Eccola, è la tua armaich. – le spiegò Fanie, porgendole la faretra. Gli occhi di Laura tornarono normali, e l'arco smise di illuminarsi.
– Io...mi sento strana. – sussurrò la ragazza, sfiorando le punte delle frecce. – Quasi completa. – aggiunse, fissando uno per uno i suoi amici. Nessuno di loro la capiva davvero, ma annuirono.
Belle sorrise – Che aspetti? Provala. –
Laura annuì e incoccò una freccia. Poco prima di scoccare, gli occhi le tornarono rosso fuoco, quindi scagliò la freccia che finì nel centro preciso del bersaglio. Attorno alla punta, le foglie dell'arbusto che lo componevano erano bruciate.
– Uao. – commentò Belle, studiando le foglioline. – Laurie, mi sa che da grande non potrai fare la guardia forestale. –
Laura sorrise, raggiungendo l'amica – Io..Non so come ho fatto. Non ho mai avuto un'ottima mira. – – Bè, ora di certo si. – le disse Belle, dandole una pacca sulla spalla.
– Bravissima, Laura, hai trovato la tua armaich. Ora dovrai allenarti duramente ogni giorno per poterti perfezionare. Quanto agli altri, dovete ancora cercare. Non perdiamo tempo. –
Isabelle rimase a fissare l'amica che, con un sorrisetto stampato in faccia, incoccò un'altra freccia fiammeggiante.
Sospirò, un po' invidiosa, e tornò ai suoi coltelli da lancio. Prese la mira, ma mancò di molto il bersaglio. “No” pensò “Non ci siamo. Non ci siamo proprio.” gettò i coltellini per terra, frustrata.
Si guardò intorno, scrutando Freddie e Josh, che stavano provando rispettivamente la spada e la lancia. Ma nessuno di loro riusciva a trovare la propria armaich.
Belle sospirò, quindi raggiunse Freddie, che aveva appena posato la spada, anche lui frustrato.
– Le ho provate tutte. – disse, quando l'amica lo raggiunse. – Tutte. Eppure non l'ho ancora trovata. – fissò Laura che lanciava dardi infuocati – Guardala, sembra cosi completa, cosi sicura dei suoi poteri. – Isabelle fissò la sua amica che, con il sorriso sulle labbra, aveva appena distrutto un bersaglio, lasciandolo bruciare. Belle si morse un labbro, poi diede una pacca sulla spalla del suo amico – Dai, ce la faremo. – gli disse, sorridendo. Lui le sorrise di rimando, quel suo sorriso perfetto che la fece un po' tremare. Scosse la testa: no, aveva scelto Josh, e ne era sicura. Ma certo non poteva negare di avere una certa chimica con Freddie. Si avvicinò alla spada argentata, fissando la pietra grigia posta sulla cima. Afferrò l'elsa e subito sentì un gelo percorrerle la spina dorsale, fino alla mano che stringeva la spada. Fissò l'elsa stupefatta: uno strato di ghiaccio aveva legato le sue dita alla spada. Incredula, la ragazza osservò il ghiaccio sparire dalla sua mano, e un formicolio percorrerle tutto il braccio destro. D'un tratto fu come se l'arma che teneva in mano pulsasse, come se avesse un cuore. La pietra in cima si illuminò di una luce azzurrina che circondò tutta la spada, e gli occhi della ragazza si illuminarono della stessa luce. Quando i suoi occhi tornarono normali, la pietra della spada non era più grigia, ma era stata sostituita da quella che sembrava un'acqua marina. Il metallo sembrava risplendere ancora di più e, nella sua testa, Isabelle sentì una voce cristallina “Io sono Cuan, la Spada del Mare. Sono la tua armaich.” La ragazza sbattè le ciglia scure “Come?” pensò, sapendo che in qualche modo la spada la potesse sentire. Pulsò tra le sue mani, e rispose “Sono la tua armaich, la mia mente si è fusa con la tua, siamo un solo corpo. Solo tu potrai toccarmi, e se mai mi perderai io tornerò da te. Ma se tu morirai, io morirò, e se io verrò spezzata, tu morirai.” la ragazza rabbrividì a quelle parole e accarezzò il metallo freddo “Ho capito, Cuan.” rispose. Senza accorgersene era stata raggiunta dai suoi amici, Freddie con dei coltelli in mano, Josh ancora con la lancia, e Laura con il suo arco, i cui rubini rilucevano.
– Io...L'ho trovata. – sussurrò Isabelle, puntando i suoi occhi in quelli verdi di Fanie.
La fata sorrise – Si, ce l'hai fatta. Ora quella sarà la tua armaich, trattala con cura. –
Josh le si avvicinò e le diede un lieve bacio a fior di labbra, che la fece arrossire – Bravissima. – le disse, sorridendo. Lei abbassò lo sguardo e sorrise imbarazzata. Gli diede una spinta sul petto – Ora muoviti, devi ancora trovare la tua. – gli disse, alzando lo sguardo.
Lui le sorrise e annuì, tornando a lavorare sulla lancia. Belle si concentrò sulla sua spada, osservandola da tutte le angolazioni: il metallo presentava degli stupendi riflessi oltremare, era molto lunga e sottile, appuntita, di sicuro avrebbe ferito chiunque e gravemente. “Provami.” sentì dire nella sua testa. Sorrise e si avvicinò al manichino di paglia. “Ok, ma sappi che non sono granché.” pensò, e le sembrò sentire una risatina.
Cuan pulsò, come se fosse impaziente di essere usata. Isabelle respirò a fondo, quindi menò un fendente. Lì per lì non accadde nulla, ma pian piano il busto del pupazzo scivolò a terra, lasciando soltanto la parte inferiore del corpo infilzata nel terreno.
– Notevole! – esclamò Fanie, passandole accanto. Belle sorrise soddisfatta “Sapevi che ci sarei riuscita, vero?” domandò nella sua testa, osservando Cuan. “Si. Fin dalla nascita noi due eravamo predestinate.” le rispose.
– Come si chiama? – una voce scoppiettante la richiamò dalle spalle.
Si girò, ritrovandosi davanti gli occhi nocciola di Laura.
Sorrise – Cuan. Ha detto di chiamarsi Cuan, la Spada del Mare. – le rispose, sfiorando l'acqua marina. – E la tua? – disse, ammiccando all'arco che teneva in mano.
– Lasair, l'Arco di Fuoco. – rispose sorridendo. Belle osservò l'arco dell'amica, e notò che il metallo aveva dei riflessi rossi.
– Strani quei riflessi. – commentò, alzando un sopracciglio.
– Quasi quanto i tuoi. – rispose l'amica, indicando la spada.
– Dipende dalla loro materia. – si intromise Fanie, sorridendo. – Quando l'armaich viene trovata dal proprio Elemento, la materia di cui è fatta cambia. Prima era di semplice argento, ora è di un materiale indistruttibile, legato all'Elemento. Per esempio, Lasair è fatto di roccia di Marte, il pianeta del Fuoco, cosi come la punta delle frecce. – disse, rivolgendosi a Laura. Poi si girò verso Belle – Invece Cuan è di rocce di Nettuno, il pianeta del Mare. – la informò, sorridendo.
Isabelle osservò la sua spada, e quasi si sentì più orgogliosa – Ho capito. – rispose, sorridendo.
Si avvicinò ad un altro manichino che Freddie aveva fatto crescere apposta per lei, disegnò un arco e, sotto i suoi occhi soddisfatti, la testa di paglia rotolò via. Sorrise.

Freddie era stanco. Molto stanco. Stava vagando per ore tra le armi, ma ancora niente. Laura e Belle avevano trovato le loro armi, ma lui e Josh ancora niente.
– Io provo i coltellini. – lo avvertì Josh, lasciandogli la postazione delle lance.
– Si, ok. – rispose frustrato Freddie. Lance. Le aveva già provate, ma niente. Pensò che la sua armaich magari non era tra quelle.
– Concentrati. – la voce di Fanie lo colse alla spalle.
Si girò, incrociando i magnifici occhi smeraldini della fata – Cosa? –
Lei si avvicinò, prese la lancia e gliela porse – Hai già provato, no? Ma concentrai. Forse l'hai già provata ma non c'eri davvero. – gli disse, sorridendo.
Lui deglutì e annuì – Ok, ci riprovo. – lei sorrise e si allontanò, osservandolo da lontano. Freddie afferrò la lancia, e subito sentì un certo formicolio. Non l'aveva mai provato prima, senza che se ne accorse, nel giro di pochi secondi, un ramo lo legò alla lancia.
– Che cosa... – esclamò, sorpreso. Era sorpreso, non spaventato. Perché era certo, in qualche modo, che quell'arma argentata non l'avrebbe ferito. Si girò di scatto verso Fanie, stupito – Io...Credo di averla trovata. – le disse, prima che le radici che gli avevano avvolto la mano avviluppassero l'intero fusto della lancia. Poi, una voce calda proruppe nella sua mente “Ciao, Freddie. Io sono Duille, la Lancia della Vita, perché è dalla Terra che spesso nasce la vita. Io sono la tua armaich.”
Freddie strinse la mano ancora più forte. “Ora siamo un'unica anima, la mia essenza si è fusa con la tua.” aggiunse la voce. Freddie annuì “Ho capito.” pensò, certo che Duille lo avesse sentito. E infatti la lancia sembrò emettere un certo calore e cominciò a illuminarsi di una luce verde, cosi come gli occhi di Freddie. Quando la luce scomparve, il ragazzo si sentì completo. Senza indugio tirò la lancia che andò a ficcarsi dritta nel centro del bersaglio. Sorrise compiaciuto.

Tirò di nuovo verso il bersaglio: a vuoto. Frustrato, Josh prese un'altra freccia – Ehi, ehi, stai finendo tutte le frecce nella tua faretra! Relax! E stai pure per far piovere! – commentò Laura, seduta vicino a lui, indicando il cielo che si era rannuvolato e dei tuoni che non promettevano nulla di buono.
– Scusa, ma proprio non so come fare: tu, Belle e Freddie avete trovato la vostra armaich...Ma io ancora niente. Perché sono sempre l'ultimo? – esclamò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli biondi, scompigliati già di loro. Lei si portò una mano sotto al mento – Andiamo, prova con i coltelli. – disse, ammiccando ai coltelli da lancio. Josh fissò Belle tagliare in due un manichino, i capelli castani legati in una coda alta, un sorriso soddisfatto stampato in faccia. Era ancora più bella cosi. La vide sfiorare la lama della sua spada, assumendo un'espressione orgogliosa. Aveva visto fare cosi anche Freddie e Laura, e voleva farlo anche lui. Si avvicinò ai coltelli, proprio vicino alla postazione delle spade. Isabelle soffiò per togliersi un boccolo dalla fronte e lo salutò – Ehi, Josh, ancora niente? – gli diede un bacio a stampo, poi tornò a disegnare archi letali con la spada.
– No. Ora proverò con i coltelli ma... – non lo fece finire di parlare perché lo baciò di nuovo, questa volta in modo più approfondito. Poi ridacchiò – Si, Cuan, ora torniamo ad allenarci. – Josh alzò il sopracciglio – Cuan? – domandò, fissandola interrogativo.
– Si, Cuan, la mia spada. Ogni Armaich ha un nome, sai? – gli sorrise mentre lui alzò le spalle e si diresse vero i coltelli che, disposti in file ordinate, aspettavano solo di essere lanciati.
– Ok, ce la posso fare. – si disse, prima di prendere in mano il coltellino.
E, non appena toccò il metallo, un specie di nuvola lo legò all'arma. Una voce che sembrava composta da almeno altre venti parlò nella sua testa “Finalmente, Aria. Noi siamo Neul, i flagelli delle Nuvole. Ti stavamo aspettando.” Josh sorrise: ce l'aveva fatta.



 


~Angolo Autrice
Ok, allora, che ne pensate? <3 Quelli che shippavano Josh e Belle sono stati accontentati, eh? :3 eheh...Mi piace tanto questa cosa delle armi, il fatto che siano collegate direttamente con gli Elementi..E voi, che ne pensate?
Nella foto all'inzio del capitolo è rappresentata Cuan, la spada di Belle, in teoria circondata dalla luce azzurra...ma ammetto che non mi sia venuta bene...
Bah. 
Lasciatemi una recensioncina! <3
Un bacione;
Luna









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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ~ Creideas ***


Eccomi qua, con un altro capitolo per voi <3
Allora, l'inizio può essere un pò...Noioso? Ma vi assicuro che andando avanti si infittisce di misteri e...bè, è piuttosto importante perché appare per la prima volta un personaggio moooolto importante.
Per cui spero andiate avanti con la lettura :3
Un bacione;
Gryfferine
P.S: Si, ho cambiato nome :')

 




~Capitolo 9~
Creideas
 

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I giorni, per un normale adolescente, trascorrono noiosi e ordinari

I giorni, per un Elemento, trascorrono più o meno similmente. L'unica differenza è che il primo passa i pomeriggi a studiare o a navigare in rete, il secondo a maneggiare le armi.
Belle stava giusto provando qualche affondo nel giardino di casa sua, dove il suo amico, Freddie, le aveva fatto crescere dei manichini d'erba che, magicamente, si riformavano ogni volta che venivano distrutti. La pietra azzurrina in cima all'elsa della spada riluceva ormai da quando aveva trovato la spada, la sua Armaich.
Cuan, la Spada del Mare. Aveva un legame con quell'arma, e non l'avrebbe mai immaginato.
Molte cose le erano successe quell'anno che non avrebbe mai immaginato.
Cuan pulsò nella sua mano, come se volesse essere usata al più presto. La ragazza sorrise, stringendo l'elsa “Si,si, ho capito. Ora ci alleniamo.” pensò, sicura che l'Armaich l'avrebbe ascoltata. E infatti il metallo della spada si riscaldò. Belle osservò ancora una volta la lama dai riflessi bluastri, lama composta da un materiale incredibile: roccia del pianeta Nettuno.
Neanche due mesi prima era una semplice adolescente con alcuni problemi familiari, ma pur sempre una normale adolescente. E ora si ritrovava ad avere dei poteri. Alzò il dito, come per dimostrare ciò che aveva appena pensato, e l'acqua del piccolo laghetto su cui galleggiava la barchetta che aveva costruito con suo padre si mosse, facendo muovere l'imbarcazione.
Sorrise, prima che Cuan pulsasse di nuovo. “Ok, ok...” sbuffò, concentrandosi. Chiuse gli occhi, e la spada venne circondata da una luce azzurrina. Un filo d'acqua, come un piccolo fiume, circondò la lama. E quando Belle aprì gli occhi, illuminati di una luce azzurra, e menò un fendente, insieme alla testa del manichino cadde anche una cascata d'acqua che inzuppò dalla testa ai piedi la ragazza.
Osservò la sua canottiera a righe colorate grondante d'acqua, i suoi pantaloncini bianchi inzuppati e le converse rosse che probabilmente sarebbero diventate rosa dopo quella pioggia.
Cominciò a ridere, cominciando a girare su se stessa, spargendo gocce d'acqua dai capelli bagnati.
– Ehi, ehi! Vacci piano o ti sostituiremo come idrante! – la voce di Laura la costrinse a fermarsi, la testa che le girava e il sorriso stampato in faccia – Laurie! Incredibile! Non sai che ho fatto! –
Laura sorrise, alzando un sopracciglio – Posso immaginare... – disse, guardandola dalla testa ai piedi.
– Dai, ci penso io... – sussurrò, passando una mano davanti al corpo dell'amica che si asciugò in un baleno. – Grazie, ma stavo bene anche cosi! – commentò Belle, continuando a sorridere.
Poi notò l'arco in mano dell'amica – Ti stavi allenando anche tu, eh? – le domandò, indicando l'arma. Laura l'alzò per osservarla meglio – Si, infatti. Riesco a scoccare frecce di fuoco davvero incredibili. E, se voglio, alcune le posso persino far esplodere. E' davvero divertente, anche se ho ucciso malamente un bel po' dei manichini di Freddie...Anzi, ero venuta qua per chiederti di spegnere un...ehm...piccolo incendio... – sussurrò, abbassando lo sguardo.
Isabelle la scrutò, scoppiando a ridere – Ok, fammi vedere, incendiaria! –
Tutto sarebbe stato perfetto. Ne era sicura. Si sentiva quasi sicura da quando aveva trovato Cuan.
Seguì l'amica sul retro della casa, dove si trovava un altro giardinetto. Qui, resti carbonizzati di quelli che dovevano essere arbusti giacevano a terra. Uno solo continuava a bruciare, lanciando scintille e consumando lentamente il manichino. Belle mosse lievemente la mano, creando attorno al suo braccio una scia d'acqua. Bloccò la mano di colpo, in direzione del piccolo incendio e subito la scia d'acqua si riversò sull'arbusto, spegnendolo di colpo.
– Grazie! – rispose imbarazzata Laura, posando a terra l'arco accanto alla faretra.
L'amica sorrise – Di niente! –

Josh entrò in casa, sbattendo per caso la porta. Alzo le spalle, infastidito dal rumore.
– Sono a casa! – gridò subito dopo, rivolto a chiunque fosse stato nell'abitazione.
Nessuno rispose. Alzò un sopracciglio, quindi buttò il mazzo di chiavi nel posa cenere vicino alla porta d'ingresso, dove tutti posavano chiavi, carte, gomme... Notò che un altro mazzo era stato messo lì, un mazzo con una grande J rossa. Sua madre era a casa.
– Mamma? – chiamò, girando per la casa. Andò in cucina, aprì il frigo e ne tirò fuori una lattina di Diet Coca. Magari si era scordata le chiavi quella mattina. Fece per andarsene quando trovò sul piano cottura delle cartelle bianche, cartelle che presentavano in blu, il nome di una famosa clinica della città.
– Mamma? – chiamò ancora, preoccupato, vedendo il nome “Jennifer Nuage” scritto in basso a destra.
Aprì la cartella, solo per trovarla vuota. Il cuore cominciò a battergli a mille.
Salì le scale di corsa, continuando a chiamare la madre a gran voce. Spalancò la porta della camera matrimoniale e finalmente la trovò: seduta sul letto, lo sguardo assente, teneva in braccio i piccoli Jona e Molly, i gemelli di appena dieci mesi. Li cullava lentamente, fissando la parete scura, le finestre chiuse, le persiane sbarrate. Josh andò ad aprire le imposte, facendo entrare la luce e aria fresca, ma questo non scompose la madre.
Buttati sul letto stavano numerosi fogli compilati minuziosamente sui quali il ragazzo notò di nuovo il nome della clinica.
– Mamma! – gridò, avvicinandosi. La donna sembrò ridestarsi – Josh? Sei a casa! Non urlare che svegli i gemelli... – sussurrò. Si alzò, sistemando i figli nei lettini addossati alla parete della camera. La loro cameretta era ancora da sistemare, quindi fino ad allora loro avrebbero dormito con i genitori.
Posti i bambini, Jennifer Nuage lasciò la stanza, sorridendo stanca al figlio maggiore.
Quest ultimo afferrò i fogli e, senza leggerli per la troppa paura, seguì la madre.
– Che è successo? Cosa dicono? – la donna era scesa in cucina dove si stava preparando una tisana.
– Nulla di cui tu debba preoccuparti. – rispose distratta la donna.
– Mamma...Per favore. Voglio sapere. Che ti hanno detto? E'... – non finì la frase, non poteva.
Lei non gli rispose, intenta a cercare l'infuso per la sua tisana.
Dopo almeno dieci minuti di silenzio, si fermò. – Sai leggere, no? Fallo. Leggi quelle cartelle cliniche e potrai risponderti da solo. – disse, la voce ridotta ad un sussurro.
Tornò al suo lavoro, ignorando il figlio che, con mani tremanti, girò piano i fogli per poter cominciare a leggerli.
Le analisi della madre erano state riportate minuziosamente, come soleva fare. Non riusciva a comprendere molte cose, un po' per l'agitazione, un po' perché non era mai stato bravo in scienze e quindi non l'aveva mai studiata davvero.
E poi, il verdetto. Dopo poche righe, Josh lasciò cadere i fogli che, con un lieve tonfo, toccarono il pavimento. La madre chiuse gli occhi respirando a fondo.
Piccoli singhiozzi si levarono da dietro di lei, dal luogo in cui Josh si era seduto.
– Pa...Papà lo sa? – domandò, la voce rotta. Lei si girò lentamente, sfoderando un sorriso fuori luogo – No, non ancora. Volevo parlarne stasera...Ho ritirato le analisi subito dopo l'ufficio e... – non finì la frase, perché si avvicinò al figlio che, chinata la testa, piangeva in silenzio.
– Josh...Non c'è bisogno di piangere...Insomma...C'è ancora speranza. – sorrise debolmente, cercando di sollevare almeno un po' l'animo del figlio.
Non ci riuscì.
Josh alzò lo sguardo, quasi arrabbiato con lei – Come fai? – le domandò, a denti stretti. – Come fai ad essere cosi tranquilla? Non c'è ancora speranza ,mamma. Smettila di fare la bambina e di credere in tutto. Smettila. Sei adulta. Guarda le cose come stanno, guarda le cose razionalmente. –
Lei sembrò quasi ferita dalle parole del figlio, ma sorrise lo stesso – Tesoro, io invece ti dico di guardare le cose dal lato positivo, ottimisticamente. Se non lo farai, finirai per deprimerti e perderti le bellezze della vita. – tossì fragorosamente e Josh chiuse gli occhi, facendo scorrere le lacrime.
Un pianto di bambino spezzò l'aria tesa. Jennifer lanciò un ultimo sguardo dolce al figlio prima di salire le scale.
Il ragazzo rimase a lungo cosi, con gli occhi chiusi. Poi li riaprì di scatto, si asciugò le lacrime con un gesto nervoso della mano, gettò i fogli sul piano della cucina e si diresse verso l'ingresso, dove prese al volo lo zaino che aveva posato poco prima. Sbatté la porta, e i fogli volarono via per la corrente d'aria provocata, rivelando una frase che avrebbe segnato a vita la signora Nuage: “Tumore al polmone.”

Il ragazzo camminava svelto, cercando di smorzare le lacrime. Non aveva molti posti dove andare non voleva stare da solo. Ma sapeva che nessuno l'avrebbe mai capito quanto quella persona.
Nessuno l'avrebbe mai capito quanto lei.
Ormai conosceva la strada a memoria, ormai aveva percorso quei passi numerosissime volte.
Raggiunse il cancelletto blu che il sole stava ormai tramontando e, la prima cosa che notò, fu che il profumo salmastro che caratterizzava la casa della famiglia Eau era stato sostituito da un odore di bruciato.
L'odore era cosi acuto che il naso cominciò a pizzicargli e nuove lacrime cominciarono a scorrere dagli occhi “Almeno ho una scusa per aver pianto...” disse, avvicinandosi verso la porta.
Fece per bussare, quando sentì un urlo provenire da dietro la casa. Un urlo che riconobbe subito.
Quell' urlo apparteneva a Isabelle. Corse oltre il muretto, incurante di ciò che avrebbe potuto vedere.
Ma, quando finalmente raggiunse il retro della casa, non c'erano male intenzionati o mostri, o cattivi, ma solo due ragazze che lui conosceva bene.
– Scusa!! – gridò quella dai capelli neri e lisci che stringeva tra le mani un arco argentato con due rubini che fermavano la corda e uno incastonato al centro del fusto che per un attimo lo accecò, rivolgendosi all'altra ragazza che si stringeva la mano che ora risplendeva di una luce azzurrina.
– Tutto apposto tranquilla. – disse, quando l'arciera la raggiunse.
– E allora perché hai urlato? – le chiese finalmente Josh, con il fiatone.
Belle si girò, sorpresa, e con un grosso sorriso stampato in faccia, gli occhi blu che le luccicavano.
Il suo sorriso riuscì a riscaldare il cuore del ragazzo, scosso da tante emozioni.
– Ciao! – lo salutò, arrossendo. Laura sorrise furbetta – Vado a prendere un bicchiere di tè freddo...Tutto quest'allenamento mi ha messo sete... – disse, entrando in casa dalla porta sul retro.
Josh si avvicinò a Belle che ancora teneva la mano stretta nell'altra e notò che portava alla cintura una lunga spada argentata con un'acqua marina sull'elsa. Sfiorò per un attimo la spallina dello zaino, poi tornò a concentrarsi sulla ragazza che aveva abbassato lo sguardo.
– Che ti sei fatta? – le domandò, prendendo delicatamente la mano.
La ragazza aveva creato un sottile strato di ghiaccio sul palmo – Mi sono scottata, ma sto benissimo. Non toccare troppo il ghiaccio che poi si scioglie ed è una seccatura. – Josh sorrise debolmente, sfiorando con la punta dei polpastrelli la mano della ragazzo.
– Come hai fatto? – domandò, non sicuro di volerlo sapere.
– Stavo aiutando Laura con l'allenamento – cominciò – aveva appena fatto centro con una freccia di fuoco, la stavo per prendere per potergliela riportare, solo che ha lanciato qualche scintilla e io mi sono scottata. – spiegò, un po' imbarazzata.
– Ah, capisco. – rispose lui distratto.
Lei alzò lo sguardo, fissandolo scrutatrice, mettendolo in soggezione – E' successo qualcosa, Josh? – chiuse la sua mano in quella del ragazzo che gliela strinse dolcemente.
– Effettivamente si. Tu...Tu sei l'unica che può davvero capirmi. – gli sussurrò.
Belle lo condusse al piccolo divanetto di paglia che tenevano in giardino. Da piccola, lei e la sorella, avevano incastrato nella parte inferiore ,tra i piccoli nodi ,delle conchiglie rendendo il divanetto perfetto per la loro casa. Josh sorrise vedendole, quindi si sedette accanto alla ragazza.

– Di che si tratta? – domandò Belle, sorridendogli dolcemente e abbracciandosi le ginocchia.
– Tu...Tua madre com'è morta? – domandò con un fil di voce il ragazzo.
Isabelle si irrigidì, poi fissò delle peonie rosa pallido che crescevano lì vicino – Tumore al pancreas. Incurabile. – rispose, secca, fissando i petali del fiore.
Josh la fissò a lungo e notò che gli occhi della ragazza si erano velati. Belle scosse la testa, sorridendo – Perché? –
Lui abbassò la testa – Si...Si tratta di mia madre. – rispose, portandosi le mani alla nuca.
Lei gli sfiorò la mano – Anche lei... –
– Ai polmoni. – finì il ragazzo.
Una folata di vento scompigliò i capelli dei due, facendo rabbrividire Belle. Josh non sembrava sentire freddo.
Il ragazzo continuava ad osservare il praticello verde sotto i suoi piedi, ignaro degli sforzi che faceva Belle.
“Cosa potrei dirgli? Cosa volevo che mi dicessero quando mia madre se ne andò? Volevo solo stare da sola. Nessuna delle loro parole poteva riportarmela indietro. Era inutile ricevere le loro condoglianze, nessuno mi avrebbe ridato la mia mamma. Volevo stare da sola.”
– Vuoi...Vuoi stare da solo? – gli domandò, stringendogli la mano per fargli sentire che per entrambe le risposte, lei gli sarebbe stato accanto comunque.
– No, anzi. Voglio sapere come hai fatto tu a superarla. –
– Josh, tua madre non è morta. – gli disse pronta lei.
Josh alzò gli occhi al cielo – Ma tra poco lo sarà. –
– Ci sono speranze, insomma, magari è ad uno stadio tale da poterlo fermare! – commentò la ragazza.
– No, ormai è tardi. Ho paura a sapere quanto le rimarrà. – rispose freddo lui.
Belle lasciò la sua mano, impuntandosi – Josh, stai tranquillo, riusciranno a guarirla...Spesso ci riescono. –
– Si certo! E tua madre? Tua madre l'hanno guarita? – rispose lui con una nota di sarcasmo.
Lei si fece tutt'un tratto seria e fredda – Il tumore di mia madre era uno dei più rari e difficili da curare. Non è la stessa cosa. –
Josh si morse un labbro: aveva esagerato. Abbassò la testa, pentendosi delle sue parole. Ma perché continuavano a dirgli che c'era la possibilità che lei si salvasse?
– Perché ti ostini a dire che non ci sono possibilità? – domandò la ragazza, accucciandosi meglio sul divanetto.
Non rispose.
– Quando mia madre si ammalò, speravo che qualcuno mi dicesse che ci sarebbero state possibilità di salvarla. Ma quando lo chiedevo a mio padre o a mia sorella, loro chiudevano gli occhi, spesso piangevano o si giravano dall'altra parte. Ora che per tua madre c'è la reale possibilità di salvezza, perché devi essere cosi pessimista? La farai stare peggio, ora ha bisogno solo di speranza. E tu stai peggiorando la situazione, fattelo dire. – si alzò, diretta verso la porta di casa. Ma prima di andarsene si girò verso il ragazzo e gli diede un lieve bacio sui capelli, accarezzandogli il dorso di una mano.
Quindi si voltò e corse in casa, la spada argentata che ballava appesa alla cintura.

Le finestre erano spalancate, lasciando entrare l'aria gelida invernale. A Gorm, l'inverno occupava tutto l'anno. Ma non era l'inverno dolce, bianco e pieno di speranza che spesso scendeva sulla terra.
A Gorm, l'inverno era pregno di oscurità. Ed era per questo che
lei amava tanto quella città.
Si affacciò alla finestra, scrutando i tetti neri e lucidi della città. Sorrise, compiaciuta di ciò che vedeva. Silenzio. Non c'erano rumori per strada, nessun uccello nel cielo grigio.
Qualcuno bussò alla porta, ed ella alzò gli occhi al cielo.
– Avanti! – gridò, con voce annoiata.
Una giovane donna dall'aria impaurita si fece avanti – La...La Domina vi richiede, signora. –
La signora si girò, sorridendo maligna – Va bene, Phoe, vai ora. Lasciami sola. – la serva si inchinò, obbedendo alla padrona. Chiuse la finestra e si rimirò nel riflesso del vetro: capelli neri come la pece, viso bianco su cui spiccavano due labbra rosse, in tinta con gli occhi allungati, di un rosso cremisi. Sorrise, rivelando una fila di denti perlacei. Si aggiustò l'abito scuro, sistemando le maniche di pizzo e afferrò una limetta dalla toletta, limandosi le lunghe unghie rosse.
Buttò la lima sul letto – amava mettere in disordine, solo per osservare la disperazione delle domestiche – e si diresse verso la porta d'ebano, aprendola. Con passo leggero, camminò lungo il corridoio, illuminato debolmente da quelli che sembravano Fuochi Fatui.
Arrivò ad una scala a chioccola, nascosta alla vista. Si guardò attorno circospetta, quindi scese i gradini fino ad arrivare a quelle che sembravano le cantine di un antico castello. L'odore del vino invecchiato aleggiava per i corridoi che sembravano non finire mai, come in un labirinto.
Ma lei sapeva bene dove andare.
Girò innumerevoli volte, fino a raggiungere quella che sembrava un'enorme otre di ceramica nera.
Si guardò attorno, certa che nessuno l'avesse vista; quindi tastò la parete umida, trovò una piccola incisione, una runa, la premette e la grande otre si spostò attaccata ancora all'intera parete che si mosse, rivelando un passaggio. Non appena posò un piede sul primo scalino di pietra di quel passaggio, la parete si richiuse, lasciandola al buio. Alzò un dito sul quale soffiò delicatamente, e una piccola fiammella azzurrina si creò, staccandosi dalla punta del suo indice e precedendola lungo il percorso, facendole luce. Il rumore dei suoi passi risuonava all'interno di quel luogo che sembrava isolato, unico odore la muffa che cresceva sulle pareti. Infine, si ritrovò in un immensa sala, occupata da quello che sembrava un grande lago nero. Dall'altra parte della superficie scura, un trono di diamante nero, sul quale stava una figura incappucciata. La donna toccò la superficie dell'acqua con la punta di un piede e, non appena le increspature create raggiunsero il trono, la figura alzò il volto, rivelando un viso di porcellana, bianco, come se fosse morto. Aprì gli occhi, una semplice palla bianca senza pupilla. Le labbra erano cucite, eppure parlò: una voce cupa, formata da altre cento si propagò per il luogo.
Finalmente. – pronunciò la Domina Mors.
La donna deglutì, inchinandosi – Mia signora. Mi avete chiamato? –
Infatti. Sono delusa da te. Perché non hai ancora agito? – domandò l'essere.
– Sto progettando un buon piano, mia signora. Dobbiamo prendere le giuste precauzioni, non conosciamo l'immenso potere degli Elementi. –
Una risata tagliente si propagò per la stanza, e la creatura increspò appena le labbra, tirando i fili scuri che le cucivano –
Gli Elementi sono dei semplici ragazzini, bambini quasi. Feaw mi ha sorpreso, non la credevo tanto stupida da nominare Elementi quei quattro. Non voglio discussioni. Devi agire. –
– Ma la fata... –
Quella sciocca fata degli alberi! Ti spaventa cosi tanto? Eppure tu sai che i tuoi poteri sono nettamente superiori ai suoi, l'hai sempre saputo, anche prima di diventare cosi, anche prima di passare dalla mia parte, dalla parte dei vincenti. Mi deludi.
– Mia signora, la prego di darmi la possibilità di ricredersi. Io...Sono certa di non fallire. Colpirò oggi stesso, non la deluderò più. –
Mi fido di te, Carnill.

Il ragazzo spalancò gli occhi verdi, sudato. Si mise seduto sul letto, portandosi una mano alla fronte, respirando a fondo.
“Un sogno, solo un sogno...” pensò, cercando di rassicurarsi. Respirò profondamente un altro paio di volte, finché il battito non si fu regolato. Girò lo sguardo, osservando la lancia posata alla parete: Duille, la lancia della vita, la sua Armaich. La osservò per un buono quarto d'ora, affascinato dai riflessi che lo smeraldo incastonato appena sotto la lama lanciava sulle pareti. Quella che sembrava una lunga radice correva lungo tutta l'asta, attorcigliandosi in tutti i modi, creando magnifici disegni. Quella radice l'aveva creata lui, in qualche modo, non appena era entrato in contatto con l'arma. Osservò la parete, oltre la quale la sorella dormiva profondamente. O almeno pensava.
Ormai aveva riconsiderato la sua cara e dolce sorellina, e quasi ne aveva paura. Conosceva le fate, o comunque le creature magiche visto che quella nella sfera verde certo non era umana.
Gli nascondeva qualcosa, ma non aveva ancora trovato il coraggio di domandarle cosa.
Cosa poteva, d'altronde, una semplice quindicenne umana, nascondere al fratellone, un Elemento scelto da Madre Natura in persona?
Madre Natura. Un'altra incognita nella sua vita. Sapeva della sua esistenza, sapeva che era stata lei a decidere l'incarnazione degli Elementi in lui e nei suoi compagni. Sapeva dell'esistenza di un'entità malvagia, la Domina Mors, che voleva, per qualche motivo, distruggere l'umanità, la Natura.
Rabbrividì, pensando al suo sogno: sua sorella, serva della Domina Mors, che uccideva crudelmente Fanie. Fanie. La fata che gli aveva rubato il cuore. Ecco, Fanie era un altro mistero: non poteva essersene innamorato, insomma, era una fata. Non potevano. Lui era il suo sovrano, gliel'aveva detto esplicitamente. La Terra, governa su tutte le creature legati in qualche modo ad essa. E Fanie era una Fata dei Boschi, strettamente legata al suo elemento. Quindi no, non poteva nascere nulla tra di loro. Doveva mettersi l'anima in pace. Ma Alice...Gli avrebbe parlato la mattina. Guardò l'orologio: le sei del mattino.
“Ok, non appena esce dalla stanza glielo chiedo.” si decise, buttando via le coperte e alzandosi.
Filò in bagno dove si fece una lenta doccia, crogiolandosi sotto l'acqua calda. Si vestì tranquillamente, fece colazione, lavò persino i piatti, quindi si preparò davanti alla camera della sorella. Intanto era passata un'ora, erano le sette, e la sveglia di Alice suonò la canzoncina del Bianconiglio di Alice nel Paese delle Meraviglie.
– E' Tardi è Tardi! Oh com'è tardi! – si sentì un botto e Freddie sorrise. Probabilmente la sorella aveva buttato la sveglia a terra, sapeva quanto lei amasse dormire.
Sentì dei piccoli rumori, segno che si stava alzando, quindi la porta si aprì, rivelando una ragazza dai capelli rossi legati in una treccia spettinata, pantaloni a scacchi verdi e una canottiera bianca.
Scalza, sbadigliò e si diresse in bagno, farfugliando qualcosa.
– Ali! Ehi, dovrei parlati! – la seguì Freddie, che per poco non si beccò la porta dritta sul naso.
– Yawn, aspetta fratellone... – rispose Alice da dentro. Dopo molto tempo, la sorellina uscì, pettinata, fresca e truccata. Tornò in camera dove svuotò l'armadio, in cerca di qualcosa.
– Ali, volevo chiederti delle cose riguardo alla...sfera verde. – la sorella sembrò non averlo sentito, oppure fece finta di non averlo fatto. Tornò in bagno, e, quando uscì, tornò di corsa in camera, a preparare la borsa con i libri.
– La sfera verde? – domandò infine, notando che il fratello non se ne andava.
– Si, quel tuo orecchino che è diventato una grande sfera luminosa dentro la quale c'era una persona. – le ricordò.
Lei lo guardo interrogativa – Sei sicuro di stare bene? Un orecchino diventato una sfera luminosa? – Lui indicò la piccola perlina smeraldo che portava all'orecchio – Quello. Avanti, prendilo, e vedrai cosa diventerà. – Alice si portò una mano all'orecchio, pronta a toglierlo, ma poi sembrò ripensarci – Sono in ritardo e non ho tempo per dar retta alle tue pazzie. Ci vediamo a pranzo, ok? Buona giornata. – lo liquidò, dirigendosi a grandi passi verso la cucina, dalla quale si sentiva un buon odorino di frittelle.
Freddie la seguì, e la osservò mangiare, finché non ripose i piatti nel lavandino e uscì di casa.
Il fratello non la lasciò sola un minuto – Avanti, parliamone! Perché conosci...la magia? –
Alice si fermò in mezzo alla strada – La magia? –
Lui la fissò, determinato a farlo parlare – Ali, voglio sapere cos'è quella sfera. –
La sorella si morse un labbro, poi alzò gli occhi al cielo – E' una sfera comunicante. Contento? –
– Ok, questo l'avevo quasi capito da solo. Ma chi è la tipo all'interno? –
– Ti ho detto che non ho tempo. – concluse lei, accelerando il passo. Nel mentre, una ragazza passò con una vespa celestina.
– Ehi, Ali! Vuoi un passaggio? – domandò la ragazza, porgendole un casco rosa.
– Giusto in tempo. Grazie Tiffany! Ci vediamo, Freds. E basta con le domande. – disse la sorella, raggiungendo l'amica e saltando in sella dietro di lei.
Il motorino partì a tutto gas, lasciando Freddie da solo sul marciapiede, con mille domande e dubbi in testa.

– E se n'è andata? Cosi? Senza dire nulla? Freddie, sei inutile. – Laura alzò gli occhi al cielo, commentando il racconto dell'amico.
Freddie trattenne a stento una risatina: il comportamento di Laurie lo metteva sempre di buon umore, amava la sua ironia.
– Già, lo so. Ma oggi appena la rivedo la tampinerò. – aggiunse lui, riponendo i libri nell'armadietto. Laura sospirò, stringendosi il libro di Algebra al petto.
– Che hai, Laurie? – gli domandò lui.
Lei fece una smorfia – Mi preoccupano Belle e Josh: stanno insieme da neanche due settimane, e hanno già avuto una piccola discussione, l'altro giorno, riguardo la madre di Josh. –
Freddie si morse un labbro: sapeva della signora Nuage.
– Lascia tempo a Josh di metabolizzare la notizia. E' dura. – gli rispose lui, chiudendo l'armadietto.
Laura annuì – Si, lo capisco, ma...Non lo so. Dovrebbe lasciare che Belle gli stesse vicino, invece mi sembra che la stia allontanando. –
Freddie storse la bocca, pensieroso. Alzò le spalle – Magari vuole solo un po' di spazio. Davvero, lasciagli tempo, io lo conosco. Quando si sentirà pronto parlerà di nuovo a Isabelle. Ha...Solo bisogno di stare da solo. –
L'amica sorrise – Si, forse hai ragione. Dopo tutto io lo conosco da meno tempo. –

– Hai tempo? – Belle fu sorpresa alle spalle da una voce cristallina, maschile, che ben conosceva.
– Josh! – si girò di scatto, sorpresa dal fatto che il ragazzo le parlasse – Non mi hai più cercata in questi giorni... – sussurrò, abbassando lo sguardo. Lui le prese il mento tra le mani, sorridendole – Scusami, piccola, volevo stare un po' da solo.. –
Belle rabbrividì: non l'aveva mai chiamata piccola. La cosa la mise un po' sulla guardia. Poi fissò gli occhi grigi del ragazzo, e lo riconobbe – Ok, va bene. – lui le accarezzò una guancia con l'indice – Ti va se oggi pomeriggio ci vediamo? Vorrei distrarmi un po'. –
– Certamente! – rispose subito lei, arrossendo. Josh sorrise, un sorriso che per un attimo inquietò la ragazza. Non lo aveva mai visto sul volto del suo ragazzo.
– Ok, allora ci vediamo al parco,dopo la scuola, dietro il ciliegio dove...Mi sono dichiarato. –
Lei alzò un sopracciglio, poi sorrise dolcemente – Perfetto. – scoccò un lieve bacio a fior di labbra al ragazzo. Se ne andò sorridendo, camminando all'indietro e osservando il suo ragazzo sorriderle di rimando. Belle sentì di nuovo quel brivido lungo la spina dorsale, e non le piacque affatto, come non le piaceva quel sorriso sul volto di Josh.

L'ultima campanella suonò, svegliando Isabelle dal dormiveglia della lezione di Storia.
– Dovresti smetterla si addormentarti sempre! – la rimproverò Laura, accanto a lei.
– Scusa, ma le lezioni del Bennett non le sopporto.... –
– Si, e poi prendi sempre A... – sbuffò Laura, facendole l'occhiolino.
Belle alzò le spalle, prendendo la borsa e seguendo l'amica fuori dall'edificio.
Laura cominciò ad incamminarsi verso casa, ma l'amica la fermò – Senti, io mi vedo al parco segreto con Josh... – disse, abbassando lo sguardo. Laura sorrise beffarda – Uhuh, capisco...Ah bè, allora mi sbrigo a tornare a casa, cosi puoi raggiungerlo! – Belle le diede un pugnetto sul braccio ridacchiando – Faresti bene ad andartene, si! – esclamò, facendo ridere anche l'amica che, salutandola con la mano, cominciò ad andare verso casa.
Isabelle sorrise, fissandola camminare e tirare fuori l'Ipod dalla cover rossa. Incredibile quanto l'amica amasse il rosso. Più di quanto lei amasse il blu. Alzò le spalle e cominciò a dirigersi verso il Parco Segreto, quel parco annesso al liceo, sul retro, pieno di ciliegi ora in fiore.
Sorrise, pensando a quando lì Josh le si era dichiarato. Ancora non era certa di ciò che provava per lui, inoltre quello era davvero un brutto periodo per lei: il ritorno di suo padre, l'aborto naturale della sorella...Avrebbe voluto dimenticare. Ma, ovviamente, non poteva.
Oltrepassò il cancello arrugginito, entrando nel parco. Notò con stupore che non c'era nessuno “Strano” pensò “Eppure è una bella giornata.”
Si addentrò più a fondo, fino a raggiungere il ciliegio sotto il quale Josh le aveva detto di amarla. Era piuttosto isolato, e il suo preferito. Ad attenderla il ragazzo, in piedi, le braccia incrociate, il sorrisetto beffardo che le aveva fatto venire i brividi che ora le ripercorrevano la schiena. Scosse la testa: perché quella sensazione? Era Josh, il suo Josh.
– Ciao. – la salutò lui, prendendole la mano delicatamente. Un senso di tepore la pervase, sopprimendo i brividi.
– Ciao. – lo salutò di rimando, sedendosi accanto a lui sotto l'albero in fiore.
– Allora, come va? – gli domandò, fissandolo a lungo. Il vento gli scompigliava i capelli biondi, rendendoli più sbarazzini di quanto non lo fossero già. Lui alzò le spalle – Bé, insomma. E' una situazione un po' difficile. – Belle gli prese la mano – Ti capisco. E se vuoi stare da solo...Capisco anche questo...insomma, quando mia madre si ammalò...Volevo solo stare da sola. – disse, alzando le spalle.
Josh le sorrise – Si, esatto. –
Rimasero per un po' cosi, a fissarsi negli occhi, a tenersi per mano.
Poi il ragazzo sembrò ricordarsi di qualcosa – Ehi, non ti ho salutata come si deve! – esclamò, avvicinandosi a lei.
Belle rise mentre il suo viso si faceva sempre più vicino a quello del ragazzo finchè lui non le sfiorò le labbra con un bacio che ebbe il piacere di approfondire.
Eppure...Eppure qualcosa non andava. Non stava provando le stesse sensazioni che provava di solito, ma attribuì la causa al bruciore accanto all'ombelico, che la distraeva non poco.
“Belle!” la voce di Cuan la distrasse ancora di più. Perché la stava chiamando in quel momento? Sentì una cosa fredda che le pungeva la schiena, come una puntura fastidiosa.
Un altro brivido le percorse quindi la spina dorsale e la pancia le bruciò talmente tanto che dovette staccarsi. E quando lo fece, si accorse che i suoi dubbi erano fondati: si alzò di scatto, portandosi una mano alla bocca, perché gli occhi grigi del suo ragazzo erano diventati rossi cremisi. Il sorrisetto beffardo stampato ancora in faccia.
– Chi...Chi sei? – domandò con voce fiele. Josh – o almeno chi ne aveva preso l'aspetto – si alzò, sogghignando. D'un tratto un'ombra nera coprì il sole, come un'eclissi. Gli alberi appassirono, i petali rosa dei ciliegi caddero morti, scuri, sulla terra diventata secca e spaccata. I tronchi erano grigi, i rami piegati, stanchi. Sembrava che la primavera fosse stata sostituita da un autunno, o meglio da un
inverno malvagio.
Belle strinse i pugni – Tu non sei Josh. Chi sei? – sputò la ragazza, recuperando il coraggio e fissandolo in cagnesco. Gli occhi si illuminarono di una luce rossa che per un attimo accecò la ragazza – Perspicace. – sibilò una voce, e subito Josh venne inglobato da una nube nera.
“Cuan!” chiamò Belle nella mente. Subito una colonna d'acqua si materializzò tra le mani della ragazza, lasciando piano piano posto alla sua fedele spada. Belle si mise in posizione da combattimento, quando la nube nera che aveva circondato il finto Josh scomparve, rivelando una splendida donna dai capelli corvini, a caschetto, occhi rosso cremisi e un lungo abito nero con le maniche di pizzo e la gonna che sembrava finire in una nuvola oscura.
– Chi sei? – domandò nuovamente Belle, stringendo l'elsa della spada.
– Il mio nome è Carnill, Uisge. E dovresti portarmi più rispetto, sai? – sibilò la donna, assumendo tuttavia un'espressione docile.
– Carnill? Ma.. –
– Si, quella stupida Sophie ha scritto una storia su di me e bla bla... – disse, annoiata, alzando gli occhi al cielo.
– Vuoi dire che tu eri una fata? – domandò stupefatta la ragazza.
Carnill sbatté le ciglia scure – Sono una fata, sciocchina. Ma una fata delle tenebre. – la donna cominciò a camminare in cerchio e, quando si trovò di spalle ad Isabelle, la ragazza notò due grandi cicatrici nere aperte sulle scapole, ben visibili dalla scollatura vertiginosa sulla schiena dell'abito.
Isabelle rimase sconcertata – Ma come faceva Sophie a... – la fata non la fece finire perché gridò, irritata – Basta con le domande! Sono qui per eliminarti, sciocca! – alzò le mani e una coltre di gas nero circondò Belle. La ragazza fu pronta e, prima che la nube la avvolgesse, alzò la spada, creandosi una bolla protettiva.
– Notevole, ragazzina. – ghignò Carnill, nell'oscurità. – Ma io ho più esperienza di te! –
– Ci credo, sei più vecchia! – rispose Belle, colpendola nell'orgoglio. Aveva capito che Carnill doveva essere una di quelle persone che tengono alla propria bellezza più della propria vita.
Infatti si levò un urlo dalla nuvola nera, seguito da una serie di palle nere di gas. Belle strinse l'elsa di Cuan, la cui pietra si illuminò, e cominciò a tagliare le nuvole nere che si dissolsero.
“Però ha ragione” pensò la ragazza, mente tagliava l'ennesima nube “Dopotutto è la mia prima battaglia.”
Carnill era più che furiosa – Sei peggio di quell'altra, Juliet! Oh Mors, che nervoso! – gridò, ricomparendo dalla nube, torcendosi le mani.
Belle sorrise – Buon sangue non mente! – le rispose, buttandosi verso di lei e menando un fendente.
Carnill rimase sbigottita e si fissò la pancia, dove una ferita si era aperta sull'abito di nube – E chissà che non seguirai le sue orme... – disse, prima di dissolversi con un sorrisetto malvagio stampato in faccia.
I resti della nube si dissolsero, e piano piano gli alberi ricominciarono a riprendere vigore, cosi come il sole che era tornato a splendere nel cielo sereno.
Isabelle respirò a fondo, regolando il battito con il cinguettio degli uccelli. Si passò una mano sulla fronte che trovò sudata: la sua prima battaglia. Vinta.
“Brava, Usige.” si complimentò Cuan “Grazie a te, Cuan. Senza di te non ce l'avrei mai fatta.” rispose Belle, sorridendo. – Ce l'ho fatta. – sussurrò, prima di crollare sulle ginocchia.
– Belle! Belle! – era la voce di Laura? L'aveva trovata? Come? Non aveva più forze. La paura, l'adrenalina, la battaglia, tutto, l'aveva prosciugata. Ora voleva solo dormire. Addormentarsi, risvegliarsi nel suo lettino, con la mamma accanto che le accarezzava i capelli cantandole la sua ninna nanna, la ninna nanna del mare.

Ma lo sai che in mezzo al mare
c’è una barchetta che non vuole più veleggiare?
Vuole andare in porto a riposare
vuole chiudere gli occhietti e sognare i folletti.
Ma lo sai che in mezzo al mare
c’è una barchetta che non vuole più veleggiare?
Vuole andare a riposare
e sentire la sua mamma cantare
E allora chiudi gli occhi,
Come la barchetta in mezzo al mare.
– Belle! –

 


~Angolo Autrice
Ecco qua! Che ne dite? Anche Josh ha il suo dramma familiare, ma la malattia della madre avrà un ruolo importante poi nel corso della storia...
Personalmente mi piace un sacco la descrizione della Domina Mors, è la prima volta che appare, per questo è importante questo capitolo. Penso che abbiate capito cosa siano le cicatrici sulla schiena di Carnill...Che ne pensate di lei? Mi sono ispirata ad un personaggio di Beautiful Creatures: La sedicesima luna, un film che adoro *--* Anche lei sarà un pò da...considerare. 
Mi piace molto anche questa parte finale, con la ninna nanna...
Che ne pensate?
Lasciatemi una recensioncina! <3
Un bacione;
Gryfferine









 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ~ Dorcha ***


    Eccomi qui (finalmente) con il nuovo capitolo :') Ci ho messo ben due mesi, è vero, ma ho viaggiato spesso e non avevo tempo di scrivere :P
Spero che il capitolo vi piaccia! 
Il mistero si infittisce :3
Un bacione;
Gryfferine


 



 ~Capitolo 10~
Dorcha


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...   Mare.
Il mare. Quella distesa d'acqua blu che le era sembrata insignificante, da bambina. Il mare, che aveva sempre accompagnato la sua vita, e ora ne faceva parte totalmente. In un certo senso, le scorreva nelle vene.
Senza sapere come, era su uno scoglio, battuto dal vento e dalle onde. Ispirò profondamente quell'odore salmastro che tanto amava e sorrise dolcemente. I capelli erano scompigliati dal vento, ma quella sensazione non la disturbava, anzi. Allargò le braccia e si lasciò cadere nell'acqua, tra le onde scure. Respirava. Ma quando aprì gli occhi non trovò lo splendido mondo che l'aveva accolta la prima volta che era entrata nel mare. Anzi. Attorno a lei, il buio completo, un buio
freddo.
Fredda era l'acqua che la circondava, e d'un tratto sentì come se le mancasse il respiro. Non riusciva a muoversi bene e ben presto si ritrovò a corto di ossigeno. Cominciò a dimenarsi, ma una fredda mano invisibile la bloccò e le strinse il collo, soffocandola.
Era come se il suo Elemento la stesse uccidendo.

Belle! – spalancò gli occhi blu, ansimante, respirando in modo accelerato, come per riprendere respiro dopo una grande apnea. Si mise seduta sul letto e si ritrovò i capelli appiccicati alla fronte sudata, sudata come tutto il suo corpo. Si toccò il collo con fare ansioso, quasi per essere certa che quella mano se ne fosse andata. Poi si decise a guardasi attorno: davanti a lei, con sguardo preoccupata, stava la sua migliore amica, Laura. Era seduta sul suo letto, le gambe incrociate, una mano su una coscia di Isabelle.
– Ciao. – disse Belle, ansimante. Laura sorrise, le lacrime agli occhi – Sei svenuta per mezza giornata e dici ciao?! Sei impazzita? – disse, singhiozzando e gettandole le braccia al collo. Belle sorrise, posando una mano sulla schiena dell'amica – Scusa. – disse.
Laura si staccò – E chiedi anche scusa?! Ringrazia che sei debole, o a quest'ora ti avrei già riempita di schiaffi! – disse. Si scostò per far sedere al suo posto Freddie che abbracciò l'amica. Isabelle rimase sorpresa dal gesto del ragazzo, in quanto per settimane non si erano rivolti la parola.
– Ci hai fatto morire di paura. – disse semplicemente. Quindi si staccò dall'amica che, stupita, gli diede una pacca sulla spalla.
– Ehi tu. – due grandi occhi grigi fecero capolino nel suo campo visivo prima che un altro ragazzo la abbracciasse. Respirò affondo il suo odore di lavanda, quell'odore che portava il vento in primavera e che veniva impresso nella pelle di Josh. Passò una mano tra i suoi capelli biondi, scompigliandoglieli ancora più di quanto non lo fossero già – Ehi. – sussurrò, affondando il volto nell'incavo del suo collo. Rimasero cosi, stretti l'uno all'altra per un tempo indeterminato finché il ragazzo non le posò una mano sui morbidi capelli castani, scostandola e posando la sua fronte su quella di lei – Mi hai fatto davvero preoccupare. Pensavo...Che ti avesse ferita. Che ti avesse ferita
mortalmente. – la voce gli si spezzò sull'ultima parola, facendogli abbassare gli occhi. La ragazza portò una mano alla sua guancia, ruvida della barba non fatta.
– Scusami, davvero. Ma è stato il contrario...L'ho ferita mortalmente io, credo. E' svanita come se fosse cenere. Ma non sono sicura che sia morta... – disse. Fece per continuare, ma il ragazzo le posò un dito sulle labbra, zittendola – Ora riposati. Ci penseremo noi. – le diede un lieve bacio a fior di labbra, quindi l'adagiò sul letto, dove lei gli tenne stretta la mano – Rimani con me. – sussurrò, mentre lui stava per andarsene. Laura e Freddie si scambiarono uno sguardo d'intesa e lasciarono la stanza, facendo rimanere i due da soli. Josh si sistemò al capezzale della ragazza, tenendo la sua mano delicata tra la propria.
Lei gli sorrise, mentre socchiudeva gli occhi e calava pian pano tra le braccia di Morfeo. Josh allungò una mano, accarezzandole una guancia e, prima che si addormentasse completamente, Belle percepì un sussurro provenire dalle labbra del ragazzo.

Una nuvola scura si posò sul pavimento sudicio e, quando si dissolse, una donna si accasciò a terra.
Si mise sui gomiti, sputando sangue
nero. Alzò il mento, mordendosi le labbra – Maledetta. – sibilò, prima che una ragazza la raggiungesse – Mia signora! – esclamò, tirandola su.
Carnill si fece portare sul letto, dove la serva, con delicatezza, le tolse il vestito, studiando la ferita.
– Phoe... – sussurrò, tirandola per un braccio. La serva le accarezzò il volto – Mia signora, deve stare ferma. E' una brutta ferita. Ora gliela curerò. – la donna sorrise – Quella mocciosa mi ha trapassato da parte a parte. Meno male che sono per metà immortale, o a quest'ora non ci sarei più. –
Phoe strinse il panno che teneva in mano, scuotendo la testa. Lo inzuppò in una bacinella d'acqua calda e tamponò la ferita della padrona. Carnill chiuse gli occhi, lasciando cullare dalle cure della serva.
Quando riaprì gli occhi, era sotto le sue coperte, una camicia da notte rossa la avvolgeva, coprendole la fasciatura all'altezza dello stomaco. Accarezzò la garza che le copriva la ferita, quindi si alzò velocemente.
– Padrona! – Phoe la raggiunse velocemente, rimettendola a letto.
– Lasciami, Phoe. Devo andare dalla Domina. – disse, scansandola con rabbia. La donna si fece da parte, mordendosi un labbro. Carnill si infilò l'abito nero con le maniche di pizzo, si sistemò il trucco e i capelli e, come se la ferita che portava non le procurasse alcun dolore, si incamminò verso i sotterranei, dove era nascosto il passaggio per la caverna della Domina Mors.
Alzò il busto: non poteva mostrarsi debole alla Domina. Aprì il passaggio, ritrovandosi di nuovo al cospetto di quella creatura incappucciata. Con la punta del piede, toccò la superficie scura del lago nero, provocando tante increspature. E, non appena la più lontana toccò la riva opposta, la Domina alzò lo sguardo, gli occhi vuoti, le labbra cucite.
Carnill. – una voce composta da altre mille si propagò per la sala, nonostante la bocca fosse sigillata.
– Mia signora. – la fata si inchinò.
Hai fallito. disse sprezzante la creatura sul trono di diamante nero.
Carnill si morse un labbro – Si, mia signora. E me ne vergogno. Ma sono sicura che.. –
Ti sei fatta battere da una mocciosa. – la ferita allo stomaco pulsò, come se aver nominato la sua sconfitta la facesse sanguinare ancora di più.
Alzò la testa – L'ho sottovalutata. Ma non sarà più cosi. –
Colpisci il più debole... – rispose la Domina, accennando un sorriso e tirando le cuciture nere.
Negli occhi cremisi della fata si accese una scintilla, e sorrise malignamente.

Isabelle riaprì gli occhi, la finestra spalancata che lasciava entrare una piacevole arietta. Si mise seduta, alzando le braccia e stiracchiandosi: dopo quella lunga dormita si sentiva davvero bene.
Scrocchiò il collo, sorridendo, quindi si alzò e si diresse a passi silenziosi verso il piano inferiore, aspettandosi di trovare Laura in cucina. Passando per il salotto, però, si accorse che qualcuno era seduto sulla poltrona blu scuro posta di spalle, rispetto alle scale dalle quali era scesa.
Si avvicinò furtiva, ritrovandosi faccia a faccia con un ragazzo addormentato dagli scompigliati capelli biondi. Si mise seduta sul tavolino di vetro di fronte alla poltrona, e cominciò a scostare le ciocche chiare dal viso del ragazzo. Sorrise dolcemente, mentre assaporava quel piccolo momento, pregustando la vista del volto del ragazzo che...amava. “Si, lo amo.” pensò “L'ho capito durante la battaglia. Non volevo solo proteggere me stessa da Carnill, no, avevo paura che facesse del male a
lui.”
Continuò a scostare lievemente i capelli poi la voglia ricominciò a bruciare e una voce le risuonò nella mente “Belle!” la voce cristallina, scrosciante, come mille cascate: la voce della sua Armaich.
“Cuan!” Girò la testa di scatto, verso le scale. Si alzò velocemente, dirigendosi verso la camera da letto dove aveva lasciato Cuan.
“Belle, sento che c'è qualcosa che non va. La tua voglia...Brucia, vero?” la ragazza si portò i polpastrelli alla voglia che le faceva davvero tanto male.
“Si. E' come..quando abbiamo incontrato Carnill.” rispose, entrando in camera. La spada d'argento, posata alla parete accanto al suo letto, pulsava e la pietra azzurro acqua risplendeva.
La finestra era aperta.
I muscoli di Isabelle erano tesi, afferrò l'elsa della spada e si mise in posizione di combattimento, scrutando l'ambiente attorno a sé.
– Sai, non è stato affatto carino. – una voce la colse alle spalle.
Si girò di scatto, trovando Carnill seduta sulla poltrona azzurro chiaro della sua stanza. Indossava il suo abito di pizzo nero e si stava guardando le perfette unghie rosso sangue. Alzò gli occhi cremisi su di lei – Mi fa ancora male la pancia, sai? – disse, con tono ingenuo, mettendo su il broncio.
– Cosa vuoi che ti dica? Che mi dispiace? –
– Sarebbe un inizio, si. – rispose la donna, inclinando la testa.
Belle sorrise – Tutto ciò che avrai da me è un'altra infilzata, lasciatelo dire. –
Carnill si alzò, sospirando – Tesoro mio, devo davvero insegnarti le buone maniere? La tua mamma ha fatto un cattivo lavoro, sai? –
Il sorriso sul volto di Isabelle si spense e la ragazza si rabbuiò, assumendo un'espressione che andava ben oltre l'arrabbiato.
– Non nominare mia madre, bastarda. – alzò la spada, ma la fata oscura si dissolve in una nuvoletta nera, ricomparendo dietro le spalle dell' Uisge.
– Uhuh, qualcuno si è arrabbiato, eh? – Carnill sorrise, e alzò la mano nella quale si materializzò una lancia di diamante nero. La alzò sulla ragazza prima che un lampo argenteo le tagliasse una ciocca di capelli.
– Il prossimo andrà a segno, strega! Allontanati da lei! – Josh era comparso sulla soglia, brandendo i coltelli argentati.
Carnill lo fissò allibita – Cosa ma...Ah, capisco. Tu sei l'Aria, Fonn. – staccò dal muro il coltello che aveva lanciato e ne leccò la lama. Josh si preparò a lanciare l'altro ma, prima che potesse farlo, Carnill si dileguò con un sorrisetto stampato in faccia.
– Ricorda, Isabelle, avrò la mia vendetta. – la sua voce risuonò nella stanza, mentre l'ultima nuvola di gas scuro scompariva.
Josh raccolse il suo coltello, quindi si precipitò dalla ragazza che stava posando Cuan sul muro della camera.
– Stai bene? Ti ha ferita? – portò le mani sulle guance rosee di Belle, spostandole il volto e osservandolo in ogni angolazione possibile cosi da notare qualunque graffio o ferita.
Lei sorrise, allontanando le mani del ragazzo – Ehi, sto benissimo. –
Josh sospirò, buttandosi sul letto della ragazza mentre quest'ultima si dirigeva a passo deciso verso l'armadio, afferrando vestiti a caso.
– Che stai facendo? Non puoi uscire! – la avvertì lui, alzandosi di scatto.
– Non sei mio padre quindi ora se lasciassi la stanza, permettendomi di cambiare potremmo andare da Fanie entro notte, vuoi? – rispose con voce angelica Isabelle, sbattendo le lunghe ciglia scure.
Josh alzò gli occhi al cielo e prese la porta che venne chiusa a chiave dalla ragazza che si vestì in tutta fretta. Si bagnò i capelli magicamente e li legò in una coda di cavallo quindi riaprì la porta e, davanti ad un Josh piuttosto allibito, scese le scale, dirigendosi verso la porta d'ingresso.
Uscì e trovò in giardino Freddie e Laura, intenti ad allenarsi. La maglia di Freddie era un po' bruciacchiata.
– Ehi ehi, dove crede di andare? – esclamò il ragazzo, indicando Belle con la lancia argentata e lanciando un'occhiata interrogativa al suo migliore amico. Laura raggiunse l'amica – Bells! Andiamo che vuoi fare? Devi riposarti! – le gridò, strattonandola dalle spalle.
Isabelle le sorrise, togliendo delicatamente le mani dell'amica – Sto benissimo, Laurie, dovete stare tranquilli. Mi sono riposata abbastanza. Là fuori c'è quella stupida fata nera che ci minaccia. Non posso starmene con le mani in mano! Voglio parlare con Fanie. – il tono della ragazza era dei più decisi che avesse mai assunto. Gli occhi blu lanciavano scintille e Freddie capì che c'era poco da fare: in un modo o nell'altro sarebbe andata da Fanie e lui preferiva che ci andassero insieme, sul suo pick up che per strada a piedi da sola.
Infilò la mano nei jeans, tirando fuori le chiavi – Va bene, andiamo. – disse, portandosi dietro la lancia. Laura si infilò l'arco a tracolla insieme alla faretra e seguì Freddie, lo sguardo che lanciava fiamme. Isabelle si sedette vicino all'amica e le strinse la mano, come per chiederle scusa, quindi salì Josh che chiuse la portiera.
– Non so quanto possa esserci utile questo viaggio... – borbottò Freds, prima di mettere in moto.

Il giardino di Sophie non era mai stato tanto rigoglioso. Dal vialetto che costeggiava la proprietà si riuscivano a vedere le fronde degli alberi da frutto che, in piena stagione, avevano messo su meravigliosi frutti: mele, ciliege, pesche e limoni.
Isabelle uscì frettolosamente dal pick-up dell'amico, dirigendosi a grandi passi verso la veranda.
Bussò con poco garbo alla porta, nervosa, impaziente.
– Arrivo, arrivo! – la voce di Sophie la raggiunse dall'interno e, quando aprì la porta, la salutò con un largo sorriso – Oh, ragazzi! Che piacere! Avanti, entrate, entrate! –
Isabelle le sorrise di rimando, poi si rabbuiò – Grazie per la tua cortesia ma siamo solo di passaggio. Ho bisogno di farti alcune domande, riguardo al tuo libro. C'è anche Fanie? – domandò, sbirciando oltre la spalla della donna che alzò un sopracciglio – Si, è in giardino, a parlare con gli alberi. – rispose, scrutandola. In una situazione che comprendeva persone normali il fatto che qualcuno parlasse con gli alberi sarebbe risultato alquanto strano, ma strana era quella comitiva che non si lasciò sorprendere da quella notizia. Entrarono senza tanti complimenti e Belle, a passo di marcia, raggiunse il giardinetto dove Fanie, indossante un leggero vestitino verde muschio, era nella sua vera forma, quella di fata. Le lunghe ali verdi fremevano ad ogni folata di vento, volenterose di essere usate. La fata dei boschi accarezzava il tronco di un vecchio ciliegio che sembrava aver ripreso a fiorire proprio nel momento in cui quella creatura si era presentata in quella casa.
– Andrà tutto bene, vedrai. Ora devo andare, ci sono visite. – si congedò Fanie, sorridendo all'albero che rispose scuotendo i rami e provocando un cascata di petali rosa. La fata ridacchiò, facendo sussultare il cuore di Freddie che arrossì fino alla punta delle orecchie: ogni volta che la vedeva gli faceva quello strano effetto e il ragazzo aveva proprio paura di essersene...Innamorato. Scosse la testa e si concentrò su ciò che la sua amica, Belle, stava facendo. La ragazza, infatti, si era diretta verso Fanie che la invitò ad accomodarsi sulle panchine bianche.
– Vorrei sapere se una fata può diventare malvagia. Insomma se da...pura? Se da pura che era potesse diventare...oscura. Buia. – domandò con poche parole Isabelle.
Fanie si rabbuiò, annuendo tristemente – Quelle di cui tu parli sono dette “Fate Nere”. Sono delle fate che decidono di legarsi al lato negativo del proprio potere, sopprimendo quello buono. –
cercò di spiegare la fata. Isabelle annuì, facendo intuire di aver capito, ma non fu cosi per Freddie – Intendi dire che c'è un lato negativo del proprio potere? – domandò, ripetendo le parole della fata.
Quest'ultima annuì – Esatto, ogni cosa ha un suo opposto, bisogna solo scegliere da che parte stare. Ma nel cuore, anche se in piccola parte, rimarrà sempre un po' di oscurità dove vengono coltivati quei sentimenti negativi che sono impossibili da controllare. Diventare una Fata Nera implica dover sopprimere
totalmente il lato benevolo, il lato della...luce, e vivere a pieno il potere oscuro, occulto, nero. –
– Io...Ho avuto una visione. – interruppe tutt'un tratto Isabelle. I ragazzi si girarono fissandola attoniti – E quando? – domandò Josh, ansioso. Lei si morse un labbro – Ieri notte? E' stato piuttosto strano, un po' come in un sogno...Ma molto più reale. Penso che sia questa la differenza...No? – spiegò la ragazza a Fanie.
Sophie, che aveva portato un vassoio di tè verde, si irrigidì, assumendo un sorriso falso e nervoso – Vado a prendere del gelato, volete? Fa cosi caldo.. – Si alzò e, con passi meccanici, si diresse verso la cucina. Il gruppetto rimasto in giardino la osservò rientrare in casa, quindi i Quattro Elementi riportarono gli occhi su Fanie che stava per dire qualcosa di importante – Questo fatto delle visioni...E' già avvenuto. E tu lo sai. – disse la fata, rivolgendo un'occhiata frettolosa alla cucina,per poi tornare su Isabelle, la quale annuì tristemente, abbassando lo sguardo.
Josh girava al testa, cercando di capire – Non dirmi che... –
– Si tratta del Segreto Marino, vero? – esclamò Freddie, esasperato – A questo punto direi che potresti anche rivelarcelo! Andiamo, siamo anzi SEI stata attaccata ben due volte dalla stessa psicopatica e te la sei cavata in entrambe le volte per un soffio! –
Isabelle fece per ribattere, scontenta che quel discorso fosse rispuntato fuori, quando Fanie la bloccò, precedendola – Lei fa solo il suo dovere, ovvero ciò che Madre Natura ha comandato. Non interferire, Fredrique Terre, hai altri problemi a cui pensare. – e gli lanciò un'occhiata di fiamme verdi. Freddie abbassò lo sguardo, imbarazzato. Quindi anche Fanie sapeva dei segreti di Alice? Doveva riuscire a capirne di più sulla sorellina.
Fanie si rivolse nuovamente a Isabelle – Credo sia arrivato il momento, mia cara, ma questa volta le cose andranno diversamente, non temere. – sorrise per rassicurarla. Belle cercò di sorridere, ma riuscì soltanto ad assumere una certa smorfia, gli occhi spenti in un ricordo lontano, in un ordine dettatogli in un momento passato.

Devi farlo.
Le bollicine le offuscarono la vista solo per un attimo, sostituite dalla visione di una donna dai profondi occhi turchesi che ben conosceva.
– Mi stai chiedendo di tradire i miei compagni. Te ne rendi conto? – Isabelle era sconvolta dalla richiesta che le era stata posta.
La donna scosse la testa – Anche io l'ho dovuto fare. –
– Ma perché io? Perché noi? – camminava per la stanza senza sosta.
Juliette le sorrise – Perché la Uisge è l'Elemento forse più importante. E' quello che tiene unito tutti gli altri. – strinse le mani per enfatizzare il discorso.
– Eppure sei stata tu a dividere gli altri. – la freddò la nipote. Juliette si irrigidì – Non è stata tutta colpa mia. Madre Natura mi ha comandato di fare ciò, io ho eseguito. E' così che funziona. –
Si avvicinò ad una statua scolpita nel corallo bianco, raffigurante una giovane donna con il simbolo degli Elementi inciso sulla fronte. Accarezzò i piedi candidi – La nostra Madre fa solo ciò che è giusto. Devi andare, Belle, devi recarti dall'
Oracolo. –

Sbatté
le lunghe ciglia scure, come se fosse appena tornata da un viaggio nel tempo.
– Isabelle? – la voce scoppiettante di Laura la riportò totalmente al presente.
– Si, scusate, stavo solo pensando. – scosse la testa, ridestandosi dai ricordi.
Fanie la scrutava – Sai bene cosa fare. – le disse semplicemente. Isabelle annuì, osservando le nuvole che si muovevano. Nuvole grigie. Spostò lo sguardo su Josh che, cipiglio ben piazzato, la guardava con ossessione. Ancora quello sguardo. Una fitta al petto la colse, e sapeva che era senso di colpa: mentire, mentire a lui, il suo ragazzo. “La Nostra Madre fa solo ciò che è giusto.” le aveva detto la zia. Si ma era giusto fare qualcosa che andava contro il suo volere? Doveva stare zitta ed eseguire? Aveva davvero pochi indizi su questo Oracolo, non sapeva neanche da dove cominciare. Ma non era andata da Fanie soltanto per parlare del Segreto Marino.
– Vorrei che tu mi raccontassi la storia di Carnill . – disse d'un tratto, cogliendo di sorpresa la fata.
Fanie si mise seduta comoda, osservando i ragazzi uno per uno – Non è una storia molto piacevole. Forse...La vuoi raccontare tu, Sophie? Dopo tutto è grazie a te che mi hanno trovato. – i ragazzi si girarono, vedendo entrare la giovane donna bionda che, sorridendo malinconicamente, si sedette accanto a Fanie, stringendosi nel suo scialle argentato.
– Dovete sapere che ad ogni gruppo di Elementi viene affidato un Guardiano, una fata, ovvero, che guiderà i Quattro lungo il loro percorso. Questa fata coraggiosa viene scelta appositamente da Madre Natura. Quando è giunto il momento, la Regina si chiude nel tempio di Feaw e, dopo giorni di preghiera, annuncia il nome della fortunata fata che può appartenere a qualunque razza. – cominciò.
Freddie la interruppe – Quindi Fanie è la nostra...Guardiana? – disse, alzando un sopracciglio. Fanie sorrise, annuendo – Esatto. –
– E allora Carnill era... – spostò lo sguardo su Sophie che annuì di rimando.
– Si, Carnill era la nostra Guardiana, una fata della luce, una delle più potenti e ultime rimaste. Carnill era sempre stata molto dolce e gentile con noi se non fosse che...Si innamorò di Gabriel, il suo tra l'altro sovrano. –
Freddie rabbrividì: era la situazione di lui e Fanie.
– Come ora, la precedente Uisge, Juliette, dovette compiere il così detto Segreto Marino: Carnill le rivelò il suo destino, e Juliette non potè fare a meno che eseguirlo. – si fermò un attimo, quindi si rivolse a Laura – Hai per caso il mio libro? – le domandò con gentilezza. La ragazza annuì, sfilando il volume dalla borsa di pelle. Sophie lo aprì alla storia de La Fata e La Morte e sfogliò delicatamente le pagine, sfiorando i disegni.
– Carnill era follemente innamorata di Gabriel, e voleva diventare più potente, proprio per potergli stare accanto. Ma si sa, il potere da alla testa: una creatura le si rivolse, ingannandola e dicendole che, se l'avesse seguita, avrebbe realizzato tutti i suoi desideri. – sfiorò il disegno raffigurante la fata dagli occhi rossi che parlava con una farfalla dalle ali nere.
– La Domina Mors. – concluse Laura, presa dalla storia.
– Esatto, la Domina Mors. Ma Carnill non conosceva la vera natura della creatura, e così la seguì nel suo covo. Qui la farfalla si trasformò in una bellissima Ninfa dalla pelle diafana vestita di nero che le offrì il potere, il potere di cambiare il destino...Carnill, offuscata dai suoi desideri avari, si dimenticò del vero motivo per cui era lì: cambiare, per poter passare l'eternità con il suo amore. Ma il pensiero di tutto quel potere, di essere più potente di Madre Natura stessa la prese e accettò il patto con la morte stessa. Ma si sa, ogni patto ha un suo prezzo...Carnill divenne una Fata Nera e, per poterlo diventare... –
– Ogni fata deve rinunciare alle proprie ali. – sussurrò Isabelle, ripensando alle orribili cicatrici sulla schiena della nemica.
– Si, è esatto. Carnill si tranciò di netto le ali, e dal sangue nero che gocciolò ai suoi piedi, nacque il suo nuovo potere, un potere oscuro. Ora era dalla parte della Domina Mors e fece di tutto per evitare che Madre Natura vincesse: e ce la fece. Con l'inganno, convinse Juliette che per poter compiere il suo dovere l'avrebbe dovuta seguire, ma la condusse nel nascondiglio della Domina Mors. La raggiunse Michael, che morì disastrosamente. E...Gabriel venne ucciso da Carnill stessa. – una lacrima le scese lungo la guancia al ricordo di quei terribili momenti.
Isabelle rivolse un'occhiata a Fanie, timorosa che potesse compiere lo stesso errore di Carnill.
– Non ti preoccupare, Isabelle, anche se mi innamorassi non andrei mai contro il mio dovere. – disse, lanciando una lunga occhiata a Freddie che fece finta di niente. Belle sorrise dolcemente, annuendo – Mi fido di te, Fanie. – la fata le posò una mano delicata sulla spalla – Grazie. – le sussurrò, appoggiando l'altro braccio sulle spalle di Sophie che aveva cominciato a singhiozzare.
– Ora è meglio che andiate, ragazzi. – disse la fata, consolando la donna.
Laura riprese il libro di fiabe e, sorridendo, salutò entrambe – Grazie di tutto. –
Josh si chinò vicino al suo Mentore – Sophie...Grazie. – le disse dolcemente. Aprì una mano, creando un piccolo fiocco di neve che andò a posarsi proprio sotto gli occhi grigi della donna che, sfiorandolo, lo congelò in modo tale che si conservasse. Strinse la mano a Josh, continuando a piangere, e lui non potè fare altro che stringergliela di rimando. Freddie le salutò, soffermandosi di più su Fanie. E poi toccò ad Isabelle. Si avvicinò a Sophie, come Josh, e le dedicò parole forse più preziose di qualunque fiocco di neve – Vendicherò i tuoi compagni, Sophie, riuscirò lì dove Juliette non fu capace. Ci riuscirò, per te, per gli altri. – le sussurrò, quindi se ne andò, lasciando nel cuore della SeanFonn un barlume di speranza.

 



~Angolo Autrice
Rieccomi! Che ne dite? La storia di Carnill non so...Forse era prevedibile? Certo che nel vecchio gruppo di Elementi gli innamoramenti erano di casa :')
Spero vi sia piaciuto!
A me, sinceramente, piacciono le ultime parole di Isabelle "Vendicherò i tuoi compagni"...Dopotutto Belle ha la sua dose di coraggio :))
Vorrei ringraziare
Water_Wolf e LoveForHachi , due tra l'altro autrici fantastiche, che recensiscono da SEMPRE.
Grazie davvero, aspetto sempre con ansia le vostre recensioni :'
Un bacione, spero ci rivedremo presto! <3
-Gryfferine
Tra 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ~ Manadh ***


Eccomi, dopo secoli, con il nuovo capitolo!
E' anche piuttosto lungo e l'ho scritto in due giorni <3
Ho avuto un blocco dello scrittore assurdo, roba che fissavo la pagina bianca per ore...
Poi mi sono sbloccata ed è stato fantastico <3
Il mio problema non sono le idee, perché so bene come finire questa FanFiction/Libro, 
il problema è come disporle e tutto quanto...Ci sto lavorandol...
Intanto godetevi il tanto atteso capitolo <3
Un bacione;
Ginger 
(si ho cambiato Nick :P)


 



~Capitolo 11~
Manadh



Josh prese un altro tiro dalla sigaretta, soffiando poi il fumo lentamente. Buttò a terra il mozzicone di sigaretta e lo spense con la sua della scarpa, nervoso.
– Aspetta, l'Aria che fuma? C'è qualcosa che non va. – sbottò il suo migliore amico alle sue spalle.
Il biondo si girò sorpreso, passandosi una mano tra i capelli quando vide Freddie Terre davanti a lui, un sorrisetto stampato in faccia.
Quel giorno sembrava più felice del solito, i suoi occhi verdi lanciavano scintille e i capelli biondo cenere erano più scompigliati del solito. Indossava una t-shirt verde scuro con lo scollo a V che fasciava perfettamente il suo petto scolpito.
Josh inarcò un sopracciglio: capiva perché milioni di ragazze correvano dietro a Freds. Aveva molto fascino.
– Fredrique. – lo salutò freddo Josh, prendendo un'altra sigaretta dal pacchetto di Malboro Gold che si era ricomprato quella mattina e che, suo malgrado, stava per finire.
Fred percorse velocemente la distanza che li divideva e, con un gesto stizzito, prese il pacchetto di sigarette e lo buttò in un cestino lì vicino con un tiro degno di un giocatore professionista di basket.
– Josh, che cazzo hai? – chiese con poco tatto.
L'amico alzò le spalle infastidito – Niente, ok? – rispose fulminandolo.
– Certo, e io mi chiamo Mildred. – ironizzò l'altro, incrociando le braccia sopra il petto.
Josh accennò un sorrisetto – Ciao Mildred, piacere di conoscerti. –
Freds gli diede un pugno sul braccio – Josh, non fare il coglione, ti prego. Parlami. Riguarda Isabelle? – gli domandò toccando un tasto vulnerabile.
Il biondo rabbrividì – Ti sembrerà strano ma no. Cioè non del tutto. – sbuffò, passandosi una mano tra i capelli.
Freddie alzò un sopracciglio – Spara. –

Josh si arrese – Si tratta dell'ultimo combattimento con Carnill. Le ho tirato un coltello. Me l'ha rubato. – sibilò, socchiudendo gli occhi grigi in due fessure.
L'amico alzò un sopracciglio – E...? –
– E? E' come se avesse rubato una parte di me, capisci? Siamo legati direttamente alle nostre Armaich, sai cosa vuol dire essere privati di una parte di esse? E' come se mi avesse strappato l'anima. E' una sensazione orribile e mi fa sentire impotente. – disse irritato, alzando le braccia al cielo.
– Capito. Tranquillo, ne verremo a capo. – riuscì solamente a dire Freds, preoccupato per la sanità del suo migliore amico.

Carnill fischiettò un'antica canzone delle Fate della Luce mentre percorreva i corridoi scuri del Castello Nero di Gorm, giocherellando con un coltello da lancio argentato sulla cui elsa era incastonato un diamante.
Sorrise ripensando al modo in cui l'aveva ottenuto: era stato più facile del previsto.
Raggiunse attraverso un passaggio segreto lo stretto corridoio di pietra nera sulle cui pareti stavano delle torce con fredde fiammelle azzurre.
Saltò dei gradini di pietra della scala a chiocciola e raggiunse il grande ambiente freddo e scuro dove dimorava la Domina Mors. Si avvicinò al grande lago nero oltre il quale, su un trono di diamante nero, stava la sua padrona, il volto abbassato, il cappuccio a ricoprire la testa.

Carnill si chinò lentamente e sfiorò appena la superficie scura del lago nero.

Di colpo la testa della Domina si alzò e la osservò, o meglio a Carnill sembrò che la osservasse visto che la creatura non aveva gli occhi, ma solo due sfere bianche. Alzò il mento, e la fata oscura potè notare meglio uno strano simbolo inciso sulla fronte, simile a quello che aveva la regina Calien, sacerdotessa consacrata a Feaw. Le venne un dubbio: e se la Domina fosse stata un ex sacerdotessa? Magari era stata una fata, forse una regina. Dopotutto ognuno ha un passato, e la sua padrona non poteva fare eccezione.
Dopo un lungo periodo di silenzio, la Domina Mors parlò – Allora? Cosa ti porta qui, Carnill? – domandò, facendo rimbombare la propria voce per tutta la grotta. Carnill ancora si chiedeva come potesse parlare visto che aveva le labbra cucite. Si morse un labbro e si inchinò con rispetto – Ho l'armaich del Fonn, mia signora. – le rivelò, alzando a mala pena gli occhi cremisi.
La creatura si alzò, rivelando di essere alta quanto una dodicenne terrestre, le spalle esili messe in risalto dal mantello scuro. Posò un piede pallido e coperto da rune bianche sulla superficie scura del lago, quindi cominciò a camminarvi sopra finché non raggiunse la Fata Oscura.
Carnill non era mai stata a quella distanza dalla Domina. Deglutì mentre la creatura prendeva con le mani pallide e affusolate, ricoperte anch'esse di rune bianche, il coltello argentato di Josh.
Posò il polpastrello dell'indice sulla punta acuminata e fece pressione così che una piccola gemma di sangue scuro non comparve. La Domina mise il coltello in verticale, cosi che la goccia di sangue corresse lungo la lama, facendola diventare nera. Compiuto il percorso fino all'elsa, la goccia scomparve nel diamante, quindi la lama tornò del suo colore originario, come se nulla fosse successo.
La Domina Mors porse il coltello a Carnill – Fatto. Ora procedi. – disse semplicemente, girandosi e tornando al suo trono di diamante.
Un sorrisetto malizioso comparve sul volto della Fata – Si, mia signora. – disse, prima di ritirarsi nell'oscurità.


La ragazza si portò un boccolo castano dietro l'orecchio, sbuffando infastidita. Seduta nel giardino della sua casa, tentava di capire come risolvere un problema di geometria analitica che le era stato assegnato per il giorno dopo da quell'insopportabile donna che era la professoressa Smiths.
Iniziò a mordicchiare la gomma sulla cima della matita, segno che proprio non riusciva a venire a capo di quel benedetto problema.
– Serve una mano? Ti vedo piuttosto in difficoltà. – disse la sua migliore amica, Laura Flamme.
Si sedette davanti a lei prendendo il libro di matematica e leggendo il problema.
– Mh, aspetta... – disse, prendendo poi il quaderno e una matita.
Isabelle la osservò mentre con contorti passaggi risolveva il problema. Laura era sempre stata più brava di lei in matematica, come lei lo era nelle lingue.
– Fatto. – le disse sorridendo e restituendole il quaderno. Belle osservò i calcoli che l'amica aveva fatto – Mh. – commentò, cercando di capire.
Laura ridacchiò – Te lo spiego? – domandò, guaradndo l'amica.
Isabelle scosse la testa – No, non c'è bisogno davvero. Ho capito... – bofonchiò, chiudendo il quaderno e buttandosi di schiena sul prato morbido.
Si mise ad osservare le nuvole e chiuse gli occhi, rilassandosi con il rumore del vento.
Il vento.
La sua mente corse subito a Josh, il ragazzo di cui era innamorata, la reincarnazione dell'Aria.
– Terra chiama Isabelle, terra chiama Isabelle... – la richiamò una voce maschile.
Aprì un occhio e si ritrovò davanti il bel viso di Freddie, suo caro amico.
– Ehi! – esclamò, mettendosi seduta e arrossendo lievemente. Avevano i visi a pochi centimetri.
Freddie sorrise – Che c'è? Ti ho chiamato. –
Belle scoppiò a ridere quando fece il collegamento – Ciao Terra, come va? – disse sorridendo.
Lui alzò le spalle – Non c'è male, Acqua, e tu? – domandò. Isabelle alzò gli occhi al cielo divertita: solo con lui riusciva a scherzare sulla questione degli Elementi.
– Che ci fai qui, Terre? – domandò, sciogliendosi definitivamente la coda che si era fatta per studiare dalla quale scappavano i boccoli castani.
Lui si mordicchiò un labbro – Mi ha chiamato Fanie. –
– Ti ha chiamato? Sa usare un telefono? –
– Non ridere. Nel senso mi ha chiamato mentalmente. Mi ha detto di dirti che... Devi muoverti con il Segreto Marino. – disse il ragazzo, alzando un sopracciglio e fissando l'amica che si irrigidì.
– Capito. – rispose lei, alzandosi di scatto e raggiungendo la porta di casa con poche falcate.
– Dove vai? – la seguì Freddie.
– Da mia zia. Devo farmi dire come... – “Come raggiungere l'Oracolo.” concluse la frase nella propria mente. Non poteva rivelare ai suoi amici il Segreto.
– Come fare. Dì a Laura che sono al mare, decidi te se dirlo anche a Josh io... Devo andare. – concluse velocemente, prendendo le chiavi della sua Vespa celeste e uscendo dalla casa.
– Belle! – cercò di fermarla l'amico, ma la ragazza aveva già acceso il motore.

– E' andata a parlare con sua zia? Davvero? – domandò Josh, alzando un sopracciglio.
Freddie alzò le spalle – Che ti devo dire? Non mi ha detto altro. Deve compiere il Segreto Marino o qua non possiamo andare avanti. –
Il biondo si staccò dallo stipite della porta della sua cucina sospirando – Oh, bene. Non potevamo organizzarci bene prima? –
– Oh andiamo. Va da sua zia. E' nel suo Regno. Non le potrà accadere niente. – sbuffò esasperata Laura, passandosi una mano tra i capelli corvini.
Josh le lanciò un'occhiataccia che la ragazza ricambiò, bruciandolo con gli occhi.
Josh rabbrividì: gli occhi rossi di Laura lo mettevano davvero in soggezione, erano inquietanti.

La ragazza sorrise soddisfatta, quindi tornò con l'attenzione su Freddie – Secondo me non dovremmo preoccuparci. Davvero, è al sicuro là sotto. Avete visto no? – disse.
Freddie scosse la testa – Voi si, io no. –
– Bè stai tranquillo che non le torceranno un capello. –

– Ehi! Sono la Uisge! Siete matti?! – Isabelle si trovava alla porta principale di Keayn, le colonne di corallo rosso che troneggiavano sopra la propria testa.
Due tritoni dalla coda turchese stavano di guardia con affilate lance di conchiglia la fissavano arcigni.
– La SeanUisge ci ha dato ordine di non far passare nessuno. La Domina Mors sta prendendo potere convincendo molte Fate d'Acqua a passare dalla sua parte. Chi mi dice che tu non sia una di loro? – domandò la guardia di destra, puntandole contro la lancia.
Isabelle lo fulminò con i suoi penetranti occhi blu e per un attimo la guardia tentennò.
– Ho detto di farmi passare. Ora. – sibilò la ragazza.
– E' lei. – sussurrò la guardia, spaventato dai lampi blu che mandavano gli occhi di Isabelle.
Si spostarono per lasciarla passare, i capi chini – Perdonateci, Vostra Grazia. – dissero in coro.
Isabelle passò oltre senza degnarli di uno sguardo. Le piaceva questa sensazione di potere, anche se si sentiva un po' in colpa per averli trattati male.
Camminò velocemente sulla sabbia, era come se conoscesse Keayn da sempre.
Carezzò le teste di qualche piccola sirenetta, salutò cordialmente tutti i passanti e donava dolci parole ai più anziani o ai malati. Questi ultimi erano sempre più numerosi, a causa dell'inquinamento marino da parte degli umani. Quando finalmente raggiunse il Castello di Corallo aveva una grande tristezza dentro il cuore. Le guardie la lasciarono passare soltanto ad un'occhiata, cosi in poco tempo raggiunse la Sala del Trono dove sua zia Juliet stava conversando con i suoi consiglieri.
– Isabelle! – esclamò non appena la vide. Aveva un lungo abito bianco, sfumato di turchese verso la fine, la scollatura a cuore, di un tessuto simile alla testa delle meduse.
La nipote la abbracciò – Ciao, zia Julie. Io...dovrei parlarti. Da sole. – disse nervosa, lanciando un'occhiata alle sirene che la circondavano.
– Ma certo...Lasciateci sole, vi prego. – disse con gentilezza la SeanUisge.
Le sirene lasciarono la stanza dopo mille inchini e rossori da parte di Isabelle.
– Okay. Vedi... Fanie dice che dovrei attuare il Segreto Marino. Devo andare dall'Oracolo. E...Mi devi dire dove lo posso trovare. –
Juliet la osservò a lungo, il sopracciglio inarcato mentre si torturava le mani.
– E' qui. Nell'Oceano. Per questo il Segreto riguarda solo l'Uisge. L'Oracolo è un sacerdote consacrato all'Uisge che vive sotto il mare. Per raggiungerlo bisogna essere in grado di controllare l'Acqua e di respirare. Per te sarà facile raggiungerlo, tranquilla. – si avvicinò al trono di corallo azzurro e lavorò i manici finemente lavorati. Inserì il dito in una piccola incisione e premette: il manico si spalancò come un piccolo scrigno e rivelò una pergamena ingiallita legata da un nastro blu.
Julie la prese con cura e la porse alla nipote – Viene tramandata da Uisge a Uisge nei secoli. Fa attenzione è delicata. Ti condurrà all'Oracolo. – le rivelò, sorridendole dolcemente.
Isabelle spostò lo sguardo dalla zia alla pergamena che srotolò lentamente e con cura.
Sembrava un'intricata mappa nautica che però i suoi occhi riuscirono a leggere alla perfezione.
– Come faccio a raggiungerlo velocemente? – domandò, senza staccare gli occhi dal foglio ingiallito.
– Ti aiuteranno le correnti. – rispose Julie.

Per chi ha il controllo dell'acqua non dovrebbe essere un problema viaggiare attraverso le correnti marine, no?
Isabelle si maledisse per aver pensato quella frase. Era un grosso problema, viaggiare con le correnti marine, essere sballottate in giro senza sapere dove e come riuscire a dirigersi. Dopotutto lei non aveva ancora il pieno controllo dei suoi poteri perciò quelle correnti selvagge non le rispondevano. Dopo essere stata trasportata e rischiato di finire addosso ad una grande tartaruga marina – non pensava ce ne fossero nel mare della California, ma a quanto pare doveva ricredersi – decise di fermarsi. In qualche modo riuscì ad uscire dalla Corrente e srotolò la mappa.
Conosceva perfettamente le coordinate del luogo in cui si trovava e riuscì subito a localizzarsi sulla mappa. – Non manca tanto. – sussurrò – Potrei anche farcela da sola. –
Infilò la mappa nella tasca dei jeans che erano stranamente rimasti asciutti e nuotò nella direzione che aveva ritenuto opportuna. Un grande squalo bianco la notò ma, invece di attaccarla, la guardò con estrema curiosità, quindi chinò il grande muso e si allontanò. Isabelle rimase davvero sorpresa dal comportamento dell'animale. In effetti,ogni creatura marina che incontrava girava al largo dopo aver chinato il capo e questo la rassicurava un po'.
Raggiunse il luogo indicato dalla mappa, una sorta di enorme foresta di corallo colorato.
Come avrebbe fatto ad attraversarlo? Si mordicchiò il labbro e studiò bene le fessure create dagli incroci dei rami dei coralli. Forse con un po' di attenzione sarebbe riuscita a farcela.
Si avvicinò al primo corallo rosso e si infilò tra i suoi rami, facendo attenzione a non graffiarsi.
Il corallo poteva essere più duro del diamante.
La voglia dei quattro cerchi iniziò a bruciarle fastidiosamente. Tirò su la camicetta e notò che il simbolo si stava illuminando di una strana luce turchese. Non appena i raggi di questa luce toccarono i coralli, questi si scostarono, lasciandole libero un sentiero che conduceva a quella che sembrava una Grotta sottomarina.
Stupita, Isabelle seguì il sentiero finché non raggiunse il fondo della grotta. Quest'ultima era illuminata da una luce verde proveniente dalla superficie, la sabbia era candida e le uniche presenze vitali erano delle piccole stelle marine sulle pareti e qualche corallo bianco cresciuto lì vicino.
Storse la bocca e decise di risalire in superficie. Con una spinta generosa raggiunse il bordo dell'acqua e lentamente fece uscire la testa, per poter studiare bene l'ambiente che la circondava. Rimanendo con la testa a metà tra l'acqua e la superficie, per scappare nel mare in caso di necessità, Isabelle si guardò attorno, scrutando le pareti rocciose e le strane fiammelle verdi appese alle pareti. La sabbia di quel luogo era bianca come il fondo, piccole conchiglie candide stavano vicino all'acqua. Dall'altra parte rispetto a dove si trovava lei, su una sorta di trono di corallo bianco, stava una figura coperta da un mantello blu notte, il capo chino.
Isabelle prese coraggio ed uscì dall'acqua con cautela, senza distogliere lo sguardo dalla creatura.
Non appena uscì totalmente ed ebbe posato entrambi i piedi sulla terra ferma, la persona alzò la testa verso di lei e per un attimo Belle credette di gridare. L'uomo incappucciato non aveva gli occhi o meglio, aveva due sfere bianche al posto di essi, senza pupilla o iride. Le labbra erano livide, le guance scavate e, sulla fronte, il simbolo degli Elementi era stato inciso a fuoco.
L'uomo sorrise appena e le parlò – Uisge. Mi hai trovato. Sono passati trent'anni da quando l'ultima Uisge venne da me, e so che ha causato tanti problemi. – disse con voce greve. A Isabelle ricordava tanto il rumore delle onde che si infrangevano durante le tempeste, e ciò non la rassicurava.
– Mia zia Juliet, la SeanUisge, mi ha detto di venire da te, per il Segreto Marino. – sussurrò la ragazza.
Io sono l'Oracolo, sacerdote consacrato all'Uisge. Sono sotto il tuo comando, mia padrona. – le rispose sorridendo appena.
Quel sorriso bastò ad Isabelle per poter fare un passo avanti.
– Si tratta del Segreto Marino. – disse, la voce ferma.
Il sorriso dell'Oracolo si aprì ancor di più – Ah, il Segreto Marino... Vi sto causando dei bei grattacapi vero? Alle Uisges. Purtroppo le mie Profezie sono dono di Feaw, perciò non potete controllarle...Avvicinati, Isabelle Yvette Eau. –
Belle sussultò: nessuno l'aveva mai chiamata con il suo nome completo, e ciò la metteva un po' a disagio.
– Cosa puoi dirmi? – domandò avvicinandosi, prima che di scatto l'Oracolo chinasse la testa.
Fu preso da una serie di convulsioni che spaventarono la ragazza, quindi alzò la testa: gli occhi si stavano riempiendo di una sorta di nube azzurrina che sfumava nel rosso, nel verde e nel grigio finché non divenne totalmente blu.
NELLA SUA DIMORA DOVRAI TORNARE, L'AMORE DOVRAI ABBANDONARE. QUEST'ULTIMO PORTERA' TUTTO ALLA DISTRUZIONE, COM'E' AVVENUTO L'ULTIMA VOLTA. NON PUO' AVVENIRE L'UNIONE TRA DUE COSE DIVERSE. ASCOLTA LE MIE PAROLE, EARINE: SE VUOI SALVARE L'UMANITA', SE VUOI SALVARE FEAW..DOVRAI ABBANDONARE COLORO CHE AMI. FALLO E TUTTO ANDRA' SALVATO. – gridò, e un vento forte avvolse Isabelle, facendola cadere a terra.
Quando il vento cessò, la ragazza alzò lo sguardo sull'Oracolo che era tornato con il capo chino, in silenzio.
– Aspetta! Cosa vuol dire che dovrò abbandonare chi amo? Intendi Josh? Però anche Laura e Freddie, e mia sorella?! Dovrò tornare nella sua dimora? Nella tana della Domina Mors?! E chi è Earine?! Rispondimi! – gridò Isabelle, in preda al panico. Non ci capiva niente, aveva solo una gran confusione e voleva prendere a calci quel vecchietto che sembrava addormentato.
– Maledizione! – gridò, prima di rituffarsi in mare.

 


~Angolo Autrice
Ta daaan!
Che ne pensate?
Scusate la mia incapacità di scrivere profezia in rima o roba simile LOL

Ho messo un bel pò di roba e notizie flash...Intanto si è capito perché il Segreto Marino è solo per l'Acqua e cos'è..Poi magari lo svilupperò un pò meglio...Che ne pensate? E di Carnill? Io la amo, già ve lo dico lol Magari farò un capitolo dedicato alla sua storia...
Che si ricollega tra l'altro al Segreto Marino, per cui di sicuro lo farò <3
Un bacione, ci vediamo presto!
Ginger (ex Gryfferine)


 

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