we are the same thing

di Mad_Dragon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo I ***
Capitolo 2: *** capitolo II: il primo giorno d'accademia ***
Capitolo 3: *** capitolo III: Drago e Cavaliere -parte prima- ***
Capitolo 4: *** capitolo IV: Drago e Cavaliere -parte seconda- ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV: How to begin a friendship ***
Capitolo 6: *** Capitolo V: L'addestramento ha inizio ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI: proposta ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII: L'allenamento speciale di Hiccup ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII: In missione -parte 1- ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX: in missone -parte 2- ***
Capitolo 11: *** Capitolo X: In missione -parte tre- ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI: il problema del tagliaboschi ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII: Controlled ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII: La congiura ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV: La verità parte prima ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV: La verità -parte 2- ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVI: Preparativi ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVII: Verde come la paura ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVIII: Rosso come il terrore ***
Capitolo 20: *** Capitolo XIX: Tradimento ***
Capitolo 21: *** Capitolo XX: The dragon race ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXI: Moonlit Love ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXII: Pallida come la neve ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIII: ***
Capitolo 25: *** Capitolo XXIV: Oscura come la morte parte 2 ***
Capitolo 26: *** Capitolo XXV: Glassy Sky ***
Capitolo 28: *** Capitolo XXVI ***



Capitolo 1
*** capitolo I ***


We are the same thing
 
 
 
Erano passati due anni dalla morte di Morte Rossa e un anno da quando Stoick aveva deciso di creare una squadra di Cavalieri di draghi e, ovviamente, aveva dato l’incarico a Hiccup. Ma questa storia non ha come protagonisti Hiccup e Sdentato, ma un ragazzo di Karl e il suo drago.
La nostra storia inizia un giorno alla accademia dell’addestramento dei draghi. Sul palco costruito per l’occasione c’erano Hiccup e gli altri membri  della prima generazione di Cavalieri di Berk: Testa di Tufo e Testa Bruta, Gambedipesce, Astrid e Moccicoso. Ognuno di loro avrebbe insegnato ciò che avevano appreso ai nuovi Cavalieri.
Sei ragazzi, quattro maschi e due femmine, erano stati messi in fila. Tra di loro, per la precisione il secondo da sinistra, c’era Karl. Karl aveva sempre amato i draghi ma faceva fatica ad avvicinare le razze di grande taglia poiché ne era terrorizzato. Per questa ragione era rimasto incredulo quando aveva passato il test per entrare nell’accademia. Tra le fila di spettatori, oltre agli anziani e a Bucket che era lì per immortalare la scena, c’erano anche i famigliari dei futuri cavalieri.
La madre di Karl, che si stava asciugando le lacrime di commozione, stringeva la mano di una bambina di circa sei anni dagli occhini vispi. Karl, mentre le guardava, sentì un moto di orgoglio salirgli dal profondo e sapeva che anche suo padre e suo fratello sarebbero stati fieri di lui se fossero stati lì con loro, ma purtroppo erano morti il primo nella battaglia contro la Morte Rossa ed il secondo a causa delle ferite riportate dopo uno scontro con gli Esiliati.
Stoick stava finendo il suo discorso e decise di dare la parola al figlio. Hiccup prese posto davanti alla platea ed iniziò il suo discorso dicendo:
“Oggi siamo qui per rendere omaggio a coloro che diventeranno la seconda generazione di Cavalieri di Berk” poi prese un rotolo di pergamena e continuò:” Ecco i nomi di coloro che sono stai scelti: Arcadia Lainson.”
La ragazza con i capelli corvini fece un passo avanti. Era alta, con il fisico slanciato ed era truccata con colori molto scuri e si era messa per l’occasione un vestito di color viola che le arriva a ¾ della gamba e i suoi immancabili parabracci torchiati. Molti si erano chiesti come fosse riuscita a passare il test di ammissione, ma Karl, che aveva avuto l’occasione di parlarle in privato più di una volta, sapeva che quel suo modo di essere era un’armatura per schermare la sua timidezza.
“Matt Vastorn” chiamò lui.
Matt era un ragazzo di media statura, occhi color del cielo, fisico curato, passione per lo sport, insomma il classico tipo tutto palestra e notti in discoteca ( o, per dirla tutta, quello a cui vanno dietro le ragazze pur sapendo che non verranno mai cagate manco di striscio, Nota del Autore).
“ Caleb Massetson” continuò Hiccup.
Caleb era un ragazzo molto gioviale, sempre allegro, portava una benda sull’occhio a causa di un incedente avvenuto quando era piccolo. Matt adorava prendere in giro Caleb per questa sua menomazione chiamandolo Monocolo, ma Caleb se ne fregava altamente.
“Melanie Demisson” disse ancora Hiccup.
Melanie era una ragazza discretamente bella, ma veniva sempre paragonata alle sue sorelle che, per l’una o per l’altra cosa, erano migliori di lei. Ma adesso poteva dirsi orgogliosa di quello che stava per diventare, poiché avrebbe per la prima volta superato le sue sorelle.
“ Karl Adimotson” chiamò Hiccup.
Karl fece un passo avanti. Karl era di sicuro il ragazzo più magro, ma ciò gli donava discreta agilità ma la sua caratteristica più grande era il suo intuito e la sua enorme curiosità, che insieme formavano un miscuglio esplosivo che aveva portato guai più d’una volta al nostro eroe.
“Ultimo, ma non per importanza: Merric Johnson”
Merric era il migliore amico di Caleb ed era parente abbastanza prossimo di Scaracchio, lo si capiva dal fatto che appena poteva aiutava il fabbro sottoponendoli dei progetti per armature, spade, protesi e via dicendo. Inoltre faceva pratica anche lui e questo suo allenamento gli aveva donato un corpo dai muscoli appena abbozzati ed asciutto.
“ Questi sei ragazzi domani inizieranno il loro addestramento all’accademia” proferì Hiccup con fare solenne. Dopo il discorso i ragazzi e gli insegnanti posarono insieme per il ritratto d’appendere nella grande sala per tramandarlo ai posteri.
Prima di dirigersi a casa, Karl si diresse verso il monumento creato per commemorare la caduta dei guerrieri. Guardò i nomi di suo padre e di suo fratello e disse loro.” Vi prometto che diventerò il più grande Cavaliere di Berk di sempre”.
 

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Ciao ragazzi, ho deciso di iniziare una nuova serie, questa volta nel mondo di Dragon Trainer. L’idea mi frullava in testa già da un po’ e avevo bisogno di scriverla. Adesso vado, ciao :-D
Rovo_sama

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Capitolo 2
*** capitolo II: il primo giorno d'accademia ***


La mattina seguente, Karl si alzò di buon ora. Aveva deciso che sarebbe passato da Scaracchio per salutarlo e ritirare l’elmo della madre che si era rotto tempo prima. Incontrò Merric nella piazza centrale del villaggio, diretto anche verso la fucina del fabbro.
“Ciao Merric” salutò Karl, accompagnando il gesto con un cenno della mano.
“Ciao Karl. Anche tu vai dal fabbro?” chiese Merric.
“si, devo ritirare una riparazione”
“ Avrai certamente notato che passò molto tempo con Scaracchio” attaccò Merric.
“Sei sempre in fucina a studiare la temperatura del fuoco, come usare gli strumenti, come dare una forma precisa al metallo… manco Hiccup era così appassionato al mondo dei fabbri prima di diventare un Cavaliere” disse il corvino all’amico.
“Beh, è vero… ma mi stavo chiedendo se avessi voglia di provare una cosa che ho realizzato.” Disse Merric, grattandosi dietro alla nuca.
“certo, molto volentieri, ma dobbiamo sbrigarci, se no gli altri inizieranno senza di noi.”
I due ragazzi si diressero alla bottega e Merric mostrò a Karl un’armatura che copriva il busto fino alle ultime costole e le spalle con due spalliere decorate con motivi a sbalzo raffiguranti segni di buon auspicio caratteristici del casato di Merric.
Karl se la provò. Gli stava a pennello e l’armatura gli conferiva un’aria solenne.
“sono proprio contento che tu abbia messo a frutto i miei insegnamenti.” Disse Scaracchio dall’altra parte della fucina “Quell’armatura è proprio adatta a combattere su un drago poiche non impedisce i movimenti e al contempo protegge i punti più sensibili che il drago non può proteggere durante una battaglia aerea.” aggiunse poi.
Karl ringraziò il suo amico e si fece dare da Scaracchio l’elmo riparato, poi si diresse a casa.
 
3 ore dopo
 
 L’Accademia si ergeva gloriosa davanti agli occhi dei sei futuri Cavalieri di draghi. L’edificio originario esisteva ancora e manteneva il suo utilizzo classico. I libri presenti nella Grande Sala erano stati riposti in una biblioteca situata in una torre. Gambedipesce teneva le sue lezioni sulla natura dei draghi in mezzo a tutti quei libri, dando ai ragazzi l’opportunità di consultarli quando e come volevano. L’arena era il regno di Moccicoso, infatti lui era l’insegnante di combattimento sia corpo a corpo, sia sui draghi e sia del combattimento aereo. I gemelli, invece, avevano la loro aula in uno grande campo pieno di ostacoli atti a separare drago e Cavaliere e a impartire ordini a distanza attraverso un linguaggio dei segni. La pista di volo, gestita da Astrid, si trovava poco più sotto l’arena ed era stata costruita in poco tempo ampliando la parete di roccia e completando la struttura con delle strutture di legno che servivano a tenere in piedi tutto.
Per Hiccup era stato costruita una nuova ala, dove il ragazzo insegnava ai suoi allievi i rudimenti e le tecniche dell’arte di conquistare la fiducia di un drago e su come creare un rapporto profondo con essi. Infatti, lui e Sdentato condividevano un rapporto profondissimo, come tutti gli altri maestri dopotutto (sì, anche Moccicoso e Zannacurva).
Karl era arrivato per quinto. La prima ad arrivare era stata Melanie, che per l’occasione aveva sfoggiato un vestito un po’ meno femminile del solito. Un filo di trucco le valorizzava labbra e viso, rendendola la ragazza più affascinante del gruppo. Si era messa una minigonna con delle piastre di metallo, molto simile a quella di Astrid. Dopo di lei era arrivata Arcadia, poi Matt e Caleb. All’appello mancavano solamente Merric, che arrivò tutto trafelato per la paura di essere arrivato dopo l’inizio delle lezioni.
“Guarda un po’ chi si rivede. Pensavo che te la fossi fatta addosso.” Commentò sprezzante Matt.
“Matt smettila di crederti il migliore tra di noi” gli rispose Melanie.
“Ma è la verità” disse poi rivolgendo uno sguardo di sfida alla ragazza..
“Perché non ci diamo tutti una calmata.” Si intromise Caleb, cercando di sedare il litigio tra i due.
“Tanto è inutile, questa zucca vuota non imparerà mai cos’è l’umiltà.” Fece Melanie.
“ Ragazzi se siamo qui tutti e sei è perché ognuno dei maestri ha visto qualcosa di unico in ognuno di noi, e quindi, a suo modo, siamo tutti speciali.” Disse Merric, che fino ad allora era rimasto in silenzio.
“Ahh, io non vedo niente di speciale in nessuno di voi.” Controbatte Matt.
“Ma allora le vuoi prendere” disse Melanie stringendo i pugni.
“Melanie, non sprecare le energie con questo qui.” Si intromise Arcadia.
“Tanto è inutile, perché io diventerò Cavaliere prima di voi.” Disse Matt in un tono più scontroso del solito.
“Devo farti presente che seguiremo tutti gli stessi corsi e che ci diplomeremo tutti e sei insieme.” Puntualizzò Karl.
“Beh i miei voti saranno più alti dei tuoi, questo è poco ma sicuro Karl.”
“sei senza speranze Matt, la tua arroganza non ha limiti.”
“Mhhh” tossì qualcuno alle spalle dei ragazzi. I sei, infatti, erano così assorti nel loro battibecco che non si erano accorti che il gruppo dei maestri aveva aperto le porte dell’Accademia e si era fermato lì nel guardare la scenetta.
“Noto con piacere che avete già sviluppato un forte senso di cameratismo” disse Moccicoso con fare sornione.
“Dai, Moccicoso, non fare così; anche noi alla loro età eravamo così” disse Testa Bruta.
“E adesso siamo più uniti che mai” disse Astrid, sorridendo mentre ricordava i bei momenti durante l’addestramento con Hiccup e gli altri.
“Ragazzi, mi dispiace fare il guastafeste, ma siamo in ritardo” fece notare il giudizioso Gambedipesce.
“Hai ragione” disse Hiccup, e poi aggiunse: “ ragazzi, benvenuti a quella che sarà una specie di seconda casa. Qui imparerete non soltanto ad allenare ed a combattere con i draghi, ma anche  a formare un legame profondo con essi. Il vostro obbiettivo non è solo quello di diventare Cavalieri ma anche quello di diventare i migliori amici dei vostri draghi.”
“Bene, ditemi dove avete messo i draghi ed io me li farò amici.” Disse Matt, trovandosi subito addosso 5 paia di occhi decisamente contrariati.
“Frena il tuo entusiasmo e aspetta la fine del discorso di Hiccup.” Disse Testa di Tufo.
“Grazie Tufo. Come stavo dicendo, passerete qui tre settimane, in cui voi apprenderete come difendervi dai draghi selvatici e come avvicinarne uno senza finire abbrustoliti. Poi verrete portati su un’isola poco più a nord di Berk. Lì troverete sei draghi che dovrete farvi amici. I draghi saranno scelti in base alle vostre capacità.” Disse Hiccup, concludendo così il suo discorso.
I sei ragazzi si diressero verso l’Accademia ansiosi di cominciare i corsi ma anche un po’ delusi per la scelta di Hiccup. Karl comunque sapeva che ce l’avrebbe fatta, smentendo tutto ciò che Matt aveva detto.
 
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Ciao ragazzi,
ci ho messo un po’ ad aggiornare perché la scuola mi stava succhiando via quasi tutto il mio tempo libero. La carriera di Cavalieri di draghi dei nostri sei protagonisti sta iniziando. Nel prossimo capitolo vedremo Karl & co. dopo le tre settimane di addestramento e li vedremo alle prese con la sfida dell’ottenere la fiducia dei draghi. Sarà un capitolo decisamente lungo. Stay tuned. Ciao ;-D
Rovo_sama

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Capitolo 3
*** capitolo III: Drago e Cavaliere -parte prima- ***


Capitolo III:
Drago e Cavaliere
- parte prima –
 
Le tre settimane di addestramento erano passate abbastanza velocemente. Grazie all’esperienza acquisita da Hiccup con diversi tipi di draghi, i ragazzi riuscirono ad apprendere cosa attraeva di più le varie specie.
“Non sto più nella pelle, ragazzi” disse Karl.
“di sicuro tutto questo  addestramento darà i suoi frutti.” Disse Melanie.
“sempre sei i maestri manterranno la promessa” disse Arcadia.
“Ma perché devi essere  così negativa” Le disse Merric.
“Non sono negativa, sono solo realistica.” Rispose la ragazza.
“Credo che dobbiamo aspettarci qualsiasi cosa, da un Furia buia ad un semplice Gronkio”.
“Ma il ritrovo a che ora è?” chiese Melanie
“Ma che memoria corta che hai!!! Il ritrovo è tre ore dopo l’alba, nella piazza centrale del villaggio”.
“Allora ci vediamo là” disse Melanie.
I quattro ragazzi s’incamminarono verso la propria casa. L’autunno era appena iniziato ma già il freddo iniziava a farsi sentire.
Karl era davvero entusiasta. In quelle tre settimane si era rivelato uno degli studenti migliori, guadagnandosi così la stima di molti dei suoi maestri e l’invidia di Matt.
Tornando a casa, Karl si ritrovò a pensare al giorno in cui erano stati annunciati i risultati degli esami, le lacrime che segnavano il volto di sua madre e la mutua approvazione di sua sorella, che, pur essendo molto piccola, aveva capito la solennità del momento e la sua importanza.
D’un tratto un altro ricordo si fece strada nella sua mente, non piacevole come quello precedente ma altrettanto importante.
Il ricordo in questione è quello della partenza di suo fratello per la battaglia contro gli Esiliati. Quella battaglia fu vittoriosa per i vichinghi di Berk, ma non fu una vittoria facile da ottenere. In quella battaglia morirono molte, troppe persone. Ma tornando al ricordo di Karl, suo fratello stava per partire. Karl ricordò il suo sguardo fiero, l’armatura che brillava e la sua promessa di vittoria.
“Alla fine la tua promessa l’hai mantenuta…” disse tra se e se Karl, guardando il parabraccio che gli aveva regalato pochi giorni prima di partire.
Perso trai suoi pensieri, Karl non si era reso conto di essere giunto a casa sua.
“Karl!!!!”. La voce squillante di sua sorella lo riportò coi piedi per terra.
“Ehi piccolina, tu non dovresti aiutare la mamma o andare a giocare con gli altri?”
“Non chiamarmi piccolina, io sono Rose e vado a giocare quando mi pare.”
“ Sei anni e già indomabile. Non voglio pensare a ciò che succederà durante la sua adolescenza.”
“Cosa hai detto?!?!?” urlò la bambina.
“Karl! Rose! Smettetela di litigare.” Urlò la madre da dentro la casa.
Karl entrò in casa. La madre stava seduta su una sedia davanti al camino.
“Karl vorrei che tu prendessi quella cesta laggiù”
Il ragazzo obbedì e, dopo un cenno della madre, la aprì. Dentro c’erano le parti dell’armatura di suo padre, ma erano diverse, meno pesanti.
“Ho chiesto a Scaracchio di adattarle per un guerriero destinato a combattere su un drago.” Spiegò la madre.
“Non dovevate…”
“Dovevo, invece, dovevo farlo per garantirti una qualche sicurezza…”
“Vi prometto che farò attenzione.”
I due si abbracciarono per un lungo momento.
Quella notte
Karl non era riuscito a prendere sonno, così decise di leggere un po’ il Libro dei draghi fattosi prestare da Gambedipesce qualche giorno prima.
La sua attenzione si era focalizzata su una specie di drago registrata da poco, l’Ali Cremisi. Questo drago ha delle capacità incredibili ed era riuscita a scappare dal giogo della Morte Rossa grazie ad esse. Questo drago ha tre “acciarini” dentro di sé e, grazie ad essi, può sparare tre palle di fuoco alla volta oppure concentrare il fuoco in un’unica devastante fiammata, inoltre le sue ali riescono a lacerare il metallo. Inutile dire che era tra le poche specie di drago che può rivaleggiare con i Furia Buia.
“sarebbe bello se riuscissi ad addestrarlo” pensò Karl.
Karl chiuse il Libro e decise di andare a fare una passeggiata.
Per fortuna, la finestra di camera sua dava sul giardino sul retro. In questo giardino c’era un albero i cui rami arrivavano fino alla finestra della camera del nostro eroe. In quattro e quatt’otto, Karl stava gironzolando per le vie della città.
“E dire che fino a due anni fa passeggiare di notte  equivaleva a buttarsi dalla rupe più alta di Berk” pensò Karl.
“Ehi Karl, vieni qui.” Disse una voce.
“Oh buonasera Arcadia” disse Karl andando incontro alla ragazza.
“Non riesci a dormire per la tensione?” domandò la ragazza.
“Eh sì, ma vedo che non sono l’unico qui.”
“Più che tensione, la mia è semplice voglia di camminare” disse la ragazza.
“Guarda la luna” disse Karl.
I due ragazzi alzarono lo sguardo. La luna in quel periodo era piena e adesso sembrava ancor più vicina alla Terra del solito.
“Sembra che ci stia augurando buona fortuna.” Disse Arcadia.
“È vero, ma la fortuna non dipende solo dagli déi, ma anche dall’astuzia degli uomini.” Le disse Karl.
“Allora ci vediamo domani, grande pensatore.” Disse la ragazza allontanandosi.
“A domani” rispose Karl, stringendosi nel cappotto di lana a causa del freddo.
  Il giorno dopo
I ragazzi erano partiti puntuali come degli orologi svizzeri. I maestri li scortavano in caso ci fosse stato un imprevisto.
Arrivati sulle sponde dell’isola, Hiccup smontò da Sdentato e disse: “ Rimarrete su quest’isola per quattro giorni, né uno di più né uno di meno. Alla scadenza di questa data torneremo a prendervi. Chi non sarà riuscito a guadagnarsi la fiducia di un drago, dovrà ripetere il corso, che durerà il doppio. Bene ragazzi, noi ci rivedremo tra quattro giorni.”
Detto ciò, lui e gli altri tornarono a Berk.
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Il momento tanto temuto e tanto atteso è finalmente giunto. Ce la faranno Arcadia, Matt, Melanie, Caleb, Karl e Merric a guadagnarsi la fiducia di un drago? Tutto questo nel prossimo capitolo. Stay tuned. Ciao :-D
Rovo_sama. 

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Capitolo 4
*** capitolo IV: Drago e Cavaliere -parte seconda- ***


Capitolo III
Drago e Cavaliere
-parte seconda-

I ragazzi, dopo che venne consegnato loro la mappa dell'isola, decisero di dividersi così che ognuno potesse fare come meglio credesse.
L'isola, pur non essendo un'isola immensa, presentava diversi ambienti. Infatti, c'erano due boschi, delle montagne, dei laghi, una parete rocciosa, una montagna ed una scogliera a picco sul mare. Arcadia si diresse verso la Grande Foresta, Karl verso il bosco, Matt partì prima di tutti e non disse nulla su dove stesse andando, Melanie si diresse verso la parete rocciosa, Caleb rimase sulla spiaggia poiché non se la sentiva di esplorare un luogo sconosciuto e Merric se ne andò verso la scogliera a picco.
Nessuno sapeva cosa li aspettava.
Giorno 1
Arcadia aveva impiegato circa mezza giornata per trovare un modo per aggirare l'ostacolo rappresentato dalla parete rocciosa.
"Dannata parete di stupide rocce, non ci potevano portare su un'isola completamente pianeggiante?!?!?" pensò la ragazza tra sé e sé. Fin da piccola aveva evitato di arrampicarsi sulle rocce e aveva sempre trovato una scusa per obbligare gli altri a giocare sugli alberi o per le strade. Non che non fosse capace di arrampicarsi, ma provava ribrezzo per la scalata.
"Deve esserci per forza un sentiero o qualcos'altro per salire sulla radura soprastante" continuò a pensare la ragazza. Poi si ricordò della mappa, la estrasse e, dopo un'attenta analisi, riuscì a trovare un piccola sentiero a 45 piedi (Credo che si usassero i piedi come unità di misura per la lunghezza ma non ne sono sicuro, nda). La ragazza si avviò verso il sentiero e lo percorse fino in fondo. Una volta arrivata in fondo,  si ritrovò davanti ad una foresta con alberi enormi.
"Vita perché cazzo mi odi così tanto?!?!?" esclamò Arcadia buttandosi a terra sconsolata. "No, questo non è lo spirito giusto" si disse fra sé e sé, e si rialzò in piedi e si avventurò tra le fronde.
"ragazzi che alberi" pensò la nostra Arcadia, mentre camminava attraverso l'intricato insieme di radici e rami bassi. D'un tratto, sentì un rumore sinistro provenire dal folto della foresta. Pochi minuti dopo, un ruggito scosse la foresta.
"Ma che diavolo sta succedendo?" si chiese la ragazza. Presa dalla curiosità, Arcadia si avventurò nella direzione del ruggito. Ma si sa, a volte la curiosità non porta a niente di buono.
***
Karl era riuscito a trovare una strada che circondava la Grande Foresta. Questo sentiero si biforcava: una diramazione si dirigeva all'interno della foresta mentre l'altra portava ad una specie di ponte tra le due sponde del lago. Karl decise di prendere quella che si dirigeva verso il lago. Sapeva bene che pochissime razze di draghi vivevano sulle rive del lago, ma tentare non nuoce.
Dopo un paio d'ore di ricerca, Karl non vide neanche l'ombra di un drago. "E che palle" sbuffò Karl. D'un tratto, il suo stomaco iniziò a brontolare per la fame. Ovviamente aveva già mangiato il pranzo che si era portato dietro, visto che pensava che fosse una cosa di un giorno. "Mi tocca andare nel bosco per cercare della frutta, se no muoio di fame." pensò il ragazzo.
Il bosco era poco fitto e si poteva tranquillamente passeggiare. Notò un albero di mandarini pieno di frutti. Karl ne prese uno, lo sbucciò e ne gustò la polpa piano per placare la fame. mentre mangiava, l'occhio gli cadde su alcuni segni sul terreno. Karl si chinò e le analizzò. "Impronte di cinghiale gigante. Merda, sono finito nel loro territorio. Se mi trovano è la fine." Purtroppo la Dea Bendata aveva deciso di non aiutare il nostro eroe che, non essendosi accorto di niente, era stato circondato da un branco di cinghiali inferociti. I loro grugniti attirarono l'attenzione di Karl, ma purtroppo era troppo tardi.
***
Arcadia era arrivata fino alla sorgente del rumore che, contro ogni sua immaginazione, non si trattava di un drago, bensì di un gruppo di roditori.
"Ho letto di questi roditori. Si cibano di uova e vanno matti per quelle del Cambiala." si ricordò la ragazza. Gusci d'uova circondavano il gruppo di roditori. Arcadia, inorridita dalla crudeltà della natura, decise di andarsene ma vide un uovo ancora intero e decise di salvare almeno quello. Afferrò l'uovo e rifilò un calcio al roditore che la stava attaccando. Anche gli altri esemplari non avevano buone intenzioni, perciò Arcadia decise di battere in ritirata. I roditori la seguirono per un bel pezzo, ma alla fine decisero di rinunciare alla loro preda.
Arcadia, però, non si accorse di questo e continuò a correre finché non raggiunse una radura. Un colpo la scaraventò contro un albero. Si rialzo, chiedendosi cosa fosse successo. Un Cambiala le si mostrò e le ruggì contro.
"Calmati. non voglio far del male all'uovo. Ecco tieni." disse Arcadia porgendo al drago l'uovo. I due si scambiarono uno sguardo d'un'intensità che mille parole non potrebbero descrivere. Dopodiché, il drago prese tra le fauci delicatamente l'uovo ed abbassò la testa e Arcadia gli toccò la fronte. Fu così che Arcadia stabilì un legame con il suo drago.
***
Karl era riuscito ad aprirsi un varco trai cinghiali menando fendenti con la sua spada. Mentre fuggiva, perse la strada e si ritrovò fuori dal bosco. I cinghiali continuavano ad inseguirlo nonostante le perdite subite.
"Devo trovare un modo per seminarli, se no quelli mi fanno fuori." pensò Karl, ormai affaticato dalla corsa.  All'improvviso, un ruggito squarciò l'aria. Dal cielo piombò giù in picchiata un macchia di un rosso acceso. Accadde tutto in un attimo. Alcuni cinghiali vennero colpiti da una coda, mentre altri vennero incenerite dalle fiamme del drago. Karl non poteva crederci. Aveva davanti a sé una leggenda, un Ali Cremisi. Il drago aveva la stessa corporatura di Sdentato, le ali  erano molto più grandi, aveva della piccole corna e un muso affusolato. La coda era di una lunghezza media e terminava con delle spine aguzze che grondavano sangue. Un cinghiale lo aveva ferito al fianco ma pagò con la morte la su avventatezza. Insieme Karl ed il drago riuscirono ad eliminare la maggior parte del branco, il quale si ritirò.
"Grazie" disse Karl rivolto al drago che lo aveva aiutato.
Il drago lo guardò, poi si sdraiò per terra. Era stato ferito altre tre volte dai cinghiali. Anche Karl era stato ferito ad una gamba.
"Ehi, non fare così... Ho un'idea. Indicami la strada per la tua tana e dirigiti là. Ti raggiungerò presto e cercherò di curarti." disse Karl, cercando di incoraggiare quella  maestosa creatura. Il drago spiccò il volo ed indicò con il muso una caverna sul monte. Fatto ciò, la creatura si diresse verso la sua tana.
Karl, grazie anche alla mappa, individuò subito un sentiero che lo avrebbe portato fino alla caverna. Sulla strada trovò delle piante officinali che andavano bene per curare la ferita alla sua gamba e dei fiori di un arbusto che, secondo il libro dei draghi, curava le ferite di ogni drago, Arrivato alla caverna, Karl si sedette vicino al drago tirò fuori dalla sua borsa due ciotole: nella prima mise le piante per la sua ferita mentre nell'altra quelle per il drago. Dopo aver preparato un unguento se lo spalmò sulla gamba e poi fece lo stesso con il drago. La bestia mugugnò ma Karl lo tranquillizzò dicendogli che era una cosa normale.
Nel frattempo, la notte era calata e Karl ed il drago mangiarono uno dei cinghiali dello scontro avvenuto poche ore prima. "Non riesco ancora a crederci... sto mangiando assieme ad un essere che fino a stamattina consideravo una leggenda vivente, sei magnifico." Il drago emise dalle narici uno sbuffo di fumo, chiaro segno di apprezzamento del complimento. "E anche un po' vanitoso" disse Karl in modo scherzoso, ma il drago gli rifilò un piccolo colpo di coda sulla schiena. "Guarda che stavo solo scherzando" si giustificò il ragazzo. La complicità tra i due era moto grande, sembrava che si conoscessero da una vita. Karl estese la sua mano ed il drago posò la usa testa sotto il palmo, sigillando così il patto tra Drago e Cavaliere.
Giorno 2
Matt passò la notte all'addiaccio, dormendo in una piccola radura al limitare del bosco. Sapeva che nessuno conosceva le sue intenzioni. D'altronde, non erano affari che li riguardavano.  Matt si diresse verso il lago per rinfrescarsi, dopodiché si sarebbe diretto verso la distesa di rocce che aveva visto il giorno precedente sulla mappa. Prese dell'acqua e si lavò la faccia, si risistemò l'armatura, e partì per la zona rocciosa. La cosa che stava cercando si faceva ad ogni passo più vicina, ma non sapeva che qualcun'altro stava cercando lui.
***
Melanie aveva passato l'intera giornata precedente ad esplorare il lato più ad ovest della parete rocciosa, cercando un qualche segno di passaggio di un drago. Verso metà pomeriggio del giorno precedente, la nostra esploratrice trovò qualcosa di molto più che delle semplici tracce. L'ingresso di un enorme caverna si era rivelata d'avanti ai suoi occhi.  La ragazza costruì un torcia con un telo ed un pezzo di legno trovato poco prima; fatto ciò, Melanie entrò nella grotta. Mentre scendeva, Melanie continuava a stupirsi di ciò che vedeva: stalattiti e stalagmiti formavano delle strane sculture che provocavano nella ragazza un grande stupore.
"Che meraviglia, non credo che a Berk ci sia un qualcosa di minimamente somigliante a questa grotta." mormorò Melanie.
Ma non sapeva che la natura non era l'unica autrice di quella meraviglia.
***
Matt si era avventurato per la distesa di rocce. La sua "preda", se così la vogliam chiamare, non era né un drago né qualche altra specie di animale, bensì una pietra. Questa pietra non era un sasso qualunque, ma un'agata muschiata. Da tempo si vociferava che questa pietra avesse un particolare potere: aiutava a lenire alcuni tipi di dolore. Matt sapeva che sull'isola della prova c'era un giacimento di questa pietra, situato proprio nella distesa rocciosa che il ragazzo stava esplorando.
All'improvviso, Matt sentì un rumore di passi. Si voltò e quasi gli venne un colpo per colpa di ciò che gli stava venendo incontro. Un Rubaossa leggermente più grande della media stava correndo nella direzione di Matt, anzi, sembrava proprio che stesse puntando a lui. Matt si mise a correre ma era un lotta impari, dato che dieci passi del ragazzo equivalevano ad uno di quel drago enorme.  Alla fine Matt decise di arrendersi e di affrontare il drago.
"ti prego fai quello che devi fare subito e senza farmi troppo male." piagnucolò il ragazzo cercando di stimolare la pietà del drago. Ma la creatura si fermò davanti a Matt, indicando con il muso gli spallacci e l'antibraccio del ragazzo. Matt rimase stupito dal comportamento del drago, ma poi si ricordò che quella particolare specie di drago era nota per la sua cocciutaggine, infatti era disposto a tutto pur di ottenere le ossa che servivano a completare la sua armatura. Matt si slacciò l'armatura e la porse al drago. "Adesso devi restituirmi il favore. sai dirmi dove posso trovare la cava di agata." disse Matt. Il drago se lo mise in groppa e partì verso ovest. In poco tempo il duo raggiunse la sua meta. La cava era un'enorme parete che risplendeva di una luce verde, dovuta ai raggi del sole che si riflettevano contro le pietre. Matt guardò la parete compiaciuto e rivolse un ringraziamento al drago, il quale decise di rimanere. Matt estrasse l'ascia e colpì la parete cercando di far uscire un frammento di un cristallo. L'ascia non sortì l'effetto sperato e una scheggia della lama saltò via.
"Dannazione" urlò Matt in preda alla disperazione e alla mancanza d'idee.
Il drago decise di aiutare Matt con l'agata e sferrò una potente codata contro la parete. La parete non resse ed alcuni frammenti di agata caddero giù. Matt capì che il drago lo aveva aiutato perché si fidava di lui. Il ragazzo  lo ringraziò e stese il braccio nella direzione del muso del drago, il quale appoggiò il cranio contrò la mano, suggellando il loro legame.
***
Melanie si era addentrata sempre più nel profondo della caverna. Ad ogni passo che compiva, la sua incredulità cresceva esponenzialmente. Adesso non solo le stalattiti e le stalagmiti, ma anche le pareti si trasformavano in complicati intarsi e sculture raffiguranti paesaggi e draghi.
"Chi può aver fatto tutto questo?" continuava a chiedersi Melanie, scartando le l'ida che fosse stato un essere umano. D'un tratto, qualcosa si avvicinava silenziosamente alle spalle della ragazza. Melanie si voltò e lanciò un grido per lo spavento. Anche la creatura si ritirò nell'ombra. Melanie mise la torcia davanti a sé e riuscì a vedere l'animale che la stava attaccando. L'animale in questione era una specie di rettile somigliante ad un serpente, dalla squame rosse e bianche, con delle grosse zampe e relativamente piccole ali. Melanie si ricordò di aver letto di un drago con quelle caratteristiche. "ma tu sei un Trita Lotta!!!!" esclamò Melanie. Il drago mosse su e giù la testa. "Ma cosa ci fai qui?".
Il drago si voltò e fece capire alla ragazza di seguirlo. Melanie, pur avendo dei dubbi, seguì il drago. Camminarono per molto tempo fino a quando non aggiunsero una grande stanza. Sul soffitto c'era un buco di grandi dimensioni da cui filtrava la luce del giorno. Melanie dedusse che era passato un giorno intero, visto che lei era entrata nella grotta poco prima del crepuscolo. In fondo alla stanza c'era un altro Trita Lotta, che si differenziava dall'altro per la stazza ed il colore. Melanie si chiedeva cosa stesse succedendo. Ma non aveva tempo per pensare, visto che il drago più grande si stava avvicinando a loro. Guardò prima lei, poi il drago più piccolo e poi ancora lei, come se li stesse valutando. Il drago ruggì... La situazione era irreale... Melanie non poteva crederci... Il ruggito aveva creato una scultura raffigurante una ragazza ed un Trita Lotta. Fatto ciò, il drago più grosso si ritirò nell'ombra, lasciandoli soli.
"Allora... Sembra che abbiamo ricevuto la sua approvazione." disse Melanie ancora incredula per quello che era accaduto. Il drago s'inchinò davanti a Melanie, la quale mise la mano sul capo della creatura. Nessuno dei due si accorse che l'altro drago li stava osservando con occhi pieni di lacrime...
Giorno 3
Caleb aveva passato gli ultimi due giorni girovagando per la spiaggia, venendo attaccato per tre volte da un branco di granchi giganti. Aveva deciso di passare la notte del secondo giorno sveglio per evitare spiacevoli inconvenienti. Grazie a questa sua decisione, Caleb fece una scoperta strana. Vide infatti una strana figura che stava nuotando attorno all'isola. Seguendo questa creatura, giunse ad un'insenatura situata nella zona est della spiaggia. Dall'acqua emerse un drago dotato di pinne.
"Uno Scalderone" disse Caleb guardando il drago. Il drago si accorse del ragazzo e si trascinò fino a lui. Caleb rimase dov'era. Sapeva che non doveva mostrarsi troppo avventato e non doveva fare movimenti bruschi per non far attaccare il drago.
"Buona sera signor drago, ha visto che bella luna che c'è stasera?" chiese in modo nervoso Caleb. il drago per tutta risposta sputò a terra delle gocce d'acqua bollente. " Dovrei interpretare questo fatto come un "non mi importa della luna"?" scherzò Caleb.
Il drago avvicinò il muso alla faccia del ragazzo. "Calma, calma, calma. Caleb tieni a freno i nervi. Se fai un'altra cavolata come questa sei finito."
Caleb iniziò ad indietreggiare lentamente, cercando di non far arrabbiare il drago. Però i risultati furono scarsi e Caleb  iniziò a correre disperatamente e ad urlare come un dannato. Il drago decise di seguirlo e la loro corsa durò fino a dopo mezzanotte. Caleb si accasciò a terra madido di sudore ed ansimante. Il drago si fermò a qualche metro da lui. "Si può sapere che diavolo vuoi da me o hai intenzione di inseguirmi per tutta l'isola" gli urlò contro Caleb. Il drago gli indicò la borsa che si portava a tracolla. Il ragazzo gliela tirò e l'aprì. Ne estrasse dei fiori. Caleb si ricordò che aveva raccolto quei fiori il giorno prima sul lato nord dell'isola. Il drago se li mangiò, poi rese la borsa al proprietario. Fece per andarsene ma Caleb lo trattenne.
"Se vuoi posso portarti dove ho raccolto i fiori"
Il drago aprì le fauci imitando un sorriso, ma al ragazzo sembrò più una smorfia di ribrezzo.
"Ti prego, non farlo mai più." lo pregò Caleb.
I due si diressero verso il lato nord dell'isola. Ci misero tre ore a raggiungere il prato che confinava con la spiaggia. Il drago si buttò contro l'enorme distesa di fiori che si stagliava davanti a lui. mangiò fino a saziarsi del tutto, poi si diresse verso il mare. Il drago incitò Caleb di seguirlo. I due si immersero in acqua. Uno spettacolo meraviglioso si aprì davanti  Caleb. Pesci di medio-piccole dimensioni nuotavano attorno a lui e al drago, in lontananza vide degli enormi pesci che si tenevano a distanza di sicurezza. Periodicamente il drago riemergeva per far prendere aria al ragazzo. Arrivati alla caverna, Caleb ed il drago avevano fatto amicizia e, alla luce della luna, caleb e lo scalderone suggellarono il patto che gli avrebbe uniti per sempre.
***
Merric aveva impiegato diverso tempo per raggiungere la scogliera a picco sul mare. Tra spiagge, pareti da scalare e ostacoli vari da evitare, era arrivato a vederla nitidamente solo durante la notte tra il secondo e terzo giorno. In più ci mise anche altre due ore per raggiungerla.
"Che sadici che sono... La prossima prova ce la faranno fare sull'isola degli esiliati... Che palle" si lamentò Merric, ormai con le tasche piene di quella stupida isola. La scogliera si ergeva a picco sul mare e le onde si infrangevano alla base di essa, cercando di eroderla... era come una battaglia tra un gigante e dei nani: il gigante poteva reggere per molto tempo, ma i nani alla fine l'avrebbero abbattuto. Merric camminò fino a che pochi passi lo distanziavano dal bordo della scogliera. Il ragazzo si sentì piccolo, impotente davanti alla natura.
Merric scrutò l'orizzonte alla ricerca di una qualche figura volante, ma non vide niente. "Mi toccherà ripetere il corso" pensò. Si voltò per andarsene ma intravide con la coda dell'occhio un'ombra aggirarsi trai cespugli. Si girò ed urlò in quella direzione: "Vieni fuori qualunque cosa tu sia.". Merric sperava moltissimo che fosse un drago così non avrebbe dovuto ripetere quel noiosissimo corso tenuto da Hiccup e compagnia. Le sue speranze non furono disattese e un drago sbucò fuori dal cespuglio. Ma non era un drago qualunque.
"oh cavolo... Quello è uno Skrill, un fottuttissimo Skrill... ora cosa faccio?!?!?" pensò Merric. La fuga era impossibile: da un lato c'era il tuffo quasi sicuramente mortale dalla scogliera,dall'altra la montagna da scalare. Lo Skrill, però, non sembrava volesse attaccarlo anzi sembra che gli stesse chiedendo aiuto. Merric lo notò e cercò di avvicinarsi al drago per cercare di capire cosa avesse: dopo pochi minuti di osservazione, Merric giunse all'ipotesi che il drago fosse "scarico". Gli skrill, infatti, prendono la loro energia dai fulmini dei temporali. Il ragazzo si voltò e vide delle nubi nere avanzare verso l'isola. Ci avrebbero messo poco tempo e lui doveva sbrigarsi ad attuare il suo piano. Prese tutto il metallo che riuscì a trovare nella borsa e si tolse anche l'armatura ed il suo bracciale porta-fortuna. Li assemblò in modo da formare un parafulmine, poi aggiunse la spada e la diresse verso lo skrill in modo che venisse ricaricato. Completò il tutto poco prima dell'arrivo del temporale.
una volta rassicurato il drago, Merric si allontano dal parafulmine per evitare di essere folgorato. Pochi istanti dopo, un fulmine cadde verso il parafulmine e venne direzionato contro il drago che lo assorbì, ricaricandosi. Il drago colpì la struttura con la coda e la distrusse, recuperò il braccialetto e lo portò a Merric per ringraziarlo dell'aiuto. Merric sapeva che quella razza di drago era molto schiva  non sperava di poter formare un legame con lui, ma lo Skrill continuò a toccargli la mano per incitarlo. Merric posò la mano sul suo cranio e sigillarono il patto.
Era la fine del 3° giorno
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E ce l'ho fatta, un applauso a me *clap clap*. Mi ci sono volute qualcosa come tre settimane per finirlo ma l'ho finito. Non avete idea dei salti mortali che ho dovuto fare per scriverlo. Poi ieri sera salta fuori che lo Skrill non è allenabile, ma non avevo voglia di riscriverlo, quindi mi prendo una licenza poetica. Recensite in tanti che mi fate contento. Alla prossima,
Rovo_sama    

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Capitolo 5
*** Capitolo IV: How to begin a friendship ***


Capitolo IV
How to begin a friendship
 
Era l'ultimo giorno della prova: tutti si erano radunati sulla spiaggia dove quattro giorni prima i loro maestri  gli avevano lasciati. Tutti tranne Karl."Chissà dov'è finito Karl." disse Merric guardando gli altri. Arcadia si strinse al suo drago cercando conforto. Temeva il peggio ma non voleva che qualcun'altro oltre al suo drago lo scoprisse. "Magari si è perso nel bosco" azzardò Caleb. "Certo, come no. Secondo me, ha fallito miseramente e si sta nascondendo in un qualche anfratto. " disse col suo solito fare superbo Matt. "Vaffanculo Matt, hai rotto." gli rispose Melanie. "Che c'è? Ti da forse fastidio, zuccherino?" Gli rispose l'altro. "Non chiamarmi così!" esclamò l'altra. La tensione tra i due era decisamente palpabile, tanto che anche i loro darghi stavano iniziando a stuzzicarsi. "Karl, dove sei?" disse a bassa voce Arcadia guardando il cielo.
In quel momento, nella grotta sulla montagna
"Allora Rubyn, te la senti davvero?" chiese Karl al suo amico. Uno sbuffo di fumo uscì dalle narici. Un segno di approvazione. Una delle tante, piccole e stupide cose che in quei quattro giorni avevano imparato l'uno dell'altro. Le ferite di Rubyn si erano in parte rimarginate e anche quelle di Karl. Il ragazzo sistemò la sella d'emergenza fabbricata durante quei giorni sulla schiena del drago. Non era la prima volta che volavano insieme, ma quella volta era speciale. Da lì in avanti tutto sarebbe stato diverso. Con quel volo iniziava il cammino che li avrebbe fatti diventare una cosa sola: un'unica grande personalità. Karl montò in sella, verificò che le staffe reggessero e poi spronò Rubyn ad uscire dalla grotta. Uno sperone di roccia si stagliava poco fuori dalla grotta. I due si posizionarono poco prima della fine dello sperone, poi Rubyn spalancò le ali e decollò. L'aria schiaffeggiò il volto di Karl. Era una sensazione indescrivibile. L'unica cosa certa in quel momento era che Karl e Rubyn si sentivano la stessa cosa. Il ragazzo si teneva ad una delle protuberanze sulla schiena del drago. Il drago si stabilizzò e Karl poté finalmente riaprire gli occhi. "Ma è sempre così?" chiese Karl. Il drago emise due sbuffi di  fumo. "Allora succede le prime volte... Mi sembra incredibile... Guarda laggiù Rubyn! Quella è Berk, la nostra casa.". Il drago rivolse lo sguardo nella direzione indicatagli dal suo amico. "Non rimarrai deluso, te l'assicuro". A quelle parole il drago sembrò che già si vedesse solcare i cieli sovrastanti l'isola. Si lanciarono in picchiata. Rubyn mantenne quell'assetto fino a sfiorare le punte degli alberi, poi aprì le ali per ridurre la velocità. Karl gli disse di far un giro e poi di dirigersi verso la spiaggia.
Dieci minuti dopo
Mancava solo un'ora allo scadere del tempo fissato da Hiccup e i ragazzi, tranne Matt, erano in ansia per l'assenza di Karl. Arcadia si stava torturando i capelli cercando di scaricare l'attenzione; ma a mano a mano che il tempo passava, l'ansia cresceva in lei. Il suo drago se n'era accorto e stava cercando di rassicurarla, ma con scarsi risultati.
"Guardate là!!" esclamò Melanie indicando una macchia rossa che si stava avvicinando. Nessuno riusciva a capire cosa fosse, ma intesero che era un drago. Il drago atterrò in mezzo al gruppo sei ragazzi. Tutti i draghi meno lo Skrill di Merric arretrarono spaventati da quell'essere. Fu allora che tutti si accorse che Karl era in groppa al drago. "Che c'è ragazzi? Credevate che fossi morto?" domandò sorridente Karl. "Non è possibile... quello è un Ali Cremisi." disse Merric. "Beh non è l'unico drago potenzialmente mortale qui in mezzo, dovresti saperlo Merric, visto che hai fatto amicizia con un drago spara fulmini." gli rispose Karl. Il resto dei ragazzi si strinse intorno a Karl, complimentandosi con lui e chiedendogli come avesse fatto.
Il tempo passò in fretta e i maestri raggiunsero con puntualità i loro allievi. Nei loro sguardi si vedeva l'orgoglio che provavano per i ragazzi e per il successo della loro prova. Sdentato e gli altri draghi si avvicinarono. C'era tensione tra il Furia Buia, lo Skrill e l'Ali Cremisi. D'altronde, tre galli nello stesso pollaio non ci possono stare. I rispettivi Cavalieri riuscirono ad evitare appena in tempo lo scontro tra quei titani. "Bene ragazzi" esordì Hiccup:" Vedo con piacere che ognuno di voi a superato la prova e vi faccio le mie più sincere congratulazioni, soprattutto a Karl e Merric per l coraggio che hanno avuto nell'avvicinare queste creature così maestose e potenti."
 I due ragazzi ringraziarono il maestro per i complimenti, poi Astrid proseguì:" Ragazzi, da oggi pomeriggio inizia il vero addestramento. Man mano che il tempo passerà, forgerete un legame con i vostri draghi fino a diventare una cosa sola con essi. I draghi diverranno i vostri compagni, i vostri fratelli e sorelle. L'unica cosa che vi potrà ostacolare a quel punto sarà la vostra indecisione. Fate leva sui punti di forza di entrambi, correggete quelli di debolezza, fate in modo di essere la stessa anima racchiusa in due corpi separati.". I ragazzi fecero tesoro delle parole della ragazza. "Adesso dovete tornare dai vostri genitori che in questi giorni ci hanno assillato di domande. Come se vi avessimo mandati contro Morte Rossa armati di un'ascia sbeccata." disse Testa di Tufo facendo scoppiare una risata collettiva.
I ragazzi salirono sulla barca e i draghi presero il volo. Karl salì in groppa a Rubyn. Merric e il suo Skrill erano ancora sulla spiaggia. "Che c'è Mec, qualche problema?" chiese Karl. "No, è ch vorrei volare ma ho paura di cadere." rispose l'altro. "Fidati di lui e tutto andrà per il meglio. Non permetterà che tu ti faccia del male." lo incoraggiò Karl. Il ragazzo decise di salire sul drago, si sistemò tra il collo e le ali, abbracciò il collo del drago e gli disse di alzarsi in volo. Il drago partì e Merric urlò come un matto, ma non per la paura ma per la gioia e l'incredulità che provava in quel momento. Karl prese il volo e direzionò Rubyn verso Berk. Stava tornando a casa sua. Anzi, stavano tornando alla loro casa.
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ciao ragazzi. Come state? Sono riuscito ad aggiornare prima del previsto, quindi posso mettermi a lavorare al prossimo capitolo già da domani. In questo capitolo ho "svelato" il perché ho chiamato la ff "We are the same thing". Adesso devo andare. Ciao :-D
Rovo_sama

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Capitolo 6
*** Capitolo V: L'addestramento ha inizio ***


Capitolo V
L'addestramento ha inizio
Stoick e gli altri cittadini aspettavano il rientro dei Cavalieri sulla spiaggia del porto principale. Appena le nave arrivò, gli abitanti andarono incontro ai ragazzi complimentandosi con loro per i risultati ottenuti. Molti si tennero a distanza dai draghi di Karl e Merric, ma, appena Hiccup gli rassicurò sulla loro tranquillità, gli abitanti iniziarono ad avvicinarsi a loro.
"bene ragazzi, ora avrete due ore per riposarvi. Nel pomeriggio, come vi ho già anticipato prima, inizieranno le lezioni del corso avanzato. Riposatevi, ve lo meritate." disse Hiccup. I ragazzi  si allontanarono dalla spiaggia. Karl e Rubyn passeggiavano tranquillamente per la strada, sentendo gli occhi della gente posarsi sulle loro schiene. Tutti sull'isola avevano un drago ma nessuno, almeno prima del figlio di  Stoick, aveva passeggiato tranquillamente per le strade dell'isola con un drago ritenuto mortale e invincibile. Ma niente dura per sempre. Karl arrivò a casa sua molto presto. Sua madre e sua sorella lo aspettavano sulla soglia. La bambina corse incontro al fratello allacciando le braccia al collo del ragazzo. "Ben tornato, fratellone" gli disse poi si sciolse dall'abbraccio e rivolse la sua attenzione al drago. "Ma questo chi è?" Come si chiama?" chiese Rose con la genuina curiosità di una bambina di sei anni. "Lui è Rubyn. Da oggi vivrà con noi, Rose." le rispose Karl. "Ma morde?" chiese la bambina. Il drago assunse uno sguardo indignato. "Rose, non è un cane, è un drago: trattalo con il dovuto rispetto." disse Karl alquanto scocciato. "Non è vero. Non c'è sul libro che mi hai regalato." rispose l'altra.
"Mhhh." tossicchiò la madre dei ragazzi richiamandoli all'ordine. Solo lei sapeva far s mettere le discussioni che nascevano trai due. "Rose, quello è un drago appena scoperto, per questo non c'è sul tuo libro. Potrai fare tutte le domande che vuoi a Karl, visto che lui è il suo Cavaliere.". detto questo rivolse il suo sguardo al maggiore dei suoi figli cercando una conferma per ciò che aveva appena detto. "Lo farò, ma prima ho davvero bisogno di uno dei tuoi pranzi, mamma. Sto per morire di fame." Tutti e tre si misero a ridere e si diressero verso la casa. La madre di Karl si avvicinò al ragazzo e gli chiese dove avesse intenzione di mettere Rubyn. "Ovviamente starà con noi. Chiederò a Scaracchio di radunare i manovali così amplieremo la parte superiore della nostra casa. In questo modo potremmo vivere in una casa più grande e Rubyn avrà la sua stanza." le rispose Karl. "E dove credi di trovare i soldi?" rispose la madre. "Ehm... Diciamo che ho aiutato l'estate scorsa la commessa del negozio con delle commissioni, del tipo portare pacchi da una parte all'altra e cose del genere. Ho guadagnato abbastanza oro da permetterci le spese." disse Karl. "E quando avresti voluto darmi questa notizia?" fece la donna incrociando le braccia davanti al petto mentre guardava il figlio dritto negli occhi. "Tecnicamente doveva essere una sorpresa... Ma visto che l'hai scoperto: sorpresa mamma, possiamo ristrutturare la casa!" disse il ragazzo sorridendo alla madre e allargando le braccia in segno di resa. La donna gli mollò uno scappellotto. "Ma perché...?". "Perché sei un cretino proprio come tuo padre. Ma non posso più cambiarti... Però ti voglio bene così come sei."Anch'io ti voglio bene, mamma.". I due si avviarono verso casa.
Due ore dopo
Karl e gli latri raggiunsero in orario l'accademia. I loro draghi li avevano seguiti volando e atterrarono su uno spiazzo poco distante dall'accademia. Tutti aspettavano trepidanti l'apertura delle porte della struttura. Le porte si aprirono e uscirono i gemelli, che invitarono i ragazzi a raggiungere il cortile interno della struttura, dove Hiccup avrebbe tenuto la lezione speciale di quel giorno. Il gruppo entrò nell'accademia. Il cortile della struttura era molto amplio: c'era l'arena in cui i draghi si allenavano, gli attrezzi per gli umani, alcuni alberi sotto la cui ombra si poteva tranquillamente riposare. Moccicoso aveva fatto installare un piccolo refettorio e la cuoca che lo gestiva si era ritagliata una parte del cortile per i tavoli e le sedie. Hiccup aspettava i ragazzi  al centro di questa cortile. "Bene ragazzi, adesso vi parlerò di una cosa: tutti voi sapete la mia, anzi, la nostra storia. Una cosa che non sapete  che io non sapevo cosa fare per tutto il tempo. Io e Sdentato abbiamo imparato a conoscerci col tempo. Ad esempio, il nome "Sdentato"  glielo ho dato solo quando ho scoperto i denti retrattili... Quello che voglio che voi facciate è dare il nome al vostro drago non in base alle vostre conoscenze che avete sulla sua specie, ma su una sua caratteristica peculiare, Tornate da me quando avete finito."disse il ragazzo. Karl e Rubyn rimasero al loro posto, Si conoscevano già abbastanza bene. Mezz'ora dopo tornarono Arcadia e il suo Cambiala. "Hai fatto?" chiese Karl. "Sì. Ho deciso di chiamarlo Camaleo. E lui è d'accordo." rispose la ragazza. "Allora benvenuto Camaleo" concluse Karl. Nell'arco di un'ora, tutti i ragazzi trovarono un nome adatto per i loro rispettivi draghi: Matt chiamò il suo Rubaossa Skulk, Melanie chiamò la sua Trita Lotta Serpentina, Caleb rinominò lo Scalderone Leviathan e Merric la sua Skrill Joules.  Hiccup si congratulò con i ragazzi e li mandò nella torre di GambediPesce per la sua lezione sulla cura dei draghi.
La lezione durò molto tempo perché Gambe si era dilungato molto sulla cura dei draghi, elencando nuovi metodi e ripassando quelli che avevano studiato nella prima parte del corso. Alla fine si rese conto di aver esagerato e congedò i ragazzi. "Grazie a Thor, è finita!" esultò Matt fuori dalla torre. "Per una volta siamo d'accordo." disse Melanie. "Ho sicuramente le allucinazioni; Matt e Mel che vanno d'accordo, Impossibile." disse Merric. Tutti scoppiarono in una risata contagiosa e liberatoria. Stavano diventando un gruppo unito, anche se rimanevano ancora dei piccoli segreti e disaccordi.
 Arcadia e Karl decisero di fare un pezzo di strada assieme. Karl le raccontò dei suoi piani mentre Arcadia gli raccontò di come erano contenti i suoi genitori e di quanto fossero orgogliosi di lei. "Ma?" Chiese Karl. "Credo che temano per me, soprattutto mio padre. Crede che sia ancora una bambina che deve essere protetta da ogni pericolo."disse la ragazza. "È normale: anche mia madre si preoccupa ma sa che devo fare le mie esperienze."disse Karl. "La tua è una storia a parte." commentò la ragazza. "Lo so, e lo sa anche lei. Ne abbiamo parlato a lungo e, alla fine, si è messa il cuore in pace. Dovresti fare lo stesso con i tuoi." le suggerì il ragazzo. "Ci proverò... Grazie." detto questo, Arcadia abbracciò Karl, il quale ricambiò l'abbraccio. "Di niente. È a questo che servono gli amici." sussurrò il ragazzo. I due si sciolsero dall'abbraccio e poi tornarono ognuno a casa sua. Karl sentiva qualcosa di strano agitarsi dentro di lui.
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Ciao ragazzi,
Allora... Sono in ritardo pazzesco ma questo è un periodo molto intenso sotto molti punti di vista. nel prossimo capitolo ci sarà una svolta parecchio importante, quindi non perdetelo ;). Alla prossima.
Rovo_sama   
 

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Capitolo 7
*** Capitolo VI: proposta ***


Capitolo VI
Proposta

Era passata una settimana ormai dalla prova. Le giornate dei nuovi Cavalieri si erano trasformate in lunghe sessioni d'allenamento: tutti gli insegnanti pretendevano il massimo, soprattutto Astrid durante le sue lezioni di volo. La bionda li obbligava ad allenarsi per almeno tre ore al giorno, mostrando acrobazie di ogni genere sia puramente dimostrative sia utili al combattimento. Si era accanita maggiormente su Karl e Merric, visto che loro due erano già riusciti a volare ee si dimostravano molto più preparati. Dopo l'ennesima, estenuante, lezione di volo, i sei si radunarono nel cortile interno per mangiare qualcosa. Anche i draghi, pur avendo una grandissima resistenza, si lasciarono cadere sullo spiazzo antistante il refettorio, all'ombra degli alberi. "Anche oggi vi han fatto lavorare come muli da soma. Per Thor, se continuate così vi ammalerete." disse la cuoca appena li vide arrivare. "Meno male che ci sei tu Valkia! I tuoi piatti risusciterebbero anche i morti." disse Caleb. La cuoca ringraziò il ragazzo per i complimenti e servì il gruppo. i ragazzi si sedettero al loro solito tavolo.
"Ho scoperto una cosa interessante ieri." esordì Matt.
"Sentiamo" disse Arcadia.
"Ho notato che la colombaia è sempre piena di piccioni viaggiatori. Ho provato a prenderne uno ma Moccicoso mi ha visto e mi ha mandato via in malo modo. La cosa mi insospettisce."
"Magari era la sua posta privata." azzardò Melanie.
"Il punto è che c'erano molti sigilli dei villaggi alleati e di quelli del circondario." aggiunse Matt.
"Allora credo che dobbiamo far finta di niente per non far insospettire gli istruttori. Nel frattempo ci alterneremo per controllare la colombaia." disse ancora Melanie.
"È un ottimo piano. Abbiamo il diritto di sapere cosa succede all'infuori di Berk. Insomma, siamo o non siamo i Cavalieri di Berk." proseguì Matt.
"Tecnicamente non lo saremmo ancora." disse Caleb.
"Dettagli..." gli rispose Matt.
Karl, che durante il discorso era rimasto in disparte, prese la parola:" Io avrei una mezza idea su quello che sta succedendo. L'altro giorno ho sentito alcuni guerrieri parlare e hanno detto che stanno accadendo delle cose nelle terre più a sud. E adesso la massiccia corrispondenza senza spiegazioni plausibili. Devono per forza essere collegate queste due cose. Ma non riesco ancora a capire come."
"Se monitoriamo la situazione, ne sapremo sicuramente di più. È meglio cambiare argomento adesso. Non vorrei che orecchie indiscrete ci sentissero." disse Merric. I ragazzi tornarono a parlare del più e del meno, cercando di celare i propri pensieri.

Tre ore dopo
La giornata accademica era finita. I sei varcarono i portoni poco prima degli insegnanti. Nella piazza del villaggio incontrarono Hiccup, il quale riferì loro che il giorno seguente non avrebbero avuto lezione, visto che Gambe, Moccicoso e i gemelli sarebbero partiti per una importante missione. Poi prese in disparte Karl e Meric e diede loro appuntamento per il giorno seguente alla conca vicino alla foresta. Non diede spiegazioni al riguardo. Disse solo che riguardava i loro draghi. La cosa insospettiva molto Karl, ma ne aveva abbastanza di complotti e di teorie. Fortunatamente, non toccò a lui il primo turno di guardia alla colombaia. Almeno quello se l'era risparmiato. Decise di fare una visita a Scaracchio per chiederli se avesse trovato i materiali di cui aveva bisogno. Il vecchio fabbro uscì dalla bottega salutando il ragazzo. "cosa ti porta qui? Hai bisogno di me?" chiese. "Volevo sapere se hai trovato quello di cui avevi bisogno. Tutto qui." rispose il ragazzo. "Certo! Ho mandato tutti ai costruttori. Ancora un paio di giorni e la tua casa è pronta. Sei contento?"disse l'altro. "certo. Almeno non dovrò più sorbirmi le lamentele di Rubyn. Sbuffa continuamente." rispose Karl, che poi scoppiò a ridere seguito poi da Scaracchio. Nel frattempo, Rubyn, che stava sorvolando la zona, sentì il loro discorso e lanciò una fiammata indispettito.
***
Il giorno dopo, Karl si era alzato molto prima del solito uscendo dopo aver mangiato qualcosina e dopo aver lasciato un biglietto per sua madre. Andò dove dormiva il suo  drago che, come se avesse avuto un'intuizione, si era fatto trovare già sveglio. "Certo che prenderti in contropiede è d'avvero difficile." disse Karl. Rubyn annuì muovendo la testa. Karl lo sellò, montò e presero il volo. Il ragazzo sentiva un bisogno quasi viscerale di volare insieme al suo drago. L'aria fresca del mattino cancellò ogni  traccia di sonno rimasta. Drago e Cavaliere rimasero in silenzio per molto tempo, osservando il sorgere del sole. Il cielo era di un rosa un po' più carico del solito. Karl si sentiva d'avvero felice. Non solo perché era il suo momento della giornata preferito, ma anche perché lo stava condividendo con il suo drago, con il suo migliore amico. Karl si distese sul dorso del drago, cingendo il collo del drago con le braccia. Rubyn si voltò leggermente per poter guardare il suo amico. Richiamò l'attenzione del ragazzo con un verso sommesso. Il ragazzo lo guardò. "Non ti si può nascondere niente." disse Karl e poi aggiunse: "Atterriamo. Così potremmo parlare liberamente." Il drago obbedì all'ordine atterrando su una piccola spiaggia di un'isoletta poco lontana dalla loro isola. Rubyn si mise comodo su una roccia, aspettando lo sfogo di Karl. "Io... Non so cosa cazzo devo fare, ok?" iniziò il ragazzo. "Tutto è successo in modo dannatamente veloce! Io non ero pronto. Io non sono pronto, ma tutti si aspettano che io faccia chissà cosa, come se fossi Thor incarnato sulla terra." continuò il ragazzo:" Parlano tutti bene di me, mi paragonano a mio padre e a mio fratello. Ma io non sono loro e non posso essere loro. Non so davvero cosa fare... Ho una certezza: voglio continuare. Fanculo il mondo intero, nonostante io voglia un bene immenso a tutti quelli che mi hanno aiutato e ai miei cari che non ci sono più, non vivrò tutta la mia vita con l'opprimente cappa della loro ombra. Diventerò come loro." Una volta finito questo discorso, Karl rivolse il suo sguardo al cielo e disse:" Diventerò una stella del mattino, di quelle che brillano sfidando la luce accecante del Sole. Ma non brillerò di luce riflessa. La mia stella brucerà grazie ai miei sforzi e ai miei successi.". Si girò verso il drago e continuò:" vuoi aiutarmi in questa impresa titanica?". Il drago annuì sorridente- o almeno ci provò- ed emise uno sbuffo di fumo dalle narici. Karl abbracciò il suo amico e poi si diressero verso la conca dove Hiccup aveva dato loro appuntamento.

Qualche minuto dopo 
Hiccup aspettava i ragazzi al centro della conca. Karl arrivò per primo, poco dopo arrivò anche Merric. "Perché ci siamo solo io e Karl?" chiese l'ultimo arrivato.  "Perché dovevo parlare solamente a voi due. " Rispose Hiccup, e poi aggiunse: " Voglio studiare in modo più approfondito i vostri draghi, date la loro rarità e le poche informazioni che abbiamo su di loro."
Karl squadrò Hic.  Non lo aveva mai visto così autoritario. Questo suo modo di fare lo inquietava un po'. "Io ci sto." disse Merric. "Anch'io." disse Karl. "Bene" disse Hiccup. I tre montarono sui loro draghi e partirono per una destinazione sconosciuta ai neo Cavalieri.
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Salve ragazzi,.
La trama inizia ad infittirsi. Cosa sta succedendo nei territori oltre i confini di Berk? Calma, ci vuole ancora un po' di pazienza, siamo solo all'inizio. Volevo ringraziarvi per il vostro sostegno silenzioso. Il primo capitolo è arrivato a 272 visite. Grazie mille. Ci sentiamo al prossimo capitolo.
Rovo_sama

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Capitolo 8
*** Capitolo VII: L'allenamento speciale di Hiccup ***


Capitolo VII
L'allenamento speciale di Hiccup
 
Il gruppo formato da Hiccup, Karl, Merric e dai loro rispettivi draghi si stava dirigendo verso un'isola parecchio distante da Berk. I due ragazzi non sapevano dove stessero andando né  tantomeno cosa avrebbero fatto. Dopo all'incirca un'ora di volo, il gruppetto arrivò a destinazione. Atterrarono su una distesa al centro dell'isola.
"Ed eccoci qua." disse Hiccup. "Benvenuti a Strohn, un'isola completamente disabitata che ospiterà le vostre sessioni di allenamento speciale. Verrete sottoposti a diverse prove atte a studiare in modo approfondito i vostri draghi ed anche quante è profondo il vostro legame." I ragazzi esaminarono la zona. Non sembrava che ci fossero né delle trappole né altro che avrebbe potuto essere pericoloso; nonostante questo,  Rubyn e Joules erano nervosi. Forse perché non sopportavano il fatto di stare insieme o perché se ne stavano su un'isola solo per essere esaminati. Due titani, due re costretti dalle circostanze a essere esaminati da un umano... Rubyn, in particolare, continuava a guardare Sdentato. La Furia Buia se ne stava seduta vicino al suo cavaliere e li guardava come se stesse cercando di dir loro qualcosa. Rubyn gli si avvicinò e fece schioccare la mascella. Karl si umettò le labbra. "Amico, cosa vuoi fare?" chiese al suo drago ma quello lo ignorò ed emise una serie di versi alcuni acuti altri rochi.  Sdentato gli rispose con altri versi, poi schioccò la lingua e fece scattare la mascella. Joules si parò davanti a Merric ed agli due ragazzi, spingendoli con il muso per allontanarli dalla pianura. Sapeva che stava per succedere qualcosa e non voleva che i ragazzi si ferissero. Karl fu colto impreparato dallo Skrillo (1), ma poi realizzò quello che stava succedendo. Era una sfida. Una sfida per decidere chi fosse il migliore, chi fosse degno di guidarli. "Rubyn, fermati!!!"urlò Karl, ma era già troppo tardi. Rubyn sollevò la coda e lanciò le creste ossee che aveva sulla parte finale della coda. Sdentato rotolò a destra e le schivò, poi si alzò in volo e sparò una fiammata, prontamente schivata dall'Ali Cremisi.
Karl e Hiccup non riuscivano a credere ai loro occhi. Dal canto suo, Merric si era fatto da parte e stava interrogando Joules sui motivi di quello che scontro. "Sdentato! Smettila immediatamente!" ordinò Hic con fare perentorio ma il suo drago non lo ascoltò ed ingaggiò un violento corpo a corpo. Il vichingo cercò di avvicinarsi ma Joules si mise davanti al ragazzo e ringhiò per farlo indietreggiare. Nel frattempo, la lotta tra i due draghi continuava furiosa. Nessuno dei due era in vantaggio, ma si vedeva che Sdentato era molto più esperto e che, prima o poi, Rubyn avrebbe fatto uno sbaglio. Il drago rosso sputò tre sfere infuocate, poi una lunga lingua di fuoco. Sdentato rispose ad ogni colpo e riuscì perfino a colpire di striscio il suo avversario. La furia Buia si lanciò contro il suo sfidante colpendolo ripetutamente con la coda e gli artigli, ma Rubyn, sfruttando lo spazio di tempo tra un colpo e l'altro, morse la coda della "progenie del fulmine e della morte"(2)scaraventandolo contro una roccia. Rubyn pensò di aver vinto ma il suo avversario si rialzò. Nonostante i colpi subiti, nessuno dei due voleva cedere. Non era più una semplice sfida per sapere chi fosse il più forte. Era diventata qualcos'altro: era diventata una sfida per decidere chi dei due dovesse essere il capo, chi dei due dovesse diventare il signore dei draghi di Berk. Sdentato e Rubyn ingaggiarono un altro corpo a corpo, cercando di procurare danni all'avversario in modo tale da farlo cedere.  
Karl che, fino ad allora si era tenuto in disparte, si fece avanti e disse ad Hiccup che forse era tutta colpa sua. Alla richiesta di spiegazioni da parte di Hic, Karl gli raccontò il discorso fatto prima al suo drago e che quel discorso potrebbe essere la causa di quello scontro. "Non credo." disse il Conquistatore dei Draghi (3), e poi aggiunse:" Avevo previsto che una cosa del genere potesse succedere. Mi meraviglio che non si fossero messi a lottare la prima volta che si sono visti.". Sia Karl che Merric rimasero stupiti da tale informazione. "Vuoi dire che tu sapevi che sarebbe potuto succedere tutto questo e non hai fatto niente per  prevenirlo?" chiese Merric, a metà tra l'esasperazione e la rabbia furente. "Non ho detto questo." disse Hiccup, " Ho solo detto che l'avevo previsto. Secondo voi, perché vi ho portati qui?" chiese il vichingo più grande. "Per evitare che Berk venisse distruttta." risposero i due ragazzi, capendo le intenzioni di Hiccup. "Ci siete arrivati. Abbiamo già abbastanza problemi, e non voglio dare pretesti a quello stupido pecoraio per far montare l'ennesima rivolta (4)." disse Hiccup. L'attenzione dei tre ragazzi fu catturata dall'evolversi dello scontro: l'Ali Cremisi era stato ferito ad un fianco e alla coda mentre Sdentato aveva alcuni graffi ed alcuni lividi sul corpo. Gli avversari si stava fissando. L'uno voleva prevedere la mossa che l'altro avrebbe fatto per contrastalo efficacemente. Fu allora che successe l'inaspettato. Joules si lanciò nella rissa, mettendosi tra Sdentato e Rubyn. Tentò di farli ragionare ma entrambi non le diedero ascolto (5). La sfida proseguì con uno scambio di colpi tra i due draghi. Rubyn venne ferito altre due volte ed il suo sangue macchiava la verde erba del prato. Joules, vedendo in difficoltà il suo amico, si preparò a scagliare una saetta. Rubyn si voltò verso di lei e le ruggì contro. Era un ruggito imperioso, un ruggito che incute terrore. Lo skrillo dovette ritirarsi. Rubyn assalì Sdentato e i due rotolarono per molti metri in un groviglio di artigli, zanne e ferite. I due continuarono a rotolare per diversi metri fino a quando Sdentato lo afferrò per la coda e lo sbattè contro una roccia. Sdentato gli si avvicinò, bloccò la testa di Rubyn con gli artigli e ruggì mostrando le zanne al drago. Rubyn si acquattò e smise di combattere. Karl gli si avvicinò e si mise ad esaminare le ferite del suo drago. Esse perdevano sangue ma non erano gravi e sarebbero guarite con un paio di giorni di riposo. "Perché l'hai fatto?" chiese Karl. la sua domanda non era un rimprovero, ma solo l'espressione della sua preoccupazione. Il drago si voltò e lo fissò negli occhi. Quegli occhi scuri come l tenebre sembravano  dirgli:"Dovevo...". Karl non capì ciò che il suo compagno gli stesse dicendo. Voleva saperne di più. Sapeva che Rubyn non si sarebbe comportato così. L'unica volta che aveva attaccato era stato per difenderlo da quei cinghiali. C'era sotto qualcosa di più complesso di una semplice questione irrisolta. Karl venne riportato alla realtà dalla voce di Hiccup, il quale lo stava esortando a seguirlo verso una piccola montagna che si trovava a qualche lega di distanza.
Arrivati ai piedi della montagna, Karl e gli altri si trovarono di fronte a Gambedipesce che stava sistemando una specie di catapulta. "Ma cosa ci fai qui, Gambe?" chiese Merric incredulo. "Beh... Dovevo dare qualche ritocco alla mia opera. Deve funzionare alla perfezione, sennò sarebbe pericolosa."rispose il nervoluto vichingo, finendo di sistemare le corde che tenevano ferma la catapulta. Hiccup si avvicinò al suo amico e spiegò a cosa servisse la catapulta. I draghi colpiranno i sassi scagliati dalla catapulta. Osservandoli, Hiccup avrebbe scoperto nuove informazioni su Rubyn e Joules. Karl si avvicinò a Rubyn ed esaminò le ferite. Sulla strada per la montagna era riuscito a trovare le stesse erbe che aveva usato per curare le ferite inflitte dai cinghiali. si era fermato e le aveva schiacciate in modo da formare una specie di unguento e glielo aveva applicato sulle ferite. Non aveva  potuto bendarlo, ma l'unguento aveva fatto comunque il suo effetto e le ferite non erano sporche. Sul muso dell'Ali Cremisi si era dipinta un'espressione di leggero fastidio. "È inutile che ti lamenti. Hai voluto fare il deficiente e ora ne paghi le conseguenze."lo ammonì Karl, ma il drago non la prese bene e gli rifilò un colpo con la coda che fece perdere l'equilibrio al ragazzo. Il drago abbozzò un sorriso leggermente inquietante. "Ti prego non fare quella faccia. Lo sai che mi inquieta." disse il ragazzo. "Vedo che siete tornati amici." disse bonario Merric. "Non ti ci mettere anche te." disse karl mentre si rialzava.
"Se avete finito di scherzare possiamo andare avanti, sempre se vi va!" disse Hiccup, ammonendo i due ragazzi. Karl non si era ancora abituato alla serietà di Hiccup. Aveva solo diciassette anni ma si comportava già come un capo. "Va bene che tra qualche anno dovrai prendere il posto di Stoik e guidare il nostro popolo, ma a tutto c'è un limite." pensò Karl. Il Conquistatore dei draghi si posizionò vicino alla catapulta e ordinò a Merric di prepararsi, poi fece un cenno a Gambedipesce, il quale azionò la catapulta. La macchina lanciò una decina di sassi. Merric ordinò a Joules di sparare delle saette, ma il drago gli ubbidì solo in parte. Lanciò una piccola sfera di elettricità, poi fece schioccare la lingua e la sfera esplose, riducendo in frantumi i sassi. "Interessante"disse Hiccup.
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L'allenamento durò per tutto il resto della giornata. Solo dopo pranzo Hiccup si convinse di lasciar andare i ragazzi. Durante il volo di ritorno, Karl aveva espresso dei dubbi a Merric riguardo il repentino cambio di umore di Hiccup. Entrambi la pensavano allo stesso modo: Hiccup doveva capire che l'allenamento non era l'unica costante della vita di un adolescente. Avevano discusso a lungo su come riuscire in quell'impresa, ma non erano arrivati ad una conclusione, così decisero che ne avrebbero parlato con gli altri e avrebbero elaborato una soluzione tutti insieme. Karl diede appuntamento a Merric nella piazza del villaggio per continuare a parlare, poi si diresse verso casa.
"Allora... Ti sei deciso a parlare?" chiese Karl al suo drago. Il Figlio della Furia e del Sangue (6) fissò Karl dritto negl'occhi. Nello stesso preciso istante, Karl sentì  rimbombare nella sua testa una voce che gli disse:" presto lo saprai...". Karl rimase schioccato e rimase fermo sulla strada per un paio di minuti prima di continuare il suo cammino verso casa, con la testa piena di dubbi e domande.
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Salve * risatina isterica *... Lo so che è passato tantissimo tempo da quando ho aggiornato, ma per via della scuola, dei miei impegni e delle uscite con gli amici, non sono riuscito a completare il capitolo in tempi ragionevoli. Passiamo adesso alle note di oggi:
  1) Skrillo è la traduzione italiana di Skrill. Da notare la fantasia dei traduttori.
  2) È la definizione presente nel libro dei draghi prima che Hiccup incontrasse Sdentato. Copiata pari pari da Wikipedia.
3) Traduzione di "The Dragon Conqueror".
4)Mi riferisco a Wide, un personaggio di "Riders of Berk" che ha combinato diversi casini per far espellere i draghi dall'isola. Uno scassaballe in poche parole.
5) Joules è femmina.
6) definizione inventata da me.
Potete lasciare una recensione, per favore? Mi aiuterebbe a capire come migliorare. Grazie mille a chi lo farà! Alla prossima.
Rovo_sama
 

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII: In missione -parte 1- ***


Capitolo VIII
In missione -parte 1-
Due settimane dopo
Karl e Rubyn non avevano più parlato di ciò che era successo quel giorno. Nessuno dei due ne aveva voglia. Nonostante questo, Hiccup e soprattutto Sdentato non si erano mostrati ostili nei loro confronti.
Gli allenamenti erano continuati e l'affiatamento trai ragazzi cresceva sempre di più, anche se c'erano delle eccezioni. La più evidente era la rivalità tra Matt e Karl.  Gli istruttori se ne erano accorti, così come i draghi. Karl non dava molto peso alle parole di Matt né alle sue continue provocazioni.  L'apice di questa rivalità arrivò un giorno di fine maggio. Matt e Karl si trovavano nell'arena per allenarsi sotto l'occhio vigile di Moccicoso. Matt, che si stava esercitando con la mazza, vide Karl entrare nell'arena. Smise di colpire il manichino e rivolse la sua attenzione a Karl.
"Ciao Karl, sei venuto per allenarti un po'?"chiese Matt.
"Mi pare ovvio, visto che siamo nell'arena." ripose Karl.
"Che ne dici di una sfida?"
"Andata."
Matt sguainò la spada e Karl fece lo stesso. I ragazzi si guardarono negl'occhi per qualche istante, poi Matt tentò un affondo, ma il suo sfidante scattò di lato e menò un fendente alla spalla dell'altro ragazzo, che riuscì a deviarlo con la lama. I due andarono avanti così per all'incirca dieci minuti, sferrandosi colpi non troppo potenti. "Non male Karl, sono davvero stupito." disse con fare provocatorio Matt. "Credi di essere l'unico a saper maneggiare una spada?" disse Karl, rispondendo alla provocazione.
Si scambiarono un altro paio di colpi. Karl si procurò un piccolo taglio su una guancia e Matt uno sul braccio. "Credi davvero che sia finita qui?" chiese spavaldo Matt.  "Beh, abbiamo fatto diversi miglioramenti entrambi. Per evitare di procurarci delle ferite dovremmo finirla qui." disse Matt pacato. "Allora avevo ragione." disse l'altro. "Cosa intendi dire?" chiese Karl, squadrando il suo rivale. "Sei proprio come lui." disse l'altro in modo criptico. "Lui chi?" chiese Karl, con sempre meno pazienza. "Come tuo padre. Sei un codardo come lui." disse l'altro. 
Successe tutto nella frazione di un secondo. Karl, abbandonate le armi, si scagliò contro Matt, caricandolo a testa bassa. Finirono a terra e Karl iniziò a colpire Matt al volto, al petto. Non sentiva né i gemiti del suo rivale, né le urla di Moccicoso (che era accorso nell'arena per controllare l'allenamento dei ragazzi). Ascoltava soltanto quella voce che aveva dentro di sé. La voce gli diceva di fargliela pagare per tutto quello che aveva detto, per tutto quello che aveva fatto. Matt, però, decise di passare al contrattacco. Con un colpo di reni si liberò dalla presa di Karl e lo rispedì a terra, colpendolo dove gli capitava.
Moccicoso decise di intervenire. Doveva fermarli, prima che uno dei due si spingesse troppo in là. Balzò nell'arena e si mise in mezzo ai due ragazzi, cercando di allontanarli il più possibile l'uno dall'altro.
"Smettetela!" ordinò l'istruttore.
"Moccicoso lasciami! Devo ancora dargli una lezione!" disse Matt mentre cercava di liberarsi.
"Vieni qui! Così anticipiamo il tuo ingresso nel Valhalla (1)." disse Karl.
"Ora basta!" tuonò Moccicoso: "Adesso andate tutte e due in infermeria e poi andate nell'ufficio di Hiccup."
Mezz'ora più tardi
"Si può sapere cosa vi è saltato in mente?"dissero all'unisono Arcadia e Melanie, entrambe visibilmente preoccupate.
"Ha iniziato lui." dissero Karl e Matt, indicandosi reciprocamente.
"Vi comportate come due bambini" disse Melanie.
I quattro entrarono nell'ufficio di Hiccup, il quale stava seduto dietro ad un grosso tavolo con sopra diverse mappe. "Benvenuti ragazzi." disse Hiccup e poi aggiunse: " Moccicoso mi ha già raccontato tutto. Ma adesso abbiamo cose più importanti da fare."
"Ho degli incarichi per voi quattro. Melanie, tu andrai con una squadra di ricognitori nell'arcipelago a sud-ovest di qui. Abbiamo rilevato attività sospette." disse Hiccup.
"E voi tre andrete nell'isola di Volk. Gli abitanti sono stati attaccati dagli Esiliati(2) e hanno chiesto il nostro aiuto." disse rivolto a Matt, Karl e Arcadia.
"Ma non sarebbe meglio che Matt venisse con me? Visto quello che.." disse Melanie.
"No. Le capacità di Matt sono più adatte per il secondo incarico. E poi..." disse Hiccup, voltandosi verso gli altri, " sono sicuro che Arcadia riuscirà a farli stare in riga."
Hiccup li congedò e il gruppo si divise, ognuno diretto verso il proprio drago.
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Buongiorno ^^.
Capitolo un po' corto, ma adesso inizia l'arco narrativo più lungo. Per intenderci, ho preventivato che l'arco narrativo delle missioni fuori Berk durerà all'incirca una dozzina di capitoli, poi passeremo all'ultima parte. Sono davvero contento che questo mio romanzo ( se così si può definire) stia riscuotendo successo. Però ancora 0 recensioni e questo mi intristisce un po'.
1) il paradiso vichingo riservato ai guerrieri morti in battaglia.
2) Sono un gruppo di persone esiliate da Berk e da altre isole. Sono trai nemici principali della serie "Riders of Berk."
Io me ne vado. Aspetto vostri commenti.
P.S. forse tra un po' inizierò a pubblicare una raccolta di one-shot riguardante questa storia, ma non né sono ancora sicuro.
 

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Capitolo 10
*** Capitolo IX: in missone -parte 2- ***


Capitolo IX
- In missione-
parte 2
 
Karl, Arcadia e Matt erano partiti da un paio d'ore. I due ragazzi non si erano parlati e avevano costretto Arcadia a fare da mediatrice. La ragazza, nonostante avesse una gran dose di pazienza, sapeva che non avrebbe retto fino alla fine del viaggio.
"ehi donna!" la chiamò  Matt.
"Cosa vuoi?" disse Arcadia, cercando di mantenere la calma.
"Quando arriviamo?"
"Siamo a metà strada."
"Eravamo a metà strada mezz'ora fa."

" Arriveremo quando sarà il momento!" disse Karl.
"Nessuno ti ha interpellato, stupido impertinente." disse Matt diventando rosso di rabbia in viso.
"Rimangiati quello che hai detto, brutto scemo." controbatté Karl.
"Basta!" urlò Arcadia. "Dovreste vergognarvi! Vi state comportando come dei bambini, invece dovreste cercare di riappacificarvi." aggiunse la ragazza.
"Arcadia calmati..." disse Karl.
"No. Non mi calmo. Adesso atterriamo e voi preparate il campo per stanotte. Nel frattempo, io vado a fare una passeggiata." disse la ragazza e poi spronò Camaleo. Il drago accelerò e si lanciò in picchiata. Karl e Matt la seguirono.

Qualche ora più tardi

I tra ragazzi avevano mangiato in silenzio. Arcadia, dopo aver mangiato, si alzò e andò nel bosco mentre Matt se n'era andato a sorvegliare il campo. Karl decise di seguire Arcadia per chiederle scusa. La raggiunse dopo poco più di dieci minuti di cammino e si scusò per il suo comportamento. "Non devi porgere le tue scuse a me, ma a Matt." disse la ragazza.
"Io non gli devo niente. Caso mai, è Matt quello in debito con me."
"Ma sei stato tu a colpirlo e a iniziare la rissa."
"In verità, ha cominciato lui quando ha insultato mio padre e mio fratello."
   "Questo non ti giustifica completamente."
"Io non l'ho ancora superata del tutto..."
"Cosa credi? Credi che solo tu puoi provare un dolore fortissimo? Credi che il dolore non esista per gli altri?"
"Di cosa stai parlando, non capisco..."
"Tutti noi abbiamo dei problemi Karl. Matt incluso. Anche se non ne vuol parlare, noi dobbiamo stargli vicino."
"Beh, dovrebbe parlarne con noi."
"È troppo testardo."
"Allora non vedo cos..."
"Senti, non sei la persona più indicata. Ti ricordi che ti sei rinchiuso in camera tua e non ne sei uscito per quasi tre settimane?"
Karl si ammutolì. Non aveva mai pensato agli altri. Anzi, non aveva voluto pensarci. In quegl'ultimi mesi non aveva fatto altro che compiacere sé stesso. Era stato egoista, e ora doveva pagarne le conseguenze. Anche Arcadia aveva un problema, l'aveva già intuito. Ma non era quello il momento di indagare. Karl ringraziò Arcadia e la riaccompagnò al campo.
"Ehi Matt." disse  Karl. L'altro ragazzo lo guardò interrogativo.
"Vai a riposare, continuo io."
"Non ho sonno."
"Ti dà noia se rimango qui?"
"Fai quel che ti pare."
Karl si mise accanto  a Matt. Arcadia, che era rimasta in disparte, sorrise. Si fece spazio sotto l'ala di Camaleo e si addormentò.

La mattina seguente

Avevano ripreso il cammino all'alba. Mancavano all'incirca due ore all'arrivo e, per la felicità di Arcadia, Karl e Matt non aveva ancora litigato. D'un tratto, Karl si avvicinò a Matt. "Senti... volevo chiederti scusa. Ho esagerato e mi pento di averti insultato." disse Karl con lo sguardo basso.
"Accetto le tue scuse e ti chiedo scusa anch'io. Mi sono spinto troppo in là." disse Matt.
"Amici?" chiese Karl porgendogli la mano.
"Amici!" confermò Matt stringendo la mano dell'altro ragazzo.
"Bene. Ora possiamo concentrarci sulla missione." disse Arcadia.
Il trio spronò i draghi per aumentare la velocità e arrivarono sull'isola con un po' d'anticipo sulla tabella di marcia.
Al loro arrivo sull'isola, i tre compagni vennero accolti da una delegazione degli abitanti capeggiata da un ragazzo di all'incirca diciassette anni. "Benvenuti guerrieri di Berk, vi ringraziamo ancora per aver accettato la nostra richiesta d'aiuto." disse il ragazzo. "Siamo noi che vi ringraziamo per averci accolto così. Per favore, accompagnateci al vostro villaggio." disse Karl. "Seguiteci." ordinò il ragazzo.
Il villaggio non era molto lontano dalla spiaggia. Gli abitanti si era radunati ai lati della strada: alcuni guardavano i nuovi arrivati, altri guardavano il cielo rapiti dalle figure dei tre draghi che sorvolavano il villaggio. Le madri cercavano di riparare i piccoli, troppo preoccupate da quegli animali. Karl si guardava attorno meravigliato. Ormai si era abituato a vedere draghi e umani vivere insieme, ma sapeva che fuori Berk le cose erano molto diverse. C'era ancora tanto lavoro da fare per unire uomini e draghi.
La delegazione li condusse nella casa del capo villaggio. Appena entrati, i tre ragazzi videro un uomo seduto al centro della stanza. "Benvenuti guerrieri di Berk." disse l'uomo. I tre ragazzi si inchinarono e salutarono il capo villaggio. "Abbiamo bisogno del vostro aiuto: una cinquantina di Rinnegati si sono stabiliti su quest'isola. Vorremo che voi li scacciaste." continuò l'uomo. "Signore" intervenne Karl," avremmo bisogno anche delle vostre truppe. Siamo solo noi tre e i nostri draghi."
"Non è un nostro problema." rispose il governatore.
"Ma padre, non possiamo contare su di loro." disse il capo della delegazione.
"Zitto Ryan, nessuno ti ha dato il permesso di parlare."
"Signore, potreste almeno dirci perché i Rinnegati sono approdati qui." disse Arcadia.
"Molto probabilmente vorranno mettere le mani sui nostri cristalli e sulle miniere delle montagne."
"Strano..." pensò Karl, "non è un comportamento solito dei Rinnegati, di solito mirano a qualcosa di più prezioso di cristalli e metalli."
"Avremmo bisogno di sapere la posizione del loro accampamento." continuò Arcadia.
" Sono accampati al limitare della foresta oscura, in un altopiano facile da difendere."
"Grazie mille, signore. Ora, se permette, io e miei compagni ci ritiriamo per elaborare una strategia." disse Karl. I tre lasciarono la casa e si diressero verso la porta del villaggio.
"Stupido vecchio borioso." disse Matt, "Ci ha trattato come dei semplici burattini."
"Matt calmati, ci lamenteremo più tardi. Ora la cosa migliore da fare è elaborare un piano d'attacco. Se solo avessimo più informazioni." disse Karl.
"E le avrete." disse una voce alle spalle dei ragazzi.
"Chi ha parlato?" chiese Matt.
Dai cespugli apparve Ryan. "Voglio aiutarvi." disse il ragazzo.
"Nello stesso modo di tuo padre?" chiese piccato Matt.
"No. Io posso fornirvi uomini e una spiegazione dettagliata dell'accampamento." rispose Ryan.
"Allora siediti e parla." lo esortò Karl.
Ryan prese un ramo ed iniziò a disegnare la mappa dell'isola, poi fece dei segni sull'angolo nord-ovest. "Il puntino indica l'accampamento dei nemici, la linea la barricata e la x delle strane macchine." spiegò Ryan. "Che macchine?" chiese Karl. "Delle catapulte e delle balestre." disse il ragazzo. "Armi antidrago" esclamarono i tre ragazzi all'unisono. "Quanti uomini puoi fornirci?" chiese Matt. "Una ventina." disse l'altro.
Karl guardava la mappa. Perché c'erano delle armi antidrago sull'isola, a meno che...
"C'è una colonia di draghi sull'isola!" esclamò Karl. Arcadia e Matt si girano verso il loro amico mentre Ryan sbiancò. "E tu ne sia qualcosa, vero Ryan?" chiese Karl. "Andiamo, cosa dici! Io non ne so niente." disse il ragazzo.
"Invece sì. Non avresti iniziato a tremare e a sudare freddo se non ti fossi sentito minacciato. Ti conviene parlare." disse Karl.
"E va bene. È vero. Ci sono dei draghi su quest'isola."
"Dovresti dirci di che specie sono." disse Matt.
"Non so il nome. Però posso farvene vedere uno."
Ryan tirò fuori un fischietto e ci soffiò dentro. Qualche secondo dopo una strano drago di colore grigio scuro. Aveva due enormi corna sulla testa le quali si curvavano verso l'esterno. Assomigliava molto al Cambiala.
"Un Typhhomerang (1)." disse Arcadia, guardando lo strano drago.

"Allora questo cambia tutto." disse Karl,
"Raduna i tuoi uomini e dì loro di trovarsi nella raduna ad est del villaggio. Lì vi spiegherò il mio piano." disse Karl.

Ryan annuì e si diresse verso il villaggio.
"Si può sapere qual'è il tuo piano?" chiese Matt.
"Lo scoprirete quando lo dirò agl'altri." rispose Karl.

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Salve a tutti. Capitolo importante per diversi motivi. Da qui in avanti cambieranno diverse cose e saranno cambiamenti molto importanti. Ma non voglio anticiparvi niente :p XD. 
1) http://howtotrainyourdragon.wikia.com/wiki/Typhoomerang tutto scritto lì, peccato che sia in inglese...
Adesso io vado, ciao.
Rovo_sama
 

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Capitolo 11
*** Capitolo X: In missione -parte tre- ***


Capitolo X
In missione
-parte 3-
"Bene signori, vi ringrazio per essere venuti." disse Karl ai soldati che si erano radunati nel punto da lui indicato. "Il mio piano è semplice: la maggior parte di voi, Guidata da Ryan, attaccherà frontalmente il nemico." continuò Karl. "Ma ci massacreranno!" intervenne uno dei soldati. "Ma non sarete soli: Arcadia vi supporterà con i nostri draghi." disse Karl. I soldati si sentirono rassicurati da quelle parole. Beh, chi non si sentirebbe sicuro con tre draghi che ti coprono le spalle?
"Ryan, tu, inoltre, dovrai chiedere al tuo amico drago di darci una mano." disse Matt.
"Vedo quello che posso fare."
"Adesso veniamo alla parte due del piano: cinque di voi accompagneranno me e Matt. Noi sette ci occuperemo di distruggere le armi antidrago, così sarà più facile sconfiggerli." disse Karl.
"Allora, chi sono i cinque volontari?" chiese Matt.
Cinque ragazzi, poco più grandi di Karl & co., alzarono le mani. "Bene! Ora dobbiamo dividerci: ognuno faccia come abbiamo concordato. Se tutto va per il verso giusto, ci ritroviamo qui al calar del sole." disse Karl.
***
"Ehi Ryan, vorrei parlarti." disse Arcadia.
"Dimmi."
"Tu non sei legato a quel drago."
"In che senso?"
"Tu lo chiami e lui viene, gli dai ordini e lui non agisce, vero?"
"Come fai a saperlo?" chiese Ryan bianco in volto.
" Usi un fischietto per chiamarlo. Non è un cane, è un essere molto più complesso."
"E cosa dovrei fare secondo te?"
"Chiamalo e te lo mostrerò, ma NON usare quel fischietto."
"E come dovrei fare?"
"Lo sai già, concentrati."
Ryan chiuse gli occhi e si concentrò. Qualche secondo dopo, apparve lo stesso drago di prima. Ryan aprì gli occhi e fu felice di vederlo. "Allora, mi vuoi dare una mano?" chiese Ryan. Il drago emise uno sbuffo di fumo dalle narici. "Chiediglielo più gentilmente." disse Arcadia cercando di incoraggiare l'amico. Ryan si umettò le labbra e disse:" Allora mi vuoi aiutare, per favore?".
Il drago esitò qualche momento, poi annuì energicamente. "Bene, ora andiamo" disse Ryan.
***
"Ehi Karl, aspettami!" disse Matt. Karl si fermò e aspettò il suo compagno. "Cosa vuoi?"chiese Karl.
"Mi è venuto un dubbio: come hai intenzione di distruggere quelle armi?" chiese Matt.
"Con questi" rispose Karl indicando un piccolo sacchetto attaccato alla sua cintura.
"Cosa sono?"
"Sono tarli. Ma non dei tarli comuni: sono larve di dragotarlo giallo (1), la specie più vorace."
"Ingegnoso. Allora non sei così stupido come pensavo."
"Vuoi litigare?"
"Ma dai, si stava solo scherzando."
"Raduna gl'altri, dobbiamo parlare dell'attacco."
"Agli ordini!"
Qualche secondo dopo, il gruppo stava ascoltando il piano d'attacco di Karl: avrebbero, per prima cosa, ucciso le sentinelle, poi i tre arcieri avrebbero colpito i soldati sulle torrette d'avvistamento. A quel punto, avrebbero eliminato gli ultimi soldati e versato sulle armi i tarli. "E se mandassero dei rinforzi?" chiese uno dei ragazzi. "L'unica cosa che faremo sarà combatterli; però uno di noi si farà carico dei tarli e noi gli copriremo le spalle." spiegò Matt.
"Lo farò io." disse un ragazzo magro.
"Cosa?" gli chiese uno dei suoi compagni.
"Spargerò io i tarli. Sono il più veloce e agile, inoltre col vostro aiuto riuscirò a compiere questo compito senza rimetterci." spiegò il ragazzino.
"Ma sei anche il più fragile!" intervenne un altro.
"Questo non sarà un problema. Non credo che riusciranno a prendermi visto che saranno troppo impegnati a combattere contro di voi."
"Io comunque non mi fido."
"Puoi sempre fargli da bodyguard." intervenne Karl.
"Va bene" disse l'altro ponendo così  fine alla discussione. Karl passò il sacchetto con i tarli al ragazzo e ordinò la partenza. "Ti prego Thor, fai che vada tutto bene." sussurrò Karl prima di partire.
***
Ryan ordinò la carica. I suoi soldati si avventarono contro le mura con gli scudi alzati per proteggersi  dalla pioggia di frecce. I nemici uscirono dal campo per tentare di contrastare l'assalto degli abitanti ma vennero tutti  colpiti da una fiammata. Ryan, a quel punto, alzò gli occhi e diede il segnale, concordato precedentemente,  ad Arcadia. La ragazza ordinò ai draghi di attaccare l'accampamento. I quattro draghi volarono in picchiata e lanciarono chi palle di fuoco chi fiammate, mentre Arcadia tempestava di frecce le sentinelle sulle mura di frecce.
Ryan non rimase con le mani in mano e, dopo aver estratto la sua spada dallo stomaco di un nemico, prese alcuni dei suoi uomini ed entrò nella base nemica. Gli vennero incontro tre guerrieri ma vennero tutti uccisi con pochi colpi di spada.
"Dividiamoci: voi tre andate di là, voi due andate a sinistra mentre tu vieni con me." ordinò il moro e i suoi compagni obbedirono. Ryan e il suo compagno avanzarono senza problemi fino ad una grande tenda decorata con motivi geometrici e con un enorme teschio appeso proprio davanti all'entrata. Dalla tenda uscì u uomo sui trent'anni con una folta barba. Era più alto della media ed era anche molto muscoloso. I suoi occhi, piccoli e scavati nella sua faccia sudicia, guardavano Ryan e l'altro soldato con un misto di ammirazione e di pietà.
"Così sei tu il capitano di questi imbecille." disse Ryan, spezzando così il pesante silenzio che aleggiava nell'aria.
"Forse sì, forse no. Dipende dalla tua risposta a questa mia domanda:  chi sei tu?" disse sornione l'uomo.
"Io sono Ryan, figlio di Oder, futuro capo del villaggio di quest'isola e comandante di questo battaglione. E tu sei...?" rispose Ryan.
"Ooh, che onore. Il figlio del capo. villaggio che viene a farmi visita. Io sono Zaur "L'esploratore", capo di questa spedizione. Ora, ragazzino, rispondi ad un'altra domanda: cosa sei venuto a fare?" disse Zaur.
"Sono venuto a fermarvi. Se vi arrendete, vi lasceremo andare senza troppi problemi."
"Mi dispiace, ma la resa non è un'opzione che prenderò in considerazione."
"Allora dovrò prendermi la tua testa." disse Ryan mettendosi in posizione, seguito a ruota dal suo accompagnatore.
"Hai appena fatto il tuo più grande errore della tua vita." disse Zaur mettendosi a sua volta in posizione. In quel momento, sbucò dalla tenda un messaggero che si mise a correre verso il campo in cui erano state lasciate le armi antidrago. "Merda." imprecò Il soldato al fianco di Ryan. Il soldato si voltò per tentare di fermarlo ma si bloccò quando vide che il messaggero era stato bloccato da Arcadia. Arcadia, infatti, aveva assistito alla scena dall'alto e, appena vide il messaggero, ordinò a Camaleo di scendere in picchiata. Il drago eseguì l'ordine. Arrivati ad un'altezza sicura, Arcadia saltò giù, estrasse la spada e la puntò alla gola del malcapitato.
"Soldato, non è quello il tuo avversario." disse Ryan richiamando il compare, il quale si girò e si mise in guardia.
***
Il piccolo gruppo di Karl si avvicinò di soppiatto al luogo dove erano tenute le armi antidrago. In lontananza sentivano i rumori della battaglia e l'aria era impregnata dell'odore del fumo. Karl fece segno ai compagni di dividersi. Karl si si mosse in modo silenzioso e, arrivato senza farsi notare dietro ad una sentinella, le tappò la bocca e la trapassò con la spada (2). Matt fece lo steso con un'altra guardia. Gli arcieri colpirono i soldati più lontani per consentire al ragazzo con i tarli di correre verso i suoi obbiettivi. Sembrava che stesse andando tutto liscio ma una guardia, sbucata da dietro un angolo, suonò l'allarme e in pochi secondi i soldati rimasti si pararono davanti  al ragazzo. Uno di loro sollevò il braccio e menò un fendente, ma il suo attacco andò a vuoto grazie ad uno degli arcieri, il quale glia aveva scoccato una freccia e l'aveva colpito alla mano.
Karl, approfittando  di quel  momento di distrazione, si lanciò contro il guerriero e lo colpi alla testa con la guardia della spada. L'uomo barcollò ma non cadde.  A quel punto intervenne Matt che, con un movimento fulmineo, colpi la nuca dell'avversario. Egli cadde a terra mentre il sangue bagnava il terreno. I compagni del caduto si avventarono contro i due giovani Cavalieri. Ma non avevano considerato una cosa: Matt e Karl non erano soli. i soldati di Ryan si pararono davanti ai due ragazzi ed uno urlò: "Coprite le spalle a Cyrus, a questi ci pensiamo noi!". Karl prese il suo amico per un braccio e si misero alla ricerca del ragazzo con i tarli. Lo trovarono dopo pochi secondi. Si era nascosto dietro ad una piccola sporgenza di roccia.
"Gli altri dove sono?" chiese spaurito.
"Ci stanno facendo guadagnare tempo. Ora alzati e inizia a correre." disse Matt in tono aspro.
Cyrus fece come gli era stato ordinato e iniziò a correre verso le armi, seguito a ruota da Matt e Karl.
***
Ryan e il soldato stavano ancora combattendo contro Zuar, il quale si era dimostrato un valente avversario. Ryan si era trovato più volte in difficoltà, ma grazie al suo alleato, era riuscito a divincolarsi dalla morsa dell'avversario.
"Devo fare qualcosa e in fretta, sennò quello mi ammazza."  pensò Ryan mettendosi in guardia.
Tentò un affondo, ma Zaur lo evitò e fece una finta con l'ascia per poi colpirlo con un calcio in pieno petto.  Ryan arretrò di qualche passo ed abbassò la guardia. Zaur ne approfittò per sferrargli un colpo con l'accetta, il quale fu prontamente parato dal soldato. L'Esploratore, stufo di combattere, staccò l'accetta dallo scudo del suo avversario poi, con un rapido gioco di gambe, si portò alle spalle del giovane soldato e menò un fendente. Il ragazzo non riuscì a reagire in tempo e venne colpito. Cadde a terra mentre il sangue bagnava la sua camicia. Ryan, vedendo cadere il suo compagno,  sentì una furia ceca salirgli dal profondo del petto. Si rialzò, brandì la spada e colpì Zaur ad una gamba, azzoppandolo.
Gli puntò la spada alla gola e disse:" Ti arrendi?"
"Tu adesso credi di aver vinto, ma altri torneranno e mi vendicheranno." rispose l'altro.
"Che gli Æsir (3) possano avere pietà del tuo spirito." disse mentre trafiggeva il petto del suo avversario.
Arcadia si avvicinò a Ryan e guardò il soldato. Gli tastò il polso e sorrise. "Sopravvivrà." disse rivolta a Ryan, poi aggiunse "E tu come stai?".
"Non bene, questo è certo.  Il resto è tutto confuso." rispose il moro.
"Allontaniamoci. Tanto il nostro scopo qui è finito.
  "Va bene"
***
Un'ora più tardi
Si ritrovarono tutti al punto di raccolto come avevano concordato. Non c'erano morti, ma solo feriti più o meno gravi. Karl e Matt avevano qualche ferita su braccia e gambe. Se le erano procurate durante un combattimento contro una guardia. Cyrus si godeva i complimenti dei suoi compagni più anziani. Una volta arrivati al villaggio, però, vennero accolti malamente dal padre di Ryan. Infatti, egli era venuto  a sapere ciò che suo figlio e i Cavalieri di Berk avevano complottato e ora esigeva delle spiegazioni.
"Cosa diavolo ti è saltato in mente? Potevamo negoziare con loro una convivenza pacifica."
" Padre, le vostre sono parole vuote, prive di significato. Gli Esiliati volevano sottometterci e usarci come schiavi, l'unica soluzione era scacciarli con la forza." rispose Ryan.
"Non ti credo, dove sono le prove?"
"Sono qui." intervenne allora Karl, consegnando un rotolo di pergamena a Oder.
"Cosa diavolo è questo?"
"Il piano di conquistato spiegato  nei minimi dettagli." spiegò Ryan. Oder era indignato dsl comportamento del figlio e voleva fargliela pagare. "Guardie arrestateli tutti." tuonò.
Fu in quel momento che accadde l'impensabile. Il Typhoomerang amico di Ryan volò giù in picchiata e si frappose tra le guardie e Ryan, ruggendo contro coloro che, secondo il suo punto di vista, volevano fagli del male. "Calmati amico, non credo che ci faranno del male, vero guardie?" disse Ryan.
Le guardie si ritirarono. "Si stato bravissimo." sussurrò al drago Ryan. L'animale gongolò e iniziò ad annusare la mano del suo amico." Metti davanti a te la mano aperta." lo esortò Matt. Ryan fece come gli era stato detto ed il drago appoggiò la testa contro la mano. "Ora siete ufficialmente legati." disse Arcadia.
"Abitanti dell'isola di Colmar, vi presento il primo vostro Cavaliere dei Draghi." disse Karl rivolto alla folla. gli insulani iniziarono ad applaudire. E, per la prima volta da quando era sull'isola, Karl vide sorridere Ryan.
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Buongiorno, come va?
Capitolo lunghetto. Nel prossimo capitolo i nostri torneranno a casa. Che ne pensate di Ryan come Cavaliere? Fatemelo sapere con un commentino.
Note:
1) non esistono nel franchise di HTTYD, li ho inventati io.
2)fa tanto Assassin's Creed, non trovate?
3) Sono gli dei della mitologia norrena.
Ci vediamo al prossimo capitolo, ok? Ciao
Rovo_sama
 

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Capitolo 12
*** Capitolo XI: il problema del tagliaboschi ***


Capitolo XI
Il problema del Tagliaboschi
 
Karl, Matt e Arcadia furono ospitati per quella notte nella casa di uno dei soldati, il quale aveva insistito molto poiché credeva che fosse l'unico modo per ringraziarli.  Ripartirono il giorno dopo e tornarono a Berk il giorno seguente. Matt e Karl avevano avuto modo di parlare di più e Matt si era deciso ad aprirsi e aveva raccontato che, ormai da quasi tre mesi, le cose trai suoi non andavano per il verso giusto. Karl cercò di scavare un po' più a fondo, ma venne bloccato da Arcadia la quale gli fece capire con segno di non andare oltre.
Atterrarono nell'hangar(1) e lasciarono i draghi agli inservienti che si presero cura di loro. Karl moriva dalla voglia di tornare a trovare la piccola Rose, ma prima c'era un'altra cosa da fare. Si avvicinò a Matt e disse:"Ehi, amico! Devo dirti una cosa"
"Che cosa?" rispose Matt.
"Sei ha qualche problema, ricordati che puoi sempre contare su di me e su gli altri. Ci saremo sempre" rispose il moro. Matt sorrise e mi ringraziò con un cenno del capo, poi si avviò verso il porto. Karl prese la direzione opposta e si affrettò a raggiungere Arcadia.
***
Era passata una settimana dalla missione di Karl e dei suoi amici e non era successo nulla di eclatante. Il nostro protagonista aveva avuto il tempo di ripensare a molte cose, prima tra tutte quella strana chiacchierata che aveva avuto con Arcadia. Dopo quella notte non avevano avuto più occasione di tornare  sull'argomento. Arcadia continuava a sorridere, ma il suo sorriso si era in parte spento e i suoi occhi cercavano di nascondere qualcosa. Nonostante i suoi sforzi, ogni tanto un'ombra Le copriva gli occhi. Karl decise di andare a fare visita alla sua amica per accertarsi dei suoi problemi.
Arrivò a casa di Arcadia dopo cinque minuti di cammino. La casa di Arcadia non era come le altre case  dell'isola:  era strutturata su due piani e non era fatta di legno, bensì di pietre e calce. Il tetto era di legno. Quattro finestre tagliavano la facciata della casa e la porta di legno era sovrastata da un piccolo arco.  Chiunque passava di lì si sentiva schiacciato dall'imponenza di quella casa, la quale era il simbolo dell'opulenza della famiglia. Karl bussò un paio di volte; gli aprì la madre di Arcadi.
"Ciao Karl, che piacere vederti." disse la donna.
"Buongiorno signora," disse Karl, poi aggiunse," sono venuto a trovare sua figlia."
"Arcadia non c'è. È andata da Melanie, dovevano studiare insieme per il test di Moccicoso." rispose la donna.
"Ah già! Mi ero dimenticato che me l'aveva detto. Le chiedo scusa per il disturbo." disse a sua volta Karl.
"Non preoccuparti ragazzo, capita a tutti di dimenticare le cose."
"Ora devo andare. Arrivederci  signora."
La madre di Arcadia lo salutò con un gesto poi rientrò n casa.  Karl si allontanò in fretta dalla casa dell'amica. Diversi interrogativi assediavano la mente del ragazzo; di sicuro, il più importante era: perché Arcadia aveva inventato quella scusa così assurda.  Sentiva che doveva indagare discretamente per non insospettire la sua amica. La prima mossa da fare era interrogare Melanie. Con questi pensieri per la tets Karl decise di tornarsene a casa. Prima di allontanarsi troppo si voltò verso la casa di Arcadia e sussurrò: "Qualunque cosa ti stia succedendo, io lo scoprirò, Arcadia."
***
Era passata una settimana dalla chiacchierata con la madre di Arcadia e Karl non aveva ancora avuto l'occasione giusta per parlare con Melanie. C'era sempre qualcosa o qualcuno che lo ostacolava. Per di più, l'unica persona con cui poteva parlare di questo era stata inviata in missione e non era ancora tornata. Si avvicinò al tavolo dei suoi amici, li salutò e si sedette.
"Come state ragazzi?" chiese Karl.
"Abbastanza bene. Se avessimo notizie di Caleb staremmo ancora meglio." disse Melanie a nome di tutti.
"Tornerà, ne sono sicuro." disse Merric.
"Ci aveva detto che la missione sarebbe potuta durare qualche giorno in più." disse Karl.
"Comunque poteva inviarci una lettera o qualcos'altro." replicò Melanie.
"Beh, se avesse avuto tempo, lo avrebbe fatto." disse Matt.   
"Oggi niente insulti. Sei sicuro di stare bene Matt?" disse Melanie in modo provocatorio.
"Posso incominciare quando vuoi, dolcezza, anche adesso." replicò Matt piccato.
"Calmatevi voi due!" disse Arcadia.
Melanie e Matt si calmarono e attaccarono discorso con Merric e Arcadia rispettivamente. Karl finì di mangiare poi si diresse verso la scogliera per prendersi cura di Rubyn.  Si avvicinò al drago, prese una spazzola dal mucchio ed iniziò a pulire le scaglie del drago ripetendo i movimenti che Gambedipesce gli aveva mostrato durante la lezione del giorno precedente.  Rubyn si rilassò ed emise un verso di sollievo.
"Non ti sei ancora ripreso dall'ultima battaglia?" chiese Karl. Il drago annuì.  Karl e Rubyn passarono molti minuti a chiacchierare e il ragazzo tentò di esporre i suoi problemi al drago il quale, pur non essendo dotato della capacità di parlare la lingua dell'amico, cercò di tirargli su il morale. Questo momento di "intimità" tra drago e Cavaliere venne interretto da Merric, il quale riferì a Karl che Hiccup voleva vederli.
***
Hiccup era seduto sulla sedia nel suo studio e, appena entrarono i suoi ospiti, salutò i nuovi arrivati con un cenno.  I ragazzi si sedetterosulle sedie e s misero in ascolto.
"Abbiamo un problema." disse il più grande dei tre.
"Che problema?" chiese Merric.
"Sapete che ho inviato Caleb a far da scorta ad un gruppo di taglialegna inviati su un'isola poco distante da Berk. il gruppo sarebbe già dovuto tornare, ma non abbiamo più notizie da un paio di giorni" spiegò Hiccup.
"E tu ci vuoi mandare a recuperarli?" chiese Karl.
"Ci andrai tu Karl, mentre tu, Merric, partirai per l'isola di Maël."
"Devo fare da semplice messaggero?!" disse Merric piccato.
"Farai da ambasciatore. E no, non posso dirti di più. Ti ha scelto proprio mio padre per questa missione diplomatica."
"Oh... Beh, non so cosa dire..."
"Quando possiamo partire?" chiese Karl.
"Anche subito." rispose Hiccup, congedando i suoi allievi.
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Buongiorno lettori e lettrici, come state?
Capitolo un pochino corto, lo so, ma ho avuto un blocco e più di questo non sono riuscito a fare. Nel prossimo capitolo, forse, avrete una bella sorpresa, ma non voglia anticiparvi niente.
Ora vado, ciao.
1) Io me lo ricordo in uno dei giochi di HTTYD ma non mi ricordo quale.
A presto,
Rovo_sama
 

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Capitolo 13
*** Capitolo XII: Controlled ***


Capitolo XII
- Controlled-
Karl e Merric si diressero verso i loro draghi e li sellarono. Partirono immediatamente per l'isola, dove si erano recati i taglialegna accompagnati da Caleb. Diversi dubbi attanagliavano la mente di Karl, primo tra tutti la necessità di mandare un Cavaliere a fare da scorta a dei semplici lavoratori. Appena si allontanarono da Berk, Karl espose i suoi dubbi a Merric.
"Beh, potrebbero esserci molte spiegazioni: ad esempio, la zona potrebbe essere piena di navi nemiche o di mostri marini." disse Merric.
"Quella zona è di una tribù nostra alleata che ci ha permesso di prendere la legna da loro."
"Rimangono i mostri marini. Le leggende ne sono piene... " controbatté Merric titubante.
 "I mostri marini non esistono. E se esistessero, non basterebbe uno Scalderone per buttarli giù."
"Hai ragione... Non credo che ci sia una ragione specifica. Magari era una richiesta dei taglialegna."
"Potrebbe anche darsi, ma in questo caso sarebbero bastati alcuni guerrieri."
"Invece di continuare a preoccuparci di perché Caleb sia stato mandato lì, dobbiamo affrettarci a raggiungerlo."
"D'accordo."
I due ragazzi spronarono i draghi affinché aumentassero la velocità.
***
Dopo tre ore di viaggio, i due ragazzi raggiunsero l'isola di Hygdrassil (1), chiamata così per via di una raffigurazione presente su una roccia. I ragazzi atterrarono sulla spiaggia e notarono in lontananza quelli che sembravano i resti di un accampamento. Si avvicinarono all'accampamento e furono accolti da alcuni operai.
"Chi siete? Cosa volete?" chiese uno degli operai.
"Siamo stati inviati ad aiutarvi. Ci chiamiamo Karl e Merric." disse Karl all'energumeno.
"Vogliamo solo farvi delle domande." disse Merric.
"Wülfric, calmati. Venite con me, vi spiegherò tutto." disse un uomo più basso.
Il piccolo gruppo si diresse verso la tenda che stava al centro del campo. Appena entrarono tutti, l'uomo che aveva parlato prima chiese ai due ragazzi cosa erano venuti a fare.
"Siamo stati inviati qui per capire cosa sta succedendo: non riceviamo notizie del nostro compagno da un po' di tempo e siamo venuti ad indagare."
"Il vostro amico... Il ragazzo col drago acquatico?" chiese un altro dei taglialegna.
"Sì, proprio lui. Sapete dirci cos'è successo?" chiese Merric.
"Era con i taglialegna di Berk." disse Karl.
"Quel gruppo è stato attaccato due giorni fa da un grosso drago con delle ali enormi. Il vostro amico si è lanciato all'inseguimento e da allora nessuno l'ha più visto." disse Wülfric.
"E gli altri?" chiesi io preoccupato.
"Stanno bene, tranne uno a cui è stato amputato il braccio." disse il capo del gruppo.
"Dite loro che vogliamo vederli appena possibile. Inoltre, vorremmo sapere in che direzione è andato il nostro amico." disse Merric.
"Per quanto riguarda la direzione presa dal vostro amico, possiamo dirvi che è andato verso nord, inoltrandosi nella foresta. Non credo che lo troverete facilmente." disse il capo.
"Vi ringraziamo per il vostro contributo, ma adesso dobbiamo lasciarvi." disse Karl mentre si alzava.
"Dove andate?" chiese uno dei taglialegna.
"A cercare il nostro amico." disse Karl.
Merric e Karl uscirono dalla tenda e si diressero verso i draghi. Si accordarono su come cercare Caleb: Karl si sarebbe inoltrato nella foresta seguendo la direzione indicatagli prima, mentre Merric avrebbe esplorato la foresta dall'alto. Si misero d'accordo su come farsi individuare. Merric prese il volo e Karl entrò nella foresta.
Un paio d'ore dopo
Karl camminava con difficoltà attraverso la foresta. I rami gli ostruivano il cammino, le radici emerse cercavano di farlo inciampare e le foglie cadute rendevano scivoloso il terreno. Anche Rubyn faceva fatica ad avanzare, ostacolato più dalla mole che dall'ambiente. "Mi sono stancato di camminare." sbottò Karl. Si accasciò contro un albero e riprese fiato.  Fu allora che notò una cosa insolita: i rami più erano stati tagliati di netto, non spezzati.
"Rubyn, forse abbiamo trovato qualcosa. Dai il segnale." disse Karl al drago.
Il drago cremisi aprì le fauci ed emise un lungo suono acuto, poi esplose in un ruggito fragoroso. Qualche secondo dopo, esplose un altro ruggito seguito da un suono sommesso. Joules atterrò con non poche difficoltà in mezzo agli alberi. Merric smontò e si avvicinò a Karl dicendogli: "Hai scoperto qualcosa?"
"Sì, vedi quei rami?" disse Karl indicando i rami che aveva notato prima.
  Merric annuì ma non capì cosa volesse dire Karl. "Sono stati tagliati, non spezzati. Mentre gli altri sono spezzati." spiegò il moro.
"Questo mi ricorda qualcosa..." disse Merric.
"Questi sono i tipici segni del passaggio di un Tagliaboschi (2) e la descrizione del taglialegna combacia in parte con quella del libro dei draghi."
"Rimangono da capire due cose: perché ha attaccato quei poveri disgraziati e dove si è nascosto."
"Seguiamo i rami tagliati, ci porteranno al suo nascondiglio."
I due ragazzi seguirono la scia di rami tagliati fino ad una radura. La radura era al limitare della foresta e confinava con un ruscello. In fondo alla radura c'era una grotta. Karl e Merric decisero di avvicinarsi ma vennero sorpresi dal ruggito di un drago, che Karl riconobbe subito. Era la voce di Hydra, lo Scalderone di Caleb. Il gruppo si mise a correre in direzione della caverna e, quando erano quasi arrivati all'ingresso, si dovettero fermare ancora poiché Hydra venne scagliato fuori dalla caverna e rotolò fino al centro della radura. Rubyn e Joules iniziarono a ringhiare verso l'ingresso della caverna. Dopo qualche secondo comparve anche Caleb ferito ma ancora vivo.
"Scappate!" urlò il ragazzo.
"Caleb! Cosa cavolo sta succedendo?" urlò Merric.
Caleb non fece in tempo a rispondere che la risposta si palesò davanti agli occhi dei ragazzi: Un drago con delle enormi ali marroni volò fuori dalla caverna.
"È un Tagliaboschi." disse Merric.
"Allora avevo ragione." disse Karl.
"Non credo sia il momento di gongolare." lo ammonì Caleb.
Rubyn e Joules si lanciarono contro il Tagliaboschi mentre i tre ragazzi si avvicinavano a Hydra. Il drago giaceva sul fianco e sanguinava da una delle braccia. "Come stai amico?" chiese Caleb. Il drago emise un sospiro poi cercò di rialzarsi. Caleb lo sgridò e gli intimò di rimanere seduto ancora per un po'.
"Karl cosa facciamo?" chiese Merric.
"Non lo so, per ora lasciamo fare ai draghi. Appena lo scontro si sposterà sulla terra interverremo."
"E se non succedesse?" chiese Caleb.
"Ci sto pensando." disse Karl.
Nel frattempo i tre draghi continuavano a combattere nell'aria. Il più avvantaggiato era il Tagliaboschi che, grazie alle sue ali affilate, poteva colpire i suoi avversari senza molte difficoltà. Rubyn e Joules erano pieni di ferite ma continuavano a lottare. L'Ali Cremisi si lanciò contro l'altro drago e tese le ali. Il Tagliaboschi non si accorse della carica del drago roso per colpa di Joules. Lo Skrillo, infatti, aveva assalito il drago marrone e aveva morso una delle sue ali. Rubyn colpì il nemico alla schiena procurandogli una ferita piuttosto profonda, poi lo colpì ancora con una sfera di fuoco.
Il Tagliaboschi cadde a terra rovinosamente e Joules ne approfitto per chiudere tra le sue fauci la coda dell'altro drago e, con un notevole sforzo, lo scagliò poco lontano.
"Trovato!" esclamò allora Karl.
"Che cosa?" chiese ingenuamente Caleb.
"Ho un piano: dobbiamo unire le forze dei nostri draghi. " spiegò il moro agli altri due.
"Ma Hydra non si è ancora ripreso del tutto." disse Caleb.
 "Tu  devi fargli prendere l'acqua dal ruscello, al resto ci pensiamo io e Merric. Tenetevi pronti."
"Ok."
"Ma cosa dobbiamo fare di preciso?" chiese Merric.
"Adesso vi spiego: Caleb, appena ti avrò dato il segnale, dì a Hydra di lanciare l'acqua contro il Tagliaboschi. Poi tu, Merric, dovrai dire a Joules di sparare una sola saetta contro il drago bagnato da Caleb. La scossa verrà amplificata dall'acqua e sarà abbastanza potente da buttarlo giù per un po' di tempo." spiegò Karl.
"E tu cosa farai?" chiese Merric.
"Userò la mossa a cui stavo lavorando da tempo."
"Quella dell'ultimo allenamento?"
"Quale allenamento?" chiese spiazzato Caleb.
"Non è ora il momento di parlarne." disse Karl e poi aggiunse:" Muoviamoci non abbiamo molto tempo."
Caleb accompagnò Hydra al fiume e Merric si mise in posizione. "Rubyn, ora!" urlò Karl. Il drago si voltò verso il suo Cavaliere e vide il gesto che il ragazzo aveva fatto. Karl, infatti, si era toccato la spalla sinistra con quattro dita della mano destra.
Rubyn si portò sopra il Tagliaboschi e dopo aver caricato il colpo, sparò una palla di fuoco più grossa e più potente rispetto alle altre. Il Tagliaboschi venne colpito in pieno e si schiantò a terra. Rubyn lo colpì ancora con delle lingue di fuoco per mantenerlo a terra. "Ora!" urlò Karl.
Caleb ordinò a Hydra di colpire il drago con l'acqua e Merric ordinò a Joules di colpirlo con l'elettricità. Il drago, colpito dalla scossa amplificata, fu vittima di una serie di spasmi che durarono qualche secondo, poi stramazzò a terra svenuto.
"Ha funzionato... fiuuh" disse Karl con un'espressione di sollievo dipinta sulla faccia.
"Non eri sicuro che potesse funzionare?!" chiese sbalordito Caleb.
"C'è sempre un margine di incertezza..." disse Karl cercando di scusarsi.
"Appena torniamo a casa, ti ammazzo."
"Bene, ora cosa facciamo?" chiese Caleb.
"Ce ne andiamo" disse Karl, e poi aggiunse:" e ci portiamo dietro quel drago."
"E come facciamo a trasportarlo?" chiese Merric.
"Ho un piano."
"Odino, ti prego, aiutaci tu." disse sconsolato Merric.
***
Nel frattempo, a Berk
Hiccup entrò nella stanza di Stoick a grande velocità. Il padre l'aveva fato chiamare con urgenza. Appena entrò nella stanza, il ragazzo vide che Stoick aveva radunato diversi personaggi di spicco dell'isola: c'erano Sputacchioso(3). la vecchia Gothi(4),Bucket e altri vichinghi. E anche Mildew(5), per sfortuna di Hiccup.
"Padre, perché mi avete fatto chiamare?" chiese il moro.
"Hic, come avrai già capito, ci sono diversi problemi al di fuori dei nostri confini. E presto, questi problemi si espanderanno nei nostri territori." disse l'Immenso.
"La nostra rete di spie ci ha informati che gli Esiliati e i Berserk(6) si sono alleati per cercare qualcosa."intervenne Sputacchioso.
"Beh, anche noi stiamo formando nuove alleanze e consolidando le vecchie. Se vogliano la guerra, l'avranno." disse Hiccup.
"Non è questo il punto, Hic. Cercano qualcos'altro, non la guerra." disse Stoick.
"Allora non so di cosa stiate parlando." rispose il moro.
"Oh si che lo sai." disse Gothi in un sussurro.
"Hic, l'anziana ha avuto una visione di te e Sdentato che trovavate una colonia di draghi sterminata. Dov'è questa colonia?" chiese Stoick.
" Non dovete sprecare forze per cercare quel nido. L'unica cosa rimasta viva è un uovo che ho nascosto su un'isola sconosciuta a tutti tranne a me e a Sdentato." disse il moro.
"Portaci là. Così potremmo appropriarci di quello che  i nostri nemici cercano." disse Mildew.
"Mildew, vecchio amico mio, non avere fretta. Dobbiamo prima consultarci con una persona particolare." disse Gothi.
"Non capisco di chi stiate parlando, vecchia Gothi." disse Stoick.
"Vi spiegherò tutto dopo che avrò parlato con gli dèi. L'unica cosa che vi consiglio di fare ora è aspettare." disse l'anziana signora.
 dopo l'intervento di altri vichinghi, Stoick sciolse la riunione e ordinò a tutti di aspettare il responso dell'anziana del villaggio senza prendere decisioni avventate.
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Ed eccomi tornato. Piccola domandina prima delle note: quanti di voi hanno rivisto ieri sera (26/07) Dragon trainer. Ecco le note di oggi:
1) Hygdrassil è l'albero che congiunge i nove mondi della mitologia norrena.
2) il Tagliaboschi, o Boscaiolo o Timberjack che dir si voglia, è un drago nominato nel primo film e apparso nella serie animata.
3) il padre di Moccicoso e zio di Hiccup.
4) la vecchietta che si affaccia sull'arena quando Hic affronta l'Incubo Orrendo
5) il pecoraio scassaballe di qualche capitolo fa.
6)la tribù di cui è a capo Dagur "lo Squilibrato"
Ringrazio tutti coloro che leggono. Commentate per favore :3. Alla prossima
Rovo_sama 

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII: La congiura ***


Capitolo XIII
- la congiura-
Nello stesso momento, diverse miglia a nord di Berk
La nave attraccò senza alcuna difficoltà nel porto della baia dell'Isola degli Esiliati. La Nave, che recava impresso sulle vele uno Skrillo, ospitava il capo dei Berserk Dagur "Lo Squilibrato" e la sua scorta. Il gruppo fu accolto da una piccola delegazione degli abitanti dell'isola.
"Benvenuto sull'isola, Dagur. Il capo vi attende nel suo palazzo." disse un uomo sulla sessantina.
"Fatemi strada vecchio!" ordinò il ragazzo con tono spocchioso.
L'anziano indicò un sentiero che risaliva la baia e si avviò, seguito a ruota dalla delegazione dei Berserk.
Dopo pochi minuti di camminata, il gruppo arrivò al palazzo di Alvin il Traditore. Il palazzo era poco più grosso delle altre case del villaggio e si ergeva sopra ad una piccola collinetta. L'interno era decorato in modo austero: infatti, non c'erano né dipinti, né arazzi, né altri tipi di fronzoli, ma solo armi. Alvin sedeva in fondo alla stanza, su una sedia di mogano ricoperta con un semplice drappo nero. Dietro di lui c'era un affresco raffigurante uno dei simboli degli Esiliati. Appena Dagur e i suoi entrarono, Alvin si alzò e andò incontro al suo alleato.
"Dagur, benvenuto! Spero che tu abbia fatto un buon viaggio." disse Alvin con aria bonaria.
"Alvin, lo sai che odio queste tue sdolcinatezze farcite di falsità. Sono venuto per verificare i tuoi progressi." rispose Lo Squilibrato.
"La tua solerzia mi commuove!" esclamò allora Alvin.
"Ti ho già detto che non sono qui per fare conversazione."
"Lo so, ragazzo. In questo preciso momento due squadre stanno viaggiando verso altrettante colonie di quei draghi dorati."
"Bene, bene. Credo che il nostro amico comune sarà molto soddisfatto."
"Lo credo anch'io. Ma queste non sono le uniche notizie che riferirai al nostro amico. Tieni." disse il capo degli Esiliati mentre porgeva un rotolo di pergamena al ragazzo.
"Cos'è?" chiese Dagur.
"Una mappa. Lì sopra sono indicate le posizioni delle colonie trovate e di quelle distrutte."
"Ottimo. Hai notizie dalle tue spie?"
"Non, né di Berk né delle colonie. Inoltre alcuni esploratori non hanno fatto ritorno."
"Sapevi che c'erano dei rischi." disse Dagur distaccato.
"Questo non cambia il fatto che io abbia perso troppi uomini in poco tempo."
"E cosa ci posso fare?" chiese un Dagur leggermente irritato.
"Semplice: ora è il tuo turno. Tocca a te cercare i draghi."
Dagur si voltò verso Alvin e, con il volto sfigurato dalla rabbia, chiese al suo alleato se avesse intenzione di tirarsi indietro. Mentre diceva quelle parole, Dagur posò la mano sulla sua spada.
"Dagur, calmati. Non ho nessunissima intenzione di lasciar perdere. Ti sto solo passando il testimone. Questa primavera, quando saranno tornate le mie truppe, riprenderò la ricerca." spiegò Alvin.
"Sta bene." disse Lo Squilibrao, e poi aggiunse: " Ma non credo che il nostro amico comune sarà dello stesso avviso."
Detto questo, Dagur e il suo seguito lasciarono la stanza e si diresso verso una costruzione dedicata a loro indicatagli precedentemente dalla loro guida. Appena arrivati alla casa, Dagur sguainò il suo coltello e lo lanciò contro il muro, conficcandolo per metà nel muro. "Quello sciocco di un codardo. Quanto vorrei prendere la spada e trafiggerlo." disse Dagur.
"Calmati piccolo capo." disse una voce roca. Dagur si voltò e vide la sorgente di quella voce: un vecchietto basso avvolto in un mantello nero e viola era entrato dalla porta. Il vecchietto si abbassò il cappuccio e rivelò la sua identità: egli era Zasur, il vecchio sacerdote con la faccia percorsa da diverse cicatrici.
"Vecchio Zasur, cosa ci fate qui?" chiese Dagur stupito.
"Sono venuto per consegnarvi un messaggio. Egli si è palesato!" disse il vecchio.
"Intendete..."
"Non pronunciare il suo nome!" lo ammonì il vecchio. E Dagur rimase in silenzio. "Il Demone mi ha mandato una visione: mi mostrava un tempio circondato da un'enorme e rigogliosa foresta." continuò il vecchio.
"Credete che Egli sia stato nascosto lì?" chiese Dagur speranzoso.
"No. Egli è stato sigillato in un luogo ben protetto. In quel tempio si nasconde qualcosa che ci aiuterà a riportarlo su questa terra." spiegò il vecchio.
"Sapete dove possiamo trovare questo tempio?" chiese Dagur.
"Purtroppo no. La verità non mi si è ancora rivelata. Per ora continuiamo a cercare e a sterminare quei draghi." disse Zasur.
"Farò come mi consigliate." disse Dagur inchinandosi.
"Che la fortuna ti indichi la strada, Dagur." disse il sacerdote accomiatandosi.
"Che la fortuna faccia lo stesso con te, Zasur." disse Dagur.
 Il sacerdote lasciò la stanza e Dagur, prosciugato di ogni energia dal viaggio e dalla rivelazione, si accasciò sul letto.
 nello stesso momento, al palazzo di Alvin
Alvin si lasciò cadere sul suo trono. Gli si avvicinò il suo consigliere più anziano.
"Non dovete fidarvi di lui, mio signore!" disse l'anziano consigliere.
"Muninn (1), ti prego. So quello che sto facendo." replicò Alvin.
"Quel ragazzo non è suo padre: non si lascerà manipolare." lo ammonì ancora Muninn.
"Lo so benissimo. Per questo motivo gli ho passato l'incarico di scoprire le colonie." disse il capo-villaggio.
"Non riesco a seguirvi." commentò il consigliere.
"Il mio piano è semplice: recuperiamo le forze per un po', poi mostriamoci accondiscendenti. Dagur abbasserà la guardia e noi ci rafforzeremo alleandoci con altre isole. E poi, quando il momento sarà giunto, uccideremo quello sciocco ed i suoi uomini. E allora il potere del demone sarà solo mio!" disse Alvin. A quelle parole, gli occhi del servo si illuminarono di una luce sinistra, malvagia.
"Devo ammetterlo: sei più malvagio di quel che credevo, Alvin." disse Muninn.
"E poi distruggeremo Berk e i suoi Cavalieri."disse Alvin.
Entrambi esplosero in una risata roca e spaventosa. Però una cosa non sapevano: qualcuno aveva ascoltato l'intera conversazione.
Isola di Yggdrassil
"Ecco fatto!" esclamò Karl.
"Credi che reggerà?" chiese Merric.
"Vuoi la verità?" chiese a sua volta Karl.
"Sì... anzi no, dimenticati la mia domanda!" disse Merric.
"Ok, come vuoi tu." disse Karl, poi aggiunse:" Caleb, molla il drago."
Caleb ordinò a Hydra di lasciar andare il Tagliaboschi (sì, continuo a chiamarlo tagliaboschi anche se è sbagliato, nda) sopra il telo che avevano costruito utilizzando i resti delle tende dei falegnami e parte dei tessuti degli abitanti dell'isola.
"Ottimo! Ora prendiamo le corde. Mi raccomando: una ciascuno." disse Karl.
I draghi afferrarono le corde anche se Hydra ebbe alcuni problemi causati dalla scarsa lunghezza delle sue braccia. Presero il volo tutti e tre insieme e partirono per Berk.
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Buongiorno gente, come va?
Il capitolo è più corto del precedente, ma qui vengono introdotti personaggi chiave della storia. Del Demone se ne riparla più approfonditamente  tra un paio di capitoli. Per il personaggio di Zasur ho preso ispirazione da Indovino, uno dei personaggi della serie TV Vikings. Vi consiglio di cercare delle immagini di Indovino su internet. L'unica cosa che vi anticipo è che non è un bel vedere, soprattutto la faccia.
1) Muninn è il nome di uno dei due corvi di Odino e significa memoria (correggetemi se sbaglio).
Beh, io non ho nient'altro da dire tranne che sto morendo dalla voglia di vedere Dragon Trainer 2.
Rovo_sama    Il timberjack Image and video hosting by TinyPic

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Capitolo 15
*** Capitolo XIV: La verità parte prima ***


Capitolo XIV
- La verità prima parte -
Karl, Merric e Caleb ci misero quasi dieci ore per tornare a Berk. Il drago, nel frattempo, era riuscito a risvegliarsi un paio di volte ma non era riuscito a scappare grazie al tempestivo intervento di Joules. Dopo il primo tentativo di fuga, il trio si vide costretto a legare il drago per evitare altri problemi.
"Ma è proprio necessario?" chiese Caleb.
"Purtroppo sì" asserì Merric.
"Caleb, tanto appena arriviamo a Berk lo sleghiamo. Dobbiamo aspettare che Hiccup lo esamini" disse Karl.
"Perché?" chiesero stupiti Caleb e Merric.
"Ho notato qualcosa di strano prima, quando si è svegliato" disse Karl.
"Tipo?" chiese Merric
"Qualcosa a forma di bracciale. Ma non so cosa sia, non l'ho mai visto prima" rispose il moro.
"Beh, facciamoglielo vedere" disse Caleb.
"Ma affrettiamoci. Sta arrivando la notte" disse Merric.
Dopo un'altra ora di viaggio il gruppo arrivò a Berk e venne accolto da Skaracchio.
"Bene, ragazzi. Avete fatto tardi!" esclamò il fabbro del villaggio.
"Abbiamo avuto dei problemi con un drago. Un Tagliaboschi, per la precisione" spiegò Merric.
"L'abbiamo portato qui" disse Merric.
"Ma vi siete bevuti il cervello. Portare un drago pericoloso dentro al villaggio!" esclamò adirato Skaracchio.
"L'abbiamo sedato" disse Karl.
"Che?" chiese Skaracchio.
"Joules l'ha colpito tre volte con uno dei suoi fulmini. Dovrebbe svegliarsi tra qualche ora" spiegò Merric.
"Oh bene. Ma perché l'avete portato qui?" chiese ancora il fabbro.
"Secondo Karl, questo drago ha qualcosa che non va e vuole farlo esaminare." disse Merric.
"Peccato che adesso Hiccup non ci sia. Dovete aspettare fino a domattina" disse Skaracchio.
 " Grazie per l'informazione. Puoi occupartene tu?" chiese Karl indicando il drago.
"Certo, non ti preoccupare"
Karl ringraziò il fabbro e si diresse verso casa. Mentre passava per la piazza del villaggio incontrò Arcadia, la quale lo salutò e gli venne incontro.
"Bentornato" gli disse abbracciandolo.
"Grazie... Oggi sembri più felice del solito" disse Karl.
"A dire la verità lo sono. Oggi mio padre è tornato da uno di suoi lunghi viaggi"
"Avete passato la giornata insieme?"
"Più o meno. Doveva curare degli affari"
"L'importante è che tu sia felice"
"Com'è andata la missione?"
"Bene. Ma non ne voglio parlare"
"Ok... come vuoi tu"
"Piuttosto... perché hai mentito?"
"Cosa?!"
"Qualche settimana fa hai detto che andavi da Melanie per prepararti per un test di Moccicoso. Sappiamo tutti e due che Moccicoso non fa test"
"Merda, dovevo inventarne una migliore..."
"Inoltre, da qualche giorno ti allontani sempre di più e sparisci per ore"
"Ma mi spii?"
"Ti ho osservata un paio di volte, ma non è questo il punto..."
"Il punto è che tu ti stai intromettendo nella mia vita privata!"
"In realtà, io sto solo cercando di capi..."
"Non me ne frega niente"
"Arcadia, calmati"
"Io non voglio più saperne niente di te!" disse Arcadia mentre imboccava la strada che portava alla spiaggia.
"Ma fai quello che ti pare! Logorati nei tuoi problemi senza confidarti con nessuno!" le urlò dietro Karl mentre imboccava la strada opposta a quella della ragazza.
Il ragazzo arrivò a casa e venne accolto dalla sorella che, curiosa di sapere l'esito della missione, tempestò di domande il povero Karl. Appena entrarono in casa, furono accolti dalla madre di Karl che lo avvisò della presenza di Matt.
"Matt, cosa ci fai qui?" chiese stupito Karl.
"Sono venuto a chiederti un favore" rispose Matt.
"Su, dimmi"
"Volevo chiederti se posso rimanere qui per qualche giorno"
"Beh, questo devi chiederlo a mia madre. È lei che governa questa casa"
"Vado a chiederlo, ma mi servirebbe comunque il tuo appoggio"
"Per me puoi restare qui. Ma devi dirmi quello che ti è successo"
"Mia madre e mio padre hanno litigato ancora... E io non ce la faccio a rimanere là"
"Oh... puoi rimanere qui per tutto il tempo che vuoi"
"Grazie"
"Non mi devi ringraziare"
***
Il giorno seguente, Hiccup mandò a chiamare tutti i suoi allievi poiché doveva parlare con loro di una scoperta fatta durante la notte. Il ragazzo, infatti, era rientrato prima del previsto e si era messo subito a lavorare sul drago che Karl, Merric e Caleb avevano recuperato.
"Bene ragazzi, non abbiamo tempo da perdere" disse Hiccup appena tutti i Cavalieri furono radunati al centro dell'Accademia.
"Maestro, perché ci hai radunati qui?" chiese Melanie.
"Adesso vi spiego, ma prima seguitemi nell'arena" disse Hiccup.
Il gruppo si spostò nell'Arena, dove era stato portato la notte precedente il Tagliaboschi, il quale giaceva addormentato al centro della costruzione.
"Vi ho portati qui per un semplice motivo: questa notte, mentre esaminavo il drago recuperato da Karl, ho trovato un collare attaccato alla base del collo..." disse Hiccup.
"Anche noi avevamo notato qualcosa di strano, ma non abbiamo avuto il tempo di indagare" disse Karl.
"Bastava dare un'occhiata più da vicino" disse Arcadia.
"Non è facile osservare un drago che cerca di ucciderti" rispose piccato Karl.
"Calmatevi!" esclamò Hiccup, e poi aggiunse:" le vostre questioni private vanno risolte fuori dall'Accademia"
"Ci scusi" dissero Karl e Arcadia all'unisono.
"Continui il suo discorso" disse Matt.
"Beh, non c'è molto altro da dire: nel collare era stato incastonata una pietra viola. Ho provato a cercare delle informazioni nei libri che possediamo, ma non ho trovato nulla" disse il moro.
"Non hai trovato niente perché non c'è niente" disse una voce.
I ragazzi e Hiccup si voltarono verso il punto da cui proveniva la voce. La vecchia Gothi era entrata nell'Arena seguita da Astrid e Stoick.
"Vecchia Gothi, cosa ci fa qui?" chiese Merric.
"Sono venuta per esaminare quel collare" disse risoluta la donna.
"Hiccup, consegnalo" disse Stoick.
Hiccup fece come ordinato dal padre e consegnò il collare all'anziana del villaggio. Gothi lo tenne in mano per qualche secondo, lo soppesò, osservò le incisioni sui lati e poi guardò la pietra. "È un Collare del Dominio" disse l'anziana.
"Un che?" chiesero in coro tutti i presenti meno Stoick che guardava preoccupato il drago.
"Stoick, non ti preoccupare. Quel drago non farà del male a nessuno" disse Gothi.
"La prego Anziana, ci spieghi" disse Astrid.
"Un Collare del Dominio è un antico artefatto magico che veniva usato molti secoli fa per controllare i draghi. Furono i nostri più antichi antenati a proibirne l'utilizzo. Per questo motivo Berk è stata vittima di continue razzie" spiegò l'anziana signora.
"Ma non era tutta colpa di Morte Rossa?" chiese titubante Matt.
"Solo i più recenti. Io parlo di quelli che risalgono a prima del nostro insediamento a Berk"
"Come facciamo a combattere contro questi draghi controllati?" chiese Hiccup.
"Non posso rispondere a questa domanda. Solo una persona può farlo"
"Chi?" chiese Stoick.
"Il Grande Sacerdote di Uppsala (1), Floki. Solo lui ha le risposte alle vostre domande"
"Bene. Hiccup e Astrid andranno a recuperare l'uovo dorato. Karl e la sua squadra si dirigeranno a Uppsala per parlare con questo Floki" disse Stoick.
"Quale uovo dorato?" chiese Caleb.
"Ve ne parleremo al nostro ritorno" disse Hiccup mentre si dirigeva verso la pista di volo.
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Buongiorno.
Allora, devo dirvi un paio di cose.
a) mi scuso se la prima parte del capitolo sembra un po' Slyce of Life, ma serve per capire alcuni avvenimenti che avverranno tra un po' di tempo;
b)Con questo capitolo si apre un sottoarco narrativo (?) in cui verranno spiegate cose molto importanti ai fini della trama e saranno svelati alcuni segreti importanti.
Non mi rimane nient'altro da dirvi tranne di rimanere sintonizzati.
Un saluto.
Rovo_sama
1) Uppsala è una località ove si festeggia una grande festa in onore degli dèi nordici. Dopo tre giorni di festeggiamenti, devono essere sacrificati nove esamplari di ogni razza, inclusi gli esseri umani. Ma qui, per rispetto del rating, Uppsala diverrà sede di un grande tempio dove regna la conoscenza.
 

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Capitolo 16
*** Capitolo XV: La verità -parte 2- ***


Capitolo XV
- La verità parte due-

Karl, Merric, Arcadia, Melanie, Matt e Caleb raggiunsero i loro draghi e, in pochi minuti, furono pronti per la partenza. La vecchia Gothi si avvicinò al gruppo e annunciò che sarebbe partita con loro. "Non credo che sia una buona idea..." obiettò Karl.
"Karl, in questo momento non abbiamo tempo da perdere. Floki non vi parlerà mai, a meno che io non interceda per voi" rispose l'anziana.
"Ma non sareste più utile qui sull'isola?" chiese Matt.
"Stoick può cavarsela benissimo da solo. Ora sbrighiamoci!"
Detto questo, l'anziana signora si avvicinò al drago di Melanie e, senza alcuna fatica, montò in sella. "Pronti?" chiese Karl. Gli altri annuirono e Karl ordinò la partenza.
I draghi spiccarono il volo uno alla volta e si disposero in formazione a V (1), in modo tale da risparmiare energia per il viaggio.
***
Il viaggio per Uppsala durò tre giorni. Il gruppo dovette fermarsi più volte per far riposare i draghi e per dare a Gothi il tempo di abituarsi al volo e alla scomodità del viaggio.
"Gothi, si sente bene?" chiese Arcadia.
"Sì sì, non preoccupatevi per me. L'importante è arrivare a destinazione" rispose l'anziana del villaggio.
"Dobbiamo fermarci" disse Karl.
"Posso continuare..." azzardò Gothi.
"Lei sì, ma i draghi no. Hanno bisogno di riposarsi almeno un'ora"
"Karl ha ragione, dobbiamo fermarci" disse Merric appoggiando la decisione dell'amico.
"Come volete..."
Il gruppo atterrò su un piccolo isolotto ed iniziò i preparativi per la notte. Gohi, stanca del viaggio, si sedette poco lontano dai ragazzi ed iniziò a recitare una litania. Melanie si avvicinò perplessa alla donna ma venne fermata da Matt, il quale le intimò con uno sguardo di non disturbare la loro ospite. Karl si avvicinò ad Arcadia e le parlò sottovoce:" Senti Arcadia, vorrei parlarti"
"Cosa vuoi?"
"Vorrei riappacificarmi con te... Ti chiedo scusa"
Arcadia guardò dritto negli occhi il ragazzo, poi lo invitò a continuare.
"So che non avrei dovuto infiltrarmi così nella tua vita, ma volevo solo assicurarmi che tu stessi bene"
"Anch'io ho sbagliato, non avrei dovuto dirti quelle cose..."
"Se vuoi parlarne..."
"No! No... almeno  non adesso. Mi servirà del tempo pria di fidarmi ancora completamente di te"
"Va bene, mi tiro indietro. Ricordati, però, che sono qui se vuoi parlare."
"Grazie"
Karl era rimasto piuttosto deluso da quell'incontro, ma sapeva che non poteva aspettarsi troppo. La ferita era ancora troppo fresca. Il ragazzo si allontanò e iniziò a parlare con Matt riguardo ai turni di guardia e alla preparazione del campo per la notte.
Quella stessa notte, Karl non riusciva a dormire e abbandonò il suo giaciglio. Iniziò a camminare pensando che la notte e le stelle lo aiutassero ad acquietare i suoi pensieri. Arrivò vicino ad una delle sponde dell'isolotto ed iniziò a scrutare le acque. Mentre guardava i pesci notturni aggirarsi tra le acque, Karl iniziò a riflettere su tutto quello che era successo negli ultimi sei mesi. "Non ce la faccio più!" bisbigliò il ragazzo. "C'è qualcosa che non va Karl?" chiese Melanie, la quale si era avvicinata al ragazzo.
"Oh Melanie, non ti avevo vista!" disse Karl a mo' di scusa.
"Non ti preoccupare... Ho sentito le tue lamentele. C'è qualcosa che non va?"
"No, no... Tutto a posto. Piuttosto, prima ti ho visto mentre parlavi con Matt"
"Non cercare di sviare il discorso. Tu hai qualcosa che non va, si vede lontano un miglio"
 "Si capisce così tanto?"
"Sì, non sei bravo a dissimulare i tuoi sentimenti. Allora, raccontami tutto"
"Mi sto preoccupando un po' troppo: insomma, tra Matt che viene a vivere da me, Arcadia che nasconde qualcosa, lo sterminio delle colonie e tutte le altre beghe delle missioni non ho più tempo per dedicarmi ad altro"
"Forse dovresti preoccuparti di meno"
"Ma come faccio? Sono il vostro leader, più o meno, e non voglio che vi succeda qualcosa di brutto a causa di una mia disattenzione..."
"Senti, forse io non sono la persona più adeguata per parlare di queste cose, ma mi sento comunque di darti un consiglio: affronta un problema alla volta"
"Ma sono tutte cose molto importanti!"
"Ma non tutte ti riguardano. Lascia le missioni e la storia delle colonie a Hiccup e gli altri. Preoccupati di Matt e Arcadia"
"Hai ragione, farò come mi hai detto. Qualcosa mi dice che avrei dovuto parlarti molto tempo addietro"
 "Dai, non dire così!"
"Piuttosto, tornando alla domanda che ti ho fatto prima..."
"Mi sembrava abbattuto, così ho deciso di andargli a parlare. Tutto qui"
"Va beh, non indagherò"
"E fai bene!"
La ragazza ritornò alla sua postazione di guardia intimando nel frattempo a Karl di tornare a dormire. Il moro si stese di fianco al suo drago il quale lo guardò preoccupato. "Non è successo niente, torna a dormire" disse Karl rivolto al drago. Rubyn, rincuorato in parte dall'affermazione del suo addestratore, si acciambellò intorno al ragazzo e lo coprì con una delle  sue ali.
***
Due giorni dopo, il gruppo raggiunse finalmente Uppsala. Atterrarono in una piccola radura poco distante dal centro abitato; Karl mandò Caleb a chiedere dove si trovasse il tempio dove, a detta di Gothi, si trovava Floki. Mentre aspettavano il ritorno del ragazzo, i ragazzi si rilassarono. Karl decise di parlare con l'anziana del villaggio e le chiese come facesse a conoscere questo misterioso sacerdote. "Siamo amici da moltissimo tempo. Vedi, io non ho sempre vissuto a Berk" disse la donna.
"Come? Ma lei ha sempre abitato sulla nostra isola. È la più anziana di tutti!"
"Questo non significa che io non abbia mai viaggiato.  Ho passato in queste terre la mia infanzia e la mia giovinezza..."
"E così che ha conosciuto questo sacerdote?"
"Sì, eravamo molti amici... Ma questo non è il momento di rivangare il passato, guarda laggiù: il tuo amico sta tornando"
Karl si voltò nella direzione e vide Caleb che correva verso il gruppo. Merric, il quale sapeva che Caleb non era adatto agli sforzi ripetuti, andò incontro all'amico e lo aiutò a raggiungere gli altri.
"Grazie Merric" disse Caleb mentre si asciugava la fronte.
"Non ti preoccupare, lo faccio con piacere. Piuttosto, secondo me dovresti aumentare gli allenamenti" disse Merric.
"Fammici pensare dopo, ora vorrei solo il mio letto"
"Mhmm" tossicchiò l'anziana Gothi, richiamando l'attenzione dei due ragazzi.
"Scusate...  Ho trovato un signore che mi ha indicato la via. Dobbiamo prendere un sentiero che si trova lungo la via maestra. L'ho notato prima mentre tornavo qui" spiegò Caleb.
"Bravo Caleb, ottimo lavoro!" disse Karl e poi incitò il gruppo a raggiungere in fretta il tempio. Poi si voltò verso Rubyn e gli disse di seguirli dall'alto con gli altri draghi.
***
Il Grande Tempio degli Dèi di Uppsala si ergeva al centro di una grande radura. Era circondato da molti alberi, alcuni molto antichi, altri molto più giovani. Ad ogni ramo erano appese delle corde con attaccate alla fine una striscia di pergamena. Karl e i suoi amici rimasero pietrificati dalla bellezza di quel luogo. Nessuno di loro aveva visto un tempio di tale dimensioni, abituati com'erano al piccolo tempio situato al limitare della foresta dell'isola. Avvicinandosi alle strisce di pergamena, i ragazzi notarono delle parole scritte su quei fogli. Assomigliavano molto alle leggende che il padre di Karl raccontava al ragazzo quando egli non riusciva ad addormentarsi.
"Benvenuti visitatori" disse una ragazza molto alta, dai capelli color dell'oro e dalla pelle candida come la neve. Gothi rimase stupita dalla ragazza e le chiese:" Seraphine, sei tu?"
La ragazza si voltò verso l'anziana donna e le rispose:" Quello è il nome di mia madre, la conoscete?"
"Eravamo amiche, tanti anni fa... È ancora qui?"
"No, ci ha lasciati molti anni fa..."
"Oh, mi dispiace. Come ti chiami?"
"Io sono Willow. Voi dovreste essere Gothi, mia madre mi parlava spesso di lei"
"Scusate, signore, ma noi dobbiamo cercare quel sacerdote" disse Arcadia con fare titubante.
La ragazza chiese chi stessero cercando e, una volta ottenuta la risposta, invitò il gruppo ad entrare. La sala in cui entrarono i sette era enorme. le pareti erano adornate con affreschi e arazzi multicolore. Sul soffitto era stato dipinto un concilio degli dei e vi erano raffigurati tutti gli dei più importanti da Odino a Freya, da Loki a Thor. Karl rimase spiazzato da tutte quelle decorazioni, ma la sua attenzione venne catturata da delle colonne che sostenevano degli archi. Sotto a questi archi c'erano delle porte, ognuna recante un simbolo diverso.
"Quelle sono le entrate dei templi riservati agli dèi raffigurati sul soffitto. Meno Loki, il cui culto qui è proibito" spiegò Willow, e poi aggiunse:"Ora vi lascio. Devo recarmi nella mia stanza per completare le mie preghiere, tra mezz'ora potrò esservi di nuovo utile"
Detto questo, la ragazza si allontanò dal gruppo e si diresse verso una piccola porta sul lato ovest della stanza. Anche Gothi s'incammino con passo deciso verso un'altra porta, situata vicino all'entrata della biblioteca.
"Dove sta andando?" le chiese Merric.
"Vado a cercare la persona per cui siamo venuti. Nel frattempo, voi iniziate le ricerche dalla biblioteca, che si trova dietro quella porta" rispose la vecchia.
Dopo pochi secondi sparì al di là della porta e nessuno sapeva dove fosse diretta.
***
Gothi era riuscita a trovare la strada verso l'antica biblioteca quasi subito. Niente in quel luogo era cambiato da quando lo aveva lasciato diversi anni prima. Dopo qualche minuto di cammino, l'anziana del villaggio intravide una porta alla fine corridoio che stava percorrendo. La aprì ed entrò nella stanza. Al centro della sala di forma circolare c'era un uomo molto alto. I capelli bianchi gli ricadevano mollemente sulle spalle. Aveva una barba bianchissima e ben curata. La pelle era ricoperta di tatuaggi blu e azzurri che emanavano una tenue luce violastra. Appena Gothi chiuse la porta, l'uomo aprì gli occhi e rivelò delle pupille bianche prive di iride. A prima vista sembrava che fosse cieco, ma in realtà egli  vedeva bene nonostante l'età. Infatti, appena vide l'Anziana del villaggio, il suo viso s'illuminò di gioia e un sorrise si dipinse sul suo volto.
"Floki, quanto tempo!" lo salutò Gothi mentre si avvicinava per abbracciarlo.
"Oh Gothi, sei venuta a trovarmi finalmente!" esclamò l'anziano sacerdote mentre contraccambiava l'abbraccio.
"Sei cambiato in questi anni... Sei riuscito finalmente a diventare il capo di questa baracca"
"Suvvia, non parlare così di questo antico luogo di erudiscenza. Piuttosto, raccontami di ciò che hai visto in queste decadi al dì fuori di questo tempio!" la incitò Floki.
"Ho visto molte cose, alcune belle, altre brutte. Alla fine, mi sono stabilita sull'isola d Berk"
"L'isola dove si addestrano draghi?"
"Vedo che la notizia è giunta fin qui. Sì, proprio quella"
 "Descrivimela, per favore..."
"Amico mio, purtroppo la mia non è una visita di piacere. Sono qui in missione"
"Cos'è successo?"
"Ti racconterò dopo con calma, ora devi aiutarci. Avete ancora la mappa dei Sigilli?"
"Certo... A cosa ti serve?"
"Credo che siamo in pericolo... Ma non è questo il momento. Prendila e seguimi nella biblioteca grande!"
"Mi sembra di essere tornato giovane..." disse Floki ridendo.
"Smettila di lamentarti e muoviti!"
"Agli ordini, mio capitano!"
Gothi si mise a ridere e, per scherzo, tirò un libro contro il suo amico. Le sembrava di esser tornata indietro nel tempo quando, da bambina, passava le giornate a giocare con l'uomo che le stava davanti.
***
Come aveva preannunciato, Willow tornò dopo mezz'ora esatta nella sala centrale e, non vedendo i visitatori, si avviò verso la biblioteca da cui provenivano parole poco consone al luogo in cui si trovavano e grida di ammonimento. Appena varcò la soglia della biblioteca, Willow si sentì mancare. I libri, normalmente riposti negli scaffali in ordine di importanza e secondo l'ordine alfabetico, giacevano in mucchi sul pavimento e sui tavoli. I ragazzi sfogliavano malamente le pagine e, una volta finito di consultarli, li lanciavano su una grossa pila posizionata in una posizione strategica, cioè nell'esatto centro della stanza.
"Smettetela subito!" urlò la ragazza con tutto il fiato che aveva il corpo.
I ragazzi, richiamati dall'urlo della sacerdotessa, smisero subito di fare baccano e si ammutolirono tutti. La ragazza si diresse verso quello che aveva classificato mezz'ora prima come il capo del gruppo e gli disse." Cosa cavolo vi è saltato in mente?! Mi ci vorranno secoli per rimettere tutto a posto!"
"Scusami, stavamo solo cercando un libro..." disse il ragazzo.
"Come ti chiami?"
"Karl, perché?"
"Ascoltami bene Karl, laggiù" disse Willow indicando il bancone posizionato vicino all'entrata," c'è il registro con l'elenco di tutti i libri che ospitiamo in questa stanza, ordinati secondo l'argomento che trattano. Vi bastava consultarlo per sapere dove si trovasse il libro!"
"Il punto è che non sappiamo quale sia il titolo del libro né di quale argomento parli..."
"Allora, potevate aspettare il mio ritorno. Guarda che casino!"
"Suvvia mia cara aiuto-bibliotecaria, non essere così severa nei confronti dei nostri ospiti" disse Floki mentre entrava nella biblioteca con Gothi al fianco.
"Sommo Floki, la prego di scusarmi per il mio comportamento irrispettoso!" disse Willow.
"Non ti accigliare, piuttosto" disse rivolto alla sua amica d'infanzia, " sono questi i giovani di cui mi hai parlato prima?"
"Sì... aspetta un attimo, ma non eravamo in sette?"
"Scusateci, c'eravamo allontanati e abbiamo perso la strada..." disse Melanie mentre si avvicinava al gruppo, seguita da un Matt sorridente. Willow iniziò a pensar male, ma poi scacciò quei pensieri poco consoni al luogo in cui si trovava.
"Bene, ora che ci siamo tutti possiamo parlare..." disse il sacerdote mentre si sedeva su una delle sedie.
"Dovete sapere, ragazzi miei, molti secoli fa esisteva un Demone il cui nome oggi è andato perduto, ma che ai tempi non veniva mai pronunciato per paura dei grandi e oscuri poteri che il demone possedeva" disse Floki, e poi aggiunse:" Egli venne catturato e sigillato da sette eroi in un'altra dimensione. Per imprigionarlo, i sette utilizzarono quattordici oggetti magici, chiamati in seguito Sigilli del Demone. Ad oggi, dieci di quei talismani sono andati perduti o distrutti. Per preservare la tranquillità di questo mondo, quattrocento anni fa alcuni uomini coraggiosi nascosero gli ultimi Sigilli in quattro templi celati da delle magie molto potenti. Su questa mappa sono segnati i luoghi. Tenete"
Finito il suo discorso, Floki porse un foglio arrotolato a Karl e spiegò che la mappa non sarebbe bastata a garantire l'entrata nei templi. "Ogni luogo ha un guardiano, il quale ha un enigma che deve essere risolto o una prova da superare. Non dovete mai abbassare la guardia!" disse l'anziano sacerdote.
"Ottimo, ora dobbiamo tornare a Berk e dare la notizia a Hiccup e Stoick" disse Matt.
"Io non verrò con voi ragazzi. Resterò qui per cercare informazioni" disse Gothi.
"Ma... Senza di lei cosa faremo?" chiese Arcadia.
"Mi sostituirà Willow"
"Ma, ma... Io non sono ancora pronta" protestò la ragazza.
"Sei molto più preparata di quello che pensi, mia cara. Sono più che sicuro che riuscirai a compiere ai tuoi doveri" disse Floki.
"Mi rimetto al vostro giudizio"
"Ma cosa diremo a Stoick?" chiese preoccupato Karl.
"La verità. Quell'uomo sa che sono più utile qui che a casa" rispose Gothi.
"Come desiderate. Partiremo domani mattina" sentenziò Karl.
"Permettetemi di ospitarvi nel tempio. Abbiamo molte stanze libere" disse Floki mentre si dirigeva verso l'uscita della biblioteca.
I ragazzi lo seguirono senza obiettare. Karl si avvicinò a Matt e cercò di parlare con lui, ma il ragazzo era troppo allegro per rispondere alle sue domande. Karl si avviò verso l'uscita e iniziò a ridere con l'amico, godendosi quell'attimo di serenità.
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Buon salve gente, come state?
Allora, capitolo un po' più lungo del solito. Non abituatevi a questa lunghezza, ho scritto così tanto solo per farmi perdonare. Sono andato via senza informarvi e questo è stato scritto proprio durante la vacanza. Allora oggi ho una sola nota: 1) la stessa usata dagli stormi durante la migrazione.
Presto ci sarà una piccola One Shot riguardante Matt e Melanie, ma non vi anticipo niente. Adesso me ne vado, ciao.
Rovo

 

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Capitolo 17
*** Capitolo XVI: Preparativi ***


Capitolo XVI
- Preparativi-

Karl, Willow ed il resto del gruppo arrivarono a Berk pochi minuti dopo l'arrivo di Hiccup e Astrid. Appena atterrarono, i sette vennero accolti da Skaracchio che ordinò ai ragazzi di raggiungere nel più breve tempo possibile la Sala Grande poiché Stoick aveva bisogno di loro. Solo dopo si accorse della mancanza di Gothi e della presenza della ragazza dai capelli biondi. Il fabbro cercò di richiamare l'attenzione dei ragazzi, ma non ci riuscì dato che il gruppo era già entrato nella Sala Grande.
Karl era piuttosto preoccupato. Dal tono di voce di Skaracchio, il ragazzo aveva capito che era successo qualcosa di davvero importante. L'unica cosa che non aveva capito era se quella cosa fosse positiva o negativa. Il  gruppo entrò nella stanza e venne accolto da un irruento Stoick che si avvicinò minaccioso a Karl. "Dov'eravate?" chiese, poi si accorse di Willow che, spaventata e sorpresa dall'atteggiamento del capo villaggio, si era rifugiata dietro a Matt. "E lei chi è? Perché è qui?" chiese ancora.
"  È una storia lunga... Te la spiego dopo" disse Karl mentre si allontanava lentamente dal capo villaggio.
"Ragazzi!" esclamò Hiccup richiamando così l'attenzione di tutti, "Sedetevi, dobbiamo parlare di alcune cose"
Detto questo, il moro indicò al gruppo delle sedie disposte attorno al tavolo. Su una di esse era seduta Astrid che guardò prima Hiccup, poi Stoick, poi Willow poi una persona seduta dall'altra parte del tavolo. Questa persona era ricoperta completamente da un mantello nero, il cappuccio era calato sul viso e lasciava intravedere solo la bocca rosea ricoperta da uno strato sottile di polvere bianca. "Ci siamo tutti" disse Hiccup, poi aggiunse:" Puoi toglierti il cappuccio"
Lo straniero obbedì, rivelando la sua vera identità. Era Heather, la ragazza che due anni prima aveva venduto il Libro dei Draghi agli Esiliati scatenando una furiosa battaglia nella quale aveva perso la vita il fratello di Karl. Il ragazzo, sconvolto dal vedere Heather trattata come un'alleata, liberò tutta la rabbia che aveva accumulato in quel lasso di tempo.
"Cosa ci fai qui, lurida puttana!?" urlò Karl mentre sguainava la spada e la puntava alla gola di Heather.
I capelli di Heather caddero all'indietro e i suoi occhi si scontrarono con quelli di Karl. In quelli della ragazza c'erano paura, terrore e disperazione, mentre in quelli del ragazzo astio, collera e - cosa piuttosto strana- sete di sangue.
Arcadia e Melanie, sconvolte dall'impeto aggressivo, si erano spostate di qualche metro pronte ad intervenire se qualcosa fosse andato storto. A loro si unì anche Caleb. Matt e Merric, venuti a sapere delle intenzioni di Karl prima degli altri tre, si frapposero tra quest'ultimi e Karl, poiché consideravano giusta la vendetta del ragazzo moro.
Fu Stoick a rompere il silenzio, intimando ai Cavalieri più giovani di abbassare le armi e invitando Hiccup a spiegare nel dettaglio la situazione. L'Eroe di Berk disse che Heather si era consegnata di sua spontanea volontà, promettendo delle informazioni vitali riguardo ad alcuni piani degli Esiliati.
"E questo dovrebbe bastarmi?!" urlò Karl a Hiccup. Se avesse potuto, il ragazzo avrebbe incenerito tutti i presenti nella stanza.
"Karl, la violenza non è la soluzione e..."
"Non me ne frega un cazzo! Ha ucciso mio fratello!"
"Io non ho mai ucciso nessuno..." tentò di difendersi Heather.
"Hai venduto il Libro dei Draghi ai nostri nemici e mio fratello è morto per recuperarlo. Il fatto che tu non lo abbia attaccato non ti rende meno complice!"
La ragazza trasalì e chinò il capo, poi sussurrò: "Mi dispiace"
Karl arretrò di qualche passo abbassando nel mentre l'arma. Rimase in silenzio per diversi minuti, poi rifoderò la spada e si sedette. "Le tue scuse non mi interessano" dichiarò il ragazzo dopo essersi seduto.
Astrid prese la parola:" Karl, anche a me non fa piacere avere Heather qui, ma ci servono le sue informazioni... E poi anche lei non è in una bella situazione"
Il ragazzo ignorò la Cavalcatrice bionda ed iniziò a fissare il tavolo esortando poi Hiccup ad iniziare quel discorso. Non poteva, anzi non voleva stare un minuto n più del necessario in compagnia della ai capelli color della pece.
"Heather ci ha rivelato che gli Esiliati stanno distruggendo già da qualche mese le colonie dei draghi. Si sono alleati con i Berserker per facilitare questo compito. Sono coordinati da un sacerdote di nome Zasur. Adesso sono alla ricerca di un tempio situato in una grande foresta..."
"Tutto qui?" chiese sarcastico Matt.
"No. E, per favore, risparmiati il sarcasmo" disse Heather zittendo così il povero ragazzo. Poi continuò:" Hanno recuperato un talismano dagli oscuri poteri che permette loro di corrompere la mente dei draghi. Stanno iniziando ad addestrare dei guerrieri e, allo stato attuale, possono rivaleggiare appieno con la tua squadra, Hic"
"Beh, noi siamo dodici mentre loro saranno al massimo sei..." disse Melanie.
"Voi non siete preparati a fronteggiare quel tipo di nemico. Quei draghi selvaggi sono più potenti dei vostri e il talismano ha raddoppiato la loro forza. Hanno distrutto una parte di un'isola" replicò Heather.
La squadra di Karl rimase interdetta dall'ultima affermazione della ragazza, la quale aggiunse che solo coloro che avevano sconfitto Morte Rossa potevano tener testa ai Bewitched, così venivano chiamati i draghi soggiogati.
"Mentre voi cosa avete scoperto?" chiese Stoick.
Fu Willow a rispondere:" Il mio maestro, il Venerabile Floki, crede che gli Esiliati e i Berserker stiano cercando i Sigilli del Demone, quattro oggetti magici usati in tempi remoti per sigillare un antico male. Mi... Cioè ci ha consegnato una mappa dove sono segnati i tempi in cui sono custoditi i Sigilli. Eccola." Porse il rotolo di pergamena che custodiva nella sua tracolla a Stoick, il quale la srotolò sul tavolo. Heather indicò un punto e disse:" Molto probabilmente è questo l tempio di cui stavano parlando, mentre non so nulla egli altri. Mi dispiace di non avere altri informazioni"
"Non ti preoccupare. Grazie a te, possiamo impedir loro di portar a termine i loro piani" disse Hiccup appoggiando la mano sulla spalla di Heather.
Karl decise che per lui l'incontro era finito, così si alzò e uscì dalla Sala Grande dirigendosi con grandi e veloci falcate verso la sala d'allenamento dell'Accademia.
Heather, decisa a dare a Karl le spiegazioni di cui aveva bisogno, iniziò a seguirlo ma venne bloccata da Hiccup che le consigliò di lasciargli sbollire la rabbia da solo.
"Permettetemi di raccontarvi la mia storia, per favore" disse rivolta ai cinque amici di Karl e a Willow. I sei acconsentirono e Hiccup indicò loro una porta che dava su una stanza non utilizzata.
***
Heather si sedette su una poltrona ed iniziò a raccontare la sua storia: era stata rapita dagli Esiliati insieme alla sua famiglia. Fu costretta da Alvin, il suo aguzzino, a rubare il Libro dei Draghi e fu la causa indiretta di quella battaglia atroce. Ancora oggi, incubi orrendi la tormentano. L'unica cosa che non aveva confessato a nessuno era che aveva un fratello, Björn, che era stato rapito quando lei aveva solo cinque anni. "Ho scoperto solo quando ero prigioniera che era stato adottato da una famiglia di Esiliati. Sono tornata laggiù solo per riportarlo indietro." disse la ragazza corvina prima di fare una pausa.
"E ce l'hai fatta?" chiese Willow che era rimasta turbata da quel racconto.
"Non del tutto. I primi tempi non voleva credermi, ma poi sono riuscita a convincerlo. Si ricordava ancora di un gioco che facevamo da piccoli..."
"Puoi portarlo qui, lo proteggeremo" disse Matt.
"No, non potete sono dovuta andar via senza di lui..."
Heather non riuscì a finire la frase e scoppiò a piangere. Melanie, commossa fino alle lacrime dalla storia della ragazza, l'abbraccio e le sussurro parole di conforto per risollevarle il morale.
"Non dovete preoccuparmi di me," disse la donna, poi aggiunse:" dobbiamo iniziare il viaggio verso i templi. Con la mappa, partiamo con un netto vantaggio rispetto ai nos... cioè, vostri nemici"
"Le uniche cose che dobbiamo fare sono due: far calmare Karl e prepararci per bene" disse Matt.
"Io ne aggiungerei un'altra: siamo alla fine dell'inverno. Tra poco più di un mese ci saranno i Giochi del Disgelo, dobbiamo prepararci anche a quelli" disse Caleb.
"Vi sembra il momento di pensare a certe cose?" chiese spazientita Heather.
"Non ci concentreremo solo su quello, non ti preoccupare. Partiremo appena Stoick ci darà l'ordine" disse Merric.
Heather si lasciò cadere sulla sedia e salutò Matt, che si diresse verso il Campo d'Addestramento deciso a far ragionare Karl.
***
Un movimento. Un colpo. Un manichino cade, tranciato in due dall'attacco di Karl. Il ragazzo si gira, il nulla intorno a lui. Si mette in posizione e scatta, perforando un altro manichino, l'ennesimo.
La rabbia era sfumata già da tempo, ma Karl non riusciva a fermarsi. L'unica cosa che voleva era distruggere: distruggere tutto e tutti. A partire da quella ragazza dai capelli corvini che gli aveva rovinato la vita. Un fendente, un affondo, un attacco rotante... sembrava che niente riuscisse a fermarlo. Solo una voce ci riuscì.
"Non credi che quei manichini abbiano sofferto abbastanza?"
Karl si voltò. Matt stava davanti alla porta, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi beffardi.
"Io non credo che siano capaci di sentire il dolore" rispose freddamente Karl.
"Questo non ti autorizza a distruggerli"
"Sei venuto qui solo per farmi la predica?"
"No, per quello basta Hiccup. Volevo solo parlare con te"
"Non vedi che sono impegnato!"
"Allora, ti propongo un affare: ti farò da sparring partner. Così potremmo parlare e divertirci allo stesso tempo"
"Accetto" disse Karl mettendosi in posizione.
Matt entrò nell'arena e sguainò l'ascia. Partirono insieme. Si scambiarono un paio di fendenti. Inutile dire che fu Karl a colpire di più.
"Vorrei raccontarti una storia..." disse Matt mentre rotolava a sinistra per evitare un colpo di Matt.
"Non credo che siamo il momento adatto!" protestò Karl menando un fendente che fu parato dall'ascia di Matt.
"È la storia di due fratelli che vengono separati dal destino..."
Karl si fermò un attimo. pensieri confusi si aggrovigliavano nella sua mente. Il moro non riusciva a capire dove volesse andare a parare Matt con quella storiella. Nell'incertezza più totale, Karl decise di continuare il suo allenamento e al contempo di prestare attenzione alle parole del suo compagno di squadra.
Matt, prima di proseguire, scambiò un altro paio di colpi con il suo avversario, poi disse:" I due fratelli, dopo molti anni, si ritrovano su un'isola abitata da gente orribile"
Altri fendenti, altri colpi che interrompono il racconto di Matt. Gocce di sudore scavano nella faccia dei due avversari, portando con sé la consapevolezza di qualcosa. Finalmente, Karl capì di chi parlava quella storia.
"Sono solo uno stupido... L'ho dimenticato un'altra volta!" disse scagliando da una parte la spada.
"Cos'hai dimenticato?" chiese Matt.
"Che non solo l'unico a soffrire per una perdita"
"Pensavo che non ci saresti arrivato"
"Fottiti" replicò Karl, poi si avvicinò all'amico e l'abbracciò, ringraziandolo nel mentre.
 "Suvvia, non fare il cretino" disse Matt dopo aver sciolto l'abbraccio.
"Credo che devo chiedere scusa ad una persona" disse il moro.
"Vai, io ti aspetto alla spiaggia. Gli altri sono già là"
Karl lasciò la Sala salutando con un cenno della mano colui che di primo acchito gli era sembrato un pomposo deficiente, ma che ora si stava rivelando per ciò che era: uno dei migliori amici che Karl avesse mai potuto trovare.
***
Isola dei Berserk, alcuni giorni dopo
Dagur Lo Squilibrato sedeva su una sedia di mogano. Guardava i rapporti che la sua spia gli aveva inviato qualche ora prima. Dal rapporto si poteva evincere che gli abitanti di Berk ancora non avevano capito i suoi piani né che avevano scoperto il doppio gioco del suo infiltrato. Il ragazzo sorrise. A soli vent'anni era riuscito a diventare capo della sua tribù. Per farlo dovette assassinare suo padre, ma non se ne è mai pentito: suo padre era un debole e i deboli devono essere schiacciati. Così la pensava il ragazzo.
D'un tratto, sentì bussare alla porta. Incitò l'ospite ad entrare nella stanza. Zasur entrò e disse:" Mio signore, temo che ci sia un problema"
"Cosa intendi dire? Parla vecchio, o te ne pentirai" rispose Dagur mentre metteva mano al manico della sua ascia.
"Si calmi, mio signore, e non usi quel tono con me. Si ricordi che se io muoio, lei non riuscirà mai a trovare ciò che cerca" rispose il sacerdote.
Dagur rimase in silenzio ma si acquietò togliendo la mano dall'ascia.
"Il Demone mi ha mandato una visione. Una traditrice degli Esiliati ha svelato il nostro piano agli abitanti di Berk"
"Non è possibile! Cos'altro ti ha mostrato?"
"Purtroppo, la connessione si è interrotta"
"Che cazzo stai dicendo?"
"Una presenza i pura luce ha allontanato il Demone"
"Quanto vantaggio hanno?"
"Da quel che ho capito, tutto ciò è successo alcuni giorni fa. Credo che i nostri nemici siano già partiti per il primo tempio"
"Bene, mandate laggiù gli uomini stanziati al nostro avamposto. Dite loro di prendere le barche più veloci che hanno. Io partirò domani mattina per l'isola degli Esiliati. Devo parlare con Alvin"
"Come desiderate... Fate attenzione"
"Lo farò. Ora va"
Zasur uscì dalla stanza, ma fece in tempo a vedere Dagur che conficcava l'ascia nel muro maledicendo  il capo degli Esiliati
.
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Buongiorno Fandom di Dragon Trainer, come state?
Allora, questo capitolo è importante per la crescita del personaggio di Karl, quindi tenetevelo bene a mente perché da qui in avanti avrà un nuovo obiettivo.  Mi scuso per l'eccesso di parolacce presenti nel testo, ma in alcuni casi servivano. E poi questa è rating arancione, quindi posso lasciarmi andare u.u. L'ultima parte non mi convince molto, d'altronde non si può scrivere bene con un tizio che continua ad urlare:" GOAL! Incredibile!". Un giorno o l'altro ammazzerò il mio vicino. Detto questo, vi lascio. Un saluto \0/
Rovo

 

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Capitolo 18
*** Capitolo XVII: Verde come la paura ***


Capitolo XVII
- Verde come la paura... -

Due giorni dopo l'arrivo di Heather, Stoick radunò tutti i Cavalieri nella Sala Grande per discutere dei dettagli della missione. La squadra sarebbe stata composta da solo tre persone, per evitare di attirare troppo l'attenzione dei nemici. La squadra avrebbe fatto scalo a Heimleink, ultimo avamposto della coalizione vichinga, dove si sarebbe incontrata con i rinforzi provenienti dalle altre isole.
"I prescelti tre sono Hiccup, Moccicoso e Astrid. Non voglio sentire lamentele, ora andate!"
"Ma..." intervenne Merric rimediando solo un'occhiataccia da parte di Stoick.
"Ho detto che non voglio lamentele. Così ho deciso!" replicò Stoick battendo il pugno sul tavolo.
Karl e gli altri furono invitati ad uscire dalla stanza, poiché non avevano più bisogno della loro presenza lì. Poco dopo furono raggiunti da Willow, la quale disse:" Ragazzi, mi dispiace"
"Non è colpa tua..." disse Melanie con un tono abbattuto.
"Se avessi insistito di più, forse..." replicò la ragazza.
"Avresti peggiorato la situazione. Stoick è più testardo di un mulo" disse Karl cercando di rincuorare l'amica.
"Adesso cosa facciamo?" chiese Caleb.
"Aspettiamo" disse pacatamente Karl.
"Oh, andiamo Karl! Vuoi davvero farci credere che vuoi rigirarti i pollici tutto il tempo!" protestò Matt.
"Certo che no!"
"Ragazzi, non vi seguo..." disse Caleb perplesso.
"Venite più vicino... Anche tu Willow" disse Karl invitando il gruppo ad avvicinarsi, poi aggiunse:" Per ora, lasciamo stare la questione dei Sigilli, pensiamo invece a quei disordini di qualche mese fa"
"Si sono interrotti quando hanno iniziato a mandarci in missione" disse Arcadia.
"Non completamente... Ryan mi ha mandato un messaggio qualche giorno fa: durante uno dei suoi giri con il drago, ha notato dei movimenti sospetti su un'isola poco distante da Heimleink. Ci ha chiesto aiuto" spiegò Karl.
"Perché non hai avvertito gli altri?!" chiese preoccupata Willow.
"Perché ho intenzione di andare ad indagare senza che gli altri si distraggano. Magari sono solo dei banditi..."
"E noi che c'entriamo?" chiese Caleb.
"Ma sei diventato stupido?!" chiese Matt.
"Matt!" lo richiamò Melanie.
"Ragazzi, calmatevi!"disse Karl, poi, appena riottenne l'attenzione, continuò la spiegazione del suo piano: Willow li avrebbe coperti dicendo che aveva avuto una visione. I ragazzi sarebbero partiti l'indomani mattina all'alba e sarebbero tornati al massimo cinque giorni dopo. Così non avrebbero destato alcun sospetto e Stoick sarebbe rimasto tranquillo.
"Non credo di poter mentire, non ne sono capace" disse Willow, che aggiunse:" E se non tornaste in tempo?"
"Ce la faremo, non preoccuparti..."dissero in coro tutti e sei.
"Okay... Farò come volete"
"Non sei obbligata a farlo..." disse Caleb avvicinandosi a Willow, poi si rivolse a Karl:" Possiamo trovare un altro modo, vero Karl?"
Il moro non capiva cosa volesse intendere il suo amico, ma annuì confermando le parole di Caleb.
"Caleb, non preoccuparti. Vi aiuterò ben volentieri!" disse Willow mentre si sistemava una ciocca di capelli.
"A far cosa?" chiese una voce squillante.
I sette si voltarono verso la fonte della voce: un bambino di circa otto anni aveva risalito la strada che portava alla Sala grande. Era alto non più di un metro e venti, aveva corti capelli neri difficili da individuare poiché erano coperti dall'elmo con le corna arricciate. Portava una giacca di pelle, degli stivali imbottiti ed una maglietta verde. Il suo nome era Gustav Larson.
"Gustav, cosa ci fai qui?" chiese Matt mentre si avvicinava al bambino.
"Moccicoso mi ha detto che dovevamo provare delle acrobazie con Curva Zanna, così sono andato all'Accademia. La cuoca mi ha detto che era qui e..." disse il ragazzino per poi esser interrotto da un gesto di Matt.
"Che ne dici se ti faccio vedere io un paio di trucchi?" disse Matt con un sorriso sornione.
"Davvero?" chiese Gustav mentre un sorriso di gioia si dipingeva sul suo volto.
"Sì, ma tu non devi dire a nessuno quello che hai sentito prima"
"Cosa?"
"Che ragazzo intelligente che sei!"
Detto questo, i due ragazzi si diressero verso l'Accademia con Gustav che urlava a Matt di sbrigarsi. Karl si commosse un po' guardando quella scena: rivide in Gustav lui da piccolo e in Matt suo padre. Sentiva che gli occhi gli bruciavano, ma si impose di non piangere: non era né il momento né il luogo adatto. Prese a camminare in direzione di casa sua, salutando i ragazzi e ricordando che dovevano trovarsi al limitare della foresta all'alba.
***
La notte e le stelle brillavano ancora quando Karl si alzò. Il ragazzo si affacciò alla finestra, ma non ci rimase molto tempo, giusto quel che basta per assicurarsi che il mancava poco al sorgere del sole. In lontananza si vedevano i primi raggi di sole.
dalla luce lunare sull'acqua. Era cambiato molto durante quei sei mesi di addestramento: un paio di piccole cicatrici gli decoravano la faccia, accompagnati da un accenno di barba vicino alle basette. I capelli gli occupavano la fronte. Karl decise che al suo ritorno li avrebbe tagliati. Se fosse tornato. Scacciò via quei pensieri funesti e si vestì, infilando anche l'armatura modificata che la madre gli aveva regalato mesi prima e che lui aveva deciso di conservare per i momenti gloriosi.
Scese le scale cercando di non fare il benché minimo rumore e lo stesso fece quando aprì la porta. Nonostante i suoi sforzi, Karl venne scoperto da Rose la quale era stata svegliata da un'improvvisa voglia di latte.
"Dove stai andando?" chiese Rose mentre si stropicciava un occhio.
"Rose, per favore, abbassa la voce" disse Karl, e poi aggiunse:"senti, io devo andare in missione. Ma non devi dirlo alla mamma, sai che si preoccuperebbe troppo"
"Ma se mi chiede dove sei?" chiese la bambina poco prima di sbadigliare.
"Dille che devo andare in ricognizione..."
"Non credo che se la berrà"
"Fai come ti dico io. Se riuscirai nel tuo compito, al mio ritorno ti faccio fare un giro su Rubyn"
"Davvero!?"
"Sì, ma non urlare!"
Detto questo, Karl si avvicinò a Rose e l'abbracciò dicendole nel mentre di tornare a dormire.
***
Il sole aveva appena fatto capolino dall'orizzonte, illuminando la piccola baia riparata dove Karl aveva dato appuntamento al resto del gruppo. Rubyn atterrò nell'esatto momento in cui il moro mise piede nella spiaggia. Oltre a lui, c'erano anche Matt, Melanie e Merric, il quale informò il moro che Caleb era andato a prendere Arcadia e Willow.
"Ultimamente, Caleb passa molto tempo con la nostra sacerdotessa in erba. Secondo me, c'è qualcosa che bolle in pentola" commentò Melanie.
"Mel, ti prego, è troppo presto per i pettegolezzi" si lamentò Matt reprimendo uno sbadiglio.
"Mel?!" chiese divertito Karl.
Melanie scoccò uno sguardo inceneritore a Matt prima di arrossire vistosamente, seguita a ruota dal compagno di squadra. Merric e Karl non riuscirono a soffocare le risate e ci vollero un paio di minuti prima che la situazione tornasse normale. In quel momento arrivò Caleb seguito dalle signore che guadarono incuriosite le guance arrossite di Melanie.
"Melanie, è uno sfogo allergico...?"chiese Willow preoccupata.
"Preferisco non parlarne" disse la ragazza mentre si voltava.
"Ho qui con me un unguento che potrebbe..."
"Non voglio parlarne!"
"Okay, come vuoi tu" disse Willow mettendo le mani avanti a mo' di scudo, poi si avvicinò a Karl e gli porse una piccola sfera blu precedentemente estratta dalla borsetta.
"Cos'è?" chiese il moro mentre soppesava la sfera.
"Un trasmettitore. Ci metterà in contatto nel caso in cui avessi qualcosa da comunicarvi" rispose la sacerdotessa, indicando un'altra sfera posizionata nella tracolla.
"Grazie mille" disse Karl mentre nascondeva la sfera.
"Ora andate e che possiate evitare tutti evitare i pericoli della traversata"
Karl e il resto dei ragazzi salirono sui rispettivi draghi  partirono lasciandosi alle spalle Willow che si sbracciava per salutarli.
***
Il viaggio verso l'isola di Ryan durò poco più di un giorno. I ricordi assalirono Karl, Matt e Arcadia, alcuni spiacevoli, altri piuttosto felici. Il più bello sarebbe rimasto l'addio all'isola con Braceblu che emetteva fiamme dal muso in segno di saluto.
"Chi è Braceblu?" chiese Melanie.
"Il drago di Ryan. L'ha chiamato così perché emette delle fiamme blu" spiegò Arcadia.
"Wow" esclamò Merric.
"Non vedo l'ora di conoscerlo" disse Caleb.
"Vedrai, ti piacerà: è un tipo molto simpatico" disse Karl.
Dopo mezz'ora il gruppo raggiunse l'isola dove qualche mese prima Karl, Matt e Arcadia si erano scontrati contro gli Esiliati. Ad attenderli c'era una delegazione degli abitanti capeggiata da Ryan, il quale, appena vide in lontananza i draghi, iniziò a correre sbracciandosi per attirare l'attenzione. Una volta atterrati, Karl e gli altri vennero accolti in modo molto caloroso da Ryan che abbracciò tutti presentandosi poi a coloro che ancora non lo conoscevano.
"Allora, Ryan, puoi spiegarci meglio quello che sta succedendo?" chiese Merric.
"Semplice: ho notato qualche settimana fa che molte navi strane arrivavano e lasciavano una piccola isola poco distante da qui. I miei sospetti si sono moltiplicati quando Stoick ci ha comunicato che avrebbe mandato una squadra ad Heimleik. Siete voi quella squadra?"
"No, noi siamo venuti per indagare su quegli strani movimenti di navi" spiegò Karl.
"Ma perché ti sei insospettito?"
"Per arrivare ad Heimleik, bisogna per forza passare per quell'isola. Se si usa una nave, ovviamente"spiegò Ryan.
"Non c'è tempo da perdere: chiama Braceblu e partiamo" disse Karl.
"Perché?" chiesero gli altri in coro.
"Qualcuno deve aver avvertito i nostri nemici. Se attaccassimo l'isola, potremmo evitare dei pericoli ad Hic e gli altri" disse Karl.
"Saremmo solo in sette, troppo pochi per assaltare un presidio nemico" disse Ryan mentre si grattava il mento cercando un piano.
"No, non credo. Potremmo aggirarli e colpirli dall'alto, così non avranno il tempo materiale per prepararsi" disse Arcadia.
"Ok, facciamo come dite voi" disse Ryan mentre prendeva il fischietto con cui richiamava Braceblu.
Il Typhoomerang atterrò vicino ali altri draghi e tentò di far amicizia con i draghi che non conosceva, ma venne bloccato da Ryan che gli fece capire che non avevano tempo da perdere.
Il gruppo sellò i draghi e poi partirono in direzione della piccola isola di Anchort.
***
Il piano era semplice: Hydra, insieme a Camaleo e Joules, avrebbe attirato l'attenzione delle armi antidrago dell'isola. Rubyn, Braceblu, Skull e Serpentina avrebbero colpito dall'alto quando nessuno avrebbe prestato attenzione a nulla se non ai tre draghi usati come esche.
Hydra sbucò dall'acqua emettendo un fragoroso ruggito, poi fu il turno di Camaleo e di Joules che si lanciarono in picchiata contro le mura che cingevano l'unica costruzione sull'isola. Lanciarono un paio di colpi d'avvertimento, ma nessuno dei tre draghi riuscì nella sua parte del piano. Il che fece insospettire molto sia Karl che Ryan i quali atterrarono davanti alle mura ed entrarono.
Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi era uno dei più terrificanti a cui i due giovani avessero assistito nella loro breve vita. La grande piazza che occupava il centro della costruzione era macchiata di sangue. I corpi mutilati e feriti giacevano in mucchi sparsi qua e là, spade e scudi spezzati ricoprivano quelle piccole zone non toccate dal sangue.
Ryan si chinò su una delle chiazze e la toccò, constatando che era secco. "Quindi, questa mattanza risale ad almeno un giorno fa" disse Karl mentre osservava uno degli scudi. Solo allora si accorse che su di esso era stato impresso uno Skrillo rampante, simbolo dei Berserk.
"Non ho la minima idea di chi sia stato" disse un Ryan privo di idee.
Karl stava per controbattere quando una forte luce blu proveniente dalla sua borsa lo accecò. Il ragazzo estrasse a fatica la sfera donatagli  da Willow. La sfera smise di brillare e la faccia di Stoick apparve su di essa.
"Karl, dove siete?... Non dirmelo, ora dobbiamo parlare di cose più importanti" disse L'Immenso con un tono che fece  preoccupare non poco Karl.
"Cos'è successo?" chiese il moro. La prima cosa che gli venne in mente fu che fosse successo qualcosa di brutto a sua madre. Ma la realtà era molto, molto più brutta.
"La squadra di Hiccup è stata catturata"
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+ Angolo dello scribacchino in erba +
Salve a tutti!
Non ho molti da dirvi, solo che da qui in avanti dovrete tenere d'occhio i titoli del capitolo. Ringrazio Andre_of_team_electro per aver recensito molti capitoli e tutti voi che la seguite e che l'avete messa trai preferiti. Mi date la forza per mandare avanti il progetto.  Un saluto \0/
Rovo
P.S. Gustav Larson non è un mio OC ma è un personaggio della serie. 
Gustav Larson---->

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Capitolo 19
*** Capitolo XVIII: Rosso come il terrore ***


Capitolo XVIII
- Rosso come il terrore -

Un tintinnio. Due lame che si incrociano, i colpi come passi di una danza mortale. Karl è costretto ad indietreggiare per colpa dell'urto. Il suo avversario, un ragazzo a giudicare dalla sua corporatura, era ricoperto da una pelle di lupo rivestita in alcune parti da un'armatura di ferro. Non poteva vedere il suo volto, poiché era coperto da un elmo la cui foggia ricordava molto un lupo. Parò un attacco con lo scudo che venne distrutto per i troppi colpi che aveva dovuto sopportare in quello scontro che andava avanti già da almeno cinque minuti. E il tempo a disposizione stava per finire. Era stato stupido, e questo Karl lo sapeva. Se solo avesse preso più tempo per riflettere... Ma questo per ora non ci interessa, perciò torniamo indietro di qualche ora.
***
"Cosa?" disse Ryan. Il ragazzo era stato informato della bravura di Hiccup, per questo motivo era così sorpreso, anche più di Karl.
"Cosa vuoi che facciamo?" chiese Karl.
"Tornate a casa, dobbiamo organizzare un piano e..."
"Stoick!" lo richiamò la voce squillante di Willow, leggermente distorta dalla sfera. "Non possiamo lasciarli in mano ai nemici! È tuo figlio..."
"Pensi che io non lo sappia!" urlò di rimando L'Immenso.
"Stoick" disse Karl richiamando l'attenzione di tutti e due, "abbiamo anche noi una notizia piuttosto raccapricciante: abbiamo trovato diversi cadaveri di Berserk e, dopo quello che ci hai detto, credo che i due fatti siano collegati"
"Non puoi averne la certezza" replicò L'Immenso.
"Hai ragione, ma non credo che ci siano altre opzioni"
"Forse so dove li hanno portati" intervenne in quel momento Ryan.
"Dove?" chiesero gli altri tre all'unisono.
"Ad Heimleink" disse Ryan, poi aggiunse:" Pensateci: la squadra di Hiccup era diretta sull'isola ed è possibile che abbiano notato qualcosa di strano su quest'isola e siano scesi. Dopodiché, li hanno catturati tendendo loro un'imboscata o qualcosa del genere"
"E l'avrebbero portato a Heimleink per ottenere quello che stanno cercando" disse Karl.
"Esattamente"
 Karl camminò avanti e indietro per qualche minuto poi si rivolse a Stoick dicendogli:" Nessuna squadra arriverebbe prima del mio gruppo, Stoick. So benissimo che sei consapevole dei rischi, lo sono anch'io, ma non abbiamo altre soluzioni"
Stoick annuì e poi disse:" Vi do tempo un giorno. Se entro domani a mezzogiorno non avrò vostre notizie, invierò una squadra. Riportali a casa, Karl"
"Lo farò"
***
Arcadia, Matt, Melanie, Caleb e Melanie aspettavano i due ragazzi in una radura poco distante dalla fortificazione. Serpentina e Skull giocavano a rincorrersi con Braceblu, come dei cuccioli poco cresciuti. Questo creava non poco disappunto ai padroni dei draghi, però li lasciavano fare senza lamentarsi troppo, limitandosi a richiamarli. Quando arrivarono Karl e Ryan, i ragazzi videro le espressioni sui loro volti e capirono che c'era qualcosa che non andava. Pure i draghi smisero di giocare.
"Cos'è successo?" chiese Arcadia con un tono piuttosto preoccupato.
"Hanno catturato Hiccup e gli altri" disse Karl in modo quasi apatico.
Un silenzio tombale scese sul gruppo, interrotto solamente dal soffio sinistro del vento. Fu Ryan a spiegare cosa avevano concordato con Stoick.
"Non sono sicuro di farcela" disse Caleb, spalleggiato immediatamente da Merric.
"Non siete tenuti a venire" disse Karl.
"In che senso?" chiese Melanie.
"M'infiltrerò da solo. Avrò meno possibilità di essere scoperto"
"Non puoi fare così!" protestò Arcadia.
Karl non la considerò e proseguì il suo discorso:" Se entro un'ora non tornerò, mi verrete a prendere"
"Ma col cazzo!"protestò vivamente Melanie, seguita a ruota da Matt:" Noi veniamo con te, non me ne frega un cavolo se tu sei contrario"
"Ma..."
"Oh, per gli dèi, Karl non fare il cretino" disse Caleb, spinto dal moto incoraggiante dei suoi compagni.
"Ma tu non avevi paura fino a un minuto fa?" chiese perplesso Merric.
"Ho ancora paura, ma non lo lascio andare da solo" rispose Caleb.
"Ragazzi, credo che abbiamo un problema" disse Ryan.
"Che c'è?!"
"Karl ha preso il volo"
***
Karl e Rubyn atterrarono in una piccola spiaggia sulla costa nord di Heimleink. L'Ali Cremisi fremeva in vista della battaglia, ma il suo Cavaliere gli ordinò di alzarsi in volo e di mantenersi ad un'altezza tale per cui non lo si potesse vedere. Il drago obbedì riluttante.
Dopo pochi passi, Karl incontrò la prima sentinella. Non fu difficile sbarazzarsi di lui. Proseguì per la strada che portava all'entroterra dell'isola. Le piante esotiche erano molto alte e impedivano alla luce del sole di filtrare trai raggi. Per questo motivo il sentiero era illuminato da torce distanziate circa quattro metri l'una dall'altra. Per fortuna, la luce delle torce non lambiva il folto della vegetazione. Così Karl riuscì a muoversi senza farsi scoprire.
Arrivò ad una grande conca. Diverse torce erano state attaccate alle pareti e illuminavano praticamente l'intera area, solo dei piccoli coni d'ombra si salvavano. Troppo piccoli affinché qualcuno riuscisse a passarci. Karl si mosse con cautela cercando di evitare i punti troppo scoperti, ma, nonostante i suoi sforzi, venne individuato.
"Ehi tu!"
Karl si voltò e vide un'affascinante figura. Una donna, molto vicina ai trenta, armata con una lancia a doppia lama stava davanti ad una guarnigione di almeno di una dozzina di uomini. I capelli bianchi danzano al soffio lieve del vento, gli occhi color della pece squadravano Karl.
"Cosa ci fai qui?" chiese la donna.
"Ehm... Credo di essermi perso" disse Karl imitando un tono di finta ubbidienza.
"Pensavo che fossi più bravo a mentire, Karl..." disse la donna.
"Come fai a sapere il mio nome?"
"Questo non ha importanza" disse la donna mentre si aggiustava una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi aggiunse:"Il mio nome è Bodicea, e questa sarà la tua tomba"
Karl si mise in guardia estraendo lo scudo e la spada. "Avrai cara la mia pelle"
Ma qualcosa di inaspettato accadde. Bodicea venne quasi investita da una sfera che corrose il terreno vicino a lei. Gli uomini indietreggiarono alla vista di quello spettacolo di portatori di morte. Sette draghi con le zanne scoperte e in assetto da battaglia si erano disposti intorno a Karl.
Arcadia scese da Camaleo e andò incontro a Karl e, appena raggiunse una certa distanza, mollò uno schiaffo a Karl. "Perché?" chiese il ragazzo massaggiandosi la guancia colpita.
"La prossima volta rimani e mi ascolti" disse la ragazza, poi si voltò in direzione dei nemici e disse:" Di questi ce ne occupiamo noi. Tu entra nel tempio"
"Che tempio?"
"Quello laggiù!" disse Arcadia indicando una porta situata in fondo alla stanza.
"Perché dovrei, non so..."
"Fallo e basta!" urlò Arcadia minacciando il ragazzo con la piccola scure che si portava dietro insieme all'arco.
Karl decise di non replicare e si avviò di corsa verso la porta con un enorme punto di domanda che, come un panno pulisce la polvere, cancellava le sue certezze.
***
Karl camminò per l'unico corridoio che attraversava il Tempio. Le pareti erano decorate con diversi simboli estranei al ragazzo. Inoltre, il muschio aveva ricoperto sia il pavimento sia le pareti, rendendo il tutto molto scivoloso.
"Dove cavolo sto andando?" si chiese Karl poco prima di intravedere una luce in fondo al corridoio.
Karl entrò in una stanza sormontata da una cupola con al centro un foro molto largo. Sulle pareti si potevano intravedere i resti di quelli che sembravano affreschi. I colori, una volta accesi, ora erano spenti come se avessero in qualche modo compreso di essere passati in secondo piano rispetto al mondo. Al centro della stanza c'era un pilastro decorato con due linee curve che s'intrecciavano per formare una spirale. Karl fece qualche passo ma fu costretto a fermarsi poiché una luce molto incensa lo accecò.
La luce prese la forma di una figura umanoide, solo che non indossava vestiti e la sua pelle era stata decorata con motivi complessi che si intrecciavano. Questi motivi erano di colore verde e rosso. Sulla testa aveva sei piccole corna.
"Benvenuto, giovano Eroe" disse la figura, poi aggiunse:" Io sono Dvalinn, custode di questa prova. Ricorda le mie parole, giovane Eroe: a volte la vittoria si nasconde nella sconfitta"
"Eh...?" chiese Karl.
"Non mi è concesso darti ulteriori spiegazioni. Il tuo avversario sta arrivando"
Una figura apparve dall'altro lato della stanza. Era ricoperta da un'armatura diferro e da una veste di pelle. Il suo elmo ricordava il muso di un lupo.
"La prova durerà venti minuti, E ora combattete!" disse Dvalinn prima di sparire.
***
Karl parò un altro colpo della spada del suo avversario. Il fiato scarseggiava e l tempo pure: mancavano tre minuti alla fine della prova e il nostro eroe stava perdendo. Karl non aveva un piano in mente e si stava limitando ad incassare passivamente i colpi.
Approfittò di una distrazione del guerriero lupo per menare un fendente diritto alla testa. Il colpo fu così potente che una delle orecchie che adornavano l'elmo saltò via.
"La pagherai!" urlò la voce del guerriero distorta dal suo elmo protettivo.
Menò un fendente che disarmò Karl, poi lo fece cadere a terra con un calcio. Karl si ritrovò la lama avversaria puntata alla gola.
"È finita per te" disse il guerriero prima di affondare la lama nel collo di Karl. Ma venne bruscamente interrotto da un rumore assordante. Quello era il segnale: il tempo era scaduto.
Karl approfittò della distrazione del suo avversario per rialzarsi e per allontanarsi di qualche passo. Solo allora notò delle crepe che si stavano espandendo per tutta la cupola.
"Ah, come mi dispiace" disse il guerriero.
"In che senso?" chiese Karl.
"Mi dispiace di non prendere la tua vita con le mie mani" rispose il cavaliere prima di lanciare una piccola biglia contro il pavimento. La biglia s'infranse in mille pezzi e sprigionò una luce potentissima che accecò Karl per qualche secondo. Il tempo necessario affinché non si accorgesse che parte del soffitto stava per cadergli addosso.
***
Il guerriero-lupo camminava per le rovine della stanza in cerca del cadavere del suo avversario. Un sapore amaro aveva preso possesso della sua gola dopo il combattimento. Sapeva identificare la sorgente di quel sapore: era una sensazione che conosceva bene. La consapevolezza di non aver adempiuto appieno al suo dovere: il berkiano doveva morire per mano sua, non a causa di uno stupido crollo.
Una luce vermiglia proveniente da un masso attirava il cavaliere. Si avvicinò al sasso e lo spostò con molta fatica. Quello che vide lo lasciò basito: il berkiano era ancora vivo e, cosa molto più importante, aveva il Sigillo al proprio braccio.
Karl aprì gli occhi e guardò con curiosità quello che fino a pochi secondi fa era il suo avversario, colui che voleva ucciderlo a tutti i costi. Si alzò a fatica e disse:" Perché? Perché volevi uccidermi?"
"Ordini, puri e semplici ordini"
"Dimmi chi sei"
"Io sono Björn, il fratello di Heather"
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+ Angolino dello scribacchino in erba +
Sono finalmente riuscito ad avere un un inizio in media res che mi soddisfi. Mi sento realizzato. Nel prossimo capitolo verrà approfondito il personaggio di Björn. Per la cronaca, sia questo che il personaggio di Boadicea sono ispirati agli omonimi personaggi storici realmente esistiti: lei era una regina anglosassone che combatté contro i Romani, lui invece era un capo vichingo che guidò diverse spedizioni contro i Franchi. Un saluto \0/
Rovo ©

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Capitolo 20
*** Capitolo XIX: Tradimento ***


Capitolo XIX
- Tradimento -

Karl rimase scioccato dalla notizia: non poteva crederci. Heather gli aveva raccontato che suo fratello aveva due anni in meno di lei. Bjorn era alto come Karl, ma era molto più forte sia del nostro eroe che di Hiccup. D'un tratto, Karl si ricordò di una leggenda che il padre era solito raccontargli: alcuni uomini avevano offerto la loro completa fedeltà ad Odino, ricevendo in cambio parte della forza dei lupi che servivano sotto il comando del re degli Dèi. L'unica persona che era sopravvissuta a quel rituale era stato Hiccup Horrendous Haddock I, di cui poi si persero le tracce. Karl sapeva di dover verificare la sua ipotesi e così chiese a Bjorn: "Da dove viene la tua forza?"
"Credo che tu l'abbia già capito" disse il ragazzo mentre rifoderava la spada.
"Non puoi essere un Guerriero-lupo. Tutti quelli di cui si ha notizia hanno servito gli Dèi in battaglia scontrandosi con il male"
"Pensi davvero che la distinzione tra bene e male sia così netta?" disse Bjorn mentre si avvicinava a Karl.
"Nessuno può conoscerla," rispose Karl mentre guardava il fratello di Heather, "solo il dio che hai giurato di servire conosce dove iniziano il male e  il bene"
Bjorn scoppiò a ridere. "Odino non è l'unico che può conferire questo potere"
"Quindi, chi servi?" chiese Karl, più confuso che mai.
"Il mio signore è Alvin. E ora preparati: gli porterò il Sigillo, dovessi anche tranciarti di netto il braccio" disse il biondo mettendosi in guardia.
Karl stava per mettere mano alla spada, ma venne interrotto dall'apparizione di Dvallinn. Lo spirito custode della prova si frappose tra i due ragazzi, sbarazzandosi facilmente delle loro armi, lanciandole alla due estremità della stanza.
"Basta!" urlò adirato lo spirito. "La prova è finita, ora andatevene. Non accetterò altri combattimenti in questo luogo sacro"
Bjorn rimase contrariato e, preda di un moto di ira, chiese allo spirito perché fosse Karl il vincitore del Sigillo. Gli occhi dello spirito iniziarono a brillare di un rosso intenso, poi parlò con voce alterata:" Karl ha vinto poiché ha interpretato correttamente le mie parole. Questa prova serviva ad individuare chi fra voi due avesse continuato a combattere pur sapendo di aver davanti un avversario troppo potente;" poi si girò verso il biondo dicendo:" la tua tracotanza ti ha portato alla sconfitta, Bjorn"
Il biondo, a quelle parole, fece qualche passo indietro. Karl, nel frattempo, osservava il bracciale che gli cingeva il braccio. Era di un metallo molto simile al bronzo, lavorato finemente; al centro vi era incastonato una piccola pietra vermiglia. La luce che la colpiva faceva risaltare le diverse sfumature della pietra e del bracciale. Karl non aveva mai visto niente di più prezioso. Dvallinn ordinò ai due ragazzi di lasciare il tempio, raccomandando di non tornare mai più. Per evitare che i due si aggredissero a vicenda, lo spirito teletrasportò i due ragazzi all'entrata del tempio. Fatto questo, il suo corpo venne avvolto da delle fiamme bianchissime e sparì, ritornando al cospetto del suo creatore.
***
Karl e Bjorn si ritrovarono nel bezzo della battaglia: il gruppo guidato da Bodicea aveva perso alcuni uomini ma continuava lo stesso a combattere, mentre la squadra di Karl cominciava a cedere, consumata dalla fatica e dal non essere abituati a combattere contro molti nemici per così tanto tempo. Anche i draghi non erano da meno: Hydra e Serpentina erano ricoperti di ferite più o meno gravi, Joules e Braceblu facevano fatica a contenere la potenza di un Uncinato Mortale spuntato da chissà dove, Skulk combatteva contro un paio di tizi armati con delle strane lance. Karl, dopo aver setacciato con lo sguardo il campo di battaglia, si accorse della mancanza di Rubyn. Pochi secondi dopo, un ruggito fragoroso sovrastò tutte le altre grida. Karl alzò lo sguardo e lo vide: Rubyn riluceva di un colore mai visto prima: la luce del sole, colpendo nei punti le scaglie del drago, generava una sfumatura di rosso piuttosto intenso. Solo dopo Karl si accorse che delle gocce di sangue scendevano dalle ali di Rubyn.
"Sembra che il tuo drago sia in difficoltà" commentò sarcastico Bjorn prima di sferrare un affondo contro Karl, il quale dovette indietreggiare di qualche passo. Sapeva che l'armatura l'avrebbe protetto, ma non voleva rischiare troppo.
"Beh, credo che tu debba chiudere la bocca!" esclamò a sua volta Karl menando un fendente che arrivò molto vicino alla gola del biondo.
I ragazzi si scambiarono diversi colpi senza mirare a nessun organo vitale. Sia il Rinnegato che il Berkiano sapevano che avrebbero avuto altre occasioni per duellare seriamente. Per duellare all'ultimo sangue. Karl combatteva e pensava a diverse cose: dov'erano Hiccup e la sua squadra? E Arcadia che fine aveva fatto? Quest'ultimo pensiero gli provocò una stretta al cuore: non voleva che le succedesse qualcosa. Non se lo sarebbe mai perdonato.
D'un tratto, l'ennesimo ruggito riscosse Karl dai suoi pensieri: una massa indistinta si schiantò al suolo. Bjorn si avvicinò al corpo e urlò di rabbia. Rubyn planò vicino a Karl e gli toccò con il muso la spalla, contento di rivedere tutto intero il suo padrone.
Bjorn, nel frattempo, si era inginocchiato di fianco a quello che sembrava un drago: era di colore marrone, aveva delle enormi ali membranose ricoperte da sangue. Gli occhi, di un incredibile azzurro cielo, guardavano supplicanti il biondo. Karl dedusse che quei due erano in qualche modo legati, poi si rivolse a Rubyn:" Ci sei andato giù pesante"
Il drago si voltò, facendo vedere al Cavaliere le ferite procurategli dal drago avversario. "Oh..." mormorò smarrito Karl. Rubyn ritornò nella sua posizione iniziale mugugnando per il dolore. Bjorn si girò e guardò Karl. Le lacrime spingevano per uscire, ma il ragazzo si ostinava a contenerle. La cosa che più intimorì Karl fu lo sguardo del coetaneo: trasudava odio e rabbia. Peggio, trasudava smania di sangue.
"La pagherete! Tu, e il tuo dannatissimo drago!" urlò Bjorn prima di gettare a terra una sfera nera che lo fece scomparire in un lampo di luce. La stessa cosa fecero gli altri Esiliati.
"Stai bene?" chiese Melanie mentre si avvicinava a Karl.
"Sì, sono riuscito -anche se non ho ancora capito come- a prendere il Sigillo" rispose il ragazzo indicando il bracciale. Poi si rivolse ad Arcadia:"Ma... Merric e Caleb?"
"Li ho mandati a cercare Hiccup, Astrid e Moccicoso" rispose Arcadia mentre puliva dal sua l'accetta.
Karl si avvicinò alla ragazza con l'intenzione di aiutarla, ma venne bloccato dalle grida di Caleb. I quattro si voltarono e videro i loro compagni seguiti a ruota da Hiccup e la sua squadra.
"Hiccup!" urlò Karl, poi aggiunse:"Cosa vi hanno fatto?"
"Ci hanno teso un'imboscata mentre dormivamo. Sono stati più silenziosi di un serpente" disse Hiccup mentre si massaggiava i polsi.
"Beh, possiamo considerarlo un "missione compiuta" disse Ryan.
"Io credo di sì" disse Karl mentre mostrava orgoglioso il Sigillo al suo maestro.
***
Dagur era fuori di sé: aveva scoperto che la sua guarnigione era stata completamente distrutta. L'unico sopravvissuto era morto per le ferite poco prima di rivelare il colpevole di quel massacro. Malediceva sottovoce il vento, il quale soffiava nella direzione sbagliata, non permettendo così alla barca di arrivare il più in fretta possibile all'Isola degli Esiliati. Dagur doveva parlare con Alvin.
Dopo alcuni giorni di viaggio, la barca arrivò sulle coste dell'Isola degli Esiliati. Dagur si diresse verso la casa di Alvin per potergli parlare in privato, accompagnato da Zasur. Scansò malamente le sentinelle poste davanti la porta ed entrò nella stanza.
"Devo parlarti, in privato possibilmente" disse Dagur quando arrivò a pochi metri dal Traditore.
"Ma certo, caro Dagur" disse Alvin mentre indicava con un ampio gesto una porta situata alle spalle dello Squilibrato.
I due entrarono nella stanza. Alvin spiegò in poche parole ciò che era successo ai suoi soldati e chiese la collaborazione del leader degli Esiliati per trovare il colpevole. Alvin rimase in silenzio per alcuni minuti, poi scoppiò in una grossa risata, la quale fece imbestialire Dagur.
"Perché ridi?" chiese il ragazzo.
"Per la tua stupidaggine" rispose l'altro, poi si rivolse a Zasur:" Scusami, ma non ce la faccio a portare avanti questo sceneggiato"
Dagur guardò prima il vecchio Zasur, poi Alvin sempre più confuso. Alvin riprese il suo discorso:"Io ho ordinato lo sterminio dei tuoi soldati, io ti ho inviato Zasur per aiutarti a sbarazzarti di tuo padre. E sono ancora io colui che riceverà il potere del Demone!"
Alvin fece per estrarre la spada ma venne bloccato da Zasur, il quale lo atterrò con un colpo magico. il Berserker guardò quello che era stato la sua guida con occhi pieni di dubbio. Zasur sfoggiò, invece, uno sguardo sprezzante e disse:"Povera, piccola, indifesa marionetta. È un peccato buttarti via, ma il tuo compito è finito"
"Cosa ne sarà di me?" chiese Dagur.
"Passerai il resto della tua inutile vita in una cella. Io governerò la tua isola... E, pian piano, tutti si dimenticheranno di te" disse Zasur mentre lasciava la stanza, seguito da Alvin.
Dagur cercò di alzarsi, ma non ci riuscì. L'ultima cosa che fece prima che il buio lo avvolgesse fu chiedere perdono a suo padre. Ma non sapeva che qualcuno presto lo avrebbe liberato.
***
Karl, Hiccup e il resto del gruppo ritornarono a Berk dopo un paio di giorni passati a riposarsi sull'isola di Ryan. Prima di salutarsi, Karl e Ryan si dissero addio con un abbraccio. Quella impresa aveva contribuito a saldare ulteriormente la loro amicizia. Karl salì su Rubyn e partì salutando Ryan e la sua gente.
Il viaggio per Berk trascorse senza troppi problemi. Una volta arrivato, il gruppo venne accolto da Stoick in persona, il quale corse incontrò al figlio stringendolo in un abbraccio che quasi lo soffocò.
"Papà... Non... Respiro" disse Hiccup mentre il colorito della sua pelle diventava sempre più pallido.
"Oh... scusami" disse Stoick mentre scioglieva il figlio da quella morsa mortale. Poi si rivolse ai ragazzi:" Vi ringrazio per avermelo riportato a casa. E devo chiedere scusa anche a voi, Astrid e Moccicoso, per aver sottovalutato la minaccia"
"Non preoccuparti Stoick, tutti possono sbagliare" disse Moccicoso.
Stoick riprese la parola e disse:"Ora che siete tornati, posso annunciarvi che ci sarà una sorpresa per i Giochi del Disgelo"
"Che sorpresa?" dissero tutti in coro.
"Ho deciso di organizzare una corsa coi draghi!"
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+Angolino dello scrittore in erba +
Allora, premetto un paio di cose:
1) non posso più garantire aggiornamenti più o meno regolari. La scuola ora ha la priorità su tutto. Cercherò di pubblicare almeno un capitolo al mese.
2) So che è corto, ma ci ho messo molto tempo a scriverlo e sono soddisfatto del mio lavoro, questa volta.
Presto arriveranno delle delucidazioni su alcune cose... Molto presto. Ma prima, ci sarà un po' di romanticismo riguardanti le mie due OTP di questa storia. E forse anche un po' di Hiccstrid. Un saluto \0/
Rovo
P.S. Il drago di Bjorn è un Sand Wraith. Proverò a cercare un'immagine.

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Capitolo 21
*** Capitolo XX: The dragon race ***


Capitolo XX
- The Dragon Race -

Karl camminava stanco per le strade. Il freddo si ostinava a stringere nella sua morsa sia il cielo che la terra, nonostante il fatto che la primavera fosse arrivata da una settimana. La neve ricopriva ancora parte dell'isola, ma, per fortuna, il ghiaccio si era completamente sciolto. Così l'isola fu nuovamente accessibile a coloro che arrivavano via mare.
Rubyn stava al fianco del ragazzo, cercando di riscaldarlo con il suo fiato. Anche lui soffriva il freddo, cosa che non accadeva molto frequentemente. Il suo Cavaliere gli aveva raccontato che quel giorno si sarebbe tenuta una gara e che avrebbero dovuto indossare una speciale armatura. Così lo aveva costretto a indossare alcuni pezzi di armatura variopinti e a lasciarsi pitturare le scaglie. Ora aveva degli strani segni sparsi per tutto il suo corpo. Si sentiva ridicolo e avrebbe voluto saltare nel primo ruscello disponibile e lavarsi di dosso quelle stupide cose da umani. Ma non lo fece per due motivi: perché l'acqua era troppo fredda e perché sapeva che Karl ci teneva molto a quella gara.
I due raggiunsero l'Arena dell'Accademia, trasformata per l'occasione in una specie di circuito. Gli spalti erano stati coperti con degli enormi teloni colorati. Sotto di essi si erano radunate molte persone, le quali indossavano un indumento dello stesso colore del telone sotto cui stavano. Karl si posizionò sulla linea di partenza e montò su Rubyn. Una volta in groppa al suo drago, Karl si sistemò l'armatura che aveva portato con sé nell'ultima missione e calò la visiera dell'elmo. Fu subito affiancato da Merric, protetto da un'armatura nera con dei riflessi color cobalto, da Matt, che portava la sua solita armatura di ossa rinforzata.
"Siete pronti a perdere?" chiese Matt con uno sguardo di sfida.
"Matt, non fare il cretino: siamo nella stessa squadra!" lo ammonì Merric.
"Scherzavo..." 
"Ragazzi, Stoick sta per parlare" disse Karl richiamando i suoi due compagni di squadra.
Il Capo villaggio si posizionò sopra ad una pedana che dava dirittamente sul circuito e disse:" Signori, lasciate che vi spieghi le regole di questo nuovo sport: abbiamo sparpagliato per l'isola una decina di statuette, ognuna avente un diverso punteggio. Le due squadre, formate dalle due generazioni attuali di Cavalieri, dovranno collezionarne il più possibile. È permesso l'uso delle abilità dei vostri draghi, ma non è permesso né ferire gravemente né attentare alla vita dei vostri avversari. Alla squadra vincitrice verrà consegnata un'arma speciale, forgiata dai sapienti fabbri di un'isola lontanissima"
"Sembra una cosa meravigliosa" commentò Caleb, arrivato da qualche istante.
Stoick continuò il suo discorso, ma Karl non gli diede ascolto e si avvicinò ai suoi compagni, dicendo:" Ragazzi, dobbiamo dividerci, sapete già quale zona perlustrare?"
"Ovvio" rispose Merric.
"Io andrò nell'entroterra, mentre voi pattuglierete le montagne. Caleb, invece, si occuperà della costa" elencò Matt.
"Ottimo" disse Karl giusto qualche istante prima che Skaracchio suonasse il corno. Il ragazzo spronò il drago e quello partì distaccandosi quasi immediatamente dal resto del gruppo, eccezion fatta per Sdentato e Hiccup, i quali subito si appiccicarono a Karl.
"Hai deciso di essere la mia ombra?" chiese Karl mentre affiancava la Furia Buia.
"Diciamo che non posso permetterti di andare in giro a dare fastidio agli altri" disse scherzosamente Hiccup.
"Che ne dici di un piccolo duello?" chiese Karl.
Hiccup accettò e i due draghi si scontrarono a mezz'aria, permettendo ai loro padroni di scambiarsi qualche colpo di spada. Dopodiché, Sdentato sparò due piccole sfere che, arrivate molto vicino a Rubyn, esplosero. Il drago riuscì ad evitare l'esplosione portandosi ad un'altezza superiore.
I due ragazzi riuscivano a sentire le urla di giubilo degli spettatori. Karl si sentiva motivato e pronto a dare battaglia: sapeva che doveva prendere tempo e che Matt sarebbe riuscito a guidare gli altri alla vittoria. Si chinò e sussurrò alcune parole a Rubyn, il quale, dopo un cenno d'assenso, si buttò in picchiata e si diresse verso le montagne. Hiccup li seguì cercando di non perdere troppo terreno.

***

Matt e Merric volavano insieme. Erano riusciti ad individuare una statuetta e, grazie alla velocità fulminea di Merric, erano riusciti a recuperarla. Ma ora erano inseguiti da Moccicoso, il quale li stava bombardando con una pioggia di piccoli bracieri infuocati. I due erano riusciti a schivarne la maggior parte, ma i loro draghi erano stati parzialmente feriti e i due ragazzi sapevano benissimo che non avrebbero potuto continuare a scappare in eterno.
"Merric, va' all'Arena. Io lo trattengo!" urlò Matt prima di voltarsi per fronteggiare Moccicoso e Zannacurva.
"Ma... Non puoi combattere contro di lui senza di me!"
"Sei il più veloce, dovresti scappare" replicò Matt, e poi aggiunse:" Skullk, spara una fiammata!"
Il drago obbedì ed emise una lunga lingua di fuoco, la quale fece indietreggiare Zannacurva di parecchi metri e che permise a Merric di scappare.
Matt si avventò sul drago di Moccicoso e iniziò a colpirlo con l'ascia, cercando di non colpirlo nelle zone più sensibili. Il ragazzo sapeva che quella era una competizione amichevole e che non poteva scatenarsi. Moccicoso, dal canto suo, decise di che non si sarebbe lasciato colpire dagli attacchi del suo avversario, nonostante fosse legato a lui da un rapporto molto simile a quello tra maestro e discepolo. Contrattaccò mulinando l'ascia e riuscì a sbilanciare Matt, il quale cadde dal drago e precipitò. Un urlo di profonda paura risuonò nell'aria; Matt vide la sua vita passargli davanti, istante per istante, e, per un attimo, rimpianse di non essersi riappacificato con i suoi genitori. Ora sarebbe morto, distruggendo quel che rimaneva del rapporto che ancora esisteva tra i suoi genitori. Ma, per fortuna, Skulk riuscì ad intercettarlo e lo fece atterrare al sicuro sul suo dorso. Matt si procurò una bella botta alla schiena, ma era riuscito a far guadagnare abbastanza tempo a Merric per ritornare all'Arena. E ora i corni suonavano a festa per celebrare la loro vittoria.

***

Karl e Rubyn fendevano l'aria cercando di aumentare il distacco da Hiccup, il quale continuava a lanciare dei colpi infuocati per riuscire a destabilizzare i due. Entrambi avevano sentito il suono del corno, ma ormai la loro gara non era più legata alla corsa con i draghi. Era diventata un'altra delle dispute tra Rubyn e Sdentato per decidere chi fosse il migliore.
"Rubyn, dobbiamo resistere ancora per qualche minuto" disse Karl prima di abbassarsi per schivare un colpo.
"Scusa!" urlò Hiccup.
Karl costrinse Rubyn a girarsi e poi gli ordinò di usare la mossa segreta. Il drago annuì e, dopo qualche secondo di carica, lanciò una palla di fuoco di dimensioni medio grandi. Hiccup non si fece intimorire e ordinò a Sdentato di caricare un colpo di plasma potenziato. Le due sfere di fuco si scontrarono a metà strada e generarono un'enorme esplosione, la quale sbalzò indietro di diverse centinaia di metri i due draghi. Rubyn finì per rimanere bloccato da una forte corrente discendente, la quale lo costrinse ad abbassarsi di quota. Sdentato, invece, fu più fortunato perché l'esplosione lo scaraventò molto vicino ad una statuetta ben nascosta. Hiccup l'agguantò e spronò la sua Furia Buia.
Nel frattempo, Karl continuava a precipitare. Il ragazzo non riusciva a formulare un piano e le opzioni a sua disposizione erano poche: non poteva ripetere la mossa segreta perché Rubyn aveva quasi esaurito il numero di colpi, non poteva nemmeno utilizzare troppo la velocità della corrente, perché si sarebbe rivelato troppo pericoloso.
"Cosa faccio!?" urlò mentalmente il moro, cercando disperatamente una soluzione.
All'improvviso, una voce calda e profonda, la stessa con cui aveva parlato mesi prima, gli presentò la risposta:"Lascia fare a me"
Karl, preso dal panico, allentò di poco la presa che aveva sulle briglie e Rubyn ne approfittò per liberarsi dalla corrente, dando un colpo di reni che lo portò in una zona in cui la corrente era meno forte. Poi, con un paio di battiti d'ali, si allontanò giusto in tempo per evitare le fronde piene di aghi dei pini, Il drago emise un suono roco che a Karl pareva quasi un complimento rivolto a sé stesso.
"Come diavolo hai fatto?" chiese Karl completamente sopraffatto dalla curiosità.
Rubyn lo guardò per pochi secondi, poi rivolse il suo sguardo al punto dove si ergeva l'Arena. Da laggiù si levò il suono di un secondo corno, segnalando il secondo punto di una delle due squadre.
"Beh, sarà meglio tornare indietro" Asserì Karl prima di incitare il suo drago.

***

Melanie ascoltava svogliatamente il discorso conclusivo di Stoick. Era decisamente arrabbiata per essere stata esclusa dalla gara. O meglio, era arrabbiata perché Karl aveva deciso di schierarla nella squadra che avrebbe gareggiato il giorno seguente, quando ormai il fuoco della competizione si sarebbe affievolito. Non voleva che quelle stupide oche delle sue sorelle le ridessero dietro, voleva gareggiare quel giorno con gli altri ragazzi. E farsi valere contro Matt.
La competizione tra i due si era affievolita nel corso dei mesi, fino a trasformarsi in quello strano rapporto che lega due persone che si attraggono e che si respingono allo stesso tempo. Spesso si ritrovava a parlare con Arcadia del ragazzo e, almeno secondo la sua amica, i suoi occhi brillavano quando il nome di Matt si insinuava nella conversazione.
Stoick continuava a disseminare parole nell'Arena, proclamando vincitori della prima manche la prima generazione di Cavalieri. Melanie diede un calcio ad uno sgabello e uscì dalla struttura, convinta che l'aria fresca del mattino la potesse aiutare a sedare i suoi bollenti spiriti. Una volta fuori, incontrò Matt intento a liberarsi dalla sua armatura. La ragazza si avvicinò e, senza che il ragazzo le dicesse qualcosa, lo aiutò a slacciare i lacci del giustacuore.
"Grazie"mormorò Matt mentre buttava un parabraccio al suolo.
Melanie lo raccolse e lo pulì dalla neve:"Non dovresti trattarlo così, con quello che ti è costato"
"Nessuno ti ha chiesto qualcosa"
"Non azzardarti a trattarmi come uno zerbino"
"Scusa." Matt abbassò il capo, un'ombra gli si dipinse sul volto.
Melanie gli si avvicinò e prese una delle mani di Matt nelle sue e disse:"Non devi abbatterti così. Tutti abbiamo fatto del nostro meglio per vincere"
"Ma, se ci fossimo..."
"La storia non si fa né con i se né con i ma, Matt. Dobbiamo giocarci il tutto per tutto domani"lo interruppe con fare deciso Melanie.
Matt sollevò lo sguardo e si avvicinò a Melanie:"Sono fortunato ad averti al mio fianco"
Le labbra dei due erano vicine, potevano entrambi sentire il respiro dell'altra. Melanie cercò di dire qualcosa, ma Matt la zittì appoggiando delicatamente un dito sulle labbra morbide di lei facendole segno di tacere. Matt si avvicinò e la abbracciò poi i due si baciarono. Fu uno di quei baci semplici, un lieve tocco. Una grande esplosione. Le labbra dei sue sembravano non volersi staccare, volevano rimanere unite. Adesso non c'era più bisogno di nascondersi dagli altri. I due si sarebbe sostenuti a vicenda contro la tempesta che stava arrivando. Contro la tempesta che avrebbe minato ogni loro certezza.

***

Quella notte, Karl non riuscì a dormire. Si rigirava costantemente nel letto, cercando disperatamente di aggrapparsi alla stanchezza di quella giornata, facendo leva sugli sforzi della gara per convincere la sua mente a rilassarsi. Ma c'era sempre qualcosa che lo disturbava. Un dubbio si era annidato nella sua mente come fanno i ragni nei buchi del muro. E poi c'era lei: Arcadia. Non l'aveva vista per tutto il giorno e Karl pensava che ella si fosse arrabbiata per l'esser stata esclusa dalla corsa.
"Karl!" disse la voce.
"Oddio, non adesso" disse Karl mentre si girava, finendo a sbattere contro il muso di Rubyn. Il drago emise uno sbuffo di disapprovazione.
"Cosa vuoi?" chiese scocciato Karl.
"Credevo che ti facesse piacere avere la mia presenza accanto" replicò la voce nella sua testa.
"Aspetta... Tu sai parlare?!"
"No! È tutta colpa del pesce che hai mangiato a cena" ironizzò Rubyn, poi aggiunse:"Devo parlarti. Camaleo mi ha appena segnalato la sua posizione"
"Quindi...?"
"Sia lui che Arcadia hanno lasciato Berk. E, da quello che ho capito, non hanno intenzione di fare ritorno"
Karl si alzò e si diresse verso il mucchio di vestiti che aveva lasciato lì e si vestì di tutta fretta.
"Cos'hai intenzione di fare?" chiese Rubyn.
"Vado a recuperarla. Non le permetterò di isolarsi dal mondo" disse Karl, poi si girò verso Rubyn:"Vuoi aiutarmi?"
Rubyn si avvicinò all'apertura nel muro che usavano per uscire in volo e si preparò. Karl saltò su e i due partirono. Pronti a salvare la loro amica da sé stessa.

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+ Angolino dello scrittore in erba +
Ciao a tutti. So che avevo promesso delle cose nello scorso capitolo, ma ho avuto pochissimo tempo per scrivere un capitolo decente. Quindi, ho deciso di dividere in due il capitolo e dedicare il prossimo completamente a Karl e Arcadia e alla seconda manche della gara, dove ne vedremo delle belle. Ah, un'altra cosa: un lettore mi ha contattato privatamente dicendomi che non aveva capito se Björn fosse o meno un Berserker. In realtà, egli è un Esiliato. So che la sua armatura avrebbe potuto trarre in inganno, quindi ho deciso che la cambierò. La nuova armatura verrà indossata però solo nei prossimi capitoli. Oddio, mi sono appena reso conto che manca una manciata di capitoli alla fine. So sad :(. Un saluto \0-0/
Rovo

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Capitolo 22
*** Capitolo XXI: Moonlit Love ***


Capitolo XXI
- Moonlit Love -

L'aria sferzava il viso di Karl, provocandogli un leggero fastidio. Volava già da un'ora abbondante, ma non era ancora riuscito a raggiungere Camaleo e Arcadia. Li sentiva vicini, ma non riusciva a sentirli. La luna lo guardava compiaciuta. Sembrava che si stesse crogiolando nell'ansia del ragazzo e questo Karl non riusciva a sopportarlo. Scese in picchiata con Rubyn, bucando il manto soffice delle nuvole e nascondendo il satellite dietro quella coltre color ceruleo.
"Karl, riesco a percepire l'odore di Camaleo" mormorò Rubyn. La voce del drago arrivò ovattata all'orecchio del ragazzo a causa del vento che soffiava a quell'altura.
"Portami da lei" disse Karl con voce tremante, dovuta in parte alla temperatura glaciale di quella altezza.
Il drago partì agitando le ali e lasciando che una raffica di vento favorevole lo aiutasse ad andare più veloce. Il cuore di Karl batteva all'impazzata e il ragazzo non riusciva a calmarlo. Conosceva bene quella sensazione: un misto di paura, ansia e di incapacità. Si era già sentito così altre volte nella sua vita, quando non era riuscito a cambiare ciò che era già successo. Ma, pian piano, un altro sentimento si faceva strada nel suo cuore: era una sensazione calda, avvolgente e potente. Era amore. Karl si era reso conto di quello che provava già da diverso tempo, ma non si era mai fatto avanti perché aveva anteposto il bene di Arcadia, la quale si era fatta sempre più tenebrosa di giorno in giorno, al suo. L'avrebbe riportata a casa, a qualsiasi costo. Anche a costo di doversi aprire completamente.
"Eccoli!" La voce di Rubyn riportò ancora una volta il ragazzo alla realtà. Karl spostò lo sguardo nella direzione in cui guardava Rubyn e li vide: Arcadia e Camaleo. Avvolti dall'oscurità, i due volavano silenziosi e lenti, come se non volessero andarsene per sempre.
"ARCADIA!" L'urlò di Karl squarciò l'atmosfera irreale che si era creata, attirando l'attenzione della ragazza, la quale si girò e, anche se solo per un secondo, gli sguardi dei due si incontrarono. Nelle iridi della ragazza si potevano vedere solo paura e sorpresa.
Arcadia si avvicinò a Camaleo e, dopo pochi istanti, il drago scattò, distanziando in poco tempo Rubyn e Karl.
"Non te lo posso lasciar fare" sussurrò Karl e poi esortò Rubyn a partire. La luna illuminò la strada al ragazzo. Tutto era pronto e Karl li avrebbe fermati.

***

Matt rincasò tardi quella sera. La madre di Karl gli aveva lasciato qualcosa da mangiare, accompagnato da una piccola nota scritta dalla piccola Rose. Era entrato a far parte di quella famiglia forse in maniera prepotente, ma si sentiva più accettato in quella che nella sua famiglia originaria. Aveva incontrato la madre nei giorni precedenti e era riuscito ad ottenere il suo beneplacito. Matt temeva per la sua incolumità, ma la donna aveva affermato che sapeva come difendersi dal marito.
Il flusso dei pensieri del ragazzo si spostò poi a Melanie e al loro primo bacio avvenuto quella mattina. Si era sentito in Paradiso e non voleva che le loro labbra si staccassero. Ma sfortunatamente, la magia di quel momento fu spezzata da Merric e Caleb, i quali li avevano scoperti. Ci vollero diverse minacce di morte prima che i due si decidessero a lasciarli da solo.
"Karl, sei tu...?" chiese una vocina particolarmente assonnata.
Rose spuntò fuori dalle scale. Portava una lunga vestaglia bianca e sembra essersi appena svegliata.
"No, sono Matt" rispose il ragazzo. "Ti ho forse svegliata?" aggiunse poi mentre si avvicinava a Rose.
"Mio fratello è uscito" disse Rose. "E non credo che torni in tempo per guidarvi nella gara di domani" aggiunse poi.
"Non capisco..." disse Matt confuso.
"È partito con Rubyn per salvare Arcadia"
"Chi sta minacciando Arcadia?"
"Questo non è un tuo problema" disse Rose, "Ora devi andare a riposarti. Domani devi guidare gli altri" aggiunse.
"Come fai a sapere queste cose?"
"Me le ha dette la Signora Bianca"
"Chi?!" Matt era confuso, forse quello era solo uno stupido sogno.
Rose non rispose alla domanda del ragazzo. Anzi, prese un lembo della sua camicia ed iniziò a tirarlo, cercando di convincerlo ad eseguire i suoi ordini. Matt accompagnò la bambina in camera e poi controllò la camera di Karl per sicurezza. Il letto di Karl era sfatto e pure Rubyn era assente. Tutto pareva confermare il fatto che Karl se ne fosse andato via.
"Karl, cosa cavolo stai facendo?" mormorò Matt prima di lasciare la stanza dell'amico.

***

Karl e Arcadia volavano fianco a fianco in direzione di un ammasso roccioso abbastanza grande per ospitare entrambi i loro draghi. Il cielo stellato riempiva di riflessi gli occhi arrossati di Arcadia, segno che la ragazza aveva pianto recentemente. Karl non poteva fare a meno di sentirsi in parte colpevole per quelle lacrime, anche se non sapeva che non era colpa sua.
Atterrarono in silenzio. Arcadia non perse tempo e disse:"Perché mi hai seguita?" La sua voce era alterata dalla frustrazione.
"Voglio impedirti di fare una sciocchezza" disse Karl con fare risoluto.
"Davvero?"
"Sì. Scappare dai problemi non è mai la cosa giusta. Mai"
Arcadia scoppiò a ridere. Una risata nervosa."Pensi davvero di sapere cosa sia giusto fare?"
"Arcadia, ascoltami. Io..."
"Taci!" esclamò la ragazza. "Lasciami parlare!"
Karl si ammutolì.
"Sono stufa di gente come te, come mio padre. Pensate sempre di sapere cosa sia giusto per me, ma in realtà non lo sapete. Mi fate tutti schifo"
Quelle parole fecero più male a Karl di tutte le ferite che aveva preso in battaglia. Sentì un moto di rabbia  montargli dallo stomaco. Si avvicinò alla ragazza e la prese per i polsi, costringendola così a guardarlo dritto negli occhi.
"Arcadia" disse Karl "Dimmi cosa c'è che non và. Possiamo affrontare la cosa, insieme" Karl marcò l'ultima parola con grande forza.
"E come?! Dimmelo"
"Io non lo so..."
"Perché dovrei fidarmi di te? Perché"
"Perché ti amo!" il grido di Karl bloccò a metà la frase di Arcadia e la ammutolì. "Ti amo dal primo giorno in cui ti ho visto, da quando mi hanno detto che sei stata l'unica a preoccuparsi perché non tornavo alla baia, da quando mi hai seguito e obbligato ad andare a prendere quel maledetto bracciale. Io ti amo da sempre"
Karl liberò la ragazza dalla presa e si allontanò da lei. Sentiva le lacrime che scendevano dagli occhi e che bruciavano la pelle. "Proprio perché ti amo non posso lasciarti buttare via la tua vita" disse Karl tra un singhiozzo e l'altro. "Ma, se questo non basta a farti rimanere, non posso fare altro che lasciarti andare via per sempre"
Gli occhi di Arcadia continuavano a fissare Karl, il quale si era voltato in direzione di Rubyn, pronto ad andarsene. La ragazza lo bloccò prendendogli un braccio e lo costrinse a girarsi.
Lo baciò, mordendogli le labbra e avvolgendo il corpo di Karl nelle sue braccia, come a legarlo a sé per evitare che se ne andasse. Karl rimase paralizzato per qualche secondo, poi si decise a rispondere al bacio. Avvolse Arcadia nelle sue braccia e la fece sdraiare sul terreno.
Rubyn  e Camaleo coprirono con le loro ali i due ragazzi, i quali passarono tutto il resto della notte ad amarsi, liberi dai problemi e, finalmente, felici di stare insieme.

***

La luce del mattino faceva brillare di mille colori le armature di tutti i partecipanti alla gara, anche se erano diminuiti in numero rispetto a quella del giorno precedente. Matt si guardava in giro disorientato: Karl non c'era, proprio come aveva vaticinato Rose la sera precedente, e ora il ragazzo non sapeva cosa fare.
"Siamo fottuti" sbuffò amareggiato Caleb mentre si appoggiava al suo drago.
"Ci faranno a pezzi" asserì Melanie, marcando la frase con una punta di amarezza.
Matt strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Quell'atteggiamento non li avrebbe di certo aiutati a vincere quella competizione. O anche solo a parteciparvi seriamente. Si avvicinò agli altre tre e prese la parola:" Non dobbiamo scoraggiarci"
"Facile dirlo per te. Non fai schifo come me o come Melanie" disse Caleb.
"Ehi!" protestò Melanie visibilmente offesa.
"Questo atteggiamento non porterà a nulla" fece Matt, poi aggiunse:"Ammesso e non concesso che la mancanza di Karl, Rubyn, Arcadia e Camaleo ci debilita fortemente, abbiamo comunque uno Skrill!"
"Certo, ma loro hanno un Furia Buia. Per non parlare delle abilità degli altri draghi"
"Vuoi stare zitto!" esclamò Melanie scocciata.
"Stavo dicendo" iniziò Matt, " Non dobbiamo scoraggiarci: ho in mente una strategia. Caleb mi ha raccontato di quella statuetta che hai visto sugli scoglia. Il tuo compito, Caleb, sarà di andare a recuperarla; il tuo, Merric, sarà distrarre il più a lungo possibile Hiccup e gli altri e io ti aiuterò"
Detto questo, si voltò verso Melanie e, avvicinandosi, le disse:"Mel, tu dovrai sgattaiolare via e cercare le ultime due statue rimaste. La nostra vittoria dipende da te"
Melanie annuì grave, intuendo che il ragazzo aveva riposto tutta la sua fiducia. Si avvicinò a Serpentina, montò in sella e si accinse a mettersi in posizione sulla linea di partenza. Un sorriso beffardo le si era dipinto sul volto.

***

I raggi del sole accarezzarono dolcemente le guance di Karl, il quale aprì gli occhi a fatica. La prima cosa che vide fu il viso di Arcadia. Karl si avvicinò più che poté al viso della ragazza e spostò una ciocca di capelli che le copriva gli occhi. "Allora non è stato solo un sogno" pensò rallegrato Karl e per un attimo sorrise, prima di ricordarsi che c'era ancora un problema da risolvere: il misterioso segreto di Arcadia.
Karl rimuginò su questo problema per diversi minuti prima che la sua attenzione venisse rapita da alcuni mugolii di Arcadia. La ragazza si svegliò e salutò Karl con un mugolio assonnato.
"Allora, hai dormito bene?" chiese Karl.
"Sì, anche se mi sono ritrovata avvinghiata dalle tue braccia più di una volta questa notte" disse Arcadia con una punta di sarcasmo.
Karl scoppiò a ridere e baciò delicatamente la ragazza, sotto lo sguardo leggermente indispettito di Camaleo. Arcadia notò subito che gli occhi di Karl erano oscurati da un pensiero, e forse ella sapeva cosa si dovesse fare per estinguere quell'ombra.
"Sei preoccupato..." disse Arcadia mentre si alzava dal terreno.
"Sono proprio un libro aperto per te" mormorò Karl. "Hai intenzione di dirmi cosa ti preoccupa?"
Arcadia sospirò e si voltò verso Karl. Prese un profondo respirò e parlò:"Ho scoperto una cosa, una cosa che non posso più tenermi dentro"
Karl si alzò e prese le mani di Arcadia tra le sue e le strinse cercando così di dare forza alla ragazza, la quale continuò il suo discorso:"Alcuni mesi fa, ho scoperto tra le carte di mio padre una lettera con sopra inciso un simbolo che non conoscevo. Ho fatto delle ricerche e ho scoperto che quello era uno dei sigilli degli Esiliati, quello usato per contrassegnare le spie infiltrate"
Karl deglutì ed esortò Arcadia a continuare.
"Tempo dopo ho trovato un'altra lettera e sono riuscita ad aprirla. Era una lettera di congratulazioni"
"Quindi tuo padre..."
"È una spia!" disse Arcadia prima di scoppiare in lacrime. Karl la strinse a sé e la cullò, sussurrandole all'orecchio che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe risolto la cosa insieme. Nella mente di Karl si fece strada una sola idea: rivelare l'intera questione a Hiccup.

***

La gara tra draghi volgeva al termine e le due squadre continuavano a combattere, anche se nessuna delle due riusciva ad imporsi sull'altra. Il piano di Matt aveva funzionato e Caleb era riuscito a sgattaiolare nella grotta ed a consegnare la statuetta senza essere scoperto. Melanie, invece, non era ancora riuscita a trovare la statuetta e, per colpa della sua incapacità, i gemelli erano riusciti ad ottenere una statuetta, vanificando il lavoro svolto da Caleb.
Serpentina faceva del suo meglio per distanziare Hiccup, ma Sdentato era un avversario troppo veloce per Melanie. Così, le due ragazze vennero superate dal Dominatore dei Draghi, il quale, con un paio di acrobazie, si accaparrò una statuetta nascosta abilmente tra le fronde di un albero.
"Scusa Melanie, ma è non colpa tua " la sbeffeggiò bonariamente Hiccup. Per tutta risposta, Melanie ordinò a Serpentina di lanciare una lingua di fuoco in direzione di Sdentato. La Furia Buia scartò di lato e poi accelerò in modo tale da togliersi da quella situazione piuttosto scomoda. Melanie incitò la sua dragonessa ad inseguire il loro avversario.
Hiccup volava velocemente  e senza badare alle ingiurie che Melanie continuava a lanciargli contro. L'unica cosa che riuscì a sbilanciare la sua tranquillità fu una piccola esplosione che lo fece cadere dalla sella. Sdentato tentò di recuperarlo ma una seconda sfera di fuoco lo costrinse a deviare la rotta. Melanie si voltò e vide Matt e Skull che tentavano di ordinarle con i gesti di recuperare quella statuetta. Mel spronò ancor di più Serpentina e, con qualche battito d'ala, arrivò molto vicina a recuperare la statuetta, ma i suoi piani vennero vanificati dall'intervento di Astrid, grazie all'aiuto di Tempestosa.       
"Grazie mille Astrid" esclamò Hiccup.
"Sei completamente perso senza di me, ammettilo" replicò lei con un sorriso sornione sulle labbra.
"Non te lo dirò mai"
I due si guardarono per diversi istanti, dimenticandosi di tutto quello che li circondava. Fu questo a determinare la loro sconfitta: una seconda lingua di fuoco prodotta da Serpentina colpì Tempestosa. Hiccup cadde un'altra volta e, nella caduta, perse nuovamente la statuetta.
Sdentato lo recuperò repentinamente, ma la statuetta cadde nelle mani di Merric, il quale partì subito.
"Joules, ascoltami" sussurrò al drago,"So che non vuoi utilizzare quella tattica, ma lo dobbiamo fare. Tutti contano su di noi"aggiunse poi. Joules annuì e iniziò a sbattere freneticamente le ali e, dopo pochi secondi, sbalzò in avanti con una velocità fulminea distanziando di molto sia Hiccup che gli altri concorrenti presenti su quella scena.
In pochi istanti, Merric arrivò nell'Arena e depositò la statuetta nella ciotola, decretando la vittoria della nuova generazione. Fatto ciò, si accasciò a terra insieme a Joules, trai boati di sorpresa del pubblico.

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+ Angolo dello scrittore in erba +
Buongiorno a tutti e buon 2015! Allora, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che non mi ammazziate per aver inserito solo un momento tra Hiccup e Astrid. Purtroppo, ho avuto un piccolo blocco e questo capitolo non è uscito proprio come volevo. Ho una piccola cosa da dirvi: la parte della Signora Bianca vi sembrerà buttata lì, ma dovete tenerla a mente. Tornerà un'altra volta in questa storia e occuperà una parte molto importante nel sequel. Sì, ci sarà un sequel. Per maggiori informazioni, consultate la mia bio. Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno recensito la mia One Shot Hiccstrid. Ora vado. Un saluto \0-0/
Rovo 

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Capitolo 23
*** Capitolo XXII: Pallida come la neve ***


Capitolo XXII
- Pallida come la neve -

Hiccup sedeva sulla grande sedia ricoperta di pelle regalatagli dal padre appena qualche mese prima. Guardava con fare annoiato il fuoco che crepitava nel camino. Nonostante i Giochi del Disgelo avessero annunciato con la solita solennità l'arrivo della primavera, le notti erano ancora fredde come quelle invernali. Molti pensieri affollavano la mente del ragazzo: aveva ricevuto alcuni rapporti riguardanti le scorribande degli Esiliati, le quali erano diventate sempre più frequenti. Ad aggravare la situazione c'era anche lo strano braccialetto che Karl aveva portato sull'isola un paio di mesi prima. Gothi, durante la loro ultima chiacchierata, aveva taciuto sul vero significato di quel monile e questo lo aveva fatto infuriare.
Si alzò dalla sedia per andare a ravvivare il fuoco, poi prese un libro e ne sfogliò le pagine: era la sua personale versione del Libro dei Draghi, scritta completamente da lui. Osservò per alcuni momenti i disegni delle varie specie: alcuni erano molto belli, altri invece erano caratterizzati da un tratto piuttosto tremante. Hiccup non viaggiava per le isole dell'arcipelago da molto tempo, tant'è che si era completamente dimenticato del progetto di realizzare una completa raffigurazione delle razze che abitavano nelle isole all'estremo nord.
Hiccup sospirò e prese un piccolo pezzo di carboncino e scrisse su una delle pagine che l'avrebbe fatto appena tutto quello che stava succedendo fosse finito.
"Ma quando finirà tutto questo?" si chiese mentalmente.
Scacciò con un gesto della mano quei pensieri dalla sua testa e continuò a sfogliare le pagine del libro. Ci vollero diversi minuti prima che riuscisse ad arrivare alla pagina che voleva: quella dedicata all'uovo misterioso che aveva trovato tantissimo tempo prima. Ogni giorno pensava a quell'uovo e a Fen, l'uomo cui aveva affidato l'uovo e che gli aveva estorto una cifra immane per quel compito. Di colpo gli tornò in mente l'ultima lettera dell'uomo, nella quale alludeva a certe leggende che aveva scoperto durante la sua permanenza su un'isola. Hiccup decise che avrebbe indagato personalmente su quella faccenda appena ne avrebbe avuto il tempo.
Fu allora che qualcuno bussò alla porta. Hiccup si affrettò a rimettere a posto il libro e si sedette sulla sedia, invitando mentre la persona che aveva bussato ad entrare. La porta si aprì e Karl e Arcadia entrarono nella stanza. Un'ombra segnava il loro viso e Hiccup, preoccupato, chiese: "Ragazzi, tutto bene?"
Arcadia si ritrasse a quelle parole, ma Karl intervenne prontamente per far coraggio alla sua compagna di corso, stringendone la mano e avvicinandosi a lei.
Hiccup, per un momento, rivide in quei gesti gli stessi atteggiamenti che assumevano lui e Astrid anni prima, quando ancora non sapevano come affrontare una minaccia e cercavano la forza per farlo l'uno nell'altra. Questo, più che rassicurare il Dominatore dei Draghi, lo fece preoccupare. Mille domande affollarono chiassose la mente del ragazzo, premendo per uscire.
Karl si avvicinò e sussurrò qualcosa all'orecchio di Arcadia, qualcosa che Hiccup non riuscì a capire. I due si girarono e dissero all'unisono: "Dobbiamo parlare"
I pensieri di Hiccup si acquietarono e il ragazzo invitò i suoi due allievi ad accomodarsi su una delle sedie sparse per la stanza.
Arcadia prese la parola:"Hiccup, per tutto questo tempo ho mantenuto un segreto. Un segreto che forse non sarebbe dovuto rimanere tale"
Le sopracciglia di Hiccup si aggrottarono e il ragazzo si sporse verso Arcadia. "Che genere di segreto?" chiese.
"Di quelli che possono uccidere" rispose Arcadia.

***

Floki sorseggiava con tranquillità la sua bevanda preferita e camminava spensierato per i giardini in fiore di Uppsala. Quel posto era davvero meraviglioso durante la primavera e l'estate. Si addentrò nel giardino in cerca di un posto tranquillo dove poter entrare in sintonia con la Natura durante la sua meditazione. Si diresse dunque verso il suo posto preferito solo per trovarlo già occupato dalla piccola figura di Gothi.
"Ehi, quello è il mio posto!" si lamentò Floki mentre si lisciava la punta della lunga barba.
"Non vedo nessuno cartello con su scritto il tuo nome" replicò piccata Gothi.
"Perdiana, dovresti cercare di rilassarti un attimo" replicò con un finto tono offeso Floki.
Quelle conversazioni erano la cosa che più gli era mancata di Gothi. Durante la sua assenza, Floki aveva imparato a farne a meno, ma da quando la donna era tornata aveva iniziato a stuzzicarla più volte al giorno fino al punto in cui la donna, particolarmente infastidita, lo minacciò di tremende rappresaglie se non l'avesse finita. Da quel momento in poi, Floki si era limitato.
Gothi si alzò facendo leva sul suo fidato bastone e si avvicinò a Floki. "Devo parlarti. Ti va una passeggiata?" disse.
Floki accettò con piacere e i due si incamminarono per un piccolo sentiero costeggiato da una schiera quasi infinita di aiuole multicolore. passarono diversi minuti prima che Gothi si decidesse a parlare:"Ho avuto un'altra visione"
"Oh." questa fu l'unica affermazione di Floki. Sapeva che le visioni di Gothi si rivelavano quasi sempre esatte e, altrettanto spesso, erano portatrici di brutte notizie.
"L'oscurità sta avanzando" disse la donna."Non abbiamo più molto tempo e ci mancano ancora tre Sigilli"
"Abbiamo già individuato la posizione di altri due Sigilli. Inoltre, ho mandato a Stoick una mappa. I ragazzi ce la faranno a recuperarli, non preoccuparti" disse Floki.
"Lo sai che per fermare il rituale ci vuole anche il potere di un Lingudorata, e non abbiamo più notizia di quei draghi da secoli" replicò Gothi.
"Lo so, ma sto provvedendo anche a questo" disse Floki, il quale poi aggiunse:"Ho contattato Willow e le ho detto di tornare qui per parlarle. Ho intenzione di darle il manoscritto di Freja"
"Sei sicuro che sia pronta? Sua madre è quasi impazzita quando ha usato quello scritto"
"È l'unico modo che abbiamo per trovare il Tempio!" disse Floki. Poi si voltò e disse:"Ho cresciuto Willow come se fosse mia figlia, non pensi che preferirei sacrificare la mia stessa vita piuttosto che farle correre un pericolo del genere!"
I segni sulla pelle di Floki brillarono di una luce viola cupo. Gothi però non si fece intimidire e replicò a tono:"Ho già perso la mia migliore amica per colpa di quel dannato manoscritto e prego ogni giorno affinché Freja se lo riprenda!"
Floki si calmò alla vista delle lacrime che sgorgavano copiose dagli occhi di Gothi. Si avvicinò alla sua amica e l'abbracciò, lasciando che le sue lacrime gli bagnassero i vestiti. In quel momento giurò a sé stesso che non avrebbe lasciato che a Willow succedesse niente di male e che avrebbe dato la sua stessa vita se fosse servito a proteggerla.

***

"Mi stai dicendo che tuo padre passava informazioni ai nostri nemici e che non mi dovrei infuriare?!"
La voce di Hiccup non fu mai tanto carica di rabbia come in quel momento. Arcadia strinse i braccioli della poltrona su cui si era seduta e riprese a parlare:"Hiccup, per favore, fammi proseguire..."
"Ti rendi conto della gravità della situazione?" La interruppe Hiccup, che poi aggiunse:"Potresti finire in prigione per questo e tuo padre potrebbe essere giustiziato"
"Hiccup, per favore, non precipitiamo le cose. Lascia che Arcadia ti spieghi la situazione e poi potrai giudicare" disse Karl, intromettendosi nella conversazione.
"Karl, posso capire che la situazione ti stia particolarmente a cuore, ma non posso fare altro che portare il padre di Arcadia e le prove contro di lui a mio padre" replicò Hiccup con fare preoccupato.
"Hic, in realtà, non ci sono prove" disse Karl.
Hiccup assunse un'espressione diversa dalla precedente. La situazione era ancor più complicata di quello che aveva immaginato. Doveva trovare una soluzione che non prevedesse la possibilità che Arcadia testimoniasse contro suo padre. Questo avrebbe distrutto la sua famiglia e non Hiccup non voleva che questo accadesse. Arcadia nel frattempo era scoppiata a piangere silenziosamente e Karl le si era avvicinato per cercare di consolarla.
"Potrebbe esserci un'altra possibilità" disse Hiccup.
Gli occhi di Arcadia si agganciarono a quelli di Hiccup, implorandolo di spiegarsi meglio.
"Possiamo intercettare il mezzo con cui invia i suoi rapporti e poi possiamo incriminarlo senza che tu venga coinvolta in prima persona, Arcadia. Però dobbiamo sapere quando invia questi rapporti..." spiegò Hiccup mentre tamburellava con le dita sul tavolo.
"Ne invierà uno domani" disse Arcadia.
"Ottimo," disse Hiccup. "questo mi da il tempo per preparare una squadra e un piano"
"Hiccup, grazie" disse Karl.
"Non ringraziarmi" disse Hiccup. "Adesso tornate a casa, stasera ci sarà una riunione e vi voglio attenti" Aggiunse poi il ragazzo, invitando i suoi due allievi ad uscire.
I due se ne andarono subito, lasciando Hiccup con la sola compagnia del crepitio del fuoco.

***

Karl camminava silenzioso per le strade illuminate dalla Luna. L'incontro con Hiccup era andato molto bene e questo rendeva il ragazzo particolarmente sollevato. Arcadia d'ora in avanti avrebbe potuto sentirsi più sollevata e questo avrebbe giovato ad entrambi. Ora l'unico neo che rimaneva sulla sua felicità era Heather. La ragazza era scomparsa qualche ora dopo che Karl era partito con la sua squadra alla volta di Upsala borbottando qualcosa riguardante degli impegni ancora da completare.
Karl dovette ammettere che quella ragazza aveva sostenuto con una forza incredibile tutto quello che le era successo e senza mai perdere la speranza. Invidiava quella forza d'animo che la contraddistingueva e che la faceva andare avanti. inoltre, si era rivelata anche una preziosa fonte di informazioni riguardanti i Sigilli. Tutte le informazioni che era riuscita a procurarsi provenivano dagli archivi degli Esiliati. Anche i Sigilli si erano conquistati un posto fisso nei pensieri di Karl: il ragazzo, infatti, si sentiva attratto da quel bracciale che aveva riportato a Berk, ma al contempo sapeva che il suo potere era troppo grande per un solo uomo. Ricordava ancora le parole pronunciate dallo Spirito Rosso. Il bracciale lo aveva scelto per il suo coraggio, anzi per la sua stupidità. Affrontare Bjorn a viso aperto era stato un errore madornale e Karl poteva considerarsi fortunato visto che era sopravvissuto sia a quello scontro sia al collasso del tempio.
Senza accorgesene, Karl arrivò proprio davanti alla Sala Grande, dalla quale provenivano i suoni di almeno una dozzina di voci. Il moro entrò e la prima cosa che vide fu un'enorme mappa dell'arcipelago distesa per tutta la lunghezza del tavolo e Hiccup che segnava diversi punti.
"Cosa mi sono perso?" chiese Karl a Caleb.
"Niente di speciale, solo i prossimi turni dei soldati e le nuove rotte sicure" rispose quello con un tono decisamente annoiato.
"Ora, se siamo tutti presenti,  vorrei passare al secondo punto della riunione" disse Hiccup e poi si rivolse alle due squadre di Cavalieri. Gli altri guerrieri si fecero da parte, permettendo ai ragazzi di sedersi intorno al tavolo.
"Bene, allora iniziamo" disse Hiccup sospirando. "Karl, tu e la tua squadra vi dirigerete a nord-ovest, sull'Isola di Ymir, dove è stato localizzato il secondo tempio. Tutti meno te, Caleb. Tu accompagnerai Willow alla sua isola natale in modo tale che possa recuperare un manoscritto che ci serve." disse Hiccup rivolgendosi alla seconda generazione.
Poi posò lo sguardo su Astrid, Gambedipesce e Moccicoso e poi disse:"Voi tre mi accompagnerete in un luogo di cui vi rivelerò la posizione in privato. Poi... Qualcos'altro da dire?"
Sulla sala calò il silenzio e nessuno, Wilde incluso, osò proferire parola. Stoick decise quindi di sciogliere la seduta augurando a tutti i presenti una buona nottata. Karl uscì dalla stanza e si affiancò ad Arcadia chiedendole nel mentre se avesse voglia di andare a fare una passeggiata con lui. La ragazza accettò e i due si allontanarono in direzione della scogliera mano nella mano, con la Luna che sorrideva loro ironica.

***

Boadicea guardava il riflesso del suo volto sull'acqua. Diversi lividi blu le appesantivano gli occhi e una smorfia di disgusto si fece largo sul volto della donna. Passò la mano sul suo fianco nudo e toccò la cicatrice lasciata dalla freccia scagliatale da quella ragazzina. La ferita era rimasta aperta per un paio di ore e quasi si infettò, complice anche la mancanza di forze dovuta alla battaglia.
Aveva odiato quella ragazzina con tutto il suo cuore quel giorno, e continuava a farlo anche adesso. Così sicura di sé, così spavalda. E così temeraria: non aveva esitato un minuto ad attaccarla nonostante fosse armata di arco e frecce e di una inutile accetta da taglialegna. Si voltò e per un attimo vide il volto di quella ragazzina sorriderle beffarda. La sua mano si allungò in direzione del suo coltello e, con un movimento rapido, affondo la lama nella faccia di Arcadia solo per scoprire che era tutta un'illusione. Un brutto scherzo tiratole dai suoi nervi.
 Il coltello andò a conficcarsi nella parete di legno della capanna, producendo un sibilo abbastanza rumoroso da svegliare Bjorn. Il ragazzo si alzò facendo leva sulle sue braccia e guardò Boadicea. La Luna faceva risplendere di una luce meravigliosa il suo corpo. Bjorn ne rimase completamente affascinato.
"Boadicea..." disse il biondo mentre si avvicinava alla donna.
"Shh... Non è successo niente" rispose la guerriera mentre si rivestiva. "Ora devo andarmene, ma prometto che tornerò presto" aggiunse poi.
"Ti prego, rimani qui ancora un po'" la implorò il ragazzo.
Boadicea lo anticipò con un gesto del braccio e lo fece risedere. "Non posso, ho una riunione tra poche ore e devo essere pronta" disse a mo' di scusa prima di uscire dalla camera.
Boadicea uscì dalla casa e camminò velocemente per le strade del villaggio. Un po' le dispiaceva usare quel ragazzino, ma Zasur era stato chiarissimo su quel punto: Bjorn aveva bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi per mantenere sotto controllo i suoi poteri. Quello che non sapeva è che due occhi la fissavano dal fondo della strada. Due occhi pronti a far di tutto pur di sventare i piani di quella guerriera.
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+ Angolino dello scrittore in erba +
Buongiorno a tutti, come state?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e preparatevi per il prossimo, ne vedremo delle belle. Non vi anticipo nulla giusto per non rovinarvi la sorpresa. Beh, questo è il secondo capitolo in un mese, non so che dire, l'ispirazione era bella abbondante. Intanto, questa storia ha già compiuto un anno e si avvia alla conclusione... Mi sto rattristando. Un saluto \0-0/
Rovo

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Capitolo 24
*** Capitolo XXIII: ***


Capitolo XXIII
- Oscura come la morte parte 1 -

Il viaggio verso l'isola in cui era stato localizzato il secondo sigillo durò più di una settimana a causa di una tempesta che aveva obbligato il gruppo inviato da Hiccup ad una sosta di tre giorni su una piccola isola dal clima decisamente invernale. I ragazzi, infatti, già abituatisi al clima nettamente più caldo di Berk, furono costretti a dar fondo ai loro risparmi per comprare delle pellicce. Karl, Matt e Merric si limitarono a comprare una giacca di pelliccia d'orso a testa. Il cappuccio della giacca era stato bordato con degli intrecci colorati; Melanie e Arcadia, invece, acquistarono rispettivamente un cappotto rosso e uno verde muschio, rinunciando alla copertura in pelliccia per ripiegare sulla più pratica ma meno affascinante lana di montone.
Karl, durante il secondo giorno di permanenza sull'isola, entrò in una bottega di un fabbro cercando qualcuno che controllasse lo stato della sua spada e dell'armatura. Mentre aspettava che il fabbro finisse il suo lavoro, il ragazzo si prese qualche minuto per esplorare il piccolo negozio che aveva trovato. Alle pareti erano appese armi di ogni tipo: scudi, alabarde, spade, scudi. "Più che una bottega, questa sembra un'armeria..." mormorò Karl tra sé e sé. L'attenzione del ragazzo venne catturata da un arco appoggiato in un angolo della costruzione. Si avvicinò e notò che l'arco era di media lunghezza e costituito principalmente da legno, anche se il corpo centrale e parte dei flettenti erano stati rinforzati con del metallo. Inoltre, le parti metalliche erano state decorate con una filigrana dorata.
"Wow..." esclamò Karl mentre accarezzava delicatamente le decorazioni dell'arco. La sua mente corse in quel momento al piccolo arco di legno di tasso di Arcadia. La ragazza era stata costretta già diverse volte a farlo riparare diverse volte e Scharacchio le aveva consigliato di comprarsene uno nuovo. Quell'arco metallico sarebbe stato un ottimo sostituto, così decise di acquistarlo. Peccato che gli fossero rimaste solo un paio di monete di bronzo e il costo dell'arma, almeno secondo il ragazzo, era di gran lunga superiore. Sconsolato, Karl rimise l'arco al suo posto giusto un attimo prima che il fabbro uscisse dalla stanza della fornace.
"Ho finito" disse il fabbro. "Ho riaffilato la spada. L'armatura era in ottime condizioni, non ho dovuto neanche lucidarla" aggiunse poi.
  Karl si allontanò dall'arco, sperando vivamente che il negoziante non l'avesse visto curiosare nelle sue cose. Il ragazzo si mise ad osservare per qualche secondo l'uomo che gli stava davanti: era basso e tarchiato, con una lunga barba rossiccia e la faccia sporca di fuliggine. "È un'arma di ottima fattura" disse il fabbro indicando con un dito la spada. "Non ha rivali in questo negozio... Se escludiamo l'arco che stavi osservando prima, ovviamente" aggiunse poi mentre porgeva l'arma rifoderata a Karl, il quale balbettò un ringraziamento.
"In paese, molti dicono che tu e quella ragazza con cui passeggi spesso stiate insieme..." disse il fabbro con fare un poco sornione.
Karl arrossì di colpo. Aveva visto alcune donne parlare fittamente e poi interrompersi bruscamente al passaggio suo e di Arcadia, ma non credeva che le voci si fossero già diffuse per tutto il villaggio. L'atteggiamento del fabbro, inoltre, faceva imbarazzare ancora di più Karl.
"G-grazie..." balbettò Karl. "Ma non posso accettare, non ho abbastanza soldi per pagarglielo" aggiunse poi mentre arrossiva ancor di più.
"Prendila comunque" insistette il fabbro mentre recuperava da quell'angolo polveroso l'arma. "Questo arco è troppo bello ed è sprecato in questo posto. Nessuno dei paesani avrà mai né i soldi per comprarlo né il desiderio di farlo" La voce dell'uomo si incrinò leggermente, come se gli costasse troppo pronunciare quelle parole.
A primo acchito, Karl aveva pensato che quell'uomo gli avesse fatto quella proposta solo per rimpinguare le sue tasche, ma quell'ultima frase, anzi, il tono di voce che il fabbro aveva usato lo avevano fatto ricredere: si vedeva che il fulvo era molto affezionato a quell'arco e che, molto probabilmente, era stato molto legato al precedente possessore. E ora era disposto a separarsene. Un moto di curiosità crebbe dentro Karl e il ragazzo sentiva forte l'impulso di sviscerare quella questione ma si tenne a freno per paura di riaprire ferite non ancora rimarginate del tutto e per non sembrare un viscido pettegolo agli occhi di una persona così cortese.
Il fabbro avvolse l'arco in un largo panno di cotone su cui era stato ricamato il marchio della bottega, presente anche sullo stipite dell'edificio, e lo porse a Karl, il quale lo strinse al petto, quasi come se fosse un bambino così piccolo da proteggere ad ogni costo, e uscì, cercando di non rovinando il prezioso regalo. Poco prima di chiudere la porta, Karl rivolse al fabbro uno sguardo di muto ringraziamento.
Una volta che Karl si era allontanato abbastanza, il bottegaio si avvicinò ad una tavoletta di legno levigata e dipinta nascosta da un piccolo scudo di bronzo. Prese il ritratto e si soffermò ad osservarlo per diversi lunghi istanti: esso rappresentava due persone, un uomo e una donna, sorridenti. I due giovani avevano vent'anni o poco più; l'uomo, posizionato sulla sinistra, sembrava la versione più giovane del fabbro, solo che la barba era molto più curata. Il suo braccio sinistro cingeva la schiena della donna, posizionata sulla parte destra della tavoletta. Ella aveva dei lunghi capelli lunghi fino a metà della schiena prematuramente argentei, superava di alcuni centimetri l'uomo e teneva saldamente in mano lo stesso arco ora in possesso di Karl. Inoltre, entrambi avevano un piccolo cerchio di metallo all'anulare, segno inequivocabile del grande amore che li legava.
"Li hai visti, vita mia?" disse il fabbro con la voce incrinata. Diverse lacrime gli solcavano le guance come navi in preda ai venti del mare. Odiava piangere, odiava la sensazione di rimpianto che esse portavano con sé. Odiava sé stesso più di ogni altra cosa. Prima di proseguire il dialogo con il ritratto, il fulvo si asciugò le lacrime con un gesto sbrigativo. "Quei due ragazzi mi ricordano molto noi quando avevamo la loro stessa età" disse mentre riponeva il piccolo ritratto al suo posto.
Si avvicinò alla porta che portava nella fornace. "Speriamo che gli déi riservino loro un destino migliore del nostro" sussurrò l'uomo prima di chiudere la porta che separava le due stanze.

***

I gemelli erano stati incaricati personalmente da Hiccup di occuparsi della questione riguardante il padre di Arcadia. Nessuno dei due sapeva con esattezza i motivi che avevano spinto il loro amico a compiere quella scelta, ma entrambi, con sorpresa di tutti, avevano accettato di buon grado. Decisero che per quella missione non avrebbero utilizzato Rutt e Vomito, troppo ingombrante per occuparsi di un falco messaggero. Optarono per la squadra di Incubi Orrendi che avevano appena finito di addestrare.
"Sei sicuro che funzioni?" disse Testabruta mentre posizionava a terra la gabbia contenente i sei draghi che avevano scelto apposta.
"Ovvio, li ho addestrati" replicò il gemello con un finto tono modesto.
"Allora falliranno di sicuro"
"Ehi!"
"Smettetela!" esclamò Gambedipesce infilandosi nella conversazione. Il biondo era stato inviato come terzo elemento della squadra solo per supervisionare i due e per evitare che liti come quella che stava scoppiando mandassero in malora la missione. Gambedipesce era stato avvisato degli effetti collaterali che ciò avrebbero comportato, perciò si frappose tra i due gemelli.
"Gambe, togliti da lì" gli ordinò Testaditufo.
"Calmati, Tufo, abbiamo del lavoro da fare" replicò il diretto interessato con un tono calmo.
"Non dirmi quello che devo fare. Io non prendo ordini da una femminuccia come te"
A quelle parole, Gambedipesce perse il controllo e, afferrato saldamente il colletto della giubba di Testaditufo, sbatté contro una delle rocce il povero gemello. "Ascoltami bene" disse Gambe guardando dritto negli occhi il biondino. "Se per colpa tua, o per colpa di tua sorella, questo incarico non va nel verso giusto, una famiglia collasserà su sé stessa. E se questo succederà, io verrò a prenderti e ti farò rimpiangere di essere così stupido" Gambedipesce avvicinò il suo volto a quello di Testaditufo fino a che non sentì il respiro spaventato dell'altro sulla  propria pelle. "Ci siamo capiti?" Quelle parole furono accompagnate da un altro sguardo minaccioso e Testaditufo non poté far altro che annuire.
Testabruta rimase a guardare quella scena in silenzio: sembrava che i ruoli si fossero ribaltati,che Gambe fosse il cattivo e Tufo l'indifeso. La bionda era preoccupata per quella minaccia poco velata rivolta al fratello, ma allo stesso tempo era consapevole che egli se l'era meritata. Testabruta rimase stupita anche dalla rabbia, se così vogliamo chiamarla, di Gambedipesce e, per un momento, temette di non aver mai conosciuto veramente quel ragazzo all'apparenza fragile, ma che sapeva tirar fuori gli artigli quando era necessario. Appena lo vide avvicinarsi, Testabruta arretrò quasi istintivamente, nello stesso modo in cui ci si allontana da un essere pericoloso o potenzialmente tale, ma subito ritornò sui suoi passi.
"Scusami, penso di aver esagerato" disse Gambedipesce poco prima di sedersi su un grande masso. "Il falco dovrebbe passare di qui tra poco, ci conviene liberare gli Incubi Orrendi" aggiunse poi.
Come previsto da Gambe, il falco messaggero utilizzato dal padre di Arcadia passò dopo alcuni minuti dopo e Testabruta si affrettò a liberare i sei Incubi Orrendi e Testa di Tufo ordinò loro di recuperare il carico di quel falco.
I sei piccoli draghi ci misero molto poco a recuperare il falco, aiutati anche dal fatto che erano stati addestrati apposta per combattere in aria e per sopraffare i loro avversari con la forza del numero. Appena atterrati, i sei draghetti si avventarono su Testa di Tufo per estorcergli la loro ricompensa mentre Testabruta e Gambedipesce recuperavano il rotolo di pergamena.
"Torna dai tuoi padroni" disse Gambedipesce mentre lasciava spiccare nuovamente il volo al volatile.
"Ma non dovevamo riportarlo a Berk?" chiese Testa di Tufo mentre lottava contro due Incubi Orrendi restii a rientrare nella gabbia.
"Abbiamo la missiva, il messaggero che la portava non è necessario" rispose Gambedipesce. "E poi..." aggiunse mentre un sorriso sornione gli si dipingeva sul volto. "Mi sono permesso di mandargli un piccolo scherzo"
Detto questo, i tre montarono sui propri draghi e fecero rotta per Berk.

***

La sera era scesa sul piccolo villaggio che ospitava la squadra di Karl e il freddo avvolse nelle sue spire tutto. Karl rientrò nella locanda in cui alloggiava un'ora esatta dopo che il Sole era tramontato e per poco non rischiò di morire congelato.
"Mi dia un bicchiere di qualcosa di caldo" disse Karl al locandiere poco prima di sprofondare sulla sedia più vicina al camino. Il ragazzo stringeva ancora nelle braccia il pacchetto donatogli dal fabbro.
"Karl, sei tornato!" esclamò Arcadia mentre scendeva le scale. Il locandiere la evitò per puro miracolo e la ragazza, per scusarsi, si offrì di portare lei stessa il bicchiere al suo ragazzo.
"Tieni" disse mentre chiudeva le mani intorpidite di Karl attorno al bicchiere. Mentre beveva, Karl osservò l'abbigliamento di Arcadia: la ragazza indossava un paio di brache in parte nascoste da una gonna che le arrivava alle ginocchia; una blusa a maniche lunghe, rigorosamente dello stesso colore della notte, le faceva risaltare i seni piccoli ma sodi. Karl sentì una strana sensazione calda, in parte dovuta al sidro appena ingurgitato e in parte alla presenza così vicina di Arcadia.
"Quell'uomo laggiù sta osservando me e Melanie da quando siamo entrate qui" disse Arcadia. La corvina si avvicinò all'orecchio di Karl e gli sussurrò:"Ha degli occhi da lupo..."
"Non preoccuparti" disse Karl mentre prendeva la testa di Arcadia tra le sue mani. "Ci sono qua io" disse prima di baciarla teneramente.
Le labbra di Arcadia avevano lo stesso sapore del bicchiere che Karl aveva appena finito di bere. Il ragazzo non sapeva se Arcadia avesse bevuto ma non ebbe neanche il tempo di chiederglielo perché Arcadia notò il pacco che Karl aveva abbandonato momentaneamente di fianco al focolare ad una distanza tale per cui non potesse essere rovinato dalle fiamme.
"Che cos'è?" Chiese Arcadia mentre abbandonava le ginocchia di Karl.
"Un regalo" replicò il ragazzo mentre recuperava l'arco giusto un attimo prima che Arcadia riuscisse ad agguantarlo. "Ed è per una persona mooolto speciale" aggiunse poi il moro con un tono sornione.
"Oh... La conosco questa ragazza?"
"Certo." Karl si avvicinò alla ragazza e, cercando di imitare un gesto cavalleresco che poco si addiceva al luogo, si inginocchiò allungando allo stesso tempo le braccia verso Arcadia, la quale disfò il pacco con poche e rapide mosse.
Quando vide l'arco, la corvina rimase completamente meravigliata. Lo prese in mano e lo soppesò, poi tese la corda puntando per scherzo l'arma contro il locandiere. Alla vista della faccia stranita del locandiere, Arcadia scoppiò in una risata cristallina e si voltò verso Karl. Si avvicinò al ragazzo e, dopo aver cinto la schiena con le sue braccia, lo strinse a sé. Karl ricambiò il gesto e permise alla ragazza di affondare il volto nell'incavo della sua spalla. A sua volta, Karl ne approfittò per riempirsi i polmoni del profumo di Arcadia, quel profumo che sapeva di lavanda e di quei fiori variopinti che arrivavano sporadicamente a Berk grazie alle navi dei mercanti. Il moro si abbandonò ad una fantasia: s'immaginò più vecchio di una decina d'anni, con Arcadia al suo fianco e, perché no, un paio di marmocchi pestiferi. Sarebbe stato bello se la storia con Arcadia fosse durata così a lungo. La sua attenzione si focalizzò sui due bambini: gli sarebbe piaciuto avere un maschio e una femmina; gli sarebbe piaciuto che il maschio assomigliasse un po' a lui o anche a suo padre e che la femmina fosse bella quanto se non più della madre. La realtà, però, piombò come una falce su quella fantasia ricordando a Karl che una minaccia grande come quella che stavano affrontando avrebbe potuto disintegrare quella fantasia in quel momento. O che, più in generale, non era conveniente fare progetti a lungo termine.
La voce un poco storpiata di Arcadia fece dissolvere quella nube di pensieri che circondava Karl, il quale si affrettò a sciogliere l'abbraccio e a chiedere alla ragazza cosa volesse.
"Ti va di bere qualcosa?"
"Arcadia, domani dobbiamo ripartire e non credo che ubriacarci sia una buona..."
La corvina si affrettò a zittire il ragazzo posando delicatamente un dito sulle sue labbra. "Karl, non pensarci. Facciamo finta per una notte che il destino del mondo gravi sulle spalle di qualcun'altro e comportiamoci come ragazzi della nostra età" disse Arcadia mentre prendeva una mano di Karl e si incamminava su per la rampa di scale che separava le camere dal pian terreno della locanda, chiedendo con un gesto al locandiere di portare al piano superiore alcuni boccali.
Karl si lasciò convincere dalla frase di Arcadia e per una notte di lasciare fuori dalla porta della locanda tutti i suoi problemi. Sfruttando il suo legame telepatico con Rubyn, esortò il suo drago a fare lo stesso e di convincere gli altri draghi a far un piccolo volo notturno.

***

Il resto del viaggio non fu ricco di avvenimenti interessanti, a parte un paio di deviazioni obbligate dovute all'avvistamento di alcune navi sospette. Karl e Arcadia parlarono spesso di quello che era accaduto, non tanto per rivivere quelle emozioni ancora fresche ma per cercare di rimettere insieme un puzzle dai contorni sfuocati e di dimensioni piuttosto ragguardevoli. Merric si rifiutava di dir loro quello che era accaduto poiché, almeno a suo dire, "sarebbe stato troppo traumatizzante"; Matt e Melanie erano messi peggio visto che i due avevano bevuto anche il boccale di Merric.
"Karl, posso dirti una cosa" disse Arcadia mentre spronava Camaleo ad avvicinarsi a Rubyn. "La prossima volta che ti dico di dimenticare le preoccupazioni che ci affliggono, assicurati che non ci sia di mezzo nessun boccale" aggiunse mentre si posava una mano sulla testa.
"Concordo" disse Karl mentre dava il cambio ad Arcadia come guida del gruppo.
L'isola su cui era stato localizzato il tempio si rivelò essere una landa desolata quasi completamente ricoperta da uno strato di ghiaccio permanente. Dall'altro, il gruppo di Cavalieri riuscì ad apprezzare le varie forme che le montagne di ghiaccio avevano assunto e i riflessi di luce che il Sole calante provocava colpendo con i suoi raggi arancioni la superficie levigata del ghiaccio. I sei notarono anche una specie di sentiero che attraversava da un capo all'altro l'isola, collegando così le due estremità al tempio che sorgeva esattamente al centro di quel mucchio di ghiaccio. Del fumo si levava da una piccola zona situata nei pressi di una spiaggia la cui forma ricordava vagamente quella di una falce di Luna. Merric fu insospettito da quel fumo, ma decise di non provare ad ispezionare quella zona poiché aveva sentito dire che alcune popolazioni erano solite usare le isole più a nord come zone di sosta durante i loro lunghi periodi in mare.
I cinque decisero di atterrare in un piccolo spiazzo di terra brulla, miracolosamente non ancora ricoperta dal ghiaccio. Costruirono un accampamento di fortuna e, grazie al fuoco dei loro draghi, i ragazzi riuscirono a scaldarsi un po'. La notte, però, scese repentina su di loro, cogliendoli di sorpresa e obbligandoli a scegliere tra addentrarsi nell'entroterra e rimanere all'accampamento, rischiando però di morire assiderati.
"Io dico di rimanere qui" disse Merric. "È pericoloso aggirarsi di notte per un'isola a noi completamente sconosciuta. Inoltre non avremmo comunque la possibilità di scaldarci a sufficienza" argomentò il ragazzo.
Karl annuì pensieroso. Merric aveva esposto dei problemi a cui era difficile trovare una soluzione che non comprendesse l'utilizzo delle fiamme dei draghi.
"Un modo ci sarebbe..." mormorò Matt, richiamando così l'attenzione su di sé.
"Spiegati meglio" lo incalzò Arcadia.
"Quando siamo stati obbligati a fermarci su quell'isola, sono incappato in uno strano globo di luce rossa. L'uomo che lo teneva in mano, avendo notato il mio sguardo perplesso, mi spiegò che quello era un piccolo trucco alchemico" spiegò Matt. "Me ne ha regalati una decina. Durano più o meno un'ora ciascuno, quindi penso che ci bastino sia per l'andata che per il ritorno" disse Matt mentre giocherellava con alcune di quelle piccole sfere.
"Una domanda: perché non le hai tirate fuori prima?" chiese Melanie non nascondendo una punta di sarcasmo.
"Ehm... Me ne ero dimenticato e..." Matt non riuscì a finire la frase poiché Melanie gli rifilò uno scappellotto, provocando le risate degli altri membri del gruppo.
"Merric, pensi che possano funzionare?" chiese Karl.
"Sei tu il capo della spedizione Karl, devi decidere tu" replicò Merric.
"Ma tu sei la persona più informata di noi. E mi fa piacere ricevere il tuo parere" disse Karl.
Merric, a quelle parole, rimase in silenzio per diversi minuti. "L'alchimia" disse interrompendo quel silenzio che si era formato "è un'arte molto capricciosa: nella maggior parte dei casi si comporta come dovrebbe, in altri fa un po' quello che le pare" aggiunse poi mentre si avvicinava a Matt. Prese una delle sfere e la soppesò. "Mi è stato riferito un paio di anni fa che queste, ehm, "cose" dovrebbero funzionare sempre correttamente. Io dico che dovremmo dar loro una chance" disse Merric mentre restituiva la pagliuzza al suo proprietario.
"Grazie Mer" disse Karl. "Ragazzi, non perdiamo tempo: prima arriviamo a quel tempio, prima possiamo tornare a casa" aggiunse poi rivolto a tutto il gruppo.

***

I sei ragazzi impiegarono un paio d'ore per ritrovare il sentiero ghiacciato che avevano avvistato dall'alto e altre due per raggiungere il tempio, il quale non si rivelò altro che una struttura molto simile alla precedente con l'unica differenza che questo era stato invaso dal ghiaccio, seppur in misura minore rispetto al paesaggio circostante. A dir la verità, da due delle quattro facciate spuntavano delle torri culminanti con una specie balconata. Per Karl, quel tempio era stato abitato da qualcuno in tempi molto lontani.
"Non vedo segni della presenza di altre persone" disse Melanie.
"Non dovremmo escludere la possibilità che ci sia un'altra entrata" disse Merric assumendo un'aria pensierosa. "Non vorrei che, una volta entrati nel tempio, spuntino fuori degli Esiliati o dei Berserkers" aggiunse mentre si avvicinava al tempio.
Appena il ragazzo arrivò a qualche metro dal tempio, lo strato di ghiaccio iniziò a tremare. Dalle crepe formatesi spuntarono fuori delle strane creature umanoide i cui corpi erano ricoperti da enormi spuntoni di roccia. Il peso di quegli spuntoni faceva incurvare le creature, le quali erano anche dotate di artigli e di zanne piuttosto acuminati. Merric si lasciò sfuggire un acuto urlo di spavento e tornò indietro a gran velocità.
"Noi siamo i Guardiani di questo posto" sibilò una di quelle creature. Prima di continuare il suo discorso, il Guardiano si avvicinò al gruppo e annusò l'aria. "Non sono stati loro ad uccidere i nostri fratelli" disse rivolto al resto dei suoi simili.
Dal gruppo di Guardiani ne emerse uno che superava gli altri sia per quantità di spuntoni che per dimensioni. Il Guardiano guardò Karl dritto negli occhi e disse:"L'accesso al tempio è disponibile solo al prescelto"
Fece una pausa che aumentò la tensione sia in Karl sia nel resto del gruppo. La creatura spostò il suo sguardo e indicò una persona con una mano artigliata. "Lei è la prescelta" disse risoluto prima di voltarsi e di ritornare tra le fila dei suoi simili, i quali si erano divisi in due schiere con un foro al centro.
Il cuore di Arcadia mancò un battito nell'esatto momento in cui la ragazza si rese conto che quella creatura la stava indicando. Non poteva essere lei la prescelta. La ragazza armata di arco, quella che preferiva star lontana dai campi di battaglia. "Non posso essere io..." sussurrò a Melanie.
"Invece penso proprio di sì" disse Melanie.
"Mel, seriamente, non ho la forza per entrare là dentro né per prendere qualunque cosa il tempio custodisca"
"Arcadia, qui l'unica poco seria sei tu: in un ambiente come questo hai tantissimi posti dove nasconderti e molte postazioni per lanciare indisturbata le tue frecce" replicò Melanie mentre stringeva la mano alla sua amica. "E poi ci siamo qui noi, Se non torni indietro entro un'ora, noi verremo a prenderti" aggiunse cercando di rassicurarla.
Arcadia deglutì; le parole rassicuranti di Melanie risvegliarono in lei un po' di coraggio, abbastanza da lasciare la presa sulla mano dell'amica e da incamminarsi in direzione dell'entrata del tempio. Appena si avvicinò a Karl, il ragazzo le rivolse uno sguardo di incoraggiamento, lo stesso che lei gli aveva rivolto un paio di mesi prima. Il ragazzo le infilò con un gesto fulmineo un paio di quelle sfere luminose nelle tasche del suo mantello. Arcadia non se ne accorse e proseguì il suo cammino.
Una volta che la ragazza ebbe sorpassato il blocco dei Guardiani, la creatura che l'aveva identificata come la prescelta bloccò il passaggio. Arcadia strinse con forza l'arco e, con un passo deciso, entrò nel tempio. Un vento freddo soffiò in quel momento, facendo tremare Karl. In quel momento, il ragazzo non seppe veramente dire se quel brivido fosse dovuto al freddo o se fosse dovuto ad un funesto presagio.

***

L'interno del tempio si rivelò un susseguirsi di stanze e corridoi tutti uguali. Arcadia non seppe dire quanto tempo ci impiegò per raggiungere una stanza che, almeno ai suoi occhi, sembrava essere quella principale. Le pareti erano ricoperte da uno strato di ghiaccio spesso quasi come quello che ricopriva l'esterno del tempio e che sembrava esser stato appena levigato. Al centro della stanza c'erano tre stalagmiti che brillavano di una soffice luce bluastra. Arcadia si avvicinò alle stalagmiti e notò che esse erano state disposte in modo tale da formare un triangolo. Inoltre, sulle stalagmiti erano state incise delle strane lune. La corvina non riuscì ad analizzarle poiché un raggio di luce lunare proveniente da un foro nel soffitto colpì una delle stalagmiti. Il raggio poi si divise in altri due fasci di luce collegando così tutte e tre le punte e formando una specie di portale magico da cui uscì fuori un globo di luce accecante.
Arcadia fu costretta a retrocedere di alcuni passi. Dal globo di luce emerse una figura femminile dall'aspetto leggiadro, quasi etereo.  Ella era avvolta in una veste candida come la neve che le lasciava scoperte le braccia, parte delle gambe e gran parte del seno. La pelle, leggermente più scura della veste, era attraversata da diverse linee color pervinca che si intrecciavano tra di loro e che terminavano vicino all'attaccatura dei lunghi capelli corvini. Dai capelli emergevano due piccole corna biforcute. Arcadia si ricordò della descrizione fattale da Karl dello spirito che gli era apparso prima della sua prova e, grazie ad essa, la ragazza si rese conto di essere al cospetto dello spirito della sua prova. Ora non poteva più tornare indietro. I dubbi l'assalirono, ma la ragazza li scacciò via quasi subito. Non poteva lasciarsi distruggere da quei pensieri, non ora che stava veramente iniziando a fare sul serio.
"Ben trovata, prescelta" disse lo spirito mentre si avvicinava. Arcadia notò che al suo passaggio il pavimento veniva ricoperto da una leggera patina di ghiaccio.
"Io sono Dainn, guardiana del secondo sigillo" disse dopo essere arrivata a pochi passi da Arcadia, la quale assunse una posizione d'attacco e mise mano alla cocca di una delle sue frecce.
"Non ho intenzione di farti del male" disse lo spirito mentre continuava ad avvicinarsi noncurante dell'arma puntatale contro. "Abbassa l'arma, Arcadia, così potrò spiegarti cosa devi fare" aggiunse dopo essere arrivata di a pochi centimetri dalla ragazza.
"Come fai a sapere il mio nome?" chiese la ragazza mentre teneva in mano ancora l'arco.
"Conosco molte cose, posso conoscere il tuo passato e il tuo futuro... È il mio potere" replicò lo spirito. La donna mosse una mano e l'aria si raffreddò, trasformandosi in una sottile nebbia che prese la forma di un lungo pendente. Esso ricordava vagamente un fiocco di neve; la parte centrale custodiva una pietra quasi trasparente mentre i bordi del pendente era neri, quasi oscuri.
"Questo è il Sigillo" mormorò Dainn. "È custodito in un labirinto ghiacciato. L'altra contendente è già a buon punto. Non disperare, mia cara, io non voglio che il Sigillo cada nelle mani di un'assassina, perciò ti aiuterò" aggiunse la donna assumendo un atteggiamento iroso.
"Come?" chiese timorosa Arcadia. Diffidava di quell'essere soprannaturale e, anche se si stava dimostrando disponibile ad aiutarla, Arcadia sentiva che qualcosa sarebbe andato storto. Cercò di scansare quel presagio ma esso continuava a tornare sempre più forte, sempre più opprimente.
Dainn, con un ampio gesto semicircolare, distese il braccio. Dal palmo della sua mano scaturì un piccolo fascio di energia che colpì il muro alla destra dello spirito. Il raggio creò un varco nel muro, rivelando un corridoio le cui pareti non erano state ancora toccate dal ghiaccio.
"Quel passaggio ti porterà direttamente alla stanza precedente a quella in cui è custodito il Sigillo" disse lo spirito. "Purtroppo, non posso fare nient'altro... Buona fortuna, giovane prescelta" aggiunse pochi secondi prima di sparire in un lampo di luce fredda.
Arcadia non fece in tempo a ringraziarla. In quello stesso momento, le tre stalagmiti all'interno della stanza brillarono di una luce più intensa che scemò quasi subito, facendo cadere un buio profondo sulla stanza. Quel buio sembrò penetrare nella carne di Arcadia, facendosi strada nelle vene della ragazza e raggiungendo in poco tempo la sua mente. La corvina cadde a terra e alcune lacrime iniziarono a rigarle le guance. Arcadia si sentiva sola, attorniata da misteri di cui non comprendeva il senso, da mostri che attentavano alla sua vita e a quella dei suoi cari. I singhiozzi rimbombavano in quella stanza e parevano alla ragazza pesanti come condanne, pesanti come i segreti che l'avevano divorata dall'interno, pesanti come il desiderio di andarsene da quel luogo. Le sue mani scivolarono nelle tasche del cappotto e le sue dita incontrarono qualcosa di caldo. Arcadia afferrò quel qualcosa e tirò fuori la mano dalla tasca.
"La sfera di fuoco..." mormorò al buio la ragazza.
La piccola sfera sprigionò un calore potente, così forte che risvegliò in Arcadia i momenti felici che aveva vissuto insieme ai suoi amici. La gioia di quei ricordi fece sorridere la corvina e scacciò dalla sua mente quell'oscurità. Strinse l'arco con forza e iniziò a correre lungo il corridoio di pietra illuminato dalla luce della sfera. Arcadia era speranzosa, ma non sapeva una cosa, una cosa che Dainn avrebbe dovuto riferirle. A volte, cara Arcadia, la verità si nasconde nelle menzogne...
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+ Angolo di uno scrittore in erba +
Salve... No, non sono morto, non ancora almeno. Avete aspettato due mesi per questo capitolo, ma, capitemi, ho avuto un blocco non indifferente e, come penso di avervi già detto, la scuola e gli impegni della vita vera sono più importanti delle ff. Almeno, siate contenti, ho portato un capitolo di ben dieci pagine, e la vicenda non è ancora finita. Ci vediamo presto, o almeno lo spero...
Un saluto \0-0/
Rovo
 

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Capitolo 25
*** Capitolo XXIV: Oscura come la morte parte 2 ***


Capitolo XXIV
- Oscura come la morte parte 2 -
 
Raffiche di vento polare sferzavano il volto di Hiccup arrossandogli gli occhi e screpolandogli le labbra. Il ragazzo arrancava a fatica nella coltre di neve bianca che gli arrivava quasi all'inguine. Si strinse ancora di più nel cappotto di pelliccia prima di voltarsi verso Moccicoso attirato dalle ingiurie che quest'ultimo gli stava rivolgendo.

"Hai freddo Moccicoso?" chiese Hiccup accompagnando la domanda con un sorriso sarcastico.

"Non fare troppo lo spiritoso" rispose a tono Moccicoso, raggiungendo a fatica l'amico. "Ti prego, dimmi perché, tra tutte le dannate isole di questo mondo, hai scelto proprio ammasso di neve per incontrare quei tizi" aggiunse poi mentre riprendeva fiato. Hiccup sbuffò, lanciando uno sguardo annoiato al suo compagno di viaggio. Dopodiché, liquidò la domanda fattagli raccontando come aveva incontrato la tribù dei ghiacci che aveva accettato di custodire l'uovo di Linguadorata e che erano stati loro ad imporre le condizioni di quello scambio, le quali infastidivano molto anche lo stesso Hiccup. Tuttavia, il ragazzo non aveva nessuna intenzione di disattendere i punti del loro accordo e che non aveva voglia di far aspettare quelle persone un minuto in più del dovuto.

"Quindi, se non ti dispiace, aumenta il passo" disse il moro poco prima di ricominciare la sua marcia forzata, concludendo così il discorso.

"Se hai davvero così fretta, perché non usiamo i draghi?" chiese Moccicoso mentre affiancava l'amico.

"Diciamo che queste persone non sopportano la loro presenza" spiegò Hiccup prima di coprirsi metà faccia con la sciarpa per schermarsi dal freddo. Per un attimo, Hic rabbrividì al ricordo del primo incontro che aveva avuto con la gente dei ghiacci e di come erano arrivati vicini ad uccidere Sdentato con le loro armi prima che il Dominatore dei Draghi riuscisse a fermarli.

Mentre vagava per quella landa innevata, i pensieri di Hiccup si concentrarono sul mistero che avvolgeva il suo uovo e il suo collegamento con quei Sigilli per cui la squadra di Karl aveva rischiato, in un modo o nell'altro, la vita: non aveva trovato molte informazioni riguardanti quei mistici oggetti escluse quelle che avevano rintracciato ad Uppsala. Invero, le sue ricerche erano state rallentate più e più volte dal continuo flusso di responsabilità affidategli da Stoick, doveri di cui Hiccup avrebbe fatto volentieri a meno. Il ragazzo non si sentiva affatto pronto per succedere a suo padre come guida del suo popolo, di quella che era diventata la sua famiglia. Sapeva che questa sua reticenza addolorava Stoick, il quale, ormai prossimo ai cinquant'anni, si sentiva ogni giorno più stanco e la vicenda in cui erano stati catapultati contro la loro volontà dalle macchinazioni del Fato non faceva altro che sfibrare ulteriormente il Capo Villaggio, eppure Hiccup non riusciva ad immaginarsi sullo scranno di Stoick.

Ad Hiccup piaceva esplorare quel mondo immerso immenso in cui viveva e viaggiare sul dorso di Sdentato sospeso tra il mare e il cielo. La sensazione che provava durante i suoi voli non poteva essere paragonata a nessun'altra emozione. Solo l'amore che provava per Astrid superava in forza ed in piacere quella sensazione. D'un tratto, il volto imbronciato della ragazza comparve davanti agli occhi di Hic, procurandogli una dolorosa fitta alla bocca dello stomaco a cui il ragazzo diede il nome di "senso di colpa". Lasciare Astrid a custodire i draghi era stata una scelta molto sofferta, ma il moro non poteva permettere a delle persone con cui aveva avuto così pochi contatti le facessero del male. Tuttavia, scegliere Moccicoso come accompagnatore si era rivelato una dura prova per i nervi di Hiccup.

Dopo quasi due ore di viaggio, il duo raggiunse una piccola spianata tappezzata da diverse macchie di muschi e di licheni che spiccavano vistosamente rispetto al monotono manto bianco che avvolgeva tutta l'isola. Il vento andava scemando e una sottile nebbia aveva allungato le proprie membra su quella zona, riducendo anche se di poco il campo visivo dei due Cavalieri. Dopo un paio di minuti, dalla cortina di nebbia spuntarono tre figure avvolte in abiti di pelliccia di un animale sconosciuto ai due Berkiani, i quali provarono una certa invidia per quegli indumenti che sembravano piuttosto caldi. In testa al terzetto c'era una figura piuttosto alta avvolta in un abito decorato dai alcuni fili dorati ricamati lungo le braccia che avanzava nella neve aiutandosi con un lungo bastone intarsiato e decorato da anelli metallici disposti in maniera regolare lungo tutta l'asta e sulla cui punta svettava una lunga lama ricurva. Il proprietario dell'arma abbassò il cappuccio, rivelando un grazioso volto femminile dai lineamenti orientali: i capelli neri erano stati raccolti in una crocchia che lasciava libere solo due ciocche che ricadevano in maniera simmetrica lungo il viso; un paio di orecchini non troppo elaborati le adornavo le orecchie. La donna, seguita dai due suoi compagni di viaggio, s'inchinò e disse:" Salute a te, Domatore dei Draghi"

"Salute a te, Fen dei Ghiacci" disse Hiccup mentre s'inchinava a sua volta, esortando con un veloce movimento del braccio Moccicoso a fare altrettanto.

Ad un cenno della donna, i suoi compagni, i cui volti erano ancora celati dai cappucci, si avvicinarono ai due Cavalieri e depositarono ai loro piedi un forziere di medie dimensioni.

"Vorrei che potessimo parlare un po' di più, Hiccup" disse Fen mentre si calava nuovamente il cappuccio sugli occhi. "Ma il fato ci è avverso. Le nostre sacerdotesse mi hanno detto che il destino di quel cucciolo sta per compiersi" aggiunse poi assumendo un tono quasi greve.

"Quanto tempo abbiamo?" chiese Moccicoso, spaventato dal tono della donna.

"Non posso dirvelo con certezza, ma possiamo presumere ragionevolmente che avverrà tra qualche mese"

"Combatterete al nostro fianco?" chiese Hiccup mentre prendeva il forziere.

"No" rispose secca Fen, mascherando abilmente un certo rammarico nella sua voce. "Fin dalla notte dei tempi, la mia tribù si è sempre dichiarata neutrale e io non ho nessuna autorità per infrangere questa tradizione" aggiunse poi a mo' di scusa.

"Ti ringrazio comunque per aver custodito l'uovo" disse Hiccup prima di avviarsi sulla via del ritorno, salutando Fen e i suoi accompagnatori con un inchino. Mentre camminavano nella neve, Moccicoso chiese al moro come intendesse combattere una minaccia di cui non sapeva nulla.
"Non ne ho idea, Moccicoso. Non ne ho la più pallida idea." Questa fu la sua risposta.

***

La primavera sembrava essere arrivata da molto tempo nelle isole che Willow e Caleb aveva attraversato: i terreni erano ricoperti da un manto i erba i cui colori passavano dal verde più pallido a quello più scuro simile alla tonalità delle pietre che adornavano i gioielli delle donne dei miti; le foreste ritornavano alla vita e le fronde degli alberi erano adornate con fiori colorati e profumati. Caleb fu investito dalla potenza di questo ambiente quasi idilliaco: non essendo abituato a vedere tutte quelle sfumature, il ragazzo perse diverse ore ad osservare le piante e gli animali di quei luoghi. Il ragazzo era affascinato da quell'ambiente e segnò diverse osservazioni riguardanti piante e creature su un piccolo taccuino che si portava sempre con sé.

Willow, che si era rivelata piuttosto intransigente riguardo alle scadenze durante quei mesi a Berk, si lasciò travolgere dall'entusiasmo del ragazzo tant'è che decise di mostrare a Caleb alcuni luoghi caratteristici di quelle isole che aveva visitato molte volte durante la sua infanzia. Lo portò su una grande scogliera contro la quale il mare s'infrangeva con grandissima potenza; lungo il fianco della scogliera c'era una bellissima spiaggia dalla sabbia bianchissima. Il fondale era cosparso da una moltitudine di sassi levigatissimi che riflettevano i raggi del sole, trasformando quel piccolo golfo in uno specchio luminescente.

Il secondo luogo che visitarono fu una piccola cascata situata in un'isoletta minore. Essa era circondata da rocce e da alcuni cespugli. La cascata formava alla base una pozza d'acqua di medie dimensioni la quale poi sfociava poi in un piccolo rivoletto d'acqua. Quando i due arrivarono in quel luogo ameno, un cervo dal manto color nocciola stava abbeverandosi alla pozza. Caleb si chinò e, nascosta all'ombra di un noce, tirò fuori dalla tasca il suo taccuino e un carboncino, cercando di non fare il benché minimo rumore. Dopodiché, esortò con un gesto Willow ad abbassarsi con altrettanta cautela. La ragazza rimase ad osservare il suo compagno di viaggio: si focalizzò sulle mani del ragazzo, le quali si muovevano delicate ma al contempo veloci formando un complicato tratteggio intrecciato. La cosa di cui Willow si stupì maggiormente fu la minuzia di particolari che arricchivano il disegno rendendolo molto verosimile. L'occhio sano di Caleb schizzava con velocità impressionante dal cervo al foglio e viceversa in tempi brevissimi.

Willow non era riuscita a ricavare nessuna informazione riguardante l'incidente di Caleb: nonostante fosse riuscita ad integrarsi in tempi relativamente brevi nel gruppo compatto della seconda generazione, i Cavalieri si erano sempre mostrati reticenti a rispondere alle sue domande. "Caleb non ne ha mai parlato con noi. Quando si sentirà pronto, ci spiegherà tutto" era la cantilena che i cinque ripetevano laconicamente ogni qual volta che Willow accennava più o meno apertamente all'argomento. La sacerdotessa decise quindi di rinunciare a sollevare la nebbia che avvolgeva quel fatto per non rovinare il rapporto che si stava formando con quel gentile ragazzo. Dopo pochi minuti, il cervo se ne andò e i due ragazzi si accamparono sotto un grande albero. Mentre Caleb raccoglieva dei rami per accendere un piccolo falò, Willow si dedicò all'osservazione del taccuino del ragazzo: molti disegni erano incompleti, ma tutti mostravano l'alto livello che Caleb aveva raggiunto. La ragazza si focalizzò principalmente su uno dei diversi paesaggi che aveva trovato sfogliando quel taccuino: il disegno rappresentava uno dei litorali di Berk durante un tramonto. Sulla scogliera si ergeva una donna il cui volto non era riconoscibile.

"Ti piacciono?" chiese Caleb mentre appoggiava i rami all'interno del cerco di pietre che aveva radunato qualche minuto prima.
Willow sussultò e un rossore vivido, causato dalla consapevolezza di essere stata colta in flagrante, comparve sul suo volto. "Sono davvero belli..." ammise poi la ragazza, la voce che tradiva una nota di imbarazzo.

"Ho trovato una cosa nella foresta e..." disse Caleb, arrossendo vivamente quasi quanto Willow. "Ho pensato che... Insomma, che forse ti sarebbe p-piaciuto" aggiunse poi mentre porgeva alla ragazza un fiore colorato. La corolla era formata da diversi petali che formavano uno spettro delle sfumature dell'arancio. Willow spese alcuni secondi ad osservare quel piccolo fiore e ne annusò il profumo intenso ma allo stesso tempo delicato che le ricordava la fragranza del Biancospino.
Caleb era preda dell'ansia. "Cazzo, non le è piaciuto" pensò mentre cercava di recuperare un minimo di controllo. "Forse avrei dovuto aspettare ancora un po', eppure mi sembrava tutto così dannatamente adatto per un momento del genere..." rimuginò mentre si torturava le mani. Quell'attesa lo stava lentamente uccidendo.

"È bellissimo" disse Willow mentre aggiungeva quel fiore alla sua treccia. La ragazza si alzò e, a mo' di ringraziamento, diede un rapido bacio sulla guancia del ragazzo. Caleb non riuscì a credere a quello che gli stava accadendo: dal punto su cui le labbra di Willow si erano posate si propagò per tutto il corpo del ragazzo una strana sensazione che gli scaldò il cuore. Per un attimo, Caleb si sentì al settimo cielo e questo lo aiutò a dimenticare per diversi secondi la vera ragione per cui i due ragazzi erano in viaggio.

Il resto del pomeriggio passò in maniera talmente veloce che i due ragazzi furono presi alla sprovvista dal calare delle tenebre. Caleb si prodigò celermente per accendere il fuoco e per cucinare quelle poche provviste che erano rimaste. Willow fu comunque costretta ad intervenire per evitare che il cibo bruciasse. La cena fu piuttosto frugale ma i due riuscirono comunque ad apprezzare sia il cibo bruciacchiato qua e là che la conversazione che seguì quel pasto.

"Caleb, avrei una domanda da farti" disse Willow mentre rimescolava con un legnetto, cercando di disegnare qualcosa nel terreno soffice di quell'isola.

"Fai pure" disse quasi senza pensarci Caleb mentre riordinava i resti del loro bivacco.

"Il tuo occhio... Cosa gli è successo?"

Caleb si fermò per un attimo e il pacco che teneva in mano gli sfuggì dalle mani. Guardò Willow, la quale notò che nell'occhio sano del ragazzo albergava una strana ombra. La sacerdotessa si pentì di avergli fatto quella domanda e tentò d rimediare ma un lungo sospiro del ragazzo la fermò. Caleb raccolse il pacco delle vettovaglie e lo ripose nello zaino, dopodiché si voltò in direzione di Willow e disse:

"Conosci già la storia ufficiale, vero?"

Willow annuì. L'enfasi data a quel "ufficiale" risvegliò la curiosità della ragazza, cancellando per un lungo momento i rimorsi che aveva provato.

"Beh, non c'è nulla di vero in quella storia" disse il ragazzo mentre si sedeva alla destra dell'amica, obbligandola così a mantenere un contatto visivo permanente. Caleb slacciò il nodo della benda e ciò che mostrò a Willow distrusse in un attimo tutte le teorie che avevano affollato la mente della ragazza per tutti quei mesi. due cicatrici parallele attraversavano la parte di volto coperta fino a pochi attimi prima dalla benda partendo da poco sopra lo zigomo e finendo poco sopra la sopracciglia. La corvina allungò timidamente la mano per sfiorare quelle ferite e Caleb la incoraggiò prendendole gentilmente la mano e facendole toccare le zone che non gli procuravano dolore.

"Una notte, un ladro entrò in casa mia" incominciò a raccontare Caleb poco dopo aver lasciato la mano della ragazza. "Io mi ero svegliato perché avevo sete e lo vidi mentre cercava qualcosa di valore. Anche lui si accorse di me e iniziò a minacciarmi con l'attizzatoio che avevamo lasciato nel focolare..." Caleb si fermò e la sua fronte si corrugò. Era come se rispolverare quei ricordi gli procurasse un dolore sia fisico che mentale. Willow si affrettò a dirgli che non era necessario continuare quel racconto ma Caleb replicò dicendo che l'unico modo per superare quel trauma era parlarne il più possibile alle persone a cui si voleva bene. Si umettò le labbra e riprese a raccontare dal punto in cui si era interrotto:" Urlai per la paura risvegliando così anche i miei genitori. Prima di scappare, il ladro decise che meritavo una 'punizione' per quello che avevo fatto: mi colpì all'occhio con l'attizzatoio arroventato."
"Gothi riuscì a salvare sia me che l'occhio, anche se non funzione più come dovrebbe. Vedo tutto sfuocato ed è per questo porto sempre la benda. Per nascondere questa vergogna agli altri" aggiunse poi dopo una breve pausa.

Un lungo e pesante silenzio si posò su entrambi come una cappa di piombo e nessuno dei due trovò la forza per cercare di liberarsi dal giogo di quelle parole. Quel racconto aveva scosso profondamente Willow e, per diversi minuti, non riuscì a capire cosa potesse spingere un essere umano a comportarsi in quella maniera con un bambino spaventato. Ancora troppo abituata all'atmosfera ovattata della vecchia Uppsala, la ragazza non si era ancora abituata alle varie sfaccettature della sfera emotiva degli umani, alle varie sfumature che il male e la cattiveria delle persone potevano assumere. La sua mente fu attraversata da un lampo di genio: forse aveva trovato il modo per alleviare il dolore fisico di Caleb. Con un movimento rapido ma allo stesso tempo delicato, Willow posò due dita della mano sotto l'occhio ferito dell'amico e sussurrò parole che il ragazzo non comprese. Una strana sensazione, simile al sollievo che si prova quando viene applicato un balsamo ad una ferita, pervase il volto di Caleb, privandolo del dolore fantasma che l'occhio gli procurava. Guardò Willow stranito e la ragazza lo implorò con lo sguardo di non parlare a nessuno di quello che aveva fatto.
"Promesso" disse poco prima di abbracciarla, sussurrandole nel mentre un grazie all'orecchio. Per un momento, Caleb desiderò che quell'abbraccio durasse per sempre.

***

Nel momento esatto in cui Arcadia aveva varcato la soglia del tempio, la mente di Karl fu pervasa da una strana sensazione. Il ragazzo non sapeva definirla, era come se una tenaglia gli stringesse la bocca dello stomaco, procurandogli un pesante disagio. Dopo pochi minuti Karl decise di andare ad assicurarsi che Arcadia stesse bene. Scartando le strane creature a guardia del tempio, le quali si erano rivelate piuttosto lente, Karl s'infilò nello stesso cunicolo in cui era entrata Arcadia. Man mano che procedeva in quel corridoio, il ragazzo sentiva che quella strana sensazione si faceva sempre più forte e che si stava arrampicando sempre più in alto, liberandolo da quel fastidio che lo aveva pervaso precedentemente; cuore, polmoni, gola e infine testa furono toccati in rapida successione da quello che si stava trasformando in un fastidioso dolore che si depositò nella parte posteriore  del cranio, proprio sopra l'attaccatura del collo.

Karl sbucò in una stanza quadrata dal soffitto decorato con quello che un tempo doveva essere uno splendido mosaico ma che ora era stato quasi completamente rovinato dai ghiacci. Tuttavia, l'aria, al contrario di quella esterna, era molto mite, quasi calda. D'un tratto, il dolore si affievolì sempre più fino a scomparire del tutto; finalmente libero da quel dolore, Karl si dedicò ad esplorare la stanza in cerca di un qualche sbocco per altri corridoi. Non trovandone, il ragazzo si voltò e vide che anche la porta da cui era entrato era sparito. Preso da un senso di ansia che si faceva sempre più opprimente, Karl esaminò i mattoni che avevano ricoperto l'entrata cercando un qualche meccanismo che l'aiutasse a fuggire da quella stanza.

"È inutile" lo ammonì una voce proveniente dal fondo della stanza. Aguzzando la vista, Karl riuscì a notare una figura seduta in un angolo buio della stanza. La figura si alzò lentamente e altrettanto lentamente uscì dal suo cono d'ombra, rivelando così la sua identità: Bjorn squadrava Karl con uno sguardo sprezzante. Il biondo indossava una giubba senza maniche coperta da una corazza e un paio di pantaloni rivestiti dal ginocchio in giù con degli scrinieri. Da dietro la spalla destra spuntava l'elsa di una spada. "L'unico modo per uscire da questa stanza è superare una prove" disse Bjorn mentre estraeva la sua arma. "E credo che tu sia la mia prova" aggiunse mentre puntava la spada verso Karl, il quale rispose alla provocazione del suo avversario sguainando a sua volta la sua spada.

"Permettimi di farti una domanda prima di iniziare: perché fai tutto ciò?" chiese Berkiano mentre assumeva una posizione di guardia.

"Diciamo che ho un obbiettivo" rispose Bjorn continuando a mantenere un'espressione strafottente. "Conosci la storia dei Sigilli?" chiese il biondo a sua volta.

"So che possono aprire e chiudere la porta della dimensione in cui è stato rinchiuso un demone"

"Ma non sai che possono prendere il controllo su di esso!"

Bjorn coprì la distanza che lo separava da Karl con un balzo incredibile che spaventò Karl. Il biondo menò un fendente discendente che il suo avversario parò a fatica: Karl sentì riverbrare l'onda d'urto per tutto il corpo e fu costretto ad arretrare di qualche passo per potersi liberare della spada avversaria. I due si scambiarono alcuni colpi e Karl ne approfittò per studiare il suo avversario: la muscolatura non aveva subito grandi miglioramenti dal loro precedente scontro. Karl spostò poi la sua attenzione all'arma di Bjorn: la spada era corta e sottile e, ad uno sguardo meno attento, poteva sembrare più una daga. Il moro non riusciva a capire come fosse riuscito Bjorn a sfoderare un colpo così potente. D'un tratto un'intuizione attraversò veloce la sua mente: Karl sferrò un calcio al suo sfidante, il quale rotolò per un paio di metri per cercare di evitarlo. Il moro approfittò di quel momento di pausa per confermare la sua intuizione: aveva letto, infatti, che alcune persone grazie ad un incantesimo acquistavano una forza ed un'agilità strabilianti. Un'altra ipotesi andava formandosi nella mente di Karl, ma il ragazzo la scartò subito poiché la riteneva troppo assurda. Per un momento si era dimenticato che la parola "assurdo" in quei mesi aveva perso completamente il suo valore.

Nel frattempo, Bjorn si era rialzato e guardava con astio Karl, il quale notò che gli occhi del suo avversario avevano assunto una colorazione piuttosto strana: erano diventati color dell'ambra.

"Non può essere..." mormorò il moro mentre arretrava di qualche passo.

 "Allora non sei intelligente come dicono" lo schernì Bjorn. La sua voce era diventata ancora più profonda, quasi animalesca.

Il corpo del biondo fu scosso da uno spasso che lo costrinse a piegarsi in avanti. Il suo corpo iniziò a mutare e grida di dolore accompagnarono la trasformazione, fendendo l'aria e straziando le orecchie di Karl. Il volto del ragazzo si allungò, assumendo così una forma che ricordava molto quella di un lupo; i suoi denti si trasformarono in una schiera di zanne accuminate mentre le sue pupille si riducevano a due fessure nere in mare ambrato. La schiena s'incurvò e le unghie di Bjorn si allungarono trasformandosi in artigli micidiali. Completata la trasformazione, il ragazzo si rialzò e con estrema calma ripose la spada nel suo fodero, dopodiché ruggì facendo tremare ogni fibra del corpo di Karl.

"Hai paura Karl?" chiese Bjorn, incutendo ancor più timore nel suo sfidante.

Karl si maledì per essere entrato in quel tempio di notte. Sentiva che la paura si stava impadronendo della sua mente e fece di tutto per tenerla bada, ben consapevole del fatto che non poteva combattere contro Bjorn e contro sé stesso allo stesso tempo.
"No..." replicò mentendo spudoratamente. "Hai un potere magnifico e non lo usi per aiutare gli altri. Potresti procurare gioia alle persone, potresti essere amato..."

"Sta' zitto" latrò Bjorn poco prima di attaccare Karl, afferrandone la spalla destra e affondando gli artigli fino a sentire l'articolazione della spalla per poi scagliarlo contro la parete. "L'amore di cui tu parli non esiste!" urlò poi mentre affondava gli artigli ripetutamente nel corpo di Karl, macchiando la sua corazza del sangue del ragazzo.
"Esistono solo due cose in questo mondo: la paura e la riverenza che essa provoca" ribadì ancora Bjorn prima di sferrare l'ennesimo colpo che Karl riuscì a prevenire con un rapido fendente che squarciò la corazza di pelle del biondo, procurandogli anche un taglio che guarì quasi all'istante. Karl cercò di allontanarsi dal licantropo, aggrappandosi alla lama per attraversare la pozza di sangue che si era creata ai suoi piedi: le ferite continuavano a sanguinare ma il moro tenne duro nonostante la vista continuasse ad annebbiarsi. Cercò di tamponarsi una delle lacerazioni al petto mentre il suo respiro si faceva sempre più pesante. "Non voglio morire, non qui" pensò mentre una paura cieca si impossessava del suo corpo: Karl si sentiva come la preda conscia di non avere speranze di vittoria, mentre Bjorn aveva un'espressione ferale e allo stesso tempo tronfia. Quel bastardo si stava godendo quel gioco, assaporando ogni momento di sofferenza del Berkiano e soddisfacendo la sete di vendetta che aveva covato fin dallo loro primo incontro. Dagli occhi ambrati traspariva ancora l'odio che Bjorn provava per Karl, il quale decise di sfruttare quel sentimento per cercare di guadagnare tempo.

"Perché mi odi?" chiese Karl a fatica mentre un rivolo di sangue gli colava dalla bocca.
Quella domanda provocò una grassa risata a Bjorn, trasformata in un rantolo odioso dalla sua trasformazione. "Io non ti odio Karl" disse una volta ripresosi. "Io odio le persone come te, uomini e donne che, pur avendo i mezzi per imporsi sugli altri, non li sfruttano e si mettono al servizio dei più deboli diventando poco più che degli zerbini" aggiunse poi.

"Io non sono uno zerbino"

"O sì che lo sei" replicò il biondo. "Pensa per un attimo a quello che ti è successo in questo anno: le persone che ti circondano ti commiseravano"

Bjorn iniziò a camminare intorno a Karl continuando il suo discorso. "Mi sembra di sentire ancora le loro voci:' Povero ragazzo, due lutti così forti in così poco tempo.'. Karl, la loro pietà era intrisa di malvagità"
"Ma qualcosa poi è cambiato: tutti sono diventati gentili e affidabili, tutti erano pronti a tenderti una mano. Avevano, anzi, hanno paura di te perché hai domato un Ali Cremisi, una creatura che potrebbe spazzarli via in un secondo." A quel punto, Bjorn fece una lunga pausa per recuperare il fiato, poi indietreggiò e riprese il suo sermone:"Potevi avere la tua vendetta, ma hai deciso di diventare uno dei loro cani da guardia. E i cani da guardia non meritano di vivere!"
Il biondo scattò in avanti pronto a menare l'ultimo colpo di quel duello. Karl chiuse gli occhi e i suoi ultimi pensieri andarono ai suoi amici, ad Arcadia e alla sua famiglia. Per un attimo, il moro sorrise all'idea di poter riabbracciare il padre e il fratello. Ma quella possibilità sfumò poiché un tonfo sordo costrinse Karl a riaprire gli occhi. Il suo avversario aveva cozzato contro uno scudo di energia rossa che si era frapposto tra lui e Karl. Poco dopo, il moro si accorse che anche le sue ferite si erano miracolosamente rimarginate.

"Allora non avevi finito i trucchi a tua disposizione" si lamentò Bjorn mentre sguainava nuovamente la sua lama.

I due iniziarono nuovamente una danza mortale: le spade s'intrecciavano s'intrecciavano come serpenti attorno ad una preda in un miscuglio di colpi informi ma letali. Cozzavano tra di loro formando una melodia di strida e scintille, veloce ed incalzante come il più disinibito dei balli. Karl faticava a mantenere quel ritmo forsennato per colpa del dolore che proveniva dalle ferite appena rimarginate. Anche Bjorn respirava a fatica poiché aveva cominciato ad assumere sembianze sempre più umane, forse a causa dell'indebolimento dell'energia proveniente dalla Luna. Le forze stavano abbandonando il Rinnegato, ma egli decise comune di  tentare un ultimo, disperato assalto. Si lanciò contro Karl e lo ingaggiò in un corpo a corpo, sfruttando il rimasuglio della sua forza sovrumana per liberarsi di entrambe le spade. I due rotolarono per un paio di metri e il moro fu tempestato da una serie di pugni fino a quando non riuscì a ribaltare la situazione con un veloce colpo di reni. Iniziò a colpire Bjorn, caricando i suoi pugni con tutta la furia e la forza che aveva in corpo ignorando al contempo il dolore che si faceva sempre più sordo.

Un rumore sordo precedette l'apertura di una porta sul muro di destra. "Finalmente..." mormorò Bjorn mentre sgusciava via dalla presa di Karl, il quale gli chiese cosa intendesse dire.
"Boadicea ha concluso il suo compito" rispose il Rinnegato mentre si asciugava con il braccio un rivolo di sangue che gli usciva dal naso tumefatto. "Se fossi in te, andrei a cercare la tua amica... Sempre che sia ancora viva" aggiunse mentre recuperava la sua spada.
Prima di avviarsi all'esterno del tempio, Bjorn rivolse per l'ultima volta la parola a Karl:"Karl, oggi hai vinto tu, ma la prossima volta che ci scontriamo ti giuro che ne uscirai in un telo per morti"
Karl non diede peso a quelle parole e si lanciò a grande velocità lungo il corridoio che portava al cuore del tempio, pregando tutti gli déi che gli venivano affinché le parole di Bjorn riguardo Arcadia non fossero vere.     

***

Arcadia camminava lenta per il corridoio ghiacciato che lo spirito aveva creato solamente per lei, per permetterle di poter recuperare prima del nemico il Sigillo. Stringeva in una morsa letale l'arco che Karl le aveva regalato nel tentativo di sentire la presenza del ragazzo più vicina, per trarne il coraggio necessario per combattere contro il suo avversario. Si maledì per non aver portato con sé l'accetta o qualsiasi altra arma per potersi difendere in un eventuale corpo a corpo. Un passo dopo l'altro, i pensieri di Arcadia si affollavano sempre di più attorno a quella donna con cui aveva combattuto su quell'isola. Si ricordava dello sguardo furente che le aveva rivolto quando era riuscita a ferirla al fianco, di come aveva giurato di fargliela pagare. Per un momento, Arcadia ebbe il presentimento che fosse proprio quella donna il suo avversario. Rabbrividì al solo pensiero e cancellò quell'ipotesi dalla sua mente con un veloce gesto della mano.

La seconda persona attorno alla quale i suoi pensieri si erano affollati era suo padre: ormai Hiccup o chi per lui aveva già provveduto a catturare il suo falco messaggero e ad arrestarne il proprietario. Per un attimo i rimorsi attanagliarono il cuore di Arcadia, la quale si convinse che denunciarlo non era stata una mossa intelligente. Si diede della stupida per aver pensato ad una cosa del genere: suo padre non aveva agito correttamente, aveva tradito le persone con cui aveva condiviso i suoi momenti più belli e, cosa forse molto più grave, aveva tradito gli stessi ideali che aveva inculcato ad Arcadia con forza quando ella era ancora piccola, quasi un'infante. Doveva pagare perché aveva distrutto la sua famiglia. L'unica che si sarebbe rifiutata di credere ad una cosa del genere era la madre di Arcadia, una donna esile e dall'indole passiva che durante gli anni di matrimonio era diventata dipendente dal marito come un ubriacone dal vino. Ma alla fine anche lei se ne sarebbe fatta una ragione, Arcadia ne era sicura.

Dopo quelle che parvero ore, la corvina riuscì ad arrivare alla fine del corridoio. Sbucò in una piccola stanza anch'essa ricoperta di ghiaccio, solo che questo ghiaccio era stato levigato in modo tale da poter riflettere, seppur con qualche imperfezione, le persone e gli oggetti all'interno della camera; al centro della stanza c'era una stalattite sulla cui punta era stato incastonato il monile che lo spirito aveva mostrato ad Arcadia. La ragazza allungò con cautela la mano, arrivando a sfiorare con la punta delle dita solo per essere interrotta dalla foce fredda, anzi, glaciale di una donna. Dall'altre parte della stanza emerse Boadicea, la guerriera che aveva giurato di ucciderla. Camminava con un passo altero avvolta nella sua armatura di cuoio e, forse per intimidire ancor di più Arcadia, faceva roteare minacciosa la sua lancia. I capelli, biondi e stranamente più lunghi di quello che Arcadia si ricordava, erano raccolti in due lunghe code laterali che davano al suo volto candido un aspetto infantile.
Arcadia arretrò intimorita, stringendo ancor di più le dita intorno all'arco fino a farsi sbiancare le nocche. Era spaventata, non tanto dalla lancia della donna, ma dal suo sguardo che conformava un contrasto stridente col resto del suo volto: erano iniettati d'odio, un odio che sembrava più profondo di quello che Arcadia avesse mai osato concepire. Un sorriso malsano si dipinse sul volto di Boadicea mentre sferrava un fendente con la lancia che Arcadia parò a fatica con l'arca. La corvina prese le distanze dalla donna con una serie di acrobazie, dopodiché incoccò veloce una freccia e la scagliò contro la mano della bionda. Altre tre frecce seguirono la prima ma furono tutte evitate o deviate dall'arma di Boadicea. Arcadia tuttavia approfittò di un attimo di distrazione della donna per sferrare una serie di calci che la bionda riuscì comunque ad annullare.

"Mi piace la furia con cui stai combattendo" commentò Boadicea soddisfatta mentre si asciugava le gocce di sudore. "Potrei anche risparmiarti la vita" aggiunse poi mentre caricava un affondo.

"Questa volta ho qualcosa per cui vivere" replicò Arcadia poco prima di evitare il colpo rotolando di lato. Dopodiché, sferrò un colpo al ginocchio destro di Boadicea costringendola ad inginocchiarsi e poi la colpì con l'arco, sfregiandole il volto candido. La donna si rialzò, ricoprendo nel mentre di insulti la corvina, la quale conficcò una freccia nella spalla di Boadicea.

"Lurida puttanella" latrò la bionda mentre veniva colpita da una seconda freccia al braccio.

"Da che pulpito" commentò sprezzante la Berkiana mentre un sorriso di scherno s'impadroniva del suo volto.

Arcadia si voltò per afferrare il Sigillo quando fu colpita al fianco da qualcosa.  Un piccolo taglio sanguinante si era formato sul suo fianco sinistro e la causa era stata la lancia di Boadicea o, per meglio dire, Boadicea stessa. Con grande stupore, Arcadia si accorse che le sue frecce erano scomparse e che la bionda era libera, seppur ferita e sanguinante. La corvina fu costretta ad evitare un secondo colpo e si ritrovò contro uno dei muri di ghiaccio. La paura invase la mente della ragazza, la quale perse il controllo e si lasciò sfuggire di mano l'arco. Era disarmata e Boadicea l'avrebbe uccisa senza pietà, fregandosene di qualsiasi codice d'onore. Un sorriso macabro s'impossesso del volto della donna, trasformandolo in una maschera grottesca.

"Che fine hanno fatto le mie frecce?" chiese Arcadia, cercando di guadagnare tempo.

 "Lo spirito non ti ha spiegato cosa succede agli oggetti che vengono in contatto con queste mura, vero?" chiese a sua volta la bionda abbandonandosi poco dopo ad una risata inquietante proprio come il suo sorriso. "Quello che ricopre queste pareti non è ghiaccio, stupida" disse dopo essersi ripresa dalla risata. "È un materiale speciale che assorbe gli oggetti con cui viene in contatto. Ci vuole un po' di tempo, a seconda dell'oggetto" aggiunse poi.

"Hai vinto, prendi il Sigillo e vattene" disse Arcadia trattenendo a fatica le lacrime.

"Ho un'ultima cosa da fare" disse Boadicea prima di affondare con un solo colpa tutta la punta della lancia nello stomaco di Arcadia. La bionda ritirò l'arma e Arcadia sputò un grumo di sangue prima di accasciarsi a terra stringendosi lo stomaco. Dopo pochi secondi, una pozza di sangue inghiottì i capelli della ragazza, trasformandoli in un ammasso indefinito.

"Salutami il tuo ragazzo appena lo vedi" disse Boadicea dopo aver recuperato il Sigillo, abbandonando la stanza con un sorriso tronfio sulle labbra.

***

Piccole nuvolette di respiro condensato uscivano ad intervalli regolari dalla bocca di Karl, il quale stava combattendo contro le fibre dei suoi muscoli per poter proseguire quella corsa disperata. ogni passo provocava una fitta dolorosa che improvvisa si propagava per tutto il corpo del moro, arrivando più di una volta a mozzargli il fiato. La vista continuava ad andare e venire, come se il suo corpo stesse ancora subendo gli effetti del dissanguamento subito durante il combattimento contro Bjorn. Per un attimo, Karl si ritrovò a formulare teorie su quello scudo che si era formato proprio nel momento del bisogno: nel momento esatto in cui lo vide, il ragazzo fu travolto dalla stessa sensazione che aveva provato al contatto con il Sigillo rosso. Sentiva tuttavia che quello scudo fosse qualcosa di diverso, qualcosa di malleabile, qualcosa di vivo. Karl si chiese quale fosse la relazione tra quello strano bracciale e quello scudo. Fu tentato di fermarsi per poter formulare un'ipotesi o un qualsivoglia ragionamento logico su quel fatto, ma la figura di Arcadia si presentò con una forza impressionante nella mente del ragazzo costringendolo a continuare la sua personale maratona.

Arrivò nella stanza del Sigillo col volto ridotto ad una maschera di sudore e stanchezza. Si fermò e un dolore lancinante al fianco destro lo costrinse a piegarsi in avanti e quasi cadde. Dopo un paio di minuti si rialzò e quello che vide spezzò definitivamente il suo corpo. Alla vista delle condizioni in cui versava Arcadia Karl perse completamente il controllo del suo corpo: cadde in ginocchio mentre  un fiume di lacrime iniziò a sgorgare copioso dai suoi occhi. Si avvicinò al corpo dell'amata e lo accolse tra le sue braccia, stringendolo a sé mentre mormorava il nome di Arcadia seguito da una serie di singhiozzi. Urlò, liberando tutta la sua sofferenza in quell'acuto stridente. Strinse ancora di più il corpo di Arcadia ed iniziò a cullarlo, desiderando ardentemente che la Morte falciasse anche la sua anima.

I due rimasero in quella posizione per molto tempo tant'è che dalla piccola finestrella posta sopra allo strato di ghiaccio penetravano i primi, deboli raggi di sole. Una luce ancora più forte oscurò quei raggi, destando l'attenzione di Karl. Egli vide una donna avvolta in una veste candida vergata di nero. I suoi capelli erano lunghissimi e mossi da un soffice vento che aveva iniziato a soffiare poco prima della comparsa della donna; i suoi occhi erano completamenti neri, come nere erano le striature che attraversavano sia il volto che le braccia, segno che quella donna non aveva nulla di terreno. Si avvicinò ai due ragazzi con un passo leggiadro, stando attenta a non toccare il sangue quasi rappreso di Arcadia.

"Chi sei?" domandò Karl a fatica.

"Il mio nome non ha importanza" disse la donna mentre si chinava su Arcadia e posava una mano sul petto della ragazza. "Non toccarla!" esclamò Karl guardando con astio la donna.

"Non ho intenzione di farle del male" disse la donna. "Posso salvarla" aggiunse poi spiazzando Karl.

"Cosa?!"

"La tua amata non è ancora morta. La sua anima è ancora legata al corpo, anche se il legame si sta indebolendo sempre più" spiegò la sconosciuta. "Posso riportarla indietro" aggiunse poi.

"Ti prego, fallo"

"Calma ragazzo, voglio qualcosa in cambio"

"Cosa vuoi?"

"Voglio che tu diventi il mio Vassallo. Io ho sempre desiderato visitare il mondo ma posso apparire solo in questi templi. Giurandomi fedeltà, diverrai i miei occhi e le mie orecchie nel mondo esterno"

"Accetto"

"Non è una decisione da prendere a cuor leggero"

"La mia vita non vale nulla senza Arcadia. Ti prego, salvala"

La donna sospirò, dopodiché appoggiò nuovamente una mano sul torace di Arcadia. Una luce si sprigionò dalla mano dello spirito e, pian piano, il sangue cominciò a ritornare nel corpo della corvina. Il processo durò alcuni minuti e Karl sentì una strana ombra prolungarsi nella sua mente, nascondendosi in un angolo della sua mente e rifiutandosi di rivelare la propria identità. Una volta completata l'operazione, la donna si alzò e disse:" Appena avrete lasciato il tempio si riprenderà"
"Grazie"
"Non ringraziarmi, ho solo fatto la mia parte"

Detto questo, la donna svanì in una nube accecante lasciando con un gusto amaro in bocca.  
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+ Angolo dello scrittore in erba +
Quasi mi vergogno a scrivere questo piccolo spazio. Sono cinque mesi e dieci giorni che non aggiorno questa storia. Diciamo che ho avuto un blocco piuttosto duro che mi ha portato a riflettere su questo lavoro: Watst è un progetto ambizioso, forse fin troppo. Sono giunto alla conclusione che questa storia ha bisogno di molta più cura rispetto agli altri e che quindi non potrò postare capitoli in maniera continua. Questo non vuol dire che metterò in pausa questa storia, tutto il contrario, vuol dire che i capitoli saranno dilazionati nel tempo. Spero che continuerete a seguire comunque questa storia e vi invito a lasciare una recensione anche solo per esprimere il vostro disappunto riguardo a questa mia decisione.
Un saluto \0-0/
Rovo

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Capitolo 26
*** Capitolo XXV: Glassy Sky ***


Capitolo XXV
- Glassy Sky -

Nel momento esatto in cui la donna misteriosa era sparita in una nuvola cerulea, gli occhi di Arcadia si aprirono e un sussulto scosse il suo corpo, piegando in maniera innaturale i suoi arti. Un urlo straziante esplose dal fragile corpo ancora dilaniato della corvina, un urlo che costrinse Karl a tapparsi le orecchie per evitare di perdere il suo udito. Cadde a terra il ragazzo e poi si allontanò dal corpo della sua amata, indietreggiando sempre più fino a finire con la schiena contro la parete fredda, il quale era ancora sconvolto dai continui sussulti. Pianse Karl, pianse per la sua impotenza davanti alla sofferenza di Arcadia, per non essere riuscito a salvarla, per averle permesso di entrare nel tempio da sola. Si odiò per essere stato così debole da non aver eliminato Bjork la prima volta che l'aveva incontrato: se solo l'avesse fatto, nessuno dei due avrebbe rischiato di morire ingiustamente quella notte. Giurò vendetta, Karl, di uccidere chiunque fosse responsabile di quel cataclisma che aveva investito e quasi distrutto la sua vita, promise di portare in trionfo la sua testa mozzata e di darla poi in pasto a Rubyn. E l'avrebbe fatto, anche se gli fosse costata la sua anima.
Dopo aver compiuto il suo giuramento, Karl si obbligò ad ascoltare le ultime, strazianti urla di Arcadia, come a voler sottolineare che non si sarebbe tirato indietro da quella promessa. Il dolore della sua amata divenne il suo, le sue urla furono le sue, la sua rinascita fu la genesi di un nuovo Karl, una persona che nessuno si sarebbe mai aspettato di vedere. Un Karl assettato di sangue, un Karl che della pietà non sapeva più cosa farsene. Un Karl che avrebbe lasciato il suo marchio nella storia di Berk, una persona di cui tutti si sarebbero ricordati fino alla fine dei loro giorni, un nome di cui tutti avrebbero avuto paura.

Il calvario di Arcadia durò ancora diversi minuti, che parvero al Cavaliere secoli. Aveva smesso di versare lacrime e oramai le orecchie non gli dolevano più quando il corpo della corvina smise di agitarsi in preda alle convulsioni. Karl si alzò a fatica e, barcollando, si avvicinò alla sua ragazza: sembrava dormire un sonno incantato che la faceva apparire bella, infinitamente più affascinante. Con delicatezza, il vichingo sollevò il corpo della ragazza dopo aver recuperato il suo arco e si affrettò, nel limite del possibile, a uscire da quell'incubo di ghiaccio. Un passo dopo l'altro, Karl vagava per il tempio, guidato da una specie d'istinto, imboccando corridoi e arrivando poi in una stanza con tre stalagmiti al centro, le quali vibrarono di una luce intensa che accecò il ragazzo. Quando riaprì gli occhi, egli vide un nuovo spirito dal corpo di donna davanti a lui che guardava affranta Arcadia. Dopo pochi secondi, il suo sguardo si spostò su Karl.
"Hai la minima idea di cosa hai fatto?" chiese lo spirito, la voce intrisa di preoccupazione.
"So solo che l'ho salvata, non mi serve sapere altro" replicò Karl mentre avanzava.
"Ma nel salvarla hai condannato te stesso, Karl. Colei con cui hai stretto un patto non dimentica e, prima o poi, prenderà ciò che le hai promesso"
"Io non le ho promesso nulla, spirito"
"Ed è qui che ti sbagli, portatore del Sigillo. Lei prenderà, quando lo crederà opportuno, una parte della tua umanità. E ho paura che lo abbia già fatto, a giudicare dalla freddezza del tuo sguardo"
"So di aver perso qualcosa... È come se fosse morta una parte di me oggi al posto di Arcadia, Ma non m'interessa".
"Sei davvero disposto a sacrificarti per questo amore giovanile?"
Karl diede le spalle allo spirito e sospirò. In parte, ella aveva ragione: quello tra lui ed Arcadia era un amore adolescenziale che, per quanto profondo e forte fosse, probabilmente non sarebbe durato più di una manciata di anni. Ricordava ancora, Karl, quando suo fratello gli aveva raccontato del suo primo amore, finito dopo appena un anno, e di quelli successivi, che erano stati ancora più corti. Valeva davvero la pena sacrificarsi per un sentimento così precario? Valeva la pena dare via qualcosa di sé stessi a qualcun'altro per poi vivere con il timore che quella persona si sarebbe sbarazzata, presto o tardi, di quel pezzetto del proprio amante?

Appena finì di formulare quelle domande nella sua mente, il ricordo dell'amore che i suoi genitori provavano l'uno per l'altra si mostrò a Karl. Sorrise il ragazzo ripensando ai suoi genitori, a quel sentimento così forte che durava anche dopo la morte. D'un tratto i suoi dubbi sparirono, completamente annichiliti da quelle immagini. Si voltò verso lo spirito e sorrise di nuovo prima di parlarle.
"Ne è valsa la pena, te lo posso assicurare. L'ho fatto non per quel poco che abbiamo vissuto nelle settimane in cui siamo stati insieme, ma per ciò che ci aspetta. Per gli anni di felicità, di amore, di litigi e di riappacificazioni che ci aspettano. Potrai pure considerarmi egoista oppure uno sprovveduto, ma io ho scommesso sul nostro futuro, sulla nostra felicità. E questa è una scommessa che non voglio perdere" disse Karl mentre guardava dritto negli occhi lo spirito.
"Voi umani confidate troppo nel futuro..."
"Ascoltami, so che probabilmente tu non puoi capire perché apparteniamo a due mondi diversi ma io confido nella scelta che ho fatto. So di non essermi sbagliato"
"Sei libero d credere ciò che vuoi su noi spiriti o sugli déi, Karl. Posso assicurarti una cosa, tuttavia, giovane vichingo: un tempo io ho conosciuto la stessa passione che ora brucia il tuo cuore e decisi di seguirla fino in fondo. E le conseguenze furono funeste" disse lo spirito mentre si avvicinava a Karl. Appoggio una delle sue mani traslucide sulla guancia del ragazzo, e il suo sguardo si addolcì. "Oggi hai strappato un'anima alla Morte e, quando tutto questo finirà, sarai costretto a strapparne una alla Vita. Hai intaccato un equilibrio ancestrale che dovrai poi risanare: non sarai più quello che sei ora"
"Chi sei tu? Come fai a sapere tutto questo?" si decise a chiedere il ragazzo mentre toglieva con delicatezza la mano gelata dello spirito dalla sua faccia.
"Io sono ciò che rimane di colei che ha amato la donna che ha salvato Arcadia. E conosco ciò che ti succederà perché l'ho vissuto in prima persona, secoli or sono"
"Io non capisco quello che stai dicendo... O forse non voglio saperlo".
Le stalagmiti brillarono nuovamente e un vento freddo, più freddo della mano dello spirito e di quello che aveva soffiato quando i Cavalieri si stavano dirigendo verso il tempio. Lo spirito si coprì gli occhi con la mano e arretrò, come se fosse intimorita da quel bagliore. Una volta che la luce si spense, lo spirito si rivolse nuovamente a Karl: "Non posso più rimanere qui, il mio tempo è scaduto purtroppo"
"Non puoi andartene così, ho delle domande da farti..."
"Ci rincontreremo, giovane guerriero. Quando tornerai sulla tua isola natia, vieni al piccolo tempio della foresta di Berk durante una notte di Luna nuova. Io sarò lì ad aspettarti" disse lo spirito prima d'iniziare a dissolversi nell'aria.

Prima che Karl potesse aprir nuovamente bocca, lo spirito era già completamente scomparso lasciando dietro di sé un groviglio di dubbi che il ragazzo non poteva dipanare. Mille domande vorticavano feroci nella sua mente, accavallandosi l'una sull'altra e mescolandosi, generando così un'enorme e caotica cacofonia: che significato celavano le parole dello spirito? Perché era apparsa proprio ora? In cosa assomigliavano la sua storia e quella di Karl? E chi avrebbe dovuto uccidere Karl per ristabilire l'equilibrio che aveva incrinato? Bjorn? Dagur? Sé stesso? la testa iniziò nuovamente a fargli male e così il ragazzo decise che avrebbe affrontato le conseguenze di ciò che aveva fatto più avanti, quando avrebbe avuto la mente più lucida e i nervi più saldi per analizzare razionalmente ciò che gli era successo. Sempre che gli eventi di quella notte fossero analizzabili attraverso la ragione... Di una cosa Karl era sicuro: non avrebbe raccontato a nessuno di ciò ce era successo, del "recupero" dell'anima di Arcadia e della sua chiacchierata con lo spirito né tantomeno della strana aura che l'aveva avvolto nello scontro contro Bjorn. C'era già troppa carne al fuoco e aggiungerne di nuova non avrebbe fatto altro che far preoccupare di più coloro che amava, i suoi familiari in primis. Avrebbe interrogato Willow sulla natura del suo nuovo "potere" non appena la ragazza sarebbe tornata con Caleb dal suo viaggio a Uppsala.
Con passo lento e grave, Karl iniziò ad avanzare lungo il corridoio che avrebbe dovuto riportarlo dal resto della sua squadra. Mentre camminava, il ragazzo sentiva qualcosa dentro di sé farsi sempre più pesante: era la consapevolezza di mentire a coloro che si fidavano di lui.

***

Pizzicava l'occhio di Caleb, pizzicava da morire, così tanto che forse il ragazzo avrebbe preferito lasciarlo com'era prima se solo l'avesse saputo. Erano passati tre giorni da quando Willow aveva lanciato sul vichingo quello che il ragazzo pensava che fosse una specie d'incantesimo e la sua vista era migliorata parecchio, tant'è che riusciva a vedere in maniera definita i contorni degli oggetti circostanti e alcuni dettagli se si sforzava. Volava a cavallo del suo Scalderone senza la benda, cercando di allenare il più possibile il suo occhio e di riabituarsi il più possibile ad utilizzare solo un occhio. Con le braccia di Willow strette intorno alla vita e la benda che gli pendeva dal collo, Caleb si lanciava in spericolate acrobazie che facevano urlare di paura e di sorpresa la sua passeggera e di gioia lui: sentiva di poter toccare il cielo con un dito.

Willow, d'altro canto, pregava tutti gli déi che le venivano in mente, anche quelli a cui non si era mai rivolta, affinché quella tortura che tanto piaceva al suo compagno di viaggio finisse nel minor tempo possibile. Ciononostante, vedere Caleb divertirsi procurava una strana sensazione alla giovane sacerdotessa, un sentimento mai provato prima che andava oltre la felicità: era la consapevolezza di aver migliorato sensibilmente la vita di qualcuno, anche se non era riuscita appieno nel suo intento, ovvero riparare completamente l'occhio di Caleb. Ma era ben conscia che il suo piano andava ben oltre le sue capacità. Willow appoggiò la testa contro la spalla del ragazzo e chiuse gli occhi, continuando le sue mute preghiere ma attenuandone le richieste. Si era convinta che quelle acrobazie e quelle risate facessero bene allo spirito di Caleb, limitato ed oppresso per anni da un'incapacità così prepotente e ora libero di potersi, seppur ancora con qualche limite, avventurare in campi che desiderava da tempo esplorare.

Lo spettacolo di Caleb andò avanti per alcuni minuti poi il suo drago, non abituato a quegli esercizi così complicati e faticosi, planò dolcemente verso quello che sembrava un ammasso di roccia poco più grande di un isolotto. Atterrò con delicatezza e fece scendere i suoi passeggeri, rifilando un colpo leggero di coda al suo Cavaliere come a sottolineare che lui non aveva più intenzione di lanciarsi in giravolte e cabrate per molto tempo. Dopodiché si gettò in acqua e cominciò a nuotare, ignorando i richiami e le lamentele di Caleb e godendosi quei momenti di rilassamento.
"Vedo che è leggermente alterato..." commentò con fare scherzoso Willow.
"Non ha il diritto di trattarti... ehm, trattarci così" replicò il ragazzo.
"Hai voluto che facesse delle manovre complicate per quasi due ore, Caleb. Siamo fortunati che non ci abbia fatto cadere in pieno oceano o che, peggio ancora, svenisse per la stanchezza"
"Beh, forse hai ragione tu" disse il vichingo mentre incrociava le braccia e distoglieva lo sguardo da Willow, la quale non perse tempo e si mise a preparare un piccolo bivacco. Estrasse dallo zaino che portava in spalla due forme di pane un pezzo del formaggio che era rimasto e preparò dei panini per entrambi. Ne allungò uno a Caleb e poi si sedette sulla roccia di quell'isolotto e cominciò a mangiare. Caleb addentò con malavoglia la sua porzione e non distolse lo sguardo dall'oceano, cercando di prevedere quando e dove sarebbe spuntato il suo drago. Dopo alcuni minuti, il ragazzo si voltò verso la sacerdotessa e la scrutò per alcuni secondi. Sdraiata lungo un fianco, Willow guardava nel vuoto con lo sguardo perso e Caleb non poté fare a meno di paragonarla alle sirene, a quelle creature letali di cui gli aveva parlato il padre di ritorno da una delle sue spedizioni. Quasi senza pensarci troppo, Caleb agguantò il suo taccuino ed iniziò ad abbozzare un ritratto della ragazza, cercando di imprimere con forza sulla carta la scena che stava vedendo. Se ne accorse quasi subito, Willow, e all'inizio decise di far finta di non aver notato nulla per poi chiedere, quando Caleb meno se l'aspettava, come stesse andando il suo ritratto. In lontananza, il drago di Caleb emergeva con prepotenza dall'acqua, generando un'onda di considerevoli dimensioni per poi inabissarsi nuovamente dopo aver visto il suo Cavaliere impegnato in altre faccende.
"Abbastanza bene, ma penso che verrebbe ancora meglio se tu ti girassi" suggerì Caleb mentre arrossiva vivamente. "Mi sto spingendo troppo in là" pensò il ragazzo mentre deglutiva.
"Come desideri, maestro" disse Willow mentre girava il volto verso Caleb, il quale iniziò a tratteggiare i contorni del viso della ragazza. Willow non sapeva perché si stesse prestando a quello spettacolo ma le piaceva essere al centro dell'attenzione di qualcuno per una volta nella sua vita. Non che non lo fosse stata prima, ma coloro che le si erano avvicinati erano più interessati a ciò che sapeva fare piuttosto che alla sua persona. Il silenziò calò trai due, i quali non osarono spezzare quell'atmosfera magica e fragile che si era formata tra loro due.
"Posso chiederti una cosa?" domandò Caleb mentre disegnava con grande precisione il contorno della veste della sacerdotessa.
"Certo"
"Quella... Cosa che mi hai fatto l'altro giorno..."
"Sì, è magia. O, se vogliamo proprio essere precisi, una manipolazione delle energie naturali che si avvicinava molto al concetto di Stregoneria ma che non lo è affatto" rispose lapidaria Willow, interrompendo bruscamente la domanda di Caleb. Lo sguardo della ragazza si fece improvvisamente duro ed accigliato.
"Oh." Questa fu l'unica cosa che Caleb riuscì a dire dopo la scottante rivelazione di Willow. Appoggiò sulla roccia il taccuino ed il carboncino, assumendo nel frattempo un'espressione seria che rivaleggiava con quella della sua interlocutrice. "Come l'hai scoperto? Sempre se posso chiedertelo..." aggiunse poi.
"Poco dopo la morte di mia madre, avrò avuto cinque o sei anni. Le capacità curative si sono manifestate per prime, poi sono arrivate quelle telecinetiche" disse mentre ruotava il polso della mano desta. Mentre compiva quel gesto un flusso d'acqua salata eruppe dall'oceano e dipinse un arco sopra le teste dei due ragazzi per poi depositarsi sotto forma di una grossa sfera di fianco a Willow. Alla vista di quello spettacolo, gli occhi di Caleb si riempirono del suo più sincero stupore e la sua bocca si bloccò a mezz'aria, una frase spezzata a metà. Sorridendo, Willow iniziò a allungare e contrarre le dita, facendo allargare o restringere la sfera a seconda del comando, per poi sollevarla sopra la testa dei due. A quel punto iniziò a modificarla in modo tale che assumesse la forma di una cupola per poi allargarla fino a quando non inglobò dentro di sé lei e Caleb. Mentre la sacerdotessa meravigliava Caleb, il suo respiro si faceva sempre più affaticato come se sfoggiare quei trucchi le costasse una grande quantità di energia, che prontamente esaurì: Willow ebbe un giramento di testa e si lasciò andare a terra mentre la cupola che aveva costruito precipitava addosso ai due ragazzi. Caleb, incurante della sua attrezzatura da disegnatore, si gettò su Willow, fermando la sua caduta prendendola tra la sue braccia e aiutandola a restare in piedi.
"Come vedi, non posso mantenere il mio spettacolo per troppo tempo" disse Willow mentre ansimava, sfibrata dall'uso eccessivo dei suoi poteri.
"Non dovevi sforzarti così tanto, Willow..." replicò Caleb poco prima di lanciare uno sguardo sconsolato al suo taccuino.
"I tuoi... disegni..."
"Non importa, non erano importanti"
Willow si liberò dalla presa di Caleb distesa il braccio nella direzione del taccuino, le dita della mano distanziate al massimo. Con uno scatto fulmineo che Caleb non si aspettava da una persona in quelle condizioni, la sacerdotessa sollevò il braccio e l'acqua che impregnava i fogli si staccò da essi e prese a levitare a mezz'aria prima di essere rispedita in mare da un secondo movimento del braccio.
"Ti chiedo solo una cosa, Caleb" disse la ragazza mentre a fatica si girava verso il vichingo. "Non farne parola con nessuno. Ad Uppsala tutti hanno delle capacità fuori dal comune, ma nel resto del mondo non sarei vista di buon occhio. Perdona la mia pessima scelta di parole..." aggiunse poi mentre si abbandonava all'abbraccio che Caleb le aveva offerto.
"Questo include anche continuare a coprirmi l'occhio, vero?" chiese Caleb mentre stringeva l'amica tra le braccia. "Stupido. Cosa vuoi che sia continuare a portare una benda quando c'è in ballo un segreto così importante..." si maledì mentalmente il ragazzo nel momento in cui le sue labbra si chiusero.
"Purtroppo sì. Ho visto quanto ti ha reso felice liberarti di quella benda e mi costa tantissimo chiederti un tale sforzo. Capirei se non te la sentissi..."
"Non preoccuparti, manterrò il tuo segreto. Continuare a portare la benda non è una cosa importante..."
Willow sciolse l'abbraccio e Caleb, a malavoglia, l'accontentò. La ragazza indietreggiò di alcuni passi, mostrando di aver recuperato quasi totalmente le forze che aveva perso utilizzando i suoi poteri. Rivolse uno sguardo strano al vichingo, Willow, che il ragazzo non seppe interpretare e che lo destabilizzò.
"Allora di cosa ti importa veramente, Caleb?"
"Di te, m'importa di te." Questo avrebbe voluto rispondere il ragazzo, togliendosi così un grande peso dal cuore e squarciando quel velo che ancora lo separava dalla sua amata. Eppure non lo fece, rimase in silenzio divorato dalle sue mille incertezze, da mille domande che non volevano che confessasse i suoi sentimenti. Deglutì e cercò lo sguardo di Willow e cercò di comunicarle, almeno in maniera indiretta, la sua verità. Willow sorrise e, per un momento, il vichingo pensò che avesse capito i suoi sentimenti.
"Dovremmo muoverci" disse la ragazza.
E a quelle parole Caleb sprofondò in un abisso senza fine. In quel momento, egli realizzò che il suo era uno di quegli amori senza speranze.

***

Nonostante le poche ore di permanenza sull'isola in cui era conservato il secondo Sigillo, Matt si era già abituato a combattere sia contro dei mostri di ghiaccio che probabilmente vivevano in quei luoghi da secoli e secoli sia contro il vento boreale che impediva e rallentava i suoi movimenti. Anche se contro i primi non stava veramente combattendo, visto che Karl aveva fatto capire che non aveva intenzione di versare il sangue di quelle creature e di profanare così una terra sacra, il vichingo ci teneva a mantenere almeno una certa facciata per far colpo almeno su Melanie: nei giorni precedenti, infatti, il ragazzo si era sottoposto ad allenamenti intensivi con l'ascia per poter rivaleggiare, almeno in teoria, con le mosse sfoggiate dalla sua ragazza. Tuttavia, Matt era ancora piuttosto lontano dalla bravura della ragazza.
Deciso a far comunque colpo, il vichingo decise di provare una combinazione nuova contro una delle creature: corse verso una delle pareti del tempio e saltò. Dopo aver appoggiato per due volte il piede contro il muro e averlo così scalato, Matt si diede una spinta e si lanciò contro uno dei mostri, ruotando durante il salto in modo tale da guardare in faccia il suo avversario e caricando allo stesso tempo un fendente discendente a due mani. Il mostro schivò il colpo scartando di lato e Matt ne approfittò per ruotare su sé stesso e cercando così di colpire, o almeno di sfiorare, la creatura.
"Davvero notevole, umano" sibilò il mostro mentre bloccava il fendente con colpo dell'artiglio che gli spuntava dal braccio, rivelando una velocità di riflessi notevole.
"Non sono l'unico ad essere sorpreso questa notte, eh?" lo canzonò di rimando Matt.
"Nulla è come sembra a questo mondo, Vichingo. Nulla." La creatura caricò Matt con la stessa velocità con cui aveva deviato l'ascia del vichingo e lo colpì in pieno petto con una spallata che il vichingo non era riuscito a schivare per via delle energie che aveva speso per usare la sua combo spettacolare ed altrettanto inutile. Dopodiché, l'essere di ghiaccio gli strinse il collo in una morsa letale: Matt, incapacitato dalla forza del suo nemico, lasciò cadere l'ascia, la quale si conficcò nel terreno ghiacciato, e cercò di allentare la presa facendo leva sulle dita del mostro. In tutta risposta, la creatura, mantenendo la presa sul suo collo, lo scagliò ripetutamente contro il terreno nel tentativo di fare demordere il ragazzo. Lo tenne bloccato a terra e lo fissò dritto negli occhi.
"Spero che ti piaccia questo luogo, non penso che ne vedrai degli altri..." sibilò la bestia mentre Matt lasciava andare la presa.

L'essere fece per pugnalarlo quando un suo simile lo fermò, ordinandogli con tono solenne di lasciare andare il vichingo. Matt, libero dalla morsa soffocante della bestia, arretrò do diversi metri, inspirando quanta più aria poteva come se quella fosse la prova del fatto che fosse ancora vivo. Si alzò infine e recuperò la sua ascia prima di guardare verso il tempio, imitando sia i suoi compagni sia i mostri di ghiaccio. E ciò che vide lo fece sbiancare: Karl apparve dall'entrata principale del tempio sorreggendo Arcadia, la quale comprimeva con la mano sinistra il fianco, come se volesse tamponare una ferita. Con la coda dell'occhio, il ragazzo vide Melanie farsi strada verso la sua amica per poi soffocarla in una delle sue strette mortali non appena era arrivata a portata di braccio. Nello stesso momento le creature facevano spazio alla prescelta della prova.
"Hai fallito, umana" sibilò una di esse appena Arcadia raggiunse il resto della squadra di Cavalieri.
"Vorrei vedere se tu, coso, saresti stato all'altezza della situazione" gli rispose a tono Arcadia, poco prima di avere un giramento che la costrinse ad appoggiarsi nuovamente a Karl.
"Umana" disse la creatura che prima si era avvicinata ai Cavalieri quando avevano raggiunto l'entrata del tempio. "Io e miei compagni siamo ben consapevoli di ciò che hai passato in quelle mura, forse meglio di te. Ma la piega imprevista degli eventi ci spaventa: noi esistevamo già quando l'essere che quei Sigilli imprigionano era ancora libero e sappiamo di cosa è capace" aggiunse poi con un tono grave.
 "Dov'è il Sigillo, Arcadia?" chiese titubante Merric.
"Ce l'ha lei, Boadicea" rispose la ragazza amaramente.

Un silenzio quasi surreale cadde allora tra i ragazzi. Un senso di fallimento serpeggiava tra di loro, arrivando a toccare perfino le creature di ghiaccio. Nessuno aveva osato pensare che Arcadia avrebbe fallito nonostante i suoi dubbi. La più sconvolta era di sicuro Arcadia, la quale si era ritrovata a perdere una battaglia così importante nella loro guerra contro il grande piano dei loro nemici e a deludere fortemente i suoi compagni, anche se loro non lo avrebbero mai ammesso. E, se non fosse stato per Karl, lei non sarebbe stata lì a parlare con loro.
"Scusatemi... Alla fine non sono stata all'altezza" disse Arcadia rompendo così il velo di silenzio che si era depositato sulla piccola folla. "Ma me la pagherà, lo giuro su ciò che ho di più caro al mondo" aggiunse poi mentre stringeva i pugni fino a farsi sbiancare le nocche e ad incidere la pelle dei palmi delle mani. In quel momento, una strana ombra oscurò gli occhi di Arcadia come se una nube temporalesca fosse apparsa all'improvviso nel cielo. Gli effetti collaterali del patto di Karl iniziavano a manifestarsi e presto, molto presto, l'anima di Arcadia si sarebbe macchiata di una grave colpa.
"Non è colpa tua, Arcadia" s'affrettò ad intervenire Karl cingendola con un braccio e tirandola a sé, cercando così di rincuorarla.
"Dobbiamo tornare a casa, qui non abbiamo più nulla da fare" disse Merric mentre appoggiava la mano sulla spalla dell'amica e rivolgeva uno sguardo d'intesa a Karl, il quale annuì vigorosamente.
Ed in quel momento, chilometri e chilometri a distanza dal gruppo di Cavalieri e da quel perenne diluvio nevoso, il cielo era diventato grigio, opaco. Inespressivo, come gli occhi di chi non ha poco o nulla per cui vivere, come gli occhi di Arcadia mentre giaceva morente. Gli stessi occhi che ora celavano un solo pensiero: il sangue di Boadicea sulla lama della sua ascia.

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+ Angolo dello scrittore in erba +
E qui finisce il capitolo 25, che apre un paio di interrogativi le cui risposte non tarderanno ad arrivare. In termini di capitoli, s'intende, non in tempo reale. Ci avviciniamo sempre più di alla fine, signori. E quasi mi dispiace abbandonare questi personaggi al loro destino...
Un saluto \0-0/
Rovo

 
 
 

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Capitolo 28
*** Capitolo XXVI ***


Capitolo XXVI
- Futuri Incerti -

Ritornare ad Uppsala dopo così tanto tempo fu per Willow un'esperienza indecifrabile che riuscì a comprendere solo dopo diverso tempo: era come tornare alle proprie origini ma allo stesso tempo era come trovarsi in un posto completamente estraneo. Pensare al luogo che era stato per tutta la sua breve vita casa come un qualcosa di estraneo al suo essere la frastornava parecchio, arrivando a chiedersi se non si fosse legata così tanto a Berk in quei pochi mesi a Berk da definirla "casa". Si lasciò sfuggire un sorriso e scartò subito quel pensiero, conscia del fatto che fosse immensamente sciocco: quell'isola non era il luogo in cui era nata, in cui aveva fatto i primi passi, in cui era diventata la giovane donna che era. Al massimo poteva essere paragonata alla casa di un parente che si visita spesso, ma che comunque non è la propria e che non lo sarai mai. Eppure, una piccola parte dentro di lei si ostinava a dirle che si sbagliava, che era molto di più, altrimenti non avrebbe accettato di rimanere così a lungo laggiù senza Gothi a suo fianco.  All'improvviso le tornò in mente una delle tante serate che aveva passato in compagnia del gruppo di Karl e fu investita, come un fiume in piena, dalle sensazioni ad esso legate: gioia, felicità, divertimento. La sensazione di far parte di una grande, forse problematica, famiglia allargata. Aveva vissuto sensazioni simili prima di allora, ma nessuna l'aveva fatta sentire così... completa. Come se fosse stata un ingranaggio perfettamente inserito in un macchinario. Cancellò quei pensieri dalla testa, sentendosi quasi in colpa nei confronti della gente che era la sua famiglia per tutta la vita anche solo per aver dubitato di loro.

Il drago di Caleb prima di atterrare si lanciò in una planata, provocando una corrente d'aria che scompigliò i capelli alla ragazza. In quel momento, Willow sembrò risvegliarsi dalla trance in cui i suoi pensieri l'avevano indotta, quasi euforica. Sciolse l'acconciatura che aveva intrecciato lei stessa prima di partire e lasciò che il vento scorresse libero tra di essi, danzando ad una musica che solo esso conosceva ma che la ragazza quasi intuiva. Caleb si voltò verso di lei e le rifilò uno sguardo strano, a metà tra la curiosità e l'incredulità. Probabilmente, pensò la bionda, si stava chiedendo cosa avesse provocato in lei un tale comportamento. In tutta risposta, la bionda aprì le braccia e chiuse gli occhi, lasciando che tutto il suo corpo fosse toccato dalla brezza forte generata dalla manovra del drago su cui stava volando. Era pericoloso comportarsi in quel modo, il cavaliere di draghi glielo aveva ripetuto fino alla nausea, eppure sentiva che era la cosa migliore da fare in quel momento. Immaginò per un momento di lasciarsi cadere nel vuoto: sentì una morsa di paura e di eccitazione chiuderla la gola e, per un breve ma potente attimo,  fu tentata di farlo veramente. L'unica cosa che la fermò fu il senso di dovere che provava verso la sua gente. Ma chi era la sua gente: gli abitanti di Berk o quelli di Uppsala? Nella sua mente, queste due categorie andarono pian piano a fondersi e, solo allora, Willow realizzò che entrambe erano diventate la sua famiglia. Riaprii gli occhi e si strinse nuovamente al suo compagno di viaggio, mormorando una frase appena udibile. Sotto le sue dita, la ragazza sentì la gabbia toracica dell'altro abbassarsi, come se avesse emesso un sospiro di sollievo dovuto probabilmente al comportamento che lei stessa aveva assunto durante quella fase del volo. Negli ultimi giorni di viaggio il rapporto tra loro due era notevolmente cambiato: un silenzio pesante come una cappa di piombo cadeva spesso e volentieri su di loro, e nessuno di loro sembrava in grado di spezzarla, tant'è che il loro dialogo si era ridotto alle solo questioni di importanza rilevante. Caleb non aveva più estratto il taccuino, e di questo la bionda si rammaricava: le mancava quella concentrazione febbrile nello sguardo del ragazzo, le mancava il movimento rapido ma accurato delle sue mani, decisamente più grandi di quelle della ragazza ma così delicate nell'impugnare il pezzo di carboncino, le mancavano le improvvisate scuse di Caleb nel momento in cui si accorgeva che aveva sporcato qualcosa con le mani imbrattate di carboncino. Le mancava vederlo sorridere, felice di quel momento in cui poteva essere Caleb l'essere umano e non Caleb il cavaliere dei draghi. Willow si sentiva responsabile della rottura di quel perfetto momento: si era resa conto dopo alcuni giorni che la domanda che gli aveva posto aveva provocato nel ragazzo un mutamento. Un mutamento che la confondeva ancora di più. era palese che il ragazzo provava qualcosa per lei ma, nonostante tutti i suo segnali, non aveva fatto ancora un passo. Probabilmente aveva forzato troppo la mano. Aveva rovinato tutto, come era solita fare.

"Tra poco atterriamo. Tieniti forte!" esclamò il cavaliere dei draghi pochi secondi prima che il suo Scladerone iniziasse a scendere di quota, compiendo una discesa a spirale che li riportò a terra ad una velocità normale. Atterrarono in una piccola radura lontana dal villaggio, la stessa che avevano utilizzato tempo prima quando visitarono quel luogo per la prima volta, e Caleb scese per primo, poi aiutò Willow a smontare. Sotto consiglio del ragazzo, aveva adottato uno stile più pratico sostituendo la lunga veste a cui era abituata con una tunica azzurra stretta in vita da un cinturone, un paio di brache e degli stivali di pelle di yak. Non era abituata a quel tipo di abbigliamento, anche se doveva ammettere che era molto più comodo, e faticava a riconoscersi quando si guardava negli specchi d'acqua che manipolava coi suoi poteri. In quei momenti interveniva il suo compagno di viaggio a ricordarle che non era una veste ricca di ornamenti a renderla bella, ma il suo carattere e il suo modo di fare. La prima volta che gli sfuggirono di bocca quelle parole arrossirono entrambi. Sorrise a quel ricordo, poi si voltò verso Caleb per trovarsi davanti ad una scena a cui non aveva mai avuto l'occasione di partecipare: la fronte del drago era appoggiata contro quella del suo cavaliere, gli occhi di entrambi chiusi come se volessero comunicare solo attraverso quel contatto fisico. Dopo un paio di minuti il ragazzo mormorò una frase che Willow non riuscì a carpire per via della distanza e lo Scalderone si staccò dal cavaliere per poi alzarsi in volo, generando un forte vento che sollevò a sua volta un enorme polvere. Rimasero soli, i due ragazzi. Prima di guardare la sua compagna di viaggio, Caleb frugò nel sacchetto che gli pendeva dalla cintura e ne tirò fuori la benda. Fece per indossarla ma Willow lo fermò.

"Permetti di farlo" disse poco prima di prendere dalle mani del ragazzo la benda. La sistemò sull'occhio che lei stessa aveva risanato, dopodiché accarezzò lo zigomo di Caleb e la guancia. Sentì il volto del ragazzo irrigidirsi, come se quel tocco gli provocasse del male. Sorrisero entrambi poco dopo, poco prima che Willow sigillasse la pace che si era stabilita tra di loro con un abbraccio che prese alla sprovvista l'altro ragazzo, che ricambiò dopo pochi secondi di tentennamento. Rimasero in quella posizione, dimentichi del motivo per cui si trovavano lì ed il mondo intero, consci che bastava quel contatto tra i loro corpi a definire il loro mondo. In quel momento, Caleb bastava a Willow e Willow bastava a Caleb, tutto il resto non contava. Ben presto, però, si resero conto che quella non era la realtà, che prolungare quella loro unione non era possibile ed il muro che li aveva separati durante l'ultima parte del loro viaggio tornò a farsi presente, forse ancora più forte di prima. Nessuno seppe dire, nemmeno a distanza di molto tempo, chi si mosse per primo dopo aver essere giunti a quella, fatale, conclusione: i due ragazzi potevano aspettare, il mondo aveva i giorni contati. Sciolsero l'abbraccio, allontanandosi l'uno dall'altro come se i loro corpi fossero stati respinti da una forza conosciuta, o come se la forza che li aveva spinti prima ad unirsi ora li avesse obbligati a separarsi. Willow abbozzò un sorriso che non fece altro che peggiorare la situazione. Senza dire niente, i due s'incamminarono verso il tempio, la casa della sacerdotessa. Mentre camminavano nel bosco rinato, Willow si chiese se avesse mai trovato il coraggio di smettere di seguire gli ordini e di prendere in mano la sua vita.  

***

Si è soliti, all'interno di una piccola comunità, diffondere a velocità quasi sovraumane le più succulenti notizie, soprattutto quando quest'ultime sono legate ad un personaggio piuttosto influente della sopracitata comunità. Non c'è dubbio che l'arresto del padre di Arcadia, avvenuto quando sia Hiccup sia la figlia dell'arrestato erano ancora lontani di Berk, rientrava a pieno titolo in quella categoria di notizie che si diffondevano a macchia d'olio, in maniera esponenziale ad ogni secondo passato. Fortunatamente, il vero motivo per cui stato incatenato ai ceppi della prigione dell'isola non trapelò e ciò risparmiò la povera madre di Arcadia dalla gogna pubblica: eppure, la gente mormorava comunque e lanciava sguardi che laceravano la carne in cerca di risposte. Risposte che non furono mai trovate, e che coloro che le conoscevano si portarono nella tomba. Il tempo fu clemente con questa faccenda e, quando la squadra di Karl tornò dalla loro missione, la faccenda era già stata archiviata da tempo, anche se ci furono comunque diverse occhiate sospettose nei confronti della figlia dell'arrestato, cosa che lei stessa notò immediatamente. Karl le cinse le spalle con il suo abbraccio e lanciò uno sguardo di sfida a quelle persone che avevano osato dubitare della sua fidanzata. Era diventato molto più protettivo nei suoi confronti, e alcune volte rasentava l'ossessione nei suoi confronti. Non voleva perderla nuovamente e quello era l'unico modo che conosceva per farlo, e l'impossibilità di poter confessare quell'enorme fardello a qualcuno lo condizionava pesantemente nelle sue scelte. Ma come poteva dire ai suoi amici che Arcadia era tornata in vita, e che quindi raccontare che era anche morta, per intercessione di uno spirito che solo lui aveva visto e quando lui stesso ci credeva appena? Karl realizzò, proprio durante il volo di ritorno, che la sua vita era precipitata, dopo la scoperta dei Sigilli, in un vortice di eventi a dir poco incredibili: gli era caduto addosso un tempio, aveva affrontato un licantropo uscendone vivo, era guarito miracolosamente da delle ferite che avrebbero dovuto ucciderlo e chissà cos'altro gli riservavano i giorni successivi. Probabilmente, concluse più avanti, la sua vita era precipitata in caduta libera dal momento esatto in cui aveva domato Rubyn. Probabilmente, c'era più di un momento in cui la sua vita era cambiata e cercare di elencarli tutti era un'immane, ed inutile, perdita di tempo. Tempo che  non avevano più.

Dopo che fecero rapporto a Stoick, i cinque ragazzi furono congedati: né Hiccup né Willow e Caleb erano ancora tornati dai loro rispettivi incarichi, perciò, a parere del capo-villaggio, era inutile provvedere ad un piano alternativo senza avere le informazioni che le altre due squadre erano riuscite a racimolare. Il gruppo si disperse, ognuno intento nei propri pensieri: Karl, per un paio di giorni, passò la maggior parte del suo tempo accanto ad Arcadia, cercando di sostenerla nella "lotta" contro le possibili insinuazioni della gente. Cosa che non accadde, visto che le poche persone che si erano mostrate diffidenti nei suoi confronti cambiarono idea in poco tempo e la vita della ragazza prese una piega normale. L'unica cosa che cambiò fu il suo regime di allenamento: passava sempre più tempo con una o più frecce tra le dita, esercitandosi a colpire bersagli sempre più piccoli a distanze impressionanti, e ad allenarsi nel combattimento ravvicinato con la sua accetta. Una volta chiese a Melanie e a Karl stesso di affrontarla in uno scontro impari, sostenendo che non avremmo dovuto contare troppo sul comportamento dei nostri avversari. Li mise in difficoltà, arrivando a disarmare Melanie e quasi a piantarle l'ascia in testa. Lo avrebbe di certo fatto se non fosse intervenuto Karl, bloccando l'arma della sua amata con la propria: in quel momento, il ragazzo vide negli occhi della sua avversaria una furia cieca, quasi innaturale, che sparì nel momento esatto in cui gli occhi dei due ragazzi si fissarono gli uni negli altri. Arcadia, il respiro corto per via della fatica e forse anche per la paura, staccò lo sguardo dal suo amato e rifoderò l'arma, allungando poi un braccio in direzione dell'amica invitandola implicitamente a rialzarsi. In quel momento, Karl si rese conto che né lui né Melanie erano le persone adatte ad aiutare Arcadia a combattere in quel modo: entrambi erano troppo legati a lei per poter le tenere testa quando quella furia prendeva il sopravvento. Tuttavia, aveva già in mente con chi poteva scontrarsi. Le si avvicinò e le sussurrò all'orecchio una frase di poche e semplici parole che provocarono in lei uno sguardo pieno di interrogatori. Le rispose di fidarsi di lui e che tutto sarebbe andato per il verso giusto. A quelle parole non ci credeva nemmeno lui stesso.

Dopo quell'avvenimento diventarono due le domande che affliggevano la mente di Karl: la prima riguardava l'origine di quella strana aura che l'aveva avvolto durante lo scontro con Bjorn, la seconda riguardava l'atteggiamento che Arcadia aveva avuto durante la battaglia. Per la seconda l'unica risposta che gli sembrava plausibile è che fosse dovuto alla sua rinascita: secondo i ragionamenti piuttosto contorti del ragazzo, qualcosa nella mente della ragazza si era spezzato nel momento di transizione tra i mondo dei morti e quello dei vivi. Tuttavia, visto che non era un esperto di resurrezioni, si limitò a quell'ipotesi, evitando di indagare più a fondo per non far venire allo scoperto tutta quella faccenda. Già aveva fatto fatica a convincere Melanie che la sua migliore amica non volesse veramente ammazzarla ma che si era fatta prendere dalla foga della battaglia. Probabilmente non gli avrebbe creduto, così come il resto della sua squadra, se le avesse confessato tutto quello che era successo nella stanza di quel tempio. Si chiese, per un momento, se ne fosse valsa veramente la pena di accettare la proposta di quello spirito.  Cancellò quel pensiero immediatamente: avevano diritto ad amarsi, a vivere quel loro sentimento così precocemente interrotto dalla mano impietosa di Boadicea e avevano tutto il diritto di avere una seconda possibilità. Dopo tutto quello che avevano passato, il destino era in debito con quei ragazzi. Per l'altra domanda, invece, Karl non sapeva darsi una risposta: quell'evento, per lui, era assolutamente privo di qualsiasi logica, come se quello che era successo dipendesse da un elemento estraneo al suo mondo, al mondo degli uomini. Il che, dopo tutti quei mesi a contatto con delle faccende tutt'altro che normali, non avrebbe dovuto stupirlo più di tanto. Si ritrovò a riflettere su quell'argomento cinque giorni dopo il suo ritorno dalla terra ghiacciata in cui avevano subito la prima, vera sconfitta da parte dei Rinnegati mentre osservava Rubyn sorvolare l'isola compiendo una serie di voli circolari intorno ad essa. Aveva deciso di lasciarlo libero di svagarsi un po' per alcune ore, con come unico divieto quello di infastidire in qualsiasi modo gli abitanti di Berk: per almeno un'oretta il suo drago era rimasto a terra, divertendosi a bruciare qualche stelo d'erba qua e là senza fare troppi danni, poi si era alzato in volo nel momento esatto in cui aveva visto passare oltre il piccolo boschetto che circondava la radura in cui drago e Cavaliere si erano rifugiati uno stormo di uccelli non meglio identificati. Era scattato con l'obbiettivo di creare confusione nello stormo e ci riuscì gettandosi proprio nel mezzo di esso, poi compì una serie di rotazioni su sé stesso per sparpagliare i vari volatili. Lo stormo si divise in tanti piccoli gruppetti che presero direzioni diverse, cercando di allontanarsi da quello che per loro era un mostro. Molte persone la pensavano ancora come quegli uccelli. Karl si sdraiò sul tappeto d'erba che era sopravvissuto ai giochi annoiati del suo drago e si lasciò accarezzare dai piccoli fili di un verde stinto, ancora acerbo. Osservò le nuvole muoversi lente nel cielo cercando di fare ordine nei suoi pensieri. Non ce la faceva più a sopportare tutto quello, non era Hiccup, non sapeva come fare fronte a tutto quello che quella dannata vita gli tirava contro. Ogni tragedia lo colpiva dritto il faccia con la furia e la potenza di un toro, mandandolo a terra e, quando riusciva a rialzarsi, il secondo colpo era già lì, pronto a prendersi la sua parte di gloria. Eppure, non poteva lasciar perdere tutto: sentiva che era il suo dovere salvare il mondo o almeno provarci, anche se probabilmente sarebbe toccato a qualcun'altro farlo. Karl si sarebbe accontentato di far saltare un paio di teste, o anche solo farle divorare dal suo drago. E, stranamente, Bjorn non era tra le persone che avrebbe voluto uccidere: era fermamente convinto che quel ragazzo era stato plagiato da qualcuno, che le parole che gli aveva detto non avevano nessun significato per lui e che gli erano state inculcate da colui che gli era stato accanto durante la sua vita. Per via della sua condizione, pensò il vichingo, il biondo era sempre stato emarginato dalla gente normale e l'odio si era fatto strada nel suo cuore. In quel momento una figura negativa gli si era affiancata, instillando nel suo cuore quella sete sconsiderata di potere. "Se solo ci fosse un modo per dimostrargli che si sbaglia..." mormorò Karl, la voce pregna di sconforto. Era verosimile che, alla fine di tutta quella storia, solo uno dei due avrebbe continuato a vivere.

Si mise seduto e iniziò a guardare la sua mano, cercando di dimostrare una sua intuizione. Si concentrò al massimo, cercando di far uscire nuovamente quella strana energia. E ci riuscì: per un attimo, il contorno della sua mano fu circondato da un alone rosso, lo stesso colore che aveva avvolto il suo corpo durante l'ultimo scontro con Bjorn, ma poi sparì diradandosi nell'aria circostante. Karl si chiese se quella fosse una specie di magia arcana che gli era stata conferita per il suo coraggio, ma poi scartò quel pensiero perché era troppo infantile. Karl non era coraggioso, compiva solamente il suo presunto dovere. D'un tratto si ricordò che da lì ad appena qualche giorno ci sarebbe stata la Luna nuova. Fu questione di pochi millisecondi prendere la decisione di interrogare lo spirito sulla natura di quello che gli era successo. Richiamò con un lungo ed acuto fischio Rubyn ed iniziò ad incamminarsi verso casa, archiviando definitivamente tutti quei pensieri in un angolo remoto della sua mente. Sperava che non riapparissero mai più, che sparissero per sempre dalla sua vita. E, almeno quella volta, il destino lo accontentò.

***

"Tu mi stai prendendo per il culo..."
Quella fu l'unica frase che venne naturale a Matt nel momento in cui Arcadia finì di riferirgli che Karl le aveva suggerito di allenarsi con lui. Certo, più di una volta Karl si era complimentato con lui per i suoi miglioramenti, ma non poteva davvero pensare che fosse il maestro migliore per Arcadia. Chiese alla corvina di spiegargli cosa intendesse veramente il suo ragazzo con quelle parole e se, per caso, non si fosse inventata il tutto solo per tirargli un tiro mancino. Merric avrebbe avuto di sicuro molto più successo visto che era dotato di molta più pazienza e di un'inclinazione naturale allo spiegare in maniera semplice dove una persona doveva lavorare per affinarsi.
"Ha detto che tu, visto che combatti con un'ascia, sei la persona migliore per aiutarmi" disse Arcadia poco prima di incrociare. Evidentemente, quella conversazione la stava annoiando.
"Ci sono molte altre persone molto più brave di me. Astrid, tanto per dirne una..."
"Astrid ha poco tempo da dedicare ad Hiccup, figuriamoci se accetta di prendermi sotto la sua ala protettiva"
Matt sbuffò e poi annuì, accentando controvoglia quell'incarico. Si alzò dalla sedia di legno su cui si era seduto e ordinò ad Arcadia di seguirlo fuori dalla casa di Karl. Nonostante le visite quasi giornaliere di suo padre, il ragazzo non si era ancora deciso a fare pace con i suoi genitori. E la cosa lo distruggeva, ma vederli continuamente litigare faceva ancora più male: non gli rimaneva altra soluzione se non dar loro abbastanza tempo e spazio per tentare di trovare un compromesso che li aiutasse a ritrovare il sentimento che li univa. Ci sperava fortemente, anche se era ormai quasi innegabile che uno dei due, prima o poi, se ne sarebbe andato da quella casa e non avrebbe fatto più ritorno. La sua famiglia stava per crollare, e il suo mondo anche. E nonostante tutto quello che gli aveva detto Melanie, nonostante tutte le volte che gli aveva praticamente ordinato di provare a riappacificarsi con i suoi, Matt non lo aveva ancora fatto poiché credeva ancora ciecamente nel fatto che le cose sarebbero andate a posto da sole col tempo. Lo scontro contro quella strana creatura, tuttavia, gli aveva fatto comprendere una cosa: il tempo non riparava nulla, complicava solamente le cose. Aveva rischiato seriamente di morire quella volta: non che negli incontri precedenti non avesse tenuto conto di quella possibilità, anzi, era solo che si era veramente accorto, mentre la mano di quel mostro si stringeva inesorabile intorno al suo collo, di quanto fosse probabile perire sul campo di battaglia e che, le volte precedenti, era stato molto fortunato a cavarsela con solo qualche graffio o ferita poco profonda. Non voleva morire con dei rimpianti, non voleva morire senza aver fatto capire a Melanie quanto fosse importante averla affianco a sé, senza aver chiesto scusa ai suoi genitori. Realizzò solo in quel momento di esser stato un stronzo egoista fin dal primo momento in cui tutta quella storia era iniziata e che doveva ancora fare ammenda per le sue colpe. Guidò Arcadia verso un piccolo capanno in legno traballante costruito nella parte posteriore della casa di Karl: aprì la porta di quel casotto e ne tirò fuori un barile in cui erano state poste diverse asce e lo posò proprio davanti alla ragazza, la quale gli rivolse un'occhiata interrogativa. Probabilmente si stava chiedendo perché tenesse così tante armi in un barile e perché glielo aveva messo davanti agli occhi.

"Per cominciare, direi che devi abbandonare quell'accetta: è utile per tagliare la legna, ma in combattimento non ti sarà di alcun aiuto" spiegò il ragazzo mentre recuperava un'ascia dal manico lungo quanto il suo braccio. Saggiò il filo della lama col dito poi, visibilmente soddisfatto del risultato, la impugnò con entrambe le mani e tagliò l'aria intorno a sé con un paio di fendenti. La folata d'aria provocata dall'arma smosse una ciocca dei capelli di Arcadia, la quale indietreggiò di un paio di passi portandosi così ad una distanza di sicurezza. "Tranquilla, questa bellezza è solo mia" disse allora Matt nel tentativo, mal riuscito, di tranquillizzare l'amica. Essendosi accorto di aver commesso un errore, il vichingo piantò l'ascia nel terreno e invitò con un gesto della mano la ragazza ad avvicinarsi, promettendole nel mentre che non si sarebbe più vantato di quello che sapeva fare. "Quello che dobbiamo fare ora è scegliere un'arma nuova per te: secondo me, dovresti evitare l'ascia doppia, non si addice al tuo stile di combattimento, mentre una scure andrebbe molto meglio. Ma anche una..." attaccò nuovamente il ragazzo per poi essere bruscamente interrotto da un improvviso gesto della corvina, la quale aveva infilato entrambe le braccia nel barile e ne tirò fuori una coppia di scuri particolari: erano poco più grandi dell'accetta che usava prima, e forse le aveva scelte proprio per quel motivo, ma, a differenza della sua arma precedente, erano u paio di asce bipenni dalla lama d'acciaio e dal manico in legno arricchito da alcuni cerchi di metallo. Erano delle armi gemelle che si adattavano benissimo allo stile di combattimento della ragazza e inoltre le avrebbero permesso di portare con sé anche l'arco. Ora toccava a Matt insegnarle come utilizzarle entrambe al meglio e insieme, in modo tale che non finisse uccisa al suo primo scontro contro uno dei loro nemici o altrimenti Karl lo avrebbe ucciso, riportato in vita e ammazzato nuovamente. Si chiese se una cosa del genere fosse possibile ma scarto subito l'idea poiché la considerava troppo assurda perfino per gli standard a cui si erano abituati.
"Quando incominciamo?" chiese Arcadia, una strana irrequietudine nella voce.
"Anche subito" replicò il vichingo mentre estraeva dal terreno la sua arma. Quello fu il primo passo sul sentiero della vendetta di Arcadia, ma nessuno dei due se ne sarebbe accorto per molto tempo.

***

Infiltrarsi tra i Rinnegati senza farsi scoprire non fu affatto facile per Heather, eppure ella sapeva che era di vitale importanza affinché il piano che lei e Hiccup avevano escogitato funzionasse. Ci era voluto diverso tempo per creare una nuova identità da utilizzare sull'isola dei Rinnegati e, anche se non ci andava da molto tempo, era sicura che qualcuno l'avrebbe riconosciuta: si era tagliata i capelli corti, ora le coprivano a malapena le orecchie, e se li era tinti di un rosso scuro che era riuscita a procurarsi da un mercante. Nel viaggio d'andata si era procurata una cicatrice sul volto che le aveva deformato lo zigomo, aiutandola così nella sua missione. Aveva deciso di fare la maggior parte del viaggio su Fendivento, il suo Ali di lama, per poi procurarsi una barca e raggiungere l'isola senza attirare troppi sospetti. Ci volle un po' di tempo prima che riuscisse ad entrare nel gruppo chiuso degli abitanti dell'isola e, non appena ci riuscì, si prodigò per acquisire qualsiasi informazione che fosse degna di nota. Scoprì, dopo un paio di mesi dal suo arrivo, che le truppe della tribù alleata dei Rinnegati erano state uccise in un agguato e che il loro capo, Dagur, era stato catturato e rinchiuso nelle prigioni dell'isola con l'accusa di cospirazione ai danni dei suoi alleati. Si era prodigata affinché la notizia arrivasse anche ad Hiccup, e solamente a lui, e poi aspettò sue notizie. In cuor suo, Heather aveva già deciso cosa avrebbe fatto a prescindere dagli ordini del Berkiano: doveva trovare Bjorn, prenderlo in disparte e svelargli chi era veramente e cosa aveva fatto Alvin alla loro famiglia. Lo avrebbe portato via da quell'isola, volente o nolente, e non le importava obbligarlo a venire con lei: d'altronde, l'unico vero motivo per cui aveva accettato di viaggiare verso quell'isola era liberare suo fratello. Non lo vedeva da tanto di quel tempo che, quasi sicuramente, egli si era dimenticato di lei. Avrebbe tentato di avvicinarlo, nonostante fosse sempre in compagnia di una donna più grande che incuteva timore ad Heather e sempre impegnato ad allenarsi. Arrivò molto vicina a farlo, quando arrivò un falco messaggero direttamente da Berk. Si morse il labbro, pensando di mandare via il volatile ma poi prese il messaggio e lo lesse. Per poco non le cadde il foglio di pergamena dalle mani: non poteva chiederle una cosa simile, non quando sapeva che era così vicina a realizzare il suo scopo. Hiccup non poteva chiederle di liberare Dagur e di trasportarlo a Berk nelle migliori condizioni possibili. Tralasciando per un attimo il fatto che quella fosse una richiesta particolarmente egoista da parte di Hiccup, liberare un prigioniero di tale importanza, da sola per giunta, era un compito praticamente impossibile. Eppure si vide costretta ad accettare, conscia del fatto che lei non era altro che una pedina in quella grande partita a scacchi che era la guerra in corso: non era poi così importante, si rese conto poi, la sua sopravvivenza, visto che le stesse informazioni che aveva passato al futuro capo villaggio potevano essere reperite in mille altri modi meno pericolosi. E poi, nessuno avrebbe sentito la sua mancanza: probabilmente solo Hiccup ed Astrid. Si era lasciata dietro un mare di polvere, nessun legame che non potesse essere facilmente spezzato al momento utile le era rimasto, fatta eccezione per quei due ragazzi. Si ripromise che, se ne avesse avuto la possibilità, dopo quella guerra avrebbe provato a vivere una vita normale. Una vita lontana da suo fratello, probabilmente. Scrisse una risposta di due righe in cui accettava la missione e fece ripartire il falco, in modo tale che arrivasse il prima possibile all'isola. Non avrebbe avuto modo di comunicare ai suoi alleati - o avrebbe dovuto dire clienti?- l'esito della sua missione in tempi accettabili.

Lasciò passare un paio di giorni e poi iniziò a chiedere di essere aggiunta al gruppo di donne che preparava il pranzo per le guardie carcerarie. Ascoltava prudentemente tutti i discorsi che erano alla portata dei suoi orecchi e, pian piano, riuscì a comprendere dove fosse localizzato il suo obiettivo. Una volta acquisita questa informazione ci mise poco ad elaborare un piano abbastanza semplice ma fattibile e sicuro: avrebbe rubato alcune erbe soporifere dalla dispensa dello speziale e le avrebbe aggiunte, sotto forma di polvere e di nascosto, al rancio delle guardie in modo tale da metterle fuori combattimento. Dopodiché avrebbe recuperato le chiavi della cella di Dagur e lo avrebbe liberato. La parte della fuga era ancora piuttosto vaga ma avrebbe improvvisato sul momento, anche se sapeva già che l'unico modo per fuggire dall'isola e mettere una buona distanza tra loro due e gli inseguitori era cavalcare Fendivento ma avrebbe preferito non coinvolgere il suo drago in tutto quello. O,per meglio dire, non avrebbe voluto far sapere a Dagur che anche lei ora possedeva un drago. Si mosse una notte, un mese esatto dall'arrivo della lettera fatale: aveva perpetuato il furto un paio di settimane prima, in modo tale da non creare sospetti e sperando che nessuno si accorgesse della sparizione di una manciata di foglie, e, dopo averle sminuzzate, le aggiunse alla brodaglia destinate alle guardie. Prelevare abbastanza valeriana, l'unica pianta che conosceva abbastanza bene, da far addormentare più di tre guardie avrebbe provocato un polverone che non era in grado di gestire, quindi scelse di addormentare solo quelle guardie che sorvegliavano il livello delle segrete scavate nel ventre di quell'isola maledetta in cui si trovava il suo obiettivo e poi sperare di non trovarne altre mentre risalivano in superficie. Si assicurò personalmente che il suo piano andasse in porto, chiedendo di avere la possibilità di andare fino alle segrete per portare il cibo alle guardie. La donna che era a capo delle cucine la guardò in modo strano ma alla fine acconsentì, forse perché aveva scambiato quella proposta volontaria per uno slancio di buona volontà. Nulla di più lontano dalla verità.

Le segrete erano un posto umido, illuminato a malapena dalle lanterne appese ad intervalli regolari alle pareti dei corridoi. Le era stato spiegato che le ragazze che servivano da mangiare alle guardie erano accompagnate all'andata da una delle guardie di superficie, la quale aveva il compito di mostrarle la strada e di tenere a bada i detenuti che sbraitavano da dietro le celle. Tuttavia, erano costrette a tornare da sole al livello più superficiale delle segrete, poiché la guardia accompagnante non poteva lasciare per troppo tempo da solo il suo collega. Heather arrivò davanti alle tre guardie a cui avrebbe dovuto servire la cena, tre uomini enormi e dal viso deturpato da cicatrici, e ringraziò la sua sfortuna sfacciata: la valeriana che aveva rubato bastava, infatti, per mettere fuori combattimento tre guardie. Allungò ad ognuno degli uomini un piatto ricolmo di minestra e aspettò che terminassero il loro pasto: uno ad uno caddero in un sonno profondo. Sfilò dalla tasca di uno dei tre un mazzo di chiavi e, poco prima di dirigersi verso la cella di Dagur, lanciò un'occhiata verso le armi delle guardie: uno di loro possedeva un'ascia, di ferro ad una prima occhiata, che aveva attirato la sua attenzione. Si avvicinò e, anche se non brandiva un'arma da molto tempo, decise di portarsela dietro, per potersi difendere nel caso in cui la situazione fosse degenerata.
"Con il suo permesso..." sussurrò alla guardia mentre sfilava l'ascia dalla sua cintura. Dopodiché si incamminò verso la cella, un ghigno di soddisfazione sul volto. Ce l'aveva quasi fatta.

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La brezza gentile di quella notte di primavera inoltrata accarezzava dolcemente il volto di Karl, scompigliandogli i capelli. Gli alberi che circondavano la casa del ragazzo s'inchinavo leggermente al passaggio di quel venticello che cambiava direzione ad intervalli regolari, obbligando le cime delle piante a danzare in maniera scoordinata, completamente abbandonati a quella forza a loro estranea. Era difficile orientarsi in quello spazio senza la luce del satellite terrestre ma il vichingo aveva compiuto, nei giorni precedenti, tante di quelle volte quella strada che oramai la sapeva a memoria, procedendo a passo sicuro verso il piccolo tempio votivo dell'isola. Le poche persone che lo avevano visto aggirarsi in quella zona, tra cui Merric, gli avevano chiesto se fosse diventato religioso all'improvviso. Rispose a tutti con la stessa frase, magari aggiungendo una parola o togliendone un'altra per evitare che s'insospettissero, ovvero dicendo che ad un guerriero il favore degli déi faceva sempre comodo. Il che, in fondo, non era troppo lontano da quello che pensava davvero, in particolar modo in una situazione al limite del paradossale come la sua. Si assicurò che nessuno lo avesse visto uscire e che gli altri abitanti dormissero un po' più a lungo: non aveva idea di quanto sarebbe durato l'incontro con lo spirito e non aveva voglia di inventare una scusa decente. Aprì con cautela la porta, cercando di evitare che i cardini della porta cigolassero troppo rumorosamente. Avrebbe dovuto oliarli. Si mise a camminare, percorrendo il sentiero sterrato che collegava la sua casa al villaggio. Arrivato a qualche metro dalle prime case svoltò a destra e s'introdusse nel bosco, evitando di percorrere la strada principale almeno per un tratto. Dopo diversi tentativi riuscì a sbucare nella strada che portava al santuario. Dopo pochissimo tempo sentì il rumore della piccola cascata che si trovava nell'entroterra dell'isola, segno che oramai mancavano pochi passi alla sua meta.

Nel momento esatto in cui arrivò di fronte al tempietto, un lampo di luce bianca accecò Karl, il quale si vide costretto a coprirsi gli occhi con una mano per evitare che subissero danni permanenti. Dopo pochi istanti la luce s'affievolì e il ragazzo si tolse la mano, riuscendo ad ammirare i bagliori che la luce gettava sull'acqua della cascata. Era davvero uno spettacolo al limite della natura, anzi, era una rappresentazione della natura nella sua forma più estrema, quella stessa natura che molti secoli dopo sarebbe stata definita sublime. Dal bagliore emerse una figura indefinita che andò ad assumere caratteristiche sempre più definite man mano che la luce innaturale andava ad affievolirsi. Lo spirito che aveva parlato a Karl nel tempio dell'isola di ghiaccio gli apparve davanti, il corpo circondato da un bagliore che illuminava la radura in modo tale che il ragazzo potesse vederla senza affaticare gli occhi. Mosse alcuni passi incerti, lo spirito, come se stesse procedendo in un territorio pericoloso per la sua vita. Guardava gli alberi, la cascata, l'intero ambiente con una certa nostalgia come se risvegliassero in lei dei ricordi sopiti che, probabilmente, sarebbero dovuti rimanere tali. Solo dopo alcuni minuti si accorse della presenza di Karl e lo salutò con un cenno svogliato del capo, come se non volesse distogliere la sua attenzione dal flusso di coscienza in cui era finita per sua stessa volontà.
"Umano, questo posto è molto bello, non trovi?" chiese dopo poco, rivolgendo uno sguardo assente al vichingo.
"Di giorno lo è ancora di più" replicò il ragazzo, sentendosi ancora meno a suo agio.
"Non lo metto in dubbio. Quando eravamo ancora mortali, venivo spesso in un posto del genere con..." Si fermò improvvisamente, come se non sapesse più come proseguire la frase. "Ho dimenticato persino il suo nome, umano. Mi ricordo che aveva un suono dolcissimo alle mie orecchie, ma rimane comunque indefinibile per me. D'altronde, se mi chiedessero come mi chiamo non saprei rispondere..." aggiunse poi mentre distoglieva lo sguardo, forse per la vergogna. Karl non riuscì a comprendere come si sentiva: per lui, dimenticare il nome della propria amata era il più grave dei peccati. Tuttavia, ancora non sapeva cosa comportasse trascendere l'esistenza umana e diventare uno spirito effettivamente: dimenticare la propria vita forse era ciò che quella donna, nella sua vita passata, aveva dovuto pagare. No, non l'aveva dimenticata: tutto era diventato solamente confuso, tutto meno quel sentimento verso l'altro spirito. "Ti starai chiedendo se io abbia fatto la scelta giusta, tanti secoli fa: per me lo era, proprio come resuscitare la tua amata lo era per te. Se mi vorrai giudicare, potrai farlo ma ti chiedo solamente di aspettare fino a quando non avrai ascoltato la mia storia" disse dopo pochi istanti lo spirito, un tono deciso caratterizzava la sua voce.
"Raccontami, spirito, la tua storia"
"No, umano, non ti narrerò la mia storia. Nessuna parola in nessuna lingua può esprimere appieno tutto quello che abbiamo vissuto io e la mia compagnia" replicò lo spirito.
"Allora come farai...?"
"Semplice." Lo spirito scomparve dalla vista di Karl per poi apparire nuovamente davanti a lui, a pochi centimetri di distanza. Toccò con un dito la fronte del ragazzo e poi disse:"La vivrai in prima persona!"
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+ Angolo dello scrittore in erba +
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui e spero vivamente che le vicende di questi personaggi continuino ad appassionarvi. Nel prossimo capitolo verranno aggiunti dei tasselli del quadro. Ci vediamo presto, spero.
Un saluto \0_0/
Rovo 

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