Gli Sterminatori di Demoni di Maharet (/viewuser.php?uid=4820)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Ginevra ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - A New Life is Born ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Rafael ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - A simple touch ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Confidenze in un vicolo buio ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Simon ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - Risvegli ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - Quello che provi quando sei con lei... ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - Io adoro i pic-nic! ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Ritorno a casa ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - The day after ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - Famiglia ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Monique ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - Just a Kiss ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 - Io voglio te ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 - Il Distruttore di Anime ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 - Tornerò da te ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 - Risveglio ***
Capitolo 1 *** Prologo - Ginevra ***
Angolino
dell'autrice:
Pubblicare
una storia in questa sezione è un po' una sfida per me,
perché so bene che è una delle meno frequentate. Posso
solo dirvi che è sostanzialmente la storia di una ragazza
normale, finita in un mondo che tanto normale non è. Spero che
possa piacervi. Preavviso che lo stile di questo prologo è un
po' diverso dal resto della storia. Questo perché era nato
come one-shot, con un finale completamente diverso, ma è
mutato sotto i miei occhi e posso solo dire che il risultato per ora
mi soddisfa. Ho già pronti una quindicina di capitoli, quindi
direi che riuscirò ad aggiornare più o meno una volta a
settimana. E ora... buona lettura!
---------------------------------------------------------------------
Ginevra
era perfetta. Ma non nel senso lato del termine. Letteralmente.
Ovviamente era bellissima, ma non si trattava solo di questo. In lei
ogni minima imperfezione pareva soltanto accrescere il suo naturale
splendore. I capelli ramati che le scendevano sulle spalle tutt'altro
che lisci, eppure così lucenti da abbagliare. Il viso rotondo,
a tratti quasi infantile, come quello di una bambola di porcellana.
Sì, il paragone era calzante. Gli occhi erano grandi, cerulei,
velati da lunghe ciglia. Le guance naturalmente tinte di un tenue
color pesca, la bocca morbida non aveva mai conosciuto il contatto
con un rossetto, ma non ne sentiva decisamente il bisogno. Noi misere
mortali non potevamo fare a meno di sentirci brutti anatroccoli,
accanto a lei.
Ma non
era neppure questo a renderla perfetta. Ginevra era buona, in maniera
quasi imbarazzante. Era il tipo di ragazza che ti lasciava copiare i
compiti ogni santa mattina con un sorriso, senza chiedere nulla in
cambio. Faceva da tutor agli studenti in difficoltà, e per
quel che ne sapevo non aveva mai rifiutato un incontro, neppure
quando lei stessa stava sveglia fino a notte fonda per mantenere la
sua impeccabile media. Potrei continuare elencando gli sport che
praticava, gli interessi che coltivava, ogni aspetto della sua vita
da favola. Ma non è di questo che voglio parlare, perché
non è questa la Ginevra che ho scorto solo per un momento, in
una calda mattina d'estate. Perché anche allora, mentre
avanzava quasi danzando tra i nostri compagni di scuola, Ginevra era
sola. Nonostante tutti la conoscessero e la maggior parte di loro la
rispettasse profondamente, nessuno le voleva bene. Perché
Ginevra era troppo brava, troppo bella, troppo dannatamente candida
per essere amata davvero. Era come un idolo, lontana ed
irraggiungibile sul suo piedistallo. Quello che allora non sapevo era
che non era stata lei a costruirselo, ma chi aveva intorno. Tutti
noi, senza saperlo, avevamo contribuito a relegarla lassù. Lo
scoprii il giorno in cui conobbi Rafael, e le vite di tutti noi
cambiarono per sempre.
Ricordo
ogni momento di quella mattina, come se mi si fosse impressa a fuoco
nella mente. Nella quiete sonnolenta della prima ora la porta si
aprì, e la nostra attenzione si risvegliò all'istante.
Perché il ragazzo che si trascinò dentro con aria
indolente non poteva definirsi perfetto, ma di sicuro era bello da
mozzare il fiato. E un altro aggettivo mi balenò nella mente,
solo per un istante. Pericoloso. Non c'era dolcezza nei suoi occhi
scuri, non c'era ingenuità nel modo in cui si muoveva, con la
sicurezza di chi ha la certezza di non essere rifiutato. Lanciò
uno sguardo disinteressato a sorvolare le nostre teste. Poi i suoi
occhi si posarono su Ginevra, e non si mossero di lì. Non che
fosse una grossa sorpresa, in realtà. Tra di noi lei spiccava
come un raggio di sole in una mattinata uggiosa. Ma quello che forse
solo io notai, con immenso stupore, fu che Ginevra ricambiava lo
sguardo. Voltai appena la testa e la trovai come paralizzata, gli
occhi sgranati e la bocca socchiusa in un leggero ansito. E capii che
qualcosa era passata tra quei due. Una corrente, invisibile ma quasi
tangibile nella sua forza. Rafael non staccò gli occhi da lei
nemmeno per un attimo, mentre il professore con voce annoiata lo
presentava alla classe. Poi fu tra di noi, con la sua camminata
sinuosa e dinoccolata, e si lasciò cadere nella sedia accanto
alla mia. No, sarebbe presuntuoso esprimerlo in questi termini. Nella
sedia accanto a Ginevra è sicuramente più appropriato.
Fu
quello il giorno in cui iniziò il cambiamento. Mentre alla
cattedra il professore borbottava qualcosa sui logaritmi, nel
disinteresse generale, io li osservai. Rafael era stravaccato sul
banco, il viso appoggiato sulla mano sinistra, rivolto verso di lei.
Ginevra stava rigida, immobile, lo sguardo fisso davanti a sé.
Ma potevo scorgere il seno sollevarsi ed abbassarsi troppo
rapidamente sotto la camicetta perfettamente stirata, ed una insolita
tonalità di rosa colorarle le guance. Quando suonò la
campanella scattò in piedi e si precipitò fuori
dall'aula, quasi correndo. Non l'avevo mai considerata davvero umana,
fino a quel momento. Solo vedendola così sconvolta mi resi
conto che, in fondo, lei era come me. Soltanto una ragazza. Ma era
troppo tardi.
La
mattina dopo nessuno dei due si presentò in aula. I loro
banchi rimasero vuoti per tre giorni, prima che qualcuno si decidesse
a chiedersi che fine avessero fatto. Li cercarono in tutto lo stato,
per quel che ne so. Per settimane i loro nomi comparvero su tutti i
canali TV. Erano come spariti nel nulla.
Senza
Ginevra le giornate sono un po' meno luminose, almeno per me.
Andandosene, si è portata via un pezzo della mia adolescenza.
Non posso fare a meno di ripensare a quell'istante in cui l'ho
guardata davvero, per la prima volta. Non posso farne a meno, perché
fu anche l'ultima.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 1 - A New Life is Born ***
Ginevra
si sollevò pigramente dal letto sfatto, guardandosi intorno.
La stanza era grigia ed anonima, ma almeno sembrava pulita. La sera
prima era talmente stanca che a stento aveva trovato la forza di
sfilarsi i pesanti anfibi neri prima di crollare addormentata, ancora
vestita. Si trascinò fino al bagno, sentendo ogni muscolo
urlare di dolore. Di un paio di questi, per inciso, non era mai stata
neppure consapevole dell'esistenza, prima di allora. Si sfilò
la felpa, cercando di ignorare i lividi bluastri sulle braccia
abbronzate, e si lavò velocemente il viso con l'acqua gelida.
Sollevandosi incontrò il suo riflesso, e non poté fare
a meno di sobbalzare di fronte a quell'immagine inconsueta. Si passò
una mano tra i capelli cortissimi, chiedendosi se si sarebbe mai
abituata alla nuova sé stessa. Dallo specchio le restituiva lo
sguardo un'estranea. Una ragazza che portava sul viso i segni di un
paio di pugni ben assestati. Il taglio sul labbro almeno non
sanguinava più, constatò con soddisfazione. E il livido
sullo zigomo destro era quasi impercettibile sotto il fondotinta. Con
attenzione estrasse dal beauty-case una matita nera e tracciò
una riga precisa intorno agli occhi azzurri. Sorrise alla ragazza che
la fissava dallo specchio. Perché, nonostante in quel momento
nemmeno sua madre avrebbe potuto riconoscerla, sentiva nel profondo
del cuore di aver trovato, finalmente, sé stessa.
Il
sorriso sparì immediatamente non appena avvertì che
qualcuno stava aprendo la porta della stanza. Con un balzo afferrò
il coltello che portava legato al polpaccio sinistro, e uscì
dal bagno. Appena vide di chi si trattava tuttavia si rilassò,
e riponendo l'arma nel fodero si mosse verso il nuovo venuto.
Il
ragazzo le rivolse uno dei suoi rari sorrisi. I vestiti stropicciati,
gli stessi del giorno prima, e l'accenno di barba sulle guance
indicavano che nemmeno lui aveva perso molto tempo a prepararsi. Si
avvicinò alla ragazza e le afferrò con una certa
rudezza il mento, voltandole il volto verso la luce per esaminare le
ferite. Lei non si offese, ormai si era abituata ai suoi modi.
Sobbalzò solo quando lui le passò il pollice caldo sul
labbro rotto, in una specie di carezza involontaria.
Anche a
questo si era abituata. Rafael era totalmente inconsapevole
dell'effetto che aveva su di lei. Pareva non rendersi conto di quanto
la sconvolgessero i suoi occhi color muschio ogni volta che si
soffermavano sul suo viso, anche solo per un istante. Di quanto
accellerasse il battito del suo cuore quando le sue mani fredde la
sfioravano.
Parve
infastidito dalla risposta e si allontanò da lei, lasciandola
delusa e con il labbro che pulsava nel punto in cui si erano
appoggiate le sue dita.
La
ragazza liquidò con un gesto secco della mano quella
precisazione inopportuna. Non voleva pensare che in fondo era solo
per questo che lui le restava accanto. Era il suo lavoro. Non poteva
fingere di non saperlo, ma poteva scegliere di ignorarlo.
Quei
tre erano degli invertebrati, non sarebbero nemmeno riusciti a
colpirmi se avessi avuto il mio coltello!
Non
ti si sarebbero nemmeno avvicinati, se tu non avessi deciso di
andartene a zonzo da sola alle tre di notte! Disarmata, per tua
stessa ammissione! Dannazione Ginevra, che diavolo ti è
saltato in mente?
Avevo
fame, e non hanno il servizio in camera da queste parti. Come potevo
immaginare che ci fosse un nido proprio nella tavola calda
all'angolo? E ora, se non ti dispiace, vorrei farmi una doccia...
Con
finta noncuranza iniziò a slacciarsi la pesante fibbia della
cintura. Tre, due, uno...
Alzò
lo sguardo appena in tempo per vedere la schiena ampia di Rafael
sparire oltre la porta, che venne sbattuta quasi con rabbia. Era il
modo migliore per porre fine ad una delle sue interminabili prediche:
in situazioni di quel tipo si imbarazzava come un ragazzino.
Canticchiando
a mezza bocca, chiuse a chiave la porta della stanza mentre si
sfilava con gesto distratto la canottiera e i jeans strappati. Senza
concedersi di incrociare di nuovo lo sguardo della sconosciuta dello
specchio aprì il getto della doccia e lasciò che
l'acqua calda le togliesse di dosso un po' della stanchezza che ormai
le aderiva addosso come una seconda pelle.
Rafael
rientrò nella sua stanza bestemmiando a mezza voce. Maledetta
testa calda, si sarebbe fatta ammazzare entro pochi mesi se non si
dava una calmata! Gli prudevano le mani dalla voglia di prenderla a
sberle...
Tirò
fuori dalla tasca posteriore dei jeans un vecchio e malconcio
telefono cellulare e scelse un numero dalla lista delle chiamate
perse. Una voce ansiosa rispose al primo squillo.
Il
ragazzo si lasciò cadere sul letto, senza preoccuparsi di
appoggiare gli stivali da cowboy sulle lenzuola pulite. Avrebbe
lasciato una mancia extra alla cameriera prima di andarsene.
La
donna all'altro capo del filo emise un gemito strozzato.
Quanti
erano?
Soltanto
tre grazie a Dio...
Beh,
è andata bene allora, per te deve essere stata una
passeggiata eliminarli!
Rafael
si grattò il mento, indeciso su come proseguire il discorso.
Teoricamente avrebbe dovuto tenerla d'occhio 24 ore su 24, ma non
poteva certo dividere la stessa stanza con lei. Aveva solo sedici
anni, ma era pur sempre una donna, possibile che nessuno sembrasse
ricordarlo?
L'urlo
gli perforò un timpano, nonostante avesse provvidenzialmente
allontanato il telefono dall'orecchio appena in tempo.
L'hai
lasciata uscire da sola? Lo sai che possono sentire il suo odore, è
come una calamita per i demoni in questo momento! Piuttosto, come ha
fatto a scappare?
Non
è che sia proprio scappata, lei... li ha fatti fuori ecco!
All'altro
capo del filo la sua interlocutrice era ammutolita. Poteva sentire
solo il ritmo accellerato del suo respiro.
Con la
mano libera il ragazzo estrasse l'ultima sigaretta da un pacchetto
malconcio e se la portò alle labbra. Non gli piaceva la piega
che stava prendendo la conversazione.
E'
stata fortunata...
Lei
come sta?
Fece
scattare la fiamma dell'accendino d'argento e prese una profonda
boccata di fumo. La nicotina lo aiutava sempre a calmarsi.
Senza
rendersene conto Rafael stritolò con la mano destra il
pacchetto vuoto.
Il
ragazzo spense con un gesto nervoso la sigaretta nel portacenere
accanto al letto e contò fino a dieci per non perdere
definitivamente le staffe. Non voleva pensare a quello che aveva
provato quando aveva sentito la presenza dei tre mostri e, corso in
camera di Ginevra, l'aveva trovata vuota. Né al viso sconvolto
e sanguinante della ragazza quando finalmente l'aveva trovata,
accasciata a terra tra le ceneri dei Gregari, in quel vicolo buio.
Monique,
cristo, ha solo sedici anni!
Tu
non eri molto più vecchio di lei. E, se non ricordo male, hai
creato un sacco di problemi al tuo Guardiano! Che male c'è se
accetta il suo destino? Non manca molto ormai...
Si
passò una mano sugli occhi stanchi. Almeno lei non era
scappata come aveva fatto lui a suo tempo. Ma era proprio questo che
lo spaventava.
Se
si fa ammazzare da loro sarà stato tutto inutile!
Non
succederà, se farai bene il tuo lavoro. E per l'amor di Dio,
smettila di preoccuparti così per lei. E' una Predestinata,
ed è particolarmente dotata. Ce la farà.
La
bocca del giovane assunse una piega amara.
Credevo
che preoccuparmi per lei facesse parte dei miei compiti...
Il
tuo compito è insegnarle quello che deve sapere, e
proteggerla fino al momento del cambiamento. Se permetti alle tue
paure di prendere il sopravvento metterai solo in pericolo le vite
di entrambi. Ora dov'è?
Rafael
si riscosse, guardando il pesante orologio che portava al polso. Era
passata quasi mezz'ora da quando aveva lasciato la stanza di Ginevra.
Monique
ridacchiò, ripensando a come lei stessa si fosse trovata a
pensare le stesse cose, tanti anni prima. Quando Rafael era solo un
ragazzino, e il più bel Predestinato che avesse mai visto.
Certo,
e lo confermava. Soltanto una ragazzina pestifera, che gli stava
causando una quantità enorme di grattacapi. Però... chi
l'avrebbe detto, la prima volta che l'aveva vista, che sarebbe
diventata un tale splendore?
Chiuse
la comunicazione e si passò una mano tra i capelli annodati.
Avevano decisamente bisogno di una lavata. Compose velocemente un
altro numero sulla tastiera.
Sempre
gentile la piccola. E dire che quando era andato a prenderla gli era
sembrata una bambolina dolce e beneducata. Quanto possono ingannare
le apparenze...
Mi
faccio una doccia anche io, pensi di riuscire a non cacciarti nei
guai per i prossimi venti minuti?
Farò
il possibile... hai bisogno di una mano a lavarti la schiena?
Buttò
giù il telefono senza darle la soddisfazione di una risposta.
Sembrava che si divertisse da matti a provocarlo. In momenti come
quello aveva una voglia pazza di strozzarla.
Un
lieve ronzio lo riscosse dai suoi pensieri omicidi. Sul display
lampeggiava il segnale di un messaggio ricevuto. Lo aprì
incuriosito.
'Ho
esagerato. Scusa. Dopo mi porti a fare colazione?'
Sorrise
intenerito. Quella maledetta manipolatrice sapeva esattamente quando
stava tirando troppo la corda, e come rabbonirlo.
'Scuse
accettate. Aspettami in camera.'
Di
colpo di buonumore si spogliò e fischiettando si buttò
sotto la doccia. In fondo il suo primo incarico come Guardiano
avrebbe potuto andare decisamente peggio. Avrebbe potuto trovare uno
come lui, ad esempio!
_______________________________________________
Angolino
dell'autrice:
Caspita,
nove recensioni, ed è solo il prologo! Vi confesso che mi
avete spiazzato, non credevo davvero che avrebbe avuto tanto
successo! Come vi avevo anticipato da questo capitolo lo stile cambia
radicalmente, diciamo che il prologo aveva la funzione di spiegarvi
com'era Ginevra PRIMA che succedesse qualcosa che ha cambiato un bel
po' le cose. Ovviamente non vi svelo nulla, più avanti nella
storia si capirà meglio cosa è successo nel frattempo.
Ed ora vai con le risposte alle vostre recensioni:
Eylis:
non so più cosa dire oltre a quello che ti ho scritto nella
mail, ma ci tenevo a ribadire che per me è davvero
gratificante che ti piaccia quello che scrivo. I tuoi racconti sono
bellissimi, e affrontano tematiche molto profonde, quindi a volte mi
sembra di scrivere storielle al confronto! Spero che continui a
piacerti anche il nuovo stile della storia, per quanto riguarda
l'originale di cui ti parlavo spero di riuscire a trascriverla a
breve, anche se passo in media 9 ore al giorno al pc in ufficio e la
sera la voglia di riattaccarmici è quasi nulla...Ad ogni modo,
ovviamente, sarai la prima a leggerla! Ciao, alla prossima!
Clarinetto:
mi dispiace molto per l'inconveniente, ho ricontrollato ma sul mio pc
la pagina non era deformata, così non ci ho pensato...
Comunque stavolta li ho limitati, fammi sapere se hai ancora
problemi! Come vedi in questo capitolo Ginevra è cambiata
molto, più avanti si scoprirà meglio il perché.
Al prossimo capitolo, baci!
Ellemyr:
spero di non averti fatto attendere troppo, e soprattutto che ti
piaccia anche questo chap. Fammi sapere!!!
Saphira87:
ed ecco la prima delle mie fedelissime di Moonlight che inizia la
nuova storia! Sono molto felice che il prologo ti abbia incuriosito
in maniera inconsueta (anche io mi Edwardizzo a volte!), spero che il
nuovo stile ti piaccia altrettanto! Un bacio bella!
Sophonisba:
la narratrice del prologo non è un personaggio vero e proprio,
nelle intenzioni doveva incarnare gli occhi con cui il mondo, ossia
una qualunque compagna di scuola, vedeva Ginevra. Giudicando sulla
base di ciò che sapeva di lei, cioè quasi nulla! Da
questo chap invece le cose cominciano a vedersi con gli occhi della
protagonista e di uno dei personaggi principali, e dovrebbero
chiarirsi un po'. Ne approfitto per ringraziarti anche per la
recensione a 'Pallottole d'argento', è stata la mia prima
incursione nel mondo del sovrannaturale e ci sono parecchio
affezionata! A presto, 1bacio!
Emily
Doyle: eccoti accontentata, spero che il primo capitolo non ti
abbia deluso! Fammi sapere cosa ne pensi ok?
Lupacchiotta89:
allora, sono riuscita a sorprenderti? A quanto pare né
Ginevra né Rafael sono quello che sembravano all'inizio! Sarà
che quando si vedono le cose dall'esterno spesso ci si inganna...
Sono felicissima di rivederti tra le recensioni, e soprattutto che la
nuova storia ti piaccia già! Anche perché, lavoro
permettendo, ho idee per circa una ventina di capitoli...
AliceCullen93:
come vedi i problemi tecnici sono stati risolti brillantemente, e
(non so nemmeno io come ho fatto) sono riuscita ad aggiornare ben tre
storie in soli due giorni! Ovviamente i tuoi complimenti mi fanno
sempre arrossire, commuovere, etc etc, quindi continua su questa
strada! Spero che ti piacciano i nuovi personaggi, io già mi
ci sto affezionando...
_sefiri_:
sei stata fortunata, hai iniziato la nuova storia proprio il giorno
prima dell'aggiornamento settimanale! Spero ti sia piaciuto anche
questo chap, un bacio!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 2 - Rafael ***
Rafael aveva appena compiuto diciott'anni la prima volta
che aveva visto Monique. Erano i ruggenti anni venti, il periodo
migliore, a suo avviso, per avere quell'età.
Era il figlio primogenito di un ricco banchiere
parigino, e sembrava fermamente intenzionato a sperperare la maggior
parte del suo lauto assegno vitalizio al tavolo da gioco. Era
giovane, bello e assolutamente privo di qualsivoglia senso morale.
Suo padre aveva appena messo a tacere l'ennesimo scandalo, una
domestica di una decina d'anni più vecchia di lui che si era
fatta mettere incinta nella speranza di spillargli un po' di
quattrini. Il vecchio si era arrabbiato parecchio quella volta, forse
perché la ragazza era la governante della sua sorellina
Lucille. Sarebbe stato difficile trovarne un'altra disposta a
sopportare quella piccola vipera dal volto da cherubino.
Quella sera aveva appena sollevato gli occhi quando un
uomo alto si era avvicinata al tavolo della roulette. Era sulla
quarantina ma ancora parecchio in forma, con appena una spruzzata di
grigio tra i capelli neri e qualche ruga all'angolo degli occhi. Poi
la donna si era avvicinata, appoggiando le mani sulle spalle del suo
compagno e lanciando a Rafael un lungo sguardo curioso. Era
semplicemente bellissima. Il tubino nero e il rossetto rosso fuoco
creavano un contrasto indescrivibile sulla pelle bianchissima, i
capelli biondi scendevano in morbide onde ad incorniciare un ovale
perfetto, su cui spiccavano due intensi occhi color nocciola. Rafael
era sentito stranamente intimidito. Era abituato ad essere guardato
dalle donne, ma avvertiva che stavolta c'era qualcosa di diverso. Non
c'era traccia di malizia, o di un qualche tipo di invito, in quello
sguardo. Dal modo in cui si era appoggiata all'uomo seduto davanti a
lui, le braccia esili intorno al suo collo e il seno premuto contro
la spalla destra di lui, il ragazzo aveva intuito distintamente che
era la sua donna. Allora perché diavolo continuava a fissarlo?
La voce bassa e professionale del croupier aveva
interrotto il corso dei suoi pensieri. Aveva visto l'uomo sorridere e
spostare un'alta pila di fishes sul 3 rosso. Era assurdo, quel numero
era uscito appena due sere prima, non c'erano probabilità che
l'evento potesse ripetersi! L'uomo l'aveva fissato per un istante,
poi la sua mano destra era salita a stringere quella della sua
compagna, e la roulette aveva iniziato a girare. Si era chiesto per
l'ennesima volta se sembrava solo a lui che il tempo che impiegava a
fermarsi fosse eterno. E aveva osservato, con la bocca spalancata
dallo stupore, la pallina fermarsi sul 3 rosso. La donna aveva riso e
battuto le mani entusiasta; Rafael aveva notato solo in quel momento
la sottile fascia d'oro bianco che portava all'anulare sinistro,
assolutamente identica a quella che portava anche l'uomo. Una donna
sposata dunque. Guardandola meglio, in effetti, si era reso conto che
non era giovane come gli era sembrata all'inizio. Doveva avere circa
trent'anni, e a quell'età non erano molte le belle donne
ancora disponibili.
Si era alzato, constatando che il denaro che aveva a
disposizione per quella sera si era ormai esaurito. Gli occhi della
bionda non accennavano a staccarsi da lui. Quando le era passato
accanto, aveva sentito un tocco leggero sulla manica.
Aveva una voce bassa e roca. Rafael aveva spostato lo
sguardo sull'uomo, ancora seduto al tavolo. Lui gli aveva sorriso in
risposta, prima di tornare a concentrarsi sulla roulette. Il ragazzo
aveva scrollato le spalle e offerto il braccio a quella strana donna,
guidandola sulla terrazza del casinò.
Si erano appoggiati al parapetto di pietra, contemplando
la città che si stendeva davanti a loro in tutta la sua
magnificenza. Parigi era splendida a quell'epoca.
Si era voltato verso di lei, sconvolto da
quell'affermazione assurda. Ma la donna fissava dritto davanti a sé,
il profilo aristocratico appena illuminato dalla tenue luce dei
bracieri disposti tutt'intorno a loro.
Si era ritrovato ad annuire, perso nell'irrealtà
di quella conversazione.
Io mi chiamo Monique, e sono il tuo Guardiano. Devo
accertarmi che tutto vada bene quando verrà il momento.
Non credo di seguirla...
Tu sei un Predestinato. Non morirai integralmente, non
nel modo in cui muore la gente comune almeno. Morirà il tuo
corpo, ma tu diventerai... qualcos'altro. Un Eletto, come me.
Aveva scosso la testa. Quella donna era completamente
pazza, non c'era altra spiegazione. Si augurava soltanto che non
fosse anche pericolosa.
Gli girava la testa, e cominciava a preoccuparsi sul
serio. Come conosceva il suo nome? Stava per ribattere quando lei
aveva afferrato la sua mano destra, con un movimento fluido ed una
stretta incredibilmente forte, e se l'era portata al seno. Aveva
tentato di ritrarsi, imbarazzato e confuso da quel gesto, quando
qualcosa l'aveva immobilizzato. La pelle della donna era fredda come
il marmo ed altrettanto dura. E sotto la sua mano non c'era traccia
del ritmo costante di un cuore che pompasse il sangue in quel corpo
stupendo. Aveva spalancato gli occhi, inorridito, mentre la sua mano
correva veloce al collo della donna. Niente battito. C'era qualcosa
di terribilmente sbagliato in ciò che aveva davanti, ma la sua
mente sconvolta non riusciva a capacitarsene. Lei, con fermezza,
aveva allontanato la sua mano.
Aveva scosso la testa, in silenzio.
Si era allontanata con passo sinuoso, attirando gli
sguardi di molti uomini mentre attraversava la sala per tornare
accanto al marito. Rafael l'aveva visto alzarsi dalla sedia,
raccogliere le fishes e scortarla lentamente fuori dalla sala, un
braccio appena posato sulle spalle della donna. Era crollato a terra.
Si era svegliato nel suo letto, come se fosse una
mattina come le altre. Ma non lo era. Per la seconda volta nel giro
di una settimana aveva trovato il cuscino sporco di sangue. E dentro
di sé ora sapeva che non si trattava solo di una coincidenza.
Aveva preparato in fretta e furia le valigie, ed era
saltato sul primo treno. Non sarebbe stato fermo ad aspettare che
quelle persone assurde venissero a prenderlo. Non voleva morire.
Aveva solo diciott'anni, e tutta la vita davanti. Aveva viaggiato per
settimane, senza altre compagne che la propria paura ed una tosse che
sembrava peggiorare ogni giorno di più, e che lo lasciava
spossato a fissare con occhio vacuo le macchie di sangue sul
fazzoletto. Non dormiva più di una notte nello stesso luogo,
terrorizzato dalla sua stessa ombra. Poi, poco a poco, una
consapevolezza si era fatta strada nella sua mente alterata. La donna
non aveva detto che sarebbero stati loro ad ucciderlo. Aveva detto
soltanto che sarebbe morto. E, nonostante fosse fuggito, sentiva che
il suo corpo si indeboliva ogni giorno di più. La malattia lo
stava consumando dall'interno, e l'avrebbe fatto in qualunque paese
si fosse trovato. Una speranza, per la prima volta, aveva sfiorato la
sua mente. Forse loro potevano aiutarlo.
Si era voltato, sconvolto, e li aveva scoperti immobili
accanto a sé. Un attacco di tosse più forte dei
precedenti gli aveva squassato il petto, togliendogli il respiro.
L'uomo gli aveva allungato in silenzio un fazzoletto candido.
Io sono Gabriel. Ora verrai con noi?
Potete impedire che io muoia?
Possiamo fare in modo che tu soffra il meno possibile.
La
bocca gli si era curvata in un sorriso amaro, mentre la donna
gli passava in silenzio una mano intorno alla vita per aiutarlo a
camminare.
_______________________________________________
Angolino
dell'autrice:
In
questo capitolo non succede molto, ma mi piaceva l'idea di spiare un
po' nel passato di Rafael. Ovviamente Monique è la donna con
cui Rafael parlava al telefono nel capitolo scorso...
Ed ora
vai con le risposte alle vostre recensioni:
Sophonisba:
sono molto felice che la mia storia sia finita tra le tue preferite,
non ti ho fatto aspettare troppo vero? Ti è piaciuto vedere
Rafael nei panni che ora veste Gin? Fammi sapere, un bacio!
Emily
Doyle: Dunque, come avrai letto in questo capitolo Rafael
dimostra 18 anni, l'età che aveva quando è cambiato, ma
in realtà ne ha circa 110... se li porta bene però :-D
Lupacchiotta89:
sei sempre un tesoro, ogni
autrice dovrebbe avere diritto ad almeno una lettrice fedele ed
entusiasta come te! Anche a me Gin e Rafael piacciono molto, anche se
Lena continua ad avere un posto speciale nel mio cuore di
scrittrice... un bacione!
AliceCullen93:
posso anticiparti che nelle mie storie non troverai quasi mai
personaggi femminili delicati e bamboleggianti, quantomeno non in
veste di protagonista. Ciò non significa che non siano a modo
loro fragili, ma non ce la faccio proprio a scrivere di ochette che
nella vita vera prenderei a schiaffi! Monique è una donna,
mentre Gin è una ragazzina, quindi ci saranno sempre grandi
differenze tra di loro, ma entrambe potrebbero definirsi 'con le
palle'. Rafael... stavolta ci sono proprio cascata, in fondo ogni
donna sogna un bel tenebroso, musone e silenzioso... stavolta ho
scelto di farlo sognare anche alla mia Gin! Dopo un dongiovanni
ironico e fascinoso (Biagio) e un ragazzino un po' lento ma
tremendamente sensuale (Jacob) ho deciso di cambiare completamente
genere, fammi sapere che ne pensi! Un bacione ma cherie, al prossimo
chap!
_sefiri_:
Spero ti sia piaciuto anche questo chap, non si scopre cosa è
successo a Gin ma in compenso si scopre quello che è successo
a Rafael... un bacio!
April
Bell: sono colpita dal fatto che tu abbia colto la citazione che
ho voluto inserire nei nomi di alcuni dei protagonisti. Come avrai
notato però la presenza degli angeli si limita al nome, mentre
i demoni ci sono eccome... Anche io preferisco la nuova Ginevra,
anche perchè sarebbe stato molto difficile gestire una
long-fic con un personaggio perfetto sotto tutti i punti di vista.
Tieni conto di una cosa però, il primo chap mostrava Gin come
la vedeva un'estranea, qualcuna che in fondo non la conosceva
davvero... la vera Gin è quella di cui leggerai d'ora in poi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4 - A simple touch ***
Una
ventina di minuti più tardi Rafael bussò alla porta di
Ginevra. Si era rasato e aveva indossato degli abiti puliti, anche se
la differenza rispetto a quelli del giorno prima era praticamente
impercettibile. La ragazza, aprendo la porta, notò per
l'ennesima volta l'assoluta mancanza di interesse che lui dimostrava
per il proprio aspetto. Cosa che, per inciso, non le impediva di
trovarlo incredibilmente attraente.
L'aveva
visto per la prima volta quando andava in seconda media. Lei e le sue
amiche avevano immediatamente individuato il ragazzo appoggiato con
noncuranza ad un lampione davanti alla scuola, in una calda mattina
di giugno. Indossava un giubbotto di pelle, i capelli lunghi fino
alle spalle e gli occhi nascosti da un paio di Ray-Ban. Quando le era
passata accanto aveva visto un lampo sotto le lenti scure, e mentre
si allontanava aveva sentito in maniera quasi fisica il suo sguardo
inchiodato tra le scapole.
Si era
innamorata di lui istantaneamente, con tutto l'ardore di una
dodicenne. Aveva fantasticato per mesi sul suo nome, la sua vita, i
casi che avrebbero potuto portarlo a desiderarla follemente. Poi,
come ogni cotta che si rispetti, era piano piano sbollita. Ma il
ragazzo misterioso era rimasto per anni nei suoi pensieri. Fino al
giorno in cui l'aveva visto entrare nella sua classe.
Era
lui, l'aveva capito subito. Anche se non era cambiato di una virgola
da quella mattina di giugno di quattro anni prima, Ginevra aveva
sentito lo stesso brivido lungo la schiena nell'incontrare il suo
sguardo. Era il motivo principale che l'aveva spinta a mollare tutto
e partire con lui.
Aveva
approfittato di quel lasso di tempo per indossare qualcosa di più
umano... o che non fosse impregnato di sangue colloso e verdastro,
perlomeno. Dopo anni di abitini da collegiale e camicette inamidate
era un piacere quasi sensuale indossare i suoi nuovi panni. Sentiva
la stoffa ruvida dei jeans accarezzarle la pelle nuda delle cosce,
l'odore di cuoio della sua nuova e costosissima giacca le solleticava
le narici. La femminilità non le aveva procurato alcun
piacere, la violenza e il dolore la facevano sentire viva. No, non
solo. Lui la faceva sentire viva. Anche se in sei mesi le volte in
cui l'aveva sfiorata anche solo per sbaglio si contavano sulle dita
di una mano, stare con lui le faceva scorrere il sangue un po' più
veloce nelle vene.
Un
giorno o l'altro mi spiegherai come fai a mangiare continuamente ed
essere così magra!
Metabolismo
veloce. E poi senti chi parla!!!
Piccola,
ti ricordo che il mio corpo ha smesso di assorbire nutrimento dal
cibo un'ottantina di anni fa!
Lei si
morse un labbro, incapace di rispondere a tono. Quell'argomento la
innervosiva. Sapeva che Rafael era una specie di immortale,
ovviamente. Come sarebbe diventata anche lei, una volta che il suo
corpo fosse morto. Ma sentirselo dire in maniera così diretta
la sconcertava.
Lui le
rivolse una smorfia, che poteva essere interpretata senza troppa
immaginazione come un sogghigno.
La
ragazza si fece seria. C'era una cosa che aveva assolutamente bisogno
di sapere. Rafael non era certamente la persona più indicata a
cui chiedere una cosa del genere, ma...
Il
ragazzo la fissò per un istante, soppesando la domanda. Si
rese conto che non aveva usato il tono ironico con cui solitamente
accompagnava le sue provocazioni. Sfuggiva il suo sguardo, le guance
leggermente arrossate sotto il trucco.
Improvvisamente
la ragazza si era resa conto che non poteva assolutamente parlarne
con lui! Ma con chi altro poteva farlo? Sapeva che aveva dei
compagni, da qualche parte. Un paio di volte l'aveva sentito nominare
una donna, un nome francese che ora non voleva saperne di tornarle in
mente. Magari prima o poi si sarebbe deciso a fargliela conoscere.
Persa nei suoi pensieri, notò solo in quel momento il borsone
nero appoggiato a terra accanto agli stivali di Rafael. Gli lanciò
un breve sguardo preoccupato.
Lui
scrollò le spalle mentre sollevava la borsa dal pavimento e le
passava accanto per entrare nella stanza. Si chiuse la porta alle
spalle, poi ci si appoggiò contro con aria contrariata.
Ginevra
si sentì improvvisamente, irrimediabilmente, senz'ombra di
dubbio una completa idiota. Secondo i piani avrebbero dovuto fermarsi
in quel motel per circa una settimana, lasso di tempo che avrebbe
permesso al Guardiano di rintracciare un paio di persone e
organizzare una retata. Pesci grossi, non i tre sgorbi che aveva
eliminato la notte precedente. A quanto pare la sua performance alla
BTVS aveva compromesso tutto.
Sentirla
chiedere scusa per qualcosa era un evento più unico che raro,
ma il ragazzo decise di non approfittarne. Si allungò invece a
tirarle uno scappellotto sulla testa china. Lei sollevò su di
lui uno sguardo oltraggiato, massaggiandosi la cute.
Lei si
rivoltò inviperita, un lampo d'odio negli occhi celesti.
Gli
voltò le spalle rabbiosamente, iniziando a gettare alla
rinfusa i suoi abiti nel trolley color ciliegia che era abbandonato
sulla moquette. Era letteralmente furiosa. Che diavolo ne sapeva lui
della sua vita? L'aveva vista per quanto (10 minuti?) prima di
sbatterle in faccia il suo fottutissimo destino, e si permetteva di
giudicarla? Avvertì una mano fresca sulla spalla e, nonostante
la sua mente infuriata si ribellasse con tutte le sue forze, il suo
corpo si immobilizzò. Rafael non la toccava mai. A meno che
non si trattasse di spintonarla via per evitare che qualche strana
creatura le staccasse la testa, ovviamente.
Non si
voltò. Non voleva che vedesse le lacrime che stava cercando
con tutte le sue forze di trattenere, o il sorriso che sentiva
stirarle gli angoli della bocca contro la sua volontà. Non
poteva lasciarsi influenzare così da lui, non andava per
niente bene. Cercò di controllare la voce, permeandola di una
freddezza che era ben lungi dal sentire.
Passò
una mano, rapida ed invisibile, sugli occhi lucidi. Poi prese un
respiro profondo e chiuse con un gesto brusco la valigia. La mano di
Rafael abbandonò la sua pelle lentamente, con una specie di
involontaria carezza che le fece serpeggiare un brivido lungo la
schiena.
Il
ragazzo le regalò uno dei suoi sogghigni, e lei si ritrovò
a pensare che il mondo non faceva poi così schifo.
_______________________________________________
Angolino
dell'autrice:
Ringraziamenti
veloci oggi, cercate di perdonarmi ma ho troppe cose da fare... Cmq
vi adoro tutte!
Ed ora
vai con le risposte alle vostre recensioni:
Saphira87:
in effetti mi chiedevo che fine avessi fatto, ma avevo pensato a
qualcosa di meno drammatico, tipo la partenza per le ferie o il
computer rotto... invece ti eri rotta tu! Non ci pensare nemmeno a
scusarti, per fortuna ora sei tornata in sesto, e io potrò
tornare a leggere le tue bellissime recensioni! Al prossimo chap, un
bacio
Sophonisba:
ho cercato di rendere il personaggio di Monique come diretto e a
volte un po' insensibile, d'altronde fa questo lavoro da taaanto
tempo e dopo un po' si perdono tante attenzioni... Sono contenta che
il 'morirai presto' non sia risultato troppo da film horror di serie
C! baci!
Emily
Doyle: Sono contentissima che continui a piacerti la storia, al
prossimo chap! kisses!
Lupacchiotta89:
eccomi qui! Dunque, come hanno
aiutato Rafael per ora non rientra tra i fatti che voglio raccontare,
lo scorso chap è stato un flashback fine a se stesso, volto a
farvi conoscere meglio un personagio che, almeno all'inizio, non
svela molto di sé. Quello che ha detto Rafael a Gin quando
l'ha trovata invece devo ancora deciderlo, quindi credo che si
scoprirà parecchio avanti nella storia. baciotti!
AliceCullen93:
che triste notizia che parti (per me, ovviamente; per te è
bellissima ;-P). Vedrò di sopravvivere senza le tue
meravigliose recensioni, anche se sarà dura! Anche io temo non
riuscirò ad aggiornare così regolarmente come prima,
col lavoro mi rimane poco tempo per scrivere, per ora ho circa 10
chap, un buco di dimensioni indeterminabili (potrebbero essere due
chap come 10, dipende dall'ispirazione) e 2-3 chap finali, ma non so
quando potrò riprendere a scrivere con tranquillità...
uffi... buone ferie, un bacioneoneone...
Lullaby88:
i capelli Gin li ha tagliati per due ragioni. La prima è
essenzialmente pratica: tranne ne film è impossibile
combattere con lunghi capelli che ondeggiano qua e là. La
seconda è più legata al dare un taglio netto ad un
immagine di sé che non amava e non sentiva come sua. E poi a
me il caschetto nero stile AeronFux piace molto :-D Ciao ciao
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 4 - Confidenze in un vicolo buio ***
Davanti
a due tazze di cappuccino fumante il ragazzo tentò di
intavolare una conversazione. Cosa alquanto complicata, dal momento
che la sua interlocutrice sembrava totalmente concentrata sul suo
croissant. Il terzo, calcolò lui con malcelata sorpresa.
Davvero non si spiegava dove riuscisse a trovare il posto per tutta
quella roba. Agguantò l'ultimo cornetto dal cestino di vimini
al centro del tavolo, conscio che, in caso contrario, in meno di
cinque minuti sarebbe andato a far compagnia ai suoi simili nello
stomaco della sua affamata protetta.
Si era
reso conto benissimo di averla ferita, poco prima. Doveva aver
inavvertitamente toccato un tasto dolente, per farla scattare così.
E moriva dalla voglia di saperne di più.
Lei non
sollevò gli occhi dal tavolo, ma appoggiò ciò
che restava del croissant sul tovagliolo. Sembrava indecisa, come se
stesse scegliendo le parole.
Breve
ma lapidaria. Aveva scelto bene. E aveva detto un'innegabile verità.
Non avevano mai parlato molto, le loro conversazioni erano perlopiù
concrete e superficiali. Lui non le aveva mai chiesto nulla del suo
passato, e lei non sembrava molto propensa ad affrontare l'argomento.
Attese in silenzio che continuasse.
Ci
aveva pensato, a dire il vero. Ma era stato troppo sollevato che
fosse andato tutto liscio per preoccuparsene seriamente.
Si era
ritrovato a chiederglielo senza averlo preventivato. Non era certo il
momento migliore per le confidenze. Seduti al tavolino di un bar,
circondati da orecchie indiscrete, con un numero imprecisato di
demoni che probabilmente si stava mettendo sulle loro tracce proprio
in quel momento. Ma lei lo stupì.
Con la
coda dell'occhio individuò, alle sue spalle, ciò che
aveva visto Ginevra. Tre tizi vestiti di scuro si guardavano attorno
in maniera strana, come annusando l'aria. I lunghi impermeabili di
pelle nera stonavano decisamente con la calda mattina di maggio.
Ginevra estrasse veloce dalla borsa una fialetta piena di liquido
ambrato e se ne spruzzò qualche goccia dietro le orecchie. Una
forte fragranza si diffuse istantaneamente attorno a loro. Rafael non
poté fare a meno di guardarla ammirato. Quella ragazza
imparava dannatamente in fretta!
Scosse
la testa. Se aveva visto giusto, non poteva affrontarli da solo.
Erano troppo forti.
Lei lo
fissò per un attimo, turbata ma curiosa. Non gli aveva mai
parlato di un piano C.
Rafael
lasciò un paio di banconote sul tavolo, poi si alzò
dalla sedia in modo da nasconderla completamente alla vista dei tre
demoni. Si chinò verso di lei e le prese la mano.
Prima
che riuscisse a ricollegare il cervello (Rafael l'aveva toccata per
due volte nel giro di poche ore in fondo!) stavano correndo come
matti tra la folla, urtando inavvertitamente gli ignari passanti.
Rafael non l'aveva mollata nemmeno per un secondo, nonostante lei
faticasse a tenere il suo ritmo. Sentiva il respiro che bruciava come
lava nella gola arida, e un dolore acuto al fianco la tormentava di
più di minuto in minuto. Finalmente si infilarono in una
stradina laterale, lasciandosi cadere a terra, esausti, dietro un
mucchio di vecchie cassette di frutta. Ginevra poteva sentire il
cuore che batteva incontrollato, come se cercasse di uscire dalla
gabbia toracica. Non avrebbe saputo dire se la colpa fosse tutta
della corsa forsennata, o se c'entrasse in qualche modo la mano di
Rafael che continuava a stringere la sua. Quando parlò la sua
voce era roca e ansante.
Rafael
parve accorgersi solo in quel momento di averla accanto, praticamente
appiccicata al suo braccio. Le lasciò la mano come se
scottasse, poi si voltò a sbirciare l'entrata del vicolo a
pochi metri da loro.
Avvertì
una nota di tensione nella sua voce, e la cosa non le piacque
affatto. Lui non aveva paura di niente, mai! Se Rafael era
preoccupato, allora non aveva davvero nessuna voglia di incontrare la
fonte della sua preoccupazione! Istintivamente gli si strinse contro,
mentre un tremito incontrollato le percorreva il corpo. Non era
spaventata. Era totalmente terrorizzata!
Il
ragazzo accanto a lei parve avvertirlo, perché pur senza
sfiorarla si sistemò più comodamente contro il muro
scrostato, permettendole di appoggiarsi alla sua spalla. Non erano
mai stati così vicini ma, paradossalmente, Ginevra parve non
accorgersene. Tutto quello che sentiva erano le ondate di gelo che le
scorrevano sotto la pelle come lava ghiacciata.
Beh,
pare che dovremo passare un po' di tempo qui – sussurrò
lui, facendola sussultare – quindi, ti ripeto la domanda: ti
va di parlarne?
La
ragazza ci mise qualche istante a dare un senso alle parole di
Rafael, persa com'era nei suoi personali incubi. Quando riallacciò
i fili della conversazione di poco prima, che ora le sembrava lontana
anni luce, ridacchiò in silenzio. Perché no, in fondo.
Magari l'avrebbe distratta da quella dannata paura che
l'attanagliava.
Non
c'è molto da dire. Hai mai avuto la sensazione di non avere
uno scopo nella vita? Io mi sono sempre sentita così. Tutto
ciò che facevo era finalizzato esclusivamente a rendere
felice qualcuno. I miei genitori, i miei insegnanti, il mio
allenatore... non facevo mai nulla per me. Non avevo desideri,
niente riusciva a toccarmi davvero.
Mentre
parlava si era staccata da lui, rannicchiandosi su sé stessa.
Era difficile tirare fuori tutto per la prima volta. Non ne aveva mai
parlato a nessuno, nessuno le era mai stato così vicino da
spingerla a farlo. Nessuno glielo aveva mai chiesto. Tranne
quello strano ragazzo castano che la ascoltava in silenzio, come
esortandola a continuare.
Si
passò una mano tra i corti capelli corvini, che scendevano
appena a sfiorarle il viso affilato e le lasciavano la nuca scoperta.
Quel taglio era stato il primo passo verso la nuova sé stessa,
la prima volta in cui aveva deciso qualcosa senza pensare a cosa ne
avrebbero pensato gli altri. Lo adorava.
Era
una domanda stupida e assolutamente fuori luogo. Erano seduti a terra
in una stradina sporca, circondati da mucchi di immondizia di cui non
voleva neppure sapere l'esatta composizione. Braccati da tre demoni
molto probabilmente pericolosi e nel migliore dei casi letali. Eppure
si ritrovò a sorridere.
Lo
fisso dritto negli occhi verdi, senza preavviso. Lo vide irrigidirsi
e scostarsi impercettibilmente da lei. Certe cose non cambiavano
proprio mai. Abbassò gli occhi con noncuranza, fingendo di non
essersi accorta di nulla.
Rafael
la squadrò per un istante, quasi intenerito. Ma soffocò
quella sensazione sul nascere. Doveva imparare a non affezionarsi
troppo agli oggetti, imprevisti del genere erano all'ordine del
giorno nel loro mestiere. E i soldi, fortunatamente, non erano mai un
problema. Non finché Gabriel e quelli come lui fossero stati
dei loro.
Lei
sorrise, forse sollevata, o più probabilmente elettrizzata
all'idea dello shopping imminente.
E' iris blu. Ho pensato che avrebbe coperto un po' il
mio odore...
E' stata una buona idea. E pare che abbia funzionato,
dato che non ci sono ancora saltati addosso! E ora andiamo, dobbiamo
procurarci una nuova auto...
Lei
si alzò e lo seguì meccanicamente, ancora incredula.
Rafael che se ne usciva con un complimento? Le aveva proprio viste
tutte...
_______________________________________________
Angolino
dell'autrice:
Scusatemi
tantissimo ma non sono riuscita a scrivere le risposte ad personam
stavolta, l'alternativa era saltare un aggiornamento, purtroppo il
lavoro mi distrugge e il caldo mi sfinisce... La prossima volta
cercherò di farmi perdonare! Un bacio a tutte, come sempre vi
adoro!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 5 - Simon ***
Una
manciata d'ore più tardi avevano trovato un piccolo
appartamentino in affitto per la stagione estiva, e se ne stavano
comodamente affondati in un vecchio divano logoro a guardare un dvd.
Rafael non aveva voluto spostarsi più di qualche decina di
chilometri, il minimo indispensabile per impedire che i demoni
potessero seguire l'odore di Ginevra. Questo avrebbe permesso loro di
continuare a tenere la situazione sotto controllo, ma significava
anche che non erano completamente al sicuro.
La
sua protetta tuttavia sembrava piuttosto rilassata, realizzò
con un leggero disappunto. Non aveva fatto in tempo a sedersi che si
era ritrovato le lunghe gambe di Ginevra sulle ginocchia, mentre
quest'ultima si allungava pigramente ad occupare la quasi totalità
dello spazio disponibile. Una volta tanto non dava l'impressione di
averlo fatto intenzionalmente, così aveva deciso di non
allontanarla, nonostante questo lo costringesse a tenere le braccia
incrociate piuttosto scomodamente nel tentativo di non sfiorare
nemmeno per sbaglio la pelle nuda della ragazza, lasciata scoperta
dai pantaloncini del pigiama.
La
guardò appena, il viso contratto in una smorfia di disappunto
e una enorme ciotola di pop corn in equilibrio precario sullo
stomaco. Sorrise, immergendo la mano in quella massa tiepida per
pescarne una manciata.
Lei
sbuffò infastidita, giocherellando con la croce d'argento che
portava al collo. L'aveva comprata poco dopo la partenza, anche se
lui le aveva più volte ricordato che si trattava solo di
stupide superstizioni. Ma pareva che le desse sicurezza, così
alla fine si era arreso.
Rafael
aprì la bocca per risponderle, quando si udì, basso ma
chiaramente distinguibile, un lieve bussare alla porta d'ingresso.
Ginevra saltò in piedi, spargendo pop-corn ovunque, e afferrò
il coltello dal tavolinetto davanti alla TV. Da quando si era trovata
a dover combattere disarmata, la notte precedente, pareva non
volersene separare mai più di un metro o due. Era l'unico
indizio di quanto la cosa l'avesse effettivamente sconvolta. Si voltò
verso di lui, gli occhi sgranati dall'apprensione.
Aveva
bisbigliato, un sussurro appena udibile, ma lui le fece comunque
cenno di tacere. Chiuse gli occhi per un secondo, cercando di
focalizzarsi sulla porta. Poi parve rilassarsi impercettibilmente,
anche se la ragazza poteva ancora avvertire distintamente il suo
nervosismo.
Lei
sospirò di sollievo, abbandonando il coltello a terra e
muovendosi verso la porta. La fermò una presa ferrea sul
polso. Si voltò verso Rafael, che stava percorrendo con uno
sguardo indecifrabile il suo abbigliamento.
Lo
squadrò da capo a piedi, indecisa. Quando si rese conto che
non c'era traccia di ironia nella sua voce annuì perplessa,
prima di sparire nell'unica camera da letto del minuscolo bilocale.
Se lo conosceva bene, le avrebbe spiegato tutto quando ne avesse
avuto voglia. Ma prima di allora non ci sarebbe stato verso di
scucirgli una sola sillaba.
Rafael
attese di vedere la porta della stanza richiudersi alle sue spalle,
poi con un sospiro rassegnato spalancò la porta d'ingresso.
Il
ragazzo si scostò quel tanto che bastava per permettere al
nuovo venuto di sgusciare all'interno, poi gettò un'occhiata
circospetta tutt'intorno e richiuse la porta.
Il
nuovo arrivato si stava guardando intorno, evidentemente alla ricerca
di qualcosa. Qualcosa che parve aver trovato, con un certo grado di
soddisfazione peraltro, quando Ginevra fece il suo ingresso nella
stanza.
La
ragazza si era limitata ad infilare, direttamente sopra il pigiama, i
vestiti che aveva indossato quel giorno. Era troppo curiosa di vedere
chi fosse il misterioso visitatore per perdere tempo prezioso a fare
la cernita del suo pur esiguo guardaroba.
Appena
aprì la porta si ritrovò a fissare il ragazzo più
bello che avesse mai visto. Alto e prestante, dava l'idea di essere
appena uscito da un telefilm americano. Il classico biondino,
capitano della squadra di football del liceo, che fa spasimare tutte
le cheerleaders. Non aveva nulla del fascino magnetico di Rafael,
anzi, era una di quelle bellezze troppo accademiche che non l'avevano
mai affascinata. Ma aveva un sorriso aperto e scanzonato, e questo le
piacque molto. Avrebbe avuto bisogno di più sorrisi, in quel
periodo della sua vita. Quello che invece non gradì affatto fu
il modo in cui la squadrò non appena mise piede nella stanza.
I suoi occhi blu sembrarono scurirsi ulteriormente mentre la
percorreva da capo a piedi, lentamente, con uno sguardo talmente
sfrontato che si sentì avvampare. Essere guardate così
era un'esperienza quasi fisica, come se ad accarezzarla fossero state
le sue mani. Non aveva mai provato nulla del genere. Si strinse le
braccia al seno, palesemente a disagio. In quel momento non l'avrebbe
stupita più di tanto vederlo leccarsi le labbra, quasi
l'avesse assaggiata.
Rafael
notò con disappunto il lieve rossore che era salito ad
imporporarle le guance. Il suo collega faceva quell'effetto a molte
donne, ma in cuor suo aveva sperato che Ginevra fosse diversa dalle
altre. Si frappose tra di loro, irritato, e con una punta di sollievo
avvertì che la ragazza gli si era avvicinata
impercettibilmente, come a cercare riparo dietro di lui. Si diede
dello stupido. Quella poveretta era solo un'adolescente in fondo,
come poteva rimanere del tutto insensibile al fascino del ragazzo
biondo? Con un sospiro rassegnato si decise a fare le presentazioni.
Prima
che Rafael riuscisse a muovere un muscolo il suo adorato
collega l'aveva aggirato e si era portato alle labbra una delle mani
sottili di Ginevra. La quale, peraltro, aveva assunto uno spiccato
color aragosta e lo fissava con due occhi enormi e totalmente
allucinati.
Ginevra
era seduta a gambe incrociate sul tappeto del soggiorno, le braccia
distese sulle cosce e gli occhi chiusi, nel disperato tentativo di
rilassarsi e riuscire finalmente a dormire almeno un paio d'ore. In
condizioni normali avrebbe avuto lei a disposizione il grande letto
matrimoniale nella stanza accanto, ma l'aveva ceduto volentieri ai
due ragazzi. Tutto, pur di liberarsi di Simon. Da quando Rafael si
era trascinato in camera quel ragazzo assurdo si era rigirata almeno
mille volte sul vecchio divano, facendo selvaggiamente zapping tra i
pochi canali disponibili. Alla fine si era arresa all'evidenza –
il sonno non sarebbe arrivato di sua spontanea volontà, quella
notte – e aveva deciso di dedicarsi a qualche esercizio di
yoga.
I
miseri risultati dell'iniziativa si palesarono non appena la porta
alle sue spalle si aprì, cigolando lievemente sui cardini e
facendola schizzare letteralmente in piedi, una mano premuta sul
petto nel tentativo di rallentare il ritmo tachicardico del suo
cuore.
Simon
la osservava curioso, appoggiato a braccia incrociate allo stipite
della porta, i capelli biondi appena illuminati dal chiaro di luna
che filtrava attraverso le persiano abbassate. Le sorrise con aria
assonnata, sollevando la maglietta per grattarsi distrattamente una
spalla.
La
voce era bassa e ancora leggermente impastata di sonno, e nel suo
sguardo Ginevra non trovò traccia della malizia che vi aveva
letto poche ore prima. Lo squadrò in silenzio, guardinga. Non
era mai stata una persona particolarmente empatica, ma gli anni
passati a cercare di compiacere tutti le avevano insegnato a leggere
quei piccoli segnali che ognuno, spesso inconsciamente, trasmette
agli altri. Ma quel ragazzo l'aveva spiazzata. Il suo atteggiamento
sembrava completamente diverso da quello che aveva tenuto nei pochi
minuti che avevano trascorso nella stessa stanza. E la cosa la
innervosiva non poco.
Mosse
una paio di passi strascicati nella sua direzione, ma si fermò
repentinamente, le mani sollevate in segno di resa, non appena la
vide arretrare precipitosamente e rifugiarsi dietro al divano.
Ginevra
lo soppesò con lo sguardo, ammansita. Di che aveva paura, in
fondo? Rafael dormiva nella stanza accanto, e fino a prova contrario
quel tizio era uno di loro...
Simon
inaspettatamente sorrise, un ghigno ironico che la ragazza scoprì
di apprezzare.
Lui
si portò l'altra mano al cuore, il volto distorto in
un'espressione estremamente scandalizzata.
Lei
sollevò ironicamente il sopracciglio destro, mentre la bocca
le si curvava suo malgrado in un sogghigno.
Simon
si lasciò cadere sulla poltrona, passandosi teatralmente una
mano tra i capelli arruffati. Sembrava più giovane in quella
veste. Non doveva avere avuto più di vent'anni quando era
cambiato.
Lei
gli si stagliò davanti, le mani sui fianchi ed un espressione
di suprema indignazione dipinta sul viso.
Simon
la fissò per un istante, improvvisamente serio, poi scrollò
la testa.
Me la sono cercata. Però ci terrei a
sottolineare che quello di ieri sera non è il mio
atteggiamento abituale!
E allora mi spieghi perché Rafael mi ha spedito
in camera bofonchiando qualcosa a proposito di un burqua appena ha
capito che eri tu alla porta?
E
bravo il suo collega, l'aveva subito messo in cattiva luce! Ingoiò
le parole che gli erano salite spontaneamente alle labbra,
fissandola. Non era certo il modo migliore per convincerla di non
essere il porco che lei sembrava pensare. Per lui, ad ogni modo, era
già incredibilmente sexy così, con indosso un paio di
jeans sdruciti e una maglietta accollata. Come diavolo faceva Rafael
a resistere da più di sei mesi con quella meraviglia, per di
più seminuda, in giro per casa?
Lei
lo fissò dall'alto in basso con aria scettica, le braccia
incrociate appena sotto il seno. Non sembrava granché
convinta.
Va bene, confesso di non essere propriamente uno stinco
di santo, e non intendo certo votarmi ad una vita di castità
perpetua, ma ti assicuro che saltare addosso ad una Predestinata
minorenne sotto gli occhi del suo Guardiano è troppo persino
per il mio pur scarso senso morale!
La
guardò speranzoso, ma Ginevra pareva aver smesso di ascoltare
all'incirca a metà della sua filippica. Lo osservava con aria
assorta, mordicchiandosi leggermente il labbro inferiore. Simon si
chiese se avesse una seppur vaga idea dell'effetto che quel gesto
involontario era in grado di scatenare in qualsiasi uomo con un
minimo di sangue nelle vene.
Lei
con un movimento fluido ed incredibilmente veloce si accoccolò
sul bracciolo della poltrona, facendogli morire in gola il resto
della frase.
Lui
annuì in silenzio, incapace di articolare anche solo una
sillaba. Che cavolo gli stava succedendo? Averla così vicina
lo innervosiva, anche se non avrebbe saputo dire il perché.
Il
ragazzo quasi si strozzò per la sorpresa. Lei lo guardava con
aria curiosa, senza nemmeno un'ombra di malizia negli occhi cerulei.
Lei
scrollò le spalle fissando il vuoto davanti a sé,
evidentemente intenta ad elaborare l'informazione appena ricevuta.
Niente di che... io e Rafael parlavamo del cibo, un
paio di giorni fa. Lui ha detto che il vostro corpo non ne ha
bisogno, ma che per lui rimane un piacere irrinunciabile. Mi sono
chiesta se fosse la stessa cosa per...
Si
interruppe, nuovamente pensierosa. Il ragazzo accanto a lei cominciò
ad intuire che forse non si trattava di una curiosità
puramente accademica.
Un
sorriso bellissimo e totalmente disarmante le illuminò per un
secondo il volto.
'Bugiarda'
la contraddisse una vocina fastidiosa nella sua testa 'non gliene
hai parlato perché poi non saresti più riuscita a
guardarlo negli occhi!'
Lei
si rilassò appena contro lo schienale della poltrona,
sfiorandogli la spalla con un gomito. Simon si stupì di non
vederla saltare come una molla a quel contatto casuale.
Ti confesso una cosa... nonostante tu sia probabilmente
il tizio più assurdo che abbia mai incontrato, cominci a
starmi simpatico. Ovviamente, negherò fino alla morte di aver
mai detto una cosa del genere!
Simon
rimase a bocca aperta di fronte a una così candida ammissione.
Rafael doveva aver mantenuto una distanza siderale dalla sua
protetta, se lei si era ridotta a cercare l'amicizia di una persona
appena incontrata, e neppure nelle condizioni più favorevoli!
Lei
boccheggiò un paio di volte, indignata, prima di rendersi
conto che il ragazzo stava scherzando. A quel punto le uscì
spontanea una risata, chiara e cristallina, prontamente soffocata
dietro la mano destra.
Simon
la fissò allibito. Nonostante il sorriso che ancora le
increspava gli angoli della bocca, la ragazza sembrava seria.
Il
ragazzo contemplò per un istante quel bel volto oltraggiato,
ma non poté impedire al proprio sguardo di scivolare poco più
giù, alla curva del seno che si intravedeva attraverso la
maglietta leggera. Che spreco!
Lei
gli lanciò uno sguardo obliquo, quasi colpevole, ed una
scintilla di comprensione si accese finalmente nella mente di Simon.
Il
ragazzo finse di credere a quella spiegazione. Forse, in fondo, era
anche quella una parte della verità. E bravo Rafael! Tutta la
fatica che aveva fatto a costruirsi una immagine da duro senza cuore
non era bastata ad evitare che la sua giovane protetta si prendesse
una colossale cotta per lui.
Con
un gesto brusco ed improvviso le afferrò il braccio e la fece
crollare sulle sue ginocchia, infischiandosene del fatto che molto
probabilmente si sarebbe messa a strillare come un'aquila. Ma lei lo
sorprese, accoccolandosi in silenzio contro la sua spalla, senza
guardarlo in faccia. Non c'era nulla di nemmeno lontanamente sensuale
in quell'abbraccio, era la cosa più simile ad un contatto
fraterno che Simon avesse mai sperimentato. Eppure nei suoi pensieri,
mentre le accarezzava lentamente i capelli, non c'era assolutamente
nulla di fraterno.
_______________________________________________
Angolino
dell'autrice:
Decisamente
l'estate non è il periodo migliore per pubblicare una storia.
Tra l'altro sarà un mese che non ho tempo di mettermi seduta
davanti al portatile e scrivere qualcosa di decente, per fortuna (mia
e vostra) questa storia era già ad un ottimo punto quando ho
iniziato a pubblicarla, ed in un modo o nell'altro vi prometto che
riuscirò a finirla senza farvi aspettare tempi biblici! Per
ora, capitolo un po' più lungo del solito per farmi perdonare
di aver saltato un aggiornamento!
E ora
veniamo a noi:
Saphira87:
ciao dolcezza, sono davvero contenta che Gin ti piaccia. Rafael a mio
parere ancora non si è delineato del tutto, nei prossimi
capitoli ho scavato un po' più a fondo sotto la sua scorza da
bello e impossibile (anche grazie alla new entry di questo chap) e
personalmente mi piace di più.... Mi farai sapere! Un bacio,
al prossimo chap. PS non mi hai detto se ti è piaciuta oppure
no la fine di Moonlight, lo sai che ci tengo a sapere la tua
opinione!!!
Emily
Doyle: non preoccuparti, il fatto che le cose siano un po' confuse è
assolutamente voluto. L'intenzione è di svelare la situazione
poco a poco, comunque ti faccio un minuscolo riassunto. Gli
Sterminatori sono immortali, ma diventano tali solo dopo la loro
prima morte (tipo vampiri ma senza la sete di sangue). Rafael è
uno di loro, e Gin è destinata a diventarlo. Il resto dovrai
scoprirlo da sola :-) ciau
_sefiri_:
sono molto felice di rivederti tra le recensioni, e soprattutto che
la mia Gin ti piaccia. Mi raccomando continua a seguire le mie
storie!!
AliceCullen93:
diciamo che ho vissuto dei periodi di profonda solitudine, anche se
per motivi molto diversi da quelli dell'essere troppo perfetta,
quindi so bene come ci si sente. Gin è nata dalla domanda: 'ma
essere bellissimi vuol dire per forza essere felici'? La risposta che
mi sono data, ovviamente, è no. Un aspetto secondario è
poi quello della ricerca di uno scopo. Gin non è felice solo
per aver abbandonato una vita che non sentiva sua, o per aver
incontrato Rafael (anche se questo influisce un bel po'), ma
soprattutto perchè ha scoperto che la sua esistenza ha un
significato ben preciso nel disegno del fato. Spero che nonostante le
vacanze (che impediscono anche a me di aggiornare spesso quanto
vorrei) tu riesca a leggere presto questo nuovo chap, e a farmi
sapere che cosa ne pensi! Un bacio ma cherie!
Demetra85:
benvenuta, è come sempre molto molto piacevole leggere la
recensione di una nuova lettrice! Spero che la mia storia continui a
piacerti! Al prossimo chap, un bacio!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 6 - Risvegli ***
Rafael
si svegliò alle prime luci dell'alba, che filtrava pigramente
attraverso le imposte accostate. Si era rigirato nel letto, in preda
ad una sconosciuta agitazione, fin quasi alle tre di notte. Lo
avevano innervosito la presenza del collega, ed ancora di più
i movimenti felpati di Ginevra nella stanza accanto. Poi la
stanchezza aveva avuto la meglio, e lui era scivolato, quasi senza
accorgersene, in un sonno pesante e privo di sogni.
La
prima cosa che notò, la mente ancora annebbiata dal sonno, fu
l'assenza di Simon accanto a sé. Scalciò via le
lenzuola e si precipitò in salotto così com'era, a
piedi nudi, in preda ad una sensazione dai contorni indefiniti, ma
decisamente poco gradevole.
La
scena che gli si presentò davanti, sconvolgente nella sua
assurdità, confermò solo in parte la sua strana
premonizione. Simon era riverso scompostamente sulla vecchia poltrona
di pelle, le gambe allungate sul tavolinetto davanti a sé, le
braccia avvolte intorno a Ginevra. La ragazza era raggomitolata in
posizione fetale sulle sue ginocchia, la testa adagiata mollemente
sulla sua spalla. Una delle grandi mani del ragazzo era affondata tra
i corti capelli neri, l'altra le cingeva con delicatezza la vita.
Ginevra dormiva come una bambina, incurante del lieve russare del
ragazzo, il viso rilassato e l'ombra di un sorriso che le aleggiava
sulle labbra piene.
Rafael
rimase immobile, fissandoli per interminabili minuti. Erano davvero
un bel quadretto insieme, si ritrovò a pensare. E allora
perché quella vista lo infastidiva così tanto? Entrambi
bellissimi, due angeli che dormivano serenamente, abbracciati. Non
che Simon avesse molto a che spartire con una di quelle angeliche
creature, ad eccezione dell'aspetto, e anche sulla sua protetta si
sarebbe permesso di avanzare qualche riserva. Gli sembrarono
improvvisamente così... intimi. Quell'unica parola gli balenò
nella mente per un istante, e si stupì nel constatare quanto
poco gli piacesse. Viveva gomito a gomito con Ginevra da quasi sei
mesi, ed era sempre riuscito ad evitare coinvolgimenti emotivi di
qualunque natura. Era solo lavoro. Non doveva permetterle di
avvicinarsi troppo, non poteva permettere a sé stesso di
affezionarsi a lei. Quando tutto fosse finito Ginevra se ne sarebbe
andata, come era giusto che fosse, e meno avessero legato meno
difficile sarebbe stato separarsi. Allora perché, per la prima
volta da tempo immemore, una sorda invidia gli dilaniò il
petto nel vedere la mano di Simon muoversi dolcemente ad accarezzare
la pelle nuda di lei, appena sopra la cintura dei jeans?
Si
sforzò di allontanare lo sguardo da quel particolare, e si
trovò inaspettatamente a fissare due profondi occhi blu,
lievemente assonnati, in fondo ai quali scorse distintamente una
scintilla di ironia. Cercando di controllare il tono della voce, e
soprattutto la rabbia che lo stava invadendo, Rafael gli si rivolse
con un sibilo appena udibile.
Simon
gli strizzò l'occhio, poi approfondì appena la
pressione delle mani sul corpo di Ginevra, stringendola a sé.
Proprio in quel momento, la ragazza aprì gli occhi.
L'urlo
riecheggiò a lungo nella quiete sonnolenta di quella mattina.
Simon si portò una mano all'orecchio sinistro, il volto
contratto in una smorfia di dolore. Ginevra saltò in piedi con
un balzo felino e torreggiò su di lui, le mani strette a pugno
sui fianchi ed una scintilla omicida negli occhi. Simon si chiese se
non ci fosse qualcosa di totalmente sbagliato in lui, dal momento che
in quel momento gli pareva più che mai desiderabile.
Ahio... ma vuoi darti una calmata? Dannata femmina
isterica...
Sarò ben lieta di accontentarti, non appena mi
spiegherai perché diavolo mi stavi abbracciando!
A parte che mi pareva che la cosa fosse reciproca, non
ne ho la minima idea! Andiamo, ti sembro il tipo che dorme
abbracciato ad una donna? Vestita, oltretutto???
Rimasero
a fissarsi in cagnesco a vicenda per una manciata di secondi,
perplessi, poi parvero ricordare contemporaneamente gli avvenimenti
della notte precedente. Scoppiarono a ridere in perfetta sincronia.
Un
discreto colpo di tosse alle loro spalle interruppe la loro risata
corale. Si girarono lentamente verso la fonte del rumore, che si
rivelò essere un Rafael dall'aria palesemente irritata,
appoggiato a braccia incrociate allo stipite della porta.
Simon
gettò un rapido sguardo alla ragazza accanto a sé, che
però nemmeno se ne accorse, apparentemente immersa in una
religiosa contemplazione della canotta bianca di Rafael, che lasciava
intravedere le spalle larghe e le braccia, magre ma dai muscoli ben
delineati, del ragazzo. Le allungò una discreta gomitata nelle
costole, giusto per evitare che si mettesse a sbavare come un san
bernardo di fronte a quell'evidentemente più che gradito
spettacolo.
Rafael
la vide arrossire e distogliere velocemente lo sguardo da lui.
Registrò con stupore l'assenza di una reazione – che so,
minacce di morte o lesioni corporali gravi – nei confronti
dell'affronto subito dal biondino. La situazione si faceva sempre più
assurda. Fu Simon a rispondere per tutti e due.
Niente di che... stanotte mi sono alzato per prendere
un bicchier d'acqua e la ragazzina mi ha subito placcato,
implorandomi di dormire con lei perché aveva gli incubi.
Certo che questa mocciosa è davvero fastidiosa quando ci si
mette! Piagnucolava a tal punto che è riuscita persino a
farmi passare qualsiasi fantasia!
Non chiamarmi mocciosa, razza di pervertito sessuomane!
Rafael
scrollò le spalle, rinunciando a capirci qualcosa. Ovviamente
quei due non gli stavano dicendo la verità, non tutta almeno,
ma il suo sesto senso gli diceva che non era successo nulla di anche
solo vagamente torbido tra di loro. L'avrebbe letto negli occhi di
Ginevra in meno di mezzo secondo, nel caso.
-
Come vi pare. Ora, possiamo andare a fare colazione?
_______________________________________________
Angolino
dell'autrice:
Scusate
il ritardo, sono tornata oggi dalle ferie e sono subito corsa ad
aggiornare. La cattiva notizia è che ormai da mesi non ho
scritto una riga, il lavoro nuovo mi assorbe totalmente e risucchia
qualsiasi velleità poetica. Come se non bastasse si è
aggiunto il trasloco a casa del mio amore, con conseguente carico di
lavoro casalingo e preoccupazioni. Continuerò a pubblicare il
materiale che ho già, ma può darsi che questa storia
non vedrà la fine per un bel po' di tempo. Mi dispiace
tantissimo, ma ho preferito essere onesta con tutte voi fin da ora,
piuttosto che pubblicare altri 3-4 capitoli e poi sparire nel nulla.
Le idee comunque ci sono, ho solo bisogno di un po' di tranquillità
per svilupparle come si deve, quindi ci sono buone possibilità
che questa storia giunga alla fine prima o poi...
Ringrazio
Demetra85, GinTB e Oasis per le recensioni, non mi stancherò
mai di dire quanto sia piacevole per un'autrice vedere che il proprio
lavoro viene apprezzato. Mi dispiace soltanto di non avere più
né il tempo né la tranquillità necessarie a
sviluppare questa storia come vorrei, perchè nella mia testa è
veramente la più bella che abbia mai scritto, ma temo che non
riuscirà ad esserlo anche sulla carta (metaforicamente
parlando).
Un
bacio enorme alla mia adorata AliceCullen93, che nonostante le ferie
è riuscita a lasciare un altro commento. Sei davvero
fantastica, e non ti ringrazierò mai abbastanza per le tue
splendide recensioni e per la costanza con cui segui le mie storie!
Al
prossimo capitolo, spero di non farvi aspettare troppo stavolta...
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 7 - Quello che provi quando sei con lei... ***
... Rafael!
... tardissimo...
... svegliare o no?
RAFAEL!!!
Il
ragazzo si sollevò di scatto, la mente ancora ottenebrata dal
sonno e la voglia irrefrenabile di strozzare qualcuno. Qualcuno in
particolare, in effetti, che in quel preciso momento era
inginocchiata sul materasso accanto a lui, le mani, che fino a pochi
attimi prima lo stavano scuotendo con scarsa delicatezza, ancora
conficcate nelle sue spalle. Si massaggiò con due dita la base
del naso, socchiudendo gli occhi e cercando di convincere sé
stesso che ucciderla ora, con le sue stesse mani, poteva essere
considerato un venir meno ai suoi compiti di Guardiano.
Non
era sempre stato così. Fino a poche settimane prima i ruoli
erano completamente invertiti. Ginevra era fermamente convinta che i
demoni avrebbero dovuto essere così educati da manifestarsi
con calma nel pomeriggio, quando lei fosse stata nello stato d'animo
più consono alla caccia, e su questo presupposto si rifiutava
categoricamente di svegliarsi ad un orario umano. Per mesi Rafael
aveva dovuto inventarsi ogni giorno uno stratagemma diverso per
tirarla giù dal letto, guadagnandosi il suo ostinato mutismo
fino a mezzogiorno ed una sequela interminabile di lamentele per
tutto il resto della giornata. Le cose erano cambiate solo con
l'arrivo di...
Appunto.
Da quando era comparso il suo collega Ginevra era cambiata. E,
nonostante per molti aspetti il cambiamento fosse avvenuto in senso
positivo, lui non riusciva proprio a non esserne in qualche modo
infastidito. Quella nuova passione per la 'caccia', poi, era in
assoluto la cosa che gli piaceva meno, il mutamento in cui leggeva
con maggior evidenza l'influenza di Simon. Era riuscito a sbatterlo
fuori di casa solo grazie all'appoggio di Monique, che gli aveva
dolcemente fatto notare che la sua presenza avrebbe potuto ostacolare
l'addestramento di Ginevra. Ma continuava a trovarselo intorno in
ogni momento, e francamente la cosa cominciava ad innervosirlo. Non
era sicuro che il suo ascendente su Ginevra fosse del tutto positivo.
Per
Rafael il loro era un lavoro, né più né meno. Lo
svolgeva scrupolosamente ed al meglio delle sue possibilità,
fermamente convinto dell'importanza del loro ruolo nell'equilibrio
tra bene e male. Ma non era mai riuscito a farselo piacere davvero.
Simon, al contrario, lo amava in maniera quasi preoccupante. Era
attratto dal rischio, e possedeva un talento naturale per ficcarsi
sempre nelle situazioni più pericolose. Sembrava che nulla
fosse in grado di spaventarlo.
Intendiamoci,
Simon era davvero un ottimo Sterminatore, un elemento fondamentale
per la loro causa. Aveva al suo attivo più successi di
qualunque altro di loro, ma anche il maggior tasso di danni
riportati. Contando sulla velocità con cui erano in grado di
rigenerarsi si gettava nelle missioni in modo quasi suicida, tornando
di rado dalla caccia senza qualche osso rotto. Era questo a
preoccuparlo maggiormente. Ginevra si stava lasciando contagiare
dall'imprudenza del loro nuovo compagno, stava cominciando ad
attendere con ansia che giungesse il momento di sferrare un attacco.
Ma a volte pareva dimenticare di non essere ancora come loro. Le sue
ossa erano così fragili, la sua pelle morbida così
sottile... poteva morire, e se fosse accaduto prima che giungesse il
momento giusto sarebbe stato tutto inutile.
Si
alzò bruscamente, facendola quasi cadere dal letto per il
contraccolpo. Si girò a controllare che fosse tutto a posto,
già pentito del suo gesto, e si ritrovò perso in due
pozze lucide color del cielo. Era stranamente struccata, e in quel
momento sembrava ancora di più la ragazzina che in fondo era
ancora. Sembrava ferita dalle sue parole, e sotto quello sguardo di
muta accusa un sottile senso di colpa serpeggiò nella sua
mente. Era stato decisamente troppo brusco con lei, lasciando che il
malumore parlasse al posto suo. Si stava comportando bene, non faceva
più i capricci quando qualche aspetto del loro lavoro non le
andava a genio, e aveva smesso persino di tormentarlo con le sue
piccole e grandi provocazioni, sfogandosi sul (decisamente più
bendisposto) nuovo acquisto della squadra. Ma non era forse questo ad
infastidirlo, in fondo? Inutile negarlo, si sentiva messo da parte a
favore di Simon. Non che potesse darle torto, fin dall'inizio non
aveva fatto altro che dimostrarle quanto poco fosse interessato a
stabilire un legame più profondo con lei, ora non poteva certo
lamentarsi se lei aveva gettato la spugna! Ad ogni modo, era un
problema soltanto suo, e non era decisamente un buon motivo per
trattarla così.
Si
chinò su di lei, passandole una rude carezza sui capelli
arruffati, sentendola sobbalzare sotto al suo tocco ed osservando
quasi stupito i suoi occhi sgranarsi per lo stupore.
Lei
arricciò le labbra in una specie di broncio infantile, ma il
resto del viso parve distendersi impercettibilmente.
Rafael
la fissò un po' più intensamente del solito, vedendola
arrossire lievemente e distogliere in fretta gli occhi dai suoi. Il
tuo amico. Non era un segreto per nessuno il fatto che tra i due
ragazzi non corresse particolare buon sangue. Più che altro si
ignoravano civilmente a vicenda, con sporadiche frecciatine da parte
del biondo, che pareva divertirsi molto a prendere in giro
l'efficienza quasi militaresca dell'altro. Il legame che stava
nascendo tra Simon e Ginevra era senza alcun dubbio più
profondo di quanto avrebbe mai potuto essere quello tra i due uomini.
Allora perché definirlo così? Era come se Ginevra
stesse cercando di dirgli qualcosa, qualcosa che non poteva essere
espresso a parole. Come se avesse capito quello che lo tormentava. Ad
ogni modo, apprezzò il tentativo. Le fece cenno di voltarsi
mentre si sfilava velocemente i pantaloni del pigiama, sostituendoli
con gli immancabile blue-jeans.
La
vide scrollare le spalle infastidita, i capelli neri che sfioravano
appena la sua schiena sottile.
Rafael
si ritrovò a sorridere senza neppure rendersene conto. Fu
particolarmente lieto che lei fosse voltata, mentre si chinava a
raccogliere una maglietta pulita dal cassetto dell'armadio, facendo
svanire in fretta dal suo viso ogni traccia di quella gioia
inopportuna che cominciava a provare sempre più spesso quando
stava con lei.
_______________________________________________
Angolino
dell'autrice:
Scusatemi
tantissimo per il ritardo, ma sono letteralmente sommersa ed
annientata dal lavoro... buona lettura in attesa di tempi migliori!
PS
Oasis e Alias NLH : grazie mille per le recensioni, mi spaice di non
avere il tempo di rispondere ad personam...
PPS
AliceCullen93 ti adoro come sempre ;-)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 8 - Io adoro i pic-nic! ***
Simon
li attendeva
ormai da un tempo sufficiente a far svanire gran parte del buonumore
che l'idea di vedere Ginevra gli aveva procurato al risveglio. Era
seduto da solo al tavolino del piccolo café dove erano
soliti
incontrarsi, quando li scorse in lontananza. Lei era bella come
sempre, un paio di pinocchietti infilati negli immancabili anfibi e
una canotta bianca, dalla scollatura decisamente interessante,
parzialmente nascosta dalla giacca di pelle. Si ritrovò a
constatare per l'ennesima volta quanto la ragazza fosse diversa da
Monique, con i suoi impeccabili abiti firmati e le decoltè
rigorosamente tacco dodici. Era spontanea, limpida come acqua
sorgiva, un vero e proprio concentrato di vitalità.
Notò
poi,
con un certo disappunto, che la ragazza era impegnata a trascinare
per un braccio un evidentemente poco entusiasta ragazzo castano.
Provò un moto improvviso di frustrazione. Lui le aveva
ridato
il sorriso, aveva risvegliato la sua voglia di vivere. La capiva
meglio di qualunque altro, forse anche meglio di quanto lei capisse
sé stessa. Avrebbe fatto qualunque cosa per lei, se solo
glielo avesse chiesto avrebbe dato anche la vita solo per un suo
sorriso. Ma era quel musone patentato che lei voleva accanto a
sé.
La voce
squillante
della ragazza spinse molte teste a voltarsi nella sua direzione, ma
come sempre lei appariva totalmente inconsapevole degli sguardi
puntati su di sé. Mollò la manica di Rafael e si
precipitò verso di lui, planandogli letteralmente in braccio
e
scoccandogli un paio di sonori baci sulle guance. Prima che il
ragazzo, sotto gli sguardi scintillanti d'invidia di parecchi degli
uomini presenti, riuscisse a riprendersi dalla sorpresa ed
approfittare della situazione per stringerla a sua volta, lei si era
già sollevata dalle sue ginocchia per lasciarsi cadere con
scarsa delicatezza su una delle altre sedie. Rafael li raggiunse
proprio in quel momento, e a Simon parve di scorgere un lampo di
gelosia dietro le lenti scure dei Ray-Ban del collega. Mentre si
accomodava accanto a loro richiamò con un cenno della mano
l'attenzione della cameriera, ordinando due cappuccini e quattro
cornetti al cioccolato.
E di
nuovo la lama
sottile dell'invidia a punzecchiare la sua mente. Lo disturbava
l'intimità tra i due che si rivelava soltanto in quei
piccoli
gesti quotidiani. Rafael ordinava sempre per entrambi, e Gin sembrava
non trovarci nulla di strano. Per mesi avevano vissuto insieme, senza
che nessun altro si intromettesse tra loro. Potevano fingere che
nulla di particolare li legasse, potevano ingannare persino
sé
stessi. Ma non potevano ingannare lui. Non quando vedeva la freddezza
di Rafael andare miseramente in frantumi ogni volta che la sua
protetta si avvicinava troppo, a lui come a chiunque altro, non dopo
averli visti combattere insieme, con la perfetta sincronia di due
amanti. Ma se si trattava di fingere di non vedere ciò che
non
gradiva, Simon era un ottimo giocatore.
Ginevra
gli scoccò
un sorriso smagliante, sistemandosi più comodamente sulla
sedia. Se Simon avesse avuto ancora un cuore in grado di battere,
quel sorriso lo avrebbe certamente arrestato per un istante.
Angolino
dell'autrice:
Allora,
da dove
comincio...
Innanzitutto
credo
siano doverose delle scuse. Dopo aver giurato solennemente di non
farlo più ci sono ricascata, ho di nuovo abbandonato una
storia per più di un anno. Potrei dare la colpa al lavoro
che
mi esaurisce o all'ispirazione che, maledetta, va e viene come le
pare, ma il punto è che da lettrice so quanto sia brutto
appassionarsi ad una storia e poi vederla incompiuta, quindi non
riesco a trovare alibi sufficienti a quello che ho fatto.
La
storia è
tuttora incompiuta, quindi non posso purtroppo garantirvi che ne
leggerete la fine a breve; ma ho già scritto alcuni nuovi
capitoli e ho deciso di ricominciare a postarla.
Approfitto
di
questo spazio per ringraziare SognatriceCullen_182 per la
meravigliosa recensione che mi ha lasciato nella one-shot
“Jacob e
Bella. Semplicemente.”. Ti giuro, mi sono commossa! Davvero
non ci
potevo credere che qualcuno fosse contento del mio ritorno (a dire il
vero dubitavo persino che qualcuno si ricordasse di me dopo tanto
tempo)! Mi hai illuminato la giornata!
Per
quanto riguarda
questa fic per ora è previsto un aggiornamento settimanale,
onde evitare di consumare troppo in fretta i capitoli già
redatti; in caso l'ispirazione continui a benedirmi valuterò
la possibilità di aggiornare più spesso.
Un
bacio a tutte,
vecchie e nuove lettrici, e al prossimo capitolo!
Cla
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo 9 - Ritorno a casa ***
Il
tramonto
accompagnò il loro ritorno, colorando di rosso le strade
affollate e mascherando in parte la stanchezza e il sudore che
ricopriva i loro corpi. Era stata una caccia particolarmente
faticosa, ma il risultato era più che soddisfacente. Avevano
derattizzato (per usare il termine favorito di Simon) un intero
quartiere della città, eliminando un paio di demoni
mediamente
pericolosi e un nutrito numero di bassa manovalanza. Gin era rimasta
ferita poco dopo l'inizio dello scontro, ma l'adrenalina che le
scorreva nelle vene le impedì di sentire il dolore
finché
non furono nei pressi dell'appartamento che lei e Rafael occupavano
da ormai qualche settimana. Simon, come sempre attento ad ogni suo
minimo movimento, la vide sbiancare all'improvviso e fu pronto a
sostenerla, impedendo così che crollasse rovinosamente a
terra. Con occhio esperto controllò il corpo della ragazza,
in
cerca dell'origine del suo malessere, e non tardò ad
individuare una larga macchia di sangue che stava rapidamente
impregnando i pantaloni della ragazza. Imprecò a mezza
bocca,
attirando finalmente l'attenzione di Rafael, che li precedeva di
qualche metro.
-
Che
succede?
-
La
ragazzina è ferita...
Gin non
fece
neppure in tempo a rispondere che il ragazzo le fu accanto,
stordendola col suo profumo ed annullando istantaneamente ogni
volontà di negare l'evidenza. Le sfiorò con
cautela la
pelle sensibile della coscia, attraverso lo strappo causato dagli
artigli di un Gregario. A quel tocco Ginevra sobbalzò,
incapace come sempre di controllare le proprie reazioni quando lui le
stava vicino.
La
preoccupazione
nei suoi occhi era qualcosa di troppo bello per sopportarlo.
Soprattutto in quel momento, quando la tensione della lotta scendeva
lasciando il posto ad una stanchezza gravida di malinconia.
Avvertì
una lacrima calda superare la barriera delle ciglia per scivolare
lentamente lungo la guancia, e prima che potesse rendersene conto
stava piangendo come una bambina, il capo chino per nascondere ai
compagni quella improvvisa debolezza.
Simon
alzò
lo sguardo sul collega per una frazione di secondo, come a lasciargli
la possibilità di fare la prima mossa. Poi, di fronte alla
maschera di improvvisa freddezza che gli si era dipinta sul viso, si
chinò su Ginevra e la strinse a sé, sollevandola
da
terra. La ragazza affondò il viso nella camicia dell'amico,
esausta e desiderosa solo di un po' di calore umano. Amava la sua
nuova vita, amava la nuova se stessa e soprattutto amava il suo
Guardiano. Ma quella sera tutto sembrava colorarsi di grigio
attraverso il velo opaco delle lacrime.
Simon e
Rafael non
si scambiarono una sola parola finché non giunsero a casa.
Solo dopo aver aperto la porta il ragazzo castano si rivolse per la
prima volta al collega, sbarrandogli contemporaneamente la strada.
Simon
fissò
per un istante le braccia tese dell'altro, mentre le sue si
stringevano impercettibilmente intorno al corpo di Ginevra. Non era
giusto. Era lui quello che l'aveva abbracciata quando ne aveva
più
bisogno, ma ora non poteva neppure portarla in casa. Ordini
dall'alto, Monique era stata molto chiara. Non poteva neppure varcare
quella soglia, a meno che non fosse lo stesso Rafael a chiederglielo.
E qualcosa gli diceva che non l'avrebbe fatto. Con un sospiro si
rivolse a Gin.
Lei
parve scuotersi
da quella sorta di rassicurante torpore che l'aveva avvolta fino ad
un istante prima. Alzò su di lui due occhi cerulei
nuovamente
limpidi, senza alcun segno del torrente di lacrime che li aveva
attraversati pochi minuti prima, e annuì debolmente.
Tuttavia,
non appena la posò dolcemente a terra, lei si
accasciò
tra le braccia del suo Guardiano. Lui la strinse un po' più
del necessario, o almeno quella fu la sensazione che provò
Simon mentre osservava la porta richiudersi dietro di loro. Non che
fosse molto obiettivo sull'argomento, neppure in condizioni normali.
E certamente non lo era quella sera, in cui più che mai
l'invidia che provava nei confronti di Rafael gli dilaniava il
cuore.
Rafael
si chiuse la
porta alle spalle con un calcio, le mani impegnate a sostenere la sua
protetta. Nonostante si sforzasse di stringerla il meno possibile,
averla tra le sue braccia, così morbida ed arrendevole, era
una sensazione indescrivibile. Quando l'aveva vista sul punto di
svenire, poco prima, l'idea che tutti i suoi sforzi fossero stati
inutili l'aveva quasi annientato. Ma era stato in grado di
controllarsi. Quando però l'aveva vista scoppiare in lacrime
era rimasto come paralizzato, incapace di muovere anche solo un
muscolo. Era qualcosa di totalmente inaspettato. Gin era forte, lo
era sempre stata. Neppure quando le aveva svelato il suo destino
l'aveva vista piangere. Vederla riversa a terra, sporca e ferita, con
il bel volto pallido e rigato di lacrime, era stata una coltellata al
cuore. E ancor più lo era stato vedere il modo in cui Simon
l'aveva stretta tra le braccia, con un moto spontaneo che la ragazza
aveva ricambiato di buon grado. Era geloso marcio, ormai non poteva
più negarlo. E questo era molto pericoloso, poteva fargli
perdere lucidità nei combattimenti. Non poteva permettersi
di
odiare un suo compagno solo perché Gin lo preferiva a lui.
Il
gemito strozzato
della ragazza lo riportò bruscamente alla realtà.
La
stava stringendo troppo forte, le dita crudelmente conficcate nella
pelle morbida dei fianchi. Allentò la presa immediatamente,
chiedendosi con un moto di rimorso se le sarebbero rimasti dei
lividi. Molto probabile, a giudicare dal sospiro di sollievo che
sfuggì alle labbra di Gin, mentre tutto il suo corpo si
rilassava tra le sue braccia.
Lei
scosse la testa
in segno di diniego, rivolgendogli un debole sorriso. Rafael si perse
per un istante in quegli occhi chiari, così vicini che gli
sarebbe bastato chinare appena la testa per sfiorarle le labbra con
un bacio. Scacciò quel pensiero inopportuno dalla mente.
Ginevra era intoccabile per lui, almeno finché non fosse
diventata una di loro. E anche a quel punto era abbastanza sicuro che
una sua eventuale scelta non sarebbe ricaduta su di lui.
Cercando
di
muoversi il più lentamente possibile la adagiò
sul
divano, strappandole nonostante tutte quelle attenzioni un gemito di
dolore. La ferita sanguinava ancora, anche se più lentamente
di prima. Poteva vedere il denso liquido scarlatto sgorgare
attraverso lo strappo nei jeans scuri.
Il
fatto che
riuscisse ancora a fare dell'ironia era un ottimo segno, anche se il
colorito terreo del suo viso continuava a preoccuparlo. Estrasse il
pugnale dal fodero e delicatamente iniziò a tagliare la
stoffa
tutt'intorno al segno degli artigli. La vide arrossire e voltare il
viso, imbarazzata a morte, quando si rese conto che la posizione in
cui si trovava gli offriva una discreta visuale di ciò che
normalmente celava sotto i vestiti. Visione che, dovette ammettere a
sé stesso, lo turbava più del lecito. Si
concentrò
sulla medicazione, sforzandosi di non guardare nient'altro, ma i suoi
occhi erano come calamitati dal contrasto tra la pelle candida delle
gambe e il bordo della culotte di pizzo nero. Era abbastanza per
tormentare le sue notti per un discreto lasso di tempo, di questo era
pressoché certo. Chiuse la fasciatura con un pezzo di scotch
e
si allontanò bruscamente da quella dolcissima tentazione.
Lei si
sollevò
dal divano, saggiando con le dita esili le bende candide che le
fasciavano quasi interamente la coscia destra. Ma quando
provò
ad alzarsi in piedi la gamba cedette, e solo i riflessi fulminei di
Rafael le permisero di mantenere la posizione eretta.
Lei lo
ringraziò
con un sorriso timido che non le aveva mai visto. Era come se avesse
abbassato ogni difesa, affidandosi totalmente a lui. La
sollevò
piano tra le braccia, morbida ed arrendevole come un gattino di pochi
giorni. La fragilità era un concetto che gli era sempre
riuscito difficile associare a Gin, ma in quel momento si chiese se
non avesse semplicemente sbagliato tutto. Forse, se non avesse
mantenuto così rigidamente le distanze tra loro, le cose
avrebbero potuto andare in maniera diversa. Ma era inutile fare certi
pensieri, di certo non avrebbe cambiato la realtà. La
adagiò
piano sul letto. Per quella notte avrebbe dormito vestita, lui di
sicuro non le avrebbe tolto di dosso neppure un altro centimetro di
tessuto!
Un
ondata di
tenerezza travolse ogni pensiero precedente. Incapace di resistere a
quella supplica infantile si sedette accanto a lei e le
accarezzò
appena la fronte, scostandogli allo stesso tempo i capelli sudati dal
volto.
Ginevra,
senza
smettere guardarlo con aria adorante, imprigionò la sua mano
tra le proprie e se la strinse al cuore. Restò ad osservarla
mentre lentamente scivolava nel mondo dei sogni, sforzandosi di non
sentire sotto le dita la curva morbida del seno della ragazza. Quando
fu certo che si fosse addormentata districò con attenzione
le
dita dalle sue e, turbato come forse non lo era mai stato,
lasciò
la stanza.
Angolino
dell'Autrice:
Lupacchiotta89:
sei tornata!!!! Sono davvero felice di risentirti, e che qualcuno sia
rimasto a seguire questa storia. Ho appena terminato di scriverne la
fine, ma mi manca ancora qualche capitolo centrale, quindi posso solo
sperare che l'ispirazione perduri ancora un pò... Al prox
chap, un bacio!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** Capitolo 10 - The day after ***
Non fu
il dolore a
svegliarla, la mattina dopo, ma la fastidiosa sensazione dei capelli
umidi appiccicati alla nuca. Tuttavia, non appena tornò
presente a sé stessa, il cupo pulsare sotto la pelle della
coscia parve occupare ogni neurone del suo cervello.
Sollevò
le
coperte per esaminare la fasciatura, che si rivelò
miseramente
inadatta al suo scopo; una macchia rossastra si stava allargando
lentamente sul lenzuolo candido.
Forse
fu il dolore,
o il ricordo della sera precedente; ma qualcosa le impedì di
tentare nuovamente di alzarsi da sola. Si rendeva conto di non essere
assolutamente in grado di camminare, e non voleva ritrovarsi a
strisciare sul pavimento come un verme. Con un sospiro, si arrese
finalmente all'idea di aver bisogno di aiuto.
Il
ragazzo aveva
passato quasi tutta la notte in dormiveglia, l'orecchio teso al
minimo rumore nella stanza accanto. Il grido di Ginevra non lo colse
quindi di sorpresa mentre si accostava alla porta richiamato dal
leggero frusciare delle coperte smosse dalla ragazza.
La sua
protetta era
seduta tra le lenzuola stropicciate, il volto pallido quasi come la
sera precedente e lo sguardo preoccupato fisso su di lui. Quegli
occhi cerulei gli bloccarono il fiato, tanto grande fu il sollievo
che vi lesse non appena incontrarono i suoi. La ragazza si
abbandonò
con un sospiro contro la testata imbottita del grande letto
matrimoniale, indicando con un gesto piuttosto riluttante la coscia
destra.
Rafael
le
scompigliò i capelli con un gesto insolitamente gentile,
impedendosi di cedere al panico che lo stava attanagliando.
Maledizione, avrebbe dovuto pensare che un po' di bende e una
spruzzata di disinfettante non sarebbero bastati.
Mentre
componeva
con mani tremanti il numero di Monique sperò che la sua
incoscienza non avesse rovinato tutto.
Appena
Ginevra
seppe che avrebbe finalmente incontrato colei che era stata Guardiana
di Rafael si sentì invadere da un miscuglio di sensazioni
difficili da districare. Era stranamente intimidita all'idea di
trovarsi davanti quella donna di cui aveva sentito parlare
relativamente poco, ma che sapeva occupare un ruolo di primo piano
all'interno della loro gerarchia e un posto speciale nel cuore
dell'uomo che ora le sedeva accanto, intento a controllare per
l'ennesima volta la ferita. Poi c'era l'esaltazione che le causava il
pensiero di poter nuovamente parlare con qualcuno che potesse capirla
in quanto donna, dopo mesi di convivenza forzata con un ragazzo che
sembrava spaventarsi appena lei mostrava un minimo di
femminilità.
E infine, più in profondità, la sorda gelosia che
non
poteva impedirsi di provare nei suoi confronti. Gelosia assolutamente
infondata, peraltro. Rafael non era suo, non lo era mai stato e molto
probabilmente non lo sarebbe stato mai.
Persa
nei suoi
pensieri non si era resa conto che il ragazzo aveva sollevato lo
sguardo dalla fasciatura appena rifatta e aveva fissato i suoi
meravigliosi occhi verde muschio sul viso di lei. Abbassò la
testa di scatto, lasciando che i capelli scendessero come una
cortina, celandola al suo sguardo. Si sentiva nuda davanti a lui,
come se potesse senza fatica leggerle fino in fondo all'anima. Come
se gliene importasse qualcosa.
Una
piccola bugia
per nascondere ancora una volta a lui e a sé stessa quello
che
la stava dilaniando.
Lui le
scostò
i capelli dal viso con un gesto delicato, che la lasciò
leggermente stupita.
Prima
che potesse
impedirselo una mano corse a stringere quella che lui stava
ritirando, gli occhi bassi e un'ombra cupa sul viso.
Lui
sollevò
lo sguardo di colpo, trovandosi a fissare un sorriso luminoso che gli
riscaldò il cuore.
Ricambiò
per
un attimo la stretta di lei, prima di sollevarsi dal letto con
un'espressione più serena sul bel volto.
Angolino dell'autrice:
Capitolo piuttosto breve, abbiate pazienza...
Sei tornata! Sei tornata sei tornata sei tornata! Non
sai quanto mi sono mancate le tue meravigliose recensioni!!! A parte
che continuo a pensare che alcune di esse siano scritte molto meglio
della mia storia, mi danno sempre modo di fermarmi a riflettere su
quello che scrivo e perché. Le scene di lotta le ho omesse
nei capitoli centrali per non appesantire troppo la narrazione, anche
perché, almeno nelle intenzioni, sono il pane quotidiano di
Gin&CO. La loro vita consiste nell'eliminare i demoni, ma non
si concluderà con un'epica battagli con il male supremo, o,
se lo farà, non sarà tanto presto :-) comunque
nei capitoli finali, che sto scrivendo con grande soddisfazione, le
scene di lotta torneranno alla grande.
Nel prossimo chap finalmente faremo la conoscenza di
Monique, anche al momento sono piuttosto in crisi nel buttarlo
giù, quindi temo che non potrò garantire un
aggiornamento rapidissimo...
Se hai tempo (e voglia) mi piacerebbe che tu dessi
un'occhiata alla one-shot che ho pubblicato nella categoria Twilight.
E' un'idea che mi ha fulminato all'improvviso ed è stata
scritta in qualcosa tipo quaranta minuti. L'ho pubblicata
così com'era, senza quasi rileggerla, e mi piacerebbe sapere
cosa ne pensi. So che non sei una grandissima fan delle Jacob/Bella, ma
fallo per me :-)
Alla prossima tesoro, un bacio grandissimo!!!
|
Scusa se ti ho fatto aspettare un po' ma questo capitolo
proprio non voleva saperne di essere scritto, e il prossimo
è ancora peggio, sono bloccata a metà e continua
a sembrarmi uno schifo... In compenso sto scrivendo i 3-4 capitoli
finali e per quelli l'ispirazione è ottima e abbondante,
sono veramente soddisfatta del risultato... spero solo di riuscire ad
arrivarci viva dopo il parto dei chap intermedi! Tu porta pazienza e
non mi abbandonare mi raccomando!!! Un bacione.
|
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** Capitolo 11 - Famiglia ***
Rafael era accanto alla porta d’entrata, incerto. Attraverso lo spioncino aveva riconosciuto la donna messicana di mezz’età che ogni santa mattina da settimane passava a pulire il piccolo appartamento che avevano preso in affitto. Era fortemente tentato di non rispondere, fingendo di non essere in casa, ma qualcosa gli diceva che, nel caso, la donna non si sarebbe fatta troppi problemi ad utilizzare la copia delle chiavi che il proprietario del residence le aveva fornito in caso di emergenza. Sapeva di non starle molto simpatico, soprattutto da quando aveva visto per la prima volta Gin struccata, indovinando senza troppa fatica che la ragazza era ancora minorenne. Si era tranquillizzata un po’ quando le avevano mostrato i documenti falsi che li classificavano come fratelli di sangue, ma non aveva smesso di scrutarlo con un misto di curiosità e biasimo che lo metteva vagamente a disagio.
Finalmente, con un sospiro, si decise ad aprire la porta. In camera da letto spiccava sulle lenzuola candide un’ampia macchia vermiglia, difficilmente giustificabile, soprattutto considerato che la conoscenza della donna dell’inglese sembrava limitata a pochissime parole, quasi tutte identificanti un qualche tipo di detersivo.
Si fece da parte per lasciarla passare, guadagnandosi un’occhiata sospettosa che lo percorse completamente, dai piedi nudi alla barba lunga di due giorni che gli incorniciava il volto. La donna scosse la testa in segno di palese disapprovazione mentre lo superava in silenzio dirigendosi verso la camera da letto.
Rafael aveva già messo mano al portafoglio, chiedendosi con quante banconote di grosso taglio avrebbe potuto barattare la diffidenza della donna, quando Gin fece il suo ingresso nella stanza.
Indossava una tuta da uomo che l’aveva costretto a comprare qualche tempo prima, nel corso di una delle sue adorate sessioni di shopping selvaggio. Ovviamente lui aveva categoricamente rifiutato di indossarla, persino in casa. Aveva sostituito ben volentieri gli abiti eleganti della sua adolescenza con jeans e giacche di pelle, ma guardava ancora con diffidenza qualsiasi altro indumento. Le tute da ginnastica, come diceva il nome, avrebbero dovuto essere indossate solo in tale frangente; non riusciva proprio a capire la moda che tendeva ad adattarle a qualsiasi altra occasione.
Non tardò ad indovinare il motivo che aveva spinto Gin a ripescarla dal fondo. I pantaloni, stretti in vita da una coulisse, cadevano ampi sulle gambe esili, e la felpa scendeva fin quasi al ginocchio. Nell’insieme coprivano perfettamente la spessa fasciatura presente sulla coscia destra, lasciandole allo stesso tempo la possibilità di muoversi senza che il tessuto ruvido sfregasse contro la ferita ancora aperta. Era pallida, un paio di occhiaie violacee a completare quell’impressione di desolante fragilità che trasmetteva inevitabilmente.
Ma, sorprendendo entrambi i suoi osservatori, Gin sfoderò un sorriso timido e dolce, abbassando leggermente lo sguardo mentre un debole rossore saliva ad imporporarle le guance. Ci mancava solo che sbattesse le ciglia come Bambi. Rafael fece appena in tempo a chiedersi che diavolo stesse combinando prima che la ragazza si rivolgesse alla donna davanti a lei, sconvolgendolo con uno spagnolo praticamente perfetto. Bastarono poche parole per spianare la ruga che si era formata tra le sopracciglia della donna più anziana, che scoppiò in una grassa risata gioviale, superandola per entrare nella stanza, senza più degnare il ragazzo di uno sguardo.
Solo quando la porta della camera si richiuse davanti a loro Gin si lasciò andare ad un profondo sospiro, si avvicinò a Rafael e gli si appoggiò pesantemente al braccio. Bastò un’occhiata per rendersi conto che quei pochi minuti in posizione eretta l’avevano sfinita. Il ragazzo, sorreggendola praticamente di peso, la guidò delicatamente fino al divano, su cui la ragazza si lasciò cadere con un mugolio di soddisfazione. Quando si sedette accanto a lei la sentì accoccolarsi contro di lui, e per una volta la lasciò fare. Qualsiasi cosa avesse detto alla donna, aveva funzionato, evitando ad entrambi fastidiose complicazioni.
Lei si accomodò meglio contro il suo corpo, appoggiandogli la testa sulla spalla. Sembrava esausta.
-
La mia tata era portoricana. Siccome odiava parlare la nostra lingua, fin da piccola ha cercato di nascosto di insegnarmi la sua.
-
Direi che c’è riuscita piuttosto bene! Voglio dire, non ho capito assolutamente nulla di quello che hai detto, ma davi l’impressione di cavartela alla grande!
Lei sorrise, continuando a fissare il vuoto davanti a sé. Se si fosse voltata a guardarlo negli occhi i loro visi si sarebbero trovati troppo vicini, e l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento erano altri pensieri. Voleva solo godersi quel momento di pace.
Rafael rimase un istante senza parole. Era la scusa perfetta, e a lui non sarebbe mai neppure passata per l’anticamera del cervello. D’altronde non era una ragazza, e anche i suoi ricordi di essere umano stavano sbiadendo rapidamente.
Lei si volse appena, lanciandogli un’occhiata interrogativa con la coda dell’occhio.
Lei tornò a guardare di fronte a sé, turbata dall’interesse di Rafael quasi quanto dalla sua vicinanza.
Si chiese se non avesse osato troppo, mentre i secondi passavano senza che giungesse alcuna risposta. Gin non si lasciava andare spesso alle confidenze, soprattutto con lui. Con Simon sembrava più disposta al dialogo, ma non avrebbe potuto giurarci, non essendo quasi mai incluso nelle loro conversazioni.
Il tono di voce era remoto ed incolore, privo di sentimento. Rafael la conosceva da abbastanza tempo da rendersi conto che qualcosa non andava.
Gin si concesse solo un secondo di elucubrazioni sui significati reconditi di quella frase. Non aveva senso coltivare false speranze.
-
No, siamo completamente diverse. Lei è molto bionda, molto aristocratica e molto, molto fredda. E’ così perfetta che a volte mi fa quasi paura. Non credo di averla mai vista con un paio di jeans, o una minigonna. Solo abiti firmati e gioielli costosi. Persino per dormire usava camicie da notte di seta, e non un pigiama come noi comuni mortali. Solo il meglio, per lei. Ho sempre avuto la sensazione che valesse anche per me…
-
In che senso?
Lei scrollò le spalle, incerta. Non aveva mai parlato di queste cose con nessuno, nemmeno con Simon. Farlo con Rafael la faceva sentire strana.
-
Sensazioni, nulla di più. Ma ho sempre avuto l’impressione che se fossi stata meno carina, se la mia media non fosse stata così alta, se non avessi vinto tutte quelle gare di equitazione… non so, mi avrebbe amata di meno.
-
Non hai mai avuto la tentazione di contattarla?
Era assolutamente proibito, per quelli come loro, rivedere le persone che li avevano conosciuti e amati prima del cambiamento. Ma tecnicamente Gin non era ancora un’ Eletta, quindi non era legata da alcun vincolo. Eppure, da quel che sapeva, si era lasciata alle spalle la sua vecchia vita senza troppi rimpianti.
Credi che fossi felice quando ti ho incontrato? Non hai mai pensato che non avrei abbandonato tutto così serenamente, se lo fossi stata?
Tutto ciò che facevo era finalizzato esclusivamente a rendere felice qualcuno. I miei genitori, i miei insegnanti, il mio allenatore... non facevo mai nulla per me.
Anche il mio aspetto era frutto di quello che gli altri volevano vedere. Ero la perfetta reginetta del ballo, con il viso acqua e sapone e lunghi capelli lucenti...
Non aveva dato troppo peso a quelle parole, all’epoca. Solo ora cominciava a capire veramente cosa significassero. Non si trattava solo di voler essere perfetta per compiacere chi le stava intorno. Era la paura di essere abbandonata se avesse fallito. Lei scosse la testa.
Lui si girò un istante a fissarla. Perfetta era ancora troppo poco per descriverla, a suo modesto parere. Ma intuì quello che stava cercando di dirgli, ancor prima che continuasse.
-
Sono ricoperta di cicatrici, mi trucco, mi sono tinta i capelli… Nel tempo libero uccido demoni, provando anche una discreta soddisfazione… Non c’è posto per la nuova Gin nella sua vita.
-
Mi spiace…
Lei si scostò leggermente per voltarsi a guardarlo negli occhi, un sorriso sincero ad illuminarle il bel volto.
Rafael le sorrise quasi di riflesso, troppo confuso e piacevolmente sconvolto da quella dichiarazione per respingerla quando si accoccolò contro il suo petto, affondando il viso nella stoffa morbida della maglietta del ragazzo e chiudendo gli occhi con un sospiro soddisfatto.
Angolino dell'Autrice:
Lo so, sono passati secoli, ma ho un ottima scusa stavolta: il mio hard disk ha ben pensato di abbandonarmi, portandosi con sè la prima stesura di questo capitolo. Fprtunatamente i capitoli finali erano backuppati, sennò credo che mi sarei suicidata... Comunque in un certo senso è meglio così, quella che doveva essere una brevissima parentesi prima dell'arrivo di Monique si è trasformata in un capitolo piuttosto lungo, che mi ha dato parecchia soddisfazione scrivere (ovviamente a voi decidere se vi piace o no).
Purtroppo ieri sera in ufficio mi hanno comunicato che dovrò seguire un nuovo progetto piuttosto impegnativo, quindi non so come e quando riuscirò a scrivere i capitoli mancanti (massimo uno o due) prima di riaggangiarmi alla fine del racconto (che è già stata scritta e revisionata); portate pazienza ancora per un pò...
Un bacio enorme a Lupacchiotta89 e a tutte coloro che leggono e seguono questa storia anche senza commentare!
Cla |
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** Capitolo 12 - Monique ***
Quando, poche ore dopo, Monique suonò alla porta, Rafael era ancora stravaccato sul vecchio divano, le braccia appoggiate allo schienale e una sigaretta che pendeva negligentemente dalle labbra. Non l’aveva accesa, lei non gli permetteva più di fumare all’interno dell’appartamento, ma lo aiutava comunque a rilassarsi. E in quel momento ne aveva davvero bisogno. Sdraiata accanto a lui, rannicchiata come un cucciolo, c’era Ginevra. Aveva appoggiato il volto sulla sua gamba e dormiva placidamente, le lunghe gambe distese sulla stoffa logora e le dita affusolate intrecciate alle sue. Aveva deciso almeno cento volte di svegliarla, allontanandosi da quella dolcissima tentazione, ma ogni volta la sua mano si era formata a pochi millimetri dalla spalla di lei, incapace di proseguire. Aveva provato a convincersi che l’unico motivo fosse l’assoluta tranquillità dipinta sul viso della ragazza. Ma la realtà era che il calore che irradiava l’aveva avvolto piacevolmente, trasmettendo anche a lui la medesima sensazione di pace. Stava maledettamente bene in quel momento, ecco il problema. E non riusciva a costringersi ad interrompere quella breve parentesi di felicità.
Quando il campanello lo risvegliò da quella sorta di trance in cui era caduto i suoi sensi allenati corsero immediatamente a sondare l'esterno, individuando due creature attese ed una terza che lo era decisamente meno. Poteva avvertire la frenesia di Simon, che nemmeno il potere che Monique stava riversando su di lui in onde morbide e rilassanti pareva in grado di placare.
Si era comportato male, doveva ammetterlo, ignorando le ripetute chiamate e la trentina di sms che il collega gli aveva inviato durante la notte. Ma mai come in quel momento aveva sentito il bisogno di tenerla lontana da lui, di impedire che chiunque potesse portargliela via.
Lo squillo ripetuto del campanello, a cui a quanto pare il ragazzo biondo si era attaccato, risvegliò bruscamente anche la ragazza. Gin spalancò gli occhi e balzò a sedere al suo fianco, fissandolo confusa ed ancora ottenebrata dal sonno.
Si concesse un secondo per contemplarla. Era bellissima in quel momento, i capelli scompigliati e sul viso i segni leggeri della trama dei jeans che aveva utilizzato come cuscino. Sentì il desiderio irrefrenabile di stringerla, ma lo relegò in un angolo della mente, come molti altri prima di lui. Stava diventando un angolo maledettamente affollato.
Si alzò dal divano lentamente, posandole una fugace carezza sulla testa reclinata e strappandole un ansito sorpreso. Sorrise tra sé mentre si avvicinava alla porta chiusa, avvertendo le ondate di frustrazione che provenivano dall'esterno. La giornata stava decisamente migliorando.
Non appena Monique mise piede nella stanza Gin si ritrovò, suo malgrado, a sentirsi all'improvviso terribilmente inadeguata. Dire che la donna bionda era uno schianto sarebbe stato decisamente riduttivo. I capelli, raccolti sulla nuca in un severo chignon, mettevano in evidenza i suoi lineamenti delicati e gli splendidi occhi azzurro ghiaccio. Indossava un impeccabile tailleur gessato, e si muoveva con disinvoltura su un paio di tacchi a spillo che ai piedi di Gin sarebbero durati sì e no due secondi prima di essere causa, nel migliore dei casi, di una tendinite fulminante.
Ma ogni sensazione sgradevole sparì all'istante non appena la donna le rivolse la parola.
Stranamente quell'atteggiamento condiscendente non la infastidì. La voce di Monique era dolce e profonda, in contrasto con l'iniziale impressione di freddezza che le aveva suscitato. Ignorando la meno tesa che le porgeva, la donna si chinò ad abbracciarla, posando le sue labbra scarlatte sulla guancia della ragazza. Fu questo a stupirla più di tutto. Era un bacio vero, non una di quelle patetiche imitazioni che si fermano a qualche centimetro dal viso dell'altro. Il suo profumo dolce la avvolse come una pelliccia morbida e leggera.
Ginevra si limitava a fissarla, come imbambolata. La sensazione di disagio era svanita come neve al sole, sostituita da un vago desiderio di essere coccolata da quella donna meravigliosa che le ricordava un po' sua madre.
Eppure c'era qualcosa che stonava, in quel momento. Come una vaga sensazione alla bocca dello stomaco che le impediva di abbandonarsi totalmente al benessere che la pervadeva. Iniziò ad avvertire un vago ronzio nelle orecchie, e all'improvviso seppe cosa non andava.
Si allontanò bruscamente dalla donna, lo sguardo cupo e spaventato, rifugiandosi dietro Rafael.
- Falla smettere!
Gli occhi di tutti si puntarono su di lei, mentre un silenzio innaturale avvolgeva la stanza. Rafael si volse verso la nuova arrivata.
La voce di Rafael, bassa e vagamente minacciosa, fu come una secchiata d'acqua gelida e corroborante per la sua mente frastornata. Improvvisamente il ronzio svanì.
La donna scosse appena la testa, lo sguardo imperscrutabile puntato su Gin.
Rafael si voltò verso di lei, continuando a farle scudo con il proprio corpo. Cosa che Gin non mancò di apprezzare.
Lei scrutò di sottecchi Simone e l'uomo bruno che non le avevano ancora presentato, le uniche altre persone presenti nella stanza. La fissavano con un misto di stupore e curiosità dipinto sul volto.
Chinò la testa, improvvisamente intimidita, ma Rafael la esortò con una muta carezza a continuare.
-
Ho sentito come una vibrazione, sempre più forte... ad un certo punto mi ha riempito la testa, non riuscivo più a pensare a null’altro... e veniva da lei, ne sono sicura!
Mentre Rafael e Simon la fissavano con aria sconvolta Monique scoppiò a ridere. Era una risata gioiosa, spontanea, il tipo di risata che non si sarebbe mai aspettata da una donna del genere. Inspiegabilmente le piacque.
Ginevra si volse verso Rafael, in cerca di spiegazioni, ma il volto di lui si era improvvisamente adombrato, portandolo lontano da lei, in quel luogo inaccessibile in cui a volte si rinchiudeva. Aveva imparato a riconoscere i momenti bui del suo Guardiano, e sapeva che non avrebbe ottenuto nulla ponendogli delle domande in quel frangente. Così prese il coraggio a quattro mani e si rivolse alla donna.
Ma fu Simon ad intervenire, cogliendo al volo l'occasione di avvicinarlesi e posarle un bacio delicato sui capelli. Lo lasciò fare passivamente, improvvisamente incurante del fatto che gli occhi di Rafael si erano accesi di un lampo color smeraldo a quel gesto troppo intimo. Era stanca e sofferente, e aveva soltanto bisogno di un po' d'affetto. Così si abbandonò con un sospiro sul petto dell'amico, mentre lui iniziava a spiegare.
-
La nostra Monique ha un dono che noi solitamente definiamo empatia. E' in grado di farsi apprezzare da chi le sta intorno e, a determinate condizioni, di influenzare i pensieri e le azioni delle persone.
-
E' quello che stava facendo con me? Cercava di influenzarmi?
La donna intervenne con voce ferma, in contrasto con lo sguardo dolce fisso su di lei.
Simon la pilotò dolcemente verso il divano e si sedette accanto a lei, tenendole la mano. Ginevra lo ringraziò silenziosamente con lo sguardo. La tensione aveva aumentato il dolore alla gamba, e non era certa di riuscire a mantenere la posizione eretta ancora a lungo.
Lei lo scrutò per qualche istante, cercando di capire dove volesse andare a parare con quel cambio repentino di argomento. Ricordava bene le interminabili sessioni del gioco di ruolo a cui aveva costretto lei e Rafael nei mesi precedenti, ma non riusciva a trovare nulla, in quei ricordi, che si ricollegasse a quello che le aveva detto Monique. Alla fine si limitò ad annuire.
Lei stavolta scosse la testa, sempre più confusa.
-
Per ogni abilità hai un punteggio di partenza, a cui si aggiunge il tiro del dado. Se la prova che devi superare richiede un punteggio inferiore a quello di partenza, il successo è automatico. Non occorre tirare il dado.
Gli occhi di Gin si illuminarono improvvisamente di comprensione.
Simon scoppiò a ridere, lieto che lei ci fosse arrivata così in fretta.
-
E' il livello minimo del suo potere, che mantiene attivo costantemente senza nemmeno rendersene conto. Una specie di fascino innato. La cosa strana è che tu l'abbia percepito, nessuno di noi ci riesce...
Ginevra si voltò verso la donna bionda, che all'improvviso aveva cessato di essere una minaccia ed era tornata la creatura affascinante di poco prima. Poco importava sapere che faceva parte dei suoi doni esserlo; rimaneva un piacevole dato di fatto.
La donna le sorrise dolcemente, posandole una mano gelida sulla guancia accaldata. Ginevra represse a stento la tentazione di strofinarcisi contro come un gatto.
-
Lo sto tenendo sotto controllo per non infastidirti. E' un po' come ricordarsi di parlare a bassa voce, se sei in una stanza piena di gente e sei sovrappensiero puoi ritrovarti ad urlare senza rendertene conto, ma se qualcuno te lo fa notare non è difficile adeguarsi.
-
Grazie...
Senza staccare la mano dal suo volto Monique si rivolse agli uomini alle sue spalle.
ANGOLINO DELL'AUTRICE:
Sono imperdonabile, lo so, ma questa parte centrale della storia è davvero un parto per me... Il prossimo chap è già preticamente scritto, quindi non dovrei farvi aspettare troppo... portate pazienza...
Un grazie enorme alla mia adorata AliceCullen93 per aver votato i miei personaggi al concorso di EFP; mi hai commossa oltre ogni dire piccola!
E ora le risposte alle recensioni:
Lupacchiotta89: è passato più di un mese... ti sarai mica decomposta nel frattempo? Scherzi a parte è bellissimo sapere che continuerai a seguirmi, ti prometto che se riesco a doppiare i capitoli centrali poi gli aggiornamenti saranno moooooolto più frequenti...
sarachan93: no, la mamma di Gin non è Monique, ma come vedi le assomiglia molto, almeno fisicamente. Caratterialmente invece... quella è tutta un'altra storia! Scusa per il ritardo nell'aggiornamento, spero che continuerai a seguirmi comunque!
Ikuto Shin: perchè non può essere Simon a piacere a Gin? Me lo sono chiesto parecchie volte anche io. Forse la mia piccola creatura è un pò masochista, o forse il primo amore non si scorda mai veramente. Nel prossimo chap comunque ci sarà un dialogo in cui conto di rispondere in parte alla tua domanda per bocca di Monique...
AliceCullen93: mia adorata, purtroppo come vedi le parentesi continuano... in questo e nel prossimo chap avrà un ruolo centrale il personaggio di Monique, mentre in quello successivo (che purtroppo per ora è solo nella mia testa) vorrei approfondire un pò Simon. Sono capitoli di stasi, che proprio per questo mi stanno costando tanta fatica a fronte di un finale già scritto e di cui sono pienamente soddisfatta, ma se li avessi omessi mi sarebbe rimasto il rimpianto di aver lasciato troppe cose sottintese... Fammi sapere che ne pensi (il tuo parere per me è sempre estremamente importante)! Approfitto di questo spazio per ringraziarti per la bellissima recensione che hai lasciato alla mia one-shot 'Jacob e Bella. Semplicemente.'. Come sai io adoro questo personaggio, ma in passato (con Moonlight) ho scelto di regalargli una donna più forte e decisa di Bella, una donna che non passasse la vita in bilico tra lui ed Edward, ma lo amasse come a mio avviso merita di essere amato. Non sono una fan di Bella, e di conseguenza delle Bella/Jacob, ma l'ispirazione mi ha colto all'improvviso e ho lasciato che le dita corressero da sole sulla tastiera. Per quanto riguarda la frase incriminata... ma come fai a cogliere sempre i punti di cui sono maggiormente dubbiosa? Anch'io ho pensato di eliminare quella parte, ma mi piaceva l'idea che la mente sconvolta di Bella potesse partorire un'immagine così assurda... Arrivederci tesoro, al prossimo capitolo!!! |
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** Capitolo 13 - Just a Kiss ***
Circa un'ora più tardi erano seduti entrambi sul vecchio divano, lo stesso su cui Ginevra si era addormentata tra le braccia di Rafael poco tempo prima. Quel pensiero non l'aiutava certo a superare il silenzio imbarazzato che era caduto tra loro. Non era mai stata in imbarazzo con Simon, ma ora le parole di Monique continuavano a ronzarle in testa, confondendola e rendendole impossibile sostenere una normale conversazione.
Il tono preoccupato del ragazzo le strappò un sorriso. Era sempre il suo migliore amico, e lei continuava a volergli un bene dell'anima. Quanto avrebbe voluto evitare tutte quelle complicazioni, ed essere libera di godersi quei momenti senza sentirsi attanagliata dai dubbi...
Una mezza verità valeva meno di una bugia intera? Era solo uno dei mille pensieri che l'ansia crescente le faceva frullare in testa, ma le sembrò una buona scusa. Simon parve crederle, abbandonando l'espressione corrucciata di poco prima per scoppiare a ridere di gusto.
-
Non dire sciocchezze, se si fosse trattato di pianificare un attacco sarei stato invitato anche io! Sarà la solita barbosa pro-forma burocratica, niente di preoccupante, credimi.
Si accomodò meglio contro lo schienale, allungando le gambe sul tavolino basso, accanto a quelle di Ginevra. Erano stati molte volte stravaccati in quella posizione a guardare vecchi film in televisione, ma quella sera l’apparecchio era spento e la penombra che stava calando nella stanza accentuava la tensione della ragazza, che si ritrasse impercettibilmente verso il bracciolo del divano.
La manovra non passò inosservata al suo biondo compagno, che si rabbuiò nuovamente.
Ginevra si rese conto di quanto sarebbe stato stupido continuare a negare. Era a disagio in compagnia del suo amico, e non era neppure tanto brava a nasconderlo. Non sapendo cosa rispondere si limitò a chinare il volto, lasciando che i capelli scendessero come una cortina a separarli. Tuttavia questo le impedì di scorgere il lampo di collera che attraversò gli occhi azzurri di Simon, e si rese conto troppo tardi di quello che stava accadendo.
Avvertì appena la superficie del divano muoversi sotto le sue gambe prima che le braccia di Simon la circondassero, imprigionandola contro la spalliera, e le labbra del ragazzo calassero quasi rudemente sulle sue.
Spalancò gli occhi, paralizzata dalla violenza del gesto e dalla tempesta di sensazioni che l’aveva invasa. Aveva temuto a lungo che sarebbe successo qualcosa del genere, prima o poi. Ma non aveva mai pensato, neppure una volta, che il suo corpo avrebbe reagito in quel modo. Aveva sottovalutato il fatto di essere in fondo solo una sedicenne, da mesi all'inseguimento di un sogno, con troppi ormoni in corpo per resistere a quella forzata castità fisica e mentale.
Intrappolata tra le braccia del ragazzo sentì il cuore fermarsi per un istante e subito riprendere a battere a ritmo forsennato mentre le sue labbra si schiudevano spontaneamente per approfondire il bacio.
Simon parve accorgersene, perché abbandonò la rudezza di poco prima e prese ad accarezzarle dolcemente le braccia nude, allentando la pressione sulle sue labbra e prendendo ad assaporarla lentamente.
Solo in quel momento Ginevra si rese conto che la sua paura più grande non era che Simon ci provasse con lei, rovinando per sempre l'immagine illusoria della loro amicizia che aveva creato nella sua mente. Ciò che la spaventava davvero era non essere certa di quale sarebbe stata la sua reazione.
Ma mentre le sue mani salivano lentamente sul petto del ragazzo, accarezzando gli addominali scolpiti attraverso la maglietta sottile e strappandogli un sospiro soddisfatto, la sua mente si rifiutava di lasciarsi andare a quell'assurda situazione. “Non lo ami”, continuava a ripetere incessantemente una vocina nella sua testa. Non poteva negare che la dolce carezza delle sue labbra fosse estremamente piacevole, e la tentazione di lasciarsi andare, preferendo per una volta i rimorsi ai rimpianti, era forte. Ma dietro le palpebre chiuse vedeva un altro viso, uno sguardo verde muschio che era in grado, senza nemmeno sfiorarla, di provocarle le stesse sensazioni che stava provando tra le braccia di Simon. E se anche ci fosse stata una possibilità su un milione che Rafael ricambiasse i suoi sentimenti, non voleva rischiare di barattarla con un temporaneo appagamento dei sensi. Se il suo cuore fosse stato libero forse, ma solo forse, avrebbe potuto scegliere di donarlo a Simon. Ma l'amore aveva già un nome per Ginevra, che con mani tremanti si costrinse ad allontanarlo da sé, interrompendo il bacio.
Simon la fissò per un istante, incerto. Ginevra non distolse lo sguardo. Glielo doveva, in nome della loro amicizia. E il ragazzo, inaspettatamente, sorrise.
Lei scosse la testa, stupita dalla piega assurda che stava prendendo la conversazione. Ma tanto valeva, a quel punto, giocare a carte scoperte. Doveva chiarire subito la situazione, prima che lui fraintendesse ciò che stava accadendo.
Lo osservò per un istante, soppesando la risposta. Non c'era rabbia negli occhi azzurri di lui, solo una sorta di cupa rassegnazione. Come se avesse già capito tutto da molto tempo. E fu a quel punto che arrivò la folgorazione. Simon sapeva da sempre. La sua non era una domanda, ma una semplice constatazione.
Una sola parola, non c'era bisogno di nessuna specifica. Perché l'aveva baciata, se già sapeva che non avrebbe potuto ricambiarlo, non allo stesso modo almeno?
-
Perché non sopportavo più di vederti diventare sempre più sfuggente, terrorizzata dall'idea che prendessi chissà quale iniziativa. Certo, anche il fatto che erano mesi che sognavo di assaggiare le tue labbra ha avuto il suo peso...
-
E cosa ne hai ricavato? Mi hai baciata, e ora sto per dirti che non accadrà mai più...
-
Mai è un sacco di tempo piccola, soprattutto quando sei immortale. Potresti stancarti di inseguire il fantasma di Mr. Cool, e in quel caso mi piace pensare che ti ricorderai di questo bacio e magari tornerai a cercarmi!
Era tornato il Simon di sempre, il suo migliore amico. E lei non avvertiva più l'inquietudine che l'aveva tormentata negli ultimi giorni, quando era in sua compagnia. Spontaneamente, incurante di poter essere fraintesa, si accoccolò contro di lui, appoggiando il viso nell'incavo della sua spalla.
Lui le circondò le spalle con il braccio, attirandola sul proprio petto e posandole un bacio leggero sui capelli.
Rafael li ritrovò così, qualche ora dopo. Addormentati profondamente, un sorriso leggero che aleggiava sulle labbra di entrambi. Rimase ad osservarli qualche minuto, nel buio della stanza. Poi, in silenzio, entrò in camera e si chiuse la porta alle spalle.
Spazio dell'Autrice:
Capitolo scritto di getto e pubblicato al volo, per soffocare l'istinto di cancellarlo. Ultimo capitolo di transizione (anche se alla fine qualcosa capita, eccome!). La storia da qui in poi è scritta fino alla fine, quindi conto di pubblicare settimanalmente fino a conclusione di questa travagliatissima storia. Un bacio enorme alla mia "muffetta" preferita Lupacchiotta89, vedi che alla fine la tua pazienza sarà premiata? Non so se mi cimenterò ancora in storie a capitoli, ma dopo aver visto i trailer di Eclipse mi è venuta voglia di riprendere in mano la mia Lena, anche solo per qualche Missing Moment... vedremo... |
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** Capitolo 14 - Io voglio te ***
Sarebbe stato per quella notte. Lei non poteva immaginarlo, nessuno di loro si era lasciato sfuggire una sillaba. Eppure Rafael sentì distintamente che sapeva. Si preparò per la battaglia senza una parola, evitando di guardarlo negli occhi. Questo non era assolutamente normale. Avrebbe dovuto sommergerlo di sciocchezze, tipo la descrizione del vestito che voleva comprare l'indomani, o richieste di spiegazioni ulteriori su come affrontare i Sylar. Il suo silenzio lo preoccupò più di tutto il resto.
Quando l'ultima fibbia fu stretta, e l'ultima arma controllata ed infilata nel suo fodero, Ginevra finalmente sollevò gli occhi su di lui. Occhi tristi, rassegnati, in fondo ai quali gli parve di scorgere una scintilla di paura. Avrebbe voluto dirle che non sarebbe stata la fine, ma solo l'inizio. Che sarebbe stato tutto più facile, dopo. Ma non poteva. La propria morte è qualcosa che ognuno deve affrontare da solo, e questo valeva a maggior ragione per un Predestinato. Era la fine di tutto ciò che aveva conosciuto fino ad allora, e non c'erano parole che potessero renderla meno spaventosa. Nel suo caso, poi, c'era un altro aspetto che non cessava di tormentargli l'anima da quando Gabe gliene aveva parlato per la prima volta. La morte a cui era destinata era la più gloriosa, la più terribile. Non si sarebbe trattato di una malattia, come quella che aveva colpito lui decenni prima, né della follia di un marito geloso che aveva strappato la vita a Monique. Ginevra doveva morire durante la battaglia, ma non per mano dei suoi nemici, o non avrebbe potuto ritornare. Non aveva voluto sapere di più. Sperava soltanto di non dover essere lui a farlo.
Mentre era perso nei suoi pensieri la ragazza gli si era avvicinata, lasciandosi cadere accanto a lui sul letto sfatto. Alzando gli occhi l'aveva scoperta ad osservarlo, lo sguardo imperscrutabile, le labbra distese in un sorriso forzato che non saliva ad illuminare gli occhi chiari.
Un'affermazione che non chiedeva conferma. La sua voce era bassa, roca, come se avesse pianto. La guardò meglio, ma non trovò sul suo viso altre tracce che confermassero la sua ipotesi.
Lei gli aveva posato una mano tiepida sul viso, voltandolo dolcemente verso di sé. La lasciò fare, incapace di sottrarsi al suo sguardo e al suo calore. Quegli occhi color del mare parevano volergli scavare fino in fondo all'anima, quella sera.
I suoi sospetti erano giusti. Aveva capito. Non si chiese come, non era importante in quel momento.
Appena un sussurro, senza staccare gli occhi dal viso di lei. La vide sussultare lievemente, come se avesse ricevuto uno schiaffo, ma non lesse stupore nei suoi occhi. Era stata una domanda retorica, la sua. Gli si fece più vicina. Per la prima volta da quando l'aveva incontrata, Rafael si concesse di seguire totalmente il proprio istinto. Le circondò le spalle esili con un braccio e l'attirò sul proprio petto. L'udì trattenere il fiato per un lunghissimo istante, prima di abbandonarsi con un sospiro a quell'abbraccio inaspettato. Le sue braccia sottili gli circondarono la vita mentre si stringeva più forte contro il suo corpo, il viso affondato nella sua spalla. Poteva sentire, attraverso la maglietta leggera, la morbidezza e il calore del suo seno premuto contro il fianco e, sotto di esso, il battito sordo e impazzito del suo cuore. Si riempì le narici dell'odore dolce della sua pelle. Averla così vicina era inebriante.
La voce gli giunse attutita, mentre la sensazione delle sue labbra, ancora premute sul suo collo, che si muovevano per articolare le parole gli trasmise una sensazione di vertigine. Doveva controllarsi, dannazione. Era solo una ragazzina, e lui in tutti quegli anni avrebbe dovuto aver imparato quantomeno a tenere sotto controllo gli ormoni. Si sforzò di assumere un tono di voce tranquillo.
Non allentò la stretta su di lei, anche se una voce in fondo alla sua mente gli stava urlando di farlo immediatamente. Forse era l'ultima possibilità che aveva di stringere quel corpo caldo, morbido... vivo. Le accarezzò i capelli neri con la mano libera.
Quella manciata di parole furono un'esplosione di luce nella sua mente. Il tono dolce, quasi implorante con cui le aveva pronunciate non fece altro che acuire l'impatto che ebbero su di lui. Si sforzò di razionalizzare ciò che aveva sentito. Non potevano avere il significato che il suo cuore avrebbe desiderato dare loro. Lei voleva essere rassicurata, nient'altro.
Gli faceva male tirare in ballo il suo collega, così come il pensiero che di lì a pochi giorni l'avrebbe persa per sempre. Ma non poteva fare nulla per impedirlo, quindi tanto valeva abituarsi all'idea. Tra le sue braccia Ginevra si divincolò, sottraendosi alla sua stretta. Sollevò su di lui uno sguardo furioso, ferito, gli occhi pericolosamente lucidi. Rafael rimase un attimo imbambolato a fissarla. Che diamine le era preso ora?
Con la sensazione sempre più netta di non avere la minima idea di cosa stesse succedendo il ragazzo la vide portarsi le mani al viso in un gesto rabbioso, tergendo le lacrime che stavano ormai traboccando oltre le ciglia nere.
Quelle parole, che nei suoi sogni più segreti aveva desiderato sentire per mesi, rimasero sospese tra di loro in un silenzio irreale. Ginevra si portò una mano alla bocca, gli occhi sgranati dalla sorpresa per ciò che ne era uscito suo malgrado. Un attimo prima che voltasse la testa, lasciando che una cortina di seta nera le nascondesse il viso, Rafael vide chiaramente il rossore che era salito ad imporporarle le guance. Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Con mani quasi tremanti sfiorò il suo viso, asciugando con il pollice una lacrima solitaria che ancora solcava la sua pelle morbida. La voltò dolcemente verso di sé mentre lei lo lasciava fare come paralizzata, gli occhi saldamente incatenati ai suoi.
Una scintilla di comprensione, nel suo sguardo. Una speranza attonita, confusa, che traboccava da quelle pozze color acquamarina. Mosse le labbra a vuoto un paio di volte, prima che un roco bisbiglio si decidesse ad uscirne.
Non poteva più tornare indietro. Quegli occhi persi nei suoi, quelle mani diafane che erano salite ad accarezzargli dolcemente il viso, erano tutto ciò che aveva anelato disperatamente nel secolo appena trascorso. Solo ora se ne rendeva conto. Non aveva mai cercato una compagna, perché nessuna avrebbe potuto esserlo. Nessuna tranne lei.
Le si avvicinò, incerto nonostante quella nuova sicurezza che aveva appena preso possesso della sua anima. Le sue mani abbandonarono il viso di lei per scendere ad insinuarsi sotto i capelli, accarezzando con dolcezza la pelle morbida e calda della nuca. Lentamente, come per lasciarle la possibilità di tirarsi indietro se avesse voluto, la trasse verso di sé e posò le labbra su quelle di lei.
Ginevra chiuse gli occhi, incapace di razionalizzare quello che stava succedendo. Un tocco leggero, delicato, eppure tremendamente sensuale le accarezzò la bocca. Avvertì un vago sentore di menta misto al sapore più acre di una sigaretta un attimo prima di dimenticare qualunque cosa intorno a lei. Non aveva molta esperienza in materia, ma era piuttosto sicura che quelli che aveva definito baci nel corso della sua breve vita non somigliassero neanche lontanamente a quello che le stava regalando Rafael. La stanza dalle pareti dipinte di un tenue color ocra, il groviglio di lenzuola sotto il suo corpo, persino il rumore insistente delle cicale fuori dalla finestra aperta scomparvero lentamente in una nube leggera di nulla che parve avvolgerla completamente. Le sua mani, come dotate di vita propria, scesero a circondargli il collo, affondando per la prima volta nei suoi capelli. Avvertì il bacio cambiare lentamente, diventare più profondo e quasi urgente, mentre le braccia di lui la stringevano talmente forte da farle quasi male. Solo quando le mani del suo compagno si insinuarono sotto la maglietta, a sfiorarle la pelle nuda della schiena, fu attraversata da un lungo brivido che la riportò alla realtà. Si staccò dolcemente dalla sua bocca, restando a fissare i suoi meravigliosi occhi verdi riaprirsi lentamente a pochi centimetri dai suoi. Vi lesse una domanda muta, inespressa, cui rispose con un altro bacio, leggero, a fior di labbra. Lo sentì fremere a quel tocco, mentre i muscoli del suo viso si rilassavano impercettibilmente. Con un movimento fluido e repentino si sollevò dal letto, allungando una mano al ragazzo per invitarlo a fare altrettanto.
ANGOLINO DELL'AUTRICE:
Direi che questo capitolo si commenta da solo... ebbene sì, finalmente Gin ce l'ha fatta a far sciogliere il suo algido Guardiano! Questa scena è già scritta da prima della mia lunghissima 'pausa di riflessione', e non avete idea di quanto mi abbia reso felice poterla finalmente pubblicare! Non manca molto alla fine (ad occhio o croce 3-4 capitoli) e la storia è ufficialmente conclusa!
Titty1194: una new entry, che bello! :) grazie mille per la recensione, spero che anche questo chap ti sia piaciuto!
carlottina: beh, se il capitolo precedente l'hai trovato 'un bel passo' sono proprio curiosa di sapere cosa ne pensi di questo :) Simon è fatto così, sempre diretto e concentrato sull'obiettivo, e non ce lo vedevo proprio a dichiararle il suo amore imperituro a parole... è un personaggio che personalmente amo molto, la personificazione di ciò che può sembrare la scelta migliore e forse in fondo non lo è, o almeno non per Gin. Al prossimo chap (spero)!
Oasis: ma... sai che il tuo nick mi dice qualcosa? Per caso hai recensito una delle mie storie precedenti (mi pare Amici d'Infanzia)? In questo caso bentornata, dopo aver abbandonato il sito per quasi due anni disperavo che qualcuna delle 'vecchie' lettrici mi seguisse ancora... Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto (è DECISAMENTE meno di transizione rispetto al precedente!). Un bacio
Lupacchiotta89 AKA muffetta: e questo bacio come ti è sembrato? L'intenzione era di renderlo completamente diverso da quello con Simon, e mi sembra di esserci riuscita. Approfitto di questo spazio per anticiparti che Lena è stata ufficialmente ripresa in mano (come forse avrai intuito dal fatto che solo ora ho creato una serie per Moonlight e Moonlight Shadows). Sto scrivendo due missing moments a tema comune, devo solo decidere se pubblicarli insieme o separatamente. Comunque prima finirò di pubblicare questa storia! Salutami i vermicelli in trasloco, un bacione!!! |
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** Capitolo 15 - Il Distruttore di Anime ***
Angolino (breve) dell'Autrice:
Domani parto per le ferie, e non ce la facevo proprio ad abbandonarvi per due settimane senza aver pubblicato questo capitolo.
Portate pazienza se stavolta non rispondo una per una alle vostre recensioni, ma avrei rischiato di non riuscire a pubblicare nemmeno stasera.
Un grazie pieno di affetto alle 5 ragazze meravigliose che hanno recensito l'ultimo capitolo, ed una bacio speciale alla mia Muffetta che ha recensito anche la mia ultima One-Shot (Lena tornarà ancora, in un contesto decisamente più sereno ;) )
SEE YOU SOON MY DARLINGS!
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
La battaglia andava avanti da un tempo che Simon non avrebbe saputo definire. Poteva trattarsi di pochi minuti come di parecchie ore. Come ogni volta, l'adrenalina gli impediva di percepire lo scorrere del tempo. Piantare il lungo pugnale nero nei corpi coriacei dei demoni gli provocava un piacere quasi sensuale, che superava di gran lunga qualsiasi altra sensazione avesse mai assaporato. Ucciderli non era il suo lavoro, era la sua vita. Come un eroinomane, non poteva resistere a lungo senza la sua dose quotidiana.
Da qualche tempo però c'era qualcosa di più, qualcosa che gli strisciava sotto la pelle come un sotterraneo fiume di lava bollente. C'era Ginevra. La cercò con lo sguardo mentre estraeva la lama nera dalla gola squarciata della sua ultima vittima, asciugandosi distrattamente il sangue verdastro sui jeans. Lei stava combattendo con un paio di Gregari, poco più che ordinaria amministrazione. Per un istante seguì come ipnotizzato i movimenti agili e sinuosi della ragazza. Combatteva come se danzasse, un nero angelo vendicatore armato di due lunghi pugnali ricurvi. Con un gesto rapido ne piantò uno dritto nel cuore del demone più vicino, roteando poi su sé stessa per lanciare l'altro, che andò a conficcarsi, con incredibile precisione, nella gola del secondo. La sua danza era durata appena qualche secondo, e i due cadaveri giacevano scompostamente ai suoi piedi in una pozza di liquido ribollente. Le sorrise, ma lei non guardava dalla sua parte. Il tempo di accertarsi che i suoi avversari fossero effettivamente morti, e subito i suoi occhi erano corsi a cercare Rafael. Simon sentì un spiacevole fitta dove un tempo il suo cuore era solito battere.
Quando erano arrivati all'appuntamento, quella sera, aveva subito intuito che qualcosa era cambiato. Lei l'aveva salutato compostamente, senza neppure accennare a buttarglisi tra le braccia come al solito. Aveva attribuito quel cambiamento all'apprensione per l'approssimarsi della sua prima morte, ma ben presto si era reso conto che non poteva trattarsi solo di quello. Anche se non si erano sfiorati nemmeno con un dito, Rafael e la sua protetta non avevano staccato gli occhi l'uno dall'altra per più di qualche secondo durante tutta la battaglia. E c'era qualcosa, nei loro sguardi, che l'aveva fatto sentire di troppo per la prima volta da quando l'aveva incontrata. Era successo qualcosa, tra di loro. E stranamente non aveva nessuna voglia di sapere esattamente cosa.
Perso nei suoi pensieri, non vide l'ombra nera che si avvicinava sinuosa a Ginevra finché non fu troppo tardi. E solo in quel momento, mentre l'orrore si faceva strada in ogni fibra del suo corpo, si rese conto che vederla con Rafael non era davvero la cosa peggiore che potesse immaginare.
Ginevra staccò di malavoglia gli occhi dal profilo di Rafael, che stava combattendo ad una ventina di metri da lei. Aveva avvertito un lungo brivido lungo la spina dorsale, segno che ce n'era un altro nelle vicinanze. Si voltò spavalda, estraendo velocemente dal fodero un terzo pugnale, assolutamente identico a quelli che giacevano conficcati in profondità nei corpi squarciati dei Gregari. Ma quello che vide la gelò sul posto, spegnendo in un istante il sorrisetto disegnato sul suo volto tumefatto.
Il demone aveva l'aspetto di un bel ragazzo afroamericano, con brillanti occhi verdi e rasta lunghi fino a metà schiena. E questo decisamente non era un buon segno. Soltanto i demoni più potenti erano in grado di imitare così perfettamente l'aspetto degli esseri umani. La maggior parte di loro era perlopiù una massa informe dai tratti solo vagamente umanoidi. E questo nello specifico risultava talmente credibile da farle dubitare per un attimo che il suo sesto senso avesse fatto cilecca. Poi notò due cose che le fecero accantonare immediatamente ogni dubbio sulle proprie facoltà.
La prima fu l'abbigliamento del giovane. Indossava un lungo impermeabile in pelle nera, assolutamente identico a quelli che portavano anche i tizi da cui lei e Rafael erano scappati qualche tempo prima. Aveva imparato una cosa, in quei mesi. I demoni seguivano la moda peggio di un gruppo di ragazzine in crisi puberale. E, di solito, stesso abbigliamento era sinonimo di comune appartenenza ad una determinata casta. Ergo, era molto probabilmente altrettanto pericoloso degli altri tre.
La seconda fu il sorriso splendente che il ragazzo le indirizzò. In palese contrasto con le labbra scure, due canini lunghi e scintillanti balenarono nella penombra. A dispetto di tutte quelle vecchie leggende, un solo clan di demoni possedeva quella particolare caratteristica. Non erano neppure in molti, per quel che ne sapevano, ma erano indubbiamente molto pericolosi, soprattutto per quelli come lei. Ginevra si sentì morire. Quello che aveva davanti era un Distruttore di Anime, e lei era in grossi guai.
I Distruttori erano un antico clan di demoni di origine europea. Erano perlopiù mercenari, assassini prezzolati al servizio dei demoni più potenti. Ma non era la loro forza a spaventare tanto la ragazza. Il loro nome era l'omaggio al potere più oscuro e potente, quello che aveva permesso loro di sopravvivere alle migliaia di lotte intestine che nei secoli avevano decimato i vari clan più ancora degli Sterminatori stessi. Questi antichi guerrieri possedevano la capacità di distruggere, insieme ai corpi delle loro vittime, anche le anime che vi erano contenute. Ciò faceva di loro i predatori naturali di quelli come lei, elementi indispensabili alla sopravvivenza delle razze demoniache. Se nulla sopravviveva alla morte del corpo, il cambiamento in Eletti diventava impossibile.
Ginevra esaminò febbrilmente le proprie opzioni. Sapeva che il suo destino era morire quella notte, ma era piuttosto certa che non contemplasse il farsi uccidere in maniera definitiva. Saettò con lo sguardo alle spalle del demone. Simon l'aveva vista ed era scattato verso di lei, ma proprio in quel momento altri due demoni gli si erano parati davanti. Non erano Distruttori, ma ad occhio e croce erano più di semplici Gregari. Dovevano essere i famosi Sylar. Rafael stava estraendo la lama dal corpo putrefatto del suo avversario, ma era troppo lontano. Non avrebbero mai fatto in tempo ad arrivare da lei prima che il demone le fosse addosso.
Fece un passo indietro e avvertì come un risucchio nell'aria intorno a sé. Si voltò appena per controllare con la coda dell'occhio, anche se si trovava esattamente nel punto che aveva immaginato. Era sull'orlo del tetto, otto piani a separarla dall'asfalto forse ancora tiepido del marciapiede. Era la sua unica possibilità. Se fosse morta sul colpo, lui non avrebbe più potuto nulla. Se invece fosse miracolosamente sopravvissuta alla caduta, sperava che i suoi compagni avrebbero avuto il tempo di fermarlo prima che la raggiungesse per terminare il suo lavoro. Fissò gli occhi azzurri in quelli verde bosco di Rafael, sperando di riuscire a trasmettergli con quel muto sguardo tutto l'amore e la cieca fiducia che nutriva nei suoi confronti. Poi spalancò le braccia e si lasciò cadere all'indietro.
Appena l'aveva vista allargare le braccia, lo sguardo così intenso fisso su di lui, il corpo di Rafael era scattato verso di lei, mosso dal puro istinto. Doveva proteggerla, questo era stato il suo compito fin dall'inizio, ma ora aveva assunto una nuova dimensione. Ora ogni singola fibra del suo essere gli urlava che, se non avesse fermato il Distruttore, l'avrebbe persa per sempre. E non riusciva più a concepire di esistere nemmeno un minuto senza di lei, figuriamoci l'eternità.
Gli fu addosso mentre il demone si allungava oltre il parapetto a seguire con lo sguardo il volo del suo angelo. Il gesto della ragazza l'aveva colto alla sprovvista, regalando al Guardiano quei pochi secondi che gli servivano. Era stata furba, o forse solamente pazza. Ad ogni modo, aveva funzionato.
Con un gesto fluido, frutto di quasi un secolo di esperienza, Rafael passò intorno al collo del Distruttore un filo d'acciaio, tanto sottile quanto letale. Strinse con tutte le sue forze, incurante del dolore lancinante alle mani, le orecchie tese a cercare ciò che in effetti sentì un istante dopo. Il tonfo sordo sull'asfalto gli arrivò attutito, ma non seguirono urla né sirene. Nessuno l'aveva vista, nessuno avrebbe avvisato la polizia. Con un ultimo sforzo staccò di netto la testa del demone, mentre il resto del corpo crollava al suolo come una marionetta a cui fossero stati tagliati i fili. Avvertì una mano sulla spalla e si voltò bruscamente, pronto a combattere ancora. Ma furono due occhi blu colmi di dolore e preoccupazione quelli che si ritrovò davanti. Simon gli indicò i corpi disseminati sul tetto, alle sue spalle.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** Capitolo 16 - Tornerò da te ***
Capitolo pubblicato al volo, solo per non farvi aspettare un'altra settimana... Vi adoro, dalla prima all'ultima.
Un bacio particolare alla mia adorata AliceCullen93, ricomparsa dall'oblio :)
ATTENZIONE: il prossimo capitolo sarà probabilmente l'ultimo...
Rafael non se lo fece ripetere una seconda volta. Con un balzo raggiunse la scaletta antincendio che avevano usato per salire fin lassù e sparì oltre il parapetto. Solo tanti anni di ferreo autocontrollo gli impedirono di imitare Ginevra nel suo folle volo, pur di raggiungerla più in fretta. Si costrinse a scendere un gradino alla volta, il più velocemente possibile, senza staccare gli occhi dai mattoni rossi della facciata. Non poteva voltarsi per osservarla, o si sarebbe certamente buttato. Dopo un tempo che a lui parve infinito poggiò finalmente le suole degli stivali sull'asfalto ruvido, un'ansia crescente che dilagava in ogni angolo della sua mente. Chiuse gli occhi per un istante, poi si girò.
Lei era lì, riversa su un fianco, affondata in una pozza di sangue vermiglio. Il braccio destro era piegato in una posizione anomala, certamente rotto, e il viso recava profonde abrasioni dovute all'impatto con il suolo. Nonostante tutto a lui parve bella come non mai, di una bellezza sofferente che gli fece male al cuore. Teneva gli occhi chiusi, ma l'occhio esperto del Guardiano notò il lento sollevarsi ed abbassarsi del petto attraverso la canotta strappata. Si avvicinò lentamente, con una sensazione di nausea che saliva via via ad ogni passo. Si inginocchiò al suo fianco e dolcemente le scostò i capelli incrostati di sangue dal viso.
A quel contatto improvviso lei spalancò gli occhi, mentre il respiro accelerava bruscamente, strappandole un gemito di dolore. Poi il suo sguardo azzurro si offuscò di lacrime nel riconoscerlo, e lei allungò una mano diafana a sfiorargli il viso in una carezza timida, che parve costarle uno sforzo disumano. Rafael lo vide dalla smorfia di dolore che le deformò per un istante il viso. Doveva avere più di una costola rotta. A dire il vero era un miracolo che fosse ancora viva, dopo una caduta del genere.
La voce della sua protetta era debole ed affannata. Il sollievo nel rivederlo pareva essere durato appena un battito di ciglia, poi la paura si era riaffacciata nei suoi occhi color del cielo.
Senza una parola Rafael si chinò su di lei, e la sollevò tra le braccia. Era la prima volta, e si stupì di quanto fosse leggera. Lei con un sospiro esausto si abbandonò sul suo petto, quasi priva di conoscenza a causa del dolore e del sangue che aveva perso. Trovò appena la forza di stringere tra le dita la sua maglietta, prima di affondarvici il viso.
Sussurrò quelle parole di consolazione soprattutto a sé stesso. Lei non poteva più sentirlo, ormai sprofondata nell'abisso nebuloso dell'incoscienza.
Corse sotto la pioggia battente con quel corpo riverso tra le braccia, incurante degli sguardi curiosi e vagamente inquisitori dei passanti. Fortunatamente i corti capelli neri della ragazza celavano almeno in parte le abrasioni che deturpavano il suo bel viso, altrimenti qualcuno avrebbe certamente provato a fermarlo. O forse no. Aveva appurato più di una volta che erano davvero rare le persone propense ad interessarsi di ciò che accadeva loro intorno, a meno che non li riguardasse direttamente. Rafael poteva sentire il battito del cuore di Ginevra attraverso la maglietta bagnata, un battito che si faceva più lento ed irregolare di minuto in minuto. Si augurò che l'oblio le impedisse di avvertire le scosse che la corsa forsennata stava imponendo a quel povero corpo martoriato. Ma non poteva permettersi di perdere nemmeno un istante, non in quella fase così critica. Sarebbero stati un facile bersaglio per qualsiasi demone maggiore, e il ragazzo sapeva bene che il sangue della sua protetta, che scorreva copioso ad impregnare i vestiti di entrambi, in quel frangente aveva per loro l'odore del nettare più dolce. Corse senza curarsi, per una volta, di nascondere al mondo di cosa fosse in grado un corpo immortale, privo delle limitazioni umane. Nulla contava, in quel momento, tranne la ragazza che stava lentamente morendo tra le sue braccia. L'unica che, lo sapeva, avrebbe amato per il resto dell'eternità.
Aprì la porta con violenza, mandandola a sbattere contro il muro retrostante e richiudendosela alle spalle con un calcio. Ginevra stava cominciando ad agitarsi, mentre deboli mugolii di dolore sfuggivano a tratti a quelle labbra tumefatte, che solo poche ore prima gli avevano donato uno scampolo di paradiso.
L'adagiò sul letto senza curarsi neppure di scostare il copriletto damascato. Sulla stoffa color panna si allargò subito una larga macchia scarlatta. Con mano tremante le scostò i capelli dal viso, soffermandosi in una incerta carezza. Era terrorizzato all'idea di farle del male, ma non riusciva ad impedirsi di accarezzarla dolcemente, come a volersi imprimere nella mente ogni millimetro di quel volto che da mesi popolava i suoi sogni.
Non era sicuro che fosse una buona idea svegliarla, ma il bisogno di dirglielo era troppo forte. Se qualcosa fosse andato storto, e lei non si fosse più svegliata, non si sarebbe mai perdonato di averla lasciata andare senza sapere la verità. La ragazza aprì lentamente gli occhi, due enormi pozze d'acqua cupa. Quando lo sguardo spento si fissò su di lui un debole sorriso accarezzò per un istante le sue labbra. Ma persino quel minimo movimento parve causarle dolore, perché anche quella pallida ombra dei sorrisi meravigliosi che gli riservava di solito svanì in un istante.
Avvicinò le labbra al suo orecchio, sussurrando due piccole parole che non aveva mai detto a nessun'altra, perché nessuna era mai stata in grado di fargli provare quello che provava quando era con lei. La vide sgranare gli occhi, stupita. Poi fece qualcosa che non avrebbe mai dimenticato, neppure se fosse vissuto altri mille anni. Volse il viso verso di lui e posò sulle sue labbra fredde un bacio leggero come un alito di vento. Rafael sentì in bocca il sapore del sangue misto a qualcos'altro, un gusto aspro e salato. Lacrime. Ginevra stava piangendo. Ma non c'era tristezza nei suoi occhi, non c'era disperazione.
Rafael sorrise suo malgrado, nonostante la morsa gelida che gli attanagliava le viscere. Eccola, la sua piccola combattente. Così forte e allo stesso tempo così fragile, incapace di credere che quella breve frase lui sarebbe disposto a ripeterla all'infinito. Perché finalmente ha trovato qualcosa per cui valga la pena vivere per sempre.
Con un'ultima carezza trovò la forza di strapparsi a quel corpo che lo attraeva più di una calamita. Non poteva permettersi di perdere il controllo, non ora che il momento si avvicinava di minuto in minuto. Poteva sentire la vita che la abbandonava poco a poco, scorrendo via da lei insieme al sangue che ormai impregnava le lenzuola. Stavolta non sarebbero bastate un paio di banconote a nascondere quel macello. Ma se... quando lei fosse tornata avrebbero trovato il modo di sparire senza dover affrontare troppe domande. Magari Gabe avrebbe mandato una delle sue squadre a ripulire quel disastro.
Come se il pensiero di Rafael l'avesse evocato il cellulare cominciò a ronzare insistentemente nella tasca posteriore dei jeans sdruciti. Il ragazzo rispose con foga:
Dall'altro capo del filo, silenzio. Poi un sospiro.
Si accasciò sul letto accanto a lei, portandosi una mano al viso. Il panico stava iniziando a crescere. Non andava per niente bene.
Una breve risata, dall'altra parte, ebbe l'effetto di una doccia fredda.
- Capisco benissimo Rafael... ricordati che anche Gabe è stato un mio Prescelto, tanti anni fa...
Si diede mentalmente dello stupido. Come ogni creatura innamorata, era convinto di essere il primo a soffrire per amore.
Chiuse la comunicazione e lanciò lontano il cellulare, lasciandosi cadere pesantemente sul letto. Si trovò così a fissare quel volto pallido, solcato da lividi violacei. Aveva gli occhi chiusi, le palpebre serrate e tremanti. Con delicatezza la sollevò per le spalle, portandola tra le sue braccia e lasciando che si adagiasse sul suo petto. La ragazza si strinse a lui con un mugolio di soddisfazione che lo fece sorridere brevemente. Rafael portò un braccio dietro la testa, mentre con la mano libera accarezzava dolcemente i capelli di lei.
Con uno spasmo improvviso Ginevra strinse la maglietta del compagno, poi le sue dita lentamente lasciarono la presa, mentre la mano scivolava inerte sulle lenzuola candide. Rafael sentì distintamente quell'ultimo respiro strozzato, e poi fu il silenzio. E cominciò l'agonia. |
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** Capitolo 17 - Risveglio ***
Rafael la strinse forte a sé, affondando il viso nei suoi capelli umidi di sangue e sudore. Respirò a fondo fino a sentire, sotto quel miscuglio dolciastro di odori, quello fragrante della sua pelle. Ora che non lo tratteneva più la consapevolezza di causarle dolore la strinse come se volesse fondere i loro due corpi, superando la barriera della pelle ed unendoli come erano ormai unite le loro anime. Rimase immobile per un tempo indefinibile, forse appena qualche secondo, forse secoli. Lei era l’ancora che gli impediva di affondare mentre lottava disperatamente per non cedere al panico ed alla disperazione. Non l’avrebbe persa, doveva convincersene pienamente o sarebbe stata la fine per tutti e due. Nessuno gli aveva mai spiegato la procedura da seguire; gli era sempre stato detto che, al momento opportuno, tutto sarebbe stato assolutamente naturale. Così attese, il viso premuto contro quello di Gin, le mani affondate pesantemente nella sua pelle candida che si stava raffreddando velocemente. Attese fino a quando la voglia di lei fu più forte della paura di perderla, e allora seppe cosa doveva fare. La scostò da sé delicatamente, adagiandola sulle lenzuola cremisi del suo stesso sangue. Voltandosi indietro più volte, come se temesse di vederla sparire all’improvviso, entrò nella spaziosa stanza da bagno e spalancò il rubinetto dell’acqua calda. Mentre una cascata bollente si riversava nella vecchia vasca da bagno smaltata vi rovesciò dentro quasi mezza bottiglietta del bagnoschiuma preferito di Gin, una fragranza intensa, vagamente speziata. Lasciò che il profumo si spandesse dolcemente nell’aria, addolcito dal vapore che saliva lentamente dalla superficie dell’acqua. Tornò in camera, fermandosi solo un istante ad accarezzare dolcemente la sua Protetta mentre gli occhi frugavano la stanza in cerca del lettore mp3 della ragazza. Lo scoprì abbandonato negligentemente sul comodino, dove lei l’aveva lasciato la mattina. La prima regola, quando si andava a caccia, era evitare qualsiasi oggetto inutile. Fili e cinghie potevano impacciare un movimento improvviso o, ancora peggio, fornire un appiglio al nemico durante un corpo a corpo. Afferrò il minuscolo oggetto e lo rigirò un istante tra le mani, indeciso, prima di accostare uno degli auricolari all’orecchio. Non era un fan accanito di quelle piccole diavolerie. Apprezzava la tecnologia moderna, ma era dell’idea che la musica avesse bisogno di diffondersi in una stanza per poter essere veramente apprezzata. Lo innervosiva sentire suoni che nessuno intorno a lui avvertiva. Tuttavia Gin era così desolata, dopo aver perso il suo vecchio lettore durante un inseguimento, che non aveva resistito alla tentazione di farle trovare sul tavolo della colazione quella cosina argentata grande quanto una scatola di fiammiferi, in grado di contenere molta più musica di quanta Rafael fosse in grado di considerare realmente tale. Era costoso, il meglio che avesse trovato, ma i soldi per loro non erano mai un problema. Le doti di Gabriel, che non potevano essere applicate troppo spesso nei casinò e nelle bische clandestine, avevano trovato un eldorado nelle speculazioni in borsa, garantendo a tutti loro ben più che la mera sopravvivenza. Non si sentiva in colpa per questo. Gli Sterminatori rendevano all’umanità inconsapevole un servizio impagabile, in confronto al quale l’agiatezza delle loro vite era un ben misero compenso. Perplesso lasciò scorrere varie tracce. Non condivideva i gusti di Gin in fatto di musica, ma non si trattava solo di quello. Quelle canzoni erano vuote, prive di anima. Non erano adatte a riportarla indietro. La mano si fermò ad un millimetro dal tasto di avanti veloce quando partì la quinta canzone. La musica era intensa, dura, liberatoria. Ma la voce che la accompagnava era quella pura e limpida di un soprano. Il contrasto era intenso e quasi commovente. Aveva trovato la musica giusta. Con un gesto brusco staccò gli auricolari, abbandonandoli sul pavimento, e collegò il lettore allo stereo, come aveva visto fare tante volte a Gin. Quella musica sconvolgente si diffuse nella stanza, avvolgendoli con la sua primitiva magia. Ricordò vagamente di aver sentito la sua Protetta e Simon parlare a lungo di quel gruppo. Impostò la ripetizione di tutti i loro brani contenuti nel lettore, poco più di una ventina, e tornò verso il letto.
Con delicatezza iniziò a rimuovere i vestiti laceri ed insanguinati dal corpo di Gin, rivelando su ogni centimetro di pelle scoperta nuove abrasioni. Il sangue si era coagulato velocemente dopo la sua morte, tanto che in alcuni punti fu costretto a tagliare semplicemente la stoffa intorno alla ferita, impossibilitato a staccarla completamente. Il suo corpo reagì con un brivido alla visione del corpo di lei, ma nella sua mente la lussuria era relegata in un angolo nascosto, ad urlare senza voce la propria frenesia. Non era il momento per fare simili pensieri; avrebbe avuto tutta l’eternità per desiderare il suo corpo, ora voleva solo la sua vita. Giunto alla biancheria intima si scoprì improvvisamente incerto e titubante. Non l’aveva mai vista nuda, e aveva la sensazione che lei non avrebbe apprezzato di svegliarsi in quelle condizioni. Spogliarla mentre era incosciente, anche se le sue intenzioni erano più che caste, non gli sembrò la scelta giusta. Così si limitò a rimuovere gli ultimi residui dei jeans laceri dalle gambe nude e si chinò a sollevare Gin tra le braccia per portarla verso la stanza da bagno. Era diverso trasportarla ora che la vita l’aveva abbandonata. Giaceva scompostamente tra le sue braccia, la testa reclinata all’indietro, i capelli arruffati che ondeggiavano dietro di loro ad ogni passo. La depose nell’acqua bollente che stava già traboccando dalla vasca colma. Sapeva, sebbene nessuno glielo avesse già detto, che il corpo doveva rimanere caldo. Non poteva permettere che continuasse a raffreddarsi. Si sporse sopra di lei a chiudere il rubinetto prima di sistemarla più comodamente, evitando che scivolasse completamente sotto la superficie dell’acqua. Mentre la voce limpida della cantante duettava con quella potente ed altrettanto bella di un uomo prese a passarle sul corpo la spugna, ripulendo con cura ogni ferita e colorando di un rosa pallido l’acqua tutt’intorno a lei. Con pazienza certosina strofinò ogni centimetro di quel corpo martoriato, soffermandosi a lungo nei punti in cui solo il sapone e l’acqua calda potevano staccare la stoffa residua dalla pelle di lei. La accarezzò con una tenerezza che fino a quel momento gli era rimasta estranea, ormai quasi dimentico del fatto che niente riempiva più quel meraviglioso involucro che aveva contenuto la sua Gin. Nessun pensiero, nessuna paura, solo l’istinto che guidava le sue mani sul corpo pallido della ragazza, in un rito molto più vecchio di tutti loro. Dovette svuotare e riempire nuovamente la vasca più volte per far scorrere via tutto il sangue che si era raggrumato sul suo corpo e fra i corti capelli neri. Si fermò solo quando la pelle candida spiccò nuovamente, deturpata solo dalle ferite e dai lividi che avevano cominciato a formarsi prima che il cuore di Gin smettesse di battere. La sollevò nuovamente per avvolgerla in un asciugamano candido più grande di lei. Ignorò il letto sfatto, ormai ridotto ad un macello color cremisi, e si adagiò pesantemente sul vecchio divano sfondato, sempre tenendola tra le braccia, le lunghe gambe distese ed il viso appoggiato al petto di lui. La strinse a sé possessivamente, piantando con forza le dita nei fianchi morbidi di lei. Comunque fossero andate a finire le cose, non sarebbero mai più apparsi lividi su quella pelle delicata. Adagiò le labbra sui capelli umidi e profumati della ragazza, chiuse gli occhi e attese.
Ciò che un tempo era stato Gin fluttuava nell’aria intorno a loro. Ma forse sarebbe stato più corretto dire che ERA l’aria intorno a loro. Non aveva passato né futuro, quell’entità. Non aveva pensieri né preoccupazioni. Si limitava ad essere nel senso più profondo del termine Era il ragno che attendeva paziente nell’angolo più nascosto di una invisibile ragnatela, da qualche parte sul soffitto, tutti i sensi protesi ad individuare un seppur minimo movimento, e che d’improvviso si slanciò in una corsa sfrenata lungo quei sentieri creati e conosciuti. Era la mosca iridescente che si dibatteva furiosamente nella sua prigione appiccicaticcia, inconsapevole del fatto che ogni battito d’ali era un passo verso la distruzione. Era la brezza delicata proveniente dalla finestra aperta sulla notte, che scompigliò i capelli di Rafael e accarezzò piano, incerta, il corpo riverso tra le sue braccia. Era la polvere che si muoveva placida in lente volute di pulviscolo dorato quando la luce del sole morente la colpiva quasi per caso Era la luce stessa che accarezzava dolcemente il profilo del ragazzo, ignara del dolore che traboccava dagli occhi verdi insieme alla lacrime. E ciò che un tempo era stato Gin osservò con molteplici occhi i due ragazzi abbracciati, immobili e perfetti come una statua rinascimentale, ad un primo sguardo altrettanto privi di vita. Osservò con gli occhi della mosca le braccia di lui avvolte intorno alla ragazza, incapace di distogliere l’attenzione sebbene il ragno le fosse ormai addosso. Ricordò quel corpo, ricordò un desiderio spasmodico di essere stretta da quelle braccia forti, di affondare il volto in quel punto preciso, tra il collo e la clavicola, in cui solitamente si può sentire meglio il battito del cuore. Anche se quel cuore non batteva più. Ricordò il dolore devastante di sapersi null’altro che un dovere per lui, e la disperazione al pensiero che non sarebbe mai stato pienamente suo. Ricordò la paura folle che qualcuno gli facesse del male, che qualcosa potesse portarglielo via. E mentre tutte quelle emozioni forti, negative, la straziavano e la spingevano verso la finestra spalancata, verso un oblio improvvisamente voluto ed amato, verso la fine di tutto quel dolore, dalle labbra del ragazzo uscì un sussurro: - Ti prego piccola… torna da me… E come un’esplosione ricordò anche tutto il resto. Ricordò le labbra di Rafael, morbide ed allo stesso tempo quasi brutali in quel bacio che le aveva tolto ogni punto di riferimento. Ricordò i suoi occhi verdi che non si erano staccati da lei per più di qualche istante, durante il loro ultimo combattimento, traboccanti di un sentimento che non avrebbe mai sperato di potervi un giorno intravedere. Donandole una forza che non sapeva di possedere. E ricordò le due parole sussurrate appena sul suo collo, poche ore prima, che in un istante avevano cancellato tutto quel dolore. Quelle poche sillabe che voleva disperatamente risentire ancora mille volte. E ciò che un tempo era stato Gin respinse la forza che la spingeva verso la notte, raccolse i frammenti di sé sparsi per la stanza e precipitò tutto il suo essere verso il corpo inerte che l’aveva contenuta. E quel corpo spalancò sul mondo i suoi occhi color del cielo e sollevò una mano candida verso il volto chino su di lei. Rafael… Il ragazzo rischiò di lasciarla scivolare bruscamente a terra, tanta fu la sorpresa nel sentirle pronunciare il suo nome. Fissò gli occhi verdi in quelli di lei, incapace di credere all’immenso miracolo di averla di nuovo, viva, tra le sue braccia. Aveva sperato con tutto il cuore che andasse tutto bene, ma, ora che stava succedendo, non riusciva quasi a capacitarsene. - Gin… Lei appoggiò dolcemente l’indice sulle sue labbra, impedendogli di continuare. C’era una cosa che doveva assolutamente sapere. - Hai il coraggio di ripetermelo ora? Lui esitò solo un istante, confuso, prima che un lampo di malizia si affacciasse nei suoi occhi finalmente sgombri da nuvole. Prese delicatamente tra le mani il volto della ragazza e lo avvicinò al suo, fermando le labbra ad appena un soffio da quelle morbide ed invitanti di lei. - Ti amo… Ginevra sorrise appena, appoggiando la fronte a quella di lui. - Allora ne è valsa davvero la pena di tornare indietro… E prima che potesse replicare si protese a coprire quei pochi millimetri che li separavano, appoggiando le labbra su quelle di lui. E mentre la stringeva forte a sé, assaporando il gusto di quel primo bacio tra immortali, Rafael si sentì finalmente a casa.
ANGOLINO DELL'AUTRICE:
E' finita, e ancora non mi sembra vero. Non so se avrò mai più il tempo, o l'ispirazione, o entrambe, per scrivere un altro racconto di questa lunghezza. Ringrazio tutte coloro che mi hanno seguito dall'inizio, sopportando una pausa eterna, e chi si è aggiunta man mano leggendo, recensendo, aggiungendo questa storia tra le preferite o le seguite. Non posso promettervi nulla, la mia vita incasinata al momento non me lo permette, ma spero di ricominciare presto a scrivere, e ritrovare qualcuna di voi tra le pagine di un nuovo racconto. Grazie mille, di tutto. Un bacio, Cla |
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=239522
|