Frozen II - Il Cuore di Fuoco

di DoctorFez1988
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un Periodo di Felicità. ***
Capitolo 2: *** A Letto con la Febbre ***
Capitolo 3: *** La Profezia di Granpapà ***
Capitolo 4: *** Durante la Notte... ***
Capitolo 5: *** Le Ombre e la Scintilla ***
Capitolo 6: *** La Rabbia di Anna ***
Capitolo 7: *** Il Racconto delle Due Stelle ***
Capitolo 8: *** Discussioni ***
Capitolo 9: *** Il Giorno Dopo... ***
Capitolo 10: *** La Calma... Prima della Tempesta... ***
Capitolo 11: *** La Puntura dell'Odio ***
Capitolo 12: *** Surt ***
Capitolo 13: *** Disperazione ***
Capitolo 14: *** La Fuga di Anna ***
Capitolo 15: *** Conseguenze ***
Capitolo 16: *** La Decisione di Elsa ***
Capitolo 17: *** Il Viaggio ha Inizio ***



Capitolo 1
*** Un Periodo di Felicità. ***


Era già passato molto tempo ad Arendelle, e molte cose erano cambiate. Dopo che la principessa Anna era riuscita a far scoprire l’amore nel cuore di sua sorella, la regina Elsa, il regno era stato finalmente liberato dalla morsa invernale che rischiava di trasformarlo in un desolato giardino di ghiaccio. Grazie a ciò, la regina si era finalmente guadagna il rispetto del suo popolo, senza che questi dovesse temere il suo glaciale potere. Per di più, la fama di regina bellissima, giusta, saggia e amata dalla sua gente si era sparsa per molti regni, vicini e lontani, che non vedevano l’ora di creare alleanze commerciali e culturali con Arendelle. Ciò fece sbocciare come un fiore di primavera un periodo di prosperità, pace e felicità. Di giorno in giorno, l’amore che la gente provava per la sua regina aumentava, e non solo per quello che aveva fatto per il regno. 
 
Elsa era diventata infatti una sorta di sorella maggiore per tutti i bambini del suo regno, che le volevano un mondo di bene. Questo perché Elsa, utilizzando il suo magico e candito dono, aveva trasformato una parte del giardino reale in un vero parco giochi di ghiaccio, dove adulti e bambini potevano divertirsi a pattinare, andare su slitta, fare battaglie di neve e pupazzi di neve per tutto l’anno. Elsa spesso passava intere giornate a giocare con i bambini di Arendelle, senza però trascurare i suoi doveri di regina. Olaf, il pupazzo di neve magicamente animato dalla magia di Elsa, era diventato il beniamino dei bimbi di Arendelle. Inoltre Olaf poteva godersi primavera ed estate senza sciogliersi grazie alla sua personale nevicata sopra la sua testa, che lo seguiva come un cane fedele. Per di più, ora Olaf aveva la sua casetta nel giardino reale ed era diventato persino la mascotte dei giardinieri reali, che gli volevano un gran bene e adoravano la sua compagnia. Per non parlare poi di Anna, la sorella minore di Elsa. Quando poteva, passava intere giornate a divertirsi con gli altri bimbi del regno nel campo giochi di ghiaccio creato da Elsa e, quando ne aveva l’occasione, Anna usciva fuori dal castello per viaggiare, vedere e conoscere più cose possibili di Arendelle e dei regni circostanti. Spesso scriveva i resoconti dei suoi bellissimi viaggi sul suo diario, per non dimenticare le emozioni provate in quelle esperienze fuori dalle mura del regno. Ogni tanto, Anna riusciva persino a coinvolgere sua sorella Elsa in uno dei suoi bellissimi viaggi, mostrandole le meraviglie che si era persa durante la sua reclusione volontaria nel castello prima della sua incoronazione e questo raddolciva il suo cuore di giorno in giorno.

Mi sono dimenticato qualcuno? Ah già, bisogna parlare anche di Kristoff e della sua renna Sven. Da quando Elsa lo aveva nominato come “maestro consegnatone di ghiaccio del regno”, Kristoff si trasferì vicino al palazzo. Anche se sembrava che fosse rimasto l’uomo rude e solitario che Anna aveva incontrato per la prima volta, era chiaro che Kristoff fosse diventato più gentile e dolce. Sia lui che la sua renna erano diventati anche loro i beniamini dei bambini di Arendelle. Quando ne aveva l’occasione, Kristoff si fermava a giocare con i bambini nel campo giochi di ghiaccio e spesso raccontava storie e leggende che aveva appreso dai Troll che lo avevano cresciuto assieme a Sven. Kristoff faceva persino andare i bimbi in groppa a Sven, facendo dei bellissimi giri intorno al campo giochi. Il bello era che la renna si divertiva quando i bambini stessi, che ogni tanto gli regalavano qualche carota o zuccherino. Il rapporto tra Kristoff e Anna era ormai diventato molto di più che una semplice amicizia, nonostante loro due cercavano inutilmente di non farlo troppo vedere, anche se ormai sempre più evidente con il passare del tempo.

Insomma, dopo che la terribile morsa invernale che attanagliava il regno era sparita, Elsa, sua sorella Anna, Kristoff, Olaf, Sven e il popolo di Arendelle stavano vivendo un periodo veramente felice, ma non sapevano ancora degli importanti eventi che sarebbero accaduti e che potevano minacciare di scuotere le fondamenta stessa della loro gioia ritrovata.

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Capitolo 2
*** A Letto con la Febbre ***


“Odio la Febbre” si disse Anna, mentre si rigirava sconsolata tra le coperte del suo letto, con i capelli rossicci che sembravano un arruffato nido per gabbiani. Anna era a letto nella sua stanza da quasi una settimana, a causa di una tremenda febbre che faticava a passare, anche se era visibilmente calata ormai. Anna detestava la febbre, perché la costringeva a rimanere a letto, non poteva uscire fuori dalla sua stanza, ne tanto meno dal palazzo. La febbre gli impediva di chiacchierare con la gente di Arendelle, giocare con i bambini nel campo giochi di ghiaccio, viaggiare per il regno e dintorni. Proprio non poteva sopportare la febbre. L’unica cosa che dava consolazione ad Anna in quella situazione era che sue sorella Elsa, Olaf e Kristoff gli facevano visita ogni giorno da quando gli era scoppiata la malattia, riuscendo sempre a strapparli qualche risata. Le tende della sua camera coprivano le finestre, ma si capiva subito che in quella mattina c’era il sole, per via della luce che filtrava attraverso il tessuto. Ciò faceva immusonire ancora di più Anna, visto che era costretta a rimanere a letto per colpa del suo malanno. Non sopportava proprio l’idea di rimanere a letto proprio mentre fuori splendeva una bellissima giornata. Ciò la rendeva sempre più nervosa e sconsolata di minuto in minuto, come una pentola a pressione, continuando a rigirarsi tra le coperte del suo letto.
 
“Uffa! Non c’è la faccio più!” esplose ad un certo punto, quando ormai aveva superato il limite della sopportazione e prese uno dei cuscini del suo letto, per poi lanciarlo contro la porta della sua stanza. Proprio in quell'istante, quella porta si aprì e sulla soglia apparve la Regina Elsa. Il cuscino lanciato da Anna centrò in pieno proprio la faccia di Elsa e ci fu un esplosione di piume. Appena Anna vide cosa era accaduto, si rintanò spaventata sotto le coperte, sperando che sua sorella non se la fosse presa troppo per quella cuscinata.
 
“Fa che non s’arrabbi! Fa che non s’arrabbi! Fa che non s’arrabbi!” ripeteva Anna rannicchiata sotto le coperte con un tono di voce impercettibile. Da sotto le coperte, Anna percepì i passi di sua sorella che si avvicinavano sempre di più al suo letto e temette il peggio. Aveva paura che, per lo scherzetto del cuscino volante, Elsa si sarebbe arrabbiata tantissimo. Anna sentì che ormai Elsa era vicinissima al letto e si preparò al peggio. Si aspettava che Elsa iniziasse a sgridarla, di rimproverarla per il suo comportamento poco principesco. Invece solo silenzio.
L’unica cosa che Anna sentì, era che Elsa si era seduta sul bordo del letto. Passo un minuto di silenzio ed Elsa non aveva ancora aperto bocca. Sotto le coperte, Anna stava quasi impazzendo per quel tormentante silenzio e decise infine di affondare il rimprovero di sua sorella faccia a faccia, piuttosto che continuare ad aspettare fino a diventare pazza. Allora Anna emerse dalle coperte con gli occhi. Appena Anna si sentì pronta ad affrontare il severo sguardo di Elsa, aprì gli occhi di colpo. Anna si sarebbe aspettata qualsiasi cosa, tranne quello che vide in quel momento con i suoi occhi. Seduta accanto ad Anna, sul bordo del letto, Elsa indossava il suo favoloso abito, che sembrava intessuto nel ghiaccio blu, ormai diventato il suo look personale. Elsa guardava sua sorella con tenerezza e compressione, con i suoi occhi azzurri, regali come il ghiaccio, affettuosi come quelli di un angelo. Anna notò poi che alcune piume, fuoriuscite dal cuscino che aveva lanciato, si erano posate sulla lunga treccia biondo platino di Elsa. Anna non poté fare almeno si sorridere divertita per quelle piume tra i capelli di sua sorella, anche se cercò inutilmente di trattenersi. Elsa lo notò e, invece di irritarsi, sorrise anche lei.
 
“Vedo che, anche con la febbre, riesci sempre ad essere testarda e a combinarne di tutti i colori.” disse elsa con una voce piena di gentilezza, serenità e un pizzico di sarcasmo, che solo una sorella maggiore sapeva avere e continuo:
 
“Questo mi fa molto piacere, perché significa che stai cominciato finalmente a guarire completamente.” Anna avrebbe dovuto capirlo e si pentì di aver pensato che Elsa fosse rimasta la persona riservata, fredda, solitaria e severa prima dell’Incoronazione. Ora, dopo che Anna era riuscita a riavvicinare i rapporti con sua sorella, Elsa aveva ormai riscoperto sentimenti come gioia, gentilezza, passione e amore. Se prima l’animo della regina era duro e gelido come il ghiaccio, ora era soffice e candito come la neve.
 
“Be, quelle piume di donano molto. Potresti lanciare una nuova moda ad Arendelle.” esclamò Anna sorridendo. Entrambe le sorelle scoppiarono in una gioiosa risata, come se fossero tornate bambine. Poi Anna si fece un poco più seria e disse rivolta a sua sorella con i suoi dolci occhi azzurri:
 
“Elsa. Tu, Kristoff e Olaf vi siete presi cura di me e aveva fatto persino i salti mortali per farmi ridere, nonostante questa dannata febbre. Vi prego di perdonarmi se vi ho fatto passare tutte queste noie e inoltre…” prima che Anna potesse continuare la frase, Elsa gli mise dolcemente l’indice davanti alla bocca per zittirla.
 
“Non dirlo neanche per scherzo, sorellina!” inizio a dire Elsa con tono di voce che ricordava quello di una madre affettuosa.
 
“Noi siamo semplicemente preoccupati per te, questo perché ti vogliamo bene. Non aspettiamo altro che tu torni ad essere la solita allegra e adorabile pazza combina guai.” Per quelle dolci parole, Anna sorrise commossa e abbracciò forte sua sorella.
 
“Sei la miglior sorella maggiore che si possa desiderare!” Elsa ricambiò con altrettanto affetto l’abbraccio di Anna, accarezzando teneramente i suoi arruffati capelli color rame.
 
“Pensa che anche i bambini del regno sentono la tua mancanza.” esclamò Elsa ad un certo punto, dopo che le due sorelle scioglievano il loro affettuoso abbraccio. Anna abbasso lo sguardo, con l’aria di chi si sentiva un po’ in colpa.
 
“Lo immagino, poveri piccoli. Giuro che, quando sarò guarita, farò una vagonata di coccole ad ognuno di loro e gli regalerò pure una grossa fetta di torna al cioccolato a testa!” le due sorelle scoppiarono nuovamente in allegra risata e già Elsa pensava ai poveri cuochi del castello che avrebbero dovuto preparare le innumerevoli torte al cioccolato per accontentare tutti i bambini del regno.
 
“Comunque sia, giusto stamattina, alcuni di quei bimbi si sono presentati a palazzo e hanno consegnato per me e per te un simpatico dono...” nel momento stesso in cui Elsa pronunciava la parola dono, gli occhi di Anna s’illuminarono ad ella esplose di eccitante curiosità.
 
“Davvero? Un dono? Adoro i regali! Cos’é? Cos’é?” Esclamò Anna a gran voce, quasi urlando. Elsa volse un attimo il suo sguardo verso la porta della stanza e batté un leggero colpo di mani. Due servitori allora entrarono nella stanza, trasportando un baule di legno di media grandezza. I due servitori depositarono poi il baule proprio accanto al letto di Anna., dalla parte dove sedeva Elsa.
 
“Grazie. Ora potete andare.” disse Elsa con tono regale e gentile, chinando un poco la testa. I due servitori fecero una riverenza alla regina e a sua sorella. Poi uscirono dalla stanza, chiudendo la porta alle loro spalle.
 
“In questo baule, I bambini del regno hanno messo il loro dono. Credimi Anna, ti piacerà.” Anna non vedeva l’ora di scoprire il dono di quei adorabili bimbi. Quando Elsa aprì il baule, il sorriso di Anna ancora più grande quando ne vide il contenuto. Dentro al baule ci saranno stato qualche centinaio di fogli, su cui i bambini avevano fatto dei bellissimi disegni, il cui soggetti erano più o meno gli stessi: Anna, sua sorella Elsa, Kristoff, Sven e, naturalmente, Olaf.
 
“Dai, non ci posso credere!” gridò euforica Anna. Elsa, sorridendo, raccolse dal baule una ventina di quei fogli, iniziando a guardarne i disegni assieme a sua sorella. I disegni fatti dai bambini di Arendelle erano semplici, quando meravigliosi.
 
“Guarda questo Elsa!” esclamò Anna allegramente, mostrando a sua sorella il disegno di loro due che facevano il girotondo, assieme a tanti bambini, tutti intorno al sole.
 
“È bellissimo!” replicò Elsa sorridendo. Poi le due sorelle presero a guardare un altro foglio. Il disegno mostrava Kristoff, Elsa, Anna e Olaf in groppa alla renna Sven.
 
“Questo è veramente adorabile.” esclamo Elsa. In un altro disegno, c’era il povero Olaf che inseguiva Sven, visto che teneva in bocca il naso/carota del pupazzo di neve.
 
“Questo, invece, è decisamente spassoso!” disse Anna, scoppiando a ridere assieme ad Elsa. Quando però Anna passò al successivo disegno, diventò rossa dall’imbarazzo e nascose il foglio dietro la schiena.
 
“Anna, ma che fai?” esclamò Elsa sorpresa, guardando sua sorella con sospetto.
 
“Niente! Assolutamente Niente” rispose Anna, diventando persino più rossa dei suoi cappelli. Elsa guardò sua sorella con un sopraciglio alzato e, quando intuì che Anna non la raccontava giusta, tese una mano verso di lei.
 
“Fammelo vedere, per favore, non costringermi a far valere la mia autorità di regina, anche se siamo sorelle.” il tono autorevole nella voce di Elsa fece capire ad Anna che sarebbe stato inutile tentare di averla vinta con sua sorella in una situazione come questa, così gli consegno l’imbarazzante disegno. Elsa guardò quel disegno e sorrise. Il disegno in questione rappresentava Anna e Kristoff, che celebravano le loro nozze assieme ad Elsa, Olaf, Sven e a tutto il regno.
 
“Scusa, ma perché t’imbarazza questo disegno?” Domandò Elsa.
 
“Nel regno, ormai, lo sanno tutti che tu e Kristoff state insieme!” Anna sembro ora più depressa che imbarazzata.
 
“Il fatto è, Elsa, che a volte ho la sensazione che lo sappiano tutti, tranne Kristoff.” Elsa guardò con tenerezza la sua sorellina e provò a consolarla.
 
“Anna, sono sicura che Kristoff ti ami e che anche tu lo sappia, solo che è un rude montanaro e credo faccia fatica a esternare i suoi sentimenti. Devi solo dargli un po’ di tempo.” Poi aggiunse, sorridendo sarcasticamente:
 
“E se poi Kristoff non si decide a farlo, posso sempre minacciarlo di trasformarlo in una statua di ghiaccio e metterlo in giardino!” le due sorelle risero come bambine. Poi, facendosi un po’ seria, Elsa disse:
 
“In realtà, forse sei tu che dovresti affrontare la timidezza di Kristoff, gettare un po’ di legna sul fuoco del vostro rapporto…”
 
“Senti chi parla, proprio tu che sei la Regina delle Nevi!” Esclamò Anna, ridendo ironicamente. Elsa guardò sua sorella con uno sguardo falsamente offeso.
 
“Ehi, ma come ti permetti, piccola birbante?” replicò ridendo Elsa, falsamente irritata, punzecchiando con l’indice la punta del nasino di Anna. Entrambe le sorella non potevano evitare di ridere insieme come due bambine. Per Anna era come un magnifico sogno questo momento di gioia e tenerezza con sua sorella, dopo anni di silenzio tra loro due. Se poi quel momento era davvero un sogno, Anna desiderava non svegliarsi mai. Poi le due sorelle tornarono a guardare i bellissimi disegni fatti dai bambini.
 
“Guarda Elsa, questo è assolutamente bellissimo!” esclamò ad un certo punto Anna, guardando con meravigliosa sorpresa il disegno che teneva in mano in quel momento e lo mostrò a sua sorella. Quando Elsa posò il suo sguardo su quel disegno, pensò per un attimo che stesse ammirando l’opera di un abile pittore. In quel disegno era raffigurata Elsa a figura intera, mentre evocava magicamente dalle sue mani tantissime farfalle fatte di neve e ghiaccio, che volavano graziosamente intorno a lei, come se danzassero. Quello che però aveva lasciato a bocca aperta le due sorelle era che il disegno sembrava essere fatto per mano di un bravissimo artista. Le forme e i lineamenti di Elsa, i colori, le sfumature e la prospettiva erano perfette in ogni senso. Fu allora che Elsa notò quella che doveva essere la firma dell’autore di quel piccolo capolavoro, scritto in basso a destra del foglio, con una calligrafia semplice e graziosa allo stesso tempo. Astrid. Elsa non poteva non ricordarsi di quella bimba. Una bimba di sei anni, i cui lunghi capelli riccioluti avevano quasi lo stesso colore di quelli di Elsa, un carattere che sprizzava simpatia e gentilezza da tutti i pori, il viso che ricordava tanto quello di Anna. Astrid aveva una grande stima nei confronti della regina, quasi come se la vedesse come una specie di madre. Negli ultimi tempi Elsa aveva insegnato ad Astrid a pattinare, che era diventata bravissima in poco tempo. Elsa e Astrid, assieme a tutti gli altri bimbi, avevano passato dei bellissimi momenti nel parco giochi di ghiaccio. Anna, vedendo come Elsa guardava con dolcezza il disegno di Astrid, glie lo allungò.
 
“Credo che Astrid avrebbe voluto che questo lo tenessi tu.” Elsa prese delicatamente l’opera della piccola Astrid, come se fosse un tesoro fatto di gioielli.
 
“Sai Anna, a volte quella bambina, Astrid, mi riporta alla mente quando io e te avevamo più o meno la sua stessa età.” fu allora che qualcuno bussò alla porta della stanza.
 
“Avanti!” risposero in coro le due sorelle. La porta si aprì ed entrò uno dei ministri del regno. Dopo un piccolo inchino, il ministro tossì e disse con solennità:
 
“Mi scusi sua altezza, ma volevo giusta avvertirla che tra qualche minuto giungerà a palazzo l’ambasciatore per discutere di quell'accordo.” Elsa guardò sua sorella, sperando che lei non se la prendesse se doveva interrompere il loro momento idilliaco e intimo tra sorelle.
 
“Vai pure Elsa, non preoccuparti per me. Potremo finire di vedere questi disegni più tardi, va bene?” la compressiva risposta di Anna rincuoravano l’animo di sua sorella, che la baciò teneramente sulla fronte, come augurio di buona guarigione.
 
“Guarisci presto Anna, che ti stiamo tutti aspettando.” esclamò Elsa alzandosi dal bordo del letto. "Allora a dopo..." Ricambiò Anna con un sorrisetto quasi infantile. La regina si stava dirigendo verso la porta, quando sua sorella la colse di sorpresa con una domanda:
 
“Aspetta! Sai per caso dov’è Kristoff in questo momento?” Elsa, voltandosi, gli rispose:
 
“Ho visto Kristoff stamattina che stava per uscire dal castello assieme a Sven. Sembra che sia stato convocato d’urgenza dai Troll per una questione importante, ma mi ha detto di dirti che sarebbe venuto a trovarti entro stasera.” la risposa di Elsa regalava un sorriso di speranza ad Anna. Quella sera avrebbe affrontato il rude tagliatore di ghiaccio e avrebbe vinto i dubbi sulla loro relazione. Dopo aver salutato sua sorella, Anna tornò a guardare i disegni fatti dai suoi piccoli ammiratori, quando sentì la voce di Elsa che gli diceva:
 
“Ah, un ultima cosa Anna!” Anna si voltò sorridente verso Elsa e… gli arrivò una cuscinata in piena faccia e ci fu una nuova esplosione di piume. Quando il cuscino si staccò dalla faccia di Anna, i suoi capelli rossi arruffati erano invasi dalle bianche piume. Sul viso di Anna, si vedevano distintamente la sorpresa e lo sgomento di quando era appena successo.
 
“Chi la fa, l’aspetti, sorellina!” disse Elsa, sorridendo ironicamente e facendo un occhiolino a sua sorella.
 
“Naturalmente, questa resterà tra noi, vero ministro?” disse poi Elsa, rivolgendo all'anziano ministro uno sguardo regale e severo.
 
“Naturalmente, mia regina…” rispose il ministri, intimorito da quei occhi bellissimi e glaciali che solo Elsa sapeva avere. Poco alla volta, sul viso di Anna apparve un sorriso e la ragazza iniziò a sganasciarsi dalle risate, rigirandosi per il letto, non per depressione, ma per gioia. Per Elsa, le risate della sua amata sorella erano come un balsamo per le sue orecchie, visti gli impegni reali che avrebbe dovuto svolgere per oggi. Elsa usci dalla stanza e chiuse la porta, poi si rivolse al ministro.
 
“Può chiedere, per favore, ad uno dei servitori di portare questo disegno nella mia stanza? È molto importante per me.” Elsa consegno il disegno di Astrid al ministro, che fece un piccolo inchino.
 
“Sarà fatto, vostra altezza.” Allora Elsa si diresse verso la sala delle udienze, dove avrebbe incontrato l’ambasciatore per discutere l’accordo di alleanza tra i loro regni. Le gioiose risate di Anna continuavano a risuonare per i corridori vicino alla sua stanza per ancora qualche minuto, facendo sorridere Elsa. Decisamente Anna stava guarendo da quella tremenda febbre. Quando Anna finì di ridere, solo perché non aveva più fiato, era distesa sul suo letto, circondata da piume e disegni. Anna Iniziò persino a pensare che forse non era del tutto brutto aver preso questa febbre. Fu allora però che gli venne in mente uno strano pensiero, un fatto che fino a quel momento non si era resa conto. Per quando si sforzasse di ricordare, Anna non riusciva a trovare nei suoi ricordi altre volte in cui aveva preso la febbre fino a quel momento, e ciò era veramente strano. La prossima volta che vedeva la sua governante, Grace, gli doveva chiedere se aveva mai preso la febbre prima di questa, che aveva ormai iniziato poco alla volta ad affievolirsi.

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Capitolo 3
*** La Profezia di Granpapà ***


Poco dopo che Elsa aveva lasciato la camera di Anna per avviarsi verso la sala delle udienze, Olaf, come al suo solito, stava gironzolando a passi di danza per il giardino reale, vicino al campo giochi di ghiaccio, annusando con il suo naso a carota i bellissimi e profumati fiori, tirando poi dei profondi sospiri di contentezza. A un certo punto però, uno starnuto iniziò a solleticare minacciosamente l’ortaggio… ops, volevo dire il naso del pupazzo di neve.
 
“EEE… EEE… EEEC…” ma prima che lo starnuto potesse prendere il sopravvento, Olaf mise tempestivamente l’indice di legno sotto il naso per soffocarlo. Quando sembrò che il suo naso fosse tornado tranquillo, Olaf tolse il dito e tirò un sospiro di sollievo. Peccato che subito dopo lo starnuto di prima esplose comunque senza preavviso e il naso a carota schizzò via dalla faccia di Olaf e volò fino a finire dentro ad un cespuglio, ad una decina di metri di distanza dal pupazzo di neve.
 
“Accipicchiaccia! È sempre la stessa storia!” esclamò Olaf, tastando la faccia, e corse verso il cespuglio in cui era atterrata la carota volante. Una volta giunto li, Olaf si chinò e infilò il suo braccio di legno nel cespuglio alla ricerca del suo naso. A un certo punto, a Olaf sembrò di aver preso qualcosa e pensò che si trattasse del suo naso.
 
“Trovato!” Esclamò felice Olaf, nel momento stesso in cui ritrasse il suo braccio dal cespuglio, ma fu molto sorpreso di vedere che ciò che teneva in mano non era la sua carota. Invece si trattava di un piccolo micio, che doveva avere non più di due mesi. Era un adorabile batuffolo di pelo color crema chiaro, con leggere striature brune su zampe, orecchie, muso e coda. Gli occhi azzurri del micio guardavano con curiosità felina la strana creatura di neve che lo teneva per la collottola e gli fece persino un tenerissimo miao, come per salutarlo.
 
“Ciao anche a te, piccolino! Non è che hai visto il mio naso per caso?” Esclamò Olaf allegramente, mentre metteva giù delicatamente il micio.
 
“Sai, è luuuungo, appuntiiiito e arancioooone!” spiegava il pupazzo di neve al micio. Il gattino, che sembrava avere una personalità umana, dava ascolto a quello che diceva Olaf, per poi schizzare quasi subito nuovamente nel cespuglio in cui era stato trovato. Dopo qualche secondo, la carota di Olaf spuntò fuori rotolando da sotto il cespuglio, seguita dal micio che la stava spostando con le sue zampine.
 
“Oh, ma è proprio quello il mio naso!” esplose di gioia il pupazzo di neve, mentre raccoglieva la carota. Olaf fu ben felice di riattaccare il suo naso sulla sua faccia.
 
“Ah, ora va meglio! Grazie, piccolino!” disse Olaf, accarezzando il micio, facendogli fare delle adorabili fusa. Poi Olaf chiese:
 
“Uh, a proposito, come mai sei qui tutto solo soletto? Non hai una mamma o dei fratellini?” per un instante, Olaf intravide uno scintillio di tristezza negli occhi azzurri del micio e capì che era un trovatello. Fu allora che nella testa di neve di Olaf fiorì un idea molto carina.
 
“Oggi, verso sera, vado a trovare una mia amica che è a letto ammalata! Sono sicuro che, se ti porto da lei, ti vorrà sicuramente adottare!” disse allegramente Olaf, mentre raccolse delicatamente il gattino e corse alla ricerca di una bella cesta e dei cuscini. Olaf non poteva fare almeno di pensare che sarebbe stata una bella sorpresa per Anna. Poi però si accorse che gli era sfuggito un piccolo particolare di buona educazione.
 
“Ah, che sbadato che sono a volte! Mi presento, sono Olaf, e amo i caldi abbracci!”
 
 
A bordo della slitta regalatagli dalla Principessa Anna, trainata sulla neve dalla sua amica Renna Sven verso la valle dei Troll, Kristoff non poteva fare almeno di pensare al messaggio che aveva ricevuto tramite un corvo. I corvi venivano accuditi proprio dai Troll, che li allevavano come messaggeri. Questa cosa Kristoff lo sapeva bene, visto che era stato allevato dai Troll, assieme a Sven. Quello che però preoccupava il montanaro, era il contenuto del messaggio, scritto da Granpapà, sovrano dei Troll.
 
Caro Kristoff, ti scrivo questo messaggio per avvertirti. Eventi cruciali stanno per abbattersi su Arendelle. Eventi che hanno a che fare con la Regina Elsa e sua sorella Anna. Perciò devi assolutamente recarti nella nostra valle, per apprendere il segreto e la vera natura di questi… eventi.

Granpapà
 
Cosi diceva il messaggio che Kristoff aveva ricevuto, ma quello che lo impensieriva di più era una di quelle parole scritte da Granpapà, anzi un nome. Anna. La sua Anna. La ragazza che amava anche se non riusciva ad ammetterlo veramente. Poteva capire che la Regina Elsa avesse a che fare con gli eventi cruciali citati nel messaggio del Re dei Troll, ma non comprendeva cosa c’entrava Anna in tutto questo. Era Elsa quella con i poteri magici sul ghiaccio, non Anna. Questo pensiero gli aggrovigliava la mente come un intreccio di rovi spinosi. Proprio oggi che Kristoff aveva finalmente deciso di superare ogni timidezza, dichiarando alla sua bella dai capelli rossi il suo amore per lei. Aveva però ancora dei dubbi su questa storia. Lui e Anna si amavano veramente? O era solo un infatuazione destinata a dissolversi nel tempo? Non poteva non pensare a ciò che Anna aveva passato quando Hans aveva tradito aveva tradito la sua fiducia e il suo buon cuore. Certo, quella volta Anna era stata impulsiva e sconsiderata, ma non meritava ciò che quella sottospecie di principe gli aveva fatto. Sicuramente Anna, nel profondo del suo cuore, provava ancora del risentimento nei confronti di quell’uomo infido. Basta pensare al pugno che la principessa aveva mollato in faccia a quel tipo. Una scena indimenticabile. Certo, Kristoff sapeva di essere una brava persona, anche se dai modi un po’ rustici. Per di più, anche con il titolo di Maestro Tagliatore del Ghiaccio che la Regina Elsa gli aveva dato, lui non era nemmeno un nobile. Sarebbe mai stato all’altezza di avere l’amore di Anna?
 
La renna si bloccò di colpo, fermando la corsa della slitta e interrompendo il vortice di pensieri nel cranio duro di Kristoff. Kristoff guardò il panorama nevoso intorno a lui e intuì che ormai la valle in cui vivevano i suoi amici Troll era vicina, a pochi chilometri di distanza. Fu allora che il biondino notò che la renna lo stava guardando con occhi di che era preoccupato.
 
“Qualcosa non va, Kristoff?” come sempre, Kristoff diete voce ai pensieri di Sven quando sapeva che la sua amica renna voleva dire la sua.
 
“Conoscendoti, credo tu sappia già la risposta, non è vero?” la renna lanciò lo sguardo di chi aveva un intuito fine. Kristoff allora diete nuovamente voce ai pensieri della Renna:
 
“Scommetto che stai pensando alla tua bella e al messaggio dei Troll, eh?”
 
“Hai vinto la scommessa, vecchio mio!” rispose Kristoff con tono ironico, accarezzando il collo della renna.
 
“Forza ora, che i troll ci stanno aspettando!” cosi dicendo Kristoff e Sven ricominciarono il loro viaggio verso la radura dei Troll, senza aver perso il ritmo di poco fa.
 
“Certo, sarà bello rivedere quella banda di mattacchioni muschiosi!” esclamo Kristoff ironico, per poi continuare facendosi più serio:
 
“Peccato che, ultimamente, ogni volta che andiamo da loro, non è mai una visita di piacere!” Kristoff spronò la sua Renna ad andare più veloce. Mentre la slitta attraversava le distese nevose, parte dei pensieri di Kristoff era di nuovo rivolta alla principessa del suo cuore, Anna. Kristoff si chiedeva se mai sarebbe stato degno di stare insieme a quella meravigliosa ragazza dai capelli rossi, dagli occhi celesti come il cielo e dal grazioso e innocente sorriso.
 
 
I soldati a cavallo inseguivano senza sosta Hans che, in groppa al sua destriero nero, fuggiva dal suo ingrato destino. Hans e i suoi inseguitori stavano percorrendo le sperdute colline ad est del regno di Arendelle. Quel giorno il cielo era nuvoloso e nero in quelle terre selvagge. Erano ormai parecchi giorni che i soldati inseguivano Hans, che era scappato dal suo stesso regno per scampare dal castigo che riteneva indegno per lui, nonostante le meschini azioni che aveva compiuto molto tempo fa in queste terre.
 
“Forza, soldati! Dobbiamo assolutamente acciuffare quel traditore!” incitava il capitano dei soldati, spronando il suo cavallo a galoppare più rapidamente. Traditore. Cosi ora Hans veniva considerato dal suo stesso regno natale. Mentre incitava il suo cavallo a non smettere di correre, Hans non poteva non pensare a tutto ciò che aveva passato finora. Fin dalla nascita, ultimo di dodici fratelli, principe della casata reale delle isole del sud. L’unico suo desiderio era quello di diventare re di un grande regno, anche con metodi subdoli, crudeli ed meschini. Per lui, tradire il cuore di una principessa , cercare di uccidere la regina sua sorella e cercando di usurpare il suo trono con la forza e l’inganno. Sfortunatamente per Hans il suo machiavellico piano fallì e subì un disonore imperdonabile. Dopo che la principessa Anna gli aveva dato un pugno in faccia ed era stato legato e imbavagliato, Hans fu rispedito in patria e gli venne inflitto il castigo dalla sua stessa famiglia reale. Fu imprigionato in una torre con l’accusa di tentato regicidio, tradimento e colpo di stato. Nella sua prigione, la sua famiglia sperava che il principe Hans potesse riflettere sulle sue orribili azioni. Però, nonostante il passare del tempo, il rancore di Hans verso le due ragazze, dei loro amici e del regno di Arendelle era cresciuto come l’edera velenosa. Non si sa come, ma qualche mese fa Hans era riuscito ad evadere dalla torre in cui era rinchiuso e sfuggi per mare verso Arendelle per consumare la sua vendetta. Naturalmente la sua famiglia non restò con le mani in mano e mandarono alcuni soldati per riacciuffarlo, anche in capo al mondo. Per questo ora i soldati, incitati dal loro capitano, inseguivano Hans, il principe rinnegato.
 
“Ormai non può più sfuggirci, uomini! Non c’è luogo in cui possa nascondersi!” era qui che il capitano del soldati si sbagliava di grosso e Hans lo sapeva bene. C’era infatti un luogo in tutta Arendelle, dimenticato ormai da innumerevoli secoli, in cui Hans sarebbe potuto sfuggire e dove avrebbe concepito il suo piano di vendetta contro tutti coloro che lo avevano sconfitto, umiliato e incatenato. Per qualche incredibile ragione, Hans era venuto a conoscenza di quel luogo, che celava nelle ombre uno spaventoso segreto. A un certo punto, Hans vide finalmente il suo obbiettivo e sorrise. Vide infatti, a qualche decina di metri da lui, un circolo formato da pietra altissime, nere come la pece, appuntite come lance affilate. Vedendo la sua meta, Hans spronò il suo destriero a correre più veloce. Quando ormai fu ai confini di quel cerchio di pietra, Hans fermò il suo cavallo, scese da esso e corse verso il centro di quell'enigmatico luogo. I soldati e il loro capitano fermarono i loro cavalcature a pochi metri di distanza dal circolo di pietre.
 
“Hans, in nome del regno delle isole del sud, vi ordine di arrendervi e di seguirci!” gridò con tono autoritario e severo il capitano, mentre scendeva da cavallo. Hans, al centro del circolo di pietre, si voltò verso i suoi inseguitori e sul suo viso apparve il sorriso più malizioso e strafottente che si potesse immaginare. Per tutta risposta, Hans iniziò allora a pronunciare solennemente ed alta voce le parole di una lingua incomprensibile, come una sorta di formula magica. Quando Hans ebbe finito di pronunciare quelle oscure parole, un vento furioso iniziò a soffiare, facendo impennare i cavalli per lo sgomento e disarcionando alcuni dei soldati dalla loro groppa. Sulle pietra nere che formavano il circolo apparvero delle rune incise, dimenticate ormai dall’alba dei tempi, luminose e purpuree, dalle quali fuoriusciva una fitta nebbia nera che avvolgeva l’intero luogo. In pochi secondi, il circolo di pietre e Hans furono ricoperti da una enorme cupola di nebbia nera, da cui guizzavano saette purpuree su tutte la superficie, terrorizzando ancora di più i cavalli dei soldati. Gli uomini e il loro capitano, sorpresi e sconvolti da questi surreali eventi, sentirono solo la risata crudele e arrogante di Hans in mezzo a quello foschia di ombre. Poi, come un lampo, la cupola di nebbia nera sparì, assieme al principe decaduto Hans. Il vento si placò di colpo. Le misteriose rune purpuree sulle pietre del circolo erano svanite e l’unica traccia di Hans era il suo destriero, che stava sfuggendo via spaventato da quelle terre misteriose e insidiose. Il capitano e i suoi uomini erano rimasti muti e immobili dallo sgomento di ciò che avevano visto. Il capitano cosa avrebbe raccontato ora alla famiglia reale delle isole del sud, ma soprattutto, cosa avrebbe dovuto dire alla regina di Arendelle, visto che lei e sua sorella erano i possibili bersagli di Hans?
 
 
Erano già passate le cinque del pomeriggio e Kristoff e Sven erano finalmente giunti nella valle dei Troll, avvolta come sempre dalla nebbia.
 
“Ehi,ragazzi! Sono arrivato!” Gridò Kristoff, mentre si avvicinava assieme alla sua amica renna verso il centro del luogo di raduno dei Troll. Fu allora che, i sassi rotondi ricoperti di muschio vicino a due nuovi arrivati iniziarono a muoversi e a cambiare forma. In pochi secondi, quei sassi si trasformarono nei simpatico e chiassosi Troll di sempre, che iniziarono a circondare allegramente Kristoff e Sven, comprendoni di baci, di abbracci e di affettuose pacche sulle spalle.
 
“Kristoff è arrivato, gente! Ci sei mancato tantissimo, figliolo! Vieni qua, fatti abbracciare Sven! Era ora che ti facessi vedere, razza di vagabondo!” Era bello per Kristoff e Sven risentire le allegre risate della sua famiglia di Troll.
 
“Mamma, Papà! È bello rivedervi!” Esclamò felice mentre abbracciava i suoi genitori troll adottivi Bulda e Cliff. I piccoli troll non smettevano di fare le feste alla renna, che giocherella come un affettuoso cane. Per i Troll era sempre festa quando Kristoff e Sven facevano loro visita. Fu allora che una voce anziana e saggiò richiamo l’attenzione dei presenti, soprattutto Kristoff e Sven. I troll allora si zittirono di colpo, facendosi un pochino seri e si allontanarono dai due visitatori, lasciando passare Granpapà. Negli occhi del venerabile troll, Kristoff un aria molto più seria e preoccupata degli altri, nonostante il suo esile sorriso. Kristoff si tolse il cappello in segno di rispetto e s’inginocchio davanti al Granpapà. Era pronto, o quasi, a sentire ciò che il vecchio troll doveva dirgli riguardo ad Elsa e Anna.
 
“Mi fa piacere rivederti, Granpapà!” salutò Kristoff con rispetto.
 
“Vale lo stesso per me, mio caro ragazzo, nonostante ciò che sta per accadere ad Arendelle.” Kristoff decise che era meglio andare al nocciolo della questione.
 
“Granpapà, nella pergamena che mi avete spedito, c’era scritto che cruciali eventi si sarebbero scatenati su Arendelle, coinvolgendo soprattutto la Regina Elsa e sua sorella Anna! Si può sapere in nome di tutte le montagne cosa sta succedendo?” nella voce di Kristoff si sentì quasi chiaramente il suo nervosismo e la sua impazienza.
 
Granpapà fece allora un profondo respiro, come se la notizia che doveva dare potesse sconvolgere l’equilibrio stesso della natura.
 
“Kristoff, Sven e miei cari amici Troll. Tre notti fa, ho ricevuto in sogno la visita dei nostri spiriti antenati!” Quelle parole lasciarono i presenti senza parole. Quando infatti un sovrano dei Troll, come Granpapà, riceveva la visita dei suoi antenati nel mondo dei sogni, bisognava sempre aspettarsi di tutto, anche la possibilità di catastrofi impensabili. Kristoff, che era vissuto assieme a Sven con i Troll da quando aveva otto anni, lo sapeva benissimo. Questo perché gli antenati Troll erano come messaggeri astrali e quando era necessario, rivelavano all'attuale sovrano dei Troll eventi imminenti che potevano persino sconvolgere le fondamenta stessa del mondo. Ciò aumentò ancora di più l’ansia di Kristoff e anche Sven sembrava visibilmente preoccupato per la cosa. Cosa c'entravano Elsa e Anna con ciò che avevano detto gli Antenati Troll a Granpapà? Questo era un pensiero che tarlava in profondità la mente e l’animo di Kristoff.
 
“Vedo dalle vostre facce, che le rivelazioni che vi ho appena fatto vi hanno sconvolto parecchio, con molte domante nel vostro cuore. Allora sappiate che i nostri antenati mi hanno messo in guardia da un tenebroso nemico, antico quasi quando l’alba dei tempi. Un nemico che era stato esiliato da questo mondo molti millenni fa, ma che ora minaccia di ritornare e di ricoprire tutto nell'oscurità più totale, una notte senza fine! Non oso nemmeno pronunciare il nome di quella immonda creatura, un essere il cui solo desiderio è di soggiogare tutto e tutti sotto il suo potere! tra sei notti, la bestia oscura emergerà dalla prigione in cui è stata esiliata, tramite un'eclissi lunare, e scatenerà le sue legione nere in tutta la loro crudeltà!” Kristoff sperava che quello che Granpapà raccontava fosse solo uno dei soliti racconti attorno al fuoco tramandi dai Troll, ma capiva che la verità era un'altra. Quello che terrorizzava Kristoff però non era la storia di quella creatura immonda, ma del fatto che Elsa e Anna sarebbero state coinvolte in questo tumulto di oscurità che Granpapà aveva profetizzato tramite gli spiriti degli antenati Troll.
 
“Non abbandonate però la speranza, amici miei!” Riprese a parlare Granpapà con maggior risolutezza di prima.
 
“I nostri antenati mi hanno anche detto che c’è una speranza! Mi hanno rivelato che solo due cuori, fatti di ghiaccio e fuoco, possono salvare questa terra e il mondo intero dalle tenebre dell’esiliato maledetto. Due fanciulle dal magico dono. Una che domina il ghiaccio. L’altra il fuoco. Se uniranno insieme i loro cuori, riusciranno persino ad annientare per sempre le tenebre dell’esiliato maledetto, ridando la luce dorata nei cieli di Arendelle e del resto del mondo! Gli antenati mi hanno mostrato i volti delle due fanciulle prescelte e quindi posso indicarvi chi saranno a compiere la profezia!” le ultime parole di Granpapà rincuoravano non poco i cuori dei Troll, di Sven e di Kristoff. Nel ragazzo però riecheggiavano ancora dei dubbi.
 
“Chiedo scusa se prendo la parola Granpapà!” disse rispettosamente Kristoff al Sovrano dei Troll. Granpapà acconsentì a far parlare il ragazzo.
 
“Credo di aver capito che Elsa è la fanciulla del ghiaccio di cui parla la profezia, ma chi è l’altra che avrebbe il dono del fuoco, e cosa centra anche Anna?” le parole di Kristoff sembravano sorprendere Granpapà, che in tutta risposta, disse:
 
“Ragazzo mio, forse i tuoi sentimenti per Anna offuscano la tua mente, impedendoti di capire la verità! La risposta a questa tua domanda è molto più semplice di quando tu creda. Inoltre pensò che in cuor tuo, tu conosca questa risposta!” quelle parole, pronunciate con delicatezza e severità da Granpapà, avevano avuto il potere di lacerare gli ultimi dubbi nella mente e nel cuore del ragazzo e la verità gli apparve semplice ed evidente. Questa rivelazione aveva lasciato di sasso Kristoff e, a giudicare dalla lingua penzolante, anche la renna Sven aveva finalmente compresso la verità. Anche i Troll avevano capito le parole del loro sovrano.

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Capitolo 4
*** Durante la Notte... ***


Era già scesa la notte sulla capitale di Arendelle, con la luna piena e le stelle che splendevano in cielo, con poche nuvolette all'orizzonte. Gli abitanti della città dormivano già, ma non tutti a dire la verità. La casetta a due piani in cui abitava la piccola Astrid era situata nella zona della piazza principale della città, vicino al ponte che portava al palazzo in cui abitavano Elsa e Anna. Nella sua cameretta al secondo piano, Astrid, che aveva già dato la buona notte ai suoi genitori, era seduta alla sua scrivania, con accanto una candela accesa.  Astrid era infatti intenta a rifinire su un foglio lo schizzo in cui ritraeva la Principessa Anna, che stava in ginocchio ad accarezzare un cerbiatto vicino al bosco. Astrid era una bambina che possedeva un grande talento e una straordinaria passione per la pittura, nonostante la sue tenera Età. Riusciva a ricreare la bellezza di tutto ciò che la circondava. Astrid sorrideva mentre dava l’ultimo tocco allo schizzo su Anna, prima di iniziarlo a colorarlo il giorno dopo. La bambina aveva una profonda stima per la Regina Elsa e la Principessa Anna, gli piaceva fare dei ritratti su di loro, perché avevano una straordinaria bellezza, non solo esteriore, ma anche interiore. Il suo sogno più grande era quello di diventare un giorno una grande pittrice e di fare un grande ritratto alle due ragazze, che sarebbe stato poi esposto assieme a quelli dei loro antenati nella galleria dei quadri del palazzo. Anche i suoi genitori, che erano lavandai al servizio della corte reale, conoscevano il sogno della loro bambina, e speravano che un giorno potesse realizzarlo.
 
Astrid spense la candela e stava per andare a letto, quando notò qualcosa di piccolo e bianco che svolazzava fuori dalla finestra della sua cameretta. Gli sembrò che fosse… no, era impossibile, non durante i primi giorni del freddo Novembre, a meno che… Astrid si avvicinò incredula e curiosa verso la finestra, l’aprì e guardò fuori. Davanti agli occhi della piccolina, apparve uno spettacolo meraviglioso. Nell'aria, centinaia di farfalle, candite come la neve, che riflettevano la luce della luna e delle stelle con grazia, danzavano in volo, come una suggestiva coreografia, lasciando dietro di essi una scia di piccolissimi fiochi di neve. Astrid sorrise meravigliata e incredula davanti a quella visione cosi armoniosa. A un certo punto, una delle farfalle di neve si avvicinò, volando elegantemente, verso la bambina e atterrò delicatamente proprio sulla punta del nasino. Astrid sorrise divertita e ammirò le ali della farfalla sul suo naso, che erano fatte di tantissimi fiochi di neve, che ricordavano tantissimo dei piccoli gioielli bianchi scintillanti. Poi la bianca farfalla si alzò di nuovo in volo e si diresse verso il basso. Astrid seguì con lo sguardo pieno di meraviglia il volo di quella farfalla, fino a quando vide che atterrò sulla spalla destra della regina Elsa, che si trovava proprio davanti alla casa dei lavandai di corte. Astrid restò senza fiato per la sorpresa. Elsa guardava la bambina alla finestra con due occhi azzurri pieni di dolcezza e un sorriso angelico.
 
“Ciao, Astrid.” salutò Elsa rivolta alla bambina, facendo un cenno con la mano. Astrid non riusciva ancora a crederci.
 
“Regina Elsa, siete proprio voi?” esclamò Astrid stupita.
 
“Cara, chiamami solo Elsa e diamoci del tu.” Replicò con gentilezza Elsa.
 
“Si… Elsa.” Rispose la bambina con un piccolo sorriso.
 
“Sai, stamattina, assieme agli altri disegni che tu e i tuoi amichetti avete portato, io e Anna abbiamo trovato il tuo. Ci è veramente piaciuto. Soprattutto a me.” Astrid sorrise timidamente ed era lusingata dei complimenti che gli faceva Elsa.
 
“Sono sicura che da grande sarai una grande pittrice, se saprai impegnarti e perseverare.” Continuò a dire Elsa.
 
“Davvero, Elsa?” gli chiese Astrid.
 
“Lo giuro sul mio onore di regina, piccolo angelo.” dichiarò Elsa.
 
“Grazie Elsa! Adesso però voglio rivelarti un segreto! Sto facendo un ritratto anche per la principessa Anna, ma che rimanga un segreto tra noi, che vorrei fargli una sorpresa.” e Astrid scoppiò in una tenue risatina. Anche Elsa rise delicatamente e, facendo croce sul cuore, rispose:
 
“Promesso! Sai, anch’io ho un segreto. Per venire qui, sono uscita dal castello di nascosto, senza dirlo a nessuno.” Elsa e Astrid scoppiarono in una nuova piccola risata.
 
“No, davvero?” esclamò Astrid sorridendo incredula.
 
“Be, se avessi detto a corte che andavo fuori dal castello per venire qui, avrei dovuto portarmi appresso un paio di guardie per la mia sicurezza, cosi almeno dice il protocollo reale. Mi prometti di non dirlo a nessuno?” Elsa fece l’occhiolino alla piccola Astrid.
 
“Te lo Prometto!” rispose Astrid sorridendo, facendo anche lei croce sul cuore. Poi, per quasi un minuto, la regina e la bambina si scambiarono uno sguardo pieno di tenerezza, senza dire una parola, lasciando che le danzanti farfalle di neve facessero da cornice in quel dolce momento. Per Elsa, il volto di Astrid gli ricordava se stessa e Anna quando erano ancora bambine. Per Astrid, il volto e il portamento regale di Elsa gli ricordava un Angelo Azzurro. Ad un certo punto, Astrid dovete interrompere quel magico momento, rivolgendo con garbo la parola alla regina.
 
“Scusa Elsa, ma ora dovrei andare a letto!” Elsa sorrise comprensiva.
 
“Certo cara, solo un ultima cosa.” fu allora che la farfalla bianca, che fino adesso era appoggiata sulla spalla destra di Elsa, spiccò di nuovo il volo e si ricongiunse con le sue compagne. La regina allora iniziò a muovere con eleganza le sue mani, guidando con grazia e destrezza le farfalle da lei stessa create con il suo magico dono. Le farfalle iniziarono allora a volare velocissime in circolo, formando nell'aria uno splendente vortice di neve e ghiaccio. Astrid ammirava stupida quel magico spettacolo, mentre Elsa continuava a muovere le mani come un direttore d’orchestra di prim'ordine. Improvvisamente, Elsa alzò entrambe le braccia al cielo e batté un colpo di mani. Il vortice di candite farfalle allora esplose in un infinita di fiochi di neve, come un fuoco d’artificio a capodanno, senza però fare il più minimo rumore. I fiochi che cadevano con grazie verso terra, svanivano nel momento stesso in cui sfioravano la superficie. Astrid sorrise meravigliata e fece un piccolo applauso alla regina, che ringraziò dandogli un bacio al volo.
 
“Buonanotte Astrid.”
 
“Buonanotte Elsa, e grazie.” infine, Astrid chiuse le finestre e, felice per lo spettacolo che Elsa gli aveva regalato, si mise a letto con il cuore pieno di gioia e meraviglia. Elsa, soddisfatta di aver reso felice la bambina, si diresse verso il ponte per tornare a palazzo. Naturalmente doveva tornare nella sua stanza, senza che nessuno, soprattutto la governare Grace, la scoprisse, altrimenti avrebbe ricevuto una cascate di sgridate per non aver rispettato il protocollo reale. La regina aveva appena fatto il primo passo sul ponte, quando sentì una voce ansimante alle sue spalle che cercava di gridare:
 
“Regina Elsa… Vostra altezza!” Elsa si voltò perplessa e vide che si trattava di Kristoff e della renna Sven, che correvano a perdifiato proprio verso di lei. Il montanaro e la renna si fermarono a pochi passi da Elsa, e avevano il fiato cosi corto che rischiavano di stramazzare al suolo svenuti.
 
“Kristoff, Sven! In nome del cielo, state bene? Perché avete quelle facce cosi sconvolte? È successo qualcosa?” chiese preoccupata Elsa, aiutando i due a rialzarsi e a riprendere fiato. A poco a poco, Kristoff riprese abbastanza fiato da poter parlare chiaramente e disse alla regina:
 
“Per favore, mi ascolti, maestra… So che quello che adesso dirò le sembrerà assurdo… Però Granpapà mi ha rivelato…” Prima che potesse continuare, Kristoff fu preso da un attacco di tosse.
 
“Calma, Kristoff, non ti sforzare, parla con più calma! Cosa ti ha detto Granpapà?” Esclamò Elsa, cercando di aiutare Kristoff. Elsa sentiva che quello che Kristoff gli doveva dire era importante.
 
“Maestà… lei non è l’unica persona in tutta Arendelle con poteri magici…” le parole di Kristoff lasciò paralizzata dallo stupore di tale rivelazione Elsa, che guardava incredula il biondino.
 
“Come sarebbe a dire, Kristoff? Chi altri, oltre a me, possiede poteri magici?” Chiese sempre più incredula e sconvolta la Regina. Già Elsa immaginava il pericolo che poteva rappresentare per Arendelle e sua sorella Anna se qualcuno possedeva poteri magici pari ai suoi. Gli bastava pensare al rischio che aveva corso Arendelle tempo prima, quando era stata trasformata nel regno dell’inverno a causa dei suoi poteri. Kristoff sembrava aver paura di rispondere alla domanda di Elsa, ma sapeva che doveva farlo. Allora il ragazzo prese il coraggio a due mani e disse:
 
“C’è solo un'altra persona, oltre a te, che possiede doti magiche… una persona a te cara che, tanto tempo fa,… ti ha salvato dalla lama di un principe traditore…” quella frase fu come un fulmine a ciel sereno per Elsa, che finalmente comprese, anche se stentava a credere, che la persona che poteva mettere in pericolo l’intero regno di Arendelle era proprio Anna.
 
“No… Non può essere, non lei!” esclamò Elsa, che era cosi sconvolta dalla rivelazione che cade in ginocchio, volgendo lo sguardo al castello, dove in quel momento dormiva la sua dolce sorellina.
 
 
 
Kristoff e Anna si tenevano per mano, correndo, saltando e giocando spensierati tra l’erba e i fiori della campagna, in una giornata di primavera soleggiata che sembrava non avere fine. Poco dopo, i due ragazzi si sedettero ai piedi di un maestoso albero che faceva ombra, il cui fruscio delle foglie, che erano mosse dal vento primaverile, suonava una soave melodia. I due ragazzi non smettevano di guadarsi a vicenda con romantica passione. Ad un certo punto, senza distogliere lo sguardo fisso su Anna, Kristoff raccolse una margherita e glie la mise tra i suoi capelli rossi. La ragazza gli regalò allora un grazioso sorriso. Gli sguardi dei due giovani creò una forte attrazione, al quale non potevano resistere al desiderio di scambiarsi un bacio romantico e chiudendo gli occhi, le loro labbra si avvicinarono tra loro sempre di più. Fu allora che però, invece delle labbra del suo amato, Anna sentì leccare il suo naso da una piccola e ruvida lingua.
 
“Kristoff, ma che fai!” esclamò Anna sgomenta e aprì gli occhi. Sbatte le palpebre un paio di volte e si accorse finalmente che il momento romantico con Kristoff era solo un sogno. Era ancora nella sua stanza, infilata sotto le coperte del letto. La stanza era illuminata dalla luce della Luna e delle stelle, che filtrava sotto le tende. quella notte, il chiarore degli astri era cosi intenso che rendeva nitidi ogni cosa si trovasse in quella stanza. La testa di Anna appoggiata ai cuscini era rivolta verso la parte destra del letto e vide davanti ai suoi occhi, al posto di Kristoff, una pallina di pelo color panna chiara, con due dolcissimi occhietti azzurri. Il micio non la smetteva di solleticare la punta del naso di Anna con la sua piccola lingua. Anna rimase a bocca aperta per qualche secondo, poi si mise a sedere sul letto e infine esclamò sorpresa e divertita:
 
“Ciao, ma dove sei saltato fuori, piccolino?” Anna accarezzò con tenerezza il piccolo intruso, facendogli fare delle bellissime fusa.
 
“Accipicchia, ti avevo detto di aspettare fino a domattina, che gli facevamo una sorpresa!” disse una voce famigliare alla principessa. Anna si accorse infatti che, ai piedi del suo letto, c’era Olaf. Vicino al pupazzo, appoggiata per terra accanto al letto di Anna, c'era una cesta con sopra un cuscino bianco.
 
“Scusa Anna, ma questo birbante non voleva aspettare fino a domani mattina ed è saltato dalla sua cuccetta a svegliarti!” disse Olaf, sorridendo imbarazzato. Anna sorrise al pupazzo di neve.
 
“Stai tranquillo, tu e questo adorabile tesoruccio mi avete fatto comunque una gradita sorpresa!” Olaf si sentì più rincuorato dalle dolci parole della sua migliore amica. Allora Anna prese delicatamente in braccio il micio, che guardava la ragazza con tutta la curiosità e la tenerezza dei suoi occhi felini.
 
“A proposito, dove hai trovato questo bel frugoletto?” chiese Anna rivolta al suo amico Olaf, mentre accarezzava il gattino che teneva in braccio.
 
“Ho trovato questa pallina di pelo in un cespuglio del giardino reale, mi ha persino aiutato a ritrovare il mio naso che, tanto per cambiare, era volato via dalla mia faccia per colpa di uno starnuto!” rispose allegramente Olaf, indicando la carota attaccata in mezzo alla faccia. Poi continuò, facendosi però un po’ più serio:
 
“Sai, lui è un trovatello e pensavo che ti sarebbe piaciuto avere un gattino! Insomma, a chi non piacciono i gatti, a parte i cani?” Anna sorrise commossa a quello che diceva Olaf, poi tornò a guardare il micio che teneva teneramente in mano. Fu allora che la ragazza notò qualcosa negli occhi del felino e scoppiò in una piccola e allegra risata.
 
“Oh, Olaf! Questo gattino non è un trovatello.” esclamò divertita Anna.
 
“Ah no?” chiese sconcertato Olaf. Anna, rivolta al pupazzo, gli disse:
 
“No, visto che in realtà si tratta di una trovatella!” allora Olaf sorrise imbarazzato.
 
“Ops, mi sa che non sono molto portato come veterinario, vero?” Anna sorrise e invitò Olaf con cenno della testa a salire sul letto. Olaf saltò tutto allegro sulle coperte e sedette vicino ad Anna, che gli fece un po’ di spazio.
 
“Mi hai comunque resa felice per questo dono del cielo, quindi grazie!” cosi dicendo, Anna diete un bacetto sulla punta del naso di Olaf. Olaf arrossì tutto contento di aver rallegrato la sua amica. Poi Anna rivolse la sua attenzione alla piccola micia che teneva in braccia, che faceva un sacco di fusa adorabili e guardava la sua nuova amica con gli occhi di un bambino. Anna accarezzò teneramente la testolina pelosa e disse:
 
“Sai piccolina, credo che ti chiamerò Lynae, ti piace?”
 
“È un nome molto carino!” aggiunse Olaf. La piccola Lynae miagolò, come se volesse dire che il suo nuovo nome gli piaceva veramente. Anna allora, pensando all'intesa tra Kristoff e Sven, cercò di dar voce anche lei ai pensieri di Lynae:
 
“Lynae? È un nome che mi attira tantissimo! Brava Anna!” Lynae non sembrava sorpresa da questa nuova stranezza di Anna, come se quella frase l’avesse detta proprio lei.
 
“Uao, non sapevo che anche tu fossi in grado di far parlare gli animali, credevo che ci riuscisse solo Kristoff con la sua Renna. Sei una ragazza magica, proprio come tua sorella!” il commento di Olaf fece sorridere Anna, senza distogliere lo sguardo dalla sua nuova e piccola amica. Era appena nata una grande intesa fra la principessa e la micia, come se fossero quasi sorelle. Olaf, ammirava  la bellezza semplice e dolce della sua amica Anna mentre parlava e giocherellava con Lynae. Ad un certo punto, Olaf notò qualcosa di strano in Anna, soprattutto nei capelli, illuminati dalla luce notturna che penetrava attraverso le tende della camera. Per un attimo, ad Olaf gli sembrò che il colore rosso della lunga chioma di Anna diventasse più accesso e scintillante, come se prendessero fuoco. I pensieri di Olaf furono però scossi improvvisamente da un esclamazione di Anna.
 
“Olaf, non ho più febbre! Mi sento bene!”  Infatti, Anna si era appena accorta che la febbre che la stava tormentando da stamattina era completamente svanita, come se non l’avesse mai avuta. Olaf allora allungò il legnoso braccio sinistro, con la quale toccò la fronte di Anna.
 
“Hai ragione, Anna! Se tu avessi ancora la febbre, il mio braccio avrebbe dovuto come minimo diventare carbone!” Olaf e Anna risero gioiosamente e anche Lynae, con i suoi dolci miagolii, sembrava voler unirsi alla combriccola.
 
 
 
Kristoff, Sven e la regina Elsa correvano più che potevano attraverso il ponte che portava a palazzo. Ad Elsa non importava più se Grace l’avrebbe rimproverata perché era uscita dal castello senza scorta, infrangendo il protocollo reale, se Anna aveva bisogno di lei. Elsa non riusciva a crederci che in Anna stava per emergere dei poteri simili ai suoi.
 
“Kristoff, non riesco a capire! Come può mia sorella avere dei poteri magici, se finora non gli ha mai dimostrati?” Kristoff sembrò riluttante a dover rispondere alla domanda di Elsa, ma sapeva che era suo dovere farlo.
 
“Regina, se Anna non ha mai dimostrato di avere poteri magici è perché… fu a causa di quell'incidente di quando voi due eravate ancora bambine, mettendo in letargo il suo potere prima che potesse emergere!” quelle parole gettarono un ombra  nell'animo della regina, che si fermò di colpo proprio quando era a metà del ponte. Kristoff e Sven si fermarono un istante dopo.  
 
“Quindi… è colpa mia!” disse Elsa con un spiraglio di tristezza nel cuore, mentre rivedeva nella sua mente il momento in cui aveva iniziato ad avere problemi con i suoi poteri del ghiaccio da bambina, con i quali aveva colpito accidentalmente la testa di suo sorella Anna. Kristoff si avvicinò verso la regina.
 
“Maestà, so che quello che vi appena detto vi fa sentire in colpa,… ma ora dobbiamo andare da Anna, per assicurarci che stia bene e cercare di aiutarla quando il suo potere riemergerà!” la regina guardò inquieta il montanaro che gli stava davanti.
 
“Kristoff, ma come fai a sapere che il potere che Anna dovrebbe avere dentro di sé si sta ridestando?” ancora una volta, Kristoff sembrava avere paura di rispondere alla domanda Elsa, ma lei doveva saperlo, per il suo bene, per quello di Anna e persino per tutto il regno di Arendelle.
 
“Io… non vorrei far rimembrare momenti dolorosi, ma… si ricorda di quando, per sbaglio, lei ha colpito con il ghiaccio il cuore di Anna?” nonostante fosse passato del tempo, Elsa non riusciva a dimentica quel vivido ricordo, che a volte la perseguitava in sogno mentre dormiva, in cui aveva gelato il cuore della sua amata sorellina, mettendola in pericolo di rimanere una statua di ghiaccio per sempre.
 
“Be, il gesto d’amore che Anna ha compiuto nei vostri confronti non l’ha solo liberata dal ghiaccio nel suo cuore, ma ha anche risvegliato il suo potere nascosto, che ha cominciato a crescere in silenzio, senza dare nell'occhio… fino a qualche giorno fa! Ha presente la febbre che si è presa Anna? Granpapà mi ha rivelato che quella… non è veramente una febbre. Non è nemmeno un malanno. È una specie di segnale d’allarme. Il segnale che il potere di Anna sta per svegliarsi completamente e manifestarsi!” Elsa faceva fatica a credere alle parole che Kristoff aveva detto finora.
 
“Se quello che dici è vero, quale sarebbe il potere che Anna possiederebbe e che potrebbe rivelarsi da un momento all'altro?” da quella nuova domanda, Kristoff si rese finalmente conto di non aver ancora detto  ad Elsa in cosa consistevano i poteri che si stavano per risvegliarsi in Anna.
 
“Altezza, se lei possiede i poteri del ghiaccio, Anna invece ha quelli del…”  Kristoff non riusciva a dire l’ultima parola.
 
“Kristoff, devi dirmelo! È di mia sorella che stiamo parlando, devo sapere!” Supplicava Elsa, quasi sul punto di cadere in ginocchio per lo sconcerto. Kristoff non ebbe scelta.
 
“Fuoco!” disse Kristoff, quasi sul punto di gridare.
 
Elsa non sapeva più cosa pensare. Non voleva crederci, eppure qualcosa dentro di lei gli diceva che purtroppo era la verità, come se lo avesse sempre saputo, senza però saperlo. Improvvisamente la regina, il montanaro e la renna sentirono grida di terrore che provenivano dal piazzale della fontana, davanti al palazzo.
 
“Oh cavolo, non avrà già  iniziato?” esclamò Kristoff estremamente preoccupato. Elsa, anche se ancora scossa, cercava di ricomporsi.
 
“Kristoff, anche se quello che hai detto fosse vero, Anna non farebbe mai e poi mai del male ad anima viva” disse Elsa, cercando di nascondo la disperazione nella sua voce.
 
“Per questo ora dobbiamo arrivare al castello, prima che sia troppo tardi!” replicò Kristoff alla sua regina, che non riusciva ad immaginare Anna che trasformava tutto ciò che amava in cenere senza rendersene conto.

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Capitolo 5
*** Le Ombre e la Scintilla ***


Alla fine del ponte, quando giunsero finalmente nel piazzale della fontana, Elsa, Kristoff e Sven assistettero ad un inquietante scenario. Le torce era spente e il piazzale era illuminato solo dal chiarore della notte. Nell'aria c’era come un sensazione di terrore e disperazione, densa come una nebbia d’inverno. Guardie, servitori, ministri, e persino la governante Grace, erano come pietrificati in pose angoscianti, con volti e sguardi pieni di paura, come se avessero visto qualcosa di spaventoso ed erano tutti imprigionati in una sorta di bozzoli di cristallo purpureo e trasparente.
 
“No! Questo non può averlo fatto Anna!” pensava Elsa disperatamente e spaventata da ciò che vedeva, sperando che tutto questo fosse solo un brutto sogno. Kristoff iniziò a sospettare che tutto questo fosse opera della forza oscura profetizzata da Granpapà e, guardando Sven,il biondino capì che la renna era della stessa opinione. Fu allora che una voce dal tono regale, ma distorta dalla maliziosità e dall'arroganza si fece sentire.
 
“Era ora che arrivaste, vostra altezza!” il trio si rese conto che la voce proveniva da dietro la fontana al centro del piazzale.
 
“Quella voce… non può essere…” Esclamò inquieta Elsa, riconoscente quella voce.
 
“Giuro che, se è chi penso sia, sarò io stavolta a dargli un pugno in faccia!” disse Kristoff, riconoscendo anche lui quella voce. Il suo cuore si accese di rancore contro colui che, tempo fa, aveva tradito e minacciato il regno di Arendelle per appagare la sua ambizione. Da dietro la fontana, si fece allora avanti con passo disinvolto un giovane, vestito con una divisa nera da comandante dalle rifiniture di un purpureo scurissimo, mentre teneva le braccia conserte. Sul volto di quell'uomo, illuminato dalla luna, c’erano i tratti di una nobiltà deturpata dal tradimento, dall'arroganza e dalla perfidia.
 
“Hans! Come osi venire qua, dopo tutto il male che hai causato?” Gridò furibonda Elsa, ritrovando di colpo  l’ardimento e l’autorità di una vera regina. Elsa guardava severa il principe decaduto, come una maestosa lupa bianca che ringhiava contro un meschino corvo nero che aveva osato invadere il territorio del suo branco.
 
“Anch'io sono felice di rivedervi, regina Elsa!” replicò Hans con arrogante e grottesca ironia nella voce, mentre si sedeva sul bordo della fontana zampillante, davanti ai tre nuovi arrivati. Sven, sbuffando, guardava furiosamente il meschino principe ed era pronto a caricarlo con le sue corna.
 
“Buono Sven, visto che voglio esseri io il primo a menarlo!” esclamò Kristoff, cercando di calmare la renna, mettendogli una mano sulla groppa. Poi torno a guardare Hans con l’accesa rabbia nei suoi occhi.
 
“Buzzurro, questa è una conversazione fra nobili, al quale tu e la tua bestiaccia non siete invitati!” cosi dicendo, con una lieve ferocia nella propria voce arrogante, Hans schioccò le dita. Improvvisamente, Kristoff e Sven vennero avvolti da una densissima nebbia purpurea apparsa dal nulla e immobilizzati da una forza invisibile, senza possibilità di scampo. In pochi secondi, sotto gli occhi sconvolti di Elsa, la nebbia purpurea si solidificò intorno alle due vittime, imprigionando il montanaro e la renna in bozzoli cristallini semitrasparente.
 
“Kristoff! Sven!”Gridò scioccata la regina, osservando impotente il triste fatto che Hans aveva riservato ai suoi amici. Fu allora che Elsa compresse che le altre persone nel piazzale erano state anche loro imprigionate da Hans.
 
“Hans, Liberali adesso! Subito!” ordinò tempestosa Elsa, rivolgendo uno sguardo pieno di collera e indignazione nei confronti di Hans.
 
“Forse si! Forse no! Come ho già detto al buzzurro, questa è una conversazione fra nobili, proprio come te e me!” replicò Hans, mantenendo inalterata l’atteggiamento arrogante e malvagio. Ad ogni parola di Hans, la rabbia e il gelido sdegno che Elsa provava nei suoi confronti cresceva sempre di più.
 
“Prima di tutto, io non sono uguale a te! Secondo, hai perso ormai da tempo il diritto di essere considerato nobile! Anzi, forse non l’hai mai avuto!” Le parole di Elsa era dure, fredde e taglienti come il ghiaccio. Hans rise malignamente, come se non desse importanza alle parole della regina.
 
“Insomma, che cosa vuoi Hans? Perché sei qui? Credevo che la tua famiglia di avesse punito per i tuoi crimini!”Elsa cercava di rimanere impassibile, nonostante il tumulto di rancore e rabbia che si stava scatenando nel suo animo.
 
“In effetti, avete ragione, vostra altezza!” rispose Hans, mantenendo il suo arrogante atteggiamento disinvolto, come se non avesse timore del gelido potere magico di Elsa.
 
“Facciamo così! Prima di dirvi il motivo per cui io sono qui, vi racconterò come sono andati i fatti.” Sembrava impaziente di raccontare la sua storia su come era ritornato qui ad Arendelle e quali erano i suoi piani in questo momento. Elsa rimase in silenzio.
 
“Lo prenderò per un si. Come si dice, chi tace acconsente, no?” esclamò Hans e iniziò a raccontare la sua storia.
 
“Dopo che sono stato sconfitto, umiliato ed esiliato da Arendelle per merito vostro e di vostra sorella, venni rispedito  in patria, nel regno delle isole del sud. Una volta a casa, la mia famiglia ha criticato pesantemente il mio… modo di ottenere il potere. Nessuno della mia famiglia voleva più guardarmi in volto. Mi privarono del mio titolo di principe, con tutti i privilegi che ne derivano. Poi sono stato incatenato nella stanza della torre più alta del palazzo reale. La mia famiglia sperava che in quel periodo di detenzione potesse far nascere il pentimento nel mio cuore e il desiderio di espiare tutte le mie colpe. La mia unica colpa è stata di non aver tolto di mezzo quella insopportabile ragazzina di vostra sorella.”
 
“Non devi nemmeno nominare mia sorella!” gridò Elsa in quel momento.
 
“Oh, chiedo venia, vostra altezza!” replicò Hans con un tono di voce falsamente galante.
 
“Ehm, dov'ero rimasto prima di essere interrotto? Ah già, la mia prigionia nel palazzo reale della mia famiglia. Non solo il tempo passato in quella squallida stanza non riuscì a farmi pentire delle mie ambizioni, ma nei mio animo si faceva strada il desiderio di vendetta contro tutti coloro che si sono opposti al mio destino di sovrano.  La mia famiglia, il regno di Arendelle, voi, vostra sorella! Avrei dato qualunque cosa pur di poter ottenere la mia rivincita e, alla fine accade un fatto che mi avrebbe permesso di concretizzato finalmente il mio vero destino! Infatti, durante una notte di qualche mese fa, mentre ero ancora incatenato nella stanza della torre, in compagnia dei miei sogni di vendetta, emersero dal buio, davanti a me, creature provenienti dai luoghi più oscuri di Arendelle. Creature fatte di oscurità stessa per l’esattezza. Quegli esseri, dopo aver rotto le catene che mi imprigionarono, mi raccontarono la loro storia. Una storia dimenticata nel tempo, che risaliva persino a millenni prima che nascesse il regno di Arendelle. A quell'epoca, in quelle terre, spadroneggiava Miðgarðsormr, l’antico padrone delle ombre, una bestia cosi imponente da superare le montagne più alte di Arendelle. La sua armata di mostri d’ombra dominava ogni cosa, pietre, piante, animali e uomini. Un giorno però, quando Miðgarðsormr stava per invadere tutte le altre terre e gli oceani con le sue tenebrose legioni, un potente stregone che si opponeva alla sua ambizione usò un potente incantesimo per esiliarlo in un limbo senza fine, lontano dal nostro mondo, e con lui anche gran parte delle sue armate. Ciò che ormai rimaneva del Signore Oscuro erano i suoi templi andati in rovina e un manipolo di creature d’ombra, le stesse che mi fecero visita nella torre in cui ero imprigionato. Lo stregone diede la caccia agli ultimi mostri d’ombra che, ad uno alla volta, furono rilegati negli luoghi più oscuri di Arendelle, sospesi nel tempo, tramando e desiderando il ritorno del loro antico padrone.” a quel punto, Elsa interruppe il racconto di Hans.
 
“Aspetta un attimo! Se le creature d’ombra di cui parli sono state imprigionate nei luoghi più oscuri di Arendelle, come hanno fatto a liberarsi e giungere fino alla Isole del Sud e perché sono venute da te?” lo sguardo di Hans rivolto alla regina si fece più beffardo di prima.
 
“È curioso che proprio voi mi facciate questa domanda… visto che siete stata voi a liberare le creature d’ombra dalla loro prigionia!” Elsa rimasse scioccata e incredula dalle parole di Hans.
 
“Per essere esatti, vostra altezza, li avete liberati  nel momento stesso in cui, quella volta, avevate gettato Arendelle nella morsa di un inverno stregato. Poi, quando voi riusciste a riportare l’estate nel regno, il sigillo che imprigionava i mostri d’ombra era ormai irrimediabilmente spezzato, e le ombre erano libere di cercare qualcuno che li potesse aiutare a preparare il ritorno dell’Oscuro Signore. Questo perché Miðgarðsormr era stato imprigionato da un umano e solo  un essere della stessa razza può spezzare il suo esilio nel vuoto. Un uomo che doveva avere il cuore nero votato all'ambizione, al potere e al dominio. Un uomo che poteva portare le tenebrose armate verso la vittoria! Un uomo privo di scrupoli verso anche i suoi simili. Per questo alla fine, hanno scelto me! In fondo vi devo ringraziare. In fondo, se non foste stato per voi e per il gelido inverno che avevate scatenato su tutta Arendelle, non avrei mai avuto questa opportunità.” Elsa non riusciva quasi più ad ascoltarlo. Non riusciva a credere che il disastro che aveva causato nel regno avesse persino liberato i servi di un antica forza del male, mettendo in pericolo addirittura il mondo intero e tutta l’umanità. Elsa sembrò sul punto di cadere in ginocchio, schiacciata dai sensi di colpa, iniziando persino a perdere fiducia in se stessa come regina e depositaria della magia del ghiaccio. Poi però, qualcosa nel suo animo emerse per ridargli fiducia. Il ricordo in cui sua sorella l’aveva salvata dalla lama di Hans, mostrandole il potere dell’amore e della speranza. Era come se in quel momento Anna fosse accanto ad Elsa, che la incoraggiava a non rimanere attaccare al passato, ma cercando di affondare il domani con la speranza nel cuore. Anche quando non c’era, Anna riusciva a far nascere fiducia e ottimismo nel cuore di Elsa. Quei pensieri ebbero il potere di ridare vigore nel cuore della regina, guardando con occhi severi e risoluti verso colui che era ancora attaccato al proprio passato e alla sua sete di potere, ovvero Hans.
 
“Insomma, le creature d’ombra hanno osservato e giudicato le mie azioni, considerandomi degno di essere colui che libererà il loro padrone. Perciò, una volta che le mie catena furono spezzate, con l’aiuto delle creature d’ombra, sono fuggito dal mio stesso regno per via mare, clandestinamente, diretto qui, ad Arendelle. Quando la mia famiglia seppe della mia evasione, capirono subito dove fossi diretto e mandarono un intero battagliane per riacciuffarmi. Sfortunatamente per loro, anche se mi avevano scovato nelle terre orientali di Arendelle in cui ero approdato, sono riuscito a raggiungere uno dei templi perduti di Miðgarðsormr. Grazie alle arcane formule che avevo appresso dalle creature d’ombra, non solo sono scampato ai soldati che mi inseguivano, ma ho anche ottenuto i poteri oscuri necessari per divenire il condottiero delle tenebre. Così, quando giungerà il grande momento, fra sei notti a partire da questa, grazie ad un potente rituale, che solo io ho il potere di attuarlo, spezzerò l’incantesimo dell’esilio e la bestia delle ombre ritornerà dal limbo, dando vita finalmente all'impero eterno delle tenebre!” E Hans si alzò in piedi dal bordo della fontana su cui si era seduto, innalzando le braccia e il volto verso il cielo in modo trionfante.
 
“E se il signore oscuro di cui parli dovesse ritornare, tu cosa otterresti in cambio?” chiese Elsa con voce risoluta e severa, con la forza della fiducia che aveva ritrovato pensando a sua sorella Anna.
 
“Semplice, vostra altezza! Una volta libero e dopo aver assoggettato  questa terra e il resto del mondo, il signore oscuro, da suo condottiero, mi nominerà suo viceré e avrò il dono dell’immortalità!” fu la risposta di Hans, mentre abbassava le braccia, e iniziò a ridere a squarciagola  in una maniera orribilmente boriosa.
 
“Per appagare la tua sete di potere, hai gettato la tua stessa umanità tra le ortiche, diventando il servo di un signore dell'oscurità!” esplose autoritaria, fredda e severa Elsa, il cui disgusto verso la sfrontatezza e la meschinità verso Hans aveva ormai raggiunto il limite.
 
“Sempre con il cuore di ghiaccio, eh altezza?” replicò Hans con il solito sguardo arrogante e brioso.
 
“Solo per tipi come te, Hans!” rispose prontamente Elsa.
 
“Comunque credo, che sia il caso di arrivare al motivo per cui sono giunto qua, nel vostro castello, vostra altezza. Sapete, una volta che sarò viceré del regno delle tenebre, avrò bisogno di una compagna di sangue reale al mio fianco e così ho pensato a voi, regina Elsa. E se ancora non avete compresso, io vi sto chiedendo la vostra mano!” a quelle parole, Elsa provò per un istante il forte desiderio di trasformare Hans in una statua di ghiaccio.
 
“Preferisco la morte, che concedere la mia mano ad un essere vile come te!” Rispose Elsa, con due occhi cosi freddi da gelare l’aria circostante.
 
“Se la mettete in questo modo, altezza, allora credo che mi accontenterò di prendere vostra sorella Anna in sposa. Tanto, una fanciulla di sangue reale vale l’altra.” Elsa non poté sopportare oltre la superbia smisurata e la disgustosa meschinità di quell'essere davanti ai suoi occhi.
 
“Stai… lontano… da… mia… SORELLA!” esplose Elsa, puntando entrambe le mani verso Hans. Dalle punte delle dita, Elsa creò una raffica di getti di freddo glaciale, che congelavano ogni cosa che si trovava sulla loro traiettoria.
 
“È sia allora…” Esclamò Hans, per niente intimorito dall'attacco di Elsa, e schioccò le dita. In un solo istante, un vortice fatto di oscurità  apparve dal nulla, proprio tra Hans e le magiche raffiche di ghiaccio create da Elsa. Il ghiaccio magico di Elsa venne risucchiato nel gorgo nero, che scomparve subito dopo senza lasciare traccia. Elsa non riusciva a crederci. Neanche i suoi glaciali poteri riuscivano a fermale colui che aveva tradito l’umanità per divenire condottiero delle tenebre e maestro delle arti oscure.
 
“A quando pare non ho scelta. Visto che non vuoi concedere la tua mano alla mia persona e sei anche diventata una possibile spina nel fianco per i miei piani, sarò costretto a toglierti di mezzo e, stavolta, ci riuscirò!” sentenziò Hans, con lo sguardo che ardeva di arroganza, ambizione e ferocia, poi schioccò le dita. A quel punto, davanti ad Hans comparvero dal nulla un schiera di una decina esseri, i cui corpi erano fatti di fumosa oscurità che prendeva consistenza, assumendo la forma di lupi feroci dagli occhi purpurei luminosi e spietati. I lupi d’ombra ringhiavano contro la preda che Hans indicava loro, la regina delle nevi. In pochi istanti, Elsa fu accerchiata dai lupi evocati da Hans.
 
“E questo non è niente!” esclamò Hans, schioccando nuovamente le dita. Nell'aria, proprio sopra ad una decina di metri da Elsa, apparvero altre quattro creature fatto d’oscurità dagli occhi purpurei, che stavolta avevano assunto le sembianze di corvi grandi come uomini. Il loro gracchiare era cosi orrendo da far male allo orecchie. I corvi creati dall'oscurità di Hans volava in cerchio sopra Elsa come avvoltoi.
 
“Signori, questa donna è una possibile seccatura per il vostro signore. Perciò, eliminatela!” ordinò schiettamente ai suoi servi d’ombra. Due lupi d’ombra del branco iniziarono ad ululare e si gettarono contro Elsa per dilaniarla, che però era pronta a contrattaccare. Con un’abile e agile mossa, dalle mani di Elsa si materializzarono due pugnali di ghiaccio, che scintillavano alla luna. I gelidi pugnali saettavano e trafiggerò i lupi d’ombra attraverso le loro fauci spalancate, che scomparvero all'istante. Il volo dei pugnali creati da Elsa continuò puntato contro Hans, che fu pronto a respingerlo, creando davanti a lui un muro d’oscurità che si solidificò all'istante, divenendo più duro del marmo. I pugnali di ghiaccio s’infrangerò contro quella solita oscurità e, prima di cadere a terra, i frammenti si sciolsero ed evaporarono all'istante. Dopo di che, passato il pericolo, il muro creato da Hans scomparve come se non fosse mai esistito. Gli altri lupi rimasti erano comunque pronti ad attaccare, nonostante la perdita dei loro compagni, ma anche Elsa era pronta ad affrontare le belve venute dalle tenebre. Un altro lupo balzò ringhiando verso Elsa, ma la regina aveva in serbo un'altra sorpresa. Elsa unì le mani e, puntandole verso il lupo che spalancava le fauci per azzannarla, creò una sfera di ghiaccio, che venne sperata come una cannonata. Un secondo prima di colpire il lupo, su tutta la superficie della sfera emersero una serie di aculei lunghi e appuntiti. Nel momento stesso in cui la sfera colpì il lupo a mezz'aria, esplose, facendo dissolvere la belva. L’esplosione fece schizzare i gelidi aculei come proiettili, decimando altri due lupi d’ombra, facendoli dissolvere anch'essi e colpendo anche l’ala di uno dei corvi che aveva appena iniziato a volare in picchiata contro Elsa. Il colpo fu tale che il corvo cade verso il basso, ma prima che potesse toccare terra, si dissolse nel nulla come avevano fatto gli altri mostri d’ombra. Un altro corvo oscuro, gracchiando ferocemente, provò ad attaccare Elsa dall'alto. La regina, senza distogliere lo sguardo dai lupi rimasti, fece un elegante gesto con la mano e sopra la sua testa apparve una lancia a mezz'aria, la cui punta era rivolta verso il secondo corvo in picchiata. La lancia si proiettò verso la bestia alata e la trafisse prima che potesse scansare. Come il suo compagno, anche l’altro corvo si dissolveva nel nulla mentre cadeva a terra. La lancia iniziò poi a dissolversi in uno sbuffo di fiocchi di neve.
 
“Non sono poi cosi potenti i tuoi amichetti delle tenebre!” esclamò sicura e gelida Elsa, che combatteva con tenacia contro le forze che volevano distruggere il suo regno, il mondo e Anna. Elsa non aveva però notato che Hans aveva messo una mano dietro la schiena, facendola poi schioccare le dita. Fu allora improvvisamente che intorno ad Elsa si materializzò una enorme mano artigliata, che strinse la fanciulla in una terribile morsa. Elsa era completamente bloccata da quell'artiglio evocato da Hans. L’unghia appuntita del pollice s’illumino di un macabro purpureo e punse sotto il collo di Elsa, che gemete per il terribile dolore che provocava. Il dolore era tale, che impediva ad Elsa di concentrarsi e di usare i suoi poteri. Nonostante il dolore però, Elsa non smetteva di guardare con freddezza l’uomo che aveva scelto di vivere nelle tenebre nel nome del proprio interesse.
 
“Devo ammettere che è stato uno spettacolo divertente, ma i giochi sono finiti, vostra altezza!” proclamò Hans, mentre si avvicinava verso la sua preda. Quando fu ad un metro di distanza dall'artiglio che imprigionava e torturava Elsa con la sua unghia maledetta, quest’ultima gli sputò in faccia in segno di sdegno assoluto, guardandolo con occhi freddi e inflessibili. Hans si tolse lo sputo dalla faccia con un fazzoletto e subito dopo diete un forte schiaffo sul volto di Elsa, il tutto senza cambiare il suo sorriso e la sue espressione che era il ritratto della crudeltà e della superbia.
 
“Sai cosa devi fare!” la crudele frase di Hans era rivolta all'artiglio, che intuì il suo ordine. Allora l’artiglio s’innalzò in volo, portandosi con se Elsa e superando in altezza persino i due corvi d’ombra. Quando si fermò ad una dozzina di metri dal piazzale e Elsa, ancora sofferente per il dolore provocato dall'unghia purpurea che gli pungeva sotto il collo, si accorse che l’artiglio stava puntando verso il portone del palazzo e finalmente intuì le vere intenzioni di Hans. Poco prima che l’artiglio si lanciasse contro le imponenti porte del castello, l’ultimo pensiero di Elsa era rivolto a sua sorella e, chiudendo gli occhi, gli chiese scusa per non essere riuscita a proteggerla. Aveva combattuto per Arendelle e per Anna, e aveva perso. Dagli occhi di Elsa sgorgarono lacrime tristi e amare, che schizzarono via dal suo viso nel momento stesso in cui l’artiglio che la imprigionava iniziò a discendere ad una velocità terribile contro le porte del palazzo.
 
 
 
Ormai Lynae stava dormendo tra le braccia di Anna, mentre lei la cullava amabilmente, mentre finiva di cantare una bellissima ninna nanna, che sua sorella Elsa gli aveva insegnato qualche tempo fa, dopo che erano ricongiunte di nuovo. Una canzone con il pregio di donare a chi ascoltava la speranza e la fiducia di credere in un domani migliore e di poter affrontare le difficoltà della vita a testa alta.
 
Io lo so, si lo so, come il sole tramonterai…
 
Perché poi, perché poi, all'alba sorgerai…
 
Ecco qua la tempesta che non si fermerà…
 
Da oggi il destino appartiene a te…
 
La voce della principessa, calma e dolce, rendeva quella ninna nanna ancora più meravigliosa. Persino Olaf si era addormentato serenamente sulle note della canzone, appoggiandosi vicino alla rossa sul suo letto. Una volta finita la ninna nanna, Anna guardò teneramente i due piccoli addormentati e sorrise. Lei cercò allora di seguire il loro esempio, cercando di riprendere sonno, appoggiando la testa sui cuscini, tenendo sempre tra le braccia la piccola Lynae. Voleva provare a rifare il sogno che stava facendo prima di essere svegliata, cosi da poter proseguire il momento romantico con il suo amato montanaro. Stava sul punto di prendere sonno… quando il rumore di uno spaventoso schianto, come se un macigno fosse caduto vicino al castello, fece tremare la stanza. Anna alzò di scatto la testa, spaventata da ciò che aveva sentito a anche Olaf e Lynae si svegliarono di colpo.
 
“Ehilà! Qualcuno è cascato dal letto?” chiese Olaf sbadigliando, mentre Lynae era saltata dalle braccia della principessa e girava nervosa per il letto, con la codina che ondeggiava impazzita da una parte all'altra.
 
“Cos'era quel suono? Sembrava quasi che un muro stesse crollando a terra!” esclamò spaventata Anna. Il primo pensiero che saettò nella mente della principessa era rivolto a sua sorella.
 
“Olaf, prenditi cura di Lynae per un po’! Io devo uscire a vedere cosa è successo!” disse rivolta al pupazzo di neve.
 
“Anna, ma sei appena convalescente dalla febbre, non ti sei ancora ripresa!” esclamò Olaf, prima di essere smentito. Anna, infatti, salto giù dal letto con la grazia e l’agilità di una giovane cerbiatta, come se avesse ritrovato di colpo tutte le sue forze. Si mise rapidamente le pantofole e indossò la vestaglia color smeraldo sotto la camicia da notte azzurra.
 
“Corro da Elsa a vedere se sta bene! Voi due, per favore, non muovetevi da qui, intesi?” Intimò po gentilmente, rivolta al pupazzo di neve e alla micia, sorridendo e accarezzando loro la testa.
 
“Intesi!” rispose Olaf. Lynae si limitò a miagolare, come se volesse dire intesi anche lei. Anna uscì dalla sua stanza e chiuse la porta alle sue spalle. I corridori erano illuminati dalle numerose candele, fissate sulle pareti e in giro, escludendo la ragazza, non c’era anima viva. C’era però una cosa che la rossa non si era accorda da quando aveva sentito quel spaventoso rumore.  Infatti, non si era nemmeno degnata di vedere lo stato dei suoi capelli e, se lo avesse fatto, sarebbe rimasta molto sorpresa. Infatti, prima che Lynae la svegliasse dal suo romantico sogno, i suoi capelli rossi scompigliati avevano iniziato a diventare lisci, come se venissero pettinati da un magico ed invisibile pettine. Il colore della chioma, inoltre, era diventato più accesso e lucente, come se fosse di fuoco. Anna corse verso la camera di Elsa accanto alla sua e bussò preoccupata alla porta.
 
“Elsa, sei sveglia? Hai sentito anche tu qual rumore?” Non sentendo nessuna risposa giungere dalla camera di Elsa, Anna decise ugualmente di entra, per il bene della sua sorella maggiore. Girò il pomello della porta ed entrò nella stanza di Elsa. Una volta varcata la soglia, la giovane vide nella stanza, illuminata solo dalle candele dei corridori, che Elsa non c’era e il suo letto era a posto, come se finora non ci avesse dormito nessuno. La sua preoccupazione crebbe spaventosamente e iniziò a correre per i corridori del castello, alla ricerca di sua sorella. Anna correva freneticamente, sempre più preoccupata. Inoltre si chiedeva perché non c’era nessun’altro nel palazzo a parte lei, e questo fatto la rendeva più inquieta con il passare del tempo. Era talmente preoccupata per l’incolumità di Elsa e dei sudditi, che non si accorgeva stava lentamente e inesorabilmente cambiando, non solo nei capelli, ma anche dentro di se. Il cuore nel suo petto stava iniziando a battere più forte, diventato persino sempre più caldo. Il sangue nelle sue vene sembrava sul punto di incendiarsi, ma nemmeno di questo si accorse, visto che il suo unico pensiero era rivoltò ad Elsa.
 
“Elsa! Elsa, Dove sei?” gridava spaventata, correndo come una furia nei corridori del castello, guardandosi attorno preoccupata alla ricerca della sorella. La principessa era preoccupata anche perché temeva che Elsa potesse aver perso nuovamente fiducia in se stessa e aver scatenato un nuovo inverno magico su tutto il loro regno come l’ultima volta. Alla fine, giunse davanti al portone principale del castello e quello che vide scosse violentemente il suo animo. Il portone era ridotto in macerie e al suo posto c’era un immenso buco nel muro che dava fuori sul piazzale. Anna s’avvicinò spaventata alla soglia di quella enorme breccia nel muro. Quando fu proprio in mezzo a quella soglia, Anna vide allora una scena che fece accese una scintilla ardente nel suo cuore. Una scintilla, che da li a poco, si sarebbe trasformato in uno sconfinato, straordinario e pericolo poter. Anna vide vicino ai piedi della fontana, davanti ai suoi occhi increduli e sconvolti, sua sorella Elsa distesa a terra, priva di sensi, ma ancora viva, con il triste volto di chi aveva perso un importante battaglia, che veniva circondata da un branco di creature fatte di tenebre e dagli sguardi crudeli e purpurei. Vide i sudditi, le guardie persino Kristoff e Sven che erano pietrificati e imprigionati in gabbie di cristallo stregato. Vide atterrita Hans, che in quel momento gli dava di spalle e si era nemmeno accorto della sua presenza.
 
“Siete davvero dura come il ghiaccio a morire, eh altezza?” schernì crudelmente Hans, rendendosi conto che, nonostante fosse caduta assieme all'artiglio oscuro che la imprigionava e che sia dissolto dopo l’impatto contro le porte del castello e di essere stata scagliata fino a cadere distesa e priva di sensi vicino ai piedi della fontana, Elsa era miracolosamente viva e respirava. Hans allora decise che sarebbe stato lui stesso a dare il colpo di grazia alla sovrana di Arendelle. Schioccando le dita, Hans evocò nella sua mano destra una lunga spada fatta di oscurità cristallizzata, tagliente e affilata come un rasoio. Hans non si era minimamente accorto che dietro di lui c’era Anna, immobile sulla soglia del varco creato dall'impatto dell’artiglio tenebroso contro le porte. Ancora la ragazza non riusciva a crederci e si rifiutava di farlo. Hans, l’uomo che le aveva fatto a pezzi il cuore. Hans, l’uomo il cui unico interesse era ottenere il potere di governare un regno, anche con l’inganno e la crudeltà. Hans, l’uomo che tempo fa, stava quasi per togliere la vita ad Elsa ed ora si apprestava a compiere il misfatto che non era riuscito ad attuarlo.
 
“Stavolta nessuno vi salverà, regina Elsa. E quando avrò finito con voi, mi occuperò personalmente di vostra sorella! Finalmente… avrò… la… mia… vendetta…” a quelle ultime parole, Hans si preparò a trapassare la lama oscura nel cuore di Elsa. Fu in quell'istante! Fu quando Hans era sul punto di mettere fine alla vita di Elsa! Fu in quel unico e terribile istante, che il potere esplose nel cuore di Anna con la stessa intensità di un incendio che consumava la foresta, che il suo sangue nelle vene divampò come lava incandescente, che le pupille dei suoi occhi si tinsero di un rosso dorato e che la rabbia, la collera, l’ira e la furia s’impossessarono, invisibili, di tutto il corpo della ragazza! L’animo di Anna s’accese come una rovente stella, con il solo desiderio di far pagare a quel mostro di Hans tutte le sue crudeltà e impedirgli di far del male alle persone a lei care, tra cui Elsa. Era giunto infine il momento. La magia del fuoco che Anna custodiva inconsciamente nel suo cuore da quando era nata si era finalmente ridestata in tutta la sua maestosa e feroce potenza.

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Capitolo 6
*** La Rabbia di Anna ***


Hans stava assaporando il momento della vendetta, mentre si apprestava a trafiggere con la punta della tenebrosa spada il cuore di Elsa. Fu allora che Hans ebbe la sensazione che ci fosse qualcuno allo sue spalle che lo guardava. Hans si voltò di scatto, mantenendo la lama puntata contro la regina delle nevi, e vide Anna, immobile sulla soglia dei portoni dal castello in rovina, con la testa chinata verso il basso.
 
“Oh, ma guarda un po’ chi c’è, giusto in tempo!” Esclamò Hans leggermente sorpreso, mantenendo comunque la sua espressione piena di arroganza e spietatezza. Anna sembrava una statua, sembrava quasi che non respirasse nemmeno.
 
“Sei ancora arrabbiata con me perché ho fatto a pezzi il tuo tenero cuoricino e sto per uccidere la tua amata sorella?” come unica risposta a quella crudele domanda di Hans, le mani di Anna sui fianchi si strinsero in pugni carichi di rabbia.
 
“Direi di si, a quando pare! E sia, voglio essere clemente con te. Prima ti tolgo di mezzo, cosi non sarai costretta a vedere la fine di tua sorella! Perciò… addio…” con quelle ultime e spietate parole, Hans alzò la spada, che fino a quel momento era diretta al cuore di Elsa, e la puntò verso Anna, che rimaneva immobile e silente.
 
“È tutta vostra, signori!” ordinò Hans ai cinque lupi oscuri, che ulularono di modo orribili prima di lanciarsi contro la ragazza per sbranarla. Hans guardava la scena con un sorriso pieno di crudeltà pari a quella di un demone. Anna, che fino adesso aveva lo sguardo fisso per terra ed era rimasta nel silenzio più totale, alzò di scatto la testa. Hans si accorse subito allora che le pupille negli occhi di Anna non erano celesti come sempre, ma rosse, con sfumature dorate, scintillando come fiamme. Inoltre, sul viso della ragazza c’era una smorfia di rabbia fusa con la severità che però, miracolosamente, non intaccava il suo fascino. anzi, la risaltava. Questa volta Hans rimase veramente sorpreso. Non aveva mai visto un volto in grado di avere una bellezza cosi folgorante, unito ad un espressione piena di collera inflessibile. Inoltre una nuova sensazione si era instaurata nell'animo di Hans, che gli rivelava che la ragazza che aveva di fronte non era più la stessa che aveva visto l’ultima volta, prima di essere rispedito legato su una nave diretta nel regno delle isole del sud. Infatti Hans non sapeva ancora che aveva scelto il giorno veramente sbagliato per tornare al castello di Arendelle e cercare di annientare Elsa, perché era il giorno in cui i poteri latenti di Anna si sarebbero risvegliati. Quando ormai i lupi delle tenebre stavano per spiccare il balzo e scagliarsi contro Anna per sbranarla, lei aprì di scatto la mano e , alzandole il braccio, la punto contro i suoi feroci assalitori. In un unico istante, la mano alzata della ragazza venne avvolta da un magico fuoco rossastro scaturito dal nulla. Dal palmo di quella mano rivolta verso i lupi furono scagliati cinque sfere infuocate contro di loro. Uno alla volta, i lupi vennero trapassati dagli incandescenti globi e, mentre venivano scagliati in aria, presero fuoco istantaneamente, i corpi fatti d’oscurità di quegli essere vennero consumati prima di cadere a terra e si dissolsero, ritornando alle tenebre da cui erano stati evocati. Ciò che era appena successo bruciò e consumò tutta l’arroganza, la spavalderia e la disinvoltura dal volto di Hans, che vennero sostituiti dallo sgomento  e dal terrore.
 
“Cosa… anche tu… è assurdo…” balbettò Hans, per la prima volta con la voce piena di paura. La mano destra di Anna continuava ad essere avvolta dalle fiamme, senza essere consumata o ustionata. La ragazza abbassò il braccio con la quale aveva incenerito i mostri neri e, con lo sguardo pieno di collera verso Hans, lasciò la soglia della braccia e s’avvicinò a passi gravi e severi nella sua direzione. Ad ogni suo passo, Anna lasciava dietro di delle orme che prendevano fuoco in un baleno, bruciando senza mai spegnersi
 
“Stai indietro, mostro! Non ti avvicinare!” gridò Hans, indietreggiando e allontanandosi  da Elsa, ancora svenuta, tentando inutilmente di non mostrarsi spaventato. In realtà, Hans cercava di raggiungere l’entrata del piazzale per poter fuggire. Il dono infuocato di Anna non era previsto nei suoi piani.
 
“Qui l’unico vero mostro sei solo tu!” esplose Anna, con una voce forte e piena di collera, mentre continuava ad avanzare verso Hans inesorabilmente, lasciandosi dietro di se una striscia infuocata che scoppiettava e crepitava furiosamente.
 
“Stai indietro, ti ho detto!” gridò ancor più disperatamente Hans, puntando la spada verso il viso di Anna. La ragazza si fermò ad un centimetro dalla lama nera, senza cambiare espressione. L’altra mano di Anna venne avvolta anch’essa da fiamme incantate e, con una mossa improvvisa e inaspettata, afferrò di scatto la lama. La spada prese subito fuoco e Hans la dovette mollare per non rischiare di rimanere scottato, guardando con maggior timore verso la principessa dal viso impassibile. Anna allora lasciò la presa, senza che sulla sua mano di fossero ferite, e la spada cade a terra con terribile tonfo, mentre veniva completamente consumata dalle fiamme, fino a essere ridotta in cenere e poi dissolta nel nulla come era successo ai lupi. Le mani di Anna continuava ad essere avvolti dalle fiamme, senza che sentissero il minimo dolore, solo un grande calore. Avvicinandosi sempre più verso Hans, Anna passo vicino ad Elsa, ancora svenuta. Anna vide Elsa con la coda dell’occhio e questo non fece altro che alimentare l’incendio di rancore e rabbia che si scatenava nel suo animo posseduto dalle fiamme. Hans continuava ad indietreggiare da quella ardente visione che cercava di raggiungerlo, sperando di raggiungere all’accesso al ponte per poter scappare verso la capitale prima di finire male. Ad un certo punto però Hans inciampò e cade all’indietro, proprio a pochi centimetri di distanza dal ponte. Hans cercò di rialzarsi, ma la rabbia negli occhi di Anna era cosi intensa che paralizzò il suo corpo. Poi Hans, muovendo la testa in ogni direzione, riacquistò di colpo uno scintillio di lucidità quando si rese conto che forse poteva ancora scampare dalla furia di Anna.
 
“Venite a me, creature di Miðgarðsormr!” ordinò Hans ai due corvi d’ombra giganti, che fino a quel momento avevano continuato a volare in circolo sopra il piazzale. I due neri uccelli volarono in discesa, gracchiando in modo demoniaco, e atterrando proprio tra il loro condottiero e la principessa di fuoco, per impedire a quest’ultima di avanzare verso il suo obbiettivo.
 
“Levatevi di Torno!” Intimò furiosamente Anna, la cui espressione sul viso si fece più feroce. Nonostante la rabbia, la sua voce non sembrava venire deformata da essa, anzi, ne veniva accentuata in bellezza e armonia, come se a parlare fosse un angelo furente. In risposta alla voce di Anna, i corvi gracchiarono spietatamente, minacciando Anna di beccarla con i loro lunghi e affilati becchi.
 
“L’avete… voluto… voi…” esclamò Anna con ferocia angelica nella voce. La ragazza strinse i pugni avvolti dalle fiamme. Allora quelle fiamme iniziarono a mutare forma. I fuochi scaturiti dalle mani di Anna si allungarono verso il basso fino a toccare terra e assunsero la forma di due lunghissime catene fiammeggianti. Come delle fruste, Anna faceva schioccare le ardenti catene e, con la grazia e l’agilità di una fenice, attaccò i corvi che gli impedivano di punire Hans. ogni di quelle catene s’avvolse come un serpente intorno al collo del proprio corvo. I corvi gracchiarono sofferenti mentre i loro corpi fatti di tenebre presserò fuoco, scomparendo poi dissolti nel nulla tra le ceneri. Hans ormai si rendeva conto che nemmeno la stregoneria oscura che gli era stata concessa dal signore delle ombre poteva arrestare il rovente potere che si era appena risvegliato in Anna. Anna s’avvicinò al principe traditore disteso per terra all’indietro e si fermò a pochi passi da lui. Hans era in preda ad un indicibile terrore, osservando scioccato lo sguardo della principessa, che aveva lo sguardo simile a quello di un giudice che stava per emettere una sentenza di pena capitale.
 
“Tu non farai più del male a nessuno! Mai più!” Gridò Anna, battendo le mani che ancora reggevano le catene di fuoco, da cui si scaturì una potente scoppio accecante. Quell’esplosione costrinse Hans a coprire gli occhi con l’avambraccio destro per non rimanere accecato, per poi toglierlo non appena la luce rovente si attenuava, e allora vide che le catene di fuoco erano state fuse e trasformate in un'unica spada che ardeva di giustizia e collera ed era stretta nella mano destra di Anna. Entrambe le mani della ragazza continuavano ad essere avvolte dalle magiche fiamme. Le pupille rosse della principessa sembravano ardere con maggiore intensità di prima e l’espressione sul volto sembrava quello di un serafino, sceso dal cielo per punire i malvagi. Anna alzò il braccio che reggeva la spada infuocata verso il cielo, pronta a farla ricadere su Hans, mettendo cosi fine a tutte le sue crudeltà e tradimenti. Hans guardò pietrificato e ammutolito dalla paura la principessa, che stava ormai per far calare la spada su di lui. Fu allora che Anna sentì alle sue spalle una voce famigliare che la chiamava. Una voce che gli impedì di far scendere l’ardente lama sul capo di Hans. L’espressione sul viso di Anna iniziò a sostituire la furia con la sorpresa e i suoi occhi, dal rosso infuocato, si tinsero del loro colore originale, l’azzurro. Con ancora il braccio a mezz’aria che reggeva la spada fiammeggiante, Anna si volse nella direzione della voce che l’aveva chiamata e vide allora sua sorella Elsa, che aveva appena ripreso i sensi da poco e stava cercando di alzarsi e di tenersi in piedi, appoggiandosi al bordo della fontana.
 
 
 
La prima cosa che Elsa percepì intorno a se quando riprese i sensi, fu un calore vicino a lei e, aprendo gli occhi, notò le impronte ardenti che Anna aveva lasciato mentre cercava di raggiungere Hans per punirlo. Quando poi si era rialzata da terra, appoggiandosi al bordo, guardandosi intorno e cercando di ricordare le idee, Vide finalmente Anna, che stava per fendere con lama di fuoco Hans, disteso a terra e impietrito dal terrore, senza possibilità di scampo. Questo inorridì la regina, anche se sapeva lucidamente che Anna l’aveva salvata da una possibile morte. Anche se era vero Hans aveva compiuto atti infami e doveva essere punito, Elsa sapeva che non era questo il modo di compiere giustizia e chiamò sua sorella per cercare di fermarla. Quando gli sguardi delle due ragazze s’incrociarono,  non sapevano cosa provare l’una per l’altra. Forse per effetto di quegli sguardi incrociati e confusi, la spada infuocata in mano ad Anna si spense come una candela. Per tutta la durata di quel momento, Anna provò il desiderio di andare incontro alla sorella per aiutarla a stare in piedi, ad abbracciarla, a piangere assieme a lei e trovare conforto a vicenda nei loro visi. Hans, approfittando di quel momento di esitazione da parte di Anna, decise che per ora era meglio attuare una ritirata strategica. S’alzò da terra e iniziò a correre via per il ponte che portava in città. Peccato che il rumore dei suoi passi ebbe l’effetto di ravvivare la fiamma della rabbia nel cuore di Anna, che non si completamente spenta, le pupille nei suoi occhi passarono dal celeste al rosso infuocato, l’espressione sul suo viso ritorno a reclamare vendetta e il suo animo fu di nuovo annebbiato dalla collera.
 
“Dove stati scappando, vigliacco!” gridò Anna piena di rabbia, volgendo lo sguardo verso Hans che scappava per il ponte. Anna strinse la mano destra, che s’incendiò di nuovo dal suo fuoco magico. Le fiamme scaturite dalla mano formarono un lungo arco, come quelli usati dai cacciatori per abbattere animali come orsi e cinghiali. Anna iniziò allora a inseguire Hans per il ponte, con l’intenzione di giustiziarlo una volta per tutte. Dietro di se, Anna lasciava una striscia di fuoco
 
“Anna, no! Aspetta!” gridò disperatamente Elsa, cercando inutilmente di riportare sua sorella alla ragione.
 
 
 
Hans scappava, esasperato dal terrore attraverso il ponte, inseguito da Anna, armata di un arco di fuoco. Ad un certo punto, quando ormai erano già a metà ponte, Anna si fermò di colpo, mentre Hans continuava a correre per sfuggire alla sua ira. Anna, guidata dall’istinto del fuoco, tesse l’arco e, come per’incanto, apparve una freccia di fuoco, pronta ad essere scoccata. Anna prese la mira… e scagliò la freccia nella direzione di Hans. la bruciante freccia schizzò sibilando nell’aria, lasciandosi dietro una scia di scintille roventi. Fu un miracolo che il dardo mancò di striscio Hans, con il solo risultato che le scintille bruciacchiarono un poco la divisa nera da condottiero delle ombre. La freccia iniziò poi a schizzare verso il cielo, come se avesse una volontà tutta sua e, una volta che si trovava proprio sopra il confine tra il ponte e la capitale, scoppiò come un fuoco’artificio. Da quell’esplosione vennero generati decine di darti infuocati che, come la pioggia torrenziale, caddero sul ponte ad una decina di metri da Hans, proprio alla fine del ponte. Le frecce poi si unirono e mutarono in un'altra infuocata forma, trasformandosi in un unico muro di fuoco altissimo, che sbarrava completamente l’accesso dal ponte alla capitale, fermando cosi la corsa del principe decaduto. Hans era in preda al panico, a due metri dal muro di fuoco che gli sbarrava la fuga. Hans si girò e vide Anna, che aveva mutato di nuovo la sua infuocata arma che reggeva in mano. L’arco era infatti diventato una spada, molto più grande, affilata e rovente della precedente. Anna s’avvicinava velocemente verso Hans, senza che niente e nessuno riuscisse a fermare l’istinto, la rabbia e la magia del fuoco, che insieme guidavano la ragazza verso la sua vendetta. Nel percorrere il ponte, la principessa aveva tracciato con i suoi passi un sentiero di fuoco che percorreva quasi tutto il ponte.
 
 
 
Elsa, che a fatica rimaneva in piedi, non riusciva ancora a capacitarsi del fatti che quella ragazza, che generava fuoco dalle mani per magia ed era in preda ad una rabbiosa sete di vendetta contro Hans, fosse sue sorella Anna. Anna era la persona più ottimista, coraggiosa, premurosa e gentile che Elsa conosceva, che non potrebbe mai ferire qualcuno, neanche se fosse costretta. Allora Elsa, camminando a fatica verso il ponte, quasi priva di tutte le forze a causa dello scontro contro i mostri ombra che aveva sostenuto poco fa, iniziò a pensare che fosse stato proprio il potere del fuoco a condizionare l’animo di Anna. Seguendo il tracciato incandescente che seguiva il ponte, Elsa vide Hans in ginocchio, bloccato da un altissimo muro di fiamme, e Anna, pronta a giustiziarlo con la rovente spada che teneva in mano. Fu a quel punto che Elsa percepì alle sue spalle un suono simile al vetro che si incrina e si rombe. La regina si girò e vide infatti i bozzoli di cristallo purpureo evocati da Hans, che imprigionavano Kristoff, Sven e i sudditi, si stavano incrinando e scheggiando, ricoprendosi si crepe sempre più numerose. Evidentemente l’ardente magia che Anna aveva scatenato finora stava indebolendo il maleficio di Hans ed era già sul punto di spezzarsi definitivamente. Elsa si sentì sollevata nel constatare  che le vittime della magia scatenata da Hans si sarebbero liberate da essa, ma fu subito presa anche dall’angosciante preoccupazione quando si rese conto di un particolare agghiacciante. Se le persone imprigionate nei bozzoli di cristalli si fossero liberati e avessero visto Anna mentre scatenava la sua infuocata magia in preda all’ira, le conseguenze sarebbero state terribili. Elsa temete infatti che, a parte Kristoff e Sven, I sudditi potessero avere timore di Anna,  come era successo a se stessa quando i suoi glaciali poteri furono rivelati durante il giorno della sua incoronazione come regina di Arendelle. Ciò avrebbe significato che Anna avrebbe patito tutto il dolore, la solitudine e la disperazione che sua sorella aveva provato sulla sua pelle, forse anche di più. Nel suo cuore, Elsa sapeva che Anna non meritava di subire tutta quella sofferenza che lei stessa aveva provata. Mentre le prigioni di cristallo continuavano ad riempirsi di crepe e a perdere pezzi sempre più grossi, Elsa volse di nuovo lo sguardo verso la fine del ponte, dove Anna stava iniziando a sollevare solennemente, con entrambe le mani, l’infuocata spada verso il cielo, che l’avrebbe poi fatta calare su Hans per giustiziarlo alfine. Elsa sapeva che doveva fermare sua sorella prima che potesse commettere  il più grande errore della sua vita. Un errore che Anna non si sarebbe mai perdonata e che forse sarebbe persino impazzita a causa di ciò. Fu in quel momento che il potere di ghiaccio nel cuore della regina emerse, come se volesse correre in suo aiuto, per far si che riuscisse a fermare il rabbioso fuoco che si era impossessato della sorella. Il corpo di Elsa venne infatti avvolto da un iridescente aura bianca, fatta di puro freddo, guarendolo da tutte le ferite ricevute in battaglia e recuperando tutte le forze. Elsa sapeva che solo lei era in grado di calmare Anna e il suo potere incandescente. Il suo corpo continuava a risplendere di un bianco chiarore, facendo scintillare il suo abito blu ghiaccio ed emanando un fresco colmo di serenità e conforto. La regina non perse tempo e iniziò a correre sul ponte in direzione della sorella, mentre i bozzoli di cristallo che imprigionavano il montanaro, la renna e sudditi erano sul punto di rottura, visto l’intenso rumore di crepatura che aumentava sempre di più. Mentre Elsa correva per raggiungere sua sorella, l’aura bianca che l’avvolgeva lasciava dietro di se una luminosa scia, proprio come faceva una stella cadente, spegnendo al suo passaggio il sentiero di fiamme.
 
 
 
Anna guardava, con una ferocia magnifica e terribile negli occhi, il meschino  essere inginocchiato davanti a lei, spaventato e disperato alla vista dell’ardente lama che si sarebbe abbattuta su di lui.
 
“Anna, aspetta… possiamo parlarne… non c’è bisogno che questa storia finisca in questo modo…“ cercava di dire Hans con la voce pieno di balbettante terrore, ma Anna lo zittì in modo severamente furioso:
 
“Fai silenzio! Tu non hai esitato ad approfittare dei sentimenti del mio cuore per raggiungere il tuo scopo. Tu non hai esitato a cercare di prendere il regno di Arendelle con la crudeltà e l’inganno! Tu non hai esitato a far del male a mia sorella, cercando poi anche di ucciderla! È ora di mettere fine a tutto questo!” Anna, in preda ad una tempestosa ira, era sul punto di calare l’incandescente spada si Hans, con uno sguardo che chiedeva pietà. Fu allora che una figura avvolta in un’aura bianca e sfavillante si parò davanti al principe decaduto, impedendo così all’infuocata spada di scendere su di lui. Questo perché, davanti agli occhi di Anna, davanti sua sorella. La regina splendeva di un candito bagliore come un angelo e guardava sua sorella con uno sguardo severo, ma anche dolce e comprensivo allo stesso tempo. Dagli occhi blu di Elsa sgorgavano lacrime che ebbero l’effetto di spegnere di colpo la spada incantata che Anna reggeva, mentre le mani di quest’ultima continuavano ad ardere nel fuoco, ma con meno intensità di prima.
 
“Anna, lo so che Hans ha compiuto atti imperdonabili, tradendo Arendelle, me e anche il tuo cuore! È giusto che sia punito per ciò che ha fatto, ma non in questo modo! Tu sei migliore di lui, non devi abbassarti al suo livello, e so che in cuor tuo non vuoi che questo succeda! Ti conosco sa sempre, sei una ragazza allegra, piena di sogni e speranze, pronta a perdonare tutto e tutti! Nonostante il fuoco che si è risvegliato in te, il tuo vero cuore non risiede nella rabbia e nella vendetta, ma nell'amore e nella compressione! Io lo so, perché tu una volta, tempo fa, mi hai salvato dal mio gelido potere e dalla lama di Hans in nome di questi sentimenti! Dimostra a me e a te stessa che non sei un mostro come Hans e che sei ancora la magnifica sorella che ho sempre voluto bene.” mentre Elsa pronunciava quelle bellissime, severe e disperate parole, quasi sul punto di urlarle, l’animo di Anna, avvolto in un infuocato furore, iniziò a calmarsi sempre di più e gli occhi ritornarono ad essere celesti. L’espressione sul suo volto mutò poco alla volta, passando da quello di un rabbioso angelo a quello di una bimba in lacrime. Le fiamme che avvolgevano le sue mani si estinsero, senza lasciare ferite o ustioni sulla pelle. Dagli occhi di Anna iniziarono a sgorgare grosse lacrime.
 
“Elsa… io… io… non volevo… perderti…” singhiozzò Anna, mentre cadeva in ginocchio e si aggrappava alla veste di ghiaccio di sua sorella, con la testa chinata all'ingiù, senza il coraggio di alzarla, in cerca di perdono e consolazione per ciò che era appena successo e del terribile atto che stava per compiere.
 
“Lo so Anna… e ti posso assicurare che mi hai salvato la vita ancora una volta, perciò di ringrazio… volevo solo fermarti prima che tu potessi commettere uno sbaglio irreparabile…” disse Elsa con uno sguardo pieno di gratitudine, guardando Anna con gli occhi di una madre che sa consolare e perdonare la propria figlia. Elsa s’inginocchio anche lei e abbracciò forte sua sorella per dagli conforto e pianse dolci lacrime di commozione, felice di aver risvegliato la vera Anna dal furore del fuoco. L’Aura bianca che avvolgeva Elsa ricoprì anche Anna, da quale scaturirono delle splendenti sfumature dorate che emanavano un calore confortante. Caldo e freddo si univano in armonia in nome delle due sorelle. Era come se anche il magico fuoco nel cuore di Anna avesse ritrovato la pace e si fosse ricongiunto con il ghiaccio incantato in quello di Elsa.
 
“Hans è stato cattivo… ha fatto cose terribili… stava per ucciderti… volevo solo proteggerti da lui…” continuava a piangere Anna come una fontana, trovando il coraggio di alzare la testa e guardare negli occhi di Elsa in cerca di sollievo, ricambiando il suo abbraccio.
 
“È vero Anna… ti prometto che farò tutto quello che è in mio potere per far si che Hans venga giudicato, in modo equo e imparziale, per i misfatti che ha compiuto…” rincuorava dolcemente Elsa, guardando negli occhi straziati dalle lacrime di pentimento di sua sorella, accarezzando teneramente i suoi capelli rossi. Fu allora, improvvisamente, che quel commovente momento tra sorelle venne interrotto da una voce disumana, terribile e antica, che sembrava provenire dal nulla, echeggiando intorno a loro:
 
“Spiacente, sciocche  mortali, ma adesso Hans non ha tempo da sprecare con voi!” le ragazze alzarono la testa sgomente, cercando di capire da dove venisse quella voce fantasma. Fu allora che s'accorsero che Hans non c’era più e che al suo posto c’era un grosso buco di vorticante oscurità sospeso a mezz’aria, che si stava rinchiudendo su se stesso fino a scomparire nel nulla.
 
“Chi sei tu e che fine ha fatto Hans?” esclamò risoluta Elsa, stringendo Anna tra le sue braccia per proteggerla, come se qualcuno minacciasse di portagliela via.
 
“Quello che devo fare con il mio condottiero non è affar tuo, e per quando riguarda me, Hans ti aveva già detto chi sono io!” disse la voce sovrannaturale, che sembrava provenire dall’aldilà, e infine disse:
 
“Non so come tu e la tua sorella possiate avere dei simili poteri come i vostri, ma non riuscirete a fermare il mio ritorno! Il ritorno di Miðgarðsormr!” in una tremenda risata, come era apparsa, la voce del signore delle ombre scomparve nella notte, lasciando sole le due ragazze. Elsa si guardò intorno e poi rivolse la sua attenzione sul viso rigato da copiose lacrime di Anna. Sul volto della principessa c’era confusione e smarrimento ed Elsa aveva cosi compresso che sua sorella si era resa conto di ciò che era veramente successo, anche se non riusciva a crederci.
 
“com’è possibile… anch’io ho dei poteri… e non mi rendevo neppure conto che li stavo usando… era come se fosse il fuoco a comandare la mia volontà… come se io non fossi in me… Elsa, ho paura… cosa mi sta succedendo?...” pianse Anna, mentre appoggiava la testa nel petto di sua sorella, cercando conforto tra le sue braccia e nel suo volto angelico.
 
“Stai tranquilla, piccola mia… ti proteggerò io… ci sarò sempre per te quando avrai bisogno di me…” diceva Elsa, cercando di consolare, come se la ragazza che stringeva tra le sue braccia fosse un cucciolo smarrito. La regina delle nevi era però anche preoccupata perciò che era appena successo e si chiese se fosse mai stata in grado di aiutare sua sorella a superare il momento drammatico della scoperta dei suoi poteri sul fuoco.

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Capitolo 7
*** Il Racconto delle Due Stelle ***


Quando l’infuocato potere che si era scatenato nell'animo di Anna venne placcato in merito ad Elsa, il muro infuocato che aveva bloccato la strada al principe decaduto e le roventi orme lasciate sul piazzale e sul ponte dalla principessa si affievolirono, fino a spegnersi, lasciando solo pochi segni nerastri della loro presenza, e appena in tempo. Infatti, i cristalli purpurei che imprigionavano Kristoff , la sua renna e tutti i sudditi del castello si sprigionarono e si ridussero fino a divenire polvere finissima, che si dissolse nell'aria senza lasciare traccia. Mentre tutti coloro che erano stati imprigionati dal maleficio di Hans si riprendevano da quella brutta esperienza, chiedendosi cosa fosse successo, videro ritornare al piazzale la regina, che abbracciava sua sorella, la quale si aggrappava alla maggiore in cerca di conforto, con il viso segnato dalla sofferenza, dallo smarrimento e dalle lacrime.
 
“Regina Elsa! Principessa Anna! Grazie al cielo, state bene! Temevamo che quel traditore di Hans vi avesse fatto del male, o peggio!” Esclamarono molti sudditi, avvicinandosi alle due giovani danne per prestare loro aiuto. Quando però Anna vide quelle persone che si stavano avvicinando a lei e a sua sorella, chiuse gli occhi e si strinse ancora di più tra le braccia di Elsa, singhiozzando:
 
“Vi.. prego… no… state… Indietro…” i sudditi rimassero sorpresi e sconcertati nel sentire le parole uscite dalla bocca della loro amata principessa. Elsa, sapendo che non era ancora il momento di raccontare ai sudditi cosa era veramente successo a lei e a sua sorella, disse a loro che Hans era venuto qua stanotte, con l’intendo di uccidere sia se stessa che Anna, ma che nonostante abbia fatto un patto con forze oscura, era stato respinto, senza però che la principessa non rimanesse sconvolta da quando era accaduto. Quello che Elsa aveva narrato ai suoi sudditi non era proprio una vera bugia, aveva solo omesso i particolari come il fatto che lei era sul punto di soccombere davanti al principe Hans, del fatto che Anna, risvegliando il potere di fuoco che giaceva in lei, l’avesse salvata da fine certa, cercando poi però anche di annientare il traditore e del fatto che quello che era appena successo questa notte potesse avere un seguito persino peggiore.
 
“Vi assicuro, amati sudditi, che Hans sarà perseguitato per ciò che ha compiuto stanotte e che sarà giudicato, secondo giustizia!” esclamò infine Elsa, rivolgendosi ai suoi sudditi con voce regale e risoluta, rotta solo dalla stanchezza per aver sostenuto il combattimento contro i mostri d’ombra. I sudditi si sentirono un poco più rassicurati, tranne Kristoff e Sven che, scambiandosi tra loro uno sguardo dubbioso, intuirono che c’è era qualcos'altro, oltre a quello che aveva raccontato la regina delle nevi.
 
“Ora vorrei accompagnare mia sorella nella sua stanza, se non vi dispiace…”  chiese gentilmente la regina, stringendo il suo dolce abbraccio intorno a sua sorella. I sudditi, commossi e comprensivi, si fecero da parte, lasciando che Elsa s’avviasse assieme ad Anna verso il castello. Ad un certo punto, quando si ritrovò alla sua sinistra Kristoff e la sua renna, che guardavano preoccupate le due ragazze, Elsa si fermò un attimo, per poi volgere il suo sguardo verso il montanaro con occhi blu gelidi e severi.
 
“Kristoff… dobbiamo parlare… adesso…” sussurrò la regina al biondino. A quelle parole, Kristoff capì che quello che aveva predetto Granpapà su Anna del suo potere di fuoco si era purtroppo avverato. Il giovane allora affidò alle guardie del palazzo la sua amica renna, in modo che la portassero in una stalla per farla riposare e rifocillarla.
 
“Stai tranquillo, Sven. Ci rivedremo presto, e poi di racconterò ciò ora Elsa mi deve dire, promesso.” Sussurrò il ragazzo all'orecchio del suo amico a quattro zoccoli. Anche se le parole appena pronunciate da Kristoff erano state solo sussurrate, raggiunsero le orecchie della principessa. All'udire quelle parole, Anna si sentì tentata di riaprire gli occhi per vedere il suo amato, correrli incontro, abbracciarlo, dirgli che lo amava e che desiderava essere amata da lui. Quel innocente desiderio cosi dolce venne però soffocato a causa del ricordo di ciò che era appena successo, il fatto che aveva appena scoperto di avere poteri simili a quelli di Elsa, con l’eccezione che si trattava del fuoco, un potere l’aveva imprigionata in una tempesta di rabbia, sfruttando il suo rancore verso Hans, e che la stava portando a commettere l’atto di togliere ingiustamente la vita a qualcuno, anche se si trattava del principe decaduto. Era spaventata, confusa e sofferente, soprattutto nel cuore. L’unica cosa che calmava il tumulto di quelle terribili emozioni nel suo animo era lì abbracciò di sua sorella, fatto di tenerezza e comprensione, come un dolce balsamo e non voleva lasciarlo per nessuna ragione al mondo.
 
 
 
Nella camera di Anna, per far passare il tempo in attesa che tornasse la loro amica, Olaf e Lynae stavano giocando a nascondino. Dopo aver contato fino a sessanta con gli occhi coperti, Olaf aveva iniziato a cercare per tutta la stanza la piccola micia. La cercò sotto e sopra il letto, nelle coperte, anche dentro i cuscini. La cercò sulla specchiera e nei cassetti. Anche nell'armadio dei vestiti di Anna provò a stanare la bestiolina. Provò persino a cercarla sotto il tappeto e dentro al vaso con i fiori che si trovavano sul comodino accanto al letto. Niente. Nulla. Nada. Nisba.
 
“Accidenti! Quella piccola peste è davvero brava a nascondersi!” Fu allora che il pupazzo sentì un piccolo starnuto, ma la cosa più strana, era che proveniva… dal suo pancino.
 
“Urca! Sapevo che una pancia brontola quando ha fame, ma che si prendesse il raffreddore mi giunge nuova!” esclamò sorpreso. Dalla pancia di Olaf, saltò fuori miagolando la piccola micia, con la pelliccia color panna chiara ricoperta da pezzetti di neve.
 
“Ecco dov'eri finita, furbacchiona!” disse il pupazzo ridendo, mentre Lynae si leccava le zampine per togliersi la neve che si era attaccata alla pelliccia. In quel momento, la porta della stanza s’aprì. Era stato Kristoff ad aprirla, mentre Elsa entrava nella stanza, sempre abbracciando sua sorella per dargli conforto. La regina chiese a Kristoff di accendere i candelabri, posti sulla parete della camera per illuminarla meglio. Una volta che il biondino ebbe accesso le candele, la camera fu rischiarata. Il pupazzo Olaf e la gattina Lynae, che quest’ultima non era ancora stata notata dalla regina e dal montanaro, guardavano preoccupati il viso sofferto di Anna, che ancora teneva gli occhi chiusi. Olaf si chiese pensieroso cosa fosse successo alla sua migliore amica, che prima di uscire, scoppiava di salute come una leonessa e ora sembrava una cerva che era a stendo fuggita dai cacciatori.
 
“Ehi, ma qualcuno mi dice che successe e che cos'ha Anna?” chiese preoccupato il pupazzo, rivolgendosi a Kristoff. Il ragazzo guardò Olaf, con una sguardo amareggiato. Intanto Elsa sedette assieme ad Anna sul letto, senza che quest’ultima abbandonasse il tenero abbraccio della sorella maggiore. In fondo, anche se spesso era un tipo distratto e pasticcione, Olaf si dimostrava un amico che sapeva tenere un segreto fino a quando era necessario. Quando Kristoff ed Elsa finirono di spiegare cosa fosse veramente successo stanotte, il pupazzo di neve rimase a bocca aperta, guardava incredulo la sua amica principessa, che s’abbandonava all'abbraccio di sua sorella, rimanendo in silenzio, con gli occhi sempre serrati dalla paura, dalla sofferenza e dallo smarrimento. Olaf, avvicinandosi alla rossa, gli chiese preoccupato:
 
“Anna… va… va tutto bene?” Anna aprì timorosamente gli occhi e vide il volto del suo adorabile amico di neve, come se gli volesse dargli un caldo abbraccio per rincuorarla.
 
“Io… non lo so…” rispose gemendo Anna, con le lacrime che iniziavano nuovamente a sgorgare come cascate dai suoi occhi, singhiozzando, quasi sul punto di urlare.
 
“Perché… Perché dove succedere proprio adesso… la nostra vita era diventata bellissima…” Kristoff sapeva bene che parte di quello che era successo era a causa anche di Hans e giurò nei suoi pensieri che se lo avesse avuto tra le mani, anche solo per pochi secondi, altro che il fuoco magico di Anna! Intanto continuando a piangere, la giovane sprofondò la testa nel petto si sua sorella, cercando sollievo nel suo abbracciò. Fu allora che la principessa sentì qualcosa che era balzato sulle sue gambe e, alzando la testa da sua sorella, si accorse che si trattava di Lynae. Fino a quel momento, la gattina era rimasta a guardare la sua padroncina che piangeva, senza però rimanere insensibile alle sue lacrime di sofferenza e, alla fine, con un balzo felino eccezionale per la sua giovane età, era salita sulle gambe di Anna, e ora faceva fusa e teneri miagoli per consolarla. Elsa fu sorpresa di vedere una micia nella stanza di sua sorella e fu allora il turno di Olaf spiegare, raccontando come era finita qua quell'adorabile bestiolina. La regina guardò il pupazzo con sorriso e sguardo pieni di gratitudine per aver fatto un cosi grazioso dono alla sua sorellina. Anna, versando ora lacrime di commozione per l’affetto che Lynae provava per lei, allungò tremando la mano verso il batuffolo di pelo, sperando che stavolta il fuoco magico dentro di se non scoppiasse e l’avvolgesse di nuovo in un vortice di collera indomabile. Speranza non vana, fortunatamente. Infatti, le dita della principessa sfiorarono delicatamente della gattina, che ricambiò con un tenero miagolio. Per la prima volta, dopo quello che era successo in quella terribile notte, Anna finalmente riuscì e sorridere verso la piccola amica felina, che le voleva bene davvero, cosi come ne volevano altrettanto anche Elsa, Olaf, Sven e… Kristoff. Anna si chiese nei suoi pensieri se questi poteri infuocati che si celavano nel suo cuore l’avrebbero permessa di rendere più saldo l’amore con Kristoff o se lo avessero infine consumato come un fiammifero. Si chiedeva poi se sarebbe mai stata in grado di domare questo dono, che rischiava di divenite maledizione e se Elsa l’avrebbe mai aiutata in questo terribile compito. Fu Kristoff a richiamare l’attenzione dei presenti, tossendo un poco. Per un istante, Anna pensò che il ragazzo volesse farsi avanti e fare la proposta che aspettava di sentirsela dire da tanto, troppo tempo. Poi però, guardando lo sguardo del montanaro, la principessa capì che, in quel momento, la sua era solo un’idea campata in aria, soprattutto, vista l’attuale situazione.
 
“Scusate, credo che ci sia una cosa importante che vi devo dire, anzi, mostrarvi” il montanaro allora estrasse dalle sue tasche due oggetti. Il primo era un sacchettino di stoffa, chiuso con una cordicella, mentre l’altro era una pietra ovale, liscia, argentata e con una runa arcana incisa in mezzo ad essa. Kristoff appoggio la pietra in pezzo al pavimento, proprio sul tappeto, poi slegò la cordicella che legava il sacchetto e da esso estrasse una manciata di polvere blu, che luccicava come fosse zaffiro. La pietra era stata posizionata con la runa rivolta verso l’alto. Le ragazze, il pupazzo e la micia guardavano perplessi e incuriositi il singolare rituale che Kristoff stava preparando davanti ai loro occhi. Il ragazzo allora lasciò cadere la polvere blu luccicante sopra la pietra argentata. Non appena il pulviscolo dalle sfumature di zaffiro sfiorò la runa, essa iniziò a risplendere di una luce giallognola e la pietra scoppio in un luminoso sbuffo è, in un turbinio scintillante che s’ingrossava sempre più, lasciando di stucco i presenti, apparve in mezzo alla stanza l’immagine incorporea, eppur nitida, di Granpapà. Tutti i presenti, compresso Kristoff, rimassero ammutoliti per lo stupore.
 
“Ragazzo mio, era ora tu evocassi l’incantesimo del miraggio a distanza! Cos'è, un branco di renne ti bloccava il sentiero?” Esclamò Granpapà, rivolgendo al ragazzo una sguardo e un sorriso severo e ironico allo stesso tempo. Kristoff si grattò la nuca con la mano, sorridendo tenuemente dall'imbarazzo.
 
“Mamma mia! Un fantasmaaaa!” gridò spaventato Olaf, correndo a nascondersi sotto al letto per sfuggire da quella figura semitrasparente.
 
“No, buffo pupazzo! In realtà, io sono sempre tra i viventi, quella che vedete è solo la mia immagine immateriale e in questo momento vi sto parlando dalla Valle dei Troll, tramite un incantesimo per poter parlare a distanza!” spiegava il re dei troll, cercando di rincuorare il pupazzo.
 
“Oh, ma allora fatti abbracciare!” esultò Olaf, uscendo da sotto il letto, e cercando, sorridendo, di abbracciare l’intangibile Troll. Il risultato fu che il pupazzo attraverso l’immagine incantata e di cadere in disteso in avanti, perdendo testa, naso e braccia.
 
“Accipicchia, ancora!” sbottò Olaf, cercando di ricomporsi. Persino le due sorelle sedute sul letto non potevano fare almeno di ridere per un attimo a quella spassosa scena. Olaf aveva il dono di far ridere allegramente la gente, anche nei momenti più tristi e sconfortanti.
 
“Quale parte della parola Immateriale non hai capito, Olaf!” disse Kristoff con tono ironico. Anche la magica immagine del re dei troll rise per la comicità del pupazzo, poi rivolse con un sorriso la sua attenzione alle due fanciulle e fece loro un riverente inchino.
 
“Lieto di rivedervi, Regina Elsa e Principessa Anna, anche se questa non è una visita di piacere.” Il Troll, rialzandosi dal suo inchino, s’accorse dei segni sofferenti ancora presenti nel volto di Anna e intuì, facendosi più serio, cosa potesse essere successo.
 
“Hai appena scoperto il tuo segreto, nascosto nei recessi del tuo cuore, vero principessa?” chiese il Granpapà, con sguardo interrogativo e sapente verso la principessa. La ragazza rispose di si, facendo un leggero accenno con la testa. Il troll notò poi che il capelli rossi di Anna erano divenuti più intensi e luminosi, come se fossero le piume di una fenice.
 
“Vedo che anche i tuoi capelli sono cambiati.” fino adesso, i presenti erano troppo preoccupati per l’esperienza terribile che Anna aveva vissuto per rendersi conto del mutamento della sua chioma.
 
“A-Ancora?” sbottò Anna balbettando, mentre passava la mano tra i suoi capelli per vederne meglio il cambiamento. La principessa si ricordò della ciocca dei suoi capelli che era diventata color platino, a causa di un incidente, in cui sua sorella Elsa l’aveva colpita per sbaglio con la sua gelida magia. Un fatto che era accaduto durante la sua infanzia e che gli era stato rimosso dai suoi ricordi dalla magia del sovrano dei troll per proteggerla, fino a quando i poteri di Elsa vennero rivelati durante il giorno della sua incoronazione, gettando Arendelle in un gelido inverno senza fine. Per non parlare di quando, per sbaglio, sua sorella la colpì con il magico ghiaccio il suo cuore, sbiancando i suoi capelli, con il rischio di rimanere congelata per sempre, se non fosse stato per il suo di vero amore nei confronti di Elsa, salvandola dalla lama del crudele Hans. ed ora, i suoi capelli erano divenuti persino più rossi delle fiamme, e stavolta non per il ghiaccio di Elsa, ma a causa del magico fuoco che si era risvegliato improvvisamente nel suo animo. Il troll riprese di nuovo la parola, facendosi più serio che mai:
 
“Regina, principessa e tutti voi presenti… e anche tu.” Granpapà si stava infatti rivolgeva un tenue sorriso verso la piccola micia, che era saltata dal letto e si era avvicinata incuriosita all'immagine magica, cercando inutilmente di sfiorarla con le sue zampine. Poi il troll, rivolgendo i suoi occhi verso le due sorella disse solennemente:
 
“Per spiegarvi cosa sta succedendo veramente, vi dovrò raccontare una storia secolare, che mi è stata raccontata in sogno dai miei antenati qualche notte fa e che riguarda voi e la vera origine dei vostri poteri.”
 
“Tanto tempo fa, nella terra di Arendelle, viveva un buon re e la sua bellissima regina, il cui loro amore era profondo e sincero ed erano beneamati dalla loro gente. A lungo il re e la regina avevano sperato nella nascita di un erede. Un bel giorno, le preghiere e le aspettative dei due sovrani vennero esaudite, e nacque loro una bellissima bambina. Nel regno ci fu grande festa e giubilo per la nascita della primogenita e tutta la gente gioiva per lei. poco tempo dopo però, accade che, senza nemmeno aver compiuto sei mesi di vita, la neonata s’ammalalo di un male senza nome, che gli portava via la voglia di vivere giorno dopo giorno. I suoi genitori, disperati, si rivolsero ad ogni dotto e sapiente del loro regno per salvarla, prima che fosse troppo tardi. Quei uomini di conoscenza non seppero però come porre rimedio al male che affliggeva la piccola. Non riuscirono nemmeno a dare un nome a quel orrendo male, iniziando persino a pensare che si trattasse di uno spirito maligno. I reali genitori stavano quasi per perdere ogni speranza e la loro creatura era ormai sull'orlo di cadere nel sonno infinito, quando una notte d’inverno arrivò davanti alle porte del palazzo, portato dal vento del nord, un vecchio dalle lunghe vesti grigie, con una lunga barba argentata che quasi si confondeva con gli abiti, reggendo in mano solo un lungo, grosso e nodoso bastone di pino e, nell'altra, una piccola scatola di legno. Il vegliardo errante chiese con solenne umiltà di poter conferire con i sovrani, sostenendo di poter guarire la loro piccina. I sapienti però sconsigliarono al re e alla regina di fidarsi e di far entrare alla corte quel vecchio, che nessuno l’aveva mai visto e che poteva avere intenzioni ambigue. Il re e la regina però non li ascoltarono, perché il loro più grande desiderio e quello del popolo era che la piccola primogenita potesse guarire dal terribile male. Il vecchio fu allora portato nella sala del trono, sotto lo sguardo indignato dei dotti, al cospetto dei due sovrani, che lo accolsero pieni di speranza nei loro cuori. Il vecchio, inchinandosi con sincera umiltà davanti al re e alla regina, si presento come un eremita errante, che aveva votato la sua vita, le sue conoscenze e la sua magia bianca al servizio del bene degli altri, che fossero piante, animali e uomini. L’eremita spiegò che, tramite il sussurro del vento tra gli alberi, era venuto a conoscenza del terribile male che attanagliava la vita della neonata reale e che minacciava di spegnerla come un cero. Infine rivelò di possedere la cura a quel male, un dono caduto dalle stelle che avrebbe aiutato la piccola a guarire. Detto ciò, l’eremita mostro ai presenti la scatola di legno, su cui erano incise rune che sembravano provenire dall'alba dei tempi. Il vecchio allora chiese umilmente ai sovrani di condurlo al cospetto della loro creatura afflitta, senza che li seguisse nessuno. I sapienti e i ministri allora protestarono con feroce indignazione, sostenendo che l’eremita era solo un millantatore, o peggio, che fosse un seguace delle arti oscure e che abbia fatto lui stesso una fattura contro la primogenita. Il vecchio, sentendosi insultare in quel modo, si rialzò di scatto dal suo umile inchino e si levò il cappuccio, rivelando una lunghissima e secolare chioma argentata, con uno sguardo severo e maestoso rivolto a quei saggi e ministri che cercavano di screditarlo davanti ai due sovrani. Gli occhi del vecchio eremita, bianchi come il rigido inverno, misserò a nudo l’invidia, l’arroganza e l’ipocrisia di quegli uomini. Il re e la regina, per il bene della loro bambina, non vollero ascoltare altro e accettarono le condizioni dell’eremita, che intanto si era rimesso in testa il cappuccio per celare il suo antico sguardo. I sovrani accompagnarono il vecchio nella stanza della piccola ammalata, senza che nessun’altro li seguisse. Una volta entrati, il vecchio vide, con tenerezza e apprensione sincere, che la piccola, coricata nella sua culla, era quasi sul punto di appassire come un delicato fiorellino che non era ancora sbocciato. Allora il vecchio, sotto lo sguardo di disperata preoccupazione dei due sovrani, aprì la scatola di legno, nella quale era custodita l’unica cura per salvare la loro creatura dal sonno eterno, e ne mostrò il contenuto. I re e la regina rimassero sorpresi e meravigliati nel vedere che all'interno della scatola c’erano due piccole gemme che splendevano fulgide, come se ognuna di loro celasse al suo interno la luce di una stella. Avevano le dimensioni e la forma di due delicati semi di rosa. Una era azzurra come il ghiaccio ed emanava un fresco confortante. L’altra era rossa simile al fuoco, che emanava un calore che dava speranza. L’eremita iniziò a raccontare ai due sovrani che queste preziose pietre erano scese una notte dal cielo stellato, tramite una dorata come a due code, proprio nella radura di una sperduta foresta e lui stesso le aveva raccolte un attimo dopo, intuendo la loro natura magica e benevola. Il vecchio rivelò infine che, se messe sul petto della piccina, le due gemme si sarebbero fuse nel suo animo e l’avrebbero liberata dal suo terribile male. Detto questo, l’eremita s’avvicinò alla culla della piccolina che, anche era ancora viva, era terribilmente immobile e silente. Il vecchio prese dal piccolo scrigno di legno i due semi splendenti venuti dal cielo notturno e li depositò dolcemente sul petto della piccina. La neonata fu allora avvolta improvvisamente da un aura che si fondeva con il bianco e il dorato e le due gemme incantate penetrarono sotto forma di vapore scintillante nel suo corpo, fino a fondersi con ogni parte del suo essere. I due sovrani rimassero incredibilmente di stucco, mentre laura che avvolgeva la piccola s’attenuava fino a scomparire. Fu allora che dal corpo della neonata fu espulso un miasma nero che prese la forma di un globo sospeso nell'aria, con due rossi che ardevano furiosi per la sconfitta che gli era stata inflitta dall'eremita. Quell'essere nero era infatti il male che aveva minacciato fino adesso di far appassire la vita della piccina. Lesto, l’eremita colpì il globo fumoso e maligno con il suo robusto bastone, mentre recitava una formula in una lingua primordiale. Cosi facendo, l’essere maligno fu per sempre esiliato nella terra delle ombre, dove sarebbe stato imprigionato e non avrebbe mai più minacciare nessuno. La piccola era finalmente guarita e iniziò a ridere allegramente. Il vecchio con un tenero sorriso sulla bocca, prese dolcemente in braccio la neonata, che lo guardavano gioiosamente, come se lo vedesse come una specie di nonno. L’eremita, felice di aver aiutato a salvato la piccina, la consegnò delicatamente tra le braccia dei suoi genitori, che non smettevano di piangere dalla gioia e dalla commozione. I due sovrani ringraziarono caldamente per il miracolo che aveva compiuto per la loro dolce creatura. Il vecchio replicò che in realtà il merita era dovuto alle due gemme che si erano unite nel cuore della bambina per salvargli la vita. I due sovrani insistettero comunque per ringraziare l’eremita, offrendogli di realizzare qualunque desiderio lui volesse. Il vecchio desiderò allora che i due sovrani ascoltassero attentamente quando stava per dire, riguardo proprio alla bambina e alla natura mistica delle due gemme che si erano ormai legate nel suo cuore per tutta la sua vita. L’eremita spiegò infatti che all'interno di ognuno di quei due semi, divenuti ormai essenza vitale per la piccola, custodiva un potere sopito. Uno era l’essenza primordiale del ghiaccio, l’altro del fuoco. In quei due poteri dormienti, uniti e divisi allo stesso tempo, sarebbero stati silenti per tutta la vita della piccina, per poi passare ai suoi discendenti e cosi via, per molte generazioni. Intanto i due poteri gemelli sarebbero cresciuti, senza mai dare segno della loro presenza, almeno fino a quando non sarebbe giunto il momento. Infatti l’eremita profetizzo ai due sovrani che un giorno, dalla discendenza della loro primogenita, sarebbero infine nate due fanciulle, che avrebbero infine risvegliato, ormai pronto, il potere delle gemme di ghiaccio e fuoco. La prima sarebbe nata con il potere del ghiaccio, mentre la seconda con quello del fuoco. Queste due fanciulle, spiegò l’eremita, avrebbero avuto un giorno il compito di respingere un antico male, che sarebbe emerso dalle viscere della sua oscura prigione e avrebbe minacciato di avvolgere nelle spire di una notte senza fine il mondo intero. Solo se le due prescelte avessero combattuto insieme, sarebbero riuscite ad illuminare con ghiaccio e fuoco le tenebre, distruggendo per sempre l’immonda bestia dell’oscurità. Il re e la regina rimassero sbigottiti  spaventati da tale rivelazione, ma l’eremita li rassicurò, dicendo loro che ciò che aveva appena rivelato sarebbero accaduto fra moltissimo tempo e che le due fanciulle della profezia sarebbero state in grado di compiere il loro destino, con il ghiaccio, con il fuoco e con la loro volontà. Poi il vecchio eremita fece promettere ai due sovrani di non rivelare mai a nessuno, nemmeno alla loro bambina di quando avesse profetizzato. Il re e la regina compresero l’importanza della richiesta dell’eremita e giurarono sul loro onore che avrebbero portato questo segreto nel riposo eterno. Poi l’eremita alzò il suo bastone e, pronunciando una misteriosa formula, fece dimenticare a tutti, ovvero agli abitanti del regno, ai dotti, ai ministri, alle guardie e persino alla neonata di quando fosse successo quella notte, eccetto i due sovrani. Questo perché l’eremita aveva fiducia nel loro giuramento e sapeva che non lo avrebbero fai infranto. Tutti, eccetto i due regnanti, dimenticarono l’eremita e persino il male che si era impossessato della neonata. L’eremita disse addio ai due sovrani e augurò lunga vita alla loro figlioletta e ai suoi discendenti, poi evocò il vento del nord, che lo fece sparire dalla stanza della piccina, senza lasciare traccia. Dell’eremita non si seppe più niente, come se fosse sparito dal mondo in quella stessa notte. L’intero regno, per magia dell’eremita, aveva ormai dimenticato del morbo che aveva minacciato la figlia del re e della regina. I Sovrani restarono fedeli alla loro promessa, fino alla fine dei loro giorni, mantenendo il segreto sui due poteri dormienti, legati ormai da un vincolo mistico nell'anima della figliola e dei suoi discendenti, dai quali sarebbero nate due nobili e coraggiose fanciulle che, in nome del ghiaccio, del fuoco e della luce, avrebbero scacciato per sempre le tenebre che avrebbero un giorno minacciato il mondo.”
 
Tutti i presenti restarono stupiti per ciò che Granpapà aveva appena finito di raccontato.
 
“Aspetta… questo vuol dire che la primogenita dei sovrani del racconto era…” iniziò a dire Elsa, con voce sbigottita e incredula, che venne interrotta dal troll dalla criniera scura dorata, con voce solenne e grave:
 
“Si, regina… quella bambina che l’eremita aveva salvato… infondendogli nel suo spirito le due gemme di ghiaccio e fuoco venute dalle stelle… era una vostra antenata…” 

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Capitolo 8
*** Discussioni ***


Elsa e sua sorella non riuscivano ancora a credere a ciò che il troll aveva appena rivelato riguardo ai loro poteri.
 
“Stai dicendo… che la nostra famiglia custodiva questi poteri da generazioni… senza neanche saperlo?...” domandò Anna, guardando sbigottita l’immagine incantata di Granpapà.
 
“Per la sicurezza di Arendelle e dei componenti della famiglia reale, era necessario che niente e nessuno potesse venire a conoscenza di tale fatto, almeno fino a quando stato necessario, in modo che i servi del signore oscuro non potessero cercare di sopprimere i due prima del tempo per preservare il ritorno del loro padrone!” spiegò serio il troll. Esclamò poi quasi sussurrando:
 
“Ormai il momento è alle porte!”
 
“Che indenti dire?” chiese perplessa Elsa. Lo sguardo di Granpapà rivolto ai presenti si fece più grave e disse:
 
“Dopo di questa, fra altre cinque notti, l’oscuro male innominabile, profetizzato dall'eremita, sarà libero dal suo esilio e potrà finalmente stringere il mondo nella sua diabolica morsa…”
 
“Miðgarðsormr!” esclamò improvvisamente Elsa, ricordandosi di ciò che gli aveva raccontato Hans e dell’oscura voce che aveva udito assieme alla sorella. Il troll restò per un solo istante senza parole e sbalordito per ciò che aveva udito dalla bocca della regina delle nevi.
 
“come fai a conoscere il nome di quella belva oscura?” chiese Granpapà, con un leggero sconvolgimento nel tono della sua voce.
 
 
 
 
I Santuari di Miðgarðsormr erano sparsi per quasi tutta Arendelle. Alcuni erano in bella vista, senza però che qualcuno riuscisse comunque a capirne l’origine e il significato proprio. Altri, i più pericolosi e importanti, erano situati, velati da una sinistra magia, negli luoghi più oscuri e sperduti del regno. Hans si era rifugiato proprio in uno di quest’ultimi, subito dopo essere scampato dal fuoco di Anna, fuggendo attraverso un varco tenebroso aperto dal suo padrone. Il luogo in questione era una grande e profonda caverna scavata sulla cima di un altissima e inviolata montagna nera, la cui sommità era nascosta da intense e grigie nubi, che estendevano per chilometri di distanza, oscurando il territorio circostante. Le pareti, la volta e il suolo della mostruosa e smisurata caverna sembrava essere interamente ricoperta con la pelle nera e squamosa di un drago, ruvida e pungente al tatto. La volta era sostenuta da numerose colonne, disseminate un po’ ovunque. Le colonne sembravano enormi tronchi d’albero deformi, il cui colore era un lugubre purpureo, che sembrava emanare un inquietante chiarore, rischiarando l’interno della caverna. Tale luminescenza creava sulla superficie di tutta la caverna riflessi e ombre, che davano l’illusione di essere demoni pestiferi, pronti a prendere vita e a seminare scompiglio e malignità. Hans avanzava tra le macabre colone con passo solenne, ma grave allo stesso tempo, affiancato da due mostri d’ombra che lo stavano scortando per farlo conferire con il signore delle ombre. Una delle creature fatte di tenebre aveva le sembianze di un essere antropomorfo, alto la metà di Hans, con la testa a forma di cinghiale dalle lunghe zanne, gli zoccoli al posto dei piedi e due lame ad uncino invece delle mani. L’altro essere oscuro aveva la forma di un grosso cobra, leggermente più grande del cinghiale nero, con ben tre occhi purpurei, disposti come un triangolo sulla sua testa. Da dietro la sua testa, spiccavano un paio di enormi ali di drago, ricoperte di piccoli aculei appuntiti. Il cinghiale grugniva ferocemente e Il cobra sibilava in modo sgradevole, mentre accompagnavano il loro condottiero verso il fondo della caverna. Hans dovete ammettere a se stesso che era molto preoccupato in quel momento. Per lui era stato umiliante dover scappare attraverso il varco oscuro evocato dal suo signore e padrone, proprio ora che aveva la vendetta a portata di mano, ma non aveva scelta, visto come si erano svolti i fatti di quella notte, che ancora non era finita. Stava per trafiggendo il cuore della regina Elsa e conquistando il regno di Arendelle, che sarebbe divenuto poi la futura capitale del reame delle ombre. Poi era successo che anche Anna possedeva poteri magici, sul fuoco per la precisione, ed erano cosi forti e impetuosi, che persino la magia delle ombre che gli era stata concessa da Miðgarðsormr era impotente al cospetto della principessa. Ciò che però aveva terrorizzato veramente Hans era la rabbia di Anna nei suoi confronti, terribile e magnifica allo stesso tempo. Hans non riusciva più a riconoscere l’ingenua e semplice ragazzina che aveva incontrato al palazzo di Arendelle, durante il giorno dell’incoronazione di Elsa. Fu allora che i due seguaci d’ombra lo scossero dai suoi pensieri con i loro deformati versi. Hans e i due sgherri si trovavano infatti davanti al fondo della caverna, un enorme parete nera. Incastonata in quella parete di roccia nera, c’era un grande specchio, la cui forma ricordava il gigantesco occhio di un ciclope. la cornice intorno ad esso era dello stesso materiale di cui erano fatte le colonne che sorreggevano la volta del santuario cavernoso dedicato a Miðgarðsormr. Il principe decaduto vide il suo riflesso in quello specchio, che esaltava il nero della sua uniforme da condottiero e i risvolti purpurei. Grazie alle conoscenze misteriose che aveva appresso nel momento stesso in stringeva il patto con le tenebre, Hans sapeva che, grazie allo specchio, era possibile parlare con la bestia dominatrice dell’oscurità dal limbo in cui era esiliata. Tra non molto, il condottiero delle ombre avrebbe conferito con il suo padrone. Hans era più intimorito che onorato nel dover conferire con il signore dell’oscurità, essendo sicuro che lo avrebbe sicuramente rimproverato pesantemente per il fallimento dell’assalto al palazzo di Arendelle e, forse, lo avrebbe minacciato di rimuoverlo dal suo titolo di generale delle ombre, o peggio.
 
 
 
Quando Elsa finì di spiegare ai presenti ciò che gli era stato raccontato da quell’arrogante di Hans, Granpapà sospirò dicendo:
 
“Dunque è così che sei venuta a conoscenza del vero nome del vostro nuovo nemico, vostra altezza. Un essere oscuro così crudele, che persino il mio popolo lo teme e pronunciare il malefico suo nome è diventato tabù.” Anna, che fino a quel momento si era lasciata consolare nell'abbraccio di sua sorella, si sciolse da esso e s’alzo improvvisamente dal letto, con un volto misto tre preoccupazione, timore e agitazione.
 
“Anna…” le disse Elsa, guardandola con occhi gravi e preoccupati. Allora Anna iniziò a parlare, con un tono di voce che cercava di trattenere un’aria irritabile:
 
“Insomma, io… potrei anche capire e accettare il fatto che io e mia sorella dobbiamo affrontare questo Mioguanor, Mioronag, o come accidenti si chiama…”
 
“Miðgarðsormr” la corresse sua sorella.
 
“Si, quella cosa li, e potrei anche capire questa storia dei nostri poteri risale da tempi immemori, e che nessuno era a conoscenza di ciò, ma…” a quel punto, la voce di Anna sembrava in procinto di sbottare di rabbia.
 
“…perché il mio potere si è svegliato solo adesso? Elsa usava i suoi poteri addirittura quando era appena nata. Perché i miei poteri si sono manifestati solo adesso?” fu allora che Granpapà mandò uno sguardo serio verso Elsa, per poi rivolgerlo alla principessa per rispondere alla sua domanda.
 
“Anna, tua sorella è nata prima di te e il potere di ghiaccio, che era custodito nell'animo di vostro padre, quando si è infine unito a lei, si era appena risvegliato completamente. Per questo Elsa era in grado di usare i suoi poteri già da piccina. Quando a te, nel momento in cui sei nata, anche il potere del fuoco si è infuso nel tuo cuore, ma non era ancora pronto a risvegliarsi, perché era ancora incompleto. Lo sarebbe stato solo quando avresti raggiunto l’età di… sei anni.” Anna guardò il sovrano dei troll con aria confusa.
 
“Cosa stai dicendo? A quell'età, non si è svegliato alcun potere dentro di me, lo è stato solo adesso, quando Elsa era rischiava nuovamente di essere uccisa da Hans… se il mio potere era già completo mentre ero ancora bambina, perché… non si è rivelato…” mentre pronunciava quelle parole, nella sua mente s’insinuò un dubbio come una vespa fastidiosa e guardò verso il volto di sua sorella. Dagli occhi blu e gelidi di Elsa, sua sorella vide sgorgare da essi leggere lacrime di dispiacere. Anna cominciò finalmente a comprendere come erano andati veramente i fatti riguardo al suo ardente potere, anche se non riusciva e forse non voleva nemmeno crederci. Per un istante, che gli sembrava un eternità, rivide nei suoi ricordi il momento in cui Elsa gli aveva colpito la testa con il suo gelido potere, ancora bambine. Quel ricordo, che gli era stato rimosso dalla testa dalla magia del re dei troll per proteggerla, gli era stato poi ridato dopo gli eventi dell’inverno eterno, scatenato per sbaglio da Elsa, che rischiava di avvolgere Arendelle in una gelida morsa. Anna ormai perdonato Elsa per quell'incidente accaduto durante la loro infanzia, ma ora, dopo quelle nuove rivelazioni riguardo al suo fiammeggiante potere e di come era stato bloccato dal ghiaccio di Elsa quando erano ancora bambine, fece nascere dei dubbi, pensieri e nuove prospettive nel suo cuore. Cominciò persino a pensare intensamente che, forse, sua sorella gli aveva fatto un torto più grande di quando si potesse immaginare.
 
 
 
Hans guardava il suo riflesso nell'inquietante specchio, avvertendo un brivido di preoccupazione che correva violentemente in tutto il suo corpo. Il principe decaduto, per mezzo di quello specchio, avrebbe conferito con il suo padrone, rinchiuso nel limbo oscuro in cui era stato esiliato in tempi remoti. La parte ironicamente grottesca era che non sapeva se sentirsi onorato intimorito da ciò. Miðgarðsormr lo avrebbe sicuramente rimproverato pesantemente per la sconfitta che gli era stata inflitta al palazzo della regina Elsa, o forse anche peggio. Poteva essere in gioco il suo ruolo come condottiero della notte eterna, la sua aspirazione a futuro viceré del regno delle ombre, o addirittura la sua stessa vita. Ad un certo punto, Hans sentì gli sguardi dei due oscuri servitori su di lui, come per intimarlo ad chiamare il loro padrone. Anche se quei due erano al suo servizio, il principe decaduto sapeva bene che in realtà erano sotto il commando di un essere superiore a lui. Miðgarðsormr. Un essere millenario e crudele che poteva ordinare ai suoi tenebrosi servi di eliminare il giovane in qualsiasi momento senza tanti complimenti.
 
“lasciatemi conferire da solo con sua tenebrosa maestà, e andate a far la guardia all'entrata della grotta!” Gridò, alzando il braccio destro, puntando l’indice verso la soglia dell’oscuro santuario, con un tono di voce pieno di autorità e risolutezza, che velavano il suo timore per ciò che avrebbe dovuto fare adesso, ovvero chiamare l’oscuro signore tramite lo specchio dall'occhio ciclopico. I due neri servi s’allontanarono  da Hans, grugnendo e sibilando , eseguendo i suoi ordini. Il giovane, abbassando il braccio, rivolse di nuovo la sua attenzione verso lo specchio e si preparò a chiamare il suo padrone. Alzando verso l’alto le braccia, iniziò a pronunciare arcane e oscure parole. Alla fine di quella lugubre nenia, Hans riabbassò le braccia, mentre osservava lo specchio che iniziava la sua metamorfosi. Nello specchio scomparve i riflessi, divenne tutto nero come la pece e iniziò e tremolare come se fosse liquida. L’aria della caverna divenne più densa, le colonne purpureo attenuarono di poco il loro cupo chiarore e il principe decaduto s’inchino davanti allo specchio divenuto nero. Si sentì improvvisamente un sospiro feroce proveniente dalla superficie dello specchio, che si propagava per il cavernoso santuario come uno spaventoso eco. Fu allora che in alcuni punti sulla superficie si formarono delle fessure in linea retta, dalla luminescenza purpurea. Quelle fessure si aprirono di colpo. l’una dopo l’altra, rivelando di essere in realtà occhi simili a quelli di un serpente, il cui bagliore faceva accapponare la pelle. Nove occhi. Gli occhi di Miðgarðsormr.
 
“Salute a voi, o tenebrosa eccellenza…” Hans si prostrò solennemente davanti a quegli sguardi spaventosi nello specchio, con un mormorio grave ed’umile nella voce. L’oscuro sospiro di prima si trasformò in una voce disumana e antica, cosi terribile e tonante da far incrinare persino la superficie della parete in cui era incastonato lo specchio.
 
“Hans, mio fido… campione, ti sei finalmente deciso di trovare il coraggio di evocarmi!” Hans non sapeva dire se il tono di voce di Miðgarðsormr fosse votata allo scherno, alla rabbia o alla malignità.
 
“Mio padrone, sono tornato dalla mia missione al palazzo della capitale, ma…” prima che il giovane potesse continuare a parlare umilmente, la voce dell’oscuro signore rimbombò come un tuono.
 
“Fai silenzio, piccolo umano! So già del tuo fallimento nell'eliminare Elsa e conquistare il suo regno! Non dimenticare mai che posso vedere e sentire ciò che succede in questo mondo tramite gli occhi e le orecchie delle mie creature fatte d’ombra!” Hans si sentì ferire il cuore dalle dure parole del suo padrone. Poi però Miðgarðsormr, ridendo in modo crudelmente stridente, pronunciò una frase che fece alzare la testa del giovane dallo stupore:
 
“Tuttavia, il tuo non è stato un totale fallimento! Ora so veramente quali sono gli unici ostacoli al mio ritorno in questo mondo e all'ascesa del nuovo regno tenebroso nel mondo. I nostri piani dovranno essere corretti leggermente, ma so già come eliminarli… una volta per tutte…”
 
 
 
Dopo aver salutato i presenti e aver raccomandato di tenere d’occhio i poteri appena risvegliati in Anna e di essere cauti e pronti nel caso l’oscurità e i suoi servi dovessero di nuovo attaccare, l’immagine incorporea di Granpapà scomparve, venendo risucchiata nella pietra runica, che venne subito raccolta da Kristoff, prima che Lynae iniziasse a giocarci come se fosse un gomitolo di lana. Intanto Anna si stava guardando davanti al riflesso della sua specchiera, cercando di comprendere ciò che le era stato rivelato sui suoi poteri. Nel suo cuore, lei era confusa, intimorita e arrabbiata come una bambina, anche se si sforzava a fatica di non darlo troppo a vederlo. Non poteva fare a meno di guardare la sua chioma rossa e liscia riflessa nello specchio, divenuta più intensa e luminosa di prima, segno inconfutabile e drastico del risveglio del fuoco incantato custodito nel suo cuore.
 
“Anna… come ti senti?” mormorò Elsa preoccupata, mentre si avvicinava dietro a sua sorella, mettendogli le mani sulle spalle con sincera tenerezza.
 
“Io non so… se essere arrabbiata… terrorizzata… o triste… per ciò che mi è successo quando eravamo bambine… quel dannato incidente con i tuoi poteri…” la voce di Anna sembrava rotta da un senso di smarrimento.
 
“Anna, se mai ho fatto qualcosa di male nei tuoi confronti…” prima che Elsa potesse continuare la frase, la principessa si girò di scatto e guardò sua sorella con occhi seri, quasi feroci.
 
“Vorresti che io ti perdoni? E per che cosa, poi?” la voce di Anna era diventata di colpo impetuosa e furiosa, lasciando ammutoliti tutti i presenti. La rossa continuo:
 
“Per aver impedito, anche se per sbaglio, di risvegliare il mio potere quando avevo solo sei anni? Per aver permesso cosi ai nostri genitori di dividerci, per non rischiare che il tuo ghiaccio mi ferisse ancora? Per tutte le volte che mi hai chiuso le porte in faccia? Per tutti i tuoi rifiuti per stare accanto a me? Per tutti i silenzi in cui di sei nascosta? Per avermi fatto sentire sola per tutti questi anni e per tutta la sofferenza che ho dovuto subire in silenzio? Per avermi tarpato le ali e impedito di essere me stessa?” la voce di Anna si faceva sempre più adirata e sofferta mentre pronunciava quelle parole. Dagli occhi della principessa sgorgavano lacrime cariche di collera e disperazione. Era come se, nonostante avesse perdonato Elsa per tutti i disagi durante il periodo prima dell’incoronazione, era come se nell'animo di Anna fosse rimasto una scintilla di rancore, che ora rischiava di espandersi come un incendio, come se fosse alimentato dal suo ardente potere, nel momento stesso in cui si era risvegliato.
 
“Anna, io…” Esclamò Elsa, intuendo cosa stava accadendo in quel momento nel cuore di sua sorella. Fu allora che la regina venne colpita in faccia da uno schiaffo carico di rabbia.  Elsa guardò sconcertata sua sorella, massaggiando la guancia colpita proprio dalla mano di quest’ultima. Anna guardò sua sorella con occhi che sembravano dover diventare rossi come la prima volta che aveva scatenato il suo potere e che potessero infiammarsi di collera.
 
“Anna, non puoi fare così…” intervenne Kristoff, cercando di riportare la principessa alla calma e alla ragione, ma fu subito zittito dallo sguardo rovente della ragazza rivolto a lui.
 
“Me lo dice proprio uno come te, che mi lascia sospirare, in attesa che trovi il coraggio di dichiarare il suo amore verso la persona che dovrebbe amare, senza aver paura del giudizio degli altri?” quelle dure parole riuscirono a far breccia nel cuore da montanaro del ragazzo, facendolo intristire.
 
“Anna, per favore…” cercò di parlare di nuovo Elsa, sperando di placcare il risentimento che stava bruciando furiosamente in sua sorella. La principessa però allungò il braccio e ne puntò il dito verso la porta della sua stanza.
 
“Uscite tutti dalla mia stanza, subito!” sbottò schietta Anna, con l’indice inflessibile.
 
“Ti prego, Anna..” esclamò Elsa, in ultimo tentativo di far rinsavire la sua amata sorellina, ma inutilmente.
 
“Ho detto che dovete uscire tutti dalla mia stanza! Adesso!” ripeté la rossa, irremovibile, mortificando i presenti con il suo sguardo carico d’ira, come una violenta bufera di cenere ardente.
 
 
 
I nove occhi purpurei nello specchio stregato guardavano soddisfatti lo stupore sul viso del principe decaduto. La mostruosa voce di Miðgarðsormr rise in maniera morbosa.
 
“vedo con piacere, mio… condottiero, che ti stai chiedendo cosa stia tramando la mia nera anima, eh?” scherniva la diabolica voce, rivolta verso Hans.
 
“Per questa volta non ti punirò per il tuo fallimento, ma bada… io non elargisco una seconda occasione se mi deluderai ancora, chiaro?” la voce infernale si fece più seria e crudele. Hans si alzò umilmente davanti al grottesco sguardo di quegli occhi maligni e sovrannaturali.
 
“Non vi deluderò più, mio signore. Ditemi cosa volete che faccia per rendere salda la fiducia che avete nei miei confronti e soddisfare la vostra ambizione.” disse il giovane, cercando di assumere un atteggiamento risoluto ed umile agli occhi del suo padrone.
 
“Così mi piaci! Se non ho alcuna intenzione di farti dilaniare dai miei servi, per ora, lo devi al fatto che sei l’unico umano dall’anima nera disposto a spezzare l’incantesimo che m’imprigiona nel limbo a causa dei tuoi simili! Se però mi saprai servire bene e compirai la tua missione che ti è stata affidata, la ricompensa finale che riceverai sarà straordinaria!” le parole di Miðgarðsormr rincuorarono l’animo ambizioso e spietato del principe decaduto, facendolo sorridere malignamente.
 
“Ora ditemi, sua suprema oscurità… come mi devo comportarmi con la regina Elsa e sua sorella? Come avrà sicuramente notato, i loro poteri sono molto potenti singolarmente, se poi dovessero unire le loro forze…” le parole servili di Hans vennero zittite violentemente dalla risata rombante della voce del sovrano dell’oscuro, tale da far tremare ancora una volta il suo santuario all’interno della montagna nera. Il giovane rimasse paralizzato dalla paura a causa di quella improvvisa risata spaventosa.
 
“Mio stolto Hans, eppure la soluzione a questo problema è più semplice di quanto immagini!” gridò divertito il crudele e nero tiranno e i suoi numerosi occhi assunsero uno sguardo ancora più maligno e cospiratore. Miðgarðsormr iniziò allora, mentre Hans cercava di riprendersi dal paralizzante terrore che lo aveva investito poco fa, a pronunciare parole in una lingua profana e dimenticata, dimenticata ormai da tempi velati dall’oblio. Quelle parole, come per un incanto, facevano tremare l’intera caverna, minacciandola di farla crollare. Hans cercò a fatica di stare in piedi, con il cuore che sobbalzava nell’udire quelle indecifrabili parole. C’erano segreti cosi tenebrosi e potenti che solo l’oscuro signore era a conoscenza. Una conoscenza che non aveva intenzione di condividerla nemmeno con il suo campione della notte nera, colui che avrebbe attuato il rituale nella notte predestinata, liberandolo dall'esilio eterno. Quando finalmente le mostruose parole tacquero e la grotta smise di tremare, il giovane si accorse che ai piedi dello specchio era apparso dal nulla uno scrigno di piccole dimensioni, fatto completamente di pietra nera, decorato con teschi e artigli.
 
“Chinati e apri lo scrigno, senza però toccarne il contenuto, mio… condottiero.” ordinò Miðgarðsormr severamente al giovane. Hans fece come gli era stato ordinato e, una volta aperto lo scrigno evocato dalla magia delle tenebre, restò perplesso e sbalordito per ciò che vide al suo interno.
 
“Se mi è permesso chiedere, sua tenebrosa eccellenza, cosa dovrebbe servire questa… cosa?” chiese Hans umilmente. Miðgarðsormr rise, quasi sibilando, per la domanda che gli aveva fatto il suo condottiero e rispose con una voce che diveniva sempre più crudele mentre pronunciava queste parole:
 
“Quando ti avrò spiegato ciò che devi sapere e fare con quella Cosa, come la chiami tu, ti sarà tutto più chiaro…”
 
 
 
Una volta che Kristoff, Olaf ed Elsa furono usciti dalla stanza di  Anna, quest’ultima chiuse violentemente la porta. Subito dopo, la rossa si buttò sul letto distesa in avanti, con il volto sommerso dai cuscini e scoppiò in un pianto violento, pieno di tristezza e rabbia. Coloro che erano stati cacciati dalla stanza della principessa udirono il suo pianto soffocato e si intristirono preoccupati per lei. Nonostante la sfuriata di prima, loro volevano ancora bene Anna, anzi, ancora di più, visto ciò gli era successo finora. Elsa, con la schiena appoggiata alla porta della stanza di sua sorella, ora finalmente sapeva come ci si sentiva quando gli veniva sbattuta la porta in faccia dalle persone che amava. Dai suoi occhi azzurri scesero delicatamente delle amare lacrime. Non aveva mai visto sua sorella cosi arrabbiata, non ci era abituata, e ciò lo lasciava leggermente sconvolta nell’animo. Sperava con tutto il suo cuore che Anna potesse ritrovare la serenità e il sorriso il più presto possibili. Mentre s’asciugava le lacrime, la regina notò il piccolo pupazzo, con la fronte appoggiata  contro la parete dall’altra parte del corridoio, che si rigirava i pollici di legno. La regina s’avvicino ad Olaf e s’inchinò vicino a lui, fino a vedere il suo viso intriso di tristezza.
 
“Olaf… non fare così… Anna non voleva essere così… sgradevole… ma adesso sta passando un brutto momento… sono sicura che gli passerà… ha solo bisogno di tempo…” mormorava Elsa per confortare il pupazzo.
 
“Infatti non sono triste per come si è comportata Anna con noi poco fa… lo sono perché mi dispiace per quello che sta passando lei adesso… così triste e depressa…” rispose Olaf mogio, continuando poi a dire:
 
“Avrei voluto persino abbracciarla per farla sentire meglio, ma ho… avuto paura di peggiore le cose…” Elsa sorrise commossa e abbracciò teneramente il pupazzo di neve, lasciandolo di stucco.
 
“Sei un buon amico, Olaf… sincero, simpatico e compressivo… ti ringrazio per tutta l’allegria che regali ogni giorno per me, Anna e a tutti gli abitanti di Arendelle… prometti che non cambierai mai, d’accordo?” le dolci parole della regina della nevi fecero sorridere il pupazzo, ritrovando un po’ di allegria nel suo cuoricino di neve.
 
“Ora, per cortesia, va nelle cucine e aspettami li che poi ti raggiungo… cosi ci prepariamo una cioccolata calda, va bene?” disse la regina, con un tenero sorriso da bambina e facendo l’occhiolino a Olaf. Il pupazzo saltello allegro e corse verso le cucine, come gli aveva chiesto la regina. Fu allora che Elsa rivolse la sua attenzione verso Kristoff, che in quel momento aveva il volto più serio e abbattuto che abbia mai avuto in tutta la sua vita, chinato verso il pavimento. Il biondino aveva le spalle appoggiate alla parete, davanti alla stanza della sua amata che lo aveva appena strigliato. La regina sentì il montanaro che sussurrava queste parole contro se stesso:
 
“sei solo un’incapace, Kristoff… un testone, un codardo, un’insensibile, un’idiota, uno stupido…”
 
“Sai che questo non è vero!” gli disse la regina dal tono severamente risoluto. Il ragazzo alzò cauto lo sguardo verso Elsa con aria cupa. La giovane donna guardava il montanaro con occhi pieni di una severa calma, ma anche di tenera comprensione.
 
“Vostra altezza, lo sapete bene anche voi che quello che Anna ha appena detto su di me in fondo è vero… ho paura di farmi avanti e di dichiarargli il mio amore per lei… insomma, vostra sorella è una principessa, per giunta meravigliosa e adorabile, ma io che cosa sono? Solo un uomo privo di sangue nobile, non possiedo immense ricchezze, insignito solo con il semplice titolo di maestro consegnato di ghiaccio ufficiale del regno, che non è di certo nobiliare!” Elsa ascoltava quasi commossa ogni parola pronunciata dal ragazzo, che iniziò poi a parlare sempre più imbarazzato:
 
“Io voglio bene ad Anna… la amo… la amerò sempre, qualunque cosa succeda… amo la sua graziosa bellezza… i suoi occhi celesti che mi ricordano quelli di un allegra cerbiatta… la sua personalità quasi infantile, eppure anche maturo e ottimista… il suo adorabile cuore d’oro… se ancora non riesco a dichiararmi con lei, è perché ho davvero paura… paura di non essere l’uomo giusto… paura di farla soffrire… io desidero la sua felicità… soprattutto adesso che sta passando un brutto momento…” fu allora che Elsa alzò la mano per zittire il ragazzo.
 
“Ascolta bene quello che sto per dirti, Kristoff Bjorgman, perché non ho alcuna intenzione di ripetere queste parole!” la voce della regina era risoluta, regale e severa, e sembrava che dovesse fulminare il biondino da un momento all’altro.
 
“Anna ti ama, e questo lo sai benissimo nel tuo cuore. Ti ama per quello che sei, i tuoi pregi e difetti, proprio come te per lei. Ti ama per il fatto che sei un uomo semplice, rude, spesso poco incline ad aprire il tuo cuore agli altri per esprimere le tue emozioni, ma anche perché sei onesto, giusto, coraggioso, capace di sopportare le sue stramberie infantili e la sua adorabile ingenuità, e sai essere protettivo nei suoi confronti. Anche se non vuoi ammetterlo, lo sai anche tu che tutti quanti nel regno di Arendelle sanno della tua relazione con mia sorella e ne sono tutti contenti, perché conoscono il tuo valore e non importa se non sei nobile o ricco. L’unico vero ostacolo che ti impedisce di dichiararti con Anna, sei proprio tu! Se tu ami veramente mia sorella, allora l’unica cosa che devi fare è scacciare questi tristi pensieri e trovare il coraggio ad ammettere sinceramente il tuo amore per lei. Non gli importa se non sei di origini nobili o se non possiedi molti soldi, e questo lo sai bene persino tu! L’unica cosa che vuole è che tu la ricopra di sincero affetto e amore, come lei lo farebbe con te. Quando una coppia d'innamorati, se si amano veramente l’uno per l’altro, possono affrontare ogni sofferenza e difficoltà che si presenterà sul cammino del loro amore! Cerca di capire quello che ti ho appena detto… dichiararti finalmente con lei… tu ormai fai quasi parte della famiglia… e in realtà vorrei che tu lo diventassi veramente…” le parole di Elsa, severe, eppure anche confortanti, risanarono la breccia nel cuore di Kristoff.
 
“Vi ringrazio… vostra altezza…” disse il ragazzo con un umile e commosso sorriso rivolto alla regina, facendogli un inchino pieno di gratitudine. Elsa gli disse infine, con un tenue sorriso:
 
“Quando tu e Anna avrete finalmente reso più saldo il vostro legame di vero amore e vi sarete chiariti, io sarò ben lieta di donarvi la mia benedizione!” quelle parole rincuoravano ancora di più il ragazzo.
 
“Quando a quello che ha appena detto mia sorella su di te, ehm… avrai capito che non pensava veramente a quello che diceva e che ora sta passando un brutto momento, dopo gli ultimi eventi che gli sono accaduti… bisogna stargli vicina per aiutarla a superare questo momento cosi difficile…” disse Elsa, con la voce che si fece più grave.
 
Kristoff conosceva fin troppo bene il nome di uno di quegli eventi che avevano fatto soffrire la sua povera amata. Hans. Nei suoi pensieri, Kristoff giurò che se gli fosse capitato tra le mani quel vigliacco e meschino senza cuore di un principe, gli è avrebbe fatta pagare duramente per tutto il male che aveva causato ad Anna.
 
“Naturalmente, al di fuori di me, te e Olaf, nessuno dovrà sapere del potere di Anna! So che nascondere il potere di ghiaccio è stato in parte un errore, perché non trovavo il coraggio di rivelarlo agli altri, tanto meno a mia sorella, e… conosci il resto della storia. Quando mia sorella avrà ritrovato la serenità e saprà controllare i suoi nuovi poteri, potremo finalmente dirlo a tutto il popolo, ma non prima di allora. Aiuterò mia sorella a controllare i suoi poteri, come lei lo fece con me, insegnandomi l’amore. Prometti che manterrai questo segreto?” Kristoff non esitò a giurare di proteggere il segreto di Anna ad ogni costo, fino a che sarebbe stato necessario.
 
“Ora devo andare, Olaf mi sta aspettando nelle cucine… ti chiedo di meditare a quando ti ho appena detto. Ho fiducia in te e so che tu e mia sorella potete essere una magnifica coppia” esclamò Elsa con un lieve sorriso, mentre Kristoff la saluto e la ringraziò ancora per il discorso che gli aveva appena fatto e gli fece un inchino. Elsa si diresse verso le cucine per far compagnia al pupazzo e assaporare la cioccolata calda che aveva promesso, mentre il montanaro si avviò verso le stalle per vedere come stava il suo amico Sven e raccontagli, almeno a lui che era il suo fedele confidente e custode dei suoi segreti, ciò che era appena successo.
 
 
 
Intanto, nella sua stanza, Anna continuava a piangere, con meno impetuosità di prima, ma sempre triste e arrabbiata, distesa sul suo letto, con il volto rivolto verso il soffitto. Ora però non era più arrabbiata per quando era successo nella ultime ore o per ciò che gli aveva appena rivelato Granpapà. Era trista e arrabbiata con se stessa per come si era comportata con sua sorella e gli altri. Nel suo cuore, si maledisse per come si era avventata verbalmente con Elsa, per lo schiaffo che gli aveva mollato in preda ad una furia piangente, per come aveva risposto in malo modo al suo amato, per aver mandato via le persone a lei più care fuori dalla sua stanza, e aver chiuso loro la porta in faccia. E poi Olaf… Anna sapeva che il pupazzo non centrava nulla in quello che era appena accaduto, eppure l’aveva fulminato con il suo rabbioso atteggiamento di prima, come con Elsa e Kristoff e si chiedeva se la avrebbero mai perdonata per questo. Dagli occhi della ragazza, scendevano lacrime di sincero e rabbioso dispiacere. Fu allora che la principessa sentì la sua guancia destra che veniva sfiorata dolcemente da un musetto peloso, facendo delle fusa. Anna girò la testa in quella direzione e vide Lynae, che la guardava con i suoi teneri occhietti felini.
 
“tu… non hai paura di me? Hai visto come mi sono comportata?” chiese piangendo Anna alla piccola gatta. La micia, per tutta risposta, si sfrusciava teneramente la testa contro la spalla destra di Anna e quest’ultima, intuendo i suoi pensieri, gli diete voce, come faceva Kristoff con Sven, con un tono stridulo, quasi rotto dal suo pianto:
 
“Ti sei comportata in questo modo, perché ti sono successo cose terribili. Capita a tutti di dover sfogare la propria rabbia e spesso, senza renderci conto, c’è la prendiamo con gli altri…”
 
“Non me lo perdonerò mai per come gli ho trattati…” si disse poi Anna a se stessa, tornando a parlare normalmente. Fu allora che Lynae diete un buffetto con la sua zampina sul naso della principessa, come per confortarla e allo stesso tempo rimproverarla. Vedendo il musetto imbroccato di Lynae e intuendo ciò che voleva dire, Anna diete nuovamente voce ai pensieri della micia:
 
“Stami a sentire, signorina! Non sono a conoscenza di come funziona la natura umana, ma una cosa la so! Le persone che ti stano accanto, come tua sorella, ti vogliono veramente bene e non devi pensare che non possano perdonarti per ciò che gli hai detto e fatto, perché sanno quello che stai passando in questo momento. Devi solo trovare la forza di perdonare anche te stessa… solo allora ti sentirai meglio.” Anna non era sicura se avesse davvero interpretato i pensieri di Lynae o se quest’ultima gli avesse suggerito tutto grazie a qualche specie di legame indecifrabile. L’unica cosa certa, è che finalmente il pianto della principessa cessò e nel suo cuore rifiorirono un po’ di serenità e sulle sue labbra si fece un tenero sorriso.
 
“Grazie Lynae, sei davvero un amica…” sussurrò Anna, abbracciando teneramente la micia, assaporando le sue coccole e le sue fusa, tenere come le ali di un angelo.
 
“Buonanotte, Anna. Vedrai, domani sarà un altro giorno e andrà tutto bene.” Anna diete ancora voce ai pensieri di Lynae, mentre quest’ultima miagolava dolcemente accovacciandosi nell'abbraccio della principessa.
 
“Buonanotte Lynae… e grazie.” Disse infine Anna. Tra lei e la piccola gatta era appena nato un legame forte d’amicizia, simile a come quello tra Kristoff e la renna. Anna e Lynae si addormentarono dolcemente, mentre le fiamme delle candele sulle pareti, ormai consumate, si spensero, lasciando che fosse solo la luce di luna e stelle illuminasse la stanza.

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Capitolo 9
*** Il Giorno Dopo... ***


Finalmente, dopo tutto quello che era successo finora nella capitale di Arendelle, Le prime luci dell’alba squarciarono per sempre quella triste notte. Una notte carica di sconforto, sofferenza e ansia. Poco prima che il sole iniziasse a salire verso il cielo, velando la luna e le stelle, e dando inizio ad un nuovo giorno, che sarebbe durato fino al tramonto, la notizia dell’attacco notturno di Hans al palazzo aveva già fatto il giro della capitale e dintorni, gettando nello sbigottimento e nella preoccupazione i suoi abitanti. Naturalmente, come succede spesso con le chiacchiere, nascevano voci su fatti di dubbio fondamento. Una di esse parlava addirittura che la principessa Anna fosse caduta in preda ad un sofferente sconforto, a causa di un anatema stregato evocato dal principe nero, come adesso veniva soprannominato Hans a causa sua crudeltà e del suo legame con la stregoneria.
 
 
 
Astrid si svegliò dolcemente alle prime luci dell’alba dorata e si alzò in piedi dal letto con un tenue sorriso sulle sue labbra da bambina, mentre si stropicciava gli occhi, facendo poi un piccolo sbadiglio. La prima cosa che le venne in mente una volta sveglia, fu il ricordo della visita da parte della regina Elsa ieri notte e per lo spettacolo che gli aveva regalato, riempiendo il suo cuoricino di gioia e meraviglia. Fu a quel punto però che un chiacchiericcio preoccupato, che proveniva dal piano terra della casa, raggiunse le orecchie della bambina. Riconobbe la voce dei suoi genitori, anche se non comprendeva bene le parole, ma si rese conto che, a giudicare dal tono di voce che avevano, doveva essere successo qualcosa di molto grave. Astrid si mise le pantofole, uscì dalla sua stanza, e si diresse verso il pianerottolo delle scale che scendevano verso il piano terra, a cui si accedeva alla semplice e umile sala da pranzo, dove in quel momento si trovavano i suoi genitori. Una volta sul pianerottolo, si fermò e s’inchinò, senza che si suoi genitori si accorgessero della sua presenza, ascoltando di nascosto i loro discorsi. Il padre e la madre erano seduti al tavolo, dove di solito consumavano il proprio pasto quotidiano  assieme alla figlia. Le loro facce erano terribilmente preoccupate e stavano parlando di ciò che era successo al castello durante la notte appena trascorsa.
 
“Delling, ma sei sicura di quello che ti hanno raccontato?” chiese l’uomo , seriamente preoccupato.
 
“Purtroppo si, Yorick! Me lo ha riferito la mia amica Thora, che lo ha saputo da suo marito, che è una delle guardie del palazzo! Come ti ho già detto, quel traditore di Hans, che a quando pare è fuggito dal suo regno d’origine, è giunto  al castello con la bieca intenzione di togliere di mezzo la nostra regina e sua sorella, per poi impossessarsi  del regno con la magia nera che si è portata dietro!” Astrid, dal suo nascondiglio, restò scioccata e spaventata da quelle parole e rischiava di fare un sussulto che l’avrebbe fatta scoprire. Fortunatamente non successe.
 
“Quel maledetto verme! Perché non ci lascia in pace, dopo tutto il male che ha cercato di causare al nostro regno già tempo fa?” esclamò Yorick, con un tono piuttosto adirato, sbattendo un pugno sul tavolo. Sua moglie, cercando di calmarlo un attimo, gli replicò:
 
“Non di devi crucciare troppo, fortunatamente! Infatti, pare che la nostra regina abbia dato una lezione memorabile a quel crudele principe da strapazzo e alla sua magia nera, utilizzando i suoi poteri di ghiaccio, facendolo scappare a gambe levate!” Astrid si sentì per un attimo sollevata nel sapere che Elsa, la persona considerata per lei come una sorella maggiore, fosse riuscita a sventare i piani del sinistro principe rinnegato, ma poi sentì sua padre dire con tono sempre preoccupato:
 
“Già, peccato per quello che è successo invece alla principessa Anna! Quel mostro ha cercato di toglierla di mezzo, e ci sarebbe riuscito se non foste stato per la regina, rimanendo comunque sconvolta!” Astrid restò di nuovo sbigottita nel sentire le parole che uscivano dalla bocca di suo padre.
 
“ Sai per caso come stanno adesso la regina e sua sorella?” chiese il marito e la moglie rispose:
 
“La regina sta bene e sua sorella non sembra aver riportato ferite fisiche, ma come hai detto tu prima, è rimasta traumatizzata. Se non ci fosse stata sua sorella, la principessa avrebbe potuto…” Astrid non volle ascoltare altro e, con il viso pieno di preoccupazione, s’allontanò silenziosamente dal pianerottolo, senza farsi sentire dai suoi genitori. Ritornata nella sua cameretta, la bambina si sedette sulla sua scrivania, prese un foglio bianco e, con una piuma d’oca con la punta intrisa d’inchiostro, iniziò a scrivere una lettera. Una lettera che avrebbe poi cercato in qualche modo di farla arrivare nelle mani della regina Elsa. Poco dopo, mentre stava firmando la lettera, ormai completa, Astrid udì la voce di sua madre che la chiamava dal piano terra:
 
“Astrid, la colazione è pronta!” Astrid allora si alzò dalla sedia, si vestì di buona lena, mise nelle sue tasche la lettera destinata ad Elsa, piegata in quattro, e infine scese al piano terra per far colazione. Mentre consumavano il pasto più importante della giornata, i genitori di Astrid non dissero niente alla loro figliola ciò che si erano detti finora, sicuramente per non farla preoccuparla, non ora almeno, forse gli è avrebbero detto più tardi. Astrid lo sapeva bene e cercò di non far capire ai suoi genitori che lei era già a conoscenza che cosa era successo alla regina Elsa e alla sorella. Nella sua testolina, Astrid aveva già in mente cosa doveva fare dopo colazione, di come poteva far arrivare ad Elsa la lettera che aveva scritto per consolare lei e sua sorella.
 
 
 
Mentre il sole aveva iniziato ad alzarsi, facendo illuminare il cielo sopra la capitale, Sven, disteso su un morbido giaciglio di paglia, si svegliò nella stalla dove le guardie lo avevano sistemato si richiesta di Kristoff. Una volta che si fu rimesso in piedi, dopo essersi sgranchito le zampe e fatto un lungo sbadiglio, la renna si guardò intorno e si accorse con sorpresa che Kristoff era vicino a lui e stava ancora dormendo seduto su una balla di fieno. Sven si ricordò allora l’ultima volta che aveva visto Kristoff ieri notte. Fu quando il biondino lo aveva affidato alle cure delle guardie, che lo avevano portato nelle stalle del castello, con la promessa del montanaro che sarebbe ritornato da lui per riprenderlo, per poi farsi raccontare come stavano Elsa e Anna dopo quello che era successo dopo l’attacco di Hans. La renna alzò gli occhi al cielo. Almeno non si può dire che il suo amico umano non avesse mantenuto almeno metà della promessa che gli aveva fatto la notte scorsa. Decise comunque di svegliarlo e non gli fu difficile riuscirci. Gli basto un paio di buone leccare sulla faccia del ragazzo per farlo destare dal suo sonno in un attimo.
 
“Oh cavolo, Sven! Dovevi proprio svegliarmi in questo modo?” Esclamò Kristoff seccato, mentre si ripuliva la faccia dalla saliva della renna. Poi il ragazzo, che si accorse che ormai era già mattina, rivolse l’attenzione verso il muso di Sven, che lo guardava con uno sguardo ironico e imbronciato allo stesso tempo, e intuì il motivo di una sveglia cosi improvvisata.
 
“Ben svegliato, signor dormiglione!” fece il ragazzo, dando voce a ciò che sicuramente pensava la renna, come faceva sempre, fin dall'infanzia. Tornò poi a parlare con la sua normale voce:
 
“Suppongo… che tu voglia sapere cosa sia successo ieri notte…” vedendo poi che il muso di Sven si fece più serio, il biondino decise di dar voce ancora una volta ai pensieri del suo amico animale, imitando il tono più serio che poteva:
 
“Mi sembra evidente, signorino!” Kristoff allora, tornando a parlare normalmente, si scusò dicendo:
 
“Perdonami, se puoi, ma quando sono arrivato qui nella stalla ieri notte, stavi già dormendo alla grande e mi sarebbe dispiaciuto svegliarti, soprattutto dopo quello che era avevamo passato a causa di quell'assalto da parte di quel miserabile di Hans… cosi ti sono rimasto accanto, cosi almeno non ti saresti preoccupato che io non fossi accanto…” La renna allora lo guardò con più compressione e gli fece un affettuoso verso. Il biondino ne intuì il significato di quel verso e lo trasformò in una frase:
 
“Allora ti perdono, ma ora dimmi tutto quello che è successo al castello, non tralasciare niente!” allora il ragazzo iniziò a raccontare al suo amico con gli zoccoli ciò che era successo quella notte, dopo che lo aveva affidato alle guardie e si era recato al castello assieme alla regina e alla principessa. Parlò delle discussioni nella stanza di Anna. Dell’apparizione dell’immagine incantata di Granpapà. Del suo racconto sull'eremita, sull'origine dei poteri delle due ragazze e sulla profezia della bestia dell’oscurità. Della costatazione che Hans aveva giurato fedeltà proprio a quell'essere spietato. Della rabbia di Anna, le sue parole dure e lo schiaffo che aveva dato a sua sorella in un attimo di sfogo. Del discorso che poi la regina gli aveva fatto riguardo al suo amore che provava per la principessa.
 
“Oh, caspita! Anna è rimasta davvero scossa dagli ultimi eventi, a giudicare  da come si è comportata con sua sorella, e con te poi!” Fece Kristoff, dando voce ancora a ciò che pensava Sven, osservando  il suo muso pieno di stupore e preoccupazione. Poi la renna, per consolare il suo amico umano d’infanzia, iniziò a strofinare il muso sul petto del montanaro come un affettuoso cagnone coccolone. Kristoff, sorridendo commosso per il gesto del suo amico, accarezzò a sua volta la schiena della renna. Poi, gettando di nuovo lo sguardo sul muso di Sven, il biondino intuì i suoi nuovi pensieri e gli diete voce, come sempre:
 
“Cosa pensi di fare adesso, bello mio?” Kristoff ci pensò un attimo e, alzandosi dalla balla di fieno su la quale aveva passato la notte, con i pugni sul suo petto, disse risoluto, ma anche preoccupato:
 
“Desidero aiutare Anna a superare questo momento così terribile… non m'importa se ora anche lei possiede dei poteri come sua sorella... lei non ha rinunciato ad Elsa quando Arendelle e rimasta congelata e non si è mai arresa... cosi deve valere anche per me... voglio riuscire a dimostragli che il mio amore per lei è sincero e forte… così, spero, potremo stare finalmente insieme e felici… anche a costo di affrontare uno, dieci, anche cento incendi se è necessario…” Allora il ragazzo sentì lo sguardo della renna su di lui e rivolse la sua attenzione al suo affettuoso muso. Mentre accarezzava sorridendo la testa di Sven, Il montanaro intuì per l’ennesima volta i pensieri della renna, semplicemente guardando i suoi grandi occhi affettuosi e saggi, traducendo con la sua voce il loro significato ancora una volta, con tono confortante e sarcastico allo stesso tempo:
 
“Dovrai avere solo un po’ di pazienza e fede, ma vedrai che ci riuscirai, senza dover strafare, naturalmente!” chissà come avrebbe fatto Kristoff, se non ci fosse stato accanto a lui il suo migliore amico a quattro zampe.
 
 
 
Elsa, con l’animo pieno di terribili dubbi e silenti ansie, guardava davanti a sé la porta, dietro la quale si accedeva alla stanza di sua sorella. La regina aveva già chiesto ai domestici e alla governante Grace che, per qualche giorno, di lasciare il compito di prendersi cura della principessa nelle sue mani, per aiutarla a superare il momento di sofferente sconforto che gli era stato inferto violentemente durante quella notte ormai tristemente famosa. Grace e gli altri sudditi capirono, senza replicare, il desiderio della loro regina e non poterono fare altro che obbedire, rimanendo comunque disponibili in caso di necessita. Dopo quando era successo ieri notte, la giovane donna, provava una fitta di paura nel suo cuore, e sentiva ancora il dolore derivante dallo schiaffo da parte di Anna, non però sulla pelle, ma più profondo, nei sentimenti. Era come se Anna fosse riuscita a infliggere nel cuore della sorella maggiore tutta la sofferenza e la solitudine che lei stessa aveva provato negli anni, da quel famoso indicente di quando erano bambine, fino agli ultimi tempi, cui il regno era stato imprigionato nella morsa di un inverno fatato. È vero che la regina si era preclusa nel castello da tutto e tutti durante quel tempo, in modo da impedire che il suo gelido potere facesse danni, la quale non era ancora in grado di controllarli completamente in quel periodo, ma per lei ormai si stava trasformando in una patetica scusa, soprattutto agli occhi di sua sorella minore. Era come se il cuore della regina dovesse collassare su sé stesso da un momento all'altro, a causa dei sofferenti sentimenti che lo pungevano continuamente. Poi però si ricordò anche che, durante il suo periodo di reclusione volontaria nelle sue stanza, sua sorella non si era mai arresa, senza mai perdere la speranza di ritrovare l’intenso e magnifico legame tra sorelle, che sembrava perduto per sempre. E ci era riuscita, grazie ai suoi amici e al suo buon cuore, che gli aveva fatto compiere il gesto d’amore nei confronti di Elsa, liberandola così dalle sue paure e salvando Arendelle. Grazie infatti all'amore, che Anna gli aveva dimostrato, Elsa era riuscita a mettersi in pace con i suoi gelidi poteri. Ed ora era giunto il momento di ricambiare il favore. Grazie a quei ricordi, Elsa ritrovò il coraggio e l’ottimismo nel suo cuore, con il desiderio di aiutare sua sorella a superare la sconvolgente consapevolezza di possedere poteri legati al fuoco. Allora, davanti alla porta della stanza di sua sorella, con profondo e solenne respiro e si preparò a bussare. Fu allora Elsa venne presa di sorpresa da un suono che sentì provenire da dietro quella porta. Era perplessa e non riusciva a credere alle sue orecchie, per il semplice fatto che si trattava di un suono che non poteva esserci, non dopo l’attacco a tradimento da parte di Hans ieri notte. L’allegra e spensierata risata di Anna. Incredibilmente sorpresa, Elsa non seppe resistere alla curiosità e girò con cautela la maniglia a pomello della porta, aprendola giusto un poco per poter vedere cosa stava accadendo nella stanza.
 
Le tende erano ancora accostate, eppure la stanza era illuminata, da tantissime e minuscole luci scarlatte che svolazzavano allegramente da tutte le parti, creando stupendi giochi di luci e ombre. Elsa era meravigliata per quel incredibile spettacolo nella stanza e fu allora che i suoi occhi caddero sul letto di sua sorella. Seduta in ginocchio sul letto, Anna sorrideva, mentre osservava Lynae che giocherellava sulle coperte, inseguendo quelle luci incantate, che in realtà erano lucciole che sfavillavano raggianti come fiammelle. Quegli esseri minuscoli e luminosi erano stati creati per magia dai poteri di Anna. Era riuscita a creare delle creature, fatte di scintille infuocate, calde e luminose, ma che non avrebbero mai fatto del male a niente e a nessuno. Infatti, se una di quelle lucciole fatate si posava sulle tende, sul tappeto, sul letto, su qualsiasi mobile di legno o sul nasino della principessa, non avrebbe dato vita neanche ad un fuocherello, e questo grazie proprio al buon cuore di Anna, che grazie alla sua amica micia aveva ritrovato un po’ di serenità e il desiderio era quello di usare il suo dono a fin di bene e di non voler mai fare del male a qualcuno, soprattutto alle persone a lei più care. Rideva come una bambina, guardando la piccola micia che capotava sulle soffici coperte ogni volta che balzava per cercare di prendere qualcuna di quelle lucciole. Ogni tanto poi, alcune di esse si posavano delicatamente sul vestito da notte di Anna, creando l’illusione che fosse tempestato di luminosi rubini, rendendolo persino più elegante, facendo sorridere la principessa, come una bimba circondata da fatine. Fu allora che la rossa rimase sorpresa nel sentire un’altra risata risuonare nella stanza, che non era la sua. Una risata meno infantile di della sua, ma comunque piena di gioia, con un accenno di regalità. La rossa volse il suo sguardo nella direzione da cui proveniva quella risata e allora vide sua sorella, che la guardava con i suo meravigliosi occhi azzurri pieni di sollievo, le braccia conserte e un affettuoso sorriso, che la rendeva più bella che mai. La regina era in piedi, con la schiena appoggiata alla parete vicino alla porta da cui era entrata e che poi l’aveva richiusa, senza che Anna e Lynae se ne potessero accorgersene, tanto intenti ad ammirare lo scintillante spettacolo. Per un istante, La luce emanata dalle lucciole scarlatte risaltava la bellezza dell’abito azzurro ghiaccio della regina, creando riflessi dorati emanati dal tessuto cristallizzato. Anna, nel vedere sua sorella, fece un sussulto improvviso e tutte le lucciole incantate sparirono di colpo, come se qualcuno ci avesse soffiato sopra, facendo ripiombare la stanza nel buio, lacerato solo dalla luce dell’alba che filtrava da sotto le tende accostate della stanza.
 
“scusami, non volevo spaventarti!” disse Elsa, continuando a sorridere a sua sorella. Poi s’avvicinò alle tende per scostarle e far illuminare la stanza. Una volta fatto, la luce della radiosa alba appena sbocciata penetrò folgorante nella camera, facendo sparire l’oscurità al suo interno. Era da quando Anna aveva preso la febbre che quelle erano rimaste accostate fino a quel momento. Per la forte luce, Anna socchiuse gli occhi e mise un braccio davanti al volto, in modo da non farsi abbagliare. Appena si abituò alla luce che era penetrata nella stanza, tolse il braccio dagli occhi e vide sua sorella, magnifica come non mai, che la guardava sempre con dolcezza. Il sole dietro di lei che entrava attraverso i vetri delle grandi finestre l’avvolgeva in un aura dorata, che faceva risplendere il suo vestito, soprattutto il lungo strascico, sfavillante come se fosse fatto con la polvere di diamante. La sua chioma color platino splendeva come un faro e la pelle chiara era di una lucentezza quasi angelica. In quei bellissimi occhi azzurri di sua sorella, Anna provava meraviglia e timore allo stesso tempo, così anche per il sorriso pieno di sincero affetto, quasi materno. Dopo quello che era successo ieri notte, come faceva Elsa a guardare in faccia sua sorella, tanto più a sorridergli?
 
“Posso sedermi accanto a te?”chiese Elsa alla sua sorellina. Anna, anche se un po’ perplessa, fece si con il solo accenno della testa. La regina allora salì sul letto in ginocchio, accanto alla sua amata sorella.
 
“Ho appena visto che hai già iniziato ad imparare a usare i tuoi poteri.” Disse Elsa, accarezzando i cappelli rossi della sorellina, che ormai non si arruffavano più come un nido d’uccelli quando si svegliava, ma rimanevano lisci e intensi come non mai.
 
“Ehm… Dovrò pure iniziare a controllarli come si deve… sai, non vorrei finire come è successo a te tempo fa…” appena si rese conto di quello che diceva, la principessa si mise le mani davanti alla bocca, diventando rossa dall'imbarazzato. La regina, all'inizio, sembro guardare malissimo Anna.
 
“Ecco! Ora si che s'infuria! Brava Anna, complimenti davvero!” pensò la giovane ragazza, maledicendosi per quello stupido riferimento a sua sorella che aveva osato parlare. Chiuse gli occhi, pronta a ricevere l’inevitabile sgridata di sua sorella maggiore. Dopo un lungo istante dopo, sentì invece solo la sua voce piena di comprensione:
 
“Già, in effetti hai proprio ragione!” quelle parole, dette da Elsa di modo calmo e tenero, fecero spalancare di colpo gli occhi di Anna, guardando incredula quella donna dai capelli platinati, che non s’arrabbiava sul fatto che si era fatto riferimento al periodo in cui non sapeva gestire pienamente il suo potere di ghiaccio. Per Anna, questo era davvero troppo. La regina s’accorse che dagli occhi di Anna scendevano infatti alcune lacrimuccie, e che per giunta aveva un muso persino più lungo di quello di Sven.
 
“Su, non piangere… il tuo visino è più carino quando sei allegra… fammi un sorriso, dai…” sussurrava dolcemente la maggiore, mentre asciugava delicatamente con i polpastrelli delle sue dita le lacrime che scendevano per il viso di Anna.
 
“Ti prego Elsa, smettila! Come puoi trattarmi così, dopo quello che ti ho detto e fatto?” si sfogò Anna, esasperata. Non si sentiva meritevole delle attenzioni così gentili e affettuose da parte di sua sorella maggiore. Chinò il capo, chiuse gli occhi e disse, quasi piangendo, con un fil di voce carico di sofferto sconforto:
 
“Mi merito solo di prendere uno schiaffo… non sono degna di essere perdonata, tanto meno da te, e di ricevere la tua gentilezza nei miei confronti…” la rossa s’aspetto di ricevere uno schiaffo, ma invece sentì un bacio che gli sfiorò teneramente la fronte. Aprì di scatto i suoi occhi celesti, giusto in tempo perché s'incrociassero con quelli della sorella, pieni di tenerezza.
 
“Anna, ti ho già perdonata… non m’importa di quello che hai fatto nei miei confronti… il mio unico desiderio è quello di aiutarti a dominare il tuo dono, come tu facessi con me… e farti tornare il sorriso da adorabile bambina sbarazzina che manca tanto a me e anche agli altri… lo sai anche tu nel profondo del tuo cuore, vero?” Disse Elsa, con un sorriso così adorabile da poter conquistare la fiducia di qualsiasi persona dal cuore tenero, come quello di Anna per esempio. La rossa si mise di nuovo a piangere… dalla commozione per via di quelle parole cosi dolci uscite dalla bocca di sua sorella, abbracciandola forte in cerca di conforto.
 
“Mi dispiace Elsa… né a te, né agli altri volevo davvero dire tutte quelle cose orribili…” singhiozzò Anna, stringendo il suo abbraccio intorno alla sorella.
 
“lo so Anna… su, sfogati… ti farà bene…” gli sussurrava Elsa con tutta la dolcezza e la compressione che proveniva dal suo cuore, ricambiandogli l’abbraccio  con tutto l’amore possibile. Lynae, che fino a quel momento aveva guardata commossa con i suoi piccoli occhi felini il tenero momento tra sorelle, si mise a strusciare la testolina contro le gambe delle due ragazze, facendo fusa per cercare di rincuorare il cuore ferito di Anna. Le due sorelle, sentendo quelle adorabili fusa, guardarono con tenerezza l’affetto che Lynae esprimeva tramite le sue coccole. Forse ci sarebbe voluto del tempo, ma Anna avrebbe superato il suo sofferente periodo, con l’aiutò della sorella, degli amici e, se anche lui l’avesse perdonata, del rude montanaro del suo cuore.
 
 
 
Hans era appena entrato, spavaldo e solenne come non mai, nella capitale e stava attraversando la strada principale, senza che niente e nessuno arrestasse il suo cammino, nonostante ormai tutti gli abitanti conoscessero il suo volto e, soprattutto, la sua lugubre storia. Il motivo di ciò era semplice. Tra tutte le magie nere che il suo maestro Miðgarðsormr gli aveva insegnato, Hans aveva usato quella del Velo Assoluto. Si trattava di un incantesimo, che gli donava le facoltà di un fantasma. Durante giorno, infatti, nessuno essere vivente era in grado di vederlo, udirlo e persino sentirne l’odore. Se si metteva tra due uomini che parlavano, nessuno di essi era capace di vederlo. Se parlava, sussurrava, gridava o addirittura starnutiva in mezzo ad una folla, nessuna di quelle persone poteva udirlo. Nemmeno l’olfatto di qualsiasi essere, compressi quello di un segugio da caccia era in grado di percepirne l'odore, anche se si fosse trovato Hans a pochi centimetri di distanza. Per di più, Hans era in grado di attraversare qualsiasi cosa. Se un carro gli veniva addosso, lo attraversava come se fosse una nebbia invisibile e intangibile. Niente e nessuno poteva fermare il suo cammino verso il castello, per mettere in atto il piano escogitato dal suo signore delle tenebre. Il principe decaduto però sapeva che fino a quando era avvolto nell'incanto del Velo Assoluto, nemmeno lui poteva toccare e agire materialmente con tutto ciò che lo circondava. Doveva aspettare il momento propizio per annullare la magia che lo avvolgeva come un mantello stregato e invisibile, cosi da poter fare la sua mossa contro Anna ed Elsa. Mentre attraversava la piazza per raggiungere il ponte e accedere al castello, Hans ascoltava di tanto in tanto le chiacchiere dei popolani, che stavano parlando di ciò che era accaduta durante la notte appena trascorsa. A giudicare dalle chiacchiere, Hans intuì che la regina era riuscita a tenere nascosta la storia dei poteri di fuoco di Anna appena schiusi e sorrise malignamente. Tutto ciò avrebbe dato più impatto alle conseguenze derivanti dal piano dell’oscuro padrone. Mentre attraversava il ponte, Hans si fermò a metà di esso e guardò verso il castello, lasciando che borghesi e guardie lo attraversassero come uno spettro invisibile, inudibile, inodore e immateriale. Il condottiero delle tenebre mise una mano sulla sacca a tracolla, anche essa invisibile e intangibile, tranne per lui, nella quale era custodito lo scrigno nero evocato dalle parole profane e crudeli di Miðgarðsormr. All'interno di quello scrigno maledetto era custodito la soluzione per l’eliminazione totale della regina e di sua sorella. Hans ripensò, con un ghigno sempre più crudele, alle parole dette dal suo tenebroso sovrano nell'illustrare il piano e all'utilizzò del contenuto dello scrigno, e s’avviò verso il castello. Doveva essere cauto e attendere il momento giusto per spezzare l’incanto del velo e attuare il piano che avrebbe distrutto gli unici due ostacoli al ritorno e all'ascesa del dominio assoluto e oscuro di Miðgarðsormr su tutto il mondo.

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Capitolo 10
*** La Calma... Prima della Tempesta... ***


Nonostante fuori ci fosse il freddo di Novembre, era comunque una bella mattinata quel giorno, con il sole che splendeva alto e radioso nel celeste cielo, con qualche piccola nuvola a pecorella sparsa qua e là. Astrid aveva appena terminato la sua colazione che il suo sguardo si volse per un attimo fuori dalla finestra del piano terra di casa sua, che dava sulla piazza principale della capitale. Vide alcuni bambini della sua età, vicino ad un pozzo, che stavano con l’unica persona in tutta Arendelle che poteva portare alla regina Elsa la lettera che aveva appena scritto per lei, essendo il suo più vicino confidente, dopo la principessa Anna. Il magico pupazzo di neve Olaf. Astrid sapeva che era l’unico modo per far arrivare il foglio alla sovrana di Arendelle. Intanto, Intorno alla piazza, alcuni cittadini avevano appena finito di allestire delle bancarelle di legno robusto con della merce, visto che oggi era il giorno del mercato. Tra un po’, i genitori della piccola artista si sarebbero dovuti recarsi a palazzo per il loro incarico quotidiano di lavandai. Dopo aver sparecchiato il suo piatto, la piccola salì in camera sua, si pettinò i suoi la sua riccioluta chioma dorata, si vestì per andar fuori, con addosso soprattutto un comodo cappotto autunnale color nocciola e infilò in una delle tasche del medesimo indumento la lettera. Poi scese di nuovo al piano terra e allora si rivolse a sua madre, chiedendogli se poteva uscire fuori in piazza a giocare con gli altri bimbi. Sua madre gli rispose che poteva, ma solo dopo che gli ebbe dato le solite raccomandazioni severe e affettive, un fatto tipico di tutte le mamme di questo vecchio e caro mondo. Non parlare agli sconosciuti… Copriti bene, che fuori fa freddo… Cerca di non tornare tardi a casa… ecc, ecc…
 
“Si, mamma!” rispose Astrid alla madre, facendo il più dolce e sincero sorrisino che si potesse avere una bimba di sei anni. Allora, chinata sulla sua figlioletta, la madre la baciò con tenerezza sulla fronte e gli augurò una buona giornata. Una volta salutati i suoi genitori e augurando che anche loro avessero una bella giornata, Astrid corse fuori verso il pozzo  della piazza, dove Olaf e gli altri bambini giocavano a Mosca Cieca. In quel momento, era il pupazzo di neve a fare la mosca cieca, bendato con un foulard color indaco, e inseguiva come poteva quei adorabili monelli, che a volte gli faceva pure degli innocui scherzetti. La piccola Astrid sorrise nel vedere il pupazzo e gli altri bricconcelli giocare così allegramente e fu allora che nella sua testolina ebbe un’idea su come dare la lettera ad Olaf.
 
“Ciao, posso unirmi a voi?” chiese Astrid bisbigliando ad uno dei ragazzini che giocavano. Lui, con un sorriso, fece si alla nuova arrivato con un piccolo cenno della testa. Intanto, Olaf andava in ogni direzione bendato, cercando di acchiappare uno di quelle simpatiche pesti.
 
“Uh oh, ora vi prendo…” esclamava tutto sorridente il pupazzo. Astrid sapeva cosa per avvicinarsi a lui, senza far sembrare agli altri che lo avesse apposta a farsi acchiappare. Mentre gli altri bambini cercavano di non farsi prendere da Olaf, Astrid, unendosi al gioco, fece finta di mettere un piede in fallo e di inciampare, cadendo distesa in avanti, senza farsi veramente male, proprio a pochi passi dal pupazzo di neve. Le legnose dita di Olaf allora sfiorarono un visino di bimba e sentì al tatto un adorabile sorrisino e i suoi cappelli riccioluti.
 
“Toccata!” gridò Olaf togliendosi la benda. Mentre gli altri bambini ridevano per la caduta, per loro apparentemente accidentale, di Astrid, lei si rialzò da terra e prese dalla tasca del cappottino la lettera e la diete in mano al pupazzo senza farsi vedere dagli altri.
 
“Per favore, quando puoi, potresti portare questa alla regina? È molto importante… chiese la bambina, sussurrando dolcemente con un sorriso al pupazzo. Per un attimo Olaf rimasse sorpreso, ma poi fece un piccolo sorriso d’intessa e rispose sussurrando, facendo anche l’occhiolino:
 
“Tranquilla piccola, ci penso io… Ora però tocca a te!” Astrid capì al volo l’ultima frase di Olaf e, sorridendo, prese il foulard che lui gli aveva allungato. La piccola si bendò gli occhi, si girò vorticosamente su sé stessa e poi iniziò a correre in una direzione casuale, gridando allegramente:
 
“Ora, che siate pronti oppure no, io vi vengo a prendereee!” Finalmente Astrid aveva il cuore più leggero e felice, e questo perché sapeva, che nonostante la famosa e simpatica goffaggine, Olaf avrebbe sicuramente portato la lettera alla regina delle nevi. Ovviamente dopo aver giocato ancora un po’ con i ragazzini a mosca cieca.
 
 
 
Grazie alla gentilezza e all'affettuosità che Elsa gli aveva appena dimostrato, Anna ritrovò un po’ di serenità nel cuore ed era tornata a sorridere come un tempo, anche se aveva ancora lievi segni, sul viso e nell'animo, di ciò che era accaduto durante la notte appena trascorsa. Le due sorelle erano entrambe distese sul letto, sopra le coperte, scambiandosi tra di loro ogni tanto teneri sorrisi e sguardi complici, come quando erano ancora bambine. Intanto la piccola Lynae era accovacciata a fianco della principessa, che gli faceva le coccole per ascoltare le sue rilassanti fusa.
 
“Grazie Elsa… voglio dire, per il semplice fatto che mi sei così vicina in questo momento… e tutto il resto…” esclamò timidamente Anna, con i suoi adorabili occhi celesti, che scintillavano come zaffiri appena liberati dallo stato grezzo, che guardavano ammirati la pelle luminosa del viso e gli splenditi capelli biondi platinati della sorella maggiore.
 
“È questo che fanno le sorelle… si aiutano a vicenda… anche nei momenti più difficili… cosi come tu facesti per me tanto tempo fa…” replicò Elsa, con uno sguardo così regale, tanto quando era sincero. Ogni tanto la regina delle nevi accarezzava delicatamente la chioma della sua amata sorella, ammirando il suo colore rosso rivenuto più intenso e luminoso di un fuoco e non s’arruffavano  come prima, nemmeno se ci fosse passato sopra un tifone.
 
“Il nuovo colore dei tuoi capelli di fa sembrare più adulta, lo sai? Se i nostri genitori ti vedessero come sei diventata…” diceva Elsa, che vedeva sua sorella divenire sempre più donna, giorno dopo giorno, pur mantenendo il suo adorabile e inimitabile  sguardo da bambina. Anna sorrise timidamente per il complimento della sorella. Non si sentiva proprio come una ragazza matura, sopratutto dopo quello che aveva detto, fatto e passato ieri notte. Divenne più seria e chiese alla maggiore, con un improvviso groppo al cuore:
 
“Senti, come sta Kristoff? Dopo quello che gli ho detto ieri notte, non ho fatto altro che pensare a come si è sentito male… e questo mi fa veramente impazzire… io lo amo, ma non so cosa mi sia presa…” Elsa la guardò comprensiva e rispose con una voce che rincuorava l’animo come un balsamo:
 
“Diciamo che… la tua strigliata ha avuto l’effetto di far riflettere Kristoff su molte cose… ma non preoccuparti, lui ti ama ancora, anzi, sicuramente molto più di prima…” quella risposta diete un po’ di sollievo ad Anna, che però chiese:
 
“E Olaf? Come Sta? Scommetto che è rimasto male per come ho buttato lui e tutti voi fuori dalla mia stanza…” Elsa le accarezzò una guancia e gli rispose:
 
“Stai tranquilla, lui non se le presa affatto perciò che hai fatto, ma si sente triste per come ti sentivi dopo quella brutta esperienza con il tuo dono e Hans… lui ti vuole un mondo di bene… come se fosse il nostro fratellino…” le due ragazze risero teneramente.
 
“Elsa… tu mi aiuterai a controllare il mio… nuovo dono, vero?” chiese ad un certo punto la rossa, pensando a quando fosse grande il suo ardente potere che si celava nel suo cuore, pari solo a quello glaciale di sua sorella. La regina guardò sua sorella con occhi perplessi.
 
“A dire la verità… mi sembra che tu, poco fa, sia riuscita a gestire i tuoi poteri quando sono entrata…” lo sguardo di Anna si fece più serio che mai.
 
“Prima ci sono riuscita perché ho fatto uno sforzo enorme di volontà per creare quelle lucciole di fuoco, facendo in modo che non potessero fare causare guai a niente e a nessuno. Però, cosa succederebbe se m’arrabbiassi di nuovo come ieri, quando Hans ha attaccato il nostro palazzo e ha cercato di ucciderti?” da quelle parole piene di nuova sofferente preoccupazione, Elsa si rese conto che in fondo sua sorella aveva ragione. Gli bastava ricordare di come la sua dolce sorellina si era trasformato in una specie di terribile angelo vendicativo, avvolto tra le fiamme del furore, che aveva cercato di togliere di mezzo Hans de finitamente. Se Elsa non fosse intervenuta, sua sorella avrebbe potuto… la regina scosse la testa per scacciare quei terribili ricordi e abbracciò sua sorella, come per proteggerla da una terribile minaccia e gli sussurrò con una voce così dolce e sicura che ricordava tanto quella della loro madre:
 
“Stai tranquilla, mia piccola Anna… farò tutto il possibile, anche l’impossibile se è necessario, per aiutarti… come tu facesti con me tanto tempo fa…” Anna si sentì rincuorata da quelle parole e ricambiò l’abbraccio. Un momento di assoluta tenerezza e intimità, solenne e magnifica come non mai.
 
“Che ne dici se fra un po’ andiamo a pattinare nel campo giochi di ghiaccio, nel giardino reale? Ti potrebbe aiutarti a stendere i nervi e rilassarti, e poi sei rimasta a letto per così tanto tempo…” la proposta della regina fece sorridere sua sorella, che replicò graziosamente:
 
“In effetti è da un bel po’ che non esco dal castello… il che è strano, visto che amo stare fuori all'aria aperta. Con te al mio fianco poi, non ho nemmeno paura del fuoco dentro di me… perché tu mi aiuterai… vero?” Elsa gli regalò un sorriso tenero e regale allo stesso tempo e facendo pure un simpatico occhiolino.
 
“Con la volontà, la pazienza, la speranza e l’amore da parte delle persone che amiamo, vedrai, si sistema tutto… credimi, tu e io ne sappiamo qualcosa, non è vero?” le due ragazze risero teneramente d’intesa. Poi Elsa s’alzò dal letto, mentre accarezzava anche lei la piccola micia. Poi Anna fece una domanda alla sorella nel momento in cui si rendeva conto di una cosa:
 
 “Scusa Elsa, ma i tuoi impegni reali?” Elsa le sorrise e replicò dicendo:
 
“Per fortuna dovrò sbrigare i miei doveri solo nel pomeriggio! Per questa mattina, ho il tempo libero per poter stare con te, contenta?” Anna era sicuramente euforica, ma poi gli venne in mente una cosa più seria e fece una nuova domanda ad Elsa:
 
“I cittadini di Arendelle… sanno del mio problema?” Elsa guardò la sorella, con uno sguardo titubante e poi rispose, anche se un po’ a malincuore:
 
“Vedi Anna, pensavo che… fino a quando non riesci a controllare questa cosa, forse sarebbe meglio che la nostra gente non lo sappia… nessuno infatti sa cosa sia successo veramente ieri notte e Olaf e Kristoff hanno promesso di mantenere il segreto…” poi Elsa posò il suo sguardo verso il basso, sentendosi in colpa. Per un attimo, la regina temette che Anna si sarebbe infuriata per aver taciuto al loro popolo la verità su quando era successo veramente tra loro due e Hans durante quella notte. Anna però disse:
 
“Stai tranquilla Elsa, lo capisco… in fondo lo fai perché sei preoccupata per me. Ci sei passata anche tu questa cosa, e quindi sai meglio di me che cosa significa… saprò aspettare… devi promettermi però che, se mi sentirò veramente pronta a rivelare questo mio segreto alla nostra gente, tu non me lo devi impedire, promesso…” La principessa allungò allora il mignolo destro verso sua sorella, che la guardò sollevata. Elsa allungo anche lei il mignolo destro, che lo fece avvolgere delicatamente in torno a quello di Anna e sancirono la promessa:
 
“Hai la mia parola, Anna…” le due ragazze si scambiarono uno sguardo pieno di grande intessa e serenità. Per loro niente e nessuno avrebbe potuto rovinare quel meraviglioso rapporto tra sorelle che aveva ritrovato qualche tempo fa. Una volta vincolate dalla promessa che si erano fatte, le due ragazze sciolsero l’abbraccio dei loro rispettivi mignoli, poi Elsa disse, mentre apriva la porta della stanza per uscire:
 
“Allora, appena ti sei vestita, raggiungi nel giardino reale, va bene?” Anna saltò dal letto tutta allegra e vivace, ritornando finalmente ad essere la principessa che tutti conoscevano e amavano.
 
“Ogni vostro desiderio è un ordine, vostra altezza!” Esclamò la rossa, ironica come non mai. La regina sorrise con lo sguardo rivolto al cielo, sollevata nel constatare che sua sorella stava velocemente riacquistando tutta la giovialità tipica del suo carattere.
 
“Allora… a dopo.” Salutò Elsa lievemente, rivolgendo un affettuoso sguardo verso colei che era la sua roccia della speranza.
 
“A tra poco!” ricambiò Anna euforica, guardando sua sorella allo stesso modo. Elsa chiuse la porta alle sue spalle e si sentì sollevata di aver ritrovato la sorella di un tempo, prima che fosse troppo tardi. Si ripromise in cuor suo che avrebbe aiutato Anna a dominare il suo potere, senza però che fosse rilegata in una stanza come era già successo a sé stessa. Si stava per avviarsi verso la sua stanza, per prepararsi ad andare fuori nel giardino reale assieme ad Anna, quando improvvisamente fu investita da una strana sensazione. Era come una specie di vento, piena di lugubre inquietudine e spietata malignità, che l’avvolgeva come un tentacolo fino quasi a soffocarla. Elsa si guardò attorno confusa, cercando di riordinare le idee, quando quella grottesca sensazione se ne andò, così come era venuta. Elsa pensò allora di aver semplicemente avuto un momento di malessere, forse per via dello stress accumulato a causa degli ultimi eventi e dei doveri reali al castello che aveva dovuto adempiere in questi giorni. Pattinare assieme ad Anna l’avrebbe sicuramente aiutata a stendere i nervi e a ritrovare un po’ di serenità.
 
 
 
Nella sua stanza, Elsa si limitò a indossare un’elegante mantellina, anch'essa creata per mezzo della sua magia di ghiaccio, come se fosse stato intessuto nel cristallo. Quando veniva colpito dalla luce del sole che entrava dalla finestra della camera, il tessuto cristallizzato creava magnifici riflessi di molti colori, tra cui il rosso, l’arancio e il giallo. Le rifiniture erano decorate da tanti fiochi di neve, che sembravano brillanti. La mantellina era allacciata intorno al collo della regina da una spilla, che sembrava di platino, la cui forma era un cuore, con al centro un fioco di neve.  La regina si guardava allo specchio, ammirando il suo ultimo capolavoro. Una delle cose che la giovane reggente amava del suo potere, era la possibilità di creare meravigliosi abiti di ghiaccio con la sola fantasia, impossibili da sciogliere se lei non voleva.
 
“Chissà se Anna è in grado di fare una cosa del genere con il suo potere?” pensò Elsa, sorridendo, diventando però subito seria pensando che forse sarebbe stato un po’ pericoloso per sua sorella tentare di fare una cosa simile. Conoscendola, già Elsa immaginava che Anna potesse avere la malaugurata idea di provare a creare un abito con la magia del fuoco. Un altro motivo per cui la sovrana doveva aiutare la sua amata sorellina a gestire il suo potere, anche se sembrava essere sulla giusta strada, visto lo spettacolo di lucciole di fuoco rubino di poco fa. i pensieri della regina delle nevi furono interrotti da un lieve e allegro bussare alla porta della sua stanza. Elsa sorrise, volgendo lo sguardo verso quella porta, riconoscendo subito a chi apparteneva quella bussata.
 
“Vieni pure Olaf, è aperto!” Esclamò la sovrana. Il pupazzo di neve entrò nella stanza con un grande sorriso sulla bocca e cammino allegramente verso la regina del suo cuore.
 
“Buongiorno, altezza! Posso aver un abbraccio?” salutò Olaf. Elsa sorrise dolcemente, s’inchinò e abbracciò teneramente il pupazzo. Allora Olaf spiegò alla regina il motivo della sua visita. Gli raccontò che, mentre giocava a mosca cieca con i bambini della capitale, una bambina di nome Astrid gli aveva dato una lettera per darla proprio a lei. Appena Elsa sentì ciò, i suoi occhi s’illuminarono di un lieve e candito chiarore. Il pupazzo consegno il foglio alla Regina, che si sedete sul suo letto, leggendo la lettera scritta da quella bambina al quale si era ormai affezionata. riconobbe subito la scrittura di Astrid, la stessa della firma sul ritratto con le farfalle che gli aveva fatto. La lettera diceva:
 
Cara Elsa, spero che tu possa ricevere questa lettera che ho scritto per te e per tua sorella. Quando ho saputo ciò che vi era successo a voi due ieri sera, mi sono terribilmente preoccupata. Ormai in città lo sanno quasi tutti che il perfido Hans ha cercato ancora una volta di fare del male a te e alla principessa Anna, per poi cercare di prendere possesso del regno. Per me quell'uomo terribile è persino peggio dei mostri che stanno sotto il letto, credimi. Comunque sia, mi sono sentita subito sollevata quando ho appresso che sei riuscita e respingerlo, nonostante avesse dalla sua parte la magia nera. Purtroppo so anche che tua sorella sia rimasta traumatizzata da quell'orrenda esperienza. Almeno è quello che ho sentito dire. Per questo vorrei chiederti una cosa. Potrei venire al castello, assieme ad alcuni miei amici, così da far visita a tua sorella? In questo modo potremmo dargli un po’ di conforto e coraggio per superare questo suo momento cosi triste, divertendoci insieme. Se sei d’accordo, Elsa, ti prego di mandarmi una risposta.
 
Augurò a te e ad Anna di poter stare bene e di ritrovare un po’ di felicità e serenità.
 
Astrid
 
Una Lacrima di commozione sgorgò da una dei brillanti occhi azzurri di Elsa.
 
“Grazie… piccola e meravigliosa Astrid…”  esclamò la regina a bassa voce. Pose il foglio sul comodino vicino al letto. Poi rivolse un bellissimo sorriso di gratitudine ad Olaf, che intanto si era seduto anche lui sul letto, proprio al suo fianco.
 
“Grazie Olaf, per avermi portato questo meraviglioso messaggio” così dicendo, la regina diete un bacio sulla fronte del pupazzo.
 
“Oh Elsa, così mi fai diventare più rosso di una fragola!” scherzò lui, con un sorrisetto ironico e imbarazzato, che rischiava di sciogliersi se diventava paonazzo. Fortunatamente aveva sempre sulla testa la sua personalissima nuvola di neve, che lo aiutava ad evitare simili inconvenienti.
 
“E Anna come sta? Si è ripresa un po’? Ha ancora il sorriso? Se non è così, posso sempre andare da lei con una piuma e fargli il solletico, che dici?” il discorso di Olaf fece sorridere la regina, che iniziò a spiegare al suo piccolo amico di neve che la principessa stava iniziando, poco alla volta, a ritornare ad essere la solita, spensierata e meravigliosa ragazza di sempre, anche se doveva abituarsi all'idea di avere poteri magici di fuoco, imparare a controllarli e tenere il popolo di Arendelle all'oscuro di ciò, almeno finché non fosse arrivato il momento giusto per dirlo.
 
“Allora ho proposto ad Anna di andare insieme fuori in giardino a pattinare un po’! Infatti stavo per andare dei lei. Conoscendola scommetto che non sarà ancora pronta quando busserò alla sua porta! Vuoi unirti a noi?” alla domanda che Elsa gli aveva appena fatto, Olaf saltò dal letto tutto contento, e mentre usciva dalla stanza, si rivolse alla regina e, con un inchino gli rispose:
 
“Uao, certo che si, anzi! Vado fuori, cerco Kristoff e Sven e porto anche loro al cortile, anche a costo di prenderli al lazo! Così magari Anna e Kristoff riescono a chiarire un certo malinteso che noi due conosciamo benissimo…” poi Olaf fece un occhiolino alla regina e corse fuori per i corridori del castello, con l’intenzioni di stanare il montanaro e la renna, anche a costo di setacciare l’intero regno se fosse stato necessario.
 
Elsa sorrise divertita. Anna e Olaf avevano sicuramente entrambi una qualità in comune. Sapevano risplendere il sole dell’allegria anche nei cuori più tristi e sconsolati. Chissà, pensò Elsa, magari era l’occasione propizia per quei due innamorati di affrontare la questione della loro salda, eppure anche instabile, storia d’amore. Certo, era evidente che ognuno di loro amava l’altro con grande intensità, ma c’erano ancora dei forti dubbi in questo caso. Anna temeva che Kristoff non facesse sul serio, che il loro amore non fosse abbastanza forte. Kristoff aveva ancora dei seri dubbi se era davvero degno di essere l’uomo giusto per la sua amata principessa, nonostante le sue umili origini. Mentre pensava a questa cosa, la regina uscì dalla sua stanza per andare incontro ad Anna e uscire insieme fuori a pattinare in giardino, nel campo giochi che aveva creato con la magia del ghiaccio. Elsa non poteva però nemmeno immaginare che in quel momento sua sorella stava correndo un grave pericolo, presagito da quella lugubre sensazione che aveva sentito poco fa, proprio vicino alla stanza di quest’ultima. Hans era infatti già entrato nel castello, invisibile e intoccabile, ed era persino passato accanto ad Elsa, creando quella specie di grottesca brezza, che la regina la prese per un attimo di malore. Hans, vicino alla camera della principessa, si preparò a scatenare il dono che il suo oscuro padrone gli aveva dato, qualcosa di orribile che rischiava di frantumare la felicità del regno, condannare il mondo intero e recidere il legame d’affetto delle due sorelle… forse per sempre…

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Capitolo 11
*** La Puntura dell'Odio ***


Anna non vedeva l’ora di poter pattinare sulla pista di ghiaccio, creata per magia nel giardino reale, assieme a sua sorella. Per l’occasione, la principessa si era messa degli abiti molto speciali. Si trattava degli stessi vestiti che aveva addosso quando, parecchio tempo fa, era partita assieme a Kristoff e a Sven verso le alte montagne di Arendelle per ritrovare Elsa e aiutarla durante il periodo del gelido inverno fatato che aveva colpito il regno durante l’estate. La lunga gonna dall'intenso blu scuro, decorata con fiori rossi. Il corpetto nero con altri motivi floreali e le rifiniture d’oro, sopra alla camicia azzurra chiara. Guanti blu, che ancora doveva indossarli, e stivali neri a tacco alto. Infine il mantello color magenta, allacciato intorno al collo da una spilla argentata a forma di doppio cuore. Persino Elsa avrebbe avuto piacere nel vedere sua sorella con addosso quelle vesti. Le stesse vesti con la quale Anna aveva intrapreso la missione di salvare Elsa dalla paura del suo potere e dalla solitudine e il regno dalla morsa di ghiaccio. Anna aveva deciso di lasciare i suoi capelli rossi sciolti, visto che ormai era impossibile che si arruffassero più. La principessa si rimirava allo specchio e pensò che in fondo Elsa aveva ragione sul fatto che ora sembrava una donna più matura, senza però mancare il suo adorabile sguardo da bambina allegra e birichina.
 
“Dimmi Lynae, che te ne pare?” chiese Anna, rivolgendo lo sguardo alla piccola micia accucciata come una sfinge sul letto. Lynae guardava la sua amica umana con tenera ammirazione e curiosità felina, e quest’ultima, come faceva sempre Kristoff, diete voce ai pensieri della gattina:
 
“È veramente una favola il tuo abito! Inoltre, con quei capelli cosi rossi sembri ancora più carina!” Anna sorrise, s’inginocchio davanti al letto e diede un piccolo bacio sulla testolina pelosa di Lynae e gli fece delle dolcissime carezze sulla nuca, una cosa che fa scoppiare di adorabili fusa qualsiasi gatto che si rispetti.
 
“Tu ora stai qui buona, mentre io vado a divertirmi con mia sorella in giardino! Se farai la brava, ti faccio portare dalle cucine reali qualche pesciolino già pulito, contenta?” Dichiarò la principessa, ridendo graziosamente mentre si rialzava da terra. Lynae fece un miao come per dire che non vedeva l’ora di mangiare pesce. Anna allora saluto la sua piccola amica a quattro zampe con un delicato buffetto sul suo musetto felino, e s’avviò verso la porta per uscire in corridoio, raggiungere sua sorella e andare insieme a lei a pattinare nel campo giochi di ghiaccio creato da quest'ultima. Un istante prima che mettesse la mano sul pomello della porta, la rossa pensò al suo amato montanaro. Sperava con tutto il suo cuore di poterlo incontrare il più presto possibile, per chiarire quando era successo ieri notte, quando era in preda ad una sofferente rabbia mista a tristezza. Voleva abbracciarlo, chiederli perdono per quando gli aveva detto, che era un uomo meraviglioso, con tutti i suoi pregi e difetti, che voleva amarlo e desiderava essere amata a sua volta, di poter stare insieme a lui nel più sincero e forte amore di sempre, sposarlo, avere figli… Anna rise lievemente, pensando che sicuramente Kristoff avrebbe sicuramente avuto qualcosa da ridire sul fatto di avere figli… Anna era ancora presa nei suoi pensieri riguardo a Kristoff quando aprì la porta della sua stanza per uscire… fu allora che, nell'attimo in cui la ragazza aveva appena aperto la porta, apparve improvvisamente davanti ai suoi occhi…
 
 
 
Flashback…
 
Grazie all'incanto del Velo Assoluto che lo avvolgeva, il principe decaduto era invisibile e intangibile come uno spettro e poteva quindi attraversare porte, pareti, persone, ogni cosa, senza essere visto e/o sentito da nessuno. In questo modo, dopo aver attraversato il ponte, Hans era riuscito a penetrare all'interno del palazzo, superare le guardie, senza che queste potessero vederlo, attraversare come un fantasma ogni ostacolo che gli si presentava davanti. Aveva ormai raggiunto il corridoio che conduceva verso la stanza della vittima designata dall'oscuro dono di Miðgarðsormr, la principessa Anna. Seguendo le indicazioni dategli dal suo nero padrone, il condottiero delle ombre sapeva come raggiungere il suo obbiettivo. Appena si trovò terribilmente vicino alla porta che stava cercando, Hans sorrise malignamente, pensando di essere ormai a pochi passi dal compimento della sua missione. Se ci fosse riuscito, la regina Elsa e sua sorella non sarebbero più stato un problema per Miðgarðsormr e, visto che grazie alla magie che lo avvolgeva nessuno poteva nemmeno sentirlo, scoppiò in una crudele risata che solo lui poteva sentire, mentre pensava al modo in cui sarebbero state eliminate le sue due prede. Fu in quel momento che la porta della stanza di Anna s’aprì e ne uscì Elsa, che aveva appena salutato sorridendo sua sorella. Dopo quando era successo ieri notte e anche molto tempo fa, durante il periodo dell’inverno stregato che aveva avvolto Arendelle, Hans sarebbe stato assalito da una tremenda preoccupazione nel vedere la regina delle nevi che stava camminando proprio nella sua direzione, se non fosse stato per l’incantesimo che lo proteggeva. Infatti i sensi di Elsa non riuscivano in nessun modo e percepire la presenza del crudele principe, intenzionato a far del male a sua sorella. Hans, per uno slancio di arrogante sicurezza, lasciò che la regina, dopo che aveva chiuso la porta della stanza di sua sorella, lo attraversasse, come una nebbia invisibile e intoccabile. Nel momento però in cui Elsa attraversava l’incorporeo e velato Hans, fu presa da un improvviso malore, come se l’essenza maligna della magia di Miðgarðsormr avesse sfiorato la parte più profonda della sua anima come un sottile chiodo di ferro. Appena Hans si rese conto del suo errore, s’allontanò il più velocemente possibile dalla regina, che iniziava a riprendersi da quell'inquietante sensazione, come se fosse andata a sbattere contro qualcosa di invisibile e intoccabile, ma terribile come un miasma orribile. Hans aveva a malapena fatto in tempo a svoltare dietro l’angolo del corridoio, preso da un attimo di panico. forse Elsa, oltre ai poteri del ghiaccio, doveva avere una specie di sesto senso, capace di percepire la magia nera che velava il principe decaduto, ma solo quando era vicinissimo a lei. Hans si maledisse per il suo avventato gesto, che poteva rischiare di trasformarsi in un errore irreparabile, se la regina capiva come stavano le cose. Poi però Hans tirò un sospiro di sollievo quando vide, con la testa che sporgeva dietro l’angolo in cui si era nascosto, la regina che si allontanava dal suo obbiettivo finale, la camera di Anna. A quando pare Elsa aveva interpretato quella strana sensazione come un leggero mancamento passeggero causato dallo stress e non l’aveva più ritenuto rilevante una volta che gli era passato. Uno colpo di fortuna sfacciata per Hans. una volta che la donna dalla chioma bionda platinata si ritirò nei suoi alloggi, Hans trovò finalmente il cammino verso la vittoria completamente sgombro. Ormai non c’era più un solo ostacolo o intoppo che potesse fermarlo nel compiere la sua sciagurata missione.
 
“È giunto il momento!” si disse l’uomo, sorridendo crudelmente, mentre costatava che non c’era nessun’altro oltre a lui in zona. Sempre nascosto dietro l’angolo per sicurezza, Hans pronunciò alcune arcane parole e l’incantesimo che lo rendeva invisibile e intangibile s’annullò, come una nebbia che viene diradata dai raggi del sole. Rapidamente, tirò fuori dalla sacca lo scrigno nero evocato da Miðgarðsormr, poi s’inginocchiò posando l’oscuro artefatto per terra davanti a lui, pronto a far sprigionare il crudele potere in esso contenuto. Mentre apriva lo scrigno, dalla quale fuoruscivano  fili di fumo nero, Hans, non poté fare a meno di ammirare crudelmente lo strumento della distruzione delle due sorelle. Un enorme bozzolo. Un bozzolo nero come la pece, duro, liscio e lucente, come se fosse fatto d’onice, ricoperto di lunghi e sottili  aculei scintillanti. al principe decaduto gli rimaneva da fare solo una cosa, per suggellare per sempre la fine delle due ragazze e garantire l’ascesa e la vittoria del suo oscuro padrone. Iniziò infatti a recitare la macabra formula, in lingua antica e sconosciuta, che il signore delle ombre gli aveva insegnato per risvegliare la terribile magia all'interno del bozzolo. Il bozzolo si riempì di brecce profonde, dalle quali traboccava una lugubre luminescenza purpurea, per ogni parola dell’oscura formula che Hans pronunciava. Il bozzolo, ormai pieno di crepe su tutta la sua superficie, collassò all'improvviso su sé stesso, riducendosi ad un mucchietto di schegge nere. Da esse emerse svolazzante la creatura nata dalla crudeltà di Miðgarðsormr, il cui ronzio era così silenzioso da essere inquietante. Una farfalla nera come la notte e rossa come il sangue. Non si trattava infatti di una di quelle farfalle dalle magnifiche ali variopinte, che volano aggraziate in cerca di fiori da cui estrae il prezioso nettare durante il periodo della Primavera. Era un insetto plasmato dal sangue dell’oscurità e dalle fiamme dell’odio. Le sue ali era tinte di un cremisi sanguigno, che spargevano nell'aria una sottile polvere nera. I suoi occhi erano neri come un infinito abisso. Come una vespa, la farfalla aveva un lungo e lucente pungiglione sull'addome, dalla quale secerneva un liquido rosso e scuro. Il principe decaduto allungò la mano verso la farfalla ombra e si posò sul dorso.
 
“Vai adesso e compi il volere di Miðgarðsormr!” Esordì Hans al diabolico insetto, che iniziò di nuovo a svolazzare, che ad ogni battito d’ali lasciava dietro di sé una scia nera e caliginosa. Si appoggio infine sulla parete di fronte alla porta, dietro la quale si trovava la sua vittima. Hans, rapidamente, raccolse lo scrigno, in modo che non rimanesse traccia del suo passaggio e lo ripose nella sacca. Poi pronunciò misteriose parole nella lingua profana delle tenebre e davanti a lui apparve il vortice oscuro, che lo avrebbe condotto all'istante nel santuario sulle montagne di Miðgarðsormr. Avrebbe voluto restare per vedere la sua missione compiersi e godere dell’annientamento definitivo della regina e di sua sorella, ma gli ordini del suo oscuro maestro erano chiari. Una volta svolto il suo compito, Hans doveva tornare velocemente al santuario per i preparativi del rituale per annullare il sigillo che impediva al suo padrone di tornare dal Limbo e dominare finalmente il mondo. Prima di varcare il vortice nero, Hans rivolse il suo sguardo alla insidiosa farfalla, che attendeva appoggiata al muro il momento propizio. Hans sorrise malignamente e varcò la breccia oscura che aveva evocato, che svanì subito dopo senza lasciare traccia, portandosi via il principe decaduto nelle tenebre. Proprio un istante dopo che il vortice di tenebra si era chiuso, il maniglia della porta davanti all'insetto maledetto iniziò a girare. La farfalla, d’istinto, si staccò dalla parete sulla quale si era posata e si diresse verso la porta che si stava aprendo e volò verso di essa, per poi fermarsi a mezz'aria, in attesa di trovarsi davanti la vittima che gli era stata designata. Quando la porta si aprì completamente, l’insetto si trovò davanti il volto sorpreso e spaventato di una ragazza, dai lunghi capelli rossi sciolti, due occhi celesti e un volto quasi infantile. La sua vittima. Anna. Colei che possedeva il potere del fuoco.
 
Fine del Flashback…
 
 
 
Nel momento in cui Anna aveva appena spalancato la porta della sua stanza, si ritrovò faccia a faccia con uno spaventoso insetto, il cui sinistro ronzio silenzioso lo rendeva ancora più macabro, grosso quasi come un merlo e svolazzava sbattendo le sue ali tinte di un cremisi sanguigno. Il resto del corpo dell’insetto era di un orribile nero e dall'addome spuntava un lungo pungiglione purpureo. Anche se gli occhi dell’inquietante farfalla erano neri e vuoti come un abisso di tenebre, sembravano quasi che lanciassero grida di rabbia, mentre fissavano la principessa che stava loro davanti. Anna lanciò un grido di spavento nel vedere quell'essere cosi ripugnante e indietreggiò di scatto. La raccapricciante farfalla, dominato  dall'istinto dell’odio e del buio, si lanciò in volo verso la ragazza, prima che lei potesse chiudere la porta, ed entrò sfrecciando nella stanza come una vespa impazzita. E come una vespa, l’insetto volo insistentemente intorno alla fanciulla, che cercava di scacciarla via.
 
“Vattene, insettaccio, vattene!” Gridava Anna cercando di scacciare l’insetto svolazzante con le mani. Avrebbe voluto usare il suo potere di fuoco, ma temeva che, se lo avesse fatto, poteva rischiare di perderne il controllo e rischiare di fare danni, o peggio ancora, di fare del male alla sua piccola micia, che intanto stava girando e saldando intorno alla principessa per cercare di scacciare l’intruso. L’orribile bestiaccia però non aveva intenzione di desistere, alimentata dall'odio dal quale era stata generata. La creatura di Hans, evitando con diabolica agilità di essere colpita dalle mani di Anna, si pose dietro il collo di quest’ultima e vi conficcò il suo aculeo che grondava di rabbia e angoscia brucianti. Anna gridò per il dolore che quella puntura infernale gli causava.
 
“No! Lasciami!” gridò Anna  nel sentire l’atroce dolore che proveniva dalla puntura dell’abominevole insetto. Il dolore divenne sempre più forte e iniziò ad espandersi dal collo in tutto il corpo.
 
“Ti ho detto di Lasciarmi!” gridò furiosa la ragazza, lasciando che la rabbia prendesse possesso del terrore e del dolore che sentiva scorrere nelle vene, come un veleno di vipera. Fu allora che la sua mano destra prese fuoco all'istante. Aveva richiamato il potere che si celava nel suo cuore. Istintivamente, Anna schiaffò furiosamente la mano avvolta dalle fiamme sul raccapricciante insetto che continuava a tenere il pungiglione conficcato dietro il collo, mentre  iniettava il suo veleno pieno di dolore e odio.  Le fiamme evocate dalla ragazza strinsero in un istante il nero parassita in una morsa rovente e spietata che non lasciava scampo. Finalmente l’infida farfalla si staccò dal collo della sua vittima e, prima di potere cadere verso terra, il suo corpo fu straziato dalle fiamme. Sul pavimento caddero solo ceneri nere. Purtroppo però l’insetto delle ombre dell’odio aveva adempiuto al suo compito. Infatti il pungiglione dell’insetto si era staccato dall'addome poco prima che questi cadesse verso terra, divorato dal fuoco. Il pungiglione era rimasto piantato dietro il collo della ragazza, per poi dissolversi come fumo nero dopo qualche secondo. Il veleno dell’insetto aveva macchiato il sangue nelle vene di Anna, travolta da un infrenabile dolore angosciante.
 
“Cosa mi ha fatto…” Gemeva Anna, travolta nel corpo e nell'anima da un tempesta di emozioni in cui si mischiava paura, ira e sofferenza. La sua vista iniziò ad annebbiarsi, il suo respiro orribilmente affannoso, l’equilibrio iniziò pericolosamente a mancare, la testa girava vorticosamente, come se fosse stata sferzata dal un tifone, mentre il dolore derivante dal veleno nero raggiunse il suo cuore e divenne cento volte più insopportabile di prima. Con un ultima e straziante fitta di dolore, Anna s’accasciò a terra, proprio al centro della stanza. Mentre era sul punto di perdere completamente i sensi, la ragazza riconobbe la sagoma sfocata della sua piccola amica Lynae, che veniva verso di lei, miagolando ansiosamente.
 
“Cerca… Elsa… ti prego… fa male… ho bisogno di… lei…” borbottò affannosamente la principessa alla sua piccola micia del cuore, poi i sensi l’abbandonarono, mentre il veleno delle tenebre e dell’odio continuò a insidiarsi nel suo corpo, per poi farlo nella sua mente e nel suo spirito. Lynae miagolò disperatamente come un bimbo in lacrime, cercando in questo modo di far rinvenire Anna, senza però successo. La gattina capì allora che doveva per forza trovare Elsa, proprio come gli aveva chiesto la sua amica umana prima di svenire per il dolore provocato da quel maledetto pungiglione. Lynae uscì dalla stanza attraverso la porta lasciata aperta e iniziò a galoppare come un piccolo ghepardo per i corridori, in cerca della sorella maggiore di Anna.
 
 
 
Il primo posto in cui Olaf si recò per cercare Kristoff e Sven fu la stalla e si rallegrò nel constatare, una volta giunto lì, che ci aveva azzeccato al primo tentativo. Infatti, quando il pupazzo magico entrò nella stalla, vide proprio il giovane montanaro, che stava finendo proprio in quel momento di strigliare il pelo di Sven, che per l’animale era come godersi un massaggio alle terme.
 
“Eccovi! Cercavo proprio voi!” esclamò Olaf, camminando tutto allegro verso i suoi amici. Il biondino si volse verso il nuovo arrivato e lo salutò con un tenue sorriso, dicendogli:
“Ciao Olaf, ti serve qualcosa?” Il pupazzo, con un sorrisetto ironico, rispose alla domanda che Kristoff gli aveva appena fatto:
 
“Per me non lo so… ma credo che a una certa ragazza dai capelli rossi di nostra conoscenza non dispiacerebbe il tuo aiuto…” la risposta di Olaf sembrò turbare lievemente il ragazzo e incuriosire la sua amica renna. Olaf iniziò allora a raccontare ciò che la regina gli aveva detto nella sua stanza poco fa riguardo le condizioni di Anna.
 
“Così, quando Elsa mi ha invitato a pattinare assieme a lei e a sua sorella nel campo giochi di ghiaccio, io gli ho suggerito di far venire anche voi due!” terminò di spiegare il pupazzo di neve, con un sopracciglio alzato rivolto al montanaro. In quel momento, Kristoff intuì dove voleva andare a parare Olaf e gli chiese:
 
“E… cosa dovrei fare secondo te… se dovessi accettare l'invito?” Olaf, con i sue legnose e sottili braccia incrociate dietro la schiena, andava avanti e indietro come un cavallo giocatolo a dondolo.
 
“Punto primo, una volta nel campo giochi di ghiaccio, ti consiglio vivamente di invitare Anna a pattinare con te! Punto secondo, fatte due chiacchiere, confrontatevi, chiaritevi, consolatevi, dichiaratevi una volta per tutte, amatevi, sposatevi, fate tanti piccoli bambini e vivete per sempre felici e contenti! Punto terzo… Ohe! Credo di aver già detto tutto durante il punto secondo… vero?” Dopo quando aveva appena detto Olaf, il biondino non era molto sicuro dell’idea di andare a pattinare con Anna.
 
“Ehm, senti Olaf, apprezzo veramente tanto il pensiero, ma non se è il caso… magari è un po’ presto per parlare con Anna di certe cose, come sposarci e fare dei figli…” disse il ragazzo, assalito di nuovo dai dubbi sulla sua relazione con la principessa. Il bianco pupazzo allora assunse un espressione spazientita e sentenziò tutto impettito come un soldatino di piombo:
 
“Stami bene a sentire, ragazzo! Se non cogli questa occasione adesso, potrebbero non capitartene altre! Basta con i dubbi! So che non sono un genio e che non sono nemmeno un Esperto in Amore come i tuoi amici troll, ma certe cose le capisco anch'io! Inoltre ho promesso ad Elsa che ti avrei portato a pattinare con Anna, anche a costo di trascinati da qui al giardino con le maniere forti!” Kristoff rise divertito alle ultime parole di Olaf.
 
“Ah si? Quindi come pensi di costringermi esattamente, sentiamo!” Se Kristoff non l’avesse mai detto! In un solo istante, Olaf assunse lo sguardo più malinconico, coccolone, adorabile, struggente e irresistibile di tutta Arendelle, con due enormi occhi lucidi come palle con la neve dentro. Persino Kristoff non poteva fare almeno di rimanere colpito dallo sguardo da cane bastonate di Olaf.
 
“No eh? Non ci provare! Non ci casco io! Smettila! Tanto non funziona!” diceva Kristoff mentre cercava inutilmente di ignorare lo sguardo di Olaf, che si faceva sempre più struggente con il passare dei secondi. Il ragazzo si voltò per non vedere Olaf, ma fu inutile, perché anche Sven, che era dietro di lui, aveva assunto uno sguardo da cucciolo come Olaf, con degli occhi che sembravano persino più grandi e lucidi.
 
“Cosa? Non ti ci metterai anche tu adesso! Non mi convincete! Basta, smettetela tutti e due!” gridò esasperato Kristoff, preso tra due fuochi. Nemmeno un montanaro rude come Kristoff poteva resistere dal doppio sguardo struggente incrociato di quei due.
 
“Oh, cavolo! E va bene, avete vinto voi, adesso smettetela!” disse sbuffando il biondino, che doveva ormai desistere ai buoni propositi del pupazzo di neve e della renna.
 
“Allora, che stiamo aspettando? Forza andiamo, non facciamo aspettare Elsa ed Anna!” Esultò tutto contento il bianco pupazzo mentre usciva dalla stalla, seguito da un Kristoff rassegnato e da una renna soddisfatta. Kristoff, mentre seguiva Olaf, iniziò a ripensare il discorso che gli aveva fatto la regina ieri notte. Magari era davvero il momento giusto di mettere da parte i dubbi e confrontarsi con Anna riguardo la loro relazione.
 
“Vedrai, tutto si sistemerà alla fine!” incitava Olaf, che correva tutto contento per aver convito il biondino a fare la sua mossa.
 
“Lo spero Olaf… Lo spero veramente tanto…” replicò Kristoff, ammirando la spensieratezza che il pupazzo di neve sapeva emanare, proprio come la principessa del suo cuore.
 
 
 
Elsa uscì dalla sua stanza e si diresse verso quella di Anna, per andare insieme a lei a pattinare in giardino, trasformato in un parco di ghiaccio grazie alla sua magia. Mentre percorreva i corridori con l’eleganza si sempre, la regina non poté fame almeno di pensare alle buone intenzioni di Olaf, che voleva dare il suo sincero e spontaneo contributo per rendere più salda la relazione di sua sorella con Kristoff. Sicuramente Olaf aveva pensato ad un modo originale e tutto suo per persuadere il giovane montanaro a pattinare con Anna e parlare con lei della loro storia d’amore che era pericolosamente in bilico. Elsa sorrise divertita, cercando di immaginare cosa potesse aver escogitato quel piccolo e adorabile pupazzo di neve. I pensieri di Elsa furono però improvvisamente offuscati nell'istante in cui vide una cosa piccola e soffice, con il pelo color panna chiara, che stava correndo proprio verso di lei. La piccola micia di Anna si fermò a pochi centimetri da Elsa, miagolando freneticamente, come se avesse alle calcagna un cane con la rabbia.
 
“Lynae, cosa ci fai qui?” chiese sorpresa Elsa, mentre si inginocchiava davanti alla bestiola e la raccolse delicatamente in braccio. La micia continuava a miagolare, come se stesse piangendo e cercasse di dire qualcosa di terribilmente importante alla regina. Mentre osservava la gattina che divincolava sconvolta tra le sue braccia, La bionda platinata iniziò ad avere il sospetto che fosse successo qualcosa di grave a sua sorella. Gli ritornò allora in mente quella orribile sensazione che aveva provato proprio vicino alla stanza di Anna, facendo così aumentare in modo spaventoso la sua preoccupazione come un edere rampicante.
 
“Anna!” gridò Elsa, rialzandosi di scatto e correndo verso la stanza Anna, mentre teneva ancora in braccio la piccola Lynae. Nella mente della regina fecero capolino tremendi pensieri si ciò che poteva essere accaduto a sua sorella e temete che le forze oscure di cui aveva parlato il re dei troll stessero facendo la loro mossa proprio su Anna. Tra i sentimenti della regina, la sua preoccupazione venne affiancata da una rabbiosa determinazione. Anche se fosse stato di nuovo quel mostro di Hans, le sue creature d’ombra o addirittura il signore oscuro, conosciuto come Miðgarðsormr, Elsa era pronta a dare tutta se stessa per proteggere sua sorella e la gente di Arendelle dalla loro crudeltà. Non avrebbe mai permesso alle tenebre di far del male a qualcuno per appagare la loro nauseante ambizione.
 
“Stai tranquilla, sorellina! Sto arrivando!” si disse Elsa, che correva come una bufera di neve, e Lynae si trovò al sicuro tra le braccia della regina delle nevi. La giovane sovrana però non poteva immaginare cosa dovesse davvero affrontare quando sarebbe arrivata vicina alla stanza di sua sorella. Infatti, il vero piano delle forze oscure era di una crudeltà inconcepibile, qualcosa di perverso oltre ogni limite possibile. Qualcosa che poteva persino straziare Elsa nel più profondo della sua anima. Avrebbe affrontato un vero incubo vivente. Un incubo plasmato nell'odio, nell'ira e nel rancore. Un incubo spaventoso che purtroppo aveva a che fare con sua sorella…

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Capitolo 12
*** Surt ***


Elsa correva forte come l’impetuoso vento dell’inverno verso la stanza di Anna, tenendo sempre in braccio la piccola gatta. Era spinta dalla determinazione, ma anche dalla preoccupazione per ciò che poteva essere accaduto a sua sorella. giovane regina accelerò la sua corsa quando fu a pochi passi dalla porta aperta della camera in cui doveva trovarsi Anna. Appena si fermò in mezzo alla soglia, finalmente la vide…
 
“Anna?” esclamò Elsa, mentre entrava nella stanza e vedeva Anna che era in piedi, rivolta verso le finestre chiuse, come se stesse contemplando il cielo azzurro che c’era fuori quel giorno. Sembrava che la principessa non si fosse minimamente dell’arrivo di sua sorella, apparentemente… Anna era immobile. Come una statua. Sembrava quasi che non respirasse nemmeno. Teneva le braccia dritte lungo i fianchi e stringeva le mani in pugni. Elsa si sarebbe sentita sollevata nel vedere sua sorella che stava bene, ma nel profondo della sua anima, sentiva che qualcosa non andava. Percepiva nella stanza un aria strana e tesa, qualcosa di cupo e grottesco, come se dovesse esplodere un temporale da un momento all'altro. Mentre Elsa avanzò di pochi passi verso sua sorella, Lynae saltò giù dalle sua braccia, rimanendole sempre vicina. Anche la bestiola, con il suo istinto felino, sentiva che c’era qualcosa di imminente e pericoloso nell'aria e forse aveva a che fare con la sua padroncina, Anna.
 
“Anna, stai bene?” chiese la regina, avanzando di un altro passo verso la rossa che continuava a dargli di spalle, senza mai voltarsi.
 
“Oh, Elsa, non puoi nemmeno immaginare quando io mi senta bene in questo momento…” Questa fu la risposta di Anna, che perpetuava a dare di spalle ad Elsa. la voce era sicuramente quella della principessa, ma aveva un intonazione diversa del solito. Elsa se né era resa conto e per questo su assalita dallo sgomento. Infatti quel tono di voce in Anna aveva un qualcosa di feroce, che aveva fatto sussultare la regina. Elsa fece un altro passo in avanti.
 
“C’è forse qualcosa che non va? Per favore, voltati e dimmi cosa ti succede!” Elsa diventava sempre più nervosa, con uno sgomento che gli pizzicava lo spirito in modo esasperante.
 
“Oh, niente di grave, sorella… ho soltanto capito finalmente cosa desidero veramente nella vita…” La risposa di Anna, dal tono arrogante e apparentemente soddisfatto, tradiva una silenziosa rabbia, che aumentava il turbamento nel cuore della regina, al quale si aggiunse una terrificante agitazione.
 
“Di che cosa stati parlando?” domando la regina, sempre più perplessa e sconvolta nell'animo. Non era quasi più sicura che quella che aveva sentito finora fosse la voce di sua sorella. Fino a poco fa, infatti, la voce di Anna che Elsa conosceva era dolce, infantile, piena di speranza e amore. Quello che però aveva sentito adesso era più la voce della sua amata sorellina che lei conosceva. Ora in quella voce c’era arroganza, sarcasmo, con rabbia e rancore sul punto di esplodere.
 
“È semplice, Elsa… ciò che voglio veramente è quello di dominare con la rabbia, la paura e il fuoco, annientando chiunque osi ostacolarmi… a cominciare da te!” Mentre pronunciava quelle dure e tremende parole, finalmente Anna si volse verso sua sorella. Fu allora che il terrore e lo smarrimento s’impossessarono di Elsa, mentre guardava il viso di Anna. Infatti la regina non riusciva più a vedere i tratti infantili e gioiosi che caratterizzavano la sua amata sorellina fin dalla sua nascita. Non riusciva più a scorgeva negli occhi di Anna il blu celeste che luccicava di speranza, ottimismo, tenerezza e voglia d’amore. Non riusciva più a riconoscere quella persona che gli stava davanti agli occhi, anche se il suo cuore, pur soffrendo in silenzio, urlava come per dire che quella ragazza era davvero Anna. Adesso, sul volto di sua sorella, Elsa vedeva in tutta la loro spietatezza l’arroganza, il sarcasmo, l’ostilità e l’odio. Le pupille negli occhi della principessa avevano assunto il colore di un rubino avvolto nelle fiamme della rabbia. Anna stava sorridendo, ma invece di esprimere felicità e bontà, mostravano rancore e una sete di potere inconcepibile. Poi successe tutto in un attimo. La mano destra di Anna venne improvvisamente avvolta da fiamme rosse incantante, più scure del solito, come se fossero scaturite dal buio.
 
“Anna, ma che cosa stati facendo?” disse impaurita Elsa, indietreggiando di alcuni passi da Anna.
 
“Preparati, regina dei ghiacci… il tuo regno sta per finire!” Gridò Anna, con uno sguardo che esplodeva di rabbia feroce, lanciandosi come un lupo selvaggio contro sua sorella, allungando la fiammeggiante mano verso di lei per colpirla in volto. Quelle fiamme stregate stavano quasi per raggiungere il viso della regina, quando lei d’istinto risvegliò il suo dono di ghiaccio. In un solo istante, Elsa, Muovendo le mani davanti a se come un’illusionista, creò un grande scudo di ghiaccio cristallino, magicamente sospeso a mezz'aria, che si frappose tra la sua creatrice e la mano infuocata di Anna. Quando il fuoco si schiantò contro la gelida superficie dello scudo, ci fu un accecante e fragoroso scoppio luminoso, che poi si attenuo dopo solo pochi istanti. Lo scudo finì in finissimi frammenti, che poi si trasformarono in fiochi di neve e scomparvero nel momento stesso in cui si posavano delicatamente a terra. Il glaciale artefatto però non aveva deluso le aspettative di Elsa. infatti lo scudo era riuscito non solo ad arrestare le fiamme che potevano ferire Elsa, ma aveva persino respinto indietro Anna, faccendona sbattere contro le finestre della sua stanza. Per la botta, i vetri delle finestre s’incrinavano pericolosamente intorno alla principessa, che con un gemito di rabbiosa sofferenza, cercava di riprendersi, rimettendosi in piedi più impettita e furiosa che mai. Durante lo scontro tra il ghiaccio di Elsa e il fuoco di Anna, Lynae si era nascosta sotto il letto, intimorita da ciò che stava succedendo.
 
“In nome del cielo! Anna, ma si può sapere perché l’hai fatto?” Chiese Elsa, sconvolta, e persino fortemente arrabbiata, trovando inverosimile il comportamento di Anna. Anna, con un gemito di rabbia, massaggiava furiosamente la mano che ancora ardeva nel fuoco da lei evocato, volgendo poi il suo sguardo di feroce disprezzo verso Elsa.
 
“Fai silenzio, non voglio nemmeno sentirti!” gridò furiosa Anna, mentre le fiamme della sua mano destra aumentavano d’intensità e anche quella sinistra divampò come un incendio.
 
“Tu… non mi impedirai di scatenare il fuoco della distruzione che arde finalmente in me e creare il mio regno dalle ceneri di questo inutile mondo! Un regno più grande del tuo, Elsa… superato soltanto dal mio odio che provo per te!” Elsa non poteva credere alle astiose parole che fuoriuscivano dalla bocca di sua sorella.
 
“Non capisco Anna… perché tutta questa rabbia, questo odio, questa sete di distruzione… non ha alcun senso!” Per Elsa era come se Anna fosse preda di un incantesimo che l’aveva imprigionata la sua anima in un furore senza limiti. Quando la regina l’aveva vista l’ultima volta, prima di quel momento, Anna era la solita ragazza allegra, impacciata e graziosa di sempre, con le sue gioiose risate, le sue tenere insicurezze, il suo cuore pieno di amore e speranza. Ora la vedeva come un essere avvolto dalle fiamme invisibili dell’odio, alimentate dal rancore più spietato e dal frenetico desiderio di distruggere ogni cosa. Il contrario di Anna insomma!
 
“Basta con le parole! È giunta l’ora di farla finita, una volta per tutte!” sentenziò Anna ferocemente, alzando entrambe le braccia verso l’alto. Le fiamme che avvolgevano le mani della principessa cominciarono a mutare forma e dimensione, fino ad essere riplasmate in due affilate sciabole fiammeggianti. L’elsa di ognuna di quelle ardenti armi aveva le sembianze di un drago serpentino, che sembrava avvolgere nelle sue spire la mano che la stringeva. Le lame erano lunghe, taglienti e ardevano come la rabbia di colei che le stava maneggiando minacciosamente contro la regina.
 
“Se vuoi continuare ad essere la regina di questo patetico buco che chiami Arendelle, affrontami!” minacciò Anna, con una sguardo che ardeva di frenesia e furore, poi si lanciò contro la regina, brandendo le sciabole, pronte a fendere e a bruciare ogni cosa che si fosse trovata sul loro cammino. Elsa non ebbe altra scelta che difendersi e, con le lacrime agli occhi per ciò che stava per fare, raccolse tutto il coraggio che poteva dal suo cuore e usò ancora una volta il suo dono. In solo istante, evocò nelle sue mani due spade di ghiaccio, dalle lame ritte e possenti come quelle dei cavalieri del medioevo e con l’elsa a forma di fioco di neve. Le lame rilasciavano una specie di leggera nebbiolina argentata ed effimera. Con quelle gelide armi, Elsa parò l’assalto fiammeggiante di quelle di sua sorella. Con un nuovo grido di rinnovata furia, la principessa iniziò a tempestare la sua avversaria con infuocati fendenti, che venivano costantemente parati dalle glaciali lame. Ogni volta che le lame rosse si scontravano con quelle azzurre, entrambe facevano sprizzare scintille bianche, simili a scoppi di luce accecante, come fulmini durante una tempesta. Il suono delle lame che si incrociavano era forte e vibrante come il tuono. Durante il terribile scontro tra sorelle, mentre indietreggiava fuori dalla stanza, spinta dalla furia incontenibile di Anna, Elsa cercava di capire il senso di ciò che stava succedendo, trovandolo poi però sempre più inconcepibile. Stava combattendo contro sua sorella, in preda ad un furore innaturale e a un inspiegabile desiderio di dominare e distruggere ogni cosa! La furia dalla quale Elsa si stava difendendo non poteva essere Anna! Quegli occhi rossi come il fuoco non potevano essere quelli di Anna! La parole astiose e feroci non potevano essere uscite dalla bocca di Anna! In Elsa, la ragione si rifiutava di accettare ciò che era evidente ai suoi occhi e il suo cuore piangeva di tristezza e di esasperazione. Il confronto delle lame di ghiaccio e quelle di fuoco continuò nel corridoio ed ogni colpo illuminava le pareti rosse come lampi. Nessuna delle due contendenti desisteva. Stoccata, parate e fendenti. Elsa cercava di respingere l’attacco di sua sorella, senza però dovergli fargli del male, anche se temeva fortemente di essere costretta, prima o poi, a farlo.
 
“Che c’è, hai forse paura di fare la bua alla tua dolce e indifesa sorellina?” Esclamò Anna con un rabbioso e beffardo sorriso, mentre continuava ad attaccare violentemente la maggiore. Nel suo cuore, Elsa pregava che tutto questo fosse solo un incubo, anche se purtroppo sentiva che questa era l’orribile realtà.
 
“Devi smetterla! Non puoi continuare così!” gridò allora Elsa esasperata, quasi sul punto di arrabbiarsi, mentre respingeva l’ennesimo attacco delle lame infuocate di Anna, che la costringeva ad indietreggiare ad ogni colpo.
 
“Altrimenti che fai? Mi metti in castigo e a letto senza cena?” replicò Anna con tono sempre stizzosamente beffardo nella voce. Elsa non sapeva quando a lungo avrebbe resistito a tutto questo e il fatto che stava lottando proprio contro sua sorella, in preda alla rabbia, metteva duramente alla prova la sua determinazione, nonché la fiducia, l’affetto e la stima da sorella che aveva nei suoi confronti.
 
 
 
“Sei sicuro che la regina a detto che si sarebbe fatta trovare qui in cortile con sua sorella?” domandò Kristoff, una volta giunto nel parco giochi di ghiaccio assieme a Sven e al pupazzo di Neve. Alcune guardie presidiavano nel giardino, su ordine della regina, e stavano all'erta nel caso Hans dovesse colpire ancora. Il Campo Giochi di Ghiaccio creato dalla regina Elsa era una porzione molto ampia del giardino, dove prima c’era semplicemente una grande distesa di erba verde. Ora era un grande campo circolare di ghiaccio, diviso in tre parti da una bassa palizzata cristallina, finemente decorata con motivi invernale, anch'essa creata dalla regina. In ognuna di queste sezioni c’era un tipo diverso di divertimento con neve e ghiaccio. Il campo era come se fosse stato plasmato con il cristallo, il platino e l’argento, viste le sfumature e i giochi di luce che il sole creava sul ghiaccio e la neve, senza però essere in grado di scioglierle, grazie alla volontà delle regina. Sopra la prima parte del campo, a circa cinque metri d’altezza, c’erano una gran nuvola bianca, che faceva scendere alla terra sottostante una neve fresca, soffice e candita. Una neve incantata che non poteva sciogliersi, neanche fosse stata primavera o estate. Li i bambini potevano creare ogni genere di pupazzo simili ad Olaf e fare divertenti battaglie con palle di neve. Nella seconda sezione, anche essa sormontata da delicate nevicate magiche evocate da Elsa, c’erano grandi mucchi di neve, simili a montagne in miniatura. I bambini, tramite delle slitte di legno commissionate dalla regina in persona, facevano delle bellissime discese in sicurezza, accompagnati sempre da qualche adulto, spesso i loro genitori. Nella terza e ultima sezione, non c’erano nuvole che nevicavano sopra di essa. Infatti l’ultima parte del campo di ghiaccio era una grande e magnifica pista da pattinaggio, dove chiunque poteva andarci per motivi di svago, rilassamento, divertimento, imparare ad andare su pattini ed era adatto anche per le coppie innamorate. Quella pista di pattinaggio era famosa soprattutto perché la regina, quando aveva un attimo di tempo per il suo popolo, amare andarci spesso e adorava soprattutto insegnare a pattinare, soprattutto ai bambini, che davano allo loro sovrana gioia e voglia di vivere. Su quella pista di ghiaccio, Elsa era riuscita persino ad insegnare a sua sorella a pattinare, che era diventata brava almeno quando sua sorella e neanche Kristoff se la cavava male in fondo, per essere un rude montanaro. Il popolo di Arendelle aveva accesso libero a quel meraviglioso campo di ghiaccio creato da Elsa e non passava giorno senza che almeno qualche decina di persone andasse li a divertirci. Decisamente un luogo perfetto per Anna e Kristoff per allentare la tensione sul loro rapporto e cercare di renderlo più saldo che mai.

“Sicurissimo, Kristoff! Forse Elsa e Anna sono solo un po’ in ritardo, tutto qui!” Replicò sorridendo Olaf, mentre camminava tutto eccitato intorno al ragazzo montanaro. Fu allora che Kristoff guardò per caso verso l’orizzonte dei cieli e notò qualche improvvisa nuvola grigia avvicinarsi verso la capitale, sospinta da un silenzioso vento.
 
“Speriamo che il tempo regga…” pensò Kristoff leggermente preoccupato, proprio ora che aveva trovato dentro di sé, con l’aiuto insistente di Olaf e Sven, il coraggio e il desiderio di parlare con Anna e chiarire sul loro rapporto e cercare di comprendere veramente l’amore che ognuno provava per l’altro. Non poteva ancora immaginare gli eventi che si sarebbero susseguiti da lì a poco. Mentre i tre nuovi arrivati nel giardino attendevano ansiosi l’arrivo delle due sorelle, nuove nuvole grigie più scure si avvicinavano dal grande mare del nord verso la capitale, minacciando di coprire lo splendore del sole. Sembrava quasi un presagio funesto.
 
 
 
Elsa e Anna stavano continuando a fronteggiarsi, mentre scendevano la grande scala a chiocciola che portava alla sala del trono. Elsa, anche cercava a fatica di non darlo a vedere, era quasi allo stremo delle forze e le sue spade di ghiaccio riportarono incrinature poco rassicuranti, dovute alla furia delle lame infuocate che, poco alla volta, le stavano distruggendo. Anna proseguiva ad attaccare la sorella, con in corpo una rabbia di rinnovata violenza e le sciabole che reggeva era più incandescenti che mai. Le ardenti lame si abbattevano su quelle glaciali di Elsa, facendole incrinare sempre di più. Fuoco contro ghiaccio…
 
“Ti prego, Anna! Ti Scongiuro, smettila!” gridava la regina, quasi sul punto di piangere per l’esasperazione che quel terribile duello rappresentava, cercando, purtroppo inutilmente, di calmare l’animo di sua sorella e di riportarla alla ragione.
 
“Ti sei finalmente stancata di lottare contro il tuo stesso e inevitabile destino?” ruggì beffarda la rossa, seguitando a tirare roventi fendenti sempre più frenetici e feroci. Ad ogni colpo inferto dal fuoco di Anna, che veniva parato dal ghiaccio di Elsa, quest’ultima era costretta a scendere di un gradino della scala a chiocciola e la fatica e la sofferenza di dover affrontare contro sua sorella si facevano sempre più orribilmente intollerabili, togliendogli le forze un pezzo alla volta. Ormai, quando entrambe le ragazze si ritrovarono in fondo alla scala, nella grande anticamera delle armature che precedeva la sala del trono, Anna alzò verso il cielo le sue sciabole ardenti e le calò con violenza inaudita contro sua sorella. Elsa, che ormai sentiva il peso opprimente della fatica e della disperazione, dovete incrociare le gelide lame che riusciva a malapena a reggere e preparasi, per quanto poteva, all'impatto. L’istante che venne dopo fu come rallentato all'infinito… le sciabole di fuoco si abbatterono con impeto crudele contro le fredde spade che proteggevano la regina. Le azzurre lame, infine, si spezzarono e i loro frammenti si dissolsero come neve al sole. Per il tremendo colpo, Elsa fu scaraventata, come se fosse stata colpita da un tifone, schiantandosi contro la parete, proprio vicino alla porta dalla quale si accedeva alla sala del trono. Nello scontro, alcune scintille sprigionate dalle sciabole si attaccarono all'abito azzurro di Elsa, annerendolo di un poco, privandole di una frazione del suo splendore. Persino la lunga treccia platinata della giovane donna si sciolse, come conseguenza di quel terribile scontro, facendoli scompigliare in maniera caotica. La regina emise un disperato grido di dolore e subito dopo si accasciò a terra, lasciando cadere dalle sue mani ciò che restava delle spade di ghiaccio, le impugnature a forma di fiochi di neve, che si dissolsero lentamente fino a sparire come nebbia bianca non appena toccarono terra. Anna si avvicinò verso Elsa con passi lenti, inesorabili e impassibili. Quando fu a meno di due metri dalla sua preda, rise crudelmente come un lupo per le sofferenze che Elsa pativa, nel fisico e nell'animo.
 
“Elsa… la grande sovrana di Arendelle e regina delle nevi… ormai sta per calare il sipario… sulla tua misera esistenza…” Le parole che uscivano dalla bocca della rossa erano ogni volta sempre più crudeli, beffarde, rabbiose. Erano come pugnali roventi che facevano soffrire il cuore di Elsa, più del dolore fisico che stava patendo in quel momento. Elsa, nel sentire quelle parole e il loro orribile suono, cercò, con grande fatica, di rialzarsi e riprendersi dallo spaventoso urto di prima. Mentre scostava con la mano destra i suoi capelli biondi disordinati che gli coprivano il volto, dai suoi occhi fluivano lacrime di tristezza, rabbia e sgomento. Non riusciva a credere, e si rifiutava di farlo, che sua sorella fosse diventata così arrabbiata, aggressiva e spietata fino a quel punto. Se non fosse stato per l’affetto che provava per Anna, la regina avrebbe potuto iniziarla ad odiarla e a disprezzarla senza pietà. Eppure voleva sperare in cuor suo che nell'animo di sua sorella ci fosse rimasta anche solo una frazione di bontà e amore.
 
“Questa non è la tua vera natura, Anna… la sorella che io conosco e la quale le voglio bene, più della mia stessa vita…  la stessa ragazza che, tempo fa, mi ha salvato dalla paura… dall'insicurezza… e dalla solitudine… la vera Anna non si comporterebbe così…” parlò Elsa, anche se con gran fatica, ritrovando nella sua voce un po’ di speranzosa risolutezza. Si reggeva in piedi sotto il peso del duello che aveva dovuto far fronte, ma il suo spirito riusciva a sorreggerla, con il desiderio di aiutare e perdonare sua sorella.
 
“Oh… mia cara Elsa… in questo momento nemmeno tu sai quanto sei vicina alla verità…” replicò allora la ragazza che ancora impugnava le sciabole di fuoco, con un enigmatico e crudele sorriso sul suo volto trasfigurato dalla collera che bruciava nel suo cuore, assieme al suo potere magico. Elsa osservò con inquietante sorpresa sua sorella, cercando di capire il significato di quelle parole appena uscita dalla bocca di quest’ultima.
 
“È sia, mia cara regina, voglio essere magnanime e concederti un sollievo, prima di darti il colpo di grazia… se può davvero farti sentire meglio, non so… vedi, finora la persona che hai affrontato fino adesso, ovvero io, in realtà non era Anna, nonostante questo sia il suo vero corpo e che ti abbia attaccato utilizzando il suo stupendo dono di fuoco… che, diciamoci la verità, s'addice di più a me, che a questa ragazzina.” Elsa non riusciva a afferrare il significato di quelle parole che l’avevano lasciata piena di sgomento e incredulità.
 
“Non capisco… che stai dicendo?” domandò la regina, con una voce agitata che però diventata poco alla volta più fievole, stanca e sofferente, mentre cercava di capire il senso di quelle parole così strane e, apparentemente, sconclusionate.
 
“uhm…  mi sa che dovrò spiegarti con più chiarezza come stanno le cose… quindi ascolta…”  disse la rossa, che godeva nel vedere Elsa così smarrita, confusa e sofferente, nonostante cercasse faticosamente di reagire con determinazione e si reggersi a malapena in piedi. Il colpo di prima gli aveva prosciugato quasi tutte le sue forze e soltanto la volontà di continuare a combatte per ritrovare Anna la aiutava a non cedere. La rossa, così divertita nel vedere come aveva ridotto la sua avversaria, fece disperdere, come scintille che si estinguevano, Le infuocate sciabole che ancora impugnava, con una crudele smorfia di soddisfazione impressa sul viso. Sicura che in quel momento Elsa, ormai allo stremo di tutte le sue forze, non sarebbe stata in grado di affidarsi nuovamente ai suoi gelidi poteri per attaccarla, la rossa iniziò allora a camminare in cerchio davanti alla regina, che si era intanto appoggiata al muro per cercare di rimanere in piedi più che poteva e continuare a lottare, anche se sembrava tutto inutile. La ragazza, che sosteneva di non essere Anna ma che il suo corpo e l’infuocato potere fossero proprio della principessa, non distoglieva mai il suo ardente sguardo dalla regina, che diventava con il passare del tempo, l’effimero riflesso della sua glaciale regalità e forza d’animo. Iniziò cosi a parlare, con tono malevole, con lievi stizze di rabbiosa ironia nella propria voce:
 
“Vedi, mia cara, ogni persona di questo mondo possiede le emozioni. Sto parlando di sentimenti come gioia, tristezza, coraggio, paura, egoismo, gentilezza, amore, sarcasmo, indifferenza, invidia, gelosia… e rabbia… mmmm...” per un istante, mentre pronunciava quell'ultima parola, la ragazza dava l’impressione che stesse assaporando un vino prelibato.
 
“Naturalmente, a seconda della forza di volontà e delle scelte di una persona, le emozioni prendono il sopravento o vengono incatenate, a volte per sempre, nei recessi più profondi dell’anima! Prendiamo per esempio questa ragazza, Anna. Lei privilegia l’amore, la gentilezza, l’allegria e il coraggio, dando loro vigore, lasciando le altre emozioni in un angolo, respingendole soprattutto quando cercano di riemergere dalla loro mediocre situazione, come ad esempio la rabbia…  poche volte questa ragazza si è lasciata andare dalla rabbia, che poi soffocarla quasi subito a causa del suo tenero cuoricino, come se spegnesse un incendio prima che possa anche solo iniziare ad espandersi! E questo solo perché ha paura di ferire qualcuno e di essere avvolta dai sensi di colpa! Anche adesso che aveva appena scoperto di possedere il potere del fuoco, ha ancora paura di lasciar sfogare la sua rabbia fino in fondo, limitandosi solo ad effimere sfuriate, che oltre fanno più commuovere che paura… e dire che ieri sera avrebbe dato libero sfogo alla rabbia, liberandola dalle catene della mediocrità, ottenendo in cambio l’annientamento di colui che gli aveva provocato tanto dolore, Hans. Poi però ti sei messa di mezzo tu, Elsa, facendo riaffiorare in tua sorella i buoni sentimenti che l’ira li aveva sotterrati nel suo cuore! Cosi, anche se è rimasta gravemente segnata nell'animo, Anna ha ripreso le retini delle sue emozioni, lasciando che solo l’amore, il perdono e le altre sdolcinatezze prendessero vigore…” Durante quella specie di monologo, la ragazza, che sosteneva di non essere Anna, anche se aveva il suo corpo e aveva persino usato il suo potere che attaccare Elsa, aveva parlato con un misto di sarcasmo e disgusto per la natura gentile e adorabile della principessa, con il volto deformato dalla ripugnanza verso i buoni sentimenti. Poi però assunse un aria più arrogante, trionfante e malignamente soddisfatta e continuò allora dicendo, sogghignando allo stesso tempo:
 
“Almeno era così fino a poco fa… sai, non so esattamente come sia successo… forse il potere del fuoco di tua sorella era più instabile di quando si potesse credere… o le forze oscure di Hans gli hanno fatto un potente maleficio… o magari è stato proprio Hans a farglielo di persona… sta di fatto… che io sono finalmente LIBERA!” gridando eccitata, la rossa alzò i pugni al cielo in segno di trionfo. Elsa, che aveva ascoltato quel discorso, senza capire il capo e coda di esso, iniziò ad avere dei terribili dubbi, anche se non sapeva veramente di cosa parlassero. Era come se la sua ragione e il suo cuore lo sapessero, ma avessero paura di rivelaglielo. La sofferenza nel suo sguardo fu deposto da un senso di sospetto e paura che non sapeva ancora dare forma e nome. La rossa lo notò e subito rise freneticamente, come un lupo che gioca con la sua preda prima di ghermirla una volta per tutte. Poi iniziò a parlare, con una ferocia inaudita, quasi gridando:
 
“Hai capito finalmente, mia regina? Io sono la rabbia di Anna! Per tutta la sua vita, questa sciocca e frivola  umana non ha fatto altro che anteporre l’amore alla rabbia, la speranza alla disperazione, il perdono al rancore! Nonostante  tutto ciò che gli è successo, la perdita dei suoi genitori. Tutti i tuoi silenzi e rifiuti quando tu gli avevi precluso ogni contato con te e con il mondo esterno. Il ghiaccio con la quale gli hai colpito al cuore. La morsa invernale che hai scatenato su tutta Arendelle. Nemmeno il tradimento di Hans verso il suo cuore, anche se prova ancora del lieve rancore nei suoi confronti, non è servito a darmi forza! Questa stupida ragazzina preferiva il bene degli altri più che a se stessa, seguire i suoi sogni d’amore per il suo rozzo montanaro, perdonare te e aiutarti, piuttosto che vendicarsi per tutta la sofferenza che gli hai fatto patire! Inaccettabile! Inaccettabile perché a causa delle scelte di Anna, io, che sono la sua rabbia, non mi sono mai potuta manifestarmi a pieno, limitandomi a stizze di sfogo, che subito venivano soppresse dalle altre emozione che il suo cuore aveva deciso di seguire. Non potevo nemmeno ribellarmi, perché prima di adesso ero solo un emozione, un sentimento, un idea, una scelta che non poteva opporsi alla volontà di Anna, perché solo a lei è concesso di scegliere! Non avevo nemmeno coscienza, anche se sentivo perfettamente la volontà di Anna che mi stritolava intorno, quasi sul punto di soffocarmi!” Fu allora che nella ferocia della sua voce si aggiunse una sorta di gioia scellerata:
 
“Poi… la sorte a deciso di sorridermi! Come ti ho già detto prima, non so come sia successo a tua sorella e a me… l’unica cosa certa è che la volontà di Anna è venuta a mancare, dal suo corpo, dalla sua mente e dal suo cuore! Mentre io sono rinata, non più solo come un emozione, qualcosa che si può rinchiudere se si ha la forza di volontà. Questo perché ho finalmente una coscienza! Sono un entità che pensa, che può scegliere, senza nessuna restrizione! Con la volontà di Anna assopita da qualche oscura forza, ho potuto prendere possesso del suo corpo, della sua mente, della sua anima e, soprattutto, di QUESTO!” Urlando, la rabbia che aveva preso possesso di Anna, come uno entità capace di intendere e volere, alzò il braccio destro in aria con la mano aperta e da esse si sprigiono un enorme fiammata rossa che illuminò per brevi istanti l’anticamera della sala del trono. La fiamma poi si attenuò di un poco e assunse la forma di una lunga lancia, la cui punta ricordava la piuma di un corvo, rossa e rovente come la rabbia. La rabbia che ora poteva pensare come una persona e aveva preso il controllo di colei che fino a poco fa la teneva sotto la sua volontà. Anna. Gli occhi della ragazza divennero completamente rossi, come se dovesse divampare come bracieri da un momento all'altro.
 
“Sai, mi manca solo una cosa… un nome… ci ho pensato su mentre ti annientavo e credo di aver scelto quello giusto… d’ora in poi mi chiamerò Surt! Non solo ora posso pensare e agire come una persona, ma posso usare il potere del fuoco per realizzare tutti le mie fantasie più sfrenate e devastanti!” mentre parlava con gloriosa frenesia nella propria voce, Surt puntò la lancia che aveva creato verso il petto della regina ed era pronta a dargli il colpo di grazia.
 
“Fammi ciò che vuoi di me, Chiamati come ti pare, ma lascia andare Anna, liberala subito!” con uno sforzo inconcepibile, Elsa aveva alzato la voce, ritrovando per un attimo la forza, la solennità e la grazia della regina che le si s'addiceva. Surt, con occhi sempre più roventi e rossi, fece una smorfia di rabbia e tirò un tremendo schiaffo con la mano sinistra sul volto della regina, che per il colpo si accasciò a terra, gemendo in modo insopportabile. Per Surt invece quei gemiti erano come una dolce e inquietante melodia per le sue orecchie. Surt, ridendo come una creatura infernale s’inginocchio vicino alla testa di Elsa, che ormai non riusciva nemmeno a rialzarsi, con le forze ormai esaurite. Riusciva a respirava appena. Surt gli si avvicinò di più all'orecchio della regina e gli sussurrò parole cattive e orribili:
 
“Elsa… Elsa… Elsa… possibile che non hai ancora capito, regina di secondo ordine? Tua sorella non esiste più, la sua volontà non c’è più! Fai un favore a te stessa, fatene una ragione e accetta la situazione, anche perché fra non molto non sarai più su questo mondo…”
 
“Vai all'inferno, mostro, e lascia andare Anna…” biascicò Elsa, in un ultimo tremendo sforzo di risolutezza contro l’entità che aveva preso possesso del corpo e del potere infuocato di sua sorella.
 
“Ancora ti preoccupi per Anna? Sei proprio un caso disperato…” replicò Surt ridendo furiosamente e poi prosegui dicendo con un tono ancor più maligno e derisorio:
 
“sappi che per quanto riguarda l’inferno, ho grandi progetti per Arendelle, che sarà il primo passo per ciò che ho in serbo per il mondo interro. Trasformerò ogni cosa, terra, monti, oceani, foreste e città in un'unica, immensa e fantastica terra infuocata, un deserto di cenere rovente, una distesa di lava incandescente… e tu non potrai fermarmi, e sai perché? Perché ora metterò fine alla tua esistenza! Non c’è posto per il ghiaccio nell'Utopia di fuoco che presto donerò a questo futile mondo, visto che non esisterà più!” Così dicendo, Surt si rialzò, fece alzare la lancia sopra la sua testa e la puntò di nuovo verso Elsa, proprio in direzione del suo cuore.
 
“A questo punto, dovrei dirti che sarà una cosa rapida e indolore, ma così rischio di dire una bugia… e stavolta non ci sarà tua sorella a salvarti… perché sarà per mano di tua sorella che scomparirai da questo mondo! Sarai solo cenere!” così urlando, Surt si preparò ad infilzare la regina di Arendelle, che la odiava più che mai, essendo uno dei motivi che aveva portato Anna a volgere il suo cuore verso l’amore, l’ottimismo, la bontà e il coraggio di perdonare. Con tutto l’odio che aveva nel suo nuovo corpo, Surt gridò e fece scendere con inumana veemenza la lancia verso la regina, che ormai era incapace di muoversi e di parlare persino. La regina riusciva solo a piangere per sua sorella, anche nel momento della sua dipartita. Non riusciva ad accettare che Anna non ci fosse più. Ancora sperava con tutte le forze che le erano rimaste che la vera Anna si trovasse celata in quella follia infuocata e che potesse ritornare. la sua speranza non desisteva mai, e non sarebbe mai successo anche quando la lancia di Surt stava per toglierli la vita. L’incandescente lancia scendeva come una meteora verso il cuore della regina delle nevi e quando fu ad un solo centimetro dal suo bersaglio…

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Capitolo 13
*** Disperazione ***


La fiammeggiante lancia stava per essere conficcata nel cuore di Elsa, mettendo così fine alla sua vita… quando improvvisamente si spense di colpo prima di raggiungere il bersaglio predestinato, come se fosse stato un fiammifero che qualcuno ci aveva soffiato sopra. Insomma, l’arma incandescente creata da Surt era scomparsa tra le sue mani, come se niente fosse.
 
“Cosa?” grido Surt con feroce sgomento, mentre guardava incredula le mani, cercando di comprendere cosa fosse appena successo. Era come se il potere del fuoco avesse smesso di seguire il suo volere e per lei era inaccettabile.
 
“Non capisco, com’è potut… AAARG!” una tremenda fitta esplose improvvisamente nella sua testa, come un vulcano in eruzione. Era la prima volta, da quando era diventata completamente cosciente, che la Rabbia di Anna sentiva quello che le altre persone chiamano dolore fisico ed era così tremendo da farla urlare in modo angosciante.
 
“Che cosa mi sta… accadendo… cos’è questo tremendo dolore…” gemeva e urlava Surt, mentre teneva le mani sulla testa martoriata da quel dolore così anomalo, che la faceva contorcere in modo frenetico.
 
“No… Non puoi farmi questo… Non puoi fare niente! Hai capito? NIENTE!” gridava, più per la collera, che per il dolore, cercando di opporsi alla fitta che diveniva sempre più assillante e sul suo viso apparve una smorfia angosciante e feroce allo stesso tempo.
 
“NOOOOO!” Gridò infine, al culmine estremo di quella fitta, come se la sua nuova coscienza fosse trascinata di prepotenza nelle profondità di uno smisurato baratro. Allora il corpo di Anna si rilasciò di colpo, lasciando cadere le braccia a ciondoloni, rimanendo dritto in piedi, immobile, quasi come se non respirasse più. Come se l’anima fosse stata strappata via dal suo corpo. Sul viso della ragazza era scomparso ogni tipo di espressione e smorfia. Vacuo. Come una bambola inanimata. Gli occhi, spalancati e immobili, rimassero rossi per solo qualche secondo, poi iniziarono a sfumare di colore. Ben presto la tinta del fuoco in quelle pupille fu sostituita da quella del cielo. Gli occhi iniziarono nuovamente a muoversi e le palpebre sbatterono un paio di volte. Il corpo di Anna ebbe un fremito, come per svegliarlo, e ricominciò finalmente a muoversi, a respirare, a riprendere coscienza di ciò che lo circondava. Anna era tornata. La vera Anna. La principessa che tutti conoscevano si era risvegliata, di nuovo libera nel suo corpo. La rossa si guardava lentamente intorno confusa, con i suoi ricordi che si facevano sfocati e indecifrabili, come se, invece di averli vissuti in prima persona, li avesse solo visti da lontano. Inoltre si chiedeva cosa ci facesse nell’anticamera della sala del trono, poiché fino a poco fa era in camera sua… Per di più aveva una strana e inquietante sensazione, come se il suo cuore intenso intreccio di sentimenti, che erano tristezza, dolore e preoccupazione. Non riusciva a comprenderne il motivo di ciò, ma allo stesso tempo, sentiva che se avesse svelato il significato di quell’enigmatica sofferenza che attanagliava il suo cuore, ne sarebbe uscita ancora più sconvolta e non passo neanche pochi istanti prima che avene ciò. Fu allora che il suo sguardo sconvolto e disordinato cade su sua sorella, accasciata a terra e privata dei sensi a causa della sofferente fatica e dell’atroce disperazione che aveva dovuto sostenere contro Surt. Finalmente Anna, come un lampo a ciel sereno, vide i suoi sfocati ricordi divenire improvvisamente più nitidi e si rese conto di ciò che era successo… L’assalto di quel terribile insetto in camera sua… il pungiglione conficcato dietro il suo collo e il veleno che penetrava persino nel suo animo… gli atroci dolori che dilaniavano il suo corpo, la sua mente e il suo cuore… la sua rabbia, un sentimento che fino ad ora era riuscita a controllarlo come poteva, aveva acquisito coscienza… poi si ribellò alla volontà di Anna e prese possesso del corpo, della mente e, soprattutto, del potere di fuoco, come se fosse uno spirito maligno… l’arrivo di Elsa… l’aggressione di Surt contro sua sorella… il tremendo duello tra il fuoco e il ghiaccio… la scala a chiocciola… la lancia incandescente che stava per trapassare il cuore della regina… se Anna non si fosse riscossa proprio in quel momento dal suo mortale torpore in cui era stata imprigionata e riprendere il controllo del suo corpo e, soprattutto del suo dono di fuoco, per Elsa sarebbe stata la fine. Nel vedere sua sorella ridotta in quello stato pietoso, Anna iniziò a piangere di dolore e dispiacere, mettendosi le mani davanti alla bocca nel momento stesso in cui si rendeva conto di ciò che era successo, soprattutto perché sapeva di esserne la responsabile, anche se involontariamente.
 
“Elsa… no… ti prego… no…” esclamava con voce rotta, singhiozzando come una bimba in lacrime. Lacrime che sgorgavano dai suoi occhi come cascate. La ragazza corse verso sua sorella, accertando con lieve sollievo che quest’ultima era ancora viva, solo priva di sensi e provata dalla fatica e dalle sofferenze che Surt gli aveva inflitto senza pietà. Anna sollevò tra le sue braccia Elsa e la depose delicatamente distesa su una panca di legno finemente decorata con foglie autunnali e cervi, che era appoggiata contro la parete dell’anticamera a qualche metro dalle porte che portavano alla sala del trono. Accanto a quella panca c’era un quartetto di armature di cavalieri messe in riga contro il muro.
 
“Elsa… ti prego… svegliati…” continuava a gemere Anna, soffrendo terribilmente nel vedere Elsa ridotta in questo stato. Distesa sulla panca, nonostante gli abiti anneriti in alcuni punti dalle scintille scaturite dal devastante duello, i capelli biondi arruffati e l’aria di sofferenza sul suo viso, Elsa continuava a mantenere una regale bellezza, una solenne forza d’animo e una dolcezza angelica, nell’insieme, in grado di intenerire e meravigliare persino il cuore di una belva feroce. Anna, mentre continuava a piangere e a singhiozzare, si mise in ginocchio davanti alla panca sulla quale era distesa Elsa e chinò la testa verso il basso, versando lacrime come un mare in tempesta.
 
“Mi dispiace Elsa… è stata tutta colpa mia, lo so… non sono stata capace di fermare la mia rabbia, che si è tramutata in un demone… e mi ha usato per farti del male… sfruttando il dono del fuoco… un potere che dovrebbe essere sotto la mia responsabilità… non me lo perdonerò mai…” borbottando queste angosciose parole, la principessa serrava gli occhi, in preda ad un fiume in piena di lacrime piene di tristezza e sofferenza, mordendosi le labbra per il dolore che avvolgeva il suo cuore come le spire di una vipera. Fu allora che sentì qualcosa che la riscosse dai tormenti nel suo animo, dai sensi di colpa e dello sconforto. Una mano morbida e delicata che accarezzava con amabile affettuosità la sua chioma rossa. Allora percepì persino la voce di Elsa che, con fatica, ma anche con consolante decisione, gli sussurrava queste parole:
 
“Stai tranquilla… va tutto bene… so che non eri tu veramente… e saperlo mi dona un sollievo impagabile… non so cosa ti abbiano fatto Hans, i suoi oscuri servi o il suo padrone, anche se sono sicura che sia tutta opera loro… però io sono sempre dalla tua parte… qualunque cosa accada… la affronteremo insieme…” quelle tenere e decise parole fecero scuotere completamente Anna dal suo triste pianto isterico e alzare di scatto la testa. Appena in tempo per vedere gli occhi di Elsa che si erano schiusi, rivelando uno spiraglio di azzurro ghiaccio luminoso, mentre la mano della regina continuava ad accarezzare i capelli color fiamma della sorella minore. Anna cercò di abbozzare almeno un lieve sorriso di sollievo, ritrovando un po’ di speranza nel proprio cuore, e allungò la mano sinistra per sfiorare il volto meraviglioso della maggiore. Fu in quel preciso istante, prima che potesse raggiungere e toccare il viso della regina, quella mano fu improvvisamente avvolta da un velo di fiamme scure e vermiglie, senza che queste potessero ferirla. Anna, vedendo ciò, retrasse rapidamente la mano sinistra, si alzò di scatto in piedi e fu travolta da un terrore sofferente e innaturale. Quella mano, avvolta da fiamme sempre più intense, divenne in seguito incontrollabile, come posseduta e cercava di raggiungere Elsa. Per impedire che quelle fiamme innaturali potessero ferire sua sorella, Anna afferrò il polso della mano sinistra con quella destra, cercando di retrarla lontana dal suo obiettivo con tutta la forza di volontà che aveva ancora in corpo. La principessa aveva ormai compresso che non era ancora finita purtroppo e che la sua rabbia stava cercando di riemergere dai recessi del cuore e di sopraffare ancora una volta. Allora uno degli occhi celesti di Anna, quello sinistro, si tinse di un rosso ardente e furioso, come se adesso la sua anima fosse divisa tra lei e… Surt. Surt, prendendo poi possesso per un attimo anche della voce della principessa con ferocia, ruggì dicendo:
 
“Credevi davvero che sarei tornata in disparte, nei recessi del cuore, senza poter più riemergere da essi? Assolutamente no! Ora abbandona ogni volontà… e godi lo spettacolo!” poi inizio a tentare di avvicinare la fiammeggiante mano che si era già rimpossessata verso il volto di Elsa, che guardava inorridita sua sorella, comprendendo che lo spirito malvagio, plasmato dalla magia nera dell’oscurità che Hans serviva, non era stato sconfitto.
 
“No! Non lo permetterò! Mai!” Gridò Anna disperata ma decisa, recuperando la sua voce sottrattagli per un attimo da Surt. Stringeva con la mano destra il polso dell’altra, avvolta dalle fiamme del suo potere e incatenata dall’influenza malvagia della rabbia stregata. Ci stava mettendo tutta la volontà del suo cuore e l’affetto meraviglioso che provava per sua sorella. Cercava di allontanarsi da Elsa, ma mentre indietreggiava, i suoi passi si fecero sempre più pesanti, come la forza malvagia di Surt gli avesse legato pesanti catene intorno alle caviglie. Questo però non gli impediva di continuare a combattere contro la sua stessa rabbia e sperare di riuscire a fermarla in modo definitivo. Surt stava cercando di riprendere possesso del corpo, della mente, dell’anima e, l’oggetto dei suoi più rabbiosi e sfrenati desideri di distruzione, del potere infuocato della principessa. L’occhio destro di Anna continuava a brillare di un celeste cielo, mentre l’altro, posseduto da Surt, ardeva di un violento rosso.
 
“Ormai siamo come due anime nello stesso corpo… ma presto sarò io a prevalere, a trionfare e tu… sarai tra non molto solo un effimero ricordo…” sibilava rabbiosamente Surt nella testa di Anna, cercando di scoraggiarla nel suo tentativo di ribellarsi e salvare Elsa. Cercava soprattutto di invertire i passi di Anna per avvicinarsi di nuovo verso la panca sulla quale era distesa Elsa, ma si rese poi conto che la volontà della principessa era più salda di quando immaginasse.
 
“Pensi di impedirmi di distruggere tua Sorella? Trasformerò la panca sulla quale è distesa in una pira funeraria!” A quelle raccapriccianti parole pronunciate da Surt, che risuonavano nella mente di Anna come il ronzio di decine di vespe rabbiose, dal palmo di quella mano avvolta dalle fiamme stregate, ancora rivolto verso la regina, si formò un globo incandescente, pronto a essere scagliato come una palla di cannone. Nel vedere quella fiammeggiante sfera, Anna intuì con ribrezzo e terrore ciò che la sua rabbia possessiva aveva intenzione di fare.
 
“No!” gridò allora disperata, mettendo tutta la volontà che poteva avere nel suo cuore e, prima che la sfera di fiamme potesse essere lanciata contro sua sorella, riuscì a muovere d’istinto la mano posseduta da Surt in un'altra direzione. Non gli importava in che altra direzione sarebbe finita quell’infernale boccia, gli premeva solo il pensiero di tenerla lontana da Elsa. Non si era nemmeno accorta che la nuova traiettoria era verso le scale a chiocciola dalle quali Elsa e Surt erano scese mentre stavano combattendo a spada tratta. La sfera fu scagliata verso la nuova rotta con tutto il furore di Surt.
 
“Maledetta!” inveì Surt nella mente della sua nemica non appena si rese conto, ormai troppo tardi, di aver mancato il bersaglio a causa dei sentimenti Anna che provava per sua sorella. La palla di fuoco fischiava selvaggiamente e crepitava furiosamente mentre si dirigeva a spaventosa velocità verso le scale a chiocciola. Quando avvenne l’impatto, ci fu una mostruosa esplosione rovente, un bagliore accecante che confondeva il bianco, il giallo, l’arancio e il rosso, e un boato indicibile. Le scale scoppiarono in mille pezzi di legno, schizzando da tutte le parti come proiettili. Era un autentico miracolo che nessuna di quelle schegge saettanti non avesse colpito Elsa, scampando persino ai pezzi delle armature travolte dalla furia dell’esplosione, riducendoli a proiettili di rottami che volarono sopra di lei a meno di un metro, per poi ruzzolare per terra dall’altra parte della panca, facendo un fracasso indemoniato, superato solo dal rimbombo devastante. L’esplosione era così improvvisa, travolgente e terribile che Elsa su sbalzata dalla panca e si ritrovò sul pavimento, scossa da un nuovo tremendo dolore fisico. Quando ad Anna fu travolta dall'esplosione e sbalzata all’indietro, fino a schiantarsi contro le porte della sala del trono. Lo schianto fu così tremendo da distruggere le porte in mille pezzi e Anna cade rovinosamente per terra, dolorante in tutto il corpo, proprio al centro della sala, davanti al trono sul quale Elsa era solita a sedere durante le udienze dei suoi sudditi.
 
 
 
Kristoff non poté non sentire il terrificante tuono innaturale che sembrava provenire dall’interno del castello, così assordante da far scuotere per un secondo le mura di pietra. Quel rumore si era propagato fino ad arrivare persino alle orecchie del popolo nella capitale. Le guardie che pattugliavano intorno al palazzo, tra le quali quelle del giardino in cui si trovavano anche Kristoff, Olaf e Sven, dopo aver udito quel boato, con il timore che la regina e la principessa fossero in pericolo, corsero di gran carriera per raggiungere l’interno e mettersi in guardia in caso di necessità. Kristoff, nel vedere le guardie correre, chiamati dal loro capitano, per recarsi verso l’interno del palazzo, iniziò a temere qualcosa di molto peggio di quello che veniva in mente a quegli uomini. Aveva paura che Hans potesse aver attaccato di nuovo Anna e la regina, portandosi con sé qualche altro mostro fatto di ombre. Che Anna potesse aver di nuovo perso il controllo dei suoi… ardenti poteri e che avesse scatenato, sicuramente involontariamente, quel tremendo boato. Ciò che però aveva più gli faceva spavento, era che il segreto della sua amata potesse essere scoperto prima del previsto, se le guardie l’avessero vista usare i suoi nuovi poteri. Se ciò fosse successo, le conseguenze potevano essere imprevedibili e terribili. Per la donna del suo cuore, questa storia poteva diventare insostenibile. Rischiava soprattutto di rivivere gli stessi momenti sofferenti e orribili che Elsa aveva vissuto quando i suoi poteri di ghiaccio sono stati rivelati al suo popolo per la prima volta, non persino peggiori. Insomma, la paura più orribile che Kristoff sentiva attagliare il suo cuore, era di rischiare di perdere Anna, come quest’ultima rischiò di perdere sua sorella Elsa.
 
“Non vorrei fare la figuraccia del pessimista… ma ho come la brutta sensazione che Elsa e Anna sia in pericolo! Soprattutto Elsa!” Kristoff non ricordava di aver sentito la voce del candito pupazzo piena di agitata preoccupazione, forse perché non l’aveva mai sentito da quando lo conosceva. Evidentemente Olaf, essendo una creazione della magia di Elsa, aveva la particolarità di percepire, anche se lievemente, il pericolo che incombeva sulla sua creatrice. Lo dimostrava anche il fatto che Olaf, nonostante fosse un omino fatto di fresca neve, sentì un freddo così atroce scendergli lungo la schiena che per quasi un attimo gli veniva voglia di gettarsi in un calderone di lava bollente e scalpitava nervosamente preoccupato. Kristoff notò l’agitazione anomala in Olaf e le sue ansie si fecero più cupo, quando furono dissipate grazie alla carezza di un muso sulla mano del giovane montanaro. Rivolse allora lo sguardo verso il suo amico Sven e, nel vedere gli occhi del suo amico animale, intuì come sempre ciò che gli voleva dire e gli fece un sorriso e come sempre, donò voce ai pensieri della rena:
 
“Vai, ragazzo mio! Non avevi detto che avresti affrontato uno, dieci, cento incendi per la tua damigella? Perciò vai, e rendimi fiero di te!” Con ritrovato coraggio e speranza, Kristoff iniziò a correre nella direzione in cui andavano i soldati per soccorrere Elsa e Anna e, con la sua costituzione da montanaro, riuscì a raggiungerli. Si! Avrebbe salvato Anna da qualsiasi percolo e, se avesse avuto l’occasione, dato una strigliata come si deve a quel farabutto di Hans, se per caso il motivo di tanto sconquasso nel palazzo era opera sua e se in quel momento. Avrebbe soprattutto dimostrato ad Anna che il suo amore per lei era forse e limpido come il ghiaccio, che non si sarebbe sciolto nemmeno con il dono del potere infuocato. Anche Sven sarebbe volentieri partito al galoppo per seguire il suo amico umano, ma prima doveva fare una cosa. La renna abbasso la testa fino quasi toccare terra con il mento e fece con un sorriso un cenno a Olaf di salire a bordo sul suo groppone. In meno di un secondo, la preoccupazione assillante che aveva assalito il povero omino di neve si tramutò in una frenetica euforia e, salendo per il collo abbassato di Sven gli salì in groppa e lo incitò dicendo:
 
“Forza, mio intrepido destriero! Al galoppo!” Sven rialzò la testa e partì al galoppo con l’andatura di un cavallo da paladino, pronto a scendere in battaglia, con il pupazzo di neve che gli stringeva le corna per non rischiare di essere disarcionato. Mentre Soldati, montanaro, renna e pupazzo di neve correvano per salvare le due ragazze più popolari e importanti per il popolo di Arendelle, nessuno di loro poteva però immaginare gli sconvolgenti avvenimenti che sarebbero successi di lì a poco all’interno del castello. Qualcosa di terribile e impensabile, eppure persino familiare… Nel frattempo, le nuvole grigie già apparse nel cielo azzurro sopra la capitale si erano aumentate di numero e proporzione. I coltri bigi velavano l’azzurro del cielo, soffocando quasi tutti i raggi del sole che ancora penetravano tra essi. Era come se un’ombra misteriosa volesse ottenebrare la giornata la quale Arendelle si era svegliato di buon mattino. Uccelli di ogni razza e specie fuggivano in volo da quelle terre, come se scappassero da un pericolo invisibile e incombente. Come se fosse il segno che sarebbe presto accaduto un evento infausto e impensabile.
 
 
 
Nel cadere distesa a faccia in giù sul pavimento, a causa dell’onda d’urto del boato, il dolore fisico si rinnovò di prepotenza in Elsa, ed era ancora troppo debole anche solo muoversi. Fu un prodigio che il rombo dell’immenso scoppio di fuoco non l’avesse assordata, limitandosi a fargli fischiare furiosamente le orecchie. Gli unici vantaggi di quella caduta, nonostante il dolore che gli opprimeva il corpo, erano che aveva schivato per tempo le schegge legnose schizzanti ustionanti dalle scale ormai carbonizzate, e le armature, che erano scaraventate sopra di lei dal fragore, evitandola per un pelo, si erano trasformate in un’accozzaglia di rottami spaccati e fumanti per il calore intenso. Soprattutto, con la faccia rivolta contro il pavimento, la giovane donna aveva scorto solo di striscio l’atroce splendore dell’esplosione provocata da sua sorella. Una luce così terribile che avrebbe potuto accecarla, se l’avesse vista direttamente. Lo strascico del suo abito, durante la propagazione e il boato dell’esplosione che durò per pochi attimi, fu in balia delle schegge di legno volanti che lo lacerarono in vari punti mentre svolazzava come un fantasma, subendo strappi lunghi circa meno di un mezzo metro. Poi, quando il bagliore si spense e il boato che l’aveva accompagnato tacque allo stesso tempo, lo strascico, come se fosse uscito da un campo di battaglia, ricade sopra la povera regina come una coperta stracciata. Per tutto quel tempo però Elsa non aveva dato importanza al dolore fisco che la affliggeva, la fatica che la schiacciava, il suo abito di ghiaccio e lo strascico traviati da strappi e bruciature. Ciò che più gli stava a cuore, l’unica cosa che per lei in quel momento aveva la priorità assoluta… era Anna.
 
“Anna… Anna…” non faceva altro che ripetere il nome di sua sorella, così lievemente che solo lei poteva sentire quel sussurro che gli usciva debolmente dalle sue labbra. Il suo cuore però gridava quel nome con tutto l’amore e la disperazione che aveva. Sua sorella era in balia di una forza crudele, la sua stessa rabbia trasformata in un demone possessore, a causa della maledizione che gli era stata scagliata da quel vile del principe decaduto e servo delle tenebre, Hans. Quello che più di tutto Elsa desiderava in quel momento, anche della sua stessa vita, era salvare sua sorella dalla follia della sua stessa rabbia, che ora si faceva chiamare Surt. La regina era così debole e piena d’indicibili dolori in tutto il corpo, che rischiava di perdere un’altra volta i sensi da un momento all’altro, ma il suo desiderio di salvare Anna era così sincero, dolce e audace, che intorno ad essa accadde una cosa straordinaria. La sua mano destra, con il palmo appoggiato a terra sul pavimento, su avvolto da un’aura bianca fatta di un fresco che ricordava un tranquillo giorno d’inverso, quando non c’erano violenti bufere di neve e il freddo terribilmente pungente. Sempre da quella mano, scaturì una striscia bianca, luminescente e incantata, fatta di puro freddo glaciale, che iniziò a tracciare una linea perfettamente circolare intorno alla regina. Nell’istante stesso in cui il cerchio di polvere di ghiaccio fu completo, da esso si scatenò un turbine di neve violenta, solenne e magnifico, come se provenisse dal profondo estremo del cuore dell’inverno. Il turbine incantato di neve avvolse Elsa in una colonna bianca sfavillante, che era così alta da sfiorare appena il soffitto dell’anticamera. In Elsa, un fresco sollievo fece sparire in una volta sola tutte le sofferenze fisiche e le terribili fatiche che l’avevano indebolita, per poi penetrare nel suo corpo e fondersi in ogni fibra per rigenerarla e dargli nuova forza. In Elsa esplosero una speranza e un coraggio che non aveva mai sentito, come bufere di neve rinnovando il suo spirito e lei non poté fare a meno di sorridere estasiate per quelle meravigliose sensazioni che danzavano come fiocchi di neve in corpo, mente e anima. Il suo desiderio di salvare Anna si fece allora più forte di una valanga. Il turbine di ghiaccio continuò a turbinare per quasi mezzo minuto, poi sparì di colpo in un gelido bagliore com’era apparso e al suo posto… c’era Elsa, In piedi sul pavimento con aria di puro rinnovamento! Teneva gli occhi chiusi per assaporare le benefiche sensazioni che penetrarono con dolcezza, con tutte le sue forze rinnovate, e il suo potere di ghiaccio era più potente che mai, ma il magico turbine non aveva operato solo questo miracolo. Le bruciature della battaglia di prima sull’abito e gli strappi nello strascico erano svaniti! Il suo vestito azzurro ghiaccio tornò allo splendore originario, addirittura più meraviglioso di prima. I suoi capelli biondi platinati, luminosi come sempre, erano di nuovo intrecciati in un’elegante treccia, che ricadeva con grazia sulla spalla destra della giovane donna. Sembrava che Elsa fosse rinata dal dolore e dalla disperazione come una fenice di ghiaccio rinnovata. Allora la regina aprì finalmente gli occhi azzurri, che erano più splendenti, audaci e solenni di quando lo siano mai stati finora. Si guardò intorno, ignorando la confusione causata dall’esplosione nell’anticamera, con la parte inferiore delle scale a chiocciola ridota a rovina carbonizzata, redento inaccessibile il piano superiore. L’unica cosa che ricercava con i suoi occhi che ricordavano un limpido cielo invernale, era Anna. Appena posò il suo sguardo sulle porte sfondante dallo schianto di sua sorella, sentì proprio la voce di quest’ultima provenire dalla sala del trono. Anna stava gemendo e urlando dalla disperazione e dall’esasperazione, a causa di qualcosa d’invisibile e maligno. Elsa, con il cuore pieno di apprensione e determinazione, corse verso la soglia in rovina di legno rotto e, appena la varcò, vide al centro della stanza sua sorella, che in quel momento stava affrondando… un’autentica e feroce battaglia interiore.
 
“Basta! Vattene via! Lasciaci in pace!” Anna era in ginocchio al centro della sala del trono, tenendo le mani sulla testa, con gli occhi serrati e il viso afflitto dal dolore si contorceva freneticamente da una parta all’altra, come se un orrido spettro si fosse insidiato nella sua mente e quella cosa, ovviamente, era Surt.
 
“Tu pensi ti potermi fermare, ragazzina? Ti poter cacciarmi via? Ti poter salvare tua sorella dalla mia furia di fuoco? La tua azione avventata non ha fatto altro che segnare il vostro destino!” gridava il demone della rabbia nella testa di Anna, cercando ancora una volta di impossessarsi di nuovo dell’esistenza della ragazza, così da poter sfogare tutto il suo ardente furore su Arendelle e, in seguito, sul mondo intero.
 
“Se pensi che mi lascerò dominare da te, ti sbagli! Io…” cercava di ribattere Anna disperatamente, quando la risata improvvisa, assordante e furiosa di Surt gli provocò una fitta alla testa da farla quasi impazzire dal dolore.
 
“Non hai pensato che il rumore dell’esplosione che hai provocato tu stessa si sia propagato fino fuori dalle mura, e che qualcuno possa averlo sicuramente udito?” la voce di Surt sembrava la versione distorta, stridula e crudele di quella di Anna, e ogni parola che produceva torceva l’anima di quest’ultima.
 
“Stai zitta! Se tu che mi hai costretto a contrastarti, perché volevi distruggere mia sorella!” urlava Anna, cercando di non dare importanza alle meschine e diaboliche parole della sua rabbia stregata. Fu allora che la voce di Surt si fece meno assordante, ma più crudelmente sibilante, capace di pungere il cuore di Anna in maniera dolorosamente grottesca.
 
“Tu pensi che io sia crudele? Solo perché ho cercato di annientare tua sorella e bramo di impossessarmi della tua esistenza? Sicuramente è così, ma tu sei stata peggiore! Sei stata incosciente e irresponsabile! L’esplosione si sarà sicuramente fatta sentire fuori dalle mura di questo castello, e ora qualcuno verrà qua per capire cosa possa averla provocata! Quando ciò accadrà e vedranno te, cosa gli risponderai se ti chiederà cosa sia successo, soprattutto quando si accorgeranno del caos che ti circonda e che tu hai creato? Comincerai a raccontare bugia, per celare il segreto del fuoco custodito nel tuo cuore… proprio come faceva un tempo tua sorella? Inizierai a rinchiuderti nelle tue stanze, a isolarti dalle persone per rischiare di ferirle per sbaglio con il tuo potere? I bambini con cui giochi nel parco giochi di ghiaccio? Le persone che incontri durante i tuoi viaggio fuori dal regno? Le persone a cui vuoi bene, come tua sorella, il tuo amichetto Olaf, e il tuo amato Kristoff?”
 
“Basta, smettila!” gemeva disperata Anna, mentre teneva le mani sulla testa, che ormai si trovava a toccare il capo per terra per il dolore che le parole del demone della rabbia causavano. Surt si divertiva a tormentare e ne godeva ogni singolo e delizioso gemito di dolore della sua vittima, e intanto continuava:
 
“Mia cara e stupida Anna, sarai davvero in grado di controllare il tuo potere? E come pensi che reagirà il tuo amato montanaro, se dovesse venire qua e vedesse il disastro che hai causato? Ti amerebbe ancora, anche se non sei in grado di gestire il fuoco che arde nella tua anima, capace di incenerire ogni cosa? In confronto a te, tua sorella è una donna fortunata e le sofferenze che ha patito sono un nonnulla, e sai perché?  Il popolo di Arendelle, dopo quando è successo dal giorno dell’incoronazione al momento della fine dell’inverno stregato che aveva avvolto la vostra terra, ha accettato con gioia che la loro regina, Elsa, possedesse il dono del ghiaccio, ma tu? Pensi che la tua gente possa accettare che anche tu abbia poteri magici come tua sorella e amarti comunque, solo perché sei stata tanto gentile e carina con loro? Ti sbagli, perché c’è un’abissale differenza tra il potere di tua sorella e il tuo, mia cara… e sai quale? Il potere di Elsa è in grado di congelare ogni cosa, di creare meraviglie di ghiaccio, di replicare le splendenti vestigia dell’inverno e può tenere sotto controllo il suo dono, giacché ha passato anni a imparare su come dominarlo e, con il sentimento dell’amore, ammetto che tu ne hai merito, può invertire l’effetto e rimettere tutto a posto, come se non fosse successo niente… al contrario di te e del tuo potere! Perché il tuo è un potere che brucia, annerisce, distrugge, annienta, incenerisce! Capisci cosa voglio dire? Tu puoi solo creare fuoco e fiamme capaci sempre e solo di distruggere ogni cosa intorno a loro, consumandolo in modo implacabile. Al contrario del ghiaccio, tutto ciò che il fuoco distrugge è irreversibile e non può più tornare indietro, riportare le cose a com’erano prima! Soprattutto perché tu non possiedi la stessa volontà, razionalità e autocontrollo di tua sorella! Tu non hai passato anni, chiusa in una stanza a cercare di dominare il tuo fuoco incantato! Lo hai scoperto solo da una notte e pensi di saperlo tenere sotto controllo? Illusa! Le lucciole di fuoco che tu hai creato in camera tua, che per quando mi riguarda è un empio spreco di potere, non dimostra niente! Ci sei riuscita solo perché ti sei sforzata di tenere sotto controllo le tue emozioni!  Tu però sei impulsiva, infantile e testarda di natura, non sai tenere a freno come si deve le tue emozioni, come l’allegria, l’amore e la passione. Sopprimere queste emozioni per te sarebbe come dilaniare il tuo cuore! E che mi dici di tua sorella? Pensi davvero che sarebbe in grado di portare sulle sue spalle quest’onere, in altre parole aiutarti e sostenerti nel controllare i tuoi poteri? In questo modo, Elsa perderebbe solo del tempo prezioso e i rapporti commerciali di Arendelle con gli altri regni rischierebbero di incrinarsi a causa di ciò! È questo che vuoi, Anna? La sofferenza del tuo popolo, dei tuoi amici, del tuo amato, e soprattutto, della tua cara sorella?” il discorso che risuonava in modo crudele, beffardo, aspro, atroce e arrogante nella testa di Anna era come un nero rovo di sofferenze, paure e dubbi, che stringevano la sua anima in modo silenziosamente aggressivo, come malevoli sussurri. Quello che aveva detto finora Surt poteva essere vero? Le emozioni che Anna amava tanto, come gioia e passione, potevano farle perdere il controllo del suo potere e creare danni irreversibili con esso? Il disastro che aveva causato alle scale a chiocciola mentre cercava, impulsiva come sempre, di salvare sua sorella poteva dimostrare ciò che il demone della rabbia sosteneva? E se avesse deciso di sopprimere le sue emozioni per sempre, in modo da evitare simili sciagure? Sarebbe divenuta più spietatamente riservata, distaccata, silenziosa e solitaria più di quando era stata Elsa, prima del giorno della sua incoronazione? E se per Kristoff avrebbe smesso di amarlo, pur di salvarlo dalle fiamme incantate che ardevano nel suo cuore? Avrebbe smesso di giocare con Olaf e gli altri bambini del regno, di viaggiare in luoghi lontani e magnifici, per evitare che le sue emozioni, per quando belle, potessero causare danni di fuoco irreparabile? Avrebbe potuto continuare a vivere in questo modo la sua vita, senza avere più sentimenti e sogni da realizzare? Qualunque sarebbe stata la sua scelta, Anna capì con dolore, che avrebbe comunque sofferto pene terribili.
 
“So cosa stai pensando adesso! È terribile, non è vero? Che cosa scegliere le tue emozioni come gioia e amore o le persone a te care? Se ti può interessare… io possiedo una terza possibilità… una scorciatoia… una via d’uscita da questi tormenti insopportabile per te! Lascia il tuo corpo, la tua mente, il tuo cuore, il tuo fardello di fuoco e le tue future e infinite sofferenze a me ed io… ti donerò il nepente dell’oblio… non ricorderai più niente della tua vita, non sentirai più alcun dolore nel corpo e nell’anima e potrai godere il dolce tepore delle tenebre e del silenzio, lontano dal tuo orribile destino di sofferenza!” quelle parole non fecero altro che aumentare le ansie, le paure e i dubbi che già incrinavano la volontà d’anima della principessa. Quale scelta avrebbe dovuto prendere? Rimanere se stessa, rischiando così di ferire involontariamente qualcuno, soprattutto alle persone che voleva bene, per via del potere infuocato che non riusciva a gestire a causa delle sue emozioni per quando buone? Sopprimere per sempre tutte le sue emozioni, buone o cattive che fossero, e divenire più austeramente silente, solidaria, schiva e indifferente di quando lo sia stata mai sua sorella Elsa? Oppure accettare la terza via che Surt gli proponeva, in altre parole lasciargli per sempre il controllo della sua vita destinata a essere travolta dalla bufera del dolore e stendersi sul morbido giaciglio dell’oblio, senza avere più sofferenze e responsabilità troppo terribili da sopportarne il peso. Tutto ciò faceva soffrire il suo cuore di una disperazione indescrivibile e disumana, e Surt se ne rese conto e sogghigno crudelmente. Il volto di Anna, che quasi toccava il pavimento della sala, iniziò a essere rigato da lacrime piene di un dolore amaro e inconsolabile. Fu allora che Anna sentì una voce famigliare che la chiamava per nome, il cui suono deciso e affettuoso riuscì quasi a lenire tutte le paure, i dubbi e i dolori provocati dalle parole di Surt.
 
“Anna!” era la voce di Elsa! Anna alzò la testa dal pavimento, con il viso ancora segnato da lacrime sofferte, e si volse nella direzione in cui proveniva la voce che l’aveva chiamata. Vide allora sua sorella maggiore uscire dall’anticamera, che era ridotta ormai a un campo di battaglia.
 
“Anna, Stai tranquilla, ci sono qui io adesso!” diceva la regina, mentre si avvicinava solenne materna e meraviglioso verso sua sorella, sorridendogli dolcemente e con l’intenzione pura di abbracciarla per consolarla. Per un attimo Anna fu pervasa dalla gioia nel vedere Elsa che gli voleva bene e desiderava aiutarla, come se fosse il suo angelo custode, e sorrise nel vederla nuovamente nel suo splendore più candito e fulgido e che si era ripresa dalla terribile battaglia contro Surt… poi però le parole pronunciate dal demone della rabbia che imperversava in lei rimbombarono nel suo cuore, offuscando la gioia e il sorriso. Il suo volto si fece di nuovo pieno di dolore e tristezza e distogliendo lo sguardo dal volto di Elsa, abbassò di nuovo testa fino quasi a toccare per terra e si mise di nuovo a piangere amaramente, gridando con voce rotta:
 
“Ti prego, no! Stai lontana di me!quest'essere potrebbe… ti prego, non ti avvicinare… non sopporterei se ti accadesse qualcosa… di terribile…” le amare lacrime continuavano a sgorgare dai suoi occhi, come gocce di una triste pioggia funebre. Elsa arrestò il passo, ma il suo desiderio determinato e amorevole di salvare sua sorella da Surt non si arrestò. Il suo sguardo era rivolto con dolcezza verso la figura di Anna, che ora sembrava così fragile, smarrita e segnata dal dolore, una scena che sembrava persino più terribile di quando, qualche anno fa, i loro genitori erano scomparsi a causa della furia di un mare in tempesta.
 
“So cosa ti spaventa e ti tormenta, ma qualunque cosa ti stia dicendo quell’essere nella tua testa e nel tuo cuore è falso, e tu lo sai, vero? Sta solo cercando di avvelenare il tuo cuore con dubbi e paure, di ridurti a com’ero io, prima che tu mi salvasti! Non lasciare che ti costringa a commettere gli stessi errori che ho compiuto io… tu sei più forte del demone che sta cercando di dominarti!”
 
“Che belle e futili parole!” digrignò Surt nella testa di Anna, con rinnovata furia che la faceva ardere di odio nel costatare che Elsa fosse di nuovo in forze, nel suo più magnifico, seducente e stupendo aspetto, come se non fosse stata travolta dalla sconfitta che l’era stata inflitta nel duello tra ghiaccio a fuoco di poco fa.
 
“Davvero… pensi che io… sia in grado di farcela?” chiese con voce spezzata Anna, alzando di un poco la testa, cercando di trovare il coraggio di rivolgere il suo sguardo in lacrime verso quello di sua sorella, in cerca di speranza e conforto per la sua anima tormentata da dubbi e sgomenti. Elsa rise dolcemente in modo materno e poi rispose alla sorella, inginocchiandosi vicino a quest’ultima:
 
“Ne sono certa, mia dolce sorellina. Quando io scappai dal castello durante il giorno della mia incoronazione, quando persi il controllo dei miei poteri e tutti pensavano che io fossi qualcosa di mostruoso, tu eri l’unica a essere dalla mia parte e non mi hai mai abbandonato. Sei corsa fuori dal castello, impreparata, senza avere esperienza e mezzi per affrontare il viaggio per cercarmi. Sarebbe stato impossibile per te continuare il cammino per trovarmi se non avessi incontrato Kristoff, Sven e Olaf. Hai attraversato la foresta, affrontato lupi feroci, voragini, il gigante di ghiaccio che avevo creato e… la mia freddezza. Anche quando ti colpì per sbaglio al cuore con il mio ghiaccio magico, non hai perso la speranza, e hai persino messo a repentaglio la tua stessa vita per salvarmi dalla lama di Hans… facendomi così scoprire il potere più grande del mondo, l’unico che poteva salvarmi dalle mie insicurezze e paure… parlo dell’amore… qualcuno potrà anche dire che sei impulsiva, avventata, irresponsabile, bizzarra, infantile e… forse anche una “terribile” pasticciona… ma per me, sei soprattutto una persona piena di speranza, coraggio, spontaneità, voglia di vivere, sognare e amare, e non esiti mai ad aiutare gli altri per il solo desiderio di renderli felici. Per quanto il potere del fuoco che è dentro di te, pur essendo un fardello pericoloso, puoi imparare a usarlo, a dominarlo, per trasformarlo in uno strumento del bene, rimanendo te stessa, senza ferire le persone che ti stanno accanto o allontanarti da loro… come feci io tempo fa… insomma Anna, tu puoi riuscirci ed io voglio aiutarti, così come sicuramente lo faranno anche Kristoff, Olaf, Sven e persino la gente di Arendelle…” Fu allora che il portone, dal quale si procedeva dalla sala del trono all’ingresso principale del castello e viceversa, si aprì ed entrò Kristoff, seguito dai soldati, dal loro capitano e infine da Olaf a cavallo di Sven.
 
“Vostra altezza! State bene?” chiese terribilmente ansioso il capitano quando vide la regina Elsa e, accanto a lei, la principessa Anna, che non sembrava essersi accorta dell’arrivo dei soldati e stava ancora pensando sia alle parole di Surt, che a quelle di sua sorella.
 
“Anna? Che ti successe?” esclamò Kristoff quando vide la sua adorata in quel doloroso stato e in quel momento il suo cuore desiderò che lui corresse verso di lei, abbracciarla e farla sentire amata e al sicuro. La voce di Kristoff giunse alle orecchie di Anna come un tuono di speranza, facendole alzare la testa di scatto verso l’uomo che l’aveva chiamata. Vide allora il volto del suo grande amore, pieno di preoccupazione che parlava di lei, che la voleva amare e difenderla da ogni male.
 
“Potete stare tranquilli, soldati! È tutto risolto… spero…” rispose la regina con voce calma e gentile, mentre si rialzava da terra e tese poi la mano verso sua sorella per aiutarla a rialzarsi. Fu allora che purtroppo successe la sciagura più sfrenata e indicibile che si potesse immaginare. Anna stava per sfiorare la sua mano con quella tesa da Elsa, quando sentì dentro la sua testa Surt ridere come un fragore infernale che annunciava la catastrofe.
 
“Sciocca! Pensi che finisca tutto così, con moine dolci e coccole di consolazione con tua sorella e baci d’amore con il montanaro del tuo cuore? Sto per giocare l’asso nella manica e per te sarà la fine! Userò quasi ogni grammo del potere demoniaco che mi ha donato vita, coscienza e ambizione, così prenderò il totale controllo su di te, abbastanza a lungo da ridurre questa sala in un rudere di cenere fumante, mostrando così a tutti la pericolosità che tu rappresenti per loro! Facendo così, purtroppo, rimarrò inerme e in letargo per riprendere le forze e mi risveglierò solo tra qualche giorno e fino a quel momento non potrò più agire su di te… ma questo non significa che sarai libera, perché grazie a quello che farò adesso, vivrai per sempre prigioniera di sofferenze indicibili e nessuna delle persone che ti sono accanto ti aiuteranno, perché avranno paura di te e inizieranno pure a odiarti… persino la tua amata sorella… prepararti al tormento più infernale che tu possa concepire e ricorda le mie parole… io tornerò!” poi Surt esplose in un grido orripilante. Da quel disumano a sovrannaturale grido, Anna percepì come uno scoppio di rabbia indemoniata stava per avvolgerla in una stretta che gli avrebbe fatto perdere il controllo si se stessa e capì in un istante la mossa che Surt stava per attuare.
 
“Elsa! Allontanati da me!” gridò disperatamente la principessa, alzandosi in piedi improvvisamente e, spingendo con entrambe le mani, fece cadere all’indietro sua sorella, lontana da lei e da ciò che stava per accadergli. Prima che qualcuno, soprattutto Kristoff, potesse chiedere alla principessa il motivo di quel gesto così frenetico e inspiegabile, Surt prese totale possesso della sua esistenza e annullò, anche se sarebbe stato solo per breve tempo, la sua volontà. Gli occhi di Anna, che prima erano tornati celesti, divennero nuovamente rossi come bracieri infernali e il suo dolce viso si deformò in un crudele ghigno, lasciando i presenti ammutoliti dal terrore e dallo smarrimento per ciò che stava succedendo in quel momento.
 
“Ora ammirate la rabbia del fuoco!” gridò disumanamente trionfante Surt, con la voce di Anna trasmutata in qualcosa di orrendo, con lo sguardo infuocato rivolto al soffitto, in piedi al centro della sala, davanti al trono e… scatenò il potere del fuoco in tutta la sua devastante e atroce magnificenza. Una cosa spaventosa sotto forma di fiammeggiante colona che vorticava come un ciclone, che avvolgeva la principessa, senza mai recargli danno e ferita di alcun tipo al suo corpo e alle vesti, innalzandosi poi verso l’alto fino a colpire il soffitto della sala del trono. 

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Capitolo 14
*** La Fuga di Anna ***


Alla vista di quella spaventosa colonna di fuoco al centro della sala, che sembrava sul punto di sfondare il soffitto, i presenti furono presi da una sconcertante paura, quasi pietrificati da quell’orrore indicibile.
 
“Anna!” gridò disperata Elsa, cercando di rialzarsi da terra, mentre tutto quello che riusciva a vedere all’interno della vorticante colonna fiammeggiante, era la sagoma deformata e gli occhi che ardevano in modo infernale di sua sorella Anna, imprigionata dalla sua stessa rabbia, tramutata in uno spirito possessore. Surt, Quell’essere immondo, che si era ormai impossessato completamente della principessa, anche solo per pochissimo tempo a disposizione, rise attraverso la bocca della sua vittima in modo così feroce da riempire i cuori di coloro che si trovavano nella sala di ribrezzo e terrore ancora maggiore di prima.
 
“Osservate, sciocchi, quando possa essere distruttivo il potere del fuoco che io, Anna di Arendelle, custodisco nel mio cuore!” gridò Surt con voce arrogante, disumana e diabolica. Iniziò allora a compiere gesti con le mani, così grotteschi da richiamare alla mente quelli di una strega durante un sabba in una foresta sperduta. Intorno alla colonna fiammeggiante comparvero tre uova enormi, anch’esse avvolte dalle fiamme, sospese a mezz’aria, evocate dagli inquietanti gesti eseguiti da Surt attraverso il corpo della principessa.
 
“Signori e… signora… vi presento la fine della vostra inutile esistenza!” sibilò con un crudele sorriso, quasi simile al ghigno di un demone. Ogni fiammeggiante uovo si schiuse e da esso fuoriuscì un serpente di fuoco vermiglio. Quegli esseri nati dal fuoco guizzarono dai loro gusci, che svanirono subito dopo in effimere scintille gialle. Una volta raggiunta la superfice del pavimento, le infuocate serpi crebbero fino alle dimensioni simili a quelle degli orsi. Avevano lunghissime zanne, ricurve e taglienti come pugnali, avvolte dalle fiamme come il resto dei loro viscidi corpi Incandescenti. I loro occhi erano simili a voragini di fuoco senza fine. Quando sibilavano, in maniera raccapricciante e feroce, le loro lingue biforcute lanciavano scintille scarlatte e roventi. I tre aberrazioni di fuoco strisciarono solennemente verso Kristoff e le guardie, lasciando dietro di loro linee annerite sul pavimento. Avevano sguardi minacciosi e continuavano a sibilare spaventosamente, sputando scintille a tutto spiano.
 
“Devi fermarti, adesso!” gridò Elsa, sempre con solenne determinazione nell’animo, quasi sul punto di esplodere il suo gelido potere come non mai contro quella maledetta prigione di fuoco in cui era rinchiusa la persona a lei più cara. Il suo cuore non desiderava altro che fermare quella follia sotto forma di spirito possessivo, liberare e riabbracciare finalmente sua sorella per farla sentire al sicuro e aiutarla.
 
“Sbaglio o la regina sta per perdere la pazienza? Vediamo allora cosa succede se faccio… questo!” mentre parlava con crudele e arrogante sarcasmo, Surt schioccò le dita verso il trono in fondo alla sala, che fu avvolto all’istante da un turbine di fuoco e ridotto all’istante in un mucchietto di resti carbonizzati e fumanti.
 
“Ops, che guaio! Ho bruciato il tuo trono! Non mi picchiare… sorella cara!” esclamò Surt, imitando penosamente una voce da bimba dispiaciuta, malamente rotta dal tono di disumano e grottesco sarcasmo che la caratterizzava, come se cercasse apposta di avere una personalità simile a quella di Anna, ma espressamente  distorta.
 
“So cosa stai cercando di fare, Surt, ma non ti permetterò di far passare Anna per un mostro! Devi smetterla!” Replicò solenne, impetuosa e inflessibile la regina, senza neanche distogliere gli occhi versò ciò che restava del suo trono, mantenendo il suo sguardo verso colei che aveva osato prendersi sua sorella e usarla per compiere nefandezze contro la sua stessa volontà. Poi si rivolse a coloro che erano entrati dal portone d’ingresso per dire loro:
 
“Vi prego, ascoltatemi! Quella che vedete è Anna… ma è in preda ad un incantesimo di Hans! Un questo momento non è in sé e non ha il controllo del suo corpo!” per poco, nel sentire quelle parole, Kristoff non perse le staffe nell’apprendere che quel meschino essere di nome Hans avesse non solo osate presentarsi di nuovo al castello, ma di lanciare addirittura un sortilegio sulla donna della sua vita. Per di più, il ragazzo si rese conto di un terribile particolare. E se il piano di Hans fosse quello di far scoprire il potere del fuoco di Anna davanti al suo popolo, così da farla passare per terribile mostro, o peggio, di usarla per annientare Elsa e poi se stessa, in modo che non ci fossero più ostacoli al ritorno dell’oscuro signore in questo mondo? I soldati non sapevano cosa pensare, anche perché in quel momento le serpi di fuoco strisciavano minacciosamente verso di loro.
 
“Brava, sei più sveglia del previsto, cara regina, ma questo non salverà né te, né i tuoi patetici soccorritori!” ringhiò Surt, con una via di mezzo fra un crudele sorriso e un ghigno rabbioso sul viso di Anna.
 
“Desideravo toglierti di mezzo una volta per tutte, e lo avrei già fatto da un pezzo ormai, se la volontà di tua sorella non mi avesse fermata! Adesso però ho ancora un po’ di tempo prima che lei ritorni ancora in sé, perciò… addio…” Surt fece un gesto che, magicamente, attirò l’attenzione di uno dei serpenti di fuoco, che rivolse il suo sguardo verso la sua padrona, come un umile servitore.
 
“Vai e distruggi la regina delle nevi!” ordinò spietatamente Surt, e l’essere di fuoco s’allontano dai suoi fratelli, strisciando rapidamente verso la preda che gli era stata appena designata, circondandola prima che quest’ultima potesse reagire. L’ardente serpe innalzò la testa, guardando dall’alto in basso, con occhi famelici e incandescenti, la sua preda. Elsa ebbe un fremito di paura nell’anima, ma non per il mostro di fuoco che sembrava voler stritolarla nelle sua incandescenti spire. La sua vera paura era rivolta agli altri due serpenti infuocati, che erano sul puntò di assalire e dilaniare con le loro roventi zanne i soldati, il piccolo Olaf, Sven e soprattutto colui che un giorno avrebbe sposato sua sorella e sarebbe divenuto suo cognato. No, non poteva permetterlo e fu allora che prese l’unica decisione per poter fermare Surt e i suoi mostri di fuoco. Rivolse nuovamente la parola alla folla assediata dalle serpi di fuoco, dicendo loro:
 
“Allontanatevi il più in fretta possibile da questa sala… è in arrivo una tormenta…” dalle parole della loro regina, dagli occhi decisi e impetuosi, eppure calmi e solenni, e dal candito bagliore che si sprigionava che vedevano sprigionare dalle sue mani, Kristoff e il resto della folla compressero finalmente le sue intenzioni.
 
“Presto, tutti fuori!” gridò Kristoff, cercando di tenere a bada i serpenti infuocati con un pugnale che aveva estratto dallo stivale, in modo che i soldati e i suoi due amici potessero scappare. Loro iniziarono ad indietreggiare velocemente, guadagnando l’uscita dalla sala. Solo il montanaro rimase nella sala, vicino alla soglia, perché aveva intenzioni di rimanere per aiutare la regina e Anna contro quell’orribile maleficio invocato da Hans.
 
“Kristoff, va via!” gli disse Elsa, ma il ragazzo replicò deciso, anche se sapeva che stava disobbedendo all’ordine della regina:
 
“Non posso lasciarvi in balia di questa…” la regina alzò la mano illuminata di bianco dal suo potere verso il montanaro e gli disse, con occhi solenni e rassicuranti:
 
“Per favore, va… fallo per Anna…” dietro le sue labbra serrate, il ragazzo strinse i denti, ma comprese il volere di Elsa e, a malincuore, uscì dalla sala, tenendo a distanza con il pugnale i feroci serpenti di fuoco. Una volta fuori, assieme ai soldati, il ragazzo chiuse e bloccò il portone della sala.
 
“Fate attenzione…” sussurrò Kristoff, così intensamente preoccupato per la sovrana e, soprattutto, per la donna del suo cuore, che una piccola lacrima riuscì a sgorgare fuori dagli occhi solidamente da rude montanaro. Si sentiva inutile e impotente, mentre udiva ancora il furore crepitante e fiammante che si stava scatenando nella sala in cui si trovavano la regina e la donna della sua vita.
 
 
 
“Non oserai…” digrignò Surt, guardando con rabbioso terrore il bianco bagliore con in pochissimo tempo aveva avvolto tutta la figura di Elsa, pronta a dar libero sfogo al suo magico potere di ghiaccio, per il bene del regno e di Anna. Non sembrava nemmeno notare il serpente che la sovrastava, minacciandola sibilando scintille roventi, che non facevano altro che risaltare la luminosità del suo viso e dei suoi abiti azzurri. Intanto gli altri due serpenti di fuoco colpivano ferocemente con le loro code contro la porta per sfondarla e raggiungere le loro prede, ma forse non sarebbero stati abbastanza veloci prima di ciò che la regina aveva intenzione di fare…
 
“Non pensi a tua sorella? Non hai pensato che potresti coinvolgerla in ciò che stai per scatenare? Potresti addirittura ferirla, o persino peggio!” gridava spaventata e rabbiosa Surt, cercando di dissuadere la giovane donna dalla chioma platinata nel compiere l’unica soluzione per fermare  il caos di fuoco che rischiava di distruggere ogni cosa. Elsa, per tutta risposa, serrò gli occhi, lasciando sgorgare da essi alcune sottili lacrime, e disse decisa e rassegnata:
 
“Se tu conoscesti veramente mia sorella, ti renderesti conto che lei mi griderebbe di farlo, pur di liberarla e salvare Arendelle da te, mostro…” a quel punto, Elsa alzò le mani verso il soffitto e lasciò libero sfogo al suo gelido potere.
 
“No!” gridò Surt disumanamente, ma era ormai troppo tardi. Una violenta e dominante bufera di neve si scatenò dalle mani aperte di Elsa, travolgendo la sala del trono, i serpenti di fuoco e la colonna di fuoco in cui si trovava Anna posseduta da Surt.
 
“Noooooo!” il gridò di Surt era sempre più assordante, rabbioso e straziante. Un violento freddo pungente congelò quasi all’istante i mostri e la colonna, trasmutando il fuoco in ghiaccio.
 
 
 
Silenzio. Solo silenzio. Nient’altro che un’irreale silenzio proveniva dalla sala del trono. Kristoff lo trovò persino più snervante e devastante dell’insieme di suoni caotici e furiosi aveva udito poco fa. Una volta che lui e le guardie avevano sigillato il portone, sentivano ancora per un po’ il crepitio delle fiamme stregate, il feroce sibilo dei serpenti incandescenti e lo sbattere delle loro code che cercava di aprire una breccia verso l’esterno. Poi gli urli laceranti e demoniaci dell’essere malefico che si era impossessato di Anna, seguiti subito dopo dall’ululato di un violento vento che sovrastava ogni cosa. Infine scese quel silenzio innaturale, che era più assordante di qualsiasi rumore. Kristoff e le guardie non sentivano più i terribili colpi di coda dei serpenti contro la porta, che bramavano di uscire e sbranare le loro prede. Una soffocante aria di preoccupazione avvolse il ragazzo e le guardie, temendo ciò che poteva significare quel silenzio nella sala in cui si trovavano la regina Elsa e sua sorella. Persino Olaf, ancora in groppa a Sven, era preoccupato, molto più di quando non lo sia mai stato fino a quel momento.
 
“Secondo te come stanno Elsa e Anna?” chiese, non reggendo più quel terribile silenzio che opprimeva i cuori dei presenti, rivolgendosi al giovane montanaro. Prima che Kristoff potesse però rispondere alla domanda del pupazzo di neve, si accorse, assieme alle guardie, che il portone davanti a loro, stava subendo un incredibile cambiamento. Poco a poco, ogni fibra di legno del portone fu ricoperto dal ghiaccio, emanando un freddo capace di eguagliare le fredde notti d’inverno.
 
“È il potere di Elsa…” sussurrò Kristoff, che guardava sbigottito, così come le guardie, Olaf e Sven, l’incredibile fenomeno che si era manifestato davanti a loro. Kristoff era ora più preoccupato di prima. Temeva infatti che Elsa, nel tentativo di fermare il maleficio di Hans, avesse ecceduto nell’usare la sua gelida magia. Avvicinò una mano verso la porta completamente congelata. Appena la sfiorò, sentì un gelido brivido fendergli l’animo. Retrasse velocemente la mano, giusto in tempo per vedere il portone che iniziava a creparsi dal punto esatto in cui l’aveva toccato. La crepa divise in due il portone, che scricchiolava, il cui suono non era però quello del legno. Era più simile a quello di un muro di cristallo bianco. Che si incrinava e scricchiolava in modo stridulo in ogni parte di esso. Dopo solo pochi secondi, sotto lo sguardo stupefatto del montanaro e del resto della folla vicino a lui, la porta crollò come un castello di carte, trasformandosi in un mucchio di blocchi ghiacciati spaccati. I presenti esitarono un attimo prima di trovare il coraggio di scavalcare ciò che ormai rimaneva del portone, varcare la soglia ed entrare nella sala del trono. Kristoff fu il primo a farlo. Nel momento stesso in cui entrò nuovamente nella sala del trono, rimasse senza fiato, così come gli altri che lo seguivano, per l’allucinante spettacolo che gli si presentava davanti agli occhi e per la sorpresa di vedere i loro piedi sprofondare… nella neve. Un freddo terribile accolse il ragazzo e gli altri, che dava un senso di solennità e malinconia. La sala era completamente ricoperta da ghiaccio, neve e freddo. Dal soffitto scendevano lunghe stalattite di ghiaccio azzurro, che avevano inglobato persino il lampadario. Le pareti, assieme agli arazzi e ai bracieri, erano imprigionati anch’essi nel ghiaccio. Il pavimento era sommerso da uno spesso manto di neve candita e soffice, che se qualcuno faceva un solo passo su quella bianca distesa, il suo piede sprofondava fino a metà polpaccio. Tutto questo per opera della tormenta evocata da Elsa. i serpenti chiamati a raccolta da Surt, prima enormi mostri di fiamme, erano stati tramutati in statue di ghiaccio, ed erano infine crollati al suolo in mille pezzi a causa del violento e freddo vento della tormenta incantati. Kristoff se ne rese conto quando riconobbe la testa di uno di quei esseri congelata e spaccata in due, a pochi passi da lui. Il freddo che avvolgeva la sala era così intenso che Kristoff, Olaf, Sven e le guardie potevano vedere i loro stessi fiati. Ciò che però faceva stringere i loro cuori in quel gelido paesaggio si trovava al centro della sala. accerchiata da un circolo di frammenti di ghiaccio, tutto ciò che rimaneva della colonna di fuoco di poco fa, la regina era seduta in ginocchio per terra, tenendo tra le sue braccia, adagiata sul suo grembo, la sua amata sorella, priva di sensi. Elsa accarezzava con tenerezza il viso e la chioma rossa di Anna, senza mai distogliere lo sguardo da lei, neanche quando Kristoff e il resto della folla erano entrati nella sala.
 
“Anna… svegliati, ti prego… è tutto finito…” sussurrava Elsa con voce rotta, sperando con tutto il cuore che la tempesta di gelo che aveva scatenato non avesse fatto del male ad Anna invece di salvarla dalle grinfie della sua rabbia indemoniata. Delle sottili lacrime sgorgavano dai suoi occhi incredibilmente azzurri, per poi scendere attraverso le sue guance e infine cadere come gocce di pioggia fino a toccare quelle della principessa. Come se quelle lacrime fossero miracolose, Anna iniziò a destarsi dal suo torpore. I suoi occhi si schiusero, rivelando che il rosso infernale che avvolgeva le loro pupille poco fa era sparito, lasciando il posto al blu celeste, e dalle sue labbra uscì un sospiro così tenue che solo le orecchie e il cuore di Elsa lo percepirono. Il viso della regina s’illuminò di gioia quando si accorse che Anna si stava svegliando. Kristoff, nel vedere quella tenera e commovente scena, non poteva più sopprimere il suo desiderio di correre verso la sua amata per soccorrerla, aiutarla e dargli conforto. Così corse nella neve, che ricopriva il pavimento, verso la regina per aiutarla a rialzare lei e Anna, che stava ormai recuperando completamente i sensi.
 
“Tranquilla, andrà tutto bene! Ci siamo qua noi adesso!” diceva il montanaro per rincuorare la sua amata, che ormai stava riprendendo coscienza di ciò che la circondava. Sia Elsa che Kristoff, che ancora aiutavano a Anna a tenersi in piedi, gli fecero un dolce e rassicurante sorriso. Le guardie erano ben lieti di vedere la principessa fuori pericolo, pensando che sua sorella maggiore, la regina, fosse riuscita a scacciare per sempre quello spirito maligno fatto di rabbia che cercava di distruggerle entrambe. Olaf, ancora in groppa a Sven, tirò un lungo sospiro di sollievo assieme a quest’ultimo, che non vedeva l’ora di abbracciare Kristoff, Elsa e, soprattutto, Anna, la sua più cara amica. Il magico pupazzo sentiva infatti che la principessa era quella che aveva più bisogno di caldi e affettuosi abbracci. La contentezza che stava quasi per sbocciare in quel momento nella sala era però destinata a sfiorire sul nascere. Infatti, quando Anna spalancò completamente gli occhi, vide le due persone a lei più care che la stavano aiutando e reggersi in piedi e prese consapevolezza di ciò che gli stava accadendo intorno, sul suo viso non apparve alcuna espressione di sollievo, gioia e commozione, ma solo sgomento, orrore e paura. Questo perché la prima cosa che si fece strada nella sua mente erano le ultime terribili e profetiche parole di Surt, la sua rabbia divenuta demone. Io Tornerò! Anche adesso, Anna sapeva che quell’essere, la sua stessa rabbia che ora l’avrebbe perseguitava come un spettro, annidava ancora nelle profondità del suo cuore, in attesa di riprendere le forze e ritornare a prendere di nuovo il sopravvento e a scatenare la sua sede di distruzione… prima o poi sarebbe successo… Anna lo sapeva… e le persone a lei più care avrebbero pagato lo scotto più alto… Anna si allontanò, spaventosamente sconvolta, da sua sorella e dal suo amore, barcollando lievemente da una parte all’altra e con la testa che gli girava ancora.
 
“Vi prego, no! State indietro!” gridava Anna con voce disperatamente rotta, indietreggiando freneticamente dalle due persone che volevano solo il suo bene.
 
“Anna, che ti prende? Devi stare calma, va tutto bene…” Elsa cercava di tranquillizzare sua sorella, allungando le braccia verso di lei, ma quest’ultima si allontanava sempre di più, come se fosse un incendio che infiammava ogni cosa che toccava.
 
“Anna, siamo noi, non devi avere paura!” Kristoff, come Elsa, tentava di calmare la sua amata principessa, ma inutilmente.
 
“Voi… Voi non capite… non va affatto bene… lei… lei tornerà… me lo ha gridato nella mia testa, prima di farmi perdere i sensi… Surt tornerà e mi userà per farvi del male, lo so…” Kristoff ed Elsa rimassero di sasso da quelle parole piene di angoscia pronunciate da Anna, che continuava ad indietreggiare, senza accorgersi di muoversi verso i resti carbonizzati del trono, sepolto dalla soffice e candita neve. Le guardie, che osservavano turbati quella scena, non sapevano spiegare un comportamento così in Anna nei confronti delle due persone a lei più care. Anna era talmente spaventata e sconvolta che, non avendo completamente ritrovato l’equilibrio, fece un passo falso, incrociò le gambe e cade all’indietro. Finì per atterrare distesa proprio su quel mucchio di neve che ricopriva ciò che rimaneva del trono, appartenuto da secoli alla famiglia reale di Arendelle.
 
“Anna!” gli gridò Kristoff, che corse verso di lei, seguito dalla regina, che non riusciva a credere a ciò che sua sorella aveva detto riguardo al demone della rabbia. Mentre cercava di rialzarsi, Anna si rese finalmente conto , fino a quel momento non l’aveva notato, che la sala del trono era ricoperta da neve e ghiaccia, e percepiva un freddo pungente sfioragli la faccia. Per di più, Anna aveva infilato per puro caso una mano nel mucchio di neve sulla quale era caduta, mentre cercava di rimettersi in piedi. In quel punto, la sua mano strinse un oggetto duro, che sembrava legno, ma dalla consistenza insolita per Anna. Tirò fuori la mano dalla neve e capì che l’insolito oggetto che stava ora stringendo era un pezzo di legno carbonizzato dal fuoco. Poi volse lo sguardo dietro di se e si rese contò che doveva trovarsi a pochi centimetri dal trono, ma fu allora che notò anche un particolare. Qualcosa che la inquietò, aumentando la disperazione e il terrore che già stringevano il suo cuore. Il particolare insolito che Anna aveva notato era che il cumulo di neve sulla quale adagiava si rivelò più basso del trono. Eppure si trovava proprio sopra il punto esatto in cui il regale mobile doveva essere posizionato. Dov’era allora il trono? Il sospetto in Anna divenne sempre più feroce e disperato. Con somma e spaventosa disperazione, ignorando l’aiuto che il suo amato Kristoff gli stava offrendo per rialzarsi in piedi, Anna si girò completamente, mettendosi in ginocchio, verso quella massa di neve. Iniziò cos’ a scavare con le mani in quella neve, con il timore di portare alla luce la verità che aveva ormai intuito purtroppo. Alla fine vide riemergere da quella neve altri frammenti di legno anneriti, grandi e piccoli, ma nessuna traccia del trono, sulla quale sua sorella dava udienza ai sudditi di Arendelle per aiutarli e sostenerli, nella vita di tutti i giorni… La terribile verità gli si presentò davanti ai suoi occhi in tutto il suo orrore. non per come si presentava quella scena agli occhi della principessa, ma per ciò rappresentava. Quei pezzi lignei carbonizzati che si trovavano al posto del trono, la sala trasformata in una gelida distesa, le persone a lei più care che cercavano di rincuorarla, consolarla e tranquillizzarla, come se lei stessa fosse stata appena travolta da un incubo vivente… Tutto le fu infine chiaro, anche troppo, e rimase in ginocchio, immobile come se fosse di pietra. Guardava, con lacrime di silente disperazione che scendevano dai suoi occhi, i frammenti di legno anneriti sparsi sulla neve e quelli che stringeva tra le sue mani. Nella sua mente, ad una velocità sempre più vertiginosa, sentiva ripetere le infernali parole di Surt, che si mischiavano tra loro in un terrificante gorgo, senza mai fermarsi per un solo istante, come se venissero sussurrate e, allo stesso tempo, gridate dalle bocche di spettri e demoni.
 
“Anna?” la chiamò Elsa, avvicinandosi alle sue spalle, per cercare di scuoterla da quello stato di immobilità straziante. La regina stava per appoggiare una mano sulla spalla destra di Anna, quando quest’ultima si girò improvvisamente, con gli occhi serrati, dai quali riversavano lacrime di furiosa sofferenza, gridando con tutta la paura, la disperazione e il dolore che stavano esplodendo nel suo corpo:
 
“No, Elsa! Devi starmi lontana!” nello stesso istante in cui la ragazza gridava queste parole, picchiò il pavimento con entrambe le mani aperte, facendole sprofondare nella neve. Da sotto quelle mani, divampò un fuoco rosso dorato, così improvviso, impetuoso e terribile, che Elsa retrocesse bruscamente, mettendo le braccia davanti al volto per non rimanere accecata da quel bracciante bagliore, barcollando e cadendo all’indietro, fino a finire distesa sul manto nevoso, sprofondando in esso. Kristoff corse verso la regina, aiutandola a rialzarsi in piedi. Entrambi guardavano, con angosciante incredulità, che le fiamme scaturite dalla disperazione di Anna si ersero verso l’alto come un muro infuocato scarlatto. Un muro che separò la zona del trono, compresa Anna, dal resto della sala. Le fiamme della spietata parete faceva sciogliere ed evaporare la neve e il ghiaccio in torno ad esso. Le guardie indietreggiarono inorriditi, confusi e impauriti da ciò che la principessa aveva compiuto con le sue stesse mani, nonostante pensassero che non fosse più posseduta da nessun demone adesso. Elsa, nel vedere quella parete infuocata che la separava da sua sorella, gli tornò alla mente il giorno della sua incoronazione, quando il suo potere di ghiaccio fu rivelato al popolo di Arendelle e molti di essi la chiamarono strega o mostro per questo. Soltanto Anna, in quel terribile giorno, avrebbe voluto correre verso di lei, abbracciarla, consolarla e tranquillizzarla, come avrebbe fatto una vera sorella. Ed Elsa non sarebbe stata da meno. Abbandonò le braccia di Kristoff che l’avevano aiutata a rialzarsi da terra e si avvicinò fino a che non si trovò a pochi passi dalla muraglia fiammeggiante che la separava dalla sua amata sorella. Anche se la regina non poteva vedere ciò che si trovava oltre l’intenso rosso fiammeggiante del muro, sentiva nel suo cuore che sua sorella era di fronte a lei.
 
“Anna… mi senti, vero? Ti prego, dimmi qualcosa!” cominciò a parlare la regina, con voce piena di preoccupazione, tristezza e desiderio puro di aiutare sua sorella. Dal muro di fiamme crepitanti giunsero queste parole piene di sofferente rassegnazione:
 
“Mi… dispiace… Elsa…”
 
“Anna, va tutto bene, credimi… so che ora sei sconvolta per quello che ti è appena successo, ma…” Anna interrube Elsa, con la voce rotta, quasi sul punto di scoppiare a piangere:
 
“No, Elsa… so che sati cercando di aiutarmi, come io feci con te... credimi mi dà un grande conforto… ma è tutto inutile…”
 
“Anna, perché dici così?” Esclamò disperatamente perplesso Kristoff, che si era avvicinato a fianco della regina, con il desiderio nel cuore di aiutare in qualche modo la sua amata.
 
“Oh, Kristoff… credimi, se potessi, correrei tra le tue braccia e ti bacerei, se non fosse…” Elsa e Kristoff, nonostante il furioso crepitio del muro di fuoco, udivano distintamente il pianto della principessa, che era scoppiato come un mare in tempesta.
 
“Anna, qualunque sia il tuo problema, di noi puoi avere fiducia, credimi!” Kristoff cercava di tranquillizzare Anna, anche perché, sentirla piangere in quel modo era come una spina conficcata nel cuore. Anna cercando anche solo per un attimo di frenare il suo pianto, disse:
 
“Oh, Kristoff… Elsa… vorrei davvero avere il vostro aiuto e sentire l’affetto che provate per me… ma il mio fardello e molto più terribile di quanto si possa immaginare…” Elsa, con voce più decisa, ma non meno sensibile, chiese a sua sorella:
 
“Prima hai detto che Surt tornerà prima o poi… come fai a saperlo?” Anna rispose, cercando a fatica di trattenere il suo pianto:
 
“È stata lei stessa a dirmelo, prima di dare fondo a tutte le sua forze per prendere totale possessi su di me. Adesso è inerme, celata nel mio cuore, ma presto risorgerà… anche adesso la sento pulsare nel mio animo, che attende… sempre più spietata…” Elsa intervene, cercando di scuotere sua sorella e ridargli coraggio:
 
“Adesso basta, Anna, non devi rimproverare niente a te stessa! Anche se Surt dovesse ritornare, se restiamo unite, possiamo…” Anna però replicò bruscamente, sfogando il suo pianto rabbiosamente:
 
“Questo non è possibile… perché la vera minaccia per Arendelle non è solo la mia rabbia tramutata in demone, ma io stessa!” le ultime parole di Anna lasciarono terribilmente increduli e turbati tutti i presenti, soprattutto Elsa, che rifiutava di accettare ciò che aveva appena udito. Anna continuò, piangendo rassegnata:
 
“Ricordi le lucciole di fuoco che hai visto in camera mia poco fa? Per crearle, in modo non potessero fare danni, ho dovuto fare uno sforzo di volontà. Ora però dimmi Elsa, cosa accadrebbe se io mi lasciassi trascinare da emozioni come paura, gioia, pianto, amore… o rabbia, proprio come è accaduto ieri notte?” Elsa temeva di conoscere la risposta e Anna riprese dicendo:
 
“Il muro di fuoco che ora ci divide è solo una parte di ciò che temo, non per me, ma per voi e il regno di Arendelle. Se io dovessi, anche per un solo istante, perdere il controllo del potere che è dentro di me a causa delle emozioni, rischierei di recare danno al regno o peggio…” Elsa non era più disposta a sopportare ciò che sua sorella diceva e intervene severamente decisa:
 
“Anna, non puoi pensare di essere una minaccia per il regno. Sei una brava persona, non devi commiserarti te stessa e pensare di essere… un mostro! Ricorda che anch’io ho avuto le mie pene perché non riuscivo a controllare i miei poteri, ma sei stata proprio tu a ridarmi fiducia in me, facendomi ricordare il vero significato dell’amore!” il pianto di Anna sembrò diminuire per le parole pronunciate da Elsa.
 
“Quello che dici è vero, ma…” replicò Anna, quasi sul punto di ricominciare a piangere, e prosegui dicendo:
 
“La verità, Elsa, è che c’è una grave differenza tra il tuo potere e il mio…”
 
“Cosa vuoi dire?” Chiese Elsa perplessa. Anna, ricominciando a gemere, rispose:
 
“Tu… crei il ghiaccio e la neve dalle due mani, creando stupende nevicate e maestose tormente… creare splendidi castelli di ghiaccio e dare vita a meravigliose creature di neve, come Olaf… hai una volontà che ammiro e un grande cuore pieno d’amore, ed è grazie ad essi se riesci a dominare la tua magia… e se poi, anche per sbaglio, congeli qualcosa o qualcuno, o se è necessario, tu puoi far sparire ghiaccio, neve e freddo, con solo uno schiocco di dita, rimettendo tutto com’era prima… ma per me… non è la stessa cosa… il potere è fatto di fuoco… fuoco che brucia e incenerisce, senza poter più rimediare… e non possiedo la tua stessa volontà… la verità è che sono un pericolo per tutti voi… e le cose peggioreranno quando Surt ritornerà… perciò… addio Elsa… addio Kristoff, amore mio… addio a tutti voi… statemi bene… e salutate i bambini da parte mia…” Elsa e Kristoff capirono sconvolti ciò che Anna aveva deciso di fare.
 
“Anna, no! Non devi ripetere i miei stessi errori che ho compiuto tempo fa! Scappare non serve a niente!” gridò Elsa, che cercava di riportare alla ragione sua sorella, anche se fosse stato necessario attraversare il muro di fuoco per riuscirci.
 
“Anna, per favore, devi dare ascolto a tua sorella!” anche Kristoff disse la sua, che nemmeno lui avrebbe esitato nel cercare di oltrepassare quelle fiamme, pur di impedire alla sua amata di commettere la più grave e terribile sciocchezza che avesse mai fatto. Improvvisamente, uno spaventoso, maestoso e assordante nitrito anniento ogni altro rumore, echeggiando in tutta la sala, facendola tremare leggermente. I presenti, spaventati e sgomenti per quel verso che ricordava il furore di una tempesta, capirono che proveniva dal muro di fuoco davanti a loro. Fu allora che, davanti agli sguardi di tutti i presenti, la parete infuocata fu attraversata da un essere incredibile, il cui corpo era fatto di fiamme. L’ardente muro, come se quella creatura ne avesse assorbito le fiamme, sparì senza lasciare traccia, tranne i segni della neve sciolta intorno ad esso. Coloro che in quel momento si trovavano nella sala del trono guardarono increduli e impressionati quell’essere nato dal fuoco, che aveva le sembianze… di un maestoso stallone. Un cavallo che superava in dimensioni e portamento ogni equino esistente di Arendelle, forse di tutta la Scandinavia. ogni volta che uno dei suoi zoccoli compiva un passo,  scioglieva all’istante la neve intorno ad esso. Era straordinaria possente, ogni parte del suo corpo era più robusto di un cavallo da tiro, eppure riusciva persino a superare la prestanza  di uno da corsa. Era come se forza e velocità si fossero personificati in quella creatura. Il suo manto e ogni fibra della sua possente muscolatura equina era puro fuoco rosso, mentre criniera e coda, splendide e selvagge, erano fiamme dorate. Gli occhi del destriero di fuoco erano dorati e fiammeggianti, fieri e imperscrutabili, ma anche sensibili e compassionevoli. I suoi vigorosi e scalpitanti zoccoli erano avvolti da fiamme rosse, ancora più scure di quelle del suo manto. Anna era in groppa al destriero, le cui fiamme non sembravano ferirla, anche perché la principessa soffriva già nel suo cuore per la decisione terribile che aveva scelto. Lacrime di triste rassegnazione rigavano il viso della ragazza, mentre passava in rassegna i volti delle persone che si trovavano nella sala. Le guardie, Olaf, Sven e il suo amata Kristoff. Gli si stringeva il cuore nel dover compiere la terribile scelta che gli eventi l’avevano costretta a prendere, senza nemmeno poter dare un ultimo bacio al suo grande amore. Il suo cuore poi gli sembrò sul punto di essere stritolato dal dolore quando posò il suo sguardo sul volto di Elsa, perplessa e sconvolta…
 
“Mi dispiace Elsa, ma è l’unica soluzione…” sospirò Anna, mentre distoglieva lo sguardo da sua sorella per non allungare l’agonia del gesto che stava per compiere. Poi s’avvicinò alle orecchie del suo infuocato destriero e, mentre abbracciava il possente collo, senza che le fiamme potessero fargli del male, gli sussurrò con la voce piena di rassegnazione:
 
“Andiamocene… portami lontana da qui… per favore…” a quelle parole, il maestoso cavallo s’impenno di colpo, nitrendo in modo selvaggio e solenne. Quando i suoi infuocati zoccoli ricaddero pesantemente al suolo, fecero scuotere la sala in modo così violento che nessuno degli altri presenti fu più in grado di stare in piedi, cadendo a terra sconvolto e disorientato. Persino Sven crollò a terra per il tremendo scuotimento, disarcionando involontariamente il piccolo Olaf. Il candito pupazzo si ritrovò per terra nella neve che ricopriva ancora la sala, con la testa, il braccio destro e il piede sinistro separati dal resto del suo corpo durante la caduta.
 
“Oh no! Un'altra volta no, eh?” sbuffò l’omino di neve, cercando a fatica di ricomporsi. Mentre Elsa e Kristoff cercavano di rialzarsi in piedi dalla neve, fecero appena in tempo ad alzare la testa per vedere davanti a loro l’infuocato cavallo spiccare un possente balzo, librando sopra le loro teste e quelle degli altri presenti, ammutoliti e stupefatti. Il maestoso stallone atterrò proprio oltre la soglia, fuori dalla sala del trono. Il cuore di Anna piangeva, a causa della scelta che aveva preso per il bene delle persone a lei più care. Aveva deciso di scappare, lontano da tutto e tutti, per non provocare sconforto e sciagure a causa del fardello che custodiva dentro se stessa e di Surt, il demone che si annidava dormiente nella sua anima. Per lei era l’unico modo possibile per proteggere ciò che gli era a caro. Gli ultimi eventi che aveva vissuto, la scoperta del suo potere di fuoco, l’ennesimo attacco di Hans contro sua sorella, la consapevolezza che le sue emozioni poteva farle perdere il controllo dei suoi poteri. Per non parlare della minaccia del ritorno della sua rabbia indemoniata, un sentimento corrotto dalla magia oscura, qualcosa che avrebbe preso il controllo su di lei, usandola così come uno strumento per distruggere e far del male a degli innocenti. A quei pensieri, la principessa piantò allora i talloni nei fianchi del suo fiammeggiante destriero, che si lanciò al galoppo più sfrenato e solenne che si potesse immaginare, attraverso i corridoi del palazzo verso l’uscita, lasciandosi dietro di se una scia infuocata. Anna stringeva le braccia intorno al vigoroso collo della stallone. Chiudendo gli occhi, la principessa si piegò sul collo dell’infuocato cavallo, lasciando che quest’ultimo la portasse via, lontano da tutto ciò che amava, mentre lei non riusciva a smettere di versare lacrime di silente tristezza.
 
 
 
Kristoff aiutò Elsa a rialzarsi in piedi, entrambi ancora sconvolti per ciò che Anna aveva deciso di fare. Scappare da tutto e da tutti, per il solo motivo che aveva paura di se stessa e di ciò che custodiva nel suo cuore.
 
“Dobbiamo fermare Anna…!” sbottò Elsa, preoccupata e sconvolta.
 
“Non sarà difficile seguirla… il vero problema sarà raggiungerla!” replicò Kristoff, mentre aiutava la regina a riprendersi dalla caduta, indicandogli la scia di fuoco, lasciata dagli zoccoli infuocati dello stallone cavalcato dalla principessa. Il cuore di Elsa era sul punto di essere stritolato dalla disperazione e dalla paura di perdere la persona a lei più cara, che gli aveva salvato la vita, ridato coraggio in se stessa e insegnato il vero significato dell’amore. Decisa a impedire che Anna commettesse i suoi stessi errori di un tempo, Elsa s’allontanò da Kristoff, facendosi strada tra i soldati, uscì dalla sala del trono e corse seguendo il sentiero di fiamme, cercando di aggrapparsi il più possibile all’esile speranza di raggiungere Anna e fermarla, prima che fosse troppo tardi. Mentre seguiva il sentiero segnato dal fuoco, Elsa riconobbe il percorso ed ebbe un tremendo tuffo nei ricordi. Era infatti la stessa strada che egli aveva percorso, durante il giorno della sua incoronazione… il giorno in cui i suoi glaciali poteri furono rivelati all’intero popolo del regno e lei, terrorizzata, sconvolta e smarrita, aveva scelto di scappare lontano, nonostante le suppliche di sua sorella Anna di Tornare indietro. Ora la storia si ripeteva, ma al contrario. Stavolta era Anna a voler scappare, mentre Elsa la inseguiva, con il solo desiderio di consolarla, sostenerla e aiutarla. Seguendo  la strada segnata dal fuoco, Elsa si ritrovò nella piazza del castello. Le nuvole in cielo si erano fatte ancora più scure e ormai avevano soffocato ogni singolo sprazzo di sole. La regina vide che il sentiero fiammeggiante continuava e, con un nuovo tuffo nei suoi dolorosi ricordi, comprese che l’infuocato destriero stava portando Anna verso il lago. Si, proprio quel lago che lei stessa, per scappare da Anna e dal suo popolo, l’aveva congelato tramite i suoi gelidi poteri sprigionati da un semplice e leggero passo dei suoi piedi, dando inizio ad un inverno stregato che avvolse il regno di Arendelle.
 
 
 
Mentre scendeva le scale che portavano al lago vicino al castello, Elsa sentì dentro di se stessa la speranza di fermare Anna divenire più forte, sapendo che un cavallo, per di più infuocato, non avrebbe mai osato attraversare quelle acque, essendo pure profondissime. Una volta scese le scale, la regina vide la scia infuocata finire verso la riva del lago, e in quel punto… vide Anna, sempre in groppa al fiammeggiante destriero, irrequieto e solenne allo stesso tempo, con il muso che puntava verso la sponda opposta dell’ostacolo, come se nonostante tutto, fosse pronto ad attraversarlo, così come la sua cavallerizza improvvisata. Elsa pregò che quel cavallo non ardisse a fare una simile pazzia, non fino a quando teneva in groppa sua sorella.
 
“Anna!” gridò Elsa, correndo fino a fermarsi a pochi passi dal cavallo infuocato. Sentendosi chiamare, Anna si voltò verso sua sorella. Elsa si commosse quando vide che Anna stava ancora versando lacrime, sicuramente a causa di ciò che era accaduto poco fa nella sala del trono. Il viso della principessa, per quando rimanesse dolce e bellissimo, era pervaso dalla rassegnazione, dallo sconforto e dalla disperazione.
 
“Anna, ti prego di ascoltarmi… ciò che hai intenzione di fare non è la soluzione migliore… anzi, e la peggiore… è comprensibile che tu voglia scappare da ciò che ti spaventa, ma è uno sbaglio… tu lo dovresti sapere…” mentre parlava, nel tentativo di convincere Anna a non proseguire nella sua scelta di scappare via dalla capitale, Elsa sembrava sul punto di gridare, anche se cercava di mantenere la calma, e continuò dicendo:
 
“Credimi, ci sono passata anch’io in qua situazione simile alla tua… certo, non posso negare che ciò che ti è appena successo sia molto più grave… ma qui, nella capitale e al castello, ci sono persone come me, Kristoff, Olaf, Sven e molte altre, che vorrebbero aiutarti in qualche modo, se solo tu ci dessi l’occassione… se però scapperai, causerai un grande dolore nel nostri cuori… è questo quello che vuoi, Anna?” per un attimo, Anna sembrò sul punto di pentirsi sulla sua scelta, di smontare dal suo destriero infuocato e di correre ad abbracciare sua sorella, in cerca di perdono, comprensione e affetto. Poi però, come se un nuovo pensiero si fosse insidiato nel suo cuore, distolse lo sguardo dal viso di Elsa e disse, con tono furiosamente triste:
 
“Credi davvero che non ci abbia pensato? Vorrei non lasciarvi questo… dolore, ma sono costretta a farlo, non solo a causa di quello che è appena successo… quello che voglio dire è che…” le ultime parole gli morirono in bocca, come se si vergognasse di pronunciarle. Poi, con un guizzo di coraggio appena fiorito nel suo cuore, ritrovò quelle parole, perché sentiva il dovere di pronunciarle almeno a sua sorella, e riuscì finalmente a dire:
 
“… oltre al mio dono infuocato, che di è rivelato anche come un fardello… l’ennesimo attacco di Hans… la profezia di Granpapà… il fatto che non riesca a controllare questo potere a causa delle mie emozioni… la mia rabbia che si è tramutata in un demone… prendere possesso di me… sfruttandomi  per tentare di toglierti di mezzo…” Mentre Anna pronunciava quelle parole, le nubi, già scure e minacciose in tutto il cielo sopra il regno di Arendelle, si fecero ancora più nere e terribili, come se fossero sul punto di far esplodere un temporale. Anna continuò dicendo:
 
“… insomma Elsa, la verità, il vero motivo che mi spinge a dover scappare è… che non sono più sicura di aver ancora fiducia in me stessa e dei miei sentimenti… ho bisogno di stare da sola… a riflettere… il più lontano possibile da qui… mi dispiace… mi raccomando, prenditi cura di Olaf, dei bambini e di Lynae, salutameli e… quando vedi Kristoff, digli che lo amerò sempre… voglio bene a tutti voi… per questo devo compiere questa scelta… per quando dolorosa sia…” Elsa non poteva credere a ciò che le sue orecchie udivano. Era come se gli antefatti di ieri sera e quello di poco fa avessero sconvolto l’anima di sua sorella, facendo cadere nel dubbio tutto quello che aveva sempre creduto, l’amore, la speranza, i sogni, il coraggio di affrontare le proprie paure. La regina stava per replicare, quasi sul punto di perdere la calma pur di far rinsavire sua sorella, dicendogli che non sarebbe riuscita nemmeno ad allontanarsi dalla capitale attraverso il lago, per il semplice fatto che il suo destriero, essendo di fuoco, non avrebbe mai osato attraversare le profonde acque. Fu allora che Anna smontò dalla sua infuocata cavalcatura, continuando a dare di spalle a sua sorella, che era rimasta sbigottita da quel gesto, sopratutto dopo quel discorso pieno di sconforto che aveva appena udì uscire dalla bocca della persona a lei più cara. Per un attimo Elsa pensò che nel cuore di sua sorella ci fosse ancora uno scintillio di ottimismo che gli aveva fatto cambiare idea. Niente di più lontano dalla verità purtroppo. Infatti, Anna si volse verso sua sorella, sorridendo nel modo più amaro che si potesse immaginare e disse:
 
“Lo sai… mi sono ricordata che una volta, quando ero ancora bambina, prima di quell’incidente con i tuoi poteri, sognavo spesso di volare nel cielo in groppa ad un pony alato…” mentre pronunciava queste parole, quasi sul punto di ridacchiare, Anna rivolse lo sguardo verso il suo fiammeggiante destriero e gli accarezzò dolcemente il possente collo. L’infuocato cavallo ebbe un fremito improvviso e benefico, come se un nuovo fuoco esplodesse nel corpo e nello spirito, facendolo impennare in tutta la sua maestosità, e nitrendo con selvaggia solennità. Subito dopo sul suo dorso divamparono due immense fiamme dorate, che presero in pochi istanti le sembianze di un paio di ali piumate, simili a quelle di un grifone. Alla vista di quelle infuocate ali d’oro, Elsa sentì nel cuore la sua ultima certezza di fermare sua sorella che crollava in modo definitivo. Anna stava per iniziare a risalire in groppa al suo destriero infuocato, divenuto alato, quando improvvisamente udì alle sue spalle la voce di Elsa, spezzata e piena di sofferente disperazione, che diceva, quasi gridando:
 
“Anna, fermarti… se sarà necessario, non esiterò… ad usare il mio potere pur di impedirti di scappare… quindi, non costringermi a farlo…” Anna allora si voltò nuovamente verso sua sorella e la vide che teneva il braccio destro alzato, con il palmo della mano che puntava proprio verso di lei. Quella mano era avvolta da un candito bagliore, da cui prendeva forma la magia della regina delle nevi. Il volto di Elsa, meraviglioso come sempre, era però pervaso da una determinata disperazione. Era così disperata che aveva deciso di usare il suo gelido potere, pur di fermare sua sorella… anche se forse non si sarebbe mai perdonata se lo avesse fatto… a quel punto il volto di Anna cambiò improvvisamente espressione, passando dall’amara rassegnazione ad una rabbia intrisa di tristezza.
 
“No!” gridò la principessa, piangendo furiosa e puntando entrambe le mani verso il terreno davanti a se, e da esse vennero scagliate due spaventose lingue di fuoco rosso che colpirono e incendiarono la terra. Quelle fiamme crepitanti e furiose, nate dalla magia di Anna, crebbero fino ad assumere la forma di un’immensa muraglia fiammeggiante che circondò Elsa, venendo investita da un calore indicibile e privata di ogni possibile via di fuga. In quel momento il cielo sembrava imprigionato da una grigia e infinità oscurità che offuscava il sole e già si udivano all’orizzonte i tuoni di una spaventosa tempesta che si avvicinava sempre di più alla capitale. Elsa, con il proprio cuore stretto da una morsa di sgomento, disperazione e paura, non riusciva a vedere oltre il muro infuocato che la serrava intorno a lei, ma sentì la voce di Anna, carica di un frammisto di rabbia e tristezza:
 
“Possibile che tu non capisca che mi devi lasciare andare? Io non sono più una mocciosa, che deve essere sempre tenuta d’occhio e rimproverata per ogni volta che fa un pasticcio o si mette nei guai… ho bisogno di stare da sola, di capire ciò che sono veramente e cosa dovrei fare della mia vita… se tu però non accetti questa cosa, io… io… io ti odierò con tutta me stessa!” quelle parole ebbero su Elsa l’effetto di una spada che gli veniva conficcata nel cuore con inconcepibile violenza. Non riusciva, e forse non voleva, credere che Anna potesse avergli detto quell’atroce frase… carica di disperato odio che velava il suo triste sconforto poi udì lo scalpitare selvaggio e il solenne nitrire dell’infuocato destriero, lo spiegamento e lo sbattere d’immense ali. Fu allora che il muro di fuoco svanì come soffiato da un vento impetuoso ed Elsa vide che Anna e il suo fiammeggiante destriero non si trovavano più sulle rive del lago. Per terra, al centro del punto in cui la principessa si trovava qualche secondo fa, c’era soltanto la sua mantellina dal vivace magenta, deposta delicatamente, come se fosse un dono. In preda alla più triste e sconvolgente disperazione, Elsa corse verso quella veste, la raccolse e si guadò intorno, ma in nessuna direzione riusciva a scorgere sua sorella o la sua infuocata cavalcatura. Infine guardò in alto verso il cielo ed ebbe un tuffo al cuore, che gli devastò l’anima e il suo volto fu penetrato della tristezza più incontrollata. All’orizzonte, in mezzo a quel grigiore innaturale che imprigionava tutti i cieli di Arendelle, Elsa vide come una stella di fuoco, le cui sfumature variavano tra il rosso più intenso e, l’oro più luminoso, che volava via a una velocità straordinaria, verso montagne lontane e sperdute, come lei stessa aveva tempo addietro, quando ancora non sapeva controllare i suoi poteri come ora, ed era costretta a scappare, persino dall’unica persona che voleva aiutarla, sua sorella. La regina capì sconvolta che quella stella fiammeggiante e luminosa, che sfidava con ardore l’oscurità delle nubi impenetrabili, era il cavallo alato nato dal fuoco, volando altissimo sempre più lontano, portando in groppa Anna, ormai decisa a fuggire e a non guardare più indietro, per non mettere in pericolo le persone a lei più care a causa del terribile fardello che il destino gli aveva dato alla sua nascita. Elsa si sentì ormai sconfitta nell’animo e, mentre continuava a guardare il fuoco volante nel cielo che si allontanava sempre di più, cadde in ginocchio vicino alle rive del lago, stringendo tra le sue mani la mantellina color magenta, l’unica cosa che Anna aveva lasciato dietro di se. Quando la regina non riuscì più a scorgere quella figura infuocata che gli stava portando via la persona a lei più cara, se non uno scintillio che passava dal rosso all’oro e viceversa, che subito scomparve anch’esso, calò il capo verso terra e iniziò a piangere. Da prima erano tenui lacrime che gli sfioravano il viso, per poi cadere sull’indumento color magenta. Le nuvole minacciose e scure, come per schernirla, iniziarono a far cadere piccole gocce di pioggia, che inumidirono la terra sottostante. Poi elsa fu presa da sussulti di violenta disperazione e si piegò in avanti, con la testa che sprofondo nella mantellina della sua amata sorella. Il suo pianto divenne infine come un diluvio, capace di travolgere ogni cosa nello sconforto più straziante e iniziò a gridare violentemente di tristezza, capace di spezzare persino il cuore di un drago. La pioggia allora iniziò a cadere più forte e tirannicamente, come per umiliare le lacrime d’incalcolabile tristezza versate dalla regina. Un’atroce tempesta si scatenò su tutta Arendelle, sguinzagliando un feroce vento che soffiava dalla direzione opposta in cui era appena volata Anna in groppa al suo ardente destriero. La tempesta faceva scappare i cittadini della capitale, in preda al terrore, nelle loro abitazioni. Solo i fulmini, seguiti subito dopo da assordanti tuoni, illuminavano in modo inquietante le nubi che stringevano nella loro minacciosa morsa il regno di Arendelle e sembrava quasi che stessero dando assedio persino al cielo stesso. Mentre piangeva e urlava disperatamente, Elsa desiderò che tutto questo non fosse altro che un incubo, e che si sarebbe svegliata da un momento all’altro, ma più passava il tempo, più si rendeva conto che era la dura realtà purtroppo. Elsa cominciò persino a maledire se stessa per non essere riuscita ad aiutare sua sorella e di non aver adempiuto la sua promessa. Per parecchio tempo, mentre si perdeva nel pianto più disperato che avesse mai provato nel corpo e nello spirito, desiderò di essere inghiottita per sempre dalla terra sotto di essa. Nonostante i cieli si scatenasse l’indemoniato caos degli elementi, il pianto, Il dolore e la tristezza che Elsa stava provando nel suo cuore erano persino più atroci e percuotevano con forza il suo corpo e la sua anima. Quei sentimenti strazianti erano così intensi e terribili che Elsa perse improvvisamente i sensi e crollò a terra, stringendo ancora tra le sue braccia la mantellina che sua sorella gli aveva lasciato. Mentre era distesa per terra, nonostante fosse svenuta, la regina continuava miracolosamente a piangere, le cui lacrime si confondevano con le prepotenti gocce scaturite con la tempesta, ma che non potevano disperdere quelle scaturite dal cuore. Sul suo volto era impressa una tristezza tale che non esisteva niente e nessuno in questo mondo capace di descriverla.

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Capitolo 15
*** Conseguenze ***


Quell’orrenda sensazione era durata solo pochi istanti, ma per Lui era come se fosse stata un Eternità! Sembrava come se il suo cuore, duro come ghiaccio fuori e morbido come neve dentro, stesse per essere dilaniato da una tempesta plasmata da un frammisto di dolore, paura, sconforto e disperazione. A causa di quella sensazione, si era alzato di soprassalto dal trono di freddo cristallo, lanciando contemporaneamente un grido. Un ruggito così profondo e assordante da far vibrare, con il suo spaventoso eco, persino l'intero palazzo, eretto sulle montagne del nord di Arendelle. Quel grido però, per quando disumano fosse, aveva comunque qualcosa di teneramente umano, che solo le orecchie di un cuore sensibile e gentile potevano percepire. Com’era apparsa, simile a un fulmine a ciel sereno, quella sensazione carica di sofferenza atroce svanì e Lui era talmente scosso che rischiò di crollare a terra e perdere i sensi, ma riuscì a resistere. Mentre cercava di riprendersi dallo strazio che aveva avvolto il suo cuore, respirando affannosamente e facendo scaturire dalla sua enorme bocca grosse nuvolette di vapore, nella sua mente emerse il volto di una persona… di qualcuno che Lui conosceva bene e provava una sincera devozione nei suoi confronti, fin da quando era venuto al mondo… fin da quando aveva aperto gli occhi per la prima volta e ricevuto il compito di servire e proteggere quella persona… Lui provava un tenero e sincero affetto, simile a quello che si può trovare in una famiglia… Comprese allora che il dolore che aveva appena percepito apparteneva in realtà a quella persona. Quella meravigliosa persona, dalla luminosa chioma che possedeva il colore del paradiso, gli occhi come due diamanti lucentissimi, il suo corpo avvolto da un’aura di splendida regalità e ineguagliabile bellezza. La stessa persona che aveva concepito in Lui il dono più meraviglioso del mondo. La Vita! Capì in quel momento che quella persona stava soffrendo nel corpo e nell’anima, forse rischiava persino la vita. Si ricordò allora del piccolo oggetto d’argento e zaffiro posato sopra il suo colossale e bianco capo. Lo prese, stringendolo delicatamente tra le sue enormi dita cristalline, e lo guardò come se fosse una reliquia. Decise allora che doveva lasciare la dimora in cui viveva, situata sulla montagna dell'eterno inverno, e correre in aiuto di quella persona, la stessa che l’aveva fatto nascere dalla neve con la magia, e restituirgli il prezioso oggetto che stringeva con devozione tra le sue mani. S’incamminò, zoppicando a causa della ferita in battaglia sulla sua gamba sinistra, e uscì dal palazzo plasmato dal ghiaccio, anch’esso opera di quella persona, che ora stava soffrendo pene terribili.
 
 
 
L’immensa e terribile tempesta non cessava di sferzare i cieli e le terre di Arendelle, con fulmini squarcianti, venti impietosi e la pioggia che cadeva implacabile come una salva di frecce. Ciò nonostante, l’infuocato cavallo alato continuava a librarsi nei cieli, impassibile, selvaggio e solenne di fronte al furore degli elementi. Soprattutto perché il calore emanato dal fuoco che costituiva il suo corpo era così intenso che le gocce di pioggia evaporavano prima ancora di sfiorarlo. Erano già parecchie ore che lui e la sua passeggera erano in volo, in balia, ma del tutto indifferenti, delle tempestose nubi che si scatenavano intorno a loro. Anna, in groppa al suo ardente pegaso, era l’unica persona al mondo capace di sopportare quelle fiamme e il loro calore. La ragazza cingeva le braccia intorno al possente collo dello stallone, ed era piegata su di esso, in cerca di conforto almeno in quel calore sovrannaturale dalla tempesta. Non dalla tempesta caotica e titanica che si stava scatenando intorno ad essa, ma da quella, ancora più lacerante e orribile, che si trovava nel suo cuore. Stava, infatti, ripensando a tutto ciò che gli era successo e che aveva fatto finora. Teneva serrati i piangenti occhi, le cui lacrime erano l’unica cosa che non svanivano per le mistiche fiamme del suo destriero, che la stava portando via, lontano dalla capitale e dalle persone a lei care. Anna sapeva che stava fuggendo da tutto ciò che amava per proteggerlo da se stessa, dal fardello custodito nel suo cuore e da Surt, l’anatema vivente della rabbia, celato nella sua stessa anima. Il motivo più grave per cui la principessa piangeva con un’intensità quasi insopportabile era per via delle ultime parole pronunciate a sua sorella, prima di abbandonarla, apparentemente cariche di un terribile odio. Solo lei sapeva la verità, o almeno ci sperava, che l’ultima frase rivolta a Elsa fosse pieno di disperato affetto, velato da un effimero odio, per non coinvolgerla in una battaglia in cui poteva costarle caro. Possibile che lei fosse riuscita a nascondere i veri sentimenti di quelle parole proprio a sua sorella, una delle persone più importanti della sua vita?
 
“… se tu però non accetti questa cosa, io… io… io ti odierò con tutta me stessa!” quella frase non cessava di fare eco nella sua mente, con la stessa forza di un martello da maniscalco. Si malediva senza pietà di aver ferito il cuore di Elsa con tale impeto, senza che la sua ultima parola fosse addio… non era nemmeno sicura che lasciargli la mantellina sulle rive di quel lago, le cui acque erano intrise di cupi ricordi, potesse alleviare l’angoscia che gli aveva causato. Fu allora che la ragazza udì una voce vicino a lei, per di più sconosciuta. Una voce che era un frammisto tra un solenne guerriero, un suddito devoto e un profondo e premuroso affetto che gli ricordava qualcosa…
 
“Principessa, c’è forse un luogo in cui volete giungere per riposare?” Anna, Sorpresa, alzò la testa e si guardò intorno per capire da dove arrivava quella voce. C’erano soltanto se stessa, il suo destriero alato e la rombante impetuosità della tempesta intorno a loro… per un attimo pensò che, per gli antefatti che gli erano appena accaduti, stesse diventando pazza o, peggio ancora, che Surt stesse già ritornando all’attacco dai recessi della sua anima.
 
“Chi… ha parlato?” chiese nervosa. La voce gli rispose, con una tale calma autentica, solenne e cortese, che non poteva appartenere allo spettro della sua ira e non sembrava nemmeno provenire dalla sua mente:
 
“Sono stato io, Principessa. Vi ho forse spaventato? In questo caso, vi prego di perdonarmi…” la voce era simile a quella di un cavaliere senza macchia e paura, con un cuore pieno di pura e affettuosa lealtà. Finalmente, Anna compresse, con grande sbalordimento, che quella voce era uscita dalla bocca… del suo infuocato destriero!
 
“Tu… puoi parlare?” esclamò Anna, rimanendo di stucco.
 
“Se la cosa vi crea disturbo, vostra altezza, posso rimanere in silenzio.” replicò lo stallone alato, mentre continuava a muovere le sue fiammeggianti ali, La cui forza vinceva quella dei venti contrari della tempesta.
 
“No… Non mi crea nessun disturbo, anzi… solo che non sapevo che tu sapessi parlare come una persona…” gli disse la principessa, guardandolo ora curiosamente sotto una luce diversa, come se potesse diventare un amico caro e un confidente sincero. Quasi sorrise, ripensando a quando Elsa aveva creato con la magia del ghiaccio il piccolo Olaf e non sapeva di avergli donato anche la vita e la parola. La testa dell’equino si volse allora verso la sua protetta e la guardò con ardenti occhi, pieni di un indescrivibile affetto. Per un attimo, Anna vide in quegli scintillanti occhi dorati qualcosa di famigliare… lo stesso sguardo che avevano suo padre e sua madre… persino il tono di voce e l’atteggiamento del pegaso erano in parte simili a quelli dei genitori scomparsi… possibile che Anna, mentre era travolta dalla disperazione nella sala del trono, avendo usato d’istinto i suoi poteri di fuoco per fuggire dal palazzo, avesse lasciato che dal suo cuore scaturisse il desiderio di avere al suo fianco i suoi genitori, in modo che la potessero consolare e proteggere dal caos del dolore che gli stava attanagliando l’anima? Possibile che quell’innocente desiderio si fosse unito al suo disperato bisogno di fuga per proteggere le cose a lei care, facendo nascere dalle sue fiamme incantate una creatura piena di vita, con il dono della parole e il cuore che rifletteva le anime dei suoi genitori? Fu la voce da paladino del pegaso a distogliere Anna quei pensieri:
 
“Vi chiedo venia se insisto ancora, ma c’è un luogo in cui volete fermarvi, vostra altezza? Sarete sicuramente stanca del viaggio e con un tempo come questo la vostra salute potrebbe essere minata. Magari volete che vi porti verso la montagna del nord?” Anna capì che, senza rendersene conto prima di quel momento, aveva creato, grazie al suo potere e al suo cuore, un amico, pronto a proteggerla da ogni male come un imperioso e meraviglioso cavaliere. Asciugandosi gli occhi, la principessa cercò di assumere un atteggiamento più calmo e sereno possibile, anche se a fatica, e si rivolse al suo nuovo amico:
 
“Allora, tanto per cominciare, puoi iniziare a chiamarmi solo Anna e diamoci del tu! Quando all’idea di rifugiarmi verso la montagna del nord… vorrei evitarla se possibile…” Anna ricordava, infatti, che quel posto era lo stesso in cui si era rifugiata sua sorella e temeva, se ci fosse andata anche lei, di rendere il ricordo della loro recente separazione ancora più doloroso e spietato. Riflettendo, la principessa si ricordò poi, come se una saetta gli avesse attraversato la mente, che quando lei e sua sorella erano ancora bambine, la loro madre gli raccontava storie davanti al camino di sera, poco prima di andare a letto per dormire. Fiabe e leggende di Arendelle, che spesso avevano un fondo di verità. Fu in una di quelle sere che la regina raccontò alle due sorelle la leggenda di un monte straordinario, che si trovava in una zona persino più remota della montagna del nord, conosciuto come il Cuore di Fuoco… un luogo che celava dentro di se in segreto incredibile.
 
“si… credo che sia il luogo più adatto… per una persona come me…” esclamò sussurrando, con aria dolcemente rasserenata. Con il suo udito fine, l’infuocato pegaso aveva sentito quelle parole e chiese, con tutta la straordinaria gentilezza che batteva nel suo fiammeggiante cuore, seguendo l’ordine di essere meno formale:
 
“Hai forse deciso quale sarà la nostra destinazione?” Anna gli rispose, cercando di abbozzare un tenue sorriso:
 
“Penso di si… portarmi ai piedi del monte, conosciuto come Cuore di Fuoco, per favore!”
 
“Sarà fatto!” replicò lo stallone alato. Per fortuna Anna si era talmente interessata alla storia di quel monte, che sua madre gli aveva fatto vedere, attraverso le mappe della biblioteca, la possibile ubicazione del luogo leggendario in questione. In questo modo, la principessa guidò il suo nuovo amico verso la loro destinazione. Improvvisamente alla ragazza venne in mente un'altra cosa che non si era ancora resa conto prima di allora:
 
“Ora che ci penso, visto che ora siamo amici, sarà bene che ti dia anche un nome! Non posso certo chiamarti cavallo, destriero o ronzino…” la ragazza rise allegra, ritrovando per un attimo la letizia e la spensieratezza perdute a causa degli eventi sul risveglio dei suoi poteri. Il destriero nitrì briosamente, come per unirsi a quella dolce risata da ragazza spensierata.
 
“Allora… credo che ti chiamerò…” parlò Anna, spremendo intensamente le meningi, facendo una smorfia pensierosa così comica che, se ci fosse stata Elsa, si sarebbe messa a ridere. Poi, con un autentico lampo di genio, Anna esclamò trionfante:
 
“Ecco, ci sono! D’ora in poi, tu sarai… Byrgir! Che cosa ne pensi?” Byrgir, questo era ora il nome del pegaso dal manto fiammeggiante, rispose con sincera gratitudine:
 
“Ti ringrazio, Anna… è un nome che mi piace molto… e sappi… che qualunque luogo noi andremo, per me sarà come l’Eden… vicino a te…” Anna sorrise di nuovo e accarezzò teneramente le fiamme del collo di Byrgir.
 
“Ora andiamo, per favore…” disse poi la ragazza, con l’aria nuovamente rassegnata, ma più serena di prima. Byrgir replicò, con una solennità toccante, sbattendo con più vigore le sue ali dorate contro i venti della tempesta odiosa:
 
 “Farò il mio dovere… per te, principessa, e per l’onore…” non sapeva come, ma Anna compresse che avrebbe sentito spesso Byrgir pronunciare quella frase, e la cosa non gli dispiaceva in fondo.
 
 
 
Non appena iniziò a camminare verso il ponte di gelido cristallo, costruito per incanto sopra il crepaccio, Lui notò che il cielo era avvolto da minacciose nubi, le più scure e terribili che avesse mai visto, come se si volessero impossessare di tutta Arendelle. In quel momento, Lui non diete troppa importanza alla cosa, poiché aveva una missione da portare a termine. Nessuna forza del cielo e della terra lo avrebbe mai fermato e il suo cuore era più risoluto che mai ad andare in soccorso di quella persona, la stessa che gli aveva donato la vita, facendolo nascere dalla neve e il ghiaccio. Mentre attraversava il ponte cangiante, percepiva in quel momento quella persona ora stava un po’ meglio dopo quell’orribile sensazione di poco fa, ma sentiva anche che essa era comunque avvolta da una sofferente preoccupazione. Fino a quel momento, il legame tra lui e quella persona non era mai stato così forte, si limitava come un effimero eco ma eventi terribili e straordinari avevano cambiato le cose, forse in modo violento e permanente. Perciò Lui procedeva a passo costante e sostenuto, nonostante la gamba sinistra zoppicante, e stringeva riverente nella sua enorme e gelida mano la preziosa reliquia d’argento e zaffiro. Dopo il ponte, iniziò a discendere dalla montagna con i suoi enormi piedi che sprofondavano nella neve ad ogni passo. Mentre procedeva verso il basso, con l’andatura di un’eremita raminga. Il cielo era ormai imprigionato da un manto plumbeo che sembrava senza fine e rendeva più scuro ogni cosa che si trovava sulla terra. Persino il bianco delle nevi perenni sembrava aver assunto il colore di un grigio spento. Lui errava comunque, senza avere mappe, bussole o punti di riferimento che potessero guidarlo, ma non ne aveva per niente bisogno. Il legame speciale che possedeva con quella persona, amandola e ammirandola come se lei fosse una specie di madre, era il solo faro in grado di condurlo alla sua destinazione, come la stella polare conduce i marinari verso coste sicure. Dopo aver già fatto un buon pezzo di strada iniziale verso il basso, Lui percepì, tramite il legame speciale con quella persona, che le sensazioni di quest’ultima stavano subendo un nuovo cambiamento, più lento e angosciante di quello precedente, proprio nel momento stesso in cui le mostruose nubi avevano ormai incatenato i cieli e i fulmini avevano iniziato a illuminarli inquietantemente, ruggendo come belve feroci. Era come se l’anima di quella persona fosse lentamente trafitta da un arpione. Un'arma forgiata nella tristezza più orribile e dallo sconforto più impietoso che si potesse mai immaginare. Mentre un’incessante e brutale pioggia iniziò a precipitare dalle diaboliche nubi, Lui sentì quella persona stritolata dalla disperazione più assoluta, qualcosa che non si può riuscire a descriverla completamente. Poi, improvvisamente, sentì il più totale e massacrante silenzio, come se quella persona avesse perso i sensi a causa di quella nuova e indefinibile sensazione che gli stritolava il cuore. Percepiva solo il fievole tepore della sua vita, ridotta a un guizzo di fiamma. Nonostante le gocce lo colpissero ripetutamente e incessantemente come frecce, Lui non arrestava la sua marcia, con rinnovato desiderio di andare incontro a quella persona, per soccorrerla e proteggerla da qualunque forza crudele la stesse attaccando, anche a costo di camminare zoppicando sulla terra per sempre, assalito dalla furia delle nubi che imprigionavano i cieli e percuotevano le terre di Arendelle.
 
 
 
“Uhm… il piano non si è concluso esattamente come avevo prestabilito, ma ciò che vedo è comunque un risultato appagante e deliziosamente crudele!” parlò, con voce disumanamente soddisfatta, l’Oscuro Signore, attraverso lo specchio nero ricoperto da aberranti globi oculari purpurei. Hans, che era da poco ritornato nel cavernoso santuario attraverso il vorticoso varco oscuro, stava in ginocchio davanti al suo padrone, e sulle sue labbra si manifestò un sorriso servile e meschino. Tra Miðgarðsormr e il suo condottiero delle ombre c’era una grossa sfera di materiale indefinito e cangiante, sospeso a mezz’aria, che fino a quel momento aveva mostrato magicamente sulla sua superfice lo svolgersi del terribile piano ai danni delle due sorelle. Il malefico insetto che pungeva il collo di Anna, trasformando la sua rabbia in un demone possessore. Lo scontro tre le due sorelle. La furia degli elementi che si scatenava nella sala del trono. La decisione di Anna di fuggire dalla capitale per proteggere ciò che amava da se stessa. La regina delle nevi che crollava accasciata sulle rive del lago per la spaventosa tristezza che si era abbattuta su di lei più della tempesta nei cieli. Infine Anna che fuggiva disperatamente rassegnata in groppa al pegaso sfavillante che aveva creato con il suo potere.
 
“Avrei preferito che loro due si annientassero a vicenda dai loro stessi poteri, ma vederle entrambe straziate dal dolore e dai loro sensi di colpa…  è ancora più malignamente squisito e non ha prezzo…” nell’oscura voce di Miðgarðsormr c’era una perversa soddisfazione mentre guardava nella sua sfera onnisciente la sovrana di Arendelle colpita dallo spasimo di disperazione e sua sorella, con il cuore in tumulto, che scappava lontano da tutto ciò che aveva sempre amato.
 
“Sono assolutamente d’accordo con voi, mio signore… quelle due ragazze ora sono divise e la loro volontà si è molto indebolita e lo è sempre di più ogni minuto che passa! Annientarle al momento giusto sarà come sorseggiare un bicchiere di vino… anche se sono molto tentato di lasciarle schiacciare dal peso della loro disperazione, tristezza, paura e rassegnazione!” disse Hans, ammirando con disgustosa fierezza e aberrante soddisfazione l’opera che aveva compiuto sulle sue nemiche. Per un attimo, sia il perfido principe sia il suo padrone si misero a ridere all’unisono in maniera orrenda, spregevole e superba, che quasi non si riusciva a distinguere la differenza della voce dell’uno e dell’altro. Improvvisamente però la risata dell’oscura entità tacque in maniera insolita. Hans se ne accorse e guardò sorpreso verso lo specchio stregato, notando qualcosa che finora non aveva mai visto nei macabri occhi del suo padrone. I purpurei e molteplici sguardi di Miðgarðsormr osservavano orala sfera cangiante in maniera diversa da prima. Si poteva persino osare dire con insolita nervosismo e preoccupazione. Sulla superfice incantata del globo si poteva vedere la principessa, che a cavallo del suo pegaso infuocato, volava verso luoghi remoti di Arendelle che non aveva mai visto. In quell’istante, l’oscuro sovrano delle ombre riconobbe la direzione che aveva preso la ragazza e comprese quale poteva essere la sua destinazione finale.
 
“Quei luoghi… non è possibile…” persino nella sua malevola voce c’era qualcosa d’insolito, che faceva persino pensare che fosse preso dalla… paura.
 
“C’è forse qualcosa che non va, mio signore?”domandò Hans, mentre si rialzava in piedi. Lo sguardo multiplo e purpureo di Miðgarðsormr fu distorto dalla sfera verso il suo braccio destro e rispose, inizialmente con un’infernale flemma e compostezza soprannaturale da far venire dei brividi mortali:
 
“Oh… niente di particolarmente importante, mio caro Hans…” poi, improvvisamente, da dietro il principe, spunto dal terreno un lungo tentacolo tenebroso e viscido, come se fosse fatto di pece. Come un serpente, il tentacolo si avvolse in modo fulmineo il malcapitato Hans e, alzandolo da terra, gli fece sbattere la faccia contro la superfice della sfera mistica, dura come marmo, e l’oscuro signore riprese, esplodendo in una rabbia infernale e terrificante:
 
“… a parte il fatto che quella stupida umana ha deciso di intralciare i miei piani, senza nemmeno rendersene conto per giunta!” Il nero tentacolo serpentino allontanò la faccia dolente di Hans dalla sfera e lo lanciò, facendolo sbattere con la schiera contro una delle contorte colonne purpuree che sostenevano il blasfemo santuario, ricadendo poi disteso a terra, con il corpo che era un dolore fitto.
 
“Non capisco padrone… cosa volete dire?” disse, tossendo debolmente, Hans, mentre si rialzava da terra faticosamente e dolorante. La voce di Miðgarðsormr divenne allora ancora più furiosamente assordante, facendo vibrare la caverna posta sulle nere montagne.
 
“Quella dannata umana, Anna, che la notte la inghiotti per l’eternità, si sta rifugiando verso una delle montagne più remote e leggendarie di Arendelle, il Cuore di Fuoco!” Hans, appoggiando una mano a una colona per reggersi in piedi, chiese con perplessità:
 
“Che importanza ha che la principessa abbia deciso di fare l’eremita su quella montagna?” Miðgarðsormr sembrò indignato da quella domanda e urlò con tutto il furore che esplodeva dalla sua tenebrosa anima, se mai ne avesse una, rischiando di annientare in mille pezzi lo specchio nero per le atroci vibrazioni.
 
“Possibile che tu non abbia ancora capito la situazione? Ai piedi del Cuore di Fuoco si trova il luogo in cui gli antichi maghi mi hanno gettato nell’oscura prigione del limbo in cui ora mi trovo! Lo stesso luogo in cui, con l’eclissi lunare, dovrai attuare il rituale con il quale io sarò finalmente libero. Perciò, sai a cosa porterà il gesto di quella dannata ragazzina?” Hans guardò sconvolto gli occhi del suo padrone, che sembravano sul punto di trasformarsi in palle di fuoco.
 
“Se la Regina Elsa dovesse trovare la forza di reagire, scoprire dove si trovi adesso sua sorella e decidere si cercarla proprio in quel luogo, potrebbe ricongiungersi e, insieme, ostacolare e persino arrestare la mia ascesa alla libertà e al dominio del mondo!” poi, con un nuovo fervore ancora più disumano, crudele e assordante, da superare le tempeste che in quel momento si abbattevano su Arendelle, Miðgarðsormr urlò in modo collericamente inaudito, come se fosse un drago indemoniato:
 
“Alle armi! Alle armi! Le bestie oscure… i mietitori infernali… le abominazioni innominabili… la prima, la seconda, la terza legione d’ombra… insomma, tutti quanti, partire immediatamente! Stritolare! Devastare! Annientare! A costo di spaccare a metà questo mondo, dovete distruggere quelle due sciagurate umane!”
 
 
 
Era una vasta e sconfinata foresta in rovina, priva di vita, sommersa da una nebbia che celava il cielo, ma mostrando distintamente i lineamenti della sua desolazione. Il terreno era secco, spoglio, nero come pece, pieno di crepe dalle quali emergeva un inquietante chiarore, simile a braci ardenti. Gli alberi, anch’essi neri, s’innalzavano imponenti verso l’alto, quasi scomparendo nella nebbia. Dalle cime di quei giganti morti, invece delle foglie, cadevano ceneri grigie e fumanti. L’aria era impregnata da un malefico miasma, simile a legno carbonizzato, che si mischiava con la spettrale foschia. Era come se quel luogo fosse il fantasma deformato della natura. Elsa vagava disorientata, atterrita e disperata in quelle terre annientate da forze nefaste, senza riuscire a ricordare come e perché si trovava in un posto simile. Improvvisamente udì dietro di se il pianto di una bambina, che le sembrava famigliare e remoto allo stesso tempo. Si volse in direzione di quel pianto infantile e fu allora che, a qualche decina di metri dal punto in cui si trovava e nonostante la nebbia, intravide una radura molto estesa, invasa da enormi massi, sparsi casualmente, che sembravano spuntare dalle crepe brucianti, ed erano appuntiti come zanne, simili a empi megaliti. Elsa corse corso quella radura, sentiva dentro di se che doveva farlo e, quando ne ebbe superato il confine, si fermò di colpo. Al centro di quel luogo circondato dalla funestata foresta, la giovane regina vide una piccola figura e, per qualche ignoto motivo, provò un tuffo al cuore e verso lacrime di una tristezza insondabile. Comprese che il pianto che aveva udito e che l’aveva attirata in quella radura, simile a un cimitero, apparteneva proprio a quella piccola creatura indifesa. Era una bambina. Una bimba in lacrime. Indossava degli abiti dalle varie tonalità di verde, semplici e carini, sporcati però dalla cenere, così come i capelli ambrati e la pelle di un rosa delicato. La bimba era in ginocchio, in lacrime e singhiozzava impaurita, strofinando gli occhi con le sue tenere manine, mentre le lacrime gli rigavano le sue delicate guance. Elsa, dopo un lungo attimo di esitazione, gli sembrò di riconoscere in quella bambina qualcosa… o qualcuno di famigliare e si avvicinò a lei con passo tremante. Ogni passo che faceva verso quella piccola figura, gli batteva il cuore in modo furioso, il respiro si faceva ansimante e percepiva un tremendo peso nell’anima. Quando ormai si trovò ad un passo da quella bambina, Elsa si fermò, s’inginocchiò e allungò la mano verso di lei e sospirò esitante:
 
“Anna?” fu allora che accade! Un’esplosione di fuoco rosso dal tremendo boato, scaturito dal nulla, avvolse la piccola bambina, facendo sbalzare Elsa all’indietro fino a farla atterrare distesa sopra il confine tra la radura dei megaliti e la foresta oscura. Elsa si rialzò in piedi tossendo, dolorante in corpo, e vide che il fuoco che si era scatenato come una tempesta si era trasformata in una spaventosa sfera incandescente, rinchiudendo al suo interno la bimba piangente.
 
“Anna!” Gridò disperata Elsa, ma prima che potesse andare in soccorso della bimba, usando il suo potere di ghiaccio per domare quel caos di fuoco, sentì una risata così diabolicamente assordante e disumanamente crudele da paralizzarla letteralmente dalla paura, facendo persino tremare selvaggiamente la radura e la foresta confinante. Elsa non riusciva più a muoversi, a parlare, persino i suoi glaciali poteri erano stati pietrificati, riusciva a malapena a pensare. Sulla superfice del caotico globo, vermiglio e fiammeggiante, si aprirono due occhi immensi, neri come l’abisso e, sotto di essi, delle fauci raccapriccianti con enormi zanne si spalancarono come le porte dell’inferno. La voce orrenda, che aveva scosso la nera terra dalle fondamenta e aveva imprigionato la regina delle nevi con catene di terrore, ruggì contro quest’ultima trionfante e rabbiosa:
 
“Anna ora appartiene solo a me e tu non potrai più salvarla! Mai più!” La voce malvagia e distorta di Surt. Dalle fauci spalancate di quell’essere immondo guizzò una lunga, possente e orribile lingua biforcuta di fuoco che, come una frusta che schiocca, colpì spietatamente il terreno vicino a dove si trovava Elsa, incapace di reagire a quell’immane perfidia. La terra iniziò a tremare ancora più forte e una voragine abominevole senza fine e scura come la notte si aprì sotto i piedi della regina. Elsa, che non poteva nemmeno gridare, assieme ai frammenti di terra sgretolati, crollarono entrambi in quell’abisso insaziabile, senza avere più speranza. Fu allora che la giovane sovrana si svegliò!
 
 
 
Aprì gli occhi. La foresta nera, la radura dei megaliti, la bambina in lacrime, il mostro di fuoco, l’abisso senza fine… Era stato solo un brutto sogno. L’incubo più orribile e vivido che avesse mai fatto in vita sua. Il sudore sulla sua fronte divenne pian piano gelido come un trapassato. Sentiva di essere distesa su qualcosa di soffice, mentre guardava intorno a se per capire dove si trovasse veramente. L’ambiente intorno a lei era illuminato da dei magnifici candelabri dorati appesi delle pareti. Finalmente riconobbe la sua stanza e capì di essere distesa sul letto a baldacchino. Le tende dall’intenso viola scuro delle finestre erano scostate e si vedeva, attraverso i vetri, il diluvio che imperversava per il regno e le nuvole scure che soffocavano ogni guizzo di luce che veniva dal cielo imprigionato. Allora si accorse anche che c’erano delle persone intorno al suo letto, che la guardavano con sincera e grave ansia. A poco a poco, Elsa riconobbe nel chiarore delle candele i volti dei ministri, della governante Grace e di Kristoff…
 
“Guardate, si è ripresa!” esclamò uno dei ministri, cercando di tenere calmo il tono della sua voce.
 
“Signori, non facciamola agitare! Lasciatela respirare, per l’amor del cielo!” intimò solerte e severa la governante, facendo segno agli altri presenti di allagarsi di un poco.
 
“Vostra altezza, come vi sentite?” Disse la donna, quasi sussurrando, rivolgendosi dolcemente alla giovane regina, prendendogli delicatamente il polso del braccio destro. Elsa, aiutata dalla governante, si mise seduta sul letto, si guardò intorno, come se cercasse qualcosa o qualcuno, anche se non sapeva perché e cosa stesse veramente cercando, e poi disse, con una voce molto affaticata, come se fino adesso avesse urlato:
 
“Mi… sento solo… un po’ frastornata…” avrebbe anche voluto dire che stava bene, ma sentiva in cuor suo, per qualche ragione ancora ignota, che sarebbe stata una bugia bella e buona. Poi chiese rivolta ai presenti intorno a se, cercando di riordinare le idee un po’ annebbiate:
 
“Mi è forse… successo qualcosa? Non riesco a… ricordare… è confuso” Fu allora che Elsa notò gli sguardi di tutti i presenti, che erano lentamente divenuti più tristi, come se fossero ambasciatori di atroci notizie, e chi era pervaso da tristezza fusa in una cupa e sorda rabbia, era il biondo montanaro, che era accanto alla governante. Fu proprio quest’ultima, anche se gli doleva l’animo nel doverlo fare, a spiegare alla giovane sovrana come stavano le cose:
 
“Regina Elsa, quando vi abbiamo ritrovato, eravate distesa sulle rive del lago, priva di sensi, e stringevate tra le braccia questo…” La donna mostrò allora alla sovrana l’oggetto, che fino a quel momento lo aveva tenuto in un cesto di vimine per terra accanto a se. Una mantellina, dall’intenso color magenta, completamente umido, come se l’avessero ripescata dalle profondità di un oceano. Quell’artefatto ebbe si Elsa l’effetto di un tuono che annientò di colpo le nebbie che offuscavano i suoi ricordi… uno in particolare… Anna che se ne andava via in groppa al pegaso fiammeggiante… lasciandosi dietro solo la mantellina e una frase carica di odio… Elsa non riusciva a crederci… non voleva farlo! Lentamente, mentre prendeva inevitabilmente atto di ciò che era purtroppo successo prima di perdere i sensi, i suoi occhi si fecero lucidi come se fossero di vetro e lacrime di silente e straziante disperazione rigarono il suo bel viso, già segnato dal violento pianto dopo aver visto sua sorella, senza mai voltarsi una sola volta, allontanarsi da lei. Un fulmine, attraverso i vetri delle finestre, illuminò la stanza, superando la luce delle candele. Subito dopo il tuono che ne seguì ruggì con ferocia. Nessuno dei presenti però ci fece caso, essendo fin troppo avvolti da un invisibile alone di tremenda mestizia per sussultare a causa di un tuono, per quanto fragoroso fosse. La sovrana, mentre asciugava il viso dalle lacrime con la mano sinistra, percepì gli sguardi insistenti dei ministri su di lei, come se in attesa di qualcosa d’importante e impellente che solo lei poteva dare. Uno di loro, facendosi avanti vicino alla governante, iniziò rivolgendosi alla regina, cercando di assumere un atteggiamento più gentile, calmo e solenne che poteva:
 
“Maestà, mi spiace doverne parlare, ma a causa di alcune voci che io e gli altri ministri abbiamo udito dalle guardie del palazzo, abbiamo saputo di fatti… inusitati su vostra sorella e della sua fuga… alla luce di questi eventi, voi ci potete dire qualcosa di più al riguardo?” fu allora che Kristoff, assumendo l’aria di un toro pronto a caricare, si rivolse al ministro che aveva parlato fino adesso:
 
“Vi sembra il caso di parlare di queste cose alla regina, nelle sue attuali condizioni?” Elsa, però, intervene, ritrovando l’atteggiamento di calma regale e risoluta, nonostante fosse affaticata:
 
“Kristoff, ti prego, calmati…”
 
“Regina Elsa, io cercavo solo…” Cercò di replicare il biondino, ma lo sguardo della regina, severo e imperscrutabile, per quanto fosse anche pieno di comprensione per il giovane, nonostante gli occhi fossero ancora inumiditi dalle lacrime, lo fece desistere, che abbassò il capo. Elsa comprendeva che Kristoff aveva solo cercato di proteggere sia lei sia sua sorella dalle maldicenze che potevano nascere se la verità su ciò che era realmente avvenuto nella sala del trono fosse venuta a galla, per non parlare della storia riguardo agli eventi della notte in cui ritornò Hans, il principe traditore, ma ormai il danno era fatto… poi fece un profondo respiro e si rivolse ai ministri, cercando di assumere l’atteggiamento di una vera sovrana:
 
“Ministri, prima di dover rispondervi e rivelare la verità, ditemi se queste voci di cui parlate sono già di dominio del popolo…” Dopo un attimo di silenzio, fu un altro ministro a rispondere:
 
“Vostra altezza, anche se questi fatti sono accaduti da poco, la storia di ciò che è successo nella sala del trono e sulle rive del lago si è già sparsa per la capitale, e presto raggiungerà i villaggi vicini, poi quelli lontani e potrebbe darsi che… raggiunga, e persino superare, i confini del regno. Ancora non sappiamo come stia reagendo la gente riguardo a queste voci, anche se già si teme il peggio…” Elsa abbassò leggermente lo sguardo, con un lieve sorriso amaro sulla bocca. Capì che non aveva più senso nascondere la verità e disse:
 
“Se le cose stanno così, signori, allora vi racconterò la verità su tutte questa… storia, a condizione che lo sappia anche il popolo di Arendelle la conosca e che sia libero di giudicarla come meglio potrà credere…” Kristoff capì che ora la regina avrebbe veramente raccontato ai ministri la verità su Anna, guardando semplicemente il suo viso, e comprese che in fondo era la cosa giusta da fare, vista la piega che aveva preso la situazione. Il ragazzo temeva solo che di come avrebbe reagito la gente di Arendelle se avesse saputo che la principessa Anna possedeva anche lei poteri magici, riguardanti il fuoco, e che ora era come prigioniera di un demone di rabbia che l’aveva trasformata in un pericolo vivente a chi gli stava vicino. Elsa non si risparmiò e raccontò ai ministri e anche alla povera Grace, sempre più sorpresi e sconvolti, tutto ciò che era veramente successo da quando lei aveva scoperto che sua sorella possedeva la magia del fuoco. L’attacco di Hans durante quella fatidica notte. Il potere di Anna che si era risvegliato in tutta la sua feroce potenza. Il tentativo di Anna, annebbiata da una rabbia innaturale scaturita dal suo stesso fuoco magico, di togliere la vita al principe Hans. Il racconto del decano dei troll, la profezia, l’incantesimo nero che ha tramutato la rabbia della principessa in un demone possessore. Lo scontro nella sala del trono e infine la fuga di Anna per proteggere Arendelle dal suo stesso fardello, apparentemente incontrollabile…
 
“… e questo è tutto, signori. Mia sorella ha scelto l’esilio volontario per non mettere in pericolo il nostro regno, ma solo perché è spaventata, disperata e desidera solo il nostro bene… il peso di questi eventi l’ha travolta in modo spietato…” finì di raccontare Elsa, abbassando il capo verso terra. Grace avrebbe voluto dire parole di conforto per la sua regina, ma non sapeva cosa dire in una situazione come quella e si sentiva quasi inutile. I ministri si guardarono tra loro dubbiosi e sconcertati, poi uno si rivolse alla regina, con grande umiltà e rispetto:
 
“Vostra altezza, perdonatemi l’ardire, ma siete sicura di volere che il popolo sia messo a corrente di questa storia? Le conseguenze di ciò che si venisse a sapere potrebbero essere imprevedibili e, con molta probabilità, addirittura deleterie per il vostro buon nome e quello di vostra sorella…”  La giovane sovrana alzò allora la mano per zittire solennemente quel ministro e parlò, mantenendo con grazia il suo contegno da regina, nonostante la silente e terribile tristezza che stringeva il suo animo:
 
“Una volta temevo che se si fosse venuto a sapere del mio potere, sarei stata marchiata come mostro, strega o demone. Per questo mio padre mi diceva e m’insegnava a celare e domare questo mio terribile dono nel segreto e di non parlane con nessuno, nemmeno a mia sorella, dopo l’incidente accaduto quando eravamo bambine, il cui ricordo gli era stato rimosso tramite la magia dei troll. Da quel momento sono sempre stata distaccata, distante, riservata e indifferente, persino alle richieste di mia sorella di varcare la porta della mia stanza e parlare dei miei problemi e i motivi che mi costringevano a comportarmi in quel modo con lei e con tutti. Quante volte avrei voluto farla entrare da quella porta, confidarmi con lei, rivelargli la verità, chiedergli perdono per tutto e ritrovare il nostro legame di sorelle, ma ormai temevo che esso fosse perduto per sempre e non sarebbe stato mai più ritrovato, nemmeno quando la nave su cui i nostri genitori erano imbarcati scomparve nei mari in tempesta…” Nessuno dei presenti poté evitare di rimanere in silenzio per almeno un minuto in onore dei due sovrani scomparsi, altrimenti sarebbe stato come commettere un crimine per loro… alla fine di quel devoto silenzio in onore dei suoi genitori, Elsa riprese, cercando di mantenere il contegno di prima, nonostante le stilettate di tristezza che assalivano senza pietà il suo cuore:
 
“Davvero, avrei voluto dire tutto a mia sorella, ogni volta che lei me lo chiedeva, ma il timore verso il mio potere e di ciò che sarebbe successo se si fosse venuto a sapere di esso era troppo forte… per questo sono stata costretta a… chiudere la porta in faccia e mia sorella e al mio popolo, sempre e comunque… almeno fino al giorno dell’incoronazione, durante quella fatidica sera, in cui Anna, senza saperlo, mi costrinse a rivelare il mio segreto e… il resto della storia già la conoscete…” Elsa fece un attimo di pausa e poi riprese:
 
“Fu però proprio mia sorella che, intraprendendo un viaggio terribile verso le montagne assieme al qui presente Kristoff, mi salvò dalla lama del traditore Hans e dalle mie paure e insicurezze, grazie soprattutto al suo gesto di vero amore, aiutandomi così a liberare il nostro regno dall’inverno fatato che io avevo involontariamente scatenato… ora è a trovarsi nella mia stessa situazione e l’unica cosa che possiamo fare per lei, è aiutarla… per questo vi chiedo di raccontare al popolo la verità, perché una sovrana deve meritarsi la fiducia della sua gente e so che è loro diritto sapere come sono andati realmente i fatti, perché so che vogliono bene a mia sorella quanto me e sono sicura della loro comprensione e del loro buon cuore…” I ministri si guardarono a vicenda e sembravano essere d’accordo con il discorso fatto dalla loro sovrana.
 
“Parole sante, regina Elsa! Ora però questi signori devono lasciare subito questa stanza per permettervi di riposare, perché si vede bene che siete ancora scossa per quello che è successo!” disse la governante, spingendo i ministri e il montanaro verso la porta che portava fuori dalla stanza.
 
“Vorrei che rimanesse almeno Kristoff, per favore!” esclamò calma Elsa, nonostante la mestizia che cercava di schiacciargli il cuore. Grace replicò seccamente:
 
“Se il signorino qui è d’accordo…” Kristoff rispose che sarebbe rimasto a vegliare la sovrana finche quest’ultima lo desiderasse. Allora la governante si avvicinò al ragazzo, lo squadrò da capo a piedi con severi occhi d’aquila, come per dire:
 
“Ti tengo d’occhio, giovanotto!” O addirittura:
 
“Se succede qualcosa alla regina, dovrai rispondere a me di questo!” Kristoff sudò freddo e inghiottì a vuoto per gli occhi decisi e severi della governante. I ministri, conviti dalla regina a raccontare alla gente tutta la verità, uscirono dalla stanza con aria, almeno in parte, rassicurata. Grace, una volta fuori nel corridoio, stava per chiudere la porta alle sue spalle, quando improvvisamente un adorabile batuffolo di pelo color panna chiara schizzò come una saetta nella stanza e, con un eccezionale e grazioso balzo per la sua tenera età, salì sulle coperte del letto a baldacchino, si accoccolò proprio vicino a Elsa, guardandola con due piccoli e affettuosi occhi turchesi, facendo fusa capaci persino di conquistato il cuore di un orco.
 
“Oh, Lynae!” Esclamò sorpresa Elsa, sorridendo alla nuova piccola venuta, accarezzandogli il pelo soffice e godendo le sue adorabili fusa. Proprio quando la porta era stata chiusa da appena pochi secondi, si sentì un leggero bussare provenire da essa, come se fuori in corridoio ci fosse un nano. Elsa sorrise, riconoscendo quel modo di bussare, e chiese a Kristoff di aprire la porta e di far entrare il nuovo arrivato. Una volta che il giovane montanaro ebbe aperto la porta, il piccolo pupazzo di neve ne varcò la soglia, dirigendosi spedito verso il letto su cui stavano Elsa e la piccola micia.
 
“Allora, come sta la nostra regina? Scommetto che non vede l’ora di ricevere tanti caldi abbracci dal sottoscritto!” Disse apparentemente allegro Olaf, anche se si sentiva nella sua voce una sincera apprensione nei confronti della regina. Il bianco omino salì sul letto, proprio davanti ad Elsa, aprì le sue braccia legnose e, con euforia dolcissima, gli disse:
 
“Dai, un bell’abbraccio è quello che ci vuole per ritrovare il sorriso...” Prima che il pupazzo incantato potesse continuare, la regina lo abbracciò senza esitare, portandolo a se, sentendo il bisogno di un po’ d’affetto per riprendersi dalla terribile esperienza di poco fa… Olaf, diventando un poco più serio, comprese lo stato d’animo della regina delle nevi, soprattutto quando vide grosse lacrime scendere dai suoi stupendi occhi azzurri. Il pupazzo di neve ricambiò con affetto l’abbraccio della sua amica e, con un lembo delle coperte del letto, cercò di asciugare le lacrime di Elsa.
 
“Avanti, fammi un bel sorriso al tuo piccolo Olaf!” Incitò il pupazzo, guardando Elsa, con il volto impregnato di amarezza, che si sforzava, e con pochi risultati, di risollevarsi e sorridere. Allora Olaf esclamò, fingendosi minaccioso:
 
“Altrimenti sarò costretto a fare questo!” e tirò fuori una lunga e soffice piuma bianca, chissà dove e com’era riuscito a trovarla, e con esso iniziò a stuzzicare il collo della sovrana. Elsa fu presa allora da un irrefrenabile e intenso solletico e si accasciò tra le coperte e i cuscini  del letto ridendo, mentre Olaf continuava a stuzzicargli il collo con la piuma e Lynae correva per il letto, miagolando euforica, cercando il afferrare giocosamente quel piccolo strumento di tortura.
 
“Basta, Olaf! Così non vale!” rideva Elsa, proprio come una bambina. Se Anna si fosse trovata davanti a quella scena… Olaf Allora smise per un attimo di torturare la sua vittima e disse a quest’ultima, cercando di assumere un tono solenne, nonostante la ridarella che cercava inutilmente di soffocare:
 
“Smetterò di farlo solo se ora prometti solennemente di non lasciarti abbattere dalla tristezza, di tirarti su di morale e di non pensare che Anna sia persa per sempre! Lo sai che la speranza è l’ultima a cadere…” Elsa si sedette allora sulle coperte e guardò, con il viso più rasserenato e commosso, il suo piccolo amico di neve, abbracciandolo nuovamente.
 
“Grazie, piccolino… hai ragione, se vogliamo ritrovare la nostra Anna, non possiamo perderci d’animo, nonostante tutto…” Olaf ricambiò l’ennesimo abbraccio, felice di essere riuscito a dare almeno un po’ di sollievo alla sua dolce regina delle nevi. Fu allora che si sentì un colpo risuonare nella stanza, come un pugno che colpiva una spessa superfice di legno. Elsa, Olaf e persino Lynae guardarono sorpresi e perplessi nella direzione dalla quale proveniva quel rumore. Era stato Kristoff, che aveva piantato con violenza un pugno contro l’armadio degli abiti della regina, rischiando quasi di scheggiarla.
 
“Secondo te devo fare il solletico anche a lui?” bisbigliò Olaf alla regina. Il montanaro era chiaramente preso da un impeto di rabbia che faticava a reprimere, con una smorfia sul volto in cui si mescolavano furia, tristezza e dolore, gli occhi serrati dai quali scendevano grosse lacrime amare. Fuori dalla finestra, molti fulmini continuavano a illuminare i cieli in tempesta, seguiti subito dopo da violenti tuoni, il cui suono era tale che sembrasse fossero capaci di sgretolare anche la pietra più dura.
 
“È tutta colpa di Hans! Perché non ci lascia in pace? Che gusto di prova a provocare tutto questo dolore e questa disperazione? È a causa sua se Anna è scappata via…” Kristoff aprì gli occhi ed Elsa vide in essi l’aura di un tumulto di rabbia e dolore, ma anche lo scintillio di un cuore buono, onesto e gentile che era stato crudelmente ferito, non dalla disperata decisione di Anna di fuggire, ma dalla macabra crudeltà del principe decaduto. La regina notò poi che le mani del giovane montanaro si muovevano come se stessero stringendo il collo di qualcuno.
 
“Se lo avessi tra le mani, anche solo per un attimo, lo riempirei di botte da capo a piedi, gli sbatterei quella sua lurida e boriosa faccia contro ogni albero di tutte le foreste di Arendelle e infine…”
 
Fu improvvisamente interrotto da qualcosa che gli stava tirando i pantaloni e sentì una vocina a lui nota che, con innocente e sincera preoccupazione, gli disse:
 
“Scusa, capisco che tu sia arrabbiato con Hans per quello che ha fatto, ma non ti sembra una crudeltà nei confronti degli alberi che abbiano la sua faccia impresa sui loro tronchi?” Kristoff guardò verso il basso e vide che si trattava del povero Olaf, che lo guardava con i suoi adorabili occhi. Il ragazzo poi sentì due delicate e affettuose mani che si appoggiarono sulle sue spalle, e per un attimo pensò ingenuamente che si trattasse di Anna, la sua amata… ma quando si volse, ritornò con i piedi per terra e comprese che in realtà si trattava di Elsa. La giovane regina guardava il povero ragazzo con i suoi adorabili occhi di zaffiro celestiale, come se cercasse di consolarlo. Kristoff cadde in ginocchio, sentendosi in colpa per essersi fatto prendere dall’ira e dalla disperazione, emozioni che assalivano il suo animo come lupi irosi.
 
“Mi dispiace… mi sono fatto prendere dalla collera per ciò che è successo… mi sento persino indegno di pensare ad Anna…” diceva Kristoff, mentre scoppiava in un silente pianto. Anche Elsa s’inginocchiò accanto al biondino, lo guardò teneramente e gli disse:
 
“So che in fondo tu sei più arrabbiato con te stesso che con Hans, ma non ti devi abbattere! Che cosa dovrei dire allora io, che non sono stata capace di proteggere Anna nemmeno da se stessa! Lei non si è mai arresa, nemmeno quando gli ho congelato involontariamente il cuore… e hai visto com’è riuscita a fare…” Kristoff smise allora di piangere e non poté fare a meno di sorridere ed esclamò, volgendo lo sguardo segnato da lacrime verso la regina:
 
“Oh sì, è vero! Quella volta Anna è stata magnifica, una vera furia scatenata!” Entrambi risero lievemente e Olaf, nel vederli, non poté fare a meno di sorridere anche lui. Poi Elsa riprese, rialzandosi assieme al ragazzo:
 
“Se c’è una cosa che Anna mi ha insegnato, oltre all’amore vero, è che quando tocchiamo il fondo, l’unica cosa che possiamo fare è risalire, ed è quello che dobbiamo fare, se vogliamo aiutare Anna a ritrovare se stessa, a salvarla dalla sua rabbia indemoniata, perché sono sicura che nel profondo del suo cuore, avvolto dal fuoco di rabbia e dolore, c’è ancora una scintilla dell’infantile, adorabile, intraprendente e spericolata ragazza che conosciamo da sempre, che aspetta solo di essere liberata!” Kristoff replicò, sorridendo amaramente:
 
“Avete sicuramente  ragione e sono assolutamente d’accordo con voi, maestà, ma temo che ci sia un piccolo e importante particolare che non avete considerato!” Elsa lo guardò perplesso e chiese:
 
“Che cosa vuoi dire?” Kristoff, alzando le spalle, rispose:
 
“Semplice! Non abbiamo la più pallida idea di dove quel puledro infiammato abbia portato Anna!” Fu allora che improvvisamente, come se volesse contraddire l’affermazione del ragazzo, una voce profonda, saggia e antica risuonò nella stanza dicendo:
 
“Penso proprio di poter rispondere a questo quesito, mia caro ragazzo!” Elsa, Kristoff e Olaf guardarono verso la fonte di quella voce e rimassero a bocca aperta per l’incredibile stupore. Sopra il letto c’era Granpapà, stavolta in pietra e ossa, che stava accarezzando la piccola Lynae che si era accucciata dolcemente ai suoi piedi, facendo adorabili fusa.
 
“Ehm, Kristoff? Questo qui è vero o è ancora un’immagine incantata incorporea, come quella dell’altra volta? Sai com’è, non vorrei fare un'altra figuraccia…” Bisbigliò Olaf, tirando ancora una volta i pantaloni del montanaro. Fu però proprio Granpapà a rispondere, avendo un udito così affinato da sentire persino l’erba che cresce e quindi aveva sentito i bisbigli del pupazzo di neve:
 
“Vista la piega presa da questa situazione, sono dovuto accorrere qui di persona, facendomi trasportare dalla magia dei miei antenati! Perciò sì, mio caro amico di neve! Stavolta sono reale e non un miraggio magico!”
 
“Significa che sai cosa è successo ad Anna e dove si trovi adesso?” chiese sorpreso Kristoff, avvicinandosi verso il vecchio troll dalla scura criniera dorata.
 
“Certo, ragazzo mio! A che cosa dovrebbe servirmi lo specchio onnisciente degli antenati, se non per sapere ciò che succede oltre la valle dei troll?” Rispose Granpapà, con una punta di sarcasmo nella voce. Poi, ridivenuto più serio, prosegui:
 
“Comunque sia, grazie allo specchio, sono riuscito a scoprire il luogo in cui si sta dirigendo in questo momento la giovane Anna…”
 
“Allora è vero che sai dove si trova mia sorella?” Esclamò la regina, con un nuovo scintillio di speranza nel cuore, finora travolto dal dolore e dalla tristezza degli ultimi eventi. Il vecchio troll rispose serio e solenne:
 
“Il tentativo di minare l’anima di Anna si è ritorto contro il suo stesso artefice, in altre parole l’oscuro signore! Infatti, la principessa, senza nemmeno saperlo, sta volando verso l’ultimo posto dove le tenebre desidererebbero che lei si recasse… Sto parlando del luogo in cui gli antichi arcimaghi rinchiusero la bestia oscura nel limbo, dove Hans, il traditore, attuerà il rituale dell’eclissi lunare per liberarla… lo stesso luogo in cui sia lei sia voi, mia regina, dovrete unire i vostri poteri di fuoco e ghiaccio per arrestare per sempre le forze della notte eterna…” Gli altri presenti non sapevano cosa pensare e la regina non poté fare almeno di esclamare sorpresa:
 
“A volte mia sorella riesce persino a superare se stessa…”
 
“Granpapà, dove si trova questo luogo?” Disse Kristoff, visibilmente impaziente di partire al salvataggio della sua amata e, se ci fosse stata l’occasione, dare il ben servito al principe da strapazzo. Il vecchio troll rispose con la sua solita e solenne flemma:
 
“Il luogo in cui l’oscuro signore è stato gettato nel limbo è ai piedi di un monte, per gli umani, leggendario, dove fuori è dura roccia e avvolto da un manto di neve perenne, ma dentro di se… scorrono bollenti fiumi di lava, magma, zolfo e fiamme…” Fu allora che un ricordo emerse dalla mente di Elsa, quando lei e sua sorella erano ancora bambine, molto prima di quella terribile fatalità con il ghiaccio incantato, dove la loro madre, ogni sera davanti al camino e prima di farle andare a letto, raccontava loro fiabe e leggende di Arendelle e dintorni. Fu soprattutto uno di quei racconti che riaffiorò tra i ricordi di Elsa. La Leggenda di un monte, dove fuori era roccia, neve e freddo e dentro era magma, fuoco e rovente.
 
“Stai forse parlando del monte… Cuore di Fuoco?” Chiese la regina. Il decano dei troll, con un lieve sorriso, rispose:
 
“Sì, vostra altezza…”

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Capitolo 16
*** La Decisione di Elsa ***


Errava. Errava. Errava senza mai arrestarsi nemmeno per un momento, nonostante il diluvio che infieriva ogni cosa in terra dal cielo imprigionato da nubi spaventose, che diventavano con il passare del tempo più nere, segno inequivocabile che il giorno stava ormai per raggiungere il suo ineluttabile vespro. Erano già passate, infatti, molte ore da quando Lui aveva iniziato il suo cammino dal palazzo che sorge tra le nevi perenne ed era già sceso fino ai piedi della montagna. Ora si dirigeva irrefrenabile verso la sua agognata meta, guidato solamente dal legame con la persona che egli amava come se fosse una madre. Il suo sguardo era talmente concentrato sul sentiero che percorreva, seguendolo attraverso il legame, che non lo alzava mai verso il cielo, e quindi non si accorse dell’incredibile fenomeno. Tra i cieli in tempesta, un oggetto che da terra ricordava una palla di fuoco, sfrecciava nella direzione opposta di Lui, a una velocità che superava quella dei fulmini, così come la loro luminosità. Una fiamma dirompente che sfidava fiera, solenne e selvaggia l’ira degli elementi in tumulto, decisa a raggiungere la sua destinazione, un luogo leggendario conosciuto come il Cuore di Fuoco.
 
 
 
Byrgir, con la risolutezza e il coraggio di un paladino, sfidava vento, pioggia e fulmini inviati dalla tumultuosa tempesta, volando a una velocità prodigiosa. Seguendo le indicazioni della sua cavallerizza, l’infuocato pegaso si dirigeva imperioso verso il luogo in cui, secondo la leggenda, in uno degli angoli più remoti e inaccessibili di Arendelle, si stagliava il monte Cuore di Fuoco. In verità, nemmeno Anna stessa era completamente sicura che quel mitico luogo esistesse veramente, ma sentiva che se non ci avesse almeno provato, si sarebbe pentita per il resto della vita.
 
“Ormai dovremo essere quasi a destinazione, spero…” Pensò Anna, che teneva il capo chino e le braccia serrate intorno al collo del suo amico destriero per non farsi sferzare furia del vento e della velocità, con la sua chioma rossa che ondeggiava violentemente come una fiamma.
 
“Anna guarda…” Esclamò improvvisamente Byrgir, con una voce pervasa da notevole sbigottimento. Fino a quel momento, da quando aveva scoperto che il suo nuovo amico possedeva il dono della parola, Anna non lo aveva mai udito con un tono pieno di tale stupore, ma gli bastò alzare la testa e guardare davanti a se per capirne il motivo. All’orizzonte, davanti a loro, c’era… un buco smisurato nella tempesta! I due viaggiatori non riuscivano ancora a crederci. Era come se un potere invisibile e mistico stesse sfidando l’atroce tempesta, creando un immenso squarcio, privo di ogni forza turbolenta, mostrando un cielo libero, azzurro e sereno, che però si stava scurendo col passare del tempo. Da quando Anna era fuggita dalla capitale in groppa a Byrgir, erano passate molte ore e ormai stava per giungere il momento in cui il giorno si sarebbe tramutato in notte. Sotto quel pezzo circolare cielo limpido, circondata dal caos degli elementi, c’era una magnifica valle, mai sfiorata da mani umane da tempi immemori, circondata da selvaggi e maestosi monti, il cui più alto e imponente di tutti dominava con solennità sui suoi fratelli minori come un sovrano. L’intero luogo, protetto magicamente dalla mostruosa tempesta, era ricoperto completamente da un magnifico mantello di candita neve perenne. Qualcosa nei cuori dei due viaggiatori sussurrava che quell’immensa valle incantata era la loro meta finale, e che il titanico monte che regnava maestoso come un re era… il leggendario Cuore di Fuoco.
 
“Oh Byrgir! Ancora non ci posso crederci, ma siamo finalmente…” Prima che però Anna potesse completare la frase, la tempesta concentrò improvvisamente la sua furia sui confini della sua ferita tra le nubi, come se avesse volontà propria e malevola, e tentasse di allontanare i due viaggiatori dalla valle del monte Cuore di Fuoco. I venti divennero più sferzanti e prepotenti, la pioggia più crudele, i tuoni più assordanti e i fulmini più feroci, come se volessero trafiggere Byrgir. I tumultuosi elementi erano divenuti così terribili e rabbiosi, che persino la fiera e selvaggia forza del pegaso era sul punto di venire meno.
 
“Anna, tieniti forte!” Gridò Byrgir, cercando di sbattere con più foga le sue fiammeggianti ali per superare la tempesta che assaliva lui e la sua protetta da ogni direzione. Anna era spaventata, non poteva negarlo, ma non aveva alcuna intenzione di farsi sottomettere dalla furia della tempesta, non ora che era così vicina a quella che sarebbe stata la sua nuova casa… Lontana dalle persone a lei più care per proteggerle da se stessa. Anche se quella tempesta fosse stata la personificazione del fato, e imponesse che lei tornasse sui suoi passi, Anna, con la sua incorreggibile e adorabile testardaggine di sempre, non aveva alcuna intenzione di desistere. In quel momento, la principessa percepì una specie di richiamo che echeggiava nel suo animo, una sensazione dolce, solenne, eppure difficile da descrivere. Gli sembrò che quel richiamo provenisse dal… Cuore di fuoco. Era come se quell’immenso monte, animato dall’invisibile aura di un solenne e affettuoso padre, avesse letto il cuore di Anna e la chiamasse a se, offrendogli riparo dalla tempesta e donargli un po’ di serenità. La ragazza non era sicura la sensazione che sentiva fosse solo un effimero eco della sua mente o qualcosa di veramente trascendentale… ma sicuramente rinnovò in lei il desiderio di ritrovarsi in quella bianca valle custodita dai monti. Si sentì il cuore infiammarsi di determinazione rinnovata, risvegliando così il potere che aveva scoperto da poco e decisa a spronare il suo destriero a volare più rapido per sfuggire dalla tempesta e raggiungere la valle. Serrò gli occhi e lasciò che il suo potere infuocato sgorgasse dal suo cuore, stavolta per una buona motivazione, fino a fargli raggiungere le mani, che cingevano il collo di Byrgir. Dal palmo di quelle mani, si sprigionò un bagliore ardente che, come un velo di seta, avvolse il corpo già fiammeggiante dell’alato destriero. Le ali di Byrgir iniziarono allora a ingigantirsi in maniera straordinaria, così come pure l’intensità rovente delle loro fiamme. Nel pegaso esplose un nuovo vigore donato dal cuore della sua protetta, e non aveva certamente intenzione di deluderla. Con rinnovato impeto, l’infuocato destriero si lanciò a una velocità ancora più stupefacente di prima, dirigendosi verso i confini che separavano la valle dalla tempesta. Il tumulto degli elementi tentava di fermare i due viaggiatori, ma questi ultimi non avevano alcuna intenzione di arrendersi. Un ultimo, immane, decisivo e straziante sforzo… e Anna, a cavallo di Byrgir, varcò i confini di quell’eden ricoperto dalla soffice coltre di neve. Fuori dalla valle, la tempesta neve bianchissima, che riluceva alla luce delle prime stelle serali. Ormai il giorno era finito ed era calata la notte sembrava ancora più adirata per non essere riuscita ad acchiappare le sue due prede, ma ormai nemmeno il suo assordante ruggito riusciva a raggiungerli in quel luogo dominato dal monte Cuore di Fuoco. Dopo il tremendo putiferio che Anna aveva dovuto sopportare fino a quel momento, si trasformò in una silenziosa quiete paradisiaca, che avvolgeva il suo animo come un dolce balsamo, e la vista del nuovo panorama davanti ai suoi occhi gli corroborava il cuore, facendola sorridere lievemente e dai suoi occhi sgorgarono lacrime di commovente meraviglia. Il cielo blu, anche se ormai notturno, illuminava con luna e stelle i monti della valle come fossero di platino e il Cuore di Fuoco risplendeva più di tutti, stagliandosi verso l’alto come un’imponente cittadella. In confronto al sovrano della valle incantata, il castello della capitale sembrava solo una semplice baita di montagna. Byrgir, mentre le sue infuocate ali ritornarono alle dimensioni originali, atterrò con destrezza e solennità al centro della valle. Appena gli zoccoli del pegaso toccarono il terreno imbiancato, la neve intorno ad essi… non si sciolse. Essa era, infatti, magica e nemmeno tutto il fuoco che in Byrgir pulsava poteva fare niente per intaccare anche uno solo dei suoi cristalli nati dal gelo della valle. Appena Anna smontò dal suo destriero e mise i piedi sulla neve, si sentì avvolgere teneramente da sensazioni che non riusciva ancora a definirle completamente, ma che erano bellissime. Nel volgere lo sguardo verso il Cuore di Fuoco e il resto della catena montuosa che circondava come una muraglia intorno alla valle, la principessa percepì nella parte più pura e luminosa del suo potere una calda dolcezza, come se la magia antica del luogo stesso gli desse il benvenuto con gioia nella sua nuova dimora. Lei versò nuove sottili lacrime di meraviglia e sorrise con la delicatezza di una rosa. La compagnia del suo nuovo amico Byrgir, e la bellezza e la sicurezza della valle del leggendario monte avrebbe reso il suo esilio volontario dalle persone a lei più care meno doloroso e si sentì quasi a casa. Se ciò che gli aveva raccontato sua madre su questo luogo remoto era vero, allora la ragazza aveva trovato l’unico posto al mondo, l’oasi in cui avrebbe usato il suo potere di fuoco senza che potesse ferire qualcuno o distruggere qualcosa involontariamente, e dove avrebbe dovuto tenere a bada l’orribile demone della rabbia che si celava dentro di se, che cospirava dormiente di ritornare alla carica più spietato e feroce che mai.
 
“Si!” Esclamò Anna con voce lievemente consolata.
 
“Questo è sicuramente il luogo che fa per me…” Poi, in un attimo di amara malinconia, prosegui in un sospiro:
 
“… vorrei solo che Elsa, Kristoff e gli altri fossero qui a vedere questo posto…”
 
 
 
La leggenda, che risale a poco dopo l’alba dei tempi, narra di una grande valle desolata ai margini del regno di Arendelle, formata soltanto da rocce nere, dove non cresceva nessun filo d’erba e dal cielo non cadeva mai pioggia o neve, nonostante fosse sempre ricoperto da oscure nubi cariche di tempesta. Al centro di quella valle sfigurata dalle tenebre, si stagliava tirannica una gigantesca fortezza, costruita con pietra nera e la magia più crudele, nella quale abitava una malvagia strega, bramosa più di ogni altro essere di conquistare tutta Arendelle, con l’ausilio di stregonerie spietate, capaci di soggiogare e schiavizzare ogni essere vivente sotto il suo inumano giogo. Niente era in grado di arrestare la malvagia fattucchiera. Legioni e cavalieri, per quanto forti e valorosi fossero, cadevano inevitabilmente sotto i suoi sortilegi. Fu allora che, quando ormai la strega era sul punto di imprigionare tutti gli abitanti di Arendelle sotto il suo potere, una stella nel cielo, una delle più giovani appena nate, con il suo cuore di luce che piangeva nel vedere la sofferenza delle persone di quelle terre, non poté sopportare oltre la crudeltà di quella scellerata megera. La giovane stella, di natura coraggiosa e generosa, decise che si sarebbe lanciata contro l’oscura fortezza, fermando così la strega. I suoi genitori, in altre parole il sole e la luna, cercarono delicatamente di persuaderla dalla sua scelta, perché se lei l’avesse fatto e fosse caduta dalla terra, avrebbe smesso per sempre di essere una stella. Così lei non sarebbe più riuscita a ritornare al cielo, assieme alle altre stelle, le sue sorelle. La giovane stella replicò dolcemente decisa che il suo cuore avrebbe pianto per l’eternità nel vedere e sentire le sofferenze degli abitanti di Arendelle schiavizzati e seviziati dalla tirannica strega. Il sole e la luna erano fieri e commossi della sensibilità e bontà della loro giovane figlia, ma anche tristi dalla sua inevitabilmente sorte a causa del suo abnegabile gesto. Gli diedero un dolce bacio d’addio e benedirono il suo buon cuore. Scesa la fatidica notte, la piccola e coraggiosa stella si lanciò sfrenata sulla terra, verso la fortezza nera della strega. Nella sua impetuosa e coraggiosa corsa, la stella assunse un rossore dorato, che divenne ancora più luminosa soprattutto quando attraverso l’aurora boreale che si stava manifestando proprio quella notte. A nulla valsero gli incantesimi e le fatture della strega sulla stella cadente, che per quando soffrisse a causa di essi, era decisa più che mai a salvare Arendelle. Nell’istante in cui la stella colpì in pieno la fortezza nera, in potente boato risuonò in tutta Arendelle e ogni opera contorta e diabolica della strega bruciò in una sorta d’intensa fiammata di mistico splendore rossastro, epurando così la valle da ogni tenebra, persino nella pietra. L’oscura e l’anima della strega furono arse senza pietà e spediti nel regno delle nebbie eterne del castigo, mentre la sua magia epurata si unì alla stella che si era coraggiosamente sacrificata per Arendelle, trasformandosi nel monte che oggi è conosciuto come il Cuore di Fuoco. Infatti, secondo la leggenda, al suo interno, sotto lo strado di roccia e la coltre di neve che lo ricopre, arde ancora il cuore puro e splendente della stella, alla quale si era fusa anche la magia che una volta apparteneva alla malvagia strega, ma che infine divenne una forza del bene. Da quel momento, la valle fu trasfigurata e, per via del grande boato che aveva distrutto la fortezza, nacquero delle alture intorno ad essa per fare compagnia alla stella divenuta monte, e tutto il territorio fu pervaso da un particolare incanto. Da allora, il sole, La luna e stelle benedirono quella valle, rendendo il cielo sopra di essa sempre limpido e luminoso, lasciando passare soltanto le nuvole di neve che imbiancavano la nuova dimora dell’astro perduto che si era sacrificato per il regno. Inoltre, secondo la leggenda, in quel luogo, grazie al potere derivante dal monte, fuoco e ghiaccio potevano coesistere senza mai scontrarsi. Sopra la valle era sempre tutto imbiancato da neve fredda e candita come platino. Sotto di essa si estendevano fiumi di lava rovente intrecciati tra loro, che si estendevano fino ai confini del territorio, delineato dai monti che lo circondavano, e tutto questo grazie al Cuore di fuoco. Il fuoco non scioglieva mai la neve. La neve non spegneva mai il fuoco.
 
 
 
La regina di Arendelle aveva appena finito di ripassare mentalmente la leggenda del Cuore di Fuoco camminando per i corridori del castello, mentre fuori la tempesta non dava tregua e illuminava l’interno dell’edificio con i suoi lampi, attraverso le grandi finestre a volta. Elsa, assieme a sua sorella, aveva appresso questa storia dalla loro madre quando erano ancora piccole, prima del famoso incidente con il potere del ghiaccio della prima. Poco dopo aver saputo che Anna si era rifugiata al monte Cuore di Fuoco, aveva detto agli altri presenti nella sua stanza che sarebbe uscita in corridoio per meditare e riordinare le idee e sentiva il bisogno di stare da sola con i suoi pensieri. I corridori, illuminati da eleganti candelabri fissati alle pareti, erano più inquietantemente vuoti e silenziosi che mai, ed Elsa non riusciva a ricordarli così prima di quel momento. Questo perché mancava una cosa semplice, dolce, meravigliosa e preziosa allo stesso tempo. I passi leggiadri. I salti sbarazzini. Le frenetiche corse. Il dolce eco della voce di quella fanciulla che donava gioia e speranza a chi la incontrasse. Anna. Senza di lei e le sue risate, era come se i corridori del castello, centimetro dopo centimetro, si fossero tramutati in quelli di una cripta silente e in rovina, con la tempesta fuori che li rendeva ancora più spaventosi e spiacevoli da attraversarli. Era questo l’effetto che Elsa percepiva mentre camminava per quei corridori, e ad ogni passo sentiva il suo cuore stringersi in una malinconica morsa straziante. Nemmeno il suo potere era così gelido come gli aculei della silente disperazione che lentamente ferivano il suo cuore. La verità era che Elsa voleva restare da sola per nascondere il senso di colpa che la divorava in profondità. Non riusciva a perdonarsi di aver permesso alla rabbia e al dolore di imprigionare sua sorella, costringendola all’esilio. Un fulmine illuminò di colpo l’interno del castello attraverso le grandi vetrate e poi giunse il ruggito della tempesta al seguito. La giovane regina sembrò però non dare molta importanza al frastuono degli elementi la fuori, questo a causa del dilemma gli rodeva il cuore. Anche se lei ora sapeva dove trovare sua sorella, quale sarebbe stata la scelta migliore da prendere? Sarebbe stato giusto recarsi al luogo dell’esilio in cui si trovava Anna, rischiando così di incrinare in modo irreparabile il loro legame di sorella per non aver rispettato la sua scelta? Sarebbe stato meglio lasciarla con se stessa tra le fiamme della sua disperazione, in balia della sua stessa rabbia, in forma demone? Propria ora che innominabili forze oscure dell’antichità stavano per risorgere per prendere il dominio del mondo in nome della tirannia? Elsa si trovava tra l’incudine e il martello. Poi a un certo punto Elsa si fermò di colpo. Un’indefinibile sensazione l’aveva costretta di fermarsi e di girare lo sguardo alla sua destra. La bianca regina vide allora che si era fermata proprio davanti alla porta di una stanza, e guardò immobile i pomelli dorati con occhi pieni di una tristezza sempre più pungente. Continuò a fissare il suo riflesso deformato nei lucidi pomelli, senza ancora riuscire a comprendere perché era giunta davanti a quella soglia e cosa fare, dopo quando era successo stamattina in quel luogo. Il suo cuore fu percorso da nuovi sussulti di dolore, uno dietro l’altro, come se uno sciame di pugnali spettrali gli attraversasse il petto. Dopo quando era successo con Anna… con quale pretesto e diritto osava avvicinarsi alla porta della stanza di sua sorella, dopo aver permesso a quest’ultima di farsi stritolare dalla rabbia, dalla paura e dal dolore? Se almeno ci fossero stati i suoi genitori, per consolarla, sostenerla e dargli consiglio nel truce frangente in cui stava attraversando. Lei si ritrovò divisa in due nell’animo. Una vocina della sua mente gli diceva che doveva varcare quella porta per superare la sua dolorosa mestizia, mentre un'altra replicava che sarebbe stato un errore madornale. Quelle due vocine, diventando sempre più fastidiose come vespe, erano sul punto di far impazzire Elsa, che però riprese subito il controllo grazie a qualcosa di piccolo e soffice che gli strusciava teneramente i piedi e che faceva persino… le fusa.
 
“Lynae!” Esclamò sorpresa Elsa quando Abbassò lo sguardo e vide la piccola micia, che voleva semplicemente consolare e incoraggiare la sorella maggiore della sua padroncina. La giovane regina riuscì a sorridere lievemente e s’inginocchiò per prendere dolcemente in braccio quell’adorabile palla di pelo color panna dagli occhi turchesi. Lynae miagolò affettuosamente, con lo sguardo rivolto verso la giovane donna, che la teneva tra le braccia come se fosse stata una neonata, accarezzandola con una tenerezza che si poteva definire materna.
 
“Sei sgusciata dalla mia stanza prima che io potessi chiudere la porta alle mie spalle e mi hai seguito, vero?” Disse Elsa, dando un piccolo buffetto con l’indice sul musino di Lynae, che replicò con un adorabile miagolio. Come se la presenza di quell’amabile bestiola avesse dato nuovo coraggio e fiducia nel cuore della regina, quest’ultima rivolse lo sguardo alla porta davanti a se con occhi più seri e risoluti, prendendo un profondo respiro. Avvicinò il braccio destro verso il pomello della porta e lo girò. Una volta aperta la porta, la stanza all’interno era tenuamente illuminata dalle numerose candele che risplendevano il corridoio, facendolo sembrare un luogo dimenticato dal tempo stesso, nonostante che fino a stamattina era piena di vitalità, delle risate e dei timori di Anna. Con la piccola Lynae in braccio, Elsa varcò l’uscio con solo una lieve titubanza, muovendo cautamente un passo alla volta, avvicinandosi al letto a baldacchino che si stagliava in mezzo alla stanza. Si sedette sopra le coperte di quel letto, mentre Lynae si accoccolò sopra le sue gambe. La giovane donna allora, presa da un malinconico impeto di ricordi che quasi travolgeva il suo cuore, serrò gli occhi per un po’ e, sorridendo dolcemente, immaginò di vedere scorrere davanti e se i ricordi collegati alla stanza di Anna. da quando le due sorelle avevano ritrovato il loro amato legame, le loro giornate erano esplose di gioia euforica, tenera intimità e adorabile complicità, come quando erano bambine, prima di quel nefasto incidente che le aveva separate per troppo tempo. Giorni e notti in cui le due sorelle ritornarono a essere bambine e adolescenti, almeno nel cuore, creando momenti di lieta vivacità e meravigliosa tenerezza. Quante volte le due ragazze più benvolute della capitale si erano sfidate a cuscinate, sistemarsi i capelli a vicenda, scambiarsi i propri innocenti segreti, ansie, dubbi, sogni e risate. Per non parlare anche delle volte in cui Elsa faceva entrare Anna nella sua stanza, ormai per sempre aperta per le persone che amava. Elsa non poté però evitare di ripercorrere la memoria fino a stamattina, quando aveva visto Anna pervasa dalla rabbia e che quest’ultima l’aveva attaccata usando il potere del fuoco, un ricordo che quasi gli stritolava il cuore. La regina riaprì gli occhi, con il sorriso spento da quell’ultimo pensiero e per uno straordinario caso, volse la sua attenzione su un baule. Si trattava di quello che i cittadini della capitale aveva fatto portare al castello, nel quale era stato riempito dai disegni dei loro bimbi. Piccoli pargoli che avevano messo la loro infantile e amabile fantasia in quei fogli per la regina Elsa e la principessa Anna, come se loro due fossero una sorta di sorelle maggiori. Questo pensiero sembrò accendere una scintilla nel cuore di Elsa, qualcosa che nemmeno lei ancora non riusciva a definire. Elsa si alzò dal letto, lasciando Lynae sulle coperte, s’inginocchiò davanti al baule e lo aprì. Illuminati dal bagliore delle candele che varcava l’uscio aperto della stanza, i disegni dei bambini si mostravano in tutta la loro colorata e adorabile tenerezza. La giovane Regina passò in rassegna quelle infantili opere d’arti. Non c’era disegno in cui non apparivano Anna, Elsa o entrambe, e in alcuni di essi apparivano anche Olaf, Sven e Kristoff. A ogni nuovo disegno che Elsa guardava, pieno di atti di gioiosità, consolazione, festosità e dolcezza, una nuova scintilla azzurra si accendeva nel suo cuore, un fuoco freddo ma puro e nobile. Anche il suo viso cambiò lentamente espressione. Dal dolore alla commozione. Dalla commozione alla comprensione. Dalla comprensione alla determinazione, la più fredda, nobile e dirompente. Nei suoi occhi, ora accigliati, c’era lo sguardo di un condottiero che aveva compresso cosa doveva fare veramente. I bambini. Se le tenebre avessero conquistato il mondo, i bambini… pensando a questo, Elsa sentì il suo cuore esplodere da una fredda rabbia. Una rabbia decisa, controllata e giusta. Una rabbia che era formata dal desiderio di proteggere i bambini, non soltanto quelli di Arendelle.
 
“No!” Disse la regina con gran voce, mentre posava i disegni dei pargoli nel baule, per poi chiuderlo solennemente. Si rialzò in piedi in tutta la sua regale statura.
 
“Forse Miðgarðsormr potrà infettare il cuore di mia sorella con la rabbia, mandarmi Hans per uccidermi, far soffrire i nostri cuori di dolori indicibili, umiliare i nostri sentimenti, ma se pensa che Anna ed io gli lasceremo toccare i bambini, fargli loro del male… allora è chiaro che dopo tutti quei millenni nel limbo gli hanno fatto ammuffire la sua mente, perché né io né mia sorella permetteremo una cosa simile!” Questo pensava la regina, mentre usciva dalla stanza di sua sorella, seguita dalla piccola Lynae. Elsa camminava nuovamente per corridoi come una meravigliosa lupa bianca, pronta a lanciarsi all’attacco per proteggere i suoi cuccioli. Sì, Elsa sapeva finalmente cosa fare. Sapeva come sarebbe riuscita a convincere Anna a ritornare dal suo esilio. Sapeva che nemmeno sua sorella, per quando travolta dal demone della rabbia, sarebbe rimasta indifferente alla verità.
 
“Signori!” Esclamò risoluta Elsa appena rientrò nella sua stanza, dove si trovavano ancora Kristoff, Olaf e Granpapà, che si voltarono verso di lei con ansietà.
 
“Oh, regina…” Disse Granpapà scendendo dal letto.
 
“Dopo aver ponderato, ho preso una decisione!” Iniziò a dire la regina per poi proseguire:
 
“Anna si è rifugiata, senza saperlo, nel luogo in cui è imprigionato il signore dell’oscurità. Se per convincere Anna a ritornare a casa e fermare Miðgarðsormr significa che anch’io mi devo recare al monte Cuore di Fuoco, così sia!” Tutti gli altri presenti della stanza la guardarono sorpresi per la determinazione che Elsa aveva ritrovato. Kristoff si avvicinò di qualche passo verso la regina con aria preoccupata:
 
“Ne è sicura, vostra altezza?” Elsa rispose, senza che ci fosse anche la minima incrinatura nella sua voce:
 
“Ne sono certa, Kristoff! Ora più che mai…”
 
 
 
Lui percepì qualcosa di nuovo e diverso nel legame della persona al centro dei suoi pensieri. Proprio quando lui stava marciando, impetuoso e inarrestabile come un gigante, attraverso una grande e fitta foresta avvolta dalla notte e sferzata dalla tempesta. Era come se nel cuore di quella persona, che tanto amava con riverenza, esplodesse una fredda fiamma di determinazione regale e bruciasse senza calore i dolori e le sofferenze che l’avevano finora seviziata nell’animo. Lui continuò a marciare verso la sua meta, deciso ad andare in aiuto di quella persona, perché aveva compreso che quest’ultima era decisa a compiere un’importante missione. Qualunque impressa si trattasse, Lui avrebbe aiutato quella persona a compierla, pur di stargli vicino. Ormai da quando era disceso dalla montagna del castello di ghiaccio per raggiungere quella persona, lui aveva scoperto che gli mancava in una maniera insopportabile. Un sincero desiderio di stare accanto a colei che lo aveva plasmato. Puro e sincero, celato sotto una montagna di neve, ora riemerso dalla dolorosa sensazione che lo aveva terribilmente turbato nel palazzo delle nevi perenne. In alto, la tempesta sembrava scatenare una furia ancora più assordante e tremenda di prima, i fulmini squarciavano il cielo come spade, il vento soffiava con truce vigore e la pioggia colpiva con freddezza la foresta. Fu allora che lui… lo senti. Uno strano boato, che non apparteneva alla tempesta, e che proveniva dalla direzione in cui lui stava percorrendo. Percepì contemporaneamente anche il freddo fuoco nel cuore della sua creatrice impennare in un furore glaciale e meraviglioso. Con l’avvicinarsi del boato, lui per la prima si fermò e alzò la testa. Vide allora qualcosa di magico, fatto di luce azzurra e bianca, cristallina, che si espandeva assieme al suono, investendo la tempesta e il suo frastuono, annientatola come se niente fosse. L’urlo rabbioso della tempesta si tramutò all’istante in uno strozzato grido di disperazione, perché quella luce celestiale, così scintillante e potente, si espandeva come un’onda che riempiva i cieli di Arendelle. Dove quella luce passava, i fulmini furono spezzati, i venti taciuti, la pioggia e le nubi nere spazzate via. La luce celeste lasciava dietro di se nuove nuvole, bianche e soffici come pecorelle, che lasciavano grandi spiragli di cielo blu notturno, illuminato da stelle e luna. In pochi minuti, la tempesta che fino a poco fa sembrava voler devastare Arendelle, fu zittita e spazzata via come se fosse solo un effimero incubo di un bambino. La terra sottostante fu illuminata del più splendido cielo notturno che si fosse mai visto. Dalle bianche e gentili nuvole inizio a scendere con grazia… la neve. Dopo l’empio furore della tempesta, il cielo era risanato da una dolce e paradisiaca nevicata. L’onda incantata che aveva sconfitto la tempesta sparì oltre i confini del regno di Arendelle e Lui percepì nel cuore della persona che il suo gelido fuoco, da immenso incendio, si riduceva a un’esile e fredda fiamma, ma senza mai estinguersi, piena di determinazione e nobiltà. Lui capì che il miracoloso boato e l’onda di luce che aveva insieme spazzato via la tempesta e l’esplosione di gelido fuoco della sua regina erano la stessa cosa. Ciò significava che era stata quella persona a compiere quel miracolo. Quell’atto rinnovò con dolcezza e determinazione il suo desiderio di raggiungere la sua creatrice. La sua regina. Iniziò nuovamente a percorrere il suo cammino, ora divenuto più leggero, mentre finalmente la terra di Arendelle fu ricoperta in pochi minuti da un tenero, bianco e puro manto di neve. Subito dopo il cielo, assieme alle stelle e alla luna, fu illuminato dalle luci del nord, veli di splendore dai mille colori, come se gioissero della fine della tempesta e rendessero onore a colei che aveva compiuto tale con la forza di volontà indomita e un cuore pieno d’amore. La stessa persona per cui Lui stava marciando, quella giovane e bellissima donna, regina dall’animo nobile sensibile, il cui nome era Elsa.
 
 
 
Nella valle del monte Cuore di Fuoco, i cui confini mistici tenevano lontana la tempesta e il suo violento frastuono, Anna si era lasciata cadere all’indietro distesa nella coltre bianca e soffice, facendo così un angelo di neve e aveva il volto pervaso dalla serenità e dalla vitalità di quando era appena una bambina. Mentre si lasciava coccolare dalla freschezza della neve, ridendo adorabilmente, Anna si ritrovò a faccia a faccia con il fiammeggiante muso di Byrgir, che la guardava con solenne dolcezza. La ragazza sorrise e alzò la mano destra verso il suo destriero, carezzandogli dolcemente il muso.
 
“È bellissimo questo posto, non è vero?” esclamò la principessa, sempre sorridendo.
 
“Non ti si può dare torto Anna, ma non credi che così rischi di buscarti un malanno a furia di stare qui fuori, in mezzo alla neve, di notte per giunta?” Replicò Byrgir con sincera e tenera apprensione. La ragazza fece allora una linguaccia e sbuffò dicendo:
 
“Oh dai, ma sei persino stressante delle prediche di Elsa e Kristoff messe insieme!” Un secondo dopo, un aculeo di mestizia si conficcò nel cuore di Anna. Nominando le due persone a lei più care, la ragazza si ritrovò il volto e l’animo permeati da un alone di dolore, ricordandosi così il motivo che l’aveva costretta a scappare da loro due e da tutti gli altri per il loro bene. Lei si mise allora seduta sulla neve, con il capo rivolto verso il basso, le ginocchia al petto, le braccia serrate intorno alle gambe piegate e iniziò a piangere come una bimba persa in un bosco. Byrgir cercò di consolarla, strusciando amorevolmente il proprio muso contro i capelli rossi della ragazza. Lei, percependo il dolce calore della carezza del suo amico, alzò il volto verso di lui e, per ricambiare della gentilezza, gli donò un piccolo bacio sul muso fiammeggiante.
 
“Grazie Byrgir, e stai tranquillo… in fondo sono io che ho deciso di andare in esilio…” Sospirò la ragazza, che in quel momento si trovava al centro della valle, poi si rialzò in piedi, volgendo lo sguardo al meraviglioso cielo del luogo in cui si trovava, un barlume di pace e bellezza in mezzo alla furiosa tempesta. Guardando le stelle, lei si asciugò le lacrime, inghiottì a fatica la dolorosa malinconia che l’aveva assalita e poi si rivolse al suo destriero, con aria dolce ma decisa, dicendogli:
 
“Se è vero quello che raccontano su questo luogo, Byrgir, allora non dovrai più preoccuparti che io rischi di prendere un malanno…” Con un sorriso risoluto e raggiante rivolto al suo destriero, Anna risvegliò il potere infuocato celato nel suo cuore e lo lasciò scorrere libero fino alle sue mani, che si accesero all’istante in una fiamma splendente, che faceva scintillare come oro la neve circostante. Poi alzò le mani infuocate verso il cielo e si trasformò in una magica fontana di fuoco! Le fiamme prodigiose che zampillarono dalle mani della ragazza erano simili a stelle cadenti, che penetrarono nel terreno della valle, senza intaccare il manto di neve Mentre evocava le mistiche fiamme, Anna, che aveva chiuso gli occhi, percepì la sensazione che nel terreno, sotto i suoi piedi, un calore che non era opera sua, ma che batteva comunque a tempo con il suo cuore. Un’essenza pura e magica di fluido incandescente che scorreva in tutto il territorio circondato dalla corona di vette, dominate dalla più imponente di tutte, il Cuore di Fuoco. Era come se un legame mistico si fosse creato tra l’essenza del luogo e il potere vibrante di Anna. A un certo punto, il fuoco che la principessa e l’essenza rovente della valle divennero un'unica forza, che batteva furiosamente e solennemente sotto il terreno come il cuore di un drago gigantesco.
 
“Ci siamo… è il momento… “ Pensò la ragazza, mentre scacciava gli ultimi dubbi dal suo animo e riuniva tutta la fiducia che riusciva a trovare. Allora smise di far piovere fiamme dalle sue mani, anche se esse continuarono ad ardere. Lei distese le braccia lungo i fianchi, stringendo i pugni, riaprì gli occhi, gli alzò verso la volta celeste e fu allora che accade! Il globo d’incandescente potere, un insieme di fuoco e magma, si trasfigurò in una sfolgorante e vorticante torre, e s’innalzò dal terreno, sopra il quale c’era Anna, portandola con sé, assieme a Byrgir, verso il cielo, quasi a raggiungere l’altezza del monte Cuore di Fuoco. Mentre accadeva tutto ciò, Anna richiuso un attimo gli occhi e s’immaginò di avere vicino a se i suoi genitori, che con un sorriso, la sostenevano con affetto. Quando sentì che sua madre gli aveva dato un bacio sulla fronte, delicato come un petalo di rosa, La ragazza verso una minuscola lacrima e riaprì gli occhi. Il suo cuore allora si pervase di una furente gioiosità e da vigorosa determinazione. S’inginocchiò e aprì le mani, con i palmi rivolti alla guglia della rovente colonna informe su cui si trovava. La costruzione fatata iniziò allora una lenta e stupefacente trasformazione. L’incandescente colonna prese le sembianze di una torre meravigliosa, che sembrava essere costruita solamente con il rubino più fiammeggiante che si potesse immaginare. Era altissima, quasi come il monte Cuore di Fuoco, e s’innalzava sovrana su tutto il resto della valle. Lo stile architettonico, anche se ricordava quello del castello di ghiaccio creato da Elsa tempo fa, simboleggiava il fuoco e la sua natura più pura. Sopra la sua testa, aveva plasmato con fuoco e lava un tetto a punta, sorretto da quattro imponenti colone decorate con fiamme stilizzate, come il resto della torre, poi creare una parete su ogni lato, con tanto di grande finestra ad arco, priva di vetri o tende. Il cuneo della torre, che ricordava una lancia di fuoco, illuminava la zona circostante come un faro. La creazione della torre da parte di Anna non sembrava aver sconvolto la bellezza nevosa del luogo, anzi! Si era come creata una misteriosa e astrale sintonia tra il luogo di riposo della coraggiosa stella e il cuore della principessa, che cercava solo un po’ di serenità dopo quando aveva sofferto nelle ultime ore prima dell’esilio, senza dover far del male ad altri involontariamente. Byrgir, che era stato accanto alla sua protetta senza mai abbandonarla, aveva assistito al prodigio scaturito da quest’ultimo, con il cuore pieno di fierezza e stupore per la fanciulla al quale lui aveva donato con solenne amicizia i suoi servigi. Guardò con dolce ammirazione la sua protetta, ancora in ginocchio, mentre le fiamme che avvolgevano ancora le mani di quest’ultima si spensero adagio come quelle di due candele ormai consumate. La neve intorno alla torre rimaneva intatta, nonostante il calore intenso che la costruzione emanava, protetta infatti dal miracoloso potere della valle del monte Cuore di Fuoco.
 
“Credevo che solo mia sorella sapesse fare queste meraviglie… ma sembra che nemmeno io sia da meno, in fondo…” Disse con un filo di voce la principessa, sinceramente soddisfatta del suo lavoro. Fu allora che lei fu travolta da una potente stanchezza e cade distesa quasi svenuta sul pavimento dalle mattonelle a rombo di rubino, ma sorridendo lievemente. Era contenta ormai di aver creato il rifugio dove avrebbe passato il suo esilio. Lontana dalle persone che lei amava per proteggerle da se stessa e il suo nuovo potere, nell’unico luogo dove il ghiaccio e il fuoco si uniscono in trascendente armonia senza mai scontarsi violentemente e annientarsi a vicenda. Un posto, un angolo di paradiso, dove la magia di Anna non poteva recare danno a niente e a nessuno. Byrgir, nel vedere la sua protetta crollare distesa a terra, si avvicinò preoccupato verso di lei per assicurarsi che stesse bene.
 
“Stai tranquillo, Byrgir… ho solo bisogno di riposare un pochino…” Sussurrò sorridendo la ragazza, con gli occhi mezzi chiusi rivolti al suo nuovo amico. Il suo infuocato angelo custode. Il pegaso ricambiò lo sguardo e il sorriso della principessa con altrettanta tenerezza. Gli ultimi pensieri di Anna, prima che un sereno torpore la abbracciasse, furono rivolti al suo amato Kristoff, al suo amico Olaf, Sven, Lynae, i bambini di Arendelle e… a sua sorella. Infine chiuse gli occhi e si lasciò cadere nel sonno. Nel vedere Anna che dormiva con un lieve sorriso sul volto, dopotutto ciò che lei aveva passato durante il suo ultimo giorno alla capitale, Byrgir quasi si commosse e si adagiò vicino alla sua protetta, come fa una madre con il suo piccolo. Spiegò una delle sue immense ali fiammeggianti e la convertì in coperta per la notte alla principessa, per farla sentire più al sicuro. Fu allora che l’incantato destriero udì un nuovo suono che spezzò il silenzio incantato della valle. Un boato possente che diveniva più forte con il passare dei secondi. Lui guardò verso una delle grandi finestre a volta senza vetri, in direzione dello stesso percorso dal quale, assieme ad Anna, erano giunti nella valle. Vide così con stupore che le nuvole di tempesta erano lacerate e annientate da un’onda che percorreva l’intero cielo, fatta di luce azzurra, bianca, fredda e cristallina, che seguiva di pari passo l’etereo frastuono. Il boato e lo splendore, entrambi trascendentali, attraversarono persino la valle, rendendo il suo mantello di neve e la torre di fiamme pietrificate più scintillanti che mai. La tempesta svanì nel nulla. Non c’era più bisogno di alcun buco nei cieli, perché della tempesta non rimaneva più alcuna traccia. Le stelle e la luna ripresero il dominio del cielo notturno, accompagnate da nuvole candite e pacifiche, sparpagliate come vivaci e allegre pecorelle. Le luci del nord si accesero, festeggiando così la fine della tempesta che fino a quel momento aveva minacciato la terra di Arendelle. Mentre la splendente onda e il boato, suo compagno di viaggio, sparivano all’orizzonte, oltre i confini del regno, le paffutelle nuvole bianche iniziarono a far cadere la neve, come soffici cuscini sprimacciati, e la terra di Arendelle fu ricoperta da un candito manto. Scese nuovamente il silenzio e la serenità, soprattutto nella valle del monte Cuore di Fuoco. Byrgir, anche se non comprendeva a pieno la spiegazione dello stupefacente fenomeno che aveva appena assistito, sorrise mentre rivolgeva la sua attenzione alla sua protetta, Anna, perché lei almeno si sarebbe risvegliata il giorno dopo, vedendo così un’alba splendente e libera dalle tempeste. Un sole che avrebbe baciato delicatamente con i suoi raggi d’oro il suo volto. Il pegaso non poteva immaginare che la magica onda candita e il suo frastuono cristallino… erano in realtà la dichiarazione di guerra di Elsa contro le tenebre di Miðgarðsormr!

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Capitolo 17
*** Il Viaggio ha Inizio ***


Infatti, qualche momento prima, dopo aver annunciato a Kristoff e agli altri che erano presenti nella sua stanza che aveva intenzione di recarsi anche lei al monte Cuore di Fuoco per ricongiungersi con sua sorella, Elsa si era diretta verso le finestre dalle tende scostate. Fuori la tempesta continuava a percuotere i cieli con la sua ferocia e a infierire su tutto il regno di Arendelle, con accecanti lampi, sferzanti venti e imperiosa pioggia. La regina osservava la tempesta attraverso le finestre con occhi diversi da prima: Più coraggiosi e decisi che mai! Elsa aprì le finestre e il terribile ululato del tumulto degli elementi entrò violentemente nella stanza, cercando di intimorirla, ma lei non si scompose. Allora la sovrana richiamò a se il potere del ghiaccio e le sue mani iniziarono a emanare un freddo e azzurro bagliore. Gli altri ospiti nella stanza erano rimasti con il fiato sospeso mentre osservavano la giovane donna, decisa più che mai a sfidare la tempesta. Il bagliore nelle mani della regina si fece sempre più intenso e scintillante e il suo abito, avvolto dalla sua fredda e risoluta luce, illuminava con eleganza la stanza, trasfigurando la sua persona in una specie di fuoco di ghiaccio. Fu allora che, con un gesto rapido, elegante e solenne, Elsa alzò le mani luminescenti contro la tempesta e lanciò un flusso di polvere di celeste cristallo.  Appena quel turbine di ghiaccio incantato colpì le tumultuose nubi, come se alimentato e amplificato dalla determinazione dall'amore di Elsa, esplose in un fragore, capace persino di zittire i tuoni, e in un bagliore che, come le onde create da un sassolino gettato in un lago, liberò i cieli di Arendelle dalla brutalità e dall'oscurità della tempesta, annientandola fino ai confini del regno, lasciando che le stelle, la luna e le luci del nord illuminassero le terre sotto di loro. Le scure nubi tempestose erano svanite e al loro posto c’erano solo baffute nuvole, bianche come panna montata, che iniziarono a far nevicare in tutto il regno, come per consolarlo e rassicurarlo.  Elsa, il cui celeste bagliore che la circondava si affievoliva, ma non quello nel proprio cuore, era sempre in piedi davanti alle finestre e osservò il cielo finalmente libero dall'orribile tempesta di un istante fa. Sorrise lievemente e si ripromise in cuor suo che avrebbe mosso mari e monti per salvare Anna, come quest’ultima aveva fatto per la maggiore tempo fa. Improvvisamente la regina cade in ginocchio, pervasa da una tremenda stanchezza in tutto il corpo, ma non nello spirito. Kristoff corse verso la sovrana per soccorrerla, appena in tempo per vederla sorridere e sentirgli dire:
 
“Non devi preoccuparti per me, Kristoff … vedrai che sistemeremo tutto … e non ci sarà potere, in cielo o terra, in grado di fermare il bene che proviamo per Anna.” Lei allora chiuse gli occhi e si lasciò abbandonare tra le braccia del ragazzo di sua sorella e nel torpore dell’incoscienza. Il biondino sorrise, impercettibilmente, e distese delicatamente la giovane donna sul suo letto. La decisione di Elsa era riuscita a lacerare il velo d’insicurezza e dubbio nell'animo del ragazzo. Era pronto a recarsi assieme alla regina verso il leggendario monte, a costo di affrontare Hans, il suo esercito di mostri d’ombra e il suo terribile signore, ripromettendosi che sarebbe finalmente riuscito a dichiarare i suoi sentimenti alla donna che amava e che avrebbe affrontato, ghiaccio, fuoco e tenebre. Anche Olaf era pronto a unirsi al viaggio per salvare la sua amica. Lynae era balzata sul letto e si era accoccolata vicino alla sorella maggiore della sua padroncina. Allora Granpapà si avvicinò al ragazzo con l’intenzione di porgergli un dono, qualcosa che poteva essergli utile nell'affrontare le tenebre. Kristoff si girò verso il troll e notò l’oggetto, riconoscendolo, che quest’ultimo gli offriva e lo guardò con un senso di meraviglia e gratitudine.
 

 
Intorno alla cima dell’altissima e nera montagna in cui era collocato il santuario di Miðgarðsormr, tutte le creature di pura tenebra, sotto forma di una gigantesca nube ricoperta d’infiniti occhi purpurei, che fluttuavano rapidi e feroci, emettendo versi e ruggiti indescrivibili. In mezzo a quell'immenso sciame di spettri neri Hans era a cavallo di uno spaventoso grifone. Un essere nero come l’abisso, con quattro occhi purpurei, il becco curvo e affilato come sciabola, con ali da pipistrello, gli artigli delle zampe da leone erano come falci e una lunga coda a serpente, librandosi nei cieli con spietata destrezza.  Nella sua testa, Hans percepiva con terribile chiarezza la crudele voce del suo padrone:
 
 “Vai, mio fedele condottiero delle tenebre, e non deludermi! Ti ho messo a disposizione tutte le creature oscure a me fedele che sono rimaste nel mondo dei mortali dopo il mio esilio, quindi sfruttale al meglio la fiducia e le risorse che ti ho donato, perché altrimenti, se fallerai, altrimenti ...” Il Re delle Ombre non ebbe bisogno di aggiungere altro, visto che Hans sapeva fin troppo bene le conseguenze di una sua sconfitta. La sua missione era semplice: doveva recarsi rapidamente verso il monte del Cuore di Fuoco, togliere di mezzo ogni ostacolo senza alcuno scrupolo e attuare il rituale della liberazione del suo padrone entro il tempo stabilito. Il principe, con aria cupa, spietata e ambiziosa, lanciò un grido di commando verso l’esercito di ombre e spronò il suo nero destriero alato. Il grifone oscuro si lanciò fulmineo in direzione della leggendaria valle. Le oscure nubi dagli orribili occhi purpurei, muovendosi come uno sciame di vespe, seguivano il loro condottiero, che era ormai più deciso che mai ad andare in fondo a questa storia, a qualsiasi costo.
 

 
Anna era imprigionata nell'occhio di uno smisurato vortice di fiamme rosse che ruggivano come bestie selvagge. In qualunque direzione voltasse il suo sguardo, la ragazza vedeva solo il fuoco e la rabbia più primordiali. Certo, quelle fiamme non riuscivano a ferirla, almeno fisicamente, ma il suo cuore era consumato da altro tipo di fuoco: quello del dolore, della paura e del rimorso. Aveva la sensazione di trovarsi imprigionata nell'infuocato vortice per l’eternità. Il pure e vero tormento che però squarciava la sua anima erano le fugaci visioni di ferrigna cenere che si muovevano intorno a lei nel vortice come spettri. Ogni volta che uno spettro di cenere passava davanti agli occhi della principessa, prendeva gli sfocati contorni della capitale di Arendelle, del palazzo, di Olaf, Sven, Lynae, del suo amato Kristoff … persino di sua sorella … Elsa … quando, però la principessa cercava con terribile sforzo di allungare le mani per raggiungerlo, il miraggio cinereo fu spazzato via da un’improvvisa vampata dell’infernale vortice. La cosa continuava a ripetersi con il crudele ritmo di una giostra, e ciò faceva bruciare il cuore della ragazza con crescente ferocia. Come se il semplice sfiorare delle sue dita riducesse in cenere ogni cosa vicino a lei. L’infuocato vortice e l’orribile carosello aumentarono la loro velocità in modo sempre più vertiginoso, tanto da far cadere in ginocchio tra le fiamme, impazzita dalla disperazione. Quando poi si mise a piangere, invece delle lacrime, dai suoi occhi sgorgavano sottili fili di cenere che salivano verso l’alto confondendosi con i grigi spettri. Una voce proveniente dalle fiamme vorticanti iniziò a ridere di lei in modo crudele, perverso e inumano. Quella voce irreale era simile a quella della principessa, ma distorta e pervasa da una demoniaca malvagità, come per umiliare ulteriormente le sofferenze della povera ragazza … fu allora che Anna si destò dal suo incubo e i suoi occhi furono investiti dalla radiosa luce del sole. La ragazza, ancora stordita dal brusco risveglio, si stropicciò gli occhi e li fece sbattere per parecchie volte. Poco alla volta l’ambiente intorno a lei si fece più nitido ed ebbe chiara l’idea di dove si trovasse adesso. Era distesa sul pavimento di rubino della stanza vuota in cima alla torre, che aveva plasmato con il fuoco magico durante la notte appena trascorsa, altissima e vibrante di sfumature fiammanti e dorate, creata al centro della leggendaria valle che l’aveva accolta. Lei si accorse che aveva il viso rigato dalle lacrime e se lo asciugò con il braccio destro, poi si rialzò piano in piedi. Al contrario del corpo, ritemprato dal riposo, la mente e il cuore erano leggermente spossati. La luce dell’alba attraversava una delle finestre ad arco, redento la stanza di fuoco pietrificato più scintillante e accogliente di quanto la ragazza potesse immaginare, e ciò gli dava una sensazione di limpido conforto e dolce malinconia allo stesso tempo. Il motivo era che l’ambiente intorno a lei gli ricordava la sua vecchia stanza al palazzo reale dal quale era stata costretta ad abbandonare. La principessa si avvicinò a una delle finestre ad arco, osservando il magnifico cielo azzurro e limpido. Fu allora che scorse Byrgir, intendo a sorvolare con possente e solenne eleganza la zona intorno alla torre, lasciandosi dietro di se una scia fiammeggiante dorata. Anna, a braccia conserte, sorrise dolcemente nell'ammirare il suo destriero e custode infuocato, mentre quest'ultimo compiva acrobazie e giri della morte tanto spettacolari da togliere il fiato. Dopo un po', l’ardente pegaso si diresse verso la torre e atterrò nella stanza attraverso la finestra, dalla parte opposta in cui si trovava la sua protetta. Con solenne gioiosità, Byrgir salutò la principessa facendo una profonda reverenza con la testa.
 
“Buongiorno, principessa. Hai dormito bene?” chiese il destriero, guardando la ragazza con i suoi occhi pieni di fiammeggiante e regale affetto.
 
“Buongiorno anche a te Byrgir … diciamo che ho avuto notti migliori …” rispose lei con leggero sbadiglio, tentando di nascondere l’amarezza e l’inquietudine lasciati nel suo cuore dall'orribile incubo. Il pegaso, però, riuscì a scorgere l’amara tristezza nei celesti occhi della ragazza, e gli chiese dolcemente che cosa la turbasse veramente. La voce così teneramente e meravigliosamente paterna dell’infuocata creatura riuscì a toccare amabilmente il cuore della sua protetta a tal punto che lei non seppe più trattenersi e corse verso il suo amico, abbracciando il suo possente collo e scoppiando in un pianto tale da commuovere persino un orso. Anna, sfogandosi e piangendo come una bimba che si era fatta male al ginocchio e andava incontro a suo papà, raccontò a Byrgir l’incubo che aveva fatto, gli confessò le sue paure. La paura del demone che insidiava la sua anima. Del dono meraviglioso e terribile che custodiva. Persino di se stessa e di far del male, seppur involontariamente, alle persone che amava. Byrgir, col cuore gonfio di commozione e affetto per la ragazza, stava per dirle che poteva e doveva essere forte, affrontare le sue paure e di non lasciarsi sopraffare dalla disperazione, ma prima che potesse farlo, l’attenzione di entrambi fu attirata da un insolito rumore, un rombo in lontananza.
 
“Aspetta, che? Sta forse arrivando un altro temporale?” Esclamò confusa Anna, sciogliendo l’abbraccio e guardando fuori dalla finestra, in direzione da cui proveniva l’enigmatico rombo. Byrgir, sorpreso quanto la sua protetta, si mise vicino a lei, pensando che non poteva esserci una tempesta in arrivo. Infatti, durante la sua perlustrazione nei cieli, non aveva notato nubi nere, nemmeno oltre i confini della valle, solo piccole nuvolette candite solitarie, come pecorelle smarrite. I due sentirono tremare il pavimento sotto i loro piedi, e dalla finestra guardarono verso le distese nevose, dal quale sembrava provenire quel misterioso rombo. Su allora che scorsero insieme l’immenso branco di creature più incredibile, regale e meravigliosa che si potesse immaginare, come se avesse preso vita dal racconto di un’antica leggenda. Erano creature bellissime simili a cervi, ma molto più grandi e possenti degli stalloni, i cui corpi erano ricoperti da meravigliose pellicce folte e lunghe. Le fluenti criniere lungo il dorso si muovevano con selvaggia grazia. Avevano corna che sembravano corone, grandi, robuste e appuntite che s’innalzavano elegantemente. Avevano persino un terzo corno in mezzo alla fronte, svettante lungo e appuntito, come gli unicorni che Anna sognava da bambina. Le corna e gli zoccoli sembravano forgiati nell'acciaio lucente e temprato. Le loro pellicce così lisce e lucenti avevano il colore del cristallo, e sotto la luce del sole, risplendevano al pari delle luci del nord. Anna osservò quelle creature con grande meraviglia negli occhi e nel cuore. Non aveva mai visto animali così straordinari, il cui numero doveva essere pari a qualche centinaio, che cavalcavano le distese nevose della valle come un potente esercito, fiero e selvaggio. Lei e Byrgir, incantati da quell'incredibile spettacolo, si accorsero che la mandria scintillante si dirigeva verso la torre di rubino e si arrestò proprio poco distante dai piedi della costruzione. Gli occhi di quelle stupende creature, simili a zaffiri, smeraldi e ametiste, erano puntati dritti verso la sommità della torre. Fu allora che la ragazza si rese conto di cosa potesse significare ciò.
 
“Oh, cielo! Vuoi vedere che senza sapere ho creato la torre proprio nel loro territorio?” esclamò lei preoccupata, rivolgendosi a Byrgir, che replico:
 
“Non sembra però che abbiano intenzioni bellicose!” In effetti, gli occhi di quei cervi incantati, per quanto solenni e imperiosi, non erano carichi d’ira territoriale o indignazione, ma piuttosto di una lieve sorpresa mista a sincera curiosità.
 
“A scanso di equivoci, sarà meglio andare loro incontro per chiarire questa situazione … sperando che queste creature abbiano il dono della parola!” disse Anna, mentre si avvicinò a Byrgir per montarlo e scendere giù dalla torre, ma quest’ultimo indietreggiò un poco, lasciando sconcertata la sua protetta.
 
“Ehi, ma che ti prende!” esclamò Anna, sorpresa dall'atteggiamento recalcitrante del pegaso fiammeggiante.
 
“Io non avrei niente in contrario a portarti da quelle creature, ma … ti sei vista allo specchio di recente?” la risposta di Byrgir fece alzare di parecchio un sopracciglio di Anna, e subito un terribile sospetto s’insinuò in lei. Rivolse la sua attenzione verso il centro della stanza e, avvolgendo entrambe le mani del potere del fuoco, scagliò una fiammata contro il pavimento di rubino. La fiammata divenne un falò e subito dopo prese una forma famigliare e si cristallizzò all'istante. Era uno specchio ovale, grande dopo più di una persona adulta, la cui cornice era decorata con fiammelle che sembravano boccioli di rosa, sostenuto da piedistalli a zampa di leone su entrambi i lati. Tutti ciò che era riflesso sulla sua superficie, assumeva una colorazione che variava dal rosso, arancio e dorato. La principessa si specchiò in esso e subito soffocò con le mani un urlo di orrore misto a imbarazzo.
 
“No! Non ci credo! No, dico, ma sono un disastro!” Perché Anna diceva così? Allo specchio il suo viso era più grazioso che mai, i suoi occhi erano dolci e vispi come sempre, e i capelli rossi ramati sciolti, che ormai non si scompigliavano più a nido d’uccello a ogni risveglio, sembravano persino divenuti lunghi, lucenti e magnifici quando quelli di sua sorella. Allora qual era il problema? Semplice! L’abito che ora aveva addosso era ridotto così male che nemmeno un povero avrebbe voluto indossarlo, nemmeno sotto tortura. Dopo la terribile battaglia tra fuoco e ghiaccio con Elsa, essere riuscita a contenere con fatica il demone della rabbia, aver affrontato un viaggio sfidando vento, pioggia e freddo più accaniti, il suo abito era divenuto lurido, sporco, con piccoli strappi e segni di bruciatura su tutto il tessuto. Era come se un candito cigno fosse costretto a indossare un abito fatto con piume di corvo.
 
“Oh dai, ma non posso andare in giro con questo … straccio addosso!” si lamentò la ragazza, passando rapidamente lo sguardo dallo specchio ai vestiti e viceversa per parecchie volte.
 
“Certo che no, Anna!” replicò il suo destriero con una stillata di sarcasmo, che Anna ignorò volentieri perché gli voleva troppo bene per indignarsi. Mentre lei sbuffava, il suo viso assunse l’adorabile espressione da bimbetta imbronciata, tanto da far provare a Byrgir una paterna tenerezza.
 
“D’accordo che l’abito non fa il prete, ma a tutto c’è un limite! E non ci sono nemmeno sarti da queste parti!” Esclamò lei quasi gridando, iniziando a girare a passo sostenuto intorno allo specchio, con un’espressione piena di adorabile indignazione infantile e con le mani tra i capelli. Ogni tanto il suo sguardo cadeva brevemente sul suo riflesso, sbuffando come un cavallo imbizzarrito. Se Elsa si fosse trovata lì in quel momento, avrebbe sicuramente riso dolcemente.
 
“A Elsa queste cose non gli succedono mai … per forza, con i suoi poteri, lei potrebbe avere un guardaroba così stupendo da far invidia a qualsiasi regina …” La principessa s’immobilizzò all'istante proprio dietro lo specchio.  Un’immobilità lungo molti secondi, tanto da far preoccupare Byrgir, che disse:
 
“Anna va tutto bene?” La ragazza allora scattò come una volpe fuori da dietro lo specchio con la vivacità di una bimba che aveva appena ricevuto un regalo da Babbo Natale in persona, con un radioso sorriso che scaldava i cuori.
 
“Ecco la soluzione, Byrgir! Se mia sorella crea abiti spaventosamente belli con la sua magia, perché non dovrei riuscirci anch'io con la mia?” Fu l’euforica risposta della ragazza, che aveva ritrovato in se una scintilla scoppiettante di meravigliosa e infantile gioia di vivere nel cuore.
 

 
La luce dell’Alba aveva appena sfiorato la capitale, eppure tutto era tutto pronto, nel piazzale del castello, per il viaggio verso la valle del Cuore di Fuoco. Kristoff aveva appena finito di attaccare Sven alla slitta, la stessa che la sua amata gli aveva regalato tempo addietro, in segno di gratitudine e di tenera amicizia, che sarebbe poi sfociata in sincero amore. Assieme a lui e alla sua amica renna, sarebbero partiti con loro anche Olaf ed Elsa che, forse per la sua stessa magia, per la sua forza di volontà come regina, per il sincero amore nei confronti di sua sorella o forse persino tutte e tre le cose messe insieme, si era ripresa rapidamente e si sentiva già in forze. Mentre il ragazzo sistemava le ultime provviste nel retro della slitta, non poteva non sentirsi a disagio a causa degli sguardi della popolazione. La gente si era radunata nel piazzale in attesa della regina, dopo che i ministri avevano diffuso tutta la verità sui fatti accaduti negli ultimi giorni, soprattutto sui poteri infuocati che Anna aveva dolorosamente scoperto. I loro sguardi erano carichi di preoccupazione, dubbi e paura. Intanto, all'interno del castello, Elsa e Olaf stavano camminando a fianco a fianco verso le porte del palazzo per intraprendere il viaggio.
 
“Se sicuro di voler venire con noi, piccolo? Lo sai che probabilmente dovremmo affondare molti pericoli.” disse la regina con un amorevole sguardo preoccupato verso il pupazzo di neve.
 
“Ormai è deciso e non mi tirò più indietro! Anna ha bisogno di tutti noi per ritrovare se stessa ed io non sarò da meno!” Rispose il piccoletto e poi prosegui con amabile determinazione:
 
“Se poi dovessimo davvero affrontare dei pericoli, mi basterebbe tirare fuori la mia faccia da duro per farli scappare via a gambe levate, così!” E il pupazzo sfoderò la sua aria da duro, talmente buffa da strappare un piccolo risolino alla regina, ma che sapeva riconoscere nel suo piccolo amico il coraggio e la nobiltà di un vero cavaliere. Olaf aveva sicuramente ragione, Anna aveva bisogno di tutte le persone a lei care per ritrovare la voglia di vivere e di stare con gli altri. I visi di entrambi si volsero poi verso l’ingresso, ancora devastato dopo l’ultima visita di Hans.
 
“Una volta varcata questa soglia, non si potrà torna più indietro, almeno finché Anna non sarà salva e l'oscurità sconfitta! Sei pronto, mio piccolo Olaf?” Dicendo così la regina porse dolcemente la mano al pupazzo. Lui la strinse teneramente con la sua manina di legno, dicendo:
 
“Per te e Anna sarò sempre pronto, comunque vadano le cose!” entrambi si sorrisero a vicenda con sincera amicizia. Si avviarono infine verso l’ingresso e uscirono nel piazzale gremito di gente. Un tappeto rosso era stato disteso dall'ingresso verso la slitta e ai lati le guardie erano più rigidamente sull'attenti più che mai. Mentre Olaf ed Elsa camminavano lungo il tappeto, quest’ultima si aspettava che nel fuori dall'ingresso ci fosse il suo popolo, in attesa del suo arrivo. Che cosa poteva vedere negli occhi delle persone che lei aveva giurato di proteggere e guidare quando gli è stata cinta la corona del regno? Che cosa passava per le menti di quegli uomini, donne e bambini? Ansia, timore e … forse scintille di risentimento nei confronti della loro regina, perché ancora una volta aveva loro nascosto la verità, come aveva già fatto in passato? Lei poteva ancora sentirsi degna di essere la loro sovrana? Lei però sperava che in quella marea di pensieri ci fossero luci di comprensione. Il silenzio del cortile era quasi terribile, rotto solo dai bisbigli ed esclamazioni soffocate degli abitanti. Lei e il suo piccolo amico si avviarono verso la slitta. Quando furono vicini, la giovane donna e il biondino si scambiarono uno sguardo di stoica intesa, con entrambi i cuori pieni di determinazione. Fu allora che una piccola figura sgusciò fuori dalla folla, correndo come una lepre verso la regina.
 
“Regina Elsa!” Gridò la piccola Astrid, correndo e stringendo tra le mani una piccola bisaccia di ottimo cuoio, come se fosse un piccolo tesoro. Elsa, Sven, Olaf e Kristoff si voltarono sorpresi verso la bimbetta. Le guardie stavano per intervenire, ma furono fermate da un ordine secco e deciso della loro sovrana.
 
“Astrid, cosa c’è?” Domando la regina, chinandosi e abbracciando amorevolmente la piccola Astrid. Notò subito che la bimba stava versando piccole lacrime, ma con una calma e una tenerezza da far squagliare un cuore. Non aveva la smorfia di qualcuno che piange istericamente, ma il viso di chi sa piangere senza abbandonarsi veramente al dolore e all'angoscia.
 
“È vera la storia della Principessa Anna, dei suoi poteri e di tutto il resto?” Chiese Astrid, la cui dolce voce fu rotta solo una volta dal pianto e in modo maniera quasi impercettibile. Elsa non poté fare almeno di sorridere e di versare una fioca lacrima dal suo viso, ammirando quel piccolo angelo avvolta tra le sue braccia.
 
“Sì, mia piccola Astrid … ma ora andremo a salvarla. La riporteremo a casa … te lo prometto.” Rispose la regina dolcemente e decisa, cercando di infondere coraggio alla piccola. Elsa poi proseguì dicendo:
 
“Non sarà facile, questo è certo! Anna è … confusa adesso, proprio com'è accaduto con me, sai … credo che tu conosca la storia.” Allora la bambina, riuscendo ad abbozzare un tenue sorriso, diede la piccola bisaccia alla sovrana.
 
“Allora questo potrebbe aiutarla …” Si limitò a dire la piccolina. Elsa, incuriosita, aprì la bisaccia, vi guardò e ... comprese finalmente con un sorriso e un’altra lacrima il gesto e le buone intenzioni di Astrid. Chiuse la bisaccia e la strinse a se come fosse una reliquia e guardò la bimba con occhi pieni di gratitudine.
 
“Ho compreso mia piccola Astrid, e da parte mia e di Anna ti ringrazio!” Così dicendo, la sovrana usò i suoi poteri e fece apparire nella mano un sottile fazzoletto intessuto nel ghiaccio, come il suo vestito, con magnifici fiochi di neve ricamati negli angoli e con esso, asciugò le lacrime della bimba. Per Astrid sentirsi sfiorare da quel fazzoletto era come il suo viso venisse accarezzato da una dolce brezza di montagna e regalò alla sovrana un'altro  dolce sorriso. Olaf, commosso e sorridente, non poté più trattenersi e si fece avanti abbracciando come meglio poteva Elsa e Astrid. Persino Kristoff cercò di nascondere una lacrimuccia che gli era scappata, cosa che solo Sven notò. Anche la folla guardava commossa la scena, soprattutto i genitori di Astrid. Poi la piccola salutò la regina con bacio sulla guancia e augurò a lei e ai suoi amici buona fortuna, poi, alzandosi si avviò verso i suoi genitori che lo aspettavano a braccia aperte pieni di orgoglio per la loro piccola. Rialzandosi, Elsa decise che prima di partire, avrebbe tenuto un breve discorso alla sua gente. Il gesto di Astrid gli aveva ridato coraggio e fiducia negli abitanti di Arendelle. Allora disse, come voce ferma e decisa ma gentile e compressiva allo stesso tempo, tanto da attirare l’attenzione di tutti i presenti:
 
“Cittadini di Arendelle! Le voci che avete saputo dai ministri riguardo alla fuga di mia sorella, alla scoperta dei suoi poteri di fuoco, sulla vera minaccia che grava sulla nostra terra sono tutte vere, nessuna esclusa. Lei è scappata, perché, proprio come per me, è terrorizzata dal dono che ha ricevuto. Come però lei, tempo fa, affrontò il viaggio per salvarmi da me stessa e dalla mia paura, io farò lo stesso. Glielo devo! Mi è stato detto che l’unica cosa che può sconfiggere l’ombra che vuole renderci tutti schiavi è che io mi ricongiunga ad Anna e che insieme dobbiamo affrontarlo senza esitazioni. Per le nostre vite, per Arendelle e per suo il futuro. Quello che ora io chiedo, a tutti voi, popolo di Arendelle, e di avere speranza e fiducia in me e in Anna. Non chiedo altro!” Dopo il discorso ci fu qualche attimo di assordante silenzio … per poi essere lacerato brutalmente dall'esplosione di grida esultanti della folla, lanciando cappelli e applaudendo con gioiosa sincerità.
 
“Evviva la nostra regina! Urrà per la principessa Anna! Abbasso Hans e il suo sporco padrone! Siamo con voi, altezza! Che possiate tornare vittoriosi a casa! Viva Arendelle! Lunga vita ai nostri eroi!” Elsa sorrise commossa e rincuorata dalle urla raggianti e benevole della sua gente e li ringraziò con un inchino. Olaf poi non la finiva più fare inchini, neanche se egli fosse stato un grande cantante d’opera. Ci mancava solo che la gente iniziasse a lanciargli dei fiori. Poi, aiutata da un Kristoff rincuorato da quelle grida di giubilo, salì sulla slitta e poi a sua volta aiutò Olaf e salire anche lui, mettendolo al suo fianco. In grembo teneva la bisaccia che Astrid gli aveva donato e poi volse lo sguardo alla folle, notando che la bambina gli donava con cuore sincero un sorrido pieno di fiducia e speranza, salutando sbracciandosi gioiosamente. Elsa ricambiò il saluto della bimba e di tutti gli abitanti che continuavano a gridare elogi e auguri di buon auspicio per il viaggio che stava per intraprendere assieme ai suoi amici. Poi gli abitanti di Arendelle si fecero da parte per permettere alla slitta di uscire dal cortile del castello. Kristoff, al posto di guida, fece schioccare le redini e Sven partì al galoppo, tirando la slitta come se non ci fosse un domani. Una volta fuori  dalle mura del castello, attraversarono il ponte e si diressero finalmente verso il luogo in cui Anna aveva designato per il suo esilio volontario: La valle del Cuore di Fuoco.
 
“Forza Sven, a tutta velocità! Battiamo anche i venti se necessario, ok amico?” Spronò risoluto il ragazzo al suo migliore amico a quattro zampe. La renna sì limitò a dare tutta se stessa ancora di più. La slitta sfrecciò inarrestabile, piena dei pensieri dei suoi occupanti, che avevano tutti lo stesso fino conduttore nei loro cuori in quel momento: Salvare Anna da se stessa e dall'ombra e fargli ritrovare la voglia di vivere, sorridere e amare. Kristoff, mentre spronava il suo amico Sven e corre ancora di più, non poté fare a meno di pensare che stavolta fosse pronto a dichiarare alla sua amata, la sua principessa, la sua furia scatenata tutto il suo amore e di volerla al suo fianco per il resto della vita. E se ancora una volta Hans si fosse messo di mezzo, non avrebbe esitato ad affrontarlo, sfruttando il dono che il capo dei troll gli aveva consegnato con solenne e paterno affetto. Lo stesso dono che si trovava nel suo zaino, pronto a essere scatenato se la situazione lo avesse richiesto. Sven correva come non aveva mai fatto finora nella sua vita, sapendo che era in gioco la vita di Anna, la felicità del suo migliore amico di ricongiungersi all'amore della sua vita e la salvezza di tutta Arendelle. Non male per una renna essersi imbarcato in un’impressa così epica e pericolosa, manco fossero stati i racconti di eroi e battaglie intorno al fuoco di Granpapà di quando lui e il suo amico umano erano piccini. Olaf sapeva di non essere proprio un possente guerriero, ma avrebbe fatto tutto quello che poteva per aiutare la sua amica, con tutto il suo tenero cuoricino di neve. Elsa, più di tutti gli altri, era pervasa da mille emozioni diverse: paura, dubbi, coraggio, apprensione, amore e speranza. In un modo o nell'altro avrebbe salvato sua sorella, anche se questo forse significava affrontare nuovamente Surt, quell'orribile demone evocato dalle ombre dell’oscuro signore. Guardò verso l’orizzonte mentre la slitta correva veloce, dirigendosi verso le foreste, che conducevano sul sentiero che l’avrebbe guidato lei e i suoi compagni verso la loro destinazione: il Cuore di Fuoco!
 
“Resisti, Anna! Stiamo arrivando! Non permettere a niente e nessuno di soffocare quella scintilla di speranza che rimane ancora nel tuo cuore!” Si diceva la giovane sovrana, con cuore più deciso e ottimista che mai, pronta ad affrontare qualsiasi sfida il destino gli avrebbe messo davanti, pur di salvare sua sorella.
 
 

Lui sentiva il coraggio e la speranza nel cuore della sua regina, più forti che mai. Mentre camminava tra gli alberi illuminati dal sole e facendo scappare terrorizzati persino gli orsi alla sua immensa presenza, sentiva che il momento in cui si sarebbe ricongiunto con la sua creatrice non era lontano e fremeva di gioia al suo pensiero. Continuò a marciare, ignorando i lupi che non avevano il coraggio di avvicinarsi alla sua nevosa imponenza.
 

 
“Oh cielo, ma dove è finita quella bestiaccia!” Gridò esasperata Grace la governante, con le mani nei capelli mentre girava terribilmente preoccupata per i corridori del castello. Elsa e i suoi amici erano già partiti dalla capitale da quasi un’oretta. Uno dei servitori, notando l’agitata ansia della donna gli andò incontro e gli chiese cosa la turbasse tanto. Lei allora raccontò, quasi sull'orlo di una crisi isterica.
 
“Si tratta della micia della principessa Anna! Prima di partire, la regina mi aveva incaricato di prendermi cura di quella bestiola, ma quando sono entrata nella stanza della principessa … la cuccia era vuota! Sparita! L’ho cercata per tutto il castello, soprattutto in cantina e nelle cucine, pensando che quella peste fosse a caccia di topo o volesse smangiucchiare qualche pesciolino, ma niente! Sembra svanita nel nulla!” Per tutto il discorso, la povera governante sembrava sul punto di piangere disperata, allora il servitore si offrì di aiutarla, richiamando poi l’attenzione degli altri domestici alla ricerca della gattina. Nessuno di loro, però, poteva riuscire a immaginare veramente dove si trovasse veramente Lynae in quel momento.

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