Il secondo di uno sguardo di thera (/viewuser.php?uid=142829)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Traditori e acquisizioni ***
Capitolo 3: *** Patti e concili ***
Capitolo 4: *** Sospetti e piani geniali ***
Capitolo 5: *** Scoperte e missioni ***
Capitolo 6: *** Dichiarazioni e sakè ***
Capitolo 7: *** Sensazioni ed esperimenti ***
Capitolo 8: *** Shuriken e gente strana ***
Capitolo 9: *** Jinchuuriki arrabbiate e ninja esperti ***
Capitolo 10: *** Incontri fortuiti ***
Capitolo 11: *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo 12: *** Preoccupazioni e bugie ***
Capitolo 13: *** Bambini soli ***
Capitolo 14: *** Calore ***
Capitolo 15: *** Il secondo di uno sguardo ***
Capitolo 16: *** Dolore e sangue ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Minato rientrò in casa. Era tardi, molto tardi, d'altronde era un paio di sere che tardava. La situazione al villaggio stava diventando insostenibile, non vedeva alcuna soluzione, sempre che non si ritenesse tale quella di Danzo, ma per Minato sterminare un clan non era affatto una soluzione.
Kushina lo stava aspettando in piedi, non riusciva a dormire. Minato le aveva parlato delle tensioni con gli Uchiha ed era convinta che gli servisse qualcuno con cui confidarsi.
"Kushina, ti avevo detto che non c'era bisogno di aspettarmi." le disse gentilmente il marito.
"Non riuscirei comunque a dormire sapendo che c'è il pericolo che scoppi una guerra civile," gli rispose la moglie " mi pare di avertelo detto anche ieri, Minato" continuò tirando appena un sorriso. Si sedettero al tavolino della cucina e Minato cominciò ad aggiornarla delle novità, dirigendo per tutto il tempo lo sguardo verso le proprie mani.
"Non riuscite proprio a trovare una soluzione senza far scoppiare una guerra, tesoro?" gli chiese la moglie poggiando le sue mani su quelle del marito.
"No. Da quando hanno saputo che Danzo, anni fa, ha voluto negargli quella carica e si sono isolati creando il quartiere Uchiha, sono ancora più convinti che tutto il villaggio ce l'abbia con loro." gli rispose il marito. Erano giorni che il suo cervello era impegnato a cercar di risolvere questa faccenda, ma più ci pensava più la soluzione sembrava sfuggirgli. Loro sapevano quali erano gli obbiettivi della guerra, la spia glielo aveva detto, ma il problema era, in realtà, il fatto che il terzo stava temporeggiando, cercando la soluzione migliore per tutti, e stranamente Danzo lo stava appoggiando. Minato era sicuro che quell'uomo avesse qualcosa in mente.
"E che cosa farà la vostra spia?"
"Non so Kushina, è solo un ragazzo"
"Scusa Minato, non volevo stressarti." gli disse dispiaciuta la moglie, non era sua intenzione traviarlo.
Minato le sorrise gentilmente dicendo:
"Non preoccuparti Kushina, non mi hai stressato."
E su queste note agrodolci, decisero, finalmente, di andare a dormire.
***
Un gruppo di persone era riunito, nonostante l'ora tarda, in una stanza in penombra. Erano in molti e tutti sembravano esser d'accordo con colui che parlava.
"…noi non possiamo più sopportare le pesanti discriminazioni che Konoha fa al nostro clan! Non scordiamoci che coi Senju ci furono anche gli Uchiha a fondare il villaggio, ma, nonostante tutto, loro rifiutano di darci più potere! Il comando della polizia è solo un premio di consolazione ed è per questo che noi, domani, li attaccheremo!"
Ci fu un coro d'assensi, ma non tutti erano contenti, c'erano alcune figure che stringevano i pugni. Loro erano gli unici convinti che quella guerra che sarebbe scoppiata a breve non sarebbe stata un bene per nessuno.
Note d'autrice
Benvenuti a tutti coloro che hanno avuto il coraggio di leggere queste note. Ora spiegherò gli if di questa ff
-
Obito non è mai finito sotto la roccia, quindi ha conservato tutti e due gli occhi,
-
Rin sta bene e non è mai divenuta Jinchuuriki
-
Minato è ancora vivo e anche Kushina che è la Jinchuuriki della volpe
-
Gli Uchiha si sono confinati da soli
-
Obito in questa storia sarà fratello di Shisui,
-
Shisui, che ha 18 anni non è morto, Danzo non si è azzardato a strappargli l'occhio
La storia verrà aggiornata ogni sabato e gli altri capitoli saranno molto più lunghi di questo. Il secondo è circa 5 volte più grande di questo, paura, eh?
Inoltre vorrei ringraziare thyandra che mi ha aiutato!
Finalmente ho finito
thera
P.S. Buon compleanno Minato!
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Capitolo 2 *** Traditori e acquisizioni ***
Capitolo 2
Traditori
e acquisizioni
Giorno 1 -
notte
Itachi
e Fugaku percorsero in silenzio la strada verso casa. Stava per
scoppiare una guerra.
Itachi
odiava la guerra, non portava altro che morte, desolazione e ancora
morte.
Questa,
poi, sarebbe stata inutile, anzi, non questa in particolare, tutta la
guerra in generale era inutile, era solo il modo migliore per
peggiorare le cose. Lui non avrebbe mai voluto che scoppiasse e per
questo aveva aiutato gli Hokage.
Casa
arrivò prima di quanto si aspettasse ed, appena si chiuse la
porta alle spalle, suo padre gli disse:
“Ultimamente
la tua condotta mi ha molto deluso, ma esigo che tu non lo faccia
adesso.”
“Io
non combatterò, padre.” gli rispose deciso il figlio.
Non avrebbe voluto che quella guerra scoppiasse, figuriamoci
combatterla. Non poteva uccidere persone che fino a qualche giorno
prima erano stati compagni e amici, persone che sorridevano,
scherzavano e avevano una famiglia a cui volevano bene.
“Che
cosa vorrebbe dire che non combatterai?! Io sono tuo padre e tu fai
quello che ti dico io!” gli rispose Fugaku, furente. Suo figlio
si stava rivelando una delusione, non aveva il benché minimo
orgoglio e non capiva che il colpo di stato era legittimo.
"Tutto
questo è sbagliato, come tutta la guerra del resto, e, oltre
tutto, non ci porterà a nulla! Hai mai pensato a quante
persone innocenti perderebbero la vita in una guerra che non è
la loro?!” gli chiese il figlio fremendo di rabbia, riuscendo
tuttavia a mantenere un tono di voce controllato.
“Ma
che cosa stai dicendo?! Come fai a non capire che è giusto? Il
nostro glorioso clan è stato oppresso e a te non interessa
nulla! Non sei degno di chiamarti Uchiha. Pongo più speranze
in tuo fratello. Lui si che ci aiuterà.”
Itachi
faticò un po' a comprendere quello che suo padre gli aveva
appena detto. Non poteva lasciar combattere un bambino di sette anni!
E se si fosse fatto male? Se fosse... No, Itachi non poteva
contemplare quest'ultima opzione, non riusciva nemmeno a pensarlo!
Sasuke non poteva vedere ciò che quella cosa
comportava, era ancora troppo piccolo per affrontare la morte di
qualcuno. Itachi sentì gli occhi bruciargli e per un attimo
gli si annebbiò la vista, ma rispose al padre perdendo del
tutto la calma:
“Sasuke
è solo un bambino! Come puoi solo pensare che possa
combattere? Gli stai negando un futuro già con questa guerra,
ed ora vuoi anche farlo combattere? I bambini hanno bisogno di un
futuro e i bambini morti non ne hanno uno.”
“Tu
non capisci. Lo sto facendo per il suo futuro. Se proprio vuoi che
non combatta, fallo tu al suo posto.”
La
scelta si presentò davanti a Itachi come una luce nel buio.
Non ci pensò su nemmeno un istante, sarebbe andato contro i
suoi principi, sarebbe andato a combattere, sarebbe andato anche
incontro alla morte se significava salvare Sasuke. Lui non avrebbe
visto tutto questo. Quando suo padre ebbe la sua risposta, gli girò
le spalle incamminandosi verso l'altra stanza e, quando fu sulla
soglia, gli disse: “È proprio ingiusto che tu che non
sei degno di portare il nome degli Uchiha abbia acquisito questo
dono.”
***
Giorno
2 - mattina
Quella
mattina era particolarmente bella, non una singola nuvola turbava il
perfetto cielo azzurro, tuttavia a Konoha la quiete stava proprio per
essere rotta.
La
prigione era buia e sporca, ma questo non era poi tanto strano. La
cosa strana era invece che tutte le celle erano vuote, e, cosa ancora
più strana, non c'era nessuna guardia che cercava di
riacciuffare i prigionieri, anzi, erano state proprio loro a farli
fuggire.
Obito
stava correggendo il rapporto riguardo l'ultima missione quando suo
fratello Shisui irruppe nella stanza. Sembrava preoccupato e Obito
intuì che quello che volesse dirgli riguardava la guerra.
“È
iniziata.” Queste due sole parole produssero un profondo
turbamento nell'animo di Obito. Non poteva essere iniziata, non
ancora...
“Hanno
deciso ieri i dettagli. Evidentemente non si fidano di te, ti
ritengono troppo vicino all'Hokage. Il loro obbiettivo è
l'ospedale. Vogliono uccidere i medici.”
L'ospedale?
No, non era possibile, non poteva essere possibile, Rin era un medico
e soprattutto, Rin era all'ospedale! Obito cercò di
controllarsi per non andare nel panico più totale, non era più
un tredicenne a cui tremavano le gambe al primo attacco nemico, il
suo autocontrollo non era più solo a parole. Doveva fare
qualcosa, ma...
Guardò
il fratello esitante per un attimo.
“Che
cosa ci fai ancora qui?” gli rispose semplicemente Shisui.
Obito gli sorrise e gli disse un grazie prima di correre via.
La
strada per l'ospedale non gli sembrò mai così lunga
come quella volta, non riusciva a non pensare mille modi diversi in
cui Rin avrebbe potuto perdere la vita. Nella sua testa la vedeva
immersa in un lago di sangue, trafitta alla schiena, o allo stomaco o
al cuore. Poteva avere la testa mozzata, o peggio, il suo corpo
poteva essere stato smembrato, oppure poteva essere rimasta
intrappolata sotto qualche detrito, o …
Obito
scosse più volte la testa per allontanare quei pensieri, ma
sembrava che tutti i suoi sforzi andassero a vuoto, se riusciva ad
allontanare quelle immagini, dopo qualche secondo, tornavano,
inesorabilmente, indietro. L'imponente sagoma dell'ospedale servì
insieme a rassicurarlo e metterlo ancora più in ansia, che
cosa avrebbe fatto se lei fosse morta? Iniziò a correre più
veloce, ma quello che vide riuscì solo a gelargli il sangue
nelle vene, c'erano molti cadaveri e ancora più sangue, sul
pavimento, sulle pareti e perfino sul soffitto. Come diavolo poteva
finire del sangue sul soffitto? C'erano delle urla e lui si diresse
istintivamente verso la loro fonte. Ma più avanzava più
sembrava rallentato, tutti quei corpi stremati per terra lo
distraevano, guardava tutti i loro volti, uno per uno, per accertarsi
che non fossero lei. I suoi occhi lo ingannavano, ogni singola
ragazza dai capelli castani assumeva inspiegabilmente le sue
sembianze. Quando finalmente la vide, viva, il suo cuore mancò
un battito, ma non ebbe nemmeno il tempo di rallegrarsi. Un nemico,
un Uchiha, stava per ucciderla. Gli si buttò contro
istintivamente e con una forza sconosciuta lo uccise. Rin stava
appoggiata al muro tremante e un istante dopo lo abbracciò.
Obito, nonostante la strage che lo circondava, non poté non
sentirsi elettrizzato. Rin, la
sua Rin, lo stava abbracciando! Ma si scostò poco dopo
affermando che dovevano salvare gli altri medici. Obito ci rimase un
po' deluso, il suo momento di gloria era finito troppo presto.
“Io,
potrei curare quelli che non sono ancora morti...”
Obito
smise di ascoltarla nel momento in cui capì che lei aveva
intenzione di restare là dentro. Rin non poteva restare
all'ospedale, era troppo pericoloso per i suoi gusti.
“Io
credo che abbiamo bisogno di aiuto... Si,
è meglio cercare aiuto.” disse lui frettolosamente e,
senza lasciarle il tempo di replicare, l'afferrò per un polso
e si diresse verso l'uscita. Appena uscì tirò un
sospiro di sollievo, l'aveva portata fuori.
Si
accorse che i pressi dell'ospedale erano deserti, non ci aveva fatto
caso all'andata, ma si sentivano dei rumori in lontananza.
Obito
capì che il suo clan aveva creato un diversivo. Certo, pensò
disgustato, volevano uccidere più persone possibili.
Molto
probabilmente la maggior parte dei ninja si trovava lì, quindi
doveva andare in quella direzione.
“Rin,
dovresti andare a casa. Non posso rischiare che tu venga ferita”
disse Obito, poi quando si accorse d'aver usato il singolare si
corresse “Non possiamo rischiare che tu venga ferita.”
“Obito,
ma che cosa stai dicendo? Anche io sono una ninja e vengo con te.”
disse incamminandosi verso il rumore. Obito le si affiancò
immediatamente auto rimproverandosi internamente perla sua scarsa
capacità di persuasione. Lo scenario che gli si presentò
davanti era peggio di quello che si aspettava. I ninja di Konoha
stavano combattendo contro altri ninja che inizialmente non gli
ricordarono niente. Solo quandosi fermò ad analizzarne uno
capì che veniva dalle prigioni. Era proprio questo il
diversivo del suo clan, avevano fatto scappare i criminali che erano
rinchiusi nelle prigioni.
“Obito,
vuoi continuare a stare lì ed ammirare il mio lavoro per tutto
il tempo?”gli disse una voce canzonante alle sue spalle.
Stupido Kakashemo. Obito aveva già pronta la risposta da dare
al suo irritante amico, ma Rin intervenne prima e disse:
“Kakashi!
Abbiamo bisogno di aiuto. Gli Uchiha stanno attaccando l'ospedale!”
Kakashi
guardò Obito confuso per un attimo e gli chiese:
"Allora
perché tu stai dalla nostra parte?"
Obito
si gratto la nuca e gli rispose:
"Noi
siamo una squadra." Quindi loro sguardo di Kakashi passò
sulla figura di Rin, poi di nuovo su Obito.
"Capisco."
In
breve racimolarono altri ninja e andarono verso l'ospedale. La
situazione non era molto diversa da come l'avevano lasciata, ma
mentre si inoltravano nella struttura la calma che prima faceva parte
di loro, lasciava il posto ad un consueto disgusto e una vecchia
paura. Tutto stava ritornando come quando erano bambini e nessuno di
loro voleva vedere di nuovo gli orrori della guerra. Ogni stanza li
spaventava inconsciamente, la loro mente aveva il terrore di quello
che avrebbero potuto rivedere. Rin controllava tutti i corpi dei suoi
colleghi, voleva salvarne il più possibile e Obito, nel
frattempo, non sapeva chi ringraziare per essere arrivato in tempo,
non sapeva che cosa avrebbe fatto se l'avesse trovata morta...
Scosse
violentemente la testa, lei stava bene e niente altro importava.
Quando
si trovarono di fronte i nemici, i suoi parenti, Obito ebbe un attimo
di smarrimento, ma gli bastò guardare i suoi amici per farlo
passare: come avrebbe potuto abbandonare la sua Rin? Lei era sempre
dolce e gentile e aveva un sorriso bellissimo che gli faceva mancare
un battito ogni singola volta che lo vedeva, c'era anche Kakashi, il
suo migliore amico, che non era tanto male come sembrava ,
Minato-sensei, che aveva cercato sempre di incoraggiarlo e poi
c'erano tutti gli altri. Come aveva già detto anni prima: chi
abbandona i propri compagni è spazzatura. Certo, c'era anche
suo fratello d'altra parte, ma sapeva che Shisui era in grado di
guardarsi le spalle anche meglio di sé. Neanche lui voleva
tutto questo ma, come gli aveva detto qualche sera prima, si sentiva
in dovere di proteggere quelli che non c'entravano nulla dall'altra
parte. La guerra stava dividendo di nuovo una famiglia.
***
La
confusione che si era creata in quei pochi minuti era surreale.
C'erano già diversi corpi a terra, dei detriti e, inoltre,
c'era del sangue a imbrattare un po' tutto.
La
battaglia ormai si era spostata tra le strade di Konoha e purtroppo
ci stavano finendo di mezzo anche civili che non c'entravano nulla.
Questa stupida guerra stava già mietendo le sue prime vittime
e il fatto che fossero innocenti non faceva altro che appesantire il
cuore del giovane Itachi.
Shisui,
accanto a lui, si voltò a guardarlo, quel giorno non avevano
fatto altro che guardarsi le spalle a vicenda, ma adesso,
approfittando dell'attimo di "calma", gli chiese riguardo
quella cosa con
sguardo triste:
"Com'è
successo?"
Itachi
sorrise amaramente. La sera prima aveva creduto che quel bruciore
d'occhi fosse sintomo di lacrime, ma le parole di suo padre gli
avevano suggerito l'opzione giusta: il Mangekyou.
***
Sasuke
stava 'rinchiuso' a casa sua. Itachi e suo padre erano fuori e fuori
era pericoloso.
Lui
non era stupido, aveva capito già da prima che c'era qualcosa
che non andava, ma non si sarebbe mai aspettato che sarebbe scoppiata
una guerra. Lui non ne aveva mai vista una, ma l'estrema serietà
di Itachi lo preoccupava, il suo nii-san era sempre calmo, qualunque
guaio il suo otouto combinasse.
Quella
mattina era uscito presto, prima che lui si svegliasse, l'aveva fatto
apposta per evitarlo.
Sasuke
voleva aiutarlo, non riusciva a stare a casa sapendo che il suo
nii-san era in pericolo.
Quindi
s'arrampicò sul bordo della finestra, la mamma si sarebbe
preoccupata troppo se lo avesse saputo, quindi aveva deciso che
sarebbe uscito da lì, e una volta fuori sarebbe andato ad
aiutare il suo nii-san.
***
Oramai
Konoha si era accorta di tutto. Loro erano nettamente in svantaggio
numerico, ma suo padre aveva già provveduto a separare le loro
forze, inoltre erano in stradine anguste, quindi poco importava il
loro numero. Itachi trovava tutto ancor più disgustoso di
quanto ricordava e, ogni minuto, il suo schifo non faceva che
crescere. Su consiglio del cugino aveva deciso di non attivare il
Mangekyou se non in caso di assoluta necessità. Aveva
combattuto con diverse persone quella mattinata, e per fortuna, era
riuscito ad non ucciderne nessuna, ma temeva il momento in cui
sarebbe stato costretto. Nonostante i suoi cupi pensieri riuscì
comunque a notare un grosso particolare fuori posto.
No,
lui non doveva essere lì. Sasuke non doveva essere sul campo
di battaglia. Ma non fu questo ad atterrirlo di più. Un kunai
stava proprio per finirgli addosso. Itachi scattò
immediatamente verso di lui, ma sapeva già che non sarebbe
riuscito ad arrivare in tempo, era troppo lontano, ma non si fermò.
Quel kunai poteva essere letale per Sasuke e lui non poteva
immaginare che si facesse male, non poteva sopportare di perdere suo
fratello; ma il tempo era così poco e la distanza così
tanta...
***
Sasuke
si guardò intorno con aria smarrita, non credeva che trovare
suo fratello fosse così difficile, distingueva solo le
scintille del katon, l'aria era diventata di un caldo color arancio e
gli veniva difficile distinguere i visi di quelli che combattevano.
Come avrebbe fatto a riconoscere il suo nii-san?
All'improvviso
una cosa arancione lo avvolse e sentì un suono di qualcosa di
metallico cadere a terra poco lontano da lui. Un kunai. Solo allora
si accorse che quella cosa, in realtà, era un pugno, un pugno
che l'aveva protetto.
***
Itachi
si rese conto che Sasuke stava bene. Aveva creduto d'averlo perso per
sempre e invece l'aveva protetto, in un attimo di disperazione il suo
corpo aveva agito da solo, aveva attivato il Mangekyou e evocato
Susano; ma il come non gli importava, si diresse verso il suo otouto
e gli disse:
"Che
cosa ci fai qui?"
Sasuke
si pentì del suo gesto, vedere Itachi con quello sguardo così
preoccupato negli occhi gli aveva fatto capire che aveva sbagliato.
Si sentiva così mortificato che scoppiò a piangere.
"Mi
dispiace... io ti volevo aiutare... mi dispiace nii-san!" fu
tutto quello che riuscì a balbettare tra le lacrime. Itachi lo
strinse a sé in un abbraccio. Ora andava tutto bene.
Angolo
d'autrice
Eccomi
qui con un nuovo capitolo. Vi è piaciuto? Che cosa ne pensate?
Perché non lasciate un parere?
Vorrei
precisare che Fugaku non avrebbe mai mandato in guerra Sasuke, era
una frase detta sul momento e poi sfruttata. Per quanto riguarda il
fluff finale, invece è stato messo nella storia per spezzare
la tensione, ci saranno dopo ancora pezzi di questo genere. Poi
volevo dire due parole su Obito. Inizialmente non volevo neppure
metterlo nella storia, ma è saltato fuori peggio d'un fungo e
si è inserito a forza. Lo so, sono pessima! Un ultimo avviso,
in tutta la storia, come qui, ci saranno delle notazioni temporali
per aiutarvi a capire meglio. Si ho smesso di delirare!
Alla
prossima
thera
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Capitolo 3 *** Patti e concili ***
Capitolo 3
Patti e Concili
Giorno 2 - notte
Ormai era scesa la sera e la due parti si erano ritirate.
Obito era con Kakashi e Rin quando lei gli porse la domanda.
"Obito, ma ora che hai tradito e non puoi tornare a casa, dove starai?"
Obito rimase sconvolto per un attimo. Quando era uscito di casa non aveva minimamente pensato a questo piccolo particolare. Si gratto la nuca e disse:
"Non ne ho la minima idea!"
Kakashi scosse la testa, era proprio tipico di Obito.
"Potresti stare da me." gli disse Rin dolcemente.
Obito ci pensò un secondo. Vivere a casa di Rin....
No! Lui non poteva vivere a casa di Rin! Insomma, sarebbe stato troppo imbarazzante...
Guardò Kakashi speranzoso, era pur sempre il suo migliore amico.
"Non pensare di stare da me, metteresti tutto in disordine." gli disse, prima o poi avrebbe dovuto darsi una mossa pensò andandosene.
Stupido Kakashemo! Non capiva mai queste cose, o forse, e questa era l'ipotesi che Obito voleva considerare sbagliata, le capiva fin troppo bene...
Rin gli sorrise e disse:
"Andiamo?"
***
Quella stanza sembrava troppo piccola per poter contener tutti loro. Danzo stava parlando con un'espressione terribilmente soddisfatta.
"Visto che gli Uchiha hanno dato il via al loro colpo di stato, noi non possiamo far altro che punirli tutti con la morte." Il suo viso esprimeva una mal celata vena di cinismo. I due consiglieri furono subito d'accordo con lui. Sulla faccia di Hiruzen apparve un espressione rassegnata, non voleva tornare adesso su questo punto.
Minato, invece, manifestò subito il suo disaccordo.
"No. Non è giusto uccidere anche quelli che non c'entrano niente. Trovo che questa soluzione non sia dissimile dalla prima, che avevamo già bocciato." Minato era già stato chiaro su questo punto, essere al comando non giustificava stermini.
Danzo si zittì per un minuto, aveva creduto che ora che la guerra era scoppiata quel vigliacco del quarto gli avrebbe dato finalmente ragione, ma, a quanto pare, la codardia non moriva mai.
"Quindi, secondo il tuo punto di vista, noi non dovremo ucciderli nemmeno in battaglia? Ora che sono loro ad uccidere noi?" disse con aria beffarda.
Il viso di Minato rimase serio, sapeva benissimo che non doveva non ucciderli in nessun caso, non poteva, non poteva nei confronti di tutti coloro che stavano già morendo in questa guerra. Non sarebbe stata la cosa giusta.
"Trovo che ci sia differenza tra autodifesa e inutili massacri gratuiti."
Il viso di Danzo si contrasse, era inutile parlare con quel ragazzino, non gli era mai andato a genio, era incapace di gestire una situazione del genere, non faceva altro che nascondersi dietro discorsi senza senso.
Il terzo, cercando di dissipare la forte tensione di idee, cambiò argomento.
"Per ora credo sia più utile trovare una soluzione per proteggere Konoha dagli attacchi esterni."
Danzo prese subito parola.
"Non possiamo far sapere alle altre nazioni di questa guerra, non avrebbero scrupoli a distruggerci. Ciò che dobbiamo fare è contenere la notizia."
Il terzo valutò la proposta con occhio critico, non era la cosa più eroica che potessero fare, ma non vedeva qualcosa di meglio.
Minato non poté non sentirsi irritato dal tono di Danzo, inoltre questa idea non gli piaceva granché.
"Non vedo perché no." rispose Sarutobi, poi vedendo l'espressione dello Yondaime aggiunse "suvvia Minato, che svantaggi potrebbe procurarci?"
Minato valutò la cosa, ed effettivamente il terzo aveva ragione. Il suo compito era quello di far il bene del villaggio e sapeva che questo lo era.
Accettò, voleva tornare a casa.
Girò la chiavi cercando di fare il minor rumore possibile, non voleva svegliare nessuno.
Kushina lo aspettava ancora sveglia.
"Ciao Kushina" gli rispose il marito, aveva sperato che riposasse e invece lo stava aspettando, era proprio da lei. Kushina lo strinse in un abbraccio, era in pensiero per lui. Minato sorrise dolcemente, non sarebbe mai riuscito a ringraziare Kushina abbastanza per il solo fatto di esistere. Poi lei si scostò e disse:
"Minato, io voglio combattere, non posso rimanere a casa mentre tu sei là fuori." Kushina era molto decisa, lei era la Jinchuuriki non poteva restare a casa. Minato si era già preparato a questo discorso, conosceva abbastanza bene la moglie da prevedere questa sua scelta.
"Kushina, ti prego, resta a casa. Non potrei combattere sapendoti in pericolo. Tu saresti un obbiettivo e io non posso perderti"
"Ma che cosa dici, Minato! Credi che io riuscirei a stare a casa sapendoti in pericolo, dattebane?! E anche tu sarai un obbiettivo, che cosa farei io senza di te?" rispose Kushina, era frustrata dalla sua impossibilità di fare qualcosa. Come poteva Minato chiederle di restare a guardarlo rischiare la morte? Il marito la strinse, avevano gli occhi lucidi e entrambi lo sapevano.
"Ti prego Kushina, resta a casa, resta con Naruto, resta al sicuro. Ti prego." Kushina lo strinse più forte, le sue lacrime gli bagnarono la maglietta, lo avrebbe fatto per lui, per lui sarebbe rimasta a casa.
***
Jiraiya stava sorseggiando del saké ripensando all'incontro con Tsunade. Non era cambiata, era sempre la stessa, forte, testarda e rifiutava i suoi inviti, ripensandoci gli faceva ancora male il bernoccolo che gli aveva lasciato, ma gli sembrava fosse incompleta, non si era ancora ripresa dalla morte di Dan. Sospirò pesantemente, era inutile ragionare ora su queste cose.
"Hey Jiraiya-sama!" gli disse un vocetta squillante. Il sennin si voltò verso la fonte del rumore, era un rospetto dall'aria impertinente. Jiraiya inarcò un sopracciglio, che diavolo voleva quel piccoletto?
"Non guardarmi così! E' il quarto a mandarmi!" disse quello gonfiandosi e sprizzando orgoglio da tutti i pori. Perché diavolo Minato gli mandava un tizio del genere? Minato era una persona seria...
"Ho una pergamena da parte sua." Jiraiya prese la pergamena e l'aprì
Caro Jiraiya-sensei,
magari non è il momento opportuno per disturbato, ma come Hokage ho il dovere di informarti che a Konoha e scoppiata una guerra civile. Gli Uchiha si sono ribellati credendosi discriminati. Ho tentato la via della pace, ma non ci sono riuscito, sono ancora lontano dalla soluzione. È ancora lontano il giorno in cui ci capiremo gli uni con gli altri.
Su proposta di Danzo abbiamo adottato una politica di trattenimento della notizia,
sai bene che non mi fido di quell'uomo, vorrei chiederti di controllare la notizia nelle altre nazioni; sei l'unica persona che può farlo di cui mi fido.
Arrivederci
Minato
Jiraiya sorrise, Minato era rimasto sempre lo stesso, non era poi cambiato così tanto da quando si allenava con lui, eppure era cresciuto molto...
"Hey rospetto, vagli a dire che accetto"
***
Le ombre tra gli alberi intorno Konoha erano sempre molto lunghe, ma di sera arrivavano a fondersi completamente ed a creare un unico cupo manto buio. Tra tutte quelle ombre anche il più piccolo innocente rumore sembrava spaventoso, ma la cosa più terribile era che le cose pericolose si aggiravano senza emettere alcun rumore. I suoi sandali calpestavano i rami in assoluto silenzio e nemmeno colui che lo stava aspettando si accorse del suo arrivo.
"Eccoti qui, Danzo." disse la figura nell'ombra. Danzo si voltò verso colui che aveva parlato. Era arrivato prima di quanto pensasse.
"Sei in anticipo, Orochimaru."
Tra le sue ombre Orochimaru sorrise, non poteva mica temporeggiare e lasciarsi sfuggire un opportunità come questa.
"Questa guerra lascia incustoditi troppi oggetti interessanti e sarei pessimo se li lasciassi qui a marcire."
Danzo spalancò gli occhi per un secondo, avevano lo stesso obbiettivo loro due: lo Sharingan. Il solo pensiero faceva fremere l'ormai vecchio e decrepito corpo di Danzo. La potenza che avrebbe avuto...
"So che tu brami quel potere quanto me e so anche che hai bisogno di me per ottenerlo." Orochimaru si passò la lingua sulle labbra, Danzo gli serviva, o meglio, gli servivano i suoi uomini e la loro libertà di movimento dentro la città.
"Perché dovrei servirmi di te per ottenerli? Ci guadagnerei di più facendo tutto da solo" disse Danzo impassibile.
Orochimaru sorrise sardonico. Davvero stava cercando di usare questi stupidi trucchetti?
"Sappiamo entrambi che non puoi, io conosco la tecnica per conservare gli occhi dal fuoco che gli Uchiha stessi lanciano sui loro caduti. Alla fine ci divideremo ciò che abbiamo trovato. Kukuku."
Danzo sorrise sadico, avevano il loro accordo.
Angolo autrice
Alla fine ce l'ho fatta!!
Grazie a tutti coloro che hanno letto! Che cosa ne pensate di questo capitolo? Perchè non mi fare un regalino di compleanno (domani) e mi lasciate una piccola recensione?
Vi allego un disegno relativo all'altro capitolo che mi sono scordata di mettere prima. Sì sono una testa vuota!Non avete idea di quanto ho dovuto penare!
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Capitolo 4 *** Sospetti e piani geniali ***
Capitolo 4
Sospetti
e piani geniali
Giorno
3 - giorno
Diverse macerie
avevano reso tutto trascurato, come se a nessuno importasse più
di quel villaggio che li aveva sempre ospitati.
Hiruzen
contemplava la distruzione di quello che era casa sua, di ciò
che doveva proteggere…
Schivò un
attacco e sentì la rotula scricchiolare. Era troppo vecchio
per una guerra. A sua volta immobilizò il nemico che aveva
davanti, ma neanche un secondo dopo ne aveva di fronte altri due.
Questo ritmo lo sfiancava, come potevano loro reggerlo essendo anche
di meno? Era diventato cosi vecchio? Quando riuscì a sistemare
anche quei due si rispose che forse non era poi da buttare. La guerra
era caos, lo ricordava, e, nonostante tutto, riusciva ad aiutare
quelli che avevano bisogno. Ma ciò che vide gli raggelò
il cuore. C'erano dei civili, civili che non dovevano essere li, due
bambini e la madre, da soli, in pericolo. Il terzo si lanciò
verso di loro. Doveva proteggerli, era suo compito d'Hokage.
Grazie al doryu
heki1 riuscì
a proteggerli dal gokakyou che altrimenti li avrebbe investiti. I
bambini piangevano disperati e la madre cercava di consolarli.
"Andate."
disse solo Hiruzen, quelli l'ascoltarono e pochi secondi dopo
sparirono tra le case. Ritirò lo scudo davanti a sè,
il nemico che aveva davanti si sentiva elettrizzato, aveva
l'occasione di far vedere a tutti la sua forza.
"Katon:
hosenka no jutsu!2"
disse e una miriade di proiettili fiammeggianti gli si diressero
contro ma il terzo la schivò saltando in alto. In quel
frangente usò contro il suo nemico i kawara shuriken3.
Il nemico ne schivò la maggior parte, solo una gli colpì
il braccio, riuscendo tuttavia a romperglielo.
Il terzo atterrò
e sentì dietro di sè la figura rassicurante di un ANBU.
L'Uchiha dilaniato dalla frustrazione gli lanciò un kunai con
il braccio buono. Successe tutto in una manciata di secondi, Hiruzen
evitò il kunai, ma sentì comunque qualcosa colpirlo di
striscio al fianco. Ciò che l'aveva colpito veniva dalle sue
spalle. Si sentì tradito inizialmente, poi si disse che le
cose non potevano essere come sembravano. Ormai, però, dietro
di lui non c'era nessuno. L'ANBU se ne era già andato. Hiruzen
iniziò a sentirsi male, la testa gli girava, niente stava più
fermo. Crollò in ginocchio, non sapeva quanto sarebbe riuscito
a rimanere cosciente. L'esercito alleato scorse, come fosse un sol
uomo, la sua caduta. L'Uchiha vedeva, ora, la sua possibilità
di eterna gloria, gli lanciò contro una tecnica del loro
elemento distintivo: il fuoco. Il colpo non lo colpì mai,
decine di muri protettivi si alzarono in sua difesa, i ninja di
Konoha a proteggevano il loro capo. Si erano ripromessi di
proteggerlo, come lui aveva fatto con loro. Il Sandaime fu portato
via velocemente, ma i ninja persero subito la loro determinazione
iniziale. Se gli Uchiha avevano colpito un Hokage, come avrebbero
potuto vincere?
***
Minato era
sull'altro fronte quando gli giunse la notizia. Il terzo era stato
ferito e l'altra parte dell'esercito stava perdendo.
Gli Uchiha
avevano sempre provveduto a spezzare le loro forze, intuendo che per
loro sarebbe stato troppo complicato affrontare due Hokage assieme.
Ora più che mai l'esercito aveva bisogno di una guida, su
tutti e due i fronti, ma ora come ora, l'importante era ridare
sicurezza all'altro lato. Lasciò uno dei suoi kunai su quel
fronte e corse verso l'altro.
La situazione era
più disperata di quanto s'aspettasse. Gli Uchiha erano quasi
riusciti a chiuderli in un cerchio e i caduti erano circa un terzo
del contingente che si trovava lì la mattina. Se ci fossero
riusciti le loro probabilità di riuscire a sopravvivere
sarebbero drasticamente calate e gli Uchiha avrebbero vinto. I primi
ad accorgersi di Minato furono proprio i nemici. Le reazioni furono
diverse: passavano dalla convinzione di poter uccidere pure lui al
terrore puro. Minato non badò a tutto questo e si tuffò
nella mischia accanto ai suoi compagni. L'esercito sembrò come
se pian piano riprendesse colore, come se qualcuno gli avesse
restituito la voglia di credere. Potevano vincere.
***
Naruto era seduto
sul letto della sua stanza. Era irrequieto. Sapeva che fuori c'era la
guerra e sapeva pure che il suo papà stava combattendo. Era
pericoloso combattere, sapeva che papà era forte, ma anche lui
poteva farsi male, gli altri ninja non sapevano guardagli le spalle.
Era sicuro che lui e il padre assieme sarebbero stati imbattibili,
lui era l'unico capace di combattere al suo fianco. E quindi non
riusciva a capire perché la mamma si ostinasse a non mandarlo.
Poi gli venne un idea...
Naruto si sedette
davanti alla madre con le braccia conserte, il suo sguardo era
serissimo. Kushina non potè che sorridere di fronte alla sua
espressione.
"Che cosa
c'è Naruto-chan?" gli chiese. Naruto divenne ancor più
serio. Come poteva la mamma non capire la serietà della
situazione? Lui era un vero ninja e lo capiva.
"Mamma, tu
vuoi bene a papà?" Kushina rimase sorpresa da questa
domanda, chissà dove voleva andar a parare quella piccola
peste...
"Certo che
si, Naruto-chan." Naruto, se possibile, assunse un espressione a
metà tra il soddisfatto e l'irrequieto. L'aveva incastrata.
"Allora, se
vuoi bene a papà, devi lasciarmi combattere. Io posso
salvarlo!" Il suo ragionamento nella mentalità infantile
era molto logico, la mamma non sarebbe riuscita a smontarlo. Sorrise
soddisfatto aspettando la sua risposta.
"Naruto, non
dire sciocchezze, tebane! Minato è in grado di salvarsi da
solo e poi tu sei troppo piccolo per combattere!"
"Non è
vero! Io sono un ninja qualificato! Vado pure all'accademia!"
rispose il biondino sbattendo le manine sul tavolo. Come potevano gli
adulti non capire la sua forza?! Tutto quello che riuscì a
guadagnarsi fu un pugno in testa. Kushina si era davvero arrabbiata.
"Ora basta
Naruto! Questa guerra non è un gioco. E' una cosa da adulti e
tu sei un bambino, dattebane!" Naruto s'imbronciò. Lui
voleva bene alla mamma, ma spesso lei non capiva che ormai non aveva
più sei anni. Era diventato grande. Avrebbe parlato con papà,
lui era più ragionevole.
***
L'atmosfera della
tenda medica era sobria e sterile. Il lettino del terzo era come
isolato dagli altri. I ninja medici vi si affaticavano attorno senza
riuscire a concludere nulla.
"Il
Sandaime-sama è stato avvelenato. Il veleno che lo ha colpito
è molto potente, se l'ago l'avesse centrato sarebbe morto in
pochi minuti, per nostra fortuna la dose di veleno che è
entrata nel suo corpo è minima." disse un ninja medico.
Minato era molto serio, questo veleno poteva essere pericoloso non
solo per il terzo, ma anche per l'esercito se il possessore avesse
deciso di distruggerlo.
"Non è
possibile trovare un antidoto?"
"Ci stiamo
provando, ma nessuno dei nostri tentativi è andato a buon
fine. E' un veleno che non ho mai visto prima, terribilmente
complesso, temiamo di non riuscire a sintetizzare l'antidoto. "
Minato temeva di ricevere una risposta del genere.
"Se solo
avessimo più medici! Anche solo quelli che gli Uchiha tengono
in ostaggio! Magari potremmo..." Già, c'era anche questa.
Dopo aver fatto il conto delle vittime dell'ospedale si erano accorti
che mancava gente. Anche gli Uchiha avevano bisogno di cure.
"Minato..."
un lieve sussurro. Hiruzen aveva ripreso conoscenza e faticosamente
voleva riferire qualcosa al suo collega.
"Non si
affatichi a parlare!" gli disse il medico allarmato. Il terzo
ignorò il suo commento e continuò.
"Un ANBU..."
disse ansimando " un ANBU mi ha colpito" riuscì a
concludere. Minato valutò l'informazione. Che motivo poteva
avere un ANBU per uccidere l'Hokage?
"E' un
falso." continuò Hiruzen, sbattè la palpebre
cercando di tenere gli occhi aperti. Perse la battaglia e ricadde in
un sonno profondo. Aveva perso di nuovo conoscenza.
Minato non sapeva
che pensare. Sapeva però che non avrebbe lasciato la questione
in sospeso.
***
"Minato-sensei,
mi hai mandato a chiamare?" disse la figura di Kakashi. Non
aveva idea di quello che il sensei volesse chiedergli, ma ne aveva,
in un certo senso, paura.
"Si. Kakashi
devo affidarti una missione." Minato era molto serio, doveva
vedere chiaro in questa faccenda.
"Di che si
tratta?" Kakashi fu contaggiato dallo stato d'animo del maestro,
aveva capito che questa era una cosa importante.
Minato iniziò
a camminare nervosamente.
"Come saprai
il terzo Hokage è stato ferito." esordì, Kakashi
annuì, ormai la notizia si era diffusa in tutta Konoha. Minato
sospirò, questa faccenda gli pesava, gli pesava sapere che
avevano altri nemici all'interno di Konoha. Non
era riuscito bene nel suo sogno dunque.
"Il colpo
non è partito da un Uchiha. In un attimo di lucidità mi
ha detto che è stato un ANBU a colpirlo. Ha anche aggiunto che
era un falso, ma non so se imputare quest'ultima affermazione alla
sua buona fede. Per un Uchiha non avrebbe senso travestirsi, se si
esponessero in prima persona ne ricaverebbero solo vantaggi. Voglio
che tu investighi su questa faccenda essendo ANBU sei la persona
giusta." Kakashi annuì, avrebbe cercato di chiarire la
questione.
1: Paramento
terrestre
2:
Arte
del fuoco: pioggia di fuoco degli
artigli rossi
3: Shuriken
di tegole
Angolo d'Autrice
Eccomi di nuovo qui. Anche ad
un orario improponibile! Che ve ne pare di questo capitolo? Naruto vi
ha fatto ridere o vi è sembrato solo ridicolo? Che cosa
pensate che succederà al terzo? Chi l'ha colpito? Un piccolo
parere è sempre gratuito.
Alla prossima
thera
|
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Capitolo 5 *** Scoperte e missioni ***
Scoperte
e missioni
Capitolo 5
Giorno 3 - pomeriggio
La stanza era
austera e spartana, era tutto spigoloso. Un uomo era seduto su un
vecchio scranno in noce, nero come la sua anima.
"Hai
fallito." disse solo. Il suo tono diceva, però, molto di
più. Era una constatazione ed insieme una condanna senza
nessuna possibilità d'appello.
Il suo
interlocutore non provò nemmeno a giustificarsi, sapeva quale
sarebbe stata la sua sorte.
"Il tuo
compito era molto facile, dovevi solo centrarlo, ma hai fallito e
l'hai colpito di striscio, rallentando la sua morte. Mi hai messo in
difficoltà."
L'interlocutore
abbassò il capo fino a toccare terra.
"Mi dia un
altra possibilità Danzo-sama." Era la supplica di chi
stava guardando la morte in faccia e si accorgeva di non aver
vissuto.
"No. Non ne
avrai." Il colpo colpì le parti vitali e il pover uomo
s'accasciò per terra, morto. Sorrideva, un sorriso pieno di
rimpianti.
La consigliera
Koharu distolse lo sguardo. Era venuta a parlare con Danzo ed aveva
assistito alla scena, indietreggiò e corse via, facendo un
rumore di troppo. Aveva sempre creduto che Danzo fosse migliore
perchè più radicale, ma non aveva mai pensato che
potesse essere un tale assassino.
Koharu entrò
in fretta nella stanza di Homura e gesticolando affanosamente disse:
"E' stato
Danzo! E' stato lui ad avvelenare Hiruzen!" Homura aggrottò
le sopracciglia.
"Koharu, che
cosa stai farneticando? Danzo é dalla nostra parte."
La risposta di
Koharu non arrivò mai. Quello fu l'ultimo giorno dei
consiglieri Homura e Koharu. A Danzo piaceva non correre rischi.
***
Minato guardava
la stanza soffermandosi su ogni particolare. L'avevano chiamato non
appena avevano visto l'enorme fiammata. Per i consiglieri non c'era
stato più nulla da fare, i loro colpi erano carbonozzati, di
loro non restava nient'altro.
Gliene avevano
parlato come un altro attacco degli Uchiha, ma Minato era convinto
che non fosse così. Per loro sarebbe stato troppo stupido
esporsi così tanto per tentare di uccidere solo i consiglieri
e non poteva pensare che fosse uno sbaglio, tutti sapevano dove si
trovano le stanze dell'Hokage. Senza contare ciò, la fiammata
proveniva dall'interno e era impossibile che un Uchiha si fosse
intrufolato nel palazzo dell'Hokage senza essere visto. Minato
inoltre pensava che i consiglieri fossero stati prima uccisi e poi
dati in pasto alle fiamme. Era impossibile che non si fossero difesi.
Era tutto
correlato.
Chi voleva il
potere a tal punto da uccidere? Chi i consiglieri avrebbero lasciato
entrare nelle loro stanze? Infine chi aveva libertà di
movimento all'interno del palazzo dell'Hokage? A Minato veniva in
mente una sola persona.
***
La
sabbia frustava violentemente contro il vetro della finestra
producendo un rumore secco e penetrante. Là fuori tutto era
offuscato da una luce giallastra, ma terribilmente fredda, quasi
morta.
La
stanza era asettica, non c'era nulla di personale, nessuna
fotografia. Sulla spoglia scrivania c'era solo una penna e dei fogli
impilati con una precisione quasi maniacale.
Il
Kazekage meditava guardando fuori dalla finestra. Aveva appena letto
il rapporto della spia che aveva inserito a Konoha. Non importava il
suo nome, ma gli aveva fornito un informazione utile. Una guerra
civile.
Konoha
e Suna avevano ancora dei conti aperti, ma con uno scontro aperto non
sarebbe stato del tutto sicuro della vittoria. Gli era venuta un idea
e più ci pensava, più credeva che fosse la cosa più
sensata. Si, lo era. Li fece chiamare, dovevano sbrigarsi.
***
Jiraiya si buttò
pesantentemente sul letto, aveva scordato quanto fossero stancanti
quel tipo di missioni, non aveva nemmeno il tempo di scrivere!
"Hey,
Jiraiya-sama!" Jiraiya scattò immediatamente, non avrebbe
mai scordato quella voce.
"Che cosa
vuoi piccoletto?" disse Jiraiya guardando il rospo con sguardo
truce. Minato sceglieva pessimi messaggeri.
"Io ho un
nome! Il quarto mi chiama sempre per nome!"
Si corresse,
Minato non sceglieva pessimi messaggeri, Minato frequentava
pessimi messeggeri.
"Ho un altro
rotolo per te, vecchiaccio!"
"Hey tu, a
chi dai del vecchiaccio?!"
Questo rospo gli
stava decisamente sulle scatole, come si permetteva di insultarlo?!
Gli amici di Minato erano peggiori di quanto si aspettasse.
Caro
Jiraiya-sensei,
Spero che tu
non abbia avuto problemi nel compito che ti ho affidato, perchè
ho solo brutte notizie da darti.
E' mio dovere
in quanto tuo allievo e tuo amico informarti che il Sandaime-sama é
stato colpito da un potente veleno.
Qui a Konoha
non siamo ancora riusciti a trovare un antidoto anche se i medici si
stanno impegnando.
Mi dispiace,
Minato
Il rotolo gli
cadde dalle mani non appena realizzò ciò che c'era
scritto. Sarutobi-sensei stava morendo. Era talmente scioccato che
non sentì nemmeno le parole del rospo.
Non aveva pensato
al fatto che in questa guerra sarebbero potute morire persone a lui
care. Il suo pensiero corse subito a Tsunade, anche se i medici di
Konoha non potevano salvarlo, Jiraiya era sicuro che lei ne sarebbe
stata capace. Si alzò di scatto prendendo tutta la sua roba.
L'avrebbe
trovata.
***
Il rumore della
serratura che girava fece scattare immediatamente il piccolo Naruto
verso la porta.
Minato non riuscì
a fare un passo che si ritrovò il figlio addosso.
Naruto lo guardò
apprensivo.
"Ti hanno
protetto bene le spalle oggi, papà?" Minato abbozzò
un sorriso. Per un attimo si scordò di tutto, della guerra,
del Sandaime davanti a quegli occhioni.
"Naruto! Ti
ho già detto che tuo padre è in grado di proteggersi da
solo!" Era tutta la giornata che lo ripeteva, più per se
stessa che per il figlio. Naruto s'imbronciò, lui aveva
chiesto a papà. La perdonò subito però, la mamma
era sempre la mamma. Il suo sguardo ritornò sul padre, stava
aspettando una risposta.
"Sto bene,
Naruto." Naruto scosse la testa, papà era troppo buono,
stava di sicuro proteggendo quegli incapaci.
"Non c'è
bisogno che tu li copra papà, so benissimo che sono
incompetenti ed è per questo che verrò con te domani"
affermò deciso. Mamma, davanti a papà, non avrebbe
avuto più scuse.
"Naruto..."
disse Kushina intimidatoria sollevando un pugno. Naruto aggrottò
le sopracciglia, la mamma era più ostinata di quanto pensasse.
"Non dire
sciocchezze Naruto, domani non verrai con me." gli disse Minato,
era troppo stanco per avere pazienza in queste conversazioni. Naruto
lo guardò con gli occhi spalancati, si sentiva tradito. Corse
nella sua stanza e si buttò nel letto. Anche papà non
credeva nella sua forza.
***
La porta era
chiusa da diverse ore. Sasuke stava seduto nell'ingresso guardandola
intensamente.
Si era mosso
poche volte, solo per andare in bagno, e poi tornare frettolosamente
alla sua postazione iniziale, non poteva tollerare il fatto che
quando Itachi tornasse lui non fosse lì ad aspettarlo, era
convinto che guardando la porta lui sarebbe tornato prima.
"Sasuke-chan,
è pronto, vieni a tavola." la voce della mamma gli giunse
quasi lontana, ma si affrettò a rispondere:
"Non ho fame
mamma. Forse mangerò quando Itachi sarà tornato."
Mikoto guardò
il figlio intenerita. Pensare che solo il giorno prima avrebbe potuto
perderlo la terrorizzava. Se non fosse stato per Itachi.. Già
anche Itachi la preoccupava. Suo figlio era ancora piccolo e non
avrebbe dovuto vedere tutto quello. L'ansia ormai era diventata una
parte integrante del suo essere.
Sorrise al
figlio, si sedette accanto a lui e disse:
"Aspettiamo
insieme. " Proprio in quel momento il pancino di Sasuke emise un
sonoro borbottio. Mikoto allora andò a prendere la cena.
Aspettarono ancora; Mikoto si alzò per andare a sistemare le
cose in cucina. Ormai era tardi...
La porta si aprì
dolcemente e Itachi entrò in casa. Cio' che vide lo commosse;
Sasuke si era addormentato sull'ingresso di casa. Itachi lo prese in
braccio e lo portò verso la sua camera.
"Com'è
andata la giornata, nii-san?" gli chiese il piccolo Sasuke con
voce impastata, sul limite del mondo dei sogni.
" E' andato
tutto bene. Ora dormi." Sasuke chiuse gli occhi e non li riaprì
fino all'indomani mattina. Ora poteva dormire, il suo nii-san era
tornato.
Mikoto guardó
la schiena di Itachi che s'allontanava.
Non riusciva a
darsi la risposta sul perché i suoi figli dovessero vivere
tutto questo, sul perché suo figlio di tredici anni dovesse
combattere e rischiare ogni giorno la vita.
Tutto quello che
riusciva a rispondersi era che lei era un incapace, che si era
lasciata sfuggire Sasuke da sotto il naso, che non riusciva a dare a
suoi figli un presente sereno, si rispondeva che aveva fallito come
madre.
Una madre non è
solo quella che cucina, tiene in ordine la casa e rimbocca le coperte
ai figli, una madre è colei che gli da solo il meglio, colei
che mette la loro felicità al primo posto e che fa di tutto
per salvarli e proteggerli da quello che è più grande
di loro.
"Potevi
prendertela più comoda, Itachi. Io ho fame." le parole
burbere di suo marito la riscossero. Li accompagnò verso la
cucina. Ora era tranquilla, erano tutti a casa, ma sapeva benissimo
che l'indomani mattina l'ansia sarebbe tornata a farle compagnia.
Angolo
Autrice
Buongiorno!
O buonasera...
Eccomi
qui dopo un ritardo pari a quello di Kakashi...
Che
ne pensate di lasciare un parere ad un autrice ritardataria?
Volevo
informarvi che da ora in poi aggiornerò di Martedì.
thera
|
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Capitolo 6 *** Dichiarazioni e sakè ***
Capitolo
6
Dichiarazioni
e sakè
Giorno
4 - mattina
Obito si guardò
intorno, sembrava che in quel momento i conflitti si fossero
allentati. Tutta la mattina era stata molto pesante, Minato-sensei
cercava sempre di stare un po' di qua e un po' di là. Obito
era sicuro che il sensei fosse esausto. Era sfuggente e non era
riuscito a parlargli dall'inizio della guerra, era un Hokage, era
normale che fosse impegnato. Obito non riuscì a non chiedersi
se anche lui, quando sarebbe diventato Hokage, sarebbe stato così
occupato, rischiava di non riuscire più a vedere Rin.
"Hey
Kakashi, io sto andando all'ospedale." Kakashi si girò a
guardarlo sornione. Obito si sentì infastidito, non stava
andando all'ospedale per vedere Rin, anzi, non stava andando
all'ospedale solo
per
vedere Rin!
"Guarda che
mi sono ferito!" disse indicando il braccio fasciato alla bell'e
meglio.
"Davvero?"
disse Kakashi senza cambiare minimamente il suo sguardo. Obito lo
guardò truce, era impossibile che alle fine di ogni loro
discorso si ritrovasse a pensare: 'Stupido Kakashemo!'. E, per la
cronoca, questa volta non faceva eccezione. Percorse la strada verso
l'ospedale molto in fretta, ma non ci è dato sapere se fosse
per smaltire l'energia omicida verso Kakashi o per la fretta di
rincontrare Rin.
La trovò
subito. Gli sembrava pallida e sciupata, ma ebbe tuttavia la forza di
sorridegli.
"Rin,
dovresti fare una pausa o fra poco crollerai." gli disse Obito
apprensivo. "Vieni sediamoci" continuò indicando
delle sedie. La prese per un polso e ce la condusse. Le sedie
scricchiolarono sonoramente sotto il loro peso.
"Come va là
fuori?" gli chiese lei, era visibilmente nervosa all'idea di non
fare niente mentre c'era così tanto da fare.
"Per ora si
sono calmate un po' le acque." Gli disse Obito sorridendo, non
voleva impensierirla.
"Hai visto
Shisui anche oggi?" Obito scosse la testa, per fortuna l'aveva
intravisto solo il giorno prima, era stata come se qualcuno gli
avesse rovesciato addosso del ghiaccio. Non aveva pensato che si
sarebbero potuti trovare uno contro l'altro. Aveva cambiato direzione
immediatamente e credeva che Shisui si fosse allontanato in quella
opposta alla propria. Rin gli mise una mano sopra le sue in segno di
conforto, poi, allarmata gliela poggiò sulla fronte.
"Obito, ma
tu scotti!" esclamò Rin preoccupata, ci mancava anche
questa! Rin guardò con sospetto la "fasciatura" sul
suo braccio.
"Ti sei
ferito oggi?" gli chiese lei apprensiva. Obito aggrottò
la fronte, per un attimo, si era quasi dimenticato della sua scus…
motivo,
del motivo della venuta all'ospedale. Annuì.
"Vieni,
andiamo a curarla." gli disse lei, Obito non potè non
trovarla dolcissima nella sua apprensione per lui. Era bella anche
così, con quegli occhi che brillavano. Scosse la testa, non
era il momento per questi pensieri.
"Perchè
non sei venuto subito?" continuò lei con aria di
rimprovero. Gli misurò la temperatura e diede conferma alla
sua affermazione di prima. Obito aveva la febbre a trentotto. Rin
sciolse delicatamente la 'fasciatura' sul suo braccio. La ferita
sotto non era in buono stato, vedeva chiaramente gli evidenti simboli
dell'infezione. Pulì la ferita e la fasciò in modo
corretto.
"Ti
consiglio di dormire, quando ti sveglierai ti sentirai meglio."
disse lei prima di andarsene.
Obito si sdaiò
sul lettino. Andò per mettere le braccia dietro il collo ma
una fitta al braccio gli fece cambiare idea. Sbuffò. In un
momento gli crollò addosso tutta la stanchezza accumulata in
quei giorni e quella portata dalla febbre, si assopì subito.
La porta si aprì
dolcemente rivelando la figura di Rin. Era venuta appena aveva avuto
un attimo libero e aveva portato del ghiaccio per Obito.
Stavo dormendo ed
era piuttosto aggitato, Rin pensò che sarebbe stato giusto
svegliarlo
"Rin..."
disse. Rin si fermò un attimo.
"Rin... non
puoi andare... io ti amo..."
il ghiaccio le
cadde di mano producendo un rumore sordo. Rin era sconvolta, non
aveva mai pensato ad una cosa del genere. Obito non poteva amarla,
era impossibile! Ma certo, non poteva prendere per vere le cose dette
durante il delirio della febbre. Ma nonostante questa verità,
quelle parole le tennero compagnia per tutta la giornata.
***
Il bicchiere
sbattè sonoramente sul bancone per la terza volta. Le lunghe
unghia laccate di rosso iniziarono a ticchettare nervosamente sul
legno.
"Ne voglio
un altro!" disse lei con voce imperiosa, odiava aspettare.
"Tsunade-sama,
non pensate che sia eccessivo?" disse una voce accanto a lei.
Tsunade si girò con sguardo furente, aveva tutto il diritto di
bere quanto voleva.
"So da sola
quando è eccessivo, Shizune." Si voltò di nuovo
verso l'altro lato e sbattè imperiosamente un pugno sul
bancone.
"Ho detto
che ne voglio un altro!" ripetè, il barista si avvicinò
con le mani tremanti e versò il liquido nel bicchiere.
"Offro io."
disse una voce alle spalle di Tsunade, lo riconobbe subito.
"Che cosa
vuoi Jiraiya?" disse lei senza voltarsi. Jiraiya prese posto
accanto a lei e le disse:
"Non posso
offrire da bere ad una vecchia amica?" Tsunade sbuffò e
mise una mano sotto il mento. Vecchio borioso, non avrebbe mai
creduto ad una cosa del genere, era troppo serio.
Bevvero il primo
giro in silenzio. Jiraiya posò il bicchiere asciugandosi la
bocca con la mano.
"Ora più
che mai i tuoi insegnamenti sono importanti a Konoha."
Tsunade
s'irrigidì, questa frase non presupponeva nulla di buono.
"Che
cos'intendi?" chiese lei, ci mancava un vecchio bacucco con le
sue frasi criptiche.
Jiraiya sospirò,
sapeva che trovarla, anche se non avesse avuto idea di dove fosse,
sarebbe stata la parte più facile.
"Andiamo a
fare una passeggiata." Tsunade si girò a guardarlo.
Questa serietà non le piaceva. Tuttavia sentiva un grosso
contrasto, non voleva impicciarsi nelle faccende di Konoha, anzi
voleva disinteressarsene, ma...
Fu proprio quel
ma a farla annuire senza che se ne rendesse conto. Jiraiya posò
sul bancone una banconota più che sufficiente per saldare il
conto e si diresse con calma verso l'uscita. Le strade di quella
cittadina le erano divenute ormai familiari, era da un po' che stava
lì, fra poco se ne sarebbe andata. Jiraiya guardava i negozi
con sguardo perso, non vedeva niente di ciò che aveva davanti.
"A Konoha è
scoppiata una guerra." Tsunade rimase un attimo sorpresa, non se
lo sarebbe mai aspettato, poi la sua mente formulò un altro
pensiero. Lei non voleva ritornare! A Konoha c'era la guerra e la
guerra portava sangue! No, non poteva! Le tremavano le mani, le sue
mani rosse dal sangue di Dan. No, non poteva!
"Beh? Li ci
sono già dei medici." affermò quindi, spavalda.
"Bisogna
affrontare le proprie paure prima o poi." disse Jiraiya
continuando a guardare fisso davanti a sé. Tsunade strinse le
mani, che fino a qualche secondo prima tremavano, in dei pugni molto
serrati.
"Anche se
andare avanti è difficile." continuò Jiraiya.
Tsunade rilassò le mani e sciolse i pugni. Sospirò e
fece muovere una ciocca di capelli.
"Non ci
torno." disse. Jiraiya non cambiò minimamente
espressione, continuò a fissare il nulla davanti a sè.
Continuarono a camminare in silenzio per un altro po', allora
finalmente Shizune, che era rimasta in silenzio fino ad allora
s'azzardò a parlare.
"Tsunade-sama,
voi siete una kunoichi di Konaha..." Tsunade la ignorò
completamente e stavolta fu Jiraiya a parlare.
"È
egoistico da parte tua restare in disparte mentre persone che tu
potresti salvare muoiono." Dal suo volto non traspariva nessuna
espressione, se non una sorta di muta rassegnazione. Fu proprio
questo a far arrabbiare ancor di più Tsunade.
Non era certo rimproverandola che poteva convincerla a tornare.
Strinse i pugni, questa volta gliene sarebbe arrivato uno in piena
faccia.
"Anche
Sarutobi-sensei è ferito, non riescono a curarlo." I
pugni di Tsunade si allargarono di nuovo. Non si sarebbe mai
aspettata una simile risposta. Jiraiya sorrise amaramente.
"Starò
qui fino alle sei, se cambi idea sai dove trovarmi."
Jiraiya
se ne andò e Tsunade rimase sola in mezzo alla strada,
immobile. Shizune l'aspettava poco distante. Tsunade si sentiva come
persa. Non aveva idea di che fare. Sapeva di essere egoista a
rimanere lì, a non far nulla mentre le persone morivano, ma
era proprio su questo punto che Jiraiya sbagliava, lei non poteva
salvarli, aveva perso la facoltà di salvarli dalla sua morte.
Non era più quella di prima. Rientrò nello squallido
bar di prima e ordinò un altro bicchiere. Fu una pessima idea.
Bicchiere dopo bicchiere l'alcool le fece venire in mente solo tanti
ricordi: Dan, le sue mani rosse di colpa, Jiraiya, il vecchio team,
il sorriso di Sarutobi-sensei, il suo viso soddifatto e quello
rassegnato ai loro continui litigi e poi fi nuovo le sue mani
rosse...
Le
sue mani tremavano anche ora, le strinse fino a farsi sbiancare le
nocche.
"Shizune,
prepara tutto, andiamo."
Angolo
autrice
Buongiorno
a tutti, come va? Spero bene. Questo capitolo è stato uno dei
più difficili, soprattuto per Tsunade... Come vi pare? Che ne
pensate della dichiarazione del povero Obito dormiente?
Sperando
in un vostro commento
thera
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Capitolo 7 *** Sensazioni ed esperimenti ***
Capitolo 7
Sensazioni ed esperimenti
Giorno 4 - pomeriggio
Il sole stava lentamente arrivando all'orizzonte, anche questa giornata stava giungendo al suo termine. I raggi rossastri del tramonto gettavano un aspetto strano su Konoha e le macerie che c'erano sulle sue strade, aveva un non so che di sinistro e sanguigno, come se volesse rimarcare nella memoria di tutti il sangue con cui quel giorno avevano innaffiato la terra.
Kakashi si sistemò meglio dietro il suo nascondiglio. Il giorno precedente aveva parlato con i suoi colleghi ANBU ed era certo che nessuno di loro si trovasse sul fronte del Sandaime.
Ora, invece, stava seguendo i sospetti di Minato-sensei. Letteralmente.
Era da qualche ora che pedinava Danzo, ma quello si era ben guardato dal fare cose che non doveva fare. Era tutta la giornata che stava rintanato nelle sue stanze, come se avesse paura del sole. La sua calma impassibile riusciva ad urtare Kakashi, come se non gli importasse nulla di quelli che là fuori stavano morendo anche per salvarlo. Sentì una presenza e si voltò verso la sua fonte.
"Sei tu, Tenzo. Non c'è ancora bisogno che tu mi dia il cambio."
"Vai, qui ci penso io."
"Okay. Sono sei ore che se ne sta rinchiuso in quella stanza" gli riferì Kakashi molto velocemente. Tenzo annuì e rispose:
"Okay, ora me ne occupo io." Kakashi se ne andò e Tenzo si appostò meglio.
Solo quando il sole rossastro sparì dietro l'orizzonte e la luna salì alta nel cielo nero e senza speranze, che Danzo si preparò per fare qualcosa. Si diresse verso la porta, stava uscendo.
***
Jiraiya si passò una mano sulla testa, i pugni di Tsunade facevano davvero male. Appena era andata da lui per tornare a Konoha gliene aveva rifilato uno sulla testa.
La strada per Konoha non gli era mai sembrata così lunga e tutti quegli alberi così uguali la facevano sembrare ancora più lunga.
Andavano molto veloce e quella strada sembrava non finire mai, fu proprio per questo che le mura di Konoha gli sembrarono come una manna dal cielo.
I ninja alle porte si allarmarono vedendoli, dalla barriera non era giunto alcun segnale, ma quando capirono chi erano lanciarono un sospiro di sollievo, almeno loro avrebbero potuto aiutarli.
Entrarono senza troppe cerimonie e Tsunade si diresse verso un ninja della guardia.
"Dov'è il Sandaime-sama?" chiese imperiosamente, non aveva tempo da perdere.
La faccia della guardia s'incupì e guardò fisso i suoi piedi. Sembrava quasi che tutta la vitalità gli fosse uscita dal corpo, lasciandolo come un freddo cadavere. Tsunade perse colore ancor prima che l'uomo parlasse, avevano già capito quello che avrebbe detto, dalla sua bocca uscì un flebile "No"
Jiraiya, invece, restò come di sasso, non poteva essere già troppo tardi.
"Il Sandaime-sama è spirato circa un'ora fa."
Per un attimo furono troppo sconvolti per parlare, quella frase aveva rotto anche la più piccola speranza che avevano. Tsunade iniziò a guardarsi le mani con insistenza. Ora non vedeva nessuna traccia di cremisi, erano pulite, ma le sembravano quasi inutili e sporche. Che cosa avevano fatto? Nulla. Ora le lacrime sorgevano ai suoi occhi, minacciando di cadere.
Jiraiya sentiva freddo, non importava se la temperatura di quella notte fosse tiepida, lui sentiva freddo.
Ma era un freddo strano, veniva da dentro, era così intenso che distruggeva ogni più piccola traccia di calore e si lasciava dietro solo lande desolate, ma sapeva che era inutile cercare di proteggersi, perché da quel freddo non si può scappare.
In quella notte c'era la luna piena, quella stessa luna che altrove era definita romantica e bellissima, ma in quella notte di luna piena i due sannin non facevano che pensare:
Se solo fossi arrivato prima...
***
Orochimaru aspettava Danzo con un cipiglio annoiato. Il vecchiaccio si presentò con un estrema lentezza.
"I miei uomini sono riusciti a raccogliere 22 Sharingan fino ad ora." disse Danzo appoggiandosi al bastone. Orochimaru sorrise sprezzante.
"No. Sono 26." Danzo era diventato davvero troppo vecchio se pensava di poterlo fregare. Aveva provveduto a contarli personalmente. Danzo non lo contraddisse, anzi, cambio discorso.
"Finalmente Sarutobi si è deciso a crepare." Danzo studiò molto attentamente la reazione di Orochimaru, poteva trarci informazioni preziose. Rimase comunque deluso. Sul viso del sannin non apparve nulla, vide sulla sua faccia la più totale indifferenza.
"Non c'era più niente che avrei potuto apprendere da lui."
Orochimaru non sentiva freddo e non vedeva nemmeno le sue mani sporche, lui era totalmente indifferente. Proprio questa sua indifferenza gli permise di notare un piccolo e veloce movimento lì vicino. Guardò Danzo con compassione, in realtà non era troppo vecchio, era solo un incapace.
"Ma resta sempre quell'altro problema, il quarto Hokage." disse Danzo con disprezzo, il ragazzino-codardo, non avrebbe avuto difficoltà ad eliminarlo. "Lo eliminerò personalmente." aggiunge.
Orochimaru lo guardò, non credeva che sarebbe riuscito ad eliminare un Hokage se non riusciva nemmeno ad evitare di farsi seguire.
"Ma certo." Danzo lo guardò con odio mal celato, alla fine avrebbe ucciso anche lui. Orochimaru si muoveva con molta calma, per lui quell'incontro era finito.
"Ah, Danzo, la prossima volta cerca di non farti seguire." Danzo si girò con uno sguardo interrogativo, di che cosa stava parlando?
Nello stesso momento Tenzo s'irrigidì, aveva solo due possibilità, scappare o combattere. Orochimaru gli si piantò davanti prima che potesse fare una scelta. Sogghignava.
"Guarda un po' chi abbiamo qui! Uno dei miei esperimenti! Kukuku!" Tenzo capì che Orochimaru aveva già scelto per lui. Scattò all'indietro, sarebbe stato più pratico per lui avere più distanza. Ad Orochimaru non importava più di tanto conosceva abbastanza tecniche per poter combattere in qualunque modo.
Tenzo guardò il suo nemico con il terrore inconscio, sapeva di non avere possibilità contro Orochimaru. Il sannin lo guardò leccandosi le labbra, sarebbe stato uno scontro interessante.
"Mokuton: mokujo heki.1" Tenzo sapeva che la sua unica opportunità era quella di distrarlo per poi scappare. Orochimaru evitò agilmente il ninjutsu e per tutta risposta gli scagliò contro un attacco coi serpenti, allora Tenzo lo intrappolò con la Shichuro no jutsu2
Orochimaru scomparve dalla gabbia in una nuvola di fumo e riapparse alle spalle dell'ANBU che si spostò appena in tempo per evitare di essere colpito, lanciò a sua volta verso il sannin un Jibaku eiso3, gioì per essere riuscito a intrappolarlo, strinse abbastanza da provocargli dei danni permanenti, ma Orochimaru, sotto i suoi occhi, "fece la muta" . Stava usando la Orochimaru no kawarimi. Era una delle cose più disgustose che Tenzo avesse mai visto. Questo secondo di distrazione gli fu fatale, il tempo di ripresa di Orochimaru era minore di quanto si aspettasse, in meno di un secondo una lama che usciva da un serpente gli trapassò il cuore. Morì subito, quasi non se ne rese nemmeno conto, ma sul suo viso rimase per sempre un'espressione stupita. Ma mai nessuno poté vederla, il suo corpo sparì con Orochimaru, che enorme nuova fonte di informazioni!
1: Arte del legno: paratia lignea
2:Arte del legno: prigione dai quattro pilastri
3:Arte del legno: nido avvolgente
Angolo autrice
Buongiorno a tutti! Come va? Ad ogni modo che ne pensate? Che ne dite di lasciarmi un parere? Voglio informarvi che martedì prossimo non potrò aggiornare perché ho degli impegni,, quindi aggiornerò mercoledì o giovedì.
Alla prossima
thera
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Capitolo 8 *** Shuriken e gente strana ***
Capitolo 8
Shuriken
e gente strana
Giorno
5 - mattina
Obito guardò
Kakashi. Era venuto a trovarlo in ospedale, ma per tutto il tempo il
suo sguardo era rimasto spento. Obito sapeva che c'era qualcosa che
non andava, erano cinque minuti buoni che era lì e non aveva
detto nulla per punzecchiarlo.
"Che cosa
avete tutti oggi? È da stamattina che Rin é strana, ma
quando glielo faccio notare dice che è solo una mia
impressione, ora ci ti metti anche tu, mi volete dire che cosa
succede?" Kakashi lo guardò interrogativo, che cosa
c'entrava Rin? Poi però aggiunse:
"Allora non
sei così tonto come pensavo." Obito lo guardò
malissimo. Quella sarebbe stata l'ultima volta che cercava di
aiutarlo! Ma chissa perchè questa frase non gli risultava
nuova...
"Vuoi che ti
dia una mano o vuoi litigare?" sbottò Obito infastidito.
Stupido Kakashemo!
Kakashi perse di
nuovo vitalità.
"Per colpa
mia é morta una persona." Obito lo guardò con
serietà, non disse niente, lo lasciò continuare.
"Minato-sensei
mi ha affidato una missione. Ieri pomeriggio mi sono fatto dare il
cambio e quello che me lo ha dato è morto."
"Kakashi, ma
che cosa stai dicendo? Lo stupido qui in mezzo sei solo tu."
disse Obito, ci mancava solo che Kakashemo si facesse venire sensi di
colpa inutili. "È inutile pensare
al che cosa sarebbe successo 'se', non è successo e non
potremo mai saperlo. Essere un ninja comporta anche dei rimpianti, ma
bisogna andare avanti."
Kakashi
lo guardò senza dire niente, forse Obito aveva ragione, ma ciò
non sminuiva la sua colpa. Questo momento di idilliaca pace durò
poco.
"Ora
devo andare, sai non sono tutti come te che si fanno ricoverare per
una ferita." disse canzonatorio. Obito lo guardo storto. Stupido
Kakashemo! Questa frase stava diventando il suo mantra! Cercò
di guardare il lato positivo, almeno non si stava più
rimproverando. Che grande soddisfazione!
"Hey
sono qui da nemmeno ventiquattr'ore!" Kakashi fece un gesto con
la mano che stava a dire 'si, si..."
Uscì
dalla stanza e s'imbatte in Rin. Effettivamente Obito aveva ragione,
la ragazza era un po' sovrappensiero.
"Sai
Rin, Obito mi ha detto che sei un po' strana."
Rin
scattò sull'attenti e disse frettolosamente, troppo
frettolosamente: "Obito ha detto cosa?"
Kakashi
la guardò con sguardo critico. Si, Rin aveva decisamente
qualcosa che non andava, l'unica cosa che gli veniva in mente era
che...
"Non
mi dirai che Obito si è finalmente dichiarato!?"
Negli
occhi di Rin passò una combattuta rassegnazione, era vero
dunque.
Kakashi
restò più che altro allibito, c'era riuscito
finalmente.
"Kakashi
come devo comportarmi?" chiese lei supplicante, aveva davvero
bisogno di un consiglio.
"Non
starai sul serio chiedendo a me, vero?" chiese Kakashi
imbarazzato, era la persona meno indicata.
Rin
lo guardò con occhi supplicanti:
"Ti
prego!"
Kakashi
sospirò. Si lasciava convincere sempre.
***
Jiraiya
gli si presentò davanti e Minato non riuscì a leggere
nulla nel suo sguardo.
"Mi
dispiace." La morte del terzo aveva intristito tutti, ma lo
Yondaime non riusciva a scrollarsi di dosso la certezza che se avesse
fatto qualcosa in più magari il terzo non sarebbe morto. Non
si sentiva in grado di poter fare tutto da solo.
"Non
é colpa tua Minato." disse Jiraiya intuendo i suoi
pensieri, non era lui il responsabile."Chi è stato?"
L'Hokage
sospirò e s'accasciò sulla sedia. "Non è
stato un Uchiha, se è questo che intendi. Ho il sospetto che
il mandante sia stato Danzo."
Jiraiya
non si stupì, quell'uomo era un poco di buono, aveva detto al
suo maestro più volte di non fidarsi, ma questo gli aveva
sempre detto che Danzo era un suo compagno di team e che si fidava
dei suoi compagni.
"Ieri
ho cominciato a farlo pedinare. Un ragazzo di nemmeno vent'anni è
morto per seguire questo mio sospetto." continuò Minato,
c'era anche Tenzo a pesargli sulla coscienza.
"Io
non direi che era solo un sospetto, se è sparito, vuol dire
che siamo sulla strada giusta." obbiettò Jiraiya, sapeva
che Minato si stava colpevolizzando.
"Ad
ogni modo ho detto a Kakashi di smetterla di seguirlo."
Jiraiya
lo guardò con affetto "Non è che non lo lasci
continuare perchè é un tuo allievo?"
Minato
sorrise amaramente, anche lui aveva cercato, invano, di rispondere a
quella domanda.
***
Sasuke
se ne stava nella sua stanza, si annoiava. Non sapeva che cosa fare.
Guardò lo shuriken sulla scrivania e questo gli ricordò
il fratello e la sera prima
Itachi
rientrò in casa. Stavolta era riuscito a tornare ad un orario
decente. Sospirò benevolmente appena vide Sasuke
sull'ingresso, gli aveva detto che non c'era bisogno di aspettarlo.
Il bambino scattò sull'attenti vedendo il braccio del fratello
ed iniziò a guardarlo preoccupato.
"Che
cosa c'é otouto?" chiese Itachi, per poi accorgersi che
il fratello era in ansia per il taglio che aveva sul braccio. Sasuke
osservò attentamente la ferita, non era molto esperto, ma se
aveva lacerato anche la manica, doveva essere decisamente grave!
"Ni-san!
Perché non ti sei fatto curare?! " sbottò il
piccolo Sasuke, Itachi chiuse gli occhi benevolo, l'ingenuità
del fratellino riusciva sempre a colpirlo
"Mah,
questi medici! Hanno scelto dei medici incompetenti! Sono per forza
incapaci se lasciano andare un paziente ferito! Non preoccuparti
ni-san, non ti succederà nulla, io e la mamma ti cureremo."
detto ciò, afferrò il fratello per una mano, che si
premuró essere quella del braccio sano e iniziò a
gridare:
"Mamma,
mamma! Itachi é ferito! "
Mikoto
scese talmente veloce le scale che rischiò d'inciampare e
ruzzolare giu.
"Mamma,"
iniziò il figlio, "non é nulla"
Mikoto
guardò il figlio in tralice, non riusciva a parlare, non
riusciva a pensare, non importava se la ferita del figlio fosse poco
più che un graffio, Itachi si era ferito e se questa volta gli
era andata bene non comportava che la prossima volta sarebbe andata
nello stesso modo.
"Mamma,"
disse Itachi serio e agitato, al suo attento occhio osservatore non
era sfuggito il vuoto dei suoi occhi, "è solo un
graffio."
Mikoto
scosse la testa e sorrise, sapeva già che cosa fare.
"Vieni
andiamo a disinfettarla." rispose dolcemente, dando finalmente
pace alle occhiate del secondogenito.
Qualcuno
bussò alla porta della sua stanza e si affacciò la
testa di Shisui che prevenne la domanda del cuginetto prima che
questi potesse porgergliela
"Non
preoccupari per Itachi, sta bene."
Sasuke
assunse un'espressione soddisfatta, poi però con grande
energia disse: "E la ferita?"
Shisui
sorrise, Itachi gli aveva fatto intendere tutta la situazione con un
lieve accenno.
"La
ferita è in una perfetta via di guarigione." disse
assecondando il cugino e il pensiero del proprio fratello gli fece
capolino nella sua testa, lo scacciò velocemente, non voleva
pensarci. Spostò lo sguardo in giro per la stanza cercando in
fretta un altro appiglio di conversazione. Il suo sguardo si soffermò
sullo shuriken sulla scrivania.
"Alla
fine Itachi ti ha insegnato quella tecnica con gli shuriken?" Il
viso di Sasuke divenne corrucciato a quella domanda, il suo ni-san
aveva proprio accantonato la questione.
"No."
"Vuoi
che te l'insegni io?" Sasuke guardò il cugino indeciso
per un attimo.
"No,
aspetterò Itachi." Shisui sorrise benevolo, se lo
aspettava in fondo. Sasuke aveva una sorta di adorazione verso
Itachi, anche se quest'ultimo tendeva sempre a smentirlo.
"Shisui?"
chiese Sasuke, incerto. "Come sta andando la guerra? Qui nessuno
mi vuole dire nulla!"
Shisui
rimase spiazza da quella domanda, non aveva idea di come
rispondergli, non poteva certo dirgli che di lì a poco
l'avrebbero persa quella guerra, nè poteva dirgli di Obito, nè
della sua opinione e quella di Itachi su quell'inutile massacro e
nemmeno della nuova tinta cremisi che avevano assunto le strade di
Konoha. Sospirò.
"Come
tutte le guerre, sta facendo tanti morti inutili." Sasuke lo
guardò con tristezza. Era davvero necessario fare scoppiare
questa guerra?
"Allora,
come stavi giocando?" era venuto lì per sollevargli il
morale non per appesantirgli il cervello.
"In
nessun modo! La mamma mi ha messo in super punizione! Non posso fare
niente!"
"Se
tu non fossi scappato a quest'ora non saresti in punizione."
"Ma
io volevo aiutare Itachi!" sbotto Sasuke infastidito, nemmeno la
mamma riusciva a capirlo!
"Hey,
c'ero io ad aiutarlo, non ti fidi di me?" gli disse Shisui,
falsamente offeso.
"No,
tu sei inaffidabile!" gli rispose il cuginetto sorridente.
Scoppiarono a ridere entrambi.
"Shisui?"
chiese di nuovo Sasuke incerto. "Mi insegni quella tecnica con
gli shuriken?"
Angolo
autrice
Buonasera
a tutti! Come va? Che cosa ve ne apre di questo capitolo?Perchè
non lasciate un commentino? Che ne pensate della strada che sta
prendendo la Obito x Rin? E di Sasuke?
Al
prossimo martedì
thera
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Capitolo 9 *** Jinchuuriki arrabbiate e ninja esperti ***
Capitolo 9
Jinchuuriki
arrabbiate e ninja esperti
Giorno
5 - tarda mattinata
Mikoto guardò
il figlio ed il nipote, aveva capito che non avrebbe avuto un altra
occasione per fare ciò che doveva. S'avviò verso la
porta, sperando di non essere sentita. Povera illusa.
Cercò di
camminare per le strade del quartiere sembrando tranquilla. La vista
delle mura, però, fece fallire miseramente questo suo
tentativo, ma ciò che la scosse di più, fu il fatto che
le mura erano sorvegliate. Certo, lo sapeva, ma sul momento non ci
aveva pensato più di tanto. Aveva passato l'intera notte
insonne per pensare come fare dopo essere uscita e solo ora si
accorgeva che anche uscire era un problema. E se ci fosse stato anche
Itachi sulle mura? Come avrebbe giustificato tutto? Quei pochi
istanti d'incertezza rischiarono di mandare tutto all'aria. No,
almeno adesso doveva proteggere i suoi figli.
Scosse la testa
per allontanare il nervosismo, pensò velocemente a che cosa
fare e decise di continuare a camminare tranquillamente, come se
avesse qualcosa da fare. O la va o la spacca. Avanzava verso le porte
con sicurezza, tale che Tekka, senza farsi nessuna domanda, le aprì
le porte. Il loro compito era quello di non far entrare nessuno, non
di non farli uscire. Mikoto continuò a camminare con altera
sicurezza, quando finalmente svoltò l'angolo si lasciò
andare appoggiandosi al muro. Si mise una mano sul petto, il suo
cuore batteva a mille. Fece scivolare la schiena lungo il muro e si
cinse le ginocchia con le mani. Si calmò e decise mentalmente
l'itinerario da seguire. Quel viaggio fu uno dei più
angosciosi della sua vita. Quando finalmenteil profilo di quella casa
le si stagliò davanti tirò un sospiro di sollievo, ma
l'attesa davanti a quella porta le sembrò la più lunga
della sua vita. La porta si aprì di scatto rivelando una
figura dai lunghi capelli rossi che rimase scioccata vedendola.
"Mikoto..."
riuscì solo a mormorare.
"Ti prego
Kushina fammi entrare, ho delle informazioni da darti." disse
Mikoto implorante, era già difficile così...
Kushina scatto di
lato velocemente, permettendo all'altra d'entrare, aveva già
deciso di fidarsi, la consusse nello studio di Minato e vi ci si
chiusero dentro.
Naruto osservò
tutta la scena deluso. Lui voleva vedere papà, non Mikoto
Uchiha! Il bambino era sicuro che anche la madre fosse delusa, ci era
rimasta così male che non aveva nemmeno chiuso la porta a
chiave. Chissà poi che cosa voleva. Non avrebbe potuto...
Il cervello di
Naruto fermò di colpo il flusso di pensieri e ritornò
una specifica frase di giusto un momento fa: ci
era rimasta così male che non aveva nemmeno chiuso la porta a
chiave.
Rimase
imbambolato mezzo secondo per metabolzzare e sfruttare la situazione,
inoltre, pensò, la mamma era occupata di là e non si
sarebbe accorta della sua assenza! Quello era proprio il suo giorno
fortunato!
Sgattaiolò
fuori facendo meno rumore di quanto ne aveva fatto Mikoto. Sentir il
vento freddo frustargli le guance lo fece sentire finalmente libero
di poter risolvere la guerra. Il suo primo istinto fu quello di
andare dal padre, ma realizzò subito che anche lui l'avrebbe
rispedito a casa, aveva già appurato che era accecato
dall'affetto che nutriva per lui. Quindi, pensò Naruto
velocemente, se voleva vincere quella guerra doveva fare tutto da
solo. Subito dopo scosse la testa, non poteva fare tutto il lavoro da
solo, doveva avere dei compagni, Kakashi glielo ripeteva sempre, e,
se c'era Obito, aggiungeva che doveva accontentarsi anche delle
scartine facendo arrabbiare terribilmente l'amico che usciva dalla
stanza e ogni volta, dopo questa manifestazione di autocontrollo
dell'Uchiha, Kakashi diceva sempre che Obito non rientrava in questa
categoria.
Naruto era
convinto che tutti coloro che avrebbe potuto arruolare erano,
irrimediabilmente, più scarsi di lui, ma facendo gioco di
squadra sarebbero stati forti comunque. Arrivò sotto la casa
d'Hinata, la più vicina, ed iniziò a tirare sassolini a
quella che credeva essere la sua finestra.
Lei aprì
velocemente ed un sassolino per poco non rischiò di colpirla
in faccia. Naruto s'imbarazzò visibilmente, ma si giustificò
dicendo:
"Io sono un
grande ninja, vedi Hinata? Ti ho visto arrivare ed ho deviato il
tiro!"
Per fortuna non
l'aveva colpita!
Hinata imporporì
visibilmente, nemmeno nei suoi sogni Naruto si presentava davanti la
sua finestra.
A Naruto sfuggì
il suo rossore e continuò: "Sto formando un esercito,
vuoi farne parte?"
"C...certo
Naruto-kun." riuscì ad articolare prima di scendere, se
Naruto la stava cercando voleva dire che la considerava forte! Era
proprio davanti la porta quando una voce alle sue spalle la fermò.
"Dove stai
andando?" Hinata riconobbe subito la voce di Neji, si voltò
lentamente verso il cugino, che cosa avrebbe fatto ora?
"Io vado a
combattere Neji-nii-san." disse insicura, sarebbe stato
fantastico se fosse venuto con lei...
"Aspetta,
vengo con te." le disse il cugino, il viso d'Hinata s'illuminò,
forse il cugino non l'odiava!
"Ma non
credere che sia per proteggerti." continuò freddo.
L'espressione d'Hinata si congelò, ma uscì senza dire
nient'altro.
Il gruppo
continuò ad infoltirsi fino ad una decina di bambini, allora
Naruto decise che la casa di Shikamaru Nara sarebbe stata l'ultima.
Quando lo chiamarono, questi s'affacciò scocciato alla
finestra dicendo:
"Che
seccatura, che cosa volete?"
"Dobbiamo
andare a combattere!" gli rispose alacremente Naruto. Shikamaru
gli scoccò un'occhiata apatica e replicò:
"È
inutile ed è anche una seccatura." detto ciò
chiuse la finestra, combattere era un inutile spreco di energie.
Naruto, invece si limitò a fissare truce la finestra per
qualche minuto.
Poi si girò
di scatto e iniziò a camminare velocemente.
"Che
seccatura"
imitò "stupido Nara."
Gli altri bambini
lo seguirono, ma per mantenere il suo passo produssero troppo rumore
e fu anche grazie a quello che i due jonin li intercettarono.
"Naruto..."
Il bambino riconobbe subito la voce e si girò molto lentamente
verso il suo interlocutore. Dannazione!
Kakashi lo stava
fissando con le braccia conserte e battendo un piede per terra.
"Minato-sensei mi uccide se ti lascio andare."
Diamine, per poco
ci riusciva! Guardò Obito-nii in cerca d'appoggio, lui
l'avrebbe capito di sicuro! Avevano lo stesso sogno...
Ma anche Obito,
appena dimesso, gli scoccò un'occhiata di rimprovero.
"Obito-nii,
come puoi tradirmi!" lo accusò Naruto, fare leva sul suo
senso di colpa era sempre l'idea migliore. Neanche questa, però,
funzionò. Rimaneva solo un'unica alternativa.
Era tutta colpa
della mamma. Lei aveva si sicuro terrorizzato a morte papà che
a sua volta aveva imposto a Kakashi e Obito di non lasciarlo passare.
Certo, era ovvio!
Come aveva potuto non pensarci prima! Non si sentì in dovere
di biasimarli, la mamma arrabbiata era davvero spaventosa, anche il
Kyuubi doveva averne paura.
Naruto annuì
e guardò i due jonin con compassione.
"Non
preoccupatevi, so benissimo qual è la vostra situazione. Dirò
alla mamma che noi non ci siamo incontrati." e, dicendo ciò
fece per andarsene, ma venne bloccato da Obito.
"Obito-nii,
lo so che la mamma è spaventosa, ma dovrai pur vincere le tue
paure prima o poi!"
"Avantieri
all'ospedale ne ha superata una bella grossa." mormorò
Kakashi. In quel momento due teste si girarono a guardarlo
interrogative, che cosa intendeva?
"Naruto-chan,in
questa guer..."
"Non darmi
del chan, ormai sono grande!" solo la mamma poteva dargli del
chan!
"Questa
guerra" continuò Obito sorridendo "è
combattuta da ninja esperti e ..."
"Anche io
sono un ninja esperto!" lo interruppe di nuovo Naruto.
"Hey, che
cos'è marmocchio! Credi che io non sia forte?"
Naruto rimase un
attimo indeciso, riteneva che Obito-nii fosse forte, ma questo non
significava che non lo fosse lui.
"Certo,
però..." iniziò il bambino, ma fu subito
interrotto. Obito l'aveva preso di peso e caricato in spalla.
"Allora
andiamo." disse e iniziò a camminare verso la strada
dalla quale l'esercito dei bambini era arrivato. Kakashi divise il
gruppo in due e ognuno dei dei jonin accompagnò uno dei due
gruppetti.
Fu dopo aver
accompagnato Naruto da una pericolosa Jinchuuriki arrabbiata che la
vide.
Angolo
autrice
Vorrei
precisare che Tekka, apparso in questo capitolo, Inabi
e Yashiro sono quei tre tizi idioti
che hanno interrogato Itachi sull'omicidio di Shisui credendolo
colpevole, appariranno altre volte come comparse.
Vi
stupite che abbiano un nome? Anche io.
Ad
ogni modo, spero di essere stata chiara riguardo agli “insulti”
che Kakashi rivolgeva a Obito ricordati da Naruto.
Che
cosa ne pensate? Perchè non passate a recensire?
*apposto
dei lettori l'autrice vede una palla di fieno rotolante...*
Alla
prossima
thera
|
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Capitolo 10 *** Incontri fortuiti ***
Capitolo
10
Incontri
fortuiti
Giorno
5 - tarda mattina
Shisui
aveva sentito benissimo sua zia sgattaiolare via, ma non aveva detto
nulla a Sasuke, non voleva allarmarlo.
A
lui, invece, questa faccenda preoccupava parecchio, se era uscita
cercando di non farsi sentire, significava che stava andando a fare
qualcosa che non doveva. Fu per questo che ringraziò
mentalmente il campanello. Sasuke si girò a guardarlo
interrogativo posando lo shuriken a terra, aveva già quasi
imparato la tecnica.
Alla
porta si presentò la figura di Uruchi, la donna, da quando era
scoppiata la guerra, andava ogni giorno dai nipoti Itachi e Sasuke a
portargli il pane ancora caldo.
Talvolta,
come quel giorno, portava anche dei dolci.
Uruchi
Uchiha non aveva mai avuto dei figli e non ne aveva mai sentito più
di tanto la mancanza, ma lo scoppio di quella rivolta l'aveva
avvicinata in modo incredibile ai nipoti.
"Buongiorno
Uruchi-san" la salutò gentilmente Shisui, mentre anche il
piccolo Sasuke aveva fatto capolino e salutava animosamente la zia.
"Itachi-kun
è in casa? Gli ho preparato dei dango." disse la donna
gentilmente.
"Itachi
non c'è." disse Sasuke, triste. Chissà che cosa
stava facendo in quel momento. Tuttavia il profumo del pane gli
stuzzicò la fame. Sasuke non andava pazzo per il pane, ma
quello della zia era caldo e morbido ed aveva tutto un altro sapore,
molto più buono.
"Vai
a prendere un coltello di là che te ne taglio un po'."
disse Shisui accortosi subito del suo sguardo agognate.
"Uruchi-san,
potreste restare con Sasuke per un po'? Mia zia è uscita."
disse Shisui con nonchalance nel frattempo
che il bambino era nell'altra stanza. La donna annuì
cordialmente, per lei non sarebbe stato certo un problema, era anche
un ottimo modo per distrarsi. Shisui fece tutto con molta
naturalezza, non poteva permettersi che uno dei due s'insospettisse,
eppure fu anche molto veloce. Dopo aver salutato il cugino, camminò
per le strade del quartiere con passo svelto facendo mente locale.
Doveva
trovare sua zia.
La
prima cosa che decise di fare fu quella di cercare Itachi, magari lui
avrebbe saputo qualcosa. Sorpassate le mura, si poté
permettere di correre, le strade sfilavano veloci davanti ai suoi
occhi senza che riuscisse a trovare il suo migliore amico. Lo vide
poco dopo aver svoltato l'angolo. Stava combattendo, ma allo sguardo
di Shisui sembrava apatico, gli sembrava che avesse disconnesso il
cervello, come per non pensare troppo a ciò che stava facendo.
Questa guerra lo stava distruggendo. Senza un istante d'esitazione
deviò un attacco che sarebbe arrivato addosso al cugino e,
approfittandosene, si portò vicino a Itachi.
"Grazie."
gli disse quest'ultimo. Gli occhi d'Itachi trasmettevano tante cose,
e in quel momento nessuna di quella era felice. Riusciva a
distinguere benissimo una grande tristezza di fondo, intervallata da
molte crepe: rassegnazione, disgusto, riluttanza, amarezza e ribrezzo
per se stesso e per quello che stava facendo. Stava cadendo in un
baratro nero. Anzi era come se tanti lembi d'ombra lo avvolgessero e
lo trascinassero verso il buio vuoto ed assordante. Shisui lo guardò
con occhi tristi, questa guerra doveva finire al più presto,
prima che li distruggesse tutti.
Per
fortuna, misera e scarna soddisfazione, nei suoi occhi non vedeva
nessuna traccia di paura o preoccupazione. Probabilmente non sapeva
nulla di Mikoto. Non gli disse nulla, non aveva il cuore di dargli
anche questo peso, le sue spalle da tredicenne erano già
abbastanza curvate. Gli sorrise e si allontanò.
Itachi
restò a guardarlo giusto un secondo, non gli era concesso
altro tempo, stava pur sempre combattendo,
no? Il sangue che aveva addosso lo testimoniava in modo macabro. Solo
il pensiero di Sasuke lo aiutava a non crollare.
Vedere
allontanare Shisui lo aveva privato di quel poco di sostegno che
aveva avuto grazie alla sua presenza, ma questa era una precauzione
che avevano deciso assieme. Sarebbe stato troppo difficile
dissimulare il fatto che non facevano sul serio se avessero
combattuto assieme. Non era solo questo a turbarlo. Credeva che
Shisui gli stesse nascondendo qualcosa, qualcosa che lo riguardava.
Aveva indagato troppo a lungo i suoi occhi.
***
La
donna si aggirava furtiva per la strada sussultando per ogni minimo
rumore, rendendosi incredibilmente sospetta e ridicola. Obito la
osservò. Sua zia non doveva essere lì. Con un balzo si
portò di fronte a lei.
Mikoto
sussultò terribilmente vedendo una figura davanti a sé
e nell'indietreggiare inciampò. Non cadde a terra solo perché
Obito le afferro il braccio tenendola in equilibrio.
Quando
Mikoto riconobbe il nipote non poté che sentirsi più
spaventata. Che cosa si sarebbe dovuta aspettare da lui?
"Che
cosa ci fai qui, zia?"
La
donna lo guardò con occhi sbarrati, che cosa avrebbe dovuto
fare? Poteva dirgli la verità? Inventarsi una scusa sarebbe
stato inutile. Non disse nulla, si limito a fissarlo impietrita.
Obito capì lo stesso. Neanche lui le rispose, si limitò
a sorriderle amaramente. Non credeva che anche sua zia lo
considerasse un fallito. Passarono diversi secondi a fissarsi senza
che nessuno dei due dicesse niente. Li riscosse solo l'arrivo di
un'altra figura. Appena i due fratelli si riconobbero restarono a
fissarsi senza sapere che cosa dire. Ognuno dei due capiva la scelta
dell'altro e non lo biasimava.
Obito
aveva sempre odiato il silenzio. Lo faceva sentire inadeguato, quel
silenzio sembrava deriderlo, lo rendeva solo, in un certo senso, ne
aveva paura. Cosi lo riempiva sempre di parole. Shisui, invece, vi ci
si trovava bene, il silenzio ti diceva molte più cose che
tante futili parole, ma talvolta il silenzio era troppo pesante per
essere sopportato.
"Come
stai?" chiesero entrambi nello stesso momento. Scese di nuovo il
silenzio, questo però era un silenzio molto più
leggero, quasi familiare.
Fu in quel momento che Shisui s'accorse della fasciatura sul braccio
del fratello e la fissò insistentemente. Obito se ne accorse
immediatamente.
"Non
è nulla! Non sono nemmeno all'ospedale!" disse Obito
grattandosi la nuca. Non si premurò di dirgli che
dall'ospedale era uscito giusto quella mattina e che aveva pure
dovuto insistere. Shisui non lo contraddisse, ma dal suo sguardo si
capiva perfettamente che cosa stava pensando.
Mikoto
guardò tutta la scena sentendo una sorta di deja-vu.
Shisui
allora decise di spostare l'attenzione sulla zia.
"Itachi
non sa nulla,vero?" le chiese, anche se più che una
domanda sembrava un'affermazione. Mikoto annuì lievemente.
"Ti
prego non dirgli nulla." implorò con un filo di voce. Era
di nuovo calato il gelo e il silenzio, quello pesante.
Allora
entrambi si sentirono dare una sonora pacca sulla schiena.
"Che
cosa sono questi musi lunghi!" disse Obito allegramente. Ma a
Shisui non sfuggì una piccola lacrima incastonata all'angolo
dell'occhio sinistro del fratello. Obito
odiava il silenzio. Suo fratello era un bravo
attore. Gli era grato per il suo tentativo di smorzare la tensione.
Sorrise.
"Andiamo."
disse a Mikoto che annuì sollevata. I due s'incamminarono per
la strada, ma dopo pochi passi Shisui sentì una mano sulla
spalla.
"Fai
attenzione, otouto." gli disse Obito, serio. Shisui gli sorrise
e gli rispose:
"Lo
farò, nii-san".
***
Danzo
camminava tranquillamente avanti e indietro. Questa volta si era
premurato accuratamente che nessuno lo stesse seguendo. Non aveva
intenzione di fare un'altra figura simile con Orochimaru. Il quarto
aveva confermato pienamente i suoi sospetti.
Era un codardo, ma era meno stupido di quanto credesse, dopotutto era
diventato Hokage immeritatamente non poteva essere del tutto stupido.
"Sei
in ritardo." proferì rivolto al suo socio,
quel giorno l'avrebbe fatto fuori, non aveva più bisogno di
lui.
"No,
ti sbagli, sono in perfetto orario." gli rispose Orochimaru
avvicinandosi a lui con uno studiato passo lento.
"Che
cosa ne hai fatto della spia di quel codardo di Namikaze?" quel
corpo poteva essergli utile, conteneva pur sempre le cellule del
primo.
"Codardo?
Si è comportato esattamente come avresti fatto tu."
ribatté Orochimaru, non aveva intenzione di dargli
informazioni sul suo esperimento, era troppo interessato.
Danzo
strinse i pugni, era diventato troppo impertinente dopo essere uscito
dalla radice, per fortuna tra poco avrebbe fatto in modo che quella
lingua lunga non dicesse più nulla. Successe tutto in una
manciata di secondi. Danzo senti un alito freddo sul collo.
Orochimaru era sparito dalla sua vista.
"É
troppo presuntuoso anche per te credere di potermi uccidere." La
voce proveniva dalle sue spalle. Non gli diede nemmeno il tempo di
pensare di poter reagire che lo pugnalò alle spalle. Danzo
sorrise mestamente prima di cadere, aveva ancora un ultimo
scherzetto. Peccato il suo sigillo che non funzionò.
Orochimaru se ne accorse e si spostò prima. Davvero Danzo
aveva pensato di fregarlo così? Patetico.
"Sapevo
non potevi startene con le mani in mano, Orochimaru."
"Sarebbe
stato un vero peccato, Jiraiya."
Angolo
autrice
Buongiorno!
Ho
aggiornato oggi perché ho avuto dei problemi di
connessione e per certo non riuscirò a postare l'altro
capitolo in tempo. Allora, che cosa ne pensate? Personalmente questo
è il mio capitolo preferito. No, non è solo per la
morte di Danzo(Io volevo farlo morire con un ossicino di pollo, ma
qualcuno,
mi ha detto che non potevo farlo! Non potevo ucciderlo nemmeno
facendolo cadere per le scale!). Si adesso ce la smetto di
farneticare!
Alla
prossima(non so quando)
thera
|
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Capitolo 11 *** Vecchie conoscenze ***
Capitolo
11
Vecchie
conoscenze
Giorno
5 - mattinata
Tsunade
era sdraiata su quel letto da molte ore, anzi, per essere più
precisi era su quel letto dalla sera prima.
Vi
ci si era buttata sopra con un balzo, facendo cigolare terribilmente
la rete. Voleva solo dormire, agognava terribilmente l'incoscienza
del sonno, incoscienza che non le era ancora arrivata. Quando aveva
capito che era tutto inutile ed si era messa a pancia in su a
guardare il soffitto a luce spenta. Anche adesso di mattina
continuava a fissarlo, non si era mossa d'un millimetro. Forse fu
anche per questo che la luce sgorgata dopo che Shizune spostò
le tendine l'infastidì così tanto.
"Tsunade-sama,
non potete permettervi di restare qui a non far nulla."
Tsunade
spostò la testa sotto il cuscino senza ribattere, emettendo
solo un mugugno indefinito.
"Là
fuori la gente muore" continuò con tono pratico, la sua
era solo una constatazione, non conteneva, ancora, rimprovero. Si
spostò all'ultimo minuto per evitare un cuscino tirato con
precisione mortale.
"Se
la questione ti sta tanto a cuore vacci tu all'ospedale, sei un
medico, no?" ribatté dura la donna.
"Voi
potete salvarne di più di quanto possa fare io." disse
Shizune, un'altra constatazione.
Tsunade
sorrise amaramente, perché tutti non volevano capire che non
poteva più salvare nessuno? Ci aveva provato e non c'era
riuscita.
Non
era riuscita a salvarli. Dan le era scivolato dalle mani e non era
riuscita nemmeno a sfiorare Sarutobi-sensei che era già andato
via.
"Jiraiya-sama
sta rischiando la sua vita mentre voi ve ne state qui a poltrire!"
questa, invece, era un'accusa.
Tsunade
si girò dall'altro lato per non guardarla. Jiraiya non si
sarebbe fatto uccidere. Shizune diceva così solo per
convincerla. Era un sannin, non sarebbe morto certo così
facilmente.
"Vedi,
Tsuna? Io ed un mio amico abbiamo fondato questo villaggio, devi
proteggerlo quando sarai grande."
"Va
bene. Ma chi era questo tuo amico, nonno?"
"Se
n'è andato via, Tsuna. Promettimi anche questo, non
abbandonare i tuoi amici, dagli sempre sostegno." disse
Hashirama con una serietà che perse subito "Adesso, però
ti insegno un nuovo gioco con le carte!"
Questo
vecchio discorso le tornò in mente. Era seppellito nella sua
memoria e lo aveva scordato. Che cosa stava facendo? Li stava
abbandonando. Scattò in piedi e prese la giacca. Sarebbe
andata sul tetto del palazzo dell'Hokage, da li con Katsuyu avrebbe
aiutato tutti coloro che poteva. Lo doveva al nonno.
***
Sasori
finì di scrivere l'ultimo hiragana. Posò la penna e
ammirò la sua nuova opera. Il verde contenuto delle provette
riluceva nella tenue luce della lampada, regalando al veleno sinistre
sfumature violacee. Gli ci era voluto qualche giorno per crearlo e
testarlo, ma adesso poteva dirsi soddisfatto. Questo nuovo veleno era
migliore del precedente.
Emanava
un forte odore dolce, simile al caramello, peccato che di dolce non
avesse null'altro.
Fu
proprio in quel momento che gli arrivò un ordine del capo.
"Gli
spadaccini della Nebbia ci stanno dando più problemi del
previsto. Voglio che tu e Orochimaru partiate come squadra di
supporto. Adesso."
Diretto
ed autoritario come sempre.
Sasori
s'alzò lentamente e sparse il contenuto della fialetta sulla
coda d'Hiruko.
Ora
poteva partire. Non gli piaceva fare tardi.
***
I
due sannin si guardarono negli occhi per pochi secondi, poi le loro
mani si mossero velocemente per formare i sigilli.
Manda
e Gamabunta comparvero con tutta la loro maestosità.
"Ti
vedo invecchiato, Jiraiya." lo prese in giro il suo vecchio
compagno di squadra. L'eremita dei rospi diventava sempre più
vecchio, il suo corpo tra poco sarebbe diventato sempre più
cigolante e poi sarebbe morto.
Che
fine miserabile, morire di vecchiaia. Lui, invece, non avrebbe mai
fatto questa fine. Lui non sarebbe mai morto.
"Jiraiya!
Perché diavolo mi hai chiamato per combattere queste
serpi?" rispose l'irritato Gamabunta per lui. Non attese
oltre, scagliò una Teppodama1 che sia Manda che
Orochimaru schivarono agevolmente.
Jiraiya
guardò colui che era stato il suo compagno di team. Era
cambiato, Orochimaru. E lui non si era accorto di nulla. Non l'aveva
mai nemmeno sospettato, eppure una persona non cambia da un giorno
all'altro. Quando Orochimaru si era incrinato? E anche quando aveva
capito che era cambiato non lo aveva saputo riportare indietro.
Sospirò profondamente per allontanare la questione. Colui che
aveva davanti non era più un suo amico, era solo un nemico, un
nemico che doveva battere.
"Con
dei jutsu di questo livello non mi batterai mai!" lo schernì
Orochimaru "Katon: hinoiki.2" ma Jiraiya evitò
il suo attacco grazie ad un salto di Gamabunta.
"Io
pensavo che sapessi fare di meglio!" rispose l'eremita dei rospi
mentre si trovavano ancora in aria. Il loro atterraggio fece vibrare
il suolo, come se ci fosse un terremoto. Adesso anche i più
distratti si erano accorti di loro.
***
Minato
guardava quelle due giganti evocazioni con un'ansia dilagante. Non
era la terra tremante a spaventarlo e nemmeno vedere con quale
facilità tutti quegli alberi venivano abbattuti, aveva paura
che non sarebbe riuscito a rivedere più il suo sensei.
Conosceva
benissimo Jiraiya e le sue abilità, sapeva anche che Jiraiya
non sarebbe morto facilmente, ma, nonostante tutto, non riusciva a
non preoccuparsi. Orochimaru non era un nemico da nulla. Lo sapeva
lui come lo sapeva l'eremita dei rospi, ma nonostante tutto gli aveva
chiesto di non intervenire. Era una cosa che doveva fare da solo.
Katsuyu
stessa gli aveva detto che con Jiraiya c'era una parte di sé,
ma questa notizia l'aveva calmato di poco, d'altra parte le emozioni
sono la parte meno razionale di noi, no?
Fai
attenzione, Jiraiya-sensei.
***
"Katon:
endan!3" la bomba di fuoco s'abbatté contro
gli alberi, riducendoli in un mucchietto di pire ardenti, ma il suo
bersaglio originale era tranquillo poco distante.
"Sei
patetico, Jiraiya! Kukuku!" rideva, rideva e lo guardava con una
sorta di compassione. A Konoha non era rimasto più nessuno di
veramente potente che potesse diventare il suo nuovo contenitore.
Nemmeno il tanto decantato Shisui Uchiha, l'unico possessore del
Mangekyou Sharingan era realmente un granché. Lo aveva
affrontato tempo prima.
È
inutile, per noi, dire quale fu realmente l'esito dello scontro.
Poi
c'era Minato Namikaze, l'Hokage, con lui era una faccenda
personale. Era lui che doveva diventarlo.
Jiraiya
sospirò profondamente. Lo scontro, continuando di questo
passo, sarebbe continuato all'infinito, anzi, Orochimaru avrebbe
potuto avere la meglio e lui non poteva permetterlo.
Per
poter vincere doveva far in modo che Orochimaru non potesse più
usare i suoi jutsu e la tecnica più adatta che conosceva era
il Gogyo Fuuin4.
Il
problema era la distanza. Orochimaru non gli avrebbe mai permesso
d'avvicinarsi, quindi aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile. Aveva
bisogno della modalità eremitica.
***
La
visuale dal tetto dell'Hokage su Konoha era perfetta, si potevano
vedere tutte le persone, quindi figurarsi due animali giganti.
Tsunade li osservava attentamente da quando erano apparsi. Non
credeva che al villaggio ci fosse anche lui. D'altronde doveva
immaginarselo, Orochimaru non si sarebbe lasciato sfuggire
un'occasione del genere. Lei voleva essere con loro, ma non poteva,
aveva altri di cui preoccuparsi. Era anche certa che Jiraiya volesse
chiudere la questione da solo. Era uno stupido idiota e per questo
gli aveva affidato una parte di Katsuyu, ma era certa che ce
l'avrebbe fatta solo...
Fai
attenzione, Jiraiya.
***
"Doton:
yomi numa!5" la palude evocata da Jiraiya si
allargava sempre di più e Orochimaru non poté non
caderci e sprofondarci. Non se ne preoccupò più di
tanto.
"Suvvia,
Jiraiya! Così non è nemmeno divertente! Mi stai davvero
deludendo!" lo sfotté il suo vecchio compagno, ma
l'eremita dei rospi non ci prestò più di tanta
attenzione, quel tempo gli serviva per un'altra questione.
Orochimaru
guardò con sufficienza la palude che stava sempre di più
avviluppando le spire di Manda.
"Dopo
questa umiliazione dovrai farmi cento sacrifici!" Orochimaru
alzò le spalle con sufficienza.
"Futon:
daitoppa6!" la tromba d'aria era diretta verso il
basso, in modo da potersi liberare dal fango, uscendo dalla palude,
schizzando ovunque. Sorrise sardonico.
"Con
la tua calma, fai pure!" gli disse Gamabunta in risposta, doveva
perdere tempo.
"Adesso
basta, Orochimaru. Sbrigati, se non vuoi che ti mangi, la mia
pazienza sta per finire!" disse Manda agitandosi "Anzi,
prima pretendo i miei sacrifici."
Orochimaru
si voltò verso Jiraiya e rimase un po' sorpreso.
"Semu
prunti, Jiraiya-chan!"
[siamo
pronti]
Ma'
e Pa' erano arrivati, la modalità eremitica era iniziata.
Jiraiya
sorrise al nemico, chissà se gli avrebbe dato del patetico
anche adesso.
"Questa
forma disgustosa ti si addice di più!"
L'eremita
dei rospi lo fisso truce, a Orochimaru doveva proprio piacere il
suono della sua voce visto che parlava in continuazione.
"Iddu
iedi Orochimaru, Jiraiya-chan?"
[quindi
lui è Orochimaru, Jiraiya-chan?]
Jiraiya
annuì in direzione di Ma' che fece una faccia disgustata
"Chi
iedi bruttu!"
[Com'è
brutto!]
"Parissi
fotti però" controbatté Pa', Jiraiya annuì
di nuovo e venne subito imitato dagli altri
due.
[Sembrerebbe
forte però]
Jiraiya
si mise a quattro zampe pronto a lanciare il prossimo attacco.
"Senpo:
kebari senbon7!" i mille aculei partirono e
s'infilzarono nella carne di Manda e Orochimaru che non provò
nemmeno a schivarli. Subito dopo però Orochimaru vomitò
una copia di se stesso intatta. Sorrise, la faccenda stava diventando
più interessante.
"Katon:
Gouka
Mekkyaku
8" la potente
fiammata partì e purtroppo Gamabunta non riuscì ad
evitarla del tutto e vennero colpiti.
Jiraiya
aveva riportato gravi ustioni sul braccio e sulla gamba sinistra che
aveva teso per mantenere l'equilibrio durante la brusca manovra. Era
per pura fortuna che Ma' non era rimasta ferita.
I
due rospi eremiti guardarono la scena esterrefatti per un secondo.
Jiraiya
respirò profondamente per tenere a bada il dolore, ma non ebbe
nemmeno il tempo di pensarci che Katsuyu si era già messa
all'opera.
Con
un doloroso salto scese giù dalla groppa di Gamabunta.
"Vai
a casa, boss. Qui me ne occupo io."
Il
rospo fece un segno di ringraziamento con la testa prima di sparire
in una nuvola di fumo. Grazie a Katsuyu sentiva che le articolazioni
già andavano meglio.
"Ora
ci facemu a vidiri nu'autri!" disse Pa' determinato.
[Ora gliela facciamo
vedere noi!]
Jiraiya
sorrise e aiutato fa due rospi lanciò la prossima tecnica.
"Senpo:
goemon9!"
Manda
si spostò in tempo, ma nello spostarsi atterrò sulla
palude fangosa. Umiliato e pieno di aghi scomparve non senza prima
promettere ad Orochimaru che la prossima volta che si sarebbero
incontrati l'avrebbe ucciso.
Ora
erano di nuovo in due a scontrarsi.
Si
guardarono negl'occhi per lunghi minuti cercando di comprendere la
prossima mossa dell'altro.
"Orochimaru,
dobbiamo andare." Eccola comparire, la grossa figura d'Hiruko.
Il
diretto interessato non si voltò nemmeno, non si sarebbe fatto
distrarre da Sasori.
"Ho
detto che dobbiamo andare, il capo ci ha affidato quella missione,
non voglio fare tardi." riprese il marionettista "Avrei
fatto a meno della tua inutile presenza, ma il capo l'ha chiesta
espressamente."
"Partiremo
dopo che avrò finito qui." disse Orochimaru considerando
chiusa la questione, lo scontro con Jiraiya aveva la precedenza.
"È
solo questo il problema? Me ne occupo io, così ci sbrighiamo
in fretta." detto ciò fece saettare la lunga coda
avvelenata verso Jiraiya che si premurò di schivarla, aveva
capito non farsi colpire era questione di vita o di morte.
"Che
stai facendo? É il mio avversario!" disse Orochimaru con
una forte aria di sdegno.
"Me
ne occupo io. Se continuassi tu ci vorrebbe tutto il giorno" Lo
sdegno sulla faccia di Orochimaru si tramutò in viva rabbia.
Ma
in quel momento il cielo di Konoha, che fino ad un secondo prima era
limpido, si riempì di funeste nuvole grige con una velocità
innaturale.
"Sasori.
Orochimaru." tuonò allora la voce di Pain.
Jiraiya si distrasse per un istante. Quella voce gli era familiare,
ma non riusciva a capire proprio di chi fosse, la sua memoria lo
riportava a giorni volutamente messi in un angolo. Quell'istante però
gli fu fatale, la lama lo colpì.
"Avevo
detto di partire subito." continuò Pain
"Ci sono variazioni. Voglio che vi incontriate prima con
Kakuzu."
Orochimaru
annuì svogliatamente, per poi riconcentrare lo sguardo su
Jiraiya. In quel momento un lampo di comprensione passò sul
suo viso e sorrise sadico.
"Come
va lì, nella pioggia? Tu e Konan non avete problemi, no?
D'altronde lei può spostarsi velocemente con quei foglietti di
carta! Ho saputo che vi conoscete sin da bambini!"disse
continuando ad avere un ghigno malvagio stampato in faccia. Jiraiya
improvvisamente assunse una faccia da ebete. Che diavolo stava
dicendo Orochimaru? Era sicuramente uno de suoi scherzi sadici. Ma la
sua faccia, la sua faccia non stava mentendo, era realmente felice di
questa situazione.
Non
poteva essere! Konan, Nagato e Yahiko erano morti da anni! Allora era
tutta una menzogna? Perché? Perché non lo aveva saputo?
Che cos'era successo di così grave?
"Non
perdere tempo. Ho detto che dovete partire adesso!"
"Cos'è?
Vuoi proteggere il tuo sensei!" disse di nuovo ridendo.
"É
già morto. Quel veleno non lascia scampo." intervenne
Sasori per lui."La mia arte non lascia possibilità di
sopravvivere.
"Ma..."
continuò Orochimaru punto sul vivo.
"Adesso!"
ribadì Pain alterato facendo cadere
un fulmine.
L'ordine
era chiaro e i due membri dell'Akatsuki non si sottrassero. Se ne
andarono e lo lasciarono lì. Dopo qualche minuto anche le
nuvole svanirono.
Jiraiya
non riuscì più a stare in piedi e crollò per
terra. Yahiko o Nagato? Chi era il capo dell'Akatsuki? E che cos'era
successo all'altro? Non ebbe molto tempo per rimuginarci su. Svenne,
il veleno stava facendo effetto.
1:
Arte
dell'acqua: sfere d'acqua solida.
2:
Soffio
di Fuoco
(Dovete scendere)
3:
Bomba
incendiaria
4:
Sigillo
pentastico
5:
Palude
Infernale
6:
Distruzione
totale(la prima)
7:
Mille Aculei
8:
Fiamma
Sterminatrice
9:
Tortura
dell'olio bollente
Angolo
autrice
Buongiorno,
mi scuso per il ritardo, ma non avendo Internet dal computer non ho
potuto aggiornare.
Bene
di questo capitolo devo fare delle precisazioni:
I
rospi parlano in siciliano perchè in originale parlavano un
dialetto considerato mafioso, di qui il siciliano, di una zona non
ben definita tra il catanese e il messinese.
Quando
Orochimaru dice che Shisui non è un granchè è
perchè sta rosicando, in realtà il sannin non ha vinto
(tipo come quando, nella prima serie, si convince che gli occhi di
Sasuke sono più forti di quelli di Itachi)
Per
favore recensite.........
Alla
prossima (non so quando)
thera
|
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Capitolo 12 *** Preoccupazioni e bugie ***
Capitolo
11.5
Preoccupazioni
e bugie
Giorno
5- tarda mattinata
Quella
voce autoritaria e categorica risuonò in tutta Konoha. Minato
guardò in quella direzione con il cuore in gola. Che cos'era
successo a Jiraiya-sensei?
Non
gli fu permesso di distrarsi per molto. La guerra incalzava.
Deviò
la traiettoria di uno shuriken con uno dei suoi kunai, ma era solo
una sorta di diversivo. Riuscì comunque a dislocarsi prima che
una Gokakyuu
gli arrivasse addosso. In quello stesso momento cadde un fulmine.
"Minato-sama,
presto! Jiraiya-sama ha bisogno d'aiuto!" gli disse preoccupata
la voce di Katsuyu. Minato non ci pensò più di tanto e,
per una delle poche volte della sua vita, agì d'impulso. Si
dislocò nel posto più vicino al maestro e lo vide
cadere a terra.
Minato
rimase come paralizzato per un secondo. Jiraiya-sensei non poteva
essere morto...
Corse
verso il corpo del suo maestro.
"Sta
murennu! Pottilo 'nni Tsunade! Fu 'bbilinatu"
disse Ma' in ansia.
[Sta
morendo! Portalo da Tsunade! È stato avvelenato!]
Minato
non se lo fece ripetere, prese il corpo del suo sensei e si dislocò
nel palazzo dell'Hokage e corse verso il tetto.
Tsunade
guardò il corpo del suo compagno di team. Era combinato
peggio di quanto pensasse, e c'era sangue, c'era tanto sangue.
Sangue
che gocciolava dalle ustioni che lasciavano scoperta la rossa carne
viva e sangue che sgorgava da una ferita infetta, ad occhio
avvelenata.
Le
mani di Tsunade tremavano vistosamente, ma lei non le guardò,
prese un profondo respiro e serrò i pugni. Doveva salvarlo,
Jiraiya doveva vivere.
S'alzò
di scatto e si diresse verso l'amico che Minato aveva deposto
delicatamente a terra. Stese le sue mani sopra di lui facendo fluire
il chakra verde.
L'avrebbe
salvato.
Minato
guardava il processo con una sorta d'ansia che, al posto di
diminuire, cresceva. Sapeva che tra poco sarebbe arrivata la
risposta. Sarebbe sopravvissuto?
"Non
preoccuparti" gli disse Tsunade senza distrarsi dal suo lavoro,
"non oserà morire."
Minato
fece un sorriso forzato ed un sospiro di sollievo per l'implicita
buona notizia.
Aveva
l'obbligo di tornare in battaglia, non voleva, ma sapeva che il
sensei era in ottime mani.
Quando
gli somministro anche l'antidoto al veleno, Tsunade si concesse un
attimo di riposo.
Si
guardò le mani. Erano sporche, d'erbe e di sangue, del sangue
di Jiraiya, ma solo adesso, dopo tanti anni le vedeva e le sentiva
pulite.
Era
tornata.
***
Quella
stanza era vuota e cupa.
La
luce proveniva solo da una fievole lampada posta sul tavolo ad
illuminare le vie di Konoha. Una mano stava tracciando delle linee
dritte o tratteggiate, per indicare le macerie crollate e la loro
quantità. Praticamente quella mappa era più segni di
penna che altro. Posò la penna e ammirò la sua opera.
Era davvero un ottimo stratega.
Guardò
tutto cercando di trovare la mossa migliore.
Fugaku
portò una mano a sostegno del volto. Controllò tutto il
perimetro delle mura per vedere se c'erano punti scoperti. Annuì
soddisfatto, non avrebbe potuto sbagliare una cosa così ovvia.
I
passetti affrettati e rumorosi al piano di sopra lo irritarono.
Dannazione, Sasuke non poteva camminare come una persona normale?
Doveva fare sempre tutto questo rumore?
Si
massaggiò le tempie infastidito. Itachi non aveva mai fatto
tutto questo rumore. Sospirò pesantemente sfregandosi gli
occhi. Ad Itachi, in questo momento, non voleva neppure pensare, era
troppo arrabbiato con lui. Credeva che non si sarebbe accorto che non
faceva sul serio? Credeva davvero che potesse ingannarli nonostante
fosse nato ieri?
Era
proprio una delusione. Non riusciva a capire da chi avesse preso
questa stupida mania da pacifista. Sapeva già che a quest'ora
stava riempendo la testa di Sasuke di queste sciocchezze. E Sasuke,
poi, pendeva letteralmente dalle labbra del fratello, gli
scodinzolava dietro peggio d'un cagnolino.
Della
dignità Uchiha, che aveva tentato di trasmettergli non aveva
nulla.
Fece
una smorfia amareggiata e si rimise al lavoro.
Controllò
la lista delle risorse e vide che erano meno persone di quanto
s'aspettava. Questa guerra stava durando più di quanto
pensava. Non credeva che avrebbero potuto resistere al glorioso clan
Uchiha. Avevano perso troppe risorse. Doveva trovare la mossa
risolutiva.
"Ti
ho preparato del the caldo." disse Mikoto entrando, "come
va?"
Fugaku
iniziò a bere senza dire nulla. Non l'avrebbe mai ammesso, ma
quel the gli aveva fatto piacere, perlomeno aveva allentato il suo
mal di testa.
"Abbiamo
pochi uomini." sbottò infastidito, "credo che
attaccheremo da qui." continuò indicando un punto nella
cartina. Mikoto annuì memorizzando bene il punto.
Si
sentiva in colpa a tradire suo marito, aveva un tarlo allo stomaco
che la notte non le faceva chiudere occhio. Era terribile, si sentiva
un mostro; ma ogni volta che vedeva i suoi figli trovava un po' di
forza. Avrebbe dovuto resistere solo per poco, quella guerra sarebbe
finita a breve. Prese la tazza vuota ed uscì dalla stanza.
Sospirò. Aveva coinvolto anche suo nipote in questa storia, e,
come se non bastasse, gli aveva chiesto di mentire e di aiutarla. Non
era in grado di fare nulla da sola.
L'indomani
sarebbe dovuta andare di nuovo dall'altra parte. Tremava. Fece un
respiro profondo. Doveva continuare la sua recita.
***
Shisui
si sdraiò sul letto. Le sue ossa stanche gli furono grate per
il riposo agognato.
Era
stato difficile evitare Itachi, ma non tanto praticamente, più
che altro psicologicamente. La loro amicizia era particolare, nessuno
dei due parlava molto, eppure riuscivano a capirsi benissimo, la loro
reciproca presenza era già di conforto, non c'era bisogno
d'altro. Si consideravano come fratelli, ed era difficile nascondere
qualcosa ad un fratello.
La
casa vuota e stranamente silenziosa lo faceva sentire solo, e adesso,
che doveva mentire al suo migliore amico si sentiva ancora più
isolato.
Sperava
solo che la guerra finisse presto.
Angolo
autrice
Eccomi
qui, non sono morta, lo è solo la connessione internet da
computer e io non riesco ad aggiornare da cellulare... Diciamo che
vado un po' a scrocco...
Eccovi
il prossimo capitolo, che ne pensate? Una recensione è sempre
gradita, positiva o negativa che sia.
Alla
prossima
thera
|
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Capitolo 13 *** Bambini soli ***
Capitolo 12
Bambini soli
Notte tra giorno 5 e giorno 6
Naruto dormiva spesso nel letto dei suoi genitori, poi, in questi giorni di guerra andava a coricarsi direttamente lì.
Quella sera tra le calde ed accoglienti coperte del letto la sua mamma si era addormentata quasi subito.
Da quando era scappato sua madre non faceva altro che tenerlo d'occhio. Naruto era convinto che se gli avesse comprato e messo un guinzaglio avrebbe avuto più libertà.
Allora aveva elaborato un piano geniale. Avrebbe fatto finta di dormire e poi, quando la mamma si sarebbe addormentata, sarebbe andato a combattere.
La mamma aveva un sonno così pesante che nemmeno lo scoppio di una carta bomba vicino al suo orecchio l'avrebbe potuta svegliare! Naruto sorrise sgattaiolando giù dal letto, il suo piano era perfetto! Per lui non aveva alcuna importanza che l'avesse pensato anche per tutti i suoi altri piani, dei qual conosciamo già l'esito...
Decise che comunque avrebbe fatto piano. Si massaggió la testa, non voleva un altro pugno. La prudenza non è mai troppa.
Appena fuori dalla porta iniziò a correre, Naruto sapeva che correre non era proprio indicato se non si voleva farsi notare, però lui correva silenziosamente!
Aveva capito che partire con un esercito non era stata la mossa giusta, avevano fatto troppo rumore! Ben presto iniziò a sentire il clangore metallico di shuriken e kunai, ma c'era altri rumori che Naruto, per sua fortuna, non sentiva, c'era il macabro suono del sangue che zampilla e della carne straziata e dilaniata. Il suono della guerra.
***
Niente poteva fermarlo. Camminava da ore, sempre con passo costante, eppure quel bambino non rallentava.
I bambini, di solito, a quell'età hanno paura del buio e delle forme strane che fanno le ombre, lui invece procedeva instancabile. Sembrava pieno d'energie, eppure quel piccolo visino era molto stanco, lo testimoniavano i suoi occhi, profondamente cerchiati da ombre scure e troppo pesanti. Quegl'occhi erano fuori posto, anzi, sbagliati. Nessun bambino dovrebbe mai avere degl'occhi simili, erano gli occhi di un folle.
I suoi fratelli procedevano dietro di lui, impauriti, erano esausti, ma avevano troppa paura per chiedergli una sosta.
Il bambino senz'infanzia non ascoltava nessuno, faceva quello che voleva quando voleva.
Quel bambino con gl'occhi da folle non aveva nulla di infantile, peró, pensava di poterselo permettere. Lui era un mostro ed i mostri sono solo mostri a tutte l'età.
Non aveva mai nemmeno sperato d'esser solo un bambino che necessitava d'affetto.
***
Quell'ufficio trasmetteva un senso di desolazione. In periodi normali ci lavorava, sì e no, una persona soltanto, adesso invece, in periodo di guerra, ce ne lavoravano due. Youhei lo considerava uno spreco, ma l'Hokage, dopo il riuscito infiltramento di Orochimaru, sosteneva che non poteva permettersi che qualcun altro oltrepassasse, di nascosto, la barriera. Youhei, peró, nella sua giovinezza ingenua e avventata lo riteneva inutile, lui voleva combattere.
Sbuffó sdraiandosi sul tavolo.
"Hey, Yunhei! Qui succede qualcosa! Hanno attr..." l'uomo cadde a terra, non completó mai più la frase. Yunhei si precipitò verso di lui in preda al panico. Controllò il corpo. Era morto. Si guardò intorno esagitato, ma prima che potesse emettere un urlo cadde a terra anche lui.
La spia di Suna guardò il suo lavoro soddisfatta, aveva lavorato davvero bene.
***
Le mure dell'alta Konoha fecero passare un lampo di folle euforia negli occhi di Gaara. Erano arrivati, adesso poteva uccidere. Non si preoccupò minimamente dei suoi fratelli, salì su una nuvola di sabbia e arrivò dentro Konoha. Si guardò intorno. Dove sarebbe stata la sua prossima vittima? Senza ragionare inizió a correre verso la fonte del rumore. I suoi fratelli riuscivano a seguirlo appena, avevano appena finito di risalire la barriera che già lo vedevano scomparire dietro un angolo, a lui non importava null'altro. Aveva un solo imperativo nella mente. Uccidere.
***
Itachi era stanco. Erano diverse ore che si trovava lì. Sentiva le dita intorpidite e gli occhi stanchi. Era piena notte ma la tregua non era ancora arrivata. Abbassó gli occhi, triste. Quando sarebbe finita?
Itachi guardò un istante verso casa, era sicuro che Sasuke fosse molto preoccupato, sperava solo che non s'addormentasse di nuovo sull'ingresso. L'altro giorno l'aveva aspettato fino a mezzanotte con un piatto con dei dango in mano. Era felice quella sera, il suo visetto trasmetteva una grande soddisfazione. L'aveva accompagnato in cucina e,con una palese finta noncuranza, gli aveva detto che Shisui gli aveva insegnato la tecnica con gli shuriken. Poi, però, guardando la sua faccia con una sorta di preoccupazione aggiunse che il cugino non era bravo a spiegare quanto lui. Itachi sorrise al pensiero. Si distrasse, sentiva che qualcosa non andava. Fu in quel momento che vide un uomo finire stritolato tra la sabbia. Il suo stupore durò molto poco, fece un balzo all'indietro per sicurezza e cercò di capire chi fosse l'utilizzatore. Lo trovò subito, stava ridendo, ma la sua risata era tutt'altro che normale. Era un bambino, un bambino che non era di Konoha.
Itachi lo guardó. Perchè un bambino d'un altro paese era lì? Ma soprattutto, perchè un bambino, che aveva più o meno l'età di Sasuke, rideva nell'uccidere? Chi l'aveva ridotto a tanto? Anche da quella distanza poté vedere i suoi occhi ricolmi di follia puntarsi verso di lui. Erano terribilmente eccitati, appena vide la sua manina muoversi, attivò d'impulso Susanoo, la sabbia si scontro sopra quella superficie arancione giusto pochi secondi dopo, la pressione si faceva sempre più forte, ma ad un tratto la sabbia cadde al suolo. Dal viso del bambino, adesso, si vedeva una grande rabbia.
Fu proprio in quel momento che Itachi notò le figure di altri due bambini, erano terrorizzati. Che legame avevano con l'altro bambino?
Gaara riprovò una seconda volta ed una terza, fallendo, la sabbia non faceva altro che scontrarsi contro quella cosa arancione. Perché?
"Mamma! Perchè non riesco ad ucciderlo?! Mamma!"
Itachi guardò il bambino e capì che era molto più fragile di quanto pensava, ma non ebbe altro tempo. La sabbia iniziò a colpire la superficie di Susanoo in attacchi con una logica sempre minore, ma con una sempre maggior frequenza
Il bambino urlava per ogni attacco fallito ed il suo viso iniziava sempre più a trasfigurarsi, la sabbia cominciava ad avvilupparsi anche intorno il suo corpicino.
Itachi sapeva che non sarebbe riuscito a reggere Susanoo per ancora molto, sentiva già tutti gli arti bruciare per lo sforzo e la stanchezza non lo aiutava di certo. Doveva farlo cadere in un genjutsu. Presto
***
Nel frattempo Kushina si girava nel letto da qualche minuto, anche nel sonno sentiva che c'era qualcosa che non andava. Si svegliò di scatto. Non le ci volle più di mezzo secondo per capire che era Naruto che mancava. Poggiò una mano sulla sua parte di letto, era ancora calda. S'alzò di scatto e si fiondò all'ingresso. Le sue scarpette non c'erano. Si piazzó una vestaglia addosso e meno di mezzo secondo dopo era alla ricerca di quell'idiota di suo figlio. Dove poteva essere? Probabilmente Naruto aveva seguito il rumore e visto che non era uscito da molto, era improbabile che la fonte si fosse spostata. Ogni secondo che passava portava con sé una terribile angoscia che non poteva far altro che aumentare.
Lo trovó dopo quelle che le sembrarono ore.
Era fermo in un angolo a guardare tutto.
Naruto guardava ciò che gli era comparso di fronte. Era scioccato, non pensava che la guerra portasse così tanto sangue e tante persone riverse a terra. Forse mamma aveva ragione quando diceva che la guerra non faceva ancora per lui. Ma dov'era il suo papà? Stava bene? La sua piccola mente preoccupata creó delle immagini terribili. Anche quelle membra riverse in pozze di sangue ancora caldo gliene suggerirono diverse. Naruto si ritrovò a piangere senza sapere quando aveva iniziato. Ognuno di quei corpi magari aveva un figlio, chi gli assicurava che non ci fosse anche il suo papà? Come avrebbe fatto se il suo papà fosse morto? Naruto immagginava già il suo viso freddo ricoperto di sangue. Le lacrime scesero prepotenti sul suo faccino ormai bagnato. E la mamma? Come avrebbe reagito la mamma?
La stessa mamma che lo stava guardando in quel momento.
Naruto deglutì, preparandosi ad un pugno in testa che non avvenne mai.
Kushina si fiondò verso di lui e lo strinse in un abbraccio stritolante.
"Mi hai fatto preoccupare tantissimo, tebané!" gli disse con voce rotta. Naruto strinse forte la madre rimanendo in silenzio.
"É la Jinchuuriki! Gaara, é la Jinchuuriki!"
Angolo autrice
Eccomi,dopo secoli...
Non uccudetemi per questo capitolo!
O perlomeno, fatelo tramite recensione...
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Capitolo 14 *** Calore ***
Capitolo
13
Calore
Notte
tra giorno 5 e giorno 6
Il
bambino si voltò con aria assassina verso i fratelli che
avevano osato disturbarlo e li vide.
Gaara
si bloccò per un lunghissimo istante durante il quale anche la
sabbia s'accasciò al suolo, ma fu solo un secondo, subito dopo
quegli occhi soli si riempirono di pura follia.
"Mamma,
perchè non sono come lui? Perchè tu non ci sei? Mamma!"
il suo fu un urlo spaventoso, raccapricciante.
Kushina
si mise subito davanti al figlio con fare protettivo.
"Mamma
che succede?" chiese il bambino, spaventato.
"Sta
fermo e non muoverti."
Kushina
guardò Gaara e la sabbia addensarsi intorno al suo viso,
sfigurandolo. Capì subito che Suna aveva mandato il suo
Jinchuuriki. Era crudele, davvero crudele. Che cosa aveva dovuto
sopportare quel povero piccolo? Kushina aveva già capito che
era qualcosa troppo grande per lui. La madre sembrava il suo unico
punto fermo ed insieme il suo più grande dolore. Un gelo
partito dal cuore le attraversò tutto il corpo, quello era un
bambino che necessitava d'amore, l'amore di cui tutti i Jinchuurik
avevano bisogno, amore che evidentemente la madre non poteva dargli.
Naruto
scatto verso la madre, lei non poteva farsi male, non poteva
permetterlo! Non riuscì a fare un passo. Due braccia lo
fermarono. Naruto iniziò a divincolarsi, ma Itachi gli disse:
"Sta
fermo, così l'aiuterai di più."
"Lasciami!
Devo aiutare la mia mamma!"
Naruto
continuava a divincolarsi senza riuscire a liberarsi.
Kushina
si voltò verso di loro, incerta. Doveva fidarsi?
Gaara
guardava il bambino biondo con tanta invidia. Doveva ucciderlo.
Perchè il bambino poteva avere una madre e lui no? Perchè
poteva avere la medicina e lui no? Perchè?Anche lui era vivo.
Itachi
vide la sabbia alzarsi e lo sguardo omicida volto verso di loro,
anzi, su Naruto. Attivò subito il Mangekyou e presto Susanoo
li avvolse tutti e due. Naruto sgranò gli occhi, che cosa
stava succedendo? Perché quella cosa arancione li stava
proteggendo dalla sabbia?
Itachi
tremava, s'impose di fermarsi, doveva resistere. Sapeva di essere
allo stremo delle forze, foveva resistere solo un altro po'. Solo un
altro po'.
Kushina
guardò tutta la scena con occhi sbarrati. Capì di
potersi fidare del piccolo Itachi. Ora il suo problema era un altro.
"Fermati!"
iniziò, ma il piccolo Jinchuuriki non le diede retta, non si
girò nemmeno.
Il
suo viso adesso era sfigurato, la sabbia aveva preso ad addensarsi in
delle masse, che lo rendevano sempre più simile a Shukaku.
Kushina
si girò, quindi, verso gli altri due bambini, voleva della
risposte.
"Perchè
siete qui?" chiese.
Temari
e Kankuro indietreggiarono impauriti. La Jinchuuriki del Kyuubi era
molto pericolosa e, adesso che Gaara era completamente impazzito, si
trovavano tra due fuochi. Misero mani alle loro armi, non se ne
sarebbero andati facilmente.
Itachi
aveva raccolto abbastanza energie. Cercò di regolarizzare il
respiro.
Appena
la sabbia sarebbe caduta, avrebbe fatto il Genjutsu. Non poteva più
aspettare. Si sentì un urlo fendere l'aria e la sabbia cadde.
Guardò
verso il bambino. Adesso il suo viso era deformato, ma non fu
difficile incontrare il suo sguardo. Era puntato su Naruto ed era
completamente folle. Subito dopo, peró, i suoi occhi divennero
vitrei. Era caduto nell'illusione.
Itachi
era stanco, non ce la faceva più. Aveva usato troppo
chakra. Lasció Naruto, ma in quel momento i suoi occhi
tornarono da soli più scuri della nera pece e le sue gambe non
lo ressero più.
Crollo,
ma frenò la caduta sorreggiendosi con le mani. Ansimava.
Naruto
si voltò preoccupato verso di lui.
"Stai
bene?"
Itachi
gli fece un mezzo sorriso. Cercò di regolarizzare il respiro e
si alzò faticosamente.
Kushina
si voltò verso il ragazzo che aveva capito essere un spia di
Konoha.
"Grazie."
disse, ma Itachi era già andato via. Sorrise tristemente e si
voltò a guardare quello che era stato il loro nemico.
In
quel momento era più indifeso che mai e sembrava solo un
bambino, un bambino che sarebbe potuto benissimo essere suo figlio e
Naruto sarebbe potuto essere benissimo quel bambino. Fece un passo
verso di lui. Adesso fermo e immobile sembrava ancora più
piccolo. La sabbia era caduta dal suo volto. Kushina s'avvicinò
ancora di più e vide il Kanjii sulla sua fronte. Amore.
Sentì qualcosa smuoversi dentro.
Era
così piccino... S'avvicinò ancora e lo strinse in un
abbracciò. Quel corpicino era così gracile...
Era
gracile almeno quanto era indifeso e fragile emotivamente.
Continuando a stringerlo fece passare in lui un po' del suo Chakra
per sveglialo dall'illusione.
Gaara
era confuso, che stava succedendo? Poi sentì due braccia
accoglienti stringerlo. Due scie d'un caldo liquido scesero giù
dai suoi occhi. Stava piangendo. Pian piano e con molta incertezza
alzò le braccia per stringere anche lui la donna che gli stava
dando la medicina. Le lacrime iniziarono a scendere più
copiosamente e sentì la donna strigerlo più forte.
Finalmente era felice.
Quel
momento idilliaco fu interrotto da un Naruto imbronciato.
"Mamma!
Ma che cosa stai facendo? Puoi abbracciare solo me!" disse
indignato e geloso allo stesso tempo. La sua mamma non poteva mica
abbracciare il primo bambino che le capitava a tiro! Era lui il suo
bambino.
"Sta
zitto, Naruto! O stasera niente ramen, tebane!" Al che, il
visino di Naruto sbiancò e perse completamente ogni voglia di
protestare. Però la mamma era ingiusta, non poteva minacciarlo
col ramen! Anzi, con la sua assenza!
Kushina
sciolse l'abbraccio e sorrise dolcemente a Gaara.
Il
bambino la guardò con un visino teneramente sconvolto.
Naruto
si sentì, di nuovo, in dovere d'intervenire. S'avvicinò
con passo solenne a Gaara e parlò con voce ancora più
seria.
"Se
la mia mamma ti vuole bene, devi essere per forza mio amico."
disse porgendogli la manina, " Io sono Naruto."
Gaara
guardò quella mano tesa e sentì un calore piacevole
invederlo da dentro. Lo faceva stare bene. La strinse con incertezza.
"Io
mi chiamo Gaara."
"Bene,
da ora in poi noi siamo amici!" disse Naruto facendo un sorriso
a trentadue denti.
Gaara,
a sua volta, fece un mezzo sorriso, Naruto sarebbe stato il suo primo
amico.
Tutto
quel calore non gli era familiare, ma era bello, incredibilmente
bello.
Non
poteva uccidere la Jinchuuriki e non l'avrebbe fatto. Non gli
importava che cosa avrebbe detto suo padre.
Angolo
autrice
Eccomi
risorta come una fenice per postare un nuovo capitolo, cosa ne
pensate?
È
uno di quelli che mi piacciono di più, fatemi sapere
thera
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Capitolo 15 *** Il secondo di uno sguardo ***
Capitolo 14
Il secondo di uno sguardo
Notte tra giorno 5 e giorno 6
Mikoto guardava nervosamente l'orologio da diversi minuti. Sembrava che l'ora stabilita non arrivasse più.
Quel ticchettio era assordante nel silenzio. Tic toc.
Sentiva il cuore accelerare il suo passo. Tic toc.
Iniziò a ticchettare con le unghie sul tavolo per coprire il rumore. Tic toc.
Si morse il labbro inferiore in ansia. Tic toc ta.
Le lancette segnavano finalmente l'ora giusta. S'alzò velocemente, quasi di scatto. Salì piano di sopra per accertarsi che il sonnifero avesse fatto effetto su Sasuke. Si sentì sollevata nel vederlo dormire sereno. Quella sera suo marito sarebbe tornato tardi, c'era una riunione, ma questo non significava che poteva prendersela comoda.
Camminò per la strada deserta con apparente calma. Controllò di nuovo l'ora.
Cercò di reprimere un tremito senza successo. S'avvicinò ostentando la sicurezza che la volta prima le era stata amica. Più s'avvicinava alla porta più sentiva il climax della tensione. Un altro unico passo e ce l'avrebbe fatta.
"Hey, tu! Dove stai andando?"
Mikoto sentì di perdere un battito dalla paura, subito dopo però il suo cuore iniziò una corsa sfrenata.
Era nel panico totale.
Che cosa avrebbe fatto adesso? Che cosa doveva fare?
In quel momento non sapeva proprio cosa fare, non riusciva più a ragionare e così non s'accorse nemmeno d'aver parlato.
"Fammi passare! Io devo andare! Devo farlo per i miei figli!"
Il suo era stato un grido, il lamento disperato di una madre.
Inabi Uchiha fece un passo indietro. Quando gli avevano dato quest'incarico non gli avevano detto che ci sarebbero state donne isteriche.
"Beh,è meglio che si calmi."
Mikoto guardò quell'uomo e la sua espressione, magari continuando questa farsa l'avrebbe lasciata passare.
"Non mi dica di calmarmi! Come potrei calmarmi?"
"E allora? Gridando non farà cambiare nulla, se suo figlio è ferito rimarrà ferito. "
Mikoto guardò l'uomo e decise di giocarsi il tutto per tutto. Attinse ad un coraggio ed a una capacità di mentire che non sapeva nemmeno di avere.
Lo arpionò per le spalle ed iniziò a scuoterlo.
"Lasciami passare! Mio figlio è ferito! Io devo andare!!"
L'uomo, intimorito la aprì le porte. Le donne erano pericolose.
Mikoto oltrepasso le mura a passo sostenuto, non doveva perdere tempo. Adesso aveva anche una scusa per correre.
***
Shikaku Nara uscì dalla tenda dirigendosi con passo veloce verso il fronte. Dalla morte del terzo si era aggiunta alla sua mansione di stratega anche quella di generale. Minato pensava che fosse utile per l'esercito avere un punto di riferimento e Shikaku pensava che avesse ragione. Affrettò il passo, non aveva tempo da perdere.
Ci aveva pensato spesso e adesso, come nuovo consigliere, gli aveva detto che, secondo lui, catturare Fugaku Uchiha fosse la mossa migliore. Era in realtà il modo più veloce. Non era detto che, se l'avessero ucciso, gli Uchiha non avrebbero trovato un altro leader, anche quando gli Uchiha avessero trattato la resa, parlare con Fugaku sarebbe stato più facile. Sentiva già l'eco della guerra. Era quasi arrivato.
***
Le strade di Konoha erano puro caos. Grida che si perdevano, kunai che sfrecciavano, sangue che macchiava l'aria, corpi a terra che sembravano manichini.
Fugaku non riusciva a vedere l'atrocità che tutto questo conteneva. Il suo occhio filtrava tutto. Lui vedeva solo il suo ideale che facilmente, tra poco, avrebbe realizzato. Ogni corpo che, scomposto, gli cadeva davanti non sortiva nessun effetto, era come in un gioco. Non riusciva a vedere l'orrore del sangue che macchiava tutto di un oscuro rosso.
Fu in quel momento che Shikaku Nara gli si presentò davanti. Valutò il nemico con occhio critico. Sapeva che quello scontro sarebbe dovuto finire presto, non era una buona idea dare ad un Nara il tempo di pensare. Spiccò un salto all'indietro, nemmeno stargli troppo vicino era una buona idea. Le sue mani corsero a formare i sigilli, non gli avrebbe dato nemmeno il tempo di reagire.
"Katon: gokakyou no jutsu!" la palla di fuoco illuminò la notte come un tetro faro. Shikaku riuscì ad evitarla e quando la luce si spense, rimase solo la fievole illuminazione artificiale. Fugaku sorrise sprezzante, altro che genio!
"Katon: Karyū Endan1 " disse subito dopo, ma anche questo colpo andò a vuoto, colpì solo l'altalena del parco giochi e il lampione alle spalle dell'avversario che nel frattempo si era slanciato in alto. Il lampione cadde a terra producendo una miriade di scintille mentre dell'altalena non rimaneva altro che una pira fumeggiante.
Proprio un grande genio, Shikaku Nara, tutto ciò che riusciva a fare era evitare attacchi! La sua figura, in quel momento, era resa come una macchia scura dalla luce che aveva alle spalle.
Fugaku, furente di rabbia per il suo secondo attacco fallito ne lanciò un altro.
"Katon:Gōryūka no Jutsu 2" le spire del drago corsero veloci nell'aria, come se fosse vero. Diffondeva calore e paura. Ma nell'aria non si sentì l'odore della carne bruciata, né grida di dolore, solo il rumore di vetro rotto. Pochi secondi dopo anche il drago morì nell'aria e si portò con sé solo il chiarore del lume. Fantastico, quel Nara aveva proprio un talento per impedirsi di diventare una pira vivente! Quella, però, era solo fortuna. Boccheggiò, non credeva d'aver usato così tanto chakra.
Fu in quel momento che la vide. Fu il secondo di uno sguardo. Perché sua moglie era uscita? Che cosa ci faceva fuori? Non ebbe mai il tempo di pensarci troppo. Proprio in quel momento un kunai le trafisse lo stomaco. Lei cadde a terra come un sacco di patate. Fugaku fece per muovere istintivamente un passo verso di lei. Non ci riuscì. I suoi occhi saettarono immediatamente verso terra. Come aveva fatto? Lui era rimasto abbastanza lontano! Si guardò intorno e capì. I lampioni. Il Nara glieli aveva fatti distruggere. Sorrise. Doveva liberarsi da questa tecnica velocemente e poi occuparsi di sua moglie.
La vide estrarre il kunai e premere con la sua esile mano sulla ferita. Il sangue vermiglio le macchiò ben presto la pelle nivea. Fugaku la guardò con ansia crescente, quando aveva fatto scoppiare la guerra non aveva mai pensato che lei potesse rimanere ferita. Lei non sarebbe nemmeno dovuta uscire. I suoi pensieri volarono più veloci del vento e fu proprio in quel momento che vide davvero ciò che aveva intorno. Vide le macerie d'edifici costruiti con tanta fatica venir giù in un attimo, vide decine di corpi a terra, quasi irriconoscibili in mezzo al sangue e alla polvere, vide le loro facce, maschere di dolore, ormai eterno. Vide l'orrore.
Forse non aveva scelto la strada giusta per affermare la supremazia Uchiha.
Fu in quel momento che una massa d'acqua l'avvolse. Non riusciva più a respirare, ma in compenso poteva di nuovo muoversi.
Guardò il Nara e vide sconcerto anche sul suo viso.
Shikaku si voltò verso l'utilizzatore della tecnica alterato.
"Sciogli subito questa tecnica, stupido!"
Fugaku Uchiha gli serviva vivo!
"Perché? Abbiamo vinto!"
Stupido stolto, non aveva preso in considerazione tutte le conseguenze del suo gesto.
Fugaku, intanto, sentiva i polmoni bruciare in cerca d'aria, la gola ardeva e si sentiva sempre meno lucido, sapeva che presto sarebbe morto. Guardò la moglie, fra tutta quella desolazione, voleva che fosse quella l'ultima cosa che avrebbe ricordato.
Allungo la mano verso di lei il più che poteva senza che rimbalzasse contro la superficie della sfera d'acqua. Vide anche la mano di lei allungarsi nell'ultimo vano tentativo di potersi sfiorare. Quelle due mani erano proprio come erano sempre state le loro vite, divise.
Talvolta anche molto vicine, talmente tanto da potersi toccare, ma mai unite.
I loro sguardi erano pieni di cose non dette, rimpianti e dolore. Bastò loro il secondo di uno sguardo per capire, uno sguardo per accettare ed uno sguardo per perdonare. Fugaku guardò bene per l'ultima volta i bellissimi occhi scuri di sua moglie. Sentiva già la fredda morte carpirlo e la coscienza divenire sempre più evanescente, labile. Era sul punto di morire, se ne rendeva conto. Allungò ancora di più la mano prima di chiudere per sempre gli occhi.
Mi dispiace.
Note
1:Arte del fuoco: fiato ardente del drago
2:Tecnica del Drago di Fuoco Supremo o qui
Angolo d'autrice
Mi odiate? Effettivamente sono sparita e ritorno con questo capitolo, ehm, come dire malinconico...
La distruzione dell'altalena, non so se ci avete fatto caso è un piccolo omaggio al nostro Nacchan e alla sua altalena della solitudine che in questo mondo non esiste. Scusate per eventuali errori di battitura ma sono di fretta. Allora che ne pensate? Volete insultarmi? Vi è piaciuto? Potente nire tutto questo in una fantastica recensione! No, eh...
Alla prossima
thera
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Capitolo 16 *** Dolore e sangue ***
Capitolo 15
Dolore e sangue
Notte tra giorno 5 e giorno 6
Shikaku guardò il corpo di Fugaku cadere a terra e l'acqua riversarsi sulle strade di Konoha, diventando ben presto un fiume rosso scuro che puliva dov'era passato, ma quando, dopo pochi metri, il rivo s'estinse fu chiaro che non aveva pulito affatto, aveva solo spostato il lerciume. Non sarebbe mai stato possibile pulire. Shikaku guardò il corpo senza vita del nemico e guardò la sua mano ancora protesa verso la sua umanità. Ne seguì la direzione con lo sguardo e vide Mikoto. Singhiozzava sommessamente, nell'attesa del suo destino. Shikaku sapeva che la donna era una civile e che non sarebbe dovuta essere sul campo di battaglia. S'avvicinò a lei e notò il vivido sangue cremisi che le macchiava i vestiti e la mano.
Quando fu davanti a lei la vide serrare gli occhi, per non vedere ciò che le sarebbe successo. Shikaku si chinò e la raccolse da terra. Lei era una civile e non c'entrava nulla in quella guerra, era inutile aggiungere altre vittime. La prese in braccio. L'avrebbe portata dai medici.
***
Obito era esausto, stava giusto per tornare a casa, prima, però doveva salutare Rin. Fu sulla strada che vide sua zia per la seconda volta in quei giorni. Era in braccio a Shikaku Nara ed era ferita. Le si avvicinò velocemente.
"Zia! Cos'è successo?" chiese in ansia. La donna lo guardò senza rispondere con occhi vitrei.
Obito la guardò ancora più preoccupato.
"È successo qualcosa ad Itachi?" chiese cercando di capire il motivo del suo assenteismo. Mikoto non fece nulla, neppure il suo viso mutò. Fu come se nessuno le avesse parlato.
"È successo qualcosa allo zio?" Mikoto in quel momento distolse lo sguardo e l'ennesima lacrima scese sul suo viso. Obito invece, rivolse uno sguardo interrogativo a Shikaku. Qualcuno si degnava di dirgli che cos'era successo?
"Fugaku Uchiha è morto qualche minuto fa."
Obito rimase sconvolto da questa notizia. Non si aspettava che suo zio sarebbe morto.
"La sto portando all'ospedale." asserì quindi Shikaku. Obito annuì deciso e guardando la zia decise che cosa doveva fare.
"Vado a cercare Itachi." disse prima d'andarsene via. Allontanatosi di qualche metro realizzò che non aveva la minima idea di dove fosse il cugino. Come l'avrebbe trovato?
Se non l'aveva visto sul primo fronte doveva essere sul secondo o a casa. Visto che a casa sua non poteva andarci, decise quindi di dirigersi verso l'altro fronte. Per sua fortuna lo trovò. Camminava cercando di non barcollare, stava ritornando a casa.
"Itachi!" lo chiamò il cugino. Il ragazzo si voltò immediatamente e con un balzo Obito lo raggiunse. Lo guardò non sapendo come dargli la notizia. Non era mai stato bravo con queste cose.
"Ciao Itachi! Ehmm... come stai?"
Il cugino lo guardò di rimando, attento. Vedere Obito serio in quel modo, indicava sempre una situazione grave. Cos'era successo?
Obito si sentì ridicolo. Decise quindi di dirglielo senza giri di parole.
"Ho una brutta notizia da darti. Tuo padre è morto."
Itachi era scioccato. Si sentiva pesante e non c'entrava nulla con la sua stanchezza. La notizia l'aveva colto del tutto impreparato. Aveva avuto dei dissapori con suo padre, le loro idee erano sempre state molto diverse, ma nemmeno per un secondo gli aveva augurato la morte. Che cos'era stato, dunque il loro rapporto? Che cose ne restava ora? Assolutamente nulla, non era rimasto più nulla.
Come l'avrebbe presa Sasuke? Riusciva già a vedere la sua espressione impietrita e la sua sofferenza mal celata. Il crack che avrebbe fatto il suo cuore. Come poteva proteggerlo da questo dolore? Si sentiva del tutto impotente.
"Ehmm, mi dispiace, ma non c'é solo questo... Tua madre è ferita" continuò Obito. Poi accorgendosi della sua grande mancanza di tatto precisò:
"Però sta bene! Benissimo! Adesso é solo all'ospedale!"
Obito si diede di nuovo del coglione, si contraddiceva da solo!
Itachi incassó anche questo colpo, tuttavia gli sorsero tanti interrogativi. Perchè era fuori? Era questo che Shisui gli stava nascondendo? Ma fu solo uno quello che espresse.
"Come sta?"
Obito sentì freddo, era senza parole, non sapeva come rispondergli.
"Vieni. Andiamo all'ospedale. La vedrai di persona."
Itachi annuì. E Sasuke? Doveva portare anche lui? Non poteva lasciarlo a casa da solo, ma sarebbe stato giusto sottoporlo alla visione della guerra?
"Vuoi portare anche tuo fratello?" chiese dunque Obito intuendo i suoi pensieri e, vedendo che il cugino non rispondeva, continuò: "Anche se è piccolo ha il diritto di sapere."
Itachi lo guardò riconoscente, sapeva che Obito aveva ragione. Itachi annuì rivolto al cugino.
"Ci vediamo tra un quarto d'ora all'incrocio con il vecchio venditore di kunai. Io non posso entrare al quartiere e voi non potete andare all'ospedale da soli." disse Obito. I due cugini si salutarono e si diressero in due direzioni opposte. Itachi cercò di camminare il più velocemente possibile, tuttavia era stanco e senza chakra, lo scontro col bambino l'aveva distrutto. Entrò in casa e accese la luce. In quella casa c'era un'atmosfera cupa ed opprimente, come se anche lo stesso edificio testimoniasse il suo dolore.
Il silenzio era così totale da essere rumoroso.
Itachi si riscosse e scosse la testa. Iniziò a salire le scale di corsa e si fiondò verso la camera di Sasuke. Aprì la porta e guardò l'interruttore indeciso, poi, però, decise di ignorarlo e si sedette sul bordo del letto del fratello. Gli poggio una mano sulla spalla e prese a scuoterlo delicatamente.
"Otouto, svegliati, dobbiamo uscire!"
Sasuke aprì gli occhi a fatica e li stropicciò con le manine. Guardò il fratello frastornato.
"È già mattina nii-san?" chiese con voce impastata.
"No, ma sbrigati per favore, dobbiamo fare in fretta."
Sasuke si alzò a fatica. Non riusciva a capire perchè fosse così stanco.
Itachi guardò la lentezza del fratellino con un sospetto e quando lo vide infilare entrambi i piedi in un'unica gamba dei pantaloncini ebbe la certezza che sua madre gli avesse fatto prendere del sonnifero. Per loro fortuna, però, lo stordimento iniziale del piccolo Uchiha passò ben presto.
"Che cosa succede, nii-san? Dove sono mamma e papà?"
"Non preoccuparti, otouto, non è successo nulla di grave. Ma la mamma è dovuta uscire, noi stiamo andando a trovarla."
"Nii-san, non capisco, perché la mamma è uscita? Lei non è una ninja, poteva farsi male!"
Itachi lo guardò con i suoi, ormai familiari, occhi tristi. Come poteva dirglielo? Prese un profondo respiro e parlò con la sua solita seria calma.
"Infatti la mamma si è fatta male, Sasuke."
Il viso di Sasuke rimase pietrificato per un secondo, annaspando. Itachi sentì una pesante crepa percorrere il suo cuore, scendeva inesorabile e crudele.
"Non preoccuparti. Ora sta bene, è per questo che la andiamo a trovare."
Sasuke, con le lacrime agli occhi tirò su col naso e annuì deciso.
Poco dopo era già davanti alla porta del quartiere.
Itachi fece un profondo respiro e prese Sasuke per mano, s'inginocchiò per essere alla sua altezza e gli disse:
"Fuori non è come prima. Cammina dritto e non guardarti intorno."
Varcarono le porte e Sasuke, più per la curiosità di un bambino che per disubbidire al fratello, fece vagare velocemente lo sguardo. Anche il primo giorno, quando era scappato per aiutare Itachi gli edifici erano distrutti, ma quello che vedeva adesso non era distruzione, era desolamento, annientamento e... sangue, tanto sangue.
Distolse velocemento lo sguardo per non vedere tutti quei corpi giacere in posizioni scomposte.
Sasuke iniziò a tremare. Perché era stato necessario tutto quello scempio?
Itachi guardò gli occhi lucidi di Sasuke con il cuore straziato e velocemente gli strinse la manina. Lui ci sarebbe stato sempre.
Il bambino si voltò con un espressione seria ed impaurita insieme.
"Nii-san, sono stati papà e gli altri a fare questo?"
"No," rispose Itachi, amaro "è stata la guerra." |
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