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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Prologo *** Capitolo 2: *** I. Sul treno *** Capitolo 3: *** II. Attimi di terrore *** Capitolo 4: *** III. La quinta Casa *** Capitolo 5: *** IV. Le sorelle Riddle - parte prima *** Capitolo 6: *** V. La prima sorella di Malfoy, quella diversa *** Capitolo 7: *** VI. La presunta Veela ***
Mi sento di dover fare un paio di precisazioni,
prima di lasciarvi alla lettura. Questa fic è
altamente demenziale e non ha assolutamente il minimo senso, è
completamente OOC e non tiene minimamente conto di
coerenza, struttura e continuità narrativa. E’ soltanto una
cavolata per far ridere.
Inoltre, a proposito dell’avvertimento slash, l’ho inserito perché c’è
un accenno, peraltro decisamente comico, ma non è necessario essere
amanti di questo genere per leggere perché è un elemento secondario
che fa da sottocornice.
L’ultima cosa: spero vivamente che nessuno si
venga a sentire offeso da quanto da me scritto. Potrebbero esserci riferimenti
a personaggi che qualcuna di voi ha usato, magari inventato, ma sono del tutto
casuali e non voluti. Ironizzo su un determinato tipo di cliché, di
linguaggio e di situazione che spesso si vedono in opere che io considero scadenti e di pessima
qualità, su certe stupidaggini trite e ritrite – e il discorso
vale anche per me medesima; forse voi non la vedrete, ma c’è una
certa autoironia tra queste righe – ma questa
è soltanto la mia personale opinione e non si basa su autori o opere in
particolare. Questa fic, è vero, non è
gentile e anzi probabilmente l’intento offensivo è anche
più forte di quanto risulterà, perché ho preferito
buttarla sul ridere quando invece normalmente leggendo certe cose mi
innervosisco molto. Detto ciò, non voglio giudicare nessuno o scagliarmi
contro chissà chi. Ho voglia di far ridere, per cambiare, visto che di
solito tendo a sfociare nella tragedia assoluta. Non so se mi riuscirà
ma è questo, e non l’offendere, l’obiettivo primario che mi
sono posta con questa storiella.
Infine, le mie scuse più sentite: a James,
Remus e soprattutto Sirius per averli usati in quest’obbrobrio, al MestroTolkien per averlo citato
en passant e a qualunque altro artista e/o
personaggio e/o romanzo che verrà coinvolto nella porcheria che, con
trepidazione, vi lascio finalmente leggere.
Cordialmente,
suni
Dell’epica, strabiliante,
agghiacciante
tenzone tra messer Padfoot
e le sue
Mary Sue
(e di come a causa loro
s’infatuò di Moony)
Prologo
L’Espresso
di Hogwarts lasciava in quel momento la King’s
Cross Station di Londra, come ogni anno puntualmente accadeva la mattina del 1°
settembre, diretto al villaggio magico di Hogsmeade
dal quale la folla di studenti sarebbe stata poi scortata al castello in cui
aveva sede la rinomata Scuola di Magia e Stregoneria. Di Hogwarts, appunto.
In
quel momento gioioso gli studenti stavano, com’era giusto e doveroso,
festeggiando la partenza verso quell’incantevole luogo, in cui fino a
giugno avrebbero trascorso le loro liete giornate lontani dai genitori, dalle
zie grasse, dal barboncino insopportabile della nonna e tutto il resto, immersi
nello studio e nella bisboccia con gli amici, tra avventure e apprendimento.
Gli allievi della scuola, dunque, si accingevano ed iniziare felici un nuovo,
promettente anno scolastico, ignari, gli incauti, della tremenda minaccia che
incombeva annunciando il dramma inevitabile che avrebbe avuto luogo al
castello. Peraltro tanta ingenua avventatezza da parte loro poteva risultare
anche eccessiva.
Effettivamente
alcuni tra loro, come ad esempio il giovane e acuto SeverusSnape, avevano avuto modo di notare almeno un paio di
indizi sconcertanti. Ad esempio il fatto che in fondo al treno fosse stato
aggiunto, quell’anno, un vagone extra perlomeno bizzarro. Di taglia
maggiore rispetto alle altre, con cromature lilla e rosate che ben poco avevano
di sobrio, la vettura recava sull’ingresso l’insegna “Mary
Sue, qui” con tanto di freccia luminescente ad indicarne la soglia. Il
giovane Slytherin aveva aggrottato la fronte con un
istintivo moto di inquietudine, non tanto per il termine Mary Sue che gli era oscuro,
ma perché quei colori nauseanti e quella freccia, che dimostrava
evidentemente che gli occupanti della carrozza necessitavano di tutto
l’aiuto possibile per compensare la mancanza di perspicacia, non
promettevano nulla di buono.
La
sua perplessità era aumentata quando, accingendosi a cercare un vagone
normale su cui salire, aveva visto le prime persone che prendevano posto in
quello succitato: si trattava esclusivamente di ragazze, tutte estremamente
avvenenti per quanto dotate di particolari caratteristiche bizzarre – chi
con occhi viola o di due colori differenti, chi con i capelli d’argento,
chi con enormi seni prosperosi di taglie disumane, chi ancora avvicinandosi al
treno in groppa ad unicorni e così via – che l’avevano
spiazzato. Poiché, comunque, Severus era una
persona normalmente riservata e poco incline ad immischiarsi negli affari
altrui, finì per scrollare brevemente la testa e arrampicarsi sul treno.
Anche
Lily Evans, sbattuta a terra accidentalmente dal colpo
d’anca di una fanciulla sconosciuta dal sedere strabiliante e la pelle di
luna, sbatté gli occhi tramortita, individuò il vagone e,
perplessa, aggrottò la fronte in direzione della nuova venuta,
osservandola penetrante.
Quella
non s’era nemmeno avveduta di averla urtata, e si guardava intorno
sgranando i grandi occhi lilla – nulla per cui lei, dotata di splendide
iridi smeraldine, potesse impressionarsi – sorridendo con timida
sfrontatezza. Lily si stupì nel notare che la fanciulla, pur essendo una
sconosciuta, non aveva affatto l’aria di essere al primo anno.
“Qualche
problema?” domandò solerte, mettendo in mostra la spilla di
Caposcuola.
Gli
occhi dell’estranea scintillarono – tanto da stordirla nuovamente
– di sollievo mentre, scrollati i bei capelli biondi, le sorrideva con
risoluta gentilezza.
“Sono
nuova e non mi so orientare,” spiegò, simpatica per natura.
“Ma
se avrai almeno sedici anni,” commentò Lily pratica.
“Quattordici,”
la corresse l’altra con condiscendente fascino. “Sono molto
precoce, ovviamente. Sono arrivata quest’anno a Hogwarts perché mi
sono trasferita dall’estero durante l’estate,” spiegò
rapida.
Lily
si strinse nelle spalle.
“E
allora? Avresti comunque dovuto continuare a frequentare la tua scuola,”
osservò, con logica ferrea.
L’altra
parve sorpresa dalla sua sensata affermazione, tanto che gli occhi sgranati
assunsero una sfumatura vacua e vagamente ebete. Poi scosse la testa,
ritrovando la decisione.
“No.
Mia madre e mio padre erano grandissimi avversari russi di Voldemort in
incognito e sono stati uccisi in una attacco a sorpresa ad opera di quaranta
Death Eaters, di cui solo tre sono sopravvissuti allo
scontro. Mia zia vive in Inghilterra, mi hanno affidata a lei e sono venuta qui
per essere al sicuro.”
Lily
boccheggiò, stordita da quella valanga di parole assurde. Intanto, la
ragazza parlava di Voldemort come se lo conoscesse perfettamente, inoltre non
si spiegava perché mai una coppia di russi avrebbe dovuto prendere tanto
a cuore il problema della difficile situazione inglese quando gli stessi
abitanti del Regno Unito parevano tentennare, e per finire quaranta Death Eaters le parevano un po’ tanti. Socchiuse le labbra
per elencare quelle perplessità, ma una domanda più semplice le
sfuggì dalle labbra.
“E
perché parli perfettamente l’inglese?”
“Sono
un genio,” rispose l’interlocutrice con modesta sicurezza.
Lily
distese la fronte, condiscendente.
“Oh.”
Seguì
qualche istante di silenzio, durante il quale la straniera si guardò
intorno ancora un altro po’ e poi tornò ad apostrofarla con la sua
cristallina, melodiosa voce musicale.
“Sapresti
dirmi dov’è il vagone delle Mary Sue?”
Lily
trattenne uno sbuffo scettico, limitandosi ad indicare con estrema lentezza la
carrozza mezza rosaa dieci metri
da loro. La strana nuova studentessa seguì con lo sguardo la sua indicazione,
tacque compresa per qualche secondo e poi la fissò nuovamente.
“Bè?” chiese annoiata.
Lilì serrò i denti con tanta forza da
farli scricchiolare.
“E’
quello. C’è scritto,” ringhiò esasperata.
L’altra
sorrise, rischiando nuovamente di accecarla, stavolta a causa dello sfolgorio
dei denti splendenti.
“Perfetto!
Anche tu sei piuttosto sveglia!” esclamò ammirata. “Sento
che saremo ottime amiche. Io sono Tiffany ma puoi
chiamarmi Tiffy e sono una ragazza adorabile. Ci
vediamo a scuola!” starnazzò, già correndo con sensuale
malagrazia verso il vagone.
“Te
lo puoi scordare,” borbottò Lily tra sé, “Tiffy,”
terminò, con una smorfia disgustata per quell’orrendo nomignolo.
Scrollò la testa e riacquisto l’espressione marziale, accingendosi
a prendere posto sul treno.
Quando
un’altra perfetta estranea le passò accanto – capelli
d’oro (letteralmente) minigonna vertiginosa e labbra di rubino (ancora
letteralmente) – domandandole dove fosse il vagone delle Mary Sue
perché trovarlo era impossibile, Lily si rese conto tragicamente che,
qualunque cosa fosse una Mary Sue, essere Caposcuola quell’anno sarebbe
stato uno stress innaturalmente poderoso.
Non
era l’unica a dar mostra di una certa inquietudine. Mentre i suoi due
migliori amici – uno dei quali costituiva anche il suo sogno erotico da
almeno sei mesi - ritardavano tanto da fargli temere che avrebbero perso
l’Espresso, Remus J. Lupin si guardava intorno con forte ansietà.
Forse era l’istinto di lupo a metterlo in allarme, ma sentiva come un
presagio di sventura incombere pesantemente, facendogli mettere tutti i sensi
all’erta. Quando Peter Pettygrew, accucciato
nel sedile accanto al finestrino, lo vide cacciar fuori la testa e fiutare
l’aria come se fosse stato sulla pista di una preda da sbranare, si
schiarì la voce sedendosi più dritto.
“Moony,
ehm, tutto a posto?” chiese timidamente.
Sobbalzando
per quel suono inatteso che lo aveva raggiunto d’improvviso in un momento
di allerta, il giovane mago si voltò con espressione grave, corrugando
la fronte.
“Sento
che sta per succedere qualcosa,” annunciò mite, ma con voce seria.
Peter
annuì brevemente, facendosi attento.
“Temporale?”
ipotizzò, perché capitava che talvolta l’amico licantropo
avvertisse in anticipo l’avvento del maltempo, quando s’era vicini
al periodo della luna piena.
Remus
scrollò la testa, concentrato.
“No.
Qualcosa di peggio,” replicò lugubre, sedendosi con riluttanza.
Peter,
pauroso geneticamente, ebbe a malapena il tempo di aprire la bocca che il
fischio del treno annunciò l’imminente partenza. E in quel
momento, proprio mentre l’Espresso iniziava a muoversi, la porta del loro
scompartimento si spalancò con violenza e i due compagni mancanti si
scaraventarono all’interno ansimando come asmatici e accasciandosi
immediatamente sui sedili, senza fiato e scarruffati
dalla corsa.
“Appena
in tempo,” esclamò Peter sollevato.
Remus,
dimentico per un momento della propria infatuazione, si accigliò
severamente squadrandoli con disapprovazione.
“Stavate
per perdere il treno,” osservò secco.
James
sbuffò come una caffettiera, mentre Sirius boccheggiava una risposta
incomprensibile.
“Eh?”
squittì Peter sporgendosi verso di lui.
“…Svegliati…tardi,”
farfugliò il ragazzo, congestionato.
“E
mio padre…stava potando i ciliegi e siamo dovuti andare a cercarlo,”
aggiunse James, già sghignazzando.
“Ciliegi?”
ripeté Remus perplesso. “Quali ci…?”
E
s’interruppe lì, perché Sirius scelse quel preciso momento
per ricomporsi, recuperò improvvisamente la compostezza, i suoi capelli
corvini tornarono ad essere spettinati non per la corsa ma con naturale,
attraente incuria, le chiazze violacee sul viso infiammato svanirono come per
incanto e l’erede dei Black omaggiò i presenti col suo perfetto
sorriso – non accecante, perché lui non era una Mary Sue – sovrastato
dai begli occhi argentei e ridenti made in Black,
marchio registrato.
“Idee
per l’anno nuovo?” domandò sogghignando.
James
attaccò subito dopo con l’elenco dei diabolici piani che insieme
avevano architettato durante le settimane che l’amico aveva trascorso a
casa sua, per rendere partecipi gli altri due membri del clan, e i quattro
ragazzi si lanciarono dunque in quello che si prospettava essere uno splendido,
inimitabile ultimo anno.
Fu
così che, per via del ritardo che aveva reso quasi invisibile il suo
arrivo per tutti gli altri, già installati sul treno, Sirius Black
partì per Hogwarts completamente all’oscuro di quanto lo
aspettava. Se fosse arrivato qualche minuto prima l’orda di fanciulle
indemoniate che l’avrebbero assalito gli avrebbe fatto presagire la reale
gravità della situazione, ma per com’erano andate le cose si mise
in viaggio senza poter minimamente immaginare che quelli sarebbero stati gli
ultimi attimi di serenità per molto, moltissimo tempo.
-
“[…]mio padre
stava potando i ciliegi” Questa frase, apparentemente insensata, è
dovuta alla mia vecchia amica ciaraz. Siccome ho
spesso la tendenza a inventare scuse del tutto campate in aria e spesso un poco
inconsulte relativamente alle occupazioni dei personaggi quando ho bisogno che
siano impegnati, la mia cara amica talvolta ironizza sulla cosa: “Non sai
che fargli fare? Di’ che stava potando i ciliegi, tanto di solito non
è che ti sforzi molto di più”.
Purtroppo per voi scrivere questa scempiaggine mi
sta galvanizzando in modi che non so dire, quindi vi tocca beccarvene ancora, e
ancora, e ancora…
Ringrazio chi l’ha inserita nelle preferenze,
oltre a chi l’ha letta.
Bene, entriamo nel vivo della…storia.
suni
I. Sul treno
A. La primaAnimaga,
delusa dall’amore
“Continuo
a dire che c’è qualcosa che non va, oggi,” ripeté
Remus con cupa certezza.
“Peggio
del fatto che Snivellus è ancora vivo?”
s’informò Sirius ridacchiando indolente.
Ma
aveva poco da fare lo spiritoso e avrebbe dovuto ricordarsi che il suo amico
mannaro aveva quasi sempre ragione, perché in quell’istante la
porta del loro scompartimento si aprì, consentendo l’accesso ad
un’apparizione folgorante.
La
fanciulla che fece il suo ingresso, spandendo intorno a sé una delicata
– e soffocante – fragranza di violette, era straordinariamente
bella, tanto che per qualche secondo l’avventato ragazzo se ne
rallegrò, mentre il mento di James precipitava verso terra, la faccia di
Peter cambiava quattro colori e le sopracciglia di Remus si piegavano con
cautela. La giovane estranea aveva lunghi, fluenti capelli ramati, naturalmente
luminosi, occhi azzurro elettrico e un corpo bellissimo, con le curve perfette
e una vita esile e aggraziata. Vestiva una magliettina
succinta ma non volgare di un bellissimo
rosa shocking sfumatura n° 4/bis e una gonna con
lo spacco che metteva in risalto le magnifiche gambe chiare. Sorrise indistintamente
agli astanti.
“Ciao
a tutti, sono una nuova studentessa in scambio scolastico, mi chiamo Selene e
vengo dall’Alaska,” annunciò con voce limpida e attraente,
prima che, esaminati gli astanti, il suo sguardo si tingesse di una luce di
feroce trionfo. “AH-HA! BECCATO!” strillò, puntando il dito
sottile e etereo verso il giovane Pureblood, che
sussultò stupito cercando automaticamente lo sguardo di James, il quale
sgranò gli occhi allibito quanto lui.
Non
potendo ancora sapere a cosa andava incontro, Sirius non si fece comunque
impressionare e sorrise seducente alla graziosa sconosciuta, che aveva
già accuratamente radiografato con occhio allenato.
“Cercavi
me, dolcezza?” domandò con voce graffiante, pronto ad attuare il
suo iter seduttivo. La straniera, però, non si
fece impressionare, sollevando altera uno sguardo improvvisamente indignato sul
suo viso. Lei non era certo il tipo di ragazza che si lasciava incantare da un
sorriso affascinante e qualche moina, lei era persona di carattere e non era
certo semplice farla innamorare, specie perché dopo l’immensa
delusione avuta a cinque anni con il vicino di casa seienne che l’aveva
tradita con un transessuale platinato il suo cuore si era chiuso a quei futili
sentimenti da ingenua.
“Cosa
credi di fare?” ribatté infuriata, sfidandolo con una posa
baldanzosa e incrociando le braccia al petto minacciosamente. “Io non
sono una delle tue sciacquette e non ti
basterà fare il cascamorto per avermi! Non pensare che cadrò ai
tuoi piedi come tutte, io non sono così. Se mi vuoi davvero dovrai
conquistarmi e dimostrare che non sei il ragazzo leggero che hai sempre finto
di essere,” terminò fiera, il seno costretto dalle braccia sul punto
di esplodere fuori dalla maglietta sotto lo sguardo trepidante di Peter.
“E-eh?” sfiatò Sirius ritraendosi sul sedile.
“Ma
che vuole questa?” ringhiò Remus torvo.
“Scusa
ma tu come lo sai che è un ragazzo leggero?”
s’informò giustamente James, con sincera curiosità.
“Ci conosciamo?” aggiunse, estroverso e amichevole come suo solito
– e scientificamente affascinato dalle originali mutandine in filigrana
argentata che sbucavano dallo spacco clamoroso di lei.
“Io
lo so!” esclamò Selene con enfasi. “Siete tutti uguali, voi
bastardi!”
“Ma
io…” tentò di protestare Sirius, che iniziava ad inquietarsi
per il suo sguardo bellicoso.
“Niente
ma!” lo zittì lei glaciale. “Se mi ami devi
dimostramelo!”
“Ma
veramen…” cercò ancora di
intervenire lui, esterrefatto.
“Pensi
di potermi usare e poi gettare via come un rifiuto?” lo aggredì
ancora lei, sporgendosi verso il malcapitato con gli occhi assottigliati.
“Tu non sai quel che potrei farti! Ti potrei divorare!”
Sirius
sgranò gli occhi con un lampo di terrore, perché la ragazza era
evidentemente una psicolabile e l’ipotesi del cannibalismo non gli pareva
nemmeno tanto assurda, mentre Remus ridacchiava educatamente.
“Addirittura?”
domandò sarcastico.
“Sì,
certo,” replicò Selene con disinvoltura. “Infatti sono un
animagus illegale e posso trasformarmi in qualunque momento,”
illustrò orgogliosa. “Ho imparato a due anni leggendo un libro di
papà e l’ho fatto da sola, senza bisogno di aiuto,”
aggiunse, intanto che James si sporgeva cautamente verso Remus.
“Ma
non dovrebbe evitare di farlo sapere in giro? Potrebbero
arrestarla…” sussurrò interdetto, ricevendo come unica
risposta un’alzata di spalle.
“Un
animagus?” intervenne Peter ritrovando finalmente la parola. “E che
animale sei, ehm, Selene?” aggiunse curioso.
Lei
drizzò la testa impettita, con movimenti solenni e maestosi.
“Un
criceto,” annunciò compita.
Seguì
qualche secondo di ragionevole silenzio.
“Possono
veramente sbranare un essere umano?” s’informò James scettico.
“Io
sì,” ribatté Selene con sicurezza. “In ventisette
secondi,” puntualizzò compiaciuta, gonfiando il seno mentre Peter
si protendeva sempre più verso di lei.
James
fischiò ammirato, scuotendo lentamente la testa, mentre Sirius si
aggrappava al bordo del finestrino come alla ricerca di una via di fuga.
“No-non avevo intenzione di…” tentò di
difendersi, allarmato.
“Poche
scuse,” lo interruppe lei imperiosa. “Ti tengo d’occhio,
cicisbeo,” concluse intimidatoria, prima di voltarsi con un armonico
sventolio delle chiome e marciare fuori con passo pesante e delicato.
Il
silenzio che seguì la chiusura della porta fu lungo e palpabile. Tutti e
quattro i Gryffindor fissavano l’uscio come se
da un istante all’altro avesse potuto esplodere o diventare
fosforescente.
“Ma
ad Hogwarts si fanno scambi scolastici?” domandò James stupefatto.
“Io
l’avevo detto,” esclamò Remus senza badargli, “che
c’è qualcosa che non va, oggi.”
B. Quella intelligentissima che inspiegabilmente stravede
per lui
Occorsero
quasi due ore dopo la visita di Selene prima che Sirius smettesse di gemere che
gli era venuto male alla testa, si tranquillizzasse e la finisse di fissare la
porta con aria oltraggiata. A quel punto James, che era già stato
scacciato da Lily dal vagone dei Prefetti e dei Caposcuola con la richiesta
imperativa di levarsi dalle scatole finché non gli avesse fatto sapere
che c’era bisogno di lui, aveva comprato dolciumi in quantità,
Peter si stava strafogando e Remus fingeva di ripassare i suoi appunti,
seguendo in realtà con partecipazione il lento recupero della
stabilità psicologica del giovane Black.
Quando
questi riprese a parlare normalmente e ritrovò il favoloso sorriso James
gli propose una sfida a Scacchi Magici. Avevano iniziato la partita da dieci
minuti e Sirius era già in netto vantaggio, essendo tra le altre cose un
campione a scacchi, quando lo scompartimento si aprì un’altra
volta e tutti e quattro sollevarono di scatto gli occhi con inquietudine verso
il nuovo intruso, sospirando di sollievo nello scoprire che non si trattava
dell’americana.
Sulla
porta era comparsa una studentessa di nuovo ignota, e Remus aggrottò la
fronte con sospetto. La ragazza si guardò educatamente intorno,
abbozzando un sorriso cortese. Aveva lunghi capelli castani schiariti da alcune
ciocche naturalmente bionde e indossava occhiali sbarazzini di un rosso
accesso, stringendo un libro con devozione. I suoi abiti erano semplici e anonimi,
ma lasciavano intuire la dirompente perfezione delle sue forme e la sua grazia
innata, sottolineata dall’apparente inconsapevolezza del proprio fascino.
Sirius sembrò rilassarsi e recuperare ulteriore buonumore, dicendosi che
imbattersi in più di una psicopatica al giorno era improbabile e che
quindi quella era una potenziale conquista positiva.
La
ragazza sollevò lo sguardo su di lui, rimanendo con la bocca semichiusa
e l’occhio appannato come davanti all’apparizione della Beata
Vergine circondata dagli angeli.
“Tu…tu
sei Sirius Black,” mormorò estatica, prima di distogliere lo
sguardo e arrossire visibilmente. Che sciocca, proprio lei, così
assennata e razionale, perdere la testa per un simile bulletto
superficiale. Eppure era da quando quattro anni prima aveva sentito parlare di
lui da una certa Narcissa, che si trovava in Polonia
per il viaggio di nozze, che lo sognava ogni notte senza poterselo impedire e
lottava contro quel desiderio insensato.
“Parrebbe,” confermò
il Gryffindor ringalluzzito. “ E tu
sei…?”
“Katiusha,” mormorò lei con fare dimesso.
“Sono polacca e ho vinto una borsa di studio nella vostra scuola,”
aggiunse, con un mezzo sorriso imbarazzato.
“Bene
arrivata,” intervenne James allegro. “Io sono James Potter, lui
è Peter Pettygrew e questo è Remus
Lupin,” continuò, indicando gli amici. “Certo che ci sono un
bel po’ di nuove studentesse, quest’anno,” commentò
sornione.
“Già,”
aggiunse Remus asciutto.
Katiusha sorrise gentilmente, annuendo attenta.
“Sono
felice di conoscervi,” affermò semplicemente. “Stavo
cercando un posto libero per sedermi a leggere e sono arrivata qui,”
aggiunse come giustificandosi, pur sentendo che era sciocco e che non aveva
motivo di spiegare una cosa tanto naturale.
“Accomodati,”
si affrettò a invitarla Sirius, con un gesto accattivante.
Lei
sorrise a sguardo basso balbettando un ringraziamento e prese posto, cercando
di non mostrare il turbamento illogico che la pervadeva. Non doveva, non poteva
perdere la testa per un simile sciocco, farsi ammaliare dalla sua conturbante
bellezza a discapito dell’intelletto.
“Ma
stava girando il treno da due ore e mezza per trovare un sedile?”
mormorò James all’indirizzo di Remus che, di nuovo, si strinse
nelle spalle con sufficienza.
Ci
fu un breve silenzio incerto, mentre i quattro ragazzi si guardavano con
indecisione senza sapere come riprendere le loro conversazioni in presenza
dell’estranea. James mosse l’alfiere sulla scacchiera, Sirius
imprecò a mezza voce per quella mossa inattesa e forse fu proprio lo
sguardo disapprovatorio che la ragazza gli
lanciò a spingere Remus a rivolgerle la parola.
“Allora,
Katiusha, hai detto di aver vinto una borsa di
studio…”
“Sì,”
confermò lei mite. “Non è molto usuale, ma siccome i miei
voti sono i migliori degli ultimi settecento anni mi è stato concesso
questo onore.”
“Settecento?”
squittì Peter, dando voce allo stupore comune.
Lei
annuì rapida, perché essendo tanto intelligente sapeva che non
era bene vantarsene.
“Bè, sì, ma non ho fatto niente di
speciale,” spiegò frettolosamente. “Cioè, ho solo
imparato a memoria tutti i libri della biblioteca della scuola in otto
settimane e ho scritto un saggio sulle Pozioni della Verità che è
stato pubblicato su tutte le riviste di magia accademica del mondo, e
naturalmente c’è quell’episodio dell’aver inventato trentacinque
nuovi tipi di trasfigurazioni avanzate, ma…” tagliò corto,
con un cenno vago della mano.
La
bocca di Remus era rimasta spalancata come un forno a legna, James aveva gli
occhi tanto sgranati che parevano sul punto di cadere fuori dalle orbite e
Peter aveva perso il filo a metà della frase, mentre Sirius la guardava
con nuova titubanza, contrariato.
“Una
ragazza intelligente…” borbottò deluso.
Lei
annuì quasi mortificata, prima di proseguire con una punta di decisione.
“Sì,
ma non passo tutto il tempo a studiare,” spiegò, sentendosi una
scema. “Perché imparo molto in fretta. Sono in grado di
memorizzare seimila parole in quarantaquattro secondi,”
puntualizzò, nell’irrazionale desiderio di non passare per una
noiosa secchiona ai suoi occhi e rimproverandosi subito la propria
vanità.
“Se
non altro è meglio che sbranare una persona in ventisette,”
commentò Remus distaccato, celando il fastidio.
La
conversazione s’interruppe così. Dopo cinque minuti Peter russava
della grossa, James e Sirius avevano ripreso la partita e Remus continuava a
fingere di studiare, fissando di sottecchi con crescente irritazione la polacca
che, con il libro aperto sulle gambe, scrutava imbambolata il giovane Black con
la devozione di una carmelitana scalza davanti al Crocefisso. Katiusha, infatti, era intelligentissima ma sensibile alla
bellezza.
Sirius
dovette accorgersi dell’immobilità del suo sguardo e, memore della
brutta morbosità di Selene, le lanciò un sorriso nervoso.
“E’
un libro interessante?” domandò, nell’intento di riportare
la di lei attenzione alla pagina.
Katiusha annuì silenziosamente, dissimulando il batticuore e il
turbamento con il talento della sua mente fredda e razionale, che si scontrava
impetuosamente con le ragioni del cuore. La domanda la sprofondò in una
gioia estatica priva di ogni ragionevolezza. Lui era gentile, dopotutto. Le sue
maniere da galletto esaltato dovevano essere solo una maschera che aveva
costruito per la difficile situazione familiare e le terribili prove superate,
ma al di sotto di essa si celava un animo sensibile e delicato. Sospirò
estasiata, annuendo tra sé con fermezza: sì, lei lo avrebbe
cambiato, ci sarebbe riuscita; avrebbe riportato in superficie la dolcezza di
quel giovane tenebroso e la sua capacità di amare, lo avrebbe reso
migliore. Del resto chi, se non la ragazza più intelligente del mondo,
poteva portare a termine quel difficile obiettivo?
“Penso
che dovresti portare il cavallo avanti, James, se vuoi sperare di batterlo e
incastrare la sua regina tra il tuo alfiere e la pedina,” suggerì
in quel momento Katiusha, considerando che una
lezione di modestia nel perdere la partita poteva giovare alla maturità
del suo amato.
“Ma
porcaccia scopa…” ringhiò Sirius stizzito, guardandola in
cagnesco.
Lei
sorrise di nuovo con invasamento e il ragazzo seppe che quella era,
definitivamente, la giornata delle malate di mente.
Sophonisba: grazie mille, mi fa
piacere che ti abbia fatto ridere. Ecco a te l’inizio delle sfortune di
messer Padfoot, anche se il peggio deve ancora
decisamente arrivare. Quanto alla fantasia, non c’è il caso di
fare complimenti a me, poiché mi…ispiro alle idee altrui. Sìsì.
Moony Potter: non sono proprio sicura che ci volesse davvero una fic così – potevamo tutti tranquillamente
sopravvivere senza, immagino – ma sono contenta che ti piaccia. Grazie,
quindi, alla prossima.
Quando
il treno si fermò ad HogsmeadeKatiusha era già riuscita a conquistarsi
l’antipatia sempiterna di Sirius suggerendo a James ogni mossa per
stracciarlo, talvolta fornendogli anche più possibili opzioni quando era
il suo turno. L’imprudente ragazzo, dunque, appena il treno si fu fermato
completamente, si lanciò fuori dallo scompartimento e poi a terra di
volata.
Balzò
giù dal treno così, impetuoso, animato e incarognito a morte, i
capelli di corvo scomposti sul viso, gli occhi argentei balenanti di
un’irritazione che accresceva l’aspetto tenebroso e il mantello
svolazzante alle sue spalle, e l’effetto di quella scenica comparsa fu
tale che persino Hagrid fu raggelato dallo sgomento.
Dapprima
un urlo corale immondo, di un’acutezza agghiacciante che sfondava i
timpani, provenne violento dallo strano vagone di coda. Poi quello
tremò, ondeggiò, sobbalzò sui binari ed infine
vomitò sulla pensilina di Hogsmeade un fiume
di fanciulle urlanti che, dopo un momento di isteria e balzelli scomposti sul
posto, caricò con furia di centauri imbizzarriti. La pensilina
tremò quasi ci fosse stato un terremoto e Sirius si ghiacciò sul
posto sgranando gli occhi con incredulità assoluta, inerme davanti a
quell’aggressione bella e buona a danno della sua persona. Vide solo una
marea di gambe lunghe, tette balzellanti e bocche spalancate in un grido
famelico avvicinarsi a rapidità inusuale – molte tra le ragazze,
del resto, possedevano capacità fisiche inconsuete degne dei più
eccelsi sportivi – e poi l’onda d’urto lo investì
tremenda.
“Occhio!”
sbraitò James, che si stava affacciando dal treno per seguirlo,
affannandosi a richiudersi la porta del vagone alle spalle e poggiarvi contro
la schiena, lanciando agli amici uno sguardo terrorizzato.
“Cos’era
quel boato?” chiese Remus, finendo di allacciarsi il mantello.
In
quel momento il loro vagone dondolò sinistro, e Peter quasi ruzzò
in terra.
“Credo
che Pad sia stato assalito da una quarantina di Selene,” mugugnò
James nervosamente. Remus sgranò gli occhi mentre Katiusha,
nell’udire un nome femminile accostato a quello del suo Siry, si fece pronta e attenta. Poi il licantropo
rientrò nello scompartimento, lanciò un’occhiata fuori dal
finestrino e sbiancò in viso.
“Per
Godric!” sbottò allarmato. “E tu lo lasci così? Ma
che razza di amico sei?” eruppe all’indirizzo di James,
raggiungendolo in due salti e spostandolo bruscamente dalla soglia che si
affrettò a riaprire, intrepido.
Lo
spettacolo era terrificante: Sirius era ormai scomparso sotto quella valanga di
prorompenti corpi femminili che si agitavano come Spioscopi
idrofobi e Hagrid tentava invano di scavare tra essi
per recuperarlo. Una ragazza dai capelli biondi lunghi fino alle ginocchia lo
stava strozzando con un incantesimo raccapricciante: la sua folta chioma si
muoveva come animata da una forza sconosciuta, serrandosi intorno al suo collo
per strangolarlo.
“Lo
conosco!” esclamò Katiusha, comparendo
al fianco dell’ex Prefetto. “E’ il terribile Incanto Raperonzus! Ne ho letto sul De PotentissimusMarisuibus,
è un anatema di grandissima potenza. Dobbiamo intervenire,”
stabilì risoluta, sgambettando giù dal predellino col fido libro
stretto in mano.
“Il
De cosa?” ripeté James,
urlando per sovrastare gli starnazzi delle predatrici. Un nuovo movimento di
quel serpente umano si espanse fino a urtare il vagone, che quasi si
ribaltò, lui perse l’equilibrio, rotolò sgraziatamente
contro Remus ed entrambi precipitarono a terra. Ormai erano in ballo e, da veri
Gryffindor, si buttarono nella mischia lanciando Schiantesimi per soccorrere l’amico, mentre Katiusha si occupava di liberare Hagrid
stordendo l’avversaria con alcune frasi pronunciate nell’oscura
lingua di Mordor, che padroneggiava alla perfezione.
“Ha
la sua canottiera!” ruggì improvvisa una voce cristallina.
“Quella vacca ha la sua canottiera!”
A
pronunciare quelle parole risentite era stata un giovane sui quindici anni, con
corti capelli ricci e neri e occhi d’un magnetico viola intenso, puntando
la mano verso una seconda pulzella che, nascosta sotto un mantello intarsiato
in oro massiccio, cercava di scivolare fuori dalla ressa senza farsi notare
dalle altre che ancora si accalcavano su Sirius. Tra le mani aveva un
canottiera bianca stracciata che serrava spasmodicamente.
Una
serie di borbottii ostili cominciò a diffondersi e poi un unico, sordo
ringhio animalesco sancì il nuovo attacco ai danni della ladra di
biancheria. Man mano le ragazze si spostarono per assalirla, accumulandosi
l’una sull’altra come pezzi del Tetris, sicché
dopo alcuni momenti mentre Katiusha, con precisi
colpi di bacchetta e un po’ di sputo guaritore brevettato Mary Sue,
rimetteva in piedi Hagrid alla meglio Remus
poté intravedere una carcassa abbandonata a terra. In mutande.
“Sirius!”
sbottò con enfasi, mentre James scuoteva la testa con espressione
funerea e dolente, mormorando qualcosa come era
un grand’uomo, e un vero amico. Il
licantropo non gli badò, slanciandosi verso l’animagus
infortunato.
Sirius
era scompostamente riverso a terra. Presentava abrasioni multiple, lividi e
contusioni, era sconvolto e semincosciente.
“No…no…pietà,”
cantilenava sommessamente, respirando a stento.
“Pad…coraggio,
ti portiamo in infermiera,” tentò di calmarlo Remus, stringendogli
affettuosamente la mano.
Lui,
a quel nuovo tocco, tremò e si ritrasse spaventato, estraniato dalla
realtà.
“Ti
prego, lasciami le mutande!” gemette stordito.
Remus
sbatté gli occhi un paio di volte, sconcertato.
“Non
pensavo di…togliertele adesso,” borbottò senza potersi
trattenere, perplesso. “Sono io, Sirius, stai tranquillo. E’ tutto
finito,” aggiunse più dolcemente, commosso dal suo smarrimento e
dalla sua evidente prostrazione.
“Su,
andiamo, prima che si ricordino di lui,” intervenne James risoluto,
carezzando rassicurante la spalla nuda e pesta del migliore amico intanto che
Peter, guardingo, si avventurava giù dal treno. “Evans! Gryffindor-barriera!”
impartì deciso, dando prova di vero spirito di Caposcuola. La compagna,
che insieme ai Prefetti di tutte le Case aveva tenuto a distanza di sicurezza
gli altri studenti, annuì ferma, prima di puntare la bacchetta in aria
ed emettere un grazioso sbuffo rossiccio, mentre Hagrid
si affrettava a portare in salvo gli studenti del primo anno, tutti
terribilmente sconvolti da quello spettacolo crudo e violento.
“Rosso
oro, in formazione!” esclamò Lily imperiosa. Di scatto, tutti i
membri della Casa di Godric si portarono coraggiosamente in avanti a proteggere
la ritirata dei Marauders, nel classico schema
definito dai Muggles “a testuggine”. I
tre amici caricarono Sirius sulla prima carrozza, che partì rapida in
direzione del castello.
“Li…vedo…li…sono
enormi,” biascicava Sirius, fissando ad occhi sgranati l’apertura
sul davanti della carrozza.
“Vedi
cosa, Pad?” gli mormorò James comprensivo, ravviandogli i capelli
sudati.
“Sono
loro…la carrozza…”
Remus
s’illuminò di comprensione, serrando la presa sulla mano
dell’amico.
“I
Thestral,” affermò cupo
all’indirizzo degli altri due. “Può vederli solo chi ha
visto la morte,” spiegò lugubre.
James
annuì in silenzio, fosco, deglutendo a fatica mentre Peter, terreo, si
appoggiava alla parete della carrozza con un muto gemito.
Due
ore dopo, in seguito alle cure di Madama Chips,
Sirius Black aveva parzialmente recuperato la straordinaria avvenenza che gli
era propria, oltre a parte della sua salute mentale. Gli avevano cacciato in
gola a viva forza sette etti di cioccolata per calmarlo e farlo smettere di
gemere e, nonostante lamentasse a quel punto un violento mal di stomaco, almeno
aveva smesso di tremare. Era abbandonato sul materasso in una posa
involontariamente languida, i capelli scompigliati in un’onda d’inchiostro
che gli contornava il viso, ancora pallido ma già tornando
all’armoniosa piacevolezza incantevole di sempre, e sorrideva sfavillante
ai tre amici che, fedeli, non avevano lasciato per un solo istante il suo
capezzale.
“Mi
avete salvato,” affermava con enfasi. “Siete fantastici, ragazzi.
Mi avete salvato.”
“Per
te questo e altro, Pad,” si schermì James con enfasi. “Non
temere, è tutto a posto. Io e Moony abbiamo elaborato una teoria,”
aggiunse con fare cospiratore.
“Quale
teoria?” s’informò il convalescente, prima di mugugnare
disgustato perchè Madama Chips gli aveva
infilato in bocca un altro quadretto di cioccolata approfittando del fatto che
l’avesse aperta per parlare.
James
si voltò verso Remus, che annuì sbrigativo.
“Noi
pensiamo che si tratti di allucinazioni,” spiegò serio.
“Abbiamo ragione di credere che quello in cui siamo stati coinvolti sia
stato un episodio di vaneggiamento collettivo dovuto alla dispersione di
pozione delirante sul treno,” continuò, per la verità
piuttosto dubbioso.
“Ma
quelle chi erano? Io non le ho mai viste! Cosa vogliono da me?”
ribatté l’altro con angoscia.
“Potrebbe
trattarsi di allucinazioni,” osservò James deciso.
“Ma
mi hanno quasi pestato a morte!” protestò giustamente Sirius.
Sirius
si rabbuiò, torvo, stringendo le mani a pugno.
“Sono
sicuro che c’entra Snivellus,”
sbottò stizzito.
Remus
e James si scambiarono un’occhiata inquieta e rassegnata, il primo
sospirando tra sé, il secondo grattandosi il mento con imbarazzo.
“Sirius,”
fece infine Remus, riluttante, “questa tua ossessione…”
“Non
è un’ossessione! E’ stato lui, ne sono certo!”
berciò il Pureblood indignato.
“Dicevi
così anche quando non riuscivi a trovare il portapenne…e quando la
stringa del tuo stivale si è spezzata…e quando sei caduto dalla
scopa durante gli allenamenti dei ragazzi della squadra…”
borbottò James a disagio.
“Ma
era vero, quella volta!” protestò lui con sempre più
veemenza.
“Ma
se non era nemmeno a scuola…” sbottò Remus esasperato.
“Fingeva
di non esserci! Era tutta una montatura!”
“Ma
c’era il funerale di suo padre…” osservò Peter
sottovoce.
“Esatto!
Lo ha ucciso apposta per far credere a tutti che sarebbe stato assente, ma era
qui, è stato un piano per farmi cadere dalla scopa. Ve lo giuro!”
continuò Sirius con sguardo fanatico, addentando con foga
dell’altro cioccolato e sputandolo via subito dopo non potendone
più. “Snivellus è il Male…”
continuò, lo sguardo perso a fissare il vuoto con cupezza.
James
si schiarì la voce, preferendo soprassedere. Fece per riprendere a
parlare, ma la porta dell’infermeria si aprì in quel momento, e
Remus scattò in piedi pronto ad azzannare qualunque ragazza estranea che
si fosse palesata, balzandole contro. Fu quindi con un certo imbarazzo che si
immobilizzò con le mani arpionate al polso e i denti a due centimetri
dalla carne del braccio incartapecorito del Preside Dumbledore.
“Buonasera,
signor Lupin,” lo salutò questi con leggiadra allegria. “La
trovo bene.”
“Preside…
Buonasera,” borbottò il licantropo affrettandosi a lasciargli il
braccio. “Io stavo…Non è come sembra.”
Dumbledore annuì comprensivo, allungandogli subito
dopo una pacca sul sedere.
“Difendere
gli amici, questo è vero spirito Gryffindor,”
commentò con approvazione, mentre Remus si affrettava discretamente a
ritrarsi. “Come si sente, signor Black?” aggiunse con premura.
Sirius
fece spallucce con espressione eroica, sotto il noto sguardo definito
penetrante e in realtà atto a lumare le grazie
dei suoi studenti dell’anziano Preside.
Del
resto non lo aveva espulso dalla scuola dopo un tentato omicidio, e una ragione
doveva ben esserci.
Dumbledore si fece serio e pensoso, giocherellando con
la punta della barba.
“Suvvia,
Sirius,” commentò distaccato, “mi pare lampante: alcune
delle nostre nuove studentesse manifestano un certo interesse per la sua
persona. Come dar loro torto, del resto,” aggiunse lezioso, con un
occhiolino.
Sirius
sospirò preoccupato, voltando lo sguardo su James.
“Ma
Preside, cosa ci fanno qui?” chiese lui, venendogli in soccorso.
Dumbledore sospirò meditabondo, gli occhi
azzurri lontani.
“Sembra
che quest’anno ci sia stato un trasferimento in massa nella nostra
scuola. Ci sono pervenute trentacinque richieste, tutte accolte,”
spiegò mite.
“Perché
tutte?” obiettò Remus contrariato.
“E’
convinzione del collegio docenti, cioè mia,” iniziò Dumbledore solenne, “che tutti gli studenti meritino
l’occasione di frequentare Hogwarts, come lei stesso sa bene.”
“Ma
io la gente la sbrano, non la stupro!” protestò Remus
scandalizzato.
“Comunque
sia,” replicò l’anziano mago bonario, “sono certo che
simili episodi non si ripeteranno. Riposatevi, cari ragazzi,” concluse,
con uno sguardo carezzevole ai bicipiti di James. Sorrise indistintamente agli
astanti, prima di lasciare la stanza.
“Vecchio
rincoglionito!” sbottò Sirius infuriato. “Lui e tutte le sue
menate sulla tolleranza e l’apertura! E adesso io che devo fare,
barricarmi in dormitorio fino al giorno dei MAGO?”
Nessuno
gli rispose.
Un’ora
dopo, Madama Chips gli diede il permesso di rientrare
alla torre di Gryffindor e i quattro Marauders, finalmente, poterono raggiungere la lo stanza
spostandosi con lo schema concordato per i casi di pericolo: Remus in
avanscoperta, i denti digrignati e le mani pronte a graffiare, James alle sue
spalle con la bacchetta sguainata, Sirius, insolitamente titubante e guardingo,
pronto a trasformarsi e mordere e Peter avvinghiato alla sua gamba con
espressione atterrita.
“Guarda,”
commentò Sirius asciutto, “che ce l’hanno con me, non con
te.”
“Non
si sa mai,” fu la prudente risposta di Pettygrew.
“Meglio a te che a me, come si dice.”
Sirius
sbuffò rassegnato, continuando a tirarselo appresso come un koala
aggrappato alla madre, finchè non arrivarono
al dormitorio, dove FrankPaciock
li aspettava sveglio.
“Oh,
Sirius,” esclamò rasserenandosi. “Stai bene? E’ stato
tremendo, mi dispiace.”
Lui
annuì stoico, allungandosi sul letto.
“Com’è
andato lo Smistamento?” chiese James gioviale.
“Proprio
così!” confermò Frank, annuendo
vigorosamente. “La Casa delle nuove studentesse: Gryffindor,
Slytherin, Hufflepuff, Ravenclaw e Pussyrose!”
“Pussyrose?” intervenne Sirius interessato, non avendo
ancora ben compreso le dimensioni del problema nonostante i fatti intercorsi
parlassero chiaro.
“Certo.
E’ andata così…” iniziò Frank,
accoccolandosi sul proprio letto.
Hermykitty: Mmmh…bè. Non so se sono nomi già sentiti. È
possibile, perché ho cercato di sceglierli con criterio Mary Sue, ma non intenzionale. Sono lieta che la
storia ti diverta, che i Marauders non sembrino
troppo snaturati e che, insomma, l’insieme sia godibile. Quanto al
matrimonio tra Peter e Selene…bè, vedi,
lei è innamorata di Sirius ^__^. Ma chissà, forse è
proprio per questo che Peter farà quel che sappiamo, è geloso
della bella criceta. Hihi.
A presto.
Anna Mellory: Dai, hai scritto quasi giusto. Solo che è Mary e non Marie, ma il concetto è lo stesso. Ed eccoti il
seguito. Grazie.
Facsa: hihi. Non è proprio il caso
di adorarmi per così poco. Anche perché in effetti è vero,
non c’è bisogno di sforzarsi più di tanto per rendere
questo genere di situazioni ridicole, lo fanno da sé. Proprio stamattina
leggevo una storia che…oh, fa niente. Ringrazio le prolifiche autrici che
mi forniscono tanti begli spunti. Sì, Sirius è un po’ una
Mary Sue. Succede spesso che venga reso così – anch’io ho
talvolta quest’insana tendenza – e ho pensato bene di calcare la
mano anche su questo nella ff. grazie.
LilyLuna: oh, grazie. Non penso proprio di essere un genio –
è una delle ultime parole che userei per descrivermi, in effetti –
e soprattutto non per questa scemata. Grazie anche per le dolci parole sull’aggiornamento
di Ambitions, e per la Table,
e per le lacrime versate sulle tristi vicende dei Marauders.
fog: ma no, mi spaventi la gente in sala d’attesa dal
dentista, ma poveracci, già sono lì che aspettano di farsi
sforacchiare le gengive… Sono lieta di avere anche stavolta la tua
approvazione (finora in effetti mi hai bocciato solo LesJoursTristes, e un po’
te ne voglio per averlo fatto ^__^) e sai, quanto al fatto di non essere
costretti a leggere certe robacce sono giunta alla conclusione che, almeno nel
mio caso, si tratti di puro masochismo. Quindi mi commuovo nuovamente per la
dolce sviolinata nella parte finale (tra l’altro, di’ a billy che è inutile che sia geloso: la mistica
intesa tra il mio cervello e il tuo è qualcosa cui nessuno può
opporsi) che come sempre mi colma di giuoia profonda.
Ah, dimenticavo, una cosa che mi hai chiesto tempo fa: sì, ho i capelli
rossi (ma tinti, non è il mio colore naturale). E gli occhi verdi. Ma le
analogie, credimi, finiscono qui ^__^. A presto, splendore.
Mixky: io invece ho riso tantissimo per il tuo commento, non so perché.
Sarà che mi sono immaginata quel “povero Remus, è troppo
sfigato” detto con calore e partecipazione, e m’è partita la
sghignazzata. È verissimo, del resto, Moony ha una iella che non
è umana. Grazie, a presto.
Frank
Paciock divideva da sei anni il dormitorio con i Marauders e, anche se non
sapeva parecchie cosette su di loro – tipo che uno era un licantropo e
gli altri tre animagus, tanto per dire – era sinceramente affezionato ai
compagni. Vedere Sirius soccombere all’attacco delle straniere era stato
perciò un momento di grande sofferenza per lui.
Quando
la carrozza che aveva portato il ragazzo al sicuro si era allontanata e Lily
era rimasta coraggiosamente alla guida della Gryffindor-barriera, incurante del
pericolo in cui incorreva, lui l’aveva affiancata per fare il possibile e
scongiurare il peggio. Una volta che la canottiera galeotta era stata divisa in
trentaquattro frammenti d’identica grandezza successivamente distribuiti
tra le contendenti, queste si erano volte nuovamente alla ricerca di Sirius
solo per scoprire che era scomparso. La loro cieca furia si era riversata sulla
formazione rossodorata che, temeraria, attendeva.
Al
terribile grido di “Adesso vogliamo le mutande!” le straniere
avevano attaccato compatte, lanciando incantesimi mai visti – una povera
sventurata del terzo anno si era ritrovata i capelli colorati indelebilmente
con del gloss fucsia e una mano di Norton era stata divorata in tre secondi da
un voracissimo criceto. Alcuni generosi Hufflepuff si erano uniti ai compagni
nella lotta, mentre un gruppetto di ragazze Slytherin del sesto anno si
aggregava di straforo alle fila delle persecutrici nell’unico scopo di
pestare Lily. Soltanto l’arrivo della McGonagall, ululante e indignata
con i Centauri al seguito, aveva calmato la situazione ed evitato lo stermino
dei Gryffindor. Non per la professoressa in sé, che avrebbe potuto ben
poco, ma perché alla vista degli aitanti mezz’uomini la maggior
parte delle ragazze si era prodotta in risolini svenevoli, commenti sboccati e
sguardi languidi che avevano terrorizzato i Centauri ma permesso a Minerva di
riprendere il controllo, mentre gli Slytherin lamentavano delusi il mancato
genocidio.
Severus
Snape, furibondo, pestava i piedi in terra con scorno.
“Come
fa quel bastardo a non essere morto?” urlava istericamente. “Lo
hanno assaltato in quaranta! Come fa? COME FAAAA?”
Regulus
Black era intervenuto e lo aveva calmato facendo Evanescere per qualche secondo
la parte inferiore della divisa di Lily, e tra gli strilli violenti della
Caposcuola gli studenti si erano finalmente messi in marcia.
All’arrivo
in Sala Grande la situazione era ormai sotto controllo. Le studentesse nuove
– tra le quali, tutti se ne accorsero solo in quel momento di quiete,
v’era un unico, sventurato ragazzo maschio, che difatti non aveva preso
parte all’aggressione di Sirius - si erano ammassate insieme ai bambini
del primo anno, e tranne alcuni scoppi di pianto dei ragazzini non
s’erano registrati incidenti.
Il
Cappello aveva iniziato lo Smistamento partendo dalle nuove leve, ma quando
aveva cominciato ad occuparsi delle studentesse nuove s’era verificato un
evento mai accaduto, che aveva generato parecchia inquietudine tra gli
insegnanti.
“Abudal,
Jasmina,” aveva avanzato, bellissima e ammirata nel silenzio generale,
fino a calcare il Cappello Parlante. C’era stato qualche secondo di silenzio,
poi quello aveva parlato.
“HUFF…”
aveva iniziato, interrompendosi bruscamente e poi lanciando uno strillo
soffocato. Minerva, lanciando uno sguardo perplesso al Preside, si era
avvicinata per monitorare la situazione, proprio mentre il Capello riprendeva a
parlare.
“GRYFFINDOR!”
La
ragazza aveva lanciato un gridolino di gioia e si era scagliata con un balzo
leggiadro verso il tavolo indicato, i cui occupanti si erano ritratti con un
palese moto di panico. Quando, dal tavolo verde e argento all’altro capo
della Sala, Carrow aveva fatto partire un sonoro e sbeffeggiante “E
sarebbe questo il coraggio Gryffindor?” alcuni studenti, punti sul vivo,
si erano azzardati ad accogliere la nuova arrivata, che del resto era di una
bellezza scintillante. Mentre Jasmina, la pelle bruna e rilucente di una
polvere dorata facente parte del suo incarnato, spiegava con gentile ed
attraente semplicità che era la figlia minore del Sultano del Brunei e
che soltanto ora aveva potuto iniziare gli studi, perché suo padre
l’aveva tenuta rinchiusa per anni in una stanza d’oro massiccio in
cui un potentissimo stregone le aveva appreso i segreti della Magia Antica,
Minerva aveva chiamato la seconda ragazza.
La
trafila si era ripetuta quasi identica: il Cappello dapprima era sembrato
volerla Smistare a Ravenclaw, ma poi s’era interrotto e aveva spedito a
Gryffindor anche lei. Dopo altri sei episodi analoghi – due dei quali
concernenti ragazze che di cognome facevano Black - Dumbledore aveva fatto
cenno alla McGonagall di avvicinarlo e si erano messi a borbottare qualcosa
sottovoce, coinvolgendo presto anche Slughorn. Quando si erano interrotti la
donna aveva annuito con fermezza e proseguito a chiamare un’altra
studentessa.
“Iolandovskij,
Tiffany,” si era fatta avanti con innata eleganza, spezzando il fiato a
tutti i maschi e numerose donne presenti: biondissima, bellissima e soave, con
due natiche da urlo, la fanciulla era evidentemente imparentata con una o
più Veele e molti sguardi si fecero vitrei e rapiti ma lei, modesta,
parve quasi non avvedersene.
Quando
si fu seduta e il Cappello le ebbe coperto la visuale, Minerva si sporse per
origliare, puntando la bacchetta ad amplificare il suono.
“Vediamo…stupida,
superficiale, lenta e sbadata. Non so davvero dove mandarti… Dal momento
che però sei anche una stronza egoista, ti Smisterò a
SLY…” aveva iniziato incerto.
“No!
Non Slytherin, Griffyndor, “aveva pensato con enfasi la ragazza,
“la casa di Sirius Black, il ragazzo che intendo concupire. Non puoi
opporti al mio potere di doppia Veela unito a quello di stregona ereditato da
mio nonno Gandalf, sciocco copricapo. Io reggo la Fiamma di Anor e tu
ora…”
“NON
– SI - PUO’,” aveva tuonato la McGonagall indignata,
facendola sussultare di sorpresa, “MINACCIARE O STREGARE IL CAPPELLO
PARLANTE!” era stata la furiosa aggiunta. “Chi altri ha osato fare
una cosa simile?” aveva proseguito gelida, puntando uno sguardo collerico
sulle fanciulle già Smistate. Quelle s’erano messe chi a
tossicchiare, chi a fischiettare innocentemente, mentre lei assottigliava gli
occhi e poi si voltava verso Dumbledore, che si era alzato in piedi
schiarendosi la voce.
“Miei
cari studenti,” aveva iniziato benevolo, “come avete potuto notare,
quest’anno ci pregiamo della presenza di numerosi studenti stranieri e di
altri fuori corso, giunti qui per dare ulteriore lustro alla nostra rinomata
scuola. Per accoglierli nel modo più adatto e rispondere alle loro
esigenze, il collegio degli insegnanti delibera che la cosa migliore da fare
per il…loro bene sia di creare
temporaneamente una Casa a loro esclusivo beneficio.”
“Ma
non si può!” era sfuggito a Lily, esterrefatta. “I Fondatori
erano solo quattro, non…” aveva continuato, prima che il suo
sguardo si posasse sulle nuove arrivate che già affollavano il tavolo
della sua Casa. “Oh, Merlino. E’ senz’altro un’idea
estremamente saggia,” aveva borbottato spaventata.
“Dunque,”
aveva continuato Dumbledore noncurante, “lasciamo al Cappello Parlante
l’onore e l’onere di occuparsene.”
Chiaramente,
se ne lavava le mani.
Il
Cappello pareva non gradire particolarmente l’incarico. Aveva balbettato
qualche mezza frase in rima, lasciando tra l’altro udire qualche accenno
d’insulto, aggiunto stentoreo chissà che e poi attaccato una
filastrocca incerta.
“Qui della Scuola ogni studente
è Smistato immantinente
sin dai secoli lontani,
tempi lungi ben e arcani.
Quattro maghi, quattro Case,
son di Hogwarts da sempre base,
ma poiché
v’è del nuovo accesso
il tempo è giunto di un
progresso.
Dunque oggi il cambiamento
divien dovuto e il mio commento
è che viste tali cose
aggiungiam le Pussyrose.”
Dumbledore
fu l’unico che prese immediatamente ad applaudire con convinzione,
sorridendo con aria contenta. La McGonagall, nell’udire il nuovo nome, si
era fatta violacea e aveva preso a emettere un sibilo sinistro, mentre Vitious
si strafogava con il succo di zucca e Ruf, per la prima volta da tempo
immemore, prestava reale attenzione a ciò che lo circondava sgranando
gli occhi stralunato.
L’applauso,
non molto sentito, si era propagato ben presto tra i tavoli degli studenti,
spegnendosi rapidamente.
“Ora
tutte le nuove studentesse sono pregate di prendere posto alla tavola della
loro Casa,” aveva continuato Dumbledore, mentre ad un suo cenno un quinto
tavolo compariva in fondo alla Sala, perpendicolare agli altri, adorno di
vezzosi stendardi rosa e panna con strass applicati, con un vistoso stampo di labbra
rosse a bacio che decorava l’insieme. “Anche quelle precedentemente
Smistate altrove,” puntualizzò. A quelle parole, dei gridi da
arpie si erano levati dalla decina di nuove e già ex Gryffindor.
Jasmina, ormai certa del proprio trionfo, si era aggrappata alla gamba del
tavolo rossodorato ed Alice, aiutata da Frank stesso, dovette colpirla
ripetutamente con la zuppiera del porridge per cercare di staccarla, senza
risultati positivi.
“Oh
no!” aveva esclamato infine, sagace. “La zuppa sta creando una
strana reazione sul tuo cuoio capelluto, si stanno formando delle orribili
pustole!”
Jasmina
aveva urlato terrorizzata, lasciando la presa per portare le mani alla testa
con uno squittio di orrore, ed era stata allontana a pedate dirigendosi quindi rassegnata
verso il tavolo di Pussyrose. Guardandolo Frank aveva avuto un moto di pena e
simpatia per quell’unico maschio che. poveraccio, era stato sbattuto in
quell’orribile Casa, seppure non paresse essere particolarmente
sconvolto. Forse era il fratello di una di loro.
Finalmente,
dunque, Dumbledore aveva concluso il discorso d’inizio anno e si era
potuto procedere con la cena.
“E’
strabiliante,” mormorò James a quel punto del resoconto.
“Una quinta Casa…chi mai pensava di vedere una cosa simile?”
“Un
solo altro anno e ce la saremmo risparmiata,” commentò Remus
laconico.
“Ho
di nuovo mal di testa,” aggiunse Sirius, rannicchiandosi sotto le
coperte.
“Non
ti preoccupare,” ringhiò il licantropo minaccioso, grattandosi il
collo con la zamp-pardon, la mano. “Non ti si potranno nemmeno
avvicinare.”
Una
voce femminile proveniente dal basso li riscosse, nota.
“Potter!
Potter, sei sordo?”
James
si lanciò verso la porta con tanta foga da travolgere Peter,
inciampò perdendo l’equilibrio, sbatté violentemente la
testa contro lo spigolo ma, eroico, s’aggrappò alla maniglia e
restò saldo sulle gambe spingendosi, incurante della botta sulla tempia,
fuori dalla soglia.
“Evans?”
esalò tramortito.
“Potter,”
salutò lei incerta, dal basso. “State tutti bene?”
domandò cortese.
James
annuì ripetutamente, cercando di non badare agli sberluccichii colorati
che gli offuscavano la vista e al dolore pulsante.
Lui
sgranò gli occhi estasiato, scrollando la testa in modo del tutto ebete
e reggendosi alla porta perché gli cedevano le gambe, non tanto per le
parole pur adorabili di lei ma per i postumi della zuccata.
“Grazie,
Lily, io…” iniziò traboccante entusiasmo.
“Oh,
per favore, non rovinare tutto. E’ molto meglio quando stai zitto,”
lo interruppe Lily nervosamente.
Lui
continuò ad annuire, rapito.
“Come
vuoi. Buonanotte, Caposcuola Evans.”
“Buonanotte,
James,” rispose lei, prima di sparire silenziosa.
Ebbe
a malapena il tempo di chiudere la porta che Remus sbuffò incredulo.
“Ti
ha fatto i complimenti perché ti stavi chiudendo sul treno abbandonando
Sirius a quelle pazze?” domandò allibito.
“Che
coooosaa?” abbaiò Sirius, balzando a sedere.
“Ehm…io…valutavo
solo la situazione,” bofonchiò James sorridendo con innocenza. Lo
sguardo truce del giovane Black non prometteva nulla di buono, ma
fortunatamente per James le sue gambe scelsero quel momento per cedere
definitivamente, e il ragazzo crollò svenuto sul pavimento.
“Lasciatelo
lì,” intimò Sirius feroce. “Se lo merita, il
vigliacco,” terminò. Quindi tornò a sdraiarsi e si risolse
a dormire, dicendosi che l’indomani le cose sarebbero andate sicuramente
meglio e la fortuna gli avrebbe sorriso nuovamente.
Non
sapeva quanto si sbagliava.
Intanto che ci sono, vi rinfresco la memoria che non
fa mai male. Ricordate, nel tempo libero – so che ne avete, furbetti –
questi ameni luoghi:
-La tana del Marauder, (per gli amici
Padfootlandia) con i miei chilometri di Sirius
mrs snape: bè, mi fa piacere
che ti sia ricreduta. Sono contenta che faccia ridere, e spero non ti abbia
urtata il piccolo cammeo di tuo…marito urlante in questo capitolo. Spero,
dunque, continuerai ad apprezzare.
ladyash: mmh…potrei fare un
sequel, qualcosa tipo “la drammatica battaglia delle Mary Sue: come Black,
Potter e Snape liberarono il mondo dal Male e se stessi dalla dannazione”.
^__^ E lo so, Sirius poverino ha il Fato avverso. Lieta d’averti
divertita.
Akita: ecco svelato il mistero
dell’effige: un sobrio stampo di labbra su sfondo rosa e panna. Graziosa,
nevvero? Hihi. Sono contenta che apprezzi lo spirito della storia. Sinceramente
credevo sarebbe stata accolta peggio. Alla prossima, grazie.
squizzz: dehe. Dipingere Dumbo in
quella maniera è stata una soddisfazione immane. Sghignazza, mia cara,
che mi colmi di gioia. La presa in giro per me stessa sta principalmente nel
modo in cui descrivo sempre Pad come una specie di Adone ineguagliabile, o
certi eccessi che mi concedo talvolta sulle qualità dei Marauders (vedi
il coraggio di James – che si barrica nel treno) o certi espedienti scemi
che uso ogni tanto, o altre trecentomila cose che non elencherò. Grazie,
comunque, à presto.
Mixky: salve, carissima! Hihi, il
povero Pad effettivamente non ha molto da invidiare a Remus. Vedrai quante
gliene capiteranno nei prossimi capitoli… non mi sghignazzare sul posto
di lavoro, per carità, che se ti sgamano mi sento in colpa. Sono contenta
tu stia seguendo anche questa nuova pazzia, e che ti piaccia. Speriamo in bene…
grazie. Alla prossima.
fog: è assodato, tu sei
il mio recensore del cuore. Attento, però, hai sbagliato il nome dell’incanto
Raperonzus: come puoi cadere in un errore così elementare? ^__^ Sono
molto, molto felice di aver scatenato tanta tua ilarità. Non ti so dire
nemmeno io dove posso spingermi ad arrivare, ma so per certo che Pad è
terrorizzato al pensiero. E fa bene. Hehe. A presto, carissimo, qui o via mail.
Anna Mellory: haha. In effetti quella
frase mi soddisfa. Soprattutto per Dumbledore, che sta sempre a dire che
è convinzione di – inserire qui varie ed eventuali – che si
debba fare la tal cosa. Non è vero, barbagianni, è convinzione
tua. Decidi sempre da solo, vecchiaccio manipolatore e tirannico. Oh. ^__^
Grazie mille, dunque, alla prossima.
Capitolo 5 *** IV. Le sorelle Riddle - parte prima ***
Ehilà!
Quanto tempo, ma sono viva!
E'
successo soltanto che poco fa una lettrice mi ha detto una cosa tipo:
"dovresti continuarla, la fic delle Mary Sue". E io "O almeno dovrei
postare la parte pronta."
E così è.
Per chi la ricorda e chi no, come sempre, senza offesa.
Buona lettura
IV.
Le ragazze Riddle
– parte prima
I
Marauders, l’indomani mattina, si accinsero a scendere a
colazione
più guardinghi e silenziosi del solito, guardandosi intorno
circospetti come se chissà quale mostruosa creatura avesse
potuto
aggredirli d’improvviso. Con un istinto spontaneo, James e
Remus
percorsero il tragitto fino alla Sala Grande affiancando
l’amico
con fare minaccioso, gettando tutt’intorno occhiate severe da
membri navigati della Mossad.
All’altezza
delle scale del primo piano, quando già cominciavano a
rilassarsi,
accadde qualcosa di inconsulto: senza nessuna ragione apparente e con
uno scatto da velocista totalmente insensato, Sirius si mise a
correre all’improvviso.
“Ma
che fai?” sbottò James andandogli appresso.
“Non
lo sooo!” uggiolò il giovane Black terrorizzato,
senza minimamente
rallentare. “Le mie gambe! Le mie gambe si muovono da
soleee!”
berciò follemente, avanzando a sfondamento.
“Cosa
cavolo stai dicendo?” lo apostrofò Remus, che a
sua volta s’era
lanciato all’inseguimento.
Ma
Sirius non mentiva: il controllo delle proprie funzioni motorie era
del tutto sfuggito alla sua volontà e nonostante gli sforzi
non
poteva opporsi a quel movimento non desiderato. La corsa sfrenata lo
portò a raggiungere il corridoio accanto alla scalinata
centrale del
castello, assolutamente deserto nonostante fossero le sette e mezza
del mattino e dunque teoricamente una discreta quantità di
studenti
avrebbe dovuto essere diretta alla Sala Grande. Lì giunto,
Sirius
ebbe appena il tempo di vedere un’altra figura umana avanzare
in
direzione opposta alla medesima velocità, prima che
l’inevitabile
scontro avesse luogo, mandando sia lui che l’altra persona
coinvolta gambe all’aria.
“Ahio,”
gemette Sirius, massaggiandosi il sedere. Si sentì
stranamente
osservato e percepì distintamente due occhi che fissavano
con
insistenza la sua mano e, soprattutto, la natica al di sotto di essa.
Sollevò uno sguardo tra il sornione e l’indignato
per incontrare
due profondi, magnetici occhi blu zaffiro incastonati in un viso
dall’ovale purissimo, con carnose labbra rosse e una cascata
di
splendenti capelli neri, appena mossi e serici.
“Sta’
un po’ attento a dove vai,” lo apostrofò
la ragazza sconosciuta,
senza disturbarsi a spostare gli occhi dal suo culo alla sua faccia.
Quindi, dopo un ultimo attento esame, si risolse a guardarlo, e
Sirius si scoprì ammaliato da quello sguardo intenso e
torbido,
passionale ma gelido, rilucente d’infinito, che lo
incatenò per un
mistico arcano instillandogli in corpo una paura fottuta e una grande
impellenza di andare a pisciare.
La
ragazza senza nome lo osservò ancora per qualche secondo:
era
proprio lui, il famigerato Sirius Black, l’erede rinnegato
della
famiglia dei servi di suo padre, ed era bello esattamente come le
avevano detto, con quel sorriso da infarto, gli occhi
d’argento
liquido, il naso dritto e sottile e quelle chiappe da collasso.
Sì,
decise, sarebbe stato suo.
“Io
non…non volevo correre,” si scusò il
ragazzo tirandosi in piedi.
“Mi dispiace, è stato…non so come sia
successo,” ammise,
onesto e ancora un po’ sconvolto.
Lei
sorrise con sufficienza, del tutto insensibile alla naturale malizia
del suo volto che avrebbe fatto cadere ai suoi piedi ragazze meno
forti e sicure.
“Lo
so,” commentò incurante. “Dipende da me.
Lo scontro in corridoio
è uno stratagemma classico per far entrare in scena
l’eroina e
probabilmente era quello riservato a noi due,”
continuò altera,
alzandosi a sua volta e rivelando un corpo mozzafiato strizzato in
una divisa così minimal che sicuramente appena entrata in
aula la
McGonaghall l’avrebbe avviluppata in un ampio lenzuolo.
“Eh?”
biascicò Sirius allibito, mentre James e Remus arrivavano
correndo.
“Oh
no!” soffiò il Caposcuola indispettito.
“Eccone un’altra!”
“Non
ti si può proprio lasciar solo un momento eh,
Sirius?” aggiunse
Remus secco.
“E
voi dovete essere i suoi amici, James Potter e Remus John Lupin. So
tutto di voi,” li apostrofò la ragazza con
freddezza. “Io sono
Lavinia Riddle,” aggiunse maestosa, sorridendo sprezzante nel
pregustare il loro immenso stupore.
“Piacere,”
commentò James distrattamente, mentre Remus si limitava ad
un freddo
cenno del capo. Sirius continuava a fissarla in silenzio, ancora
inebetito dal fastidioso blackout che aveva colto il suo cervello nel
momento in cui si erano guardati negli occhi e trattenendo sempre
più
a fatica l’incontinenza.
La
ragazza sgranò gli occhi indignata, incrociando le braccia
al petto.
“Tutto
lì? Piacere? Miseri omuncoli!” sbottò
furibonda, e gli occhi le
si scurirono, per ragioni ignote ma è quello che succede
sempre
quando le Mary Sue si arrabbiano o si eccitano indifferentemente
–
svariati studi sul fenomeno sono in corso nelle più
prestigiose
Accademie Magiche del mondo - facendosi spaventosi e, perché
no,
ancora più attraenti. “Riddle! Riddle! Ma siete
completamente
stupidi?”
Sirius
la guardò con invariato sopimento, James spalancò
la bocca senza
parole e Remus si accigliò ulteriormente, trovando
quell’indegna
definizione del tutto inadatta a lui.
“A
me sembra che ci sia altra gente stupida, da queste parti,”
commentò secco.
“Ma
insomma,” proseguì la ragazza sempre
più fuori di sé, afferrando
Sirius per il bavero della veste e scrollandolo con forza. Remus
schioccò i denti, pronto ad attaccare. “Tom
Marvolo Riddle,
ritardato! Hai il cerume nel cervello?”
“Ma
chi cavolo è?” sbottò James,
avvicinandosi per difenderlo.
“Come
sarebbe chi è, pezzo d’idiota! Mio padre, il
grande Lord
Voldemort!” ululò lei bruciando di collera e
sdegno. Il suo viso
era come trasfigurato dall’ira, pur restando angelico e
diabolico
insieme, e come un’aura di potere si sprigionava da lei.
“Tuo
padre?” ripeté Remus scettico. “Saresti
la figlia di Voldemort?”
“L-levami
le mani di dosso r-razza di fanatica,” balbettò
Sirius tra uno
scrollone a l’altro.
“Proprio
così, sono la figlia di Lord
Voldemort,” confermò Lavinia solenne.
Remus
la guardò curiosamente ancora per un paio di secondi, poi le
sue
labbra si assottigliarono, il mento si piegò lievemente
verso il
basso e il licantropo scoppiò a sghignazzare senza ritegno.
“L…la
figli…a d-di…” sfiatò tra
una risata e l’altra, indicandola
come se fosse la cosa più comica che avesse mai visto e
scuotendo
piano la testa. Anche James aveva preso a ridere a pieni polmoni,
poggiandosi alla parete e tenendosi la pancia con le mani, mentre il
corpo di Sirius, ancora bloccato dalla presa ferrea della ragazza,
tremava non più per gli scrolloni ma per la silenziosa
risata che
presto esplose in un sonoro latrato di euforia.
Lavinia
rimase immobile, allibita in mezzo al corridoio, mentre Sirius andava
ad appoggiarsi al braccio di Remus balbettando chissà cosa
ed
entrambi scoppiavano a ridere ancor più freneticamente,
intanto che
James si lasciava cadere a terra senza fiato, le lacrime agli occhi
dal divertimento.
“Questa…questa
è la più suonata di tutte!”
trillò esilarato.
Lavinia
li scrutò per qualche altro istante con odio, prima di
storcere le
labbra in una smorfia di sprezzante umiliazione.
“Yulia!
Micaela!” chiamò imperiosa, prima che il suo corpo
si sollevasse
levitando a qualche centimetro da terra, interrompendo di botto le
risate dei tre amici, che la fissarono ad occhi sgranati. Appena due
secondi erano trascorsi che altre due ragazze, entrambe brune e
avvenenti, l’una con gli occhi indaco e l’altra
dorati,
fastidiosamente abbacinanti per l’osservatore, strizzate in
divise
da miniatura orientale, apparvero correndo con raffinatezza
dall’altro capo del corridoio.
“E
queste chi…” borbottò James sconcertato.
“E’
lui,” commentò maestosa la prima, squadrando
Sirius dall’alto in
basso e nascondendo l’ammirazione che il suo cuore di
ghiaccio non
doveva lasciar trapelare.
“Esattamente,”
concordò la seconda, allungando la mano a palpargli il pacco.
“Ehi!”
protestò il giovane Black indignato, ritraendosi.
“Non è una
spugna per i piatti, sai?”
“Taci,
rinnegato,” lo zittì Lavinia, sempre galleggiando
inutilmente a
mezz’aria. “Questi tre idioti ridono di nostro
padre,” aggiunse
astiosa.
“Vostro?”
ripeté James, mentre anche le altre due li fissavano con
odio.
“Siamo
sorellastre. Lavinia, Yulia e Micaela Riddle,”
spiegò la seconda,
Yulia, con fare spiccio. “Siamo in sei al castello, ma le
altre tre
sono vergognose sanguesporco.”
“Tutte
figlie sue?” intervenne Remus, e al cenno d’assenso
di Micaela
non poté trattenere una nuova risatina incontrollata.
“Però,
l’hai capito l’Oscuro Signore,”
continuò ridacchiando, mentre
Sirius riprendeva a sghignazzare sfacciatamente. D’improvviso
una
forza ignota lo travolse, mandandolo gambe all’aria e
facendolo
sbattere contro il muro. Micaela lo osservava con le palpebre
socchiuse e i suoi occhi emanavano una cupa luce rossastra, mentre il
fiato gli veniva a mancare come se una pressa lo stesse schiacciando.
“Sirius!
Ma cosa…” eruppe Remus, lanciandosi verso la
ragazza. Lavinia
mosse appena la mano e un piede comparve dal nulla davanti al suo
stinco, facendogli un tremendo sgambetto e mandandolo a terra mentre
Yulia, con la sola forza dei capezzoli orientabili, strangolava James
a distanza.
“Non
abbiamo bisogno di usare la bacchetta, poiché il nostro
oscuro
potere è immenso. Così trovate che Lord Voldemort
sia divertente,
eh?” li interrogò sadicamente Lavinia.
“Vedremo se tra mezz’ora
riderete ancora.”
Mezz’ora
dopo, in effetti, né Sirius Black, né James
Potter né Remus Lupin
avevano molta voglia di ridere. Era la loro seconda visita in
infermeria nell’arco di dodici ore e questa volta erano a
letto
tutti e tre. Anzi, ad onor del vero Sirius era quello messo meglio,
perché la sua straordinaria avvenenza aveva influito sulla
magnificente crudeltà delle sorelle Riddle, che non avevano
troppo
infierito su di lui per non guastargli il bel faccino, pur
rimproverandosi quell’atto di debolezza inconsulto che non
era da
loro. Prima di svenire, Sirius aveva sentito Yulia esclamare
fanaticamente “O perché, padre, perché
ci invii questa prova?
Come resistere ai sentimenti frementi che quest’essere
angelico ma
diabolico ci fa provare?”
Fortunatamente
aveva perso conoscenza.
In
compenso, però, prima Micaela l’aveva palpato un
altro po’.
Scrollò
la testa, lanciando un’occhiata dispiaciuta a James, che
maneggiava
un bicchier d’acqua a fatica e tossicchiava ancora
annaspando. Poi
spostò lo sguardo su Remus, che non si era ancora svegliato.
Poverino, gli mancava solo l’aggressione delle figlie di
Voldemort
da aggiungere all’elenco delle sfighe che gli gravitavano
sulla
testa.
“Mi
spiace, Moony,” bofonchiò, prima di aggrottare la
fronte con
un’improvvisa inquietudine.
Lavinia
aveva detto che ce n’erano altre tre.
“Oh
Godric…” gemette Sirius, abbandonandosi sul
cuscino.
Capitolo 6 *** V. La prima sorella di Malfoy, quella diversa ***
Rieccoci qua... Lentamente,
ma la storia continua. Ed ecco a voi una nuova, temibile pretendente
alle grazie del giovin Black.
Buona lettura.
V.
La prima sorella
di Malfoy,
quella diversa
Peter
raggiunse gli amici in infermeria non appena venne a sapere che si
trovavano lì. Essendo rimasto indietro quando si erano messi
a
correre aveva semplicemente tagliato per la scala secondaria, e li
aveva attesi invano prima a colazione e poi a lezione.
Rabbrividì di
terrore quando venne aggiornato sui fatti.
“Merlino,”
commentò inquieto. “Se quelle sono le figlie,
Voldemort dev’essere
proprio terribile, non è vero?” squittì
intimidito.
James
scosse la testa, cupo e risoluto.
“Non
può certo essere più malvagio di loro,”
commentò definitivo.
“Ma
loro sono solo ragazzine e lui…”
obiettò Peter dubbioso.
“Quella
tizia ha le tette che si muovono da sole!”
insistette James con foga, ricordando come Yulia l’avesse
quasi
ucciso. “Seriamente, non credo che suo padre potrebbe mai
farmi
qualcosa di peggio,” continuò stringendosi nelle
spalle.
Peter
parve finalmente convincersi e i ragazzi si accinsero a lasciare
l’infermeria per scendere a pranzo, sperando che avrebbero
potuto
seguire almeno le lezioni pomeridiane. In quella la porta si
aprì di
scatto, facendoli sobbalzare tutti e quattro perché ormai
chiunque
li avvicinasse era un pericolo. E difatti Peter gemette e Sirius
rabbrividì nello scoprire la figura di un’altra
Pussyrose che,
sanguinando copiosamente dal naso, s’era precipitata nella
stanza.
Sirius
s’immobilizzò nell’atto di sollevare la
mano per aprire la
maniglia. La fanciulla che gli stava davanti, con un’esile e
aggraziata silhouette di ninfa, aveva lunghi capelli d’un
biondo
così chiaro da sfumare nel bianco, e una carnagione lattea e
candida
molto nobile, sulla quale il rosso scuro dell’abbondante
rivolo di
sangue, che normalmente avrebbe dovuto far schifo alla vista, creava
un affascinante effetto coloristico di rara raffinatezza. A Sirius,
che non era un esteta, fece comunque schifo.
“Che
hai da guardare, tu?” domandò altezzosa la
fanciulla, sgocciolando
plasma tutt’intorno nello scandire le parole. Uno schizzo
raggiunse
il polso del Pureblood, e appena giunto a contatto con la sua pelle
si mutò in un cristallo di rubino purissimo, già
tagliato in una
graziosa conformazione sfaccettata.
“Godric!”
sbottò lui, mentre gli amici si lanciavano in esclamazioni
incredule. “Com’è possibile?”
La
giovane naiade sbuffò noncurante, con modestia.
“Succede
sempre,” borbottò ingoiando sangue.
“E’ per via della Magia
Bianca che è in me.”
“Della
che?” s’informò Remus meravigliato.
Ma
lei non gli rispose. Parlando, infatti, aveva distrattamente
sollevato lo sguardo sul proprio interlocutore ed era rimasta
pietrificata ad osservarlo mentre il sangue sgorgava indisturbato,
iniziando a formare una piccola pozza ai suoi piedi. Sirius, incerto,
la osservò a sua volta e riflesse i propri occhi in quelli
di lei,
ugualmente grigi e metallici ma, ahinoi, più luminosi e
più
argentei di quelli del Gryffindor perché prodotti dalla Mary
Sue
Corporation.
“Ma
che orrore,” borbottò James, guardando schifato il
laghetto
purpureo che s’allargava sul pavimento di pietra, ma venne
del
tutto ignorato dalla Pussyrose.
La
giovane scrutava Sirius come in trance, rimirando il suo nobile
profilo e l’eleganza dei lineamenti del giovane che aveva di
fronte. Lei, relegata per anni in un’oscura segreta da un
padre
mostruoso, mai in tutta la vita aveva veduto qualcosa di sì
bello e
ammaliante, mai aveva provato una tale, struggente vertigine di
fronte ad anima viva.
“Stai…per
svenire?” s’informò Sirius, in uno
slancio d’altruismo dovuto
al pallore della fanciulla, che dopotutto aveva perso ingenti
quantità di sangue.
“T-tu…No.
No, certo che no. Ci vuole ben altro, dopo tutte le torture che ho
subito,” ribatté fiera, distogliendo infine lo
sguardo.
“T-torture?”
ripeté Peter allarmato.
“Mio
padre,” fece lei lugubre, accettando il fazzoletto che Remus
le
porgeva generosamente. Lo arrotolò svelta e se lo
infilò
interamente nel naso, rallentando l’emorragia.
“Yeeuch,”
commentò Sirius impressionato. “Come fa a starci
tutto?”
“Magia
Bianca,” ripeté nuovamente la ragazza, e Remus
aggrottò la fronte
con perplessità. “E’ per questo che mio
padre…” sbuffò
ancora lei, rassegnandosi a raccontare la propria triste, tormentata
storia, che non aveva detto mai ad anima viva, eccezion fatta
ovviamente per chiunque le avesse dato retta per più di due
secondi
o qualsiasi ragazzo minimamente attraente. “Mi chiamo Ashley,
Ashley Malfoy.”
“Malfoy?
Parente di Lucius?” s’informò James
sorpreso.
“Sono
sua sorella,” spiegò la giovane rabbuiandosi.
“Ma
che cavolo dici?” protestò Sirius cinicamente.
“Lucius è figlio
unico! Lo sanno anche i sassi,” spiegò con
sicurezza, prima di
voltarsi verso gli amici e battersi un dito sulla fronte per indicare
che era un’altra pazza.
“Ti
sbagli,” lo contraddisse Ashley con fermezza.
“No
che non mi sbaglio! Lo conosco da quando sono nato, ha sposato mia
cugina, se avesse una sorella lo saprei,” replicò
Sirius
sostenuto. “Questa è una cazzata stellare, non ha
proprio senso.”
“E’
quello che pensano tutti. In realtà la mia esistenza
è stata tenuta
nascosta sin da quando sono nata, perché mio padre
capì dai
frammenti insanguinati del cordone ombelicale e dagli avanzi di
placenta putrida che io non ero come loro,” lo corresse
Ashley,
ravviandosi i lunghi capelli con un gesto di delicata
semplicità che
tramortì per un momento Peter.
“Possibile
che con questa qui c’entri sempre il sangue in qualche
modo?”
brontolò James infastidito.
“Come
loro chi?” lo ignorò Remus, apostrofando la
fanciulla.
“Come
gli altri Malfoy. Io non sono una tremenda creatura oscura, votata al
sangue, al male e alla distruzione,” continuò lei,
una luce folle
negli occhi, “e che ama unicamente la morte e
l’orrore. Io…”
“Ma
andiamo!” obiettò Sirius annoiato. “Non
sono mica vampiri.”
“Questo
è quello che pensi tu,” replicò Ashley,
i cui meravigliosi occhi
erano sgranati con invasamento. “Comunque,” riprese
più sciolta,
“mio padre si rese conto che io sarei stata diversa dagli
altri
della famiglia, votata al bene, portatrice della Magia
Bianca,” e
Remus aggrottò nuovamente la fronte, con un lampo di
fastidio. “Per
questo decise di relegarmi nella più oscura e profonda
segreta del
Malfoy Manor, dove…” continuò Ashley,
con tono tenebroso, certa
che il terribile resoconto delle sue sofferenze avrebbe, come da
copione, fatto breccia nel cuore dell’amato.
“Io
da bambino giocavo a nascondino in quelle cantine,” la
rimbeccò
Sirius con tutto lo scetticismo possibile. “E non ci ho mai
visto
celle con bambine dentro.”
“Bè,
ma mica era alla portata di tutti,” protestò
Ashley infastidita.
“Sei come tutti gli altri, mi disprezzi e non mi
comprendi,”
gemette oltraggiata, e Sirius si voltò perplesso a guardare
James,
che si strinse nelle spalle. “Sono sempre stata maltrattata,
mio
padre mi detesta, mio fratello ha schifo di me, mia madre è
stata
tenuta all’oscuro della mia esistenza…”
“Ma
com’è
possibile?” intervenne Remus dubitativo. “Se
è tua madre è lei
che ti ha partorita. Le donne tendono a ricordarsi di queste
cose,”
osservò ironico.
“L’hanno
Obliviata,” spiegò Ashley in un sussurro
sepolcrale. “…E ora
quelle terribili ragazze Slytherin mi maltrattano, mi hanno fatto
cadere dalle scale e forse il mio naso è rotto,”
aggiunse
drammaticamente.
“E
tutto questo per via della, ehm, Magia Bianca?”
s’informò James
incuriosito.
“…Che
non
esiste,”
puntualizzò Remus a denti stretti.
“Certo
che esiste!” lo contraddisse Ashley con fierezza, mentre il
fazzoletto ormai zuppo lasciava colare un nuovo, sottilissimo rivolo
di sangue.
“No,”
ribatté fermamente Remus. Si schiarì la voce con
fare professorale
e tutti e tre gli altri Marauders levarono gli occhi al cielo,
preparandosi ad uno dei suoi classici M.P. (Monologhi Pedagogici)
dalla durata variabile tra i due minuti e le tre ore.
“Speriamo
bene,” sussurrò addirittura Peter.
“Per
i maghi non ci sono magie bianche e nere, questa è una
sciocchezza
da negromanti di serie zeta, da alchimisti svenduti o da Muggle che
le raccontano grosse. La magia è di un unico tipo, sta al
singolo
mago decidere a quale scopo utilizzarla dandole di conseguenza una
valenza positiva o negativa. Avrai certamente studiato la definizione
che i non-maghi davano delle capacità cosiddette streghe ai
tempi
dell'Inquisizione, chiamandole magia nera... Niente di più
insensato, come certamente sai. Difatti...”
Quando
Remus s'interruppe di scatto, Sirius distolse lo sguardo dalla
stringa della propria scarpa, che stava contemplando intensamente,
per portarlo con sbigottimento su di lui. Lo stesso fece James,
intento a fissare il cielo fuori dalla finestra e a desiderare di
volar via lontanissimo in sella alla sua scopa, e pure Peter
riaprì
gli occhi, riemergendo dal breve torpore in cui stava piombando per
riportare l'attenzione sull'amico licantropo.
Perché
mai, a memoria di Marauder, uno dei suoi M.P. si era interrotto senza
la concorrenza di un evento esterno di portata non inferiore a un
attacco immotivato della piovra del lago. E Remus, indubbiamente,
s'era appena interrotto.
I
suoi amici lo guardarono, dunque, e scorgendolo col capo leggermente
chino verso terra seguirono tutti e tre la direzione del suo sguardo,
scoprendo che Ashley Malfoy, o come si chiamava, era finalmente
svenuta a causa dell'emorragia.
“Porco
Peeves, Moony!” esclamò Sirius ammirato.
“L'hai messa al
tappeto!”
“Come
cavolo hai fatto?” insistette James trattenendo a stento un
applauso. “Altro che magia bian...!”
Non
finì mai la frase, tuttavia, perché proprio
allora il corpo
accasciato a terra di Ashley si illuminò di un lieve e
soffuso
bagliore latteo.
“C-che
cosa...?” squittì Peter allarmato, ritraendosi con
un balzo.
“Maah!”
esclamò Sirius esterrefatto, vedendo che la testa e il busto
della
ragazza si sollevavano da terra come levitando, intanto che le luce
si faceva più potente.
“Oh,
no. Cos'è questa nuova follia?” mugugnò
Remus esasperato, mentre
James si portava le mani al collo per proteggerlo istintivamente,
ancora traumatizzato dalle tette della Riddle.
“Ehi,
ehi, guardate!” continuò Sirius, riparandosi
dietro un lettino
vuoto e sventolando la mano in direzione della ragazza il cui corpo,
ormai, era sospeso graziosamente a mezz'aria. I capelli chiarissimi e
spumosi di Ashley, ancora incosciente, dondolavano sinuosi nell'aere,
nel quale si prese a diffondere pianissimo in quel momento un'arcana
e leggiadra melodia, una musica di impagabile levità,
sensuale,
angelica...
“Ma...ma...”
farfugliò James incredulo.
“Ma
questa...”mormorò Peter stridulo, spostando lo
sguardo intorno
come in cerca della fonte del suono inconsulto che cresceva pian
piano.
“Ma
è All
by myself,”
affermò Remus storcendo le labbra disgustato, proprio mentre
la
musica della hit parade Muggle raggiungeva il suo pieno volume in
un'apoteosi di melodramma e note lunghe.
“AAAAAAAAAAAAAAAH!”
esplosero agghiacciati tutti e quattro, dopo essersi guardati per un
paio di secondi per poi sprofondare nel panico.
“Fermalafermalafermalaaah!”
strillò James saltellando istericamente sul posto, con le
mani
premute sulle orecchie per proteggerle dai lamenti angosciosi del
cantante.
“Toglietegli
quel povero pianoforte!” gemette Peter stringendosi intorno
le
braccia, mentre diniegava violentemente.
“Sciò!
Sciooò! Pussa via!” esplose Sirius, agitando un
cuscino in
direzione del corpo della fanciulla svenuta, che però
sgusciava via
schivando i suoi colpi per qualche magia sconosciuta. E il volume
continuava ad aumentare. “Aiuto! E' peggio di un Elfo
Domestico con
le coliche!”
...Don't
wanna live all by myseeeeeeehlf anymooooohre...
“Basta!”
sbottò Remus, estraendo la bacchetta per cercare di
riprendere il
controllo della situazione. “Adesso...”
Ma
proprio mentre la puntava, il corpo si Ashsley ritornò in
posizione
verticale, sempre sospeso da terra, e i suoi occhi si spalancarono di
colpo, rivelando le iridi bianche e rovesciate. Sirius, che le si
stava gettando contro brandendo il guanciale, inchiodò sul
posto con
uno strillo non troppo virile, in perfetta sintonia col tema
musicale.
“Tu,”risuonò
la voce di Ashley senza che le sue labbra si muovessero, in
contemporanea all'abbassarsi della canzone, che rimase tuttavia in
sottofondo alle sue parole. “Oh tu, divina e diabolica
creatura...”
“Ma
con chi ce l'ha?” stridette Peter, sul punto di nascondersi
sotto
il lettino.
James
socchiuse le labbra per parlare, tetro, mentre Remus si avvicinava a
un Sirius improvvisamente giallognolo.
“Oh
tu, sublime creatura giunta a riempire la mia solitudine...”
“M-moony...”
gemette il Pureblood depresso, facendo un paio di passi indietro a
tentoni.
“...Non
puoi opporti alla Magia Bianca che ci unisce...”
“Moony!”
singhiozzò ormai Sirius, con la curiosa sensazione che la
sua testa
si stesse svuotando della già poca razionalità
che solitamente vi
albergava, facendosi sideralmente vuota e annebbiata dalla melodia
lagnosa.
“Ee...ee...e
giammai!” scoppiò James in un impeto di
temerarietà, scavalcando
l'amico e sventolando verso Ashley una boccetta di disinfettante.
Anche Remus si fece avanti risoluto, puntandole contro di nuovo la
bacchetta. La canzone si rifece potente e una bolla di luce
biancastra li respinse entrambi indietro, intanto che Peter,
definitivamente, si incastrava sotto le gambe del letto. Sirius,
invece, emise un rantolo terrorizzato mentre i suoi piedi si
staccavano dal suolo.
“No!
Amici miei!” starnazzò tragicamente.
“Tienilo,
tienilo!” esclamò Remus mentre James tentava
invano di stringere
il piede dell'amico.
“Non
ci...”
“Ma
insomma! Cos'è questo baccano?” sbraitò
Madama Chips, spalancando
la porta.
Fu
questione di un decimo di secondo: la musica improvvisamente
cessò,
il corpo di Ashley tornò a franare a terra e anche Sirius
tornò al
suolo, barcollando sconvolto.
La
situazione, agli occhi della nuova venuta, poteva sembrare bizzarra:
Sirius Black era impalato in mezzo all'Infermeria, tremante e
cinereo, e James Potter, gattoni sul pavimento, era aggrappato alla
sua caviglia con aria stralunata. La testa di Peter Pettygrew faceva
capolino da sotto il lenzuolo del lettino per i malati. Remus Lupin,
addossato al carrello dei medicinali mezzi rovesciati, puntava la
bacchetta nel vuoto, e per terra c'era una Pussyrose svenuta.
“Madama!”
esclamò Potter con inspiegabile gratitudine, mollando il
piede
dell'amico.
“Merlino,
grazie,” squittì Pettygrew balzando fuori dal suo
precario
nascondiglio.
“Cosa
stavate combinando, voi quattro?” li interrogò
severamente lei,
prima di accorrere in soccorso della ragazza svenuta.
“Potter!
Lupin, almeno tu vorresti...?”
Nel
sentirsi interpellare, Remus si riscosse dallo stordimento,
recuperando l'equilibrio sulle gambe.
“Presto!
Andiamo, veloci!” intimò agli amici. James si
alzò in piedi di
scatto, annuendogli. “Prima che ricominci...”
fremette,
coprendosi un orecchio.
“Sì,
Peter, su,” confermò il Caposcuola.
“Ma
volete spiegarmi...” insistette Madama Chips.
“Non
siamo stati noi,” affermò Remus, deciso, mentre
gli altri due
guadagnavano precipitosamente la porta. “E' lei che...
Sirius!
Sirius, dai!”
Catatonico,
il Pureblood gli rivolse un'occhiata smarrita che gli strinse il
cuore. Remus allungò il braccio e lo serrò intorno al suo
gomito,
trainandolo via.
“Stia
attenta, Madama,” mormorò tetro, sotto lo sguardo
allibito della
donna, che ancora stava sistemando il corpo di Ashley sul lettino.
“Ma
che cosa... Ah, voi quattro!” ululò lei con
rimprovero, mentre la
porta si chiudeva sui fuggitivi.
James
li aspettava in corridoio, accigliato, inquieto. Peter era appiattito
contro la parete poco lontano, ansimante.
“Così,
quella è la Magia Bianca,” mormorò
James, sinistro.
“Potter!
Non ora!” eruppe Remus, a due dita da un
attacco nervoso.
Sirius
biascicò qualcosa a mezza voce, scrollando insistentemente
la testa.
Era la fine. Non
sarebbe mai sopravvissuto fino a Natale.
___________________________________
Piccola nota La canzone citata è "All by myself" di Eric Carmen, famosissimo pezzo-tormentone ripreso da moltissimi artisti e in svariate occasioni, ad esempio nell'intro de "Il diario di Bridget Jones" (lo trovate QUI). Essendo una canzone uscita proprio nel 1975, mi è sembrato plausibile immaginare che l'anno dopo fosse nel pieno del suo successo, tanto da risultare conosciuta anche tra i teenagers meno puristi di Hogwarts. Non me ne vogliamo i fans di questo pezzo, che per la verità non mi dispiace così tanto come può sembrare. Mi sembrava solo un brano sufficientemente melenso e romantico da terrorizzare gente della della risma dei nostri baldi Marauders.
Aggiornamento
lampo. Finché ce n'è (tempo), meglio approfittare.
Colgo
l'occasione della nuova pubblicazione per ringraziare LadyMorgan
dell'aver posto una domanda che vado a riproporvi qui, citando
testualmente.
“C'è
da chiedersi ora perché debbano tutte, necessariamente,
innamorarsi
(...) del povero Pad (…)”.
In
effetti, nella mia testa questo quesito non ha nemmeno trovato
formulazione, perché la risposta in realtà
è il motore di tutta la
storia.
Si
innamorano tutte di lui perché, come da titolo, sono le sue
Mary Sue. Sono ispirate e riprese dalle dozzine e dozzine di Mary Sue
che io, incallita e sbrodolante ammiratrice del Pad, ho tollerato e
sopportato stoicamente nelle tante storie sparpagliate per il fandom
dedicate alla trama “Sirius-ragazzaX-folle amore”.
Sono le Mary
Sue di
Sirius, e pertanto la loro presenza ad Hogwarts è funzionale
unicamente all'innamorarsi di lui – che poi in genere
è proprio la
cosa che succede in quel genere di storie: una tizia appare nella
Scuola come un fungo e serve unicamente alla love story con Padfoot.
E
adesso, avanti col capitolo.
VI.
La presunta Veela
I
Marauders se la svignarono dall'Infermeria alla chetichella.
Bastò
arrivare in fondo al corridoio, comunque, perché almeno
Peter e
James si riprendessero dallo shock appena subito: il primo prese a
vagheggiare sul pranzo che li aspettava ancora in Sala Grande, se si
sbrigavano e se nessun'altra pazza furiosa si metteva di traverso al
loro cammino, e il secondo si accigliò pensoso, concentrato,
tallonandolo. Remus continuava a tirarsi dietro Sirius per il braccio
come se fosse stato un bimbetto di cinque anni: non l'aveva mai visto
in quello stato in sei anni di scuola, nemmeno quando sua madre gli
aveva mandato quella Strillettera dopo lo smistamento a Griffyndor.
“Un
momento, un momento!” esplose infine James, frenando
bruscamente.
“Siamo pazzi! Noi non possiamo andare in Sala
Grande!”
“Perché
mai?” lo rimbeccò Peter disperato.
James
sgranò enfaticamente gli occhi, voltandosi verso Remus.
“La
quinta Casa!” affermò con un cenno eloquente in
direzione di
Sirius.
Ma
certo, constatò il licantropo con un sospiro. In Sala Grande
avrebbero trovato tutte le Pussyrose riunite, pronte e decise per
qualche oscura ragione a marciare su Sirius e abusare di lui nelle
peggiori maniere. C'erano anche quelle tre Riddle orribili –
rabbrividì.
No.
Non avrebbe permesso che aggredissero di nuovo il suo amico,
stabilì
deciso.
Sirius,
accanto a lui, aveva raggiunto la stessa conclusione di James e si
divincolava, tentando di arretrare.
“Non
ci voglio andare, in Sala Grande!” piagnucolò
enfatico.
“Stai
calmo, Pad. Non ci andremo,” lo rassicurò Remus,
bonario.
Il
Pureblood annuì con un sospiro di sollievo. Dopo un attimo,
però,
il suo viso aristocratico si contorse in un'altra smorfia tragica, e
anche vagamente deficiente.
“Non
potrò mai più nutrirmi!” gemette
teatralmente. “Morirò di
fame!” insistette, scuotendo la testa in un coreografico
ondeggiare
della sua fluente chioma corvina, che si mosse in un perfetto
ventaglio di ciocche lucenti. Perché magari non era una Mary
Sue,
ok, ma non era neanche l'ultimo cesso della scuola.
“Non
dire cagate, Sis,” lo riprese James, pratico.
“Andiamo a mangiare
direttamente in cucina.”
“Ma
a tavola...” provò a protestare tristemente Peter.
“Wormtail!”
esclamò James indignato. “Un Marauder è
in pericolo e tu pensi a
star seduto a tavola?”
L'amico
incassò la testa nelle spalle, mogio, e il quartetto
cambiò
rapidamente direzione cercando di non dare nell'occhio.
“E
se mi aspettassero lì?” sussurrò Sirius
inquieto, scendendo le
scale.
“Sono
arrivate ieri. Non possono
aver già scoperto come arrivare nelle cucine,”
obiettò
ragionevolmente Remus, senza poter tuttavia trattenere una punta
d'ansietà.
Fortunatamente,
però, non si sbagliava. Ad aspettarli dabbasso c'erano
soltanto i
soliti, adorabilissimi Elfi Domestici, con i quali persino Sirius fu
di una gentilezza inconsulta. I Marauders poterono quindi finalmente
godersi una mezz'ora di pace, sparando amene minchiate mentre si
strafogavano indecorosamente, tanto che alla fine del loro pasto
improvvisato i sorrisi erano ritornati come al solito ad illuminare
scanzonati le loro facce, e persino Sirius sembrava tornato in
sé.
Il suo volto riluceva di nuovo della consueta, inarrivabile bellezza,
l'argento degli occhi rifulgeva liquido, le labbra si schiudevano con
allegria sui denti bianchi che più bianchi non si
può, nonostante
la sua natura di Marauder scombinato lo portasse spesso a dimenticare
di lavarli. Tutto normale, insomma.
“Bene,”
commento James battendosi la mano sulla pancia gonfia, una volta
terminato il banchetto. “Cos'abbiamo nel
pomeriggio?”
“Difesa,”
rispose Remus, che tra un'imboscata e l'altra delle meretrici aveva
fatto in tempo ad imparare a memoria l'orario.
Sirius
sgranò gli occhi.
“Con
chi?”
mormorò.
Tutti
e quattro si fissarono inquieti, colti dallo stesso orrendo sospetto
– le Pussyrose! - poi Remus si affrettò a frugare
nella borsa dei
libri in cerca dell'orario. Se lo portò al viso con urgenza,
lo
scrutò nell'attesa trepidante degli altri tre e infine
sospirò di
sollievo.
“Slytherin,”
annunciò rallegrato.
Mai
la notizia di dover passare due ore coi rivali era stata accolta da
tanta genuina gioia. Tutti e quattro si sorrisero allegramente, con
entusiasmo.
“Meno
male,” esclamò James gioiosamente.
“Evvai!”
fece addirittura Sirius, tutto contento, come se nella vita la sua
massima aspirazione fosse stata trascorrere ogni minuto dalla
giornata tra parenti che lo odiavano e strenui detrattori del suo
stile di vita.
I
Marauders fecero dunque il loro ingresso, compatti e ciarlieri,
nell'aula di Difesa con l'aria di essere gli ospiti d'onore di un
qualche grande evento. Nello scorgere i loro sorrisi generici rivolti
a tutti i compagni – Black diede addirittura una pacca a
Mulciber,
passandogli accanto, con il rischio di farsi staccare una mano seduta
stante – Severus Snape li scrutò sospettoso.
Sicuramente ne
stavano combinando una delle loro. Forse avevano in mente di far
saltare per aria qualcosa durante la lezione, o chissà che
altro
piano strampalato.
Invece,
con una sua certa sorpresa, in quelle due ore non accadde nulla. I
quattro Griffyndor non aggredirono anima viva, non fecero inciampare
nessuno Slytherin e non diedero nemmeno vita a qualcuno delle loro
scenette da barzellettieri. Erano persino insolitamente attenti e
sembravano davvero felici di essere lì. Severus si
infastidì
oltremodo, quando vide Lily lanciare in direzione di Potter
un'occhiata di approvazione.
Che
fosse un nuovo piano di quel testa vuota per conquistarla?
Decise
che doveva tenerli d'occhio.
Quando
uscirono dalla lezione, i nostri si erano definitivamente rilassati.
James e Sirius stavano ritrovando il loro ritmo di sghignazzata
continuativa, Peter aveva ripreso a sgranocchiare ininterrottamente
qualche cosa e Remus stava riuscendo a smettere di digrignare i denti
per qualunque rumore o movimento inatteso.
Quello
che accadde dopo, perciò, nonostante i precedenti, li colse
decisamente impreparati.
Successe
varcando la soglia dell'aula, mentre uscivano. Poterono appena
percepire una certa calca inconsueta in mezzo al corridoio, poi
Peter, che era il primo del quartetto, partì a razzo
facendosi largo
a gomitate tra i compagni altrettanto esagitati.
“Ma
che gli prende?” esordì James, dal momento che era
decisamente
insolito vedere il loro pavido amico in un simile atteggiamento. Poi
spinse lo sguardo nella direzione in cui si stava avviando, e si
bollì il cervello anche a lui.
In
mezzo al corridoio c'era la creatura più meravigliosa che
mente
umana potesse concepire. Era così bella, ma così
bella che non
c'erano parole per descriverla, ma le troveremo ugualmente.
Il
suo corpo era perfettamente perfetto. La vita perfettamente sottile,
gambe perfettamente slanciate in una abitino succinto –
nonostante
ad Hogwarts vigesse la regola di portare sempre la divisa -, natiche
perfettamente sode e rotonde, seno perfetto e prosperoso, costretto
nella generosa scollatura. Chiome dorate, seriche, luminose come
dozzine di Lumos, labbra carnose e peccaminose, occhi azzurri che
splendevano come fari di un porto, guance piene, rosate, invitanti.
Tutto era perfettamente perfetto, e lei era perfetta. In poche
parole: una figa da sbarco.
Se
ne stava lì, come inconsapevole del fascino che emanava
nonostante
una mandria di studenti maschi pubescenti si stesse riempiendo di
pubescenti mazzate a due metri da lei, contendendosi il privilegio di
avvicinarla. Un dente rotto le tintinnò davanti ai piedi,
schizzato
fuori dalla bocca di uno dei pretendenti per una scazzottata. Ma lei
niente, angelica e distaccata se ne passeggiava ignara ondeggiando
sapientemente i fianchi.
Lily
Evans, sbucata fuori dalla classe nel bel mezzo della rissa,
scrutò
disgustata quel panorama per niente edificante, cercando di
trattenere qualcuno e provando a riportare l'ordine.
“Ragazzi!
Ehi! Ma insomma, calmatev... Potter!” sbottò
indignata, vedendo
James scagliare via un ragazzino più piccolo per poi
calpestarne un
altro al grido di “mia regina” con aria fanatica.
“Che stai
combinando? Dammi una mano invece di...” intimò
irritata, cercando
di agguantare la sua spalla.
“Ma
levati, specie di Poltergeist,” la snobbò lui
senza nemmeno
guardarla, tirando i capelli di Remus che, constatò
inorridita la
ragazza, stava a sua volta mordendo un braccio di Avery per
scavalcarlo.
“Che
cosa?” strillò Lily sbigottita. “Potter,
sei diventato...?”
“Oh
mia unica amata!” stava urlando lui, cercando invano di
sovrastare
le grida degli altri ragazzi, che formavano ormai un unico boato
indecoroso. “Sono tuo per sempre! Love
meee, love meee!”
Lily
rimase impalata a bocca aperta, non riuscendo a capacitarsi dei
fatti. Non solo mezza scuola – la metà maschile
– stava dando
vita a un episodio di follia collettiva nel mezzo delle lezioni, ma
James Potter, che non dava mai la minima attenzione a nessuna
creatura di sesso femminile che non fosse lei, la stava interamente
ignorando per una sventolina di passaggio. Era inconcepibile.
E
Remus recitava un sonetto di Shakespeare a voce così alta da
sgolarsi.
Lily
aggrottò la fronte e si voltò indietro,
trattenendo poi un gemito.
Severus, pallido e dinoccolato, agitava per aria i lembi del mantello
in quello che sembrava proprio
un folle tentativo di spiccare il volo per sorvolare i contendenti.
Lei
aggrottò la fronte.
“Veela...”
mormorò grave.
Non
perse altro tempo: lucida, estrasse la bacchetta e si fece largo tra
i compagni fino a raggiungere le prima file di quell'orda insensata.
Lì, nonostante il proprio sangue freddo, dovette trattenersi.
Uno
ad uno, i ragazzi di Hogwarts si presentavano alla fanciulla in
questione chi con un inchino, chi buttandosi in ginocchio, chi
tentando di abbracciarla, chi strappandosi i capelli e battendosi il
petto. Se ne sentivano di tutti i colori, da “oh baby, il mio
cuore
batte solo per te” a “dimmi sì e
sarò tuo per sempre”, e
Remus era partito con una poesia di Wordsworth.
Lei,
la bionda, li guardava tutti vacua, ridacchiando soavemente.
“Sei
la ragazza più bella del mondo,”
affermò McNair con enfasi.
E
lei ridacchiò.
“Farei
qualunque cosa per te, principessa,” sbraitò Wood
con una
riverenza.
E
lei ridacchiò.
“Sei
più bella di una Nimbus tredici. Ti cavalcherei anche qui
davanti a
tutti,” affermò il piccolo Abbott tutto rosso.
Lei
ridacchiò di nuovo.
Lily
aggrottò la fronte, colta dal sospetto che la Veela, sempre
che di
Veela si trattasse, fosse magari un po' idiota.
Poi,
successe.
“Io,
tu e la torre di Astronomia. Tutti i miei familiari portano nomi di
stelle, te le posso mostrare.” Sirius
aveva in mano una rosa – ma
dove cavolo l'ha presa?,
si chiese giustamente Lily, dal momento che l'aula di Difesa non era
una serra – e sfoggiava un sorriso da navigato seduttore,
nonostante i diciassette anni di età. Ammiccò in
direzione della
fanciulla con fare seducente, abbastanza insolito per un adolescente,
prima di allungare il fiore verso di lei.
La
Veela sembrò emergere dal vuoto cerebrale per qualche
istante.
Sbatté le ciglia e si concentrò per la prima
volta su un
interlocutore.
Lì,
bello slanciato nella sua divisa sbottonata, con il solito sorriso
smagliante, gli occhi argentati eccetera eccetera, Sirius le faceva
l'occhiolino. La fanciulla trattenne il fiato e socchiuse le labbra,
facendo ammutolire nel giro di un istante tutti i presenti,
immobilizzati chi nell'atto di strangolare qualcuno, chi calpestando
un altro, chi caricando un pugno, chi con il braccio teso e la
bacchetta in mano. Tutti seguirono quel movimento lussurioso della
bocca di lei che si socchiudeva.
Ed
emetteva il più delizioso dei sospiri.
“Stelle?”
ripeté, con la voce più soave ed arrapante della
terra.
Sirius
si leccò le labbra per evitare di sbavare.
“Sì,”
confermò, con la rosa ancora in mano, così
stretta che le spine gli
perforavano il palmo. “E per la cronaca, quella che ha il mio
nome
è la più luminosa di tutte. Sirius,” si
presentò, con l'usuale
modestia.
La
fanciulla lo scrutò estasiata, vacua. Non reagì.
“E'
il mio nome,” puntualizzò lui, adorante.
Lei
annuì di nuovo, continuando a studiarlo rapita.
“Che
strano. È un nome straniero?” chiese delicata.
Sirius
sbatté gli occhi, perplesso, ma il suo sorriso si rifece
bollito nel
giro di un secondo.
“E'
il nome di una stella,” ripeté.
“...Stella?”
sussurrò lei.
Lily
sospirò rumorosamente, mentre il dubbio diventata una
certezza:
quella Veela era veramente del tutto cretina.
“Sì,
una stella...ma mai quanto te,” aggiunse Sirius,
avvicinandosi di
un passo.
Lily
mimò un conato di vomito. Alle sue spalle, la folla
cominciava a
rumoreggiare, ostile al fortunato che era riuscito ad attirare
l'attenzione della bella.
“Oh,
ma io non chiamo come una stella. Mi chiamo Merylin,”
osservò lei
annuendo.
“Meraviglioso,”
sussurrò Sirius stranito, ficcandole la rosa praticamente
nel naso.
La fanciulla si risolse a prenderla, sospirando ispirata.
“Posso
avere l'onore di...?” iniziò lui, cavalleresco.
“Pomiciamo?”
lo interruppe graziosamente Merylin, arrotolandosi una ciocca d'oro
intorno al ditino esile. Sirius
strabuzzò gli occhi, mentre qualche improperio si levava
dalla folla
e una scarpa lanciata lo mancava di un soffio. Scarpa, per inciso,
appartenente al suo affezionato
migliore amico, James Potter.
“B-beh,
se vuoi, cert...” blaterò lui, estasiato.
Non
fece in tempo nemmeno a muoversi: Merylin saltò in avanti e
gli si
chiuse intorno come un Avvincino, abbarbicandosi su di lui per
piazzargli la lingua in gola.
“..Ammtphf!”
concluse Sirius, che stava ancora cercando di parlare, mentre fischi
e insulti alla sua persona risuonavano sempre più numerosi.
Per
la delusione, qualcuno cominciò a rinsavire. Lily scorse con
sollievo un Severus rossiccio e umiliato che si richiudeva addosso il
mantello e si guardava intorno nella speranza che nessuno l'avesse
visto, e poco dopo anche Remus sgranò gli occhi allibito e
poi
storse il viso in una smorfia di vergogna.
“Black
puzza!” esclamava intanto James, indispettito.
“Jim,
ma sei scemo?” lo riprese il licantropo, perplesso.
“E'
una Veela,” gli sussurrò Lily tornando sui propri
passi.
“Impossibile,”
rispose Remus a mezza voce. “Nemmeno una Veela potrebbe avere
un
effetto così violento su tante persone,” aggiunse,
indicando
alcuni che ancora si spintonavano e lanciando insulti a Sirius. Poi
corrugò la fronte, scorgendo l'amico che baciava tanto
profondamente
Merylin da dare l'idea di volerle entrare in gola tutto intero,
mentre lei gli si era avvolta addosso.
“Hai
torturato Shakespeare,” gli fece notare pacatamente Lily.
“Potresti...non
ricordarmelo?” ribatté Remus con voce strozzata.
“E
non si lava!” continuava James inviperito.
“Jim,
piantala,” ribadì Remus pazientemente.
“Potter,
sei ridicolo,” rincarò Lily.
“Ma
chi ti si fila,” brontolò lui.
“POTTER!”
sbraitò lei, al punto che svariate teste si voltarono verso
di loro,
dimentiche della bella Merylin. “Sei l'essere più
demente e
patetico che... Io non ti sopporto proprio! Va' al diavolo!”
ululò
imbestialita, le guance rosse quasi quanto i capelli, prima di
voltarsi e marciare via di lena.
James
sgranò gli occhi, voltandosi indietro, e spalancò
la bocca con
nuova lucidità.
“Ma
cosa ho...? Oh!” esclamò esterrefatto, prendendo
coscienza di
quanto avvenuto negli ultimi minuti. “Evans! Oh, Evans, mi
dispiace, non so cosa mi sia...!” esclamò con
foga, facendo per
correrle dietro con tanto di piede scalzo. Remus lo trattenne al
pelo.
“Sta'
qui, che stavolta ti ammazza,” lo rabbonì.
“Ma
c'è un malinteso! Io non capisco come...” si
giustificò lui,
paonazzo e disperato.
“Veela,”
sussurrò Remus, e lui sgranò gli occhi.
“Amici!”
Si
voltarono in sincrono. Sirius si era fatto largo tra i compagni
ostili, stretto a braccetto con Merylin al punto da barcollare. Se ne
stava lì impalato, con l'aria più felice e
più beota del mondo.
Che era anche l'espressione naturale della ragazza, a ben guardare.
Quando
fu certo di avere la loro attenzione, e anche Peter, torvo, li ebbe
raggiunti, regalò loro un sorriso ebete.
“Vi
presento Merylin, la mia nuova ragazza,” annunciò
raggiante. “Ci
sposeremo a breve,” aggiunse.
“Eh?”
fece James rauco.
Remus
aggrottò la fronte.
“Non
credo che ad Hogwarts sia previsto questo tipo di evento,”
provò
ad osservare, asciutto.
Sirius
li ignorò del tutto.
“Questi
sono i miei amici James, Remus e Peter,” continuò,
rivolto alla
ragazza.
“Voi
siete amici del mio Siry?” chiese lei, vaga.
James
emise un verso sbrodoloso di disgusto, nell'udire quel soprannome,
quasi contorcendosi.
“Te
l'ha appena detto lui,” le fece notare invece Remus, atono.
Aveva
veramente scomodato Shakespeare per un essere tanto decerebrato?
La
fanciulla sorrise, non cogliendo il sarcasmo.
“Piacere,
io sono Merylin.”
Tre
sorrisi dubbiosi le risposero muti.
“Non
è bellissima?” fece Sirius, ammaliato.
Remus
sospirò stancamente, James fece una smorfia per la
melensaggine
indesiderata e Peter si limitò a sbuffare, ancora un po'
invidioso.
La situazione nel corridoio si stava lentamente calmando, ma per i
Marauders sembrava proprio che il peggio non finisse mai.