TIME LINE oltre la storia

di The Ghostface
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Partenza ***
Capitolo 2: *** Corvina ***
Capitolo 3: *** BB ***
Capitolo 4: *** Stella Rubia ***
Capitolo 5: *** Cyborg ***
Capitolo 6: *** Robin ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Partenza ***


La storia parte dopo l'episodio Cyborg il Barbaro,
è corta e senza grandi aspettative ma è carino come siano intrecciati coi fatti reali, spero vi piaccia e visto che i personaggi storici sono reali, se qualcuno li sente "screditati" ma lo faccia sapere, vedrò cosa posso fare per migliorarli o peggiorarli, a seconda.
in verità non avevo nulla da fare ieri sera e l'ho scritta in quattro ore, mi è costata fatica ma volevo a tutti i costi pubblicarla entro oggi, ora smetto di rompere...
buona lettura      Ghostface


PARTENZA
«Hey ragazzi! Guardate che cos’ho costruito!»
 «Un’altra utilissima macchina per fare le cialde?» il sarcasmo della maga è sempre screditante per il mezzo robot.
«Molto divertente Corvina. Ricordate quando sono tornato indietro nel tempo?»
«Certo Cyborg, lo ricordo bene»
«Ebbene ho appena creato un geniale congegno che mi permetterà di tornare a far visita a Sarazim, purtroppo questo macinino può tenere aperto il varco spaziotemporale solo per un paio d’ore, poi si è rispediti nella propria epoca»
«Sei sicuro che funzioni? A me sembra una fotocopiatrice modificata» domanda BB incerto.
«Funziona alla perfezione, come tutto quello che costruisco»
«Vuoi davvero tornare nel passato?»
«Certo BB, voglio almeno spiegarle cos’è successo»
«Attento Cyborg, è pericoloso interferire nel passato»
«Starò attento, Robin»
«Amico Cyborg, sei sicuro che funzioni?»
«Tranquilla Stellina, andrà tutto bene, solo allontanatevi di qualche centimetro o rischiate di venire risucchiati in diverse epoche, ma solo per due ore in ogni caso»
I Teen Titans indietreggiano di un poco.
Cyborg abbassa la leva centrale del bizzarro macchinario.
Tutto il macchinario inizia a vibrare sempre più violentemente, poi finalmente si apre un cono di luce variopinta, il cono si schiaccia su se stesso creando un vero e proprio portale spaziotemporale che genera un risucchio sempre più forte verso se stesso.
«Eureka! Ho creato la macchina del tempo!»
Ma i sensori sul bracciò di Cyborg iniziano a lampeggiare di rosso.
«Maledizione!»
«Che vuoi dire con “maledizione”?» grida Robin, aggrappato al divano per non finire dentro il portale.
«Ho sbagliato a calibrare la potenza del reattore, se non uscite subito da qui finirete dentro anche voi!»
Ma ormai era troppo tardi per scappare, il violentissimo risucchio del portale tira a sé i giovani eroi uno dopo l’altro.
Corvina resiste per metà fuori dal portale aggrappata disperatamente alle sue bande magiche.
«Corvina, lasciati andare!» le urla Cyborg da dentro il portale
A malincuore la giovane maga lascia la presa.
«Con l’ultimo fiato che mi rimane in gola ti maledico razza d’imbecille»
 
«Puoi aprire gli occhi adesso»
Con suo grande stupore Corvina si rende conto di fluttuare nel nulla assieme ai suoi amici, in una dimensione dai colori accesi e mescolati, quasi psichedelici, non c’è un solo colore che Corvina riesce a riconoscere.
«Benvenuti nell’ottava dimensione, quella utilizzata dalla luce per spostarsi»
«Assurdo! E tu hai creato un portale per questo posto!?» dice BB entusiasta.
«Che bizzarri colori, com’è che sulla Terra non ce ne sono di così belli?» trilla Stella incuriosita.
«Normalmente noi non possiamo vedere tutte le tonalità della luce, ma qui nell’assenza di tutto eccetto della luce riusciamo a percepirle» risponde il mezzo robot.
«Attenzione! Si sta aprendo un varco!» esclama Robin.
«Ogni varco può portare solo uno di noi, io devo andare da Sarazim, ma non ho idea di dove finirete voi»
«Visto che veniamo dal futuro è ovvio che noi non possiamo morire nel passato, vero?» domanda BB preoccupato.
«Per niente, rischi la pelle come nel presente, state attenti e buona fortuna!» risponde Cyborg poco prima di finire in un altro varco che si chiude appena lui è passato.
«Cyborg!»
«Robin, cosa facciamo?»
«Non possiamo fare altro che entrare in un portale e resistere per due ore, mi raccomando non toccate nulla o stravolgerete il presente» anche Robin sparì in un varco, così come BB, Stella e Corvina.
 

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Capitolo 2
*** Corvina ***


CORVINA
«D-dove sono?» Corvina aprì gli occhi, era stesa in un campo assolato.
Rialzandosi barcollante iniziò a girovagare nella pianura finendo per incappare in un sentiero sterrato.
Iniziò a percorrerlo finché non incrociò un uomo a cavallo di un mulo.
«Salve che gli dei siano con te, donna potresti dirmi da che parte posso giungere verso Atene?» la salutò quello.
Era un uomo sulla quarantina, la barba folta con qualche striatura grigia, vestiva di una semplice toga con un mantello azzurro sulle spalle.
Parlava una lingua strana, greco antico, Corvina conosceva la lingua dai suoi scritti.
«Allora vergine, da che parte per Atene? »
«Sei un ateniese?» rispose Corvina nella stessa lingua.
«Esattamente, tu da dove vieni?»
«Da molto lontano, dimmi dove siamo ora?»
«Svegliati ragazza! Sei nella Mantinea» sorrise l’uomo.
«In Grecia?»
«E dove sennò?»
«Perché devi andare ad Atene?»
«Non ti impicciare in questioni di uomini, donna!»
Corvina sapeva bene che l’epoca dell’antica Grecia era fortemente maschilista, ma lei non li poteva sopportare quelli che sfottevano le ragazze.
«Lascia che ti dica una cosa “grande uomo”, non devi giudicare una persona in base al fatto se ha o no l’uccello in mezzo alle gambe, ma da quello che ha nella testa!
Donne e uomini dovrebbero essere pari, e l’unico motivo per cui tu e i tuoi amici siete tanto più intelligenti di una donna è perché voi avete ricevuto un’istruzione, quante donne l’hanno ricevuta nella tua “Gloriosa” Atene “la città della cultura e della democrazia” una democrazia monca! Te lo dico io!»
L’uomo sorrise divertito a quella scena.
«Hai un carattere da amazzone, ha ha. Come ti chiami?»
Corvina pensò che sarebbe stato meglio trovare un nome falso per evitare che lui raccontasse o scrivesse il suo nome e comparisse nel presente.
«Mi chiamo Diotima»
«È un piacere parlare con te, ormai Elios è a metà del suo cammino, ti prego, fermati a pranzare con me»
Corvina accettò l’invito, qualcosa la colpiva di quell’uomo.
I due iniziarono a fare una accesa conversazione, accesa come potrebbe esserlo un discorso tra un antico greco e una ragazza dalla mentalità moderna.
«Ha ha Diotima, tu hai delle idee assurde, ma davvero interessanti, beato colui che ti porterà nel talamo, possa Eros renderti felice»
«Secondo me tu sbagli a definire l’amore un dio» ribattè Corvina.
«Diotima ! tu bestemmi! Come puoi dire che Eros non è un dio?!»
«Se vuoi il mio parere l’amore non è altro che l’unione tra la furbizia e la povertà, l’amore è chi ama, non chi è amato, infatti l’amore non è né bello né delicato ma, come la povertà, è duro, vagabondo, rude, abituato a viver compagno della miseria, infatti chi ama si sente sempre povero nei confronti dell’amato»
L’uomo la ascoltava affascinato.
«Inoltre l’amore e figlio della furbizia, è insidiatore, l’amante cerca sempre trucchi e stratagemmi per apparire agli occhi dell’amato, l’amore tesse trappole»
L’uomo si alzò.
«Ti chiedo scusa Diotima di Mantinea, ti ho mal giudicata, non sottovaluterò più una donna, grazie per avermi reso partecipe della tua saggezza»
«Di niente, e se noi siamo in Mantinea devi andare a sud per Atene, segui il sole finché è alto nel cielo, poi tieniti a destra mentre declina e arriverai»
«Che Zeus ti benedica» rispose l’uomo allontanandosi.
«A proposito, non mi hai detto il tuo nome»
«Giusto! Scusa, sono un po’ sciocco e sbadato…io sono Socrate» sorrise lui allontanandosi verso sud.
«S-Socrate?!» Corvina non riusciva a crederci, aveva appena parlato col più grande uomo che l’antichità avesse mai conosciuto…ed era stata lei a mettergli in testa tutte le idee moderne che l’avrebbero reso il più grande dei filosofi!
Avrebbe voluto dirgli qualcosa ma le due ore erano scadute.
Il portale si aprì alle sue spalle risucchiandola con inaudita violenza.

Corvina si è incontrata con Socrate.. certo questo lo renderebbe molto più interessante da studiare.
Che ne pensate dell'idea di scrivere al passato remoto indietro nel tempo e al presente...nel presente?

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Capitolo 3
*** BB ***


BB
«Che posto è questo?»
«Britannico tu sei a Vinci»
BB si voltò per guardare l’uomo che gli parlava, un buffo uomo dalla lunga barba e dalla fronte spaziosa.
«Vinci? E dov’è?»
«Ma come? Non sai dove ti trovi? Sei in Italia, nella Toscana. E sei pure fortunato, io sono uno dei pochi della regione a parlare l’inglese»
«Sono in Italia?»
«Ma sei grullo? Te ho detto di si!»
BB non capì un’acca della frase in dialetto detta dall’uomo.
«Santo Iddio! La tua pelle è verde!»
«Ah sì, non preoccuparti, è una rara malattia…»
«Vieni con me, io sono anche un po’ scienziato forse posso aiutarti!»
Senza aver il tempo di ribattere BB finì trascinato nella casa del suo ospite.
Dentro un enorme studio l’uomo iniziò a fargli strane domande a misuragli il corpo ecc..
Lo studio era pieno di strane scartoffie, di disegni, e schizzi gettati alla rinfusa regnava un disordine degno di quello in camera sua.
«Amico calmati! È il colore della mia pelle, non puoi cambiarlo!»
«Com’è che sei verde allora?»
«Ero in africa con la mia famiglia e una scimmia mi ha morso, da allora la mia pelle è diventata verde»
«Voi britannici, mai che stiate a casa vostra. Comunque noi siamo gente ospitale, io mi chiamo Nardo»
«Piacere BB!»
«Posso chiederti una cosa Nardo?»
«Dica, dica»
«Mi presteresti delle forbici? Sai, ho una certa unghia del piede…»
«Ma che sò stè forbici?»
«Ma sì, dai le forbici» insistette BB mimandole con la mano.
«Mai sentite»
«Ma come! Quell’oggetto di metallo fatto così» e afferrando una matita ne fece lo schizzo.
Nardo guardò il foglio stupefatto.
«Semplici, funzionali, Geniali! Che invenzione utile!»
«Pft! Da dove vengo io c’è roba molto più strana»
«Ad esempio?»
«B’è c’è l’elicottero…» iniziò l’omino verde disegnandolo sulla carta.
«…il sottomarino, il deltaplano..»
«…Il paracadute, la bicicletta..»
«…i carri armati e le automobili..»
«..e anche le tute da palombaro che sembrano degli alieni! E tantissima altra roba»
Nardo osservava incredulo gli schizzi fatti da BB, era stupefatto, senza parole.
«Scusa se te ho dato del grullo, tu sei un genio! Queste invenzioni sono stupefacenti, basta dargli qualche ritocco e poi..»
«Ue! Leonardo viè qua!» La voce squillante veniva dal piano inferiore della casa.
«Un minuto Monna Lisa, il tuo ritratto lo finisco subito» rispose quello.
«Aspetta, tu ti chiami Leonardo?»
«Leonardo da Vinci, e sono onorato di essere al cospetto di un tale genio come te BB di Britannia, rispose con un inchino. Scusatemi ma la mia modella mi fa fare il diavolo a quattro, tanto a chi interesserà mai quello stupido dipinto, mi è pure venuto male!» borbottò uscendo dalla sala.
BB era senza parole, ecco come aveva fatto Leonardo da Vinci ad avere tutte quelle idee. Era stato lui!
Non potè però godersi la soddisfazione di aver ispirato il più grande genio di tutti i tempi che si ritrovò risucchiato nel varco spazio temporale che lo riportava nella sua epoca.
 

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Capitolo 4
*** Stella Rubia ***


STELLA RUBIA
 
Stella si ritrovò nel mezzo di una terribile tempesta in un deserto.
Il gelido vento notturno soffiava implacabile.
«Sta calma Stella, ricordati cosa ti ha detto Robin, non toccare nulla di nulla!» si disse da sé per rassicurarsi.
La piccola aliena iniziò a vagare a casaccio nella tempesta andò avanti per molto tempo, con la sabbia che le entrava fin dentro le mutandine.
Dovette legarsi i capelli in una coda per evitare che le andassero sempre sugli occhi.
Ad un tratto udì una voce alle sue spalle in una lingua che non aveva mai udito prima.
Si volse e vide alle sue spalle tre strani figuri.
Il primo era una specie di gigante, enorme per statura e stazza, vestiva una cotta di maglia, un mantello di pelliccia d’orso ornato d’ermellino, bracciali d’oro sui polsi e una tunica verde con rifiniture d’oro, i motivi artistici che l’ornavano erano quelli degli antichi vichinghi
Portava sul capo una corona d’oro massiccio con incise sopra scene di caccia al drago, da essa spuntavano due grandi corna di cervo ramificate.
La sua pelle era bianca come il latte, aveva una folta e ispida barba gialla con anelli infilati trai ciuffi, lunghe trecce bionde gli cadevano dal capo, gli occhi azzurri dell’uomo erano bellissimi.
Era coperto di monili d’oro, anelli e pendenti grossi e rozzi per lo più ma molto preziosi.
Al fianco gli pendeva un’ascia bipenne.
Cavalcava sul dorso di un destriero peloso degno della stazza del cavaliere e la guardava con fare imperioso.
Dietro di lui stava invece un uomo più basso e mingherlino, sembrava un dio vestito com’era di sete e lino, gli abiti più magnifici che Stella avesse mai visto, non portava armi o gioielli ma il suo aspetto era quello di un uomo intelligente e saggio.
Calzava un alto copricapo d’argento con incastonati sopra zaffiri, rubini e smeraldi.
La sua pelle era gialla, gli occhi sottili e nerissimi, teneva i capelli argentati lunghi, così come i baffi e la barba filiformi che gli pendevano sul petto.
Anch’esso era a cavallo, uno snello purosangue nero, dal manto liscio e corto sotto il quale s’intravvedevano i muscoli slanciati dell’animale.
L’anziano che lo montava la osservava interessato.
A chiudere la bizzarra comitiva stava un terzo uomo dalla pelle scura come l’ebano e dai denti bianchi e luminosi, dischiusi in un sorriso.
Portava sgargianti abiti variopinti, larghi e comodi, ornati con ossa, denti e penne, sulla schiena aveva una pelle di leopardo, il naso e le orecchie erano piene di orecchini e piercing molto appariscenti.
Sembrava allegro nel vederla.
Aveva una corona sottile d’oro, tempestata di diamanti, numerosi anelli ad ogni dito e tanti bracciali, non come quelli del nordico, più numerosi e sottili, come dei grossi anelli,
Molto belli erano anche i suoi tatuaggi tribali che gli coprivano buona parte del corpo visibile.
La sua cavalcatura era la più insolita, sembrava un cavallo ma era molto più alto, il collo era più lungo e curvo, ed era anche più brutto con quel labbro a ciondoloni e la gobba sulla schiena.
Stella si ricordò ci averli visti una volta in un documentario, gli sembrava si chiamassero “dromedari”.
Il principe guerriero si fece avanti domandandole qualcosa in una lingua a lei sconosciuta, e visto che la piccola aliena non dava risposta il nordico si ripeté in latino e poi in greco ma ancora non ottenne nulla.
Stella Rubia allora s’avvicinò al biondo e senza alcun preavviso gli schioccò un bacio sulle labbra, e lo stesso fece ai compari di lui, quello attento  e quello allegro.
«Poffare!» esclamò il nordico «Chi mai è questa pulzella?»
«Non saprei» disse il principe africano parlando col nordico in koinè.
«Che sia un angelo inviatoci da Dio?» chiese invece l’asiatico.
«Non sono Angel» s’intromise la tamaraniana «Io sono Stella»
I tre la guardarono stupefatti.
«Non so voi, amici» fece il sovrano d’oriente  «Ma la sento parlare nella mia lingua nativa!»
«Io pure»
«La sua pronuncia è tale quale a quella dei miei connazionali» confermarono i due stupefatti quanto lui.
«Guardate!» esclamò il nordico «I suoi piedi non toccano terra! Sta volando!»
«Da dove vieni?» le chiese il pellegrino scuro un po’ intimorito.
Stella non vide il motivo di mentire a tre individui così strani e buffi «Io appartengo a un regno molto lontano, più di quanto possiate immaginare, la mia casa è lassù!» disse indicando la volta celeste, tuttavia la tempesta di sabbia impediva ai tre di vedere Tamaran, che la  ragazza indicava.
«Parla le nostre lingue native, vola e dice di venire dal Regno dei Cieli, costei non può essere che un’emissaria dell’Altissimo venuta a soccorrerci! Basta guardare la perfezione del suo viso per capire che non è umana» disse l’asiatico ai suoi e poi si fece avanti verso la rossa «Salve, divina! Il mio nome è Melchiorre, imperatore delle terre dove nasce il sole, la terre delle sete e delle spezie»
Il nordico lo raggiunse dando di speroni «Il mio nome è Gaspare il verde, re delle lande dei ghiacci perenni e del fiero popolo vichingo, un popolo di uomini indomiti e forti come orsi, sposati col mare  col ferro, cresciuti bevendo idromele e non latte»  proclamò orgoglioso.
«Io sono Baldassarre » si presentò l’ultimo «Sovrano delle teste nere, regno sul deserto e sulla savana.
Dalle mie terre dove il firmamento è limpido ho visto un messaggio nel cielo che mi diceva di venire qui, nella terra dei Romani, in giudea»
«Tutti noi l’abbiamo visto» precisò l’imperatore asiatico «Le stelle hanno preannunciato la nascita di un re, il più grande re che il mondo conoscerà mai, e noi siamo qui per rendergli omaggio, noi siamo i re magi»
«Portiamo in dono oro!» disse Gaspare mostrandole un cofanetto rilegato colmo di monete «Poichè egli sarà re»
«E incenso» Melchiorre espose il suo dono «Perché sarà santo»
«E mirra» anche Baldassarre estrasse dal bagaglio il suo omaggio «Poiché dovrà soffrire»
Stella ascoltò tutto con interesse.
«Quindi state andando da un bambino? Oh che bello!! Io adoro i bambini!»
«Ahinoi!» disse Gaspare «Ci è impossibile proseguire. Dovevamo giungere oggi a Betlemme ma gli spiriti avversi hanno scatenato questa tempesta che offusca il cielo, non possiamo vagare alla cieca in queste terre a noi sconosciute»
Stella Rubia si fermò a riflettere un attimo «In che direzione è Betlemme?»
«A Ovest» rispose Melchiorre, il più dotto dei tre.
La rossa sorrise «Seguitemi!» e i suoi starbolts le illuminarono i polsi, la giovane aliena si sollevò oltre la tempesta e avanzò verso ovest, rischiarando la strada ai tre viaggiatori.
«Avanti amici, seguiamo “Kometh-ha”: la-stella-con-la-coda!» esclamò Gaspare dando di speroni.
Così i re magi guidati da Stella giunsero a un’umile grotta a Betlemme, laddove la tamaraniana aveva udito i vagiti di un bambino.
I magi s’inginocchiarono a lui, gli porsero i loro doni e lo adorarono, Stella strinse presto amicizia con la madre del bambino, si chiamava Maria ed era più o meno della sua età.
Stella guardò con amore il bambino che le stringeva il dito e lui guardò a sua volta il visetto ovale dell’aliena sorridendole.
«Come lo chiamerai» chiese la rossa alla giovane madre.
Maria le sorrise con occhi pieni di gioia  e disse «Penso che lo chiamerò…Gesù»
In quel momento apparve il cono di luce che preannuncia l’apertura del portale e Stella capì che il suo tempo era scaduto.
Tutti i presenti la osservarono meravigliati «È giunto il momento che torni da chi mi ha mandato» disse Stella Rubia «Ma non curatevi di me, starò bene, davanti a  voi avete qualcuno di molto più eccezionale» sorrise strizzando l’occhio all’infante.
Si tuffò letteralmente nel varco spaziotemporale, zeppa di sabbia com’era non vedeva l’ora di tornare a casa e farsi una bella doccia.

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Capitolo 5
*** Cyborg ***


CYBORG
«Cyborg! Campione dei campioni! Quanto ho desiderato il tuo ritorno!»esclamò Sarazim appena lo vide.
«Sarazim! Mi sei mancata tantissimo!» disse il mezzo robot abbracciando la ragazza.
«Cyborg cosa ti è successo, ho visto solo un’ombra nera rapirti dalla battaglia, pensavo che gli dei degli Inferi ti avessero tirato a loro»
«Non mi è successo nulla di grave, tu piuttosto, come siete riusciti a sconfiggere le creature?»
«Con la tua magia, ti ricordi? La lanciasti poco prima di venire rapito, essa ha ucciso il capo dei mostri, senza più una guida il resto delle creature ha iniziato a indebolirsi, a sciogliersi al suolo, è stato facile per i miei guerrieri sopraffarle»
«Meno male, pensavo di aver sbagliato il colpo…Sarazim devo dirti una cosa…» disse Cyborg arrossendo leggermente.
«Che cosa» rispose lei prendendogli le mani tra le sue.
«Io non posso restare, mi sono concesse solo due ore nel tuo mondo, poi dovrò tornare nel mio, non c’è modo di rimanere, purtroppo»
«Questo…mi rattrista, finalmente eri ritornato e adesso…» Cyborg le mise dolcemente un dito sulla bocca, facendola tacere.
«Sarazim, sono venuto qui per dirti questo, io volevo dirti…che ti amo»
La principessa guerriera circondò il collo di Cyborg con le braccia le lacrime le colavano dagli occhi, sul volto aveva dipinto un sorriso, lievemente malinconico.
«Anch’io ti amo Cyborg, mio campione…» disse baciandolo, un lungo bacio appassionate, i due ragazzi si strinsero l’un l’altra unendo le loro bocche nel dolce amplesso dell’amore.
«È così triste, non potremo più vederci?»
«Mi dispiace Sarazim, ma il portale può aprirsi solo una volta, e per un tempo limitato»
«Fammi venire con te allora»
«Non posso, se tu venissi nel mio tempo, tutti gli anni che ci sono fra noi ti piomberebbero addosso uccidendoti…noi ci amiamo, ma non c’è concesso più di due ora per stare insieme…»
 «Rendiamo questo tempo indimenticabile allora…» rispose Sarazim tirandolo a se…
Le due ore trascorsero come due minuti nel dolce amplesso dell’amore, intenti a consumare il loro desiderio i due giovani non si resero conto del tempo che passava…il portale si aprì.
«Sarazim…io devo andare»
«Vai allora…» rispose la bella barbara coperta solo dalla pelle d’orso che aveva fatto da letto ai due.
Lo guardava con gli occhi lucidi, la focosa passione che poco prima aveva animato i loro corpi durante l’amplesso sessuale lasciava posto a una profonda tristezza.
«Ma non dimenticarmi…» disse tra le lacrime.  
«Non potrei mai farlo Sarazim…lo so che è triste, ma cercherò un modo per tornare…te lo prometto»
Con un ultimo bacio d’addio i due ragazzi si separarono, Cyborg entrò nel portale e quattromila anni di storia separarono per sempre i giovani innamorati.
 

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Capitolo 6
*** Robin ***


ROBIN
«Un uomo ha un’unica occasione di viaggiare nel tempo e finisce sperduto tra le montagne, tra l’altro con questa neve fa un freddo cane»
Continuava a lamentarsi Robin.
Era passato un’ora e mezza, da allora non faceva che vagare nella neve cercando di capire dove fosse, o di incontrare qualcuno, ma intorno a lui c’era solo il bianco mantello delle montagne.
Finalmente scorse un cartello presso un boschetto.
Non capiva nulla della scritta, ma riuscì a intuire di trovarsi in Germania, tra le alpi tedesche, nella zona delle valanghe.
«Ok, devo stare attento e zitto…» mormorò tra sé e sé.
Robin sperava di poter stare tranquillo per mezz’ora e poi tornarsene a casa, ma il destino non era d’accordo.
Infatti un bambino su uno slittino si stava dirigendo a tutta velocità verso uno strapiombo.
«Attento!» urlò Robin.
«Aiuto! Non riesco a fermarmi! Aiuto!»
Robin sapeva di non dover interferire con l’andamento storico…ma era solo un bambino!
Fulmineo nonostante la neve alta e friabile Robin si slanciò all’inseguimento, era un eroe e doveva salvarlo.
Si slanciò appena in tempo per afferrare il bambino pochi secondi prima che lo slittino si sfracellasse sulle rocce aguzze in fondo al dirupo.
«AAAhhh!!» urlava il bambino terrorizzato.
«No! zitto non gridare!»
Troppo tardi, le urla acute avevano provocato una valanga!!
«Aiuto! Aiuto!» si mise a strillare il bambino.
«Sta calmo, ce la caveremo»
Robin prese l’arpione dalla sua cintura lanciandolo contro un albero dall’altro lato del burrone.
L’arpione s’agganciò a un ramo.
«Speriamo che regga» mormorò Robin saltando poco prima che la valanga li travolgesse.
Il ramo resse, i due si ritrovarono al sicuro dall’altro lato dello strapiombo.
Il bambino non la finiva più di saltellare di gioia.
«Che bello! Che bello! Possiamo rifarlo?»
«Piccolo, questo non è un gioco, è molto pericoloso, non farlo più» si raccomandò Robin scompigliandogli i capelli.
«Lo prometto, anzi adesso ho solo 10 anni, ma io da grande voglio aiutare la gente come lei, renderò grande questo paese, un paese di uomini perfetti! I migliori!»
«Questo è lo spirito giusto» sorrise Robin, «Come ti chiami?»
«Adolf, signore. Adolf Hitler»
Robin restò interdetto…
«A-Adolf Hitler?»
Il bambino annuì.
«In che anno siamo?»
«Nel 1899 signore»
«Ah..capisco. Hey Adolf, non è un drago quello in fondo al precipizio?»
«Un drago! Dove? Dove?!»
Il bambino si mise a guardare giù dal dirupo ma si sporse troppo e precipitò nel vuoto.
«Ops. E per la cronaca, essendo io un eroe volontario non sono tenuto a salvarti»
Il portale si aprì riportando Robin al suo tempo.
Proprio lui aveva infranto la regola di non interferire col passato…ma che cavolo era Hitler!



Un po' particolare come storia, ma avevo intenzione di far morire un personaggio storico, e non ho avuto dubbi su chi far precipitare giù da un burrone irto di rocce acuminate, bell'idea Robin!

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Capitolo 7
*** Epilogo ***


 
EPILOGO
I Teen Titans vengono rispediti contemporaneamente al presente.
«Wow ragazzi! Non immaginate neanche che avventura mi è capitata! Ho Incontrato Leonardo da Vinci, proprio mentre dipingeva la Gioconda! E sapete qual’è il meglio? Tutte le sue geniali invenzioni gliele ho suggerite io! IO ho ispirato Leonardo da Vinci, e lui ha detto che io sono la persona più geniale che avesse mai incontrato!!» esclama BB vantandosi delle sue gesta, benché si fosse limitato a raccontare di alcune macchine già esistenti nel suo mondo.
«Si vede che non esce molto…» risponde Corvina con una punta di sarcasmo prendendo un vecchio tomo ingiallito dei suoi, il Simposio di Platone.
«Io invece sono stata invitata a pranzo da Socrate in persona, non ho mai parlato con qualcuno di più interessante, e indovinate chi è stata a mettergli in testa tutte le sue idee moderne che l’hanno reso il grande filosofo che era?»
Poi apre il libro verso la fine mostra a tutti il discorso di Socrate sull’Amore, figlio della Povertà, la dea Penia, e dell’Espediente, il dio Poros.
«Vedete qui? Lui dice che è stata una donna della Mantinea, a dirgli della nascita di Eros, una certa Diotima, io sono Diotima! Non gli ho detto il mio nome perché sarei finita nel Simposio cambiando il presente, ma ora mi rendo conto di aver insegnato la filosofia di Socrate a Socrate! Se lo avessi saputo prima gli avrei dato qualcosa di più di me, qualcosa di ben più “sostanzioso” di semplici aforismi …» sospira con la testa tra le nuvole.
Stella interrompe le fantasie erotiche della maga esclamando piena di rimorso.
«Vi chiedo scusa, io ho cercato di non interferire, ci ho provato con tutta me stessa ma ero nel mezzo di una tempesta di sabbia nel deserto e c’erano tre persone smarrite..non ho potuto non aiutarle, le ho condotte a Betlemme illuminando, si chiamavano: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Scusate, so che non dovevo però…la Maria, la madre del bimbo che i tre cercavano e quel bambino nella mangiatoia che hanno adorato era il più bel neonato che avessi mai visto»
Tutti la osservano stupiti.
«Tu hai conosciuto i re magi?! E Maria e Gesù?!» esclama la maga.
«Alla faccia!» le fa eco BB «Dio in Terra vale più sia del padre della filosofia occidentale che di una delle menti più geniali mai esistite messi insieme!»
«Stella tu eri nel posto giusto al momento giusto, a fare la cosa giusta» conclude Corvina.
«E a te Cyborg come è andata?» chiede Robin.
«Diciamo che io e Sarazim ci siamo “chiariti” una volta per tutte, e appena possibile tornerò a farle visita» si limita a rispondere Cyborg ancora assorto a pensare alla bella guerriera.
«Cyborg hai visto qui?»
Proprio in quel momento alla tv che i cinque sbadati avevano lasciata accesa, stavano trasmettendo un servizio sulle pitture rupestri, in particolare su di una che rappresentava una ragazza e uno strano “alieno di metallo” la prova che forse noi non siamo soli all’universo, come diceva il vecchio barbogio alla tv.
«È ovvio che non siete soli, ci sono i Tamaraniani, i Gioviali, Itachesi, Gordaniani, ecc…» commentò Stella Rubia con sufficienza.
«Io però non capisco una cosa. Corvina ha incontrato Socrate; Stella, Marco Polo; e BB, Leonardo da Vinci.
Abbiamo tutti interferito nella storia ma è tutto normale. Se abbiamo imparato qualcosa dai film di fantascienza è che chi modifica il passato stravolge il presente»
«Sbagliato Robin, se uno interferisce nel passato, crea un paradosso temporale, infatti era già previsto che lui facesse quella cosa, e compiendo l’azione che dovrebbe cambiare il presente, in realtà conferma il presente normale, se invece non fosse tornato nel passato, allora il presente sarebbe diverso. E come se getti un sasso in un fiume, crei una alterazione del flusso ma alla fine l’acqua prosegue omogenea come se tu non avessi fatto nulla.»
«Non ci ho capito nulla» dice BB perplesso.
«Ti faccio un esempio. Se tu torni indietro nel tempo, e uccidi per sbaglio tuo nonno adolescente, in teoria tu non dovresti nascere, ma se poi metti incinta tua nonna, che ancora non è sposata tu diventi il nonno di te stesso, e tu nascerai normalmente, se tu non avessi ucciso tuo nonno probabilmente il presente sarebbe diverso»
«Che schifo! Io non andrei mai a letto con mia nonna!»
«Ma io ho visto morire Hitler bambino, come può essere tutto normale?» esclama Robin il cui cervello era partito.
«Chi è Hitler?» domanda BB.
«Quello che ha scatenato la Seconda Guerra Mondiale!»
«Amico ti sei bevuto il cervello? Non c’è mai stata una “Seconda Guerra Mondiale” grazie al cielo»
«Cyborg ha ragione, dopo la prima non ne è mai scoppiate un’altra» aggiunge Corvina.
Robin aveva modificato la storia, in questo modo, tutti erano convinti che non fosse mai successa la seconda Guerra Mondiale, perché di fatto, con la morte di Hitler bambino, non era mai scoppiata realmente, solo lui ne conserva il ricordo di prima che modificasse il passato.
 
Questo crea un enorme dubbio nella testa di Robin…se chi va nel passato crea un paradosso temporale com’era successo a BB, Stella, Cyborg e Corvina, perché lui modificando il passato ha cambiato il presente invece che creare a sua volta un paradosso?
Cyborg aveva sbagliato?
O forse lui aveva avuto un’eccezione?
Forse era scritto che lui dovesse salvare Hitler bambino, ma non che poi lui cadesse ugualmente nel dirupo?
Forse erano valide entrambe le teorie, o forse nessuna.
Robin ci penserà sopra per mesi ma non riuscirà mai a rispondersi…dopotutto i viaggi nel tempo non sono cose per i mortali, e tutti voi fareste meglio a starne fuori. 

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