The hunt

di Atarassia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***






The hunt
Prologo
 
People talk about the guy
that is waiting on a girl. 
There are no holes in his shoes ,
but a big hole in his world .
 
(The man who can’t be moved - The Script)


 
Le dita affusolate accarezzano il legno frastagliato del tavolino, le gambe distese e una mano aggrappata alla vecchia sedia. Davanti a lui l’ennesimo bicchiere di birra vuoto e una sedia incustodita.
È solo per l’ennesima volta, ma è ostinato a rimanere là perché, lui lo sa, molto presto quella sedia non sarà più disoccupata.
Harry questo lo sa, ne è certo e sorride timidamente. Getta un’occhiata fuori dal locale dove la pioggia viene giù inesorabile. Scruta gli angoli della strada, i volti dei passanti, l’avanzare della gente e aspetta pazientemente.
La mano si stacca tremante dal legno accanto alla sua gamba e si rifugia nella tasca della giacca per trovare conforto. Trattiene il respiro per poi tranquillizzarsi quando le sue dita sfiorano il cartonato oramai consumato e sbiadito della foto.
Della sua foto. Di lei. Di lei che è sua e basta. Di lei che, lui lo sa, sta per arrivare. E sorride fremendo e freme sorridendo.
Si agita sul posto e raddrizza la schiena guardandosi intorno. Fa un cenno con la mano e il cameriere intuisce che deve portargli un altro bicchiere, di nuovo.
Afferra con sicurezza il quarto o il settimo, nemmeno lui lo sa, boccale e il liquido ambrato inonda la sua bocca. Il sapore è confortante e per un attimo lava via tutti i pensieri, tutte le illusioni.
Ma è solo un attimo, un istante così passeggero che sembra non essere mai esistito. E i pensieri tornano e con questi le emozioni, il tremolio delle gambe contro la struttura del tavolino, lo stomaco in subbuglio e la lingua impastata.
Tornano i pensieri e nella sua testa non c’è spazio per nient’altro. Lui diventa di nuovo il burattino e lei il burattinaio, i fili lo tengono stretto e dettano i movimenti che lui, impotente, deve assecondare.
La testa gira e le palpebre si fanno sempre più pesanti. Le immagini scorrono sfocate davanti ai suoi occhi. Le luci soffuse del locale gli danno un’aria tormentata, i bagliori dei fulmini illuminano il suo sguardo perso.
Il brusio della gente giunge poco distinto alle sue orecchie e, mentre tutt’intorno c’è vita, lui aspetta. Sfila con delicatezza la foto dalla tasca facendo molta attenzione a non rovinarla ulteriormente e resta in silenzio a contemplarla.
Gli occhi inseguono avidi i tratti di quel viso, la linea arricciata delle labbra e l’espressione sorpresa degli occhi. Le dita  scorrono rapide e bramose sulla superficie liscia della foto e, per un banale istante, si illude di potere risentire nuovamente la pelle liscia e di intrecciare le dita con quelle minute e fredde di lei.
Sospira distratto nei suoi pensieri, poi inarca un sopracciglio e si  lascia andare ad una risata isterica. Una risata vuota, che non lascia alcuna traccia di un possibile sorriso sul suo volto. Il tizio del tavolo accanto lo guarda stranito o forse scioccato ma, in entrambi i casi, non avrebbe alcun torto. Sembra pazzo, folle. Si muove a scatti, mormora incessantemente parole senza senso con voce impastata, si graffia con le unghie la pelle della mano, si aggrappa con violenza al manico del boccale di birra.
Quell’attesa paziente si trasforma in agonia, i ricordi diventano incubi. Un singhiozzo graffia la sua gola, gli occhi sorpresi si guardano intorno fissando tutto e niente. La gente mormora, ride, balla, litiga, vive.
Lui invece non può fare altro che innervosirsi e avvertire, per l’ennesima volta, il cameriere che nemmeno quella pinta è stata sufficiente e che ne serve un'altra.
Porta la fotografia alle labbra e la sfiora dolcemente.
–Frida...- il suo è un sussurro spezzato, un grido muto nei confronti di quell’amara tortura. Il suo fiato caldo si infrange contro il cartoncino ed è sicuro di poterne sentire l’odore della birra.
All’improvviso, come se fosse un ladro, si guarda intorno furtivo e si muove silenzioso assicurandosi di non essere visto da nessuno. Nasconde la foto nella tasca della giacca e si affretta a chiuderne la cerniera per impedire a qualcuno di rubare il suo tesoro.
Rabbrividisce non appena il suo corpo viene a contatto con una folata di aria fredda. In lontananza il tonfo della porta attutito dal vociare della gente.
Si accascia con il busto sul tavolino e chiude gli occhi isolandosi dal resto del mondo. Quando li riapre nella sua visuale c’è la nuova ordinazione portata dal cameriere che se ne va scuotendo la testa.
Con i capelli arruffati e gli occhi arrossati scola anche quella birra, ma la sua bevuta viene interrotta da qualcuno che con forza gli sottrae il boccale. Un rivolo del liquido ambrato gli imbratta tutto il mento infrangendosi poi sul pullover grigio.
-Harold!- il suo nome gli giunge quasi indistinto alle orecchie e prova a ribellarsi a quell’interruzione per riappropriarsi di quanto gli appartiene. Però i suoi sensi sono allentati, così non riesce ad imporre una resistenza adeguata e non ci vuole molto per fermarlo.
Harry socchiude gli occhi e si lascia andare contro lo schienale della sedia, rassegnato. La testa gli si fa improvvisamente pesante e arriva a posarla contro qualcuno al suo fianco.
-Ed, aiutami.- la voce soffocata di Lana lo fa sussultare e si aggrappa con tutto il suo peso al braccio di lei che, avendo una corporatura fragile, traballa e, colta di sorpresa, quasi perde l’equilibrio.
Delle mani più forti subito lo afferrano per le spalle e lo sollevano.
-Guarda come ti sei ridotto, di nuovo!- esclama Ed affaticato mentre si fa passare un braccio di Harry dietro il collo. Muovono i primi passi molto lentamente, ma non fanno nemmeno in tempo a superare il primo tavolino che perdono l’equilibrio e cadono rovesciando una sedia e attirando molti sguardi su di loro.
Harry geme quando la sua guancia cozza contro lo spigolo di una panca e con molta difficoltà tenta di portare una mano sulla parte di viso lesa ma, i suoi, sono tentativi vani perché prima si afferra il naso e poi tasta il petto di qualcun’altro.
-Che combini Harold?- Ed lo richiama e tenta di spingerlo via per potersi rialzare, ma Harry si aggrappa a lui come un koala perché ha bisogno di calore umano.
Ha bisogno che qualcuno gli stia accanto, che lo protegga e gli sussurri ripetutamente che va tutto bene. Ha bisogno che qualcuno gli afferri la mano e gli indichi la via da seguire perché teme di aver perso il senno, di essere diventato folle.
-Idioti! Ci guardano tutti.- Lana imbarazzata tenta di aiutarli come può e li sgrida anche se, oramai loro lo hanno imparato, la sua voce adirata nasconde un profondo affetto.
Con movimenti goffi e imprecazioni mal trattenute i tre riescono ad uscire dal locale e vengono subito assaliti dall’aria fredda di Birmingham. Harry con uno scatto rabbioso si districa dalla presa di Ed che non può fare a meno di lasciarlo per assecondarne la mente malata.
Incurante dei richiami dei due amici alle sue spalle, Harold avanza lungo la piazzola barcollando e, mentre la pioggia si infrange sul suo volto e penetra fin sotto i vesti, lui incespica sui suoi stessi piedi e finisce a terra, di nuovo.
Si sbuccia le mani a contatto con il pavimento e rimane disteso a boccheggiare cercando di ispirare quanta più aria possibile. Il freddo gli penetra fin dentro le ossa e ha la testa confusa, dolorante, tra le nuvole. Le mani insanguinate tremano e le labbra screpolate si muovono chiamando lei in sussurri spezzati.
E l’aria si riempie di miliardi di “Frida” sussurrati al vento mentre l’anima di lui chiede aiuto, implora in silenzio di essere salvata.
-Harold.- lo richiama più dolcemente Lana dinanzi a quella scena. Lo accarezza con fare materno e gli scosta i capelli bagnati dalla fronte. Aiutata da Ed, la ragazza lo solleva delicatamente da terra mentre, come da copione, lui piange istericamente. I due si commuovono alla visione di quell’essere folle che è diventato Harry.
Harry e il suo essere masochista, menefreghista e testardo. Harry che non si arrende, che non accetta che tutto sia finito così.




 
Questa è la mia prima mini long e molto probabilmente è anche l'unica che riuscirò a finire in un tempo molto breve, infatti, l'ho quasi completata del tutto, manca solo l'epilogo. Detto questo, tornando alla storia, è venuta fuori così, senza molte preoccupazioni, ho semplicemente lasciato che le dita scorressero senza sosta sulla tastiera.
Avrei dovuto consegnarla ad una pagina per un concorso, ma sono troppo sbadata e non mi sono accorta di aver superato la data prevista per la consegna, così ho deciso di publicarla qui, ma pensavo comunque di darvi le indicazioni che avevo ricevuto per il concorso. Allora, dovevo basarmi su una canzone dei The Script "The man who can't be moved", c'è una special guest Ed Sheeran e un AU: 
Genderswap!
Non voglio annoiarvi ulteriormente, quindi lascio a voi i commenti. Vi ringrazio in anticipo per essere passato e spero che vogliate lasciare un commento. Ringrazio inoltre lilac_ per il fantastico banner.
Con affetto,
Atarassia_

 
 



 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***





The hunt
Capitolo Uno


 
 Thinkin’ maybe you'll come back
here to the place that we'd meet.
And you'll see me waiting for you
 on the corner of the street 
So I'm not moving,
 I'm not moving.
 
 
La luce del giorno penetra attraverso la finestra della camera. Lui si agita sotto le coperte e, tutto dolorante, prova a stiracchiarsi. Sbatte le palpebre più volte e si incanta a guardare il soffitto bianco. Il ticchettio dell’orologio gli ricorda che è ora di alzarsi e i rumori che provengono dalle altre stanze gli fanno venire il mal di testa. Si tira su di scatto ma una fitta intensa lo spinge di nuovo tra le coperte. Si porta le mani alle tempie massaggiandole e fa dei respiri profondi provando, questa volta, ad alzarsi con molta più calma.
Con lo stomaco in subbuglio, le gambe pesanti e la testa attraversata da continue fitte, si rifugia in bagno. Si libera di tutti i vestiti e rimane davanti allo specchio a guardare il suo riflesso. Si osserva confuso e si sforza di esaminare ogni dettaglio della sua pelle graffiata o segnata da ematomi.
Solleva lentamente le mani per poi accarezzarne i palmi sbucciati e a tratti incrostati di sangue. Sussulta quando sfiora un graffio ancora fresco e la mano sembra quasi bruciare tanto il dolore è forte. Tira su il ginocchio ricoperto da un livido che non sa nemmeno come si è procurato, e tasta la pelle mordendosi le labbra per non lasciarsi sfuggire dei gemiti. Allunga e piega la gamba più volte constatando che si tratta di un dolore sopportabile che, nel giro di pochi giorni, sarebbe di sicuro svanito. Per ultimo lascia il viso. Ha le labbra screpolate e secche, gli occhi gonfi e un ematoma che ricopre il tratto di viso tra un occhio e il limitare della mandibola.
Borbotta qualcosa di confuso e insensato prima di rifugiarsi sotto il getto d’acqua  fredda. Lascia che gli scivoli addosso e si illude che possa, con molta facilità, lavar via tutto il dolore. Afferra il flacone del bagnoschiuma e si strofina energicamente in tutte le parti del corpo. La pelle sfregata si arrossa e chiede pietà ma Harry è sordo.
Sì, Harry sembra sordo. Come se non cogliesse le grida di dolore che ogni minima particella di lui emette in ogni istante e continuasse a sfregare, a pizzicare la pelle ricoperta di tatuaggi, a pensare a lei, a cercare lei, come se non fosse successo niente. Forse non si tratta di essere o meno sordo, forse è lui che non vuole sentire, forse finge per non crollare, forse si è abituato a tutta questa situazione, forse ha bisogno che le cose vadano in questo modo perché solo così si sente vivo.
Si riveste in fretta e non perde nemmeno tempo ad asciugare i capelli, lascia che gocciolino sulle spalle bagnando la vecchia felpa dei Ramones. Con passo strascicato e sbadigliando raggiunge la cucina dove due paia di occhi lo scrutano intensamente.
Ma lui finge di non accorgersene e indifferente si aggrappa al lavabo per un urgente bisogno di acqua. Poi si siede e fronteggia le iridi infuocate di Lana che lo fissa adirata ma allo stesso tempo preoccupata.
La sua Lana e il suo carattere lunatico. Lana che un secondo prima ti abbraccia e un attimo dopo vorrebbe metterti le mani al collo; quella Lana che trova ogni minimo pretesto per arrabbiarsi, per rimproverarti fino allo sfinimento, ma che non riesce proprio a non preoccuparsi per le persone a cui vuole bene. Lana che spesso nasconde dietro a sguardi di troppo e espressioni funeree la sua voglia di abbracciarti e confessarti che a te ci tiene, forse anche troppo.
Lana, la sua piccola e tenera Lana dai capelli castano chiaro e gli occhi color nocciola. Lana che con un sorriso ti fa sciogliere e ti infonde coraggio. Una ragazza dalla corporatura gracile che Harry e Ed hanno bonariamente soprannominato Babù.
Qualcosa colpisce la sua fronte e viene riportato bruscamente alla realtà. Guarda confuso Ed che però si limita ad alzare le spalle e ad evitare che qualsiasi colpa ricada su di lui. Allora si gira verso Lana che, come se non fosse successo niente, continua a masticare la sua colazione senza mai distogliere lo sguardo dal suo. I due si fronteggiano e Ed li osserva, come ogni volta,  già sapendo chi sarà il vincitore.
-Dai, non avercela con me. Ti prego.- cede, infatti, Harry poco dopo con tono implorante e quasi disperato. La ragazza lo guarda sdegnata dalla testa ai piedi e stringe i pugni.
-Zitto.- tuona rimettendolo al suo posto con voce glaciale. Gli punta un dito contro scoprendo la piuma tatuata sul braccio destro in una notte folle a Tokyo.
-Quando lo capirai che non puoi andare avanti ancora per molto in questo modo?- riprende senza nemmeno dargli il tempo di replicare e la sua voce sale di diverse ottave.
-Babù…- Ed tenta inutilmente di calmarla e fermare il flusso di parole che da un momento all’altro potrebbe uscire dalla sua bocca.
Perché Ed, da buon spettatore, ha imparato quasi a memoria ogni caratteristica dei suoi amici. È in grado di distinguere i pensieri che passano loro per la testa, sa prevedere le loro mosse in anticipo. E così, con un solo sguardo, può capire se il toccarsi frenetico dei capelli da parte di Babù sia un segno di vergogna o di ansia, se lo sfregare la mano sul tessuto dei pantaloni da parte di Harry indichi che sia con la testa da un’altra parte o che abbia timore di aver fatto qualcosa di sbagliato, se l’arricciare il naso di Lei significhi che è confusa o infastidita, se il grattarsi il braccio di Lui indichi il suo imbarazzo o la sua felicità.
Ed tra i due è come la Svizzera: zona neutrale. Lui è quello che fa da collante tra le due parti, che tenta di limitare gli eccessi e di contenere i disastri. È quello che riporta la calma, che tranquillizza Lana e cerca di placare il carattere impulsivo di Harry. È quello che non si tiene troppo in disparte alle feste ma che sa temperarsi, quello che accetta di vedere commedie romantiche o film drammatici ma poi sa anche scherzarci su. Ed è Lana e Harry insieme, l’eccessiva maturità di una e l’irresponsabilità dell’altro, la pacatezza di lei e l’irruenza di lui.
-Non ci provare nemmeno Ed! E tu? Per quanto tempo ancora vuoi continuare così?- ribatte Lana inarrestabile e sempre più infastidita.
-Ti prego, basta.- implora Harry stanco per tutta quella situazione, così si alza e fa per andarsene. Fugge ogni volta che qualcuno prova a fargli aprire gli occhi, fugge ogni volta per tornare lì. Lui lo sa e non vuole sentire altro: lei un giorno, molto presto, tornerà lì per lui.
-Non ti azzardare a lasciare questa stanza. Sei un codardo Harry. Un codardo! Ma non ci pensi a noi? Non pensi a quanto male possa farci vederti ogni benedetto giorno conciato in quel modo? No, tu non lo sai come ci si sente. Basta che pensi a te e alla tua ossessione. Lei non tornerà più Harold, mai più! Se ne è andata e di te non ne vuole sapere più niente. Fattene una ragione!- tutti i buoni propositi di Lana svaniscono in batter d’occhio e, dimenticandosi della calma e del tatto, sputa fuori tutte quelle parole con rabbia, con frustrazione e rancore. Sono parole taglienti, che colpiscono dritte al cuore e feriscono senza pietà.
Harry si immobilizza e trattiene il fiato. Ed si porta le mani sulla faccia e inizia a ripetere una cantilena infinita, sottovoce, pregando affinché le cose non degenerino ulteriormente. Nell’aria c’è ancora l’eco delle parole di Lana, l’eco di quelle grida da troppo tempo trattenute.
E lei sta là, trema per la rabbia mentre la consapevolezza di ciò che ha fatto si insinua in lei. La vena del collo, quella vicina alla voglia, pulsa per lo sforzo. Abbassa la testa sconsolata e sussulta al suono dei vetri che si infrangono contro il muro.
-Io… Mi dispiace Harry. Non volevo…- goffamente prova a scusarsi mentre Harry inizia a respirare affannosamente.
-Andate tutti al diavolo!- impreca il ragazzo lasciando di corsa la stanza e calpestando, a piedi nudi, i vetri del bicchiere che lui stesso ha lanciato contro la parete in un rapsus di follia.

 
********
 
La gente cammina al suo fianco urtandolo senza molti problemi. Viene scosso a destra e a sinistra, ma quasi non se ne cura. In testa ha una meta e tutto il resto non lo scalfisce. Avanza incurante del freddo che si insinua sotto la sua maglia bucherellata e le Converse oramai rovinate. Il cellulare nella sua tasca vibra già da qualche minuto senza sosta ma non si cura di rispondere perché, semplicemente, non ne ha voglia.
Un sorriso spontaneo nasce sulle sue labbra non appena svolta l’angolo e riconosce l’insegna oramai familiare ai suoi occhi. La scritta “The Hunt” è sempre la stessa di quattro anni prima con tutte le sue decorazioni e sfumature colorate. Un posto significativo che sembra descriverlo a pieno. Là tutto è iniziato e là tutto continua a svolgersi. È il rifugio che Harry utilizza quotidianamente da quasi un anno, è il luogo che accoglie i suoi deliri e le sue pazzie, è quel posto in cui, per un paio di ore, si sente meno perso.
Con la mano spinge la porta e viene da subito investito dall’odore stantio della stanza che, vista l’ora, ancora non è completamente piena. Speranzoso, getta un’occhiata al loro tavolo ma, arriccia il naso trovandoci un gruppo di ragazzini che avranno più o meno quindici anni.
Stringe i pugni contro il tessuto dei jeans e si avvicina al bancone senza aver un’idea ben precisa in mente. Il cameriere lo riconosce subito e, forse, alza anche gli occhi al cielo perché non ne può più di trovarselo sempre lì.
Ordina qualcosa di forte, un “quel che ti pare ma basta che sia forte” e tamburella con le dita sulla superficie marmorea in attesa di essere servito. Non ci vuole molto prima che, sotto il suo naso, venga sventolato un intruglio che sa di menta ma anche di vodka, soprattutto di vodka. Senza esitare afferra il bicchiere e manda giù tutto in un solo sorso. Sente la gola bruciare e lo stomaco contrarsi per quell’improvvisa soluzione ghiacciata. Si lecca le labbra succhiandole a tratti per gustarne di più il sapore.
Il cameriere, questa volta, non ha nemmeno bisogno che lui gli dica qualcosa e subito gli fa trovare un nuovo bicchiere che fa la fine del primo. Gioca con le cannucce piegandole e rigirandosele senza sosta tra le dita. Gli si appanna la vista e in breve tempo non è più molto lucido. Inizia a farfugliare cose senza senso ammiccando verso delle ragazze che sono sedute al suo fianco. Queste, lusingate, ridacchiano e il suono gracchiante delle loro voci lo irrita a tal punto che, infastidito, volta loro le spalle bofonchiando qualche insulto.
Si guarda intorno e sente il sangue ribollirgli nelle vene. Si stacca dal bancone e con passo insicuro si avvicina a quello che è il loro tavolo. Non permette ai ragazzi che sono seduti lì nemmeno di accorgersi della sua presenza ma, inciampando, plana su di loro sovrastandone un paio con la sua mole.
Subito nell’aria si elevano espressioni di sorpresa o indignate e quelli, ingenui, iniziano a spintonarlo per toglierselo di torno. Le loro reazioni sono quello a cui Harry da tanto aspirava, un modo per confrontarsi con qualcuno, per sentirsi vivo.
Con l’enorme quantità di alcool che scorre nelle sue vene, si rimette in piedi per poi sferrare un colpo ai danni del primo malcapitato. Colpisce una mascella o forse una spalla, non saprebbe dirlo con precisione dato che ci vede doppio.
Gli amici del ragazzino, però, si riprendono dall’attimo di stupore e subito accorrono in sua difesa gettandosi contro di lui che, indebolito e senza i riflessi pronti, non riesce a reggere l’assalto e crolla contro un tavolo. Quelli sferrano qualche calcio e pugno colpendolo ripetutamente in posti doloranti che lo fanno contorcere sul pavimento.
Si porta le mani sulla testa per proteggersi e si rannicchia con le gambe al petto. Qualcuno interviene a sedare quella rissa e si preoccupa anche di sollevarlo da terra, sottraendolo alla derisione della gente.
Viene scortato fuori dal locale anche se è contro la sua volontà, ma poco valgono i suoi tentativi di opporsi e liberarsi da quella stretta dato che, poco dopo, si trova accucciato sui gradini del “The Hunt”. Sente la testa che inizia a vorticare e lo stato di coscienza affievolirsi sempre di più.
Una delle tasche ha ripreso a vibrare e, dopo alcuni tentativi vani, riesce a recuperare il cellulare. Lo porta all’orecchio  e sussurra frasi insensate.
-Lei non c’è. Non c’è, Lana. Non è tornata!- i sussurri si interrompono per lasciar spazio alle lacrime e ai singhiozzi che gli squassano il petto. Il suo è un pianto disperato e con le unghie graffia il cemento sotto la sua testa facendosi uscire il sangue.
-Frida. Frida. Frida.- ripete come un ossesso tra i residui del suo vomito lavati via dalla pioggia che ha preso a venir giù.
Da qualche metro più lontano, dei fari illuminano la sua figura e poi qualcuno sbatte la portiera. Tenta inutilmente di aprire gli occhi e mettere a fuoco la figura che si sta avvicinando.
L’ultima cosa che sente è il suo nome gridato ripetutamente e un qualcosa che colpisce la sua guancia, poi precipita in un tunnel nero.

 

 
Ecco a voi il primo capitolo della storia. Volevo dirvi, anche se credo che oramai sia più che evidente, la storia presenta un forte carattere introspettivo e lascia molto spazio a quelli che sono i sentimenti e i pensieri dei personaggi. Voi cosa ne pensate? 
Il capitolo si divide in due parti: la prima a casa con Lana e Ed, la seconda sempre al "The hunt". Per quanto riguarda i due amici, Lana e Ed, non sono pucciosi? E vi prego, ditemi che avete capito il personagio rappresentato da Lana. Insomma, per la sua descrizione e per il fatto che il concorso richiedeva un
 AU: Genderswap! non vi viene in mente niente? Sono sicura che ci siete arrivate!
Detto questo, lascio a voi ulteriori commenti pperchè non voglio annoiarvi ulteriormente o, forse, perchè oggi sono troppo sca**ta per fare qualsiasi cosa e non vedo l'ora di chiudere tutto, buttarmi sul letto e dormire sperando che sia già domani.
Con affetto,
Atarassia_

PS: Ringrazio tutte coloro che hanno inserito la storia tra le preferite, le ricordate e le seguite. E mando un grande bacione alle tre anime che hanno lasciato una recensione al capitolo precedente. Vi adoro! ^_^

 


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***




The hunt
Capitolo Due

 
I said: "There's someone I'm waiting for 
if it's a day, a month, a year" 
Gotta stand my ground
even if  it rains or snows. 
If she changes her mind 
this is the first place she will go. 

 
Il confine tra i sogni e gli incubi è molto sottile. Ti ritrovi a vivere una situazione perfetta e poi, in un batter baleno, tutto quello che ti circonda crolla, va a fuoco o si trasforma in un mostro che, senza sosta, ti rincorre per tagliarti la gola.
Harry  sogna una rosa. Una rosa grande e bianca cresciuta dal centro di un tronco tagliato di un albero. I petali bianchi sono ben visibili anche da lontano e sembrano essere l’unica fonte di luce in mezzo a quel groviglio di arbusti e rami secchi che, costituiscono una fitta rete all’interno del bosco. Lui si guarda intorno e quasi gli manca l’aria dato che non riesce a trovare una via d’uscita. Una folata di vento gli sferza i capelli e viene avvolto dal dolce profumo all’albicocca che sentiva ogniqualvolta abbracciava lei.
Subito, sotto la sua pelle, si fa viva la necessità di avvertire nuovamente quell’odore e, senza pensarci due volte, si getta contro spini e arbusti per aprirsi una strada verso la rosa.
Il maglione verde si impiglia nei rami e molti fili vengono tirati. Le frasche più resistenti graffiano la sua pelle disegnandogli lunghe strisce rosse sul collo, sul volto e nelle braccia. I piedi avanzano alla cieca e più volte perde l’equilibrio cadendo in ginocchio. Solleva lo sguardo sulla rosa, giusto per assicurarsi che sia ancora là, solo per lui, ed è così. Se ne sta lì, immacolata e inviolata da tutto il resto. Quando riesce a distogliere lo sguardo da quella, si accorge che l’ambiente circostante sta cambiando. Sembra quasi uno degli effetti speciali del cinema, un gioco di colori e fantasie. Il terreno si ghiaccia e, subito dopo, il bianco e l’azzurrino iniziano ad assumere tonalità variopinte fino a trasformarsi in un prato fiorito. Si piega su se stesso e tende una mano per afferrare un fiore, ma questo gli sfugge e il terreno fertile viene sostituito da uno arido e quasi roccioso.
Sconvolto da tutti quei fenomeni, riprende a camminare piuttosto in fretta onde evitare che anche la rosa ne venga contagiata. Affretta il passo e sorride scoprendo che manca poco. Inizia ad avvertire un primo accenno di quel profumo tanto ricercato e questo gli dà la forza di correre. I passi vengono soffocati da un manto morbido che ricopre il terreno. Si concede un’occhiata fugace e nota lo strato spesso di foglie con tonalità che variano dal giallino al marrone. Resta basito davanti a questo spettacolo, ma non ha il tempo per soffermarsi su di esso ancora di più; riesce solo ad accorgersi che il cambiamento del terreno ha ripreso il suo corso e nuovamente sta ghiacciando. Quando anche l’ultima fila di alberi viene oltrepassata, si concede un sorriso e sente le mani tremare per l’emozione. Fa dei passi cauti con la mente inebriata dal profumo che risveglia in lui passioni e ricordi da tempo assopiti.
È ad un passo dalla rosa e tende la mano per sfiorarla. Gli mancano solo pochi centimetri quando, delle grida e uno sparo rompono quell’armonia che si era instaurata.
Si porta una mano al petto dove, con una velocità impressionante, si sta estendendo una chiazza di sangue. Cade in ginocchio e getta un’occhiata alla rosa che ancora non è riuscito a raggiungere. Alza il braccio e singhiozza quando capisce che per lui è finita. Crolla con la faccia sul prato fiorito mentre non perde di vista l’oggetto del suo desiderio che, purtroppo, risulta inarrivabile. Ne analizza ogni particolare, memorizza ogni linea sinuosa dei petali bianchi. Gli stessi petali che sono rimasti macchiati dal suo sangue e che ora bruciano tra le fiamme. E Harry grida dal dolore e implora affinché le fiamme cessino e il dolore venga allontanato da lui. Le lacrime solcano il suo viso lambendo poi la superficie ghiacciata e l’ultimo suo straziante urlo si disperde in un lungo eco.
Harry si tira su di scatto, il respiro affannato e la mano sinistra stretta alle coperte. Si guarda intorno spaesato, gli occhi lucidi per il terrore e il battito leggermente accelerato. Subito si tasta il petto alla ricerca di una ferita o un qualunque altro segno che attesti la veridicità di quanto è accaduto in quel bosco. Rilascia un sospiro di puro sollievo dopo aver verificato che il petto, ad esclusione dei tatuaggi, è rimasto immacolato.
-Era solo un sogno. Solo uno stramaledetto sogno.- mormora con voce rotta mentre scalcia via le coperte e poggia i piedi nudi sul pavimento freddo.
Le tempie sembrano quasi pulsare e deve strizzare gli occhi più volte prima di mettere bene a fuoco le varie cose. Lo sbattere violento della porta contro il muro lo fa sobbalzare e si ritrova a fissare dubbioso la figura sul ciglio della porta.
-Non è che mi daresti una mano?- dice Ed con il volto arrossato dallo sforzo e le braccia cariche di panni e coperte. Però, tutto quello che Harry si limita a fare è alzare un sopracciglio e arricciare il naso.
-Come non detto!- sbuffa l’amico capendo l’antifona e gettando tutte le cose alla rinfusa sul letto di Harry. Si guardano per un attimo e poi scoppiano a ridere.
-Però non lo dire a Babù.- precisa Ed tornato serio e spaventato da una possibile reazione dell’amica fissata con l’ordine. Harry continua a ridere e getta indietro il capo per poi annuire con le lacrime agli occhi mentre i ricci gli ricadono sulla fronte. Stipulano così il loro ennesimo patto segreto, uno di quelli necessari alla sopravvivenza, uno di quelli a cui ricorrono spesso onde evitare che l’ira di Lana ricada su di loro. A dire il vero, non c’era nemmeno bisogno che Ed gli chiedesse di tacere riguardo il misfatto perché è ovvio e quasi scontato che niente uscirà dalla bocca di Harry.
Si danno a vicenda una pacca sulla spalla, un colpo amichevole che sottintende molte cose: “Come va?”, “Grazie.”, “Perché di nuovo?”, “Aiutami”.
Harry abbozza un sorriso quasi timido e si gratta la nuca imbarazzato perché sa che, a breve, torneranno a parlare della sua situazione e di quello che è accaduto la sera prima. Ma Ed tace perché non trova le parole, ne ha usate così tante da aver finito il repertorio e, ora, non sa cosa dire. Ci ha provato molte volte a farlo ragionare, ha utilizzato diversi modi ma si sono dimostrati tutti fallaci. È stato dolce, comprensivo, rude e maligno; lo ha consolato, gli ha offerto una birra nel portico di casa, lo ha preso a schiaffi, lo ha portato al mare di notte.
Ma Harry ha la testa dura e gli occhi coperti da due fette di prosciutto. Sente solo quello che vuole sentire e tu puoi parlargli per ore e ore ma, da una parte gli entra e dall’altra gli esce.
La madre da piccolo lo sgridava sempre per questo motivo: non voleva sentir mai ragioni e, se si impuntava su una cosa, non c’era modo di distogliervelo. Come quella volta che aveva deciso di avere come animale domestico una tigre ma, dato che nessuno voleva accontentarlo, era uscito di casa, a soli sei anni, per andare allo zoo e prendersi la tigre più bella.
Alla povera Anne prese un colpo quando non lo trovò più nel suo lettino.
Perché Harry è così: prima agisce e poi pensa, o forse non lo fa mai. Un tipo impulsivo, che non conosce limiti e che non si fa problemi a dire tutto quello che gli passa per la testa. Ma è anche ingenuo delle volte, proprio come un bambino che non riesce a capacitarsi di alcune situazione. Lui è un mix letale, una di quelle persone che entrano nella tua vita in punta di piedi e in silenzio stravolgono tutto il tuo mondo e il tuo cuore. Sa come farsi volere bene e il più delle volte non lo fa nemmeno apposta. Tu puoi arrabbiarti con lui quanto ti pare, lui può ferirti milioni e milioni di volte, ma basta un suo sguardo, un suo tentennamento, il suo labbro inferiore stretto tra i denti e ti dimentichi di tutto quello che è successo.
È una vera forza della natura ma ha un punto debole in grado di annientarlo del tutto: Frida. Frida è più grande di lui di tre anni, una venticinquenne olandese che ha trovato in Birmingham la sua patria. Una tipa solare e schietta, con la battuta sempre pronta e la passione per le cause perse. Forse Harry era la sua causa persa, il ragazzo con la testa priva di rotelle e con i bulloni arrugginiti. Ma Frida non si è fatta spaventare da nulla e ha fatto di quella causa persa una cosa personale, ha preso Harry per le maniche del maglione e lo ha scosso rivoluzionandogli il mondo. È una di quelle ragazze che non si lasciano impietosire da niente ma, allo stesso tempo, è la prima sull’auto ad alzarsi per far sedere una vecchietta al suo posto. È brava a relazionarsi con le persone, a fare conoscenze e a comunicare ma detesta i bambini. Non riesce proprio a sopportarli quando si lamentano o piangono o passano tutto il loro tempo a chiedere “perché?”, tant’è che le verrebbe voglia di chiuderli in uno stanzino. E questo lo dice lei, figlia di una maestra d’asilo e un pediatra.
Frida è un’esplosione di colori, un turbine di emozioni. Un piccolo uragano dai capelli biondo cenere e gli occhi in grado di incantarti: due perle grigie e azzurre. Ha un sorriso ambiguo, uno di quelli che non sai mai come interpretare. Perché lei è così, un punto interrogativo, un romanzo senza un finale, una domanda senza una risposta. Lei ti fissa e basta, sta nel suo angolo di mondo con il piccolo naso all’insù ricoperto di lentiggini  e gli occhi che scrutano ogni tua mossa. E poi sta a te scegliere come interpretare le sue reazioni, sei tu a stabilire se ti sta prendendo sul serio, se è confusa o se si sta prendendo gioco di te.
Lei non dice nulla, non ti permette di capire nulla. Rimane un mistero anche per le persone che la conoscono più di tutti gli altri, o meglio che credono di conoscerla più di tutti gli altri.
Frida è imprevedibile. Un attimo prima è stesa sul divano con un forte mal di testa e sembra essere sul punto di addormentarsi, l’attimo dopo è già in piedi e ha voglia di uscire. Come quella volta che di punto in bianco ha buttato Harry giù dal letto perché lei aveva voglia di andare in Canada. Sebbene fossero le quattro di notte e la temperatura era sotto lo zero, nemmeno due ore dopo erano già sull’aereo pronti a partire.
Per non parlare di quando, la notte di Natale, lo aveva costretto a guidare alla ricerca di un centro per i tatuaggi dove avrebbe potuto farsi incidere sulla pelle il testo della sua canzone preferita.
Frida è un piccolo demonio travestito da angelo, un’amara medicina imbevuta nel miele, una fiamma tenue che brucia molto lentamente fino a diventare indomabile.
E Harry è rimasto scottato da Frida, e la sua è una ferita ancora aperta. Ma a lui va bene tutto questo, perché è l’unico motivo che lo spinge ad andare avanti, ad alzarsi ogni mattina. Lui sa che lei sta per tornare, che oramai è solo questione di giorni e poi potrà abbracciarla, baciarla, viverla tutto il tempo che vorrà.
Le imprecazioni di Ed interrompono i suoi pensieri e si gira trovandolo a terra mentre cerca di ripiegare alla bell’e meglio i maglioni caduti. Sorride e lo sbeffeggia con una risata canzonatoria. L’altro lo incenerisce con lo sguardo e poi ghigna quando ha capito come vendicarsi.
-E comunque, dopo ieri sera Lei è molto arrabbiata con te!-  sibila Ed come una vera serpe e Harry si irrigidisce deglutendo.
In un’altra stanza una porta sbatte seguita dal rumore di passi.
-Harold!- il grido riecheggia per la casa e il diretto interessato si chiude in bagno per ritardare l’incontro con l’uragano che sta per travolgerlo.
Si infila nella doccia e lascia che il getto di acqua calda scivoli lungo la sua schiena. Le mani insaponano il corpo, gli occhi sono chiusi e la mente è volta a pensare a Lei.

 
 
 
Salve gente!
Dopo un mese preciso vi presento il nuovo capitolo. Che ve ne pare? Come avete potuto notare, abbiamo un sogno, meglio definibile come un incubo, di Harry che potrebbe permettervi di analizzare il suo complesso IO interiore. Per il resto, troviamo una scena Harry-Ed che mostra qualche particolare della loro amicizia e, permettetemi di dirlo, Ede è adorabile! Poi, riguardo la misteriosa Frida, finalmente si hanno più notizie su di lei, il suo aspetto e il suo carattere. Cosa ne pensate di questa ragazza? Avete delle opinioni a riguardo? Ci tenevo a ringraziare chi ha messo la storia tra le preferite, le ricordate o le seguite, e in particolar modo coloro che hanno lasciato una recensione. Spero di leggerne delle altre con questo capitolo, e se possibile anche da gente nuova perché, per me, conoscere il vostro parere è importante.
Detto questo vi lascio per non annoiarvi ulteriormente.
A presto.
Con affetto,
Atarassia_
 
PS: ringrazio Iridium Flare per aver betato il capitolo.
PPS: Vi va di leggere queste altre mie storie? Annika  e   Pride

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


 
AVVISO: Dopo aver letto il capitolo, leggete anche lo spazio autrice perchè vi devo comunicare una cosa!




The hunt
Capitolo Tre

 
I'm just a broken hearted man.
I know it makes no sense 
but what else can I do? 
How can I move on 
when I'm still in love with you? 
 
 
Sono esattamente quarantatrè ore che non si rinchiude tra le quattro mura del “The Hunt”. Ha la testa confusa e le mani che tremano agitate. Si muove convulsamente e ogni due secondi sposta il peso da una gamba all’altra non riuscendo a stare fermo. Ed gli sta raccontando di una ragazza che poco prima ha incrociato andando a prendere da bere ma, sinceramente, non ha prestato molta attenzione e ora ha perso il filo logico del discorso. Con discrezione, giusto per non offendere l’amico, tenta di guardare l’orologio per poi deprimersi ogni volta. I secondi passano e i minuti aumentano velocemente. Alla velocità della luce, la sua mente fa calcoli e ragionamenti assurdi, supposizioni che non stanno né in cielo né in terra.  Spera che, nell’arco di quelle quarantatré ore, nel caso in cui Frida fosse giunta al “The Hunt”, sia ancora lì al suo arrivo. Forse, pensa, si è addormentata rannicchiata su una panca, oppure ha ordinato qualcosa e ancora sta aspettando che gliela portino. O forse sta andando là ma è in ritardo per aver perso l’auto o per essersi dimenticata come al solito il cellulare a casa.
Harry ha una voglia pazzesca di piantare in asso Ed e lasciare in fretta e furia il locale per andare e attendere il suo arrivo. L’adrenalina sembra diffondersi nelle sue vene e non riesce più a stare calmo tant’è che, come un ossesso, si muove avanti e indietro sulla sedia. Le mani prudono per l’agitazione, per la paura di non fare in tempo e forse anche per rabbia. Quella rabbia repressa nei confronti di Lana e Ed che, coalizzatisi contro di lui, lo hanno tenuto sottocontrollo per tutti e due i giorni. La sera prima hanno trovato la scusa del film e di Lana improvvisamente “distrutta” per la storia finita male con Daniel. Quella stessa storia che, Harry lo sa, la stessa Lana ha voluto troncare perché non provava più niente e si era stancata. Batte ritmicamente il piede a terra facendo tremare tutto il tavolino. Ed si immobilizza e afferra con una presa salda i lembi del tavolo. Si guarda intorno spaventato  e la  sua espressione passa dall’essere terrorizzata, all’essere confusa fino a divenire serena quando, seppur in ritardo, si accorge che non c’è alcun terremoto. Poi china leggermente la testa sulla spalla intuendo che il tremolio era dovuto ad Harry e, per la prima volta da quando sono arrivati al locale, non riesce più a fingere di non essersi accorto dell’espressione contrariata dell’amico.
Sentendosi a disagio sorride timidamente, riprende a girare il cucchiaino nella tazza e a parlare della  ragazza con “l’oceano negli occhi”. Il punto è che aveva finito di bere il tea circa una ventina di minuti prima e quindi stava “girando” l’aria, e aveva già parlato degli occhi della ragazza; infatti un paio di secondi prima si era spinto a riflettere  su un nuovo modello di chitarra che vendevano nel negozio all’angolo della strada. Ed è uno di quei tipi molto distratti, di quelli che basta poco per mandarli in confusione. E Harry ha da subito capito che può usare questa sua debolezza contro di lui e convincerlo a lasciarlo andare. Ma se Ed è quello caratterialmente più debole e Harry quello più furbo, Lana è quella che mette più paura. Esageratamente protettiva quando si tratta dei due amici, non esita a ricorrere a qualche schiaffo o a strigliate in vecchio stile per proteggerli.
Quindi, se da una parte Ed è intimidito dalle occhiate che Harry gli sta rifilando, il ricordo di Lana, che con “toni molto pacati” gli spiega che non deve perdere di vista l’amico, prevale e non si lascia abbindolare.
-Andiamo al vecchio chiosco?- esclama alzandosi e diventando dello stesso colore dei suoi capelli. Harry sbuffa e borbotta qualche mera imprecazione ma, seppur controvoglia, obbedisce a testa bassa. Pagano il conto e si inoltrano nel freddo gelido di Birmingham. Il “vecchio” chiosco è quello a ridosso del parco, quello dove i due si rifugiavano ogni volta con Lana e la loro combriccola all’uscita da scuola, quello dove molto spesso si intrattenevano la sera perché troppo stanchi di stare in casa a fissare i muri. Salutano il vecchio proprietario che rivela di essersi preoccupato non avendoli più visti e  prendono due cartocci unti di Fish&Chips. Harry lascia la parte dei saluti a Ed e, indifferente e apparentemente imperturbato, si allontana lentamente costeggiando il lungo viale alberato che porta alla pista ciclabile.
Si siede su una panchina vuota e canticchia “Demons” degli Immagine Dragons. Lo sguardo si incupisce e la voce gli si fa rauca. Intorno a lui sembra esserci serenità: una giovane coppia, una bambina che va in bicicletta con il padre, un cane che rincorre una palla, Ed che abborda una ragazza. In lui, invece, si scatena una tempesta: la sua parte razionale gli ordina di smetterla, mentre il cuore lo sprona a non arrendersi. Getta il cartoccio vuoto ai suoi piedi e si prende la testa tra le mani tirandosi i capelli. Tenta di concentrarsi su quel lieve dolore fisico pur di non avvertire quello dovuto all’assenza di lei. Ricaccia indietro le lacrime e tenta di farsi forza lottando contro i ricordi che si difendono con gli artigli acuminati per tornare a galla.
Una valigia accanto al divano, l’attaccapanni mezzo vuoto, le ante dell’armadio aperte e dentro più della metà delle stampelle prive di panni. La sedia solitamente ricolma di vestiti ora sembra così spoglia, gli orecchini gettati alla rinfusa sul comodino ora lasciano spazio al legno rigato. Le mura della stanza che gli erano sembrate sempre molto sicure ora sembrano essere sul punto di cadergli sopra. E lei lì, avvolta nel soprabito rosso e gli stivali al ginocchio. I capelli biondi tagliati di recente e il cipiglio ostinato sul suo volto. Stringe un bicchiere d’acqua tra le dita affusolate e lascia che le unghie graffino il vetro scheggiato.
E Harry se ne sta buono sulla soglia della porta, con le immagini che gli scorrono veloci davanti agli occhi e le idee che si rincorrono senza sosta. Trattiene il respiro mentre lei si avvicina, inspira quanto più gli è possibile l’odore della sua pelle, quell’odore oramai familiare e si perde in quella carezza. Ha la gola secca e mille parole che premono per uscire ma che, per un motivo banale, non riesce a tirar fuori. Deglutisce e ripassa a mente le parole, le frasi, il discorso che potrebbe fare a Frida. La paura lo attanaglia ma una parte di lui tenta ancora di convincersi che non è così, che non possono stare così le cose. Insomma, devono ancora visitare New York e i suoi taxi gialli, Venezia e le sue gondole, la Cina e la sua muraglia cinese. Hanno mille viaggi da progettare e due destini da intrecciare; devono nuotare sui fondali marini più cristallini e scalare le vette più alte. Hanno alcuni film da vedere, delle ricette esotiche da provare e una libreria ancora imballata da montare. Ma Frida sta cambiando le regole del gioco e lo spartito del loro amore sembra essere destinato a rimanere incompiuto. Non sarebbe né il primo né l’ultimo, ma ad Harry non piacciono le cose incomplete.
Lo irritano e basta, proprio non riesce a mandarle giù. Detesta quando la corrente salta e lui non può finire di vedere l’ennesimo episodio di Dragon Ball anche se conosce le battute a memoria. Detesta il telefono che si scarica e che non gli fa ascoltare l’ultimo ritornello della canzone, la penna che smette di scrivere mentre disegna i suoi manga, lo strato di muffa sull’ultimo barattolo di marmellata dimenticato sul fondo del frigorifero.
Detesta Frida e i suoi cambi di programma. Lui ha da proporle mille avventure, forse un matrimonio e poi un pargolo dagli occhi verdi, il naso all’insù e i capelli ricci. A dire il vero vuole anche una bambina da proteggere, a cui insegnare ad andare in bicicletta e da consolare quando l’amichetta dell’asilo le dice di essere brutta. Vuole fare a gara con Frida per vedere se i bambini diranno prima “papà” o “mamma”, leggere le favole di “Biancaneve” e “Bambi” la sera prima di dormire, riprendere emozionato con la vecchia telecamera i primi compleanni, i primi passi e le recite con i costumi di cartapesta.
Vuole una vita da vivere con lei e tutte le emozioni da scoprire. Ma ora la detesta. La detesta e la ama. Vorrebbe scoppiare a piangere, urlarle contro, implorarla, baciarla. Vorrebbe strapparle quella maledetta valigia dalle mani, richiudere la porta e stringerla tra le braccia. Vorrebbe insultarla, dirle che quel misero bacio sulle labbra non gli basta e che ha bisogno di lei, solo di lei.
Vorrebbe chiederle “perché”, dirle di svegliarlo da quell’incubo e spiegargli il significato di “Mi dispiace, ma per me finisce qui.”. C’è una telecamera sul muro e Ed e Lana sono appostati dietro il divano, ne è sicuro o la cosa non si spiegherebbe. Ora loro salteranno fuori e si prenderanno gioco di lui e del suo essere il solito credulone. Ma la porta si chiude, il rumore degli pneumatici sul vialetto si fa sempre più lontano e il silenzio cala sulla casa. E lui è lì, con lo sguardo fisso sulla finestra e gli arti bloccati.
Per me finisce qui. L’ultima pazzia di Frida? Il suo senso dell’umorismo senza limiti? Lo sa, Harry lo sa. Se ne è andata con le amiche a fare un viaggio e nel giro di un paio di giorni sarebbe tornata ad invadere i suoi spazi e a seminare le scarpe, i vestiti e la cenere della sigaretta su tutto il pavimento. Doveva solo aspettare ed andare di tanto in tanto a controllare la posta per vedere se tra le bollette ci fosse anche qualche cartolina di una zona tropicale e su di essa la firma sbilenca di Frida. Il telefono alle sue spalle squilla incessantemente ma non si cura di rispondere e ride. Ride e afferra la giacca, ride e esce di casa, ride e raggiunge il “The Hunt”.
Manda giù il primo bicchiere di vodka, il telefono nella tasca dei pantaloni suona e la vibrazione lo fa ridere. Ride e affoga i pensieri nel bicchiere.
Ride e singhiozza.

Piange ed è all’Inferno.

 
Salve gente! (: 
Finalmente sono riuscita ad aggiornare. Prima di tutto, vi parlo dell'avviso che vi avevo annunciato prima del capitolo. Per il prossimo aggionamento, dovrete aspettare  fino a Luglio, all'incirca dopo il 7 di Luglio. Il fatto è che tra pochi giorni finisce la scuola, poi avrò una decina di giorni di riposo e alla fine sarò impegnata con la Maturità. Facendo i calcoli con i professori, si è arrivati a pensare che entro il 7 di Luglio avremo finito tutto. Quindi vi chiedo di pazientare!
Tornando al capitolo, nella prima parte ho preferito concentrarmi sulle figure di Ed e Harry, anche se attraverso i loro pensieri sono arrivata ad analizzare i comportamenti di tutti e tre gli amici, anche di Lana, e spero che vi sia piaciuto il modo in cui li ho presentati.
Nella seconda parte, invece, finalmente avete qualche informazioni in più sulla misteriosa Frida. Vi devo confessare che ho ancora dei dubbi su di lei e sul suo rapporto con Harry, ancora devo definire alcune cose. Voi che ne pensate? Rispecchia un po' l'idea che vi eravate fatte di lei o no? Cosa pensate della storia in generale?
Mi piacerebbe ricevere qualche recensione in più per capire cosa devo aggiustare e cosa valorizzare all'interno della storia. Quindi, fatemi sapere quello che vi passa per la testa, indipendentemente dal fatto che sia un giudizio positivo o uno negativo. Sono pronta a ricevere qualsiasi parere!
Detto questo, ringrazio coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, le preferite e le ricordate e quelle anime sante che hanno lasciato delle recensioni nei capitoli precedenti.
Ora vi devo salutare, ci sentiamo tra poco più di un mese. Un grande in bocca a lupo a tutti coloro che, come me, dovranno affrontare qualche esame, mentre a tutte le altre, auguro un'estate indimenticabile e assolutamente rilassante. Se potete, divertitevi anche per me! (:
E se volete farmi davvero felice, per favore passate a leggere anche altre due mie storie:
Annika e Pride. Oh, mi stavo quasi per dimenticare che c'è anche questa os sempre sui ragazzi: Venerdì 17.  E se volete, lasciate una recensione!
Un bacione,
Mel (:

 
 
 

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