Survivors

di Dannata93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Famosa Cura ***
Capitolo 2: *** Nuovi Incontri ***
Capitolo 3: *** Carne Umana ***
Capitolo 4: *** La Storia di Payton ***
Capitolo 5: *** Insonnia ***
Capitolo 6: *** Menzogne ***
Capitolo 7: *** Piccola Judy ***
Capitolo 8: *** Ti devo la Vita ***
Capitolo 9: *** Dentro la scuola ***
Capitolo 10: *** La Ragazza e la Bestia ***
Capitolo 11: *** I Nostri Errori ***



Capitolo 1
*** La Famosa Cura ***


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La Famosa Cura

Da tre anni il mondo era silenzioso, troppo silenzioso.
L'uomo aveva tentato per molto tempo di trovare una cura contro il cancro senza risultati degni di nota, fino a quando la Dott.ssa Alice Krippin dichiarò di esserci riuscita in diretta televisiva. 
In un certo senso l'aveva trovata.
La razza umana non era forse definita il cancro della terra?


Avevo diciotto anni quando mi diagnosticarono un cancro maligno al cervello e, dopo mesi di chemioterapia, il Dr. Bennett mi parlò di questa nuova cura sperimentale che stava ottenendo degli ottimi risultati sugli animali ed era pronta a passare alla sperimentazione umana.

I miei genitori non furono subito d'accordo, ma riuscì a convincerli con poche e dure parole. << Morirò in ogni caso, che sia per la cura o per il cancro non fa differenza >>

Dopo una settimana conobbi la famosa Dott.ssa Krippin.

Provai subito una inspiegabile antipatia nei suoi confronti che aumentò drasticamente quando mi separò dalla mia famiglia dicendomi che era soltanto per  il mio bene, ma non le credetti e nemmeno mio fratello Ryan che provò in tutti i modi di restare al mio fianco, ma quella donna fu irremovibile.

Vidi per la prima volta uno di
loro, quando venni trasferita nel suo ambulatorio privato.
Era un uomo, rinchiuso in una cella di vetro, spessa quasi venti centimetri ed era tenuto costantemente controllato. Passava le giornate a sbattere violentemente la testa calva contro il vetro e a fare dei versi mostruosi che giungevano chiari fino alla mia stanza. Un giorno mi arrischiai a chiedere che cosa avesse, ma non ricevetti mai risposta.
Quando incominciai la terapia era nervosa e felice allo stesso tempo; sfortunatamente nulla andò come speravo.

Inizialmente la cura sembrava funzionare: riacquistavo le forze e dalla risonanza che mi fecero dopo una settimana di terapia risultò che la massa tumorale si stava lentamente rimpicciolendo, ma man mano che il tempo passava, sviluppai una fame incontrollabile.

Sentivo costantemente il bisogno e, il desiderio, di nutrirmi e non di una semplice minestra. Volevo carne, carne fresca e cruda e, sebbene, provavo un forte disgusto nel trovarmi davanti ad una bistecca completamente al sangue, impiegavo non più di una manciata di secondi per divorarla, per poi richiederne subito un altra.
Dopo la fame, iniziai ad amare la notte e ad odiare la luce.
Dove la luce colpiva la mia pelle mi sentivo bruciare e dopo pochi minuti si formavano delle piccole vesciche che pulsavano dolorosamente non appena le sfioravo. Non riuscivo più a parlare ed incomincia ad esprimermi con dei versi mostruosi, da animale; identici a quelli dell'uomo in cella.
Eppure la Dottoressa continuava a sostenere che tutto procedeva per il meglio.
Era al limite della pazzia quando conobbi il suo assistente, il Dr. Thomas Wood, un ragazzo simpatico, dai corti capelli biondi e dagli occhi color cioccolato.
Spesso veniva a farmi visita, parlandomi del suo recente matrimonio, della sua nuova casa e di quanto adorasse la medicina. Io lo ascoltavo rapita e i miei istinti animaleschi sembravano svanire davanti a quella dolcezza.
Perciò non mi allarmai quando venne da me, nonostante fosse in compagnia di quella donna. << Credo di aver trovato il modo di aiutarti, Samantha >> mi aveva detto estraendo una piccola siringa. << Mi sono reso conto che i sintomi del virus sono molto simili a quelli della rabbia e... >>
<< Non perdere tempo a darle spiegazioni, Wood >> l'aveva interrotto la Dott.ssa con impazienza. << Ormai non è altro che un animale e noi non parliamo con le nostre cavie >>
<< Mi scusi, Dottoressa >>
Con un movimento deciso mi aveva inserito l'ago nella vena del braccio, senza provare la minima paura nei miei confronti, perché sapeva che non avrei mai potuto fargli del male.
Passarono circa ventiquattro ore quando iniziai ad avvertire i primi miglioramenti. La fame era diminuita di colpo, anche se continuavo a desiderare la carne cruda, ma con molta meno frequenza.
Riuscivo a sopportare l'esposizione alla luce, purché non eccessivamente intensa, ma anche allora mi bastava coprirmi il corpo con degli abiti lunghi e non avvertivo nessun dolore. Anche il continuo istinto di aggredire gli altri sembrava del tutto scomparso e avevo persino ricominciato a parlare.
Ero felice, nonostante i numerosi test a cui venivo sottoposta, perché iniziavo finalmente a sentire vicina la mia libertà.
Dopo quattro giorni, però i sintomi si ripresentarono e, prima che potessero fermarmi aggredii uno degli infermieri, staccandogli a morsi tre dita della mano destra, provando un piacere immenso nel sentire il sapore del sangue caldo nella mia bocca.
In seguito all'accaduto, Thomas mi disse che dovevo ricevere un dose quasi giornaliera di antirabbica se non volevo ritrasformarmi in una bestia e le mie speranze andarono in frantumi.
Nemmeno scoprire che avevo acquisito una forza maggiore di quella di un normale essere umano e dei sensi più raffinati riuscì a rianimarmi perché significava che il virus era ancora in circolo nel mio corpo, in attesa di riprendere il controllo.
Solo le visite di Thomas riuscivano a non farmi deprimere e, lo aspettavo sempre con ansia, soprattutto da quando ero di nuovo in grado di parlare.
Lo bombardavo di domande, chiedendogli se stavano facendo progressi, come avevano reagito gli altri alle cura e all'antirabbica e lui rispondeva sempre con sincerità, senza mai nascondermi nulla, tranne quando gli domandavo dei miei genitori.
Mi disse che erano in un vicolo cieco e non sapevano che cosa aveva innescato la guarigione nel mio corpo e che cosa impedisse al vaccino di completarla.
Rimasi sconvolta quando mi confessò che sugli altri malati l'antirabbica non aveva funzionato e, che erano morti nel giro di poche ore. Passai tutta la notte a pensare a quante persone erano morte per colpa di quella donna e quante ne sarebbero ancora state uccise.
Quella stessa notte, Thomas si intrufolò in camera mia e chiuse la porta blindata, facendomi segno di tacere; in mano aveva una piccola tv.
<< Cosa ci fai qui? >> gli avevo chiesto incuriosita e spaventata dalla sua insolita espressione nervosa. << Sono venuto per rispondere alla tua ultima domanda >>
<< Vuoi dirmi come sta la mia famiglia? >> mi eccitai all'istante, felice di poter finalmente avere loro notizie. << Allora? >>
Per tutta risposta lui aveva appoggiato il televisore sulle mie ginocchia e l'aveva acceso sul telegiornale di New York.
Avevo guardato con nostalgia le immagini della città addobbata per il Natale, ma mi ero accorta subito che, nelle strade, qualcosa non andava.
Si vedeva la gente correre, gridare e implorare aiuto. La telecamera inquadrò il viso di una donna che perdeva sangue dagli occhi, mentre di avvicinava ad una velocità sorprendente al cameraman.
Restai ad ascoltare le urla dell'uomo intanto che veniva divorato vivo, provando un brivido di terrore lungo la schiena. La città era invasa da infetti.
Avevo iniziato a piangere, capendo che cosa intendesse Thomas con quelle immagini raccapriccianti. << La mia famiglia è stata contagiata, vero? >>
<< Si >> aveva risposto in un sussurrò cingendomi dolcemente le spalle.
<< N-non... non si sono trasformati? >>
<< I tuoi genitori no >>
<< E Ryan? >>
Era rimasto in silenzio, aspettando paziente che la verità facesse breccia nella mia mente e, quando capii che mio fratello si era trasformato in uno di loro, piansi più forte nel ricordare il mio fratellone iperprotettivo salutarmi con un sorriso triste, mentre venivo trasportata in ambulatorio.
<< Loro non erano malati di cancro >> avevo detto quando mi ero ripresa. << Come hanno fatto a contrarre il virus? >>
<< Sono state le persone sottoposte alla cura a contagiare le altre >>
<< Ma voi sapevate quello che ci era successo dopo il trattamento. Perché avete continuato?! >>
<< La Dottoressa Krippin sosteneva che non era nulla di grave, che saremmo riusciti a trovare una soluzione grazie ai soldi che gli ospedali di tutto il mondo ci avrebbero pagato per la cura >> si era alzato, prendendo la tv. << Mi dispiace, Sam >>
<< Vattene >>

Da quel giorno erano trascorsi due mesi, due mesi di continui esperimenti, due mesi senza Thomas poi, la vigilia di Natale tutto andò a rotoli.

L'ambulatorio fu evacuato e, tutti gli esperimenti tranne me, furono eliminati; avevo ascoltando le loro urla di dolore cercando di non provare pietà per quegli assassini, ma come potevo? Ero stata anch'io uguale a loro e sapevo quando forte ed incontrollabile fosse il desiderio di uccidere.
Durante l'evacuazione finì in un furgone con Thomas e altre otto persone e, nonostante non ci parlavano da quella lontana notte non avevo potuto resistere alla tentazione di sapere che diavolo stava succedendo.
<< Sigillano l'isola >> era stata la sua cupa risposta.
<< Perché? >>
<< Per cercare di bloccare l'avanzamento del virus >>
Era rimasta in silenzio per un po', con un'altra domanda che desideravo fargli, ma avevo troppa paura per esprimerla. Alla fine avevo preso coraggio. << Dov'è tua moglie? >>
<< E' morta >> una risposta secca, incolore.
<< Per colpa del virus? >>
<< No, è stata fatta a pezzi da uno di loro >>
<< Mi dispiace
>>
Mi aveva guardata e aveva aperto la bocca per rispondermi quando qualcosa aveva fatto ribaltare il furgone, mandandolo fuori strada.
Era stato Thomas a farmi riprendere conoscenza e, guardandomi intorno, avevo visto cinque corpi senza vita ed un uomo che si teneva la gamba dalla quale gli usciva un pezzo di osso, gemendo di dolore.
All'esterno qualcuno stava tentando di sfondare le pareti del mezzo gridando e colpendo senza pietà.
<< Sono loro >> aveva sussurrato impaurita una giovane infermiera. << Che cosa facciamo? >>
<< Prendete qualunque cosa che potete utilizzare come arma >> avevo risposto senza esitazioni, strappando il freno a mano con un unico gesto. Non era il massimo, ma con un colpo ben assestato poteva far perdere conoscenza anche a quegli esseri.
Avevo guardato il resto del gruppo, soffermandomi sul ferito. << Tu non può venire >> non dimenticherò mai lo sguardo shoccato e terrorizzato che mi rivolse nel sentire le mie parole. << Non potete lasciarmi qui! >>
<< Mi dispiace, ma rallenteresti soltanto la nostra fuga >>
<< Io non abbandono un ferito! >> aveva protestato l'infermiera.
<< Allora morirai con lui >>
Era stato allora che Thomas aveva posato una mano sulla mia spalla sussurrando il mio nome, era bastato quello a farmi tornare in me. << Va bene, lo porterò io >> poi avevo guardato l'ultimo sopravvissuto dell'incidente, un giovane agente di sicurezza. << Tu hai una pistola? >>
<< Si, ma ho solo due colpi e quattro pallottole in tasca >> aveva risposto mostrandogli i proiettili.
<< Allora vedi di non sprecarli >>
Mi ero messa in spalla l'uomo, ignorando i suoi lamenti e avevo guardato lo sportello davanti a me. << Non appena l'aprirò, iniziate a correre più forte che potete >>
Di quello che era successo dopo, ho solo un ricordo confuso. C'erano state grida umane e non, e senza guardarmi indietro avevo capito che l'infermiera non aveva retto alla vista di tutti quei mostri che adesso se la stavano mangiando viva. Avevamo corso, senza fermarci, senza perdere tempo a guardarci alle spalle
Due colpi partirono dalla pistola del ragazzo, andando a centrare in pieno i bersagli.
Ricordo che avevo guardato di sfuggita Thomas, per assicurarmi che fosse ancora con me e avevo visto che portava a tracolla un enorme borsone e sulle spalle uno zaino. << Lasciali, ti rallentano soltanto! >>
<< Non posso >> aveva risposto lanciandomi una sguardo eloquente e subito avevo capito cosa contenessero: l'antirabbica.
Dopo circa un'ora avevamo rallentato l'andatura. Io non ero stanca, nemmeno per il peso che avevo sulla schiena, ma i due uomini alle mie spalle iniziavano a non farcela più, così trovammo rifugio in un piccolo edificio a tre piani.
Annusai attentamente il suo interno per assicurarmi che non contenesse pericolo e al mio via libera Thomas e il ragazzo avevano sospirato felici di poter finalmente riposare.
Restammo in quell'edificio per giorni, ad ascoltare le grida delle persone lasciate in città cercare di sfuggire agli infetti, ai balordi e al virus e ad assistere come meglio potevamo il ferito, ma dopo quattro giorni di agonie era spirato, ringraziandoci di aver tentato di salvarlo.
Non lo avevamo seppellito, avevamo semplicemente cambiato edificio, cercando cibo, acqua e armi ed evitando i luoghi troppo affollati, per non imbatterci in loro durante le ore di buio.
Imparai ad apprezzare il giovane agente di sicurezza per la sua ottima mira e il suo intaccabile ottimismo. << Mi chiamo Ian Prince >> si era presentato porgendomi la mano. << Lavoravo al laboratorio e fino ad ora la pistola era solo una decorazione della divisa, niente di più >>
<< Avrei preferito che continuasse ad esserlo >> aveva osservato Thomas mentre tentava di preparare una zuppa con i miseri ingredienti che eravamo riusciti a procurarci.
<< Io mi chiamo... >>
<< Samantha Gray >> aveva concluso al posto mio, sorprendendomi. << So chi sei e anche perché eri lì >>
<< Prova ad ucciderla e ti ammazzo >> Thomas si era parato davanti a me, in un gesto protettivo. << Lei non è come loro >>
<< Fino a quando ha l'antirabbica >>
<< Ho quasi cento flaconi in quelle sacche ed ognuno le basta per quasi un mese >>
Il ragazzo era rimasto in silenzio per poi aprirsi in un ghigno. << Quindi non dovrò ucciderti per circa quattro anni se ho fatto bene i calcoli >>
Avevo ricambiato, spostando Thomas con una lieve spinta. << Va a cucinare, tu >> gli avevo detto scherzosa prima di continuare a parlare con quello strano ragazzo.

Da allora passammo le giornate a cambiare continuamente nascondiglio e città, alcune volte a piedi e, quando eravamo fortunati in macchina, trovando morti, infetti e.... persino alcuni superstiti.

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Capitolo 2
*** Nuovi Incontri ***


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Nuovi Incontri

Samantha si nascose in un vicolo buio, sperando di essere riuscita a seminare loro, ma il rumore dei piedi nudi che correvano sull'asfalto la mise nuovamente in allerta e si guardò freneticamente intorno per cercare un nascondiglio; la sua unica speranza era il grande cassonetto dei rifiuti che aveva di fronte.
Alzò piano il coperchio e storse il naso, disgustata dall'odore nauseabondo che conteneva, ma se non voleva finire divorata avrebbe dovuto accontentarsi. Fece un respiro profondò e si tuffò in quella marea di sporcizia; l'unico lato positivo di tutta questa faccenda era che la puzza avrebbe di sicuro coperto il suo odore.
<< Chi sei? >> nel sentire qualcuno sussurrare alle sue spalle si voltò di scatto, facendo traballare pericolosamente il cassonetto. Imprecò in silenzio, cercando di riprendere la calma.
Davanti a lei, c'era una bambina di circa sei anni, con i capelli ricci, di un biondo talmente chiaro da risaltare persino in quella fitta oscurità. << Sei un mostro? >> domandò spaventata e solo allora Samantha si ricordò che per lei era impossibile vedere al buio; a volte tendeva a considerare i suoi nuovi poteri, se così li si voleva definire, uno cosa del tutto normale.
<< No >> le rispose. << Adesso, però devi stare zitta >> l'avvertì, sentendo i passi farsi sempre più vicini. << Stanno arrivando >>
Vide la piccola annuire senza emettere un suono ed insieme attesero l'arrivo dell'alba.

<< Dove diavolo si sarà cacciata? >> ringhiò Thomas camminando avanti ed indietro come un animale in gabbia.
<< Sbaglio o ieri sera sei stato tu a dire che non c'era da preoccuparsi? >> chiese sarcastico Ian sgranocchiando un biscotto umido.
<< Pensavo che sarebbe tornata prima dell'alba! >>
<< Tecnicamente non è ancora l'alba, ma manca poco >> lo corresse. << Probabilmente vorrà aspettare che loro vadano a dormire, per correre meno rischi >>
<< Forse >> mormorò Thomas affacciandosi cauto alla finestra. << Comunque, se tra un  paio d'ore non sarà ancora tornata, andrò a cercarla >>
<< Non hai la pistola >>
<< Un coltello basta e avanza >>
<< Fa un po' come vuoi >>

Sam camminava a passo svelta per le vie di New York tenendo per mano la bambina, guardando nervosamente ogni singolo palazzo, per assicurarsi che nessun occhio umano e non le stesse seguendo.
<< Dove stiamo andando? >> domandò la bambina faticando a tenere il suo passo. << Io sono stanca >>
<< La nostra casa non è lontana >> rispose sbrigativa svoltando l'angolo.
Qualcuno le venne addosso, facendole quasi perdere l'equilibrio, ma questo non le impedì di estrarre la pistola e puntarla contro lo sconosciuto. << Sta lontano dai noi >> sibilò minacciosa e l'uomo si lasciò andare ad un sospiro sollevato. << Finalmente ti ho trovata >> esclamò alzando finalmente lo sguardo e Sam incontrò due occhio nocciola che ben conosceva. << Tom >> disse rinfoderando l'arma. << Che cavolo ci fai qui? >>
<< Stavo venendo a cercarti >> rispose sbrigativo notando la bambina nascosta dietro le sue gambe. << Lei chi è? >>
<< Payton >> si presentò la piccola senza mollare la maglietta di Sam. << Tu come ti chiami? >>
Il medico sorrise dolcemente. << Mi chiamo Thomas, ma puoi chiamarmi Tom se preferisci >>
<< Potremmo toglierci dalla strada? >> domandò Sam lanciando un occhiata significativa alle finestre del palazzo alle loro spalle e Tom annuì tornando serio ed entrarono dalla porta sul retro, raggiungendo il loro appartamento dalle scale antincendio.
Non appena varcarono la soglia di casa, vennero accolti dai rimproveri di Ian. << Siete dei pazzi! >> affermò furioso. << Tu perché sei stata fuori tutta la notte e tu perché te la sei filata senza avvertirmi! >>
<< Scusa >> dissero quasi in coro, lasciandosi sfuggire un lieve sorriso.
L'uomo si accasciò sul divano passandosi avvilito una mano in volto. << Sembro mia madre >> borbottò e guardò la bambina al loro fianco. << Dove l'avete trovata? >>
<< Ero in un cassonetto dei rifiuti >> rispose la piccola dirigendosi senza troppi complimenti in cucina. << Ho fame! >>
Ian la raggiunse, prendendole un pacchetto di biscotti. << Mi dispiace piccola, ma è tutto quello che abbiamo >> si scusò abbassandosi alla sua altezza. << Io sono Ian >>
<< Payton >>
<< Piacere di conoscerti >>
<< Posso guardare i cartoni? >> disse la piccola, afferrando i biscotti che li venivano offerti e sedendosi sul divano. 
<< Si, ma tienila bassa >> rispose Sam, mentre si allontanava un attimo con gli altri. << Dobbiamo decidere che cosa fare >> iniziò Sam senza troppi giri di parole. << Non possiamo continuare a vagare di palazzo in palazzo >>
Le sue parole furono seguite da un silenzio carico di tensione, sapevano che era la scelta più logica lasciare la città e dirigersi verso zone più sicure, ma avevano paura di mettere in pratica la fuga. << E dove pensi di andare? >> chiese infine Ian.
<< Noi e la nostra Squadra stavamo per essere portati a Bethel >> disse Tom schiarendosi la voce. << Si diceva che lì, il virus non fosse mai arrivato >>
<< Nel Vermont?! >> esclamò l'ex agente guardandolo come se fosse pazzo. << E come cavolo pensi di arrivarci?! Di giorno, le strade sono piene di banditi, mentre la notte appartiene a quegli esseri e per di più ora c'è una bambina con noi! >>
<< Abbassa la voce >> lo ammonì Sam sporgendosi per controllare che Payton non li stesse ascoltando; fortunatamente era troppo presa a guardare i cartoni per starli a sentire. << Lo so, ma cercheremo di trovare un'auto veloce e resistente >> affermò affacciandosi ad una delle tante finestre. << La strada ne è piena! >>
<< E la benzina? >>
<< Ci basterà prenderla dalle altre macchine e dai distributori >> rispose iniziando ad organizzare la giornata. << Io andrò con Tom a cercare una macchina e della benzina sufficiente per il viaggio >> si voltò verso il biondo. << Quanto ci vuole per raggiungere Bethel? >>
<< Dieci, dodici ore al massimo se non c'è traffico >> scherzò Tom per alleggerire la tensione che si era creata. << Quando partiremo? >>
<< Oggi, prima di mezzogiorno >>
<< E io che faccio? >> domandò Ian indicando la bambina. << Devo restare qui a fare da baby sitter? >>
<< No, prendi Payton e cerca del cibo, ma stai nelle zone sicure mi raccomando >> lo avvertì. << Ci ritroviamo qui alle dieci in punto, chiaro? >>
<< Sei tu il capo >> la prese in giro il ragazzo caricandosi lo zaino in spalla.

<< Vuoi che guidi io? >> chiese e Tom notando la sua espressione stanca, erano in viaggio da circa otto ore e il sole stava incominciando a calare, presto sarebbe stato buio e non avevano ancora trovato un posto dove rifugiarsi.
<< No, meglio non perdere tempo >>
<< Giusto >>
<< Guarda quei due >> mormorò l'uomo indicando Ian e Payton dormire profondamente. << Dormono come angioletti >>
Sam annuì appena, tornando a guardare fuori dal finestrino, ammirando il paesaggio desolato del Massachussets.
<< A che pensi? >> le chiese Tom senza staccare gli occhi dalla strada deserta.
<< A come era la mia vita prima dell'epidemia >> rispose sincera. << Sai, certe volte rimpiango persino di essere guarita dal cancro >> ammise dopo un attimo di esitazione.
<< Perché? >>
<< Mi pare ovvio >>
<< La dottoressa Krippin avrebbe messo comunque in commercio la cura >>
<< Però è per colpa mia che non ha interrotto le vendite, perché ha visto che ero guarita >> protestò a bassa voce per non svegliare gli altri. << Le ho dato false speranze >>
<< Sai che avevamo già scoperto i suoi effetti quando sei arrivata da noi >> rispose calmo, poggiandole una mano sulla spalla. << Non è colpa tua, al massimo dovresti incolpare il sottoscritto >>
<< Non dire stupidaggini >>
<< Non l'ho fermata, anche se sapevo che la terapia trasformava le persone in mostri perché volevo i soldi per portare avanti le mie ricerche >>
<< Hai fatto degli errori, come tutti >>
<< Vero, e lo stesso vale per te perciò smettila di pensare al passato >> le disse regalandole un sorriso dolce che ricambiò con piacere, ma quell'attimo di felicità durò pochi istanti e, nel vedere l'espressione di Tom raggelarsi la sua mano corse subito alla pistola. << Che cosa hai visto? >>
<< C'è qualcuno a quell'incrocio >> mormorò e Sam, svegliò senza troppa gentilezza Ian che aprì gli occhi di scatto allarmato. << Che c'è? >> chiese stringendo a sé la piccola.
<< Ci sono due persone sulla strada >> rispose Tom diminuendo la velocità, mentre Ian svegliava la bambina. << Siamo arrivati? >> disse assonnata stropicciandosi i grandi occhi verdi, ma capì subito dalle loro facce che c'era qualcosa che non andava. << C-ci sono i mostri? >> balbettò impaurita rifugiandosi tra le braccia di Ian che cercò di tranquillizzarla. << No, è ancora giorno >> Non era del tutto vero. Restavano solo pochi raggi ad illuminare il cielo e, poi tutto sarebbe stato avvolto dall'oscurità.
<< Mi sembra che uno stia sorreggendo l'altro >> osservò Sam, facendo cenno a Tom di accostare. << Non penso che siano loro >>
Il ragazzo che sembrava il meno malconcio mise a terra il compagno e si avviò a passi decisi verso la loro auto. << Ian prendi il posto di Tom, noi due andiamo a controllarli >> disse Sam scendendo velocemente dalla macchina. << Tieniti pronto a partire e a chiudere le porte >>
<< State attenti >> gli raccomandò mettendosi al posto di guida.
Tom e Sam si avvicinarono cauti e il ragazzo con dei lunghi capelli neri si fermò, sorridendo sollevato. << Non so come ringraziarvi per esservi fermati >> esclamò porgendogli la mano, ma nel vedere che non sembravano intenzionati a ricambiare la stretta se la mise in tasca, leggermente imbarazzato. << Io e il mio amico stiamo in quella  casa laggiù e sentendo il rumore della vostra auto siamo usciti per dare un'occhiata >>
<< Non sembra stare molto bene >> osservò Sam guardando il secondo ragazzo seduto a terra con il viso pallido e smagrito.
<< Non è infetto se è questo che intendete >> li tranquillizzò. << Siamo entrambi immuni al virus. lo siete anche voi? >> questa volta fu il suo turno di essere sospettoso e si allontanò di qualche passo, ricordandosi improvvisamente che di quei tempi, era meglio non abbassare la guardia con nessuno.
<< Si >> mentì senza problemi Tom. In realtà solo lui e Ian lo erano, anche se molto probabilmente anche Payton doveva esserne immune, altrimenti sarebbe già morta; la situazione di Sam era molto diversa, ma questo al ragazzo non doveva interessare.
<< Allora che cos'ha? >> chiese Tom, mentre la sua parte medica prendeva il sopravvento.
<< Credo che dipenda dal fatto che non abbiamo mangiato molto negli ultimi tempi >> in effetti entrambi erano pelle e ossa.
<< Gli darò un occhiata >> ma prima che potesse avvicinarsi, si sentì afferrare la manica da Sam. << Che c'è? >>
<< Non lo fare >> mormorò senza lasciarlo andare.
<< Hai sentito che ha detto? Sono immuni >>
Scosse la testa indicandogli la gamba destra del ragazzo. << E' stato morso >>
<< Si >> affermò il ragazzo scaldandosi all'istante. << Ma se è immune al virus non può essere stato contagiato! >>
<< Avete fatto il test? >>
<< Io si e anche lui mi ha detto di averlo fatto >>
<< Ti ha mentito >> disse semplicemente Sam estraendo la pistola. << Mi dispiace >>
<< NON OSARE SPARARGLI! >> urlò il giovane frapponendosi tra lei e l'infetto. << LUI E' IL MIO MIGLIORE AMICO >>
<< Tra pochi minuti non lo sarà più >>
<< Ti sbag... >> non fece in tempo a terminare la frase, perché proprio in quel momento l'altro ragazzo si fiondò su di lui, azzannandolo alla gamba e facendolo urlare di dolore.
Sam non poteva sparare, senza rischiare di colpire il moro, così Tom cercò di dividerli, colpendo l'infetto in testa con dei calci. La creatura mollò la presa e il giovane cadde a terra strisciando lontano da lui. << Che cazzo fai, Brad?! >> gridò fuori di testa dalla paura.
<< Vai in macchina! >> gli ordinò Sam cercando di prendere la mira sul mostro che adesso si era avventato su Tom. Fece fuoco nell'istante in cui Brad affondò i suoi denti nel collo di Tom ed entrambi caddero in terra in una pozza di sangue.
<< TOM! >> corse verso di lui, pregando di non averlo colpito e con sollievo lo vide togliesi di dosso il cadavere, massaggiandosi la ferita dalla quale usciva un rivolo di sangue. << Grazie >> disse alzandosi in piedi. << Per tutto >>
<< Di niente >>
<< Sono un idiota >>
<< Non lo sei >> disse Sam fasciandogli il collo con un pezzo della sua maglia. << Ti fidi solo troppo delle persone >>
<< Il dottore lo fa, mentre l'uomo mi diceva di fare dietrofront e scappare più veloce del vento >>
Tornarono in fretta alla macchina e videro Ian guardare con sospetto il ragazzo, impedendogli di entrare nell'auto. << Secondo te diceva la verità prima? >> domandò Sam con la mano sulla pistola. << Il suo amico non mi sembrava molto immune al virus >>
<< Credo che non stesse mentendo >> affermò Tom osservando il ragazzo appoggiato alla macchina, tremante di paura. << Anche perché dovrebbe già mostrare i primi sintomi di contagio, visto che è stato per tutto questo tempo a contatto con un infetto >>
<< Lo portiamo con noi? >>
<< Si, ma per il momento è meglio evitare di farlo stare a bordo >> disse con un ghigno, indicando un piccolo carrello per auto parcheggiato davanti ad una villetta. << Sposteremo le provviste e la benzina lì dentro e metteremo il ragazzo nel bagagliaio fino a quando non saremo sicuri che diceva il vero >>

<< Perché avete messo quel ragazzo nel baule? >> domandò Payton guardando un dito che usciva da uno dei buchi che Sam aveva fatto per l'aria.
<< Non ci stava >> mentì la donna. << Adesso cerca di dormire >> le disse mettendole una coperta intorno alle spalle per proteggerla dal freddo pungente; per risparmiare carburante avevano deciso di non accendere il riscaldamento. << Ti prometto che quando ti sveglierai saremo già arrivati >>
<< Ok >>
Payton impiegò pochi minuti per addormentarsi nuovamente come un sasso. << Quanto manca? >> chiese Sam scrutando nervosa le piccole villette avvolte nell'oscurità >>
<< Trenta, massimo quaranta minuti >> rispose Ian aumentando leggermente la velocità. << Pensare che prima adoravo stare in giro di notte, invece adesso ho una paura fottuta >>
<< Non sei il solo >> disse Tom frugando nel borsone che aveva davanti. << Devo farti l'iniezione >>
<< Sto bene >> mormorò Sam; iniziava a sentire il mostro che era in lei tornare a galla, ma non era niente di incontrollabile.
<< Sei sicura? >>
Alzò gli occhi al cielo seccata. << Ti ho detto di si >>
<< Va bene >> disse rimettendo la siringa nel borsone. << Adesso scusatemi, ma ho proprio bisogno di dormire >>
Dopo circa cinque minuti era già nel mondo dei sogni. << Ma come diavolo fa?! >> chiese stupito Ian. << Potremmo venire attaccati in qualunque momento e lui, si addormenta come se niente fosse >>
<< Era stanco >> lo difese Sam accoccolandosi sul sedile come meglio poteva. << E lo sono anch'io. Ti dispiace se mi faccio una dormita? >>
<< Fa pure, tanto siamo solo in pericolo di vita >> mormorò contrariato guardando nervosamente nello specchietto retrovisore per assicurarsi che nessuno gli stesse seguendo.
<< Smettila di preoccuparti, l'alba sorgerà a momenti >>
<< Inizio ad assomigliare veramente troppo a mia madre >> borbottò e Sam le sorrise stanca, prima di chiudere gli occhi per cadere in un sonno tormentato da ricordi ed incubi.

<< Sam >> la voce di Tom la riscosse dal sonno e, nel vedere la sua espressione guardinga si mise subito in allerta. << Che cosa c'è? >> domandò allarmata.
<< E da alcuni minuti che quel ragazzo picchia come un matto, rischiando di farci uscire fuori strada >> rispose indicando il baule. Nei punti dove il giovane tirava dei colpi, il metallo si piegava leggermente per poi riprendere la sua normale forma.
<< Credi che sia infetto? >>
<< Non lo so, Ian sta andando a controllare >>
<< Vado con lui >>
<< Non serve, è giorno, se aprirà il baule quel povero ragazzo si ustionerà all'istante >>
Osservarono in silenzio Ian avvicinarsi al bagagliaio ed aprirlo cautamente. Il cuore di Sam sprofondò quando lo vide scattare all'indietro con la pistola sollevata, ma l'abbassò subito, scoppiando a ridere come un matto, lasciandoli basiti.
<< Che cazzo ha da ridere?! >> esclamò Tom scendendo dalla macchina. Si bloccò quasi suibito, fissando stupito il ragazzo che Samantha non riusciva a vedere per colpa del coperchio aperto del baule.
<< Tom? >> domandò e proprio in quel momento Payton si svegliò puntando incuriosita i suoi occhi su di lei. << Che succede? >>
<< Aspetta qui >>
Scese circospetta dalla macchina, al fianco di Tom e subito capì che cosa aveva fatto ridere il loro compagno.
Il ragazzo dai capelli neri aveva una grossa macchia sul cavallo dei pantaloni  e stava urlando contro Ian che era piegato in due dalle risate. << Se tu mi avessi lasciato uscire questo non sarebbe successo! >> ringhiò il giovane togliendosi i pantaloni e Sam si nascose imbarazzata dietro a Tom nascondendo il viso nelle sue spalle. Non portava le mutande!
Le risate di Ian aumentarono di colpo, coperte dalle maledizioni che il ragazzo gli lanciava e dai rimproveri di Tom. << Smettila di fare il cretino, Ian e prestagli un paio dei tuoi pantaloni e tu copriti dannazione! >>
Solo allora il ragazzo si accorse della donna ed obbedì all'istante. << Scusa >>
<< D-di niente >> balbettò Sam mentre sentiva le sue guance prendere fuoco. << V-vado da Payton >>
Questa volta permisero al ragazzo di salire in macchina e lui si sedette sollevato sul sedile anteriore, rubando il posto a Tom. << Io mi chiamo Ben Cooper >> si presentò ignorando i borbottii seccati di Tom, mentre prendeva posto dietro, al fianco della bambina. << Sono un esperto di informatica >>
<< Un hacker? >> domandò acido Tom, beccandosi una gomitata da parte di Sam. << Gli ho solo fatto una domanda >>
<< Hai indovinato, fratello >> rispose senza il minimo imbarazzo. << Ed uno dei migliori >>
<< Beh, fratello >> esclamò Tom sottolineando con forza l'ultima parola. << Di questi tempi non conta quanto sei bravo con il computer, ma quanto lo sei con la pistola >>
Il volto del ragazzo si incupì. << Lo so >> mormorò guardando i primi raggi di sole fare il loro ingresso da dietro le montagne.
Ian gli arruffò amichevolmente i capelli. << Non starlo a sentire >> disse con un sorriso. << Io mi chiamo Ian Prince e, quel brontolone lì dietro è Thomas Wood >>
<< Molto piacere >>
Tom grugnì, chiudendo ostinatamente gli occhi.
<< Fa sempre così? >> domandò Ben alla ragazza che scosse il capo con un sorriso. << Solo con quelli che gli stanno simpatici >>
<< Allora sono fortunato >>
Sam si sporse per stringergli la mano. << Samantha Gray, piacere e lei è la piccola Payton >>
<< Ciao >> mormorò imbarazzata la bambina tendendogli la sua piccola manina.
<< Ciao >> rispose Ben con un sorriso a trentadue denti. << E' la figlia di uno di voi? >> chiese spostando lo sguardo su Tom, che era il più vecchio del gruppo.
<< No, l'ho trovata in un cassonetto >>
<< Ah >>
<< Parlaci di te >> esclamò Sam incuriosita. << Sei rimasto solo, o hai ancora qualche famigliare sparso per il mondo? >>
<< Beh, veramente non ho più notizie dei miei genitori da quasi sette anni >> ammise mutando subito espressione. << Non so se sono ancora vivi, ma probabilmente non lo sono >>
<< Dove vivevano? >>
<< A San Francisco >>
Ian fischiò piano. << Ci sono stato una volta, davvero una splendida città >>
<< Si >>
<< Perché te ne sei andato? >>
<< Ecco... >> le sue parole vennero interrotte da uno sparo e Ian sterzò bruscamente, facendoli finire fuori strada.
Sam riuscì a bloccare la piccola prima che venisse sbalzata in avanti, ma non poté fare niente per evitare che Tom sbattesse violentemente la faccia contro il finestrino. << Chi è stato a sparare? >>domandò massaggiandosi il naso sanguinante, mentre Ben si voltava per assicurarsi che stessero tutti bene.
Sam guardò il parabrezza, una pallottola aveva provocato un foro nel vetro, ma fortunatamente sembravano tutti illesi. << Hai visto chi è stato a spararci, Ian? >>
<< No >> ansimò il ragazzo e subito Tom capì che c'era qualcosa che non andava. << Hanno colpito Ian >> esclamò uscendo dall'auto per andare a soccorrere il compagno.
<< Cazzo >> imprecò Ben notando solo allora la spalla insanguinata dell'ex agente.
In un istante le portiere si aprirono e delle braccia sconosciute afferrarono Sam trascinandola fuori dall'auto e lo stesso fecero con Ben, Payton e Ian che gemette di dolore quando venne scaraventato a terra al fianco di Tom.
<< Stamattina abbiamo fatto pesca grossa, amici miei >> esclamò una voce, sollevando con forza il viso di Sam e la ragazza si ritrovò a pochi centimetri dal volto di un uomo con la folta barba e la pelle scottata dal sole.
<< Ciao, bellezza >>
Per tutta risposta, Sam gli sputò in un occhio, ma allo straniero non parve importare. << Jack, prendi degli uomini con te e porta i nostri ospiti alla base, mentre io mi occupo di questo bel giocattolino >> ordinò lasciandola per ammirare il fuoristrada.
Vennero trascinati all'interno di un edificio che doveva essere stata una scuola e sbattuti in un piccolo ufficio. Quando se ne furono andati, Tom si fiondò al fianco di Ian, premendogli le mani sulla ferita alla spalla per bloccare la fuoriuscita di sangue. << Come sta? >> chiese Sam osservando il volto pallido del ragazzo.
<< Non bene >> rispose Tom. << Aiutami a togliergli la maglietta >>
Gli tolsero la maglietta sporca di sangue cercando di muoverlo il meno possibile e lo videro stringere i denti nel tentativo di non lasciarsi sfuggire nemmeno un grido. L'odore del sangue colpì Sam come un pugno nello stomaco; il virus stava iniziando ad avere la meglio sul vaccino.
Cercò di ignorare quel disgustoso desiderio di affondare i suoi denti nella tenera carne del compagno e si concentrò sul volto sudato di Ian.
<< Riesco a vedere il proiettile >> mormorò Tom, guardandosi freneticamente intorno. << Avete un coltello? >>
<< Cosa vuoi fare? >> chiese Ben, cercando di tranquillizzare Payton, mentre Sam estraeva l'arma dai suoi pantaloni; fortunatamente quando l'avevano perquisita, quegli uomini non l'avevano trovato.
<< Devo rimuovere il proiettile, altrimenti continuerà a sanguinare >>
<< Sei sicuro di quello che fai? >> 
<< No, avete anche un accendino? >>
<< N-nella mia tasca >> boccheggiò Ian indicando i suoi pantaloni e Samantha lo prese alla svelta, controllando che funzionasse. << Perché hai un accendino? >> domandò per distrarre il ragazzo da quello che Tom stava per fargli.
<< Sono molto utili quando ti sparano >> scherzò osservando con la coda dell'occhio il biondo scaldare la piccola lama del coltello. << Questo farà male >>
<< Non preoccuparti, sarà veloce >> lo rassicurò Sam accarezzandogli la guancia.
<< Non avete della morfina da qualche parte, vero? >> sussurrò e prima che Tom potesse iniziare gli bloccò la mano, posando i suoi occhi verdi sulla ragazza. << Tappami la bocca, non voglio che Payton si spaventi ancora di più >>
Sam annuì, chiamando al suo fianco Ben. << Non farlo urlare >> gli ordinò mentre bloccava saldamente il corpo dell'ex agente con il proprio per impedirgli di muoversi.
<< Non preoccuparti Payton >> disse rivolgendosi alla bambina. << Tra poco sarà tutto finito, ma promettimi di non guardare >>
La bambina lanciò un ultimo sguardo preoccupato ad Ian, prima di nascondersi sotto la scrivania e voltarsi dall'altra parte, coprendosi le orecchie.
Anche Sam distolse lo sguardo dal ragazzo e si concentrò sul volto pallido e spaventato di Ben. Dovette usare tutta la sua forza per bloccarlo a terra, ma alla fine il suo corpo si rilassò e Thomas mostrò loro trionfante il proiettile. << Ci sono riuscito! >> esclamò posandolo a terra, prima di tornare a concentrarsi nuovamente su Ian che sembrava sul punto di perdere i sensi.
<< Questo significa che non morirà? >> chiese Ben lasciandosi cadere al fianco dell'uomo con un sospirò.
<< Bisognerà tenere controllata la ferita affinché non faccia infezione, ma a parte questo dovrebbe farcela >> rispose con la sua solita sincerità, finendo di fasciare la spalla di Ian.
Sam sorrise sollevata e raggiunse Payton sotto la scrivania. << Adesso se vuoi puoi andare da Ian >> le disse e la piccola si fiondò subito da lui, sorridendogli felice. << Ti fa tanto male? >> gli domandò indicando incuriosita la fasciatura e Ian scosse la testa con presunzione. << Nah, è solo un graffio >
<< Non dire bugie! >> lo rimproverò la piccola con un cipiglio severo che fece scoppiare a ridere i tre uomini. Sam non si unì alle risate, era troppo concentrata ad osservare la sua pelle arrossarsi leggermente dove la luce del sole la colpiva.
Aveva bisogno del vaccino, e in fretta anche.

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Capitolo 3
*** Carne Umana ***


cap 34
Carne Umana

La porta dell'ufficio si spalancò, rivelando l'uomo che gli aveva rinchiusi in quella misera stanza con in mano un vassoio colmo di roba da mangiare e, al suo seguito, tre uomini armati fino ai denti, pronti a far fuoco al minimo segno d'attacco.
<< Vedo che il vostro amico è ancora vivo >> osservò, indicando con un cenno del capo Ian, seduto sull'unica poltrona. << Non credevo che il vostro medico fosse così in gamba >>
<< Voi non sapete niente di noi! >> lo aggredì Ian rosso di rabbia. << Ci avete attaccato e fatti prigionieri senza darci spiegazioni! >>
<< Semplicemente perché avevate una macchina, della benzina, dei medicinali e delle armi >> disse tranquillamente posando il vassoio in terra. << E perché il nostro capo ci ha ordinato di farlo >>
<< Obbedite agli ordini di un pazzo! >> continuò Ian portandosi una mano alla spalla, cercando di ignorare il dolore della ferita. << Di questi tempi gli uomini dovrebbero pensare a sopravvivere, non ha farsi la guerra tra di loro! >>
<< Noi sopravviviamo a stento, ragazzino >> si inserì un'altra voce e il capo della banda fece il suo ingresso nell'ufficio. << E per farlo, siamo disposti a qualunque cosa, anche uccidere dei nostri simili >> fece segno ai suoi uomini di ritirarsi. Solo l'uomo che gli aveva portato il cibo restò nella stanza ed estrasse dalla cintura una piccola pistola, togliendo la sicura.
<< Sulla vostra macchina abbiamo trovato due borsoni pieni di flaconi per l'antirabbica, eppure non mi sembra che tra di voi ci sia un cane >>
Il gruppo restò in silenzio e Tom spostò leggermente il suo sguardo sulla figura nascosta sotto la scrivania di Samantha; ormai le restavano al massimo un paio d'ore prima che il virus prendesse il sopravvento su di lei, doveva trovare il modo di riavere il vaccino o avrebbero dovuto fare una scelta orribile: uccidere la ragazza, o lasciarla completare la trasformazione e venire sbranati vivi.
<< Che cos'ha la vostra amica? >> la voce dell'uomo dai capelli neri lunghi fino alla spalla lo riscosse dalle sue riflessioni. << Sembra malata >>
Inaspettatamente il capo scoppiò in una risata sgradevole, suscitando la curiosità di tutti i presenti. << Che avete da ridere? >> domandò acido Tom, resistendo alla tentazione di mollargli un pugno dritto in faccia.
<< Volevo chiedervi, mio caro dottore se voi vi ricordate di me >> sghignazzò facendo una scherzosa giravolta sul posto. << No? >> posò il suoi occhi folli su Samantha il cui volto si era illuminato di comprensione. << Tu invece ti ricordi, non è vero? >>
Annuì, ormai quasi del tutto incapace di parlare e l'uomo rise di gusto. << Il mio nome è Richard Rossio e lavoravo come infermiere all'ambulatorio della dottoressa Krippin, fino a pochi mesi fa >> disse mostrandogli la sua mano destra, completamente deformata da segni di morsi umani e priva di tre dita. << Per colpa della vostra amica ho perso il mio lavoro e, quando ho raccontato in giro quello che stavate facendo mi hanno preso per pazzo e non sono riuscito a trovarmi un altro lavoro decente, se non come bidello di questa schifosa scuola >> ringhiò avvicinandosi minaccioso a Sam che rimase immobile, per niente intimorita. << Io so a cosa vi serve il vaccino e state pur certi che farò in modo che quelle siringhe rimangano il più lontano possibile da lei >>
<< IO TI AMMAZZO! >> urlò fuori di sé Tom avventandosi su di lui, ma  l'altro uomo lo colpì con il calcio del suo fucile, spedendo a terra. << Bravo figliolo >> si congraturò Rossio cingendogli le spalle, tornando a concentrarsi su Samantha. << A giudicare dal tuo aspetto non manca molto e, ti assicuro che non mi perderò la tua morte >> continuò indicando le telecamere appese al soffitto. << O la loro >> concluse uscendo dalla stanza seguito a ruota dal figlio che lanciò un ultimo sguardo indecifrabile al gruppo, prima di chiudersi la porta alle spalle.
<< Di che diamine stava parlando?! >> domandò Ben, recuperando l'uso della parola. << E che cavolo ha Sam?! >>
<< E' una lunga storia >> rispose Tom, massaggiandosi la testa. << In poche parole, Samantha è stata sottoposta alla famosa cura per il cancro della dottoressa Krippin e la terapia la trasformata in una di loro >>
Il giovane sgranò gli occhi shoccato, allontanandosi il più possibile da lei. << Avevate detto che eravate tutti immuni al virus! >>
<< Lo siamo ed in un certo senso anche lei >>
<< Spiegati! >>
<< Grazie alle mie ricerche ho capito che i sintomi del virus di Krippin erano molto simili a quelli della rabbia >> spiegò avvicinandosi alla ragazza per controllarle le pupille degli occhi, ormai completamente dilatate. << Così ho testato il vaccino su tre persone, una di queste era Sam. Lei è stata l'unica a guarire o, almeno così sembrava all'inizio >>
<< Che cosa è successo alle altre persone? >> chiese Ben, anche se credeva di conoscere già la risposta.
<< Una è morta dopo pochi minuti, mentre l'altra abbiamo dovuto abbatterla perché era diventata ancora più selvaggia >> continuò sedendosi a terra al fianco di Samantha, per niente preoccupato che potesse saltargli al collo in qualunque momento. << Così abbiamo iniziato a fare dei test su di lei, per riuscire a capire cosa avesse permesso la guarigione nel suo corpo, ma ci siamo resi conto che l'antirabbica aveva solo degli effetti temporanei. Dopo circa quattro giorni i sintomi sono ricomparsi del tutto e, prima che potessimo fermarla ha aggredito uno dei nostri infermieri >>
<< Il simpaticone la fuori >> completò per lui Ian, guardando con astio le telecamere appese al soffitto. << Sam deve fare un'iniezione di antirabbica almeno una volta ogni tre giorni >>
Ben rimase in un silenzio assorto per qualche istante priami di riprendere la parola. << Cosa succederà se non avrà l'antirabbica entro fine giornata? >>
<< Tenterà di divorarci, lo farebbe anche adesso, ma al contrario di quello che si pensa, loro non sono per niente stupidi, soprattutto Samantha. Sa bene che se uscisse da sotto la scrivania morirebbe bruciata >>
<< Allora che pensi di fare con lei? >>
Tom abbassò lo sguardo, ascoltando il respiro accelerato della ragazza. << Non posso ucciderla >> rispose infine, scuotendo il capo. << E non permetterò a nessuno di voi, di farlo! >>
Ian si alzò in piedi di scatto, parandosi davanti al medico. << Ci stai condannando a morte certa! >> lo aggredì. << So bene che tieni a lei, ma non puoi chiedermi di starla a guardare mentre ci sbrana uno ad uno, mentre ammazza Payton! >>
La loro conversazione venne interrotta da una voce metallica, la voce del capo, proveniente dal microfono della telecamera. << Non devi preoccuparti, mio caro ragazzo >> lo rassicurò. << La vita della bambina è troppo preziosa per andare sprecata >> a quelle parole la porta dell'ufficio si spalancò ed entrarono due uomini armati di tutto punto che afferrarono senza dire una parola Payton.
<< Lasciatemi! >> urlò, tendendo la manina verso Ian che tuttavia non fece nulla per impedire che la piccola fosse trascinata fuori dalla stanza. << Allora non sei del tutto privo di cuore >> disse rivolto alla telecamera, quando la porta si fu chiusa.
<< I bambini sanno dimenticare, a differenza di noi adulti. E' questo che gli rende così speciali >>
<< Spero che tu ti goda lo spettacolo, lurido figlio di puttana >> ringhiò Ian mettendosi nuovamente a sedere, in attesa del sopraggiungere delle tenebre.

Da quella che un tempo era la sala riunioni, Rossio osservava incantato in gruppo chiuso nell'ufficio da un enorme televisore a schermo piatto collegato ad un portatile. << Io lavoravo come uno schiavo per una miseria, mentre loro sprecavano i soldi per questi inutili aggeggi all'ultima moda >> osservò sprezzante spegnendo la sua sigaretta in terra. << Fra un po' non avrò nemmeno più le sigarette, che vita di merda >>
<< Dobbiamo per forza ucciderli? >> chiese il figlio guardando la ragazza nascosta sotto la scrivania, al riparo dalla luce del sole. << Capisco lei, ma perché anche gli altri? >>
<< Abbiamo già troppe bocche da sfamare per colpa di quella puttana di tua madre >> ringhiò l'uomo afferrandolo per la giacca. << Non possiamo permettercene altre >>
 << Chiaro >> mormorò sottraendosi alla sua presa. << Hai qualche ordine per me? >>
<< Vammi a chiamare tua madre >> disse malizioso. << Ho voglia di divertirmi un po' >>
<< Ok >> rispose senza protestare, ma dentro di sé sentiva montare la rabbia. Presto, molto presto avrebbe sistemato le cose.

Mancavano pochi minuti al tramonto e adesso, persino Tom si era allontanato da Samantha che iniziava ad agitarsi impaziente.
In una normale situazione, non avrebbero avuto timore di un solo infetto, ma ora erano disarmati e le guardie gli avevano legato le mani dietro la schiena, per impedirgli di difendersi; sarebbe stato facile spezzare il collo della ragazza con le mani libere.
<< Si avventerà prima su di te, Ben perché sa che sei il più debole del gruppo, perciò avvicinati il più possibile a me >> disse Ian muovendosi leggermente verso il ragazzo che annuì, deglutendo a fatica.
<< Tranquillo, siamo tre contro uno >>
<< La fai facile, mi hai detto che sapevi già che prima o poi avresti dovuto ucciderla, ma sei sicuro di potercela fare? >> gli chiese nervosamente Ben affiancandosi a lui. << Dopotutto è pur sempre una tua amica >>
<< Ora non lo è più >>
<< Ti sbagli >> obbiettò Tom guardando il sole scendere dietro le montagne. << Lei è sempre Samantha >>
<< Balle, fra poco la tua cara Sam ci sbranerà vivi >>
<< Andavo spesso a trovarla quando era in ambulatorio, anche dopo che si era trasformata in uno di loro e non mi ha mai attaccato >>
Ian sbuffò scettico, prima di irrigidirsi come una statua. << E' ora >> mormorò osservando la ragazza uscire lentamente da sotto la scrivania e squadrarli con i suoi occhi grandi, ormai quasi del tutto neri.
<< C'è qualcosa di strano >> mormorò Tom osservando i suoi movimenti lenti e calcolati, ma prima che gli altri potessero parlare, Sam saltò in aria, distruggendo con un solo poderoso pugno la telecamera.
<< Sam? >> la chiamò stupito il biondo, cercando di calmare i battiti impazziti del suo cuore ed inaspettatamente la ragazza le sorrise e andò da lui, spezzando le funi che gli legavano le mani. << Resisterò... ancora per... per qualche minuto >> balbettò a fatica, liberando gli altri. << Prendete... la bambina e... fuggite... io mi occupo di... quell'uomo >> detto questo sfondò la porta dell'ufficio e corse fuori, annusando l'aria. Sentiva chiaramente il suo odore e non faticò molto a trovare Richard Rossio.
Entrò nella sala riunioni e, nel sentirla arrivare, l'uomo in fondo alla stanza si voltò verso di lei, con in mano un fucile, per niente stupito di trovarsela davanti. << Ciao, bellezza >> la salutò con un sorriso beffardo che si fece più ampio nel sentirla rispondere con un ringhio. << Sei agli sgoccioli >>
Samantha inspirò a fondo. Il mostro che aveva dentro voleva uscire, non aspettava altro e così lo liberò e si lasciò completamente sopraffare dal desiderio di sangue, avventandosi su Rossio senza esitare.
Il volto dell'uomo si aprì in un sorriso selvaggio mentre puntava l'arma contro la ragazza e faceva fuoco, ma con suo sommo stupore la ferita al fianco non rallentò la sua corsa, anzi parve darle più forza.
Sparò un secondo colpo che la colpì al braccio, però lei continuò a correre ed Rossio si lasciò sfuggire un grido disperato quando lo sollevò di peso e, senza il minimo sforzo, lo spedì contro il televisore, mandandolo in mille pezzi.
Il fucile gli cadde di mano, andando a finire troppo lontano per recuperarlo e prima che potesse reagire la ragazza gli fu addosso e cominciò a tempestarlo di pugni.
Lottarono tra di loro con le unghie e con i denti e, alla fine fu la furia di Samantha a vincere.
Quando capì che era morto, ruggì trionfante e affondò i suoi denti nella morbida carne del vecchio. Assaporò il sapore del sangue nella sua bocca, rabbrividendo di piacere nel sentire quel liquido caldo scenderle lungo a gola.
Era talmente concentrata a sfamare la sua insaziabile fame da non accorgersi che c'era qualcuno dietro di lei che aveva raccolto il fucile di Rossio ed ora glielo stava puntando dritto alla testa.
Jack Parker non era dispiaciuto per la morte del suo patrigno, anzi dentro di sé provava una gioia selvaggia nel vedere l'uomo, che per molti anni aveva maltrattato sua madre, divorato con gusto da quella ragazza, ma nonostante l'enorme favore che gli aveva appena fatto, quella creatura non meritava di vivere.
Jack si preparò per sparare, sicuro di non poter sbagliare da quella breve distanza. << Io non lo farei se fossi in te >> disse una voce alle sue spalle, distraendo l'attenzione del mostro dal suo pranzo che si voltò di scatto, alzandosi in piedi a fatica per via delle ferite, ma prima che potesse muoversi un dardo la colpì alla gamba; la ragazza fissò stupita la freccia per poi cadere a terra senza un lamento.
Subito corse al suo fianco il medico con in mano una siringa e, dopo averle trovato la vena, le iniettò il vaccino, senza badare all'uomo che continuava a puntarle contro il fucile. << Puoi rilassarti ora, non è più un pericolo >> esclamò il ragazzo a cui aveva sparato, senza staccargli gli occhi di dosso. << Vorrei dirti che mi dispiace per quello che ha fatto a tuo padre, ma sarei un grandissimo bugiardo >>
<< Non capisco perché vi ostinate a tenerla in vita >> osservò Jack, ignorando le sue parole ed abbassando finalmente il fucile. << E' solo un mostro come tutti gli altri >>
<< Samantha è molto diversa da loro >> obbiettò il medico prendendo delicatamente in braccio la ragazza. << Noi ci stiamo dirigendo a Bethel, nel Vermont, se volete, tu e la tua gente potete venire con noi >>
<< Che cosa c'è nel Vermont? >>
<< Giravano voci che lì, il virus non è mai arrivato per colpa del troppo freddo >>
<< E secondo voi, è sicuro? >> domandò scettico Jack. << Cosa vi fa pensare che non ci siano dei cacciatori del buio ad aspettarvi? >>
<< Loro preferiscono rimanere nelle zone calde, è un dato di fatto >> disse. << E, a meno che il cibo non cominci a scarseggiare, non le lasceranno >>
<< Parlerò con gli altri >> esclamò infine il giovane lasciando la sala.
<< Noi partiremo domani all'alba >> gli gridò dietro Ian. << Se vorrete venire con noi, fatevi trovare pronti >>

Ian picchiettava impaziente le dita sul cofano del fuoristrada, continuando a guardare l'ingresso della scuola. << Gli do' ancora venti minuti >> disse. << Poi partiamo >>
<< Secondo me, non verranno >> osservò Ben caricando gli ultimi bagagli. << Hanno troppa paura di quello che potremo trovare >>
<< O non trovare >> mormorò Ian.
Poco lontano dall'auto, seduta sul marciapiede a avvolta in una pesante coperta, Sam continuava a sfregarsi le mani, nel vano tentativo di togliere l'odore del sangue di Rossie dalla sua pelle. Da quando si era risvegliata aveva trascorso ore a lavarsele con acqua e sapone, ma senza risultato; il profumo del sangue non spariva e continuava a riportargli alla mente quello che aveva fatto.
Si chinò in avanti e vomitò, mentre il ricordo del sapore della carne cruda nella sua bocca l'aggrediva senza pietà. Sentì qualcuno accarezzargli con vigore la schiena, aiutandola a buttare fuori i resti del suo orribile pasto.
Quando ebbe finito seppellì il suo viso contro il petto di Tom, piangendo senza ritegno. << Va tutto bene >> la tranquillizzò Tom cullandola tra le sue braccia. << E' tutto finito >>
<< H-ho mangiato u-un uomo >> singhiozzò. 
<< Non eri in te, Sam >>
<< Sono un mostro >> 
<< No, non lo sei >>
<< Dovevate uccidermi >>
Tom l'afferrò con forza per le spalle la costrinse a guardarlo dritto negli occhi. << Io non permetterò che ti accada di nuovo >> esclamò deciso. << Ti prometto che troverò una cura, e se non ci riuscirò farò in modo di procurarmi dell'altro vaccino >>
Sam si lasciò andare ad una risata priva di allegria. << Credi forse che sia una stupida? >>
Lo sguardo di Tom si accigliò. << Cosa? >>
<< Ho sentito quello che la dottoressa Krippin ti ha detto, il giorno prima della fuga, riguardo all'antirabbica >>mormorò staccandosi da lui. << Il vaccino ridurrà i miei organi a pezzi, oppure c'è una buona probabilità che il virus trovi un modo per contrastare l'antirabbica >>
<< Abbiamo ancora tempo prima che accada! >> protestò Tom infuriandosi all'istante. << Il processo è molto più lento di quanto pensi! >>
<< Tre, quattro, al massimo cinque anni è questo il tempo che mi resta >>
<< Farò in modo di trovare una cura per allora! >>
<< E' inutile Tom, non ci siete riusciti quando eravate la metà di mille, come puoi sperare di riuscirci adesso che non hanno più nemmeno un laboratorio? >>
Il medico si alzò in piedi di scatto, trafiggendola con i suoi occhi color cioccolato. << Io non mi arrendo, e farò di tutto, di tutto Samantha Gray affinché tu non muoia, ci siamo capiti? >>
Sam lo guardò sorpresa da tanta determinazione e non poté fare a meno di provare un pizzico di speranza. << Ok, sono disposta a collaborare >> affermò alzandosi di fronte a lui. << Ma devi farmi una promessa >>
<< Quale? >>
<< Se la tua vita, o quella degli altri dovrebbe essere di nuovo in pericolo per causa mia, dovrai uccidermi, uccidermi prima che io possa farlo a voi e senza esitare come hai fatto oggi. Ci siamo capiti? >>
<< Si >>
<< Ehi, gente. stanno arrivando! >> le grida eccitate di Ben interruppero la loro discussione ed entrambi si voltarono a guardare gli abitanti della scuola uscire nella piazzola e dirigersi a passi svelti verso le dieci automobili parcheggiate poco lontano.
Jack venne verso di loro portando sottobraccio una donna, dai lunghi capelli argentati molto simile a lui. << La mia macchina è la più veloce, quindi aprirà la fila controllando che la via sia libera >> disse aiutando la donna a montare sulla sua jeep. << Se ci sono problemi suonata il clacson e badate di tenere gli occhi bene aperti, non siamo i soli banditi della zona >>
<< E da quando saresti tu il capo? >> domandò Ian avvicinandosi di qualche passo a lui.
<< Lo sono da quando lei ha sbranato mio padre >> rispose acido indicando con un cenno del capo la ragazza, prima di montare in macchina.
Quelle parole colpirono Samantha come una pugnalata nel petto. << Mi dispiace >> mormorò cercando di trattenere le lacrime che rischiavano nuovamente di sopraffarla. << Io non volevo... >>
<< Si, invece >> lo interruppe Jack senza guardarla. << Ho visto lo sguardo che aveva mentre lo mangiavi >> concluse avviando il motore e allontanandosi da loro.
<< Non starlo a sentire >> gli disse Tom facendola salire in macchina, ma dentro di sé, Samantha sapeva perfettamente che aveva ragione.
A lei era piaciuto divorare Richard Rossio.

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Capitolo 4
*** La Storia di Payton ***


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La Storia di Payton

Sam prese le ultime borse dal bagagliaio dell'auto e se le mise a tracolla, sotto lo sguardo assonnato della piccola Payton. << Perché dobbiamo continuare a piedi? >>
<< Perché il ponte è crollato >> le spiegò prendendola per mano ed iniziando a camminare in mezzo ai prati. << E l'unico modo per andare dall'altra parte e trovare un punto in cui sia possibile attraversare il fiume a piedi >>
<< Non possiamo trovarlo in macchina? Io non ho voglia di camminare! >> si lamentò mentre le prime lacrime iniziavano a scenderle dai grandi occhioni verdi.
Sam si inginocchiò alla sua altezza, asciugandole il viso con un fazzoletto. << Mi dispiace, ma le macchine non possono andare nel bosco >>
<< E se veniamo attaccati dai mostri? >> singhiozzò spaventata. << Come faremo a scappare? >>
<< Se succederà, io e gli altri provvederemo a farli sparire >> la tranquillizzò arruffandole teneramente i suoi boccoli biondi. << Te lo prometto >>
Payton annuì, inspirando a fondo con il naso, per cercare di calmarsi.
<< Tenete il passo voi due! >> il gridò spazientito di Ian, richiamò entrambe all'ordine e corsero dietro al gruppo per riguadagnare il terreno perso.
<< Crede di essere il nostro capo >> bisbigliò la piccola per non farsi sentire dal ragazzo e Sam le sorrise complice. << Non sa quanto si sbaglia >>
Tre bambini che facevano parte del gruppo che aveva abbandonato la scuola assieme a Jack e a sua madre le superò, ridendo come matti per niente dispiaciuti di poter finalmente sfogare le loro energie. << Perché non vai a giocare con loro >> le suggerì Samantha. << Mi sembra che si stiano divertendo un mondo >>
La bambina scosse vigorosamente la testa, stringendo con forza la mano della ragazza. << Non voglio >>
<< Va bene >>
Poco dopo i bambini vennero richiamati dalle loro rispettive madri e Sam vide Payton osservare uno di loro buttarsi tra le braccia di un uomo, quasi sicuramente suo padre.
Venne colpita dal dolore che lesse negli occhi della piccola; molte volte si era chiesta che fine avessero fatto i suoi genitori, li aveva forse visti morire o loro gli avevano ordinato di fuggire più veloce del vento e di nascondersi in un luogo sicuro ad aspettarli?
<< Posso farti una domanda, Pay? >>
La bambina sussultò sorpresa, sembrava essersi dimenticata della sua presenza. << Si >> mormorò distogliendo velocemente lo sguardo dai due.
<< Che cosa è successo alla tua mamma e al tuo papà? >>
<< Quando... quando stavamo per partire da New York, papà si è ammalato >>

Payton corse nella camera da letto dei suoi genitori per salutare il padre, che da giorni era costretto a letto dalla febbre. << Siamo tornate! >> strillò felice balzando sul letto, facendolo cigolare rumorosamente. << Guarda che cosa mi ha regalato la mamma! >> continuò alzando il braccio sottile per mostrargli il braccialetto nuovo dal quale pendeva un ciondolo a forma di P. << Non è bellissimo? >> ma suo padre continuò a dormire profondamente e allora gli prese scherzosamente il naso tra le dita muovendolo a destra e a sinistra per svegliarlo; lui la rimproverava sempre quando lo faceva, ma sapeva che in realtà lo divertiva.
Niente, gli occhi del genitore rimasero chiusi. << Mamma! >> urlò confusa dall'insolito comportamento del padre. << Papà non si sveglia >>
La donna corse subito nella stanza, scostandola delicatamente dal fianco dell'uomo e Payton la vide avvicinare l'orecchio alla sua bocca e fare una strana espressione che non riuscì a capire. << Papà e solo molto stanco, tesoro >> la tranquillizzò sorridendole, ma c'era qualcosa di diverso in quel sorriso; sembrava triste.
<< Per colpa della febbre? >>
<< S-si >> balbettò portandola in salotto. << Adesso guarda i cartoni >>
Payton obbedì e accese il televisore, mentre la madre ritornava in camera senza dire una parola. Sullo schermo apparve un uomo anziano.
Era il Presidente, in quei giorni c'era spesso in tv, ma lei non lo aveva mai trovato interessante, perciò cambiò canale.
Con suo sommo disappunto c'era lui anche sul canale successivo e quello dopo ancora. << Mamma, in tv c'è solo il Presidente! >> si lamentò sdraiandosi in terra, con le gambe per aria.
Forse vuole farci sapere che è riuscito a catturare tutti quei brutti mostri. pensò, mentre la madre si sedeva sul divano e alzava il volume. << ... non c'è dubbio cittadini americani, questo virus mutante è letale e minaccia non solo la sopravvivenza della nostra nazione, ma quella di tutte le nazioni del pianeta. E' per questo che con grande tristezza, ma con grande determinazione, stasera ho firmato il decreto che ordina all'esercito di imporre una quarantena alla città di New York... Dio ci protegga! >>
<< Che cosa significa? >> domandò Payton, vedendo sua madre avvicinarsi alla finestra e spostare lentamente le tende.
La loro casa si affacciava sul ponte di Brooklyn e dalla sera precedente molte persone avevano cercato di attraversarlo per abbandonare la città, ma non loro. Suo padre era troppo malato e non riusciva a muoversi, perciò avevano rimandato.
<< Metti la giacca, Payton >> le ordinò sua madre andando a prendere il suo zaino. << Andiamo a fare una passeggiata >>
<< Ma siamo appena tornare >> esclamò la bambina, troppo concentrata a guardare i cartoni animati che avevano ricominciato a trasmettere al termine del discorso del Presidente, per obbedirle.
<< Ho dimenticato di prendere le medicine per papà >> rispose. riempendo lo zaino di cibo, bevande e vestiti vari.
<< Non è vero! >>
<< Payton, obbedisci! >> urlò tirandola in piedi e mettendole con forza il cappotto.
<< Mi fai male! >> protestò sentendo un forte dolore alla spalla. << Smettila! >>
<< Prendi lo zaino! >> continuò ignorando le sue proteste e questa volta Payton obbedì, troppo spaventata dal comportamene della madre.
Uscirono di casa in fretta, senza nemmeno chiudere a chiave la porta dell'appartamento. << Non abbiamo neanche salutato papà! >>
<< Non staremo via molto >>disse asciugandosi le lacrime con un fazzoletto e s bloccò di colpo, rischiando quasi di farla cadere in terra. << Che c'è mamma? >> domandò preoccupata. << Perché piangi? >>
<< Continua a camminare >> esclamò la donna, rimettendo velocemente il fazzoletto in tasca e corsero per le vie illuminate di New York, senza più fermarsi, fino a raggiungere l'aeroporto di South Street.
Payton era sbalordita da tutte le persone che si accalcavano per passare il controllo dei soldati. << Cosa stanno facendo i soldati con quel coso? >>
<< Controllano se la gente è malata e se non lo è la fanno passare >>
<< Per andare dove? >>
<< In un posto lontano dai mostri tesoro >>
<< Ci andiamo anche noi? >>
<< Si >>
<< E papà? >>
<< Papà... dirò ai soldati di andare a prenderlo >> rispose sbrigativa cercando di farsi strada tra tutte quelle persone.
Finalmente riuscirono a raggiungere un gruppo di soldati che puntò subito contro a sua madre uno strano apparecchio. << No >> protestò. << Controllate prima lei! >>
<< Guardi qui, signora >> gli ordinò il soldato e, dopo un breve flash, lo schermo dell'apparecchio si illuminò di rosso. << Infetta! >> gridò il giovane e i suoi compagni le spinsero subito da parte, in mezzo ad una folla di persone che urlavano, sventolando sotto il naso di quegli uomini delle banconote. << Mia figlia non è infetta! >> gridò disperata sua madre, ma i soldati non le diedero ascolto e tornarono al loro lavoro.
<< Mamma, che cosa succede? >> domandò spaventata da tutto quel frastuono. I suoi genitori le avevano sempre detto di parlare a bassa voce, altrimenti i mostri sarebbero arrivati a prenderla. << Voglio tornare a casa! >> ma sua madre non l'ascoltava. Stava guardando una famiglia di colore passare senza nessuna difficoltà oltre i soldati. << Ti prego prendi la mia bambina! >> urlò rivolta all'uomo con in braccio sua figlia; sembrava anche lui un soldato.
<< Lei non è infetta! >>
L'uomo distolse lo sguardo e si allontanò, mormorando un. << Mi dispiace >> prima di scomparire tra la folla.
<< Mamma, ti esce sangue dagli occhi! >> osservò Payton, guardando una lacrima cremisi scendere lungo la guancia della madre. << Non è niente, tesoro >> la tranquillizzò, cercando di allontanarsi da quel luogo. << Adesso torniamo a casa >>
<< Da papà? >>
<< Si, amore >>

<< Facciamo una pausa! >>
Sam aiutò la piccola a togliersi il suo inseparabile zainetto e si sedettero su un masso. << Hai sete? >> le domandò porgendole una bottiglia d'acqua e Payton accettò grata, bevendone un lungo sorso.
<< Tu e tua madre siete riuscite a tornare a casa? >>
<< No >> rispose chiudendo la bottiglietta. << I mostri ci hanno attaccato e mia madre mi ha nascosto nel cassone della spazzatura e non è più venuta a prendermi >>
<< Quanto sei restata chiusa lì dentro? >>
<< Non lo so... fino a quando non mi hai trovata >>
Quattro giorni. Era rimasta lì per quattro giorni.
<< Il mio papà e la mia mamma sono morti, vero? >> mormorò salendole in braccio e Sam la strinse forte a sé. << Si, tesoro >>
<< Lo sapevo >> osservò, nascondendo il suo visino contro il suo petto. << Altrimenti sarebbero tornati a prendermi >>
Poco distante, Jack aveva osservato l'intera scena, ascoltando anche il racconto della piccola. Ammirava la forza incrollabile dei bambini; persino in mezzo a questo caos, riuscivano a mantenere intatta la loro gioia di vivere, la loro allegria contagiosa. Forse, c'è ancora speranza...
Le sue riflessioni furono interrotte da un rumore alla sua sinistra, dietro ad alcuni alberi e, prima che potesse reagire si ritrovò con un fucile puntato alla testa.
Anche Sam si era accorta del rumore e aveva nascosto subito Payton dietro di lei, guardando impotente un uomo di colore uscire agilmente dai cespugli e puntare la sua arma contro Jack.
<< Metti giù il fucile! >> urlò Ian estraendo la sua pistola, imitato da tutte le persone armate del gruppo, ma lo straniero non obbedì, per niente spaventata dalla situazione critica in cui si trovava. << Sparatemi e farò saltare il cervello del vostro capo >>
<< Lui non è il nostro capo! >> replicò Ian  l'uomo scrollò le spalle, disinteressato. << Questo significa che posso sparargli? >>
Jack sorrise per niente impressionato dalle sue parole. << Se mi spari, loro ti sparano >> osservò. << Quindi non ci guadagni niente nell'uccidermi. Ti sei fregato con le tue stesse mani >>
L'uomo scosse la testa divertito. << Hai ragione, non è stata una mossa molto furba >> abbassò l'arma, lasciando il gruppo ancora più confuso. << Mi chiamo Mark Gordon, tu invece? >>
<< Jack Parker >>
<< Ma chi ti credi di essere?! >> gridò Ian inviperito. << Non puoi minacciarci di ammazzarlo e poi metterti a chiacchiere con lui come se non fosse successo niente! >>
<< Calmati, Ian >> gli ordinò Sam avvicinandosi a Gordon. << Il mio nome è Samantha Gray >>
<< Piacere, se non sono troppo indiscreto posso sapere che cosa ci fate nel mio bosco? >>
<< Non mi sembra che ci sia scritto il tuo nome >> sibilò Ian ignorando l'occhiataccia della ragazza. << E comunque non sono affari tuoi >>
<< Stiamo cercando di raggiungere Bethel, per caso sai come arrivarci? >>
Il viso dell'uomo si fece improvvisamente cupo. << Si >> rispose. << Ma non ci troverete quello che cercate >>
<< Che cosa vuoi dire >>
<< Bethel è stata attaccata dai cacciatori del buio, circa due settimane fa >>
Nel gruppo scese il silenzio.
Fu Tom a porne fine. << E' impossibile >> replicò. << Loro sono sempre rimasti nelle zone calde! >>
<< Infatti, ma quelli sono stati portati qui da degli scienziati >> disse Mettendosi in spalla il vecchio fucile. << Dicevano che servivano per trovare una cura, ma poi quella donna è uscita di testa e li ha liberati, scatenandoli contro gli abitanti >>
<< Quella... donna? >> balbettò Sam, mentre cominciava a capire. Quindi gli infetti presenti nel laboratorio non erano stati eliminati. Guardò Tom, sembrava sorpreso quanto lei.
<< La Dottoressa Krippin >>
<< COSA?! >> sbraitò un uomo del gruppo. << Noi siamo stati abbandonati come cani, mentre quella stronza è stata portata in salvo?! >>
Gordon lo ignorò. << Coloro che sono riusciti a sfuggire al massacro, si sono diretti verso nord, ma non credo che siano riusciti a sopravvivere >>
<< Perché no? >> domandò Jack. << Loro li hanno inseguiti? >>
<< No, ma fuori città, sulle montagne si è stabilità una banda di criminali che ammazza ogni singola persona che entra nel loro territorio >>
<< Come fai a saperlo? >>
<< Perché una volta ero uno di loro >> 
Sam sentì le sue speranze andare in frantumi, persino Bethel, l'unica luce che li aveva spinti ad andare avanti, si era spenta. Ed ora erano soli e costretti a nascondersi, non solo dai cacciatori del buio, ma anche da una comunità di pazzi sanguinari.
Senza aggiungere altro, Gordon si avviò verso Est, invitandoli a seguirlo. << Muovetevi, fra meno di due ore farà buio e la mia casa non è molto distante da qui >>

Sgranarono gli occhi sorpresi quando, usciti dal bosco si ritrovarono davanti ad un edificio circondato da alte mure completamente ricoperte di filo spinato. << Questa sarebbe la tua casa?! >> esclamò Ian, esprimendo a voce il pensiero di tutti e Gordon annuì con un ghigno. << Graziosa, non trovate? >>
< Ma come facciamo ad entrare? >> domandò Tom osservando il gigantesco portone. << Questo affare è chiuso dall'interno >>
<< Basta dire la parola magica >>
<< E qual è? >> esclamò curiosa Payton, mentre tutti gli adulti si scambiarono occhiate scettiche.
<< Semplice, è Apriti Sesamo >>
<< Smettila di fare il cretino e... >> cominciò Ian, ma si zittì quando vide le porte aprirsi cigolando rumorosamente e dal gruppo si levarono esclamazioni di stupore, mentre Payton batteva le mani felice. << E' veramente magico! >> strillò eccitata seguendo a ruota Gordon che si era avviato a passo spedito all'interno della struttura.
Il gruppo li seguì e, quando tutto furono entrati, il portone si richiuse velocemente alle loro spalle con un tonfo sordo. << Benvenuti alla prigione di Bethel >> li informò Gordon aprendo le braccia in un gesto teatrale. << Il paradiso dei detenuti >>
<< E questi chi diavolo sono? >> esclamò una voce infantile ed un giovane ragazzino di colore uscì  allo scoperto, osservando i nuovi arrivati con diffidenza.
<< Ehi, che razza di maniere sono queste? >> lo rimproverò un'altra persona, uscendo dalla prigione. Era un uomo dalla pelle molto più scura di quella di Gordon ed era anche più alto e robusto. << Avanti figliolo, presentati come si deve >>
Il ragazzino alzò gli occhi al cielo. << Il mio nome è Kevin e lui è il padre mio e di Mark, Steve Gordon >>
<< Molto piacere >>
Tom si avvicinò all'uomo tendendogli la mano. << Il mio nome è Thomas Wood >> si presentò. << Eravamo in viaggio verso Bethel quando suo figlio ci ha trovati >>
<< Trovati >> borbottò Ian e Sam gli mollo una gomitata per farlo tacere. << Non sappiamo come ringraziarvi per la vostra ospitalità >> disse Sam, ignorando l'occhiata omicida che gli lanciò l'ex agente.
<< Avrete modo di farlo, ma non stasera >> esclamò l'uomo invitandoli ad entrare. << Da quanto tempo non vi fate una dormita come si deve? >>

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Capitolo 5
*** Insonnia ***


Insonnia

Ian si buttò di peso sul letto, stupendosi di trovarlo piacevolmente comodo.
In tutta la sua vita non aveva mai visto una prigione dall'interno ed era rimasto sorpreso nel vedere in che modo fossero arredate le celle; ognuna aveva un piccolo bagno privato provvisto di water e lavandino.
C'erano le celle con un solo posto letto e, man mano che si procedeva per i corridoi, la loro grandezza aumentava, fino ad arrivare a celle con addirittura quattro posti letto: ognuna di loro aveva una cassettiera e una scrivania per letto e un piccolo tavolo.
Lui e Ben avevano scelto di stare nella stessa camera, mentre Sam e Payton si erano sistemate in quella di fianco; Tom era l'unico ad aver preso una stanza singola.
<< Io vado sopra >> mormorò Ben con uan strana espressione in viso. Sembrava turbato da qualcosa, ma non lo conosceva abbastanza da poter capire che cosa lo rendesse così stranamente silenzioso.
Aveva scoperto che al ragazzo piaceva molto parlare, ma da quando erano entrati nella prigione, si era chiuso in sé stesso ed, anche se cercava di mascherarlo, né lui né Sam avevano faticato ad accorgersene, dopotutto il cattivo umore di Ben era in netto contrasto con l'allegria che aleggiava nel gruppo per la scoperta di questo nuovo rifugio sicuro.
Ian decise che avrebbe interrogato il ragazzo domani, adesso erano entrambi troppo stanchi per sostenere una conversazione sensata.
Si tolse le scarpe e si infilò rapido sotto le fresche lenzuola, rabbrividendo di freddo. L'unico difetto di questo rifugio sicuro e che il riscaldamento era andato, ma anche questo problema avrebbe pensato domani, insieme agli altri. Ora desiderava solo dormire, ma la sua mente, a differenza del corpo, sembrava non aver voglia di riposo e mille pensieri iniziarono a ronzargli per la testa.
Si ritrovò a pensare alla sua vecchia casa, quel piccolo e triste appartamento che divideva con la sua cagnolina Leah. Ricordò la tristezza che aveva provato nel scoprirla malata e le lacrime che aveva versato quando il veterinario l'aveva soppressa sotto i suoi occhi, senza nemmeno chiedergli il consenso. Quando era tornato a casa, il monolocale gli era sembrato così grande e vuoto senza Leah...
Affondò la faccia nel cuscino, cercando di scacciare quei tristi ricordi, ma inutilmente.
Il volto dei suoi genitori fece prepotentemente breccia nei suoi ricordi, provocandogli una dolorosa stretta al cuore. Chissà se erano riusciti a cavarsela, l'ultima volta che li aveva sentiti, il virus aveva appena iniziato a fare le prime vittime tra la popolazione, ma fortunatamente Atlanta non sembrava essere stata colpita dall'epidemia.
Sorrise nel risentire nella sua mente le suppliche della madre, che lo imploravano di venire a stare da loro, almeno fino a quando la situazione non fosse tornata alla normalità e le raccomandazioni del padre.
Sembrava trascorso un secolo da quella telefonata, ma in realtà erano passati solo pochi mesi. Il virus aveva impiegato meno di due mesi per sterminare la popolazione mondiale.
Lavorando nell'ambulatorio della Dottoressa Krippin aveva avuto modo di capire fin da subito la gravità di quello che stava succedendo, eppure si era limitato a chinare la testa e ad obbedire ai suoi superiori. Se avesse avuto un po' più di coraggio, forse avrebbe potuto avvertire chi di dovere e far cessare i folli esperimenti di quella pazza e forse tutto quel casino non sarebbe successo.
Ripensò al giorno in cui aveva visto Samantha per la prima volta. Allora il suo viso era ancora quello di una giovane ragazza che lottava per la vita, niente cicatrici sul suo corpo,niente vaccini per tenere sotto controllo una bestia sanguinaria che, in un sola notte, avrebbe potuto uccidere chiunque si trovasse all'interno di quella prigione. Era solo una ragazzina di diciotto anni in cerca di una cura per il male che pian piano la stava uccidendo, ma nonostante questo aveva i suoi sogni. Spesso, quando era abbastanza in forze, l'aveva sentita chiacchierare allegramente con le sue amiche di un certo Derek che, a suo dire, era così figo, oppure lamentarsi di non poter andare ad un concerto o a una festa.
Provava un profondo odio verso la Dottoressa Krippin. Quante altre persone aveva illuso in quel modo? Separandole dalle loro famiglie, con la promessa di poterle rivedere una volta guarite? 
Una parte di lui, era in collera anche con Thomas. Anche lui aveva contribuito a costruire quell'illusione e, sebbene lo rispettasse, non poteva sopportare tutte quelle false promesse che faceva ogni singolo giorno a Samantha, accrescendo in lei una speranza inesistente. Perché non poteva semplicemente dirgli la verità e permettere che vivesse gli ultimi anni che le rimanevano senza esperimenti?
Lo trovava stupido. Ogni volta che lei riusciva ad accettare il suo destino, arrivava lui e le riempiva la testa di promesse.
Ian voleva bene a Sam, la considerava quasi come una sorella, ma le aveva detto fin da subito che, quando fosse giunto il momento, non avrebbe esitato a premere il grilletto e Sam gli aveva sorriso complice e, per la prima volta le era sembrata veramente felice.
Un rumore di passi provenienti dal corridoio lo strappò bruscamente dai suoi pensieri e sbuffò infastidito nel vedere passare davanti alla sua cella Mark Gordon, fischiettando piano.
Non gli piaceva quel Gordon, fin dal primo momento che l'aveva visto. Loro lottavano ogni giorno per sopravvivere e lui non si preoccupava minimamente della sua vita, buttandosi in mezzo ad un gruppo armato senza un piano e, per di più con il sorriso sulle labbra.
Anche lui amava scherzare nei momenti di pericolo per alleggerire la tensione, ma non era un pazzo suicida che faceva il simpaticone con degli estranei che gli puntavano contro dei fucili. Aveva conosciuto molte persone del genere, sprezzanti del pericolo e drogati di adrenalina...
Con suo sommo stupore, Mark si girò verso di lui, trafiggendolo con i suoi occhi neri come la pece. << Non riesci a dormire? >>  gli chiese con la voce ridotta ad un sussurro. << Vuoi che ti lasci la luce accesa? >>
<< Vaffanculo! >> ringhiò sommessamente Ian, voltandosi verso la parete.
Lo sentì ridacchiare divertito e allontanarsi per il corridoio, probabilmente diretto verso la sua cella. Fumante di rabbia Ian chiuse ostinatamente gli occhi, deciso a prendere finalmente sonno, ma passarono ancora diverse ore, prima che l'ex agente riuscisse ad addormentarsi...

<< Vuoi che ti lasci la luce accesa? >>
<< Vaffanculo! >>
Ben rimase in silenzio ad ascoltare il breve scambio di battute dei due uomini, domandandosi il perché Ian fosse così acido con Mark. A lui sembrava un ragazzo simpatico...
Si mise a pancia all'aria, osservando il grigio soffitto della cella. Era identica a quella in cui era stato portato in seguito a quella rapina a mano armata a cui aveva partecipato più che altro per fare contento Brad.
Quando aveva visto Sam sparare al suo migliore amico, non aveva sofferto più di tanto. Da molti mesi, il rapporto che aveva con lui aveva iniziato a crollare per colpa delle menzogne e delle continue scommesse dell'amico, che stava rischiando di farli finire in mezzo ad una strada.
L'agenzia per cui lavorava lo pagava bene, ma tutti i suoi soldi finivano nelle tasche di Brad che li spendeva con estrema leggerezza, costringendo Ben a chiedere più volte ai suoi capi di ricevere un anticipo per pagare l'affitto o, ad utilizzare la sua bravura di hacker per fare dei piccoli furtarelli all'agenzia.
Strinse i pugni. Era stata proprio questa sua abilità e l'amicizia con Brad a rovinargli la vita ed ora era quasi felice che il mondo fosse andato a puttane e avesse trascinato l'amico con sé.
Otto anni fa, si era lasciato convincere a partecipare ad una rapida in una delle più prestigiose banche di San Francisco. Avrebbero sfruttato le sue capacità di hacker per manomettere i sistemi di difesa e la cassaforte e lui aveva accettato, sognando ad occhi aperti di vivere nel lusso, di comprare una casa più grande per i suoi genitori, ma sfortunatamente il piano era fallito per colpa di uno della banda di Brad, che si era drogato poche ore prima del colpo e aveva iniziato a sparare sulla folla, uccidendo tre persone innocenti.  
Ben era rimasto shoccato da quella scene e, con Brad aveva subito tentato la fuga, ma erano stati presto catturati dalla polizia che li aveva sbattuti in gabbia, per poi trasferirli successivamente nel carcere minorile. Scontati i nove mesi di pena, era tornato a casa, ma si era ritrovato l'appartamento vuoto e un biglietto dei suoi genitori dove con chiare e semplici parole lo ripudiavano come figlio.
Disperato era corso dall'unica persona che gli era rimasta ed insieme si erano trasferiti nel Massachussets, inizialmente guadagnandosi da vivere con piccoli furti, poi sopravvivendo grazie alla paga di Ben.
Per questo restare chiuso in questa prigione lo faceva star male. Gli riportava alla mente troppi dolorosi ricordi... la faccia terrorizzata di quelle persone, il sangue che ricopriva i loro corpi e che scorreva lentamente sul pavimento, creando un lugubre contrasto con le piastrelle bianche.
Doveva cercare di non pensarci, di pensare ad altro, ma pochi erano i ricordi felici che potessero distrarlo e, alla fine, cadde in un sonno tormentato da incubi.

<< Buonanotte madre >> mormorò Jack baciando dolcemente la donna in fronte, prima di arrampicarsi sul letto. << Buonanotte tesoro >>
Si sdraiò di lato, cercando di prendere sonno, ma gli eventi degli ultimi due giorni continuavano a tormentarlo. Finalmente il suo patrigno era morto e avrebbe lasciato in pace sua madre, eppure la donna non sembrava felice di essersi liberata di quell'uomo, anzi era scoppiata in lacrime quando gli aveva comunicato la notizia e, ora odiava con tutta se stessa la ragazza che aveva divorato suo marito.
Perché continui a soffrire per quell'uomo, mamma? pensò tristemente, ripensando alla gioia che aveva provato nel vedere il corpo di quel bastardo essere mangiato da Gray.
La ragazza dai capelli rossi come il sangue...
Quella donna era una minaccia per tutto il gruppo, eppure quel dottore continuava a difenderla.
Persino lei era consapevole di essere un pericolo. Quando si trovava nella sala riunioni, l'aveva sentita supplicare più volte Wood di ucciderla, ma lui aveva rifiutato, impedendo anche agli altri di torcerle un capello quando ancora ne avevano l'occasione.
Che senso aveva difendere la vita di una persona che ormai era morta dentro? Gray aveva la morte nei suoi occhi, si vedeva chiaramente che era stufa di lottare, ma nonostante tutto sopravviveva per far contento quel pazzo, mentre lui era convinto che nemmeno lei aveva perso la speranza.
Sei un'idiota, amico.
Vedeva che anche l'altro ragazzo, Ian Prince la pensava come lui e questo non aveva fatto altro che aumentare la stima che provava per quell'uomo. Forse sarebbe riuscito a convincerlo ad aiutarlo ad uccidere la ragazza...

Samantha continuava a rigirarsi nel letto. da molto tempo non le capitava di poter farsi una dormita decente, senza l'ansia continua di poter essere attaccati in qualunque momento, ma era proprio quell'ansia che impediva ai dolorosi pensieri di tormentarla, riportandole alla mente i suoi genitori, i suoi mici, Ryan...
Quanto le mancava il suo adorato fratello. Il suo inaffondabile ottimismo, la sua sicurezza... Era solo grazie a Ryan che, quando aveva scoperto di avere il cancro, non si era arresa alla morte. Lui l'aveva incoraggiata a combattere per sconfiggere la malattia e, nel caso non ci fosse riuscita, a vivere al meglio il poco tempo che le restava, ma ormai anche suo fratello si era trasformato in un mostro, esattamente come lei, ma almeno Ryan non ne era consapevole; lei invece viveva con quel peso ogni singolo giorno.
A volte odiava Tom, per il modo in cui la costringeva a rimanere viva, quando lei non desiderava altro che morire.
Cosa la spingeva a vivere altri quattro, cinque anni con la paura di poter fare del male a  coloro che amava? Non era meglio farla finita subito, prima che ciò si verificasse?
Eppure, le parole Thomas avevano insinuato in lei una tenue speranza e, il modo in cui Payton si aggrappava a lei, l'aveva reso più forte....
Ripensò a Ryan... forse non poteva sconfiggere il mostro, ma avrebbe vissuto al meglio gli anni che aveva a disposizione.
Si alzò dal letto e prese delicatamente in braccio la piccola Payton, portandola nella cella di Ian.
La poggiò accanto all'uomo ed uscì silenziosa nel corridoio, cercando di individuare con lo sguardo la cella di Thomas e, quando la vide, entrò senza esitare.

Thomas, rilesse nuovamente gli ultimi appunti che aveva scritto prima di lasciare l'ambulatorio. Samantha aveva ragione, il suo corpo non avrebbe retto a lungo il vaccino antirabbica e presto i suoi organi sarebbero collassati.
Si alzò stancamente dalla scrivania, mettendosi a letto. Per prima cosa, domani avrebbe chiesto al signor Gordon se il laboratorio che la dottoressa Krippin aveva fatto installare a Bethel fosse andato distrutto. Se avesse ricevuto una risposta positiva, avrebbe convinto Samantha ad andare con lui per recuperare alcuni macchinari e magari avrebbero trovato anche qualche medicinale.
Con un po' di insistenza, magari sarebbe venuto anche Ian ad aiutarli...
Sussultò nel sentire la porta della sua cella aprirsi con un cigolio e, una figura si sdraiò silenziosamente al suo fianco, abbracciandolo con le sue esili braccia; era Sam.
<< Che ci fai qui? >> mormorò accarezzandole dolcemente i capelli.
<< Voglio stare con te >> rispose senza vergogna. << Posso? >>
Sorrise. << Certo che puoi >>
Si baciarono teneramente, assaporando ogni istante di quel momento e, quando si separarono, Sam si accoccolò più vicino a lui, scivolando ben presto nelle braccia di Morfeo.
Thomas rimase sveglio ad osservare il suo viso per ore: ero così giovane, così bella. Non poteva permettersi di perderla; lei era sua e non avrebbe permesso né a Parker né a Ian di portargliela via.
Ai primi sintomi di cedimento dei sui organi, avrebbe interrotto il vaccino e l'avrebbe custodita in una delle celle, fino a quando non fosse arrivato ad una cura. Lei era la chiave, lo era sempre stata, per questo la dottoressa non l'aveva fatta sopprimere, affidandogliela nella speranza che riuscisse a scoprire la soluzione al suo errore, ma ora lei era morta e non era rimasto nessuno, a parte lui, che capisse quanto importante fosse Samantha Gray per la loro sopravvivenza.
Grazie a lei e al suo sangue, lui sarebbe diventato l'eroe, il salvatore della razza umana e, una volta che il mondo fosse tornato alla normalità, avrebbero fatto di lui l'uomo più ricco della terra.
E poi avrebbe continuato ciò che la dottoressa Krippin gli aveva lasciato. La cura per il cancro era stato solo il primo passo, ma la donna aveva commesso uno sbaglio accelerando i tempi; Thomas avrebbe dovuto rimediato al suo errore, prima di poter portare avanti i suoi esperimenti.
Tutti coloro che insultavano Alice Krippin erano solo degli ingrati e lui era l'unico a conoscere la reale grandezza di quella donna!


Mark raggiunse la cella che divideva con la sua famiglia e si sdraiò silenziosamente sul letto, facendo attenzione a non svegliarli.
Non gli sembrava vero che era riuscito a trovare degli altri sopravvissuti. Nemmeno suo padre, con il suo inaffondabile ottimismo, aveva mai sperato che ci fossero addirittura trentasette persone nel piazzale della prigione.
Un gruppo numeroso e pieno di individui interessanti, secondo Mark. A cominciare da quella Samantha Gray. Molte volte suo padre aveva insistito affinché prendesse una laurea in psicologia, perché, a suo dire, era molto bravo a capire le persone, anche solo osservandole e guardando quella ragazza dai capelli rossi ne era rimasto affascinato.
Era una ragazzina, ancora più giovane di lui, eppure sembrava molto più matura della sua età.Tutto il lei si contraddiceva e questo lo spingeva a chiedersi che cosa nascondesse: era una ragazza combattiva, ma anche fragile e, a volte, i suoi occhi, tradivano una profonda stanchezza. Farò in modo che tu mi riveli i tuoi segreti, Samantha Gray. Stanne certa. pensò con un sorriso deciso.
Altro elemento interessante era il dottore Thomas Wood. Era un uomo sicuro di sé e si vedeva chiaramente che era profondamente legato alla ragazza rossa e il sentimento era ricambiato, ma c'era qualcosa di strano nel modo in cui osservava la ragazza; ne sembrava quasi ossessionato.
Si sarebbe divertito ad indagare sulla loro relazione...
Poi c'era Jack Parker. Un con la stoffa del capo a suo parere, ma chissà per quale motivo, lui lo rifiutava.
Infine Ian Prince. Quel ragazzo lo attirava come una calamita e forse ciò accadeva perché lui al contrari lo detestava; lo capiva da come lo guardava.
Eppure non poteva fare a meno di tormentarlo, facendolo infuriare.
Tu sei il mio nuovo giocattolo, Ian Prince. pensò scherzoso chiudendo finalmente gli occhi e lasciandosi cullare dal piacevole silenzio che era sceso sulla prigione.

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Capitolo 6
*** Menzogne ***


gfhgfh
Menzogne

Sam si mise a sedere, stiracchiandosi energicamente. Al suo fianco, ancora immerso nel mondo dei sogni, c'era Tom con il viso semicoperto dai capelli biondi non più corti, ma lunghi fin quasi alla spalla.
Continuava ad insistere affinché gli permettesse di tagliarglieli, ma il dottore sembrava felice di quel nuovo look.
Attenta a non svegliarlo, Sam uscì dalla loro cella, dirigendosi alla mensa. Vivevano nella prigione da quasi due settimane e l'umore del gruppo era alle stelle. Lo confermavano le allegre risate che le giungevano dalle altre celle o dal cortile, finalmente le persone sembravano aver riacquistato la speranza e la voglia di continuare a vivere, ricostruendo insieme una civiltà distrutta dal virus.
Anche lei stava finalmente cominciando a voltare pagina. Certo, il pensiero di avere poco più di tre anni da vivere e le iniezioni erano sempre pronti a rovinarle il buon umore, ma cercava di ignorarli e godersi appieno quelle giornate di pace.
Raggiunse il tavolo dei suoi compagni e subito Payton le corse incontro per farsi prendere in braccio. << Guarda che cosa ha preparato il nonno! >> strillò eccitata indicandole un vassoio colmo di fumanti frittelle.
<< Umm, sembrano deliziose! >> esclamò mettendosi a sedere con l'acquolina in bocca.
Ian si voltò verso di lei con la bocca completamente piena. << E lo fono >> biascicò rubandole una smorfia disgustata. << Sei un maiale >>
Il riccioluto scrollò le spalle con indifferenza, ingoiando rumorosamente il boccone. << E' colpa di Steve >> si difese. << I suoi piatti sono troppo buoni >>
<< Vero, ma mi fai venire da vomitare >>
La loro piccola discussione venne interrotta dall'arrivo di un esausto Tom, che li salutò con un vistoso sbadiglio.
<< Buongiorno, tesoro >> lo schernì Ian. << Anche stanotte Sam ci ha dato dentro con te? >>
Il volto della ragazza prese fuoco all'istante, mentre Tom si limitò ad ignorare la frecciatina, sedendosi al fianco della rossa.
<< Sei forse geloso? >> lo punzecchiò Ben, alzando finalmente lo sguardo dal piatto; negli ultimi giorni sembrava aver riacquistato un po' del suo solito buon umore. 
<< Lo ammetto, mi hai beccato >>
I due risero senza ritegno guadagnandosi un occhiata furiosa da parte di Samantha. << Gradirei che voi due la smettesse di fare i bambini! >> ringhiò acida, ma le sue parole servirono solo ad aumentare le loro risate.
<< Devo parlarvi di una cosa >> esordì Tom e i due ragazzi si zittirono all'istante, infastidendola ancora di più. Odiava il modo in cui lui ignorava i commenti dei loro compagni. Sembrava quasi che non gli importasse che quei due idioti facessero continuamente allusioni anche davanti a Payton o peggio, davanti ad altre persone che nemmeno conoscevano; era imbarazzante.
<< Ieri sera ho parlato con Mark > inspiegabilmente, nel sentire quel nome, il volto di Ian si adombrò e Sam gli rivolse un'occhiata incuriosita. Perché era così infastidito da Mark? A lei, quel ragazzo piaceva. Era simpatico, sempre pronto a dare una mano ed era solo grazie a lui se no vivevano più nel terrore. Proprio non riusciva a spiegarsi lo strano comportamento dell'ex agente...
<< Mi ha detto che, durante il trasferimento, la dottoressa Krippin era riuscita a portarsi dietro un sacco di attrezzature e aveva organizzato un laboratorio in un edificio poco distante dall'ospedale di Bethel >>
<< E allora? >> domandò Ben addentando un altro boccone di frittata.
<< Ci sta chiedendo se vogliamo aiutarlo a recuperare quelle attrezzature >> mormorò Ian e Sam guardò stupita il giovane dottore. << Sei impazzito? >> esclamò per niente entusiasta di quello che aveva in mente di fare. << Steve ha detto che la città è infestata da cacciatori del buio, senza contare i banditi che abitano sulle montagne! >>
<< Quelle attrezzature ci servono, Sam >> replicò Tom prendendole la mano. << Senza non riuscirò mai a trovare una cura al virus >>
Sbuffò spazientita; erano nuovamente arrivati a parlare di quel dannato virus.
Tom non voleva proprio arrendersi. Perché non riusciva ad accettare la sua decisione di smetterla con gli esperimenti?
Quando il suo medico le aveva diagnosticato il cancro, aveva provato di tutto per sconfiggerlo e cosa ci aveva guadagnato? Era sopravvissuta certo, ma ora doveva convivere con un mostro sanguinario che, ogni singolo giorno, lottava per spezzare le catene che lo tenevano imprigionato, impedendogli di divorare coloro che abitavano all'interno di quella prigione.
<< Ti ho già detto che non ho intenzione di continuare, Tom >> protestò alzando la voce e molte persone si voltarono verso il loro tavolo, ma poco le importava. << E' inutile che continui ad insistere >>
<< Ti stai arrendendo! > urlò furioso e Payton si rifugiò tra le braccia di Ian , spaventata. << Non puoi chiedermi di stare a guardare, fingendo che vada tutto bene! >>
<< Smettila >> disse Ian, indicando eloquentemente il resto dei presenti. << Se è questa la sua decisione... >>
<< NON TI CI METTERE ANCHE TU! >> sbottò alzandosi in piedi di scatto e la sedia cadde in terra alle sue spalle con un tonfo sordo. << SEMBRATE TUTTI IMPAZIENTI DI UCCIDERLA! E' SOLO PER COLPA VOSTRA SE HA SMESSO DI LOTTARE! >> concluse uscendo dalla mensa con rabbia e lasciando la sala nel più profondo silenzio.
Vedendo che Samantha sembrava troppo scossa per muoversi, Ian si apprestò a seguirlo con un sospiro rassegnato. << Vado a parlargli >>
La ragazza non disse niente, ma si limitò a seguire il giovane con lo sguardo, mentre la mensa cominciava a riempirsi di un brusio concitato; era ben consapevole che stavano parlando di lei.
Solo tre persone, al di fuori del suo gruppo, erano a conoscenza della sua situazione: Jack, sua madre e un loro vecchio amico di famiglia, John Davies, il secondo in comando nella loro piccola comunità ed era rimasta sorpresa nell'apprendere che avevano tenuto segreta la verità sulla morte di Rossio, ma dopo quella sceneggiata, sarebbero iniziate le domande e, alla fine, tutti avrebbero scoperto il suo segreto, la famiglia Gordon compresa.

Ian raggiunse a grandi falcate Tom, che si era fermato di fronte all'enorme portone della prigione ancora fumante di rabbia. << Lasciami in pace >> mormorò sentendolo arrivare. << Ho una gran voglia di prendere a pugni qualcuno >>
<< Non ti conviene provarci con me >> replicò tranquillamente il ragazzo. << Avrei sicuramente la meglio >>
<< Sparisci, Ian! >> ringhiò il biondo voltandosi di scatto con il viso contratto in un espressione di rabbia che, per un istante riuscì a turbarlo; non gli era mai capitato di vederlo in quelle condizioni.
<< Possibile che proprio non riesci ad accettare la decisione di Sam? >> insistette parandosi di fronte all'uomo. << Perché non fai come lei e ti metti il cuore in pace, Tom? >>
<< Voi non capite >> mormorò cupo, distogliendo il suo sguardo castano dal ragazzo. << Io posso guarirla >>
<< A volte mi pare che tu la consideri soltanto una cavia da laboratorio >>
<< Ti sbagli >>
<< Ne sei sicuro? >> gli domandò poggiandoli una mano sulla spalla. << Tu non tieni conto dei sentimenti di Sam. Ogni volta che le parli, finisci sempre col discutere di quel dannato virus e della sua situazione, come stamattina. Non capisci che in questo modo la fai solo stare peggio? >>
Tom non disse nulla. Ian aveva capito perfettamente i suoi sentimenti. Considerava Samantha una bella ragazza e ammetteva di provare attrazione verso di lei, ma il suo cuore sarebbe per sempre appartenuto a sua moglie e, per riavere indietro Anna, gli serviva Samantha e le avrebbe provate tutte per convincere il suo gruppo ad accompagnarlo a Bethel. Da solo, non aveva speranze di trasportare le apparecchiature utili per allestire un piccolo laboratorio, aveva bisogno di almeno un'altra persona, ma Ian e Samantha sembravano irremovibili e non aveva intenzione di farsi accompagnare da quell'incapace di Ben.
<< Non voglio recarmi a Bethel solo per le apparecchiature >> disse giocando la sua ultima carta. << Tu sai meglio di me che, se venissimo attaccati dai banditi delle montagne o dai cacciatori del buio non basteranno le mura della prigione e un po' di filo spinato per proteggerci >>
<< Dove vuoi arrivare? >>
<< Ci servono altre armi, quelle che abbiamo non sono sufficienti, senza contare il fatto che non abbiamo medicinali decenti, solo pastiglie per il mal di testa. Se qualcuno venisse ferito gravemente non potrei fare molto per salvargli la vita >>
Ian non era uno stupido. Sapeva che Tom stava cercando di convincerlo ad accompagnarlo a Bethel solo per i suoi scopi, ma aveva maledettamente ragione. Avevano poche armi, niente medicine e il piccolo orto seminato dal signor Gordon poteva bastare a produrre verdura per tre persone, non trentasette. Forse potremmo trovare altri semi per espanderlo... anche avere della benzina in più non guasterebbe...
Scosse la testa. Si stava lasciando convincere! Era un'impresa folle, milioni di cose potevano andare storte... eppure continuava a pensare a ciò che non avevano, alla possibilità di dover affrontare un attacco... alle possibili malattie che i sopravvissuti potevano contrarre... nemmeno erano certi che, nel gruppo di Jack fossero tutti immuni al virus o che non fossero malati, magari qualcuno stava nascondendo i sintomi del contagio, con le apparecchiature di cui aveva bisogno, Tom avrebbe potuto far fare a tutti delle analisi per accertarsene...
Sono un deficiente! si maledì prima di comunicare la sua decisione a Tom. << Hai vinto, verrò con te >>
Sul volto del giovane medico comparve un sorriso vittorioso. << Grazie >>
<< Avrete bisogno di una guida >> si intromise una terza voce ed entrambi si voltarono verso colui che, per tutto quel tempo, aveva origliato alla loro conversazione. << Mark! >> esclamò sorpreso Ian, trovandosi davanti al figlio del loro salvatore e subito venne assalito dal panico pensando a quello che poteva aver sentito e capito riguardo alla situazione di Sam.
<< Prenderemo in prestito il fuoristrada di Parker e, visto che il viaggio per raggiungere Bethel è di un'ora buona, ne approfitterete per raccontarmi la vostra storia, in particolare quella di Samantha >> continuò ignorando le loro espressioni shoccate. << La vera storia >>

Sam si fermò con la mano sulla maniglia della porta che la separava dalla cucina con il cuore a mille. Forse non era una buona idea rivelare al signor Gordon la sua storia, o per lo meno, non da sola; avrebbe fatto meglio ad andare a chiamare Ian e Tom, sempre se non fosse ancora arrabbiato con lei...
In quel momento la porta si spalancò e si ritrovò di fronte a Steve Gordon e il viso dell'uomo si aprì subito in un caldo sorriso. << Samantha! Sei venuta a chiedermi un'altra porzione di frittelle, per caso? >>
<< N-no >> balbettò arrossendo imbarazzata. << Volevo... volevo solo sapere se per caso gli serviva una mano >>
<< Beh, ci sarebbero i piatti da lavare >> disse indicandogli i due lavandini pieni di stoviglie << Stavo giusto andando a cercare Mark >> continuò facendosi da parte per lasciarla passare. << Oggi è il suo turno e Kevin si rifiuta categoricamente di farne uno extra, ma quello scansafatiche si è volatilizzato >>
Sam sorrise. << Anche io e mio fratello litigavamo spesso per lavare i piatti e non rispettavamo mai i turni >> confessò, mentre vecchi ricordi le riempirono la mente. Faticava a credere che fossero passati solo pochi mesi da quei giorni felici, sembravano appartenere ad un'altra epoca. << Allora, per farci smettere, nostra madre ci obbligava a lavarli insieme >>
<< E funzionava? >>
<< No, finivamo sempre per allagare la cucina e ha rompere un sacco di piatti e di bicchieri >>
<< Mi ricorderò di non provarlo mai con i miei figli >>
Risero e, per un istante Sam riuscì quasi a dimenticare tutte le sue paure. Era quello ciò che le mancava. Fare cose normali, come lavare i piatti, stendere il bucato, passeggiare... era solo grazie a Gordon se poteva di nuovo concedersi di vivere come un tempo, come un essere umano qualunque.
<< A che pensi? >> le domandò incuriosito Steve, notando la sua espressione assorta.
< A quanto è bello poter ritrovare un po' di normalità >> rispose sincere rimboccandosi le maniche, prima di immergere le mani nell'acqua calda del lavandino. << Adesso, anche lavare i piatti, mi sembra la cosa più bella del mondo! Ed è tutto merito suo >>
<< Mio? >>
<< Se non fosse stato per lei e, soprattutto per Mark, non avremmo mai avuto una seconda possibilità >>
<< Mi fai arrossire, se dici così >>
<< E la verità >>
<< Sei una brava ragazza, Samantha >> disse prendendole la mano bagnata tra le sue. << I tuoi genitori sarebbero fieri di vedere come sei diventata nonostante questo inferno >>
A quelle parole, il viso pallido della ragazza si incupì, lasciandolo confuso. << Ho detto qualcosa di sbagliato? >>
<< Io non sono una brava ragazza >> mormorò con amarezza. << E, dopo che le avrò raccontato la mia storia, sono sicuro che, anche lei cambierà opinione su di me >>
<< Cosa puoi aver fatto di così orribile? >>
Alzò il suo sguardo celeste sull'uomo che gli aveva ospitati senza fare domande, decisa a raccontargli tutta la verità. << Io... ho... >>
<< Papà! >> l'arrivo improvviso di Kevin interruppe la sua confessione e, dal volto spaventato capì subito che doveva essere successo qualcosa. Anche Steve lo notò subito e corse verso il figlio. << Che è successo, figliolo? >>
<< Mark... il dottore e... quegli altri due ragazzi... sono andati... a Bethel >> ansimò cercando di riprendere fiato e Sam si sentì sprofondare. Tom era riuscito a convincere Ian, Ben e Mark ad andare con lui!
<< E tu perché li hai lasciati uscire?! >> domandò bruscamente il padre. << Perché gli hai aperto il portone? >>
<< Mi hanno detto che volevano andare a tagliare un po' di legna ai margini del bosco! >> strillò il ragazzo ormai sull'orlo delle lacrime. << Mi sono accorto che mia avevano preso in giro solo quando li ho visti prendere la strada per la città! >>
<< Forse hanno deciso di andare in un'altra parte della foresta >> provò a suggerire Steve, ma glielo si leggeva chiaro in faccia che non credeva nemmeno lui alla sue parole.
<< Asce ed accette sono ancora al loro posto >> si intromise Jack Parker facendo il suo ingresso nella cucina, seguito a ruota dalla madre che, non appena la vide, rivolse uno sguardo di puro odio a Samantha.
Rabbrividì, quando incrociò lo sguardo della donna ed, per un istante, fu tentata da un'irrazionale voglia di fuggire dalla stanza o, come le suggeriva il virus, di attaccarla prima che fosse lei a farlo, ma si trattenne, cercando di recuperare il controllo delle sue emozioni.
<< Non mi importa molto dei tuoi compagni >> continuò il ragazzo rivolgendosi a Sam. << Ma non posso permettere che colui che ci ha salvato la vita, muoia per colpa dell'egoismo di quel tuo dottore da strapazzo! >>
<< Io non ero d accordo con Tom e nemmeno Ian >> protestò freddamente Sam. << Non so cosa abbia spinto lui Ben e Mark ad accompagnarlo! >>
<< Il tuo piccolo gruppo di idioti porta solo guai! >> ringhiò Jack avvicinandosi a lei, lasciando solo pochi centimetri a separarli . << Ci siamo fidati del vostro piano e stavamo quasi per entrare in una città popolata da mostri! >>
<< Se non fosse stato per noi, a quest'ora vi ritrovereste ancora in quella scuola a nascondervi come conigli in trappola! >>
<< NON OSARE RIVOLGERTI IN QUEL MODO A MIO FIGLIO, LURIDO MOSTRO! >> urlò fuori di sé la donna, avventandosi su Samantha che, per un istante perse il controllo e si scrollò di dosso la madre di Parker con forza, mandandola in terra.
Si sentì un sonoro crack e i presenti videro la donna stringersi dolorante il polso sinistro. << Mamma! >> esclamò Jack accorrendo subito al suo fianco. << Razza di stronza! Le hai rotto un polso! >>
<< Io... Io non >> balbettò Samantha guardandosi disgustata la mani. Sentiva lo sguardo di Steve e suo figlio su di sé, ma non aveva il coraggio di voltarsi ad assicurarsene.
Corse fuori dalla stanza con le lacrime agli occhi, diretta al cortile e, senza pensarci, si arrampicò a fatica lungo le mura, rubando esclamazioni sorprese alle persone che si trovavano all'esterno per godersi il caldo sole della tarda mattinata. Il filo spinato le provocò numerosi tagli su tutto il corpo, ma in quel momento non sentiva dolore, ma solo una forte vergogna e rabbia per quello che stava diventando. Con un balzo, scese a terra avvertendo un leggere fastidio al piede destro. Ignorò ancora una volta il dolore e il sangue che gli colava dalle ferite e corse lontana dalla prigione.
Avrebbe riportato indietro quegli stupidi idioti anche a costo della vita e dopo, avrebbe lasciato per sempre la prigione.

Mark Gordon guidava stranamente in silenzio.
Dal primo momento aveva capito che il piccolo gruppo di Ian nascondeva un segreto, ma non si sarebbe mai aspettato di venire a conoscenza di una realtà così terrificante. Gli sembrava impossibile che dentro Samantha, quella ragazza dall'aspetto così innocuo, vivesse un mostro sanguinario in grado di uccidere una persona a mani nudi per divorare le sue carni, esattamente come quella che aveva ucciso sua madre. Eppure il dottore le aveva assicurato che non era pericolosa, fintanto che aveva il vaccino dell'antirabbica, ma il pensiero di sapere che quell'assassina si trovasse all'interno della prigione, con Kevin e suo padre, lo aveva quasi spinto a tornare indietro per cacciarla prima che potesse anche solo pensare di fare del male alla sua famiglia.
Era stato Ian e fargli cambiare idea, rivolgendosi a lui con un tono stranamente amichevole, pregando di pensare a come si comportasse la ragazza con Payton e, questo bastò per mettere a tacere tutti i suoi dubbi. Payton stravedeva per Samantha ed il sentimento era ampiamente corrisposto. Spesso le aveva viste giocare nel cortile e la ragazza non aveva mai torto un capello alla piccola anzi, era capitato che fosse proprio la bambina a causare accidentalmente piccoli danni alla sua compagna di giochi. Ricordò anche la tenerezza con cui Sam le augurava la buonanotte, oppure il modo in cui la stringeva a sé quando, sedute sul loro piccolo letto della cella le raccontava fantasiose storie di principesse o animali parlanti. Fintanto che avesse avuto il suo vaccino non avrebbe dovuto preoccuparsi di lei, ma dopo? Tom era sicuro di scoprire la cura, ma si vedeva bene che era l'unico che manteneva viva questa speranza. Tutti gli altri, Sam compresa, aveva smesso di crederci.
<< Siamo arrivati? >> la voce impaziente di Tom lo riscosse dai suoi pensieri e annuì, fermando lentamente il fuoristrada.
< Si >> rispose indicando il cartello. Welcome to Bethel. << Allora, qual è il piano? >>
<< Per prima cosa dobbiamo trovare il furgone >> gli spiegò Tom scendendo dall'auto. << Poi, mentre io e Ben carichiamo le attrezzature, tu che sei il più esperto della città aiuterai Ian a trovare armi, cibo e tutto ciò che riuscite a trovare di utile per la nostra sopravvivenza >>
<< E i medicinali? >> domandò Ian scrutando circospetto i dintorni; non gli piaceva il cupo silenzio che regnava in quella città.
Avrebbe tanto voluto che Sam fosse lì con loro, grazie alle sue capacità avrebbero individuato senza problemi la presenza dei cacciatori del buio all'interno degli edifici, senza proseguire alla cieca.
<< Di quelli me ne occupo io >> mormorò Tom, mettendosi a tracolla il fucile datogli da Mark, continuando a tenere sotto controllo Ben. Erano stati costretti a portarselo con loro perché li aveva scoperti mentre cercavano di far partire la macchina di Parker e, aveva minacciato di andare ad avvertire Samantha e gli altri; si poteva definire un ostaggio.
<< Bene, adesso che tutti sapete cosa fare, possiamo metterci in marcia >>
Il medico non vide lo sguardo che si lanciarono Ian e Mark alle sue spalle e, vedendo quell'espressione preoccupata sul volto dei membri più forti di quel piccolo gruppo, Ben si sentì morire; per colpa della sua dannata bocca si era ritrovato in quella orrenda situazione e si odiò con tutto sé stesso. Perché non mi sono fatto i cazzi miei? si maledì, mentre tremante di paura seguiva il resto del gruppo in quella che tutti avevano definito un'impresa suicida.

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Capitolo 7
*** Piccola Judy ***


SAM
Piccola Judy

Una macchina sfrecciava a folle velocità lungo la strada deserta che conduceva alla piccola cittadina di Bethel.
A guidarla era un furioso Jack Parker che, dopo una lunga discussione con la madre, aveva deciso di andare a recuperare quel gruppo di idioti.
Stranamente la rabbia verso Samantha per ciò che aveva fatto a Maria si era spenta, ed ora era incazzato solo con sua madre che ancora provava rancore verso la ragazza che aveva divorato suo marito.
Solo lui le era grato?
Anche se faticava ad ammetterlo era in debito con Gray. Aveva liberato sua madre da quell'uomo violento che ogni giorno la riempiva di lividi e abusava continuamente di lei.
Samantha aveva fatto ciò che lui sognava da tempo: ammazzare quel porco.
Lui aveva sempre finto di non vedere.
Io lo amo. gli aveva sempre ripetuto la madre. E grazie a lui, Judy ha una possibilità di guarire.
Judy.
Jack sentì una famigliare morsa al petto nel ripensare alla sua piccola sorellina di undici anni costretta a letto per una grave forma di cancro ai polmoni.
I medici non le avevano dato speranza e, qualsiasi cura che avrebbe potuto alleviare le sue sofferenze, era fuori dalla loro portata.
Solo Rossio aveva riacceso le loro speranze e, dopo molte "preghiere" sua madre era riuscita a convincerlo a parlare di Judy con la sua datrice di lavoro, la Dottoressa Krippin che, a quel tempo stava facendo passi enormi nella cura di quella malattia mortale.
Miracolosamente, la donna aveva accettato il caso di sua sorella ed era stata immediatamente trasferita nel suo ambulatorio e, da allora Maria aveva iniziato a prendersi meticolosamente cura del suo nuovo e adorato maritino, quasi felice di tutte le botte che riceveva.
Jack, invece era tornato alla sua vita di strada, dato che ormai non aveva nessun motivo per rimanere in quella minuscola casa.
Gli era stato proibito di vedere sua sorella, per motivi di sicurezza, dato che si trattava ancora di una cura sperimentale e poi, la Dottoressa Krippin sosteneva che i suoi pazienti erano più motivati se sapevano che fuori c'era qualcuno ad aspettarli, velocizzando il processo di guarigione.
Tutte cazzate.
Sua sorella era morta ugualmente.
Il suo fisico, già troppo debole, non aveva resistito alla sperimentazione ed era morta dopo tre mesi di degenza all'ambulatorio.
A quel punto, Rossio non gli era più di alcuna utilità, soprattutto in seguito al suo licenziamento, ma prima che potesse fare qualunque mossa era scoppiata l'epidemia e l'ex infermiere gli aveva portati in salvo, grazie al suo nuovo lavoro di bidello che gli aveva consentito di spalancare, per i pochi sopravvissuti, le porte della scuola elementare.
Da allora, gli era praticamente impossibile rimanere da solo con il patrigno e, anche se fosse riuscito a metterlo fuori combattimento, il gruppo lo avrebbe di sicuro punito con l'esilio perché, per quelle persone, Rossio era come un Dio, il loro grande Salvatore, l'Uomo a cui dovevano la vita e Jack preferiva evitare di venire catapultato in un mondo pieno di quei mostri.
Poi era arrivata Samantha insieme al suo misero gruppetto e aveva divorato Rossio, risolvendogli ogni problema.
Era rimasto terrorizzato dalla selvaggia potenza sprigionata da quella ragazza e non aveva esitato due volte a puntargli contro il fucile, nonostante provasse una sincera gratitudine, ma Samantha rimaneva un pericolo per l'intera comunità e nessuno sarebbe riuscito a convincerlo del contrario.
Eppure in quelle settimane trascorse nella prigione aveva cominciato ad avere dei dubbi sulla sua natura, soprattutto quando la osservava giocare con Payton o quando cercava in tutti i modi di attirare le attenzioni del suo dottore da strapazzo; in quei momenti sembrava una ragazza normale.
Aveva visto la sua sofferenza, quando veniva meno l'effetto del vaccino e la sua rassegnazione all'inevitabile ogni volta che il biondo le iniettava una nuova dose.
Solo allora la sua maschera crollava e si mostrava per quello che era realmente, una ragazzina terrorizzata dal futuro e alla disperata ricerca di qualcuno che potesse proteggerla.
Non provava pena per lei, come non l'aveva mai provata per Judy.
Leggere quell'espressione sul volto della gente quando osservava la sua testa priva di capelli e veniva a conoscenza del suo male la faceva solo infuriare.
Lei odiava essere trattata in modo differente da prima.
In questo modo mi ricordano che ho il cancro. diceva semplicemente. Non guarirò di certo con parole sdolcinate e lacrime a non finire.
Oh Judy...
Qualcosa sul bordo della strada attirò il suo sguardo, strappandolo dalle sue riflessioni e impiegò pochi secondi per capire i cosa si trattasse
<< Merda >> sbottò frenando di colpo.

Qualcuno la chiamava.
Una voce maschile... era Tom?
No, lui non aveva una voce così profonda... Ian? No...
Aprì a fatica gli occhi, ritrovandosi davanti un viso sfuocato. Non riusciva a mettere a fuoco, sentiva la testa pesante e un disperato bisogno di dormire.
<< Chi sei? >> voleva chiedere allo straniero, ma le mancavano le forze e, dalla sua bocca uscì soltanto un lieve sussurro.
Sentì le braccia dell'uomo sollevarla apparentemente senza nessuna fatica, ma percepiva chiaramente il suo respiro accelerare, mentre la trasportava in un posto che ignorava.
Che piacevole calore. pensò aggrappandosi fiaccamente al petto dello straniero, sperando con questo suo gesto di non offenderlo.
Da qualche parte, dentro di lei, si accese un campanello d'allarme. Potrebbe essere un nemico! gli urlò una voce, ma non ci badò. In quelle condizioni non avrebbe potuto fare niente, nemmeno se avesse fatto uscire la bestia che era in lei e poi, stava talmente bene tra quelle braccia che non aveva la minima intenzione di muoversi.
Improvvisamente ebbe freddo e capì che l'uomo doveva averla poggiata su qualcosa di morbido, una coperta? Un sedile di una macchina?
Non le importava, voleva solo sentire nuovamente il calore di quel corpo sconosciuto e un profondo senso di solitudine l'avvolse e prima di perdere nuovamente i sensi, sentì chiaramente il motore di una macchina mettersi in moto.

<< Gray! >>
Fu di nuovo la stessa voce a risvegliarla e, nonostante il suo corpo reclamasse riposo, si mise seduta, sforzandosi di riuscire a dare un volto al suo misterioso salvatore.
Sbatté ripetutamente le palpebre e finalmente i contorni del suo viso presero forma e spalancò la bocca stupita nel ritrovarsi davanti a Jack Parker; l'ultima persona al mondo che avrebbe desiderato vedere in quel momento.
La sua faccia prese fuoco nel ricordare come si era stretta a lui quando l'aveva raccolta dalla strada e desiderò con tutta sé stessa scomparire.
<< Era ora >> sbottò Parker lasciandosi cadere pesantemente sul sedile del guidatore. << Te la sei presa comoda >>
Samantha abbassò lo sguardo, cercando di recuperare un po' di contegno. << Dove siamo? >>
<< A Bethel >> rispose il moro, scrutando la piccola cittadina immersa in un lugubre silenzio. << E purtroppo per noi, il sole sta tramontando >>

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Capitolo 8
*** Ti devo la Vita ***


sam
Ti devo la vita

Due figure avanzavano caute nelle vie buie di Bethel, ormai una città fantasma.

<< Questo posto non dovrebbe essere pieno di quelle cose? >> osservò Jack Parker scrutando ansioso ogni singolo palazzo, ogni singolo vicolo senza mai abbassare il fucile.
Sam non rispose. La città era impregnata del loro odore, ma non ne avvertiva la presenza, almeno non nei paraggi.
Dove diavolo siete? si domandò osservando con attenzione le finestre in frantumi, alla ricerca di uno di quegli esseri nell'oscurità, ma senza risultato; sembrava fossero spariti.
<< Ehi rossa, mi stai ascoltando? >>
<< Si, ti sto ascoltando! >> sbottò spazientita voltandosi di scattò verso di lui. << E sto anche cercando di capire dove cazzo sono finiti! >>
<< Datti una calmata, ragazzina! >>
<< Dattela tu una calmata! >>
Non era la prima volta che si attaccavano durante la missione di recupero; la tensione e la paura rendeva entrambi nervosi e pronti a scattare alla prima provocazione.
Si scrutarono con odio per diversi istanti, quasi scordandosi del pericolo che correvano stando fermi in mezza ad una strada a provocare rumori inutili che avrebbero potuto attirare un intero branco di quelle creature
Sam non riusciva proprio a capirlo. Perché diavolo l'aveva salvata? L'odio che provava verso di lei era palese e, da subito, aveva provato a farla fuori, ma allora perché non l'aveva semplicemente lasciata su quella strada invece di perdere tempo a salvarla?
Se l'avesse fatto ora non si troverebbero in quella situazione.
Invece quell'idiota l'aveva soccorsa, medicata e aveva atteso pazientemente che riprendesse i sensi.
Idiota! pensò senza distogliere lo sguardo da quegli occhi verdi che la scrutavano astiosi, eppure non poté fare a meno di notare la tristezza che nascondevano. L'aveva visto ostentare sicurezza davanti al suo gruppo, soprattutto davanti a sua madre, ma quando era solo, nei suoi occhi vi aveva letto la sua stessa paura, la sua stessa voglia di arrendersi. Tu non sei forte come fingi di essere. osservò abbassando finalmente lo sguardo. << Il loro odore è ovunque >> spiegò spezzando quell'attimo di tensione. << Ma per il momento hanno lasciato questa parte della città >>
<< Merda >> imprecò Jack, lasciandola sorpresa. Non era la reazione che si era aspettata.
Avrebbe dovuto tranquillizzarsi nel sapere che quella zona era libera, invece sembrava ancora più turbato.
<< Che hai? >> domandò guardandolo cercare nervosamente qualcosa nello zaino.
<< Non credi ci sia una ragione per cui non si vedono i tuoi amichetti girare per le strade? >> borbottò tirando fuori la mappa che il signor Gordon gli aveva prestato quando aveva lasciato la prigione e cominciando a studiarla con attenzione. << Noi dove siamo? >>
<< Qui >> rispose sempre più confusa e spazientita, indicandogli la via sulla mappa.
<< Cazzo, l'Ospedale è dall'altra parte! >>
L'ospedale...
Il suo cuore prese a battergli all'impazzata, mentre cominciava a capire... Loro erano a caccia!
Dovevano aver scoperto la presenza di carne fresca in città ed erano corsi a stanarli. Un'intera orda di loro contro quattro persone
<< No >> mormorò cominciando a correre. << No, no, no! >>
Non controllò se Parker la stesse seguendo e non gli importava. Tom era in pericolo e con lui Ian, Ben e Mark.
Non morite. Vi prego, non morite!


Ian osservò con diffidenza la porta della scuola che, sotto richiesta di quella ricercatrice da strapazzo, era stata trasformata in un ambulatorio. Le finestre ancora intatte erano oscurate da enormi teli bianchi, ciò significava che all'interno era abbastanza buio per permettere a quelle cose di nascondersi nelle vecchie aule. Alzò gli occhi verso il cielo. Il sole stava quasi per tramontare, ma Tom non sembrava intenzionato a ritirarsi. Aveva acconsentito a dare la precedenza a cibo e armi e, durante l'esplorazione, avevano persino trovato una piccola farmacia sopravvissuta per miracolo ai saccheggi, ma il bottino non aveva soddisfatto completamente l'ex agente.
Ora avevano abbastanza medicine, ma rimaneva comunque il problema delle armi e del cibo. La dispensa della prigione era piena, ma ciò che conteneva non sarebbe durato in eterno. Aveva sperato di trovare almeno dei semi per poter ampliare l'orto del signor Gordon, ma senza risultato. Quanto vorrei averti qui, Sam pensò amareggiato tornando a concentrarsi sulla scuola. Lei avrebbe sicuramente percepito la presenza di quei mostri se fossero stati all'interno dell'edificio, invece erano costretti a procedere alla cieca.
<< E' quasi buio >> osservò guardando di sfuggita Thomas che, al contrario degli altri, sembrava felice di trovarsi in quel luogo. << Dovremmo rientrare >>
L'espressione del medico cambiò bruscamente, lasciando posto alla collera. << Non se ne parla neanche! >> sbottò cercando di tenere la voce  bassa. << Abbiamo perso tutto il giorno per le tue cazzate ed ora sprecherai il tuo prezioso tempo per le mie! >>
<< Le mie cazzate >> rispose pacato il ragazzo sottolineando con forza quell'ultima parola. << Servono per la sopravvivenza dell'intero gruppo! >>
<< Stai insinuando che trovare la cura per questa merda non serva al gruppo?! >> ringhiò avvicinandosi pericolosamente al ragazzo.
Mark lo bloccò prima che fosse alla portata di Ian; il ragazzo sembrava impaziente di spaccargli la faccia anche anche se continuava a mantenere un'espressione tranquilla, ma il suo corpo fremeva e le sue mani erano strette a pugno.
<< Ian ha ragione, è quasi buio >> esordì spingendo dolcemente indietro il medico. << Però non possiamo tornare indietro adesso >> continuò spostando il suo sguardo su Ian << Quelle cose ci seguirebbero fino alla prigione, perciò io dico di entrare qua dentro, trovarci una stanza sicura e aspettare l'alba >>
<< Sei pazzo? Quel posto pullula di mostri! >> si intromise Ben, dando finalmente sfogo alle sue paure. << Ci faranno a pezzi! >>
<< Abbiamo ancora un'ora prima del tramonto >> replicò calmo. << Senza contare che avete davanti a voi un ex alunno di questa scuola >>

I quattro camminavano per luridi corridoi della scuola con i nervi tesi al massimo. << Sei sicuro che le cucine siano una buona idea? >> mormorò Ian scrutandosi attentamente intorno; ormai era quasi buio e cominciava a non vedere dove camminava.
<< Sia la cucina che l'infermeria avevano un impianto elettrico d'emergenza e sono sicuro che è ancora funzionante >> rispose fermandosi un istante per orientarsi. << Ma l'infermeria è ai piani superiori, perciò è troppo rischioso provare a raggiungerla >>
<< La porta delle cucine è robusta? >>
<< Non molto, ma quella della cella frigorifera si >>
<< Vuoi chiuderci dentro una cella frigorifera? >> balbettò Ben cercando di controllare i battiti del suo cuore. << Se è come dici e l'impianto elettrico è ancora funzionante moriremo congelati! >>
<< Basterà spegnerla genio >> sussurrò in risposta Mark. << E poi la useremo solo in caso di... >>
Un urlo lacerò l'aria immobilizzando dal terrore i quattro uomini. Alle loro spalle, in fondo al corridoio si materializzò una figura alta e scheletrica con la testa completamente priva di capelli, ma non rimase sola a lungo. Nel giro di un paio di secondi venne raggiunta da una decina di esseri simili a lei e tutti puntavano i loro occhi iniettati di sangue sulle loro nuove prede.
<< SEGUITEMI >> urlò Mark cominciando a correre dalla parte opposta.Gli altri obbedirono senza esitare, mentre udivano le urla di quegli esseri farsi sempre più vicini.
<< MORIREMO >> gridò in preda al panico Ben, lanciando un'occhiata alle sue spalle.
<< ZITTO E CORRI! >> lo rimproverò Tom afferrandolo bruscamente per il braccio per impedirgli di rallentare. << GUARDA AVANTI! >>
Arrivato alla fine del corridoio, Mark svoltò a sinistra, seguito a ruota da Ian.
Tom e Ben, che erano rimasti indietro, videro due di quegli esseri arrivare dal lato opposto ad afferrare il ragazzo scaraventandolo a terra.
Videro uno di loro addentargli un braccio, ma prima che potessero intervenire Mark corse in suo soccorso.
Due colpi di pistola e i mostri erano morti, ma altri presero presto il loro posto e Tom perse di vista i due compagni.
Non ebbe tempo di preoccuparsi per la loro sorte, perché lui si trovava in una situazione ben peggiore: era circondato!
Da una parte un gruppo di quei mostri puntava urlando selvaggiamente su lui e Ben e, dall'altro il gruppo che stava tentando di raggiungere gli altri due ragazzi gli bloccava il passaggio per le cucine. Che cazzo faccio?! pensò disperato guardandosi freneticamente intorno, finché non vide una via di fuga; le scale!
Portavano al piano superiore, dove si trovava l'infermeria, ma non le avrebbero mai raggiunte in tempo. Loro erano molto più veloci.
Guardò Ben. Il ragazzo sembrava sul punto di svenire e non era di alcuna utilità... gli restava una sola cosa da fare.
<< Seguimi! >> urlò trascinandoselo dietro. Una bambola nelle sue mani.
Pochi metri e si trovarono faccia a faccia con una marea urlante; pochi passi li separavano dai gradini.
<< Ti devo la vita Ben >>
Quelle parole sembrarono risvegliare in qualche modo il giovane Hacker, ma ormai per lui era troppo tardi. A Tom bastò una spinta e il ragazzo sparì in quel cumulo di corpi nudi.
Mentre correva su per le scale, poteva benissimo sentire i loro versi di gioia, il rumore delle ossa spezzate e le grida sempre più fievoli della loro preda. Tutto ciò gli ricordava il primo vero pasto di Samantha. Anche lei aveva provato la stessa gioia selvaggia nell'affondare i denti nella tenera carne di quel pazzo e le ossa di Rossio si erano rotte come ramoscelli nelle sue mani...
Scosse la testa. Non era quello il momento di perdersi nei ricordi! Ben non era un ragazzo in carne, perciò avrebbero impiegato poco tempo per divorarlo e lui doveva trovare un rifugio prima di allora.
Sorrise sollevato nel leggere la scritta sulla porta in fondo al corridoio: INFERMERIA
Era salvo! Ancora pochi metri...
Improvvisamente qualcuno usci da una delle aule, bloccandogli il passaggio.
D'istinto sfoderò la pistola, puntandola dritta alla testa di quella creatura, ma nel farlo, incontrò due occhi che ben conosceva... due occhi azzurri che lo fissavano bramando la sua carne.
Prima che se ne rendesse conto, calde lacrime cominciarono a bagnargli le guance arrossate per lo sforzo, incapace di credere che fosse realmente lei.
L'aveva trovata... finalmente l'aveva trovata!

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Capitolo 9
*** Dentro la scuola ***


sam 2 Sam camminava nervosamente per la stanza, lanciando di tanto in tanto rapide occhiate alla striscia di cielo che si vedeva dalla finestra in frantumi. Disteso sull'unico letto di quella malconcia camera d'albergo, Jack osservava il soffitto ingiallito apparentemente rilassato.
<< Anche se continui a guardare fuori da quella finestra il sole non sorgerà prima del tempo >> mormorò stancamente strofinandosi il viso per cercare di scacciare il sonno, ma la rossa lo ignorò completamente e continuò a girare intorno come un animale in gabbia.
Purtroppo durante la loro corsa disperata verso l'ospedale erano stati fiutati da un gruppo solitario di infetti, rischiando di venire sopraffatti. Fortunatamente erano riusciti a seminarli e a rifugiarsi all'interno di quel vecchio Hotel a tre stelle; Sam non ne era contenta.
Ogni cellula del suo corpo fremeva di impazienza.
L'ospedale era proprio lì, a due isolati da loro e la scuola si trovava esattamente dietro, ma in quella parte della città le strade era tutt'altro che deserte.
Milioni di loro si aggiravano nelle vie buie, alla costante ricerca di cibo, producendo i loro versi disumani ogni volta che un animale sfortunato (molto probabilmente ratti) incrociava il loro cammino.
Mentre li osservava, poteva benissimo sentire una morsa di terrore stringerle lo stomaco; loro erano i suoi simili ormai, non più li umani con cui si ostinava a vivere. Osservandoli accoppiarsi brutalmente, cibarsi di carne fresca e lottare tra di loro come animali per stabilire chi fosse il più forte il mostro dentro di lei gioiva felice e la spronava a lasciare quella stanza per unirsi al branco.
Le sarebbe bastato chiudere gli occhi e lasciarsi guidare, perché dentro di sé sapeva che loro non l'avrebbero odiata, ma accettata. Niente più antirabbica, esperimenti inutili, notti trascorse nella paura...
Prima che potesse fermarlo, un singhiozzò le sfuggì dalle labbra e, con suo sommo stupore, si accorse di tremare. Cosa diavolo mi prende? pensò sconcertata stringendosi le braccia al petto per cercare di calmarsi.
<< Tutto bene? >> la voce di Parker le arrivò confusa, come se giungesse da lontano e non riuscì a rispondere.
Si lasciò cadere a terra, sbattendo dolorosamente le ginocchia sul pavimento freddo e sporco, tenendosi la testa tra le mani. << Non voglio >> mormorò con un filo di voce e, il viso di Jack entrò nel suo campo visivo. Vide le sua labbra muoversi senza emettere alcun suono e avvertì la sua mano posarsi dolcemente sul suo braccio.
<< Non voglio >> ripete. 
Invece lo vuoi. Vuoi correre da loro e voltare le spalle a tutto l'inutile dolore che provi. Chiudi gli occhi e lascia uscire la vera Samantha!
<<
No, no, no, no >>
Tutto sarà più facile. Non dovrai più avere paura di perdere le persone che ami, dell'odio della gente... non sentirai più nulla...

Samantha se ne stava distesa su un fianco nel letto, dando le spalle alla finestra. Ancora non riusciva a credere di essere crollata in quel modo davanti a Parker. Cosa diavole le era preso tutto ad un tratto?
Forse hai paura di ciò che troverai all'interno della scuola.
Le immagini dei corpi smembrati dei suoi amici, di Tom si insinuarono prepotentemente nei suoi pensieri, rischiando di farle nuovamente perdere il controllo di sè.
Non voleva provare nuovamente quel dolore, un dolore che ancora oggi la tormentava ogni volta che pensava ai suoi genitori, a Ryan... non era sicura di riuscire a sopravvivere ad altra morte...
Sussultò piano nell'udire la porta della stanza aprirsi e i passi pesanti di Parker interruppero il cupo silenzio che avvolgeva tutta la città ora che il sole stava tornando a splendere nel cielo.
<< Tieni >> borbottò lanciandogli addosso un piccolo pacchetto di patatine. << Devi mangiare >>
Samantha si mise a sedere rigirandosi il pacchetto tra le mani. << Grazie >> mormorò aprendolo piano.
Con suo sommo disappunto, Parker si sedette al suo fianco, appoggiandosi al muro e, solo allora, la ragazza notò l'enorme macchia umida che aveva sulla maglia nell'esatto punto in cui lei aveva pianto tutte le sue lacrime.
Il suo viso prese fuoco all'istante nel ricordare la dolcezza con cui lui l'aveva stretta tra le braccia, permettendole di dar sfogo a tutta la sua paura. Quell'uomo che non aveva mai nascosto di odiarla non l'aveva lasciata sola in quell'attimo di sconforto, ma al contrario l'aveva consolata e a Sam sembrava ancora di sentire le sue mani accarezzarle i capelli mentre lei si stringeva con forza al suo petto.
Ora più che mai premeva dentro di lei una domanda, una domanda che fino a quel momento non aveva osato fargli. Mangiò in silenzio, tentando di trovare il coraggio di chiederglielo e, quando terminò il misero pasto, riuscì finalmente a sollevare gli occhi su di lui, ignorando il rossore che le invase le guance quando ricambiò interrogativo il suo sguardo.
<< Che hai? >> le domandò, guardando il pacchetto vuoto che teneva tra le mani. << Hai ancora fame? >>
<< Perché mi hai salvata? >>
Lo stupore si dipinse sul volto dell'uomo e capì di averlo preso alla sprovvista con quella domanda. << Avresti preferito essere lasciata lì? >> le chiese in tono brusco.
La sua reazione la confuse. << E' solo che... >> riprese dopo alcuni istanti giocherellando con il pacchetto. << Avresti risparmiato un sacco di fastidi, tutto qui >>
<< E ora di andare >> tagliò corto l'uomo dirigendosi a passi spediti verso la porta. << Abbiamo già perso abbastanza tempo >>


Parker osservò la rossa fiutare attentamente l'aria di fronte alla porta della scuola, notando il suo viso farsi sempre più allarmato.
Giuro che mi sparo se mi dice che quel posto è pieno di mostri. pensò cupo osservando la facciata sporca di fumo e piena di crepe dell'edificio. Sembrava tutto tranquillo e ciò lo turbava.
Fino ad un attimo fa quel posto era pieno di infetti... non potevano essere spariti nel nulla!
Mentre aspettava, guardò la strada completamente invasa dai veicoli dell'esercito e i suoi pensieri tornarono a poco prima. Perché mi hai salvato?
Cosa avrebbe dovuto risponderle? Non lo so. Perché era quella la verità. Non sapeva per quale motivo non fosse semplicemente risalito in macchina, invece di perdere tempo prezioso a medicare tutte le ferite che si era procurata come meglio poteva.
Ero in debito con lei. pensò per niente convinto, mentre il suo sguardo si soffermava su un autocarro corazzato dell'esercito. La bellezza di quel veicolo bastò per distogliere i suoi pensieri dal problema Samantha.
<< Che bestione >> disse accarezzandone la portiera e, nel farlo, notò che aveva le chiavi inserite. Non era un esperto, ma sapeva che quei carri erano progettati per resistere agli urti più forti ed erano utilizzati per il trasporto delle squadre militari; a giudicare dalle dimensioni quel coso poteva trasportare una decina di persone, se si escludevano i tre posti davanti.
Quanto gli sarebbe piaciuto guidare un mezzo del genere, ma molto probabilmente quella bellezza doveva essere guasta, altrimenti non si spiegava il perché fosse stata risparmiata dai banditi che avevano saccheggiato la città
<< Ci osservano >> mormorò tutto ad un tratto la ragazza scrutando i palazzi che li circondavano, riportandolo bruscamente alla realtà. << Ma non credo si trovino dentro la scuola. L'edificio è troppo esposto alla luce del sole, però... >>
<< Però? >>
Si sentì sprofondare quando Samantha si voltò verso di lui con il volto pallido come quello di un cadavere. << C'è un forte odore di sangue nell'aria >> concluse e nei suoi occhi lesse la sua stessa paura di aver miseramente fallito.

I raggi del sole filtravano attraverso i teli stracciati che ricoprivano la maggior parte delle finestre della scuola, illuminando ai due ragazzi la strada.
Controllavano ogni singola stanza senza sapere dove cercare e, ad ogni minimo rumore le loro mani correvano rapide alle pistole che tenevano al fianco. Avevano optato per armi da mischia, ma toccare il ferro della pistola riusciva a farli sentire un po' più sicuri.
Jack procedeva per primo, armato di un coltello trovato in una delle stanze dell'hotel, mentre Sam aveva preferito un pezzo di ferro trovato per strada; meno rumore producevano, meglio era per la loro sicurezza.
Era quasi in fondo al corridoio quando lo vide. Era il corpo di un uomo a giudicare dalla stazza, ma poco era rimasto del cadavere per potersene accettare. Il sangue contornava quella massa informe di resti, in netto contrasto con le piastrelle bianche.
Per un attimo fu tentato di fuggire, salire sull'auto e tornare alle mura sicure della prigione, ma si riprese subito. Non poteva scappare, soprattutto dopo aver promesso al signor Gordon di riportare indietro suo figlio.
A giudicare dal colore della pelle, non sembra Mark. ma non si sentiva di escluderne altri, dato che al corpo mancava anche buona parte della testa. Potrebbe essere Prince...
Dei passi alle suo spalle gli fecero capire che Samantha l'aveva finalmente raggiunto.
<< Sembra... >> si interruppe e la udì soffocare un singhiozzò; era a pezzi. << Sembra morto da poco >>
<< Già >> fu la sua unica risposta e passò oltre, assicurandosi che la ragazza lo seguisse passo per passo; in quelle condizioni persino lei era una facile preda per gli infetti.
Arrivati alla fine del corridoio, decisero di svoltare a sinistra, dato che da quella parte il pavimento era disseminato di cadaveri di quegli esseri, chiaro segno che qualcuno aveva dato battaglia. In terra, trovarono anche un fucile e Jack drignò i denti con rabbia, sentendo le ultime speranze abbandonarlo.
Entrarono in quella che un tempo era stata la mensa della scuola e che, in seguito all'epidemia, doveva essere stata trasformata nel centro dell'ambulatorio della dottoressa Krippin a giudicare dalle decine di macchinari che riempivano la stanza e le fiale sparse sul pavimento.
Jack rischio di far cadere uno dei tanti computer inciampando nel cavo elettrico e, per un attimo trattenne il respiro guardando lo schermo fermarsi a pochi millimetri dal bordo; un rumore del genere avrebbe potuto attirare qualsiasi creature si fosse nascosta nelle poche stanze immerse nell'ombra.
<< Per un pelo >> mormorò Sam tirando un sospiro di sollievo. << Potresti, per favore, guardare dove metti i piedi? >>
<< Fanculo >> ringhiò dirigendosi verso le cucine e fermandosi di fronte alla porta. Non era sicuro di volerla aprire. I loro compagni dovevano per forza trovarsi lì dentro, dato che anche la mensa era disseminata di cadaveri, fortunatamente nessuno di quelli sembrava appartenere ad un non infetto, ma avevo troppa paura che, se avesse aperto la porta, avrebbe visto i corpi senza vita di altri tre uomini nelle stesse condizioni del cadavere di poco prima.
Con cautela  aprì la porta.
La stanza sembrava vuota...

Sam vide Parker entrare cauto nelle cucine.
Aveva appena varcato la soglia quando udì un rumore metallico e l'uomo ricomparve nel suo campo visivo cadendo rovinosamente in terra con le mani premute sulla faccia. D'istinto, Sam corse al suo fianco, pronta ad intervenire, ma con suo sommo stupore venne preceduta da Mark che si fiondò fuori dalla stanza reggendo tra le mani una padella. << Merda! >> sbottò chinandosi su Parker per dargli una mano. << Scusa amico! >>
Con il volto rosso per la rabbia ed il sangue che gli scendeva copioso dal naso, Jack lo allontanò in malo modo, rimettendosi in piedi a fatica. << Mi ha spaccato il naso! >> ringhiò cercando di tenere un tono di voce basso.
<< Pensavo fossi un infetto! >> si giustificò posando in terra " l'arma ".
<< Loro le sfondano le porte, idiota! >> sibilò acido, mentre Samantha lo costringeva a tirare indietro la testa per rallentare la fuoriuscita di sangue.
<< Vedi se riesci a trovare uno straccio >> disse interrompendo la discussione tra i due uomini e anche per allontanare Mark da lì visto che, a giudicare dalla faccia, Parker sembrava sul punto di saltargli addosso; doveva essersi preso un bello spavento.
Dal canto suo, Gordon sembrava sinceramente dispiaciuto dell'accaduto e continuava a mormorare scuse mentre cercava nei cassetti della cucina ciò che gli aveva chiesto la ragazza.
<< Sei solo? >> domandò con un filo di voce lanciando un occhiata all'interno della stanza, ma senza vedere nessuno. Mark si bloccò con le mani in una cassetto e, per un breve istante, temette che le rispondesse di si. << No, c'è anche Ian con me >>
Samantha si sentì sprofondare; Tom non era con loro.
Che quel cadavere nel corridoio fosse suo?
Smettila di essere così negativa. si rimproverò prendendo dalle mani di Mark lo straccio che le porgeva. Si sarà sicuramente rifugiato da qualche altra parte.
Ma se lui era vivo significava che il corpo dilaniato era di Ben...
<< Sta bene? >> domandò dopo un lungo istante di silenzio, riferendosi a Ian, mentre tamponava delicatamente il naso di Parker.
<< Faccio da solo >> borbottò strappandole bruscamente di mano lo straccio, ma era troppo abbattuta per prendersela.
Dopo aver lanciato una lunga occhiata a Parker, Mark tornò a concentrarsi su di lei rivolgendole un caldo sorriso. << E' stato morso al braccio, ma non è una ferita grave >> rispose indicandogli il fondo della stanza. << Sta riposando vicino alla cella frigorif... >>
Sam non gli lasciò nemmeno il tempo di finire e corse subito dall'amico; doveva vedere con i suoi occhi se ciò che diceva era vero.
Non appena la vide, Ian le rivolse uno dei suoi soliti sorrisi strafottenti. << Sei in ritardo >> la punzecchiò.
Senza dire una parola, Sam si fiondò su di lui, stringendolo con forza, mentre alcune lacrime di sollievo le scesero lungo le guance. DOpo un attimo di smarrimento, il ragazzo ricambio la stretta ignorando le proteste del suo braccio ferito. << Uao! Non me lo aspettavo >> scherzò accarezzandole lentamente la schiena nel sentirla singhiozzare piano. << A saperlo, rischierei la vita più spesso >>
<< Idiota! >> sbottò la ragazza dandogli un fiacco pugno sul braccio sano. << Sei un idiota! >>
<< Non l'ho mai negato >> replicò con un sorriso asciugandole le guance. << Stai bene? >> domandò preoccupato notando finalmente il suo aspetto. Era ricoperta di tagli e, dalla scarpa sinistra, sporgeva una fasciatura; per non parlare del suo viso ancora più pallido del solito.
<< Meglio di te, sicuramente >> rispose senza dargli troppe spiegazioni, indicando con un cenno del capo il suo braccio fasciato.
<< Non sono molto portato come infermiere >> esclamò Mark notando lo sguardo critico della ragazza, mentre li raggiungeva con Parker. << Ma almeno sono riuscito a farlo smettere di sanguinare >>
Samantha vide Ian lanciare uno sguardo confuso al volto di Parker e, senza volerlo, le sfuggì un sorriso divertito. << Mark gli ha dato una padellata in faccia >> gli sussurrò all'orecchio per non farsi sentire dal diretto interessato.
<< Cazzo >> mormorò cercando di trattenere le risate. << Si sta gonfiando a vista d'occhio >> osservò guardando il volto dell'uomo assumere pian piano una sfumatura violacea.
<< Meglio muoversi >> suggerì infine alzandosi a fatica da terra. << Dobbiamo ancora trovare gli altri >>
Nel vedere l'espressione di Parker farsi ancora più cupa nella sua testa risuonò un campanello di allarme. << Lì... >> si interruppe, guardando di sfuggita Sam che guardava in silenzio il pavimento. << Li avete già trovati? >> esordì infine, pregando di non udire le parole che temeva.
<< Nel corridoio c'era un cadavere smembrato >> rispose Parker e Ian non poté fare a meno di notare l'occhiata che lanciò alla ragazza in terra; sembrava fosse preoccupato per lei. << E, ha giudicare dai resti, sembrava morto da poche ore >>
<< Di chi era il cadavere? >> domandò cauto, mentre dentro di lui l'affetto che provava verso i due compagni di viaggio si scontrava, incapace di scegliere per chi sperare. Conosceva Tom da molto più tempo di Ben, ma nel giro di poche settimane si era molto legato al giovane hacker, fino a quasi considerarlo il suo migliore amico, nonostante non sapesse praticamente niente di lui, ma non per questo desiderava che fosse morto Tom perché, anche se negli ultimi tempi i rapporti tra loro si erano fatti un po' tesi, né avevano passate troppe insieme e ormai, lui e Sam erano la sua nuova famiglia.
<< Non siamo riusciti a capirlo >> fu la cupa risposta di Parker. << Gli mancava praticamente tutta la faccia e il corpo non era messo meglio >>
<< Forse era di un infetto >> mormorò speranzoso Gordon, ma Samantha scosse lentamente il capo. << Non si mangiano tra di loro >> replicò avviandosi verso la mensa. << Uno dei due deve essere per forza morto >>

Il piccolo gruppo, saliva in fila indiana le scale che portavano al primo piano della scuola; in testa, Samantha fiutava attentamente l'aria in cerca di un possibile pericolo.
Ogni volta che apriva una delle numerose porte del corridoio, il suo cuore minacciava di uscirle dal petto. Temeva ciò che avrebbe potuto vedere all'interno di quelle stanze che, un tempo, avevano ospitato decine di bambini urlanti; giorni che sembravano lontani dei secoli.
Improvvisamente un rumore interruppe il silenzio spettrale dell'edificio. Sembrava un lamento, ma a Sam bastò poco per capire che non era un lamento umano. << Infetto >> mormorò aumentando la presa sul suo pezzo di ferro. << Si direbbe che sia ferito >> osservò a giudicare dai fievoli versi che produceva.
<< Proviene dall'infermeria >> intervenne Mark indicando la stanza infondo al corridoio. << Strano >>
<< Perché? >> domandò Parker estraendo la pistola. Aveva dato il suo coltello a Ian che aveva perso il fucile durante la fuga.
<< Beh, ha un impianto elettrico di emergenza >> spiegò. << perciò gli infetti non dovrebbero riuscire ad entrare senza bruciare vivi >>
<< Probabilmente si deve essersi guastato >> disse Sam, fermandosi davanti alla porta chiusa. << Pronti? >>
I tre uomini annuirono e, la ragazza la spalancò lentamente, tenendosi pronta.
Lo spettacolo che gli si presentò davanti agli occhi li lascio senza fiato e Sam perse la presa sulla sua arma che scivolò a terra e, il rumore che fece rimbombò lugubre per tutto l'edificio.
Davanti a loro c'era Tom illuminato dalla tremolante luce di una piccola lampada e, al suo fianco, nascosto sotto un telo, qualcosa di divincolava lentamente producendo gli stessi versi che avevano udito poco prima.
L'uomo alzò lo sguardo su di loro, schermandosi il viso da quella luce improvvisa con le mani. << I-io non potevo >> balbettò rompendo il silenzio carico di tensione che si era creato. << Non potevo ucciderla >>
Il gruppo lo osservò sconvolto , senza dire una parola e incapace di distogliere lo sguardo dalla creatura che si muoveva sotto quel telo a pochi metri da loro.
<< Che diavolo... >> provò a dire Ian, ma il medico non gli diede il tempo di continuare e pronunciò una frase che mai si sarebbero aspettati di udire.
<< E' mia moglie! >> singhiozzò disperato. << Mia moglie >>

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Capitolo 10
*** La Ragazza e la Bestia ***


Sam 1 Parker guidava in silenzio dietro al camion con a bordo i ragazzi e quella... cosa.
Al suo fianco, Samantha fissava il paesaggio che scorreva veloce fuori dai finestrini, ma il suo sguardo era vuoto.
Per un breve istante provò una gran pena per quella ragazza, ma subito la scacciò prepotentemente perché sapeva che lei non avrebbe apprezzato di leggere un simile sentimento nei suoi occhi.
Ormai tutto l'odio che provava per lei era svanito.
Quel breve viaggio gli aveva fatto scoprire la vera Gray: una ragazza fragile che si ostinava ad essere forte. Una ragazza che, dopo essere crollata in singhiozzi a terra, era arrossita di imbarazzo quando aveva notato la macchia umida che gli aveva lasciato sulla maglia quando l'aveva stretta a sé per consolarla.
Lui non amava il contatto fisico.
In tutta la sua vita aveva abbracciato e si era lasciato abbracciare solo da sua madre e da Judy e da nessun altro, però in quel momento gli era sembrata la cosa più naturale e giusta da fare; in quel momento, Samantha le era sembrata così piccola e sola.
Era stata la paura di perdere i suoi amici e il suo amato dottore a farla crollare in quel modo.
Drignò i denti per la rabbia nel ricordare il modo in cui l'aveva ignorata, troppo preoccupato per le sorti della sua mogliettina per sprecare anche solo un secondo del suo tempo prezioso con Sam e, notando la sua mancanza di interesse nei suoi confronti, lei non aveva fatto nulla e si era limitata a chiudersi in un ostinato silenzio.
Avresti dovuto prendere a pugni quello stronzo. pensò acido, guardando il punto in cui Thomas l'aveva colpita qualche ora prima, quando la ragazza aveva posto fine al suo silenzio solo per comunicare al resto del gruppo che non avrebbe fatto ritorno alla prigione.

<< Io resto qui >>
Parker fissò confuso e arrabbiato Samantha che, dopo quella breve frase, si era incamminata verso la tomba di Ben, lasciandoli tutti senza parole.
Prima di Bethel avrebbe sicuramente approvato la sua scelta, ma dopo aver passato del tempo in sua compagnia e averla vista crollare in quel modo nella stanza dell'hotel, la sua opinione nei suoi confronti era decisamente cambiata.
<<
Non voglio >> aveva mormorato in preda al terrore e, prima che potesse rendersene conto, l'aveva stretta tra le braccia e aveva capito quello che la sua rabbia verso quegli esseri gli aveva impedito di capire; anche lei aveva paura.
Paura di trasformarsi in un mostro, ma soprattutto paura di uccidere ancora. Quando si era detta dispiaciuta per ciò che aveva fatto al suo patrigno era sincera, perché la Samantha umana non avrebbe mai ucciso in quel modo nessun essere vivente.
E lui era stato così stronzo da dirle che non era vero.
Al suo posto, poteva esserci Judy.
La sua amata sorellina era andata molto vicina a condividere quello stesso, orribile fardello, che la Gray portava sulle sua esili spalle.
Voleva chiederle scusa, voleva dirle che lei non era il mostro che credeva di essere e che, anche se non poteva più contare sull'amore di Thomas, c'erano molte altre persone che tenevano a lei.
Payton, Ian, la famiglia Gordon e... forse... anche lui.
Di sicuro non sarebbero mai riusciti a diventare grandi amici, come lo erano lei e Prince, ma potevano essere qualcosa.
<< Ci parlo io >> mormorò Thomas, strappandolo dai suoi pensieri confusi e lo osservò avvicinarsi alla ragazza con passo svelto e deciso.
Forse è tornato in sé. pensò per niente convinto.
Da quando il dottore aveva saputo da Steve che la Krippin aveva fatto installare un laboratorio nella scuola di Bethel e, soprattutto, da quando aveva ritrovato sua moglie, qualcosa in lui sembrava essere cambiato.
Non aveva mai avuto molta simpatia per lui; gli era sempre sembrato troppo ossessionato da Samantha e dallo scoprire una cura.
All'inizio pensava che l'amasse veramente e, che il solo pensiero di perderla lo rendesse cieco alle suo suppliche di sospendere gli esperimenti, ma si era sbagliato, come tutti del resto.
Lui aveva mentito su tutto. Sulle sorti degli altri esperimenti, sulle sorti di sua moglie e sulla sicurezza di Bethel e lo aveva fatto solo per raggiungere i suoi scopi: trovare una cura per salvare sua moglie e diventare il salvatore del mondo.
Un piano davvero poco ambizioso...
<< SONO STANCA DI ESSERE UNA CAVIA DA LABORATORIO >> urlò Samantha e Parker la vide lottare contro le lacrime.
<< Sam, non puoi abbandonarmi ora che... >> tentò di dire il dottore, ma la ragazza non gli diede il tempo di continuare. << TU MI HAI MENTITO! HAI MENTITO A TUTTI! >> si voltò per indicare con rabbia la tomba del giovane hacker. << BEN E' MORTO PER COLPA TUA! >>
Successe tutto in fretta.
Thomas si avventò sulla ragazza e cominciò a prenderla a schiaffi. << TU VERRAI CON NOI! >> sbottò completamente fuori di testa. << DOVESSI CHIUDERTI IN UNA DI QUELLE GABBIE PER ANIMALI! >>
<< LASCIALA ANDARE! >> gridò Jack sollevandolo di peso, mentre Mark si metteva tra lui e Sam per proteggerla.
Senza troppi complimenti, lo buttò a terra e il dottore gemette di dolore, e, per un istante, Parker fu tentato di prenderlo a pugni, ma Gordon che sembrava aver intuito le sue intenzioni, lasciò Samantha alle cure di Ian e si mise di fronte a lui per farlo ragionare. << Lascialo stare >> disse guardando di sfuggita l'uomo ancora steso in terra. << E' a pezzi >>
<< Questo non gli dà il diritto di venire alla mani >> ringhiò Jack stringendo i pugni nel vederlo mettersi lentamente a sedere; quanto desiderava mollargli un pugno in piena faccia.
<< Vero, ma nemmeno Sam doveva dirgli quelle cose >> mormorò abbassando lo sguardo. << Non è lui l'unico responsabile della morte di Ben >> continuò voltandosi verso Ian che stava aiutando la ragazza a rialzarsi.
A quelle parole, l'ex agente di sicurezza annuì tristemente. << La colpa è di tutti e tre >> confessò cercando di non crollare davanti allo sguardo sconvolto di Sam. << Lui non voleva venire, ma noi lo abbiamo costretto per paura che venisse ad avvertirvi >>
<< Siete dei bastardi! >> ringhiò la ragazza divincolandosi selvaggiamente dalla stretta dell'amico. << Luridi pezzi di merda! >> e scappò all'interno della scuola, ignorando le urla di Ian che la pregavano di fermarsi.
Senza dire una parola, Parker le corse dietro.
Ora voleva prenderli a pugni tutti. Quella ragazza aveva ignorato le sue ferite e la sua paura per correre a salvarli e loro la ripagavano in quel modo: difendendo Thomas e ammettendo di aver costretto Ben a partecipare a quella folla spedizione.
E ora era lui a correrle dietro... il bastardo che aveva minacciato di ucciderla e che non aveva mai nascosto di odiarla.
La trovò nell'infermeria, seduta sul letto con la testa tra le mani.
Alla fine aveva ceduto alle lacrime.
<< Vattene >> ringhiò non appena lo sentì arrivare. << Non ho intenzione di tornare alla prigione >>
<< Perché? >> le chiese semplicemente e quella domanda parve spiazzarla.
<< Mi pare ovvio >> rispose asciugandosi infastidita le lacrime. << Io sono pericolosa >>
<< Si, lo sei >> ammise e quelle parole le strapparono un sorriso. << O almeno, una parte di te lo è >>
<< Samantha e la bestia sono la stessa persona >> replicò acida guardandosi le mani; poteva ancora sentire l'odore del sangue di Ben.
<< Una bestia giocherebbe con una bambina senza ucciderla? >>
Sam sgranò gli occhi, sorpresa che quella frase fosse uscita proprio dalla sua bocca, ma lo stupore non durò molto e presto la rabbia tornò sul suo viso. << Perché sprechi il tuo tempo con me? >> gli domandò alzandosi in piedi con uno scatto e Parker la vide stringere i pugni e un rivolo di sangue cominciò a scorrere sulle sue dita. << TU MI ODI! >> gridò mollando un poderoso pugno al muro e la sua mano si tinse ancor più di rosso.
Jack non la fermò e lasciò che sfogasse la sua rabbia repressa contro quel muro già pieno di crepe e solo quando la vide lasciarsi scivolare lentamente a terra esausta decise di parlare. << Quando ti ho visto stesa a terra, coperta di graffi stavo per lasciarti lì >> esordì inginocchiandosi di fronte a lei.
<< Perché non l'hai fatto? >> gli chiese con la voce scossa dai singhiozzi. << Perché mi hai salvata? >>
<< Perché in queste settimane di convivenza forzata ho cominciato a conoscerti >> ammise leggermente imbarazzato. << Ti ho visto giocare con Payton, ridere con i tuoi amici e correre dietro a Wood come una qualsiasi ragazza >> un lampo di dolore le attraversò lo sguardo nel sentire il nome dell'uomo che amava, ma Parker continuò come se nulla fosse. << E poi... io... non ti ho mai ringraziato >>
Confusa la ragazza sollevò i suoi occhi lucidi su di lui, incapace di trovare un senso a quelle parole, però attese che fosse lui a spiegarsi; non aveva più la forza di parlare.
<< Grazie per aver ucciso Richard Rossio >> gli sembrò di essersi tolto un enorme peso dopo aver pronunciato quelle parole.
<< Non... non capisco >>
Con un sorriso tirato, cominciò a raccontargli di Judy, delle continue violenze che sua madre subiva da quell'uomo e di come lui cercasse di non vedere, perché il lavoro di Rossio permetteva a sua sorella di essere curata dal cancro.
Samantha ascoltò rapita il suo racconto e gli sembrò quasi che lei capisse il suo dolore per la perdita di Judy. << Anch'io avevo un fratello >> disse dopo che ebbe finito. << Si chiamava Ryan ed è solo grazie a lui se ho continuato a lottare e non mi sono arresa, né al cancro né... alla bestia >>
<< E allora perché ti stai arrendendo ora? >>
<< Te l'ho già detto >> esclamò scuotendo il capo vedendo che ancora si ostinava a non capire. << Io sono pericolosa! >>
<< Ian ti ha detto più volte che quando sarà il momento ti impedirà di uccidere! >>
<< Io non posso più fidarmi di lui! >> protestò stringendosi le gambe al petto. << Lui ha esitato! >> continuò riferendosi al giorno in cui aveva ucciso Rossio. << Doveva uccidermi e non l'ha fatto! >>
<< Allora lo farò io al suo posto! >> disse con decisione. << Io non ti odio Samantha Gray, non più, ma odio la bestia che vive dentro di te e non esiterò un solo istante a porre fine alla tua vita per salvare quella delle persone alla prigione! >>
Per la prima volta, da quando tutta quella triste avventura aveva avuto inizio, Sam sorrise. Nessuno aveva mai considerato la bestia come un essere a parte. Fino a quel momento Samantha e la bestia erano la stessa persona e persino lei aveva cominciato a crederlo, ma solo adesso si rendeva conto di non desiderare quello che voleva il virus. Lei non voleva uccidere nessuno... non voleva vivere come un animale.
Voleva continuare ad essere una persona normale, ma il pensiero di quello che Tom aveva in serbo per lei le faceva paura.
Più lei provava a dimenticare la sua malattia, più lui gliela ricordava con prepotenza e ora che desiderava trovare la cura per salvare sua moglie le cose sarebbero solo peggiorate.
<< Grazie >> mormorò sincera. << Ma io sono stanca di fare da cavia >> confessò, mentre i ricordi di quei mesi passati al laboratorio le tornavano dolorosamente in mente. << E il pensiero di dover ogni giorno vedere quella cosa... la moglie di Tom... mi fa star male, perché so che quello è il destino che mi attende >>
Sentì le mani di Parker poggiarsi dolcemente sulle sue spalle. << Ti prometto che ci penserò io al tuo dottore >> disse tranquillamente. << E quella cosa starà nei sotterranei della prigione, ben lontana da te >>
La ragazza gli sorrise tristemente. << Se pensi che Tom cederà, sei uno stupido >>
<< So essere molto persuasivo >>

<< Questo coso va più piano di una lumaca >> la voce di Samantha lo riportò alla realtà.
Sembrava essersi leggermente rilassata e Parker ne fu felice. Anche se ancora faticata ad ammetterlo, adorava battibeccare con quella ragazza, ma aveva preferito aspettare che fosse lei a parlare per prima, per lasciarle il tempo di riflettere su tutto quello che era accaduto negli ultimi giorni.
<< Attenta a quello che dici, ragazzina >> disse senza distogliere lo sguardo dalla strada. << Questo coso è una meraviglia dell'esercito >>
La vide sorridere. << Sarà, ma resta lento >>
<< Dovevi essere un pericolo sulle strade >> osservò divertito.
<< Diciamo solo che mio padre non faceva i salti di gioia quando gli chiedevo le chiavi della macchina >>
<< Ricordami di non lasciarti mai guidare questa bellezza >> la sentì ridacchiare e l'atmosfera nell'autocarro finalmente si alleggerì. Dovevano godersi quell'attimo di pace perché, una volta arrivati alla prigione, avrebbero dovuto affrontare molte cose.
Lui doveva parlare con Thomas per fargli accettare la decisione di Samantha e non sarebbe stato facile convincerlo ad arrendersi.
Poi c'era sua madre.
Da giorni insisteva con lui affinché rivelasse al gruppo la vera natura di Sam, ma dopo quello che era successo nelle cucine del signor Gordon, dubitava che fosse riuscita a tenere la bocca chiusa un minuto di più. Quindi, una volta tornato, avrebbe dovuto affrontare le ire di una trentina di persone che si rifiutavano di condividere la prigione con un mostro, senza contare che ora c'era anche la moglie di Thomas.
<< Come pensi che reagirà il signor Gordon, quando Mark gli dirà la verità su di me? >> gli domandò Sam, tornando improvvisamente seria. << Pensi che mi caccierà dalla prigione? >>
Jack scosse la testa con convinzione. << Ne dubito >> mormorò notando che il camion di fronte a loro cominciava a rallentare. << Che cazzo fanno? >>
Vide il dottore scendere velocemente dal camion, seguito a ruota da Ian, ed aprire il retro rimorchio. Urla disumane lacerarono l'aria non appena la creatura chiusa in una gabbia sotto un enorme telo bianco sentì l'odore del cibo a pochi passi da sé.
Al suo fianco, Samantha si irrigidì e distolse lo sguardo e Jack notò che tremava leggermente. << Che state facendo? >> urlò abbassando il finestrino e Ian corse velocemente da lui, reggendosi il braccio ferito. << L'effetto dei tranquillanti è finito >> rispose guardando insistentemente la ragazza che faceva di tutto per evitare il suo sguardo. << Tom gli sta dando un'altra dose >>
<< Beh, vedete di sbrigarvi >> disse spazientito rialzando senza troppi complimenti il finestrino ed ignorò completamente l'occhiataccia che gli rivolse il ragazzo prima di ritornare al camion.
<< Mi hai detto di poter convincere Tom a lasciarmi in pace >> mormorò infine Sam dopo alcuni minuti di cupo silenzio. << Eppure non sei riuscito ad impedirgli di portare sua moglie alla prigione >>
Aveva ragione, ma Wood aveva giocato una carta che non aveva potuto ignorare. << Io sono l'unico dottore disponibile al momento >> aveva esclamato frapponendosi tra lui e sua moglie per impedirgli di ucciderla. << E non tornerò alla prigione senza di lei >>
<<
In quel caso non potevo fare altro >> rispose con un sospiro stanco. << Ha minacciato di non tornare alla prigione >>
<< Che stronzo >>
<< Già >> concordò svoltando all'incrocio che portava verso le mura sicure della loro casa. << Sa bene che non potevo permettergli di restare a Bethel >>
<< Per via del tuo gruppo? >>
<< Si, ci sono vecchi e malati e la moglie di Davies è incinta >> disse stringendo con rabbia le mani sul volante. << Thomas non mi piace, ma è un elemento essenziale per la sopravvivenza di quelle persone >>
<< Lo capisco >>
Il resto del viaggio rimasero in silenzio, entrambi immersi nei propri pensieri e solo quando videro apparire la prigione, Parker si decise finalmente a parlare. << Ci siamo >> esclamò con un sorriso tirato. << Pronta per ricevere un caloroso benvenuto? >>
<< Per niente >>



Salve miei cari lettori!
E' bello poter finalmente tornare a scrivere! Soprattutto questa storia! Non sapete quanto mi sono mancati Sam e il suo piccolo gruppo di pazzi!
Bene, questo capitolo si concentra molto sul personaggio di Parker perché, in parte voglio pian piano dare più spazio a tutti, e poi perché il breve viaggio a Bethel gli ha schiarito la mente e gli ha fatto capire che Samantha merita una possibilità. Che carino *w*
Che dire... Non prometterò più in nessuna della mie storie di aggiornare in tempi brevi perché è una promessa che porta sfiga! Posso solo dire che non abbandonerò questa storia perché ci sono molto affezionata! E' la prima Fan Fiction dove seguo in maniera abbastanza decente molti personaggi ed è bello poter costruire il loro carattere da zero, dato che sono una mia invenzione, così come la maggior parte degli eventi! Perciò ci tengo molto a portarla a termine e spero che continuerete a leggerla nonostante gli aggiornamenti non saranno mai regolari per via di molti fattori!
Grazie ancora per la vostra pazienza!

Dannata 93

PS. Recensioni positive e negative sono sempre ben accette, soprattutto se mi aiutano a migliorare!

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Capitolo 11
*** I Nostri Errori ***


sam Non appena varcarono il portone della prigione, molte persone uscirono in cortile per accoglierli e, a giudicare dalle armi che impugnavano, non avevano intenzioni pacifiche.
Parker picchiettò nervosamente  le dita sul voltante. << Odio avere ragione >> mormorò riconoscendo sua madre tra la folla. La donna teneva per mano la piccola Payton e i suoi occhi si assottigliarono quando la bambina salutò felice la ragazza seduta al suo fianco. << Perché Pay è con lei? >> gli chiese Samantha, mentre ricambiava con un sorriso tirato il saluto della piccola.
<< Non sapevo a chi altro lasciarla >> rispose sincero spegnendo il motore e con la coda dell'occhio notò la ragazza mordicchiarsi il labbro, terrorizzata da quel corteo di benvenuto, ma in quel momento non riusciva a trovare delle parole di conforto per lei; quella folla innervosiva parecchio anche lui.
<< Aspetta qui >> disse, decidendosi finalmente a scendere dall'autocarro.
Sembrava che tutti fossero in attesa di qualcuno disposto a fare il primo passo perché, non appena mise piede a terra, tutti si mossero. Le persone in cortile si avvicinarono ai due grossi veicoli e i ragazzi scesero dal camion per raggiungerlo.
<< Jack! >> esclamò sua madre correndo ad abbracciarlo, trascinandosi dietro la bambina che cercava in tutti i modi di andare da Sam. << Ciao mamma >> disse ricambiando la stretta. << Vedo che hai detto a tutti di Samantha >>
La gioia negli occhi della donna scomparve all'istante, sostituita dall'odio che provava per colei che aveva divorato suo marito. << Non potevo più tacere! >> sbottò indicando la ragazza ancora seduta sull'autocarro. << Quel mostro è una minaccia per tutti! >>
<< Tua madre ha ragione, Jack >> si intromise John Davies, incrociando le braccia al petto. Anche lui, come Maria, mal sopportava la presenza di Gray alla prigione, ma fino a quel momento aveva mantenuto il segreto per paura di perdere il dottore dato che sua moglie era all'ultimo mese di gravidanza; Parker non riusciva a capire cosa lo avesse spinto a parlare.
<< Non posso più tollerare la sua presenza alla prigione >> continuò indicando con un cenno del capo il braccio fasciato della donna. << Non dopo quello che le ha fatto >>
<< E' stata mia madre a cominciare >>
Quelle parole colpirono la donna ancora rifugiata tra le sue braccia come un pugno. Sapeva di averla sconvolta, schierandosi dalla parte di quella che lei considerava un mostro orrendo, ma cercò di ignorare il dolore che lesse nei suoi occhi e riprese a parlare.
Doveva convincere quelle persone che Samantha non era un pericolo per la comunità e, per farlo, doveva giocare le carte che avevano aiutato lui ad aprire gli occhi. << Quel mostro, come la definite voi, è una persona che, come noi è stata ingannata dalle belle parole di una pazza! Quel mostro lotta ogni giorno contro il virus che la divora e quel mostro... >> proseguì voltandosi verso Samantha che ricambiò stupita il suo sguardo. << ... è soltanto una ragazzina che ha perso ogni cosa, esattamente come noi >>
Su tutto il cortile scese il silenzio e Parker pregò che fosse un buon segno.
<< QUEL LURIDO MOSTRO HA MANGIATO MIO MARITO! >> urlò fuori di sé sua madre, allontanandosi disgustata dal figlio. << LO HA MANGIATO COME UN ANIMALE! >>
<< Io avrei fatto esattamente la stessa cosa >> replicò freddamente e Maria sgranò gli occhi scioccata. << C-come puoi dire questo? >> balbettò incapace di credere che tali parole fossero proprio uscite dalla bocca di suoi figlio. << Lui era tuo padre! >>
<< Lui NON era mio padre >> ringhiò stringendo i pugni. << Tutti odiavamo quell'uomo e sono sicuro che molti di voi avrebbero voluto ucciderlo con le proprie mani >>
Vide molte persone abbassare lo sguardo imbarazzate, persino Davies distolse lo sguardo da Maria. << John, non mi dirai che anche tu... >> singhiozzò la donna aggrappandosi disperata all'uomo che un tempo era stato il migliore amico del suo primo marito. << Quello che dice Jack è vero >> confermò a denti stretti. << Ho desiderato molte volte di uccidere quel pezzo di merda >>
<< Ma questo non cambia le cose >> continuò ignorando il pianto disperato di Maria. << Seppur non intenzionalmente, quella ragazza ha ucciso un uomo e ferito tua madre >>
<< Non potete cacciarla! >> intervenne Thomas che, fino a quel momento, era rimasto in disparte ad ascoltare le inutili parole di Parker. << Grazie a lei ho la possibilità di trovare una cura e... >>
<< Siamo a conoscenza dei suoi esperimenti, dottore >> lo interruppe Davies per niente impressionato dalle sue parole. << Ma deve arrendersi alla realtà. Non esiste una cura! >>
<< Si sbaglia! >>
<< Io sono d'accordo con Parker >> la voce del signor Gordon pose fine a quella discussione e tutti si voltarono sorpresi; nessuno lo aveva visto arrivare.
<< Quella ragazza non va da nessuna parte! >> continuò, avvicinandosi all'autocarro e sorridendo dolcemente a Sam. << Le vostre sono tutte chiacchiere inutili che rovinano questa bella giornata di sole >>
<< Signor Gordon, lei non capisce che... >> cercò di spiegarsi John, ma il vecchio gli fece segno di tacere. << Invece capisco benissimo, signor Davies >> replicò calmo, andando ad aprire la portiera alla giovane. << Secondo il vostro ragionamento idiota dovrei odiare Samantha perché potrebbe, e dico potrebbe, trasformarsi in una bestia simile a quelle che hanno ucciso la mia Valerie >>
<< Come osa! >> sbottò Maria, ma Gordon la ignorò. << Sono rimasto spesso solo con lei, eppure sono ancora vivo e incolume, perciò ora se volete scusarci, io e la signorina Gray andiamo a berci una tazza di tè caldo, mentre voi continuate a perdere il vostro tempo in inutili discussioni >>


Samantha sedeva in uno dei tanti tavoli della mensa, rigirandosi nervosamente tra le mani una tazza di tè fumante. Di fronte a lei, il signor Gordon si gustava tranquillamente il suo tè al limone, completamente a suo agio. << Non ti piace il tè? >> le domandò ad un tratto, osservando la sua tazza ancora piena.
<< No, mi piace molto >> 
<< Allora dovresti sbrigarti a berlo >> disse tagliando una fetta delle torta di mele che aveva preparato insieme alla piccola Payton. << Altrimenti si raffredda >>
La ragazza obbedì senza protestare e lo assaporò a piccoli sorsi, mentre con la mente ritornava a quei bei pomeriggi trascorsi con la sua famiglia.
Se chiudeva gli occhi poteva ancora vedere sua madre imboccare giocosamente suo padre, mentre lei e Ryan si contendevano gli ultimi biscotti al cioccolato...
Suo malgrado sorrise nel ricordare il giorno in cui lei e suoi fratello avevano rotto tre tazze del servizio, nella foga di sottrarre all'altro i dolci.
Quel giorno sua madre si era veramente infuriata e aveva vietato ad entrambi di uscire per una settimana, ma il peggio era stato quando suo padre aveva osato commentare con "Tesoro, sono solo delle tazze"; quella frase gli era costato tre notti sul divano con Oscar, il loro pastore tedesco.
<< Noto con piacere che stai meglio >> commentò soddisfatto l'uomo, notando il suo sorriso.
Annuì piano.
Quella era la seconda volta che il signor Gordon riusciva a tirarla su di morale. La semplicità dei suoi gesti, il suo sorriso e le sue dolci parole riuscivano sempre a farle dimenticare tutti i suoi problemi.
<< La ringrazio per... per tutto >> mormorò arrossendo imbarazzata. << Se lei non fosse intervenuto prima... >>
<< Ho fatto solo la cosa giusta >> la interruppe pacatamente Gordon, stringendole delicatamente la mano. << Nessuno merita di essere trattato in quel modo >>
<< Ma loro hanno tutte le ragioni per farlo! >> protestò con foga la ragazza distogliendo lo sguardo da quei dolci occhi castani. << Il virus potrebbe prendere il sopravvento e... >>
<< Il giovane Parker, prima di seguirti, mi ha raccontato alcune cose su di te >> disse senza mai smettere di sorriderle. << E so che hai combattuto il virus per non fare del male ai tuoi amici >>
<< Ho mangiato un uomo >> sbottò e le sembrò ancora di sentire in bocca la carne di Rossio e il sangue scenderle lungo la gola. Con mano tremante cercò di versarsi dell'altro tè per scacciare quell'orribile sapore, ma riuscì soltanto a rovesciarlo sul tavolo.
Il signor Gordon venne velocemente in suo soccorso, riempendole la tazza fino all'orlo. << Se tu non avessi mangiato quell'uomo, molto probabilmente il giovane Prince gli avrebbe sparato e sarebbe morto comunque >> proseguì osservandola bere avidamente.
Doveva farle capire che quello che aveva fatto, per quanto orribile fosse, era stato necessario; purtroppo al mondo esistevano persone che ti costringevano ad uccidere per aver salva la tua vita e quella dei tuoi cari.
<< Lo sai perché Mark era in prigione? >> le domandò e la ragazza scosse lievemente la testa; non si era mai azzardata a chiedere al giovane il motivo della sua incarcerazione.
<< Prima dell'epidemia, Kevin frequentava un corso di calcio, ma sia io che mia moglie lavoravamo fino a tardi così spettava a Mark il compito di andare a recuperarlo.
Purtroppo nel nostro quartiere giravano spesso dei ragazzi con idee molto precise sul colore che doveva avere la pelle degli americani e una sera i miei figli ebbero la sfortuna di imbattersi in tre di loro.
Mark venne preso a calci e pugni, ma li lasciò fare perché quei ragazzi erano figli di gente molto importante e rispondere significava rischiare una denuncia, però quando questi bianchi si stufarono di lui e decisero di prendersela anche con Kevin, qualcosa in mio figlio scattò e, nonostante le ferite, si avventò su di loro per impedirgli di fare del male a suo fratello.
Solo dopo si rese conto che il terzo era scappato in preda al terrore e che ai suoi piedi giacevano i corpi privi di vita degli altri due. >>
Sam trattenne il fiato, shoccata da ciò che aveva appena sentito. << Li ha uccisi? >>
<<  A mani nude >> mormorò cupamente il signor Gordon. << Uccidere è un atto orribile, ma spesso chi hai davanti non ti lascia altra scelta >> proseguì con un sorriso tirato. << Mark è un omone, un paio di pugni e calci sono semplici carezze... Kevin, invece è così minuto... se non avesse fatto quello che ha fatto, ora mi troverei a piangere anche la morte di un figlio, oltre a quella di mia moglie >>
<< Lui... ecco... lui avrebbe potuto fermarsi >> balbettò incapace di credere che quel ragazzo dai modi così gentili e spensierati avesse ucciso con le proprie mani due persone.
Gordon annuì tristemente. << Con il senno di poi, lui si sarebbe sicuramente fermato! >> concordò. << Ma in quel momento... l'unica cosa che riusciva a pensare era che quei bastardi volevano far del male a Kevin >> i suoi occhi tornarono su di lei. << E lo stesso vale per te, Sam.
In quel momento tu pensavi soltanto ad uccidere l'uomo che vi aveva minacciato >>
<< Io pensavo soltanto a mangiare la sua carne! >> replicò con veemenza. << E, anche se l'avessi voluto, non mi sarei mai potuta fermare! >>
<< Perché non ci hai provato... esattamente come Mark >>
<< Non è la stessa cosa >>
<< Uccidere è un atto orribile >> ripeté deciso, alzandosi per sparecchiare il tavolo. << ... ma sai perché, nonostante quello che avete commesso, continuo a considerare te e Mark delle brave persone? >>
<< No >>
<< Perché vi disprezzate per ciò che avete fatto >>
Quelle parole furono come un pugno nello stomaco e prima che potesse fermarle, calde lacrime cominciarono a scenderle lungo il viso. << Grazie >> singhiozzò  incapace di trattenersi. << Grazie, grazie... >>
Gordon corse da lei e, senza dire una parola, la strinse a sé e Sam ricambiò con foga quell'abbraccio, bisognosa di quel calore che la faceva sentire al sicuro da qualsiasi pericolo ci fosse là fuori e dentro di lei; la stessa sensazione che aveva provato quando Parker l'aveva raccolta da quella strada e stretta tra le sue braccia.


Mark guidava Ian e il dottore nel seminterrato della prigione, illuminando il cammino con una torcia. << Questa parte dell'edificio è inutilizzata >> spiegò indicando le piccole finestre che davano sul cortile. << E' troppo buia e illuminarla tutta costerebbe troppa energia >>
<< A me basta una sola stanza >> mormorò Thomas, mentre superavano quella che un tempo era stata la lavanderia. << E vi prometto che starò attento al consumo di corrente >>
Mark annuì distrattamente, indicando con la torcia una porta in fondo al corridoio. << Quella è una piccola dispensa >> disse aprendola per mostrargli l'interno. << Veniva usata per conservare il cibo dei detenuti che soffrivano di allergie alimentari particolari >>
<< Vi trattavano bene >> scherzò fiaccamente Prince.
Era stufo di quella gita turistica; voleva solo aiutare a scaricare la "merce" e andarsene a dormire.
<< Se un detenuto andava in shock anafilattico erano grane >> rispose con un sorriso divertito. << Comunque, non è grande come la dispensa vicino alle cucine, ma c'è abbastanza spazio per contenere tutti i tuoi aggeggi da scienziato pazzo >>
<< E' una cella frigorifera? >> domandò il dottore indicando una piccola porta bianca infondo alla stanza e Mark fece un cenno d'assenso. << Pensi di chiuderla lì dentro? >>
<< Sono convinto che il freddo riduce i sintomi del virus >> disse aprendo la cella per valutarne la grandezza.
<< Quando eravamo alla scuola, ho notato che questi infetti si muovono molto più lentamente del normale e sono meno agili >>
<< Quindi, abbassandole la temperatura, pensi di riuscire a tenerla tranquilla >> rifletté Mark incrociando le braccia al petto. << Se funzionasse, avremo risolto il problema dei tranquillanti >>
<< Ma due celle frigorifere consumano molta energia >> intervenne dubbioso Ian, ma il giovane Gordon si affrettò a tranquillizzarlo. << Anche prima dell'epidemia, la prigione era completamente autonoma e il consumo di corrente era molto più alto >>
<< Resta solo un problema >> osservò Thomas indicando la porta in fondo al corridoio; quella era l'unica "difesa" che separava il suo laboratorio dal resto della prigione.
Gli unici a conoscenza di quel segreto, oltre a loro tre, erano Parker, Samantha e il padre di Mark. Se qualcuno avesse scoperto sua moglie, nemmeno il signor Gordon avrebbe potuto fare molto per convincerli che non correvano nessun pericolo; ci era riuscito con Samantha, ma Anna era realmente pericolosa.
<< Qualcuno potrebbe entrare e vederla >>
<< Il mio vecchio possiede tutte le chiavi di questo posto >> disse Mark avviandosi verso l'uscita. << Ti farò dare le chiavi dell'ingresso e della dispensa >>
<< Grazie >>
Il giovane scrollò le spalle. << Figurati >>
<< Diamoci una mossa! >> si lamentò Prince accelerando il passo. << E' da quando siamo tornati che sogno il letto della mia cella >>



Jack Parker sedeva nel cortile della prigione, godendosi il tramonto e le sigarette che aveva trovato nell'hotel di Bethel.
Non fumava da anni, ma quando aveva visto il malconcio pacchetto di Marlboro non aveva saputo resistere; niente riusciva a calmargli i nervi come una sigaretta e visto che, dopo l'intervento del signor Gordon, le acque sembravano essersi finalmente calmate ne aveva approfittato per sfuggire al caos della mensa e godersi un po' di solitudine.
Sei stata fortunata ragazzina. pensò buttando fuori il fumo dal naso.
Le persone del suo gruppo tenevano molto in considerazione l'opinione di Steve Gordon e a nessuno piaceva l'idea di litigare con l'uomo che gli aveva accolti in quel piccolo paradiso, perciò la questione "Samantha" era stata messa da parte, ma Jack sapeva bene che ad alcuni l'idea continuava a non piacere; era sicuro che sua madre non si sarebbe arresa tanto facilmente e nemmeno Davies.
<< Parli del diavolo >> mormorò tra sé, osservando John camminare deciso verso di lui e pregò che non fosse venuto per continuare la discussione.
Era stufo di litigare; da quando era tornato non aveva fatto altro.
Si era scontrato con sua madre e poi con il dottore per metterlo al corrente della decisione di Samantha e non era stato piacevole in nessuno dei due casi.
<< Pensavo che avessi smesso >> borbottò l'uomo sedendosi al suo fianco e Parker non poté fare a meno di sorridere. << Anch'io >> rispose sincero tirando un'altra boccata. << Come sta Carol? >>
<< Sta bene, ma è preoccupata >>
<< Per il bambino? >>
<< Si, ma... non solo >>
Parker sospirò stancamente; sapeva dove voleva andare a parare.
<< Carol non vuole che il nostro bambino cresca sotto lo stesso tetto di quella ragazza >> disse senza distogliere gli occhi  dal cielo sempre più scuro.
<< Dovrà farsene una ragione >> rispose senza troppi giri di parole. << Il signor Gordon ha preso la sua decisione >>
<< Gordon è una sola persona! >> protestò John, cominciando a scaldarsi. << Lui non può... >>
<< Se pensi di riuscire a convincere gli altri ad andare contro di lui, fa pure >> lo interruppe spegnando con rabbia la sigaretta. << Ma dubito che troverai qualcuno oltre a mia madre >>
<< Perché improvvisamente ti importa qualcosa di lei? >> chiese riferendosi a Samantha. << Nemmeno tu sopportavi la sua presenza qui! >>
<< Ho semplicemente aperto gli occhi, John >> replicò cercando di recuperare la calma. << E dovresti farlo anche tu! >>
<< QUELLE BESTIE HANNO DIVORATO MIA FIGLIA! >> urlò, tirando finalmente fuori tutto il suo dolore. << E NON PERMETTERÒ' CHE ANCHE QUESTO BAMBINO FACCIA LA STESSA FINE! >>  
<< Samantha non ha nessuna colpa... >> provò a dire, ma Davies lo sollevò con violenza da terra, impedendogli di continuare. << Lei è pericolosa! >>
Mi ha rotto il cazzo questa storia! pensò furioso prima di mollargli un pugno dritto sul naso. << SIAMO STATI NOI A SCATENARLA! >> gridò, mentre l'uomo ai suoi piedi si tirava lentamente a sedere. << Siamo stati noi ad attaccare il suo gruppo e ad impedire al dottore di somministrargli l'antirabbica! >> ringhiò tremante di rabbia. << Per colpa nostra e di Rossio, quella ragazza è stata costretta a soccombere al virus e a divorare una persona >>
John Davies abbassò lo sguardo, rosso di vergogna e non osò contraddirlo.
<< Lei non merita di essere trattata come un animale per colpa dei nostri errori >> continuò incamminandosi verso le celle. << Perciò di a Carol che, se vuole non vivere insieme a Samantha... >> si fermò per indicare il portone della prigione. << ... quella è la porta >>

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