Who I am...

di Summer_199
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1, all'inizio tutto va così ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2, Un duetto con... ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1, all'inizio tutto va così ***


WHO I AM...
Sballottata di qua e di là dalla marea di studenti che si riversava senza fretta dentro la scuola dovevo sicuramente avere un'aria perduta. Del resto era normale…insomma, non conoscevo nessuno e aspettavo che qualcuno mi dicesse quello che dovevo fare, perché non ne avevo la minima idea. Così diedi ancora un’occhiata alla bacheca di fianco alla porta della segreteria come per sfidare a trovare una risposta diversa da quella che avevo già guardato decine di volte ormai.
Quella mattina non volevo lasciare mia madre, dopo l’estate era molto migliorata e beveva solo di tanto in tanto. Temevo che se non fossi più stata così presente come nei mesi precedenti si sarebbe potuta lasciare andare di nuovo. Io ero tutto quello che le rimaneva, dopo che mio padre e mio fratello se n’erano andati.
 Mi distolsi dai miei pensieri improvvisamente, cascando dalle nuvole. C’era un ragazzo che mi stava parlando, cercando di attirare la mia attenzione, che poco prima era apparentemente rivolta ai corsi delle varie classi
. -Ciao- disse –sei nuova?-
-Sì- dissi sorridendo -...si vede così tanto?- domandai esitante.
-Un po’- disse serio, poi le sue labbra si distesero in un gran bel sorriso -Tranquilla, in ogni caso è normale “sta cominciando un nuova fase della nostra vita”- disse citando quello che ci ripetevano sempre gli adulti, cioè...mia madre no.
-Eh sì, così dicono- dissi impacciata –Tu cosa studi?- chiesi per tentare di tenere viva la conversazione con quel ragazzo che pareva simpatico e gentile, ma anche perché mi interessava davvero la risposta. A giudicare dalla corporatura muscolosa e perfetta sicuramente era un ballerino. Aveva capelli ricci e marrone scuro, non troppo corti ma neanche troppo lunghi, espressivi occhi nocciola, lineamenti decisi e regolari e, forse, tutto ciò era il motivo di occhiatine civettuole da parte delle ragazze nel corridoio.
-Suono il pianoforte e recito – ah, allora a cosa era dovuto quel fisico statuario? -E tu?- chiese poi gentilmente.
-Canto e suono il pianoforte e il violino ma non sono così brava- dissi, ancora incerta riguardo la scelta di quella scuola.
-Mi piacerebbe un sacco sentirti, secondo me hai una voce splendida! Si sente quando parli- Arrossita un po’ dall’ imbarazzo farfugliai qualcosa sul fatto che non era vero. Ecco un lato di me molto esasperante con cui convivo da quasi sempre e che mi ha frenato in un sacco di occasioni: essere modesta, insicura e sempre pronta a screditarmi. “Ok”, mi dissi decisa, “piantala con il tuo solito pudore del cavolo e sii spontanea!”. Bene. A quel punto mi stavo facendo anche dei monologhi interiori, come i protagonisti delle serie tv … qual era quello su mtv?
-Non mi hai detto il tuo nome!- feci notare -Io sono Tiffany.
-E io sono Justin- si presentò porgendomi la mano e stringendo la mia. Nel frattempo i corridoi si erano svuotati e una buona parte degli studenti si era dileguata nelle varie aule e sale così entrambi ci risvegliammo dalla bolla insonorizzata che quella conversazione aveva costruito intorno a noi e imboccammo un corridoio. Io feci per andare a destra e lui disse:
-Ti va se ci vediamo a pranzo? Sei la mia prima conoscenza.- propose.
-Certo!- dissi contenta a.
-A dopo, allora…-
-A dopo.-
...
Tutti i cantanti e i musicisti erano stati riuniti in un grande ed elegante salone che riusciva a contenerci tutti. Il soffitto era alto e affrescato, lisce colonne di marmo bianco erano poste agli angoli delle pareti, le finestre grandi e luminose. Gli altri studenti chiacchieravano tra loro nervosi ed eccitati e…sentii qualcuno finirmi addosso. Mi voltai e vidi una ragazza riccia con le lentiggini e grandi occhi verdi che mi guardava un po’ sbigottita e imbarazzata.
-Oddio, scusami! Ero distratta, tutto ok?- esclamò dispiaciuta.
-Si si, non preoccuparti. Succede, anche a me. Troppe volte però!-
-Be' allora adesso hai incontrato una persona che potrebbe essere peggio di te!- disse allegra, con i suoi capelli mossi rosso ramato e un paio di occhi sinceri. Ci sorridemmo finché io non mi presentai e lei disse:
-Piacere, mi chiamo Kimberly- disse amichevole mentre raccoglieva un quaderno che le era caduto di mano. Chiacchierammo e scoprii che aveva una sorella e tre fratelli, tutti più grandi e mi raccontò della sua numerosa, rumorosa e buffa famiglia. Quando venne il mio turno dissi semplicemente:
-Siamo solo io e mia madre-. Suonava l'arpa ed il flauto traverso. Aveva una passione sfrenata per i manga e voleva andare a visitare il Giappone. Quella ragazza metteva di buon umore, mi stava contagiando fin da subito con la sua spensieratezza, mi piaceva. Dopo avere richiamato l'attenzione di tutti, lessero ad alta voce i nomi dei vari studenti che dovevano andare nelle classi e io e Kimberly eravamo insieme! O perlomeno in quella lezione. Entusiaste, seguimmo un professore che ci condusse in classe insieme agli altri compagni. Una stanza piccola e bianca, con una lavagna digitale ed un computer moderno sulla cattedra, ci dissero che era l'aula per le lezioni teoriche. Ci fecero fare il giro della scuola e per le lezioni pratiche c'erano sale da ballo con pavimenti di legno nuovi, sbarre e specchi che rivestivano interamente le pareti. In alcune c'erano già degli studenti che si stavano riscaldando, mettendosi una gamba sopra la testa o tirando in alto la gamba all'altezza dell'orecchio, il tutto apparentemente senza il minimo sforzo. Avevo sempre ammirato chi si muoveva con quella grazia che emanava maestosità e perfezione, come una creatura surreale. C'erano palcoscenici enormi, provvisti di lunghi sipari rossi di velluto spesso, con un'acustica perfetta, lo spazio tra la platea e il palco per i musicisti. C'erano le aule di canto: una aveva le pareti di legno, arrotondate verso l'interno ai lati, con un soffitto altissimo, effetto che donava un'acustica meravigliosa. Questo fece dell'aula la mia preferita fra tutte. Nelle ore successive Kimberly seguì i miei stessi corsi come primo giorno di scuola e, conoscemmo Brooke. Era una ragazza sveglia, aperta e risoluta, sembrava che sapesse il fatto suo, suonava il la chitarra e la batteria e si vestiva in modo strano...ma tutti erano stupendamente strani li' che ognuno poteva essere se stesso senza essere giudicato troppo male!

 A pranzo cercai con lo sguardo di individuare Justin e lo trovai seduto ad un tavolo vicino alle finestre. Brooke era andata con alcuni suoi amici e ci aveva salutate mentre Kimberly era con me e stavamo chiacchierando. Mi trovavo molto bene con lei ed era bello poterlo dire di una persona solo qualche ora dopo averla incontrata! Così le dissi:
-Kim, possiamo sederci a quel tavolo, ho detto al ragazzo seduto, Justin, che avrei pranzato con lui, per te va bene?-
-Sicuro!-. Ci dirigemmo verso il tavolo e quando Justin mi vide fece un largo sorriso nella nostra direzione, che e io ricambiai.
-Ehi ciao!-
-Ciao, ti presento Kimberly, frequenta con me il corso di musica e ballo, quello per principianti!- dissi e all’ultima affermazione ci scambiammo uno sguardo d’intesa e trattenemmo una risatina. Era un corso per principianti mica senza un motivo. Avevamo scherzato e riso tutta l’ora della goffaggine nostra e dei nostri compagni, tra i quali, c’era chi non lo aveva gradito.
-Dubito che le altre lezioni saranno così spensierate- sospirò Kimberly.
-Già,saranno dure. A te invece come è andata, Justin?-
-Abbastanza bene però c’è un professore davvero cattivo specialmente con un paio ragazzi! E' bravissimo, su questo non ci piove ma è fatto a modo suo.- rifletté –Si chiama Mr. Crawford e ha un gigantesco neo di fianco al naso, con qualche disgustoso pelo lungo che gli cresce sopra- aggiunse con una nota divertita. Kim e io scoppiammo a ridere davanti a quella sua uscita dalla facciata di bravo ragazzo.
-Purtroppo credo di averlo incrociato in corridoio mentre andavo in bagno! E stava brontolando-disse Kim.
-Dalla descrizione si addice- e ancora risatine.
-Be’, non avete mai visto il mio professore di arte del liceo…-intervenni io. Prendere in giro i professori è una routine per gli studenti, alleggerisce la serietà dei primi e strappa sorrisi ai secondi.  Tolta quella routine era il corso pomeridiano che mi aveva riservato delle sorprese.

I corsi pomeridiani non erano obbligatori,guadagnavi dei crediti e duravano un'ora. C'erano solo nei pomeriggi dove non si tenevano le lezioni normali, cioè di martedì, venerdì e sabato. Io seguivo quello di canto. Lezioni di canto per i duetti, approfondendo. Lo trovavo utile per imparare ad usare la mia voce in vari modi. C'erano altre cose come la creazione di coreografie, o recitazione muta eccetera eccetera. La classe era quella con le pareti di legno arrotondate, “la mia preferita!”, pensai contenta. Speravo di conoscere almeno qualcuno, ma invece non vidi nessuno di vagamente familiare. C'erano molti studenti più grandi e questo bastava a rendermi più intimorita di quanto già fossi. Tutti sembravano già avere un posto, un ruolo in quella classe. E mi sentivo persa per la seconda volta nella giornata.
Infine mi sedetti ad un banco ne' troppo avanti, ne' troppo dietro. Quello di fianco era vuoto ma un ragazzo lo stava velocemente occupando, fissandomi. Insistentemente. Dio no, odiavo la gente che mi fissa, mi metteva sempre in soggezione, a disagio e in imbarazzo. "Speriamo che smetta presto"... Il ragazzo continuava a fissarmi, pareva divertito dalle mie emozioni. Sembrava stesse facendo apposta, come un gioco. "Oh, ma non la smette!". Esasperata punto gli occhi nei suoi e gli dico:
-Ti serve qualcosa?- per fortuna la nota infastidita della mia voce si confondeva bene, non appariva troppo. La sua espressione non cambiò, anzi, era più intensa. Con le carnose labbra rosate tratteneva un sorriso mentre gli occhi erano birichini e maliziosi...e non potei fare a meno di notare il loro colore verde smeraldo, risaltato dai capelli corvini e ribelli.
-Sono Nick- disse ammiccando. 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2, Un duetto con... ***


-E tu?- continuò, visto che non accennavo a rispondere.
-Tiffany- dissi non proprio entusiasta. Ecco il classico sexy playboy della scuola che credeva di avere il mondo femminile in pugno. Presuntuoso. Non sopportavo i presuntuosi. Bisognava avere almeno un po' di umiltà per vedere il mondo dalla giusta prospettiva.
-Wow, sei nuova? Non ti ho mai visto...-continuò. Ma mi stava prendendo in giro? Cosa voleva uno come lui da una come me? Pensava che ci sarei cascata? Bene, sarebbe rimasto sorpreso...però ero ancora la Tiffany timida ed innocente di sempre. 
-Sì, è il primo anno per me- risposi sperando di scomparire.-tu invece?- azzardai. Che conversazione squallida. Scontata. 
-E' il terzo per me, ed è dura mano a mano che si avanza ma...almeno sono ciò che amiamo fare, è un qualcosa che tutti abbiamo dentro, no? Certo, alcuni più di altri ma non sembra il tuo caso.- e mi fece l'occhiolino. Sì, era un po' presuntuoso, lo stereotipo che gli avevo affibbiato permaneva ancora un po' ma lui non era del tutto sgradevole. Si vedeva che ci sapeva fare con le persone. Stava poi a lui decidere se voleva mantenere questa buona opinione.
-Già...io non so ancora se ce la farò. Ma devo per forza altrimenti...- dissi più a lui che a me. Mia mamma stava facendo dei doppi turni al lavoro, per pagarmi gli studi e questo non era un bene per lei. Lo stress la avvicinava pericolosamente all'alcool. Io avevo già pensato a trovarmi un lavoretto in fretta...non per guadagnare chissà cosa, ma almeno per comprare qualcosa per me di tanto in tanto, o aiutare la mamma con le bollette. Se si fosse lasciata andare sarebbe tutto andato a rotoli, lei sarebbe finita in un centro di recupero e io a fare un mestiere sottopagato fino alla pensione. Così non dovevo lasciare che il treno partisse senza di me, la vita era più di quello.
-Altrimenti?- mi incitò a continuare lui. 
-Altrimenti niente-. Per fortuna in quel momento entrò la prof.
-Salve a tutti, il mio nome è Daphne Beauville, e sì, mio padre è francese. Vi dico cose che probabilmente saprete già: per avere il credito bisogna seguire almeno il 70% delle mie lezioni; e ovviamente dovrete essere promossi. Sono richieste per questo la massima serietà ed il massimo impegno. Alcuni studenti li conosco già, quelli che hanno frequentato questo corso anche gli anni passati. E' inutile però che io chieda il nome di ognuno, farei una grande confusione io per ricordarmeli e sarebbe una perdita di tempo per tutti.
-In questo corso dovrete imparare a creare- pausa d'effetto -l'Armonia. L'armonia tra due voci. Essa può apparire molto di più. Può apparire come l'armonia tra due persone, tra due anime, fa traboccare il cuore di emozioni. Tutto questo è dovuto alla sintonia che si crea e si sente sempre quando è forzata o spontanea. Certo, non si può avere tutte le volte, purtroppo, ma il nostro obbiettivo è quello di provarci.-
Proseguì con il suo discorso ancora per un po', dopo di ché ci disse il nostro primo compito, da cominciare in classe: 
-Allora, se conoscete già il vostro compagno di banco spostatevi accanto ad uno che non conoscete, altrimenti state dove siete.- non so se ero proprio contenta di essere con Nick. Ci furono degli spostamenti, la prof rimproverò alcuni studenti che non si erano mossi e li fece spostare lei, tra cui una ragazza che invidiai non appena la vidi. Sprigionava sicurezza, fascino e sensualità. Magari fossi stata come lei. Era una di quelle persone nate per stare al centro dell'attenzione. Ci mancava solo che fosse ricca e talentuosa. Il viso era incorniciato da una cascata di riccioli rosso tiziano, gli occhi grandi e marroni, lunghe gambe sinuose, evidenziate dal suo abbigliamento attillato.
-Le coppie dovranno pescare a sorte una canzone da quella scatola e presentarla davanti alla classe tra due settimane. Come primo compito vi do tempo. Ovviamente dovrete socializzare e conoscere il vostro compagno sennò metà della funzione di questo lavoro andrà perso. Poi quando tutti vi sarete esibiti giudicherò le tre coppie migliori.-
Alcune canzoni erano facili, altre difficili. Quando venne il nostro turno mi affidai a Nick, concentrandomi su di lui, sui suoi movimenti rilassati e fluidi, in modo da non sentire il peso degli sguardi di tutti, che sembravano perforare la mia schiena. Pescò un bigliettino sul fondo e prima di aprirlo mi sbirciò da sotto le lunghe e sottili ciglia nere, facendomi venire un groppo in gola. Lo aprì e lesse il nome del titolo e dell'autore ad alta voce: 
-Faithfully, di Journey.
… 
In piedi pronta per andare a casa, guardavo Nick impaziente che mi dicesse qualcosa. Lui mi guardò attento con quei sorprendenti occhi, come se cercasse qualcosa. Io puntualmente distolsi lo sguardo. Benché avessi desiderato distrarmi contemplandolo. Mi guardò ancora un po' e, come se fosse arrivato alla fine della sua opera, disse: 
- Le ragazze pure ed innocenti come te, secondo me hanno un fuoco dentro che nascondono agli occhi del mondo, anche a sé stesse...ma del resto le cose più belle sono poche, nascoste e non tutti le possono vedere. Bisogna conquistarsele- disse malizioso. Con il dorso di due dita mi sfiorò la guancia, e io ci misi un po' a metabolizzare le sue parole. Sotto quelle metafore c'erano degli evidenti doppi sensi. Era disgustoso...cioè, non proprio. Ero avvampata di calore ed indignata. Cosa gli faceva pensare che sarei andata a letto con lui?! Innegabilmente c'era una piccola parte di me lusingata e civettuola a cui aveva fatto piacere sia il suo gesto sia il suo pensiero. Ma non l'avrei mai ammesso, neanche a me stessa. Anzi, mi rimangio tutto. Indifferente dissi:
-Pensando a cose più importanti e produttive che cosa hai intenzione di fare?-. Si era accesa una luce strana nei suoi occhi. Oh, merda. 
-Riguardo al lavoro che dobbiamo fare insieme, ovviamente- precisai.
-Potremmo andare a casa mia...o a casa tua se preferisci- propose, non riferendosi del tutto al nostro compito. Allarme luce maliziosa! Din din din! 
-A casa tua- dissi facendo finta di niente e sollevata di non dover rischiare che vedesse mia madre o la nostra casa. -Vengo sabato, ok?
-Va bene...-. Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò:
-Non finisce qui. Ottengo sempre quello che voglio- respirò sul mio collo. Mi allontanai camminando e facendo finta di niente quando suonò la campanella. Facendo finta di non avere preso la scossa dalla testa ai piedi e di non essere avvampata.
Mi voltai per controllare se era ancora lì e lo vidi avvinghiato ad una ragazza...indovinate un po'? La ragazza dai capelli rosso tiziano! Non ci credo! Lei lasciò la bocca di lui per baciargli il collo. Che spudorati! Pensavano che tutto il mondo volesse vedere l'anteprima di ciò che facevano in camera da letto? Lui aprì gli occhi, guardandomi, soddisfatto della mia reazione. Indignata, orgogliosa e un po' offesa. Ohi ma cosa mi prendeva? Non avevo assolutamente né tempo né voglia di perdere un solo secondo con quel bastardo. Così gli sorrisi composta, glaciale e, a testa alta, proseguii per la mia strada. Il corridoio.

Presi l'autobus per tornare a casa. Non era pieno zeppo come al mattino dove non si respirava. In prima superiore avevo preso la mononucleosi per colpa della vicinanza forzata che c'era, e c'è anche oggi, sugli autobus. Ne ero certa perché non avevo mai baciato un ragazzo o avuto il minimo approccio con uno di loro, neanche con scopi amichevoli. Con le amiche non ero mai stata una di quelle le che bacia e urla di gioia appena se le trova davanti. In realtà un po' le compativo quelle ragazze, sembravano isteriche, ma non mi piaceva giudicare, non lo ritenevo giusto, quindi appena lo pensavo mi rimangiavo il pensiero. Non sopportavo le ingiustizie, appena ne vedevo una sentivo un moto di rabbia ribollire dentro di me, anche per le cose più banali, come i favoritismi di qualche insegnante a scuola, le persone che trattano bene solo chi gli pare a loro e sono stronze con tutto il resto del mondo che è, secondo loro, infimo ecc. Certo, dentro di me poteva esserci un fuoco che desiderava ardentemente bruciare tutte le ingiustizie del mondo, però poi il mio carattere, il mio modo di essere me l'avevano sempre impedito...Oh no. Il fuoco. Nick! Ero riuscita a non pensare alla mia dignità calpestata e poi mi ero data la zappa sui piedi! Che dire? Niente. Possibile, però, che il mio discorso desse, in piccola parte, ragione al suo? Cioè, il fatto di ammettere che dentro di me ci fosse un fuoco, come lui aveva constatato, era già molto. Voleva dire che un po' gliela davo vinta.

Misi energicamente questi pensieri deprimenti da parte e mi infilai nelle orecchie gli auricolari del mio antiquato mp3 nero della Sony. “Che sollievo, finalmente potrò stare con me stessa senza reprimermi, senza maschere. In pace. Libera”. Capivo che una canzone mi prendeva se cominciavo a cantarla, a volte a squarciagola persino. Canticchiarla no. Non mi piaceva canticchiare le canzoni perché per me era, ed è, un modo troppo confuso, anche se più discreto, per dare impulso alla canzone che si canta, per far rivivere il momento. Non si rende bene l'idea della profondità dei sentimenti e delle sensazioni che trasmette. Canticchiando non riuscivo a farmi compagnia da sola. Sì, con la musica mi sentivo meno sola. Riusciva a riempire tutti gli spazi vuoti della mia vita, da sempre. Riusciva a farmi dimenticare i buchi intorno e dentro di me, le cose che mi facevano sentire vuota. Come quando soffri per qualcuno che se n'è andato, portando con sé un pezzo di te, lacerandoti. Quel vuoto non si potrà mai colmare definitivamente. Nessuno può essere sostituito.
Alcune persone sfogano i loro dolori avventandosi sul cibo, diventando aggressive, in casi peggiori offuscando se stessi nella droga o...annegando nell'alcool. Ma questo è per le persone più fragili, che non hanno saputo reggere il peso che questa vita ha dato loro. Le persone forti affrontano tutto, si lasciano attraversare dal dolore che le scuote da cima a fondo e, all'inizio sembra insostenibile, destinato a non finire mai, poi si abituano al peso di questa esistenza. Mi ricordava un po' Atlante, costretto a sostenere il peso immenso della volta celeste. Ma è così. E' giusto così. Sembra giusto solo pensando che in questo modo possono esistere tutte le gioie, le cose belle del mondo. I momenti di felicità. Solo che a volte capitano le cose peggiori alle persone migliori, a chi non se le merita affatto e, queste, sono le vere ingiustizie. Ma, forse, alcune delle tante prove ci capitano proprio per metterci in discussione. Per testarci. Che vita crudele. Se siamo forti, chissà cosa succederà, e se non lo siamo...non si sa. Crolliamo. Come mia madre.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il secondo giorno di scuola, dopo essere stata per venti minuti in un autobus schiacciata tra due persone cui fortunatamente non puzzavano le ascelle e non si appendevano alle maniglie in alto, espandendo così per tutto l'autobus la loro essenza di sudore amaro (come era successo invece l'altra volta), ero ancora davanti alla bacheca di fianco alla segreteria. Esitante. Mi guardai intorno per vedere se come il primo giorno incontravo Justin ma lui non c'era. Così sentendomi una stupida per avere pensato e sperato che lui fosse stato ancora li', puntai lo sguardo in basso, verso i miei piedi che tentennavano, prima di decidersi finalmente a muoversi e a portarmi in classe. Sbattei contro un petto duro e ampio e un profumo di...ragazzo? I miei occhi, nel casino del momento, riuscirono a registrare anche una maglietta a maniche corte verde smeraldo, attillata. Per un attimo non vidi nient'altro che quello e rimasi un po' stordita. Alzai lo sguardo. Purtroppo per me, era Nick. Ovviamente, per quello che era successo il giorno prima avvampai subito (oltre al fatto della nuova figura da imbranata che sicuramente avevo fatto in quel momento). Stavo per rimbalzare all'indietro per la sorpresa e lui mi prese per le braccia e mi trattenne, attirandomi in avanti. Continuò a tenermi stretta, delicato ma saldo, non dandomi quindi la possibilità di arretrare, cosa che avrei già fatto: quella vicinanza non mi faceva sentire proprio a mio agio. Poi lui era così bello che anche se non lo avessi conosciuto come avevo fatto al corso e se non gli fossi appena andata a sbattere contro mi avrebbe fatto sentire a disagio con me stessa ovunque.
-Ciao- dissi io stupidamente.
-Ciao- mi rispose lui come se non avessi avuto affatto la faccia di una Tiffany idiota. Al contrario.-Speravo proprio di incontrarti- affermò. Un po' sconcertata pensai al perché, mi sembrava ci fosse qualcosa di strano, in lui. Già era costretto a stare con me per provare il duetto sabato, che scappasse finché poteva. Così glielo chiesi.
-Perché?
-Perché sei speciale Tiffany, lo so che lo tieni ben nascosto. E quindi m'incuriosisci. Sei un'enigma per me. In quanto attore, so com'è fatta la gente. Ma una persona come te non l'ho mai incontrata.
-E cos'avrei di tanto speciale? Ti ascolto- dissi. Perché continuava a dirlo? Io non potevo essere più insignificante, la vita me lo aveva anche dimostrato, quindi se lo faceva per prendermi in giro io non ci stavo, non lo avrei accettato. Cosa pensava di avere capito di me in meno di 24 ore?
-Mmh...- fece pensieroso. Mi prese il mento tra le mani e mi fissò intensamente. Nel frattempo ero arretrata fino a toccare il muro con la schiena. Mi sentivo nuda e inerme sotto il suo sguardo e il mio disagio crebbe, così scostai il viso e guardai a destra oltre la sua spalla, verso gli altri studenti per distrarmi. Cominciò persino a giocherellare con una ciocca dei miei fluenti capelli mossi marrone scuro, tanto da sembrare neri. Ignorarlo a quel punto era impossibile. Per fortuna qualcuno involontariamente mi salvò da Nick e da me stessa. Intravidi Justin che mi stava fissando in modo strano e io provai a sorridergli. Lui rispose debolmente. Poi si voltò, ignorandomi. Così allontanandomi da Nick che in un modo o nell'altro mi invadeva sempre, letteralmente, materialmente ed emotivamente, gli dissi.
-Ci vediamo sabato e smettila di dire cose insensate- gli dissi un po' distaccata, come se non mi importasse e non fossi arrossita meno di un minuto fa.
-Le altre persone potrebbero spaventarsi- aggiunsi per non sembrare troppo seriosa, avrei dovuto comunque passare del tempo con lui sabato, e non solo, quindi fare l'antipatica non mi avrebbe aiutata. Lui rimase a guardarmi con un'espressione indefinita, come se quello che avessi detto non avesse la minima importanza per lui. Io andai via, stanca dei suoi giochetti. Imboccai lo stesso corridoio di Justin e cercai il suo viso o i suoi capelli tra la folla. Vidi anche dei suoi amici ai quali avrei potuto chiedere se l'avevano visto ma mi vergognavo troppo, se erano delle ragazze anche anche, ma dei ragazzi...no, mi imbarazzavo troppo. Non vedendolo, un po' delusa, mi diressi verso la mia classe o altrimenti avrei fatto tardi.
Davanti all'aula c'era Justin che mi aspettava, con un sorriso.
-Ciao, che bella sorpresa!- gli dissi sorridendo spontaneamente, come solo lui sapeva farmi fare. Ma perché? Magari fosse stato tutto così facile anche con altre persone.
-Ti ho vista con Nick e allora ho pensato che non volessi essere disturbata- mi sbirciò da sotto le ciglia un po' incerto, come per vedere la mia reazione -così sono venuto qua, tanto io sono nell'aula di fronte per adesso.
-No no tranquillo, potevi venire, mi avresti salvata piuttosto! Però devo fare un duetto insieme a lui e nessuno me la scampa...- dissi scherzando.
-Come ti sembra?-
-Ma, io non vorrei giudicare...-
-Dai su dimmi- mi esortò curioso.
-Be' credo che sia bello e magari anche bravo e se ne approfitti, è simpatico ma come tutti, ad un primo impatto.- ok, mi ero un po' inventata l'ultima parte sulla simpatia e anche l'inizio. Lui non se ne approfittava, la sfruttava proprio quella bellezza e ne era contento. Era un'arma in più. L'arma dei belli. Lui ne era consapevole e sfruttava tutta la combinazione a suo vantaggio. Era una sorta di opportunista quindi. -Per il resto non posso dire molto perché non lo conosco abbastanza.- conclusi.
-Tu cosa ne pensi?- chiesi poi, vedendo che se ne stava in silenzio.
-Meglio che non te lo dica, ti rovinerei l'opinione che ho di lui- fece accigliandosi.
-Ok, come vuoi...- decisi che era meglio se lasciavo perdere la questione, ma fingere che non avesse stuzzicato la mia curiosità non era possibile. Quindi avrei ripreso quella conversazione al momento giusto, quando avrei avuto maggiori probabilità di risposta, anche se con le altre persone ero un disastro e il mio giudizio mi avrebbe sicuramente fatto scegliere il momento sbagliato.
-Ti va se oggi pomeriggio usciamo io e te? Andiamo a fare un giro- lo guardai scrutando i suoi occhi e alla ricerca di segni rivelatori di qualcosa di nascosto che non trovai. - Come amici, ti voglio conoscere meglio e mi piacerebbe passare più tempo con te.
-E' vero, a me piace stare con te, sto bene- dissi senza imbarazzo, con naturalezza.
-Anche a me- sorrise con tutto il viso, soprattutto con gli occhi -Quindi oggi va bene per te?-
-Certo- e sorrisi felice.

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