L'ultimo uomo in piedi

di Lunarys
(/viewuser.php?uid=589125)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Apparenze ***
Capitolo 3: *** Troppo giovane per morire giovane ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


[4S]

L'ULTIMO UOMO IN PIEDI


L’aria era afosa, a tal punto da essere quasi irrespirabile. Non tirava neanche un filo di vento e il sole arroventava le teste delle persone che sciamavano nel grande spiazzo sabbioso fuori dalle mura dell’agorà. Era passato da poco il mezzogiorno e il sole brillava nel punto più alto del cielo verdognolo, facendo riflettere i luminosi colori degli edifici di vetro di murano sparsi nei diversi quartieri dell’antica città.
    Adnan Salth, la toga marrone stretta in ventre da una cinta nera di cuoio, era un uomo arcigno e meschino, completamente glabro a differenza del pizzetto sul mento. Si aggirava tra le diverse tende di esposizioni con il suo gruppo di servitori al seguito mentre osservava gli schiavi esposti dai loro padroni: gli apriva la bocca per vedere se avevano i denti del giudizio, sollevava le labbra per accertarsi dell’assenza di carie, passava le mani tra i capelli delle ragazze e ragazzi a cui non erano stati tagliati corti a causa dei pidocchi, e infine controllava i muscoli e i riflessi dei ragazzi più giovani. Talvolta si fermava di fronte a qualche schiava o schiavo giovane e li odorava dietro all’orecchio, dove crescevano i capelli.
    Adnan Salth non era quasi mai soddisfatto. Infatti tornò alla sua tenda senza nessuna aggiunta al suo gruppo personale di schiavi assistenti e guardiani. Decise di aspettare fino alle esposizioni pubbliche del pomeriggio, nelle quali solitamente si trovavano i capi migliori, ma anche i più costosi.
Furono due rintocchi di campana, ripetuti ininterrottamente a far uscire Adnan Salth dalla sua tenda. Spinse malamente di lato la giovane schiava che gli stava inginocchiata davanti, urlandole qualche insulto su quanto fosse incapace e senza valore.
    Nel mezzo del cuore del mercato era stato eretto un palco di legno, abbellito con qualche telo colorato appeso sui bordi per nascondere le travi della struttura. Erano stati condotti sul palco degli uomini, uno a testa per ogni venditore del mercato che aveva deciso di prender parte a questo macabro evento.
    «Accorrete! Mancano pochi minuti alle cinque!» un alto ma esile ragazzo si sgolava sul palco davanti ad una decina di schiavi, da giovani ragazzi a uomini adulti messi in fila l’uno di fianco all’altro. Il ragazzo si girò verso il gruppo diede delle pacche sulle spalle ad alcuni di loro, che non alzarono lo sguardo da terra.
    «La prova di forza, che, tra gli schiavi reputati migliori, troverà il più forte, il più perseverante…» alzò la voce e guardò dritto in cielo.
    «…L’ultimo ..uomo ..IN PIEDI!» La folla scoppiò in un breve ma forte fragore di applausi. Dopo aver deciso le coppie tramite estrazioni a sorte il ragazzo lasciò il palco. Queste coppie si sfidarono fino a quando ne rimaneva solo uno in piedi, che passava al turno successivo.

    Adnan Salth osservava i combattimenti stando in piedi dietro alla folla, passandosi pensieroso le punte delle dita sul folto pizzetto. Fu quando rimasero solo due coppie che si fece strada tra la calca per raggiungere il sottopalco. Intanto era tornato il presentatore, che con uno straccio puliva il sangue degli sventurati sconfitti. Siccome lo straccio fu quasi subito impregnato di sangue, ci vollero altri schiavi per spargere della sabbia sul palco, in modo da assorbire i residui.
    Presto rimase solo una coppia: dai due combattimenti precedenti un uomo sulla trentina era caduto a terra senza più rialzarsi subito dopo aver vinto, e ad un altro ragazzo venne rotto il collo da uno schiavo che sembrava addirittura trarre divertimento dalle sfide, che aveva vinto una dopo l’altra, risparmiando ben pochi dei suoi avversari. Aveva i muscoli imperlati di sudore, una statura imponente e gli occhi leggermente a mandorla. L’energumeno camminò verso il limitare del palco tenendo le braccia alzate, la folla che esplodeva in un boato di ovazioni.
    Poco dopo venne spinto sul palco un giovane uomo dalla riccia capigliatura nera come la cenere, di cui una grossa ciocca a destra della fronte era stata strappata, forse in uno dei combattimenti precedenti. La pelle attorno era tutta arrossata, e un rivolo di sangue gli scendeva dal sopracciglio e dal labbro. Anche sotto tutto quel sangue si nontava che il ragazzo aveva i lineamenti delicati ma decisi. Adnan Salth però non si ricordava di lui, forse era per il fatto che non dava molto peso agli schiavi esili come questo. Si chiese come avesse fatto ad arrivare tra gli ultimi due in piedi, e la risposta gli arrivò appena la sfida fu iniziata. Nonostante la stanchezza era veloce e reattivo, schivava ogni colpo che l’energumeno cercava di infliggergli. Ben presto, goccioline di sudore cominciarono a colare sulla fronte e sul petto di entrambi.
    Dopo una decina di minuti, la folla era stanca del continuo tira e molla, ma nessuno dava segno di volere andarsene prima della fine del combattimento. Chiunque avrebbe vinto, sarebbe stato sicuramente venduto ad un prezzo altissimo per la gioia del proprio padrone.
Il ragazzo fece un passo falso, e l’energumeno colse quel piccolo errore per saltargli addosso e bloccarlo con un braccio stretto intorno al suo esile busto, il ragazzo si dimenava e graffiava inutilmente l’avanbraccio dell’avversario che lo stava trascinando al limitare del palco. Lo sollevò come fosse un fuscello, e lo era anche, la folla che sbraitava e già inneggiava il vincitore. Il sudore gli imperlava tutto il petto, che sembrava risplendere colpito dal sole che cominciava a tramontare dietro alle montagne di sabbia all’orizzonte.
    Aizzando ancora di più la folla, l’energumeno fece inginocchiare di forza il ragazzo davanti a se, per rompergli il collo come aveva fatto in alcune delle sfide precedenti. Una volta toccata terra il ragazzo scivolò alla destra del suo avversario che però lo riafferò per un piede torcendolo all’indietro, e facendo urlare di dolore il malcapitato. Sotto al palco, nella direzione in cui si era lanciato lo schiavo dai ricci neri, Adnan Salth vide una ragazzina schiava che scoppiava a piangere e veniva subito picchiata da una guardia e poi portata dentro ad una tenda. Bastò quello per distrarre il ragazzo per qualche secondo che l’energumeno gli fu di nuovo addosso, questa volta stringendolo in una morsa d’acciaio. Lo strinse così forte da far uscire tutta l’aria dai polmoni, così forte da togliere il respiro anche a chi guardava; e quando il giovane ragazzo, che tra le sue braccia sembrava un bambino, chiuse gli occhi senza più riaprirli si notarono i lineamenti delicati che forse lo facevano sembrare più giovane di quanto in realtà era.
    L’energumeno lo lasciò cadere a terra al centro del palco come fosse un burattino, la folla in piena ovazione per il vincitore. Vennero lanciate noci dolci e amuleti di vetro sul palco, e dopo aver lanciato la sua cintura di cuoio alla folla il vincitore raccolse una noce dolce dal guscio rosa pallido e le diede un morso, rompendo il guscio duro come se fosse quasi inesistente. La folla esultò, ma poi si zittì da un momento all’altro. Il ragazzo che prima era disteso a terra esanime, saltò addosso all’energumeno con un amuleto di vetro appuntito che era stato lanciato sul palco poco prima, lo passò leggero come una piuma sul collo dell’avversario, dal quale cominciò a sgorgare sangue rosso opaco poco dopo. Il ragazzo, che si era tagliato la mano a sua volta, stramazzò di nuovo a terra dopo un urlo di dolore probabilmente causato dalla caviglia, e l’energumeno che vacillava appena nonostante il taglio gli si gettò addosso lanciando un urlo rabbioso.
    Erano avvinghiati sul bordo del palco, e l’energumeno riuscì a raccogliere lo stesso amuleto di vetro con il quale il ragazzo aveva cercato di ucciderlo poco prima. Lanciò un fendente che tagliò il ragazzo al petto, da una costola fino alla spalla sinistra. Uno schizzo di sangue colpì Adnan Salth in diagonale sul viso, sporcando anche la toga, e uno dei suoi assistenti personali emise un verso di terrore e corse a prendere un telo per pulire il suo padrone. Adnan Salth invece, si passò un dito sul viso proprio dove era stato sporcato dal sangue e poi se lo portò al naso, odorando con gli occhi simili a due fessure. Poi il suo assistente tornò con un telo e lui si lasciò pulire per alcuni secondi prima di scacciarlo.
    I due sul palco intanto si erano tirati in piedi, il ragazzo che lottava per tenere le mani dell’energumeno lontano dal suo collo, ma era una battaglia persa fin dall’inizio. Nonostante avesse le mani piene del suo stesso sangue, la presa dell’energumeno era ben salda. Il ragazzo avrebbe dovuto tagliargli il collo più in profondità e da una parte all’altra per metterlo fuori gioco. Si sentì le mani viscide attorcigliarsi attorno al collo, salde come acciaio, mani che lo fecero girare a guardare la folla che lo fissava con gli occhi spalancati, quasi dispiaciuta per quel ragazzo che aveva resistito tanto a lungo.
    Per quanto il suo petto si muovesse velocemente su e giù, il giovane schiavo sentiva di non riuscire a riempire completamente i suoi polmoni d’aria. Inspirò profondamente guardando le montagne di sabbia all’orizzonte e il sole verdognolo proprio nel momento in cui scompariva dietro, creando un anello di luce verde brillante che si ingrandì per tutto il cielo fino a dissolversi. Un evento rarissimo.
    Poi gli girò di scatto il collo e fu tutto buio.

Il vincitore venne incoronato con ancora il corpo del ragazzo senza vita sul palco. La folla chiamava a gran voce L’ultimo uomo in piedi. Già c’erano compratori che facevano offerte sul valore di quello schiavo tanto spietato e forte, ma Adnan Salth continuava ad osservare compiaciuto la scena. La folla era impazzita e si sentivano offerte arrivare da ogni posto. Intanto salirono sul palco due schiavi che portarono giù dal palco il corpo del ragazzo riccio tenendolo per i polsi e le caviglie.
    L’assistente di Adnan Salth guardò il suo padone con un espressione interrogativa, in attesa di un ordine. Si chiedeva se anche lui volesse offrire qualcosa per quel mostro sul palco.
    «Voglio quello schiavo. Fate un offerta a mio nome» disse Adnan Salth senza distogliere lo sguardo dal palco.
   «Quanto vuole offrire, Signore, per L’ultimo uomo in piedi?» Adnan Salth si girò finalmente verso il suo schiavo, che abbassò subito lo sguardo.
   «Non ho intenzione di comprare quel caprone. Voglio il ragazzo morto, trova il suo padrone prima che bruci il corpo o lo venda alle streghe dell’agorà. Và!» lo schiavo lo guardò per un secondo e poi partì in corsa verso il retro del palco.
   Adnan Salth raccolse da terra il telo che il suo schiavo aveva usato per ripulirlo dal sangue del ragazzo, e lo annusò per lunghi secondi prima di lasciarlo cadere e dirigersi verso la sua tenda.


Idea che mi è venuta in viaggio verso casa, non sono ancora sicura se la continuazione sarà lineare nel tempo o se tornerò indietro nel tempo per spiegare qualche cosa. Fatemi sapere nelle recensioni se volete sapere qualcosa di più sul passato dei personaggi: di Adnan Salth, del ragazzo dai ricci neri o dell'energumeno! bacii xx

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Apparenze ***


UNA SETTIMANA PRIMA

 

La ragazzina con i piedi nudi e ricoperti di fuliggine correva per le vie dell'agorà stringendo qualcosa sotto alla consunta veste di grezza stoffa grigia che indossava, ottenuta assieme a due pagnotte in cambio della fin troppo vistosa veste di seta che indossava quando era scappata di fretta e furia dalla Casa.
Aveva i capelli neri tutti arruffati e la paura negli occhi, paura di essere presa dalle guardie, che però era sovrastata dalla fame che la stava divorando da almeno due giorni. All'inizio, suo fratello era riuscito a farsi dare qualche pagnotta dai fornitori di pane più fidati del loro vecchio padrone, però poi per non dipendere da nessuno e soprattutto per non lasciare tracce aveva deciso che avrebbero dovuto sbrigarsela da soli. Pessima idea, a suo avviso.
Data la sua velocità e il vantaggio di essere esile e di piccola statura, riuscì ad uscire velocemente dal Quartiere dei Fornai, lasciandosi alle spalle tutta quella fuliggine che l'aveva resa ancora più sporca di quello che già era. Si rese conto che il mondo all'esterno della Casa non era come se lo era immaginato.
Prima di infilarsi nelle maleodoranti e strette viuzze del Quartiere dei Canali, la ragazzina inspirò una grande quantità d'aria nei polmoni e nascose bene la pagnotta ancora calda che aveva rubato poco prima, che le scottava quasi la pancia.
Doveva tornare da suo fratello prima che si svegliasse, aveva paura che debole com'era sarebbe venuto a cercarla per poi svenire in mezzo alla strada. Accellerò il passo.

 

PRESENTE

 

Adnan Salth venne guidato in una tenda al limitare del mercato degli schiavi dal suo assistente, che si comportava in maniera ancora più nervosa del solito. La rozza apparenza esterna della tenda era l'opposto dell'interno, arredato con tappeti e cuscini provenienti dalle botteghe più costose del Quartiere d'Oro dell'agorà.
I colori predominanti erano il rosso e l'oro, che ricordavano ad Adnan Salth le camere private del suo padrone, colui che lo aveva inviato nella capitale per trovare gli schiavi migliori.
I tappeti erano tessuti con i materiali più pregiati, così come i cuscini di seta che erano decorati con finissimi fili d'oro intrecciati tra di loro. Sui pregiati materassi stavano delle giovani schiave che ridacchiavano e si pettinavano i capelli a vicenda, intrecciandoli dietro alla testa. Adnan Salth pensò che facessero tutte parte dell'harem personale del venditore che stava per incontrare, che sembrava essere un uomo molto importante. Quando passò davanti alle schiave loro abbassarono il tono della voce riducendolo ad un mormorio sommesso, e lui si sentì in soggezione per la prima volta da molto tempo.
Si fermò davanti ad un sontuoso gazebo montato in fondo alla tenda principale. La tenda posta all'entrata era anch'essa intrecciata con fili d'oro, abbastanza per comprare tutti gli schiavi presenti al mercato. Di guardia ai lati stazionavano due schiavi armati con il volto celato da un elmo, pure quello d'oro. Il corpo era decorato da leggeri disegni bianchi che risaltavano sulla pelle scura, quasi come se fossero delle vene.
Una volta che le guardie lo fecero passare attraverso la tenda del gazebo, Adnan Salth trovò una schiava che lo attendeva. Si accorse che il vestito di lei era di lino, tanto sottile da lasciare ben poco spazio all'immaginazione e tanto pregiato da sembrare rugiada. Forse lo sguardo di Adnan Salth indugiò per troppo tempo sul corpo della schiava, e se ne accorse solo quando lei cominciò a camminare, invitandolo a seguirla fino a delle sottili tende dorate di lino.
La schiava lo osservava con le mani congiunte in grembo, in attesa che lui varcasse la sottile separazione verso quella che Adnan Salth immaginava essere la stanza privata del padrone dello schiavo morto. Raddrizzò la schiena e scostò le sottili tende di lino prima di varcare l'entrata.

La stanza in cui era entrato era ancora più sontuosa del resto della tenda. Si trovava in un piccolo atrio, dal quale partiva un corridoio di pochi metri che portava ad un varco decorato con fiori freschi. Adnan Salth si chiese come mai non avesse notato l'enormità della tenda dall'esterno, e si preparò ad incontrare il padrone dello schiavo che voleva comprare.
Camminò avanti, passando sotto all'arco di fiori che emanava un forte odore dolciastro, quasi fastidioso. Si trovò davanti ad un letto, dove sdraiato sul bordo c'era un uomo di grossa statura che osservava compiaciuto due donne sdraiate a poca distanza da lui, avvinghiate l'una all'altra. Le due si fermarono appena si accorsero della presenza di Adnan Salth, che non sapeva se ritenersi indignato o compiaciuto per ciò che aveva appena visto.
L'uomo dal petto muscoloso indossava un telo di lino dorato che metteva in risalto la pelle ambrata, e sulla parte bassa dell'addome si notava una cinta di cuoio tra le pieghe del tessuto. Non aveva visto questo venditore di schiavi durante il giorno, ma pensò che fosse per il fatto che facesse sbrigare le vendite ai suoi assistenti.
Adnan Salth notò la bellezza di una delle due schiave, una giovane donna con la pelle olivastra e dei lunghi capelli neri dalle onde sinuose. Lei si appoggiò allo schienale del letto e gli puntò lo sguardo addosso.
   «Cosa sei venuto a cercare, viaggiatore?» chiese la schiava ad Adnan Salth. Lui si trovò sorpreso, e a questo punto anche indignato. Agli schiavi non era permesso rivolgersi in questo modo ai loro padroni, e il fatto che fosse una donna lo fece infuriare ancora di più.
Prese un respiro e si obbligò ad ignorare la schiava, limitandosi a lanciarle un breve sguardo. Tanto bella quanto sfrontata, pensò. Poi si rivolse all'uomo, che nel mentre si era alzato dal letto per sedersi su una poltrona poco più in là.
   «Sono Adnan Salth, il mio padrone mi ha mandato alla ricerca di nuovi schiavi per la sua grande residenza. Vorrei vedere il ragazzo che ha partecipato alla sfida dell'Ultimo Uomo In Piedi.» L'uomo lo guardò per qualche lungo secondo senza proferire parola alcuna, trapassandolo da parte a parte con i suoi occhi neri come la pece.
   «Ti stai rivolgendo alla persona sbagliata, Adnan Salth.» fu la schiava dai capelli neri a parlare. Fece un gesto con la mano all'altra donna sul letto che si alzò e le portò subito una veste di lino nero, che le legò dietro alla schiena. Ad Adnan Salth venne un dubbio che si confermò quando la donna parlò di nuovo.
   «Te lo chiederò di nuovo: cosa sei venuto a cercare, viaggiatore?» Adnan Salth era senza parole. Non aveva mai visto una donna venditrice di schiavi, e fu spinto a credere che stesse solo sostituendo il marito. Eppure lo sguardo negli occhi di lei era così deciso.
   «Leggo la confusione nei tuoi occhi, viaggiatore. Ti sorprende vedere una donna in una posizione come questa?» chiese lei con un velo di divertimento negli occhi.
   «No, signora. Come ho già detto, vorrei vedere il ragazzo che ha partecipato alla sfida dell'Ultimo Uomo In Piedi. Sono interessato a comprarlo.» Adnan Salth cercò di rimanere composto quando la donna scoppiò a ridere dopo aver sentito la sua richiesta.
   «Quello schiavo è morto, e mi sorprende che sia arrivato fino a quel punto della gara. Quando l'ho trovato assieme a sua sorella, non riusciva nemmeno a tenersi in piedi. Un ragazzo dai molti volti nascosti.» La donna indicò con un cenno del mento l'uomo che si era seduto sulla poltrona. «E a giudicare da come il mio acquisto gli ha rotto il collo, sarei perfino sorpresa di sapere che la testa sia ancora attaccata al corpo» rise. L'uomo seduto sulla poltrona era quindi l'Ultimo Uomo In Piedi.
   «Il mio padrone ha delle esigenze... particolari. Ho bisogno di quello schiavo, vivo o morto che sia.» Sostenne lo sguardo della donna, che socchiuse gli occhi e valutò la situazione. Fece un cenno alla schiava che stava in piedi al bordo del letto e le sussurrò qualcosa nell'orecchio. La schiava uscì spedita dalla tenda e la donna posò di nuovo lo sguardo su Adnan Salth, che attendeva un responso.
   «Avrai lo schiavo al prezzo di un uomo vivo ed in salute, sempre che non sia già stato bruciato assieme agli altri cadaveri.» fu soddisfatto della risposta, ma non completamente. Gli tornò in mente la ragazzina che urlava vedendo il ragazzo sul palco, e la somiglianza tra i due.
   «Signora, prima l'ho sentita dire che lo schiavo aveva una sorella. Vorrei vederla.»

Adnan Salth si stava incamminando verso l'atrio principale della tenda, seguito dalla venditrice di schiavi e tutte le sue ancelle. Aveva appena visto il corpo del ragazzo, che era ridotto piuttosto male. Nonostante ciò aveva concluso l'affare e fatto chiudere il corpo in una cassa di legno, che il suo assistente e altri suoi schiavi stavano trasportando verso la sua tenda.
La luna era alta in cielo, e la sua pazienza era al limite. Voleva solo vedere quella ragazzina e poi tornare alla sua tenda per ripartire alla volta della residenza del suo padrone il mattino successivo.
Entrarono in una piccola stanza illuminata da svariate candele di tutte le forme, dove al centro in piedi c'era una delle guardie dal corpo tatuato di fianco ad una ragazzina dalla corporatura esile. La venditrice sorpassò Adnan Salth e si mise in piedi alle spalle della ragazzina, scostandole i capelli dal viso ed appoggiandole le mani sulle spalle.
   «Eccola. Una tale bricconcella. Comprandola non ci farai altro che un favore.» la venditrice pizzicò la ragazzina su una guancia che era già rossa e leggermente tumefatta, probabilmente a causa di percosse precedenti. La ragazzina non reagì e non alzò nemmeno lo sguardo da terra. Le scostò di nuovo i capelli indietro, come se volesse renderla più presentabile. Poi si avviò all'uscita della tenda, incoraggiando Andan Salth a guardare la mercanzia più da vicino.
Lui si avvicinò alla ragazzina, che restava immobile. Pensò che dovesse essergli arrivata la notizia della morte del fratello. C'era solo una cosa che interessava ad Adnan Salth per decidere se acquistare la ragazzina oppure no.
Si avvicinò, piegando le ginocchia per arrivare all'altezza del collo della giovane schiava, che vide irrigidirsi. Si sporse in avanti, avvicinò il naso all'attaccatura dei capelli dietro all'orecchio e inspirò tenendo gli occhi chiusi. Poi si tirò indietro e senza girarsi uscì dalla tenda, dove l'aspettava la venditrice con le mani conserte in grembo.
   «La prendo» disse Adnan Salth.

 

Sono felicissima che la storia vi sia piaciuta! Vorrei precisare una cosa, la vicenda è ambientata in un tempo passato, ma comunque diverso dalla storia come la conosciamo noi. Credo che ve ne accorgerete man mano che andrete avanti con i capitoli della storia.
Ci tengo a dire che sicuramente revisionerò questo capitolo appena ne avrò il tempo, e mi scuso per eventuali errori di sintassi o ripetizioni varie, ma ci tenevo a pubblicare ogni sette giorni.

mi sono imbattuta in questa foto su Tumblr, e penso che sia esattamente come mi sono immaginata la padrona del ragazzo e della ragazzina:                         

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Troppo giovane per morire giovane ***


TROPPO GIOVANE PER MORIRE GIOVANE

PRESENTE


 

La carovana avanzava lentamente lungo la strada di sabbia fine. Adnan Salth sapeva di aver trovato ciò che il suo padrone cercava, ma non si sentiva ancora completamente soddisfatto. Aveva una sensazione strana che lo persuadeva a pensare che si fosse lasciato qualcosa di relativamente importante nell'agorà, che si faceva sempre più piccola alle sue spalle man mano che il carro avanzava sulla strada sconnessa e piena di buche.
Più ci si allontanava dal cuore del paese e più le strade – e non solo – diventavano impraticabili, rischiose e talvolta oscure. Per quanto l'agorà potesse sembrare pericolosa e piena di malviventi alle persone che ci abitavano da tutta la vita, era il posto più sicuro di tutto il paese. E non era sicura. Qualsiasi persona dei ricchi Quartieri dell'Oro dell'agorà non sarebbe sopravvissuta un giorno in una delle città e paesi dei Nervi, gli estremi del paese, che visti dall'alto si diramavano su strade e fiumi proprio come nervi. O almeno queste erano le storie che si raccontavano, perchè dalla sparizione delle ultime viverne, rettili alati, nessuno aveva più volato alto nel cielo.
Adnan Salth distolse lo sguardo dal cielo verdognolo e lo appoggiò sulla ragazzina dai capelli neri, che senza saperlo viaggiava sullo stesso carro dove c'era la cassa che conteneva il corpo di suo fratello. Da quando avevano lasciato l'agorà la ragazzina non faceva altro che guardare nel vuoto davanti ai suoi occhi cose che solo lei vedeva, facendo bisbigliare tra di loro gli altri schiavi al seguito di Adnan Salth, i quali ritenevano che quei due – un morto e sua sorella depressa – fossero i due acquisti peggiori della storia.
I servi erano abiutati al continuo viavai di schiavi dalla residenza, ma si chiedevano che cosa ne facesse il padrone una volta che essi venivano portati nelle sue camere private. Facevano ipotesi tra di loro, dato che nessuno aveva il coraggio di chiedere ad Adnan Salth, l'unico a saperlo e nonchè gran bastardo.
Il Venduto, lo chiamavano gli altri schiavi della residenza. Perchè Adnan Salth era uno schiavo, si, ma il suo padrone non lo aveva mai trattato come tale. Fin da quando era arrivato alla residenza che non era neanche un giovane uomo, aveva passato i primi mesi negli appartamenti privati del padrone, che gli aveva insegnato a leggere e scrivere in altre lingue, fare conti e gli aveva tramandando una parte delle sue conoscenze scientifiche e su qualsiasi altra cosa. E poi Adnan Salth aveva quella fierezza che lo rendeva temibile.


Tutto d'un tratto il carro davanti ad Adnan Salth sobbalzò, perdendo una ruota di legno che rotolò qualche metro più in là. La cassa con il corpo del ragazzo cadde perdendo il coperchio che si ruppe a metà. Quando la ragazzina si rialzò in piedi e si rese conto di quello che si trovava davanti, distolse lo sguardò dal corpo e cominciò ad urlare. Un urlo acutissimo, quasi innaturale. Teneva le braccia distese lungo il corpo e lo sguardo fisso verso il cielo verdognolo, con la bocca aperta dalla quale uscivano quelle urla che si sfumarono presto in un pianto silenzioso.
Degli altri schiavi si affrettarono a rimettere il corpo, che era riverso per terra, dentro alla cassa. Quando toccarono il corpo, la ragazzina sembrò risvegliarsi e si fiondò vicino al fratello, battendogli i pugni sul petto e scuotendolo, come a credere che stesse dormendo.
A quel punto intervenne Adnan Salth, che fino a quel momento aveva osservato la scena seduto dal suo carro con un espressione impassibile. Si poteva giurare che sembrasse anche compiaciuto, ma quell'ombra sul suo volto era di compassione. Si sorprese di provare ancora sensazioni del genere, e si sentì violato. Non era mai stato così vacillante, quasi insicuro, e questo lo terrorizzava a morte.
Scese dal carro come una furia ed afferò la ragazzina alla vita, sollevandola come fosse un fuscello. Tornò verso il carro e la depositò sul bordo, poi le prese la mascella con una delle sue grosse mani e la costrinse a guardarlo dritto negli occhi.
Quando gli occhi di lei, pieni di lacrime e quasi spiritati si incrociarono con i suoi occhi scuri, esitò. E questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Sibilò alla ragazzina a pochi centimetri dal suo volto.
«Ascoltami bene, ragazzina. Avresti dovuto sapere che era morto già dal momento in cui è salito su quel palco per la sfida dell'ultimo uomo in piedi! Ora; io avrei potuto lasciarti al mercato, e tu saresti stata comprata da qualche trafficante di schiave del piacere, ma invece no! Ti ho comprata al doppio del tuo valore, il doppio, e ora tu ti comporterai in modo da non farmi fare retromarcia e ributtarti al mercato.»
il mento della ragazzina era corrucciato e scosso da deboli tremori, che smisero poco dopo. Ogni muscolo della sua faccia si rilassò ed i suoi occhi tornarono a fissare il vuoto. Solo una lacrima scese sulla guancia sinistra, fino a venire a contatto con la pelle della mano di Adnan Salth, che lasciò subito la presa.
Le aveva stretto la mascella così forte che quando tolse la mano degli aloni rossi si stavano già formando dove lui teneva le dita. Quando distolse lo sguardo dal viso della ragazzina, si accorse che tutti gli schiavi si erano fermati e lo stavano fissando. I più giovani distolsero subito lo sguardo e tornarono a fissare per terra, mentre gli altri erano immobili. Adnan Salth deglutì.
«Ripartiamo» disse con voce calma e ferma, eppure la rabbia gli bruciava dentro come mille soli. Una rabbia inspiegabile, che non riusciva a comprendere.


Quando la carovana varcò le porte della residenza il sole era già tramontato da un pezzo dietro alle montagne di cui si intravedeva il profilo in lontananza, e il sole sarebbe sorto tra poco, dato che in questo periodo dell'anno la notte durava poche ore. Degli schiavi arrivarono dalle stalle per prendere i cavalli e rifocillarli dopo il viaggio. Adnan Salth scese dal suo carro e diede istruzioni sul corpo del ragazzo morto al suo assistente. Poi si avvicinò al carro dove stava seduta la ragazzina e la fece alzare in piedi, facendo un cenno ad una schiava che si avviò verso la residenza.
Un giovane ragazzo che teneva in mano una catenina si avvicinò ad Adnan Salth, che vedendolo roteò gli occhi. Era convinto che tornando così tardi sarebbe riuscito ad evitare il figlio del padrone, irriverente e spavaldo.
«E questa sarebbe la puttana che ti ho chiesto di comprarmi? Mi sembra un po' troppo giovane e ossuta.» con un sopracciglio alzato le toccò i capelli arruffati e poi il braccio appena sopra al gomito, che riusciva a tenere nella mano.
«Dì alle ancelle di avvisare tuo padre che sono tornato, e lascia stare la sua schiava, Ian.» Adnan Salth infilò le dita sotto alla cintura di pelle che indossava, che cominciava a dargli fastidio. Poi lanciò un'occhiata di ammonimento al ragazzo, che sembrò esserne divertito.
«Non ti hanno aggiornato? Mio padre ha deciso che fino a quando non si sarà stufato di quella vecchia questa schiava sarà mia.» il ragazzo ridacchiò compiaciuto, poi indietreggiò di due passi e diede un'occhiata generale alla ragazzina. Adnan Salth potè giurare che lo stesse facendo solo per farlo andare su tutte le furie.
Lanciò un occhiata alla ragazzina, che da quando erano ripartiti dopo l'incidente del fratello aveva smesso gradualmente di fissare il vuoto. Da quando avevano cominciato a vedere la residenza in lontananza, si era come risvegliata. Ma i suoi occhi erano ancora rossi e velati di lacrime.
La ragazzina ricambiò il suo sguardo per una frazione di secondo, e Adnan Salth sentì di nuovo quella sensazione che non gli era familiare da molto tempo oramai. Continuava a sentirsi violato, ogni volta. Decise che di quella stupida ragazzina non poteva importargli di meno, e si allontanò dal carro a grandi falcate, lasciandola nelle mani di Ian.


Ian camminava a grandi falcate per i corridoi esterni della residenza. Rallentò solo quando vide la luce soffusa delle lampade ad olio della cucina in fondo al portico.
«Allora ragazzina, come ti chiami?» Ian si accorse che la ragazzina gli stava dietro a stento, doveva essere stremita dopo il viaggio. Da aspettarselo da Salth, non sa neanche che cosa sia una pausa, pensò. Ma non rallentò il passo. La ragazzina rimaneva in silenzio, quindi Ian riprese a parlare.
«Suvvia, non intendevo offenderti quando prima ti ho dato della puttana. Me lo dici il tuo nome o devo indovinare?» prima di entrare in cucina si infilò in tasca la catenina con cui prima stava giocando.
«Non che io abbia bisogno di una puttana, sai, le ragazze cadono ai miei piedi...» disse mentre apriva gli sportelli degli armadietti cercando qualcosa di specifico tra tutti contenitori e sacchetti pieni di cibo, che alla sola vista facevano ricordare alla ragazina da quanto tempo era che non mangiava qualcosa di decente. La bocca dello stomaco le si contrasse proprio quando Ian le lanciò un occhiata maliziosa, ma principalmente di scherno. Poi lui ricominciò ad auto-lodarsi.
«...Sai, mi annoio in fretta di tutte queste ragazze che mi vogliono solo per il mio status di ragazzo più desiderato della valle, e a volte mi piace divertirmi con qualche giovane straniera da istruire per bene su come soddisfar-» Ian venne interrotto quando la porta sul retro della cucina si spalancò rumorosamente, facendo entrare una donna grassoccia e in età che teneva un cesto pieno di verdure con una mano, e con l'altra un secchio d'acqua che gocciolava sul pavimento.
«Già di ritorno...» Ian roteò gli occhi al cielo e si allontanò dalle mensole, appoggiandosi al bancone senza nemmeno degnarsi di aiutare la donna.
Era la cuoca della residenza, l'unica donna verso cui Ian aveva un minimo di quello che si poteva ritenere rispetto, solo che non ci teneva ad ostentarlo davanti ad altra gente. Per questo era solito sgattaiolare in cucina di nottefonda, poche ore prima dell'alba, per passare un po' di tempo con quell'anziana signora che preparava i pasti per il padrone della residenza da almeno una ventina d'anni.
La donna lanciò un'occhiata veloce alla ragazzina, poi spostò lo sguardo su Ian.
«Non dirmi che...»
«No, non è mia» sbuffò.
«Mi sembrava strano. Di solito non le porti in cucina, se capisci cosa intendo...» la cuoca lanciò uno sguardo ammonitorio ad Ian, che abbassò lo sguardo. La ragazzina lo notò. Voleva dire alla cuoca che non aveva sei anni e che non c'era bisogno di celare certe cose nelle frasi, ma rimase in silenzio. Si mise a sfiorare con la punta delle dita le venature del legno del tavolo.
La cuoca si avvicinò ad Ian e credendo di non farsi sentire parlò a bassa voce.
«Come si chiama?»
«Non me lo ha voluto dire» Ian si appoggiò al bancone con i gomiti. «Non ha ancora parlato»
La cuoca si sporse verso Ian, sempre tenendo lo sguardo addosso alla ragazzina, che continuava a guardare le venature del legno facendo finta di non sentire.
«Magari è muta»
«Giudicando l'esperienza di Salth nel comprare schiavi per mio padre potrebbe anche essere... Non riesco a capire come mai si impunta a voler mandare solo lui a comprarli.»
La cuoca sospirò profondamente e poi mise un braccio sul fianco.
«Ora và, Ian. È tardi. Me ne occupo io di lei fino a quando tuo padre non darà nuovi ordini. E che si sbrighi pure a farmi sapere che cosa vuole mangiare domani sera» Ian si lasciò scappare una risata. Anche la cuoca, che aveva tenuto un espressione seria, sorrise facendo arricciare le rughe attorno agli occhi. Poi Ian uscì dalla porta dove prima era entrata la donna.
«Allora ragazzina, immagino che nessuno ti abbia ancora spiegato come funzionano le cose qua» la cuoca appoggiò il cesto di verdure sul bancone, a pochi centimetri da lei. «Tutti aiutano.» velocemente, la donna aprì i cassetti e tirò fuori una cesta più piccola, un telo di stoffa e un coltellino. Mise davanti alla ragazzina una patata e un coltellino, e poi le si sedette di fronte prendendo in mano a sua volta una patata e un coltellino. Iniziò a sbucciare la patata, mettendo le bucce sul telo e la patata sbucciata nel cesto.
Solo quando la cuoca cominciò a sbucciare la terza patata, la ragazzina, che prima la stava osservando, prese in mano la patata e il coltellino e cominciò a sbucciare lentamente. La cuoca fece un mezzo sorriso e iniziò a sbucciare la quarta patata.


Augustus Fell sedeva sulla sua amata poltrona di pelle posta al centro della stanza, poco lontano dalla grande scrivania di legno pregiato, su cui erano poggiati grandi libri vicino a carte piene di scritte fittissime che si alternavano a disegni aggrovigliati. Dalla grande finestra lucernario alle sue spalle, che dava sul suo giardino privato, cominciava ad entrare la calda luce dorata del sole che stava già sorgendo, illuminando la stanza al centro e creando l'illusione di poter vedere i raggi, che erano evidenziati dalla polvere che aleggiava per la stanza. Un'altra notte insonne, pensò Augustus Fell.
Sapeva già che Adnan sarebbe venuto nei suoi appartamenti, a fargli domande a cui prima o poi avrebbe dovuto dare una risposta. E a giudicare da come stava invecchiando senza riuscire a trovare un rimedio, si aspettava che il tempo delle risposte sarebbe giunto più velocemente di quanto si aspettasse.
Chiuse il voluminoso libro sulle creature mitologiche che ormai erano solo una leggenda, ma che lo affascinavano tanto da condurre esperimenti per ricrearne di nuove. Tutto quello che aveva ottenuto però, erano dei feti malformi e orrendi. Sospirò spostando lo sguardo in alto, verso la luce evidenziata dalla polvere, che lo aveva sempre rilassato. Un pensiero volò veloce a sua figlia, ma fu subito scacciato dal suono delle nocche picchiate sulla pesante porta all'entrata della biblioteca. Come si aspettava.
«Entra, Adnan.»

 

 

UNA SETTIMANA E MEZZO PRIMA
(il primo flashback era di 1 settimana prima)

 

Nel Quartiere dei Canali, sul confine con il Quartiere dei Venduti, spesso si riusciva a trovare qualche magazzino abbandonato o non custodito per poter passare la notte. Fin da quando erano finiti in strada aveva cercato di tenere la sorella minore lontano dal Quartiere dei Venduti, che era il peggio rinomato di tutta l'agorà. La gente era disposta ad uccidere per una pagnotta rinsecchita, in quel Quartiere. E per non parlare della puzza, del lerciume, e dei cadaveri di chi era morto di stenti, cadaveri che erano giornalmente raccolti dagli Scurimanti, ex-poveri che si erano offerti al servizio dell'agorà in cambio di un pasto caldo al giorno e di un posto per dormire – una topaia, in realtà, in un edificio poco distante dalle mura dell'agorà.
La sorella, che dormiva tra le sue braccia mentre lui osservava la gente mezza addormentata davanti a loro, cominciò ad agitarsi nel sonno e a tremare. Bisbigliò delle parole incomprensibili, e poi più ad alta voce, chiamò il nome del fratello.
«Calum...» Tutto quello che lui potè fare fu stringerla più forte a se e cercare di tranquillizzarla, accarezzandole fraternamente il braccio poco sotto la spalla. Se si fosse messa ad urlare più forte c'era il pericolo di essere scoperti dalle guardie, che li avrebbero puniti severamente per aver violato un magazzino privato di qualche venditore. Delle persone dall'altra parte della stanza si misero a guardare nella loro direzione fulminandoli con lo sguardo. Calum si limitò ad avvolgere con il braccio la sorella.
Pur di darle qualcosa da mangiare si sarebbe pure candidato per i reclutamenti annuali degli Scurimanti, peccato che erano già passati.
«Calum..!» nascondere la testa di lei nell'incavo del suo collo non serviva ad affievolire i suoi mugolii sommessi. Ed aveva anche cominciato ad agitarsi nel sonno, tremando senza controllo.
Questa volta quasi tutti si girarono a guardarli con disappunto; a Calum non bastava il fatto di aver trovato il magazzino per guadagnarsi un posto d'onore per la notte. Capì che era meglio svegliare la sorella e andarsene, anche a costo di dormire per i vicoli. Avrebbe fatto la guardia lui mentre lei dormiva, aveva pure un coltello che era riuscito a prendere prima di finire in strada.
Cominciò a scuotere dolcemente la sorella, che però si svegliò urlando. E poi successe tutto in un attimo. Le porte del magazzino vennero spalancate, la luce delle torce delle guardie illuminò completamente la stanza, creando un momento di attesa. Poi fu un pandemonio: ognuno cercava di raccattare le sue cose e scappare, ma le guardie erano troppo veloci, e le lame scendevano, scendevano, scendevano e sporcavano tutte le pareti ora illuminate in modo lugubre dalle torce. Calum spinse la sorella tra una fenditura del retro del magazzino per farla uscire dallo stesso spiraglio da cui erano entrati. Sperava che non avesse visto nulla. Intanto una donna che piangeva riversa a terra, indicava la sorella di Calum urlando.
«È colpa tua! È colpa tu-» poi una lama scese più volte pure su di lei, tra la spalla e il collo.
Calum si girò inorridito, con un peso sul petto per quello che era appena successo. Poi si infilò a sua volta nel buco, tagliandosi sul fianco con il legno per la fretta. La sorella era fuori, in piedi a pochi metri in un incavo del muro. Dal magazzino non si sentivano più urla. Appena vide il fratello avvicinarsi gli si buttò tra le braccia.
«Calum... Cos'è successo?» Calum la strinse più forte a sè.
«Calum..?» lui si affrettò ad asciugarsi la lacrima che gli era scivolata sulla guancia.
«Niente, non è successo niente»




 

Per chi si aspetta il fantasy: Avviso che sarà presente nella storia, ma lo voglio introdurre gradualmente! (es. accenno alle viverne). I personaggi fantastici non mancheranno, vi assicuro, dovete solo aspettare un pochino!
Per chi si aspetta capitoli più lunghi: Preferisco postare capitoli più corti per evitare che postandone di troppo lunghi i lettori si annoino in fretta!
Nota: I flash back riguardanti i due schiavi sono cominciati da "una settimana prima" e andranno sempre più indietro nel tempo: questo capitolo era una settimana e mezzo prima, e continueranno così fino alle origini dei due.
Spero di non aver fatto confusione!

Accetto qualsiasi critica o commento e li prendo come uno sprono a migliorare, le recensioni sono davvero importanti per me!

Nota 2: ho aperto un blog su Tumblr (link) seguo indietro, mandatemi un messaggio!

Buona settimana a tutti! xx

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2383386