Di fuoco e di ghiaccio

di Saralasse
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***
Capitolo 26: *** 26 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Il gruppo di Inuyasha stava viaggiando come al solito alla ricerca dei frammenti della Sfera dei Quattro Spiriti, distante dal villaggio di Kaede; purtroppo, erano ancora lontani quando sopraggiunse la notte di tenebra che il mezzodemone temeva tanto.
Al calare della notte, Inuyasha si trasformò in un “debole” umano senza artigli e zanne e con capelli e occhi neri, così Miroku procurò ospitalità per tutti in un villaggio poco distante, grazie a uno dei suoi esorcismi fasulli. Il mezzodemone continuava a protestare, sostenendo di essere benissimo in grado di difendersi anche da umano.
“Siete voi che avete bisogno di nascondervi fra quattro mura”, disse. “Io posso badare a me stesso senza problemi”.
“Avanti Inuyasha”, disse Kagome. “Rimani con noi nel villaggio”.
“Dovresti dare retta alla tua amica”, intervenne un uomo anziano, alimentando il fuoco che ardeva al centro della stanza. Era il capo del villaggio, un saggio che aveva loro offerto ospitalità nonostante avesse probabilmente intuito l’inganno di Miroku. “Sei giovane e coraggioso, ma non hai idea di cosa si aggiri nel bosco che ci circonda, soprattutto negli ultimi mesi”.
“Cosa intende dire?”, chiese Miroku, interessandosi improvvisamente.
“Il bosco è sempre stato dimora di demoni, venerabile monaco”, disse il vecchio. “Circa sei mesi fa, però, hanno cominciato a ritirarsi verso lo scuro degli alberi, evitando il villaggio, e la cosa ci ha reso più tranquilli: finalmente potevamo vivere in pace senza doverci preoccupare troppo di quegli esseri disgustosi e i bambini potevano nuovamente giocare sui prati senza diventare il pasto di un demone. Per qualche settimana fummo felici e spensierati, ma poi cominciarono i guai”. L’uomo si interruppe improvvisamente, come schiacciato da una crudele verità, ma quella sera Inuyasha era stranamente curioso.
“E poi cos’è successo, vecchio?”.
“Inuyasha!”, lo sgridò Kagome. “Quante volte ti ho ripetuto di mostrare rispetto verso le persone anziane? Lo scusi, signor Touya”.
L’uomo sembrò non averli nemmeno sentiti. “Dopo quella tregua”, continuò, “un giorno passò da queste parti un uomo avvolto in una bianca pelliccia di babbuino”.
“Naraku!”, esclamarono i ragazzi all’unisono interrompendolo.
“Non ci disse il suo nome”, riprese Touya. “Non si fermò neppure al villaggio, ma proseguì dritto verso il bosco, nonostante avessimo tentato di avvisarlo. Non lo vedemmo più, io immagino che abbia perso la vita a opera dei demoni del bosco. Comunque, la notte stessa successiva al suo passaggio, i demoni ritornarono verso le nostre case, ma erano diversi, più aggressivi, come se fossero spaventati da qualcosa; e inoltre erano più potenti, tanto che ormai riusciamo a stento a scacciarli quando si avvicinano troppo, e purtroppo avviene sempre più spesso da quel giorno; ogni notte, mentre loro ci stringono d’assedio nelle nostre case, impedendoci di lasciare il perimetro del villaggio, degli enormi insetti demoniaci sorvolano le cime degli alberi”.
“Sembrerebbe che Naraku sia alla ricerca di qualcosa”, disse Sango.
“Già”, disse Miroku pensieroso. “Ma cosa? Non ci sono frammenti qui, o la divina Kagome li avrebbe percepiti. Signor Touya, per caso nel bosco è custodito qualcosa di prezioso o magico? Qualcosa che potrebbe attirare l’attenzione di un potente demone?”.
“Non vi capisco, venerabile monaco”, disse Touya confuso. “Voi sembrate conoscere bene l’uomo che fu ucciso dai demoni; ditemi, cosa potrebbe essere questo manufatto?”.
“Credo che dovresti dirgli tutto Miroku”, disse Kagome.
Il monaco annuì e cominciò il suo racconto, rivelando al vecchio ogni cosa riguardo Naraku e la Sfera dei Quattro Spiriti; Touya ascoltò con attenzione, sussultando sorpreso a ogni nuova informazione. Quando Miroku ebbe terminato, l’uomo chinò il capo, sospirando. “Perciò quella persona è in realtà un mezzodemone”, disse. “Eppure, da che ho memoria non ho mai saputo di qualche oggetto magico nascosto nel bosco”.
“Provi a ricordare”, disse Kagome. “Oltre al comportamento dei demoni, non è cambiato nulla dopo il passaggio di Naraku?”.
Touya sembrò pensarci un po’ su, poi il suo volto si illuminò. “C’è qualcos’altro”, disse. “A volte, durante la notte, giungono fin qui portati dal vento dei rumori, come di un combattimento, e in altri momenti strani bagliori illuminano la foresta. Inoltre, quando sembra che stiamo per soccombere ai demoni, essi vengono sempre distrutti da vampate o raffiche di grandine che provengono dagli alberi”.
“Sembra che qualcuno protegga queste persone”, disse Sango. “Ma fuoco e ghiaccio sono poteri da demone. Perché uno di loro dovrebbe tenere alla loro vita, mentre gli altri tentano di stroncarla con ogni mezzo?”.
Nessuno riuscì a trovare una risposta alla domanda della sterminatrice e il silenzio calò nella stanza fino a quando non si furono addormentati tutti.

Nel cuore della notte, furono svegliati tutti dai rumori di cui parlava Touya, questa volta vicinissimi, e uscendo dalla capanna si trovarono assaliti da demoni di tutti i tipi, mentre poco oltre il limitare del bosco, gli alberi erano illuminati a giorno da quella che sembrava la luce di un incendio.
Sango non attese oltre e attaccò i demoni su Kirara, ma nonostante il suo Hiraikotsu li falciasse come il grano maturo, il loro numero cresceva anziché diminuire e anche con l’intervento di Kagome e Miroku, la situazione non cambiava di molto; esasperato e stanco, il monaco decise di usare il Vortice del Vento, ma Inuyasha si lanciò su di lui, bloccando il rosario.
“Inuyasha che fai?!”, esclamò Miroku.
“Ti salvo la vita, bonzo”, disse Inuyasha indicando gli insetti di Naraku accorsi a frotte dal bosco. Il mezzodemone non poteva fare granché da umano, dato che non poteva ricorrere nemmeno a Tessaiga, ma cercava lo stesso di darsi da fare e lo stesso faceva il piccolo Shippo con il suo Fuoco di Volpe.
Quando sembrava che stessero per soccombere, le fiamme che avevano illuminato il bosco irruppero nel villaggio facendo strage dei demoni.
“Inuyasha guarda laggiù!”, esclamò Kagome afferrando una manica del suo kariginu. Inuyasha si voltò a guardare ciò che stava indicando la miko e realizzò che il fuoco non proveniva dall’interno del bosco, ma dal centro del villaggio dove ora ardeva un grande rogo; improvvisamente dalle fiamme si levò una figura di donna, la quale si girò verso di loro, osservando il mezzodemone con interesse crescente. Non appena le fiamme si furono completamente estinte, poterono osservarla meglio e non ebbero difficoltà a capire che si trattava di una yasha: aveva aspetto umano, ma le orecchie a punta non lasciavano molto spazio all’immaginazione e le due code dorate che sferzavano l’aria dietro di lei fugavano ogni dubbio. Indossava un corto kimono bianco, adatto al combattimento, senza maniche, ricamato d’oro e stretto da un obi dorato con ricami d’argento; sul petto era coperto da una sottile placca di un metallo molto lucido. Aveva i piedi nudi, ma le caviglie e i polpacci erano coperti da schinieri dello stesso metallo del pettorale; dello stesso materiale erano i bracciali che le stringevano i polsi e non portava armi.
“State bene?”, chiese avvicinandosi un poco.
“Si, grazie”, disse Kagome.
“Tsk, non avevamo bisogno del tuo aiuto”, disse Inuyasha incrociando le braccia, mentre i primi raggi del sole nascente illuminavano il villaggio e gli restituivano il suo potere demoniaco. La demone allargò impercettibilmente gli occhi a quella vista e si avvicinò ulteriormente. Da quella distanza, videro chiaramente due segni violacei che le segnavano le guance perfette. I suoi capelli erano del colore dell’oro più puro, mentre nei suoi occhi risplendeva, inconcepibile, l’argento.
“Ma tu sei… una inu youkai!”, esclamò Kagome.
La demone annuì appena, con un sorriso triste sul volto.
“Non mentire!”, esclamò Inuyasha. “Non esistono inu youkai con due code: quelle sembrano piuttosto appartenere a una kitsune, solo loro hanno molteplici code”.
“Queste code”, disse lei, “sono la mia maledizione… Inuyasha”.
Il mezzodemone arretrò un poco. “E tu come sai il mio nome, dannata? Ti manda Naraku?”.
“Quel viscido essere? No, non è così. Io ti ho conosciuto tanto tempo fa, ma tu non puoi ricordarmi”, disse la yasha. “Forse un giorno ci incontreremo ancora e allora ti racconterò la nostra storia”.
Così dicendo, la demone scattò velocissima verso il bosco, sparendo alla loro vista.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Inuyasha era rimasto qualche minuto a fissare il punto in cui la yasha era scomparsa, finchè Kagome non lo riscosse dai suoi pensieri.
“Inuyasha”, disse, “tu non hai proprio idea di chi possa essere quella demone?”.
“No”.
“Non ricordi proprio nulla, nemmeno un particolare?”.
“Ti ho detto di no!”, esclamò Inuyasha.
“Inuyasha, a cuccia!”.
Il rosario mistico schiantò a terra il mezzodemone, che si rialzò malamente con la bocca piena di terriccio, mentre Kagome si allontanava stizzita verso Miroku e Sango. Quando fu rimasto solo, raggiunse con un balzo l’albero più vicino, rifugiandosi sui rami più alti, dove poteva perdersi nei propri pensieri senza essere disturbato. Si sentiva in colpa perché aveva mentito a Kagome, la donna che amava ormai da tempo, ma in quel momento sentiva i suoi pensieri troppo intimi per essere rivelati, persino a lei: in realtà, il profumo di quella yasha aveva risvegliato qualcosa nella sua mente, ma non appena tentava di andare a ritroso nei suoi ricordi per cercare di capire chi fosse, sentiva come una barriera nella sua mente che gli impediva di arrivare fino in fondo. C’era un punto oscuro nella sua memoria, un periodo che era stato come rimosso dalla sua vita: dopo la prima infanzia trascorsa con sua madre Izayoi, si rivedeva ormai adulto, a condurre la vita da errabondo cui era stato condannato da uomini e demoni, eppure quella dolce fragranza che aveva sentito provenire dalla demone gli dava un’inspiegabile felicità, come fosse legata a un periodo di pace. Era sicuro di non conoscerla e il suo profumo non era nemmeno simile a quello di Izayoi, perciò non sapeva proprio spiegarsi quei sentimenti.
Gettò uno sguardo verso il villaggio e vide Kagome chiacchierare tranquillamente con Sango e Miroku; improvvisamente, la miko alzò lo sguardo incrociando quello dorato del mezzodemone e sorrise: l’aveva perdonato anche stavolta, incapace com’era di provare rabbia o risentimento per più di qualche minuto. Questo fece sentire ancora peggio Inuyasha che aveva preso la decisione di andare alla ricerca di quella demone da solo: doveva seguire le sue tracce all’interno del famigerato bosco e non poteva permettere che Kagome o gli altri corressero rischi inutili. Avrebbe momentaneamente interrotto le ricerche dei frammenti della Sfera, ma sentiva la necessità impellente di scoprire chi lei fosse e in che rapporti fossero stati.
“Inuyasha”.
Sentendosi chiamare, Inuyasha volse lo sguardo in basso: Kagome era ai piedi dell’albero e il mezzodemone la raggiunse con un salto.
“Inuyasha”, disse la miko, “vuoi cercare quella yasha, vero?”.
Il mezzodemone la fissò stupito: come faceva a capire sempre quello che gli passava per la testa? “Kagome, io…”.
“Lo so, Inuyasha. Tu vuoi sapere chi è, vuoi scoprire cosa sa del tuo passato. Ma ti prego, non andare da solo, fai venire anche me”.
“Non se ne parla”, disse Inuyasha. “Potrebbe essere pericoloso. Andrò da solo, tanto non impiegherò molto tempo, ma devo sbrigarmi o perderò le tracce. Aspettami qui”.
“Ti prego, Inuyasha!”.
“No!”.
“Si!”.
“No, mai e poi mai, Kagome!”, urlò il mezzodemone. “Non voglio che tu venga con me, quel posto è pieno di demoni, è pericoloso”.
“Ma non sarei un peso per te, so badare a me stessa”.
Inuyasha sbarrò gli occhi e di slancio abbracciò Kagome. “Stupida”, disse. “Tu non sei un peso, io mi preoccupo per te, non voglio che ti accada qualcosa”.
Kagome, rossa in viso come la veste di Inuyasha, ricambiò titubante l’abbraccio. “Grazie Inuyasha”, disse. “Ma fammi venire con te, potresti avere bisogno di una persona che ti stia vicino, non sai quello che scoprirai”.
Il mezzodemone lasciò andare la miko, rassegnato. “Hai vinto”, disse. “Vai a prendere il tuo arco e avvisa gli altri, io ti aspetterò qui”.

Nel frattempo, la yasha si era addentrata nella foresta, fino a raggiungere una parete rocciosa, nella quale si trovava un’apertura nascosta da cespugli e arbusti; varcò l’entrata, curandosi di rimettere le piante al loro posto e proseguì lungo una galleria fino ad arrivare in un ambiente più grande, rischiarato e illuminato da un fuoco che ardeva al centro. Accanto al fuoco era sistemato un giaciglio fatto di pellicce e la demone vi si avvicinò. Una piccola testolina argentata spuntava da sotto le coperte e le piccole orecchie da cane si mossero non appena captarono i suoi movimenti.
“Madre”, sussurrò una vocina dal giaciglio. Un piccolo hanyou sbucò da sotto le pellicce andando a rifugiarsi fra le braccia della yasha.
“Ciao, Himaru”, disse la demone dolcemente. “Cosa c’è? Hai avuto paura?”.
“Io non ho mai paura!”, disse il piccolo fissandola con i suoi occhi color argento. Sentendo quella frase la madre lo guardò teneramente, ma sembrava pensare a qualcos’altro o… qualcun altro. “Madre? Hai incontrato Inuyasha?”.
“Si, Himaru”, disse la demone.
“Quando potrò incontrarlo?”, chiese Himaru.
“Himaru, io non credo che lui debba vederci. Non si ricorda chi io sia ed è meglio così. Noi andremo via, adesso, ma ti faccio una promessa: io lo terrò d’occhio e non appena avrà ricordato il tempo che ha passato con me, te lo farò conoscere”.
“Ma, madre, tu gli vuoi bene, sei sempre triste quando pensi a lui. E non fai altro che dirmi quanto sei felice che io gli somigli. Andiamo da lui, ti prego!”.
“No, cucciolo mio”, disse la yasha, mentre raccoglieva i pochi averi che portavano con sé; ne fece un fagotto che si mise a tracolla e prese in braccio Himaru, uscendo dalla grotta.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Inuyasha con Kagome sulle spalle si era addentrato nella foresta, seguendo il profumo che la yasha aveva lasciato dietro di sé; lungo la sua strada incontrò diversi demoni, ma erano tutti di infimo livello e non ebbe difficoltà ad aprirsi la strada, fino a quando si trovò davanti una parete di roccia.
“Inuyasha perché ti sei fermato?”, chiese Kagome.
“Le tracce finiscono qui. Non riesco a capire, è come se fosse stata inghiottita dalla montagna!”.
“Forse c’è un passaggio”, disse Kagome scendendo dalle spalle del compagno. Si avvicinò alla roccia e cominciò a tastarla in più punti.
“Cosa credi di fare?”, chiese Inuyasha, guardandola scettico.
“Potrebbe esserci un pulsante o una leva, qualcosa che apra un passaggio”.
“Non essere ridicola, non è possibile”.
“Inuyasha a cuccia!”, esclamò la miko. Poi mentre il mezzodemone era ancora a terra, gli si avvicinò, sussurrandogli all’orecchio. “Questo perché ti ricordi di non definirmi mai ridicola!”.
Inuyasha si rialzò guardandola storto, ma non osò replicare per paura del rosario. Fece per appoggiarsi alla roccia e con il corpo spostò l’arbusto che si trovava lì vicino mostrando un’apertura.
“L’hai trovata!”, esclamò Kagome, entrando senza indugi.
“Aspetta Kagome!”
Seguendo la galleria, raggiunsero la stessa stanza più grande dove fino a quella notte aveva dimorato la yasha. Inuyasha si avvicinò a quello che rimaneva del fuoco, prendendo della cenere fra le mani.
“E’ ancora calda”, disse. “Non deve essere andata via da molto. Guarda: c’è una seconda entrata da quella parte. Proviamo a cercarla di là”.
Il mezzodemone riprese Kagome sulle spalle e uscì di corsa, imboccando il secondo tunnel che avevano appena scoperto e poco dopo tornarono all’aperto, permettendo a Inuyasha di ritrovare la traccia che aveva perso. Correva come non mai e ben presto raggiunsero una radura dove si trovava un cucciolo di demone, che non appena li vide balzò in piedi, fissandoli con astio. Inuyasha e Kagome lo guardarono a sua volta, stupiti dal suo aspetto: il piccolo non era un demone completo come gli era sembrato, ma un hanyou. Aveva due graziose orecchie da cane sulla testa e lunghi capelli d’argento, e nel complesso sembrava un piccolo Inuyasha, escluso il colore dei suoi occhi, dello stesso sconvolgente argento della yasha che stavano cercando.
“Che cosa volete?”, ringhiò il piccolo.
Kagome si avvicinò a lui e si inginocchiò, guardandolo in viso. “Non vogliamo farti del male”, disse. “Stiamo cercando una persona. Io sono Kagome e lui è Inuyasha; tu come ti chiami, piccolo?”.
“Io sono Himaru. Ma lui è… Inuyasha?”. Il cucciolo sbarrò gli occhi, illuminandosi in volto e avvicinandosi a lui. “Tu sei Inuyasha?”, ripeté.
“Si sono io, pulce, che vuoi?”, disse Inuyasha, squadrandolo dall’alto al basso. Il cucciolo mise il broncio e incrociò le braccia voltandosi dall’altra parte, e Kagome scoppiò a ridere, divertita da quell’atteggiamento che era tipico di Inuyasha, mentre il mezzodemone adulto la guardava offeso.
“Davvero divertente”, risuonò una voce dietro di loro: la yasha che stavano cercando era arrivata alle loro spalle e sorrideva alla scena che le si presentava.
“Madre!”, esclamò il piccolo correndole incontro e lei lo sollevò in collo, baciandolo sulla fronte.
“Madre?!”, ripeterono Inuyasha e Kagome.
“Esatto”, disse la yasha. “Questo è il mio cucciolo”.
“Madre, è lui quello a cui assomiglio tanto, vero? È il tuo amico Inuyasha”.
“Himaru!”, esclamò lei.
Kagome era rimasta di sasso: cominciava a temere che il rapporto fra Inuyasha e la misteriosa demone fosse stato davvero molto intimo, e che il piccolo hanyou fosse figlio dell’uomo che amava. In fondo Himaru era una piccola copia di Inuyasha, fatta eccezione per gli occhi che erano evidentemente della madre, eppure qualcosa non tornava, considerato che il mezzodemone era rimasto sigillato al Goshinboku per cinquant’anni e Himaru non dimostrava più di cinque anni. Però, dalle parole del cucciolo, ne desumeva che la madre doveva avergli parlato spesso di Inuyasha, non mancando di sottolineare l’evidente somiglianza tra loro.
“Assomigliarmi tu, pulce?”, disse stizzito Inuyasha. “Ma se io voi due nemmeno vi conosco!”.
“Bada a come parli”, disse la yasha con una calma innaturale, addolcendosi subito quando il piccolo Himaru gli strinse le braccia attorno al collo. Quella scena così tenera fece sentire una fitta al cuore di Inuyasha che inspiegabilmente era geloso del cucciolo. “Inuyasha”, continuò la demone, “non posso ancora rivelarti tutta la verità: è per mia volontà che tu non ricordi nulla di me e senti quella specie di barriera nella tua mente, sono stata io a crearla”.
“E perché l’avresti fatto, dannata strega?”.
“Ti ho già detto di darti una calmata, non farmelo ripetere. Comunque, l’ho fatto per il tuo bene e attualmente non ho nessuna intenzione di rimuoverla. È meglio così, credimi, deciderò io quando sarà il momento giusto”.
“Dicci almeno il tuo nome”, disse Kagome.
“Mi chiamo Hi”.
“Madre Hi…”, sussurrò Inuyasha, a voce così bassa che solo la diretta interessata lo udì, fissando i suoi occhi in quelli del mezzodemone.
Hi stava per replicare quando il terreno accanto a loro fu sferzato da… lame di vento!

“Kagura!”, esclamò Inuyasha impugnando Tessaiga.
“Rilassati Inuyasha”, ghignò la yasha, “non sono qui per te, né per i frammenti. Naraku mi ha mandato a invitare la nobile Hi alla sua dimora”.
“E dimmi Kagura: perché non è venuto di persona?”, chiese sarcastica Hi. “Forse non ha ancora avuto il tempo di rigenerare il corpo che io ho dilaniato?”.
Kagura le lanciò un’occhiata di fuoco, infastidita da quella presa in giro. “Non burlarti di me, stupida demone! Tu non hai ancora capito con chi hai a che fare, Naraku non deve essere sottovalutato! Ti ridurrà all’obbedienza, vedrai!”.
“Certo, così tu sarai libera, vero?”, la stuzzicò Hi.
Kagura sbarrò gli occhi per la sorpresa, digrignando i denti. “Ora basta, mi hai stancata, Hi! Ti porterò da Naraku che tu lo voglia o no!”.
A un cenno di Kagura, centinaia di demoni sbucarono dal folto degli alberi, gettandosi su di loro per attaccarli, mentre la demone si concentrava su Hi. Quest’ultima non intendeva combattere con suo figlio fra le braccia, così, scansando l’ennesimo attacco di Kagura, balzò vicino a Kagome.
“Kagome ti prego, prendi con te Himaru e rimanete al sicuro!”, disse, passandogli con difficoltà il cucciolo che rifiutava di lasciarle il collo.
“Non andare, madre!”, la supplicò.
“Himaru, ti prego, devo mandare via quella donna cattiva, altrimenti mi porterà via con sé! È questo che vuoi?”
“No, madre”.
“Ora basta!”, esclamò Kagura lanciando su di loro le lame di vento. “Non è il momento di fare conversazione!”.
Hi prese Kagome e Himaru e scansò il colpo, tornando a lanciarsi nella lotta. Nonostante Kagura avesse sfoderato tutto il suo potere e fosse supportata dagli altri demoni, non poteva competere con la forza di Hi, che in breve distrusse quelli che le si paravano davanti, scagliandosi contro la yasha. Nelle sue mani apparvero improvvisamente due sai che però sembravano non avere esistenza fisica, piuttosto erano evanescenti ma risplendenti di rosso uno e di blu l’altro. Kagura scansò facilmente il suo primo colpo volteggiando sulla sua piuma. “Cosa credi di fare con quegli spilli fantasmi?”, disse sarcastica, ma prima ancora che potesse reagire si trovò un sai infilzato in una spalla e l’altro puntato alla gola.
“Voglio essere generosa, Kagura”, disse Hi. “Questa volta ti lascerò andare, ma mostrami ancora il tuo volto e ti farò rimpiangere il trattamento di Naraku”.
Kagura sudava freddo per il terrore e trovò appena la forza di annuire, mentre Hi la liberava delle sue armi e ritornava a terra. La Signora del Vento, però, temeva molto di più Naraku che una demone che non aveva neanche la crudeltà necessaria per infliggerle il colpo di grazia, così fingendo di allontanarsi, virò improvvisamente con la sua piuma dirigendosi verso Kagome e Himaru. La miko tentò di scagliare una delle sue frecce, ma prima che ne avesse il tempo, la yasha gli aveva strappato dalle braccia il piccolo hanyou e si era allontanata troppo veloce per essere ripresa.
“Himaru!”, urlò Kagome. Rendendosi conto di ciò che era appena successo Hi fece per lanciarsi all’inseguimento di Kagura, ma Inuyasha, liberatosi dell’ultimo demone la trattenne, afferrandola per le braccia.
“Lasciami andare Inuyasha!”, esclamò Hi tentando di divincolarsi, mentre l’hanyou la stringeva più forte.
“Aspetta!”, disse. “Non puoi raggiungerla, lei è troppo veloce, perderesti le tracce dopo poche miglia”.
“E cosa dovrei fare, eh?! Lasciare che quella strega si porti via mio figlio? Anche tu dovresti proteggerlo!”. Dopo quest’ultima frase, Hi si coprì la bocca con le mani e si lasciò scivolare a terra, prendendo ad ansimare pesantemente, mentre Kagome la abbracciava sperando che si calmasse. La miko era davvero dispiaciuta per il rapimento di Himaru di cui si sentiva responsabile, ma si convinceva sempre più che il cucciolo fosse figlio di Inuyasha.
Un silenzio imbarazzante era caduto sulla radura, interrotto soltanto dagli ansiti di Hi, che non riusciva a calmarsi; Inuyasha, non sopportando oltre vederla soffrire, si avvicinò a lei e con un gesto del tutto inusuale per lui, la strappò dalle braccia di Kagome, stringendola a sua volta, senza curarsi che così facendo straziava il cuore della miko.  “Vieni con noi”, disse all’improvviso. “Stiamo cercando Naraku da molto tempo ormai, e prima o poi lo rincontreremo. Se non sarai sola sarà più facile riprendere Himaru, non credi?”.
Hi alzò appena la testa, quel tanto che bastava per rispondere. “Verrò con voi, ma ti prego ripartiamo subito”.
Inuyasha annuì e ripresa Kagome sulle spalle, corse via verso il villaggio seguito dalla yasha.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Quando finalmente ritornarono al villaggio era ormai calata la notte e Sango e Miroku li stavano aspettando nella capanna di Touya.
“Siamo tornati!”, esordì Kagome varcando l’ingresso.
“Kagome!”, esclamò Shippo lanciandosi fra le sue braccia. “Mi sei mancata tanto, non tornavi più”.
“Guarda che sono tornato anch’io”, sbuffò Inuyasha appena entrato, seguito subito da Hi. Quest’ultima, senza rivolgere attenzione a nessuno, andò a sedersi in un angolo buio della capanna, mentre Kagome spiegava al resto del gruppo cosa era successo. Il piccolo Shippo osservava di sottecchi la nuova arrivata: improvvisamente, Hi si voltò nella sua direzione e il piccolo sussultò, pensando che lo avrebbe sgridato, ma invece la yasha gli sorrise dolcemente, rigirandosi subito dopo.
Passò ancora qualche ora e Kagome e gli altri decisero di andare a letto, mentre Inuyasha, come al solito, andò a riposare all’esterno, su un albero. Hi si era distesa attorno al fuoco come gli altri, ma non riusciva nemmeno ad assopirsi, troppo preoccupata per il suo piccolo Himaru, così decise di uscire a prendere un po’ d’aria; alzando lo sguardo, vide che la luna era ormai sorta e gli venne in mente che di solito a quell’ora cantava la ninna-nanna al suo cucciolo. Il dolore tornò a oscurarle il volto e nella speranza che il vento portasse la sua voce fino a Himaru dovunque si trovasse, prese a cantare.
“Natsuhiboshi naze akai?
Yuube kanashii yume wo mita
naite hanashita
akai me yo

Natsuhiboshi naze mayou?
Kieta warashi wo sagashiteru
dakara kanashii
yumewo miru”
Inuyasha, che aveva sentito la sua voce, saltò giù dall’albero e andò a sedersi accanto a lei su un masso.
“Io mi ricordo questa canzone”, disse. Restò in silenzio per un po’, poi riprese, “Perché non mi dici la verità ora?”.
“Ti ho già detto di no, Inuyasha”.
“Per quanto credi che potrai tenermi all’oscuro?”, disse l’hanyou. “Se non volevi che ricordassi dovevi fare in modo di non vedermi più, è da quando sei giunta al villaggio che comincio a ricordare dei dettagli che ti riguardano: quando mi hai detto il tuo nome mi è venuto spontaneo chiamarti ‘madre Hi’, e poi… io sono…”. Inuyasha arrossì senza riuscire a terminare la frase, ma Hi lo guardò e sorrise dolcemente. “Sei geloso di Himaru”, terminò per lui.
“Non è questo il punto! Anche il tuo profumo, mi dà una grande serenità, eppure non è simile a quello di mia madre o a quello di Kago…”, Inuyasha si interruppe di botto, rendendosi conto di ciò che aveva appena ammesso.
“Di Kagome?”, disse Hi. “Allora avevo visto giusto, hai un debole per quella miko”.
“M-ma… cosa dici?!”.
“E’ inutile che neghi, non puoi nascondermi nulla. E comunque è molto meglio di quella Kikyo che frequentavi cinquant’anni fa, credimi”.
Inuyasha la fissò sbalordito, mentre il suo viso diventava una maschera di stupore.
“Non guardarmi con quella faccia”, disse Hi. “Non potevo abbandonarti del tutto a te stesso e ogni tanto venivo a controllarti, ma non ho mai approvato quella donna, così fredda e controllata. Non puoi capire il mio strazio quando ti ho visto inchiodato a quell’albero, senza poterti neanche fare una carezza per la presenza di quella dannata freccia sacra. Se lei non fosse stata già morta l’avrei uccisa con le mie mani”.
“Non osare parlare così!”, esclamò Inuyasha, mostrando i denti. “Tu non sai nulla di lei e nemmeno come andarono le cose allora!”.
“Modera i toni, cucciolo!”, esclamò Hi, guardando Inuyasha con uno sguardo così duro da farlo trasalire. “Cosa non saprei, eh? Forse credi che non sappia dell’inganno di Naraku? O forse non dovrei sapere che lei ti chiese di diventare un essere umano, rinunciando alla tua natura? Se lei ti avesse amato come adesso fa Kagome, che tiene a te così come sei, per Naraku sarebbe stato impossibile ordire quella trappola, perché non avrebbe potuto minare la sua fiducia!”.
Inuyasha abbassò la testa, nascondendo gli occhi sotto la frangia d’argento e Hi si alzò per rientrare nella capanna, ma poi sembrò ripensarci e tornò sui suoi passi, abbracciando l’hanyou da dietro. “Prova a riflettere”, disse. “Nemmeno il tuo sentimento era intenso come quello che provi adesso: neanche tu ti fidavi ciecamente di lei”.
Hi fece per lasciarlo, ma Inuyasha la trattenne. “Non andare via… madre Hi”, sussurrò. La demone, stupita da quella richiesta, si portò davanti a lui, stringendoselo al petto.
“Non temere, cucciolo mio”, disse Hi. “Non andrò via tanto presto e quando avrò ripreso Himaru non sparirò dalla tua vita”.
Inuyasha si staccò dall’abbraccio e si voltò da un’altra parte, imbarazzato. “Scusa io… non volevo essere così debole… Ti prego dimentica tutto”. Velocemente si alzò e tornò a rifugiarsi sugli alberi, mentre Hi lo guardava sorridendo e scuotendo la testa. ‘Non sei cambiato neanche un po’, figlio mio’.

Il mattino successivo, il gruppo di Inuyasha ripartì alla ricerca di Naraku, con in più la presenza di Hi. Kagome era stranamente silenziosa sin dall’inizio del viaggio e guardava sofferente Inuyasha che più avanti parlava con Hi e fatto più unico che raro, emetteva anche qualche risata divertita. Sango, accortasi di dove si posava lo sguardo di Kagome, le si affiancò nel tentativo di parlarle.
“Cosa c’è che non va, Kagome?”.
“Nu-nulla, Sango, perché me lo chiedi?”, disse la miko abbozzando un sorriso.
“Non fingere con me”, disse Sango. “Da quando siamo partiti hai detto a malapena qualche parola, e non fai altro che guardare Inuyasha e quella Hi. Avanti, sai che con me puoi parlare, Kagome; dimmi quali sono i tuoi timori”.
Kagome sospirò tristemente prima di rispondere alla sterminatrice. “Questa notte mi sono svegliata e ho visto che Hi non era nel suo futon”, disse. “Sono uscita a cercarla, temendo che fosse fuggita per cercare Naraku da sola e… lei era fuori con Inuyasha e si abbracciavano, lui la stringeva come se temesse di vederla svanire da un momento all’altro! Ieri vi abbiamo detto che Hi ha un figlio, il piccolo Himaru, ma quello che abbiamo taciuto è che il cucciolo è un hanyou. Ed è la copia in miniatura di Inuyasha, dovresti vederlo, ha persino gli stessi modi di fare! È per questo che io… ecco… temo che Himaru sia figlio di Inuyasha!”.
“Che cosa?!”, esclamò Sango. “Ma scusa, cosa te lo fa credere?”.
“Beh, Hi ci ha dato ad intendere di conoscere da tempo Inuyasha, anche se lui non la ricorda. Quando abbiamo conosciuto Himaru, lui ha guardato Inuyasha chiedendo alla madre se fosse lo stesso cui tanto assomigliava e… Hi ha detto a Inuyasha che anche lui dovrebbe proteggere il cucciolo. Cosa ti fa pensare tutto questo?”.
“In effetti, la spiegazione più logica sembra essere la tua, ma c’è qualcosa che non torna. Tu hai detto che Himaru è molto piccolo giusto?”.
“Si, credo che se fosse un essere umano avrebbe cinque anni, sicuramente non di più”.
“Ma non vedi? Ti sei risposta da sola, Inuyasha è rimasto sigillato al Goshinboku per cinquant’anni e in termini umani Himaru dovrebbe essere stato concepito proprio all’epoca in cui il sigillo gli fu imposto, vale a dire quando Inuyasha…”.
“Stava con Kikyo”, terminò per lei Kagome.
Sango annuì e Kagome si sentì più rincuorata: Inuyasha non era un santo, ma di certo non era il tipo da tradire Kikyo per una notte con una yasha, soprattutto considerando che all’epoca lui veniva evitato da uomini e demoni già da molti anni.

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Capitolo 5
*** 5 ***


Al calare del sole, i viaggiatori si accamparono per la notte e dopo aver cenato rimasero per un po’ svegli intorno al fuoco. Inuyasha e Hi restarono a montare la guardia mentre gli altri si erano già addormentati.

Un’altra notte senza il mio Himaru”, disse la yasha. “Quando credi che troveremo tracce di Naraku?”.

Non saprei, madre Hi”, disse Inuyasha. “Potrebbe essere dovunque, a volte viaggiamo per settimane senza incontrare lui né i suoi servitori. Comunque puoi stare tranquilla: io ti aiuterò a vendicarti se…”.

Se uccidesse Himaru? Non lo farà, gli serve per costringermi all’obbedienza e quando sarà più grande vorrà sfruttarlo per i suoi scopi: il mio cucciolo ha un potere particolare che aumenterà con il tempo, un potere simile a quello spirituale”.

Come Kagome e Miroku”, disse l’hanyou. “Ma di chi è figlio Himaru?”.

Il padre di Himaru era un bastardo senza coscienza che da tempo serviva esclusivamente sé stesso. Mi ha raggirato, facendomi credere di nutrire un amore sincero per me, mentre in realtà bramava soltanto il mio corpo; e quando è venuto a conoscenza dell’interesse che Naraku provava per me, ha provato prima a convincermi di servirlo, poi, di fronte al mio rifiuto, ha accettato di collaborare alla mia cattura, perché quel mostro gli aveva promesso potere e ricchezze. Per sua sfortuna, io avevo da poco scoperto di aspettare Himaru e avevo già deciso di lasciarlo e andarmene lontano, per evitare che lui o Naraku mettessero le mani sul mio cucciolo”.

E dopo? Cosa ti è accaduto dopo?”.

Sono ritornata nelle Terre dell’Ovest, dove hanno il dominio gli inu youkai”, disse Hi. “Avevo bisogno di un posto sicuro dove nascondermi fin quando mio figlio non fosse nato e nemmeno Naraku avrebbe osato entrare nel nostro paese: all’epoca non poteva competere con la maggior parte degli inu youkai sudditi di tuo padre. Quando, però, Himaru è venuto alla luce, è stato chiaro a tutti che si trattava di un hanyou come te e i nostri nobili fratelli non potevano tollerare un simile affronto. Non dopo che lo stesso Inu no Taisho aveva avuto un figlio mezzosangue, e soprattutto visto che io avevo fatto di tutto pur di salvarti dopo la morte di tua madre. Avevano già fatto fatica a riprendermi prima!”.

Inuyasha digrignò i denti, pensando a come lui stesso fosse stato rifiutato dagli stessi demoni e a suo fratello Sesshomaru che cercava da sempre di ucciderlo; come fosse stato evocato dalle sue parole, gli giunse alle narici il suo odore e anche Hi doveva averlo sentito, perché balzò in piedi. L’hanyou scattò veloce come il vento verso il folto degli alberi, seguito a ruota dalla yasha. Non passò molto tempo che si ritrovò davanti l’odiato fratellastro, accompagnato dalla piccola Rin e dal suo servitore Jaken.

Inuyasha perché intralci sempre la mia strada?”, chiese il demone, guardandolo con sguardo di sufficienza. “E vedo che ti accompagni a Hi, la traditrice”.

Sei tu che non fai altro che girarmi attorno!”, esclamò Inuyasha, mostrando i denti. “E non osare rivolgerti a quel modo a Hi”.

Ma guardati, sei sempre il solito inetto. Hai ritrovato chi ti fece da madre e ora non vuoi separartene più, vero? Sei patetico, accogliere così la mia sposa”.

Taci Sesshomaru!”, esclamò improvvisamente Hi materializzando i sai nelle sue mani. Provò ad attaccare il demone, ma, sebbene fosse lei stessa molto potente, non poteva ancora competere con l’abilità e la forza di Sesshomaru. In breve fu ricoperta di ferite, ma non si diede per vinta, continuando ad attaccarlo senza sosta e riuscendo infine, dopo diversi tentativi, a intrappolare Tokijin fra i sai; un ghigno le comparve sul volto e fece per scatenare un inferno di ghiaccio, quando lo sguardo le cadde sulla bambina che seguiva Sesshomaru ed esitò, dando modo al demone di liberarsi di lei, trafiggendola al ventre con i suoi artigli avvelenati. Hi si accasciò ai suoi piedi e Sesshomaru alzò la spada sulla sua testa con l’intenzione di infliggerle il colpo di grazia, ma Inuyasha intercettò il fendente con Tessaiga, spingendo indietro il fratello.

Non sfidarmi, Inuyasha. Non puoi contare sempre sulla fortuna”.

Tsk, non è la fortuna che mi fa vincere Sesshomaru, ma la mia forza, che tu continui a sottovalutare, e il desiderio di proteggere le persone a cui tengo!”.

Sei uno stupido, mezzodemone. I sentimenti sono solo una dimostrazione di debolezza e te lo proverò!”. Sesshomaru si lanciò all’attacco contro Inuyasha, ma come notò Hi, non sembrava così tanto superiore al fratello che gli teneva agevolmente testa. La yasha, però, non poteva impedirsi di preoccuparsi per la sorte del suo pupillo, così raccolse le sue ultime energie per scagliare una raffica di grandine contro Sesshomaru, non letale, ma abbastanza potente da bloccargli i movimenti.

Madre Hi non intrometterti!”, esclamò Inuyasha. “Ma… che ti succede? Madre Hi!”.

La demone vide Inuyasha avvicinarsi sempre più, ma ben presto le immagini si fecero confuse e vaghe e poi tutto divenne buio. L’hanyou corse al suo fianco sollevandola fra le braccia e pregando che resistesse fin quando non fossero tornati all’accampamento. “Sesshomaru”, disse voltandosi indietro, “per oggi la nostra sfida è finita, chiuderemo i conti un’altra volta”, concluse scattando verso la radura.


Appena giunto a destinazione, svegliò i suoi compagni nella speranza che qualcuno potesse aiutare Hi e Kagome si diede subito da fare per medicarla. La ferita più grave era sull’addome, dove Sesshomaru l’aveva trafitta con i suoi artigli velenosi.

Miroku, levati dai piedi, dobbiamo toglierle il kimono”, sbottò all’improvviso Sango alla vista di Miroku che si avvicinava disinvolto.

Anche tu Inuyasha!”.

Ma Kagome…”

Niente ma! Non mi interessa quanto ‘profondi’ siano i vostri rapporti, tu adesso sparisci!”, esclamò la miko.

Inuyasha arrossì fino ai capelli per quello che Kagome aveva sottinteso e si allontanò brontolando e ripromettendosi di spiegarle come stavano le cose in realtà.

Kagome e Sango, intanto, stavano lavando le numerose ferite che Hi aveva riportato, anche se per la maggior parte si trattava di tagli poco profondi: quello che preoccupava le ragazze era la ferita sull’addome, per via della pericolosità del veleno.

Kagome dobbiamo portarla dalla vecchia Kaede”, disse Sango. “Il veleno si sta diffondendo in tutto il corpo, non so se riuscirà a resistergli anche se è una demone”.

Hai ragione. Io ho dell’antidoto con me, ma non è sufficientemente forte. Però… procediamo lentamente e siamo molto lontani, non so se abbiamo tempo”.

Potrei portarla io con Kirara”, disse Sango. “Se ricuciamo le ferite non dovrebbe essere troppo rischioso muoverla. Cosa ne dici?”.

E’ un’ottima idea, vado a dirlo a Inuyasha e Miroku”, disse Kagome.

La miko si avvicinò al fuoco dove stavano i due e riferì loro l’idea di Sango, ma Inuyasha cominciò subito a sollevare delle obiezioni.

Non se ne parla, io non la lascio!”

Inuyasha, smettila di fare il bambino! Hi ha bisogno di cure, non possiamo aspettare di arrivare tutti insieme al villaggio di Musashi”.

Allora la porterò io!”, esclamò l’hanyou.

A quelle parole, un sussulto doloroso scosse il cuore di Kagome, che chinò il capo tristemente; ‘Inuyasha, la ami così tanto?’.

Andremo io e Kirara”, intervenne Sango intuendo lo stato d’animo di Kagome. “Basta discutere”.

Senza indugiare oltre, la sterminatrice caricò Hi sul dorso di Kirara e volò via, lasciando Inuyasha a protestare nella radura.


Dopo quell’incidente nessuno tornò a dormire visto che l’alba era ormai vicina. Inuyasha fremeva nell’ansia di ripartire e raggiungere in fretta Hi, preoccupato per le sue sorti, mentre Kagome gli lanciava delle occhiate furtive e soffriva nel vedere quanto desiderasse raggiungere la yasha, fraintendendo i suoi sentimenti.

Inuyasha perché Sesshomaru ha attaccato Hi? Voleva colpirti uccidendo colei che ami?”.

Colei che amo? Ma di che accidenti stai parlando, bonzo?”, chiese Inuyasha fissando sorpreso Miroku.

Perché, non è così?”, chiese Kagome, che si era interessata all’improvviso.

Inuyasha ricambiò il suo sguardo e scorgendo un grande dolore negli occhi castani di Kagome, decise che fosse il caso di rivelare quel poco che sapeva su Hi.

Io… non ricordo bene”, cominciò titubante. “Rammento il profumo di Hi e la ninna-nanna che canta per Himaru. So che la chiamavo ‘madre Hi’, perciò credo che… mi abbia cresciuto per qualche tempo, dopo la morte della mia vera madre. Ha imposto una barriera nella mia mente, così io non ricordo altro della vita trascorsa con lei, l’ho pregata di rimuoverla o raccontarmi ciò che nasconde, ma si rifiuta di farlo, sostenendo che il momento non è ancora giunto”.

Kagome lo fissò stupita, dandosi della stupida per aver dubitato così di Inuyasha, il quale, sebbene non le avesse rivelato apertamente i suoi sentimenti, le aveva dimostrato molte volte quanto tenesse a lei. Poi, però, si ricordò dei dubbi riguardo il padre di Himaru e decise di indagare.

E non ti ha detto nulla sul padre di Himaru?”, chiese.

Beh, mi ha confessato qualcosa… Il padre del suo cucciolo era un uomo corrotto che l’ha circuita facendole credere di amarla, ma non ha esitato a collaborare con Naraku per catturarla; per qualche motivo, Himaru ha poteri simili ai vostri”.

Ho capito”, disse Miroku. “E perché Naraku vuole catturare Hi?”.

Lei non me l’ha detto”, disse Inuyasha scuotendo il capo, “ma credo che voglia sfruttare il suo potere, anche se quello che so al riguardo è anch’esso nascosto nella mia mente. Posso dirvi soltanto che Hi non è sicuramente una inu youkai come gli altri, non solo d’aspetto; lei è compassionevole sia con i demoni che con gli esseri umani, e anche con… i mezzodemoni. Quando sarà guarita la costringerò a parlare: non può derubarmi di una parte della mia vita”.

Kagome sorrise al mezzodemone, soddisfatta di ciò che aveva saputo circa il rapporto tra lui e Hi e andò a sederglisi accanto. “Inuyasha, non credi che Hi abbia le sue ragioni per nasconderti quel periodo?”.

No, non è così. Credo che lo abbia fatto perché voleva che io non sapessi della sua esistenza, forse per proteggermi dagli inu youkai”.

Vedrai che ti dirà ogni cosa quando la raggiungeremo”.

Lo farà. Se arriveremo in tempo”.

Avanti Inuyasha, non preoccuparti”, disse Kagome con un sorriso. “Sono certa che la troveremo in perfetta forma e ti sgriderà per il ritardo. Proprio come una vera mamma!”.

Inuyasha sorrise al tentativo della miko di tranquillizzarla. “Grazie Kagome”, disse.

Non appena il sole fu alto, si rimisero immediatamente in marcia per raggiungere il villaggio di Musashi alla massima velocità che riuscivano a tenere.

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Capitolo 6
*** 6 ***


Circa due giorni dopo, giunsero finalmente in vista del villaggio di Kaede e Inuyasha accelerò immediatamente, lasciando indietro il povero Miroku che non poteva certo tenere il suo passo. Non appena arrivò alla capanna della vecchia sacerdotessa, entrò senza nemmeno chiedere il permesso, né lasciare andare Kagome.
“Madre Hi!”, esclamò varcando la soglia mentre Kagome scendeva dalle sue spalle.
La yasha era seduta in un futon vicino al fuoco, ma a parte un leggero pallore, sembrava stare benissimo e gli indirizzò un dolce sorriso; l’hanyou si precipitò accanto a lei, inginocchiandosi vicino al giaciglio.
“Madre Hi, come ti senti?”.
“Sto bene Inuyasha, non preoccuparti”, disse Hi, posandogli una mano sulla testa.
Sango, che era presente, vedendo quella confidenza si voltò preoccupata verso Kagome, ma con sua grande sorpresa constatò che la miko non sembrava affatto infastidita da quel comportamento, tutt’altro. La yasha le aveva raccontato tutto mentre erano in viaggio, ma la sterminatrice non era certa che Inuyasha avesse avuto il coraggio di rivelare la verità a Kagome, Miroku e Shippo.
“Kagome”, disse Hi, “spero che Inuyasha vi abbia spiegato che tipo di rapporto c’è tra noi. Non vorrei che ci fossero fraintendimenti fra me e te, in fondo sarò un po’ tua suocera!”.
“Su-suo-suocera?!”, disse Kagome con il viso che era diventato un tizzone acceso.
“Ma che stai dicendo, madre Hi?!”, esclamò Inuyasha completamente paonazzo.
“Vuoi dire che non siete fidanzati?”, disse Hi con un’espressione fintamente ingenua, mentre Sango tratteneva a stento le risate. “Scusatemi, è che avevo notato certi atteggiamenti così confidenziali tra di voi…”.
“Smettila, madre Hi”, disse l’hanyou a denti stretti, non credendo alla yasha. “Piuttosto, quando starai bene dovrai raccontarmi tutto ciò che mi hai nascosto finora; o rimuovere il blocco dalla mia mente, decidi tu, ma sappi che stavolta non accetterò un no come risposta”.
“E va bene, cucciolo”.
“E finiscila con questo ‘cucciolo’; sono adulto ormai!”.
“Scordatelo. Sei stato come un figlio per me e questo non cambierà neanche fra mille anni”, disse Hi. “In ogni caso, se vuoi così tanto conoscere la verità rimuoverò il blocco dalla tua mente. Avvicinati”.
Inuyasha tornò accanto alla yasha che gli posò gli indici sulle tempie e chiuse gli occhi, mentre una luce azzurrina circondava prima lei stessa per poi concentrarsi sulle sue mani e da lì sulla testa dell’hanyou. Questi cominciò improvvisamente a dimenarsi, digrignando i denti, ma Hi lo trattenne gentilmente: “So che fa male Inuyasha, ma devi resistere se vuoi riavere i tuoi ricordi”. Dopo pochi secondi, era tutto finito e Inuyasha chinò il capo ansimando come dopo una lunga ed estenuante lotta. Hi prese a carezzargli le orecchie e i capelli.
“Dovresti dormire un po’, adesso”, disse.
“Non ho sonno”, disse Inuyasha, tentando di rialzarsi ma inchiodato di nuovo al suolo dal dolore alla testa. Kagome accorse al suo fianco per sostenerlo. “Inuyasha cosa c’è?”.
“E’ come se avessi migliaia di aghi infilati dentro al cervello”, ghignò. “Ma adesso ricordo perfettamente”.
“Proprio per questo dovresti riposare”, insistette Hi. “La tua mente ha bisogno di riprendersi dopo aver ricevuto una tale quantità di informazioni in una volta sola”.
“Inuyasha dovresti darle retta”, disse Kagome. “Se fossimo attaccati hai bisogno di essere perfettamente lucido. Avanti, c’è un futon vuoto accanto a Hi, mettiti giù”.
“Tsk, io non dormo in quei cosi”.
“Inuyasha adesso basta con i capricci!”, disse Hi, che cominciava a innervosirsi. “Devi dormire! Kami, mi chiedo come faccia Kagome a sopportarti, sei peggio di un cucciolo viziato!”.
Inuyasha, che per qualche motivo temeva la rabbia di Hi, ingoiò rumorosamente e andò a sdraiarsi nel futon accanto alla yasha, dandole però le spalle. Lei, dal canto suo, fece cenno a Kagome e Sango di uscire e quando restarono soli si chinò sull’hanyou e accarezzandogli i capelli, cominciò a cantare, a voce bassissima perché solo lui la sentisse, la ninna-nanna di Himaru:
“Natsuhiboshi naze akai?
Yuube kanashii yume wo mita
naite hanashita
akai me yo

Natsuhiboshi naze mayou?
Kieta warashi wo sagashiteru
dakara kanashii
yumewo miru”.
Hi continuò a cantare e coccolarlo finchè non fu sicura che dormisse profondamente; quando vide il suo respiro farsi pesante e regolare, si alzò e uscì dalla capanna, lasciandolo riposare tranquillo.

Vedendo uscire solo Hi, Kagome si avvicinò a lei, stupita che non fosse accompagnata da Inuyasha, e  preoccupata che non si reggesse in piedi da sola, la sostenne.
“Puoi lasciarmi Kagome, sto bene”.
“Ma il veleno… sono passati soltanto due giorni, potresti essere ancora debole”.
“Sei molto cara”, disse Hi sorridendo a Kagome, che arrossì. “Non è la prima volta che vengo ferita da Sesshomaru, ormai il mio corpo recupera in fretta dagli effetti del suo veleno. Vieni, spostiamoci da qui, non vorrei svegliare Inuyasha”.
“Vuoi dire che sta dormendo sul serio?!”.
“Si. Ma perché la cosa ti sorprende tanto?”.
“Perché da quando lo conosco, potrei contare sulle dita le volte che l’ho visto dormire senza preoccupazioni”. Kagome la guardò di sottecchi, indecisa se chiederle o meno ciò che la incuriosiva. “Hi, potrei chiederti una cosa?”.
“Certo Kagome, quello che vuoi”.
“Ecco… mi racconteresti… di te e Inuyasha?”.
Hi sorrise rassicurante e le fece cenno di sedere accanto a lei sotto un albero. “Sicuramente saprai che la tribù degli inu youkai dell’Ovest non ha mai accettato Inuyasha perché era figlio di una donna umana”. Kagome annuì e la yasha riprese il suo racconto. “Il mio signore Inu no Taisho, però, aveva un gruppo di fedelissimi che nutrivano un profondo rispetto anche per la nobile Izayoi, di cui facevamo parte tra gli altri, io e mio fratello Mito. A noi, il padre di Inuyasha aveva affidato la sua donna e il figlio che stava per nascere, consapevole che dopo lo scontro con Ryukotsusei probabilmente non sarebbe sopravvissuto. Purtroppo i miei compagni, nonostante il rispetto che provavano per il mio signore, non sono mai riusciti ad accettare Inuyasha: potevano servire e amare una donna umana, ma non un cucciolo che non apparteneva a nessuna delle due razze, così hanno continuato di nascosto a proteggere Izayoi e di conseguenza Inuyasha, ma non appena la principessa è morta, hanno deciso che la cosa più saggia per tirarci fuori dai guai fosse consegnare l’hanyou agli anziani inu youkai perché ne facessero ciò che ritenevano più opportuno. Io e Mito non eravamo d’accordo, così ho preso Inuyasha con me e sono fuggita: io avevo i miei motivi per volermi allontanare dalle Terre dell’Ovest e il figlio del mio signore era troppo piccolo per rimanere solo. La fuga mi è costata la vita di mio fratello che è rimasto indietro per trattenere gli inseguitori, ma entrambi eravamo disposti a pagare lo scotto della salvezza di Inuyasha. Io e il piccolo hanyou abbiamo trovato un piccolo villaggio, nascosto in una valle fra le montagne e lì abbiamo vissuto felici: gli abitanti non avevano mai avuto a che fare con i demoni e la loro posizione era troppo isolata perché fossero influenzati dal mondo esterno, perciò ci hanno accolti volentieri. In quel luogo Inuyasha ha vissuto serenamente, nonostante il dolore della perdita di sua madre e io ho avuto il cucciolo che non potevo avere”.
“Ma… e Himaru?”.
“Himaru è un piccolo miracolo”, disse Hi. “Non ero mai riuscita ad avere dei cuccioli, perché il mio potere insolito uccideva il piccolo dentro il mio corpo. Credo che lui sia sopravvissuto grazie al suo potere di creare barriere che è molto elevato”.
“E perché hai cancellato i ricordi di Inuyasha?”.
“Abbiamo trascorso ben cinquant’anni in quel villaggio, senza avere notizie degli inu youkai, tanto che credevo che ormai avessero desistito, ma non era così: un giorno, il vecchio Myoga ci raggiunse per avvertirmi che ci avrebbero presto rintracciati, e io tentai di convincere Inuyasha a scappare insieme a lui, sai bene che quella pulce ha un vero talento per sfuggire i pericoli. Inuyasha, però, rifiutò di andarsene e lasciarmi, così… ho utilizzato il mio potere per togliergli i ricordi mentre dormiva, dopodichè l’ho lasciato in un posto sicuro, lontano dal villaggio, perché quelle persone non fossero coinvolte e sono sparita”.
“Non lo hai più rivisto?”, chiese Kagome.
“In realtà ho continuato a tenerlo d’occhio, ma sempre da lontano perché lui non si accorgesse di me”, disse Hi tristemente. “Così cono venuta a conoscenza di Kikyo e mi sono recata più volte qui, al villaggio di Musashi, ma l’ultima volta quando sono arrivata…”. La yasha ringhiò, stringendo i pugni. “Quando sono arrivata, il mio cucciolo era inchiodato a un albero, sigillato, e io non potevo neanche toccarlo perché la freccia sacra reagiva e rischiava di purificarmi. L’ho già detto a Inuyasha, se la miko non fosse stata già morta, l’avrei uccisa con le mie mani”.
“Ma Kikyo fu ingannata e…”.
“So come andarono le cose!”, gridò Hi. “Quella donna chiese a Inuyasha di diventare un essere umano, rinunciando alla sua natura! Ormai dovresti sapere meglio di me che lui non sopporta il suo corpo umano, lo ritiene debole. E poi… se quei due si fossero amati davvero, non sarebbero mai caduti nella trappola di Naraku”. Hi fissò intensamente Kagome. “Con te non sarebbe successo”.
La yasha si alzò e se ne andò, lasciando indietro Kagome. ‘Povera Hi. Prima ha dovuto lasciare Inuyasha e adesso Naraku ha portato via Himaru. Ha davvero un grande coraggio ad andare avanti’.

Hi tornò al villaggio, dove nel frattempo erano arrivati anche Miroku e Shippo, e sedette con loro, chiacchierando fino a sera, quando finalmente Inuyasha si svegliò. Uscì dalla capanna sbadigliando sonoramente e lanciando occhiatacce ai suoi compagni che lo guardavano perplessi, e fece per sedere accanto a Hi, che lo costrinse a mettersi tra lei e Kagome.
“Madre Hi, davvero tu sei la sposa di Sesshomaru?”, chiese l’hanyou, mentre gli altri si guardavano l’un l’altro confusi.
“Più o meno”, rispose Hi.
“Che vuol dire ‘più o meno’?”.
“Significa chiudiamo l’argomento, cucciolo”.
“Cucciolo?”, ripeté Shippo. “Ah ah ah, cucciolo, Inuyasha è un cucciolo!”. Non fece in tempo a smettere di ridere che dovette scappare alla furia di Inuyasha, deciso come non mai a fargli del male: nella sua corsa, finì tra Kagome e Hi che lo prese in braccio, mentre l’hanyou si fermava di colpo davanti a lei.
“Inuyasha, non toccare Shippo”, disse Hi e l’hanyou sedette al suo posto imbronciato. “E tu, Shippo, smettila di prenderlo in giro, o potrei decidere di punirti”.
Il piccolo kitsune sbiancò di colpo, mentre Inuyasha, senza farsi notare, gli fece la linguaccia.
“Ascoltatemi”, disse Hi. “Io vorrei ripartire domani se non è un problema. Sono già tre giorni che Kagura ha portato via mio figlio e non posso aspettare troppo”.
“Stai tranquilla madre Hi”, disse Inuyasha. “Domani appena sorgerà il sole ci metteremo in cammino e andremo a salvare Himaru. Dopotutto è come se fosse il mio fratellino, perciò non posso assolutamente lasciarlo a Naraku!”.
Hi rise sommessamente. “Grazie Inuyasha”.

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Capitolo 7
*** 7 ***


Dopo che Kagura lo aveva portato via, Himaru aveva dormito per tutta la notte e il giorno successivo, cullato inconsapevolmente dalla voce lontana di Hi. Non appena sveglio, però, aveva subito cominciato a strepitare, dimenandosi per sfuggire alla presa della yasha.
“Smetti di agitarti, sgorbio, o porterò il tuo cadavere a Naraku!”.
“Lasciami andare, brutta megera!”, strillò il piccolo hanyou, mentre una luce azzurrina avvolgeva il suo corpo.
“Ma questa è energia spirituale!”, esclamò Kagura, mollando la presa per non essere purificata, mentre Himaru ne approfittò per lanciarsi giù dalla piuma. Stavano sorvolando una zona fitta d’alberi e l’hanyou era abbastanza agile da aggrapparsi ai rami per non schiantarsi al suolo; scendendo dal tronco, aveva subito avvertito il profumo della sua amata madre, ma anche l’odore del suo sangue. Lui non poteva saperlo, ma quello dove si trovava era il luogo in cui Hi aveva lottato contro Sesshomaru, rimanendone ferita.
“Madre!”, chiamò. “Madre dove sei? Madre!”.
Non ricevendo risposta, Himaru si lasciò cadere in ginocchio, colpendo il terreno con i piccoli pugni: sentiva le lacrime pungergli gli occhi, ma non cedette. Non aveva mai visto piangere sua madre e sapeva dai suoi racconti quanto neanche il fratellone Inuyasha avesse mai versato lacrime, perciò non doveva essere lui a cominciare. Mentre era ancora chinato sul terreno, gli giunsero distinti alle narici altri due odori diversi: uno era quello di Inuyasha, mentre l’altro non lo conosceva, e pensando che doveva appartenere alla persona che aveva ferito o forse ucciso la madre, lo seguì, deciso a vendicarsi.
Continuò a camminare per tutta la notte, percorrendo quella pista, fino a che non giunse in prossimità di un fiume, troppo ampio perché potesse superarlo, così cercò un riparo dove trascorrere qualche ora di riposo, ripromettendosi di trovare un guado non appena si fosse svegliato. Quando un raggio di sole gli colpì il viso, il piccolo hanyou stese istintivamente le manine a cercare la madre, svegliandosi completamente quando non la trovò. Raggiunse il fiume che aveva incontrato qualche ora prima, per sciacquarsi il viso e osservò il suo riflesso, i suoi occhi così rari e uguali a quelli di Hi e lo schiaffeggiò per sfogarsi.
“Ehi, ciao!”, fece una vocetta allegra dietro di lui. Himaru si voltò e vide una bambina umana osservarlo curiosa.
“Ciao”, disse timidamente.
“Io sono Rin e tu come ti chiami?”.
“Himaru”.
“Sei da solo? Dov’è la tua mamma?”.
“Non lo so”, ammise il cucciolo chinando il capo. “La sto cercando, ma ho paura che sia… morta”.
“Oh”, fece Rin mentre un’ombra di tristezza oscurava per un istante i suoi occhi.
“Rin”, chiamò una voce dietro di loro.
“Signor Sesshomaru!”, esclamò la piccola correndogli incontro.
“Tu!”, ringhiò Himaru riconoscendo l’odore che aveva seguito. “Tu hai ucciso mia madre!”.
Così dicendo, il piccolo hanyou tentò di attaccare il demone, che infastidito fece per eliminarlo al primo colpo, ma la piccola Rin, avendo compreso le intenzioni del suo padrone, si frappose fra i due. Sesshomaru si fermò di botto, temendo di ferire la piccola umana mentre Himaru le sbattè addosso nell’impeto dell’attacco, accrescendo la rabbia del demone. Rin si rialzò subito, correndogli incontro e afferrò la lunga coda bianca, con le lacrime agli occhi.
“Vi prego Signor Sesshomaru, non fate male a Himaru!”, lo implorò. “Lui è piccolo, solo e ha perso la sua mamma!”.
Sesshomaru chiuse gli occhi, voltando le spalle a Himaru. “Andiamo via Rin”, disse.
“Fermo!”, esclamò Himaru. “Tu hai ucciso mia madre e ora io mi vendicherò!”.
Sesshomaru girò appena la testa, quel tanto che bastava per dare una veloce occhiata all’hanyou, e in quel momento notò gli occhi argentei del cucciolo.
“Non conosco tua madre”, disse. “E se anche l’avessi uccisa, potrei non ricordarmene. Sarebbe soltanto l’ennesimo insignificante essere che si è messo sulla mia strada”.
“Tu menti!”, urlò Himaru. “Ho sentito l’odore del sangue di mia madre, quello di Inuyasha e il tuo, e l’ho seguito. Se lei è morta, sei stato tu a ucciderla, tu la conosci!”.
Sesshomaru tornò a voltarsi verso di lui, osservandolo finalmente con attenzione. Fatta eccezione per gli occhi, il cucciolo era identico al suo odiato fratello: non c’erano dubbi che la sua metà demoniaca fosse di un inu youkai. Se conosceva Inuyasha e lo accusava di aver ucciso la madre, allora…
“Tu sei figlio di Hi”, disse Sesshomaru neutro.
“Allora avevo ragione, tu la conosci”, disse Himaru. “Perché hai ucciso mia madre?”.
“Quella stupida ha osato sfidarmi. Ma è viva”.
Il volto di Himaru si illuminò a quella rivelazione e Rin corse ad abbracciarlo felice.
“Hai visto Himaru? La tua mamma è ancora viva!”.
“Già”, disse l’hanyou ancora imbambolato. “Dov’è adesso?”.
“Non vedo perché dovrebbe interessarmi”, disse Sesshomaru.
Himaru ringhiò in direzione del demone, il quale si limitò ad alzare un sopracciglio in risposta. Rin vedendo il suo nuovo amico in difficoltà, decise di intervenire.
“Signor Sesshomaru, accompagniamo noi Himaru dalla sua mamma”, disse. “Voi sapete dov’è, vero? Altrimenti la possiamo trovare, non è così?”.
“Andiamo Rin”, disse Sesshomaru. “E tu seguici mezzodemone”.
Rin corse felice vicino a Himaru, afferrandogli la mano e tirandoselo dietro. “Vedrai Himaru”, disse, “Ti porteremo dalla tua mamma!”.

Il gruppo capeggiato da Sesshomaru raggiunse ben presto l’accampamento ‘vigilato’ dal fedele Jaken, il quale scattò subito in piedi all’approssimarsi del suo padrone.
“Padrone perdonatemi vi prego! Andrò subito a cercare Rin, vi prometto che non succederà più, la ritroverò, ma voi non fatemi a fettine!”.
“Jaken, ma cosa dici? Io sono qui!”, esclamò Rin.
“Co-cosa?!”, balbettò il demone rospo. “Non farlo mai più! Non osare allontanarti senza il permesso mio o del Padron Sesshomaru, chiaro?”.
“Jaken”, disse glaciale Sesshomaru. “Vai a cercare qualcosa da mangiare per Rin e per… quello”.
Jaken si sporse per vedere dietro il demone chi fosse ‘quello’ e per poco non gli prese un colpo quando vide Himaru.
“Padrone avete catturato Inuyasha! Ma che strano lo ricordavo più alto…”, disse Jaken avvicinandosi a Himaru.
Questi dal canto suo rivolse al demone rospo un’occhiata di puro odio. “Non sono Inuyasha, sgorbio”, disse. “Il mio nome è Himaru”.
“Ma come osi?!”, esclamò indignato Jaken. “Ti farò pentire di quello che hai detto”.
“Jaken”, intervenne Sesshomaru. “Lascia stare quel mezzodemone: ha poteri spirituali, ti ucciderebbe senza neanche toccarti”.
Jaken spostò lo sguardo confuso dal mezzodemone a Sesshomaru, poi di nuovo sul bambino che cominciava ad emanare un’aura azzurra, ritraendosi spaventato.
“Ma perché l’avete portato con voi?”, chiese ancora terrorizzato.
“Perché è un mio amico”, cinguettò allegra Rin. “E noi lo accompagneremo dalla sua mamma”.
“Come? E chi sarebbe sua madre?”.
“Adesso basta”, disse Sesshomaru. “Jaken fa’ quello che ti ho detto”.
Il demone rospo si allontanò borbottando, mentre Rin si avvicinò a Himaru che si era seduto a braccia conserte esattamente dove si trovava. “Himaru, vieni accanto al fuoco”.
“Non ho freddo”.
“Ma io si, non posso rimanere qui e voglio stare vicino a te”.
Himaru la guardò arrossendo e fingendosi scocciato si alzò e la seguì vicino al fuoco. “Quando avete incontrato mia madre?”.
“Uhm, credo… credo soltanto ieri”.
“Allora è vicina!”.
“Mi dispiace ma noi andiamo veloce”, disse Rin. “Ah-un sa volare davvero in fretta, quasi come il Signor Sesshomaru. Forse ci siamo allontanati tanto, io non lo so”.
Dopo che quella speranza andò in frantumi, Himaru tornò silenzioso e cupo. I tentativi di Rin di farlo distrarre furono tutti inutili e il cucciolo mangiò qualcosa soltanto per non farla intristire: in fondo quella bambina era stata gentile con lui, non meritava di essere ignorata, ma lui proprio non riusciva a distrarsi, non era mai stato così lontano dalla madre per tanto tempo. Dopo un po’ Rin si mise a dormire mentre lui rimase esattamente dov’era, sentendo più che mai la mancanza della madre; provò a canticchiare la ninna-nanna di sua madre, ma non ottenne altro che di acuire la sua malinconia. ‘Dove sei madre?’.

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Capitolo 8
*** 8 ***


Hi e il gruppo di Inuyasha erano ripartiti subito come stabilito e non avendo altri indizi, stavano tornando verso la foresta dove avevano incontrato la yasha, nella speranza di ritrovare tracce di Kagura nonostante fossero passati già quattro giorni.
Hi era stranamente silenziosa e appariva preoccupata più del solito. Camminava per ultima e rispondeva stentatamente ai discorsi degli altri, solo quando non poteva farne a meno. Kagome, che ormai la considerava la madre di Inuyasha, si incaricò di scoprire il motivo di quell’improvviso mutamento d’umore e rimase volutamente indietro, affiancandola.
“C’è qualcosa che non va, Hi?”, chiese. “Voglio dire, oltre al rapimento di Himaru”.
“No”.
‘Di certo le risposte laconiche Inuyasha le ha imparate da lei’, pensò Kagome. “Avanti, puoi dirmi cosa c’è che non va, fidati di me”.
La yasha guardò Kagome dritto negli occhi, leggendovi solo sincera preoccupazione e perciò, nonostante odiasse parlare forzatamente, decise di risponderle. “Riguarda Sesshomaru”, disse. “Ho un brutto presentimento, credo che abbia incontrato Himaru. Se così fosse e scoprisse che è mio figlio, sarebbero guai, per non parlare del fatto che, nonostante ciò, sarebbe meglio che si trovasse con lui e non in mano a Naraku. Non lo trovi ironico?”, terminò con una risatina sommessa.
Kagome la guardò stranita; come poteva trovare divertente ciò che aveva appena descritto? “Hi, ma cosa c’entra Sesshomaru con te e con Himaru?”.
“Adesso chiedi troppo Kagome”, disse Hi guardando la miko con sguardo duro.
“Scusami, non volevo essere indiscreta”.
“Non preoccu… Ma questo è Himaru!”, esclamò all’improvviso Hi fiutando l’aria. Senza attendere oltre, scattò veloce verso la foresta, lasciando indietro tutti gli altri.
“Inuyasha!”, chiamò Kagome. “Andiamo, Hi ha trovato Himaru!”.
Il mezzodemone non se lo fece ripetere e caricatasi Kagome sulle spalle, si lanciò all’inseguimento di Hi, seguito da Miroku e Sango su Kirara, ma la yasha sembrava avere il fuoco nelle vene, e raggiungerla si rivelò più difficile del previsto: per un’intera giornata continuarono a starle alle calcagna, senza mai arrivarle abbastanza vicino da fermarla. Finalmente, quando il sole fu tramontato, Hi si fermò lungo un sentiero, consentendo agli altri di affiancarla.
“Madre Hi, ma che ti è preso?”.
“Inuyasha, ti farebbe piacere rivedere il tuo amato fratello?”.
“Sesshomaru? Ma di che stai parlando?”.
“Ormai ci avrà fiutati”, disse Hi. “Sarà qui da un momento all’altro”.

Sesshomaru si fermò di colpo, annusando l’aria intorno a sé. ‘E’ vicina’. “Andiamo”.
Jaken spronò Ah-un a seguire il padrone, senza osare chiedere a cosa fosse dovuto l’improvviso cambio di direzione, ma Himaru, anche lui in groppa al demone, avvertì subito il profumo della madre e balzò a terra seguendolo, incurante dei richiami di Rin. Sesshomaru si lanciò al suo inseguimento, determinato a riportarlo di persona da Hi; aveva molte cose da chiedere alla yasha e il suo cucciolo era il solo mezzo per farla parlare.
Himaru, però, vedendo il demone dietro di sé,  istintivamente creò una barriera intorno al proprio corpo, continuando la sua corsa.
‘Dannato mezzodemone’, imprecò Sesshomaru. ‘Non posso afferrarlo con quella barriera spirituale, ma non lo lascerò scappare’.
Il piccolo hanyou continuava a correre agilmente nella fitta boscaglia, fin quando non raggiunse un sentiero e in lontananza vide risplendere l’oro delle code di Hi.
“Madre!”, urlò.
Il fine udito di Hi colse subito quella vocina e la yasha le corse incontro, avvertendo distintamente anche l’odore di Sesshomaru. Himaru aveva abbassato la barriera alla vista della madre e il demone, che gli stava col fiato sul collo, lo afferrò un attimo prima che lo facesse Hi.
“Sesshomaru!”, esclamò la yasha. “Lascialo andare immediatamente”.
“No”.
“Che cosa vuoi da Himaru?”.
“Assolutamente niente”, ripose glaciale Sesshomaru. “E’ da te che voglio delle risposte”.
“Di cosa stai parlando, dannato Sesshomaru?”, intervenne Inuyasha che ora si trovava alle spalle di Hi.
“Non gli avrai nascosto la verità fino ad ora, vero?”, chiese sarcastico lo youkai.
“Zitto!”, urlò Hi. “Stà zitto Sesshomaru e lascia andare mio figlio!”.
“Solo dopo che mi avrai dato le risposte che cerco. Non sopporto di essere preso in giro, tantomeno se a farlo è una donna”.
“Smettila ti prego! Loro non devono sapere, non sarebbe giusto!”, implorò Hi.
“Perché mai?”, disse Sesshomaru. “Forse temi che il tuo caro Inuyasha ti rifiuterebbe? Proviamo a dirgli qualcosa, vuoi?”. Hi si lasciò cadere in ginocchio, tremando all’idea di ciò che l’aspettava e incapace ormai di ribattere. “Devi sapere, mezzodemone, che la tua cara madre adottiva è stata la mia sposa. Mi fu promessa quando dimostrò in pieno tutti i suoi poteri, perché gli anziani ritennero che il figlio di Inu no Taisho fosse l’unico degno di una tale potente yasha; le nozze furono celebrate molto tempo prima che nostro padre conoscesse quell’insulsa femmina umana di cui si invaghì e che diede alla luce te”.
Inuyasha chinò il capo, non riuscendo in quel momento a capire i suoi stessi sentimenti: Hi non gli aveva mai detto di essere la sposa di Sesshomaru e cominciava a temere che anche il suo affetto fosse stato in realtà una grossa bugia.
“Quindi voi siete… sposati?”, chiese timidamente Kagome.
“Non proprio ragazzina. Ho ripudiato questa traditrice molto tempo fa”.
“E perché l’avresti fatto?”, ringhiò Inuyasha. “Forse ti sei reso conto che lei è troppo per della feccia come te?!”.
Hi alzò finalmente la testa per guardare sorpresa Inuyasha: credeva che dopo aver saputo la verità, l’hanyou l’avrebbe allontanata e invece ancora una volta la sorprendeva. “Inuyasha”, disse mentre lui le si avvicinava. “Grazie”.
“Siete patetici”, commentò Sesshomaru. “Comunque, l’ho scacciata perché rifiutava di darmi un erede, sostenendo che esso moriva all’interno del suo corpo. Mi sembra evidente”, disse sollevando Himaru, “che si trattava di una sporca bugia. A quanto pare non voleva avere un figlio da me, o forse… non voleva nessun figlio. Perché non accontentarla, potrei togliere di mezzo questo hanyou con un solo colpo”.
“No, ti prego Sesshomaru, non farlo!”, urlò Hi. “Per favore non uccidere mio figlio, non ho mentito, ti darò una spiegazione, ti prego!”.
“Avanti, allora. Parla”.
“Prima lascia andare Himaru, o non ti dirò una parola di più”.
Sesshomaru alzò un sopracciglio, apparentemente divertito: la yasha non era certo in grado di dettare condizioni, eppure osava lo stesso, sicuramente contando sulla sua curiosità. D’altra parte, sapeva bene che se avesse ucciso il cucciolo non le avrebbe cavato una parola in più e il suo orgoglio ferito premeva per sapere qual era il motivo che le aveva impedito di dare alla luce i suoi cuccioli. Così lanciò in malo modo Himaru davanti a sé, il quale si rifugiò immediatamente fra le braccia della madre.
“Madre! Temevo di non vederti più, mi sei mancata tanto!”.
“Oh Himaru! Scusami piccolo mio, non lascerò mai più che ti accada una cosa del genere”, disse Hi, stringendo convulsamente il figlio fra le braccia.
“Io sto aspettando”, intervenne Sesshomaru ricordando la sua presenza.
Hi si voltò nella sua direzione e lo youkai lesse nei suoi occhi una profonda malinconia; anche se non lo diede a vedere, quel sentimento lo aveva scosso: perché mai Hi avrebbe dovuto rimpiangerlo?
“Io desideravo darti un figlio”, disse Hi. “Lo volevo con tutto il cuore, ma il potere che mi rende tanto speciale uccideva i cuccioli nel mio grembo dopo poche settimane. Himaru ha dei poteri simili a quelli spirituali che lo hanno protetto dentro di me; probabilmente l’istinto di sopravvivenza lo ha spinto a creare una barriera che contrastava il mio potere demoniaco. Infatti mandare avanti la gravidanza è stato difficile, perché quella stessa barriera rischiava di annientare il mio corpo dall’interno, contrastato dal potere demoniaco e lo scontro mi faceva soffrire, facendomi sentire come se fossi lacerata. È per questo motivo che mi sono rifugiata nelle Terre dell’Ovest finchè Himaru non è venuto alla luce; tu non l’hai mai saputo perché a quel tempo eri già lontano a cercare Tessaiga e quando sono di nuovo andata via non eri ancora ritornato”.
“Mi prendi per uno sciocco?”, disse Sesshomaru. “Perché mai un potere demoniaco dovrebbe uccidere un cucciolo di demone? E poi ho visto i poteri di quel mezzosangue, crea barriere spirituali”.
“E’ la verità, Sesshomaru! Himaru non ha poteri da monaco; è di certo un potere estremamente dannoso per i demoni, ma d’altra parte anche i tuoi artigli velenosi sono letali per quasi tutti loro, e molti youkai sono in grado di generare barriere più o meno potenti. E poi…”, così dicendo, Hi passò una mano sulle orecchie da cane di Himaru che sparirono per essere sostituite da normali orecchie da youkai. “Himaru è un demone completo come puoi vedere: le orecchie da cane e l’aura demoniaca dimezzata erano soltanto un’illusione creata da me. Di certo non può avere poteri spirituali, non credi?”.
Inuyasha e gli altri fissarono stupiti Himaru: il suo aspetto non era cambiato di molto, era ancora molto simile al mezzodemone. Soltanto le orecchie erano cambiate e due strisce violacee facevano bella mostra di sé sulle sue guance.
“E chi mi assicura che non sia questa l’illusione?”, disse Sesshomaru.
“Nessuno”, disse Hi. “Puoi scegliere di fidarti o meno, ma è questa la realtà e per ora dovrai accontentarti di questo. Non saprei come convincerti. Addio Sesshomaru”, concluse guardandolo tristemente.
Hi prese in braccio Himaru e si allontanò seguita dagli altri, lasciandosi Sesshomaru alle spalle.

Hi si allontanò da Sesshomaru, mentre Inuyasha e gli altri la seguivano poco distante. Era cupa e silenziosa ancor più che quella stessa mattina, come se l’incontro con il demone l’avesse davvero sconvolta e Inuyasha soffriva dell’incapacità di aiutarla.
La yasha continuò per la sua strada fin quando non raggiunse una piccola grotta, forse piccola per tutti loro ma abbastanza grande da offrire un riparo per la notte.
“Kagome, Sango”, disse all’improvviso Hi. “C’è una sorgente termale da queste parti. Vi va di fare un bagno?”.
“Si!”, esclamò Kagome battendo le mani felice.
“Sarebbe fantastico”, disse Sango.
“Signore è meglio che vi accompagni. Potrebbe essere pericoloso per voi inoltrarvi da sole fra gli alberi”, disse Miroku allungando una mano verso il fondoschiena di Sango, che non raggiunse mai: la sua povera testa fu raggiunta prima dall’Hiraikotsu e subito dopo dai pugni di un furioso Inuyasha. Hi, che aveva assistito in silenzio a quella scena, scoppiò a ridere prontamente imitata da Kagome, mentre Shippo e Himaru assistevano sbigottiti alla scena.
“Non gli avranno fatto male?”, chiese Himaru.
“Così impara”, replicò Shippo scuotendo la testa. “E’ proprio un monaco deviato, non cambia mai”.
Lasciando un dolorante Miroku alla custodia di Inuyasha, Kagome e Sango seguirono Hi, fidandosi del suo fiuto per trovare la sorgente d’acqua calda; finalmente, poterono distendersi nel laghetto, rilassandosi.
Mentre le donne chiacchieravano tra loro, i cuccioli sguazzavano tranquilli, giocando con l’acqua e con la ciambella che Kagome aveva portato per Shippo dalla sua epoca.
“Hi, perché avevi dissimulato l’aspetto di Himaru?”, chiese Sango.
“Ragazze mie, non abbiatevene a male, ma per spiegarvelo dovrei anche dirvi chi è il padre di Himaru. Quello vero”.
“Io scommetto che è Sesshomaru”, disse Kagome.
“Pe-perché dovrebbe?”.
Kagome non rispose, ma fece un cenno con la testa in direzione di Himaru e Hi e Sango si voltarono a guardarlo: la frangia che solitamente gli copriva la fronte, ora bagnata e tirata all’indietro, aveva scoperto un segno a forma di mezzaluna blu. Hi si mise una mano sul viso e non disse nulla, sperando che il discorso cadesse lì, ma dopo svariati minuti sentiva ancora gli occhi di Kagome e Sango su di sé.
“Voi non demorderete, vero?”, disse con tono di supplica.
“Per niente”, risposero all’unisono le ragazze.
“E va bene avete vinto”, sospirò infine la demone. “Himaru è figlio di Sesshomaru, contente?”.
“Tutto qui?”, ripeterono ancora insieme Kagome e Sango.
“Che vuol dire ‘tutto qui’? Vorreste forse avere i dettagli del suo concepimento?”.
“Ma no, cosa vai a pensare?”, disse Kagome rossa come un peperone. “Intendevamo, sia tu che Sesshomaru avete detto che i vostri cuccioli non sopravvivevano dentro di te e ipotizzando che Himaru sia stato concepito circa cinquant’anni fa, c’è qualcosa che non torna”.
“Ah, Kagome sei curiosa come una scimmia”, sospirò Hi, ignorando la smorfia di disappunto sul viso della miko. “Dunque, io vi dirò come stanno le cose, ma a una condizione: Sesshomaru non dovrà saperlo. Mai”. Sango e Kagome annuirono e la yasha cominciò il suo racconto.

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Capitolo 9
*** 9 ***


Un giorno le terre dell’Ovest, dominio degli inu youkai, furono scosse da una notizia eccezionale: finalmente il loro signore aveva avuto un erede, un figlio che perpetrasse la sua stirpe e il suo dominio. Questa nascita aveva fatto sì che un altro cucciolo che l’aveva seguita di poche settimane fosse completamente ignorato, sebbene si trattasse di una piccola yasha che prometteva un grande potere per i demoni cane. La neonata era diversa dagli altri inu youkai, aveva i capelli dorati e gli occhi scintillanti dello stesso argento che risplendeva sulle chiome dei suoi genitori, Sabaku e Roze.
Keisuke, il demone a capo del consiglio degli anziani, volle vederla e ottenne di portarla con sé per verificare quali fossero i suoi poteri.
“Vostra figlia potrebbe essere la realizzazione di un’antica profezia”, disse loro. “In realtà abbiamo poche frasi sconnesse, ma alcune potrebbero riferirsi a lei:
[…]Una goccia d’oro sorgerà
sull’Ovest d’argento cadrà
[…]
Di fuoco e di ghiaccio avrà il dominio[…]”.
“Ma il nostro cucciolo non ha i poteri di cui parli”, disse Roze che teneva la neonata fra le braccia.
“La mia sposa ha ragione”, disse Sabaku. “Nostra figlia non ha ancora mostrato nessuna caratteristica diversa”.
“Venite con me”, disse Keisuke.
I due acconsentirono e seguirono l’anziano fino alla sede del consiglio, dove erano state portate due prigioniere, demoni gatto del Clan delle Pantere, nemici degli inu youkai da tempi immemori e già sconfitti duramente dal grande Inu no Taisho. Le schiave erano stati sorprese ad attentare alla vita del primogenito del generale soltanto pochi giorni prima e non era stato facile averne ragione poiché si trattava di due yasha di alto livello.
Keisuke avanzò al centro della sala e fece cenno a Roze che portava fra le braccia sua figlia di seguirlo. La yasha obbedì e l’anziano ordinò alle guardie di portargli le prigioniere: non appena furono vicino a lei, gli occhi del cucciolo divennero completamente rossi e afferrò il collo delle due con le piccole mani artigliate. Una luce accecante avvolse il gruppo e Roze fu sbalzata indietro ma senza sua figlia che non aveva lasciato la presa; i presenti non potevano vedere nulla, sentivano soltanto le demoni gatto urlare come se venissero straziate e un sordo ringhio ‘infantile’. Dopo pochi minuti la visibilità tornò finalmente normale, rivelando uno spettacolo raccapricciante: la piccola sedeva tranquillamente sul pavimento, in mezzo a ciò che rimaneva delle yasha, ormai ridotte a due mummie rinsecchite. Sabaku si avvicinò e riprese sua figlia che sembrava tornata calma, forse fin troppo. “Ma che diavolo è successo, Keisuke?”, disse.
“Pare che vostra figlia abbia manifestato il suo vero potere”, disse l’anziano guardando la piccola yasha. Sabaku e Roze seguirono il suo sguardo e videro che ora nella parte bassa della schiena del cucciolo facevano bella mostra di sé due morbide code dorate, che sembravano spuntate dal nulla. “Evidentemente ha, o meglio, aveva la facoltà di assorbire le energie vitali degli esseri viventi e con esse eventuali poteri. Quelle due dominavano le energie fredde e il fuoco e credo che ormai questo controllo sia passato a lei. Avete già scelto il suo nome?”.
“Non lo avevamo ancora fatto”, disse Roze. “Io proporrei Hi”.

La piccola Hi crebbe tranquilla e docile, molto più che qualsiasi altro della sua stirpe: dal giorno del terribile ‘incidente’, non manifestò più il potere di assorbire le energie vitali, neanche volendo. Sembrava che quel potere fosse sparito o meglio si fosse esaurito nell’appropriarsi delle demoni gatto, ampiamente sostituito dalle facoltà delle due di controllare ghiaccio e fuoco.
Keisuke la scelse perché fosse allenata come futura componente dei Dodici, un gruppo di inu youkai che affiancavano il generale e ne erano la guardia d’élite. Grazie a questi allenamenti, imparò a controllare i nuovi poteri e divenne sempre più potente. Anche suo fratello Mito si allenava nello stesso gruppo ed entrambi frequentavano spesso il palazzo di Inu no Taisho, divenendo ben presto amici di Sesshomaru, l’erede del generale. I tre erano molto uniti e non mancavano di allontanarsi insieme per intere settimane, nonostante venissero puntualmente puniti al loro ritorno.
Un giorno, mentre Mito era impegnato in una missione d’allenamento, Hi e Sesshomaru decisero di partire da soli. Appena si furono allontanati dai territori degli inu youkai, però, si fermarono perplessi.
“Sesshomaru”.
“Si?”.
“Tu hai qualche idea su che direzione prendere?”
“Beh… potremmo… perché non andiamo verso Ovest?”.
“Ovest?!”, esclamò Hi. “Sei pazzo, quelli sono i territori del Clan delle Pantere, potremmo metterci nei guai”.
“Andiamo, non ci succederà nulla!”, disse Sesshomaru, avvicinandosi a lei con un ghigno. “O forse la potente Hi ha paura di quei gattacci?”.
“Sesshomaru come osi?!”, esclamò Hi indispettita. “Io non temo nulla!”.
“Nulla tranne me”, disse Sesshomaru per poi scappare dalla furia della yasha.
“Sesshomaru!”, urlò Hi inseguendolo. “Fermati immediatamente, devo darti una lezione”.
Il demone si girò a guardarla e notando che si stava avvicinando, si fermò di botto, ma Hi, sorpresa da quella mossa, non fece in tempo a bloccarsi e lo prese in pieno, così finirono entrambi a terra, una sull’altro. Aprendo gli occhi, si ritrovò a fissare quelli dorati di Sesshomaru da una distanza minima e arrossì, ritraendosi immediatamente.
“Scu-scusami Sesshomaru”, disse rimettendosi seduta. Il demone la imitò e allungò una mano a sfiorarle il volto, percorrendo con il pollice le strisce violacee che lo segnavano.
“Non devi scusarti”, disse sorridendo. “Sono io che mi sono fermato improvvisamente”.
Hi sorrise a quel contatto, inusuale per Sesshomaru. Il demone non era certo espansivo, ma nemmeno freddo e distaccato come appariva, anche se solo Hi e Mito conoscevano il suo lato più dolce. A Hi, soprattutto, Sesshomaru riservava sempre molte attenzioni e gesti affettuosi. Interrompendo il flusso dei suoi pensieri, la yasha si rialzò, prontamente imitata dallo youkai.
“Allora, vogliamo andare verso Ovest, o no?”.
“Vedo che ti ho convinta”, disse Sesshomaru. “Andiamo allora”.
I due demoni ripartirono velocissimi prendendo la direzione stabilita e a mezzogiorno erano ormai in pieno territorio nemico, perciò rallentarono muovendosi con più circospezione. Passarono diverse ore senza che nulla succedesse e ciò li portò ad abbassare la guardia, così caddero facilmente in un’imboscata dei demoni gatto. Entrambi erano potenti e molto allenati, ma Hi non possedeva ancora la freddezza necessaria in un combattimento e si fece facilmente prendere dal panico. Mentre affrontava un avversario con i sai, un altro stava per colpirla alle spalle, ma la yasha non si era accorta di nulla.
“Hi!”, urlò Sesshomaru. ‘Non farà mai in tempo a spostarsi! Io… devo salvarla!’. Senza pensare alle conseguenze, il demone scattò in avanti, frapponendosi tra la yasha e la lama avvelenata del nemico. Hi si era voltata e aveva chiuso gli occhi aspettando la fine, ma accorgendosi che dopo svariati secondi non accadeva nulla, li aveva riaperti, vedendo una massa d’argento davanti a lei: Sesshomaru, che non indossava la sua armatura, aveva preso il colpo in piena schiena per proteggerla.
“Sesshomaru!”, urlò Hi mentre il demone crollava fra le sua braccia. Vedendo il suo compagno in quelle condizioni, la yasha, infuriata come non mai, richiamò contemporaneamente il ghiaccio e il fuoco, annientando tutti i nemici attorno a loro.

Non appena i demoni gatto crollarono al suolo privi di vita, Hi si caricò Sesshomaru sulle spalle e si allontanò velocemente, nel timore che altri nemici potessero seguirli. Finalmente giunsero ai confini della loro terra, ma un debole lamento catturò la sua attenzione.
“Sesshomaru resisti, presto saremo a palazzo”.
Istintivamente Hi aumentò l’andatura e al calare della notte Sesshomaru era già nel proprio letto e aveva ricevuto le prime cure. Hi attendeva davanti alla sua stanza che qualcuno le desse notizie, ma mentre si trovava lì arrivò Inu no Taisho con la madre di Sesshomaru.
“Cosa è successo, Hi?”, tuonò il generale.
“Mi-mi dispiace, mio signore, eravamo fuori e… ci hanno attaccati… io ero in pericolo e Sesshomaru… ha preso il colpo per proteggermi”, terminò Hi scoppiando a piangere.
“Dove eravate?”, chiese gelido il demone.
“Eravamo a Ovest… nel territorio delle Pantere”.
A quelle parole, Inu no Taisho colpì violentemente al volto Hi che cadde a terra, rimanendo a capo chino, mentre il generale chiamò le guardie, ordinando che la yasha fosse messa agli arresti.
“No, vi prego, mio signore, fatemi vedere Sesshomaru, voglio sapere come sta!”.
“No”.
“Avanti facciamola entrare”, intervenne la sposa del generale. “Non vedi che è sinceramente dispiaciuta?”.
“Ma non capisci? Ha messo in pericolo nostro figlio, il mio unico erede”.
“Non sai ancora come sono andate le cose. Potrebbe essere stato Sesshomaru a trascinarla laggiù, sai bene come è fatto, è fin troppo consapevole del suo potere e questo lo rende sprezzante del pericolo. Entriamo a vedere come sta, ma lascia stare Hi; potrebbe essere Sesshomaru a chiedere di lei”.
Inu no Taisho prese la mano della sua sposa e fece per entrare borbottando nella stanza del figlio. “Lasciatela qui”, disse alle guardie, mentre Hi era ancora sul pavimento, scossa dai singhiozzi.

Era passata circa un’ora quando il generale e la sua sposa uscirono dalla stanza di Sesshomaru, un’ora nella quale Hi aveva preso la sua decisione: voleva vedere Sesshomaru per salutarlo, dopodichè avrebbe lasciato i Dodici e i territori degli inu youkai.
“Hi”, la chiamò dolcemente la sposa di Inu no Taisho. “Puoi entrare se vuoi”.
“Grazie, mia signora”, disse Hi. “Posso rimanere con lui?”.
“Finché vuoi”.
Hi le rivolse un caldo sorriso e si affrettò a varcare quella porta che fino a qualche minuto prima le era sembrata così ostile. La stanza era avvolta nella penombra, ma la mole dell’enorme letto si ergeva inconfondibile al centro di essa. La yasha si avvicinò il più piano possibile, temendo di svegliare il suo amico, ma quando fu abbastanza vicina vide gli occhi dorati di Sesshomaru fissi su di sé.
“Sesshomaru, come stai?”.
“Potrei stare meglio”, disse lo youkai.
“Oh Sesshomaru, mi dispiace!”, disse Hi lanciandosi su di lui. “Mi dispiace così tanto, è tutta colpa mia”.
“Ma no, non è vero”, disse Sesshomaru cercando di calmarla. “Hi smettila, per favore. Odio vederti piangere”.
La yasha arrossì di botto e si asciugò le lacrime come meglio poteva con il dorso delle mani. “Scusami”, disse. “Non piangerò più!”.
Il demone sorrise lievemente e allungò una mano che Hi strinse tra le sue. “Perché l’hai fatto?”.
“Io… non lo so”, ammise Sesshomaru. “Quando ho visto quel demone che stava per colpirti, l’unica cosa che mi è passata per la testa è stata salvarti. Non potevo sopportare l’idea di perderti”.
“Cosa stai cercando di dirmi, Sesshomaru?”, chiese Hi, però distogliendo lo sguardo.
Sesshomaru si mise seduto e le prese il mento con due dita, costringendola a voltarsi verso di lui. “Perché non mi guardi?”.
Hi gli rivolse un sorriso enigmatico. “Perché… non… non lo so”.
“Si che lo sai”.
“No… io… ho paura di quello che vorresti dirmi”.
“E se invece ti dicessi cosa è venuto a comunicarmi mio padre?”.
“Tuo padre?”, chiese Hi. “Perché dovresti dirmelo? Se lo sapesse non ne sarebbe felice”.
“In ogni caso, è una faccenda che riguarda anche te, perciò prima o poi verresti a saperlo”, disse Sesshomaru. “Keisuke e il consiglio hanno chiesto ai nostri genitori di combinare le nozze tra noi: egli ritiene ancora che tu sia la ‘goccia d’oro’ della profezia e che io, in quanto figlio del grande Inu no Taisho, sia l’unico che possa starti al fianco degnamente. Sabaku ne è stato entusiasta ed ha accettato subito, mentre mio padre ha voluto prima parlarne con me”.
Hi spalancò la bocca, cercando in tutti i modi di riprendere quell’aria che si rifiutava di entrarle nei polmoni. “Io e te… nozze… e mio padre… però in fondo io… come ha osato decidere senza di me?!”
Sesshomaru la fissò incredulo per qualche secondo, ma poi davanti a quel fiume di parole senza capo né coda, una bassa risata gli distese i tratti. Hi si voltò infuriata per ribattere, ma si bloccò all’istante.
“Stai ridendo”.
“E’ così strano?”.
“Avanti, non prenderti gioco di me! Ti conosco da una vita e tutto quello che avevo ottenuto da te finora era stato qualche sporadico sorriso. Cominciavo a credere che non sapessi ridere”.
“E invece come puoi vedere ne sono perfettamente in grado”, disse Sesshomaru ritornato serio. “Non mi hai chiesto qual è la mia risposta all’idea delle nozze”.
“Già. Qual è?”.
“Si. Ho detto di si”.
Sentendo la risposta di Sesshomaru, il cuore di Hi aveva saltato a piè pari un battito, preda di emozioni contrastanti. La yasha era ancora convinta di lasciare le terre degli inu youkai, temendo di mettere nuovamente in pericolo il demone, soprattutto se fosse diventata la sua sposa; eppure, le poche ore trascorse da quando erano partiti per quel maledetto viaggio, le avevano fatto rivalutare ciò che provava per Sesshomaru, facendole temere che forse era molto al di là di una semplice amicizia. Continuava a tenere lo sguardo fisso su Sesshomaru, ma sembrava non vederlo, persa nei suoi pensieri.
“Hi?”, la chiamò Sesshomaru. “Se tu non vuoi sposarmi, non dovrai farlo. Parlerò a mio padre e lui convincerà Keisuke a desistere da questo progetto”.
“Perché hai accettato?”, chiese la yasha guardandolo finalmente negli occhi. “Lo hai fatto solo perché sarebbe conveniente avere un fenomeno come me in famiglia?”.
“No”.
“No? Eppure pensa quanto sarebbero potenti i nostri figli!”.
“Hi…”.
“Segnerebbero un futuro sfolgorante per gli inu youkai”.
“Smettila Hi!”, esclamò Sesshomaru. “Non è per questi motivi che ho detto di si!”.
“Ah no? E perché lo avresti fatto allora?”.
Sesshomaru afferrò Hi per i polsi e la attirò a sé, catturando le sue labbra in un bacio dolce e passionale allo stesso tempo. Hi chiuse gli occhi godendosi quel contatto per poi rispondere a sua volta, stringendosi di più contro il corpo del demone. Quando il bacio finì, Sesshomaru la strinse a sé accarezzandole teneramente i capelli dorati e serici. “Ancora non hai capito?”.
Hi sorrise contro il suo petto, prima di rispondere. “Forse… però preferirei sentirtelo dire”.
“Sei tremenda”, disse Sesshomaru sorridendo a sua volta. “Io voglio sposarti, Hi. Perché ti amo”.
“Ti amo anch’io Sesshomaru”, disse Hi posandogli un bacio su una guancia.

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Capitolo 10
*** 10 ***


Le nozze furono organizzate e celebrate nel giro di un mese, per via dell’impazienza di Sesshomaru, il quale fremeva nell’attesa di avere una propria famiglia con Hi. Mito era semplicemente elettrizzato all’idea, anche se temeva che ormai le loro ‘fughe’ in tre fossero finite, e aveva qualche dubbio su quell’amore così repentino, che non mancò di manifestare alla sorella, anche diversi mesi dopo il matrimonio.
“Hi, sei certa di questa unione?”.
“Certo Mito, perché me lo chiedi?”.
“Perché ti voglio bene, sorella”, disse Mito. “Tu hai sempre sostenuto che ti saresti sposata solo per amore e davvero io non capisco come tu possa esserti innamorata di Sesshomaru nel giro di una giornata. Sei sicura di non esserti fatta affascinare dalla posizione di potere che ti ha dato questo matrimonio?”.
“Spero che tu stia scherzando”, disse Hi. “Possibile che tu non ti fossi accorto delle occhiate furtive che gli lanciavo quando partivamo insieme? Sono sempre stata attratta da Sesshomaru, ma siccome credevo di non essere ricambiata, ho sepolto quei sentimenti nascenti in fondo al mio cuore, sì che nessuno ne venisse a conoscenza; pensavo che in questo modo almeno non avrei perso la sua amicizia. Non li ho mai completamente cancellati, però, perché Sesshomaru è stato sempre gentile e affettuoso con me, e sai meglio di me quanto sia insolito per lui”.
“Hai ragione, lo so”, disse Mito. “Come so che negli ultimi cento anni abbiamo praticamente vissuto al palazzo di Inu no Taisho. Non sarebbe strano se Sesshomaru ti vedesse come la sorella che non ha; non è detto che il suo sia amore, Hi”.
“Ora basta Mito!”, esclamò una voce dietro di loro.
Entrambi si voltarono trovandosi faccia a faccia con l’oggetto della loro discussione. Sesshomaru affiancò Hi, cingendole possessivamente la vita. “Ti è così difficile credere che io possa nutrire un sentimento così profondo?”, chiese. “Eppure tu sei l’unico a sapere che amo tua sorella da diversi anni ormai; sei il mio migliore amico ed è a te che l’avevo confidato”.
“Mito!”, esclamò Hi. “Tu sapevi questo e hai continuato a instillare dubbi nel mio cuore? Ma perché?”.
“Ti farà soffrire”, disse Mito. “So che è così”, terminò lo youkai uscendo dalla stanza.
Quando richiuse la porta dietro di sé, Hi alzò la testa per guardare in volto Sesshomaru. “Sesshomaru”, disse, “tu non mi farai mai del male, vero?”.
Il demone le prese il viso fra le mani, baciandole la fronte. “Mai. Non mi perdonerei una sola lacrima versata a causa mia”, disse spostandosi a baciarle le labbra.
Quando il bacio finì, Hi si rifugiò fra le sua braccia. “C’è una cosa che devo dirti”, disse.
“Cosa?”.
“Io… credo che fra non molto avremo un figlio, Sesshomaru”.
“Un figlio?!”, esclamò il demone. “Non è uno scherzo, vero? Un figlio nostro!”. Sesshomaru la sollevò facendola girare, mentre Hi rideva gioiosa.
“Sei felice Sesshomaru?”.
“All’inverosimile, Hi”, disse tornando a baciarla.

Sesshomaru e Hi passarono i mesi successivi nell’attesa che il loro cucciolo venisse alla luce, anche se la yasha non aveva interrotto le sue attività nella squadra dei Dodici. Inu no Taisho non faceva altro che ripeterle di lasciar perdere per un po’, rassicurandola sul fatto che non avrebbe perso il suo posto, ma Hi si rifiutava di rimanere con le mani in mano fin quando il cucciolo non fosse nato. Il generale, preoccupato per le sorti del suo futuro nipote, tentò di convincere Sesshomaru a farla desistere, sapendo che lui era l’unico che Hi avrebbe ascoltato.
“Sesshomaru devi convincere la tua sposa a lasciare i Dodici fin quando vostro figlio non sarà nato”, disse Inu no Taisho. “Le missioni della squadra diventano sempre più pericolose, potrebbe essere rischioso mandare avanti una donna incinta e Hi è sempre nel gruppo più avanzato”.
“Non posso, padre”, disse Sesshomaru. “Da quando combatte regolarmente, Hi ha infine trovato sé stessa. Se le chiedessi di ritirarsi, anche solo per un po’, lo farebbe per amore mio, ma non sarebbe felice e finirebbe per rifiutare il cucciolo. Tu non la conosci come me, Hi non accetterebbe mai un tale compromesso”.
“Non potresti almeno provare?”.
“E va bene”, disse Sesshomaru. “Se servirà a farti stare più tranquillo, tenterò di convincerla”.
Sesshomaru lasciò la stanza del genitore e cercò Hi, trovandola infine ad allenarsi con Mito all’aperto. Il demone aveva infine accettato le nozze della sorella, ma nonostante ciò, ogni volta che vedeva insieme Hi e Sesshomaru, un velo di tristezza gli offuscava lo sguardo, sempre memore della sensazione che aveva avuto.
“Sesshomaru!”, esclamò Hi correndogli incontro.
“Ti stavi allenando?”.
“Certo. Ho chiesto a Mito di aiutarmi, perché ultimamente i miei movimenti si fanno più lenti a causa della gravidanza”.
“E’ proprio a questo proposito che devo parlarti”, disse Sesshomaru. “Devi lasciare i Dodici fin quando nostro figlio non sarà nato. Le missioni sono rischiose e tu sei quella che corre più rischi”.
“Non ti ci mettere anche tu, per favore”, disse Hi con sguardo duro, “mi bastano già Mito e Inu no Taisho. Io sto bene, conosco i miei limiti e quando non sarò più in grado di lottare, sarò io stessa a chiedere al generale di congedarmi”.
“Hi dà ascolto a Sesshomaru”, intervenne Mito. “Sei diventata arrogante se credi di sapere fin dove puoi spingerti”.
“Come osi?!”.
“Oso eccome! Non ti rendi conto che da quando i nostri compagni sono venuti a conoscenza del tuo stato, non riescono a combattere perché non fanno altro che tenerti d’occhio tutto il tempo?”.
“Ma Mito…”.
“E’ la verità, sorella”, disse Mito. “Tu sei la sposa di Sesshomaru, quello che porti in grembo è un discendente del nostro generale, colui che un giorno guiderà gli inu youkai. In quanto guardia di Inu no Taisho, i Dodici hanno il compito di salvaguardare anche la sua famiglia, compresi i membri non ancora nati. Fallo per il bene mio e degli altri compagni, prendi congedo per un po’”.
Hi chinò il capo rassegnata. “E va bene”, disse. “Se sono diventata un problema, lascerò i Dodici fino alla nascita del cucciolo”.
“E’ la scelta più saggia”, disse Sesshomaru, mentre Mito fece per allontanarsi.
“Mito!”.
“Cosa c’è?”.
“Dì ai nostri compagni che mi dispiace”, disse Hi. “Ma ricordatevi tutti una cosa: non appena mio figlio sarà in grado di stare lontano da me, io tornerò fra voi, più forte di prima!”.
“Lo so, sorella, lo so”, disse Mito andando via.

Quella stessa notte, Sesshomaru fu svegliato da un debole lamento: Hi si contorceva nel letto, in preda evidentemente a forti dolori, tenendosi le mani giunte sul ventre.
“Cosa c’è, Hi?”, chiese.
“Sesshomaru… il cucciolo”, sussurrò Hi. “Chiama i guaritori, lui sta male, lo so!”.
Sesshomaru scattò in piedi e uscì dalla stanza, scalzo e con solo i pantaloni addosso: in breve tutto il palazzo di Inu no Taisho era in fermento, mentre i guaritori correvano dietro il loro principe e i suoi genitori che lo avevano affiancato. Non appena levarono le coperte per visitare Hi, la madre di Sesshomaru si ritrasse inorridita: una enorme chiazza di sangue si stendeva sotto la yasha e sembrava espandersi, mentre Hi continuava a rigirarsi nel letto per via degli atroci dolori che soffriva.
I guaritori fecero cenno a tutti di uscire, ma Sesshomaru si rifiutò di allontanarsi, preferendo sedere in un angolo buio della stanza. Il principe non vedeva altro ormai che i guaritori affaccendati intorno al letto e non sentiva che le urla soffocate di Hi, finchè uno dei demoni non si avvicinò a lui.
“Mio signore Sesshomaru”, chiamò. “Vi prego di allontanarvi, dobbiamo operare la vostra sposa e potrebbe non essere piacevole per voi sentirla gridare. Ascoltatemi, uscite”.
Sesshomaru lo fissò per qualche secondo, tanto che il demone cominciò a temere che lo avrebbe ucciso, ma infine si decise ad alzarsi. “Se lei dovesse morire”, disse mentre usciva, “vi farò a pezzi con le mie mani”.
Non appena si richiuse la porta alle spalle, si trovò davanti suo padre e sua madre che gli andò incontro stringendolo a sé. “Figlio mio”, disse, “stai tranquillo, vedrai che la tua sposa si riprenderà”.
“E mio figlio?”, chiese Sesshomaru. “Cosa ne sarà di lui?”.
La yasha chinò il capo senza rispondere, temendo la reazione di suo figlio se avesse saputo che molto probabilmente il cucciolo che Hi portava in grembo era già morto; ma Sesshomaru doveva aver capito ciò che gli nascondeva, perché sferrò un pugno contro la parete, mandandola in frantumi, proprio nel momento in cui uno dei guaritori usciva dalla stanza. Questi restò immobile, temendo che il colpo successivo sarebbe stato indirizzato a lui, ma il generale lo riscosse immediatamente.
“Allora?”, chiese. “Come sta Hi? E suo figlio?”.
Il demone ingoiò rumorosamente, evidentemente terrorizzato all’idea di rispondere. “La principessa Hi sta meglio; ora sta riposando, ma fra qualche giorno sarà come nuova. Il cucciolo, però…”.
“Cosa?!”, esclamò Sesshomaru afferrandolo per il colletto. “Parla: cosa è successo a mio figlio?”.
“Mi-mio signore”, balbettò il demone, “pu-purtroppo il cucciolo non ha resistito”.
La sposa del generale chinò il capo nascondendo le lacrime, ma suo figlio evidentemente rifiutava di accettare la realtà. “Cosa vuoi dire?!”, urlò al guaritore.
“E’… è morto, mio signore. Vostro figlio è morto”.
Sesshomaru mollò la presa sul demone che si rifugiò immediatamente dietro il generale, mentre lui si lasciò andare contro la parete, scivolando fino al pavimento. “Mio figlio è morto”, bisbigliò.
“Mi dispiace Sesshomaru”, disse Inu no Taisho, inginocchiandosi accanto a lui e posandogli le mani sulle spalle. “So quanto desideravate questo cucciolo. Ma tu adesso devi essere forte per te e per Hi, lei si darà la colpa per ciò che è successo e non si perdonerà facilmente. Stalle vicino e falle capire che tu non la ritieni responsabile: quella yasha è forte, vedrai che si riprenderà e avrete altri figli, tanti da riempire questo enorme palazzo!”.
Sesshomaru ricambiò lo sguardo del padre, ma non gli rispose. Si alzò ed entrò nella stanza, avvicinandosi al letto che alcune serve stavano cambiando, mentre due di loro, dopo averla cambiata d’abito, tenevano sollevata Hi che lui prese fra le sue braccia, sedendo sul pavimento a gambe incrociate. Anche se stava dormendo, l’espressione di sofferenza non aveva lasciato il suo volto: Sesshomaru le accarezzò una guancia, rendendosi conto di quello che aveva rischiato e per la prima volta nella sua vita, si sentì completamente sconfitto, non essendo riuscito a proteggere la sua sposa da quel dolore e suo figlio dalla morte. Non appena le serve ebbero finito, ordinò loro di uscire subito lasciando la biancheria sporca, poggiò delicatamente Hi sul letto e la coprì, accorgendosi che tremava, ma lui non si distese, preferendo sedersi sul pavimento, accanto a lei. Rimase immobile a guardarla fino all’alba, quando finalmente Hi aprì gli occhi argentei; non appena lo vide, però, si girò dandogli le spalle.
“Hi”, la chiamò Sesshomaru. “Come stai?”.
“Sono un mostro, Sesshomaru”, disse Hi.
“Ma che cosa dici?”.
“Il cucciolo è morto, vero?”.
Sesshomaru non rispose, ma il suo silenzio fu più eloquente di mille parole: Hi si strinse ancora di più nelle coperte, rannicchiandosi in posizione fetale, mentre il demone fece il giro per distendersi accanto a lei, guardandola in faccia.
“Non è colpa tua, Hi”.
“Si che lo è”, disse Hi. “Non vedevo l’ora che questa gravidanza terminasse per poter tornare a combattere. Pensavo solo alla battaglia e non a mio figlio: questa è una punizione per la mia noncuranza”.
Sesshomaru si avvicinò a lei, stringendosela al petto, nonostante lei opponesse resistenza. “Non toccarmi, ti prego. Io ho causato la morte di tuo figlio”.
“Era nostro figlio, Hi”, disse Sesshomaru. “E non è stata colpa tua. Tu fremevi nell’attesa di vedere il cucciolo, saresti stata un’ottima madre”. Il demone le sollevò gentilmente il viso, guardandola in quegli occhi assurdamente asciutti. “Non trattenerti, amore mio; una volta mi avevi detto che non avresti più pianto, ma so che vorresti farlo”.
“Io… non ci riesco, Sesshomaru”, disse Hi. Il suo volto sembrava indifferente, come se quel dolore, troppo grande da essere sopportato, avesse annientato ogni altro sentimento in lei. “Io vorrei piangere, ma… non sento le lacrime pungermi gli occhi, non ne sento nemmeno il bisogno”.
“Non fa niente, Hi”, sospirò Sesshomaru. “Piangerai prima o poi e io sarò qui per te”.
“Non dovresti”, disse la yasha. “Sono terribile, trovati un’altra sposa che sia in grado di essere la madre dei tuoi figli. Io non so neanche versare lacrime per mio figlio che è appena morto. Lasciami”.
Il demone sospirò, stanco; sapeva che sarebbe stato difficile, ma non credeva che Hi sarebbe arrivata a tal punto. Pensava che la yasha sapesse quanto grande fosse il suo amore per lei e che non avrebbe mai dubitato di lui, eppure adesso gli chiedeva di lasciarla: cosa intendeva? Voleva solo che si allontanasse, o forse desiderava davvero che egli cercasse un’altra sposa? Sesshomaru si voltò dall’altra parte, sospirando tristemente e perso nei suoi pensieri quasi non si accorse di scivolare nel sonno.

Quando Hi si svegliò a mattino inoltrato, Sesshomaru non era più nel loro letto. Gli avvenimenti della notte precedente le tornarono improvvisi alla mente, svegliandola come una doccia fredda: aveva perso il suo cucciolo, non era stata capace di portare in grembo il figlio di colui che amava e ancora peggio, aveva allontanato il demone chiedendogli di trovare un’altra sposa.
Avrebbe voluto alzarsi, ma era ancora troppo indolenzita, così rinunciò, limitandosi a mettersi seduta: lo sguardo le cadde su un mucchio di stracci abbandonati nella stanza. Osservandoli con più attenzione, si rese conto che quelle erano le lenzuola sporche del suo sangue, il suo e quello del suo cucciolo, morto ancor prima di affacciarsi alla vita. Si alzò tremante e a stento raggiunse la biancheria, prendendo in mano un lenzuolo e affondandovi il viso, mentre i singhiozzi le scuotevano le spalle.
Fu così che la trovò una delle serve che finalmente aveva avuto il permesso di entrare nella stanza proprio per ritirare le lenzuola sporche. La yasha si avvicinò per prendere la roba, ma Hi le ringhiò contro e la aggredì, mancandola per un soffio con i suoi artigli e la serva, spaventata, scappò via urlando. Sesshomaru la bloccò, chiedendole cosa fosse successo.
“La vostra sposa, mio signore”, disse la yasha terrorizzata. “Stringe le lenzuola insanguinate e quando mi sono avvicinata per riprenderle ha tentato di uccidermi!”.
“Vai pure”, disse Sesshomaru scattando verso la sua stanza.
Hi era ancora china sul mucchio, piangendo disperatamente, e gli lanciò un’occhiata di fuoco per poi ridiventare subito triste non appena vide che si trattava del suo amato demone.
“Sesshomaru”, sussurrò implorante. “Perdonami, ti prego!”, esclamò tornando a piangere sempre più forte. Lo youkai si avvicinò a lei e le tolse il panno sporco dalle mani, lasciando che si aggrappasse a lui.
“Piangi pure, Hi, io sono qui per te”, disse stringendola forte fra le braccia.
“Mi dispiace, Sesshomaru, non sono stata capace di proteggerlo! Ho lasciato morire il nostro cucciolo, ma ti prego, perdonami almeno tu, non mi lasciare”.
A quelle parole, Sesshomaru si sentì come se gli stessero lacerando il cuore. “Non c’è nulla che io debba perdonarti, Hi, non è stata colpa tua, tu eri già una madre amorevole. Sfogati, adesso: quando ti sarai liberata di questo peso starai meglio e io sarò qui con te. Non ti lascerò mai. Io ti amo Hi”.
“Oh Sesshomaru!”, disse Hi. “Grazie di essere qui. Ti amo”.
La yasha si era finalmente calmata, almeno un po’ e Sesshomaru continuò a tenerla fra le braccia, cullandola.

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Capitolo 11
*** 11 ***


Superata la crisi per la perdita del cucciolo, Sesshomaru e Hi tornarono a condurre una vita serena, anche se il triste episodio aveva incrinato il loro rapporto; lo youkai continuava a rimproverarsi di non essere riuscito a salvare il suo cucciolo e la sua sposa, da parte sua, era ancora convinta di avere tutte le colpe. Questa ombra aumentò il loro distacco quando fu chiaro a tutti che Hi non era in grado di dare un erede a Sesshomaru: per tre volte ancora, la yasha rimase incinta e tutte e tre le volte i figli non arrivarono alla nascita.
Dopo la terza volta, le ragioni di stato si fecero sentire e Sesshomaru fu costretto a ripudiare Hi senza avere la possibilità di recuperare il loro rapporto, né di parlare con lei che, dopo aver ricevuto la notizia, era partita con Mito per una missione della squadra dei Dodici, apparentemente indifferente al fatto.
I due demoni avevano accompagnato Inu no Taisho in missione diplomatica per trattare la resa di un clan di demoni aquila che occupava le montagne a Sud del loro territorio e aveva creato non pochi problemi agli inu youkai. Fu proprio durante quel viaggio che il generale dei demoni cane conobbe la principessa umana Izayoi, figlia di un feudatario dell’imperatore che aveva il suo castello ai piedi delle montagne dominate dai demoni aquila. Questi aveva avuto non pochi problemi con gli youkai e chiese l’aiuto di Inu no Taisho offrendo in cambio il pagamento di un tributo.
Il generale fu invitato a partecipare a un banchetto che si sarebbe tenuto nel castello, insieme a Hi e Mito, i quali non mancarono di manifestare il loro dissenso.
“Sono umani, mio signore”, disse Mito. “Sono creature troppo deboli perché possano essere protette. Accettare la loro richiesta d’aiuto significherebbe avere dei soldati sempre di pattuglia in questo territorio e non ne abbiamo a sufficienza”.
“Senza contare”, intervenne Hi, “che questo invito potrebbe benissimo essere una trappola; in fondo gli umani ci odiano, perché dovrebbero dimostrarsi gentili?”.
“Dimentichi che mi hanno chiesto aiuto? Devono essere cortesi”.
“Avete ragione, mio signore. Ma provate a pensare: i demoni aquila sono stati costretti dalla vostra superiorità ad accettare il nostro dominio. Se gli umani riuscissero a eliminare voi, la resa degli youkai non avrebbe più ragion d’essere e forse vivendo così vicino al loro regno, potrebbero decidere di lasciar stare gli umani, ritenendo un pagamento sufficiente la vostra morte”.
“Avete ragione entrambi”, disse Inu no Taisho. “Ma sarebbe scortese rifiutare un invito. Andiamo al loro castello, ascoltiamo le loro richieste e diamo un’occhiata in giro. Se mi riterrò soddisfatto, valuterò la loro proposta, altrimenti torneremo semplicemente a casa”.
I due demoni non poterono far altro che rassegnarsi al volere del loro signore e accompagnarlo in quella che ritenevano un’inutile perdita di tempo.

Una volta giunti al castello, Inu no Taisho fu accolto quasi come se fosse l’imperatore stesso, e con uguale riguardo furono trattati Mito e Hi. Al banchetto avrebbero partecipato, oltre ai demoni, soltanto il signore del castello, il nobile Akira e la sua unica figlia, la principessa Izayoi.
Non appena questa fece il suo ingresso, il generale non potè che rimanere affascinato dalla sua bellezza, sebbene si trattasse di una semplice umana: i lunghissimi capelli neri incorniciavano un volto dall’ovale perfetto, nel quale risplendevano i grandi e dolci occhi, anch’essi neri. Non era molto alta, ma ogni suo movimento era aggraziato quanto i passi di una danza o i movimenti di una farfalla. Per tutta la durata del banchetto, rivelatosi un semplice invito di buon vicinato, non smise un attimo di sorridere e mai una volta lo fece falsamente. Hi aveva notato che ogni tanto guardava attentamente Inu no Taisho, ma senza fissarlo, forse attratta dal bellissimo aspetto del demone. ‘In fondo Sesshomaru gli assomiglia un po’’, si ritrovò a pensare tristemente. Al termine della cena, Akira e il generale, accompagnato da Mito, si ritirarono per discutere delle richieste degli umani, mentre Izayoi si offrì di tenere compagnia a Hi, portandola a vedere il giardino.
“Questo posto è meraviglioso, principessa Izayoi”, disse la yasha.
“Vi ringrazio, nobile Hi”, disse Izayoi. “Questo giardino era l’orgoglio di mia madre. Lo curava personalmente e ha continuato a occuparsene anche durante le guerre o quando i demoni hanno cominciato ad attaccarci. Stare qui mi fa sentire meno la sua mancanza”.
“Capisco”, disse Hi. “Immagino che sia tipico degli esseri umani tentare di mantenere vivo il ricordo di coloro che non ci sono più”.
“Volete dire che i demoni non piangono i loro defunti?”, chiese la principessa.
“Non proprio”, disse Hi. “Ci viene insegnato che in ogni caso i morti non ritornano, quindi non ha molto senso costruire tombe vicino alle nostre case o tenere con noi oggetti che appartenevano loro”.
“Voi non avete nessuno per cui piangere?”.
“Ho pianto i miei figli”, disse Hi. “Perderli mi ha causato una sofferenza che non avrei mai nemmeno immaginato: ho versato lacrime per loro, ma anche volendo non avrei potuto costruire nessuna tomba. Essi sono morti ancor prima di venire alla luce e proprio per loro ho giurato che non avrei pianto più, mai fin quando avrò vita. Nessuna delle mie lacrime li ha riportati indietro”.
“Non posso sapere quanto sia stato difficile per voi”, disse Izayoi, fissandola con gli occhi lucidi. “Perdere un genitore non può essere tanto doloroso. Dovete credermi, però, le tombe che costruiamo noi esseri umani non sono meri contenitori del nostro corpo mortale: esse ci danno la speranza o l’illusione che i nostri cari continuino a starci vicino e che ci possano sentire quando ci rivolgiamo a loro attraverso le sepolture”.
“Non vi capisco, principessa Izayoi”.
“Lo immaginavo”, disse Izayoi. “Se voi demoni riusciste a capire certi sentimenti, non saremmo poi molto diversi”.
“Forse avete ragione”, disse Hi. “Eppure io credo che sia la nostra stessa natura a renderci così sordi al dolore della morte: riuscite a immaginare una vita lunga come la nostra spesa a rimpiangere i defunti? Molte demoni al mio posto non avrebbero indugiato più di tanto nel ricordo di un figlio mai nato; io sono più sensibile, se vogliamo, eppure voi umani mi giudicate fredda. Sareste sconvolta dall’indifferenza con la quale la sposa del mio signore ha accolto la notizia di essere stata ripudiata”.
“Il vostro signore non ha una sposa?”, chiese la donna.
“No, non più. Aveva una compagna, colei che ha dato alla luce il suo erede, Sesshomaru”, pronunciando quel nome, Hi era diventata di colpo triste, perdendosi a fissare la luna, senza accorgersi che Izayoi la stava chiamando.
“Nobile Hi? Rispondete, c’è qualcosa che non va?”.
“Cosa? Oh, perdonatemi principessa, mi ero persa nei ricordi”.
“Chi è per voi Sesshomaru?”.
Hi guardò negli occhi la principessa, rivelando un dolore profondo. “Il figlio di Inu no Taisho è stato il mio sposo. Qualche giorno fa, ha deciso di ripudiarmi perché non riuscivo a dargli un erede; proprio lui che promise di non farmi mai soffrire, sostenendo che non si sarebbe perdonato una sola lacrima versata a causa sua. Sono stata una stupida, ma non gli consentirò di farmi ancora del male”.
Izayoi non seppe cosa rispondere e le due continuarono a passeggiare nel giardino fin quando Inu no Taisho e Mito non ritornarono, e i demoni ripartirono alla volta delle loro terre.

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Capitolo 12
*** 12 ***


Nei mesi che seguirono il loro primo incontro, Inu no Taisho e Izayoi si incontrarono sempre più spesso, finendo con l’innamorarsi. La loro relazione, però, era ostacolata da uomini e youkai: il nobile Akira non riusciva ad accettare che sua figlia amasse uno ‘sporco demone’ e gli inu youkai non tolleravano che il loro generale avesse ripudiato la sua sposa per poi iniziare una relazione con una debole umana.
Gli unici che continuavano a rimanere fedeli a Inu no Taisho e di conseguenza, a Izayoi, erano i Dodici, soprattutto Hi e Mito che avevano avuto modo di conoscere la principessa e avevano imparato ad amarla e rispettarla. La situazione degenerò del tutto quando si venne a sapere che la donna aspettava un figlio mezzosangue.
Sesshomaru era infuriato con suo padre che sembrava completamente perso per la principessa umana, temendo che avrebbe deciso di nominare suo erede il figlio bastardo che stava per nascergli. La rabbia per tale situazione gli aveva fatto temporaneamente dimenticare i suoi problemi personali, ma un giorno rincontrò Hi a palazzo.
“Hi”.
“Sesshomaru”, disse lei, neutra. “Vi serve qualcosa, mio principe?”.
“Per favore, Hi”, disse Sesshomaru. “Noi dobbiamo parlare”.
“E di cosa, nobile Sesshomaru? Forse volete parlare del fatto che mi avete ripudiata perché non posso darvi un erede? E dopo avermi assicurato che non mi avreste mai fatto soffrire?”.
“Smettila di rivolgerti a me con quel tono così distaccato. Vieni con me per favore”.
Sesshomaru afferrò la mano di Hi e la trascinò in quella che era stata la loro stanza. La yasha cercava di divincolarsi, ma il demone le strinse le spalle e la sbattè violentemente contro il muro.
“Ma sei impazzito?!”, esclamò Hi. “Mi hai fatto male!”.
“Almeno mi parli come si deve”.
“Si può sapere che vuoi?”.
“Voglio spiegarti come stanno le cose”, disse Sesshomaru. “Io non volevo lasciarti. Dopo che abbiamo perso il nostro primo figlio non abbiamo mai parlato davvero dell’accaduto, fingendo che fosse tornato tutto come prima, ma non era così. Tu hai continuato a ritenerti responsabile, come se avessi ucciso i nostri cuccioli con le tue mani. Credi che per me sia stato facile?”.
“Certamente non hai avuto molte difficoltà nel ripudiarmi”, sibilò Hi.
“Io non volevo Hi!”, sospirò Sesshomaru. “E’ stato il consiglio degli anziani a costringermi”.
“Ma di che stai parlando? Non hai mai fatto quello che ti chiedevano se non ti andava. Perché hai cambiato atteggiamento così all’improvviso?”.
“Perché mio padre aveva cominciato a esprimere un parere positivo all’idea di un’amicizia tra gli inu youkai e gli umani”, disse Sesshomaru. “Non posso più sbagliare fin quando non assumerò il potere che mi spetta, o pagherò io i suoi errori. Se gli anziani decidessero di opporsi a mio padre, io dovrò assumere una posizione chiara”.
Hi lo guardava inorridita. “Mi stai dicendo”, disse, “che mi hai ripudiata per non perdere la tua posizione privilegiata? E hai avuto il coraggio di dirmi che mi amavi?”.
“Ti sbagli, io non ti amavo”, disse il demone, mentre Hi spalancava gli occhi argentei. “Io ti amo ancora, Hi”.
“Beh, io invece non ti amo più, Sesshomaru”, disse la yasha con il gelo nello sguardo. “Ho smesso di amarti da molto tempo ormai”.
A quelle parole, Sesshomaru le strinse i polsi e la baciò possessivamente; suo malgrado, Hi non potè impedirsi di rispondere, ma si riprese subito, divincolandosi con forza.
“Non osare mai più Sesshomaru!”.
“Tu menti”, disse il demone passandole l’indice sulle labbra. “Anche tu mi ami ancora”.
Hi lo fissò smarrita per qualche secondo, per poi voltarsi e uscire di corsa. ‘Addio Hi’.

I mesi successivi passarono in fretta, tormentati dall’odio crescente nei confronti di Inu no Taisho, il quale si rifiutava di lasciar perdere Izayoi e il figlio che portava in grembo. La principessa era stata scacciata dalla propria famiglia e costretta a riparare presso il nobile Takemaru Setsuna, che la amava da sempre e inizialmente, non le aveva fatto domande sull’identità del padre o sul rifiuto dei suoi stessi parenti.
Quando ormai il bambino stava per nascere, però, Inu no Taisho fu costretto ad affrontare Ryukotsusei; il demone era davvero potente, tanto che il generale temeva di non farcela, così prima di partire convocò Mito, diventato il capitano dei Dodici, e Hi.
“Ho bisogno di parlarvi”, disse loro.
“Qualcosa vi turba, mio signore?”, chiese Hi.
“E’ così, mia cara. Ryukotsusei ha sconfinato nei nostri territori, non posso più rimandare il nostro scontro”.
“Non vorrete andare da solo?”, chiese Mito.
“Non ho scelta, Mito”, disse il generale. “Non voglio mettere in pericolo nessuno di voi, il mio avversario è fin troppo forte: temo che questa volta non tornerò”.
“Cosa dite?!”, esclamò Mito. “Voi siete il più grande demone mai esistito, avrete ragione anche di Ryukotsusei. Vi chiedo soltanto di portarmi con voi”.
“No. Ho bisogno che tu e Hi facciate dell’altro per me. Voglio che teniate d’occhio gli anziani e… Sesshomaru”.
Così dicendo, il generale rivolse lo sguardo a Hi la quale abbassò la testa, incapace di sostenere il suo sguardo d’ambra, così simile a quello che l’aveva fatta soffrire. “Questo compito può essere svolto da chiunque appartenga ai Dodici, ma voi dovrete sorvegliare Izayoi, se io non dovessi tornare; non credo che dopo la mia scomparsa i vostri compagni rimarranno fedeli a lungo alla mia amata. Farete questo per me?”.
“Faremmo qualunque cosa per voi, mio signore”, disse Mito.
“Ti ringrazio, mio fedele Mito”, disse Inu no Taisho stringendogli la mano; poi si avvicinò a Hi, abbracciandola. “Grazie anche a te, dolce Hi. Per me sei stata la figlia che non ho mai avuto; avrei tanto desiderato vedere crescere i miei nipoti, ma a quanto pare il destino aveva altri piani. Non biasimare Sesshomaru, lui ti ama davvero, ma è giovane e abbagliato dal potere che Keisuke gli promette: un giorno si pentirà di ciò che ti ha fatto”.
“Sarà sempre troppo tardi”, disse Hi. “Ditemi dove dovrò aspettarvi mio signore: vostro figlio nascerà da un giorno all’altro e io vi accompagnerò personalmente dalla principessa Izayoi”.
Inu no Taisho non le rispose, si limitò a dar loro un ultimo sguardo prima di uscire per andare incontro a Ryukotsusei: non lo avrebbero mai più rivisto.

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Capitolo 13
*** 13 ***


Inu no Taisho riuscì a sigillare Ryukotsusei ma rimase ferito a morte e nonostante avesse le ore contate, partì per raggiungere Izayoi, costretto ad affrontare Takemaru; questi, venuto infine a conoscenza delle origini del figlio che la principessa aspettava, schierò i soldati innanzi alle porte del castello perché affrontassero il generale, dopo aver scacciato Hi che si era allontanata senza reagire nel timore di creare problemi al suo signore. In un crescendo di follia, Takemaru aveva ucciso Izayoi, piuttosto che vederla nelle mani di un demone; Inu no Taisho riportò in vita la sua donna e il bambino appena nato grazie al potere curativo di Tenseiga, ma perse la vita scontrandosi con Takemaru nel castello ormai in fiamme.
Grazie alla veste di Inezumi che aveva appena ricevuto dal demone, Izayoi riuscì a scappare insieme a Inuyasha, dirigendosi verso il bosco. Poco oltre il limitare degli alberi, fu raggiunta da Hi che non si era mai allontanata troppo.
“Principessa Izayoi!”, chiamò. “Cosa è successo? Sento puzza di bruciato, state bene?”.
“Io sto bene Hi”, disse la donna. “Ma lui…”.
“Dov’è il mio signore?”.
“Non credo che sia sopravvissuto”, disse Izayoi con la voce rotta dal pianto. “Stava affrontando Takemaru ma era ferito e poi il castello ha preso fuoco. Ha fatto appena in tempo a dirmi che il suo nome dovrà essere Inuyasha, prima di farmi allontanare grazie a questa veste”.
“Inuyasha?”, chiese Hi. “E’ il nome di chi?”.
“Il suo naturalmente”, disse Izayoi mostrandole il bambino che teneva fra le braccia, un piccolo mezzodemone con i capelli d’argento e deliziose orecchie canine.
“Ma è… semplicemente meraviglioso”, disse Hi. “Posso prenderlo?”.
“Certo”, disse la donna porgendogli il neonato.
Non appena fu fra le braccia di Hi Inuyasha aprì finalmente gli occhi, mostrando lo stesso oro che illuminava gli occhi del generale. La yasha non potè trattenersi e restituì in fretta il piccolo alla madre, lasciandosi cadere in ginocchio.
“Mio signore… ma perché? Perché non avete lasciato che Mito venisse con voi?”.
Izayoi stringeva suo figlio fra le braccia guardando fra le lacrime il castello in fiamme, ormai lontano. Anche lei si chiedeva perché la vita dovesse essere tanto ingiusta da strapparle l’uomo che amava nella stessa notte che aveva visto nascere il frutto del loro amore. Hi continuava a tenere lo sguardo basso, incapace di accettare la realtà che l’aveva privata di Sesshomaru e del demone che considerava ormai un padre.
“Principessa”, disse infine. “Devo portarvi al sicuro. Avete un posto dove andare?”.
“Mio padre non mi accetterà”, disse Izayoi. “Forse posso convincerlo a lasciarmi vivere nella nostra residenza nei Territori dell’Est. Accompagnami da lui, ti prego”.
“Certo, mia signora. Vi sentite in grado di reggervi in corsa?”.
La donna annuì appena e Hi si allontanò di qualche passo, mentre i suoi occhi diventavano rossi e il suo viso si allungava assumendo sembianze canine. Scomparve in una luce abbagliante lasciando il posto a un enorme cane dorato con due lunghe code.
“Salitemi in groppa”, disse con voce metallica, accosciandosi.
Izayoi, pur turbata dalla trasformazione, ubbidì senza proferire parola e subito Hi si rialzò, partendo veloce alla volta del castello di Akira. Quando fu in vista della residenza, Hi riprese le sue sembianze di yasha per evitare di essere attaccata dai soldati che sorvegliavano il palazzo. Izayoi fu ricevuta da suo padre, pur se a malincuore, il quale dopo varie preghiere e lacrime accettò infine di lasciare la seconda residenza alla figlia, premettendo che il resto della famiglia non ci sarebbe più andato; nonostante quest’ultima crudeltà, Izayoi non potè che essere grata ad Akira che in ogni caso non la abbandonava a sé stessa. Il viaggio fu organizzato immediatamente e il giorno successivo all’alba partì una carovana, scortata dalla sola Hi e formata da quei servitori che non avevano voluto dire addio alla principessa.

Inuyasha crebbe nelle Terre dell’Est, ignorando per un certo periodo le sue origini demoniache, fino a quando i continui insulti dei cortigiani del palazzo non lo portarono a chiedere a sua madre cosa significasse ‘mezzodemone’. Izayoi pianse per molte notti sul destino crudele che le aveva portato via l’unico che avrebbe potuto proteggere il piccolo Inuyasha da quelle crudeltà, fin quando non tornò con la mente a Hi che non aveva più visto da quando l’aveva accompagnata al castello.
Cominciò a pensare che se la yasha avesse vissuto con loro, certamente sarebbe stata un aiuto prezioso per suo figlio che cominciava a fare i conti con il mistero della sua nascita, ma non avrebbe saputo come rintracciarla. Hi era tornata nelle Terre dell’Ovest salutandola con la promessa di tornare presto, ma gli anni passavano e di lei non si avevano notizie. Una sera, Inuyasha irruppe nella stanza della madre mostrando qualcosa nella manina aperta.
“Madre, guarda”.
“Cosa c’è Inuyasha?”, chiese la donna, chinandosi a osservare suo figlio. Aveva sulla mano quella che sarebbe sembrata una pulce se non fosse stato per le dimensioni decisamente esagerate. “Dove l’hai trovata?”.
“Mi ha morso!”, esclamò il piccolo hanyou.
“Il vostro sangue ha un buon sapore, signorino Inuyasha”, disse in quel momento la pulce. Ignorando le espressioni stupite dei suoi osservatori, proseguì imperterrito. “Io sono Myoga, un fedele servitore di vostro padre e ora sarò il vostro”.
“Nobile Myoga, voi siete la risposta alle mie preghiere!”, esclamò Izayoi.
“Vi ringrazio, mia signora. Cosa posso fare per voi?”.
“Potreste rintracciare Hi?”.
“Hi? La yasha dorata?”, chiese Myoga. “Certamente. Hi si trova nei paraggi; se lo desiderate entro domattina potrebbe presentarsi alle porte del castello”.
“Lo fareste per me? Grazie! Vi prego, partite subito”.
“Sarà fatto, mia signora!”, esclamò la pulce saltellando verso l’esterno.
“Madre chi è Hi?”, chiese Inuyasha quando Myoga fu sparito.
“Hi è un’amica di tuo padre e ha aiutato molto anche me”, disse Izayoi. “Lei è… una demone completa”.
“Allora non mi vorrà neanche lei?”.
“Certo che ti vorrà, invece”, disse la donna dolcemente. “Lei ti ha visto quando eri appena nato sai?”.
“Davvero?”.
“Si. E ha detto che sei ‘semplicemente meraviglioso’. Vedrai che ti vorrà un sacco di bene e tu potrai sempre contare su di lei”.

Il giorno seguente come aveva assicurato Myoga, Hi arrivò al castello, trovando però delle guardie a sbarrarle la strada.
“Ferma dove sei!”, ordinò una di loro.
“La principessa mi sta aspettando. Lasciatemi passare”, disse Hi senza scomporsi.
“Tu non vai da nessuna parte, demone”.
“Mi hai stancata adesso”, disse la yasha, scagliandosi contro le guardie e mettendole fuori combattimento senza ferirle.
Davanti alla sua forza, nessun altro ebbe il coraggio di affrontarla e Hi raggiunse senza problemi le stanze di Izayoi. Quest’ultima vedendola si coprì la bocca con le mani, piangendo di gioia, mentre la demone la abbracciava.
“Quanto mi sei mancata, Hi”, disse.
“Mi siete mancata anche voi, principessa”, disse Hi dolcemente.
“E allora perché non sei mai venuta a trovarmi, prima?”, disse Izayoi fingendosi offesa.  “E’ passato tanto tempo dalla nascita di Inuyasha. Mio figlio è cresciuto ormai, venti anni sono tanti”.
“Già ma su di lui non dovrebbero sembrare così tanti”.
“Infatti è così”, disse la donna. “Voi demoni non date peso al tempo, perché su di voi sembra non scorrere. Ma basta parlare di cose tristi. Vieni ti faccio conoscere Inuyasha”.
Izayoi condusse Hi nel giardino della residenza dove doveva trovarsi il piccolo Inuyasha, ma sembrava sparito nel nulla.
“Dove sarà finito?”, disse Izayoi guardandosi intorno preoccupata. “Inuyasha! Inuyasha, dove sei?”.
Izayoi e Hi superarono il ponte sul piccolo fiume che attraversava il giardino e trovarono l’hanyou rannicchiato in un angolo  con la testa bassa. Izayoi fece per raggiungerlo, ma Hi la trattenne.
“Lasciate andare me”, disse.
La yasha si avvicinò a Inuyasha e si sedette di fronte a lui. “Ciao”, disse. Il piccolo alzò appena la testa per guardarla.
“Che cosa volete?”.
“Io sono Hi, un’amica di tua madre. Cosa ti è successo Inuyasha?”.
“Gli altri bambini mi hanno mandato via”.
“Perché lo hanno fatto?”, chiese Hi gentilmente. “Ti sei forse comportato male?”.
“No!”, esclamò Inuyasha lanciandosi d’istinto fra le braccia della demone. “Io volevo solo giocare con loro, ma mi hanno scacciato perché dicono che con i mezzodemoni non vogliono averci a che fare”.
Hi si rialzò con Inuyasha in collo, accarezzando le piccole orecchie canine. “Inuyasha, tu sai cosa sono i mezzodemoni?”.
“Mia madre dice che sono delle creature particolari, figli di demoni e umani”.
“Non è così Inuyasha”, disse Hi, sorridendo all’espressione stupita di Inuyasha. “Gli hanyou non sono solo particolari, sono esseri meravigliosi. Essi rappresentano l’affetto infinito che i genitori provano per i loro figli e la forza del sentimento che li unisce, tanto intenso da spingerli a dare alla luce il frutto del loro amore nonostante le avversità e i continui ostacoli. Non devi mai vergognarti di quello che sei, Inuyasha: sii sempre fiero di essere un mezzodemone. E poi tu sei bellissimo!”, disse mettendogli un dito sul nasino.
“Grazie signora Hi”, disse Inuyasha tutto rosso. “Però… se io sono così speciale, perché le altre persone mi mandano via?”.
“Perché sono solo degli stupidi. Non sanno cosa voglia dire il vero amore, quello che univa tuo padre a tua madre. Non curarti di loro, tu hai tua madre”.
“E voi signora Hi? Non tornerete più qui?”.
“Non chiamarmi signora! Io sono solo Hi”, disse la yasha. “Se lo desideri verrò a trovarti tutti i giorni”.
“Allora rimani con me Hi”.
“Resterò per un po’ di tempo, Inuyasha”.
Finalmente tranquillo, Inuyasha si lasciò andare contro la sua spalla, mentre Hi sussurrava una dolce canzone
“Natsuhiboshi naze akai?
Yuube kanashii yume wo mita
naite hanashita
akai me yo

Natsuhiboshi naze mayou?
Kieta warashi wo sagashiteru
dakara kanashii
yumewo miru”.
Mentre Hi cantava il piccolo hanyou si era addormentato e lei raggiunse Izayoi.
“Grazie per quello che hai fatto”, disse la donna. “Resterai davvero?”.
“Se voi e Inuyasha avete bisogno di me resterò per qualche settimana”, disse Hi. “Non posso trattenermi oltre perché ho dei doveri come membro dei Dodici; già adesso faccio di tutto per farmi affidare missioni che mi portino qui a Est, ma Mito non potrà coprirmi per sempre”. Izayoi la guardò tristemente. “Non angustiatevi principessa; per il momento rimarrò con voi”.

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Capitolo 14
*** 14 ***


In seguito Hi continuò a far visita regolarmente a Izayoi e Inuyasha. Ormai non aveva più bisogno della copertura delle missioni perché tutti sapevano che andava a trovare il figlio mezzosangue del defunto generale, ma la yasha non se ne preoccupava.
Un giorno, mentre si trovava nelle Terre dell’Ovest, a un consiglio dei Dodici, Myoga la raggiunse con una tragica notizia.
“Nobile Hi è una cosa terribile!”, esclamò la pulce.
“Myoga, ignorando il fatto che hai interrotto il consiglio, cosa è successo?”, chiese Mito.
“La principessa Izayoi…”.
“Cosa?!”, esclamò Hi. “Cosa è successo a Izayoi?”.
“Lei è…morta”, disse Myoga. “La scorsa notte si è addormentata per sempre e ora il signorino Inuyasha è rimasto solo”.
Hi era rimasta come pietrificata, non aveva mosso un muscolo, né detto una parola: continuava a fissare il vuoto davanti a sé. Solo quando sentì il nome di Inuyasha sembrò riprendersi.
“Inuyasha non è solo”, disse. “Noi eravamo i servitori di suo padre, abbiamo protetto la principessa e ora ci occuperemo anche di lui”.
“Aspetta Hi”.
“Cosa c’è che non va Baiko?”, chiese Mito.
“Mito sappi che in questo momento sto parlando a nome di tutti”, disse Baiko. “Sappiamo che tu e tua sorella siete troppo fedeli al ricordo di Inu no Taisho per accettare il nostro pensiero ma…”.
“Ma cosa Baiko? Cosa vorresti dire?”.
“Lascialo parlare Hi!”, esclamò Mito.
“Mito, Hi, noi crediamo che la cosa migliore sia consegnare il mezzodemone al consiglio degli anziani. Keisuke ci ha detto che se non interferiremo manterremo il nostro ruolo e non avremo guai per aver protetto fino a ora la principessa. Lasciate che facciano quello che vogliono del mezzosangue”.
Infuriata come non mai, Hi si scagliò contro Baiko, immobilizzandolo al suolo e materializzando una sfera di fuoco nella mano destra mentre con la sinistra lo stringeva alla gola. “Inuyasha”, disse. “Lui si chiama Inuyasha, è il nome che il generale ha scelto per lui. Lascia che ti dica una cosa, Baiko. Se tu o chiunque altro si avvicina al mio giovane padrone, io vi uccido tutti. Inuyasha non si tocca, dillo pure a Keisuke e a Sesshomaru, che è il nostro nuovo signore”. Così dicendo lasciò andare il demone, non prima di avergli sferrato uno schiaffo con la mano che ancora teneva la sfera infuocata, ustionandogli il viso. “Questo è solo un assaggio. Sono disposta a bruciarvi vivi. Tutti”.
Baiko uscì dalla sala tenendosi la guancia ferita, presto seguito da tutti gli altri esclusi Hi e Mito.
“Sei impazzita?!”, tuonò Mito. “Sei consapevole che in questo momento stanno andando da Keisuke a riferire ciò che hai fatto? Il capo degli anziani ti venera per via della sua stupida profezia, ma questa volta chiederà a Sesshomaru di metterti agli arresti, non ti perdonerà il tuo attaccamento a Inuyasha”.
“Mito, io sto andando dal mio padroncino”, disse Hi. “Vado a prenderlo e lo porto via, prima che Keisuke mandi Baiko a occuparsene. Tu rimani pure, ma sappi che non ci vedremo mai più. Addio”.
“Vai pure Hi”, disse Mito abbracciandola. “Penserò io a trattenerli. Addio sorellina. Ti voglio bene”.
“Ti voglio bene anch’io. Ti prego non correre rischi inutili”.
Staccandosi dall’abbraccio, Mito uscì mentre la yasha prese tra due dita Myoga. “Ascoltami bene, pulce. Tu rimani qui e se mio fratello dovesse trovarsi in pericolo mi verrai a chiamare subito. D’accordo?”.
“M-ma mia signora…”.
“Se ti allontani ti faccio diventare un cubetto di ghiaccio”.
Myoga deglutì rumorosamente e Hi lo rimise sul tavolo al centro della sala, allontanandosi di corsa. All’esterno assunse le sembianze del cane dorato per arrivare più velocemente al castello di Izayoi.

Hi raggiunse i Territori dell’Est in pochi giorni correndo ininterrottamente. Temeva che Baiko non fosse andato da Keisuke, ma a prendere Inuyasha e purtroppo le sue paure sembrarono prendere corpo quando trovò le guardie all’ingresso del castello orribilmente straziate e sentì l’odore del demone dappertutto. Riprendendo le sembianze umanoidi entrò di corsa nel palazzo seguendo le tracce lasciate dal suo nemico: il suo naso la condusse fino al giardino e in lontananza vide Baiko.
“Baiko!”, esclamò avvicinandosi. Quando fu a pochi passi, però, vide che il demone teneva sollevato Inuyasha per il vestito e il piccolo mezzodemone non dava cenni di vita. “Che cosa hai fatto?”.
“Volevo portarlo via”, ghignò Baiko. “Ha opposto resistenza e ho cercato di tramortirlo, ma credo che il suo fragile corpo per metà umano non abbia retto. In queste condizioni non serve a Keisuke”. Così dicendo, il demone gettò di lato Inuyasha. “E adesso veniamo a noi, sgualdrina. La pagherai per quello che mi hai fatto”.
Hi aveva seguito con lo sguardo Inuyasha per poi posare i suoi occhi argentei sulla figura di Baiko; il demone trasalì, vedendo quanto odio vi albergava. Nemmeno nei peggiori combattimenti la yasha gli aveva fatto tanta paura, ma cercò di nascondere il terrore assumendo un atteggiamento spavaldo e fece cenno a Hi di avvicinarsi. Hi materializzò i sai nelle sue mani e si lanciò all’attacco contro Baiko che sfoderò la sua arma, una formidabile ascia bipenne. ‘Devo puntare sull’agilità. Se mi colpisce con quell’affare si mette male per me’. Hi stava correndo contro Baiko che si preparò a colpirla dall’alto non appena giunta nel suo raggio d’azione, ma all’ultimo momento la yasha saltò in alto atterrando dietro di lui e infilzandogli i sai nelle spalle, per poi ritirarsi subito dopo; il combattimento proseguì tra salti e spaventosi colpi d’ascia, ma senza che nessuno riuscisse a prevalere: Hi aveva colpito più volte, ma Baiko era un demone forte e molto resistente e non dava cenno di voler cedere.
“Adesso mi hai stancata, Baiko”, disse Hi puntando il sai rosso contro di lui. Subito delle fiamme si levarono dal terreno avvolgendo il demone che cominciò a urlare e dimenarsi, gettandosi a terra nel tentativo di estinguerle. “E’ inutile che ti agiti tanto, non puoi spegnere quel fuoco; solo io posso farlo e sai una cosa? Non ne ho nessuna intenzione. Ti avevo avvertito di non toccare Inuyasha e mi sembra di averti anche detto che ti avrei bruciato vivo se solo ci avessi provato. Addio Baiko”. Hi tracciò un cerchio in aria con la sua arma e subito il rogo in cui era intrappolato Baiko divenne tanto intenso che in pochi attimi di lui non era rimasta che cenere.
Sistemato il suo nemico, Hi si avvicinò al corpicino di Inuyasha prendendolo fra le braccia e stringendolo al petto. “Perdonami Inuyasha. Non sono stata abbastanza veloce per salvarti”, disse. Allontanandolo un po’, vide due occhi dorati guardarla sofferenti e sentì il proprio cuore accelerare improvvisamente. “Inuyasha! Sei vivo, allora!”.
“Hi”, sussurrò Inuyasha. “Non mi sento bene, mi fa male dappertutto”.
“E’ normale, piccolo mio. Baiko deve averti colpito davvero forte se credeva di averti ucciso. Non ti preoccupare, adesso ci penso io a te”, disse Hi mentre una tenue fiammella si avvolgeva alla sua mano.
“Ma Hi…anche tu vuoi farmi male?”, chiese l’hanyou. “Nemmeno tu mi vuoi bene?”.
“Che cosa dici Inuyasha? Io voglio guarirti: stai tranquillo, non sentirai male”
Hi passò la mano illuminata dal fuoco sul corpo di Inuyasha e le sue ferite furono risanate all’istante; la yasha si rialzò sempre tenendolo in braccio e tornò dentro il castello nella speranza che Baiko non avesse ucciso tutti. Le stanze erano vuote, ma negli alloggi di Izayoi trovò alcuni servitori che si erano nascosti lì.
“Mia signora, Hi!”, esclamò una donna che la conosceva.
“E’ tutto finito, state tranquilli. Il demone è morto e Inuyasha è salvo. Ma Izayoi…”.
“La nostra padrona se ne è andata”, disse la donna in lacrime. Hi sentì che Inuyasha rafforzava la stretta intorno al suo collo. “Si è addormentata e non ha più aperto gli occhi. La sua famiglia l’ha saputo e ha voluto che fosse sepolta nelle Terre dell’Ovest. Per fortuna la carovana era già partita quando quel mostro è arrivato, altrimenti chissà cosa avrebbe fatto del suo corpo”.
“Capisco”, disse Hi. “Non posso disporre di voi, perciò sentitevi liberi di fare quel che vi pare. Inuyasha viene con me, devo proteggerlo da altri demoni di quella risma. Addio”.


X mikamey : purtroppo ho solo la traduzione in inglese della ninna-nanna. L'ho inserita perchè l'ho sentita in degli episodi di Naruto, ma l'adattamento italiano non è la traduzione esatta. Ho sentito la versione cantata in giapponese ed è dolcissima, mi ha preso il cuore! Se vuoi allla fine del prossimo capitolo metterò un'altra nota con quella inglese

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Capitolo 15
*** 15 ***


Dopo aver preso Inuyasha con sé, Hi si diresse verso la catena montuosa a Est sperando di guadagnare abbastanza tempo per potersi nascondere; non si era trasformata in cane perché il mezzodemone era ancora scosso per l’attacco di Baiko e temeva di spaventarlo ancora. Le montagne erano estremamente ripide e Hi era spesso costretta a portare Inuyasha sulle spalle, per oltrepassare passaggi particolarmente pericolosi. Trascorsi due giorni a scalare rocce e massi, il terreno ricominciò a scendere con grande sorpresa di Hi. ‘Non dovrebbe esserci una valle qui. Eppure conosco questi territori, ma non ricordo né altopiani né valli da queste parti. Per fortuna quegli idioti dei miei ex-compagni si sono sempre rifiutati di venire a Est, non mi troveranno mai’. Hi continuò a percorrere il declivio fin quando non vide del fumo in lontananza.
“Guarda Hi”, disse Inuyasha. “C’è del fumo laggiù. Forse c’è un villaggio”.
“Può darsi”, disse Hi. “Andiamo a vedere, coraggio”.
Proprio come aveva detto Inuyasha, un piccolo villaggio si stendeva alle pendici delle montagne che lo sovrastavano: piccole capanne di legno indicavano che doveva trattarsi di un abitato umano, immerso in una specie di paradiso, attraversato da un piccolo ruscello e circondato da una natura rigogliosa. Gli abitanti coltivavano piccoli orti accanto alle abitazioni e diverse pelli stese ad essiccare erano indice di un’intensa attività di caccia. Non appena Inuyasha e Hi misero piede nel perimetro del villaggio, un uomo anziano si avvicinò a loro, sorridendo rassicurante.
“Salve stranieri”, disse. “Cercate qualcosa?”.
“Stiamo fuggendo”, disse Hi. “Siamo demoni e dei nostri simili ci inseguono per ucciderci. Potremmo rimanere qui stanotte? Mio figlio ha bisogno di riposare”, disse indicando Inuyasha che si era nascosto dietro di lei.
“Certamente, per quanto tempo vorrete”, disse il vecchio. “A patto che tu dia una mano. Se decideste di rimanere c’è una capanna a disposizione. Potreste vivere lì”.
Hi rimase colpita dall’offerta dell’uomo: sembrava che non gli importassero le loro origini demoniache, era giunto al punto di offrirle di vivere con loro. La proposta era allettante, ma temeva che se gli inu youkai li avessero trovati avrebbero ucciso anche quelle persone.
“Hi?”, la chiamò Inuyasha. Hi guardò il piccolo, il suo visino stanco e provato e non ebbe più esitazioni.
“Accetto”, disse. “Ditemi cosa devo fare e non creerò problemi. Mi chiamo Hi e lui è Inuyasha”.
“Io sono Murai”.
Da quel giorno, Hi e Inuyasha cominciarono la loro vita finalmente liberi dall’incubo degli inu-youkai e sereni in quel piccolo villaggio nascosto. Con il tempo, Hi si era resa conto che gli abitanti non avevano la più pallida idea di cosa fosse un demone, né tantomeno un mezzodemone e questo aveva reso molto più facile per loro integrarsi. I bambini del villaggio giocavano volentieri con Inuyasha che ben presto riacquistò la sua serenità e grazie all’aiuto di Hi cominciò ad accettare pienamente le sue origini; il loro rapporto divenne sempre più stretto, tanto che l’hanyou cominciò a vederla come la madre che aveva perduto. La yasha aiutava gli uomini nelle battute di caccia grazie alle sue superiori capacità, ma si dava da fare anche negli orti con le donne, meritandosi la benevolenza di tutti.

Per ben cinquant’anni vissero felici in quel posto, fin quando non furono raggiunti da Myoga. Era sera e se ne stavano intorno al fuoco a consumare il loro pasto, quando Inuyasha si tirò uno schiaffo sul collo.
“Cosa c’è Inuyasha?”.
“Qualcosa mi ha punto”, disse Inuyasha guardandosi la mano. “E’ Myoga!”.
“Vecchio Myoga che sorpresa!”, esclamò Hi avvicinandosi a guardarlo. “Come hai fatto a trovarci?”.
“Dovete andarvene e presto anche!”, gridò Myoga.
“Cosa? Perché dovremmo?”, chiese Inuyasha.
“Gli inu youkai sono sulle vostre tracce”, disse la pulce. “Ormai sono giunti alla residenza, fra una settimana al massimo saranno qui”.
“Dannazione!”, esclamò Hi. “E Mito che sta facendo?”.
Myoga cominciò a sudare freddo, tormentandosi le minuscole mani. “Mito non può fare più nulla”.
“Che vuoi dire?”.
“Vostro fratello è morto, nobile Hi”, biascicò Myoga.
“Ti avevo detto di avvertirmi se fosse stato in pericolo! Te la farò pagare, stupida pulce!”.
“N-no as-aspettate”, balbettò il piccolo demone. “Non avreste potuto fare nulla mia signora! Quella notte di tanto tempo fa, non appena voi siete partita i vostri ex-compagni, escluso Baiko, hanno aggredito Mito; non ha avuto nemmeno il tempo di reagire, lo hanno attaccato tutti insieme”.
Hi si prese la testa fra le mani, ripiegandosi su sé stessa. “Oh Mito…perdonami è stata tutta colpa mia, io ti ho coinvolto in questa storia. Non volevo che finisse così, fratello mio”.
“Madre Hi…”.
La yasha si volse verso l’hanyou che la guardava preoccupato. “Inuyasha… andiamo a letto, domani decideremo cosa fare”.
Hi si alzò e andò a stendersi nel suo futon senza più degnare di uno sguardo Inuyasha o Myoga. Il mezzodemone la raggiunse, stendendosi sul suo giaciglio, ma la yasha gli dava le spalle, così cominciò a sussurrarle la ninna-nanna che lei cantava tutte le sere. Hi, intenerita dal gesto del figlio di tirarla su, si rigirò dalla sua parte e lo prese fra le braccia mettendolo a dormire insieme a lei. “Grazie Inuyasha. Dormiresti con me stanotte?”. “Si madre Hi”, disse Inuyasha stringendosi a lei.
La notte trascorse lentamente per Hi che non aveva chiuso occhio, persa nei ricordi della sua vita con Mito: era molto legata a suo fratello maggiore che in ogni situazione aveva sempre cercato di proteggerla. Anche quando aveva sposato Sesshomaru, Mito aveva tentato di difenderla dal dolore che avrebbe provato.
Quando le prime luci dell’alba illuminarono la capanna, Hi decise di alzarsi, ma Inuyasha aveva altri piani: non intendeva lasciarla andare e così la yasha tornò a stendersi. Il mezzodemone dormiva serenamente e un dolce sorriso gli incurvava le labbra. ‘Come è stata crudele la vita con te, mio piccolo Inuyasha. Hai perso tuo padre appena nato e tua madre ti ha lasciato che eri solo un bambino. Ora forse anch’io dovrò lasciarti’.

Finalmente dopo qualche ora Inuyasha decise di svegliarsi e aprì gli occhi dorati, guardandosi intorno fino a fissare in viso Hi che gli sorrideva. “Buongiorno piccolo mio”.
“Buongiorno madre Hi”, disse l’hanyou stropicciandosi il faccino. “Dov’è Myoga?”.
“Eccolo qui”, disse Hi colpendosi il collo. “Buongiorno anche a te Myoga”.
“Perdonatemi, mia signora”.
Non appena Inuyasha uscì per giocare con gli altri bambini, Hi e Myoga tornarono a parlare degli inu youkai.
“Credi davvero che in una settimana saranno qui?”.
“Anche prima se intensificano le ricerche. Dovete andarvene, non avete scelta”.
“Porteresti Inuyasha con te?”, chiese Hi a Myoga.
“Cosa? Volete lasciarlo?”.
“Non ho scelta Myoga”, disse Hi. “Se lui non sarà con me, io farò di tutto per trascinarmi dietro gli inu youkai fino alle Terre del Sud. È l’unico modo che ho di proteggerlo. Se lo portassi con me sarebbe sempre braccato, non voglio che faccia questo genere di vita”.
“E come credete che reagirà?”, disse Myoga. “Si sentirà di nuovo abbandonato e prima o poi verrà a cercarvi”.
“Non lo farà. È un bambino intelligente, capirà che dovrà rimanere nascosto e tu farai in modo che gli inu youkai non lo trovino fin quando non sarà abbastanza grande da difendersi da solo, d’accordo?”.
“Come desiderate, mia signora”, sospirò la pulce rassegnata.
Hi raggiunse all’esterno gli uomini che la attendevano: era giorno di caccia e la yasha pensò di approfittarne per comunicargli che sarebbe andata via. Murai era morto da molto tempo, eppure gli abitanti avevano continuato a voler bene a Hi e Inuyasha, nonostante vedessero la loro diversità; Hi sentiva che non sarebbe stata mai più serena come in quel luogo, tuttavia non poteva permettere che quelle persone soffrissero a causa sua. Desiderava che continuassero a non sapere quanto crudeli potessero essere i demoni e che la loro vita proseguisse nascosta e felice.
Al suo ritorno trovò Inuyasha seduto davanti alla porta della loro capanna, triste e imbronciato. Non appena sentì il suo odore, si alzò per correre ad abbracciarla.
“Cosa c’è Inuyasha?”, chiese Hi preoccupata.
“Myoga mi ha detto che andremo via”, disse Inuyasha. “Io non voglio lasciare la mia casa e i miei amici, sto bene qui! Ti prego madre Hi”.
“Inuyasha ti ricordi di Baiko?”, disse Hi, mentre l’hanyou spalancava gli occhi a quel nome.
“Si madre Hi, ma tu lo hai ucciso, vero?”.
“E’ vero”, disse la yasha. “Proprio per questo i suoi amici mi stanno cercando. Sono arrabbiati e se ci trovassero se la prenderebbero anche con te e con tutte queste persone. Tu non vuoi che facciano del male agli altri bambini, giusto?”. Inuyasha fece segno di no con la testolina. “Bravo, piccolo mio”.
Hi prese Inuyasha per mano ed entrò nella capanna, mettendosi a preparare la cena. In genere parlava tanto con il piccolo hanyou, ma quella sera non riusciva proprio a fare conversazione. Pensava a come fare per convincerlo ad allontanarsi con Myoga, sicura che non avrebbe mai accettato di allontanarsi da lei ed era giunta a un’unica soluzione, la più dolorosa per lei. Dopo cena, provò a parlare con Inuyasha, nella speranza che decidesse di darle retta.
“Inuyasha, tu dovrai andare via con Myoga”.
“E tu quando ci raggiungerai?”, chiese Inuyasha.
Hi sentì una morsa stringersi intorno al proprio cuore. “No, cucciolo, io non verrò con voi”, disse. “Devo andare da un’altra parte per fermare i demoni cattivi. Dovremo stare lontani del tempo, ma ti prometto che quando sarà tutto a posto tornerò da te”.
“No!”, urlò Inuyasha stringendosi al collo di Hi. “Io non vado da nessuna parte senza di te, madre Hi. Se non rimani con me, io non ti lascio”.
Inuyasha che aveva gli occhi chiusi, non vide la luce azzurra che illuminava le mani di Hi. Prima di addormentarsi, sentì solo un forte dolore alla testa e poi una voce dolce che cantava una ninna-nanna.
“Che cosa avete fatto, mia signora?!”, esclamò Myoga.
“Ho congelato i suoi ricordi. Ora Inuyasha non sa più nemmeno chi io sia. Vieni, andiamo”.
All’esterno, Hi cosparse i suoi piedi di minuscoli cristalli di ghiaccio, che le avrebbero impedito di lasciare tracce odorose, facilmente individuabili dagli inu youkai e dopo aver lanciato un ultimo sguardo al villaggio, si allontanò di corsa. Raggiunte le montagne più alte, assunse le sembianze canine e in poche ore raggiunse la valle dove si trovava il castello di Izayoi.
Lontano dal palazzo, trovò una piccola grotta, asciutta e al riparo da sguardi indiscreti e vi entrò per lasciare Inuyasha e Myoga. Lasciando il piccolo sul terreno, le lacrime tornarono a solcarle il viso dopo tanto tempo. “Mi dispiace Inuyasha. In questo momento il mio cuore si è spezzato, ma non posso essere tanto egoista. Se ti lascio sarai al sicuro e forse un giorno ci rivedremo. Addio figlio mio”, così dicendo, Hi si chinò a posare un bacio sulla fronte di Inuyasha, mentre le sue lacrime bagnavano il visino dell’hanyou.
“Myoga”, disse rialzandosi. “Ghiaccerò l’entrata della caverna, così gli inu youkai non sentiranno il suo odore. Non temere, non durerà più di un giorno, ma sufficiente per allontanarli da qui. Vi lascerò anche un fuoco, altrimenti congelereste anche voi. Ti prego, abbi cura di lui”.
Hi materializzò delle fiamme nella parte più lontana della grotta e uscì. Mentre la cortina di ghiaccio chiudeva l’ingresso, Myoga vide che le sue lacrime, per effetto del potere, diventavano fiocchi di neve caduti sul terreno.
Ormai in trappola, il demone pulce sentì un ululato di sfida e subito dopo altri che rispondevano minacciosi; Hi aveva mantenuto la sua parola.

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Capitolo 16
*** 16 ***


Kagome e Sango erano ancora completamente prese da ciò che avevano ascoltato, ma Hi non aveva ancora finito. “Vi ho già detto come tornai nei Territori dell’Ovest, trovando Inuyasha sigillato dalla freccia di Kikyo. Subito dopo, come avrete immaginato, non conobbi il padre umano di Himaru che non esiste affatto. In realtà, all’epoca incontrai per la prima volta Naraku che mi propose di allearmi con lui dopo avermi stupidamente rivelato l’inganno di cui erano stati vittime Inuyasha e Kikyo. Tentai di ucciderlo, ma mi sfuggì”.
“Scusa Hi”, disse Sango, “ma ancora non ci hai detto come è possibile che Himaru sia figlio di Sesshomaru”.
Hi guardò le ragazze con l’espressione più triste che le avessero mai visto. “Vedere Inuyasha in quelle condizioni, mi scosse a tal punto che decisi di ritornare da Sesshomaru. Sapevo per certo che non mi avrebbe scacciata, ma non credevo di essere ancora così innamorata di lui; come pensavo, non mi mandò via, al contrario mi accolse gentilmente e io non riuscii a resistergli. In quel periodo il mio spirito era troppo provato perché avessi la forza di rimanergli lontana, soprattutto quando mi disse che avrebbe voluto risposarmi, così…passai la notte con lui. Il mattino seguente scappai prima che Sesshomaru si svegliasse e…qualche settimana dopo scoprii di aspettare Himaru, ma non potevo ritornare da lui, non prima di sapere se almeno questo cucciolo sarebbe sopravvissuto. Sono rimasta nascosta ai confini del territorio degli inu-youkai fino alla nascita di Himaru. Gli unici a sapere dove mi trovavo erano i miei genitori e furono proprio loro a consigliarmi di non tornare da Sesshomaru; a quanto pare non aveva preso bene la mia fuga e non avrebbe esitato a uccidermi se mi fossi presentata da lui. Per questo motivo sono andata via e ho vagato da un posto all’altro, fino al bosco dove mi avete incontrata. Il resto lo sapete”.
Kagome guardò per qualche secondo Himaru che si era avvicinato a loro e aveva abbracciato la madre. “Hi”, disse. “Perché non vuoi che Sesshomaru sappia la verità?”.
“Ma non capisci Kagome?!”, esclamò Hi. “Lui non mi ha mai compresa, né quando eravamo sposati, né quando sono fuggita l’ultima volta. Sesshomaru pensa esclusivamente a sé stesso, non è più il demone di cui mi sono innamorata”.
“Ti sbagli”, disse Kagome. “Non hai visto la piccola Rin? Il demone che ricordi tu l’avrebbe uccisa, mentre Sesshomaru non solo le ha ridato la vita con Tenseiga, ma le consente di seguirlo. E poi scusa, avrebbe potuto uccidere Himaru, ma non l’ha fatto”.
“Solo perché gli serviva per far parlare me”, disse duramente Hi. “No Kagome. Sesshomaru non merita un erede. Non merita Himaru”.
Così dicendo, la yasha uscì dal laghetto termale con suo figlio in braccio, asciugando entrambi all’istante con il suo potere e rivestendosi. Dopo aver asciugato Himaru, Hi prese in braccio anche Shippo e si occupò anche di lui. “Rimanete pure”, disse a Kagome e Sango. “Io porto i cuccioli a dormire”.
Hi prese in braccio Himaru e Shippo e ritornò verso l’accampamento.
“Kagome”, disse Sango. “Credi che prima o poi Hi rivelerà il suo segreto a Sesshomaru?”.
“Lo spero, Sango. Himaru dovrebbe crescere con entrambi i genitori, ma…Hi è ancora troppo ferita. Solo se riuscirà a perdonare Sesshomaru gli dirà di suo figlio”.

Qualche minuto dopo, Kagome e Sango tornarono anche loro al piccolo accampamento e Inuyasha saltò su non appena le vide.
“Finalmente!” grugnì. “Si può sapere che stavate facendo? Perché ci avete messo tanto?”.
“Inuyasha a cuccia!”
Il rosario schiantò a terra il mezzodemone che per qualche secondo rimase immobile per poi rialzarsi più infuriato che mai. “Ma che ti è preso dannata?!”.
“Che mi è preso? Che cosa vuoi tu, c’è bisogno di urlare in quel modo solo perché siamo rimaste qualche minuto in più alla fonte?”
“Divina Kagome”, intervenne Miroku, “non siate così severa, Inuyasha era solo preoccupato per la vostra incolumità”.
“M-ma che stai dicendo bonzo deviato?!”, sbottò Inuyasha imbarazzato.
“Avanti smettetela di litigare”, disse Hi. “Himaru e Shippo stanno dormendo. Inuyasha, negare è inutile e in ogni caso non ci sarebbe nulla di male a essere preoccupato”.
Il mezzodemone si voltò dall’altra parte incrociando le braccia, mentre i suoi amici ridacchiavano alle sue spalle. Hi si era sistemata fra le radici di un grande albero e teneva in braccio Himaru e Shippo, coperti dalle sue morbide code dorate, accarezzando le loro testoline.
Non passò molto tempo che anche il resto del gruppo andò a dormire, tutti esclusi Inuyasha e Hi. L’hanyou si avvicinò all’albero, sedendosi accanto a Hi.
“Cosa c’è Inuyasha?”.
“Siete state molto tempo al lago”, disse Inuyasha. “Hai raccontato di noi a Kagome e Sango, vero? E scommetto che gli hai anche detto come sia possibile che Himaru sia figlio di Sesshomaru”.
“Sapevo che l’avresti capito”, disse Hi. “Immagino che una volta rimosso il ghiaccio che lo camuffava, anche il suo odore sia diventato percepibile”.
“Io non voglio saperlo. Mi basta sapere che dirai la verità a mio fratello”.
“Non posso Inuyasha”, disse Hi distogliendo lo sguardo.
“Devi farlo!”, esclamò Inuyasha. “Himaru ha bisogno di un padre e per quanto non mi stia molto simpatico, anche Sesshomaru ha il diritto di sapere”.
“Posso crescere da sola mio figlio”, disse Hi. “In fondo se non fosse stato per gli inu youkai avrei allevato perfettamente anche te”.
“Io sentivo la mancanza di un padre”, disse Inuyasha. “Sei stata una madre splendida, ma non potevi sostituire entrambi i miei genitori. Ascoltami, madre Hi, devi dire a Sesshomaru e al tuo cucciolo la verità”.
“Credi forse che Sesshomaru accoglierà me e suo figlio a braccia aperte? Tuo fratello non è più il demone che ho sposato, quello che partiva per improbabili missioni insieme a me e Mito, che mi ha amata. So che hai ragione e che deve sapere di Himaru, ma…il mio cuore rifiuta di accettare quello che la mente ha già compreso”.
“Ti capisco, madre Hi, però promettimi che ci rifletterai”, disse Inuyasha sedendosi accanto a lei.
“Te lo prometto, Inuyasha”.

Il mattino seguente ripartirono alla ricerca di Naraku in compagnia di Hi, che aveva deciso di continuare a viaggiare con loro, almeno per un po’. La yasha sembrava essere tornata quella che avevano conosciuto, parlava e rideva con tutti e giocava spesso con i cuccioli, ma ora in fondo ai suoi occhi si era annidata un’ombra di dolore.
Prima di mezzogiorno scorsero in lontananza un villaggio e si incamminarono per raggiungerlo, ma prima che potessero entrarvi, Inuyasha e Hi sentirono un odore nauseabondo provenirne. Si scambiarono uno sguardo d’intesa e subito l’hanyou fermò i suoi compagni, mentre Hi si avvicinò di soppiatto per controllare la situazione.
“Inuyasha che succede?”, chiese Kagome.
“Dal villaggio viene un forte odore di sangue umano”, disse Inuyasha. “E un altro che non conosco. Hi è andata a verificare se ci sia ancora pericolo”.
“Io non sento nessuna aura demoniaca”, intervenne Miroku.
“Già, nemmeno io”, disse Kagome.
“Vado a vedere che succede”, disse l’hanyou. “Voi rimanete qui”.
Non appena giunse al centro del villaggio, Inuyasha si avvicinò a Hi che fissava il cadavere di un bambino ai suoi piedi. Aveva uno sguardo che l’hanyou non aveva mai visto, sembrava…colpevole.
“E’ tutto a posto, madre Hi?”, chiese.
La yasha si voltò finalmente a guardarlo. “Si Inuyasha è tutto a…”, non terminò la frase, puntando gli occhi sbarrati verso l’esterno del villaggio. “Come è possibile? Tu qui?”.


X mikamey:ecco la ninna-nanna in inglese e l'adattamento italiano
Summer star
Summer star, why are you red?
Last night I had a sad dream.
Crying as I talked
Oh, red eyes.

Summer star, are you lost?
You are searching for we who disappeared.
That's why I have sad dreams

Stella rossa
Stella rossa che guardi da lassù
questa notte un sogno triste ho fatto sai
lacrime velan gli occhi e tu
tu risponder non sai

Stella rossa che guardi da lassù
hai cercato invano il mio grande amor
e cosi ora non c'è più
pace dentro il mio cuor

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Capitolo 17
*** 17 ***


Inuyasha seguì lo sguardo di Hi, vedendo quello che sembrava un demone cane avvicinarsi a loro. Era certo di non conoscerlo, eppure aveva qualcosa di familiare. Terribilmente familiare.
“Baiko”, sussurrò appena Hi.
“Baiko?!”, esclamò Inuyasha. “Ma come è possibile? Sarà passato un secolo da quando lo hai eliminato!”.
“Lo so, Inuyasha!”, esclamò Hi alzando la voce. “E’ questo che è strano. E poi non ti sei accorto di nulla? Questo demone non ha odore, né aura demoniaca, non può essere lui”.
Il presunto Baiko non attese oltre, lanciandosi all’attacco contro i due che lo schivarono facilmente. Inuyasha sfoderò Tessaiga e scagliò la sua Cicatrice del Vento che ridusse in polvere lo youkai.
“Tsk! Non era poi così forte!”.
“Non fare lo spaccone, cucciolo”, disse Hi. “Quello non era il vero Baiko”.
Così dicendo, Hi si diresse verso il punto esatto in cui Inuyasha aveva distrutto il loro nemico, chinandosi a prendere qualcosa.
“Guarda”, disse a Inuyasha mostrando una piccola statuetta di pietra che riproduceva alla perfezione il defunto demone. “Questo è un ayatsuri”.
“Un ayatsuri? E che cosa sarebbe?”.
“Un burattino”, disse Hi. “Il demone che li controlla legge nella mente delle persone e crea queste statuine riproducendo un nemico della sua vittima”.
“Per questo Baiko non aveva né aura demoniaca né odore”, disse Inuyasha. “Questo youkai non deve essere molto potente; definire debole quel fantoccio sarebbe un eufemismo”.
“Non sottovalutarlo, Inuyasha”, disse Hi. “Tsukurite, il creatore dei burattini vive sulle montagne a Ovest di qui”.
“Non vedo montagne qui vicino”, disse Inuyasha guardandosi attorno.
“Appunto”, disse la yasha dirigendosi verso Kagome e gli altri.
“Cosa è successo Hi?”, chiese Kagome.
“Abbiamo a che fare con un nemico molto subdolo”, disse la yasha. “E’ un demone burattinaio; nelle sue condizioni normali non dovrebbe essere un grosso problema, ma comincio a credere che abbia trovato un frammento della Sfera”.
“Allora dobbiamo cercarlo”, disse Miroku.
“Io lo cercherò”, disse Hi. “Tsukurite è perfido, vi rivolterebbe contro i vostri stessi ricordi. Inoltre, la portata del suo potere si è allargata a dismisura, ha attaccato questo villaggio pur vivendo sulla catena montuosa che si trova a Ovest di qui. A due giorni di cammino”.
“Non puoi andare da sola, madre Hi”, disse Inuyasha.
“Infatti porterò Himaru con me”, disse Hi.
“Non è il momento di scherzare!”, esclamò l’hanyou.
Hi gli sorrise rassicurante, posandogli una mano sulla guancia. “Inuyasha ho mai mancato a una promessa?”.
“No”.
“Bene. Ti prometto che tornerò per riportarvi il frammento della Sfera che Tsukurite ha ottenuto”. Hi prese in braccio Himaru, voltando le spalle al resto del gruppo. “Ci vediamo fra qualche giorno”, disse allontanandosi.
 
Dopo aver seppellito gli abitanti del villaggio, il gruppo di Inuyasha si ritrovò indeciso sul da farsi; il mezzodemone avrebbe voluto seguire Hi, nonostante Kagome e Miroku lo invitassero a rispettare la sua volontà. Continuava ad andare avanti e indietro, ringhiando e stringendo i pugni per la rabbia.
“Inuyasha, smettila di fare così, siediti”, disse Kagome.
“Lasciami in pace”.
“Avanti, fermati”.
“Ti ho detto di lasciarmi stare!”
“E va bene!”, sbottò Kagome arrabbiatissima. “Continua a passeggiare, segui Hi se è quello che vuoi, ma smettila di comportarti così! A cuccia!”.
Inuyasha rimase qualche istante schiacciato sul terreno, mentre gli amici lo guardavano sconsolati.
“Inuyasha non imparerà mai”, disse Sango, scuotendo la testa.
“Hai ragione Sango”, disse Shippo.
“La divina Kagome ha centrato il problema”, disse Miroku. “Inuyasha vorrebbe seguire Hi, ma a quanto pare quella yasha deve essere stata una madre amorevole ma severa. Inuyasha ha paura di disubbidirle”.
“Io non ho paura, stupido bonzo deviato!”, esclamò Inuyasha. “Anzi, sai cosa farò? Seguirò mia madre e la aiuterò contro quel demone”.
“Va bene, allora andiamo”, disse Kagome caricandosi lo zaino giallo sulle spalle.
“Ho detto che la seguirò, non che voi verrete con me”, disse l’hanyou.
Kagome continuò a pregarlo di cambiare idea, ma nonostante avesse fatto ricorso a tutti i metodi di persuasione che conosceva, dall’offrirgli doppia razione di cibo ninja a una ventina di ‘A cuccia’, l’hanyou fu irremovibile e dovette rassegnarsi a lasciarlo partire da solo mentre lei e gli altri ritornarono al villaggio di Musashi.
 
Dopo aver parlato con Hi, Sesshomaru si era allontanato nella direzione opposta fino al mattino seguente, continuando però a rimuginare su ciò che gli aveva detto la yasha. Lei sosteneva di aver sempre desiderato dargli un erede, ma di non esserci riuscita. ‘Perché? Per quale motivo le riesce così facile convincermi? Non posso fare a meno di crederle, eppure…chi sarà il padre di quel moccioso? Chi ha osato?’.
Il demone si fermò improvvisamente e Jaken che lo seguiva, andò a sbattergli contro. “Pe-perdonatemi Pa-padron Sesshomaru!”, balbettò il demone rospo gettandosi ai suoi piedi.
“Jaken”, disse Sesshomaru, “c’è un lago con una cascata a sud di qui. Aspettatemi lì”.
“Signor Sesshomaru dove andate?”, chiese la piccola Rin.
Il demone non rispose, ritornando sui propri passi fino al luogo dove aveva incontrato Hi. Seguendo il suo odore giunse alla fonte termale dove la yasha aveva fatto il bagno e improvvisamente, immagini di Hi si susseguirono dolorose nella sua mente; ripensò al giorno del loro matrimonio, a quando gli aveva detto di aspettare suo figlio con quel sorriso speciale che era solo per lui. E purtroppo ricordò anche come le avesse spezzato il cuore ripudiandola per ottenere il potere. Un ghigno gli attraversò il viso a quel pensiero: era stato talmente sciocco da pensare che Keisuke fosse determinante per avere il dominio dei Territori dell’Ovest. Si riscosse immediatamente, riprendendo a seguire il profumo di Hi; non c’era tempo per indugiare nel passato, ora gli premeva di più sapere chi avesse osato fare sua la yasha.
Qualche ora dopo mezzogiorno, raggiunse il villaggio attaccato da Tsukurite e anche laggiù sentì l’odore della demone, insieme a quello del sangue umano. Guardandosi intorno, vide i segni di una grande devastazione: le capanne portavano visibili i segni di un attacco, alcune avevano il tetto divelto, le pareti di altre erano sfondate, altre ancora si erano accartocciate su loro stesse. Insieme all’odore di Hi, percepì chiaramente quello del fratellastro e degli umani che si portava dietro. ‘Cominci davvero a irritarmi, Inuyasha’.
Sesshomaru si rese conto che la sua strada lo portava verso Ovest e conoscendola, capì che Hi doveva essersi recata al covo del demone responsabile dell’attacco. Istintivamente accelerò il passo e al calare del sole raggiunse finalmente la yasha, accompagnata con suo grande disappunto da Inuyasha e dal cucciolo.
“Sesshomaru!”, esclamò Hi. “Cosa ci fai tu qui?”.
“Ho bisogno di parlarti. Da solo”.
“Mi dispiace per te, Sesshomaru”, intervenne Inuyasha. “Ma abbiamo una missione da svolgere, dovrai aspettare prima di avere la possibilità di parlarle”.
“Vattene Inuyasha”, disse Sesshomaru gelidamente.
“Ti ho già detto che non ne ho intenzione”.
“Vorrà dire che verrò con voi”, disse il Principe dell’Ovest. “Compiremo questa missione e poi tu te ne andrai”.
Hi era rimasta sconvolta alle parole di Sesshomaru. ‘Che cosa vorrà mai? Che voglia sapere chi è il padre di Himaru…no! Non potrei mentirgli su questo!’. Hi abbassò lo sguardo su Himaru che teneva fra le braccia; poi guardò Sesshomaru, notando la somiglianza tra i due.
“Sesshomaru”, disse, “non è necessario che tu venga con noi. Quando tornerò potremo parlare”.
“Ti ho già detto che verrò anch’io. Non farmelo ripetere”.
“E va bene”, disse Hi, riprendendo il suo cammino, completamente sorda alle proteste di Inuyasha. ‘Oh Kami, aiutatemi!”.

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Capitolo 18
*** 18 ***


Il viaggio fino alle montagne si rivelò per Hi più difficile del previsto: Sesshomaru manteneva il suo atteggiamento gelido e Inuyasha non faceva nulla per evitare di irritarlo. La yasha aveva anche notato che ogni tanto il Principe dell’Ovest lanciava occhiate furtive a Himaru e a lei; era certa di non sbagliare, Sesshomaru li aveva raggiunti perché voleva sapere chi era il padre del cucciolo.
Quando infine raggiunsero le montagne, Hi tirò un sospiro di sollievo: ancora poche ore e Sesshomaru sarebbe andato via, sparendo dalla sua… dalle loro vite. Una fitta dolorosa le attraversò il cuore a quel pensiero: poche ore e una parte della sua anima si sarebbe allontanata per sempre.
Il covo di Tsukurite si trovava ai piedi della catena montuosa e vi si accedeva tramite una galleria che si trovava proprio di fronte a loro.
“Ci siamo”, disse Hi. “Questa è l’entrata. Tsukurite si trova dentro questa montagna”.
“Tsukurite?!”, chiese sarcastico Sesshomaru. “Vuoi dire che siamo venuti in tre per eliminare quel patetico burattinaio?”.
“Ti ricordo che nessuno ti ha chiesto di seguirci”, disse duramente Hi. “E comunque Tsukurite è diventato molto più potente. Ha creato Baiko dai ricordi miei e di Inuyasha in un villaggio a due giorni di cammino da qui; io non intendo lasciare che crei ulteriori danni agli esseri umani. A te non interessa di loro, ma io continuerò a proteggerli”. Hi fissò Sesshomaru dritto negli occhi. “Lo farò in memoria di tuo padre e del suo amore per la principessa Izayoi”.
Sesshomaru allargò impercettibilmente gli occhi e schiaffeggiò violentemente Hi. “Non osare parlare di mio padre”, ringhiò. “Non infangare il suo nome affiancandolo a quell’insulsa umana”.
Inuyasha fece per intervenire ma Hi gli fece cenno di fermarsi. “Sei tu che offendi Inu no Taisho”, disse la yasha stringendo i pugni. “Lo fai ogni volta che disprezzi tuo fratello che lui amava al punto di dare la vita per salvarlo; ogni volta che pronunci con alterigia il nome di Inuyasha che scelse lui stesso. E lo ricopri di ignominia quando i tuoi artigli si sporcano senza ragione del sangue degli esseri umani”.
Sesshomaru rimase colpito dalle parole di Hi e si irrigidì, mentre la yasha si chinò a prendere in braccio Himaru; il cucciolo le posò una manina sulla guancia colpita.
“Ti ha fatto male, madre?”, chiese.
“No, Himaru”, disse Hi con un dolce sorriso. “Non mi ha fatto male…non con quello schiaffo. Andiamo Inuyasha”.
L’hanyou non se lo fece ripetere e seguì Hi all’interno della galleria, mentre Sesshomaru restò a guardarli fin quando non sparirono nel buio della grotta. Hi riusciva sempre a sconvolgerlo, anche solo con una parola o un gesto e questa era una cosa che non riusciva ad accettare, così senza attendere oltre si incamminò per raggiungerla.
 
Hi e Inuyasha si addentrarono per diverse decine di metri nella galleria senza incontrare ostacoli e l’hanyou cominciava a dare segni di impazienza.
“Madre Hi, sei certa di trovarlo qui?”, sbuffò. “Stiamo camminando da un po’ ormai e non c’è neanche l’ombra di questo Tsukurite”.
“Sono sicura Inuyasha”, disse la demone. “Vorrei poterti dire che non si è accorto di noi, ma credo che stia soltanto pregustando il momento in cui ci avrà nelle sue mani. Non desidero sapere quale burattino creerà questa volta, ma temo che lo incontreremo presto”.
“Tu come conosci questo demone?”, disse Inuyasha.
“Si alleò con Naraku in uno dei suoi tentativi di portarmi dalla sua parte. Non so cosa gli avesse promesso quel verme, ma allora i suoi poteri non erano così estesi e non riuscì a mettermi in difficoltà tanto da costringermi a cedere. È successo poco tempo fa, credo circa sei mesi, quando mi nascosi nel bosco in cui ci siamo incontrati e da allora Naraku non ha più tentato…credo che Kagura abbia agito autonomamente nel tentativo di compiacerlo, forse sperando che quel mostro le restituisse il cuore”.
“Allora Naraku ti lascerà in pace”.
“Si, credo proprio di si”, disse Hi. “Ma io non gliela farò passare liscia: se dovessi incontrarlo, lo ucciderò”.
Inuyasha le sorrise e ripresero il loro cammino silenzioso, fin quando non videro un’ombra pochi metri più avanti. Hi aguzzò la vista, sussultando sorpresa quando capì chi aveva davanti.
“Di nuovo?”, disse annoiata. “Tsukurite mi deludi, creare di nuovo Baiko!”.
Nessuno rispose alla provocazione della yasha, ma l’ayatsuri si scagliò contro di loro impugnando la sua enorme ascia. Hi posò a terra Himaru e si lanciò contro Baiko spingendo indietro Inuyasha che stava per sfoderare Tessaiga.
“Baiko è mio”, disse tornando all’attacco. Il burattino si trovò presto in difficoltà, ma quando Hi stava per dargli il colpo di grazia, li raggiunse Sesshomaru.
“Credevo che aveste sconfitto quel fantoccio al villaggio degli umani”, disse a Inuyasha.
“Infatti”, rispose l’hanyou. “Ma Tsukurite l’ha ricreato”.
Hi rivolse lo sguardo a Sesshomaru per alcuni secondi, pochi ma sufficienti per dare il tempo a Baiko di lanciare un colpo energetico contro il suolo della grotta che cominciò a frantumarsi sotto i piedi della yasha. Questa non fece in tempo a scansarsi e cominciò a precipitare, mentre Sesshomaru si lanciava d’istinto verso di lei, afferrandole una mano e cadendo con lei; Inuyasha aveva preso Himaru, ma il colpo di Baiko aveva una portata abbastanza vasta da distruggere anche le rocce sotto di lui che finì per precipitare a sua volta.

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Capitolo 19
*** 19 ***


Hi aprì lentamente gli occhi e si tirò su a fatica, tentando di ricordare ciò che era accaduto e fece per toccarsi la testa, quando sentì qualcosa trattenerle la mano: Sesshomaru la stava ancora tenendo stretta nella sua e improvvisamente la yasha ricordò tutto. L’ayatsuri con le sembianze di Baiko aveva frantumato il suolo della grotta per farla precipitare, ma Sesshomaru si era lanciato su di lei e le aveva afferrato la mano, finendo a sua volta nella voragine; mentre cadevano nel vuoto, il demone l’aveva stretta a sé per impedire che si facesse male ed avevano continuato a scendere per un tempo che le era sembrato infinito. Probabilmente aveva perso i sensi nella caduta, mentre Sesshomaru doveva aver trovato il modo di atterrare senza danno e ora la fissava con quei suoi magnifici occhi, senza lasciarla.
“Sesshomaru, tu…”, cominciò Hi, bloccandosi subito.
“Ti ho salvata”, disse Sesshomaru. “E non chiedermi il perché. Non lo so nemmeno io”. Mentre pronunciava queste parole, però, il demone aveva intrecciato le dita con quelle di Hi. La yasha sussultò a quel contatto inatteso e ritrasse subito la mano, voltandogli le spalle: aveva paura di quello che sarebbe successo se avesse lasciato che l’amore per Sesshomaru prendesse di nuovo il sopravvento sul suo animo.
Sesshomaru dal canto suo, pur deluso dal comportamento di Hi, mantenne la sua solita maschera di fredda indifferenza e si alzò, aiutandola a fare altrettanto.
“Troviamo una via d’uscita”, disse.
Hi si limitò ad annuire, incapace di sostenere il suo sguardo, e si incamminò dietro di lui, continuando a fissare la sua schiena; non aveva la forza di affrontare i problemi che li dividevano: odiarlo era infinitamente più facile. Sesshomaru sembrava sicuro della strada che stava percorrendo, ma Hi non era altrettanto convinta. “Dove stiamo andando?”, chiese.
“Stiamo uscendo”.
“Ma…Himaru? E Inuyasha?”
“Non abbiamo tempo per loro”.
“Che diavolo stai dicendo?!”, esclamò Hi. “Non me ne vado di qui senza i miei figli!”, così dicendo, la yasha si voltò e cominciò a correre nella direzione da cui erano venuti.
“Dannazione!”, imprecò Sesshomaru inseguendola. “Fermati Hi!”, urlò afferrandola per un braccio.
“Lasciami andare Sesshomaru!”, esclamò Hi, tentando di divincolarsi. “Devo trovarli!”.
“Sono caduti anche loro!”, disse lo youkai. “Se non sono con noi, evidentemente Tsukurite li ha catturati, dobbiamo trovare lui”.
La yasha sembrò calmarsi e Sesshomaru le lasciò il braccio. “Allora troviamolo”, disse. “So che non ti interessa della loro sorte, ma ti prego… aiutami a salvarli!”.
Sesshomaru non rispose, guardandola intensamente negli occhi, ma Hi aveva capito che quello era un assenso; felice della decisione presa dallo youkai si lanciò fra le sue braccia senza pensare e fece per scostarsi quando si rese conto di ciò che aveva fatto, ma Sesshomaru la strinse a sua volta.
“Mi manchi Hi”, sussurrò. Hi spalancò gli occhi a quelle parole, mentre dopo tanto tempo le lacrime tornarono prepotenti a bagnarle le guance. “Come siamo arrivati a questo punto, Sesshomaru?”, bisbigliò. “Io ti amavo…ti amo più della mia stessa vita”.
Il demone non rispose subito e Hi alzò il viso per guardarlo; Sesshomaru la fissò a sua volta e si chinò a catturare le sue labbra in un bacio dolce e delicato, cui la yasha non potè impedirsi di rispondere, cingendogli il collo con le braccia. Sesshomaru si staccò da lei, ma i loro visi rimanevano ancora vicinissimi. “Ricominciamo Hi”, le disse sulle labbra. “Non mi interessa se non puoi darmi un erede. Non ho ancora intenzione di morire”. La yasha sorrise per quell’affermazione, ma si sentiva terribilmente in colpa: se avesse accettato cosa sarebbe successo quando Sesshomaru avrebbe saputo di Himaru? Sarebbe finita di nuovo e lei non avrebbe potuto sopportare un’altra separazione.
“Non è così facile”, disse. “Ci sono delle cose di me che ti ho tenuto nascoste e mi odierai quando verrai a saperlo”.
Le labbra di Sesshomaru si incresparono in un sorriso. “L’odio è l’unico sentimento che non potrei mai provare nei tuoi confronti”, disse accarezzandole il viso. “Mi sono arrabbiato, ho sentito rancore, ho persino…sofferto per te. Ma neanche fra mille anni potrei odiarti”.
“Sesshomaru quello che ti ho nascosto è molto grave. Ascolta: prima distruggiamo Tsukurite e salviamo i miei cuccioli; poi ti rivelerò la verità e solo allora mi dirai se vorrai ancora ricominciare”.
“D’accordo”, disse Sesshomaru. “Ma sappi che non aspetterò un minuto di più”, disse baciandola di nuovo.
 
Sesshomaru e Hi si erano subito messi alla ricerca di Tsukurite, ma la grotta in cui erano precipitati sembrava non avere fine. Camminavano da ore, eppure non vedevano altro che sassi e rocce, niente che desse loro un indizio sulla via da seguire, finchè non raggiunsero un bivio.
“Perfetto”, disse Hi. “Almeno il paesaggio è cambiato”.
“Non è il momento di fare dell’ironia”, disse Sesshomaru. “Piuttosto, quale direzione prenderemo?”.
“Dividiamoci”.
“Non se ne parla”.
“Sesshomaru, è l’unico modo”, disse Hi. “Non sento provenire l’odore di Tsukurite da nessuna delle due grotte, che tra l’altro sono perfettamente identiche. Non abbiamo scelta, dividendoci almeno uno dei due lo troverà”.
“Vorrei ricordarti che a me non importa nulla di lui o dei suoi prigionieri”, disse Sesshomaru.
“Dovrebbe invece”, disse la yasha, mordendosi la lingua quando realizzò che cosa aveva detto.
“Sai bene come la penso riguardo Inuyasha”, disse Sesshomaru. “Ma visto che tieni così tanto a lui, lo salverò. Li salverò entrambi”.
“Grazie Sesshomaru”, disse Hi, sorridendo. Fece per stringergli il braccio sinistro, quando si rese conto di avere solo stoffa fra le mani. “Ma… Che cosa ti è successo?”.
“Immagino che Inuyasha non ti abbia detto nulla”, disse Sesshomaru. “Quando ha risvegliato per la prima volta i poteri di Tessaiga mi ha tagliato via un braccio; o forse dovrei dire una zampa visto che ero in sembianze canine”.
Hi lo guardò negli occhi per un istante, poi alzò le mani che furono circondate da lingue di fuoco. “Alza la manica del kimono”, disse. Il demone fece quanto gli era stato detto senza obiettare; si fidava ciecamente di Hi. La yasha gli posò entrambe le mani sulla spalla e le fiamme attraverso le sue dita si avvolsero intorno a quello che avrebbe dovuto essere il braccio di Sesshomaru. Questi sentì un fortissimo calore pervadergli la spalla e inspiegabilmente, l’arto mancante; gli sembrava che nelle sue vene scorresse magma incandescente, ma non si mosse di un millimetro, né cambiò espressione. Passò un minuto o forse due, dopodiché Sesshomaru potè nuovamente flettere le dita della mano sinistra, apparentemente incredulo.
“Da quando hai poteri curativi?”, disse.
“E’ solo il potere del fuoco”, disse Hi, sedendosi sfinita sul terreno. “Posso dominare il calore in tutte le sue forme, distruttive e non. Le fiamme sono un elemento negativo, ma sono viste anche come il fuoco che dà la vita: quando decido di curare qualcuno è a quella sfera che faccio ricorso”.
“Interessante”.
“Si, molto”, disse Hi rimettendosi in piedi. “E anche questa è fatta, adesso possiamo andare. Seguiamo queste strade, vediamo dove conducono. Se dovessi arrivare all’esterno tornerò indietro e imboccherò la galleria che avrai seguito tu. A più tardi, Sesshomaru”.
La yasha fece per allontanarsi quando Sesshomaru le prese la mano. “Sta’ attenta”, disse soltanto prima di incamminarsi a sua volta.

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Capitolo 20
*** 20 ***


Hi imboccò la galleria scelta e si allontanò decisa; non avrebbe voluto lasciare Sesshomaru proprio ora che si stavano riavvicinando, ma non poteva nemmeno permettere a Tsukurite di far del male a Inuyasha o Himaru. Improvvisamente, però, vide tutto intorno a sé girare e fu colta da un forte senso di spossamento che la costrinse ad appoggiarsi alla parete rocciosa. ‘Maledizione, ho esagerato… Non avrei dovuto forzare a quel modo i miei poteri. Spero solo di avere abbastanza energie per salvare Inuyasha e Himaru’. La yasha si rialzò faticosamente e riprese il suo cammino, che durò ancora poco: circa due ore dopo aver scelto la strada da percorrere, avvertì un cambiamento nell’aria, che si faceva più pulita. Cominciò a correre nella speranza di trovare i suoi cuccioli, ma arrivò soltanto all’uscita della grotta; finalmente potè rivedere il cielo sopra la sua testa e capì immediatamente perché non aveva visto la luce del sole filtrare attraverso il varco: dovevano essere passate diverse ore da quando erano entrati perché ormai era scesa la notte. Stava per tornare indietro quando notò qualcosa di rosso ai piedi di un albero poco più in là.
“Inuyasha!”, urlò correndo verso di lui. Il mezzodemone era accasciato ai piedi di un albero, orrendamente ferito all’addome e perdeva molto sangue. Quando la vide arrivare si tirò su, stringendo i denti.
“Madre Hi…sei salva”, biascicò.
“Si Inuyasha”, disse Hi sorreggendolo. “Sesshomaru mi ha salvata, ma a te cos’è successo?”.
“Avevi ragione, avevo sottovalutato quel Baiko”, disse l’hanyou. Improvvisamente cambiò espressione, guardandola sofferente. “Ti prego…perdonami”.
“Inuyasha ma che stai dicendo? Che cosa dovrei perdonarti?”.
“Himaru…non sono riuscito a…proteggerlo”.
“Che cosa vuoi dire?!”, sussurrò Hi pallida come un cencio.
“Tsukurite l’ha…rapito”, disse Inuyasha prima che uno spasmo doloroso gli facesse stringere i denti.
Hi invece tirò un sospiro di sollievo. “Non ti preoccupare Inuyasha, Himaru starà benissimo”, disse. “Ora devo occuparmi di te. Stai fermo”. Hi fece nuovamente ricorso al suo potere guarendo la ferita di Inuyasha. L’hanyou saltò su immediatamente pronto a lanciarsi di nuovo nel covo di Tsukurite, ma si fermò vedendo che Hi non lo seguiva.
“Madre Hi, qualcosa non va?”, disse.
“Ho bisogno di riposare Inuyasha”, disse stancamente Hi. “Non posso usare così tanto i miei poteri pensando di non pagarne le conseguenze. Tu devi rimanermi vicino, non sono sicura di potermi difendere in queste condizioni”.
Inuyasha tornò vicino a lei e si inginocchiò dandole la schiena. “Vorrà dire che ti porterò sulle spalle”, disse. “Dobbiamo andare a salvare Himaru”.
“Non temere per lui”, disse la yasha. “Sesshomaru lo sta cercando. Sarà lui a salvare suo figlio!”.
 
‘Dove diamine conduce questa galleria?’. Sesshomaru camminava ormai da qualche ora e non era ancora uscito dal tunnel. Improvvisamente il terreno cominciò a salire e contemporaneamente le pareti della grotta cambiarono: erano distorte, come frutto di un’illusione e il demone si fermò, guardandosi intorno e cercando di capire, quando una voce risuonò nell’aria.
“Nobile Sesshomaru”, disse. “Che onore averla qui, nella mia umile dimora”.
“Tsukurite smettila di nasconderti. Sai che ti troverò comunque”.
“Ma come, mio signore?”, disse Tsukurite rimanendo nascosto. “Volete dire che siete qui per fermarmi? E perché mai? Forse per evitare che io uccida altri esseri umani?”.
“Non mi interessano gli umani”, disse Sesshomaru.
“Oh, certamente. A voi interessa solo la vostra sposa, la bella Hi”. Sesshomaru alzò appena un sopracciglio. “Non siate stupito, dovreste sapere che posso leggere nella mente a mio piacimento… Conosco ogni dettaglio delle vostre vite, compreso il quesito che vorreste porle e la relativa risposta. Non desiderate che ve lo dica?”.
“Posso chiederlo a Hi”, disse Sesshomaru. “Sono certo che mi dirà la verità. Adesso basta giocare, vieni fuori!”.
Tsukurite si materializzò improvvisamente davanti a Sesshomaru, mentre le pareti illusorie svanivano mostrando una grande camera illuminata da decine di torce appese alle pareti di roccia. Il demone burattinaio si trovava pochi passi davanti al Principe dell’Ovest, che non si preoccupò di reprimere un moto di disgusto: Tsukurite appariva come un disgraziato incrocio tra un uomo e un rospo, con la pelle verde e grinzosa; vestiva come un dignitario di alto rango con uno sfarzoso kimono di seta e portava due ridicoli e sottili baffetti neri.
Il piccolo Himaru si trovava in una gabbia che pendeva dal soffitto proprio al centro della stanza, aggrappato alle sbarre, mentre l’ayatsuri che rappresentava Baiko lo sorvegliava. Sesshomaru gli rivolse soltanto una fugace occhiata prima di tornare a rivolgersi a Tsukurite.
“Libera quel cucciolo”, disse.
Tsukurite emise una risatina stridula e gracchiante, facendo cenno a Baiko di portarglielo vicino; l’ayatsuri sollevò Himaru per il colletto, reggendolo accanto al suo creatore.
“Davvero non vi interessa l’identità del padre di Himaru?”, chiese afferrando Himaru e tirando su i capelli che gli coprivano la fronte.
Per la prima volta nella sua vita, Sesshomaru rimase completamente spiazzato: sulla fronte del cucciolo spiccava una mezzaluna blu, identica a quella che aveva lui stesso. Il ricordo di una notte di cinquant’anni prima gli sovvenne alla mente. ‘Himaru è mio figlio…’.
“Non dite niente, mio sign…”, Tsukurite non aveva avuto nemmeno il tempo di terminare la frase che Sesshomaru, con una velocità inaudita, aveva sfoderato Tokijin squarciandolo con un solo colpo; pochi secondi e il cadavere del demone divenne cenere, esattamente come il suo burattino. Himaru era rimasto seduto sul terreno, non osando nemmeno parlare tanta era la rabbia che vedeva negli occhi di Sesshomaru.
“Himaru”, disse Sesshomaru avvicinandosi a lui. “Stai bene?”.
Il cucciolo annuì appena e Sesshomaru rinfoderò la spada, sollevandolo fra le braccia. Himaru lo guardò e vide a sua volta la stessa mezzaluna, spalancando gli occhietti argentei: che proprio quello fosse l’altero demone che Hi gli aveva descritto quando chiedeva di suo padre?
“Padre?”, chiese timidamente.
Una sensazione sconosciuta si impossessò di Sesshomaru sentendo quella parola, un senso di calore che gli fece ricordare quanta gioia aveva provato nel momento in cui la sua Hi gli aveva detto per la prima volta di aspettare suo figlio. Quasi senza accorgersene si ritrovò a sorridere al piccolo Himaru, alzando una mano ad accarezzargli la testolina.
“Si Himaru”, disse. “Io sono tuo padre”.

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Capitolo 21
*** 21 ***


Hi e Inuyasha sedevano ai piedi di un albero, in attesa che Sesshomaru tornasse indietro con Himaru; l’hanyou continuava a rivolgere occhiate furtive alla demone, che teneva gli occhi chiusi e la testa appoggiata al tronco.
“Inuyasha cosa c’è?”, chiese Hi, senza cambiare posizione.
“Ma tu non sei preoccupata?!”, sbottò nervosamente Inuyasha.
Hi aprì finalmente gli occhi argentei, guardandolo in faccia. “No, non lo sono”, disse. “Sono certa che Sesshomaru riuscirà a salvare Himaru. Non sottovalutare la forza di tuo fratello”.
“Non intendevo questo”, disse l’hanyou. “Non temi che Sesshomaru potrebbe venire a sapere la verità su Himaru?”.
Hi non rispose, voltandosi a guardare l’entrata della grotta. “Si”, disse. “Ma lo saprà comunque, ho deciso di rivelargli ogni cosa”.
“Ne sei certa? Solo qualche giorno fa non volevi neanche valutare l’idea”.
“Hai ragione, Inuyasha. Ho cambiato idea perché mi sono resa conto di tenere ancora troppo a Sesshomaru e perché voglio che Himaru conosca suo padre”. All’improvviso Hi si alzò tenendo lo sguardo fisso sulla montagna davanti a sé. “Eccoli”, disse.
La yasha stava camminando verso la grotta quando si bloccò: nel vano dell’entrata si delineò la figura di Sesshomaru che teneva Himaru fra le braccia. ‘Kami, fate che non sia come penso’.
“Himaru”, disse avvicinandosi.
Il cucciolo le saltò fra le braccia stringendosi al suo collo. “Madre, ho avuto tanta paura!”, piagnucolò.
Hi gli accarezzò dolcemente il visino, cullandolo. “E’ tutto finito Himaru. Adesso sei al sicuro”.
Himaru alzò la testa, fissando sua madre negli occhi. “Madre”, disse. “Mi ha salvato mio padre!”.
La yasha rimase letteralmente pietrificata dalle parole del cucciolo; se lui sapeva come stavano le cose, allora anche Sesshomaru… Volse la testa di scatto verso il demone, leggendo nel suo sguardo una rabbia a malapena contenuta.
“Sesshomaru, io…”.
“Tu cosa, Hi?”, ringhiò Sesshomaru. “Ti rendi conto di quello che mi hai nascosto?”.
“Io avrei voluto dirtelo!”, esclamò Hi. “Quando ho scoperto la gravidanza ho aspettato di vedere se almeno questo cucciolo sarebbe sopravvissuto… Cosa avresti fatto se te lo avessi detto e fosse morto anche Himaru? Lo avresti sopportato?”.
“No”, ammise lo youkai. “Ma avevo il diritto di sapere della sua nascita”.
“Mi avresti uccisa! Eri talmente infuriato che i miei genitori mi hanno impedito di venire da te, facendomi scappare quando sei partito alla ricerca di Tessaiga!”.
“Non avrei mai potuto ucciderti, Hi!”, esclamò Sesshomaru abbandonando per una volta la rigida compostezza che lo contraddistingueva. “Sai cosa provo per te!”.
Hi porse Himaru a Inuyasha che se ne stava in piedi rigido come un palo, allibito dalla discussione cui stava assistendo. “Inuyasha torna da Kagome”, disse. “Io vi raggiungerò presto”.
Inuyasha prese il cucciolo in braccio e quest’ultimo aprì la manina sinistra. “Questo è per te, fratellone Inuyasha!”, disse mostrando un frammento della Sfera.
“Grazie pulce!”, disse l’hanyou. “Adesso andiamo via”.
“Inuyasha”, disse Sesshomaru. “Ti raccomando Himaru. Se gli succede qualcosa, la pagherai cara”.
“Tsk, malfidato”, borbottò Inuyasha allontanandosi.
 
Quando Inuyasha si fu allontanato, Sesshomaru e Hi restarono in silenzio, dandosi le spalle.
“Hi”, disse Sesshomaru. “Te lo chiedo per l’ultima volta. Perché non mi hai detto di Himaru?”.
“Ti ho già risposto”, disse Hi. “Non ero sicura che sarebbe sopravvissuto; anzi, sarebbe più giusto dire che ero certa che sarebbe morto anche lui. Quando finalmente l’ho stretto fra le braccia, il mio primo istinto è stato girarmi per mostrartelo, ma tu non eri lì”.
Sesshomaru si voltò, fissando la schiena di Hi, coperta da quei lunghi capelli dorati che gli piaceva accarezzare. “Mi dispiace”, disse. “Non te l’ho mai detto, ma soffrii nel lasciarti. Ero davvero convinto che Keisuke mi servisse per mantenere il mio ruolo…e credevo che il potere fosse la cosa più importante. Troppo tardi ho compreso il mio errore: ti avevo già lasciata andare via”
Finalmente, la yasha si voltò verso il suo compagno: guardandolo negli occhi, lasciò che ancora una volta fossero i sentimenti a prendere il sopravvento e lo abbracciò, piangendo lacrime amare.
“Sesshomaru”, disse. “Mi dispiace, non sai quanto. Io avrei voluto che fossimo una famiglia, ma le circostanze sono state contro di noi. Non si torna indietro”.
Hi si staccò dall’abbraccio guardando il volto impassibile di Sesshomaru: lo accarezzò un’ultima volta prima di allontanarsi.
“Hi”.
La yasha si fermò voltandosi appena.
“Himaru è mio figlio”, disse Sesshomaru. “E l’erede delle Terre dell’Ovest. Non puoi escludermi dalla sua vita”.
“Non lo farò”, disse Hi. “E’ dalla mia vita che voglio scacciarti”.
“Ma perché?”, ringhiò Sesshomaru. “Sono certo che anche tu mi ami. Davvero non riesci a perdonarmi?”.
“Se lascio che tu entri di nuovo nella mia vita la distruggerai di nuovo”, disse Hi, guardandolo negli occhi. “Anche adesso stai cercando il potere. Credi ancora che il potere sia la cosa più importante”.
“Non è vero, Hi, io…”.
“Non mentire! Se così non fosse non staresti cercando ancora di ottenere Tessaiga! E non cercheresti nemmeno Naraku! Cosa vuoi dimostrare? Che nessuno si prende gioco del grande Sesshomaru? Questi sono i pensieri di una persona ossessionata dal potere!”. Hi si fermò per riprendere fiato, le guance in fiamme per l’agitazione. “Io non potrei sopportare di perderti di nuovo. Addio Sesshomaru”.
Sesshomaru non ribattè, conscio del fatto che in quelle condizioni Hi non si sarebbe mai lasciata convincere della sincerità dei suoi sentimenti; ma quando la vide sparire nella boscaglia si sentì derubato di una parte di sé. ‘Non andartene Hi’.

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Capitolo 22
*** 22 ***


1
Hi si allontanò decisa dalle montagne, nonostante le lacrime che le offuscavano la vista; sentiva di amare profondamente Sesshomaru, ma non era certa che i sentimenti del demone fossero sinceri: lo conosceva troppo bene per non temere che il suo amore rinato non fosse dovuto esclusivamente alla scoperta di Himaru. ‘Himaru…potrai mai perdonarmi cucciolo mio? Non posso darti la famiglia che ti avevo promesso’.
Dopo aver camminato per tutta la notte, sentì l’odore di Sesshomaru seguirla da poco distante, perciò pensò di assumere le sembianze canine per allontanarsi abbastanza da fargli perdere le proprie tracce. Una luce accecante la avvolse prima di lasciare il posto al cane dorato; Hi annusò l’aria avvertendo un cambiamento nell’aria: qualcosa di negativo proveniva dalla direzione in cui si era allontanato Inuyasha e i sensi più sviluppati da cane le permisero di sentirlo anche da quella distanza. Si voltò un istante per verificare se Sesshomaru la stesse ancora seguendo e vide un lampo d’argento superarla per poi fermarsi a sua volta. Il demone, anch’egli in forma demoniaca la fissò come in attesa di una sua iniziativa e Hi si mise a correre, insieme a lui, verso il luogo dove si trovava Himaru.
In realtà il nemico era più vicino di quanto credessero; non avevano percorso che pochi chilometri quando raggiunsero Inuyasha che lottava contro uno strano essere, apparentemente un demone composto di fiamme. Tornarono alle sembianze umane mentre dalla parte opposta sopraggiungevano Kagome e gli altri, evidentemente guidati dalle percezioni della miko. Himaru se ne stava da una parte, al sicuro dentro una barriera, ma visibilmente spaventato.
Hi sfoderò immediatamente i sai, lanciandosi nella lotta al fianco di Inuyasha, presto imitata da Sesshomaru; mentre correvano verso il demone, questi scagliò una potente vampata contro Inuyasha, scaraventandolo contro Hi e gettandoli entrambi a terra. La reazione di Sesshomaru non si fece attendere e sfoderando Tokijin il Principe dell’Ovest attaccò il demone, che non tentò nemmeno di schivare il colpo: dopo essere stato tagliato in due dalla spada, tornò integro come se la lama non l’avesse nemmeno sfiorato. Hi, ancora a terra, lo guardò sbalordita: non riteneva possibile che il suo compagno avesse sbagliato l’attacco, eppure non riusciva a spiegarsi come il demone potesse essere illeso. Inuyasha si rialzò pronto a tornare a combattere e la yasha lo afferrò per un braccio.
“Aspetta Inuyasha”, disse.
“Lasciami andare madre Hi, non vedi che Sesshomaru si sta prendendo tutta la gloria?”.
“Stupido!”, esclamò Hi colpendolo sulla testa col pugno chiuso.
“Ahi! Ma che ti è preso?”.
“Come puoi pensare alla gloria quando non sappiamo come sconfiggerlo?! Piuttosto, ti ha detto qualcosa prima che arrivassimo noi?”.
“Si”, disse Inuyasha. “Ha detto qualcosa sul fatto che lui è il potente Faia, che un misero mezzodemone come me non aveva speranze e via dicendo, le solite cose”.
“Hai detto Faia?!”, esclamò Hi.
“Si, mi pare si chiami così”, disse l’hanyou. “Perché lo conosci?”.
“Beh no, o almeno non personalmente”, disse Hi. “So chi è. O meglio che cosa è”.
“E sai anche come sconfiggerlo?”.
“No, però forse…”.
“Non c’è tempo per i ma e per i forse. Se non lo attacchiamo non sapremo mai come distruggerlo. Gli farò assaggiare la Cicatrice del Vento!”.
Così dicendo, Inuyasha si era scagliato contro Faia sguainando Tessaiga, mentre Hi tentava inutilmente di trattenerlo. “Inuyasha, no aspetta!”.
 
Il combattimento infuriava ormai da diversi minuti, senza che Sesshomaru o Inuyasha riuscissero a procurare il minimo danno al loro avversario. Kagome, Miroku e Sango si erano avvicinati a Hi, anche loro completamente impotenti davanti all’apparente invulnerabilità del demone; il monaco aveva anche pensato di ricorrere al Vortice del Vento, ma la yasha lo aveva dissuaso, chiedendo di non utilizzarlo se non come estrema risorsa.
“Nobile Hi, voi sapete cosa sia quel demone?”, chiese Miroku.
“Si”, disse Hi. “Quel demone si è formato dal dolore di coloro i quali sono morti a causa di un incendio: ogni volta che qualcuno perde la vita in quel modo orribile, Faia si fortifica e accresce il suo rancore verso i viventi. È quantomeno insolito come demone: le armi normali non gli provocano alcun male e il potere elementale a malapena lo trattiene; soltanto il potere spirituale sembra fermarlo per qualche tempo, ma lo tiene solo lontano. Perché possa ucciderlo deve essere enorme, pari almeno a quello di Kikyo”.
“Kagome, prova a lanciare una freccia sacra”, disse Sango. “Tu sei la reincarnazione di Kikyo e sappiamo che a volte i tuoi poteri si risvegliano, mostrandosi al massimo delle loro capacità. Forse tu potresti ucciderlo”.
“Non so se sono in grado”, disse Kagome titubante; ma proprio in quel momento, Inuyasha fu scagliato lontano dall’ennesima fiammata, a pochi metri da loro. “Inuyasha!”, esclamò la miko correndogli accanto. L’hanyou si rialzò, spingendo via Kagome e tornò a combattere. “Inuyasha aspetta!”, provò a chiamarlo la ragazza, senza risultato. “E va bene! Lancerò una freccia!”.
“No aspetta Kagome!”.
“Perché Hi?”.
“Dovete mettervi al riparo quei due stanno scagliando i loro colpi più potenti!”, esclamò la yasha trascinando Kagome accanto a Miroku e Sango ed alzando una barriera di ghiaccio davanti a loro. “Non muovetevi di qui!”.
I due fratelli avevano scagliato Bakuryhua e Sohoryhua contemporaneamente, ma Faia non sembrava minimamente preoccupato: in qualche modo aveva fatto sì di fungere da bersaglio per gli attacchi che  in questo modo seguivano i suoi spostamenti, fino a trovarsi esattamente in mezzo a Inuyasha e Sesshomaru. Le due onde d’energia sembravano averlo colpito in pieno, ma in realtà lo attraversarono, passando oltre, così che i due fratelli furono investiti ognuno dal colpo dell’altro e caddero al suolo pesantemente feriti, mentre un gran polverone si sollevava sul campo di battaglia.
Hi che aveva assistito inorridita alla scena, sapeva dove fosse Faia grazie al suo fiuto e ricorse a tutto il suo potere per riuscire a scagliargli contro una raffica di freddo che lo congelasse, seppure per qualche istante. Anche se non era molto tempo, bastò perché il polverone si diradasse e potessero vedere dove si trovavano Inuyasha e Sesshomaru: l’hanyou era stato fortunatamente spinto vicino a loro, così lo portarono al sicuro e Hi fece ricorso al suo potere per guarire le sue ferite.
“Dannazione!”, esclamò Hi. “Sesshomaru è il solito esagerato, se non ci fossi stata io per guarirlo, mio figlio sarebbe morto”.
“A proposito”, disse Kagome, “dov’è Sesshomaru?”.
Hi sussultò a quelle parole: possibile che Sesshomaru fosse anch’egli ferito? Nonostante il timore per le sue sorti, continuò a curare Inuyasha e solo quando sentì che l’hanyou si stava risvegliando, si rialzò per cercare il suo compagno.
 
Sesshomaru, sebbene Faia fosse stato molto scaltro, aveva visto arrivare la Cicatrice del Vento e un mezzo sorriso di scherno gli aveva attraversato il viso. ‘Che stupido. Crede davvero di eliminarmi con questo patetico trucchetto?’. Stava per schivare il colpo saltando lontano, quando una voce lo fermò.
“Padre!”. Il piccolo Himaru si trovava esattamente dietro di lui, circondato dalla barriera, ma Sesshomaru temeva che questa non fosse sufficiente a proteggerlo dalla Cicatrice del Vento di Inuyasha.
“Himaru, vattene di qui!”, esclamò il demone voltandosi verso suo figlio.
Il cucciolo aveva subito abbassato la barriera e si era messo a correre lontano verso la foresta, ma non era abbastanza veloce per evitare l’attacco.
‘Se la Cicatrice del Vento dovesse colpirlo per Himaru sarebbe la fine!’. Sesshomaru prese a correre dietro a suo figlio e fece appena in tempo a prenderlo fra le braccia prima di sentire il colpo prenderlo in piena schiena e la pelle e i muscoli lacerarsi sotto la potenza di Tessaiga. Colpirono violentemente il terreno, ma il demone era riuscito a proteggere Himaru che si rialzò subito, scrutando il viso del padre con gli occhi argentei pieni di terrore.
“Padre!”, esclamò. “Padre come stai?”.
“Tu stai bene Himaru?”, chiese Sesshomaru mettendosi seduto.
“Si!”, disse il piccolo tutto impettito, nel tentativo di non mostrare quanto fosse spaventato.
“Allora anch’io sto bene”, disse il demone rialzandosi a fatica con l’aiuto della spada.
“Vieni con me padre”, disse Himaru stringendogli una mano. “Mia madre può guarirti”.
Himaru stava trascinando con sé Sesshomaru quando videro Hi correre verso di loro, ignara del fatto che Faia era praticamente libero dal ghiaccio. Sesshomaru, invece aveva capito tutto e proprio come quella volta nel territorio dei demoni gatto, sentì il terrore attanagliargli il cuore vedendo la sua compagna in pericolo.
“Attenta alle spalle Hi!”, urlò nel tentativo di salvarla.
Purtroppo Faia aveva già scagliato il suo attacco e un turbine di fiamme avvolse Hi che si ritrovò immobile a bruciare dentro quel terribile gorgo senza poter fare altro che urlare di dolore. Sesshomaru stringeva i pugni, completamente impotente, quando sentì Tenseiga pulsare; la spada stava chiedendo a gran voce di essere estratta dal fodero e decidendo di darle retta per una volta, con le ultime energie rimaste il demone la usò per attaccare. La creatura di fuoco svanì e con essa il vortice che teneva prigioniera Hi, la quale crollò fra le braccia di Sesshomaru; il demone sedeva sul terreno reggendola fra le braccia e la fissava senza sapere cosa fare. Hi aprì appena gli occhi e gli sorrise: sollevò una mano che posò sulla guancia di Sesshomaru, un tocco leggero come una farfalla su un fiore.
“Sesshomaru…”, biascicò, mentre un rivolo di sangue cominciava a uscire dalla sua bocca. “Avevi… avevi ragione tu… io… io ti… amo…”.
Pronunciando queste parole, Hi chiuse di nuovo gli occhi, mentre la mano che teneva sul viso del demone ricadeva inerte lungo il suo corpo, ormai completamente abbandonato al sostegno di Sesshomaru; questi la scosse tentando di risvegliarla, ma senza risultato.
“No”, sussurrò accarezzandole il viso. “No… Hi resisti, non mi lasciare proprio adesso”.

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Capitolo 23
*** 23 ***


Sesshomaru rimase immobile, tenendo Hi fra le braccia e continuando ad accarezzarle il bel volto; non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi ormai chiusi, pensando che mai vi aveva letto odio, nonostante ciò che le aveva fatto. Himaru li fissava entrambi, inconsapevole di quanto era accaduto, mentre Inuyasha sopraggiungeva correndo, seguito da Kagome e dagli altri.
“Madre Hi!”, esclamò, inginocchiandosi al suo fianco. “Madre Hi, svegliati!”.
“E’ inutile Inuyasha”, disse Sesshomaru guardandolo. “Non ti risponderà”.
Inuyasha avrebbe volentieri insultato il fratello per quanto era stato incapace, ma le parole gli morirono in gola: l’oro dei suoi occhi era offuscato da un velo di lacrime; doveva soffrire davvero tantissimo e il mezzodemone non credeva che gli sarebbe mai capitato nella vita di provare compassione per l’odiato fratellastro. Accantonò quei pensieri rivolgendosi di nuovo a Hi e levando una mano a sfiorarle la fronte: non poteva credere che quella demone, la stessa che gli aveva fatto da madre e l’aveva amato quando tutti lo allontanavano a causa della sua natura, fosse morta.
“E’… è morta…”, disse.
“No!”, esclamò Himaru gettandosi su di lei. “Lei non è morta, non è morta! Madre rispondimi, apri gli occhi! Madre!”.
Kagome prese Himaru fra le braccia nel tentativo di calmarlo. “Himaru andiamo via, avanti”, disse, anche lei sull’orlo delle lacrime.
“No, lasciami! Lasciami andare brutta strega!”.
“Himaru per favore calmati”, disse Kagome stringendolo di più. “Non devi rimanere qui”.
“Ti ho detto di lasciarmi!”, strillò il piccolo liberandosi dalla sua stretta. “Voi non capite nulla, lei non è morta! Mi ha giurato che non mi avrebbe mai abbandonato e lei mantiene le promesse!”.
Kagome guardò Himaru negli occhi e lo strinse a sé, scoppiando a piangere; come poteva la vita essere tanto ingiusta con un bambino così piccolo? Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, ma non avrebbe saputo come alleviare il suo dolore.
“Himaru ascolta”, disse asciugandosi le lacrime. “Io ti credo perciò adesso controllerò come sta la tua mamma, d’accordo?”.
“Cosa credi di fare, donna?”, intervenne Sesshomaru. “Non dovresti dargli false speranze”.
La miko aggrottò le sopracciglia, guardando severa il demone: ignorando completamente le sue parole, si avvicinò al corpo di Hi, tenendo Himaru fra le braccia. Stese una mano a sfiorarle il collo appena sotto l’orecchio e spalancò la bocca, completamente spiazzata.
“E’ viva!”, esclamò.
“Che cosa?”, dissero all’unisono Sesshomaru e Inuyasha.
“Ho detto che Hi è viva!”, disse Kagome ridendo. “Il suo cuore batte debolmente ma in modo regolare; se la portiamo subito da Kaede, forse ce la farà”.
Sesshomaru si alzò e porse Hi a Inuyasha, allontanandosi di qualche passo per assumere le sembianze demoniache, dopodichè si chinò perché l’hanyou potesse sistemare la yasha sulla sua groppa; quando potè rialzarsi, si voltò verso suo fratello.
“Vi precederò”, disse. “Sono molto più veloce in questa forma”.
“Noi dovremmo impiegarci qualche ora in più”, disse Inuyasha. “Kaede potrebbe allarmarsi vedendoti, ma non è abbastanza potente da purificarti. Non farle del male, spiegale la situazione e vedrai che ti aiuterà”.
Sesshomaru si allontanò di corsa senza rispondere e Inuyasha lo guardò sparire nella foresta sperando in cuor suo che facesse in tempo a salvare Hi.
 
Quando Sesshomaru si fu allontanato, Inuyasha crollò al suolo in ginocchio e Kagome gli fu subito al fianco.
“Cosa c’è Inuyasha? Ti senti male?”, chiese la miko preoccupata.
“No”, disse Inuyasha. “No Kagome, sto bene, tranquilla. Stavo solo pensando… spero che Sesshomaru faccia in tempo a salvare Hi. Non sopporterei di perdere anche lei dopo la mia vera madre”.
“Tu non la perderai, Inuyasha”, disse Kagome cingendogli le spalle con le braccia. “Vedrai che Hi si salverà; resisterà per Himaru e per te. Vi ama troppo per lasciarsi andare”.
“Grazie Kagome. Nemmeno tu mi lascerai, vero?”, disse l’hanyou arrossendo.
“N-no, Inuyasha”, disse Kagome arrossendo anche lei. “Io non ti lascerò mai. Stare al tuo fianco è tutto ciò che desidero”.
Sciogliendosi dall’abbraccio di Kagome, Inuyasha si rivolse a Himaru che era rimasto impalato con lo sguardo rivolto nella direzione in cui era scomparso Sesshomaru; l’hanyou si avvicinò e con un gesto del tutto inusuale per lui, lo sollevò fra le braccia.
“Non preoccuparti pulce”, disse. “Vedrai che Sesshomaru farà in tempo a salvare nostra madre”.
“Davvero fratellone?”, chiese Himaru stringendosi al suo collo.
“Sicuro! Anzi, che ne dici se li seguiamo subito?”.
“Si! Andiamo da nostra madre”.
Inuyasha prese Kagome e Himaru sulle spalle e cominciò a correre verso il villaggio di Musashi, seguito a breve distanza da Miroku e Sango su Kirara.
‘Cerca di resistere madre Hi, presto sarò da te’.
 
Sebbene fosse ferito e quasi allo stremo delle forze, Sesshomaru si spinse al massimo della velocità che riusciva a raggiungere: era stato talmente accecato dal dolore da non rendersi conto che Hi era ancora viva, e se lei non si era ancora arresa, da parte sua non l’avrebbe delusa. Ora che era più sereno poteva persino sentirla respirare debolmente e si ritrovò incredulo a ringraziare i Kami per non avergli portato via la donna che amava.
Ben presto vide in lontananza le case del villaggio di Musashi e Sesshomaru riprese le sue solite sembianze, portando Hi fra le braccia. Trovare Kaede non fu un problema: qualcuno nel villaggio lo riconobbe come un potente demone e non appena lo videro arrivare, con un’altra demone ferita fra le braccia, i contadini si precipitarono a chiamare la sacerdotessa, nella speranza che lei potesse fermarlo. La vecchia miko si precipitò ad affrontarlo impugnando l’arco, ma depose le armi non appena vide che portava con sè Hi; a quel punto, anche se cautamente, si avvicinò a Sesshomaru, apparentemente tranquilla.
“Tu devi essere Sesshomaru”, disse. “Perché mai un demone potente come te dovrebbe interessarsi a questo povero villaggio?”.
“Non mi importa nulla di questi patetici contadini”, disse Sesshomaru. “Devi soltanto occuparti di lei”.
Kaede rivolse un rapido sguardo a Hi e poi tornò a guardare il demone, scrutandolo intensamente e dandogli la sensazione di volergli leggere l’anima.
“Seguimi”, disse infine, conducendolo verso la sua capanna. “Anche tu hai bisogno di cure”.
“Preoccupati di lei adesso”.
“D’accordo, d’accordo”, disse la miko varcando la soglia. Sesshomaru la seguì, sistemando Hi nel futon che gli aveva indicato Kaede e ritirandosi poi in un angolo della stanza.
“Forse dovresti uscire”, disse Kaede. “Devo toglierle i vestiti per medicarla”.
Sesshomaru non la degnò nemmeno di uno sguardo e Kaede tornò a occuparsi di Hi. ‘Hanno proprio lo stesso sangue nelle vene!’.
Mentre la miko le puliva il viso dal sangue rappreso, Hi si risvegliò, contorcendosi e gemendo per il dolore: il suo sguardo perlustrò la stanza, e solo un bassissimo sussurrò uscì dalle sue labbra. “Sesshomaru”.

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Capitolo 24
*** 24 ***


Sesshomaru si avvicinò al futon, inginocchiandosi accanto a Hi, che gli rivolse uno sguardo sofferente; il demone si chinò a baciarle la fronte sporca, indugiando con le labbra sulla sua pelle morbida.
Come ti senti, Hi?”.
Male”, sussurrò Hi. “Molto male. Dov'è Himaru?”.
E' rimasto con Inuyasha”, disse Sesshomaru.
Bene”.
Lasciala riposare”, intervenne Kaede. “Non è ancora fuori pericolo, potrebbe perdere di nuovo i sensi da un momento all'altro”.
Proprio come aveva detto la miko, Hi chiuse di nuovo gli occhi, abbandonandosi completamente sul futon, mentre Kaede tornò a occuparsi delle sue ferite; a causa del terribile colpo di Faia, la yasha aveva ustioni quasi su tutto il corpo e alcune erano molto gravi. Per qualche motivo, soltanto il viso era rimasto illeso, neanche una scintilla aveva toccato quella pelle perfetta.
Non appena ebbe finito di medicarla, Kaede si alzò per uscire dalla capanna. “Vado a cercare qualcosa di pulito da metterle”, disse varcando la soglia.
Sesshomaru non le rivolse nemmeno uno sguardo, continuando ostinatamente a fissare Hi che dormiva, come se smettere di guardarla avesse significato abbandonarla alla morte. Erano passati soltanto pochi minuti da quando Kaede era uscita, che Inuyasha irruppe come un uragano nella capanna, seguito immediatamente da Himaru. Il cucciolo si lanciò subito fra le braccia di Sesshomaru lasciando il demone completamente spiazzato per qualche secondo.
Padre!”, esclamò. “Come sta?”.
Hi sta ancora male Himaru”, disse Sesshomaru senza mezzi termini.
Inuyasha si girò a guardare suo fratello che teneva Himaru in braccio e si scoprì un po' geloso del cucciolo che poteva avere accanto entrambi i suoi genitori. Un debole lamento proveniente dal futon attirò la sua attenzione e si ritrovò davanti gli occhi color argento di Hi.
Madre Hi!”, esclamò.
Madre!”.
Inuyasha, Himaru”, sussurrò Hi, “state bene?”.
Si, madre”, disse Himaru abbracciandola delicatamente.
Inuyasha si limitò ad annuire, mentre la yasha sollevò debolmente una mano per accarezzare la testolina di suo figlio che si era raggomitolato contro di lei. Sesshomaru li osservava silenzioso e l'hanyou, sentendosi di troppo in quella scena, lasciò la capanna.

Inuyasha incontrò Kaede che tornava portando degli indumenti puliti e la bloccò fuori dalla capanna.
Potresti aspettare qualche minuto?”, disse.
Inuyasha, quella demone ha bisogno di cure”, disse Kaede. “Devo finire di medicarle le ustioni, rischia ancora la vita”.
Così dicendo la miko scansò Inuyasha e tornò dentro, bloccandosi sulla soglia vedendo il piccolo Himaru accoccolato contro la demone che lo accarezzava amorevole. Lo smarrimento durò solo pochi secondi, dopodichè Kaede si avvicinò al futon e senza indugi sollevò il cucciolo e lo depose fra le braccia di Sesshomaru che le rivolse un'occhiata dura.
Non guardarmi a quel modo”, disse Kaede senza timore. “Ti ho solo affidato tuo figlio”.
La miko aiutò Hi a sollevarsi dal futon e dopo averle applicato l'ennesima fasciatura le fece indossare un semplice yukata candido; la yasha le sorrise riconoscente e stese le braccia verso Himaru per riprenderlo, ma il cucciolo non sembrava avere intenzione di muoversi.
Himaru”, disse Hi, “vieni qui, anche tuo padre ha bisogno di cure”.
Non ho bisogno di nulla”.
Invece si, Sesshomaru!”, esclamò Hi. “E smettila con questo stupido orgoglio!”.
Pur se estremamente contrariato, Sesshomaru la accontentò, togliendosi l'elegante kimono e lasciando che Kaede esaminasse la ferita sulla schiena; il taglio era profondo, ma non quanto avrebbe dovuto: evidentemente la Cicatrice del Vento lo aveva colpito di striscio. Era comunque una ferita di non poco conto e la miko si stupì di come fosse riuscito a portare Hi fino al villaggio senza crollare al suolo privo di forze. Kaede applicò le erbe medicinali e gli fasciò strettamente il torace, porgendogli un kimono bianco, poi prese i loro indumenti sporchi e laceri e uscì di nuovo.

Hi sedeva nel futon coccolando Himaru che dormiva con la testolina sulle sue gambe e improvvisamente levò lo sguardo a incontrare quello dorato di Sesshomaru, il quale si stupì di leggervi finalmente profonda e assoluta gioia, splendente argento mondato da ogni ombra che lo aveva offuscato in passato. La yasha sorrise e stese la mano verso di lui, invitandola a raggiungere lei e il loro cucciolo e Sesshomaru le obbedì senza discutere, sedendo dietro di lei e tenendola stretta contro il suo torace.
Sesshomaru”.
Si?”.
Cosa faremo?”, chiese Hi con una nota di preoccupazione nella voce.
Non pensarci adesso”, disse Sesshomaru. “Devi pensare solo a guarire. Ho temuto di perderti”.
Il grande Sesshomaru ha avuto paura?”, scherzò Hi.
Hi, ti prego, sii seria”, disse Sesshomaru. “Quando ti ho vista avvolta da quel turbine di fiamme”, disse stringendola più forte, “mi sono sentito completamente impotente. E non è stata la prima volta”.
Cosa stai cercando di dirmi?”, sussurrò Hi.
Ti sto dicendo che quando ci sei tu di mezzo il mio sangue freddo se ne va al diavolo”, disse il demone, poggiando il mento sulla sua spalla. “Se ti vedo in pericolo, provo timore a mia volta. È successo ieri, ed è successo tanto tempo fa, nel territorio del Clan delle Pantere; perchè credi che ti abbia protetto allora?”.
N-non lo so”.
Si, invece. L'ho fatto perchè solo il pensiero di trascorrere una vita senza di te mi aveva ferito più di quanto avrebbe potuto qualsiasi colpo nemico. Possibile che tu non lo capisca?”.
Sesshomaru”, disse Hi, mentre una lacrima birichina le bagnava il viso. “Mi hai spezzato il cuore e io... ho paura di soffrire di nuovo in quel modo... non lo sopporterei”.
Sesshomaru asciugò quella lacrima con le labbra e Hi chiuse gli occhi, perdendosi nelle sensazioni che quel contatto le faceva sentire.
Hi”, disse Sesshomaru. “Io ti amo. Non ho mai smesso e la mia vita è diventata vuota quando tu te ne sei andata. So che pensi che il potere per me sia tutto, ma non credi che forse se l'ho cercato per tutto questo tempo è stato solo perchè non avevo altro? Mio padre è morto pur di salvare il suo secondogenito mezzosangue e non è passato molto tempo che te ne sei andata anche tu; mia madre non è mai stata troppo amorevole, non mi è stata di nessun conforto. Mantenere il mio atteggiamento freddo e tentare di diventare sempre più potente mi sembrava l'unico modo per andare avanti”.
Sesshomaru” sussurrò la yasha. “Adesso hai Himaru”.
Solo Himaru?”.
Sesshomaru devi darmi del tempo. Non è facile per me”.
Ma Hi...”.
Ti prego”, implorò Hi. “Adesso non parliamone più. Lasciami riposare così, stretta fra le tue braccia”.
Sesshomaru non disse nulla, limitandosi a stringerla e ad accarezzarle i capelli fin quando non si fu addormentata. “Non ti lascerò più andare via da me”, le disse mentre Hi scivolava nel sonno.

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Capitolo 25
*** 25 ***


Dopo aver lasciato la capanna di Kaede, Inuyasha si era diretto fuori dal villaggio dove lo attendevano Kagome e gli altri; non appena lo vide arrivare la miko scattò in piedi per raggiungerlo.
Inuyasha”, disse. “Come sta Hi?”.
Non sta ancora bene”, disse Inuyasha. “Kaede sostiene che non sia ancora fuori pericolo, ma quando l'ho lasciata era decisamente più in forze”.
E Himaru?”.
L'ho lasciato con lei e Sesshomaru”, disse Inuyasha. “Io... ecco... mi sentivo di troppo e perciò sono tornato qui”.
Inuyasha”, disse la miko. “Non devi mai sentirti fuori luogo in presenza di Hi. Io non la conosco bene quanto te, ma sono sicura che se sapesse di questi tuoi pensieri ne sarebbe ferita. Himaru è sangue del suo sangue, è vero; ma è con te che ha scoperto la gioia di essere madre. Non passerai mai in secondo piano per lei”.
Forse hai ragione”, disse Inuyasha. “Ma non credo proprio che per Sesshomaru valga lo stesso”.
Kagome sospirò rassegnata. “Purtroppo è così”, disse. “Temo che dovremo attendere ancora un po' prima che Sesshomaru cambi atteggiamento nei tuoi confronti. Per quanto ami all'eccesso Hi, non riesce ancora a sopportarti”.
A proposito”, intervenne Miroku. “Non vi sembra quantomeno strano che Sesshomaru provi un sentimento tanto profondo? Credevo che li ritenesse soltanto segno di debolezza, eppure basta guardarlo negli occhi per capire che farebbe qualsiasi cosa per la nobile Hi”.
Mia madre sostiene che una volta era molto diverso”, disse Inuyasha. “Quando mi ha restituito i ricordi, mi è tornato alla mente il periodo in cui vivevamo fra le montagne e allora mi parlava spesso di lui: mi descriveva un demone dall'apparenza fredda e impassibile, ma che con lei cambiava radicalmente diventando dolce e premuroso. E diceva anche che la sua era soltanto una maschera”.
Anche a me e Kagome ha detto più o meno la stessa cosa”, disse Sango. “Ci ha raccontato della vita insieme a Sesshomaru e ha sottolineato più volte quanto lei fosse l'unica a conoscere il suo vero animo; in realtà è difficile crederle, ma non mi stupirei se l'atteggiamento di Sesshomaru fosse dovuto soltanto al troppo dolore. Non riesco nemmeno a immaginare quanto la perdita di un figlio possa lacerare l'anima”.

Al mattino seguente, Hi fu svegliata da un raggio di sole che filtrava attraverso la finestra socchiusa; stava per alzarsi quando fu fermata da una forte presa intorno alla vita.
Non puoi ancora alzarti”, disse Sesshomaru attirandola contro di sé.
Sesshomaru”, disse Hi. “Non credevo che saresti rimasto con me tutta la notte”.
Forse non hai capito”, disse lo youkai. “Qualunque cosa tu pensi di me, non mi allontanerò più di qualche passo da te. Non commetterò più gli stessi errori”.
Hi si scostò da lui quel tanto che bastava per guardarlo in viso e gli gettò le braccia al collo, baciandolo dolcemente, per poi rifugiarsi sul suo petto.
Vuoi davvero convincermi della tua sincerità, eh?”.
Farò l'impossibile fin quando non mi crederai”, disse Sesshomaru alzandosi.
Dove vai?”, disse Hi.
Devo andare a riprendere Rin e Jaken”, disse Sesshomaru.
Oh...capisco”, disse la yasha chinando il capo.
Sesshomaru tornò a inginocchiarsi vicino a lei e le prese il viso fra le mani. “Non sto scappando”, disse. “Tornerò a prenderti”. Lo youkai si avvicinò al suo volto e questa volta fu lui a baciarla, teneramente ma con passione.
Hi gli sorrise e rimase a guardarlo fin quando non lo vide sparire oltre la soglia; solo allora distolse lo sguardo, posandolo su Himaru che continuava a dormire al suo fianco come se niente fosse.
Himaru”, lo scosse, “Himaru svegliati è tardi”.
Madre, ti prego”, piagnucolò il cucciolo senza aprire gli occhi. “Lasciami dormire ancora un pò”.
No, Himaru”, insistette la yasha. “Avanti, tuo padre è già partito”.
A quelle parole, Himaru scattò come una molla, guardandosi freneticamente in giro. “Se ne è andato?”, disse. “Perchè è andato via?”.
Stai tranquillo Himaru”, disse Hi. “Ha detto che sarebbe andato a riprendere Rin e Jaken, ma tornerà”.
Allora Rin verrà qui!”, esclamò Himaru saltellando da una parte all'altra della capanna. Stava per balzare addosso a sua madre, ma fu lei stessa a fermarlo.
No, Himaru!”, disse. “Mi faresti male”.
Madre, perchè non usi il tuo potere per guarirti?”.
Sono ancora troppo debole”, disse Hi. “Rischierei la vita se usassi adesso il potere del fuoco. Dovrai aspettare che io guarisca nel modo tradizionale”.
E va bene”, disse Himaru. “Però non metterci troppo!”.
Così dicendo il cucciolo la abbracciò delicatamente, prima di uscire a cercare il suo fratellone.

Inuyasha si trovava di nuovo fuori dal villaggio, nei pressi del Pozzo Mangiaossa, con Kagome e gli altri, quando vide arrivare di corsa il piccolo Himaru che saltò a cavalcioni sulle sue spalle, afferrando le orecchie canine.
Fratellone!”.
Che fai pulce, scendi subito!”.
Fratellone Inuyasha sei cattivo!”, disse Himaru scendendo e piazzandosi davanti a lui. “Perchè non vuoi giocare con me?”.
Tsk! Non ho tempo di giocare con i bambini”.
Allora io non ti dirò come sta mia madre”, disse il cucciolo facendogli la linguaccia. “E quando mio padre sarà tornato gli chiederò di darti una lezione!”.
Quando sarà tornato?”, intervenne Kagome. “Dove è andato Sesshomaru?”.
A prendere Rin”, disse Himaru. “Poi verrà qui con lei”.
E come si sente la tua mamma?”, chiese Kagome. Himaru guardò significativamente Inuyasha, così la miko si chinò porgendogli l'orecchio. “Dillo soltanto a me”.
Il cucciolo sembrò convinto della proposta di Kagome e si accostò a lei. “Sta meglio”, disse. “Stanotte ha dormito abbracciata a mio padre e quando mi ha svegliato era davvero felice. Però non può usare il suo potere per guarirsi, se no potrebbe morire”.
Kagome sorrise al modo infantile di spiegare le cose e fece cenno a Inuyasha che era tutto a posto, prima di tornare a rivolgere la sua attenzione al cucciolo.
Himaru perchè non cerchi Shippo?”, disse. “Sono certa che lui sarà felice di giocare con te”.
Ma io voglio giocare con il mio fratellone!”, esclamò Himaru mettendo il broncio. “Però lui è cattivo!”.
Che rompiscatole, e va bene andiamo!”, esclamò Inuyasha prendendo il cucciolo a cavalcioni sulle spalle. “Andiamo a cercare Shippo?”.
Si fratellone!”.
Inuyasha sbuffò rassegnato e si incamminò verso il villaggio dove sapeva di trovare Shippo, presto seguito da Kagome, Miroku e Sango.

Sesshomaru non impiegò molto tempo a raggiungere Jaken nel posto che lui stesso gli aveva indicato: la ferita causatagli da Tessaiga era ormai praticamente guarita e potendo nuovamente contare sulla sua forma demoniaca, viaggiava ad una velocità maggiore.
Non appena lo vide soppraggiungere, Rin andò a nascondersi terrorizzata dietro Ah-un: non aveva mai visto la vera forma del suo amato signore e temeva un attacco da parte di un altro demone. Jaken invece era rimasto pietrificato dalla sorpresa e continuava a fissare incredulo il suo padrone; fu la voce di Rin a riscuoterlo.
Jaken!”, esclamò la bambina. “Fai qualcosa, quel demone ci ucciderà!”.
Ma che stai dicendo, stupida?”, disse il demone rospo. “Non vedi che quello è il padron Sesshomaru?”.
Cosa?”, disse Rin fissando Sesshomaru che stava riassumendo il suo aspetto. “Signor Sesshomaru!”, esclamò correndogli incontro.
E' tutto a posto Rin?”, chiese Sesshomaru.
Si, signor Sesshomaru!”.
Allora andiamo”, disse lo youkai. “Prendi Ah-un. Dobbiamo fare molta strada”.
Dove andiamo, padron Sesshomaru?”, chiese Jaken. “Avete finalmente trovato quella traditrice e il suo cucciolo mezzosangue?”.
Sesshomaru rivolse un'occhiata omicida al povero demone, colpendolo poi violentemente con un calcio.
M-ma pa-padron Sesshomaru, c-che cosa ho detto di male?”.
Himaru non è un mezzodemone; è mio figlio”, disse Sesshomaru.
Davvero?”, chiese entusiasta Rin. “Davvero voi siete il padre di Himaru? Ma allora la sua mamma è la vostra sposa!”.
Andiamo”, disse soltanto lo youkai. 'Presto lo sarà di nuovo'.

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Capitolo 26
*** 26 ***


Due giorni dopo la partenza di Sesshomaru, Hi aveva riacquistato completamente le forze e ne aveva approfittato per guarirsi con il suo potere; tuttavia era rimasta al villaggio di Musashi ad attendere il ritorno del suo compagno. Kaede le aveva messo a disposizione una capanna al limitare del centro abitato, consapevole del terrore che lei e Sesshomaru scatenavano negli abitanti e la yasha trascorreva ore intere seduta sulla soglia ad aspettare. Kagome che ormai le si era affezionata come ad una sorella maggiore, andava spesso a tenerle compagnia e le due chiacchieravano per ore; un giorno la miko trovò Hi in piedi davanti alla capanna, apparentemente molto triste.
Hi!”, la chiamò. “C'è qualcosa che non va?”.
Kagome”, disse Hi. “Sto bene, perchè non dovrei?”.
Mi sembravi triste. Forse senti la mancanza di Sesshomaru?”.
E' così”, sospirò la yasha. “Mi sento terribilmente sola da quando è partito, non vedo l'ora che ritorni... e pensare che ero stata io a chiedergli di darmi del tempo! Adesso mi sembra la cosa più stupida che abbia mai fatto”.
Perciò hai preso la tua decisione”, disse Kagome. “Tornerai nei Territori dell'Ovest con Sesshomaru”.
Non ne sono ancora del tutto sicura”, disse Hi. “Prima devo capire se per lui siamo davvero più importanti io e Himaru o... il potere. Solo quando avrò questa risposta saprò cosa fare”.
Capisco”, disse Kagome. “E' una scelta difficile... eppure io credo che questa volta non ti deluderà”.
Lo spero Kagome”, disse Hi. “Lo spero”.

Passò ancora qualche giorno e Sesshomaru ancora non si vedeva; Hi, stanca di stare ad aspettare senza far nulla, decise di andare a rilassarsi nella sorgente termale che si trovava poco distante dal villaggio. Himaru aveva rifiutato di seguirla, preferendo restare ad aspettare il ritorno di suo padre; Hi, per nulla intenzionata a discutere con lui, lo affidò a Inuyasha e si allontanò da sola.
Qualche ora dopo la partenza di Hi, il villaggio fu preso all'improvviso da una grande agitazione.
Dannazione, che cos'è questo baccano?!”, esclamò Inuyasha.
Deve essere successo qualcosa”, disse Miroku. “Forse è meglio andare a vedere”.
Per niente entusiasta, Inuyasha si trovò a seguire il monaco verso l'origine della confusione, la capanna di Kaede. La miko stava medicando un contadino che doveva essere giunto da un altro villaggio; l'uomo sembrava terrorizzato e riportava ferite abbastanza serie.
Ehi vecchia, chi è quest'uomo?”.
Inuyasha a cuccia!”, esclamò Kagome e ignorando le proteste dell'hanyou, si rivolse a Kaede. “Perdonalo Kaede, sai che l'educazione non è il suo forte”.
Non ti preoccupare, Kagome”, disse Kaede senza interrompere ciò che la impegnava.
Divina Kaede cosa è accaduto a quest'uomo?”, disse Miroku.
Non lo so, è ancora troppo scosso”, disse la miko. “Credo che sia stato attaccato da un demone, queste ferite non sono prodotte da armi; purtroppo, finchè non si sarà ripreso non potremo averne la certezza”.
Improvvisamente, l'uomo sconosciuto scattò a sedere, sudando copiosamente e con gli occhi sbarrati; aprì e chiuse la bocca più volte incapace di articolare qualsiasi suono e strinse convulsamente il polso di Miroku che era vicino a lui.
Calmati”, disse Kaede cercando di spingerlo di nuovo sul futon ma senza risultato.
L-lui”, balbettò.
Non agitarti”, disse Kaede. “Ci dirai tutto quando ti sarai ripreso”.
Voi non capite!”, esclamò l'uomo. “Deve essere fermato! Lui... è... il Male!”.
Chi può essere così malvagio?”, disse Kagome. “Quest'uomo è completamente distrutto, farà fatica a riprendersi”.
Purtroppo mi viene in mente un solo nome”, disse Miroku.
Naraku”, ringhiò Inuyasha.
Inuyasha potrebbe avere ragione”, disse Sango. “Dovremmo andare a controllare”.
Bastarono pochi minuti e la decisione fu presa: Inuyasha, Kagome, Miroku e Sango con Kirara e Shippo sarebbero andati al villaggio d'origine del contadino ferito, lasciando Himaru a Kaede. Non appena furono partiti, però, Himaru, approfittando di un attimo di distrazione di Kaede, sgattaiolò fuori per raggiungere Hi.

Hi percorreva il sentiero con calma, gustandosi il paesaggio, persa nei suoi pensieri: finalmente si sentiva del tutto felice, come non le capitava da moltissimo tempo. Era certa di aver riconquistato il cuore di Sesshomaru ed era sicura anche della sua sincerità, sebbene il dolore che aveva subito continuasse a dettarle prudenza. Rimaneva soltanto un ultima 'prova': se Sesshomaru le avesse dimostrato di saper rinunciare al potere, lo avrebbe seguito senza indugio.
Totalmente presa da questi ragionamenti, quasi non si accorse di essere arrivata alla fonte: sorrise a sé stessa trovandosi davanti al laghetto e dopo aver ripiegato con cura lo yukata che le aveva prestato Kaede, si immerse completamente nell'acqua bollente. Gli sbuffi di vapore le offuscavano la vista, ma in quel momento non le importava minimamente di un possibile attacco: si era rilassata del tutto, cullandosi nell'attesa del suo ritorno.
'Cosa farò se mi riporterà nei Territori dell'Ovest? Non riesco a immaginare una vita trascorsa tra gli intrighi di potere... senza contare che Keisuke cercherà di riportarmi sotto la sua ala protettiva... quanto odio quel demone! Se non fosse stato per lui Sesshomaru non mi avrebbe mai ripudiata... però... non avrei trascorso quei magnifici anni con Inuyasha'. La yasha sorrise ai ricordi che le erano tornati alla mente. 'No, in effetti... dovrei proprio ringraziare Keisuke!'.
Madre!”.
Himaru!”, esclamò Hi. “Che cosa fai qui?”.
Il fratellone è andato via”, disse Himaru. “Ha detto che sarebbe andato a cercare quel demone che cercava di prendere te”.
Naraku!”, esclamò Hi. “Dannato... avrei voluto andare con loro, ma... finchè non ritorna Sesshomaru non posso lasciare il villaggio di Musashi”.
Madre?”.
Cosa c'è Himaru?”.
Posso andare ad aspettare mio padre?”, disse Himaru tenendo un ditino in bocca.
Ma... Himaru, non sappiamo se arriverà oggi”, disse Hi. “Dove vorresti aspettarlo?”.
Io lo so che arriverà oggi, vado ad aspettarlo sul sentiero qui vicino, così posso dirgli di andare ad aiutare il fratellone. Non ti preoccupare, non mi faccio male!”.
Senza aspettare la sua risposta, Himaru si mise a correre nella direzione che le aveva indicato e Hi si rassegnò a lasciarlo andare. 'Se ci fossero pericoli me ne accorgerei. Il vapore offusca la vista, ma il mio udito e il mio olfatto funzionano benissimo'.

Guardi signor Sesshomaru!”, esclamò Rin saltando di gioia. “C'è un villaggio laggiù!”
Sesshomaru guardò nella direzione che indicava Rin e finalmente lo vide: quello ai loro piedi era esattamente il villaggio in cui aveva lasciato la sua famiglia... famiglia... che strano suono gli rimbombava nella mente... e che insolito senso di calore al solo pensiero del sorriso di Hi o degli occhi di Himaru che lo fissavano fiduciosi e pieni di aspettativa...
La voce gracchiante di Jaken lo riscosse in maniera inattesa dai suoi pensieri.
Cosa aspettiamo padron Sesshomaru?”, disse il demone rospo. “Non è quella la nostra meta?”.
Lo youkai non rispose nemmeno, limitandosi a riprendere il cammino lungo il sentiero ai suoi piedi, seguito da Jaken e Rin su Ah-un.
Quando furono arrivati nei pressi del villaggio, Sesshomaru vide un fagottino bianco sulla strada: il piccolo Himaru lo scorse a sua volta e si mise a correre verso di loro ridendo felice.
Padre! Rin!”.
Quando li raggiunse saltò fra le braccia del padre senza pensarci due volte, stringendolo forte con le piccole braccia. “Padre!”, esclamò. “Mi sei mancato tanto! Promettimi che non mi lascerai più da solo!”.
Sesshomaru abbozzò un sorriso e gli accarezzò il visino, guardandolo negli occhi argentei. “Te lo prometto Himaru”, disse. “Da oggi, tu e tua madre verrete con me. A casa”.
Però prima devi aiutare il fratellone Inuyasha”, disse Himaru. “E' andato a cercare quel demone che voleva prendere mia madre, Nakaru”.
Naraku”, ringhiò Sesshomaru.
Si, lui! Mi sbaglio sempre”, disse il cucciolo abbassando la testolina.
Non importa”, disse lo youkai. Un pensiero improvviso gli fulminò la mente. “E tua madre dov'è?”.
Alla sorgente termale qui vicino”.
Sesshomaru mise Himaru su Ah-un, accanto a Rin che gli strinse subito le braccia al collo. “Ciao Himaru!”.
Ciao Rin!”, sorrise il cucciolo.
Himaru tu resta qui”, disse Sesshomaru. “Jaken!”.
S-si padrone!”.
Raggiungete il villaggio”, disse il demone. “Nessuno vi attaccherà se sarete con Himaru”.
Co-come desiderate padrone!”.
Sesshomaru attese solo qualche istante prima di allontanarsi per raggiungere Hi.

Hi era ancora immersa nel lago quando sentì giungerle distintamente alle narici il profumo di Sesshomaru; fece appena in tempo a girarsi che si trovò il demone davanti che la fissava in piedi sull'argine del lago.
Allora non hai cercato Naraku”, disse Hi.
No”.
Perchè?”.
Lo avrei fatto solo se avessi saputo che anche tu eri laggiù”, disse Sesshomaru. “Ma dal momento che tu sei rimasta qui...”.
Sono rimasta ad aspettarti”, disse Hi stendendo le braccia verso di lui in un muto invito a raggiungerla.
Il fatto di indossare nient'altro che la sua pelle non le creava nessun tipo di imbarazzo; Sesshomaru era colui con il quale avrebbe trascorso l'eternità, perchè ora lo sapeva: sapeva quale sarebbe stata la sua decisione.
Sesshomaru dal canto suo non ebbe esitazioni. Si liberò dei vestiti e si avvicinò maggiormente, prendendole le mani ed entrando nell'acqua con lei; anche lui sapeva: sapeva che niente al mondo gli interessava di più che stare con la sua Hi.
Hi strinse a sé Sesshomaru, baciandolo con passione a stento contenuta e il demone posò le mani sui suoi fianchi, facendo aderire maggiormente i loro corpi. La pioggia cominciò a cadere gelida e improvvisa, creando una cortina di vapore intorno a loro; e non ci furono altro che gemiti sommessi e un amore che nemmeno la morte avrebbe potuto cancellare.
FINE


NdA: Ed eccoci arrivati alla fine... mi mancherà questa FF mi ero affezionata! Spero di non avervi delusi o annoiati.
Un ringraziamento particolare a
Bankotsu
KaDe
PhOeNiX_93
miloxcamus
mikamey
callistas
per le recensioni, grazie mille ragazzi!
Grazie anche a
Bankotsu
eiby
giagiotta
KaDe
PhOeNiX_93
per averla inserita fra i preferiti e grazie anche a tutti i lettori!

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