Di fuoco e di ghiaccio di Saralasse (/viewuser.php?uid=32399)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***
Capitolo 26: *** 26 ***
Capitolo 1 *** 1 ***
Il gruppo di Inuyasha stava viaggiando come al
solito alla ricerca dei frammenti della Sfera dei Quattro Spiriti,
distante dal villaggio di Kaede; purtroppo, erano ancora lontani quando
sopraggiunse la notte di tenebra che il mezzodemone temeva tanto.
Al calare della notte, Inuyasha si
trasformò in un “debole” umano senza
artigli e zanne e con capelli e occhi neri, così Miroku
procurò ospitalità per tutti in un villaggio poco
distante, grazie a uno dei suoi esorcismi fasulli. Il mezzodemone
continuava a protestare, sostenendo di essere benissimo in grado di
difendersi anche da umano.
“Siete voi che avete bisogno di nascondervi fra quattro
mura”, disse. “Io posso badare a me stesso senza
problemi”.
“Avanti Inuyasha”, disse Kagome. “Rimani
con noi nel villaggio”.
“Dovresti dare retta alla tua amica”, intervenne un
uomo anziano, alimentando il fuoco che ardeva al centro della stanza.
Era il capo del villaggio, un saggio che aveva loro offerto
ospitalità nonostante avesse probabilmente intuito
l’inganno di Miroku. “Sei giovane e coraggioso, ma
non hai idea di cosa si aggiri nel bosco che ci circonda, soprattutto
negli ultimi mesi”.
“Cosa intende dire?”, chiese Miroku, interessandosi
improvvisamente.
“Il bosco è sempre stato dimora di demoni,
venerabile monaco”, disse il vecchio. “Circa sei
mesi fa, però, hanno cominciato a ritirarsi verso lo scuro
degli alberi, evitando il villaggio, e la cosa ci ha reso
più tranquilli: finalmente potevamo vivere in pace senza
doverci preoccupare troppo di quegli esseri disgustosi e i bambini
potevano nuovamente giocare sui prati senza diventare il pasto di un
demone. Per qualche settimana fummo felici e spensierati, ma poi
cominciarono i guai”. L’uomo si interruppe
improvvisamente, come schiacciato da una crudele verità, ma
quella sera Inuyasha era stranamente curioso.
“E poi cos’è successo,
vecchio?”.
“Inuyasha!”, lo sgridò Kagome.
“Quante volte ti ho ripetuto di mostrare rispetto verso le
persone anziane? Lo scusi, signor Touya”.
L’uomo sembrò non averli nemmeno sentiti.
“Dopo quella tregua”, continuò,
“un giorno passò da queste parti un uomo avvolto
in una bianca pelliccia di babbuino”.
“Naraku!”, esclamarono i ragazzi
all’unisono interrompendolo.
“Non ci disse il suo nome”, riprese Touya.
“Non si fermò neppure al villaggio, ma
proseguì dritto verso il bosco, nonostante avessimo tentato
di avvisarlo. Non lo vedemmo più, io immagino che abbia
perso la vita a opera dei demoni del bosco. Comunque, la notte stessa
successiva al suo passaggio, i demoni ritornarono verso le nostre case,
ma erano diversi, più aggressivi, come se fossero spaventati
da qualcosa; e inoltre erano più potenti, tanto che ormai
riusciamo a stento a scacciarli quando si avvicinano troppo, e
purtroppo avviene sempre più spesso da quel giorno; ogni
notte, mentre loro ci stringono d’assedio nelle nostre case,
impedendoci di lasciare il perimetro del villaggio, degli enormi
insetti demoniaci sorvolano le cime degli alberi”.
“Sembrerebbe che Naraku sia alla ricerca di
qualcosa”, disse Sango.
“Già”, disse Miroku pensieroso.
“Ma cosa? Non ci sono frammenti qui, o la divina Kagome li
avrebbe percepiti. Signor Touya, per caso nel bosco è
custodito qualcosa di prezioso o magico? Qualcosa che potrebbe attirare
l’attenzione di un potente demone?”.
“Non vi capisco, venerabile monaco”, disse Touya
confuso. “Voi sembrate conoscere bene l’uomo che fu
ucciso dai demoni; ditemi, cosa potrebbe essere questo
manufatto?”.
“Credo che dovresti dirgli tutto Miroku”, disse
Kagome.
Il monaco annuì e cominciò il suo racconto,
rivelando al vecchio ogni cosa riguardo Naraku e la Sfera dei Quattro
Spiriti; Touya ascoltò con attenzione, sussultando sorpreso
a ogni nuova informazione. Quando Miroku ebbe terminato,
l’uomo chinò il capo, sospirando.
“Perciò quella persona è in
realtà un mezzodemone”, disse. “Eppure,
da che ho memoria non ho mai saputo di qualche oggetto magico nascosto
nel bosco”.
“Provi a ricordare”, disse Kagome. “Oltre
al comportamento dei demoni, non è cambiato nulla dopo il
passaggio di Naraku?”.
Touya sembrò pensarci un po’ su, poi il suo volto
si illuminò. “C’è
qualcos’altro”, disse. “A volte, durante
la notte, giungono fin qui portati dal vento dei rumori, come di un
combattimento, e in altri momenti strani bagliori illuminano la
foresta. Inoltre, quando sembra che stiamo per soccombere ai demoni,
essi vengono sempre distrutti da vampate o raffiche di grandine che
provengono dagli alberi”.
“Sembra che qualcuno protegga queste persone”,
disse Sango. “Ma fuoco e ghiaccio sono poteri da demone.
Perché uno di loro dovrebbe tenere alla loro vita, mentre
gli altri tentano di stroncarla con ogni mezzo?”.
Nessuno riuscì a trovare una risposta alla domanda della
sterminatrice e il silenzio calò nella stanza fino a quando
non si furono addormentati tutti.
Nel cuore della notte, furono svegliati tutti dai rumori di cui parlava
Touya, questa volta vicinissimi, e uscendo dalla capanna si trovarono
assaliti da demoni di tutti i tipi, mentre poco oltre il limitare del
bosco, gli alberi erano illuminati a giorno da quella che sembrava la
luce di un incendio.
Sango non attese oltre e attaccò i demoni su Kirara, ma
nonostante il suo Hiraikotsu li falciasse come il grano maturo, il loro
numero cresceva anziché diminuire e anche con
l’intervento di Kagome e Miroku, la situazione non cambiava
di molto; esasperato e stanco, il monaco decise di usare il Vortice del
Vento, ma Inuyasha si lanciò su di lui, bloccando il rosario.
“Inuyasha che fai?!”, esclamò Miroku.
“Ti salvo la vita, bonzo”, disse Inuyasha indicando
gli insetti di Naraku accorsi a frotte dal bosco. Il mezzodemone non
poteva fare granché da umano, dato che non poteva ricorrere
nemmeno a Tessaiga, ma cercava lo stesso di darsi da fare e lo stesso
faceva il piccolo Shippo con il suo Fuoco di Volpe.
Quando sembrava che stessero per soccombere, le fiamme che avevano
illuminato il bosco irruppero nel villaggio facendo strage dei demoni.
“Inuyasha guarda laggiù!”,
esclamò Kagome afferrando una manica del suo kariginu.
Inuyasha si voltò a guardare ciò che stava
indicando la miko e realizzò che il fuoco non proveniva
dall’interno del bosco, ma dal centro del villaggio dove ora
ardeva un grande rogo; improvvisamente dalle fiamme si levò
una figura di donna, la quale si girò verso di loro,
osservando il mezzodemone con interesse crescente. Non appena le fiamme
si furono completamente estinte, poterono osservarla meglio e non
ebbero difficoltà a capire che si trattava di una yasha:
aveva aspetto umano, ma le orecchie a punta non lasciavano molto spazio
all’immaginazione e le due code dorate che sferzavano
l’aria dietro di lei fugavano ogni dubbio. Indossava un corto
kimono bianco, adatto al combattimento, senza maniche, ricamato
d’oro e stretto da un obi dorato con ricami
d’argento; sul petto era coperto da una sottile placca di un
metallo molto lucido. Aveva i piedi nudi, ma le caviglie e i polpacci
erano coperti da schinieri dello stesso metallo del pettorale; dello
stesso materiale erano i bracciali che le stringevano i polsi e non
portava armi.
“State bene?”, chiese avvicinandosi un poco.
“Si, grazie”, disse Kagome.
“Tsk, non avevamo bisogno del tuo aiuto”, disse
Inuyasha incrociando le braccia, mentre i primi raggi del sole nascente
illuminavano il villaggio e gli restituivano il suo potere demoniaco.
La demone allargò impercettibilmente gli occhi a quella
vista e si avvicinò ulteriormente. Da quella distanza,
videro chiaramente due segni violacei che le segnavano le guance
perfette. I suoi capelli erano del colore dell’oro
più puro, mentre nei suoi occhi risplendeva, inconcepibile,
l’argento.
“Ma tu sei… una inu youkai!”,
esclamò Kagome.
La demone annuì appena, con un sorriso triste sul volto.
“Non mentire!”, esclamò Inuyasha.
“Non esistono inu youkai con due code: quelle sembrano
piuttosto appartenere a una kitsune, solo loro hanno molteplici
code”.
“Queste code”, disse lei, “sono la mia
maledizione… Inuyasha”.
Il mezzodemone arretrò un poco. “E tu come sai il
mio nome, dannata? Ti manda Naraku?”.
“Quel viscido essere? No, non è così.
Io ti ho conosciuto tanto tempo fa, ma tu non puoi
ricordarmi”, disse la yasha. “Forse un giorno ci
incontreremo ancora e allora ti racconterò la nostra
storia”.
Così dicendo, la demone scattò velocissima verso
il bosco, sparendo alla loro vista.
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Capitolo 2 *** 2 ***
Inuyasha era
rimasto qualche minuto a fissare il punto in cui la yasha era
scomparsa, finchè Kagome non lo riscosse dai suoi pensieri.
“Inuyasha”, disse, “tu non hai proprio
idea di chi possa essere quella demone?”.
“No”.
“Non ricordi proprio nulla, nemmeno un
particolare?”.
“Ti ho detto di no!”, esclamò Inuyasha.
“Inuyasha, a cuccia!”.
Il rosario mistico schiantò a terra il mezzodemone, che si
rialzò malamente con la bocca piena di terriccio, mentre
Kagome si allontanava stizzita verso Miroku e Sango. Quando fu rimasto
solo, raggiunse con un balzo l’albero più vicino,
rifugiandosi sui rami più alti, dove poteva perdersi nei
propri pensieri senza essere disturbato. Si sentiva in colpa
perché aveva mentito a Kagome, la donna che amava ormai da
tempo, ma in quel momento sentiva i suoi pensieri troppo intimi per
essere rivelati, persino a lei: in realtà, il profumo di
quella yasha aveva risvegliato qualcosa nella sua mente, ma non appena
tentava di andare a ritroso nei suoi ricordi per cercare di capire chi
fosse, sentiva come una barriera nella sua mente che gli impediva di
arrivare fino in fondo. C’era un punto oscuro nella sua
memoria, un periodo che era stato come rimosso dalla sua vita: dopo la
prima infanzia trascorsa con sua madre Izayoi, si rivedeva ormai
adulto, a condurre la vita da errabondo cui era stato condannato da
uomini e demoni, eppure quella dolce fragranza che aveva sentito
provenire dalla demone gli dava un’inspiegabile
felicità, come fosse legata a un periodo di pace. Era sicuro
di non conoscerla e il suo profumo non era nemmeno simile a quello di
Izayoi, perciò non sapeva proprio spiegarsi quei sentimenti.
Gettò uno sguardo verso il villaggio e vide Kagome
chiacchierare tranquillamente con Sango e Miroku; improvvisamente, la
miko alzò lo sguardo incrociando quello dorato del
mezzodemone e sorrise: l’aveva perdonato anche stavolta,
incapace com’era di provare rabbia o risentimento per
più di qualche minuto. Questo fece sentire ancora peggio
Inuyasha che aveva preso la decisione di andare alla ricerca di quella
demone da solo: doveva seguire le sue tracce all’interno del
famigerato bosco e non poteva permettere che Kagome o gli altri
corressero rischi inutili. Avrebbe momentaneamente interrotto le
ricerche dei frammenti della Sfera, ma sentiva la necessità
impellente di scoprire chi lei fosse e in che rapporti fossero stati.
“Inuyasha”.
Sentendosi chiamare, Inuyasha volse lo sguardo in basso: Kagome era ai
piedi dell’albero e il mezzodemone la raggiunse con un salto.
“Inuyasha”, disse la miko, “vuoi cercare
quella yasha, vero?”.
Il mezzodemone la fissò stupito: come faceva a capire sempre
quello che gli passava per la testa? “Kagome,
io…”.
“Lo so, Inuyasha. Tu vuoi sapere chi è, vuoi
scoprire cosa sa del tuo passato. Ma ti prego, non andare da solo, fai
venire anche me”.
“Non se ne parla”, disse Inuyasha.
“Potrebbe essere pericoloso. Andrò da solo, tanto
non impiegherò molto tempo, ma devo sbrigarmi o
perderò le tracce. Aspettami qui”.
“Ti prego, Inuyasha!”.
“No!”.
“Si!”.
“No, mai e poi mai, Kagome!”, urlò il
mezzodemone. “Non voglio che tu venga con me, quel posto
è pieno di demoni, è pericoloso”.
“Ma non sarei un peso per te, so badare a me
stessa”.
Inuyasha sbarrò gli occhi e di slancio abbracciò
Kagome. “Stupida”, disse. “Tu non sei un
peso, io mi preoccupo per te, non voglio che ti accada
qualcosa”.
Kagome, rossa in viso come la veste di Inuyasha, ricambiò
titubante l’abbraccio. “Grazie Inuyasha”,
disse. “Ma fammi venire con te, potresti avere bisogno di una
persona che ti stia vicino, non sai quello che scoprirai”.
Il mezzodemone lasciò andare la miko, rassegnato.
“Hai vinto”, disse. “Vai a prendere il
tuo arco e avvisa gli altri, io ti aspetterò qui”.
Nel frattempo, la yasha si era addentrata nella foresta, fino a
raggiungere una parete rocciosa, nella quale si trovava
un’apertura nascosta da cespugli e arbusti; varcò
l’entrata, curandosi di rimettere le piante al loro posto e
proseguì lungo una galleria fino ad arrivare in un ambiente
più grande, rischiarato e illuminato da un fuoco che ardeva
al centro. Accanto al fuoco era sistemato un giaciglio fatto di
pellicce e la demone vi si avvicinò. Una piccola testolina
argentata spuntava da sotto le coperte e le piccole orecchie da cane si
mossero non appena captarono i suoi movimenti.
“Madre”, sussurrò una vocina dal
giaciglio. Un piccolo hanyou sbucò da sotto le pellicce
andando a rifugiarsi fra le braccia della yasha.
“Ciao, Himaru”, disse la demone dolcemente.
“Cosa c’è? Hai avuto paura?”.
“Io non ho mai paura!”, disse il piccolo fissandola
con i suoi occhi color argento. Sentendo quella frase la madre lo
guardò teneramente, ma sembrava pensare a
qualcos’altro o… qualcun altro. “Madre?
Hai incontrato Inuyasha?”.
“Si, Himaru”, disse la demone.
“Quando potrò incontrarlo?”, chiese
Himaru.
“Himaru, io non credo che lui debba vederci. Non si ricorda
chi io sia ed è meglio così. Noi andremo via,
adesso, ma ti faccio una promessa: io lo terrò
d’occhio e non appena avrà ricordato il tempo che
ha passato con me, te lo farò conoscere”.
“Ma, madre, tu gli vuoi bene, sei sempre triste quando pensi
a lui. E non fai altro che dirmi quanto sei felice che io gli somigli.
Andiamo da lui, ti prego!”.
“No, cucciolo mio”, disse la yasha, mentre
raccoglieva i pochi averi che portavano con sé; ne fece un
fagotto che si mise a tracolla e prese in braccio Himaru, uscendo dalla
grotta.
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Capitolo 3 *** 3 ***
Inuyasha con
Kagome sulle spalle si era addentrato nella foresta, seguendo il
profumo che la yasha aveva lasciato dietro di sé; lungo la
sua strada incontrò diversi demoni, ma erano tutti di infimo
livello e non ebbe difficoltà ad aprirsi la strada, fino a
quando si trovò davanti una parete di roccia.
“Inuyasha perché ti sei fermato?”,
chiese Kagome.
“Le tracce finiscono qui. Non riesco a capire, è
come se fosse stata inghiottita dalla montagna!”.
“Forse c’è un passaggio”,
disse Kagome scendendo dalle spalle del compagno. Si
avvicinò alla roccia e cominciò a tastarla in
più punti.
“Cosa credi di fare?”, chiese Inuyasha, guardandola
scettico.
“Potrebbe esserci un pulsante o una leva, qualcosa che apra
un passaggio”.
“Non essere ridicola, non è possibile”.
“Inuyasha a cuccia!”, esclamò la miko.
Poi mentre il mezzodemone era ancora a terra, gli si
avvicinò, sussurrandogli all’orecchio.
“Questo perché ti ricordi di non definirmi mai
ridicola!”.
Inuyasha si rialzò guardandola storto, ma non osò
replicare per paura del rosario. Fece per appoggiarsi alla roccia e con
il corpo spostò l’arbusto che si trovava
lì vicino mostrando un’apertura.
“L’hai trovata!”, esclamò
Kagome, entrando senza indugi.
“Aspetta Kagome!”
Seguendo la galleria, raggiunsero la stessa stanza più
grande dove fino a quella notte aveva dimorato la yasha. Inuyasha si
avvicinò a quello che rimaneva del fuoco, prendendo della
cenere fra le mani.
“E’ ancora calda”, disse. “Non
deve essere andata via da molto. Guarda: c’è una
seconda entrata da quella parte. Proviamo a cercarla di
là”.
Il mezzodemone riprese Kagome sulle spalle e uscì di corsa,
imboccando il secondo tunnel che avevano appena scoperto e poco dopo
tornarono all’aperto, permettendo a Inuyasha di ritrovare la
traccia che aveva perso. Correva come non mai e ben presto raggiunsero
una radura dove si trovava un cucciolo di demone, che non appena li
vide balzò in piedi, fissandoli con astio. Inuyasha e Kagome
lo guardarono a sua volta, stupiti dal suo aspetto: il piccolo non era
un demone completo come gli era sembrato, ma un hanyou. Aveva due
graziose orecchie da cane sulla testa e lunghi capelli
d’argento, e nel complesso sembrava un piccolo Inuyasha,
escluso il colore dei suoi occhi, dello stesso sconvolgente argento
della yasha che stavano cercando.
“Che cosa volete?”, ringhiò il piccolo.
Kagome si avvicinò a lui e si inginocchiò,
guardandolo in viso. “Non vogliamo farti del male”,
disse. “Stiamo cercando una persona. Io sono Kagome e lui
è Inuyasha; tu come ti chiami, piccolo?”.
“Io sono Himaru. Ma lui è…
Inuyasha?”. Il cucciolo sbarrò gli occhi,
illuminandosi in volto e avvicinandosi a lui. “Tu sei
Inuyasha?”, ripeté.
“Si sono io, pulce, che vuoi?”, disse Inuyasha,
squadrandolo dall’alto al basso. Il cucciolo mise il broncio
e incrociò le braccia voltandosi dall’altra parte,
e Kagome scoppiò a ridere, divertita da
quell’atteggiamento che era tipico di Inuyasha, mentre il
mezzodemone adulto la guardava offeso.
“Davvero divertente”, risuonò una voce
dietro di loro: la yasha che stavano cercando era arrivata alle loro
spalle e sorrideva alla scena che le si presentava.
“Madre!”, esclamò il piccolo correndole
incontro e lei lo sollevò in collo, baciandolo sulla fronte.
“Madre?!”, ripeterono Inuyasha e Kagome.
“Esatto”, disse la yasha. “Questo
è il mio cucciolo”.
“Madre, è lui quello a cui assomiglio tanto, vero?
È il tuo amico Inuyasha”.
“Himaru!”, esclamò lei.
Kagome era rimasta di sasso: cominciava a temere che il rapporto fra
Inuyasha e la misteriosa demone fosse stato davvero molto intimo, e che
il piccolo hanyou fosse figlio dell’uomo che amava. In fondo
Himaru era una piccola copia di Inuyasha, fatta eccezione per gli occhi
che erano evidentemente della madre, eppure qualcosa non tornava,
considerato che il mezzodemone era rimasto sigillato al Goshinboku per
cinquant’anni e Himaru non dimostrava più di
cinque anni. Però, dalle parole del cucciolo, ne desumeva
che la madre doveva avergli parlato spesso di Inuyasha, non mancando di
sottolineare l’evidente somiglianza tra loro.
“Assomigliarmi tu, pulce?”, disse stizzito
Inuyasha. “Ma se io voi due nemmeno vi conosco!”.
“Bada a come parli”, disse la yasha con una calma
innaturale, addolcendosi subito quando il piccolo Himaru gli strinse le
braccia attorno al collo. Quella scena così tenera fece
sentire una fitta al cuore di Inuyasha che inspiegabilmente era geloso
del cucciolo. “Inuyasha”, continuò la
demone, “non posso ancora rivelarti tutta la
verità: è per mia volontà che tu non
ricordi nulla di me e senti quella specie di barriera nella tua mente,
sono stata io a crearla”.
“E perché l’avresti fatto, dannata
strega?”.
“Ti ho già detto di darti una calmata, non farmelo
ripetere. Comunque, l’ho fatto per il tuo bene e attualmente
non ho nessuna intenzione di rimuoverla. È meglio
così, credimi, deciderò io quando sarà
il momento giusto”.
“Dicci almeno il tuo nome”, disse Kagome.
“Mi chiamo Hi”.
“Madre Hi…”, sussurrò
Inuyasha, a voce così bassa che solo la diretta interessata
lo udì, fissando i suoi occhi in quelli del mezzodemone.
Hi stava per replicare quando il terreno accanto a loro fu sferzato
da… lame di vento!
“Kagura!”, esclamò Inuyasha impugnando
Tessaiga.
“Rilassati Inuyasha”, ghignò la yasha,
“non sono qui per te, né per i frammenti. Naraku
mi ha mandato a invitare la nobile Hi alla sua dimora”.
“E dimmi Kagura: perché non è venuto di
persona?”, chiese sarcastica Hi. “Forse non ha
ancora avuto il tempo di rigenerare il corpo che io ho
dilaniato?”.
Kagura le lanciò un’occhiata di fuoco, infastidita
da quella presa in giro. “Non burlarti di me, stupida demone!
Tu non hai ancora capito con chi hai a che fare, Naraku non deve essere
sottovalutato! Ti ridurrà all’obbedienza,
vedrai!”.
“Certo, così tu sarai libera, vero?”, la
stuzzicò Hi.
Kagura sbarrò gli occhi per la sorpresa, digrignando i
denti. “Ora basta, mi hai stancata, Hi! Ti porterò
da Naraku che tu lo voglia o no!”.
A un cenno di Kagura, centinaia di demoni sbucarono dal folto degli
alberi, gettandosi su di loro per attaccarli, mentre la demone si
concentrava su Hi. Quest’ultima non intendeva combattere con
suo figlio fra le braccia, così, scansando
l’ennesimo attacco di Kagura, balzò vicino a
Kagome.
“Kagome ti prego, prendi con te Himaru e rimanete al
sicuro!”, disse, passandogli con difficoltà il
cucciolo che rifiutava di lasciarle il collo.
“Non andare, madre!”, la supplicò.
“Himaru, ti prego, devo mandare via quella donna cattiva,
altrimenti mi porterà via con sé! È
questo che vuoi?”
“No, madre”.
“Ora basta!”, esclamò Kagura lanciando
su di loro le lame di vento. “Non è il momento di
fare conversazione!”.
Hi prese Kagome e Himaru e scansò il colpo, tornando a
lanciarsi nella lotta. Nonostante Kagura avesse sfoderato tutto il suo
potere e fosse supportata dagli altri demoni, non poteva competere con
la forza di Hi, che in breve distrusse quelli che le si paravano
davanti, scagliandosi contro la yasha. Nelle sue mani apparvero
improvvisamente due sai che però sembravano non avere
esistenza fisica, piuttosto erano evanescenti ma risplendenti di rosso
uno e di blu l’altro. Kagura scansò facilmente il
suo primo colpo volteggiando sulla sua piuma. “Cosa credi di
fare con quegli spilli fantasmi?”, disse sarcastica, ma prima
ancora che potesse reagire si trovò un sai infilzato in una
spalla e l’altro puntato alla gola.
“Voglio essere generosa, Kagura”, disse Hi.
“Questa volta ti lascerò andare, ma mostrami
ancora il tuo volto e ti farò rimpiangere il trattamento di
Naraku”.
Kagura sudava freddo per il terrore e trovò appena la forza
di annuire, mentre Hi la liberava delle sue armi e ritornava a terra.
La Signora del Vento, però, temeva molto di più
Naraku che una demone che non aveva neanche la crudeltà
necessaria per infliggerle il colpo di grazia, così fingendo
di allontanarsi, virò improvvisamente con la sua piuma
dirigendosi verso Kagome e Himaru. La miko tentò di
scagliare una delle sue frecce, ma prima che ne avesse il tempo, la
yasha gli aveva strappato dalle braccia il piccolo hanyou e si era
allontanata troppo veloce per essere ripresa.
“Himaru!”, urlò Kagome. Rendendosi conto
di ciò che era appena successo Hi fece per lanciarsi
all’inseguimento di Kagura, ma Inuyasha, liberatosi
dell’ultimo demone la trattenne, afferrandola per le braccia.
“Lasciami andare Inuyasha!”, esclamò Hi
tentando di divincolarsi, mentre l’hanyou la stringeva
più forte.
“Aspetta!”, disse. “Non puoi
raggiungerla, lei è troppo veloce, perderesti le tracce dopo
poche miglia”.
“E cosa dovrei fare, eh?! Lasciare che quella strega si porti
via mio figlio? Anche tu dovresti proteggerlo!”. Dopo
quest’ultima frase, Hi si coprì la bocca con le
mani e si lasciò scivolare a terra, prendendo ad ansimare
pesantemente, mentre Kagome la abbracciava sperando che si calmasse. La
miko era davvero dispiaciuta per il rapimento di Himaru di cui si
sentiva responsabile, ma si convinceva sempre più che il
cucciolo fosse figlio di Inuyasha.
Un silenzio imbarazzante era caduto sulla radura, interrotto soltanto
dagli ansiti di Hi, che non riusciva a calmarsi; Inuyasha, non
sopportando oltre vederla soffrire, si avvicinò a lei e con
un gesto del tutto inusuale per lui, la strappò dalle
braccia di Kagome, stringendola a sua volta, senza curarsi che
così facendo straziava il cuore della miko.
“Vieni con noi”, disse all’improvviso.
“Stiamo cercando Naraku da molto tempo ormai, e prima o poi
lo rincontreremo. Se non sarai sola sarà più
facile riprendere Himaru, non credi?”.
Hi alzò appena la testa, quel tanto che bastava per
rispondere. “Verrò con voi, ma ti prego ripartiamo
subito”.
Inuyasha annuì e ripresa Kagome sulle spalle, corse via
verso il villaggio seguito dalla yasha.
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Capitolo 4 *** 4 ***
Quando
finalmente ritornarono al villaggio era ormai calata la notte e Sango e
Miroku li stavano aspettando nella capanna di Touya.
“Siamo tornati!”, esordì Kagome varcando
l’ingresso.
“Kagome!”, esclamò Shippo lanciandosi
fra le sue braccia. “Mi sei mancata tanto, non tornavi
più”.
“Guarda che sono tornato anch’io”,
sbuffò Inuyasha appena entrato, seguito subito da Hi.
Quest’ultima, senza rivolgere attenzione a nessuno,
andò a sedersi in un angolo buio della capanna, mentre
Kagome spiegava al resto del gruppo cosa era successo. Il piccolo
Shippo osservava di sottecchi la nuova arrivata: improvvisamente, Hi si
voltò nella sua direzione e il piccolo sussultò,
pensando che lo avrebbe sgridato, ma invece la yasha gli sorrise
dolcemente, rigirandosi subito dopo.
Passò ancora qualche ora e Kagome e gli altri decisero di
andare a letto, mentre Inuyasha, come al solito, andò a
riposare all’esterno, su un albero. Hi si era distesa attorno
al fuoco come gli altri, ma non riusciva nemmeno ad assopirsi, troppo
preoccupata per il suo piccolo Himaru, così decise di uscire
a prendere un po’ d’aria; alzando lo sguardo, vide
che la luna era ormai sorta e gli venne in mente che di solito a
quell’ora cantava la ninna-nanna al suo cucciolo. Il dolore
tornò a oscurarle il volto e nella speranza che il vento
portasse la sua voce fino a Himaru dovunque si trovasse, prese a
cantare.
“Natsuhiboshi naze akai?
Yuube kanashii yume wo mita
naite hanashita
akai me yo
Natsuhiboshi naze mayou?
Kieta warashi wo sagashiteru
dakara kanashii
yumewo miru”
Inuyasha, che aveva sentito la sua voce, saltò
giù dall’albero e andò a sedersi
accanto a lei su un masso.
“Io mi ricordo questa canzone”, disse.
Restò in silenzio per un po’, poi riprese,
“Perché non mi dici la verità
ora?”.
“Ti ho già detto di no, Inuyasha”.
“Per quanto credi che potrai tenermi
all’oscuro?”, disse l’hanyou.
“Se non volevi che ricordassi dovevi fare in modo di non
vedermi più, è da quando sei giunta al villaggio
che comincio a ricordare dei dettagli che ti riguardano: quando mi hai
detto il tuo nome mi è venuto spontaneo chiamarti
‘madre Hi’, e poi… io
sono…”. Inuyasha arrossì senza riuscire
a terminare la frase, ma Hi lo guardò e sorrise dolcemente.
“Sei geloso di Himaru”, terminò per lui.
“Non è questo il punto! Anche il tuo profumo, mi
dà una grande serenità, eppure non è
simile a quello di mia madre o a quello di Kago…”,
Inuyasha si interruppe di botto, rendendosi conto di ciò che
aveva appena ammesso.
“Di Kagome?”, disse Hi. “Allora avevo
visto giusto, hai un debole per quella miko”.
“M-ma… cosa dici?!”.
“E’ inutile che neghi, non puoi nascondermi nulla.
E comunque è molto meglio di quella Kikyo che frequentavi
cinquant’anni fa, credimi”.
Inuyasha la fissò sbalordito, mentre il suo viso diventava
una maschera di stupore.
“Non guardarmi con quella faccia”, disse Hi.
“Non potevo abbandonarti del tutto a te stesso e ogni tanto
venivo a controllarti, ma non ho mai approvato quella donna,
così fredda e controllata. Non puoi capire il mio strazio
quando ti ho visto inchiodato a quell’albero, senza poterti
neanche fare una carezza per la presenza di quella dannata freccia
sacra. Se lei non fosse stata già morta l’avrei
uccisa con le mie mani”.
“Non osare parlare così!”,
esclamò Inuyasha, mostrando i denti. “Tu non sai
nulla di lei e nemmeno come andarono le cose allora!”.
“Modera i toni, cucciolo!”, esclamò Hi,
guardando Inuyasha con uno sguardo così duro da farlo
trasalire. “Cosa non saprei, eh? Forse credi che non sappia
dell’inganno di Naraku? O forse non dovrei sapere che lei ti
chiese di diventare un essere umano, rinunciando alla tua natura? Se
lei ti avesse amato come adesso fa Kagome, che tiene a te
così come sei, per Naraku sarebbe stato impossibile ordire
quella trappola, perché non avrebbe potuto minare la sua
fiducia!”.
Inuyasha abbassò la testa, nascondendo gli occhi sotto la
frangia d’argento e Hi si alzò per rientrare nella
capanna, ma poi sembrò ripensarci e tornò sui
suoi passi, abbracciando l’hanyou da dietro. “Prova
a riflettere”, disse. “Nemmeno il tuo sentimento
era intenso come quello che provi adesso: neanche tu ti fidavi
ciecamente di lei”.
Hi fece per lasciarlo, ma Inuyasha la trattenne. “Non andare
via… madre Hi”, sussurrò. La demone,
stupita da quella richiesta, si portò davanti a lui,
stringendoselo al petto.
“Non temere, cucciolo mio”, disse Hi.
“Non andrò via tanto presto e quando
avrò ripreso Himaru non sparirò dalla tua
vita”.
Inuyasha si staccò dall’abbraccio e si
voltò da un’altra parte, imbarazzato.
“Scusa io… non volevo essere così
debole… Ti prego dimentica tutto”. Velocemente si
alzò e tornò a rifugiarsi sugli alberi, mentre Hi
lo guardava sorridendo e scuotendo la testa. ‘Non sei
cambiato neanche un po’, figlio mio’.
Il mattino successivo, il gruppo di Inuyasha ripartì alla
ricerca di Naraku, con in più la presenza di Hi. Kagome era
stranamente silenziosa sin dall’inizio del viaggio e guardava
sofferente Inuyasha che più avanti parlava con Hi e fatto
più unico che raro, emetteva anche qualche risata divertita.
Sango, accortasi di dove si posava lo sguardo di Kagome, le si
affiancò nel tentativo di parlarle.
“Cosa c’è che non va, Kagome?”.
“Nu-nulla, Sango, perché me lo chiedi?”,
disse la miko abbozzando un sorriso.
“Non fingere con me”, disse Sango. “Da
quando siamo partiti hai detto a malapena qualche parola, e non fai
altro che guardare Inuyasha e quella Hi. Avanti, sai che con me puoi
parlare, Kagome; dimmi quali sono i tuoi timori”.
Kagome sospirò tristemente prima di rispondere alla
sterminatrice. “Questa notte mi sono svegliata e ho visto che
Hi non era nel suo futon”, disse. “Sono uscita a
cercarla, temendo che fosse fuggita per cercare Naraku da sola
e… lei era fuori con Inuyasha e si abbracciavano, lui la
stringeva come se temesse di vederla svanire da un momento
all’altro! Ieri vi abbiamo detto che Hi ha un figlio, il
piccolo Himaru, ma quello che abbiamo taciuto è che il
cucciolo è un hanyou. Ed è la copia in miniatura
di Inuyasha, dovresti vederlo, ha persino gli stessi modi di fare!
È per questo che io… ecco… temo che
Himaru sia figlio di Inuyasha!”.
“Che cosa?!”, esclamò Sango.
“Ma scusa, cosa te lo fa credere?”.
“Beh, Hi ci ha dato ad intendere di conoscere da tempo
Inuyasha, anche se lui non la ricorda. Quando abbiamo conosciuto
Himaru, lui ha guardato Inuyasha chiedendo alla madre se fosse lo
stesso cui tanto assomigliava e… Hi ha detto a Inuyasha che
anche lui dovrebbe proteggere il cucciolo. Cosa ti fa pensare tutto
questo?”.
“In effetti, la spiegazione più logica sembra
essere la tua, ma c’è qualcosa che non torna. Tu
hai detto che Himaru è molto piccolo giusto?”.
“Si, credo che se fosse un essere umano avrebbe cinque anni,
sicuramente non di più”.
“Ma non vedi? Ti sei risposta da sola, Inuyasha è
rimasto sigillato al Goshinboku per cinquant’anni e in
termini umani Himaru dovrebbe essere stato concepito proprio
all’epoca in cui il sigillo gli fu imposto, vale a dire
quando Inuyasha…”.
“Stava con Kikyo”, terminò per lei
Kagome.
Sango annuì e Kagome si sentì più
rincuorata: Inuyasha non era un santo, ma di certo non era il tipo da
tradire Kikyo per una notte con una yasha, soprattutto considerando che
all’epoca lui veniva evitato da uomini e demoni
già da molti anni.
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Capitolo 5 *** 5 ***
Al
calare del sole, i viaggiatori si accamparono per la notte e dopo
aver cenato rimasero per un po’ svegli intorno al fuoco.
Inuyasha e
Hi restarono a montare la guardia mentre gli altri si erano
già
addormentati.
“Un’altra
notte senza il mio Himaru”, disse la yasha. “Quando
credi che
troveremo tracce di Naraku?”.
“Non
saprei, madre Hi”, disse Inuyasha. “Potrebbe essere
dovunque, a
volte viaggiamo per settimane senza incontrare lui né i suoi
servitori. Comunque puoi stare tranquilla: io ti aiuterò a
vendicarti se…”.
“Se
uccidesse Himaru? Non lo farà, gli serve per costringermi
all’obbedienza e quando sarà più grande
vorrà sfruttarlo per i
suoi scopi: il mio cucciolo ha un potere particolare che
aumenterà
con il tempo, un potere simile a quello spirituale”.
“Come
Kagome e Miroku”, disse l’hanyou. “Ma di
chi è figlio
Himaru?”.
“Il
padre di Himaru era un bastardo senza coscienza che da tempo serviva
esclusivamente sé stesso. Mi ha raggirato, facendomi credere
di
nutrire un amore sincero per me, mentre in realtà bramava
soltanto
il mio corpo; e quando è venuto a conoscenza
dell’interesse che
Naraku provava per me, ha provato prima a convincermi di servirlo,
poi, di fronte al mio rifiuto, ha accettato di collaborare alla mia
cattura, perché quel mostro gli aveva promesso potere e
ricchezze.
Per sua sfortuna, io avevo da poco scoperto di aspettare Himaru e
avevo già deciso di lasciarlo e andarmene lontano, per
evitare che
lui o Naraku mettessero le mani sul mio cucciolo”.
“E
dopo? Cosa ti è accaduto dopo?”.
“Sono
ritornata nelle Terre dell’Ovest, dove hanno il dominio gli
inu
youkai”, disse Hi. “Avevo bisogno di un posto
sicuro dove
nascondermi fin quando mio figlio non fosse nato e nemmeno Naraku
avrebbe osato entrare nel nostro paese: all’epoca non poteva
competere con la maggior parte degli inu youkai sudditi di tuo padre.
Quando, però, Himaru è venuto alla luce,
è stato chiaro a tutti
che si trattava di un hanyou come te e i nostri nobili fratelli non
potevano tollerare un simile affronto. Non dopo che lo stesso Inu no
Taisho aveva avuto un figlio mezzosangue, e soprattutto visto che io
avevo fatto di tutto pur di salvarti dopo la morte di tua madre.
Avevano già fatto fatica a riprendermi prima!”.
Inuyasha
digrignò i denti, pensando a come lui stesso fosse stato
rifiutato
dagli stessi demoni e a suo fratello Sesshomaru che cercava da sempre
di ucciderlo; come fosse stato evocato dalle sue parole, gli giunse
alle narici il suo odore e anche Hi doveva averlo sentito,
perché
balzò in piedi. L’hanyou scattò veloce
come il vento verso il
folto degli alberi, seguito a ruota dalla yasha. Non passò
molto
tempo che si ritrovò davanti l’odiato
fratellastro, accompagnato
dalla piccola Rin e dal suo servitore Jaken.
“Inuyasha
perché intralci sempre la mia strada?”, chiese il
demone,
guardandolo con sguardo di sufficienza. “E vedo che ti
accompagni a
Hi, la traditrice”.
“Sei
tu che non fai altro che girarmi attorno!”,
esclamò Inuyasha,
mostrando i denti. “E non osare rivolgerti a quel modo a
Hi”.
“Ma
guardati, sei sempre il solito inetto. Hai ritrovato chi ti fece da
madre e ora non vuoi separartene più, vero? Sei patetico,
accogliere
così la mia sposa”.
“Taci
Sesshomaru!”, esclamò improvvisamente Hi
materializzando i sai
nelle sue mani. Provò ad attaccare il demone, ma, sebbene
fosse lei
stessa molto potente, non poteva ancora competere con
l’abilità e
la forza di Sesshomaru. In breve fu ricoperta di ferite, ma non si
diede per vinta, continuando ad attaccarlo senza sosta e riuscendo
infine, dopo diversi tentativi, a intrappolare Tokijin fra i sai;
un ghigno le comparve sul volto e fece per scatenare un inferno di
ghiaccio, quando lo sguardo le cadde sulla bambina che seguiva
Sesshomaru ed esitò, dando modo al demone di liberarsi di
lei,
trafiggendola al ventre con i suoi artigli avvelenati. Hi si
accasciò
ai suoi piedi e Sesshomaru alzò la spada sulla sua testa con
l’intenzione di infliggerle il colpo di grazia, ma Inuyasha
intercettò il fendente con Tessaiga, spingendo indietro il
fratello.
“Non
sfidarmi, Inuyasha. Non puoi contare sempre sulla fortuna”.
“Tsk,
non è la fortuna che mi fa vincere Sesshomaru, ma la mia
forza, che
tu continui a sottovalutare, e il desiderio di proteggere le persone
a cui tengo!”.
“Sei
uno stupido, mezzodemone. I sentimenti sono solo una dimostrazione di
debolezza e te lo proverò!”. Sesshomaru si
lanciò all’attacco
contro Inuyasha, ma come notò Hi, non sembrava
così tanto superiore
al fratello che gli teneva agevolmente testa. La yasha,
però, non
poteva impedirsi di preoccuparsi per la sorte del suo pupillo,
così
raccolse le sue ultime energie per scagliare una raffica di grandine
contro Sesshomaru, non letale, ma abbastanza potente da bloccargli i
movimenti.
“Madre
Hi non intrometterti!”, esclamò Inuyasha.
“Ma… che ti succede?
Madre Hi!”.
La
demone vide Inuyasha avvicinarsi sempre più, ma ben presto
le
immagini si fecero confuse e vaghe e poi tutto divenne buio.
L’hanyou
corse al suo fianco sollevandola fra le braccia e pregando che
resistesse fin quando non fossero tornati all’accampamento.
“Sesshomaru”, disse voltandosi indietro,
“per oggi la nostra
sfida è finita, chiuderemo i conti un’altra
volta”, concluse
scattando verso la radura.
Appena
giunto a destinazione, svegliò i suoi compagni nella
speranza che
qualcuno potesse aiutare Hi e Kagome si diede subito da fare per
medicarla. La ferita più grave era sull’addome,
dove Sesshomaru
l’aveva trafitta con i suoi artigli velenosi.
“Miroku,
levati dai piedi, dobbiamo toglierle il kimono”,
sbottò
all’improvviso Sango alla vista di Miroku che si avvicinava
disinvolto.
“Anche
tu Inuyasha!”.
“Ma
Kagome…”
“Niente
ma! Non mi interessa quanto ‘profondi’ siano i
vostri rapporti,
tu adesso sparisci!”, esclamò la miko.
Inuyasha
arrossì fino ai capelli per quello che Kagome aveva
sottinteso e si
allontanò brontolando e ripromettendosi di spiegarle come
stavano le
cose in realtà.
Kagome
e Sango, intanto, stavano lavando le numerose ferite che Hi aveva
riportato, anche se per la maggior parte si trattava di tagli poco
profondi: quello che preoccupava le ragazze era la ferita
sull’addome, per via della pericolosità del veleno.
“Kagome
dobbiamo portarla dalla vecchia Kaede”, disse Sango.
“Il veleno
si sta diffondendo in tutto il corpo, non so se riuscirà a
resistergli anche se è una demone”.
“Hai
ragione. Io ho dell’antidoto con me, ma non è
sufficientemente
forte. Però… procediamo lentamente e siamo molto
lontani, non so
se abbiamo tempo”.
“Potrei
portarla io con Kirara”, disse Sango. “Se ricuciamo
le ferite non
dovrebbe essere troppo rischioso muoverla. Cosa ne dici?”.
“E’
un’ottima idea, vado a dirlo a Inuyasha e Miroku”,
disse Kagome.
La
miko si avvicinò al fuoco dove stavano i due e
riferì loro l’idea
di Sango, ma Inuyasha cominciò subito a sollevare delle
obiezioni.
“Non
se ne parla, io non la lascio!”
“Inuyasha,
smettila di fare il bambino! Hi ha bisogno di cure, non possiamo
aspettare di arrivare tutti insieme al villaggio di Musashi”.
“Allora
la porterò io!”, esclamò
l’hanyou.
A
quelle parole, un sussulto doloroso scosse il cuore di Kagome, che
chinò il capo tristemente; ‘Inuyasha, la ami
così tanto?’.
“Andremo
io e Kirara”, intervenne Sango intuendo lo stato
d’animo di
Kagome. “Basta discutere”.
Senza
indugiare oltre, la sterminatrice caricò Hi sul dorso di
Kirara e
volò via, lasciando Inuyasha a protestare nella radura.
Dopo
quell’incidente nessuno tornò a dormire visto che
l’alba era
ormai vicina. Inuyasha fremeva nell’ansia di ripartire e
raggiungere in fretta Hi, preoccupato per le sue sorti, mentre Kagome
gli lanciava delle occhiate furtive e soffriva nel vedere quanto
desiderasse raggiungere la yasha, fraintendendo i suoi sentimenti.
“Inuyasha
perché Sesshomaru ha attaccato Hi? Voleva colpirti uccidendo
colei
che ami?”.
“Colei
che amo? Ma di che accidenti stai parlando, bonzo?”, chiese
Inuyasha fissando sorpreso Miroku.
“Perché,
non è così?”, chiese Kagome, che si era
interessata
all’improvviso.
Inuyasha
ricambiò il suo sguardo e scorgendo un grande dolore negli
occhi
castani di Kagome, decise che fosse il caso di rivelare quel poco che
sapeva su Hi.
“Io…
non ricordo bene”, cominciò titubante.
“Rammento il profumo di
Hi e la ninna-nanna che canta per Himaru. So che la chiamavo
‘madre
Hi’, perciò credo che… mi abbia
cresciuto per qualche tempo,
dopo la morte della mia vera madre. Ha imposto una barriera nella mia
mente, così io non ricordo altro della vita trascorsa con
lei, l’ho
pregata di rimuoverla o raccontarmi ciò che nasconde, ma si
rifiuta
di farlo, sostenendo che il momento non è ancora
giunto”.
Kagome
lo fissò stupita, dandosi della stupida per aver dubitato
così di
Inuyasha, il quale, sebbene non le avesse rivelato apertamente i suoi
sentimenti, le aveva dimostrato molte volte quanto tenesse a lei.
Poi, però, si ricordò dei dubbi riguardo il padre
di Himaru e
decise di indagare.
“E
non ti ha detto nulla sul padre di Himaru?”, chiese.
“Beh,
mi ha confessato qualcosa… Il padre del suo cucciolo era un
uomo
corrotto che l’ha circuita facendole credere di amarla, ma
non ha
esitato a collaborare con Naraku per catturarla; per qualche motivo,
Himaru ha poteri simili ai vostri”.
“Ho
capito”, disse Miroku. “E perché Naraku
vuole catturare Hi?”.
“Lei
non me l’ha detto”, disse Inuyasha scuotendo il
capo, “ma credo
che voglia sfruttare il suo potere, anche se quello che so al
riguardo è anch’esso nascosto nella mia mente.
Posso dirvi
soltanto che Hi non è sicuramente una inu youkai come gli
altri, non
solo d’aspetto; lei è compassionevole sia con i
demoni che con gli
esseri umani, e anche con… i mezzodemoni. Quando
sarà guarita la
costringerò a parlare: non può derubarmi di una
parte della mia
vita”.
Kagome
sorrise al mezzodemone, soddisfatta di ciò che aveva saputo
circa il
rapporto tra lui e Hi e andò a sederglisi accanto.
“Inuyasha, non
credi che Hi abbia le sue ragioni per nasconderti quel
periodo?”.
“No,
non è così. Credo che lo abbia fatto
perché voleva che io non
sapessi della sua esistenza, forse per proteggermi dagli inu
youkai”.
“Vedrai
che ti dirà ogni cosa quando la raggiungeremo”.
“Lo
farà. Se arriveremo in tempo”.
“Avanti
Inuyasha, non preoccuparti”, disse Kagome con un sorriso.
“Sono
certa che la troveremo in perfetta forma e ti sgriderà per
il
ritardo. Proprio come una vera mamma!”.
Inuyasha
sorrise al tentativo della miko di tranquillizzarla. “Grazie
Kagome”, disse.
Non
appena il sole fu alto, si rimisero immediatamente in marcia per
raggiungere il villaggio di Musashi alla massima velocità
che
riuscivano a tenere.
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Capitolo 6 *** 6 ***
Circa due
giorni dopo, giunsero finalmente in vista del villaggio di Kaede e
Inuyasha accelerò immediatamente, lasciando indietro il
povero Miroku che non poteva certo tenere il suo passo. Non appena
arrivò alla capanna della vecchia sacerdotessa,
entrò senza nemmeno chiedere il permesso, né
lasciare andare Kagome.
“Madre Hi!”, esclamò varcando la soglia
mentre Kagome scendeva dalle sue spalle.
La yasha era seduta in un futon vicino al fuoco, ma a parte un leggero
pallore, sembrava stare benissimo e gli indirizzò un dolce
sorriso; l’hanyou si precipitò accanto a lei,
inginocchiandosi vicino al giaciglio.
“Madre Hi, come ti senti?”.
“Sto bene Inuyasha, non preoccuparti”, disse Hi,
posandogli una mano sulla testa.
Sango, che era presente, vedendo quella confidenza si voltò
preoccupata verso Kagome, ma con sua grande sorpresa
constatò che la miko non sembrava affatto infastidita da
quel comportamento, tutt’altro. La yasha le aveva raccontato
tutto mentre erano in viaggio, ma la sterminatrice non era certa che
Inuyasha avesse avuto il coraggio di rivelare la verità a
Kagome, Miroku e Shippo.
“Kagome”, disse Hi, “spero che Inuyasha
vi abbia spiegato che tipo di rapporto c’è tra
noi. Non vorrei che ci fossero fraintendimenti fra me e te, in fondo
sarò un po’ tua suocera!”.
“Su-suo-suocera?!”, disse Kagome con il viso che
era diventato un tizzone acceso.
“Ma che stai dicendo, madre Hi?!”,
esclamò Inuyasha completamente paonazzo.
“Vuoi dire che non siete fidanzati?”, disse Hi con
un’espressione fintamente ingenua, mentre Sango tratteneva a
stento le risate. “Scusatemi, è che avevo notato
certi atteggiamenti così confidenziali tra di
voi…”.
“Smettila, madre Hi”, disse l’hanyou a
denti stretti, non credendo alla yasha. “Piuttosto, quando
starai bene dovrai raccontarmi tutto ciò che mi hai nascosto
finora; o rimuovere il blocco dalla mia mente, decidi tu, ma sappi che
stavolta non accetterò un no come risposta”.
“E va bene, cucciolo”.
“E finiscila con questo ‘cucciolo’; sono
adulto ormai!”.
“Scordatelo. Sei stato come un figlio per me e questo non
cambierà neanche fra mille anni”, disse Hi.
“In ogni caso, se vuoi così tanto conoscere la
verità rimuoverò il blocco dalla tua mente.
Avvicinati”.
Inuyasha tornò accanto alla yasha che gli posò
gli indici sulle tempie e chiuse gli occhi, mentre una luce azzurrina
circondava prima lei stessa per poi concentrarsi sulle sue mani e da
lì sulla testa dell’hanyou. Questi
cominciò improvvisamente a dimenarsi, digrignando i denti,
ma Hi lo trattenne gentilmente: “So che fa male Inuyasha, ma
devi resistere se vuoi riavere i tuoi ricordi”. Dopo pochi
secondi, era tutto finito e Inuyasha chinò il capo ansimando
come dopo una lunga ed estenuante lotta. Hi prese a carezzargli le
orecchie e i capelli.
“Dovresti dormire un po’, adesso”, disse.
“Non ho sonno”, disse Inuyasha, tentando di
rialzarsi ma inchiodato di nuovo al suolo dal dolore alla testa. Kagome
accorse al suo fianco per sostenerlo. “Inuyasha cosa
c’è?”.
“E’ come se avessi migliaia di aghi infilati dentro
al cervello”, ghignò. “Ma adesso ricordo
perfettamente”.
“Proprio per questo dovresti riposare”, insistette
Hi. “La tua mente ha bisogno di riprendersi dopo aver
ricevuto una tale quantità di informazioni in una volta
sola”.
“Inuyasha dovresti darle retta”, disse Kagome.
“Se fossimo attaccati hai bisogno di essere perfettamente
lucido. Avanti, c’è un futon vuoto accanto a Hi,
mettiti giù”.
“Tsk, io non dormo in quei cosi”.
“Inuyasha adesso basta con i capricci!”, disse Hi,
che cominciava a innervosirsi. “Devi dormire! Kami, mi chiedo
come faccia Kagome a sopportarti, sei peggio di un cucciolo
viziato!”.
Inuyasha, che per qualche motivo temeva la rabbia di Hi,
ingoiò rumorosamente e andò a sdraiarsi nel futon
accanto alla yasha, dandole però le spalle. Lei, dal canto
suo, fece cenno a Kagome e Sango di uscire e quando restarono soli si
chinò sull’hanyou e accarezzandogli i capelli,
cominciò a cantare, a voce bassissima perché solo
lui la sentisse, la ninna-nanna di Himaru:
“Natsuhiboshi naze akai?
Yuube kanashii yume wo mita
naite hanashita
akai me yo
Natsuhiboshi naze mayou?
Kieta warashi wo sagashiteru
dakara kanashii
yumewo miru”.
Hi continuò a cantare e coccolarlo finchè non fu
sicura che dormisse profondamente; quando vide il suo respiro farsi
pesante e regolare, si alzò e uscì dalla capanna,
lasciandolo riposare tranquillo.
Vedendo uscire solo Hi, Kagome si avvicinò a lei, stupita
che non fosse accompagnata da Inuyasha, e preoccupata che non
si reggesse in piedi da sola, la sostenne.
“Puoi lasciarmi Kagome, sto bene”.
“Ma il veleno… sono passati soltanto due giorni,
potresti essere ancora debole”.
“Sei molto cara”, disse Hi sorridendo a Kagome, che
arrossì. “Non è la prima volta che
vengo ferita da Sesshomaru, ormai il mio corpo recupera in fretta dagli
effetti del suo veleno. Vieni, spostiamoci da qui, non vorrei svegliare
Inuyasha”.
“Vuoi dire che sta dormendo sul serio?!”.
“Si. Ma perché la cosa ti sorprende
tanto?”.
“Perché da quando lo conosco, potrei contare sulle
dita le volte che l’ho visto dormire senza
preoccupazioni”. Kagome la guardò di sottecchi,
indecisa se chiederle o meno ciò che la incuriosiva.
“Hi, potrei chiederti una cosa?”.
“Certo Kagome, quello che vuoi”.
“Ecco… mi racconteresti… di te e
Inuyasha?”.
Hi sorrise rassicurante e le fece cenno di sedere accanto a lei sotto
un albero. “Sicuramente saprai che la tribù degli
inu youkai dell’Ovest non ha mai accettato Inuyasha
perché era figlio di una donna umana”. Kagome
annuì e la yasha riprese il suo racconto. “Il mio
signore Inu no Taisho, però, aveva un gruppo di fedelissimi
che nutrivano un profondo rispetto anche per la nobile Izayoi, di cui
facevamo parte tra gli altri, io e mio fratello Mito. A noi, il padre
di Inuyasha aveva affidato la sua donna e il figlio che stava per
nascere, consapevole che dopo lo scontro con Ryukotsusei probabilmente
non sarebbe sopravvissuto. Purtroppo i miei compagni, nonostante il
rispetto che provavano per il mio signore, non sono mai riusciti ad
accettare Inuyasha: potevano servire e amare una donna umana, ma non un
cucciolo che non apparteneva a nessuna delle due razze, così
hanno continuato di nascosto a proteggere Izayoi e di conseguenza
Inuyasha, ma non appena la principessa è morta, hanno deciso
che la cosa più saggia per tirarci fuori dai guai fosse
consegnare l’hanyou agli anziani inu youkai perché
ne facessero ciò che ritenevano più opportuno. Io
e Mito non eravamo d’accordo, così ho preso
Inuyasha con me e sono fuggita: io avevo i miei motivi per volermi
allontanare dalle Terre dell’Ovest e il figlio del mio
signore era troppo piccolo per rimanere solo. La fuga mi è
costata la vita di mio fratello che è rimasto indietro per
trattenere gli inseguitori, ma entrambi eravamo disposti a pagare lo
scotto della salvezza di Inuyasha. Io e il piccolo hanyou abbiamo
trovato un piccolo villaggio, nascosto in una valle fra le montagne e
lì abbiamo vissuto felici: gli abitanti non avevano mai
avuto a che fare con i demoni e la loro posizione era troppo isolata
perché fossero influenzati dal mondo esterno,
perciò ci hanno accolti volentieri. In quel luogo Inuyasha
ha vissuto serenamente, nonostante il dolore della perdita di sua madre
e io ho avuto il cucciolo che non potevo avere”.
“Ma… e Himaru?”.
“Himaru è un piccolo miracolo”, disse
Hi. “Non ero mai riuscita ad avere dei cuccioli,
perché il mio potere insolito uccideva il piccolo dentro il
mio corpo. Credo che lui sia sopravvissuto grazie al suo potere di
creare barriere che è molto elevato”.
“E perché hai cancellato i ricordi di
Inuyasha?”.
“Abbiamo trascorso ben cinquant’anni in quel
villaggio, senza avere notizie degli inu youkai, tanto che credevo che
ormai avessero desistito, ma non era così: un giorno, il
vecchio Myoga ci raggiunse per avvertirmi che ci avrebbero presto
rintracciati, e io tentai di convincere Inuyasha a scappare insieme a
lui, sai bene che quella pulce ha un vero talento per sfuggire i
pericoli. Inuyasha, però, rifiutò di andarsene e
lasciarmi, così… ho utilizzato il mio potere per
togliergli i ricordi mentre dormiva, dopodichè
l’ho lasciato in un posto sicuro, lontano dal villaggio,
perché quelle persone non fossero coinvolte e sono
sparita”.
“Non lo hai più rivisto?”, chiese Kagome.
“In realtà ho continuato a tenerlo
d’occhio, ma sempre da lontano perché lui non si
accorgesse di me”, disse Hi tristemente.
“Così cono venuta a conoscenza di Kikyo e mi sono
recata più volte qui, al villaggio di Musashi, ma
l’ultima volta quando sono arrivata…”.
La yasha ringhiò, stringendo i pugni. “Quando sono
arrivata, il mio cucciolo era inchiodato a un albero, sigillato, e io
non potevo neanche toccarlo perché la freccia sacra reagiva
e rischiava di purificarmi. L’ho già detto a
Inuyasha, se la miko non fosse stata già morta,
l’avrei uccisa con le mie mani”.
“Ma Kikyo fu ingannata e…”.
“So come andarono le cose!”, gridò Hi.
“Quella donna chiese a Inuyasha di diventare un essere umano,
rinunciando alla sua natura! Ormai dovresti sapere meglio di me che lui
non sopporta il suo corpo umano, lo ritiene debole. E poi…
se quei due si fossero amati davvero, non sarebbero mai caduti nella
trappola di Naraku”. Hi fissò intensamente Kagome.
“Con te non sarebbe successo”.
La yasha si alzò e se ne andò, lasciando indietro
Kagome. ‘Povera Hi. Prima ha dovuto lasciare Inuyasha e
adesso Naraku ha portato via Himaru. Ha davvero un grande coraggio ad
andare avanti’.
Hi tornò al villaggio, dove nel frattempo erano arrivati
anche Miroku e Shippo, e sedette con loro, chiacchierando fino a sera,
quando finalmente Inuyasha si svegliò. Uscì dalla
capanna sbadigliando sonoramente e lanciando occhiatacce ai suoi
compagni che lo guardavano perplessi, e fece per sedere accanto a Hi,
che lo costrinse a mettersi tra lei e Kagome.
“Madre Hi, davvero tu sei la sposa di Sesshomaru?”,
chiese l’hanyou, mentre gli altri si guardavano
l’un l’altro confusi.
“Più o meno”, rispose Hi.
“Che vuol dire ‘più o
meno’?”.
“Significa chiudiamo l’argomento,
cucciolo”.
“Cucciolo?”, ripeté Shippo.
“Ah ah ah, cucciolo, Inuyasha è un
cucciolo!”. Non fece in tempo a smettere di ridere che
dovette scappare alla furia di Inuyasha, deciso come non mai a fargli
del male: nella sua corsa, finì tra Kagome e Hi che lo prese
in braccio, mentre l’hanyou si fermava di colpo davanti a lei.
“Inuyasha, non toccare Shippo”, disse Hi e
l’hanyou sedette al suo posto imbronciato. “E tu,
Shippo, smettila di prenderlo in giro, o potrei decidere di
punirti”.
Il piccolo kitsune sbiancò di colpo, mentre Inuyasha, senza
farsi notare, gli fece la linguaccia.
“Ascoltatemi”, disse Hi. “Io vorrei
ripartire domani se non è un problema. Sono già
tre giorni che Kagura ha portato via mio figlio e non posso aspettare
troppo”.
“Stai tranquilla madre Hi”, disse Inuyasha.
“Domani appena sorgerà il sole ci metteremo in
cammino e andremo a salvare Himaru. Dopotutto è come se
fosse il mio fratellino, perciò non posso assolutamente
lasciarlo a Naraku!”.
Hi rise sommessamente. “Grazie Inuyasha”.
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Capitolo 7 *** 7 ***
Dopo che
Kagura lo aveva portato via, Himaru aveva dormito per tutta la notte e
il giorno successivo, cullato inconsapevolmente dalla voce lontana di
Hi. Non appena sveglio, però, aveva subito cominciato a
strepitare, dimenandosi per sfuggire alla presa della yasha.
“Smetti di agitarti, sgorbio, o porterò il tuo
cadavere a Naraku!”.
“Lasciami andare, brutta megera!”,
strillò il piccolo hanyou, mentre una luce azzurrina
avvolgeva il suo corpo.
“Ma questa è energia spirituale!”,
esclamò Kagura, mollando la presa per non essere purificata,
mentre Himaru ne approfittò per lanciarsi giù
dalla piuma. Stavano sorvolando una zona fitta d’alberi e
l’hanyou era abbastanza agile da aggrapparsi ai rami per non
schiantarsi al suolo; scendendo dal tronco, aveva subito avvertito il
profumo della sua amata madre, ma anche l’odore del suo
sangue. Lui non poteva saperlo, ma quello dove si trovava era il luogo
in cui Hi aveva lottato contro Sesshomaru, rimanendone ferita.
“Madre!”, chiamò. “Madre dove
sei? Madre!”.
Non ricevendo risposta, Himaru si lasciò cadere in
ginocchio, colpendo il terreno con i piccoli pugni: sentiva le lacrime
pungergli gli occhi, ma non cedette. Non aveva mai visto piangere sua
madre e sapeva dai suoi racconti quanto neanche il fratellone Inuyasha
avesse mai versato lacrime, perciò non doveva essere lui a
cominciare. Mentre era ancora chinato sul terreno, gli giunsero
distinti alle narici altri due odori diversi: uno era quello di
Inuyasha, mentre l’altro non lo conosceva, e pensando che
doveva appartenere alla persona che aveva ferito o forse ucciso la
madre, lo seguì, deciso a vendicarsi.
Continuò a camminare per tutta la notte, percorrendo quella
pista, fino a che non giunse in prossimità di un fiume,
troppo ampio perché potesse superarlo, così
cercò un riparo dove trascorrere qualche ora di riposo,
ripromettendosi di trovare un guado non appena si fosse svegliato.
Quando un raggio di sole gli colpì il viso, il piccolo
hanyou stese istintivamente le manine a cercare la madre, svegliandosi
completamente quando non la trovò. Raggiunse il fiume che
aveva incontrato qualche ora prima, per sciacquarsi il viso e
osservò il suo riflesso, i suoi occhi così rari e
uguali a quelli di Hi e lo schiaffeggiò per sfogarsi.
“Ehi, ciao!”, fece una vocetta allegra dietro di
lui. Himaru si voltò e vide una bambina umana osservarlo
curiosa.
“Ciao”, disse timidamente.
“Io sono Rin e tu come ti chiami?”.
“Himaru”.
“Sei da solo? Dov’è la tua
mamma?”.
“Non lo so”, ammise il cucciolo chinando il capo.
“La sto cercando, ma ho paura che sia…
morta”.
“Oh”, fece Rin mentre un’ombra di
tristezza oscurava per un istante i suoi occhi.
“Rin”, chiamò una voce dietro di loro.
“Signor Sesshomaru!”, esclamò la piccola
correndogli incontro.
“Tu!”, ringhiò Himaru riconoscendo
l’odore che aveva seguito. “Tu hai ucciso mia
madre!”.
Così dicendo, il piccolo hanyou tentò di
attaccare il demone, che infastidito fece per eliminarlo al primo
colpo, ma la piccola Rin, avendo compreso le intenzioni del suo
padrone, si frappose fra i due. Sesshomaru si fermò di
botto, temendo di ferire la piccola umana mentre Himaru le
sbattè addosso nell’impeto dell’attacco,
accrescendo la rabbia del demone. Rin si rialzò subito,
correndogli incontro e afferrò la lunga coda bianca, con le
lacrime agli occhi.
“Vi prego Signor Sesshomaru, non fate male a
Himaru!”, lo implorò. “Lui è
piccolo, solo e ha perso la sua mamma!”.
Sesshomaru chiuse gli occhi, voltando le spalle a Himaru.
“Andiamo via Rin”, disse.
“Fermo!”, esclamò Himaru. “Tu
hai ucciso mia madre e ora io mi vendicherò!”.
Sesshomaru girò appena la testa, quel tanto che bastava per
dare una veloce occhiata all’hanyou, e in quel momento
notò gli occhi argentei del cucciolo.
“Non conosco tua madre”, disse. “E se
anche l’avessi uccisa, potrei non ricordarmene. Sarebbe
soltanto l’ennesimo insignificante essere che si è
messo sulla mia strada”.
“Tu menti!”, urlò Himaru. “Ho
sentito l’odore del sangue di mia madre, quello di Inuyasha e
il tuo, e l’ho seguito. Se lei è morta, sei stato
tu a ucciderla, tu la conosci!”.
Sesshomaru tornò a voltarsi verso di lui, osservandolo
finalmente con attenzione. Fatta eccezione per gli occhi, il cucciolo
era identico al suo odiato fratello: non c’erano dubbi che la
sua metà demoniaca fosse di un inu youkai. Se conosceva
Inuyasha e lo accusava di aver ucciso la madre, allora…
“Tu sei figlio di Hi”, disse Sesshomaru neutro.
“Allora avevo ragione, tu la conosci”, disse
Himaru. “Perché hai ucciso mia madre?”.
“Quella stupida ha osato sfidarmi. Ma è
viva”.
Il volto di Himaru si illuminò a quella rivelazione e Rin
corse ad abbracciarlo felice.
“Hai visto Himaru? La tua mamma è ancora
viva!”.
“Già”, disse l’hanyou ancora
imbambolato. “Dov’è adesso?”.
“Non vedo perché dovrebbe interessarmi”,
disse Sesshomaru.
Himaru ringhiò in direzione del demone, il quale si
limitò ad alzare un sopracciglio in risposta. Rin vedendo il
suo nuovo amico in difficoltà, decise di intervenire.
“Signor Sesshomaru, accompagniamo noi Himaru dalla sua
mamma”, disse. “Voi sapete
dov’è, vero? Altrimenti la possiamo trovare, non
è così?”.
“Andiamo Rin”, disse Sesshomaru. “E tu
seguici mezzodemone”.
Rin corse felice vicino a Himaru, afferrandogli la mano e tirandoselo
dietro. “Vedrai Himaru”, disse, “Ti
porteremo dalla tua mamma!”.
Il gruppo capeggiato da Sesshomaru raggiunse ben presto
l’accampamento ‘vigilato’ dal fedele
Jaken, il quale scattò subito in piedi
all’approssimarsi del suo padrone.
“Padrone perdonatemi vi prego! Andrò subito a
cercare Rin, vi prometto che non succederà più,
la ritroverò, ma voi non fatemi a fettine!”.
“Jaken, ma cosa dici? Io sono qui!”,
esclamò Rin.
“Co-cosa?!”, balbettò il demone rospo.
“Non farlo mai più! Non osare allontanarti senza
il permesso mio o del Padron Sesshomaru, chiaro?”.
“Jaken”, disse glaciale Sesshomaru. “Vai
a cercare qualcosa da mangiare per Rin e per…
quello”.
Jaken si sporse per vedere dietro il demone chi fosse
‘quello’ e per poco non gli prese un colpo quando
vide Himaru.
“Padrone avete catturato Inuyasha! Ma che strano lo ricordavo
più alto…”, disse Jaken avvicinandosi a
Himaru.
Questi dal canto suo rivolse al demone rospo un’occhiata di
puro odio. “Non sono Inuyasha, sgorbio”, disse.
“Il mio nome è Himaru”.
“Ma come osi?!”, esclamò indignato
Jaken. “Ti farò pentire di quello che hai
detto”.
“Jaken”, intervenne Sesshomaru. “Lascia
stare quel mezzodemone: ha poteri spirituali, ti ucciderebbe senza
neanche toccarti”.
Jaken spostò lo sguardo confuso dal mezzodemone a
Sesshomaru, poi di nuovo sul bambino che cominciava ad emanare
un’aura azzurra, ritraendosi spaventato.
“Ma perché l’avete portato con
voi?”, chiese ancora terrorizzato.
“Perché è un mio amico”,
cinguettò allegra Rin. “E noi lo accompagneremo
dalla sua mamma”.
“Come? E chi sarebbe sua madre?”.
“Adesso basta”, disse Sesshomaru. “Jaken
fa’ quello che ti ho detto”.
Il demone rospo si allontanò borbottando, mentre Rin si
avvicinò a Himaru che si era seduto a braccia conserte
esattamente dove si trovava. “Himaru, vieni accanto al
fuoco”.
“Non ho freddo”.
“Ma io si, non posso rimanere qui e voglio stare vicino a
te”.
Himaru la guardò arrossendo e fingendosi scocciato si
alzò e la seguì vicino al fuoco.
“Quando avete incontrato mia madre?”.
“Uhm, credo… credo soltanto ieri”.
“Allora è vicina!”.
“Mi dispiace ma noi andiamo veloce”, disse Rin.
“Ah-un sa volare davvero in fretta, quasi come il Signor
Sesshomaru. Forse ci siamo allontanati tanto, io non lo so”.
Dopo che quella speranza andò in frantumi, Himaru
tornò silenzioso e cupo. I tentativi di Rin di farlo
distrarre furono tutti inutili e il cucciolo mangiò qualcosa
soltanto per non farla intristire: in fondo quella bambina era stata
gentile con lui, non meritava di essere ignorata, ma lui proprio non
riusciva a distrarsi, non era mai stato così lontano dalla
madre per tanto tempo. Dopo un po’ Rin si mise a dormire
mentre lui rimase esattamente dov’era, sentendo
più che mai la mancanza della madre; provò a
canticchiare la ninna-nanna di sua madre, ma non ottenne altro che di
acuire la sua malinconia. ‘Dove sei madre?’.
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Capitolo 8 *** 8 ***
Hi e il
gruppo di Inuyasha erano ripartiti subito come stabilito e non avendo
altri indizi, stavano tornando verso la foresta dove avevano incontrato
la yasha, nella speranza di ritrovare tracce di Kagura nonostante
fossero passati già quattro giorni.
Hi era stranamente silenziosa e appariva preoccupata più del
solito. Camminava per ultima e rispondeva stentatamente ai discorsi
degli altri, solo quando non poteva farne a meno. Kagome, che ormai la
considerava la madre di Inuyasha, si incaricò di scoprire il
motivo di quell’improvviso mutamento d’umore e
rimase volutamente indietro, affiancandola.
“C’è qualcosa che non va,
Hi?”, chiese. “Voglio dire, oltre al rapimento di
Himaru”.
“No”.
‘Di certo le risposte laconiche Inuyasha le ha imparate da
lei’, pensò Kagome. “Avanti, puoi dirmi
cosa c’è che non va, fidati di me”.
La yasha guardò Kagome dritto negli occhi, leggendovi solo
sincera preoccupazione e perciò, nonostante odiasse parlare
forzatamente, decise di risponderle. “Riguarda
Sesshomaru”, disse. “Ho un brutto presentimento,
credo che abbia incontrato Himaru. Se così fosse e scoprisse
che è mio figlio, sarebbero guai, per non parlare del fatto
che, nonostante ciò, sarebbe meglio che si trovasse con lui
e non in mano a Naraku. Non lo trovi ironico?”,
terminò con una risatina sommessa.
Kagome la guardò stranita; come poteva trovare divertente
ciò che aveva appena descritto? “Hi, ma cosa
c’entra Sesshomaru con te e con Himaru?”.
“Adesso chiedi troppo Kagome”, disse Hi guardando
la miko con sguardo duro.
“Scusami, non volevo essere indiscreta”.
“Non preoccu… Ma questo è
Himaru!”, esclamò all’improvviso Hi
fiutando l’aria. Senza attendere oltre, scattò
veloce verso la foresta, lasciando indietro tutti gli altri.
“Inuyasha!”, chiamò Kagome.
“Andiamo, Hi ha trovato Himaru!”.
Il mezzodemone non se lo fece ripetere e caricatasi Kagome sulle
spalle, si lanciò all’inseguimento di Hi, seguito
da Miroku e Sango su Kirara, ma la yasha sembrava avere il fuoco nelle
vene, e raggiungerla si rivelò più difficile del
previsto: per un’intera giornata continuarono a starle alle
calcagna, senza mai arrivarle abbastanza vicino da fermarla.
Finalmente, quando il sole fu tramontato, Hi si fermò lungo
un sentiero, consentendo agli altri di affiancarla.
“Madre Hi, ma che ti è preso?”.
“Inuyasha, ti farebbe piacere rivedere il tuo amato
fratello?”.
“Sesshomaru? Ma di che stai parlando?”.
“Ormai ci avrà fiutati”, disse Hi.
“Sarà qui da un momento
all’altro”.
Sesshomaru si fermò di colpo, annusando l’aria
intorno a sé. ‘E’ vicina’.
“Andiamo”.
Jaken spronò Ah-un a seguire il padrone, senza osare
chiedere a cosa fosse dovuto l’improvviso cambio di
direzione, ma Himaru, anche lui in groppa al demone, avvertì
subito il profumo della madre e balzò a terra seguendolo,
incurante dei richiami di Rin. Sesshomaru si lanciò al suo
inseguimento, determinato a riportarlo di persona da Hi; aveva molte
cose da chiedere alla yasha e il suo cucciolo era il solo mezzo per
farla parlare.
Himaru, però, vedendo il demone dietro di
sé, istintivamente creò una barriera
intorno al proprio corpo, continuando la sua corsa.
‘Dannato mezzodemone’, imprecò
Sesshomaru. ‘Non posso afferrarlo con quella barriera
spirituale, ma non lo lascerò scappare’.
Il piccolo hanyou continuava a correre agilmente nella fitta boscaglia,
fin quando non raggiunse un sentiero e in lontananza vide risplendere
l’oro delle code di Hi.
“Madre!”, urlò.
Il fine udito di Hi colse subito quella vocina e la yasha le corse
incontro, avvertendo distintamente anche l’odore di
Sesshomaru. Himaru aveva abbassato la barriera alla vista della madre e
il demone, che gli stava col fiato sul collo, lo afferrò un
attimo prima che lo facesse Hi.
“Sesshomaru!”, esclamò la yasha.
“Lascialo andare immediatamente”.
“No”.
“Che cosa vuoi da Himaru?”.
“Assolutamente niente”, ripose glaciale Sesshomaru.
“E’ da te che voglio delle risposte”.
“Di cosa stai parlando, dannato Sesshomaru?”,
intervenne Inuyasha che ora si trovava alle spalle di Hi.
“Non gli avrai nascosto la verità fino ad ora,
vero?”, chiese sarcastico lo youkai.
“Zitto!”, urlò Hi.
“Stà zitto Sesshomaru e lascia andare mio
figlio!”.
“Solo dopo che mi avrai dato le risposte che cerco. Non
sopporto di essere preso in giro, tantomeno se a farlo è una
donna”.
“Smettila ti prego! Loro non devono sapere, non sarebbe
giusto!”, implorò Hi.
“Perché mai?”, disse Sesshomaru.
“Forse temi che il tuo caro Inuyasha ti rifiuterebbe?
Proviamo a dirgli qualcosa, vuoi?”. Hi si lasciò
cadere in ginocchio, tremando all’idea di ciò che
l’aspettava e incapace ormai di ribattere. “Devi
sapere, mezzodemone, che la tua cara madre adottiva è stata
la mia sposa. Mi fu promessa quando dimostrò in pieno tutti
i suoi poteri, perché gli anziani ritennero che il figlio di
Inu no Taisho fosse l’unico degno di una tale potente yasha;
le nozze furono celebrate molto tempo prima che nostro padre conoscesse
quell’insulsa femmina umana di cui si invaghì e
che diede alla luce te”.
Inuyasha chinò il capo, non riuscendo in quel momento a
capire i suoi stessi sentimenti: Hi non gli aveva mai detto di essere
la sposa di Sesshomaru e cominciava a temere che anche il suo affetto
fosse stato in realtà una grossa bugia.
“Quindi voi siete… sposati?”, chiese
timidamente Kagome.
“Non proprio ragazzina. Ho ripudiato questa traditrice molto
tempo fa”.
“E perché l’avresti fatto?”,
ringhiò Inuyasha. “Forse ti sei reso conto che lei
è troppo per della feccia come te?!”.
Hi alzò finalmente la testa per guardare sorpresa Inuyasha:
credeva che dopo aver saputo la verità, l’hanyou
l’avrebbe allontanata e invece ancora una volta la
sorprendeva. “Inuyasha”, disse mentre lui le si
avvicinava. “Grazie”.
“Siete patetici”, commentò Sesshomaru.
“Comunque, l’ho scacciata perché
rifiutava di darmi un erede, sostenendo che esso moriva
all’interno del suo corpo. Mi sembra evidente”,
disse sollevando Himaru, “che si trattava di una sporca
bugia. A quanto pare non voleva avere un figlio da me, o
forse… non voleva nessun figlio. Perché non
accontentarla, potrei togliere di mezzo questo hanyou con un solo
colpo”.
“No, ti prego Sesshomaru, non farlo!”,
urlò Hi. “Per favore non uccidere mio figlio, non
ho mentito, ti darò una spiegazione, ti prego!”.
“Avanti, allora. Parla”.
“Prima lascia andare Himaru, o non ti dirò una
parola di più”.
Sesshomaru alzò un sopracciglio, apparentemente divertito:
la yasha non era certo in grado di dettare condizioni, eppure osava lo
stesso, sicuramente contando sulla sua curiosità.
D’altra parte, sapeva bene che se avesse ucciso il cucciolo
non le avrebbe cavato una parola in più e il suo orgoglio
ferito premeva per sapere qual era il motivo che le aveva impedito di
dare alla luce i suoi cuccioli. Così lanciò in
malo modo Himaru davanti a sé, il quale si
rifugiò immediatamente fra le braccia della madre.
“Madre! Temevo di non vederti più, mi sei mancata
tanto!”.
“Oh Himaru! Scusami piccolo mio, non lascerò mai
più che ti accada una cosa del genere”, disse Hi,
stringendo convulsamente il figlio fra le braccia.
“Io sto aspettando”, intervenne Sesshomaru
ricordando la sua presenza.
Hi si voltò nella sua direzione e lo youkai lesse nei suoi
occhi una profonda malinconia; anche se non lo diede a vedere, quel
sentimento lo aveva scosso: perché mai Hi avrebbe dovuto
rimpiangerlo?
“Io desideravo darti un figlio”, disse Hi.
“Lo volevo con tutto il cuore, ma il potere che mi rende
tanto speciale uccideva i cuccioli nel mio grembo dopo poche settimane.
Himaru ha dei poteri simili a quelli spirituali che lo hanno protetto
dentro di me; probabilmente l’istinto di sopravvivenza lo ha
spinto a creare una barriera che contrastava il mio potere demoniaco.
Infatti mandare avanti la gravidanza è stato difficile,
perché quella stessa barriera rischiava di annientare il mio
corpo dall’interno, contrastato dal potere demoniaco e lo
scontro mi faceva soffrire, facendomi sentire come se fossi lacerata.
È per questo motivo che mi sono rifugiata nelle Terre
dell’Ovest finchè Himaru non è venuto
alla luce; tu non l’hai mai saputo perché a quel
tempo eri già lontano a cercare Tessaiga e quando sono di
nuovo andata via non eri ancora ritornato”.
“Mi prendi per uno sciocco?”, disse Sesshomaru.
“Perché mai un potere demoniaco dovrebbe uccidere
un cucciolo di demone? E poi ho visto i poteri di quel mezzosangue,
crea barriere spirituali”.
“E’ la verità, Sesshomaru! Himaru non ha
poteri da monaco; è di certo un potere estremamente dannoso
per i demoni, ma d’altra parte anche i tuoi artigli velenosi
sono letali per quasi tutti loro, e molti youkai sono in grado di
generare barriere più o meno potenti. E
poi…”, così dicendo, Hi
passò una mano sulle orecchie da cane di Himaru che
sparirono per essere sostituite da normali orecchie da youkai.
“Himaru è un demone completo come puoi vedere: le
orecchie da cane e l’aura demoniaca dimezzata erano soltanto
un’illusione creata da me. Di certo non può avere
poteri spirituali, non credi?”.
Inuyasha e gli altri fissarono stupiti Himaru: il suo aspetto non era
cambiato di molto, era ancora molto simile al mezzodemone. Soltanto le
orecchie erano cambiate e due strisce violacee facevano bella mostra di
sé sulle sue guance.
“E chi mi assicura che non sia questa
l’illusione?”, disse Sesshomaru.
“Nessuno”, disse Hi. “Puoi scegliere di
fidarti o meno, ma è questa la realtà e per ora
dovrai accontentarti di questo. Non saprei come convincerti. Addio
Sesshomaru”, concluse guardandolo tristemente.
Hi prese in braccio Himaru e si allontanò seguita dagli
altri, lasciandosi Sesshomaru alle spalle.
Hi si allontanò da Sesshomaru, mentre Inuyasha e gli altri
la seguivano poco distante. Era cupa e silenziosa ancor più
che quella stessa mattina, come se l’incontro con il demone
l’avesse davvero sconvolta e Inuyasha soffriva
dell’incapacità di aiutarla.
La yasha continuò per la sua strada fin quando non raggiunse
una piccola grotta, forse piccola per tutti loro ma abbastanza grande
da offrire un riparo per la notte.
“Kagome, Sango”, disse all’improvviso Hi.
“C’è una sorgente termale da queste
parti. Vi va di fare un bagno?”.
“Si!”, esclamò Kagome battendo le mani
felice.
“Sarebbe fantastico”, disse Sango.
“Signore è meglio che vi accompagni. Potrebbe
essere pericoloso per voi inoltrarvi da sole fra gli alberi”,
disse Miroku allungando una mano verso il fondoschiena di Sango, che
non raggiunse mai: la sua povera testa fu raggiunta prima
dall’Hiraikotsu e subito dopo dai pugni di un furioso
Inuyasha. Hi, che aveva assistito in silenzio a quella scena,
scoppiò a ridere prontamente imitata da Kagome, mentre
Shippo e Himaru assistevano sbigottiti alla scena.
“Non gli avranno fatto male?”, chiese Himaru.
“Così impara”, replicò Shippo
scuotendo la testa. “E’ proprio un monaco deviato,
non cambia mai”.
Lasciando un dolorante Miroku alla custodia di Inuyasha, Kagome e Sango
seguirono Hi, fidandosi del suo fiuto per trovare la sorgente
d’acqua calda; finalmente, poterono distendersi nel laghetto,
rilassandosi.
Mentre le donne chiacchieravano tra loro, i cuccioli sguazzavano
tranquilli, giocando con l’acqua e con la ciambella che
Kagome aveva portato per Shippo dalla sua epoca.
“Hi, perché avevi dissimulato l’aspetto
di Himaru?”, chiese Sango.
“Ragazze mie, non abbiatevene a male, ma per spiegarvelo
dovrei anche dirvi chi è il padre di Himaru. Quello
vero”.
“Io scommetto che è Sesshomaru”, disse
Kagome.
“Pe-perché dovrebbe?”.
Kagome non rispose, ma fece un cenno con la testa in direzione di
Himaru e Hi e Sango si voltarono a guardarlo: la frangia che
solitamente gli copriva la fronte, ora bagnata e tirata
all’indietro, aveva scoperto un segno a forma di mezzaluna
blu. Hi si mise una mano sul viso e non disse nulla, sperando che il
discorso cadesse lì, ma dopo svariati minuti sentiva ancora
gli occhi di Kagome e Sango su di sé.
“Voi non demorderete, vero?”, disse con tono di
supplica.
“Per niente”, risposero all’unisono le
ragazze.
“E va bene avete vinto”, sospirò infine
la demone. “Himaru è figlio di Sesshomaru,
contente?”.
“Tutto qui?”, ripeterono ancora insieme Kagome e
Sango.
“Che vuol dire ‘tutto qui’? Vorreste
forse avere i dettagli del suo concepimento?”.
“Ma no, cosa vai a pensare?”, disse Kagome rossa
come un peperone. “Intendevamo, sia tu che Sesshomaru avete
detto che i vostri cuccioli non sopravvivevano dentro di te e
ipotizzando che Himaru sia stato concepito circa
cinquant’anni fa, c’è qualcosa che non
torna”.
“Ah, Kagome sei curiosa come una scimmia”,
sospirò Hi, ignorando la smorfia di disappunto sul viso
della miko. “Dunque, io vi dirò come stanno le
cose, ma a una condizione: Sesshomaru non dovrà saperlo.
Mai”. Sango e Kagome annuirono e la yasha cominciò
il suo racconto.
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Capitolo 9 *** 9 ***
Un giorno le
terre dell’Ovest, dominio degli inu youkai, furono scosse da
una notizia eccezionale: finalmente il loro signore aveva avuto un
erede, un figlio che perpetrasse la sua stirpe e il suo dominio. Questa
nascita aveva fatto sì che un altro cucciolo che
l’aveva seguita di poche settimane fosse completamente
ignorato, sebbene si trattasse di una piccola yasha che prometteva un
grande potere per i demoni cane. La neonata era diversa dagli altri inu
youkai, aveva i capelli dorati e gli occhi scintillanti dello stesso
argento che risplendeva sulle chiome dei suoi genitori, Sabaku e Roze.
Keisuke, il demone a capo del consiglio degli anziani, volle vederla e
ottenne di portarla con sé per verificare quali fossero i
suoi poteri.
“Vostra figlia potrebbe essere la realizzazione di
un’antica profezia”, disse loro. “In
realtà abbiamo poche frasi sconnesse, ma alcune potrebbero
riferirsi a lei:
[…]Una goccia d’oro sorgerà
sull’Ovest d’argento cadrà
[…]
Di fuoco e di ghiaccio avrà il
dominio[…]”.
“Ma il nostro cucciolo non ha i poteri di cui
parli”, disse Roze che teneva la neonata fra le braccia.
“La mia sposa ha ragione”, disse Sabaku.
“Nostra figlia non ha ancora mostrato nessuna caratteristica
diversa”.
“Venite con me”, disse Keisuke.
I due acconsentirono e seguirono l’anziano fino alla sede del
consiglio, dove erano state portate due prigioniere, demoni gatto del
Clan delle Pantere, nemici degli inu youkai da tempi immemori e
già sconfitti duramente dal grande Inu no Taisho. Le schiave
erano stati sorprese ad attentare alla vita del primogenito del
generale soltanto pochi giorni prima e non era stato facile averne
ragione poiché si trattava di due yasha di alto livello.
Keisuke avanzò al centro della sala e fece cenno a Roze che
portava fra le braccia sua figlia di seguirlo. La yasha
obbedì e l’anziano ordinò alle guardie
di portargli le prigioniere: non appena furono vicino a lei, gli occhi
del cucciolo divennero completamente rossi e afferrò il
collo delle due con le piccole mani artigliate. Una luce accecante
avvolse il gruppo e Roze fu sbalzata indietro ma senza sua figlia che
non aveva lasciato la presa; i presenti non potevano vedere nulla,
sentivano soltanto le demoni gatto urlare come se venissero straziate e
un sordo ringhio ‘infantile’. Dopo pochi minuti la
visibilità tornò finalmente normale, rivelando
uno spettacolo raccapricciante: la piccola sedeva tranquillamente sul
pavimento, in mezzo a ciò che rimaneva delle yasha, ormai
ridotte a due mummie rinsecchite. Sabaku si avvicinò e
riprese sua figlia che sembrava tornata calma, forse fin troppo.
“Ma che diavolo è successo, Keisuke?”,
disse.
“Pare che vostra figlia abbia manifestato il suo vero
potere”, disse l’anziano guardando la piccola
yasha. Sabaku e Roze seguirono il suo sguardo e videro che ora nella
parte bassa della schiena del cucciolo facevano bella mostra di
sé due morbide code dorate, che sembravano spuntate dal
nulla. “Evidentemente ha, o meglio, aveva la
facoltà di assorbire le energie vitali degli esseri viventi
e con esse eventuali poteri. Quelle due dominavano le energie fredde e
il fuoco e credo che ormai questo controllo sia passato a lei. Avete
già scelto il suo nome?”.
“Non lo avevamo ancora fatto”, disse Roze.
“Io proporrei Hi”.
La piccola Hi crebbe tranquilla e docile, molto più che
qualsiasi altro della sua stirpe: dal giorno del terribile
‘incidente’, non manifestò
più il potere di assorbire le energie vitali, neanche
volendo. Sembrava che quel potere fosse sparito o meglio si fosse
esaurito nell’appropriarsi delle demoni gatto, ampiamente
sostituito dalle facoltà delle due di controllare ghiaccio e
fuoco.
Keisuke la scelse perché fosse allenata come futura
componente dei Dodici, un gruppo di inu youkai che affiancavano il
generale e ne erano la guardia d’élite. Grazie a
questi allenamenti, imparò a controllare i nuovi poteri e
divenne sempre più potente. Anche suo fratello Mito si
allenava nello stesso gruppo ed entrambi frequentavano spesso il
palazzo di Inu no Taisho, divenendo ben presto amici di Sesshomaru,
l’erede del generale. I tre erano molto uniti e non mancavano
di allontanarsi insieme per intere settimane, nonostante venissero
puntualmente puniti al loro ritorno.
Un giorno, mentre Mito era impegnato in una missione
d’allenamento, Hi e Sesshomaru decisero di partire da soli.
Appena si furono allontanati dai territori degli inu youkai,
però, si fermarono perplessi.
“Sesshomaru”.
“Si?”.
“Tu hai qualche idea su che direzione prendere?”
“Beh… potremmo… perché non
andiamo verso Ovest?”.
“Ovest?!”, esclamò Hi. “Sei
pazzo, quelli sono i territori del Clan delle Pantere, potremmo
metterci nei guai”.
“Andiamo, non ci succederà nulla!”,
disse Sesshomaru, avvicinandosi a lei con un ghigno. “O forse
la potente Hi ha paura di quei gattacci?”.
“Sesshomaru come osi?!”, esclamò Hi
indispettita. “Io non temo nulla!”.
“Nulla tranne me”, disse Sesshomaru per poi
scappare dalla furia della yasha.
“Sesshomaru!”, urlò Hi inseguendolo.
“Fermati immediatamente, devo darti una lezione”.
Il demone si girò a guardarla e notando che si stava
avvicinando, si fermò di botto, ma Hi, sorpresa da quella
mossa, non fece in tempo a bloccarsi e lo prese in pieno,
così finirono entrambi a terra, una sull’altro.
Aprendo gli occhi, si ritrovò a fissare quelli dorati di
Sesshomaru da una distanza minima e arrossì, ritraendosi
immediatamente.
“Scu-scusami Sesshomaru”, disse rimettendosi
seduta. Il demone la imitò e allungò una mano a
sfiorarle il volto, percorrendo con il pollice le strisce violacee che
lo segnavano.
“Non devi scusarti”, disse sorridendo.
“Sono io che mi sono fermato improvvisamente”.
Hi sorrise a quel contatto, inusuale per Sesshomaru. Il demone non era
certo espansivo, ma nemmeno freddo e distaccato come appariva, anche se
solo Hi e Mito conoscevano il suo lato più dolce. A Hi,
soprattutto, Sesshomaru riservava sempre molte attenzioni e gesti
affettuosi. Interrompendo il flusso dei suoi pensieri, la yasha si
rialzò, prontamente imitata dallo youkai.
“Allora, vogliamo andare verso Ovest, o no?”.
“Vedo che ti ho convinta”, disse Sesshomaru.
“Andiamo allora”.
I due demoni ripartirono velocissimi prendendo la direzione stabilita e
a mezzogiorno erano ormai in pieno territorio nemico, perciò
rallentarono muovendosi con più circospezione. Passarono
diverse ore senza che nulla succedesse e ciò li
portò ad abbassare la guardia, così caddero
facilmente in un’imboscata dei demoni gatto. Entrambi erano
potenti e molto allenati, ma Hi non possedeva ancora la freddezza
necessaria in un combattimento e si fece facilmente prendere dal
panico. Mentre affrontava un avversario con i sai, un altro stava per
colpirla alle spalle, ma la yasha non si era accorta di nulla.
“Hi!”, urlò Sesshomaru. ‘Non
farà mai in tempo a spostarsi! Io… devo
salvarla!’. Senza pensare alle conseguenze, il demone
scattò in avanti, frapponendosi tra la yasha e la lama
avvelenata del nemico. Hi si era voltata e aveva chiuso gli occhi
aspettando la fine, ma accorgendosi che dopo svariati secondi non
accadeva nulla, li aveva riaperti, vedendo una massa
d’argento davanti a lei: Sesshomaru, che non indossava la sua
armatura, aveva preso il colpo in piena schiena per proteggerla.
“Sesshomaru!”, urlò Hi mentre il demone
crollava fra le sua braccia. Vedendo il suo compagno in quelle
condizioni, la yasha, infuriata come non mai, richiamò
contemporaneamente il ghiaccio e il fuoco, annientando tutti i nemici
attorno a loro.
Non appena i demoni gatto crollarono al suolo privi di vita, Hi si
caricò Sesshomaru sulle spalle e si allontanò
velocemente, nel timore che altri nemici potessero seguirli. Finalmente
giunsero ai confini della loro terra, ma un debole lamento
catturò la sua attenzione.
“Sesshomaru resisti, presto saremo a palazzo”.
Istintivamente Hi aumentò l’andatura e al calare
della notte Sesshomaru era già nel proprio letto e aveva
ricevuto le prime cure. Hi attendeva davanti alla sua stanza che
qualcuno le desse notizie, ma mentre si trovava lì
arrivò Inu no Taisho con la madre di Sesshomaru.
“Cosa è successo, Hi?”, tuonò
il generale.
“Mi-mi dispiace, mio signore, eravamo fuori e… ci
hanno attaccati… io ero in pericolo e Sesshomaru…
ha preso il colpo per proteggermi”, terminò Hi
scoppiando a piangere.
“Dove eravate?”, chiese gelido il demone.
“Eravamo a Ovest… nel territorio delle
Pantere”.
A quelle parole, Inu no Taisho colpì violentemente al volto
Hi che cadde a terra, rimanendo a capo chino, mentre il generale
chiamò le guardie, ordinando che la yasha fosse messa agli
arresti.
“No, vi prego, mio signore, fatemi vedere Sesshomaru, voglio
sapere come sta!”.
“No”.
“Avanti facciamola entrare”, intervenne la sposa
del generale. “Non vedi che è sinceramente
dispiaciuta?”.
“Ma non capisci? Ha messo in pericolo nostro figlio, il mio
unico erede”.
“Non sai ancora come sono andate le cose. Potrebbe essere
stato Sesshomaru a trascinarla laggiù, sai bene come
è fatto, è fin troppo consapevole del suo potere
e questo lo rende sprezzante del pericolo. Entriamo a vedere come sta,
ma lascia stare Hi; potrebbe essere Sesshomaru a chiedere di
lei”.
Inu no Taisho prese la mano della sua sposa e fece per entrare
borbottando nella stanza del figlio. “Lasciatela
qui”, disse alle guardie, mentre Hi era ancora sul pavimento,
scossa dai singhiozzi.
Era passata circa un’ora quando il generale e la sua sposa
uscirono dalla stanza di Sesshomaru, un’ora nella quale Hi
aveva preso la sua decisione: voleva vedere Sesshomaru per salutarlo,
dopodichè avrebbe lasciato i Dodici e i territori degli inu
youkai.
“Hi”, la chiamò dolcemente la sposa di
Inu no Taisho. “Puoi entrare se vuoi”.
“Grazie, mia signora”, disse Hi. “Posso
rimanere con lui?”.
“Finché vuoi”.
Hi le rivolse un caldo sorriso e si affrettò a varcare
quella porta che fino a qualche minuto prima le era sembrata
così ostile. La stanza era avvolta nella penombra, ma la
mole dell’enorme letto si ergeva inconfondibile al centro di
essa. La yasha si avvicinò il più piano
possibile, temendo di svegliare il suo amico, ma quando fu abbastanza
vicina vide gli occhi dorati di Sesshomaru fissi su di sé.
“Sesshomaru, come stai?”.
“Potrei stare meglio”, disse lo youkai.
“Oh Sesshomaru, mi dispiace!”, disse Hi lanciandosi
su di lui. “Mi dispiace così tanto, è
tutta colpa mia”.
“Ma no, non è vero”, disse Sesshomaru
cercando di calmarla. “Hi smettila, per favore. Odio vederti
piangere”.
La yasha arrossì di botto e si asciugò le lacrime
come meglio poteva con il dorso delle mani.
“Scusami”, disse. “Non
piangerò più!”.
Il demone sorrise lievemente e allungò una mano che Hi
strinse tra le sue. “Perché l’hai
fatto?”.
“Io… non lo so”, ammise Sesshomaru.
“Quando ho visto quel demone che stava per colpirti,
l’unica cosa che mi è passata per la testa
è stata salvarti. Non potevo sopportare l’idea di
perderti”.
“Cosa stai cercando di dirmi, Sesshomaru?”, chiese
Hi, però distogliendo lo sguardo.
Sesshomaru si mise seduto e le prese il mento con due dita,
costringendola a voltarsi verso di lui. “Perché
non mi guardi?”.
Hi gli rivolse un sorriso enigmatico.
“Perché… non… non lo
so”.
“Si che lo sai”.
“No… io… ho paura di quello che
vorresti dirmi”.
“E se invece ti dicessi cosa è venuto a
comunicarmi mio padre?”.
“Tuo padre?”, chiese Hi.
“Perché dovresti dirmelo? Se lo sapesse non ne
sarebbe felice”.
“In ogni caso, è una faccenda che riguarda anche
te, perciò prima o poi verresti a saperlo”, disse
Sesshomaru. “Keisuke e il consiglio hanno chiesto ai nostri
genitori di combinare le nozze tra noi: egli ritiene ancora che tu sia
la ‘goccia d’oro’ della profezia e che
io, in quanto figlio del grande Inu no Taisho, sia l’unico
che possa starti al fianco degnamente. Sabaku ne è stato
entusiasta ed ha accettato subito, mentre mio padre ha voluto prima
parlarne con me”.
Hi spalancò la bocca, cercando in tutti i modi di riprendere
quell’aria che si rifiutava di entrarle nei polmoni.
“Io e te… nozze… e mio
padre… però in fondo io… come ha osato
decidere senza di me?!”
Sesshomaru la fissò incredulo per qualche secondo, ma poi
davanti a quel fiume di parole senza capo né coda, una bassa
risata gli distese i tratti. Hi si voltò infuriata per
ribattere, ma si bloccò all’istante.
“Stai ridendo”.
“E’ così strano?”.
“Avanti, non prenderti gioco di me! Ti conosco da una vita e
tutto quello che avevo ottenuto da te finora era stato qualche
sporadico sorriso. Cominciavo a credere che non sapessi
ridere”.
“E invece come puoi vedere ne sono perfettamente in
grado”, disse Sesshomaru ritornato serio. “Non mi
hai chiesto qual è la mia risposta all’idea delle
nozze”.
“Già. Qual è?”.
“Si. Ho detto di si”.
Sentendo la risposta di Sesshomaru, il cuore di Hi aveva saltato a
piè pari un battito, preda di emozioni contrastanti. La
yasha era ancora convinta di lasciare le terre degli inu youkai,
temendo di mettere nuovamente in pericolo il demone, soprattutto se
fosse diventata la sua sposa; eppure, le poche ore trascorse da quando
erano partiti per quel maledetto viaggio, le avevano fatto rivalutare
ciò che provava per Sesshomaru, facendole temere che forse
era molto al di là di una semplice amicizia. Continuava a
tenere lo sguardo fisso su Sesshomaru, ma sembrava non vederlo, persa
nei suoi pensieri.
“Hi?”, la chiamò Sesshomaru.
“Se tu non vuoi sposarmi, non dovrai farlo.
Parlerò a mio padre e lui convincerà Keisuke a
desistere da questo progetto”.
“Perché hai accettato?”, chiese la yasha
guardandolo finalmente negli occhi. “Lo hai fatto solo
perché sarebbe conveniente avere un fenomeno come me in
famiglia?”.
“No”.
“No? Eppure pensa quanto sarebbero potenti i nostri
figli!”.
“Hi…”.
“Segnerebbero un futuro sfolgorante per gli inu
youkai”.
“Smettila Hi!”, esclamò Sesshomaru.
“Non è per questi motivi che ho detto di
si!”.
“Ah no? E perché lo avresti fatto
allora?”.
Sesshomaru afferrò Hi per i polsi e la attirò a
sé, catturando le sue labbra in un bacio dolce e passionale
allo stesso tempo. Hi chiuse gli occhi godendosi quel contatto per poi
rispondere a sua volta, stringendosi di più contro il corpo
del demone. Quando il bacio finì, Sesshomaru la strinse a
sé accarezzandole teneramente i capelli dorati e serici.
“Ancora non hai capito?”.
Hi sorrise contro il suo petto, prima di rispondere.
“Forse… però preferirei sentirtelo
dire”.
“Sei tremenda”, disse Sesshomaru sorridendo a sua
volta. “Io voglio sposarti, Hi. Perché ti
amo”.
“Ti amo anch’io Sesshomaru”, disse Hi
posandogli un bacio su una guancia.
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Capitolo 10 *** 10 ***
Le nozze
furono organizzate e celebrate nel giro di un mese, per via
dell’impazienza di Sesshomaru, il quale fremeva
nell’attesa di avere una propria famiglia con Hi. Mito era
semplicemente elettrizzato all’idea, anche se temeva che
ormai le loro ‘fughe’ in tre fossero finite, e
aveva qualche dubbio su quell’amore così
repentino, che non mancò di manifestare alla sorella, anche
diversi mesi dopo il matrimonio.
“Hi, sei certa di questa unione?”.
“Certo Mito, perché me lo chiedi?”.
“Perché ti voglio bene, sorella”, disse
Mito. “Tu hai sempre sostenuto che ti saresti sposata solo
per amore e davvero io non capisco come tu possa esserti innamorata di
Sesshomaru nel giro di una giornata. Sei sicura di non esserti fatta
affascinare dalla posizione di potere che ti ha dato questo
matrimonio?”.
“Spero che tu stia scherzando”, disse Hi.
“Possibile che tu non ti fossi accorto delle occhiate furtive
che gli lanciavo quando partivamo insieme? Sono sempre stata attratta
da Sesshomaru, ma siccome credevo di non essere ricambiata, ho sepolto
quei sentimenti nascenti in fondo al mio cuore, sì che
nessuno ne venisse a conoscenza; pensavo che in questo modo almeno non
avrei perso la sua amicizia. Non li ho mai completamente cancellati,
però, perché Sesshomaru è stato sempre
gentile e affettuoso con me, e sai meglio di me quanto sia insolito per
lui”.
“Hai ragione, lo so”, disse Mito. “Come
so che negli ultimi cento anni abbiamo praticamente vissuto al palazzo
di Inu no Taisho. Non sarebbe strano se Sesshomaru ti vedesse come la
sorella che non ha; non è detto che il suo sia amore,
Hi”.
“Ora basta Mito!”, esclamò una voce
dietro di loro.
Entrambi si voltarono trovandosi faccia a faccia con
l’oggetto della loro discussione. Sesshomaru
affiancò Hi, cingendole possessivamente la vita.
“Ti è così difficile credere che io
possa nutrire un sentimento così profondo?”,
chiese. “Eppure tu sei l’unico a sapere che amo tua
sorella da diversi anni ormai; sei il mio migliore amico ed
è a te che l’avevo confidato”.
“Mito!”, esclamò Hi. “Tu
sapevi questo e hai continuato a instillare dubbi nel mio cuore? Ma
perché?”.
“Ti farà soffrire”, disse Mito.
“So che è così”,
terminò lo youkai uscendo dalla stanza.
Quando richiuse la porta dietro di sé, Hi alzò la
testa per guardare in volto Sesshomaru.
“Sesshomaru”, disse, “tu non mi farai mai
del male, vero?”.
Il demone le prese il viso fra le mani, baciandole la fronte.
“Mai. Non mi perdonerei una sola lacrima versata a causa
mia”, disse spostandosi a baciarle le labbra.
Quando il bacio finì, Hi si rifugiò fra le sua
braccia. “C’è una cosa che devo
dirti”, disse.
“Cosa?”.
“Io… credo che fra non molto avremo un figlio,
Sesshomaru”.
“Un figlio?!”, esclamò il demone.
“Non è uno scherzo, vero? Un figlio
nostro!”. Sesshomaru la sollevò facendola girare,
mentre Hi rideva gioiosa.
“Sei felice Sesshomaru?”.
“All’inverosimile, Hi”, disse tornando a
baciarla.
Sesshomaru e Hi passarono i mesi successivi nell’attesa che
il loro cucciolo venisse alla luce, anche se la yasha non aveva
interrotto le sue attività nella squadra dei Dodici. Inu no
Taisho non faceva altro che ripeterle di lasciar perdere per un
po’, rassicurandola sul fatto che non avrebbe perso il suo
posto, ma Hi si rifiutava di rimanere con le mani in mano fin quando il
cucciolo non fosse nato. Il generale, preoccupato per le sorti del suo
futuro nipote, tentò di convincere Sesshomaru a farla
desistere, sapendo che lui era l’unico che Hi avrebbe
ascoltato.
“Sesshomaru devi convincere la tua sposa a lasciare i Dodici
fin quando vostro figlio non sarà nato”, disse Inu
no Taisho. “Le missioni della squadra diventano sempre
più pericolose, potrebbe essere rischioso mandare avanti una
donna incinta e Hi è sempre nel gruppo più
avanzato”.
“Non posso, padre”, disse Sesshomaru. “Da
quando combatte regolarmente, Hi ha infine trovato sé
stessa. Se le chiedessi di ritirarsi, anche solo per un po’,
lo farebbe per amore mio, ma non sarebbe felice e finirebbe per
rifiutare il cucciolo. Tu non la conosci come me, Hi non accetterebbe
mai un tale compromesso”.
“Non potresti almeno provare?”.
“E va bene”, disse Sesshomaru. “Se
servirà a farti stare più tranquillo,
tenterò di convincerla”.
Sesshomaru lasciò la stanza del genitore e cercò
Hi, trovandola infine ad allenarsi con Mito all’aperto. Il
demone aveva infine accettato le nozze della sorella, ma nonostante
ciò, ogni volta che vedeva insieme Hi e Sesshomaru, un velo
di tristezza gli offuscava lo sguardo, sempre memore della sensazione
che aveva avuto.
“Sesshomaru!”, esclamò Hi correndogli
incontro.
“Ti stavi allenando?”.
“Certo. Ho chiesto a Mito di aiutarmi, perché
ultimamente i miei movimenti si fanno più lenti a causa
della gravidanza”.
“E’ proprio a questo proposito che devo
parlarti”, disse Sesshomaru. “Devi lasciare i
Dodici fin quando nostro figlio non sarà nato. Le missioni
sono rischiose e tu sei quella che corre più
rischi”.
“Non ti ci mettere anche tu, per favore”, disse Hi
con sguardo duro, “mi bastano già Mito e Inu no
Taisho. Io sto bene, conosco i miei limiti e quando non sarò
più in grado di lottare, sarò io stessa a
chiedere al generale di congedarmi”.
“Hi dà ascolto a Sesshomaru”, intervenne
Mito. “Sei diventata arrogante se credi di sapere fin dove puoi
spingerti”.
“Come osi?!”.
“Oso eccome! Non ti rendi conto che da quando i nostri
compagni sono venuti a conoscenza del tuo stato, non riescono a
combattere perché non fanno altro che tenerti
d’occhio tutto il tempo?”.
“Ma Mito…”.
“E’ la verità, sorella”, disse
Mito. “Tu sei la sposa di Sesshomaru, quello che porti in
grembo è un discendente del nostro generale, colui che un
giorno guiderà gli inu youkai. In quanto guardia di Inu no
Taisho, i Dodici hanno il compito di salvaguardare anche la sua
famiglia, compresi i membri non ancora nati. Fallo per il bene mio e
degli altri compagni, prendi congedo per un po’”.
Hi chinò il capo rassegnata. “E va
bene”, disse. “Se sono diventata un problema,
lascerò i Dodici fino alla nascita del cucciolo”.
“E’ la scelta più saggia”,
disse Sesshomaru, mentre Mito fece per allontanarsi.
“Mito!”.
“Cosa c’è?”.
“Dì ai nostri compagni che mi dispiace”,
disse Hi. “Ma ricordatevi tutti una cosa: non appena mio
figlio sarà in grado di stare lontano da me, io
tornerò fra voi, più forte di prima!”.
“Lo so, sorella, lo so”, disse Mito andando via.
Quella stessa notte, Sesshomaru fu svegliato da un debole lamento: Hi
si contorceva nel letto, in preda evidentemente a forti dolori,
tenendosi le mani giunte sul ventre.
“Cosa c’è, Hi?”, chiese.
“Sesshomaru… il cucciolo”,
sussurrò Hi. “Chiama i guaritori, lui sta male, lo
so!”.
Sesshomaru scattò in piedi e uscì dalla stanza,
scalzo e con solo i pantaloni addosso: in breve tutto il palazzo di Inu
no Taisho era in fermento, mentre i guaritori correvano dietro il loro
principe e i suoi genitori che lo avevano affiancato. Non appena
levarono le coperte per visitare Hi, la madre di Sesshomaru si ritrasse
inorridita: una enorme chiazza di sangue si stendeva sotto la yasha e
sembrava espandersi, mentre Hi continuava a rigirarsi nel letto per via
degli atroci dolori che soffriva.
I guaritori fecero cenno a tutti di uscire, ma Sesshomaru si
rifiutò di allontanarsi, preferendo sedere in un angolo buio
della stanza. Il principe non vedeva altro ormai che i guaritori
affaccendati intorno al letto e non sentiva che le urla soffocate di
Hi, finchè uno dei demoni non si avvicinò a lui.
“Mio signore Sesshomaru”, chiamò.
“Vi prego di allontanarvi, dobbiamo operare la vostra sposa e
potrebbe non essere piacevole per voi sentirla gridare. Ascoltatemi,
uscite”.
Sesshomaru lo fissò per qualche secondo, tanto che il demone
cominciò a temere che lo avrebbe ucciso, ma infine si decise
ad alzarsi. “Se lei dovesse morire”, disse mentre
usciva, “vi farò a pezzi con le mie
mani”.
Non appena si richiuse la porta alle spalle, si trovò
davanti suo padre e sua madre che gli andò incontro
stringendolo a sé. “Figlio mio”, disse,
“stai tranquillo, vedrai che la tua sposa si
riprenderà”.
“E mio figlio?”, chiese Sesshomaru. “Cosa
ne sarà di lui?”.
La yasha chinò il capo senza rispondere, temendo la reazione
di suo figlio se avesse saputo che molto probabilmente il cucciolo che
Hi portava in grembo era già morto; ma Sesshomaru doveva
aver capito ciò che gli nascondeva, perché
sferrò un pugno contro la parete, mandandola in frantumi,
proprio nel momento in cui uno dei guaritori usciva dalla stanza.
Questi restò immobile, temendo che il colpo successivo
sarebbe stato indirizzato a lui, ma il generale lo riscosse
immediatamente.
“Allora?”, chiese. “Come sta Hi? E suo
figlio?”.
Il demone ingoiò rumorosamente, evidentemente terrorizzato
all’idea di rispondere. “La principessa Hi sta
meglio; ora sta riposando, ma fra qualche giorno sarà come
nuova. Il cucciolo, però…”.
“Cosa?!”, esclamò Sesshomaru
afferrandolo per il colletto. “Parla: cosa è
successo a mio figlio?”.
“Mi-mio signore”, balbettò il demone,
“pu-purtroppo il cucciolo non ha resistito”.
La sposa del generale chinò il capo nascondendo le lacrime,
ma suo figlio evidentemente rifiutava di accettare la
realtà. “Cosa vuoi dire?!”,
urlò al guaritore.
“E’… è morto, mio signore.
Vostro figlio è morto”.
Sesshomaru mollò la presa sul demone che si
rifugiò immediatamente dietro il generale, mentre lui si
lasciò andare contro la parete, scivolando fino al
pavimento. “Mio figlio è morto”,
bisbigliò.
“Mi dispiace Sesshomaru”, disse Inu no Taisho,
inginocchiandosi accanto a lui e posandogli le mani sulle spalle.
“So quanto desideravate questo cucciolo. Ma tu adesso devi
essere forte per te e per Hi, lei si darà la colpa per
ciò che è successo e non si perdonerà
facilmente. Stalle vicino e falle capire che tu non la ritieni
responsabile: quella yasha è forte, vedrai che si
riprenderà e avrete altri figli, tanti da riempire questo
enorme palazzo!”.
Sesshomaru ricambiò lo sguardo del padre, ma non gli
rispose. Si alzò ed entrò nella stanza,
avvicinandosi al letto che alcune serve stavano cambiando, mentre due
di loro, dopo averla cambiata d’abito, tenevano sollevata Hi
che lui prese fra le sue braccia, sedendo sul pavimento a gambe
incrociate. Anche se stava dormendo, l’espressione di
sofferenza non aveva lasciato il suo volto: Sesshomaru le
accarezzò una guancia, rendendosi conto di quello che aveva
rischiato e per la prima volta nella sua vita, si sentì
completamente sconfitto, non essendo riuscito a proteggere la sua sposa
da quel dolore e suo figlio dalla morte. Non appena le serve ebbero
finito, ordinò loro di uscire subito lasciando la biancheria
sporca, poggiò delicatamente Hi sul letto e la
coprì, accorgendosi che tremava, ma lui non si distese,
preferendo sedersi sul pavimento, accanto a lei. Rimase immobile a
guardarla fino all’alba, quando finalmente Hi aprì
gli occhi argentei; non appena lo vide, però, si
girò dandogli le spalle.
“Hi”, la chiamò Sesshomaru.
“Come stai?”.
“Sono un mostro, Sesshomaru”, disse Hi.
“Ma che cosa dici?”.
“Il cucciolo è morto, vero?”.
Sesshomaru non rispose, ma il suo silenzio fu più eloquente
di mille parole: Hi si strinse ancora di più nelle coperte,
rannicchiandosi in posizione fetale, mentre il demone fece il giro per
distendersi accanto a lei, guardandola in faccia.
“Non è colpa tua, Hi”.
“Si che lo è”, disse Hi. “Non
vedevo l’ora che questa gravidanza terminasse per poter
tornare a combattere. Pensavo solo alla battaglia e non a mio figlio:
questa è una punizione per la mia noncuranza”.
Sesshomaru si avvicinò a lei, stringendosela al petto,
nonostante lei opponesse resistenza. “Non toccarmi, ti prego.
Io ho causato la morte di tuo figlio”.
“Era nostro figlio, Hi”, disse Sesshomaru.
“E non è stata colpa tua. Tu fremevi
nell’attesa di vedere il cucciolo, saresti stata
un’ottima madre”. Il demone le sollevò
gentilmente il viso, guardandola in quegli occhi assurdamente asciutti.
“Non trattenerti, amore mio; una volta mi avevi detto che non
avresti più pianto, ma so che vorresti farlo”.
“Io… non ci riesco, Sesshomaru”, disse
Hi. Il suo volto sembrava indifferente, come se quel dolore, troppo
grande da essere sopportato, avesse annientato ogni altro sentimento in
lei. “Io vorrei piangere, ma… non sento le lacrime
pungermi gli occhi, non ne sento nemmeno il bisogno”.
“Non fa niente, Hi”, sospirò Sesshomaru.
“Piangerai prima o poi e io sarò qui per
te”.
“Non dovresti”, disse la yasha. “Sono
terribile, trovati un’altra sposa che sia in grado di essere
la madre dei tuoi figli. Io non so neanche versare lacrime per mio
figlio che è appena morto. Lasciami”.
Il demone sospirò, stanco; sapeva che sarebbe stato
difficile, ma non credeva che Hi sarebbe arrivata a tal punto. Pensava
che la yasha sapesse quanto grande fosse il suo amore per lei e che non
avrebbe mai dubitato di lui, eppure adesso gli chiedeva di lasciarla:
cosa intendeva? Voleva solo che si allontanasse, o forse desiderava
davvero che egli cercasse un’altra sposa? Sesshomaru si
voltò dall’altra parte, sospirando tristemente e
perso nei suoi pensieri quasi non si accorse di scivolare nel sonno.
Quando Hi si svegliò a mattino inoltrato, Sesshomaru non era
più nel loro letto. Gli avvenimenti della notte precedente
le tornarono improvvisi alla mente, svegliandola come una doccia
fredda: aveva perso il suo cucciolo, non era stata capace di portare in
grembo il figlio di colui che amava e ancora peggio, aveva allontanato
il demone chiedendogli di trovare un’altra sposa.
Avrebbe voluto alzarsi, ma era ancora troppo indolenzita,
così rinunciò, limitandosi a mettersi seduta: lo
sguardo le cadde su un mucchio di stracci abbandonati nella stanza.
Osservandoli con più attenzione, si rese conto che quelle
erano le lenzuola sporche del suo sangue, il suo e quello del suo
cucciolo, morto ancor prima di affacciarsi alla vita. Si
alzò tremante e a stento raggiunse la biancheria, prendendo
in mano un lenzuolo e affondandovi il viso, mentre i singhiozzi le
scuotevano le spalle.
Fu così che la trovò una delle serve che
finalmente aveva avuto il permesso di entrare nella stanza proprio per
ritirare le lenzuola sporche. La yasha si avvicinò per
prendere la roba, ma Hi le ringhiò contro e la
aggredì, mancandola per un soffio con i suoi artigli e la
serva, spaventata, scappò via urlando. Sesshomaru la
bloccò, chiedendole cosa fosse successo.
“La vostra sposa, mio signore”, disse la yasha
terrorizzata. “Stringe le lenzuola insanguinate e quando mi
sono avvicinata per riprenderle ha tentato di uccidermi!”.
“Vai pure”, disse Sesshomaru scattando verso la sua
stanza.
Hi era ancora china sul mucchio, piangendo disperatamente, e gli
lanciò un’occhiata di fuoco per poi ridiventare
subito triste non appena vide che si trattava del suo amato demone.
“Sesshomaru”, sussurrò implorante.
“Perdonami, ti prego!”, esclamò tornando
a piangere sempre più forte. Lo youkai si
avvicinò a lei e le tolse il panno sporco dalle mani,
lasciando che si aggrappasse a lui.
“Piangi pure, Hi, io sono qui per te”, disse
stringendola forte fra le braccia.
“Mi dispiace, Sesshomaru, non sono stata capace di
proteggerlo! Ho lasciato morire il nostro cucciolo, ma ti prego,
perdonami almeno tu, non mi lasciare”.
A quelle parole, Sesshomaru si sentì come se gli stessero
lacerando il cuore. “Non c’è nulla che
io debba perdonarti, Hi, non è stata colpa tua, tu eri
già una madre amorevole. Sfogati, adesso: quando ti sarai
liberata di questo peso starai meglio e io sarò qui con te.
Non ti lascerò mai. Io ti amo Hi”.
“Oh Sesshomaru!”, disse Hi. “Grazie di
essere qui. Ti amo”.
La yasha si era finalmente calmata, almeno un po’ e
Sesshomaru continuò a tenerla fra le braccia, cullandola.
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Capitolo 11 *** 11 ***
Superata la
crisi per la perdita del cucciolo, Sesshomaru e Hi tornarono a condurre
una vita serena, anche se il triste episodio aveva incrinato il loro
rapporto; lo youkai continuava a rimproverarsi di non essere riuscito a
salvare il suo cucciolo e la sua sposa, da parte sua, era ancora
convinta di avere tutte le colpe. Questa ombra aumentò il
loro distacco quando fu chiaro a tutti che Hi non era in grado di dare
un erede a Sesshomaru: per tre volte ancora, la yasha rimase incinta e
tutte e tre le volte i figli non arrivarono alla nascita.
Dopo la terza volta, le ragioni di stato si fecero sentire e Sesshomaru
fu costretto a ripudiare Hi senza avere la possibilità di
recuperare il loro rapporto, né di parlare con lei che, dopo
aver ricevuto la notizia, era partita con Mito per una missione della
squadra dei Dodici, apparentemente indifferente al fatto.
I due demoni avevano accompagnato Inu no Taisho in missione diplomatica
per trattare la resa di un clan di demoni aquila che occupava le
montagne a Sud del loro territorio e aveva creato non pochi problemi
agli inu youkai. Fu proprio durante quel viaggio che il generale dei
demoni cane conobbe la principessa umana Izayoi, figlia di un
feudatario dell’imperatore che aveva il suo castello ai piedi
delle montagne dominate dai demoni aquila. Questi aveva avuto non pochi
problemi con gli youkai e chiese l’aiuto di Inu no Taisho
offrendo in cambio il pagamento di un tributo.
Il generale fu invitato a partecipare a un banchetto che si sarebbe
tenuto nel castello, insieme a Hi e Mito, i quali non mancarono di
manifestare il loro dissenso.
“Sono umani, mio signore”, disse Mito.
“Sono creature troppo deboli perché possano essere
protette. Accettare la loro richiesta d’aiuto significherebbe
avere dei soldati sempre di pattuglia in questo territorio e non ne
abbiamo a sufficienza”.
“Senza contare”, intervenne Hi, “che
questo invito potrebbe benissimo essere una trappola; in fondo gli
umani ci odiano, perché dovrebbero dimostrarsi
gentili?”.
“Dimentichi che mi hanno chiesto aiuto? Devono essere
cortesi”.
“Avete ragione, mio signore. Ma provate a pensare: i demoni
aquila sono stati costretti dalla vostra superiorità ad
accettare il nostro dominio. Se gli umani riuscissero a eliminare voi,
la resa degli youkai non avrebbe più ragion
d’essere e forse vivendo così vicino al loro
regno, potrebbero decidere di lasciar stare gli umani, ritenendo un
pagamento sufficiente la vostra morte”.
“Avete ragione entrambi”, disse Inu no Taisho.
“Ma sarebbe scortese rifiutare un invito. Andiamo al loro
castello, ascoltiamo le loro richieste e diamo un’occhiata in
giro. Se mi riterrò soddisfatto, valuterò la loro
proposta, altrimenti torneremo semplicemente a casa”.
I due demoni non poterono far altro che rassegnarsi al volere del loro
signore e accompagnarlo in quella che ritenevano un’inutile
perdita di tempo.
Una volta giunti al castello, Inu no Taisho fu accolto quasi come se
fosse l’imperatore stesso, e con uguale riguardo furono
trattati Mito e Hi. Al banchetto avrebbero partecipato, oltre ai
demoni, soltanto il signore del castello, il nobile Akira e la sua
unica figlia, la principessa Izayoi.
Non appena questa fece il suo ingresso, il generale non potè
che rimanere affascinato dalla sua bellezza, sebbene si trattasse di
una semplice umana: i lunghissimi capelli neri incorniciavano un volto
dall’ovale perfetto, nel quale risplendevano i grandi e dolci
occhi, anch’essi neri. Non era molto alta, ma ogni suo
movimento era aggraziato quanto i passi di una danza o i movimenti di
una farfalla. Per tutta la durata del banchetto, rivelatosi un semplice
invito di buon vicinato, non smise un attimo di sorridere e mai una
volta lo fece falsamente. Hi aveva notato che ogni tanto guardava
attentamente Inu no Taisho, ma senza fissarlo, forse attratta dal
bellissimo aspetto del demone. ‘In fondo Sesshomaru gli
assomiglia un po’’, si ritrovò a pensare
tristemente. Al termine della cena, Akira e il generale, accompagnato
da Mito, si ritirarono per discutere delle richieste degli umani,
mentre Izayoi si offrì di tenere compagnia a Hi, portandola
a vedere il giardino.
“Questo posto è meraviglioso, principessa
Izayoi”, disse la yasha.
“Vi ringrazio, nobile Hi”, disse Izayoi.
“Questo giardino era l’orgoglio di mia madre. Lo
curava personalmente e ha continuato a occuparsene anche durante le
guerre o quando i demoni hanno cominciato ad attaccarci. Stare qui mi
fa sentire meno la sua mancanza”.
“Capisco”, disse Hi. “Immagino che sia
tipico degli esseri umani tentare di mantenere vivo il ricordo di
coloro che non ci sono più”.
“Volete dire che i demoni non piangono i loro
defunti?”, chiese la principessa.
“Non proprio”, disse Hi. “Ci viene
insegnato che in ogni caso i morti non ritornano, quindi non ha molto
senso costruire tombe vicino alle nostre case o tenere con noi oggetti
che appartenevano loro”.
“Voi non avete nessuno per cui piangere?”.
“Ho pianto i miei figli”, disse Hi.
“Perderli mi ha causato una sofferenza che non avrei mai
nemmeno immaginato: ho versato lacrime per loro, ma anche volendo non
avrei potuto costruire nessuna tomba. Essi sono morti ancor prima di
venire alla luce e proprio per loro ho giurato che non avrei pianto
più, mai fin quando avrò vita. Nessuna delle mie
lacrime li ha riportati indietro”.
“Non posso sapere quanto sia stato difficile per
voi”, disse Izayoi, fissandola con gli occhi lucidi.
“Perdere un genitore non può essere tanto
doloroso. Dovete credermi, però, le tombe che costruiamo noi
esseri umani non sono meri contenitori del nostro corpo mortale: esse
ci danno la speranza o l’illusione che i nostri cari
continuino a starci vicino e che ci possano sentire quando ci
rivolgiamo a loro attraverso le sepolture”.
“Non vi capisco, principessa Izayoi”.
“Lo immaginavo”, disse Izayoi. “Se voi
demoni riusciste a capire certi sentimenti, non saremmo poi molto
diversi”.
“Forse avete ragione”, disse Hi. “Eppure
io credo che sia la nostra stessa natura a renderci così
sordi al dolore della morte: riuscite a immaginare una vita lunga come
la nostra spesa a rimpiangere i defunti? Molte demoni al mio posto non
avrebbero indugiato più di tanto nel ricordo di un figlio
mai nato; io sono più sensibile, se vogliamo, eppure voi
umani mi giudicate fredda. Sareste sconvolta
dall’indifferenza con la quale la sposa del mio signore ha
accolto la notizia di essere stata ripudiata”.
“Il vostro signore non ha una sposa?”, chiese la
donna.
“No, non più. Aveva una compagna, colei che ha
dato alla luce il suo erede, Sesshomaru”, pronunciando quel
nome, Hi era diventata di colpo triste, perdendosi a fissare la luna,
senza accorgersi che Izayoi la stava chiamando.
“Nobile Hi? Rispondete, c’è qualcosa che
non va?”.
“Cosa? Oh, perdonatemi principessa, mi ero persa nei
ricordi”.
“Chi è per voi Sesshomaru?”.
Hi guardò negli occhi la principessa, rivelando un dolore
profondo. “Il figlio di Inu no Taisho è stato il
mio sposo. Qualche giorno fa, ha deciso di ripudiarmi perché
non riuscivo a dargli un erede; proprio lui che promise di non farmi
mai soffrire, sostenendo che non si sarebbe perdonato una sola lacrima
versata a causa sua. Sono stata una stupida, ma non gli
consentirò di farmi ancora del male”.
Izayoi non seppe cosa rispondere e le due continuarono a passeggiare
nel giardino fin quando Inu no Taisho e Mito non ritornarono, e i
demoni ripartirono alla volta delle loro terre.
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Capitolo 12 *** 12 ***
Nei mesi che
seguirono il loro primo incontro, Inu no Taisho e Izayoi si
incontrarono sempre più spesso, finendo con
l’innamorarsi. La loro relazione, però, era
ostacolata da uomini e youkai: il nobile Akira non riusciva ad
accettare che sua figlia amasse uno ‘sporco demone’
e gli inu youkai non tolleravano che il loro generale avesse ripudiato
la sua sposa per poi iniziare una relazione con una debole umana.
Gli unici che continuavano a rimanere fedeli a Inu no Taisho e di
conseguenza, a Izayoi, erano i Dodici, soprattutto Hi e Mito che
avevano avuto modo di conoscere la principessa e avevano imparato ad
amarla e rispettarla. La situazione degenerò del tutto
quando si venne a sapere che la donna aspettava un figlio mezzosangue.
Sesshomaru era infuriato con suo padre che sembrava completamente perso
per la principessa umana, temendo che avrebbe deciso di nominare suo
erede il figlio bastardo che stava per nascergli. La rabbia per tale
situazione gli aveva fatto temporaneamente dimenticare i suoi problemi
personali, ma un giorno rincontrò Hi a palazzo.
“Hi”.
“Sesshomaru”, disse lei, neutra. “Vi
serve qualcosa, mio principe?”.
“Per favore, Hi”, disse Sesshomaru. “Noi
dobbiamo parlare”.
“E di cosa, nobile Sesshomaru? Forse volete parlare del fatto
che mi avete ripudiata perché non posso darvi un erede? E
dopo avermi assicurato che non mi avreste mai fatto
soffrire?”.
“Smettila di rivolgerti a me con quel tono così
distaccato. Vieni con me per favore”.
Sesshomaru afferrò la mano di Hi e la trascinò in
quella che era stata la loro stanza. La yasha cercava di divincolarsi,
ma il demone le strinse le spalle e la sbattè violentemente
contro il muro.
“Ma sei impazzito?!”, esclamò Hi.
“Mi hai fatto male!”.
“Almeno mi parli come si deve”.
“Si può sapere che vuoi?”.
“Voglio spiegarti come stanno le cose”, disse
Sesshomaru. “Io non volevo lasciarti. Dopo che abbiamo perso
il nostro primo figlio non abbiamo mai parlato davvero
dell’accaduto, fingendo che fosse tornato tutto come prima,
ma non era così. Tu hai continuato a ritenerti responsabile,
come se avessi ucciso i nostri cuccioli con le tue mani. Credi che per
me sia stato facile?”.
“Certamente non hai avuto molte difficoltà nel
ripudiarmi”, sibilò Hi.
“Io non volevo Hi!”, sospirò Sesshomaru.
“E’ stato il consiglio degli anziani a
costringermi”.
“Ma di che stai parlando? Non hai mai fatto quello che ti
chiedevano se non ti andava. Perché hai cambiato
atteggiamento così all’improvviso?”.
“Perché mio padre aveva cominciato a esprimere un
parere positivo all’idea di un’amicizia tra gli inu
youkai e gli umani”, disse Sesshomaru. “Non posso
più sbagliare fin quando non assumerò il potere
che mi spetta, o pagherò io i suoi errori. Se gli anziani
decidessero di opporsi a mio padre, io dovrò assumere una
posizione chiara”.
Hi lo guardava inorridita. “Mi stai dicendo”,
disse, “che mi hai ripudiata per non perdere la tua posizione
privilegiata? E hai avuto il coraggio di dirmi che mi amavi?”.
“Ti sbagli, io non ti amavo”, disse il demone,
mentre Hi spalancava gli occhi argentei. “Io ti amo ancora,
Hi”.
“Beh, io invece non ti amo più,
Sesshomaru”, disse la yasha con il gelo nello sguardo.
“Ho smesso di amarti da molto tempo ormai”.
A quelle parole, Sesshomaru le strinse i polsi e la baciò
possessivamente; suo malgrado, Hi non potè impedirsi di
rispondere, ma si riprese subito, divincolandosi con forza.
“Non osare mai più Sesshomaru!”.
“Tu menti”, disse il demone passandole
l’indice sulle labbra. “Anche tu mi ami
ancora”.
Hi lo fissò smarrita per qualche secondo, per poi voltarsi e
uscire di corsa. ‘Addio Hi’.
I mesi successivi passarono in fretta, tormentati dall’odio
crescente nei confronti di Inu no Taisho, il quale si rifiutava di
lasciar perdere Izayoi e il figlio che portava in grembo. La
principessa era stata scacciata dalla propria famiglia e costretta a
riparare presso il nobile Takemaru Setsuna, che la amava da sempre e
inizialmente, non le aveva fatto domande
sull’identità del padre o sul rifiuto dei suoi
stessi parenti.
Quando ormai il bambino stava per nascere, però, Inu no
Taisho fu costretto ad affrontare Ryukotsusei; il demone era davvero
potente, tanto che il generale temeva di non farcela, così
prima di partire convocò Mito, diventato il capitano dei
Dodici, e Hi.
“Ho bisogno di parlarvi”, disse loro.
“Qualcosa vi turba, mio signore?”, chiese Hi.
“E’ così, mia cara. Ryukotsusei ha
sconfinato nei nostri territori, non posso più rimandare il
nostro scontro”.
“Non vorrete andare da solo?”, chiese Mito.
“Non ho scelta, Mito”, disse il generale.
“Non voglio mettere in pericolo nessuno di voi, il mio
avversario è fin troppo forte: temo che questa volta non
tornerò”.
“Cosa dite?!”, esclamò Mito.
“Voi siete il più grande demone mai esistito,
avrete ragione anche di Ryukotsusei. Vi chiedo soltanto di portarmi con
voi”.
“No. Ho bisogno che tu e Hi facciate dell’altro per
me. Voglio che teniate d’occhio gli anziani e…
Sesshomaru”.
Così dicendo, il generale rivolse lo sguardo a Hi la quale
abbassò la testa, incapace di sostenere il suo sguardo
d’ambra, così simile a quello che
l’aveva fatta soffrire. “Questo compito
può essere svolto da chiunque appartenga ai Dodici, ma voi
dovrete sorvegliare Izayoi, se io non dovessi tornare; non credo che
dopo la mia scomparsa i vostri compagni rimarranno fedeli a lungo alla
mia amata. Farete questo per me?”.
“Faremmo qualunque cosa per voi, mio signore”,
disse Mito.
“Ti ringrazio, mio fedele Mito”, disse Inu no
Taisho stringendogli la mano; poi si avvicinò a Hi,
abbracciandola. “Grazie anche a te, dolce Hi. Per me sei
stata la figlia che non ho mai avuto; avrei tanto desiderato vedere
crescere i miei nipoti, ma a quanto pare il destino aveva altri piani.
Non biasimare Sesshomaru, lui ti ama davvero, ma è giovane e
abbagliato dal potere che Keisuke gli promette: un giorno si
pentirà di ciò che ti ha fatto”.
“Sarà sempre troppo tardi”, disse Hi.
“Ditemi dove dovrò aspettarvi mio signore: vostro
figlio nascerà da un giorno all’altro e io vi
accompagnerò personalmente dalla principessa
Izayoi”.
Inu no Taisho non le rispose, si limitò a dar loro un ultimo
sguardo prima di uscire per andare incontro a Ryukotsusei: non lo
avrebbero mai più rivisto.
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Capitolo 13 *** 13 ***
Inu no Taisho
riuscì a sigillare Ryukotsusei ma rimase ferito a morte e
nonostante avesse le ore contate, partì per raggiungere
Izayoi, costretto ad affrontare Takemaru; questi, venuto infine a
conoscenza delle origini del figlio che la principessa aspettava,
schierò i soldati innanzi alle porte del castello
perché affrontassero il generale, dopo aver scacciato Hi che
si era allontanata senza reagire nel timore di creare problemi al suo
signore. In un crescendo di follia, Takemaru aveva ucciso Izayoi,
piuttosto che vederla nelle mani di un demone; Inu no Taisho
riportò in vita la sua donna e il bambino appena nato grazie
al potere curativo di Tenseiga, ma perse la vita scontrandosi con
Takemaru nel castello ormai in fiamme.
Grazie alla veste di Inezumi che aveva appena ricevuto dal demone,
Izayoi riuscì a scappare insieme a Inuyasha, dirigendosi
verso il bosco. Poco oltre il limitare degli alberi, fu raggiunta da Hi
che non si era mai allontanata troppo.
“Principessa Izayoi!”, chiamò.
“Cosa è successo? Sento puzza di bruciato, state
bene?”.
“Io sto bene Hi”, disse la donna. “Ma
lui…”.
“Dov’è il mio signore?”.
“Non credo che sia sopravvissuto”, disse Izayoi con
la voce rotta dal pianto. “Stava affrontando Takemaru ma era
ferito e poi il castello ha preso fuoco. Ha fatto appena in tempo a
dirmi che il suo nome dovrà essere Inuyasha, prima di farmi
allontanare grazie a questa veste”.
“Inuyasha?”, chiese Hi. “E’ il
nome di chi?”.
“Il suo naturalmente”, disse Izayoi mostrandole il
bambino che teneva fra le braccia, un piccolo mezzodemone con i capelli
d’argento e deliziose orecchie canine.
“Ma è… semplicemente
meraviglioso”, disse Hi. “Posso
prenderlo?”.
“Certo”, disse la donna porgendogli il neonato.
Non appena fu fra le braccia di Hi Inuyasha aprì finalmente
gli occhi, mostrando lo stesso oro che illuminava gli occhi del
generale. La yasha non potè trattenersi e
restituì in fretta il piccolo alla madre, lasciandosi cadere
in ginocchio.
“Mio signore… ma perché?
Perché non avete lasciato che Mito venisse con
voi?”.
Izayoi stringeva suo figlio fra le braccia guardando fra le lacrime il
castello in fiamme, ormai lontano. Anche lei si chiedeva
perché la vita dovesse essere tanto ingiusta da strapparle
l’uomo che amava nella stessa notte che aveva visto nascere
il frutto del loro amore. Hi continuava a tenere lo sguardo basso,
incapace di accettare la realtà che l’aveva
privata di Sesshomaru e del demone che considerava ormai un padre.
“Principessa”, disse infine. “Devo
portarvi al sicuro. Avete un posto dove andare?”.
“Mio padre non mi accetterà”, disse
Izayoi. “Forse posso convincerlo a lasciarmi vivere nella
nostra residenza nei Territori dell’Est. Accompagnami da lui,
ti prego”.
“Certo, mia signora. Vi sentite in grado di reggervi in
corsa?”.
La donna annuì appena e Hi si allontanò di
qualche passo, mentre i suoi occhi diventavano rossi e il suo viso si
allungava assumendo sembianze canine. Scomparve in una luce abbagliante
lasciando il posto a un enorme cane dorato con due lunghe code.
“Salitemi in groppa”, disse con voce metallica,
accosciandosi.
Izayoi, pur turbata dalla trasformazione, ubbidì senza
proferire parola e subito Hi si rialzò, partendo veloce alla
volta del castello di Akira. Quando fu in vista della residenza, Hi
riprese le sue sembianze di yasha per evitare di essere attaccata dai
soldati che sorvegliavano il palazzo. Izayoi fu ricevuta da suo padre,
pur se a malincuore, il quale dopo varie preghiere e lacrime
accettò infine di lasciare la seconda residenza alla figlia,
premettendo che il resto della famiglia non ci sarebbe più
andato; nonostante quest’ultima crudeltà, Izayoi
non potè che essere grata ad Akira che in ogni caso non la
abbandonava a sé stessa. Il viaggio fu organizzato
immediatamente e il giorno successivo all’alba
partì una carovana, scortata dalla sola Hi e formata da quei
servitori che non avevano voluto dire addio alla principessa.
Inuyasha crebbe nelle Terre dell’Est, ignorando per un certo
periodo le sue origini demoniache, fino a quando i continui insulti dei
cortigiani del palazzo non lo portarono a chiedere a sua madre cosa
significasse ‘mezzodemone’. Izayoi pianse per molte
notti sul destino crudele che le aveva portato via l’unico
che avrebbe potuto proteggere il piccolo Inuyasha da quelle
crudeltà, fin quando non tornò con la mente a Hi
che non aveva più visto da quando l’aveva
accompagnata al castello.
Cominciò a pensare che se la yasha avesse vissuto con loro,
certamente sarebbe stata un aiuto prezioso per suo figlio che
cominciava a fare i conti con il mistero della sua nascita, ma non
avrebbe saputo come rintracciarla. Hi era tornata nelle Terre
dell’Ovest salutandola con la promessa di tornare presto, ma
gli anni passavano e di lei non si avevano notizie. Una sera, Inuyasha
irruppe nella stanza della madre mostrando qualcosa nella manina aperta.
“Madre, guarda”.
“Cosa c’è Inuyasha?”, chiese
la donna, chinandosi a osservare suo figlio. Aveva sulla mano quella
che sarebbe sembrata una pulce se non fosse stato per le dimensioni
decisamente esagerate. “Dove l’hai
trovata?”.
“Mi ha morso!”, esclamò il piccolo
hanyou.
“Il vostro sangue ha un buon sapore, signorino
Inuyasha”, disse in quel momento la pulce. Ignorando le
espressioni stupite dei suoi osservatori, proseguì
imperterrito. “Io sono Myoga, un fedele servitore di vostro
padre e ora sarò il vostro”.
“Nobile Myoga, voi siete la risposta alle mie
preghiere!”, esclamò Izayoi.
“Vi ringrazio, mia signora. Cosa posso fare per
voi?”.
“Potreste rintracciare Hi?”.
“Hi? La yasha dorata?”, chiese Myoga.
“Certamente. Hi si trova nei paraggi; se lo desiderate entro
domattina potrebbe presentarsi alle porte del castello”.
“Lo fareste per me? Grazie! Vi prego, partite
subito”.
“Sarà fatto, mia signora!”,
esclamò la pulce saltellando verso l’esterno.
“Madre chi è Hi?”, chiese Inuyasha
quando Myoga fu sparito.
“Hi è un’amica di tuo padre e ha aiutato
molto anche me”, disse Izayoi. “Lei
è… una demone completa”.
“Allora non mi vorrà neanche lei?”.
“Certo che ti vorrà, invece”, disse la
donna dolcemente. “Lei ti ha visto quando eri appena nato
sai?”.
“Davvero?”.
“Si. E ha detto che sei ‘semplicemente
meraviglioso’. Vedrai che ti vorrà un sacco di
bene e tu potrai sempre contare su di lei”.
Il giorno seguente come aveva assicurato Myoga, Hi arrivò al
castello, trovando però delle guardie a sbarrarle la strada.
“Ferma dove sei!”, ordinò una di loro.
“La principessa mi sta aspettando. Lasciatemi
passare”, disse Hi senza scomporsi.
“Tu non vai da nessuna parte, demone”.
“Mi hai stancata adesso”, disse la yasha,
scagliandosi contro le guardie e mettendole fuori combattimento senza
ferirle.
Davanti alla sua forza, nessun altro ebbe il coraggio di affrontarla e
Hi raggiunse senza problemi le stanze di Izayoi. Quest’ultima
vedendola si coprì la bocca con le mani, piangendo di gioia,
mentre la demone la abbracciava.
“Quanto mi sei mancata, Hi”, disse.
“Mi siete mancata anche voi, principessa”, disse Hi
dolcemente.
“E allora perché non sei mai venuta a trovarmi,
prima?”, disse Izayoi fingendosi offesa.
“E’ passato tanto tempo dalla nascita di Inuyasha.
Mio figlio è cresciuto ormai, venti anni sono
tanti”.
“Già ma su di lui non dovrebbero sembrare
così tanti”.
“Infatti è così”, disse la
donna. “Voi demoni non date peso al tempo, perché
su di voi sembra non scorrere. Ma basta parlare di cose tristi. Vieni
ti faccio conoscere Inuyasha”.
Izayoi condusse Hi nel giardino della residenza dove doveva trovarsi il
piccolo Inuyasha, ma sembrava sparito nel nulla.
“Dove sarà finito?”, disse Izayoi
guardandosi intorno preoccupata. “Inuyasha! Inuyasha, dove
sei?”.
Izayoi e Hi superarono il ponte sul piccolo fiume che attraversava il
giardino e trovarono l’hanyou rannicchiato in un
angolo con la testa bassa. Izayoi fece per raggiungerlo, ma
Hi la trattenne.
“Lasciate andare me”, disse.
La yasha si avvicinò a Inuyasha e si sedette di fronte a
lui. “Ciao”, disse. Il piccolo alzò
appena la testa per guardarla.
“Che cosa volete?”.
“Io sono Hi, un’amica di tua madre. Cosa ti
è successo Inuyasha?”.
“Gli altri bambini mi hanno mandato via”.
“Perché lo hanno fatto?”, chiese Hi
gentilmente. “Ti sei forse comportato male?”.
“No!”, esclamò Inuyasha lanciandosi
d’istinto fra le braccia della demone. “Io volevo
solo giocare con loro, ma mi hanno scacciato perché dicono
che con i mezzodemoni non vogliono averci a che fare”.
Hi si rialzò con Inuyasha in collo, accarezzando le piccole
orecchie canine. “Inuyasha, tu sai cosa sono i
mezzodemoni?”.
“Mia madre dice che sono delle creature particolari, figli di
demoni e umani”.
“Non è così Inuyasha”, disse
Hi, sorridendo all’espressione stupita di Inuyasha.
“Gli hanyou non sono solo particolari, sono esseri
meravigliosi. Essi rappresentano l’affetto infinito che i
genitori provano per i loro figli e la forza del sentimento che li
unisce, tanto intenso da spingerli a dare alla luce il frutto del loro
amore nonostante le avversità e i continui ostacoli. Non
devi mai vergognarti di quello che sei, Inuyasha: sii sempre fiero di
essere un mezzodemone. E poi tu sei bellissimo!”, disse
mettendogli un dito sul nasino.
“Grazie signora Hi”, disse Inuyasha tutto rosso.
“Però… se io sono così
speciale, perché le altre persone mi mandano via?”.
“Perché sono solo degli stupidi. Non sanno cosa
voglia dire il vero amore, quello che univa tuo padre a tua madre. Non
curarti di loro, tu hai tua madre”.
“E voi signora Hi? Non tornerete più
qui?”.
“Non chiamarmi signora! Io sono solo Hi”, disse la
yasha. “Se lo desideri verrò a trovarti tutti i
giorni”.
“Allora rimani con me Hi”.
“Resterò per un po’ di tempo,
Inuyasha”.
Finalmente tranquillo, Inuyasha si lasciò andare contro la
sua spalla, mentre Hi sussurrava una dolce canzone
“Natsuhiboshi naze akai?
Yuube kanashii yume wo mita
naite hanashita
akai me yo
Natsuhiboshi naze mayou?
Kieta warashi wo sagashiteru
dakara kanashii
yumewo miru”.
Mentre Hi cantava il piccolo hanyou si era addormentato e lei raggiunse
Izayoi.
“Grazie per quello che hai fatto”, disse la donna.
“Resterai davvero?”.
“Se voi e Inuyasha avete bisogno di me resterò per
qualche settimana”, disse Hi. “Non posso
trattenermi oltre perché ho dei doveri come membro dei
Dodici; già adesso faccio di tutto per farmi affidare
missioni che mi portino qui a Est, ma Mito non potrà
coprirmi per sempre”. Izayoi la guardò
tristemente. “Non angustiatevi principessa; per il momento
rimarrò con voi”.
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Capitolo 14 *** 14 ***
In seguito Hi
continuò a far visita regolarmente a Izayoi e Inuyasha.
Ormai non aveva più bisogno della copertura delle missioni
perché tutti sapevano che andava a trovare il figlio
mezzosangue del defunto generale, ma la yasha non se ne preoccupava.
Un giorno, mentre si trovava nelle Terre dell’Ovest, a un
consiglio dei Dodici, Myoga la raggiunse con una tragica notizia.
“Nobile Hi è una cosa terribile!”,
esclamò la pulce.
“Myoga, ignorando il fatto che hai interrotto il consiglio,
cosa è successo?”, chiese Mito.
“La principessa Izayoi…”.
“Cosa?!”, esclamò Hi. “Cosa
è successo a Izayoi?”.
“Lei è…morta”, disse Myoga.
“La scorsa notte si è addormentata per sempre e
ora il signorino Inuyasha è rimasto solo”.
Hi era rimasta come pietrificata, non aveva mosso un muscolo,
né detto una parola: continuava a fissare il vuoto davanti a
sé. Solo quando sentì il nome di Inuyasha
sembrò riprendersi.
“Inuyasha non è solo”, disse.
“Noi eravamo i servitori di suo padre, abbiamo protetto la
principessa e ora ci occuperemo anche di lui”.
“Aspetta Hi”.
“Cosa c’è che non va Baiko?”,
chiese Mito.
“Mito sappi che in questo momento sto parlando a nome di
tutti”, disse Baiko. “Sappiamo che tu e tua sorella
siete troppo fedeli al ricordo di Inu no Taisho per accettare il nostro
pensiero ma…”.
“Ma cosa Baiko? Cosa vorresti dire?”.
“Lascialo parlare Hi!”, esclamò Mito.
“Mito, Hi, noi crediamo che la cosa migliore sia consegnare
il mezzodemone al consiglio degli anziani. Keisuke ci ha detto che se
non interferiremo manterremo il nostro ruolo e non avremo guai per aver
protetto fino a ora la principessa. Lasciate che facciano quello che
vogliono del mezzosangue”.
Infuriata come non mai, Hi si scagliò contro Baiko,
immobilizzandolo al suolo e materializzando una sfera di fuoco nella
mano destra mentre con la sinistra lo stringeva alla gola.
“Inuyasha”, disse. “Lui si chiama
Inuyasha, è il nome che il generale ha scelto per lui.
Lascia che ti dica una cosa, Baiko. Se tu o chiunque altro si avvicina
al mio giovane padrone, io vi uccido tutti. Inuyasha non si tocca,
dillo pure a Keisuke e a Sesshomaru, che è il nostro nuovo
signore”. Così dicendo lasciò andare il
demone, non prima di avergli sferrato uno schiaffo con la mano che
ancora teneva la sfera infuocata, ustionandogli il viso.
“Questo è solo un assaggio. Sono disposta a
bruciarvi vivi. Tutti”.
Baiko uscì dalla sala tenendosi la guancia ferita, presto
seguito da tutti gli altri esclusi Hi e Mito.
“Sei impazzita?!”, tuonò Mito.
“Sei consapevole che in questo momento stanno andando da
Keisuke a riferire ciò che hai fatto? Il capo degli anziani
ti venera per via della sua stupida profezia, ma questa volta
chiederà a Sesshomaru di metterti agli arresti, non ti
perdonerà il tuo attaccamento a Inuyasha”.
“Mito, io sto andando dal mio padroncino”, disse
Hi. “Vado a prenderlo e lo porto via, prima che Keisuke mandi
Baiko a occuparsene. Tu rimani pure, ma sappi che non ci vedremo mai
più. Addio”.
“Vai pure Hi”, disse Mito abbracciandola.
“Penserò io a trattenerli. Addio sorellina. Ti
voglio bene”.
“Ti voglio bene anch’io. Ti prego non correre
rischi inutili”.
Staccandosi dall’abbraccio, Mito uscì mentre la
yasha prese tra due dita Myoga. “Ascoltami bene, pulce. Tu
rimani qui e se mio fratello dovesse trovarsi in pericolo mi verrai a
chiamare subito. D’accordo?”.
“M-ma mia signora…”.
“Se ti allontani ti faccio diventare un cubetto di
ghiaccio”.
Myoga deglutì rumorosamente e Hi lo rimise sul tavolo al
centro della sala, allontanandosi di corsa. All’esterno
assunse le sembianze del cane dorato per arrivare più
velocemente al castello di Izayoi.
Hi raggiunse i Territori dell’Est in pochi giorni correndo
ininterrottamente. Temeva che Baiko non fosse andato da Keisuke, ma a
prendere Inuyasha e purtroppo le sue paure sembrarono prendere corpo
quando trovò le guardie all’ingresso del castello
orribilmente straziate e sentì l’odore del demone
dappertutto. Riprendendo le sembianze umanoidi entrò di
corsa nel palazzo seguendo le tracce lasciate dal suo nemico: il suo
naso la condusse fino al giardino e in lontananza vide Baiko.
“Baiko!”, esclamò avvicinandosi. Quando
fu a pochi passi, però, vide che il demone teneva sollevato
Inuyasha per il vestito e il piccolo mezzodemone non dava cenni di
vita. “Che cosa hai fatto?”.
“Volevo portarlo via”, ghignò Baiko.
“Ha opposto resistenza e ho cercato di tramortirlo, ma credo
che il suo fragile corpo per metà umano non abbia retto. In
queste condizioni non serve a Keisuke”. Così
dicendo, il demone gettò di lato Inuyasha. “E
adesso veniamo a noi, sgualdrina. La pagherai per quello che mi hai
fatto”.
Hi aveva seguito con lo sguardo Inuyasha per poi posare i suoi occhi
argentei sulla figura di Baiko; il demone trasalì, vedendo
quanto odio vi albergava. Nemmeno nei peggiori combattimenti la yasha
gli aveva fatto tanta paura, ma cercò di nascondere il
terrore assumendo un atteggiamento spavaldo e fece cenno a Hi di
avvicinarsi. Hi materializzò i sai nelle sue mani e si
lanciò all’attacco contro Baiko che
sfoderò la sua arma, una formidabile ascia bipenne.
‘Devo puntare sull’agilità. Se mi
colpisce con quell’affare si mette male per me’. Hi
stava correndo contro Baiko che si preparò a colpirla
dall’alto non appena giunta nel suo raggio
d’azione, ma all’ultimo momento la yasha
saltò in alto atterrando dietro di lui e infilzandogli i sai
nelle spalle, per poi ritirarsi subito dopo; il combattimento
proseguì tra salti e spaventosi colpi d’ascia, ma
senza che nessuno riuscisse a prevalere: Hi aveva colpito
più volte, ma Baiko era un demone forte e molto resistente e
non dava cenno di voler cedere.
“Adesso mi hai stancata, Baiko”, disse Hi puntando
il sai rosso contro di lui. Subito delle fiamme si levarono dal terreno
avvolgendo il demone che cominciò a urlare e dimenarsi,
gettandosi a terra nel tentativo di estinguerle.
“E’ inutile che ti agiti tanto, non puoi spegnere
quel fuoco; solo io posso farlo e sai una cosa? Non ne ho nessuna
intenzione. Ti avevo avvertito di non toccare Inuyasha e mi sembra di
averti anche detto che ti avrei bruciato vivo se solo ci avessi
provato. Addio Baiko”. Hi tracciò un cerchio in
aria con la sua arma e subito il rogo in cui era intrappolato Baiko
divenne tanto intenso che in pochi attimi di lui non era rimasta che
cenere.
Sistemato il suo nemico, Hi si avvicinò al corpicino di
Inuyasha prendendolo fra le braccia e stringendolo al petto.
“Perdonami Inuyasha. Non sono stata abbastanza veloce per
salvarti”, disse. Allontanandolo un po’, vide due
occhi dorati guardarla sofferenti e sentì il proprio cuore
accelerare improvvisamente. “Inuyasha! Sei vivo,
allora!”.
“Hi”, sussurrò Inuyasha. “Non
mi sento bene, mi fa male dappertutto”.
“E’ normale, piccolo mio. Baiko deve averti colpito
davvero forte se credeva di averti ucciso. Non ti preoccupare, adesso
ci penso io a te”, disse Hi mentre una tenue fiammella si
avvolgeva alla sua mano.
“Ma Hi…anche tu vuoi farmi male?”,
chiese l’hanyou. “Nemmeno tu mi vuoi
bene?”.
“Che cosa dici Inuyasha? Io voglio guarirti: stai tranquillo,
non sentirai male”
Hi passò la mano illuminata dal fuoco sul corpo di Inuyasha
e le sue ferite furono risanate all’istante; la yasha si
rialzò sempre tenendolo in braccio e tornò dentro
il castello nella speranza che Baiko non avesse ucciso tutti. Le stanze
erano vuote, ma negli alloggi di Izayoi trovò alcuni
servitori che si erano nascosti lì.
“Mia signora, Hi!”, esclamò una donna
che la conosceva.
“E’ tutto finito, state tranquilli. Il demone
è morto e Inuyasha è salvo. Ma
Izayoi…”.
“La nostra padrona se ne è andata”,
disse la donna in lacrime. Hi sentì che Inuyasha rafforzava
la stretta intorno al suo collo. “Si è
addormentata e non ha più aperto gli occhi. La sua famiglia
l’ha saputo e ha voluto che fosse sepolta nelle Terre
dell’Ovest. Per fortuna la carovana era già
partita quando quel mostro è arrivato, altrimenti
chissà cosa avrebbe fatto del suo corpo”.
“Capisco”, disse Hi. “Non posso disporre
di voi, perciò sentitevi liberi di fare quel che vi pare.
Inuyasha viene con me, devo proteggerlo da altri demoni di quella
risma. Addio”.
X mikamey : purtroppo ho solo la traduzione in inglese della
ninna-nanna. L'ho inserita perchè l'ho sentita in degli
episodi di Naruto, ma l'adattamento italiano non è la
traduzione esatta. Ho sentito la versione cantata in giapponese ed
è dolcissima, mi ha preso il cuore! Se vuoi allla fine del
prossimo capitolo metterò un'altra nota con quella inglese
|
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Capitolo 15 *** 15 ***
Dopo aver
preso Inuyasha con sé, Hi si diresse verso la catena
montuosa a Est sperando di guadagnare abbastanza tempo per potersi
nascondere; non si era trasformata in cane perché il
mezzodemone era ancora scosso per l’attacco di Baiko e temeva
di spaventarlo ancora. Le montagne erano estremamente ripide e Hi era
spesso costretta a portare Inuyasha sulle spalle, per oltrepassare
passaggi particolarmente pericolosi. Trascorsi due giorni a scalare
rocce e massi, il terreno ricominciò a scendere con grande
sorpresa di Hi. ‘Non dovrebbe esserci una valle qui. Eppure
conosco questi territori, ma non ricordo né altopiani
né valli da queste parti. Per fortuna quegli idioti dei miei
ex-compagni si sono sempre rifiutati di venire a Est, non mi troveranno
mai’. Hi continuò a percorrere il declivio fin
quando non vide del fumo in lontananza.
“Guarda Hi”, disse Inuyasha.
“C’è del fumo laggiù. Forse
c’è un villaggio”.
“Può darsi”, disse Hi.
“Andiamo a vedere, coraggio”.
Proprio come aveva detto Inuyasha, un piccolo villaggio si stendeva
alle pendici delle montagne che lo sovrastavano: piccole capanne di
legno indicavano che doveva trattarsi di un abitato umano, immerso in
una specie di paradiso, attraversato da un piccolo ruscello e
circondato da una natura rigogliosa. Gli abitanti coltivavano piccoli
orti accanto alle abitazioni e diverse pelli stese ad essiccare erano
indice di un’intensa attività di caccia. Non
appena Inuyasha e Hi misero piede nel perimetro del villaggio, un uomo
anziano si avvicinò a loro, sorridendo rassicurante.
“Salve stranieri”, disse. “Cercate
qualcosa?”.
“Stiamo fuggendo”, disse Hi. “Siamo
demoni e dei nostri simili ci inseguono per ucciderci. Potremmo
rimanere qui stanotte? Mio figlio ha bisogno di riposare”,
disse indicando Inuyasha che si era nascosto dietro di lei.
“Certamente, per quanto tempo vorrete”, disse il
vecchio. “A patto che tu dia una mano. Se decideste di
rimanere c’è una capanna a disposizione. Potreste
vivere lì”.
Hi rimase colpita dall’offerta dell’uomo: sembrava
che non gli importassero le loro origini demoniache, era giunto al
punto di offrirle di vivere con loro. La proposta era allettante, ma
temeva che se gli inu youkai li avessero trovati avrebbero ucciso anche
quelle persone.
“Hi?”, la chiamò Inuyasha. Hi
guardò il piccolo, il suo visino stanco e provato e non ebbe
più esitazioni.
“Accetto”, disse. “Ditemi cosa devo fare
e non creerò problemi. Mi chiamo Hi e lui è
Inuyasha”.
“Io sono Murai”.
Da quel giorno, Hi e Inuyasha cominciarono la loro vita finalmente
liberi dall’incubo degli inu-youkai e sereni in quel piccolo
villaggio nascosto. Con il tempo, Hi si era resa conto che gli abitanti
non avevano la più pallida idea di cosa fosse un demone,
né tantomeno un mezzodemone e questo aveva reso molto
più facile per loro integrarsi. I bambini del villaggio
giocavano volentieri con Inuyasha che ben presto riacquistò
la sua serenità e grazie all’aiuto di Hi
cominciò ad accettare pienamente le sue origini; il loro
rapporto divenne sempre più stretto, tanto che
l’hanyou cominciò a vederla come la madre che
aveva perduto. La yasha aiutava gli uomini nelle battute di caccia
grazie alle sue superiori capacità, ma si dava da fare anche
negli orti con le donne, meritandosi la benevolenza di tutti.
Per ben cinquant’anni vissero felici in quel posto, fin
quando non furono raggiunti da Myoga. Era sera e se ne stavano intorno
al fuoco a consumare il loro pasto, quando Inuyasha si tirò
uno schiaffo sul collo.
“Cosa c’è Inuyasha?”.
“Qualcosa mi ha punto”, disse Inuyasha guardandosi
la mano. “E’ Myoga!”.
“Vecchio Myoga che sorpresa!”, esclamò
Hi avvicinandosi a guardarlo. “Come hai fatto a
trovarci?”.
“Dovete andarvene e presto anche!”,
gridò Myoga.
“Cosa? Perché dovremmo?”, chiese
Inuyasha.
“Gli inu youkai sono sulle vostre tracce”, disse la
pulce. “Ormai sono giunti alla residenza, fra una settimana
al massimo saranno qui”.
“Dannazione!”, esclamò Hi. “E
Mito che sta facendo?”.
Myoga cominciò a sudare freddo, tormentandosi le minuscole
mani. “Mito non può fare più
nulla”.
“Che vuoi dire?”.
“Vostro fratello è morto, nobile Hi”,
biascicò Myoga.
“Ti avevo detto di avvertirmi se fosse stato in pericolo! Te
la farò pagare, stupida pulce!”.
“N-no as-aspettate”, balbettò il piccolo
demone. “Non avreste potuto fare nulla mia signora! Quella
notte di tanto tempo fa, non appena voi siete partita i vostri
ex-compagni, escluso Baiko, hanno aggredito Mito; non ha avuto nemmeno
il tempo di reagire, lo hanno attaccato tutti insieme”.
Hi si prese la testa fra le mani, ripiegandosi su sé stessa.
“Oh Mito…perdonami è stata tutta colpa
mia, io ti ho coinvolto in questa storia. Non volevo che finisse
così, fratello mio”.
“Madre Hi…”.
La yasha si volse verso l’hanyou che la guardava preoccupato.
“Inuyasha… andiamo a letto, domani decideremo cosa
fare”.
Hi si alzò e andò a stendersi nel suo futon senza
più degnare di uno sguardo Inuyasha o Myoga. Il mezzodemone
la raggiunse, stendendosi sul suo giaciglio, ma la yasha gli dava le
spalle, così cominciò a sussurrarle la
ninna-nanna che lei cantava tutte le sere. Hi, intenerita dal gesto del
figlio di tirarla su, si rigirò dalla sua parte e lo prese
fra le braccia mettendolo a dormire insieme a lei. “Grazie
Inuyasha. Dormiresti con me stanotte?”. “Si madre
Hi”, disse Inuyasha stringendosi a lei.
La notte trascorse lentamente per Hi che non aveva chiuso occhio, persa
nei ricordi della sua vita con Mito: era molto legata a suo fratello
maggiore che in ogni situazione aveva sempre cercato di proteggerla.
Anche quando aveva sposato Sesshomaru, Mito aveva tentato di difenderla
dal dolore che avrebbe provato.
Quando le prime luci dell’alba illuminarono la capanna, Hi
decise di alzarsi, ma Inuyasha aveva altri piani: non intendeva
lasciarla andare e così la yasha tornò a
stendersi. Il mezzodemone dormiva serenamente e un dolce sorriso gli
incurvava le labbra. ‘Come è stata crudele la vita
con te, mio piccolo Inuyasha. Hai perso tuo padre appena nato e tua
madre ti ha lasciato che eri solo un bambino. Ora forse
anch’io dovrò lasciarti’.
Finalmente dopo qualche ora Inuyasha decise di svegliarsi e
aprì gli occhi dorati, guardandosi intorno fino a fissare in
viso Hi che gli sorrideva. “Buongiorno piccolo mio”.
“Buongiorno madre Hi”, disse l’hanyou
stropicciandosi il faccino. “Dov’è
Myoga?”.
“Eccolo qui”, disse Hi colpendosi il collo.
“Buongiorno anche a te Myoga”.
“Perdonatemi, mia signora”.
Non appena Inuyasha uscì per giocare con gli altri bambini,
Hi e Myoga tornarono a parlare degli inu youkai.
“Credi davvero che in una settimana saranno qui?”.
“Anche prima se intensificano le ricerche. Dovete andarvene,
non avete scelta”.
“Porteresti Inuyasha con te?”, chiese Hi a Myoga.
“Cosa? Volete lasciarlo?”.
“Non ho scelta Myoga”, disse Hi. “Se lui
non sarà con me, io farò di tutto per trascinarmi
dietro gli inu youkai fino alle Terre del Sud. È
l’unico modo che ho di proteggerlo. Se lo portassi con me
sarebbe sempre braccato, non voglio che faccia questo genere di
vita”.
“E come credete che reagirà?”, disse
Myoga. “Si sentirà di nuovo abbandonato e prima o
poi verrà a cercarvi”.
“Non lo farà. È un bambino
intelligente, capirà che dovrà rimanere nascosto
e tu farai in modo che gli inu youkai non lo trovino fin quando non
sarà abbastanza grande da difendersi da solo,
d’accordo?”.
“Come desiderate, mia signora”, sospirò
la pulce rassegnata.
Hi raggiunse all’esterno gli uomini che la attendevano: era
giorno di caccia e la yasha pensò di approfittarne per
comunicargli che sarebbe andata via. Murai era morto da molto tempo,
eppure gli abitanti avevano continuato a voler bene a Hi e Inuyasha,
nonostante vedessero la loro diversità; Hi sentiva che non
sarebbe stata mai più serena come in quel luogo, tuttavia
non poteva permettere che quelle persone soffrissero a causa sua.
Desiderava che continuassero a non sapere quanto crudeli potessero
essere i demoni e che la loro vita proseguisse nascosta e felice.
Al suo ritorno trovò Inuyasha seduto davanti alla porta
della loro capanna, triste e imbronciato. Non appena sentì
il suo odore, si alzò per correre ad abbracciarla.
“Cosa c’è Inuyasha?”, chiese
Hi preoccupata.
“Myoga mi ha detto che andremo via”, disse
Inuyasha. “Io non voglio lasciare la mia casa e i miei amici,
sto bene qui! Ti prego madre Hi”.
“Inuyasha ti ricordi di Baiko?”, disse Hi, mentre
l’hanyou spalancava gli occhi a quel nome.
“Si madre Hi, ma tu lo hai ucciso, vero?”.
“E’ vero”, disse la yasha.
“Proprio per questo i suoi amici mi stanno cercando. Sono
arrabbiati e se ci trovassero se la prenderebbero anche con te e con
tutte queste persone. Tu non vuoi che facciano del male agli altri
bambini, giusto?”. Inuyasha fece segno di no con la
testolina. “Bravo, piccolo mio”.
Hi prese Inuyasha per mano ed entrò nella capanna,
mettendosi a preparare la cena. In genere parlava tanto con il piccolo
hanyou, ma quella sera non riusciva proprio a fare conversazione.
Pensava a come fare per convincerlo ad allontanarsi con Myoga, sicura
che non avrebbe mai accettato di allontanarsi da lei ed era giunta a
un’unica soluzione, la più dolorosa per lei. Dopo
cena, provò a parlare con Inuyasha, nella speranza che
decidesse di darle retta.
“Inuyasha, tu dovrai andare via con Myoga”.
“E tu quando ci raggiungerai?”, chiese Inuyasha.
Hi sentì una morsa stringersi intorno al proprio cuore.
“No, cucciolo, io non verrò con voi”,
disse. “Devo andare da un’altra parte per fermare i
demoni cattivi. Dovremo stare lontani del tempo, ma ti prometto che
quando sarà tutto a posto tornerò da
te”.
“No!”, urlò Inuyasha stringendosi al
collo di Hi. “Io non vado da nessuna parte senza di te, madre
Hi. Se non rimani con me, io non ti lascio”.
Inuyasha che aveva gli occhi chiusi, non vide la luce azzurra che
illuminava le mani di Hi. Prima di addormentarsi, sentì solo
un forte dolore alla testa e poi una voce dolce che cantava una
ninna-nanna.
“Che cosa avete fatto, mia signora?!”,
esclamò Myoga.
“Ho congelato i suoi ricordi. Ora Inuyasha non sa
più nemmeno chi io sia. Vieni, andiamo”.
All’esterno, Hi cosparse i suoi piedi di minuscoli cristalli
di ghiaccio, che le avrebbero impedito di lasciare tracce odorose,
facilmente individuabili dagli inu youkai e dopo aver lanciato un
ultimo sguardo al villaggio, si allontanò di corsa.
Raggiunte le montagne più alte, assunse le sembianze canine
e in poche ore raggiunse la valle dove si trovava il castello di Izayoi.
Lontano dal palazzo, trovò una piccola grotta, asciutta e al
riparo da sguardi indiscreti e vi entrò per lasciare
Inuyasha e Myoga. Lasciando il piccolo sul terreno, le lacrime
tornarono a solcarle il viso dopo tanto tempo. “Mi dispiace
Inuyasha. In questo momento il mio cuore si è spezzato, ma
non posso essere tanto egoista. Se ti lascio sarai al sicuro e forse un
giorno ci rivedremo. Addio figlio mio”, così
dicendo, Hi si chinò a posare un bacio sulla fronte di
Inuyasha, mentre le sue lacrime bagnavano il visino
dell’hanyou.
“Myoga”, disse rialzandosi.
“Ghiaccerò l’entrata della caverna,
così gli inu youkai non sentiranno il suo odore. Non temere,
non durerà più di un giorno, ma sufficiente per
allontanarli da qui. Vi lascerò anche un fuoco, altrimenti
congelereste anche voi. Ti prego, abbi cura di lui”.
Hi materializzò delle fiamme nella parte più
lontana della grotta e uscì. Mentre la cortina di ghiaccio
chiudeva l’ingresso, Myoga vide che le sue lacrime, per
effetto del potere, diventavano fiocchi di neve caduti sul terreno.
Ormai in trappola, il demone pulce sentì un ululato di sfida
e subito dopo altri che rispondevano minacciosi; Hi aveva mantenuto la
sua parola.
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Capitolo 16 *** 16 ***
Kagome e
Sango erano ancora completamente prese da ciò che avevano
ascoltato, ma Hi non aveva ancora finito. “Vi ho
già detto come tornai nei Territori dell’Ovest,
trovando Inuyasha sigillato dalla freccia di Kikyo. Subito dopo, come
avrete immaginato, non conobbi il padre umano di Himaru che non esiste
affatto. In realtà, all’epoca incontrai per la
prima volta Naraku che mi propose di allearmi con lui dopo avermi
stupidamente rivelato l’inganno di cui erano stati vittime
Inuyasha e Kikyo. Tentai di ucciderlo, ma mi
sfuggì”.
“Scusa Hi”, disse Sango, “ma ancora non
ci hai detto come è possibile che Himaru sia figlio di
Sesshomaru”.
Hi guardò le ragazze con l’espressione
più triste che le avessero mai visto. “Vedere
Inuyasha in quelle condizioni, mi scosse a tal punto che decisi di
ritornare da Sesshomaru. Sapevo per certo che non mi avrebbe scacciata,
ma non credevo di essere ancora così innamorata di lui; come
pensavo, non mi mandò via, al contrario mi accolse
gentilmente e io non riuscii a resistergli. In quel periodo il mio
spirito era troppo provato perché avessi la forza di
rimanergli lontana, soprattutto quando mi disse che avrebbe voluto
risposarmi, così…passai la notte con lui. Il
mattino seguente scappai prima che Sesshomaru si svegliasse
e…qualche settimana dopo scoprii di aspettare Himaru, ma non
potevo ritornare da lui, non prima di sapere se almeno questo cucciolo
sarebbe sopravvissuto. Sono rimasta nascosta ai confini del territorio
degli inu-youkai fino alla nascita di Himaru. Gli unici a sapere dove
mi trovavo erano i miei genitori e furono proprio loro a consigliarmi
di non tornare da Sesshomaru; a quanto pare non aveva preso bene la mia
fuga e non avrebbe esitato a uccidermi se mi fossi presentata da lui.
Per questo motivo sono andata via e ho vagato da un posto
all’altro, fino al bosco dove mi avete incontrata. Il resto
lo sapete”.
Kagome guardò per qualche secondo Himaru che si era
avvicinato a loro e aveva abbracciato la madre.
“Hi”, disse. “Perché non vuoi
che Sesshomaru sappia la verità?”.
“Ma non capisci Kagome?!”, esclamò Hi.
“Lui non mi ha mai compresa, né quando eravamo
sposati, né quando sono fuggita l’ultima volta.
Sesshomaru pensa esclusivamente a sé stesso, non
è più il demone di cui mi sono
innamorata”.
“Ti sbagli”, disse Kagome. “Non hai visto
la piccola Rin? Il demone che ricordi tu l’avrebbe uccisa,
mentre Sesshomaru non solo le ha ridato la vita con Tenseiga, ma le
consente di seguirlo. E poi scusa, avrebbe potuto uccidere Himaru, ma
non l’ha fatto”.
“Solo perché gli serviva per far parlare
me”, disse duramente Hi. “No Kagome. Sesshomaru non
merita un erede. Non merita Himaru”.
Così dicendo, la yasha uscì dal laghetto termale
con suo figlio in braccio, asciugando entrambi all’istante
con il suo potere e rivestendosi. Dopo aver asciugato Himaru, Hi prese
in braccio anche Shippo e si occupò anche di lui.
“Rimanete pure”, disse a Kagome e Sango.
“Io porto i cuccioli a dormire”.
Hi prese in braccio Himaru e Shippo e ritornò verso
l’accampamento.
“Kagome”, disse Sango. “Credi che prima o
poi Hi rivelerà il suo segreto a Sesshomaru?”.
“Lo spero, Sango. Himaru dovrebbe crescere con entrambi i
genitori, ma…Hi è ancora troppo ferita. Solo se
riuscirà a perdonare Sesshomaru gli dirà di suo
figlio”.
Qualche minuto dopo, Kagome e Sango tornarono anche loro al piccolo
accampamento e Inuyasha saltò su non appena le vide.
“Finalmente!” grugnì. “Si
può sapere che stavate facendo? Perché ci avete
messo tanto?”.
“Inuyasha a cuccia!”
Il rosario schiantò a terra il mezzodemone che per qualche
secondo rimase immobile per poi rialzarsi più infuriato che
mai. “Ma che ti è preso dannata?!”.
“Che mi è preso? Che cosa vuoi tu,
c’è bisogno di urlare in quel modo solo
perché siamo rimaste qualche minuto in più alla
fonte?”
“Divina Kagome”, intervenne Miroku, “non
siate così severa, Inuyasha era solo preoccupato per la
vostra incolumità”.
“M-ma che stai dicendo bonzo deviato?!”,
sbottò Inuyasha imbarazzato.
“Avanti smettetela di litigare”, disse Hi.
“Himaru e Shippo stanno dormendo. Inuyasha, negare
è inutile e in ogni caso non ci sarebbe nulla di male a
essere preoccupato”.
Il mezzodemone si voltò dall’altra parte
incrociando le braccia, mentre i suoi amici ridacchiavano alle sue
spalle. Hi si era sistemata fra le radici di un grande albero e teneva
in braccio Himaru e Shippo, coperti dalle sue morbide code dorate,
accarezzando le loro testoline.
Non passò molto tempo che anche il resto del gruppo
andò a dormire, tutti esclusi Inuyasha e Hi.
L’hanyou si avvicinò all’albero,
sedendosi accanto a Hi.
“Cosa c’è Inuyasha?”.
“Siete state molto tempo al lago”, disse Inuyasha.
“Hai raccontato di noi a Kagome e Sango, vero? E scommetto
che gli hai anche detto come sia possibile che Himaru sia figlio di
Sesshomaru”.
“Sapevo che l’avresti capito”, disse Hi.
“Immagino che una volta rimosso il ghiaccio che lo camuffava,
anche il suo odore sia diventato percepibile”.
“Io non voglio saperlo. Mi basta sapere che dirai la
verità a mio fratello”.
“Non posso Inuyasha”, disse Hi distogliendo lo
sguardo.
“Devi farlo!”, esclamò Inuyasha.
“Himaru ha bisogno di un padre e per quanto non mi stia molto
simpatico, anche Sesshomaru ha il diritto di sapere”.
“Posso crescere da sola mio figlio”, disse Hi.
“In fondo se non fosse stato per gli inu youkai avrei
allevato perfettamente anche te”.
“Io sentivo la mancanza di un padre”, disse
Inuyasha. “Sei stata una madre splendida, ma non potevi
sostituire entrambi i miei genitori. Ascoltami, madre Hi, devi dire a
Sesshomaru e al tuo cucciolo la verità”.
“Credi forse che Sesshomaru accoglierà me e suo
figlio a braccia aperte? Tuo fratello non è più
il demone che ho sposato, quello che partiva per improbabili missioni
insieme a me e Mito, che mi ha amata. So che hai ragione e che deve
sapere di Himaru, ma…il mio cuore rifiuta di accettare
quello che la mente ha già compreso”.
“Ti capisco, madre Hi, però promettimi che ci
rifletterai”, disse Inuyasha sedendosi accanto a lei.
“Te lo prometto, Inuyasha”.
Il mattino seguente ripartirono alla ricerca di Naraku in compagnia di
Hi, che aveva deciso di continuare a viaggiare con loro, almeno per un
po’. La yasha sembrava essere tornata quella che avevano
conosciuto, parlava e rideva con tutti e giocava spesso con i cuccioli,
ma ora in fondo ai suoi occhi si era annidata un’ombra di
dolore.
Prima di mezzogiorno scorsero in lontananza un villaggio e si
incamminarono per raggiungerlo, ma prima che potessero entrarvi,
Inuyasha e Hi sentirono un odore nauseabondo provenirne. Si scambiarono
uno sguardo d’intesa e subito l’hanyou
fermò i suoi compagni, mentre Hi si avvicinò di
soppiatto per controllare la situazione.
“Inuyasha che succede?”, chiese Kagome.
“Dal villaggio viene un forte odore di sangue
umano”, disse Inuyasha. “E un altro che non
conosco. Hi è andata a verificare se ci sia ancora
pericolo”.
“Io non sento nessuna aura demoniaca”, intervenne
Miroku.
“Già, nemmeno io”, disse Kagome.
“Vado a vedere che succede”, disse
l’hanyou. “Voi rimanete qui”.
Non appena giunse al centro del villaggio, Inuyasha si
avvicinò a Hi che fissava il cadavere di un bambino ai suoi
piedi. Aveva uno sguardo che l’hanyou non aveva mai visto,
sembrava…colpevole.
“E’ tutto a posto, madre Hi?”, chiese.
La yasha si voltò finalmente a guardarlo. “Si
Inuyasha è tutto a…”, non
terminò la frase, puntando gli occhi sbarrati verso
l’esterno del villaggio. “Come è
possibile? Tu qui?”.
X mikamey:ecco la ninna-nanna in inglese e l'adattamento italiano
Summer star
Summer star, why are you red?
Last night I had a sad dream.
Crying as I talked
Oh, red eyes.
Summer star, are you lost?
You are searching for we who disappeared.
That's why I have sad dreams
Stella rossa
Stella rossa che guardi da lassù
questa notte un sogno triste ho fatto sai
lacrime velan gli occhi e tu
tu risponder non sai
Stella rossa che guardi da lassù
hai cercato invano il mio grande amor
e cosi ora non c'è più
pace dentro il mio cuor
|
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Capitolo 17 *** 17 ***
Inuyasha
seguì lo sguardo di Hi, vedendo quello che
sembrava un demone cane avvicinarsi a loro. Era certo di non
conoscerlo, eppure
aveva qualcosa di familiare. Terribilmente familiare.
“Baiko”,
sussurrò appena Hi.
“Baiko?!”,
esclamò Inuyasha. “Ma come è possibile?
Sarà passato un secolo da quando lo hai
eliminato!”.
“Lo
so, Inuyasha!”, esclamò Hi alzando la voce.
“E’
questo che è strano. E poi non ti sei accorto di nulla?
Questo demone non ha
odore, né aura demoniaca, non può essere
lui”.
Il presunto
Baiko non attese oltre, lanciandosi
all’attacco contro i due che lo schivarono facilmente.
Inuyasha sfoderò
Tessaiga e scagliò la sua Cicatrice del Vento che ridusse in
polvere lo youkai.
“Tsk!
Non era poi così forte!”.
“Non
fare lo spaccone, cucciolo”, disse Hi. “Quello
non era il vero Baiko”.
Così dicendo, Hi
si diresse verso il punto esatto in
cui Inuyasha aveva distrutto il loro nemico, chinandosi a prendere
qualcosa.
“Guarda”,
disse a Inuyasha mostrando una piccola
statuetta di pietra che riproduceva alla perfezione il defunto demone.
“Questo
è un ayatsuri”.
“Un
ayatsuri? E che cosa sarebbe?”.
“Un
burattino”, disse Hi. “Il demone che li controlla
legge nella mente delle persone e crea queste statuine riproducendo un
nemico
della sua vittima”.
“Per
questo Baiko non aveva né aura demoniaca né
odore”, disse Inuyasha. “Questo youkai non deve
essere molto potente; definire
debole quel fantoccio sarebbe un eufemismo”.
“Non
sottovalutarlo, Inuyasha”, disse Hi. “Tsukurite,
il creatore dei burattini vive sulle montagne a Ovest di qui”.
“Non
vedo montagne qui vicino”, disse Inuyasha
guardandosi attorno.
“Appunto”,
disse la yasha dirigendosi verso Kagome
e gli altri.
“Cosa
è successo Hi?”, chiese Kagome.
“Abbiamo
a che fare con un nemico molto subdolo”,
disse la yasha. “E’ un demone burattinaio; nelle
sue condizioni normali non
dovrebbe essere un grosso problema, ma comincio a credere che abbia
trovato un
frammento della Sfera”.
“Allora
dobbiamo cercarlo”, disse Miroku.
“Io
lo cercherò”, disse Hi. “Tsukurite
è perfido,
vi rivolterebbe contro i vostri stessi ricordi. Inoltre, la portata del
suo
potere si è allargata a dismisura, ha attaccato questo
villaggio pur vivendo
sulla catena montuosa che si trova a Ovest di qui. A due giorni di
cammino”.
“Non
puoi andare da sola, madre Hi”, disse
Inuyasha.
“Infatti
porterò Himaru con me”, disse Hi.
“Non
è il momento di scherzare!”, esclamò
l’hanyou.
Hi gli sorrise
rassicurante, posandogli una mano
sulla guancia. “Inuyasha ho mai mancato a una
promessa?”.
“No”.
“Bene.
Ti prometto che tornerò per riportarvi il
frammento della Sfera che Tsukurite ha ottenuto”. Hi prese in
braccio Himaru,
voltando le spalle al resto del gruppo. “Ci vediamo fra
qualche giorno”, disse
allontanandosi.
Dopo aver
seppellito gli abitanti del villaggio, il
gruppo di Inuyasha si ritrovò indeciso sul da farsi; il
mezzodemone avrebbe
voluto seguire Hi, nonostante Kagome e Miroku lo invitassero a
rispettare la
sua volontà. Continuava ad andare avanti e indietro,
ringhiando e stringendo i
pugni per la rabbia.
“Inuyasha,
smettila di fare così, siediti”, disse
Kagome.
“Lasciami
in pace”.
“Avanti,
fermati”.
“Ti
ho detto di lasciarmi stare!”
“E va
bene!”, sbottò Kagome arrabbiatissima.
“Continua a passeggiare, segui Hi se è quello che
vuoi, ma smettila di
comportarti così! A cuccia!”.
Inuyasha rimase
qualche istante schiacciato sul
terreno, mentre gli amici lo guardavano sconsolati.
“Inuyasha
non imparerà mai”, disse Sango, scuotendo
la testa.
“Hai
ragione Sango”, disse Shippo.
“La
divina Kagome ha centrato il problema”, disse
Miroku. “Inuyasha vorrebbe seguire Hi, ma a quanto pare
quella yasha deve
essere stata una madre amorevole ma severa. Inuyasha ha paura di
disubbidirle”.
“Io
non ho paura, stupido bonzo deviato!”, esclamò
Inuyasha. “Anzi, sai cosa farò? Seguirò
mia madre e la aiuterò contro quel
demone”.
“Va
bene, allora andiamo”, disse Kagome caricandosi
lo zaino giallo sulle spalle.
“Ho
detto che la seguirò, non che voi verrete con
me”, disse l’hanyou.
Kagome
continuò a pregarlo di cambiare idea, ma
nonostante avesse fatto ricorso a tutti i metodi di persuasione che
conosceva,
dall’offrirgli doppia razione di cibo ninja a una ventina di
‘A cuccia’, l’hanyou
fu irremovibile e dovette rassegnarsi a lasciarlo partire da solo
mentre lei e
gli altri ritornarono al villaggio di Musashi.
Dopo aver
parlato con Hi, Sesshomaru si era
allontanato nella direzione opposta fino al mattino seguente,
continuando però
a rimuginare su ciò che gli aveva detto la yasha. Lei
sosteneva di aver sempre
desiderato dargli un erede, ma di non esserci riuscita.
‘Perché? Per quale
motivo le riesce così facile convincermi? Non posso fare a
meno di crederle,
eppure…chi sarà il padre di quel moccioso? Chi ha
osato?’.
Il demone si
fermò improvvisamente e Jaken che lo
seguiva, andò a sbattergli contro. “Pe-perdonatemi
Pa-padron Sesshomaru!”,
balbettò il demone rospo gettandosi ai suoi piedi.
“Jaken”,
disse Sesshomaru, “c’è un lago con una
cascata a sud di qui. Aspettatemi lì”.
“Signor
Sesshomaru dove andate?”, chiese la piccola
Rin.
Il demone non
rispose, ritornando sui propri passi
fino al luogo dove aveva incontrato Hi. Seguendo il suo odore giunse
alla fonte
termale dove la yasha aveva fatto il bagno e improvvisamente, immagini
di Hi si
susseguirono dolorose nella sua mente; ripensò al giorno del
loro matrimonio, a
quando gli aveva detto di aspettare suo figlio con quel sorriso
speciale che
era solo per lui. E purtroppo ricordò anche come le avesse
spezzato il cuore
ripudiandola per ottenere il potere. Un ghigno gli
attraversò il viso a quel
pensiero: era stato talmente sciocco da pensare che Keisuke fosse
determinante
per avere il dominio dei Territori dell’Ovest. Si riscosse
immediatamente,
riprendendo a seguire il profumo di Hi; non c’era tempo per
indugiare nel
passato, ora gli premeva di più sapere chi avesse osato fare
sua la yasha.
Qualche ora
dopo mezzogiorno, raggiunse il
villaggio attaccato da Tsukurite e anche laggiù
sentì l’odore della demone,
insieme a quello del sangue umano. Guardandosi intorno, vide i segni di
una
grande devastazione: le capanne portavano visibili i segni di un
attacco,
alcune avevano il tetto divelto, le pareti di altre erano sfondate,
altre
ancora si erano accartocciate su loro stesse. Insieme
all’odore di Hi, percepì
chiaramente quello del fratellastro e degli umani che si portava
dietro.
‘Cominci davvero a irritarmi, Inuyasha’.
Sesshomaru si
rese conto che la sua strada lo
portava verso Ovest e conoscendola, capì che Hi doveva
essersi recata al covo
del demone responsabile dell’attacco. Istintivamente
accelerò il passo e al
calare del sole raggiunse finalmente la yasha, accompagnata con suo
grande
disappunto da Inuyasha e dal cucciolo.
“Sesshomaru!”,
esclamò Hi. “Cosa ci fai tu qui?”.
“Ho
bisogno di parlarti. Da solo”.
“Mi
dispiace per te, Sesshomaru”, intervenne
Inuyasha. “Ma abbiamo una missione da svolgere, dovrai
aspettare prima di avere
la possibilità di parlarle”.
“Vattene
Inuyasha”, disse Sesshomaru gelidamente.
“Ti
ho già detto che non ne ho intenzione”.
“Vorrà
dire che verrò con voi”, disse il Principe
dell’Ovest. “Compiremo questa missione e poi tu te
ne andrai”.
Hi era rimasta
sconvolta alle parole di Sesshomaru.
‘Che cosa vorrà mai? Che voglia sapere chi
è il padre di Himaru…no! Non potrei
mentirgli su questo!’. Hi abbassò lo sguardo su
Himaru che teneva fra le
braccia; poi guardò Sesshomaru, notando la somiglianza tra i
due.
“Sesshomaru”,
disse, “non è necessario che tu venga
con noi. Quando tornerò potremo parlare”.
“Ti
ho già detto che verrò anch’io. Non
farmelo
ripetere”.
“E
va bene”, disse Hi, riprendendo il suo cammino,
completamente sorda alle proteste di Inuyasha. ‘Oh Kami,
aiutatemi!”.
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Capitolo 18 *** 18 ***
Il viaggio fino alle
montagne si rivelò per Hi più
difficile del previsto: Sesshomaru manteneva il suo atteggiamento
gelido e
Inuyasha non faceva nulla per evitare di irritarlo. La yasha aveva
anche notato
che ogni tanto il Principe dell’Ovest lanciava occhiate
furtive a Himaru e a
lei; era certa di non sbagliare, Sesshomaru li aveva raggiunti
perché voleva
sapere chi era il padre del cucciolo.
Quando infine
raggiunsero le montagne, Hi tirò un
sospiro di sollievo: ancora poche ore e Sesshomaru sarebbe andato via,
sparendo
dalla sua… dalle loro vite. Una fitta dolorosa le
attraversò il cuore a quel
pensiero: poche ore e una parte della sua anima si sarebbe allontanata
per
sempre.
Il covo di
Tsukurite si trovava ai piedi della
catena montuosa e vi si accedeva tramite una galleria che si trovava
proprio di
fronte a loro.
“Ci
siamo”, disse Hi. “Questa è
l’entrata.
Tsukurite si trova dentro questa montagna”.
“Tsukurite?!”,
chiese sarcastico Sesshomaru. “Vuoi
dire che siamo venuti in tre per eliminare quel patetico
burattinaio?”.
“Ti
ricordo che nessuno ti ha chiesto di seguirci”,
disse duramente Hi. “E comunque Tsukurite è
diventato molto più potente. Ha
creato Baiko dai ricordi miei e di Inuyasha in un villaggio a due
giorni di
cammino da qui; io non intendo lasciare che crei ulteriori danni agli
esseri
umani. A te non interessa di loro, ma io continuerò a
proteggerli”. Hi fissò
Sesshomaru dritto negli occhi. “Lo farò in memoria
di tuo padre e del suo amore
per la principessa Izayoi”.
Sesshomaru
allargò impercettibilmente gli occhi e
schiaffeggiò violentemente Hi. “Non osare parlare
di mio padre”, ringhiò. “Non
infangare il suo nome affiancandolo a quell’insulsa
umana”.
Inuyasha fece
per intervenire ma Hi gli fece cenno
di fermarsi. “Sei tu che offendi Inu no Taisho”,
disse la yasha stringendo i
pugni. “Lo fai ogni volta che disprezzi tuo fratello che lui
amava al punto di
dare la vita per salvarlo; ogni volta che pronunci con alterigia il
nome di
Inuyasha che scelse lui stesso. E lo ricopri di ignominia quando i tuoi
artigli
si sporcano senza ragione del sangue degli esseri umani”.
Sesshomaru
rimase colpito dalle parole di Hi e si
irrigidì, mentre la yasha si chinò a prendere in
braccio Himaru; il cucciolo le
posò una manina sulla guancia colpita.
“Ti
ha fatto male, madre?”, chiese.
“No,
Himaru”, disse Hi con un dolce sorriso. “Non
mi ha fatto male…non con quello schiaffo. Andiamo
Inuyasha”.
L’hanyou
non se lo fece ripetere e seguì Hi all’interno
della galleria, mentre Sesshomaru restò a guardarli fin
quando non sparirono
nel buio della grotta. Hi riusciva sempre a sconvolgerlo, anche solo
con una
parola o un gesto e questa era una cosa che non riusciva ad accettare,
così senza
attendere oltre si incamminò per raggiungerla.
Hi e Inuyasha
si addentrarono per diverse decine di
metri nella galleria senza incontrare ostacoli e l’hanyou
cominciava a dare
segni di impazienza.
“Madre
Hi, sei certa di trovarlo qui?”, sbuffò.
“Stiamo
camminando da un po’ ormai e non c’è
neanche l’ombra di questo Tsukurite”.
“Sono
sicura Inuyasha”, disse la demone. “Vorrei
poterti dire che non si è accorto di noi, ma credo che stia
soltanto
pregustando il momento in cui ci avrà nelle sue mani. Non
desidero sapere quale
burattino creerà questa volta, ma temo che lo incontreremo
presto”.
“Tu
come conosci questo demone?”, disse Inuyasha.
“Si
alleò con Naraku in uno dei suoi tentativi di
portarmi dalla sua parte. Non so cosa gli avesse promesso quel verme,
ma allora
i suoi poteri non erano così estesi e non riuscì
a mettermi in difficoltà tanto
da costringermi a cedere. È successo poco tempo fa, credo
circa sei mesi,
quando mi nascosi nel bosco in cui ci siamo incontrati e da allora
Naraku non
ha più tentato…credo che Kagura abbia agito
autonomamente nel tentativo di
compiacerlo, forse sperando che quel mostro le restituisse il
cuore”.
“Allora
Naraku ti lascerà in pace”.
“Si,
credo proprio di si”, disse Hi. “Ma io non
gliela farò passare liscia: se dovessi incontrarlo, lo
ucciderò”.
Inuyasha le
sorrise e ripresero il loro cammino
silenzioso, fin quando non videro un’ombra pochi metri
più avanti. Hi aguzzò la
vista, sussultando sorpresa quando capì chi aveva davanti.
“Di
nuovo?”, disse annoiata. “Tsukurite mi deludi,
creare di nuovo Baiko!”.
Nessuno rispose
alla provocazione della yasha, ma l’ayatsuri
si scagliò contro di loro impugnando la sua enorme ascia. Hi
posò a terra
Himaru e si lanciò contro Baiko spingendo indietro Inuyasha
che stava per
sfoderare Tessaiga.
“Baiko
è mio”, disse tornando all’attacco. Il
burattino
si trovò presto in difficoltà, ma quando Hi stava
per dargli il colpo di grazia,
li raggiunse Sesshomaru.
“Credevo
che aveste sconfitto quel fantoccio al
villaggio degli umani”, disse a Inuyasha.
“Infatti”,
rispose l’hanyou. “Ma Tsukurite l’ha
ricreato”.
Hi
rivolse lo sguardo a Sesshomaru per alcuni
secondi, pochi ma sufficienti per dare il tempo a Baiko di lanciare un
colpo
energetico contro il suolo della grotta che cominciò a
frantumarsi sotto i
piedi della yasha. Questa non fece in tempo a scansarsi e
cominciò a
precipitare, mentre Sesshomaru si lanciava d’istinto verso di
lei, afferrandole
una mano e cadendo con lei; Inuyasha aveva preso Himaru, ma il colpo di
Baiko
aveva una portata abbastanza vasta da distruggere anche le rocce sotto
di lui
che finì per precipitare a sua volta.
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Capitolo 19 *** 19 ***
Hi aprì
lentamente gli occhi e si tirò su a fatica,
tentando di ricordare ciò che era accaduto e fece per
toccarsi la testa, quando
sentì qualcosa trattenerle la mano: Sesshomaru la stava
ancora tenendo stretta
nella sua e improvvisamente la yasha ricordò tutto.
L’ayatsuri con le sembianze
di Baiko aveva frantumato il suolo della grotta per farla precipitare,
ma
Sesshomaru si era lanciato su di lei e le aveva afferrato la mano,
finendo a
sua volta nella voragine; mentre cadevano nel vuoto, il demone
l’aveva stretta
a sé per impedire che si facesse male ed avevano continuato
a scendere per un
tempo che le era sembrato infinito. Probabilmente aveva perso i sensi
nella
caduta, mentre Sesshomaru doveva aver trovato il modo di atterrare
senza danno
e ora la fissava con quei suoi magnifici occhi, senza lasciarla.
“Sesshomaru,
tu…”, cominciò Hi, bloccandosi subito.
“Ti
ho salvata”, disse Sesshomaru. “E non chiedermi
il perché. Non lo so nemmeno io”. Mentre
pronunciava queste parole, però, il
demone aveva intrecciato le dita con quelle di Hi. La yasha
sussultò a quel
contatto inatteso e ritrasse subito la mano, voltandogli le spalle:
aveva paura
di quello che sarebbe successo se avesse lasciato che l’amore
per Sesshomaru
prendesse di nuovo il sopravvento sul suo animo.
Sesshomaru dal
canto suo, pur deluso dal comportamento
di Hi, mantenne la sua solita maschera di fredda indifferenza e si
alzò,
aiutandola a fare altrettanto.
“Troviamo
una via d’uscita”, disse.
Hi si
limitò ad annuire, incapace di sostenere il
suo sguardo, e si incamminò dietro di lui, continuando a
fissare la sua
schiena; non aveva la forza di affrontare i problemi che li dividevano:
odiarlo
era infinitamente più facile. Sesshomaru sembrava sicuro
della strada che stava
percorrendo, ma Hi non era altrettanto convinta. “Dove stiamo
andando?”, chiese.
“Stiamo
uscendo”.
“Ma…Himaru?
E Inuyasha?”
“Non
abbiamo tempo per loro”.
“Che
diavolo stai dicendo?!”, esclamò Hi.
“Non me
ne vado di qui senza i miei figli!”, così dicendo,
la yasha si voltò e cominciò
a correre nella direzione da cui erano venuti.
“Dannazione!”,
imprecò Sesshomaru inseguendola.
“Fermati Hi!”, urlò afferrandola per un
braccio.
“Lasciami
andare Sesshomaru!”, esclamò Hi, tentando
di divincolarsi. “Devo trovarli!”.
“Sono
caduti anche loro!”, disse lo youkai. “Se non
sono con noi, evidentemente Tsukurite li ha catturati, dobbiamo trovare
lui”.
La yasha
sembrò calmarsi e Sesshomaru le lasciò il
braccio. “Allora troviamolo”, disse. “So
che non ti interessa della loro sorte,
ma ti prego… aiutami a salvarli!”.
Sesshomaru non
rispose, guardandola intensamente
negli occhi, ma Hi aveva capito che quello era un assenso; felice della
decisione presa dallo youkai si lanciò fra le sue braccia
senza pensare e fece
per scostarsi quando si rese conto di ciò che aveva fatto,
ma Sesshomaru la
strinse a sua volta.
“Mi
manchi Hi”, sussurrò. Hi spalancò gli
occhi a
quelle parole, mentre dopo tanto tempo le lacrime tornarono prepotenti
a
bagnarle le guance. “Come siamo arrivati a questo punto,
Sesshomaru?”,
bisbigliò. “Io ti amavo…ti amo
più della mia stessa vita”.
Il demone non
rispose subito e Hi alzò il viso per
guardarlo; Sesshomaru la fissò a sua volta e si
chinò a catturare le sue labbra
in un bacio dolce e delicato, cui la yasha non potè
impedirsi di rispondere,
cingendogli il collo con le braccia. Sesshomaru si staccò da
lei, ma i loro
visi rimanevano ancora vicinissimi. “Ricominciamo
Hi”, le disse sulle labbra.
“Non mi interessa se non puoi darmi un erede. Non ho ancora
intenzione di
morire”. La yasha sorrise per quell’affermazione,
ma si sentiva terribilmente
in colpa: se avesse accettato cosa sarebbe successo quando Sesshomaru
avrebbe
saputo di Himaru? Sarebbe finita di nuovo e lei non avrebbe potuto
sopportare
un’altra separazione.
“Non
è così facile”, disse. “Ci
sono delle cose di
me che ti ho tenuto nascoste e mi odierai quando verrai a
saperlo”.
Le labbra di
Sesshomaru si incresparono in un
sorriso. “L’odio è l’unico
sentimento che non potrei mai provare nei tuoi
confronti”, disse accarezzandole il viso. “Mi sono
arrabbiato, ho sentito
rancore, ho persino…sofferto per te. Ma neanche fra mille
anni potrei odiarti”.
“Sesshomaru
quello che ti ho nascosto è molto
grave. Ascolta: prima distruggiamo Tsukurite e salviamo i miei
cuccioli; poi ti
rivelerò la verità e solo allora mi dirai se
vorrai ancora ricominciare”.
“D’accordo”,
disse Sesshomaru. “Ma sappi che non
aspetterò un minuto di più”, disse
baciandola di nuovo.
Sesshomaru e Hi
si erano subito messi alla ricerca
di Tsukurite, ma la grotta in cui erano precipitati sembrava non avere
fine.
Camminavano da ore, eppure non vedevano altro che sassi e rocce, niente
che
desse loro un indizio sulla via da seguire, finchè non
raggiunsero un bivio.
“Perfetto”,
disse Hi. “Almeno il paesaggio è
cambiato”.
“Non
è il momento di fare dell’ironia”, disse
Sesshomaru. “Piuttosto, quale direzione
prenderemo?”.
“Dividiamoci”.
“Non
se ne parla”.
“Sesshomaru,
è l’unico modo”, disse Hi.
“Non sento
provenire l’odore di Tsukurite da nessuna delle due grotte,
che tra l’altro
sono perfettamente identiche. Non abbiamo scelta, dividendoci almeno
uno dei
due lo troverà”.
“Vorrei
ricordarti che a me non importa nulla di
lui o dei suoi prigionieri”, disse Sesshomaru.
“Dovrebbe
invece”, disse la yasha, mordendosi la
lingua quando realizzò che cosa aveva detto.
“Sai
bene come la penso riguardo Inuyasha”, disse
Sesshomaru. “Ma visto che tieni così tanto a lui,
lo salverò. Li salverò
entrambi”.
“Grazie
Sesshomaru”, disse Hi, sorridendo. Fece per
stringergli il braccio sinistro, quando si rese conto di avere solo
stoffa fra
le mani. “Ma… Che cosa ti è
successo?”.
“Immagino
che Inuyasha non ti abbia detto nulla”,
disse Sesshomaru. “Quando ha risvegliato per la prima volta i
poteri di
Tessaiga mi ha tagliato via un braccio; o forse dovrei dire una zampa
visto che
ero in sembianze canine”.
Hi lo
guardò negli occhi per un istante, poi alzò
le mani che furono circondate da lingue di fuoco. “Alza la
manica del kimono”,
disse. Il demone fece quanto gli era stato detto senza obiettare; si
fidava
ciecamente di Hi. La yasha gli posò entrambe le mani sulla
spalla e le fiamme
attraverso le sue dita si avvolsero intorno a quello che avrebbe dovuto
essere
il braccio di Sesshomaru. Questi sentì un fortissimo calore
pervadergli la
spalla e inspiegabilmente, l’arto mancante; gli sembrava che
nelle sue vene scorresse
magma incandescente, ma non si mosse di un millimetro, né
cambiò espressione.
Passò un minuto o forse due, dopodiché Sesshomaru
potè nuovamente flettere le
dita della mano sinistra, apparentemente incredulo.
“Da
quando hai poteri curativi?”, disse.
“E’
solo il potere del fuoco”, disse Hi, sedendosi
sfinita sul terreno. “Posso dominare il calore in tutte le
sue forme,
distruttive e non. Le fiamme sono un elemento negativo, ma sono viste
anche
come il fuoco che dà la vita: quando decido di curare
qualcuno è a quella sfera
che faccio ricorso”.
“Interessante”.
“Si,
molto”, disse Hi rimettendosi in piedi. “E
anche questa è fatta, adesso possiamo andare. Seguiamo
queste strade, vediamo
dove conducono. Se dovessi arrivare all’esterno
tornerò indietro e imboccherò
la galleria che avrai seguito tu. A più tardi,
Sesshomaru”.
La
yasha fece per allontanarsi quando Sesshomaru le
prese la mano. “Sta’ attenta”, disse
soltanto prima di incamminarsi a sua
volta.
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Capitolo 20 *** 20 ***
Hi imboccò
la galleria scelta e si allontanò decisa;
non avrebbe voluto lasciare Sesshomaru proprio ora che si stavano
riavvicinando, ma non poteva nemmeno permettere a Tsukurite di far del
male a
Inuyasha o Himaru. Improvvisamente, però, vide tutto intorno
a sé girare e fu
colta da un forte senso di spossamento che la costrinse ad appoggiarsi
alla
parete rocciosa. ‘Maledizione, ho esagerato… Non
avrei dovuto forzare a quel
modo i miei poteri. Spero solo di avere abbastanza energie per salvare
Inuyasha
e Himaru’. La yasha si rialzò faticosamente e
riprese il suo cammino, che durò
ancora poco: circa due ore dopo aver scelto la strada da percorrere,
avvertì un
cambiamento nell’aria, che si faceva più pulita.
Cominciò a correre nella
speranza di trovare i suoi cuccioli, ma arrivò soltanto
all’uscita della grotta;
finalmente potè rivedere il cielo sopra la sua testa e
capì immediatamente
perché non aveva visto la luce del sole filtrare attraverso
il varco: dovevano
essere passate diverse ore da quando erano entrati perché
ormai era scesa la
notte. Stava per tornare indietro quando notò qualcosa di
rosso ai piedi di un
albero poco più in là.
“Inuyasha!”,
urlò correndo verso di lui. Il
mezzodemone era accasciato ai piedi di un albero, orrendamente ferito
all’addome e perdeva molto sangue. Quando la vide arrivare si
tirò su,
stringendo i denti.
“Madre
Hi…sei salva”, biascicò.
“Si
Inuyasha”, disse Hi sorreggendolo. “Sesshomaru
mi ha salvata, ma a te cos’è successo?”.
“Avevi
ragione, avevo sottovalutato quel Baiko”,
disse l’hanyou. Improvvisamente cambiò
espressione, guardandola sofferente. “Ti
prego…perdonami”.
“Inuyasha
ma che stai dicendo? Che cosa dovrei
perdonarti?”.
“Himaru…non
sono riuscito a…proteggerlo”.
“Che
cosa vuoi dire?!”, sussurrò Hi pallida come un
cencio.
“Tsukurite
l’ha…rapito”, disse Inuyasha prima che
uno spasmo doloroso gli facesse stringere i denti.
Hi invece
tirò un sospiro di sollievo. “Non ti
preoccupare Inuyasha, Himaru starà benissimo”,
disse. “Ora devo occuparmi di
te. Stai fermo”. Hi fece nuovamente ricorso al suo potere
guarendo la ferita di
Inuyasha. L’hanyou saltò su immediatamente pronto
a lanciarsi di nuovo nel covo
di Tsukurite, ma si fermò vedendo che Hi non lo seguiva.
“Madre
Hi, qualcosa non va?”, disse.
“Ho
bisogno di riposare Inuyasha”, disse
stancamente Hi. “Non posso usare così tanto i miei
poteri pensando di non
pagarne le conseguenze. Tu devi rimanermi vicino, non sono sicura di
potermi
difendere in queste condizioni”.
Inuyasha
tornò vicino a lei e si inginocchiò
dandole la schiena. “Vorrà dire che ti
porterò sulle spalle”, disse. “Dobbiamo
andare a salvare Himaru”.
“Non
temere per lui”, disse la yasha. “Sesshomaru
lo sta cercando. Sarà lui a salvare suo figlio!”.
‘Dove
diamine conduce questa galleria?’. Sesshomaru
camminava ormai da qualche ora e non era ancora uscito dal tunnel.
Improvvisamente il terreno cominciò a salire e
contemporaneamente le pareti
della grotta cambiarono: erano distorte, come frutto di
un’illusione e il
demone si fermò, guardandosi intorno e cercando di capire,
quando una voce
risuonò nell’aria.
“Nobile
Sesshomaru”, disse. “Che onore averla qui,
nella mia umile dimora”.
“Tsukurite
smettila di nasconderti. Sai che ti
troverò comunque”.
“Ma
come, mio signore?”, disse Tsukurite rimanendo
nascosto. “Volete dire che siete qui per fermarmi? E
perché mai? Forse per evitare
che io uccida altri esseri umani?”.
“Non
mi interessano gli umani”, disse Sesshomaru.
“Oh,
certamente. A voi interessa solo la vostra
sposa, la bella Hi”. Sesshomaru alzò appena un
sopracciglio. “Non siate
stupito, dovreste sapere che posso leggere nella mente a mio
piacimento…
Conosco ogni dettaglio delle vostre vite, compreso il quesito che
vorreste
porle e la relativa risposta. Non desiderate che ve lo dica?”.
“Posso
chiederlo a Hi”, disse Sesshomaru. “Sono
certo che mi dirà la verità. Adesso basta
giocare, vieni fuori!”.
Tsukurite si
materializzò improvvisamente davanti a
Sesshomaru, mentre le pareti illusorie svanivano mostrando una grande
camera
illuminata da decine di torce appese alle pareti di roccia. Il demone
burattinaio si trovava pochi passi davanti al Principe
dell’Ovest, che non si
preoccupò di reprimere un moto di disgusto: Tsukurite
appariva come un disgraziato
incrocio tra un uomo e un rospo, con la pelle verde e grinzosa; vestiva
come un
dignitario di alto rango con uno sfarzoso kimono di seta e portava due
ridicoli
e sottili baffetti neri.
Il piccolo
Himaru si trovava in una gabbia che
pendeva dal soffitto proprio al centro della stanza, aggrappato alle
sbarre,
mentre l’ayatsuri che rappresentava Baiko lo sorvegliava.
Sesshomaru gli
rivolse soltanto una fugace occhiata prima di tornare a rivolgersi a
Tsukurite.
“Libera
quel cucciolo”, disse.
Tsukurite emise
una risatina stridula e gracchiante,
facendo cenno a Baiko di portarglielo vicino; l’ayatsuri
sollevò Himaru per il
colletto, reggendolo accanto al suo creatore.
“Davvero
non vi interessa l’identità del padre di
Himaru?”,
chiese afferrando Himaru e tirando su i capelli che gli coprivano la
fronte.
Per la prima
volta nella sua vita, Sesshomaru
rimase completamente spiazzato: sulla fronte del cucciolo spiccava una
mezzaluna blu, identica a quella che aveva lui stesso. Il ricordo di
una notte
di cinquant’anni prima gli sovvenne alla mente.
‘Himaru è mio figlio…’.
“Non
dite niente, mio sign…”, Tsukurite non aveva
avuto nemmeno il tempo di terminare la frase che Sesshomaru, con una
velocità
inaudita, aveva sfoderato Tokijin squarciandolo con un solo colpo;
pochi
secondi e il cadavere del demone divenne cenere, esattamente come il
suo
burattino. Himaru era rimasto seduto sul terreno, non osando nemmeno
parlare
tanta era la rabbia che vedeva negli occhi di Sesshomaru.
“Himaru”,
disse Sesshomaru avvicinandosi a lui. “Stai
bene?”.
Il cucciolo
annuì appena e Sesshomaru rinfoderò la
spada, sollevandolo fra le braccia. Himaru lo guardò e vide
a sua volta la
stessa mezzaluna, spalancando gli occhietti argentei: che proprio
quello fosse
l’altero demone che Hi gli aveva descritto quando chiedeva di
suo padre?
“Padre?”,
chiese timidamente.
Una sensazione
sconosciuta si impossessò di Sesshomaru
sentendo quella parola, un senso di calore che gli fece ricordare
quanta gioia
aveva provato nel momento in cui la sua Hi gli aveva detto per la prima
volta
di aspettare suo figlio. Quasi senza accorgersene si ritrovò
a sorridere al
piccolo Himaru, alzando una mano ad accarezzargli la testolina.
“Si
Himaru”, disse. “Io sono tuo padre”.
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Capitolo 21 *** 21 ***
Hi e Inuyasha sedevano
ai piedi di un albero, in
attesa che Sesshomaru tornasse indietro con Himaru; l’hanyou
continuava a
rivolgere occhiate furtive alla demone, che teneva gli occhi chiusi e
la testa
appoggiata al tronco.
“Inuyasha
cosa c’è?”, chiese Hi, senza cambiare
posizione.
“Ma
tu non sei preoccupata?!”, sbottò nervosamente
Inuyasha.
Hi
aprì finalmente gli occhi argentei, guardandolo
in faccia. “No, non lo sono”, disse.
“Sono certa che Sesshomaru riuscirà a
salvare Himaru. Non sottovalutare la forza di tuo fratello”.
“Non
intendevo questo”, disse l’hanyou. “Non
temi
che Sesshomaru potrebbe venire a sapere la verità su
Himaru?”.
Hi non rispose,
voltandosi a guardare l’entrata
della grotta. “Si”, disse. “Ma lo
saprà comunque, ho deciso di rivelargli ogni
cosa”.
“Ne
sei certa? Solo qualche giorno fa non volevi
neanche valutare l’idea”.
“Hai
ragione, Inuyasha. Ho cambiato idea perché mi
sono resa conto di tenere ancora troppo a Sesshomaru e
perché voglio che Himaru
conosca suo padre”. All’improvviso Hi si
alzò tenendo lo sguardo fisso sulla
montagna davanti a sé. “Eccoli”, disse.
La yasha stava
camminando verso la grotta quando si
bloccò: nel vano dell’entrata si
delineò la figura di Sesshomaru che teneva
Himaru fra le braccia. ‘Kami, fate che non sia come
penso’.
“Himaru”,
disse avvicinandosi.
Il cucciolo le
saltò fra le braccia stringendosi al
suo collo. “Madre, ho avuto tanta paura!”,
piagnucolò.
Hi gli
accarezzò dolcemente il visino, cullandolo.
“E’ tutto finito Himaru. Adesso sei al
sicuro”.
Himaru
alzò la testa, fissando sua madre negli
occhi. “Madre”, disse. “Mi ha salvato mio
padre!”.
La yasha rimase
letteralmente pietrificata dalle
parole del cucciolo; se lui sapeva come stavano le cose, allora anche
Sesshomaru… Volse la testa di scatto verso il demone,
leggendo nel suo sguardo
una rabbia a malapena contenuta.
“Sesshomaru,
io…”.
“Tu
cosa, Hi?”, ringhiò Sesshomaru. “Ti
rendi conto
di quello che mi hai nascosto?”.
“Io
avrei voluto dirtelo!”, esclamò Hi.
“Quando ho
scoperto la gravidanza ho aspettato di vedere se almeno questo cucciolo
sarebbe
sopravvissuto… Cosa avresti fatto se te lo avessi detto e
fosse morto anche
Himaru? Lo avresti sopportato?”.
“No”,
ammise lo youkai. “Ma avevo il diritto di
sapere della sua nascita”.
“Mi
avresti uccisa! Eri talmente infuriato che i
miei genitori mi hanno impedito di venire da te, facendomi scappare
quando sei
partito alla ricerca di Tessaiga!”.
“Non
avrei mai potuto ucciderti, Hi!”, esclamò
Sesshomaru abbandonando per una volta la rigida compostezza che lo
contraddistingueva. “Sai cosa provo per te!”.
Hi porse Himaru
a Inuyasha che se ne stava in piedi
rigido come un palo, allibito dalla discussione cui stava assistendo.
“Inuyasha
torna da Kagome”, disse. “Io vi
raggiungerò presto”.
Inuyasha prese
il cucciolo in braccio e
quest’ultimo aprì la manina sinistra.
“Questo è per te, fratellone Inuyasha!”,
disse mostrando un frammento della Sfera.
“Grazie
pulce!”, disse l’hanyou. “Adesso andiamo
via”.
“Inuyasha”,
disse Sesshomaru. “Ti raccomando
Himaru. Se gli succede qualcosa, la pagherai cara”.
“Tsk,
malfidato”, borbottò Inuyasha allontanandosi.
Quando Inuyasha
si fu allontanato, Sesshomaru e Hi
restarono in silenzio, dandosi le spalle.
“Hi”,
disse Sesshomaru. “Te lo chiedo per l’ultima
volta. Perché non mi hai detto di Himaru?”.
“Ti
ho già risposto”, disse Hi. “Non ero
sicura che
sarebbe sopravvissuto; anzi, sarebbe più giusto dire che ero
certa che sarebbe
morto anche lui. Quando finalmente l’ho stretto fra le
braccia, il mio primo
istinto è stato girarmi per mostrartelo, ma tu non eri
lì”.
Sesshomaru si
voltò, fissando la schiena di Hi,
coperta da quei lunghi capelli dorati che gli piaceva accarezzare.
“Mi
dispiace”, disse. “Non te l’ho mai detto,
ma soffrii nel lasciarti. Ero davvero
convinto che Keisuke mi servisse per mantenere il mio
ruolo…e credevo che il
potere fosse la cosa più importante. Troppo tardi ho
compreso il mio errore: ti
avevo già lasciata andare via”
Finalmente, la
yasha si voltò verso il suo compagno:
guardandolo negli occhi, lasciò che ancora una volta fossero
i sentimenti a
prendere il sopravvento e lo abbracciò, piangendo lacrime
amare.
“Sesshomaru”,
disse. “Mi dispiace, non sai quanto.
Io avrei voluto che fossimo una famiglia, ma le circostanze sono state
contro
di noi. Non si torna indietro”.
Hi si
staccò dall’abbraccio guardando il volto
impassibile di Sesshomaru: lo accarezzò un’ultima
volta prima di allontanarsi.
“Hi”.
La yasha si
fermò voltandosi appena.
“Himaru
è mio figlio”, disse Sesshomaru. “E
l’erede
delle Terre dell’Ovest. Non puoi escludermi dalla sua
vita”.
“Non
lo farò”, disse Hi. “E’ dalla mia vita che voglio scacciarti”.
“Ma
perché?”, ringhiò Sesshomaru.
“Sono certo che
anche tu mi ami. Davvero non riesci a perdonarmi?”.
“Se
lascio che tu entri di nuovo nella mia vita la
distruggerai di nuovo”, disse Hi, guardandolo negli occhi.
“Anche adesso stai
cercando il potere. Credi ancora che il potere sia la cosa
più importante”.
“Non
è vero, Hi, io…”.
“Non
mentire! Se così non fosse non staresti
cercando ancora di ottenere Tessaiga! E non cercheresti nemmeno Naraku!
Cosa
vuoi dimostrare? Che nessuno si prende gioco del grande Sesshomaru?
Questi sono
i pensieri di una persona ossessionata
dal potere!”. Hi si fermò per riprendere fiato, le
guance in fiamme per
l’agitazione. “Io non potrei sopportare di perderti
di nuovo. Addio
Sesshomaru”.
Sesshomaru
non ribattè, conscio del fatto che in
quelle condizioni Hi non si sarebbe mai lasciata convincere della
sincerità dei
suoi sentimenti; ma quando la vide sparire nella boscaglia si
sentì derubato di
una parte di sé. ‘Non andartene Hi’.
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Capitolo 22 *** 22 ***
1
Hi si allontanò decisa dalle montagne, nonostante
le lacrime che le offuscavano la vista; sentiva di amare profondamente
Sesshomaru, ma non era certa che i sentimenti del demone fossero sinceri: lo
conosceva troppo bene per non temere che il suo amore rinato non fosse dovuto
esclusivamente alla scoperta di Himaru. ‘Himaru…potrai mai perdonarmi cucciolo
mio? Non posso darti la famiglia che ti avevo promesso’.
Dopo aver camminato per tutta la notte, sentì
l’odore di Sesshomaru seguirla da poco distante, perciò pensò di assumere le
sembianze canine per allontanarsi abbastanza da fargli perdere le proprie
tracce. Una luce accecante la avvolse prima di lasciare il posto al cane
dorato; Hi annusò l’aria avvertendo un cambiamento nell’aria: qualcosa di
negativo proveniva dalla direzione in cui si era allontanato Inuyasha e i sensi
più sviluppati da cane le permisero di sentirlo anche da quella distanza. Si
voltò un istante per verificare se Sesshomaru la stesse ancora seguendo e vide
un lampo d’argento superarla per poi fermarsi a sua volta. Il demone, anch’egli
in forma demoniaca la fissò come in attesa di una sua iniziativa e Hi si mise a
correre, insieme a lui, verso il luogo dove si trovava Himaru.
In realtà il nemico era più vicino di quanto
credessero; non avevano percorso che pochi chilometri quando raggiunsero
Inuyasha che lottava contro uno strano essere, apparentemente un demone composto
di fiamme. Tornarono alle sembianze umane mentre dalla parte opposta
sopraggiungevano Kagome e gli altri, evidentemente guidati dalle percezioni
della miko. Himaru se ne stava da una parte, al sicuro dentro una barriera, ma
visibilmente spaventato.
Hi sfoderò immediatamente i sai, lanciandosi nella
lotta al fianco di Inuyasha, presto imitata da Sesshomaru; mentre correvano
verso il demone, questi scagliò una potente vampata contro Inuyasha,
scaraventandolo contro Hi e gettandoli entrambi a terra. La reazione di
Sesshomaru non si fece attendere e sfoderando Tokijin il Principe dell’Ovest
attaccò il demone, che non tentò nemmeno di schivare il colpo: dopo essere
stato tagliato in due dalla spada, tornò integro come se la lama non l’avesse
nemmeno sfiorato. Hi, ancora a terra, lo guardò sbalordita: non riteneva
possibile che il suo compagno avesse sbagliato l’attacco, eppure non riusciva a
spiegarsi come il demone potesse essere illeso. Inuyasha si rialzò pronto a
tornare a combattere e la yasha lo afferrò per un braccio.
“Aspetta Inuyasha”, disse.
“Lasciami andare madre Hi, non vedi che Sesshomaru
si sta prendendo tutta la gloria?”.
“Stupido!”, esclamò Hi colpendolo sulla testa col
pugno chiuso.
“Ahi! Ma che ti è preso?”.
“Come puoi pensare alla gloria quando non sappiamo
come sconfiggerlo?! Piuttosto, ti ha detto qualcosa prima che arrivassimo
noi?”.
“Si”, disse Inuyasha. “Ha detto qualcosa sul fatto
che lui è il potente Faia, che un misero mezzodemone come me non aveva speranze
e via dicendo, le solite cose”.
“Hai detto Faia?!”, esclamò Hi.
“Si, mi pare si chiami così”, disse l’hanyou.
“Perché lo conosci?”.
“Beh no, o almeno non personalmente”, disse Hi. “So
chi è. O meglio che cosa è”.
“E sai anche come sconfiggerlo?”.
“No, però forse…”.
“Non c’è tempo per i ma e per i forse. Se non lo
attacchiamo non sapremo mai come distruggerlo. Gli farò assaggiare la Cicatrice
del Vento!”.
Così dicendo, Inuyasha si era scagliato contro Faia
sguainando Tessaiga, mentre Hi tentava inutilmente di trattenerlo. “Inuyasha,
no aspetta!”.
Il combattimento infuriava ormai da diversi minuti,
senza che Sesshomaru o Inuyasha riuscissero a procurare il minimo danno al loro
avversario. Kagome, Miroku e Sango si erano avvicinati a Hi, anche loro
completamente impotenti davanti all’apparente invulnerabilità del demone; il
monaco aveva anche pensato di ricorrere al Vortice del Vento, ma la yasha lo
aveva dissuaso, chiedendo di non utilizzarlo se non come estrema risorsa.
“Nobile Hi, voi sapete cosa sia quel demone?”,
chiese Miroku.
“Si”, disse Hi. “Quel demone si è formato dal
dolore di coloro i quali sono morti a causa di un incendio: ogni volta che
qualcuno perde la vita in quel modo orribile, Faia si fortifica e accresce il
suo rancore verso i viventi. È quantomeno insolito come demone: le armi normali
non gli provocano alcun male e il potere elementale a malapena lo trattiene;
soltanto il potere spirituale sembra fermarlo per qualche tempo, ma lo tiene
solo lontano. Perché possa ucciderlo deve essere enorme, pari almeno a quello
di Kikyo”.
“Kagome, prova a lanciare una freccia sacra”, disse
Sango. “Tu sei la reincarnazione di Kikyo e sappiamo che a volte i tuoi poteri
si risvegliano, mostrandosi al massimo delle loro capacità. Forse tu potresti
ucciderlo”.
“Non so se sono in grado”, disse Kagome titubante;
ma proprio in quel momento, Inuyasha fu scagliato lontano dall’ennesima
fiammata, a pochi metri da loro. “Inuyasha!”, esclamò la miko correndogli
accanto. L’hanyou si rialzò, spingendo via Kagome e tornò a combattere.
“Inuyasha aspetta!”, provò a chiamarlo la ragazza, senza risultato. “E va bene!
Lancerò una freccia!”.
“No aspetta Kagome!”.
“Perché Hi?”.
“Dovete mettervi al riparo quei due stanno
scagliando i loro colpi più potenti!”, esclamò la yasha trascinando Kagome
accanto a Miroku e Sango ed alzando una barriera di ghiaccio davanti a loro.
“Non muovetevi di qui!”.
I due fratelli avevano scagliato Bakuryhua e
Sohoryhua contemporaneamente, ma Faia non sembrava minimamente preoccupato: in
qualche modo aveva fatto sì di fungere da bersaglio per gli attacchi che in questo modo seguivano i suoi spostamenti,
fino a trovarsi esattamente in mezzo a Inuyasha e Sesshomaru. Le due onde
d’energia sembravano averlo colpito in pieno, ma in realtà lo attraversarono,
passando oltre, così che i due fratelli furono investiti ognuno dal colpo
dell’altro e caddero al suolo pesantemente feriti, mentre un gran polverone si
sollevava sul campo di battaglia.
Hi che aveva assistito inorridita alla scena,
sapeva dove fosse Faia grazie al suo fiuto e ricorse a tutto il suo potere per
riuscire a scagliargli contro una raffica di freddo che lo congelasse, seppure
per qualche istante. Anche se non era molto tempo, bastò perché il polverone si
diradasse e potessero vedere dove si trovavano Inuyasha e Sesshomaru: l’hanyou
era stato fortunatamente spinto vicino a loro, così lo portarono al sicuro e Hi
fece ricorso al suo potere per guarire le sue ferite.
“Dannazione!”, esclamò Hi. “Sesshomaru è il solito
esagerato, se non ci fossi stata io per guarirlo, mio figlio sarebbe morto”.
“A proposito”, disse Kagome, “dov’è Sesshomaru?”.
Hi sussultò a quelle parole: possibile che
Sesshomaru fosse anch’egli ferito? Nonostante il timore per le sue sorti,
continuò a curare Inuyasha e solo quando sentì che l’hanyou si stava risvegliando,
si rialzò per cercare il suo compagno.
Sesshomaru, sebbene Faia fosse stato molto scaltro,
aveva visto arrivare la Cicatrice del Vento e un mezzo sorriso di scherno gli
aveva attraversato il viso. ‘Che stupido. Crede davvero di eliminarmi con questo
patetico trucchetto?’. Stava per schivare il colpo saltando lontano, quando una
voce lo fermò.
“Padre!”. Il piccolo Himaru si trovava esattamente dietro
di lui, circondato dalla barriera, ma Sesshomaru temeva che questa non fosse
sufficiente a proteggerlo dalla Cicatrice del Vento di Inuyasha.
“Himaru, vattene di qui!”, esclamò il demone
voltandosi verso suo figlio.
Il cucciolo aveva subito abbassato la barriera e si
era messo a correre lontano verso la foresta, ma non era abbastanza veloce per
evitare l’attacco.
‘Se la Cicatrice del Vento dovesse colpirlo per
Himaru sarebbe la fine!’. Sesshomaru prese a correre dietro a suo figlio e fece
appena in tempo a prenderlo fra le braccia prima di sentire il colpo prenderlo
in piena schiena e la pelle e i muscoli lacerarsi sotto la potenza di Tessaiga.
Colpirono violentemente il terreno, ma il demone era riuscito a proteggere
Himaru che si rialzò subito, scrutando il viso del padre con gli occhi argentei
pieni di terrore.
“Padre!”, esclamò. “Padre come stai?”.
“Tu stai bene Himaru?”, chiese Sesshomaru
mettendosi seduto.
“Si!”, disse il piccolo tutto impettito, nel
tentativo di non mostrare quanto fosse spaventato.
“Allora anch’io sto bene”, disse il demone
rialzandosi a fatica con l’aiuto della spada.
“Vieni con me padre”, disse Himaru stringendogli
una mano. “Mia madre può guarirti”.
Himaru stava trascinando con sé Sesshomaru quando
videro Hi correre verso di loro, ignara del fatto che Faia era praticamente
libero dal ghiaccio. Sesshomaru, invece aveva capito tutto e proprio come
quella volta nel territorio dei demoni gatto, sentì il terrore attanagliargli
il cuore vedendo la sua compagna in pericolo.
“Attenta alle spalle Hi!”, urlò nel tentativo di
salvarla.
Purtroppo Faia aveva già scagliato il suo attacco e
un turbine di fiamme avvolse Hi che si ritrovò immobile a bruciare dentro quel
terribile gorgo senza poter fare altro che urlare di dolore. Sesshomaru
stringeva i pugni, completamente impotente, quando sentì Tenseiga pulsare; la
spada stava chiedendo a gran voce di essere estratta dal fodero e decidendo di
darle retta per una volta, con le ultime energie rimaste il demone la usò per
attaccare. La creatura di fuoco svanì e con essa il vortice che teneva
prigioniera Hi, la quale crollò fra le braccia di Sesshomaru; il demone sedeva
sul terreno reggendola fra le braccia e la fissava senza sapere cosa fare. Hi
aprì appena gli occhi e gli sorrise: sollevò una mano che posò sulla guancia di
Sesshomaru, un tocco leggero come una farfalla su un fiore.
“Sesshomaru…”, biascicò, mentre un rivolo di sangue
cominciava a uscire dalla sua bocca. “Avevi… avevi ragione tu… io… io ti…
amo…”.
Pronunciando queste parole, Hi chiuse di nuovo gli
occhi, mentre la mano che teneva sul viso del demone ricadeva inerte lungo il
suo corpo, ormai completamente abbandonato al sostegno di Sesshomaru; questi la
scosse tentando di risvegliarla, ma senza risultato.
“No”, sussurrò accarezzandole il viso. “No… Hi
resisti, non mi lasciare proprio adesso”.
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Capitolo 23 *** 23 ***
Sesshomaru rimase
immobile, tenendo Hi fra le
braccia e continuando ad accarezzarle il bel volto; non riusciva a
distogliere
lo sguardo da quegli occhi ormai chiusi, pensando che mai vi aveva
letto odio,
nonostante ciò che le aveva fatto. Himaru li fissava
entrambi, inconsapevole di
quanto era accaduto, mentre Inuyasha sopraggiungeva correndo, seguito
da Kagome
e dagli altri.
“Madre
Hi!”, esclamò, inginocchiandosi al suo
fianco. “Madre Hi, svegliati!”.
“E’
inutile Inuyasha”, disse Sesshomaru
guardandolo. “Non ti risponderà”.
Inuyasha
avrebbe volentieri insultato il fratello
per quanto era stato incapace, ma le parole gli morirono in gola:
l’oro dei
suoi occhi era offuscato da un velo di lacrime; doveva soffrire davvero
tantissimo e il mezzodemone non credeva che gli sarebbe mai capitato
nella vita
di provare compassione per l’odiato fratellastro.
Accantonò quei pensieri
rivolgendosi di nuovo a Hi e levando una mano a sfiorarle la fronte:
non poteva
credere che quella demone, la stessa che gli aveva fatto da madre e
l’aveva
amato quando tutti lo allontanavano a causa della sua natura, fosse
morta.
“E’…
è morta…”, disse.
“No!”,
esclamò Himaru gettandosi su di lei. “Lei
non è morta, non è morta! Madre rispondimi, apri
gli occhi! Madre!”.
Kagome prese
Himaru fra le braccia nel tentativo di
calmarlo. “Himaru andiamo via, avanti”, disse,
anche lei sull’orlo delle
lacrime.
“No,
lasciami! Lasciami andare brutta strega!”.
“Himaru
per favore calmati”, disse Kagome
stringendolo di più. “Non devi rimanere
qui”.
“Ti
ho detto di lasciarmi!”, strillò il piccolo
liberandosi dalla sua stretta. “Voi non capite nulla, lei non
è morta! Mi ha
giurato che non mi avrebbe mai abbandonato e lei mantiene le
promesse!”.
Kagome
guardò Himaru negli occhi e lo strinse a sé,
scoppiando a piangere; come poteva la vita essere tanto ingiusta con un
bambino
così piccolo? Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, ma non
avrebbe saputo come
alleviare il suo dolore.
“Himaru
ascolta”, disse asciugandosi le lacrime.
“Io ti credo perciò adesso controllerò
come sta la tua mamma, d’accordo?”.
“Cosa
credi di fare, donna?”, intervenne
Sesshomaru. “Non dovresti dargli false speranze”.
La miko
aggrottò le sopracciglia, guardando severa
il demone: ignorando completamente le sue parole, si
avvicinò al corpo di Hi,
tenendo Himaru fra le braccia. Stese una mano a sfiorarle il collo
appena sotto
l’orecchio e spalancò la bocca, completamente
spiazzata.
“E’
viva!”, esclamò.
“Che
cosa?”, dissero all’unisono Sesshomaru e
Inuyasha.
“Ho
detto che Hi è viva!”, disse Kagome ridendo.
“Il suo cuore batte debolmente ma in modo regolare; se la
portiamo subito da
Kaede, forse ce la farà”.
Sesshomaru si
alzò e porse Hi a Inuyasha,
allontanandosi di qualche passo per assumere le sembianze demoniache,
dopodichè
si chinò perché l’hanyou potesse
sistemare la yasha sulla sua groppa; quando
potè rialzarsi, si voltò verso suo fratello.
“Vi
precederò”, disse. “Sono molto
più veloce in
questa forma”.
“Noi
dovremmo impiegarci qualche ora in più”, disse
Inuyasha. “Kaede potrebbe allarmarsi vedendoti, ma non
è abbastanza potente da
purificarti. Non farle del male, spiegale la situazione e vedrai che ti
aiuterà”.
Sesshomaru si
allontanò di corsa senza rispondere e
Inuyasha lo guardò sparire nella foresta sperando in cuor
suo che facesse in
tempo a salvare Hi.
Quando
Sesshomaru si fu allontanato, Inuyasha
crollò al suolo in ginocchio e Kagome gli fu subito al
fianco.
“Cosa
c’è Inuyasha? Ti senti male?”, chiese la
miko
preoccupata.
“No”,
disse Inuyasha. “No Kagome, sto bene,
tranquilla. Stavo solo pensando… spero che Sesshomaru faccia
in tempo a salvare
Hi. Non sopporterei di perdere anche lei dopo la mia vera
madre”.
“Tu
non la perderai, Inuyasha”, disse Kagome
cingendogli le spalle con le braccia. “Vedrai che Hi si
salverà; resisterà per
Himaru e per te. Vi ama troppo per lasciarsi andare”.
“Grazie
Kagome. Nemmeno tu mi lascerai, vero?”,
disse l’hanyou arrossendo.
“N-no,
Inuyasha”, disse Kagome arrossendo anche
lei. “Io non ti lascerò mai. Stare al tuo fianco
è tutto ciò che desidero”.
Sciogliendosi
dall’abbraccio di Kagome, Inuyasha si
rivolse a Himaru che era rimasto impalato con lo sguardo rivolto nella
direzione in cui era scomparso Sesshomaru; l’hanyou si
avvicinò e con un gesto
del tutto inusuale per lui, lo sollevò fra le braccia.
“Non
preoccuparti pulce”, disse. “Vedrai che
Sesshomaru farà in tempo a salvare nostra madre”.
“Davvero
fratellone?”, chiese Himaru stringendosi
al suo collo.
“Sicuro!
Anzi, che ne dici se li seguiamo subito?”.
“Si!
Andiamo da nostra madre”.
Inuyasha prese
Kagome e Himaru sulle spalle e
cominciò a correre verso il villaggio di Musashi, seguito a
breve distanza da
Miroku e Sango su Kirara.
‘Cerca
di resistere madre Hi, presto sarò da te’.
Sebbene fosse
ferito e quasi allo stremo delle
forze, Sesshomaru si spinse al massimo della velocità che
riusciva a raggiungere:
era stato talmente accecato dal dolore da non rendersi conto che Hi era
ancora
viva, e se lei non si era ancora arresa, da parte sua non
l’avrebbe delusa. Ora
che era più sereno poteva persino sentirla respirare
debolmente e si ritrovò
incredulo a ringraziare i Kami per non avergli portato via la donna che
amava.
Ben presto vide
in lontananza le case del villaggio
di Musashi e Sesshomaru riprese le sue solite sembianze, portando Hi
fra le
braccia. Trovare Kaede non fu un problema: qualcuno nel villaggio lo
riconobbe
come un potente demone e non appena lo videro arrivare, con
un’altra demone
ferita fra le braccia, i contadini si precipitarono a chiamare la
sacerdotessa,
nella speranza che lei potesse fermarlo. La vecchia miko si
precipitò ad
affrontarlo impugnando l’arco, ma depose le armi non appena
vide che portava
con sè Hi; a quel punto, anche se cautamente, si
avvicinò a Sesshomaru,
apparentemente tranquilla.
“Tu
devi essere Sesshomaru”, disse. “Perché
mai un
demone potente come te dovrebbe interessarsi a questo povero
villaggio?”.
“Non
mi importa nulla di questi patetici contadini”,
disse Sesshomaru. “Devi soltanto occuparti di lei”.
Kaede rivolse
un rapido sguardo a Hi e poi tornò a
guardare il demone, scrutandolo intensamente e dandogli la sensazione
di
volergli leggere l’anima.
“Seguimi”,
disse infine, conducendolo verso la sua
capanna. “Anche tu hai bisogno di cure”.
“Preoccupati
di lei adesso”.
“D’accordo,
d’accordo”, disse la miko varcando la
soglia. Sesshomaru la seguì, sistemando Hi nel futon che gli
aveva indicato
Kaede e ritirandosi poi in un angolo della stanza.
“Forse
dovresti uscire”, disse Kaede. “Devo
toglierle i vestiti per medicarla”.
Sesshomaru non
la degnò nemmeno di uno sguardo e
Kaede tornò a occuparsi di Hi. ‘Hanno proprio lo
stesso sangue nelle vene!’.
Mentre
la miko le puliva il viso dal sangue
rappreso, Hi si risvegliò, contorcendosi e gemendo per il
dolore: il suo
sguardo perlustrò la stanza, e solo un bassissimo
sussurrò uscì dalle sue
labbra. “Sesshomaru”.
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Capitolo 24 *** 24 ***
Sesshomaru
si avvicinò al futon, inginocchiandosi accanto a Hi, che gli
rivolse uno sguardo sofferente; il demone si chinò a
baciarle
la fronte sporca, indugiando con le labbra sulla sua pelle morbida.
“Come
ti senti, Hi?”.
“Male”,
sussurrò Hi. “Molto male. Dov'è
Himaru?”.
“E'
rimasto con Inuyasha”, disse Sesshomaru.
“Bene”.
“Lasciala
riposare”, intervenne Kaede. “Non è
ancora fuori pericolo,
potrebbe perdere di nuovo i sensi da un momento all'altro”.
Proprio
come aveva detto la miko, Hi chiuse di nuovo gli occhi,
abbandonandosi completamente sul futon, mentre Kaede tornò a
occuparsi delle sue ferite; a causa del terribile colpo di Faia, la
yasha aveva ustioni quasi su tutto il corpo e alcune erano molto
gravi. Per qualche motivo, soltanto il viso era rimasto illeso,
neanche una scintilla aveva toccato quella pelle perfetta.
Non
appena ebbe finito di medicarla, Kaede si alzò per uscire
dalla capanna. “Vado a cercare qualcosa di pulito da
metterle”,
disse varcando la soglia.
Sesshomaru
non le rivolse nemmeno uno sguardo, continuando ostinatamente a
fissare Hi che dormiva, come se smettere di guardarla avesse
significato abbandonarla alla morte. Erano passati soltanto pochi
minuti da quando Kaede era uscita, che Inuyasha irruppe come un
uragano nella capanna, seguito immediatamente da Himaru. Il cucciolo
si lanciò subito fra le braccia di Sesshomaru lasciando il
demone completamente spiazzato per qualche secondo.
“Padre!”,
esclamò. “Come sta?”.
“Hi
sta ancora male Himaru”, disse Sesshomaru senza mezzi termini.
Inuyasha
si girò a guardare suo fratello che teneva Himaru in braccio
e
si scoprì un po' geloso del cucciolo che poteva avere
accanto
entrambi i suoi genitori. Un debole lamento proveniente dal futon
attirò la sua attenzione e si ritrovò davanti gli
occhi
color argento di Hi.
“Madre
Hi!”, esclamò.
“Madre!”.
“Inuyasha,
Himaru”, sussurrò Hi, “state
bene?”.
“Si,
madre”, disse Himaru abbracciandola delicatamente.
Inuyasha
si limitò ad annuire, mentre la yasha sollevò
debolmente una mano per accarezzare la testolina di suo figlio che si
era raggomitolato contro di lei. Sesshomaru li osservava silenzioso e
l'hanyou, sentendosi di troppo in quella scena, lasciò la
capanna.
Inuyasha
incontrò Kaede che tornava portando degli indumenti puliti e
la bloccò fuori dalla capanna.
“Potresti
aspettare qualche minuto?”, disse.
“Inuyasha,
quella demone ha bisogno di cure”, disse Kaede.
“Devo finire di
medicarle le ustioni, rischia ancora la vita”.
Così
dicendo la miko scansò Inuyasha e tornò dentro,
bloccandosi sulla soglia vedendo il piccolo Himaru accoccolato contro
la demone che lo accarezzava amorevole. Lo smarrimento durò
solo pochi secondi, dopodichè Kaede si avvicinò
al
futon e senza indugi sollevò il cucciolo e lo depose fra le
braccia di Sesshomaru che le rivolse un'occhiata dura.
“Non
guardarmi a quel modo”, disse Kaede senza timore.
“Ti ho solo
affidato tuo figlio”.
La
miko aiutò Hi a sollevarsi dal futon e dopo averle applicato
l'ennesima fasciatura le fece indossare un semplice yukata candido;
la yasha le sorrise riconoscente e stese le braccia verso Himaru per
riprenderlo, ma il cucciolo non sembrava avere intenzione di
muoversi.
“Himaru”,
disse Hi, “vieni qui, anche tuo padre ha bisogno di
cure”.
“Non
ho bisogno di nulla”.
“Invece
si, Sesshomaru!”, esclamò Hi. “E
smettila con questo
stupido orgoglio!”.
Pur
se estremamente contrariato, Sesshomaru la accontentò,
togliendosi l'elegante kimono e lasciando che Kaede esaminasse la
ferita sulla schiena; il taglio era profondo, ma non quanto avrebbe
dovuto: evidentemente la Cicatrice del Vento lo aveva colpito di
striscio. Era comunque una ferita di non poco conto e la miko si
stupì di come fosse riuscito a portare Hi fino al villaggio
senza crollare al suolo privo di forze. Kaede applicò le
erbe
medicinali e gli fasciò strettamente il torace, porgendogli
un
kimono bianco, poi prese i loro indumenti sporchi e laceri e
uscì
di nuovo.
Hi
sedeva nel futon coccolando Himaru che dormiva con la testolina sulle
sue gambe e improvvisamente levò lo sguardo a incontrare
quello dorato di Sesshomaru, il quale si stupì di leggervi
finalmente profonda e assoluta gioia, splendente argento mondato da
ogni ombra che lo aveva offuscato in passato. La yasha sorrise e
stese la mano verso di lui, invitandola a raggiungere lei e il loro
cucciolo e Sesshomaru le obbedì senza discutere, sedendo
dietro di lei e tenendola stretta contro il suo torace.
“Sesshomaru”.
“Si?”.
“Cosa
faremo?”, chiese Hi con una nota di preoccupazione nella voce.
“Non
pensarci adesso”, disse Sesshomaru. “Devi pensare
solo a guarire.
Ho temuto di perderti”.
“Il
grande Sesshomaru ha avuto paura?”, scherzò Hi.
“Hi,
ti prego, sii seria”, disse Sesshomaru. “Quando ti
ho vista
avvolta da quel turbine di fiamme”, disse stringendola
più
forte, “mi sono sentito completamente impotente. E non
è
stata la prima volta”.
“Cosa
stai cercando di dirmi?”, sussurrò Hi.
“Ti
sto dicendo che quando ci sei tu di mezzo il mio sangue freddo se ne
va al diavolo”, disse il demone, poggiando il mento sulla sua
spalla. “Se ti vedo in pericolo, provo timore a mia volta.
È
successo ieri, ed è successo tanto tempo fa, nel territorio
del Clan delle Pantere; perchè credi che ti abbia protetto
allora?”.
“N-non
lo so”.
“Si,
invece. L'ho fatto perchè solo il pensiero di trascorrere
una
vita senza di te mi aveva ferito più di quanto avrebbe
potuto
qualsiasi colpo nemico. Possibile che tu non lo capisca?”.
“Sesshomaru”,
disse Hi, mentre una lacrima birichina le bagnava il viso.
“Mi hai
spezzato il cuore e io... ho paura di soffrire di nuovo in quel
modo... non lo sopporterei”.
Sesshomaru
asciugò quella lacrima con le labbra e Hi chiuse gli occhi,
perdendosi nelle sensazioni che quel contatto le faceva sentire.
“Hi”,
disse Sesshomaru. “Io ti amo. Non ho mai smesso e la mia vita
è
diventata vuota quando tu te ne sei andata. So che pensi che il
potere per me sia tutto, ma non credi che forse se l'ho cercato per
tutto questo tempo è stato solo perchè non avevo
altro?
Mio padre è morto pur di salvare il suo secondogenito
mezzosangue e non è passato molto tempo che te ne sei andata
anche tu; mia madre non è mai stata troppo amorevole, non mi
è
stata di nessun conforto. Mantenere il mio atteggiamento freddo e
tentare di diventare sempre più potente mi sembrava l'unico
modo per andare avanti”.
“Sesshomaru”
sussurrò la yasha. “Adesso hai Himaru”.
“Solo
Himaru?”.
“Sesshomaru
devi darmi del tempo. Non è facile per me”.
“Ma
Hi...”.
“Ti
prego”, implorò Hi. “Adesso non
parliamone più.
Lasciami riposare così, stretta fra le tue
braccia”.
Sesshomaru
non disse nulla, limitandosi a stringerla e ad accarezzarle i capelli
fin quando non si fu addormentata. “Non ti lascerò
più
andare via da me”, le disse mentre Hi scivolava nel sonno.
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Capitolo 25 *** 25 ***
Dopo
aver lasciato la capanna di Kaede, Inuyasha si era diretto fuori dal
villaggio dove lo attendevano Kagome e gli altri; non appena lo vide
arrivare la miko scattò in piedi per raggiungerlo.
“Inuyasha”,
disse. “Come sta Hi?”.
“Non
sta ancora bene”, disse Inuyasha. “Kaede sostiene
che non sia
ancora fuori pericolo, ma quando l'ho lasciata era decisamente
più
in forze”.
“E
Himaru?”.
“L'ho
lasciato con lei e Sesshomaru”, disse Inuyasha.
“Io... ecco... mi
sentivo di troppo e perciò sono tornato qui”.
“Inuyasha”,
disse la miko. “Non devi mai sentirti fuori luogo in presenza
di
Hi. Io non la conosco bene quanto te, ma sono sicura che se sapesse
di questi tuoi pensieri ne sarebbe ferita. Himaru è sangue
del
suo sangue, è vero; ma è con te che ha scoperto
la
gioia di essere madre. Non passerai mai in secondo piano per
lei”.
“Forse
hai ragione”, disse Inuyasha. “Ma non credo proprio
che per
Sesshomaru valga lo stesso”.
Kagome
sospirò rassegnata. “Purtroppo è
così”,
disse. “Temo che dovremo attendere ancora un po' prima che
Sesshomaru cambi atteggiamento nei tuoi confronti. Per quanto ami
all'eccesso Hi, non riesce ancora a sopportarti”.
“A
proposito”, intervenne Miroku. “Non vi sembra
quantomeno strano
che Sesshomaru provi un sentimento tanto profondo? Credevo che li
ritenesse soltanto segno di debolezza, eppure basta guardarlo negli
occhi per capire che farebbe qualsiasi cosa per la nobile Hi”.
“Mia
madre sostiene che una volta era molto diverso”, disse
Inuyasha.
“Quando mi ha restituito i ricordi, mi è tornato
alla mente
il periodo in cui vivevamo fra le montagne e allora mi parlava spesso
di lui: mi descriveva un demone dall'apparenza fredda e impassibile,
ma che con lei cambiava radicalmente diventando dolce e premuroso. E
diceva anche che la sua era soltanto una maschera”.
“Anche
a me e Kagome ha detto più o meno la stessa cosa”,
disse
Sango. “Ci ha raccontato della vita insieme a Sesshomaru e ha
sottolineato più volte quanto lei fosse l'unica a conoscere
il
suo vero animo; in realtà è difficile crederle,
ma non
mi stupirei se l'atteggiamento di Sesshomaru fosse dovuto soltanto al
troppo dolore. Non riesco nemmeno a immaginare quanto la perdita di
un figlio possa lacerare l'anima”.
Al
mattino seguente, Hi fu svegliata da un raggio di sole che filtrava
attraverso la finestra socchiusa; stava per alzarsi quando fu fermata
da una forte presa intorno alla vita.
“Non
puoi ancora alzarti”, disse Sesshomaru attirandola contro di
sé.
“Sesshomaru”,
disse Hi. “Non credevo che saresti rimasto con me tutta la
notte”.
“Forse
non hai capito”, disse lo youkai. “Qualunque cosa
tu pensi di me,
non mi allontanerò più di qualche passo da te.
Non
commetterò più gli stessi errori”.
Hi
si scostò da lui quel tanto che bastava per guardarlo in
viso
e gli gettò le braccia al collo, baciandolo dolcemente, per
poi rifugiarsi sul suo petto.
“Vuoi
davvero convincermi della tua sincerità, eh?”.
“Farò
l'impossibile fin quando non mi crederai”, disse Sesshomaru
alzandosi.
“Dove
vai?”, disse Hi.
“Devo
andare a riprendere Rin e Jaken”, disse Sesshomaru.
“Oh...capisco”,
disse la yasha chinando il capo.
Sesshomaru
tornò a inginocchiarsi vicino a lei e le prese il viso fra
le
mani. “Non sto scappando”, disse.
“Tornerò a prenderti”.
Lo youkai si avvicinò al suo volto e questa volta fu lui a
baciarla, teneramente ma con passione.
Hi
gli sorrise e rimase a guardarlo fin quando non lo vide sparire oltre
la soglia; solo allora distolse lo sguardo, posandolo su Himaru che
continuava a dormire al suo fianco come se niente fosse.
“Himaru”,
lo scosse, “Himaru svegliati è tardi”.
“Madre,
ti prego”, piagnucolò il cucciolo senza aprire gli
occhi.
“Lasciami dormire ancora un pò”.
“No,
Himaru”, insistette la yasha. “Avanti, tuo padre
è già
partito”.
A
quelle parole, Himaru scattò come una molla, guardandosi
freneticamente in giro. “Se ne è
andato?”, disse. “Perchè
è andato via?”.
“Stai
tranquillo Himaru”, disse Hi. “Ha detto che sarebbe
andato a
riprendere Rin e Jaken, ma tornerà”.
“Allora
Rin verrà qui!”, esclamò Himaru
saltellando da una
parte all'altra della capanna. Stava per balzare addosso a sua madre,
ma fu lei stessa a fermarlo.
“No,
Himaru!”, disse. “Mi faresti male”.
“Madre,
perchè non usi il tuo potere per guarirti?”.
“Sono
ancora troppo debole”, disse Hi. “Rischierei la
vita se usassi
adesso il potere del fuoco. Dovrai aspettare che io guarisca nel modo
tradizionale”.
“E
va bene”, disse Himaru. “Però non
metterci troppo!”.
Così
dicendo il cucciolo la abbracciò delicatamente, prima di
uscire a cercare il suo fratellone.
Inuyasha
si trovava di nuovo fuori dal villaggio, nei pressi del Pozzo
Mangiaossa, con Kagome e gli altri, quando vide arrivare di corsa il
piccolo Himaru che saltò a cavalcioni sulle sue spalle,
afferrando le orecchie canine.
“Fratellone!”.
“Che
fai pulce, scendi subito!”.
“Fratellone
Inuyasha sei cattivo!”, disse Himaru scendendo e piazzandosi
davanti a lui. “Perchè non vuoi giocare con
me?”.
“Tsk!
Non ho tempo di giocare con i bambini”.
“Allora
io non ti dirò come sta mia madre”, disse il
cucciolo
facendogli la linguaccia. “E quando mio padre sarà
tornato
gli chiederò di darti una lezione!”.
“Quando
sarà tornato?”, intervenne Kagome. “Dove
è andato
Sesshomaru?”.
“A
prendere Rin”, disse Himaru. “Poi verrà
qui con lei”.
“E
come si sente la tua mamma?”, chiese Kagome. Himaru
guardò
significativamente Inuyasha, così la miko si
chinò
porgendogli l'orecchio. “Dillo soltanto a me”.
Il
cucciolo sembrò convinto della proposta di Kagome e si
accostò
a lei. “Sta meglio”, disse. “Stanotte ha
dormito abbracciata a
mio padre e quando mi ha svegliato era davvero felice. Però
non può usare il suo potere per guarirsi, se no potrebbe
morire”.
Kagome
sorrise al modo infantile di spiegare le cose e fece cenno a Inuyasha
che era tutto a posto, prima di tornare a rivolgere la sua attenzione
al cucciolo.
“Himaru
perchè non cerchi Shippo?”, disse. “Sono
certa che lui
sarà felice di giocare con te”.
“Ma
io voglio giocare con il mio fratellone!”, esclamò
Himaru
mettendo il broncio. “Però lui è
cattivo!”.
“Che
rompiscatole, e va bene andiamo!”, esclamò
Inuyasha
prendendo il cucciolo a cavalcioni sulle spalle. “Andiamo a
cercare
Shippo?”.
“Si
fratellone!”.
Inuyasha
sbuffò rassegnato e si incamminò verso il
villaggio
dove sapeva di trovare Shippo, presto seguito da Kagome, Miroku e
Sango.
Sesshomaru
non impiegò molto tempo a raggiungere Jaken nel posto che
lui
stesso gli aveva indicato: la ferita causatagli da Tessaiga era ormai
praticamente guarita e potendo nuovamente contare sulla sua forma
demoniaca, viaggiava ad una velocità maggiore.
Non
appena lo vide soppraggiungere, Rin andò a nascondersi
terrorizzata dietro Ah-un: non aveva mai visto la vera forma del suo
amato signore e temeva un attacco da parte di un altro demone. Jaken
invece era rimasto pietrificato dalla sorpresa e continuava a fissare
incredulo il suo padrone; fu la voce di Rin a riscuoterlo.
“Jaken!”,
esclamò la bambina. “Fai qualcosa, quel demone ci
ucciderà!”.
“Ma
che stai dicendo, stupida?”, disse il demone rospo.
“Non vedi che
quello è il padron Sesshomaru?”.
“Cosa?”,
disse Rin fissando Sesshomaru che stava riassumendo il suo aspetto.
“Signor Sesshomaru!”, esclamò
correndogli incontro.
“E'
tutto a posto Rin?”, chiese Sesshomaru.
“Si,
signor Sesshomaru!”.
“Allora
andiamo”, disse lo youkai. “Prendi Ah-un. Dobbiamo
fare molta
strada”.
“Dove
andiamo, padron Sesshomaru?”, chiese Jaken. “Avete
finalmente
trovato quella traditrice e il suo cucciolo mezzosangue?”.
Sesshomaru
rivolse un'occhiata omicida al povero demone, colpendolo poi
violentemente con un calcio.
“M-ma
pa-padron Sesshomaru, c-che cosa ho detto di male?”.
“Himaru
non è un mezzodemone; è mio figlio”,
disse
Sesshomaru.
“Davvero?”,
chiese entusiasta Rin. “Davvero voi siete il padre di Himaru?
Ma
allora la sua mamma è la vostra sposa!”.
“Andiamo”,
disse soltanto lo youkai. 'Presto lo sarà di nuovo'.
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Capitolo 26 *** 26 ***
Due
giorni dopo la partenza di Sesshomaru, Hi aveva riacquistato
completamente le forze e ne aveva approfittato per guarirsi con il
suo potere; tuttavia era rimasta al villaggio di Musashi ad attendere
il ritorno del suo compagno. Kaede le aveva messo a disposizione una
capanna al limitare del centro abitato, consapevole del terrore che
lei e Sesshomaru scatenavano negli abitanti e la yasha trascorreva
ore intere seduta sulla soglia ad aspettare. Kagome che ormai le si
era affezionata come ad una sorella maggiore, andava spesso a tenerle
compagnia e le due chiacchieravano per ore; un giorno la miko
trovò
Hi in piedi davanti alla capanna, apparentemente molto triste.
“Hi!”,
la chiamò. “C'è qualcosa che non
va?”.
“Kagome”,
disse Hi. “Sto bene, perchè non dovrei?”.
“Mi
sembravi triste. Forse senti la mancanza di Sesshomaru?”.
“E'
così”, sospirò la yasha. “Mi
sento terribilmente
sola da quando è partito, non vedo l'ora che ritorni... e
pensare che ero stata io a chiedergli di darmi del tempo! Adesso mi
sembra la cosa più stupida che abbia mai fatto”.
“Perciò
hai preso la tua decisione”, disse Kagome.
“Tornerai nei
Territori dell'Ovest con Sesshomaru”.
“Non
ne sono ancora del tutto sicura”, disse Hi. “Prima
devo capire se
per lui siamo davvero più importanti io e Himaru o... il
potere. Solo quando avrò questa risposta saprò
cosa
fare”.
“Capisco”,
disse Kagome. “E' una scelta difficile... eppure io credo che
questa volta non ti deluderà”.
“Lo
spero Kagome”, disse Hi. “Lo spero”.
Passò
ancora qualche giorno e Sesshomaru ancora non si vedeva; Hi, stanca
di stare ad aspettare senza far nulla, decise di andare a rilassarsi
nella sorgente termale che si trovava poco distante dal villaggio.
Himaru aveva rifiutato di seguirla, preferendo restare ad aspettare
il ritorno di suo padre; Hi, per nulla intenzionata a discutere con
lui, lo affidò a Inuyasha e si allontanò da sola.
Qualche
ora dopo la partenza di Hi, il villaggio fu preso all'improvviso da
una grande agitazione.
“Dannazione,
che cos'è questo baccano?!”, esclamò
Inuyasha.
“Deve
essere successo qualcosa”, disse Miroku. “Forse
è meglio
andare a vedere”.
Per
niente entusiasta, Inuyasha si trovò a seguire il monaco
verso
l'origine della confusione, la capanna di Kaede. La miko stava
medicando un contadino che doveva essere giunto da un altro
villaggio; l'uomo sembrava terrorizzato e riportava ferite abbastanza
serie.
“Ehi
vecchia, chi è quest'uomo?”.
“Inuyasha
a cuccia!”, esclamò Kagome e ignorando le proteste
dell'hanyou, si rivolse a Kaede. “Perdonalo Kaede, sai che
l'educazione non è il suo forte”.
“Non
ti preoccupare, Kagome”, disse Kaede senza interrompere
ciò
che la impegnava.
“Divina
Kaede cosa è accaduto a quest'uomo?”, disse Miroku.
“Non
lo so, è ancora troppo scosso”, disse la miko.
“Credo che
sia stato attaccato da un demone, queste ferite non sono prodotte da
armi; purtroppo, finchè non si sarà ripreso non
potremo
averne la certezza”.
Improvvisamente,
l'uomo sconosciuto scattò a sedere, sudando copiosamente e
con
gli occhi sbarrati; aprì e chiuse la bocca più
volte
incapace di articolare qualsiasi suono e strinse convulsamente il
polso di Miroku che era vicino a lui.
“Calmati”,
disse Kaede cercando di spingerlo di nuovo sul futon ma senza
risultato.
“L-lui”,
balbettò.
“Non
agitarti”, disse Kaede. “Ci dirai tutto quando ti
sarai ripreso”.
“Voi
non capite!”, esclamò l'uomo. “Deve
essere fermato! Lui...
è... il Male!”.
“Chi
può essere così malvagio?”, disse
Kagome. “Quest'uomo
è completamente distrutto, farà fatica a
riprendersi”.
“Purtroppo
mi viene in mente un solo nome”, disse Miroku.
“Naraku”,
ringhiò Inuyasha.
“Inuyasha
potrebbe avere ragione”, disse Sango. “Dovremmo
andare a
controllare”.
Bastarono
pochi minuti e la decisione fu presa: Inuyasha, Kagome, Miroku e
Sango con Kirara e Shippo sarebbero andati al villaggio d'origine del
contadino ferito, lasciando Himaru a Kaede. Non appena furono
partiti, però, Himaru, approfittando di un attimo di
distrazione di Kaede, sgattaiolò fuori per raggiungere Hi.
Hi
percorreva il sentiero con calma, gustandosi il paesaggio, persa nei
suoi pensieri: finalmente si sentiva del tutto felice, come non le
capitava da moltissimo tempo. Era certa di aver riconquistato il
cuore di Sesshomaru ed era sicura anche della sua sincerità,
sebbene il dolore che aveva subito continuasse a dettarle prudenza.
Rimaneva soltanto un ultima 'prova': se Sesshomaru le avesse
dimostrato di saper rinunciare al potere, lo avrebbe seguito senza
indugio.
Totalmente
presa da questi ragionamenti, quasi non si accorse di essere arrivata
alla fonte: sorrise a sé stessa trovandosi davanti al
laghetto
e dopo aver ripiegato con cura lo yukata che le aveva prestato Kaede,
si immerse completamente nell'acqua bollente. Gli sbuffi di vapore le
offuscavano la vista, ma in quel momento non le importava minimamente
di un possibile attacco: si era rilassata del tutto, cullandosi
nell'attesa del suo
ritorno.
'Cosa
farò se mi
riporterà nei Territori dell'Ovest? Non riesco a immaginare
una vita trascorsa tra gli intrighi di potere... senza contare che
Keisuke cercherà di riportarmi sotto la sua ala
protettiva...
quanto odio quel demone! Se non fosse stato per lui Sesshomaru non mi
avrebbe mai ripudiata... però... non avrei trascorso quei
magnifici anni con Inuyasha'. La yasha sorrise ai ricordi che le
erano tornati alla mente. 'No, in effetti... dovrei proprio
ringraziare Keisuke!'.
“Madre!”.
“Himaru!”,
esclamò Hi. “Che cosa fai qui?”.
“Il
fratellone è andato via”, disse Himaru.
“Ha detto che
sarebbe andato a cercare quel demone che cercava di prendere
te”.
“Naraku!”,
esclamò Hi. “Dannato... avrei voluto andare con
loro, ma...
finchè non ritorna Sesshomaru non posso lasciare il
villaggio
di Musashi”.
“Madre?”.
“Cosa
c'è Himaru?”.
“Posso
andare ad aspettare mio padre?”, disse Himaru tenendo un
ditino in
bocca.
“Ma...
Himaru, non sappiamo se arriverà oggi”, disse Hi.
“Dove
vorresti aspettarlo?”.
“Io
lo so che arriverà oggi, vado ad aspettarlo sul sentiero qui
vicino, così posso dirgli di andare ad aiutare il
fratellone.
Non ti preoccupare, non mi faccio male!”.
Senza aspettare la
sua
risposta, Himaru si mise a correre nella direzione che le aveva
indicato e Hi si rassegnò a lasciarlo andare. 'Se ci fossero
pericoli me ne accorgerei. Il vapore offusca la vista, ma il mio
udito e il mio olfatto funzionano benissimo'.
“Guardi
signor Sesshomaru!”, esclamò Rin saltando di
gioia. “C'è
un villaggio laggiù!”
Sesshomaru
guardò nella direzione che indicava Rin e finalmente lo
vide:
quello ai loro piedi era esattamente il villaggio in cui aveva
lasciato la sua famiglia... famiglia...
che strano suono gli rimbombava nella mente... e che insolito senso
di calore al solo pensiero del sorriso di Hi o degli occhi di Himaru
che lo fissavano fiduciosi e pieni di aspettativa...
La voce gracchiante
di Jaken lo
riscosse in maniera inattesa dai suoi pensieri.
“Cosa
aspettiamo padron Sesshomaru?”, disse il demone rospo.
“Non è
quella la nostra meta?”.
Lo youkai non
rispose nemmeno,
limitandosi a riprendere il cammino lungo il sentiero ai suoi piedi,
seguito da Jaken e Rin su Ah-un.
Quando furono
arrivati nei
pressi del villaggio, Sesshomaru vide un fagottino bianco sulla
strada: il piccolo Himaru lo scorse a sua volta e si mise a correre
verso di loro ridendo felice.
“Padre!
Rin!”.
Quando li raggiunse
saltò
fra le braccia del padre senza pensarci due volte, stringendolo forte
con le piccole braccia. “Padre!”,
esclamò. “Mi sei
mancato tanto! Promettimi che non mi lascerai più da
solo!”.
Sesshomaru
abbozzò un
sorriso e gli accarezzò il visino, guardandolo negli occhi
argentei. “Te lo prometto Himaru”, disse.
“Da oggi, tu e tua
madre verrete con me. A casa”.
“Però
prima devi aiutare il fratellone Inuyasha”, disse Himaru.
“E'
andato a cercare quel demone che voleva prendere mia madre,
Nakaru”.
“Naraku”,
ringhiò Sesshomaru.
“Si,
lui! Mi sbaglio sempre”, disse il cucciolo abbassando la
testolina.
“Non
importa”, disse lo youkai. Un pensiero improvviso gli
fulminò
la mente. “E tua madre dov'è?”.
“Alla
sorgente termale qui vicino”.
Sesshomaru mise
Himaru su
Ah-un, accanto a Rin che gli strinse subito le braccia al collo.
“Ciao Himaru!”.
“Ciao
Rin!”, sorrise il cucciolo.
“Himaru
tu resta qui”, disse Sesshomaru. “Jaken!”.
“S-si
padrone!”.
“Raggiungete
il villaggio”, disse il demone. “Nessuno vi
attaccherà se
sarete con Himaru”.
“Co-come
desiderate padrone!”.
Sesshomaru attese
solo qualche
istante prima di allontanarsi per raggiungere Hi.
Hi era ancora
immersa nel lago
quando sentì giungerle distintamente alle narici il profumo
di
Sesshomaru; fece appena in tempo a girarsi che si trovò il
demone davanti che la fissava in piedi sull'argine del lago.
“Allora
non hai cercato Naraku”, disse Hi.
“No”.
“Perchè?”.
“Lo
avrei fatto solo se avessi saputo che anche tu eri
laggiù”,
disse Sesshomaru. “Ma dal momento che tu sei rimasta
qui...”.
“Sono
rimasta ad aspettarti”, disse Hi stendendo le braccia verso
di lui
in un muto invito a raggiungerla.
Il fatto di
indossare
nient'altro che la sua pelle non le creava nessun tipo di imbarazzo;
Sesshomaru era colui con il quale avrebbe trascorso
l'eternità,
perchè ora lo sapeva: sapeva quale sarebbe stata la sua
decisione.
Sesshomaru dal canto
suo non
ebbe esitazioni. Si liberò dei vestiti e si
avvicinò
maggiormente, prendendole le mani ed entrando nell'acqua con lei;
anche lui sapeva: sapeva che niente al mondo gli interessava di
più
che stare con la sua Hi.
Hi strinse a
sé
Sesshomaru, baciandolo con passione a stento contenuta e il demone
posò le mani sui suoi fianchi, facendo aderire maggiormente
i
loro corpi. La pioggia cominciò a cadere gelida e
improvvisa,
creando una cortina di vapore intorno a loro; e non ci furono altro
che gemiti sommessi e un amore che nemmeno la morte avrebbe potuto
cancellare.
FINE
NdA:
Ed eccoci arrivati alla fine... mi mancherà questa FF mi ero
affezionata! Spero di non avervi delusi o annoiati.
Un ringraziamento particolare a
Bankotsu
KaDe
PhOeNiX_93
miloxcamus
mikamey
callistas
per le recensioni, grazie mille ragazzi!
Grazie anche a
Bankotsu
eiby
giagiotta
KaDe
PhOeNiX_93
per averla
inserita fra i preferiti e grazie anche a tutti i lettori!
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