Parfum rebelle

di Fuffy91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1.1

Un’ altra storia, nuovi personaggi. La tranquillità di Edward, Bella e gli altri Cullen sarà turbata da nuovi, imprevedbili ostacoli. Spero vi piaccia! Lasciatemi qualche commentino, se volete! Spero arriverete alla fine! Baci! ;) <3

 

Bella

 

La mia idea di felicità non era mai stata più che raggiunta, come in quel periodo. Ero da poco diventata vampira. Erano passati circa sei mesi da quando i Volturi erano giunti a Forks, con l’intenzione di sterminare la nostra famiglia e mia figlia, la mia adorabile bambina, Renesmee.

Fortunatamente, la minaccia era stata sventata e Renesmee non solo era viva, ma in quel breve lasso di tempo, era cresciuta in maniera vertiginosa, tanto d’assomigliare ad una quindicenne.

In quel momento, era lontana dalla nostra casa, al sicuro, accanto a Jacob, circondata dai licantropi del branco Quilieute. Non nutrivo alcuna pena, se non quella di subire le labbra di Edward sul mio collo, delicate, leggere, riluttanti – per dispetto, lo sapevo fin troppo bene – a raggiungere la mia bocca.

Eravamo entrambi seduti sulla panca a dondolo, nel portico, a goderci gli ultimi residui di una giornata di fine estate. I nuvoloni minacciosi del cielo di Forks, provenienti da sud, minacciavano un temporale in arrivo. Ringraziai mentalmente Jacob di aver avuto la premura di portare con sé una giacca, per coprire Renesmee, in caso di diluvio.

Intanto, Edward faceva finta di leggere un libro e, nello stesso tempo, si divertiva a torturarmi – una carezza fra i capelli, un bacio sulla tempia, sulla fronte, sulla cima del capo… piccoli fuochi di passione disseminati con noncuranza su di me -- sorridendo di tanto in tanto, ad un’occhiata fugace alla mia espressione frustrata. Sapeva fin troppo bene come avrei voluto impiegare quel tempo. La casa libera e tre ore tutte per noi, in completa solitudine, erano una tentazione troppo forte, per trascorrerla con così tanta inerzia.

“ Mi meraviglio di te.”

Dissi, distendendomi sui morbidi cuscini verdi, appoggiando la testa sul suo grembo. Edward si sistemò meglio sotto di me, ridendo piano, fra le labbra serrate. Un leone che faceva le fusa alla sua leonessa. Sorrisi anch’io, incapace di resistere al suo sorriso trascinante.

Era così sereno, tranquillo e pacifico, da quando mi ero trasformata. Mi deliziai del suo bellissimo viso, colto da un timido raggio di sole, che gli accarezzò il profilo dolcemente, coprendolo di brillanti. Sollevai una mano, per toccargli la mandibola e la guancia, saggiandone la morbidezza sorprendente e, così facendo, anche le mie dita luccicarono alla luce.

“ Come mai?”

Mi chiese, come se niente fosse. Seguii il movimento delle sue labbra, desiderandole ardentemente sulle mie… e anche su altre parti di me, possibilmente.

“ Bella… se mi guardi così, sarò costretto a smettere di leggere.”

Mi disse, quasi rimproverandomi. Ma il tono adulante con cui pronunciò quelle parole il bagliore che balenò nelle sue iridi ambrate, mi suggerì tutt’altro.

“ Allora fallo.”

Mormorai, suadente.

Edward non sorrise più e gettando il libro in una parte remota, si chinò su di me, baciandomi delicato sulle labbra, già socchiuse e pronte per lui.

Il bacio fu lungo e ardente. Le mie mani erano nei suoi capelli, le ciocche ramate che scorrevano fluidamente fra le mie dita, che le accarezzavano, lisciavano, tiravano, piano, per non fargli male. Ero ancora leggermente più forte di lui. Anche in quel momento, mentre lo stringevo fra le mie braccia, dovevo stare attenta a dosare la mia forza.

Le parti si erano invertite ed ora era lui quello fuori controllo e io quella responsabile. Lo trovavo surreale e buffo, ma non in quel momento. No, ora volevo solo godermi le sue labbra sulle mie, la sua lingua che mi esplorava il palato, lentamente, dolcemente, assaggiandomi tutta, danzando con la mia, assaporando i nostri sapori, e le sue mani – oh, le sue mani! – su di me, sotto i vestiti, sulla mia pelle, le sue dita a solcarmi lo sterno, le spalle, il ventre, a giocare con le bretelle del reggiseno…

Improvvisamente, Edward si fermò. Lo sentii irrigidirsi sopra di me, le mani inerti, la bocca staccata, le labbra a poche millimetri dalle mie.

Aprii con difficoltà gli occhi, specchiandomi nei suoi, sgranati, attenti.

“ Che c’è?”

Sorrisi, mordendogli il mento, capricciosa. Notando che non reagiva, inizia a preoccuparmi sul serio e l’eccitazione di poco prima si tramutò in ansia.

“ Edward, cosa succede?”

Gli domandai, trepidante.

Edward si sollevò, lo sguardo fisso davanti a sé, lontano anni luce da me e dal mondo che lo circondava. Lo imitai, affiancandolo. Gli strinsi la mano di riflesso e lui ricambiò la stretta, sempre senza guardarmi.

“ Cosa c’è? Cosa senti?”

Lo interrogai. Capii che stava ascoltando qualcosa, probabilmente seguendo il flusso dei pensieri di qualcuno.

Edward non mi rispose. Era fin troppo concentrato. Tutto il suo essere era distante da me, in quei pochi attimi.

Improvvisamente, i suoi occhi si animarono, divenendo nuovamente vitali. Mi strinse a sé, non per abbracciarmi, ma per pormi alle sue spalle.

Cominciai ad avvertire un ronzio, un rumore soffocato, che prima, troppo concentrata sulle reazioni di Edward, non avevo percepito. Il tonfo si fece più forte, gli alberi lontani iniziarono a smuoversi, le cime di quelli davanti dondolavano pericolosamente. Qualcosa più del vento li scuoteva.

L’ansia iniziò ad aumentare dentro di me, un ringhio sommesso mi ottenebrò il petto muto. Strinsi ancora di più la mano di Edward, avvertendo i suoi muscoli tendersi, in difesa.

Dal folto della vegetazione, sbucò una persona… una ragazza, no, una vampira, a giudicare dall’odore.

Edward ringhiò alla sua vista, lei si bloccò, ansimante, i neri capelli corvini le scivolarono davanti agli occhi, in due lisce bande scomposte, gli occhi, rossi, sgranati.

Quell’attimo di esitazione o di sorpresa le fu fatale. Jacob, sotto forma di lupo, con un balzo, le fu sopra. Lei levò un grido acuto, rotolando insieme a lui sul terreno asciutto e polveroso, finché non si fermarono a pochi passi da noi. Jacob la sovrastava e lei, sottomessa, cercava di raggomitolarsi su se stessa, riparandosi il viso con le braccia sollevate.

Edward si rilassò all’istante e io corsi da Renesmee, che mi venne incontro, urlando:

“ Mamma! Papà! State bene?”

Si gettò fra le mie braccia ed io la strinsi forte al mio petto, accarezzandole i capelli. Chiusi gli occhi, finalmente rilassata. Fortunatamente era salva e il suo cuore batteva frenetico al contatto con la mia pelle. L’ansia svanì così com’era venuta.

“ E’ tutto a posto, tesoro. Tu stai bene?”

La scostai da me, per accettarmene. Le scrutai il viso arrossato. No, nessun graffio né livido. Sospirai, stringendola di nuovo a me. Questa volta, fu lei a scostarsi gentilmente, ansiosa di vedere come stava Jacob.

Mi voltai, trovandomi di fronte ad una scena particolare. Jacob aveva ripreso le sue sembianze umane, il petto scoperto e ansimante, lo sguardo crucciato e la bocca serrata in una linea dura, mentre osservava la vampira straniera rannicchiata sul terreno, intimorita.

Edward era fermo di fianco a lei, l’aria ostile era sparita. Sembrava solo curioso e un po’ preoccupato.

Mi avvicinai al trio, tenendo saldamente Renesmee per mano, che mi seguì di buon grado. Appena fummo vicino a loro, Nessie lasciò la presa, prendendo il suo posto sotto il braccio di Jacob, che la strinse a sé, portandole un braccio intorno alla vita.

Nessie gli toccò il viso con una mano. immaginai che gli avesse trasmesso i suoi pensieri, visto che lui abbandonò subito dopo l’espressione accigliata, illuminandosi con quel sorriso luminoso che conoscevo molto bene.

“ Sto bene. Neanche un graffio.”

Le scompigliò i capelli, facendola ridere.

“ Chi è?”

Chiesi, indicando con un cenno del capo la vampira, che mi seguì con lo sguardo, mentre mi ponevo vicino ad Edward, atterrita.

“ Non lo so. Stavamo passeggiando e l’ho vista che correva come un fulmine verso casa vostra. L’ho inseguita, credendo che volesse farvi del male.”

Spiegò Jacob, con voce secca.

“ Non è così?”

Mi rivolsi ad Edward, che scosse il capo.

“ Non vuole ucciderci. Ha visto il branco di lupi pattugliare la foresta a nord, e si è spaventata, correndo verso est. E’ stata una coincidenza.”

Disse, calmo, ma ancora leggermente ansioso. Sapevo che mi nascondeva qualcosa, ma non volevo costringerlo a rivelarmelo. Avevo come la sensazione che, questa volta, non mi sarebbe piaciuta conoscere la verità.

“ E’ una nomade?”

Domandò Renesmee ad Edward, che fece spallucce.

“ Una specie.”

“ Come sarebbe? O lo è o non lo è.”

Disse Jacob e visto che Edward non sembrava aggiungere altro, si avvicinò alla vampira, che arretrò di poco.

“ Allora, sei una nomade?”

Lei tacque, gli occhi sgranati dal terrore. Mi sforzai di osservarla meglio. Aveva un aspetto piuttosto dimesso, la pelle leggermente scura, come cotta dal sole del deserto, i piedi nudi e sporchi, coperta unicamente da una sorta di tunica blu acceso.

“ Chi sei? Parla.”

Le intimò minaccioso Jacob, ma nonostante la sua palese paura, lei scosse il capo, arretrando di altri due passi. Tuttavia, non tentò di scappare. Guardava Edward, con espressione disperata, come se desiderasse il suo appoggio.

“ E’ inutile. Non ti risponderà. Non ti capisce.”

“ Cosa? Ma se non sono mai stato così chiaro.”

“ Non capisci. Lei non parla la nostra lingua.”

Questa rivelazione mi sorprese. Guardai la ragazza raggomitolata davanti a noi, che ci osservava con uno sguardo che ora compresi. Non era spaventata, ma confusa e smarrita. Non capiva perché Jacob l’avesse aggredita, né perché Edward le avesse ringhiato contro e adesso non capiva cosa le stessimo chiedendo. Provai pena per lei.

“ Che significa? Com’è possibile?”

S’interrogò Jacob, guardandola torvo.

“ E’ così. E’ francese o almeno credo. Non ne sono sicuro, ha un accento strano, come quello di un dialetto africano.”

“ Non puoi provare a parlarci, papà?”

“ Si, così potresti scoprire perché si trova qui.”

Lo incoraggiai anch’io, in preda ad un’insana curiosità Edward mi guardò accigliato, come se volesse dirmi qualcosa, avvertirmi. Stavo per chiedergli cosa avesse, ma lui scosse e il capo e si chinò piano sulla vampira, abbassandosi per porsi alla sua stessa altezza.

Le sorrise, incoraggiante.

 « Qui es-tu ? Tu es de ce pays ? » * Chi sei ? Sei di questo paese ? *

La vampira scosse la testa, lentamente, a destra e a sinistra.

“ Ti capisce. Sta capendo.”

Disse Renesmee, quasi felice. La vampira la guardò per un attimo, senza parlare. Poi tornò ad osservare Edward, che proseguì, con tono pacato.

« Où habites-tu? Où est ta maison? » * Dove abiti ? Dov’è la tua casa ?*

La ragazza abbassò il capo, portando la fronte sulle sue ginocchia unite.

«  Tu as une famille? Un copain? » * Tu hai una famiglia ? Un compagno?*

Edward continuò a riempirla di domande, ma lei non proferì parola né sembrò che Edward potesse trarre qualcosa dalla sua mente.

“ I suoi pensieri sono confusi, quasi assenti. Ha pensato solamente alla sua fuga, che l’ha condotta qui. Non ha rivelato niente di se stessa.”

 Sospirò, amareggiato.

“ Cosa c’è? Ti vedo turbato.”

Gli mormorai, cercando di scacciare quella ruga di preoccupazione dalla sua fronte, con una carezza.

Lui mi catturò la mano, baciandone tutte le dita.

“ Non è niente. E’ solo che sono frustrato, perché non riesco a capire questa ragazza e perché… volevo restare un po’ da solo con te e invece…”

“ Un nuovo problema.”

Completai per lui, facendolo finalmente sorridere. Mi baciò il dorso della mano.

“ Già.”

“ Che facciamo con lei? La porto in custodia a casa mia o a quella di Sam?”

“ Vuoi far sapere di lei a Sam?”

Gli chiese Renesmee, quasi contrariata.

Jacob la guardò sorpresa.

“ Non posso nascondere la sua presenza a lungo, lo sai. E poi, mi sembra che l’alternativa di ucciderla sia esclusa.”

“ Ucciderla così, a sangue freddo, non avrebbe senso. In fondo, non ci ha neppure attaccati. E’ scappata solo perché era inseguita da te.”

Dissi, puntualizzando. Non mi andava di uccidere un’innocente per puro diversivo.

Jacob sbuffò.

“ Scusa tanto, se mi sono preoccupato per te e per tuo marito.”

“ Nessuno te l’ha chiesto.”

Gli dissi, piccata.

Jacob sembrò controbattere, ma Renesmee lo zittì, posandogli una mano sul suo braccio.

“ Sono stata io ad agitarmi. L’ho vista fuggire nella vostra direzione e quando l’ha notata anche lui, l’ho pregato di fermarla. In fondo, è colpa mia.”

Annuii, sperando che Jacob non volesse litigare proprio adesso. Sbuffò di nuovo, ma parve calmarsi.

“ Vuoi farla vedere a Carlisle? Magari lui riesce a tirarle fuori qualcosa.”

Proposi ad Edward, che ebbe solo il tempo di annuire e confermare:

“ Si, forse è meglio. Magari anche Alice potrebbe…”

“ Carlisle!”

Esclamò la ragazza, animandosi di colpo. Si alzò così repentinamente, che questa volta fummo noi ad arretrare di un passo.

“ Carlisle! Carlisle Cullen!”

Esclamò di nuovo, con una voce che immaginavo più debole, quasi pigolante. In realtà, aveva un tono forte e deciso, anche se particolare. Sembrava come cantare in un’antica lingua, in maniera roca.

“ Tu connais Carlisle?”  * Tu conosci Carlisle?*

Le chiese Edward, cercando di mantenere un tono tranquillo. La ragazza annuì, sorridendo quasi felice.

“ Come fa a conoscerlo? Ti ha mai parlato di lei?”

Edward scosse il capo, attento ed incredulo.

« Oui, je dois parler avec Monsieur Cullen ! Il est un médecin, il a une famille très nombreuse. Tu es son fils ? Elle est sa fille ? Dites-moi, s’il te plait, Monsier ! Où est Mounsier Cullen? »

“ Ma che accidenti ha detto ?”

Disse Jacob, dopo circa un minuto di silenzio, al seguito di quello scoppio improvviso di parole, per me, incomprensibili.  Non conoscevo molto bene il francese. Avevo capto soltanto che quella ragazza aveva chiamato Edward ‘signore’ e che aveva menzionata Carlisle senza un’apparente motivo.

“ Ha detto che conosce Carlisle. Sa che è un medico e che ha una famiglia numerosa. Mi ha chiesto se io o Bella siamo i suoi figli e mi ha domandato di dirle dove si trova.”

“ Portiamola dal nonno, papà! Sembra così importante per lei.”

Disse Renesmee, guardandola apprensiva. La vampira sembrava in trepidazione.

“ Pourquoi tu veux voir Carlisle?” * Perché vuoi vedere Carlisle ?*

La vampira sospirò, e a capo chino e a mai giunte, rispose, con voce meno tonante:

« Parce que seulement Carlisle Cullen peut aider mon amie. » * Perché solamente Carlisle Cullen può aiutare il mio amico.*

Edward la guardò intensamente. Perfino a me, lo sguardo della ragazza mi sembrò sincero.

Dopo un po’, Edward si voltò verso di me, dicendomi:

“ Andiamo da Carlisle.”

Gli strinsi la mano e insieme ci inoltrammo nella foresta.

“ Viens!” * Vieni!*

Le disse, facendole segno di seguirla.

Lei sorrise e corse al suo fianco, camminando grata accanto a lui.

Jacob l’affiancò, mormorando:

“ Grandioso! Un’altra gita fra vampiri.”

Renesmee rise e la sua risata provocò il volo improvviso di uno stormo di passeri lontani.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

Ecco il secondo capitolo! Spero vi piaccia! Un grazie speciale a tutti quelli che hanno letto e commentato! Fatemi sapere cose ne pensate anche di questo nuovo aggiornamento!

Bacioni e a presto,

Fuffy.

 

 

Bella.

 

Carlisle sedeva sulla poltrona, la cravatta del completo gessato da lavoro allentata sul collo, i primi bottoni della camicia bianca sbottonati, lasciando intravedere un triangolo di pelle lattea. Tutto questo gli conferiva un aspetto ancora più giovane del solito, anche se la sua espressione preoccupata, mentre osservava la ragazza torcersi le mani, agitata, seduta davanti a lui, lo rendeva leggermente più vecchio.

Comment tu t’appelles?” * Come ti chiami? *

Le chiese Carlisle, passandosi una mano fra i capelli biondi, ma con viso e sorriso gentili.

“ Félice.”

Rispose sicura la vampira, guardandolo dritto negli occhi ambrati.

Quel est ta nationalité?” * Qual è la tua nazionalità ? *

Africain.  * Africana.*

Tu viens de l’Afrique?” * Tu vieni dall’Africa?*

«  Oui. » * Si. *

«  Tu connais ma langue ? » * Tu conosci la mia lingua ? *

Félice inclinò leggermente il capo verso destra, accostando l’indice al pollice destro, lasciando pochi centimetri di distanza fra l’uno e l’altro dito.

Il sorriso di Carlisle s’ampliò.

Un peu?” * Un poco*

Félice annuì, rispondendo per la prima volta in inglese.

“ Si.”

Carlisle scosse la testa.

“ Bene.”

Félice ripeté, con accento fortemente francese.

“ Bene.”

Tutti i Cullen, disseminati qua e là per la stanza, ritti e immobili nei vari angoli del soggiorno, la osservarono attenti.

Io ero fra Edward e Jacob, con le braccia incrociate sul petto nudo e Renesmee al fianco, seduta su una seggiola, gli occhi color cioccolato, così simili ai miei di un tempo, specchiavano perfettamente la schiena di Carlisle e la figura sottile di Félice.

“ Dimmi Félice, come mai mi cercavi? Mi duole dirlo, ma io non ti ho mai conosciuto, fino ad oggi.”

Le disse Carlisle, con voce pacata e morbida.

Félice si morse le labbra, quasi intimorita.

Je… no… io vengo da te per mon ami.”

Disse, con discreta difficoltà.

“ Il tuo amico? Quale amico? Posso sapere il suo nome?”

Félice annuì frenetica, tastandosi il vestito febbrilmente. Ne tirò fuori quella che doveva essere una vecchia foto ingiallita, un’istantanea che sembrò riluttante a mostrare.  Se la premette sul petto con entrambe le mani, le dita la stringevano convulse, che temetti la rompessi. Sembrava quasi che perfino lei non volesse evitare di vedere.

“ Il mio amico si chiama Frederick. Non è un africano, né un francese, anche se conosce la lingua. Lui mi ha insegnato la vostra. Lui mi ha detto di venire qui, a Forks. Solo lì potevo in… in…”

Incespicò all’ultimo, tastandosi la fronte, come per ricordare.

“ Incontrare?”

Le suggerì Carlisle.

Lei lo ringraziò con lo sguardo.

“ Si. Incontrare… toi, Mounsier Carlisle Cullen.”

Carlisle annuì.

“ Ho capito. Posso…”

Carlisle tese la mano destra. Félice la guardò con sospetto.

“ Posso vedere quella foto? E’ una del tuo amico?”

“ Si.”

Confermò Félice, premendola ancora di più su di sé.

“ Vorrei poterla vedere solo un attimo, poi te la restituisco.”

Félice parve non capire. Carlisle gli ripeté la frase in francese e lei si crucciò maggiormente.

“ E’… brutta. E’ una brutta cosa.”

Mormorò lei, titubante.

Carlisle sospirò.

“ Lo avevo immaginato. Ma, visto che il nome del tuo amico non mi dice nulla, da solo, vorrei vederlo in foto. Magari lo riconosco e…”

Tu le peux aider?”

Gli chiese con tono accorato.

“ Si, io posso aiutarlo. Ma se non capisco in cosa è coinvolto, io…”

Félice non lo fece continuare. Avuta la conferma che Carlisle le avrebbe dato il suo aiuto, Félice gli tese la foto, come liberandosi da un peso.

Carlisle la prese e la guardò. Félice chiuse le mani a pugno sulle ginocchia magre, attendendo la sua reazione.

Carlisle per un attimo allargò gli occhi, poi sospirò e infine si passò una mano fra i capelli,  crucciato. Capii che la questione era molto più grave del previsto.

“ Cosa c’è?”

Gli chiese Esme, preoccupata.

Edward si avvicinò al padre e io feci lo stesso. Sbirciai la fotografia e vidi un’immagine raccapricciante, tanto che per un attimo chiusi gli occhi.

La foto era sfocata ed era stata scattata al buio, in un luogo non ben distinto, illuminato fiocamente. Forse, una antica o una sala di pietra. Tuttavia, alla poca luce di una lampadina, era possibile perfettamente vedere un uomo, un vampiro, trattenuto da altri due vampiri, le cui facce erano tagliate dallo scatto, sovrastato da un terzo, le cui mani erano strette sul collo di lui.

“ E’ stato catturato. Devi aiutarlo. E’ colpa mia. Io dovevo fuggire, ma lui ha detto ‘vai, corri!’ e io ho fatto questo e…”

Félice non disse più niente, ma si nascose il viso fra le man, in preda ad un pianto senza lacrime. Esme le sedette vicino, per confortarla. Lo stesso fece Alice, che le accarezzò la schiena scossa da singhiozzi, comprensiva.

“ Questo vampiro non si chiama Frederick. Si chiama Cole, Cole Bishop.”

Disse Carlisle, con voce grave.

“ E chi sono quelli che lo hanno catturato?”

Chiesi, titubante.

“ Trafficanti, mercenari… potrebbero essere chiunque.”

Disse Edward, velocemente.

“ Oppure, potrebbero essere soldati.”

Disse Jasper, avvicinandosi a Carlisle e prendendo la foto dalle sue mani, esaminandola attento.

“ Lo stile è maldestro, ma è molto probabile che lo siano. In Africa nascosto spesso guerriglia vampire. Maria voleva allargarsi in quel territorio, ma io l’ho abbandonata molto prima che potesse procedere in questo progetto.”

“ Quindi, le guerriglie si sono trasformate in eserciti di vampiri?”

Chiese Emmett, interessato.

“ Si, è molto probabile. Se all’epoca erano in una forma rudimentale, oggi non mi stupirei affatto di trovare dei veri e propri eserciti organizzati.”

Aggiunse Jasper, riconsegnando la foto a Carlisle. Era il più taciturno di tutti, cosa che mi stupì moltissimo, dato il suo naturale senso pratico.

“ Cosa facciamo, Carlisle? Lo aiutiamo? Sembra messo male e a me farebbe bene un po’ di moto.”

Disse Emmett, sorridendo malizioso e gonfiando i muscoli delle braccia. Non era mai stato più temibile.

“ Non possiamo fare nulla per lui.”

Mormorò Carlisle, ponendo la foto sul tavolino in legno scuro.

Lo guardai stupita e non fui la sola. Tutti i suoi figli, inclusa sua moglie Esme, l’osservarono accigliati. Carlisle non si era mai tirato indietro, di fronte ad una difficoltà o una richiesta d’aiuto. Era sempre stato una persona onesta, buona e disponibile. Cos’era dunque quel tacito egoismo? Stonava profondamente con il suo essere, da risultare falso.

“ Perché?”

Gli chiese Alice, ancora incredula.

“ Non è forse un tuo amico?”

Carlisle  abbassò lo sguardo sulle sue mani, l’espressione cupa.

“ Un tempo… si, un tempo lo è stato.”

“ Che significa? Hai tagliato i ponti, con lui?”

Gli chiese Jacob, crucciandosi.

“ Che cosa ha fatto?”

Gli chiesi, incapace di far tacere i miei pensieri.

Chiunque avesse tradito l’amicizia di Carlisle, avrebbe commesso sicuramente qualcosa d’irreparabile, per no ottenere il suo perdono.

“ Fatto? Non ha fatto niente di così terribile. Si è soltanto…”

Sospirò, di nuovo, profondamente.

“ Perso.”

Concluse, enigmatico.

Osservai il suo profilo perfetto, confusa. Ci capivo sempre meno. Ma forse Edward… Alzai lo sguardo, per incontrare i suoi occhi ambrati, luminosi e lontani. Seguiva il flusso dei pensieri di Carlisle.

All’improvviso, Alice sussultò, gli occhi si fecero vacui e le sue membra s’immobilizzarono, come colte da una scossa elettrica. Stava avendo una visione.

Félice la guardò preoccupata. Ma fu solo un attimo. Il suo viso ritornò normale, i suoi tratti si addolcirono e i suoi occhi ripresero vita.

“ Ho visto una donna. Non la conosco, non l’ho mai vista prima.”

“ Descrivila.”

La incoraggiò dolcemente Jasper, ponendosi al suo fianco.

“ Alta, magra, molto magra, capelli scuri, occhi rossi…”

Guardò Carlisle, confusa.

“ Ti stava baciando, Carlisle.”

Per un attimo regnò il silenzio, seguito subito dopo da uno scoppio di risolini incontrollati. Félice ci guardò attonita. Evidentemente, non aveva capito a pieno le parole di Alice.

“ E’ impossibile.”

Disse Esme, osservando il marito sorridente e divertita.

Carlisle ricambiò il sorriso con dolcezza. In seguito, vidi il suo volto mutare. Un’espressione di infinite possibilità gli dipinse sul viso contratto, rilassandolo. Quando si alzò dal divano, sembrava ringiovanito di dieci anni. Il sorriso che gli arcuò le labbra era abbagliante.

“ Ho capito chi hai visto. Non può che essere che lei.”

Esme si accigliò.

“ Ah, allora la conosci?”

Gli disse, piccata.

Carlisle le si avvicinò e le baciò la fronte.

“ Si, ma non nel modo in cui pensi tu.”

Le mormorò, quasi divertito dal broncio di Esme, che si tramutò subito in un sorriso, ad un bacio di lui.

“ La conosco?”

Disse Edward, pensieroso. Dato che l’aveva chiaramente vista nella visione di alice, balzata nella sua mente, era probabile che stesse navigando a ritroso nei suoi ricordi, alla ricerca di qualche accenno di riconoscenza. Ma Carlisle lo tirò fuori dagli ingranaggi del passato.

“ No, l’ho conosciuta prima di te.”

Poi, si rivolse ad Esme.

“ Ma Esme la conosce. Hai avuto modo di vederla a Chicago, quando eravamo alla ricerca di Edward, nel periodo della sua lontananza.”

Esme cercò di ricordare. Poi, improvvisamente, sgranò gli occhi, guardando il marito sorpresa.

“ No… vuoi dire… oh, no!”

Esclamò, quasi disperata.

Carlisle le sorrise, mortificato.

“ Eh, si. Credo sia proprio lei.”

“ Non quella donna, Carlisle. No, ti prego, dimmi che non andrai da lei”

Lo pregò, mentre si sedeva al suo fianco, circondandole con un braccio la vita.

“ Se voglio aiutare Cole, temo sia indispensabile che io la incontri.”

Esme si guardò le mani, mordendosi il labbro. Era la prima volta che la vedevo così vulnerabile ed insicura. Sembrava lottare contro un lieve attacco di gelosia. Sorrisi, fra me e me. Esme gelosa? Semplicemente adorabile.

“ Ma… perché proprio tu?”

Gli chiese, leggermente irritata.

Carlisle le scostò una ciocca dal viso, baciandole la guancia.

“ Devo farlo. Lei è l’unica che conosco che abbia avuto dei contatti con Cole. E sospetto che possa aiutarmi anche a liberarlo.”

Esme portò gli occhi al cielo.

“ Naturalmente! Non mi sorprenderebbe affatto. D’altro canto, il giro delle sue conoscenze è così… ampio!”

Esme che faceva del sarcasmo? Quel giorno, le sorprese non finivano mai.

Mascherai una risata, soffocandola sulla spalla di Edward. Anche lui, sorrideva divertito e intenerito da quella schermaglia amorosa.

Carlisle, invece, non si trattenne. Rise di cuore, stringendo a sé Esme, che sorrise appena, ancora preoccupata.

“ Suvvia, Esme, amore…”

Le baciò nuovamente la fronte, accarezzandole il viso.

“ Oh, lo so, lo so! Ma, quella femmina… non mi piace. Quella volta, ricordo perfettamente come ti guardava.”

“ Era solo amichevole.”

L’osservò, accusatorio.

“ Mmm… certo. Amichevole.”

Carlisle rise di nuovo, baciandola dolcemente sulle labbra.

Esme lo ricambiò, lo guardò e rise divertita.

“ E va bene, vai! Ma non lasciarti imbrogliare, né sedurre.”

Lo ammonì, accarezzandogli la punta de naso, con l’indice.

Carlisle la baciò di nuovo, soffiandole sulle labbra:

“ Non c’è pericolo.”

Esme sorrise, quando lui si alzò e ammiccò verso di lei.

Carlisle si rivolse ad Edward.

“ Vieni con me?”

Edward annuì.

“ Certo. Bella?”

Mi guardò, quasi preoccupato quanto Esme lo era stata poco prima.

“ Può venire, se vuole.”

“ Verrò.”

Dissi, prima che Edward rispondesse al mio posto… negativamente. Carlisle mi sorrise.

“ Va bene. Jasper, mi servirebbe anche il tuo aiuto. Alice... si, vieni anche tu.”

“ Impossibile non coinvolgerla.”

La prese in giro Jasper, mentre lei s’infilava sotto il suo braccio, guardandolo divertita e con amore.

“ E io?”

Disse Emmett, risentito.

“ Preferirei rimanessi qui, per adesso.”

Si precipitò a dire Carlisle, per non scatenare una sua reazione violenta.

Emmett non disse nulla, ma s’imbronciò, incrociando le braccia, irritato.

Rosalie gli pose una mano sull’avambraccio destro, sorridendo a Carlisle.

“ Gli passerà.”

“ E io, posso…”

“ No!”

Esclamammo all’unisono io, Edward e Jacob, ad un’ammutolita Renesmee.

“ Ok, va bene. Era solo per dire.”

Disse, imbronciandosi. Sorrisi, intenerita.

“ E’ meglio se rimani qui, tesoro. Non staremo via molto, comunque.”

In realtà, non avevo idea di quanto saremo rimasti fuori… a dire il vero, non sapevo nemmeno dove saremmo andati. Tuttavia, neppure il tempo di chiederlo, che Alice era già salita e scesa con quattro bagagli a mano. Mi consegnò un borsone nero e un cappotto pesante, scuro.

Lo presi, interrogativa.

“ Farà freddo, dove andremo. Meglio prevenire eventuali apparenze.”

Seguirono i saluti. Abbracciai Nessie, che ricambiò con calore.

“ Mi manchi già.”

Mi mormorò, dolce. Sorrisi, aspirando l’odore fragrante dei suoi capelli.

“ Tornerò prima che tu te ne accorga. Non sarà un viaggio pericoloso, quindi non preoccuparti.”

La strinsi ancora di più a me per un attimo, per poi staccarmi, con estrema difficoltà, baciandole una guancia.

Mi misi da parte, osservando Edward accarezzarle il viso e chinarsi per baciarle la fronte.

“ Fa la brava. Studia e…”

Guardò Jacob, che sorrideva malizioso, nell’angolo.

Edward sbuffò.

“ Sta vicina a Jacob.”

Disse, riluttante.

Jacob rise sommessamente. Edward lo guardò storto. Lui alzò le mani, abbracciandomi.

“ Sta attenta.”

“ Anche tu. Potrebbero arrivare dei nemici inaspettati. Félice potrebbe essere stata seguita. L’Africa non è proprio dietro l’angolo.”

Jacob mi staccò da sé, ridendo, ma arricciando il naso. Il mio odore gli dava ancora estremo fastidio. Del resto, nemmeno io riuscivo ad abituarmi al suo terribile odore di lupo bagnato, ma almeno potevo evitare di respirare.

“ Pattuglierò i confini, con il resto del branco.”

Mi rassicurò. Annuii, riconoscente.

“ E…”

“ Si, lo so.”

Mi prevenne.

“ Le starò vicino, sempre.”

Mi disse, guardando Nessie con un sentimento incolmabile, con un amore incondizionato. L’imprinting era una magia straordinaria e, in certi casi, utile e rassicurante, per una madre protettiva come me.

“ Non ne avevo dubbi.”

Jacob ritornò ad osservarvi, sorridendo e scompigliandomi i capelli, dispettoso. Lo ricambiai con una spallata, prima di oltrepassarlo.

Nessie stava ancora abbracciando Edward. Sapevo come fossero uniti, padre e figlia, e non volevo disturbarli.

“ Stai attento. Anche alla mamma.”

Aggiunse, osservandomi preoccupata.

Edward le baciò di nuovo la fronte, accarezzandole i capelli.

“ Andrà tutto bene. Tu vita di cacciarti nei guai.”

Nessie sorrise.

“ Cercherò. Posso andare alla festa di La Push?”

“ Certo.”

Acconsentii.

“ Ma non fare tardi.”

Precisò Edward. Lo guardai esasperata. Edward mi sorrise, come un bambino capriccioso che, dopo tante proteste, aveva ottenuto il giocattolo preferito.

Nessie rise delle nostre occhiate, abbracciandoci per l’ultima volta entrambi. La ricambiammo con calore.

“Dobbiamo andare, adesso.”

Disse Edward, staccandosi per primo.

“ Carlisle ha messo in moto.”

Il ronzio delicato della Mercedes nera di Carlisle raggiunse anche le mie orecchie.

Edward prese anche il mio bagaglio, uscendo all’aperto, dirigendosi alla macchina.

Diedi un ultimo bacio a Renesmee, trovando estrema difficoltà a lasciarla.

Jacob l’affiancò.

“ Meglio che ti sbrighi o ti lasceranno qui.”

Risi, annuendo. Con un ultimo sorriso a mia figlia, corsi velocemente, arrivando in un battito di ciglia alla macchina.

Aprii la portiera, osservando Carlisle dire a Félice, ferma sulla porta, accanto ad Esme, di stare tranquilla e che avrebbe fatto il possibile per salvare il loro comune amico.

Félice annuì, guardandolo apprensiva, mentre lo seguiva mettersi al posto di guida.

Mi infilai anch’io all’interno, sedendo dietro, fra Edward ed Alice. Jasper era seduto accanto a Carlisle.

L’auto attraversò il vialetto e percorse la stradina irta fra la vegetazione, per imboccare la statale.

L’ultima immagine che vidi, guardando dietro di me, aldilà del vetro appannato, fu quella della mia famiglia, Emmett, Rosalie, Nessie, Jacob ed Esme, fermi sulle scalinate del portico, inclusa Félice, i sui occhi rossi sembravano ancora pieni di lacrime, mentre stringeva al petto la foto terribile di Cole.

Poi calò il buio e tutto venne offuscato dalla pioggia.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Bella.

 

Amsterdam era illuminata e fredda, in quel periodo dell’anno. Un primo velo di neve aveva ricoperto la città, dandole un effetto gotico e misterioso.

L’Olanda era piccola, ma la sua capitale era immensa, ricca di vita e gonfia di persone allegre e spensierate.

C’inoltrammo nei paesi più a nord, in uno degli ultimi distretti. In una periferia abbandonata, circondata prevalentemente da campagna, sorgeva un piccolo palazzo antico.

Carlisle fermò la macchina presa a noleggio (almeno a quanto aveva detto Alice, che l’aveva diligentemente prelevata a qualche malcapitato turista) e parcheggiò in un vialetto acciottolato, nei pressi dell’abitazione.

Scesi dall’auto, seguita da Edward, osservando la mole massiccia di pietra e rivestimenti in bugnato davanti a me, stringendomi nel cappotto nero, non certo per il freddo, bensì per la tensione.

Anche dall’esterno, l’odore di vampiro era molto intenso, anche se attutito dalla neve.

Affondando gli stivali nel terriccio bagnato, salimmo i pochi scalini che ci conducevano all’entrata principale.

Dopo solo un debole trillo del campanello, il pesante battente scuro si aprì. Ci accolse un uomo, alto, distinto, che sembrava poco più vecchio di Carlisle. Inguainato in un elegante smoking moderno, nonostante il taglio classico, rigorosamente nero, ci scrutò con i suoi penetranti occhi rossi, il cui bagliore s’intravedeva sotto la frangetta nera e disordinata.

Nonostante l’espressione seria del vampiro, Carlisle gli sorrise, dicendo gentile:

“ Salve. Abita qui Julia Hamilton?”

L’uomo assottigliò lo sguardo.

“ Chi la desidera?”

Disse, con voce nasale, ma molto profonda.

“ Carlisle Cullen.”

Si scoprì immediatamente Carlisle. L’uomo non si mosse, ma sembrò addolcire appena i tratti del viso scuro. Forse, il nome di Carlisle non gli era del tutto sconosciuto.

“ Abbiamo fatto un viaggio molto lungo. Ci farebbe una grande cortesia se ci annunciaste.”

Lo incalzò, pacato e dissimulando una certa fretta.

Dopo un momento di spesso silenzio, il vampiro scostò di pochi centimetri la porta dal suo braccio. L’attimo dopo si fece da parte, per lasciarci entrare.

“ Grazie.”

Lo ringraziò Carlisle, con un sorriso riconoscente.

L’uomo non disse nulla, ma ci fece segno di precederlo. Edward mi strinse a sé, protettivo, mentre oltrepassavamo il vampiro, che ci seguì con lo sguardo acceso di brace e attento ad ogni nostro movimento. Carlisle apriva la fila e fu lui a condurci lungo un corridoio dalle pareti riccamente decorate, con una carta da parati sfarzosa, dove arabeschi dorati s’intrecciavano al brunito dei gigli, su uno sfondo color smeraldo intenso.

La tastai con le dita e vidi che era morbida al tatto, come la stoffa di un tappeto. Doveva essere molto costosa, come anche i vari candelabri antichi, stile Liberty, disseminati ovunque sui soffitti.

Quadri post-moderni si alternavano ad altri impressionistici, in un delizioso e calcolato gioco di richiami e similitudini nei soggetti e nei colori.

Tutto risultava curato e ricercato, dalla poltrona foderata di velluto verde nell’angolo di un salottino, alle tende di rubino e color panna vellutata che incorniciavano le ampie finestre rettangolari.

Fra tutto quel lusso, tuttavia, predominava un’atmosfera sicuramente abbagliante, ma comunque asettica. Era come se nessuna emozione traspirasse da quelle stanze o da quegli stretti corridoi. E questa consapevolezza, non contribuì a rassicurarmi.

Superata la vista di un salottino finemente arredato, proseguimmo lungo il corridoio. Invidiai Alice, che dietro di me, canticchiava allegramente, incurante della presenza dietro di lei del vampiro estraneo, a differenza di Jasper, che ogni tanto, si voltava per controllarlo, guardingo. Lui lo ricambiava con discreta indifferenza.

Il primo suono che udii, a parte il tonfo dei nostri passi sul parchè, fu una risata di donna, gioiosa e piena. Alla sua, si univano in un coro delicato quelle di uomini, molti uomini, a giudicare dai diversi toni.

Il vampiro che chiudeva la fila si fece avanti, prima che Carlisle potesse essere scorto al di là di un tendaggio all’ingresso.

Lo bloccò, con tono secco:

“ Aspettate qui. La signora ha ospiti, al momento, e non gradirà essere disturbata.”

Lo vidi deglutire, come se temesse la reazione della sua “signora”.

Carlisle annuì alle sue parole, sorridente e comprensivo.

“ Mi sembra giusto. Attenderemo.”

Si accostò alla parete e attese. Il sottofondo di risate si faceva sempre più intenso. Sembravano divertirsi un mondo in quella stanza.

Il maggiordomo-vampiro, ancora una volta, non ricambiò la cortesia di Carlisle, limitandosi ad un debole cenno del capo.

Con molta più lentezza del dovuto, si accostò alla tenda e, servilmente, l’aprì, rivelandosi ai commensali. Alla sua vista, le risate terminarono di colpo.

“ Si, Florence? Mi sembrava di averti detto che non volevo essere disturbata.”

Il tono della donna era gentile, ma sotto quel timbro vellutato, era palesemente avvertibile una nota di vibrante irritazione.

Vidi il vampiro inchinarsi elegantemente, inclinando leggermente il capo verso il basso.

“ Perdonatemi, signora, ma c’è un uomo che chiede di voi.”

Altra pausa.

“ Chi è?”

Chiese la donna, con tutt’altro tono. La gentilezza era sparita e ora c’era solo fastidio.

“ Un certo Carlisle Cullen, signora. Ha chiesto di vedervi insistentemente.”

“ Carlisle?!”

La sentii esclamare, sorpresa, e un debole tacchettio mi giunse alle orecchie. Immaginai che si fosse alzata.

  Si, signora.”

Le confermò Florence. Seguì un altro silenzio, dove un fievole borbottio maschile iniziò a ronzare per la sala, per colmare l’attimo di quiete.

Ma la donna non sembrò badarci.

“ Fallo entrare.”

Disse, con tono entusiasta.

Florence s’inchinò nuovamente rispettoso, scostando la tenda. Questa volta, fu con tono quieto che disse a Carlisle:

“ Prego.”

Invitandolo ad entrare.

Carlisle fece segno ad Edward e a Jasper di seguirlo.

Appena varcò la soglia, la donna esclamò:

“ Carlisle!”

Subito un paio di braccia circondarono la figura di Carlisle, che si bloccò sul posto, attutendo il colpo.

Solo quando Edward mi pilotò accanto a lui, potei vedere la vampira. Alice aveva ragione, era davvero molto magra. Sottile come un giunco, era alta e slanciata, nonostante le forme fossero ridotte solo al seno e alla curva accennata dei fianchi. Tuttavia, il vestito di raso nero, con il collo alto e con le maniche trasparenti e merlettate, che la fasciava interamente, le donava moltissimo.

Ma quando si scostò da Carlisle, capii in cosa costituisse la sua vera bellezza: il viso. Perfettamente ovale e dai tratti delicati, dagli occhi rossi trasparivano una forza e una determinazione tale da illuminarla tutta. Il naso era piccolo e all’insù, la bocca, dalle labbra leggermente carnose, era sensuale e il sorriso con cui abbagliò Carlisle, era quello di una donna vogliosa e sicura del suo fascino.

“ Ma che piacere, rivederti. Saranno secoli che non ci vediamo. L’ultima volta è stato a Chicago, se non sbaglio. Eri con una donna.”

Gli disse, pronunciando l’ultima frase con tono più basso, quasi minaccioso, nonostante l’innata sensualità della voce.

“ Si, mia moglie, Esme.”

“ Già. Deliziosa, davvero. Non è con te, vedo.”

Continuò, guardando dietro di lui.

“ No, è rimasta a Forks.”

“ Ah, capisco. Non dirò che la cosa mi dispiaccia. Suonerebbe falso e sconveniente, da parte mia.”

Disse disinvolta, anche se, a parer mio, trovavo molto di più sconveniente quella eccessiva sincerità, velata di soddisfazione.

“ Julia.”

La richiamò un vampiro, dietro di lei, seduto su una poltrona verde, come gli altri cinque vampiri maschi, seduti sull’ampio divano di velluto, tutti vestiti elegantemente, come se fossero appena tornati da un evento di gala, curati e raffinati, nei modi e nell’atteggiamento distaccato.

Tutti, senza esclusione, osservavano Carlisle con evidente ostilità. Il bagliore assassino che attraversò negli occhi rossi dell’unico in piedi, posto nell’angolo, accanto al camino in marmo acceso, m’inquietò tanto d’attivare il mio scudo protettivo, che si allargò fino a Carlisle, avvolgendolo istintivamente.

“ Si, Jack?”

Gli disse Julia, voltandosi verso di lui e portandosi, contemporaneamente, una ciocca di capelli castano chiaro, dietro l’orecchio destro, in un gesto morbido.

“ Non ci presenti?”

La invitò il vampiro, scrutando Carlisle con palese odio.

Julia non disse niente, ma si limitò a sorridere.

“ No, credo che non lo farò.”

Si avvicinò con lentezza studiata a Carlisle, circondandogli il braccio con entrambe le mani.

“ Carlisle è di mia esclusiva proprietà. Non voglio condividerlo con nessuno.”

Mormorò, adulante e sommessa.

Carlisle si schiarì la voce, sorridendo con cautela alle sei facce scure del gruppo di vampiri in sala.

Quello in piedi, ringhiò e scoprì i denti. Jasper ed Edward si accostarono subito a Carlisle. Ma Julia sorprese tutti. Rise dolcemente, staccandosi piano da Carlisle ed avanzando con fare seducente verso i suoi amici.

Si fermò perfettamente al centro, affermando, con tono garbato, ma fermo:

“ Signori, temo che il tempo a nostra disposizione sia finito. Vi pregherei di avviarvi all’uscita. Grazie per essere venuti. Ripagherò la vostra cortesia, come meglio potrò.”

I sei vampiri la guardarono prima sbalorditi, poi rassegnati. Il mio stupore accrebbe sempre di più, alla vista di quei giovani e forti uomini immortali che si alzavano con disinvoltura dalle loro sedute, si aggiustavano i risvolti della camicia, ubbidendole con fare remissivo. Due di loro si appuntarono le giacche scure, senza battere ciglio.

Cinque di loro, uno alla volta, salutarono Julia, baciandole ora la guancia destra, ora entrambe, ora il dorso della mano destra, congedandosi senza una parola.

L’ultimo, il sesto, il più temibile, fu il meno restio ad andarsene. Continuava a guardare male Carlisle, come se volesse incenerirlo con la sola forza tagliente dello sguardo.

Nell’arco di un minuto, Julia e il vampiro si scrutarono attenti. Fu una breve lotta di sguardi, in cui nessuno dei due combattenti aveva intenzione di cedere.

Florence si fece avanti, ponendosi al fianco di Julia, senza aspettare un suo ordine. Gli occhi neri più duri dell’acciaio.

Il vampiro si tese ancora di più. Proprio quando temetti lo scontro aperto, Julia posò una mano sul braccio di Florence, che fece subito un passo indietro.

“ Non è necessario, Florence.”

Gli disse, con tono deciso. Florence s’inchinò di nuovo, ponendosi alle sue spalle. Julia avanzò verso il vampiro, completamente scoperta. Ma non sembrò curarsene affatto.

Anzi, sorrise, deliziata.

“ Carlos, cosa c’è, caro?”

Gli chiese, con voce calda e sommessa.

Carlos grugnì, arricciando le labbra, infastidito.

Julia rise fra le labbra socchiuse, nascondendo il sorriso dietro le dita arricciate. Carlos la guardò con la coda nell’occhio, ma il suo cipiglio non si addolcì.

“ Sei arrabbiato? No, non esserlo.”

Lo pregò, avvicinandosi a lui, accostandovisi piano e baciandogli la spalla coperta.

“ Ti prego.”

Mormorò, suadente. Carlos trasse un profondo respiro, arrischiandosi a guardarla negli occhi. Questo segnò la fine della sua irritazione. Le sorrise, tentando di baciarla. Lei si scostò, ridendo, porgendogli la guancia, su cui si posarono le labbra di lui.

Lo prese per mano, accompagnandolo alla porta. Notai che evitò di farlo passare accanto a Carlisle, forse allo scopo di  prevenire un’eventuale sfuriata.

“ Molto bene, ci vediamo presto, caro. Ti contatto io.”

Gli disse, sorridente, ma sempre predominante. Lui annuì, sorprendentemente remissivo.

“ Se prometti di non inseguire Carlisle per ucciderlo, ti darò il bacio della buonanotte.”

Lo tentò, bisbigliando seducente.

Rabbrividii al pensiero di quell’uomo selvaggio che avrebbe rincorso Carlisle ovunque, con il solo scopo di eliminarlo.

Tuttavia, trassi fra me e me un sospiro di sollievo, quando lo vidi ridere. Mi sembrò un leone molto grosso, intento a produrre delle rumorose fusa.

“ Lo darò soltanto a te.”

Gli sussurrò all’orecchio, sfiorandone il lobo con le labbra.

Carlos annuì, osservandola.

“ Va bene.”

Disse, con voce roca e ruvida.

“ Prometti.”

Gli ordinò lei, ricambiando lo sguardo con decisione.

“ Prometto.”

Ripeté lui, solenne e ubbidiente.

Dopo aver stipulato la promessa, l’espressione inaspettatamente seria di Julia si aprì in un sorriso, soddisfatta.

“ Molto bene.”

Gli accarezzò la guancia ricoperta da una leggera barba incolta.

“ Bravo.”

Si protese verso di lui, baciandolo sulle labbra, ad occhi chiusi. Anche Carlos li socchiuse, alzando le bracca per stringerla. Ma prima che le sue mani potessero toccarla, Julia si staccò, sorridendogli. Era stato solo un leggero tocco, troppo breve per poter essere approfondito.

“ Passa una piacevole notte, caro.”

Lo congedò, indicandogli l’uscita.

Con un cenno chiamò Florence, che accompagnò il vampiro all’uscita. Solo quando udì il tonfo sordo della porta chiudersi, Julia sospirò, sollevata.

Subito si voltò verso Carlisle, sorridendogli con molta più spontaneità di prima.

“ Bene, Carlisle. Ora, sono tutta tua.”

Proclamò, ridendo all’espressione quasi intimidita di Carlisle.

Gli si avvicinò, prendendolo sotto braccio e pilotandolo al divanetto.

“ Scusa per prima.”

Disse, indicando dietro di lei e alludendo sicuramente alla scenata di gelosia di Carlos.

Carlisle si schermì, sedendosi sul divano. Julia lo imitò, accomodandosi con eleganza sulla poltrona adiacente. Sembrava una regina sul suo trono di broccato.

“ Sciocchezze. Piuttosto, mi sorprende che tu frequenti personaggi così… singolari.”

Julia rise piano, nascondendo lo sguardo acceso di brace dietro le ciglia socchiuse.

“ Singolari? No, direi piuttosto…”

Si stiracchiò, incrociando le gambe e portandosi le ginocchia al petto, scoprendole, con quel molle movimento, dal tessuto finissimo della gonna, ed inarcando la schiena, sollevando le braccia in alto, lungo lo schienale della poltrona, come una gatta sazia.

“ Selvaggi.”

Concluse, in un mormorio dolce. Osservò Carlisle, sostenendosi il volto con una mano ed accavallando le gambe, ormai  del tutto scoperte. Dondolò un piede, completamente rilassata.

“ Dimmi, Carlisle. Sei venuto per uccidermi?”

Gli chiese, con tono leggero. Carlisle ghignò, divertito.

“ Perché dovrei farlo?”

“ Perché non ho aiutato la tua famigliola nella battaglia contro Aro. Semplice.”

Disse, sempre disinvolta. Mi sorpresi ancora una volta. Come faceva a saperlo? Guardai Edward, che era attento a seguire il corso dei pensieri di Julia. Lo vidi distorcere le labbra, quasi infastidito.

“ Cosa c’è?”

Bisbigliai al suo orecchio. Lui mi accarezzò il fianco, scuotendo leggermente il capo.

“ Quella femmina… è una tipa molesta. Non pensa mai coerentemente. Se ti raccontassi quello che sta pensando adesso, su mio padre… lasciamo perdere.”

Qualcosa nella sua espressione scandalizzata, mi fece sorridere.

“ Cose di argomento erotico?”

Edward si voltò a guardarmi, sorridendomi sghembo.

“ E non solo.”

Risi piano.

“ Esme aveva ragione a definirla una spregiudicata, allora.”

“ Se vuoi saperlo, per me si è anche trattenuta.”

Mormorò sarcastico, facendomi scoppiare a ridere, fragorosamente.

Mi osservarono tutti, compresi Carlisle e Julia, che mi guardò direttamente negli occhi con una tale intensità, da mettermi quasi in soggezione.

Dopo un po’, mi sorrise.

“ Ci si diverte, lì in fondo. State sparlando su di me?”

Chiese, con la stessa leggerezza di chi domanda le previsioni meteo del giorno.

Se fossi stata umana, sicuramente il mio rossore imbarazzato mi avrebbe tradito. Ma Edward mi sconvolse ancora di più. Sorridendo studiatamente, rispose:

“ Si.”

Julia rise, incitandolo con una mano a farci avanti.

“ Su, sedetevi. Anche voi, ragazzi, prego. Accomodatevi. Non siate timidi.”

Invitò anche Jasper ed Alice ad avanzare e a sedersi su delle sedie antiche, imbottite, che Florence aveva diligentemente portato nella sala, scomparendo velocemente com’era entrato.

“ Spero siano stati discorsi veramente terribili. Detesto quando parlano bene di me. Non mi aiuta a mantenere l’immagine di cattiva ragazza che mi sono abilmente costruita.”

Mi disse, sporgendosi per toccarmi il ginocchio, in un gesto così confidenziale, d’apparirmi fuori luogo. Tuttavia, forse anche grazie all’atteggiamento disinvolto che aveva mostrato fin dall’inizio, con Julia non stonò affatto.

Del resto, il suo tocco fu breve quanto l’istantaneità con cui si era chinata su di me. Si ricompose facilmente, adagiandosi fluidamente contro lo schienale della poltrona, rivolgendosi nuovamente a Carlisle.

“ Tutti figli tuoi, immagino.”

Disse, studiandoci attentamente con lo sguardo.

“ Si. Ne ho altri due a casa. E una nipote.”

“ Ah, la piccola Renesmee. Ormai, è diventata famosa.”

“ Le voci corrono in fretta.”

Dissi, con una punta di fastidio sulla lingua. M’indispettiva che una vampira a me estranea conoscesse il nome di mia figlia.

Julia mi osservò, comprensiva.

“ Più in fretta di quanto si pensi, in effetti. E’ fastidioso, lo so, ma a volte sembra inevitabile in una comunità ristretta come la nostra, dove ci si conosce quasi tutti, di vista o di fatto.”

Concluse, inclinando il capo leggermente prima a destra e poi a sinistra.

“ Si, è comprensibile.”

Disse Carlisle, dandole appoggio.

“ E i genitori della piccola sono presenti?”

Chiese, curiosa.

Carlisle le indicò me ed Edward, seduti accanto a lui.

“ Si, loro sono Bella ed Edward.”

“ Edward? Non so perché, il suo nome non mi è familiare. Non era forse lui, il figlio che stavi cercando a Chicago, Carlisle?”

Carlisle annuì.

“ Si, in effetti, è lui. Alla fine, è stato lui a ritornare a casa.”

Le spiegò. Julia sorrise, stiracchiando quasi le labbra.

“ Come tutti i figliol prodighi.”

Fece dell’ironia, con tono così caldo, che mi chiesi come facesse la mobilia di quella casa a non sciogliersi ad un suo solo respiro, e le fiamme del camino a non spegnersi.

I suoi occhi rossi si puntarono su Edward, analizzandolo soprattutto in viso, tanto brevemente da non permettermi d’irritarmi per l’insistenza dello sguardo. Sorrise a Carlisle, bisbigliandogli in confidenza:

“ Non mi avevi detto che fosse così carino. Ti avrei aiutato a cercarlo, ma non ti garantisco che te l’avrei riportato a casa.”

Disse, con tanta ironia da far sorridere persino me. Non era poi così priva di difetti. Solo un po’ troppo eccessiva nei modi, forse.

“ Fai ancora il dottore agli umani, Carlisle?”

Gli chiese, sempre ben disposta nei suoi confronti.

“ Si. E’ gratificante, per me. Mi rende felice.”

Gli rispose lui, con sincerità disarmante.

Julia lo guardò intensamente, socchiudendo gli occhi, quasi perforandolo con lo sguardo. Sembrava quasi che lo stesse studiando. Infine sorrise, annuendo piano.

“ Indossi anche un camice bianco?”

Carlisle assentì col capo.

“ Con il cartellino di riconoscimento?”

Continuò lei, insistendo sull’argomento.

Carlisle sorrise, annuendo ancora.

Julia sorrise, mordendosi il labbro inferiore, nascondendo il gesto dietro le dita piegate, quasi intimidita.

“ Vorrei tanto venirti a trovare sul posto di lavoro, Carlisle. Deve essere particolarmente eccitante, vederti girare per i corridoi di un ospedale, con cartellina, camice e tutto il resto.”

Disse, con voce dolce e sensuale insieme. Sospirò, deliziata. Arcuai un sopracciglio, osservandola mentre rideva piano. Fortuna che avevo detto quasi intimidita. Più la guardavo e più si faceva largo in me la consapevolezza che Julia fosse tutto, tranne che una donna timida.

“ Devi essere così sexy, in camice bianco. Oh, invidio così tanto le infermiere che ti affiancano! Per non parlare delle pazienti che visiti…”

“ Forse dovremo cambiare argomento, non pensi?”

La interruppe Carlisle, leggermente agitato. Forse a provocare il suo nervosismo improvviso, era stato il tono sempre più basso ed infuocato di Julia, che sollevò il capo, irrigidendo la postura, in una posa elegante, sorridendogli cortese.

“ Certamente. Dopotutto, non ha senso che provi a sedurti, Carlisle. So bene che, anche volendo, non tradiresti mai tua moglie.”

Disse, con voce sicuramente moderata, nonostante l’allusione gratuita.

Carlisle ci tenne a precisare l’ovvio, e non lo biasimai affatto per questo.

“ Non voglio e non lo farò mai. Esme è tutta la mia vita e rimarrà il mio unico amore, per sempre.”

Confessò, con leggerezza e, con altrettanta disinvoltura, Julia si trovò a confermare le sue parole.

“ Ma naturalmente. Non lo metto in dubbio. Quindi, ritorniamo al punto di partenza: sei venuto per eliminarmi?”

“ No, certo che no. Sono venuto solo per parlarti.”

Julia sospirò, sollevata.

“ Grazie al cielo! Non volevo di certo che ci fossero incomprensioni, fra noi, Carlisle. E poi, detto tra noi, sono contenta che tu abbia dato una lezione a quelle vecchie mummie.”

Si tastò i capelli, controllando con le dita l’acconciatura e sfiorando i brillanti dei pettini adornativi.

Il suo viso assunse un’espressione da bambina imbronciata, che, invece di danneggiare, aumentava il suo fascino.

“ Aro era semplicemente fastidioso. Un individuo assolutamente molesto. Marcus…”

Fece una smorfia.

“ Così invadente! E poi, Caius…”

S’interruppe, pensosa.

“ Be’, naturalmente è per colpa sua se non ho potuto appoggiarti. Se tu fossi uscito – perdona la mia indelicatezza – sconfitto e malridotto da quella battaglia, le cose non sarebbero finite bene per me. In passato, ho fatto dei lavoretti per i Volturi ed è stata in quell’occasione che io e Caius abbiamo avuto una storia… tempo fa… molto tempo fa. A pensarci bene, chiamarla storia è un’esagerazione. Diciamo semplicemente che abbiamo fatto sesso.”

“ Ah, capisco.”

Disse Carlisle, per nulla sorpreso da quella confessione. Sembrava quasi che la conoscesse già. Tuttavia l’ascoltò, sorridente e per nulla scandalizzato.

“ Come vedi, niente di serio. Ma all’epoca, Caius non era l’unico che esigeva la mia attenzione. Aro era particolarmente insistente e il suo atteggiamento mellifluo non contribuiva a rendermelo più gradito. So che è stato sciocco da parte mia preferire le attenzioni di Caius a quelle di Aro, visto che dei due, l’ultimo sembra il più potente in scala reale. Ma vedi… come posso spiegarti? Caius era… si, insomma… più… convincente? No, sarebbe inappropriato usare questo termine. Si, lo so che, dei tre, è il più spietato, sadico e spregevole, ma…”

Trasse un profondo respiro, con sguardo lontano.

“ E’ così sexy.”

Espirò quelle parole, con voce roca e soffusa.

“ Cioè, era, era sexy! Ora, non lo trovo più così attraente.”

Si corresse, scuotendo piano il capo, per scrollarsi di dosso ricordi ormai passati.

“ Certo, è chiaro.”

L’appoggiò Carlisle, con un’espressione curiosa. Era come se volesse ridere, ma si sforzasse di rimanere serio. Naturalmente, egocentrica com’era, Julia non lo notò, concludendo la sua lunga spiegazione.

“ Comunque, spero che tu non me ne voglia Carlisle, per questa piccola ed egoistica prevenzione.”

Disse, sinceramente accorata.

Carlisle le sorrise, dolce.

“ Non preoccuparti. Capisco perfettamente le tue motivazioni. Ti ripeto: non sono qui per rimproverarti nulla.”

Julia si lasciò ricadere lungo le schienale della poltrona, sorridendogli grata.

“ Bene.”

“ In realtà, sono qui per un’altra questione.”

Iniziò Carlisle, facendosi serio tutt’a un tratto. Julia lo notò immediatamente, portandosi le mani in grembo, congiungendone i dorsi.

“ Dimmi pure. Ti ascolto.”

Carlisle si passò una mano fra i capelli, abbassando lo sguardo sulle sue mani intrecciate.

Julia, vedendolo, si accigliò ed irrigidì i muscoli.

“ Oddio… è davvero così grave?”

Carlisle sospirò nuovamente.

“ Ecco… si tratta di Cole.”

A quel nome, lo sguardo di Julia, da preoccupato, si fece scuro e freddo.

“ Ah.”

Disse, socchiudendo gli occhi e guardando inespressiva Carlisle, che continuò:

“ Immagino ricorderai Cole Bishop.”

Julia distorse le labbra in una smorfia, accavallando le gambe nell’altro verso.

“ Vagamente.”

Carlisle sollevò lo sguardo, posandolo su di lei più a lungo del previsto. Sembrava tranquillo, ma in realtà la stava analizzando, con evidente incredulità. Tuttavia, proseguì:

“ E’ nei guai. Un informatore è venuto da me, a Forks, per dirmi che è stato catturato. Sappiamo che ha cambiato nome e che si trova in Africa. E’ lì che lo tengono prigioniero.”

“ Si, tutto questo è molto affascinante. Ma, vorrei porti un quesito fondamentale, Carlisle: perché lo stai dicendo a me?”

Gli chiese, con voce dura quanto i suoi occhi bui.

“ Perché nutro la speranza che tu possa aiutarmi a tirarlo fuori da questo impiccio, Julia. Mi sembra evidente.”

Julia serrò le labbra, stirandole in una linea dura, l’espressione accigliata.

Dopo un tempo lungo e indefinito, il silenzio rotto unicamente dal ticchettio di un lontano orologio a pendolo, Julia ricominciò a respirare, le spalle si ammorbidirono, ma il viso rimase lo stesso, contratto in una maniera innaturale.

“ Carlisle, tu sai bene che non c’è niente…” mormorò con forza: “ Niente che non farei per te. Tranne, naturalmente, quello che va contro la mia persona.”

Gli precisò con tono incolore e, ancora, innaturalmente freddo. Tuttavia, sapevo che quella freddezza non dipendeva da Carlisle, ma da ben altro. Forse, supponevo, da Cole stesso. Ma allora non ne ero del tutto certa e mi limitavo ad osservare lo scorrere degli eventi, attenta ad ogni mutamento.

“ Si, lo capisco. Tuttavia…”

Iniziò Carlisle, guardandola di sottecchi.

“ So che tu e Cole eravate più che semplici conoscenti.”

Julia distolse, per la prima volta, lo sguardo da Carlisle, come per difesa, iniziando a torturarsi fra i denti le unghie curate.

“ Prima di perdere del tutto i contatti con lui, Cole mi disse che voleva partire, andare lontano, conoscere posti nuovi… nutriva il desiderio di staccare la spina, allontanarsi dal presente…”

Julia sospirò, ma continuò ad accarezzarsi le labbra socchiuse con le nocche delle dita della mano sinistra. Ma sapevo, dal modo in cui porgeva l’orecchio destro, che seguiva con attenzione ogni parola pronunciata da Carlisle, che continuò il suo discorso, tenace, ma delicato.

“ E so con certezza, che in quel periodo voi vi frequentavate assiduamente.”

Ancora una volta, Julia rimase in silenzio. Carlisle, questa volta, tergiversò per altri due minuti, prima di dirle, a voce più alta, dettata dalla sicurezza dell’affermazione:

“ Cole mi disse che voleva sposarti.”

Le labbra di Julia si socchiusero di altri due millimetri, ma rimase ostinatamente muta. Ora, Carlisle la osservava accigliato, quasi confuso.

“ Ma che tu lo rifiutasti.”

“ Si, è vero, l’ho rifiutato!”

Esclamò Julia, alzandosi dalla poltrona e guardandolo con occhi sgranati, innaturali, quasi adirata.

Avvertii un movimento. Mi voltai per incontrare gli occhi scuri di Florence, vigili su Carlisle come un falco che non perde di vista la sua preda.

“ Non intendevo sposarmi e lui lo sapeva bene. Il matrimonio…”

Sputò disgustata, arricciando le labbra, scoprendo i denti bianchi ed affilati.

“ Il sogno di uno sciocco.”

Disse, cinica.

“ Cole non la pensava come te.”

Le confidò Carlisle.

Julia sembrò calmarsi, ma ancora irrigidita, si risedette mollemente sulla poltrona.

“ No, infatti.”

Julia tacque per un attimo, pensosa. Poi, scimmiottò una voce maschile, profonda ed infastidita:

Non capisco perché fai tanto la difficile. Non cambierebbe niente! Saremmo sempre noi…

Julia sbuffò rumorosamente, sventolando una mano, come per liquidare un interlocutore immaginario. Carlisle sghignazzò.

“ Lo imiti alla perfezione.”

Julia lo guardò con la coda dell’occhio, arcuando le labbra in un sorriso sincero.

“ Chissà quante volte l’avrà fatto lui con te.”

Carlisle sorrise.

“ ‘Cambierebbe e come! Sei un folle, Cole, se pensi che ti asseconderò in questo suicidio gratuito. Accontentati di quello che hai, oppure vattene!’ Ti rendi conto? Come si può trattare così l’uomo che dice di volerti sposare e metterti al primo posto nella sua vita? E’ davvero incredibile! Impossibile, si, è una donna impossibile!

Carlisle rise, trascinando perfino Julia. La sua risata rimbombò sulle pareti della sala, sovrastando quella cristallina di Carlisle, con la potenza di dieci cannonate e la delicatezza di mille violini.

“ Si, detto così, appare tutto molto comico.”

Disse Julia, dopo essersi calmata. Subito dopo, si rabbuiò.

“ Purtroppo, all’epoca, tutto sembrava inaccettabile.”

Carlisle colse la palla al balzo.

“ E ora non lo sarebbe più?”

Julia lo guardò, per un attimo incerta, per poi riacquistare il suo naturale autocontrollo e sorridergli cortese.

“ Certo che si. Sarebbe tutto perfettamente uguale.”

Carlisle annuì, quasi deluso. Julia sorrise.

“ Non guardarmi così, Carlisle. So cosa pensi, che io sia la causa dell’allontanamento di Cole dalla ‘retta via’, giusto?”

Carlisle alzò immediatamente lo sguardo, colpito.

“ No, io…”

“ Ma si, certo. In fondo, è la verità.”

Lo interruppe Julia.

“ Io ho spezzato il cuore di Cole. E’ per questo che è corso in Africa, a cercare emozioni che potessero rianimarlo nuovamente. Ha preferito solcare la strada del sangue e della violenza, quella che ha sempre disgustato… è diventato un mostro, per colpa mia.”

Disse, con tono incolore e con sguardo inespressivo. Non sembrava per nulla turbata da quell’ammissione di colpevolezza. Anzi… sembrava quasi che la cosa non la riguardasse minimamente.

Julia sorrise a Carlisle, in modo calcolato.

“ Tu mi odi per questo, non è vero, Carlisle?”

Carlisle sembrava sconvolto.

“ No, assolutamente.”

Julia rise, una pantera che arriccia la coda e fa le fusa alla vittima indifesa.

“ Oh, certo! Un uomo come te, Carlisle, abituato a dare così tanto amore al prossimo, senza accorgersi di riceverne, in cambio, così poco, non può che biasimare una donna egoista ed insensibile come me, che non ama nessuno, al di fuori di se stessa.”

Carlisle ammutolì, visivamente provato. Julia sospirò, lo sguardo lontano, il sorriso amaro.

“ Ai tuoi occhi, devo apparire davvero una donna triste.”

Mormorò, quasi fra sé e sé. La guardai e vidi una donna diversa. Era meno vampira e più umana. Dai suoi occhi traspariva un sentimento nuovo e talmente forte da trasfigurarla e renderla più bella, ma anche più lontana… più sola. Perfino Edward ne sembrò colpito. Ma il momento durò il lasso di un secondo.

Carlisle fece per dire qualcosa, ma ancora una volta Julia lo interruppe, ridendo in modo spensierato.

“ Questo è un altro motivo, per il quale, io e te non potremmo mai essere amanti, Carlisle. Sei troppo buono ed altruista per accettare di fare l’amore con una donna di marmo come me, per quanto seducente possa essere.”

Aggiunse, quasi ironica.

Carlisle sorrise, ma il suo era un sorriso amaro.

“ Senza contare, che finiresti per farmi innamorare di te, più di quanto tu non abbia già fatto.”

Bisbiglio, dolce e sensuale insieme.

Carlisle rimase spiazzato da questa rivelazione, tanto che s’irrigidì, assottigliando lo sguardo, come per capire se stesse scherzando o meno.

Ne ebbe la conferma, quando Julia lo investì con una nuova risata liberatoria.

“ Oh, Carlisle! E’ per questo che non mi stancherò mai di esserti amica. Sei così ingenuo, che è quasi una gioia prenderti in giro. Non esistono più uomini puri come te. Sei una rarità. E, credimi, io ne ho incontrati così tanti, nella mia vita, da poterlo confermare con certezza.”

Disse, con aria da monellaccia incorreggibile ed ammiccando complice.

Carlisle la ricambiò, con un sorriso timido.

“ Ritornando sulla questione di Cole, Julia, io credo che…”

“ Oh, ti prego, non preoccuparti. E’ una faccenda di poco conto. Risolvibile in meno tempo di quanto tu possa immaginare.”

“ Non mi sembra il caso, di prenderla così alla leggera.”

Dissi io, incapace di trattenermi. Come poteva essere così insensibile, da trattare il suo ex-amante come mera spazzatura? Mi trovai ad essere d’accordo con Cole. Era davvero impossibile.

Julia mi guardò, per un attimo sorpresa, per poi sorridermi, quasi divertita.

“ Bene, bene. Finalmente, qualcuno fa sentire la sua voce. Che caratterino ha tua moglie, piccolo Edward. Deve darti più di un grattacapo, una testolina calda come la sua.”

Disse, ammiccando verso Edward, inclinando la testa di lato, quasi curiosa.

“ Non poi così tanto. Di solito, sono io ad essere il più impulsivo.”

Mi difese Edward, stringendomi a sé, come per tranquillizzarmi.

“ Non mi dire! In questo, sei diverso da tua padre, allora.”

Gli disse, sorridendogli in maniera ampia.

“ Julia, ti prego… Cole.”

La rimproverò, Carlisle, riportandola all’ordine. Julia sospirò, come una Lolita imbronciata.

“ Si, si… te l’ho detto. Non hai nulla da temere. Cole se la caverà benissimo da solo. Puoi rimproverargli tutto, tranne di essere un idiota. Vedrai, si tirerà da solo fuori dai guai.”

“ Fèlice non era di questo parere.”

Disse Alice, sbrigativa.

Julia la guardò, contrariata.

“ Fèlice? E chi sarebbe?”

“ L’informatore di cui ti ho parlato. Sembra che conosca bene Cole, anche se per lei è più noto come Frederick.”

Ora, Julia sembrava molto più interessata all’argomento.

“ Ha cambiato nome? Perché?”

Gli chiese, con tono nuovo, determinato.

“ Questo non lo so. Pensavo potessi dirmelo tu. Lo hai conosciuto prima di me. Ci deve essere qualcosa che saprai meglio, rispetto alle mie fonti.”

Julia parve pensarci su.

“ Be’… non è che parlavamo molto, io e lui. Diciamo che c’intendevamo di più in camera da letto.”

“ Si, lo capisco, ma vi siete frequentati per molti anni. Non è possibile che il vostro rimasse un rapporto soltanto fisico.”

“ No, certo che no. Però, Cole è sempre stato un tipo a sé, abbastanza accomodante, senza grilli per la testa… rassicurante, in un certo senso. Che sia cambiato, in questi anni di lontananza… è possibile. Del resto, pensa che mi ha perfino sostituito con un’altra donna.”

Disse, con ardore. Era evidente, che la prospettiva non la entusiasmava moltissimo.

“ Non ci ha messo poi così tanto a rimpiazzarmi. ‘Oh, io ti amo, Julia. Sposami, Julia.’ Te lo ricordi, Florence? Come si struggeva per me?”

Chiese a Florence, che annuì, in risposta.

“ Non merita affatto che lo vada a salvare. In effetti, non dovrei farlo. Che vada Fèlice a tirarlo fuori dal buco in cui è precipitato.”

Carlisle sgranò gli occhi, sorpreso.

“ Ma allora, tu sapevi già tutto? Sapevi che Cole era stato rapito…”

Julia sospirò, portando gli occhi al cielo.

“ Non proprio. Mi era giunta una voce. Il signorino si è messo in cose più grandi di lui. Ha pestato i piedi a qualche possidente del luogo…”

“ Possidente?”

Chiesi, senza capire. Fu Jasper a delucidarmi.

“ In territori fuori dal nostro continente e da quello europeo, è più facile per noi vampiri gestire indisturbati il territorio. In terre già provate, come quelle, si lotta per il territorio, per la merce, per il cibo… è una guerra di supremazia. Chi è il più abile negli affari e a gestire le battaglie, vince.”

“ Si, è vero. O almeno, era così qualche anno fa. Ora le cose sono più stabili. Ci si batte di meno e i territori sono già stati divisi equamente e conquistati. Io ne possiedo una fetta piuttosto ampia.”

Disse Julia, con tono svagato.

“ Sei anche tu una possidente?”

Le chiese Carlisle, scettico.

“ Oh, be’… non che m’interessi più di tanto. Più che altro, è stato un regalo. Un vampiro mi ha ceduto una parte delle sue terre.”

“ E chi sarebbe questo vampiro?”

Julia sorrise.

“ Be’… quello che detiene la maggior parte del territorio africano. Si chiama Bob Kingsley. Era un borghese che si è fatto da sé e ha conquistato mezza Africa con i suoi soli mezzi. E’ forte, potente… e ricco.”

“ Ricco?”

Carlisle sollevò un sopracciglio.

“ Incredibilmente ricco.”

“ E tu lo conosci bene?”

“ Ovvio.”

“ Siete stati… amanti?”

“ Non recentemente. Sono circa vent’anni che non lo vedo.”

Carlisle rimase in silenzio, meditabondo.

“ Credi che Bob c’entri qualcosa con il rapimento di Cole?”

“ Be’… dipende. Lo conosceva?”

“ Oh, ma certo! Erano entrambi miei amanti, all’epoca. Quando l’hanno scoperto, uno mi ha lasciato…”

“ Cole?”

“ E chi altri, se non lui? Mentre Bob, mi ha chiesto di diventare la sua compagna.”

“ Una reazione piuttosto strana.”

Julia rise piano, al ricordo.

“ Oh, non ho mai detto che lui fosse a posto. Comunque, se Cole ha pestato davvero i piedi a Bob, le cose potrebbero complicarsi…”

Julia si morse il labbro inferiore, quasi preoccupata.

“ In che senso?”

Julia sospirò.

“ Ho dimenticato di dirti, che i due non si amavano molto.”

Strinse gli occhi, come una bimba colta a rubare la marmellata, mordendosi di nuovo il labbro.

Carlisle soppesò le parole di Julia, per poi sospirare, chiudendo gli occhi.

“ Oh, Julia…”

“ Si, lo so! Sono un pericolo pubblico. Ammanettami e chiudimi in una torre oscura, Carlisle.”

Lo invitò, seducente.

Carlisle si passò una mano fra i capelli, esasperato.

“ Quindi, è stato Bob a rapire Cole?”

“ E’ probabile. Sarebbe nel suo stile.”

“ Ma perché non ucciderlo allora? Non avrebbe senso, mantenerlo in vita, se lo odia così tanto.”

Julia mi guardò truce.

“ Deve solo provarci, a toccarlo. Sa bene cosa lo aspetta. E’ per questo che non lo fa. Per paura… di me.”

Mi rivelò, con voce dura e rovente. Per la prima volta, manifestò apertamente tutta la sua rabbia.

Si alzò di scatto, sorridendo a Carlisle e a tutti noi.

“ C’è un solo modo, per scoprire se sia stato davvero Bob a catturare Cole.”

Fece un cenno a Florence, nell’angolo, che si animò.

“ Florence, prepara i bagagli. Partiamo.”

“ Dove vorresti andare?”

Le chiese Carlisle, alzandosi a sua volta. Lo imitammo, i sensi all’erta. Julia sembrava più attiva e meno superficiale, e questo non era un buon segno.

“ A New York, ovviamente. Fatti bello, Carlisle. E anche voi, bimbi. Andiamo ad una festa.”

Disse, sparendo dietro una porta a muro, invisibile sulla parete, come quella di un palazzo antico.

Florence la osservò procedere all’interno del corridoio, prima di chiudersi la porta alle spalle e ad osservare tutti noi, vigile ma impassibile.

Guardai interrogativa Edward, che disse a Carlisle, con l’aria di essersi perso qualcosa.

“ Festa?”

“ Bimbi?”

Aggiunsi io, piccata. Alice rise e si risedette sulla poltrona.

 

Angolo dell’autrice.

Sono tornata. Non me ne volete per il ritardo atroce, ma non ho potuto fare di meglio. Gli impegni universitari sono troppi e troppo intensi. Ma vedrò di emergere dal mare di impegni e di aggiornare con più costanza.

Un bacio grande grande a tutti quelli che seguono la storia e me, con grande interesse. Vi adoro!  <3

A presto,

Sempre vostra,

Fuffy91.

 

PS: Commenti sempre graditi! ;)

 

<3 <3 <3

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Bella.

 

New York era insolitamente tiepida, in quel periodo rigido. La Grande Mela ci accolse in modo distaccato ed indifferente. I newyorkesi sembravano sempre così frenetici, ognuno era immerso nei suoi pensieri ed erano pochi coloro che li condividevano.

L’appartamento di Julia, situato all’ultimo piano del palazzo antico, nell’ala est della periferia nord della città, era arredato nello stesso identico stile primo ottocentesco della sua residenza in Olanda.

Intercettando il mio sguardo sulle pareti verde smeraldo, sui mobili antichi e ricercati, mi sorrise, leggera.

“ Adoro lo stile Liberty. Suscita in me un che di nostalgico.”

Abbandonò la pelliccia di visone color cammello sul pavimento in parchè, ricoperto da tappeti damascati, con motivi persiani.

“ Florence.”

Lo richiamò Julia, mentre lui raccoglieva la sua pelliccia da terra.

“ Mostra gli alloggi ai nostri ospiti.”

Ordinò, con voce tonante, che non ammetteva repliche.

Florence s’inchinò, raccogliendo il suo comando diligentemente.

Carlisle intervenne, sorridendole cordiale.

“ Non è necessario. Possiamo cercare da soli un albergo…”

Julia lo guardò, scandalizzata.

“ Non dire assurdità, Carlisle. Questo appartamento è più che sufficiente per tutti. Resterete qui.”

Disse, con un tono che non ammetteva repliche.

Fece un cenno a Florence, che le si avvicinò immediatamente, superando me ed Edward con un movimento elegante e sciolto.

“ Mostragli le loro camere.”

Gli ribadì, guardandolo fra gli occhi socchiusi. Alzò una mano, per accarezzargli con la punta delle dita il mento, sussurrandogli morbida:

“ E dopo preparami un bagno. Sono sfinita. Mi raccomando: che sia ben caldo. E non dimenticare i petali di rosa rosse.”

Florence annuì, rimanendo impassibile di fronte al suo tocco e, silenziosamente, invitò me ed Edward a seguirlo. Guardai Julia, che era ritornata sorridente ed amabile:

“ Su, coraggio.”

C’incitò.

“ Andate ad esplorare.”

Edward mi prese per mano, pilotandomi al suo fianco. Avvertii distintamente i passi di Alice e di Jasper dietro di noi. Carlisle era rimasto in salotto con Julia. Percepii la risata di lei espandersi fino al secondo corridoio, disseminato di quadri del primo novecento, e dopo la sua voce dire, maliziosa:

“ Suvvia, Carlisle! Non ci sarebbe nulla di male nel fare il bagno insieme.”

E di qui partì una nuova risata, più fragorosa della prima. Sorrisi, mentre Edward scuoteva la testa, sogghignando. Era evidente che si stesse divertendo, come me e forse più di me, nel vedere suo padre in evidente difficoltà.

Nel frattempo, Florence si era fermato alla seconda porta sulla destra, aprendola con uno scatto veloce.

Con una mano inguantata, c’indicò l’interno.

“ Prego. Questa sarà la vostra camera.”

Annunciò, con quella sua voce profonda e troppo matura, per un viso così giovane.

Edward mi fece entrare per prima. Florence aveva acceso le luci, emanate da finte candele artificiali, di uno splendido lampadario finemente decorato, che pendeva dal soffitto a cassettoni.

Spostai lo sguardo lungo il resto della stanza. C’era un unico armadio in legno scuro, grande e spazioso, una specchiera antica, con uno specchio modernissimo, ma con cornice antica, un divanetto, due poltroncine attorno ad un delicato tavolino rotondo, una panca e un gigantesco letto matrimoniale, a baldacchino, con lenzuola bianche e rosso porpora, con le candide federe dei cuscini che richiamavano sottili motivi a fiori ricamati, dello stesso rosso della coperta.

Era bellissima, nonostante il lusso forzato.

Florence mi prese con delicatezza il bagaglio dalle mani, depositandolo sul letto, accanto a quello di Edward, che aveva già gettato il cappotto grigio sul letto, perfettamente a suo agio.

Alice ridacchiò di fronte alla mia espressione inebetita. La guardai male e lei mi fece una linguaccia.

“ Non arrabbiarti. Se tutto questo ti sconvolge, aspetta di vedere il bagno.”

“ Il ba-…”

“ Stai tranquilla.” M’interruppe. “ Il mio è più bello.”

Ammiccò e seguì Florence lungo il corridoio. Jasper la tenne stretta per la vita, mentre ci diceva:

“ Ci vediamo dopo.”

Si richiuse la porta alle spalle, lo sguardo puntato sulla schiena di Florence. Era evidente che ancora non si fidasse di lui. Lo dissi ad Edward:

“ Jasper non si fida di Florence.”

“ E ha ragione.”

Disse lui, tirando fuori dalla borsa un vestito imbustato e gettandolo sul letto, vicino al cappotto.

Mi avvicinai a lui, circondandogli la vita da dietro, schiacciando il viso sulla sua schiena e respirando l’odore della sua pelle, attraverso le fibre del maglione nero.

Edward afferrò la mia mano destra e se la portò alle labbra, baciandone le dita una ad una. Si rilassò completamente, avvolto dalle mie braccia, mentre mi lasciai inebriare dal suo profumo e coccolare dalle sue carezze.

“ Florence è pericoloso?”

Chiesi, dopo un tempo che mi parve eterno.

Edward inclinò leggermente la testa all’indietro, posando la guancia sinistra sul mio capo.

“ Abbastanza. Non è innocuo come appare. E’ meglio mantenere la guardia alta, quando c’è lui nei dintorni.”

Mi spiegò, con voce vellutata.

“ Capisco.”

Sollevai il mento per posargli un bacio sulla nuca.

Lo sentii sorridere e lo feci anch’io.

Mi distaccai, incuriosita dal vestito che aveva tirato fuori dal suo bagaglio.

Lo liberai dalla pellicola di plastica, dispiegandolo sul letto interamente. Era un completo classico, interamente bianco.

Osservai Edward, che ricambiò lo sguardo, quasi divertito.

“ Vai ad un matrimonio?”

Edward rise, avvicinandosi e abbracciandomi da dietro, come aveva fatto con lui poco fa, scostandomi i capelli dal collo e baciandolo a piccoli tocchi di fuoco. Chiusi gli occhi e socchiusi le labbra, soffiando un gemito. Adoravo quando mi coccolava così. Le sue carezze arrivavano dritte al mio cuore, minacciando di farlo battere di nuovo. Quando mi toccava, era come se la sua bocca, la sua lingua e le sue mani mi toccassero, leccassero e sfiorassero direttamente fin dentro la pelle, i muscoli, i nervi scoperte, raggiungendo le ossa. Era un’esperienza devastante, a cui ancora non riuscivo ad abituarmi… o meglio, se fossi riuscita mai ad abituarmi.

E poi, lo desideravo, sempre, continuamente, anche nei posti meno indicati. E la vista di quel letto invitante, non mi aiutava di certo a ritrovare il controllo.

Fortuna che Edward, fra i due, sembrava essere il più responsabile – come sempre – e dopo alcuni attimi di piacevole delirio, lasciò le mie labbra libere di respirare e il mio corpo capace di muoversi autonomamente.

“ E’ per la festa.”

Per un attimo lo guardai, senza capire. Poi, ricollegandomi al discorso di prima, gli sorrisi.

“ E perché in bianco?”

Edward mi baciò di nuovo, accarezzandomi la vita, penetrando con le mani al di sotto dei miei vestiti, facendomi ansimare indecentemente. Si distaccò con difficoltà. I suoi occhi erano d’oro brunito.

“ E’ una festa a tema. Ci si veste di bianco.”

“ Anch’io dovrò metterlo?”

Distorsi le labbra in una smorfia. Non mi piaceva vestirmi di bianco. Sembravo un fiocco di neve troppo lungo e troppo grande. E il mio disappunto contribuì a divertire Edward, che contornò le labbra imbronciate con le dita, baciandole subito dopo, in un rapido tocco.

“ Credo proprio di si. Non ti lasceranno entrare, altrimenti.”

“ Entrare? Entrare dove?”

La mia risposta arrivò un’ora più tardi, nei bassifondi di New York, a mezzanotte passata e con un gruppo di alcolisti che uscivano, barcollando, da un bar di terza categoria e malfamato. Non era certo il posto più accogliente e tranquillo del mondo per dare una festa.

L’unica del gruppo ad essere perfettamente a sua agio era Julia. Interamente coperta da un elegante cappotto bianco, i capelli raccolti in un’elaborata acconciatura, alla sommità del capo, come suo solito, sorrideva deliziata, gli occhi, nascosti dietro un paio di occhiali scuri, puntati su un punto preciso del vicolo sudicio ed oscuro.

Soltanto un lampione rotto illuminava ad intermittenza un angolino nascosto della scalinata che conduceva giù, in un luogo lasciato in penombra. Riuscivo a scorgere perfettamente i fili di ragnatela penzolanti dal pergolato bagnato di pioggia, la grata della foglia, vicino al bidone della spazzatura, stracolmo di tutto, e lì vicino, poco più avanti, lo spigolo di una porta. non riuscivo a vederlo, ma sapevo che lì c’era un vampiro. Ne percepivo il forte odore dolciastro.

Edward mi strinse il braccio e mi accostò a lui, quando inavvertitamente Florence, nel raggiungere il fianco della sua padrona, mi aveva sfiorato il gomito destro. Per l’occasione, anche lui si era vestito di bianco, escluso il papillon nero che spiccava sulla camicia bianca, con bottoni di madre perla. Più che una fedele guardia del corpo, mi dava l’impressione di un accompagnatore aristocratico.

“ Bene, è qui.”

“ Qui?”

Chiesi io, titubante. Julia si voltò solo un istante, il tempo neccessario di concedermi una rapida occhiata.

“ Ma certo.”

“ Ne sei proprio sicura, Julia?”

Le chiese cortese Carlisle, splendido nel suo completo bianco panna. Con quei capelli biondi, dai riflessi d’argento, e quegli occhi luminosi e buoni, sembrava un angelo custode.

Julia gli rispose, rivolgendogli un sorriso candido:

“ Fidati.”

Carlisle la ricambiò, arcuando divertito un angolo della bocca.

“ Andiamo?”

Disse Alice, stringendo la mano di Jasper, che sorrise nell’ammirarla. La più deliziosa di tutti, quella sera, era sicuramente lei, con indosso quel tubino di tulle e pizzo bianco. Mi dava l’impressione di una ballerina del Lago dei Cigni.

“ Oh, ma certo. Florence…”

Florence la precedette, senza aspettare un suo ordine. Julia sorrise fra sé, prendendo sotto braccio Carlisle e cominciando a scendere le scale.

Sospirai.

“ Ci siamo.”

Edward mi sorrise, gli occhi ardenti, mentre mi sussurrava fra i capelli.

“ Sei bellissima.”

Gli sorrisi timida, studiando da capo a piedi e desiderando ardentemente che quella storia finisse in fretta. Intanto, lottavo contro la voglia di strappargli quel vestito bellissimo e costosissimo di dosso, magari iniziando dalla camicia, strappando i bottoni… magari con i denti…

“ Bella!”

Mi rimproverò Jasper, infastidito.

Se fossi stata umana sarei arrossita vistosamente. Dimenticavo troppo spesso che Jasper sentiva tutti i miei cambiamenti d’umore. Alice rise, divertita.

“ Scusa.”

Gli mormorai, quando ci sorpassarono.

Jasper ammiccò e mi sorrise, comprensivo. Intanto, il desiderio di Edward si era magicamente attenuato. Gli mimai un ‘grazie’ senza voce. Le labbra di Jasper mi risposero con un ‘prego’ invisibile.

“ Che c’è?”

Edward tacque per un istante. Sapevo che si stava aggiornando, attraverso i pensieri di qualcuno. Alice? Probabile.

“ Oh…”

Disse, sorridendomi malizioso, stringendomi a sé improvvisamente sul ciglio delle scale e baciandomi intensamente. Lo strinsi a me, accarezzandogli i capelli e il viso perfetto.

Quando si distaccò, rise e mi baciò la punta del naso.

“ Fatti bastare questo, amore. Continueremo… più tardi.”

A quel punto risi anch’io, afferrando la sua mano e discendendo le scale, premurandomi di sollevare un lembo del vestito, per non sporcare l’orlo della gonna immacolata.

Quando raggiungemmo gli altri, la prima che vidi era Julia, spalleggiata da un fedele e silenzioso Florence, che scrutava inespressivo un alto e muscoloso vampiro, l’incubo di qualsiasi buttafuori nel vicinato.

I suoi occhi si posarono minaccioso su di me e su Edward e capii che ci stava aspettando, per parlare e quando lo fece, usò un tono di voce forte e rabbioso.

“ Siete tutti?”

Julia gli sorrise, per nulla scoraggiata.

“ Si, adesso tutti.”

Il vampiro distorse le labbra, come se volesse scoprire i denti e ringhiarle contro, ma alla fine, sbuffò soltanto, brusco ed annoiato.

“ Avete gli inviti?”

Solleva un sopracciglio. Inviti?

“ Ma certo.”

Julia fece un cenno a Florence che tirò fuori dalla tasca interna della giacca una busta d’avorio, con scritte dorate. Riuscii a leggere il nome di Julia nella parte destra, fra il pollice e il mignolo di Florence.

Il gorilla l’afferrò e la esaminò.

“ Chi è di voi Julia Hamilton?”

Domandò, sempre con quel tono sprezzante ed irritante.

“ Presente.”

Julia sollevò una mano, facendo sorridere Alice e Carlisle, che scosse la testa. Il vampiro alzò un sopracciglio.

“ Questo è un invito solo per una persona.”

“ Si, ma io ho degli accompagnatori.”

Spiegò lei candida. Il sopracciglio del vampiro si arcuò maggiormente.

“ Così tanti?”

Julia si sfilò con calma gli occhiali, consegnandoli a Florence e gli sorrise, maliziosa.

“ Faccio a turno. Prima uno…”

Sfiorò il dorso della mano di Carlisle con l’indice destro, con fare allusivo.

“ Poi un’altra…”

Sollevò lentamente la mano sinistra, per catturarmi fra l’indice e il medio una ciocca ribelle, sfuggita all’acconciatura.

Non guardava me, ma il vampiro, dritto negli occhi rossi, ora decisamente più attenti.

“ Lei comprenderà sicuramente…”

Continuò, il tono di voce sempre più basso, sempre più caldo…

Il vampiro deglutì rumorosamente, ufficialmente incantato.

“ Che non potrei, in nessun caso, rinunciare alla loro compagnia. Quindi, a questo punto, concorderà con me, nel permettere a tutti noi d’entrare nel locale, non è vero?”

Il vampiro l’aveva guardata stregata per tutto il tempo, gli occhi fissi sulle sue labbra.

Quando si sentì osservato da altri occhi che non fossero quelli di lei, si schiarì la voce e disse, con altro tono, decisamente più accomodante e leggermente roca, aprendo la porta, con fare disinvolto:

“ Prego. Entrate.”

Julia gli sorrise, ringraziandolo con voce squillante:

“ Grazie mille.”

Si avviò per prima, trascinando Carlisle per un gomito. Florence chiuse la fila, anche se fu il vampiro all’esterno a chiudere la pesante porta di ferro.

Appena entrati, su di noi calò il buio. Poi, improvvisamente, una luce rossa, seguita da un’altra viola e poi da una blu elettrico c’investirono a fasce, per poi illuminare l’intero abitacolo con una calda e densa luce bianca. Eravamo in un salotto, dalle ampie pareti sfondate. Capii immediatamente che le luci colorate di prima erano i riflessi delle vetrate delle larghe finestre, che s’inerpicavano fino all’alto soffitto, chiudendosi ad arco acuto.

Ognuno di loro era separata da grandi colonne tortili, tutte di marmo di Carrara. Sul soffitto vi erano appesi specchi dalle cornici antiche, simili nello stile a quelli in casa di Julia, accompagnati da quadri settecenteschi. Riuscii a scorgere perfino la Creazione di Michelangelo. La veste del Dio Padre creatore mi rimbalzò all’occhio in uno scintillio rosato.

Le uniche fonti d’illuminazione, erano l’esterno e candele a gruppi di tre disseminati qua e là, in angoli calcolati.

L’arredamento era minimal, composto unicamente da tavolini di vetro, piccoli e rotondi, poltrone e divanetti, anch’essi bianchi, e da un’ampia tavola bianca, su cui spiccavano file e file di calici di cristallo e coppe in argento, oltre a bottiglie di champagne, scure come se fossero ricolme di vino rosso. Ma l’odore ferroso e dolciastro che aleggiava tutt’intorno, era inconfondibile: sangue, dolce, succulento e dissetante sangue.

Gi occhi di Jasper erano già d’oro brunito e quelli di Florence ardenti di brace. Entrambi, lottavano contro la brama di sete. Dal mio canto, avevo smesso di respirare già da un pezzo. Edward mi strinse al suo fianco, dandomi il suo appoggio.

Non volevo cedere alla tentazione di assalire uno di quei vampiri dagli occhi rossi, allo scopo di bere con ingordigia il sangue di qualche povero umano.

Già, perché, dimenticavo quasi di sottolineare la cosa più importante: non c’era uno spiraglio di quella imponente sala, che non fosse occupato da uno o più vampiri. La stanza ne era così piena che risultava misero perfino lo spazio lasciato per i nuovi arrivati, in quel caso, il nostro gruppo.

E ora, ognuno di quei vampiri, ci stava fissando, freddi ed impassibili, tanto che Florence appariva quasi allegro.

Il silenzio cadde come un pesante fardello sulle nostre teste, lasciandoci immobili e pietrificati sul posto. Una leggera musica di sottofondo – Beethoven, forse? – cercava di alleggerire l’atmosfera.

Julia si voltò per sorriderci.

“ Niente paura.”

Sogghignò.

Con un gesto fluido, si sbottonò i pochi bottoni del cappotto, lasciandolo scivolare ai suoi piedi.

A quel punto, molti vampiri sibilarono, indignati, ed altri – maschi, soprattutto – l’ammirarono, lo sguardo affamato.

Il motivo di tutto quel trambusto risentito, era l’abbigliamento di Julia. Perfino io ne rimasi stupita. Ci aveva talmente premurati di vestirci interamente di bianco, che la prima a trasgredire, alla fine, era stata lei. Indossava un elegante vestito nero, con scollo sfasato e spalline talmente sottili d’apparire inesistenti. Dal taglio anni ’30, poteva sembrare una sottoveste, se non fosse stato per il motivo brillantato che la faceva scintillare dolcemente, senza esagerare.

Avanzò con disinvoltura fra gli invitati, che ripresero a dialogare a coppie o a gruppi concentrici di cinque o sei, e il ticchettio dei suoi tacchi alti era forte abbastanza da superare i sussurri e i bisbigli continui.

“ E’ tutto nella norma. Sono curiosi di vedervi. Di solito, non porto accompagnatori né amici con me, a queste feste.” Spiegò a Carlisle, prima di esclamare:

“ Oh, Susan! Che piacere.”

Susan era una vampira tutto pepe, che ad ogni sorso tratto dalla sua coppa d’argento, andava ad intensificare il caldo rosso dei suoi occhi grandi. Era minuta quasi quanto Alice, ma meno elegante e quasi goffa, o almeno, come può esserlo uno della nostra specie. Forse, pensai, era quel continuo bere a renderla tutta risolini e parole a raffiche.

Appena aver risposto al suo richiamo, Susan aveva iniziato a raccontare a Julia i suoi lunghi viaggi con un certo Paul, che lei trovava estremamente affascinante, ma troppo pignolo.

“ … e poi siamo andati a Lucca. Non ti dico i sobborghi affollati e la gente antipatica che abbiamo trovato! Anche quell’ampolloso, quell’Eric…”

Rise, agitando il suo calice.

“ Paul, che non ha poi questo così alto senso dell’humour, l’ha definito un pappagallo impagliato, gonfio d’elio.”

E da qui, una nuova fragorosa risata, che la sbilanciò verso Julia, che lasciò che si reggesse sulle sue spalle, con le braccia. Il calice si rovesciò quasi sul suo vestito, ma Julia con una mano, l’afferrò fra le dita, sicura. Ne annusò il contenuto, arricciando la punta del naso.

“ Susan, hai messo dell’assenzio in questo drink?”

Susan, ancora scossa dalle risate, ormai completamente abbracciata a Julia, scosse la testa, energica, gli occhi chiusi.

“ No, che dici? Ah ah ah… sei divertente.”

Biascicò, annusandole il collo.

“ E hai un buon profumo… te l’ho detto che hai un buon profumo?”

Le chiese, incoerente.

“ Si, certo. Chi te l’ha dato?”

“ Cosa?”

Disse, guardandola allucinata.

“ Il calice.”

Glielo sventolò davanti agli occhi sgranati.

“ E io che ne so? Paul, forse… no, lui è a Las Vegas, con Patricia, quella puttana con le tette grandi…”

“ Mmm…”

Mugugnò Julia, prendendolo il viso nella presa salda del mento, osservandola critica.

“ Si, è decisamente assenzio. Lo sai che mischiare veleno su veleno ti rende instabile.”

Susan brontolò qualcosa e sembrò afflosciarsi su se stessa. Due ragazze accorsero per afferrarla, l’una e l’altra per un braccio di lei, che urlò a Julia:
“ Io lo amo! Io amo, Paul. Anche se è noioso e pignolo. Io lo amo!”

Ripeté, lamentosa, ribellandosi dalla stretta delle due ragazze, che barcollarono, stupite dalla sua forza, osservandola mentre si gettava fra le braccia di Julia, che fermò Florence, pronto ad intervenire.

“ Io lo amo! Ma lui è uno stronzo, che se la fa con le sgualdrine come Patricia. Io odio Patricia!”

Disse, rabbiosa.

Poi, si calmò di nuovo, osservando Julia, quasi con accusa:

“ Ma che ne vuoi sapere, tu? Sei così bella, così elegante… tu sei una perbene, che se ne sbatte delle regole… che parla bene, che ammalia gli uomini con uno sguardo… sei così sexy che perfino i mobili sembrano amarti… magari ti sei fatta pure Paul… aah! Sto bene! Lasciami stare! Sto parlando con la mia amica, non lo vedi?”

Disse ad una di quelle due ragazze, che la guardavano rammaricate.

“ Perché tu sei mia amica, vero Julia?”

Le chiese Susan, quasi pregandola di dire di si. Julia le sorrise, tenendola per la vita.

“ Ma certo, Susan. Ora, però, sdraiati un po’ e smetti di bere questa roba, che ti rende triste.”

Julia fece cenno alle ragazze di avvicinarsi, togliendo il calice dalla vista di Susan, che intanto era tornata lamentosa. Questa volta, però, si rifugiò sulla spalla di una delle ragazze, che la confortò, amorevole.

“ Su, sorella, vieni. Hai bevuto troppo.”

Le disse, con voce dolce e pilotandola verso un divano.

“ Si, vieni, Susan. Sdraiati qui.”

La posero su un divanetto, che fu subito sgombrato dalle due vampire.

“ Julia!”

La richiamò Susan, il viso nascosto da un braccio.

“ Si?”

“ Non ti sei fatta Paul, vero?”

Julia sogghignò.

“ Non che io ricordi.”

Mormorò, suadente.

Susan le sorrise, sollevando il pollice nella sua direzione. Poi, ritornò a brontolare.

“ Poverina… ma cos’aveva?”

Le chiesi, guardandola ancora con biasimo.

“ Assenzio! Quella sciocca l’ha mischiato col sangue. Non è pericoloso, ma se preso in eccesso, ti destabilizza, perdi lucidità e cominci a vaneggiare. E’ come ubriacarsi, solo che è più potente di una sbronza.”

Mi spiegò Julia, rivolgendo solo parole di disappunto per la sua amica. Sospettavo che la sua irritazione andasse al di là dell’aver digerito dell’assenzio, ma non indagai oltre.

Improvvisamente, un vampiro dall’aria trasandata afferrò Julia per la vita, ringhiando a Carlisle che le era vicino, e spingendola sempre di più lontano dal loro gruppo. Florence era già rigido e pronto all’azione, ma tergiversava ad attaccare. Evidentemente, non voleva che Julia rimanesse coinvolta nello scontro.

Incredibilmente, lei era l’unica a sorridere, per nulla spaventata.

Il vampiro sfregò il naso, il mento ricoperto da una barba bionda incolta e parte della guancia destra sul suo collo, posando le labbra rosse sulla gola, senza però scoprire i denti.

“ Tu… hai… un odore… fantastico.”

Sillabò, ubriacandosi del suo profumo.

“ Me lo dicono in tanti.”

Disse lei, con fare disinvolto.

Florence fece un passò e lui sibilò, recettivo, gli occhi in fiamme.

“ Julia…”

Mormorò Carlisle, accigliato. Lei sollevò una mano.

“ Tutto bene.”

Con la stessa mano, accarezzò i capelli alla nuca del vampiro, che reclinò la testa verso le sue dita, con fare molto poco umano. Sembrava del tutto selvaggio, nei modi e nel fare. Se non fosse stato per il vestito bianco che indossava, sarebbe apparso un nomade qualunque, decisamente incivile.

“ Il gattino vuole solo un po’ di coccole.”

Bisbigliò Julia, afferrandogli la punta del mento, con i denti, con fare provocatorio.

Il vampiro biondo ringhiò, ma questa volta solo di desiderio.

“ Eh, no, cara mia!”

Una vampira sbucò dal nulla, afferrando il vampiro per un gomito e strappandoglielo di dosso con facilità.

“ Lui è mio.”

Disse, con fervore.

La donna era più alta di Julia e molto più dominatrice del biondo, che le si accostò accanto, senza battere ciglio, ma con gli occhi ancora fissi du Julia che, intanto, per nulla turbata, era ritornata al fianco di Carlisle, con Florence davanti a lei, al sicuro.

“ L’ho preso dall’Alaska giusto qualche giorno fa. E’ ancora in prova. Ma è solo mio, per il momento. Cercatene un altro, Julia!”

Le disse la donna, rabbiosa e sul punto di fare battaglia, mentre accarezzava i capelli ricci del vampiri, come per ammansirlo e tenerlo legato a sé.

“ Ti prego, Carola, calmati. Non voglio soldati, per il momento. Né dolci compagnie.”

Aggiunse, notando sicuramente il modo possessivo con cui Carola teneva stretto a sé il vampiro, che le baciò il palmo della mano, assuefatto da lei. Sembrava sempre di più un gatto selvatico.

“ Ci mancherebbe altro!”

Esclamò la donna, con voce potente. Più la guardavo e più non mi piaceva. Si voltò, trascinando con sé il vampiro, senza salutarla.

Julia sospirò, arricciando le labbra.

“ Idiota.”

Sibilò, dura.

Poi, afferrò la mano di Carlisle e lo spinse lontano da lì.

“ E’ per quelle come lei, che di solito evito questi ricevimento. Sono così aperti a tutti, da lasciarti nauseata, per la gente indesiderata che potresti ritrovarti davanti.”

Commentò con Carlisle, con tono irritato più di prima.

Ma subito sorrise, quando vide un vampiro corpulento venire verso di lui. Doveva essere più grande di lei e più brillo di Susan, ma l’accolse comunque con grande entusiasmo, riuscendo perfino a farla ridere. E, ovviamente, era francese.

« Oh, l’alla! Qu’est-ce que ce passe, ce soir? Julie, mon amour ! » *Oh, l’alla ! Che succede, stasera ? Julia, amore mio ! *

“ François, mon ami… quanto tempo è passato…”

Disse, baciandosi a vicenda, su entrambe le guance.

“ Due anni, ma chérie, due anni d’inferno!”

Esclamò lui, stringendole le mani.

Sorrisi nel guardarlo. Aveva un che di effeminato, nei modi e nel parlare, però non era quello che suscitava la mia ilarità. Era proprio lui, con il suo fare schietto e la sua pungente ironia. In meno di un minuto, criticò tutti i presenti, contestando quello e quell’altro strascico – “ Cosa siamo? Un branco di zitelle in cerca di abiti da matrimonio?! Ah, mon Dieu!” – quel cappello da quella retina – “ E’ risaputo, che l’effetto bianco non sta bene con la retina… Su quei capelli rossi, poi… Oh, inguardabile!” – e quel vestito dall’altro – “ Quel tubino t’ingrassa, Marianne! Ed è tutto dire, visto che è una trentotto.” – rivelandosi, dunque, un vero appassionato di moda.

Su Julia, ebbe solo complimenti. Le sorrise, mentre la invitava a volteggiare, per mostrarle l’abito in tutte le sue rifiniture. Sorrise, applaudendo.

“ Sei un incanto, chérie, un vero incanto! Oh, mi restituisci un po’ di luce, in questa landa desolata. A proposito, ragazzaccia, dove sei finita? Sei emigrata in Olanda e ti sei messa lì, a fare il punto croce, con quei quattro arrampicatori sociali. Per non parlare di quelle musone olandesi… aaah! C’est très, très tragique!” * E’ molto, molto tragico! *

Disse, prendendola sotto braccio e pilotandola a piccoli passi per la sala. Io ed Edward li seguimmo, io incuriosita, lui divertito, ma attento a guardarsi intorno. Cercava d’individuare il motivo della nostra incursione lì, in padrone di casa, Bob Kingsley, che ancora non si faceva vedere. Speravo non si stesse nascondendo in mezzo a quella baraonda di proposito.

Ma Julia sembrava non preoccuparsene, mentre rideva ai racconti di François.

“ Davvero? Dici sul serio? E’ scappato con ben quattro amanti?”

Gli stava chiedendo, gettando la testa all’indietro e ridendo di gusto. Tre vampiri nelle vicinanze si voltarono a guardarla, ammirati. Florence fece da scudo a Julia, guardandoli di traverso. I tre si voltarono immediatamente. Questo non sfuggì a François, che mormorò a Julia, malizioso:

“ Mmm… noto che il tuo bel filibustiere è ancora al tuo fianco. Non è cambiato di una virgola… per fortuna! Gli addominali sono ancora presenti?”

Julia gli sorrise:

“ Non so, non ho controllato.”

Gli mormorò. François la guardò scioccata.

“ Dovresti! Assolutamente! Non ti riconosco più, ma chere… sei ammalata? Hai bevuto assenzio come Susan? Oh, poverina! Pene d’amore, l’affliggono… hai sentito di quel Paul, che l’ha prima sedotta e poi se l’è svignata a Las Vegas con una nomade, trovata per strada? Katrine giura di averla vista con ancora le foglie tra i capelli. Un vero scandalo! Per non parlare della povera Susan… ci è rimasta di sasso. Ci credo che vuole intossicarsi con l’assenzio. Lo farei anch’io, se il mio compagno mi tradisse in quell’assurda maniera. Per Dio, senza una spiegazione! Ce n’est pas tollerable!” * Non è tollerabile *

Julia annuì, ma il suo sguardo era altrove.

“ Cerchi qualcosa, cara? O qualcuno?”

Insinuò malizioso, François.

Julia abbassò lo sguardo e sorrise, gli occhi socchiusi.

“ In realtà, cerco una persona.”

“ Un compagno, finalmente? Oh, so io chi farebbe per te: Miguel! Spagnolo, ex-torero e furia latina, chica!”

Concluse, ammiccando. Julia gettò di nuovo la testa indietro, ridendo spensierata.

“ Oh, no!”

“ Sei sicura? Guarda che è un ballerino fantastico. Provare per credere, chere… ti conosco, e so che ami gli uomini che sanno bien danser , sulla pista e a letto, naturale.” * Danzare bene *

Julia sghignazzò, ma portò accanto a sé Carlisle, che l’osservò confusa. François, invece, aveva tutta l’aria di apprezzarlo, tanto che sgranò gli occhi alla sua vista.

“ Oh, ma tu l’hai già trovato, vedo, il tuo Miguel…”

“ No… in realtà, io…”

Iniziò Carlisle, impacciato. Ma François non lo fece continuare.

“ Oh, anche timido! Che rarità! Puoi prestarmelo? Solo qualche sera, è chiaro…”

Disse, pregandola a mani giunte.

Ma Julia non aveva l’aria di stare al gioco.

“ François, dov’è Bob?”

Gli chiese, a bruciapelo.

Entrambi si fermarono. Non gli chiese se sapeva dove fosse, lo dava per scontato. La guardò accigliato, quasi preoccupato. Sembrava volerle domandare il perché, ma tacque, indicandogli una porticina nera, nell’angolo.

“ L’ultima volta, l’ho visto nel boudoir… ma non vorrei sbagliarmi.”

“ Non importa, controllerò io, grazie.”

Gli baciò la guancia, come congedandosi, e procedette spedita verso la porta, con al fianco sempre Carlisle, facendo a Florence segno di seguirlo. Lo imitammo immediatamente. Tutti i Cullen erano all’erta. Edward sussurrò:

“ Finalmente. Vieni.”

Mi prese per mano, guidandomi fra un paio di coppie di vampiri ridenti, che c’ignorarono.

Julia aprì la porta, spalancandola con nonchalance.

L’atmosfera all’interno della stanza era diversa, decisamente più carnale. Tutto era rosso, dai tappeti persiani alle pareti vellutate. C’erano solo uno specchio rettangolare, posto orizzontalmente, sulla parete nord, che richiamava quelli affissi sul soffitto dell’altra sala. C’era un odore strano, quasi d’incenso, diffuso nell’aria ferma. C’erano coppie di due, tre, quattro vampiri, alcuni seminudi, altri sdraiati su uno dei quattro divanetti, quasi in trance. Mi colpì particolarmente uno di loro, sdraiato su quello centrale, il più grande, proprio sotto lo specchio, davanti a noi.

Su di lui, c’era una donna, una vampira, il viso e il petto schiacciato sul suo torace, la bocca sulla sua gola. E sotto di loro, sedute sui tappeti, c’erano altre due campire, vestite di bianco e scure di pelle, quasi olivastre, d’aspetto arabo. Gli occhi erano neri, con un cerchio sanguine o intorno alla pupilla saettante. Fumavano ciascuna una sorta di narghilè. Da lì veniva il forte odore d’incenso.

La mano di quella di destra, scivolava lungo la gamba pendente di lui.

Julia avanzò nella stanza e le coppie sdraiate a terra, intente a sfiorarsi, baciarsi e leccarsi, sia donne che uomini, si voltarono a guardarla, curiosi o svaniti.

Sembravano come drogati o talmente rilassati da non fare nulla per impedirle di avanzare.

Florence la distanziava di un metro. Julia superò un vampiro sdraiato al centro della stanza. Questo sollevò la testa, per guardarla, quando lo sorpassò. Subito dopo, come rianimato, si tese, pronto a saltarle addosso, ma Florence lo bloccò, prendendolo per un braccio e fermandolo alla parete. Gli staccò con facilità un braccio. Quello gridò e fece sibilare tutti gli altri, che li guardavano irritati, come se li accusassero di averli interrotti.

Julia si voltò.

“ Florence.”

Lo ammansì.

Florence restituì il bracci al vampiro, che se lo rimise con difficoltà. Poi, una volta ricomposto, tremante, uscì dalla stanza.

Gli altri, non fecero una piega. Era tutto molto strano, ma non mi pronunciai. Perfino Edward, non sembrava poi così turbato.

Intanto, Julia era arrivata proprio davanti al vampiro semi-sdraiato sul divanetto. Le vampire a terra, sollevarono lo sguardo e la esaminarono, con sguardo vacuo, ma curioso.

Julia le guardò e si scostò, quando una di loro si protese per afferrarle la caviglia con una mano.

“ Sciò!”

Esclamò, tonante e dominante.

Le vampire la guardarono, confusa. Perfino la terza, sollevò lo sguardo, per osservarla.

“ Ho detto, sciò!”

I suoi occhi mandavano scintille e il suo sguardo era freddo, l’espressione distaccata, il fare autoritario.

Intimorite, le ragazze si allontanarono velocemente. Si rivestirono in un battito di ciglia e scomparvero. Lo stesso fece la terza, anche se la guardò ostinata e risentita. Ma quando Julia le sibilò contro, la vampira perse tutta la sua baldanza e, remissiva, raccolse il suo vestito dal pavimento e corse via.

Julia, una volta voltatasi, disse agli altri presenti, che ora la osservavano più attenti:

“ Be’?”

Tutti raccolsero le loro cose e uscirono dalla stanza, che rimase vuote, tranne loro.

Rimasta da sola, col vampiro, gli si sedette vicino e, allungando una mano, gli pigiò sul ginocchio piegato.

Lui allungò una mano e gliela coprì con la sua, ne accarezzò il dorso, e poi lentamente, la ritirò. Rimase ad occhi chiusi.

Julia arcuò le labbra, in un sorriso.

Si alzò e circolò il divanetto, fino a trovarsi a pochi centimetri dal volto del vampiro. Si chinò e accostò il viso al suo. Iniziò a baciarlo sulla fronte, scoprendola dalle once corte e scure dei capelli mossi, sugli zigomi, lungo le guance, scese verso il lobo destro e lo mordicchiò e succhiò piano.

Il vampiro gemette, spingendosi verso la sua bocca.

“ Gemma…”

“ Mmm… carino.”

Mormorò Julia, in risposta al suo sussurro roco.

Il vampiro balzò subito a sedere, voltandosi a guardarla, gli occhi sgranati dalla sorpresa.

Julia posò il  viso sul dorso della mani unite, reclinandolo leggermente di lato, sorridendogli canzonatoria.

“ Menzionare il nome di una donna, quando è un’altra a darti attenzioni. Sei davvero pessimo, Bob.”

Lo rimproverò, leggera.

Il vampiro si fece più avanti, cauto, leggermente ansante. Si chinò verso di lei, osservandola dritto negli occhi. Allungò una mano e sfiorò con le dita il profilo destro del volto sorridente di lei.

“ Julia...?”

Disse, assaporando quasi il suo nome.

“ Si.”

Confermò lei.

“ Julia.”

Lei mugugnò.

“ Ti piace proprio dire il mio nome.”

Lui sorrise, protendendo le labbra, quasi pronto a baciarla.

Ma lei si alzò, gelandolo. Lui non smise di guardarla, seguendola con lo sguardo avido, mentre lei si portava davanti a lui.

Raccolse una camicia e gliela gettò in viso. Lui l’afferrò e annusò il lembo toccato dalla sua mano.

“ Vestiti. Renditi presentabile. Abbiamo molte cose di cui parlare.”

Gli ordinò, secca e pratica.

“ Hai cambiato odore.”

Le mormorò, con voce roca. Iniziavo a credere che fosse il suo tono naturale.

Lei si bloccò, prima di uscire dalla stanza.

Si girò e gli disse:

“ E non solo quello, caro.”

Lui chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore.

Julia portò gli occhi al cielo.

“ Vestiti.”

“ Resta.”

Disse, alzandosi dal divanetto.

“ No. Dobbiamo parlare.”

“ Facciamo l’amore.”

Replicò lui, senza vergogna e con una nota, sempre più bassa e rovente, nella voce morbida.

“ No.”

“ Julia.”

La richiamò lui, prima che chiudesse la porta. Lui era già a pochi centimetri di distanza. Era veloce.

“ No!”

Esclamò lei, chiudendo la porta con un tonfo sonoro.

Si accostò alla liscia superficie in legno, passandosi una mano sul viso. Sospirò, rivolgendosi a Carlisle.

“ E’ esasperante.”

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Sono tornata! Chiedo scusa sempre per il fin troppo lungo ritardo, ma, come sapete, sono tartassata da impegni e dovrò pur trovare il tempo di scrivere, no? J Vi lascio alle vostre mille domande. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito e divertito, perché? :P

Ringrazio sempre coloro che seguono con interesse i miei aggiornamenti. Vi adoro tutti/e! <3

Alla prossima ( che sperò sarà presto!),

Sempre vostra,

Fuffy91

 

PS: Commenti sempre ben accetti! <3

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

Bella.

 

Bob Kingsley era l’uomo più complesso che avessi mai conosciuto. Riusciva ad essere il più vile dei mascalzoni e il più garbato dei gentiluomini nello stesso tempo. Il suo stile di vita era dissoluto e ricercato, i suoi modi aristocratici ed eleganti, nonostante la freddezza degli occhi scarlatti.

Da quando lo avevamo lasciato nel boudoir, trasandato e dall’aria libertina, sembrava aver compiuto nel frattempo una metamorfosi. Era diverso, mentre l’osservavo porgere di persona un calice d’argento a Julia, che lo ringraziò con un sorriso, a cui lui rispose con uno gentile.

“ Desidera qualcosa, Signor Cullen?”

Chiese cortese a Carlisle, mentre gli voltava le spalle e si risedeva sulla poltroncina, di fronte al nostro divanetto.

Eravamo stati gentilmente invitati a raggiungere il signor Kingsley nell’ala riservata ai suoi appartamenti e, a rigor di logica, dovevamo trovarci in una specie di atro o in un salottino.

Notai con stupore lo stile con cui aveva arredato le sue stanze. Era fin troppo simile a quello di Julia, tanto da chiedermi se non fosse stata lei ad aiutarlo nell’arredo.

Dal loro esplicito scambio di sguardi, decisamente complice, non dovevo trovarmi molto lontana dalla verità.

“ No, la ringrazio, Signor Kingsley.”

Gli rispose intanto Carlisle, sorridendogli cortese.

“ La prego, mi chiami Bob.”

Insistette lui

“ Va bene… Bob.”

Bob lo esaminò, continuando a sorridergli.

“ Julia mi ha confidato che lei è un dottore.”

Questo sembrava divertirlo.

“ Si, è esatto.”

“ E lo fa da molto? Il dottore, intendo…”

Carlisle sorrise.

“ Si, decisamente.”

“ E non cade mai… come dire?... in tentazione?”

“ Bob, non essere scortese.”

Lo rimproverò Julia, facendo leggermente ruotare il bicchiere nella sua mano.

Bob arcuò un angolo della bocca, per nulla in imbarazzo.

“ Sono solo curioso. Tutto qui.”

“ Davvero?”

Lo rimbeccò Julia, arcuando un sopracciglio sottile, scettica.

Bob le sorrise, conquistatore.

“ Non sarai gelosa del tuo accompagnatore, Julie.”

Julia storse le labbra in un broncio appena accennato, posando il calice sul tavolino accanto a sé.

“ Non essere ridicolo, Robert.”

“ Ah!”

Esclamò lui, allungandosi sulla poltrona ed incrociando le gambe allo stesso tempo.

“ Sai quanto odi essere chiamato così.”

Le ricordò, ancora sorridente, ma con una punta di fastidio nel tono squillante e roco.

Julia gli sorrise, osservandolo fra gli occhi socchiusi.

“ Non so… immagino allo stesso modo in cui io odi essere chiamata Julie.”

Gli sussurrò, per nulla in soggezione di fronte a quello sguardo indagatore.

Sogghignarono entrambi, scrutandosi a vicenda, a lungo e con aria da incantatori di serpenti.

Nella lotta di sguardi, erano sicuramente pari.

Il primo a cedere, se non di propria volontà, fu Bob, che abbassò gli occhi, accavallando in senso inverso le gambe ed incrociando le dita, assumendo una posa aristocratica.

In quel breve lasso di tempo, mi permisi d’indugiare su di lui con lo sguardo, esaminandolo a fondo. Non sembrava giovane, ma non era nemmeno tanto vecchio da potersi paragonare a mia nonna. Sembrava piuttosto un personaggio bronteiano, un Signor Fairfax Rochester scontroso, brusco ed affascinante, ma sempre con la battuta pronta e lo sguardo acceso da sentimenti indecifrabili.

Di certo, era più grande di Julia, data l’aria matura e vissuta, anche se l’aspetto tradiva un modo di fare fresco e genuino, molto giovanile.

“ Dunque, sei tornata.”

Le disse, infine, dopo una lunga pausa.

Julia riprese lentamente il suo calice, ne bevve un sorso e le sue iridi si fecero automaticamente più calde.

“ Si, immagino di poterlo confermare.”

“ E’ finita la pausa di riflessione?”

“ Se ti riferisci alla nostra separazione, direi di si, è terminata.”

“ Pensi di aver  riflettuto abbastanza?”

“ Non in modo soddisfacente.”

“ Ti serve ancora del tempo?”

“ Tutto quello che mi occorre.”

Bob sorrise, puntando lo sguardo ironico su un arazzo d’oro, appeso alla parete.

“ Dunque, mi rifiuti ancora…”

“ Ho detto questo?”

Domandò Julia a Carlisle, che la guardò confuso.

“ Non eludere la domanda.”

Disse Bob, sondando con gli occhi rossi il profilo di lei.

“ Non la sto eludendo.”

Si difese Julia, scandendo ogni parola con lentezza.

“ Ah no?”

“ No di certo.”

“ Allora rispondimi.”

“ Mi sembra di averlo già fatto.”

Bob sospirò, portando gli occhi al cielo, esasperato.

“ Cosa devo fare con te, Julie?”

“ Cominciare a non chiamarmi con quel vezzeggiativo irritante, magari, potrebbe essere un inizio.”

Bob la guardò, scrutandola con disappunto.

“ Tu mi stai rifiutando ancora.”

Julia accavallò le gambe nel verso opposto.

“ Non dire assurdità.”

“ Sei tu ad essere assurda!”

Tuonò all’improvviso Bob, alzandosi dalla poltrona e scagliando il calice dietro di sé, con un gesto secco e rabbioso.

Il suo repentino cambiamento d’umore mi sorprese, ma non ne fui spaventata. Anche Edward rimase immobile e tranquillo, accanto a me. Allungò la mano destra per stringere la mia, con premura.

“ Cerca di calmarti, Bob.”

Gli disse Julia, con tono pacato e per nulla turbata. Anzi, sembrava essere molto più interessata alle sue unghie che all’irritazione del suo interlocutore, che, dal canto suo, non la guardava più, rivolgendole ostinatamente le spalle.

“ Calmarmi…”

Lo sentimmo borbottare, scuotendo la testa e passandosi una mano fra i folti capelli ondulati.

“ Sai da quanto tempo non ci vedevamo, Julia?”

“ Ma si, certamente. Da circa vent’anni, n’est-ce pas?”

Gli chiese conferma, rimanendo così fermamente indifferente.

“ Quindici anni, sette mesi e ventuno giorni esatti.”

“ Però…”

Julia indugiò con lo sguardo su di lui, solo per pochi secondi.

“ Hai tenuto il conto.”

“ Naturalmente.”

Rispose lui, rivolgendo la testa a destra, rivelando all’occhio solo un debole profilo, mentre le labbra si muovevano per pronunciare, con tono sommesso:

“ Mi sei mancata.”

Julia sorrise, lo sguardo ancora abbassato sulle sue mani, le lunghe ciglia socchiuse.

“ Certo.”

Confermò, con tono quasi scettico. Bob si voltò istantaneamente per guardarla, accigliato, i pugni serrati lungo i fianchi.

“ Dubiti di me?”

La sfidò a contraddirlo. Lei alzò lo sguardo e lo posò leggero sul suo viso offeso.

“ No di certo. Ma non puoi negare di esserti consolato molto volentieri con le tue…” ci pensò su un nanosecondo, per poi pronunciare ironica, sventolando una mano, in direzione della porta d’ingresso. “ Concubine.”

Sospirò, serrando le labbra in una smorfia contrariata, il viso inclinato nella direzione di Carlisle.

“ Ultimamente, sembra essere diventata una moda.”

Sussurrò, con tono acceso di passione. Bob la esaminò proprio in quell’attimo fugace, confuso ma intrigato. Carlisle le sorrise, comprensivo. Sapevo, senza che Edward me lo confermasse, che stesse pensando al riferimento esplicito di Julia a Cole. Ma questo Bob, ovviamente, non poteva saperlo.

“ Julia…”

“ Oh, per favore Bob, non cercare di giustificarti! Sarebbe inutile, oltre che improduttivo per entrambi.”

Bob tacque, ma mantenne un’aria sostenuta.

“ Ciò non toglie che il mio amore per te è sincero, Julia. Te l’ho dimostrato più volte, in passato come anche negli ultimi tempi. Hai rifiutato i miei continui inviti di vedermi. Sei scappata perfino in Olanda, per evitare d’incontrarmi. Non negarlo!”

Esclamò, bloccandola prima che pronunciasse qualsiasi cosa che potesse contraddirlo. In quanto a caparbietà, si dimostravano entrambi molto simili.

“ Ti conosco a fondo e so che il motivo del tuo trasferimento, in parte, è stato anche mio. E non mi reputo affatto presuntuoso ad affermarlo con così tanta determinazione adesso, davanti a te e al tuo nuovo amante.”

“ Carlisle non è il mio amante e anche se lo fosse, non ti permetterei comunque di giudicarmi.”

Ribatté Julia, visivamente irritata. Bob sorrise in risposta a quell’espressione imbronciata.

“ Se ti ho offesa, ti prego di perdonarmi. Non era nelle mie intenzioni.”

Dal tono di voce, roco e disinvolto, sembrava che l’irritazione lo avesse completamente abbandonato, tanto che ritornò a sedersi tranquillamente davanti a lei, intrecciando le dita ed accavallando le gambe nella medesima posizione di poco prima.

“ Possiamo tornare a comportarci civilmente, ora, prima di degenerare in un litigio?”

Le propose, sorridente. Subito dopo lo vidi rabbuiarsi in viso, immerso in ricordi passati.

“ L’ultimo è stato terribile.”

Mormorò, quasi mortificato.

Julia rimase muta, ma scostò lo sguardo da lui, afferrando la mano di Carlisle, che si voltò a guardarla in cerca di risposte al suo strano cambiamento d’umore.

Bob non si curò di quella ricerca di conforto, ma solo del suo viso dall’espressione ora fredda e distaccata.

“ Temo di dovermi scusare con te, Julia.”

Disse, con tono accorato e sincero.

“ L’ultima volta che ci siamo visti, ti ho detto delle cose terribili. Cose che, credimi, non pensavo affatto. Le mie erano parole dettate dalla rabbia e dal risentimento. Sono stato uno sciocco a pretendere così tanto da te. Cercare di modificarti, di reprimere i tuoi istinti solo per puro egoismo, per accontentare un mio insano capriccio, è stato deplorevole da parte mia. Me ne pento… si, sono profondamente pentito.”

Terminò, portandosi una mano al petto, quasi per contenerne l’ardore.

Mi sorprese tutto quell’accorato pentimento, venuto da un uomo, poi, che non avrei mai creduto interessato a compierlo. Osservai curiosa la reazione di Julia, che non tardò ad arrivare, sbrigativa ed inaspettata.

Julia sorrise, un sorriso calcolato e quasi divertito. Lasciò la mano di Carlisle.

“ Quante parole, Bob! Parole così belle, da sciogliere il cuore di qualsiasi donna con un minimo di sentimento. Un adulatore incallito non ti eguaglierebbe nemmeno lontanamente. Complimenti, davvero un’ottima recita.”

Bob sorrise e tornò ad indossare un’aria spavalda. In poche parole, l’uomo innamorato lasciò il posto al vampiro seduttore.

“ Sono un bravo attore, vero?”

Chiese retorico, sogghignando. M’irritai con me stessa per esserci cascata come un’ingenua.

“ Da oscar.”

Confermò Julia, riponendo il calice sul tavolino, ormai vuoto.

“ Ho imparato dalla migliore.”

Julia inchinò il capo, come in segno di riverenza. Bob rise sommesso, lo sguardo acceso di desiderio, mentre la guardava.

“ Julia.”

La chiamò, solo per il semplice gusto di assaporare il suo nome.

Julia ricambiò quello sguardo famelico con fare disinvolto. Era chiaro cosa le stesse comunicando, ponendole un quesito chiaro a tutti, anche se non espresso a parole. Julia gli sorrise.

“ Non adesso, Bob. Dobbiamo parlare.”

“ Non lo stavamo già facendo?”

Disse, con un fare ironico, che mi ricordò davvero tanto Julia.

“ No. Fino ad ora, abbiamo solo giocato. Adesso però finiamola. E’ giunto il tempo degli argomenti seri.”

Bob si sostenne il volto con una mano, ancora sorridente.

“ Ti ascolto.”

Julia lo esaminò a lungo, per accertarsi, immaginavo, che fosse serio. Ottenuta conferma, Julia pronunciò semplicemente un nome e da lì, l’atmosfera scherzosa si spezzò e cadde un silenzio pesante.

“ Cole.”

Il sorriso di Bob si raggelò e la sua posa da rilassata e contemplativa, si fece rigida e marmorea.

“ Si.”

Confermò lui, glaciale.

“ Immagino ti ricorderai di Cole Bishop?”

“ Vagamente.”

“ Bob.”

Lui sbuffò e si passò una mano nervosa fra i capelli.

“ Si, lo ricordo molto bene. E’ lo sbarbatello che frequentavi tempo addietro.”

La guardò, sorridendole ironico.

“ Non mi è mai piaciuto.”

Julia sospirò, leggera.

“ Lo so bene.”

“ Così garbato e noioso… Che ci trovassi in lui non l’ho mai capito.”

La guardò come per farle una domanda inespressa, a cui lei rispose con un sorriso semplice e facendo spallucce.

“ Era dolce.”

Bob arcuò un sopracciglio.

“ Dolce?”

Domandò, scettico.

Julia annuì.

Bob si avvicinò a lei, così velocemente da farmi sussultare. Anche Edward aggrottò la fronte, osservandolo con aria leggermente ansiosa. Guardò Jasper e lui annuì, comunicandogli qualcosa col pensiero a cui lui rispose con un ringhio soffocato. Qualcosa dalla risposta di Jasper, lo aveva irritato. Strinse più forte la mia mano, stretta che ricambiai con ugual forza.

“ E io non sono dolce?”

Chiese, intanto, Bob a Julia, chinandosi verso di lei, gli occhi scarlatti caldi e amabili.

Julia increspò le labbra in un sorriso, scuotendo la testa in segno di diniego.

“ Assolutamente no.”

“ Nemmeno con te?”

La voce di Bob era diventata solo un soffio rovente, infranto sulle labbra schiuse di Julia.

“ Soprattutto con me.”

Bob si ritirò da lei, con una smorfia infastidita.

“ Dunque è per questo che sei venuta, questa sera. Per accertarti che non abbia torto un capello al tuo prezioso Cole?”

Ogni parola di lui, pronunciata con tono sempre più alto, era un’accusa indignata.

“ In parte, è così.”

Gli rispose Julia, intrecciando le dita con eleganza.

Bob si arrestò di colpo, osservandola indeciso e sorpreso.

“ In parte? Ho sentito bene? Hai detto davvero… in parte?”

Julia si allungò sullo schienale della poltrona, sorridendogli seducente.

“ Be’, di certo non ho fatto tutta questa strada solo per godermi il panorama.”

Senza distogliere lo sguardo da lei, Bob rilassò i muscoli in tensione e si riaccomodò elegantemente al suo posto, nascondendo le labbra socchiuse dietro le dita contratte.

Julia continuava a sorridergli, per nulla ostile. Lui, d’altro canto, rimaneva sempre più all’erta.

“ Ti dispiacerebbe essere più chiara? No, perché… mi hai messo in netta difficoltà, Julia. E’ la prima volta che non riesco a decifrare i tuoi pensieri.”

E non era l’unico. A giudicare dall’espressione di Carlisle e degli altri, compresa io, non riuscivamo a capire il gioco di Julia. Del resto lei non ce ne aveva parlato.

Solo Edward sembrava conoscere tutto, ma lui poteva contare sul suo potere extra. Decisamente utile in certi casi.

Julia gli sorrise, quel sorriso carico di promesse che solo rare volte una donna concede ad un uomo. E Bob, da abile esperto, sembrò coglierlo pienamente. Ricambiò il suo sorriso e l’ascoltò dire, con molta attenzione:

“ Sai cosa vorrei fare, Bob?”

“ No, dimmelo tu.”

Julia si rilassò sul morbido schienale della poltrona, sospirando languida, come una pantera assonnata.

“ Vorrei passeggiare lungo gli Champs Elysée, ballare un lento in una suite al Plaza, bere champagne sulle rive di Haiti, indossare una collana di diamanti Swarovski, completamente nuda e guadare Colazione da Tiffany sul divano, a tarda sera.”

Bob continuò a guardarla assorto, mente lei si sporgeva per sussurrargli seducente:

“ E voglio fare tutto questo con te.”

Bob alzò le mani, scuotendo lentamente il capo.

“ Non avevi che da dirlo.”

Guardai entrambi sconcertata, mentre si sorridevano complici.

“ Julia… e Cole?”

Le chiese giustamente Carlisle, afferrandola per un braccio, prima che sparisse frettolosamente dalla sala, per andare incontro ad un più che entusiasta Bob Kingley, con già il jet privato in moto e pronto a sorvolare i cieli, diretti a Parigi. Aveva davvero intenzione di accontentarla?

Julia circondò il collo di Carlisle con un braccio, accarezzandogli piano i capelli biondi con la mano. Gli occhi rossi ardevano sotto le ciglia, mentre gli diceva:

“ Andrà tutto bene, Carlisle, fidati di me.”

“ In tutta onestà, Julia, non credo di poterlo più fare come vorrei.”

Julia lo strinse a sé e la udii sussurrare quasi impercettibile all’orecchio:
“ Fidati. So quello che faccio. Io non dimentico. E tu?”

Posò lieve le labbra sulla sua guancia, all’attaccatura dell’orecchio, lasciandogli il segno del rossetto sulla pelle candida.

Carlisle non le rispose, ma la guardò ancora negli occhi, prima di lasciarle libero il braccio, sotto lo sguardo vigile e pronto all’azione di Florence.

“ Fidati.”

Articolò Julia con le labbra, prima di rispondere con un sorriso ed una risata ai richiami impazienti di Bob.

Carlisle annuì e sospirò.

“ Julia!”

La richiamò Carlisle e lei si bloccò, con la mano destra già imprigionata in quella di Bob. Si voltò a guardarlo, un’espressione incerta a dipingerle il volto.

Carlisle scosse il capo in modo quasi brusco e lei si sciolse in un nuovo sorriso, il più sincero che gli avessi visto fare fino ad ora.

“ Venite anche voi.”

Incoraggiò Bob, con sguardo furbo.

Lo guardammo stupiti. Julia non si scompose.

“ Crede sia opportuno?”

Chiese Carlisle, ancora spiazzato da quella richiesta.

Bob rise e mi sembrò parzialmente sincero. Ma, con uno come lui, non c’era da fidarsi molto.

“ La prego. Venga. Mi farebbe molto piacere. E anche a Julia, vero?”

“ Assolutamente.”

Fu pronta a confermare Julia, già nell’ascensore che li avrebbe condotti sul tetto.

“ E’ deciso, allora.”

Ci avviammo con passo circospetto nell’ampio abitacolo, con un piede già pronto a scattare verso l’esterno, in caso di bisogno. Edward mi strinse a sé, circondandomi la vita con un braccio, protettivo. Nemmeno lui si fidava pienamente e lo scorsi più volte increspare la fronte, quasi infastidito.

Bob ci aspettò prima di premere il bottone dell’ultimo piano.

Le porte si chiusero e il viaggio ebbe inizio.

Il jet privato di Bob era capiente ed efficiente. Sorvolammo senza problemi il territorio francese, raggiungendo Parigi in meno tempo possibile.

Una volta lì, fummo tutti testimoni dell’affiatamento che legava Bob e Julia. Si comportavano come una perfetta coppia di fidanzatini innamorati, riservandosi premure, sguardi complici e sorrisi maliziosi come nemmeno io ed Edward riuscivamo quasi a fare in pubblico. Eppure c’era qualcosa di stonato nel loro stare insieme.

Le loro mani si sfioravano, ma non s’intrecciavano. I loro corpi si abbracciavano, ma non si stringevano. I loro sorrisi erano amabili, ma non carezzevoli. Julia era allegra e briosa, ma non pienamente sincera. Bob era generoso e passionale, ma perennemente misterioso.

Più erano vicini, più apparivano lontani.

Florence li seguiva sempre a dieci metri di distanza, scrutando Bob con attenzione quasi maniacale. Nemmeno il “maggiordomo” di Julia si fidava di lui, nonostante la sua padrona lo accettasse senza indugi al suo fianco.

Notai che non si erano ancora baciati. Esclusi il fatto che non lo facessero per una forma di pudore, scaturita dalla nostra presenza costante accanto a loro, visto che avevo avuto modo di constatare che il contegno era una qualità che non apparteneva a nessuno dei due.

“ Vuoi questa?”

“ No, è troppo costosa.”

“ Non è un problema. La prendiamo.”

Disse Bob, rivolto al commesso della gioielleria. Stava per acquistare un collier di diamanti di valore inestimabile, il pezzo più bello e costoso dell’intero atelier. Ma Bob non badava al prezzo o ai possibili miliardi che il commesso era così felice di spillargli, ma solo ed unicamente al sorriso felice di Julia, che indossò quel gioiello da principessa la sera stessa - fortunatamente, non nuda - mentre ballavano, come sua richiesta, un lento in una suite al Plaza.

Bob la stringeva con dolcezza a sé, premendo il volto sui suoi capelli, mentre lei ridacchiava e sorrideva sulla sua spalla.

“ Non posso credere che tu abbia speso quel capitale per me.”

“ Farei qualsiasi cosa per te, lo sai.”

Julia increspò le labbra, premendole sulla sua spalla.

“ Lo so.”

Bob la scostò piano da sé, fermando il suo dondolio.

“ Perché non ci sposiamo, Julia?”

Il disco in vinile si fermò in uno stridio proprio in quell’istante.

“ Cosa?”

Julia guardò Carlisle e Florence sollevò lo sguardo inespressivo sulla schiena di lei. Tutti noi la guardammo, in attesa di una sua parola.

“ Si, sposiamoci.”

Ripeté sempre più deciso Bob.

Julia lasciò lentamente la presa dalle sue spalle e anche lui fece lo stesso, abbassando le braccia lungo i fianchi. Rimasero così per un po’, immobili, al centro della sala, l’uno di fronte all’altro, occhi negli occhi. I diamanti del collier di Julia brillavano sotto le luci del lampadari stile ‘800 pendente sopra di loro.

“ Perché questa richiesta, Bob?”

“ Perché lo sentivo.”

“ Lo sentivi?”

Disse sempre più freddamente Julia, incrociando le braccia al petto.

“ Il motivo di questo tuo risentimento, Julia? Mi sembra che stiamo bene insieme…”

“ Ma certo. Stiamo benissimo, insieme.”

Confermò Julia, con tono di voce, tuttavia, decisamente incolore.

Bob le posò le mani sulle spalle.

“ E allora… perché non farlo? In fondo, non è poi così male sposarsi, sai.”

“ Si, è vero.”

Bob sorrise e fece per baciarla.

Ma lei disse, a pochi centimetri dalle sue labbra.

“ Ma non con te.”

Bob si ritirò, risentito.

“ E con chi, allora, Julia?”

Lo vidi stringere con più forza le mani sulle spalle e contemporaneamente Florence staccare la schiena dalla parete e fare un passo avanti.

Julia non si ribellò né cambiò espressione.

“ Con Carlisle Cullen?”

Sputò, velenoso.

“ No, un momento…”

S’intromise Carlisle, alzandosi dal divanetto dove fino ad ora era rimasto seduto, accanto a me e ad Edward.

“ No.”

Negò Julia.

“ Forse… con Cole? Cole Bishop?”

Chiese, irrisorio.

Questa volta, Julia ci mise un po’ di più per rispondere.

“ No. Nemmeno con lui.”

Bob sembrò leggermente quietarsi a quella risposta di lei.

“ Allora, perché non con me? Non cambierebbe niente, Julia.”

Le disse, con voce adulante e persuasiva, racchiudendole gentile ed energico il viso fra le mani.

“ Saremmo sempre noi, tu ed io… Bob e Julia Kingley…” sorrise: “ Suona bene, non credi?”

Julia non rispose. Rimase seria e non lo guardò più.

“ Sarebbe esattamente tutto come adesso. Noi due che passeggiamo lungo i viali di Parigi, che leggiamo Jane Eyre davanti alle fiamme di un camino acceso, compriamo roba inutile e guardiamo Colazione di Tiffany sul divano di casa… la nostra casa.

Le accarezzò il volto, baciandole la tempia sinistra.

“ Non riesci ad immaginarlo? Nemmeno un po’?”

Sospirò, fra i suoi capelli, ad occhi chiusi.

“ Julia… perché non vieni da me?”

“ Non siamo fatti per stare insieme, Robert.”

Quelle parole sembrarono ferirlo ed infuriarlo allo stesso tempo. Lo vidi chiaramente contrarre la mascella ed aumentare la pressione della sua mano sul suo viso, quasi costringendola a guardarlo.

“ Continui a ripeterlo, ma non ci credi nemmeno tu. Lo sai benissimo che noi siamo perfetti insieme. Siamo simili… in tante cose, Julia, non puoi negarlo!”

Esclamò, quasi sfidandola a contraddirlo.

“ Nessuno, nessuno ti capirà mai come ti capisco io, Julia. Ammettilo!”

Le urlò quasi. Julia si divincolò dalla sua stretta, con tanta veemenza da spingerlo lontano, verso la finestra che dava sulla strada. Lui fece per afferrarla, ma Florence fu velocissimo. Gli bloccò il braccio e si parò fra di loro, come una barriera granitica e mobile.

Bob lo incenerì con lo sguardo e gli sibilò contro. Florence non reagì, ma il suo sguardo, freddo e scuro, era più feroce di qualsiasi ruggito.

L’istinto mi suggerì d’ intervenire nella disputa, ma Edward mi bloccò con un braccio, cingendomi le spalle.

“ No, lascia che se la sbrighino fra loro.”

Mi suggerì, parlandomi all’orecchio.

“ E’ la cosa migliore, Bella.”

Alice appoggiò il fratello e fu l’unica a guadare divertita la scena di fronte a lei, quasi come se avesse previsto tutto. E con lei… non era da escludere una possibilità simile.

Intanto, Bob era riuscito a liberarsi dalla stretta di Florence, che non accennò a toccarlo una seconda volta, ma nemmeno a lasciargli campo libero fra lui e Julia.

“ Ah, già! Dimenticavo il tuo sambernardo. Il cucciolo mansueto si è svegliato, dunque?”

Lo beffeggiò Bob, ghignando senza sentimento.

“ Non deriderlo, Bob.”

“ Oh! Ora non posso nemmeno rivolgermi al tuo servo?”

Domandò retorico Bob a Julia, fortemente irritato e con tono sprezzante. Si passò una mano fra i capelli, tutto preso da Julia ed incurante di Florence o di noi Cullen ad ascoltarlo nella sua sfuriata.

“ Non è il mio servo, né un sambernardo. E’ piuttosto un doberman.”

Disse Julia, con tono amabile e guardando Florence compiaciuta. Per la prima volta, vidi Florence arcuare le labbra in un sorriso divertito, a cui Bob rispose con un nuovo sibilo.

“ Tu… tu non riesci proprio a capire, Julia.”

“ Cosa dovrei capire, Bob? Che tu sei l’uomo della mia vita? Che dovrei gettarmi ai tuoi piedi e implorarti di sposarmi? Oh, no, Robert… non lo farò mai!”

Disse Julia, con tono più duro e fermo, quale non aveva mai usato con lui.

“ Ti ho forse chiesto questo?”

“ No, ma è come se lo avessi fatto.”

Julia gli voltò le spalle, inclinando il viso di lato, solo per osservarlo con le coda nell’occhio. Le sue iridi si erano tinte di un color rubino impuro.

“ Dici di amarmi, ma invece vuoi solo portarmi a letto… come tutti.”

Disse, con voce soffusa d’irritazione.

“ No, Julia! Come puoi pensare una cosa del genere?”

Julia si voltò di scatto, solo per osservarlo con scetticismo. Il suo sguardo suggeriva una sfida tagliente, nascosta fra quelle ciglia scure e lunghe.

Bob sospirò, appoggiandosi con un braccio al caminetto di marmo dell’angolo.

“ Si, è vero. Ti desidero. Vuoi condannarmi per questo? Sei una bella donna…”

Julia rise, priva d’allegria.

“ Ma certo. Sono una bella donna. Lascia che ti dica, Bob, che questa è davvero una banalità non degna del tuo stampo.”

“ Ti prego, non fare così…”

“ Così come?”

“ Ti rivolti contro di me, ingiustamente. Non mi sembra di averti offesa.”

“ No, certo. Però ammetterai che è solo la mia bellezza ad attrarti.”

Bob ebbe un gesto di stizza.

“ Non essere ridicola, adesso. Se fosse - come dici tu - soltanto la tua bellezza a piacermi, di certo mi sarei stancato di te facilmente. No, io voglio di più da te, Julia…”

“ E cosa? L’amore?”

“ No.”

Disse, deciso.

Julia lo guardò con sospetto.

“ Se non vuoi, no.”

Concluse lui, con tono cauto, lo sguardo vigile, come se avesse paura che una belva feroce potesse scagliarsi su di lui da un momento all’altro.

“ Se non voglio… no?”

Bob le sorrise.

“ Certamente.”

Julia arcuò un sopracciglio. Bob sbuffò.

“ Non fare la difficile.”

Lo disse con tono scontento, ma rideva piacevolmente, come se la cosa non lo dispiacesse affatto.

La guardò intensamente e dai suoi occhi assetati trapelava tutto il suo desiderio.

“ Julia…”

Iniziò, avanzando verso di lei, come una tigre pronta al balzo.

Julia si ritrasse verso Florence, compiendo un solo unico passo indietro. Florence si parò nuovamente accanto a lei, in difesa. Bob si bloccò e retrocesse, sorridendo, ma visivamente irritato.

“ Va bene, d’accordo. Dimmi cosa vuoi che faccia? Così ti va bene?”

“ No.”

Bob sospirò di nuovo, questa volta più lentamente.

“ Julia… perché fai così? Vuoi dirmelo?”

“ No.”

S’intestardì lei. Bob la guardò furioso.

“ Ti sei proprio affezionata a quel monosillabo.”

Le disse, tagliente.

Julia s’imbronciò, ma non gli rispose.

“ A me sembra che tu voglia appellarti su particolari non degni d’importanza, solo per tenermi lontano. E così?”

“ Si.”

Rispose Julia, spiazzandolo.

“ In parte, è così.”

Bob sorrise in maniera incolore.

“ In parte…” ripeté: “ Posso chiedere almeno il motivo?”

“ L’hai detto tu stesso. Siamo simili. Quelli come noi non possono stare insieme, per un periodo a lungo termine. Finirebbero col distruggersi a vicenda. L’ho capito quindici anni fa, il giorno in cui mi hai detto che una donna come me, è fatta apposta per completarti.”

“ Ed è così. Lo penso ancora oggi. Per questo voglio sposarti. Per tenerti al mio fianco, farti mia per sempre.”

Spiegò lui, con ardore.

Julia scosse il capo.

“ Vedi? Stai commettendo un errore dietro l’altro.”

“ Solo perché sto dicendo quello che realmente penso?”

“ Tu non mi ami, Bob.”

Bob la guardò con freddezza.

“ Pensavo che l’amore, per te, fosse solo una bella favola. Non c’hai mai creduto nemmeno tu.”

“ Si, è vero. Però, questo non significa che sono disposta a vivere il resto della mia vita accanto ad un uomo che vuole solo possedermi, come un oggetto.”

“ Un oggetto? Ti senti un oggetto, Julia?”

“ Non ancora, ma non escludo che possa diventarlo presto, se decido di accettare la tua offerta.”

Bob rimase spiazzato e tacque. Julia sospirò e gli si avvicinò. Lo abbracciò, affondando il viso nella sua spalla destra. Bob, all’inizio, non ricambiò il suo gesto, rimanendo impassibile e glaciale fra le sue braccia. In seguito, la strinse con un vigore che non mi aspettavo. Avrebbe potuto spezzarla in due, se solo fosse stata umana.

“ Bob, tu mi piaci, davvero. Sei un uomo straordinario e può darsi che saremmo potuti essere felici insieme, in passato. Ma…”

Si staccò da lui con facilità e lo schiaffeggiò. Il rumore dello schiocco risuonò come la scoccata di una frusta. Bob la guardò più che stupito, la fronte aggrottata, le labbra semischiuse.

“ Non ti permetterò di essere il mio padrone.”

Non seppi identificarne pienamente il motivo, ma, in quell’istante, avrei voluto applaudirla. Il tono deciso con cui aveva pronunciato quella frase… mi era parso così determinato, da sembrare un comando.

Julia permise a Florence di aiutarla a mettersi la pelliccia, mentre con l’altra mano le porgeva la borsetta.

“ Sono sicura che non ti sarà difficile trovare un’altra disposta ad essere la tua schiava a tempo indeterminato. Per quel che mi riguarda, la risposta è no.”

Gli disse ulteriormente, con tono molto più calmo e blando.

Con un sorriso, invitò Carlisle a precederla all’uscita della suite. Eravamo già tutti sulla porta, quando la risata energica di Bob ci fece voltare all’indietro.

“ Oh, te ne vai di già? Senza il bacio della buonanotte?”

Julia non rispose, come se si aspettasse dell’altro.

“ Non dimentichi qualcosa? Non mi hai più chiesto nulla, riguardo a quella persona…”

Le disse, sedendosi comodamente sulla poltrona nell’angolo. Julia inarcò un sopracciglio. Bob le sorrise amabile, ma calcolato. Sentivo a distanza gli ingranaggi contorti della sua mente muoversi in fretta… stava architettando qualcosa.

“ Ah, giusto! Hai catturato Cole Bishop?”

Gli chiese, quasi distratta. Tuttavia, lo sguardo rimase attento.

Bob scosse il capo.

“ No…”

Si allungò sulla poltrona, come un gatto sazio.

“ Io ho catturato un certo Frederick. Che poi assomigli incredibilmente al caro vecchio Bishop…”

Fece spallucce.

“ Questo è davvero stupefacente, ma… come puoi immaginare… gli affari sono affari e, se i miei territori vengono minacciati, io non posso…”

“ Minacciati? E da chi? Dal tuo ego smisurato o dal tuo infantile desiderio di vendetta?”

Gli domandò Julia, irrisoria e…irritata? Non riuscivo a definirlo chiaramente.

Bob sorrise, un sorriso cattivo e compiaciuto.

“ Be’… mettila così. Se io ora non avessi imprigionato… Frederick… tu….”

La indicò con una mano.

“ Non saresti qui.”

Julia non disse nulla, ma lo guardò bere dal suo calice in argento del sangue rosso vivo, impassibile. Con un solo sorso, i suoi occhi divennero cremisi.

“ Sii sincera, Julia, se ti riesce, almeno per una volta. Fra me e… Frederick, non credi sia più logico, per te, scegliere me?”

“ Dove sarebbe questa logica inattaccabile?”

“ Be’… per cominciare, in primo luogo, io non mi trovo in una ex-base militare americana, sotterrato sotto un cumulo di sabbia e macerie, a sputare sangue per colpa dei miei sadici carnefici.”

Una breve pausa, in cui bevve ancora.

“ In secondo luogo, chi è che capace di capirti meglio di chiunque altro? Sapevo che non sarebbe stato facile, che mi avresti rifiutato… certo, mi ha sorpreso la parte dello schiaffo, molto ad effetto, te lo concedo, ma con me poco efficace, direi.”

Disse, massaggiandosi piano la guancia, sorridendo malizioso.

Subito dopo, divenne nuovamente serio, in un cambio repentino d’umore.

“ Rassegnati, Julia. Noi siamo fatti della stessa pasta. Siamo cresciuti entrambi nella miseria, ci siamo creati il nostro impero. Tutto quello che possediamo e che siamo diventati, lo abbiamo creato noi, con le nostre mani! Ora, dimmi: cosa ne sa un moccioso, nato con la camicia, che non ha saputo costruirsi nulla da solo e che ancora oggi si mostra incapace di farlo, di persone come te e me? Che ne sa lui di come si vive senza niente, per strada, a derubare perfino il tuo migliore amico pur di sopravvivere? Non conosce la sensazione di vivere senza mangiare il pane per giorni e giorni, con lo stomaco che borbotta, rintanato in un sottoscala polveroso, dormire su un pavimento marcio, fra i topi, gli scarafaggi e la sporcizia… dimmi, Julia. Spiegamelo!”

Esclamò, duro.

“ Potrà essere l’uomo più dolce del mondo, ma rimarrà sempre un damerino, giovane, inetto e smidollato. Vuoi davvero un ragazzino al tuo fianco, o un uomo che conosca il tuo passato e riuscirebbe a renderti felice nel tuo presente, se solo tu lo volessi?”

Terminò, con meno fervore, rispetto a quello che aveva dimostrato durante il suo lungo discorso. Mi apparve evidente che con ‘damerino, ragazzino…’ si riferisse a Cole Bishop. Il suo risentimento nei suoi confronti era evidente, com’era palese la freddezza e l’ostilità di Julia. La vidi avanzare verso di lui, con passo calmo e misurato.

“ Tu mi conosci, Bob? Dici che siamo della stessa pasta?”

Julia sogghignò.

“ Ma non farmi ridere.”

Si bloccò a metà percorso. Bob si accigliò.

“ Tu sei solo il figlio di un povero contadino, che ha avuto la disgrazia di avere te come figlio. Per tutta la tua vita, ti sei rintanato dietro le sottane di ogni donna facoltosa, per riuscire ad ottenere quel titolo di cui, ancora oggi, tanto ti vanti. Hai usato abilmente il tuo bel faccino, per ingraziarti i favori di quelle povere sventurate, insieme alle tue più che eccellenti doti d’amatore per tenertele buone, finché ti servivano per i tuoi scopi. Hai ucciso, tradito e mentito per tutta la tua esistenza, per assecondare i tuoi megalomani capricci, e adesso hai perfino il coraggio di dirmi che tu solo puoi capirmi?

Disse, irrisoria e pungente. Vidi Bob tendersi ad ogni suo passo, guardarla ad occhi sgranati, ritraendosi di pochi centimetri sulla poltrona, finché non schiacciò la schiena sullo schienale, trovandosela vicinissima a lui, che lo dominava dall’alto.

“ Non provare a paragonarmi mai più a te, Robert. Sei solo un viscido arrampicatore sociale, con l’unico pregio di essere bravo a letto.”

Bob, inaspettatamente, si ricompose e sorrise.

“ Già, ma ci sei comunque andata a letto con questo viscido arrampicatore sociale.”

Le ricordò, sarcastico.

Julia assottigliò lo sguardo.

“ Il più grande sbaglio della mia vita.”

Gli disse, con voce bassa e sibilante.

Il sorriso scomparve dal volto di Bob.

“ Ah, è così?”

Disse, con voce più alta, risentito.

“ Si.”

Confermò lei, alzandosi in posizione eretta.

“ Bene, allora…”

Disse, alzandosi più velocemente di quanto mi aspettassi.

“ Nemmeno io mi reputo poi così fortunato di essermi immischiato con una puttanella d’alto borgo come te. Ecco!”

Esclamò, spalancando le braccia e portando il viso al soffitto.

“ Sei felice, dopo che mi hai fatto dire questo? Sei contenta, Julia? Eh, sei contenta?”

La sua voce era diventata tonante ed assordante. Ma quel tono da soprano incattivito non poté essere paragonato al clamore prodotto dal palmo destro di Julia, che s’infranse sulla guancia sinistra di Bob in un secco schiaffo. Il secondo.

Bob smise di respirare, mentre Julia espirò, lenta.

“ No.”

Disse, fredda e quasi disgustata.

Bob chiuse gli occhi. Aveva compreso di averla perduta.

“ Ho esagerato.”

Mormorò.

“ Decisamente.”

Disse Julia, dandogli le spalle.

“ Julia.”

La chiamò, in una sillaba impercettibile.

Ma Julia non lo guardava più.

Prese la borsetta che Florence le porgeva con una mano, mentre con l’altra afferrava il braccio di Carlisle, ancora scosso da quel repentino corso degli eventi. Lo pilotò decisa all’uscita.

I suoi occhi, prima così ridenti, ora erano due lame di ghiaccio nero.

“ Julia.”

La richiamò di nuovo Bob, questa volta con più enfasi.

Nemmeno quella volta Julia rispose al suo richiamo. Anzi, avanzò decisa lungo l’uscita.

Edward mi spinse ad uscire e a non rivolgere più lo sguardo ad uno svuotato Bob.

“ Julia!”

La chiamò ancora e ancora, finché Florence non sbatté la porta dell’appartamento al Plaza con più veemenza del necessario. Notai una smorfia di fastidio sul suo viso, di solito così inespressivo.

 “ Non dargli retta, Carlisle.”

Gli disse Julia, quando si voltò al rumore violento di qualcosa che s’infrangeva sulle pareti.

Bob stava urlando, imprecando selvaggiamente contro il nulla, radendo al suolo il lussuoso appartamento.

“ E’ in piena crisi egocentrica. Quando crescerà e metterà da parte il suo egoismo, potrò perdonarlo.”

Disse, mentre prendeva posto nell’ascensore, permettendoci di precederla.

“ Forse.”

Aggiunse subito dopo.

Sostò accanto a me, tastandosi l’acconciatura, in un gesto meccanico.

Florence premette il bottone più in basso e le porte automatiche si chiusero con un trillo.

L’ascensore si mosse, scendendo lentamente verso la hall.

“ Stai bene?”

Chiese Carlisle a Julia.

Lei gli sorrise, un sorriso che non arrivò ai suoi occhi.

“ Ma certo. Ora, pensiamo a Cole, mm?”

Carlisle annuì, guardandola circospetta.

“ Sai…”

Gli sussurrò, toccandosi i diamanti pendenti sul suo decolté.

“ Stranamente, ho voglia di vederlo.”

Carlisle sorrise.

“ E’ naturale.”

Julia lo guardò, accigliata.

“ E’ evidente che ti manca.”

Julia sembrò pensarci su. Infine, glissò l’argomento, facendo spallucce e sorridendogli, più rilassata, ora che eravamo molti piani in giù, rispetto a quello di Bob.

E se ci avesse seguito?

Edward sembrò leggermi nella mente.

“ Non lo farà. E’ troppo preso da se stesso, al momento.”

Mi mormorò all’orecchio, baciandomi la tempia. Poggiai il capo sulla sua spalla e strinsi la sua mano. Lui ne intrecciò le dita e accarezzò il dorso dell’indice col pollice.

Le porte si aprirono, rivelando solo un fattorino in riviera e i due receptionist indaffarati dietro il bancone dell’ingresso.

Alice uscì per prima, seguita da Jasper, che l’afferrò per un braccio, permettendo a Florence di superarli. Alice lo guardò con disappunto. Lui la rimproverò con lo sguardo. Alice gli fece una linguaccia e lo prese a braccetto. Lo sguardo di Jasper non si addolcì, nemmeno quando Florence fu molto lontano da loro. Lo seguiva con gli occhi ben vigili. Non si sarebbe mai fidato di lui.

“ Dove, mia signora?”

Chiese Florence a Julia, una volta che ci accomodammo nella limousine che Julia aveva fatto parcheggiare nel parcheggio dell’albergo, all’insaputa di Bob.

“ In caso d’emergenza.”

Le aveva mormorato, ammiccando verso di lei, in risposta ad un suo sguardo interrogativo.

Be’… non si poteva certo dire che non fosse previdente.

“ All’aeroporto, Florence. Io e te partiamo per l’Africa.”

Disse, risoluta.

“ Cosa?”

Carlisle la guardò più che stupito.

Florence s’inchinò rispettosamente, chiuse la portiera e, in meno che non si dica, eravamo immersi nel traffico newyorkese. Il suono dei clacson impazziti e  la puzza di benzina e smog c’investì totalmente. Nemmeno i finestrini scuri e chiusi della limousine riuscirono a tenerli fuori dall’abitacolo.

“ Voi tornerete ad Amsterdam. Non avete motivo di rimanere qui. Sta’ tranquillo, ci sbrigheremo il più presto possibile.”

“ Ma…”

“ Niente ‘ma’, Carlisle, Ho deciso.”

Disse sbrigativa Julia, zittendolo e senza guardarlo. Il suo sguardo determinato era puntato verso l’esterno, ma senza vedere nulla. E non solo per via dei vetri scuri.

“ Julia…”

Cercò di farla ragionare Carlisle.

Julia esplose, aggredendolo, per la prima volta.

“ Maledizione, Carlisle! Non discutere! Ho detto che tornerete ad Amsterdam, fine della discussione! Non contraddirmi!”

Carlisle serrò la mascella, rimanendo in silenzio. Tuttavia, sostenne con stoicismo quello sguardo di fuoco, finché le fiamme non si placarono.

Julia sospirò, massaggiandosi il centro della fronte con le dita della mano destra.

“ Perdonami, Carlisle. Non ce l’ho con te.”

Sussurrò, con una vena di mortificazione nella voce sensuale.

Sorrise, cercando di smorzare l’aria tesa.

“ Non sono abituata a dare conto delle mie decisioni. Sarà per questo, che sbotto così.”

Carlisle scosse il capo, rilassando i muscoli.

“ Ma no. Sei solo ancora molto tesa per lo scontro verbale che hai avuto poco fa con Kingley. E’ comprensibile.”

Julia non rispose, limitandosi ad ispirare ed espirare lentamente, ad occhi chiusi.

Sembrava averne una necessità psicologica, più che fisica, come se quel semplice gesto l’aiutasse a calmarsi e a riordinare le idee.

“ Tuttavia, non posso permettere che tu parta da sola, Julia. E’ pericoloso. Potresti non tornare illesa da questa missione di salvataggio. Non sai ciò che ti aspetta.”

“ So benissimo ciò a cui vado incontro, Carlisle. Credimi, se ti dico, che so come cavarmela. E poi non sarò sola, c’è… dannazione, Florence!”

Esclamò, improvvisamente, animandosi.

“ Vai più veloce! Mi stai facendo salire l’ansia.”

Disse, dura e inflessibile.

“ Mi perdoni, mia signora. Farò il possibile.”

Disse la voce calma di Florence, proveniente dall’altoparlante interno. Vidi la sagoma del suo busto dietro il vetro divisorio tra il retro dei passeggeri e il lato del guidatore.

Florence fece una manovra rischiosa, che mi portò a schiacciarmi totalmente sul petto di Edward, che mi strinse a sé, aiutandomi subito dopo a farmi tornare eretta.

Julia strinse la mano di Carlisle, sorridendogli.

“ Sei molto dolce a preoccuparti per me. Ma, credimi, non è assolutamente necessario.”

Ritornò seria.

“ Questa è una faccenda che devo risolvere personalmente.”

Ritirò la mano, assumendo la stessa posizione di poco prima.

Notai che non portava più il collier di diamanti, regalo di Bob.

Più tardi, scoprii che l’aveva lasciato sul bancone della reception, lasciandolo galleggiare in un vaso di rose rosse.

La limousine si fermò con uno scossone. Eravamo arrivati all’aeroporto.

Come avesse fatto Florence a svincolarsi dal traffico di New York, all’ora di punta? Be’… quello rimase un mistero.

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Perdonate il ritardo mostruoso, ma impegni universitari mi hanno tolto molto tempo alla scrittura.

Ringrazio tutti coloro che mi seguono e che hanno commentato lo scorso capitolo. J

Se avete voglia di lasciarmi un commento, sarà tutto ben accetto.

Aggiornerò il prima possibile.

Controllate sempre durante i fine settimana.

Un bacio a te che leggi .

Sempre vostra,

Fuffy

<3

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Cole

Dannazione! L’ultimo colpo era stato forte. Sputai un cumolo di saliva, sibilando contro il mio aguzzino, mentre altri due in ombra ridevano sfacciati.

Quel figlio di buona donna di Kingley non si era accontentato di bruciare tutti i miei campi e di aver ucciso tutti i miei soldati, ma si divertiva – ovunque fosse – a farmi torturare ogni due ore.

Se solo l’avessi stretto fra le mani … Ahi, un altro gancio destro! Strattonai le catene con cui m’avevano legato. Erano di una lega speciale che il bastardo si era fatto confezionare apposta per pregustare quest’unico scopo.

Che mi odiasse a morte, ormai, era palese. Eppure, non era disposto ad uccidermi. Chissà perché … non potevo credere che fosse per un rimorso di coscienza. Ridacchiai. Ma quale coscienza? Quello lì era buono solo ad uccidere e a scopare.

Alti due colpi, uno allo stomaco e un altro in faccia. La crepa, che si era formata sulla guancia destra, la sentii aprirsi di altri tre centimetri.

Altre risate, altri grugniti da parte del bestione di fronte a me.

Dio … ero senza forze. Se solo avessi bevuto un solo litro di sangue … mi sarebbe andato bene perfino un lama. Allora sì che avrebbero avuto poco da ridere quegli …

Non potei formulare l’epiteto più appropriato a definirli che udii, da lontano, un fruscio di passi leggeri e veloci.

C’era movimento fuori dal rifugio. Che stava succedendo? Un altro scontro, con i trafficanti vicini? Il solo pensiero che quei bastardi avrebbero perfino avuto la possibilità di banchettare con dei poveri malcapitati mercanti d’armi, mi dava semplicemente il voltastomaco.

Dopo un forte trambusto, che fece tendere sulla difensiva anche quel gruppo d’idioti, intorno a me, seguì un silenzio pacificatore.

Era già finita? Mi sembrava strano.

Poi, all’improvviso, un odore familiare.

Spalancai gli occhi per la sorpresa. Cosa, cosa ci faceva qui?

Non era Fèlice. Non era nemmeno Carlisle. Conoscevo benissimo il suo odore, pulito e delicato. Quel profumo era diverso. Era forte, intenso … mi bruciava le narici.

Perfino i miei carcerieri lo assaporarono a pieni polmoni. Uno di loro ringhiò sommesso, a denti scoperti. Era eccitato.

Quando si voltò verso l’ingresso, contemporaneamente la porta, sulle scale, si spalancò. L’anta pesante, di ferro lavorato, fu scardinata con un possente colpo, cadendo rovinosamente addosso al più magro del gruppo dei tre, cinque vampiri, disposto in semicerchio, a schermarmi l’immagine scura che s’intravedeva sulla soglia. Riuscivo a vederli e a contarli tutti, finalmente, grazie all’aiuto della luce solare, che, per un istante, mi accecò, dato che erano mesi che mi tenevano imprigionato sotto terra.

Lo sconosciuto era alto e dal corpo possente. Indossava una tuta mimetica, con una targhetta di metallo pendente dal collo perfettamente squadrato. Faceva paura a vedersi, nonostante il corpo scultoreo, d’atleta greco. Il suo viso aveva tratti ben definiti, ma cupi.

Aveva gli occhi luccicanti di un profondo rosso. Aveva mangiato da poco.

“ E tu chi sei? Un sondato del fronte ovest?”

Sputò il primo vampiro, di fronte a me, verso di lui.

Il vampiro sconosciuto non rispose.

L’odore di prima si fece più intenso.

Finalmente, lei comparve.

“ No, è solamente il mio maggiordomo.”

Disse semplicemente, con voce quasi divertita.

Julia era più bella che mai. Aveva raccolto i capelli – rimasti sempre lunghi – in una treccia, che poi aveva avvolto in un elegante chignon sulla testa.

Indossava occhiali dalle lenti verde scuro, per richiamare il verde militare della tuta aderente e mimetica che indossava, praticamente identica a quella del suo … maggiordomo?

Mi venne da sorridere, ma mi avevano pestato così di brutto, che non ne avevo nemmeno la forza.

Mi rimase solo la lucidità necessaria per sentire il bisbiglio di Julia all’orecchio del bestione alla sua destra.

“ Uccidili. Non risparmiare nessuno.”

Il tono tagliente con cui aveva pronunciato quell’ordine di morte, mi fece rabbrividire e fu in quell’istante che le mie speranze caddero come un fragile castello di carta, così come la mia mente l’aveva velocemente costruito, non appena avevo captato la sua scia.

Non era cambiata.

Bellissima … e letale.

L’omone uccise tutti, senza lasciargli il tempo nemmeno di reagire ai suoi attacchi. Uno di loro ci provò – quello che provava più piacere degli altri a picchiarmi – ma, al confronto con quelli del bestione, i suoi sembravano i pugni di un bambino.

Era grosso e per niente veloce. I suoi resti bruciarono dopo, ma molto più velocemente delle altre carcasse inerti.

Quell’odore nauseabondo d’incenso mi stordì e m’indebolì del tutto.

Nei fumi torridi, vidi avanzare verso di me l’omone.

Aveva una canotta bianca, sotto la tuta sbottonata sul petto. Mi piacevano i suoi stivali in pelle. Molto sportivi. Julia aveva gusto, nel vestire i suoi adepti.

Per un attimo, credei che volesse finire il lavoro dei miei precedenti torturatori. Ma dovetti ricredermi quando, con una mano, ruppe entrambe le catene, che mi avvolgevano come due morse entrambi i polsi.

Sarei caduto a terra, privo di forze, se Julia non mi avesse sorretto fra le braccia.

Il profumo della sua pelle mi schiaffeggiò in pieno viso. Chiusi gli occhi, abbandonandomi del tutto al suo abbraccio.

Ero così debole … per la prima volta, da quando ero immortale, provai il desiderio di riposare.

“ Avanti, Cole. Fatti forza.”

Mi strinse a sé, premendo le labbra sul mio orecchio destro, le mani fra i miei capelli.

“ Ti porto via da qui.”

Mi mormorò, baciandomi piano il lobo.

Fece un cenno al suo servitore, dato che, subito dopo, mi sentii strattonato, con molta meno delicatezza, dalle mani forti del maggiordomo e trasportato sulla sua spalla destra, come un sacco di patate.

Provai una voglia matta di scendere. Tentai di divincolarmi, protestando con mugolii di disapprovazione per quella posizione ridicola.

Per tutta risposta, quella specie di gigante mi strinse più forte le gambe, tenendomi fermo del tutto.

Ah, se solo avessi bevuto un po’ di sangue …

Uscimmo fuori da quel braciere improvvisato. Julia  non si era bruciata i vestiti, grazie all’omone, che aveva protetto entrambi.

Julia gli strappò via la giacca della tuta, che era quasi completamente in fiamme.

“ Tranquillo, Florence. Te la ricompro appena possibile.”

Eravamo fuori. Guardai il cielo sereno e le lande polverose, dai cespugli secchi ed aridi.

Il campo era gremito di focolai identici a quelli che avevamo lasciato.

Un neonato superstite sbucò fuori dai cespugli di rovi, urlando come un ossesso.

Sentii i muscoli di Frorence tendersi sotto l’addome.

Julia gli mise una mano sul braccio.

“ Non scomodarti.”

Sussurrò.

Con un balzo trinciò di netto la testa del neonato, che rotolò lontano. Dette fuoco al corpo ancora in contorsione. Recuperò la testa e la calciò fino al resto del falò.

Però, era migliorata molto, nel combattimento!

Proseguì il suo cammino come nulla fosse, ancheggiando sensualmente davanti a noi. Mi trasportarono a pochi metri dal campo, ormai deserto, fino ad una jeep da base militare.

Florence mi depositò meno bruscamente sui sedili posteriori e Julia mi coprì con una coperta scura.

Non avevo neppure la forza di respirare e la guardai aggiustarmi la coperta sulle spalle con sguardo vacuo.

Julia incrociò i miei occhi assetati e la vidi accigliarsi.

“ Lo so. Aspetta solo un altro po’.”

Mi disse, con tono rassicurante. Allungò una mano, accarezzandomi col dorso delle dita la guancia destra.

Rabbrividii a quel tocco, maledicendo me stesso per essere così debole, da non riuscire a respingere il suo tocco gentile.

Julia, comunque, si ritirò subito. Passò qualcosa a Florence, mentre lei si sedeva sul sedile davanti del passeggero.

Florence sfilò qualcosa con i denti e gettò quella che doveva essere una bomba verso il campo, compiendo la stessa manovra di un lanciatore di baseball.

Quando saltò in macchina, mettendo in moto e sfrecciando a tutto gas verso la savana, il rombo assordante di uno scoppio previsto, mi arrivò alle orecchie come il suono piacevole di qualcosa di gradito.

Sorrisi, mentre, dentro di me, i corpi di quegli assassini bruciavano, insieme alle tende, i rifugi improvvisati e le stoviglie sbatacchianti.

Mi avvolsi nella coperta, chiudendo gli occhi, finalmente sereno.

Mi godetti il vento afoso della tundra sferzarmi il viso, ripulendolo dall’umidità di quella prigionia.

L’odore del sangue di un leone dormiente, a pochi miglia da nord, destò la mia fame ribollente e acuì il bruciore che m’arroventava la gola.

Julia mi fermò, prima che potessi balzare via dall’auto.

Mi lanciò una borraccia. La soppesai, confuso. Era pesante e decisamente piena.

Svitai il tappo. Subito un odore dissetante e rinfrescante di sangue fresco mi deliziò.

Avrei voluto berlo immediatamente, tuttavia, un odore sconosciuto, quasi come di qualcosa andato a male, m’impedì d’assaporarlo a pieno.

Me ne bagnai appena le labbra, come un gustatore esperto di vini pregiati. Leccai le gocce con la punta della lingua. Corrugai la fronte. Non era sangue umano, ma neppure di un erbivoro.

Julia rise della mia aria confusa.

“ Cosa credi, che sia veleno?”

Mi beffeggiò, osservandomi da dietro le lenti scure.

Mi sorrise, incoraggiante.

“ Tranquillo. E’ solo sangue di puma.”

Puma? Da quanto tempo non gustavo sangue di puma?

Lo sapevo benissimo, da quanto tempo. Da quando io e Carlisle ce ne andavamo a spasso per le foreste del sud, giocando a chi cacciava più puma possibili.

Lo bevvi con gusto e l’imbarazzo di ricordi lontani e divertenti m’investì, senza che io lo volessi davvero. Non li avevo da tanto, forse troppo tempo.

Julia rise e guardò davanti a sé, mentre io bevevo con avidità quel liquido tanto agoniato.

Mi asciugai le labbra col dorso di una mano, leggermente più temprato. Almeno, riuscivo a sedere composto, in mezzo a quei due pazzi. Non potevo che definirli così. Sembravano due escursionisti in viaggio per esplorare luoghi sconosciuti, non due che avevano appena ucciso cinquanta vampiri ed oltre.

Li guardai, di nuovo accigliato.

“ Dove andiamo?”

Julia si voltò per pochi secondi a guardarmi con serenità.

Mi sorrise, per poi voltarsi nuovamente, con un sospiro lieve.

“ Te l’ho detto.”

Mi  rispose, con tono più forte, quasi giuliva.

“ A casa.”

 

 

Bella

 

La porta d’ingresso si spalancò e prima che potessi sollevare lo sguardo verso l’entrata, Julia Hamilton era già entrata nella stanza, sorridendo contenta, come se fosse appena tornata da un pomeriggio di shopping.

“ Siamo a casa!”

Esclamò, abbracciando Carlisle, in uno slancio affettuoso.

Lo baciò su entrambe le guance,  mentre lui si mostrava ancora sorpreso.

Sorrise, scostandola dolcemente da sé. Julia rise spensierata.

Indicò la porta con un gesto plateale.

“ Te l’ho riportato.”

Mormorò, sorridendo maliziosa.

“ Ta-dan!”

Esclamò, quasi cantando. Osservai il nuovo arrivato. Cole Bishop aveva l’aria di uno appena uscito da una guerra lunga e sanguinosa.

La sua espressione era cupa e desolata.  Il suo viso era nascosto da una barba incolta e trascurata e i capelli castano chiaro gli ricoprivano metà occhio sinistro. Aveva lo sguardo basso e non sembrava per niente contento di trovarsi lì.

Florence lo affiancava, ricolmo di valige e borse da viaggio. Accanto a Cole, sembrava un aristocratico appena tornato da una battuta di caccia, con i pesanti pantaloni di fustagno, dal taglio sportivo, gli stivali neri in pelle scamosciata e il dolcevita anch’esso nero, da cui s’intravedevano gli addominali scolpiti e un fascio di muscoli minacciosi che, fino ad ora, con indosso l’abito professionale del classico maggiordomo, non avevo mai notato.

Florence fece cadere le valigie all’ingresso, osservando con la coda nell’occhio i movimenti impercettibili di Cole.

Carlisle non smetteva di guardarlo da quando era comparso da dietro il paravento ornamentale, che divideva il salone dall’anticamera.

Il suo viso tradiva tutta la sua preoccupazione.

“ Si sente male?”

Chiesi ad Edward, curiosa e un po’ preoccupata da tutta quella strana apatia ed immobilità. Lui m’abbracciò e mi baciò la tempia, mentre mi sussurrava fra i capelli.

“ No, ma è sicuramente molto provato.”

“ Cosa gli hanno fatto?”

“ Non mi va di dirtelo.”

Mi rispose Edward, corrugando la fronte, segno che quello che stava leggendo nella mente di Cole, non gli piaceva affatto.

“ Sappi solo che la sua permanenza in Africa, non è stata per niente piacevole.”

Annuii.

“ Eppure, Julia non mi sembra turbata dal suo stato.”

Edward sogghignò, senza allegria.

“ Cosa potrebbe mai turbare questa donna, davvero non credo che lo scoprirò tanto facilmente.”

Entrambi, la vedemmo procedere verso Cole, appoggiandosi alla sua spalla destra col gomito ed osservandolo con un sorriso felice, come se si stesse godendo la vista di una bella trota appena pescata e pronta per essere arrostita.

“ Allora?”

Sollecitò Carlisle.

“ Non sei contento? Te l’ho riportato sano e salvo.”

Carlisle non sapeva cosa risponderle. Sembrava visivamente turbato dallo stato di Cole e, allo stesso tempo, rimaneva stralunato di fronte l’entusiasmo esplicito di Julia, completamente in dissonanza con l’assenza di partecipazione del vampiro.

“ Sì, ma… Julia, lui…”

“ Cosa? Sta bene.”

Disse lei, continuando a sorridere in una maniera smagliante. Arcuai un sopracciglio. Ere evidente che facesse finta di non vedere.

“ Cole.”

Lo richiamò Carlisle, avvicinandosi a lui di pochi passi. Il vampiro non si premurò neppure di alzare lo sguardo verso di lui.

Carlisle gli sfiorò appena una spalla e, sorprendentemente, lui non si mosse di un millimetro.

Carlisle e Julia si guardarono. Il primo era preoccupato, la seconda impassibile. Infine, sorrise di nuovo, prendendo Cole per mano.

Lo trascino fino al divano, continuando a ridere a fior di labbra e a sorridere. Sembrava davvero felice, come se lo stesse invitando a bere un caffè con lui, dopo averlo ritrovato dopo tanto tempo.

“ E’ tutto apposto.”

Disse, in direzione di Carlisle, mentre si sedeva sul divano.

“ Siediti caro.”

Invitò, con tono gentile, accompagnandolo con un gesto delle mani, mentre lui si sedeva accanto a lei.

“ Florence, potresti… oh, grazie mille.”

Florence aveva servito un calice d’argento alla sua padrona, la quale, con un gesto morbido, lo aveva passato al suo vicino. Cole afferrò il bicchiere colmo di sangue rosso vivo senza battere ciglio, in un gesto del tutto meccanico.

“ Bevi, caro. Ti farà bene.”

Gli sussurrò, sorridendo ed accarezzandogli la guancia sinistra col dorso delle dita.

Percorse la barba ispida con le unghie, senza graffiarlo, dolcemente. Poi, la vidi arricciare le labbra ed aggrottare la fronte.

“ No, ti ringrazio, Florence, non ora.”

Disse a Florence, mentre lui gli porgeva un calice identico a quello di Cole, che guardava inespressivo davanti a sé, gli occhi bui immersi nel vuoto.

Assomigliava tanto ad Alice, in uno dei suoi attimi improvvisi di veggenza. Solo che Cole, a differenza sua, era del tutto svuotato. Era come se fosse entrato in uno stato catatonico, un naufrago perduto nella nebbia spessa, senza possibilità di ritornare alla riva.

“ Florence.”

Lo richiamò di nuovo, Julia, con voce più forte.

Florence si voltò e rimase immobile, aspettando un suo comando.

“ Ti sarei grata se preparasti un bagno, per me e il Signor Bishop.”

Lo guardò di nuovo, crucciandosi e sfiorandogli il mento barbuto con l’indice e il medio.

“ Ha davvero bisogno di darsi una ripulita.”

Disse, quasi rivolta a se stessa. In seguito, si voltò verso Carlisle che, intanto, si era avvicinato a Cole. S’inginocchiò e lo guardò clinicamente, quasi esaminandolo. Lentamente, gli tolse il calice colmo di mano, posandolo sul tavolinetto. Cole non reagì. Si limitò a guardare e rimirare il viso preoccupato di Carlisle, senza vederlo davvero.

Cominciava a farmi paura ad ogni minuto che passava.

“ Ha solo bisogno di rilassarsi, tutto qui. Vedrai, tornerà come nuovo.”

Disse Julia a Carlisle, mentre Florence si allontanava dalla stanza, quasi riluttante. Sembrava, dal suo sguardo insistentemente puntato su Cole, che temesse una sua reazione. Questa volta, non gli diedi torto. In fondo, anch’io cominciai a preoccuparmi seriamente di tutto quell’insistente mutismo.  Strinsi più forte la mano di Edward. Lui non si lamentò e mi accarezzò la schiena con la punta delle dita.

Carlisle esaminò Cole, come se stesse esaminando uno dei suoi pazienti. Gli sollevò le palpebre, gli tastò la gola e gli pizzicò appena una guancia, per avere una reazione. Fallimento totale.

“ Sembra come piombato in una specie di trance.”

Disse Alice, avvicinandosi anche lei, chinandosi per vederlo meglio.

“ Oh, sciocchezze!”

Esclamò accigliata Julia, facendolo sussultare appena accanto a lei.

Lo prese di nuovo per mano, costringendolo a scattare in piedi come lei. Alice e Carlisle li seguirono con lo sguardo, mentre si accingeva ad andare in un’altra stanza.

“ Niente che un bagno non possa guarire, vero Cole? Oh, su, tesoro, fammi almeno un cenno! E va bene, non importa. Chiacchiereremo più tardi. Ora, andiamo a rinfrescarci un po’ insieme.”

Julia era già fuori dalla stanza, quando vidi Cole bloccarsi e la sua mano scivolare lontano da quella di lei.

“ No.”

Lo sentii parlare, per la prima volta. La voce di Cole era terribilmente bella. Sembrava la voce roca di un fantasma incredibilmente bello e profondamente adirato, seppur simulasse la sua ira dietro un’apparente calma.

Julia si voltò a guardarlo, a bocca aperta. Perfino Edward, accanto a me, sembrò sorpreso da quella sua reazione inaspettata, come del resto tutti i presenti.

“ Cosa?”

Mormorò, ancora incredula.

Cole scosse il capo, indietreggiando lentamente all’indietro, senza mai distogliere lo sguardo da quello di Julia.

“ No”, ripeté . “ Non farò il bagno con te. Non mi va.”

Disse, risedendosi sul divanetto, nella stessa posizione di prima.

“ E poi, tu sei una traditrice. Perché dovrei fare il bagno con una serpe come te?”

Continuò con lo stesso tono profondo e distaccato, afferrando il calice e bevendone un sorso, corrugando la fronte.

“ No, sarebbe ridicolo.”

Sussurrò fra sé, bevendo ancora.

“ E scandalosamente controproducente.”

Disse, con timbro elegante, bevendo tutto il calice in un sorso. Guardai Julia e sussultai. La sua espressione ottimista di poco prima si era tramutata in una smorfia contrariata. Il suo sguardo era freddo e duro. Era palesemente arrabbiata.

“ Cosa mi tocca sentire…”

Mormorò, con tono glaciale.

Si avvicinò a Cole e gli strappò il calice vuoto dalle mani, gettandolo lontano, con un gesto brusco.

“ Ti ho appena salvato la vita. Ed è questo il modo di ringraziarmi? Offendendomi? Chiamandomi serpe?”

Gli disse, con tono concitato.

“ Oh, andiamo, Julia. Ti sei offesa solo perché ho rifiutato di fare il bagno con te.”

Replicò Cole, con molta flemma.

Julia sussultò impercettibilmente quando si sentì chiamare per nome da Cole. Forse, pensai, era da tempo che non si sentiva chiamare da lui. E la cosa, sembrava averla turbata molto. Tuttavia, come suo solito, non lo diede a vedere, reagendo con indignazione e mascherando il suo vero turbamento.

“ Ti sembra poco?!”

Esclamò, accigliandosi ed reggendosi eretta, in tutta la sua statura.

“ Nessun uomo avrebbe mai rifiutato un’offerta simile.”

Mormorò, offesa.

“ Quali uomini? Gli scimmioni ammaestrati con cui ti diverti ad accerchiarti? E quelli me li chiami uomini? Sono solo l’ombra di ciò che erano e di quello che sarebbero potuti essere.”

“ Oh, ora fai il filosofo umorista?”

“ Sono solo obbiettivo.”

“ Oh, ma per favore!”

Julia ebbe un gesto di stizza. Gli dette le spalle, incrociando le braccia strettamente al petto, voltando il viso, indispettito.

Cole la guardò appena. Le sembrava del tutto indifferente. Julia lo guardò con la coda nell’occhio, mentre allungava una mano sullo schienale del divano ed incrociava le gambe, respirando profondamente. Chiuse gli occhi, reclinando il capo all’indietro.

Julia si avvicinò, si accostò dietro di lui, chinandosi per guardarlo da vicino. Non mi accorsi che gli aveva percorso con le mani il petto, solo quando vidi le sue braccia serrargli il collo con delicatezza, in una stretta morbida.

Accostò il viso al suo, sussurrandogli con tono che giudicai languido sulla sua pelle:

“ Ti sono mancata?”

Cole si voltò per guardarla negli occhi. Per poco non la baciò, in quel gesto repentino. Ma riuscì a spostarsi di appena pochi millimetri, poco prima che le sue labbra sfiorassero quelle di lei, non poi così restie a riceverle.

Cole sospirò, digrignando i denti e ribellandosi al suo abbraccio. Si alzò, camminando per un po’, guardando a terra, con le mani ai fianchi. Lo vidi scuotersi, agitato, quasi come un iperattivo.

Si voltò bruscamente, guardandola con le sopracciglia e lo sguardo aggrottati.

Julia lo guardava come una donna che aspetta un gesto di gentilezza dall’uomo che desiderava. Il suo sguardo non era più duro, né freddo, solo caldo ed avvolgente, mentre aspettava una sua parola, la bocca leggermente dischiusa, come  in attesa di quel bacio negato.

Cole si morse il labbro inferiore, tremando da capo a piedi. Mi ricordò molto Jacob, quando, poco prima di trasformarsi, veniva scosso da violenti tremori. Non sapevo quale sarebbe stata quella di Cole; tuttavia, sperai in qualcosa di positivo.

Venni delusa ancora una volta.

Cole non abboccò all’amo di Julia. Scosse il capo energicamente, puntandole un dito contro.

“ No, no, no…”

Lo sentii ripetere velocemente, tanto che se un umano sarebbe stato presente, si sarebbe tappato le orecchie per il fastidio di quel melodioso ed insistente sibilo.

Gli puntò un dito contro.

“ Tu… tu... sei pericolosa.”

Cole si agitò ancora.

Si passò una mano fra i capelli scomposti.

Incrociò lo sguardo di Carlisle. Dilatò le pupille, quasi come se solo in quel momento lo avesse messo a fuoco.

Carlisle alzò una mano, come per calmarlo. Cole sbottò prima che lui potesse digli qualsiasi cosa.

“ E’ pericolosa, Carlisle. E’ solo per lei che… non giudicarmi. Ti prego, non giudicarmi.”

Gli disse, confusamente.

“ Per cosa dovrei giudicarti? Cole, per l’amor di Dio, calmati. Sei troppo agitato.”

Tentò di persuaderlo Carlisle.

“ No…”

Scosse ancora il capo Cole, serrando gli occhi, afferrandosi la testa.

Ringhiò feroce, facendomi tendere il difesa. Edward, di riflesso, mi si accostò di più.

“ E’ tutto sbagliato. Io… io non dovrei essere qui! Io…”

Guardò di nuovo Julia, che l‘osservava speranzosa.

Cole, per un attimo, sembrò addolcire lo sguardo, socchiudendo appena le labbra, forse per sussurrarle qualcosa di romantico.

Poi, fu come se qualcosa dentro di lui scattasse ferocemente. Ebbi solo il tempo di seguirlo accostarle vicino, quasi come se volesse afferrarla e scuoterla con violenza. Invece, fu con delicatezza inaspettata che  la prese per i, fianchi, solo per avvicinarla al suo petto. Julia lo guardò confusa, mentre lui si chinava per annusarle il collo. Sì, la stava proprio annusando. E lo faceva rumorosamente, come un animale selvatico.

Julia si mise a ridere, alzando le mani per scompigliargli i capelli lunghi, come per dispetto. Sembrava aver ritrovato il buonumore e la voglia di scherzare.

Ma Cole sorprese tutti di nuovo, con le sue reazioni imprevedibili. Si tolse con poco garbo le mani di Julia di dosso, indietreggiando di molti metri da lei. Il suo sguardo era acceso da una luce nuova, furente.

“ Lo hai fatto ancora… a quanto pare non ti è bastato!”

Julia lo guardò senza capire. Tuttavia, sorrideva ancora.

“ Cosa? Ma che dici? Oh, Cole, tesoro, ti trovo davvero strano, lo sai?”

Ridacchiò divertita, senza riguardo per il suo stato.

“ Mi fai ridere.”

Gli confessò. Tuttavia, lo disse con un tono che mi costrinse a voltarmi per guardarla ancora una volta. La vidi diversa, quasi felice. Non era più controllata e forzatamente seducente. Il suo sguardo era pacifico e quasi… sì, quasi dolce. La trovai ancora più bella del solito.

“ Ah, ma davvero?! Cristo, ma… come puoi essere così… ah, Cristo!”

Imprecò Cole, dimenandosi ed agitandosi come un leone in gabbia. Carlisle tentò ancora inutilmente di calmarlo, ma Cole sembrava non trovare pace.

“ Ma, per favore, Carlisle! Guardala!”

Gliela indicò, con entrambe le mani.

“ E’ piena, piena del suo odore.”

Sputò, più che risentito.

“ Odore?”

Gli chiese Julia, guardando lui e Carlisle senza capire.

“ Ah, finiscila, non fare l‘ingenua! Non ti si addice proprio, Julia.”

“ L’ingenua? Ma di cosa parli? Di cosa sta parlando?”

Domandò prima a lui e poi a Carlisle, che scosse il capo e la guardò con rimprovero.

Cole ruggì feroce, tanto che riapparve improvvisamente Florence nella stanza, pronto a bloccarlo.

“ No, no, Florence. Lascialo fare. Non è pericoloso.”

“ Oh, davvero? E tu che ne sai? Dovrei ucciderti con le mie mani, razza di… oh, Dio!”

Imprecò ancora, mordendosi il pugno e guardandola con astio.

Julia non poté reprimere un sorriso.

“ Che ridi, sotto i baffi, eh?”

Julia si morse il labro inferiore.

“ Non so come dirtelo, Cole, ma in questo momento…”

Si accostò allo schienale della poltrona, afferrandone i lati con le mani e stiracchiando le spalle tese.

“ Ti trovo incredibilmente sexy.”

Cole rimase spiazzato, tanto che rilassò le spalle, osservandola sbigottito, con la bocca leggermente schiusa.

“ Mio Dio, ma che razza di donna sei?”

“ Scusami?”

Cole assottigliò lo sguardo e diminuì il tono di voce, che divenne tagliente.

“ Sei appena uscita dal letto di un altro, fra l’altro, un soggetto che io odio mortalmente…”

“ Mortalmente? Uhm… un avverbio interessante, date le nostre attuali condizioni. Si potrebbe parlare di odio eterno?”

Disse Julia, con tono sarcastico. Cole perse la pazienza e scaraventò una lampada a muro contro la finestra di fronte, spaccandola in un fracasso assordante. Fuori, iniziò a piovere, fuori stagione. Fitte gocce entrarono dentro, bagnando il davanzale e il pavimento. Nessuno se ne curò, incluso l’efficiente Florence.

“ Non prendermi in giro, Julia!”

Urlò Cole, tendendosi verso di lei, come se volesse aggredirlo. Florence si affiancò alla sua padrona, ma non osò schermarla col suo corpo. Non voleva mascherarle la visuale completa di Cole, che ora sembrava più rabbioso e pronto ad esplodere che mai.

Pensai d’intervenire, ma Carlisle mi prevenne, facendo un cenno a Jasper. Lui annuì, capendo immediatamente. Percepii il suo potere fare effetto non appena mi sfiorò appena, tranquillizzandomi, anche se non era diretto a me. Cole sembrava non subirlo, come se il mio potere lo proteggesse.

Jasper riprovò, ma senza successo.

Scosse la testa, senza capire.

“ E’ troppo concentrato su Julia per subire un nostro attacco esterno.”

“ O forse…” mi balenò all’improvviso un’idea folle. La comunicai incredula perfino io ad Edward.

“ E se fosse uno scudo, come me?”

Edward mi guardò accigliato.

“ No, lo escludo. Se così fosse, non dovrei riuscire nemmeno i suoi pensieri. Eppure riesco a leggerli perfettamente.”

“ E come ti sembrano?”

“ Non pacifici, di sicuro.”

“ Ce l’ha con Julia?”

Edward fece spallucce.

“ Be’, la reputa la responsabile principale di tutti i suoi tormenti. Ma… non la odia, no.”

“ No?”

Edward mi sorrise, scostandomi una ciocca di capelli dalla fronte.

“ No. Vorrebbe, ma… per quanto faccia o dica, non ci riesce.”

“ A cosa sta pensando, adesso?”

Edward sospirò.

“ E’ combattuto. Sta valutando varie opportunità. Sta pensando se andarsene, senza nemmeno guardarla, attaccarla, per darle una lezione o…”, sorrise, mentre lo guardava comprensivo, quasi come se lo capisse.

“ O?”

Lo incalzai, curiosa.

“ Fantasia non disponibile.”

Disse, scherzoso. Sorrisi, comprendendo solo velatamente quale fosse l’effettiva fantasia di Cole. Ma rispettai Edward per il suo tatto. In fondo, erano pensieri riservati di Cole.

Intanto, la conversazione fra lui e Julia era continuata senza alcun miglioramento in meglio, a quanto pare, dato le riserve di lui e il sarcasmo di lei.

“ Oh, ti prego, Cole… non voglio prenderti in giro. Dico solo che non è consigliabile agitarsi così Non dopo quello che hai passato…”

“ Ah, e di chi è la colpa, se non del tuo… del tuo… amante, compagno? Ah, chiamalo come vuoi!”

Sbottò, affannandosi ad ogni parola. Sembrava che il pensiero di Julia e Bob – perché non poteva riferirsi a nessun altro che a lui - lo tormentasse fino a fargli perdere il normale raziocinio.

Julia portò gli occhi al cielo.

“ Bob non è il mio amante, né il mio compagno.”

Precisò, con pazienza.

“ E allora come spieghi la sua puzza addosso a te?”

Le chiese, con tono accusatorio.

“ Siamo andati in Francia insieme e…”

“ In Francia?!”

“ Sì, e abbiamo ballato un po’, quindi è probabile che…”

“ Ballato? Ballato?! Oh, ma certo, balla pure con Bob Kingley, il Signor Mi-scopo-chi-voglio-e-quando-voglio, mentre i suoi mastini m’intrattenevano da mesi sotto un ammasso di terra, a farmi sputare anche l’anima che non ho. Complimenti, Julia, brava, bravissima! Ottima condotta!”

Julia cominciò a perdere le staffe.

“ Senti… adesso basta, con questo narcisismo. Mi hai stufata.”

“ Oh, io ti ho stufata?”

“ Sì, esatto. E gradirei che la smettessi di agitarti per fatti e trascorsi inesistenti.”

Disse lei, con una calma invidiabile. Cole, invece, era una belva indomabile. E continuò, imperterrito, la sua arringa infinita. Sembrava offeso, ma in realtà, lo credei solo un uomo ferito, nell’orgoglio, nella dignità da Bob e da Julia, pensai, solo nel cuore.

“ Inesistenti… “, si passò una mano fra i capelli:” Ma certo, ora sono un visionario! Siete bravi, maledettamente bravi a rigirare le carte in tavola, a fare apparire tutto a meraviglia, quando poi la realtà è ben diversa. Tu dici di essere stufa? E io, allora? Cosa dovrei dire, io, Julia?”

“ Hai tutto il diritto di arrabbiarti, Cole. Ma non con me.”

Cole la guardò, astioso.

“ No… no, Julia. Soprattutto con te.”

Julia sospirò, distogliendo lo sguardo dal suo.

“ Non ricominciare.”

Gli mormorò, quasi pregandolo.

Cole scosse la testa, sogghignando.

“ No, sarebbe troppo semplice per te. Troppo semplice…”

“ Cole…”, Carlisle intervenne. Cole lo guardò di traverso, come se non volesse davvero incontrare il suo sguardo, ma ne fosse costretto dal caso. “ Non prendertela con Julia. Lei sta cercando di chiederti perdono, a suo modo, certo, ma… lo sta facendo.”

Cole incrociò il suo sguardo, sconfortato.

“ Valle incontro. Servirà a te, più che a lei, credimi.”

Continuò Carlisle, fiducioso in una sua ripresa. Cole guardò Julia e si accigliò di nuovo.

“ No, Carlisle. Le sono andato incontro troppe volte. Adesso basta.”

Gli disse, duro ma non rabbioso. Si voltò verso la finestra. Saltò sul davanzale, sporgendosi per guardare fuori. La pioggia gli imperlò i capelli di gocce grandi come chicchi d’uva, bagnandogli il viso e colandogli lungo il mento ispido.

“ Dove vai?”

Gli chiese, Julia, senza una particolare inflessione nella voce. Tuttavia, si staccò dalla poltrona, compiendo tre passi, fermandosi.

“ Non lo so. E non ti riguarda.”

Le rispose, Cole, pronto a saltare.

“ Cole…”

Lo richiamò Julia. Cole si fermò.

“ Resta.”

Gli sussurrò. C’era un timbro diverso nella sua voce. Una preghiera, forse. Cole la guardò, le ciglia socchiuse e bagnate di pioggia. Negli occhi, uno sguardo diverso, combattuto, indeciso, poi ardente e passionale.

“ Addio, Julia.”

Dise fra i denti stretti, dandosi slancio con la punta dei piedi per saltare giù. Julia lo fermò di nuovo, con un tono più forte, deciso.

“ Mi avevi detto che mi amavi. Era tutta una bugia?”

Cole non la guardò questa volta, forse per non cedere al suo incantesimo.

“ No… non lo era.”

Disse, quasi a malincuore, come se non volesse rivelarlo.

“ Ma tu lo hai ucciso il mio amore.”

 

Julia socchiuse le labbra, turbata. Abbassò lo sguardo. Quando lo risollevò, Cole era sparito.

Carlisle era alla finestra. Si era sporto per richiamarlo. La sua voce risuonò nella tempesta come il fragore di un tuono. Ma tutto risultò invano. Cole non ritornò indietro. Era scomparso.

Tornai a guardare Julia. Sembrava irritata, più che triste.

Vidi le sue labbra muoversi senza un suono. Stava ripetendo fra sé e sé l’ultima frase che Cole le aveva rivolto.

Subito dopo, il suo sguardo incontrò involontariamente il mio, senza guardarmi davvero.

La vidi storcere le labbra e guardare l’espressione dispiaciuta di Carlisle covando una rabbia non rivolta a lui.

“ Lo hai sentito, no? Tu lo hai ucciso il mio amore!

Lo scimmiottò perfettamente, imitando il suo tono scontento, con l’aggiunta di un timbro irrisorio.

Digrignò i denti, dandoci le spalle.

“ Ridicolo… non voglio più saperne niente.”

Disse velocemente, quasi mangiandosi le parole. Ogni sillaba tradiva il suo nervosismo.

“ Julia…”

Tentò Carlisle.

“ No, Carlisle! Per quanto mi riguarda, ho già fatto fin troppo.”

Replicò, infuriata.

Di fronte allo sguardo desolato di Carlisle, Julia sospirò, tentando di sorridergli. Gli accarezzò una guancia.

“ Non preoccuparti. Gli passerà.”

Lo baciò sulla guancia, dirigendosi verso la porta.

“ Vedrai che ritornerà!”

Esclamò, di nuovo incredibilmente serena.

“ Come fai a dirlo?”

Le chiese Carlisle, scettico e col tono deluso.

Julia si voltò per sorridergli sorniona.

“ Per il semplice fatto, che non può stare senza di me.”

La sua risata che s’infrangeva dietro il battente della porta chiuso da Florence, mi arrivò alle orecchie come qualcosa di sinistro.

“ Cos’era quella? Una minaccia?”

Edward rise divertito. Mi baciò sulle labbra.

“ Con Julia? Tutto è possibile.”

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Eccoci qua! J

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Accetto qualsiasi commento! J

Ringrazio di cuore tutti coloro che mi seguono con entusiasmo. Vi adoro! J

Un bacio ad ognuno di voi, lettori e lettrici,

A presto,

Vostra,

Fuffy.

 

<3

 

 

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