Il gigante e la bambina

di Alcione
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piovuta dal cielo ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3. Approcci ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7. Un pezzetto di me ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 Di Attacchi e verità ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13. Acate ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16. Amara vittoria ***
Capitolo 17: *** 17 Il Gorgo ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 Tempesta e Assalto ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22. Un lunghissimo giorno ***
Capitolo 23: *** 23 Quel sottile filo rosso ***
Capitolo 24: *** 24 ***



Capitolo 1
*** Piovuta dal cielo ***


Cronaca del viaggio ad Asgard, dalle Memorie del Comandante della Stella.

Un dolore acuto alla testa, come se centinaia di lame infuocate s’ infilassero di prepotenza tutte insieme nel cranio. Un esplosione di miliardi di colori prima del buio totale. La sensazione di essere infilati di forza in uno stretto tubo di gomma ed essere risucchiati via, venendo strattonati per il collo, il respiro che veniva portato via, e l’ impressione di non riuscire a far arrivare aria nei polmoni. Un interminabile minuto di intenso dolore, dove l’intero corpo pareva sbriciolarsi e ricomporsi miliardi di volte all’infinito. Volare a velocità elevatissima attraverso qualcosa che non distinguevo chiaramente. Quando pensai davvero di non farcela, quando tutto mi pareva davvero troppo, ed ero pronta a lasciarmi andare tra le braccia della Nera Signora, piombai a peso morto sulla nuda terra. Il corpo e la mente di comune accordo, non mi concessero nemmeno il privilegio di svenire. Tutto lo strazio delle  membra martoriate, dovevo sentirlo  tutto, fino all’ultima goccia. Dopo un tempo che mi  parve infinito, quando lentamente il dolore permise ai sensi di riprendersi il corpo, ancor più lentamente aprii gli occhi. L’accecante luce del sole, mi abbagliò, tentai di schermare la vista con una mano, ma quella non era per nulla collaborativa, richiusi le palpebre e ascoltai ciò che mi circondava. Il contatto della fresca e morbida erba sotto il corpo.

Odore. L’odore di erba tagliata, la morbidezza di un giardino sotto le dita inermi.

Sapore. Il sapore di ferro e ossa, della bocca impastata di sangue.

Suono. L’allegro cinguettare degli uccelli in un giardino, e lo stormire delle foglie in primavera.

L’intero corpo era tutt’un pulsare doloroso, un dolore tale da non riuscire a muovermi, anche il semplice gesto di respirare mi risultava doloroso. Potevo avvertire il sangue caldo scorrermi sulla fronte, e il taglio sul viso pulsare. Mi toccai la coscia destra, la freccia era ancora li. Cercai di riprendere fiato e soprattutto il pieno controllo del corpo, l’urto mi aveva dato il colpo di grazia. Lentamente cercai di muovere braccia e gambe, a parte la freccia, pareva che non avessi, miracolosamente niente di rotto. Una buona notizia. Tentai di alzarmi a sedere, ma non appena sollevai il capo, la testa mi girò talmente tanto da farmi gettare su un lato e vomitare. Vomitare dal dolore, era la cosa che più detestavo. Più delle ferite, più del sangue che non si lavava via, più delle sconfitte, e io, naturalmente, puntualmente, vomitavo. Sapore di sangue e vomito, “Questa si che è vita!” pensai rotolando di nuovo sulla schiena. Quando finalmente mi abituai alla luce, il cielo sopra di me era di un azzurro stupefacente, era cosi diverso dal cielo sotto la quale era cominciato lo scontro. Un cielo grigio e pesante come la guerra che da anni ci sfiniva. La botta alla testa doveva essere stata tremenda per tramortirmi cosi, “Che strano, non ricordavo che ci fosse un prato sul campo. Non vedo un prato cosi verde da..da..”  Un angoscia che avevo provato solo un’altra volta nella vita, mi inghiottì, dimentica del dolore lancinante che mi attraversava il corpo mi alzai barcollando, non riconoscevo nulla di ciò che era attorno a me “Non sono a Goronwye” sussurrai “Non sono aGoronwye.” Ripetei sempre più atterrita. Mi tastai il corpo, il volto sfregiato, i capelli lunghi impastati di fango, i seni piccoli e sodi, gli addominali scolpiti, i fianchi, le braccia, le gambe, la freccia nella mia carne. No, pareva esserci tutto, tutto al proprio posto e soprattutto, cosa più importante, era tutto mio. Nessun volto sconosciuto, nessun corpo estraneo, niente che non riconoscevo. Cercai di respirare e calmarmi. Dovevo pensare, dovevo ragionare.  Possibile che ci fossi cascata ancora? Dopo tutto quello che avevo passato era ancora cosi facile scagliarmi addosso quel maledetto incantesimo? Sentii delle voci che davano l’allarme, dovevo nascondermi, non dovevo farmi vedere, cercai di scappare all’ombra dell’alto muro alle mie spalle, ma la gamba non me lo permise e crollai a terra di nuovo “Maledizione!” gridai sbattendo i pugni a terra, le guardie mi furono addosso nel giro di venti secondi “Oh buongiorno …” borbottai quando li vidi puntare le loro lance contro di me. La luce del sole mi abbagliava, ma riuscii a distinguere delle meravigliose e lavoratissime armature dorate, lunghi mantelli blu e armi pregiate. Di certo quelli non dovevano essere dei soldati comuni, guardie reali più probabilmente. Mi presero di forza e con molta poca grazia, sia per una donna, sia per un ferito, mi misero in piedi. La testa vorticò ancora, serrai le labbra per non vomitare di nuovo, ma sentivo gli occhi schizzare fuori dalle orbite. Pensai a come liberarmi delle guardie, ma erano decisamente troppi per me in quelle condizioni. Avevo la sensazione di perdere sangue da ogni poro della pelle, la carne urlava dal dolore, ma cercavo di non darlo a vedere. D’un tratto il drappello si aprì per far entrare nel mio campo visivo, quello che pensavo fosse il comandante delle guardie: era una bella ragazza alta e mora, avrebbe potuto avere al’incirca la mia stessa età, lo sguardo di chi è abituato a farsi obbedire senza troppe domande,

 “Chi sei? Come sei entrata qui?”, sorrisi beffarda

“Mi creda Milady, vorrei tanto saperlo anche io!” non apprezzò l’ironia. Il suo sguardo  si spostò sui miei stivali logori, sulle gambe nude ricoperte di polvere e sangue, la vidi indugiare sulla freccia che spuntava dalla gamba, alla quale io fingevo di non aver fatto caso, risalì sull’addome quasi completamente nudo e livido, sulle braccia lunghe e tatuate,e fissò per un lungo attimo l’anello che portavo al collo. Istintivamente lo strinsi nella mano, lei si accorse di quell’attimo di nervosismo, e mi puntò quegli occhi freddi  in faccia, ma come accadeva di solito, quando qualcuno mi guardava negli occhi per la prima volta, li vidi sgranarsi quando notò il loro bizzarro colore: uno verde come i prati primaverili, l’altro quasi bianco, come se fosse cieco. Arricciai le labbra soddisfatta, ora era lei ad avere un attimo di nervosismo. La vidi spostare lo sguardo sulla ferita del volto, se ci pensavo, mi faceva un male da morire, e ormai doveva essere già bella gonfia.

“Mettetela ai ferri!” ordinò senza aggiungere altro. Bè almeno non mi avevano fatto fuori su due piedi.

Forse era gente civile.

Ne avevo viste di prigioni. Prigioni fisiche, prigioni mentali, ed erano tutte più o meno uguali: buie, fredde, umide, dove l’odore di umori umani impregnavano l’aria e la rendevano nauseabonda. La mia più lunga detenzione, durata ventidue anni. Quella era stata decisamente la peggiore. Impossibilitata a muovere anche il più piccolo dei mie muscoli, impossibilitata ad agire, anche solo a pensare. Una prigionia che non auguro a nessuno, nemmeno al mio peggior nemico.

Quella nuova prigione invece, era qualcosa che non avevo mai visto. Potrei quasi definirla una prigione d’alta classe. Niente sbarre. Niente catene. Niente ruote della tortura, nessuno che urlava, gemeva o moriva, almeno non apparentemente. Le celle, erano, oserei chiamarle addirittura stanze, abbastanza grandi, bianche e luminose, al posto delle sbarre c’erano degli spessi vetri trasparenti che permettevano di vedere all’interno e all’esterno. Le guardie che mi aiutarono ad entrare furono più gentili di chi mi aveva alzato da terra. All’interno della cella c’era veramente poco, una piccola branda e una brocca di acqua. Mi avviai lentamente verso il letto, quando la gamba ferita cedette sotto il mio seppur esiguo peso. Crollai a terra come uno straccio bagnato, tenendomi la gamba, cercai di non urlare dal dolore, strisciai verso la branda lasciando una scia di sangue e terra dietro di me. Presi le lenzuola e cominciai a stracciarle in tante strisce, mi allungai e afferrai anche la brocca, poggiai le spalle al letto e stesi le gambe, legai velocemente i capelli, e mi sciacquai le mani, dovevo fare attenzione a non consumarla tutta, mi bastavano poche gocce per rimboccare la brocca, ma era meglio non rischiare. Mi guardai la gamba, stava cominciando a fare infezione,

 “Quei bastardi potevano almeno togliermela prima di buttarmi qui dentro!” dissi. Afferrai saldamente la freccia con una mano, mentre con l’altra strinsi forte il piede del letto. Trassi un profondo respiro e tirai via con tutta la forza che avevo, “Aaahhh che dolore” mugugnai. Presi la brocca con le due mani e ci soffiai dentro, uno sbuffo di fumo bollente si librò nell’aria, versai l’acqua calda sulla ferita che bruciò non poco,  alla fine fasciai il tutto con i brandelli di lenzuola. Mi disinfettai anche il viso che a giudicare dal dolore che andava scemando non doveva essere poi eccessivamente grave. Nel tamponarmi il taglio notai il mio riflesso nel vetro: profonde occhiaie scure si stavano formando alla velocità della luce, avevo un piccolo taglietto sul labbro, e il taglio sulla guancia destra che andava dalla mascella fin sulla fronte, mi dava un aria da bella e maledetta, “Come se non lo fossi già abbastanza” pensai, i capelli lunghi fino alla vita erano talmente scompigliati e sporchi che a stento se ne riconosceva il colore

 “Ah Kan aveva ragione, non troverò mai marito cosi!” dissi issandomi sul letto, e avvolgendomi nella coperta attesi la febbre che sarebbe giunta da li a pochissime ore.

 









Buonasera a tutti, questa è la mia prima FF sul mondo di Thor, è più un piccolo esercizio diciamo cosi. Vorrei fare una premessa, il personaggio di Sanna,e nei capitoli successivi, tutto ciò che sarà a lei strettamente collegato, sono personaggi, luoghi e situazioni di un mio racconto originale, che molto probabilmente non vedrà mai la luce, vi prego però di avere comunque cura di loro! Detto questo, ditemi le vostre impressioni, le critiche costruttive, sono sempre ben accette. Saluti a tutti

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Capitolo 2
*** 2 ***


Lady Sif percorreva a grandi falcate i lunghi e ampi corridoi del palazzo di Asgard, diretta agli appartamenti reali. Doveva fare rapporto sulla cattura dell’estranea. Non era ancora riuscita a capire come ella fosse riuscita a introdursi nel castello dorato. La guardia che l’aveva vista per primo, giurò e spergiurò su tutti gli Idei che l’aveva vista piombare giù dal cielo. Ma nessuno strano portale, o fascio di luce, o qualche estraneo Bifrost si era aperto nel cielo asgardiano per farla passare. Il cielo un attimo primo era sgombro, l’attimo dopo quella ragazza veniva giù a velocità folle. L’urto con la terra avrebbe dovuto ucciderla sul colpo, invece per quanto messa male in arnese la ragazza era viva e vegeta. Ma Lady Sif pur essendo di natura sospettosa e poco propensa a fidarsi degli estranei, non percepì nessuna minaccia provenire dalla straniera, anzi piuttosto un reale spaesamento.
Sif, odiava entrare negli appartamenti dell’usurpatore Loki. Ancora non riusciva a capire come Thor avesse potuto perdonarlo dopo tutto ciò che aveva fatto. A Loki non era bastato mettere in pericolo la vita del fratello, ucciso il suo padre naturale, tentato di distruggere Odino, usurpare il suo trono, invadere Midgard, andare a rompere le scatole a un gruppo di midgardiani in calzamaglie di ferro, fingersi morto e gettare Thor nella disperazione, per ottenere l’odio del fratello maggiore. Il Dio del Tuono con grandissima sorpresa di tutti e, di Loki stesso, continuava imperterrito ad amare in maniera incondizionata l’erede di Laufey. E poco importava che Loki, in realtà fosse un gigante di ghiaccio, poco importava che la sua anima fosse nera come il suo cuore, poco importava che la parte malvagia di Loki fosse molto più forte di quella buona e ragionevole alla quale Thor si rivolgeva. Thor, in maniera incomprensibile per tutti, continuava ad amare quel pazzo scellerato. Lui e solo lui, conosceva chi Loki fosse realmente sotto la maschera da pazzo, pronto a lasciarsi dominare dalle sue passioni, pronto a seguire i suoi istinti più neri e turpi. Nella sua immensa grandezza l’erede al trono di Asgard, cercava di fare ammenda a tutti gli errori che la sua famiglia aveva fatto nei confronti del fratello, e la giovane Jane Foster, divenuta ormai quasi un asgardiana di adozione, sosteneva l’amato, amando a sua volta il fratello pazzo, che nella sua pazzia le aveva salvato la vita.
L’assurdo trio, come erano ormai definiti a palazzo, era seduto su comodi divanetti sulla terrazza personale di Loki. Egli ormai non usciva quasi più dai suoi appartamenti, se non per solitarie passeggiate nei giardini, al crepuscolo o la mattina presto, o per recarsi nella serra della defunta madre, per prendersi cura delle piante di lei. Lo si percepiva come un ombra aggirarsi tra le mura del castello, i più, erano tranquilli perché lo sapevano privato dei suoi poteri tramite i bracciali d’acciaio che portava, ma nessuno aveva comunque il coraggio di avvicinarsi, dopotutto era sempre il Dio degli Inganni. Quando Sif posò lo sguardo su di lui, le parve cosi mansueto e indifeso in quel momento, all’ombra di una bianca tenda posta li per farlo riparare quando i raggi del sole di mezzodì sarebbero divenuti troppo caldi per lui. Una sorridente Jane parlava con un ancor più sorridente Thor del più e del meno, mentre Loki sotto la sua tenda li osservava impassibile. Per quanto le facesse male la presenza di Jane Foster ad Asgard, era felice che il suo amico e principe, avesse finalmente riacquistato il sorriso che aveva perso quando era stato lontano dalle due persone che amava di più al mondo, e se per vedere Thor felice, doveva avere tra i piedi Jane e Loki, e mettere a tacere i suoi sentimenti, era un sacrificio che era disposta a fare, solo per vedere quegli occhi azzurri riempirsi di gioia e ascoltare la sua fragorosa risata.
 S’inginocchiò quando fu nel campo visivo del suo principe. Loki si ritrasse di più nell’ombra. Dopo tutto ciò che aveva combinato, pareva che il Dio degli Inganni volesse stare il più lontano possibile, dalle faccende del trono, o almeno cosi era quello che si diceva, o che lo stesso Loki voleva far credere. Ma Sif era troppo prevenuta nei suoi confronti per  credere che fosse cambiato davvero, non dopo aver tentato di usurpare il trono, e se Odino non credeva al suo figliastro, al punto di non volerlo nemmeno al suo cospetto, non vedeva perché avrebbe dovuto farlo lei. Le uniche persone che gradivano la sua presenza erano Jane e Thor. Jane addirittura si era scoperta incredibilmente rapita da quel ragazzo che aveva raso al suolo New York, e non aveva certo dimenticato, che se non fosse stato per lui, lei sarebbe potuta morire, lei ora non sarebbe stata al fianco di Thor. Dopotutto lo squilibrato, era un pozzo di scienza e con quella, Jane ci andava a nozze, erano capaci di passare serate intere a parlare di scienza, di magia, astronomia e altre materie di cui Thor non capiva un accidente, ma alla quale prestava attenzione solo per vedere la ragazza e il fratello cosi intenti a parlarne, anche se tempo venti minuti e cadeva addormentato.
“L’assurdo trio è proprio azzeccato” pensò Sif mentre si rialzava
“Allora Sif, chi era l’intruso?” chiese Thor sorridendole e facendole un cenno per farla avvicinare
“Una ragazza. Sembrava reduce da una dura battaglia, era messa anche parecchio male” Thor alzò un sopracciglio, e sentì Loki avanzare nell’ombra verso di lei, “Adesso è ospite presso le nostre prigioni”
“Da dove viene? Come ha fatto ad entrare nel giardino?” chiese Jane. Sif non le rispose subito come a non volerle dare importanza
“Chi l’ha vista per primo, ha detto che è piovuta dal cielo”  lo stupore si dipinse sul volto della coppia reale, e Sif sentì distintamente uno sbuffo scettico da parte di Loki.
“Quando le ho chiesto come fosse entrata, lei ha risposto “Vorrei tanto saperlo anche io” Non mi ha dato l’idea che avesse cattive intenzioni. Sembrava piuttosto colpita anche lei.” Ci fu un lungo minuto di silenzio, prima che Loki venisse fuori dalla sua ombra e si rivolgesse al fratello
“Penso che tu debba andare a vedere di chi si tratti” disse con il suo solito tono noncurante,
 “Questo perché non voleva più immischiarsi negli affari di Asgard” pensò Sif, Thor annui con il capo e si avviò verso l’interno, salvo fermarsi ad un tratto e voltarsi verso il fratello
“Ti vuoi muovere?” chiese Thor tornando indietro verso Loki, che non capi. Sif rimase interdetta,
 “Se è una trappola chi meglio di te per stanarla?” Chiese l’erede rivolgendo un eloquente sorriso al fratello. Loki alzo le mani a livello del naso del fratellastro e lo guardò in maniera ancora più eloquente. Thor sbuffò alzando gli occhi al cielo
“Credi che non sappia che quelli rinchiudono solo una parte di te?” Loki sgranò gli occhi stupefatto, e fissò per un attimo Jane incredulo, lei sorrise come chi era a conoscenza del trucco. Mentre raggiungeva la porta Thor si rivolse a Sif
“Sei costretta al silenzio”
“Thor, tutto questo renderà il mio compito ancora più difficile.” Sussurrò lei. Il principe voltò leggermente la testa,
“Non affiderei tale compito a nessun altro Sif!” Loki la superò facendole una linguaccia, e lei gli rispose con un'altra smorfia. Cosi, schierati come un tempo, Jane vide allontanarsi le tre persone più forti di Asgard.
*
 
Cronaca del viaggio ad Asgard, dalle Memorie del Comandante della Stella.

Avevo freddo, ma sudavo. Scossa da continui brividi cercavo un po’ di calore rannicchiandomi in quella coperta che mi sembrava sempre più piccola ad ogni movimento. Avevo i capelli attaccati alla fronte che imperlata di sudore sentivo bruciare, il fiato corto come se avessi corso per miglia e miglia, la gamba mi pulsava dannatamente. Chiamando a raccolta tutte le mie forze mi misi a sedere, con estrema fatica aprii il risvolto di uno degli stivali. Nella parte posteriore c’era una piccola tasca segreta chiusa da un piccolo bottoncino. L’aprii e ne trassi un minuscolo pacchettino fatto di pelle: la foglia di Leda, avvolta al suo interno, cominciava ad appassire, ma era ancora utilizzabile. Ne rimaneva abbastanza da poterla spalmare sulla ferita alla gamba, e da ingerire per mantenere un po’ di lucidità. Divisi il piccolo mazzetto in due parti, la prima parte la masticai fino a ridurla in poltiglia poi la stesi sulla ferita e immediatamente mi diede sollievo. La parte restante me la misi in bocca e cominciai a masticarla lentamente per farla durare il più a lungo possibile. L’effetto fu immediato, la mente si liberò dalla nebbia di dolore che l’attanagliava e riuscivo finalmente a pensare con lucidità. Mi alzai, la gamba mi tremava violentemente, ma la foglia non mi permetteva di sentirne il dolore. Fortuna che Elania ci aveva trasmesso l’abitudine di non uscire mai senza la Foglia di Leda, o anche detta L’erba dei Guerrieri, insignificante alla vista, ma portentosa nei suoi svariati utilizzi, da erba medicamentosa, a foglia da fumare o per farci deliziose tisane rilassanti. Ne avevo una scorta molto più sana nella mia bisaccia, ma le guardie me l’avevano tolta, insieme alle armi prima, di gettarmi in cella. Continuavo ad avere caldo, utilizzarla solo dopo averla masticata, l’erba annullava solo la percezione del dolore, ma non ridava forza. Percorsi la cella in lungo e in largo, alla ricerca di un punto morto dove poter colpire per evadere, ma non ne trovai alcuno; bevvi una lunga sorsata d’acqua dalla brocca che avevo lasciato vicino al letto, frustrata la scagliai verso la parete di fronte tramutandola in una palla di fuoco. Non ottenni altro che uno scintillio della parete, e la brocca ammaccata dal calore.
“Maledette mura anti-magia!” pensai prima di accorgermi che avevo sei paia di occhi puntati alla mia schiena. Mi voltai con calma, cercando di rimanere il più impassibile possibile, anche se era difficile, l’effetto dell’erba andava scemando.  Di fronte a me c’era un ragazzo sulla trentina, alto, moro, i lineamenti appuntiti e pallidi, indossava un abito di pelle di notevole fattura, ai polsi, notai subito, portava dei bracciali d’acciaio molto poveri rispetto alla vesti che indossava
“Questo non è un avversario comune” pensai. Al suo fianco vi era un ragazzone alto, biondo e muscoloso, una specie baraccone di testosterone ambulante, ma dagli incredibili occhi azzurri, aveva l’aria di essere il figlio maggiore, quello infallibile, quello dalla quale si pretende tutto. Pochi passi dietro di loro, la ragazza che mi aveva rinchiuso li sotto. Mi passai una mano tra i capelli in modo da scoprirmi il viso e dar loro la possibilità di guardarmi in faccia, sempre ammesso che vedessero qualcosa oltre il sangue, il sudore e lo sporco della battaglia. Non avevo un bel aspetto e lo sapevo, ma dalle loro facce, dovevano essere abituati a ben altro. Il primo a parlare fu il biondo, doveva essere lui, il più alto in grado
“Chi sei? Cose sei giunta fino a noi?” la sua voce era profonda e a tratti presuntuosa, doveva essere il tipico ragazzino viziato. Cercai di ricacciare la mia parte attaccabrighe in un angolino del mio essere e di limitarne i danni,
“Mi chiamo Sanna, e vengo dal Regno Dlym” risposi sicura. Li vidi guardarsi l’un l’altro senza capire, poi la ragazza si fece avanti
“Non abbiamo mai sentito il nome di questo regno. Dove si trova? Su Midgard, su Nidavellir?” il moro la interruppe
“Non mi pare un nano, Sif.”
“E nemmeno una midgardiana!”  Non capivo un accidente. Midgard, Nidavellir di che diavolo stavano parlando?
“Yggdrasill è talmente vasto …” proseguì Sif, ma s’interruppe quando sbattei violentemente le mani insanguinate sul vetro e li guardai con gli occhi fuori dalle orbite. Il nome Yggdrasill, risvegliò in me un ricordo lontanissimo, una frase detta all’ombra di un enorme quercia marina in un afoso pomeriggio estivo
“Yggdrasill, l’albero dei nove mondi collegati tra di loro tramite il ponte arcobaleno. Il Bifrost” sussurrai contro il vetro, i tre mi fissarono. Indietreggiai fino a sedermi sul letto, il terrore mi paralizzò completamente, crollai tenendomi la testa tra le mani. L’effetto dell’erba svaniva sempre più rapidamente.
“Oh mia dea.. che casino.. che abnorme casino!” 
“Che cosa intendi dire?” chiese ancora il biondo. Il suo tono di voce era cambiato, ora mi pareva quasi gentile. Mi rialzai a fatica e zoppicando mi riavvicinai al vetro
“Che mondo è questo?” chiesi in un filo di voce
“Niente panico” pensai
“Asgard” Mi rispose    
Niente panico. TERRORE!”
“Il mio mondo, è a mille mondi da qui.” Li vidi sgranare gli occhi almeno quanto i miei
 “E adesso come torno a casa?” La vista mi si annebbiò, la stanza vorticò intorno a me, udii delle grida, poi il buio.



Buonasera a tutti!! Vedo che in molti avete letto il primo capitolo, spero vi abbia incuriosito almento un pò e che vi abbia spinto a leggere anche il secondo. Be se state leggendo questo post, vuol dire che sono riuscita a farvi arrivare alla fine del secondo capitolo senza annoiarvi troppo, o almeno lo spero!!! Allora, apro una piccola parentesi per chiarire alcuni punticini: questa storia è ambientata in un ipotetico post, Thor- The Dark World, però, però, c'è un però, ho immaginato che questo racconto cominciasse, diciamo cosi, quasi alla fine del film, passo a spiegarmi meglio, la fine del film non è considerata (quando Loki prende il posto di Odino, in pratica). Più avanti capirete perchè, non vi svelo nulla. Per il momento il raiting è verde, ma non escludo che possa divenire arancione o rosso in alcuni capitoli. Detto questo ringrazio tutti coloro che hanno avuto il tempo e il piacere di leggere questa mia. Sperando in qualche commentino in più, vi saluto!!!  

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Capitolo 3
*** 3. Approcci ***


Cronaca del viaggio ad Asgard, dalle Memorie del Comandante della Stella.

Un intenso profumo di cacao mi salì su per le narici, risvegliando una moltitudine di bellissimi ma dolorosi ricordi. Tenendo gli occhi chiusi mi girai sulla schiena, lasciai che la debole luce del sole, che filtrava dalle tende semiaperte, mi riscaldasse il viso e illuminasse il sangue che potevo vedere scorrere attraverso le palpebre. Mi tirai le coperte fin sul mento a bearmi del calore delle pesanti stoffe, calde e pulite. Per pochi gloriosi minuti immaginai di essere a casa, nella mia stanza da Ufficiale in Accademia. Se mi sforzavo potevo sentire il tintinnio dei braccialetti di Sal, i battibecchi di Sab e di Kanahaan,  la melodiosa voce di Elania canticchiare mentre si prepara. Una morsa di ferro mi strinse lo stomaco, aprii gli occhi lentamente come se avessi paura di ciò che avrei visto una volta aperti. Com’era ovvio, quella non era la mia stanza, e quella non era la mia casa. Il ricordo delle ore precedenti mi crollò addosso con tutto il suo avvilente peso. Sprofondai nel cuscino avvilita, mi toccai la gamba e notai che era stata curata come si conveniva, e anche il taglio al volto si stava rimarginando, non mi sentivo più accaldata dalla febbre, segno che anche quella doveva essere in via di guarigione, mi sentivo però stanchissima e spossata, cercai con la mano l’anello che avevo al collo. Il terrore mi paralizzò quando non lo trovai, scoprii il letto, cercai sotto i cuscini, e sotto il letto, nulla,dell’anello non c’era traccia 
“Non dovresti essere in piedi” il ragazzo moro, quello sceso alla prigione, era seduto in un angolo buio della stanza. Dovevo sembragli una bestia ferita.
“Avevo un anello al collo. Dov’è?” chiesi senza mezzi termini, lui si mise una mano in tasca e io arretrai subito. Quando la tirò fuori, face penzolare il mio pendaglio; lo afferrai come un gatto afferra un gomitolo, e lo rimisi al suo posto sollevata, arretrai ancora ma la gamba cedette di nuovo e crollai a terra dolorante. Il ragazzo non si mosse di un millimetro. Non mi scomposi per il mancato aiuto, ero troppo refrattaria  a quel genere di cose. Mi aggrappai saldamente al comodino e mi tirai su, mi voltai leggermente con aria di superiorità e lui abbozzo un ghigno cattivo.
“Dove mi trovo?” chiesi senza un minimo di garbo.
“Un po’ di riguardo, stupida. Ti hanno appena salvato, se poco, una gamba. Mostra un po’ di gratitudine!”
Ma un altro pensiero l’ho rincorse immediatamente
 Riguardo?? L’hanno buttata in cella mezza morta! Altro che riguardo io gli spaccherei la faccia,cominciando da questo fratello di mio fratello!” e ancora
“Tu non hai fratelli, e  Lui ha un bel portamento!”
 “Si chiama portamento adesso …” Mi sentii vorticare la testa per un attimo, lui parve accorgersene ma non si scompose
Si diresse verso la finestra e aprì la tenda di colpo. La luce del sole mi abbagliò e per un attimo fui catapultata in un mondo di ricordi che non mi appartenevano.
 Un neonato dalla pelle blu e gli occhi rossi come braci disperarsi nella neve.
 Un bimbetto moro dai grandi occhi verdi cullato da una donna con una grande treccia dorata.
Un ragazzino con i capelli lunghi scuri, gli occhi verdi divenuti freddi e distanti, in quel momento pieni di lacrime.
Un ragazzo che con gli occhi colmi di disperazione lasciarsi cadere nel vuoto cosmico.
Un uomo nel tentativo disperato di avere qualcosa che non gli apparteneva.
Quando i miei occhi si abituarono alla luce, vidi lo stesso uomo, in piedi davanti a me, scrutarmi con interesse. 
“L’hai fatto di nuovo! Ti sei infilata nella sua mente!”squillò una voce nella mia testa ,
Per tutti i draghi volete lasciarmi in pace dieci minuti, e farmi pensare?”  pensai esasperata. Le voci si zittirono di colpo “Grazie”
“Sei nei miei appartamenti, nel palazzo di Asgard!” Mi disse
“Ha detto Asgard?”
“Dei, ma non lo hai sentito?”
“Quella Asgard? Sta scherzando!”
“Ma insomma volete fare silenzio!!!” gridai. Mi accorsi troppo tardi di non aver gridato nella mia mente, ma fuori di essa. Lui si limitò ad alzare un sopracciglio. Si lisciò la casacca e accavallò le gambe noncurante
“Per il momento le mie stanze sono il posto più sicuro per te all’interno di questo palazzo. Le guardie che ti hanno catturato sono state costrette a mantenere il segreto sul tuo arrivo e oltre a loro siamo in pochi a sapere della tua esistenza, questo basterà a tenerti lontana dalla vista orba di Padre Tutto. Ora da ragazzina ubbidiente mi dirai chi sei e che cosa ci fai ad Asgard.”  Non sapevo spiegare perché, ma sapevo di non poter fare la furba con quello là. Lui lo era molto più di me. Mi voltai verso di lui e mentre parlavo, non distolsi mai lo sguardo dai suoi occhi
“Mi chiamo Sanna, e vengo da Dlym. Se mi dici il vero, che sono ad Asgard regno di Odino, Padre degli Idei, allora questo vuol dire che sono molto, ma molto, lontana da casa.”
“Questo lo hai già detto. Dove si trova Dlym? E perché eri terrorizzata quando hai scoperto di essere ad Asgard?” chiese ancora lui. Il suo tono era duro. Trassi un profondo sospiro, chiusi gli occhi e giunsi le mani; sentivo i suoi occhi puntati su di me, ma non me ne preoccupai, avevo la sensazione che lui sapesse che non avevo cattive intenzioni. Quando sentii le mani calde le separai, due piccole sfere di luce rossa si erano materializzate nelle mie mani. Guardai il moro e lui non riuscì a trattenere uno sguardo stupito,
“Tendi una mano” dissi sorridendo, lui lo fece ubbidiente, e gli rotolai la pallina che andò a galleggiare nella sua mano
“Questa è Asgard” dissi “E questa ….” Indicando l’altra pallina, aspettai che lui la guardasse prima di gettarla attraverso la finestra aperta e fermarsi a galleggiare ad un centinaio di metri “… quella è Dlym”
“Ti sei bevuta il cervello? Come se non avessimo già abbastanza problemi”
“Ma era l’unico modo per….”
Cercai di ignorare le voci, e di concentrarmi sull’uomo dinnanzi a me, che continua a guardare la sfera. Sembrava rapito da quel semplice incantesimo.
“Dimmi di più” disse tornando a guardarmi
“Bè credo di essere finita, di nuovo, in uno Stargate.”
“Stargate?” disse alzando un sopracciglio
“Si, è una Porta delle Stelle. E’ un passaggio che collega le varie dimensioni parallele all’interno dell’universo …”
“Lo so che cos’è!” disse con il tono di chi non voleva ricordare. I suoi modi cominciavano a darmi sui nervi, ma mi costrinsi a rimanere tranquilla.
“Dlym è uno dei cinque mondi della Stella”
“Mondi della Stella?” ripete lui senza capire, alzai gli occhi al cielo disperata
“Oh Mia Dea, ma devo spiegarti tutto? Dammi un foglio e una penna!” dissi in tono sbrigativo. Lui senza dire una parola si affrettò alla scrivania e ne prese in abbondanza. Presa la penna tracciai in fretta cinque cerchi in corrispondenza delle cinque punte di una stella e comincia a spiegargli
“I Mondi della Stella sono cinque, come cinque sono le punte della Stella stessa, essi sono: Dlym, ovvero il mondo della mitezza, dove le quattro stagioni si susseguono ciclicamente all’interno di un giro completo attorno alla nostra stella Sole. Ci sono Retniw, il mondo dell’inverno che è per sempre, dove la neve e il gelo coprono la terra tutto l’anno. Al suo opposto Remus dove l’estate è perpetua. Sotto di questi esiste Nutua, l’autunno e Nirps la primavera. Scale di roccia fluttuanti e apparentemente infinite collegano ciclicamente i cinque mondi, il Pentagono che si crea al centro dei mondi collegati, lo chiamiamo Nulla: una terra arida e inospitale, dove il niente è sovrano, dove neanche un filo d’erba cresce e la terra è arida come nemmeno il deserto di Remus sa esserlo.”
“Tu stai parlando di una dimensione parallela, di un altro Yggdrasill. Come pensi che io possa crederti?” mi chiese lui continuando a fissarmi con quegli occhi gelidi.
“Faglielo vedere!”
“Ma ti sei bevuta il cervello?”
“Si, cosi avremo un altro problema da affrontare!”
“Per la Dea, volete starvene zitti?? Sanna se la sta cavando benissimo!”
“Grazie Elania!” pensai
“Figurati cara!”   Lo guardai per un lunghissimo istante. Dargli una prova inconfutabile che tutto quello che gli stavo dicendo era vero sarebbe stata la strada più facile, ma non avevo ancora la certezza di potermi fidare di lui. Avrebbe potuto usare quello che gli avrei fatto vedere per il suo torna conto personale, e il mio mondo era già abbastanza incasinato da solo, senza il bisogno che io gli scaraventassi addosso altre minacce, aliene per giunta. Chiusi gli occhi e respirai a fondo, il profumo di lui mi entrò nelle narici. Profumo di cacao. “Allora era il suo”, pensai.
“Asgard è uno dei nove mondi dell’Albero Yggdrasill, collegati tra loro attraverso il Ponte dell’arcobaleno, giusto?” Lui si limitò ad annuire con la testa.
“Bene. Da dove provengo io, voi, per molti della mia gente siete un mito, una leggenda, una favola che si racconta ai bambini la sera attorno al fuoco. Il mio popolo, è una razza di guerrieri. La maggior parte di noi, ha doti particolari e bizzarre, alcune addirittura uniche nel loro genere, come gli Eletti, persone che  possono viaggiare attraverso gli Stargate e visitare altre dimensioni, altri mondi. Alcuni Eletti sono  già stati qui, sono loro ad aver tramandato le storie dell’Yggdrasill fino a noi. Ma io, sfortunatamente,  non sono fra questi Eletti.” Lui sorrise beffardo, pensava che io non fossi abbastanza forte o speciale per poter essere un Eletto.
“E perché la tua gente continua a credere che noi siamo un mito, se questi eletti, come li chiami tu sono stati qui?” sbuffai impaziente. Era proprio di coccio
“Ma per proteggere il vostro, e il nostro mondo, mi pare ovvio!” dissi altezzosa. “Non abbiamo bisogno di altre razze che cercano di invaderci, ci bastano le nostre!”
“Questo potevi tenertelo per te!” Si alzò con eleganza e cominciò a gironzolare per la stanza meditabondo, io continuavo a guardarlo: per essere antipatico era antipatico, ma bisognava ammettere che era un ….
“Gran bel pezzo di figliolo!”
“Sab, sei la solita!”
“Ehi Sacerdotessa, lo hai pensato anche tu. E sai benissimo qual è il mio motto …”
“Se non puoi fartelo amico … fattelo amante! Sab sei peggio di un mercenario sbronzo!”
“Cerco di godermi la vita …”
“Che non hai più …”
“Attraverso Sanna!”
“Ma su signori, l’avete visto? Alto, lunghi capelli neri, occhi di un bel verde, un po’ freddi ma nessuno è perfetto. E avete visto le mani? Lunghe e affusolate, immaginate cosa può fare con quelle mani …”
“Io le mie te le metterei al collo se potessi! Vuoi startene zitta Sab??? Per amor della Dea. E per la cronaca anche il fondoschiena non è male! Ma ora statevene zitti, o sembrerò una pazza!”  Per fortuna lui non si accorse di niente, pieno di se com’era ci mancava solo fargli conoscere i nostri pensieri per far accrescere il suo ego. Lo guardai passeggiare per un altro minuto, prima che si fermasse dando le spalle alla finestra
“Facciamo finta che io creda a tutto ciò che hai detto, come sei arrivata qui, se non puoi viaggiare attraverso gli Stargate?” Mi massaggiai la gamba che si stava addormentando, prima di rispondere,
“E’ stato un incantesimo a scaraventarmi qui. Di certo chi lo ha scagliato non voleva mandarmi proprio qui ad Asgard, ma voleva togliermi dal gioco ed essere sicuro che io non facessi ritorno tanto presto, o che non lo facessi affatto.” Sorvolai sul fatto che era la seconda volta che mi scagliavano quell’incantesimo, non avrei sopportato il suo sorrisetto del cavolo.
“Un incantesimo …” sussurrò lui, gli andai in aiuto
“Il mio mondo è pieno di magia. Magia antica e pura che non tutti riescono a controllare, ma chi ci riesce, fa grandi cose, alcune spaventose, ma grandi.” Vidi baluginare uno strano scintillio nei suoi occhi, ebbi la sensazione che qualcosa di latente si fosse risvegliato in lui. Dentro di me le voci mi gridavano di non fidarmi, ma qualcosa molto più in fondo mi diceva di farlo. Come mio solito, mi ritrovavo a essere l’ago della bilancia.
“Perché ti hanno esiliato qui? Non mi pari chissà quanto minacciosa!”
“Hai il permesso …”
“Di ucciderlo!”
"Quanto ben della Dea sprecato!" Saltai giù dal letto, e lo fronteggiai incazzata nera. Era alto qualcosa come quaranta centimetri più di me, ma ero abituata a darle di santa ragione a mostri ben più grossi
“Senti un po’ fricchettone con i capelli lunghi. Sarò pure una ragazza, ma io porto avanti una guerra da quando tu eri ancora preso dalle isterie da prima donna! Mentre tu ti facevi malmenare dal bambolotto biondo che ho visto alla prigione, io salvavo vite! Che cosa credi che un bel faccino e un paio di tette servano solo a foderare la vostra appendice intima? Io sono il Comandante della Stella!” non so come ma il mio naso sfiorava il suo. “Io ti conosco Loki Laufeyson!” finalmente lo vidi sbigottito, ma si riebbe subito. Emise un suono curioso, tra uno sbuffo e un sorriso, per poi allontanarsi da me
“La mia fama mi precede a quanto pare!”  Si era decisamente una prima donna! Sbuffai divertita
“Si, ti piacerebbe … no caro mio, hai pensato forse che quest’occhio fosse ceco?” chiesi spostandomi i capelli dall’occhio sinistro, quello bianco, “Quest’occhio vede molto più di ciò che gli è davanti.” Mi riavvicinai a lui girandogli intorno, come un cacciatore con la preda, lui mi seguiva con lenti movimenti del capo “Io posso vedere chi sei Loki. Posso vedere te, altri, posso vedere avanti nel futuro e indietro nel passato …”
“Ti stai sbilanciando …”
“Io posso vedere tutto!”
“Ti sei sbilanciata!!”
 Fu un attimo, Loki mi afferrò per la gola e me la strinse nella sua morsa di ghiaccio, io non mossi un muscolo
“E se io te lo strappassi quell’occhio? Saresti ceca...” Mi sussurrò lui all’orecchio, aveva uno sguardo lussurioso in quel momento, io continuai a sorridere come se la cosa non m’interessasse
“Se credi di poterci riuscire prego, accomodati …” dissi alzandomi sulle punte. Rimase immobile a scrutarmi,prima di mettere una mano gelida sul mio occhio, con quella che io interpretai come una strana dolcezza, allentò anche la presa al collo,  ne approfittai
“Vediamo quanto sei forte …. Eesmihtel” sussurrai e lo portai con me, nei miei ricordi, nelle  battaglie  che avevo disputato in quei cinque anni di guerra. Un susseguirsi velocissimo di flash gli riassunse in circa un minuto cinque anni di battaglie, cinque anni di morte, sangue, ferro e fuoco. La battaglia dei campi di Osylia, durata due interi giorni, alla fine della quale non c’era più un angolo di terra che non fosse del colore del sangue. Quella ai guadi di Acquaprofonda dove l’acqua è rimasta tinta di rosso per diversi giorni prima di riuscire con il suo fluire verso il mare, a ritornare trasparente. Lo sconto di Retniw, dove la neve non divenne rossa,solo perché combattemmo a mani nude, senza l’ausilio delle armi. Il freddo e il gelo erano tali che non ne permettevano l’utilizzo, esse  si sarebbero gelate al contatto con l’aria ghiacciata.  Il combattimento a Remus dove il sudore colava talmente copioso che anche impugnare le armi era difficile. Mi vide combattere come una fiera contro molti nemici, non sempre ne ero uscita vincente, ma ne ero sempre uscita più o meno viva, e questo bastava. Mi vide ridere con chi aveva dato la propria vita per la mia, con chi era morto per difendere la propria casa e la propria famiglia, con chi non aveva altro scopo che continuare a combattere.
Mi sentii spingere via e interruppi il contatto. Loki aveva il fiato corto, viaggiare nei ricordi di qualcun altro era faticoso per me che lo facevo, figurarsi per una mente che non era abituata, anche se Loki aveva reagito abbastanza bene. Non era solo uno dalle grandi parole.
“E’ stato un bel viaggio!” dissi crollando sul letto esausta. La gamba cominciò a tremarmi violentemente per lo sforzo, cercai di nasconderlo al ragazzo, ma lui se ne accorse lo stesso,
“Spalma questo unguento sulla gamba” mi disse porgendomi una boccetta violacea, alzai un sopracciglio scettica, lui alzò gli occhi al cielo
 “Non ho ancora il permesso di ucciderti”
“Oh quand’è cosi …” dissi prendendo la boccetta e cominciando a spalmarmi il contenuto sulla ferita alla gamba,
“E’ avvelenata.” Disse lui sarcastico, lo guardai con gli occhi spalancati, e lui sempre ridendo si avviò verso la porta
“Certo che sei strana, per essere un guerriero!” disse uscendo.
“Gnegne, certo che sei strana, per essere un guerriero …. deficiente!” scimmiottai.



Loki raggiunse il più silenziosamente possibile le stanze di Jane. Thor era stato chiamato fuori per affari di stato, e dal momento che la sua stanza era occupata dalla nuova ospite, lui non aveva altra scelta che andare a disturbare la sua futura cognata. Busso delicatamente alla porta, e una sorridente Jane lo invitò ad entrare
“Allora che ne pensi della straniera?” chiese la ragazza versandogli del sidro e facendogli strada verso il salottino. Loki crollò su una delle poltrone e rimase immobile per molto tempo. Jane attese. Stava imparando a conoscere Loki, o meglio era Loki che con ritrosia minore rispetto a quella che usava con altri, le stava permettendo di conoscerlo. Jane sapeva che quando il ragazzo taceva, era immerso nel suo mondo personale dalla quale sarebbe riemerso solo ed esclusivamente quando ne avrebbe avuto voglia. A volte potevano volerci giorni. Altre volte, il tempo necessario per ricompattare le idee.
“E’ una bambina che ha smarrito la strada!” disse in un sussurro. Jane si raddrizzò sulla poltrona e attese ancora.  Con lentezza Loki cominciò a raccontarle ciò che Sanna gli aveva detto, tralasciando il particolare viaggio fatto all’interno della mente della ragazza; era meglio tenere quell’informazione per se, almeno per il momento.
“Tu pensi che dica la verità.” Non era una domanda. “Altrimenti l’avresti già ributtata in quella cella, o peggio.”  Loki la fissò, prima di alzarsi
“Si, si le credo.” Jane sorrise sotto i baffi, aveva capito molto più di quello che Loki credeva.
“Ti hanno affascinato i suoi racconti su di un mondo parallelo, e speri con tutto te stesso che questi possano esistere.” Disse lei
“Perché tu no? Anche tu hai la mia stessa curiosità. Tutti e due cerchiamo nuovi mondi.”
“Ma tu li cerchi per un motivo diverso dal mio, Loki. Tu stai ancora ….”
“Cercando il mio posto” concluse lui. Jane si avvicinò cauta, e gli poggiò una mano sulla spalla
“Thor non comprenderà mai quello che senti. Quello che vuoi.”
“Per questo sono felice che ci sia tu al suo fianco. Io non me la sento più di nascondermi all’ombra di queste stanze.” 

Buonasera a tutti!! Ecco ci qui arrivati al terzo capitolo, avete resistito? Bravi, molto bene, spero che vi piaccia se metteste qualche commentino/recensione in più, lo saprei, ma non lo fate, quindi vado avanti di fantasia :D In questo capitolo ho introdotto la bellazza di quattro nuovi personaggi, ho diviso le loro battute per colore, perchè non essendo persone fisiche, magari vi poteva creare qualche problema di comprensione. Che dire? AH certo, volevo ringraziare tutti quelli che hanno aggiunto la storia nelle seguite/preferite/ricordate! Grazie mille e anche a chi ha recensioto!!! GRAZIE GRAZIE, spero di continuare a contarvi numerosi!!!! Commentateeee vi pregoooo, vorrei sapere i vostri pareri. iss



 

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Capitolo 4
*** 4. ***


Rimasi in quella stanza altri tre giorni,  la gamba era guarita quasi completamente, e anche il taglio al viso si stava riducendo a un semplice graffio che presto sarebbe scomparso. Avevo tentato di uscire, ma la porta era serrata. Loki non era più tornato, e cominciavo a sentirmi un po’ sola, oltre che affamata e bisognosa di un bagno. La quarta mattina, decisi che era arrivato il momento di potermi rimettere in piedi senza difficoltà. Mi tolsi la fasciatura alla gamba per controllare a che punto fosse la cicatrice e come sospettavo era quasi completamente rimarginata, nel giro di poche settimane sarebbe scomparsa del tutto. Indossai una giacca da camera che doveva essere di Loki per come mi andava lunga, e gironzolai un po’ per l’appartamento: il mobilio era essenziale ma di ottimo gusto e fattura, la cosa che m’impressionò fu la grande quantità di libri e volumi sparsi un pò ovunque. Scaffalature cariche di libri, tavoli ricoperti di tomi, addirittura un tavolino con una gamba rotta, era sostenuto da una pila di libroni dall’aria polverosa. Vi erano molti trattati di magia, carte stellari, favole, miti e racconti, storia dei mondi di Yggdrasil, trattati di guerra,
“E’ un secchione” dissi, sfogliando qualche libro. Mi sedetti allo scrittoio e cominciai a rovistare fra le varie carte  e pergamene. Aveva una bella grafia, chiara e obliqua, le zampette delle sue A finali terminavano con buffi riccioli. Sepolto tra i vari documenti trovai un piccolo ritratto. Una bella donna con una lunga traccia dorata mi restituiva uno sguardo amorevole
“E’ mia madre. Frigga.” La voce di Loki mi fece sussultare. Si avvicinò rapido, ma non era arrabbiato
“E’ molto bella” dissi osservando il dolcissimo sorriso con cui era ritratta.
“E’ morta” rispose con una punta di tristezza nella voce. Non mi scomposi. Almeno lui aveva un ritratto.
“Allora merita un posto migliore che essere sepolta sotto delle scartoffie” dissi porgendogli la cornice. Abbozzò un sorriso. Soddisfatta della piccola conquista uscii sulla terrazza a bearmi del sole caldo e luminoso, l’aria era fresca ed era carica dei profumi della primavera, Asgard si presentava ai miei occhi come la descrivevano le storie che avevo ascoltato per anni. La città dorata, ordinata e progredita. Il paradiso per qualunque viaggiatore del tempo.
“Allora avete deciso se credermi o meno?” chiesi
“Mio fratello Thor è a colloquio con suo padre Odino, in questo momento. Sarà lui a decidere del tuo destino. Ci sono buone possibilità che tu muoia entro il tramonto.” Non mi scomposi, ma risposi a tono
“Sarebbe cosi gentile, Altezza di chiedere di portarmi del cibo? Vorrei morire con la pancia piena.” Usci senza fiatare, per tornare poco dopo, seguito da due servi che spingevano due carrelli pieni zeppi di pietanze. Quando i servi uscirono mi gettai sui carrelli come un lupo affamato e trangugiai tutto ciò che era commestibile, Loki in compenso mangiava come un uccellino.  Quando ebbi terminato di aspirare anche le briciole, mi lasciai crollare sullo schienale della sedia, soddisfatta
“Oh mia dea, ti ringrazio. Erano settimane che non mangiavo cosi tanto.” Dissi
“Sei qui solo da cinque giorni, che sono già troppi per i miei gusti” disse il ragazzo.
“Oh non preoccuparti, dal momento che morirò stanotte non credo che occuperò la tua stanza ancora per molto.”
“Chi è che morirà stanotte?” chiese Thor uscendo in terrazza e avanzando verso di noi.
“Ok fatti il fratello maggiore!!!”Ignorai la ninfomane nella mia testa e mi alzai in segno di rispetto
“Vedo che ti sei ripresa completamente” disse sorridendomi bonario
“Si Altezza. E vi ringrazio infinitamente per la vostra gentilezza.”  Loki mi guardò storto,
“Non sei stata cosi gentile con me” mi sillabò mentre dava le spalle al fratello
“Non l’hai meritato, se non erro” sillabai a mia volta. Thor si accomodò sulla sedia di fianco a quella del fratello. Faceva un buffissimo contrasto vicino a Loki. Uno, alto, muscoloso e biondo, l’altro sottile, asciutto e moro.
“Ma davvero sono fratelli? Non si somigliano per niente!”
“Mica possiamo essere tutti gemelli come te e Sabira!”
“Cos’ha deciso il Padre degli Idei?” domandò Loki, ma prima che Thor potesse rispondergli lo interruppi
“Cos’è ti preoccupa il mio destino?” chiesi sbattendo le ciglia, Loki inarcò le sopracciglia
“Non vedo l’ora che tu te ne vada, piccola piattola”
“Ma se ci stavamo divertendo cosi tanto” continuai civettuola
“Certo, come ci si potrebbe divertire a tagliare le unghie a un millepiedi” rispose acido,  al che  sorrisi smagliante
“Bè, vedo che avete fatto amicizia!” esclamò Thor divertito dal battibecco. Loki si alzò sbuffando per andare a sedersi sotto la sua tenda e seppellirsi dietro un libro
“Sei riuscita a non farti uccidere da lui. Me ne compiaccio.” Sorrisi
“Ho riferito al Padre degli Idei ciò che hai detto a Loki. In realtà è stato molto laconico sulla questione, come in tutte le altre del resto. Da quando è morta Madre, pare aver perso ogni interesse per qualunque cosa.”
“Perché non diventi tu re allora? Sei il legittimo erede dopotutto.” chiesi senza mezze misure, Thor si stupì, e sentii chiaramente Loki irrigidirsi
“Non sono ancora re, perché ci sono diverse questioni di famiglia da sistemare, e poi perché io in primis non mi sento ancora in grado di governare.” Alle parole “questioni di famiglia” i suoi occhi fecero un guizzo nella direzione di Loki, ma non chiesi altro.
“Tornando a te, il Padre degli Idei ha deliberato che qualunque cosa avessi deciso, non avrebbe dovuto interferire ne con lui ne con la vita di Asgard. Dobbiamo quindi solo trovare un modo per farti tornare a casa.”  Per il giorno seguente Thor aveva convocato un assemblea dei migliori maghi e studiosi di Asgard per capire da che parte cominciare per trovare un modo per farmi tornare. Anche il famoso Heimdall era stato invitato, ed ero molto emozionata di incontrarlo. Quando Thor si congedò, Loki riemerse dalla sua ombra
“Finalmente mi libererò di te”  sbuffai in maniera sonora
“Invece di fare l’acidello, perché non mi indichi la strada per un bagno, cosi mi faccio finalmente una doccia?”
“Anche lo schivo personale adesso …” borbottò facendomi strada.
I corridoi del palazzo erano di quanto più bello avessi mai visto. Il palazzo reale di Angora, o all’Accademia di Kalè erano nulla a confronto di quello splendore. Lunghi e larghi corridoi luminosi, pavimenti splendenti e soffitti altissimi. Loki procedeva a passo svelto, quasi come se non volesse farsi vedere, io indugiavo su ogni angolo del palazzo, con occhi e bocca spalancati dallo stupore. Di tanto in tanto incontravamo qualche abitante del palazzo, che cambiava immediatamente strada alla vista di Loki, che incedeva come se dovesse abbattere un muro. Affrettai il passo per raggiungerlo
“Ehi sei simpatico a tutti eh!” dissi sarcastica, lui rispose serrando la mascella. Non aggiunsi altro, continuammo a incontrare persone che, o cambiavano strada, o che fissavano Loki come se fosse il diavolo in persona, e a mala pena si accorgevano di me. Solo dopo qualche minuto mi accorsi che cominciava a fare più freddo, e la luminosità dei corridoi si era notevolmente abbassata, e mentre mi chiudevo il davanti della casacca di Loki, non mi accorsi che lui si era fermato e gli andai a sbattere addosso
“Sei proprio un impedita!” disse lui, prendendomi per un braccio e trascinandomi attraverso un muro.
“Ma che diavolo …” feci per dire, ma lui mi mise una mano sulla bocca per zittirmi
“Vuoi stare zitta? Vieni” tirandomi per il braccio, mi trascinò giù per un irta scalinata che pareva sprofondare nelle viscere della terra.
“Posso sapere dove mi stai portando di grazia? Se volevi sgozzarmi potevi farlo di sopra.” Si voltò di colpo e mi fronteggiò
“Sai essere seria per un minuto?” gli sorrisi a trentadue denti
“Mi risulta molto difficile, a essere sincera!”
“Come ti sopporta la tua gente?” chiese, il mio sorriso rimpicciolì visibilmente
“Alla mia gente fa bene ridere. Da loro una percezione diversa della guerra, cosi mi è più facile fare finta che tutto vada bene.” Risposi. Lui mi guardò per un lunghissimo istante
“E non va bene?” chiese. Sospirai esausta
“Non ne vedo la fine.” Non disse nulla. Seguitò a camminare.  Rimase in silenzio per altre due rampe di scale, prima di parlare con un tono più rilassato
“Il palazzo di Asgard sorge su un antica sorgente termale. Il palazzo è stato costruito prima della loro scoperta, quindi per raggiungere le terme occorre scendere molto in profondità rispetto al piano zero del palazzo. Di regola la temperatura di queste grotte dovrebbe essere molto più bassa rispetto ai piani superiori, ma il calore della sorgente permette che ci sia un clima confortevole anche a questa profondità”
“E’ uno spiraglio di luce quello che vedo?”
“Non ci giurerei” aggiunsi.
“Anche dove ho studiato io ci sono sorgenti termali. Ma gli allievi non avevano il permesso di utilizzarle. Noi dovevamo lavarci con l’acqua gelida, per temprare la mente!”
“Nel tuo mondo si studia per divenire guerrieri?”
“Oh certo, si studia per dieci anni. Si entra a dieci e se ne esce a venti, sempre se sopravvivi  all’addestramento ovviamente.”
“Sembra interessante”
“Interessante e divertente se riesci a trovare dei buoni amici con cui condividere i lividi.”
“E tu ne hai trovati?” chiese ancora. Sembrava essere diventato tutt’un tratto loquace
“I migliori!” Cercai di ignorare l’applauso che scoppiò nella mia mente.
“Eccoci siamo arrivati!”  Un enorme vasca naturale di acqua bollente, scavata nella roccia, si apriva ai miei occhi. Il vapore saliva su in leggiadri riccioli fumosi, in alcuni punti l’acqua addirittura bolliva, il pavimento lastricato di marmo nero era bagnato di umidità, lungo tutto il perimetro della sala centinaia di fiaccole accese illuminavano l’intera caverna, nella penombra potevo distinguere le sculture di alcuni colossi ottenute direttamente dalla parete rocciosa.
“Wow, a me bastava un bagno normale!”
“Sempre l’ultima parola eh?” chiese lui quasi rassegnato
“Sempre!” Si voltò e andò a sedersi su un masso
“Fai con comodo, tanto non ho nulla da fare” disse lui sedendosi su una roccia e appoggiando la testa ad un mano con fare annoiato. Mi aprii la vestaglia e mi resi conto di un piccolo particolare,
“Ehm Loki, dovresti voltarti.”  Alzò le sopracciglia fingendo di non capire “Devo spogliarmi. Non ho portato il costume da bagno” specificai 
“Il Comandante della Stella che si vergogna di un innocuo asgardiano?” chiese beffardo. Rimasi immobile a pensare
Bè allora? Possibile che quando dovreste parlare, ve ne state zitti??” pensai con furia,
“Spogliati ragazza, vediamo quanto è tosto!”
“Ah gli abissi in cui potete sprofondare voi donne per amor di vendetta..”
“Mettiti almeno di spalle!”
“Vediamo di fargli salire il cuore in gola!”
“O alzare qualche altra cosa …”
“Dobbiamo migliorare sulla tempistica, eh!” Mi voltai di spalle, e lasciai scivolare a terra la vestaglia di Loki, mi tolsi quel che rimaneva della fascia che utilizzava sotto la divisa da combattimento, e mi sciolsi i capelli che caddero fin oltre il sedere, e solo quando fui sicura che quelli mi coprissero interamente mi tolsi i pantaloncini e la biancheria.
“Ehi ma cosi non vale!” disse Loki  deluso. Mi voltai appena e gli sorrisi
“Ti sarebbe piaciuto …” dissi mettendo un piede nell’acqua bollente.
“Bah ho visto di meglio..” non finìì di ascoltarlo perché mi tuffai di testa in acqua. Bastarono poche bracciate in apnea nell’acqua calda per sentirmi rinascere. Sentivo i capelli liberarsi dal sudore, e il corpo pulirsi dal sangue incrostato. Il calore dell’acqua lavava via ogni dolore del corpo e della mente, sentì la stanchezza scivolarmi via come se fosse olio sulla pelle, la mente che tornava lucida come non mai, e ogni mia fibra riacquistava vigore e forza. Anche l’Occhio aveva ritrovato il suo benessere, non avvertivo più la stanchezza e il velo d’ombra che mi aveva accompagnato in quei giorni di convalescenza. Nuotai quasi per l’intera lunghezza della vasca, e solo quando i polmoni chiedevano aria uscii a respirare.
“Aaahh è un paradiso!” esclamai mettendomi a galleggiare sull’acqua tipo morto, e poco m’interessava che i capelli non mi coprissero, ma galleggiassero intorno a me come i raggi del sole. Non m’interessava nemmeno che Loki potesse vedere i miei seni che uscivano dalla superficie dell’acqua. Se in quel momento mi avessero attaccato non avrei mosso nemmeno uno muscolo. Mi sentivo in pace con me stessa, persino il mio potere che tentava costantemente di sottomettermi, sembrava essersi calmato, come assopito dal calore dell’acqua. Con l’indice della mano disegnai dei cerchi nell’acqua che andarono man mano ad ingrandirsi fino a creare dei giochi d’acqua che descrivevano degli archi più o meno ampi sopra di me. La voce di Loki mi arrivò come un eco lontanissimo
“Come ci riesci?” chiese senza mostrare grande entusiasmo
“Bah niente … metto un dito nell’acqua, faccio un paio di giri, et voilà!” dissi come se fosse la cosa più normale del mondo, lo sentii sbuffare e ne risi. Dopo pochi minuti che passai a nuotare in maniera placida, lo sentii alzarsi e girare intorno alla vasca guardingo, feci finta di ignorarlo e solo quando si fermo sul bordo della piscina a fissare il buio, mi avvicinai al bordo e cominciai a guardarlo dal basso verso l’alto. Non era male nemmeno da quella prospettiva.
“Ci stanno tenendo d’occhio” disse senza espressione,
“Me ne sono accorta cosa credi. Chi sono?” chiesi. Si piegò sulle ginocchia fingendo di chinarsi per parlarmi,
“Uhm è un buon panorama da qui …” disse con un ghigno cattivo,
“Non avevi detto che avevi visto di meglio?” risposi
“Infatti ho detto, un buon panorama, non un ottimo panorama” rispose. Gli feci una linguaccia e lui abbozzò un sorriso cattivo
“Allora, chi è che ammira le mie beltà?” chiesi di nuovo allontanandomi dal bordo e ricominciando a nuotare placidamente
“Sono solo i tre guerrieri, e Lady Sif. Sono le guardie personali di Thor!” disse senza espressione,
“I tre guerrieri, che originalità! Se sono le guardie di Thor, che ci fanno quaggiù a controllare me? Credevo che il mio guardiano fossi tu.” Dissi facendo qualche giocosa piroetta nell’acqua, nascondendo il fatto che cercavo di localizzarli nel buio della grotta. N’è vidi tre su quattro.
“Oh, ma non stanno controllando te. No, Sif e gli altri sono posti alla mia di sorveglianza.” Rispose tornando indietro a prendere un telo rosso che era poggiato su una roccia poco lontano. Mi guardai la pelle delle dita raggrinzita e capii che era arrivato il momento di uscire. A malincuore nuotai fino al bordo e issandomi sulle braccia mi sedetti, Loki mi gettò con malagrazia il telo sulla testa, e con quello mi coprii.
“Certo che devi essere di una simpatia senza limiti, se tuo fratello ti mette alle costole le sue guardie migliori, privandosene!” dissi andando a prendere un secondo telo per fasciarmi la moltitudine di capelli. Lui tornò a sedersi sulla roccia, e io cauta mi avvicinai
“Non avevi detto che sapevi tutto di me?” chiese incrociando le braccia al petto e stendendo le gambe in avanti. Mentre parlavo continuavo a sfregarmi i capelli con vigore
“So solo quello che l’occhio mi ha mostrato. Non posso mica fare tutti i collegamenti da sola.”
“E perché me lo hai fatto credere?”
“Oh cosi, volevo impressionarti, anche se non credevo che te la saresti bevuta!” ancora quel mezzo sorriso, cosi maledettamente sexy.
“Non è Thor a non fidarsi di me. Ma tutti gli altri.” Sentii qualcosa dalle parti dello stomaco stingermi le viscere in una morsa di ferro. Mi sedetti accanto a lui e poggiai la testa sulla mano
“Sei davvero cosi cattivo, come raccontano le storie?” chiesi. Lui scoppiò in una fragorosa risata gettando la testa all’indietro. Nella penombra i lunghi capelli neri erano lucidi come seta. E per un attimo anche gli occhi si scaldarono di quel sorriso.
“Oh, lo sono molto di più” disse in un sussurrò maligno. Mi brillavano gli occhi, lo sapevo
“Uuuh fico!!... Raccontami” pendevo completamente dalle sue labbra, ed ero certa che quella era l’ultima cosa che Loki si aspettava. Sapevo fin troppo bene quanto il male poteva essere allettante, quanto con le sue spire poteva circuire anche il più puro degli animi e corromperlo. La sfida non era scegliere tra bene e male, ma accoglierli entrambi dentro di se, come le due parti di una medesima cosa, e trovare un equilibrio. Era quella la sfida di ogni essere umano, ma forse ancor di più per i guerrieri che vivevano a stretto contatto con quelle due incredibili forze.  Loki mi fissò a lungo negli occhi, io lo lasciai fare, cercava di leggermi, di capirmi, di sapere cosa mi frullasse in testa. Quando si arrese, mi disse
“E’ meglio che risali a vestirti. Altrimenti non riavrò mai la mia stanza.”
*

Le mie vesti e i pochi elementi dell’armatura che ero solita indossare nei combattimenti, erano stati lavanti e tirati a lucido. Non ricordavo quand’era stata l’ultima volta che avevo indossato quegli abiti veramente puliti. Sotto lo strato di sporco dei gambali, bracciali  spalline e mezzo pettorale, vi erano graffi e ammaccature a segnare i tanti combattimenti vissuti.  Per il resto il mio abbigliamento era fin troppo semplice: il seno era fasciato in una semplice fascia in cotone nero e sopra ne indossai una leggermente più larga, composta da strisce di pelle marrone finemente intrecciate, chiusa sulla sinistra da legacci che, lasciavano scoperto l’addome e la vita esile, segnato qua e la da lividi e graffi. Sottili spalline, per lo più ornamentali decoravano le spalle. Afferrai e infilai i corti pantaloncini che erano sistemati sul letto: mi calzavano come un guanto, aderendo alla carne quasi come se fosse una seconda pelle, sopra questo allacciai una  gonna dritta con dei profondissimi spacchi sui lati, che arrivava appena sopra al ginocchio.  Con un leggero sferragliare mi allacciai intorno alla vita, la spessa cintura in pelle e acciaio  lavorato, dov’era rimasta legata la bisaccia della Foglia di Leda,  mentre sulla fronte sistemai il diadema a forma di drago. Riposi in una sacca i pochi mezzi della mia misera armatura, li non mi sarebbero serviti.  Sul mobile vicino erano poggiate le mie stelle del mattino, e solo i foderi delle mie spade. Alzai un sopracciglio e mi guardai intorno per vedere se fossero state sistemate altrove, ma non le vidi. Usci sulla terrazza, Loki era sdraiato su una chaise longue intento a leggere un libro
“Loki non mi hanno sequestrato anche due spade gemelle?” chiesi. Mi squadrò al di sopra del libro prima di chiuderlo e poggiarlo elegantemente sulle gambe. Portò le mani giunte alle labbra prima di parlare
“Hai i capelli rossi” mi arricciai involontariamente una ciocca di capelli che cadeva dietro la schiena.
“Perchè?” chiesi interdetta
“No, cosi, non se ne vedono molte qui.” Spostò lo sguardo dai capelli ai piedi ancora scalzi, indugiò sui bracciali neri che avevo tatuati alle caviglie e ai polpacci, risalì sulla cicatrice lasciata dalla freccia, sull’addome piatto e scolpito, sugli stessi tatuaggi a polsi e braccia, fino a notare una piccola macchia nera che s’intravedere al di sotto del corpetto, sotto il seno sinistro. Contrariamente con altri, non feci nulla per impedire a Loki di guardare quella buffa macchia scura che ramificava sul mio petto. Non sono mai riuscita a spiegarmi perché, ma sapevo che era inutile nascondermi da lui. Mi lasciai guardare come si guarda un tramonto infuocato. La ragazza che era in me, quella sepolta sotto il fango e il sudore della battaglia, quella dentro l’armatura, quella dietro la figura del Comandante della Stella, si compiaceva del fatto che gli occhi del principe asgardiano fossero puntati su di lei, che studiassero ogni centimetro del suo corpo, ogni cicatrice vagamente visibile, ogni lentiggine, ogni imperfezione. Mi piaceva come si era soffermato sui miei seni stretti nella fascia di pelle, come studiò la forma delle mie labbra, come strinse appena gli occhi per contare gli orecchini che portavo, come si perse nel colore assurdo dei miei occhi. Quello sguardo, quell’attenzione che mi diede in quei brevissimi istanti, mi fecero sentire come non mi sentivo da moltissimo tempo. Quegli occhi verdi che andavano su e giù per il mio corpo, mi ricordavano che potevo ancora essere stretta nell’abbraccio di uomo.
“Diventiamo sentimentali eh..”
Ah chiudi il becco Kan!” urlarono gli altri
“Loki, quando hai finito di guardarmi con quello sguardo da cernia, magari saresti cosi gentile da rispondermi?” dissi tornando a seppellire il mio ego donna,
“Io non ti sto guardando con lo sguardo da cernia!” rispose lui offeso “E comunque no. Ho fatto portare tutto ciò che ti è stato requisito all’arrivo. Non avevi altro che quelle due palline di ferro!” rispose lui. Palline di ferro? Per essere dei grandi guerrieri, gli asgardiani, lo erano, eccome se lo erano, ma in materia di ingegno con le armi lasciavano un po’ a desiderare. Corsi dentro a recuperare le due “palline di ferro”, come il decerebrato le aveva apostrofate e cominciai a tenere banco
“Ehi genio del male, queste non sono semplici palline. Ammira!” Le palline, consistevano nelle sfere terminali della classica “mazzafrusta” chiamata anche “Stella del mattino”, solo che invece di avere la classica impugnatura di legno, le mie, erano fissate a delle catene lunghe un paio di metri. Si utilizzavano con movimenti ampi e veloci delle braccia: in realtà in uno scontro ravvicinato con molti nemici, servivano a ben poco, non li si poteva utilizzare con la stessa rapidità della spada, ma erano comunque delle ottime armi in scontri minori. Proseguii la dimostrazione attorcigliandomele agilmente intorno alle braccia, e mentre Loki fingeva di tornare a leggere, con una descrissi degli ampi cerchi sopra la mia testa a mò di lazo, e la lanciai all’indirizzo del ragazzo. Quella andò a stringersi intorno al corpo di Loki e alla sua seduta
“Sembri un salame!” dissi ridendo. Lui ghignò perfido, prima di chiudere gli occhi e scomparire facendo cadere la catena nel vuoto
“Sciocca stellina” mi sussurrò all’orecchio, puntandomi un pugnale alla schiena,
“Sciocco asgardiano” risposi. Con un movimento a frusta della mano sinistra diedi energia alla seconda catena, che nel frattempo avevo posizionato in maniera concentrica introno ai piedi di Loki. Quella si mosse come se fosse viva e lo lego per la seconda volta.
“Ammettilo, sono brava” dissi fronteggiandolo
“Passa sul mio cadavere, prima” rispose cercando di divincolarsi,
“Se proprio insisti” strattonai la catena in modo da avvicinare il corpo di Loki senza molte difficoltà e gli sferrai un pugno in pieno viso. Il ragazzo barcollò lanciandomi occhiate furenti. Mi sentii incredibilmente meglio. Continuai a provocarlo
“Cos’è il principino si è fatto male al faccino? Andiamo Altezza, vediamo se sei bravo quanto narrano i racconti o sono tutte fantasie da troppo vino!” Strattonai ancora la catena e quella sciolse il ragazzo dall’abbraccio d’ acciaio. Loki si massaggiò per un attimo la mascella prima di scagliarmi addosso una sfera di energia verde che mi colpi in pieno stomaco. Non mi diede nemmeno il tempo di riprendere fiato, che già mi era sopra pronto a colpirmi. Rotolai di lato, e facendo perno sulle mani gli diedi un calcio alle gambe che lo fece crollare sulle ginocchia. Guadagnai la distanza per riprendere fiato, la sfera mi aveva mozzato l’aria, lui si rialzò immediatamente, si tolse la giacca che indossava e prese posizione di fronte a me. Questa volta fui io, la prima ad attaccare, mi lanciai contro di lui fino ad andare a scontrarmi contro un campo di forza che egli aveva eretto a sua protezione, sorrisi e poggiai la mano sullo scudo che stavolta non mi respinse, concentrandomi più che potevo sulla faccia stupita di Loki, artigliai lo scudo cominciando a crepare il campo di forza con la mia magia. Lo scudo si stava crepando come un vetro troppo sottile
“Non te l’ho aspettavi eh principe?” chiesi. Stacciai ciò che restava del campo e mi avventai su Loki, che non fece in tempo a ergere un secondo scudo, ma riuscì comunque a parare il mio attacco. Mi afferro il pungo e mi torse il braccio dietro la schiena
“Sei brava ragazzina. Ma non cosi brava!” mi disse all’orecchio mentre mi torceva il braccio con più violenza,
“Non dire gatto…” mi piegai in avanti e gli diedi una testa con la nuca “..se non lo hai nel sacco!”  Mi allontanai con calma massaggiandomi il braccio, mentre lui era alle prese con il sangue che gli sgorgava dal naso. Attesi che il sangue smettesse di colare prima di riattaccare
“Sei stanco Altezza? Hai bisogno di riprendere fiato?” chiesi sempre più sarcastica, mi incenerì con lo sguardo
“Facciamo a chi arriva con le spalle al muro?” chiesi
“Facciamo a chi muore per primo!” rispose incazzato nero. Sorrisi soddisfatta. Ora si che avevo una buona occasione per fargli capire una volta per tutte di che pasta ero fatta.  Ci attaccammo con violenza nello stesso momento, colpivamo, scansavamo e paravamo a turno, ogni incantesimo e ogni colpo erano leciti, arrivammo persino a tirarci i capelli e ad usarli per far presa sulla testa e colpirci in faccia, ad un certo punto non era più un combattimento, divenne una zuffa tra ragazzini dispettosi. L’ultimo assalto magico portò entrambi a gambe all’aria, e crollare a terra distesi sul freddo marmo della terrazza. Sputacchiai un po’ di sangue, ma riuscii a mettermi seduta quasi subito
“Ehi principe, sei morto?” chiesi tossendo ancora. Mi scostai i capelli dal viso per vedere dove diavolo fosse finito. Era riverso a terra a diversi metri da me “Ehi Loki!” chiamai ancora, ma senza ottenere risposta. Deglutii
“Porca miseria, l’hai fatto fuori per davvero!”
“Non dirlo nemmeno per scherzo” pensai, rialzandomi e correndo verso il principe.
“Ehi Loki, Loki ...” dissi voltandolo verso di me e scuotendolo “E dai mica ci sono andata giù pesante!” dissi. Gli scostai i capelli per mettergli una mano sul viso
 “Ha un viso molto bello!”
 “Per amor della Dea, vi pare il momento di..” ma non feci in tempo a terminare  la frase che Loki mi afferrò di nuovo per il collo gettandomi a terra, sovrastandomi
“Brava, devo ammetterlo, ma … incredibilmente ingenua. Mi chiedo come tu sia riuscita a sopravvivere fin’ora alla guerra, se ti lasci abbindolare da trucchetti simili” disse
“Dovevo fracassarti le ossa!” esclamai con il fiato mozzato, cercando di liberarmi, ma lui strinse più forte la presa
“Oh finalmente comincia a capire, non sei completamente stupida quindi. Uccidi il tuo nemico quando ne hai la possibilità. Non provare pietà. La pietà è per  i perdenti.”
“La pietà è per gli esseri umani.” Dissi fissandolo negli occhi. Lui sorrise ironico
“Non andrai molto lontano con questo atteggiamento.”
“Sono arrivata fin qui”
“A prezzo di quante vite?” domandò cattivo. Sentì una rabbia cieca montarmi dallo stomaco e arrivare al cervello. Con un colpo di reni, capovolsi la situazione e sbattei Loki contro il pavimento salendogli a cavalcioni. Lo afferrai con violenza per il bavero, e cominciai a schiaffeggiarlo con tutta la forza che avevo. A ogni schiaffo, lui rideva più forte, mi fermai solo quando il viso di Loki aveva perso ogni traccia del suo originario pallore, per essere di fuoco. Chinai il capo esausta, avevo gli occhi piedi di lacrime, ma cercai di nasconderglielo, e sibilargli
“Tu, non sai niente. Niente di me. Niente della mia guerra. Tu non sai niente delle vite che mi hanno accompagnato fin’ora.” Volevo piangere e disperarmi ma mi obbligai a resistere “Non azzardarti mai più a credere di sapere qualcosa. Tu non sai niente!” ripete sbattendolo a terra. Mi rialzai avendo cura di inciampare violentemente nel suo fianco, e mi allontanai. 


Eccomi di nuovo! Buona sera a tutti!!! Altro capitolo, che dire? Bè non c'è molto da dire su questo capitolo in effetti, mi sono presa la libertà di inserire queste terme nel palazzo di Asgard, così, mi piace l'idea che in un palazzo come quello ci sia una cosa del genere, (altrimenti che se fanno di tutto quello spazio) Spero vi sia piaciuto anche il piccolo scambio di opinioni dei nostri due protagonisti. Fatemi sapere che ne pensate, suuuu son curiosa. Grazie mille a tutti coloro che continuano a leggermi!!! Siete tantissimi e niente mi rende più felice!! Grazie ancora 1000000 al prox aggiornamento. baciotti a tutti  

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Capitolo 5
*** 5 ***


Il palazzo di Asgard era, non enorme, di più. Alcune zone erano deserte, dove potevo udire solo l’eco dei miei passi sui pavimenti lastricati. Altre erano un continuo via vai di guerrieri, cortigiani, servi. Era un porto di mare, e io che mi ero sempre lamentata della frenesia del palazzo di Angora: ora a confronto, la reggia di re Ghelbarth mi pareva tranquilla, anche con il suo continuo  e assordante suono della cascata che lambiva le mura del palazzo.
Temevo che nel palazzo di Asgard non vi fosse alcun posto per rimanere un po’ da soli e crogiolarsi nei propri pensieri. Angora era piena di giardini e anfratti solitari, dov’era difficile essere trovati, a meno che non lo si voleva; Asgard mi sembrava sotto gli occhi di tutto e di tutti. Persi il conto di quante scale scesi, e quanti angoli girai, delle colonne che adornavano il palazzo, delle statue che lo abbellivano, e delle porte che lo popolavano. Mi ritrovai chissà come fuori, in uno dei giardini pensili dalla quale potevo ammirare l’intera città ai miei piedi “Questo panorama comincia a stancarmi” pensai voltando le spalle al paesaggio e andando a sedermi sotto un bel albero frondoso. Poggiai la schiena al tronco e portai le ginocchia al mento cingendole con le braccia. Calde e silenziose, le lacrime cominciarono a scorrere giù copiose, in quel momento non avevo la forza di ricacciarle indietro: ero lontana da casa, non sapevo se fossi riuscita a ritornarci, non sapevo di chi potevo fidarmi e un damerino aveva dato voce a una convinzione che ero riuscita a far tacere per quasi due anni.
“San, non pensarlo nemmeno per un momento”
 “E invece ci penso. Ci penso ogni, singolo, giorno”
“Abbiamo scelto da soli il nostro destino. Il nostro tempo era finito comunque, tu non avresti potuto salvare nessuno di noi” 
“Sarei dovuta morire io. Io al posto di ognuno di voi. Lui voleva me. Vuole ancora me”
“Non te lo avremmo permesso, lo sai bene. Abbiamo giurato di proteggerti con ogni mezzo. Eravamo ben consapevoli che uno di questi mezzi sarebbe potuto essere la nostra stessa vita.” 
“Ero io il capitano, io avrei dovuto proteggervi. Era compito mio!!”
“Noi dovevamo assicurarci che tu arrivassi fin qui. Tu sei la luce San.”
 “Una luce che non schiarisce il buio. Non sono riuscita in niente senza di voi. Mi sento, sorda, ceca, e mutila. Sono inerme davanti a tutta questa violenza, quest’avidità, questa bramosia di dominare l’altro. Questa guerra non ci vedrà vincitori. Moriremo tutti uno ad uno, e io sarò condannata a  vederli cadere tutti, uno, dopo l’altro.”
“Sanna, ti sei mai chiesta per quale motivo, noi siamo morti al posto tuo? Perchè sei tu lo scrigno delle nostre anime e dei nostri poteri? Tu e nessun altro? Perché sei tu ad avere il potere dell’Occhio Onniveggente? Perché quella macchia che porti sul petto non si estende a ritmo folle verso il tuo cuore?”
“Perché Kantorka mi ha maledetto, e perché io sono sfigata di natura. Ecco perché!”
“Quanto sei cretina! Kantorka è stata solo un mezzo utilizzato dal fato, perché  arrivassi a capire che tu sola, puoi condurre l’esercito della Stella alla vittoria!”
“Sanna, nessuno, è forte come te. Sarai anche ingenua, come dice Loki, e questo io te l’ho sempre detto, ma non di solo odio vive il guerriero. Tu sai parlare con i mendicanti e come i re senza cambiare il tono della voce, trovi la forza di ridere quando tutti vorrebbero piangere, le tue parole riempiono l’animo di ardore.”
“Non avremmo ceduto la nostra vita, per un guerriero di minor valore!!”
 “Voglio vedervi. Mi sento cosi sola senza di voi” dissi con la voce rotta dal pianto. Mi parve di sentirli sorridere
“Non sei mai sola!”
“Noi siamo qui San.”
“Noi siamo il tuo scudo …”
“E la tua spada”
 

“Noto che come al solito ha una dote innata per intrattenere gli ospiti!” Una voce beffarda, alle spalle di Loki, lo ridestò dai suoi pensieri, ma il ragazzo cercò d’ignorare il damerino asgardiano che era venuto a burlarsi di lui. Negli anni aveva imparato a sopportare Sif, del resto la ragazza era solo una vulvetta lamentosa carica di ormoni in subbuglio che sbavava da un eternità dietro il principe biondo e senza cervello, che non la considerava neanche di striscio, preferendo alla Lady, una scienziata mezza matta midgardiana bella solo la metà della guerriera. E già solo per questo, Loki, godeva come un matto. Aveva sempre ignorato Volstagg, rozzo pozzo senza fondo, buono solo per la confusione della battaglia. C’era poi Hogun, ma era come se non ci fosse, se Loki l’aveva sentito pronunciare trenta parole in trent’anni, era un miracolo. Infine, c’era lui, quello che si credeva l’amante perfetto, quello con il sorriso disarmante, quello dai capelli perfetti e sempre in ordine, quello sempre accerchiato da uno stuolo di galline adoranti, quello che non sbagliava un colpo: Fandral. Sif, almeno era intelligente, lui era solo un immaturo dedito alle donne e neanche tanto bravo nell’arte della guerra, eppure Thor nella sua infinita stoltezza, scambiata per generosità, lo aveva nominato, insieme agli altri tre incapaci, sue guardie personali. Guardie di cosa poi, rimaneva un mistero, dal momento che il Dio del Tuono era ben lungi dal bisogno di essere protetto.
Loki non si spostò dalla balaustra della sua terrazza, dov’era intento a osservare il Bifrost in lontananza, Fandral con un balzo si sedette sul parapetto accanto a lui, e gli sorrise con fare canzonatorio
“Oh, oh, oh ti ha fatto nero!” disse guardando il naso del principe ancora sporco di sangue, Loki lo ripulì con il dorso della mano,
“Che diavolo vuoi Fandral?” chiese già spazientito
“Oh niente d’importante, ero solo venuto a vedere quel pezzo di figliola che Thor ti ha affidato, e che tu ti sei lasciato scappare, secondo tutte le nostre previsioni” disse sorridendo in maniera sempre più ebete. Loki sbuffò ironico
“Lascia perdere Fandral, quella è di tutt’altra razza!” disse il moro ridacchiando
“Quando la volpe non arriva all’uva, dice che è acerba, lo hai dimenticato?”
“Dimentico, che tu hai sempre avuto la tendenza a sottovalutare un paio di tette” il guerriero cercò di dissimulare il suo astio con un sorriso forzato, scese dalla balaustra e si avviò all’uscita.
“Ricordati che ti teniamo d’occhio Loki!” Loki sorrise sempre più beffardo
“A proposito di questo, quando pedinate una persona, fatelo senza farvi notare. Anche la straniera si è accorta di voi!”
 

Avevo rimandato quel discorso con i miei amici per talmente tanto tempo che mi ero abituata all’enorme peso che esso esercitava sul mio cuore. Dopo aver udito  le loro voci dirmi che non provavano rancore nei miei confronti, che continuavano ad amarmi, in quella sorta di limbo in cui erano relegati, cosi come mi avevano amato in vita, e come mi avrebbero amato una volta che fosse stata concessa loro la morte, aveva sciolto quel peso, come neve al sole. Non avevo avuto bisogno di gridare la mia disperazione per la loro perdita. Il mio dolore, era il loro dolore, come i loro pensieri erano i miei. Nella mia maledizione ero stata fortunata per l’ennesima volta: io potevo ancora sentire le loro voci, questo secondo la maledizione scagliatami da Kantorka avrebbe dovuto farmi perdere il senno, e invece, non aveva fatto altro che farmi incazzare ancora di più.  Kantorka non era in grado di provare amore, non aveva idea di quanto fosse salda la nostra amicizia, ella contava sul fatto che tutti, in un modo o nell’altro, erano morti a causa mia, Saul addirittura, ucciso dalla mia stessa mano, credeva che le loro voci mi avrebbero perseguitato dalla profondità del loro limbo blu, credeva che mi avrebbero odiato, accusato e condannato fino alla morte e anche più in là. Non poteva di certo sapere, quanta lealtà avevamo giurato gli uni agli altri, molti anni prima dell’inizio della guerra.
Mi alzai decisa a rientrare, quando un violento capogiro mi catapultò nelle profondità dell’Occhio Onniveggente, mostrandomi una ragazzina dai candidi boccoli bianchi, combattere come una fiera sul dorso di un cavallo grigio azzurro dalla slanciata muscolatura e la morbida criniera che conoscevo fin troppo bene. Rilassai i muscoli, pronta a vedere
“Dov’è lei?” gridò la ragazzina brandendo la spada
“Il tuo comandante è morto!” ghignò l’avversario che stava combattendo contro di lei. La ragazzina ringhiò
“Tu menti, lurido verme!” il mostro rise ancora, e le mostrò due spade, anche quelle fin troppo familiari. Vidi gli occhi viola di Even accendersi di una furia cieca e scagliarsi senza esitazione su di lui, gridando con quanto fiato avesse in gola.
“Even! Even sono viva! Sono viva!” pensai disperatamente, quell’idiota si sarebbe fatta ammazzare prima o poi. Ritornai sotto l’albero del giardino con il fiato mozzo e l’occhio che mi pulsava
“Porca miseria!” imprecai
“Problemi a casa?” chiese Loki comparso improvvisamente alle mie spalle. Era appoggiato su un lato del tronco con gambe e braccia incrociate
“Le solite cose..” ironizzai “ gente che cavalca il mio cavallo, che usa le mie armi. Mi assento un paio di giorni e a tutti vengono le manie di grandezza!!” dissi legandomi i capelli in una rapida treccia. Aveva il naso e la faccia ancora arrossati, ciò mi diede una certa, sadica, soddisfazione.
 
 
 Il mattino seguente fu Loki a venirmi a svegliare di mala grazia. Occupavo ancora la sua stanza, e dal momento che lui si era dovuto trasferire in quella di Thor, non era molto contento
“Un palazzo reale intero, e lei deve occupare proprio la mia stanza ….” Lo sentii disseppellirmi dai libri di cui mi ero circondata la sera prima di andare a dormire e che, durante la notte si erano sparpagliati sulle coperte di velluto verde.
“Ma che diavolo … che hai fatto con tutti questi libri?” chiese allarmato, mentre cominciava a raccoglierli e riordinarli sulle librerie
“Secondo te cosa posso averci fatto genio? Li ho studiati”   “Più o meno” aggiunsi sottovoce in modo che lui non sentisse. Loki emise un buffo suono incredulo
“I libri di favole sono nella stanza di Thor!” sbuffai senza degnargli di risposta, ma mi guardò lui quando vide cosa indossavo a mo di pigiama
“Perché hai indosso una mia maglietta? Non potevi dormire in mutande?” disse facendo come se volesse sfilarmela di dosso, arretrai di colpo
“Avevo freddo!”. Quando fui sicura che Loki stesse sfogando la sua rabbia sulla mela che stava azzannando mi sentii abbastanza tranquilla da voltargli le spalle e dirigermi verso la cassapanca sulla quale erano poggiati i miei vestiti, ma lui mi bloccò di nuovo
“Non vorrai certo presentarti al consiglio conciata cosi, spero!” con tranquillità presi la mezza mela dalle mani del principe e diedi un famelico morso
“Che hanno i miei vestiti, Altezza?” chiesi con la bocca piena, Loki spazientito fece roteare gli occhi verso l’alto
“Metà del consiglio convocato da Thor per questa speciale occasione è composta da vecchi decrepiti, e l’altra metà da allupati. Vogliamo farli fuori tutti? E ti dirò che, nel caso, avresti tutto il mio appoggio!” alzai un sopracciglio senza capire
“Sei indecente con quegli abiti succinti!”
“Indosseresti anche tu degli abiti succinti se avessi passato metà della tua vita in un sacco di yuta che pizzica.” Dissi. Lui non rispose, si limitò a lanciarmi un abito e un occhiata eloquente. L’abito di morbida seta azzurra, era leggero come un alito. Due larghe bretelle si allacciavano dietro al collo, mi fasciavano i seni, mentre la vita era assottigliata ancora di più da una fascia che si legava dietro la schiena. Scendeva svasandosi in morbide pieghe verticali, era allo stesso tempo elegante, regale e semplice. Bellissimo, ma incredibilmente lungo. “Non è l’abito a essere lungo, sei tu a essere bassa!” disse Loki quando glielo feci notare. La presi, non come un offesa, ma come una semplice constatazione.
Il principe asgardiano, mi scortò attraverso il palazzo fino alla biblioteca dove Thor aveva riunito, chi, secondo lui, poteva aiutarmi. Durante tutto il tragitto, altri sguardi di disprezzo, paura e odio, lanciati all’indirizzo del mio accompagnatore, sguardi che lui ignorò completamente, proseguendo dritto per la sua strada, senza badare a niente e nessuno.
La biblioteca di Asgard era grande e immersa nella penombra dorata, centinaia di scaffali e migliaia di libri la popolavano,
“Non mi basterebbero dieci vite per leggerli tutti” pensai osservando quella meraviglia a bocca aperta. In una sala attigua, vi era un lungo tavolo già occupato da diverse persone. Solo due sedie erano rimaste vuote, una per me, e una per Loki pensai, ma quando Thor m’invitò ad accomodarmi, Loki si ritirò lontano, nell’ombra data da un cantuccio tra una finestra e uno scaffale. Lo guardai allontanarsi, e poggiare le spalle al muro,  mentre guadagnavo il mio posto al tavolo. Per tutta la durata delle riunione, potevo vedere, di tanto in tanto, i suoi occhi verdi scintillare nella penombra.
“Signori, questa è l’ospite di cui vi ho parlato. Sanna, della Stella di Dlym.” Un brusio, percorse il tavolo
“Ho sentito molto parlare di lei, Comandante! Il mio nome è Briog, ed è un piacere conoscerla!” un uomo sulla sessantina, dalla folta barba bianca mi parlava dall’altro lato del tavolo. Aveva il tono eccitato di un bambino alla quale è stato detto che tutti i giorni era il suo compleanno. Abbozzai un timido sorriso, ma prima che potessi dire qualunque cosa, le pesanti porte della sala si aprirono per far entrare Heimdall, che andò ad occupare la sedia vuota accanto a me. Un brivido d’eccitazione mi percorse la schiena, ora ero io la bambina che guardava con tanto d’occhi quella figura mitologica che aveva popolato i miei racconti d’infanzia. Un gigante nero, dagli acquosi occhi rosso rame, mi osservava con educata curiosità, e quando arrossii violentemente a quello sguardo, lui sorrise rassicurante.
“Come diavolo è arrivata fin qui? Sempre ammesso che dica la verità poi!” Calvo e lucido come la luna piena, con gli occhi ridotti a due fessure, mi guardava come se fossi il morbo della peste, dal posto che occupava di fronte al mio. Raddrizzai la schiena, e giunsi le mani sul pesante tavolo di marmo nero lucido.  Gettai una rapida occhiata a Loki, che se ne stava nel buio immobile e attento
“Perché avrei dovuto mettere in piedi tutta questa farsa?” chiesi nella maniera più educata possibile
“Non chiedermi di sapere come funziona la mente dei nemici di Asgard!” Alzai le sopraciglia con aria scettica,
“Questo parla giusto per dare aria alla bocca!” cercai di trattenere le risate, e risposi sorridendo
“Se avessi voluto conquistarvi, crede davvero che sarei arrivata fin qui da sola?”
“Le tue truppe potrebbe essere nascoste ovunque!” incredula mi voltai verso Loki che rimase impassibile
“Non credi, Morgad, che se qualcuno fosse penetrato entro i confini di Asgard io l’avrei saputo?” Chiese Heimdall con la sua voce profonda
“Non sarebbe la prima volta che, dei nemici eludono la tua sorveglianza, aiutati dai traditori!” ringhiò Morgad indicando con un dito bitorzoluto Loki che continuò a non scomporsi, come se non fosse stato nemmeno indicato. Heimdall fece per ribattere, ma mi permisi di mettergli una mano sulla spalla per fermarlo e rispondere al suo posto
“Morgad, se avessi voluto invadervi, le posso assicurare che sareste già tutti morti!” una sedia cadde all’indietro con un gran tonfo, e un ragazzo biondo e dalla buffa barbetta a pecorella, si sporse sul tavolo per ringhiarmi contro
“Attenta a come parli ragazzina!” Briog lo rimproverò aspramente
“Frena la lingua Fandral! Non sai chi hai davanti!” A Loki scappò una risata, non saprei dire se a mio pro o contro.
“Ci sta minacciando Briog!” continuò il biondo, mentre io facevo roteare gli occhi verso l’alto spazientita
“Io non vi sto minacciando, vi sto facendo notare che mi basterebbe schioccare le dita per farvi fuori!”
“Neanche la tua mente è tanto grande da contenere una balla simile”  Il biondo non parve gradire la mia spiegazione, perché portò una mano all’elsa della spada, i compagni che aveva ai lati lo bloccarono per le braccia, mentre Thor gli intimava di mantenere la calma. Sentì un fruscio di abiti al mio fianco, Loki era balzato fuori dal suo angolo e mi aveva affiancato. Quando vide che Fandral mal volentieri riprendeva il suo posto, lui riguadagnò il suo. Emisi un sommesso fischio per far calare la tensione, non potevo di certo farmi mettere sotto da un gruppo di vecchietti che si pisciavano sulle scarpe, o da guerrieri dalla testa troppo calda.
“Ascoltatemi bene: il mio pianeta d’origine è lontanissimo da qui. E’ una stella bizzarra, ma fertile e ospitale, almeno una parte di essa. La mia gente è un popolo pacifico, dedito alla guerra più per tradizione che per necessità o brama di potere. Nonostante questo però, da diversi anni a questa parte, siamo in guerra con alcune delle razze che popolano la Stella stessa. Se fossi stata in grado, di percorrere una distanza tanto grande, come quella che separa la Stella da Asgard, l’avrei fatto per chiedere aiuto e consiglio, non certo per invadere altri mondi. I miei guerrieri sono già abbastanza sfiniti cosi.”
“Dici di non poter coprire una distanza tanto grande, come sei arrivata allora fin qui?” chiese una donna dai lunghi capelli neri e gli occhi acquosi
“Mi è stato lanciato un incantesimo” risposi
“Da chi?” chiese ancora. Briog s’intromise ancora
“Solo un Viaggiatore dagli enormi poteri può scagliare l’incantesimo di viaggio su un altro individuo che non sia se stesso.”
“Lei è un viaggiatore?” chiesi speranzosa, lui sorrise in maniera triste prima di rispondere
“Lo siamo quasi tutti a questo tavolo. Ma anche unendo le nostre forze, non arriveremmo neanche alla metà del potere che ti serve per tornare indietro.”
“Ti pareva” soffiai, andandomi a massaggiare la radice del naso
“Ma non esiste un portale o qualcosa del genere?” chiese l’omone dai capelli rossi, seduto alla sinistra di Fandral rivolgendosi a Heimdall
“No Volstagg. Il Bifrost collega solo i nove mondi di Yggdrasill. A lei serve uno Stargate.”
“Un cosa?” ripetè il guerriero
“Uno Stargate, mio caro Volstagg, è una Porta delle Stelle. E’ un po’ difficile da spiegare …” cominciò Briog, ma fui io a interromperlo stavolta
“Uno Stargate in pratica è un esplosione. Quando una stella diviene una supernova è una …” la ragazza dai lucidi capelli castani seduta alla destra di Thor prese la parola eccitatissima
“E’ una specie di bomba stellare cosi violenta da scagliare gas nello spazio fino a 30.000km/s, la sua luminosità dipende dalla radioattività del nichel e del cobalto che si producono nei gas del mezzo interstellare, intorno alla stella esplosa …” la guardarono tutti con tanto d’occhi, e lei arrossì in maniera molta carina, le andai in aiuto
“Bè io non avrei saputo spiegarvelo meglio di cosi” risposi indicandola con il pollice, “ questa supernova, crea un buco nero, questo buco nero, noi, lo definiamo Stargate!”
“Ma nessuno sa cosa c’è al di là di un buco nero!” disse la ragazza,
“Noi lo sappiamo. Il Buco non è nient’altro che la porta di accesso ad altre dimensioni. Alcuni viaggiatori riesco a creare un energia tanto potente da essere molto simile a quella generata da una supernova, e di conseguenza a creare una Porta delle Stelle.”
 “Quanti altri viaggiatori ci sono nel tuo mondo?” chiese la donna
“Bè non saprei dire, ma i Viaggiatori vengono registrati. E’ un dono raro. Si nasce cosi, non è una cosa che si tramanda di padre in figlio, e non è detto che in una famiglia che non abbia mai avuto niente a che fare con la magia, non ci possano essere dei viaggiatori. Si comincia con l’andare da qui a lì, da dentro a fuori, fino a essere completamente padroni dello spazio. Ma solo chi si applica allo studio della magia riesce ad attraversare i mondi, e solo chi studia la magia nera, riesce ad aprire uno Stargate per attraversare le varie dimensioni dell’universo!”
“Allora, saprai anche che è quasi impossibile scaraventare qualcun altro in un altro mondo, figurarsi in un'altra dimensione” attaccò Morgad. Cominciavo a stufarmi per davvero
“Mi rendo conto  che per voi non è facile credere alle mie parole, se fossi al vostro posto sarei scettica anche io. Ma il fatto che sia improbabile, questo non lo rende necessariamente impossibile. So che ci vuole una grande concentrazione di magia nera per ottenere la forza necessaria per una Porta, nel mio mondo ho tutte le persone necessarie per aggirare il problema, ma qui non so dove sbattere la testa.” Vidi Thor guardare nella direzione di Loki, ma lui era scomparso.
“C’è un solo viaggiatore, di cui si ha notizia nell’universo, capace di un potere simile.” Disse Briog,
“Argan” risposi. Gli altri viaggiatori mi guardarono esterrefatti.
“Argan è il braccio destro, dell’uomo contro la quale combatto da anni.”
“Combatti contro grandi potenze oscure, bambina.”
“Ha scoperto l’acqua calda, questo qui, eh” passò qualche minuti di silenzio, prima che mi venisse rivolta un'altra domanda
“C’è una storia che si narra da un po’ di tempo. Di una ragazza di un mondo lontanissimo, imprigionata per vent’anni nel corpo di una neonata midgardiana. Ne sai qualcosa?” chiese un ragazzo al fianco della donna. Presi tempo prima di rispondere
“E’ la seconda volta che mi scagliano questo incantesimo. Non c’è modo di contrastarlo. E si, sono stata relegata a vent’anni, e per vent’anni midgardiani nel corpo di una bambina normale. Il tempo sulla Stella scorre in maniera molto più lenta rispetto a Midgard, ho scoperto. Un anno sulla Stella, equivale a vent’anni sulla terra.”
“Come sei ritornata?” chiesero
“Il mio nemico numero uno, ha infranto tutti gli ordini che aveva ricevuto, ha sacrificato metà della popolazione magica per ottenere il potere di uno Stargate, e venire a scovarmi.”
“Altre vite che ho sulle spalle” pensai
“Non mi pare il momento per l’autocommiserazione”
“Il tuo nemico?” chiese Thor senza capire. Sorrisi al ricordo di Gurvath il Dannato che si era messo contro il suo stesso esercito pur di ritrovarmi
“Si sai, quelle cose: se non ti uccido io, non può ucciderti nessuno. Quell’affetto tra nemici giurati!”
“Hanno preso la tua anima, e l’hanno rinchiusa nel corpo di una neonata qualsiasi, senza nessuna capacità particolare, privandoti della magia, del corpo, e di una volontà che ti permettesse di prendere il controllo di quell’umana. Come hai fatto a non impazzire?”
“Con tanta meditazione!” ironizzai. Quelli non volevano aiutarmi, volevano solo conoscere la storia di un pianeta cosi lontano dal loro, da uno dei suoi abitanti. Stavo perdendo tempo prezioso, mentre io ero li con quei quattro idioti, Even era alla mia disperata ricerca, e se conoscevo abbastanza quella ragazzina con la neve nelle tasche e la faccia dipinta di bianco, si sarebbe fatta ammazzare nel tentativo. Cercai di riprendere in mano la situazione
“Ascoltatemi, io devo assolutamente tornare a casa. Non sono come scorre il tempo qui, rispetto alla Stella, potrebbero essere passati dei mesi, e io sarei ancora bloccata ad Asgard. Quindi, se avete delle buone idee per farmi tornare, sarei ansiosa di ascoltarle, altrimenti è inutile che io vi costringa a rimanere.”
“Thor, perdonami, ma se serve cosi tanta magia oscura, potremmo chiedere a L …”cominciò la ragazza al fianco di Thor, ma egli non la fece finire, che pronunciò un “NO!” talmente fermo che persuase perfino me dal chiedere spiegazioni, anche se ero abbastanza sicura, che dalle labbra della ragazza, stesse uscendo il nome di Loki, “Ma dove diavolo si è cacciato?” pensai, guardando in giro.
La riunione andò avanti per altri venti minuti, io ormai non provavo più alcun interesse per le loro parole, e ben presto, mi ritirai nei miei pensieri
“E adesso che diavolo facciamo?”
“Se solo trovassimo un modo per metterti in contatto con Even”
“E che potrebbe fare? Lei non è un viaggiatore. L’unico che ha tutto quel potere nero è Argan, e dubito fortemente che lui faccia i salti di gioia per aiutarla”
“Dovessi mettere a ferro e fuoco tutti i mondi da qui a Dlym, io tornerò a casa”pensai decisa, senza rendermi conto che la sala si era svuotata e che eravamo rimasti solo io, Thor e la ragazza dai capelli castani.
“Sanna, non ho ancora avuto modi di presentarti Jane Foster, la mia fidanzata, lei viene da Midgard” ricevetti un enorme sorriso da quella ragazza con dolcissimi occhi nocciola, che si accomodò più vicina a me e mi guardava estasiata. Thor sorrise alla curiosità della compagna
“Jane, nel suo mondo è una scienziata, un astrofisica per la precisione, e l’affascina tutto ciò che ha a che fare con le stelle.” Disse il principe sorridendo, poi aggiunse più serio
“Devi essere un guerriero di grande valore” spostai il mio sguardo da Jane a lui, non mi sentivo di grande valore, piuttosto
“Di grande sfortuna è il termine più adatto” dissi guardandomi le ginocchia
“Ma sei viva, dopo tutte le prove che hai affrontato. Questo vorrà pur di qualcosa.”
“Ho perso talmente tanto, che non so se, un eventuale vittoria possa ripagarmi di tutto ciò che ho perso!” Thor guardò Jane in maniera eloquente e lei annui a quello sguardo
“Hai affascinato mio fratello, sai?”
“Ma se non vede l’ora di strangolarmi!” risposi sgomenta. I due risero
“Oh, ti posso assicurare che se non gli fossi stata almeno un po’ simpatica, non ti avrebbe mai permesso di occupare le sue stanze, e forse ti avrebbe già ucciso facendolo passare per un incidente. Loki ha un carattere un tantino problematico, ma ormai riesco a capire quando qualcosa lo interessa.” Mi sentivo come un fenomeno da baraccone che tutti andavano a vedere. Ovunque andassi c’era gente che mi osservava curiosa. Eppure non mi pareva di avere tre gambe e quattro braccia in più rispetto agli asgardiani.
“Mi stai consigliando di continuare a incuriosirlo in modo che non mi faccia fuori, Altezza?” chiesi
“Ti sto consigliando di continuare a suscitare in lui un certo interesse. Se riuscirai a scavalcare il muro che lui si eretto intorno, forse riuscirai a convincerlo a farti aiutare.” Non capivo bene dove Thor volesse andare a parare
“Perché dovrei farmi aiutare proprio da lui?”
“Perché lui è un maestro di magia oscura!” rimasi di sasso,
“Perché diavolo non l’hai detto subito?” dissi sconvolta da quella rivelazione. Avevo la soluzione sotto il naso, e mi avevano solo fatto perdere tempo prezioso.
“Perché i suoi poteri, o almeno la parte brutta dei suoi poteri, è stata vincolata, per volere di Padre!”
“E non si possono svincolare?” chiesi speranzosa. Thor sospirò, e lentamente si avviò verso la finestra, Jane guardava la sagoma del suo amato, con espressione dolorosa. Dopo qualche attimo di silenzio, Thor cominciò a raccontare
“Io e Loki non siamo veramente fratelli …”
“L’avevo detto io!”
“Ma tu hai detto …”
“Si lo so. Nonostante tutto quello che è successo io considero ancora Loki mio fratello.” Un brivido gelido mi percorse la schiena,
“Che cosa è successo?” domandai un po’ esitante, stavo per venire a conoscenza della storia che l’Occhio mi aveva solo accennato
“Avevo due anni, quando Loki venne portato a palazzo, ero talmente piccolo, che non mi sconvolse il fatto che tutt’un tratto un altro bambino, viveva nelle stanze di mia madre. Lei e Padre mi dissero che era mio fratello, e l’unica cosa che m’interessava era, che avevo finalmente qualcuno con cui giocare. Siamo cresciuti insieme, abbiamo giocato insieme, e combattuto decine di battaglie, ci siamo sostenuti a vicenda, protetti e incoraggiati, certo abbiamo anche litigato come fanno tutti i fratelli, ma eravamo molto legati. Quando siamo cresciuti ha cominciato a cambiare qualcosa, lui divenne sempre più riservato e taciturno, io mi sono lasciato affascinare dalle attrattive del mondo al di fuori del palazzo, e ho messo da parte lui. Loki si è immerso nella magia, sotto la guida di mia madre, che ne ha fatto un maestro degli inganni formidabile, io sono sempre stato quello meno intelligente, quello pronto più alla battaglia, che al dialogo...”
“Me e Sabira in pratica!”
“Resta da capire chi di voi due, sia il gemello intelligente, però!”
“Per amor della Dea, statevene zitti!”
“Il giorno della mia incoronazione a re di Asgard, dei giganti di giaccio provenienti da Jotunheim hanno oltrepassato i confini di Asgard e interrotto la mia cerimonia. Accecato dalla rabbia e sotto il mefistofelico consiglio di Loki, siamo andati sul pianeta dei giganti e li abbiamo ingaggiato battaglia contro di loro. E’ stato li che Loki ha scoperto le sue vere origini. Egli è uno Jotun. Nostro padre lo portò via dopo la battaglia contro Laufey, padre naturale di Loki, che lo abbandonò nella neve, perché troppo piccolo per la sua razza. Nostro padre voleva farne un portatore di pace tra le due popolazioni. Purtroppo Loki, ha preso la notizia dal verso sbagliato, si è sentito tradito e usato dalla sua stessa famiglia. A quel punto è come impazzito di gelosia, rabbia, frustrazione. Mentre io ero relegato a Midgard, punito da mio padre per avergli disobbedito, Loki architettava un piano per lasciare me sulla terra, nostro Padre nel sonno di Odino, conquistare il trono di Asgard e uccidere suo padre.”
“Bè non si può dire che il ragazzo sia rimasto con le mani in mano!”
“Che cosa è successo dopo?” chiesi, ignorando i commenti, e concentrandomi sulla storia di Thor
“Quando sono riuscito a tornare su Asgard, Loki era completamente fuori di se. Abbiamo combattuto come due fratelli non dovrebbero mai combattere, ho distrutto il Bifrost, per non far distruggere Jotunheim , e alla fine io e Loki siamo rimasti appesi su un baratro senza fine, con solo nostro padre a tenerci. Quando Loki gridò che l’aveva fatto per Odino, e per Asgard, nostro padre, non gli credette. Loki preso dalla disperazione si è lasciato cadere nel vuoto.”
“Com’è sopravvissuto?” domandai
“Credo che, da come l’hai spiegato, l’energia provocata dalla distruzione del Bifrost, sia stato uno Stargate. Perché a distanza di circa un anno, l’ho ritrovato sulla terra, mentre cercava di conquistarla, grazie al potere dei Chitauri. Mi sono alleato con alcune forze umane per poterlo sconfiggere e riportarlo finalmente a casa.”  Quando Thor fini di raccontare quello spaccato di vita, non fui in grado di emettere alcun suono. La prima volta che avevo visto il principe traditore di Asgard, l’Occhio mi aveva mostrato solo una parte infinitamente piccola della vita di lui. Avevo percepito un anima nera in Loki, ma più che odio, avevo letto disperazione.
“Qual è stata la punizione di Loki?” chiesi con un fio di voce
“E’ stato privato dei suoi poteri, e condannato alle prigioni di Asgard. Sono stato io a farlo evadere, affinchè lui mi aiutasse a salvare Jane. Ho fatto leva sul senso di vendetta che andava cercando per la morte di nostra madre.”
“Ho visto un suo ritratto sulla scrivania di Loki. Com’è morta?” Non credo che Thor sapesse del ritratto, perché gli si stampò in volto un sorriso dolcissimo, che faceva uno strano contrasto con la sua imponente figura di guerriero
“E’ morta per proteggere me!” disse Jane a testa basta. Thor le si avvicinò e le posò un bacio sui capelli, circondandola con un braccio,
“Loki non se lo è mai perdonato. Mentre nostra madre moriva, lui se ne stava nelle prigioni, ignaro di tutto, solo con il suo orgoglio.  Ho fatto appello alla sua sete di vendetta, per convincerlo ad aiutarmi. Quando siamo tornati, si è rinchiuso nella sua cella da solo. Nostro padre è rimasto moltissime ore davanti alla sua prigione senza dirgli una parola, ma fissandolo solamente. Loki dal suo canto, era troppo arrabbiato con lui per chiedergli alcun che. Sono rimasti a fissarsi senza spiccicare parola, per quelli che mi sono sembrati giorni infiniti. Quando mi è stato chiaro che a nostro padre, non interessava più nulla di Loki, di Asgard, neanche di vivere o morire, ho liberato mio fratello, condannandolo a una pena per lui molto più terribile di qualsiasi prigionia.”
“E cioè?”
“L’ho costretto a riprendere il suo posto in famiglia. A tornare a essere il principe di Asgard, e soprattutto, tornare a essere il mio fratellino.” Le parole di Thor mi toccarono, non era da tutti perdonare un fratello cosi tante volte, dopo che quello aveva, cosi tante volte sbagliato. A me, ne era bastata solo una per dargli la caccia. Thor era, infinite volte migliore di me. Loki in realtà non era neanche veramente suo fratello, eppure lui continuava ad amarlo, e nonostante quelle grandi dimostrazioni d’affetto, Loki continuava a dubitarne.
“Come hai fatto a perdonarlo, dopo tutto ciò che ha fatto? Ha tentato di ucciderti, di uccidere tuo padre, conquistare il mondo. Come fai a fidarti ancora di lui?”
“Mi ha aiutato a salvare Jane, rischiando la sua vita”
“Un singolo atto, può cancellare anni di efferatezze?” domandai
“Loki, non è la persona che è diventato dopo la scoperta delle sue origini. Io conosco il vero Loki, lui è sensibile …”
“Anche troppo …”
“E’ mio fratello Sanna!”
“Non è tuo fratello!” mi guardò di sbiego, come a soppesare le parole migliori, per farmi capire un concetto che lui credeva fosse troppo difficile per me capire.
“Tu non hai fratelli?”
“Li avevo.”
“E non avresti fatto di tutto per loro?” 
“L’ho sto facendo ancora. E’ questo che non mi da pace!” pensai
“Qualsiasi cosa.”
“Appunto” Quella, semplice, singola, parola  mise fine alla discussione.


Buonasera a tutti ed ecco a voi il capitolo numero 5!!! Speroc he fino a questo punto la storia vi piaccia e sia di vostro gradimento, chissà cosa pensate dei nuovi personaggi (quei tipi un pò invadenti e spaccaboccini insomma) Continuo a ringraziare sempre chi continua a seguirmi, seppur in silenzio!!! Grazie davvero di cuore!! Un fortissimo abbraccio a tutti! Al prossimo aggiornamento!
 

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Capitolo 6
*** 6 ***


Rifeci la strada al contrario, dalla biblioteca fino agli appartamenti di Loki, munita di un bel cestino di frutta fresca. Thor aveva dato disposizioni che non ero più una prigioniera, ma un ospite, e per tanto potevo aggirarmi per il palazzo come più mi aggradava, rimanendo però, lontana dagli appartamenti di Odino,
“Meglio che non ti fai vedere in giro da lui. Cosi per sicurezza.” Aveva detto Thor, e io non aveva nessuna intenzione di andarmi a scontrare con un re ormai privato di tutta la sua voglia bellicosa. I re che avevano dismesso l’ardore, erano una delle cose più tristi alla quale riuscivo a pensare
“Come pensi di convincerlo ad aiutarti?”  Chiese Sabira, mentre continuavo a perdermi per il palazzo. Con le loro voci nella testa, trovavo difficile concentrarmi sulla strada
“Non ne ho idea Sab” pensai mentre sbagliavo l’ennesimo corridoio. Erano tutti cosi dannatamente uguali!
“E’ instabile, hai sentito quello che ha combinato solo per aver scoperto che non è il figlio naturale di un uomo che l’ha amato e cresciuto!”
“Sarà anche instabile Elania, ma è l’unica persona che può darmi una mano.”  Alla fine dovetti chiedere a una serva la strada per tornare. Lei mi guidò fino alla doppia porta per poi scappare via
“Servi che scappano. E’ confortante”
Non avete niente da fare oggi?” chiesi stizzita
“Per la verità no!”
“Bene, trovatevela!” dissi prima di spingere uno dei battenti.
Trovai Loki sdraiato sulla sua cheselongue  fuori alla terrazza intento a leggere
“Ma non fa altro tutto il giorno?” pensai rassegnata. Mi avvicinai posando il cestino sul tavolino a tre gambe accanto a lui, e afferrando una pigna d’uva mi sedetti sulla balaustra intenta ad osservarlo, lui ovviamente, mi ignorò completamente. I lunghi capelli corvini, erano tirati indietro in un ordinata coda di cavallo, la fronte alta e spaziosa, si corrucciava appena nella concentrazione della lettura; naso appuntito, mento spigoloso, volto magro e glabro. Lo scollo a V della maglia verde, lasciava intravedere una porzione di petto priva di peluria
“Quanti anni avrà? Trenta, Trentadue? Avrà raggiunto la pubertà spero!!” La maglia scendeva morbida sui pantaloni neri che gli calzavano alla perfezione. I piedi scalzi erano accavallati in una posa di distratta eleganza. Mi soffermai a lungo sulle mani. Dita bianche, lunghe, e affusolate, un cenno di vene era visibile sui dorsi “Chissà cos’è in grado di fare con quelle mani!” pensai, mentre succhiavo in maniera imbarazzante l’acino rosso
“San, piantala sei sconveniente! Ricorda che noi possiamo sentire i tuoi pensieri!”
“Non vi fanno cosi sulla Stella!” pensai, inclinando appena la testa da un lato
“Ci fanno BENISSIMO sulla Stella!!” gridò Kanahaan offeso. Il suo gridò si trasformò presto in un fischio assordante che mi fece gemere.
“Sai a cosa pensavo?” chiesi rivolta a Loki, prendendo al volo l’ultimo chicco
“Non mi pare di avertelo chiesto” rispose. Lo ignorai, continuando a parlare come se avesse risposto in maniera cordiale e interessata alla mia domanda
“Pensavo che stando ai racconti, ti immaginavo diverso. Più brutto, in effetti” Dissi prendendo posto accanto a lui, poggiando i gomiti sulle ginocchia per osservarlo più da vicino.
“Potrei offendermi” rispose leccandosi un dito per girare la pagina. Il collo lungo e nudo, mi faceva uno strano effetto
“Raccontano di un pazzo isterico con la crisi da primadonna nella fase premestruale, che ha tentato tutt’una serie d’imprese impossibili …”
“Per altri, impossibili!” ribeccò lui
“Bè non mi pare che tu stia messo molto bene al momento” risposi gettando un occhiata eloquente ai bracciali che gli segavano i polsi.
“Se tutte le volte non fosse arrivato quel piantagrane di Thor, ora…”
“E che cosa ti aspettavi? Che lui restasse fermo a guardare mentre ti autodistruggevi?”
“Io autodistruggermi?” mi chiese scettico
“Se non ci fosse stato tuo fratello a salvarti il culo ogni volta, ora saresti ancora rinchiuso giù nei sotterranei, o peggio, saresti morto.” Ci fu un lunghissimo attimo di silenzio prima che Loki rispondesse velenoso
“Meglio morto, che una vita inutile passata all’ombra della sua grandezza!” sputò quella frase, come se con quella potesse uccidere. Non mi scomposi, forse avevo toccato il nervo giusto,
“Eppure lui ti ama cosi tanto …” riflettei a voce alta
“E’ solo uno sciocco sentimentale!” disse guardando ostinatamente le pagine del libro, ma aveva smesso di leggere da un pezzo. Inclinai la testa dall’altro lato per guardare i suoi occhi fermi
“Io non credo che lui sia uno sciocco, né tanto meno un sentimentale. Mi ha raccontato la vostra storia. Perché non me la racconti tu, invece?” proposi
“Cos’altro dovrei dirti?” chiese
“Le storie hanno sempre due versioni. Ho sentito quella dell’asgardiano. Ora voglio sentire lo Jotun!”
“Perché?”
“Perché ho un debole per i pazzi!” risposi con sincerità. Chiuse il libro con un colpo secco e se lo poggiò in grembo, giungendo le mani
“Che cosa vuoi da me Comandante?”, mi stupii di sentire quella parola, detta cosi, dalle sue labbra. Andai al sodo, i giochetti erano inutili con lui,
“Voglio capire se c’è ancora qualcosa di buono, li dentro a cui appellarmi. A quanto ho capito, sei l’unico che può aiutarmi a tornare a casa!” le sue labbra si curvarono in un ghigno
“Ammesso che Thor mi ridia i miei poteri, lo sai che non faccio mai niente per niente?”
“Lo sospettavo. E’ una prerogativa di voi cattivi, no? Sentiamo, che cosa vuoi?” chiesi cercando di dare a quelle parole il minor peso possibile.
“Quando tornerai a casa, se, tornerai a casa, portami con te!” La mascella mi crollò fino alle ginocchia. Quella era l’ultima cosa che mi sarei aspettata di sentirmi dire dal Dio degli Inganni. Mi risultò difficile anche fingere che la cosa non mi avesse sconvolta
“Perché?” chiesi stringendo gli occhi “Per vedere altra morte e devastazione? Altre razze che si fanno la guerra per conquistarsi a vicenda? O per tentare la nostra di conquista, tornando alle tue vecchie abitudini?”
“Credi che io abbia cattive intenzioni a chiederti di portarmi con te?” disse fingendosi affranto
“Bè le sue referenze non sono delle migliori, principe!” sapevo di averlo stupito con il mio tono ironico. Non era abituato ad avere a che fare con persone che non lo temevano. Abbozzò un lieve sorriso, e chiudendo gli occhi poggiò la testa allo schienale. Aveva un espressione cosi distesa, o forse rassegnata?
“Perché?” chiesi di nuovo. Riaprì quei pozzi verdi, che spacciava per occhi e li piantò nei miei
“Per andare via da qui!”
“Hai altri otto mondi, dove …”
“Dove tutti conoscono il mio nome, e dove mio fratello mi troverebbe!!” rispose
“Ah-ha allora lo consideri tuo fratello!” dissi allegra, per allentare un po’ la tensione. Si alzò di scatto e mi voltò le spalle
“Ceto che lo considero mio fratello … nonostante tutto.”
“E allora perché vuoi andartene? Che cos’ha che non va Asgard? Qui c’è pace, prosperità, questa è casa tua. Qui tu sei un principe!”
“Questo non è il mio posto. Qui non c’è niente per me, se non una vita all’ombra di mio fratello.” Ripete di nuovo quella frase, ma in tono del tutto diverso. Capii cosa Loki cercasse da una vita intera. Cercava qualcosa che fosse interamente sua, qualcosa che non avrebbe dovuto dividere con nessun altro, qualcosa in cui sentirsi padrone e non ospite.
“Non pensi che questo è il posto dove tuo fratello ti ha dato una seconda occasione? Perché vuoi gettarla via cosi?”
“Perché è la mia natura.” Rispose semplicemente “Per quanto questo non mi piaccia, per quanto mi sforzi di ricambiare la fiducia di mio fratello, per quanto io lo ami più di chiunque altro su questo mondo, questo, è quello che sono. Non posso, non riesco a rimanere sordo al richiamo del mio essere. Questo sono io: il Dio degli Inganni!” concluse allargando le braccia in maniera teatrale.
Lo guardai come se lo vedessi per la prima volta. Era questo il  vero Loki, quello che voleva amare, ma era incapace di farlo, quello che voleva qualcosa di suo, ma non sapeva come chiederlo nella maniera giusta. Mi ricordava qualcuno,
 
 
 
 
“Ma sei per caso uscito di senno Thor?” gridò Fandral al riparo da orecchie indiscrete, nella loro sala privata. Thor aveva detto loro dell’ipotesi di restituire, almeno temporaneamente, tutti i poteri a Loki, per permettergli di aiutare la ragazza, ma i suoi compagni non la stavano prendendo come lui aveva sperato
“Ci ritroveremmo a doverlo rincorrere, di nuovo, per tutto l’Yggdrasill, mentre lui lo mette sotto sopra! Non hai imparato nulla?” chiese Fandral mantenendo un tono che poco si confaceva a un sottoposto
“Mi fido di mio fratello!” rispose il Dio ostinato
“Oh certo, e a che cosa ha portato l’ultima volta che ti sei fidato di lui? Dammi retta Thor è una pazzia!” intervenne Volstagg
“Posso comprendere il vostro disappunto, ma …” Fandrall l’ho interruppe di nuovo
“No Thor, il nostro disappunto è quando Volstagg divora tutto ai banchetti ancor prima che noi sedessimo a tavola. Questa è vera e propria opposizione!” disse sbattendo le mani sul tavolo. Thor poteva comprendere l’astio di Fandral, lui e Loki, non erano mai andati d’accordo, neanche da ragazzi, ora Fandral aveva abbastanza potere da avere una parte di decisione in tutte le questioni che riguardavano Asgard, e purtroppo Loki rientrava in quelle, ed era stato lui, Thor, a dargli quel potere. Fandral era un ottimo guerriero e un amico fidato, ma diventava irragionevole quando si parlava di Loki. 
“Quella ragazza deve ritornare a casa.” Disse Thor cercando di fare leva sul senso di giustizia dell’amico, ma da come rispose l’altro, quel sentimento sembrava sepolto sotto le macerie che Loki aveva lasciato dietro di sè
“Bè allora dovrà mettersi l’anima in pace e rassegnarsi all’idea di non fare ritorno mai più!”
“Come puoi dire una cosa del genere?” chiese Hogun stupito da tutta quella ostinazione, molto strana, per l’amico
“Non metteremo a repentaglio la pace dei nove mondi perché un solo individuo è stato cosi fesso da farsi scagliare a mille mondi lontano dal suo!” Thor non riusciva a  crederci, per la prima volta nella loro lunga amicizia Fandral era in pieno disaccordo con lui. Passarono alcuni minuti di silenzio, prima che qualcuno, con studiata calma, ricominciasse a parlare
“Sei sicuro che non vi sia altro modo?” chiese Sif guardando Thor dritto negli occhi, Fandral si alzò stizzito e si allontanò verso la grande vetrata, dove in lontananza si poteva scorgere la terrazza e le stanze private di Loki. Quella sala era stata scelta a posta, dopo che Thor gli aveva concesso la libertà vigilata. Da li potevano tenerlo d’occhio ventiquattro ore al giorno, visto che il principe raramente lasciava le sue stanze
“Sono sicuro. Serve un potente mago oscuro per aprire lo Stargate, anche Heimdall lo ha detto. E senza quel potere la ragazza rimane qui!”
“Ma se fosse proprio indispensabile usare i poteri di Loki…”
“Ma Sif..” cominciò Fandral, ma la ragazza lo fermò con un gesto della mano
“Cosa ti fa credere che puoi fidarti di tuo fratello? Questo sempre ammesso che Loki riesca a padroneggiare tutta quell’energia senza rimanerci secco. E’ moltissimo che i suoi poteri sono vincolati.”
“Di questo non dobbiamo preoccuparci. Loki è in gamba, saprà gestirli lo stesso.” Rispose Thor
“Ma che peccato..” disse Fandral sarcastico, Thor cercò d’ignorarlo
“Loki è incuriosito dalla straniera, da quello che racconta, e da come si comporta. Possiamo dire che si sta quasi affezionando a lei.”
“Loki?? Affezionando??” ripete Fandral sempre più incredulo della piega che stava prendendo quella conversazione
“Affezionato è un aggettivo un po’ eccessivo per Loki, ma di sicuro prova curiosità per lei, altrimenti non le si sarebbe affiancato quando Fandral l’ha messa in guardia prima.” Disse Hogun saggio
“Vorrà approfittarsi anche di lei, come ha fatto sempre con tutti. Sta cercando di capire se può ottenere qualcosa, rimane da capire, che cosa. L’abitante di un altro mondo, cosi lontano dal tuo potere Thor, è un piatto infinitamente ghiotto per lui.” Disse Volstagg, Jane che era rimasta in disparte fino a quel momento prese la parola
“Adesso basta! Se Thor vuole restituire i poteri a Loki, temporaneamente, per aiutare Sanna, penso che debba farlo. Voi siete i suoi amici, guardie e consiglieri, più fidati, dovreste fidarvi del suo giudizio, anche sapendo che questo potrebbe essere errato. Se questo può farsi stare più tranquilli, raddoppiate la vostra guardia su di lui, ma sono sicura che Loki non tenterà niente di malvagio.” Per quanto fosse solo una midgardiana, Lady Jane sapeva farsi ascoltare. Thor le sorrise amorevole e lei gli rispose con uno sguardo fiero.
“Sei tu il capo Thor. Noi possiamo solo consigliarti di non dare a Loki altre buone occasioni per farti del male” dicendo cosi Fandral si mise il pugno sul cuore e se ne andò sbattendo la porta
“Fandral!” disse Volstagg, ma Sif lo fermò scuotendo la testa
“Fallo sbollire” bisbigliò Hogun
“Chiamate il principe Loki!” ordinò Thor, ma dopo qualche minuto una guardia alquanto imbarazzata rispose
“Il principe Loki, non è nel palazzo Altezza!”
“Cosa?” chiesero tutti
“E’ uscito, Altezza, con la straniera. La ragazza ha detto che sarebbero scesi nella città.”
“E voi li avete fatti uscire?” gridò Volstagg rosso di rabbia, la guardia non sapeva cosa rispondere
“Tecnicamente non sono prigionieri” disse Hogun
“Un maestro dell’inganno e il comandante di un esercito straniero a piede libero. Non ci facciamo mancare mai niente eh?” disse Sif
“Sif seguili. Con molta discrezione.” Ordinò Thor. La ragazza si toccò il cuore come aveva fatto Fandral e sparì.

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Capitolo 7
*** 7. Un pezzetto di me ***


“Posso sapere perché ti sei conciato cosi? Non hai caldo sotto tutta questa roba?” chiesi sbirciando sotto l’enorme cappuccio del pastrano nero che Loki aveva infilato in testa. Il ragazzo si tirò giù ancora di più il cappuccio
“Preferisco non farmi vedere. I miei poteri non mi proteggeranno dal linciaggio della folla”  rispose. Lo guardai alzando un sopracciglio
“E tu non vorresti attirare l’attenzione?” chiesi scettica. Loki fece un gesto nervoso, sbuffai e avanzai a grandi falcate,  lasciandolo qualche passo indietro.
La città, al di fuori del palazzo, era meravigliosa, lunghe strade acciottolate, mercati dai mille prodotti, portici dalle grandi volte a crociera con colonne finemente lavorate, botteghe con porte e battenti in legno massiccio, meravigliose insegne in ferro battuto. Grandi tende colorate sotto la quale, anziane, donne e qualche fanciulla, si occupavano di filati, o di intrecciare cotte di maglia. Bambini che giocavano ai guerrieri con spade giocattolo, fabbri che uscivano dal buio delle loro fucine per ultimare le loro creazioni sotto gli sguardi dei curiosi, il tutto sotto un caldo sole primaverile che illuminava il panorama con una tale luce dorata da ferire gli occhi, che schermai con una mano. Era talmente bella da lasciarmi davvero a bocca aperta
“Ma visto città più bella” sussurrai. Mi voltai verso il mio accompagnatore che attraversava la folla stando ben attento a non toccare nessuno, ma non come se avesse paura, piuttosto come se l’idea di un contatto fisico con la gente del popolo gli facesse ribrezzo.
“Allora, dove mi porti?” chiesi rallentando e permettendo a Loki di raggiungermi. Un enorme macchia nera in quel tripudio di colori, non passava per niente inosservata.
“Portarti dove?” chiese sorpreso e aspro
“Dai, non c’è un posto, che so, dove andavate da bambini?” chiesi curiosa. Non mi rispose per guardarsi intorno un po’ spaesato, quando fece per parlare lo interruppi cacciando un gridolino isterico
“Oh mia Dea, che profumino delizioso. Proviene da quel forno!” dissi strattonandolo per farmi seguire. Mi avvicinai alla bancarella posta di fronte alle porte aperte di una panetteria, guidata dall’aroma di pane e dolcetti appena sfornati. Sul banco vi era un esposizione che non aveva nulla da invidiare ai grandi mercati di Angora: dolci alle mandorle, ripieni al cacao, canditi di miele, farciti di marmellata, pane, panini, pagnotte, filoni; lo stomaco parve rendersi conto di tutto quel ben degli Idei, perché cominciò a brontolare rumorosamente
“Cosa posso servirvi?” mi chiese una donna rotonda e paffuta come i dolcetti che serviva, ero indecisa come una bambina, alla fine tagliai la testa al toro quando sentii Loki muoversi impaziente dietro di me
“Prendiamo uno di tutto!” dissi allegra, la donna sorrise e mise tutto in un fagottino di carta che mi porse
“Sono dieci monete” disse. Mi voltai sorridendo verso Loki
“Che c’è?” fece lui
“Come che c’è? Paga, mica ho soldi asgardiani io!” dissi a denti stretti
“Prego?” rispose inviperito, sorrisi alla signora che cominciava a scalpitare, si stava formando una bella fila in attesa dietro di noi. M’infilai di nuovo sotto il cappuccio nero a tre centimetri dal naso di Loki
“Ti muovi, o preferisci essere linciato da una fornaia dalla mano talmente grande che, mi sorge il dubbio, inforni con quelle il pane!” Brontolando, infilò la mano in tasca e pagò alla signora dieci monete.
“E’ meglio se ci allontaniamo alla svelta!” disse lui, mentre io studiavo i dolcetti per decidere da quale cominciare
“Perché tutta questa fretta? Hai fame?” chiesi come un ebete ancora con la testa nel fagotto
“Macchè fame! Vedrai che casino ne verrà fuori quando scoprirà che le monete sono solo magia!”
“Che cosa?” dissi, e proprio in quel momento la fornai cominciò a gridare “Ehi! Ehi voi!!”
“Via!” sussurrò Loki prendendomi per una mano e tirandomi dietro di lui, sparendo tra la folla.
Corremmo a perdi fiato, scansando agilmente carretti, bambini, e ostacoli vari, anche se a dir la verità un paio di volte avrei potuto giurare che Loki facesse cadere qualche guardia di proposito. Lo seguii per i vicoli stretti, fino a trovare riparo dietro al muretto diroccato di una vecchia abitazione ormai abbandonata. Quando il respirò tornò normale, e fui in grado di alzare la testa, vidi l’idilliaca baia dov’eravamo approdati.  Gli alberi avevano guadagnato il terreno fin quasi al mare, la costa frastagliata era popolata da rocce grigie che si poggiavano su una spiaggia cristallina. Una pace quasi irreale regnava in quel luogo lontano dal frastuono della città. Il flusso e riflusso del mare, era l’unico suono che si udiva,
“Wow” esclamai mentre fissavo l’orizzonte che si perdeva tra il mare e il cielo infinito “E’ meraviglioso” dissi con un filo di voce, sentii Loki avvicinarsi
“Vieni” mi disse. Senza fiatare lo feci. Mi condusse fino ad un anfratto più appartato, dove una macchia di alberi s’ intersecavano tra di loro  fino a creare un gioco di tronchi intrecciati che a stento si riusciva a seguire. Si arrampicò agilmente su di essi lasciandomi a terra a guardarlo,
“Non dirmi che non ce la fai” disse sprezzante. Allungai goffamente una mano per passargli il fagottino,
“Non pensare a me, salva loro!” dissi in tono melodrammatico, l’ombra di un sorriso gli comparve sul volto, e prese il sacchetto. Agile, lo raggiunsi dopo pochi secondi, e lo seguii mentre in bilico, sui doppi rami, guadagnavano il largo. Il mare sotto di noi era di un azzurro stupefacente, mi incantai a guardarlo, mentre branchi di pesci nuotavano placidi. Una finestra sull’universo, ecco cos’era quel posto, e finalmente Loki si sentì abbastanza sicuro da togliersi il pastrano; i capelli si erano scompigliati per la corsa, e un leggerissimo rossore gli colorava le guance, fece per slegarsi i capelli e ricomporli quando lo fermai prendendo l’elastico dalle sue mani
“Girati” gli dissi, e lui un po’ titubante lo fece. Passandogli le dita tra i capelli cercai di districarglieli alla meno peggio, con un gesto fluido, raccolsi quelli che gli ricadevano davanti agli occhi e li portai indietro, legandoli in maniera ordinata tutti insieme.
“Fatto” dissi, non mi ringraziò. Afferrai il sacchetto e lo aprii cominciando a guastare un dolcetto, dovetti insistere perché Loki ne prendesse uno e lo mangiasse. Mangiava con straordinaria lentezza. Mi divertii a guardare la sua espressione che  si scioglieva al sapore delizioso del dolcetto al cacao che aveva scelto
“Ti piace, eh?” chiesi
“Adoro il cacao” ammise
“Lo so” risposi. Mi guardò strano. Né risi
“La tua stanza profuma di cacao ….Toh, Sua Altezza, è imbarazzo quello che leggo sul suo volto impassibile?” dissi ridendo, lui per dispetto afferrò un altro dolcetto
“Dovevi prendere due di ogni tipo, non ce la facciamo ad assaggiarli tutti.” Disse. Con nonchalance mi avvicinai a lui e gli afferrai il polso tirandolo verso di me, dando un morso al dolce che stava mangiando.
“Problema risolto” dissi con la bocca piena. Restammo in silenzio per molto tempo gustandoci i dolci e solo quando leccammo anche le briciole, ripresi a parlare
“Questo scorcio mi ricorda tanto casa” dissi, mentre la malinconia cominciava ad assalirmi
“Se li c’è la guerra, perché sei cosi decisa a farvi ritorno?” chiese
“Non posso abbandonare i miei uomini, Loki. Non posso tradire le aspettative di chi è morto. Mi sentirei un infame se lo facessi, non me lo potrei mai perdonare.”
“Non temi la morte?” domandò
“Non più. Non da quando tutti coloro che amavo si sono avviati prima di me.”
“Parli sempre di queste persone. Raccontami. Tu la mia storia la conosci, ora sono io a voler conoscere la tua!” disse fissandomi negli occhi. Sospirai
“Non posso raccontartelo …” sul suo viso si dipinse un espressione delusa “Ma posso fartelo vedere” s’illuminò come un fanciullo. Mi misi a cavalcioni del ramo e costrinsi Loki a fare altrettanto, avvicinandomi di più a lui, che s’irrigidì come un palo.
“Stai tranquillo, facciamo solo un giro, sarai tu a decidere quando scendere, e soprattutto cosa vedere.”
“Non nasconderai nulla?” chiese
“No. Ci vuole troppo potere, e non mi va di sprecarlo per nasconderti qualcosa” risposi
“Voglio vedere tutto” disse deciso, sorrisi soddisfatta. Aveva proprio un bel caratterino
“La mia euforia sarà la tua, cosi come il dolore e lo strazio” il suo sguardo s’indurì, era pronto. Gli  sorrisi e gli presi una mano portandomela sull’occhio.
“Sei sicura San?” chiese Kanahan
“Si!”
“Eesmihtel” sussurrai. Sentii una forza estranea prendermi il cuore e stringerlo in una morsa di ferro tanto forte da mozzarmi il respiro. La testa cominciò a girarmi vorticosamente.  Tutto il mio corpo pareva prima ardere e poi accartocciarsi su se stesso. L’impressione di essere infilati di forza in uno stretto tubo di gomma ed essere risucchiati via, venendo strattonati per il collo. Era quella la sensazione che provavo ogni qual volto l’Occhio mi mostrava qualcosa, ed ero sicura che quella era anche la sensazione che sentiva Loki.
 Il primo viaggio da lui effettuato nei miei ricordi era stata cosa da nulla, ma in quel momento si apprestava a vedere compressa in una manciata di minuti, una vita intera. Un vita lunga ventisei anni, con tutte le gioie e i dolori che essa si portava dietro, e non scherzava quando disse che voleva vedere tutto: cominciò dal principio, dal primo ricordo nitido, che avevo, ovvero la morte dei miei genitori e dei miei fratelli.
 Avevo otto anni, ero magra come un chiodo, senza alcuna forma femminile, sul mio piccolo viso non vi era alcuna espressione, ma era solcato da grandi lacrime che scendevano giù copiose, mentre il calore delle fiamme m’illuminava il volto rendendolo dello stesso colore dei miei capelli. Quattro alti pali avvolti dalle fiamme ardevano mettendo fine all’inumana agonia dei miei genitori e dei miei fratelli, torturati e bruciati vivi, davanti ai miei occhi. In lontananza un ragazzo alto con i miei stessi capelli rossi mi tendeva la mano sorridendomi. L’ultima cosa che vidi fu la schiena di mio nonno che mi proteggeva.
Il salto temporale dei ricordi era dato da uno strattone violento dalle parti dell’ombelico, e un nuovo vuoto allo stomaco.
Avevo undici anni, e i nonni mi accompagnavano per la prima volta all’Accademia di Kaleis. Infilata nella mia divisa da Allievo, color grigio topo – morto-, avanzavo nel refettorio come un fantasma. I pochi sguardi che mi rivolsero, erano sguardi di totale indifferenza. L’immagine si accartocciò su se stessa e Loki vide le piante dei miei piedi sanguinanti, conseguenza degli allenamenti scalzi nella neve.  Vide una ragazzina dai meravigliosi occhi azzurri e boccoli biondi, avvicinarsi e sorridermi benevola, “Non preoccuparti, se mastichi questa pianta, e poi la spalmi sulle ferite vedrai che non bruceranno più tanto” Quella fu la prima cosa che Elania, l’Angelo Armato, mi disse. Fu lei la prima persona ad avvicinarsi a quella solitaria bambina che ero. Vide come  le diedi di santa ragione a Saul prima che lui diventasse il mio migliore amico, ancor prima che mi dicesse che era il figlio bastardo del re Ghelbarth. Vide l’arrivo nella mia vita dei gemelli Sabira e Kanahaan, e come la mia esistenza si legò indissolubilmente a quella di ognuno di loro.
Vide la mia prima  estate all’Accademia. La luce illuminava il ricordo della piazza d’armi quasi arsa dal sole rovente. La terra rossa era talmente arida che nell’aria si levava un polverone tale da oscurare quasi la vista del duello che era in corso nell’arena. Era il mio primissimo combattimento contro Hanathol. Eravamo entrambi dei ragazzini, lui aveva un anno più di me, e all’epoca un anno in più di addestramento voleva dire tantissimo. Ero ridotta come neanche uno straccio per gli stivali, grondavo sangue, e il mio volto era quasi completamente irriconoscibile. Hanathol non era un guerriero violento, ma ci eravamo odiati al primo sguardo. Io, cosina da  niente, ero in pochissimo tempo, arrivata a essere la prima Allieva del mio anno, nella maggior parte delle discipline. Lui rampollo della casata dei Massen, era cresciuto a pane e spada, e come ogni rampollo che si rispettasse, di cui l’Accademia aveva una sua personale riserva, detestava qualunque soldato, uomo o donna che fosse, che osasse elevarsi al suo stesso rango di erede di un Grande Cavaliere del Regno. Non poteva di certo sapere che la mia famiglia era antica e blasonata, almeno quanto la sua. E io non mi diedi mai pensiero di spiegarglielo. Dopo quella sonora sconfitta, sotto gli occhi di mezza Accademia, giurai a me stessa che Hanathol non mi avrebbe mai più umiliato cosi. Con la testardaggine che mi distingueva, raggiunsi in tempi incredibilmente brevi il suo livello. Abbattei il muro che ci divideva allenandomi come e più degli altri; ero la prima a scendere in palestra la mattina e l’ultima ad andare a letto la sera. Con faccia tosta ottenni il permesso di allenarmi con gli allievi più grandi, e nei modi più duri, il mio orgoglio di guerriero, tipico della mia famiglia, mi dissero,  non mi aveva permesso di essere seconda a nessuno, men che meno a un ragazzino presuntuoso come Hanathol. Quello che  perdevo in forza fisica, in quanto donna, lo acquistavo in agilità. Hanathol era una spanna più alto di me e molto più grosso fisicamente, di conseguenza era si veloce, ma non agile come potevo esserlo io, che pesavo scarsi quaranta chili. Divenimmo  bravi esattamente allo stesso modo, e per i successivi otto anni, nessuno dei due riuscì a superare l’altro. Loki, incuriosito dalla competizione, volle vedere l’ultimo combattimento che ci fu permesso  di  avere all’interno delle mura dell’Accademia. Ci eravamo quasi ammazzati a vicenda in quell’occasione, distruggendo tra l’altro una delle arene. Alla fine, quando entrambi eravamo a pezzi in due infermerie diverse, per evitare che ci stracciassimo le bende a vicenda,  il corpo insegnante, ci proibì di combattere o di avere anche solo contatti che potessero scatenare un combattimento tra di noi: pena il degradamento e l’espulsione dalla scuola, nel caso in cui fossimo sopravvissuti, ovviamente. Quelli dell’Accademia, nonostante le ossa rotte, il freddo, la paura di non farcela, gli allenamenti massacranti, furono anni davvero eccezionali. Loki osservò tutto ciò che l’Accademia mi aveva regalato con grande generosità: una casa dove sentirmi al mio posto, Maestri pronti a elargire tutto il loro sapere, amici con la quale dividere le faticose giornate di studio, allenamento, le serata alla locanda del Jeko Rosso, di proprietà del grande Garrett, ex allievo dell’Accademia, che intratteneva i suoi avventori, quasi tutti allievi, con i racconti delle sue avventure su u giù per la Stella come mercenario, oppure serate passate nello stesso locale, a fare a pugni nelle risse che lo stesso Garret incitava.  Sorrisi a ricordare quei grandiosi giorni, dove la guerra e la morte mi sembravano cosi lontanae dalla mia esistenza, quando pensavo che finché avrei avuto i miei amici vicino, sarei stata intoccabile. Ma la vita, quella vera, quella al di fuori delle mura protettrici dell’Accademia, era in agguato con tutti i suoi tranelli.  Loki fece in tempo a vedere le nostre nomine a Ufficiali e il congedo tanto atteso dall’Accademia, prima che il destino ci portasse sul campo di battaglia, ad affrontare tutte le nostre peggiori paure. A fronteggiare ogni genere di mostri, sia uomini che di altre razze. Mi vide, andare su e giù per la Stella, a combattere nella neve, sui letti di foglie secche, tra i boccioli in fiori, tra gli sterminati campi verdi. Vide, vittorie e sconfitte, perdite e nuove leve, vide funerali consumati su alte pire incendiate, i massacri dell’esercito amico e nemico, vide i ragazzi più piccoli, arruolati di forza, scappare terrorizzati dai campi di battaglia, e come, in un modo o nell’altro li ributtavamo nella mischia. Man mano che gli anni di guerra avanzavano, i guerrieri veri diminuivano, molti soldati non erano altro che ragazzini dei primi anni dell’Accademia che venivano spediti sui campi di battaglia per rimpinguare le forze alleate che andavano a scemare a ogni nuovo scontro. Molti disertavano, o passavano nelle fila nemiche: in nome di un compenso più alto tradivano i loro amici, le loro città: la loro pena fu quella di essere trucidati o dai nuovi alleati, o dai vecchi compagni. Per chi rimaneva fedele al guidone dell’albero con lo sfondo delle cascate di Angora, simbolo della casata del re Ghebarth Martens, non vi erano lodi o onori, l’unico privilegio era quello di essere sopravvissuti per vedere un'altra alba. Seppur cercando di rimanere umani il più possibile, eravamo dei guerrieri e molti avevano preso gusto alla violenza:  il segreto peccato di ogni guerriero. I legami che s’intrecciavano negli accampamenti, le urla viscerali prima di gettarsi nella battaglia, la comune indifferenza per il dolore e la paura, ci permettevano di sfidare ogni cosa, senza molta consapevolezza di noi stessi. Tutti, nessuno escluso, provavamo un piacere brutale e trapassare con la spada il corpo di un orco, di un goblin o di un essere umano. Il sangue che schizzava, di cui ti ritrovavi irrimediabilmente lordo, era come una droga. Cominciammo a uccidere per dovere, e finimmo col farlo per ferocia, e non bastava la scusa, che per uno dei loro che moriva ne uccidevano cinque dei nostri, per giustificare a noi stessi tanta crudeltà. Mangiare, fornicare e uccidere, erano le uniche cose che interessavano ai più. Non tentai di nascondere a Loki, che prima di essere un guerriero, un comandante,  fui per molto tempo un assassina, ne migliore ne peggiore di coloro contro la quale combattevo, ma la mia non era un eccezione, era la regola.
Chissà se Loki, sentì l’impulso di non fidarsi di Kantorka, anche se quello che lui stava vivendo era solo un mio ricordo. Se avessi potuto intervenire, avrei sgozzato quella donna nel momento esatto in cui la salvammo dalle grinfie degli ossidiani. S’insinuò nella nostra compagnia  con il pretesto di voler ricambiare il favore di averle salvato la vita. Serrai i pugni nel ripensare a quel maledetto giorno. Fu in quel preciso istante che la nostra vita sterzò bruscamente, niente sarebbe stato più come prima, a cominciare dalle litigate, dalle discussioni, dagli atteggiamenti infantili, che non avevamo mia avuto quand’eravamo adolescenti, ma che recuperammo con straordinario zelo, dove Kantorka riuscì a metterci l’uno contro l’altro, al punto di non aiutarci più nemmeno in battaglia. Ancora oggi non saprei dire come abbiamo fatto a farci abbindolare cosi da quella strega. Ci fregò su tutta la linea, si finse amica di tutte, amante di Kanahaan, consigliera di Saul, s’insinuò nella nostra amicizia e sparse veleno come una serpe. Tutti, sapevamo che era lei a metterci l’uno contro l’altro, ma fu altrettanto brava a installare in noi il dubbio, a rafforzare il nostro orgoglio, a farci imputare su chi avesse ragione e chi torto, fu davvero una maestra in questo, non prese in considerazione una cosa però: non considerò, non le passò nemmeno per la mente, che la nostra era un amicizia vera. Non le sfiorò il pensiero, che nonostante i litigi e le discussioni, non avremmo mai provato odio l’uno per l’altra. Non poteva sapere, che dopo averci urlato in faccia per una serata intera, la rabbia sbolliva, anche se eravamo troppo stupidi per darlo a vedere. Lei diede per scontato che l’odio era più grande dell’amore che provavamo, e quando lei si mostrò per la traditrice qual’era, le dimostrammo quanto fedeltà ci fosse tra di noi.  Anche se mi aveva relegato nel corpo di una neonata umana, i miei amici non esitarono ad allearsi con  Gurvath il Dannato, mio primo nemico fin dal principio della guerra,  pur di ritrovarmi. Lei si vendicò in un modo che non saremmo riusciti mai a immaginare: trascinò giù in un baratro, insieme al suo corpo, Kanahaan, dopo che lui l’aveva affrontata carico di rabbia e odio per ciò che ci aveva fatto. E cosi, la strega Kantorka si portò via il primo di noi. Fu di assai poca consolazione per Sabira, che il gemello fosse morto portandosi dietro colei che ci avevo diviso; dopo la scomparsa di Kan, Sabira non fu mai più la stessa, combatteva in maniera diversa, quasi come se cercasse la morte. Non visse molto. La perdita di Kan era ancora fresca nei nostri cuori, che perdemmo anche lei. In qualche modo, Kantora si era portata via il secondo guerriero allo Specchio. Quando eravamo convinti che avevamo perso abbastanza, che era arrivato il momento di riavere indietro, Elania fu la terza. Nella sua infinità nobiltà d’animo, assorbì su di se la maledizione che colpi Ghelbath, e fu lei e non il nostro sovrano a divenire pazza e uccidersi gettandosi da uno dei torrioni del palazzo di Angora sotto gli occhi sconvolti miei e di Saul, che non potemmo fare altro che piangerla e bruciare i suoi resti in una pira adorna di fiori candidi, come era stata la nostra amica in vita; l’unica che aveva attraversato la guerra, rimanendo immacolata, rimanendo pura d’animo. L’unica che ebbe una corsia preferenziale per il paradiso. Il segno del passaggio della nostra amica sulla terra, fu dato dalla incredibile folla che venne al suo funerale: persone normali, soldati, guerrieri, ufficiali, orfani che lei aveva salvato dal freddo e dalla guerra, sovrani, principi, la notizia della sua morte riecheggiò per tutta la Stella, gente da ogni dove, si riversò ad Angora per renderle l’ultimo omaggio. L’ultimo, fu Saul. Il mio migliore amico, quello che più di tutti gli altri mi era sempre stato vicino, quello che riusciva a capirmi con una semplice occhiata, quello con cui non avevo bisogno di parole, Kantorka me lo portò via nella maniera più spietata: per mia stessa mano. Insieme a Loki rivissi la sparizione di Saul, e l’orrore di vedere la strega che si ergeva in tutta la sua terribile bellezza alla testa di uno schieramento nemico, con il mio compagno al suo fianco. Rapito, soggiogato e asservito al suo enorme potere, Saul divenne un burattino nelle mani della strega, ogni parola che ricordavo uscita dalle sue labbra, e ogni colpo inflitto al mio corpo senza alcuna remora, lo sentivo sulla mia pelle come se stesse accadendo in quel momento.
Senza pensarci, afferrai la mano libera di Loki e la strinsi più forte che potei. Mi sentii morire una seconda volta quando vidi come uno spettatore, la mia spada affondare nel petto di Saul, come disperata lasciai che si accasciasse tra le mie braccia, come lo cullai durante i suoi ultimi istanti, mentre sputava sangue, come la vita lentamente si spegneva nei suoi occhi, e come mi regalo il suo sorriso per l’ultima volta
“Ciao, bambina” Non avrei mai dimenticato la risata stridula di Kantorka, e grazie a Loki, feci una buona rinfrescata di quel suono, quando la megera inflisse il suo ultimo incantesimo su di me. Nella caduta che uccise Kan, lei si salvò chissà come, ma rubo al mio amico i poteri dell’acqua di cui era dotato, e cosi aveva fatto con quelli di Sabira, Elania e Saul, rispettivamente, terra, aria e fuoco. Presto scoprii che non aveva rubato loro solo i poteri, ma anche il loro spirito. Aveva rubato loro tutto, e relegato tutto nel mio corpo, quel corpo che lei credeva cosi piccolo per racchiudere tutto quel potere, una mente cosi fragile per contenere tutti quei pensieri.
 Credevo di non avere più la forza per continuare a viaggiare nel mio stesso passato, e fu proprio quando stavo per spingere via Loki che lo sentii tirarmi verso di se e stringermi, poggiai la testa sulla sua spalla, e ripresi fiato inspirando il suo dolce profumo di cacao a grandi boccate. Voleva ancora vedere, e mi avrebbe costretto a farlo.
Mi vide mentre cedevo alla pazzia, abbandonandomi alla disperazione di essere rimasta sola per la seconda volta in vita mia, sola in un mondo che non riconoscevo più come mio, incapace di controllare tutta la magia
che era in me, come la  macchia nera che avevo in petto si allargava sempre di più, man mano che il potere prendeva il sopravvento. Vide come non riuscissi a tenere a bada quella moltitudine di pensieri che mi schiacciava. Guardò come tentai di lasciarmi morire nelle neve di Retwin, e vide come il drago Ballast venne in mio soccorso, carpire con la sua magia la mia storia, e aiutarmi ad ampliare la mia mente per fare spazio a tutta la conoscenza, m’insegno come non cedere sotto tutto quel peso, come selezionare i pensieri che dovevo ascoltare e quali relegare in un angolo della mente, come seguire il filo dei miei pensieri e non quello degli altri. Vide come, quella squilibrata di Even era riuscita a riaccendere in me il fuoco della lotta, e convincermi a tornare a combattere. E finalmente poté osservare  lo sguardo sconvolto di Kantorka, quando alla testa di quello che era diventato il mio esercito, asserragliai le sue legioni, trucidai le sue truppe senza dare prigionieri, e la uccisi senza alcuna pietà, vendicandomi di lei, e rendendo giustizia ai miei compagni. La finii con i poteri che lei, cosi gentilmente, mi aveva donato.
 Loki poté assistere, quasi in prima persona, alla nascita della leggenda del Comandante della Stella.
Ancora vertigini, ancora quella sensazione del corpo che brucia e va in pezzi, ancora quello strappo allo stomaco, e ci ritrovammo quasi abbracciati sul ramo di quel buffo albero, su una baia di Asgard. L’Occhio mi sanguinava leggermente, come tutte le volte che lo sforzavo troppo, ma non era stato quello a farmi allontanare di corsa da Loki, ma i ricordi. Quei ricordi che fingevo fossero cosi lontani, ma che invece erano più vicini di quanto io stessa volessi ammettere, quei ricordi ancora, e per sempre, cosi dolorosi. Corsi via, lontano da Loki, lontano da colui che mi aveva convinto a rivivere tutto ciò che io invece volevo solo dimenticare. Dovevo dimenticare, dovevo farlo per trovare il modo di andare avanti anche  senza di loro. Caddi in ginocchio nella sabbia, e urlai, serrando i pugni. Gridai, gridai, e gridai ancora il mio immenso dolore a quel cielo che lentamente s’infuocava. Non riuscii a controllarmi, e iniziai a piangere, urlavo e piangevo, piangevo e urlavo, e mentre lo facevo, la sabbia, l’acqua, e gli alberi, iniziavano ad arretrare  come terrorizzati dalla belva che stavo diventando. D’improvviso, quando meno me lo aspettavo, sentii Loki afferrarmi per le spalle e tirarmi indietro verso di lui. Mi circondò il torace con la braccia, e affondò il viso nell’incavo del mio collo, sentii le sue gambe stringersi intorno alle mie
“Perdonami” mi disse “Non avrei dovuto costringerti”
“Tu, credi di aver avuto una vita ingiusta” singhiozzai “Cosa dovrei fare io allora? Tutti quelli che mi si avvicinano muoiono” piagnucolai. Loki ascoltò con incredibile pazienza il mio sfogo. Accarezzò con un certo imbarazzo i miei capelli mentre ero ancora scossa dai singhiozzi, e mi rendevo perfettamente conto di aver perso ogni dignità davanti al principe asgardiano, ma non m’interessava.
“Ti senti meglio, adesso?” mi chiese quando finalmente mi calmai. Asserii con la testa, e mi asciugai gli occhi con il dorso della mano, alzandomi e scuotendomi la sabbia di dosso
“Scusami” dissi senza avere il coraggio di guardare Loki in faccia, lui mi scompigliò i capelli sulla testa e prendendomi per mano mi ricondusse sulla strada. Facemmo il tragitto al contrario, rimanendo in silenzio per tutto il tempo. Il mercato si era ormai chiuso, porte e finestre delle locande erano aperte per lasciar uscire fuori il vociare concitato degli avventori; Loki non indossava il suo lungo pastrano nero, ma mi guidava lo stesso a testa alta, potevo intuire la sua espressione dalle facce che facevano gli asgardiani che ci incrociavano: qualcuno lo guardava male, ma non  abbastanza da avvicinarsi, i vistosi bracciali che indossava non erano considerati, evidentemente, una grande garanzia di sicurezza.
“Loki, dove andiamo?” chiesi quando mi accorsi che ci stavamo lasciando il palazzo alla nostra sinistra
“Forse c’è un modo almeno per dire a Even che sei viva” disse. Sentii il cuore farsi un pochino più leggero e avanzai il passo per raccordarlo a quello del ragazzo, che mosse appena gli occhi nella mia direzione. 
Il Bifrost, o anche Ponte dell’Arcobaleno, si estendeva per diverse miglia, oltre la Baia di Asgard. Un lunghissimo passaggio fatto di luce dai colori dell’arcobaleno, sovrastava le acque impetuose, ebbi quasi timore a camminarci sopra, mi sembrava cosi sottile che se avessi messo troppa pressione nel mio primo passo, quello sarebbe andato in frantumi. Lucido come marmo nero, potevo vedere la mia immagine interamente riflessa in esso e sopra di me uno sconfinato cielo trapunto di stelle. Era calata la sera su Asgard, e la città da lontano era illuminata da centinaia di luci sfavillanti. Era cosi tranquilla che facevo molta fatica a immaginare che fosse una città di grandi guerrieri e ancor più grandi Dei
“Quando la guerra sarà finita, forse anche Angora, tornerà a splendere!” pensai mentre camminavo all’indietro
“Mi raccomando i giardini! Adoravo i giardini di Angora!” Sorrisi tra me e me
“Certo Elania, li ricostruiremo tutti e il più bello porterà il tuo nome!”
“E a me? A me cosa farai intestare?”
“Un bordello probabilmente!”  mi scappò una risata di gusto che Loki non ignorò
“Che cosa ti dicono per farti ridere cosi?” mi chiese fermandosi. Sorrisi e mi spostai una ciocca fastidiosa dagli occhi
“In realtà la maggior parte delle volte fanno solo confusione” dissi ridendo
“Ehi! Ma come sarebbe a dire, ingrata!”
“Se tu senti loro, loro sentono te, a rigor di logica giusto?” chiese riprendendo a camminare
“Si. In effetti è come se non avessi più nessuna privacy.” Risposi
“Sono invadenti..” aggiunse
“Io a questo gli spacco la faccia …”
“Lo erano anche prima se per questo” dissi ridendo
“Ma si può sapere da che parte stai tu?”
“Eravate una cosa sola, dopotutto.” Rispose Loki guardandomi
“Ha riacquistato un punticino!” Loki si divertì molto ad ascoltare come ripetevo per lui le parole dei ragazzi. Kanahaan ovviamente non ebbe per lui nessun riguardo, e gli disse che era fortunato che lui non avesse più un corpo, perché altrimenti l’avrebbe ridotto in cenere, Loki rise beffardo, cosa che fece infuriare Kan ancora di più, tanto da darmi delle forti fitte alla testa
“Kanahaan ti prego datti una calmata! Ti ricordo che se t’incazzi con lui, te la prendi con la mia di testa!!” ringhiai tenendomi una tempia
“Siete un quadretto interessante” la voce profonda di Heimdall proveniente dall’interno del Bifrost mi bloccò sulla porta, Loki entrò senza molte cerimonie. Il gigante nero con un leggero cenno della testa mi invitò ad entrare: quello era il posto dalla quale si potevano raggiungere tutti i mondi di Yggdrasill
“Benvenuto Comandante, nel Bifrost” mi salutò, abbassai la testa con fare referenziale e lasciai che fosse Loki a parlare,
“Tu sai tutto Heimdall, quindi risparmierò il fiato per esporti la mia idea, e ti chiedo subito se la cosa si può fare o meno!” Loki aveva perso tutta la gentilezza. La sua espressione era dura e nei suoi occhi potevo scorgere uno scintillio di cattiveria. Qualsiasi cosa Asgard gli avesse fatto, lui non l’aveva dimenticato, e probabilmente non l’avrebbe mai fatto. Non avrebbe mai sepolto definitivamente l’ascia di guerra, il suo rancore sarebbe stato sempre alimentato da quelle occhiate sfuggenti, e dai continui controlli a cui era sottoposto; a quel proposito mi chiedevo dove si fosse nascosta Lady Sif, da quando eravamo usciti dal castello ci seguiva a debita distanza, e di certo anche Loki si era accorto di lei, ma aveva fatto finta di nulla, come faceva sempre: doveva essere una sua abitudine, fingere di non vedere, fingere di ignorare.
“Teoricamente, Loki, l’idea è attuabile, ma il potere che ci vuole non è cosa da poco.”
“Loki hai intenzione di mettermi al corrente, o devo andarmene per un idea?” chiesi, avvicinandomi per osservare meglio l’enorme spada alla quale Heimdall faceva la guardia. Loki mi guardò male
“Cos’è? Gli sguardi dolci solo quando siete soli? Ah vecchio marpione!”
Sanna,  se hai una tresca con lui non ti rivolgerò mai più la parola!”
“Sarebbe un bel miglioramento!” pensai zittendo due delle peggiori pettegole che avessi mai conosciuto, e tornai a concentrarmi su ciò che il guardiano mi spiegò, al posto di un riottoso Loki
“Il principe, ha avuto, devo ammetterlo, una buona idea” disse l’uomo con il suo tono pacato “Io posso vedere molte cose Comandante, è il mio dono, il mio compito. Io vedo tutti coloro che vivono sui nove mondi, e per mezzo di questo anticipare qualsiasi attacco che venga rivolto a Odino. Niente entra nella città se io non ne sono a conoscenza …” Loki sghignazzò,
“Questa me la spieghi!” dissi rivolta al ragazzo, che fece un segno col dito
“Il principe è stato l’unico a capire come uscire da Asgard senza passare per il Bifrost, peccato che ha usato quei passaggi nel modo peggiore!” disse sfidando Loki con lo sguardo,
“Heimdall, la prego, continui a illustrarmi l’idea” tagliai corto
“Quello che il principe ha in mente, è di usare me come una specie di amplificatore del vostro pensiero comandante, e far arrivare il vostro messaggio a destinazione.” Rimasi sbigottita
“E lei lo può fare?” chiesi con voce roca
“Io posso amplificare il suo messaggio e portarlo a destinazioni molto lontane. L’unico problema è che serve una discreta quantità di magia per farlo, e i poteri del principe sono vincolati …” ma non lo ascoltavo giù più. Chiusi gli occhi
“So benissimo a che cosa stai pensando, e la risposta è no!”
“Ma sarebbe per un momento talmente breve …”
“Anche solo dieci secondi potrebbero ucciderti San, lo sai benissimo. Anche la bravata sulla spiaggia poteva prosciugarti!”
“Ma non lo ha fatto!”
“Ma poteva farlo. E potrà farlo questo. E per che cosa? Convinci Thor a ridare i poteri a Loki, piuttosto, che sia lui a rischiare e non tu. La sua vita non vale tanto quanto la tua!”
“Questa è una cattiveria Kan, la mia vita non vale più o meno di quella di nessuno”
“Vale molto di più la tua, che quella di tutti gli abitanti di tutti e nove i mondi messi insieme, per noi!”
“Even deve sapere che sono viva. Si farà ammazzare. Non voglio avere anche lei sulla coscienza.”
“Dea santissima, ma perché non ci ascolti mai? Perché devi fare sempre di testa tua? Una volta, per una volta nella vita, dacci ascolto!” gridò Kan. Sapevo benissimo perché gridava in quel modo. Era troppo affezionato a me per permettermi di mettermi in pericolo, ma ormai avevo deciso.
“Posso farlo io Heimdall. Posso usare io la magia.” Loki voltò di scatto la testa, e mi raggiunse a grandi falcate, mi prese per le spalle e mi trascinò vicino l’entrata, come se questo cambiasse qualcosa per il guardiano. Mi fissò negli occhi
“Sei impazzita? L’incantesimo potrebbe estendersi ancora di più”
“Grazie al cielo, qualcuno che parla la nostra lingua, finalmente!!”
“Non mi pare di avere molta scelta o sbaglio? Tu non puoi usare la magia, e io devo fare qualcosa Loki, o impazzirò per davvero.” Loki rifletté per qualche secondo prima di chiedere
“In una scala da 1 a 10 quanto potere puoi usare?”
“Tre, forse due!”
“Facciamo anche uno!
“Meglio ancora zero!”
“Cinque” risposi.
“Vaffanculo Sanna!”
Loki mi fissò negli occhi, capì subito che mentivo, ma sapeva anche che qualsiasi cosa avesse detto non mi avrebbe fatto cambiare idea. Si allontanò muto, e cominciò a percorrere avanti e indietro il Bifrost, Heimdall lo guardò incuriosito da quello strano atteggiamento, era come se il guardiano vedesse il principe per  la prima volta in vita sua. Dopo quelli che mi parvero secoli, Loki mi guardò con il suo sguardo autoritario
“Scendiamo a quattro. Faremo metà per uno.”
“Allora non è proprio stronzo, stronzo!”Annuii con la testa e ci sistemammo alle spalle di Heimdall
“Comandante, deve darmi una direzione sulla quale concentrarmi” disse
“Non si preoccupi Heimdall, la vedrà da solo!” dissi chiudendo gli occhi e afferrando saldamente la mano di Loki. Intrecciai le mie dita calde con quelle fredde di lui, potevo già sentire la magia scorrere fra quelle come se fosse bastato il semplice contatto delle nostre carni a svegliare il potere che sonnecchiava in noi. Trassi un profondo respiro, rilassai le spalle e chiusi gli occhi e cercai di concentrarmi fortemente su ciò che volevo raggiungere. Di per se non era un incantesimo difficile, la difficoltà era direttamente proporzionale alla distanza che bisognava andare a coprire, io, naturalmente, partivo con un doppio svantaggio, l’enorme distanza in primis, e l’impossibilità di non poter usare gran parte della mia energia. Scacciai via il pensiero di non riuscire a raggiungere Even, e quello di rimanerci secca da un momento all’altro e fissai tutta la mia attenzione sui capelli albini del mio luogotenente. Quei capelli lunghi, morbidi e bianchi come la neve, quegli occhi viola. Il viso piccolo e sempre, costantemente incurvato in sorriso. Potevo quasi vederla correre nella neve di Retwin.. Vidi gli alberi spogli della sua parte di mondo,quel silenzio ovattato, la bruma a volte talmente fitta da non riuscire a vedere ad un palmo dal naso. Un movimento fugace, e  la vidi correre tra quegli alberi quasi come se fosse un folletto dei boschi invernali. Mi sentii mancare il respiro improvvisamente. Ero già arrivato al due per cento: potevo quasi sentire come la maledizione si rimetteva in moto, allungando le sue spire più vicine al mio cuore che accelerò bruscamente i battiti. Mi si piegarono le ginocchia, ma proprio quando pensavo di non riuscire a raggiungere la figurina che continuava a correre nella neve, Loki mi afferrò per la vita e mi sostenne, una folata di aria gelida m’investì. Aveva aumentato il suo potere per incrementare l’energia e permettermi di mantenere un profilo più basso, mentre sulla Stella, Even si fermava di colpo. L’avevo raggiunta. Aprii gli occhi, proprio mentre un onda di pura magia luminosa si estendeva davanti a noi e puntava dritto a nord di Asgard. Dritta verso lo spazio infinito
“Heimdall, segua l’onda!” gridai “Even. EVEN!” pensai.  La vidi mentre si fermava di colpo
“Sanna? Sanna dove sei?” gridava guardandosi intorno speranzosa
“Even ascoltami, ho pochissimo tempo. Sono su Asgard…”
“Dove?” chiese lei
“Su Asgard…”
“E come diavolo ci sei finita?” gridò ancora rivolta al cielo. Se qualcuno l’avesse vista da fuori l’avrebbe presa sicuramente per una pazza. Sarebbe passato ancora molto tempo prima che la ragazzina capisse che la Magia è dentro di noi.
“Stai zitta e ascoltami! Sono su Asgard, uno dei nove mondi di Yggdrasill. Sospetto che sia stato Argan a farmi questo. Sto cercando di tornare a casa, ma la cosa è più difficile del previsto. Ma sono viva, hai capito? Sono viva!”
“Come posso aiutarti?” chiese senza tante cerimonie
“Vai a Dlym, parla con Ektor e Kassian, e trovate un modo per riportarmi a casa. Poi prendi il comando delle truppe di stanza e non perdere Angora! Non so come scorra il tempo qui, quanto tempo è passato da quando sono scomparsa?” chiesi, temendo fortemente la risposta
“Sei sparita da circa una settimana!” 
“Una settimana? Come fa il tempo a scorrere allo stesso modo?”
“E’la vigilia dei Fuochi, Sanna!” gridò lei
“La vigilia dei Fuochi?” ripetei quasi incredula
“Siamo morti da tre anni!” Non riuscii a resistere oltre. Crollai tra le braccia di Loki che mi sostenne nonostante anche lui avesse il fiato corto. L’onda luminosa che si era prodotta da noi ed era riuscita, miracolosamente, ad attraversare l’universo, si spense a poco a poco, come un fuoco non alimentato. Heimdall si voltò verso di noi, che esausti cercavamo di riguadagnare un respiro regolare.
“Non credevo che ci sareste riusciti!” disse mentre mi aiutava a rimettermi in piedi
“Ah, un gioco da ragazzi!” dissi sorridendo e posando una mano sul petto che andava piano, piano a rallentare. Ci congedammo da Heimdall molto rapidamente, eravamo esausti e tutto ciò che volevamo era un letto dove poterci riposare, anche se io feci notare al principe che non sarei mai andata a letto senza cena e sopratutto senza una doccia, ma proprio mentre pregustavamo il momento in cui ci saremmo seduti sulla terrazza, un rumore assordante riempì l’aria
“Che altro succede ora?” gridò Lady Sif alle nostre spalle mentre ci raggiungeva. Un flash di luce bianca come i lampi di un temporale estivo, illuminavano il cielo di Asgard, e rendendo ancor più minacciose le nuvole che lo coprivano
“Quelle non c’erano fino a pochi minuti fa” disse Loki, alzando un sopraciglio. Sempre più velocemente le nuvole cominciarono a unirsi, fino a trasformarsi nell’enorme cono di un uragano, i lampi che produceva illuminavano l’intera città a giorno
“Un uragano?” chiese Loki sempre più stupito, mentre a me si gelava il sangue nelle venerdì
“Quello non è un uragano, quello è l’uscita di servizio di uno Stargate!” dissi Loki e Sif mi guardarono terrorizzati. Corremmo a perdi fiato sul Bifrost fino a raggiungere il cono gigante che, ero sicura, stava per vomitare tante di quelle grane, che se ne sarebbe passata tutta la sera, ma solo quando vidi gli esseri che ne uscirono capii che eravamo nei guai.

Buongiorno a tutti, ecco a voi il capitolo numero 7! Ringrazio sempre tantissimo chi mi segue, e aggiunge la storia nelle varie preferenze, grazie di cuore. Ma grazie sopratutto a chi recensisce!! Thank you thank you!!! Un forte abbraccio e alla prossima. Vi rinnove sempre, ovviamente, l'invito a esprimente il vostro parere su questa FF. Saluti!

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Capitolo 8
*** 8 ***


“La Prima Legione!” dissi con un gemito “Mia Lady” “Meglio prenderla con le buone”, pensai,
“Avverti Thor, e convoca i vostri guerrieri migliori. Sbarrate ogni accesso alla città e al palazzo. Fa posizionare  cecchini su ogni singolo rialzo, che sia un muro o un sasso, e che si tengano pronti a colpire qualsiasi cosa che salti a più di un metro da terra.” Sif non se lo fece dire due volte e corse su, verso il palazzo di Asgard. Loki rimase al mio fianco a guardare ciò che stava uscendo dal portale.
 Alti più di un normale essere umano, ma con le gambe talmente piegate sulle ginocchia da risultare addirittura bassi, braccia lunghe, sottili a muscolose, lunghe code da lucertola e volti contorti in smorfie di guerra. I più, dai lunghi capelli divise in ciocche, armati di daghe arrugginite, ma sapevo, avvelenate, con i piedi scalzi e ossuti, la mani lunghe e dagli artigli affilati, la pelle verde e a in alcuni punti squamosa: cosi si presentarono al principe asgardiano, gli Yrept, la specie peggiore della Stella. Quando si parlava di mostri ovviamente.
Udimmo un sonoro sferragliare alle nostre spalle, e Thor ci affiancò subito alla testa delle sue truppe
“Che diavolo sono?” chiese impugnando più saldamente il martello. Lui, alla mia sinistra, e Loki
 alla mia destra, mi sentii incredibilmente euforica, ogni traccia di stanchezza scomparve in un battito di ciglia, i battiti del cuore si calmarono, come si calmò la mia mente che divenne incredibilmente serena e calma. Era l’euforia della battaglia. Sapevo che non appena avessi cominciato a combattere l’adrenalina si sarebbe sostituita al sangue, e sarebbe stata pura gioia.
“Quelli, Altezza, sono Yrept. I vostri spiriti guerrieri non potevano desiderare avversari migliori!” dissi afferrandomi un lembo del vestito e stracciandolo affinché non m’impicciasse nei movimenti, con i brandelli mi fasciai rapidamente le nocche: ero disarmata e avrei dovuto combattere a suon di pugni
“Hai dimenticato questi comandante!” disse Loki mentre mi porgeva le mie mazzafruste,
“Da dove diavolo le avrà tirate fuori?” mi domandai
“Uh non ci avrei mai sperato!” dissi invece impugnandone le estremità
“Ma come ti viene in mente di uscire disarmata?” mi rimproverò il moro,
“Quale difesa migliore? Ero con te” dissi, facendolo arrossire violentemente. Cominciai a descrivere grandi cerchi sopra la mia testa, con una delle sfere
“Ascoltatemi bene asgardiani: gli Yrept sono degli incroci tra rettili e anfibi, sono letali sulla terra, ma ancor più pericolosi in acqua, cercheranno di trascinarvi lì, dove sono molto più forti, quindi state alla larga dal mare. Sono agilissimi e capaci di salti molto alti e lunghi, la loro tattica è quella di stancare l’avversario, schivando il maggior numero di attacchi possibili. Non vi fidate dei vostri occhi, non si muovono abbastanza velocemente per seguire i loro movimenti, fidatevi dei vostri sensi. Fate attenzioni alle daghe, le loro lame sono ricoperte da un veleno che paralizza il corpo e lo porta alla morte in dieci minuti. Alcuni usano le code per far inciampare gli avversari, i più bravi le usano nel combattimento come se fossero un altro arto. Punti deboli: le dita fragili e i colli sottili. Se gli spezzate le dita e siete abbastanza veloci da approfittare del loro smarrimento forse riuscirete ad assestargli un buon colpo prima che si riprendano dal dolore, se riuscite a spezzargli il collo, avete fatto centro!”
“Perché non salti nello Stargate?” chiese Loki, guardando l’enorme vortice che stava per richiudersi dietro le spalle della Prima Legione
“E lasciarti solo con questi amici? Meglio di no, e poi non ho la certezza che questo mi riporti a casa. Potrei finire ovunque!”  Il primo Yrept si fece avanti minaccioso,
“Comandante della Stella!” disse a mò di saluto. Lo riconobbi dalla profonda cicatrice che gli attraversava la faccia, un mio regalo nell’ultimo scontro
“Salve, Ony, vedo che il mio regalo ti ha solo migliorato!” lui mi ringhiò in faccia scoprendo i denti gialli e affilati, impugnando più saldamente …
“Quelle sono le mie! Fottuto figlio di puttana!” dissi quando vidi i lunghi pugnali, simili a corte spade, che teneva tra le zampaccie, doveva avermele prese sul campo di Goronwye,
“Ti sei anche fatta prendere le armi? Certo che sei proprio tonta!” disse Loki ghignando, ma in quel momento non apprezzavo per niente l’ironia del principe e lo fulminai con lo sguardo
“Vai al diavolo!” risposi.
In duello si dimentica tutto. In Accademia ci insegnavano come comportarsi in battaglia, ma sul campo, era una cosa completamente diversa. Non si ha il tempo di pensare; si dice che i veri guerrieri, quelli che hanno nelle vene sangue e acciaio, grazie alle esperienze maturate in battaglia, muovono il proprio corpo istintivamente, senza dover pensare. La mente è bianca, sgombra da qualsiasi pensiero che possano distoglierli dalla battaglia, gli occhi fissi sul nemico, le braccia che attaccano, parano, schivano, le gambe che avanzano inesorabili tra i morti e il sangue.
Le mazzafruste roteavano sibilando e fendendo l’aria, mi feci largo tra i nemici con un mulinello apre l’acqua, sapevo in ogni istante chi avevo al fianco, chi dovevo colpire e in che modo. Abbattei il primo nemico di slancio, spinta dall’impeto della corsa. Il sangue mi ribolliva nelle vene, l’adrenalina si liberava per invadere ogni centimetro del mio corpo, ed era puro orgasmo. Mi lasciai andare a quella sensazione, forse più del dovuto, avevo perso quasi completamente coscienza di me. Avanzavo sul campo passo dopo passo, abbattendo nemico dopo nemico, colpivo con le mazzafruste, tiravo calci e pugni, volarono delle testate. Gli Yrept si gettavano sugli asgardiani, quelle bestie non si limitavano a colpire i soldati con le armi, ma dilaniavano con gli arti, strangolavano con le code. A terra vi erano già moltissimi corpi, dell’uno e dell’altro schieramento, gli arcieri non facevano in tempo a prendere la mira che quelli si erano già portati fuori traiettoria, rapidi come la folgore. Mi sentii afferrare per i capelli e le braccia, mi tirarono giù come si abbatte un cavallo in corsa, persi la prese sulle mazzafruste, e mi trovai con le spalle al suolo, fili di bava calda mi colarono sul viso, lo Yrept sopra di me spalancò le fauci per azzannarmi alla gola, mentre i compagni mi tenevano le braccia, aprii i palmi di scatto e gridai
Erif!” dei cerchi di fuoco fuoriuscirono dalle mani aperte e colpirono le bestie ai miei lati, libera afferrai la testa del terzo e con un movimento violento gliela torsi. Udii un sinistro crack e il corpo del nemico afflosciarsi come uno straccio bagnato. Mi rialzai e cercai con lo sguardo Loki, lo vidi una decina di metri più in la. Non se la cavava male per essere fuori allenamento, inoltre era molto elegante e pareva non fare nessun particolare sforzo. Fu un istante, uno Yrept poco distante da lui, lo stava caricando, corsi come un ossessa verso di loro, afferrando nella corsa una spada che era rimasta infilzata in un nemico, arrivai appena in tempo per mettermi alle spalle di Loki che si voltò proprio nel momento in cui  il nemico s’infilzava sulle nostre spade tese. Misi un piede sul petto dell’avversario e lo spinsi via, mentre Loki mi afferrava per una spalla e mi proteggeva da un attacco, nel piegarmi raccolsi una seconda spada e cominciai a combattere a due lame. Non so per quanto andammo avanti, forse pochi minuti, forse delle ore, ma ad un certo punto cominciai a sentirmi davvero stanca. Tutto il potere che avevo liberato in una sola giornata stava cominciando a far sentire i suoi effetti,
Ragazzi, dovete darmi una mano!” Pensai
“Che succede San?” per fortuna la voce di Kanahaan mi arrivò forte e chiara
Sono senza fiato!” Potevo quasi vedere, come se stessero ancora combattendo al mio fianco, come i ragazzi prendessero le loro posizioni, per formare un pentagono, in modo che i loro occhi fossero stati i miei.
“Idiota che brandisce una spada a ore due!”
“Ne arrivano due da ore sette!”
“Loki ti compre a ore cinque”
“Spostati di cinque passi a ore undici, per evitare catasta di morti!”
“San girati tra, tre, due, uno, ora ATTACCA!” Feci mezzo giro come Saul mi aveva detto e ne affettai due in un colpo solo. Con il piede destro feci perno e con un altro mezzo giro colpii anche l’idiota che brandiva la spada. Abbattei con la stessa tecnica un'altra ventina di nemici prima di rendermi conto che gli asgardiani avevano messo alle strette l’intera prima legione. Tra quelli che i soldati agli ordini di Thor stavano riunendo vicino alle mura, c’era anche Ony. Mi avvicinai e lo afferrai per i capelli trascinandolo fuori dalle fila. Loki con un gesto della mano fermò Fandral che stava per protestare.
“Io e te facciamo quattro chiacchiere” dissi piegandomi in modo che lui mi vedesse bene in faccia
“Non otterrai niente da me” disse sputandomi addosso. Mi ripulii senza battere ciglio, e afferrandogli una mano gli spezzai il primo dito. Il suo urlo riempì l’aria. Gli altri osservavano immobili, sbalorditi, dalla mia cattiveria.
“Allora facciamo cosi, io ti spezzo un dito alla volta, e quando le dita saranno finite, comincerò a tagliarti via pezzi di corpo. Alla fine, quando ti sarà rimasta solo la testa, tu morirai e io mi sarò divertita.” Ony ringhiò, segno che era disposto a collaborare. Tenendo sempre salde le sue dita tra le mie, gli chiesi
“Allora, che cosa stanno architettando i due amici del cuore? Perché mio fratello ha ordinato ad Argan di spedirmi quaggiù? Cos’è, non ha il coraggio di affrontare la sua sorellina?” la risposta di Ony fu sprezzante
“Stupida ragazzina, credi davvero di essere al centro dei pensieri del mio signore?”
“Che cosa intendi? Che cosa sta cercando Marek?” Ony non mi rispose, con nonchalance gli spezzai un altro dito. Ancora urla
“Non lo so. Solo Argan lo sa. E’stato lui a ordinarci di attraversare il portale quando l’avrebbe aperto, non ci ha detto che ti avremmo trovata, non ha neanche accennato al fatto che tu saresti potuta essere qui. Ha detto solo che la missione era di ricognizione e al nostro ritorno fare rapporto a lui.”
“Perché vi ha mandato qui, se non era per uccidermi?” chiesi stringendo il terzo dito
“Non lo so!”
“Non mentirmi!” gli gridai. Un altro rumore di ossa rotte
“Credi che sarei venuto con solo la Prima Legione se fosse stato per ucciderti? Ce ne sarebbero volute tre, anche se non avessi avuto tutti questi damerini a coprirti le spalle!” gridò lui. Mollai la presa e Ony si accasciò sulla schiena tenendosi una mano dolorante. Gli slacciai la cintura alla quale teneva ancora assicurate le mie spade, gli asgardiani non gliele avevano ancora requisite
“Queste me le riprendo!” dissi, allacciandomele alla vita e tornando verso Loki e gli altri. I loro sguardi erano cambiati, non era più diffidente scetticismo quello che leggevo nei loro occhi, ma un timoroso rispetto.  Gettai un occhio nel punto dove lo Stargate si era aperto, non vi era più alcuna traccia del portale, dove essersi richiuso durante lo scontro. Guardai Loki negli occhi, come per cercare la forza per pronunciare le parole
“Uccideteli tutti!” dissi senza staccare gli occhi da quelli di Loki
“Ma si sono arresi!” protestò Volstagg, mi voltai verso gli Yrept che ancora ringhiavano, e si dimenavano, non avevano ancora perso la voglia di uccidere
“Preferisci che rimangano qui? Io non posso rimandarli indietro, e chi li ha mandati non avrà di certo cura di riprenderseli. Morire qui o li, per loro non farà alcuna differenza!”
“Vuoi ucciderli a sangue freddo?” chiese Fandral. Sfoderai la spada avvicinandomi a Ony che mi porse il collo in un gesto di grande orgoglio, roteai su me stessa, un sibilo, e la testa volò via, mozzata di netto.
“Loro sono, a sangue freddo!” Mi allontanai con Loki qualche passo dietro di me. Avevo appena rinunciato a quella pietà che lui mi aveva detto di non avere con il nemico.
Percorrevamo  lo spiazzo che divideva l’entrata del palazzo dal resto della città, e solo quando fui sicura che nessuno ci sentisse cominciai a parlare
“Argan non voleva solo farmi fuori. Voleva fare un esperimento. Voleva vedere se il suo incantesimo di viaggio funzionasse o meno, e quale cavia migliore di me? Se fossi sopravvissuta, sarei stata relegata, con un po’ di fortuna, in un mondo ostile che non avrebbe esitato a giustiziarmi. Se morivo, tanto di guadagnato. Quel bastardo non solo vuole prendere Dlym e la Stella tutta, con noi sta facendo le prove generali, per invade altri mondi.”
“Peccato che non ha fatto i conti con la tua buona stella. E’ proprio il caso di dirlo!” rispose Loki, in un tentativo di essere ironico
“Già” sorrisi
“E adesso che facciamo?” chiese
“Io torno a casa, e per Argan e il bastardo, saranno uccelli senza zucchero!”
 
Ci avevo preso decisamente gusto a lavarmi nelle terme del palazzo di Asgard. La sensazione di benessere che provavo immergendomi nelle calde acque termali, compensava il lungo tragitto da fare per raggiungerle. Una volta tornata nella stanza di Loki, notai che lui non era ancora rientrato: Thor aveva riunito,nonostante il tardo orario, in via straordinaria, il suo consiglio, e benché il fratello minore fosse stanco, non si era potuto esimere dal presentarsi.  Mi lasciai crollare sul letto, respirando a fondo il profumo della quale le lenzuola erano impregnate.
“Non dirmi che l’asgardiano ti piace sul serio!” chiese Sabira con il suo solito tono di -so tutto io quando si parla di uomini-
“E anche se fosse?” chiesi sfidandola
“Oh, Sanna sarebbe bellissimo!” replicò Elania, inarcai un sopraciglio
“Non eri tu quella che diceva che non c’era da fidarsi di lui?” chiesi scettica
Ho cambiato idea! Si è dimostrato molto premuroso invece.”
“ E’ un sentimento stupido, e senza la benché minima speranza.” risposi secca
“Ma lui…”
“Oh no ti prego Sab, non mettermi in testa strane idee per favore! Non è proprio il caso di correre dietro sentimenti cosi labili. Ho altro a cui pensare. L’amore non mi è concesso!”
“Saul, per amore della Dea, dille qualcosa!”
“Non ho niente da dirle!”  Di bene in meglio, Saul era arrabbiato con me. Ci mancava solo quello.
“Che ti prende?” chiesi sbuffando. Quella giornata non ne voleva proprio sapere di finire.
“Che cosa mi prende? Guardati in petto, vediamo se ci arrivi da sola, o hai bisogno di un aiuto divino!” Andando verso lo specchio, mi slacciai il collo della maglia (sempre di Loki, che indossavo a mò di vestitino). La maledizione si era estesa ancora. Le sue spire avevano raggiunto il seno cominciando ad avvilupparlo
“Sei soddisfatta adesso? Ti senti un eroe?” Ci avrei messo delle ore a fare pace. Lui mi amavamo molto più di quanto io amassi me stessa. Lo aveva sempre fatto. L’aveva dimostrato ogni giorno della sua vita.
“Si è ingrandita!” non era una domanda. Loki alle mie spalle mi guardava preoccupato. Gli sorrisi attraverso lo specchio
“Sapevo che l’avrebbe fatto” dissi voltandomi e riallacciando la maglietta
“E’ cresciuta molto?” chiese fermo sul posto
“Più di quanto mi aspettassi in realtà!” notai la sua espressione mortificata e mi affrettai a chiedergli
“Tu stai bene?” senza fiatare Loki si avvicinò al letto e si sedette sulla sponda. Lentamente, e con una leggera smorfia di dolore, si alzò le maniche della maglia, mostrandomi i polsi finalmente liberi dai bracciali che lo imprigionavano
“Stai sanguinando!” esclamai, inginocchiandomi davanti a lui per studiare le ferita che quegli abomini troppo stretti, gli avevano lasciato. Non pensai neanche per un attimo che ora lui, aveva di nuovo  a sua disposizione tutto il potere che mi occorreva per tornare a casa. Afferrai, invece, la bisaccia con la foglia di Leda e prendendo un suo pestello e qualche altro ingrediente, cominciai a preparargli un impacco da spalmare sulle ferite. Loki non fiatò, si limitò a osservarmi mentre, tutta concentrata, con tanto di punta della lingua stretta tra le labbra, preparavo il mio impacco medicamentoso. Mi sedetti accanto a lui e gli spalmai, il più delicatamente possibile, la poltiglia sulla carne viva e sanguinante. Lentamente, per cercare di recargli meno dolore possibile, gli fasciai i polsi con delle bende che trovai nel suo studio
“Non mi hai chiesto niente dei miei poteri” disse, mentre assicuravo la prima fasciatura
“Non mi servi a niente senza mani, principe!” gli scappò un sorriso
“Vuoi ancora tornare a casa?” chiese, lo fissai.
“Che razza di domanda è? Certo che voglio tornare a casa. Io devo tornare”
“Vuoi o devi? C’è una bella differenza” disse
“Non c’è alcuna differenza, Loki. Io devo tornare per difendere la mia terra. E voglio tornare perché quella è casa mia” risposi
“Tu hai la certezza di vincere?” ma che razza di domanda era? Chi aveva la certezza di vincere?
“Io non ho certezza di niente. Non credere, che io non abbia paura. Ne ho. Ne ho moltissima. Ho paura di non essere all’altezza del mio compito, ho paura di deludere quelli che credono in me, ho paura di fare un passo falso, perché allo stato attuale delle cose, potrebbe essere fatale. Ho paura di non essere capace di vivere la pace. Io sono nata nella guerra e sono stata cresciuta per quella, non so se saprò essere altro, oltre che un guerriero.  Ma ho ancora più paura di lasciare il mio mondo, la mia terra e la mia gente, nelle mani di un mostro, ed è questa paura che mi permette di andare avanti.” La conversazione stava prendendo dei toni lamentosi, e mi affrettai a sdrammatizzare
“Ovviamente potrei non sopravvivere alla prossima notte nella tua stanza, so benissimo che la rivuoi a ogni costo e il tutto si risolverebbe nella maniera più facile possibile!” dissi sorridendo. Loki sbuffò divertito e mi sistemò una ciocca di capelli dietro l‘orecchio
“Tu sopravviverai. Sei talmente fastidiosa, che neanche i tuoi dei degli inferi ti vorranno tra i piedi!” Risi fingendo di dargli un pugno nello stomaco, e lui cadde all’indietro fingendosi svenuto. I suoi capelli si sparpagliarono sul letto come tanti raggi corvini. Il volto, pulito, rilassato e bello, era quanto più si confaceva al Dio degli Inganni: un volto d’angelo, su di un anima nera come la notte.
“Come sei bello” sussurrai. Senza pensarci presi ad accarezzare una lunga ciocca di capelli. Lui apri gli occhi e mi guardò senza espressione, “Bello, come un mattino di gelida primavera, ancora legato al freddo dell’inverno!” Mi afferrò la mano e si issò a sedere. Era a cinque centimetri dal mio viso. Respiravamo la stessa aria. Mi passò una mano tra i capelli, mentre io appoggiavo la mia fronte alla sua. Lo sentii sfiorarmi il naso con il suo. I nostri corpi che si facevano sempre più vicini, attratti come calamite. Rabbrividii al contatto della sua mano fredda, sulla mia schiena, mentre mi tirava verso di lui. Per fortuna, qualcuno che bussava alla porta mise fine alla chimica. 

Buongiorno!! Vi presento il capitolo 8. AVVISO IMPORTANTE : sarò fuori per lavoro per circa 3 settimane, e non so se riuscirò a pubblicare settimanalmente i nuovi capitoli (che sono già pronti vanno solo revisionati) Rimanete cmq sintonizzati su queste frequenze. Ringrazio sempre con affetto chi continua a seguirmi. Un forte abbraccio
Alcione! :) 

 

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Capitolo 9
*** 9. ***


Loki cominciò ad allenarsi sin dal mattino seguente. Non aveva bisogno di alcun aiuto in realtà, ma mi chiese comunque di andare con lui e lo disse in un tono che non ammetteva un “no” come risposta; ne avrei approfittato per esercitarmi con l’arco, arma con la quale non avevo mai sentito molta affinità. Ci rifugiammo nei giardini privati che furono della madre: li lontano dagli occhi indiscreti dei suoi fastidiosi e appiccicosi guardiani, che dopo la sua liberazione, avevano aumentato la sorveglianza su di lui, ci allenammo in silenzio, e neanche una volta accennammo a ciò che ci era successo la sera precedente. Era una gara a chi fingesse di più.
Quando immagino il paradiso, lo immagino come una grande distesa verde, qua e la qualche albero frondoso sotto la quale trovare riparo dal caldo sole perennemente primaverile, ma il giardino della regina Frigga sarebbe stato una valida alternativa. Un sentiero acciottolato correva come una lingua tortuosa attraverso un prato verde di erba fresca e tenera. Rigogliosi alberi da frutto erano disposti a mò di boschetto. Una parte del giardino era occupata da altissime siepi che andavano a formare quello che a prima vista sembrava essere un labirinto. In fondo al giardino invece, in corrispondenza di una finestra, che immaginavo desse sullo studio della regina c’era una serra e vicino a questa un orticello che dava erbe e piante medicamentose. Nonostante la morte della regina, qualcuno continuava ad occuparsene. Il profumo inebriate di terra impregnava l’aria, sembrava davvero un posto dover poter passare l’eternità.
Loki si sistemò in piedi al centro di una cerchia di alberi, rimase li impalato per tutta la mattinata, se non fosse stato per il fiato corto e gli occhi lucidi per lo sforzo, avrei giurato che non ci stesse neanche provando a riacquistare i suoi poteri. L’osservai a lungo,  non potevo fare altrimenti dal momento che si allenava a petto nudo, e dovevo ammetterlo: era un gran bel guardare. Non era gracilino come avevo immaginato, ma magro e asciutto, i muscoli erano ben disegnati lungo le braccia e le spalle. Gocce di sudore scivolavano giù dal collo perfetto, attraversando i pettorali che si alzavano e si abbassavano al ritmo del respiro accelerato. Gli addominali solo accennati, erano ancora meglio di quelli scolpiti. La luce che filtrava attraverso il fogliame degli alberi, gli disegnava un chiaroscuro sulla pelle come se lui fosse stato una tela da dipingere, sulla quale la natura aveva dato libero sfogo a tutta la sua bellezza
“Oh per tutti gli Idei, fattelo passare lo sfizio! Ieri stava per baciarti”
“Potresti smettere di ficcanasare qualsiasi cosa io faccia?”
“Hai un prurito, grattatelo! Non c’è niente di male in questo!”
“C’è di male che, lo ferirei anche se non lo ammetterà mai!” Loki sembrava forte, ma in realtà non lo era. La freddezza, il suo essere scostante, era solo un guscio per non essere ferito ancora.
“Ma che ti frega? Tra poco tornerai a casa. E’ quello che vuole anche lui”  
“Può darsi, ma non lo otterrà da me” 
“Ma a te piace, e tu piaci a lui! Perché sono solo io ad accorgermene?”  Sabira aveva ragione. Quel principe usurpatore, maledetto da tutti, il Dio dell’Inganno, il traditore della sua stessa famiglia, a me piaceva
“Ti sono sempre piaciuti i tipi strani!”
“Oh Dea, ti ci metti anche tu ora?”
“Uuuhhh ve lo ricordate Robert dell’Accademia? Quello si che era strano!”
“Solo perché ero uno Stratega non voleva dire che fosse strano!”
“Uno che passa la notte del sesso a spiegarle Strategia e Attacco, è strano per me!”
“Pensandoci le sono piaciuti di molto più insulsi!”
 Perché dovevano rivangare cose accadute anni prima? Non erano stufi di quella storia? Della serie, questa cosa ti torturerà fino alla morte.
Le ferite sui polsi di Loki avevano ripreso a sanguinare, ma quando lo chiamai debolmente per farglielo notare lui m’ignorò. Feci dietrofront e andai verso l’arco che avevo lasciato vicino a una siepe, sforzandomi di non guardare il ragazzo, presi ad allenarmi. Con scarsissimi risultati aggiungerei!
Dopo pranzo, Loki era talmente esausto che dormì per tutto il pomeriggio. Io stanca di allenarmi da sola o di leggere altri libri, uscii dal palazzo, senza farmi notare e mi diressi verso il mare. Tornai nella stessa cala in cui ci eravamo rifugiati io e Loki il giorno prima, e la trovai di nuovo vuota e tranquilla. Mi tolsi gli stivali e immersi i piedi nella sabbia sottile, i granelli mi graffiarono piacevolmente la carne. Qua e la raccolsi, rami secchi e ceppi di alberi trasportati sulla spiaggia dal mare, e accatastai tutto in un punto, mi sedetti in riva al mare e aspettai che calasse la notte. Giravo e rigiravo tra le mani l’anello reale di Saul che portavo al collo, mentre la mia mente si perdeva nei ricordi, in terre lontane e sconfinate, riviveva giorni già vissuti, giorni che forse non avrei visto mai, e giorni che sicuramente sarebbero arrivati. Non so per quanto tempo rimasi li come uno stoccafisso a guardare le onde infrangersi sulla battigia, mentre il sole moriva nuovamente all’orizzonte, e solo quando senti l’umidità scendere con violenza mi decisi ad accendere la pira con un piccolo gesto della mano. Guardai l’erba secca ardere e consumarsi, il legno prendere gradualmente fuoco e divenire pian piano carbone prima di intonare una lenta e triste litania.
“Non è triste fare un falò da soli?” chiese Loki raggiungendomi e gettandomi addosso un mantello per coprirmi le spalle. Si sedette sulla fredda sabbia al mio fianco, il viso poggiato su una mano   
“Oggi, sulla Stella, è il Giorno dei Fuochi”
“Che si festeggia?” chiese senza un apparente, reale interesse
“Bè, non è proprio una festa. E’ più che altro, la commemorazione di una delle peggiori sconfitte inflitte al nostro esercito.”
“Di solito si festeggiano le vittorie, non le sconfitte!” precisò Loki con il suo tono annoiato,
“Se dovessimo festeggiare tutte le vittorie importanti, ci troveremmo a festeggiare un giorno si e l’altro no.” Dissi orgogliosa. Lui accennò il suo solito ghigno cattivo
“Perché questa sconfitta è importante?” chiese
“Perché nella battaglia di Campolungo, sono morti a migliaia. Quello è stato il giorno in cui stiamo stati noi a passare in svantaggio nella guerra. Cosa possono fare una strategia sbagliata e un avversario molto più agguerrito di noi. L’esercito si credeva forte, a tratti invincibile. Chi ci comandava credeva di essere al di sopra di qualsiasi nemico, sottovalutò l’avversario, e ci portò alla sconfitta.”
“Quando è successo?”
“Ormai sono passati tre anni. Era meno di un anno che io ero tornata dal mio esilio sulla Terra. Il comando non credeva che io potessi guidare delle truppe, e mi lasciò nelle retrovie, insieme ai miei compagni dislocati in altri reparti. Quando capimmo che era tutto sbagliato, che gli Yerpt ci stavano massacrando, abbiamo cercato di trarre in salvo più gente possibile, facendo tornare indietro le truppe, disubbidendo agli ordini, ma ormai era troppo tardi. Il nostro esercito, era già per metà bello che andato.”
“E il fuoco, cosa c’entra?”  stava diventando curioso
“Accendiamo pire, nelle piazze, agli angoli delle strade, nelle campagne, cortili. Ad Angora, che è percorsa da un fiume, fanno delle piccole pire galleggianti che lasciano scivolare lungo il corso dell’acqua. Le luci accompagnano le anime di coloro che sono morti, indichiamo loro la via per l’aldilà, e permettono a noi di non dimenticarci di loro, ci ricordano quanto un singolo errore possa costare. Onoriamo la memoria di chi è morto quel giorno, insieme a quelli che sono trapassati prima e dopo di loro. Un fiore per ogni morto.” Dissi prendendo alcuni fiori che avevo raccolto andando alla spiaggia,
“Uno per Elania, l’Angelo Armato. Due per Sabira e Kanahaan, i Guerrieri dello Specchio. Uno per Saul, il bambino trovato nella covata di un drago.” Uno ad uno gettai i fiori nel fuoco e li guardai mentre le fiamme li divoravano, come la morte aveva divorato i miei compagni
“Non mi libererò mai di questo dolore!” sussurrai. Strinsi i pugni guardando le fiamme con odio, “Ucciderò mio fratello e tutti coloro che si metteranno tra me e la mia preda. Lo giuro”
“Quanta rabbia, in un corpo cosi piccolo” disse Loki avvicinandosi pericolosamente,
“Rabbia dici? No, questo è odio. La rabbia è finita quando ho scoperto che dietro i loro assassinio c’era la sua mano. Non gli è bastato privarmi dell’amore di una famiglia, no, si è voluto prendere anche loro. Mi ha privato di tutto ciò che amavo. E io lo ripagherò con la stessa moneta. Distruggerò tutto ciò a cui lui tiene, lo priverò di qualsiasi cosa, e quando sarà disperato, quando implorerà la mia pietà, lo ucciderò. Dovessi metterci una vita intera.”
“Fidati del mio rancore.” Disse Loki, più a se stesso che a me
“Cosa?” chiesi voltandomi verso di lui, le fiamme si riflettevano nei suoi occhi
“E’ la frase che dissi a Thor quando mi chiese aiuto per salvare Jane. In cambio lui mi offriva la possibilità di vendicare la morte di nostra madre. Lui non si fidava di me, gli dissi “Fidati del mio rancore”
“Eri molto legato a lei?” chiesi
“Non mi va di parlare” mi disse evasivo
“Eddai, io ti ho mostrato un sacco di cose, e tu ora non vuoi dirmi niente di te?” insistetti
“Thor ti ha già detto tutto se non sbaglio” disse facendo per alzarsi, ma gli afferrai un polso e lo tirai giù
“Ma chi se ne frega di Thor io voglio sapere le cose da te!”
“Perché t’interessa?” chiese
“Perché io so, che tu non sei cattivo.” Quella semplice frase ebbe il potere di tranquillizzarlo. Si risedette al mio fianco, e io mi sistemai pronta all’ascolto. Si passò una mano tra i capelli per toglierli dal viso e cominciò a parlare
“Amavo Frigga. Lei mi faceva sentire amato, desiderato, mi faceva sentire speciale. Non mi ha guardato diversamente quando fu chiaro che non sarei mai stato un valente guerriero come Thor, non mi ha amato di meno, quando il mio corpo è rimasto gracile e sottile. Quando ho scoperto di essere stato adottato, lei è stata l’unica persona che sono riuscito a non odiare. Lei mi ha amato, anche dopo che avevo tentato di ucciderle il marito, il figlio, di usurpare il trono, di conquistare la terra. E’ riuscita ad amarmi nonostante tutto.” Gli occhi di Loki erano rossi e lucidi, stava facendo uno sforzo per non cedere alle lacrime
“Tutte le madri amano i proprio figli, anche quando i figli sbagliano.” Sussurrai avvicinandomi di più a lui, che chinò il capo
“Ma lei non era mia madre. Com’è riuscita a perdonarmi dopo tutto ciò che avevo fatto? Mentre io, ancora adesso non riesco a perdonare mio padre per avermi cresciuto solo per i suoi scopi?” domandò rabbioso, gli presi il viso tra le mani e lo tirai su
“Loki, i figli sono di chi li cresce. Anche se non avevate un legame di sangue, lei ti ha cresciuto, ha asciugato le tue lacrime da bambino, ha gioito di ogni tuo sorriso. Ti è stata accanto nelle scelte giuste, come in quelle sbagliate, è questo, quello che fa una madre, non importa se tu eri o no il suo vero figlio. Io sono sicura che  Frigga ti ha amato esattamente come amava Thor.” Dissi
“Io l’ho delusa. L’ho delusa su tutta la linea, non sono riuscito a fare niente per lei. Non le ho procurato altro che dispiacere e preoccupazione. E quando è giunto il momento non sono stato capace di proteggerla.” Loki, il Dio degli Inganni si lasciò completamente andare. Calde lacrime gli solcarono il viso, appannando i suoi occhi verdi, che rossi di lacrime erano ancora più belli. Si coprì il viso con le mani, e pianse sommessamente. Lo circondai con le braccia e lo strinsi. Fu strano sentire con quanta accondiscendenza si lasciò consolare dal mio abbraccio
“Penso che lei ora si senta molto triste sapendo che tu non riesci a perdonarti per tutto quello che è successo.”
“E’ come potrei? L’ho delusa, e non potrò mai fare ammenda. Non potrò mai chiederle perdono.”
“Lei non ha bisogno di perdonarti. Devi essere tu, a perdonare te stesso. Sarà questa la sua felicità!”   
Quando tornammo verso il palazzo, Loki camminava qualche metro più avanti, come se si vergognasse, ovviamente sfidai quella vergogna e accelerando il passo, infilai la mia mano calda in quella fredda di lui. Mi guardò storto, ma non mollò la presa.
In quell’istante, Loki riusc’ a capire perché non aveva mai odiato quello strambo guerriero venuto da un altro mondo. Perché quella ragazzina, forte ma un po’ imbranata, conosceva la disperazione. Conosceva il dolore di una ferita che non poteva essere rimarginata.
“Tra meno di una settimana penso di poterti rimandare a casa” disse  quando varcammo la porta della sua stanza. Alzai la testa tanto velocemente che il collo mi fece un rumoroso crack, Loki sorrise prima di aggiungere “Pensi di poter aspettare un altro po’?”
“Non mi pare di avere molta scelta” dissi, intrecciando per un attimo le mie dita con le sue, per poi, a malincuore lasciarle.
 
“Senti pensavo una cosa” esortai il mattino seguente mentre facevamo colazione. Il cielo era coperto di pesanti nuvole grigie che non promettevano nulla di buono. L’aria era carica del profumo sprigionato dalla terra poco prima che cominciasse a piovere
“Ecco cos’era quella puzza di bruciato” disse Loki continuando a sfogliare un voluminoso libro d’incantesimi
“Signori e signore il premio Simpatia del giorno è di Loki Laufey!!” dissi mimando un ovazione da stadio, il ragazzo alzò un sopraciglio
“Hai cominciato tu.” Sottolineai prima di tornare a sorseggiare il mio succo “Stavo pensando, per quanto possa essere un piacere guardarti mezzo nudo mentre te ne stai impalato a covare il tuo uovo, dopo un po’ mi vieni a noia. Che ne diresti se trovassi qualcuno con cui allenarmi? Non vorrei tornare a casa e aver perso il mio mordendo.”
“E chi credi che voglia combattere con te?” chiese, mentre guardava nella direzione della sala dei tre guerrieri. Sorrisi nel constatare che aveva capito subito
“Mi fa piacere che pensiamo entrambi la stessa cosa!”
“Non combatteranno mai contro di te.”Disse tornando a leggere
“E perché?” chiesi, facendo il giro del tavolo gli chiusi il libro di forza e mi appoggiai sul tavolo in maniera che lui non potesse riaprirlo. Sbuffò in maniera sonora
“Perché?” chiesi nuovamente
“Perché sei di mia proprietà!” lo disse nella maniera più naturale possibile, come se fosse la cosa più normale del mondo, ma a me crollò il cuore nelle gambe
“Il ragazzo ha qualche problema con il manifestare i propri sentimenti!” disse la voce di Sabira nella mia testa,  anche se dubitavo fortemente che quella fosse una manifestazione d’affetto
“Che…che intendi dire?” balbettai, cercando di allontanarmi con naturalezza, ma lui non me lo permise. Loki si alzò, e con quella sua maledetta aria beffarda mi prese per il mento costringendomi a guardarlo negli occhi e ovviamente arrossire.
“Io sono il tuo guardiano, ti controllo, e nessuno ti si avvicinerà se io non lo voglio. Sei in mio potere.” Disse avvicinandosi talmente tanto che i nostri corpi erano ormai attaccati. Con un dito mi scivolò lungo la spalla e il braccio, fino a intrecciarsi con le mie dita. Mi sentivo il cuore a mille, la bocca secca, le mani sudate, tutto ciò che volevo era buttarmi su quelle labbra e divorarle, divorare ogni centimetro del corpo di lui, e lasciare che lui divorasse me. Ma non potevo cedere. Non dovevo.
“Si certo! Come fai a non cedere se lui ti punta addosso quel coso?”
“Oh mia Dea, Sanna è imbarazzante!”
“Volete dirmi che io mi sono persa tutto questo?”
“Si, Elania. Decisamente si!”
 “Buongiorno!” la voce beffarda di Fandrall ebbe l’effetto di una doccia fredda. Loki si appoggiò per un                    attimo alla mia fronte prima di imprecare “Dannazione!” a denti stretti, e girarsi per fronteggiarlo
“Se ci sei tu, non è per niente un buongiorno!”
“Oh scusa, ho interrotto qualcosa?” quel cretino sapeva benissimo che cosa aveva interrotto, lo odiai ancora di più, ma cercai di mantenere la calma, bastava Loki a innervosirsi
“Fandral hai già fatto colazione? Vuoi unirti a noi?” chiesi uscendo da dietro le spalle di Loki,
“Mi chiedevo milady quali fossero i suoi programmi per la mattinata!” disse il guerriero improvvisamente zelante “Milady? Ma ha bevuto per caso?” 
“Allenarmi Fandral come ogni mattina.” Risposi
“Io e gli altri ci chiedevamo se le andava di unirsi a noi. Cosi giusto per sgranchirci un po’ tutti le gambe.” 
“Questi oltre che a sorvegliare, origliano anche!”
“Con enorme piacere. Vi raggiungerò nell’arena. Puoi andare Fandral” il mio tono di comando, non accettava di certo repliche e benché il guerriero fosse spiazzato da tutta quell’autorità, dopo un ultimo sguardo di sfida a Loki, usci.
“Sei impazzita? Combattere con loro non mi pare una buona idea!”
“Di che ti preoccupi, non mi pare che ieri io sia andata cosi male!”
“Quello vuole provocarti, e metterti in ridicolo. Lo ha sempre fatto con ogni cosa mia!”  Quel mio, mio, mio, mio, stava cominciando a darmi sui nervi
“Primo: io non sono di tua proprietà. Secondo: vuole provocare? Che si accomodi pure, troverà di che pentirsene, non mi risparmierò di certo perché è una delle guardie di tuo fratello. E terzo: non darmi ordini!” Mi allontanai e stavo per uscire dalla porta quando la voce di Loki fluttuò fino al mio orecchio
“Se ti torce anche solo un capello, lo ammazzo!”
“Penso che arriverai tardi!” dissi senza neanche voltarmi.
Mentre percorrevo il corridoio diretta all’arena, la voce di Sabira tornò a tormentarmi con i suoi discorsi
“Io non capisco perché tu ti ostini cosi! Lui ti piace, e tu piaci a lui! Perché ti privi di una cosa cosi semplice?”
“Perché non è semplice Sab”
“Cosa ci trovi di difficile? Perché non cedi terreno?”
“Perché? Perché se cedo, mi affeziono a  lui, cretina. E poi che succederà? Succederà che io tornerò a casa, e sarò di nuovo da sola. E non voglio sentirmi di nuovo da sola. Non potrei affrontare Marek con il pensiero che lui possa raggiungerlo e fargli del male. Devo essere lucida. Non posso permettermi nessun passo falso.”
Ok, ok, avevo sottovalutato Lady Sif e i tre guerrieri. Ma ero troppo abituata al proverbio “Chi parla troppo, ne prende il doppio”  Thor non aveva sbagliato a scegliere quei guerrieri per le sue guardie personali, erano davvero forti, non eccezionali, ma davvero forti. Mi avevano dato del filo da torcere, anche se li avevo affrontati uno alla volta. La loro tecnica non era perfetta, Fandral e Hogun erano privi di fantasia e molto prevedibili, errore imperdonabile per dei guerrieri, gli attacchi di Volstagg erano fin troppo vigorosi ma privi di precisione, Sif combatteva con lo stesso ardore di Sabira, veloce, forte; tutti avevano dei punti deboli, ma ciò che mi aveva messo alla prova, era stata la loro incredibile resistenza. Quella si che era stata eccezionale. Per stare al loro passo, avevo dovuto giocare in difesa, il mio potere, per quanto utile in certi frangenti, nel corpo a corpo a lungo termine, mi prosciugava tutte le energie. Approfittavo di ogni piccola pausa per riprendere fiato, e passarmi una mano sull’occhio che lentamente si appannava dalla fatica. Cercavo di rimanere concentrata sul mio avversario e di incassare il meno possibile. In generale, lo presero tutti come niente di più che un allenamento intensivo, Fandral, invece, la prese quasi come una questione personale. Quando toccò a lui, e si preoccupò di essere l’ultimo della lista, mi attaccò senza neanche attendere che io gli prestassi attenzione: mi accorsi del suo attacco quando mi ritrovai l’elsa della sua spada insieme al suo pugno nello stomaco. Crollai a terra sputando, e quando mi voltai vidi Loki correre attraverso il portico e verso di me, lo fermai con una mano, e lui si bloccò sul posto.
“Te la sei cercato, biondino!” dissi. Con un colpo di reni mi rimisi in piedi, e cominciai ad attaccarlo. Lo scontro fu breve, ma durissimo, lui spaccò il setto nasale, e io guadagnai due occhi neri.
“Ti avevo detto di non affrontarli. Ti avevo detto che non era una buona idea!” strepitava Loki, mentre si aggirava per il suo studio prendendo barattoli dai suoi scaffali mentre io seduta sul divano a gambe incrociate tenevo una benda bagnata sugli occhi
“La smetti di starnazzare come una gallina? Mi fai venire il mal di testa!” dissi alzando la benda, lui mi passò vicino per andare alla scrivania e mise su un'altra benda, schiaffandomela sulla fronte con la sua solita delicatezza da ippopotamo con l’ernia. Mi massaggiai la radice del naso mentre ascoltavo il suono dei passi di Loki andare su e giù per lo studio, fermarsi e tornare indietro verso di me. Mi si sedette accanto, sentivo distintamente il rumore del pestello che macinava qualcosa, poco dopo, con mani molto più gentili, mi spostò la benda dagli occhi, potei finalmente vedere il mio riflesso nello specchio alle spalle di lui
“Mia Dea, sembro un panda!” esclamai sconfortata
“E non sei per niente sexy, aggiungerei!”
“Un cosa?” chiese Loki, prendendo con due dita la poltiglia giallognola che aveva appena macinato, e cominciando a spalmarmela attorno agli occhi
“E’ un animale di Midgard. E’ di una tenerezza infinita, è tutto bianco con zampe, coda, orecchie e occhi neri. E’ una specie di orso!” dissi. Loki attese qualche attimo, cercando di figurarsi l’animale, per poi scoppiare a ridere. La sua risata cristallina riempì la stanza, fu talmente vigorosa e divertita da contagiare anche me. Ridemmo tantissimo, mi gettai anche in una perfetta imitazione di Fandral che si lamentava come una femminuccia del suo naso rotto, ridemmo fino a farci venire dolore alle guancie, addirittura Loki si asciugò gli angoli degli occhi con una manica. Rimanemmo tranquilli per un po’ seduti su quel divano, cercando di riacquistare serietà, prima che Loki si avvicinasse di nuovo e con foga stringendomi a se. Si avvicinò pericolosamente alle mie labbra per baciarmi, finalmente, senza essere interrotto, ma lo ostacolai mettendo tre dita, tra le mie e le sue, bellissime, morbide, rosee, labbra
“No” sussurrai
“Perché?” soffiò sulle dita poggiate alle sue labbra
“Perché non sopporterei l’idea di baciarti adesso, e poi mai più” mi spostò di forza la mano, e premette le sue labbra contro le mie
“Ma hai capito, cosa ti ho detto?” esclamai staccandomi da lui, cercando di tenerlo lontano
“Si, hai detto, ora o mai più!” Mi baciò di nuovo, ma non ero più sicura di volerlo respingere. Nonostante la foga con cui mi aveva preso, il suo bacio fu di quanto più dolce potessi immaginare. Le sue labbra morbide e calde, combaciavano perfettamente alle mie, dischiuse le mie labbra a suon di lingua, mi lasciai andare, gli passai una mano in quella massa di capelli corvini e con l’altra lo strinsi a mia volta. Dea come baciava bene. Mi spinse con gentilezza e decisione sul divano, tutto il suo corpo era a contatto con il mio, mi trasmetteva una moltitudine di emozioni che non sapevo gestire. Una cosa era sentire il brivido eccitate di una lama che trapassa il nemico, il suo sangue caldo che ti cola sulle mani, un altro era sentire il corpo caldo e il respiro ansimante di un'altra persona che ti desidera in maniera davvero imbarazzante. Ero tra il desiderio folle di avere ogni centimetro del suo corpo, e il terrore di dare ogni centimetro del mio.
“Eddai San è facile, è come andare a cavallo!”
“Letteralmente!”
“Oh giorni celesti, siete pessimi e volgari. Per di più avete un tempismo penoso”
“No, no, no. Fermi, fermi tutti!” dissi togliendomi Loki di dosso e alzandomi dal divano, lui mi guardò stranito
“Ascoltatemi bene: vi adoro, lo sapete, ma non potete stare li a guardare mentre io…io…bè avete capito! E’ troppo imbarazzante. Già non mi ricordo come si fa, se ci siete pure voi a commentare ogni cosa cose se fosse una parata, torno a farmi massacrare di botte da Fandral. E’ chiaro?” gridai come una pazza. Loki nel frattempo si era seduto e aveva accavallato le gambe,
“Vuoi dire che Loro, ci sentono?” chiese. abbassai la testa e tornai a massaggiarmi la radice del naso
“Purtroppo si!” dissi sconfortata. Ormai ero convinta che l’occasione fosse sfumata e mi preparai allo sguardo deluso di Loki, ma ciò che accadde andò oltre le mie previsioni. Loki mi prese in braccio e mi portò in camera sua
“Ci sarà da divertirsi allora!” disse posandomi sul letto e ricominciando a baciarmi con passione. Cercai di allontanarlo di nuovo spingendolo per le spalle
“Ma sei impazzito?” dissi cercando di evitare le sue labbra. Mi afferrò per i polsi e me li portò sopra la testa, mi fissò negli occhi in maniera cosi intensa che arrossi violentemente
“Se vuoi qualcosa prenditela!” mi fissò ancora. Avevo la gola talmente secca che feci fatica anche a deglutire
“A meno che tu non mi voglia!” aggiunse guardandomi con gli occhi da cucciolo. Con un colpo di reni allacciai le gambe intorno ai suoi fianchi e lo attirai verso di me
“Ti voglio” neanche il tempo di finire di pronunciare la frase, che uno strano silenzio inondò la mia mente. Era da tanto che non la sentivo cosi vuota. Sorrisi, mentre Loki sorridendo a sua volta, mi baciava. 

Buonasera a tutti!! Eccomi qui con il nono capitolo, scusate l'attesa ma il lavoro mi ha completamente assorbito per tre bellissime settimane, dove non ho avuto nemmeno la forza di guardarmi allo specchio per notare come il degrado umano prendeva possesso del gia mio penoso aspetto!!! Non ho particolari appunti da fare su questo capitolo, spero però che vi sia piaciuta la piccola confessione che Loki fa a Sanna, è stato per loro un modo di entrare in intimità. Aspetto con ansia in vostri pareri. Un saluto a tutti ;)

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Capitolo 10
*** 10 ***


 
Immersi le mani nei capelli corvini del dio, e li lasciai scorrere tra le dita mentre Loki con la sua lingua di fuoco scendeva dalle labbra verso il collo, lasciando una scia umida di vibrante piacere. Il  suo profumo mi drogava, potevo seguire con la punta delle dita il solco lasciato sulla schiena della sua colonna vertebrale, mentre lui affondava il viso nel mio seno, ancora coperto. Con le dita lunghe e affusolate risalì sui fianchi, scatenandomi un brivido, lo sentii sciogliere i lacci della fascia che mi copriva e spogliarmi da essa con un movimento fluido. Gli sfilai la maglia a mia volta, il suo petto nudo, chiaro e glabro era invitante come un cioccolatino. Mi piacevano i suoi muscoli accennati, lo rendevano ancora più regale. Presi a baciargli e leccargli un capezzolo, parve gradire molto perché disse
“Ehi, passato tutto l’imbarazzo?” chiese in un sussurro. Sorrisi mentre continuavo la mia tortura,
“Non ti piace?” chiesi senza alcun intenzione di dargli stregua
“Azzardati a fermarti e avrai di che pentirtene” rispose. Ovviamente mi fermai e appoggiai la testa al cuscino, fissandolo con aria di sfida. Ghignò e si avventò di nuovo sul mio collo,  cominciando a prenderlo a morsi. Scese con lentezza snervante verso il seno, indugiò per qualche secondo a fissare la macchia nera della maledizione, prima di baciare e leccare anche quella. Anche se non avesse fatto quel gesto, sarei stata completamente sua lo stesso. Scivolò a baciarmi il ventre e l’ombelico, ma  oltrepassandoli molto in fretta, si fece spazio tra le mie gambe senza trovare una grande resistenza, lentamente, guardandomi, mi sfilò i pantaloni e la biancheria. Ero completamente nuda sotto ai suoi occhi. Si sistemò su un fianco dove  poteva meglio osservare i miei tatuaggi, le mie cicatrici, ogni centimetro del mio corpo, ancora una volta sentii un moto d’orgoglio a mostrare il mio corpo nudo a un uomo cosi bello. Mi passò un dito gelido nell’incavo dei seni fino a scendere verso la mia intimità, baciandomi con incredibile dolcezza, mi penetrò con un dito, mentre io trasalivo dallo stupore
“Non ti piace?” chiese fingendosi preoccupato
“Maledetto” mugugnai. Sorrise ancora, lo afferrai per i capelli e lo tirai verso di me per addentargli quelle labbra perfette. Rispose in maniera vigorosa al bacio, imprimendo lo stesso vigore alle dita che aveva dentro di me. Durò poco, perché sentivo chiaramente l’eccitazione di Loki premermi contro una coscia. Si alzò di scatto e scivolò verso il basso, e immergendo la testa tra le mie gambe, prese a leccarmi. Una scossa elettrica mi pervase tutto il corpo. Ero già stata baciata in quel modo, certo, ma non in quel modo. Loki aveva l’abilità di far sembrare migliore qualsiasi cosa facesse, e quello che stava facendo in quel momento, lo faceva dannatamente bene. Non riuscivo a distrarmi, la sua lingua, le sue dita, avevano il potere di inchiodare i miei pensieri a quei movimenti. Non potei fare a meno di dare un piccolo urlo, quando l’orgasmo sopraggiunse. Loki leccò un ultima volta prima di risalire soddisfatto, a guardare il mio volto sudato e rosso dall’eccitazione. Lo afferrai per le spalle e capovolsi la situazione, ora era lui sotto di me, in mio potere.
“Se sua Altezza permette” dissi, slacciandogli i pantaloni. Scesi verso la sua erezione turgida e pulsante, presi a torturarlo come lui aveva fatto con me. Accolsi il suo sesso nella mia bocca, e per la prima volta, durante i miei movimenti, vidi Loki abbassare tutte le difese, e rilassarsi. I suoi gemiti  di piacere e le mani che mi avvinghiarono la testa, mi diedero, devo ammetterlo, una certa soddisfazione. Quando meno me lo aspettavo, si alzò a sedere interrompendomi, mi afferrò per i fianchi e mi allacciò alla sua vita, facendo aderire tutto il suo corpo al mio. Finalmente anche il suo viso era tinto di un leggero rossore, i suoi capelli umidi, e gli occhi lucidi e vogliosi, almeno come lo erano i miei. Affamati ci guardammo, e non potendo resistere un attimo di più alle sue labbra, lo baciai ancora, ancora, e ancora.
“Sei cosi bello” gli sussurrai spostandogli una ciocca di capelli dal viso.
“Anche tu non sei male!” disse, incassando di buon grado il buffetto che gli diedi sulla guancia
“Dieci secondi fa, non mi pareva di essere “non male”” risposi strofinando in maniera audace il mio sesso contro il suo. Lo vidi socchiudere gli occhi in un gesto di malcelato piacere, e quando strinsi la mia mano attorno al suo membro eretto e bollente, gemette ancora.
“Non mi dica Altezza, che la sto mettendo in difficoltà” dissi
“Appena, appena” rispose con la voce che gli si strozzava in gola
“Posso andare avanti tutta la notte come un drago, Lo” lo ammonii avvicinando il suo sesso alla mia apertura
“Benissimo, non ho impegni stasera” rispose penetrandomi con un colpo secco. Due identici gemiti di piacere proruppero dalle nostre labbra. Iniziammo a muoverci con lentezza l’uno nel corpo dell’altra, senza riuscire a staccarci gli occhi di dosso. Persino i nostri respiri affannati si sincronizzano. Loki mi afferrò  le natiche accompagnando i miei movimenti del bacino con il suo, mentre io gli artigliavo la schiena. Qualche altra spinta e venni senza alcun pudore, chiamando il suo nome, si lasciò andare anche lui, e dopo un ultimo bacio crollammo esausti. Loki era un maestro, non c’era che dire. Mi aveva fatto sentire bella, desiderata e anche se per brevi istanti, mi aveva fatto sentire ancora amata. Lì nel suo letto, tra le sue braccia mentre mi tirava a sè per accoccolarci insieme tra le coperte di seta verdi, mettevo finalmente da parte il guerriero, perché Loki, anche senza dire una parola, aveva voluto la ragazza. Come io avevo voluto essere considerata per una volta solo una fanciulla, lui per una volta aveva voluto essere solo Loki, non il traditore. Solo Loki.
“Io sono pronto a ricominciare!” disse d’un tratto avventandosi di nuovo su di me. E fu beato oblio. Ridere, parlare, fare l’amore, fumare l’erba di Leda, e ancora ridere e fare l’amore. E’ stata la notte migliore della mia vita.
 
La luce del sole del primo mattino filtrava attraverso le tende semiaperte. In realtà ero sveglia già da dieci minuti, ma sentivo il penetrante sguardo di Loki su di me, e mi sarebbe dispiaciuto distoglierlo dai suoi pensieri. Era sexy persino quando aggrottava la fronte e seguiva il filo dei suoi ragionamenti, ed ero sicura che in quel momento avesse messo sù proprio quell’espressione. Con le braccia raccolte sotto il corpo, avevo dormito, quel paio d’ore che Loki mi aveva concesso, raggomitolata sotto il suo braccio, con il lenzuolo che mi copriva per metà. Quando lo sentii sospirare, chiesi
 “Che fai?” avevo la voce impastata dal sonno e gli occhi ancora chiusi.
“Come te la sei fatta questa?” chiese premendo un dito su di una cicatrice dietro la spalla. Aprii gli occhi e alzando la testa diedi un occhiata dietro la spalla. Il segno chiaro e la pelle cicatrizzata sottolineavano la presenza di un vecchio buco che mi aveva trapassato da parte a parte
“Oh, quella? E’ stata una picca!” risposi, facendo una complicata manovra per coprirmi con il lenzuolo.
“Una picca?” chiese Loki che parve non gradire il gesto di coprirmi, perché mi tolse il lenzuolo con un gesto secco, rabbrividendo mi avvicinai di più a lui
“Ah-ha. Mai visto lanciare una picca cosi bene. Un tiro pulito, preciso, al limite della gittata. Per fortuna non è stato un centro perfetto altrimenti non sarei qui a raccontartelo. Guarda” dissi girandomi sulla schiena e mostrandogli la stessa identica cicatrice, in asse perfetto con quella sulla schiena, spuntare nell’incavo della spalla “Un lancio da manuale!”
“Sembri quasi contenta” disse
“Bè rendiamo merito e giustizia all’impegno, no?”
“Questa?” chiese ancora, toccando quella sul fianco destro
“Questa me la sono fatta quando hanno incendiato l’Accademia.” Risposi cercando di scacciare via l’immagine delle prime tre cinte murarie che ardevano nelle fiamme. Le urla, i pianti di chi vedeva la propria casa andare in fumo in una manciata di minuti.
“Ehi, dove sei andata?” mi sussurrò all’orecchio. Risi al solletico che il suo respiro mi provocava, mi voltai su di un fianco e lo baciai, mi posò una mano sul sedere e
“E questi?” chiese strani segni su una chiappa,
“Questi … bè questi …” come diavolo glielo spiegavo senza sembrare una cretina?
“Ti conviene dirmelo perché sto pensando a una serie infinita di cose, dove tu sei costantemente nuda.” Disse premendomi su di se
“Oh mia Dea, sembri Benny sempre in piedi!!” strillai tuffandomi sotto le coperte nella direzione del nostro amico comune, ma nemmeno il peccato della lussuria riuscì a distogliere Loki da quegli strani segni
“Eh no, stellina, dimmelo o mi ammutino.” Disse tirandomi fuori dal lenzuolo
“E’ stato un drago!” dissi arrossendo fino alla punta dei capelli
“Un drago?” chiese, senza espressione
“Uno piccolo” risposi sempre più rossa
“Uno di quelli verdi, con gli occhi gialli, le ali, che sputano fuoco?” domandò
“Proprio quello”
“Mi spieghi come ha fatto un drago  a darti un morso su una chiappa?”
“Erano cuccioli, giocavamo e uno di loro mi ha dato un morso.”  il suo sopracciglio era talmente alto che quasi scomparve sotto i capelli. Era come avere a che fare con un bambino saccente e presuntuoso. Pensandoci Loki era proprio cosi
“Mostrami una cosa strana di te” chiesi di slancio mettendomi a sedere a gambe incrociate coprendomi
“Non sono già abbastanza strano cosi?” chiese stendendosi e portandosi le mani dietro la testa. Feci finta di rifletterci un attimo e risposi
“Bè superata l’antipatia iniziale, la tua ostinazione all’isolamento, il fatto che ci vogliono delle pinze per farti dire due parole in fila, quell’aria di superiorità e il tuo continuo e prolungato lamento su come la vita sia stata ingiusta con te, non sei poi tanto male. Cioè voglio dire, anche io non vorrei essere cosi figa e in gamba, ma che ci vuoi fare, ognuno ha la sua croce!” risposi sorridendo. Il ragazzo abbozzò una specie di sorriso,
“Non è qualcosa che mi piace mostrare agli altri. Escludendo Padre Tutto, nessuno ha visto questa parte di me, neanche Thor. Soprattutto Thor.” Attesi paziente, e all’iporvviso la pelle pallida di Loki, si colorò lentamente di una soffice sfumatura d’azzurro che in pochi secondi divenne blu. Il petto, il viso e le braccia, erano percorse da linee in rilievo, gli occhi da verdi divennero rossi come tizzoni infuocati. Un gelo, che mi fece drizzare i capelli sulla nuca, si sprigionava da quel corpo cosi diverso da quello con la quale avevo passato la notte. Con un po’di timidezza allungai una mano e l’appoggiai delicatamente sulle linee che percorrevano il petto di Loki, lo sentii trattenere il respiro e ritrarsi
“Non sei un mostro” sussurrai. Alzò la testa e mi fissò negli occhi con sguardo indecifrabile. Continuai a percorrere il suo corpo seguendo le linee che ne segnavano la pelle. Il solo tocco di un mio dito su quella pelle gelida era in grado di gelarmi l’intero braccio, ma continuai a disegnare su quel corpo che a mio parere non aveva niente di orripilante
“Perché non hai paura di me?” chiese d’un tratto. Alzai lo sguardo su di lui e gli sorrisi
“Forse perché conosco mostri molto più spaventosi di quanto non lo sia tu.”
“Mi stai dando del debole?”  sorrisi ancora
“No. Ma non credo che un vero mostro, abbia i tuoi stessi sentimenti.”
“Io sono diverso” Insistette. Distolse lo sguardo e facendo per alzarsi, ma lo fermai afferrandolo per una mano che gli premetti sul cuore
“Che cosa senti?” chiesi, alzò gli occhi al cielo scocciato
“Il mio cuore!” annuii con forza e gli misi la mano sul mio petto nudo. Rabbrividii a quel contatto , era davvero gelido
“Adesso cosa senti?” Sapevo che sentiva il battito accelerato del mio cuore sotto le dita. Sembrava talmente vicino da poterlo quasi toccare. Loki rimase in silenzio per qualche secondo a fissare la mano sul petto, vedeva come il freddo che emanava mi faceva venire la pelle d’oca; non la tolsi fin quando lui non mi rispose, e poco importava che il freddo cominciasse a mozzarmi il respiro
“Il tuo cuore” rispose alla fine con un filo di voce. Sorrisi soddisfatta
“Visto? Siamo uguali!” risposi rabbrividendo leggermente
“Stai diventando blu anche tu” ironizzò il ragazzo coprendomi con il lenzuolo e tornando lentamente all’usuale pallore
“Peccato, il blu è il mio colore preferito” dissi tornando volentieri a rannicchiarmi vicino a lui. Rimanemmo per parecchio tempo in silenzio, ognuno nei propri pensieri. Fissavo il volto di Loki, come a volerlo imprimere perfettamente nella memoria, lui guardava ostinatamente il soffitto, ma era lontano mille miglia da quella stanza. Per un attimo desiderai che il tempo si fermasse. Desiderai di non dover tornare a casa, di non dover combattere, salvare il mondo. Per un attimo pensai a me stessa a ciò che volevo. Per la prima volta dopo anni, mi ritrovai a pensare alle parole che mi disse il Maestro Jennay nel nostro ultimo incontro, “Potresti dare cosi tanto all’Accademia, e non come guerriero, ma come Maestro” Insegnare ai ragazzi, l’arte della guerra, insegnare i principi della via del guerriero, trasformarli da bambini in Cavalieri. Si, mi sarebbe piaciuto poter insegnare. Pensai ai miei compagni d’Accademia, la metà di essi era sparsa chissà dove sulla Stella a combattere, l’altra metà era morta da tempo, una piccola parte era passata ai comandi dei generali di Marek. Avevano barattato la lealtà verso la Stella, per una cosa effimera come la gloria in battaglia. A mie spese avevo capito che non si vive di gloria. La gloria non ti disseta, non ti da pace, esige solo altra gloria, che comporta altro sangue e altri morti, e io non ne potevo di morti, non ne potevo più di camminare sui cadaveri di nemici e compagni, non ne potevo più di lavare via il sangue, non sopportavo più l’odore delle carcasse in decomposizione. Mi alzai nervosa e mi passai una mano tra i capelli in disordine. La voce di Loki non fece altro che innervosirmi ancora di più
“Voglio vedere il tuo mondo. Sembra interessante”
“Interessante, certo. Quando non tenta di ucciderti.” Risposi
“Se venissi con te?” chiese fissandomi con i suoi occhi verdi e vibranti. Era convinto di ciò che mi chiedeva, e io ero convinta della risposta
“No Lo. Non posso permettertelo.” Risposi secca
“Perché? Potrei aiutarti, potremmo sconfiggerli insieme”
“Offriremmo solo un'altra occasione  a Marek per sconfiggerci. Cercherebbe di arrivare a me attraverso di te, e io non posso permettergli di farti del male. Non posso.”  “Basta morti sulla coscienza” pensai
“Io sono il Dio degli Inganni, Sanna. Non c’è niente che io non possa fare”
“Io so chi sei. Ma so anche chi è lui. So di cosa è capace, non si fermerà davanti a niente. Ho già perso troppo Loki. Non posso perdere anche te.” Con quell’ultima frase, mi scoprii completamente, ma non importava. Ero disposta a metterlo in fuga pur di convincerlo a rimanere ad Asgard dov’era al sicuro.
“Io non ho intenzione di perdermi” ironizzò.
“E’ la mia guerra Loki!” dissi mettendo fine al discorso. Mi voltai di spalle e raccolsi rapidamente i capelli nella solita treccia, feci per scendere ma Loki mi afferrò per la vita e mi trascinò giù
“Non andartene” biascicò mentre premeva il volto nell’incavo del mio collo. Sentii gli occhi commuoversi, ma ricacciando le lacrime indietro lo strinsi a me più forte che potevo. Facemmo di nuovo l’amore, ma stavolta Loki era diverso, rabbioso, o meglio quasi disperato, mi prese e s’insinuò in me come se ne andasse della sua stessa vita, mi fece male più volte, ma io non emisi un fiato. Era triste, come lo ero io, solo che io, per assurdo ero stata più brava di lui a nasconderlo.
“Perché il segno della freccia nella coscia, e lo sfregio al volto sono scomparsi e questi no?” chiese, dopo che fui crollata esausta su di lui
“Perché queste sono prima della maledizione. Per assurdo lei mi prosciuga la vita, ma mi dona, allo stesso tempo, il potere di rimarginare le ferite molto in fretta. A patto ovviamente che non siano troppo gravi!” risposi, scivolando lentamente verso il basso, lasciando una scia di baci bollenti sul suo torace. La sua erezione ancora nel pieno del suo vigore mi attendeva pulsante. Non lo feci attendere molto e lo morsi delicatamente non essendo ancora sazia di lui. Potevo sentire Loki gemere di piacere e inarcare la schiena quando liberò il suo seme caldo nella mia bocca. Strinsi le braccia attorno alla sua vita sottile e poggiai la testa sul suo ventre. Mi accarezzò dolcemente i capelli prima di dire
“Piaciuto lo spettacolo, ragazzi?” lo guardai sconvolta prima di scoppiare a ridere e risalire a baciargli quelle labbra di cui mi pareva non poter fare più a meno. La sua lingua cosi calda e morbida si attorcigliava alla mia come una bellissima danza, quando sentimmo un boato tremendo
“Va bene che sei stato bravo, ma una bordata mi pare un tantino esagerato per autocelebrarsi, non ti pare?” dissi saltando giù dal letto e seguendolo alla finestra. Il cielo azzurro era disseminato di macchie nere, come le crepe in un vetro spaccato. Qualcuno cercava di superare le difese di Asgard a suon di cannonate di magia
“Guai in vista” disse Loki allontanandosi per correre a vestirsi
“Sai che novità” risposi imitandolo, non prima di gettare però un ultima occhiata in tralice a quel cielo ferito. Infilai velocemente di nuovo una maglietta di Loki, lui non protestò solo perché era alla disperata ricerca dei pantaloni che gli avevo fatto sparire la sera prima, e che io recuperai da sotto il letto per lanciarglieli. Misi i guanti e le protezioni per gli avambracci, sistemai le spade dietro la schiena, allacciai le stelle del mattino alla cintura in vita, e seguii Loki fuori dalla stanza e giù per il corridoio.


Capitolo 10!!! Buonasera a tuttiiii e buone fatte feste!! Confesso, è la prima volta che scrivo una cosa erotica, a me sembra discreto, ma anche un basilisco crede di avere degli occhi bellissimi, poi vai a guardarli, eh bè.... fatemi sapere che cosa ne pensate, critiche costruttive e buoni consigli sono sempre ben accetti!! Ringrazio come sempre chi mi segue in silenzio e chi riesce a trovare due minuti per commentare, siete la mia forza!!! Buona serata a tutti, e alla prossima!!!!!  

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Capitolo 11
*** 11 Di Attacchi e verità ***


Tutte le guardie del palazzo si stavano mobilitando per prepararsi all’attacco, mentre gli altri abitanti del castello correvano ai ripari. In qualsiasi parte dell’universo, che un mondo fosse primitivo o tecnologicamente avanzato, dove vi regnasse la magia o la stupidità, sotto le prime avvisaglie di un attacco, il fermento in un palazzo o in un accampamento era sempre lo stesso: soldati che si armavano, bambini che piangevano, donne che mettevano in salvo i figli e gli anziani, era tutto un misto di preoccupazione, adrenalina, ansia, coraggio, un turbinio di emozioni sempre uguale a se stesso, sempre forte e prepotente. Quello era il preludio di ogni battaglia.
 Seguii Loki che correva a rotta di collo lungo i corridoi affollati, Sif spuntò da un corridoio laterale e ci raggiunse
“Che succede?” chiesi mentre la ragazza accordava il suo passo al nostro
“Non lo so. Thor è nella sala del trono …” a quelle parole Loki, invertì bruscamente la rotta e si diresse verso sinistra. Guardavo le spalle di Loki muoversi al ritmo della sua corsa, e i suoi capelli sciolti ondeggiare al vento, dovetti allungare il passo per stargli dietro, le sue gambe  erano molto più lunghe delle mie. Un
 enorme porta dorata a doppio battente, alta almeno quattro metri erano infondo all’ultimo corridoio, avvicinandomi potei vedere che era finemente decorate con scene di guerra, probabilmente episodi della loro antica storia,
“Loki, ti è proibito entrare, lo sai!” gridò Sif dietro di noi. Mi voltai di scatto e la vidi avvicinarsi guardinga mentre Loki si era bloccato di colpo davanti alla porta chiusa. Non capii,
“Perché?” chiesi rivolgendomi alla ragazza, che nel frattempo ci aveva superato e si apprestava ad oltrepassare il varco
“Perché il Padre degli Idei, non gradisce la sua presenza!” rispose  secca, prima di gettare un ultima occhiata a Loki
“Ma Thor potrebbe aver bisogno di lui” insistetti
“Thor ha già tutto l’aiuto che gli serve. Ci siamo noi.” Rispose, ed entrando chiuse la porta alle sue spalle. Loki rimase immobile fissando la porta chiusa davanti a lui per qualche altro momento, prima di fare dietro front e tornare da dove era venuto
“E questo che significa?” gli gridai seguendolo con lo sguardo
“Quello che vedi” rispose. No, non potevo accettare che voltasse le spalle cosi.
“No, fermati. Fammi capire” dissi afferrandolo per un braccio e costringendolo a girarsi verso di me. Si divincolò strattonando la mia presa, e mi guardò furioso con gli occhi lucidi
“Non c’è niente da capire Sanna. Niente! Il vecchio non mi vuole alla vista del suo unico occhio, ecco tutto!”
“Ma t..” dissi
“THOR NON HA BISOGNO DI ME!!” gridò voltandosi di nuovo. “Ma  io non stavo per dire Thor.” pensai Lentamente mi avvicinai, e prendendogli una ciocca di capelli gliela sistemai dietro l‘orecchio. Finalmente stava sfogando tutto il dolore che sentiva, per non essere riuscito a farsi comprendere dal padre, da suo fratello e da tutti gli altri, gettava fuori tutta la rabbia, il rancore, che provava da tanto, forse troppo tempo. Lui non voleva essere temuto, voleva solo essere amato per quello che era, un ragazzino timido ma geniale. Loki non era niente di ciò che tutti descrivevano. Lui non era un mostro, era solo un gradino più avanti degli altri, e gli altri questo non potevano sopportarlo, le storie narravano della poca propensione degli asgardiani a essere i secondi in qualcosa. Cercò di nascondermi il suo volto, ma non glielo permisi
“Non devi vergognarti di me. A me, tu, non devi dimostrare nulla.” Dovetti alzarmi sulle punte per accogliere la sua testa tra le braccia
“Fagli capire che non sei il mostro che loro credono che tu sia. Mostragli che puoi essere migliore.”  gli sussurrai all’orecchio
“Lui mi ha allevato per usarmi” insistette serrando i pugni
“Tu hai cercato di ucciderlo, direi che siete pari!” Lo guardai negli occhi e gli sorrisi incoraggiante. Rimase in silenzio qualche momento prima di rispondere
“Il Dio degli Inganni che si lascia abbindolare da una ragazzina imbranata e bassa. Che brutta fine che ho fatto”
“Fatti abbindolare per altri cinque minuti, allora” dissi tirandolo per una manica e aprendo con un gesto teatrale della mano la porta a doppio battente, che si spalancò per lasciarci passare
“Perdonate il ritardo!” dissi mentre avanzavo sicura lungo la navata, con passo marziale. Loki rimase indietro, molto indietro. Senza scompormi, con l’indice a uncino lo tirai verso di me e lo spinsi con la magia a camminare.
“Carogna” sussurrò quando mi si affiancò. La navata sembra infinita, rimasi estasiata da tutta quella magnificenza: grandi colonne dalle basi ottagonali scolpite con motivi geometrici salivano fin su a reggere le ampie vele delle volte a crociera, a intervalli di una coppia di colonne grandi bracieri in pietra, in quel momento spenti, dovevano illuminare la sala di notte, mentre di giorno le finestre che davano sulla città facevano passare la luce del sole che andava a infilarsi nei pannelli traforati, creando dei giochi di luce sul pavimento lastricato di lucido marmo. In fondo alla sala, su un rialzo formato da cinque gradini, c’era la tentazione di Loki, il trono di Asgard. Sull’alto seggiolo, dal dubbio gusto estetico, sedeva il padre degli Idei, suo figlio e i suoi guerrieri attendevano sul fondo della scale che conducevano ad esso. Notai come Sif e gli altri misero mano alle spade nel vedere avanza il traditore, mentre la faccia di Thor era tra lo stupito e il preoccupato. L’espressione di Odino, era qualcosa di indecifrabile. Arrivati nel punto in cui ci dovevamo inchinare al re, Loki non lo fece, rimase dritto con le mani giunte in avanti, ad attendere. Io portai il ginocchio destro a terra, dopotutto il vecchio orbo era sempre un re
“Padre degli Idei..” dissi a mo di saluto. Lui non mi degnò nemmeno di uno sguardo, il suo unico occhio era fisso sul figlio. Dopo un tempo che mi parve infinito, dove nemmeno Thor ebbe il coraggio di aprire bocca finalmente Odino parlò
“Perché appena volto le spalle non create altro che guai?” chiese Odino indicandomi
“E’ arrabbiato con me per caso?” bisbigliai ironica a Loki
 “Benvenuta nel club” rispose il moro inclinando appena la testa verso di me. Thor ci fulminò con lo sguardo prima di rispondere al padre
“Padre, lei è Sanna della Stella di Dlym, è qui …”
“So benissimo perché lei è qui, sono ancora io il re!” gridò Odino,
“Vecchio, orbo e attaccato alla poltrona, ho sempre tutte le fortune” pensai
Mio padre ti adorava”
“Tuo padre era l’eccezione che conferma la regola, infatti!”
“La ragazza è sotto la custodia di Loki, Padre e ….” Disse Thor ma Odino proruppe in una risata volgare
“Sotto la custodia di un prigioniero sotto custodia, Thor mi aspettavo molto di più da te!” disse Odino. Thor strinse i pugni
“Loki non è un prigioniero padre. Lui è ancora un principe di Asgard!” rispose il ragazzo con forza. Odino si alzò di scatto battendo il suo grande bastone sul pavimento
“Lui è un traditore della sua stessa casa! Perché ti fidi ancora di lui?” gridò Odino ancora più forte. Loki apparentemente continuava a non scomporsi, si grattò, invece, una guancia in maniera annoiata.
“Perché c’è ancora del buono in lui” disse Thor guardando verso il fratello e me. Ebbi la strana sensazione di essere stata sorpresa con le mani nel sacco.
“C’è del buono in me?” chiese sarcastico Loki
“In fondo. Molto in fondo.” Risposi. Un secondo assordante boato interruppe la discussione. L’intera sala tremò sotto il rumore, polvere e calcinacci vennero giù dal soffitto, il pavimento vibrò terribilmente e un paio di colonne crollarono al suolo con uno schianto. Loki mi afferrò per un braccio e mi protesse con il suo corpo; sotto la sua chioma corvina, potei vedere come Odino aveva sgranato il suo unico occhio a quel gesto inusuale del figlio. Notai anche come con il suo sguardo cercò solo Loki e non anche Thor. Mi bastò una frazione di secondo per capire che quello era lo sguardo di un padre che amava ancora il figlio, ma che s’imponeva di dovergli insegnare qualcosa.
“Stai bene?” chiese Loki. Annuii con la testa, e mi avvicinai a una delle finestre. Il cielo si copriva sempre più di crepe violacee, il sole veniva oscurato dalle nubi, e l’aria era carica di elettricità
“Che succede?” chiese Loki avvicinandosi
“Stanno cercando me. Marek sa che sono viva.” risposi
“Come ha fatto a …” non lo lasciai finire e mi rivolsi a Sif perentoria
“Lady Sif, vi siete lasciati sfuggire qualche prigioniero Yrept per caso?”
“Certo che no!” rispose
“Ne sei assolutamente certa?” insistetti
“Assolutamente!” rispose fiera. Detestava che qualcuno mettesse in dubbio le sue parole, figurarsi una ragazzina come potevo esserlo io ai suoi occhi
“Allora qualcuno è tornato indietro” dissi più a me stesse che agli altri
“Come?” chiese Thor che nel frattempo si era avvicinato.
“Quando Ony ha visto che ero viva, può aver semplicemente ordinato a qualcuno dei suoi di riattraversare il portale e riferirlo ad Argan.” Risposi massaggiandomi la radice del naso
“Sanna, mi dispiace dirtelo, ma nessun posto è al sicuro se ci sei tu. Se vuoi proteggere questa gente devi andartene, e farlo alla svelta.”
“Noi sappiamo quanto sia difficile per te, ma devi dire ad ….”
“Lo so.”pensai mentre sentivo una stretta allo stomaco. Tornai a guardare il cielo. Le difese di Asgard resistevano bene, questo giocava a nostro favore.
“Thor, le difese di Asgard sono forti e potenti. Resisteranno per qualche altra ora, ci daranno il tempo di organizzare difese e attacchi. Prepara l’esercito, schierate i vostri uomini su tutti i confini, se una lucertola oltrepassa il cordone di sicurezza, voi dovete saperlo. Mettete i civili a riparo, ma chiunque sia in grado di impugnare una spada che ne se procuri una. Chiamate rinforzi da altri mondi se necessario, più siamo, meglio limiteremo i danni.” Odino non parve gradire la mia presa di potere
“Sono ancora io il re!” gridò furioso. Non mi lasciai intimidire e risposi in maniera educata ma autoritaria
“Mi dispiace Altezza, ma io sono abituata a prendere il comando e a scavalcare il re in persona se il caso lo richiede. E mi creda questa è l’occasione adatta. Seguite i miei ordini e forse ne usciremo senza troppi danni. Non lo fate e io non me ne assumerò la responsabilità” dissi facendo per uscire dalla sala ma Odino mi gridò contro
“E’colpa tua se siamo in questa situazione! Loro sono qui per te!” mi fermai e mi voltai verso di lui, aveva dannatamente ragione
“Infatti Altezza, sto cercando di rimediare a tutto questo!” 
Tornai di corsa nelle stanze di Loki, afferrai la sacca con i pezzi dell’armatura e cominciai a indossarli. Allacciai i gambali che erano stati tirati a lucido, la lucidatura aveva rivelato le eleganti incisioni che la decoravano, lunghi e articolati ghirigori che si arrampicavano su per i bordi dei pezzi, sistemai le protezioni in acciaio sui fianchi sotto la cintura delle armi, e ciò che rimaneva della mia corazza, ovvero solo la parte che andava a protezione del petto che si allacciava tramite fibbie di cuoio che la univano agli spallacci. Tornai sulla terrazza a scrutare il cielo e l’andirivieni di soldati che si preparavano alla battaglia. Infilai una mano sotto la corazza e afferrai l’anello di Saul rigirandomelo tra le dita
“Non ancora”
“Non ancora.” Ripetei.
 “Chi sono?” chiese Loki raggiungendomi
“Ha mandato gli Ossidiani.” Risposi continuando a giocherellare con l’anello
“Gente cordiale immagino” aggiunse sarcastico, ma quando vide la mia faccia perse tutta la voglia di scherzare
“Che succede?” chiese. Incrociai le braccia al petto e trassi un profondo respiro
“Succede che sono stanca di combattere. Sono stanca di portare scompiglio ovunque io metta piede. Stanca di essere minacciata e braccata come un animale. Più lui non riesce ad arrivare a me, più si vendica con chi mi è intorno. Mi ha mandato contro tutti gli eserciti della Stella, Yrept, uomini, orchi, Ossidiani, e io glielo rimandati indietro tutti, ma a prezzo di troppe vite.”
“Che cosa vuole da te?” chiese, emisi un buffo suono tra un sorriso e uno sbuffo
“Non lo so. La mia vita, il mio potere, il mio sangue, non ne ho idea. L’unica cosa che ha preso fin ora è stata la pazienza, non ne ho più neanche per allacciarmi la cintura. “Sei venuta alla luce sul campo di uno scontro, allevata per prepararti alla battaglia, consacrata alla guerra. Vivi per nient’altro che la guerra”. Non hai neanche idea di quante volte io abbia ascoltato queste parole, e di quanto queste parole mi abbiano stufato: guerra, guerra e ancora guerra. Morte, distruzione, non c’è spazio per nient’altro, solo sangue, ferro e ossa. Prima di precipitare qui, non ricordavo più nemmeno il calore del sole sulla faccia, com’era piacevole dormire senza dover tenere un occhio aperto, parlare con qualcuno senza dovermi guardare le spalle. Camminare per strada senza potermi fidare di chi mi stava al fianco. Tu hai ragione a essere arrabbiato con tua padre, ma almeno lui ti ha allevato perché tu fossi un mezzo per portare la pace. I miei mi hanno dato alla luce consapevoli che io ero destinata alla distruzione. ” Vidi la strana espressione che fece Loki a quella rivelazione ma non fece domande, si limitò a dire
“Mi hai detto che non sapevi se saresti riuscita a essere qualcos’altro oltre a un guerriero.” Sorrisi amara
“Ma non ho mai detto di non voler essere altro. Lo, combatto da quando avevo dieci anni. Ho impugnato più spesso armi, che giocato con le bambole. Ho più tatuaggi e cicatrici, che abiti. Ho vissuto la guerra molto più a lungo della pace. Gli anni dell’Accademia sono stati più di quelli che ho vissuto fuori da essa.” Appoggiai le mani alla balaustra e lasciai cadere la testa tra le spalle esausta, Loki aspettò qualche minuto prima di tirarmi a se e abbracciarmi. Affondai il viso nel suo petto e inspirai il suo profumo
“Sono stata io stessa ad andare contro il mio destino. Sono io che ho scelto di combattere contro il lato oscuro che è dentro di me e a cui ero destinata, ma se potessi scegliere se restare o andare, se potessi rimane qui tra le tue braccia, ti giuro che lo farei. Ma non posso farlo.” Non avevo il coraggio di guardarlo in faccia, ma mi strinsi a lui più che potevo
“Uccidilo” mi bisbigliò ad un orecchio. Alzai lo sguardo e incrociai i suoi occhi tristi. Sapeva benissimo che probabilmente non ne sarei uscita viva. Combattevo una forza molto più grande della mia, ma lui nonostante tutto credeva che avessi una possibilità, e se ci credeva lui, forse potevo crederci ancora anche io. Sentii le sue mani scivolarmi sui fianchi e lentamente circondarmi la vita. La sua presa era salda, mi attirò a se e mi posò un dolcissimo bacio sulle labbra. Le mie mani percorse il suo torace altrettanto lentamente fino ad allacciarsi dietro la nuca di lui.
 
Qualcuno osservava la strana coppia con la stessa dolcezza con cui, probabilmente, l’avrebbe osservata Frigga. Jane era fuori dalla sua stanza intenta ad annotare sul suo inseparabile quaderno nero, tutto ciò che in quel momento accadeva nei cieli di Asgard. Un cielo di quel colore lei non lo aveva mia visto, e anche per una midgardiana , quel colore non suggeriva nulla di buono. Thor si stava preparando ad un possibile attacco, e lei odiava quando Thor si allontanava per andare in battaglia, temeva sempre che il suo amato dio biondo non facesse più ritorno da lei, ma per fortuna non era mai accaduto, Thor era sempre tornato, stanco, ammaccato, ma sempre vivo, e spesso Thor le aveva raccontato come un reticente Loki era stato indispensabile alla buona riuscita di quelle missioni. Jane conosceva la frustrazione di Loki nell’essere l’eterno secondo, e si rallegrò quando lo vide stringersi a quella strana ragazza per la quale lui era il primo.
“Finalmente Loki, ha trovato qualcosa d’importante!” disse Jane sorridendo
“Che cosa intendi dire?” chiese Thor mentre sistemava l’armatura aiutato da alcuni scudieri, che a un cenno della sua mano si congedarono all’istante. Il Dio del Tuono raggiunse la sua compagna sulla balconata fiorita, tentò di non guardare il cielo violaceo che minacciavano la sua amata città, ma cercò di concentrarsi sul candido sguardo di Jane
“Guarda” la ragazza indicò con la testa qualcosa a poche braccia da loro, non troppo lontano da non riuscire a distinguerne le figure,
“Ehm, quello è mio fratello?” chiese Thor senza credere ai suoi propri occhi
“Chi altro ti sembra?” chiese Jane sorridendo all’espressione dell’amato
“Non posso crederci” continuò
“Perché?” chiese ancora la ragazza
“Perché non sarebbe mio fratello” rispose sicuro il Dio
“Che cosa intendi dire? Che Loki non è capace di amare?” chiese la ragazza inarcando le sopraciglia
“Ha serie difficoltà nel farlo!”
“A me pare sulla strada giusta!” concluse a ragazza sorridendo. Ma Thor pareva molto contrariato da ciò che aveva visto, strinse i pugni e grugnì
“Dovevo lasciare quella ragazzina in prigione. Non dovevo permetterle di avvicinarsi a Loki!”
“Mi stai dicendo che avresti lasciato Sanna a marcire nelle prigioni di Asgard, senz’appello?” chiese Jane  stupita da quell’atteggiamento
“Mio padre ha ragione, non ha portato altro che guai. Eravamo in pace prima che arrivasse lei, ora invece abbiamo subito due attacchi in tre giorni. Quella ragazza porta più grane di quello che vale!” Thor rientrò nella stanza e si accasciò su una poltrona, coprendosi gli occhi con una mano.
“Thor, non ti ho mai sentito parlare cosi! Che ti è successo?” chiese  Jane  fissandolo, cercando una giustificazione per quelle parole cosi dure, e quella arrivò come un lampo al ciel sereno, era talmente ovvia che la ragazza non si stupì di non esserci arrivata subito. La spiegazione era nascosta molto bene, sotto il suo naso.
 “Thor, Loki non smetterà di essere tuo fratello solo perché Sanna gli è piombata tra capo e collo”
“Gli è bastato scoprire che non lo siamo davvero, per cancellare anni di vita passati insieme. Qual è la differenza adesso?”
“La differenza è che Loki ora sa quanto tu lo ami, e quanto sei disposto a sacrificare pur di stare dalla sua parte.”
“E se questo non gli bastasse? Se non bastasse a tenerlo al mio fianco?”
“Thor, non siete più bambini, ognuno di voi ha la propria strada. Loki ha bisogno di qualcosa che sia interamente suo. Anche se tu non lo vuoi, anche se cerchi con tutte le tue forze di non far incombere la tua ombra su di lui, lui si sente schiacciato lo stesso. Ha un complesso d’inferiorità di dimensione pantagrueliche, e fin quando tu non gli darai la libertà e la tua completa e vera fiducia, lui non troverà mai la pace!”
“Ha tutta la libertà che vuole qui!”
“Poter girovagare  tra le sole mura della sua stessa casa non mi pare una grande libertà.”
“Non posso concedergliela. Non è pronto. Non finche non farà i conti con la sua colpa”
“Thor, Loki vive di sensi di colpa. Lui è un controsenso di continuo. Lui non vuole essere temuto, vuole solo essere rispettato, avere un po’ della tua grandezza, un po’ di quello stesso amore che tuo padre ha per te. Quante volte ti ha ingannato, e quante volte, seppur desiderando ardentemente la vittoria più di ogni altra cosa, si è sempre tirato indietro alla fine? E non perché non fosse abbastanza forte, o bravo, ma perché non aveva il coraggio di tradire fino in fondo quel fratello che amava, e che ama ancora anche se cerca in tutti i modi di non darlo a vedere. Lui voleva solo essere trattato come te. Voleva solo una possibilità per dimostrare di essere alla tua altezza.” Thor fissò la sua ragazza negli occhi, e in cuor sapeva che le parole di Jane non erano parole dette a caso. Da quando Jane aveva accettato di vivere ad Asgard, la ragazza aveva cercato in tutti i modi di stabilire un qualche tipo di rapporto con il Dio degli Inganni, c’era voluto tempo, pazienza e fatica, ma alla fine la mortale era riuscita a aprirsi una piccolissima breccia nel muro che Loki aveva eretto tra se e il resto del mondo. Con l’intelligenza che la contraddistingueva era riuscita dove Thor aveva fallito: capire di cosa avesse davvero bisogno Loki. In certi momenti, Thor era geloso del rapporto che i due avevano instaurato, lui ci aveva messo una vita intera per capire il fratello, e dopotutto quel tempo ancora non riusciva a comprendere molti dei suoi atteggiamenti, Jane al contrario, in pochi mesi aveva imparato a leggere tra le righe, a interpretare i silenzi di Loki, riusciva a capire da che verso prenderlo, i loro erano duelli psicologici, e Loki in Jane aveva trovato una degna avversaria. Thor sorrise a quel pensiero, e anche se una piccolissima parte di se bruciasse di gelosia, era felice di avere una cosi forte alleata per tenere testa al fratello
“Andrà via con lei?” chiese in un sussurro. Jane in una frazione di secondo prese in seria considerazione l’idea di mentirgli, ma preferì non farlo, Thor non poteva affrontare due ingannatori, optò, per quanto la cosa potesse ferirlo, per la verità
“Ci ha pensato.”

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Capitolo 12
*** 12 ***


Quello era il momento della battaglia che preferivo: la calma prima della tempesta. L’aria satura di elettricità, il profumo cosi caratteristico che emanava la terra poco prima di un temporale, lo sferragliare delle armature, il cozzare delle armi, gli zoccoli dei cavalli sul terreno, il suono cosi chiaro della mola per affilare spade , pugnali e lame,  il silenzio ovattato privo di parole, l’urlo sommesso del vento attraverso le fessure, il volo circolare degli uccelli, il suono  dello sventolare delle bandiere. Lampi di luce violetta cadevano a intervalli regolari di pochi minuti, i soldati asgardiani erano quasi tutti con il naso all’insù verso il cielo che diveniva sempre più viola, sempre più pesante e terribile. I loro sguardi preoccupati non erano diversi da quelli dei guerrieri della Stella, dopotutto la guerra, la battaglia e la morte erano uguali dappertutto, in qualunque parte dell’universo, non c’era un buon modo per morire, forse esiste un buon giorno per farlo, ma non c’è un buon modo. Un buon modo per dire ai tuoi figli o a tua moglie che non li vedrai mai più, che non li vedrai crescere o accarezzare, non c’è un buon modo per dire ad un amico che non godrà più della tua compagnia, a una madre che non sentirà più la voce di suo figlio. “Quando ti tocca, ti tocca”era la frase che mi ripetevo come un mantra, tutte le volte che seppellivo un compagno.
 In piedi sulla terrazza della sala del trono, le braccia incrociate sotto il petto, fissavo il cielo con sguardo grave: il sole era ormai completamente coperto dalle nubi grigie che accompagnavano gli Ossidiani, il resto del cielo era divenuto di un viola malsano, i boati che fino a poco prima riempivano l’aria erano cessati di colpo, il che non lasciava presagire nulla di buono, almeno le difese di Asgard resistevano bene
“Ci metteranno tutto il giorno” sbuffai massaggiandomi la radice del naso.
“Impaziente?” chiese Loki mentre attraversava la sala  con un fagotto dalla  lunga forma nelle mani
“Odio aspettare i loro comodi….” dissi voltandomi e rimanendo di stucco. Loki era il tipo di uomo bello anche se indossava uno straccetto sporco. Fino a quel momento lo avevo sempre visto indossare anonimi pantaloni e ancor più anonime casacche. In quel momento invece, era a dir poco regale: indossava un pantalone di pelle nera che sembrava cucito su di lui (come tutto il suo guardaroba a quanto pareva), il torace era coperto invece da una casacca che gli arrivava fino al ginocchio, anche quella in pelle nera ma decorata con del verde e inserti in oro sulle maniche,  sopra di questa un soprabito senza maniche sempre in  pelle nera, con pettorali e spalline bordate in oro. Aveva i capelli tirati indietro sulla fronte e  sciolti che gli ricadevano ubbidienti sulle spalle. Mi si secco la gola a guardarlo, e non potetti fare a meno di mordermi un labbro alla tentazione di saltargli addosso e farlo gridare di piacere
“Sif sta sbraitando nell’armeria le ultime disposizioni” disse facendomi un’ occhiolino carico di doppi sensi
“Scusa se ho scavalcato Thor e Odino, ma siete completamente impreparati ad affrontare questo nemico.” Dissi cercando di guardare il suo volto e non qualcos’altro di lui
“Scusa? Mettili alla berlina più spesso, piuttosto” disse sorridendo ancora. Tornai a guardare il cielo che pareva volerci crollare sulla testa,
“Stai bene?” chiese Loki in tono piatto mentre mi circondava da dietro con le braccia, istintivamente appoggiai la fronte al suo mento
“Mi dispiace di aver creato tutto questo casino” dissi
“Vieni più spesso. Ci si annoia a morte quaggiù” abbozzai un sorriso e mi alzai sulle punte per raggiungere le sue labbra, e nonostante fossimo nella sala del trono dove chiunque, da Odino all’ultima delle serve potessero vederci, si lasciò baciare docile come un cucciolo
“Lo, ti giuro che …” iniziai, ma non mi fece finire
“Non giurare. Crea aspettative.” disse
Lo guardai dritto negli occhi, e cercai di dirgli tutto ciò che lui non voleva ascoltare, mi guardò per un momento  prima di  porgermi il fagotto che aveva con se. Lo srotolai delicatamente, e ne uscirono le mie spade. Sgranai gli occhi a vedere come quelle brillassero di luce propria
“Ti ho fatto rifare il filo. L’armaiolo non ha mai visto una lama cosi brillante, ho dovuto minacciarlo affinché si sbrigasse.”
“Acciaio bianco e cristalli di ghiaccio di Retwin, non c’è niente di meglio sulla Stella, che una lama forgiata dagli Invernali.” Dissi più a me stessa che a lui, brandendo le spade. Più corte di una spada normale, ma più lunghe di un pugnale, dalle punte leggermente ricurve verso l’interno, con un doppio filo di lama a destra e a sinistra della scanalatura, senza guardia. Una portava uno strano foro alla base della manica dell’elsa,  la gemella  invece era provvista di un buffo pomolo cilindrico. Vidi che Loki guardava curioso, e non lo feci attendere molto: unii le due else delle spade in modo da farle divenire una specie di lancia a doppia lama. Le feci roteare un paio di volte nelle mani e fra le dita, prima di staccarle con un  gesto e con un movimento fluido rinfoderarle dietro la schiena
“Ingegnoso” disse Loki osservando la manovra, feci per avvicinarmi a lui ma fui interrotta da Odino che entrava seguito da Thor, Sif e dal resto dell’allegra brigata
“L’esercito è schierato e pronto a qualunque attacco!” disse Thor
“Speriamo” sussurrai a voce bassa in modo che solo Loki potesse sentirmi, ma non mi accorsi che lui era troppo impegnato a tenere il suo sguardo fisso sul padre che a sua volta teneva il suo incollato al figlio
“Comunicazione proprio zero, eh?” disse Sabira sarcastica
“Sei l’ultima a poter parlare” risposi, ma prima che potessi aggiungere altro imprecai “Dannazione” ancora una volta la realtà fu distorta da un violento e improvviso capogiro, la familiare morsa d’acciaio che mi arpionava le viscere, e l’Occhio che mi conduceva in un posto nuovo. Ma quella volta non mi mostrò nulla, mi fece solo udire strascichi di una conversazione. Una voce fredda e fin troppo calma mi risuonò nelle orecchie
“Mettiti al comando degli Ossidiani, abbatti le difese di quell’insulso mondo, e porta qui mia sorella” una seconda rispose. L’avevo sentita poche volte, ma mi erano bastate per desiderare di non incontrarne mai più il proprietario. Una voce bassa e rauca come soffocata, senza inflessioni o sfumature,
“Viva o morta?” domandò
“Viva. Non torcerle neanche un capello, ma uccidi chiunque la protegga o la nasconda!”
“Si opporrà.” Rispose l’altra
“Usa le tue tecniche di persuasione per convincerla. L’immaginazione non ti manca.” Una pausa, in cui udii distintamente dei passi allontanarsi su di un pavimento di pietra
“Ah un'altra cosa: sbarazzati di quello pseudo Dio degli Inganni!”
Ripresi aria come se fossi stata per troppo tempo sott’acqua, ero distesa fra le braccia di Loki, che probabilmente mi aveva afferrata al volo impedendomi di cadere. L’occhio pareva volermi schizzare fuori dall’orbita, e non riuscivo a trattenere i conati di vomito. Sentivo intorno a me la frenesia di chi non capiva cosa stesse succedendo, quando, finalmente, misi a fuoco il volto di Loki, e lo vidi teso e preoccupato, gli afferrai la mano che teneva premuta sul mio petto e la strinsi per rassicurarlo
“E’ tutto ok” biascicai mentre cercavo di rimettermi in piedi
“Che cosa hai visto?” chiese sottovoce. Lo guardai per un lunghissimo attimo.
“Qualsiasi cosa esca dallo Stargate, tu devi stargli lontano, hai capito?” dissi afferrandolo bruscamente per il bavero
“Che significa?” domandò notando fin troppo bene il mio repentino cambio di tono
“Significa che non ti voglio tra i piedi, è chiaro?” dissi stringendo gli occhi con rabbia. Avrei preferito mille volte sprofondare piuttosto che rivolgergli parole tanto dure e ingrate, e vedere la sua espressione triste, divenire fredda e allontanarsi a poco a poco, ma era l’unico modo che avevo per tenerlo alla larga da me. Se a capo degli Ossidiani, stava arrivando Acate, allora dovevo far finta che tutto ciò che era successo con Loki, tutto ciò che sentivo per lui, non era mai esistito. Bastava un solo attimo di debolezza, per perdere di nuovo tutto. Con la coda dell’occhio vidi delle strane nuvole ammassarsi in un unico punto, appena fuori dal centro della città, l’ammasso vorticava su stesso sempre più velocemente fino a prendere la forma dello Stargate; dovetti fare appello a tutte le mie forze per superare Loki senza degnarlo di uno sguardo, e correre attraverso la sala del trono, diretta alla bocca di quell’inferno.
“Ci siamo. Ci hanno messo meno tempo del previsto, ma ci siamo!” pensai mentre correvo a velocità folle attraverso il palazzo e  giù per la città scavalcando ad ampie falcate soldati e ostacoli
“Marek ha messo in campo l’artiglieria pesante eh” disse Saul mentre continuavo a correre come un ossessa
“Quando mai non lo ha fatto?E’ disposto a tutto pur di ottenere ciò che vuole!”
“Se c’è una cosa che ammiro di tuo fratello, è la determinazione!”
“L’ostinazione, piuttosto”
“A parte gli omini asgardiani, hai un piano per affrontare la belva che uscirà da quella porta, vero?”
“Certo che ho un piano!” pensai mentre con un elegante scivolata mi fermai a un centinaio di metri dal passaggio
“Ebbene?” chiese Kan, vedendo che non riprendevo il discorso
Improvviserò!”
“Ah bene. Signori, fine turno!”
“Rimanete ai vostri posti!” gridai ai soldati, visibilmente intimoriti da ciò che stava accadendo nel loro cielo “Qualsiasi cosa esca da quella porta, voi non arretrerete. Difendete la vostra città!!” Sfoderai le spade e mi preparai a ricevere gli indesiderati ospiti. La terra mi tremava sotto i piedi, un vento rovente si era alzato, da qualche parte sentivo i vessilli di Asgard sbattere, un silenzio irreale si era impadronito della città, un silenzio rotto solo dal turbinio di quel portale, ma mentre tutti guardavano terrorizzati la porta delle stelle io riuscivo a pensare solo a una cosa
 “Ti supplico lui, no. Prendi me, ma non lui!”
Un boato scosse di nuovo la terra creando una crepe nel terreno, la guardai aprirsi tra le gambe degli asgardiani che arretrarono di qualche passo per non cadere nella frattura qual’ora si fosse aperta, una forte scossa di luce violacea tanto forte da costringerci a schermarci gli occhi con un braccio e dal turbinio di magia di fronte a noi, fu sputato un informe massa nera, che volò per qualche metro, prima di toccare terra e rotolare goffamente verso di me, mentre gli asgardiniani serravano i ranghi. Feci un passo in avanti roteando le spade tra le mani, chiunque fosse stato vomitato fuori dal portale non accennava a muoversi, era li immobile coperto interamente da quello che pareva essere un vecchio mantello nero, mi voltai per gettare un occhiata interrogativa a Loki, ma mi accorsi che lui non mi aveva seguito. Respirai forte cercando di non pensarci e mi avvicinai lentamente, la figura si mosse appena girandosi su un fianco gemendo leggermente, le puntai la spada addosso
“Hai tre secondi per dirmi chi sei” dissi. Una mano bianca dalle unghie laccate di nero spuntò dal mantello agitandosi violentemente, mentre una voce soffocata cercava di farsi spazio tra le pieghe del tessuto. Thor, Sif e gli altri nel frattempo mi avevano raggiunto, di Loki non c’era traccia.
“Aspetta, aspetta” sentii da sotto il mantello. Alzai gli occhi al cielo, stanca di attendere e le strappai di dosso il manto. Una cascata di riccioli candidi come la neve le ricadevano davanti a un viso dipinto di bianco illuminato da un paio di sottili occhi viola cerchiati da un spessa linea nera, e labbra a bocciolo rosse. Il naso sottile e le guance paffute, lo sguardo vispo e furbo di chi non conosce la parola arrendersi,
“Ferma San, sono io!” la voce squillante di una ragazzina ancora acerba,
“EVEN!” gridai sorpresa e felice. Lei sfoggiò il suo miglior sorriso e mi saltò letteralmente in braccio. Sommersa da quella massa di riccioli crespi, inspirai a pieni polmoni il suo profumo: legno bruciato e freddo. Il profumo di Retwin. La tirai via verso gli altri per evitare che la sua esuberanza ci facesse avvicinare troppo alla forza violenta dello Stargate, che non accenna a richiudersi
“Come diavolo hai fatto ad arrivare fin qui?” chiesi, passandole le mani sul viso liberandola dai capelli, la sua risata cristallina mi riempiva il cuore di una gioia infinita
“Non è stato per niente semplice, e …e…”
“Quando comincia a tentennare sono guai in arrivo!”
“Che casino avrà combinato adesso?” In effetti i miei amici non avevano torto. Even era un buon guerriero, ancora lontana dall’eccellenza, ma era in gamba, astuta e fin troppo ardita, anzi era proprio il suo ardore a non permetterle di andare avanti nella sacra arte della guerra. Si lasciava troppo condizionare dalle emozioni, dalla rabbia, si gettava a capo fitto in qualsiasi missione senza riflettere, senza pensare alle conseguenze, e questo poteva essere fatale per un guerriero. Non aveva alcun remora o timore, nemmeno della morte, ed era un male. Fino a quel momento la ragazza se l’era cavata perché dannatamente fortunata, ma non poteva sempre sperare nella fortuna.  Un'altra scossa e con un portentoso grido di guerra un enorme cavallo ambrato oltrepassò lo Stargate. Il suo cavaliere era l’ultima persona che mi sarei aspettata di veder piombare ad Asgard. Mi voltai verso Even come una furia
“Ti sei tirata dietro Gurvarth?” chiesi dandole uno scappellotto dietro la nuca alla quale rispose con un infantile “AHI!”
“Sei un pessimo vice comandante!” ringhiai mentre tornavo a prendere la mia posizione
“Ma io sono solo un povero Apprendista!” piagnucolò lei ancora massaggiandosi la testa
“Guarda che se non era per lei con il cavolo che te ne andavi da qui!” disse Gurvarth scendendo da cavallo e avvicinandosi. Alto quanto Loki, ma più muscoloso, una zazzera di capelli corti castano chiaro, incorniciavano il viso di un quarantenne nel pieno del suo vigore fisico, naso pronunciato e mascella quadrata, occhi color  nocciola, piccoli ma incredibilmente vivi, la pelle abbronzata di chi vive al sole per la maggior parte dell’anno. Indossava un largo pantalone di tessuto marrone, mentre il torace, nudo e scolpito, era attraversato da una doppia cintura di pelle alla quale erano assicurati i suoi pugnali da combattimento. Mi massaggiai con vigore la radice del naso, stavo cominciando davvero a non capire più un accidente di ciò che stava succedendo
“Devo ammettere che Argan ha scelto proprio un bel posto per rinchiuderti!” disse il guerriero guardandosi intorno. Aveva l’espressione di un turista in gita
“E tu che ne sai?” chiesi piccata, mi guardò facendo spallucce
“Oh andiamo, sparisci per dei giorni, e visto che io non ti ho uccisa, non ci vuole un genio per capire che ti sei fatta fregare, per la seconda volta. Non riesco ancora a capire come un imbranata come te sia potuta divenire comandante! Sfido io che state perdendo!” disse l’uomo guardandomi con sufficienza
  “Si può sapere che diavolo ci fai qui?” chiesi di nuovo rivolta a Gurvarth, levando la spada contro di lui, ma Even s’intromise
“No, San aspetta! Gurvarth, è dei nostri ora!” disse la ragazzina tutto d’un fiato
“Che?” chiesi con gli occhi sgranati. Ma allora, davvero stavano venendo a tutti le manie di grandezza! Passavo lo sguardo da Even a Gurvarth, in cerca di spiegazioni. Quello che fino a venti secondi prima era il mio primo nemico, si fece avanti con uno sguardo che non gli avevo mai visto
“Ho una figlia, Sanna!” disse semplicemente come se quell’affermazione potesse costituire una buona spiegazione a quel fatto a dir poco fuori dal normale
“Mi fa piacere che tu abbia trovato il tempo di fare un figlio, tra omicidio e altro omicidio!” dissi sarcastica. Ancora non potevo crederci, quello stava facendo davvero sul serio? E Even gli credeva veramente?
“Non voglio che diventi come te, Sanna” rispose nella maniera più semplice possibile. Faceva sul serio.
“Non mi pare che sia venuta su cosi male!” disse una voce alle nostre spalle. Lo Stargate stava lasciando passare un terzo visitatore.
“Oh mia Dea, ma questa è una congiura!” disse chinando la testa esasperata
 “Ok, facciamo il punto della situazione: gli ossidiani ti attaccano, e fin qui niente di strano, Marek ti manda addosso con ogni probabilità quella psicopatica di Acate e fin qui ancora ci siamo..”
“Situazione poco probabile, ma siamo ancora nella routine”
“Loki è incazzato nero…”
“Questo cosa c’entra ai fini del “punto della situazione?”
“Tu tralasci sempre i dettagli…”
“Arriva Even, e già questa è una novità, poco dopo Gurvarth e tua nonna, mancano solo Ektor e Kassian e siamo al gran completo!”
“Ha ragione Sanna, sta diventando una riunione di famiglia!”
“Even, Gurvarth, la cara nonnina…..era meglio Acate!”
La testa cominciava a farmi male per davvero,
 “Even, vieni un po’ qui..” dissi afferrando la ragazza per la nuca  “Ma che diavolo combini? Ti avevo dato un ordine molto semplice! Trovare Ektor e Kassian. Cosa c’era di complicato in questo? Questa sta diventando una riunione di famiglia!” disse a denti stretti. La ragazza si dimenava cercando di liberarsi dalla mia presa
“Io li ho trovati Ektor e Kassian, ma scusa se te lo dico, non sono proprio dei draghi d’intelligenza quei due. Quando ho capito che avrei dovuto rivolgermi altrove per aiutarti, è spuntato Gurvarth che ti cercava come un pazzo. Ho pensato che lui era il modo più facile per raggiungerti! Se ti aveva trovato una volta, poteva farlo di nuovo!” rispose la ragazza accalorata,
“Ma guarda un po’ tu gli chiedi aiuto, e poco dopo mi attaccano gli Yrept e neanche a distanza di due giorni, gli Ossidiani,  poi piombi tu, qui, con lui, che mi dici che è dei nostri? Non ti sembra un tantino sospetta come cosa?” chiesi
“Bè detta cosi effettivamente è sospetta però..”
“Però cosa, Even?” domandai a denti stretti, prima che un orribile pensiero mi attraversasse il cervello
“Even, hai idea di quanta gente avrà sacrificato per aprire lo Stargate?” urlai
“Neanche una, purtroppo” disse lui sconsolato,
“Sapevo che avresti dato di matto, e a me l’idea di certo non piaceva. Possiamo fidarci Sanna. Gurvarth ha un buon motivo per stare dalla nostra parte” disse la ragazza sorridendo. Fissai gli occhi di Even, e la vidi sicura, spostai lo sguardo su Gurvarth che disse
“E’la seconda volta che ti salvo la vita ragazzina”
“Ricordami di mandarti un mazzo di fiori per ringraziarti” risposi. Lo fissai prima di avvicinarmi a lui e guardarlo ancora un lunghissimo attimo
“Come me, come?” chiesi. Lui capì subito che mi riferivo alla sua frase sulla figlia
“Senza speranza” rispose semplicemente.
“Che facciamo? Restiamo o partiamo?” gridò la nonna, sguainando la sua Middlest. Alzai gli occhi al cielo, le difese di Asgard erano cadute, gli Ossidiani scendevano giù dalle crepe dello scudo magico come appesi a invisibili funi. Si riversavano in ogni angolo della città, Thor cominciò subito a impartire ordini che i suoi celermente eseguivano
“Restiamo! Non possiamo lasciarli da soli, sono stata io a metterli in questo casino…”
“Sanna torna a casa, noi possiamo cavarcela” disse Thor raggiungendomi, i capelli biondi e il mantello che ondeggiavano pigri al vento caldo. Mi morsi il labbro nel vedere Loki dietro di lui allontanarsi per prendere la sua posizione, dovevo resistere all’impulso di raggiungerlo
“Ehi Gurvarth, per quanto tempo puoi tenere aperto quel coso infernale?” chiesi,
“Per il tempo necessario per dargli una sonora batosta. Veloce, però!” rispose armandosi allegramente,  
“Ok, ci organizziamo cosi: tutti quelli che non riusciamo ad ammazzare li convogliamo nello Stargate e li rispediamo a casa a calci in culo, chiaro?” chiesi guardando tutti, compreso Thor, che annuirono. Guardai nella direzione presa da Loki e lo vidi allontanarsi senza voltarsi indietro. Repressi ancora la voglia di correre da lui
“Stai bene Sanna?” chiese Even con un filo di voce, notando la mia espressione. Mi voltai senza neanche risponderle.
“Preferisci combattere, pur di stare con lui per qualche altro breve attimo?”
Acate sta arrivando. Se arriva e non mi trova raderà al suolo Asgard”
“La raderà al suolo comunque”
Non se mi consegno a lei”
Eccoli qui gli Ossidiani. Alti, muscolosi come se fossero gonfiati, dalla pelle color rame scuro, uomini e donne senza molta distinzione. Abiti semplici, armi rudimentali ma di grande effetto, feroci come pochi, e bravi come nessun’altra razza sulla Stella.
“Se il nemico ti accatta ….” Dissi a Even come a volerle ripassare una lezione importante
“ Tu rispondi colpo su colpo!” rispose la mia allieva, gettandosi nella mischia. La battaglia ebbe inizio. Gli Asgardiani avevano messo in campo tutta l’artiglieria pesante di cui disponevano,  l’idea di base era semplice, cercare di sterminarne la maggior parte in un colpo solo, peccato che gli Ossidiani era duri a morire, le piccole ferite non li indebolivano, li rendevano invece più aggressivi e pericolosi. Se gli Yrept erano dei lucertoloni agili e forti, fondamentalmente rimanevano comunque delle truppe d’assalto. Gli Ossidiani invece erano guerrieri scelti, la loro specialità consisteva nelle azioni combinate in squadra, non combattevano mai da soli, ma i gruppi si spostavano, attaccavano e si difendevano in branchi che andavano dai cinque ai dieci individui, impossibile beccarli da soli, si difendevano l’un l’altro, ognuno di loro aveva almeno un altro paio di occhi a seguirlo e proteggerlo. Il singolo guerriero non esisteva nella loro concezione. C’erano solo due modi per fare breccia nelle loro difese, individuare la testa dell’hydra, o il suo anello debole, abbattuto uno dei due, il gruppo si squilibrava e il varco era creato. Gli asgardiani capirono immediatamente lo stile del loro nemico e si adeguarono velocemente al ritmo, in lontananza vidi Thor, Sif, Fandral, Hogun e Volstagg combattere come gli Ossidiani stessi, i loro movimenti erano quasi perfettamente sincronizzati gli uni con gli altri, e proprio come il nemico, si difendevano a vicenda. Di Loki non c’era traccia.
“Facciamo squadra?” gridò Even mentre Gurvarth e la nonna si avvicinavano tra di loro senza smettere di combattere. Ghignai
“Dimentichi che io sono già in squadra!” Infatti le voci dei miei compagni mi risuonavano forti e chiare nella testa come se fossero al mio fianco
“Due a destra, e il terzo alle spalle!”
“Ruota di 360 a lame aperte”
“Piegati schiva e girati di spalle”
“Sono di una monotonia negli attacchi…” Senza riuscire a distogliere i pensieri da Loki, cominciai a darle di santa ragione a destra e a manca, usando il nemico come valvola di sfogo per non avvertire l’assordate tristezza che mi attanagliava la gola. Più cercavo di respingerla più quella risaliva dal fondo dello stomaco per graffiarmi la gola e sfogare in lacrime; strinsi i denti ancora un volta, non era il momento di cedere,
“Uno al giovane Fred, sepolto sotto un faggio.” Cominciai a canticchiare menando un poderoso fendente in direzione della testa di un Ossidiano che mi veniva addosso completamente scoperto
“Due all’abile Jack, spirato un dì di Maggio.” Un colpo al costato e un altro al collo
“Tre al testardo Errol ricco come un creso.” Gamba, fianco e petto del nemico assaggiarono la lama di Retwin
“Quattro al povero Phil che passava li per caso.” Mi chinai rapida sulle ginocchia, con la lama destra colpii un piede, con la sinistra aprii un profondo squarcio nell’addome del nemico, di nuovo la lama destra andò a colpire la mano con la quale l’Ossidiano tentava di colpirmi, disarmandolo, e ancora la lama sinistra che gli trapassava la gola
“Ancora quella dannata canzoncina?? Smettila è orribile!” gridò la nonna. Sbuffai infastidita prima di girare ancora una volta su me stessa e colpire un altro nemico, che mi sfiorò appena la spalla con la punta della sua lama.
 Facendomi largo nel marasma di corpi in lotta, cercavo in maniera spasmodica Loki, che sembrava essersi volatilizzato nel nulla.
“Dove diavolo è finito?” pensai disperata, mentre correvo all’impazzata verso le mura della città, con quel ridicolo elmo cornuto non doveva essere difficile da individuare
“Vuoi darti una calmata e concentrarti sulla battaglia, per favore?” disse Saul
“Gruppo di cinque che ti raggiunge a rotta di collo, a ore sei!”  mi avvertì Kanahaan. Con un movimento fluido e rotatorio li abbattei tutti e cinque in poche mosse
“San calmati sei fin troppo agitata!” intervenì Sabira, aveva ragione, ma non riuscivo a pensare a nient’altro che a Loki, un pugnale vagante mi ferì un braccio ma me ne accorsi a stento
“Sanna, sarà qui intorno, vedrai….”
“Se gli succede qualcosa do di matto per davvero stavolta” confessai. Avevo una paura folle di perderlo, avevo paura che la mia condanna a rimanere sola e soffrire si abbattesse su di lui e si compisse con la sua morte. 
“San, non gli succederà niente. Hai la mia parola!”
“Scusami Saul, ma la parola di un uomo morto non è il massimo della garanzia” risposi abbattendo altri nemici. Mi muovevo con la massima naturalezza possibile, fluida, elegante e letale, volarono armi, arti e  teste, il sangue degli Ossidiani mi schizzava sulla faccia, sentivo i loro fendenti sfiorarmi la pelle, ma avevo un solo pensiero in testa: trovare Loki
“Eccolo laggiù squinternata!” mi voltai di scatto e lo vidi.
“Per tutti gli Idei, digli di togliersi quel coso ridicolo dalla testa!”  Iniziai a corrergli incontro per combattere al suo fianco e proteggerlo, quando un Ossidiano lo pugnalò alle spalle. L’urlo che proruppe dal mio corpo fu di terrore e odio, mi avventai sul nemico come una furia e lo feci letteralmente a pezzi. Inveivo ancora sul corpo quando mi sentii afferrare per la vita e tirare su
“Credo sia morto mia cara!” rispose Loki mentre altri cinque, sei, dieci copie di lui ci accerchiavano
“Ma che…” feci per dire, ma improvvisamente ricordai. Loki aveva già usato quel trucchetto con me, sulla terrazza della sua stanza. Ero troppo in ansia per lui per ricordare che Loki era il Dio degli Inganni. Per questo combatteva da solo, perché le sue proiezioni riuscivano a confondere il nemico e difendere lui dandogli il tempo di attaccare. Ero stata una sciocca a pensare che Loki fosse uno sprovveduto contro il nemico, certo gli Ossidiani erano ossi duri, ma Loki lo era molto di più, aveva la magia dell’inganno dalla sua, e io mi ero dimostrata una principiante a perdere concentrazione in un scontro. Se bastava cosi poco perdere il controllo sulla battaglia allora non avevo nessuna possibilità di sconfiggere mio fratello. Dovevo imparare da Loki, dovevo rimanere fredda e distaccata, non dovevo cedere all’emozione
“Giurami che non cercherai di proteggermi” dissi
“Giurami che non morirai” rispose voltandomi di nuovo le spalle e tornando a combattere.
 “Vorrei tanto sapere che diavolo hai fatto a tuo fratello per farti mandare addosso tutta questa gente!” gridò Gurvarth che si avvicinava con la nonna e Even alle calcagna
“E’ buffo, pensavo che tu lo sapessi visto che fino a poco fa eri uno dei suoi generali” gridai di rimando mentre tornando nella mischia usai il ginocchio piegato di Even per darmi lo slancio e infilzare al volo un Ossidiano.
“Ha sempre detto che tu avevi qualcosa di suo”
“Qualcosa di suo?”
“San non si riferirà forse …”
“Non lo sa anima viva!” risposi
“Ma noi lo sappiamo”
“Infatti ho detto anima viva!” un fendente che mi passò a cinque centimetri dal viso, mi riportò alla realtà. Lentamente e con estrema fatica stavamo riuscendo a convogliare il grosso delle truppe nemiche verso lo Stargate, e a ributtarle nel baratro che li avrebbe rispedite sulla Stella dove un distaccamento degli alleati li avrebbe finiti approfittando del loro disorientamento. Mi guardai intorno un ultima volta, chiedendomi se avrei di nuovo rivisto le meraviglie della città di Asgard, quando Loki tirandomi per un braccio mi spinse contro un muro al riparo e mi baciò, senza farmelo ripetere due volte mi avvinghiai ai suoi capelli e ricambiai il bacio con un certo impeto amoroso
“Che diavolo mi hai fatto?” Chiese con rabbia. Lo attirai, se possibile, a me ancora di più
“Sono andata semplicemente al di là di ciò che mi permettevi di vedere” gli sussurrai all’orecchio, allontanandomi leggermente mi tolsi l’anello che portavo al collo e lo infilai a quello di Loki
“Cosi  ti ricorderai di me” dissi mentre lasciandoci un bacio sopra glielo infilavo sotto la giubba
“Io non voglio ricordarmi di te, io voglio tenerti al mio fianco” rispose. Gli occhi mi si riempirono di lacrime e risposi
“Trovami!”  Un boato assordante, la terra prese a tremare, grandi spaccature divisero il terreno, le alte torri della città vennero giù come castelli di carta, il cielo sempre più nero cominciò a lampeggiare, corremmo verso lo Stargate che lentamente andava chiudendosi
“Gurvarth che diavolo fai?” chiesi raggiungendolo
“Non sono io! E non è neanche lui!” gridò, riferendosi allo Stargate stesso
“E allora chi diavolo è?” sbraitai. La risposta fu immediata: dal cono nero e turbinoso della Porta delle Stesse furono rigettati indietro in un colpo solo tutti gli Ossidiani che eravamo riusciti a convogliare, le loro espressioni di spaesamento furono bloccate da una potentissima onda d’urto che li uccise tutti all’istante. Lo Stargate si richiuse con un colpo secco e un buffo suono di risucchio, al suo posto lasciò una figura che con il suo incedere marziale bloccava chiunque nella propria posizione, la sua sola presenza esigeva obbedienza e rispetto.
 
Buongiorno a tutti, scusate per l'attesa ma sono pienissima di lavoro in questo perioro (evviva!!!) Gli aggiornamenti da questo punto in poi sarenno più lenti perchè devo mettere insieme per benino tutte le idee, resiste però perchè siamo quasi alla fine! Un abbraccio a tutti!
 

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Capitolo 13
*** 13. Acate ***


Se io dovevo dimostrare di essere sempre all’altezza del compito che mi era stato affidato, lei non faceva nessuna fatica a essere accettata e ubbidita senza che volasse nemmeno un sussurro di disappunto. Si era guadagnata il rispetto delle sue truppe ergendo montagne di morti, senza badare a niente a e nessuno, e poco le importava di schiacciare uomini, donne o bambini. Il suo unico scopo nella vita era servire Marek, e servirlo al meglio delle sue potenzialità. Una figura di cosi tanta forza di carattere non poteva non accompagnarsi a una figura fisica altrettanto impressionante: alta almeno quanto Loki, dalle spalle larghe e possenti ma non per questo meno aggraziata o femminile, indossava una lunga gonna bianca a frange, che sfiorava il terreno. L’addome coperto da un armatura luccicante come il sole era privo di qualsiasi decorazione. I capelli di un morbido castano chiaro, scendevano mossi fino alle spalle, andando a incorniciare un viso sottile e ovale nascosto  dietro una maschera integrale senza espressione, dalla quale s’intravedevano appena due occhi nocciola. La mano destra era poggiata sull’elsa di Marzian, la spada dalla lama azzurra che aveva visto la morte di tanti nemici, e che le pendeva al fianco destro. Si fece largo tra i duellanti come una regina tra i sudditi, il tempo si fermò al suo passaggio, gli ossidiani superstiti addirittura s’inchinarono. Mi raggiunse in poche, misurate falcate, volte al tentativo d’intimidirci: vidi Even fare un passo indietro, mentre la nonna e Gurvarth strinsero di più le prese intorno alle loro armi, anche gli asgardiani serrarono le fila. Lentamente gli ossidiani, come a eseguire un ordine, avuto in precedenza, descrissero un ampio cerchio intorno a me e alla nuova venuta, quasi come se fosse una zona di neutralità atta alla negoziazione. Loki tentò di raggiungermi, ma Gurvarth lo trattenne di forza per un braccio, il principe cercò di divincolarsi, ma una mia occhiataccia lo convinse ad aspettare almeno per il momento, ma non gli impedì di armarsi dei suoi pugnali.
“Bene, bene” esordì la donna, la sua voce fredda e roca era simile a un bisbiglio gridato dietro una porta, rinfoderai le spade, avevo le mani lorde di sangue e la fronte imperlata di sudore, ma nonostante quello aprii le braccia e mi chinai leggermente in avanti
“Acate, delle Ombre” dissi a mò di saluto.
Acate si guardò un po’ intorno. Vide l’esercito di Asgard tenere sotto scacco gli ossidiani, come Thor e i suoi guerrieri si paravano fieri davanti a lei, pronti a fronteggiarla fino all’ultimo sangue. Il silenzio totale era rotto solo dal suono del vento che faceva svolazzare i mantelli, entrambi gli schieramenti erano in attesa di una mossa delle nuova venuta.
“In un modo o nell’altro riesci sempre a trovare qualcuno che si sacrifichi per te. Non sei stanca di essere la ragione della morte dei tuoi amici?” mi chiese con il suo tono strascicato, riprese subito senza attendere risposta
“Bè, effettivamente a prima vista sembri cosi indifesa, cosi innocente. Una ragazza come tante altre, che ha bisogno di essere protetta dai cattivi che la inseguono. Peccato che non sei niente di tutto ciò. Io porto una maschera, ma sei tu ad avere un doppio volto.” Disse rivolta più agli asgardiani che a me. Continuavo a seguirla con piccoli movimenti della testa mentre lei mi girava intorno con calma, continuando a guardare gli astanti, si muoveva sinuosa come una serpe, e come una serpe era pronta ad attaccare. Avrei preferito affrontare orde e orde di ossidiani e yrept messi insieme piuttosto che un avversario imprevedibile come lei, ma tant’è…
“Gli Asgardiani si sono sempre eretti a difesa di chi ha chiesto loro aiuto. Con Sanna non abbiamo fatto eccezione!” rispose Thor con la sua voce possente mentre si apriva un varco tra gli ossidiani che lo fecero passare minacciati alla gola dalle spade di Sif e Fandrall. Hogun e Volstagg coprivano le spalle del loro futuro re
“Uh, quindi è pratica comune degli Asgardini dare aiuto a un demone? Pensavo che voi combatteste il male, non che vi ci alleaste” Acate gettò quella frase li, per caso, ma io potetti sentire chiaramente l’aria gelarsi come se Loki si fosse trasformato in Jotun. Potevo quasi vedere il ghigno beffardo di Acate incurvarsi dietro la maschera. Ecco dove voleva andare a parare.
“Oh, a giudicare dalla vostra reazione non mi pare che il Comandante vi abbia detto proprio tutto. Non gli hai detto che sei un demone Sanna? Che sei una degli otto Dominatori? Non gli hai detto che l’inasprimento della guerra, l’accanirsi di Marek su di voi, è la conseguenza delle tue scelte? Che Saul, Sabira, Kanahaan ed Elania sono morti a causa tua ….”
“Non azzardarti nemmeno a nominarli, Acate!” sibilai brandendo di nuovo le spade con fare minaccioso
 “ Gli hai riferito solo ciò che tu volevi ascoltare. Bè, a pensarci è proprio quello che avrebbe fatto qualsiasi altro Dominatore,storpiare la verità a proprio vantaggio, ma per quanto tu ti ostini a cambiare strada, quella ti riporta sempre verso casa.”
 Trassi un profondo respiro gettando una rapida occhiata a Loki, che mi guardava. La sua espressione non era cambiata, non sembrava sorpreso da quella rivelazione, pareva quasi che la cosa non l’avesse neanche toccato. Thor e gli altri, invece sembravano un po’ confusi.    
“E’ la Stella la mia casa” risposi secca. Acate inclinò leggermente la testa da un lato e ghignò ancora
“Da primo Dominatore, a mortale senza speranza.”
“Non sai neanche cosa significhi la parola speranza” sbottai spazientita di tutta quella scena.
“Può darsi, ma almeno io so qual è il mio posto. Puoi dire lo stesso Sanna? Puoi davvero chiamare casa, il posto dove tu ti ostini a vivere e combattere?”  rimasi in silenzio, e lei ne approfittò per rincarare la dose
“Dove arrivi tu, la strage è assicurata. Nessun posto è al sicuro se ci sei. Nessuna donna, anziano, bambino … uomo …” si voltò pericolosamente verso Loki “… è al sicuro se ci sei tu. Questo non ti ha mai fatto riflettere su quale sia il tuo posto e il tuo ruolo?” Con la coda dell’occhio vidi Loki alzare le sopraciglia quasi come se le parole di Acate, palesemente rivolte al suo indirizzo, non lo sfiorasse neppure. Sorrisi a quell’espressione, Acate lo notò benissimo perché si avvicinò a lui con noncuranza. Stava cercando d’innervosirmi prendendo di mira lui. Cercai di mantenere la calma e ripetere a me stessa che Loki non era uno sprovveduto,
“Non lo vedi Sanna? Anche se hai voltato le spalle al tuo destino, lui ti rincorre, t’insegue. Non si arrenderà finchè non si sarà compiuto” Sorrisi in maniera forzata, per quanto mi fossi sforzata di spiegarglielo, Acate non avrebbe mai capito, mai nemmeno tra mille vite,
“Se c’è una cosa che ho imparato durante il mio esilio sulla Terra, è che sono io l’artefice del mio destino, sono le nostre scelte che dimostrano chi siamo veramente, molto più delle nostre origini o capacità”
 “Perché affannarsi cosi tanto, quando per te sarebbe cosi facile riprendere il tuo posto nella cerchia e dominare al fianco di tuo fratello? Con l’immenso potere di cui siete dotati, tu e lui insieme potreste governare sull’universo senza problemi!”
“E con noi come la metti?” chiese Thor brandendo il martello.
“Minacciare Acate con un grosso martello non è un buona idea!”
“Chissà magari Acate ha bisogno di un altro genere di martello! Magari apprezzerebbe!”
“Voi? Voi non siete altro che omuncoli. Insignificanti divinità minori, rispetto alla magnificenza del mio signore!”
“E’ un buon posto di lavoro!” ironizzò Loki liberandosi dalla presa di Gurvarth e venendo avanti. Anche in quella situazione non potevo fare a meno di notare come il suo portamento fosse regale. La giacca ondeggiava seguendo i suoi movimenti, qualche ossidiano ringhiò feroce al suo passaggio, ma il principe non degnò loro di uno sguardo. Quegli occhi verdi  erano puntati su di me, quasi come se Loki volesse rassicurarmi senza dirmi nulla. Quegli occhi parlavano, dicevano che mi sarebbero rimasti a fianco. Si posarono su Acate solo per un brevissimo istante,  
“Ohh Loki di Jotunahaim…” disse lei cercando di attirare l’attenzione di lui, ma lui continuava ad ignorarla
“Loki di Asgard” sottolineò Thor con forza, Loki voltò veloce il volto verso il fratello, ma non aggiunse altro. Thor gli lanciò un mezzo sorriso
“Ancora persone che cercano di salvarti. Ma tu non puoi essere salvata. Credi davvero che solo perché sono divinità possano aiutarti? Moriranno come sono morti tutti quelli che amavi. Il tuo destino è scritto. Tu sei sofferenza, non puoi vivere in mezzo ai vivi. E’ la tua natura.”  
“Piantala di dire stronzate Acate! Combatti o vattene!” disse Gurvarth spazientendosi, non era mai stato molto diplomatico, forse per questo andava d’accordo con il carattere ardito di Even
“Guarda chi c’è Gurvarth il Dannato, o come ti chiamano adesso, il Traditore. E per che cosa hai tradito? Ah si, per una mocciosa umana partorita da una cagna che hai violentato. Anche tu sei strano Gurvarth, dopo le stragi che hai fatto, tanto da guadagnarti le peggiori maledizioni in tutte le lingue della Stella, ti sei rammollito davanti a un paio di occhi neri, capelli color ebano, e una bocca di rosa che sbava alla grande!” Il tono di Acate non mi piacque per nulla, gli aveva descritto la figlia fin troppo bene, e quando lei proruppe in una risata malvagia, sentii un brivido di terrore corrermi lungo la schiena
“Dov’è lei?” gridò l’uomo
“Oh non preoccuparti avremmo grande cura della figlia del Traditore!” rispose lei in tono minaccioso. Gurvarth non resistette alla collera e le si lanciò contro brandendo i suoi pugnali,
“Gurvarth no!” gridai, frapponendomi  tra lui e il nemico, la lama dell’uomo mi feri un braccio all’altezza della spalla ma non ci feci caso
“Ha preso mia figlia!” ringhiò dimenandosi come un anguilla
“L’ho capito, ma non le sarai di nessun aiuto da morto!” Lo trascinai verso la nonna che lo prese in consegna
“Tienilo a cuccia!” Tornai verso Loki, mentre il sangue caldo e rosso, mi colava giù dal braccio
“Sanguini!” disse come se stesse parlando del tempo. Stracciò un lembo del suo mantello e lo legò rapidamente intorno alla ferita. Le sue mani cosi gelide e delicate sul corpo mi fecero tremare
“Ti stai esponendo alla sua furia” gli sussurrai
“E’ proprio ciò che voglio” rispose lui 
Uno scroscio di risa di scherno ruppe il silenzio, Acate era piegata all’indietro dalle risate
“E’ ammattita?” chiese Loki sempre più ironico
“Magari!” risposi seria
“Ti sei innamorata di quel Dio degli Inganni che non semina altro che morte e distruzione. Ma non lo vedi che tutto ciò che di buono c’è intorno a te muore o viene irrimediabilmente corrotto dal potere?E che invece, il male, lo attiri come il miele per le api? E’ la naturale conseguenza di essere un Dominatore. I tuoi compagni morti, sono serviti a lasciare una scia di sangue che t’indicasse a chi appartieni! E ora combatti al fianco di un Dio che ha seminato altra morte e altra distruzione. Come fai a non vedere?”  Mi massaggia la radice del naso un po’ stufa di quella dannata cantilena
“So benissimo chi e che cosa sono. Sono un demone, è vero, ed è vero non lo sapeva nessuno prima di oggi,  a stento lo sapevo io. E sai perché cerco cosi ostinatamente di cambiare? Perché io ho conosciuto l’amore, quello che ti premette di sacrificarti per gli altri con il sorriso sulle labbra, quello che non ti permette di arrenderti, quello che chiede vendetta per un ingiustizia subita, quello che chiama la libertà di scegliere che cosa essere. Io ho mietito tante vite, lo so, ne sono consapevole. Ho ucciso, ho trucidato, ho estinto intere razze, ho camminato nel sangue dei miei nemici esattamente come te, mi sono beata dei loro strazi, e delle loro torture, e l’ho fatto per molte e molte vite. In questa però ho deciso di fare ammenda, consapevole che forse non basterà a riparare a tutto ciò che ho fatto” Questa volta Loki mi guardò incuriosito, le espressioni di Thor, Even erano sconcertate. Gurvarth era ancora rabbioso, mentre la nonna si era ritirata in disparte.
“Quindi hai ricordato il tuo passato? Mi avevano detto che non era possibile che tu lo facessi, mi stupisci sempre di più” sorrisi amara prima di rispondere
“No Acate, mi sopravaluti. Io non ho ricordato nulla, non ricordo niente delle mie vite precedenti. L’occhio Onniveggente mi ha fatto comprendere, il perché di tanta sofferenza in questa vita. Ma l’orrore di ciò che ho fatto non mi è stato comunque risparmiato.”
“Peccato sarebbe stato divertente ascoltare la tua storia da te. Ma posso raccontartela io se vuoi.”
“Perché prende tempo?”
“Perché deve consegnarla viva. Non può rischiare uno scontro con lei, o la sua testa finirà su una picca”
“Assecondala San e pensiamo a come uscire vivi da questa situazione!”
“Ma noi siamo morti…”
“Porca miseria, citrullo hai capito cosa intendo!”
“Muori dalla voglia di farmi scuola, Acate. Prego accomodati, narra agli asgardiani come sono arrivati a dare asilo al Demone.”  Esclamai cercando di reprimere la rabbia. La guerriera fece un gesto e un ossidiano le si avvicinò veloce, si mise a quattro zampe e lei si sedette sulla sua schiena con eleganza
“Ti capirò sei sarai disgustato di me” dissi rivolta a Loki ma senza guardarlo, lui al mio fianco non si mosse di un millimetro
“Qualunque cosa tu abbia fatto, io ho fatto di peggio. Non m’interessa chi sei stata, m‘interessa ciò che sei con me. Tu hai guardato oltre il mostro, io non ho difficoltà a non vedere il demone.”
“Forse, non c’è nessun posto per noi.” risposi
“Preferisco vagare in eterno con te, piuttosto che stare in un posto da chiamare casa, da solo.” La mano gelida di Loki si serrò intorno alla mia, e non importava se era calda, e recava ancora tracce del sangue del nemico, lui la strinse ugualmente.
“Ma che quadretto commovente. Non abituarti a quel tocco, Comandante. Ho l’ordine di ucciderlo”
“Chissà perché la cosa non mi stupisce” disse Thor guardando il fratello divertito
“Ho come un dejavù” rispose Loki stringendo gli occhi fingendosi soprapensiero
 “Te l’hanno già detto eh?”
“Avremmo dovuto ucciderti quando ti abbiamo ritrovato sulla Stella!” disse Acate con un gesto di stizza che fracasso la testa dell’ossidiano sotto di lei. Sif voltò la testa dall’altra parte per non guardare il cranio del nemico che si riduceva in mille pezzi, con un solo gesto della donna, anche Loki e Thor rimasero impressionati da quell’atto di forza,
“E perché non l’avete fatto, tu e gli altri?” chiesi sfidandola, a quel punto Acate incuriosì anche me. Era il momento di avere quelle risposte che mi servivano per completare il puzzle della mia vita, e capire a che cosa ero destinata
“Perché Marek voleva e vuole solo te al suo fianco. Sono passati più di vent’anni e non ha mai rinunciato a riaverti, per quanto tutti noi abbiamo cercato di dissuaderlo, di convincerlo che ormai eri perduta, eri cosi maledettamente cosi orribilmente schierata contro di noi, la tua stessa famiglia, che non c’era altra soluzione che ucciderti, lui non ha mai permesso che ti torcessimo nemmeno un capello.”
“Ma ha fatto massacrare tutti quelli che amavo!” risposi cercando di non gridare di rabbia. La mano di Loki mi strinse più forte.
“Tu non comprendi nemmeno lontanamente il suo amore per te….”
“Il suo non è amore. Se mi avesse amato, mi avrebbe lasciato in pace!”
“Non può farlo. Tu sei parte di lui. Letteralmente!”
“Che significa, sono parte di lui?” Acate sbuffò spazientita e chiamò a se un altro ossidiano affinchè gli facesse da seduta.
“Ti ho detto che sei uno degli otto Demoni, sei della settima cerchia, esistete dalla nascita della Stella stessa.”
“La Stella non è nata, è stata creata da Magia” risposi
 “Parli della magia come se fosse una persona in carne e ossa” disse Thor
“Magia è una persona in carne e ossa! O meglio lo era. Si racconta che sia nata in su di un pianeta ormai scomparso, al limite dell’universo. Era un pianeta grande e florido, dove la gente era pacifica, lontana da qualsiasi forma di magia sopranaturale, non avevano neanche idea di che cosa fosse il potere, fin quando quella non si manifestò prendendo la forma di una bambina, e quando quella bambina cominciò a mostrare la sua forza e le sue enormi potenzialità fu braccata come un animale, fatta prigioniera e torturata, solo perché diversa da tutti gli altri. Riuscì a fuggire, e attraversò da sola l’universo per cercare aiuto e pace in altri mondi, ma non ne trovò nessuno dove fosse compresa. Infine, stanca, umiliata, rabbiosa nei confronti di tutte le genti che l’avevano scacciata e derisa, trovò una stella neonata. Era piccola, infinitamente più piccola del suo pianeta d’origine, e sembrava impossibile che qualcuno potesse viverci, tanto era arida e inospitale. Esplorò il pianeta in lungo e in largo e scoprì con una certa emozione che era il suo unico abitante. Finalmente aveva trovato un posto dove vivere senza paura la sua magia, e la sua stessa vita. Magia che aveva sviluppato in maniera incredibile i poteri degli elementi naturali, mutò il clima del pianeta, la rese una stella fertile e lussureggiante, ma più passava il tempo, più la sua collera aumentava con l’isolamento alla quale era stata relegata. Credeva di aver trovato la pace sulla Stella, ma trovò solo solitudine, tormentata dai fantasmi del suo passato, e assetata di vendetta creò i primi Demoni  Dominatori, quelli che tutt’oggi sono tra i suoi favoriti. Vennero partoriti dalla sua stessa mente, corrotta dall’odio per tutte le razze che l’avevano perseguitata, ne creò otto, a coppie, maschi e femmine. Tu e Marek siete una di quelle coppie. Creò tra le coppie un legame particolare, forte e potente, alcuni sono mariti e mogli, altri sono fratelli e sorelle, madri e figli, condividevano poteri e destini, letali quando separati, invincibili se insieme. Con quegli otto demoni, tornò sul suo pianeta e ingaggiò guerra con i suoi abitanti. Di quel pianeta non ne rimase più nulla. Lo rase al suolo, come se non fosse mai esistito. Poi accadde qualcosa …”
“Si pentì!” dissi interrompendola.
“Si pentì. Fu presa da un rimorso tale da ammalarsi, il legame che aveva tessuto con la Stella era divenuto talmente forte che la malattia si riversò sul pianeta stesso, fino a cambiarne ancora una volta, irreversibilmente il clima. A nord la Stella si ricoprì di un gelo tale che niente sarebbe più riuscito a scaldarlo, cosi nacque Retwin. Il dolore e la gioia per aver cancellato un intera razza dalla faccia dell’universo erano tali da costringerla dopo atroci sofferenze a dividersi.”
“Come a dividersi?” chiese Loki curioso. Fu io a rispondergli
“Tagliò il suo cuore a metà, una parte la portò con sé dall’altro lato della Stella a sud dove l’estate divenne perpetua, a Remus. L’altra lo seppellii nella neve di Retwin,e dalla neve, a sua insaputa, nacque Yga, il lato oscuro della magia. Nonostante Magia avesse posto a guardia della metà del suo cuore i suoi otto demoni, loro furono corrotti da Yga e crearono nuovi demoni, le Ombre, che costituirono il nucleo primario del suo esercito. Man mano che l’esercito aumentava, aumentavano le cerchie. Sette cerchie, come il numero magico per eccellenza.” Cominciai a elencare sulle dita, i vari nomi   “La prima, sono i Baluardi, che sono posti ai primi cancelli che danno accesso al mondo dei Demoni. La seconda, sono i Principali, poi ci sono i Messi, gli Inseguitori, le Belve, al sesto cerchio ci sei tu e quelli come te, le Ombre.” dissi indicando Acate con un dito “ E al piano più alto i Dominatori quelli più vicino a Yga che nel frattempo si proclamò Dio, abbandonò Retwin e la superficie della Stella, e creò il suo impero nel sottosuolo, il Regno dei Demoni. Puoi girare l’universo intero, ma i cattivi finiscono sempre sotto terra.” Dissi sogghignando
“Magia comprese ciò che era successo e creò anch’ella il suo esercito di guerrieri atti a sconfiggere i Demoni che lei stessa aveva creato. Ma essendo rimasta solo con la parte buona del suo cuore, creò degli esseri molto lontani dagli eccezionali guerrieri che aveva creato quando il suo cuore era intatto. Li creò vulnerabili, pieni di emozioni, e sentimentali. Diede inizio alla razza degli uomini. Iniziò cosi la battaglia per il dominio della Stella. La sua durata si perse nelle piaghe del tempo, è stata talmente lunga che gli uomini creati da Magia, si unirono tra di loro e crearono popolazioni intere, intere generazione di famiglie che furono coinvolte nella battaglia, talmente lunga che i più non ricordavano neanche più per che cosa combattevano. Ti ricordi come si è conclusa alla fine?” chiese Acate con il tono di una maestra che interrogava un alunna con un certo sadismo
“Magia, pur di mettere fine al conflitto che stava uccidendo la terra che lei aveva amato, e mietendo vittime inutili, si distrusse nel disperato tentativo di portare con se anche Yga, ma lui in qualche strano modo sopravvisse, mentre Magia si disperse nell’aria della Stella sotto forma di polvere, posandosi su alcuni guerrieri che ebbero il grande onore di ricevere un po’ del suo potere. Cosi Magia morì, ma allo stesso tempo riviveva nelle persone che lei aveva, diciamo cosi, infettato, e non ha mai lasciato veramente la Stella. Vive in tutti quelli che combattono per la propria casa. Si dice che ci sia un po’ di Magia in ogni singolo abitante della Stella.” Conclusi solenne.
“Nel frattempo due Demoni si distinsero fra tutti: te e tuo fratello. Voi eravate i preferiti di Yga, i guerrieri a lui più vicini in assoluto. Uno alla sua destra e l’altro alla su sinistra. Forse perché siete stati i primi a seguirlo, forse perché vi siete presi cura di lui quando era sotto la neve, sta di fatto che avete attraversato tutte le epoche al suo fianco, senza mai cedere, senza mai deluderlo, senza mai lasciarlo scoperto o senza protezione. Quando la morte raggiunse finalmente anche Yga, lui designò tuo fratello come suo successore e detentore del potere oscuro,  Marek accettò il grande onore, ma non è mai riuscito a salire completamente al trono, perché Magia prima di morire aveva dato ordini precisi di dividere la coppia più forte dei Dominatori. Non avendo il cuore di uccidere uno dei suoi primi figli, vi ha diviso. Ti hanno preso con l’inganno e tradita, ma non potendoti uccidere, anche perché non ne erano assolutamente in grado,  ti hanno scaraventato sulla Stella, lontano da Marek e dal suo potere, che con la tua lontananza si era dimezzato notevolmente. Sei scomparsa, ti hanno celato a tutti gli occhi che Marek aveva destinato alla tua ricerca, loro cercavano un Demone, non hanno mai immaginato che Magia aveva destinato una donna Megi ad accoglierti nel suo ventre, molti secoli e molte guerre dopo la tua effettiva scomparsa dal Mondo dei Demoni. Non è un caso che tu sia nata su un campo di battaglia, non è un caso che quella che tu chiami famiglia, sia una di quelle che abbia allevato più guerrieri di un allevamento di cavalli. Quando sei rinata, Marek ti ha sentito subito, ma non poteva recuperarti, doveva prima sistemare i conflitti che nel frattempo si erano aperti nelle Sette Cerchie per la successione di Yga, e che ovviamente si riversavano anche sulla Stella.  Quando finalmente rivendicò il suo pieno diritto al trono, era troppo tardi. Tu eri già cambiata. I tuoi genitori ti avevano insegnato tutti i valori che noi combattiamo, come l’amore e la libertà, eri talmente diversa dal Demone che lui conosceva che a stento ti riconobbe come sua sorella, la comparsa dell’Occhio Onniveggente, gli confermò che eri tu la persona che lui cercava, ma eri ormai talmente corrotta dal bene, che lui cercò altre vie per riportarti da lui, e li uccise tutti davanti ai tuoi occhi. Quanti anni avevi? Nove? Dieci?”
“Ne avevo otto. E la sua non è stata una grande idea, ha sbagliato completamente l’approccio iniziale” risposi sarcastica
“Su questo, devo concordare con te. Ti ha reso solo più fiera, vendicativa, e ti ha totalmente convinto ad andare contro il tuo essere. In quel momento ti sei schierata dall’altra parte. Quando entrasti in Accademia divenne tutto più difficile: controllarti, seguirti, avvicinarti, convincerti che la tua strada era un'altra …”
“Perché ci avete provato? Non me ne ero mai accorta!”
“I tuoi amici, e tutti coloro che hai incontrato fin ora sono stati per te come uno scudo che ti ha protetto dal male. Non dirmi che non hai mai sentito il suo seducente richiamo. Il suo sottile bisbiglio all’orecchio. La sua sensuale provocazione.”
“Eccome se la sento. Anche ora, muoio dalla voglia di farla a pezzi”
“Gurvarth che è uno delle Belve, aveva il compito di controllarti, provocarti, ma forse anche lui è rimasto troppo tempo sulla Stella fino al punto da avere un figlio. Dovevo essere io il tuo primo nemico. Ti avrei strappato via il cuore dal petto  nel momento in cui quello avesse battuto una volta di troppo per qualcun altro.”
“E dopo quest’affascinante, anche se lunga storia, cosa succede?” chiesi visibilmente annoiata
“Adesso li ucciderò tutti, cominciando da lui!” Acate mosse appena, appena una mano e Loki si trovo a mezz’aria sbalordito, un altro rapido gesto e il potere di Acate lo piegò in due come un rametto secco. Le sue urla di dolore riempirono l’aria. Mi gettai su di lei come una furia, ma lei schivò il colpo senza nessuna difficoltà. Intanto le urla di Loki riempivano l’aria.
“Non posso combattere contro di te, ma con lui posso divertirmi quanto voglio!” gridò piena di una gioia perversa, intanto guardavo il corpo di Loki piegarsi in maniera strana, le sue urla mi straziavano, Thor e gli altri non poterono fare niente per liberarlo, gli ossidiani ripresero ad attaccarli senza remore. Di nuovo il silenzio fu rotto dai combattimenti che ricominciavano. Cinque ossidiani mi vennero addosso sbattendomi nella polvere, fui rapida a liberarmi di loro e scagliarmi di nuovo contro Acate e interrompere il suo contatto con Loki che fu sbattuto a terra, corsi da lui e gli presi la testa. Colava sangue dalla bocca e dal naso
“Loki. Loki!” lo chiamai disperata, lui emise un debole grugnito, e riaprì lentamente gli occhi
“Maledetta, è un osso duro” disse cercando di alzarsi
“No Loki ti supplico, resta giù” lo implorai
“E lasciarti da sola contro quella? Sei pazza. Sono solo un po’ fuori esercizio” disse facendo, lo sapevo, un sforzo enorme per stare dritto. Conoscevo sulla mia pelle quanto i metodi di Acate potessero essere dolorosi,
“Loki ascoltami” dissi prendendogli il viso tra le mani “Non voglio che tu muoia. Voglio un posto dove poter tornare quando tutto questo sarà finito!” vidi i suoi occhi sgranarsi per un attimo, fece per dire qualcosa, ma gli ossidiani ci diedero addosso bloccandoci a terra
“Che cosa stavi dicendo?” disse lui in tono soffocato
“Mi hanno distrutto il phatos!” dissi mentre rotolando sulla schiena schivavo gli attacchi.
“Le hai con te quelle palline di ferro?” urlò Loki. Si era rimesso in piedi e combatteva corpo a corpo con gli ossidiani. Notai i suoi movimenti più lenti del solito, e mi affrettai ad affiancarlo
“Sono stelle del mattino! Cos’ha di complicato il nome che continui a chiamarle palline di ferro?” chiesi indispettita mentre mi portavo alle sue spalle e lo coprivo da attacchi sleali
“Allora, le hai o no?” urlò mentre lo sentivo scagliare pugnali a destra e a manca.
“Che devo fare?” Per chiedermelo, il dio aveva sicuramente un  piano
“Il nostro obiettivo è Acate. Distraila combattendo con lei a distanza di sicurezza!”
“E tu che farai?”
“Io ti porterò la sua testa su un piatto d’argento!”
“Oh, come sei romantico!”  staccai dalla cintura le stelle del mattino, e mi preparai ad affrontare Acate che ferma in mezzo alla ressa mi osservava immobile
“Quella vi fa secchi schioccando appena le dita!”
“Sempre ottimista eh?” pensai mentre facevo vorticare le stelle sopra la testa. Acate si mise in posizione di difesa, diedi energia a una delle catene e la lancia verso l’avversario che la rimandò indietro senza scompigliarsi nemmeno i capelli, dovetti piegarmi su un lato per evitare che la mia stessa arma fosse usata contro di me. L’attaccai ancora un paio di volte, ma nessuno andò a buon fine, Acate pareva avere occhi anche dietro la testa.
“Lasciamo perdere le distanze di sicurezza” pensai mentre gettavo al vento ogni precauzione e mi scagliavo contro di lei  “Più grandi sono…” non riuscii nemmeno ad avvicinarmi, Acate con un solo gesto mandò a schiantarmi contro un muro vicino, sentii chiaramente il suono di un paio di costole che si rompevano
“…più ossa riescono a rompere!” 
“Di questo passo non ne usciremo mai” dissi, ma proprio in quel momento vidi Loki attaccarla alle spalle e stringerle il collo, incurante del dolore mi fiondai verso di loro. Loki, era solo una proiezione di lui, e infatti quando lei tentò di attaccarlo, l’immagine di lui scomparve, e io ebbi l’occasione per colpirla. Ma lei era troppo brava, aveva capito le nostre intenzioni e parò ancora una volta il colpo,
“Pensavi davvero che mi sarei fatta fregare da una proiezione magica?” mi disse a cinque centimetri dal viso, sorrisi
“Si” si voltò appena in tempo per vedere il gancio di Loki che le crollava sul volto. Barcollò tenendosi la maschera con una mano, io e Loki non perdemmo tempo e l’attaccammo nuovamente. Cercavamo di disorientarla con le proiezioni del principe, mentre io l’attaccavo ripetutamente, ma dopo un primo momento di smarrimento, Acate riprese subito il ritmo e riuscì a tenerci testa abbastanza agilmente. Quella non era un semplice guerriero, era una macchina maledettamente brava. Non era solo spietata, ogni suo attaccato era votato a uccidere e non a ferire, aveva tecnica, capacità, fantasia, e anche una certa dose di eleganza.
“E’ bravissima, potrei imparare tantissimo da lei” dissi con il fiato corto mentre cercavamo di recuperare le forze. Le costole rotte mi facevano male da morire,
“Perché non le chiedi di darti lezioni. Che ne sai magari accetta e impari finalmente qualcosa di utile!” disse Loki ironico.
“Mi avete stancato.” Disse Acate venendo verso di noi, dalle lunghe falcate, capii che era incazzata nera
“Ohi ohi, si mette male” dissi
“Più di cosi?” chiese il ragazzo
“Mi è stato ordinato di portarti a casa con ogni mezzo a mia disposizione, e di uccidere il dio degli Inganni. Non ho mai mancato a un ordine di Marek! Di addio al tuo principe, Comandante!” un gesto della mano e una forza misteriosa mi tirò via, facendomi sbattere di nuovo contro lo stesso muro, un altro gesto impetuoso della mano di Acate e funi invisibili mi tirarono su e mi appesero con le braccia in alto al muro alle mie spalle. Le sentii avvilupparsi attorno al mio corpo e stringere, stringere fino a che la carne attorno a loro non divenne violacea, erano talmente strette che a stento riuscivo a respirare,
“Osserva bene Comandante, vediamo se questa pratica ti ricorda qualcosa” sibilò lei, aprì le braccia e come se dirigesse un orchestra immaginaria catturò di nuovo Loki e lo torturò
“No Acate, non farlo!” un crack e il braccio destro di Loki si spezzò, le sue urla riempirono l’aria. Thor cercò di attaccare il nemico, ma lei aveva protetto se stessa e la sua preda con una barriera magica impossibile da superare. Mi lasciò li appesa a vedere come lei si divertiva con il corpo di Loki, come lui facesse di tutto per non gridare, per non darle soddisfazione, ma ben presto il dolore era diventato troppo grande anche per lui
“Acate, ti scongiuro, smettila. Verrò con te, farò quello che vuoi, ma lascialo andare!” gridai disperata mentre le lacrime cominciavano a bagnarmi il viso
“Non dire cretinate” soffiò Loki
“Però, certo che ne ha di fegato il ragazzo. Ha quasi tutte le ossa spezzate eppure non cede. Mi piace, finalmente un avversario che vale la pena uccidere!” Loki ormai perdeva sangue da tutto il corpo, eppure non cedeva, non avrebbe mai chiesto pietà. Non era da lui. Un'altra persona che moriva a causa mia. Un’altra persona che amavo che si sacrificava per me. Basta, non l’avrei più permesso. Era arrivato il momento di pareggiare i conti  e mettere fine a quella dannata storia, che quello includesse la mia morte o meno.
“Acate..” dissi con una voce fredda che non avrei mai immaginato di riuscire ad avere in una situazione come quella  “ … ti conviene togliergli le mani di dosso, perché non avrò pietà di te!”
“E che farai appesa li su come una bandiera?”
“Io non ricordo il demone che ero, ma non ho nessuna difficoltà a immaginarlo con un po’ di fantasia!”.
 Mi sentii montare dentro una rabbia che non avevo mai sentito, mai nemmeno quando morì Saul, tutto l’odio, la tristezza, il dolore che covavo da tre anni mi si riversò nella mente tutto insieme amplificato per cento volte, una belva più terribile di qualsiasi mostro mi graffiava le viscere, esigeva di uscire, di fare giustizia, esigeva il sangue di Acate. La maledizione si rimise in movimento, la sentii strisciarmi addosso come una serpe e fu in quell’istante che capii che quella non era li per uccidermi, ma piuttosto per svegliarmi, per ridestare in me il Demone che ero. Ma ancora una volta tutti loro avevano fatto male i loro conti, non volevo essere forte per me stessa, lo volevo per salvare Loki dallo strazio che stava subendo a causa mia.
“Ci provo!”
“A fare che?”
“A liberare il mostro!”
Mi abbandonai al potere, lasciai che quello s’impadronisse di me, che mi scorresse nelle vene come sangue, che mi arrivasse al cuore, al cervello, ai muscoli, ai polmoni,  abbandonai ogni fibra del mio corpo, mi lasciai possedere da tutta quella forza che a stento ero in grado di gestire, l’ultimo ricordo lucido che ho di quel momento, ero io che mi avventavo nuovamente su Acate e la sua espressione incredula. Il resto è buio.
Non so quanto durò quello scontro, forse due minuti, forse due ore, non rammentò assolutamente nulla di quante successe in quei momenti, l’unica cosa che ricordo era la voce di Loki come un eco lontanissimo. Dovette chiamarmi più volte affinchè la mia mente riconoscesse la sua voce. Fu come svegliarmi da un profondo sonno senza sogni; il corpo di Acate privo di vita e sanguinante era riverso a terra, gli occhi, attraverso la maschera insanguinata e crepata in più punti, erano spalancati e rivolti al cielo asgardiano, della grande guerriera non rimaneva che una massa scomposta di carne e sangue. Mi passai una mano sulla fronte che sentivo sporca di sangue e terra, e mi resi conto solo vagamente che un profondo taglio andava dal centro di quella fin quasi all’orecchio sinistro, la mia attenzione fu attratta da qualcosa di molto più insolito di una ferita alla testa,e solo allora notai che le unghie delle mie mani erano diverse: unghie lunghe nere e lucide, mi voltai di scatto, girando su me stessa un paio di volte come un cane che cerca di mordersi la coda, dovevo essere proprio ridicola anche in quel momento. Quando finalmente riuscìì a toccarne una rabbrividii : lisce e setose come la pelle di un bambino, in alcuni punti tanto sottili da sembrare quasi trasparenti, grandi ali nere dalle venature violacee mi spuntavano dalle spalle leggermente sanguinanti, erano talmente grandi che non avrei avuto difficoltà ad abbracciare con quelle almeno dieci uomini, eppure a parte una leggero bruciore, non ne avvertivo quasi il peso.
“Devo dire che anche le corna ti stanno bene!” disse Loki accennando un leggero sorriso, sgranando gli occhi portai le mani alla testa, due grandi corna a ricciolo si facevano strada tra i capelli imbrattati di sangue, tolsi le mani in preda al panico
“Sanna … calmati”disse Loki facendo uno sforzo immane per raggiungermi
“Calmarmi dici? Ho le corna! Vada per le ali, ma le corna …”dissi agitandomi sempre di più
“Sei cosi carina …” quello sarebbe stato un complimento se avessi indossato un vestito vero, e non se riferito a un paio di corna!         
“Oohh non cercare d’indorare la pillola!” dissi
“Non riesco a capire il perché di tutto questo astio verso un paio di corna!” ribatte il ragazzo avvicinatosi
“Sono..sono demoniache!” risposi
“Folklore!” era a pochissimi passi da me, quando le gambe gli cedettero facendolo crollare a terra.
“Ehi” dissi raggiungendolo. Era messo maluccio ma almeno era ancora vivo
“Tranquilla, ho solo un braccio rotto … credo” disse mettendosi seduti reggendosi il braccio destro
“Pensavo che ti avesse ucciso per davvero” dissi bloccandogli il braccio provvisoriamente
“Ci è andata vicina. Era proprio una belva”
“Sai che sei il primo che sopravvive alle sue “tecniche persuasive”? Come ci sei riuscito?” chiesi
“Con un po’ di magia. Se avessi recuperato tutti i miei poteri, ne avrei risentito ancora meno, ma sono bastati quello che ho già recuperato”
“Meno male che sei forte tu” dissi pulendogli il labbro spaccato
“Se avessi avuto tutti i miei poteri, tutto questo non sarebbe stato necessario” disse sfiorando con due dita  una delle ali,
“Non ne ho alcun dubbio” dissi con il tono di chi dava il contentino a un bambino presuntuoso. Sorrisi
“Mi piace se la tocchi, mi dai una piacevole sensazione di solletico”  abbozzò uno dei suoi sorrisi cattivi e mi mise una mano sulla coscia,
“Stanotte non ho intenzione di farti il solletico” risi lussuriosa, prima che un lampo e un tuono squarciassero il cielo, che da viola divenisse nero, una fitta pioggia cominciò a cadere riversandosi sugli asgardiani che irruppero in grida di giubilo, sia Acate che gli ossidiani erano stati sconfitti, la loro città era al sicuro. Aiutai Loki a rimettersi in piedi, Thor ci raggiunse subito e s’infilò sotto il braccio del fratello per sostenerlo, mi avviai dietro di loro quando una voce così simile alla mia mi chiamò
“Non credi che sia arrivato il momento di tornare a casa?” m’immobilizzai, la conoscevo perché erano anni che la sentivo nelle mie visioni dare ordini di trovarmi, catturarmi, riportarmi a casa. Mi voltai con calma assaporando ogni secondo di quell’incontro. L’avevo atteso per più di quindici anni. Quando l’ebbi davanti fu come guardarmi allo specchio tant’era la somiglianza tra noi, e solo quando si avvicinò potei distinguere delle leggere differenze. E’ buffo, perché non mi ero mai soffermata a pensare a che aspetto lui avesse. Lunghi capelli rossi, ma di un rosso diverso dal mio, più scuro quasi bruciato, occhi da demone senza iridi, liquidi e neri come la notte senza la luna.  Era alto quanto Loki
“Dannazione, poteva farmi un po’ più alta!” biascicai. Un buffo pizzetto rossiccio incorniciava una bocca  dalle sottili labbra violacee, aveva la mia stessa pelle chiara, le braccia lunghe e muscolose erano ricoperte da strani simboli che a prima vista mi sembrarono arcane formule magiche, anche lui aveva le unghie delle mani lunghe qualche centimetro nere e lucide come artigli affilati. Le sue corna però erano più spesse delle mie, mentre le ali erano un po’ malmesse, recavano cicatrici e bruciature, segno che avevano visto ben più di qualche scaramuccia tra mortali. Era apparentemente disarmato, si avvicinò al corpo esanime di Acate
“Mi hai servito fino alla fine. Ti ringrazio!”  e con un gesto elegante della mano, ne fece scomparire il corpo in una nuvola di nero fumo. Per qualche strana ragione non nutrivo timore di lui, neanche un po’
“Questo perché sei una pazza da legare!”
Avevo di fronte l’uomo (??) che mi dava la caccia da una vita intera, ma non mi sentii perduta, minacciata o anche solo in trappola, piuttosto mi sentivo al posto giusto al momento giusto, come se tutto ciò che avessi fatto era stato solo per prepararmi a quell’incontro. Non c’era odio nel suo sguardo, piuttosto mi guardava come se non avesse atteso altro per tutta la vita
“Finalmente hai l’aspetto con cui ti ricordavo, sorella!”  chiusi gli occhi con rabbia e feci sparire, corna e quant’altro, mi bastò solo volerlo per farlo
“Ci vuole un po’ per abituarsi alle ali e alle corna” disse con fare comprensivo
“Non ho bisogno di abituarmi, non userò più quella forma!” risposi come per chiudere un lunghissimo discorso
“Sei proprio convinta della tua scelta dunque?” chiese. Niente giri di parole, niente cantilene o fanfaluche sul destino imparate a menadito e ripetute come un disco rotto, nessun discorso persuasivo, netto, che arrivava dritto al punto: si o no, nero o bianco.
“Si!”
“Allora non abbiamo più niente da dirci. Torna con me sulla Stella e mettiamo fine a questa disputa familiare che si è protratta anche troppo. Io ho cercato di salvarti, ma tu non vuoi essere salvata” mi tese la mano affinchè io l’afferrassi “Un ultimo, grande, epocale scontro. Vediamo chi di noi due è il più forte, il premio è la vita e la Stella!”Il tempo delle parole, degli inseguimenti, delle trappole, era finito. Marek aveva ragione era giunto finalmente il giorno. Tornai verso Loki, la sua intelligenza non gli aveva permesso d’illudersi, mi guardava con un misto di disapprovazione e forse un po’ di odio
“No …”
“E’ quello per la quale tutto questo è accaduto” dissi,
“Non andare” forse non era odio, forse era paura. Anche i cattivi provano paura.
“Devo farlo.”
“Troveremo una soluzione!” insistette,
“E’ compito mio!” tagliai corto. Thor mi guardò anch’egli preoccupato, ma non tentò come il fratello di dissuadermi o trattenermi, sospetto che in fondo fosse anche un po’ sollevato che la piantagrane che ero si togliesse finalmente dai piedi, e li lasciasse vivere senza portare ulteriori problemi di quelli che avevano già, fu però gentile e liberandosi delicatamente dal braccio del fratello mi abbracciò brevemente per poi allontanarsi per lasciare a me e al principe un attimo di privacy. Sarà anche stato tonto, ma avevo visto giusto, l’erede di Asgard era di animo assai gentile. Tornai a guardare verso Loki che sfidava in cagnesco Marek che, tranquillo attendeva alle mie spalle, pareva quasi un fratello maggiore venuto a recuperare la sorella dopo che questa era uscita da casa senza permesso
“Ti ucciderà”
“Dea come sei incoraggiante. Non hai alcuna fiducia in me!”
“Ma per niente! Ti farà a pezzi talmente piccoli che potranno infilarti in tasca!”
“Lo sai vero che hai appena distrutto la scena più romantica di tutta questa storia?”
“Appunto per questo! Io non sono un sentimentale!” ribattè. Sorrisi, aveva le guance leggermente arrossate,
“Resta qui dove posso proteggerti!” continuò
“Proteggerti? Ma se hai protetto tu lui fin’ora!”
“Eddai Sal, cerca solo di essere cavalleresco”
“Bè ha saltato un paio di lezioni importanti!”
“Lui ti ucciderà per davvero. Non giocherà come Acate. Devo salvare almeno te.”
“Tu, mi hai già salvato!” disse d’impeto, e lo vidi arrossire violentemente. Sono sicura che quella era l’ultima cosa che avrebbe voluto dire. Non intendeva certo essere salvato da Acate, ma dalla solitudine e dall’autocommiserazione in cui si stava chiudendo. Sorrisi e gli presi il viso tra le mani
“Mi hai regalato cosi tanto senza neanche accorgertene. Quando sono arrivata non avevo più speranza, non credevo più a nulla. La mia vita era un trascinarsi di giorni tutti uguali gli uni agli altri. Con te ho ricordato la semplicità di un sorriso, la complicità di uno sguardo. Mi hai fatto sentire al sicuro, mi hai aperto il tuo cuore e io ti ho dato il mio in cambio. Adesso ho un motivo per voler vincere, non sono più spinta dall’odio o dalla vendetta, ma dal desiderio di ritornare da te. Sei tu il mio motivo per vincere!” Gli occhi di Loki erano lucidi, si morse un labbro e riuscì solo a ringhiare un
“Io ti troverò!”
Seguii Marek docilmente all’interno dello Stargate che aveva aperto con un semplice battito d’ali, Gurvarth, Even e la nonna ci precedettero guardinghi, gettai uno sguardo a Sif, che mi salutò con un cenno del capo. L’ultima cosa che vidi fu la schiena di Loki che voltava le spalle serrando i pugni.

Buonasera a tutti, ecco a voi il capitolo 13 (speriamo porti bene!!!) E' un pò lunghetto, ma non mi andava di dividerlo in due parti, avrebbe fatto calare l'attenzione, meglio che lo leggiate tutto d'un colpo!! Alla prossima. Saluti a tutti!!! E lasciate qualche commentino...daiii...suuuuuu!!!!

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Capitolo 14
*** 14 ***


Erano passate due settimane dalla partenza di Sanna, e a Loki non era stato ancora dato il permesso di lasciare la stanza della guarigione. Le lesioni interne inflittegli da Acate, erano più grandi di quanto il principe non credesse, che unite al braccio rotto avevano indotto i guaritori a trattenere il ragazzo almeno fin quando le lesioni più gravi non fossero guarite. Il senso di abbandono che provava il giovane principe, unito al dolore fisico, non gli avevano dato modo di ribellarsi alla decisione dei guaritori.
Quindici giorni dopo, stufo dell’ambiente asettico in cui era rinchiuso chiese, con un garbo che nessuno gli attribuiva, di poter tornare nei suoi appartamenti e continuare li la convalescenza. Lady Sif e i tre guerrieri erano ancora addetti al suo continuo controllo: ferito nel corpo e nell’animo, Thor non si fidava a lasciare da solo il fratello minore, l’ultima volta che lo aveva fatto, quello aveva raso al suolo New York. No, decisamente meglio farlo sorvegliare, per quanto la cosa gli desse fastidio.
“Starà tramando sicuramente qualcosa. Riesco quasi a vedere gli ingranaggi del suo cervello muoversi febbrili!” disse Fandral osservando Loki dall’alto della loro sala privata
“In effetti è fin troppo tranquillo per i suoi standard” gli fece eco Volstagg trangugiando un maialino intero. Lady Sif non rispose, ma non potè non notare, a differenza degli altri, i pugni che Loki sbatte al pavimento una volta uscito sulla sua terrazza.
I giorni passavano lenti e silenziosi. Nella quasi totale solitudine Loki cercava, si sforzava di trovare un modo per raggiungere quella ragazzina che lo aveva stregato. Come aveva fatto una semplice ragazza, non particolarmente bella, nè intelligente a conquistare cosi il Dio degli Inganni? Non aveva alcun senso! Eppure Loki la rivoleva, con ogni fibra del suo essere, rivoleva quel corpo cosi piccolo e fragile tra le sue braccia, la rivoleva nel suo letto, al suo fianco, e fu con enorme stupore che scopri che non la rivoleva per puro istinto di dominare, ma perché quegli occhi dal colore cosi strano non si erano spostati da lui quando seppe chi egli era veramente, non avevano cambiato espressione, anzi si erano piantati su di lui ancora di più. Il ricordo del profumo di lei, delle dita tra i suoi lunghissimi capelli rossi, la sua risata, quell’irritante tono ironico, le mancava tutto di lei, una sola notte passata insieme era stata sufficiente a fargli sembrare quello stesso letto enorme per lui solo. Non meritava l’amore che lei gli aveva donato, lo sapeva benissimo, lui era condannato all’infelicità, alla disperazione, alla menzogna, come poteva un anima semplice e onesta come quella di Sanna volere proprio lui, lui che era tutto ciò contro la quale lei combatteva, Loki era ciò che Sanna, non voleva diventare. Eppure oltre ogni loro previsione, si erano attratti come calamite, erano stati insieme,  avevano scoperto le loro ferite e si erano medicati a vicenda, Sanna conosceva il dolore di una ferita che non poteva essere rimarginata, e lui cercava qualcuno che non gli chiedesse di dimenticare, ma che gli facesse capire che doveva imparare ad accettarsi cosi com’era. In meno di due settimane quella ragazza gli aveva sconvolto l’esistenza, distrutto ogni sua certezza, e riempito la vita.
“Sei rimasto fuori tutta la notte?” il volto sorridente di Sanna scomparve per fare posto a quello preoccupato di Thor, “Che brutto risveglio!” pensò il principe, passandosi una mano sugli occhi per svegliarsi,
“Allora anche tu dormi ogni tanto ….” Continuò Thor gettandogli addosso il suo mantello. La sera prima sulla terrazza Loki si era fermato a guardare il cielo trapunto di stelle, si chiedeva su quale fosse lei, se si vedeva da li oppure no, quanto era distante la Stella da Asgard? Aveva per forza bisogno di uno Stargate per raggiungerla o c’era un'altra via? Con quei pensieri si era addormentato. Thor tendeva a dimenticare che Loki non pativa il freddo.
“Cosa ti fa credere che io non dorma?” chiese il moro alzandosi lentamente. Non soffriva il freddo per via delle sue origini, ma quello non faceva comunque bene alle sue ferite non ancora del tutto guarite
“Il tuo aspetto da lupo delle montagne” Loki alzò un sopracciglio e si passò una mano sul viso che sentì ispido, si voltò  verso il vetro della finestra e notò che profonde occhiaie gli incorniciavano gli occhi e i capelli ormai abbandonati a se stessi, Thor sorrise tra se e se, ma non infierì.
“Che succede?” tagliò corto il fratello minore
“Sono venuto a vedere come stavi”
“Sono ancora vivo” rispose, ma il tono era di chi desiderava tutt’altro
“I guaritori vorrebbero controllarti …”
“Sto bene!” insistette, Thor trasse un profondo respiro per mantenere la calma, ce ne voleva parecchia con Loki
“Conosco quell’espressione, la metti su quando soffri. Non credere di essere l’unico a capire la gente, sei mio fratello ti conosco. Che cosa ti passa per la testa?” Loki si allontanò verso la balaustra e Thor non lo seguì, rimase alle sue spalle in attesa. Il sole lentamente sorgeva dietro le montagne, la sue luce rosata illuminava il cielo che andava lentamente rischiarandosi, le cime dei monti prendevano colore, cosi come il mare e la città di Asgard. Loki fissò il sole levarsi, e nonostante quello gli bruciasse gli occhi, lui non distolse lo sguardo
“Jane ti è mai mancata a tal punto da non riuscire più a dormire? Perché se ti addormenti la vedi e quando ti svegli ti rendi conto che lei non è accanto a te?”  Se la mascella di Thor avesse potuto crollare ai suoi piedi l’avrebbe fatto certamente, dove diavolo era finito Loki? Non che Thor si lamentasse, ma un cambiamento cosi repentino non se lo aspettava proprio. Tutt’un tratto il crudele fratello diventava sentimentale? Quale calamità si stava abbattendo su Asgard, o meglio quale prodigio si era abbattuto sulla città sotto forma di ragazzina dai capelli rossi? Thor cercò di parlare con il tono più naturale possibile
“Tu, tu …. Tu…”
“Sembri uno di quegli aggeggi midgardiani che si usano per chiamarsi a distanza” disse Loki voltandosi verso il fratello, cercò di incrociare le braccia al petto dimenticandosi però del braccio fasciato, con l’unico risultato di emettere un grugnito di dolore
“Tu sei innamorato di lei.” Non era una domanda,
“Diciamo piuttosto che sono interessato”  Thor sorrise rassegnato, non avrebbe mai ammesso di avere un punto debole, la sua espressione però si tramutò subito ricordando il vero motivo per cui era andato dal fratello. Loki notò subito il cambio di espressione, Thor era un libro aperto per lui
“Che c’è’? Dalla tua faccia giurerei che sei venuto per dirmi qualcosa che non mi farà piacere ascoltare.” Il maggiore provò a ribattere, ma Loki rise di gusto “Thor te li leggo in faccia i tuoi pensieri. Non sei mai stato un bravo bugiardo, tutt’altro!”
“Per forza, da bambini eri tu quello che accampava le scuse migliori, e facevi finire me nei guai al posto tuo!” rispose Thor
“Io ero un tipo delicato tutto il contrario di te, che eri già tutto muscoli e niente cervello, neanche un po’!” disse Loki con fare altezzoso
“Come osi esserino insignificante?” ruggì Thor bonario afferrando il collo del fratello e stringendolo sotto il braccio con una leggera morsa
“Ahi, ahi Thor, mi stacchi la testa cosi!” urlò Loki liberandosi a fatica. Seguirono attimi di silenzio un po’ imbarazzati, da quando lui e Thor non ridevano cosi? “Da quando ho scoperto che non sono realmente suo fratello, da quando mi sono fatto accecare dalla gelosia, dall’odio verso suo padre. Ho cancellato tutto ciò che Thor era per me, solo perché sono diverso…..” Fu un attimo, il viso di Sanna gli comparve davanti, quel sorriso leggero appena accennato, quella mano sottile che gli toccava il petto “ … Siamo uguali” forse con quelle parole, voleva dirgli molto di più. Ormai era inutile rimuginare sulle scelte fatte, non poteva cambiare il passato. Le sue azioni, le sue scelte, le aveva prese in momenti di grande rabbia, frustrazione e dolore, era vero, ma era altrettanto vero che in quei momenti lui era lucidissimo, e poi nonostante tutto doveva ammettere che aveva avuto un certo stile nel fare il cattivo.
“Ti ricordi quando Fandrall ti picchiò? Avevi sette anni.” Chiese Thor, Loki abbassò lo sguardo e sorrise, certo che lo ricordava, fino a quel momento aveva sempre pensato che Thor lo detestasse, e invece quella fu la dimostrazione del suo grande affetto
“Avevo sei anni, mi ricordo che mi nascosi nella stanza di Madre, tu buttasti quasi giù la porta nel venirmi a cercare.”
“Eri sparito da un giorno intero, ti avevo cercato in tutti i posti in cui ti rifugiavi, ma senza trovarti.”
“Non mi sono mai spiegato una cosa però, come facesti a capire che c’entrava Fandrall?”
“Chi se non tu, poteva fargli diventare i capelli di un bel rosa acceso?”
“Ah è vero me lo ero dimenticato” disse Loki sorridendo
“Mi ricordo che eri rannicchiato in un cantuccio della stanza di Madre, ti aveva pestato di brutto, ma non piangevi” Proseguì Thor
“Io mi ricordo le grida di Odino mentre ti rimproverava per averli picchiati tutti. Perché poi te la prendesti anche con Sif e gli altri?” chiese Loki curioso, Thor sorrise al ricordo
“Perché non sapevo se c’entrassero o meno anche loro, cosi per andare sul sicuro, li picchiai tutti. Nessuno deve più toccare mio fratello, cosi dissi loro, e non lo hanno più fatto. Fu Madre a raccontare a Odino come andarono davvero le cose,  e lui ….”
“Venne ad abbracciarci quella sera stessa.” Concluse Loki.  Ancora un silenzio, ma non imbarazzato, piuttosto un silenzio carico di ricordi
“Come siamo arrivati al punto di combatterci?” chiese Thor guardando fisso il volto del fratello. Loki alzò la testa e sostenne il suo sguardo, una fiamma di odio gli avvampò gli occhi
“Chiedi a tuo padre, perché!!” disse rientrando in camera, Thor lo seguì provando a farlo ragionare su quel tasto dolente
“Loki, nostro padre ….”
“TUO PADRE!” gridò il minore infervorato, Thor fece un passo indietro e attese che Loki si calmasse prima di ricominciare a parlare
“Lui, ha cercato solo di impartirci una lezione importante, una lezione senza la quale non saremmo potuti diventare ciò per cui eravamo destinati.”
“Tu un re e io un dannato”
“Perdonami Loki, ma sei stato tu a scegliere quella via, lui non ha colpa in questo.”
“Ha la colpa di avermi detto la verità l’unica volta in cui avrebbe dovuto mentirmi!” Thor non replicò, in cuor suo anche lui pensava che la scelta di Odino di essere sincero con il figlio nel momento sbagliato aveva automaticamente gettato Loki nel baratro dell’instabilità mentale. Thor tornò a guardare Loki che tentava in tutti i modi di liberarsi della maglia, ma con il braccio fasciato e dolorante era piuttosto difficile per il fratello fare un movimento cosi semplice, sospirando gli andò in soccorso
“Allora, sei venuto solo per ricordare i bei tempi andati, o c’era qualche altra cosa che volevi dirmi?” il sospiro di Thor fu forzato, e da come lui trattenesse i polsi del fratello, Loki capì immediatamente
“No … non puoi …” balbettò Loki per la prima volta spaventato. Thor poté vedere chiaramente come gli occhi di Loki divenissero lucidi e disperati, una visione che gli procurò una fitta al cuore
“Devo farlo Loki. Ho liberato i tuoi poteri perché tu potessi aiutare Sanna a tornare a casa. Lei è tornata, e io ora devo vincolarli di nuovo.”
“Ti supplico Thor non farlo!” gemette il minore
“Il Consiglio mi impone ….”
“Al diavolo il Consiglio, quando mai hai fatto ciò che ti dicevano di fare?”
“E’ una questione diversa. Non mi va di inseguirti di nuovo per tutto l’universo …”
“Thor, se mi privi dei miei poteri, non potrò più trovarla!” esclamò il moro con forza
“Vuoi cercarla davvero?” chiese Thor stupito, non pensava che l’attaccamento del fratello a quella ragazza fosse tale da spingerlo ad intraprendere la caccia di un ago in un pagliaio
“Io la troverò. Ma ho bisogno dei miei poteri per farlo, senza non posso fare niente.”
“Loki ….”
“Non ti ho mai chiesto nulla Thor, non ti ho mai supplicato, lo sto facendo adesso.” Gli occhi verdi di Loki luccicavano come due gemme al sole, il dio del tuono non ricordava di averli mai visti di quella brillantezza, gli occhi del fratello erano sempre stati freddi o illuminati da un sadico piacere. Si voltò a prendere i bracciali che avevano chiuso i polsi di Loki per tanto tempo
“Mi dispiace fratello …” un attimo e i polsi di Loki si ritrovarono serrati in quei bracciali infernali, la sorpresa di Loki fu tale da non dargli nemmeno il tempo di reagire, si preparò ad avvertire dolore, quella familiare sensazione di perdita, il vuoto allo stomaco, e la certezza che i suoi poteri fossero stati vincolati, ma quella non arrivò. Una sorpresa diversa si dipinse nei suoi occhi, e Thor poté godersela tutta
“Sono solo per salvare le apparenze, nessuno a parte me sa che i tuoi poteri sono intatti. Non deludermi fratello.” Disse Thor mentre guadagnava la porta per uscire dalla stanza, Loki crollò seduto sul letto con un sospiro liberatorio.
“E’ cosi facile convincerti Thor?” chiese Loki, Thor si voltò di nuovo prima di oltrepassare l’uscio della porta
“Non voglio più vederti come a New York. Se lei può darti quello che cerchi, allora trovala!” Con il cuore gonfio di tristezza il dio del tuono si rifugiò tra le braccia accoglienti della sua mortale.
 
Qualche settimana dopo il braccio di Loki era completamente guarito, le sue costole un po’ meno, ma non gli impedirono di uscire per la prima volta dopo mesi fuori dal palazzo da solo, o almeno apparentemente da solo. In ogni momento Loki sentiva la malcelata presenza della sua fastidiosa scorta, ma ben presto Sif e gli altri furono relegati in un angolino della sua mente, che fu completamente assorbita dallo studio di tutti gli antichi testi delle biblioteche di Asgard. C’erano sette grandi biblioteche ad Asgard, la più grande ovviamente era all’interno del palazzo reale, ed era il luogo dove Loki aveva passato gran parte della sua infanzia e adolescenza, conosceva ogni singolo libro, quindi gli parve saggio cominciare da biblioteche che non conosceva, con studio meticoloso e un po’ di fortuna sarebbe sicuramente riuscito a trovare ciò che cercava, dopotutto lo studio era il suo campo di gioco, Loki sapeva benissimo che per sconfiggere un nemico bisognava studiarlo, capire i suoi punti deboli, analizzare le sue mosse, imparare a pensare come pensava il nemico, e solo quando la sembiosi sarebbe stata perfetta elaborare una strategia per distruggerlo. Il principe con lo stesso animo con cui si apprestava alla guerra, si apprestava ora alla ricerca della Stella.
L’effetto che produsse Loki entrando per la prima volta in una comunissima biblioteca di Asgard fu come quella di un petardo in chiesa, gente che correva urlando da tutte le parti, libri cascati a terra abbandonati al loro triste destino, sedie travolte, e confusione da tutte le parti. Il principe non si lasciò intimidire dall’effetto prodotto e attraversò ad ampie falcate la piccola sala centrale fino a giungere a un bancone circolare dove un terrorizzato bibliotecario quasi sull’orlo delle lacrime lo attendeva pietrificato
“Buongiorno” disse Loki sottolineando quella parola con tutto il disprezzo possibile per l’omino
“B…bu…buo..buon..” Loki, prese tamburellare con le dita sul piano del bancone, era diviso dall’incenerire l’esserino all’istante e la tacita promessa fatta al fratello di starsene buono, doveva sforzarsi di prestare fede alla parola data, doveva farlo per lei, cosi si limitò a sbuffare sonoramente
“Va bene ho capito, indicami dove posso trovare tutti i testi che parlano di mondi al di fuori dell’Yggdrasill” l’ometto deglutendo sonoramente cercò di farsi coraggio sistemandosi nervosamente gli occhiali che erano scivolati sulla punta del naso
“In … che categoria..A..Altezza?” quella semplice frase costò all’uomo tutto il suo coraggio, coraggio che Loki con una semplice occhiata gelida provvide a cancellare istantaneamente
“Tutte” rispose, il povero bibliotecario indicò con dito tramante il corridoio alle spalle di Loki, e lui senza ringraziare lo imboccò rapido. Il corridoio era stretto e angusto con pareti di legno e fiaccole dalla fioca luce azzurrina, il pavimento in legno scuro risuonava dolce sotto i suoi passi decisi. Il corridoio si apriva su una più ampia e luminosa sala circolare, gli scaffali che correvano lungo le pareti e su fino al soffitto erano stipati di volumi dall’aria polverosa, avvicinandosi a uno degli scaffali Loki notò la polvere che ricopriva i tomi segno che pochi visitavano quella sezione della biblioteca, meglio cosi pensò il principe avrebbe avuto meno fastidi, anche se escludeva che la biblioteca venisse frequentata ora che sapevano che c’era lui. Il silenzio ovattato e il profumo delle pagine ingiallite dal tempo diedero alla mente di Loki come una scossa elettrica che lo spinse subito a togliersi il lungo soprabito nero verde e oro e a gettarlo su di una poltrona e immergersi nello studio dei titoli sui dorsi delle copertine. Con il dito lungo e affusolato scorreva dorso dopo dorso alla ricerca di ciò che gli serviva, ne prese uno che gli pareva essere un buon punto di partenza intitolato
 “Porta delle Stelle” lo prese con delicatezza e lo aprì, le pagine all’interno erano tutte spiegazzate e scarabocchiate, un moto d’odio verso il bibliotecario gli Sali alle labbra
“Dovrebbero cavargli gli occhi!” imprecò,
“E sono sicuro che muori dalla voglia di farlo tu, non è vero?” gli sussurrò una voce all’orecchio
Non tradirlo di nuovo” si ripetè Loki senza raccogliere la provocazione di Fandral, piuttosto fingendo di non aver udito raccolse tra le braccia una pila di libri e andò a sedersi ai piedi di una delle poltrone
“Puoi aver incantato Thor, ma a noi non la dai a bere” raggiunse Hogun, Loki ghignò di sottecchi, li aveva ingannati, eccome, di nuovo.
“Potete rimanere se lo desiderate, solo vi pregherei di mantenere il silenzio.” Rispose il principe continuando a non degnarli di un solo sguardo. I tre e Lady Sif rimasero di sasso.
I giorni passavano e Loki divorava uno ad uno i libri che Eoghan, il bibliotecario, gli sottoponeva, con tono di comando aveva infatti ordinato all’uomo di mettersi a sua completa disposizione, e Eoghan aveva ubbidito come un pupazzetto a molla. Il bibliotecario era, nonostante tutto, una persona paziente e meticolosa nel suo lavoro, con un occhiata riusciva a capire se quelli che aveva davanti erano veri studiosi o solo sfaccendati, presto Eoghan capi di avere davanti non una persona qualunque, ma un uomo dall’intelligenza fine e raffinata, un arguto studioso e un pazzo scellerato, dopotutto a Midgard non si diceva “Genio e sregolatezza”? e il principe Loki ne era la prova vivente. Eoghan fu rapito da quel ragazzo che riusciva a mantenere la stessa posizione per delle ore, che non staccava mai il naso dalle pagine nemmeno per un rumore improvviso, se lo sentiva arrivare muoveva appena gli occhi per accettarsi dell’identità del nuovo arrivato per poi ignorarlo completamente e tornare a leggere, Loki non mangiava e a stento pareva dormire, sin dall’inizio l’uomo aveva capito che avvicinarsi a lui con la frase “Altezza stiamo per chiudere” avrebbe solo sortito l’effetto di farlo decapitare seduta stante, cosi si limitò con voce titubante a dirgli
“Altezza Reale, stiamo chiudendo la biblioteca. Le lascio le luci accese. Buonanotte Altezza” Loki non rispose, e Eoghan  non se lo aspettava di certo. Lo ritrovò la mattina seguente quasi nella stessa posizione della sera prima, solo che sonnecchiava sul libro aperto sul tavolo, il bibliotecario sospirò, quella sarebbe stata un'altra giornata senza un solo nuovo visitatore, sarebbero stati solo lui, il principe e quei quattro che lo tenevano d’occhio, bè tanto valeva fare il tè per tutti. A passi lenti e misurati si avvicinò al tavolo e vi posò delicatamente la tazza ma non appena quella toccò la superficie del ripiano gli occhi verdi e freddi di Loki si aprirono di colpo per fissare il bibliotecario che perse il suo colorito di colpo. Loki lo fissò per un intensissimo minuto, prima di fargli un vago cenno con gli occhi che Eoghan intraprese per un “Grazie, ma sparisci o ti uccido seduta stante”
I giorni passavano lenti, il caldo cominciava a divenire davvero insopportabile, e benché Eoghan lasciasse tutte le finestre della biblioteca aperte, non un filo d’aria si muoveva. Loki impassibile come il primo giorno in cui era arrivato sembra quasi non fare caso al caldo appiccicoso che si era riversato sulla città, il bibliotecario però vedeva come il ragazzo cercasse di stare il più lontano possibile dalle finestre esposte direttamente al sole, come gironzolava scalzo per i vari scaffali, la maglia aperta sul collo e i capelli nerissimi raccolti in una composta coda di cavallo che gli scoprivano la nuca. Era passato ormai quasi un mese dalla sua prima visita, e il principe cominciava, agli occhi di Eoghan a divenire parte dell’arredamento della biblioteca tanto era silenzioso e si sarebbe dimenticato completamente del principe se non avesse avuto le sue chiassose guardie del corpo fuori dalla biblioteca.
Quella mattina l’afa era davvero insopportabile, gli abiti si appiccicavano alla pelle, e le gocce di sudore scendevano dalla fronte e giù per la schiena, erano tutti a rinfrescarsi alle baie di Asgard mentre Loki era ancora li, sepolto tra moltitudini di libri, carte, mappe e scarabocchi su foglietti sparsi, il viso era tirato e visibilmente stanco, dimagriva a vista d’occhio ma non accennava a darsi tregua. Raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva Eoghan si avvicinò a lui portandogli una bevanda fresca, come al solito Loki lo ignorò senza neanche alzare lo sguardo e l’uomo dentro di se lo ringraziò, perché se lo avesse fatto, se lo avesse guardato con quei freddi occhi assassini, non sarebbe riuscito nemmeno a spiccicare parola
“Altezza, perché non si sposta nel giardino sul retro, starà sicuramente meno comodo ma la frescura che potrà godere sarà sicuramente migliore di questo caldo appiccicoso” disse tutto d’un fiato e preparandosi a darsela a gambe levate. Contro tutte le sue previsioni però vide Loki alzare il viso dal libro, guardarlo e spostare nuovamente lo sguardo sulla confusione che regnava sul tavolo, Eoghan si permise di accennare un timido sorriso
“Vada Altezza, ci penso io a portarle i libri in giardino” Senza dire una parola Loki si alzò e si avviò verso l’esterno, nel frattempo Eoghan iniziò a raccogliere tutti i documenti recuperati dal principe, notò subito che dal giorno in cui gli aveva chiesto della sezione dedicata ai mondi al di fuori dell’Yggdrasil era riuscito a fare da solo una moltitudine di collegamenti che i più sarebbero riusciti a fare solo dopo almeno un anno di studio, lui ci era riuscito in poco più di un mese. Raccolse in bell’ordine i libri facendo attenzione a non perdere i segni lasciati da Loki e lo raggiunse in giardini. Il principe si era sdraiato sotto uno degli alberi, e cosi disteso a terra e con le braccia incrociate dietro la testa fissava la chioma dell’albero sopra di lui, Eoghan si avvicinava lentamente, e altrettante lentamente gli poggiò i libri vicino e si allontanò inchinandosi appena. Senza dire nulla al principe, Eoghan si avviò verso la biblioteca più antica di Asgard, forse gli era venuta un idea.
“Era quasi meglio, quando tentava di ucciderci un giorno si e l’altro pure” disse Volstagg una sera a cena, provocando l’ilarità dell’intero vecchio gruppo di amici, anche Thor si era unito a loro finalmente libero dai suoi impegni di principe reggente.
“Che cosa sta facendo?” chiese sorseggiando del vino dalla sua coppa,
“Legge e scarabocchia sulle pergamene tutto il giorno, è un continuo scrivere, cancellare e riscrivere. Ha scarabocchiato su tutte le mappe stellari della biblioteca, il povero Eoghan piange di continuo ormai.” Rispose Fandrall senza dare molto peso alla cosa,
“E’ rimasto li anche stanotte, ormai non è divertente nemmeno più fargli la guardia, è diventato noioso” aggiunge Volstagg mentre addentava l’ennesimo volatile
“Starà tramando qualcosa di sicuro” sussurrò Hogun, guardando verso Sif che non rispose e non si uni al coro denigratorio sul principe dannato, si limitò a tacere e continuare a sbocconcellare una pigna d’uva. Thor notò il silenzio dell’amica e lanciò un occhiata eloquente a Jane.

 
Tutto intono a me era rosso come le fiamme dell’inferno. Ovunque guerrieri e soldati combattevano fino allo stremo delle proprie forze. Solo grida di guerra, urla di dolore, cozzare di spade e nitriti di cavalli. Il campo di battaglia si estendeva fin dove occhio poteva vedere, e al centro esatto di quell’inferno di uomini e demoni, una voragine, la Bocca, dalla quale uscivano schiere di demoni pronti per l’ultimo assalto all’Esercito della Stella.
Un vento caldo, quasi rovente saliva da quell’abisso senza fine. Un alito di vento mi frustava i polpacci ormai privi di qualsiasi protezione, i capelli sciolti mi ondeggiavano dietro la schiena come il migliore dei mantelli, mi sporsi per guardare l’interno di quell’abisso, e non vidi altro che un puntino rosso a quella che pareva essere la sua fine, un puntino rosso che riusciva a far riverberare però la sua luce fino a noi che eravamo in superficie. Quel salto nel buio mi dava il capogiro, arretrai di qualche passo con il fiato corto e il cuore che batteva all’impazzata, sapevo di essere sbiancata dalla paura, perché ne avevo, e anche molta, come diavolo avrei fatto a uscire viva di li? Come avrei fatto ad affrontare da sola tutti quei Demoni Dominatori? Non ero in grado, non ero all’altezza, non ero abbastanza forte nemmeno in forma di demone. Quando stavo, lo ammetto, per cedere, un flash, uno strappo allo stomaco e finalmente lo vidi, dopo settimane in cui aveva desiderato vederlo, lo vidi: era in piedi in una sala stracolma di libri, lui era furente e distruggeva tutto ciò che gli era a portata di mano. Un brevissimo istante che mi fece capire che lui mi stava cercando. Fu come una scossa elettrica. Senza guardare in faccia a niente e a nessuno, presi la rincorsa, sfoderai le spade e saltai giù nell’abisso, tra le fiamme di quell’inferno che mi facevano un po’ meno paura
“Vinco io, Loki!”



Lentamente i giorni si trasformarono in settimane e le settimane in mesi, l’estate ben presto lasciò il posto all’autunno e poi all’inverno, Asgard fu ricoperta da una coltre bianca che ovattava qualunque suono, le  divise dei soldati della città dorata si dotarono di calde pellicce, e la popolazione indossava i suoi indumenti di lana lavorata, il sofisticato impianto di riscaldamento del palazzo reale era tenuto costantemente acceso per permettere di avere un temperatura confortevole all’interno delle sue mura, e mentre le stanze della mortale Jane mantenevano un calore leggermente più alto rispetto alle altre sale, per permettere alla ragazza di abituarsi al freddo asgardiano, quelle di Loki erano completamente escluse dal riscaldamento. La sua natura Jotun gli permetteva di vivere il freddo molto meglio del caldo, e il ragazzo accendeva il camino dei suoi appartamenti più per un effetto scenografico piuttosto che per una reale esigenza di calore. Il gelo, forse per le sue discendenze, si addiceva molto a Loki, l’aria rarefatta e fredda che s’insinuava nei polmoni congelandoli era molto simile al veleno che scaturiva dalla sua lingua d’argento. Ormai tutti gli abitanti del palazzo si erano abituati a vederlo in maniche di camicia trascinarsi da un capo all’altro dei giardini interni del palazzo, portava con se sempre una quantità incredibile di libri, pergamene, si sedeva in un punto, un punto apparentemente a caso, e li vi rimaneva per delle ore, a volte dei giorni, senza mangiare ne dormire, con la testa che andava dai libri sparpagliati attorno a lui, al cielo sopra di lui, ben presto per molti divenne quasi un complemento d’arredo mobile. Lui sempre cosi freddo, scostante e superiore a tutti e a tutto, era diventato l’ombra di se stesso, non avere notizie di lei, di nessun genere e il non riuscire a trovare un modo per raggiungerla lo stava facendo scivolare se non nella pazzia, almeno nell’apatia totale, del Dio degli Inganni che era stato, si ricordava assai poco, cosi come egli ricordava cosi poco della ragazza che l’aveva a suo modo stregato. I contorni del viso di Sanna andavano di giorno in giorni a farsi meno nitidi, i ricordi di lei sempre più sbiaditi, ogni giorno ne perdeva un pezzetto, la lunghezza dei suoi capelli, il loro colore, la forma dei suoi occhi, delle sue labbra, le cicatrici i tatuaggi, ogni giorno una perdita, e per quanto lui si sforzasse di rimanere aggrappato con tutte le sue forze a quei ricordi, quelli gli scivolavano tra le dita come granelli di sabbia. La frustrazione aumentava, l’odio che covava e che aveva seppellito per tanto tempo tornava a graffargli le viscere; dall’alto come un corvo esploratore, spiava l’amore si Thor e Jane, e ne era invidioso, invidioso fino all’invero simile, invidioso di un sentimento che fino a prima della venuta di lei, era stato per lui cosi sciocco e inutile, un sentimento non da desiderare, ma da deridere. Perché loro potevano stare insieme e amarsi, e lui no? Perché non gli era concesso nemmeno il calore di un semplice abbraccio? Perché Thor era re, perché solo lui doveva essere quello forte e potente, perché solo lui poteva godere delle grazie del padre, di un corpo e di un cuore che lo amavano incondizionatamente e lui doveva continuare a rimanere all’ombra di suo fratello? Nel buio, nascosto alla vista di tutti. Non c’erano onori per il principe Jotun, non c’era luce, e non c’era amore. Lui non meritava niente, perché non si era guadagnato niente. Chissà forse quella era la vendetta dell’amore che lui aveva sempre deriso. Lentamente quel sentimento di vendetta nei confronti del fratello tornò a serpeggiare fino al suo cuore, e con il passare dei giorni diveniva sempre giù grande, sempre più pesante.
Un Loki ormai accecato dalla gelosia attese il calare della notte, per dare libero sfogo a tutto il suo odio. Il palazzo era profondamente addormentato quando lui scivolò silenzioso nelle stanze del fratello, attraversò senza fare il minimo rumore il salotto di ricevimento per dirigersi senza indugio nella stanza da letto, apri la porta senza far rumore, e li vide li accoccolati insieme sotto le coperte che dormivano, abbracciati come a lui non era concesso. Una rabbia cieca gli annebbiò quel poco di lucidità che gli era rimasta, e dal palmo aperto davanti a se comparve una sfera di luce verde brillante,
“Che diavolo stai facendo? Tu non vuoi questo!” disse la sua stessa voce dentro di se
“Tu credi?”
“Non lo pensi davvero! Altrimenti non avresti cercato con tutto te stesso di tenere a freno i tuoi istinti!”
“Fa silenzio!” sbottò Loki mentre continuava a fissare la sfera di luce come ipnotizzato. Thor dal suo letto, sveglio, guardava di sottecchi il fratello. Loki non era l’unico nel palazzo di Asgard che spesso rimaneva sveglio e preoccupato. Osservò il bizzarro monologo del fratello, e ne ebbe paura.
“Che cosa otterrai dalla sua morte? Solo altra solitudine!”
“Mi sarò sfogato!”
“Loki…” iniziò Thor cercando di non sorprenderlo, ma ebbe l’effetto di benzina sul fuoco: Loki come se rispondesse a un comando scagliò la sfera di energia verso il letto dei due. Con un solo braccio Thor afferrò l’esile corpo di Jane e la trascinò via dal letto. Un istante dopo, dove loro erano sdraiati, un enorme buco nero bruciato si apriva tra le lenzuola bianche. La porta fu sfondata da Sif e gli altri che accorsero immediatamente in aiuto del loro principe. Loki solo, in piedi contro di loro, con indosso nient’altro che i pantaloni, niente scarpe, ne corazza, ne armi, ma vestito di un aria strana che Thor non stentò a riconoscere
“Andate via” ordinò ai suoi uomini
“Non ti lasciamo da solo con questo pazzo. Dovevamo farlo fuori quando ne abbiamo avuto la possibilità” esclamò Fandral sguainando le spade. Lo seguirono Hogun e Volstagg a ruota, Sif attese un ordine diretto del suo superiore. Jane seminascosta dalla sagoma di Thor guardava Loki che si preparava a un nuovo attacco, e non potè fare a meno di sentire l’impulso di correre da lui, ma quando stava per muoversi Thor la bloccò
“FUORI!” gridò Thor ai suoi che rimasero di stucco, Fandral stava per ribattere ma Sif afferrandolo per un gomito lo strascinò via, anche Jane indugiò ma si convinse a uno sguardo eloquente del principe. Quando rimasero solo nella grande stanza buia, illuminata solo debolmente dai raggi della luna, Thor si rivolse al fratello
“Vuoi combattere? Ok combattiamo!” e si scagliò con violenza contro il fratello minore. In un unico corpo andarono a sfondare una vetrata e si ritrovarono carponi sul freddo pavimento della terrazza, rotolando Thor si portò subito fuori la portata del fratello, si rialzò svelto mentre Loki stentava a mettersi anche solo sulle ginocchia
“Razza di cretino” pensò il dio del Tuono mentre guardava il fratello rimettersi in piedi a fatica, non appena Loki si raddrizzò Thor ripartì alla carica, sferrandogli un sonoro pugno sulla mascella, ma non gli permise di crollare, lo afferrò per il bavero e gli sferrò un secondo destro allo stomaco, che piegò l’avversario in due
“Che c’è? Non mi sembravi cosi deboluccio quando ci hai attaccato nel cuore della notte. Alzati fratello, mostrami per una volta nella tua vita il tuo vero volto!” gridò Thor dandogli un calcio nel fianco che Loki riuscì però a evitare. Il dio del tuono gli diede il privilegio del prossimo attacco, e Loki si scagliò contro quella montagna di muscoli con tutto l’ardore di cui da ragazzino non era mai stato capace. La lotta infuriò senza esclusione di colpi, una fitta e soffice neve cominciò a cadere sui duellanti, e si colorava di schizzi rossi ancor prima di toccare il freddo pavimento di marmo. Chi assistette nascosto dalle tende delle stanze limitrofe potè vedere quanto fosse grande la malvagità e soprattutto l’ingratitudine del principe rinnegato, solo Thor invece lesse nella disperazione dei colpi di Loki la sua muta richiesta di aiuto. Loki non voleva fargli del male, di questo Thor era certo, il minore voleva solo con quello scontro mettere a tacere tutto il rancore che provava per il fratello, altrimenti il dio degli inganni non lo avrebbe mai affrontato a mani nude, si sarebbe vestito della sua corazza, del suo elmo e dei suoi grandi poteri che il fratello gli aveva concesso, pur di sconfiggerlo, e invece no, Loki l’aveva sfidato a dorso nudo, e senza nessun altra arma che la sua stessa rabbia. Stanco e con il naso sanguinante Thor sferrò un ultimo poderoso colpo allo stomaco del fratello che volò qualche metro più in là con la faccia nella neve. Loki rimase per qualche minuto steso e immobile mentre il sangue che gli gocciolava dalla bocca macchiava la neve sotto di lui, il contatto della pelle abrasa con il freddo del manto nevoso gli diede un leggero sollievo alle carni martoriate dal fratello ma non al suo animo inquieto
“Per quanto ancora ti fingerai morto? Io sto gelando!” disse Thor mentre lo prendeva delicatamente per una spalla e lo tirava su. Il volto che Loki mostrò al principe ereditario di Asgard era di quanto più spaventoso Thor avesse mai immaginato. Il viso rigato di lacrime di Loki era qualcosa che Thor non aveva mai visto, nemmeno da bambino
“Sto impazzendo…” biascicò il moro chinando la testa, Thor abbozzò un sorriso sedendosi di fronte a lui
“Parti avvantaggiato. Sano, non lo sei mai stato” un sorriso singhiozzò tra le lacrime di Loki che tentò di asciugarle, ma invano, quelle scendevano giù molto più velocemente di quanto il ragazzo non gradisse. Thor era incredibilmente imbarazzato, Loki non si era mai mostrato tanto debole davanti a lui; quello deciso, quello forte, quello che sapeva esattamente cosa voleva e come ottenerlo era sempre stato Loki. Lui fino a poco tempo prima era stato una testa di legno, e solo l’amore di Jane gli aveva fatto capire cos’era veramente importante, forse Sanna aveva fatto lo stesso con il suo strano fratello dalle origini fredde di Jotun. Una flebile preghiera arrivò alle orecchie del dio del tuono, una preghiera che gli gelò il sangue nelle vene
“Thor…aiutami”  il dio del tuono allungò un braccio e senza esitazione strinse il fratello minore in un abbraccio.


Buonasera a tutti, scusate per l'attesa ma ho avuto un pò di ripensamente nello scrivere questo capitolo e tutt'ora non ne sono pienamente convinta, ma rispetto a ciò che avevo scritto in partenza...che dire a voi l'ardua sentenza!!! Un saluto a tutti e buone vacanze!!!!
 

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Capitolo 15
*** 15 ***


I mesi continuavano a scorrere sulla pelle del Dio degli Inganni, e nonostante anche Jane Foster si fosse messa d’impegno per aiutare il principe, non arrivarono comunque a capo di nulla, neanche consultando un affascinato Eric Salvig che era stato portato a posta ad Asgard.
“Ti serve l’energia di un wormhole, di un ponte di Eistain- Rosen per arrivare fin li” disse Jane riponendo l’ennesimo libro
“Non abbiamo tutta quell’energia, e anche se l’avessimo, dubito che Padre Tutto vorrà aiutarmi. Non sappiamo nemmeno dove direzionarla tutta quell’energia visto che non sappiamo dove diavolo sia questa Stella.” Rispose Loki senza alzare neanche la testa dal tomo che sfogliava pigramente
“E’ assurdo che dopo tutti questi mesi, tu non abbia trovato nulla. Ci deve pur essere qualcosa, lei come diavolo ha fatto ad arrivare fin qui? Ci dev’essere un modo, ci dev’essere per forza. Se c’è un problema, c’è una soluzione!”
“Se c’è è molto ben nascosta!” rispose Loki chiudendo il libro in maniera stanca. Jane lo fissò per qualche momento
“Non ti starai arrendendo spero!”
“E anche se fosse? Forse non è destino che io la ritrovi, forse il mio destino è restare all’ombra di mio fratello!”
“E hai già dimenticato come lei ti facesse sentire?” Loki la guardò stupito e lei sorrise
“Andiamo Loki, non mi ci vuole di certo la sfera di vetro per capire come ti sentivi in pace con lei, con lei non ti sentivi al secondo posto, non è vero?”
“Ma non ha comunque scelto me!” rispose Loki con forza, Jane sospirò come se dovesse spiegare qualcosa a un bambino molto capriccioso, e pensandoci un momento, Loki era un bambino molto capriccioso
“Secondo te, cos’è più semplice, scegliere tra ciò che è giusto o ciò che è facile? Sanna aveva, ha delle responsabilità, certo sarebbe potuta rimanere, ma ti avrebbe messo in pericolo”
“Ero pronto ad affrontarli per lei”
“Ma lei non era disposta a prendere in considerazione l’eventualità che saresti potuto morire. Forse l’idea di sacrificio però è troppo lontana dalla forma mentis del Dio degli Inganni!” l’ultima frase Jane la pronunciò con sfida, gli occhi di Loki brillarono per un secondo di odio prima di tornare nello sconforto, dopotutto la midgardiana non aveva tutti i torti, lui di sacrificio ne sapeva assai poco
“Potrebbe essere morta, e io sono ancora qui a cercare un fantasma”
“Tu credi che sia morta?” chiese Jane, anche se già conosceva la risposta. Loki ci pensò qualche secondo, poi abbassò lo sguardo come se quel gesto potesse impedire a Jane di notare il tono di speranza che avevano le sue parole
“Lei è viva!”


Ero per l’ennesima volta al suolo, in una  pozza di sangue e terra, che stava diventando una penosa abitudine delle mie battaglie. In forma di demone i miei poteri di guarigione si erano rafforzati di cento volte e guarivano ossa rotte e ferite che per altri sarebbero state mortali in una manciata di minuti, anche se, per assurdo la guarigione era assai più dolorosa del momento in cui le ferite venivano  inferte. L’ala che mi era stata strappata via, si rigenerava in un tripudio di dolori lancinanti,  potevo sentire come un corpo a me estraneo che andava a comporsi dentro la mia schiena e spuntare come spunta un fiore, ma accelerato per mille volte e mille volte più doloroso. Lo strazio era tale che non riuscii a impedirmi di vomitare
“Sei proprio un brutto spettacolo sai?” disse la voce fredda di Marek avvicinandosi con le ali spiegate, era malconcio anche lui ma incassava stoicamente
“La vita tra gli umani ti ha reso meno resistente. Millenni fa potevi andare avanti per settimane senza accusare dolore nè fatica. La prima a scendere in battaglia, e l’ultima a lasciare il campo.”
“Starò invecchiando” risposi con la solita ironia mentre tentavo di rialzarmi.
Ero in ginocchio e con il fiato mozzo da una dolorosa fitta, quando sentii l’ala nuovamente intatta. Voltai leggermente la testa per guardarla, era cosparsa di quella che somigliava molto alla placenta dei neonati
“Ti è già rispuntata. Cosa possono i poteri demoniaci in un essere eccezionale come te” disse puntandomi la sua lama al collo
“Un ultimo desiderio prima della fine?” Uno. Ne avevo solo uno
“Come avrei voluto vederlo un ultima volta”


“Sua Altezza Reale!! Sua Altezza Reale” gridava Eoghan come un ossesso dal fondo del corridoio. Loki si mosse appena mentre Sif e Volstagg saltavano giù dal divano dov’erano stravaccati. Il bibliotecario entrò con un enorme sorriso stampato in faccia e un piccolo e delicato libricino tra le mani
“Sua Altezza Reale, ho trovato qualcosa!” Loki non si scompose, ma dentro di se moriva dalla voglia di strappare il libro dalle mani dell’uomo
“Ebbene?” disse cercando di controllare la voce, Eoghan si avvicinò come mai aveva fatto prima di allora, afferrò al volo una sedia e si accomodò accanto al principe che si ritrasse leggermente
“L’altro giorno con Lady Jane parlavamo di Bifrost, ponti di Eistain-Rosen e elaborato intricate e sempre più improbabili teorie di come poter ricreare il potere di uno Stargate, e siamo giunti a conclusione che, non si può!”
“E tu hai strombazzato ai quattro venti come uno straccivendolo per dirmi qualcosa che so già Eoghan?” chiese Loki ringhiando, ma l’uomo stavolta non si scompose
“Ho passato tre giorni a cercare di ricordare i nomi di tutti i “viaggiatori” di origini asgardiane, ma con mio grande disappunto nessuno di loro è andato mai oltre i confini dell’Iggdrasil” Loki si spazientiva ogni secondo di più, si appoggiò pesantemente allo schienale della sedie e incrociò le braccia al petto, se Eoghan non voleva essere incenerito doveva sbrigarsi ad arrivare al punto
“Improvvisamente mi sono ricordato di un singolare libricino che mi affascinò talmente tanto da ragazzo da indurmi a credere che tutto ciò che vi era scritto all’interno fosse reale. Era la storia di un mondo lontanissimo da qui, un mondo quasi incantato, giovane e luminoso come una stella …” Eoghan spinse il libricino dalla copertina nera e consunta sotto il naso di Loki. Il principe senti il cuore accelerare i battiti e la gola farsi secca come il più arido dei deserti
“Lo trovai da ragazzo in una sezione della Biblioteca a nord della città, non ho mai capito perché fosse li, era anche nella sezione sbagliata. Ne lessi le prime pagine e me ne innamorai all’istante! Mi prese in maniera tale che non l’ho mai più restituito alla biblioteca, è rimasto con me per oltre sessant’anni”
“Quindi lo avevi tu..”
“Mi perdoni Altezza per non aver capito subito di che cosa lei avesse bisogno”
“Se te lo avessi detto, forse me lo avresti portato prima” rispose Loki. Eoghan sorrise senza farsi notare.
Loki prese a sfogliare le prime pagine e notò subito come quelle fossero scritte con una bella grafia obliqua e ordinata, qua e la ai diversi margine delle pagine c’erano appunti fitti fitti e asterischi che rimandavano a capitoli e paragrafi particolari. Alcune pagine vi erano addirittura dei bellissimi disegni a matita con tanto di dettagliate descrizioni
“E’ un diario di viaggio…”
“Esatto Altezza, è il diario di un viaggiatore proveniente con ogni probabilità dalla Stella stessa, o che l’abbia studiata per anni”
“E’ firmato?” chiese Loki tornando automaticamente alla prima pagina, in basso a sinistra con una grafia sottilissima le parole  Argan della Primavera. Al povero Loki, già provato da tante delusioni per poco non gli veniva un colpo, spalancò gli occhi fino all’inverosimile nel leggere quel nome: Argan? Quell’Argan?  Quello che dava a caccia a Sanna? Il cuore del ragazzo era in tumulto, finalmente dopo mesi di ricerca infruttuosa, un indizio che poteva ricompensarlo di tutto e finalmente permettergli di arrivare a lei
La Stella è piccola, ma ha una grande forza che risiede nella magia del suo nucleo originale e nei suoi stessi abitanti. Loro non lo sanno perché troppo schiocchi per comprendere, per avvertire che la magia è dentro di loro oltre che intorno a loro. Forse però è un bene che non ne siano a conoscenza, altrimenti non sarebbero un popolo cosi pacifico e perfetto per essere conquistato.  Per fortuna solo gli Eletti si rendono conto della magia.
“Bene” pensò Loki “Qualcosa che Sanna non sa”
Gli abitanti credono che bisogna essere speciali per governare la magia, ma non hanno compreso che la magia vuole solo essere accettata.
Loki s’immerse completamente nella lettura fino ad arrivare all’argomento di maggior interesse per lui, le coordinate della Stella
“Eoghan prendi la carta stellare più grande che hai” Eoghan obbedì all’istante, tornando poco dopo con la mappa che spiegò sul tavolo. Con una matita e un righello, pescato chissà dove, Loki tracciò la rotta per la Stella, ma notò subito qualcosa che non andava. Ritracciò la rotta più e più volte facendo attenzione alle coordinate assicurandosi di leggere bene i numeri. Il senso di frustrazione tornò a graffiargli le viscere, ma cercò di non abbandonarcisi facendo controllare i dati anche a Eoghan che aveva capito subito qual’era il problema. Sif e Volstagg che fino a quel momento non avevano detto una parola ruppero il silenzio
“Che succede Loki?” di tutta risposta il ragazzo si alzò e andò verso la finestra senza dire una parola. L’aria del freddo inverno asgardiano cominciava lentamente a profumarsi di primavera.
“Le coordinate per raggiungere la Stella portano in un punto ben preciso … questo” disse Eoghan puntando il dito su Asgard stessa, i due guerrieri non capivano
“Che significa?” chiese Sif notando la bizzarria
“Le coordinate sono sbagliate?” azzardò Volstagg
“No, probabilmente le coordinate sono giuste, solo che …” Eoghan si bloccò quasi come se non volesse dare un secondo dolore al ragazzo che guardava fuori dalla finestra
“Solo che la Stella, è in una Dimensione Specchio”
“Una dimensione specchio?” chiese Sif ancora senza capire
“E’ una dimensione parallela alla nostra. Per farvela breve essa si trova al di sopra di Asgard solo che è lontana anni luce da qui. Incredibilmente lontana, eppure cosi vicina. E’ una dimensione gemella alla nostra solo che speculare, come l’immagine riflessa di uno specchio. Durante la creazione della galassia originaria, quella dev’essere per qualche motivo collassata dividendo il suo nucleo in due nuclei gemelli, uno è diventato l’Iggdrasil, l’altra, forse per il suo scarso potere, o per chissà quale arcana ragione è diventata il riflesso di questa dimensione, dove si trova la Stella.”
“E quindi che significa?” chiese Sif
“Significa che non posso raggiungerla” concluse Loki, un grave silenzio scese nella stanza, poi Loki imboccò l’uscita, Eoghan lo raggiunse e gli porse il libricino
“Mi dispiace molto Altezza”
Avrebbe sfasciato l’intera stanza se avesse potuto …. un momento lui poteva sfasciare tutto, eccome se poteva, e non se lo fece ripetere due volte, e quando ebbe finito nella stanza non c’era praticamente più niente d’intatto, ma distruggere qualsiasi cosa gli capitasse a tiro non lo fece sentire meglio. Crollò a pancia in giù sul letto sfatto e ricoperto dalle piume dei cuscini: si sentiva svuotato e incazzato come mai nella vita, più di quando aveva scoperto le sue origini, più di quando aveva capito che non sarebbe mai stato re, più di quando aveva perso contro i vendicatori, solo che per qualche strana ragione non riusciva a reagire. In quel momento odiava Sanna con tutte le sue forze, l’aveva fatto innamorare, l’aveva reso piccolo, patetico, debole e sentimentale. Quale assurdo sortilegio aveva usato quella femmina per spingerlo a cercarla per quasi un anno? Come diavolo aveva fatto a ridurlo cosi, lui che era il Dio degli Inganni? Si odiava, odiava se stesso e odiava lei. Lei cosi bella nella sua semplicità, cosi forte e combattiva nonostante le dure prove che le si presentavano, lei cosi sorridente e piena di vita nonostante i dolori e gli accanimenti del fato. Aveva avuto tanto di quel tempo per pensare a una vita con lei che quasi se ne vergognava, addirittura si era lasciato andare in fantasticherie in cui lui se ne andava a spasso per il nuovo mondo guidato da lei, lontano dal peso di tutto ciò che aveva fatto, lontano da Thor e soprattutto lontano da Odino. Aveva immaginato una vita intera insieme: come sarebbe stato fare l’amore con lei tutte le sere e ritrovandosela ogni mattina al fianco, ebbra d’amore per lui, bruciante di passione per quell’uomo che lei aveva visto oltre il mostro. Si senti arrossire fino alla punta delle orecchie quando ricordò di aver pensato a un figlio con lei, un mostriciattolo dai capelli corvini come i suoi, ma dai profondi occhi verdi come quelli della madre, forte e intelligente come lui, ma con il sorriso della madre. Sarebbe stato capace di amare qualcun altro oltre a se stesso e a lei? O sarebbe stato cosi stupido da essere geloso e invidioso anche della creatura che sarebbe uscita dal ventre di lei, una creatura che lui stesso avrebbe contribuito a creare? Sarebbe stato capace di amare come ama un padre? Sarebbe stato onesto con i suoi figli o si sarebbe comportato come Padre Tutto, preferenze e menzogne? No, di certo Sanna non glielo avrebbe permesso, a costo di prenderlo a calci. Riusciva anche a pensare d’invecchiare con lei al suo fianco, invecchiare e lasciarsi morire lentamente cullato dal suo caldo abbraccio. Si sentiva un completo idiota, quanto era caduto in basso, era diventato peggio di Thor in piena fase d’innamoramento di Jane, si faceva ribrezzo da solo. Cercando di reprimere il voltastomaco che gli saliva, s’addormentò.
Il sogno che ne seguì fu inquietante. Si trovava su una spiaggia che non conosceva, sotto un cielo nero e senza luna, fiaccole accese l’illuminavano la spiaggia brulicante di persone senza volto, poteva sentirli singhiozzare o intonare tristi litanie, e al centro della folla una pira, sulla quale riconobbe istintivamente la sagoma di Sanna che seduta, dandogli le spalle attendeva qualcosa. Nessuno pareva far caso a lui che si faceva largo tra gli astanti per raggiungerla
“E cosi dunque ti sei arreso …” disse la voce di Sanna, anche se lui non la ricordava cosi roca
“Non riesco a trovarti” rispose lui sulla difensiva
“Non mi hai cercato abbastanza. Avevi giurato che mi avresti trovato”
“Ci sto provando, ma occorre un potere che io non ho per raggiungerti …”
“Mi stai abbandonando con la scusa che è impossibile. Eppure io da te ci sono arrivata”
“Ci sei arrivata per puro caso …”
“Credi che sia stato un caso che io sia piombata proprio ad Asgard piuttosto che altrove? Allora spiegami a che servono gli incroci se poi ognuno ha la sua strada?”
“Stai parlando di cose senza senso …”
“Se sono cose senza senso che diavolo ci fai qui?” chiese la ragazza con il tono di chi la sa lunga
“Mi hai chiamato tu …”
“Non dire sciocchezze, questo è il tuo sogno, non il mio, sei tu che hai desiderato d’incontrarmi!”
“Cosa ti sta impedendo di tornare da me?” tagliò corto Loki
“Probabilmente la stessa cosa che impedisce a te di trovarmi.”
“Sei ancora viva?”
“Che diavolo vuoi che ne sappia, io sono solo un sogno, sono una proiezione dei tuoi desideri e delle tue paure”
“Voltati verso di me”
“Non credo che il mio volto ti piacerà” la figura di Sanna si voltò lentamente per mostrargli un volto completamente sfigurato, un secondo dopo la pira prese fuoco, Loki fece un passo avanti nel tentativo di raggiungerla ma fu trattenuto dalle forti braccia dei presenti che gli impedivano l’avanzata. Sanna nel frattempo veniva adagiata sulla pira da mani gentile che le sistemavano le vesti e i capelli
“Come ti trovo? Dannazione come faccio a raggiungerti?” Gridò Loki cercando di divincolarsi
“Non guardare il problema sempre dallo stesso punto. Inventa, improvvisa”
Si svegliò di colpo fradicio di sudore e con il fiato corto come se avesse corso, si mise a sedere e si passò una mano fra i capelli, qualcosa gli aveva segato il collo durante il sonno, mise una mano sotto la casacca e ne estrasse un anello. Loki lo fissò a lungo rigirandoselo tra le dita, era un bell’anello d’argento con un blasone inciso sopra: un grande albero frondoso sullo sfondo di una cascata rocciosa. Sul bordo superiore un incisione, un motto probabilmente, recitava “Siamo il frutto delle nostre scelte” Un oggetto di pregevole fattura, un anello quasi reale, certo non di quelli che indossano le casate minori. Fu bizzarro ma non appena strinse nel pugno l’anello, il volto di Sanna gli esplose nitido davanti agli occhi. Ricordava esattamente il suo sorriso, la forma degli occhi e ogni singola lentiggine.
Si cambiò in fretta e uscì, non aveva più voglia di dormire, doveva pensare, doveva riflettere a come aggirare il problema della dimensione specchio; vagò per la città buia e deserta senza meta, a tratti prendeva il diario di Argan e ne leggeva qualche pagina, si ritrovò cosi sul Bifrost, sull’immenso abisso nella quale una volta era caduto in maniera cosi teatrale, altri tempi, un altro Loki. Si sedette sul bordo del ponte arcobaleno con le gambe penzoloni nel vuoto e s’immerse ancora nella lettura
Creare uno Stargate che apra un collegamento tra Asgard e la Stella richiede una gran dose d’energia magica che ora, con le mie attuali conoscenze non posseggo, forse un giorno chissà sarò abbastanza forte da creare un ponte stabile tra questa e l’altra dimensione, ma per il momento devo accontentarmi di utilizzare il passaggio dei comuni mortali, sperando questa volta di essere più pronto di riflessi. L’ultima volta ci ho quasi rimesso la pelle. Non tutti sanno, anzi sono sicuro che nessuno sa, che le dimensioni specchio sono tutte collegate tra di loro, il che a pensarci bene è abbastanza normale dal momento che i mondi di una stessa dimensione sono raggiungibili mediate varchi temporali o passaggi più semplici che però sono celati ai più, e pensandoci se sono sconosciuti quelli tra i mondi di una stessa dimensione, come si possono conoscere quelli che uniscono le dimensioni specchio? Eppure è cosi facile intuire che esse siano collegate, anzi, com’è possibile pensare che esse  siano talmente lontane se hanno le stesse coordinate? Sono tutti cosi ciechi, cosi sciocchi, cosi privi di fantasia dal pensare che solo perché una cosa si trovi in un'altra dimensione, allora questa è automaticamente impossibile da raggiungere, quando invece, magari hanno la soluzione sotto al loro naso: ah beata ignoranza!!! Anche per Asgard e la Stella è cosi, e il loro punto d’incontro è proprio ….
Il seguito era scritto su una pagina che era stata strappata, ma questo non impensierì Loki, anzi gli diede nuova forza e ardore: allora c’era un altro modo per raggiungere la Stella, e lui l’avrebbe trovato! Aveva già trovato il passaggio per Jotuheim da ragazzo, nello stesso modo avrebbe trovato quello che collegava le due dimensioni.
“Soffri ancora d’insonnia?” chiese la voce di Heimdall dall’interno del Bifrost
“Sai benissimo che non ho mai dormito molto” rispose Loki senza guardarlo ma continuando a fissare il cielo sopra di lui
“Non riesci a vederla, vero?” chiese, Heimdall si chiese perché tutti gli innamorati gli facessero la stessa domanda
“No, è troppo lontana dalla mia vista”
“Non è troppo lontana, siamo noi che siamo privi di fantasia” rispose enigmatico il ragazzo, lasciando il guardiano del Bifrost solo con le sue dieci trilioni di vite. 

Buongiorno!!! Siete ancora in vacanza? Spero proprio di si, ma spero che troviate comunque il tempo di legger eil nuovo capitolo sotto l'ombrellone, (o l'ombrello dato il clima bizzarro di quest'estate!!) Spero che il nuovo capitolo vi piacci,a la sto tirando un pò per le lunghe perchè non mi andava che Loki ritrovasse la sua ragazzina dai capelli rossi con uno schiocco di dita, ogni tanto deve soffrire anche lui, anche se devo dire che siamo proprio brave a farlo soffrire, poverino, prima o poi ci incenerirà tutte!!! Aspetto i vostri commenti al riguardo. Buon proseguimento e divertiteviiiiiiiii!!!! 

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Capitolo 16
*** 16. Amara vittoria ***


Risalii dalla Bocca dell’Inferno grazie alle mie grandi ali da demone che sbattevano ritmicamente e mi portavano verso l’alto, verso quel pezzetto di cielo che riuscivo a intravedere attraverso il fumo. Era una sensazione alquanto bizzarra riuscire a volare senza essere a dorso di un drago, certo viravo in maniera imbarazzante ma era solo questione di pratica, conclusi. Gli ultimi metri dell’abisso preferii farli alla vecchia maniera, ovvero arrampicandomi come un qualsiasi essere umano, anche se a pensarci bene, se uno solo dei miei uomini avesse messo il naso giù in quel baratro si sarebbe senz’altro chiesto come diavolo avessi fatto a risalire, ma riaffiorare dall’inferno con ali e corna non era comunque una buona idea. Atterrai goffamente su uno sperone di roccia abbastanza largo da poterci posare entrambi i piedi, e facendo sparire il demone, mi gettai il bottino di guerra in spalla e inizia l’arrampicata. Ero messa maluccio, gambe e braccia mi dolevano al minimo movimento, figurarsi ad arrampicarmi sulla roccia, le unghie sanguinavano e il petto mi dava delle fitte tremende ogni volta che mi tiravo su. Una decina di metri di risalita furono come scalare una montagna intera, imprecavo come e meglio di Sabira e Kanahaan messi insieme. Quando sentii sotto le dita la polverosa terra rossa del centro della Stella, seppi di avercela fatta, in modo alquanto inaspettato ma ce l’avevo fatta. Pigolai per chiedere aiuto, ma nessuno mi udì, in superficie erano ancora tutti troppo impegnati in un feroce combattimento, a terra c’era veramente di tutto, molti addirittura combattevano sui cadaveri, fu una visione talmente infernale che guardai in basso per accertarmi di essere davvero tornata in superficie. Non sapevo quantificare quanto tempo fossi rimasta nel regno dei demoni, ma sapevo che il mio esercito aveva combattuto fino a quel momento anche per me, per tenere impegnati gli eserciti infernali fino al mio ritorno. Era arrivato il momento di ricompensarli, di ricompensare ognuno di loro, la loro lealtà e il loro sacrificio. In piedi dando le spalle al quel baratro infuocato, sollevai le teste mozzate dei nemici della Stella per attirare l’attenzione senza parole, e l’urlo di giubilo non tardò a sollevarsi nell’aria mentre gli squadroni demoniaci si arrendevano, esterrefatti, sconfitti e umiliati dagli esseri umani.  Vidi Even corrermi incontro con il suo miglior sorriso e abbracciandomi scoppiò a piangere, la strinsi forte circondandole il collo con il braccio libero e la posai un bacio sui capelli arruffati, dopo di lei molti mi vennero incontro per ringraziarmi e salutarmi. Gurvarth mi raggiunse quasi per ultimo conducendo per le briglie Karev il mio cavallo
“Quali ordini Comandante?” chiese con tanto zelo da farmi rimanere di sasso per un attimo
“Tu e Even tornerete alle vostre città di origine e darete e tutti la lieta novella. Even  manda qualcuno a Nutua e a Nirps con lo stesso messaggio. Gurvarth sciogli l’esercito chi vuole può finalmente tornare a casa. Ci rivediamo ad Angora” dissi con un filo di voce, Gurvarth non mancò di notare le mie pessime condizioni e la fatica che feci anche solo per poggiare le mani sulla sella, così, avvicinandosi mi aiutò a montare intrecciando le dita delle mani e permettendomi di usarlo come un gradino, e quando mi sistemò anche i piedi nelle staffe, rimasi ancora più di stucco, quello che il mio ex primo nemico aveva fatto era un gesto di grande reverenza, e non avrei mai creduto di riceverlo proprio da lui.
“Una colonna è già pronta per scortarti. Non voglio che tu viaggi da sola, sei troppo stanca” disse
“Sono stanchi anche loro” risposi spronando Karev.
Stanchi un corno, pensai dopo il primo giorno di viaggio, quegli scalmanati erano svegli e tosti come grilli, neppure quando ci accampammo per dormire se ne stettero tranquilli, persino i feriti facevano baldoria, ma dopotutto come dargli torto? Per sei anni avevamo avuto ben poco da festeggiare, non avevamo fatto altro che combattere per sei lunghissimi anni, e dalla piega che stavano prendendo gli eventi avremmo festeggiato la vittoria per altri sei anni ancora, bè almeno sapevo che cosa aspettarmi un volta ad Angora.
Ci volevano quindici giorni di cammino per raggiungere la città reale, ma la colonna non dava segni di cedimento, cavalcavano a rotta di collo inebriati dalla gioia della vittoria, pareva quasi che avessero dimenticato la stanchezza, e di certo non voleva ricordarla in quel momento che finalmente tornavano a casa, dalle mogli, dai mariti da figli e amici. Quando, in fondo alla valle una volta verde e rigogliosa, ora bruciata e arida intravedemmo le fortificazioni della città, tutti spronarono i cavalli ad affrettare il passo. Originariamente Angora era una piccola città di pescatori con un piccolo approdo più che un porto e di conseguenza senza alcuna fortificazione se non quella di una bella e rigogliosa cinta di alberi secolari, era chiusa a est da una scogliera che s’innalzava improvvisamente dal terreno, a ovest dal mare della baia di Pucket, a nord e a sud la valle. Con l’arrivo del primo re di Dlym, Andras il Primo, la città si ampliò con un porto commerciale e la costruzione del palazzo reale a ridosso della scogliera stessa, per portare acqua dolce al villaggio Andras fece deviare il corso del fiume che sfociava a circa quindici miglia più a est della scogliera, permettendo al fiume di tuffarsi a cascata giù per la scogliera in direzione della città che venne percorsa cosi dal letto del fiume. La città si ampliò negli anni successivi, fino a prendere la sua forma definitiva sotto Gelbarth II, il padre di Saul, e la sua Età della Fioritura, il porto fu ampliato fino a divenire uno dei primi cinque porti della Stella, il fiume fu ramificato in modo che le sue acque arrivassero anche alle zone periferiche della città, i giardini pensili e i parchi sbocciarono come funghi in autunno, le strade furono acciottolate e rese più praticabili per i carri dei commercianti che venivano da fuori, osterie, locande e bordelli crebbero a vista d’occhio, cosi come i ponti che collegavano le varie zone della città. L’esercito reale e la flotta era abbastanza forte da tenere testa a qualsiasi incursione nemica che provenisse dalla terra o dall’acqua, per questo a Gelbarth fu naturale pensare di evitare fortificazioni in pietra che potessero deturpare il viso della città, alle classiche cinte murarie, preferì una barriera di alberi da alto fusto che in pochi anni divennero una foresta con annesso squadrone di “spiriti” nome con la quale venivano indicati i soldati che la presiedevano. A chi la guardava da lontano, dal Passo del Gigante, Angora appariva come un enorme polmone verde, e da qui il soprannome di “Città Verde” Ma in quel momento di verde restava assai poco, non era stata rasa al suolo solo perché Even con una manciata di compagni dell’Accademia era riuscita a non far prendere  Ponte Corto che collegava la periferia alla centro città, anche Alyse sorella di Saul era scesa nello scontro che fu ribattezzato “Battaglia degli eredi” perché combattuta appunto da chi avrebbe ereditato la città. Ora quella città ferita e bruciata andava ricostruita e resa ancor più bella e rigogliosa di prima, ce n’era di lavoro da fare. Falchi messaggeri avevano preceduto il nostro arrivo, e la gente era già predisposta ai festeggiamenti, fu talmente straordinaria l’accoglienza che ci avevano riservato da essere eccessiva oltre ogni dire. Mentre passavo tra i palazzi neri e avvizziti, alla testa della colonna, la strada veniva cosparsa di petali bianchi e rossi, i bambini correvano tra i cavalli a cercare i genitori o i fratelli, mentre dalle finestra aperte venivano stesi drappi e coperte in segno di festa. Urla di gioia canti e balli si riversarono per le strade in un marasma di corpi festanti e quando con fatica scesi da cavallo mi furono offerti fiori e acqua da tutte le parti, le donne mi baciavano, i bambini mi si stringevano alle gambe, e gli uomini di davano vigorose pacche sulle spalle,  solo per non distruggere il clima festaiolo mi impedii di non sputare sangue, e solo quando intravidi la mia futura regina,  correre all’impazzata verso di me la folla finalmente si aprì permettendo a quella bambina, divenuta donna in tempo di guerra, di saltarmi al collo e piangere senza alcun freno, era stata forte per tantissimo tempo, ora poteva finalmente sfogarsi. Dietro la sua massa di capelli castani vidi Ado che ci raggiungeva,  guardandomi come se aspettasse qualcosa, dolcemente mi liberai dell’abbraccio spacca ossa di Alyse e m’inginocchiai al mio re porgendogli le teste di Argan e Marek. Alzai lo sguardo appena in tempo per vedere Ado che, dovendo mantenere una dignità che aveva perso troppo spesso davanti a me, non si sciolse in lacrime, ma fiero e mozzicandosi appena il labro inferiore, mi strinse in un abbraccio fraterno. Avevo finalmente vendicato il suo amatissimo fratello.
Lo studio di Ektor era stato ricavato a ridosso dell’infermeria di fortuna che era stata allestita all’interno del palazzo reale. Megi e volontari tra cui la stessa Alyse prestavano cure ai soldati feriti. Ektor era un nano della terra del perenne Autunno, ci eravamo conosciuti ai tempi dell’Accademia, era stato amico di Elania prima che mio, e dopo la morte di lei, aveva rinunciato a essere un megi di trincea per mandare avanti quell’ospedale improvvisato che Elania aveva fortemente voluto, il nano e la mia amica nutrivano un profondo rispetto e forse anche un qualcosa di più, e il gesto di Ektor di rinunciare a qualcosa che amava fare, fu per me la prova di quanto lui volesse onorare la memoria di lei.
Ero seduta in mutande su un tavolo, che sapevo veniva usato per operazioni volanti, o per amputare arti spacciati, più di una volta mi ci avevano stesa a forza per ricucirmi la testa o altre parti del corpo, Sabira ci aveva ucciso a colpi d’ascia un nemico che si era infiltrato per assassinare Saul. Ricordavo esattamente come l’ascia della mia amica scagliata dall’altro lato del corridoio aveva centrato in pieno la schiena del malcapitato, e per essere sicura che fosse morto Sabira gli tagliò la testa con un colpo secco, il sangue le schizzò sul volto trasfigurato dalla freddezza, mi ricordo che disse “Questo gingillo è fichissimo!” era il periodo in cui uccidere era diventato un bisogno e non una necessità.  Su quello stesso tavolo fu composta Elania dopo il volo fuori dalla balconata dopo aver assorbito su di se la maledizione che aveva colpito il nostro re, e ricordavo esattamente l’angolino in cui Ektor si era rannicchiato per piangerla sommessamente. Ricordai il calore della mano di Saul che avvolgeva la mia dicendo “La pagheranno. Li uccideremo tutti, fino all’ultimo uomo!”  Ogni angolo di quel palazzo era un ricordo, e in quel momento mi venivano addosso come una cascata gelida, e sentivo effettivamente freddo ma probabilmente solo perché avevo le chiappe sul gelido marmo. Avevo chiesto di essere visitata solo da Ektor e che non ci fosse stato nessuno ad assistere, naturalmente non si negava nulla all’eroe del giorno. Ektor entrò con il suo solito passo a balzelloni, i capelli legati in una moltitudine di treccine adornate di anelli e la sua solita folta barba castano chiaro, non il massimo dell’igiene ma tant’è, indossava una tunica grigio perla, stretta in vita da una cintura in pelle e acciaio identica alla mia che, ricordava gli anni dell’Accademia, nonostante tutto quelli dell’addestramento, anche se faticoso e durissimo, erano stati gli anni migliori, addestrati alla guerra ma lontani da essa. Il nano venne avanti sorridendo, potevo vedere dietro i piccoli occhiali a mezza luna i suoi vividi occhi azzurri lucidi dall’emozione, sorrisi di rimando senza troppa gioia . In silenzio cominciò a visitarmi facendomi stendere a pancia in su, spostando ogni volta un piccolo sgabello dai tre piedi che si tirava dietro: delicatamente posava le sue mani piccole e calde prima sul petto, poi sul costato e il ventre, chinandosi leggermente su un lato notò il colore violaceo del lato sinistro del torace, premendo con più vigore constatò ciò che i miei denti digrignati già suggerivano
“Hai una costola incrinata e tre rotte, e con queste sei riuscita a spaccartele tutte!” disse scendendo dallo sgabello e facendo il giro del tavolo. Scese verso le gambe che trovò incredibilmente rigide, sentivo i muscoli come roccia sotto la sua pressione, borbottò qualcosa prima di chiedermi di voltarmi di spalle. Come una foca arenata mi girai sul fianco sinistro con il risultato di sentire un dolore lancinante alle costole
“Ma sei proprio scema, allora!” ringhiò aiutandomi a voltarmi dal lato giusto. Chiusi gli occhi nel vano tentativo di rilassarmi, mentre Ektor con una spugna bagnata detergeva il sangue incrostato dai lunghi solchi che avevo sulle scapole, gli stessi solchi che sapevo fossero la culla delle mie ali e che per qualche strana ragione si rivelavano sul corpo umano. Le ferite erano aperte ma non sanguinavano, come se quella fosse la loro condizione naturale, mi aspettavo da un momento all’altro qualche domanda strana alla quale non sapevo in tutta sincerità cosa rispondere, nessuno a parte Gurvarth, Even e la nonna sapeva chi fossi realmente, e non ero sicura di volermi sbottonare con Ektor.
“Vuoi che le ricuci o che le medichi soltanto?” chiese allontanandosi per prende l’occorrente, dimenticavo che Ektor era la discrezione fatta nano. Dopo aver medicato le “ali” tornò a sondare la schiena fino a raggiungere la base della colonna vertebrale,
“Ti fa male qui….”
“AHIA!!” gridai senza ritegno
“Si, decisamente si. Ok rimettiti seduta do un occhio alla noce di cocco che chiami testa” mi puntellai con fatica sulle mani, e mi rimisi dritta
“Perché sento solo ora tutto questo dolore?” chiesi massaggiandomi le costole
“Perché ora ci stai pensando” annui con la testa mentre continuavo a stringere le labbra. Non so perché ma non appena mi toccò il taglio che avevo in fronte calde lacrime cominciarono a scendere giù senza che io potessi fermarle, lui pensò ingenuamente che fossero lacrime di gioia le mie, ma anche dopo la vittoria, non c’era gioia per me, non ci sarebbe stata nessuna felicità.  Lo vidi congiungere le mani una sull’altra e portarle alla fronte ferita in un gesto che avevo visto fare mille volte ad Elania per guarire le ferite minori, ricordavo molto bene la luce dorata che scaturiva da quelle, una luce che non aveva niente a che fare con l’appena percettibile scintilla che faticò a uscire dalle mani di Ektor
“Dimenticavo di dirti che la magia è sparita dalla Stella” dissi come se stessi parando del tempo, lui per poco non crollò giù dallo sgabello
“Che cosa?” chiese sconcertato. Sospirai e mi sfasciai i capelli che fino a quel momento avevo tenuto nascosti in un turbante di pezza: una cascata di capelli bianchi mi franò sulle spalle, quella criniera quasi leonina rosso come le fiamme, era in quel momento bianca come la luna. Ektor era a dir poco sconcertato al punto che dovette sedersi, io non potevo far altro che continuare a tirare su col naso, rendendomi sempre più conto di ciò che avevo fatto.
“Che cosa è successo?” chiese dopo essersi ripreso dallo shock, passandomi una mano sulle guance bagnate presi a spiegare
“Alla fine siamo rimasti io e Argan a contenderci la vittoria. Ero stanca dopo l’epica battaglia contro Marek, non so neanche io come abbia fatto a sconfiggerlo. Quando pensavo di aver vinto, Argan mi si è parato davanti, blaterava qualcosa che il cuore di Marek era stracolmo di magia oscura che lui avrebbe riversato su se stesso e sugli inferi rendendo i demoni più forti. Non potevo crederci, ma quando ho visto il nero potere di Marek nelle mani di quel pazzo non potevo rischiare. Abbiamo duellato, non ricordo di aver ai affrontato un duello magico cosi a lungo senza crollare, alla fine sono riuscita recuperare il cuore, ma non appena l’ho toccato i nostri poteri sono come entrati in risonanza, ed era proprio quello alla quale quel figlio di puttana mirava fin dall’inizio.”
“Voleva che tu attraversassi la Breccia Mitologica. Il lasso di tempo che le due parti hanno stabilito per mantenere l’equilibrio e permetterci di scegliere tra la luce e l’ombra.”
“Le quarantotto ore più lunghe della mia vita”
“Ma alla fine hai scelto la luce” disse sorridendo
“Non proprio..” risposi
“Che intendi?” chiese allarmato
“Ho scelto l’equilibrio. Nessuno ha mai pensato di sceglierlo. O è tutto bianco o tutto nero, non c’è fantasia in questa scelta. Ma io, modestamente di fantasia ne ho avuta: se avessi accettato di lasciare il potere ad Argan e scegliere l’oscurità, lui non avrebbe avuto più nessun ostacolo al dominio della Stella. Se invece avessi accettato tutto quel potere, il potere stesso mi avrebbe ucciso e Argan lo sapeva e lo avrebbe preso comunque, sotto questo punto di vista lui era molto più forte di me. In entrambi i casi avrei lasciato la Stella al suo destino, cosi ho fatto l’unica cosa che mi avrebbe permesso di salvarla.”
“Hai estinto la magia”
“Ho dovuto farlo, se avessi scelto lui avrebbe vinto in ogni caso. Lui voleva che scegliessi, ha architettato tutto affinché io scegliessi la Stella o la mia vita…”
“Non ha mai compreso quanto tu fossi eccezionale!” disse sorridendomi, poi un pensiero gli balenò in testa e lo vidi quasi prendere forma nel suo cervello
“Aspetta un momento, se la Magia non esiste più, questo vuol dire che non potrai più…”
“Siamo ancora in grado di fare incantesimi semplici, ma dipende da noi da quanta magia residua ha ognuno di noi, ma dimentichiamoci i grandi sortilegi e con quelli anche gli Stargate!”
“Ma cosi non potrai più rivederlo…”
“Non lo rivedrò mai più” Era quella la mia disperazione, non avrei mai più rivisto il volto di Loki. Avevo vinto tutto, avevo salvato tutti, per tutti ero un eroe da ricoprire di fama e gloria. Aveva sacrificato tutto, famiglia, amici, soldati, eppure nonostante quello il destino aveva chiesto un altro prezzo, scegliere tra uno e la Stella, con il volto di Loki che mi rimbalzava in testa avevo scelto la Stella sacrificando la mia felicità per quella degli altri. 
 
La scoperta che da qualche parte esisteva un modo per raggiungere la Stella che non impiegasse per forza l’uso di uno Stargate ridiede a Loki una nuova spinta per non arrendersi. Non aspettò neanche che si facesse un orario decente per andare a buttare Eoghan giù dal suo letto, tirandogli praticamente via le coperte
“Alzati, abbiamo del lavoro da fare!” disse sventolandogli davanti le pagine mancanti del diario. L’uomo di certo non si aspettava di rivedere il principe, e aveva tirato un sospiro di sollievo quando quello si era allontanato dalla biblioteca  il giorno prima, finalmente i soliti frequentatori si sarebbero rifatti vivi e lui poteva tornare alla sua solita vita, ma non potè negare che gli faceva piacere vedere quel ragazzo con un nuovo fuoco negli occhi, che non fosse necessariamente omicida, ovviamente. Schizzò fuori dal letto più per timore che Loki lo prendesse di peso, piuttosto che per un a reale eccitazione di mettersi di nuovo al lavoro, ma quando fu in strada al fianco del principe Loki una strana eccitazione pervase l’uomo, un eccitazione che aveva il profumo della ricerca. Nei mesi seguenti i due misero, da soli, letteralmente sottosopra le restanti biblioteche della città, la proverbiale pazienza di Loki però andava a esaurirsi ogni giorno che passava e più di una volta il principe era arrivato allo scontro con vari personaggi, stranamente però Sif era sempre corsa in suo aiuto per evitare che facesse sciocchezze
“Non lo faccio per te!” disse lei cavandolo da un impiccio non indifferente
“Non ne ho alcun dubbio” rispose lui sciogliendosi in malo modo dalla presa della fanciulla e avviandosi malfermo sulle gambe verso il palazzo reale. Ma la guerriera sapeva bene che, anche se non lo avrebbe mai ammesso con anima viva, lo stava facendo per lui. Tutti, da Thor al Padre degli Idei avevano notato il cambiamento di Loki, fosse stato un'altra epoca, non avrebbe di certo perso tempo a cercare una piantagrane che gliel’aveva data, ma si sarebbe sfogato su qualche altra concubina che avesse ritenuto vagamente degna di accogliere le sue appendici intime, sarebbe ritornato subito alla sua solitudine, al suo ostinato silenzio, a essere il Loki che tutti conoscevano e evitavano. Invece ora, dopo quasi un anno non si era ancora arreso, continuava a cercala, cosa diavolo gli aveva fatto quella femmina? Certo aveva una certa intelligenza, era tutto sommato piacevole d’aspetto, un ottimo guerriero, ma non le pareva di certo il tipo che poteva stregare un soggetto come Loki, cosi pieno di se stesso, e vanaglorioso, eppure quello scricciolo di ragazza ci era riuscita, aveva cambiato in qualche modo il principe dannato, a tal punto da indurre chi gli era accanto a dargli una seppur piccola mano in qualche modo. Jane ad esempio aveva continuato a fare ricerche su ricerche per lui, insieme a Thor che ci capiva assai poco ma si sforzava più che poteva, Sif era impegnata a impedire a Fandrall di provocarlo ogni cinque minuti, mentre Volstagg e Hogun tenevano alla larga chiunque volesse attaccar briga con il principe, mentre Eoghan divenne l’ombra di Loki, oltre ad occuparsi della ricerca di informazioni, lo accudiva come e meglio di una balia, si assicurava che mangiasse, che riposasse e che all’occorrenza si facesse la barba e mantenesse un minimo di igiene, e a modo suo Loki lo ringraziava, lasciandolo vivere ancora un giorno. Purtroppo però niente, nessuna delle sei biblioteche portò i frutti sperati. Nessuna informazione sugli Stargate o su passaggi che potessero collegare una Dimensione Specchio, nessuna scorciatoia o scappatoia alla regola, nessuna traccia delle pagine mancanti del diario di Argan, e nessuna citazione del viaggiatore da nessuna parte
“Non posso proprio crederci!” gridò Eoghan disperato scaraventando un libro dall’altro lato della stanza, Loki alzò appena un sopracciglio, prima di andare lentamente a recuperare il tomo e riporlo nello scaffale giusto, il bibliotecario intanto si era accasciato su una sedia con la testa tra le mani. Loki tornò a sedersi prima che una flebile vocina gli arrivasse all’orecchio
“Mi perdoni Altezza, ho fallito” sussurrò l’uomo con il viso coperto, Loki lo guardò appena prima di cominciare a sistemare gli appunti sparsi sul tavolo
“Sono io che ho fallito Eoghan, non tu. Hai fatto molto, molto più di ciò che ti era stato chiesto. Torna a casa Eoghan, torna dalla tua famiglia tu che ne hai una.” L’uomo si alzò lentamente dalla sedia, ma prima di uscire fece un gesto che se ci avesse pensato un attimo non avrebbe mai fatto: si avvicinò a Loki e posandogli una mano sul collo lo baciò sulla massa di capelli neri, Loki rimase talmente scioccato a quel contatto da non riuscire a muovere un muscolo, mentre Eoghan si affrettava all’uscita, in cuor suo si era affezionato molto a quello strano, disperato ragazzo.
Dopo la chiusura del’ultimo libro dell’ultima biblioteca, a Loki non rimaneva che cercare ancora nella biblioteca del palazzo reale. Si era sforzato per tutto il tempo di cercare di ricordare qualche accenno alla Stella di qualche testo che aveva letto da ragazzo, ma non ci era riuscito, la memoria non lo aveva aiutato, di conseguenza avrebbe ricominciato da capo a cercare. Il tempo che passava, la certezza di tutti che era tempo sprecato, non fecero demordere il principe dalla sua ricerca, avrebbe continuato, avrebbe continuato, se occorreva per l’eternità a cercarla, avrebbe dimostrato a tutti che lei era viva, che lei era forte, che lei lo cercava, che stava aspettando lui, gli bastava stringere il suo anello fra le dita per esserne certo, per ricordarsi del viso di lei, del suo calore e della sua risata. L’avrebbe trovata, a costo di vendere l’anima al diavolo in persona, poi si ricordò che per molti il diavolo era lui e ne rise di gusto, come avrebbe fatto lei.
 Qualcun altro notò il ghigno che Loki aveva quando entrò a palazzo quella sera. Per quanto Thor avesse interceduto per il fratello presso il Padre, niente di ciò che aveva detto il Dio del Tuono aveva apparentemente smosso il Padre degli Idei dalle sue convinzioni sul figlio adottivo.
“Se ci fosse stata Madre, lei lo avrebbe aiutato. Lei non lo avrebbe abbandonato come invece hai fatto tu! Per questo Loki ti odia” gridò Thor per durante l’ennesima udienza col padre per tentare di riappacificare almeno in parte i due
“Non osare parlarmi in questo modo Thor!” grido Odino dall’alto del suo seggio dorato
“Oso, invece Padre! Tutto questo astio verso tuo figlio, è la causa del motivo per cui Loki è quello che è! Non lo hai mai ritenuto all’altezza di te, eppure lo hai cresciuto nella menzogna che lo fosse. Spiegami Padre,a che scopo adottare un bambino se non sei disposto ad amarlo davvero come un figlio legittimo?”
“Perché non lo era!”
“Allora avresti dovuto lasciarlo dov’era!! Ti rendi conto che Loki avrebbe preferito mille volte di più morire nel gelo di Jotunaheim, piuttosto che essere un ombra qui?” Per quanto il suono delle sue stesse parole facesse male allo stesso Dio del Tuono, sapeva che erano giuste, Loki avrebbe preferito morire, piuttosto che essere l’eterno secondo
“Lo preferirebbe perché non ha la tua stessa forza, quale uomo preferirebbe morire piuttosto che vivere?”
“Un uomo che se gli avessi prestato un minimo di attenzione, sarebbe diventato un re migliore di me”
Quelle parole, dette in maniera cosi accalorata sconvolsero la mente del Padre degli Idei. Sapeva fin troppo bene che i due fratelli erano uniti da un legame molto più forte di quanto non sembrasse,  i due non si sopportavano, certo, ma in qualche strana maniera avevano entrambi bisogno l’uno dell’altro. Erano sempre stati cosi fin da fanciulli, uno la spada, l’altro lo scudo, uniti come solo due fratelli diametralmente opposti potevano esserlo, eppure aveva pensato che dopo tutto ciò che Loki aveva architettato a discapito del fratello, Thor lo odiasse, e invece ancora una volta il Padre degli Idei aveva sbagliato, non solo Thor aveva chiesto perdono al fratello per il male che non consapevolmente gli aveva arrecato, ma si era disperato dopo la presunta morte di lui, e con quanta foga il maggiore aveva chiesto al padre di tornare su Midgard per recuperare quello scellerato, eppure anche in quell’occasione nonostante lo scompiglio che Loki aveva creato, Thor lo rivoleva accanto a se. Per quanto si sforzasse Odino non avrebbe mai capito quanto amore nascondeva quel bizzarro legame, e forse fu proprio la curiosità di scoprirlo che spinse Odino a osservare, non visto, il figlio da lontano. Nei mesi in cui Loki si seppellì sotto pagine e pagine di volumi polverosi e dimenticati il Padre degli Idei vide il modo tutto personale del figlio di soffrire, ma di non darlo a vedere,  di nasconderlo in un angolo dimenticato del suo cuore, e andare avanti con ostinazione come aveva sempre fatto, ma soprattutto Odino notò quanto quel figlio fosse lentamente cambiato: non aveva messo a ferro e fuoco tutti i mondi da li alla Stella, per affogare il dolore, ma aveva accettato anche se con una certa riluttanza che c’era qualcosa che lui non poteva controllare, qualcosa che andava al di là del suo potere d’ingannare e controllare, e il cuore di una ragazza pronta a sacrificare anche se stessa per ciò in cui credeva era una di quelle cose. Dopo settimane a osservare Loki, un pomeriggio il Padre degli Idei si decise che era giunto il momento di tentare di ricucire almeno in parte quel legame dimenticato da entrambi, e ascoltare per una volta i consigli del figlio maggiore: sforzarsi di essere un buon padre.
 La biblioteca di Asgard era forse una delle più grandi dei Novi Regni, ricordava come da piccolo Loki avesse l’ambizione di leggerne tutte i libri, e dal disordine che regnava in quelle stanze ultimamente, forse ci era quasi riuscito. Per chi non la conoscesse, la biblioteca del palazzo poteva essere un vero e proprio labirinto e Odino ricordò quando da bambini i suoi figli insieme a quelle piccole pesti di Fandrall, Volstagg Hogun e la piccola Sif avevano giocato a nascondino tra quegli scaffali, disturbando continuamente i lettori che lì cercavano la pace per i loro studi. I piedi di Padre Tutto si mossero in automatico, sapeva dove trovare il figlio, e velocemente percorse le sale principali dalle alte e ampie volte, separate da corridoi arghi e illuminati, con passo spedito e quasi marziale per arrivare in fondo ai locali della biblioteca, dove un alta porta di legno verde foresta appena appannata nascondeva il regno dove Loki aveva passato la sua intera adolescenza. Entrando nella sala visibilmente più piccola delle altre, Odino anche nella penombra poté vedere che gli scaffali solitamente stracarichi di volumi erano quasi completamente vuoti, libri e carte erano sparpagliati dappertutto, ovunque c’erano tomi aperti, accatastati gli uni sugli altri, il Padre degli Idei fece un rapido giro per la stanza e notò come alcuni di essi erano raggruppati in pile disordinate, altri abbandonati a se stessi, Loki era sempre stato cosi nello studio, fin da bambino, fuori il disordine che rasentava il caos primordiale, ma all’interno della  mente  del figlio era tutto catalogato seguendo uno schema ben preciso. Il ragazzo era sdraiato su un tavolo al centro della sala, indossava i suoi soliti abiti da camera, e i piedi nudi, i capelli erano sparpagliati su un libro aperto che usava come cuscino, il viso coperto da un altro libro sempre aperto. Il ragazzo avverti subito la presenza del padre, ma decise d’ignorarlo. Odino dopo un po’ spostò i libri da una poltrona e vi si accomodò, sarebbe stata un attesa lunga. Dopo più di un ora che Padre Tutto non accennava ad andarsene e il colore del giorno da dorato si trasformava lentamente in rosso, Loki parlò
“Sei venuto a vedere la mia ennesima sconfitta? Vuoi forse dirmi, “Te l’avevo detto che non saresti mai stato capace di essere felice?” sputò il ragazzo con voce melliflua
“Non ho mai desiderato la tua infelicità” protestò Odino cercando di mantenere la calma, tre parole e Loki lo aveva già messo alla prova
“Ma la morte si!” il Padre degli Idei tacque per un momento, poi rispose
“Quando è morta tua madre si. Ho desiderato che fosti tu a morire. Ho desiderato bruciare te piuttosto che lei”
“L’ho desiderato anche io!” Odino rimase interdetto, non si aspettava certo quelle parole dal Dio degli Inganni. Forse si poteva ancora recuperare qualcosa. Con il suo bastone, l’uomo spinse via il libro che copriva il volto di Loki, che cadendo a terra con un tonfo risuonò nella sala deserta. Con lentezza esasperante Loki voltò il capo verso il padre e lo fissò come si guarda uno spettacolo di assai poco interesse. Odino invece studiava quel volto che era diventato quasi un estraneo per lui. Da quando Loki era dimagrito cosi tanto? Da quando era tornato da Midgard non avevano mai consumato un pasto insieme, e da quando Thor lo aveva liberato lui non si era mai dato la pena di invitarlo alla sua mensa, mai nemmeno una volta, lo aveva evitato nei giardini di sua madre, e gli aveva proibito l’accesso alla sala del trono. Profonde ombre scure gli cerchiavano gli occhi e l’espressione era stanca, quasi sofferente
“Non ti vedevo cosi stanco da quando hai imparato a usare le proiezioni”
“Oh ti prego risparmiami i tuoi patetici sentimentalismi, non ti si addicono e soprattutto sai benissimo che non amo le nostre conversazioni” sibilò il ragazzo
“Hai sempre preferito parlare con tua madre piuttosto che con me”
“Tu eri sempre troppo occupato a stare dietro a Thor, a viziarlo a preferirlo, a renderlo il tonto sacco di testosterone che è ora! Vivissimi complimenti!” rispose il ragazzo applaudendo senza il minimo entusiasmo
“Non riuscirai mai a capire perché ho fatto quello che ho fatto?”
“Io capisco solo che quando ero appeso nel vuoto sopra una voragine, tu non sei stato in grado di dirmi una bugia. Mi hai cresciuto in una menzogna ancora più grande, ma non sei stato capace di dirmi “Si, Loki” sarebbe stato cosi difficile per te dirmi un'altra bugia per impedirmi di lasciarmi cadere? Sei stato talmente meschino che l’unica volta che mi hai detto la verità è stata al momento sbagliato! E ti stupisci se io ti odio? Ti stupisci se ho cercato la vendetta? Ti stupisci se mi sono alleato con razze a me molto inferiori pur di avere il potere che mi spettava? Un'altra bugia e forse tutto questo non sarebbe accaduto” Odino sospirò e scosse la testa, mentre Loki tornava a guardare il soffitto
“Se non hai altre perle di saggezza da elargirmi, io ho da fare!” ma Odino non si mosse
“Quello che cerchi è molto più lontano di quanto non sembri…”
“Se stai cercando d’incoraggiarmi, ti ringrazio, faccio da me!”
“Ma è anche molto più vicino di quanto tu non creda!” sussurrò con un filo di voce Odino. Forse era giunto il momento di riparare ad un paio di errori
“Che diavolo vuoi da me, Odino?” ringhiò Loki
“La Stella, Loki è antica almeno quando Asgard, e sai perché?”
“Perché è il suo specchio”
“E saprai anche che non si attraversano le Dimensioni Specchio come si attraversa il Bifrost. Non c’è modo di raggiungere la Stella, Loki” Loki roteò gli occhi al cielo
“Ma il diario del viaggiatore accenna a un modo per farlo senza usare uno Stargate, solo che qualcuno ha strappato le pagine più importanti per scoprirlo.”
“Hanno strappato le pagine perché credevano che il diario fosse stata la causa di diversi incidenti” gli occhi di Loki si dilatarono a dismisura
“Dove solo quelle pagine?” chiese in tono supplichevole,
“Sono andate distrutte quando l’alto consiglio mi ha ordinato di farlo”
“Che cosa..?” Loki era incredulo, il mondo parve franargli sulle spalle in un colpo solo ma per qualche strana ragione era ancora disposto ad ascoltare quello che il padre aveva da dirgli
“Molti anni fa, molto prima della vostra nascita, un piccolo libricino passava di mano in mano fra i ragazzi di Asgard, non era un libro famoso, era un semplice diario, un diario che raccontava di un mondo al di là dell’Yggdrasill, potrai sicuramente intuire il grande fascino che quel diario esercitava sulle menti più libertine della città, su dei fanciulli che non volevano altro che saggiare un po’ di quell’avventura che i loro padri avevano avuto in tempo di guerra. Cosi, tramandato da fratello a fratello, da amico in amico, il diario capitò nella mani di un ragazzino più audace di altri, egli riuscì a capire che il libricino non era una favola ma un vero e proprio diario di viaggio, e che tutto ciò che vi raccontava era reale. Al ragazzino non occorse uno Stargate per attraversare la Dimensione Specchio, gli bastò capire quale fosse il momento adatto di farlo.”
“E ci riuscì?” chiese Loki con il tono di chi era interessato per la prima volta dopo anni a ciò che il padre gli raccontava
“Si, ci riuscì, ma al ragazzino mancava qualcosa, qualcosa che era fondamentale per attraversare il passaggio”
“Ovvero?”
“La convinzione, che al di là di quel passaggio quel mondo esistesse davvero”
“E’ morto dunque!”
“Si, il bambino morì nel passaggio, sotto gli occhi degli amici che non riuscirono a fermarlo. C’è un solo modo per attraversare quel cancello”
“Qual è? Dimmelo!” quel “dimmelo” era cosi diverso da quella stessa parola gridata qualche anno prima, e fu quel tono cosi deciso, fermo e autoritario che convinse Odino a tentare la prova del nove
“E’ un modo che tu non hai la capacità di comprendere”
“Che significa?” 
“L’amore Loki. L’amore. Esso è un potere molto più grande di quanto tu non immagini. Un potere che tu hai sempre ignorato e deriso. E’ stato quel potere che ha permesso a Thor di divenire quello che è adesso!”
“Come faccio a controllarlo?”
“Tu non comprendi. Non è un potere che puoi controllare o sottomettere al tuo capriccio, ma l’esatto opposto. Il passaggio nella Dimensione Specchio non è pericoloso perché non lo puoi controllare, ma lo è perché è un solo passaggio che collega migliaia di Dimensioni Specchio. Potresti finire ovunque nell’universo, o potresti finire praticamente nel nulla. La ferma convinzione di raggiungere il tuo obiettivo, la certezza, la voglia di arrivare solo li, dovranno guidarti tra le centinai di forze astrali che ci sono nel passaggio. Devi farti guidare dall’amore che credi di provare per quella ragazza, devi arrenderti a lui, fidarti di quel potere che ti nasce spontaneamente dal cuore, e lasciare che lui ti porti da lei. Ma forse il tuo cuore è troppo freddo per essere riscaldato anche da una forza immensa come quella!” Odino fissò il figlio senza parlare appoggiando di nuovo la schiena alla poltrona, mentre Loki rimase in silenzio per qualche altro secondo
“Devo solo abbandonarmi a lui?” chiese il ragazzo con un aria tutta nuova
“Esatto” rispose Odino titubante, come se lo vedesse davvero per la prima volta
“Saresti sorpreso Padre, di vedere quanto io sia forte allora!” disse alzandosi di scattò afferrando gli stivali che aveva lasciato sotto un cumulo di libri
“Ho due giorni prima che le due dimensioni si tocchino” disse quasi come a voler far il padre partecipe di ciò che aveva scoperto
“Come?” chiese Odino senza capire, Loki ghignò soddisfatto
“Sanna è arrivata qui il giorno del solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno, ed è questo l’unico giorno in cui le due dimensioni si toccano ed è possibile attraversa il passaggio. Non so perché ma per qualche strana ragione Argan l’ha spedita qui attraverso il passaggio non attraverso uno Stargate come tutti, e anche lei, pensavamo. Se fosse arrivata con una porta delle stelle ce ne saremmo accorti tutti, quel coso fa un casino infernale quando viene aperto, invece quando lei è arrivate è piovuta semplicemente dal cielo. Questo vuol dire che il passaggio che entra ad Asgard si apre nel cielo. Speriamo che quello per la Stella si apra in un posto più comodo!” detto questo spari nell’oscurità del corridoio. Odino fissò stupefatto la porta dalla quale Loki era sparito, dopo qualche minuti si alzò lentamente e andò verso la finestra spalancandola, la sera era scesa sulla città dorata e il cielo di un tenue blu era trapunto di stelle. Ce n’era un gruppo particolarmente bello e luminoso e Padre Tutto immaginava spesso che quelle stelle fossero state messe li per ricordargli lo splendore del sorriso della sua amata moglie, e fu a lei che lui rivolse il suo sorriso sereno
“Avevi ragione mia cara!”
 
Io e Ektor ci scambiammo gli ordini: io gli avevo chiesto di sollevarmi dal penoso compito di dover dare la notizia della settimana a tutti, - poteva indorare la pillola come più gli aggradava,- e lui mi diede un mese di tassativo riposo e soprattutto tranquillità, mi fu per tanto evitata la piccola sommossa che scatenò la notizia della perdita della magia. Fu Even a occuparsene spalleggiata dalla sua squadra. Mi raccontarono che salì sulla fontana della piazza centrale gridando come un ossessa che, se non fosse stato per me, loro non sarebbero li a ricriminare sull’unica scelta che avevo avuto, che dovevano essermi grati, che loro non sapevano nulla di ciò che era successo laggiù, e soprattutto non sapevano nulla di cosa io avessi messo in gioco per loro. “Ora tornate alle vostre case, prima che vi prenda tutti a calci in culo!” fu la diplomatica conclusione di un persuasivo discorso, bè dopotutto pensai, l’avevano presa piuttosto bene. Certo la perdita della Magia era come perdere una piccolissima parte di se stessi, ma per la gente normale non era poi questa gran perdita visto che sin dal principio di magia non ne avevano mai avuta, chi ci andò male furono i Megi, le streghe i maghi, le creature magiche, che sapevo però, che  in un modo o nell’altro l’avrebbero spuntata, dopotutto avevo fatto quella scelta ben consapevole che la Magia sarebbe tornata prima o poi, solo che non l’avrebbe mai fatto in tempo utile per la mia piccola esistenza. La Magia aveva i suoi tempi, come la natura, e una cosa che per lei poteva essere veloce, erano secoli per la specie umana. I festeggiamenti per la fine della guerra durarono circa una settimana, Even e la nonna vennero spesso nella mia stanza per tenermi compagnia, ma ben presto capirono che, era sola che volevo stare, non mi pesava neanche non prendere parte ai festeggiamenti, una parte di me odiava il mondo a tal punto che desiderai  che annegasse nei fiumi di vino che scorrevano in quei giorni gai. Volevo bruciarlo, come lui aveva bruciato la mia unica possibilità di rivederlo, quel mondo maledetto che non mi aveva dato altro che sofferenza e dolore, e io stupida che mi ero giocata per lui la mia unica possibilità di essere di nuovo felice: perché lo seppi nel momento esatto in cui capii che non l’avrei più rivisto, che Loki era la felicità. Mi lasciai andare alla stessa disperazione che mi colpì quando morirono i ragazzi, solo che non avevo più  vendetta a cui aggrapparmi per tirare avanti, ora avevo un vuoto dentro che nessuno sarebbe riuscito a riempire. Sonno e appetito divennero presto stimoli lontani, come se appartenessero ad un'altra vita
“Ti comporti come una bambina Sanna!” mi rimproverò la nonna come se avessi ancora cinque anni, riportando indietro per il quinto giorno di fila il mio piatto intatto
“Visto che una bambina non lo sono mai stata nonna, ho pensato di recuperare adesso che ho un po’ di tempo tra una fine del mondo e l’altra!” risposi sarcastica.  Quel poco che riuscivo a dormire era ovviamente infestato da incubi e ogni volta mi svegliavo di soprassalto madida di sudore e i capelli attaccati alla schiena, era incredibile come dopo tutto ciò che era accaduto e che avevo fatto, come dei semplici sogni riuscissero a farmi perdere il sonno, ma sapevo fin troppo bene cosa quei sogni volessero dirmi, che ero stata cosi sciocca da rinnegare il paradiso per l’inferno. Sarei dovuta tornare da lui quando la Breccia Mitologica me lo aveva permesso, sarei dovuta tornare da lui, e invece no, avevo voluto fare l’eroe fino in fondo, avevo barattato il sorriso di Loki con l’odio della gente. Al dolore mentale si aggiungeva quello fisico che ci metteva il suo a non farmi chiudere occhio, e gli intrugli disgustosi che Ektor mi appioppava tutte le sere per farmi dormire servirono solo a darmi anche la nausea oltre al dolore.
 Vidi il sole sorgere quella mattina, cosi come avevo visto la luna tramontare e le stelle spegnersi, scostai di mala grazia il lenzuolo e misi i piedi a terra, mi alzai lentamente accertandomi che le gambe mi reggessero almeno fino alla finestra. Il cielo fuori era carico di pioggia che da li a pochissimo si sarebbe riversata sulla città, con l’arrivo della primavera arrivavano anche le calde piogge del sud che scacciavano il gelo dell’inverno e aprivano la strada all’estate. Doveva essere ancora molto presto perché potevo vedere la città ancora profondamente addormentata e avvolta nel silenzio. Mi passai la mano sugli occhi per asciugarli e tirai su con il naso e lentamente andai verso l’altra stanza dov’era stata preparata una vasca di acqua bollente,-Naghadir era molto più di un ancella, ti leggeva nel pensiero quella, ancor prima che fossi tu pensare, a dire il vero-. Mi lasciai scivolare dentro e rimasi li a pensare, e anche se quella vasca non era grande nemmeno un decimo di quella delle terme di Asgard non potetti fare a meno di ricordare lo sguardo di Loki quando nuda feci il bagno in quelle sorgenti termali, ricordavo perfettamente il suo sguardo su di me, sui tatuaggi sulle cicatrici, rammentai le sue mani che mi toccavano con dolcezza e esperienza,  (vecchio porco!) le sue labbra che facevano razzie del mio corpo teso e bollente di lui, ricordai il battito accelerato del mio cuore quando mi baciò per la prima volta sul divano del suo studio. A proposito di cuore, quello mi diede una fitta lancinante proprio in quel momento, talmente dolorosa da farmi gemere a denti stretti, il dolore si prolungò per qualche secondo tanto che dovetti massaggiarmi le costole per alleviare la sensazione di sofferenza “Arrenditi amico mio, non batterai a quel modo per nessun altro!” pensai scivolando sott’acqua, ripensai per l’ennesima volta a cosa i miei amici avevano fatto per me durante i pochi minuti in cui il potere mi aveva davvero schiacciato ed ero morta, e devo dire che se quella era la morte non era poi tanto male; dovunque fossi ero felice, mi sentivo bene e in pace, forse quello era il paradiso che mi spettava dopo aver tanto lottato: un immensa distesa verde e in lontananza una dolce collina incoronata da una quercia  grande e rigogliosa. Feci per avvicinarmi ma qualcuno mi corse incontro giù per il dolce pendio
“Vattene Sanna, questo non è il tuo posto!” mi gridò Sabira brandendo la sua ascia. Era esattamente come la ricordavo, alta muscolosa, oserei dire giunonica, fasciata nella sua armatura preferita, con i capelli cortissimi e lo sguardo truce di chi indossava una maschera
“Torna indietro, non ti hanno ancora vista! Puoi ancora tornare” disse la voce di Elania dietro di me, mi voltai di scatto ed eccola avvicinarsi, con il suo solito materno sorriso, i ricci biondissimi che le ricadevano sulle spalle e la veste pastello che le svolazzava donandole l’aria di un angelo.
“Io voglio rimanere con voi!” dissi facendo per abbracciarle ma loro si ritrassero come spaventate
“Non è ancora il momento” rispose Kan affiancandosi alla sorella, se non fosse stato per le tette di Sabira i due quasi non si distinguevano, stessi occhi, stessa bocca, stesso naso, stesso taglio di capelli, quasi come se si riflettessero in uno specchio, identici fino all’ultimo capello.
“Non mi rimane nulla” pigolai senza più ritegno
“Hai ancora cosi tanto da dare, da vedere, da vivere. Il tuo ruolo non è ancora finito.” Aggiunse Elania continuando a sorridere dolce, ma notai come gli occhi le si riempirono di lacrime
“Non so più cosa fare, per mettere fine a tutto questo…” piagnucolai
“Sai esattamente cosa devi fare, hai solo paura di farlo, tesoro” rispose Sabira appena un po’ più morbida
“Se lo faccio perderò anche le vostre voci vero?” il loro silenzio valse più di mille parole, e fu Elania a incoraggiarmi ancora
“Vivi anche per noi!”
“Noi saremo sempre con te” disse Kan.
“Uniti come una cosa sola” aggiunse Sabira. Un secondo dopo lui mi afferrò per le spalle e mi abbracciò disperato con tutta la forza che aveva. Respirai forte il suo profumo, salsedine e sole
“Forza, fermezza, fede e fiducia!” mi bisbigliò all’orecchio prima di spingermi giù, indietro, nel luogo da cui ero venuta. L’ultima cosa che vidi furono le sue iridi color del ghiaccio, i suoi lunghissimi capelli corvini e la sua barbetta perennemente incolta. Ero stata sradicata dal paradiso e cacciata via da Saul.
Mi sentii afferrare per i capelli e tirare su come se fossi un pezzo di stoffa lasciato in ammollo
“Che diavolo fai?” urlò Gurvarth facendo cadere nella vasca quel suo sigaro pestilenziale
“Che cavolo ci fai tu qui piuttosto!” urlai schizzando acqua dappertutto nel tentativo di recuperare un asciugamano senza esporre le mie intimità al becero guerriero, ma anche se l’avessi fatto Gurvarth era troppo impegnato a cercare il sigaro nell’acqua per farci caso, che dopo averlo recuperato lo asciugò con il telo che stavo cercando di afferrare e me lo buttò in faccia come una specie di pezza. Loki l’avrebbe incenerito anche solo per essere entrato nel bagno, con o senza permesso!
“Sono tornato come mi avevi ordinato cretina! Cos’è le poltiglie di quel Megi da strapazzo ti hanno fuso il cervello?” Non lo degnai di uno sguardo, avanzando mal ferma sulle gambe lasciando macchie d’acqua come una papera. Mi raggiunse appoggiandosi allo stipite della porta con in bocca di nuovo quell’ ammasso oblungo di foglie secche
“Quand’è stata l’ultima volta che hai mangiato?” chiese serio guardandomi le spalle ossute
“Che t’importa?” chiesi nascondendomi dietro l’anta dell’armadio e cominciando a indossare la biancheria
“M’interessa affinché tu sopravviva ragazzina!” ringhiò lui
“Ho assolto il mio compito, la Stella è salva, il popolo è salvo, l’equilibrio è stato ristabilito, certo, la Magia è scomparsa ma non credo che tarderanno molto a trovare nuovi modi per farsi la guerra anche senza quella!” risposi senza alcuna espressione, lui sghignazzò. Chiusi l’anta dell’armadio vestita di un pantalone aderente nero e una casacca a maniche corte grigia, quei pochi gesti mi aveva stancato e perciò appoggiai le mani al mobile come se quello fosse la mia unica ancora di salvezza. Sospirai rassegnata e chiesi all’uomo
“Credi che io non abbia fatto abbastanza Gurvarth?”
“Cosa intendi?”
“Ho sempre pensato che c’era un motivo ben preciso perché accadessero le cose, e ho sempre pensato che dopo tanto dolore alla fine anche io sarei stata ricompensata, che il destino avesse in serbo per me qualcosa di grande …”
“Più grande di ciò che hai fatto?” chiese ironico
“Non cosi grande, pensavo a qualcosa di più semplice come un po’ di serenità. Non la merito anche io dopo aver tanto lottato per raggiungerla? Quale tremendo orrore ho compiuto nell’altra vita da doverlo scontare in questa? Non ho sacrificato abbastanza, la famiglia, gli amici, me stessa per questo mondo? Ho rifiutato il paradiso per quest’inferno di solitudine, e come mi ha ripagato questo mondo? Mettendomi in condizione di distruggere l’unico modo che avevo per tornare da lui” piagnucolai raggiungendo lentamente una sedia e crollandoci sopra con la mano a stropicciare gli occhi stanchi. Ci fu una lunga pausa in cui lentamente Gurvarth si avvicinò e si accovacciò ai miei piedi, aveva quasi l’espressione di un padre
“Io ne so poco dell’amore. So però che esso è sacrificio, è dare senza chiedere, è la manina di mia figlia che stringe il mio dito, e tra tutte le persone che conosco tu sei quella che ha amato di più in assoluto. Ti conosco da moltissimo Sanna, da molto più tempo di quanto tu possa immaginare. Ho visto cose che è permesso di vedere solo a pochi e fatte altre che solo pochi avrebbero fatto, non sono di certo un esempio da seguire e se ci penso mi domando cosa diavolo insegnerò a mia figlia oltre che a sgozzare animali e farle capire che di loro non si butta via nulla? Ma c’è una cosa di cui sono sempre stato sicuro: tu. Io so esattamente tu chi e che cosa sei, dall’uno o dall’altro lato della barricata ti ho seguita fin qui, un po’ per ordini ricevuti, un po’ perché inesorabilmente attratto dalla luce naturale che emani. Agli occhi di tutti eri solo una ragazzina straordinariamente fortunata, solo io riuscivo a vedere che quella che loro chiamavano fortuna, era in realtà un incredibile forza d’animo, la fermezza in un ideale di pace, la fede in un mondo migliore e la fiducia di chi combatteva insieme a te. Ho riconosciuto subito in te qualcuno che potevo seguire o che valeva la pena di uccidere, e come hai potuto vedere non mi sono fatto mancare ne l’una ne l’altra opzione. Sei una persona eccezionale Sanna che ha fatto cose eccezionali, e sono d’accordo con te che questa vita poteva darti un epilogo migliore di questo. Se potessi prendere il dolore che senti e tenerlo per me lo farei, ma non posso. Posso solo dirti che quando parlerò a mia figlia del Comandante della Stella le dirò che Sanna di Ybelin è un guerriero straordinario, che quando è stato il momento di scegliere, lei ha scelto di combattere per tutti noi, che è tornata per noi quando poteva decidere di non farlo, ma che per qualche strana ragione, forse il mio essere originariamente cattivo, chissà, non me la sono mai sentita di dirle che aveva fatto bene” rimasi come una cretina a fissarlo negli occhi, lui abbozzò un sorriso e si avviò verso la porta, ma prima di attraversarla si voltò nuovamente
“Non ti chiedo di dimenticare ciò che hai perso e essere felice, so che per te è impensabile ora, ma cerca almeno di vivere meglio che puoi questa pace che ti sei guadagnata.” Se ne andò lasciandomi dentro un putiferio di emozioni che mi fecero sentire ancora più stanca di quando mi ero alzata. 



 

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Capitolo 17
*** 17 Il Gorgo ***


Il portale, la sua unica occasione di arrivare da lei, si presentava sotto forma dello stesso buco nero che qualche anno prima lo aveva inghiottito: un tripudio di luce e colori, bello come solo le cose terribili sapevano esserlo, carico di un energia che solo Loki riusciva a concepire. Fissando il suo sguardo giù verso quell’abisso oscuro, si rendeva conto dell’immane follia a cui stava andando incontro, e come tutte le cose folli che aveva fatto in passato, non ne era minimamente spaventato, eccitato piuttosto, l’unica cosa che gli faceva corrugare la fronte spaziosa era il pensiero di dover abbandonarsi a una forza a lui sconosciuta, un potere che non aveva mai sentito suo, che non lo aveva mai sfiorato: come poteva lasciarsi dominare da qualcosa che non conosceva? Per gli altri era facile, loro non erano mai stati lui, loro erano normali, socialmente adattati, non sapevano cosa significasse odiare qualcuno con tutte le proprie forze e al tempo stesso continuare ad amarle, loro non vivevano di controsensi, non erano eternamente in bilico tra il bene e il male, loro sapevano esattamente da che parte stare. Lui invece era un insopportabile disastro, era talmente contorta la sua mente da non capire nemmeno se stesso, era talmente forte da non sapere come distruggersi, fino all’arrivo di Sanna era stato impossibile entrare nel suo cuore, la distruzione, l’isolamento, la solitudine erano state le sue compagne per talmente tanto tempo da non essere sicuro di riuscire a essere almeno un po’ normale, eppure lei aveva dato prova di amarlo cosi com’era, aveva preso lui, le sue ferite, le sue paranoie e la sua megalomania e l’aveva amato. Si, di questo Loki ne era certo, lei quella notte l’aveva amato, e non come si ama un occasione presa al volo, il pure sfogo istintivo di un guerriero costantemente sottoposto alle pressioni della guerra, ma come si ama un compagno scelto tra tanti, dolcemente e in maniera arrendevole e totale, non si era ritratta quando lui le aveva mostrato la sua forma Jotun, ma l’aveva accettato come una parte altrettanto bella di lui, e quando lei gli sorrise, fu li in quel preciso istante, che lui l’accettò nel suo cuore di ghiaccio.
Sentì una mano forte poggiarsi sulla spalla e stringerla lievemente, Thor guardò per un attimo di sotto, nel vuoto e Loki lo vide distintamente reprimere un brivido
“Paura fratello?” chiese Loki ghignando
“Devi sempre rendere tutto più difficile”
“Se fosse facile lo farebbero tutti.” Rispose Loki
“Sei sicuro che quella ragazza ne valga la pena?” chiese Thor, Loki riuscì a leggere negli occhi del maggiore una sincera preoccupazione e in un istante Loki capì quanto profondo era l’affetto che li legava, anche se lui si era sempre sforzato di annegare quell’affetto sotto un mare di odio e rancore. Loki sorrise a Thor, un sorriso per la prima volta in vita sua, sincero.
“Tu ti sei alleato con me per salvare Jane. Ne è valsa la pena?” chiese, Thor non rispose si limitò a sorridere e a guardare , questa volta un po’ più fiducioso, il passaggio che si estendeva sotto di loro.
“Bene, come dovrebbe funzionare?” Chiese Thor
“Be credo che debba semplicemente saltarci dentro” rispose l’altro sporgendosi appena. Tirarono entrambi un sospiro emozionato, fu Thor a prendere Loki per le spalle e voltarlo verso di lui, con malagrazia cominciò ad aggiustargli la lunga giacca di pelle alzandogli il bavero come a volerlo proteggere dal freddo, Loki lo lasciò fare, avvertiva la tristezza e la preoccupazione del fratello attraverso i gesti sgraziati del dio biondo. Una voce che gridava da lontano interruppe il momento un po’ imbarazzante per entrambi
“Sua Altezza Reale! Sua Altezza Reale” gridava Eoghan come suo solito agitando una mano, arrivò vicino ai due stanco e trafelato poggiando le mani le mani sulle ginocchia per regolare il respiro in un ritmo normale.
“Eoghan rallenta ti verrà in colpo!” disse Thor battendogli gentilmente sulla schiena.
“Cosa ci fai qui?” chiese Loki sorpreso
“Volevo salutarla, Altezza e congratularmi con lei, c’è l’ha fatta!” Loki sgranò gli occhi: se non era abituato ad avere esplicite dimostrazioni d’affetto dalla sua famiglia, era totalmente impreparato a riceverne dagli estranei. Abbozzò un sorriso che Eoghan ricambiò con la mano tesa che Loki afferrò poco dopo
“A proposito, Eoghan dove dicesti di aver trovato il libro?”
“Nella biblioteca a nord, nella sezione Magie e Sortilegi” Loki sorrise alla risposta
“Non era nella sezione sbagliata. Era esattamente dove doveva essere” Eoghan ci pensò un attimo prima di rispondere sorridendo
“Se vuoi nascondere qualcosa, mettila in evidenza!” disse alla fine.
“Fai attenzione” disse Thor in tono quasi supplichevole, Loki gli battè una mano sulla spalla, e saltò giù nel vuoto senza tanti tentennamenti.
La forza gravitazionale del passaggio era di quanto più sconvolgente Loki avesse mai sperimentato, istintivamente cercò l’anello di Sanna e lo strinse fino a farsi venire le nocche bianche per lo sforzo. Cosa diavolo aveva detto Odino? Lasciarsi andare, abbandonarsi completamente a quella forza che l’avrebbe condotto da lei, lasciare che lo invadesse, che colmasse i vuoti del suo cuore, che lo rendesse ancora più forte, ma pieno di una forza nuova e tutta diversa da quella alla quale il ragazzo era abituato, una forza buona, una di quelle che crea e non che distrugge. Loki la senti chiaramente invadere con centimetro di lui, e la lasciò fare, dopotutto non era tanto male sentire un tepore all’altezza del cuore che s’irradiava per tutto il corpo, che lo colmava, che scacciava via ogni pensiero triste, che lo riempiva di speranza e ardore. Chiuse gli occhi il Dio degli Inganni e lasciò che il ricordo di lei lo invadesse, che il suo cuore lo guidasse da lei, mentre lui ricordava con incredibile passione le mani di lei che lo accarezzavano, la sua bocca che lo baciava, le sue gambe forti e sottile che si avviluppavano intorno alla sua vita. Fu come un sogno, la vide sorridere davanti a lui e tendergli una mano per attirarlo a se, ma invece di afferrare la mano calda e sottile di Sanna, fu travolto da un turbinio d’acqua che lo sommerse completamente. Vorticava Loki, rendendosi sempre più conto che solo un miracolo sarebbe riuscito a farlo uscire da quel vortice, per quanto lui si sforzasse non riusciva a nuotare in un direzione che gli permettesse di tornare a respirare, la discesa verso il fondo fu ancora più terribile di quella che affrontò dopo il combattimento con Thor sul Bifrost, la sua magia non sarebbe bastata questa volta. Il vortice divenne un muro impenetrabile le cui pareti cominciarono a stringersi sempre di più intorno al principe. Perché, maledizione doveva finire cosi? Non ora che era cosi vicino dal rivederla. I polmoni cominciavano a gridare aria, mentre lentamente l’acqua li invadeva, la mente di Loki ancora lucida aveva un solo unico pensiero: lei. Poi improvvisamente capì, ricordando le parole di Odino sulla convinzione: quella era una prova. La Stella esigeva un prezzo per attraversare il suo passaggio. Doveva crederci, doveva crederci con ogni fibra di se stesso. Chiuse gli occhi e si concentrò sul posto che voleva raggiungere. Una serie di flachback gli piombarono addosso: lei che addentava il dolcetto su quell’albero della baia di Asgard, lei che inciampava in quell’abito troppo lungo, lei che combatteva come una furia, il suo volto schizzato di sangue, ma non per questo meno bello. Con le lacrime di lei davanti agli occhi si lasciò completamente andare e perdere i sensi lentamente.

Maestoso e bello da togliere il fiato, ti dava la sensazione di essere grande quanto il mare stesso, un cerchio perfetto circondato da un infinità di onde d’acqua e luce, gli schizzi parevano essere polvere di fata dorata piuttosto che spuma del mare. Il bianco e l’azzurro divenivano via via più scuri a mano a mano che si avvicinavano al centro del Gorgo, il vortice era cosi veloce da sembrare immobile, centinaia di altri piccoli mulinelli si formavano qua e la, ma nessuno era pari a quello principale che tutto prendeva, e poco restituiva.
“Muovetevi buoni a nulla. Serrate le gabbie *, rotta verso Angora, e guai a voi se mi fate perdere i festeggiamenti!” gridò una voce forte e autoritaria che proveniva dal castello di prua *. Nella nebbia lentamente affiorò una nave da guerra, battente la bandiera di un sole in oro stilizzato, su campo azzurro, una seconda voce si aggiunse poco dopo alla prima
“Capitano! Capitano, c’è un uomo in mare! A mezzanave *!”
“E’ carino?” gridò quella che era la voce del capitano
“Ehm….da qui pare di si!” rispose il marinaio titubante
“Recuperatelo, allora!!” uno scalpiccio frenetico, e in un batter d’occhio Loki fu recuperate da due paia di forti braccia che lo ficcarono di peso in un paranco di fortuna e fu issato su, non appena fu adagiato in malo modo sul tavolato del ponte Loki prese a tossire e sputare acqua
“E tu da dove salti fuori?” chiese il capitano avvicinandosi al naufrago per osservarlo più da vicino
“Portatelo nella mia cabina e assicuratevi che sopravviva fino al  mio arrivo!” Uno dei marinai che si era calato agilmente giù dalla murata * per recuperarlo, se lo mise in spalla come un sacco di patate e scomparve nel buio di sottocoperta.* Il capitano guardò l’orizzonte dove fino a qualche secondo prima c’era il Gorgo ormai sparito nel nulla
“Cos’hai restituito stavolta?” sussurrò il capitano senza staccare gli occhi dall’orizzonte.

La nave fendeva dolcemente l’acqua, era uno spettacolo come quel sostenuto vento di poppa notturno, tipico di quella zona, riuscisse a far si che l’interno spiegamento di vele facesse bella mostra di se alle stelle che premurosamente mostravano ai marinai la giusta rotta.  Non un fiato si senti sulla coperta della nave, i marinai di turno si muovevano silenziosi come spettri su e giù per la nave, mentre il nostromo chiamava la “Diana”* picchiettando quattro colpi alla campana, per il cambio della guardia. A quel suono ormai cosi familiare e quotidiano gli uomini rispondeva solerti e ordinati. Qualcun altro rispose al suono metallico, qualcuno che non aveva la minima idea di dove si trovasse. Gli occhi verdi di Loki si aprirono lentamente mettendo a fuoco una lampada a olio che dondolava pigramente a qualche metro da lui, si girò lentamente su un fianco con una fortissima nausea, un vuoto terribile allo stomaco, e la testa pesante come dopo un violento urto,  non si era mai sentito fisicamente cosi male in vita sua, ed era decisamente una sensazione che non gli piaceva. Serrò le labbra cercando di evitare di dare di stomaco, facendo vagare lo sguardo su ciò che lo circondava, un po’ per abituarsi al rollio* fastidioso, un po’ per distrarsi da quell’opprimente sensazione di malessere, ma alla debole luce non riusciva a identificare bene i contorni di nulla, udì solo, molto distintamente il frettoloso grattare di una piuma su di un foglio, una voce gli arrivò all’orecchio come un eco molto lontano
“Se devi vomitare, ti pregherei di farlo nel catino al tuo fianco.” Nemmeno il tempo di completare la frase e Loki era già immerso nel secchio a rigurgitare  anche l’anima
“Ti ringrazio!” rispose la vece senza cambiare tono, girandosi di nuovo a pancia in su Loki s’addormento di nuovo profondamente
“Donnicciola!” sentenziò la voce.
La Luce del giorno illuminava l’intera stanza, Loki ci mise un po’ a capire che quella non era una semplice stanza, ma la cabina di una nave; una nave, ecco spiegato il continuo dondolio e senso di nausea. La luce filtrava attraverso le finestre del giardinetto* di poppa mettendo in evidenza dettagli che Loki la sera prima, un po’ per la mancanza di luce, un po’ per l’eccessiva stanchezza non era riuscito a notare. Lentamente si mise a sedere, la testa gli faceva ancora male, ma almeno il senso di nausea pareva essersi attenuato, ma il movimento oscillatorio della nave gli dava ancora qualche problema, stringendo i denti si mise in piedi e cominciò a girovagare lentamente per la cabina: le pareti erano di legno scuro erano malmesse ma pur sempre lucide, avvicinandosi a esse potè  notare come quelle s’incastrassero male le une alle altre, come se  chi le avesse sistemate avesse svolto un lavoro frettoloso, sotto l’ampia finestra con i vetri quadrati vi era un piccolo scrittoio sulla quale erano stese diverse carte nautiche, pennino e calamaio e una certa quantità di strumenti per rilevare la posizione in mare aperto, tra cui un sestante e un compasso, le rotte sulle carte, da quello che poteva vedere, erano tracciate con una perfezione che raramente Loki aveva visto, non riusciva però a leggere la lingua in cui quelle erano scritte e appuntate, riusciva però tranquillamente a raccapezzarsi sulla forma della costa che stava osservando: mostrava una vasta porzione di costa disseminata da centinaia di isole e isolette minori, Loki non ne aveva mia viste cosi tante tutte insieme, anche la porzione di mare che le circondava era assai insidiosa, disseminate di secche, fondali profondissime che s’innalzavano tutto d’un colpo, fondali sabbiosi, scogli affioranti non segnalati, un porto inespugnabile per chiunque non conoscesse la zona. Gettò una rapida occhiata al resto della cabina, e il suo occhio cadde su una rastrelliera incastrata in un angolo sulla quale erano sistemati in bell’ordine una dozzina di spade Flissach, Loki le osservò con attenzione, erano state usate di recente perché poteva ancora vedere dove la mola aveva colpito con più decisione, le incisioni sulle lame erano quasi completamente scomparse a causa dei combattimenti, ma tutto sommato erano tenute abbastanza bene, si avvicinò per cercare di decifrare le inscrizioni sulle else ma fu distratto da un vago bagliore proveniente dalla sua sinistra. Non lo aveva notato prima perché troppo preso a guardare le spade per accorgersene, ma accanto alla rastrelliera in corrispondenza del davanzale della finestra, vi era una piccola mensola, sulla quale era poggiata un buffa ampolla sferica con all’interno quello che pareva voler essere ardentemente un albero in miniatura completamente privo di foglie. Era secco e ricurvo su se stesso, il piccolo tronco di un marrone che diveniva quasi nero recava profonde ferite alla base come se qualcuno l’avesse sradicato a colpi d’ascia, forse fu solo un impressione di Loki, ma quando lui si avvicinò per osservarlo meglio, il vegetale sembrò fremere d’eccitazione, forse il minuscolo germoglio verde in cima a uno dei piccoli rami ricurvi era già li, prima che Loki lo notasse, di sicuro Loki si sentì invadere da un incredibile senso di pace anche solo a guardare quel piccolo albero secco, si stupì egli stesso di quanto rimase a osservare una cosa normale ed eccezionale come una pianta. Si voltò per tornare a curiosare un po’ in giro, ma fu bloccato da un bimbetto che era entrato nella cabina senza che lui se ne accorgesse. Il bambino poteva avere all’incirca cinque o sei anni, con una criniera di riccioli color carota sparati in tutte le direzioni, due grandi occhi azzurri che lo guardavano in cagnesco, anche se Loki tutto era fuorchè intimidito da tale sguardo
“Il Capitano ti vuole sul castello di poppa*! Adesso!” ringhiò il bimbetto, e Loki notò che gli mancavano i due denti davanti,
“Certo che metti proprio terrore” rispose Loki acido, facendosi strada da solo verso l’uscita.
L’odore del mare lo investì non appena mise il naso fuori dalla coperta, il cielo sopra di lui era plumbeo e carico di pioggia, ma al di là della murata poteva vedere il mare piatto come una tavola. Alzò gli occhi sentendo sopra di lui una strana presenza, le vele maestre degli alberi erano gonfie e bianche, i gabbieri* sui pennoni* avevano fermato per qualche secondo la loro attività per dare un occhiata al naufrago che finalmente si era svegliato, e lo stesso fecero i marinai di coperta, ognuno di loro guardava Loki con un misto di sospetto e curiosità, sguardi a cui il ragazzo era fin troppo abituato. Fu scortato dal bambino che era stato dietro di lui fino a quel momento, ma una volta in coperta gli era saltato avanti gonfiando il petto d’orgoglio e cercando di farsi bello davanti al resto dell’equipaggio che al suo passaggio sghignazzava divertito. Il moccioso lo condusse fino al castello di poppa, dove il Capitano era comodamente seduto su una panchetta dietro il suo timoniere, e per qualche strana ragione Loki non si stupì nel vedere che il Capitano della nave fosse una donna.
Poggiato sulle spalle indossava un lungo soprabito rosso sangue con bordi e spalline in oro, che unite ai gradi di capitano di vascello applicati al petto, erano l’unico elemento dell’abbigliamento che potevano ricondurlo a un capitano della marina, il resto della sua mise era facilmente riconducibile a quello di un pirata. Le gambe chilometriche erano fasciate un aderente pantalone nero che arrivava fino al ginocchio, il resto delle gambe erano coperte da alti stivali in cuoio, l’ampia camicia bianca era stretta in vita da una corpetto di cuoio nero che si fermava appena sotto il seno florido e ben disegnato. Lentamente Loki risali sul viso che era una maschera impassibile di serietà che si confaceva molto al suo ruolo di capitano. La pelle abbronzata segnata dal sole insieme ai capelli neri legati in una moltitudine di treccine e rasta decorate con perline colorate, le donavano un aria esotica, labbra e occhi erano truccati di nero, avvicinandosi con circospezione il ragazzo notò inoltre che ai lati esterni degli occhi la donna aveva tatuate due mezze lune anch’esse nere, sedeva con le braccia stese sul bordo della murata e le gambe elegantemente accavallate
“Hai fame?” chiese dopo aver guardato il suo ospite per un lunghissimo momento, la sua voce era leggermente rauca, il che le dava ancor più autorità. Solo in quel momento Loki si rese effettivamente conto di avere la gola arsa
“Sete piuttosto” rispose,
“Luk, porta da bere e da mangiare al nostro ospite. Farà colazione in mia compagnia” nell’ultima frase Loki poté avvertire una sfumatura di lussuria nella voce, confermata dagli occhi della donna che lo squadrarono dall’alto in basso, ma lui rimase impassibile, il suo obiettivo era uno soltanto. Mentre due marinai si affrettavano ad allestire un tavolino con una sedia lì sul castello di poppa la donna si presentò come si conveniva
“Io sono Kirara Capitano del Vascello Moon, e Ammiraglio della Flotta d’Estate, e sono proprio curiosa di sapere chi sei e soprattutto come diavolo hai fatto a sopravvivere al Gorgo” disse afferrando nel mentre una tazza con all’interno un liquido nero bollente appena versatole da uno dei marinai che andò via borbottando “Un altro ospite, come se non avessi già abbastanza da fare…”
“Non badare a Killick*, è di una scontrosità unica ma è un brav’ uomo!” disse il capitano facendo cenno a Loki di accomodarsi e servirsi, lentamente e con la sua solita eleganza Loki si sedette e svuotò in un solo educato sorso l’intera caraffa d’acqua, il capitano sorrise nella sua tazza e con un solo cenno degli occhi il marinaio che era rimasto a loro disposizione riempì nuovamente il contenitore di acqua dolce
“Posso sapere, Capitano, dove mi trovo? E’ molto importante che io capisco la mia precisa posizione” rispose Loki cercando di sembrare il più tranquillo possibile, doveva assolutamente sapere se era nel posto giusto o maledirsi in tutte le lingue dell’Yggdrasill. Il Capitano strinse gli occhi ma decise di rispondergli
“Abbiamo lasciato il porto di Zanirya a Nutua, da due settimane circa, ci stiamo dirigendo a Kalè per fare rifornimento di provviste, e da li raggiungeremo la città di Angora, ci vorrà un mese all’incirca.” Il cuore di Loki si riempì di una gioia che lui faticò moltissimo a nascondere: Nutua, Kalè, Angora era tutte città di cui Sanna gli aveva parlato. Ci era riuscito, non sapeva come ma aveva raggiunto la Stella, quel vecchio orbo aveva ragione, seguire il proprio cuore aveva fatto si che trovasse la giusta direzione, rilassò le spalle, ora era tutto in discesa.
“Ora gentilmente vorrei che tu rispondessi alla domanda: chi diavolo sei? Sei troppo carino, sarebbe un vero peccato ributtarti in mare con una palla di cannone attaccata ai piedi e mani legate” disse il Capitano abbandonando per un attimo il tono ospitale
“Sto cercando una persona” rispose Loki evasivo, il Capitano Kirara alzò un sopraciglio
“Chi?” insistette la donna, Loki non rispose subito, non sapeva quanto potesse fidarsi di quella donna, bastava un minimo errore per mettere in pericolo se stesso e Sanna. Il Capitano aveva detto di essere della Flotta d’Estate, ma da quale lato della barricata?
“Chi stai cercando di così importante da farti sfidare la furia del Gorgo?” Possibile che quella donna dalle iridi gialle avesse capito tutto tramite una sola esitazione? Era cosi evidente che cercava qualcosa d’importante? Di vitale addirittura,
“Sto cercando una ragazza”
“Questo è evidente. Fuori il nome!” rispose l’altra autoritaria. Il cervello di Loki lavorava alla velocità della luce,  rivelare il nome di Sanna l’avrebbe portato più velocemente da lei, indugiare lo costringeva a ingaggiare un duello con la nave che non aveva in tutta onestà la forza di affrontare al momento, il passaggio nel Gorgo l’aveva fisicamente provato, e ancora non aveva messo alla prova i suoi poteri per essere certo che non avessero subito danni nel passaggio nella Dimensione Specchio.
“Si chiama Sanna!” Optò per la verità, avrebbe sempre potuto mostrarsi amico o nemico a secondo dell’esigenza, era il Dio degli Inganni dopotutto, questo sempre ammesso che la ragazza fosse ancora viva, anche se il solo pensiero del contrario gli fece gelare il sangue nelle vene, ma lo stupore che si dipinse negli occhi del capitano a sentire pronunciare quel nome lo riempì di speranza, un mormorio eccitato e al tempo stesso sospetto percorse come una scossa elettrica chi era nelle vicinanze dei due, persino il timoniere staccò gli occhi dalla rotta per guardarlo in tralice
“Sanna di Ybelin?” chiese il Capitano, portando una mano all’elsa della spada, Loki non mosse un muscolo, rimase li elegantemente seduto al suo posto, ma pronto a scattare in qualsiasi momento, richiamava già a se le sue forze,
“Non so, quante Sanna conosce?” chiese serio il ragazzo
“Solo una!” rispose l’altra, Loki alzò le sopraciglia con ovvietà
“Una nanerottola con i capelli rossi, faccia da schiaffi e ironia fuori luogo?” chiese la donna sprezzante, il cuore di Loki diede un battito più forte degli altri
“Proprio lei!” annui Loki con il cuore che ormai andava per conto suo, il Capitano sorrise inclinando la testa da un lato ghignando
“Tu dunque sei Loki di Asgard”  L’espressione di Loki doveva essere cosi stupita tanto da scatenare nel capitano un attacco di risa
“Sanna mi ha parlato di te dopo essere tornata dalla sua, chiamiamola, vacanza” Loki scattò in piedi
“E’ viva?” chiese con urgenza, il capitano sorrise ancora in maniera stavolta del tutto diversa
“Ha vinto. Ed è viva!” il corpo di Loki crollò in avanti sulle ginocchia mentre lui si passava le mani tra i capelli finalmente libero dal peso che lo aveva attanagliato fino a quel momento, non sapere se lei fosse viva o morta, se stesse bene, se aveva vinto o perso. L’ansia e l’angoscia di quell’ultimo anno si sciolsero come neve al sole, e Loki potè sentire chiaramente come quel peso si dissolvesse a mano a mano che Kirara gli parla di lei
“E’ stata una durissima battaglia che l’ha provata, ma alla fine quella dannata ragazzina l’ha spuntata, ha sacrificato però  moltissimo.” Loki alzò la testa di scatto
“Che significa?” chiese terrorizzato all’idea che Sanna fosse rimasta gravemente ferita
“A quanto ho capito, per salvare la Stella ha dovuto estinguere la Magia, e con essa l’unica possibilità di tornare da te, ma dal momento che tu sei qui, capisco che lo Stargate non è l’unico modo per andarsene a zonzo per l’universo.” Loki raccontò di ciò che era successo dopo la partenza di Sanna, della sua ricerca durata quasi un anno, di come aveva scoperto che non occorreva necessariamente la forza di uno Stargate, e di come aveva scoperto la connessione fra il Gorgo e la Dimensione Specchio. Alla fine del racconto Kirara era affascinata dalla storia di quell’uomo che aveva attraversato lo spazio pur di tornare dalle nanerottola casinista e piantagrane.
“Niente può ostacolare due anime fatte per stare insieme” disse a mezza voce la donna, Loki arrossi violentemente e lei ne rise ancora
“Lei come sta?” chiese Loki con un filo di voce
“L’ultima che ho saputo è che è tornata ad Angora, era fisicamente e mentalmente molto provata dalla guerra, ma credo soprattutto dall’idea di non poter tornare da te. Quando ha riattraversato lo Stargate verso la Stella in una maniera rocambolesca è riuscita a tornare a Kalè che era, insieme ad Angora, l’ultimo baluardo a difesa delle terre libere, li abbiamo pianificato l’ultimo grande attaccato contro Marek e il suo esercito infernale. Notai subito un fuoco nuovo che le ardeva negli occhi, aveva qualcosa di diverso rispetto all’ultima volta che l’avevo vista, sembrava, non so, sembrava convinta di avere la vittoria in pugno. Non l’avevo mai vista cosi fiduciosa e gasata da moltissimo tempo, da quando i suoi amici erano morti. Quando in privato mi parlò di te, capii subito che eri stato tu a riaccenderle quel fuoco dentro, le avevi dato nuova forza e speranza, le avevi dato una ragione per combattere e vivere. Il suo unico pensiero era vincere e rivederti. Ora però mi preoccupa  il fatto che lei crede che non ti rivedrà mai più, e se la conosco almeno un pò, sarà piombata in un maga baratro di piagnistei adolescenziali.” Rispose in maniera grave il comandante
“Devo raggiungerla, devo vederla!” disse Loki alzandosi di scatto
“Siamo nel bel mezzo dell’oceano e non abbiamo nessuna possibilità di comunicare con la terra ferma. Tra qualche settimana arriveremo a Kalè e li potremmo inviare un messaggio ad Angora per farle sapere che sei qui, vedrai che la vedremo raggiungerci a nuoto!”
 
Salve a tuttiiiii, eccomi qui di ritorno con un certo ritardo! Scusatemi tantissimo ma ho giusto la sera di tempo per mettermi al pc e con la stanchezza che avanza inesorabile mi è difficile mettere due righe insieme!  Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, e allego di seguito la definizione di alcuni termini marinareschi per chi non mastica il marinaro :D Volevo ringraziare Angel27 e tutti voi che continuate a seguirmi! GRAZIE MILLE
 

Note dell’Autrice
Gabbie : Nome specifico di una vela dell’albero di Maestra
Castello di Prua : estremità prodiera rialzata del ponte di coperta
Mezzanave : zona che si trova alla metà della lunghezza della nave
Murata :   nome generico e comprensivo del fianco della nave, con speciale riguardo alla sua parte emersa
Sottocoperta : vabbè dai questa è facile ;)
“Diana”: turno di guardia che va dalle 03.00 alle 07.00
Rollio: oscillazione trasversale della nave impressa dal moto ondoso.
Giardinetto : Anca poppiera della nave ordinariamente munita di una sorte di balconatura decorata con piante.
Poppa : Parte posteriore della nave
Gabbieri : Marinai addetti alle manovre delle vele e più specificamente di quello che per esse saliva sull’alberatura
Pennoni : Lunga e robusta asta connessa alla sua metà a un albero tramite uno snodo detto trozza, e destinata a sostenere superiormente le vele quadrate. Ogni pennone prende poi il nome della sua vela : pennone di gabbia, pennone di parrocchetto ecc
Killick: Ci tengo molto a precisare che Killick (insieme a Bonden di cui leggerete più avanti) NON SONO ASSOLUTAMENTE miei personaggi, bensì sono rispettivamente il famiglio e il timoniere del Comandante Jack Aubrey il Fortunato, personaggio di fantasia del maestro Patrick O’Brian, autore di libri di avventure sul mare nell’epoca della guerra contro Napoleone (da uno dei libri della serie è stato tratto il film  “Master e Commander” interpretato da Russel Crow) il mio è un piccolo omaggio a questo grande maestro di avventure sul mare!
 

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Capitolo 18
*** 18 ***


Qualche settimana più tardi ebbi il permesso di Ektor di lasciare la mia stanza, con la raccomandazione però di non strapazzarmi troppo e di non tornare subito ad allenarmi, avevo ancora bisogno di riposo, ma lui stesso si rese conto che tenermi chiusa in camera non faceva per niente bene al mio umore. A essere sincera non avevo molta voglia nemmeno di mettere il naso fuori dalla finestra, figurarci andare in città a festeggiare, cosa che tutti gli abitanti di Angora ancora facevano. Non me la sentivo di affrontare la folla festante, mi limitavo a gironzolare per i giardini pensili del palazzo a ridosso sulla cascata, a guardare con aria assente come le sue acque si gettassero giù in un salto di almeno un centinaio di metri prima di franare nella laguna che da li s’infilava placida e silenziosa nella città. Mi aggiravo nel palazzo come una specie di fantasma; più che mai avevo la sensazione che la mia vita si dividesse in due grandi metà, quella del “durante la guerra” e quella del “dopo”, tiravo le somme di tutto ciò che era successo, di buono e di cattivo, e pensandoci a mente fredda, di cose buone ne erano successe: avevo incontrato persone eccezionali, e guerrieri che indipendentemente dallo schieramento per cui militavano mi aveva fatto vivere nuove esperienze, che per un guerriero erano importanti. Avevo conosciuto nuovi posti e nuovi mondi, tra cui la Terra, posto bizzarro e assurdo ma al tempo stesso affascinante, che mi aveva insegnato a controllare la mia mente, i miei impulsi, ad ampliare il mio potere in modi che mai prima di quella strana prigionia avevo mai immaginato, e poi c’era stata Asgard, con la sua diffidenza, la protezione e i suoi occhi verdi. Loki mi mancava terribilmente, e anche se mi sforzavo di non pensarci, di fingere che lui non fosse stato altro che un bel sogno, m’illudevo di credere che non era esistito veramente per tentare di soffrire di meno, ma per quanto m’impegnassi il ricordo di Loki non mi permetteva di dimenticarmi di lui, era insistente come il suo stesso proprietario. Penso che il continuo tentativo di sforzarmi di non pensare a lui, anzi non pensare affatto, fosse la causa principale della mia lentissima guarigione, ogni volta che Ektor mi controllava, era costretto a medicare nuovamente ogni singola ferita, esse si riaprivano o s’infettavano in proporzione al mio pessimo stato d’animo. Con i piedi nudi e i capelli assurdamente lunghi e bianchi,  in vesti ancora più semplici di quelle che utilizzavano nell’adolescenza in Accademia, mi aggiravo per il palazzo come una specie di anima senza pace, tutti erano a conoscenza del mio cruccio e della mia mancanza, e con molta delicatezza evitavano di parlare davanti a me di magia e affini. Pur di ripescarmi dal mega baratro di piagnistei adolescenziali in cui ero sprofondata, Ado e Alyse mi coinvolsero nei preparativi per la loro ufficiale incoronazione che avrebbe avuto luogo da li a poche settimane, il tempo necessario alle Flotte di rientrare alla capitale.
Più guardavo quei due, più mi rendevo conto di quanto, col tempo assomigliassero a Saul sempre di più, e benché entrambi fossero fratelli con il mio amico soltanto per metà, mi resi conto di quanto quel fricchettone dai capelli lunghi fosse stato importante nelle loro esistenze e quanto la sua presenza mancasse terribilmente a entrambi, soprattutto in un momento cosi importante e delicato come l’incoronazione. Potevo vedere un pezzetto di Saul in ognuno di loro: la ragazza aveva il suo stesso sorriso, Ado lo stesso portamento di distratta eleganza. In realtà Ado e Alyse erano già a tutti gli effetti i nuovi sovrani di Dlym, ma l’inasprirsi della guerra, il clima per niente festaiolo dopo l’orrenda morta del vecchio re loro padre, e soprattutto una certa accortezza di Alyse nel non sperperare inutilmente il denaro della corona, fecero si che non c’era ancora mai stato una vera e propria cerimonia d’insediamento, e anche dopo la vittoria i due fratelli decisero per un ricevimento il più possibile semplice e senza sprechi che non gravasse ulteriormente sulle già scarse finanze del tesoro,
“Possiamo evitare di lesinare almeno sul vino?” chiese Gurvarth che era entrato chissà come nell’allegra combriccola dell’organizzazione. Ado scoppiò in una fragorosa risata, forse un po’ troppo ostentata per essere sincera e io capii subito quanto al ragazzo costasse prendere su di se il fardello della corona, quanto non si sentisse adeguato e quanto si fosse sentito perso e abbandonato dopo la morte del fratello. Nonostante Saul avesse appena due mesi in più rispetto a lui, il maggiore era sempre stato un punto di riferimento per il principe ereditario. Alyse invece era forte di natura, lei si che aveva preso dalla regina Myllenniam loro madre, che in quel momento tornava appunto da Retwin sua terra d’origine per presenziare alla cerimonia d’incoronazione. Era stata Alyse a tenere unita la famiglia dopo il lutto di Ghelbarth e di Saul, era stata lei a dare ordini che sua madre tornasse nella sua terra natia per prendere in mano la situazione politica, era stata lei a tenere Angora al sicuro, anche e soprattutto per questo Ado avrebbe voluto cederle il trono per intero, ma la fanciulla non avrebbe permesso al fratello di scappare, con decisione rispose inoltre che in quel momento più che mai il regno avevo bisogno di normalità e di mantenere le proprie antiche tradizioni e avere i fratelli reali al trono era una di quelle. Anche se in cuor mio avevo sempre pensato che la ragazza sarebbe stata perfetta come regina, molto più di Ado e Saul messi insieme, ma la tradizione chiedeva che i primi due figli ereditassero la corona, e essendo Saul un bastardo reale, la successione spettava a Ado e Alyse gli eredi legittimi. Chissà quanto sarebbe stato felice Saul di vedere finalmente i fratelli con in testa la corona, era un giorno che aveva sempre immaginato, e mi sentii un po’ in colpa ad apprestarmi a viverlo senza di lui: avrebbe dovuto impedire ad Ado di indossare quella sua assurda armatura rossa, e avrebbe passato interi pomeriggi con Alyse per scegliere il vestito più adatto a tale occasione, salvo poi dileguarsi nel nulla non appena la regina Myllenniam avesse fatto il suo ingresso negli appartamenti della figlia. Lei e Saul non avevano mai avuto un grande rapporto, ma avevano entrambi accettato di coesistere per amore di Ghelbarth e dei figli legittimi, di cui il bastardo era assolutamente innamorato. A essere sincera la regina Myllenniam aveva sempre messo in soggezione anche me, era fredda e austera come la terra dalla quale proveniva, ma non potevo dire che fosse una cattiva persona, era semplicemente abituata a vincere sempre e comunque e con qualunque mezzo, e a essere ancora più sincera ero emozionata al pensiero d’incontrarla ancora; quando seppi della sua partenza per Retwin mi chiesi se l’avrei rivista, davo per scontato che una delle due sarebbe morta. Non avevo mai davvero preso in considerazione l’idea di sopravvivere. Dopo la dipartita di Saul, niente aveva più senso, e lo aveva ancora meno quando l’esercito cominciò a essere davvero stanco e sfiduciato, quando tutti gli altri cominciarono a credere che non ci sarebbe più stata speranza, che il mondo cosi come lo conoscevamo era destinato a finire, che la realtà in cui vivevamo si sarebbe rovesciata, e gli eserciti infernali avrebbero preso il posto che agognavano da secoli: la superficie. In quel momento smisi di credere che avrei vissuto molto dopo la morte dei miei nemici. Proprio quando tutti stavamo per cedere, quando eravamo pronti al caldo e accogliente abbraccio della morte, Marek ebbe la brillante idea di spedirmi su Asgard. Lo maledissi ancora una volta, maledissi lui, me stessa, e la mia solita fortuna sfacciata: non ero finita nemmeno su di un pianeta ostile che mi avrebbe sgozzato a vista, no, ero piombata su di un pianeta civile, che mi aveva curato, e rimesso in forze, avrei potuto anche accettare senza battere ciglio che quello riuscisse a riaccendere in me il fuoco della lotta, ma mai mi sarei aspettata che mi avrebbe fatto sentire il dolce morso dell’amore. Ma come diavolo avevo fatto a innamorarmi di Loki, così come se fossi caduta da una quercia marina? Lui era stato antipatico e scostante per la maggior parte del tempo, mi aveva offeso e non aveva mostrato il minimo rispetto ne per un Comandante ne per una donna, mi aveva considerato dal primo momento di sua proprietà: ma forse in realtà avevo bisogno proprio di quello, di un uomo che andasse al di là del guerriero, che vedesse la ragazza imbranata e distratta che ero in realtà, avevo bisogno che un uomo, un uomo vero, mi prendesse e mi permettesse una volta per tutte di comportarmi da donna e non da soldato, che mi permettesse di sfogarmi, di non chiedermi continuamente di rimandare il dolore, di non gridare dalla rabbia, di non lasciarmi accecare dalla vendetta, di coltivare ancora e nonostante tutto il giusto pensiero. Loki invece mi aveva permesso tutto ciò che gi altri mi avevano proibito di vivere perché non perdessi di vista l’obiettivo finale. Mi aveva fatto ricordare ciò che volevo dimenticare, mi aveva fatto piangere e disperare, mi aveva permesso di uccidere per il piacere perverso di farlo, c’era da dire che Loki era un maestro in questo. Chissà che cosa stava facendo in quel momento? Pensava ancora a me, o mi aveva dimenticato? Non ero riuscita nemmeno a mandargli un messaggio nonostante i miei ripetuti tentativi, ma Asgard era davvero troppo lontana per i messaggi, e non potevo di certo usare la magia della Stella quando quella stava collassando cosi rapidamente trascinando con se tutte le speranze di riaprire un passaggio,
“Sanna..Sanna tesoro tutto bene?” una voce melodiosa mi ridestò dalle mie elucubrazioni mentali, sbattei gli occhi per qualche secondo prima di rendermi conto che stavo fissando il piatto di zuppa da circa dieci minuti buoni, gli altri commensali da Alyse alla nonna mi fissavano come se fossi sull’orlo di un precipizio, e un po’ mi ci sentivo
“Mi perdoni Altezza. Ero distratta” dissi raddrizzandomi sulla sedia e fingendo di portare il cucchiaio alla bocca, come molte altre sere da un po’ di tempo a quella parte avevo lo stomaco serrato, stavo diventando trasparente me ne rendevo conto, ma non mi andava proprio di mangiare
“Sanna, quante volte devo ripeterti che non hai bisogno, in privato, di rivolgerti a me cosi?” chiese Alyse sorridendo paziente. Era sempre stato cosi, fin da quando lei era una bambina e io un Apprendista all’Accademia, non mi era mai venuto di darle del “tu” come invece facevo in maniera molto più naturale con Ado, forse perché lo stesso Saul trattava la sorella con molta più reverenza.
“Ancora una volta Altezza” risposi atona, sentii la nonna mollarmi un calcio da sotto il tavolo che incassai senza battere ciglio
“Discutevamo Sanna, dei Cavalieri che presenzieranno all’incoronazione e che faranno parte del nuovo consiglio reale” disse la nonna per portare il discorso alla sua origine
“Perché, c’è ne ancora qualcuno vivo?” chiese fingendo stupore. Gurvarth sghignazzò ma s’affrettò a ficcare il naso nel calice di vino quando la nonna lo fulminò con lo sguardo. Sorrisi appena a quella scenetta, Il Dannato che si faceva zittire da un’ottantenne, ora le avevo proprio viste tutte.
“Si, molti sono sopravvissuti alla guerra, e stanno tornando ad Angora per i festeggiamenti e la cerimonia, oltre a portare i loro omaggi a te ovviamente, e avere le loro cariche di consiglieri!” disse Ado cominciando a sgranocchiare il pollo. Sbuffai sonoramente
“Se volevano portarmi i loro omaggi, sarebbero stati ben accetti sul campo di battaglia. Mi sarebbe tanto piaciuti vederli questi “Cavalieri” con le mani sporche di sangue, mentre sacrificavano le loro scintillanti armature per questo mondo!” risposi senza espressione. Calò un gelo che bloccò i presenti, eccezione fatta di Gurvarth
“Erano a difesa di altri avamposti…” provò Ado ma gettando il tovagliolo sul tavolo risposi estremamente seccata
“Avamposti che non richiedevano la loro presenza, visto che tutto il fottutissimo esercito nemico era concentrato alla Bocca dell’Inferno”
“Modera il tono Sanna!” gridò la nonna
“Non modero un bel niente. Sono anni che vorrei proprio cantarne quattro a questi “Cavalieri” che di cavalieri hanno solo il cavallo, sempre ammesso che non si facciano disarcionare dalle loro bestie! Dove diavolo erano quando l’esercito intero combatteva fino alla fine? Di questi cavalieri io non ne ho visto nemmeno l’ombra. Non c’era nessuno di loro alla testa dell’esercito durante l’ultimo assalto. C’erano le persone più improbabili, quelle alla quale nessuno avrebbe affidato nemmeno una cerbottana scarica, mi sono trovata a essere protetta le spalle da loro piuttosto che da questi cavalieri.” Dissi con una tale durezza che Ado e Alyse sgranarono gli occhi
“Ognuno ha fatto la propria parte nella maniera ….” Tentò la nonna ma ormai ero partita a razzo
“Non venirmi a dire che ognuno ha fatto quello che poteva, perché sono stata io a dire che chiunque riuscisse a brandire una lama poteva combattere per la sua terra. Sandar aveva sedici anni, che cosa credi che dirò alla madre? Che è morto per regalare ai suo fratelli un mondo migliore? Bè ti posso assicurare, nonna, che non sarà per lei di nessuna consolazione, come non lo è per me!” gridai sbattendo i pugni sul tavolo. Ancora un silenzio in cui mi resi conto di aver alzato troppo la voce, bevvi un sorso d’acqua e cercai di calmarmi
“Perdonatemi, ma conosco molto bene ognuno di quei Cavalieri che voi volete eleggere a Consiglio Reale e vi posso mettere per iscritto che non sono in grado di assolvere tale carica. Vi ritroverete nel giro di tre mesi in continui giochi di potere, e sinceramente non mi pare sia il caso di inaugurare la vostra ascesa al trono con l’assassinio da parte mia di uno di loro!” dissi molto più fredda “O di tutti loro, come preferite! Potrei facilmente farlo passare per un incidente di massa!” dissi sorridendo cattiva anche per alleggerire un po’ la tensione che avevo creato
“A chi hai pensato per il consiglio?” chiese Ado serio. Fissai lui e la sorella intensamente prima di rispondere
“Uno è seduto a questo tavolo” dissi guardando Gurvarth che cadde letteralmente dalla sedia sulla quale stava dondolando
“Che significa?” chiese la nonna irata
“Già, che significa?” fece eco Gurvarth che si guadagnò un'altra occhiataccia dalla vecchia, ghignai divertita erano proprio un duo comico
“Gurvarth il Dannato della cerchia delle Belve, è stato scelto perché pensa come pensa il nemico. Chi meglio di lui può essere la testa che pensa fuori dal coro, del Consiglio?” chiesi
“Non credo, con tutto il rispetto, che Gurvarth sia adatto a questo ruolo, tanto quanto lo siano gli  altri Cavalieri” disse la nonna aspra. Sapevo già che facevo muro contro muro, ma se dovevo decidere io chi entrava a far parte del Consiglio, la mia decisone su Gurvarth e su tutti gli altri sei membri sarebbe stata irremovibile, a meno che uno di loro non avesse rifiutato il titolo. Sapevo benissimo che alla nonna Gurvarth non piaceva, come darle torto dopotutto, il Dannato mi aveva dato la caccia per anni e tutt’un tratto era passato dalla nostra parte, ma sapevo altrettanto bene che potevo fidarmi di lui, il problema vero era spiegarlo a una donna di ottant’anni che aveva visto tre guerre, cinque re, e una vita lunga fatta di complotti e tradimenti. Quella si, che sarebbe stata un impresa titanica.
“Te la senti G?” chiesi rivolta all’uomo che si riaccomodava
“Dipende da chi sono gli altri” rispose. Abbozzai un altro sorriso, e presi a contarli sulle dita
“Ho un opzione per Kirara della Flotta d’Estate, se accetta di vivere lontano dal mare …” la nonna m’interruppe, e avrei scommesso che l’avrebbe fatto per tutti e altri sei nomi in lizza
“Kirara? Ma è un pirata!” bè su questo non potevo darle di certo torto,
“E’ un pirata, certo, ma ha il codice d’onore di un Guerriero. Oltre che una donna incredibilmente intelligente,devo ricordarti nonna, che ha sbaragliato da sola con la sua barchetta, quindici delle navi nemiche all’isola di Kerk?”
“Gli altri?” chiese Alyse mettendo fine alla mia filippica sul curriculum dell’Ammiraglio
“Sylla della Primavera..”
“Che è un cretino senza cervello …”
“Ti confondi con il padre, nonna! Karaya dell’Autunno …”
“Una prostituta! Mi pare che tu stia esagerando nipote mia!”
“Ci divertiremo allora!” esclamò Gurvarth
“La miglior spia del regno, con la miglior rete di spionaggio e comunicazione della Stella. Il fatto che le piacciano gli uomini gioca solo a suo vantaggio! Aghyla dell’Inverno …”
“Oh mia Dea te ne prego, non riuscirebbe a mettere due parole in fila nemmeno sotto tortura!”
“Ma non lo hai mai visto negoziare. Emmi di Dlym e so già cosa vuoi dirmi, ma il fatto che la magia stia sparendo dalla Stella non vuol dire che Emmi non occorra a questo consiglio. Rimane la strega più potente sulla faccia del pianeta. E infine c’è Baltasar per il popolo dei nani. Come potete vedere ho scelto un rappresentante per ogni area geografica della Stella, Emmi sarà anche il portavoce del popolo magico ovviamente, mentre Baltasar lo sarà per i suoi simili.” Risposi aspettando che le critiche piovessero, ma tutto quello che ottenni fu un osservazione che io pensavo dessero per scontato
“Se ho contato bene sono sette, quindi con te diverreste otto … un consiglio di otto?” chiese Alyse pensosa, Gurvarth mi guardò alzando un sopracciglio. Mi alzai dalla sedia e mi allontanai, era chiedere troppo che capissero senza che io glielo dovessi spiegare? Era cosi difficile pensare che volevo solo essere lasciata in pace?
“Io non farò parte del Consiglio.” L’effetto che produsse quell’affermazione fu quello di una doccia gelata, e per poco alla nonna non venne un colpo
“Che significa Sanna, che tu non farai parte del Consiglio? Il Comandante della Guardia Reale ha sempre fatto parte del Consiglio, da secoli” disse Ado.
“Significa che non assumerò nessuna delle due cariche. Sono onorata della fiducia e della stima che mi dimostrate, ma sono oneri che in tutta onestà non mi va di accollarmi.”
“Sanna il Consiglio, la Guardia Reale, sono l’obiettivo di tutti i Guerrieri, è la coronazione di una carriera militare brillante, e chi più di te può assumere tale carica? Chi, se non colei che ci ha portato alla vittoria?” disse Ado nel tentativo di convincermi, ma sfondava una porta aperta
“Io non sono tutti. Penso di aver dato abbastanza, ora è il momento di pensare a me stessa.”
“Che cosa intendi dire?” chiese la nonna ormai sull’orlo delle lacrime,
“Ci ho pensato a lungo e molto attentamente: le persone che vi ho suggerito sono già in viaggio, saranno qui a breve, darò loro le cariche come Comandate della Guardia Reale provvisorio, poi cederò la carica a Karaya, mi tratterrò fino all’Incoronazione poi andrò via.” Potevo vedere i pugni di Ado serrarsi sempre di più dalla rabbia, se me ne andavo anche io l’ultimo legame con Saul sarebbe stato perso per sempre, ma non avevo più la forza di lottare per un mondo di cui, improvvisamente, non ero più innamorata
“Dove andrai?” chiese Alyse dispiaciuta ma molto più disposta ad accettare con rassegnazione la mia decisone
“A tentare di recuperare quello che ho perso” dissi cominciando ad allontanarmi dalla sala, quando fui sulla porta la voce irata di Ado mi raggiunge e m’investi con un misto di rabbia e frustrazione
“Tu entrerai a far parte della Guardia Reale. E’ il tuo re che te lo ordina!” gridò ergendosi in tutta la sua altezza. Dall’alto del mio metro e cinquanta risposi voltandomi impercettibilmente
“Non sei ancora il mio re!”
 
 
“Ado, non la spunterai mai con lei. Non sei abbastanza deciso per tenerle testa.”
“E’ questo il suo posto Alyse!”
“Il suo posto è dov’è il suo cuore, e noi abbiamo perso questo privilegio molto tempo fa.”
“Che cosa avrà mai trovato laggiù, da essere più importante di tutto questo?”
“Quello che cerchiamo tutti!”



 

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Capitolo 19
*** 19 Tempesta e Assalto ***


Al pari di ogni altro buon marinaio o pirata che si rispettasse, Kirara aveva dormito e si era svegliata in ogni latitudine e a qualsiasi ora del giorno e della notte, e al pari di altri sapeva emergere da un sonno profondo perfettamente pronta a salire in coperta, un abilità perfezionata da anni e anni passati sul mare, complice anche una buona dose di acqua salata che le scorreva nelle vene, eredità lasciatale dal padre. Se ripensava a suo padre, una rabbia cieca le saliva ancora alla testa: adorava quell’uomo alto e severo che l’aveva educata alla legge del mare. Barduck era un comandante della Flotta della Marina Reale, era un uomo amato e rispettato dai suoi colleghi e dal suo storico equipaggio, che comprendeva tra l’altro il famiglio Killick e la stessa nave che ora era governata da Kirara. Ma l’essere uno dei migliori ufficiali della Marina gli aveva attirato molte invidie e odio da parte di altri. Durante una battaglia fu lasciato morire solo e senza rinforzi dai suoi stessi compagni, che invece di correre in suo aiuto erano rimasti attraccati in porto a vedere come la nave di Barduck veniva conquistata e l’equipaggio schiacciato dalla forza dei numeri. Kirara ricordava ancora benissimo il corpo di suo padre penzolare sull’albero di maestra, e sulla sua divisa giurò vendetta. Sparì dalla faccia della Stella, molti pensarono che fosse stata uccisa insieme a suo padre o che i nemici l’avessero fatta prigioniera e lasciata a marcire in qualche cella sotterranea chissà dove, invece lei era viva e vegeta, messa in salvo da Killick, avevano navigato per giorni su una scialuppa di salvataggio e approdati chissà come, su di un isola sperduta dell’oceano. Una serie di fortunati eventi la portano a conoscere Bonden* timoniere di un veliero pirata che la prese subito in simpatia. La grande forza di carattere della ragazza e l’abilità come cuoco di Killick fornirono loro due posti sulla nave del pirata Gooze. Su quella nave che divenne la sua seconda famiglia, Kirara pianificò la sua vendetta, e quando fu pronta, con una corvetta di modeste dimensioni, un manipolo di uomini scelti, di giorno e con tanto di bandiera pirata al vento s’infilò nell’insenatura di Kerk, uno dei porti principali della Marina Reale, e mise a ferro e fuoco tutte le navi della flotta ormeggiate: ne salvò soltanto una, la Moon, la nave di suo padre. Certa della sua vittoria aveva fatto cucire a posta per il suo primo comando un vessillo nuovo di zecca: due mezze lune che andavano a formare una X proprio al centro del vessillo,
“Non è molto minaccioso come bandiera pirata” aveva detto Gooze quando l’aveva visto, la ragazza sorrise
“La mezza luna è lo stemma della mia famiglia, le due mezze lune rappresentano me e mio padre, la forma che assumono incrociandosi insieme rasenta il teschio dei pirati.”
“Fico!” aveva risposto
Solo l’amicizia che la legava a Sanna l’aveva convinta, una volta che la nanetta era passata al comando generale della baracca, a scendere apertamente in guerra contro gli eserciti infernali, e con suo enorme piacere e gaudio, Sanna l’aveva messa a capo di tutte le flotte ufficiali e non della Stella, per questo i pezzi grossi della Flotta Reale avevano il dente avvelenato con lei e la gnoma di Ybelin. Kirara però doveva ammettere che si era divertita un mondo in guerra, fare vela su e giù per la Stella l’aveva resa felice come mai nella vita, e le aveva permesso di rendere fiero suo padre anche da lassù, o da li giù, o dovunque egli fosse. Abbandonando ogni sentimentalismo la ragazza saltò giù dalla sua branda e vestendosi in fretta salì in coperta,
“Buongiorno Capitano!” gridò Bonden, non appena la vide salire sul cassero vicino a lui
“Buongiorno Bonden. Nottata tranquilla?” chiese afferrando al volo la tazza che Killick le porgeva e offrendone una seconda la suo primo timoniere
“Tranquillissima signore, ma non sarà cosi per il pomeriggio e forse per l’intera nottata signore”  disse il ragazzo accennando con la testa dietro di loro, Kirara voltò lo sguardo, e proprio di poppa della nave, basse, nere e minacciose nuvole si addensavano all’orizzonte, non lasciavano presagire niente di buono, Kirara si voltò verso prua, il cielo verso la quale navigavano era sereno e limpido, il maltempo si addensava solo dietro di loro
“Siamo davanti alle Bocche di Madras il punto di massima alta pressione della Stella, che diavolo ci fa una tempesta li?” chiese più a se stessa che al timoniere
“La stagione delle piogge si è appena conclusa, potrebbe essere qualche strascico di quelle” rispose il ragazzo poco convinto
“Può darsi. Signor Seymour, passi il messaggio ai marinai di guardia che tengano gli occhi aperti e se becco qualcuno che gioca a dadi glieli infilo dove non batte il sole!”  il tono del capitano fu talmente alto  che in realtà Seymour avrebbe anche potuto non passare il messaggio dato che quello era già arrivato ai destinatari. Accomodandosi al suo posto, l’attenzione di Kirara fu catturata da qualcosa che non si vedeva tutti i giorni: il gruppetto di allievi che aveva preso sotto il suo comando,  la connotazione non completamente pirata, ma nemmeno schierata dalla parte della marina aveva i suoi pregi e i suoi difetti: il difetto era dover tenere a bordo un gruppetto di ragazzini, tutti figli di blasonati palloni gonfiati della marina, e insegnare l’oro l’arte della marineria. Fin quando era ragazzini volenterosi e di buon ingegno era un vero piacere notare come quelli riuscissero in pochi anni a carpire i segreti della nave e del comando, quando aveva a che fare con delle teste di legno però, era tutt’un altro paio di maniche, e il gruppo che le era capitato qualche mese addietro faceva parte di quest’ultimo gruppo: cinque teste che dopo quasi tre mesi d’imbarco ancora non distinguevano la poppa dalla prua, l’unico a darle soddisfazioni era il piccolo Luk che….ma dove diavolo era? Ecco che cosa non si vedeva tutti i giorni, l’assenza di Luk. Il pel di carota era impossibile da non notare, anche quando ti sforzavi d’ignorarlo, lui era sempre tra i piedi, a chiedere e domandare, una specie di zecca curiosa
“Signor Seymour, dove diavolo è Luk? Perché non è a lezione con le altre crape?” gridò
“E’ sulla coffa di trinchetto con il nostro ospite, signore!”  Kirara strinse gli occhi senza capire
“L’ospite signore… il naufrago ripescato al Gorgo!” disse Seymour scandendo le parole
“Porca miseria, lo scalda letto di Sanna, l’avevo completamente rimosso!” disse colpendosi la fronte, Bonden soffocò una risata   “E che diavolo ci fanno lassù?” chiese lanciando fulmini al timoniere
“Credo che Luk gli stia insegnando a leggere”
“Che cosa??” chiese sconvolta la donna sfilandosi con un ampio gesto la giacca rossa e lanciandola all’uomo che la prese al volo. Silenziosa come un fantasma, e elegante come solo una donna di mare sapeva esserlo, Kirara si arrampicò sulle sartie di trinchetto e agile come un ragno tessitore percorse la grande altezza che separava la coperta dalla coffa di trinchetto, e ficcò la testa nella buca del gatto
“Che diavolo ci fai ancora qui?” gridò all’indirizzo del marmocchio che sarebbe caduto di sotto per lo spavento se il riflesso di Loki non l’avesse afferrato per la collottola. Il piccolo Luk era abituato ad un comandate attivo in modo innaturale (nonostante l’età conosceva bene le storie che giravano intorno a comandanti di vascello grassi e pigri), ma la coffa di trinchetto e a quell’ora del mattino, e attraverso la buca del gatto! Andava al di la di qualunque comprensione umana
“Buongiorno signore!” disse Luk toccandosi brevemente il capo
“Non hai risposto alla mia domanda moccioso! Le altre capre sono già a lezione! Muovi il culo e scendi subito giù!!” gridò più divertita che mai all’effetto che dava al bambino
“Si signore, subito signore!” passarono dieci secondi in cui Luk correva a destra e a manca sulla coffa per capire da che parte scendere, optò per la via più breve,  prese la rincorsa e spiccò un salto nel vuoto, il volto terrorizzato di Loki fece uno strano contrasto con la faccia trasfigurata in un ghigno soddisfatto di Kirara che gridava senza convinzione
“Non in quel modo!”  Loki si sporse convinto di vedere il corpicino del bambino ridotto a una frittella insanguinata e invece quel figlio di buona donna scivolava come una piuma giù per le vele gonfie, attaccandosi un po’ ai ventrini e un po’ alle griselle toccando la superficie della coperta come se fosse saltato giù dalla murata anziché da più cento piedi d’altezza
“Ma come diavolo ha fatto?” chiese Loki stupefatto
“Luk è nato su questa nave, è tutto il suo mondo.” Disse Kirara issandosi sulla coffa ma andando a sistemarsi su di un coltellaccio
“Come ci è capitato su una nave da guerra?” chiese Loki chiudendo il libro che aveva in grembo e voltandosi verso il capitano
“Era l’inizio della guerra, e uno dei marinai lo ha trovato in una matassa di cime , era stato abbandonato in una gelida notte d’inverno a Retwin, faceva talmente freddo che ricordo la coperta ricoperta da un sottile strato di ghiaccio, Bonden aveva messo tre paia di guanti per poter timonare fino a li. Accogliere quel bambino sulla nave è stata l’unica occasione in cui ho visto marinai e pirati d’accordo su qualcosa, hanno anche cercato di tenermelo nascosto per un po’, ma sono resistiti mezza giornata, il tempo di ripartire per Kalè, dopo non riuscirono più a dissimulare i suoi vagiti. Punii tutti con il gatto a nove code, ma ormai il bambino era a bordo e di certo non potevo mollarlo lì in mezzo all’oceano e non avevamo il tempo di ritornare a Panrell il porto dalla quale eravamo partiti. Questi stronzi si erano fatti bene i loro conti, avevano preso a bordo il bambino, ben consapevoli che per raggiungere Kalè ci sarebbero voluti sei mesi, e in sei mesi ci saremmo affezionati tutti alla fabbrica di bava. E cosi alla fine, Luk è rimasto con noi. Fine.”
“E non ha mai chiesto delle sue origini?” chiese Loki immedesimandosi nel bambino
“Certo, ma abbiamo convenuto tutti che dirgli la verità sarebbe stata la cosa migliore per lui. Adesso se qualcuno gli chiede chi sono i suoi genitori, lui risponde  “La mia nave è la mia famiglia” E’ proprio un lupo di mare! Comunque che ci facevate quassù?” chiese la donna scostandosi i capelli dal volto
“M’insegnava a leggere. I vostri caratteri sono molto diversi da quelli che conosco, e ti posso assicurare che ne conosco molti.”
“Si in effetti le nostre rune sono particolari, ma una volta capito il metodo è tutto più semplice!”
“Tutto, una volta capito il metodo è più semplice!” disse Loki saputo
“Secchione del cazzo!” disse il capitano scivolando giù per le griselle.
I giorni sulla nave trascorrevano lenti e silenziosi, ore sempre uguali a se stesse, dove lo scorrere del tempo era scandito dal rintocco della campana che cambiava i turni di guardia, la voce del vento attraverso l’enorme spiegamento di vele era spesso l’unico suono che si udiva da poppa a prua. Il lungo viaggio con compagni sempre silenziosi e tendenzialmente diffidenti, e la scarsa varietà del paesaggio avrebbero messo alla prova la pazienza di chiunque non fosse abituato alle lunghe attraversate in mare, ma ancora una volta Loki, con il suo pessimo carattere, aveva dato prova di quanto tenesse alla sua meta. Si svegliava quando si doveva svegliare, mangiava quando era ora di pranzo, e non parlava se non era interpellato, ingenuamente Kirara credeva che non poteva ripescare naufrago migliore di lui, la verità era che il principe asgardiano non voleva mischiarsi più del dovuto in faccende che non lo riguardavano. Passava le lunghe ore della navigazione leggendo i libri che il maestro della nave gli forniva e ad ascoltare da lontano le lezioni impartite agli allievi, lezioni nella quale Luk, nonostante la giovanissima età spiccava più dei ragazzi più grandi. Loki doveva convenire che per essere un marmocchio di una razza a lui inferiore, doveva riconoscere che era un bambino assai intelligente, anche se doveva leggerne di libri per arrivare al livello a cui era lui a quella stessa età, eppure doveva riconoscergli un certo merito nell’essere amato da tutti i membri dell’equipaggio, cosa che Loki non era riuscito a fare nemmeno, sforzandosi al massimo.
Kirara osservava con attenzione il suo ospite: ad un primo, superficiale esame , lo aveva scambiato per un naufrago qualunque e a ben pensarci era stata un’incosciente a non metterlo subito ai ferri non appena si fosse ripreso del tutto, ed era stato ancora più superficiale da parte sua accordargli la sua fiducia non appena lui le aveva rivelato chi fosse in realtà. L’euforia per la fine della guerra, e la felicità per la vittoria misti alla gioia di essere sopravvissuta, avevano offuscato la sua lucidità di comandante “Stai invecchiando mia cara!” Loki poteva tranquillamente essere un nemico, che in qualche strano modo aveva carpito la verità su Loki e la stava usando a suo favore per tentare un ultimo attacco a Sanna; certo la cosa era un po’ articolata e fantasiosa, ma Kirara, era troppo avvezza a questo genere di cose per scartare con tanta facilità qualsiasi ipotesi. Anche se la guerra era finita, c’era in giro ancora un mucchio di balordi pronti a non arrendersi e a tentare di prendersi la rivincita, rivincita che consisteva nel vedere la testa di Sanna impalata su una picca. Ne aveva fatta di strada quella nanerottola dai capelli rossi e dal ghigno sulla faccia, ne aveva superate di sfide e ostacoli, tutti, chi più chi meno avevano fatto la propria parte, ma lei più di tutti aveva sorretto sulle sue piccole spalle il destino di un mondo intero, con le sue mani lo aveva protetto e salvato, aveva sacrificato, la famiglia, gli amici, se stessa e alla fine anche l’amore per un mondo che continuava nonostante tutte le sue prove di fedeltà, a remarle contro, a tentare di ucciderla. Sanna aveva fatto tanto per il comandante Kirara, l’aveva difesa davanti al tribunale della Marina, si era schierata unica contro il re stesso affinchè a Kirara fosse concessa la grazia, le aveva dato un ruolo di primaria importanza nella guerra, dove aveva potuto dimostrare il suo valore e la sua lealtà alla Stella e a quella ragazzina sulla quale nessuno, a prima vista, avrebbe scommesso che un soldo, e invece era divenuta l’eroe che tutti attendevano. La responsabilità che Sanna aveva accettato era talmente grande che avrebbe potuto ucciderla in qualsiasi momento, e invece, a dispetto di ogni pronostico, la ragazza ce l’aveva fatta ancora una volta. Con ostinazione, forza, coraggio, e un incrollabile fede,  ancora una volta aveva dimostrato di essere molto più di quanto sembrasse. Kirara, come la Stella tutta, aveva un enorme debito con Sanna, un debito tanto grande che il comandante non era sicuro che sarebbe mai potuto essere estinto, ma forse riportarle l’amore, quell’amore che lei credeva fosse perduto per sempre, era un buon modo per ripagarla, almeno in parte,  di tutto ciò che aveva sacrificato.
A pensarci bene, l’atmosfera di tranquillità che regnava sul vascello si confaceva molto al carattere silenzioso e riservato di Loki, che rimaneva per ore nella stessa posizione, a leggere o a guardare ammirato l’immensa distesa d’acqua che si apriva sotto di lui fino a dove occhio poteva vedere. Aveva quasi la sensazione di essere il padrone di tutto, anche se a ben guardare c’era assai poco di cui sentirsi il padrone, solo acqua e cielo, ma stranamente l’idea di non essere il padrone di nulla non gli importava, l’unica cosa che voleva in quel momento era avere tra le sue braccia la ragazza per la quale era valsa la pena mettere a repentaglio la propria vita, mettersi in discussione e fare ciò che nessuno si sarebbe mai aspettato dal dio degli inganni: amare. Perché ora, in quel preciso istante ne era sicuro, amava Sanna più di se stesso, anche se ancora faceva fatica a capacitarsene, sapeva che quello che provava per quella buffa ragazza era vero e reale, tanto reale da dargli un battito incontrollato al solo pensiero di lei, di riaverla tra le sue braccia, di passare la mano tra i suoi capelli, di accarezzarle la pelle candida, baciare tutte le sue cicatrici e tatuaggi, perdersi nei suoi bizzarri occhi, ascoltare la sua candida risata e ubriacarsi del dolce sapore delle sue labbra. Per tutti gli Idei del Walahalla era diventato uno sciocco sentimentale! Era ancora perso nei suoi pensieri, quando qualcosa di strano attirò la sua attenzione: nere e strane nuvole temporalesche si addensavano all’orizzonte dietro di loro ad una velocità impressionante
“E’ normale quell’addensamento di nuvole?” chiese a Bonden che strinse gli occhi nella direzione indicata dal ragazzo
“Mio caro asgardiano, la Stella sta per darti il suo benvenuto con la signora di tutte le tempeste!” disse Bonden chiamando il secondo ufficiale “Passate parola, che tutti gli uomini si preparino alla tempesta”
Uno scalpiccio si levò in maniera quasi immediata, gli omini spuntarono fuori da ogni boccaporto per prepararsi alla tempesta che sarebbe seguita da li a pochissimi minuti. Loki potè vedere il mare dietro di loro ingrossarsi sempre di più, quasi come se quello li stesse inseguendo, il vento cominciò a ululare più forte tra il sartiame, e i gabbieri cominciarono ad ammainare le vele non necessarie, lunghe e robuste cime furono tese e assicurate alle bitte vicino alle murate, gli uomini che si avvicinavano alle impavesate s’infilarono un imbracatura fatta di cinghie di cuoio che veniva successivamente assicurata al capo libero delle cime legate alle bitte, scavalcavano la murata e li in posizione di difesa attendevano armati, con lo sguardo teso all’orizzonte. Loki non capiva il perché di quella difesa, “E’ solo un po’ di pioggia dopotutto…”
“Un po’ di pioggia un corno!” pensò dopo il quarto giorno di marosi. La nave veniva sballottolata a destra e a sinistra come se fosse un guscio di noce, il ponte era continuamente investito da ondate d’acqua gelida che infradiciavano i guardiani delle murate, perché gli stessi marinai che Loki aveva visto assicurarsi ai fianchi della nave, dopo quattro giorni erano ancora li, qualcuno era caduto in mare ma con l’imbracatura di sicurezza e il pronto intervento dei compagni erano riusciti tutti a risalire e a rimettersi in posizione, qualcun altro quasi si divertiva a farsi travolgere dalle onde, e più di una volta Loki udì grida divertite, e quando il ragazzo chiese il perché di quell’assurdo picchetto la risposta fu secca
“Per i nuotatori!”
“I nuotatori?” ripetè senza capire il principe. Un Luk ormai praticamente più verde che rosa, tra un conato e l’altro tentò di spiegargli la cosa
“Tempeste di questo genere, vengono chiamate le Signore, e non credo che debba spiegarti il perché. Durano all’incirca una settimana, ma è molto difficile incapparci dentro, perché si spostano in continuazione e sono davvero molto rare. Si dice che in realtà sia lo spirito del Gorgo che insegue le navi che siano riuscite a scampare alla distruzione del vortice: in realtà è solo un centro di bassa pressione, con un sistema di alta pressione che lo circonda, con vento che può raggiungere anche i 48 nodi o anche più, nessuno spirito del Gorgo come si costringono a credere! In realtà ciò che di queste tempeste è veramente pericoloso sono appunto i Nuotatori. Sono una sottospecie di orchi marini che possono vivere sia fuori che dentro l’acqua salata, attaccano le navi sotto la chiglia e aprono delle falle per farle colare a picco. Per fortuna questa nave è corrazzata!”
“ARRIVANOOO” gridò qualcuno dalla cima della coffa, Luk insieme a Loki si sporse sull’impavesata per guardare oltre le montagne d’acqua che continuavano a infrangersi sulla nave. Il principe ci mise un po’ a localizzare i nuovi nemici, ma quando li vide, un brivido gli percorse la schiena: arrivavano a nuoto, una prima linea fendendo l’acqua nuotando a larghe bracciate, entravano e uscivano dalle onde come un branco di eleganti delfini, tre linee più indietro, avanzavano gli altri, parevano quasi che si spostassero a pelo d’acqua, e solo quando furono abbastanza vicini Loki capi come facessero a muoversi in quel modo: erano a dorso di altri loro simili tenuti per delle briglie collegate a dei morsi assicurati alle possenti mascelle. L’impressione che ebbe il principe asgardiano fu quella di doversi battere con un branco molto numeroso di squali amorfi. Avevano la pelle blu ricoperta di quelle che sembravano essere sottili squame, gli occhi sporgenti, erano completamente bianchi fatta eccezione per un piccolo puntino scuro al centro. Sulla teste, per lo più pelate partivano delle creste di ispidi peli scuri, le braccia lunghe, sottili e muscolose erano tese come corde di violini, mentre i toraci erano ampi e ossuti, le viti sottili. Parevano sprovvisti di armi, ma le loro fauci spalancate avevano tutta l’aria di essere la loro migliore arma di attacco.
Ancora una volta Loki udì il frenetico scalpiccio e ancor prima di voltarsi sapeva già che l’equipaggio, senza ricevere nessun ordine, fosse già pronto e armato per la battaglia senza che il loro capitano proferisse una sola parola, mentre il piccolo della nave si allontanava per dare una mano ad armare gli altri uomini con lance e arpioni. Una perfetta macchina da guerra, ecco cos’era quella nave, un mondo a se stante, che nuotava fra due orizzonti in perpetuo rinnovamento.
 “Sai combattere?” chiese Kirara a Loki salendo di corsa sul cassero e prendendo a spogliarsi dei suoi abiti ingombranti, per rimanere in camiciola e pantaloni, incurante delle onde che continuavano ad infrangersi sulla nave, e della pioggia che aveva cominciato a battere insistentemente sugli ormai già fradici marinai. Con celerità si assicurò la spada al fianco, una serie di pugnali alla vita, e legò i capelli
Loki non rispose, si limitò ad alzare un sopracciglio con sufficienze e la donna sorrise sorniona prima di lanciargli una lancia che il ragazzo prese al volo
 “Vedi di non morire altrimenti Sanna mi staccherà la testa a morsi!” disse
“Dopo tutta questa strada non ho nessuna intenzione di morire per mano di questi mostri!” rispose il ragazzo facendo roteare agilmente in una mano l’arma, e prendendo posto. Con la coda dell’occhio Loki fissò volti dei marinai, non c’era paura nei loro occhi, rassegnazione o avvilimento, ma solo il furore della battaglia, notò che qualcuno si batteva leggermente il petto con una mano mormorando qualcosa che non riusciva a sentire. Il vento che s’infilava nei capelli gli portò alle narici il fetore dei nuotatori, il classico odore di pesce marcio e salsedine,  Kirara ritta sulla murata più alta attendeva la battaglia poggiata elegantemente alla sua spada. Un sinistro silenzio era calato sulla nave e sui suoi abitanti, un silenzio rotto solo dalle grida in lontananza del nemico, e dal rumore assordante della tempesta
 “Oh Mia Dea, sono il triplo di noi!” disse qualcuno con la voce rotta
“Bene, ci sarà da mangiare per tutta la traversata!” disse qualcun altro
“A me non piacciono i nuotatori!” esclamò Luk dal sua postazione. Anche lui era armato di un piccolo arpione, e dall’espressione che aveva messo su, non era per nulla spaventato,
“Li mangiate?” chiese Loki come se la cosa non lo riguardasse più di tanto
“Oh si, alla brace! Una volta spellati e ripuliti sono ottimi!” sghignazzo l’uomo alla sua sinistra leccandosi i baffi.
Altri, pochi, rapidissimi istanti, e i Nuotatori furono addosso alla Moon con la stessa forza della tempesta che li aveva preceduti. I rampini cominciarono a piovere e ad artigliare il legno delle murate ma i marinai veloci iniziarono contemporaneamente a colpirne le corde con le loro asce. Loki strinse il pugno intorno alla lancia prima di gettarsi nella mischia e colpire con precisione ed eleganze tutto ciò che di blu si muoveva. I Nuotatori erano ossi duri, come sospettava, lo fossero tutte le razze della Stella, ma colpivano in maniera imprecisa e disordinata, non erano guerrieri, erano branchi atti a creare scompiglio e disorientare gli avversari attaccando senza piani, erano quel genere di truppe da buttare nella mischia per creare il panico, ma evidentemente gli uomini della Moon era troppo avvezzi a quel genere di attacchi per mostrare anche il minimo segno di affaticamento, persino Luk si destreggiava in maniera incredibile tra i duellanti.
 Un colpo sordo sotto di lui e la nave beccheggiò in maniera pericolosissima andando quasi a poggiarsi su un fianco, i pennoni dell’albero di maestra per poco non toccarono l’acqua
“Per la miseria, una cosa cosi non l’avevo mai vista!” gridò Bonden aggrappato con due dita al suo timone mentre tentava di riprendere il controllo della nave
“E adesso l’hai vista!” gridò Kirara, coprendogli le spalle e infilzando un nuotatore che era riuscito ad avvicinarsi troppo al prezioso timoniere
 “Ma a questi qui, nessuno ha detto che la guerra è finita, e che l’hanno persa per giunta?” gridava Kirara all’indirizzo dei suoi uomini, continuando a menar fendenti
“Doveva essere gli ultimi della classe, Signore!” gridò un marinaio a lei vicino mentre infilzava due nuotatori con un sol colpo. Un altro colpo che fece di nuovo beccheggiare la nave
“Bonden cos’hai un crampo alle dita?” gridò Kirara mentre scivolava a gambe all’aria giù per il cassero
“Non sono io!” gridò il ragazzo crollando definitivamente addosso al suo comandante. Loki seppur con qualche difficoltà, per il ponte bagnato di acqua e sangue, raggiunse l’impavesate e diede un occhiata alla linea di galleggiamento: un gruppo di nemici stavano letteralmente prendendo a testate la fiancata della nave
“Stanno cercando di farci colare a picco!” gridò,
“Uomini!” gridò Kirara a sua volta, e una mezza dozzina di marinai, di quelli che si erano assicurati tramite imbracatura, si gettarono in picchiata lungo la fiancata della nave per assalire il nemico e proteggere la loro nave, Loki osservò con occhi estasiati l’incredibile velocità con la quale gli uomini si erano calati giù e con quanta agilità avevano corso sulla parete verticale della murata infilzando gli avversari, come delle scimmie vestite da marinai, erano risaliti descrivendo dolci parabole ascensionali e risaltando al di qua dell’impavesata.
La battaglia se non fu faticosa, fu sicuramente lunga, i nuotatori erano resistenti, e al calare della notte, gli uomini, provati dal mare, dalla tempesta e dai nemici, erano allo stremo delle forze, Luk nonostante le proteste, fu preso di peso e portato sottocoperta per farlo riposare con la scusa di dover dare una mano al medico di bordo, e più di una volta Loki e Kirara si erano ritrovati schiena contro schiena per sostenere gli attacchi
“Ma non si fermano mai?” chiese Loki con il fiatone e i movimenti sempre più lenti
“E’ una caratteristica delle razze della Stella la resistenza. Sannuccia non te lo ha detto?” disse Kirara afferrando il ragazzo per una spalla e scansandolo da un fendente che lo avrebbe centrato in pieno
“Dannazione, questo genere di tempesta di solito porta la bruma, dove diavolo è ora che ci serve?” disse Kirara appoggiandosi a una grisella
“Perché? Avresti un piano nel caso?” chiese Loki
“I nuotatori non possono respirare nella bruma, l’aria è troppo pesante per loro. Il soffocamento li disorienta a tal punto da sballare i loro sensi e non trovano più la strada per l’acqua, con un po’ di fortuna muoiono soffocati prima di tornare in mare.” Disse Kirara riprendendo a combattere. Loki rifletté per qualche secondo. Sperava di avere abbastanza energia per farlo, e soprattutto sperava che la magia sulla Stella non fosse davvero completamente esaurita. Volse lo sguardo al cielo e allargò leggermente le braccia, intonando una litania lugubre
“Che diavolo fai?” gridò il comandante
“Creo una copertura!” disse congiungendo di colpo le mani davanti a se come se pregasse. Lenta e silenziosa, serpeggiò tra le gambe dei contendenti come i rivoli di fumo di una sigaretta, avviluppandosi alle gambe dei nuotatori come un serpete che risale un ramo. Quando il nemico si accorse di cosa stava succedendo era troppo tardi, la cortina nebbiosa creata da Loki stava già mietendo le sue vittime: i nuotatori si afferravano la gola annaspando, crollavano bocconi e tentavano di raggiungere il mare strisciando tra il sangue e i corpi delle vittime, qualcuno fu finito mentre si gettava in mare, altri furono trafitti nel momento più doloroso della loro agonia, altri ancora riuscirono a darsi alla fuga, ma solo uno ebbe la forza di trascinarsi sulle braccia e avvicinarsi a Loki al punto di riuscire ad azzannarlo ad una coscia, nel momento in cui il ragazzo abbassava la guardia per lo sforzo dell’incantesimo. Quel semplice trucchetto di magia, aveva completamente prosciugato le ultime energie del dio degli inganni, - Kirara aveva ragione, la magia stava scomparendo dalla Stella, - e quasi non avvertì il morso, gli affilati denti che gli penetrarono nella carne e tentarono di dilaniargli il muscolo
“Non credo proprio amico mio!” disse Loki guardandolo negli occhi con una freddezza. Con una crudeltà che egli stesso aveva quasi dimenticato, gli cavò gli occhi semplicemente per godere del momento di puro terrore del nemico, prima di spezzargli l’osso del collo con un movimento rapidissimo della mani. Kirara osservò la scena allibita: Loki non era solo un ottimo guerriero e un mago, ma era anche un tipo, qualcosa dentro di lei glielo urlava a squarcia gola, di cui non fidarsi.
“Chi diavolo è questo ragazzo, Sanna?”
 
Dall’altro lato della Stella, un altro comandante, crollava a terra con un occhio sanguinante.  
 

Buonasera a tutti, e BUON ANNO!!! Perdonate la lunghissima attesa, ma proprio non sono riuscita ad aggiornare prima! Spero per il prossimo capitolo di non farvi attendere molto. L'ho scritto un pò di corsa, sicuramente ci saranno diversi errori, vi prego di perdonarmi. Un abbraccio a tutti!!! :)  

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Capitolo 20
*** 20 ***


Il dolore all’occhio fu talmente improvviso da cogliermi completamente impreparata. Non mi diede strani formicolii o pizzicori, niente di niente, solo un dolore tremendo e avvilente, cosi tutto d’un tratto. Sarebbe schizzato fuori dall’orbita quella volta ne ero certa, ma invece di trovarmelo rotolare sulla mano, rimase al suo posto, pulsante e dolorante come se una manciata di coltelli infuocati venissero infilzati in continuazione. Crollai a terra carponi incapace di controllare il dolore, il vomito arrivo quasi subito, rigettai tanta di quell’acqua che non sapevo nemmeno da dove diavolo venisse fuori. La voce di Gurvarth mi arrivava come un eco lontanissimo, i battiti accelerati del mio cuore erano, insieme ad un boato che non riuscivo a distinguere, gli unici suoni che avvertivo con precisione. La vista dell’occhio buono mi si offuscò quasi completamente, non distinguevo più i contorni di chi era piegato sulle ginocchia in mio soccorso, vedevo solo una massa di ombre affannarsi a destra e a manca. Un mondo ovattato, era quello che il mio cervello mi lasciava percepire stordito dal dolore. Poi la visione mi arrivò addosso inaspettatamente: ero sott’acqua, la luce del giorno filtrava sotto la superficie, feci per risalire ma una forza mi tirava giù, più tentavo di risalire più quella mi attirava a se. Guardai giù un enorme vortice d’acqua mi stava risucchiando senza che io potessi fare nulla per contrastarlo. Poi improvvisamente mi ritrovai fuori, il sole era sparito, al suo posto una tempesta con i fiocchi era in atto, venivo sommersa da onde alte almeno cinque metri, mi sentii improvvisamente avvilita e senza forze, in lontananza, tra le enormi masse d’acqua potevo vedere una nave inclinarsi su un lato e sfiorare appena l’acqua con i suoi pennoni. Udì un urlo terribile, un urlo di guerra prima di voltarmi e vedere che i Nuotatori arrivavano a rotta di collo. Trattenni quel poco di fiato che mi rimaneva prima di vedere la figura di Kirara che fissava con sguardo sconcertato qualcosa che la visione non mi mostrò. D’un tratto qualcuno rialzò il volume, bagnata fradicia mi ritrovai sul pavimento lucido della sala del consiglio,  il dolore era sparito cosi com’era venuto, di quello era rimasta solo la vista annebbiata, Gurvarth mi reggeva per la vita tenendomi la fronte con la mano libera, eravamo immersi in una pozza d’acqua macchiata di sangue scarlatto, con l’occhio buono che lentamente rimetteva a fuoco le immagini riuscì a vedere le mani e le punte dei capelli sporche di sangue, Emmi mi fu subito vicina aiutandomi a mettermi seduta, subito dopo senti la sua mano calda premermi sull’occhio che continuava ancora debolmente a sanguinare
“Che diavolo è successo?” chiese Gurvarth in tono rabbioso. Non riuscivo a rispondergli, mi mancava il fiato, e perciò gli strinsi un braccio ma quel gesto sembrò spaventarlo ancora di più
“Sanna, Sanna che succede? Vedi di non crepare proprio ora eh!” disse scuotendomi un po’
“Datti una calmata idiota.” Disse Aghyla dandogli uno scappellotto dietro la testa “Che cosa è successo Emmi?” chiese ancora. Aghyla era un  ragazzo alto sul metro e novanta sottile e spigoloso a tal punto che i suoi lineamenti sembravano essere stati tirati con una riga, i piccoli occhi neri trasmettevano una sicurezza che l’aspetto non gli attribuiva, i capelli corti e scuri erano sparati in tutte le direzioni, e gli abiti disordinati poco si confacevano ad un futuro membro del consiglio reale. Emmi accanto a lui e inginocchiata vicino a me era una bella ragazza dai corti capelli castani e occhi nocciola, le labbra erano dipinte di viola scuro, colore tipico del suo ordine, indossava un aderente abito di pelle marrone chiaro che le fasciava il busto e lasciava completamente scoperta le spalle e le braccia lunghe e nervose, che in quel momento andavano su e giù per il mio corpo a tastarmi ovunque
“Dev’essere un refuso di magia” sentenziò la ragazza
“E che cosa sarebbe?” chiese Gurvarth mentre mi aiutava a non morire soffocata tra i miei capelli
“E’ una delle ultime scintille di potere magico. La magia sta definitivamente morendo.” Un silenzio tombale calò sui presenti, e io mi sentii tutti gli occhi puntati addosso. Se la Stella si stava privando della sua forza più grande, la colpa era mia, ma non avevo nessuna intenzione di sentirmi in colpa, non dopo tutto ciò che avevo perso. La Stella come i suoi abitanti avrebbero dovuto imparare a cavarsela con le loro sole forze comuni, chissà forse il tempo della pace, ora che sarebbero stati tutti alla pari, sarebbe giunto davvero. Mi rimisi in piedi a fatica, sostenendo fiera gli sguardi dei presenti, che cambiarono subito espressione,
“Credo che Kirara farà un po’ tardi.” dissi riprendendo il mio temporaneo posto al tavolo del consiglio. Avevo voluto a tutti i costi continuare la riunione nonostante le proteste di Gurvarth ed Emmi, mi ero riposata abbastanza dissi, e mi sentivo esattamente come prima della visione, l’occhio non sanguinava più e la vista era tornata normale, non vedevo motivo di rimandare ulteriormente quell’incontro di cervelli. 
Il mattino seguente vennero a svegliarmi Gurvarth, Emmi e Ektor, per accertarsi di come avevo passato la notte. Non avevo chiuso occhio, - ma a loro non lo dissi-  pensando alla tempesta che avevo visto, alla preoccupazione per Kirara, e ovviamente pensando a Loki. Erano passati mesi ormai, ma continuava a mancarmi come se ci fossimo lasciati il giorno prima. Avevo passato giorni a pensare a come ritornare ad Asgard, e tra le tante idee improbabili, una sensate mi era venuta, aveva solo bisogno di una conferma da una persona non proprio facile da reperire.
“Pare che tu stia benissimo, il mio infuso ti ha fatto bene a quanto vedo” disse Ektor ergendosi in tutta la sua statura, Emmi emise uno sbuffo scettico che fu la miccia che accese il nano
“E con questo che vorresti dire?” scattò subito il megi
“Perché non la smetti di appiopparle quegli intrugli e non te ne torni a giocare con le tue provette da chimico?” disse la ragazza mettendo la mani sui fianchi
“Sempre meglio dei tuoi rimedi da fiera di paese, fattucchiera da quattro soldi che non sei altro!”  Con Gurvarth seduto accanto a me, ridemmo di gusto alla scenetta comica dei due: non si erano mai potuti soffrire Ektor e Emmi, lui era un megi un misto tra un medico, un mago e un alchimista, lei era una strega a tutti gli effetti che ripudiava qualsiasi mezzo che non fossero i rimedi magici; avevo sempre pensato che la loro, era una faida se alcun senso, la magia, la medicina e l’alchimia erano tre rami di uno stesso albero, era tutte e tre governate dalle stesse leggi, e loro discuteva da anni su chi fosse la migliore, bè almeno ti regalavano qualche minuto di spensieratezza
“Sei sicura di stare bene?” chiese Emmi dopo che ebbero messo fine alla discussione
“Si sto bene. E’ stato solo un refuso come dicevi tu. Presto scompariranno del tutto. Tornate alle vostre faccende. Vi raggiungo tra qualche minuto.” I tre presero congedo e si avviarono verso la porta,
“Gi, tu resta un secondo” dissi. Gurvarth inarcò un sopracciglio prima di tenere la porta aperte affinché gli altri due potessero uscire, poi la richiuse alle sue spalle
“Hai notizie di Kirara?” chiesi mentre mi alzavo dal letto e filavo nella stanza da bagno, lo sentì spalancare la finestra prima di rispondere
“Karaya ha mandato in giro un paio dei suoi e dice che avrebbe dovuto essere a Kalè due giorni fa, ma non si è vista ne lei, ne la Moon.”
“La tempesta deve averle fatto saltare il cancello di Kalè, se partiva da Zanirya, la città galleggiante è quasi una tappa obbligata. Spero che stia bene.” Dissi uscendo dal bagno
“Sta bene, ne sono certo. Le brutte notizie non tardano ad arrivare!” Solo in quel momento vide che ero vestita di tutto punto per uscire
“Vai in città?” chiese con un leggero sorriso
“No, ho voglia di fare una corsa con Karev. Se rimango ancora chiusa nelle mura di questo palazzo con la nonna impazzirò per davvero” dissi allacciandomi la cintura e assicurandovi vicino le spade
“Vuoi che venga con te?” domandò ancora l’uomo senza fare altri commenti
“No, preferisco andare da sola” dissi avanzando verso la porta.
Erano diverse settimane che non cavalcavo, ed è inutile dire che Karev era piuttosto scorbutico nei miei confronti, si sentiva abbandonato ma riuscii a farmi perdonare abbastanza velocemente promettendogli una razione doppia di biada, quel cavallo sarebbe sceso a patti con il diavolo in persona per del cibo in più. Il colore del manto di Karev era ciò che mia aveva fatto innamorare di lui al primo sguardo. Ricordavo molto bene quando Sabira e Kanahaan me lo regalarono, era il giorno del mio ventesimo compleanno, e ci trovavamo per una serie di eventi nella magione del padre dei due. Varth  era un allevatore di cavalli da generazioni, tutti i re della Stella si erano serviti da lui, e lui era riuscito a estendere il suo impero ben oltre i confini delle Terre delle Stagioni. Karev trottava in un recinto vicino a quello dove noi ci allenavamo, lo scintillio che il suo manto grigio perla emanava, anche colpito da un flebile raggio di sole invernale, mi colpì a tal punto che lasciai la guardia completamente scoperta e permisi a Elania di colpirmi senza alcuna difficoltà. Ma la vista di quel cavallo dal manto lucido, e dalla criniera scura come ebano valeva tutti i colpi del mondo. Chiesi dell’animale per tutto il giorno, a tal punto che i ragazzi decisero di regalarmelo poco prima di ripartire per l’Accademia: averlo letteralmente rubato dalle scuderie, è un dettaglio irrilevante. Tornare a correre sulla groppa del destriero, mi diede un senso di pace che non sentivo da tempo, avevo come la sensazione che correre a rotta di collo per la Valle mi avvicinasse un po’ di più a Loki, se avessi saputo che uscire dalle mura del palazzo mi avesse fatto sentire cosi bene, sarei uscita molto prima in barba alle raccomandazione di Ektor e ai strepitii della nonna, per fortuna Alyse aveva avuto il buon senso di tenerla occupata con i preparativi per l’incoronazione, altrimenti ci saremmo fatte fuori a vicenda. Adoravo mia nonna, era per merito suo se ero diventata quello che ero, ma dopo la fine della guerra aveva preso a trattarmi come una bambina di cinque anni, avrei quasi preferito che mi trattasse come salvatrice del mondo come tutti gli altri, mi sarebbe bastato farle una carezza sulla testa per togliermela di torno, invece improvvisamente si era ricordata che ero anche io fatta di carne e ossa come tutti, e pensava che avessi bisogno di cure come  un neonato. Certo, non che mi dispiacesse essere coccolata da lei, era quella dalla quale da bambina avevo ricevuto meno gesti affettuosi, ma la poverina aveva completamente sbagliato i tempi.
Avvistai la mia meta dopo mezza giornata di cammino nella brughiera, il vento fresco sulla faccia spazzava via la stanchezza, e il sole caldo e luminoso dava nuovo vigore alle mie membra stanche dalla lunga convalescenza, feci rallentare Karev e smontai dalla sella per proseguire a piedi. Mi era sempre piaciuto quel tratto di landa, in quella particolare stagione dell’anno poi i fili d’erba alta fin quasi alle ginocchia erano di un verde davvero stupefacente, le sterminate macchie di lavanda viola, facevano un contrasto meraviglioso con il colore del prato, qua e la gruppi di rocce bianche facevano capolino, i pendii dolci davano movimento al panorama che perdeva la sua monotona linearità, e al di la di quelle il mare. La scogliera di Piaf era uno degli spettacoli naturali della Stella. Pareti di roccia alte più di cento metri, bianche di un bianco che rifletteva la luce del sole, scendevano in picchiata per tuffarsi nel mare, al di sotto di quelle, decine di piccole insenature e spiaggette inaccessibili per chi veniva da terra, o meglio, inaccessibili per chiunque non sapesse dove mettere i piedi.
“Non metterti nei guai mi raccomando” dissi a Karev prima di avvicinarmi al ciglio del burrone, e cominciando a scavare sotto i piccoli cespugli e tra la polvere; cercai per circa dieci minuti prima di trovare ciò che cercavo, una pietra piatta e liscia con incise due strane ali, sorrisi e presi a scavare intorno al contorno della pietra fino a quando il solco non fu abbastanza profondo da poterci infilare le dita e spostare cosi la pietra, dovetti sedermi per riuscire a spostarla ma alla fine ce la feci
“Mi Dea, non ricordavo che fosse cosi pesante!” imprecai. La pietra rivelò delle piccole e strettissime scalette scavate nella roccia, sorrisi, eravamo davvero in pochi a conoscere quel passaggio. La scala scendeva talmente in verticale che era impossibile percorrerla nel verso giusto, rotolai cosi sulla pancia e scesi lentamente uno scalino alla volta, le sferzate di vento lassù erano tali che avevo quasi paura di volare via, i capelli misi infilavano dappertutto e rischiavano ogni volta di farmi inciampare, maledetta me che non avevo pensato a legarli, inoltre la pietra era talmente bianca in quel punto che dovevo scendere con la testa china tra le braccia per non rimanere accecata da tutta quella luce. Non ero nemmeno a metà della discesa quando un possente battito d’ali arrestò la mia discesa, un enorme ombra era proiettata sulla parete bianca
“Guarda un po’ chi si vede. Sei ancora viva!” un alito di vento bollente mi arrivò dietro le spalle e mi voltai appena per vedere il paffuto drago che dietro di me era sospeso a mezz’aria
“Ehilà Rok, come ti va la vita?” dissi sorridendo cercando al tempo stesso di non mollare la presa
“Ah le solite cose, ci si annoia da morire qui. Sei venuta a fare una visita?” chiese ancora cominciando a svolazzare a pancia all’aria
“Più o meno” dissi cercando di scendere un altro gradino
“Ti occorre un passaggio fin giù?” chiese avvicinando il suo muso enorme al mio fondoschiena
“Bè se non ti è troppo disturbo …” non fini nemmeno la frase che sentì il suo muso umido spingermi verso l’alto con un colpo secco e, non ho mai capito come facesse, mi ritrovai seduta sul suo dorso
“Un giorno o l’altro mi dovrai spiegare come diavolo fai a farlo” dissi mentre mi aggrappavo alla meno peggio sul suo dorso, Rok aveva la spiacevole abitudine di partire in picchiata
“Oh, è tutta questione di muso!”  e ovviamente la picchiata arrivò. Fu talmente violenta che pensai di aver lasciato lo stomaco sulla parete del costone. Rok con una capriola elegante all’indietro si gettò giù dalla scogliera che ormai vedevo sfrecciare sotto di noi in verticale, chiusi gli occhi appena prima di toccare il suolo, il volo acrobatico dei draghi non mi era mai piaciuto, soprattutto se si trattava di quello di Rok, l’aspetto del drago infatti non era proprio garanzia di agilità: il suo corpo era piccolo e rotondo come quello di una botte di vino, e invece di essere ricoperto di scaglie come gli altri draghi, la sua pelle era liscia e viscida come quella delle tartarughe, anche il collo spropositatamente lungo per quel corpicino tanto piccolo, sosteneva una testolina dal musetto tondeggiante come quelli che si vedono in alcuni fumetti della terra, un ciuffo di peluria blu ricadeva davanti agli occhi d’ametista allegri e vivaci, le piccole e corte ali di sottile pelle erano molto diverse da quelle degli esemplari classici, avevano prima di tutto una struttura molto più resistente, e dalla forma simile a dei remi, cosi come le zampe e la possente coda. Se in aria Rok era di una goffaggine che rasentava il ridicolo, in acqua era l’apoteosi dell’eleganza, non per niente la sua specie solcava gli abissi da più di mille anni.
 C’è stato un tempo in cui la lotta tra le varie famiglie di draghi aveva avuto ripercussioni anche sugli uomini, ogni razza proteggeva una determinata regione della Stella, e i draghi venivano venerati dagli uomini come vere e proprie divinità protettrici. Ma le faide tra gli animali arrivarono al punto tale che vennero presi di mira interi villaggi umani, radendoli al suolo. Dopo anni di distruzione gli uomini stanchi del continuo spadroneggiare sulla terra delle bestie alate si coalizzarono tra di loro, e diedero inizio a quella che è passata alla sotria come “La caccia degli idei”. Furono anni durissimi in cui i draghi furono quasi totalmente sterminati, i pochi esemplari che sopravvissero capirono che, come gli uomini, anche loro avrebbero dovuto unirsi per non estinguersi, e cosi fecero. Si unirono in una sola grande famiglia, e si nascosero nei posti più remoti della Stella, e li vi rimasero fino a che una ragazzina dai lunghi capelli rossi, per sdebitarsi dell’aiuto non promise loro la libertà
“Guarda un po’ che cosa ha portato il vento”  Una voce calda e profonda si alzò dal fondo della baia dov’eravamo atterrati. Mi tolsi immediatamente gli stivali per sentire la sensazione della sabbia calda sotto le dita dei piedi e mi diressi nella direzione dove proveniva la voce. Oltre un muro fatto di rocce bianche, e tronchi di alberi trasportati dal mare si aprì ai miei occhi uno spettacolo fantastico, una ventina di draghi dal colore che andavano dal rosso, blu, viola e verde bivaccavano allegramente, intorno a loro dei cuccioli giocavano a rincorrersi sulla riva e quando mi videro mi presero letteralmente d’assalto
“Non vi azzardate a mordermi le chiappe, che vi uso per accendere il camino eh!” dissi completamente sommersa dalla cucciolata festante
“Quella è stata una mia idea” riemersi dalla baraonda, e mi ritrovai faccia a faccia con Allen, il cucciolo che mi aveva lasciato in suoi amorevoli dentini sul fondoschiena, anche se ormai di cucciolo aveva assai poco: era diventato un esemplare adulto di un bel rosso scarlatto e scintillanti occhi gialli, le zanne che all’epoca erano dalla punta arrotondata ora era appuntiti come fusi di un arcolaio, le grandi e diafani ali erano richiuse ai lati di un corpo possente e muscoloso, le corna d’avorio che aveva sulla fronte era doppie e lucide come si confaceva a un maschio adulto. Gli sorrisi e lui allungò il collo in modo che io potessi abbracciarlo
“Che cosa ci fai qui?” chiese guardandomi negli occhi
“Sono venuta a portare i miei omaggi a Ballast.” Dissi facendo un piccolo inchino
“Ti sta aspettando” Un po’ isolato dal gruppo, acciambellato come una specie di enorme gattone rosso sbiadito, attendeva Ballast il decano dei draghi dell’Inverno.
“Avvicinati Comandante, fatti guardare” mi avvicinai lentamente scavalcando l’enorme coda e mettendomi davanti a lui affinché potesse guardarmi per bene
“Pensavo che fossi ancora in coma etilico, per non essere ancora venuta a salutarci.” Disse sghignazzando, gli occhi chiarissimi e il manto non più rosso fuoco tradiva gli anni del drago,
“Non sono stata a molte feste ultimamente, sono …”
 “Stata molto occupata a guarire dalla tua parte demonica. Dimentichi che abbiamo lo stesso dono Sanna?” chiese guarda nomi fisso negli occhi. Il colore dei suoi occhi quasi non si distingueva per via delle iridi sbiadite, ma ad un attento esame si poteva vedere come l’occhio sinistro fosse molto più bianco di quello destro che continuava a mantenere un leggero tono giallo. Ballast deteneva il potere dell’Occhio Onniveggente da più di mille anni, aveva imparato a gestirlo, non era più l’Occhio che usava lui, ma esattamente l’opposto. Ballast poteva vedere il presente, il passato, e sbirciare le infinite ramificazioni del futuro
“No, non lo dimentico, ma ultimamente tendo al vittimismo.” Dissi sedendomi sulla coda che lui mi offriva. Potevo percepire il calore dell’animale anche attraverso la spessa pelle fatta di scaglie molto simile ad un armatura
“Bè l’universo s’è messo d’impegno per fartelo credere, ma il fatto che tu sia uscita fuori dal guscio vuol dire che qualcosa sta cambiando, o sbaglio?” chiese con lo stesso tono di un nonno che chiede alla nipotina che cosa la preoccupasse
“Da quando la guerra è finita, ho passato ogni singolo giorno a farmi la stessa domanda..”
“Vuoi sapere se c’è un modo per tornare ad Asgard senza la magia. Ti manca cosi tanto quel ragazzo?” chiese lasciandomi di stucco
“Riuscivi a vedermi fin là?” chiesi sopresa
“Non ti ho mai persa di vista. Ne ad Asgard, ne nel regno demoniaco, il cruccio più grande è stato poter vedere ma non poter intervenire. Ma dimmi un po’ com’è questo principe di Asgard? Ne vale davvero la pena di affrontare un'altra prova?” chiese
“Ne vale altre mille!” risposi arrossendo ma a testa alta,
“Ti manca come credevi che non ti sarebbe mai mancato, pensavi di essere ormai invulnerabile a una cosa superficiale come l’amore, che quello non spettasse a persone come te che avevano disseminato sulla propria strada più morti che vivi. Non credevi di poterti innamorare di una persona dal destino cosi diverso dal tuo, eppure l’hai fatto, contro ogni regola, contro ogni ragionevole dubbio, contro ogni pensiero sensato, l’hai fatto. E adesso ti manca, ti manca a tal punto che sei pronta a qualunque cosa pur di rivederlo, e so benissimo che l’unica cosa che ti lega ancora a questa vita è quella piccola possibilità che hai di tornare da lui.”
“Pensi che debba rinunciare a lui? Lui cosi profondamente diverso da me? Cosi profondamente malvagio? Credi anche tu che sia sbagliato per chi come me ha sacrificato tutto per gli altri, provare un sentimento tanto forte per una persona che ha sempre pensato a se stesso?” chiesi in tono di sfida,
“Tu che cosa credi?” chiese abbassando il muso al mio livello
“Credo che devo dare a me, e a lui la possibilità di credere in un noi. Ho fatto tutto ciò che dovevo, ho concluso il mio compito, ho compiuto il mio destino di essere umano e di demone. Ho rispettato le regole, ho percorso la strada che mi era stata tracciata, e l’ho fatto senza protestare, in lacrime, distrutta, ma l’ho fatto senza lamentarmi, forse perché dentro di me ho sempre saputo che non avevo altra scelta. Adesso sono padrona del mio destino, e della mia felicità, adesso posso uscire dagli schemi. E per farlo devo trovare l’unica persona che mi ha amato senza sapere chi fossi, e poco m’interessa se lui non è un eroe, non m’interessa se è uno psicopatico asociale diseredato, non m’importa nemmeno se in lui c’è tanta di quell’oscurità da poter mettere sotto sopra l’universo, io so cosa c’è sotto tutta quella malvagità, c’è lo stesso sentimento che ha portato me a divenire un mostro, e adesso che lo so, non lo lascerò da solo.”
“Ti sei risposta da sola. Chi sono io per impedire a un cuore puro come il tuo di salvare l’ennesima anima con il tuo amore?”
“Sei l’unico che non mi ha dato della pazza!”
“Non sei pazza. Sei umana.” Sorrisi, e io che mi ero sempre sentita un mostro
“Esiste un modo per ritornare?” chiesi
“Il Gorgo, a largo di Zanyrya nel centro esatto dell’oceano, quello è il passaggio per Asgard, ma fa attenzione il vortice è pieno d’insidie anche dopo averlo superato. Occorre una grande decisione per giungere alla meta!” dissi senza tanti giri di parole
“Non ho mai avuto problemi con la decisione!” dissi alzandomi “Partirò immediatamente!” Ballast si agitò un po’ e non capii il perchè
“Non puoi, hai promesso ad Alyse di rimanere per l’incoronazione, non puoi abbandonarli ora che hanno più bisogno del tuo sostegno. Resta fino alla grande festa, poi potrai andare con Kirara, lei ti porterà fino al Gorgo.”
“L’hai vista, sta bene?” chiesi preoccupatissima
“Sta benissimo, e …. no, niente!” disse sorridendo.
“Verrete all’incoronazione?” chiesi
“Se il mondo è di nuovo pronto per noi …”
“Lo sarà. Sarei morta quel giorno nella neve se non fosse stato per te.” Dissi accalorata
“Saresti sopravvissuta comunque, il tuo destino non era morire quel giorno.”
“Qual è il mio destino adesso che non ho più la vita del mondo delle mie mani?”
“Adesso hai tutto ciò che ti occorre per deciderlo da sola.”
 
“Un grande Bene e un grande Male che si uniscono. Ci sarà da divertirsi”

 
La tempesta era passata, il vascello anche se seriamente danneggiato stava ancora a galla, le vele erano state strappate in più punti dalla furia dei venti, ma erano state ricucite alla meglio. Lo scafo era miracolosamente rimasto intatto sotto gli attacchi dei nuotatori, lo stesso non si poteva dire delle murate che erano state profondamente ferite a colpi d’ascia e morsi, le funi e i rampini avevano lasciato solchi sulle impavesate, il sangue e la sabbia si erano infiltrati nelle fessure dei paioli colando sottocoperta o lasciando il ponte macchiato e appiccicoso. Molti uomini era stati gravemente feriti, dieci erano già morti e i loro corpi affidati al mare, ma per gli standard di una battaglia navale era un prezzo più che accettabile, anche se Kirara a guerra finita, avrebbe preferito non pagare. Ma ora, un altro pensiero assillava la mente del Comandante della Flotta dell’Estate, un pensiero che prendeva la forma dell’uomo che aveva salvato la situazione due giorni prima e che in quel momento dormiva tranquillo nella sua amaca. Kirara lo fissò a lungo, quella dormita di quasi due giorni se l’era meritata, ma l’immagine che la donna aveva davanti agli occhi continuava a non piacerle: dopo aver ucciso il nemico che lo aveva azzannato, Loki quasi come se fosse in preda a una trance omicida si era gettato come una furia addosso al nemico che batteva in ritirata, anche se in guerra non c’erano molte regole, Kirara aveva sempre preteso, prima da se stessa e poi dal suo equipaggio, una certa etica nel combattimento, altrimenti loro che combattevano per la pace e la libertà non sarebbero stati diversi da coloro che combattevano per il male e  per il semplice piacere di uccidere, e inveire sui cadaveri, attaccarli o ucciderli quando si erano arresi, o ucciderli nella fuga, era qualcosa che andava contro tutto ciò in cui Kirara credeva.  Quello non era un naufrago, e soprattutto  non era un uomo normale, Kirara aveva visto troppe cose in quella vita, per non riconoscere un guerriero, anche quando quello si nascondeva sotto le spoglie di un viaggiatore solitario: i tratti distintivi di chi aveva combattuto venivano sempre a galla. Loki si muoveva in maniera troppo sicura, le sue mosse erano troppo precise, i suoi colpi erano andati tutti perfettamente a segno, sapeva leggere i movimenti del nemico, anticiparne le mosse, e rispondere con fantasia e celerità, l’uso della magia poi era ciò che più aveva sconvolto la donna. La magia doveva essere sparita dalla Stella, e anche se i più riuscivano a fare ancora un po’ di trucchi con i loro abracadabra, l’incantesimo evocato da Loki era troppo sofisticato per non richiedere un grande utilizzo di potere magico. Come diavolo aveva fatto? Quanto era potente in realtà quel ragazzo taciturno e dall’aria truce, che pareva avere come unico scopo rivedere Sanna? E soprattutto Sanna, sapeva chi egli fosse in realtà? Era stata forse ingannata, presa alla sprovvista in un momento di scoramento? E se era cosi, lei Kirara stava gettando il lupo nel gregge. Mentre elucubrava su questi pensieri, Loki si risvegliò lentamente, era sudato, sfinito e letteralmente in mutande: la gamba fasciata gli dava un prurito incredibile e sentiva la pelle tirare dandogli fitte simili a pizzicotti, abbassando lo sguardo notò che almeno le bende che lo fasciavano erano relativamente pulite, segno che la ferita non doveva essere poi tanto grave, almeno quella sottospecie di cerusico preso con i saldi non gli aveva staccato la gambe come un macellaio
“Buongiorno” disse Kirara avvicinandosi con aria grave, che altro era successo ancora? Penso il dio un po’ sconfortato, ma strinse il pugno attorno all’anello di Sanna, che miracolosamente non gli era stato portato via
“Come ti senti?” chiese il Comandante sedendosi su una cassa ai lati dell’amaca
“Sono sopravvissuto a giganti verdi, che vuoi che sia sopravvivere a un po’ di pesci.” Disse il ragazzo cercando di raddrizzare la schiena,
“Allora ho una notizia buona e una cattiva, quale vuoi sentire per prima?” chiese Kirara con noncuranza, Loki alzò gli occhi al cielo
“Prima la cattiva” disse sperando che non fosse niente di peggio dei nuotatori
“La cattiva notizia è che la tempesta ci ha portato fuori rotta, e abbiamo saltato il cancello di Kalè, di conseguenza non potremmo attraccare in porto e non abbiamo nessun modo per comunicare con la terraferma.” Era meglio di quanto si aspettasse, ma il tuffò al cuore si fece sentire lo stesso, continuava a non poter avvertire Sanna del suo arrivo. Si sentiva più lontano da Sanna da quando era arrivato sulla Stella che non quando era ad Asgard.
“E la buona notizia?” chiese cercando di dissimulare il dispiacere stropicciandosi la radice del naso
“La buona notizia è che siamo incappati in una corrente direzionale che ci accompagnerà fino al porto di Angora. Stimiamo l’arrivo in una quindicina di giorni, arriveremo in tempo per l’incoronazione e per farti fare un entrata in grande stile!” Il sorriso sinistro che si allargò sul volto di Loki mise ancor più in allarme il capitano che decise di passare subito all’attacco. Si avvicinò al corpo seminudo di Loki con una sinuosità che il ragazzo riconobbe immediatamente, lo sguardo del comandante perse la sua espressione dura e si ammorbidì, indossava un attillato pantalone marrone e una camicetta che lasciava assai poco all’immaginazione, un bottone particolarmente strategico si sbottonò proprio mentre la donna si chinava sul ragazzo
“Sei cosi carino, cosi indifeso, cosi …nudo …” disse lei con una voce sottile e tremendamente sexy che gli soffiava in un orecchio, prese a giocare civettuola con una ciocca di capelli che Loki aveva dietro un orecchio, lui rimase immobile,
“Dimmi un po’, è cosi importante per te arrivare ad Angora? Credi davvero che lei ti stia aspettando ancora?” chiese facendo scendere la mano e accarezzandogli il collo, Loki continuò a rimanere impassibile
“Si” fu la risposta ferma, la ragazza non demorse e con uno scatto si mise a cavalcioni del dio cominciando ad andare su e giù con le mani sul suo torace.
“Oh andiamo, che cosa può mai volere un uomo come te da una mocciosetta come lei?” chiese prendendo a baciarlo sul collo, baci caldi, umidi, Loki ebbe un fremito
“Posso darti molto di più mio caro. Io ho ciò che vuoi.” Disse facendo scendere ancora di più la mano per andare a stringerla sul sesso di lui
“Non hai niente che m’interessi veramente” rispose lui facendo uno sforzo sovraumano per rimanere impassibile. Kirara strinse la mano più forte e s’incollò alle labbra fredde di Loki. Durò meno di un secondo, la mente di Kirara fu sconvolta da una serie di ricordi che non le appartenevano, e per questo  più dolorosi, erano i ricordi di Loki: vide Sanna in una prigione sconquassata dalle convulsioni, la vide riposare serena in un enorme letto dalle coperte di velluto verde, mentre sbocconcellava una pigna d’uva con quel suo solito sorrisetto strafottente, la vide ridere a crepapelle di qualcosa di buffo, vide il suo viso rigato di lacrime e gli occhi infiammati dal bagliore di un fuoco. La vide con il volto schizzato di sangue, e come si faceva avvolgere dallo sguardo protettivo di Loki ancor prima che dalle sue braccia, e sentì, potè sentire tutto ciò che aveva sentito Loki in quei momenti, in quegli istanti vissuti con lei. Il ritorno al presente fu talmente duro che la ragazza crollò a terra, e Loki non si scapicollò per darle una mano a rialzarsi, la guardava fisso senza battere ciglio, era bella, attraente, era Donna, si chiedeva se fosse stato al gioco quanto in la lei si sarebbe spinta, ma non aveva la forza di creare un'altra illusione, già la bravata della nebbia gli era costata un sacco di energia, e a dirla tutta nemmeno voleva sapere se Kirara ci sarebbe stata davvero oppure no, Kirara non era Sanna.
“Come diavolo hai fatto?” chiese la donna rialzandosi
“A fare che?” chiese il ragazzo
“Quelli erano i tuoi ricordi!!” gridò Kirara prendendolo per le spalle
“Si”
“Come hai fatto a trasferirli a me?” Il tono del comandante era sempre più alto, mentre quello di Loki sempre più impercettibile
“Non ne ho la minima idea”
“Chi diavolo sei?”
“Sei sicura di volerlo sapere?”
“Come hai fatto a utilizzare la magia se questa sta svanendo dal mondo?”
“Me lo sono chiesto anche io, e sono giunto alla conclusione che vi state sbagliando di grosso, per quanto mi pare di capire, la magia non sta morendo. Forse, si sta evolvendo.” Kirara strizzò gli occhi
“Che cosa vuoi veramente da Sanna? Il suo potere, cosa?”
“I miei ricordi non ti hanno mostrato abbastanza?” Ci fu un lunghissimo attimo di silenzio
“Sanna una volta mi disse che lei poteva far vedere i suoi ricordi, ma c’era bisogno di un contatto intimo.”
“Io non ho quel potere!”
“Se tu non hai quel potere, allora è l’Occhio di Sanna che lo ha fatto per te. Ti ha messo addosso uno scudo, e se lo ha fatto vuol dire una sola cosa.”
“Cosa?” chiese Loki improvvisamente interessato.
“Che tu la stai cercando per lo stesso motivo per cui lei cerca te.”

Buongiorno, ecco qui il capitolo 20. Spero vi piaccia. Un abbraccio!

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Capitolo 21
*** 21 ***


Il grande giorno si avvicinava inesorabile, e l’isterismo all’intero del palazzo era alle stelle. Gurvarth e Ado in qualche strana maniera erano andati subito d’accordo, e se questo, da un lato era il primo vero segno che qualcosa davvero era in cambiamento, dall’altro voleva dire doverli recuperare nelle taverne dove si ubriacavano come pesche sbucciate nel vino. A una settimana dall’incoronazione, avevamo convenuto che mettere Ado sotto chiave, sarebbe stata la soluzione migliore per salvare il decoro suo e dell’intero albero genealogico dei Marten.
 Dal canto mio, quella piccola, minuscola possibilità che avevo di ritornare da Loki, mi diede l’energia giusta per affrontare i giorni che mi separavano dall’incoronazione meglio di qualsiasi intruglio da fiera di paese appioppatomi da Ektor. Quella piccola fiammella di speranza fu come un falò nelle tenebre, e a mano a mano che i giorni passavano la luce diveniva sempre più grande, fino a darmi la forza e soprattutto la voglia necessaria per affrontare la folla. Non ero più spaventata, ma mi sentii improvvisamente come se Loki fosse di nuovo accanto a me. Il giorno dopo essere stata da Ballast mi vestii in maniera molto semplice, raccolsi i capelli nella solita lunga treccia e uscii diretta in città con un sorriso ebete stampato in faccia.  
Lentamente la città di Angora andava ripopolandosi,  la quantità di persone che si riversavano in città ogni giorno, la facevano sembrare sempre più piccola. Elfi, uomini, nani, ninfe, streghe, maghi, monaci combattenti, megi, vergini, guerrieri, cavalieri, ufficiali, studenti dei primi anni dell’Accademia, personaggi da ogni dove della Stella raggiunsero la capitale per vedere i nuovi regnati con le loro teste finalmente coronate. Fu molto strano, per me che non l’avevo mai visto, vedere tutte quelle razze convivere in pace, nelle mura di una stessa città, una città ferita e distrutta ma che lentamente rinasceva grazie all’impegno di tutti, e poco importava che la guerra aveva ridotto molti sotto la soglia della povertà, i gesti di bontà e altruismo verso le classi più deboli s’intensificarono, cosi come il commercio riuscì a risollevarsi tramite il semplice e antichissimo scambio di merci che permisero a tutti di avere di che sfamarsi. Altri grandi atti di umanità non tardarono a farsi notare, cavalieri, signori e persone normali offrirono cibo e lavoro a chi era rimasto senza nulla. Molti compagni dell’Accademia che erano sopravvissuti alla guerra si erano rimboccati le maniche ed erano corsi in aiuto degli Angoraniani per la ricostruzione. Riconobbi molti studenti dell’Accademia originari di Angora fare ritorno a casa, e aiutare amici e parenti nella ricostruzione di case, servizi, qualcuno aiutò nei campi, e a curare la foresta devastata dalle battaglie, altri aiutavano nella decorazione della città per la grande festa, lentamente ogni strada della capitale si abbellì con i lunghi stendardi di un frondoso albero bianco su fondo blu, il guidone dei Marten, a ogni finestra comparvero decine e decine di lanterne che durante le notti di festa si sarebbero accese andando a disegnare cosi un lungo serpente di fuoco, che sarebbe corso da ogni angolo e per ogni angolo della città, e poco importava che molti edifici erano coperti dalle impalcature per i lavori, quello fu interpretato dalla saggia Alyse come un segno che la seconda fioritura era cominciata. Saltellavo da una persona all’altra nel tentativo di aiutare chi avesse bisogno, ma tutti mi invitavano a bere e a sedermi, nel giro di un paio di ore ero già leggermente ubriaca. Barcollando mi avvicinai alla fontana della piazza centrale e ci ficcai la testa dentro: l’acqua gelida mi mozzò il fiato, ma fu un vero toccasana per la mente inebriata dall’alcool. Il cielo era azzurro sopra la mia testa, macchiato qua e la da qualche nuvoletta bianca sfaccendata, negli ultimi tempi l’avevo guardato cosi poco, eppure mi era sempre piaciuto guardare il cielo, che fosse azzurro e completamente sgombro di nuvole, o tempestato di stelle luminose, o ferito da fulmini e grondante di pioggia scrosciante. Trovavo il cielo, nel suo colore, lo strumento migliore per qualsiasi presagio divino, nel suo aspetto avevo sempre letto l’approssimarsi di qualcosa, buona o cattiva che fosse, e quel giorno mi sembrava il primo di una serie di giorni lieti e sereni. Seduta sul bordo della grande vasca circolare immaginavo il momento in cui l’avrei finalmente riabbracciato, perché ormai ne ero convinta, l’avrei fatto, avessi dovuto metterci mille anni, sarei tornata ad Asgard, magia o non magia. Intenta com’ero a rimurginare su quei pensieri, non mi accorsi dei due scellerati che si gettarono su di me a peso morto urlando come matti. Quando riemersi dall’acqua pronta a sbranare chiunque fossero, due enormi sorrisi mi si pararono davanti agli occhi,
“Oh, oh, oh, OH, OH!!” furono le uniche parole che riuscii a pronunciare tanto fu la mia felicità di vederli ancora vivi, e ovviamente loro non mancarono di continuare il coro con toni più o meno alti
“Oh mia Dea, siete vivi!!!” esclamai abbracciando i due in un unico gesto stritola costole
“Noi? Tu piuttosto!!”  Fyl e Peyp erano  due fratelli che conobbi all’epoca del mio primo anno in Accademia. Fyl era il più grande, basso e ben piazzato rispetto al fratello che era invece alto e magro, e se Peyp era biondo con gli occhi verdi, Fyl era naturalmente moro, scurissimo di pelle e dai grandi occhi nocciola. L’ultima volta che ci eravamo visti fu alla battaglia delle Cinque Punte, quattro anni addietro, dopo quella fummo spediti a dare man forte a guarnizioni ai lati opposti della Stella: loro andarono a ovest, noi fummo spediti nel freddo nord a salvare Koreka, che fu la nostra rovina; non ebbi più notizie di loro ne degli altri componenti della loro squadra.
“Dove sono gli altri?” chiesi uscendo dalla vasca ormai praticamente fradicia, ma poco m’importava, rivedere due dei compagni del mio stesso anni mi riempì di gioia.
“Lorcan è tornato dalla sua famiglia nell’ovest. Suo padre è morto in guerra, e lui deve occuparsi della madre e delle sorelle, diciamo che ha appeso la spada al chiodo!” disse Fyl mentre raggiungevamo il tavolo di una locanda all’aperto
“In realtà molti lo hanno fatto, qualcuno ancor prima della fine della guerra. ” aggiunse Peyp
“Vorresti dargli torto? Non è stata facile per nessuno.” Dissi strizzando i lunghi capelli “Ha lasciato ferite dentro di noi molto più profonde di quelle fisiche.” 
“Come Laidya” disse Fyl improvvisamente triste. Laidya era una nostra compagnia di corso, non particolarmente eccezionale ma sicuramente un buon soldato
“Cos’è successo a Laidya?” chiesi cominciando a sorseggiare il sidro ghiacciato che era arrivato
“E’ andata fuori di testa” rispose il ragazzo gravemente. Un gelò calò tra di noi quasi come se l’inverno fosse arrivato all’improvviso e ci avesse colti tutti bagnati fradici, come in effetti eravamo.  
“Definisci “andata fuori di testa” dissi
“E’ impazzita. L’assedio di Syngara è stato mentalmente massacrante. Dieci giorni carponi nel fango, per ogni metro che facevamo eravamo costretti ad arretrarne cinque. Mangiavamo sdraiati per terra, non distinguevamo più il giorno dalla notte. Quando fu il momento di riprenderci la città molti avevano dimenticato come stare su due gambe, e quando abbiamo superato i bastioni, quello che abbiamo visto non potrà mai essere cancellato. Gli Yrept avevano massacrato tutti, non avevano risparmiato nessuno, uomini, donne, bambini, anziani, animali, avevano ucciso tutti. Avevano separato le madri dai figli, le donne erano state violentate, gli uomini torturati, e i bambini erano stati bruciati vivi davanti agli occhi dei nonni. Si erano accaniti sulla gente che non poteva difendersi. Abbiamo trovato corpi dilaniati, quei bastardi avevano cominciato a mangiarli quando erano ancora vivi. Laidya è stata una dei primi a espugnare la città, quando ha visto quell’orrore ha massacrato gli stronzi in fuga. Quando abbiamo controllato le case, pensavamo che il peggio fosse fuori, e invece non avevamo ancora visto nulla. Avevano profanato il tempio nel  peggior modo possibile: le vestali non solo erano state violentate, ma le avevano impiccate ai bracieri con i loro stessi intestini, ad alcune avevano tagliato gambe e braccia e quando le abbiamo trovate erano ancora sfortunatamente vive, non so come abbiano fatto, ho solo quest’immagine di loro che strisciavano sui pavimenti lordi di sangue, come larve senza arti. Qualcuna, poverina si teneva stretta come poteva le gambe o le braccia. E’ stato li che Laidya non ha retto. Si è accasciata al suolo e ha gridato come non avevo mai sentito nessuno gridare. Poi la sua mente è andata chissà dove, e non è più tornata.” Fyl aveva raccontato tutta la storia con gli occhi persi nel vuoto e stringendo il boccale talmente tanto che le sue nocche divennero bianche, Peyp si asciugò gli occhi prima di stringere la spalla del fratello. Tutti avevamo ricordi simili, tutti, in parti diversi della Stella aveva visto lo stesso orrore. Improvvisamente rammentai di come da matricole non vedevamo l’ora di gettarci nella mischia, di saggiare il sapore del ferro e dell’acciaio del campo di battaglia, di mettere in pratica il frutto di anni di durissimo allenamento, di vedere realizzate le nostre strampalate e molto spesso suicide strategie. Morivamo dalla voglia di caricare gli schieramenti nemici urlando come ossessi il nostro odio per loro, di sguainare le spade e massacrarli tutti. Non immaginavamo nemmeno l’orrore alla quale andavamo incontro. All’epoca eravamo solo ardore e incoscienza, ci sentivamo invincibili, ma quello nella quale ci buttammo con l’entusiasmo dei giovani divenne presto il nostro peggiore incubo. Nessuno ci aveva preparato all’orrore. Quando ti raccontano la guerra, essa non ti appare mai com’è veramente, ti narrano i gesti eroici, le grandi vittorie, le perfette strategie e i migliori guerrieri, le sconfitte te le fanno sembrare cose da poco, ti lasciano credere che un paio centinaia di soldati persi in battaglia sia una perdita da nulla, solo quando ci sei dentro, quando sei immerso fino alle ginocchia del sangue dei tuoi amici, scopri che tutto ciò che ti avevano raccontato, tutto ciò in cui ti avevano fatto credere, era una bugia. Guerrieri si diventa, ci dicevano, dopo le battaglie, dopo la morte dei tuoi amici, dopo la tua città presa dagli avversari, e se riuscivi a sopravvivere senza andare fuori di testa, allora si, eri un guerriero.
“Jas?” chiesi con un filo di voce, sperando di ricevere notizie migliori, ma anche parlando di lei Peyp sospirò
“E’ morta a Farya. Siamo caduti in un imboscata, lei ci ha coperti e una picca l’ha trapassata da parte a parte.” Un altro spiacevole silenzio interrotto da un ancor più mortificato
“La notizia dei ragazzi è giunta fino a noi.” Capii immediatamente che si riferiva a Saul e agli altri, abbozzai un sorriso
“Sanna siamo cosi…” ma non permisi a Fyl di terminare la frase
“Basta parlare dei morti. Rendiamo omaggio alla loro memoria godendoci questa vita che ci siamo guadagnati!” dissi alzando il boccale e loro mi seguirono portando il loro boccali in alto e battendosi il petto a pugno chiuso. Mi venne in mente che a quanto avevo saputo, ero stata l’unica a perdere l’intera squadra.  In alcune compagnie i componenti erano morti tutti insieme, in altre erano rimasti in pochi, io ancora una volta ero una triste eccezione.
 “In compenso Hanathol sta arrivando. Con tutta la famiglia per giunta!” aggiunse Peyp sbirciando sorridente la mia reazione. Io e Hanathol ci detestavamo amorevolmente dai tempi dell’Accademia, per una volta che eravamo finiti a letto insieme perché ubriachi da fare veramente schifo, tutti pensavano che ci fosse qualcosa tra noi, e a niente erano valsi i tentativi di ucciderci a vicenda la mattina seguente mentre ancora dividevamo il letto, per mettere a tacere i pettegolezzi che ci volevano depravatamente innamorati. Sabira mi aveva tormentato per dei mesi, Kanahaan non mi aveva rivolto la parola per giorni e Saul non mancava mai di rinfacciarmi la cosa appena possibile. Meno male che c’era Elania, su di lei potevo contare su quel sostegno femminile di cui Sabira era completamente sprovvista.
“E io che ho pregato tanto perché ci rimettesse le penne” dissi roteando gli occhi al cielo. Non so come accadde, sta di fatto che nel giro di un ora le sedie attorno al nostro tavolo si moltiplicarono: molti compagni che passavano per la piazza, punto di quasi obbligo passaggio, riconoscendoci si unirono a noi. Fu quasi come se fossimo tornati ai tempi dell’addestramento, quando passavamo le nostre serate libere alla locanda di Garret, a chiacchierare, a rilassarci. Quando poi dietro alcuni di noi comparve, spuntata dal nulla, uno dei nostri insegnati, la Maestra Addam, il vino cominciò davvero a scorrere a fiumi.
 

La tempesta era cessata da giorni ormai, il mare calmo e una brezza leggera ma costante accompagnava la Moon che elegante come una sirena, solcava lo specchio d’acqua. Dopo diversi giorni di buio e tempesta, il sole finalmente tornava a fare capolino tra le nuvole che andavano diradandosi, lasciando il cielo sopra la nave sgombro e azzurrissimo. Il morale della ciurma era buono come non lo era dall’arrivo di Loki. Il ripescaggio dello straniero prima e l’attacco dei nuotatori poi, avevano fatto si che ci fosse sempre un clima di tensione tra gli uomini. Ora che la tempesta era passata e Loki si era dimostrato sfacciatamente dalla loro parte, gli animi si erano distesi. Nonostante non fosse giorno di riposo, Kirara aveva dato il permesso a chi non fosse di guardia, di poter stendere i panni appena lavati sul ponte, dal momento che nei giorni precedenti il tempo non lo aveva permesso, e mentre chi di turno svolgeva i propri compiti giornalieri, gli altri si godevano un sole finalmente caldo. Solo una persona era rimasta nella semioscurità della coperta: Loki disteso sulla sua amaca a guardare, senza vederlo davvero, il soffitto umido della nave, si era ormai abituato agli scricchiolii, allo sciabordio delle onde, al dondolio perenne e ai passi frettolosi, quasi come se ci avesse sempre vissuto su una nave. La ferita guariva rapidamente, aveva ancora qualche difficoltà nel camminare, ma nel giro di qualche settimana sarebbe tornato come nuovo. Ma la cosa che più gli dava da pensare non era la ferita, o la fine del viaggio, stava ancora lambiccandosi il cervello su come diavolo aveva fatto a far vedere parte dei suoi ricordi a Kirara. Possibile che una parte del potere di Sanna in qualche strana maniera si era riversata su di lui? E se si, com’è era possibile che lui fosse riuscito a utilizzarla se la magia stava sparendo? La domanda gli sorse spontanea, la magia stava davvero morendo o era una bufala? Se quella fosse semplicemente diminuita per uno squilibrio o per altra ragione? Se quella diminuzione fosse semplicemente un passaggio per portare la magia ad uno stadio evolutivo più alto? Quanto potere magico aveva un maestro dell’illusione straniero, in un mondo dove la magia andava scomparendo o evolvendosi? La magia non era una scienza esatta, c’erano talmente tante di quelle eccezioni, scorciatoie e trucchi che si potevano mettere in campo, che la risposta a quelle domande erano davvero moltissime. Forse Sanna gli avrebbe saputo spiegare molte cose, dopotutto quello era il suo mondo, era la sua area di competenza. C’era però qualcosa che non gli tornava, qualcosa di semplice, di ovvio, aveva la sensazione di averla sulla punta della lingua, quando fu sicuro di stare per arrivarci udì la voce di Kirara che lo chiamava dal ponte. Sbuffò sonoramente e non poco contrariato s’infilò la giacca e usci fuori
“Vorrà saltarmi di nuovo addosso” pensò con un ghigno maligno avvicinandosi al comandante. Ma il viso di Kirara era piuttosto serio quel giorno
“La vedi quella luce laggiù? Al mascone di dritta?” chiese la ragazza indicando un punto preciso. Una luce illuminava il punto, sembrava un faro. Loki annui guardando nella direzione indicata
“Sono le Scogliere di Piaf, sono talmente bianche da riflettere la luce del sole, sono cosi brillanti da renderle simili a un faro nella notte. La loro luminosità è talmente potente da generare quella che stai vedendo adesso, la Luce di Piaf, il primo baluardo naturale a protezione …”
“Mi hai chiamato per farmi una lezione di geografia?” la interruppe brusco il ragazzo
“Adesso non la vedi perché la luce la nasconde, ma li dietro c’è Angora!” Il cuore di Loki perse un battito, si voltò verso Kirara con gli occhi sgranati, e lei a quell’espressione sorrise decidendo di lasciar perdere il tono antipatico del giovane principe
“Quanto tempo ci vuole?” sussurrò Loki
“Devi soffrire altri due giorni.”   
 

Non ricordavo nemmeno l’ultima volta che mi ero sbronzata cosi. Il pomeriggio precedente era stato un continuo via vai di amici e compagni che si riunivano e si rivedevano, alcuni dopo anni, altri dopo poche settimane. L’arrivo in città oltre che di Fyl e Peyp, ma anche di Penny, Lypsia, Greg, Tiranya e molti altri mi convinsero a non sparire nell’ombra del palazzo, ma di rimanere con loro, ascoltare le loro storie, le loro avventure, gli incontri, gli scontri, perdite e vittorie, fu esattamente come tornare a casa dopo un lunghissimo viaggio, e se ben ci pensavo quello era stato un viaggio durato sei anni, ma come Ulysse, un personaggio della mitologia di Midgard, che era tornato a casa dopo un assenza di dieci anni, pochi giorni dopo il suo arrivo era ripartito alla ricerca di nuove avventure,la mia prossima avventura aveva un nome cosi dolce per le mie orecchie: Loki. Alla vigilia dell’incoronazione mi alzai alle primissime luci dell’alba, indossai un paio di aderenti pantaloni neri a al polpaccio e una canotta nera, e uscii per osservare il giorno che nasceva dal bastione più alto del palazzo. L’indomani avrebbe avuto luogo finalmente l’incoronazione e se quella che scorgevo all’orizzonte come un puntolino nero era la nave di Kirara, la mia attesa non sarebbe durata ancora a lungo. La nonna continuava a tentare di dissuadermi dal non partire, ma io ero più che mai decisa, niente di quello che avrebbe fatto o detto avrebbe mai potuto farmi cambiare idea, avrebbe dovuto passare sul mio cadavere, e non mancai di farle notare che se non ci era riuscito l’inferno intero, non vedevo quali speranze potesse avere lei.  Avevo ancora il colore dell’oceano negli occhi quando Even mi raggiunse con il fiatone
“Perché ti nascondi sempre nei posti più scomodi?” disse la ragazza premendosi una mano sul petto
“Che razza di nascondigli sarebbero altrimenti?” risposi raddrizzandomi dalla mia posizione di uccellaccio appollaiato. “Perché mi cercavi?” chiesi
“C’è una persona che vorrebbe vederti. E’ nella sala del Consiglio” Per un attimo sperai che fosse Loki, che in qualche modo mi avesse trovato, ma sapevo fin troppo bene che non era possibile. Loki era a mille mondi da li, e per quando potente non era cosi potente da coprire una distanza tale senza magia. M’incamminai cosi, un po’ rassegnata davanti a Even in direzione della sala del Consiglio, e solo quando attraversai il palazzo mi resi effettivamente conto di quanta gente fosse venuta per la cerimonia: avverti gli sguardi di tutti puntati su di me, alcuni erano pieni di ammirazione, altri semplicemente ostili ma troppo vigliacchi per farsi avanti, il giorno seguente ci sarebbe stata da divertirsi con tutti quei bambolotti in pompa magna. Le porte della sala del Consiglio furono spalancate al mio arrivo, e la cosa mi intimidì a tal punto da piegare la testa nelle spalle e accelerare il passo, ero un guerriero e come tale ero abituata alla semplicità, porte che si aprivano al mio arrivo, soldati che s’inchinavano la mio passaggio e Even come scorta, erano cose alla quale non ero abituata, ma quando vidi chi mi attendeva nella sala in piedi a rispettosa distanza dalla sedia del Comandante della Guardia Reale, ricordai tutto l’atteggiamento che doveva avere un vero guerriero. Alzai la testa e raddrizzai le spalle, il passo tornò marziale e sicuro, il volto una maschera di serietà, potevo sentire ogni fibra del mio corpo guizzare e risvegliarsi, quasi come se i muscoli si gonfiassero. La sua tunica nera dai bordi rosso fuoco era sgualcita in più punti, alla cintura in pelle e acciaio non pendeva più la sua spada, forse divenuta troppo pesante per quell’età, notai i bordi delle maniche sfilacciati e consunti, e gli stivali ormai logori dal viaggio. La testa completamente calva era coperta da una bandana nera adorna di perline colorate, e la lunghissima barba grigia era raccolta in un anello di ferro che aveva visto tempi migliori. Avvicinandomi m’inginocchiai davanti a lui chinando il capo
“Sono io a dovermi inginocchiare a te, mio Comandante della Guardia…” l’uomo malfermo sulle gambe fece per inginocchiarsi ma con uno scatto glielo impedii afferrandolo per le spalle
“Non sono il Comandante della Guardia” dissi. Il sorriso divertito che si aprì su quel viso orma ricoperto di rughe era lo stesso di sempre, gli anni avevano alla fine preso il sopravvento su quel corpo dinamico e atletico, ma la stanchezza e il tempo non avevano intaccato quel sorriso che per anni era stato il rifugio di tantissimi studenti dell’Accademia. La prima regola per un insegnante era non affezionarsi troppo ai guerrieri che forgiava, questo perché potevi accettare la sconfitta e la perdita di uno, o due studenti, ma non potevi accettare di perderne a centinaia in tempo di guerra, e tutti i guerrieri da settant’anni a quella parte era passati sotto la sferza del Maestro Ginnay. Io ero stata affidata a lui al mio primo anno perché egli era il quinto membro della squadra dei miei nonni, e non c’era persona migliore di lui per proteggermi da mio fratello.
“Ah no?” rispose fingendo stupore “Oh bè vorrà dire che ho vinto dieci Ruole da Garrett” aggiunse mentre offrendogli il mio braccio lo facevo accomodare sulla sedia che spettava al Comandante, gli sedetti di fronte come al tempo in cui lui era tutto il sapere della Stella e io una bimbetta assetata di un po’ di quella conoscenza
“Voi lo sapevate?” chiesi sbigottita
“Bambina mia, sull’Isola Galleggiante non si parla d’altro.” Un attimo di pausa prima di aggiungere “Avevo detto ad Ado che non avresti mai accettato.” Disse con il sorriso di chi ti conosceva come il palmo della propria mano
“Ho sbagliato, Maestro?” chiesi chinando il capo e fissandomi le scarpe. Lui non rispose subito si prese un attimo per osservarmi, ma con mio grande stupore mi passò delicatamente una mano sul viso, alzai lo sguardo e mi si strinse il cuore: i suoi occhi avevano perso tutta la loro lucentezza, un velo opaco era sceso a oscurare quel verde stupefacente
“Maestro i vostri occhi…”
“Non angustiarti, la vista è un senso sopravvalutato.” Ancora una volta quel sorriso che faceva capolino anche nelle situazioni più dure, “Tutti i bambini che arrivano in Accademia hanno grandi aspirazioni, chi perché mosso dall’esempio delle famiglie, chi perché non ha nient’altro in cui sperare, chiunque può divenire un guerriero, dal figlio dello stalliere, al rampollo della casa reale, e tutti vedono nel Guerriero una figura che si è riscattata. Tutti a un certo punto vogliono diventare grandi condottieri, valenti cavalieri, guardie scelte, guardie reali e comandanti della guardia. Tu sei l’unica che pur avendo rifiutato la gloria, di gloria stessa sei stata investita.”
“Non so che farmene di tutta questa gloria, Maestro. Io non mi sento un eroe.”
“E come ti senti?” chiese, presi un profondo respiro
“Mi sento come chi ha perso tutto in guerra. Non esistono vincitori e vinti, c’è solo chi è vivo e chi è morto.” Il Maestro inclinò la testa da un lato e continuò a “fissarmi”,
“Mi rendo conto che non ho più nulla da insegnarti. La gioia di ogni Maestro è vivere abbastanza per vedere il proprio allievo superarlo e riempirlo cosi d’un orgoglio senza pari. Nessun Sensei avrebbe mai potuto desiderare allievo migliore di te.”  Sbuffai e mi alzai gironzolando in tondo passandomi le mani tra i capelli nervosa
“Che cosa succede Sanna?” chiese il Maestro preoccupato. Dovetti ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non cominciare a dare di matto
“Io..io..io non sono forte come voi credete che sia. Se sono riuscita in questa imprese è perché sono stata aiutata e affiancata da persone eccezionali. Sola, probabilmente sarei morta alla prima scaramuccia, io non sono il grande guerriero che tutti vogliono elogiare, io.. io sono solo Sanna…”
“Siediti Sanna. Raccontami.”  Appoggiò la schiena alle sedia e si mise comodo in ascolto. Gli raccontai tutto ciò che era successo dal giorno seguente in cui lasciammo l’Accademia per sempre con i colori dei Cavalieri. Gli raccontai delle prime battaglie, di Kantorka, dell’esilio su Midgard. Naturalmente era venuto a conoscenza della morte dei miei amici, ma non sapeva il perché, gli raccontai dei poteri di cui fui mio mal grado investita, dell’enorme aiuto di Ballast, delle battaglie come Comandante della Stella, della disperazione e della solitudine. Gli raccontai di Asgard e di Loki e di come Acate fosse venuta a cercarmi, dei piani scellerati di quei due psicopatici, della battaglia finale contro Marek e Argan, ma a lui potevo dire la verità, a lui potevo rivelare chi ero veramente. Mi ascoltò fino alla fine senza battere ciglio e quando ebbi finito si sporse in avanti per mettermi una mano sulla testa
“Ho sempre creduto che c’era qualcosa di eccezionale in te, e oggi me ne hai dato la prova. Il destino che si accanisce su un guerriero e senza saperlo, ne plasma al contempo il suo peggior nemico.” Si alzò e fece addirittura per inginocchiarsi ma non glielo permisi
“E questo Loki? Come ha fatto a scavalcare la tua famosa scorza?” lo guardai sgranando gli occhi
“Ma io non ho detto niente di Loki, a parte che mi ha aiutato a tornare.”
“In realtà ho semplicemente tirato a indovinare, e la tua reazione conferma i miei sospetti. Inoltre hai indugiato un paio di volte pronunciando il suo nome.”  Meno male che non poteva vedere che arrossivo come un’idiota.
“Quindi il tentativo di tua nonna di darti in sposa ad Hanathol è destinato a naufragare, che peccato…”
“CHE COSAAA?” urlai scattando in piedi
“Oh non lo sapevi? Oooh perdonami ti ho rovinato la sorpresa. Anche se credo che tua nonna abbia un piano per farti ubriacare ai festeggiamenti e indurti a firmare il contratto matrimoniale. E’ sempre stato un tipo diabolico!”  La sfuriata che ne conseguì con la nonna è entrata a pieno diritto negli annali della storia di Angora: le nostre urla si udirono quasi fino in città e durarono per un bel pezzo, richiamammo anche l’attenzione di Alyse e Ado, che insieme a Gurvarth e Even cercavano di calmare gli animi ma senza riuscirci. Il Maestro Ginnay seguiva il duello verbale accomodato su uno sgabello imbottito e sembrava non essersi mai divertito tanto in vita sua
“MA SI PUO’SAPERE CHE COSA TI DICE IL CERVELLO? COME HAI ANCHE SOLO POTUTO PENSARE CHE IO VOGLIA SPOSARMI?” gridai con tutto il fiato che avevo in gola
“Non stiamo a giudicare il mio cervello qui, ma il tuo! Che diavolo vuoi fare nella vita? Hai rifiutato la massima carica per un guerriero, una carica per la quale molti sudano anni senza mai arrivarci. Non hai intenzione di fare parte del consiglio, ne della Guardia, ne del concilio ristretto, non vuoi tornare in Accademia, e ora nemmeno sposarti e mettere al mondo altri guerrieri…”
“Ma ho l’aspetto di una giumenta per caso?” dissi esasperata. Come diavolo dovevo farglielo capire, che qualunque cosa lei avesse deciso per me, non l’avrei mai accettata?
“Che vuoi fare Sanna? Devi prendere posto in questo mondo e devi farlo adesso!!” disse lei sempre più irata contro di me
“Nonna il tempo degli ultimatum è finito. Come devo dirtelo che ora sono padrona della mia vita? Non ti basta quello che ho già dato per la Stella? Che altro dovrei sacrificare?” dissi ormai sull’orlo di una crisi di nervi
“Tu sei una guida per tutta la gente della Stella. Quando hai un potere, hai anche un dovere, e tu nipote mia hai un enorme potere, non l’hai scelto tu, e di certo non l’ho scelto io, ti è stato affidato perché solo tu puoi portarlo, e dovrai farlo volente o nolente!”
“Le tue parole sanno di minaccia, nonna. Ma io non ho più dieci anni, non puoi più prendermi e scaraventarmi in Accademia. Per tutta la vita ho scelto tra ciò che era giusto e ciò che era facile, e ti posso assicurare che resistere alla morte di Saul e continuare a combattere non è stato per niente facile. Dopo la cerimonia di domani partirò, e il mio compito sarà definitivamente concluso, e niente di quello che farai potrà farmi cambiare idea.”
“E se venissimo attaccati di nuovo? Se la guerra non fosse finita?” disse aggrappandosi sugli specchi
“Stavolta sarebbe un problema solo vostro.”
“Sei un egoista Sanna!!” gridò lei,
“Sono stata egoista con me stessa tutta la vita. Un po’ per uno!”

Non è il capitolo che desideravate lo so. La mia intenzione era quella di pubblicare tutto insieme, ma oltre ad aver superato abbondantemente le dieci pagine, mi sono accorta che stavo arronzando la parte più bella, e quindi....dovrete soffrire un altro pochino, ma vi prometto che il prossimo capitolo sarà quello che tutti aspettate!!! Spero solo di rendergli giustizia! Un abbraccio  :)

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Capitolo 22
*** 22. Un lunghissimo giorno ***


Loki
Ero rimasto in coperta a fissare la costa che si avvicinava per i restanti due giorni, avevo la sensazione che se avessi distolto lo sguardo anche solo per un minuto, la città si sarebbe allontanata e Sanna con lei. Non ero mai stato una persona impaziente, sapevo aspettare, sapevo attendere il momento giusto, ma con lei era tutta un'altra storia, mi ero scoperto impaziente e impulsivo, per quanto il mio carattere lo permetteva ovviamente. Quel viaggio mi aveva distrutto, ma vedere finalmente il profilo di Angora mi aveva dato un energia incredibile. Solo nella serata del secondo giorno, quando la luce della Scogliera di Piaf si andava affievolendo mi permise di distinguere i contorni, e finalmente la vidi. Ebbi un po’ di difficoltà a riconoscere il palazzo incastrato in una parete di arenaria, quasi come se fosse stato scavato nella montagna stessa, ai piedi di quella, la città si estendeva per quasi tutta la vallata, percorsa in tutta la sua lunghezza da una lingua d’acqua che potevo scorgere ogni tanto tra i filari di alberi e i palazzi diroccati. Abbracciata ai fianchi da due ali di scogliera bianca, era quasi completamente sguarnita di protezione sul lato nord, quello che sapevo guardava ai confini di Dlym, era da li che probabilmente le truppe nemiche erano scese in picchiata e avevano quasi distrutto la città. Con freddezza riuscii a distinguere  alcuni palazzi che si reggevano in piedi per puro miracolo, e del porto che doveva essere il fiore all’occhiello della città, era rimasto assai poco. Il profilo di una cupola semidistrutta era resa ancora più drammatica dalla luce rossa del tramonto che ne infuocava le poche vetrate ancora intatte, una scena al tempo stesso triste e romantica
“Che cosa farete quando sarete di nuovo insieme?” chiese Kirara avvicinandosi. Non le risposi, fondamentalmente perché non riuscivo a pensare a un dopo. Il poterla rivedere mi sembrava ancora una cosa cosi lontana, che non riuscivo a immaginare un poi. E al momento neanche m’interessava davvero, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare con lucidità era riabbracciarla e stare con lei, il resto avrebbe potuto aspettare. 
“Sanna ha molte responsabilità qui. E’ divenuta una guida, un eroe, credi davvero che rinuncerà a tutto questo per te?” chiese appoggiandosi a una grisella
“Io non voglio che lei rinunci a nulla. Se vuole rimanere può farlo, se vuole andare può farlo lo stesso. Sono venuto a cercarla proprio perché non volevo che lei dovesse essere costretta a scegliere ancora.”
“Sei venuto  a cercarla perché temevi che il suo smisurato senso del dovere non le permettesse di scegliere te?” chiese Kirara sorridendo. Emisi un buffo suono, un misto tra uno sbuffo e un sorriso. Si un po’ lo temevo.
“Quando è andata via mi ha detto una sola cosa: trovami. Ho deluso troppe persone nella mia vita, non mi andava di deludere l’unica che fosse riuscita a vedere al di là di ciò che ero diventato.”
“Ho la sensazione che tu sia una persona scellerata, posso avvertire un anima nera in te, e questo mi spaventa. Ho paura per me e i miei uomini, ma ho ancor più paura per Sanna. Per lei sei stato un oasi di pace, ma ho paura che, per il fatto che lei sia sempre stata senza possibilità di scelta, veda in te una strada obbligata.”
“Spiegati meglio” dissi voltandomi verso di lei
“Tu sei il male Loki. Lo sai tu, e me ne sono accorta io. La domanda ora è: quanto conosce Sanna di te?” Ringraziando gli idei si era arresa ai tentativi di seduzione e andava dritta la punto, dovevo dire che preferivo quel tipo di approccio
“Sanna conosce abbastanza di me da capire chi sono veramente, e accettarmi lo stesso proprio per questo.”  Dalla faccia che fece la ragazza capii che non le bastava come risposta
“Loki, Sanna è una persona eccezionale, chiunque la conosca cerca di tenersela stretta, è uno di quegli individui che riempie l’animo di ardore, che ti fa sembrare tutto possibile. Non trascinarla in un baratro di disperazione. Sanna ora va solo amata e protetta. Pensi di essere in grado di pensare a un'altra persona oltre che a te stesso?”  Me l’ero posta spesso anche io quella domanda prima di capire come attraversare l’universo intero. Ci avevo perso il sonno, avevo sperato che il mio non fosse semplice egoismo,  avevo tentato in tutti i modi di comprendere se lo facevo per  avere una buona occasione di uscire dall’ombra di Thor o perché c’era effettivamente dell’altro, mi ero risposto che se mi ponevo tante domande allora doveva essere qualcosa di più che semplice egoismo, altrimenti non mi sarei tanto da fare per trovarla. Dopotutto avevo messo sotto sopra l’universo per molto meno.
“Si” risposi asciutto
“Se la fai soffrire, non ci sarà un oceano abbastanza grande che mi impedirà di trovarti e ucciderti.” Sorrisi maligno e tornai a guardare la città che si avvicinava inesorabile.
 
Sanna
Ero rimasta seduta sul davanzale della grande finestra della mia stanza per tutta la notte a guardare la nave avvicinarsi. Era tradizione che alla vigilia di un incoronazione la città rimanesse al buio per simboleggiare l’oscurità che sarebbe senza una guida. Al contrario la notte successiva, ogni casa, ogni locanda, terrazza e finestra o porta si sarebbe accesa una flebile luce che rischiarava il cammino del popolo sotto la guida dei suoi nuovi regnanti.  Dovevo resistere un altro giorno, un altro giorno ancora e sarei finalmente partita per ritrovarlo. Solo un altro lunghissimo giorno.
L’alba mi colse all’improvviso svegliandomi con la sua tenue luce dorata, mi ero appisolata con le spalle al muro e ancora seduta sulla finestra. Kirara era a poche miglia dal porto, sarebbe arrivata in tempo, pensai. Saltai giù dalla finestra e andai a lavarmi, l’acqua della vasca era bollente e profumata di agrumi, mi ci immersi completamente riuscendo a rimanere poggiata sul fondo. Riuscii per qualche minuto a sgomberare la mente e non pensare a niente, finalmente la mia mente era pulita e serena, il sorriso appena accennato di Loki mi coccolava i pensieri, era per quel sorriso obbliguo, cosi strano, cosi maledetto, che avrei ricominciato a correre.
Naghadir era riuscita, come le avevo chiesto, a recuperare dal mio alloggio in Accademia, il mio abito per le cerimonie ufficiali. In quel momento era ben piegato sul divano vicino all’armadio. Lo guardai per un lunghissimo momento pensando che lo stavo indossando per l’ultima volta. Quello era l’ultimo giorno del Comandante della Stella. Naghadir interruppe il filo dei miei pensieri comparendo nella stanza con un discreto sfavillio, le sue capacità, in quanto fatta di pura magia, si erano parecchio indebolite ma quella mattina sembrava radiosa
“Il tuo sorriso Naghadir, sembra illuminare l’intera stanza”  dissi sorridendole
“E’ un grande giorno Comandante, mi sento perfino più forte oggi, quasi come se non stessi scomparendo.” Aggrottai la fronte a quell’affermazione, e a pensarci bene anche io mi sentivo incredibilmente in forze quel giorno, forse era l’effetto del pensiero positivo?
“Naghadir, mi taglieresti i capelli per favore?” chiesi glissando sull’argomento magia, e sedendomi a gambe incrociate sul letto, lei fluttuò vicino a me e preparò l’occorrente
“Come li vuole Comandante?” domandò con la sua voce melodiosa
“Come li portavo in Accademia.”  I capelli erano diventati lunghi fino alle ginocchia, il colore rosso  non accennava a tornare  ed  erano perciò ancora  bianchi come quelli di una novantenne, speravo che tornassero alla normalità prima di ritrovare Loki, anche se ero curiosa della faccia che avrebbe fatto. Chissà se pensava a me almeno la metà di quanto io pensavo a lui, se gli mancavo, se mi stava cercando. Forse le mie erano solo le fantasie di una ragazza che non aveva mai conosciuto davvero l’amore, probabilmente lui si era anche dimenticato di me, probabilmente giaceva con altre donne, con donne che non aggiungevano ai suoi problemi i problemi di un mondo intero. Forse ritrovarlo avrebbe significato scoprire che lui mi aveva dimenticato, che non ero stata nulla se non il passatempo di qualche giorno, eppure una piccola parte di me mi costringeva a partire, a seguire ancora una volta il mio istinto e il mio cuore, che quella era la decisione giusta. Che quella era la mia unica possibilità di provare a essere felice. Male che andava mi sarei fatta un viaggetto in giro per l’universo! 
Naghadir tagliò i capelli fino a metà schiena li divise in ciocche che legò in trecce a partire dalla fronte e che tirò all’indietro ricadendo ubbidienti e ordinate sulle spalle, lasciando il viso scoperto e pulito. Sulla fronte indossai ancora una volta il mio diadema a forma di drago ritornato, dopo una pulizia fatta da mani esperte, al suo antico splendore.  Mi aiutò dopo a indossare il vestito. La gonna lunga fino al ginocchio era costituita da sole frange in seta di diverse tonalità di blu, la sensazione di leggerezza che mi diede nell’indossarla era la stessa che provai la prima volta che misi quel vestito, ben sette anni prima alla mia cerimonia di diploma all’Accademia. Naghadir mi aiutò a fasciarmi il seno con delle strisce di cotone blu sulla quale strinse il corpetto in pelle grigio perla,
“E’ dimagrita Comandante, il corpetto le sta largo.” Per forza, quello che usciva era assai di più di quello che entrava. Diedi un occhiata allo specchio, l’addome era ancora coperto di lividi e graffi, cosi come le gambe e le braccia.  Gli spallacci in acciaio bianco di Retwin erano stati tirati a lucido e i sottili bordi in oro andavano a definire il disegno delle ali di demone in cui erano costituite. Paracolpi alle braccia e ai fianchi furono fissati in maniera zelante dal mio scudiero che mi aiutò anche  a fissare la cintura in acciaio finemente lavorata con dei motivi a ghirigori, al centro di quella vi erano tre alloggi rotondi con tre pietre grigio perla. Nagadhir consumò quella piccola cerimonia con gesti lenti e misurati, come doveva essere ogni vestizione di un Comandante. Dopo aver incrociato i lacci degli stivali, fissai le spade alla cintura, e dritta con la schiena, lo sguardo serio e fiero, mi apprestavo ad affrontare per l’ultima volta la fosse dei leoni, e per la prima volta i leoni avevano portato il branco al gran completo.
 
 
Loki
Le fasi di ormeggio durarono un eternità, volevo solo scendere e cercare Sanna, ma dovevo mantenere un minimo di contegno, inoltre Kirara non mi avrebbe mai permesso di scendere senza prima darmi un sistemata
“Non ti faranno nemmeno avvicinare al palazzo conciato cosi!” in effetti non potevo darle torto, avevo un aspetto a dir poco selvaggio, il viso era bluastro per la barba e i capelli non erano mai stati cosi ribelli in vita mia, e per giunta puzzavo di chiuso e di stantio. Il comandante, fece portare nella sua cabina una tinozza d’acqua dolce dove potei lavarmi, mentre Luk cercava di sistemare i miei abiti alla meno peggio, quando uscì dall’alloggio ero decisamente più simile al Loki che aveva lasciato Asgard di quanto non lo ero stato in quelle ultime settimane.
“Ecco perché piaci a Sanna. Sei proprio un gran figo!” disse Kirara prendendomi in giro calandosi agilmente giù per la murata dove una lancia di servizio ci attendeva per scendere a terra, se fosse stato il vecchio Loki l’avrebbe incenerita seduta stante. Stavo decisamente perdendo mordendo.
Mettere piede sulla terra ferma dopo tanti giorni di mare aperto mi diede il capogiro, Kirara mi afferrò per un  braccio per impedirmi di finire in acqua
“Ma che diavolo…” imprecai
“Non ti preoccupare è mal di terra, tra qualche minuto passerà.” Ma quasi non l’ascoltavo, nonostante i segni della guerra, la magnificenza di quella città trasudava dai suoi edifici, e dalle sue grandi strade. Camminare per quei viali alberati costeggiati dal fiume e piccoli torrenti, pieni di colori accesi, pieni di gente e di vita, era una sensazione incredibile. Mi sentivo la testa piena di suoni, odori, sensazioni, e nonostante non fosse tecnologicamente avanzata come Asgard, la preferivo di gran lunga. Potevo quasi sentire come li la magia era ancora pura e semplice, senza le contaminazioni della scienza e delle tecnologie ad esse applicate. Era ancora un potere allo stato primordiale, e per questo più forte. Un potere che poteva creare, ma allo stesso tempo poteva distruggere.  Camminando speditamente dietro Kirara e il suo manipolo di uomini tra cui anche Luk, potevo ancora scorgere i segni della grande capitale che era stata, edifici imponenti, finemente decorati, un mercato ricco, e una grande varietà di persone e razze diverse, una grande selezione di culture diverse che aveva contribuito a creare il volto cosmopolita della città. Svoltammo un angolo e ci trovammo di fronte all’enorme cascata che si gettava giù per divenire il fiume che serpeggiava per le strade, e a lato di quella, il palazzo reale scavato nella parete rocciosa, in quel momento capii perché Sanna amava quel posto. Pensai e immaginai i centinai di passaggi segreti che quel palazzo dove avere, che la città intera doveva avere, perché lo capii, capii perché quella città non era caduta, perché era una fortezza naturale. Era facile intuire che se fosse caduta la città bassa, il palazzo avrebbe potuto tenere testa ad un assedio per mesi, la sua posizione era perfetta, e avrei giurato che all’interno del costone roccioso, una galleria correva veloce al di là della montagna. Poi una frase colta nel mezzo della conversazione attirò la mia attenzione
“Ma come non lo sai? Sanna si è rifiutata categoricamente di sposare Hanatol. Che le dirà il cervello?” mi si ghiacciò il sangue nelle vene, Kirara si voltò di scatto e afferrò per le spalle la ragazza che aveva parlato in mezzo la drappello di persone
“Sanna che cosa?” chiese strattonando la poverina.
“La cosa è di dominio pubblico ormai. C’è stata una sfuriata pazzesca tra lei e la nobile Anasi. Si vocifera che lei sia innamorata di un altro!E pare che sia stato per lui che ha rifiutato l’alta carica di Comandante della Guardia Reale.” Non avevo mai sentito il mio viso cosi in fiamme come in quel momento, e lo sguardo che mi rivolse Kirara, fugò ogni dubbio sul colore della mia faccia
“Avevi ragione.” Disse la donna sorridendo, e afferrandomi per il polso, in maniera alquanto insolente devo ammettere, cominciò a correre verso il palazzo. Non mi aveva dimenticato. Aveva vinto la guerra e sarebbe ritornata da me, ma io l’avevo battuta sul tempo.
“Sai che cosa sto pensando?” gridò Kirara mentre correva per le strade a rotta di collo, scansando bambini e carretti
“Cosa?” dissi mentre anche io zigzagavo tra la folla
“E’ stato un bene che la Magia stia sparendo, o evolvendo, o quello che è!”
“Perché?”
“Perché se la Magia fosse rimasta intatta, lei non avrebbe avuto nessun impedimento a tornare subito ad Asgard. Ma mentre lei tornava, tu venivi qui, e non vi sareste incontrati comunque. Avreste finito per rincorrervi su e giù per tutto l’universo, senza mai beccarvi.”  Aveva un senso in effetti, e vedendo la cosa da quella prospettiva, il destino ci aveva dato una mano.
 La strada maestra che conduceva al primo cancello del palazzo era cosi gremito di persone che la nostra corsa ebbe un totale arresto, a furia di spintoni e gomitate riuscimmo ad aprirci un varco e presentarci alla guardia
“Sono Kirara, Comandante della Flotta d’Estate, siamo attesi a palazzo!” Disse Kirara in tono autoritario porgendo i documenti di riconoscimento, il drappello di guardie in alta uniforme sorvegliavano il passaggio, con le loro lance incrociate. La folla si assiepava nella piazza antistante per assistere all’uscita dei reali non appena conclusasi la cerimonia d’incoronazione.  La guardia ci mise una vita a controllare i documenti
“Prego comandante, affrettatevi la cerimonia è già iniziata!”  Superammo il controllo e iniziammo a salire spediti, più salivamo più potevo notare l’incredibile panorama che da li si poteva ammirare dell’intera città
“Ti farò fare un entrata in scena in grande stile!” disse Kirara sorridendo e affrettando il passo, sgomitando ancora per farsi largo tra i presenti dell’aristocrazia minore che prendeva posto nei cortili inferiori del palazzo.
 
Sanna
La sala del trono era magnifica. Gli stendardi della Casa Marten pendevano immobili dall’alto soffitto a crociera, i grandi bracieri erano accesi con centinaia di piccole candele, enormi composizioni di fiori blu e bianchi erano sistemati a intervalli regolari lungo la navata che i principi avrebbero percorso. Dalla balconata superiore, quella riservata solo ed esclusivamente ai reali e alla loro strettissima cerchia, potevo osservare come gli invitati alla cerimonia prendevano lentamente posto secondo il loro rango e titolo. Si erano bardati tutti in pompa magna. I deficienti che Ado avrebbe voluto, ingenuamente, mettere a capo del loro consiglio, erano ovviamente in prima fila, infilati in armature ormai troppo piccole per contenere il lardo che, negli anni di guerra, aveva invaso il loro corpo flaccido e inattivo su poltrone troppo potenti da lasciar per gettarsi nella mischia insieme agli altri soldati. Guardavo i loro volti rubizzi, e pensai al mio scavato e stanco, le loro pance enormi, e i culi foderati in purissima seta, e mi veniva il voltastomaco. Pensai a me, che la guerra mi aveva ridotto quasi all’ombra di me stessa, vidi Sangor che in terza fila vicino al padre aveva perso un braccio, ma questo non gli aveva impedito di combattere, Ulya che la guerra l’aveva privata del potere di donare la vita. La gente che era fuori meritava di stare in quella sala molto più di quegli idioti blasonati che ridevano e scherzavano come se la guerra l’avessero davvero combattuta loro.  Li avevo fissati con tanta intensità che loro si erano sentiti osservati e per questo alzarono le teste impomatate, lo sguardo di puro odio che riservai loro li trapassò da parte a parte, tanto che in silenzio e a testa basta corsero ai loro posti
“Dementi” sputai
“Comandante, le Altezze vi aspettano.” Disse Naghadir che comparve alle mie spalle, trassi un profondo respiro e percorsi il lungo corridoio che conduce all’anticamera dove Ado e Alyse attendevano di poter scendere. Fu Naghadir ad aprire la porta, e quando entrai nella sala fui investita da uno scroscio di risate
“Che diavolo succede?” dissi sorridendo. Ado reggeva in mano un boccale di birra, mentre Gurvarth ne porgeva uno a me
“L’ultima bevuta da completi irresponsabili!” disse Ado alzando il boccale, con mio grande stupore anche Alyse ne aveva uno in mano ma più piccolo, e sorseggiava contenta
“Avevano bisogno di rilassarsi. Se la stanno facendo sotto. “ mi bisbigliò Gurvarth passandomi il boccale. Bè ormai era andata, presi il boccale e buttai giù tutto d’un fiato sotto gli occhi esterrefatti dei due fratelli
“Dilettanti” dissi. Le risate riempirono la sala e solo a quel punto mi resi conto che il grande giorno era davvero arrivato. La mancanza di Saul mi colpì allo stomaco come un pugno, avrebbe dovuto esserci lui con i fratelli e non io. Io avrei dovuto aspettare nella Sala del Trono insieme ai gemelli e a Elania, avremmo dovuto prendere in giro Saul perché vestito come un damerino, e dopo la cerimonia saremmo dovuti andare a ubriacarci, e nel caso di Sabira scoparsi chiunque respirasse. Quello era il piano originale. E invece io potevo bearmi dell’infinita bellezza di cui Alyse era portatrice: bella come una dea nel suo semplicissimo abito rosa pallido, i capelli raccolti in una croccia elegante adorna di perle. Io potevo ridere del fatto che Ado aveva mantenuto fede alla promessa fatta a Saul anni addietro, ovvero di non radersi per la sua incoronazione: la barba incolta aveva fatto andare la regina Myllenniam su tutte le furie, ma a niente erano valsi i tentativi di persuasione, nemmeno i miei, assai poco convinti e convincenti, implorati tra una risata e una strizzatina d’occhio.
“Sue Altezze, siamo pronti!” comunicò la nonna aprendo la porta, ringraziando la Dea, Gurvarth aveva fatto sparire i boccali. Guardai per l’ultima volta quei ragazzini che divenivano re, e il gesto di stringerli entrambi in un unico grande abbraccio mi venne spontaneo
“Ultimo abbraccio da amici!” bisbigliai loro.
Il corteo per le incoronazioni era assai breve: davanti vi era il Comandante della Guardia, i futuri re, dietro di loro i genitori, e a chiudere il piccolo corteo un drappello di uomini in alta uniforme. In quel caso specifico io aprivo le danze, dietro di me a destra Ado, e a sinistra Alyse, la regina Myllenniam dietro di loro e a guidare il drappello Gurvarth che per l’occasione indossava gli abiti della sua specie, o meglio i pantaloni della sua stirpe visto che il dorso era completamente nudo, cosa che la nonna, ovviamente, non aveva approvato. Le grandi porte di colore rosso erano ancora chiuse, attendevamo che tutti prendessero posto, l’ansia era ormai giunta al culmine, chiusi gli occhi e respirai un paio di volte profondamente per calmarmi, fino a che non udii lo squillo delle trombe che annunciavano l’ingresso dei reali, le porte si spalancarono ed era il momento della folla di trattenere il respiro. Era facile dopotutto, dovevo solo mettere un piede davanti all’altro senza cadere, era una sensazione stranissima aprire il corteo reale, essere la prima a camminare sul tappeto rosso disteso lungo la navata. Sentì tutti gli occhi puntati su di me, ancor prima che sui reali, percepii l’ammirazione dei più giovani e l’invidia dei vecchi avidi, sussurri e mormorii percorse la sala mentre avanzavo con calma imponendo il passo al resto del corteo. Fissai gli scalini del trono e proseguii sussurrando in maniera che solo Ado e Alyse potessero sentirmi
“Dea di questo mondo, so di non essere degna di pregarti. Elania era il tramite tra te e me, però se per una volta nella vita posso avere l’onore di rivolgermi a te, userò questo privilegio adesso. Non chiedo nulla per me stessa, ma ti affido le vite del mio re e della mia regina, guida le loro menti con saggezza e rendile aperte al diverso, riempi i loro cuori di benevolenza, fa che abbiano fiducia in se stessi quando tutti la perderanno in loro. Fa che pensino senza fare del pensiero il loro scopo,  che riescano a sopportare di sentire le verità che hanno detto, distorte. Fa che imparino a parlare alle folle senza perdere la loro virtù, a passeggiare con i Re rimanendo se stessi. Aiutali a trovare la forza per cambiare le cose che possono cambiare, la pazienza per accettare le cose che non possono cambiare, e soprattutto l’intelligenza di saperle distinguere. Fa che imparino a riempire ogni inesorabile minuto dando valore ad ognuno dei sessanta secondi. Guidali in questo lungo cammino. Proteggili, guardali e amali come sono sicura che stia facendo Saul da lassù!” Il trono era ormai davanti a me e quando mi voltai per inginocchiarmi davanti ai miei re, notai i loro occhi lucidi, fecero uno sforzo sovraumano per non piangere e raggiungere dignitosamente i loro alti scranni. La regina Myllenniam prese posto al lato sinistro del trono fuori dalla pedana che sopraelevava i seggi, io e Gurvarth la seguimmo.
La cerimonia fu lunga e tediosa. Furono letti i diritti e i doveri dei nuovi re, la carta dei diritti e dei doveri dei sudditi e quella di chiunque prestasse giuramento di fedeltà ai nuovi sovrani. Ado e Alyse tennero dei brevi discorsi sulle loro intenzioni, avrebbero protetto e cresciuto il regno come i genitori fanno con i loro figli. Avrebbero ricostruito la città come fece il padre prima di loro durante la prima fioritura, e non avrebbero più permesso che la follia ceca della guerra si abbattesse sui loro sudditi e sulle persone che  amavano, avrebbero incentivato i commerci con gli altri regni, e promosso l’integrazione di tutte le razze che passavano per il loro regno. Mi commossi a sentire quei discorsi calorosi e pieni di sincerità, molto meno quando cominciò la lunga sfilza di giuramenti dei vari aristocratici, e pezzi grossi del regno. Al decimo pallone gonfiato, cominciai a dare chiari segni di sofferenza e mi sporsi verso l’orecchio di Gurvarth che si era nel frattempo appisolato
“Ti supplico cominciamo a spettegolare su qualcuno altrimenti mi metto a strillare!” gli sussurrai. Lui aprì un occhio e gettò una rapida occhiata alla platea
“La moglie di Angus, quella con la tiara fatta di perle, ieri notte era nel mio letto, mentre il marito giocava a dadi con un altro paio di persone che ho contribuito a far cornificare” disse senza il minimo senso di colpa
“Giura!” esclamai strabuzzando gli occhi
“Giuro! Ti farà inoltre piacere sapere che Davon ha perso un mucchio di soldi con le puttane del bordello che è giù a Caven. Si è fatto spennare come un pollo da una biondina di diciotto anni. Settimana fila posto esterno, Karlan ha un vizietto particolare, o meglio aveva un vizietto particolare, quello di andare con i bambini maschi, stanotte si divertirà un mondo quando gli infileremo nel letto un paio di giovani nani tutti maggiorenni e sempre assai poco propensi a perdonare chi mette le mani sui bambini.”
“Stai prendendo questa parte della barricata molto sul serio a quanto vedo” dissi divertita
“Mi diverto abbastanza si. Ah alla dolce signora Tarya le piace giocare con le banane, e ti lascio immaginare dove s’è incastrata l’ultima….” Ebbi la sensazione di rompermi una costola nel tentativo di non ridere, Alyse ci guardò curiosa, e le feci l’occhiolino in risposta.
“E da fonti certissime, Hanathol ci è rimasto parecchio male del tuo cosi discreto rifiuto a diventare sua moglie.”
“Avrei dovuto accettare?” chiesi guardando il padre di Hanathol che mi lanciava occhiate furenti
“Ti avrei ucciso” Gurvarth andò avanti per il resto del tempo, alla fine della cerimonia conoscevo talmente tanti piccoli sordidi segretucci da tenere in pugno quasi l’intera sala
“Come diavolo hai fatto a sapere tutte queste cose in cosi breve tempo?” chiesi ancora
“Tu hai le orecchie ma non ascolti….” Lo guardai alzando un sopracciglio dubbiosa “…ok ok, sono in amicizia con diverse serve.”
“Sei diabolico!”  Ringraziando il cielo la cerimonia volgeva finalmente al termine, lo squillo di trombe echeggiò nella sala e gli astanti, noi compresi, ci alzammo facendo partire un fragoroso applauso in onore del re Ado e della regina Alyse. Il giubilo fu totale, grandi sorrisi alcuni palesemente finti, altri sinceri, donne che piangevano in ogni angolo, e petali di fiori che cadevano dal soffitto. Ma durò poco, un assordante colpo alla porta rossa, che era stata chiusa dopo la nostra entrata, zittì l’intera sala, io e Gurvarth scattammo in avanti portandoci davanti ai nuovi re, Ado istintivamente tirò Alyse dietro di lui. Feci cenno alle guardie alle porte di aprire e di stare all’erta, lentamente vidi qualcun altro “cuor di leone” armarsi e farsi avanti. La sagoma di una donna veniva avanti nell’accecante luce che proveniva dall’esterno, l’avrei riconosciuta ovunque, quella matta di Kirara era giunta finalmente, ma prima che potessi dirle qualsiasi cosa lei gridò attraverso la sala come una pescivendola
“Ehi Sanna, ho qualcosa di tuo!” Lentamente, molto lentamente una silhouette quasi infuocata salì le scale, ingrandendosi sempre di più. La luce del pomeriggio era cosi forte che dovetti socchiudere gli occhi per vedere qualcosa. Una strana sensazione cominciò a farsi largo dentro di me, il cuore accelerò bruscamente, e le gambe cominciarono a tremarmi.  Il respiro divenne irregolare, affannoso, e le mani cominciarono a sudare e prudermi in maniera quasi incontrollata, gli occhi mi bruciavano e stentavo a credere a ciò che essi mi mostravano. Venne avanti con lentezza, zoppicava leggermente, dall’andatura mi resi conto che doveva essere esausto ma non cosi tanto da impedirgli di stare il più dritto possibile. E quando lo vidi uscire dalla luce, ed entrare nella penombra fresca della sala, il groppo alla gola che avevo divenne ancora più grande e pesante mentre il cuore si fermava.  
 
Loki
La Sala del Trono era un ala distaccata dal grande palazzo di Angora. Si ergeva sull’ultimo giardino pensile del palazzo. Quando arrivammo, dopo aver corso su per non so più quante scale gremite di persone che attendevano di vedere i loro nuovi sovrani, la giornata era calda e luminosa, l’estate era praticamente alle porte, e il sole, a quell’ora alto nel cielo, picchiava forte sulle teste degli astanti. Molti si erano premuniti con piccoli ombrellini, o chiari copricapi in cotone, i più veloci avevano trovato riparo sotto le grandi ombre degli alberi. Un vociare eccitato e commosso percorreva la folla in lungo e in largo, udivo sprazzi di conversazioni sugli argomenti più in auge del momento: l’incoronazione, la guerra, il matrimonio di Sanna, la ricostruzione, le finanze, il matrimonio di Sanna, i debiti del regno, le alleanze, il matrimonio di Sanna, le riforme che i nuovi sovrani avrebbero adottato, il ritorno della regina Myllenniam, il matrimonio di Sanna. L’idea che qualcuno avesse avanzato la proposta di  far convolare a nozze la ragazza, mi faceva ribollire il sangue nelle vene, per fortuna Sanna aveva rifiutato, ma anche se non l’avesse fatto, le avrei fatto cambiare idea in un modo o nell’altro. Ancora una volta quella strana sensazione alla bocca dello stomaco, quel senso di gelosia che avevo provato solo nei confronti di Thor, ma era una gelosia completamente diversa da quella verso mio fratello, mi resi conto. Volevo Sanna, e la volevo solo per me, ero sicuro che per qualche strano segno del destino ci appartenevamo. Come si potevano appartenere due persone che avevano vissuto cosi poco tempo insieme non lo saprei direi, ma sapevo che era cosi e non c’era altra spiegazione.
Kirara correva davvero come un dannata, quasi ne valesse la sua vita, ma avevo il forte presentimento che lo facesse per vedere la reazione di Sanna alla mia vista, doveva sapere se poteva mettermi le mani addosso, in tutti i sensi, oppure no. Il dubbio la corrodeva!   Le enormi porte rosse, ingresso alla sala del trono, che intravedevo al di la del vestibolo erano già chiuse e sorvegliate da un drappello di uomini in alta uniforme. Non c’erano altri accessi esterni visto che la sala s’infilava nella parete della parete rocciosa dietro di lei, le finestre erano troppo alte da raggiungere, e soprattutto non con tutta quella sorveglianza, la Sala evidentemente comunicava con il palazzo tramite accessi interni.
“Kirara come pensi di…” cominciai, ma notai che il Comandante si era già avvicinata al drappello che era di guardia alla base delle scale
“Sono Kirara, Comandante della Flotta d’Estate. Vi ordino di farmi passare, il Comandante della Guardia attende impaziente il mio arrivo!”
“Mi dispiace Comandante, ma la Cerimonia sta avendo luogo, e lei sa benissimo che una volta chiusa la Porta  Rossa questa non può essere aperta fino alla proclamazione dei nuovi reali….”
“Tutto questo è assolutamente ridicolo!!” gridò la donna sputacchiando, ma prima che potessi anche solo pensare a qualcosa fummo bruscamente interrotti
“Chi diavolo è che fa tutto questo casino? Per poco i giuramenti non vengono coperti dal vostro starnazzare!” tuonò un ragazzone. L’ho riconobbi quasi subito, anche se aveva quasi dieci anni di più. L’avevo già visto nel passato di Sanna, era lo stesso ragazzo che l’aveva massacrata al suo primo anno di Accademia. Alto e muscoloso, dalla pelle scura e piccoli occhi nocciola, i corti capelli neri erano tirati all’indietro a scoprire la fronte alta e prematuramente segnata da rughe d’espressione. La mascella era squadrata e il naso schiacciato, probabilmente rotto da un pugno ben piazzato. La sua figura era resa ancora più possente dall’imponente armatura che indossava, forse persino Thor sarebbe sembrato più piccolo al suo confronto.
 “Oh no, ci mancavi solo tu!” disse Kirara sprezzante battendosi una mano sulla fronte
“Dovevo immaginarlo che fossi tu!” rispose lui senza celare il suo disprezzo
“Ohoh vedo che il rifiuto di Sanna ti ha reso ancora più simpatico” disse Kirara gettando una rapida occhiata nella mia direzione mentre io voltavo veloce la testa verso il nuovo arrivato. Dunque era lui Hanathol,
“Quella piccola bastard….” Con un rapido gesto della mano una colonia di scarafaggi cominciarono a risalirgli all’armatura e infilarsi in tutte le aperture possibili. Il ragazzo cominciò a dimenarsi come un ossesso, suscitando le risa di tutti gli astanti, quelle di Kirara si udirono particolarmente alte
“Sei stato tu?” chiese mentre cercava di asciugarsi gli angoli degli occhi, feci finta di niente ghignando.
“Non ti conviene parlar male di lei davanti a lui, Han, ha fatto un lungo viaggio per arrivare qui.” Disse la ragazza mentre Hanothol cercava di rimettersi faticosamente in piedi sotto il peso dell’armatura. Lo sguardo che mi lanciò fu di puro fuoco, ma niente a paragone di quello che gli riservai io. L’elettricità che ci circondava si poteva tagliare con un coltello,
“E’ un immenso piacere per me, Han, vederti nella polvere..” ma ancora una volta fu interrotta da qualcun altro
“Quando avrete finito questo antagonismo puerile….” Ma alla ragazza che arrivò trascinandosi dietro il profumo dell’inverno le si bloccarono le parole in gola. La ragazza, che ero abbastanza sicuro si chiamasse Even mi guardò per un lunghissimo attimo, prima di sgranare gli occhi e aprire la bocca incredula
“Fiocco di neve se ora apri e chiudi la bocca, somigli proprio ad un pesce rosso” disse Kirara sprezzante, ma l’attenzione di Even era tutta su di me, quasi non riusciva a formulare un pensiero sensato tanto era la sorpresa che le si era dipinta sul volto.
“Pensi di riuscire a mettere due parole in fila prima della prossima guerra?” la pungolò ancora Kirara spazientendosi
“Come diavolo hai fatto ad arrivare fin qui?” chiese alla fine balbettando
“E’ una storia lunga. Lei dov’è?” chiesi finalmente rendendomi conto che Lei era a pochissimi passi da me. Mancava poco.
“E’ dentro…oh Dea del cielo, quando ti vedrà...le verrà un colpo…”
“Spero proprio di no” ironizzai, ma gli occhi della ragazza si fecero improvvisamente lucidi
“Era pronta ad andare fino in capo all’universo per raggiungerti, non ha fatto altro che pensare al modo di ritornare da te.”
“Ho fatto lo stesso.”
“Fate entrare il Principe Loki!” ordinò Even alle guardie che seppur perplesse obbedirono, mentre Hanathol sgranò gli occhi
“No no no, devo fargli fare un entrata in grande stile!” disse Kirara schizzando avanti, alzai gli occhi al cielo mentre Even mi sorrideva incoraggiante,
Se pensavo che il viaggio fosse stato lungo, quella dannata scala, mi parve assai più infinita. Larghi gradini in marmo bianco dalle venature rosate mi dividevano dalla mia meta. E fu con estrema fatica che riuscii a scalarli tutti, la stanchezza del viaggio, la lotta contro i Nuotatori, la ferita ancora fresca, lo scarso appetito dell’ultimo anno, mi avevano provato, e in quel momento ne sentivo tutti gli effetti negativi. Mi sentivo un vecchio stanco e spossato dall’età e dalle lunghe battaglie, e con molta fatica riuscii a raddrizzare la schiena e a darmi un contegno il più regale possibile, non riuscii però a impedirmi di zoppicare leggermente, il morso di quel dannato Nuotatore mi faceva ancora male, e  la corsa forsennata che avevamo fatto aveva contribuito al dolore. Mi diedi una rapida occhiata: sembravo un pezzente! I miei abiti di regale foggia era maltrattati e logori in più punti, i capelli e la pelle erano secchi dal sale e dal vento, e sapevo di avere gli occhi cerchiati di nero. Non ero per niente presentabile, lei era abituata a vedermi regale e invece sembravo l’ombra di me stesso, eppure quando vidi il suo volto da lontano, tutto passò in secondo piano. La vidi paralizzarsi, cercare di capire se fossi veramente io oppure no. La vidi mentre lasciava cadere le armi a terra e lentamente prendere a  correre verso di me. Stava davvero correndo verso di me e io non riuscivo a muovere un solo dannato muscolo, nemmeno quando lei mi si gettò al collo e mi passò la sua mano calda tra i capelli. Ero paralizzato dalla sorpresa, non potevo crederci e lei lo capì perché mi portò una mano al suo viso piccolo e stanco almeno quanto il mio. Quel tocco fu come rinascere una seconda volta. Sentii il cuore che mi si allargava di una gioia senza eguali, altro che conquista di Asgard, altro che vittoria su quel citrullo di Thor, era lei che volevo, avevo sempre cercato lei, lei era la mia conquista, la mia vittoria, mi ci era voluto una vita intera per capirlo
“Sei proprio tu.” Mi sussurrò
“Ti ho trovata!” le dissi afferrandola in un gesto che significava tutta la possessione del mondo e catturai le sue labbra nel bacio più appassionato che riuscii a darle.   


Non ho nessuna scusa. Chiedo perdono a tutti!!! Spero vi piaccia! 

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Capitolo 23
*** 23 Quel sottile filo rosso ***


N.d.A.
Non ho scuse che tengano per giustificare questo ABOMINEVOLE ritardo! Sappiate però che anche se ci metterò mesi per pubblicare il prossimo capitolo, sappiate che NON HO NESSUNA INTENZIONE DI MOLLARE QUESTA STORIA, la conclusione ci sarà!! Detto questo ringrazio chi leggerà e chi ha continuato ad attendere gli aggiornamenti. Grazie mille davvero, e buona lettura e se avete un minutino recensite ;)

 
Capitolo 23
Quel sottile filo rosso
Non saprei dire per quanto rimanemmo abbracciati. Di sicuro io dovevo somigliare a un koala appeso al ramo con tutte le sue forze. Le gambe intrecciate dietro la schiena di Loki e il volto incassato nel suo collo. Sentivo le sue braccia stringersi intorno alla mia schiena e il suo viso sul petto. Il suo respiro appena tiepido e leggermente accelerato, lo sentii tremare mentre continuava a stringersi a me. Affondai le mani tra i capelli che profumavano di salsedine e sole, con gentilezza gli tirai fuori la testa dal nido che si stava scavando contro di me, avevo urgenza di guardarlo negli occhi, di perdermi nel suo sguardo freddo e calcolatore, ma lo sguardo che mi restituì era tutt’altro che freddo. Gli occhi di Loki, quel verde di smeraldo che non avevo trovato in nessun altro, erano lucidi. Mi morsi il labbro inferiore e strinsi gli occhi nel tentativo di non scoppiare in lacrime, ma nonostante i miei sforzi le lacrime scesero giù da sole, e fu bellissimo quando lui le asciugò baciandole. Il contatto con le sue labbra fredde fu come un balsamo rigenerante che mi permise di riprendere possesso delle mie gambe e scendere lentamente a terra senza però staccarmi dall’abbraccio saldo di lui. Eravamo ormai naufraghi nei nostri sguardi, ma mi rendevo conto che entrambi continuavamo a non poter credere ai nostri stessi occhi, ai nostri stessi sensi, era tutto cosi meraviglioso, che avevo il timore che sarebbe finito tutto da un momento all’altro, come in un sogno, ma quando Loki mi accarezzò i capelli seppi che era vero, era tutto meravigliosamente vero. Aggrottò un po’ la fronte mentre attorcigliava il dito nella coda della treccia, sapevo che era preoccupato per il colore
“Ritorneranno del loro colore molto presto” dissi sorridendo
“Ti sei proprio data da fare.” rispose aggrottando la fronte
Nel frattempo non mi ero accorta che l’intera sala era in religioso silenzio e ci guardava come se fossimo degli alieni, bè Loki sotto certi aspetti lo era, e solo dopo un po’ mi resi conto che Alyse e Ado si erano avvicinati. Alyse aveva le mani giunte sulle labbra e piangeva commossa come una fontana, Ado era più sulla difensiva e guardava in tralice Loki che non si scompose nemmeno un po’
“Bè dopo questo smielato quadretto, che ne direste di presentare il re e la regina al loro popolo?” chiese Gurvarth  mentre ci raggiungeva. Caddi quasi dal pero, mi ero completamente dimenticata della cerimonia. Tirai Loki da un lato e lasciai avanzare i nuovi re seguiti dalla madre che non degnò Loki e me nemmeno di uno sguardo, mentre Alyse mi sillabava a bassa voce “Non sparite!!”
“Non sono stato invitato…” disse mentre la folla esplodeva in un ovazione
“Non ti preoccupare sono tutti imbucati” dissi afferrandolo per il bavero e baciandolo approfittando che tutti gli occhi erano sui regnanti.

“Fa in modo che si cambi, se deve rimanere che sia almeno presentabile!” ringhiò la nonna prendendomi da parte, dopo che tutto il corteo si era spostato verso il giardino maggiore per il banchetto. Il tono con cui si rivolse a me suonava di velata minaccia
“Non c’è la fai proprio a essere un po’ più gentile?” chiesi cercando di sembrare il meno ostile possibile. Non avevo voglia di litigare con lei, men che meno davanti a Loki
“No, Sanna. E sappi che non approverò mai questo ragazzo sapendo che è per colpa sua che tu hai abbandonato la tua gente!” disse. Era ingiusta, come sempre.
“Io non ho abbandonato proprio nessuno! Anzi se ho abbandonato qualcuno, quel qualcuno è proprio Loki!” risposi a denti stretti
“Non è la persona che fa per te Sanna. Siete troppo diversi, lo sento, lo percepisco. E farò in modo che tu te ne accorga prima che sia troppo tardi!” Quel tono non mi piaceva nemmeno un pò
“Fammi un piacere nonna: sta alla larga da Loki, o dimenticherò di essere tua nipote!”
Accompagnai Loki nella mia stanza e chiusi la porta a chiave, mi voltai appoggiando le spalle alla porta pensando che le grane non erano ancora finite, ma quando posai lo sguardo sul dio che si era seduto esausto sulla sponda del letto pensai che fin quando ci sarebbe stato lui al mio fianco avrei potuto affrontare qualunque cosa. Lo raggiunsi e mi sedetti gli sedetti accanto
“Sei dimagrito” dissi spostandogli una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Il viso era scavato e più pallido del solito, ombre scure gli cerchiavano gli occhi che si sforzavano di essere luminosi
“Anche tu” disse facendo scorrere rapidamente il suo sguardo su di me, sorrisi appena e appoggiai la fronte alla sua spalla
“Perdonami” dissi alla fine dopo un lunghissimo attimo di silenzio
“Per cosa?” chiese con la sua voce simile ad un sussurro
“Per non essere tornata. Per aver scelto un mondo che mi ha dato solo dolore, invece di te che mi ha dato la speranza. Per aver scelto di tornare e combattere per gente che non pone limite al proprio egoismo, invece di tornare da te e essere per una volta io l’egoista. Per aver scelto per l’ennesima volta  di continuare a soffrire, quando sarebbe stato cosi facile cogliere la felicità scegliendo te. Per aver anteposto questo mondo che non è pronto ad accettarci, a te. Per averti abbandonato, per essermi arresa alla possibilità che non ti avrei più rivisto, per non aver lottato abbastanza!” risposi a denti stretti. Avrei dovuto scegliere lui dal primo momento, e mandare al diavolo tutto il resto. Avrei dovuto scegliere che si salvassero da soli, ne avrebbero avuto tutto il dovere. Il filo dei miei pensieri fu interrotto dalle parole di Loki che mi gelarono il sangue nelle vene
“Ti ho odiata Sanna!” alzai la testa di scatto e lo guardai con gli occhi sgranati, terrorizzata. Lui spostò lo sguardo da me e prese a fissarsi le mani colpevole
“Quando hai attraversato lo Stargate, ero certo che saresti tornata nel giro di poco. Quando non lo hai fatto ho cominciato a cercati, ho passato mesi chino sui libri per trovare un modo, mentre l’attesa mi consumava, la paura che tu potevi essere morta, che potevi esserti dimenticata di me. Ho cominciato a odiarti perché dovevo pur difendermi dal dolore che sentivo. Ho odiato te per avermi reso debole e il tuo maledetto mondo perché ti aveva portato via…”
“Mi dispiace…” pigolai ma prima che potessi aggiungere altro Loki mi prese per il mento e mi alzò la testa per guardarmi negli occhi, il suo sguardo era completamente diverso da quello di qualche secondo prima
“Vorrei solo capire che cosi ci ha trovato il destino di tanto divertente da farmi innamorare di te che sei cosi diversa da me. Tu che hai accettato un sacrificio cosi grande per il bene di altri, che hai sopportato sofferenze immani per gente che non hai mai neanche visto.” Il suo sguardo non poteva essere più orgoglioso di cosi,
“Acate su una cosa aveva ragione. Sono scappata tutta la vita dalle mie origini malvagie, per incappare in te che sei tutto ciò contro la quale ho sempre combattuto.”
“Forse non dovremmo stare insieme…”disse Loki facendosi più vicino, ormai i nostri respiri si fondevano in un tutt’uno
“Io invece credo che dovremmo…” bisbigliai con il sangue che mi annebbiava ormai la mente
“Ribelle fino alla fine?” chiese divertito
“No, ma  perché non voglio più passare un solo giorno senza di te!!” Le labbra di Loki si posarono sulle mie con una dolcezza senza eguali. Assaporare di nuovo la sua lingua fu come tornare ad Asgard e essere baciata da lui per la prima volta sul divano della sua stanza, solo che questa volta era molto più decisa a essere sua e glielo dimostrai piegandomi all’indietro sul materasso e trascinandolo con me. Le sue mani che correvano con urgenza sotto gli abiti, le mie che presero a spogliarlo senza tanti preamboli, nessuno ci avrebbe impedito di unirci e non allontanarci mai più l’uno dall’altra ….. SBAM SBAM …evidentemente mi sbagliavo.  La delicatezza con cui Gurvarth bussò alla porta era paragonabile alla caduta di un bastione
“Non ci siamo!” gridai. Loki alzò gli occhi al cielo rassegnato
“Tua nonna butterà giù la porta a spallate. A tratti mi manca Acate, sai? Almeno con lei potevi negoziare.”  Disse l’uomo dall’altro lato della porta
“Che diavolo vuoi G?” dissi esasperata mentre affondavo il viso nel petto mezzo nudo di Loki
“Che usciate di li. Mi rendo conto che avete gli ormoni a mille e l’unica cosa che volete è fare la maratona del sesso, ma sareste cosi gentili da trattenervi fino a stasera? Magari vi dico anche un paio di angolini del palazzo dove potrete copulare selvaggiamente, ma ora ricomponetevi e scendete. Mettete a tacere le chiacchiere una volta per tutte o non avrete mai pace!” Loki si cambiò in fretta e quando aprimmo la porta Gurvarth era appoggiato allo stipite intendo a fumare quel suo dannato coso
“Dov’è quell’angolino?” chiese Loki senza tanti preamboli, Gurvarth sorrise maligno e la cosa più sconcertante fu che Loki sorrise allo stesso identico modo
“Ci divertiremo un sacco Principe Loki!” disse dando al ragazzo una pacca sulla spalla
“Oh dei del cielo!” dissi fingendo esasperazione, ma in realtà ero felice come non mi sentivo da anni.
Il ricevimento reale si teneva nel giardino maggiore del palazzo. Una fiumana di persone che chiacchieravano, mangiavano, mentre i reali discutevano amabilmente con tutti i loro ospiti. Notai Hanathol che intratteneva un nutrito gruppo di vecchi compagni dell’Accademia, il Maestro Jinnay seduto al centro di un piccolo simposio sotto la frescura di un albero, la nonna vicina a dei suoi vecchi compagni, la regina Myllenniam vicina ai reali del nord. Tutti discutevano del più o del meno, ma quando Loki fece il suo ingresso il mormorio diffuso cessò di colpo. Forse era la sua figura a incutere timore, il suo sguardo serio e indifferente, o forse il fatto che indossava gli abiti di Saul e lo rendevano cosi simile a un principe della Stella quasi più dei reali stessi. Mi voltai a guardarlo e percepii, la stessa preoccupazione che aveva ad Asgard, ovvero quello di non essere accettato, quella di chi sapeva di essere diverso ancora una volta: gli afferrai la mano e intrecciai le mie dita con le sue, gli avrei cancellato quell’espressione dalla faccia, non avrei mai più permesso che si sentisse uno straniero, non con me al suo fianco. Alyse fu la prima a venirci incontro raggiante come il sole
“Principe Loki, finalmente la conosco!” disse la ragazza mandandolo all’aria secoli di etichetta e  gettandosi su Loki per abbracciarlo, il poverino rimase talmente spiazzato che non poté fare altro che alzare un sopracciglio e guardarmi senza sapere cosa fare. Dietro di lei si fece avanti Ado con uno sguardo molto più guardingo, ma quando parlò il suo tono era amabile come sempre
“Mollalo sorella, tra poco sparirà sotto terra dall’imbarazzo!”
“Sei una regina ormai” le dissi sotto voce liberando Loki
“La verità è che sei gelosa!” bisbigliò lei in modo che solo noi tre la udissimo. In quel momento fui certa di una cosa, con la corona o no in testa, Alyse mi avrebbe sempre trattato come una sorella maggiore, e vedere che lei accettava Loki senza alcuna remora mi fece desiderare che fossimo davvero sorelle. Alyse e Loki chiacchierarono amabilmente per qualche minuto, o meglio era la regina che chiacchierava tempestano il nuovo venuto di domande su domande alla quale Loki rispondeva a monosillabi, non so se per il fastidio o l’imbarazzo di avere introno una ragazza tanto curiosa e vivace. Ado rimase al fianco della sorella e si limitava a fissare Loki senza aggiungere altro
“Sei felice?” chiese Kirara alle mie spalle,
“Immensamente” risposi voltandomi verso di lei sorridendo “Grazie, per averlo aiutato. Non potrò mai ripagarti abbastanza” dissi mettendole una mano sulla spalla, lei fece altrettanto
“Dunque è per lui che non hai accettato me come sposo?” disse la voce di Hanathol raggiungendoci, il sorriso di Kirara si smorzò per divenire una maschera di insofferenza
“Non ti è bastata a lezione di prima, Han?” chiese Kirara portando la mano alla spada, la fermai prima che potesse fare alto
“Kirara, non è proprio il momento!” dissi
“E’ sempre il momento di bucare i palloni gonfiati..”
“Toh anche le pulci hanno la tosse adesso?” disse Hanathol sprezzante, dovetti fare forza per trattenere Kirara e tenerla buona, Han si era sempre divertito a provocare la gente, non era cambiato di una virgola da quando frequentavamo l’Accademia, ero lo stesso stronzo di sempre, e mia nonna pretendeva che io sfornassi bambini con un tipo del genere, meglio la clausura piuttosto!
“Han perché non ti sei fatto ammazzare in guerra come da tradizione?” chiesi cercando di tagliare corto, ma lui insisteva,
“E perdermi lo spettacolo di te che mandi in rovina il tuo casato accoppiandoti con quello spauracchio? Giammai….” Ora era il turno di Kirara di impedirmi di saltare al collo di Hanathol e sbranarlo a mani nude,
“Non sei degno nemmeno di pronunciare il suo nome, Han. Ne vale mille di gente come te.”
“Oh-ho e da quando ti scaldi tanto? Non mi dire….davvero ti sei fatta abbindolare da quello? Mi aspettavo molto di più dall’eroe della Stella. Ma a quanto pare non hai imparato nulla, ne dalla guerra, ne dalla morte dei tuoi compagni. Sai, mi chiedo ancora come mai sei l’unica sopravvissuta della tua squadra, cos’è si sono immolati per te come facevano di solito, o non sei riuscita a proteggerli? Ti ricordi vero che proteggere la propria squadra a costo della vita è la prima regola di un capo? Chissà cosa ne penserebbe Saul, dopo che è morto per te, saperti unita a un tipo del genere…” non lo feci finire, e i tentativi di Kirara di fermarmi furono inutili, una rabbia cieca mi salì alla testa. Hanathol aveva toccato tutti i tasti che non doveva toccare: Loki, i ragazzi e Saul. Una sfera di luce bianca scaturì dalla mia mano e colpi Han facendolo volare a un paio di metri. Nel giro di dieci secondi fu come ritornare a essere i ragazzini che frequentavano l’Accademia: gli altri guerrieri presenti alla cerimonia si divisero in due schieramenti, chi a mio favore chi con Hanathol, e fu divertente vedere che dopo tanti anni le fazioni erano sempre le stesse. Cercai di divincolarmi dalla stretta di Kirara e Even che era venuta a darle man forte, ma niente di ciò che fecero fu come la presa salda di Loki, che ebbe il potere di tranquillizzarmi con quel semplice gesto
“Ehi” disse soffiandomi all’orecchio, appoggiai la testa alla sua guancia e trassi un profondo respiro per calmarmi, quando riapri gli occhi Hanathol era già in piedi e si avvicinava a Loki, sentì la sua stretta sul mio fianco, come a dirmi di stare tranquilla
“Han, Sanna non siete più ragazzini, comportatevi da persone adulte per favore!!” gridò una dei Sensei, al nostro indirizzo come se fossimo davvero tornati indietro nel tempo e rifacessimo di nuovo le stesse scaramucce. Io e Hanathol ci guardammo per un lungo attimo prima di inchinarci leggermente l’uno all’altra, sorridemmo di circostanza e riprendemmo a parlare come se non fosse successo nulla, anche se entrambi desideravamo che le nostre lingue potessero sputare veleno
“Hanathol, ti presento Loki di Asgard!” Dissi cercando di sembrare educata. Han riservò a Loki il suo peggior sguardo inquisitore, ma il ragazzo non fece una piega
“Piacere di conoscerti Loki” disse tendendo la mano che Loki non strinse, ma che guardò appena alzando un sopraciglio, quasi schifato
“Il piacere è solo tuo!” rispose lapidario. Ebbi la sensazione che a Kirara si rompessero due costole nel tentativo di non ridere, Even cominciò a scuotere la testa rassegnata all’imminente rissa, Hanathol rimase stupito da quella risposta ma si riprese subito
“Te lo sei scelto in gamba…” bisbigliò in modo che i sensei non ci udissero
“Non provocarci Han, non ti conviene…” risposi a denti stretti
“Basta cosi!” Il tono secco di Loki m’interruppe, ma prima che potessi dire qualcosa, aggiunse “Perdonerò il tono con cui ti sei rivolto a me, ma l’insolenza verso la mia Signora lo considererò un sospeso tra noi due!” Senza togliere la mano dal mio fianco, anzi facendo in modo che fosse ad Hanathol molto bene visibile, ci allontanammo seguiti da Kirara e Even che lanciavano frecciatine ad Han rimasto imbambolato come uno stoccafisso
“La tua signora?” chiesi arrossendo fino alla punta dei capelli
“Non montarti la testa!” rispose asciutto
“Non sia mai!” dissi avvicinandomi a lui come un gatto in cerca di coccole.
Il resto della festa si svolse senza ulteriori incidenti, e io e Loki pregavamo che scendesse la notte il più rapidamente possibile per barricarci in camera e non uscirne se non tra un paio di giorni. Nei piccoli e celati gesti di Loki verso di me potevo leggere tutto il suo desiderio, nell’accarezzarmi le dita mentre gli tenevo la mano, la sua mano discreta sul mio fianco che aumentava un po’ di più la pressione sulla carne ogni qual volta parlavo con qualcuno, il suo modo di portarmi cibo alla bocca quando nessuno ci vedeva. Mi stringevo a lui non appena potevo, ed era, devo ammetterlo, un enorme soddisfazione sentire contro di me il suo sesso turgido
“Ringraziando gli Idei il giustacuore è lungo. Non sopporterei che altri vedessero ciò che è mio di diritto!” dissi facendo scorrere le mani attorno ai fianchi di lui per tirarmelo di più addosso. Lui mi passò le mani intorno al collo e mi accarezzò le guance con i pollici. Ci perdemmo l’uno nello sguardo limpido dell’altra, gli diedi un rapido bacio sulla punta del naso e lo vidi abbozzare un sorriso finalmente sereno, prima di premere le sue labbra sulle mie. Il brivido di freddo e eccitazione arrivò immediatamente, le sue labbra fredde e la sua lingua affilata che s’intrecciava con la mia, la sensazione che mi diede credevo di non poterla provare mai più. Qualcosa dentro di me si smosse, e sapevo benissimo cos’era, era la voglia di lui, di perdermi nel suo abbraccio forte e tenero, di perdermi in quegli occhi di ghiaccio che si riscaldavano solo se mi guardavano, volevo sentirlo dentro, tenero ma al tempo stesso deciso, volevo che mi facesse sentire ancora una volta sua e solo sua.
“La mia guerriera ha strani pensieri…” sussurrò soddisfatto passandomi la lingua sul collo. Potevo sentire le sue mani che mi spingevano con forza contro il tronco dell’albero alle mie spalle
“Lo sai vero che potresti farmi di tutto in questo momento e io non opporrei resistenza?” dissi porgendo il collo ancora di più
“Sta pur certa mia cara che ne approfitterò a tempo debito. E stavolta non ci sarà nessuno a fermarmi!”
“Oh Dea lo spero proprio!” dissi prima di baciarlo di nuovo con trasporto, e d’improvviso il corno suonò forte e chiaro nell’aria del pomeriggio.
“Sto cominciando a pensare che lo facciano apposta sai?” disse Loki mentre allentava la presa su di me
“La guardia di turno è ubriaca spero!” dissi staccandomi di malavoglia dalle sue labbra. Ci scambiammo uno sguardo rassegnato prima di raggiungere gli altri che erano già in fermento
“Even va a vedere se quell’idiota è ubriaco o cosa!” ordinai alla ragazza che partì a razzo, seguita da Furyo il suo compagno, Kirara si stava già togliendo la giacca da comandante e la stava dando al piccolo Luk che solerte cercava un posto dove riporla al sicuro. Un brivido di fermento percorse i guerrieri presenti, vidi Fyl e Peyp venire verso di me con lo sguardo di chi era pronto di nuovo a combattere, insieme a loro altri, mentre Gurvarth lasciava la sua bambina tra le braccia di un ancella e sfoderava l’enorme spadone che portava dietro le spalle. Il resto degli invitati era in religioso silenzio in attese di notizie da Even, avevo però il sospetto che se la sarebbero dati a gambe non appena la notizia dell’attacco fosse stata confermata, e di fatti lo fu. Il panico dilagò a macchia d’olio
“Gurvarth, i ragazzi!!” gridai indicando Ado e Alyse che erano già stati circondati dal picchetto d’onore
“Io combatto con te!” sbraitò avvicinandosi
“No! Ho bisogno di saperli al sicuro, non posso affidare questo compito a nessun’altro se non a te!” mi guardò negli occhi per un lungo attimo prima di cedere
“Ai tuoi ordini!” disse facendo dietro front e scortando i reali all’interno del palazzo.
 “Sono gli Estivi, stanno scendendo il crinale a dorso dei vermoni, è una squadriglia di qualche centinaio di elementi, devono essere quelli alla quale non è arrivata la notizia che la guerra l’abbiamo vinta noi!” disse Even, correndo verso di me e chiamando a raccolta la sua squadra.
“Li ha portati lui qui!” gridò d’un tratto qualcuno puntando il dito verso Loki che, se ne stava in piedi con le braccia conserte anche quando i guerrieri lo circondarono come se fosse una belva da cacciare,
 “Che piacevole novità” disse Loki sarcastico
“Chissà perché arriva lui e gli Estivi ci attaccano!” disse Han sfoderando la spada puntandola alla gola di Loki
“Sfioralo e giuro sulla Dea che ti uccido!” sibilai  mettendomi tra lui e il mio uomo.
“Ragiona imbecille, se avesse voluto ucciderci l’avrebbe fatto stamattina. Questi sono Estivi disperati, hanno perso tutto, questa è la loro ultima mossa prima della fine!!” gridò Kirara chiamando a raccolta anche i suoi uomini
“Mi credi adesso?” chiese Loki appena sorpreso all’indirizzo di Kirara
“Diciamo che mi stai più simpatico di lui!” rispose sorridendo in maniera troppo ammiccante
“Se scopro che c’è stato qualcosa tra di voi, vi uccido!” dissi sarcastica, ma il silenzio che ci fu tra i due non mi piacque neanche un pò, ma non era il momento di pensarci, avevamo questioni più importanti da affrontare, i guerrieri guidati da Han si facevano sempre più vicini e sempre più minacciosi. Loki mi si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio
“Che ne dici se ci pensiamo io e te a quei tipi? Magari questi simpaticoni si convincono…” mi voltai e mi trovai a un centimetro dalle sue labbra
“Loki sei a pezzi e io anche…” volevo solo baciarlo in quel momento
“Prima ci sbarazziamo di loro, prima potremmo starcene da soli.” Disse dandomi un leggero bacio sulle labbra. Il suo sguardo era più deciso che mai, di sicuro se li avessimo affrontati insieme la gente si sarebbe convinta che Loki non era una minaccia, e ci avrebbe lasciato in pace, o almeno lo speravo, ma il suo volto cosi stanco e il suo corpo cosi provato dal difficile viaggio mi fecevano desistere
“Possiamo farcela. Insieme!” fu quell’insieme che mi convinse ad assecondarlo. Non pensai nemmeno per un secondo alla questione magia.
“Even ci pensiamo io e Loki!” dissi continuando a fissare Loki
“Siete fuori di senno per caso?” disse ma quando la guardammo, la ragazza rimase allibita “Si, siete decisamente impazziti!”
“Fa schierare gli uomini. Han renditi utile e fa qualcosa di buono, metti al riparo la gente della città. Kirara fa posizionare la navi da guerra al ridosso del porto, non vorrei che i nostri ospiti indesiderati ci riservassero qualche brutta sorpresa via mare.”
“Pensi davvero di farcela da sola? Cos’è essere l’eroe della Stella ti ha fatto montare la testa ancora di più?” chiese Hanathol senza muoversi
“Sai qual è la differenza tra me e te, Han? Sai cos’è che mi ha sempre reso più forte di te? Il fatto che io mi fido della gente con cui combatto. Credo nelle loro capacità e nella loro intelligenza al punto che non ho remore ad affidare loro la mia vita. Tra noi due quello che pecca di presunzione sei tu, perché io so che da sola non c’è l’avrei mai fatta a vincere!” Voltai le spalle e cominciai a correre verso il margine estremo del giardino che dava sulla città brulicante di gente che correva ai ripari. Mi sporsi guardando a destra e a sinistra frenetica
“Che stiamo aspettando?” chiese Loki senza capire
“Un passaggio!” risposi
“Un passaggio?” ripetè senza capire
“Non ho intenzione di correre a rotta di collo fin laggiù, consumeremo solo energia, e vorrei evitare che quei tipi arrivino alla foresta!....Ma dove diavolo si è cacciato?” spazientita infilai due dita in bocca e fischia forte.
 Un possente battito d’ali riempì l’aria, un ombra gigantesca oscurò per un attimo il sole prima che qualcosa di enorme scendesse giù in picchiata verso di noi per  immobilizzarsi a mezz’aria,  
 “Linee aeree Dragon al vostro servizio!” chiese il drago volgendo la sua enorme testa verso di noi
 “Questo è…un drago..” disse Loki e per la prima volta potei ammirare lo stupore sul volto
“Wow ha succhiato latte di volpe questo qui!” rispose Allen sarcastico, scoppiai a ridere mentre agile scavalcavo il muretto e con un salto mi ritrovai sulla groppa dell’animale. Loki indugiò per qualche istante, io ne ero divertita e Allen pure
“Paura di un potere dirompente tra le gambe eh?” chiese divertito il drago. Senza indugiare oltre Loki saltò su e Allen parti in picchiata. Il mio urlo di gioia si perse nel vento e nel suono ritmico delle ali del drago che battevano possenti. La città sotto di noi filava veloce, e da lassù potevo vedere la chioma bianca e ricciuta di Even scendere verso la città e coordinare le operazioni, mentre all’orizzonte gli Estivi scendevano a frotte dal crinale nord ovest . Erano ben armati e  agguerriti
“Allen ti va di darci una mano?” gridai all’indirizzo del drago cercando di farmi udire, il vento nelle orecchie era fortissimo
“Posso mordere qualche chiappa?” chiese la bestia mentre faceva un altro giro della morte
“Basta che non siano le mie!” dissi accarezzando il bestione come se fosse un gattino domestico
“Ecco, ora mi piace ancora meno!” gridò Loki che aveva capito a quale episodio mi riferivo
Allen planò con eleganza nella pianura fuori le mura della città e dopo la foresta già duramente provata dall’ultimo assedio. Scivolammo a terra e prendemmo posizione, mentre il drago si spostava verso la via d’accesso alla città e vi si piantava davanti come un guardiano feroce.  Fermi, in piedi nel bel mezzo della pianura di Angora ad attendere il nostro nemico armati e pronti a combattere di nuovo l’uno affianco all’altra. Loki senza guardarmi mi afferrò la mano e la strinse, e in quel preciso istante seppi che tutto sarebbe stato possibile con lui accanto.
“Che caratteristiche hanno questi qui?” chiese in tono indifferente
“Sono della stessa razza di Gurvarth, umani, ma di indole più simili alle bestie feroci che agli uomini. Sono forti come orsi e bravi nel combattimento. Non ti uccidono ma ti spezzano tutte le ossa! Cavalcano vermoni giganti carnivori dalla pellaccia corrazzata, e quando li infilzi fanno  veramente ribrezzo!”
“Be direi di stendere le prime file con qualche onda d’urto. Pensi di farcela?” chiese Loki mentre prendeva posizione dietro di me e mi afferrava le mani portandole in avanti
“Pensavo che questa posizione l’avresti riservata per stanotte.” Dissi  con quel tono che lo sapevo, gli piaceva da morire
“Kirara, mi ha detto che la magia è sparita dalla Stella, io penso invece che questa si stia evolvendo in qualche modo. Forse possiamo fare come quando hai cercato Even mentre eri ad Asgard!” disse Loki glissando sull’argomento “posizioni” che avremmo avuto quella notte
“Ma ad Asgard avevamo Heimdall che fungeva da amplificatore, qui…”
“Qui c’è la magia allo stato puro, Sanna, e la magia non è cosi facile da distruggere. Non è qualcosa che puoi prendere e disfare, è un entità pensante che assume forme e aspetti diversi, e tu ne sei la dimostrazione, tu sei nata da lei a quanto mi ricordo. Devi solo cercarla dentro di te. Ne hai usata talmente tanta nell’ultimo scontro che questa si è indebolita, una cosa però mi è molto chiara, tu trai magia da qualsiasi cosa ci sia intorno a te, la trai dalla Stella stessa, quindi anche lei la trae da te. Se tu smetti di credere in lei, lei fa altrettanto e si assopisce.  La dimostrazione è stata la sfera di energia che hai lanciato verso Hanathol, quello non era un refuso, quella era magia pura e semplice.” Concluse
“E hai capito tutto questo nel giro di un pomeriggio?” chiese sconcertata
“Sono una mente superiore!” rispose mettendo una mano sul mio ventre e una sul cuore. Mi percorse un brivido freddo, le mani di Loki erano gelide, ma fu il tocco e non la temperature a farmi tramare per un attimo. Un improvvisa folata di vento mi portò alle narici il suo profumo e i suoi capelli mi sfiorarono la guancia, ebbi un capogiro e ebbi la sensazione che lo stomaco sis vuotasse e divenisse leggero come una piuma. L’orda barbarica che scendeva a rotta di collo sull’orizzonte, non mi faceva la minima paura anzi, non vedevo l’ora di sbarazzarmi di loro in un unico colpo per poter stare finalmente con il mio uomo. Un gelo improvviso si sprigionò dalle mani di Loki, un gelo tale che sentivo la pelle bruciare, strinsi i denti per non impensierire il dio, ma con lui non avevo bisogno di fingere
“Perdonami, lo so che fa male, ma è necessario.” Disse facendo in modo che la mia schiena aderisse completamente al suo petto, per quanto poteva sembrarmi assurdo, potevo sentire il suo cuore attraverso i nostri corpi, pulsare come un matto
“Il ventre di una donna è la culla del potere più grande che esista. Il potere di donare la vita. Dal suo cuore arriva la forza per crearla quella vita, e chi meglio di te, che di magia sei fatta, può farla riscorrere nuovamente su questo mondo stanco? Un essere creato dalla magia, divenuto demone e cresciuto in mezzo agli uomini, una creatura con la magia di un demone ma con il cuore di una donna. Sanna tu sei la colonna portante di questo mondo. Tu puoi tutto in questo momento. Devi solo decidere dove indirizzare tale forza e colpire.” Saranno state le sue parole, la sua vicinza, la felicità che sentivo per averlo finalmente vicino, il suo potere unito al mio, perchè si, avevo capito che quel gelo che mi bruciava le carni era il suo potere che si fondeva con il mio in un tutt’uno. Lo sentivo montare dal ventre toccato da Loki, salire su per lo stomaco, arrivare al cuore dove si fece ancora più forte, irrigidire le braccia in avanti fu naturale, e l’onda d’urto che si sprigionò fu talmente potente che nemmeno uno degli estivi rimase in piedi dopo che quella li investì in pieno. Fui sconvolta da quell’assurda forza, non avevo mai prodotto un onda di tale intensità, nemmeno nei miei sogni più entusiastici o nei peggiori incubi avevo immaginato di poter creare una cosa del genere. Mi resi improvvisamente conto, che quella forza era dentro di me, che sarebbe cresciuta e mai diminuita, e nello stesso istante capii che se non me ne fossi liberata alla svelta, non sarei mai stata veramente libera. La magia chiedeva un prezzo, era uno scambio equivalente, io avevo qualcosa da lei e lei aveva qualcosa da me. E sapevo che non avrebbe accettato pagamenti inferiori al prezzo del dono che avevo ottenuto. Io avevo chiesto, all’epoca, di essere più forte, e lei mi aveva donato la forza ma si era presa i miei compagni uno alla volta. Volevo essere più forte per salvare Loki e lei aveva preteso che perdessi la mia forma umana per prendere quella del demone. Avevo voluto salvare la Stella, e avevo dovuto assorbire su di me tutta la sua magia. Si erano sbagliati tutti, io per prima, la magia non era scomparsa era semplicemente rinchiusa dentro di me, e non lo sapevo. Ci era voluto un dio di un altro mondo per farmelo capire.
Degli estivi non rimase che polvere. Si erano dissolti come se fossero fatti di sabbia che il vento del sud avrebbe spazzato via in pochi attimi. Piegata in due sulle ginocchia e il fiato corto per lo sforzo, guardavo Loki visibilmente affaticato vicino a me che mi sorrideva soddisfatto, prima di crollare a terra svenuto.
Loki fu portato di corsa nella mia stanza e adagiato sul letto. Il volto era più pallido del solito e la sua espressione era di grande sofferenza. Ektor lo spogliò alla velocità della luce, e per un momento ebbi un moto di stizza nel constatare che Even, Kirara e la nonna potessero vedere il mio Loki mezzo nudo, ma strinsi i pungni e cercai di non pensarci; la ferita che aveva alla gamba non aveva un bell’aspetto e Ektor si concetrò subito su quella. Se ero stata spaventata all’idea di affrontare Marek e Argan alla bocca del’inferno, in quel momento ero a dir poco terrorizzata, non volevo perderlo ora che l’avevo ritrovato, sarei scesa di nuovo agli inferi per andarlo a riprendere. Ero in piedi ai piedi del letto tesa con un fuso, lo sguardo vitreo che non riuscivo a staccare dal volto pallido e affilato di Loki
“Allora?” chiese all’improvviso da far sobbalzare Even al mio fianco
“Non ne sono sicuro...” cominciò Ektor
“Che diavolo significa?” chiesi strattonando il nano per la collottola. Non volevo farlo, ma ero in preda al panico.
“Sanna calmati.” Rispose lui prendendomi dolcemente le mani, trassi un enorme respiro per calmarmi, non potevo dare di matto con gli altri come faceva la nonna
“Perdonami Ektor..” dissi chinando il capo a mo di scuse
“Comunque questo ragazzo sviene di continuo. Donnicciola!” disse Kirara indugiando troppo sul corpo mezzo nudo di Loki
“Quando?” chiese Ektor molto interessato, Kirara rispose senza indugio, ma anche senza staccare lo sguardo dal petto di Loki che si alzava e si abbassava un troppo velocemente per i miei gusti, coprirlo con il lenzuolo mi venne automatico
“Quando abbiamo combattuto contro i nuotatori è stato morso ed è andato giù subito dopo aver creato la nebbia che ci ha permesso di metterci in salvo.” Ektor andò su e giù per la stanza per qualche minuto, prima di avvicinarsi di nuovo a Loki e osservarlo più da vicino, gli controllò la ferita che si era riaperta, gli tastò la fronte e gli apri un occhio, l’ansia ormai mi divorava al punto che avevo rosicchiato tutte le unghie
“Andate tutti fuori per favore.” Disse d’un tratto “Sanna, tu no.” Il sangue mi si gelò nelle vene, Gurvarth, Even e Kirara non se lo fecero dire due volte e infilarono la porta strisciando i piedi, la nonna ovviamente rimase dov’era
“Nobile Anasi, vale anche per lei.” Ma la nonna non demordeva
“Non vado da nessuna parte fin quando non saprò con certezza che nè noi nè mia nipote corriamo rischi ospitando questo ragazzo.” Scossi la testa rassegnata andando a sedermi accanto a Loki. Non avevo voglia di discutere per l’ennesima volta con lei, lasciai che fosse Ektor a spicciarsela 
“Il ragazzo non è un pericolo per nessuno di noi...”
“Allora non vedo perchè non possa rimanere...” Ektor trasse un profondo respiro, ma fu il maestro Jinnay a venire in suo soccorso. Entrò a piccoli passi dalla porta tenuta aperta da Even
“Anasi, per quanto tu ostini a non accettarlo, Sanna e questo ragazzo sono legati. Per quanto tu ti costringa a non vederlo, loro sono gia una famiglia senza che nessun vincolo tra loro sia stato stipulato. Ektor ha il dovere di parlare da solo con Sanna, e quindi ti prego esci da questa stanza. Tua nipote è una donna ormai. Non ha più bisogno di te.” La sua voce era tranquilla ma ferma, ci volle qualche altro secondo ma alla fine la nonna cedette e usci seguita dai lenti passi del maestro.
“La magia non è scomparsa, giusto?” chiese Ektor senza tanti giri di parole, sedendosi su uno sgabello accanto al letto, mentre io sistemavo le coperte sul corpo di Loki. Feci di si con la testa
“La magia per una qualche strana ragione è dentro di te, giusto?” Ancora un assenso, mentro scostavo i capelli sudati dal volto dell’uomo che amavo
“Sanna, la magia che hai assorbito da lui, lo ha completamente sfiancato.” Disse
“Sono io quindi che lo faccio stare male?” chiesi ormai sull’orlo delle lacrime
“Si. Non conosce le leggi che governano questo mondo e la sua magia, e  non poteva sapere che si sarebbe prosciugato cosi..”
“Lo sapeva, e lo ha fatto lo stesso. Per me. Perchè sapeva quanto è importante la mia gente per me. Ha accettato non solo di essere abbandonato da me, ma ha accettato anche di ridursi in fin di vita....”
“In fin di vita, non esageriamo, starà benissimo tra qualche giorno. Come sei catastrofica!” disse Ektor saltando giù dallo sgabello
“Ma io pensavo che...”
“Tu pensi sempre al peggio, è un abitudine che devi perdere Comandante. E’ solo un effetto collaterale passeggero. E’ forte si abituerà presto. Vi abituerete l’uono all’altra e trovere un equilibrio. Magia chiama magia.” Si avviò verso la porta ma fece in tempo a vedere che mi distendevo al fianco di Loki per abbracciarlo, e lui che si svegliava per qualche secondo per sussurrarmi un “Ehi”
“E’ molto più forte di quanto sembri!” disse Ektor stupito ma sorridendo. Poi chiuse la porta con grande delicatezza.
 
“Non si rende conto che è puro male? Se ne sente il sentore a miglia di distanza! Non le è bastato tutto quello che ha già affrontato e sofferto?” Anasi ormai era fuori di sè dalla rabbia, il suo salotto privato era riempito dalle sue urla quasi isteriche. Jinnay su una poltrona davanti alla finestra cercava di farla ragionare
“Anasi, penso che Sanna sappia esattamente chi e che cosa sia il ragazzo, e che lo ami proprio per questo.” Disse Jinnay con la sua voce calma
“Amore? Sanna non è innamorata di lui, Sanna è innamorata della libertà che può avere con lui, ma sicuramente non di lui!”
“Anasi, io sono ceco ma sei tu quella che non vuole vedere. Sanna è pazza di lui e lui lo stesso, anche se non lo da a vedere.”
“Farò sparire quel ragazzo dalla faccia della Stella!”
“Sanna combatterà altre mille volte per lui. Non puoi dividerli Anasi. Conosci bene anche tu la forza di un legame tanto forte.” Disse Ballast affacciandosi alla finestra
“Ci mancavi solo tu Ballast!” disse la nonna crollando sul divano massagiandosi la radice del naso.
“Vedo che con gli anni il tuo caratteraccio non è migliorato!” A parlare non era più la bestia mitologica ma un simpatico vecchietto altissimo e dalla lunghissima barba bianca, gli occhi dal taglio oblungo e una lunga vesta dalla foggia orientale di colore rosso acceso con bordature dorate. Entrò nella stanza passando dalla finestra con incredibile eleganza, e si accomodò sulla poltrona libera vicino a Jinnay che lo salutò con un cenno del capo
“Non riesco a capire perchè tu tu faccia tanti problemi. Dovresti essere felice per tua nipote, ha trovato finalmente qualcosa d’importante.” Disse l’uomo dagli occhi di due colori differenti, il tratto distintivo di chi, come Sanna, possedeva L’Occhio Onnivegente.
“Sappiamo molto bene quanto tu l’ami Anasi, ma proprio per questo devi lasciarla andare. Non riuscirai a dividerli, si faranno ammazzare piuttosto.” Disse Jinnay
“Ma come può essere attratta dal Male?” domandò la donna in tono ormai lacrimevole, fu Ballast a rispondere con grande orgoglio
“Come può il Male, essere attrato dal Bene? Sono due forze in costante equilibrio tra di loro. E anche tu questo pomeriggio hai visto cosa sono stati in grado di fare. Per un momento, non erano più Bene e Male che s’incrociavano, ma erano un unico grande equilibrio. Godiamoci il momento, non capiterà mai più a nessuno di noi di assistere a un tale privilegio!” 
 

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Capitolo 24
*** 24 ***


Capitolo 24
Loki dormi per giorni, e più i giorni passavano, più ero atterrita all’idea che non avrebbe più riaperto gli occhi.
“Deveva essere distrutto per dormire della grossa da tutti sti giorni” disse Gurvarth un pomeriggio. Era entrato nella vaga speranza di farmi mangiare, ma lo stomaco era serrato
“Loki non dorme mai cosi, il minimo rumore lo sveglia. Adesso pare in stato comatoso.” Dissi senza staccare gli occhi da lui
“Bè vuol dire che qui si sente al sicuro.” Rispose saggiamente Gurvarth, ma quelle parole anche se mi fecero sorride per un attimo non mi tranquillizzarono. Continuai a vegliare il suo sonno senza muovermi da quella stanza, ero divenuta ancora più innavicinabile di quando ero tornata dalla bocca dell’inferno, per fortuna anche la nonna aveva rinunciato a cercare anche solo di parlarmi, sapevo di darle un dolore ma il mio unico pensiero era Loki, e sapevo che lei non lo capiva. Ormai solo Gurvarth aveva abbastanza pazieza o coraggio per avvicinarsi, o forse la verità era che per qualche strana ragione tolleravo solo la sua presenza oltre a quella di Loki.
 “Devi uscire da qui.” Disse il quarto pomeriggio. Loki continuava a riposare, il suo volto era tranquillo e rilassato e la sua fronte non si aggrottava più dal dolore o dagli incubi, anche la febbre che lo aveva tormentato nelle ultime due notti sembrava essere passata, e il suo corpo tornava alla sua solita fredda temperatura. Mi stroppicciai gli occhi esausta di sentirmi dire sempre le stesse cose e di dare sempre le stesse risposte,
“E se si sveglia per un minuto e io non sono accanto a lui? Si sentirà abbandonato di nuovo e non voglio. Rimarrò qui finchè non si sveglia.” Quando Gurvarth usci nuovamente sconfitto, tornai a sedermi sullo sgabellinno accanto al letto e presi la mano di Loki, non era più sudata ma fresca e liscia
“Loki..” cominciai a chimarlo con un sussurro ormai disperato “Loki ti scongiuro svegliati. Ti stai vendicando perchè ti ho lasciato solo ad Asgard? Me lo merito, ma ti prego adesso svegliati. Torna da me. Se non torni giuro che vengo a prenderti negli inferi e ti uccido con le mie mani!” dissi con le lacrime che ormai cadevano giù senza che potessi o volessi fermarle, quanto ancora dovevamo soffrire entrambi prima di poter essere felici?  “Brutto bastardo egocentrico primadonna svegliati!!” gridai, ma lui non si mosse. Appoggiai la testa sul letto a fianco al corpo di Loki e esausta mi addormentai.
 
Loki
Dormire quei quattro giorni fu come rivivere tutta la mia vita in un sogno, e fu sconvolgente come il mio inconscio non aveva distorto nessun dettaglio. L’infanzia ad Asgard vessato da Sif e i tre citrulli, l’adolescenza passata a tentare di essere come Thor senza risultati. Scoprire l’arte dell’inganno, divenire un maestro, isolarmi fino a divenire quello fuori da coro, quello diverso. Scoprire di esserlo per davvero, la gelosia verso quel fratello che non ero mai riuscito a eguagliare, l’odio per l’uomo che mi aveva cresciuto in una bugia e l’amore per mia madre che mi amavato nonostante tutto. Midgard, Thor e quell’altro branco di imbecilli boriosi, di nuovo Asgard con le sue prigioni, Thor che mi ridava una libertà fittizia, Jane, e rassegnarsi all’idea di essere un ombra per l’eternità. Poi arrivava lei e mi sconvolgeva la vita in tutti i sensi. Non ero più il mostro da cui si mettono in guardia i bambini la notte, ma ero qualcuno da amare con i suoi pregi ma sopratutto con i suoi difetti. Lei alla quale non erano interessate le scelleratezze che avevo commesso, “Nessuno è perfetto” disse. Lei che da una vita combatteva quelli come me, di me si era innamorata. Io che non avevo mai capito che cos’era l’amore e che lo avevo anche deriso, adesso sapevo esattamente che cosa voleva dire davvero appartenere a qualcuno. E quel qualcuno dormiva esausta accanto a me. Fu meraviglioso svegliarmi e vederla li, la sua testolina bianca accanto al mio fianco, il volto nascosto dal braccio e la sua mano che stringeva la mia. Non mi ero mai sentito cosi, eppure non mi dispiaceva, non mi disturbava essere divenuto sentimentale per lei. Potevo vedere il sole lentamente scendere verso l’orizzonte oltre le tende che si muovevano leggere alla prima brezza pomeridiana. Le accarezai la mano e lei si svegliò destata da quel lievo tocco. Ci guardammo per un lunghissimo momento, incapaci di pensare ad altro se non a noi due, l’attesa di quel momento era stata talmente lunga che quasi non sapevano che cosa fare. Con la mano ancora saldamente nella sua la tirai a me sussurrandole
“Vieni qui.” Si arrampicò sul letto e si raggomitolo accanto a me, la strinsi forte e finalmente potevo inspirare il suo profumo caldo e invitante, il suo corpo premuto contro il mio quasi a voler divenire una cosa sola, mi guardò con quei suoi occhi assurdamente belli e fu un piacere scivolare in quello sguardo che scoppiava di felicità. Rotolai piano su di lei e la baciai il più lentamente possibile, volevo che assaporasse ogni singolo attimo di quel momento. La volevo cosi tanto da fare male, ma ero deciso a resistere a quel dolore che mi squarciava le viscere perchè, dopo averlo tanto atteso, quel momento non poteva consumarsi in pochi minuti. Lentamente, come se fosse fatta di finissimo vetro, la spogliai, mi presi tutto il tempo del mondo per studiare le sue reazioni, ogni suo brivido, sussulto, era tenerissima quando le sfilai con un dito la biancheria e la vidi arrossire come se non mi avesse gia dato tutto di lei. Baciai ogni centimetro di quel corpo che mi faceva perdere la ragione come nessun altro, la parte bestiale di me avrebbe voluta prenderla senza alcun riguardo e possederla con violenza, ma la misi a tacere alla svelta, ci sarebbe stato il tempo anche per quello, ma in quel momento volevo scivolare in lei con calma e osservare le sue mille espressione mentre lo facevo, non prima però di averla torturata a dovere con la lingua che s’infilava in ogni angolo del suo piccolo corpo; era, per una volta tanto, completamente disarmata e questo mi eccitava ancora di più. Ogni spinta, ogni carezza, ogni gemito era come morire e rinascere di nuovo mille volte. Non dicemmo una parola durante quel rapporto, inondati dalla luce dorata del sole che faceva da cornice a quel momento che, lo sapevamo, suggellava le nostre anime in un legame che nessuno avrebbe sciolto, e dopotutto non avevamo bisgono di parole io e lei, i nostri occhi accesi di desiderio e felicità erano più eloquenti di qualsiasi discorso. Dopo averle fatto raggiungere il piacere un numero considerevole di volte, lasciai che si addormentasse sul mio petto, ma non le permisi di coprirsi, la volevo nuda su di me, volevo continuare a guardarla anche dopo che lei si fosse addormentata, la poesia del suo corpo nudo contro il mio mi fecero desiderare di possederla di nuovo, ma chissà per quanto tempo era stata sveglia accanto a me nell’attesa che io mi risvegliassi, lasciai cosi che si abbandonasse completamente tra le mie braccia che la stringevano delicatamente, finalmente era lei a essere protetta.
Si svegliò che la luna era ormai alta nel cielo, l’avevo coperta con un lenzuolo, l’umidità della sera entrava attraverso la finestra costantemente aperta, e se io ero abituato al freddo, il suo corpo veniva scosso dai brividi, e io di certo facevo fatica a riscaldarla come il suo corpo esigeva. Come un gatto cercò di raggomitolarsi di più contro di me, prima di sfregare il naso sul mio petto e alzare lo sguardo, gli occhi le tremavano, languidi e bellissimi
“Ti prego, se è un sogno non svegliarmi!” sussurrò in un alito caldo, mi divertii a darle uno schiaffetto sulle natiche nude
“Sei sveglissima” dissi come se la cosa m’interessasse poco
“Non sei per niente romantico!” disse lei fingendo di mettere il broncio. Per gli Idei era meravigliosa anche cosi
“Tremo dalla paura che tu possa sparire di nuovo da un momento all’altro” quelle parole uscirono dalla mia bocca senza che io le pensassi neanche, uscirono cosi da sole e non potetti fermarle, ma mi resi conto che non m’interessava mostrarmi freddo, distaccato e stronzo. Lì in quella stanza, nascosti alla vista del mondo potevo dirle che l’amavo e che non m’interessava che cosa sarebbe stato della mia vita finchè ci fosse stata lei al mio fianco.
“Sono qui Loki.” Disse lei baciandomi
“Giurami che è finita. Giurami che qualsiasi altra cosa accada saremo in due ad affrontarla.” La scongiurai mentre continuavo a baciare quelle labbra morbidissime e bollenti, si raddrizzò seduta su di me e non ci pensò due volte a fare in modo che le scivolassi dentro di nuovo. Le mie mani sui suoi fianchi le davano il ritmo che cercavamo entrambi, un ritmo veloce e profondo. Si muoveva su di me con un movimento talmente sinuoso che persi completamente la testa solo a guardare il suo corpo che faceva quel movimento a S cosi eccitante, si accorse dell’effetto che mi faceva e intrecciò le sue mani con le mie, gliele strinsi cosi forte che mi parve di spezzargliele ma speravo che lei leggesse in quel mio gesto tutto l’amore che non riuscivo a dirle ancora, a parole, e lei capì perchè non un solo gesto o gemito di sofferenza usci da lei. Quando sentii sopragiungere l’orgasmo mi raddrizzai con la schiena e seduto l’afferrai per le spalle cercando per quanto possibile di premerla verso il basso mentre io cercavo contemporaneamente di entrare in lei il più possibile. Mi liberai stringendola fino a farle male lo so, ma lei capì al punto che mentre io ero ancora in lei negli ultimi istanti, la sentii raccogliermi in capelli dietro la nuca e sussurrarmi dolcissima all’orecchio
“Ti amo Loki!” quel sussurro s’infilò fino in fondo al cuore e ebbe l’effetto di farmi piangere di gioia e disperazione al tempo stesso, non ero in grado di gestire un emozione simile mai provata prima, e ancora una volta lei capì e mi permise di far sparire il volto nel suo seno caldo e accogliente, continuando a ripetermi
“Ti amo. Ti amo. Ti amo.” Continuò a soffiarmi nell’orecchio dolcissima e incredibilmente eccitate.
Rimasi ad guardare il suo profilo nudo che si stagliava nell’oscurità della notte. La sua pelle candida, macchiata qua e la dai segni che la guerra le aveva impresso per sempre sul corpo, sembrava come di velluto illuminata debolmente dalla luce della luna, il suo respiro lento e regolare mi davano all’anima un senso di pace e serenità, la sua espressione serena e un sorriso appena accennato su quelle labbra per me cosi perfette, erano la prova che dopo mille anni, avevo trovato il mio posto, e ancora una volta non mi sentivo uno stupido sentimentale, sentivo semplicemente che era li che volevo stare, accanto a quella donna che in qualche maniera aveva accettato l’assassino che ero stato trovando al tempo stesso l’uomo che non sapevo nemmeno di voler essere, e tutto questo per lei. Era bellissima profondamente addormentata in un sonno che non vedeva, lo sapevo, da molto tempo, i lunghi capelli bianchi le ricadevano sulle piccole spalle come un mantello per ripararla dall’umidità della notte, e solo quando presi il lenzuolo per coprire entrambi mi resi conto di una cosa, una cosa che prima, troppo preso dall’eccitazione non avevo notato: la maledizione che aveva sul petto non era più nera, ma era divenuta come un'altra profonda cicatrice rimarginata. Un altro profondo squarcio rosso su quel corpo perfetto, l’attirai a me cercando di non svegliarla, anche le cicatrici sulla schiena erano nello stesso stato di quelle sul petto; sentii montare dentro di me un odio senza pari, talmente profondo che lei si svegliò
“Loki, che cosa c’è?” chiese con la voce impastata di sonno ma lo sguardo sveglissimo,
“Ti giuro che nessuno oserà mai più toccarti. Ucciderò chiunque tenterà anche solo di sfiorarti.” Ringhiai tra i denti, lei sorrise e mi passò una mano sul viso
“Fa di nuovo l’amore con me!” chiese con una semplicità tale che il mio corpo indipendentemente dalla mia volontà rotolò su di lei. Improvvisamente tutti i pezzi della mia vita andarono a loro posto: tutte le paure, tutti i dubbi che avevo nutrito fino a quel momento, ebbero un senso, capii perché l’avevo fatto. Capii perché avevo commesso tutti quegli atti scellerati, perché avevo attraversato l’universo, non perché volevo arrecare dolore a Thor, o perché volevo sparire alla vista di Padre Tutto, o perché ero uno stupido egoista, o perché volevo dominare altri mondi, tutto ciò che avevo fatto, provocato e subito era stato un lunghissimo viaggio, e la meta era lei. L’avevo fatto, perché quella ragazza dagli occhi di due colori diversi e i capelli rossi come il fuoco, valeva molto più di tutto ciò che mi ero lasciato alle spalle.
 

Buonasera a tutti!!!! Finalmente sono riuscita ad aggiornare, in realtà il capitolo non doveva concludersi qui (ed ecco anche spiegato la sua brevità rispetto ai capitoli precendenti) ma siccoma mi aspetta un periodo bello tosto, ho deciso di pubblicarlo cosi, altrimenti non avrebbe visto la luce che fra altri due mesi!! 
Un saluto a tutti!!
A.

 

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