With you.

di Nerhs
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 2. ***
Capitolo 4: *** 3. ***
Capitolo 5: *** 4. ***
Capitolo 6: *** 5. ***
Capitolo 7: *** 6. ***
Capitolo 8: *** 7. ***
Capitolo 9: *** 8. ***
Capitolo 10: *** 9. ***
Capitolo 11: *** 10. ***
Capitolo 12: *** 11. ***
Capitolo 13: *** 12. ***
Capitolo 14: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


With you.
                                    
 
-Ester puoi venire a darmi una mano?- urlò Marissa dalla parte opposta dell’imponente bus.
 
Feci una corsa fino ad arrivare davanti alla ragazza rossa in volto,che cercava aiuto sprizzando disperazione dagli occhi color cioccolato.
Guardai di fronte a lei e notai una bambina con delle adorabili treccine sulle spalle che piangeva e stringeva la maglietta della mia amica. Mi piegai alla sua altezza e iniziai ad accarezzarle la guancia.
 
-Cosa c’è che non va?- le chiesi sorridente
-Ho dimenticato Teddy!- iniziò a piangere più forte
 
Guardai in basso cercando una soluzione in fretta. Pensai velocemente e poi tornai a stringere le sue piccole manine.
 
-Appena arriveremo a Sidney andremo a comprarne un altro,d’accordo?- chiesi sperando si calmasse
 
Mi guardò negli occhi e cercò di frenare i singhiozzi. Si liberò dalla mia presa e si pulii dalle lacrime con il polso. Annui frettolosamente e poi,salii sul bus.
Mi girai verso Marissa e le accarezzai una spalla.
 
-Grazie Ester!- sospirò tornando del suo colorito normale
-Se non ci si aiuta fra noi!- sorridente salii anch’io sul bus pieno di bambini e ragazzi e presi il microfono interno tra le mani.
 
-Buongiorno ragazzi! Allora,stiamo per partire,diretti a Sidney…siete pronti??- chiesi urlando. Un secondo urlo si alzò dalla folla seduta sui seggiolini e poi ripresi -Bene,spero vi divertirete molto insieme a noi e insieme al nostro amico più grande- dissi indicando verso il cielo.
 
Sarebbe stato un campo estivo parrocchiale,quello delle prossime due settimane,durante il quale i ragazzi si sarebbero dilettati in giochi e attività,anche fuori da quel contesto,ma facendo comunque dei riferimenti religiosi.
 
Si fece silenzio nella struttura e insieme pregammo per i giorni che stavano per succedere.
Partimmo e io mi misi seduta insieme ai ragazzi del mio gruppo. Erano i più grandi,avevano dai 13 ai 17 anni. Erano quasi miei coetanei,ma la maggior parte di loro,in testa aveva un palloncino sgonfio. Li conoscevo da non molto,ma mi avevano fatta sentire subito parte di loro,parlandomi delle loro cose più personali,dei loro problemi,ma anche delle loro gioie,rendendomi molto orgogliosa.
 
Arrivammo in meno di una mezz’ora nel grazioso hotel che ci avrebbe ospitato durante il nostro soggiorno a Sidney.
Facemmo scendere tutti i ragazzi e i bambini e tutti insieme,noi educatrici e gli educatori,li sistemammo nelle varie camere.
Arrivò poi il nostro turno e a me sarebbero toccate tre bambine di 6 anni. Avrei dovuto trascorrere due settimane con loro,nella stessa camera.
Sistemai la mia roba e poi aiutai loro a fare lo stesso.
Scendemmo tutti insieme nella sala adibita allo svago e radunammo tutti i ragazzi in un angolino.
Spiegammo brevemente che dopo la cena,si sarebbe tenuta una piccola festa di benvenuto indetta dall’hotel che per quel periodo,aveva affittato appartamenti solo a noi. Dopo la festa,si sarebbe andati tutti a dormire,poiché il giorno seguente lo avremmo trascorso in spiaggia. Tutti capirono e ci dirigemmo nella sala pasti,dove mangiammo.
 
Tra la fine della cena e l’inizio della festa di benvenuto,avevamo circa trenta minuti per far cambiare i bambini e farli preparare per la festa.
Mi chiusi in camera con le mie tre bimbe,Sole,Megan e Chloe che si preparano in fretta,lasciando anche a me il tempo per cambiarmi. Afferrai da dentro la valigia una t-shirt con una stampa astratta e un paio di short in jeans.
Uscii dal piccolo bagno a nostra disposizione e tornai dalle tre bimbe.
 
-Ester sei proprio bella!- esclamò Chloe attaccandosi alle mie gambe nude
-Grazie piccola- dissi accarezzandole i capelli castani
-Voglio essere come te da grande!-sospirò Sole seduta sul suo letto
 
Le sorrisi e poi,dopo aver chiuso la camera a chiave e aver consegnato le chiavi alla reception,tornammo nella sala adibita allo svago.
C’erano luci che coloravano ogni parte della stanza,un tavolo pieno di cibo e due grandi casse che riempivano l’aria di musica pop.
Cercai con gli occhi le mie amiche e le trovai sedute su un divanetto poggiato ad una parete della sala,mentre chiacchieravano con due educatori ragazzi.
Mi avvicinai e mi sedetti sulle ginocchia di Marissa.
 
-Come si comportano i vostri bimbi?- chiese Sarah
-Le mie sono delle pesti!- si lamentò Marissa
-Anche le mie!- ribatte Jennifer
-Le mie sono tre angioletti!- mi intromisi,beccandomi delle occhiatacce,era strano avere delle bambine tranquille.
 
Cominciammo a ballare tutti insieme e poi si fece l’ora di andare a dormire.
Dopo la preghiera comunitaria,ci recammo tutti nelle nostre stanze.
 
Infilai il leggero pigiama che avevo nella valigia e poi mi sedetti sul mio letto per controllare il programma del giorno dopo. Le bambine mi accerchiarono cercando di scoprire i giochi e le attività che si sarebbero tenute la mattinata successiva,ma rimasero insoddisfatte.
 
-Ci racconti una storia Ester?- la voce di Sole ruppe il silenzio
-Sii,una di quelle belle che sai solo tu!- diceva Megan
 
Sospirai e iniziai ad inventare la storia di una principessa che dopo essersi persa nel bosco,venne salvata dal suo principe azzurro e poi vissero felici e contenti. Le ragazze sembravano soddisfatte del mio racconto,convinte soprattutto che un giorno anche loro avrebbero avuto il loro cavaliere. Rovinargli i sogni non era il mio compito,non a questa età almeno.
La realtà ovviamente sarebbe stata molto più dura,ma a sei anni,si può ancora sognare un po’!
Mi addormentai anch’io cullata dai dolci respiri delle bambine e immagazzinando energie per il giorno che sarebbe arrivato presto.
 
 
 
 
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Sono arrivata con una nuova storia!
Allora,questa FF sarà un po’ diversa da tutte le altre,tratterà un tema che fino ad ora io non ho mai letto. Però non voglio che vi spaventiate,non parlerà solo di Dio,della Chiesa,della religione,ecc.
Assolutamente no!
Questo ambiente farà solamente da sfondo alla storia di Ester e del protagonista maschile che poi verrà fuori!
Quindi,non vi spaventate!
Volevo anche farvi entrare un po’ nel mio mondo,perché anch’io sto diventando un’educatrice nella mia parrocchia e siccome scrivere è la mia passione,mi sarebbe piaciuto anche ‘raccontarvi’ un po’ di me!
Ovviamente non vi obbligo a leggere la mia storia se non credete,siete libere di andare via!
Però se vi piace e confidate in me,bhe,lasciatemi una recensione!:)
Un bacio e grazie mille per essere arrivate a leggere fino a qui,vi adoro.
Nerhs xx
 

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Capitolo 2
*** 1. ***


1.
 
Con un gesto veloce e da ninja,spensi l’affare sotto il mio cucino che aveva appena accennato qualche rumore.
Se avessi saputo che quella notte non avrei dormito,mi sarei risparmiata la seccatura di impostare la sveglia. Mi alzai dal letto,facendo attenzione a non svegliare le mie bambine. Afferrai un costume da bagno e lo infilai al posto dell’intimo,presi poi gli short indossati la sera precedente e poi una t-shirt abbastanza larga,così poi la poterla legare sotto il seno una volta in spiaggia.
Infilai un paio sneaker comode e poi mi lavai il viso e sistemai i capelli. Chiusi per bene la porta della camera e poi raggiunsi la sala mensa. Trovai già alcuni educatori seduti intorno ai tavoli per fare colazione,e il nostro parroco stava entrando insieme a me. Mi prese sotto braccio e insieme ci sedemmo al tavolo.
 
-Allora…dormito bene?- chiese lui in generale
 
Tutti quanti urlarono un si,e io mi limitai semplicemente ad abbassare la testa. Ci venne servita la colazione non appena anche Marissa raggiunse il nostro tavolo,mi colpì il piede con il suo e mi lanciò uno sguardo truce. Nel frattempo il prete si era alzato da acconto a me,e al suo posto si era accomodato Connor,uno dei nostri educatori. Non so perché,ma quel ragazzo mi faceva sempre sentire a disagio. Forse erano i suoi occhi azzurri come il cielo,o forse il sorriso che spiazzava,non so bene cosa fosse. Ma quando lo avevo vicino a me,sentivo sempre le ginocchia tremare. Si girò verso di me e mi sorrise. Rieccolo,il tremolio.
 
-Buongiorno,Ester!- disse
-Ciao Con.- risposi,ma il tono di voce che usai,non era quello desiderato
 
Poggiò la sua mano sulla mia coscia e mi strinse la pelle in un pizzico.
Perché lo stava facendo?Forse voleva familiarizzare perché durante le due settimane avremmo avuto il gruppo insieme?Oppure voleva solamente prendermi in giro e stuzzicarmi un po’?I miei pensieri vennero rapiti dalla voce squillante di Jennifer che ci invitava a finire in fretta la colazione,per poi organizzarci per la giornata prossima.
Finii svelta la mia porzione di uova,rosicchiai appena il toast e lasciai a metà il bicchiere colmo fino all’orlo di succo di frutta.
Ci spostammo in sala svago e mentre percorrevamo il lungo corridoio,sentii la mia mano,stretta in quella di qualcun altro. Abbassai lo sguardo e notai la grande mano di Connor che stringeva la mia. Saettai con lo sguardo fino ai suoi occhi,di un azzurro quasi più intenso,che sembravano sorridere.
 
-Non…non ti do fastidio,vero?- chiese innocentemente
 
Scossi la testa in segno di negazione e poi tornai a guardare di fronte a me,con le guance che bruciavano.
Ci accomodammo sulle sedie disposte a semicerchio e,ovviamente,il ragazzo tenendo sempre ben salda la mia mano alla sua,si sedette di fianco a me.
Sentimmo tutti gli ordini che Jennifer doveva darci,pregammo una volta tutti assieme e poi ci venne dato l’arduo compito di svegliare i nostri bambini. Connor mi accompagnò fino alla mia stanza e rimase fermo lì per un po’.
 
-P-puoi andare.- dissi timidamente
-Oh,si…ti ho accompagnata perché…almeno ora so dove dormi!- disse grattandosi la nuca
-Ed era importante per te sapere dove dormissi?-
-Beh…si!-
-Allora,adesso lo sai!-
-Okay,ci vediamo dopo…in spiaggia,ciao.- se ne andò lasciandomi un bacio sulla guancia
 
Mi sfiorai il viso e potei sentire il calore che emanava la parte appena toccata dalle labbra del ragazzo. Scossi fragorosamente la testa e poi aprii la porta della mia camera. Le mie ragazze dormivano beatamente. Mi avvicinai ad ognuno dei loro lettini cautamente e,con un bacio sulla fronte,le svegliai tutte e tre. Dissi loro,una volta coscienti,di infilare un costume da bagno e poi qualcosa di fresco e comodo. Mi ubbidirono e in poco tempo furono pronte anche loro. Scendemmo insieme nella sala mensa,dove poterono fare colazione insieme a tutti. Ci recammo poi nel parcheggio dell’hotel,dove il possente bus del giorno prima,ci aspettava per andare in spiaggia. Mentre i bambini salivano nel mezzo,noi sistemavamo ordinatamente le sacche con i pranzi offertoci dall’albergo e poi,anche noi salimmo. Dopo la preghiera comunitaria,e circa dieci minuti di viaggio,arrivammo in spiaggia.
 
 
 
Eravamo seduti in cerchio,ognuno con il proprio gruppo,io ero con i miei ragazzi più grandi e con Connor accanto a me.
Ciò che potevo notare intorno a me,erano i bambini correre sulla sabbia bianca,ragazzi che giocavano a palla,ragazze che si tuffavano nell’acqua limpida,vecchietti passeggiare o pescare sugli alti scogli.
Sfilai dalla mia borsa i fogli che contenevano la programmazione della giornata,e iniziai ad illustrare il tema e le attività ai ragazzi. Sembravano tutti abbastanza soddisfatti di ciò che avevo scelto per loro. Ci alzammo quindi dalla sabbia per iniziare a giocare. Mi pulii i pantaloncini dalla sabbia e,dato l’asfissiante caldo,annodai la maglietta appena sopra l’ombelico,come avevo programmato la mattina.
Più che il sole però,era lo sguardo di Connor a bruciare sul mio corpo.
 
 
Connor’s pov.
 
Mentre la guardavo,i capelli sciolti al vento,la maglietta tirata su,le gambe pallide nude,il sorriso incorniciato dalle sue fossette…continuavo a chiedermi come non avessi fatto ad accorgermi di lei in sei anni che frequentavamo lo stesso ambiente.
Si girò di scatto a guardarmi e mi sorrise,mentre il rossore,non dovuto al calore del sole,prendeva possesso delle sue guance. Iniziò a parlare e a correre con i ragazzi,mentre io mi sentivo impotente davanti alla sua voglia di fare,alla sua iperattività,davanti alla sua gioia di vivere. Mi chiamò urlando,incitandomi ad andare incontro a lei,e le ubbidì. Mi misi al suo fianco e iniziai a fare ciò che lei faceva,come un cagnolino. Quanto dovevo sembrarle stupido.
Mi allontanai appena e mi misi accanto a Travor,uno dei nostri ragazzi,che d’un tratto la vidi accasciarsi a terra,e subito dopo sentii un tonfo vicino ai miei piedi. Mi piegai sopra di lei,e le feci poggiare la testa sulle mie ginocchia. Iniziai a chiamarla e a sventolarla con una mano,ma non sembrava volersi svegliare. Si avvicinò poi un ragazzo,avrà avuto forse vent’anni non di più. Palestrato appena,con dei ricci scompigliati biondi,occhi tendenti al verde,ma sembravano di quel colore solo grazie ai raggi che gli illuminavano il volto. Due fossette ai lati delle labbra incorniciavano un sorriso divertito…erano così diverse da quelle di Ester.
Si piegò affianco a me per raccogliere un pallone da calcio e poi andarsene. La rabbia prese possesso del mio cervello,delle mie braccia,della mia bocca.
Aveva colpito Ester con quel affare,e adesso neanche si degnava di chiedere come stesse.
 
-Ehy!- gli urlai,tenendo ancora il corpo della ragazza sul mio
 
Si girò con aria menefreghista e mi rivolse un cenno.
Si voltò poi completamente verso di me e si avvicinò appena.
 
-Cosa c’è?- chiese
-Come cosa…pft. Mi prendi in giro?- sbottai
-Amico calmati!- disse ridendo
-Calmarmi?Ma sei impazzito?L’hai colpita con quel aggeggio e neanche ti fermi a vedere se sta bene?Cazzo,che gente.- continuai
-Okay,okay.- lanciò il pallone dietro di se e si piegò anche lui sul corpo di Ester
 
Lo sentii deglutire pesantemente,anche lui si era accorto di quanto fosse bella.
Le prese le spalle e la strattonò via da me. Se la poggiò sul petto e iniziò ad accarezzarla e a scostarle dal viso qualsiasi ciocca di capelli che osava sfiorarla.
La vidi iniziarsi a muovere,stava riprendendo conoscenza. Aprii lentamente gli occhi lucidi. Si guardò intorno e rilasciò un sospiro di sollievo non appena si accorse della mia presenza. Il ragazzo riccio la fece sedere su di lui e lei lo guardò stranita.
 
-C-chi sei?- gli chiese
-Il tuo assalitore!- sorrise lui
 
La sentii ridere con le forze che aveva.
Lui l’aveva fatta ridere.
Ester cercò di sedersi meglio sulle sue ginocchia e poi tornò a guardare gli occhi del ragazzo.
Mi sentivo così arrabbiato con me stesso,perché non l’avevo tenuta stretta tra le mie braccia?
 
 
 
Ester’s pov.
 
 
Aveva gli occhi di un verde indefinito,forse neanche erano verdi. Forse era tutta colpa dei raggi solari che gli colpivano le iridi,a volte succede.
 
-E…come ti chiami?- chiesi ancora
-Ashton,e tu?-
-Mi chiamo Ester!-
-Scusami Ester,veramente,non volevo,sono stato uno sciocco!- disse facendosi più serio
 
Mi accarezzò una guancia e io continuai a fissarlo negli occhi. Mi aveva appena fatta svenire e già mi stava facendo delle moine. Scrollai la testa e mi alzai di scatto dalle sue gambe,barcollando appena. Sentii due braccia afferrarmi all’altezza della vita e mi girai. Connor. Sorrisi ai suoi occhi azzurri e poi ripresi l’equilibrio.
 
-Come mai siete qui?- chiese Ashton
-Campo parrocchiale,andiamo ragazzi.- tuonò Connor muovendosi nella direzione opposta al ragazzo
-Veramente…e siete di Sidney?- chiese ammiccando
-Mhmh- affermai
-Cool.- sorrise sotto i baffi
-E’ stato un non-piacere Ashton,spero di non rincontrarti!- dissi allontanandomi verso i miei ragazzi
 
Mi prese stretta per il polso e mi girò verso di se,attaccandomi al suo corpo mezzo nudo e stringendomi ancora di più. Feci una smorfia e poggiai le mie mani sul suo petto.
 
-Per me invece è stato un piacere…e magari potremmo incontrarci di nuovo,in un'altra situazione!- miagolò con voce roca
-Ciao.-
 
Mi staccai da lui e presi a dirigermi a grandi passi verso il mio gruppo.
Connor mi venne incontro,e appena ci incontrammo a metà strada,incollò le sue labbra alle mie. Sbarrai gli occhi e cercai di farmi indietro,ma infondo,mi piaceva. Chiusi gli occhi a fatica,per godermi meglio quel momento,ma sentivo che qualcosa non andava. Mi tirai fuori dalle sue labbra,e gli accarezzai una guancia,con aria malinconica.
Mi allontanai e mi sedetti accanto alle ragazze del mio gruppo.
 
-Giornata piena di emozioni,eh?- tuonò Travor davanti a me
 
Sorrisi e tornai a pensare all’attività. Fin troppe emozioni per essere neanche mezzogiorno.
 
 
 
 
 
 
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PRIMO CAPITOLO!
Che dire,qui appare Ashton,in un modo non molto comune,diciamo!
Ah,inoltre appare anche Connor,per il suo personaggio mi ispiro a Connor Ball,bassista dei The Vamps,nonché questa perfezione dagli occhi azzurri qua http://weheartit.com/entry/99381945/search?context_type=search&context_user=olgaZLNLH&page=9&query=the+vamps
Okay,spero che il capitolo soddisfi i vostri gusti e le vostre aspettative,mi aspetto molte recensioni,non mi deludete!
Ringrazio inoltre le due ragazze chi mi hanno lasciato le uniche due recensioni al prologo,grazie mille,siete importanti xx
Un bacio,Nerhs xx

 

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Capitolo 3
*** 2. ***


2.
 
 
-PAUSA PRANZO!- sentimmo l’urlo di Jennifer arrivare fino alla nostra postazione.
 
Finimmo brevemente l’attività e poi ci dirigemmo insieme a tutti gli altri,sotto dei piccoli gazebo abilitati all’area picnic. Mentre camminavamo insieme,Connor mi strattonò per il braccio e mi portò accanto a se,circondandomi il bacino con le braccia e spostandomi,facendo in modo che i nostri petti aderissero.
 
-C-come ti senti?- borbottò
-Meglio,molto meglio.-
-Senti per il bacio…- iniziò a diventare rosso peperone sul viso
-Mi piace quando diventi rosso,il colore ti fa risaltare gli occhi.- dissi per rompere l’imbarazzo
-Volevo dire che…- continuò
-Ehy,non fa niente,okay?- provai
-No,invece fa e come. Non posso fare finta di nulla. Tu…mi piaci.- disse portando lo sguardo alla sabbia e le mani nelle tasche
 
Si era dichiarato?E adesso?Insomma,io non ero una di quelle ragazze che ricevevano proposte e smancerie tutti i giorni. O meglio,non le ricevevo mai. E ancora mi stavo chiedendo cosa lui ci trovasse in una come me. Cosa dovevo dire?Speravo con tutto il cuore che arrivasse qualcuno a salvarmi da quella situazione assai imbarazzante e strana. Vidi arrivare Marissa che come al solito,aveva la testa immersa in mille pensieri e altrettanti problemi. Mi prese per mano e provò a trascinarmi via.
 
-No!- urlò Con dietro di me
 
Prese la mia mano libera e mi tirò di nuovo verso di lui.
 
-Dobbiamo finire di parlare.- sussurrò a me e liquidò Marissa con una mano.
-Cosa dobbiamo dirci Connor?- chiesi sedendomi su un muretto poco lontano dai gazebo
-Non ti lascerò andare fino a che non mi dirai cosa…provi per me.- incrociò le braccia e poi mi guardò. Capii probabilmente che stava apparendo troppo serio,quindi sciolse le mani e si mise seduto accanto a me.
-Connor- lo pregai
-Devo saperlo,Ester.-
-Non ti è mai interessato nulla,perché ora vuoi saperlo con tutta questa fretta?-
-Perché…tu mi piaci,e quello lì,mi ha fatto risvegliare un vulcano dentro lo stomaco,e ora non ce la faccio più.- sputò amaramente. Quindi ora la colpa era di quel Ashmit?O Aron?Non mi ricordo.
-Connor,io sono sicura di provare qualcosa per te,non penso sia normale tremare quando qualcuno sorride.- dissi sinceramente,vedendo il suo sorriso sprizzare gioia dalla spiaggia all’orizzonte
-Ti faccio tremare quando ti sorrido?- chiese incredulo. Annui appena. Ora,così,di tutto getto,lo rendevo così felice?
-Forse mi piaci,ma sai che io non sono una tipa precisa,o che sa subito cosa fare. Devo pensarci,e ripensarci,meditarci su,mi conosci. Ti prego dammi tempo,Con.- finii con il pregarlo
-Okay,non ti metterò fretta,promesso.- poggiò la sua mano sulla mia coscia,e strinse di nuovo un pugno di pelle in un pizzico. Balzai su me stessa e lo vidi già in piedi di fronte a me. Mi tese la mano e mi fece alzare. Poggiò la sua mano sulla mia spalla ed insieme camminammo verso gli altri.
 
Mi sedetti accanto a Marissa che strinse anche lei la mia coscia tra le dita. Feci pressione sul punto colpito ripetutamente e iniziai ad urlarle che se la prendevano tutti con la mia coscia. Mi girai dalla parte opposta alla sua e portai le gambe sulla panca. Mi strinse da dietro sussurrandomi uno ‘scusa,non lo sapevo!’ e mi diede una spinta per farmi tornare a guardarla.
 
-Cosa voleva ‘Connor-ti-faccio-svenire-con-i-miei-occhi-azzurri’?- chiese mentre si accarezzava i capelli rossi e cercava di stringerli in una treccia
-Mi ha detto che gli piaccio.- dissi scartando con disgusto il mio panino
-COSA?- iniziò lasciando andare la treccia che le stava quasi venendo
-Non urlare,per favore.- dissi rincartando con cura ciò che gli altri osavano chiamare ‘panino’.
-Okay.- tornò seduta e chiese tutti i particolari,anche se poi non è che ne fossero stati molti.
 
Eravamo sedute a gambe incrociate l’una davanti all’altra e stavo cercando di raccontarle ciò che era successo con il ragazzo,quando una manina,calda e piccola,strinse di nuovo la mia pelle in un pizzico. Mi lasciai scappare un ‘Ahia!’ e mi girai verso la manina e trovai la stessa bambina di due giorni prima,che ora aveva i capelli legati in una coda alta. Mi girai verso di lei e le strinsi le mani.
 
-Cosa succede?- le chiesi
-Mi avevi promesso che saremmo andate a comprare un nuovo Teddy!- disse già con lo zainetto sulle spalle
-Si,andiamo!- mi alzai lasciando sola Marissa e presi anch’io la mia borsa a tracolla.
 
Avvertimmo tutti che ci saremmo allontanate per qualche minuto e partimmo. Uscimmo dalla spiaggia e scoprimmo che lì davanti si trovava un piccolo centro commerciale. Entrammo e iniziammo a perlustrare ogni negozio che vendeva giocattoli. Scoprii finalmente che la bambina si chiamava Miley e mi rivelò che il suo Teddy era il suo migliore amico,ma che sarebbe stata pronta a trovarne un altro.
Entrammo nell’ennesimo negozio e ci avviammo nel reparto peluche. Finii per scegliere un pupazzo completamente rosa shock,con gli occhi azzurri,una tutina in jeans e le trecce  che scendevano dalle orecchie erano di un bizzarro verde pisello.
 
-Sei sicura di volere…questo?- le chiesi
 
Mi annui soddisfatta così ci dirigemmo verso la cassa. Avevamo qualche persona davanti a noi,così aspettammo pazienti.
Sentii picchiettarmi sulla spalla e mi girai di scatto. Era il ragazzo della mattina che teneva accanto a se,bello stretto,un ragazzino che non aveva proprio la voglia di stare dentro quel negozio.
 
-Ciao!- urlò
-Ciao,ma non urlare.- dissi
-Scusa…visto,ci siamo rincontrati!- disse soddisfatto
-Cosa molto casuale!- rise sarcasticamente il bambino che somigliava molto al ragazzo accanto a lui
-Zitto Harry.- lo colpii sulla spalla con una gomitata
-Ehy,gli fai male così!- dissi accarezzando la spalla del bambino,Harry a quanto sembrava.
-Tu si che sei buona,Ashton mi ha costretto ad entrare qui dentro solamente perché c’eri tu.- disse,infastidendo il ragazzo che probabilmente lo aveva obbligato a stare in silenzio.
-Ashton,ecco come ti chiamavi!- dissi ridendo
 
Il ragazzo più grande iniziò a diventare livido in volto e guardava il piccolo Harry con sguardo truce,promettendogli solamente con lo sguardo una severa sgridata non appena io fossi stata fuori dalla loro visuale.
 
-Posso fidarmi a lasciarti di nuovo Harry senza che tu lo massacri dopo che io me ne sarò andata?- chiesi per esserne sicura
 
Mi guardò con uno sguardo interrogativo e dopo aver realizzato le mie parole,sorrise e annui. Lasciai il bambino che mimava un ‘grazie’ con le labbra,tra le braccia di Ashton e feci per girarmi di nuovo.
 
-Aspetta,come stai?- chiese interessato
-Dopo la tua pallonata,dici?Oh bene!- finii
-Mi dispiace ancora.- mugolò
-Non ti preoccupare!-
-Il tuo amico sembrava abbastanza infastidito da me!- disse ridendo
-Chi?Connor?Oh,si.- arrossì al solo pensiero
-Anch’io mi sarei infastidito se avessero fatto del male ad una delle ragazze più belle che io abbia mai visto!- miagolò cercando di avvicinarsi
-Il prossimo.- tubò la cassiera
 
Scoprii con molto piacere che ‘il prossimo’ ero proprio io. Miley mi tirò verso la cassa,posando sul bancone il suo pupazzo obbrobrioso. Pagai il peluche e poi presi la mano della bambina per evaporare da lì.
 
-Ci incontriamo di nuovo vero Ester?- chiese Ashton con in mano il portafogli per pagare un gioco dei Pokemon
-Contaci!- dissi uscendo
 
Ci avviammo verso l’uscita e attraversammo la strada per tornare in spiaggia dal gruppo.
 
-Perché eri così cattiva con lui?- chiese Miley innocentemente
-Perché questa mattina mi ha colpito con una palla,e non mi ha neanche chiesto come stavo.- dissi
 
La bambina iniziò a ridere con il suo Teddy2 tra le braccia e corse verso gli altri…almeno lei aveva il coraggio di ridere di fronte a quella situazione.
 
 
 
 
 
 
 
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Eccomi con il secondo capitolo!
Cosa non si fa per amore,eh!
A parte scusarmi per il capitolo pietoso,non ho null’altro da dirvi!
Ringrazio immensamente le due ragazze che mi hanno lasciato una recensione,veramente grazie mille!Ora però me ne aspetto molte di più,per favooore! <3
Grazie bellezze!:)
 
Nerhs xx
 

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Capitolo 4
*** 3. ***


3.
 
 
Ashton’s pov.
 
Pagai il gioco che avevo promesso ad Harry e lo trascinai fuori da quello stupido negozio.
 
-Ti avevo detto che dovevi stare in silenzio.- gli gridai contro
-Scusami.- abbassò la testa sul suo nuovo gioco dei Pokemon e iniziò a rigirarselo tra le mani
 
Lo spinsi verso il bar che si trovava di fronte al negozio e notai con piacere che i miei amici erano rimasti ad aspettarmi. Mi lasciai cadere sul divanetto accanto a Luke e chiusi la testa tra le mani.
Il biondo prese a fissarmi alzando il sopracciglio e bevendo a tratti la sostanza verde chiusa nella sua bottiglietta.
 
-Cosa c’è?Non era lei?- chiese poi
-Era lei,ma Harry ha parlato.- sbuffai
 
Calum,che era seduto di fronte a me,iniziò a ridere fino alle lacrime e ogni tanto si batteva il pugno insieme al mio fratellino. Mi alzai dalla posizione quasi sdraiata in cui mi trovavo e mi sedetti meglio sul divanetto. Ordinai al barista un the freddo e poi iniziai a fissare la spiaggia. Erano ancora lì a giocare e a divertirsi. La vidi,era lì seduta sulla spiaggia che fissava qualcosa più lontano da lei. Seguii la traiettoria del suo sguardo e arrivai a quel ragazzo. Mi aveva anche detto il suo nome,ma non lo ricordavo. Serrai la mascella e strinsi tra loro i denti fino a farmi male. Perché facevo così?
 
-Che guardi?- chiese Calum
-Niente,niente.- distolsi lo sguardo e buttai giù il bicchiere di the in un solo sorso
-E’ ora di andare Harry.- borbottai a mio fratello
 
Si sollevò dalla sedia,salutammo tutti e poi iniziammo ad avviarci verso casa.
 
-Passiamo per la spiaggia.- ordinai
 
Prendemmo la via del lungomare e sollevai le scarpe da terra,per trattenerle in mano. Passammo davanti ai gazebo in cui probabilmente avevano mangiato e poi li vedemmo abbastanza distanti da noi. I bambini erano tutti sistemati seduti sulla sabbia,ridevano e giocavano tra loro. Poi c’erano tante ragazze e ragazzi della mia età che cercavano di controllarli e tra loro c’era anche il tipo di quella mattina. Incontrai il suo sguardo per qualche secondo e cercai di bruciargli gli occhi,solo con uno sguardo. Capivo che anche lui non mi sopportava,i suoi occhi azzurri mi avrebbero ucciso se avessero potuto probabilmente. Alzai lo sguardo,verso la terrazza del bar della spiaggia e la vidi. Aveva per mano due bambine bionde e stava ridendo insieme ad una ragazza con i capelli rossi. Si voltò verso la spiaggia,e mi vide. Iniziai a sorridere,e per la prima volta in quella giornata cosi burrascosa,anche lei sorrise a me,ma un sorriso vero,non come quello che mi aveva rivolto mentre era mezza stordita dal colpo del pallone. Un sorriso sincero. Alzai la mano e la sventolai verso di lei. Fece più ampio il suo sorriso e poi si girò di nuovo. Harry mi strattonò per il braccio e mi incitò a continuare a camminare.
In pochi minuti fummo a casa,e io ancora dovevo capire cosa aveva quella ragazza,tanto da farmi sentire in questo modo.
 
 
Ester’s pov.
 
-Chi era quel ragazzo che ti ha salutata?- chiese Sole
-Si chiama Ashton…forse.- dissi scendendo le scale del bar per tornare in spiaggia
 
Raggiungemmo gli altri che erano seduti sulla spiaggia,consegnai Sole e Megan alle loro educatrici e mi recai dai miei ragazzi. Vidi Connor seduto accanto alle ragazze mentre le prendeva in giro. Corsi verso di loro e mi lasciai letteralmente cadere a peso morto sulle gambe di Connor. Lui mi guardò e sorrise. Incrociai le braccia intorno al suo collo e mi sedetti meglio,sotto i suoi lamenti di dolore. Lo zittii e poi gli dissi di lasciarle in pace.
 
-Ancora non arriva il bus?- chiesi
-No!- rispose fissandomi negli occhi
 
Mi strinsi contro il suo petto e lui mi strinse a sua volta. Sentii un bisbigliare in sottofondo e qualche fischio,qua e là. Capii che era meglio sciogliere l’abbraccio e tornare seduta sulla spiaggia.
Connor immaginò i miei pensieri,ma non rinunciò a lasciarmi la mano. Il bus dopo qualche minuto arrivò e noi salimmo a bordo di esso. Pregammo tutti insieme e in quindici minuti tornammo nell’hotel.
Aiutai le bambine a lavarsi e poi lo feci anch’io. Infilai un paio di leggins e una t-shirt e poi scendemmo insieme. Dopo aver mangiato,ci recammo in sala svago per guardare un film. Quel anno avevano scelto ‘A Walk to Remember’. Avevano anche deciso di farmi andare a letto con gli occhi gonfi,perché quel film mi aveva sempre fatta piangere.
Finito il film misi le mie bambine a letto e provai ad addormentarmi.  La sveglia di fronte a me e tanti di quei pensieri però mi distraevano dal sonno.
Cosa era Connor per me?Un amico?No non mi bastava.
Un probabile fidanzato?Questo era molto meglio.
Volevo stringerlo quando volevo,si.
Volevo poterlo baciare quando più mi andava,si.
Volevo che le sue parole di consolazione mi riscaldassero il cuore quando ero triste,si.
Volevo che le sue braccia mi cingessero il corpo quando avevo bisogno di protezione,si.
Era amore quello che provavo per lui,si.
Avrei dovuto dirglielo,si.
Mi misi seduta sul materasso e guardai fuori dalla finestra,la luna ancora splendeva alta nel cielo,a dirmi che sarebbe stata li per ancora molto tempo.
Senza fare rumore,infilai le mie ciabatte e scesi nella hall del hotel. Trovai un uomo mezzo addormentato che mi disse che se volevo una camomilla sarei dovuta recarmi nelle cucine. Cercai il luogo da lui consigliatomi e una volta ricevuta la mia camomilla cocente,mi recai nella sala svago,ormai vuota.
Girai la camomilla con un cucchiaino e poi iniziai a girarmi la tazza tra le mani.
 
-Ehy.- qualcuno apparve alle mie spalle facendomi saltare e facendomi rovesciare metà della bevanda sulla maglietta
-Cazzo.- dissi allontanando il tessuto inzuppato della sostanza cocente dalla pelle
-Scusami,non volevo!- disse Connor sedendosi accanto a me
-Tranquillo,non fa niente- risposi
-Non riesci a dormire?- chiese per rompere il silenzio
-Si,tu?-
-Idem!-
-Mh,bene!-
-O-oggi c’era quel tipo in spiaggia.- sussurrò
-Uh,l’ho visto si.-
-Diamine…non potresti sbrigarti a chiarirti le idee e dirmi ciò che provi per me?- scoppiò tutto d’un tratto
-Connor…- si spostò sul pavimento,seduto a gambe incrociate sulla moquette
-Cosa c’è?- chiese
 
Mi mossi verso di lui e mi misi in ginocchio di fronte al suo corpo. Gli incorniciai il viso con le mani e passai il mio pollice sulle sue labbra. Mi avvicinai ancor di più e lo baciai. Un bacio vero,non sarei scappata da quello,assolutamente no.  Gli solleticai le labbra con la lingua e lo sentii sorridere sulle mia labbra. Mi diede accesso alla sua bocca e le nostre lingue poterono incontrarsi. Sentivo che lui aveva bisogno di quel bacio,e io continuavo a chiedermi come io,una persona come me,potesse renderlo così felice. Mi staccai dalla sua bocca e poggiai la mia fronte sulla sua. Cercava ancora le mie labbra e lo accontentai con dei piccoli baci a stampo.
 
-Si,Con.- sospirai
-E’ amore quello che provi?- sussurrò
-Si.- finii
 
Mi alzai dal pavimento e aiutai lui a fare la stessa cosa. Si sedette sopra una poltrona e mi fece sedere tra le sue braccia. Presi la tazza della camomilla tra le mani e a brevi sorsi,la finimmo insieme. Ci scambiammo paroline dolci fino alle quattro della mattina,forse. Ma stavamo bene così,insieme. Il sonno in quel momento non avrebbe avuto potere su di noi,perché l’amore e la felicità erano più potenti. Le sue mani tra i miei capelli mi rilassavano e mi facevano sentire bene,mi facevano sentire amata.
Gettai uno sguardo sul suo telefono e notai che mancavano pochi minuti alle cinque di mattina,così mi alzai e lui fece lo stesso.
Mi accompagnò fino davanti alla porta della mia cabina e dopo un lungo bacio,mi lasciò entrare dalle mie ragazze,che fortunatamente,non si erano accorte di nulla e dormivano beatamente.
Presi una t-shirt abbastanza rovinata e la sostituii alla maglietta del pigiama macchiata di camomilla. Mi misi sotto le lenzuola e senza Connor vicino,Morfeo mi imprigionò tra le sue dolci braccia.
 
 
 
-----------------------------------------------
Spero che voi mi capiate e perdoniate per il ritardo,ma la scuola è la scuola e non scrivo solamente questa storia,quindi chiedo perdono!
Sono molto felice che leggiate la storia,poiché il sito mi da dati di lettura molto positivi,ma sarei veramente contentissima se mi lasciaste qualche volta anche una recensione per dirmi cosa ne pensate,perché ho veramente bisogno di voi!
Grazie mille a tutte <3
Buona settimana:)
 
Nerhs xx
 
 

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Capitolo 5
*** 4. ***


4.
 
 
Ashton’s pov.
 
 
-Ash, devi provarci almeno!- tubò la voce di Luke mentre provava a rifare il letto su cui aveva dormito
-E cosa le dico? “Hey, mi spiace di averti colpito con quel pallone, ti va di uscire con me?”- assunsi un tono molto ironico
-Senza fare cazzate, prova ad avvicinarti al suo mondo magari!- sorrise soddisfatto del pietoso risultato che aveva ottenuto
-Dici che dovrei andare in chiesa più spesso?- ero confuso
-Si, magari, oppure, se oggi saranno ancora in spiaggia, potresti chiederle di insegnarti a fare l’educatore per quei bambini.- continuò facendo sembrare il tutto molto ovvio
-Io?Educatore?Bambini?Naah.-
 
Sarebbe stata una pessima idea.
Io con i bambini non ci sapevo fare assolutamente, bastava vedere il comportamento che avevo con Harry. Mi sarei messo nei guai e di conseguenza avrei messo nei guai anche loro, e non volevo correre il rischio. Forse mi facevo tutti quei problemi, proprio perché anch’io non ero maturato più di tanto, anch’io ero rimasto bambino dentro. Anche se la barba iniziava a prendere possesso del mio viso, non rinunciavo mai ad una partita di pallone con gli amici, o un match alla playstation, o una gara di tuffi in spiaggia.
 
-Io ti ci vedrei invece, e poi ricorda che lo faresti per lei.- finì per poi darmi le spalle e scendere velocemente le scale che portavano alla mia cucina.
 
Ci pensai un po’ e alla fine le sue parole mi sembravano più vere che mai. Lo facevo per lei, per stare in sua compagnia, per provare a tirarle fuori quel sorriso che avevo visto in spiaggia, un sorriso tutto per me.
Infilai la t-shirt che avevo accartocciato sul letto e seguì Luke. Mia madre ci accolse in cucina e dopo neanche venti minuti, uscimmo di casa diretti alla spiaggia.
Come Luke aveva giustamente predetto, lei e tutte le bambine che la seguivano, erano sulla spiaggia.
Aveva i capelli sciolti al vento e il sole faceva splendere quei ricci così biondi come del grano ondeggiante. Aveva un vestito, un vestito bianco con le spalline larghe che arrivava fin sopra le cosce, lasciandole quasi interamente nude. Mi accorsi di avere la bocca spalancata, quando il mio amico con uno schiaffo, riunì le mie labbra.
 
-Vai Ashton!- disse indicando l’entrata della spiaggia
-Ho paura.- confessai
-Tu?Paura?E di cosa, sentiamo.- incrociò le braccia sul petto come una ragazza
-Ho paura che mi dica di no. Che mi prenda per un povero stupido che la segue come un cagnolino. Ho paura che arrivi quel ragazzo e la porti via. Io…ci tengo.-
-Se ci tieni così tanto, vai e prenditela.-
 
Mi spinse leggermente e mi decisi a camminare.
Attraversai tutta la spiaggia e arrivai a pochi metri da lei, che ora era seduta sulla spiaggia in cerchio con cinque o sei bambine. Una di quelle si accorse di me e tirò il vestito di Ester verso di se.
 
-Ester, c’è Ashton!- gridò
 
Come faceva quella bambina a conoscere il mio nome?Lei le aveva parlato di me?Si era veramente ricordata il mio nome?
La ragazza si girò e si coprì gli occhi dal sole. Appena si accorse della mia presenza, balzò in piedi e mi venne incontro, sorridente. Arrivo a qualche centimetro dal mio corpo e agitò la mano in segno di saluto. Avevo la sensazione di aver ingoiato della segatura. Avevo le labbra secche, neanche una parola mi passava per il cervello. Niente di intelligente, anzi proprio niente. Sentivo le gambe molli, e solo perché mi stava fissando negli occhi.
Svegliati Ash!
La vocina che avevo nella coscienza mi salvava sempre nelle situazioni più scomode.
 
-Ciao!- le urlai nelle orecchie
 
Stupido.
Si toccò l’orecchio, ma continuò a sorridere imperterrita.
Mi salutò anche lei, la sua voce era talmente armoniosa. Iniziammo a parlare, sostanzialmente del più e del meno, ma stavamo parlando, in modo abbastanza civile.
Dovevo capire cosa aveva quella ragazza tanto da ridurmi a sentirmi così tanto stupido. Mi sentivo un imbecille, un povero imbecille. Un manichino che arrossisce senza alcun comando, che si muove a scatti tanta è la tensione quando lei sorride, che sorride nervosamente alle sue parole, che si regge a malapena in piedi quando lei lo fissa negli occhi.
Mi decisi a parlarle poi delle mie intenzioni, ma non sembrò una grande idea.
 
-Sono tornato, perché, ecco, vorrei diventare come te!-
-Come me?In che senso?- storse un po’ il naso dalle linee perfette
-Fare quello che fai tu, cioè, mi sento stupido.- mi lasciai scappare
 
Abbassai la testa sulla sabbia, arrossendo come mai avevo fatto prima d’allora. Lei iniziò a ridere e a riempire l’aria con la sua risata. Si avvicinò e mi abbracciò, poggiando appena la sua testa sul mio petto. Il tempo, lì, su quella spiaggia, in quel preciso istante, con tutta quella gente, si bloccò. Tutto cessò di esistere. Perché mi sentivo così dannatamente bene?Perché con quel semplice e apparentemente stupido e consolatorio gesto, mi stava facendo battere il cuore così tanto forte?Non poteva essere ciò che io credevo fosse. Non ora, non così presto.
Si staccò dal mio corpo, facendo riprendere a correre il tempo.
 
-Non sentirti così, non ti mangio,giuro!Vorresti diventare un educatore?- mi chiese
-Si.- ecco, lo avevo detto.
-Beh, per me è fantastico, ma non è così facile!Ci proveremo, iniziando da ora, okay?-
-Okay!-
 
Mi porse la mano e non esitai a stringerla forte.
Richiamò le sue ragazze e le incitò a seguirci. Mi trasportò verso un gruppo di persone sedute come in assemblea. Cercò l’attenzione degli altri e poi mi tirò verso di sé.
 
-Lui è Ashton, vorrebbe far parte della nostra bella, grande e pazza compagnia!- sentenziò sorridendo
-Oh, Ashton, sarà un piacere!- esultò un uomo vestito di nero, probabilmente il parroco.
-Sempre se per voi non dovesse essere un problema, ovviamente!- sorrisi
-Non è così semplice, infatti.- gridò da lontano il ragazzo con gli occhi azzurri
 
Lo vidi avanzare verso di noi, e quando fu a due metri da me e Ester, lei lasciò la mia mano. Lui le si mise accanto e le baciò la guancia, venendo poi verso di me e tendendomi la mano.
 
-Connor.- strinse forte la mia mano tanto da farsi diventare le nocche pallide.
 
Sciolta la presa, mi accarezzai la mano, per alleviare il piccolo dolore.
Mi guardai intorno e tutti i bambini sembravano abbastanza felici della mia presenza. Speravo sempre più fortemente di non combinare danni, come era mio solito fare.
Ci disponemmo tutti in cerchio e pregammo insieme. Ciò non mi dava fastidio, non mi creava nessun problema, ero sempre stato un credente, non praticante, ma credevo.
Si divisero in gruppi per età ed Ester mi venne vicino, dopo avermi osservato isolarmi dal resto degli altri.
 
-Vieni, oggi sei in gruppo con me!- disse
 
La seguii e le restai sempre accanto. Durante l’attività, durante il pranzo, durante le varie passeggiate, e lei non sembrava porre alcun tipo di resistenza. Al contrario di quel tipo, Connor. Sentivo di odiarlo, di odiarlo dal profondo. Avrei potuto picchiarlo, se lei non fosse stata lì. Sembravano così intimi tra di loro. E forse quel odio era semplicemente scatenato dalla tanta gelosia. Perché avevo visto come lui se la stringeva tra le braccia, i tanti e ripetuti baci che le lasciava sulle guance.
Ma facevo la parte dello gnorri. Ero la reincarnazione delle tre scimmie “Non Vedo. Non Sento. Non Parlo.”. Ma faceva male. Però non sapevo perché faceva male. Quella ragazza mi piaceva, tanto anche. Era così palese. Ma non ero innamorato, o almeno non lo sapevo.
Arrivò la fine della giornata e ci ritrovammo sul limitare della spiaggia, io e lei.
Mentre era girata, spinsi la mano contro il petto, nel punto esatto in cui si trovava il cuore, tentando di calmarlo, o perlomeno di non farle accorgere quanto stesse battendo forte.
 
-Ti senti bene?- chiese poggiando la sua mano sulla mia
-Si si, un po’ di fiatone per la passeggiata!- evasi da quella situazione imbarazzante
-Allora?Ti sei divertito?- mi chiese poggiando le mani sui fianchi
-Molto, si, a quando il prossimo appuntamento?-
-Domani, sempre qui, magari se arrivi un po’ prima, potrei farti conoscere meglio il nostro “staff”!- sorrise
-Okay, a domani allora!- dissi
 
Si avvicinò e posò le sue labbra sulla mia guancia, mandandola letteralmente in fiamme. Se ne accorse e ridendo appena, sfiorò il punto in cui mi aveva baciato con la mano.
Rimasi come uno stoccafisso lì sulla spiaggia, anche quando lei fu fuori dalla portata della mia vista. Dovevo farmi un bel lavaggio del cervello, capire i miei sentimenti, magari scriverli su un foglio o parlarne con Luke…LUKE!
 
-Bello stronzo, dove eri finito?- urlò la sua voce dietro le mie spalle
 
Gli corsi incontro e lo strinsi forte tra le braccia, felice come non mai e sussurrandogli all’orecchio un veloce “Dobbiamo parlare!”.
 
 
 
 
Nerhs’s box.
 
Eeeeee…il cambiamento arriva anche qui!
I trattini mi avevano stancata!
Chiedo perdono per l’esagerato ritardo, ma ho pubblicato anche il prologo di una QUARTA storia e ho accantonato per qualche giorno questa, ma ho risolto, non tanto da farmi perdonare perché il capitolo fa abbastanza pena, ma ci ho provato!
Beh, che dire, Ashton si è “buttato” nella vita del educatore e chissà cosa combinerà, starà a voi scoprirlo(?)
Non ho molto altro da dirvi, a parte il fatto che sono felicissima perché in questo istante sta per nascere la prima bambina di due cari amici di famiglia, la piccola Carlotta che diventerà la nuova “bambola di casa”!
Spero che il capitolo vi abbia soddisfatto abbastanza da perdere tempo nel lasciarmi una recensione:)
Grazie a tutte, vi amo tanto <3
Nerhs

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Capitolo 6
*** 5. ***


5.
 
 
*Dopo qualche settimana*
 
Ester’s pov.
 
-Avete capito quindi in cosa consiste l’attività?- chiesi ancora, dopo aver spiegato per l’ennesima volta in cosa consisteva il gioco che avrebbero dovuto svolgere i miei ragazzi.
 
Ancora leggermente dubbiosi scattarono in piedi alzando un polverone di sabbia e corsero verso il percorso ad ostacoli che avevo organizzato per loro. Rimasi indietro con Ashton che li fissava divertito. Mi avvicinai a lui ed esausta, poggiai la testa sulla sua spalla e lui, decise di poggiare il suo braccio sui miei fianchi.
Ashton era un ragazzo dolcissimo, pieno di vita e d’interessi. Era molto simpatico e, anche se non voleva proprio ammetterlo, ci sapeva fare con i bambini. A volte pensavo che fosse così perché anche lui era ancora un bambino dentro. Li faceva divertire, i maschietti lo stimavano per la sua sfrenata passione per il calcio e per il surf, le femminucce invece stavano sempre in sua compagnia attratte dalla sua bellezza e dalla dote del saper suonare la batteria. Sapeva rendere tutti felici con il suo carattere e con le sue doti speciali. Anche me.
A volte passavamo interi pomeriggi sulla spiaggia a chiacchierare. La dote che invece attraeva me era il suo saper ascoltare le persone. Potevi riempirlo di parole, parlare fino a stare male, parlare fino a piangere, e lui sarebbe stato lì, in silenzio, ad ascoltarti. Lo torturavo spesso con i miei problemi, anche fino a piangere, ma lui c’era, rimaneva lì. E in quel momento era ciò che mi serviva. Qualcuno disposto a stare con me, senza alcun coinvolgimento.
Perché qualcuno ci aveva provato a coinvolgermi, fallendo miseramente.
Connor infatti si era stufato presto del mio carattere, e io del suo. Ma ci provava ancora, e ancora, senza mai stancarsi. E ora quella che si era stancata, ero io. E per questo avevo bisogno di Ashton. Per parlare, per sfogarmi, per avere qualcuno con cui stare in compagnia.
Sapevo benissimo quello che però lui provava per me. Non lo sapevo da lui però. Voci di corridoio, il suo sguardo, le sue mani che cercavano le mie mentre piangevo sulla sua spalla.
Non volevo ferirlo. Non volevo illuderlo neanche. E mi stavo chiedendo allora cosa ci facesse ancora la mia testa sulla sua spalla.
Mi raddrizzai e lo incitai a corrermi dietro, per raggiungere i ragazzi. Vidi i suoi occhi spegnersi l’ennesima volta, ma poi accese il suo splendido sorriso, e iniziò a correre anche lui.
Raggiungemmo i miei ragazzi e iniziammo il nostro gioco.
 
 
-Okay, è ora di pranzo!- dissi gettandomi sulla sabbia, mentre tutti mi fissavano stanchi
-Aspetta, solo un altro pò!- disse Ashton stringendosi ancora più forte sulle mie gambe
-Mamma mia, ti ho fatto solo correre qualche minuto!- iniziai a ridere
-Qualche minuto?Due ore a correre intorno alla spiaggia sono qualche minuto?- disse alzando gli occhi verso i miei
 
 
I ragazzi si accasciarono intorno a noi e iniziarono a ridere per le buffe facce di Ashton. Iniziammo a chiacchierare e finimmo col parlare dell’imminente fine del campo estivo.
Ashton si sollevò serio e si mise seduto accanto a me, fissando negli occhi tutti i ragazzi, mano a mano che parlavano.
Abbassò la testa innocentemente, prendendo a torturare la sabbia.
 
-Ash, verrai a trovarci?- chiese Jason, uno dei nostri ragazzi
-Si infatti Ash, vieni con noi!- urlò Travor
-Si, magari qualche volta verrò.- disse poi lui
 
Portò il suo sguardo su di me.
Dovevo persuaderlo anch’io a venire con noi. Ashton meritava di restare con noi. Era un educatore fantastico e nessuno era mai riuscito a prendere i nostri bambini e i nostri ragazzi come faceva lui.
 
-Coraggio Ash, vieni con noi!- dissi
-Devo decidere ora o posso farvelo sapere poi?- chiese ridendo
 
Trascinò anche tutti noi nella sua risata e continuammo a parlare, fin quando l’urlo di Jennifer ci richiamò al pranzo.
Ci alzammo e iniziammo a camminare verso i gazebo. Io e Ashton come al solito, rimanemmo  indietro e lui poggiò il suo braccio intorno alla mia vita. Mi scostai un po’ e gli sorrisi.
Ashton stava diventando importante per me. Stava diventando un carissimo amico e non volevo che lui interpretasse alcuni miei gesti, come altro. Lui era un ragazzo bellissimo e non biasimavo tutte le bambine e le ragazze che gli andavano dietro, i suoi occhi avrebbero sciolto anche l’iceberg che fece affondare il Titanic, e forse a volte, facevano sciogliere anche me. Ma sapevo che se solo lo avessi avvicinato come qualcosa di diverso dal semplice amico, lo avrei ferito.
Lo avevo visto con Connor, e prima ancora con il ragazzo inglese con il quale avevo provato ad avere una relazione, e ancora prima con Brad, un mio vecchio compagno di liceo. Avevo fallito, e sapevo che lo avrei fatto anche con lui, ma lui meritava di meglio. Io non meritavo il suo amore. Io lo avrei ferito, gli avrei fatto del male, e non potevo permettermelo.
 
Si mise seduto accanto a me sulla panca e iniziò ad aprire, anche lui, disgustato il suo “panino”. Erano circa tre settimane che né io né lui mangiavamo nulla, per colpa di quei pezzi di plastica farciti con altrettanti pezzi di plastica.
Mi guardò e mi incitò ad alzarmi. Feci come lui mi aveva ordinato e lo vidi afferrare il suo zainetto.
Mi prese per mano e facendo un segno a Jennifer, iniziò a trascinarmi dietro di lui.
 
-Dove vuoi andare Ash?- chiesi
-Shh.- continuò a trascinarmi
 
Ad un certo punto, mi sentii tirare dalla parte opposta a quella in cui mi tirava Ashton. Mi girai, con il braccio dolorante e vidi Connor tenere stretto il mio polso. Mi fermai e con me, si fermò anche il ragazzo.
Rimasi a fissare per un po’ i due che si scambiavano sguardi glaciali, come a voler trasformare l’altro in un blocco di ghiaccio e potermi portare via.
Con uno strattone mi liberai da entrambe le prese, risvegliando i sensi dei ragazzi.
 
-Vieni con me.- mi ordinò Connor
-No.- terminai
-Devo parlarti.- disse con la voce più grave
-Ora ha fame, e stiamo andando a pranzare, quindi, sei pregato di lasciarla.- intervenne Ashton
-Rifiuto la tua preghiera, devo parlarti ora.- disse calcando l’ultima parola Connor
-Lui ha ragione, ho fame, possiamo parlare dopo?- implorai
 
Connor, visibilmente infastidito, sbuffò all’aria e prima di girarsi e lasciarci soli, si avvicinò al mio viso per lasciare un bacio passionale sulle mie labbra.
Se ne andò così velocemente che non ebbi neanche il tempo per chiamarlo. Mi girai verso Ashton che come me, era infastidito e stordito dal gesto di Con.
Mi sfiorai le labbra dove il ragazzo con gli occhi azzurri aveva appena lasciato un bacio e cercai di pulirle, come per dimenticare e far finta che non fosse successo nulla. Ashton che fino a poco prima teneva la mia mano, la lasciò cadere lungo il suo fianco, con fare esausto e rassegnato. Mi sentivo di dovergli dare delle spiegazioni…ma spiegazioni per cosa?Io non avevo fatto assolutamente nulla. Mi sentivo così in colpa con lui, soprattutto quando non si mosse più e si lasciò cadere seduto su un muretto al limitare della spiaggia. Mi avvicinai a lui e mi sedetti anch’io sulla superficie grigia.
Iniziai a fissare davanti a me, con uno sguardo perso, identico al suo.
 
-Mi dispiace.- mi lasciai sfuggire
-N-non devi.- rispose
-Invece si. Anzi, non so neanche perché lo sto facendo.- dissi ridendo nervosamente
-Appunto. Scusami tu, non so perché ho reagito così.-
-Lo sai invece e non dobbiamo più far finta di nulla, Ash.-
-Sai tutto?- chiese
-Si, e non devi dispiacerti, è una cosa…bella, infondo.-
-Infondo infondo, per te.-
 
Il suo tono era così sconsolato, così vuoto, le sue parole sembravano così tristi, pronunciate senza sentimenti.
Aveva perso completamente le speranze, e la colpa forse era la mia. Si sollevò, dipingendo un falso sorriso sulle labbra e mi porse la mano. L’afferrai, sperando che poi lui non l’avrebbe abbandonata, ma fu così. Dopo che fui in piedi, si portò la mano di nuovo lunga sul fianco. Ma cosa mi importava?Se non dovevo ferirlo, non mi sarebbe dovuto dispiacere il fatto che lui non mi teneva più per mano. E pure mi dispiaceva. Perché sapevo di averlo ferito. Eppure pensavo che si potesse ferire solamente con oggetti appuntiti e taglienti, ma ora avevo scoperto che solo con una parola, lo avevo ucciso.
Scossi la testa e lo seguì in un bar.
Poggiò le mani sul bancone e mi guardò.
 
-Cosa prendi?- mi chiese
-Non ho più tanta fame.-
-Non fare la scema, sono tre settimane che non tocchi cibo. Cosa vuoi?-
-Mi stringeresti di nuovo la mano?- cosa avevo detto?
 
Lo guardai sbarrare gli occhi e arrossire violentemente. Annui e mi strinse forte e velocemente la mano. Sorrisi e al mio sorriso, sorrise anche lui. Mi piaceva il suo sorriso.
 
 
 
Tornammo in spiaggia e vidi Connor pronto ad aspettarmi.
Come ci vide, mano nella mano, lo vidi avanzare con un’espressione dura sulla faccia. Quando fu a pochi metri da noi, anche Ashton che prima guardava altrove si accorse di lui e smise di sorridere. Connor avanzò sempre più velocemente fino ad arrivare a pochi passi da noi.
 
-La stavi portando a pranzo, eh?- le sue parole mi trafissero
 
Connor non appena fu a portata, sferrò un potente pugno sulla faccia di Ashton, sbattendolo sulla sabbia.
Mi avventai sul corpo di Connor, per tentare di fermarlo, ma mi riempì la guancia con uno schiaffo.
Lo vidi poi buttarsi sul corpo di Ash, che gemeva a terra dolorante e sanguinante, e sferrargli una scarica di pugni sul viso. Mi ripresi giusto in tempo per non permettergli di ucciderlo.
Lo tirai indietro prendendolo per le spalle e lo lasciai cadere a terra.
Accorsero poi Marissa e Travor che fermarono Connor a terra e io, ancora un po’ stordita dallo schiaffo del ragazzo, barcollai verso il corpo dolente di Ashton.
Mi piegai su di lui e poggiai la sua testa sulle mie ginocchia.
 
-Ash, ti prego rispondimi!- feci del mio meglio per pulirgli il naso dal sangue che sgorgava senza fine, ma lui non sembrava ascoltarmi
-ASHTON RISPONDIMI, CORAGGIO!- iniziai ad urlare, ma i suoi occhi non volevano guardarmi.
 
Avevo iniziato già a rovinargli la vita.
 
 
 
 
 
Nerhs’s box.
 
Mio dio, mio Dio, mio dio:ASHTON A TERRA!
Okay, la pianto.
Cosa succede?Ester sembra chiarire i suoi pensieri riguardo Ashton, tra lei e Connor sembra essere finita (gioia per voi!) ma Connor non si arrende facilmente e dopo un attacco d’ira, colpisce Ash!
Cosa succederà nel prossimo capitolo?
Predizioni, sogni nel cassetto, critiche, problemi vari…TUTTO NELLE RECENSIONI!
Un bacione ragazze, e grazie a tutte voi che continuate ad esserci sempre xx
<3

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Capitolo 7
*** 6. ***


6.
 
 
Mi sentivo mancare.
Non avrei potuto tenerlo tanto altro tempo tra le mie braccia.
Soffrivo di emofobia fin da quando ero una bambina.
Il sangue era ciò che più mi faceva impressione.
Ne avevo paura. Mi faceva salire il vomito. Lo sentivo scorrere caldo e denso sulla pelle, tanto fastidioso, da farmi prendere da attacchi di ira e aggressività, che sarebbero poi stati repressi con delle pillole calmanti.
Strinsi fortissimo il labbro inferiore tra i denti, tanto da farmi male.
Continuavo a sospirargli con il poco fiato che mi era rimasto di rispondermi, di guardarmi, di svegliarsi. Continuavo a repellere la voglia di dar di stomaco e cercavo di fissare i suoi occhi, e non il sangue che cadeva copioso dal suo naso e dalle labbra.
Li vidi poi aprirsi appena, e mi guardò.
Marissa fece appena in tempo a scansarmelo dalle gambe, che caddi a terra svenuta.
 
 
 
 
- Perché è svenuta?- la voce di Ashton che chiedeva il motivo del mio svenimento mi arrivava come se stesse parlando a trenta metri di distanza. Ma lo sentivo. Ma non potevo fare nulla per svegliarmi. L’unica parte del mio corpo che sembrava attiva, erano le orecchie.
- Soffre di emofobia. Probabilmente le è presa una crisi e mettendola insieme al panico che provava vedendoti in quelle condizioni, è svenuta.- spiegò la voce di Marissa
- Emofobia?- chiese innocentemente il ragazzo
- Ha paura del sangue. Una volta una bambina si era sbucciata un ginocchio e presa dal dolore aveva preso la mano di Ester e se l’era premuta contro la ferita. Lei ha iniziato ad urlare come una pazza e abbiamo dovuto reggerla in tre per farle una puntura della medicina che di solito assume in pillole. Si è addormentata e nel sonno si è svegliata più volte, presa da incubi terribili. Non è bello vederla quando è afflitta dalle crisi.-
- Le prendono spesso, le crisi dico.-
- Quando vede il sangue, ma capita che durante la notte appunto, si svegli in preda ad incubi atroci, dovuti ai ricordi o per la maggior parte della volte alla quantità di calmanti che assume.-
- Capisco.-
 
Mi si spezzava il cuore a sentire tutta quella verità su di me.
Il tono di Ashton sembrava preoccupato, terrorizzato, spaventato. Sapevo quali erano gli effetti che il sangue aveva su di me, ma sentirselo dire, sentirlo spiegare a qualcuno che non conosce, mi faceva sentire una specie di mostro.
Preferivo sempre dormire sola per paura di avere una crisi nel sonno.
Avevo sempre le mie pillole sul comodino, o nel portafogli e quando viaggiavo portavo anche le siringhe e tutto il necessario per gli attacchi più violenti.
Era orribile.
Soprattutto ora che anche lui sapeva tutta la verità. Forse era meglio.
 
Provai ad aprire gli occhi e questa volta fu tutto più facile.
Mi guardai intorno e scoprii di essere nella mia camera di albergo, stesa sul letto, con Ashton e Marissa accanto a me.
Mi sollevai piano, mentre la ragazza si alzava per andare a chiamare qualcuno fuori dalla stanza e notai che sul naso del ragazzo, alloggiavano tre o quattro strati di fasciature bianche.
Gli gettai le braccia al collo e lo strinsi forte al mio petto. Lo tirai verso di me e lo feci stendere al mio fianco sul letto per poi accucciarmi meglio al suo petto. Inspirai a pieno l’odore della sua maglietta. Sapeva di fragole e di Ashton.
Rimanemmo per un po’ così. Di Marissa ancora nessuna traccia, ma meglio così.
Sentivo il suo respiro regolare, cullare le mie braccia intorno alla sua schiena.
L’aria che soffiava dalla bocca, arrivarmi dolce suoi capelli.
Il suo sorriso poggiato sulla mia fronte, a volte si allargava e le labbra mi lasciavano un tenero bacio sulla pelle.
 
- Mi dispiace.- sussurrai
- Non è stata colpa tua.-
- Invece si. Se tu non fossi stato con me, lui ti avrebbe ignorato.-
- No, mi avrebbe picchiato comunque, lui mi odia. Smettila di darti colpe che non hai.-
- Sei troppo buono Ash.-
- E tu sei troppo bella perché io faccia finta di niente.- sospirò alzando il mio viso verso il suo
 
Dicono spesso che quando sei innamorata, uno stormo di farfalle ti invada lo stomaco, per poi iniziarsi ad inseguirsi, su e giù, provocandoti mille brividi per la schiena.
Ma adesso, mentre lui si avvicinava alle mie labbra, per baciarmi, sentivo come se un carro armato, stesse passando e ripassando su e giù per le mie viscere, scuotendo tutto e facendo tanti casini.
Non potevo lasciarglielo fare. Non potevo ferire la persona che per adesso, era la più importante di tutte. Non potevo rompere il cuore ad un altro ragazzo. Non potevo rompere il cuore ad Ashton e basta. Eppure le sue labbra, che ora erano incastrate nelle mie, erano così piacevoli. Ed era come se io avessi bisogno da sempre di quel maledetto bacio. Io avevo bisogno delle sue labbra sulle mie. Avevo bisogno del suo petto a cui poggiarmi. Avevo bisogno del suo respiro regolare che cullasse il mio sonno. Avevo bisogno delle sue mani, delle sue dita affusolate che intrappolavano le mie e le mantenevano calde. Avevo bisogno del suo sorriso che tranquillizzasse ogni mia giornata. Avevo bisogno dei suoi occhi, di quel perenne verde indefinito, che buttassero giù tutte quelle barriere e mostrassero ad entrambi chi eravamo veramente. Io avevo bisogno di lui.
Gli poggiai una mano sul petto e staccai le sue labbra dalle mie.
Poggiai di nuovo la fronte sul suo petto e sorrisi sulla sua maglietta. Sentii le sue braccia cingermi ancora più forte la vita e il suo mento premermi contro i capelli. Ci lascio qualche bacio e poi prese ad accarezzarmi il braccio con le dita affusolate.
Sentimmo la porta della camera aprirsi e vedemmo entrare Marissa, il parroco e Jennifer. Ci staccammo e ci sollevammo dalla nostra posizione distesa.
Lo guardai e lo vidi avvampare in viso e quando mi guardò, sorrise, facendomi capire che le mie guance non erano meno rosse delle sue.
Il sacerdote iniziò a ridere di gusto e si portò le braccia legate sotto il petto, mentre ci guardava e continuava a ridere sotto i baffi. Anche Jennifer sorrise dolcemente e Marissa strabuzzò gli occhi.
 
- Vedo che state entrambi molto bene. Ester prendi le pillole ora, mi raccomando!- disse Jen
 
Annuii imbarazzata e distolsi lo sguardo, portandolo fuori dalla finestra.
 
- Stasera vedremo un film, abbiamo bisogno di voi due per allestire la sala svago. Te la senti?- continuò Jennifer guardando Ashton
 
Lui sorrise ed annuii.
La donna ci spronò a scendere e noi la seguimmo. Prima presi le mie pillole e poi andai verso la porta. Io, Ashton e il parroco, Don Christoper, rimanemmo leggermente indietro rispetto a loro e il ragazzo ne approfittò per circondarmi le spalle col il braccio. Don Christoper ci guardò e colpì Ash sulla spalla.
 
- Mi raccomando ragazzo, non merita altro male!- disse per poi allontanarsi
 
Io e lui ci guardammo e si abbassò alla mia altezza per lasciarmi un bacio sul naso.
Ci dirigemmo verso la sala svago e trovammo gli altri educatori che già si davano da fare per ordinare lenzuola, cuscini e peluche in giro per la stanza.
Mi guardai intorno, cercando Connor con lo sguardo, ma del ragazzo neanche una traccia. Ashton si allontanò per aiutare Sam, un educatore, a stendere un materassino a terra e io andai verso Marissa.
 
- Dov’è Connor?- chiesi
- E’ tornato a casa.- rispose fredda
- Cosa c’è?-
- Siete carini.-
- Non è tutto. Ti conosco troppo bene, cosa hai?-
- Forse non è il caso di parlarne adesso, né qui. Aiutami con queste lenzuola.- disse affidandomi un mucchio di pile rossi.
 
Rinunciai a parlare con la mia amica e iniziai a sistemare le coperte a terra, facendo attenzione a che neanche uno spazio rimanesse scoperto.
Disseminai poi un tappeto di cuscini morbidi sopra le coperte e giurai che i nostri ragazzi poi non sarebbero voluti più tornare nelle loro camere.
Mi allontanai dal gruppo e mi diressi verso le cucine. Chiesi una bottiglia d’acqua e mentre salivo nella mia camera, ingurgitai tre pillole calmanti. Una in più rispetto al mio solito. Mi avrebbe tenuto sotto controllo, ma sapevo che stavo rischiando una probabile crisi nei prossimi giorni.
Aprì la porta e trovai le mie ragazze che si misuravano degli adorabili vestitini. Appena mi videro, mi circondarono le gambe e si strinsero forte a me.
 
- Come stai?- chiese Chloe
- Bene tesoro!-
- Ti abbiamo vista svenire!- piagnucolò Megan
- Ora sto meglio!-
- Ashton?Lui come sta invece?- domandò Sole
- Anche lui sta bene…- dissi abbassando lo sguardo e colorando le guance di rosso
 
Iniziarono a punzecchiarmi, chiedendo i motivi del mio strano colorito alla parola “Ashton”, ma ottennero solo sorrisini scampati e risatine dimezzate.
Mi preparai anch’io insieme a loro e poi scendemmo per la cena.
Vidi il ragazzo sedersi dalla parte opposta al tavolo rispetto a me, ma durante tutto il pasto, sentivo il suo sguardo bruciarmi addosso. Non era fastidioso, anzi. Mi sentivo protetta. Sicura sotto il suo sguardo vigile e attento. Ma ovviamente l’episodio della mattina non era sfuggito a nessuno e avrei dovuto parlare con Connor, al più presto.
La cosa che mi mangiava l’anima però, non era Connor, o Ashton, ma era la fine di quel campo estivo. Tra cinque giorni sarebbe finito tutto e a meno che Ashton non fosse venuto con noi, avrei dovuto dirgli addio, forse per sempre. E lì tornava il pensiero di averlo ferito, di averlo distrutto, perché lo stavo illudendo in quel modo, e stavo facendo del male anche a me stessa.
 
Dopo la cena, ci recammo nella sala svago e guardammo “Le Follie Dell’Imperatore”.
Non seguì neanche un momento di quel cartone animato, neanche un secondo. Ashton mi baciò tutto il tempo e io, con la mia solita codardia, non ebbi il ben che minimo coraggio di affrontare il nostro più grande problema a petto scoperto:la distanza che ci avrebbe diviso.
 
 
 
 
Nerhs’s box.
 
Sono leggermente in ritardo. Mi dispiace da morire!
Innanzi tutto buonissima Pasqua, anche se in ritardo, e buon 25 Aprile in anticipo!
Sto andando a tremila in questi giorni e anche ora sono abbastanza di fretta, quindi non commento il capitolo anche perché mi verrebbero da dire solo parole schifose, quindi…lascio a voi la parola, la parola che tanto adoro!
Lasciatemi tante recensioni piccole mie <3
P.s. Ho postato da pochissimo il prologo di una nuova storia, si chiama “Man Down” la troverete sul mio profilo, i protagonisti sono sempre i ragazzi, solo in una versione leggermente più…dark.
Spero passerete, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!
Ora vado!
Un bacio, Nerhs xx
 

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Capitolo 8
*** 7. ***


7.
 
 
Ci trovavamo in spiaggia e mentre mi trovavo sulla schiena di Travor, che a quanto pare si divertiva a trasportarmi su e giù per la spiaggia, intravidi all’orizzonte la figura di Connor.
Dal giorno della rissa erano passati ormai tre giorni e lui non si era fatto né vedere né sentire.
Don Christoper cercava di consolarmi, dicendomi che appena avremmo parlato tutto si sarebbe risolto e poi mi rivelò anche che il ragazzo lo aveva chiamato, confessandogli che anche lui avrebbe voluto parlare con me, e quindi ciò comportava ad un suo imminente ritorno alla spiaggia.
Lo vidi in tutta la sua bellezza, scostarsi indietro il ciuffo di capelli biondi e togliersi le scarpe per poi trascinarsele in mano, mentre avanzava verso di me.
Lo osservavo e l’ansia cresceva nel mio petto, impossessandosi anche di quella misera traccia di coraggio che ero riuscita a scovare.
Picchiettai piano sulla schiena di Travor e gli chiesi con la voce smorzata se fosse stato così gentile da rimettermi a terra. Dopo qualche tentativo, mi liberai dalla sua presa e mi sistemai la maglietta che in precedenza avevo legato sotto il petto. Travor seguì la traiettoria del mio sguardo e anche lui notò Connor. Mi passò una mano sulla schiena e con un sorriso comprensorio, mi lasciò sulla riva del mare da sola. Mi guardai di nuovo intorno, scorgendo il corpo di Ashton seduto a parecchi metri da me mentre suonava con due bacchette, la superficie del tavolo in legno, per delle bambine e per Jennifer.
Mi girai sorridendo e mi accorsi che Connor era a pochi passi da me.
Si avvicinò e abbassò lo sguardo, fissandomi i piedi. Mi prese delicatamente la mano e mi trascinò più lontano, mantenendo sempre i piedi nell’acqua tiepida del oceano. Camminammo sul bagnasciuga per qualche minuto e ci trovammo dopo un po’ parecchio lontani dalla nostra postazione.
Si tolse la maglietta, rimanendo solo con un costume e si sedette nell’acqua, invitandomi a fare la stessa cosa. Mi sfilai i pantaloncini e li gettai sulla sabbia, rimanendo in costume e sedendomi accanto a lui. Si girò verso di me, non guardandomi però. Fissava oltre il mio viso, fissava una coppia di innamorati che stava entrando nel mare. Lui le stringeva la mano e lei entrava a tentoni nel acqua forse troppo fredda. Notai la pancia più accennata di lei e poi quando furono entrambi in acqua, lui si chinò sul suo grembo e glielo baciò. Poi si abbracciarono e si baciarono.
Distolsi lo sguardo, perché sapevo che lui ci stava soffrendo, sapevo che lui si stava facendo del male mentre continuava a guardare tutto quel amore.
Presi il suo mento tra le mani e portai i suoi occhi nei miei, per smettere di fargli subire quello strazio. Quando capì, portò di nuovo lo sguardo sui miei piedi.
 
- Mi dispiace per ciò che ho fatto.- se ne uscì poi
- Già.-
- E’ solo che…sono io quello che ti è sempre stato accanto, non lui. Sono io quello che ti ha detto per la prima volta “Ti amo”, quel “Ti amo” serio, quello vero. Sono io quello che ti ha asciugato tante di quelle lacrime che ho perso perfino il conto. Sono io quello con cui hai condiviso la tua camomilla. Sono io quello che ti reggeva mentre avevi le tue crisi. Sono io quello che ti ha amato fin dal inizio, da quando hai varcato quel cancello e con la tua voce che squillava mi chiesi dove si trovava l’ufficio di Don Christopher. Sono io quello che ti ha proposto di diventare un’educatrice, e mi sembra che tu non te ne sia mai pentita. Sono io, io e basta. Dovrei esserci ancora io al posto di quello là. Per portarti a pranzo perché non ti piacciono i panini del hotel. A stringerti in sala svago mentre ti annoi perché il film non ti piace. Ad amarti, perché te lo meriti e basta.-
 
Mi accorsi troppo tardi delle lacrime che gli solcavano le guance.
Si girò verso di me e mi sorrise amaramente. Quel sorriso che odiavo vedere sul suo viso, quel sorriso che avevo sempre cercato di reprimere, perché lo odiavo e stava tremendamente male su di lui. Ed ora mi stava perforando l’anima, perché era mia la colpa. Era mia la colpa di quel dannato sorriso amaro come il fiele. Amaro, perché io lo avevo avvelenato, lo avevo deluso, lo avevo ucciso. Avevo ucciso il suo bellissimo sorriso. E tutto per colpa mia.
Mi guardò insistentemente, come se lui sapesse ciò che io stavo pensando, e lui godeva di ciò. Godeva dei miei pensieri accusatori verso di me. Godeva di quanto odio provassi nei miei confronti. Godeva per quanto male mi stavo augurando. Ma in fondo me lo meritavo? Meritavo Connor? Meritavo tutto quel odio con cui mi maledicevo?
Percepì le sue labbra a pochi centimetri dalle mie.
Non volevo baciarlo. Non ora. Non con Ashton. Non con quel odio che ora gli invadeva le iridi. Mi allontanai e lo guardai bene negli occhi. Lui non voleva baciarmi per tutte le cose che mi aveva elencato prima. Lui non mi amava. Lui voleva baciarmi per ferire Ashton. Voleva baciarmi perché così avrebbe vinto lui. Ma vinto cosa poi? La distruzione del povero Ash? Non glielo avrei permesso. Lo spinsi via e mi alzai, riafferrando i miei pantaloncini e allontanandomi correndo. Sentivo la sua voce dura che mi chiamava urlando. Non mi girai e rallentai il passo solo quando fui davanti ad Ashton. Mi accolse col suo sorriso vero, quel sorriso sincero e innamorato che solo lui aveva. Mi osservò bene, notando che avevo solo quella misera maglietta e le mutandine del costume e sorrise malizioso. Mi gettai tra le sue braccia e lo strinsi forte al petto. Come a dirgli “io sono qui”, “non ti ho lasciato”, “voglio te”. Ricambiò la mia stretta dopo poco e mi baciò il collo.
Sentimmo poi la voce di Jennifer che ci intimava di lasciarci o avremmo riempito di dolcezza tutto il campus. Mi staccai da Ashton ma lui mi attrasse di nuovo al suo corpo, avvolgendomi il suo braccio intorno alla vita.
Lo guardai e gli sorrisi, lasciandogli un tenero bacio sulle labbra.
Ci voltammo verso la riva del mare e vedemmo Connor che camminava velocemente, oltrepassando la nostra postazione e guardandoci con uno sguardo truce.
Ashton riportò i suoi occhi sul mio corpo e si staccò leggermente.
 
- Sei stata con lui?- mi chiese
- Dovevamo parlare e ci siamo seduti sul bagnasciuga. Sei geloso?-
- Torni senza pantaloncini e poi vedo lui passare senza maglietta, sai qualche dubbio mi viene.- tubò
- Non devi avere dubbi. Io sono qui con te.-
- Ed è tutto perfetto così.-
 
 
 
 
 
 
 
- Possiamo parlare?- chiesi a Marissa che passava di fronte alla mia camera d’hotel
- C-cosa dobbiamo dirci?- chiese
- Entra, mica ti mangio!- la spinsi dentro e ci mettemmo sedute sul mio letto
- Cosa c’è?- chiese diventando rossa in viso
- La tua freddezza. Non parliamo quasi più e quando hai saputo di me e Ashton…sembravi arrabbiata. Cosa c’è?-
- Non credo siano affari tuoi.-
- Si invece dal momento che sono tua amica ed è con me che non parli più.-
- …sono innamorata di Ashton.- bofonchiò
 
Il mondo si fermò in quello stesso istante.
Si fermò e poi iniziò a scoppiettare, per poi esplodere completamente e far ricadere i suoi pezzi su di me. Un peso che io non riuscivo a sopportare.
La mia migliore amica mi aveva appena confessato di essere innamorata del ragazzo che…amavo.
Io e lei eravamo sempre state una cosa sola. Marissa ed Ester contro il mondo. Sei anni di quel amicizia che ora sembrava valere meno di zero. Eravamo la mano e l’occhio. La mano si fa male, l’occhio piange. L’occhio piange, la mano asciuga.
La guardai impassibile, percependo appena le lacrime che mi bagnavano le guance.
Vedevo la sua immagine offuscata, troppo offuscata. Non volevo piangere davanti a lei.
Cosa significava ciò adesso? Avrei dovuto fare una scelta? Ashton o Marissa? Avrei dovuto rinnegare tutto quello che provavo per far piacere alla mia amica? Dovevo soffrire per far felice lei? Ed Ashton, in questa situazione, dove si sarebbe collocato? Lui amava me. Lui voleva me. Lui aveva scelto me. Non lei. E forse un significato questa scelta avrebbe dovuto averlo. Non volevo soffrire, non volevo far soffrire Marissa, non volevo che Ashton soffrisse. Ma sapevo di non poter controllare i sentimenti delle persone che mi erano intorno. Potevo controllare solo i miei, e a volte neanche ci riuscivo benissimo. Solo io potevo mascherare i miei sentimenti e far finta di stare bene. Solo io potevo decidere cosa provare, o cosa fingere di provare. Solo io potevo fare quella scelta dolorosa che già sapevo mi avrebbe distrutto.
Tornai a guardare i suoi occhi marroni, che ora fissavano un punto fisso dietro di me. Pieni di lacrime, di risentimento, di vergogna.
La guardai un altro po’, sperando che capisse ciò che stavo per dire, mi prendesse le mani e mi pregasse di non farlo, di non dirlo, di starmene zitta e che iniziasse ad urlare che stava giocando, che aveva detto un mucchio di cavolate, che mi stesse prendendo in giro. Ma non successe. Anzi. Iniziò a piangere disperatamente, urlando il suo amore per quel ragazzo che io volevo fosse mio per sempre, solo mio e basta. E le sue lacrime sembravano acido per me, erano più corrosive. Si aprivano dei varchi dentro di me, e corrodevano tutto ciò che trovavano nel loro passaggio.
Mi decisi che non sarebbe mai successo ciò che io volevo succedesse, quindi le strinsi le mani e la fissai, per poi sputare con il maggior grado di acidità e cattiveria ciò che dovevo dire.
 
- Se è quello che vuoi, romperò con Ashton. Tra me e lui, puoi già considerarla finita.- dissi
 
La cosa peggiore però, non fu la faccia di Marissa che sprizzava gioia da ogni poro. Che aveva gli occhi che luccicavano dalla gioia, e non più dalla frustrazione. Che sembrava poter urlare da un momento al altro. Che sembrava avere tutto il coraggio del mondo per ammettere al ragazzo il suo amore per lui.
La cosa peggiore fu il ragazzo che fece la sua comparsa nella mia camera con lo sguardo disperato e distrutto.
 
- Cosa?- riuscì a biascicare
 
 
 
 
Nerhs’s box.
 
Uh, uh, uh.
Non ho nulla da dire, quindi lascio a voi la parola!
Questi si pigliano e si mollano come quelle macchinette nelle sale giochi, dove devi afferrare il pupazzo, ma puntualmente quel coso ricade giù.
Me ne vado, vi amo <3
Nerhs

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Capitolo 9
*** 8. ***


8.
 
 
Lo guardai negli occhi e mi decisi che quello sarebbe stato il momento più adatto per morire.
Aveva gli occhi imploranti, supplichevoli di far tornare nella mia inutile testa tutte le parole che avevo appena pronunciato.
Marissa si era sollevata dal letto e, stupida ragazza, aveva stretto forte Ashton tra le braccia. Si rintanò nel suo petto e lo strinse, mentre lui però guardava me. La sentì sussurrare un “Devo parlarti Ashton” ma lui la scansò freddamente dal suo corpo.
Lei ancora non aveva capito la delicatezza di quella situazione, e si era subito gettata tra le sue braccia, come se io avessi cessato di esistere il momento dopo in cui le avevo dato il via libera di provarci con il mio ragazzo.
Ashton la degnò di uno sguardo e lei arrossì violentemente.
 
- Ora no.- brontolò con le lacrime e i singhiozzi che dimezzavano i suoi respiri
 
Con la ragazza ancora presente, lui si avvicinò e si fermò a pochissimi centimetri dal mio viso. Si abbassò alla mia altezza e le nostre lacrime ormai, sembravano non distinguersi più. I singhiozzi rumorosi che riempivano quel maledetto silenzio si confondevano, lasciando libera interpretazione sulla persona dalla quale provenissero. Ansimante, per il poco fiato e per il dolore che gli martellava il petto poggiò quasi le sue labbra sulle mie.
 
- Dimmi che ho sentito male, dimmi che tu non hai mai detto nulla del genere. Ti prego.-
 
Le lacrime si fecero più numerose e ormai un pianto convulso si era appropriato di me. Scossi la testa e alzai gli occhi verso i suoi. Erano diventati tremendamente più chiari, erano verdi, un verde stupendo. Un verde che se avesse voluto, mi avrebbe costretto a rimangiarmi tutto ciò che avevo ammesso, perché anche se tristemente e non volente, lo avevo ammesso. Ma ora il mio “problema” più grande era giunto:Ashton sarebbe stato d’accordo? Ovviamente no.
Al vedere i miei occhi, lui si staccò dalla mia fronte e lasciò cadere le sue mani sui suoi fianchi e sorrise esausto.
 
- Così hai deciso senza interpellarmi, sebbene fosse una scelta che avrei dovuto intraprendere io?- chiese retorico
- No, non è così. Io ci ho pensato a te, ho pensato a me e ho pensato anche a lei. E l’unico problema qui, in mezzo a voi due, ero io.-
- Ma io non amo lei. Lei non è sempre, maledettamente, dannatamente, ossessivamente, fortunatamente al centro dei miei pensieri. Ci sei tu, sempre tu. Io amo te, e basta. Ho fatto una scelta, e tu la distruggi così? Tu mi ami?- chiese avvicinandosi
- Certo che ti amo Ashton.-
- Allora perché stavi per mollarmi senza neanche farmelo sapere?-
- Per lei. Lei ti ama.-
- Ma io amo te. Non credi sia un gran bel macello?- sospirò ridendo nervosamente
- Un grande macello. Bello si, ma grande.-
 
Ashton si girò verso Marissa che ora piangeva più di prima e si avvicinò lentamente. La mia mente si chiedeva cosa avesse voluto fare. Se lei avesse capito che nonostante la mia “rinuncia”, lui avrebbe continuato ad amare me. Ashton si mise le mani in tasca e le sorrise docilmente. La ragazza diventò rossa come i suoi capelli e vidi le sue pupille dilatarsi nelle lacrime che stavano per scendere.
 
- Marissa, mi dispiace, ma…io non ti amo. Tu meriti di più, io non ti merito. Troverai qualcuno che sappia veramente apprezzarti a pieno, ma non sono io. Mi dispiace, spero che tu possa capire.- disse
- Oh, certo capisco. Siete molto carini insieme.- sorrise fintamente e si asciugò una lacrima, per poi andarsene.
 
Non potevo vederla soffrire in quel modo.
Sentivo sentimenti opposti che combattevano dentro il mio petto, per riuscire a fuoriuscire.
Da una parte provavo pena, tristezza e risentimento nei confronti della ragazza, perché lei era triste, era distrutta. E dall’altra c’era la soddisfazione e la confusione provocata dal suo comportamento così dannatamente infantile.
Ashton si voltò verso di me e mi guardò insistentemente. I suoi singhiozzi si erano finalmente placati, al contrario dei miei. Si avvicinò velocemente e tornò a far combaciare le nostre fronti.
Mi poggiò le mani grandi e calde sul collo e con i pollici mi accarezzò ogni porzione di pelle che riusciva a raggiungere. Strofinò il suo naso sul mio e poi unì i nostri petti, tanto da poter sentire quanto il suo cuore batteva contro il mio seno.
 
- Vuoi ancora lasciarmi?- chiese
- No, per nulla al mondo. Mi dispiace.- sospirai
 
Lo sentii buttare fuori un respiro e mi baciò. Un bacio che non mi aveva mai dato, un bacio che le sue labbra non mi avevano mai concesso. Mi costrinse contro il muro, e spalmò il suo corpo contro il mio. Premette le sue labbra sulle mie e la sua lingua non tardò a bagnarmi la bocca. Dischiusi le labbra e il suo calore mi pervase il corpo. Ci staccammo solo quando eravamo rimasti letteralmente senza fiato. Ridemmo l’uno sulle labbra dell’altra e lui mi strinse forte a sé.
 
- Ti amo. Solo te.- disse
- Mi dispiace.-
- Ora è tutto passato.-
 
Mi strinsi sempre più forte contro di lui e le sue braccia sicure mi avvolsero come fosse il loro unico compito, come se la loro intera esistenza, dipendesse da quella stretta.
 
 
 
 
 
 
 
Guardai la radiosveglia e notai che erano le dieci e cinquantaquattro minuti.
Mi girai verso il ragazzo che era steso accanto a me e sorrisi accarezzandogli il ciuffo. Sembrava dormisse beato, i suoi tratti erano rilassati e il piccolo taglio sotto il suo naso, stava diventando piano una cicatrice trasparente. Il suo respiro regolare mi cullava e le fossette ora si vedevano a malapena. Gli accarezzai di nuovo il ciuffo spostandolo indietro e le sue braccia mi presero e mi trasportarono su di lui. Mi lasciai andare in una risata, anche perché ci trovavamo al margine del suo letto e rischiavamo di cadere.
 
- Tirati più di là!- dissi, lui obbedì, trascinando anche me con lui
- Pensavo stessi dormendo- continuai poi
- Mi piaceva sentirti sorridere e accarezzarmi i capelli.-
- Se tu sei sveglio non sorrido e non posso comunque toccarti i capelli?-
- E’ più…eccitante!- miagolò
 
Gli diedi una botta sulla spalla e poggiai la mia testa nel incavo del suo collo.
 
- Ho avuto paura, sai prima, mentre eravamo con Marissa.- disse
- Paura di cosa?-
- Paura che tu avessi detto quelle cose seriamente, che poi mi avresti veramente lasciato. La tua voce sembrava così autoritaria, così seria. Mi hai…fatto male. Tu sei importante, e forse non so se lo hai capito, ma io ti amo più di ogni altra cosa.-
- Si, l’ho capito. E dispiace a me, perché non ho mai fatto nulla per dimostrartelo, perché anch’io ti amo.-
- Non devi dimostrarmi niente, io lo so.- mi baciò la fronte e poi mi passò la mano tra i capelli
 
Iniziai a pensare che su quel letto, con la mia testa incastrata sotto la sua spalla, con le sue labbra che baciavano le mie, con la sua mano che mi accarezzava i capelli e le nostre gambe intrecciate tra loro, ci fosse il paradiso. Io, con lui ero in paradiso. Quel posto talmente perfetto che niente e nessuno avrebbe mai potuto rovinare. Quel posto così incantevole, così in equilibrio, che nessuno avrebbe mai voluto abbandonare. E io non avrei voluto farlo, non volevo abbandonarlo sin dal inizio, e tutto era andato per il giusto verso, come doveva andare.
E c’eravamo io e lui, lì, in quella camera d’hotel, a scambiarci baci e paroline troppo smielate, che a volte ci prendevamo in giro da soli, l’uno con l’altra, e niente sarebbe potuto andare storto.
Un breve spasmo mi colpì mentre mi stringevo più forte al suo corpo, ma non ci feci molto caso.
 
- Che succede?- mi chiese notando la mia rigidità post-spasmo
- Nulla, nulla.- lo tranquillizzai
 
In poco più di dieci minuti ci ritrovammo a riposare in pace con i sensi, stretti e vicini.
Un secondo spasmo mi attraversò qualche ora dopo. E subito dopo un terzo, e un quarto finito il terzo. Chiusi forte gli occhi tra loro, consapevole che una crisi, una di quelle violente e spossanti mi avrebbe colpito da un momento al altro. Non volevo però che Ashton mi vedesse, non volevo che Ashton vedesse la “Ester con le crisi”. Mi costrinsi ad alzarmi mentre il mio copro tremava e mi chiusi nel bagno, senza la forza necessaria per chiudere completamente la porta.
Mi poggiai al lavandino mentre ancora tremavo e mi accorsi che la mia valigia, era nella mia camera, dove c’erano anche le bambine e dove c’erano anche le siringhe e le medicine necessarie per far passare la crisi. Iniziarono a salirmi tremendi conati di vomito e gli spasmi erano più violenti e sempre più frequenti. Provai a trascinarmi di nuovo verso la camera che ospitava un unico letto, quello dov’era steso Ashton che si stava dimenando tra le lenzuola in cerca del mio corpo. Se ne sarebbe accorto e io non sarei mai riuscita ad arrivare in camera.
Iniziai a gattonare di nuovo verso il bagno e mi poggiai contro il muro, mentre il tremore tormentava i miei arti.
 
- Ester, dove sei?- chiese la voce assonnata del ragazzo dalla camera
 
Un lamento breve mi uscì dalla gola, senza che volessi. Era semplicemente il dolore e la paura che mi facevano emettere suoni fastidiosi e strazianti. La porta del bagno si spalancò e vidi Ashton a torso nudo che mi guardava spaventato, mentre mi contorcevo negli spasmi dovuti ai calmanti.
Si avvicinò lentamente e mi accarezzò il viso, con gli occhi pieni di paura.
 
- C-chiama Jen-nifer.- riuscì a biascicare
 
Prima di svenire definitivamente, lo vidi annuire e scomparire dal bagno.
 
 
 
 
 
Nerhs’s box.
 
Mh, capitolo pieno eh!
C’è stato un odio generale nei confronti di Marissa che, wow, siete spaventose:)
Vi amo hahaha
Ora si è risolto tutto, contentee??
Però…c’è un Qui Quo Qua:la crisiiii!
Sto delirando, scusatemi.
Mi lasciate qualche recensione? *supplica*
No va beh, se vi è piaciuto, ma anche se non vi è piaciuto eh, scrivetemi qualcosa!
Vi amo veramente tanto bellezze, grazie di tutto <3
Nerhs xx

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Capitolo 10
*** 9. ***


9.
 
 
Ashton’s pov.
 
La vidi li, seduta accanto alle mattonelle del bagno, che si contorceva nel suo stesso corpo, spossata dalla crisi che le stava torturando gli arti.
Mi disse ciò che avrei potuto fare per aiutarla e mentre indietreggiavo la vidi svenire.
Sentivo il sudore freddo che mi scendeva a gocce dalla fronte, dovevo aiutarla, non potevo lasciarla lì a morire.
Uscii dalla camera e mi poggiai allo stipite della porta. Mi afferrai le mani e le vidi tremare. Chiusi gli occhi e respirai affondo, non potevo concentrarmi se il primo a stare male ero io. Mi rimisi composto e corsi verso la camera di Jennifer, che si trovava ad appena tre porte dalla mia. Bussai insistentemente, violentemente, e dopo cinque secondi la donna venne ad aprirmi in camicia da notte. Vidi apparire dietro di lei Marissa che indossava una misera maglietta che lasciava intravedere le sue gambe lunghe e come vide il mio petto ancora nudo, arrossì e si fece indietro.
 
- Ester ha una crisi, ed è svenuta.- tagliai corto
 
Vidi gli occhi azzurri della donna spalancarsi e con una mossa decisa mi scansò da davanti alla porta. Rimasi a guardare Marissa che ancora mi fissava e cercava di infilarsi un paio di pantaloni. Mi girai e seguii Jennifer nella stanza di Ester. Senza fare il minimo rumore, afferrò un beauty dalla valigia di Ester e mi incitò a seguirla. Rientrammo di nuovo nella mia camera e sentii un tonfo. Vidi Jennifer ferma davanti al bagno, con il beauty ai suoi piedi.
Era spaventata, terrorizzata, doveva essere qualcosa di grave. Rimasi impalato sulla porta pensando che fosse morta, che fosse veramente successo qualcosa di grave ed irreparabile. Avanzai a tentoni e vidi la donna come “svegliarsi” dallo stato di trance in cui si trovava. Le sue mani tremavano almeno quanto le mie ma con sicurezza afferrò la piccola borsetta da terra ed entrò nel bagno. La raggiunsi e vidi Ester completamente distesa a terra, con gli occhi chiusi e la bocca appena dischiusa. Soffermai lo sguardo sul suo petto e notai con felicità che si abbassava e si alzava regolarmente, ma molto lentamente e con intervalli tra un respiro e l’altro di troppo tempo.
Mi piegai accanto a lei e presi la sua testa tra le braccia, in modo che il suo capo poggiasse sul mio petto.
Non potevo vederla così. Esanime. Con un respiro che non le dava neanche la forza necessaria a tenere gli occhi aperti. Mi accorsi di star piangendo, quando una lacrima le bagnò i capelli. Le asciugai in fretta e tirai su col naso, prendendo ad accarezzarle il viso pallido.
 
- Sta tranquillo, ora passerà.- disse Jennifer anche lei in lacrime
 
La guardai e la vidi mentre aspirava da una boccetta un liquido, che poi andava a depositarsi nel fondo di una siringa. Le legò un laccio emostatico all’altezza del bicipite e tastò il braccio per cercare la vena. Le bucò la pelle e piano piano la siringa si svuotò. Mi chiese di bagnare un batuffolo di ovatta con del disinfettante. Lo feci e con quel pezzo di lana, le disinfettai il buco.
Jennifer si poggiò sfinita accanto al lavandino, prendendo a piangere più forte di prima. Mentre sentivo i suoi singhiozzi riempire la stanza, sistemai meglio la ragazza tra le mie braccia e le accarezzai i capelli. La presi in braccio e la sistemai sul mio letto, coprendola per bene con le lenzuola, e poi tornai dalla donna che non aveva smesso di piangere.
 
- Perché piangi?- le chiesi, con un pizzico di innocenza nel tono
- Sono sei anni che le buco le vene, e sono sei anni che vivo con quella paura immensa nel cuore.- borbottò
- Q-quale paura?-
- Non è mai sicuro al cento per cento che i medicinali le facciano effetto.-
- Vuol dire che…-
- Potrebbe non risvegliarsi.- si asciugò una delle lacrime e sorrise fintamente, troppo fintamente – Ma non dobbiamo pensarci. Andrà tutto per il meglio.- si alzò, raccolse tutte le cose che aveva utilizzato e mi abbracciò. Un abbraccio fortissimo che quasi mi portò via il respiro.
 
Mi lasciò ed uscì.
Tornai da Ester e la vidi stesa sul mio letto, coperta fino al petto da quelle lenzuola, che piano si alzavano e si abbassavano insieme alla sua pancia. Mi inginocchiai accanto al materasso e, sorridendo, le accarezzai il viso, poi i capelli, poi le labbra, poi la fronte. Era così dannatamente bella e…Dio non poteva portarmela via. Non ora. Non adesso che avevamo finalmente trovato un pizzico di felicità.
 
- Non so come si comincia in questi casi. Da piccolo mi dicevano sempre che bisognava parlarti come si parla ad un amico, ma non sono più un bambino adesso. Ma ti giuro che non conosco un altro modo per rivolgermi a te, e forse una preghiera adesso è troppo poco. Senti Dio, so benissimo che tu la ami forse anche di più di quanto la ami io, so che per te lei è un angelo, lei è il tuo angelo, ma non puoi portarla di nuovo da te. Io ho bisogno del tuo angelo qui con me. Infondo, tu l’hai mandata sulla Terra perché facesse del bene al prossimo, perché rendesse felice qualcuno con il suo sorriso celestiale, perché rincuorasse il cuore di tutti con il suo sguardo. Beh, ora che sta compiendo il suo “lavoro” perché vuoi portarmela via? Lasciala qui con me, al fianco di questo stupidissimo mortale che per poco non le ha causato un trauma celebrale quel giorno in spiaggia. Ti prego, la tratterò come una principessa, come ho fatto fino ad ora e anche di più, ti prego Dio lasciamela ancora un altro po’. La tratterò come la più bella e la più preziosa delle tue Creature, come la cosa più importante di questo mondo. Non le mancherà mai nulla, lascia il tuo angelo ancora un po’ con me. Ti prego. Ho bisogno di lei.-
 
Scoppiai a piangere pensando che quello che mi aveva detto Jennifer. Non poteva abbandonarmi. Dio non poteva riprendersela proprio ora. E mi sentivo talmente arrabbiato con Lui. Non poteva togliermi la cosa per la quale io stavo vivendo. Non poteva togliermi quella ragazza che era entrata nella mia vita senza chiedere alcun permesso, era entrata cambiando le cose a suo piacimento, cambiandole e mettendole in disordine, senza che io potessi reagire. Aveva deciso tutto lei, ma a me stava bene così.
Tornai ad accarezzarle i capelli, pregando ancora Dio, con il quale ero arrabbiato, di riportarmela indietro, di avere almeno un’altra volta il suo sguardo incrociato col mio.
Vidi il suo petto alzarsi ed abbassarsi sempre più velocemente e con molta più regolarità. Le sue palpebre iniziarono a tremare e dopo qualche secondo anche le sue labbra si mossero. Le sue iridi verdi finalmente, incontrarono le mie ed ero sicuro che felice così, non lo ero mai stato.
La strinsi forte tra le braccia e sentii il suo sorriso aprirsi sul mio collo.
 
- Ash, ehi, non respiro!- sussurrò
 
Mi scansai e la vidi piangere. Iniziai a muovere la testa, come per farla smettere, ma lei sorrideva mentre piangeva.
 
- Ehi, perché piangi?-
- Mi dispiace, è stata tutta colpa mia. Ti sentivo piangere e sono sicura che per un momento il mio cuore si è fermato.-
- No, non dirlo neanche per scherzo, okay? Non hai colpa di nulla e ora siamo tutti e due qui.-
- Ti sentivo piangere, sentivo solo il tuo pianto e mi sarei voluta strappare i capelli uno ad uno, avrei voluto tirarmi fuori il cuore e morire in quel istante.-
- Ora è passato, siamo qui.- le baciai la testa e le asciugai le lacrime
 
La guardai mentre cercava di calmare le lacrime che le bagnavano le guance e mentre si strofinava il viso sulla mia mano. Sorrisi al vedere il suo sorriso che riuscì ad uscire da quelle lacrime, come il sole esce dalle nuvole quando piove.
 
- Vuoi venire qui vicino a me?- mi chiese
 
Annuii e mi infilai sotto le coperte.
La guardai e iniziammo a parlare. Le chiesi come stava, se avesse sentito qualche dolore, ma mi tranquillizzò, dicendo che ora stava bene e che non sarebbe più successo. La vidi addormentarsi e mi sentii in pace con me stesso, sapendo che ora stava solamente dormendo e che l’indomani mattina si sarebbe svegliata, mostrandomi di nuovo i suoi bellissimi occhi.
Mi misi steso a pancia in su, a fissare il soffitto bianco che ci rivestiva.
 
“Ehi Dio, grazie. Ora ti prometto che la terrò stretta tra le mie braccia, proteggendola come ti ho promesso. Nulla farà del male al tuo angelo, nulla. Te lo giuro. Grazie ancora Dio, non ti deluderò.”
 
 
 
 
Ester’s pov.
 
Scossi la pancia di Ashton cercando di farlo svegliare. Un suo mugolio mi informò che ero riuscita nel mio intento e dopo due minuti buoni, lo vidi accasciarsi sul mio corpo. Brontolò un “buongiorno” e poi mi chiese cosa volessi. Gli chiesi di tirare giù le persiane delle finestre e controvoglia si alzò, per soddisfare la mia richiesta. Tornò disteso accanto a me e lo baciai.
 
- Come stai?- mi chiese
- Bene, ma oggi il gruppo è tutto tuo. Io rimarrò seduta a guardarvi!-
- Certo capa!- fece un saluto da soldato e si stese su di me
- Ehi, fallo bene, mio padre è un soldato, sono un’esperta, io.- brontolai
- Quindi potrebbe spararmi se mi vedesse baciarti?- chiese ammiccando
- Si, probabilmente. La cosa non ti spaventa neanche un po’?-
- No. Basta che lo faccia dopo che ti avrò baciato. Morirei per te, ma solo dopo averti baciata.- disse poggiando le sue labbra sulle mie
 
Sentii le mie gambe, perdere la sensibilità. Aveva veramente detto che sarebbe stato disposto a morire per me? Nessuno mi aveva mai detto cose del genere, nessuno. Solo il mio papà. Ma, detto da Ashton, era molto più romantico. Con le guance rosse come pomodori, lo scansai e mi alzai.
 
Non ci vedemmo per due ore, fin quando non ci ritrovammo in sala mensa per la colazione comunitaria. Come al solito, lui si sedette insieme ai ragazzi ed io insieme alle ragazze che, dopo aver saputo della mia spiacevole nottata, si affrettarono a chiedermi come stessi.
Don Christoper si fermò vicino a me per conoscere il mio bollettino medico e dopo avermi lasciato un bacio tra i capelli, se ne andò.
 
- Ho una notizia da darvi!- urlò il parroco che si era arrampicato su una sedia per essere visto da tutti. – Dopo un periodo di pausa, abbiamo una nuova/vecchia new entry!- fece un segno con la mano e dalla porta della mensa apparve Connor con la maglietta che veniva lasciata solamente agli educatori addetti.
 
La fetta biscottata che tenevo stretta tra le mani cadde a terra non appena il ragazzo dagli occhi blu si girò verso di me e mi sorrise. Abbassai lo sguardo incapace di trattenere il suo e nello stesso momento, sentii due paia di occhi fissarmi incessantemente. Ovviamente, indovinare a chi appartenessero, non era poi così difficile.
 
 
 
 
 
Nerhs’s box.
 
In ritardo (lo so) ma con un capitolo abbastanza convincente direi!
Io trovo dolcissimo il nostro Ash, voi, che ne pensate?
E poi…con questo colpo di scena, ceh, ve lo aspettavate?
Vi aspetto, come al solito, nelle recensioni, e mi aspetto di tutto!
Uh, qualcuna di voi andrà il 5 Giugno a vederli o c’è qualche sfigata, come la sottoscritta, che rimarrà di nuovo a casa?
Sono felicissima per voi che andrete e per chi è come me, abbracciamoci.
Mi fareste boh, un video o qualcosa del genere, non necessariamente dove salutano, anche dove cantano?! Sarebbe il Paradiso. Okay, me ne vado e vi lascio in pace.
Un bacio ragazze e grazie a tutte <3 <3
 
Nerhs xx

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Capitolo 11
*** 10. ***


10.
 
- Coraggio, non salutate?- tuonò Don Christopher sorridendo
 
Presi coscienza della situazione che si stava svolgendo di fronte a me, e iniziai a scuotere la testa in modo ossessivo. Lui non poteva essere tornato. Non poteva esser tornato a rovinarmi la vita, perché ero sicura che quello, d’ora in poi, sarebbe stato il suo unico scopo. Rovinarmi la vita.
Lo fissai impietrita mentre scivolava abilmente tra i tavoli, per accorrere dai bambini che lo attendevano a braccia aperte. Ashton lo guardava furioso e i suoi occhi, che avevano smesso di bruciare su di me, ora stavano osservando il corpo del ragazzo che abbracciava alcune bambine.
I ragazzi del mio gruppo rimasero anche essi stupiti dal ritorno di Connor ma non gli vietarono un’accoglienza degna della loro simpatia e della loro educazione.
Non appena finì i suoi saluti, lo vidi muoversi verso di me. Baciò tutte le altre ragazze e poi si fermò dritto davanti a me. Mi prese le mani, come se fosse la cosa più normale al mondo e notai i suoi occhi illuminarsi, quegli occhi azzurri che non scrutavo ormai da tanto tempo. Mi liberai dalla sua presa, infastidita come sempre da tempo a quella parte nei suoi confronti, e incrociai le braccia sotto il petto, cercando di far fuoriuscire da ogni mio singolo movimento il fastidio e l’odio che provavo.
 
- Possiamo parlare?- chiese
- Non ora. Ho da fare. E neanche dopo. Non ho più tempo per te.-
 
Abbassò la testa, come non aveva mai fatto.
Il più bel ricordo di Connor che avevo, l’unica cosa per il quale io lo avevo sempre stimato e rispettato, e anche amato, era il suo non abbassarsi di fronte a niente e a nessuno. Il suo camminare sempre a testa alta, il suo orgoglio e la sua fierezza che avrebbero sbeffeggiato anche il più arrogante di tutto gli uomini. Eppure, la testa, di fronte a me, l’aveva abbassata più volte. Timidezza, disagio, la consapevolezza di star sbagliando tutto.
Ed ora anche quel poco di stima che mi era rimasta per la sua figura, si era abbassata insieme al suo volto che ora non mi fissava più.
 
- Non dirmi così.- supplicò quasi
- E cosa dovrei dirti? Bentornato, ora è tutto come prima? Non siamo in un film, Con, accettalo.-
 
Mi girai, ma il suo braccio, per l’ennesima, stupidissima volta, fu più veloce, e mi fece tornare con lo sguardo nei suoi occhi.
 
- Non ti sto chiedendo di perdonarmi, ma di lasciarmi parlare. Non pretendo che tu mi perdoni per ciò che ti ho fatto, fossi in te, neanche io lo farei, ma ti sto solo chiedendo di prenderti un minuto per sentire ciò che ho da dire, perché questa situazione non l’hai vissuta da sola, anch’io c’ero con te.-
 
Annuii e tornai sui miei passi.
Aveva ragione. Non c’ero solo io. Anche lui, probabilmente, in qualche modo, aveva sofferto, e nulla, neanche io, poteva impedirgli di spiegarsi e di parlare. Ma forse aveva ragione, non lo avrei perdonato.
Uscii dalla sala mensa e mi diressi verso la sala svago. Passando per il lungo corridoio che attraversava l’hotel, mi capitò sott’occhio un calendario. Mi soffermai, ed accarezzai i giorni con la punta del dito indice. Scorsi fino al giorno d’oggi, e mi accorsi che quello sarebbe stato il penultimo giorno del nostro campo estivo.
L’idea di Ashton mi balenò tra i pensieri e la sua figura fece capolino nei miei occhi. Se non avesse deciso di seguirci fino a Sidney, nella Sidney in cui noi abitavamo, e non in quella in cui lui viveva, quello sarebbe stato il penultimo giorno che lo avrei avuto di fronte ai miei occhi.
Raggiunta la sala svago, mi lasciai cadere su una delle poltrone che erano lì presenti, sperando dal profondo del mio cuore, che Ashton sarebbe arrivato lì e si sarebbe seduto al mio fianco, consolandomi e rassicurandomi, confessandomi che lui non mi avrebbe lasciata tornare nella mia Sidney da sola, ma che lui mi avrebbe seguita ovunque fossi andata.
E a volte chiamiamo “strambo” quel destino che decide di accontentarci quando meno ce lo aspettiamo, perché in quel momento, pensai che il destino che avevo così odiato alle volte, mi avesse ascoltata in una di quelle situazioni in cui io avevo più bisogno del suo avvento.
Perché Ashton entrò nella sala svago e si accovacciò ai piedi della poltrona su cui io ero seduta e mi accarezzò la gamba, sorridendomi solamente come lui sapeva fare.
 
- Ehi, è arrivato il bus, dobbiamo andare in spiaggia!-
- Oggi è il penultimo giorno Ash.-
 
Vidi il suo viso crucciarsi e le sue sopracciglia distendersi in una smorfia di stupore e incomprensione. Si piegò meglio verso il mio corpo e anch’io cercai di raddrizzarmi per vedere meglio il suo dolce e bellissimo viso.
 
- C-cosa vuoi dire?-
- Mi avevi detto che ci avresti pensato, e che poi me lo avresti detto. Non ne abbiamo più parlato. Io domani tornerò a Sidney. La mia Sidney Ash. La Sidney così lontana da questa spiaggia, la Sidney isolata, la Sidney che non ha nulla di splendido rispetto a questa qui, la Sidney lontana da te, dove tu, non ci sei.-
- I-io ci ho pensato.- riprese d’un tratto lui
- E allora? Perché non me ne hai mai parlato?- il mio viso sorrise di nuovo, sperando che dalla sua bocca uscisse ciò che io volevo udire
- Perché ti avrebbe fatto solo del male.-
- Che cosa vuol dire questo?-
- Io…non verrò con te nella tua Sidney, Ester.-
 
Avete presente quando tutto quanto sembra pesare così troppo, talmente troppo, che il dolore vi costringe alle lacrime? E avete presente quando le lacrime, che minacciano di scendere da un momento al altro, si fermano sugli occhi e pizzicano, pizzicano terribilmente, e poi arriva anche quel fastidiosissimo groppo in gola che porta via il respiro? E avete presente quando la persona che più amate, vi dice che, in un certo senso, il giorno dopo la vostra storia sarà finita? Io lo avevo presente.
 
- C-cosa vuol dire che tu non verrai con me?-
- Io…non posso. Ester, qui ho la mia vita, la mia famiglia, mio fratello, mia sorella, Luke, i miei amici.-
- Ma non ci sono io…-
- Non dire così ti prego.-
- E cosa dovrei dire? Ashton è quello che stai dicendo anche tu. Stiamo dicendo le stesse cose, ma non riusciamo a capirci.-
- Ti capisco benissimo, io.-
- Quindi, vorresti dirmi che sono io a non capire te.- sbuffai
 
Mi presi la testa tra le mani, arrivata ormai al limite della sopportazione. Forse, aveva ragione. Pretendevo troppo da lui, gli avevo chiesto assai troppo. Seguirmi lontano dal posto in cui lui viveva, dal posto in cui lui aveva tutto, e solo per stare con me. Ma chi ero io per chiedergli tanto? Chi ero io per obbligarlo a fare una cosa del genere?
Sorrisi tra le lacrime che senza chiedere il permesso, mi bagnavano le guance e gli presi le mani, decisa ad arrendermi davanti ad un’altra battaglia persa, ad un’altra storia andata, ad un’altra delusione, ad un altro mattone che avrebbe rafforzato il muro, quasi ormai completo, con il quale da tempo a quella parte mi difendevo dal amore. Perché forse l’amore non esisteva infondo, alla fine finiva sempre per vincere qualcun altro. L’amore non vinceva mai. Vinceva la distanza, vincevano le troie, vincevano le parole della gente.
 
- Okay. Va bene. Se è questa la tua decisione, sono d’accordo con te. Mi dispiace, ho preteso troppo dalla tua vita, e non volevo. Sei stato una delle persone più importanti della mia vita Ashton, ti prego di non dimenticarlo mai. Ti amo.- gli baciai la guancia, e dopo un sorriso assai troppo finto, mi alzai dalla poltrona su cui ero seduta e lo lasciai lì, in sala svago, mentre mi fissava impassibile, senza alcun sorriso sul volto, solo con le lacrime che gli decoravano malamente il viso.
 
Forse non vederlo per tutta quella giornata mi avrebbe fatto bene. Forse stare da sola a riflettere su quanto mi sarebbe mancato, sarebbe stato un terribile errore, eppure lo stavo commettendo. Forse desiderare di stringerlo tra le mie braccia per l’ultima volta, mi avrebbe fatto male ancora di più, ma non riuscivo a non pensare al suo corpo forte e alle sue braccia che mi cingevano il bacino.
Forse commiserarmi sarebbe stato inutile, eppure non stavo facendo niente per non permetterlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
- Bene, cari ragazzi, anche questo altro campo estivo è giunto al suo termine. Ringrazio dal profondo del mio cuore tutti gli educatori che hanno aiutato a concretizzare questo sogno che avevo espresso al inizio del estate e spero che tutti voi vi siate divertiti insieme a noi. Ho, purtroppo, una spiacevole notizia per voi: Ashton, il nostro caro educatore, da poco con noi, non potrà seguirci nella nostra parrocchia, causa problemi personali. Quindi, oggi sarà l’ultimo giorno in cui lo vedrete, o almeno per un po’ di tempo! Ci mancherai caro Ash! Bene, tutti sul bus, si torna a casa!- urlò Don Christopher salendo per primo nel bus
 
Tutti i ragazzi, le bambine, gli educatori, si accalcarono ai piedi di Ashton per salutarlo e augurargli il meglio. Aspettai che la fila di “ammiratori” diminuisse e poi mi avvicinai al ragazzo per salutarlo a mia volta.
Il suo sorriso mi accolse, e per la prima volta, mi sentii a casa sebbene abitassi lontano chilometri da quel parcheggio immenso. Allargò le braccia, e con la freddezza di un caro vecchio amico, mi strinse al suo petto.
Odiavo quella freddezza tra noi.
 
- Allora, è finito. Tutto.- dissi abbassando lo sguardo
- Tutto?- domandò quasi stupito
- Tutto Ash. Non siamo in un film. Viviamo quasi in due città distinte e separate, lontane chilometri. Io ho l’Università, tu hai i tuoi amici e la tua famiglia. Ci abbiamo provato e te lo avevo detto che avrei finito per rovinare una vita, e in questo caso ho rovinato la mia.-
- I rapporti a distanza sai che possono durare se chi ne è coinvolto ci crede veramente…- provò a dire già con gli occhi che brillavano
- Sei un bellissimo ragazzo Ash. Lo sai. Tutte lo sanno. E…diciamocelo, quel giorno che mi hai colpito con la palla a parte “che belle tette!” hai pensato a qualcosa di diverso?- gli scappò una risatina malinconica che placò all’istante
- Ti amo, ricordalo. Sempre.- lo baciai sulla guancia e feci per andarmene
- H-ho fatto una promessa. Quando eri su quel letto, inerme, senza vita, ho fatto una promessa a Dio. G-gli ho promesso che…se lui ti avrebbe lasciata a me, nelle mie mani, io ti avrei protetto come meritavi, come il Suo angelo meritava. Gli ho promesso che nulla ti avrebbe ferito, perché ci sarei sempre stato io lì con te. E ora non posso mantenere questa promessa. Ma sappi che, io ci sarò, anche se distante chilometri, perché anche se tenterai di allontanarmi, o se la distanza lo farà, l’amore che provo per te non diminuirà, mai. E lo prometto.-
 
Mi girai a guardarlo e mi attrasse di nuovo a se, stringendomi più forte di prima e la freddezza era scomparsa. Lo baciai più volte sul collo, e le sue lacrime bagnavano copiosamente i miei capelli, ma non ci interessava.
Marissa mi staccò dal suo corpo e mi costrinse a salire sul pullman.
Io chiusa dentro quel veicolo.
Lui attaccato al finestrino al di fuori.
Io che gli mimavo quel “Ti amo, sempre.”.
Lui che rispondeva con quel “Anch’io, sempre.”.
Io, in quel bus che stava partendo, e che si muoveva sul asfalto cocente.
Lui che correva dietro il mezzo.
Io, che lo amavo come non avevo mai fatto.
Lui, che faceva lo stesso.
 
 
 
Nerhs’s box.
 
Il campo estivo è terminato. Ma tranquille, la storia continuerà ancora per un pochino!
E dopo tanto, mi rifaccio viva! Scusatemi il ritardo, ma a quanto pare, neanche le vacanze sono vacanze!
Spero che nel frattempo, nei miei copiosi ritardi, abbiate letto qualcuna delle mie OS che scrivevo di fretta e di furia per farmi perdonare un minimo!
Bene, qui Ashton e Ester si dicono un “addio”…secondo voi sarà un “addio” definitivo o no?
Io li trovo dolcissimi ‘sti due qui, poi boh!
Scappo che sono appena tornata da Roma e un temporale si sta portando via la mia città:(
Un bacione ragazzuole e buona estate <3
Nerhs xx
 

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Capitolo 12
*** 11. ***


11.
 
Sembrava essere passata una vita dalla fine di quel campo estivo, eppure erano passati solo due mesi.
Due lunghissimi mesi, in cui Ashton si faceva sentire un giorno si, e mille no.
Mi ero persino stancata di mandargli messaggi ai quali venivano mandate risposte giorni dopo. Ma non riuscivo a prendermela con lui, proprio non ce la facevo. Mi mancava come l’aria, ma nulla mi permetteva di mandare tutto all’aria per andare da lui.
L’università mi asfissiava. Lezioni posticipate, ritardi dei professori, esami che andavano sempre a finire più tardi di ciò che si era programmato.
Spesso Jennifer finiva per sgridarmi, dicendomi che la scuola e lo studio erano cose importanti e più di qualche volta il discorso era finito con “potresti anche prenderti una pausa dalla parrocchia”, ma non lo avrei mai fatto.
Tutti quei bambini che ora correvano su e giù per il piazzale rincorrendo una palla, tutte le mie ragazze che ora mi accerchiavano parlando di cose che io non stavo ascoltando, Don Christopher, Jennifer…Marissa.
 
- Ci stai ascoltando Ester?- gracchiò Mary, una quindicenne del mio gruppo
- Sono tutta orecchi ma…devo andare adesso!- mi dileguai con poche parole
 
Attraversai l’intera lunghezza del cortile che costeggiava la strada e, senza fare il benché minimo rumore, entrai nella piccola cappella che si affacciava su un prato che ospitava qualche altalena e due scivoli.
Mi sedetti ad uno dei primi banchi e mi guardai di fronte. Era da molto tempo che non mi prendevo qualche momento per me. Era da molto tempo che volevo rimanere sola e pensare alle parole che Ashton mi aveva sussurrato il giorno della partenza. “Ho fatto una promessa. Quando eri su quel letto, inerme, senza vita, ho fatto una promessa a Dio. Gli ho promesso che se lui ti avrebbe lasciata a me, nelle mie mani, io ti avrei protetto come meritavi, come il Suo angelo meritava.” Me le ero persino scritte quelle parole. E mi veniva da ridere al solo pensiero.
Ashton, ai piedi del mio letto, che pregava un Dio in cui non aveva mai creduto più di tanto.
 
 
- Non posso neanche immaginare come lui abbia iniziato un discorso con Te, ma sinceramente non dovrei ridere poi tanto di lui, perché anche io ho sempre avuto una grande difficoltà a farlo. Quando ero più piccola e in questa chiesetta ci venivo di rado, Don Christopher mi disse di parlarti come si parla ad un amico. Quindi, credo farò così anche stavolta. Ashton è molto importante per me. E non lo vedo da troppo tempo. Mi manca, Dio. Credo che tutte le cose che fino a quel momento ci eravamo detti, sono sparite nel nulla. Non ci sentiamo da così tanto tempo. Però, devo chiederti una cosa Dio. So che lui ti ha fatto quella promessa, e Tu l’hai mantenuta. Quindi, vorrei Tu facessi una promessa anche a me. Proteggilo, da tutto. Se pensi che io sia un male per lui, proteggilo anche da me. Proteggilo da tutto ciò che potrebbe fargli del male, ti sto pregando. Lui non se lo merita, non merita del male. E se manterrai questa promessa, veramente non so cosa darti in cambio. Lui significa tutto per me e se dovesse accadergli qualcosa mentre…mentre io non sono con lui, non so come potrei sentirmi per il resto della mia vita.- mi accorsi di star piangendo quando il fiato iniziò a mancarmi e la vista della panca di fronte a me si faceva sempre più offuscata.
- Ricordi ancora ciò che ti dissi, eh?- una risatina riempì quel piccolo luogo
 
Mi girai di scatto e trovai Don Christopher in piedi che mi sorrideva. Sorrisi a mia volta e lui prontamente, si sedette accanto a me.
 
- Ah, piccola Ester. So per certo che tu gli manchi tanto quanto lui manca a te.- sentenziò
- E tu cosa ne sai Don Chris?- chiesi
- Lo saprai anche tu, in meno di quanto potresti immaginare, cara. Vorrei solo dirti che, non devi abbatterti. E’ da tanto che non vi vedete, eppure, vi amate ancora come prima. E ve lo dice uno che conosce entrambi, fidati! Solo un compromesso. Dovete trovare solo un compromesso. E lo troverete, te lo assicuro. Dialogo, solo quello ci vuole.-
- Ma quale dialogo? Non parliamo da mesi, e la colpa è di entrambi. Io ho la scuola. Lui ora ha un lavoro.- tirai su col naso
- Dialogo, e basta.- colpì piano la panca su cui eravamo seduti e si alzò andandosene
 
Sbuffai tornando a guardare di fronte a me.
Sentii la panca su cui ero seduta, scricchiolare di nuovo. La sua presenza di fianco a me era evidente. Lo sentii sospirare, stava fissando l’altare di fronte a lui.


- Quindi sono…quanti anni hai?- chiese rompendo il silenzio che si era formato nella piccola cappella
-Diciannove.-
- Non so nemmeno la tua età, dovrei vergognarmi, no?!- disse
- Oh si, vergognati.- mi scappò una risatina
- Sono diciannove anni che tu vieni a pregare qui?- chiese con un misto di innocenza e stupore


La mia risata suonò lì dentro, facendo comparire sul suo volto, un sorriso timido.
Lo guardai e scrollai la testa.


- Sono circa cinque o sei anni.- dissi


Lui annuì e poi si mise seduto sull’inginocchiatoio davanti alla panca su cui ero seduta io.
Lo guardai ancora con le lacrime agli occhi e ringraziai Dio. Perché, anche se non glielo avevo chiesto, anche se Lui non me lo aveva promesso, Ashton in quel momento era lì, davanti a me, bello come mai prima di allora.
 
- Don Christopher sapeva tutto, eh.- dissi
- Si, tutto.-
 
Alzò il mio viso e mi fissò negli occhi. Quegli occhi non mi sarei mai stancata di fissarli.
 
- Ho…bisogno di te, Ester.- sputò


Ero sicura che le mie guance non fossero mai diventate così rosse come in quel momento. Eppure mi chiedevo quale fosse il motivo di tale rossore. Ero arrossita pochissime volte di fronte a lui, e ora, non ne avevo proprio il motivo. Ma quel paio di occhi che continuavano a fissarmi, che brillavano nella luce opaca della cappella, mi mettevano in imbarazzo, come mai nessuno era riuscito a fare.
Lui aveva bisogno di me, e io ero più che sicura di aver bisogno di lui.
Avere bisogno di una persona era una cosa bellissima. Il “ho bisogno di te”, è quasi più importante del solito “ti amo”. Per dire che si ha bisogno di qualcuno, ci vuole coraggio, tanto coraggio. Perché, si ammette di non farcela da soli, si ammette di non essere abbastanza forti a reggere il peso del mondo sulle proprie spalle, si ammette di essere troppo deboli per riuscire a sopravvivere senza qualcuno al proprio fianco.
E non mi sarei mai immaginata di sentire quelle parole pronunciate da Ashton, dal mio Ashton. Lui, che era così forte, così indipendente, ammetteva di aver bisogno di qualcuno. Aveva bisogno di me.
Mi avvicinai al suo viso e gli circondai gli zigomi con le mani. Accarezzai le sue labbra con i pollici e attaccai il mio naso al suo.
 
- Anch’io ho bisogno di te, Ash.-
 
Lo baciai.
Sentii le sue labbra premute contro le mie e non ci fu momento più bello in vita mia fino a quel momento. Le sue labbra avevano la necessità di toccare le mie, come le mie avevano il forte bisogno di assaporare le sue. Mi accarezzò la bocca con la lingua e appena dischiusi la bocca, il suo calore e il suo profumo mi invasero.
 
- Ho bisogno di te, e non ti lascio andare, adesso.- sussurrò a fior di labbra
- Non ti lascerò andare da nessuna parte.-
 
Mi staccai da quel bacio e mi sedetti sulle sue gambe e lo strinsi in un abbraccio. Era da tempo che non lo stringevo tra le mie braccia e solo in quel modo ero veramente al sicuro.
Mi allontanò lentamente e abbassò lo sguardo sulla sua mano che mi accarezzava la coscia.
 
- Ho bisogno di te. E non ti lascerò andare. Ma…io mi devo trasferire, e non posso obbligarti a seguirmi.-
- D-dove andrai?- chiesi senza pensarci
- Melbourne. Il lavoro è importante Ester, e anche tu lo sei, ma l’unica condizione per continuare a lavorare è andare lì.-
- Ashton…-
- Sapevo che ti stavo chiedendo troppo, e così, di getto. Sono un pazzo.- si fiondò di nuovo sulle mie labbra
 
Non potevo lasciarlo scappare di nuovo. Non potevo lasciarlo andare a Melbourne e magari vederlo dopo due o tre anni, perché sapevo che di quello si sarebbe trattato. Non potevo e non volevo. Avevo bisogno di lui, e lui aveva bisogno di me.
Spesso bisogna solamente mettersi da parte…
 
- Quando partiremo?- chiesi vedendo i suoi occhi illuminarsi di una luce propria.
 
 
 
 
Nerhs’s box.
 
Ohohoh!
Capitolo cortino, lo so, ma vado abbastanza di fretta. Mio padre decide di fare una rimpatriata di amici e lui, come da programma, aspetta solamente!
AAAH, che disastroo!
Bene, passiamo al capitolo!
A quanto pare, i nostri piccioncini si rincontrano e Ashton fa delle proposte bizzarre, che però alla fine non sono poi tanto bizzarre…
RECENSIONI.
E ho detto tutto <3
Vi amo da impazzireeeee :)
Nerhs xx

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Capitolo 13
*** 12. ***


12.
 
Vidi i suoi occhi fissarmi sbalorditi. Non si sarebbe mai aspettato una risposta del genere. Forse era pronto a sentirsi sbraitare contro delle frasi tipo “Ma sei pazzo” o “Avevi detto che non mi avresti più lasciato”. Eppure non sembrava così strana la frase che avevo appena pronunciato.
Mi prese la braccia e me le scrollò, come per provare a svegliarmi.
 
- Cosa hai detto?- chiese ancora confuso
- Ti ho chiesto quando partiremo per Melbourne.- ripetei calma e sorridente
- V-vieni con me?- chiese con un misto di felicità e sbigottimento
- Si. Ti ho detto che non ti avrei lasciato andare da nessuna parte.-
 
Mi prese, ancora tenendomi per le spalle e mi baciò. In quel bacio, trovai tutte le nostre insicurezze, tute le nostre paure, tutte le cose che non ci eravamo mai detti e che ci saremmo raccontati nel tempo immenso che avevamo da passare insieme. Ci trovai la protezione che lui mia avrebbe sempre garantito e tutto l’amore che ci saremmo scambiati. Ci trovai la sicurezza delle azioni che stavamo per compiere e ci trovai l’unità che ci avrebbe sempre tenuti insieme, nonostante i mille problemi che avremmo potuto incontrare.
Si staccò dalle mie labbra e il suo respiro affannoso, venne a contatto con il mio viso. Non staccò la sua fronte dalla mia e accarezzò il mio naso con il suo.
“Non posso crederci, non posso crederci” continuava a ripetere senza fiato. Mi baciava e mi diceva che mi amava, che non mi avrebbe mai lasciata, che non poteva crederci.
 
 
Spalancò la porta di casa sua e mi fece entrare velocemente.
L’estate era terminata da appena due mesi e Sidney era già stata travolta da un freddo agghiacciante. La pioggia batteva contro i vetri delle finestre senza dare accenno al fermarsi e il vento travolgeva tutte le chiome degli alberi che trovava lungo il suo tragitto.
Ashton mi tolse la giacca e la poggiò insieme alla sua sull’attaccapanni che si trovava al ingresso della dimora. Mi girò verso di lui e prese tra le sue mani il mio viso, incorniciandolo e sfiorandolo con i polpastrelli delle dita. Percorse l’intera linea delle labbra con il pollice e sorrise portando lo sguardo sui miei occhi. Poggiò le sue labbra sulle mie e le assaporò avidamente, succhiando a tratti la carne che le rivestiva.
Scese lentamente verso il collo e iniziò a baciare anche i tratti di pelle che trovava scoperti dalla sciarpa che indossavo. La prese poi e la gettò a terra, lasciando scoperta molta più pelle rispetto all’inizio. Si soffermò sotto l’incavo della gola e dopo averci lasciato un tenero bacio, succhiò la superficie lasciando un marchio violaceo. Strinsi le mani intorno ai suoi fianchi e cercai la pelle al di sotto della maglietta. Riportò il suo sguardo sul mio viso e sorrise. Fece pressione sulle mie cosce e mi sollevò, mentre avvinghiavo le mie gambe intorno al suo bacino. Iniziò a salire le scale lentamente e nel frattempo, il suo collo era la cosa più bella e più adatta da baciare. Lasciai una scia di baci umidi nel incavo del suo collo, sentendolo gemere.
Aprì la porta di una camera da letto e mi fece stendere sul piccolo letto ad una piazza e mezza. Lo tirai per la maglietta e lui si stese sul mio corpo, reggendosi con le sole braccia ai lati della mia testa. Prese di nuovo a baciarmi il collo e portò le sue mani sotto la mia maglia, accarezzando la pelle gelida che si trovava al di sotto di essa. Un brivido mi percorse la spina dorsale e probabilmente lui se ne accorse. Accarezzò più dolcemente i miei fianchi e poggiò le labbra sulle mie, ma senza baciarmi.
 
- Non voglio che tu ti senta obbligata a farlo…- sussurrò
- Non mi sta obbligando proprio nessuno Ash…lo voglio io.-
 
Mi guardò e sorrise.
Si sistemò con le gambe ai lati delle mie e prese la mia maglietta dal basso, per poi portarla via con una mossa veloce. Si piegò sul mio busto e mi baciò dolcemente, mentre con le mani percorreva il contorno del reggiseno. Portai le mie mani ai lati del maglione che indossava e interruppi il bacio solamente per portarlo via dal suo corpo. Le mie mani iniziarono a percorrere le linee che disegnavano degli addominali perfetti sulla sua pancia e lo sentii fremere sotto le mie dita. Scesi più in basso e portai le mie mani sul bottone dei suoi jeans, slacciandolo e portando giù la zip. Lo sentii sorridere sulle mie labbra e poi la sua forza mi fece sollevare verso di lui con il busto. Le sue dita slacciarono il gancio del mio reggiseno e poi lo sfilarono dalle mie spalle. Finì di togliersi i jeans da solo e li gettò accanto al suo maglione per poi soffermarsi a slacciare i miei e a sfilarli nello stesso identico modo.
Accarezzò con i polpastrelli il contorno delle mie mutandine e poi le abbassò lentamente.
 
- Ti amo, okay?- sospirò prima di toglierle
- Ti amo anch’io.- respirai
 
Portò del tutto via i pochi indumenti che ci dividevano e quella notte facemmo l’amore.
Lasciai che lui si prendesse tutto. Si prese la mia notte. Si prese la mia purezza. Si prese tutto l’amore che avevo da donare. Mi lasciò vuota, ma felice. Mi fece sentire, in una sola notte, la ragazza più fortunata di tutto l’universo. Mi fece sentire amata e bella. In quel istante capii, che se ci fosse stato lui accanto a me, nulla avrebbe potuto ferirmi o farmi del male. Perché mi amava, e sebbene avessi provato a capirlo prima, sebbene mi fossi fintamente convinta di averlo capito, solo in quel momento realizzai veramente che lui mi amava, e che io amavo lui. E tutto, anche il mondo intero, avrebbe potuto sovrastarci lì su quel letto, ma non ci sarebbe importato.
Lui era lì con me, e nulla contava più di quello.
Lui era lì, stretto al mio corpo, mentre provava a recuperare il fiato perso.
Lui era lì e sorrideva, e il suo sorriso era la cosa più bella del mondo.
Lui era lì, ed era mio.
Mi strinse al suo petto dopo aver ripreso il fiato, e mi baciò la fronte sudata. Cercò la mia mano sotto la coperta pesante e dopo averla trovata, la strinse forte sopra il suo cuore. La lasciò poi e girò il palmo verso la pelle. Il suo battito era accelerato e presi a fissarlo, e stava sorridendo.
 
- Sembrerà banale, ma sta battendo per te.-
- Non è banale…- risi
- Stai ridendo, aah, che cosa imbarazzante.- lo vidi diventare completamente rosso mentre rideva
 
Per tappargli la bocca dal dire quelle scemenze, lo baciai.
Mi stesi su di lui e le sue mani mi accarezzarono la schiena ancora nuda.
 
- Volevo zittirti, e ti ho baciato. Anche questo è banale. Ridi, dai!- lo incoraggiai
 
Lo vidi ridere e quel suono mi riempì la mente.
Ci addormentammo abbracciati, stretti nelle lenzuola del suo letto, con la mia testa sul suo petto che mi faceva da cuscino.
Era finalmente riuscito a realizzare il fatto che sarei partita insieme a lui per Melbourne e il giorno seguente, durante la notte, saremmo partiti verso la nostra destinazione. Così la mattina, non appena fummo svegli, ci rivestimmo e ci dirigemmo verso la casa in cui abitavo con i miei genitori. Ashton non li aveva mai conosciuti ed era più che nervoso di fare la loro conoscenza.
 
- Vedrai, ti piaceranno!-
- Mi hai detto che tuo padre è un soldato e mi hai anche detto che è appena tornato dall’Iraq, beh, mi spaventa un po’.- rispose aggiustandosi il maglioncino che indossava
- Mica ti accoglierà con la pistola puntata alla tempia, stupido!- bussai alla porta
 
Dopo alcuni secondi, la figura slanciata di mia madre fece apparizione dall’ingresso e ci accolse con un sorriso. Mi prese tra le braccia e mi strinse a se, bofonchiando qualcosa sul fatto che si era preoccupata per me, dato che non le avevo neanche telefonato per dirle che sarei rimasta a dormire da Ashton. Le presentai il ragazzo accanto a me e lei fu felice di abbracciare anche lui.
Entrammo in casa e trovammo mio padre, in tutta la serietà e la compostezza del suo essere, seduto sul divano con le gambe incrociate. Ci vide e un sorriso fece breccia sul suo viso. Si alzò e mi prese in braccio, facendomi roteare in aria. Era appena tornato dal fronte e non lo vedevo da troppo tempo. Urlò un “Principessa!” e poi mi poggiò a terra.
 
- Come è andata, laggiù?- chiesi
- Il solito, come può andare bene una guerra? Ma, sono qui ora. Per poco, ma sono qui!- sorrise guardando sottecchi Ashton
- Papà, lui è Ashton, il mio fidanzato.- dissi, spingendo il ragazzo da dietro la schiena
- E’ un piacere conoscerla, signore.- cordialmente si strinsero la mano e il ghigno divertito sul viso di mio padre non lo abbandonò
- Signore è da vecchio, non chiamarmi più così!- rise per poi colpirlo sulla spalla
 
Ashton rise insieme a lui e insieme ci avviammo in cucina, dove mia madre aveva preparato un piccolo rinfresco, prima del pranzo. Ci chiesero a cosa era dovuta questa presentazione e tutta l’agitazione che scorgevano nei nostri occhi e il ragazzo, si quasi nascose dietro di me.
- Ecco, volevamo dirvi che…stanotte partiamo. Ashton per lavoro deve trasferirsi a Melbourne e ho scoperto che la mia università ha una sede anche lì, quindi andremo a vivere là.- finì
 
Il volto di mia madre era un misto di sentimenti. Preoccupazione, felicità, ansia, angoscia, orgoglio. Mio padre era serio come al solito e dai suoi occhi non traspariva nulla.
 
- So che mi avete appena conosciuto, ma, sapevate della nostra storia. So che probabilmente sarà uno shock questo trasferimento per voi, ma vi giuro che la vostra bambina è in buone mani. Io la amo e non permetterò a niente e a nessuno di farle del male.- disse con la voce ferma Ashton fissando negli occhi i miei genitori
 
Lo guardai, fiera di lui e lo strinsi un po’ più forte a me.
Mio padre abbassò lo sguardo e poggiò sul tavolo in vetro il bicchiere in cui si era versato del vino.
 
- Ashton, è mia figlia. Acconsento al vostro trasferimento, vi capisco, anch’io ho “costretto” mia moglie a vivere lontano dalla famiglia per lavoro, ma…voglio che tu mantenga la tua promessa. Nulla, nessuno dovrà anche solo pensare di farle del male, chiaro?- precisò mio papà
- Prometto signore, emh, papà di Ester. Lo prometto, nulla e nessuno.-
- Mi chiamo Charles!- rise mio papà attirando a se il ragazzo e stringendolo in un abbraccio
 
Percepii le sue labbra muoversi, ma non riuscii a capire ciò che gli stava sussurrando. La mia mamma, in lacrime, mi abbracciò e mi fece mille raccomandazioni.
Pranzammo insieme e poi, mentre gli “uomini” parlavano, mia mamma aiutò me a portare via un po’ di vestiti dalla mia camera.
 
- Mi prometti che starai attenta?- chiese sollevando il borsone dal letto
- Si mamma, te lo prometto!-
- Mi sembra…un bravo ragazzo. Lo è?- chiese ancora
- Il più buono di sempre, giuro.- troncai l’imbarazzante discorso scendendo le scale di casa e richiamando Ashton per andare via.
 
Ci lasciarono andare dopo una mezz’ora di raccomandazioni, molte imbarazzanti, e tornammo a casa.
Ci stendemmo sul divano insieme, dopo aver sistemato le ultime cianfrusaglie nelle valigie e mi attirò su di sé.
 
- Tuo padre…- rise forte- mi ha raccomandato, di usare- e fece una smorfia disgustata- il preservativo, sempre e comunque!- rise ancora di più
- Lo ha fatto veramente? E tu?-
- Glielo ho promesso. Ma se vuole dei nipotini, insomma…-
 
Gli diedi uno schiaffo e lui mi baciò.
 
In serata eravamo all’aeroporto, mentre facevamo il check-in. Una voce ci avvertì che probabilmente già alle prime luci dell’alba saremmo atterrati a Melbourne. Mi addormentai con la mano di Ashton incastrata nella mia e il suo dolce viso poggiato sulla mia spalla. Come sfondo le nuvole e la luna erano più che adatte e quella scena, avrei voluto fotografarla, per tenerla sempre con me e non dimenticare mai tutta la perfezione che racchiudeva quel momento.
 
 
Nerhs’s box.
 
Super ritardassimo, lo so, ma ho i miei buoni motivi!
Sto babysitterando(?) mia sorella, quindi ho poco tempo per aggiornare e l’attesa è giunta fin qui!
Il capitolo è strapienissimo e mi vergogno anche un po’ per quello che ho scritto *arrossisce*.
Ma va beeeene, vi avverto inoltre che la prossima settimana sarà off limits perché partirò per il campo diocesano, quindi una mezza specie di quello descritto in questa storia aaaaw, non vedo l’oraa <3
Quindi, vi lascio al capitolo sperando che vi piaccia e uh, questo è l’ultimo capitolo prima del epilogo, quindi il prossimo aggiornamento sarà l’ultimo :’((
Godetevelo <3 <3
Nerhs xx

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Capitolo 14
*** Epilogo. ***


Epilogo.
 
Ashton’s pov.
 
“Guarda un po’ chi si risente! Come stai amico mio?” mi chiese Luke, dopo avermi risposto al quarto squillo.
“Ehi Luke, io sto benone, e voi, lassù a Sidney?”
“Si va avanti. Ed Ester, lei come sta?” chiese tutto curioso
“Mi preoccupa un po’ ultimamente, a dire la verità…” mi sedetti su una panchina trovata libera nel parco, e poggiai la busta della caffetteria accanto a me
“Cosa vuol dire? Sta male? Credi voglia chiudere la vostra relazione?” si affrettò a chiedere
“Oh no. La nostra relazione va a gonfie vele. E’ la sua salute che mi preoccupa. Ha continui sbalzi d’umore. Vomita dopo ogni pasto ed è sempre stanca. Ha continui giramenti di testa e spesso è assalita dalle vertigini. E nonostante il vomito, mangia tantissimo.” Spiegai, facendomi assalire nuovamente dalla preoccupazione
“Forse…una mezza idea la ho. Ma non ne sono sicuro. Insomma…non sarebbe improbabile, ma…” iniziò
“Cosa…cosa pensi possa essere?”
“Beh, sono i tipici segni della gravidanza, Ash.” Disse secco
“…Devo andare a casa, Luke. Mi ha fatto piacere sentirti amico.” Buttai giù la chiamata e accellerai il passo verso casa.
 
Ma certo, una gravidanza. Come potevo essere stato così stupido?! Certo che non era improbabile. La domanda che ora mi tormentava ora era perché lei non mi aveva detto nulla? Forse neanche lei lo sapeva. Iniziai quasi una corsa per raggiungere l’appartamento in cui vivevamo ormai da diversi mesi e una volta raggiunto il portone, afferrai le chiavi, deciso a conoscere se veramente sarei diventato un papà o no.
 
Ester’s pov.
 
Un ennesimo conato di vomito mi costrinse a correre verso il bagno. Mi chinai sul WC e vomitai l’intera colazione e l’intera cena. Mi alzai senza forze e mi poggiai al lavandino. Mi sciacquai la bocca e spazzolai i denti. Alzai il viso verso lo specchio e notai le occhiaie che mi circondavano gli occhi.
Buttai lo sguardo nel cestino della spazzatura che tenevamo in bagno e notai la scatola nascosta del test di gravidanza.
Dovevo dirglielo, ad Ashton. Dovevo dirgli che da lì a nove mesi, sarebbe diventato papà.
Ma non avevo il coraggio. Non sapevo come l’avrebbe presa, se lo avrebbe accettato oppure no. Se mi avrebbe abbandonata o se sarebbe rimasto a prendersi cura di me e del bambino.
Sentii girare la chiave nella toppa e mi affrettai a tornare nel piccolo salotto del appartamento. Mi poggiai al bracciolo del divano e vidi Ashton entrare in tutta la sua straordinaria bellezza. Lo vidi sorridere non appena si accorse di me, poggiò sul piccolo tavolino che alloggiava all’entrata, una busta di una caffetteria e corse poi ad abbracciarmi. Mi strinse forte e respirò il mio profumo e probabilmente si accorse di qualcosa.
 
- Hai vomitato di nuovo?- mi chiese preoccupato
Mi limitai ad annuire e poi con una mossa, mi mise giù. Mi guardò nuovamente e mi prese per mano. Ci sedemmo insieme sul divano di pelle nera, e chiuse gli occhi, per poi respirare profondamente.
 
- Io non voglio che ci siano segreti fra noi. Lo sai. Io sono preoccupato per te. Vomiti dopo ogni pasto, hai continui sbalzi d’umore, sei sempre stanca…cosa ti succede, Ester? Ti prego dimmelo. Non posso continuare così.- piagnucolò
- I-io avevo solo paura Ash…non volevo farti preoccupare. Ho paura che tu poi possa abbandonarmi…- iniziai a piangere
- Io non ti abbandonerò per nessuna ragione al mondo, ma ora ti prego, dimmi cosa ti sta succedendo!-
-…Sono incinta Ashton. Aspetto, anzi, aspettiamo un bambino.-
 
Vidi i suoi occhi illuminarsi, e poi riempirsi di lacrime.
Un sorriso fece breccia sul suo viso e illuminò la stanza più di quanto potesse farlo la luce che entrava dalle finestre. Una lacrima lucida gli cadde sulla guancia e le mani corsero sul suo viso, per coprire lo stupore che lo affliggeva.
Mi strinse tra le sue braccia e mi portò su di lui.
 
- Lo sapevo, ah, io lo sapevo! Non posso crederci! Diventerò papà!- iniziò ad urlare
 
Mi lasciò andare tra le mie lacrime e i miei sorrisi sbilenchi e si avviò verso la porta finestra che dava sul piccolo balcone del salotto.
Si affacciò lungo la staccionata e iniziò ad urlare:“Diventerò papà! Ehi, tu, hai capito? Diventerò papà!”
Tornò verso di me, lasciando la finestra aperta e mi fece mettere in piedi sul divano. Si chinò verso la mia pancia e prese ad accarezzarla. Avvicinò il suo orecchio al mio ventre e lasciò qualche bacio.
 
- Ehi, piccolino, sono il tuo papà! Sbrigati ad uscire, non vedo l’ora di conoscerti!- sussurrò
 
Un pianto di gioia si scatenò sul mio viso, e i singhiozzi mi portarono via il fiato. Si inginocchiò davanti a me e feci la stessa cosa. Mi accarezzò il viso e lo guardai dritto negli occhi. Non mi ero mai sentita così innamorata di lui, come in quel momento.
 
 
- Ti amo. Okay? Ti amo e amo anche il piccolo esserino che porti nella pancia! Amo entrambi, infinitamente! Non ti lascerò mai, non vi lascerò mai. Ti amo.- mi baciò
- Io amo te, invece.- lo baciai a mia volta.
 
**
 
Mi guardai intorno in preda ai dolori e vidi il viso di Ashton teso dall’ansia.
Strinsi la mano e mi accorsi di star stringendo la sua.
 
- T-ti fa male?- mi chiese
- Oh, sto per partorire, tranquillo. E’ una passeggiata.- ironizzai
 
Lo vidi sorridere appena, e poi sentii la sua stretta potente sulla mia mano. Vidi entrare due dottori , dalla porta, che spalancarono gli occhi non appena videro gli schermi che mi contornavano. Uno dei due gettò di fretta la cartellina che teneva tra le mani in un angolo della stanza e staccò alcuni tubi che mi tenevano attaccata a varie macchine. Urlò un “portatela in sala, sta per partorire” e la paura si impossessò di me.
Non ero pronta, non potevo farcela da sola.
Ashton mi seguì e i dottori dopo aver appurato chi fosse, non fecero storie per farlo rimanere.
 
- Non posso farlo Ash, ho paura.- gli sussurrai
- Ci sono io qui con te. Non sei sola, tranquilla, amore mio.-
Passarono venti minuti.
Venti minuti di paura, terrore, orrore, felicità.
Felicità, perché ora tra le braccia stringevo il mio bellissimo bambino, il nostro bellissimo bambino.
Ashton piangeva come un ragazzino, mentre guadava stupefatto quella creatura così piccola.
Aveva le mani che tremavano non appena lo accarezzò sulla fronte.
 
- S-sei stata bravissima, piccola. E tu, tu sei così bello. Dio.- alzò gli occhi al cielo e sussurrò qualcosa tra se e se.
- Congratulazioni papà!- dissi
- Ah, papà! Congratulazioni mamma!- disse
 
Allungò le braccia per prenderlo in braccio e glielo lasciai.
Erano una visione, la visione più bella. Uno di quei momenti che vorresti prendere, fermarli e proteggerli dal tempo che passa, scattargli una foto e mantenerla per sempre con te. Come quella notte, sul aereo. Lui e la notte come sfondo. Lui e il nostro bambino, ora.
Gli accarezzò la guancia con il pollice e lo baciò sulla fronte.
 
- Benvenuto Brooks!- disse
- Ti piace Brooks?- sorrisi
- Si, e a te? Brooks Irwin.- sorrise
- Si, mi piace.-
 
Mi guardò e lo posò di nuovo sulle mie braccia. Si sporse verso di me e mi baciò.
Un’infermiera mi chiese se avesse potuto prenderlo per lavarlo e vestirlo e lo lasciai a lei, già gelosa del mio piccolo uomo.
Guardai Ashton e chiusi gli occhi sfinita.
 
- Ti amo, da morire!- disse con le mani che gli coprivano la bocca
- Ti amo anch’io Ash, grazie per quella piccola creatura.- sussurrai
- Grazie a te, amore mio.-
 
Ed eravamo così. Perfettamente imperfetti, con un piccolo ometto da crescere e a cui insegnare la vita. Forti delle nostre esperienze e ancora più forti dei nostri errori.
Ma sempre e comunque insieme.
 
 
 
 
 
 
Nerhs’s box.
 
Chissà se Charles li volesse veramente dei nipotini! Beh, direi che a questo punto, lui non abbia molta più voce in capitolo!
Sono tornata, reduce da un fantastico campo estivo e vi pubblico l’epilogo di questa storia!
Molte mi avevano augurato di trovare il mio “Ashton” e vi dico che ho trovato anche una specie di  “Connor” lol.
La maggior parte dei ragazzi che erano lì facevano girare la testa, giuro, ma molti erano anche fidanzati. Come il mio “Ashton”, ma va beh, capita!
Io spero veramente con tutto il cuore che la storia vi sia piaciuta nel complesso, comprendendo i miei ritardi e le mie schifezze <3
Ringrazio ognuna di voi per avermi seguita ed appoggiata, senza di voi, tutto ciò non sarebbe stato possibile!
Spero di rivedervi anche in altre occasioni e vi saluto!
Come al solito, ad ogni Ultimo Capitolo, lascio alle mie lettrici il mio account Twitter, se qualcuna di voi volesse contattarmi <3
Grazie mille ancora, siete tutte importanti <3
Nerhs xx
 
Twitter: @xlukesjeans

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