Ti voglio bene, ma...

di SoGi92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: cambiamenti ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ti voglio bene, ma…

Capitolo 1

 

La mia vita non si poteva definire perfetta, ma si avvicinava molto alla definizione: un bel lavoro, un appartamentino, una ragazza che amavo alla follia. Tutto filava liscio come l’olio… almeno fino a quando il mio capo non mi convocò nel suo ufficio…

-V…voleva vedermi mr. Leed? – dissi, aprendo cautamente la porta della stanza. Quell’uomo mi mandava in agitazione. Forse erano i suoi baffi volti all’insù, oppure quelle sue mani così grandi da poter distruggere un masso… insomma qualunque cosa fosse preferivo non essergli intorno nei momenti di collera.

Lui non mi ripose. Si limitò ad indicarmi la sedia di fronte alla sua scrivania. Pessimo segno, pensai. Feci qualche passo e mi sedetti. La sua espressione non lasciò trapelare nulla di buono. Male!

-Signor Miller… da quanto tempo lavora per noi? – mi chiese. Deglutii rumorosamente. Non capivo il motivo di quella domanda. –Forza, risponda. – insistette.

-Da quasi quattro anni signore… - risposi titubante.

Lui annuì e si porto una mano al mento. –Giusto… e in questi quattro anni deve aver appreso molto. Non ho forse ragione signor Miller? –

Lo guardai confuso. Quel discorso sembrava non avere né capo né coda. –Certo mr. Leed… ho appreso molto. –

-E senz’altro avrà anche notato come il nostro settore sia fortemente scosso da questa crisi – annuii senza proferire una parola. Sentii un brivido attraversarmi la spina dorsale, il solo fatto che stesse menzionando la situazione in cui vergeva la nostra azienda era di per sé un pessimo segno. –E sarà senza dubbio a conoscenza dei numerosi tagli da effettuare per non affogare, mi sbaglio? –

-N… no signore… non sbaglia… -

Leed mi fissò dritto negli occhi. Potevo leggervi dentro le parole che stava per pronunciare… -Sono dolente di informarla che la commissione ha deciso di ridurre il personale anche nel suo settore… sono stati scelti i tre dipendenti con meno esperienza. Mi dispiace dirle che tra quei nomi c’è anche il suo. –

Iniziai a sudare freddo. Sono certo che se in quel momento mi avessero sparato non me ne sarei nemmeno accorto. Deglutii –V…vuol dire che sono… l…licenziato? – chiesi, con un sussurro. Quasi non volessi che sentisse.

 

Non rispose. Continuò a fissarmi e annuì. –Ha tempo fino a venerdì per liberare la sua scrivania. –

Si alzò ed io lo imitai, continuando a fissare il vuoto. Mi porse la mano. –Le faccio i miei migliori auguri. –

Non dissi nulla. Gli feci un cenno di saluto e, come un automa tornai alla mia, ormai, ex postazione. Iniziai a riporre le mie cose in una scatola che già si trovava sulla scrivania al mio arrivo. Qualche collega doveva aver già saputo del mio licenziamento.

 

Quella sera tornai a casa. La prima cosa che feci fu chiamare Ally per darle la “buona” notizia, e sperare in un po’ di conforto da parte sua.

-Pronto?

-Amore… sono io. Ho una pessima notizia da darti… -

-Santo Cielo! Non ti sarai fatto male!

-No, no… nulla di questo genere… - presi un bel respiro e radunai tutto il coraggio. –Sono stato licenziato. –

Ci fu un momento di silenzio.

-Arrivo subito.

Dopo pochi minuti suonò alla mia porta e, non appena aprii entrò come un fulmine e si mise a camminare avanti e indietro.

-Ed ora come facciamo? –

La guardai stranito. –Come: “come facciamo”? Sono stato io ad essere licenziato, non tu! –

-Be’, ma ti rimboccherai le maniche spero! Dovevamo sposarci a giugno, per allora avrai trovato qualcosa, no? –

-Non lo so amore… per com’è messo il mercato del lavoro non si può dire… - lessi l’ansia e la preoccupazione nei suoi occhi.

-Vuoi… vuoi dire che non ci potremmo sposare? – la vidi: era sull’orlo di una crisi di pianto. Mi avvicinai a lei e la strinsi forte, se avesse iniziato non avrebbe più smetto.

-Ma no amore… solo che dovremmo farlo un po’ meno in grande… ed aspettare per acquistare una nuova casa… e forse, per un po’, dovrai provvedere tu alle entrate… - non appena finii di pronunciare quella frase Ally si staccò bruscamente.

-Cosa?! Vuoi dire che dovrei lavorare! – mi chiese scandalizzata.

-Credevo lavorassi già… - rimasi basito. Aveva un impiego come segretaria in uno studio medico. Non avevo la minima idea che volesse lasciarlo.

-Certo che lavoro, ma non ho intenzione di mantenerti dopo sposati! –

In quel momento pensai di aver sentito male. Non potevo essermi innamorato di una donna così superficiale… Le misi le mani sulle spalle per calmarla. –Cara, vieni con me… - la condussi in salotto e l’accostai al divano. –Ecco… siediti. Forse tutta questa storia ti ha un po’ agitata. So che sarà un grande cambiamento, ma vedrai che lo affronteremo insieme. –

-Certo, come no! E in che modo vorresti affrontare la questione? –

Mi guardai intorno. Sapevo che per tirare avanti avrei dovuto fare delle rinunce, oltre a quelle appena dette… -Pensavo di lasciare questo appartamento. Dopo sposati potremmo vivere in uno un po’ più piccolo. Verso la periferia magari… -

-Cosa! – esclamò, muovendo la testa da una parte all’altra. –Vorresti farmi vivere in una specie di topaia? –

-Tesoro, calmati… so che sarà difficile abituarsi all’inizio, ma vedrai che… - mi bloccò e si posizionò di fronte a me.

-Senti Erik… io ti amo… ma non sono pronta a tutto questo… -

-Cosa intendi? – chiedi, sudando freddo per la seconda volta quel giorno.

-Non posso affrontare questo… mi… mi dispiace…- si sfilò l’anello dal dito e me lo mise in mano. Si voltò e uscì dall’appartamento lasciandomi a bocca aperta.

Non ho molti ricordi di quella notte. Ciò che so di per certo è che chiamai il proprietario dell’immobile per avvertirlo della mia imminente partenza e della recessione dal contratto. Dopo aver bevuto un numero imprecisato di bicchieri, ripresi il telefono in mano e chiamai mia sorella Jennifer.

Abitava in un piccolo paesino appena fuori la città, nella casa un tempo appartenuta a nostra nonna. Mi parve sorpresa nel sentire la mia voce.

-Erik… sei tu? – chiese, appena rispose.

-Ciao sorellina… - continuai a ridere come un pazzo –Sai la novità? Mi hanno licenziato… e non è tutto sono stato pure mollato da Ally… - ero accasciato sul divano con telefono appoggiato, per miracolo, all’orecchio.

-Oh no… Erik, mi dispiace. Come ti senti? – sicuramente aveva capito che, in quel momento, non ero proprio me stesso.

-Una favola… inoltre ora non mi posso più permettere di stare in questo appartamento. Ho chiamato il proprietario, che è stato così gentile da… da lasciarmi tre giorni per smontare baracca e burattini… - risi di nuovo. Per fortuna l’alcol mi rendeva allegro, altrimenti avrei aggredito la povera Jennifer.

-Erik… - la sentii sospirare. Era sempre stato nel suo carattere preoccuparsi per me o per nostro fratello. –E ora dove andrai?

Alzai le mani, come se avesse potuto vedermi –Non ne ho idea! Sotto un ponte? – caddi dal divano dalla forza della risata.

-Erik… vieni da me! – a quelle parole mi ripresi del tutto.

-No, ti darei troppo disturbo. Non voglio interferire nella tua vita. –

-Ma che dici, sono tua sorella maggiore. E quindi niente scuse: vieni da me!

Biascicai un –Ok…- riattaccai e tutto diventò buio… se non fosse stato per la chiamata di Jennifer del giorno seguente non mi sarei mai ricordato della “promessa” fattale.

 

N.d.A.: Salve a tutti! Eccomi con una nuova storia. Sempre più Nonsense ‘-.-

Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. ^^

Grazie a chi avrà la pazienza di leggerlo!

A presto SoGi!

P.S.: Un grazie a Fly90 per la correzione ^.*

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

Il sabato mattina seguente mi ritrovai su un treno, diretto alla città di Jennifer. Chiusi gli occhi e appoggiai la fronte al finestrino.

Il giorno precedente mi ero recato nel mio ufficio per portar via tutti i miei oggetti. Non potrò mai dimenticare gli sguardi lanciatimi dai colleghi: alcuni di commiserazione, mentre altri soddisfatti, tutti comunque sollevati. Indubbiamente felice che la triste sorte fosse toccata a me.

Non potei fare a meno di pensare che sarebbe stata anche la mia reazione, se ne avessi avuto l’occasione.

Il viaggio sarebbe durato almeno un’altra ora. Presi in mano il cellulare e ricontrollai la segreteria telefonica, nella speranza di trovarvi un messaggio di Ally. Cosa che, ovviamente, non avvenne.

Dopo poco suonò per avvertirmi dell’arrivo di un sms. Il cuore mi saltò in gola… ma tornò giù non appena vidi comparire il nome “Jennifer” sul display.

Scusa, non riesco a venire alla stazione…

Prendi un taxi. Ci vediamo a casa.

Poi ti spiego.

Baci.

Chiusi il messaggio e riposi il cellulare nella tasca. Perfetto… non avrei avuto nessuno con cui parlare nemmeno appena arrivato.

Certo, nessuno mi impediva di chiamare i miei genitori… ma sapevo già cosa mi avrebbero detto. Mia madre si sarebbe messa a piangere, mentre mio padre avrebbe iniziato con le sue critiche senza né capo né coda. Se proprio dovevo ricevere una lavata di testa preferivo mille volte mia sorella a loro.

 

L’ora di viaggio passò in fretta. Appena giunto alla stazione cercai un taxi libero. Non ci misi molto, in fondo si trattava di una piccola stazione. Anzi mi sorpresi della presenza stessa dei taxi.

Salii su uno di questi e dissi al conducente l’indirizzo di Jennifer. Casa sua non doveva distare più di un quarto d’ora dalla stazione. Anche a piedi non ci avrei messo molto, ma l’idea di portare tutte quelle a mano non mi entusiasmava molto.

Il taxi si fermò di fonte ad una casetta dalle mura esterne bianche, proprio come le ricordavo. Il giardino era sempre stato il vanto di mia nonna, e Jennifer le stava rendendo onore.

Scaricai le valige e le depositai sul vialetto. Il mio sguardo fu rapito da una piccola crepa su di esso. Il sorriso mi si dipinse sulle labbra al ricordo di quando, con mio fratello, giocando con la bicicletta cademmo inciampando proprio in quel punto. Lui si ruppe un braccio ed io mi scheggiai i denti. Oltre al dolore che provammo ci beccammo anche una bella ramanzina dalla nonna.

-Erik! – mi chiamò una voce. Alzai lo sguardo e vidi Jennifer sulla porta. Mi corse incontro. Lasciai le valigie lì dov’erano e la accolsi tra le mie braccia. –Che bello rivederti! – mi disse stringendomi.

La tirai su con molta facilità. Non ricordavo fosse così leggera. –Anch’io sono davvero contento di essere qui! – la scostai leggermente e la guardai. I lunghi capelli corvini erano legati in una coda alta, indossava dei jeans leggermente strappati e una T-shirt bianca. Proprio come la ricordavo; acqua e sapone. – Non ci vediamo da troppo tempo! –

Lei sbuffò e mi diede un leggero colpo sulla nuca. –E di chi è la colpa!? Se ogni tanto ti degnassi di farti sentire almeno… - incrociò le braccia e mise su il broncio. Mi scappò da ridere nel vederla così, sembrava una bambina capricciosa.

-Be’… che dici, mi fai entrare o no? – chiesi, dopo un paio di minuti. Non vedevo l’ora di potermi rilassare un po’ dopo il viaggio.

-Certo! – esclamò entusiasta. –C’è una bellissima sorpresa. –

-Il motivo per cui non sei venuta a prendermi, presumo… - come risposta ricevetti un cenno di sì della testa. Iniziai a sudare freddo, temevo si trattasse di uno dei suoi fidanzati appena venuto a vivere con lei. Non avrei retto a tale colpo.

Sono sempre stato molto geloso di Jennifer. Ogni volta che usciva con un ragazzo, oltre che con nostro padre, il povero disgraziato doveva vedersela anche con me.

Sospirai. –Devo preoccuparmi? –

-Affatto. E poi ti ricordo che sono io la sorella maggiore! – su questo non potevo darle torto. L’uomo, però, restavo sempre io!

Non appena entrammo in casa posai le mie valigie accanto alle scale, e non potei fare a meno di notare delle altre borse proprio accanto all’arcata del salotto. Che il mio sospetto si stesse rivelando vero?

-È arrivato! – urlò Jennifer, in direzione del salotto. Mi chiesi con chi stesse parlando.

-Arrivo subito! –

Gli occhi mi si sgranarono e mi bloccai. Riconobbi quella voce immediatamente. Anche fra altre mille l’avrei riconosciuta. Guardai Jennifer come per cercare una risposta alla mia domanda inespressa. Lei mimò un “sorpresa” con le labbra.

I miei occhi si spostarono nuovamente verso l’arcata. Dopo pochi secondi ne venne fuori dalla stanza una sagoma che corse verso di me e mi strinse.

-Come sono felice di rivederti Erik! –

Rimasi pietrificato, con le braccia immobili lungo i fianchi e gli occhi sbarrati. Il ragazzo mi si scostò un poco e lo potei guardare bene: i capelli corvini, uguali ai miei, leggermente lunghi sul collo e con la frangia che copriva gli occhi scuri. Il fisico asciutto coperto da un pullover grigio e dei pantaloni bianchi che cadevano a pennello. E un sorriso smagliante. Il mio gemello Randy, dopo più di sette anni, era di fronte a me.

-Che ci fai qui? – dissi, dopo essermi ripreso dallo shock.

Lui alzò le spalle. –Ero nei dintorni per una mostra d’arte, ed ho pensato di far visita alla mia sorellona. – disse, avvicinandosi a Jennifer e abbracciandola. –Pensavo di fermarmi in albergo, ma Jenny ha insistito perché mi fermassi da lei. – le baciò la sommità della testa.

Guardai Jennifer, che sorrise colpevole. Poi mi si avvicinò, sempre tenendo stretto Randy, e coinvolse anche me nell’abbraccio. –Noi tre di nuovo insieme in questa vecchia casa. Sembra di tornare indietro nel tempo. – disse lei, passando da me a Randy con lo sguardo.

Mi divincolai dalla loro stretta e mi diressi all’esterno. Mi sedetti sul gradino dell’entrata e presi un po’ d’aria.

Dopo poco Jennifer mi si accostò dietro, senza parlare.

-Perché non me l’hai detto? – chiesi.

-Perché non lo sapevo ancora. E poi anche lui è mio fratello, proprio come lo sei tu! – rispose, senza muoversi.

-Lo sai che non posso soffrirlo! –

La sentii sbuffare. –Ancora con questa storia! Basta, sono passati dieci anni ormai! –

Non mi mossi. Sentii degli altri passi nella mia direzione.

-Jenny… vai dentro. Parlo io con Erik… - era la voce di Randy. Mi si avvicinò e si sedette accanto a me. –Sei ancora arrabbiato? – mi chiese.

Mi voltai verso di lui. –Non lo so… - ed era vero. Non sapevo cosa provavo per mio fratello, ma quel che era certo era che non volevo scoprirlo ancora. O per lo meno non in quel periodo.

-Senti Erik… io sono gay. Nessuno di noi può cambiare questa realtà. So che avresti preferito un fratello “normale”. –fece una pausa.

-Io non volevo un fratello normale… avrei solo voluto che tu ti trattenessi un po’… - dissi, ripensando a tutto l’imbarazzo che Randy mi aveva fatto provare.

Lo guardai e lui alzò le spalle sorridendo. –Sono un tipo schietto io… se una cosa non mi va lo dico senza problemi. –

-Almeno potevi evitare di dire alla mia ragazza del liceo che per portare quelle scarpe avrebbe dovuto muovere meglio i fianchi, con annessa dimostrazione… -

-Lei non stava portando quelle scarpe, le stava torturando! E poi, ti ho visto sai, ti sei messo a ridere pure tu quando le ho messe! –

Alla sua affermazione mi scappò da ridere. In effetti le portava molto meglio lui di Melanie…

-Allora, che dici, riuscirai a stare con il tuo fratello matto per due settimane? –

Lo guardai, poi volsi lo sguardo all’orizzonte. –Ti ho sopportato per vent’anni, no? – gli diedi una pacca sulla spalla, poi ci alzammo e raggiungemmo Jennifer all’interno.

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

Il mattino seguente, alle nove, mi alzai e trovai già Jennifer intenta a cucinare la colazione.

-Buongiorno…- biascicai, sedendomi e trovando il giornale sul tavolo.

-Buongiorno fratellino! – come faceva ad essere così allegra di domenica mattina non me lo saprò mai spiegare… -Tieni. – mi porse una tazza piena di caffè. Proprio quello che ci voleva!

-Grazie… - dissi, prendendola e aprendo il giornale. Decisi di controllare gli annunci di lavoro, forse avrei trovato qualcosa per cui fossi qualificato.

-Buongiorno ragazzi! – esclamò Randy, entrando in cucina.

Abbassai il giornale per salutarlo, ma appena lo vidi per poco non mi strozzai col caffè. Randy indossava una vestaglietta di seta nera, con piccoli ricami, abbastanza lunga e sotto… un paio di boxer super elasticizzati!

-Ma che ti sei messo?! – chiesi, posando giornale e caffè.

Lui si guardo confuso. –Sono in vestaglia, perché? –

-Ti sembra il modo di presentarti? –

-Perché scusa? Anche tu sei in pigiama mi sembra… - era vero, ma il mio pigiama consisteva in un vecchio paio di pantaloni della tuta e ad una maglietta bianca.

-Invece stai una favola Randy. –disse Jennifer. Poi si avvicinò a lui e tastò la vestaglia. –Wow! Dove l’hai trovata? –

-Quando sono stato in Francia. Era l’ultima del negozio, sembrava mi stesse aspettando! –

-Uff… sei sempre stato fortunato in queste cose! – disse Jennifer.

Rimasi immobile ad ascoltarli per qualche minuto, almeno fino a quando l’odore di qualcosa che bruciava non mi distrasse. –Scusate… credo che la colazione se ne stia andando all’altro mondo… - dissi, indicando il fumo nero fuoriuscire dalla padella.

Jennifer schizzò ai fornelli. – Santo cielo! Erik, potevi starci attento tu però! –

La guardai incredulo. –Ah… è colpa mia adesso? – chiesi, tornando a guardare gli annunci sul giornale.

-Cosa leggi di interessante? – mi chiese Randy, seduto davanti a me.

-Controllo gli annunci di lavoro… ma qui cercano solo dei giovani…- risposi, un po’ sconsolato. C’era richiesta solo di ventenni in quel maledetto giornale.

Alzai lo sguardo su Randy, che aveva incrociato le braccia al petto e mi guardava accigliato. –Vuoi forse dire che sei vecchio? Perché se è così mi stai dicendo che sono vecchio, e ti ricordo che ho solo 27 anni! –

Al coro si unì anche Jennifer che, dopo aver messo un piatto sia di fronte a me che a Randy, si mise le mai sui fianchi ed iniziò a battere il piede sinistro. –E io cosa dovrei dire che ho 30 anni? –

Mi resi conto di essere tra due fuochi, e di non avere via d’uscita. Quello che mi salvò fu il campanello. Ringraziai il cielo per quella manna.

Jennifer si diresse verso la porta sorridendo. -È già qui… -

-Chi sarà mai a quest’ora di domenica? – chiese Randy. Alzai le spalle, anche se la curiosità stava invadendo anche me.

- Mi dispiace per tutto quello che ti è successo… - disse Randy, tornando serio.

-Cosa che capitano… - presi la forchetta ed iniziai a mangiare quelle che dovevano essere uova strapazzate, poi guardai mio fratello rimasto un po’ deluso dalla mia risposta giocherellare con il cibo. –Comunque grazie. È importante avervi vicino…- aggiunsi sorridendo.

-E Ally, se permetti, è stata proprio un’idiota a lasciarsi scappare uno come te! Sapevo che non era la donna giusta, queste cose le sento a naso! –

-Ma se nemmeno la conoscevi! –

-Ehi, siamo gemelli! Si chiama empatia. –mi fece l’occhiolino e tornò a mangiare. Ridendo lo imitai.

Jennifer tornò dopo pochi minuti, seguita da un uomo alto e biondo. Sia Randy che io la guardammo interrogativi.

-Ragazzi, questo è Jasper… -arrossì un poco –Il mio fidanzato… - per poco non mi strozzai con le uova, mentre Randy lo squadrò da testa a piedi. –Jasper, questi sono i miei fratelli: Randy e Erik. – ci indicò.

-Mi sembra di conoscervi già ragazzi… Jen mi ha parlato così tanto di voi che non vedevo l’ora di incontrarvi di persona. –

Stavo per parlare, ma Randy mi precedette. –Invece Jenny non ci aveva detto nulla di te. Sorellina, te lo volevi tenere tutto per te? – disse, facendo l’occhiolino.

-So il fascino che hanno i miei fratelli. – si strinse al braccio dell’uomo.

-Ora scusate, ero venuto solo per un breve saluto. Spero di rivedervi presto ragazzi. –

-Vieni, ti accompagno. –

In quel momento pregai solo che non lo baciasse davanti a noi. Per fortuna si limitarono a raggiungere la porta a braccetto, uscendo così dal mio campo visivo.

-Non mi piace. – dissi, non appena furono fuori.

-Uffa! – sbuffò Randy –E quale fidanzato di Jenny ti è mai piaciuto? –

-E avevo torto? L’hanno fatta soffrire tutti quanti! –

-Può anche essere, ma è una donna ormai. Sa quel che fa. Dobbiamo starne fuori! –

-Uff… cosa ci avrà visto in lui poi… -

Randy si voltò, per vedere meglio la porta da cui erano appena usciti, poi si voltò nuovamente verso di me. –Cosa ci avrà visto? - finse di rifletterci -È un pezzo d’uomo biondo, alto e con degli occhi incredibili… non so, forse è molto simpatico! -    

-È vecchio! – mi arrampicai sugli specchi.

-Non avrà più di 35, 36 anni… -

Alzai le braccia al cielo e le feci ricadere. –Da che parte stai? –

-Dalla tua. –disse, dopo aver ingoiato un boccone – Ma voglio che Jenny sia felice. Per cui… zitto e mangia la tua colazione! – detto questo tornò a mangiare, cosa che feci anch’io.

Jennifer tornò e si sedette tra noi due. –Allora ragazzi… che ne pensate? –

-Ecco, io credo…- non riuscii a terminare la frase che Randy mi diede un calcio allo stinco sotto il tavolo, e mi guardò come per avvertirmi. –Io credo che l’unica cosa che conta è che piaccia a te… giusto? – dissi, poco convinto.

Mia sorella mi guardò sorpresa. –Sul serio? –

Guardai Randy prima di rispondere. Il suo sguardo fu eloquente. –Certo Jenny… oppure preferisci Jen? – mi beccai un altro calcio. Mi sarei dovuto risparmiare l’ultima battuta…

Mise una mano sulla mia spalla e l’altra su quella di Randy e ci avvicinò. –Per voi sono Jenny. – e ci diede un bacio sulla guancia a testa.

 

N.d.A.:Salve a tutti/e!! ^^ Ecco il terzo capitolo di questa Fic… spero che gli argomenti toccati non offendano nessuno. Se così è accaduto chiedo scusa.:-( Non era mia intenzione.

Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere i capitoli precedenti e questo! Ringrazio di cuore BlackSteel e Fly90 per le recensioni!

Buona lettura! E fatemi sapere cosa ne pensate se volete! ^^

A presto SoGi!

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

Quella domenica non era iniziata esattamente come l’aveva immaginata… avrei evitato volentieri l’incontro con il fidanzato di Jenny ad essere sincero, ma ormai era andata.

Dopo pranzo mi sedetti sul divano ed accesi il televisore per guardare il TG, com’ero solito fare; mentre Jenny e Randy prendevano il caffè in cucina. Non ho mai capito cosa ci trovassero in quella bevanda. A me dava la gastrite.

La presentatrice annunciò le notizie di apertura. Come al solito: politica interna ed estera, cronaca nera e mondana…

Una notizia in particolare attirò la mia attenzione: una nota star, dopo essersi sottoposta ad un intervento di chirurgia plastica additiva al seno, aveva esposto denuncia al chirurgo per non aver effettuato bene l’operazione. Indignato presi il telecomando e spensi la TV.

-Possibile che con tutto quello che accade al mondo questi pensino a queste sciocchezze!? – sbottai

-Suvvia calmati! Sembri papà! – mi voltai, e vidi Randy appoggiato allo schienale del divano, e dietro Jenny che rideva sotto i baffi. –Inizi davvero ad essere vecchio, sai? –

-Ma ti sembra una cosa normale? Invece di darci notizie importanti, iniziano con un’operazione al seno? Nemmeno si fosse trattato di vita o di morte! –

-Per questo non guardo mai i telegiornali. Non si vive tanto male disinformati, sai? –

Alzai gli occhi al cielo, poi li spostai si Jennifer che non smetteva di ridere. –Cosa c’è di così divertente? –

-Oh, nulla… - disse, prima di continuare a ridere.

Il discorso venne interrotto dal telefono di Jennifer, che iniziò a squillare. Si avvicinò all’apparecchio e rispose.

-Pronto? – attese qualche secondo, poi sgranò gli occhi – Oh, mamma… sei tu. Come stai? Ah, bene mi fa piacere e … - ma non riuscì a terminare la frase che si voltò verso di me allarmata. –Ah… v…vuoi parlare con Erik? –

In quel momento mi allarmai anch’io. Con tutto quel che era successo mi ero scordato di chiamare mia madre per avvisarla. Una domanda mi passò per la mente: come aveva fatto a venirlo a sapere?

Lanciai uno sguardo di intesa a mia sorella e, istintivamente, guardammo Randy che alzò i palmi e sorrise. Lo fulminammo entrambi con lo sguardo.

-Un attimo solo mamma… - Jennifer mi guardò.

Mimai un “Dì che non ci sono” con le labbra. Non avevo proprio voglia in quel momento di sentire le sue ramanzine.

-È uscito pochi minuti fa… gli dico di richiamarti? –

Presi Randy per un braccio e lasciammo Jennifer sola con la mamma. Mi diressi in cucina. Mi bloccai davanti a lui piantando le gambe e incrociando le braccia al petto, in attesa di una spiegazione.

-Quando hai quello sguardo non si preannuncia nulla di buono… - disse.

-Perché lo hai detto alla mamma!? – sibilai. Se non mi fossi trattenuto le mani nella stretta lo avrei strozzato.

-Mi è scappato! Sai che con lei non ho segreti… piuttosto perché tu non le hai detto nulla? – cercò di ribaltare la frittata, ma questa volta non glielo avrei permesso.

-Perché volevo aspettare il momento opportuno. E non cercare di far passare me dal torto rana dalla bocca larga! –

-O, suvvia… solo perché da piccolo sembravo un po’ un ranocchio… ti sembra il caso di affibbiarmi questo soprannome? Non sarebbe meglio pappagallo ripetente, o…-

-No! E non cercare di cambiare discorso! – urlai.

In quel momento apparve Jennifer dalla porta, con ancora il cordless in mano, e mi guardo esasperata. – Mamma ti ha sentito urlare. Ti vuole al telefono. Ora. –

Sbuffai e gli strappai di mano quell’aggeggio. Con Randy non sarebbe finita lì, e lo sapeva anche lui.

-Pronto? –

-Erik! Cosa ti è passato per la testa! Perché non hai detto alla tua mamma cosa ti era successo tesoro mio! Non sai quanto sono stata in pena per non aver ricevuto nessuna chiamata. Avevi intenzione di farmi morire prima del tempo? Promettimi che non farai mai più una cosa del genere!...- continuò con quella storia per un quarto d’ora buono. Le uniche cose che riuscii a dire furono “Sì mamma” “Hai ragione mamma” “Lo so mamma”. Erano così prive di tono che sembravano frasi preregistrate.   

Ad un certo punto si bloccò. –Ah… certo… - disse a qualcuno. –Tesoro, tuo padre ti vuole parlare…-

-Erik- -la voce bassa di mio padre mi risuonò nelle orecchie. Nonostante fossi un uomo finito mi metteva ancora soggezione come quando ero un bambino.

-Ciao papà… tutto bene? – di solito non parlava mai direttamente al telefono con noi. Si informava su come stessimo e ci mandava i saluti tramite la mamma. Non che non ci volesse bene, ma il suo carattere così chiuso non gli faceva esprimere molto il suo affetto.

-Figliolo, c’è una cosa importante che devo dirti… -

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

Quando la telefonata finì mi recai in cucina. Giunto sulla porta mi bloccai davanti alla scena che mi si presentò. Un leggero sorriso comparve sulle mie labbra: Jennifer era seduta davanti alla finestra e Randy, con in mano una matita e un blocco da disegno, le stava dando istruzioni per mettersi in posa.

Quel tavolo, su cui Randy aveva appoggiato il necessario per disegnare, se avesse potuto parlare ne avrebbe avute da raccontare.

Ricorda che da bambini ci sedevamo per fare i compiti, giocare con le vecchie costruzioni di legno che la nonna conservava dalla sua infanzia, oppure per colorare quei libri illustrati.

Randy iniziò il ritratto di Jennifer. Quando era impegnato in un disegno cambiava completamente espressione, si estraniava dal resto del mondo. Fin da piccolo aveva sempre avuto un grande senso artistico. Infatti nessuno si stupì quando riuscì ad allestire la sua prima mostra d’arte.

Tornai al presente. Dovevo parlare urgentemente con Jennifer. Avrei fatto infuriare Randy, ma non potevo aspettare che finisse.

-Jenny, vieni un momento. Devo parlarti. – dissi avvicinandomi qualche passo.

Randy mi fulminò con lo sguardo, ma fu Jennifer a parlare. –Non puoi aspettare un attimo? Sono impegnata in questo momento. – disse, cercando di fare meno movimenti possibili.

-No. Finirete dopo. Vieni per favore. – detto ciò iniziai a dirigermi nel salotto.

-Uff… - sentii Randy sbuffare –Vai, se no non la smetterà più. –

Poco dopo Jennifer fu dietro di me. –Si può sapere cosa c’è di così urgente? –

Cercai di organizzare il discorso. –Papà ha organizzato una festa mercoledì sera. Vuole festeggiare i primi cento anni dall’apertura del ristorante, e vuole che vi partecipiamo… -

Alzò un sopracciglio. – Tutto qui? E non potevi dirmelo di là con Randy? Vorrà saperlo… -

-Vuole solo noi due! – dissi tutto d’un fiato.

-Come scusa? – chiese. Dal suo tono sembrava confusa.

-Vuole che alla festa partecipiamo solo tu ed io. Randy non deve saperlo. –

-Cosa?! Questo evento riguarda tanto noi quanto lui! –

-Jenny… lo sai cosa pensa papà di Randy e della sua… scelta di vita. Da quando l’ha saputo ha sempre vissuto nel terrore che qualcuno lo giudicasse come pessimo genitore per quello che faceva il figlio… -

-Che cosa assurda! – sbottò – Randy non ha mai dato preoccupazioni del genere. Anzi, ogni genitore vorrebbe un figlio così caro com’è stato lui con papà, anche se non lo merita. –

Probabilmente si riferì all’assenza di nostro padre ad ogni evento pubblico riguardante nostro fratello; come la sua prima mostra.

-Spero tu gli abbia detto che senza di lui non ci muoveremo per nessuna ragione al mondo! –

Deglutii rumorosamente. Lei mi guardò e poi ridusse gli occhi ad una fessura. – Tu hai accettato l’invito, non è forse così? –

-Be’… sai per papà sarebbe importante averci lì… e anche Jasper…  -      

-E per me è più importante mio fratello! – si portò una mano sulla fronte – Non ci credo… per lui è più importante avere vicino Jasper, un uomo che nemmeno conosce, piuttosto che il sangue del suo sangue? Ridicolo! –

Si avvicinò all’attaccapanni e prese la borsa ed una giacca. – Dì pure a papà che non ho alcuna intenzione di partecipare a quella stupida festa! –

Si avvicinò alla porta, prese le chiavi dell’auto e fece per uscire.

-Ma dove vai? –

-A fare un giro! – uscì sbattendo la porta.

Mi sedetti sul divano e lasciai cadere la testa all’indietro. Sapevo che Jennifer aveva ragione da vendere, ma anche con tutta la mia buona volontà non riuscivo a dare contro a mio padre.

Randy fece capolino davanti a me.

-Ho sentito la porta sbattere… che è successo? – si sedette.

-Ho fatto un po’ arrabbiare Jenny…-

Alzò le spalle. –Non è certo la prima volta che combini un guaio. Vedrai che le passerà in poco tempo. –

-Invece io credo proprio che non le passerà questa volta… -

Guardai Randy. Avrei dovuto dare la notizia anche a lui prima o poi, ma non appena lui si voltò e, sorridendo, mi mise una mano sulla spalla per confortarmi mi bloccarono.

Lo guardai per alcuni minuti. –Randy… devo dirti una cosa… -  

-Dimmi. – mi guardò con la curiosità negli occhi.

-Senti… papà ha organizzato una festa… ma… -

Mi blocco, alzando una mano. – Ma non vuole che io ci sia. Non ti preoccupare. Non c’è problema. – disse, senza tradire alcune emozione.

Lo guardai stupito: com’era possibile rimanere così insensibili di fronte ad una notizia del genere? –E non ti dà fastidio? – era senza alcun dubbio la domanda più stupida che potessi fargli.

Randy alzò le spalle e guardo dritto davanti a sé –Non è serto la prima volta che papà si rifiuta di farsi vedere con me in pubblico… non è colpa sua, ma è cresciuto in un ambiente dalla mentalità ristretta… -

Continuai a fissarlo, e ogni minuto mi sentii sempre più un verme…

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

 

In men che non si dica arrivò martedì… la tensione in casa si poteva tagliare con il coltello, da quanto era densa.

Jennifer non mi rivolgeva la parola dalla domenica precedente, mentre Randy si comportava con normalità malgrado la terribile notizia che gli avevo dato. Era una situazione surreale.

-Jenny, mi passi il sale? – lei finse di non sentirmi e continuò a mangiare.

-Sorellina…- intervenne Randy – Mi passi il sale, per favore? –

Jennifer alzò lo sguardo e, sorridendo, gli porte la saliera. – Certo fratellino. –

-Grazie. – poi si rivolse a me –Ecco. –

-Grazie… - presi l’oggetto e tornai a mangiare.

Iniziai a pensare che forse era quella casa a farci comportare come quando eravamo bambini… Jennifer e io che litigavamo e non ci rivolgevamo la parole per giorni, e il povero Randy costretto a farci da tramite. Una scena dannatamente familiare.

-Le passerà. – mi disse Randy, seduto con me sul divano dopo cena. –Devi darle solo un po’ di tempo. –

Sì, ma il punto era quanto tempo? La festa sarebbe stata la sera seguente e a nostro padre non sarebbe andata giù l’assenza della figlia prediletta.

Mi alzai e mi diressi verso l’uscita… avevo bisogno di prendere un po’ d’aria. Tutta quella tensione non faceva altro che innervosirmi.

-Dove vai? – mi chiese Randy.

-Vado a fare due passi… ci vediamo dopo. – uscii e inizia a camminare senza avere una meta precisa.

Forse avrei fatto bene a chiamare mio padre e dirgli che non avremmo partecipato a quella festa… ma poi pensai alla mamma. Era da così tanto tempo che non la vedevo, e quello sarebbe stato un buon pretesto. Dall’altra parte, però, non potevo fare questo torto ai miei fratelli… una situazione ostica.

Mi appoggiai ad un muretto e incrociai le braccia al petto. L’idea di trasferirmi da mia sorella non era poi tanto buona, dopo tutto…

-Erik? – sentii una voce alla mia destra pronunciare il mio nome, istintivamente mi voltai. Vidi a pochi metri da me una ragazza con dei lunghi capelli biondi guardarmi incerta.

-Sì… ci conosciamo? – aveva l’aria familiare, ma non avrei saputo dire di chi si trattasse.

Lei sorrise e mi si avvicinò. –Sono Mindy. Mindy Donnel. Non ti ricordi? Da bambini trascorrevamo praticamente tutta l’estate insieme. -  

-Mindy? – mi presi un momento per cercare di ricordarla. Quel nome non mi giunse nuovo, ma l’unica lampadina che mi si accendeva era l’immagine di una ragazzina occhialuta e con l’apparecchio con cui i miei fratelli ed io giocavamo nel parco… nulla a che vedere con la bellezza che mi trovavo di fronte! –Accipicchia… sei cambiata un sacco! –

-Be’… si cresce. Tu piuttosto, cosa ci fai da queste parti? È un secolo che non ti si vede! – chiese, adagiandosi accanto a me.

Feci spallucce. –Dopo il college ho trovato lavoro in città e mi sono trasferito. –

-E ora sei in vacanza? –

-Sì, vacanza permanente… mi hanno scaricato… due volte in un giorno: prima il mio capo, e poi la mia fidanzata. – la guardai sorridendo amaramente –Un bell’enplein, ti sembra? –

-Cavolo… sei stato proprio sfortunato… -

-Già… e adesso dovrò vivere per un po’ con una sorella che nemmeno mi parla… -

Lei mi guardò storto. – Che cosa le hai fatto? –

-Scusa… ci rivediamo dopo chissà quanti anni e inizi subito ad accusarmi? –

-Sì. Conosco Jennifer fin da bambina, e so che se si rifiuta di parlare con qualcuno, questo qualcuno la deve aver fatta davvero grossa! – Sbuffai. –Se non ti va di parlarne, non devi sentirti obbligato… -

Non seppi nemmeno io il perché, ma ebbi voglia di aprirmi con lei. Forse perché era stata l’unica persona estranea alla famiglia con cui mi sia mai confidato da ragazzo. Nemmeno Ally era a conoscenza di alcune cose che mi riguardavano.

-Si tratta di mio padre… si è rifiutato di invitare Randy ad una festa. Non appena l’ho comunicato a Jennifer, ovviamente, si è incazzata. Probabilmente anche perché non ho protestato contro di lui. E da quel momento ha smesso di parlarmi… -

-A quanto pare Peter non è cambiato molto in questi anni… e nemmeno tu. - Mi guardò e sorrise. –Guardati! Sei un uomo alto e ben piazzato, ma hai paura di tuo padre. –

-Lo so, è una cosa ridicola non riuscire ad imporsi in questo modo… ma mio padre ha sempre scatenato la mia paura…non sono mai riuscito a far sentire la mia voce, e credo che non ci riuscirò mai… -

-Vedi… è questo che non capisco: Randy e Jennifer hanno sempre avuto il coraggio di far valere la loro opinione. – disse Mindy, mettendosi di fronte a me. –Già solo la decisione di tuo fratello a dichiarare a tuo padre la sua omosessualità, ben sapendo cosa ne pensasse, fa di lui una persona forte.  Tua sorella, da quel che ricordo, lo ha difeso con le unghie e con i denti dalle sue accuse, mentre tu sei sempre stato in disparte… non hai mai spezzato alcuna lancia in suo favore. E forse ho capito il perché… -

La fissai interrogativo. –Sei una psicologa adesso? – chiesi, con una punta di sarcasmo nella voce.

-Esatto. –

-Ah… buono a sapersi. E quanto mi verrà a costare questa seduta? –

-Non cercare di cambiare discorso Erik. Tu non riesci a contraddire tuo padre perché vuoi che sia fiero di te. Credi, in qualche modo, di sanare la delusione che gli ha dato Randy, sempre che di delusione si possa parlare. –

Piegai la testa di lato. Poteva essere questo il motivo per cui non riuscivo a farmi rispettare da mio padre? In effetti avrebbe avuto senso… ho sempre fatto quello che voleva lui.

-E cosa mi consiglia di fare, dottoressa? – le chiesi prendendola un po’ in giro. Anche se in realtà speravo in una sua risposta.

-Ti posso solo dire: per una volta ascolta il cuore, e non la testa. E vedrai, ti sentirai molto meglio. –

Non riuscii a trattenere una risata. –Come… tutto qui? Non mi lasci in sospeso, aspettando la prossima seduta? Come ti pagherai la villa al mare se risolvi subito i problemi? –

Lei incrociò le braccia. –Quest’ironia potrebbe derivare dalla paura di seguire l’istinto per una volta? – aveva fatto centro. Che io ricordassi non seguivo più il mio istinto da che ero un bambino di dodici anni…

-Ma figurati! – mentii.

Lei alzò gli occhi al cielo. –Pensa solo a questo: preferisci avere la totale approvazione di tuo padre, sacrificando il bel rapporto con i tuoi fratelli… oppure sostenerli per una volta andando contro al capo? – detto ciò si incamminò.

-Ehi… ma te ne vai così? –

Si voltò e sorrise. –Se mi cerchi sai dove trovarmi. – e riprese la strada.

Rimasi ancora alcuni muniti in quel luogo. Mindy aveva ragione: dovevo seguire il mio cuore… e forse sapevo come fare.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Mentre Capitolo 7

 

Tornai a casa. Dovevo mettere al corrente Randy e Jennifer del mio piano.

Entrai in casa e trovai le luci spente. Solo dalla cucina proveniva una flebile luce. Mi diressi verso la stanza, e trovai Jennifer seduta.

Le sue spalle erano scosse da forti singhiozzi e le mani le coprivano gli occhi.

-Che è successo? – chiesi, non notando la presenza di Randy.

Lei, senza parlare, mi porse un foglio bagnato da alcune lacrime. Lo presi e lessi:

 

Cari Jenny e Erik… sono un codardo ad andarmene lasciandovi solo una lettera, ma non avrei mai avuto il coraggio di dirvi a voce ciò che sto per scrivere…

Fino ad ora non avevo mai capito quanto la mia presenza pesasse su questa famiglia, e sapere di essere io parte della causa che ha scatenato il vostro litigio mi ha fatto stare malissimo. Ragion per cui ho deciso di tornare a Parigi.

Lì ho degli amici che mi potranno ospitare. Lì potrò aumentare le mie conoscenze in ambito artistico, e voi potrete continuare le vostre vite.

Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per me in questi anni. Ve ne sarò per sempre grato.

Vi voglio bene.

Randy.

 

Misi la lettera sul tavolo e afferrai Jennifer per un polso trascinandola fuori.

-Sei impazzito? – urlò. La feci sedere in auto e misi in moto.

-Dobbiamo recuperare Randy. – dissi semplicemente.

Mi diressi all’aeroporto a tutta velocità, sperando che il volo non fosse già partito.

Purtroppo ci vollero due ore di macchina per raggiungerlo, e le speranza di trovarlo erano quasi sparite.

Entrammo nell’edificio e iniziammo a correre verso la reception.

-Dici che siamo in tempo? – chiese Jennifer, col fiatone per la corsa.

-Non lo so, lo spero! –

Mancavano una manciata di passi al nostro obiettivo, quando i nostri sguardi si posarono sullo schermo delle partenze… il volo per Parigi risultava già partito. Avevamo fatto quel viaggio per nulla…

Scoraggiati girammo i tacchi e ci dirigemmo verso l’uscita, quando una voce ci bloccò.

-Erik! Jennifer! Cosa ci fate qui? –

Ci voltammo lentamente, come per paura che fosse frutto della nostra immaginazione. Non appena guardammo nella direzione della voce vedemmo Randy, seduto con le valige accanto.

Jennifer riscoppiò a piangere e corse verso Randy, il quale si era alzato. Lo prese a pugno sul petto, per poi abbracciarlo.

Io rimasi impietrito. –Come mai non sei su quell’aereo? – chiesi.

Lui sbuffò e indico con un cenno della testa le valigie. –Tutta colpa della mia attrezzatura per le sculture… ho provato in tutti i modi a spiegare che non avevo alcuna intenzione di attentare alla vita di nessuno ma quando mi hanno lasciato andare l’aereo era già pronto al decollo… e sono rimasto a terra. –

Scoppiai a ridere… solo a Randy poteva accadere una cosa del genere. Lui mi guardò storto, ma poi rise.

-Vorrei sapere cosa avete da ridere entrambi! – disse Jennifer tra le lacrime. –E tu…- si rivolse a Randy -…guai a te se ti azzardi a fare di nuovo una cosa del genere! Brutto stupido che non sei altro! –

-Sta tranquilla… dopo questa esperienza non credo che avrò voglia di volare per un po’ di tempo… - la rassicurò –Ma tu devi promettermi che domani andrai a quella festa con Erik. –

-Scodatelo! Senza di te mai! –

Randy sbuffò e iniziarono a discutere fra loro.

-Ehm… ragazzi…- dissi, cercando di calmarli, ma non mi sentirono. –Ragazzi… Ragazzi!!-  urlai, attirando finalmente la loro attenzione. –Io, veramente, un’idea c’è l’avrei… -

 

N.d.A.: Ehm… scusate il capitolo corto e con la trama degna di un libro di Rosamunde Pilcher… ‘-.- alcune volte mi vengono fuori anche loro… Vi prego solo di non tirarmi pomodori troppo acerbi ç.ç

Comunque voglio ringraziare chi ha commentato la storia, e chi ha avuto la pazienza di leggerla. Il prossimo sarà l’ultimo capitolo. Fatemi sapere, se volete, cosa ne pensate della storia^^

Un bacio! SoGi!

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Epilogo

 

La fatidica sera giunge in un batter d’occhio.

Jennifer ed io avevamo appena fatto il nostro ingresso nella sala, e lo sguardo di nostra madre ci individuò immediatamente.

-Tesori miei! – ci venne incontro a braccia aperte. Abbracciò prima mia sorella e dopo me, poi mi guardò. –Tesoro… ti trovo dimagrito… mangi abbastanza, vero? –

Alzai gli occhi al cielo. Anche se fossi arrivato a pesare centocinquanta chili per mia madre sarei stato troppo magro… -Sì mamma, non ti preoccupare. Sai che Jenny è una cuoca eccellente! – dissi, cingendola per le spalle.

In quel momento nostro padre si avvicinò. Diede un leggero abbraccio a Jennifer e una stretta di mano a me. –Felice di vedervi ragazzi. –

-Lo stesso per noi papà… sono felice di vederti in forma. – dissi.

Lui annuì, poi fisso mia sorella. –Il tuo fidanzato non è venuto? – chiese.

-Purtroppo è sopraggiunta un’emergenza e si è dovuto trattenere in ufficio… si scusa con voi per l’assenza. –

-Oh… che peccato…- esclamò mamma. – avrei così tanto voluto conoscerlo-

Entrambi notammo con quanta naturalezza i nostri genitori non parlarono affatto di Randy.

-Comunque, non vi preoccupate… l’invito non è andato sprecato. Anzi abbiamo invitato una persona davvero speciale. –

Sui volti di entrambi comparve un’espressione sorpresa. –Davvero… e chi sarebbe? – chiese nostra madre.

-Arriverà a momenti… stava lasciando l’auto…- continuò Jennifer.

Dopo pochi minuti, dalla porta d’entrata comparve Randy. Mio padre sbiancò, mentre mia madre si porto le mani alla bocca.

Papà mi prese per un braccio e avvicinò la sua bocca al mio orecchio. –Cosa ci fa lui qui? – sibilò.

-Lui chi? – finsi di non capire, poi seguii il suo sguardo. –Ah… vuoi dire tuo figlio Randy. Nulla, pensavo sarebbe stato carino fare una piccola riunione tutti e cinque. Dopo tutti questi anni… - dissi, enfatizzando le parole “tuo figlio”.

Randy su avvicinò a noi. La mamma lo abbracciò. –Mamma… ti prego… così mi soffochi… -

-Oh… scusa tesoro… è che non ti vedo da così tanto che non mi sembra vero di averti qui davanti a me… - scoppiò in lacrime.

Poi si rivolse a nostro padre, facendogli il saluto militare. –Buonasera capo! È un piacere rivederla! – sorrise.

Il volto di papà divenne paonazzo. Continuò a squadrare Randy da capo a piedi. Malgrado il suo abbigliamento fosse quasi più sobrio del mio.

-Ben trovato... Randy. – poi mi prese per un braccio e mi trascinò lontano dagli altri componenti della famiglia.

-Ti avevo detto di portare solo tua sorella! – sibilò.

-Papà, voglio ricordarti che Randy e mio fratello tanto quando Jennifer è mia sorella. –

-Ti ho detto che questa serata è importante per il ristorante e… - lo interruppi.

-E per noi è importante che ci sia anche Randy! – detto questo tornai dagli altri, ma non feci nemmeno mezzo passo che sentii l’assistente di mio padre bisbigliargli qualcosa.

-Signore… alcuni ospiti si stanno chiedendo chi sia lo strano tipo appena entrato… le consiglio di allontanarlo il prima possibile dalla sala prima che infastidisca le persone sbagliate… -

Alle parole di quel nanerottolo non ci vidi più. Mi voltai e con passo deciso mi diressi verso di lui. Mi fermai davanti e gli mollai un pugno sul naso, attirando l’attenzione di tutti i presenti.

-Per tua informazione, nanerottolo, quel tipo strano è mio fratello Randy! – Urlai, in modo che tutti mi sentissero. Mi avvicinai a Randy e gli cinsi le spalle, mentre lui diventò bordeaux.

-Ti prego… Erik, calmati…- sussurrò, trattenendo una risatina nervosa e vedendo la folla intorno.

-Niente affatto! Sono stato in silenzio già per troppo tempo! È giusto che queste persone sappiano che quell’uomo…- indicai mio padre. – Peter Miller aveva intenzione di escludere suo figlio solo perché… diverso. -

-Erik… - continuò Randy, sempre più imbarazzato. –Non puoi abbassare solo un po’ il tono? –

Guardai mio padre. Era così pallido che sembrava potesse svenire da un momento all’altro. Forse aveva sbagliato riguardo a quale figlio lo avrebbe messo in imbarazzo…

Poco dopo due agenti della sicurezza si avvicinarono. –Signor Miller… è pregato di lasciare immediatamente la sala. –

-Eh no! – esclamò Randy. –Non siete voi a cacciarci, ma siamo noi ad andarcene! – mi prese a braccetto e ci dirigemmo verso l’uscita.

-Aspettate! – Jennifer ci raggiunse e si aggrappò all’altro braccio.

Tutti e tre insieme ci dirigemmo verso il parcheggio. Il valletto prese le chiavi ed aspettammo l’auto.

-Ehi tu! – sentii una voce alle mie spalle. Mi voltai, era l’assistente di poco prima. Si avvicinò a me minaccioso e con il naso grondante di sangue.

-Che c’è? Non ti è…- non riuscii a terminare la frase che un diretto di quel nanerottolo finì in collisione col mio occhio sinistro…

 

-Ecco qua. Per il nostro eroe una bella bistecca per il suo occhio. – Randy mi fece accomodare su una sedia, mentre Jennifer mi posizionò la carne sull’occhio. Non avevo mai provato un dolore simile a quello in tutta la mia vita.

-Meglio vada a letto… domani controlleremo lo stato di quell’occhio…- Jennifer mi si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia. –Complimenti Erik. Stasera hai dimostrato di essere un uomo! – poi fece lo stesso con Randy.

-Grazie… - mi disse dopo poco quest’ultimo. –Sai, non avevi mai preso le mie difese prima di stasera… -

Sbuffai e tolsi un po’ la bistecca. –Già… e guarda tu il risultato! – indicai l’occhio.

-Mi dispiace… - rise.

-Ma nessuno può permettersi di escludere mio fratello in quella maniera e credere di passarla liscia. Nemmeno nostro padre! –

Randy continuò a sorridere. –Grazie fratellone. – si alzò e mi abbracciò. Forse uno dei pochi abbracci a cui risposi.

Fu in quel preciso istante che capii di aver “perdonato” Randy. E, malgrado alcune volte facesse delle scelte per me sbagliate, sapevo che lo avrei sostenuto fino alla fine.

-Ti voglio bene… - gli dissi sottovoce. Poi una fitta di dolore mi attraversò l’occhio a causa della stretta di Randy. -… ma delle volte ti ammazzerei! –

 

N.d.A.: Ecco il finale… anche questo degno di Rosamunde Pilcher ç.ç Scusate, sono caduta proprio nello sdolcinato in questi due ultimi capitoli… non me ne vogliate L

Spero che il capitolo, e la storia in generale, vi siano piaciuti. ^^ Grazie chi ha recensito la storia e a chi l’ha letta^^

A presto e un bacione da SoGi!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: cambiamenti ***


Ti voglio bene, ma…

Ti voglio bene, ma…

Cambiamenti.

 

Ormai erano passati quasi due mesi dai fatti accaduti al gala. Nostra madre sembrava averci perdonato, anche se non avrebbe mai ammesso l’errore commesso da nostro padre sapevamo d’averla dalla nostra parte. Mentre, per quel che lo riguardava... nelle rare volte in cui lo avevamo visto ci ignorava semplicemente. Per lui non sarebbe stato così difficile da digerire un simile affronto.

 

Le nostre vite stavano, lentamente, tornando alla normalità: Jenny era sempre indaffarata tra il lavoro, le faccende domestiche e quel Jasper. Non era un tipo tanto male, lo dovevo ammettere, ma non lo avrei rivelato nemmeno sotto tortura. Randy era tornato in Europa da cinque settimane. Quel continente lo aveva davvero affascinato. Io invece… passavo da un colloquio all’altro, ma ancora di un lavoro nemmeno l’ombra. Per aiutare Jenny mi occupavo di piccoli lavoretti manuali in casa, non che fossi un grande esperto ma ogni tanto qualcosa di buono riuscivo a combinarlo.

 

Il suono del cellulare mi fece trasalire. Non appena vidi il nome del mittente sul display, non potei trattenere un sorriso.

 

-Come sta la mia psicologa preferita? – riposi, continuando a sorridere come un ebete.

 

-A parte un gran mal di testa… direi bene. Il tirocinio è davvero stressante!

Da qualche tempo Mindy aveva iniziato il praticantato come psicologa. Benché gli orari fossero buoni potevo capire che non fosse un genere di lavoro semplice.  -Senti…- disse dopo poco, sembrava un po’ in imbarazzo. –Stasera per caso… hai da fare?-

 

La domanda mi lasciò sorpreso. Ultimamente passavamo parecchio tempo insieme, era vero, ma mai mi sarei aspettato una domanda del genere. – Ehm… ecco vedi… io…- non ero ancora pronto ad avere nuovi appuntamenti. Non dopo la batosta della mia ex. Dovevo ammettere, però, che Mindy mi piaceva molto…

 

La sentii sospirare al telefono. –Non importa, ti capisco… non deve essere facile dopo quello che hai passato. Scusa, non avrei dovuto chiedertelo…-

 

-No, aspetta… - ma aveva già riattaccato. Mi buttai sul divano. Possibile che non riuscissi mai a trovate le parole giuste al momento giusto?

 

Il telefono squillò nuovamente. Mi affrettai a rispondere, non guardai nemmeno il mittente questa volta. .Mindy, scusa per prima io… -

 

-Ehm… Mi scusi, ma non sono questa Mindy…- a parlare era una voce maschile, sconosciuta alle mie orecchie. Perfetto! Erano le dieci di mattina ed aveva già fatto due figure meschine! –Lei è il signor Erik Miller?-

 

-S…sì, sono io… mi scusi per prima… -

 

-Non si preoccupi signor Miller. La chiamo da parte del signor Jeff Dixon.- quel nome non mi suonò nuovo. Mi sembrava fosse quello di uno degli uomini da cui avevo avuto un colloquio. –Il signor Dixon è rimasto veramente colpito dal suo curriculum e dalla sua presentazione. Pertanto vorrebbe offrirle un contratto di prova di tre mesi. E se dovessero andare a buon fine vorrebbe che entrasse a far parte del personale fisso dell’azienda.

 

Quello doveva essere un sogno! Non potevo credere alle parole che quel tipo aveva appena pronunciato. –C…certo! Ne sarei onorato… -

 

-Bene, la aspettiamo lunedì mattina alle otto presso la nostra sede. Buona giornata. –

 

-Buona giornata a lei. – riattaccai. Un enorme sorriso comparve sul mio volto e iniziai a saltare per tutta la stanza. Se qualcuno fosse entrato in quel momento mi avrebbe preso per pazzo sicuramente.

 

-Ma che stai facendo!? – mi voltai verso l’ingresso del salotto, e vidi Jenny guardarmi perplessa. Mi avvicinai a lei e la sollevai abbracciandola, dopodichè le diedi un bacio sulla guancia. –Okay… ora ho la conferma che hai perso totalmente il senno! – disse, ridendo. –Posso sapere a cosa devo l’onore di tutto questo affetto? –

 

-Mi hanno preso! – dissi, allargando le braccia. Jenny emise un piccolo urlo e vi si butto dentro, saltandomi in braccio.

 

-Sono così felice per te! E quando inizierai? –

 

-Lunedì mattina. Finalmente potrò ripagarti per tutto quello che hai fatto per me! –

 

-Non dirlo nemmeno per scherzo! U avresti fatto lo stesso per me e… - in quel momento il cellulare di Jenny squillò. –Pronto? Randy! Ciao come stai? Cosa? Dici davvero? Ma è fantastico! Sì, sì non ti preoccupare. Sì, sabato mattina alle nove. Ci saremo. Te lo saluto io, tranquillo. Un bacione! –

 

Durante l’attesa mi ricordai dell’orario. Come mai Jenny era già a casa alle dieci di mattina? Di solito il suo negozio chiudeva alle dodici per la pausa pranzo…

 

-Era Randy. Torna in America per un paio di giorni! – disse, riponendo il cellulare sul tavolino.

 

-Già stanco della cara e vecchia Europa? – chiesi, ridendo. 

 

Lei alzò le spalle. –Ha solo detto che c’è una grande novità in arrivo, tutto qui… -

 

-Ah ha... e tu… perché a casa a quest’ora? Non dovresti essere a lavoro? –

 

-Sono stata male tutta la mattina.. – disse sedendosi sul divano e portandosi una mano alle tempie –Sento la testa che mi scoppia e ho lo stomaco in subbuglio.- mi fulminò con lo sguardo. –Tu e i tuoi tacos maledetti di ieri sera! –

 

-Cosa c’entro io, scusa? Li abbiamo mangiati entrambi mi pare. Eppure io sto benissimo! –

 

Sospirò. –Meglio che vada a stendermi un po’… - si alzò e si diresse verso le scale. Non aveva per niente una bella cera…

 

I giorni passarono. Mindy non si era più fatta sentire, ed io non aveva il coraggio di richiamarla. Mi sentivo come uno scolaretto alla prima cotta… alla fine avrei dovuto affrontare anche questo problema! In quel momento, però, ero molto più preoccupato di Jenny. Non si era ripresa per nulla, ogni giorno si alzava con un tremendo mal di testa e correva in bagno. La cosa non mi piaceva per nulla.

 

Più volte io e Jasper l’avevamo pregata di andare dal medico, ma lei non voleva sentire ragione. –E’ solo un po’ d’influenza. Non è il caso di allarmarsi così!- minimizzava. Sembrava di sentire nostra madre, mai una volta che fosse andata dal medico quando qualcosa non andava.

 

Sabato arrivò in un lampo. Verso le otto e mezza salimmo in auto e ci dirigemmo verso l’aeroporto. Entrambi non vedevamo l’ora di rivedere Randy, c’era mancato in quelle settimane d’assenza e, lo ammetto, ero un po’ curioso di sapere questa novità. Venne con noi anche Jasper, sebbene io fossi contrario all’idea Jenny aveva così insistito che, alla fine, ho ceduto. Era inutile cercare di farle cambiare idea.

 

L’aereo atterrò e, impazienti, aspettammo di vedere Randy uscire dal gate.

 

-Bonjour! - esclamò appena ci vide. Jenny corse ad abbracciarlo. –Come sta sorellina?– disse, sollevandola da terra.

 

-Oh, Randy, sapessi quanto ci sei mancato! – disse, con le lacrime agli occhi. Doveva proprio stare male se si emozionava per così poco…

 

Randy mi si avvicinò e mi catturò in un abbraccio. –Vieni qua fratello!- mi scostò leggermente – Ti trovo in gran forma Erik. Hai fatto palestra? –

 

-No, solo risistemato alcune cosette in casa. – risposi ridendo, poi lo abbracciai io. –E’ bello riaverti qui! –

 

Jasper si avvicinò un poco e tese gli tese la mano. –Piacere di rivederti Randy… - in riposta lui guardò la mano perplesso, poi sorrise e abbracciò anche lui.

 

-Cosa sono tutte queste formalità? Siamo praticamente cognati! – Notai l’espressione sorpresa sul volto di Jasper, era rimasto paralizzato, con le braccia rigide lungo i fianchi. Senza dubbio per lui sarebbe stato difficile abituarsi all’esuberanza di Randy.

 

-Ah eccoti finalmente! – ci voltammo tutti in direzione di quella voce. Era stato un ragazzo biondo a parlare, ma non capii con chi poteva averlo fatto… non mi sembrava un volto conosciuto.

 

-Oh, scusa Jean. Ho visto i miei fratelli e non ho capito più nulla… - Randy si avvicinò al ragazzo e prese una delle valigie che aveva un mano. Tutti noi lo guardammo interrogativi. Si voltò verso di noi e sorrise. –Ragazzi questo e Jean-Carles… lui è… un mio amico… - pronunciando quelle parole le guance gli si arrossarono un poco.

 

Io e Jasper spalancammo gli occhi e trattenemmo il respiro non appena finì di pronunciare quella frase, mentre Jenny si avvicino a Jean e gli tese la mano. –Piacere di conoscerti Jean. Io sono Jennifer, la sorella di Randy. –

 

-Piacere mio… -

 

Jenny si rivolse poi a nostro fratello. –E tu che ti lamentavi di non aver mai visto Jasper. Lo volevi tutto per te?-

 

-Be’, sia conosco il fascino di mia sorella. – rispose sorridendo. Poi tornò alle presentazioni. –Lui è il fidanzato di mia sorella, Jasper appunto.- Lui alzò una mano in segno di saluto. –E, infine, questo è il mio adorato fratello gemello Erik.- mi si avvicinò e mi mise un braccio intorno alle spalle. –Siamo identici, vero? –

 

-Oh sì. Anche tua sorella ti somiglia molto devo dire. Siete davvero una bella famiglia. – disse Jean.

 

Durante il viaggio di ritorno a casa né io, né Jasper aprimmo bocca. Già troppe chiacchiere provenivano dal sedile posteriore per aggiungerne altre…

 

-Direi che questa sera potremmo andare tutti e cinque a mangiare fuori per festeggiare il tuo ritorno. Che ne dite?- propose Jenny una volta giunti a casa. Almeno sembrava stare un po’ meglio…

 

-Mi sembra un’ottima idea! – esclamò, emozionato, Randy. – Tu che ne pensi Jean? –

 

-Eccellente. Non vedevo l’ora di visitare qualche locale in città… -

 

-E voi due musoni li davanti? – chiese Randy, rivolgendosi a me e Jasper.

 

-Scusate ragazzi, ma domani devo svelarmi presto per fare l’inventario… credo che dovrò passare… - rispose quest’ultimo. 

 

-Che peccato… - disse Randy, dispiaciuto. Jasper doveva esserli davvero simpatico. Forse un giorno l’avrei pensata anch’io così… forse.

 

-Okay…- dissi semplicemente.

 

Jenny si diresse in cucina e, dopo una decina di muniti comparve in salotto con cinque tazze di cafè fumante. –Spero che il cafè ti piaccia Jean. Se preferisci qualcos’altro… -

 

-No, non ti preoccupare. Il cafè va più che bene. Grazie. – ripose lui, con un sorriso cortese, facendo arrossire un poco mia sorella. Fortuna per Jasper che Jean aveva tutt’altri gusti… se no Jenny ci avrebbe potuto fare un pensierino. Solo in quel momento mi accorsi del colore insolito degli occhi di quel ragazzo: viola. Si adattavano benissimo alla sua carnagione chiara dovevo dire…

 

Jenny si sedette sul divano. Dopo poco il suo volto divenne bianco. Si alzò di scatto e corse via, portandosi una mano alla bocca. Jasper la seguì.

 

-Cosa le è successo?- chiese Randy, tra lo stupito e il preoccupato.

 

-È un po’ di giorni che non si sente bene. abbiamo provato a convincerla ad andare dal medico, ma sai com’è fatta… quando si mette in testa una cosa…-

 

-...è più testarda si un mulo. – continuò mio fratello. –Però dovrebbe andarci… almeno per Jasper!

 

-Che c’entra Jasper con tutto questo?

 

-Non hai visto la faccia che ha fatto appena l’ha vista alzarsi? Sembrava stesse morendo di paura. La deve amare davvero molto… - Non mi ero mai accorti di nulla, eppure li vedevo spesso insieme. Invece a Randy bastò una semplice occhiata per capire il sentimento che legava Jenny a Jasper. Inutile mio fratello aveva una marcia in più.

 

Dal piano di sopra sentimmo le loro voci. –Adesso basta! Ti porto al pronto soccorso. E non voglio sentire scuse!-

 

-Oh… come sei apprensivo! È una semplice influenza, non muoio mica! –

 

-Io sarò apprensivo, ma è da quasi una settimana che sei così! Ti porto al pronto soccorso, fine del discorso! –

 

Dal tono che stava usando Jasper doveva essere proprio arrabbiato. Non lo avevo mai sentito urlare così con mia sorella. Un po’ mi faceva venire rabbia. Avrei voluto salire e dirgliene quattro, ma sapevo che quelli, in fondo, non erano affari miei…

 

Jenny e Jasper scesero dalle scale. –Ragazzi… il signor esagetaro qui vuole portarmi a tutti i costi dal medico. Cercheremo di fare il prima possibile. – disse lei, prendendo una giacca.

 

-Vi accompagno. – dissi alzandomi, ma Jenny mi bloccò.

 

-Non è il caso. Vedrai che in meno di un’ora saremo di ritorno. – detto questo uscirono.

 

Dalla finestra guardai l’auto allontanarsi sempre di più dal vialetto.

 

-Vedrai. Non sarà nulla di cui preoccuparsi. – mi rassicurò Jean, appoggiandomi una mano sulla spalla.

 

-Ti ringrazio… -

 

Passarono diverse ore prima che quei due facessero ritorno. Più di una volta avevo avuto la tentazione di chiamarli, ma Randy me lo aveva sempre impedito dicendo che se la questione fosse stata grave lo avrebbero fatto loro. Notai che l’ansia, però, si stava facendo strada anche sulla sua espressione.

 

Jean cercò di rallegrarci raccontandoci alcuni episodi della sua vita. Più lo conoscevo e più mi andava a genio. E, malgrado lo stupore iniziale, ero davvero felice che Randy avesse una persona così accanto a sé. Certo, l’idea che mio fratello avesse un “compagno” non mi faceva fare i salti di gioia, ma immaginare l’espressione di papà il giorno in cui lo avrebbe scoperto mi faceva sorridere. Sarebbe stato un miracolo se non gli fosse venuto un colpo!

 

Finalmente, verso le sette di sera, la porta di aprì e comparvero Jenny e Jasper. Entrambi avevano gli occhi lucidi, dovevano aver pianto. Tutti e tre ci alzammo, e un leggero brivido di paura mi percorse la spina dorsale. Cosa avevano detto i medici?

 

Il primo a rompere il silenzio fu Randy. –Allora, cosa vi ha detto il medico? –

 

-Be’… ha detto che… - fece una lunga pausa e prese un bel respiro. - … sono incinta! –

 

Randy urlò e si catapultò ad abbracciare Jenny, mentre Jean andò a stringere la mano a Jasper. –Congratulazioni amico. –

 

-Grazie… - disse questo, cercando di trattenere le lacrime.

 

-Sorellina! È una notizia meravigliosa! – anche Randy stava piangendo. –E bravo il nostro Jasper! – disse, guardando il ragazzo, che divenne rosso in viso.

 

Io invece rimasi impietrito. C’erano stati un sacco di cambiamenti in quella settimana, forse troppi da metabolizzare… lentamente mi avvicinai a Jenny, che mi guardava con le lacrime agli occhi. Quando le fui davanti non potei fare a meno di sorridere. La abbracciai e la alzai da terra.

 

-Sono così felice Jenny!- e lo era davvero. presto la mia sorellina sarebbe diventata mamma.

 

La lascia e lei si avvicinò a Jasper, continuando a guardare Randy e me. –Il nostro bambino sarà davvero fortunato…- disse il mio, praticamente, cognato. –Avrà una mamma stupenda e due fantastici zii. –

 

Quella sera restammo a casa per festeggiare. avevamo così tante cose per cui farlo: Randy era tornato e avevamo guadagnato… be’ un altro fratello!, presto avremmo avuto un altro membro in questa nostra pazza famiglia, io avevo trovato un nuovo lavoro… tutto sembrava andare per il meglio. Anche se sentivo che qualcosa mi mancava…

 

Vedendo Jasper abbracciare teneramente Jenny e gli sguardi complici che si lanciavano Randy e Jean capii cos’era. Mi alzai e uscii in giardino. Presi il telefono e cercai nella rubrica il numero, pigiai il tasto e feci partire la chiamata.

 

-Pronto?-

 

-Mindy… sono Erik. Senti il tuo invito a cena è sempre valido? - 

 

-C…certo… - sembrò sorpresa della domanda, ma anche felice. – Domani va bene?-

 

-Direi che è perfetto!- continuammo a parlare per quasi un’ora.

 

I cambiamenti possono fare paura, ma fanno parte della vita. Bisogna guardare avanti e affrontarli. Infondo… in questi ultimi mesi ne avevo avuto così tanti; uno in più cosa poteva farmi?

 

 

N.d.A.: Ciao a tutti/e!! ^^ Un piccolo spin-off della storia pubblicata in precedenza. Mi ero affezionata ai personaggi, così ho voluto accoppiarli tutti! ^//^ Spero che vi sia piaciuto. Scusate, è un po’ lungo, lo so. Eppure ho cercato di scrivere il minimo indispensabile ç.ç

Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere questa storia nella storia! Se volete, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!!^^

Un bacio e a presto!

SoGi

 

 

 

 

 

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