Il matrimonio perfetto

di _Ame_941
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. L'inizio ***
Capitolo 3: *** 2. Insieme ***
Capitolo 4: *** 3. Nei meandri del castello ***
Capitolo 5: *** 4. In trappola ***
Capitolo 6: *** 5. Segrete ***
Capitolo 7: *** 6. Pericoli e Paure ***
Capitolo 8: *** 7. Giorno 1 ***
Capitolo 9: *** 8. Giorno 2 ***
Capitolo 10: *** 9. Giorno 2 (parte 2) ***
Capitolo 11: *** 10. Giorno 3 ***
Capitolo 12: *** 11. Giorno 3 (parte 2) ***
Capitolo 13: *** 12. Giorno 4 ***
Capitolo 14: *** 13. Giorno 5 ***
Capitolo 15: *** 14. Giorno 5 (parte 2) ***
Capitolo 16: *** 15. Giorno 6 ***
Capitolo 17: *** 16. Giorno 6\7 ***
Capitolo 18: *** 17. Decisioni ***
Capitolo 19: *** 18. Nella tana del lupo. ***
Capitolo 20: *** 19. Luce e Ombra ***
Capitolo 21: *** 20. Il matrimonio perfetto. ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                                             Prologo
 
Tutti adorano i matrimoni. Tutti amano vestirsi di tutto punto per festeggiare la felicità altrui, mangiare a sazietà e tornare a casa felici e contenti.
Tutti, tranne me.
Mia madre mi tirò l’ennesima ciocca ribelle, strappandomi qua e là qualche capello. –Ahi! Mamma!
-Se ti fossi svegliata prima, mia cara, non dovremmo fare tutta questa corsa per arrivare in tempo alle nozze! – ribatté mentre affondava un’altra volta il pettine nei capelli e tirava con forza.
-Ma io l’ho fatto! Sei tu che ci hai messo anni per prepararti!-
-Come prego?- mise le mani sui fianchi e mi lanciò un’occhiataccia.
-Niente..-
- Elinor, donna, dobbiamo andare, siamo in ritardo!- la voce rauca di Re Fergus rimbombò sulle pareti di pietra del castello. Ringraziai mio padre col pensiero di avermi sottratto a quella tortura. 
-Ma, come in ritardo? Siamo tre giorni di anticipo!- esclamai.
-E’ abbastanza lontano da qui.- rispose la regina, riponendo quell’arnese infernale (il pettine) nel cassetto.
 –E adesso…
-Donna!- tuonò ancora mio padre.
Elinor sbuffò compostamente (solo lei era capace di farlo) e mi infilò velocemente la cosa che odiavo più a questo mondo: la cuffia.
Odiavo sentirmi la testa costretta in questa sottospecie di morsa fatta di tessuto.
 Il vestito questa volta era piuttosto comodo, rispetto a quello che mi ero messa per i pretendenti.
Era di un blu scuro, che faceva risaltare i miei occhi, attorno alla vita era annodato un nastro spesso e d’orato che ricadeva di lato. Le maniche erano lunghe e semplici. Da sotto la scollatura squadrata contornata da nastro oro s’insinuava la cuffia e sul capo portavo la coroncina reale con lo stemma dei Dunbroch.
Salimmo in carrozza. Mi chinai in avanti per non battere la testa e mi sedetti sul sedile libero. Davanti a me vi erano i miei genitori, vestiti elegantemente.
-Ricordatemi perché Harry Hubert e Hamish non vengono…?- feci incrociando le braccia sul petto.
-Ti immagini i tuoi fratelli ad un matrimonio?- chiese retoricamente mio padre. Era buffo vedere un uomo così massiccio e rustico in una piccola ed elegante carrozza, tutto stretto nel vestito da cerimonia. Occupava due terzi della carrozza, e mia madre era rincantucciata in un angolino per lasciare spazio al marito.
Ridacchiai. –E’ vero.-
Così la carrozza partì.
 
Guardai il mio riflesso nello specchio. Finalmente il gran giorno era arrivato. Stentavo ancora a crederci.
L’ultimo mese era volato tra prove dell’abito, sistemare il palazzo a festa, i calmanti per Eugene..
Era passato un anno da quando avevo scoperto la mia vera identità e avevo incontrato i miei genitori per la prima volta. Non era stato facile adattarsi alla vita di corte, ma grazie alla mia anima gemella,insieme, abbiamo superato ogni ostacolo. E ora era il gran momento.
Si sentiva un’insistente brusio provenire da fuori. Mi avvicinai lentamente alla finestra. Gli invitati stavano arrivando, la piazza principale davanti al castello era ingombrata di carrozze chic e persone dagli abiti sfarzosi . La maggior parte di loro non li conoscevo, immaginai che fossero conoscenti dei miei genitori.
Qualcuno bussò alla porta, ma intuii subito chi fosse.
–Eugene, è inutile. Non mi vedrai prima delle nozze.- feci avvicinandomi.
 Qualcuno sospirò scherzosamente dall’altra parte. -D’accordo, mi basta sentire la tua voce. –
Sorrisi tra me e mi appoggiai con la schiena alla porta color crema. –Sembra incredibile, vero? Stiamo per sposarci..
-Già.- “qualcuno”fece una pausa. –Ora devo andare. Ci vediamo tra poco, signora Fitzherbert.
Ridacchiai e ascoltai i passi del mio futuro marito che si allontanavano. Era come un sogno, che pian piano si trasformò in un incubo.
 
 
-Ma chi è che si sposa?- chiese Astrid mentre si sistemava l’acconciatura. Ecco, invitare dei vichinghi pelosi e flatulenti ad un matrimonio elegante non era proprio il massimo. Con un dito cercai di allargarmi il papillon scarlatto con il quale mio padre stava per impiccarmi questa mattina.
-Boh..- feci. –Non ne ho idea.
-Ma allora perché diamine siamo venuti?!- vedere la mia ragazza in abiti tanto eleganti mi faceva morire dal ridere. Si insomma, era o non era Astrid, la più tosta del villaggio? – E poi queste stupide scarpe!
Una lezione che avevo imparato nell’anno di fidanzamento era che se Astrid era arrabbiata, era meglio starsi zitti. Mi sedetti sulla panchina di pietra lì vicino. Osservai le persone che chiacchieravano tutte imbacuccate di pelli costose e collane preziose. Io ero il più inadeguato. Astrid bene o male era a posto,  apparte le oscenità che le uscivano di bocca ogni volta che prendeva una storta con le sue “dannatissime” scarpe che erano costate un occhio della testa. Indossava un abito corto color crema, uno scialle del medesimo colore le ricadeva sulle spalle e sulle braccia. Le trecce che portava sempre erano tirate su da un mollettone con una farfalla stilizzata.
Io, invece, indossavo una giacca scura e leggera e dei pantaloni di mio padre quand’era giovane, e mi andavano parecchio larghi. I capelli erano tirati all’indietro da grasso di maiale, che mi dava un odore nauseabondo di porchetta, apparte un ciuffetto he mi si andava a infilare in un occhio.
Poi notai una ragazzo alto e slanciato dai curiosi capelli bianchi che gironzolava con un ghigno stampato in faccia. Ecco, c’era qualcuno messo peggio di me nel fattore abbigliamento.
Astrid finalmente si decise a smetterla di brontolare e a sedersi vicino a me. Si appoggiò con la testa sulla mia spalla. –Sai dove diavolo siamo, almeno?
- Emh…- mi grattai la testa cercando di ricordare il nome che mi aveva detto mio padre. – No.
 
 
Forte, non mi ero mai imbucato ad un matrimonio. “Imbucato” per modo di dire, dato che le persone non potevano vedermi. Avrei sfruttato l’occasione per combinare qualche casino e divertirmi un po’.
Gironzolai per qualche minuto, poi mi stancai di vedere sempre la stessa gente snob con il naso all’insù  piena di gioielli, così sedetti su un carretto pieno di fiori bianchi, e incominciai a distinguere per gradi le persone presenti. Da quelle “buone”, “discretamente buone” a quelle a cui dovevo fare per forza uno scherzo. 
Una carrozza ritardataria attirò la mia attenzione.  Si stava affrettando a parcheggiarsi con le altre. Aveva uno stemma di una spada incastrata tra delle croci celtiche disegnata sul retro. Mai visto.
La porta di velluto scuro si spalancò con un calcio e ne scese una ragazza. Indossava una ridicola cuffia e un vestito blu. Il viso imbronciato era tondeggiante su cui erano stampate delle chiare lentiggini, gli occhi erano magnetici e verde acqua, mentre un boccolo rosso le ricadeva sulla fronte.
Avanzò tutta impettita tirandosi su il vestito per non inciampare, subito seguita dalla madre, credo, e da un omone grosso quanto la stessa carrozza.
- Merida, dove vai?- le chiese quest’ultimo.
Lei corrugò la fronte. –Devo andare al bagno! – alzò i tacchi (letteralmente) e se ne andò traballando sulle scarpe scomode. Ecco, a lei avrei dovuto fare assolutamente uno scherzo.




Angolo della scrittrice:
Salve! Mi presento, sono _Calamaretta_941! 
Ho deciso di scrivere questa ff perché mi piacciono da morire i Big four e... la Jarida *-*
Ammetto che non è stato facile autoconvincermi di pubblicarla, ma anche gracie a una Freddy lì fuori mi sono detta : perchè no?, e eccomi qui!
Vi faccio già un'avviso già da adesso:I personaggi saranno un pochino più dark di quanto non siano davvero.
Per quanto riguarda l'aggiornamento, non ci saranno problemi, perchè avevo già finito di scriverla da un pezzo XD quindi, ogni domenic aggiornerò senza problemi.
Spero con tutto il cuore che vi piaccia!
Bacini!

_Calamaretta_941

 

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Capitolo 2
*** 1. L'inizio ***


L'inizio.


Il matrimonio si tenne in una’enorme sala, che però non era una chiesa. Vi erano due lunghissime file di panche ricoperte di teli bianchi e, ai lati di ognuna, vi era un vaso pieno di fiori bianchi. Dall’alto pendevano stendardi con il logo della famiglia reale. Nel corridoio tra una fila di panche e l’altra c’ era un tappeto rosso scuro dove avrebbe camminato la sposa.
C’erano degli scalini che portavano ad un ripiano più alto,dove c’ era un altare di marmo intarsiato con sopra un telone bianco ricamato. Davanti c’era un prete con un lungo cappello sulla testa dall’aria addormentata e accanto il futuro marito, un tipo dalla faccia da idiota.
Gli invitati iniziarono a prendere posto, così mi decisi anch’io. Sgomitai tra la folla seguita da mia madre e da mio padre. Mi trovai un posticino in terza fila a lato, vicino all’ampia finestra. Nel sedermi, adocchiai un ragazzo dai bizzarri capelli bianchi che mi fissava a braccia incrociate e con un largo ghigno beffardo in viso.
Ma che aveva da guardare? Sembrava, non so, una specie di maniaco. Soppressi la tentazione di mandarlo al diavolo e mi limitai a fargli una linguaccia.
- Merida, non fare la maleducata.- mia madre mi si sedette vicino, dritta come un manico di scopa, e mi lanciò un’occhiataccia. Alzai gli occhi al cielo e sbuffai.
-Va bene, va bene… -Brontolai. Mi girai verso di lui , il quale sembrava piuttosto frastornato e lo salutai con riluttanza. –Salve.-
Non mi rispose. Certo che era proprio maleducato, oltre che un maniaco! Beh, è strano, di solito l’apparenza inganna, ma nel suo caso il detto si sbagliava. Indossava una mantellina marrone, come i pantaloni e teneva in mano un lungo bastone da pastore. I capelli erano spettinati e bianchi, la pelle bianca candida, sembrava quasi un cadavere. Gli occhi blu intenso mi scrutavano increduli. La sua faccia esprimeva sconcerto, sembrava sul punto si stramazzare a terra.
Si guardò intorno. Poi alzò un dito affusolato e se lo puntò sul petto:–Io?
Io sbuffai di nuovo. Nuovo aggettivo da aggiungere alla sua lista: Maleducato, maniaco e stupido.
–Certo, con chi credi stia parlando?
Continuò a sbattere le palpebre interrogativamente. –Cosa?
Mia madre mi strattonò per un braccio e si mise un dito sulle labbra. –Shhh. Sta per iniziare la cerimonia.
Io annuì  e lasciai perdere il pastorello fuori di testa, concentrandomi sull’altare. Dei potenti suoni di tromba che fecero vibrare le vetrate. Le porte si spalancarono ed entrò la sposa.
Era una ragazza piuttosto bassa, con dei corti capelli castani e l’abito più grande di lei. Dalla tiara piena zeppa di diamanti le ricadeva un velo fino sul volto. Teneva nelle mani tremanti un bouquet di rose bianche.
Avanzò a braccetto col padre dalle sopracciglia prominenti. Vidi il futuro marito gioire nel vederla. Quando arrivò all’altare lasciò il braccio del padre e afferrò con delicatezza quello dello sposo.
-Siamo qui riuniti, oggi per celebrare il matrimonio di…- iniziò a lagnare il sacerdote dalla voce nasale.
Ok, non ero fatta per stare ferma, in una quasi – chiesa ad ascoltare una lagnosa cantilena di un prete mezzo-addormentato. Appoggiai il gomito sulla panca davanti e ci appoggiai sopra il mento.
Passò quello che sembrava un’eternità, tra scambi di promesse, altre preghiere lunghe e noiose e testimoni vari.
Un urlo.
Stridulo.
Lungo.
Disperato.
 
 
Il mio cuore stavo esplodendo. Ero lì, in piedi, davanti  a Eugene. Lui era eccitato quanto me. Non riuscivo a trattenere l’enorme sorriso che avevo stampato sul volto, ne le lacrime di felicità che mi inumidivano gli occhi.
Era tutto così perfetto. Non ascoltavo nemmeno ciò che diceva il sacerdote. Ero troppo concentrata nel guardare negli occhi la mia anima  gemella.
-Scambiatevi le fedi. – ordinò il prete con aria malinconica tirando su col naso.
Era tutto così perfetto.
Lanciai uno sguardo ai miei genitori, seduti in prima fila, che mi guardavano fieri. Mia madre si asciugò una lacrima che le rigava il viso con un fazzolettino ricamato.
Era tutto così perfetto.
Presi delicatamente la mano di Eugene nella mia e gli infilai la fede. Lui fece la stessa cosa.
Il prete tossicchiò raucamente. –Che lo sposo baci la sposa..-
Eugene mi tolse il velo da davanti al viso. Ci guardammo con il cuore che ci faceva le capriole nella gabbia toracica. Era tutto così…
Un urlo.
Stridulo.
Lungo.
Disperato.
Io e Eugene ci voltammo di scatto verso la persona da cui proveniva. Era una bambina.
Aveva i capelli neri e spettinati che le ricadevano in avanti. Il vestito di pizzo bianco che doveva essere costato parecchio era ridotto ad uno straccio ed era scalza. I piedini erano sporchi e macchiati di un liquido rossastro.
Quella che doveva essere la madre le si avvicinò. –Matilde!- gridò.- Amore, che ti è successo?
Le si inginocchiò davanti e le scostò i capelli dal volto. La madre si ritrasse spaventata.
Gli occhi della bambina erano completamente neri.  Soltanto un velo di buia, fredda, oscurità.
 Tutti i presenti, me compresa, sobbalzammo. La sala era immersa in un silenzio inquietante mentre tutti gli occhi erano puntati sulla bambina. La ragazzina piegò la testa di lato.
Poi, lentamente, un ghigno agghiacciante le deformò il volto. La madre gemette spaventata mentre indietreggiava.
Matilde lanciò un urlo mentre spiccava un balzo. Si avvinghiò alla madre ed entrambe stramazzarono al suolo. –Matilde fermati. Aah!
Due guardie intervennero a fermare la bambina. La afferrarono da sotto le ascelle e l’allontanarono. La madre aveva gli occhi sbarrati mentre teneva premuta una mano sul collo, dal quale colavano fiotti di caldo sangue scarlatto. La bambina si divincolava e urlava, con quella sua bocca grondante di sangue. Il sangue di sua madre.
Io e Eugene ci scambiammo uno sguardo preoccupato. Ma, proprio in quel momento, Matilde riuscì a liberarsi aggredendo la guardia che la stava immobilizzando, mordendogli la mano. Il morso era talmente profondo che con uno strattone gli strappò un pezzo di carne. La guardia urlò, mollando la presa.
In quel momento nella sala cadde il panico. Le persone si alzarono e cominciarono ad urlare, timorose per la loro incolumità. Iniziarono a correre per la chiesa, scontrandosi tra loro, calpestandosi, spingendosi.
 Mi voltai verso la madre. Eugene mi afferrò per il braccio. –Dove vai?
-Aiutami, dobbiamo prestare soccorso alla madre!- gridai per farmi sentire. Lui annuì.
Corremmo entrambi e la raggiungemmo. Mi inginocchiai vicino. –Signora, si sente bene?
- Matilde… lei non…- gli occhi verdi della madre si incupirono. -…avrebbe mai…
L’oscurità della pupilla iniziò a mangiare tutto il resto dell’occhio, fino a che rimase solo nero.
 –Signora?- La scosse Eugene. Lei si voltò lentamente verso di lui. Con uno scatto gli si avventò contro. Lo afferrò per il collo e iniziò a mordere.
Lui urlò, cercando di scrollarsela di dosso. –Eugene!!- gridai spaventata. Una mano mi allontanò da mio marito. Era quella di una ragazza bionda, della mia età. –Principessa, dobbiamo andare! Presto!
-No! Eugene, lui…!- mi voltai cercando di liberarmi da quella stretta d’acciaio.
-Non possiamo fare nulla! Ormai è tardi!- mi fece voltare a forza verso di lei.
-No…- delle lacrime iniziarono a pizzicarmi gli occhi.
- Astrid! Muoviti!- un ragazzo dai capelli castani la chiamò. Lei si voltò.
Io sfruttai il momento per liberarmi. Strattonai più forte e iniziai a correre da Eugene. Da mio marito.
- Eugene!- gridai.
Lui era seduto per terra. Il collo era rivestito di uno strato di sangue che aveva formato un lago sul pavimento di marmo. Alzò il volto verso di me. Occhi neri, pieni d’oblio. Il respiro mi si smorzò in gola.
Mi portai le mani sulla bocca, cercando di soffocare il grido che tentava  in tutti i modi uscire.
Una signora mi investì e io inciampai nel lungo strascico del vestito, stramazzando al suolo, cadendo dentro la pozzanghera rossa. Eugene mi guardò. Ghignò.
A quel punto non riuscii più a trattenermi.
Urlai.
 
La sala era piombata nel caos più totale. Io mi guardavo intorno angosciata. Non riuscivo più a trovare i miei genitori. Mia madre era andata al bagno e mio padre l’aveva seguita. Non erano più tornati.
Mi schiacciai addosso al muro per cercare di non essere travolta dalla folla.
 Vidi la bambina indemoniata puntarmi. Aveva ancora sul volto quel ghigno malefico che ti faceva venire la pelle d’oca soltanto a guardarlo. Non avevo armi con cui difendermi.
Iniziò a correre verso di me, facendo un verso simile a quello di un gatto infuriato. Mi guardai attorno.
Non riuscii a trovare nulla. L’adrenalina mi pompava a mille.
Era a qualche metro da me. Mi preparai a contrattaccare a mani nude. Ma non servì.
Un lungo bastone prese in pieno quel piccolo demonio, scaraventandola dall’altra parte della sala.
Mi voltai. Era il ragazzo strano di prima. –Tutto a posto?- Mi chiese.
Annuii. –Cosa diavolo sono quei cosi?
-Non e ho idea. Non ne ho mai visti.- fece. Poi spalancò gli occhi. –ATTENTA!
Mi voltai e vidi la madre della ragazzina che correva verso di me. –Oh, no, non questa volta.
Sfilai di mano il bastone al ragazzo. Lo roteai con destrezza e lo diedi in testa alla signora. Questa cadde a faccia avanti. Si mise carponi e avanzò, ma fu investita da una mandria di persone che la calpestò per bene, facendole scricchiolare sinistramente la colonna vertebrale. La donna soffiò contro di noi e sputò un grumo di sangue nero prima di accasciarsi al suolo in modo definitivo.
-Andiamo!- il ragazzo mi afferrò ed iniziammo a correre. Sentivo che la testa stava per scoppiarmi.
 Stava succedendo qualcosa di grosso, molto grosso.
-E dove?!- gridai.
-C’è una porticina dietro l’altare. E’ la nostra salvezza.-
Di colpo mi vennero in mente i miei genitori. Mi voltai dietro. Vidi la gente accalcata alla porta, disperata, sbatteva i pugni per uscire. I miei genitori non c’erano. Un groppo mi salì alla gola.
Pregai che stessero bene. Pregai che si salvassero.
-Bambina indemoniata a ore nove!- iniziammo a correre a perdifiato.
Salimmo i gradini che ci portarono al ripiano superiore. La ragazzina ci intercettò, saltò sull’altare, urtando  un candelabro d’oro che fece infiammare il telo bianco di con cui era rivestito il tavolo.
Si alzò in piedi e ci osservò dall’alto. Quella ragazzina era agghiacciante. Quegli occhi neri erano bui, non trasparivano emozioni, solo morte.
Entrambi ci bloccammo e alzammo lo sguardo su di lei con gli occhi sbarrati e terrorizzati, senza fiato.
Il ragazzo mi si posizionò  davanti e strinse più forte le mani attorno al bastone. Cosa tentava di fare? Proteggermi? Mi venne quasi da ridere, peccato che la scena non era affatto comica.
- Frost..- Matilde parlò. Ma non era la voce di una bambina. Era quella di un uomo. Scura come la notte.  Graffiante come la lama di una spada. Mi fece rizzare i peli sul collo. -… questo è solo l’inizio. Preparati, perché sarà un bagno di sangue... –
Detto questo, ci soffiò contro, sputandoci addosso del sangue nero che puzzava di decomposizione.
Vidi un coltello fendere l’aria. Prese in pieno la ragazzina, in mezzo agli occhi, e la scaraventò addosso al muro. Ci voltammo.
Una ragazza dalle trecce sfatte guardava il cadavere della bambina con disgusto. Dietro di lei un ragazzo bruno e la sposa in lacrime. Il maniaco davanti a me si riscosse. –Venite, presto!- Sorpassò l’altare e si accucciò vicino al muro. Aprì una porticina e si voltò verso di noi.  La sposa entrò per prima, poi la ragazza bionda. –Sbrigatevi, sta tornando!
Mi voltai. La bambina era ancora in piedi. Con un coltello piantato in fronte, dalla ferita si riusciva a scorgere persino materia celebrale, colava un’unica goccia di sangue che le arrivava dalla fronte al naso. I capelli scompigliati, il vestito squarciato e del sangue raggrumato che le colava dalla bocca.
Sentii un brivido gelido percuotermi le ossa. Diedi una spinta al moro ed entrai, distogliendo lo sguardo da quel mostro. Vidi il ragazzo dai capelli bianchi bloccarsi con gli occhi sgranati.
-E’ solo l’inizio!-
Lo tirai per una mano e chiusi la porta.



Angolo della scrittrice:
Non mi dite niente, io avevo avvisato u.u Adesso che avete capito, più o meno, come sarà imposata la storia, valutate voi se continuare a leggere o no. Comunque a me non piace mettere rating rosso, perchè preferisco che tutti possano leggere tutto, quindi ho messo l'arancione. 
Torniamo alla storia. finalmente i nostri sfortunati eroi si sono incontrati anche se in circostanze piuttosto "negative".
Cosa succederà? Beh, vi faccio qualche piccola anticipazione ^-^
Adesso che sono insieme devono lottare per rimanere in vita e scappare dal castello:ci saranno combattimanti sanguinolenti e strane emozioni, e inizieranno a porsi delle domande (ovviamente.)
Alla prossima!! (se ci sarete XP)

_Calamaretta_941


 

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Capitolo 3
*** 2. Insieme ***


Capitolo 2: insieme

 
La stanza in cui ci eravamo infilati era buia. Solo da una finestrella in alto entrava una luce pallida e malaticcia.
Io mi lasciai cadere per terra per riprendere fiato. Cos’era accaduto? Non lo sapevo.  Nessuno lo sapeva.
Chiusi gli occhi per ripercorrere i fatti avventi in quella giornata.
Quando eravamo entrati in sala, ci eravamo seduti piuttosto lontani dall’altare, tanto da non vederci.
Poi, una bambina stravolta aveva iniziato ad urlare. Da lì era piombato il caos. Dopo che la bimba aveva attaccato la madre e la guardia e così via, la gente era impazzita, e aveva iniziato a urlare e a scappare, a nascondersi sotto le panche, a calpestarsi a vicenda, a spingersi, a schiacciarsi…
Io e Astrid eravamo corsi al portone e avevamo iniziato a picchiare i pugni e i palmi contro la porta di quercia massiccia, ma non servì a nulla. Perché era bloccato. Dall’esterno.
Ci eravamo scambiati uno sguardo preoccupato. Poi,  gettando uno sguardo alle mie spalle, avevo visto che la ragazzina stava per aggredire ancora. Così decisi in fretta che dovevamo fermarla, prima che ferisse di nuovo. E chi meglio di due vichinghi in frac poteva domare una bambinetta indemoniata?
Così corremmo verso l’altare, schivando le persone urlanti che andavano nella direzione opposta. Una volta arrivati, vedemmo che lo sposo era stato attaccato dalla madre della bambina indemoniata, e la sposa che urlava il suo nome. Astrid cercò invano di convincerla a lasciarlo e a scappare.
Solo quando si ritrovò inzuppata nel sangue del proprio marito, si decise a seguirci.
 Poco dopo, però, ci imbattemmo in due ragazzi terrorizzati alle prese con il demonietto (il ragazzo era il tizio vestito male di prima).
 Allora Astrid tirò fuori da sotto la gonna un coltello da bistecca (cosa che mi preoccupò non poco) e lo lanciò con una mira eccellente, beccando in piena fronte la ragazzina. Poi ero stato spintonato  nello sgabuzzino che puzzava di incenso.
Riaprii gli occhi dopo aver ritrovato un po’ di calma, come vidi avevano fatto tutti.
-D’accordo...- iniziai cercando di controllare la voce e renderla il più tranquilla possibile. –Emh… cominciamo dal principio. Sono Hiccup, e lei è la mia ragazza Astrid.- ci presentai.
Il ragazzo dai curiosi capelli bianchi prese parola. –Io sono Jack Frost.
- Merida.- fece la ragazza dal vestito blu appoggiata al muro con sguardo vacuo.
-Io…- fece la sposa con voce tremante. -… Beh, credo mi conosciate…- Tutti ci guardammo con sguardo interrogativo. Ok, nessuno sapeva chi fosse la sposa. -..Sono Rapunzel..- disse infine capendo l’antifona.
Ci fu un momento di silenzio.
Dall’altra parte non si sentivano più urla o rumori di vasi rotti, solo un sibilo. Faceva venire i brividi.
-Allora…- feci scacciandomi il ciuffo dall’occhio.- Qualcuno dei presenti sa che cosa è successo là fuori?
- No. - fece secca Merida lasciandosi cadere a terra.
-E’ come una malattia..- Astrid attirò l’attenzione di tutti su di lei. –Pensateci. Quando quella ragazzina ha morso sua madre, è diventata come lei, come la guardia eccetera eccetera.  E’ un’epidemia. E si attacca di persona in persona attraverso i morsi.- concluse.
-Un’epidemia?- le fece eco la sposa. –Ma… come è possibile?
-Jack!- scattò la ragazza dal boccolo rosso. –Jack Frost, no? E’ questo il tuo nome!- chiese rimettendosi in piedi. Si voltò verso di lui. Messi a paragone, lui era più alto di lei di cinque centimetri circa. –La bambina… Lo ha pronunciato, ricordi?
-Il suo nome?- chiesi.
L’altra annuì. –Si. Quando era in piedi sull’altare, la ragazzina ha detto “Frost”, quindi ti conosce!- disse rivolgendosi al ragazzo. –E tu? L’hai mai vista?
- Emh…- sembrava nervoso. Si grattò la testa con fare pensoso. –No… mai.
Lo sguardo deluso della ragazza si rifletté su ognuno di noi.
-D’accordo, c’è un’epidemia anormale e una ragazzina che ha contratto il morbo ti conosce..- fece Astrid spazientita. –Ma ora che facciamo? Non possiamo uscire. E se quello che ho dedotto è giusto, tutti lì fuori sono si saranno “ammalati” a quest’ora.-
-Beh, -incominciò Merida. Prese la cuffia e se la strappò dal capo, liberando una miriade di boccoli rossi.
-Io personalmente non ho intenzione  di invecchiare qui, anzi, probabilmente lì fuori sta andando tutto a fuoco. Quindi, chi mi ama mi segua.
Detto questo, spiccò un balzo e si aggrappò alla finestra. Si issò su e la spalancò con un pugno ben assestato.
Poi strisciò sulle braccia e uscì. -Via libera!- urlò.
Jack Frost prese la rincorsa e con un salto che ha dell’impossibile, uscì in un batter d’occhio. Così lo seguì anche Astrid, sbuffando innervosita. Io aiutai la sposa a salire e l’ultimo fui io.
 
-Una cucina?- chiesi. Era deserta e bianca. Incredibilmente bianca.
Vi erano delle credenze bianche montate su una parete bianca. Dei tavoli di  legno bianchi erano messi in fila per tutta la cucina. Le porte a vetro erano bianche e anche le pattumiere erano bianche.
Dava persino fastidio agli occhi.
-Già..- fece timidamente Rapunzel . Ora che eravamo alla luce potevo vederli bene. Il volto della sposa era stravolto, dei segni neri le rigavano il volto: era sicuramente era il trucco che le era colato a contatto con le lacrime. –Voi credete che tutti siano diventati come lei?
-E.. ecco..- Hiccup le si avvicinò, posandole una mano sulla fragile spalla.-Non ne siamo sicuri. Magari qualcuno si è salvato, no?
-C’erano i miei genitori la dentro. E Eugene…- Si schiacciò le mani contro il viso cercando di soffocare i singhiozzi. Il ragazzo bruno mi lanciò un’occhiata implorante. Io alzai le spalle. Cosa potevo fare? In cento anni in cui sei evitato, non impari certo a consolare le sposine in preda a crisi isteriche!
A tal proposito decisi di mantenere segreto il fatto dell’essere uno spirito del gelo, avrei solo peggiorato la situazione con altrettante domande senza risposta.  Avrei capito da solo cosa era successo.
Nel modo più assoluto ero certo che quella voce, quella della bambina, appartenesse a niente popò di meno che  a Pitch Black. Ma preferii starmi nuovamente zitto e far finta di niente, per il momento.
-Meglio fare rifornimento.- disse Astrid. Aprì un cassetto a caso e prese tra le mani un’enorme coltello dalla lama spessa e lucente. Se la rigirò tra le mani, poi si voltò verso di noi. –Chi di voi sa combattere?
- Io. – affermò la rossa, fiera.
Mi lasciai sfuggire un risolino. –Scusa se lo dico, e non voglio offenderti ma non sembri il tipo di…-
Mi costò caro. Merida aggrottò le sopracciglia imbufalita, afferrò il coltello dalle mani della bionda e lo lanciò contro. Si conficcò nella parete, proprio davanti al mio naso. Deglutii.
-Niente male.- si congratulò con un ghigno inquietante la bionda. L’altra mi osservò con aria di superiorità incrociando le braccia sul petto.- Siamo solo in due? Dovrete imparare, se volete sopravvivere.
-Ma sono persone!- sbottò la sposa. –Dobbiamo trovare un modo per farle guarire..
-Ok, senti..-la bionda si mise a trafficare cercando altre “armi” da poter usare. Aprì un altro cassettone e afferrò un forcone d’argento. -..io, e penso nessuno di noi vuole diventare come loro. Se vuoi, scervellati pure per cercare una cura, ma noi ce ne andiamo.-
La sposa le lanciò uno sguardo disgustato. –Ce l’hai una coscienza?
-Quando serve.- rispose secca l’altra. –C’è una via d’uscita da questo bordello?
-Nelle segrete c’è un passaggio sotterraneo che ci conducerà all’esterno.- rispose.
Dopo un minuto, una voce spezzò il silenzio.-Io so chi ci può aiutare.- Tutti ci voltammo verso Merida.
-Chi?- chiese Rapunzel, prendendole le mani tra le sue, speranzosa.
-E’ una strega che vive nella foresta, vicino al mio castello.- rispose. Gli occhi della sposa si illuminarono di nuova luce.
Ma in che guaio mi ero cacciato, accidenti! Ero venuto a fare qualche innocuo scherzetto e mi ritrovavo a chiedere aiuto ad una strega per salvare delle persone zombificate da Pitch Black!
-E dove si trova “casa tua”?- chiese Hiccup.
-A una settimana circa di cammino da qui, mettendo in conto tutti i possibili inconvenienti che potremmo trovare lungo la strada.- rispose l’altra.
-Cosa?- esclamai sconcertato. –Quanto ci hai messo per arrivare?
Non fece in tempo a rispondere a tono, che sentimmo un tonfo sordo provenire da fuori.
Ci voltammo tutti di scatto, improvvisamente zitti. Dalla porta a vetri vedevano delle ombre che si muovevano. Iniziarono a battere contro il vetro, gemendo.
Di colpo, la porta si infranse in mille schegge di vetro che ci costrinsero a coprirci gli occhi.
Merida fu la prima a reagire. Afferrò il coltello conficcato nel muro e iniziò a valutare i suoi nemici.
L’invitato più vicino era una donna dai capelli lunghi e castani barcollante con  una ferita abbastanza profonda sul braccio dal quale sgorgavano fiotti di sangue scuro. L’altro che si apprestava d entrare era un uomo di media statura vestito con un completo blu ridotto ad uno straccio.
-Io mi prendo la ragazza.- sibilò concentrata.
-Ovviamente  a me il lavoro più duro.- sogghignò Astrid. Roteò abilmente il forcone e si lanciò all’attacco. Spiccò un salto e si lanciò di peso contro l’uomo travolgendolo e cadendo entrambi a terra.
Questo di si dimenava sotto di lei, cercando in tutti i modi di morderla. L’altro mostro si girò verso il compagno e si avventò su Astrid.
Merida scattò. La afferrò saldamente per i capelli e le tirò la testa indietro. La donna ringhiò, digrignando i denti e cercando di liberarsi dalla presa ferrea dei Merida. Strinse forte gli occhi mentre con un unico gesto le squarciò la gola con il coltello. Il sangue le schizzò sul viso mentre il corpo si accasciava al suolo.
 Ben presto, anche Astrid si alzò in piedi, dopo aver conficcato il forcone nella trachea dell’uomo.
Lo guardai disgustato. Era scosso da spasmi muscolari che ogni tanto lo facevano sussultare, e dalla gola fuoriusciva un fiume di sangue gorgogliante. Ma dove ero finito? Mi trovai nuovamente a chiedere.
Merida e Astrid si scambiarono un sguardo d’intesa.
-Bene, avete visto come si fa. – fece la bionda scastrando il forcone dalla gola dell’uomo e pulendosi la faccia con il dorso della mano. –Ora andiamo.
Deglutii per mandare giù la bile che mi era salita per la gola e strinsi i denti.
Rapunzel, atterrita e spaventata, afferrava saldamente il braccio del povero Hiccup che era più bianco di un lenzuolo. Iniziammo a muoverci. Astrid per prima, poi i due impauriti, stavo per muovere un passo quando Merida strattonò per un braccio. –Fermo!-
-Cosa?-
-Non so se hai notato i vetri per terra.- abbassai lo sguardo sul pavimento, poi lo spostai sulla ragazza, interrogativo.
- Sei scalzo.- mi fece notare. Effettivamente me ne ero dimenticato, ero troppo occupato a vederla sgozzare una povera donna.
Sbuffò. Tirò fuori dalla manica un fazzoletto di stoffa con dei ricami celtici. Si chinò e mi prese delicatamente un piede nella mano. Il suo tocco era caldo e mi fece salire una strana sensazione dal piede fino al petto. Sentii un brivido.
Lo stracciò a metà senza troppe cerimonie e iniziò a fasciarmi il piede. –Non lo faccio mai. Ti conviene non abituarti.
-No…- non riuscii a boccheggiare altro. Ero troppo concentrato sul cercare di calmare le palpitazioni che erano arrivate a mille. Era una strana sensazione, mai provata prima. Forse ero solo scosso.
 Che altro poteva essere, altrimenti?
Fasciò anche l’altro con l’altra metà. Quando ebbe terminato si alzò e mirò la sua opera. –Ecco. Vedi di farli durare.
-Si…- accidenti, sembravo uno stupido!
Dopo avermi lanciato uno sguardo interrogativo per la mia faccia spaventata, si voltò e uscì. Io mi apprestai a seguirla. Lei si bloccò e io la investii. Si guardò intorno con ansia, dopo avermi assestato una gomitata nelle costole per scansarmi.
Si voltò verso di me. La sicurezza che prima risiedeva nei suoi occhi ora era sciamata via, lasciando posto alla paura. –Jack, li abbiamo persi! 



Angolo dell'autrice:
Eccomi di nuovo qui con un'altro capitolo di questa macabrissima storia! ^-^ 
Inizio col dire che forse non doveva intitolarsi "insieme" se poi alla fine si dividono, ma ammetto che non avevo idee
^-^".E si, questo chappy era un po' scarsetto, ma il prossimo sarà mooolto meglio, promesso!
Allora, Jack ha riconosciuto la voce, è di Pitch Black! (Anche se Clacli Frost ci era già arrivata. Anche se non credo fosse tutto questo gran mistero XD) cosa avrà in mente? Riusciranno a ritrovarsi?
D'accordo, vi faccio qualche piccola anticipazione!
Ci saranno inseguimenti adrenalinici e stimoli inopportuni! (si, in questa storia c'è anche spazio per due risate XP)
Alla prossima!
_Calamaretta_941
 

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Capitolo 4
*** 3. Nei meandri del castello ***


 Nei meandri del castello

 
-Ma dove diavolo sono finiti?- ringhiò Astrid, quando si fu accorta che dietro di lei c’erano solo il suo ragazzo e me. Ormai avevamo sorpassato il lungo corridoio e ci eravamo nascosti nella sala dedicata al ricevimento. Era tutto addobbato a festa, con tavoli rotondi apparecchiati, al centro fiori bianchi, candele sparse per tutta la sala e drappi che abbellivano il soffitto.
Non riuscii a spiccicare parola per risponderle. Era troppo difficile. Avevo ancora davanti agli occhi il sangue e il ghigno di Eugene. Mi veniva solo da piangere e basta.
-Non lo so sono spariti!- Hiccup iniziava a prendere il controllo nonostante si forzasse di restare calmo.
-Giuro che se li ritrovo a trescare da qualche parte li uccido io con le mie stesse mani!- gridò la vichinga.
-Ora che facciamo?-
Astrid ragionò velocemente poi disse :-Bene, troviamo quella benedetta uscita nei sotterranei.-
-E… loro?- gemetti. Era difficile parlare. Era come se mi si fosse prosciugata la bocca tutto d’un tratto.
-Anche loro cercheranno di uscire attraverso le segrete.- disse.- Dirigiamoci lì, aspettiamo più che possiamo, poi tagliamo la corda.-
Piano semplice e coinciso. Peccato che sarebbe stato praticamente impossibile arrivare alle segrete del castello illesi, soprattutto con dei mostri in libertà. –Le segrete..- feci. -.. Non sono facili da raggiungere.
-Qual è il modo più veloce?- mi chiese Hiccup.
-Ecco…- ci pensai su, sforzandomi al massimo per ricordare. -… dovremmo tornare indietro e scendere le scale fino al piano terra, c’è una sala della musica e una piccola porta nascosta dietro uno stendardo..-
-Non ce la faranno mai a trovarla.- disse Hiccup abbassando lo sguardo.
-Se ci sbrighiamo forse li raggiungiamo..- Astrid si bloccò. Si sentì qualcuno che picchiava con forza contro la porta gemendo. Il sangue mi si gelò nelle vene. Io e gli altri ci scambiammo uno sguardo spaventato, poi ci nascondemmo sotto il tavolo del buffet, appena in tempo, perché gli invitati disarcionarono la porta ed entrarono barcollando nella sala.
 
-Dove andiamo?- mi chiese Jack. Mi guardai in giro frastornata. Perché cavolo non ci avevano aspettato? Strinsi i denti. Ci avevano abbandonato in balia di quei mostri dagli occhi neri. Bastardi.
Strinsi le mani a pugno, cercando di contenermi. –Va bene, andiamo a sinistra.- dissi.
-Perché a sinistra?- possibile che aveva sempre da ridire, quel maniaco?
-Perché lo dico io, ecco perché.- mi avviai tutta impettita verso la direzione da me indicata, sperando di aver scelto bene.
-Non sai dove stiamo andando, vero?- Mi chiese raggiungendomi.
-Si, invece.- mentii. –E’ tutto sotto controllo.-
-Non dire bugie.-
-Io non dico..- in fiato mi si smorzò in gola, sentendo dei passi incerti dietro di noi. Ci pietrificammo sul posto. Nessuno dei due aveva il coraggio di voltarsi. Poi, alla fine, ne raccolsi abbastanza e mi girai. Era uno di quei mostri, che ci osservava con sguardo vuoto e nero. Terribilmente nero.
Era un vecchio, dai capelli radi e la camicia imbrattata di sangue raggrumato. Era senza un braccio. Disgustoso.
Deglutii.- Jack..- sussurrai. –CORRI!
Iniziammo una sfrenata corsa alla cieca, percorrendo a caso i corridoi del castello con l’invitato alle costole. Jack era davanti a me,  veloce come una giovane gazzella, mentre io, stretta nel bustino, non riuscivo a respirare bene e oltre che era difficile correre con quelle stramaledette scarpe.
Iniziai a vederci doppio dalla fatica. Non mi arrivava la giusta quantità di ossigeno al cervello.
Mi guardai dietro. Il mostro era ancora lì. Ci seguiva. Ed era veloce, anche se zoppicava trascinando la gamba destra. Troppo veloce. Ma non era vecchio?
Vedendo che iniziavo ad arrancare, gli si allargò un ghigno sul volto, scoprendo i denti gialli e sporchi di sangue umano.
Arrivammo davanti ad una rampa di scale in discesa, così iniziammo a percorrerle a tutta birra. Il sangue mi si gelò nelle vene vedendo altri invitai che avanzavano nella direzione opposta alla nostra, tutti contorti e gorgoglianti, impegnati a salire un gradino alla volta.
Tirai avanti più che potei, ma alla fine, stremata, inciampai nel vestito e caddi in avanti, scivolando su qualche gradino. –JACK!-urlai senza fiato. Era tutto blu. Non avevo più aria nei polmoni.
Il vecchio mi si avventò contro. Era dietro di me. Mi tirò i capelli ricci indietro, scoprendomi il collo. Un rivolo di bava viscido mi colò sulla spalla. Ebbi un brivido.
Non avevo più forza per combattere. Serrai gli occhi, pregando che quando sarei diventata un mostro, non avrei fatto male ai miei “amici” o parenti.
Aprì la bocca per mordermi. Strinsi i denti, aspettandomi da un momento all’altro un’esplosione di dolore.
Che non arrivò.
Riaprii gli occhi e vidi il vecchio steso a terra con tutti i denti spaccati. Alzai lo sguardo.
Jack, tutto sudato, teneva stretto nella mano il suo inseparabile bastone sporco di sangue. –Stai bene?
-Potrei stare meglio.- brontolai. Cercai di alzarmi, ma era tutto inutile. Ero senza energie. Barcollai e lui mi stabilizzò afferrandomi i fianchi. Lo scacciai con un gesto di stizza.
Jack, con uno sguardo al quanto scocciato devo dire, lanciò uno sguardo dietro di sé. –Dobbiamo andare, ne stanno arrivando altri.-
-Non ce la faccio..- ansimai. Alzando o sguardo per osservare la scena. Degli invitati barcollanti e insanguinati si apprestavano a salire zoppicando le scale. A quanto pareva era abbastanza difficoltoso salire le scale da mostri. –Mi dispiace. Vai da solo.
-Sei impazzita?- mi chiese guardandomi con gli occhi sgranati.
Io aggrottai le sopracciglia.-Senti, non…
Non feci in tempo a ribattere acidamente, come avevo intenzione di fare, che mi mise un braccio dietro schiena e uno sotto le ginocchia e mi tirò su. Cogliendomi completamente di sorpresa.–Cosa fai?!
-Ti salvo la vita. - detto questo, prese la rincorsa e, dopo aver percorso diversi gradini a gran velocità, spiccò un balzo. Fu un salto lungo e lento. Sembrava quasi che stessimo volando.
Vidi i volti sconvolti degli invitati che ci osservavano con quegli occhi neri sotto di noi. Li sorpassammo e lui continuò la corsa, quasi più veloce di prima.
 
Sentivo Rapunzel tremare, vicino a me. Aveva le gambe strette al petto e cercava di controllare il respiro ansimante. Non sapevo se tremava dalla paura o dal freddo, dato che appena gli “invitati” varcarono a soglia, la temperatura era calata di colpo.
Da sotto il tavolo si vedevano i piedi dei mostri, che si trascinavano nella sala, senza meta.
 Mi bloccai. Sentii uno stimolo. Un maledetto stimolo, di quelli che ti prendono alla sprovvista nei momenti meno opportuni. E quello era il re dei momenti meno opportuni. Sgranai gli occhi, maledicendomi.
Oh, no.
Dovevo andare in bagno.
- Astrid..- la chiamai a bassa voce. Lei si voltò verso di me mettendo un dito sulle labbra. –Lo so, ma io…
Non feci in tempo a terminare la frase che la mia ragazza mi tirò uno scappellotto in testa.
Ok, avrei dovuto tenerla. Non sarebbe stato facile. Per niente.
-Secondo te…- mi sussurrò la sposa all’orecchio facendomi il solletico e peggiorando ulteriormente la situazione. –Quanti sono?
-Ecco..- contai mentalmente. -..cinque, più o meno. -affermai. - Come facciamo a uscire da questa situazione?-
Astrid appoggiò la testa sulle ginocchia. –Non lo so. Dovremmo inventarci qualcosa.-
Trattenere la pipì sotto un tavolo del buffet dentro una sala piena di mostri non è l’ideale. Stavo per farmela addosso. Dovevo trovare una soluzione al più presto.
Riflettei velocemente. –Ok, ecco il piano: Io creo un diversivo e voi scappate all’uscita. Poi vi seguo.
-Cosa?- sussurrò Astrid.- E’ un suicidio, Hic! Non posso lasciartelo fare.
 -Mi dispiace, non puoi fermarmi. Al mio tre, correte in direzione della porta, ok?- continuai imperterrito.
-No, Hiccup…- tentò di fermarmi Rapunzel.
-Uno…- attesi che i mostri si posizionassero nel punto giusto. –Due…- ancora un pochino.- TRE!
Mi balzai in piedi e cercai di rovesciare il tavolo. Cavolo. Non avevo calcolato fosse così pesante. Intanto gli invitati avevano iniziato ad avvicinarsi barcollando e ringhiando come bestie affamate.
Con uno sforzo immane, riuscii a ribaltare il tavolo, mandandolo a gambe all’aria, facendo frantumare piatti di porcellana decorati e bicchieri di cristallo a terra, oltre che la torta di nozze spiaccicata a sul pavimento di marmo bianco.
Schiacciai anche tre di loro, che si contorcevano e gemevano per liberarsi dal pesante legno di quercia con cui erano stati investiti.
Gli altri due erano confusi, rimasero fermi sul posto a fissarmi interrogativi.
Intanto Rapunzel e Astrid si apprestavano a raggiungere l’uscita. Uno dei due mostri (un ragazzo) scattò.
Corse nella direzione delle ragazze. Io mi guardai attorno disperato, con le gocce di sudore che mi imperlavano la fronte e con la vescica che mi doleva.
Con la coda dell’occhio vidi Rapunzel inciampare nel vestito bianco e stramazzare a terra. Presi la prima cosa che mi capitò sotto mano (il coltello per tagliare la torta) e lo lanciai, pregando che colpisse in bersaglio. La lama fendette l’aria.
Roteò e colpì sulla tempia il ragazzo. Si sentì un suono raccapricciante di ossa che scricchiolarono mentre si accasciava a terra con il volto in una maschera di sangue.
Ero troppo concentrato a guardare la scena che non mi accorsi dell’altro mostro, che mi caricò come un Gronkio imbufalito. Mi saltò addosso e cademmo entrambi a terra, con lui che mi sovrastava. Sbattei la schiena così violentemente che rimasi per un secondo senza fiato. Ma non ebbi tempo di riprendermi, perché iniziò a graffiarmi il viso con le unghie rotte e a cercare in tutti i modi di mordermi, ma io bloccavo il suo attacco usando l’avambraccio per creare distanza tra la sua mandibola ferrea e la mia povera gola tutta sudata.ant
Stavo per cedere, quando un oggetto metallico si abbatté sul cranio della bestia. Questa perse i sensi accasciandosi addosso a me. Me lo scrollai di dosso e vidi Rapunzel con un vassoio in mano, ansimante.
- Wow. - feci. –Eh, senti.. dov’è il bagno?



Angolino per me:
Scusate tantissimo il ritardo, non succederà più, giuro. Mi scuso ancora se sarò breve anche qui, ma è tardi e domani devo andare a scuola ç.ç
Fatemi sapere cosa ne pensate, intanto vi faccio qualche anticipazione:
Ora che sono a questo punto, come faranno a ritrovarsi? Nel prossimo capitolo ci sarà panico e sacrifici.
Se volete sapere come andrà a finire, continuate a seguire la mia storia!
Buona notte\ giorno\ pomeriggio!


_Calamaretta_941
 

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Capitolo 5
*** 4. In trappola ***


 In trappola

 
Ci eravamo rintanati in una sala spaziosa. Avevamo chiuso fuori il vecchio e tutti gli altri mostri.
Osservai Jack appoggiare la testa alla porta ansimando. Non si sentiva più nulla. Dovevano essersene andati. Speravo. Chiuse gli occhi, facendo un sospiro di sollievo.
-Mettimi giù!- gli urlai nelle orecchie. Abbassò lo sguardo su di me. Sembrava essersi dimenticato di avermi presa in braccio. Rimase interdetto nell’osservare la mia faccia. Ero rossa come un tizzone ardente, la fronte aggrottata e le guance gonfie.  –Immediatamente!- mi apprestai ad aggiungere.
Mi lasciò scendere, e mi allontanai il più possibile, come un cagnolino spaventato. –Idiota!- gridai.
-Cosa?!-
Cosa, cosa? Innanzi tutto mi aveva trattata come una povera donzella in pericolo, ed è la cosa che odio più a questo mondo, ma poi, come si permetteva di prendersi tutte quelle libertà?! E prima mi tocca i fianchi, poi mi prende in braccio senza neanche chiedere il mio permesso.
Nessuno si era mai azzardato neanche minimamente a sfiorarmi con un dito, figuriamoci essere palpata da un contadinello da quattro soldi!
D’accordo, un altro aggettivo: Maleducato,  maniaco, stupido e depravato.
Ah, se l’avesse visto mio padre.. oh, gli avrebbe spaccato quella faccia da idiota che si ritrovava! Anzi no, l’avrei fatto io con le mie mani se non mi fossi trovata in questa situazione.
Mio padre… chissà dov’era finito? E se fosse diventato come loro? Rabbrividii soltanto nel pensarci.
Abbassai tristemente lo sguardo su un pianoforte a coda abbandonato. Mi avvicinai e pigiai un tasto, rilasciando nell’aria un suono malinconico che spezzò il silenzio che si era creato. 
-Perché te la prendi tanto? Non dovresti essere contenta di non essere diventata un mostro mangia -cervelli?!- mi inveì contro avvicinandosi a passo di carica.
Mi voltai verso di lui, frenando la mia voglia di spaccargli la testa per vedere cosa c’era dentro. Segatura, ipotizzavo.
-Giuro, se non stessimo in questa situazione ti strangolerei anche subito.- iniziai. Cercai di calmarmi il più possibile. Dopotutto era stupido, no? Non ci arrivava. Cercai di passarci sopra.– Ma purtroppo lo siamo, quindi stabiliamo delle regole:
Regola n1: Non prendere mai e poi mai in braccio Merida, per nessun motivo al mondo.
Regola n2: Seguire sempre e solo Merida.
Regola n3: Non dividersi mai.
Regola n4: combatte solo Merida mentre Jack Frost se ne sta in disparte. Tutto chiaro?-
Lui sbuffò. –Bah, non ti capisco proprio…- brontolò. Io gli lanciai un’occhiata assassina, così si limitò a scrollare le spalle.- D’accordo…- fece. –Ma adesso che facciamo? Siamo in trappola!
-Allora, prima di tutto, calma.- Mi sedetti sullo sgabello imbottito del pianoforte. Mi scrocchiai le dita.
Jack alzò un sopracciglio.-Che vuoi fare?-
-Mandiamo un messaggio ai nostri compagni di sventura.-
-Sai suonarlo?- chiese ancora.
- No. – iniziai a spingere tasti a caso, provocando un suono sgradevole spacca - timpani.
-Oh!- gemette il maniaco. –Sei tremenda, accidenti!
-Ah, davvero? Perché non prova lei, sua eminenza?-
-Con molto piacere, My Lady. – fece un goffo inchino e si sedette accanto a me e incominciò a stonare peggio di me. Risi.
Ma come è possibile scordarsi un’arrabbiatura del genere in 5 secondi?
Continuò la tortura per un po’, poi si stancò. –E adesso?
Misi le braccia incrociate dietro la schiena. –E adesso aspettiamo. Avranno capito dove siamo, grazie alla tua magnifica melodia.- ridacchiammo insieme.
 
 
Aiutai Hiccup a rialzarsi. Non riuscivo neanche a credere di averlo salvato. Avevo sentito l’adrenalina che pompava a mille nelle vene e ho agito d’istinto. Avevo afferrato il vassoio da per terra e l’avevo picchiato violentemente contro la zucca vuota dell’invitato.
Il vassoio d’argento aveva vibrato tra le dita mentre un suono sinistro di un uovo che si spaccava mi trafiggeva le orecchie. Avevo il respiro affannato, come se avessi corso.
Qualcuno di toccò il braccio. –Tutto bene?
Alzai lo sguardo e vidi la faccia sorridente di Hic, che tentava di rassicurarmi. Io tirai un sorriso per fargli capire che stavo bene e annuii.
Poi un suono potente e sgraziato ci fece sobbalzare. Proveniva dal piano di sotto, nella sala della musica. Ci lanciammo sguardi interrogativi.
-Ma che diavolo è?!- chiese Astrid storcendo il naso per il fastidio.
-Un pianoforte..- riconobbi.
-Un pianoforte?- chiese Hiccup. –I mostri suonano il pianoforte?
-Viene dalla sala musica…- ragionai. Il cuore mi fece una capriola nel petto. –Sono loro!- gridai sprizzando gioia da tutti i pori. -Ci stanno dicendo che sono salvi!
-Dobbiamo raggiungerli!- esclamò Hiccup rivolgendosi a Astrid.
-Ehi, ehi! Chi ci dice che sono loro? Volete correre rischi inutili?!-sbottò la vichinga.
-Io non ho intenzione di abbandonarli.- dissi. Mi tirai su il vestito lungo e scalciai via le scarpe a tacco alto, abbassando ulteriormente la mia statura. Iniziai a camminare imperterrita nella direzione delle grandi porte di legno decorate. -Allora?- chiesi.
Hiccup alzò le spalle e mi seguì. Anche Astrid, alla fine, con una grande smorfia in faccia come se fossi il diavolo in persona, mi seguì.
La vichinga si avvicinò, mi diede una spallata, e spalancò le porte. Era vomitevole.
Il sangue imbrattava le pareti e gli arazzi. Le rose bianche scelte dal miglior fioraio del paese erano divenute rosse. Pezzi di interiora abbellivano il lungo tappeto persiano, assieme a cadaveri sanguinolenti. Persino dal lampadario di cristallo dondolavano pezzi di budella umane.
Stavo per vomitare. Strinsi forte a manica di Hiccup, cercando di trarre abbastanza forza per distogliere lo sguardo da quella scena. Non ci riuscii.
-Muoviamoci.- borbottò Astrid, come se si trovasse in un colorato campo di fiori in primavera.
Hiccup avanzò di qualche passo, ma vedendo che io ero pietrificata sul posto, tornò indietro. –Ehi..
-Non ce la faccio..-sussurrai.
-Andiamo.. fidati di me, ok? Usciremo di qui e scopriremo la causa di tutto questo. Ma non ci riusciremo mai senza di te. Fallo per tutti noi, e per te, anche.- mi tese la mano.
Strinsi i denti. Mi diedi della sciocca. Appena un attimo fa avrei fatto di tutto per ritrovarli, e adesso tremavo dalla paura. Feci un respiro profondo e afferrai la sua mano.
-Allora? Hiccup, falla muovere. Dobbiamo trovare quei due o no?- ringhiò Astrid.
Il vichingo mi lanciò un’occhiata rassicurante e iniziammo a camminare.
Non si sentiva nulla. Avanzando per il corridoio evitando cadaveri e pozze di sangue, regnava il silenzio. Perché?
Dov’erano finiti i mostri? Avrebbero già dovuto attaccarci da un pezzo. Strinsi più forte la mano di Hiccup, fino a farmi sbiancare le nocche. –Ho un brutto presentimento..- sussurrai.
E questo presentimento risultò fondato quando, scese le scale e sorpassato il cadavere di un vecchio senza braccio, vedemmo tutti i mostri dagli occhi neri ammassati davanti alla sala musica.
 
-Dannazione!- gridai. Ero schiacciato contro la porta, cercando di non far entrare i mostri. Quell’assolo di pianoforte oltre ad informare i nostri compagni di sventura (come li aveva chiamati Merida), aveva anche attirato i mostri che adesso cercavano in tutti i modi di entrare. Fortunatamente, le porte di quel posto sembravano essere fatte d’acciaio. Ma anche l’acciaio prima o poi cede. –Dannazione!- gridai ancora, sentendo uno spintone più violento degli altri.
-Smettila!- mi sgridò Merida che come me, era schiacciata contro la porta. –Cerca un modo per fermarli piuttosto!
-E come?!- una goccia di sudore mi scivolò lungo la tempia. Ora si che eravamo nei guai. In trappola.
 
Ci nascondemmo dietro una tenda macchiata di sangue. –Sono bloccati.- sussurrò Astrid.-Presto o tardi sfonderanno la porta.. –
-Dobbiamo fare qualcosa.- disse Rapunzel affacciandosi da sopra la mia spalla. –Non resisteranno a lungo.-
Iniziai a rimuginare. La via d’uscita si trovava proprio nella sala della musica, ma il passaggio era bloccato da un’orda di.. cose poco socievoli. Avremmo dovuto distrarli in qualche modo, così da poter entrare e scappare dal passaggio.
Lanciai un’occhiata alla marmaglia di corpi insanguinati che si lanciavano contro la porta nel tentativo di sfondarla. Erano più di cento invitati. La cosa si faceva complicata. –Non ce la faremo mai a batterli tutti, dobbiamo trovare un modo per distrarli, ma come? Qualcuno ha idee?
-Ci andrò io. – affermò Astrid. Io e la principessa scattammo verso di lei. –E non provate a fermarmi, ok? Me la caverò. Voi dovete uscire e trovare una soluzione a questo casino, d’accordo?
- Astrid? Non fare scemenze.- deglutii .
-...Troveremo un’altra soluzione.- Rapunzel le posò la mano sul braccio.
La mia ragazza si chinò su di lei e le sussurrò qualcosa all’orecchio. La mora sgranò gli occhi e scosse la testa lentamente. Astrid le fece l’occhiolino,m poi si volse verso di me.
-Non ci andrai, vero?- chiesi. Qualcosa di freddo e sgradevole mi attanagliò lo stomaco. Un terribile presentimento si fece largo sotto la pelle. La gola mi si prosciugò. –Ve.. ro?
Lei mi fece un sorriso triste e mi abbracciò. –Tornerò presto. E non fare il cascamorto con la principessina, d’accordo?- si sciolse dall’abbraccio e mi stampò un bacio sulla guancia. Perché quello mi sembrava tanto un addio? Deglutii di nuovo.
Mi voltò le spalle e fece un passo avanti. –Ehi!- gridò. –Brutti mostri! Venite a giocare con me! Avanti!
Tutti gli invitati si voltarono lentamente la testa verso di lei, all’improvviso muti e immobili. La osservarono per un interminabile istante, nel quale trattenni il respiro al posto di Astrid, poi su ognuno dei loro volti squarciati si allargò un ghigno sadico e agghiacciante, scoprendo i denti impastati di sangue e interiora.
Astrid strinse i denti per farsi forza e non mollò. –Che c’è? Siete sazi, forse?
In quel momento i mostri dagli occhi neri iniziarono ad avvicinarsi, lentamente. Avanzavano con calma, gustando il panico che lentamente stava avendo il sopravvento sulla ragazza. La mia ragazza.
Indietreggiò, ma non si allontanò. –Allora? Non ce la farete mai a prendermi se siete così lenti!- gridò e scappò su per le scale. Allora i mostri corsero, annaspando su per le scale. Tutti.
Vidi Astrid scomparire dietro l’angolo, rincorsa da i mostri dagli occhi neri assetati di sangue.
Del suo sangue.
Era come se fossi rincorso anch’io. Rimasi pietrificato a guardare la scena, senza poter far nulla.
Una mano si posò sulla mia spalla. Alzai lo sguardo vuoto. Rapunzel, occhi lucidi e groppo in gola, mi osservava. –Andiamo.- riuscì a dire con un filo di voce.
Fece un passo avanti e si sporse per essere sicura che non ci fossero. Annuì. Si sentivano rimbombi dei rumori che causavano i mostri mentre salivano le scale su le pareti del castello. Avanzai nella direzione della porta, cercando di essere forte e ripetendomi fino al vomito che se avessi mollato il sacrificio di Astrid non sarebbe servito proprio a niente.
-Aprite! Siamo noi!- gridai una volta arrivati davanti alla porta.
Si aprì, rivelando i nostri due amici tutti scompigliati, sudati e ansimanti. Non  è che Astrid avesse ragione, vero?
 –Ragazzi!- gridò Rapunzel. –State bene, per fortuna.
Merida fu la prima a notare la mancanza della mia ragazza. –Dov’è finita Astrid?- chiese.
Il mio volto s’incupì. –Li sta distraendo.- feci un respiro profondo. Alzai il volto  guardai in faccia Rapunzel.
–Dobbiamo sbrigarci, non li distrarrà ancora a lungo.-
Lei annuì. Si fece largo tra i due ragazzi e si avvicinò ad un arazzo con lo stemma del suo regno, lo afferrò e lo tirò giù, svelando una piccola porticina mimetizzata con il resto del muro. Gli diede un calcio ben assestato e la aprì. –Bene, ci siamo.
Ci scambiammo delle occhiate e, dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla rampa di scale, entrammo uno per uno.
 



Angolo della scrittrice:
Saaalve a tutti! Mi scuso per il ritardo, ma ho un valido motivo u.u
Ho da poco cambiato il computer, ho abbandonato quella vecchia pietra preistorica per uno nuovo di zecca, ma purtroppo non ha word, quindi mi tocca usare ancora quello vecchio per aggiornare... e non potete capire uanto è lento! ç.ç
Ma ciancio alle bande, concentriamoci sul capitolo!
Caso strano, Jack e Merida si rintanano proprio nella sala della musica, che piacevole coincidenza! XD
E, visto che Astrid non è il mio personaggio preferito, ho voluto farle fare una fine onorevole, sacrificandosi per gli altri. (Freddy, non uccidermi!)
E' tardi! ç.ç ma faccio in tempo a farvi qualche anticipazione!
*mette una torcia sotto il mento*
Adesso sono nelle segrete, buie e tempestose, devono trovare il passaggio che li condurrà fuori da quell'inferno, ma non sarà facile. Nel prossimo capitolo, vedremo come un gesto disperato possa salvare una persona...
*Spegne torcia* 
Ops, super spoiler! XD
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ci rivediamo alla prossima!

Calamara
 

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Capitolo 6
*** 5. Segrete ***


Capitolo 5: Segrete

 
Una volta scesa una rampa di scale scivolose e incrostate di muschio verdastro, ci ritrovammo in un lungo corridoio buio e umido, intriso di un odoraccio di chiuso. Si gelava, per di più.
Afferrai l’unica torcia accesa e guardai gli altri. Sotto la luce macabra del fuoco, sembravano tutti fantasmi. Soprattutto Jack, che aveva la pelle più chiara di tutti.
- Rapunzel, devi farci da guida.- dissi. Le mie parole rimbombarono sulle pareti, spezzando il silenzio tombale che regnava in quel luogo.
Lei annuì e si mise accanto a me. Ci incamminammo. Iniziai ad osservare cosa c’era intorno a me.
Celle. Tantissime, sporche celle. Con le pareti piene di muffa, le sbarre d’acciaio rinforzato arrugginite e il soffitto invaso da strani funghi parassiti.
Era un luogo orribile. Persino il pavimento era viscido e vischioso. Ero pervasa da brividi di freddo.
 -Dobbiamo arrivare fino in fondo.- disse la principessa, voltandosi verso i ragazzi dietro di noi. –Ci porterà ad un passaggio sotterraneo che sbuca nella foresta vicino al villaggio.
-Speriamo che questa “malattia” non sia uscita dal palazzo.- feci senza scollare lo sguardo dal fondo del corridoio.
-Il portone era chiuso dall’esterno.- affermò Hiccup. –Si vede che qualcuno aveva capito che c’era qualcosa che non andava. La cosa negativa è che ha condannato centinaia di persone.-
- Merida..- la sposa si affrettò per raggiungermi. -..Secondo te la strega può aiutarci davvero?
-Certo.- annuii sicura. –Risolveremo tutto questo, vedrai.
Con la coda dell’occhio notai Jack Frost che si grattava nervosamente il capo, e si guardava attorno, cercando di passare inosservato. Sembrava sospetto. Chissà cosa stava macchinando, quel maniaco.
 Avrei dovuto tenerlo d’occhio.
Nell’osservare il ragazzo, inciampai in una catena ancorata al terreno e caddi per terra come un sacco di patate. Persi la presa sulla torcia, che impattò il pavimento bagnaticcio e si spense. –Ops..- mugolai.
- Merida!- strillò Jack. –Sei proprio un orso!
-Ehi, sta zitto idiota!- lo rimbeccai cercando di alzarmi, anche se era tutto completamente buio, apparte qualche raggio di luce verdastra che filtrava da una finestrella in alto.
Proprio in quel momento, si sentirono dei passi.
Strascicati.
Lenti.
 Le nostre teste scattarono subito e ci voltammo alle nostre spalle. Una figura vagamente umana si avvicinava molto lentamente. Poco a poco, però, ci accorgemmo che non era solo una. Si sdoppiò, fino a riempire quel corridoio umidiccio di figure barcollanti e inquietanti.
-Oh, cavolo..- sussurrò terrorizzata Rapunzel. –Correte!
Cercai di rimettermi in piedi. Ma era impossibile. Scivolavo con le scarpe sul pavimento viscido, rendendo vano ogni mio tentativo di alzarmi. Sembrava di camminare sul dorso di una enorme lumaca.
Sentii qualcuno che mi afferrò il braccio e mi strattonò, aiutandomi. Non riuscii ad identificare chi era, perché era tutto buio. Non aspettai oltre per incominciare a correre a perdifiato.
Jack era davanti a tutti, seguito da Hiccup e Rapunzel, dietro a tutti io, che chiudevo la fila.
-Quanto manca?- chiesi ansimando.
-Ci siamo.- ci avvertì la sposa. Arrivammo in fondo al corridoio tutti trapelati. C’era una botola rettangolare di legno marcio e ricoperto da muschio puzzolente. –Aprite.
Jack afferrò la maniglia di ferro arrugginito e tirò. Nessun risultato. –Dannazione!
- Emh.. Jack?- lo chiamò Hiccup che osservava tutto tremolante gli invitati avanzare imperterriti. –Potresti gentilmente sbrigarti? Non vorrei metterti fretta, ma ci sono un paio di persone che vorrebbero banchettare con i nostri cervelli!
Diedi una spallata a quell’incapace, afferrai saldamente la maniglia e tirai. Si aprì senza fare storie e mi ci fiondai dentro. Fui subito seguita da Rapunzel e Hiccup. L’ultimo fu Jack, che richiuse la botola.
Come se servisse a qualcosa.
-Di qua!- la principessa ricominciò la corsa, seguendo un tunnel sotterraneo illuminato da torce appese alle pareti a intervalli regolari. Quel posto era leggermente meglio di quello al piano superiore apparte le ragnatele che pendevano dal soffitto e ondeggiavano tetramente alle correnti d’aria.
I nostri passi risuonavano nel tunnel assieme ai nostri respiri affannati. Mi tirai su il vestito per non inciampare, anche se non era quello che mi intralciava, ma il bustino.
Ancora! Dannazione, avrei dovuto strapparmi via il corsetto a morsi! Mi domandavo come mai l’altra principessa non avesse problemi nel correre con quel grosso vestito da cerimonia.
Sentimmo dei rumori che facevano pensare che i  mostri dagli occhi neri fossero riusciti a entrare nel tunnel.
Poi dei versi simili a dei ringhi di cani rabbiosi rimbombarono nel tunnel, facendoci gelare il sangue nelle vene.  Ci scambiammo sguardi spaventati, per poi ricominciare a correre.
Correre verso la libertà.
Verso un futuro incerto.
Cercai di riempirmi i polmoni di aria stagna. Non ci riuscii. Per l’ennesima volta, il rigido bustino non mi permetteva di respirare bene, lasciando il mio corpo a corto di ossigeno.
Ma quella volta non avrei fatto la parte della debole del gruppo.
E quella decisione mi risultò fatale.
 Iniziai ad avere paura. Tanta paura.
Se mi fossi arresa, presto sarei diventata come loro e avrei ferito i miei amici, non avrei mai più rivisto i miei cari, e non avrei più tirato con l’arco..
Cercai di resistere, continuando a ripetermi che mancava poco e che presto saremo usciti da quell’inferno.  Avevo la gola che mi bruciava,come avessi ingoiato una miriade di chiodi, non riuscivo a respirare e iniziavo a vedere tutto sfocato. Non riuscii a fare un altro passo.
Tutto si spense.
 
 
Era da molto tempo che non mi facevo una bella corsetta come quella. Sarebbe stato addirittura divertente, se non fossimo inseguiti da una mandria di persone impossessate.
I mostri erano scesi nel tunnel sotterraneo, e continuavo a chiedermi come avremmo fatto a bloccarli nella galleria. Vedevo la fine: terminava con una scaletta che saliva verso l’alto, illuminata da un cerchio di luce che proveniva dal’esterno.
Mancavano pochi metri, quando sentii la voce di Rapunzel che urlava. –FERMI! Aiutatemi, presto!!-
Mi voltai con il cuore in gola, aspettandomi di trovarla tra le fauci di uno di quei cosi, tutta sanguinante.
Invece era inginocchiata accanto al corpo accasciato di Merida, la quale non accennava a muoversi. Dietro di loro avanzavano correndo scompostamente i mostri dagli occhi neri. Le avevano quasi raggiunte.
Hiccup si era già avvicinato per raccogliere il corpo esanime della ragazza, ma non ce l’avrebbero mai fatta. Non c’era scelta.
Avrei dovuto usare i miei poteri per prendere tempo.
Spiccai un lungo balzo nella loro direzione e li sorpassai, trovandomi faccia a faccia con l’orda di invitati assatanati. 
Si bloccarono. Ghignarono. Mi osservarono famelici, umettandosi le labbra sporche di sangue raggrumato.
-Andate, sbrigatevi. Qui ci penso io. – affermai senza spiccicare gli occhi dai mostri,
Rapunzel stava per replicare, ma Hiccup capì l’antifona e si fece aiutare nel trasportare la rossa svenuta.
Così almeno speravo che fosse.
Li osservai con la coda dell’occhio salire la scaletta a pioli di legno e scomparire all’esterno.
-D’accordo. Incominciano i giochi.- feci.
- Frost.- Un brivido mi percorse l spina dorsale. Cercai sicurezza stringendo più forte il bastone tra le dita. Riconobbi quella voce. –Ci si rivede.
La voce di Pitch Black si levò dalla folla, scura e gelida. I mostri si spostarono, lasciando libero un corridoio dove una figura minuta si fece largo, avanzando nella mia direzione.
Sgranai gli occhi e sbiancai, più di quanto non fossi naturalmente.
Fino a che non mi si posizionò proprio di fronte, pregavo dentro di me che non fosse quella persona. Ma quando la guardai, ormai non c’erano dubbi e non potevo più sperare.
Deglutii.
-Come stai? Ti è piaciuto il matrimonio?- Ghignò Astrid.
La osservai con le gambe tremanti. Il viso tondo era sempre il solito, fatta eccezione per gli occhi, che erano scuri come pozzi senza fondo.
Il vestito che prima era grazioso ed elegante, ora era stracciato e sporco di liquido scarlatto. Vi erano segni di morsi che le sfiguravano i tutti e due i bracci e anche le gambe scoperte. I capelli biondi erano scompigliati e aggrovigliati in nodi.
-Sorpreso di rivedermi così presto?-
Non la smetteva di fare domande stupide, e io non potevo fare a meno di guardala e pensare che neanche due ore prima era una ragazza normale come le altre.
-In realtà ti spettavo.- dissi mostrando falsa sicurezza.
Astrid fece una grassa risata gettando la testa all’indietro e facendomi accapponare la pelle.
-Davvero? E come mai?- chiese guardandomi sinceramente divertito.
-Perché stai facendo tutto questo?- chiesi.
Astrid si avvicinò. Mi imposi di rimanere fermo dov’ero e di non indietreggiare. –Ecco vedi…- appoggiò un gomito sulla mia spalla e iniziò a tracciare con l’indice disegni immaginari sulla mia guancia sinistra.
Mi irrigidii disgustato e rabbrividii.
-…non penso che te lo dirò. Credo che mi ostacolerai. Infondo, ora che puoi essere visto,ti sei fatto tanti piccoli, stupidi, patetici amichetti e farai di tutto per salvarli.-
-Come è possibile? Perché di punto in bianco riescono  vedermi?- chiesi.
La ragazza fece un’altra risata raccapricciante. –E’ una malattia, Jack. Anche se non lo sai, anche tu ne sei infetto, tutti sono infetti.-
-Come sarebbe a dire?-
-Vedi…- si staccò da me e iniziò a girarmi intorno come una belva affamata. –In realtà, la malattia non si attacca con i morsi come tu e i tuoi amichetti supponete. In realtà,tutti ne siete già infetti da molto, molto tempo. La malattia non è altro che la paura stessa. Io non faccio altro che incrementarla.-
Rimasi basito. Immobile, cercavo di assimilare le informazioni. Era semplicemente impossibile.
-Ti vedo confuso. Magari riesco a farti capire meglio così. – si avvicinò alla bambina che aveva dato inizio a tutto, la piccola Matilde, con ancora in coltello della stessa Astrid piantato in fronte. –Vedi questa tenera bambina?- Io rimasi in silenzio. Lui continuò. –In questo momento non può vederci.- le accarezzò la testa e le estrasse il coltello dal cranio, facendole sgorgare dalla ferita un fiume di sangue. –Ora lei è nell’oblio, affrontando le proprie paure, non sa di essere morta. Come tutta questa inutile marmaglia di gente. Non è cosciente di ciò che fa, - Si rigirò il coltello insanguinato tra le mani, poi ne leccò lentamente la spessa lama insanguinata, raccogliendo con la lingua un pezzetto di carne molliccia che vi era rimasta appiccicata. Ricacciai in gola il conato di vomito che mi era salito. Mi guardò ghignando, passando la lingua sanguinante sulle labbra ridenti.-Li controllo io.
-M- ma questo non spiega il fatto che…- dannazione avevo balbettato.
Il ghigno sul volto della ragazza si allargò ulteriormente, sentendo il profumo della mia paura. Si avvicinò di nuovo, ma questa volta indietreggiai. –Siete tutti accumunati, ora. Lentamente e inesorabilmente, anche tu cederai alle tue paure, e sarai mio. Come anche tutti i tuoi sudici amici. Oh, forse già ne ho una..-
Mi pietrificai.




Angolo dell'autrice:
Salve salve!! Eccoci con il quinto capitolo, che spero con tutto il cuore che vi sia piaciuto! ^-^
A me è piaciuto tanto scrivere questo chappy anche se avrei dovuto mettere, non so, un'avviso tipo:
WARNING! Splatter verso la fine, non ottimo per i deboli di stomaco!
Pazienza u.u
Siete stupiti delle origini della malattia? Almeno un pochino? Ma ancora non ci sono le risposte a tutti gli altri interrogativi, come:
Come fanno i ragazzi a vedere il nostro Jack? Oppure:
Merida e Jack limoneranno? XD
Vi faccio qualche piccolissima anticipazione per tentare di calmare i vosti animi inquieti:
Adesso Merida è nell'oblio a combattere contro le sue più profonde paure, ma riuscirà a sconfiggerle? Oppure no?
O magari, un certo ragazzo albino di nostra conoscienza, la salverà firmando la sua condanna a morte? (giochino di parole che capirete nel prossimo capitolo... >=D hehehe! Malvagia!)
Ci rivediamo alla prossima!
Vostra, Calamara!


PS: Una curiosità da parte dell'autrice: voi ci andrete al Comics&Games di Lucca?
 

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Capitolo 7
*** 6. Pericoli e Paure ***


Capitolo 6: Pericoli e Paure

 
 
Buio. C’era solo buio intorno a me.
Ero immobile, all’interno di una gabbia d’acciaio sospesa nel vuoto. Faceva freddo.
Ma dov’ero finita? Chiusi gli occhi e tentai di ripercorrere tutto ciò che era successo e scoprire perché ero finita in una gabbia. Stavo correndo, si, e dietro di me c’era l’orda di mostri che ci rincorreva per ucciderci. Poi ero svenuta.
E se fossi morta anch’io? Magari mi trovavo all’inferno. Deglutii, cercando di mantenere la calma.
Sentii un rumore di passi rimbombare nell’oscurità. Sobbalzai e mi guardai intorno. –Ehi! Fatemi uscire!
Afferrai le sbarre di ferro e iniziai a scuoterle con forza, ringhiando. 
Dall’ombra comparvero due figure: una slanciata e una più tozza, che si avvicinavano con  passo deciso.
 Mi bloccai sgranando gli occhi e schiudendo la bocca per la sorpresa. –Mamma.. papà..- boccheggiai. –Cosa… ci fate qui?
A guardarli meglio erano diversi dall’ultima volta che li avevo visti. Avevano entrambi gli occhi neri. Il cuore mancò di un  battito mentre avevo la sensazione di precipitare  tutta velocità nel nulla.
-No…- sussurrai. –NO!
Lentamente dall’oscurità, iniziarono ad avanzare altre figure sinistre, che divennero nitide, facendomi accapponare la pelle e sprofondare ancora di più nel buio della disperazione.
 Harry, Hubert e Hamish erano diventati mostri dagli occhi neri. Vidi anche Moody, Lord McGuffin, Lord Macintosh e Lord Dingwall assieme ai loro figli, Hiccup, Rapunzel, persino la strega con il suo corvo parlante. Erano tutti mostri.
Mi guardavano, trafiggendomi da parte a parte. Sentii un brivido gelido percorrermi ogni singolo osso del corpo. Non era per il freddo.  Mi ritrassi e mi allontanai il più possibile da loro.
Tutti coloro che conoscevo, che avevano cambiato la mia vita, ora erano gusci vuoti che vivevano solo per uccidere altre persone. Ormai non c’era più traccia della loro umanità.
Si, quello era l’inferno.
Rimasi a fissarli per quelli che sembravano secoli, tremante e agonizzante nonostante non fossi ferita.
 Poi mi accorsi di un particolare. Tra le persone davanti a me ne mancava una.
Jack Frost. Perché?
Sentii una risata agghiacciante echeggiare nel buio ferendomi le orecchie. La gabbia mi scomparve da sotto i piedi, facendomi cadere nel buio. Gridai.
Mi ritrovai sospesa nel nulla. Solo nero intorno, neanche uno spiraglio di luce.
Poi qualcuno mi sfiorò la spalla. Mi voltai terrorizzata, pensando che fosse uno di quei mostri e mi preparai ad attaccare. Invece mi ritrovai davanti lui.
Proprio Jack Frost.
Sorrideva.
Ma non era un sogghigno come uno dei suoi, oppure quel sorrisetto da maniaco che ogni tanto gli si stampava in faccia. Era sincero e luminoso, come gli occhi ridenti.
-Jack…- sussurrai, come se non volessi fami sentire da nessuno. -…Dove siamo? Che ci…-
Mi posò l’indice sulle labbra. Un’emozione molto ambigua si sprigionò dal centro del petto. Mi intorpidii, tanto da credere che qualcuno mi avesse avvelenato. Non ragionavo più, rimasi immobile come una scema a fissarlo, senza proferire parola.
Si avvicinava. I nostri nasi si toccavano. Mi congelai sul posto.
Qualcosa mi aveva afferrato il cuore e aveva iniziato a stringere, stringere, stringere. Non riuscii a identificare di cosa si trattava.
Si sentì un’altra perversa risata che spaccò tutto in mille pezzi.
 
 
-Lasciala andare! Subito!- gridai.
Una lugubre risata rimbombò in tutto il tunnel. –Mi spiace,Frost, ma questo non dipende da me, dipende da lei… o da te. -
Mi bloccai. Scrutai il suo viso sogghignante e raccapricciante. Non sembrava stesse mentendo. –Da me?
-Beh, Frost, sai, avvolte posso essere crudele e meschino..- si controllò le unghie sanguinolente e spezzate. -..ma avvolte posso essere addirittura magnanimo.
-Dove vuoi arrivare?- chiesi tagliando corto.
Lui alzò lo sguardo su di me, penetrandomi l’anima con quegli occhi pieni di oblio. –Il punto è che ci sarebbe un modo per salvare la tua bella… potresti fare un patto con me. –
Non capii il fatto della bella, ma passai oltre. –Un patto?
Lei sbuffò. –Allora, ci stai o no?
No, non posso farlo, riflettei, potrebbe esserci qualcosa sotto. Anzi, sono sicuro che ci sia qualcosa sotto.
-I termini del patto sono questi: un’anima per un’anima. Io lascio andare la ragazza, ma tu verrai preso al posto suo.-
Aggrottai le sopracciglia. Se non l’avessi fatto, Merida sarebbe diventata un mostro e non potevo permetterlo. E poi ero abbastanza bravo nel contrattare, mi sarei aperto qualche scappatoia.
- Mmh… però..- cercai di essere il più eloquente possibile. –Tu ci guadagni troppo, in questo modo, no? Il tuo unico avversario che potrebbe darti filo da torcere in cambio di una stupida ragazzina… io valgo molto di più, non trovi?
Il ghigno della ragazza di allargò e alzò le mani. –Beccato… allora, quali sono i termini del patto?
-Oltre che l’anima di Merida voglio una settimana di libertà prima che diventi uno di loro.-
Il ghigno di Astrid si trasformò in una smorfia pensierosa. –D’accordo, Frost, mi sembra equo. La tua anima in cambio di quella della ragazzina e una settimana di libertà prima dell’oblio. Però c’è una clausola in più. Non dovrai parlare a nessuno del nostro patto, altrimenti io mi riprenderò la ragazza .- Si fermò a ossevarmi. –Sicuro di ciò che fai?  
-Sono sicuro.- lo interruppi bruscamente.
Lei fece spallucce (come se gli importasse qualcosa della mia anima) e schioccò le dita, facendo apparire dal nulla una pergamena color pece, le cui incisioni erano in rilievo e biancastre e una penna.
- Avvicinati.- mi intimò. Io mi avvicinai cauto, sotto gli occhi neri delle persone “Infette”. –La mano. –
La allungai diffidente e lei mi infilzò il palmo con la penna. Io grugnii in segno di protesta e lei mi passò l’arnese ben appuntito. –Firma qui.-mi indicò.
Strinsi forte la penna e chiusi gli occhi, godendomi gli ultimi momenti che avevo da vivere libero, prima di firmare la mia condanna a morte. (letteralmente.)
-Aspetta.- dissi. Alzai lo sguardo sulla ragazza.
-Ci hai già ripensato, Frost?- chiese beffardo incrociando le braccia sul petto.
-No, certo che no. Ma voglio che quando sarò uno di loro li lasci in pace, tutti.-
-Oh, non preoccuparti di questo. Non sarò io a ucciderli.-mi assicurò.- Ma tu.
Deglutii. Abbassai lo sguardo sulla pergamena che sembrava osservarmi famelica. Firmai. 
 
 
-Non respira! Hiccup, non respira!- gridai al povero vichingo. Erano passati cinque minuti, e Jack era ancora là dentro. E la cosa peggiore era che non si sentiva nulla: nessun rumore di combattimenti, e neanche i ringhi bassi che producevano i mostri dagli occhi neri.
Avevamo trascinato il corpo inerte di Merida fuori dal tunnel, ma non accennava a muoversi. E non respirava. La paura era come un pugnale che ogni secondo che passava, affondava la sua gelida lama nel mio cuore, lacerandolo. –Merida, ti prego, svegliati! SVEGLIATI!- le schiaffeggiai la faccia, nel tentativo di farla riprendere, mentre i miei occhi si riempivano di lacrime.
Lanciai uno sguardo a Hiccup, che aveva le mani nei capelli e  gli occhi sgranati e stravolti. –D’accordo…- cercò di fare il punto della situazione e calmarsi. -..Togliamole il corsetto e vediamo se riesce a riprendersi.
La spostammo fino a coricarla a pancia in sotto. Le sbottonai il vestito (cosa che dovetti fare solo io, perché Hiccup si vergognava) e visto che il vichingo non era pratico di bustini, cercai di metterci il meno possibile per districare i nastri e lasciarla respirare.
Una volta tirato via l’ultimo nastro le strappai via il corsetto. Rimasi un attimo in attesa, con il fiato sospeso. La sentii tossicchiare e respirare avidamente l’aria. Il pugnale scomparve e io lanciai un gridolino di gioia.
- Merida, sei viva!- feci per saltarle addosso, ma Hiccup mi fermò.
-Meglio lasciarla respirare, non credi?- anche lui era felicissimo, si vedeva dai suoi occhi luminosi e da sorriso a fior di labbra.
- Ra… ragazzi.. che è successo?- chiese la ragazza, tentando di tirarsi su. –Non mi ricordo…- si fermò un attimo. Poi scosse la testa. –…Niente.
-Sei svenuta a causa del bustino.- le spiegai inginocchiandomi accanto a lei.
-E i mostri?- chiese.
-Se ne sta occupando Jack…-
-Jack ha finito di occuparsene.- una voce familiare ci fece scattare. Da dietro un cespuglio ricomparve proprio il ragazzo in questione, che si avvicinò a grandi falcate.
-Come hai fatto a…- borbottò Hiccup incredulo.
-Segreto…- Jack gli fece l’occhiolino. –A Proposito, ben tornata Merida e…- si bloccò mentre un sorriso malandrino si allargava sul suo volto.- Hai il vestito sbottonato. Non hai un minimo pudore!
-Jack!- scattò lei. –Sei proprio un maniaco!
 
  Angolino per me:
Eccoci qui! Spero vi sia piaciu... Aspettate: lo so, lo so, è capitolo è corto.
Non preoccupatevi, il prossimo sarà molto più lungo u.u Spero che non vi annoierete nel leggerlo XD
Comunque, ritorniamo al chappy qui sopra. Inutile dire che nello scrivere la parte Jarida mi sono emozionata da sola! XD Spero di non aver calcato troppo la mano. E... niente, spero vi sia piaciuto, e come al solito, vi faccio qualche piccola anticipazione:
Ora sono fuori dal castello, ma riusciranno a trovare la strega in tempo, prima che Jack si traformi in un mostro? Nel prossimo chappy, vedremo come perdersi nel bosco, costruire un rifugio e... non potrà mancare la mia adorata Jarida! <3 
Alla prossima, vostra
Calamara!

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Capitolo 8
*** 7. Giorno 1 ***


Capitolo 7: Giorno 1

 
-Quale direzione?- chiese Hic. Mi ero ripresa da circa qualche ora. Ero ancora sconvolta, anche se non lo davo a vedere. Cercavo di mascherare la mia angoscia con un sorriso finto e tirato, talmente tirato che Punzie se ne accorse. Si avvicinò e mi posò delicatamente la mano sulla spalla.
-Tutto bene?- il suo volto trasudava preoccupazione da tutti i pori.
-Si, certo, non preoccuparti, sto benone.- sostenni il suo sguardo cercando di sembrare il più credibile possibile.
-Allora?- chiese ancora il vichingo. Non riuscivo a capire se quello che avevo passato era solo un sogno oppure no. Era tutto così reale, vissuto in prima persona come tutti i giorni e avevo ancora in mente la risata agghiacciante che risuonava all’infinito nell’oscurità. Avevo la pelle d’oca.
Strizzai forte gli occhi cercando di accantonare anche solo per un attimo quel pensiero che continuava a martellarmi in testa.
-Ehi!- mi scosse Hiccup. –Ci sei?
Aprii gli occhi e alzai lo sguardo su di lui. –Si.. ecco..- scossi la testa e mi rialzai in piedi. Mi guardai attorno  e cercai di trovare il nord secondo le ombre sull’erba. –Allora, quello è il nord..- indicai. –Rapunzel, come si arriva al villaggio?
La ragazza ci pensò su, poi disse:- Dobbiamo dirigerci verso sud. Ci inpiegheremo circa due ore di cammino.
-Quanto tempo hai detto che ci metteremo per arrivare dalla strega?-chiese Jack appoggiando il bastone ricurvo sulla spalla. Sembrava piuttosto strano.
-Sei giorni di cammino, inconvenienti compresi.- Sbuffai.Non avevo tempo per preoccuparmi di lui. Mi guardai intorno in cerca del sud. Appena lo trovai dichiarai: –Ci conviene incamminarci prima che si faccia troppo tardi.-
Così, iniziò il nostro viaggio.
Camminammo per circa due ore, attraversando a passo svelto il boschetto di betulle in cui eravamo sbucati. Nessuno parlava. Erano tutti troppo occupati ad osservare la vegetazione e il bel cielo azzurro per parlare, e questo non  mi aiutava a distrarmi dal quel maledetto pensiero fisso che si faceva largo prepotentemente nella mia testa.
Provai a imitarli e osservare ciò che mi stava attorno, ma non era molto efficace. Poi mi bloccai. Due ore?
- Emh… Punzie?- la chiamai.
Lei si girò sorridendo, notando il nomignolo che le avevo trovato. –Si?
-Non hai detto che il villaggio si trovava a due ore da qui?- chiesi. Lei annuì, continuando ad avanzare. –Ma allora, come mai non siamo ancora arrivati?
Tutti si pietrificarono sul posto. Ci scambiammo occhiate interrogative.
-Non ci siamo persi, vero?- chiese Hiccup guardandomi.
 Io scrollai le spalle. –Non ne ho la più pallida idea, eppure questo mi sembrava il sud…- mi accigliai.
-Hai calcolato che erano le sei del pomeriggio e quindi le ombre si proiettavano verso ovest, vero?- chiese.
Io deglutii. Non ero mai stata brava nell’orientarmi. Abbassai lo sguardo su un ramoscello secco a terra che trovai incredibilmente interessante.–Beh, ecco…
-Molto bene, ci siamo persi. Congratulazioni.- mi canzonò Jack.
-Ma perché non l’hai fatto tu, che sei tanto bravo Mr Sotuttoio!- lo rimbeccai, imbufalita.
Rimanemmo a guardarci in cagnesco per un po’ finché non intervennero Hic e Punzie a calmarci.
-Ehi, tanto non si risolve nulla facendo così!- disse Hiccup posando una mano sulla spalla al ragazzo.
-Ha ragione lui, non si arriva a nulla.- convenne la principessa. 
Allora ci voltammo uno dalla parte opposta all’atra con le braccia incrociate e le sopracciglia aggrottate.
Il vichingo tirò un  lungo sospiro grattandosi la testa, sfinito. –Allora? Adesso che si fa?
-Perché non chiedete a lui, visto che sa sempre tutto?!- feci io in tono aspro.
-O magari potreste rivolgervi a lei, che è una così brava guida…- rispose a tono il pastorello incavolato nero.
Scattai verso di lui, decisa più che mai a regalargli un bel pugno in faccia. -Senti io..- ma mi bloccai subito dopo. Sgranai gli occhi.
Com’era carino quando si imbronciava!
La fronte aggrottata, la bocca all’ingiù e i capelli scapigliati lo facevano sembrare ancora più bambino di quanto non fosse in realtà. Credo di essere arrossita, ma non ebbi il tempo di constatarlo, perché Hiccup si mise in mezzo.
-Basta voi due. D’ora in poi decido io dove si va. E ora, dato che calerà la notte tra breve, conviene prepararci un riparo.- decise.
Lo guardai. Ora non sembrava affatto il piccolo e spaventato vichingo di poco fa. Ora era determinato e sicuro di sé. Tutta un’altra persona.
-Si signore! Vado a cercare legna da ardere, signore!- Rapunzel fece il saluto militare e si inoltrò nel bosco. Io roteai gli occhi. –Vado anch’io, chissà dove andrà a finire, altrimenti.
-Non che tu sia di grande aiuto, comunque…- commentò Jack, il quale si beccò una bella occhiataccia da parte mia.
Sentii dietro di me Hiccup dagli una bella gomitata sul braccio e mormorare:- Se continui così ben presto la tua faccia sarà ridotta a uno zerbino.-
Sentii l’altro ragazzo sogghignare. –Lo vedremo.
 
Mi guardai intorno in cerca di rami da raccogliere per il fuoco.  Sentii dei passi che venivano nella mia direzione e mi voltai. Sorrisi nel vedere che Merida  mi stava raggiungendo a grandi e furibonde falcate e con i pugni stretti, con ancora il fumo che le usciva dalle orecchie per l’arrabbiatura di prima. Sghignazzai. Certo che lei e Jack erano come cane e gatto.
Mi fermai.
Era la prima volta che ridevo da quando il mio matrimonio era stato mandato in fumo dalla bambina indemoniata. Abbassai lo sguardo.
-Ehi, tutto bene?- mi chiese la ragazza posandomi una mano sul braccio. In quei giorni non facevamo altro che ripetere all’infinito quella domanda, anche se sapevamo bene che la risposta sarebbe stata sempre no.
-Certo.- e mentivamo, nel tentativo di sollevare i nostri cuori dal baratro della disperazione.
Mi accovacciai per raccogliere dei rami belli grossi che avevano attirato la mia attenzione. Constatai che erano veramente pesanti, così Merida me li sfilò di mano e, facendomi l’occhiolino mi disse:
-Li tengo io, tu raccogli.- io annuii e iniziammo a passeggiare in cerca di legna.
Tutt’intorno era tranquillo. Ogni tanto si sentiva il cinguettio degli uccelli e il fruscio dei rami scossi dal vento. 
Non c’era traccia del terrore che avevo provato solo qualche ora prima, e la cosa mi metteva ancora più paura, il fatto che se quella cosa potesse riuscire a uscire dal palazzo e avrebbe distrutto tutta quella tranquillità trasformandola in un  inferno, pieno di mostri dagli occhi neri rabbiosi. Rabbrividii.
-Sai, ho sentito un sacco di storie su di te…- disse Merida facendomi sobbalzare.
-Ah, davvero?- chiesi alzando lo sguardo su di lei, cercando di non dare a vedere lo spavento che mi ero presa.
-Si, girano storie sulla leggendaria principessa dai capelli magici. Le notizie volano- fece indicandomi con la testa un ramo a terra.
Io mi accovacciai a raccoglierlo. –Invece tu sei la principessa che non voleva sposarsi. Ammiro moltissimo il tuo coraggio, sai?- mormorai rigirandomi tra le mani il tronchetto di legno. –A proposito… il tuo cuore appartiene a qualcuno, adesso?- le chiesi voltandomi parzialmente verso di lei alzando un sopracciglio con un sorrisetto malizioso sul volto.
Merida si irrigidì e strinse più forte i tronchi che trasportava. –No… cosa te lo fa pensare?
-Il fatto che qualche minuto fa sei avvampata dopo aver guardato una certa persona… una persona molto affascinante di nome Jack Frost.- dissi passeggiandole attorno, gustandomi la sua espressione spaesata.
-Ero arrabbiata, tutto qui. Io odio quel maniaco!- gridò, cercando di nascondere sotto tonnellate di odio i suoi sentimenti che stavano iniziando a sbocciare. Le suo guance iniziarono lentamente ma inesorabilmente a colorarsi di rosa. Deglutì a fatica e mi lanciò un’occhiataccia impacciata. –Allora, ci muoviamo?
Io annuii divertita e decisi di lasciarla in pace.
 
-Allora, mi dai una mano?!- chiesi per l’ennesima volta. Jack, quel buono a nulla, mi aveva lasciato da solo a costruire il rifugio e lui se ne stava stravaccato scompostamente sul ramo di un albero a non fare niente, anzi, a guardarmi grondare di sudore mentre cercavo di sollevare un pesantissimo tronco d’albero abbattuto. –Allora?!
-Ehm… scusa, Hiccup, ma non credo che ti aiuterò, in fondo, io non dormirò in quel rifugio, quindi a me non ne viene nulla.- fece tranquillamente mettendo le braccia incrociate dietro la nuca e sistemandosi meglio con la schiena sul ruvido ramo piegato da suo peso.
-E dove hai intenzione di dormire? Nella pancia di qualche bestia feroce, forse?!- abbaiai guardandolo male.
- Nah, preferisco starmene qui, dove nessuno può raggiungermi, inclusa “qualche bestia feroce”.- fece.
Io mollai la presa sul tronco e mi lasciai cadere per terra. Beh, effettivamente non aveva tutti i torti. Sugli alberi era molto più sicuro, che per terra. Gli lanciai un’occhiata e lo vidi accavallare le gambe e rilassarsi.
Beato lui, pensai.
Sentivo un peso opprimente schiacciare il mio cuore. Mi sentivo come sull’orlo di un baratro e una forza invisibile che mi spingeva sempre più in là fino a farmi precipitar nel buio.
-Jack..- lo chiamai osservando il terreno con sguardo perso. Lui si voltò verso di me con aria interrogativa.
–Secondo te Astrid sta bene?
Si irrigidì sul ramo. Si grattò nervosamente la testa e deglutì. –Beh… chi lo sa…- balbettò.
Alzai lo sguardo su di lui. –Sai qualcosa?- chiesi alzandomi in piedi senza spiccicare lo sguardo dal ragazzo.
–Dimmelo, qualsiasi cosa sai, ti prego, ho bisogno di saperlo…
Si mordicchiò il labbro inferiore prima di balzare giù dall’albero e atterrare perfettamente in piedi davanti a me.
Mi posò una mano sulla spalla mentre mi guardava negli occhi. -…Io non so niente, fidati.
Io annuii e mi allontanai, come un cane ferito.  C’era menzogna nelle sue parole e nel suo sguardo.
–Allora, è meglio se mi sbrigo a costruire questo maledetto rifugio.-
Jack sorrise.- Dai, ti do una mano.
Dopo circa mezz’ora, vedemmo emergere dalla boscaglia le due principesse, una allegra e saltellante, l’altra arrancava sotto il peso di enormi ciocchi di legna.
-Ti serve aiuto?- chiesi avvicinandomi.
-No, no, faccio da sola.- lasciò crollare a terra la legna , alzando un polverone di terra che mi fece starnutire.
–Piuttosto, come va il rifugio?- chiese.
Io alzai le spalle e mi feci da parte per lasciarle vedere il frutto del nostro lavoro. Era una specie di  telaio di legno legato con radici elastiche abbastanza grande ricoperto di foglie. –Non è granché…- dissi.
-Chi si accontenta gode.- fece Rapunzel sedendosi sotto la struttura.
Merida mi guardò e scrollò le spalle con un sorriso  fior di labbra. –Va bene, in fondo dobbiamo solo dormirci.- disse. Si diresse accanto all’altra principessa e strinse le gambe al petto.
Jack mi diede una pacca sulla spalla e iniziò ad arrampicarsi sull’albero di prima.
Merida alzò un sopracciglio, osservandolo divertita impiccarsi per scalare l’enorme quercia. –Che fai?
-Mi… arrampico, non vedi?- disse l’altro, tirandosi si con le braccia.
-Perché?- chiese ancora quell’altra.
-Pensa che sia più sicuro stare su un albero che non in un rifugio.- risposi per lui, notando che già stava faticando abbastanza. Quando finalmente arrivò in cima, si lasciò scivolare sul ramo di prima, mugugnando un:- Se volete fare da pranzo ai lupi fate pure.-
Scossi la testa.
Ben presto, Merida riuscì ad accendere un fuoco, e finalmente potei chiudere gli occhi e sognare.
Sognare casa e Astrid.
 
Osservai la luna, a cui avevo chiesto tante di quelle volte il significato della mia esistenza. Era così piena di segreti, come me. Abbassai lo sguardo sui miei tre amici che dormivano quieti sotto l’albero.
Stavo mentendo di già e il peso delle parole taciute mi stava schiacciando.
Feci un lungo sospiro in cerca di sollievo nell’aria fresca della notte. Quando Hiccup mi aveva chiesto di Astrid, ero raggelato. E avevo dovuto mentire.
I suoi occhi verdi e ingenui mi avevano pugnalato, avevano capito che tutto quello che gli avevo detto erano solo bugie, ma non avrei potuto parlare, altrimenti il contratto sarebbe andato a farsi friggere.
 E poi, non potevo certo dirgli che l’Uomo Nero si era impossessato di lei rendendola una specie di marionetta!
Chiusi gli occhi, cercando di dimenticare per un momento tutto quel casino, dedicandomi solo al onnipresente canto dei grilli e al venticello che mi spettinava delicatamente i capelli.
 Lanciai uno sguardo ai tre e notai che Merida era irrequieta.
Si affacciò da sotto la tettoia. I suoi occhi azzurri brillarono sotto i raggi lunari rendendoli ancora più cristallini di quanto non erano tutti i giorni. Ebbi un brivido che mi percorse da capo a piedi.
La principessa si alzò in piedi e si avvicinò all’albero. Iniziò ad arrampicarsi, fino a raggiungermi sul ramo.
Ogni secondo che passava, il cuore mi batteva sempre più forte, tanto che mi costrinse a credere che ben presto mi sarebbe venuto un infarto.
Si accomodò sul ramo accanto al mio e gettò la testa all’indietro alzando gli occhi sulle stelle che brillavano nella notte come diamanti. -Tutto bene?- chiesi insicuro.
- No. – disse semplicemente. Respirò profondamente. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. La luce della luna la rendeva una bambola di porcellana, facendo risaltare i suoi mille boccoli rossi. Osservai come il suo petto si alzava e abbassava armoniosamente e il suo sguardo si perdeva nell’immensità del cielo notturno.
-Perché?- chiesi sentendomi in un certo senso di troppo in quel quadro perfetto natura-uomo.
Abbassò lo sguardo e scosse la testa. –Non è solo per mia madre e mio padre, so che loro due stanno bene, si insomma, sono i miei genitori, dopotutto. E’ una sciocchezza.- sussurrò. Io la osservai cercando di spronarla a continuare.–Un sogno.- concluse.
-Racconta.-
-Sono rinchiusa in un gabbia, e al di fuori di essa ci sono tutte le persone che amo, trasformate in mostri. Poi la gabbia si apre e cado nel buio… poi dal nulla appare..- si bloccò sgranando gli occhi.
Aggrottai le sopracciglia. –Appare?
- Emh…- nascose il suo viso  tra i capelli ricci e deglutì nervosamente. –…un… un orso.
Quel sogno dovevano essere le sue più profonde paure, come aveva detto Pitch. Sicuramente, aveva una gran paura che tutte le persone a lei care cadessero nel baratro, e magari aveva paura degli orsi.
–Capisco… - che strana ragazza… Mi ritrovai a pensare. Prima era una furia che stava per prendermi a pugni, poi diventa un agnellino spaventato in cerca di conforto.
Alzò lo sguardo su di me, facendomi rabbrividire nuovamente. Iniziava a darmi fastidio. E poi, quelle cose che mi svolazzavano nello stomaco lo erano ancora più. Mi sentii a disagio. Mi schiacciai contro l’albero cercando di evitare i suoi occhi magnetici che pesavano come tutta la terra.
-Credo che sia solo uno stupido sogno, quindi…- deglutii cercando di darmi un contegno. Insomma! Non riuscivo più a riconoscermi. Mi ero rammollito tutto insieme? -…non credo che…
Lei annuì, cercando di autoconvincersi. –Si, credo che tu abbia ragione.- si girò, lasciando penzolare le gambe nel vuoto sotto di lei. Guardò giù, poi alzò lo sguardo su di me. –Grazie.- sorrise.
Mai, in tutta la mia vita, avevo provato una sensazione del genere. Mi sentii come si una pressa mi stritolasse le interiora fino a ridurle in poltiglia. E poi la sensazione di cadere in un profondo ma inspiegabilmente piacevole baratro.
Osservai senza parole le sue labbra delicate e rosee ridenti. Mi venne voglia di assaggiarle.
Ma che diavolo sto pensando?! Mi rimproverai.
Poi balzò giù, e fu come se tutto quello che provavo in quel momento mi fosse stato strappato via, facendomi in qualche modo, male.
La seguii con lo sguardo. Lei mi stava fissando. –Ehi, nessun rancore per oggi, ok?- chiese.
Io non potei fare altro che annuire come un cretino.
La ragazza andò a sdraiarsi sotto la tettoia di foglie del rifugio.
Mi ci volle qualche minuto per riprendermi e riuscire a staccare gli occhi dalla sua figura dormiente.
- Idiota.- mi dissi.




Angolino dell'autrice:
Sorpresa!! Ho deciso di anticipare la pubblicazione del capitolo! ^-^ Siete contenti? Io spero di si XD
Il precedente era troppo corto, così mi sono detta: Mettiamo il prossimo un pochino prima, così li faccio felici! (almeno spero)
Ma, come avvisato in precedenza, è mooolto lungo! Spero che siate arrivati alla fine!  Beh, se state leggendo queste parole, vuol dire che siete salvi, meno male! XD
Mi sono emozionata da sola a scrivere la parte finale *-* che scema XDXD 
E... ah, volevo ringraziare tutte le persone che seguono\recensiscono la mia storia! Sono così felice che vi piaccia, non lo immaginate nemmeno! TT^TT
Ah, poi volevo dirvi, quando stavo per pubblicare il capitolo ho pensato: Cavolo, siamo già al capitolo 7! Devo rallentare o la storia finirà subito!
...
Ci siete cascati? No? Fa niente ^-^ XD
Vi faccio le solite anticipazioni:
Il giorno n°2 sarà pieno di imprevisti, e i nostri eroi proveranno ad andare a caccia! 
Non sono il massimo delle anticipazioni, ma...
Alla prossima, vostra,
Calamara!!



 

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Capitolo 9
*** 8. Giorno 2 ***


Capitolo 8: Giorno 2
 

Il sole sorse più presto del previsto. Venni strappata dal caldo sonno da un raggio di luce che riuscì a penetrare attraverso il fogliame del rifugio.
Mugugnai sotto voce e mi tirai su. Mi grattai i corti capelli castani che non ero ancora abituata a portare e mi guardai intorno. Hiccup era sbragato scompostamente, prendendosi tutto lo spazio sotto la tettoia, con le narici dilatate da cui proveniva un brontolio simile al grugnito di un suino. Ridacchiai.
Mi voltai dall’altra parte e vidi Merida sdraiata su un fianco, raggomitolata in posizione fetale, con i lunghi capelli ricci che incorniciavano il volto sognante.
Gattonai a quattro zampe e uscii. Mi alzai in piedi e mi stiracchiai, sbadigliando. Era talmente scomodo dormire con un vestito d cerimonia! Abbassai lo sguardo.
Era strappato, sporco di terra e sangue, bagnaticcio e viscido. Rabbrividii, cercando di concentrarmi su qualcosa di diverso dallo scomfort dell’abito.
Mi bloccai ad osservare il pallido sole del mattino che si stava alzando sopra gli alberi ancora addormentati e bagnati dalla rugiada. Faceva fresco, rendendo l’atmosfera tranquilla.
Alzai lo sguardo e vidi Jack Frost che ronfava sonoramente con la testa gettata all’indietro e la bocca spalancata , tanto da farmi temere che prima o poi vi sarebbe caduto qualcosa dentro. Scossi la testa divertita.
Poi sentii un borbottio che proveniva dal mio stomaco. Mi guardai intorno. Avevo un disperato bisogno di cibo, stavo morendo di fame!
Mi umettai le labbra, notando un cespuglio di bacche rosse che mi invitava a provare i suoi frutti dall’aria deliziosa. Mi avvicinai cauta, cercando di non svegliare gli altri e afferrai un paio di bacche.
Le odorai e le osservai bene. Dopo aver constatato che dovevano essere apposto  me le misi in bocca. Masticai per un po’ storcendo il naso per il sapore amaro.
-NO!-sentii gridare dietro di me. Mi voltai e vidi Merida correre verso di me. Mi strappò dalle mani le bacche che stavo raccogliendo e osservò sia il cespuglio, sia le bacche rossastre che aveva in mano.
- Dulcamara.- disse. –Sputala! Subito!
Io alzai le spalle. –Ormai ho ingoiato.
Le lanciò per terra e le schiacciò con foga. –Non dovevi mangiarle! Sono velenose, Rapunzel!
Mi irrigidii. –V- velenose?
-Quante ne hai mangiate?- mi chiese sempre più preoccupata e arrabbiata.
-Due, credo…-
- Cos’è tutto questo casino?!- chiese una voce impastata dal sonno. Proveniva da un albero. Alzammo entrambe lo sguardo su Jack che si stiracchiava e cercava di mantenersi in equilibrio sul ramo. Sbadigliò a bocca aperta, senza curarsi di mettere la mano davanti, urtando il sistema nervoso di Merida, già arrabbiata da prima a causa mia.
La  ragazza lo ignorò,  e si voltò verso di me guardandomi negli occhi. –Ok, i sintomi di chi a mangiato la dulcamara sono: mal di testa , vomito, allucinazioni, angosce e amnesie. Non senti niente di tutto ciò?
-N..no..- stavo rovinando tutto. C’era una sola possibilità di salvare tutte quelle persone divenute mostri e io stavo compromettendo la “Missione”. Pensare che Eugene rimanesse così per sempre mi fece contorcere le budella. -..Io…- stavo per scoppiare a piangere.
-Non possiamo continuare a viaggiare, presto crollerai.- disse la ragazza. –E’ meglio se…
-NO!- Gridai. –Non voglio rallentarci. Dobbiamo sbrigarci a trovare quella strega, non abbiamo tempo da perdere!
Mi scrutò indugiando, poi annuì. –Va bene, ma appena ti senti male, diccelo e ci fermiamo, d’accordo?
Io annuii. Già mi stava venendo un doloroso mal di testa...
 
 
Mi chiesi se fosse stata una buona idea lasciare da soli Jack e Rapunzel. Avevo una paura tremenda che se avesse avuto una crisi inseguito all’ingerimento delle bacche, lui non sarebbe stato ingrado di aiutarla, ma come potevo lasciar andare da solo Hiccup a procurare la colazione?
Avrei tanto voluto rimanere con lei. L’avevo fatta sdraiare nel rifugio, nonostante i suoi capricci e si era rilassata un po’,ma non avevo idea di quanto avrebbe potuto durare.-Sbrighiamoci a trovare acqua e cibo. -
Il vichingo annuì. Avevamo raggiunto una specie boschetto più fitto, dove l’aria era fredda ed immobile, tanto da creare nuvolette di condensa a ogni respiro.
-Oh, guarda..- Hic si allontanò, indicando un ceppo di legno marcio con sopra incastrata un’accetta. La afferrò saldamente e la scastrò tirando con forza e osservò la lama da vicino. –Siamo fortunati, è ben arrotata.
Ci bloccammo. Ci scambiammo un’occhiata fulminea sentendo un fruscio di foglie spostate intorno a noi. Strinsi il bastone di Jack che avevo preso in prestito (strappandoglielo di mano) e mi concentrai sulla caccia.
Feci un cenno a Hiccup, indicandogli di andare a sinistra, mentre io andavo a destra.
Osservai attentamente la vegetazione, con il sangue che mi pompava a mille nelle vene e la tensione che mi dava allo stomaco. Sentii un grugnito e mi voltai di scatto. Vidi Hiccup atterrato da… uno di quei mostri.
Mi irrigidii. Com’era possibile, dannazione?!
Hiccup era sdraiato sotto di lui e si dimenava , cercando di non farsi mordere dal ragazzo che lo sovrastava.
Il vichingo bloccava i suoi morsi con il manico dell’ascia, creando abbastanza distanza tra la bocca munita di denti affilati e il suo naso. Caricò le gambe e scalciò con tutta la forza che aveva in corpo, scaraventando il mostro contro un albero e facendolo svenire, apparentemente.
Si alzò in piedi velocemente ripulendosi il volto dalla bava. –Ma che diavolo… che ci fa quel coso qui?
C’era una sola risposta. –Sono usciti dal palazzo.-mormorai con gli occhi sgranati. –Forse lui è il solo…
Non feci in tempo a pronunciare altre parole che delle ombre ci accerchiarono. No, non era solo.
Vi erano altri cinque mostri come lui, che ci osservavano con quegli occhi neri, ghignavano e sbavavano famelici. Io e Hiccup ci mettemmo spalla contro spalla e ci guardammo attorno.
-Io ne prendo due, ne ho già fatto fuori uno.- sussurrò quasi ridacchiando serrando le dita attorno all’ascia.
-Bel gentiluomo che sei.- feci.
-Sono un vichingo, non un gentiluomo.-
Uno dei mostri, una donna, scattò verso di me. Io mi preparai a contrattaccare. Roteai  il lungo bastone, tracciando un semicerchio intorno a me e lo abbattei con tutta la forza che avevo sulla tempia della donna, scaraventandola di lato, avendo giusto il tempo per vedere un altro mostro che avanzava, e di prepararmi al duro colpo che tra poco mi avrebbe travolto.
Cademmo insieme sul terreno umidiccio. Nell’impatto, l’ometto che mi aveva afferrato perse la presa su di me, facendomi rotolare via, strappandomi via il fiato dai polmoni. Ebbi solo il tempo di scuotere la testa per riprendermi che il mostro iniziò a strisciare verso di me a bocca aperta usando i gomiti, scoprendo i denti fetidi e ricoperti di sangue.
Deglutii e indietreggiai. Afferrai il bastone li vicino e glielo conficcai con forza in gola a pochi centimetri da me, dilaniandogli la trachea.
Un fiotto di sangue nero spruzzò dalla bocca squarciata, schizzandomi in faccia. Rantolò e poi si accasciò per terra. Notai che i suoi occhi sbarrati schiarirono, tornando lentamente alla loro forma originaria.
E fu quello che mi shockò di più. Era solo un uomo. E io l’avevo ucciso.
Ero un’assassina?
Mi bloccai a guardare il cadavere martoriato dell’uomo davanti a me, con delle lacrime che iniziarono a pizzicarmi gli occhi, isolandomi da tutto ciò che accadeva intorno a me.
-MERIDA!- mi chiamò una voce lontana. Alzai lentamente lo sguardo per vedere a chi appartenesse, non riuscendo a riconoscerla. Hiccup era qualche metro più in là, con la gamba ferita e chiamava il mio nome. Mi stava avvertendo.
L’ultimo di quei mostri rimasto in vita si stava lanciando contro di me. Mi afferrò per i capelli e mi tirò su. Gridai dal dolore. Non avevo più forza per combattere. Guardai negli occhi quel mostro, un uomo alto quasi due metri dalla faccia segnata da profondi morsi. Cercai di divincolarmi, ma la sua presa era ferrea. Sembrava divertirsi nel vedermi soffrire.
- Hiccup!- Gridai.- Tagliali!-
Il vichingo si avvicinò il più velocemente possibile (quanto la sua gamba gli permetteva) e con un gesto secco mi tagliò di netto i capelli, facendo rimanere con un palmo di naso il gigante dagli occhi neri.
Caddi pesantemente sul terreno fangoso, ma non c’era tempo per riprendersi. Dopo un’occhiata fulminea scambiata con Hic, decidemmo che serviva un attacco combinato per abbattere quel colosso.
Estrassi velocemente il bastone dalla gola dell’ometto e lo abbattei con violenza sulle ginocchia del mostro, rompendo le rotule.
Il gigante stramazzò a terra, gridando dalla rabbia e dal dolore. Hiccup lo finì caricando dietro la testa il colpo e fendette l’aria con l’accetta trapassando il cranio con la lama, spaccandolo in due. Il colosso si arrestò e dallo squarcio sul capo fuoriuscì un fiume di sangue e materia celebrale.
Il vichingo rimase un attimo ad ansimare, cercando di riprendere fiato e prendere atto di ciò che aveva appena fatto. Rimanemmo in silenzio entrambi.
Mi guardai attorno, cercando di ricacciare giù il conato di vomito che si faceva largo nella mia gola. Cadaveri sanguinanti, ecco ciò che vedevo.
Erano sei, sei persone innocenti affette da qualche specie di infezione uccise da noi. Eravamo assassini?
Era questa la domanda che continuava a martellarmi la mente, mentre osservavo i corpi senza vita di quelle… vittime. Poi una mano calda si posò sulla mia spalla, facendomi sobbalzare.
Mi voltai e vidi il viso di Hiccup stravolto quanto il mio che mi osservava preoccupato. –Stai bene?
-Si. - no, no che non stavo bene.
Mi alzai barcollando e recuperando il bastone. Nel farlo osservai la mano del gigante, piena di boccoli rossi. Mi toccai i rimanenti sulla mia testa. Cosa avrebbe detto mia madre? Mi ritrovai a scuotere la testa nell’ immaginarmi le storie che mi avrebbe fatto se solo mi avesse visto in quello stato.
Mi voltai verso il vichingo. –Come ti senti?- chiesi riferendomi alla gamba.
Lui abbassò lo sguardo. –E’ solo un graffio.-
Io abbozzai un sorriso amaro. –Bugiardo.- E così mi ritrovai a fasciare con un lembo del mio ormai non più riconoscibile abito, una gamba martoriata dal taglio netto di un’ascia. –Come diavolo hai fatto a ferirti con la tua stessa arma, me lo spieghi?
-E’ una lunga storia…- fece vagamente. -…Acqua in bocca con gli altri, d’accordo?
Annuii con un sorriso a fior di labbra. Quando ebbi finito mi tirai su e aguzzai le orecchie. Sentivo un leggero rumore si acqua scrosciante. Scattai e iniziai  correre nella foresta.
-Ehi, Merida aspettami!- sentii la voce di Hiccup brontolare.
 
-Jack, ho sete…- sussurrò. La osservai. Sembrava in preda ad un’agonia, poveretta. Aveva le guance arrossate e tutto il corpo era sudato e percorso da spasmi. Era raggomitolata su se stessa sentendo un dolore lancinante allo stomaco. –Jack…
Non sapevo dove mettere le mani,(se non nei capelli) accidenti! Cosa potevo fare? Non potevo mica far apparire acqua dal nulla. Beh, forse si, potevo, ma non avevo il bastone con me, e quindi sarebbe stato impossibile far nevicare, di conseguenza non potevo creare ghiaccio, ne tanto meno acqua ghiacciata.
-Torneranno presto, non ti preoccupare.- mi limitai a dire, cercando di sdrammatizzare. Le posai dolcemente una mano sul braccio per tranquillizzarla.
-Sei freddo..- mormorò ad occhi chiusi. –Perché sei sempre così freddo?
Deglutii. –Non lo so..
Dannazione, ma quanto ci mettono?! Pensai furiosamente. Come gli era venuto in mente di lasciarmi solo con una povera malata? Era Merida quella che sapeva tutto sulle bacche velenose che aveva mangiato, non io! Io che avrei potuto fare? Potevo solo sperare che si sbrigassero.
Ebbe un altro tremito. Ogni minuto che passava avevo sempre più paura che le succedesse qualcosa di irreparabile. Cercò di aprire gli occhi.
- Eugene? Sei tu?- chiese con un filo di voce abbassando lo sguardo su di me. Mi bloccai. E adesso chi era questo tizio? Lo sposo, immaginai. Merida mi aveva detto che forse avrebbe potuto avere delle allucinazioni, quindi era normale che mi scambiasse per qualcun altro.
- Emh.. no, non sono Eugene.-
Lei iniziò a singhiozzare. –Eugene…- delle lacrime le rigarono il volto mentre sobbalzava. –Dove sei…?
Raggelai. Non avevo mai visto una ragazza piangere così. Beh in realtà, non avevo mai visto piangere una ragazza in generale. In quel momento mi si spezzò il cuore. –Tornerà presto anche lui, vedrai…- cercai di riparare il più possibile.
La ragazza mi afferrò un lembo della mantella e strinse forte. Si tirò su e stinse forte gli occhi per scacciare via il dolore alla testa. Non riuscendo a rimanere seduta, si accasciò contro di me, appoggiando la testa tra l’incavo del collo e la spalla. Sobbalzai. Il suo corpo era bollente in confronto al mio, che era gelido.
Proprio in quel momento comparvero i due cacciatori da dietro un albero.  
Hiccup era davanti e portava in mano un coniglio stecchito e un’accetta sporca di sangue mentre Merida gli era dietro. Qualcosa dentro di me gioì ne vederla che stava bene, ma c’era qualcosa che non andava.
Stava alzando il vestito ridotto a brandelli per superare un tronco caduto quando alzò gli occhi su di me. Incrociammo i nostri sguardi per un secondo. I suoi occhi erano glaciali, freddi.
Scosse la testa e raggiunse Hiccup.
-Abbiamo portato la colazione! Anzi, il pranzo!- fece il vichingo lasciando cadere a terra il bottino con l’arma grondante di sangue. Qualcosa mi diceva che non l’avevano usata solo per uccidere il coniglietto.
–Come sta la sposa?-chiese.
La rossa lo sorpassò e si inginocchiò davanti a noi. Ecco cosa c’era che non andava! I capelli della ragazza erano... come se fossero stati strappati via. E aveva anche parecchi graffi sul volto e sulle braccia.
-Che cosa è successo?- chiesi automaticamente.
-Siamo sta…- iniziò Hiccup, subito interrotto dalla rossa.
-Niente. E ora levati di mezzo.- lasciò cadere al suolo il bastone che mi aveva rubato e si avvicinò alla ragazza. Io mi scostai, lasciandola fare. Ma che diavolo le era preso?
Non è che avesse scoperto del mio patto con Pitch…? Deglutii a fatica, osservandola misurare la temperatura della sposa servendosi solo della mano.
Ma che aveva da lamentarsi?! Avevo o non avevo salvato la sua anima dalle tenebre e dalla paura offrendo la mia in cambio? Non doveva essere più che riconoscente?!
Scossi la testa, arrabbiato. E mi infuriai ancora di più vedendo che il mio bastone era quasi spezzato.
-Ehi!- gridai afferrandolo per assicurarmi che non fosse troppo danneggiato. –Cosa hai fatto?! Mi hai quasi spaccato il bastone!
Lei si voltò verso di me, con gli occhi che le ardevano dalla furia. –E allora?! E’ soltanto uno stupidissimo bastone! Se ne trovano a centinaia dappertutto!
Ok, adesso aveva toccato il fondo. Ero sicuro che quel bastone non sarebbe arrivato a domani, perché glielo avrei spaccato in testa, ora. –Non è la stessa cosa! Non hai idea di quanto valga per me!
-Ok, ragazzi, adesso piantatela.- Hiccup si mise in mezzo. Alzammo entrambi lo sguardo su di lui, e il vichingo ci fece cenno col capo, indicandoci Rapunzel li vicino. Che ci osservava con gli occhi socchiusi, preoccupata. –Non so se ve ne siete accorti.
Merida abbassò lo sguardo sulla ragazza, improvvisamente calma. –Hai ragione.- fece una pausa per ragionare. Poi continuò. - Hiccup, ho bisogno dell’acqua e Jack..- si voltò verso di me, con un’espressione spenta in volto. –… Sai cucinare lo spezzatino di coniglio? Punzie ha bisogno di mangiare.
Mi persi in quegli occhi vuoti e scrollai le spalle, rendendomi conto che era distrutta, anche se tentava in tutti i modi di farsi vedere dura e sicura, nascondendo la paura e l’angoscia dietro quella maschera d’acciaio che ogni tanto si crepava, lasciando intravedere le sue vere emozioni.
Aggrottò le sopracciglia. –Sei  proprio inutile.- disse.
Io la imitai. –Devo ricordarle le innumerevoli volte che le ho salvato il suo regale fondoschiena, principessa?
Merida sbuffò e mi lanciò un’occhiataccia. Intanto Hiccup si tolse la giacca strappata, facendo attenzione. Alzai un sopracciglio. –Cos’hai la dentro?
-Acqua. – rispose passandola alla rossa dai capelli corti.
-Ti sei messo l’acqua in tasca?- chiesi di nuovo in tono divertito.
Lui fece spallucce, tendendomi la mano con un sorriso. –Vieni, prepariamo il pranzo.-
 


Angolo dell'autrice:
Ciau! Ben venuti a questo nuovo capitolo, io sono Calamara, e oggi sono... in ritardo. Lo so TT.TT ma la scuola mi sta letteralmente uccidendo! Non ho mai tempo di aggiornare, fate:
Tantissimi compiti + computer giurassico x compiti in classe = Io che vi chiede perdono in ginocchio.
Infatti, chiedo ancora scusa, perchè non so se farò in tempo a rispondere alle recensioni che mi lasciate... TT^TT come già fatto. Mi dispiaceeeeee!!! Sappiate che io le apprezzo moltissimo, e non vuol dire che se non rispondo non le leggo!! Mi impegnerò di più, lo giurooo! >.<
Ok, basta lamentele, e passiamo alla storia!
Rapunzel avvelenata: la Dulcamara è davvero una bacca velenosa, mi sono informata u.u poverina...Ha..ha.. HAHAHAHA! >=D
Hiccup e la sua accetta: ho di recente visto "la leggenda del cacciatore di vampiri" e ho detto: anche io voglio un'accetta squarta-persone *^* ù
Jack e il suo bastone: penso che il bastone x Jack sia molto importante, perchè è l'unico ricordo che abbia del suo passato, giusto?
Anticipazioni:::
Il giorno 2 non è ancora finito: ci saranno incubi da incubo e discussioni serie. Ah, vi anticipo anche che sarà corticello, ma per il prossimo ancora sarà una festa di sangue!!! >=D
Alla prossima,
vostra,

Calamara

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Capitolo 10
*** 9. Giorno 2 (parte 2) ***


Capitolo 9: Giorno 2 (parte 2)

 
 
Mi guardai intorno. Non era facile vedere, ma riconobbi il luogo dove mi trovavo. Era la torre. La torre dove ero stata rinchiusa per 16 anni. Era buio, le finestre erano tutte chiuse, e faceva freddo.
Sentivo le ossa tremare per il gelo. Mi avvicinai correndo alla finestra che usava Madre Gothel per entrare a cercai di aprirla. La strattonai e la presi a pugni, ma non c’era verso di aprirla.
Sentii qualcosa sgusciare dietro di me e mi voltai di scatto, sentendo qualcosa di gelido che mi sfiorava il collo.
-Chi c’è?- balbettai con un filo di voce.
Le porte della mia camera si spalancarono, facendomi sobbalzare. Dalla soglia comparve una figura avvolta in un mantello nero, con il cappuccio tirato su. Gemetti, riconoscendo chi fosse.
Madre Gothel si tolse il cappuccio, rivelando il suo volto. Inorridii quando vidi che era vecchia. Non era la donna che mi aveva costretta a vivere nella torre, giovane e bella, ma una vecchia dal volto pieno di rughe che le raggrinzivano il viso crucciato. Aveva uno sguardo minaccioso.
Si avvicinò, scendendo le scale di legno che scricchiolarono dolorosamente sotto il suo peso.  
Sussurrò qualcosa con la voce simile a delle unghie che grattavano contro una lavagna di ardesia. Afferrai la prima cosa che mi capitò sotto mano (una scopa) e la brandii contro di lei. –Non ti avvicinare..- le intimai con voce insicura.
Era davanti a me.–Cosa hai fatto? COSA HAI FATTO?!- gridò per poi dissolversi in cenere.
Il mantello ormai vuoto svolazzò fino a toccare il pavimento.Era come rivivere la scena di un anno fa. Sentii qualcosa rompersi dentro di me.
Delle lacrime mi punsero gli occhi e iniziarono a colare lungo le guance. Me le asciugai una con il dorso della mano, e  sobbalzai, quando mi accorsi che era sangue.
La finestra di legno dietro di me si spalancò e un vento glaciale mi investì. Qualcosa di gelido mi afferrò e mi trascinò giù. Caddi e gridai con tutto il fiato che avevo in gola, perdendo la presa sulla scopa.
Atterrai su una superficie trasparente, sbattendo forte la schiena. Mi alzai in piedi, barcollando sui piedi instabili e mi guardai intorno. Sembrava estendersi all’infinito, nel buio. La cosa che mi atterrì di più fu cosa c’era al di sotto della lastra di vetro.
Vi erano mostri dagli occhi neri. Protendevano le mani verso di me e si ammassavano gli uni sugli altri per raggiungermi. Sgranai gli occhi e indietreggiai, immediatamente seguita da loro sotto di me.
-Ti piace lo spettacolo?- chiese una voce scura e lugubre.
Mi voltai lentamente, quasi mi si fosse pietrificato il sangue nelle vene e mi impedisse di muovermi.
Eugene era dietro di me, con gli occhi neri e crudeli. Un ghigno stampato in faccia e le braccia incrociate sul petto.
- Eugene…- sussurrai. –No. - mi ripresi subito.-Tu non sei Eugene.- mi girai completamente nella sua direzione.
–Allora chi sei?
Lui si avvicinò fino a che non fu un passo da me. Strinsi forte il pugni mentre mi prendeva una ciocca di capelli e me la metteva dietro l’orecchio. Poi si abbassò alla mia altezza e sussurrò:
-Il tuo peggiore incubo.-
Sentii che la lastra sotto di me spariva e io caddi, gridai. Venni risucchiata dai mostri.
Spalancai gli occhi.
 
 
Ok, non ero il massimo nell’accendere un fuoco. E neanche Jack, che era freddo come il ghiaccio. Strofinai ancora una volta il bastoncino tra le mani, premendo con più forza contro il ciocco di legno irregolare, irritando ancora di più le vesciche che mi si erano formate a forza di sfregare.
Mi asciugai la fronte imperlata di sudore e mi osservai le mani. Erano ridotte in uno stato pietoso. Feci un lungo sospiro.
-Jack, non è che potresti darmi una mano, vero?- chiesi voltandomi verso di lui.
Era seduto su una roccia con il bastone in mano, e cercava di restaurarlo usando della resina di un albero.
-Sono occupato.- rispose senza neanche degnarsi di alzare lo sguardo. Feci un altro sospiro. –Non è colpa mia, prenditela con lei.
Merida lo raggiunse per fronteggiarlo nonostante fosse più bassa di lui di qualche centimetro.
Un altro sospiro. Quella convivenza si stava rivelando un disastro. Quei due litigavano continuamente e toccava a me separarli, perché Rapunzel era fuori uso. Prima o poi, pensai, si sarebbero azzuffati come due ubriachi nella taverna di Berk. Già, Berk. Chissà cosa stava combinando mio padre?
Aveva detto che mi avrebbe raggiunto al matrimonio con Sdentato, chissà che fine aveva fatto..?
Alzai le spalle, sospirando ancora una volta.
-Ehi, Hic, tutto bene?- chiese Merida, ignorando l’ennesimo commento di Jack per sedersi accanto a me. Aveva fatto bere Rapunzel e ora sembrava star meglio. Stava dormendo, anche se ogni tanto era pervasa da spasmi. Merida aveva detto che era normale e che per ora non c’era da preoccuparsi.
-In effetti potrebbe andare meglio.- feci.
L’altra sorrise. –Da, faccio io. - mi tolse gentilmente il legnetto dalle mani e iniziò a sfregare velocemente al posto mio. Dopo qualche secondo, schizzò una scintilla. Poi iniziò a fumare, così Merida si chinò e soffiò. In poco tempo i ciocchi di legno iniziarono a bruciare, creando un bel fuocherello caldo.
-Come hai fatto?- chiesi sinceramente stupito. Quella ragazza sapeva fare tutto, accidenti!
-Sai, quando sei una Dunbroch ti trovi a saper fare un poi’ di tutto.- disse sorridendo.
-Una Dunbroch, eh?
Grazie a Merida riuscimmo a cucinare bene il coniglio alla brace, e sembrava davvero delizioso. Metà andò a Rapunzel, che vomitò tutto per poi tornare a dormire, l’altra metà la dividemmo io, Jack e Merida.
Non era abbastanza, infatti stavo ancora morendo di fame, ma preferii starmi zitto.
Il resto della giornata decidemmo di far riposare la sposa per permetterle di “viaggiare” il giorno dopo e decidemmo le tappe da percorrere per arrivare dalla strega.
Dovevamo raggiungere il villaggio andando verso sud, da lì avremmo preso una mappa che ci avrebbe aiutato. Proseguendo sempre verso sud avremmo incontrato un lago, abbastanza vicino al suo castello. Da lì  avremmo preso un sentiero e ,affermò la rossa, guidati da “fuochi fatui” saremmo arrivati.
-Fuochi fatui? Ci credi davvero?- feci alzando un sopracciglio. Era ormai sera, l’aria era fredda e il fuoco rischiarava i nostri volti. Io Merida e Jack eravamo seduti attorno al focolare a riscaldarci.
-Certo che ci credo, io li ho visti.- disse fermamente alzando lo sguardo su di me.
-Sono solo storielle. Quelle dei fuochi fatui che ti conducono al tuo destino, sono favole per bambini.- dissi ancora. Non potevo credere che una ragazza come lei potesse credere a quelle cretinate.
-Ma io li ho visti, ti dico!- iniziava a arrabbiarsi. Era incredibile quanto fosse irascibile. –Mi dai della cieca?
Io scossi la testa, mettendo fine ala discussione.
Jack si voltò verso di noi e aggrottò la fronte.- Ora che Rapunzel dorme, potreste ,per favore, dirmi che cosa è successo nel bosco?
Guardai Merida. Lei abbassò lo sguardo sul fuoco. –Siamo stati attaccati da loro. Sei in tutto.
Vidi Jack raggelare. –Avete…
La ragazza alzò al testa di scatto, con uno sguardo indecifrabile. –Si, li abbiamo fatti fuori tutti, se è questo che vuoi sapere.
C’era qualcosa di duro nella sua voce, come se non volesse accettare il fatto che combattere fosse giusto.
- Merida, quello che stiamo facendo è la cosa più giusta da fare. Non biasimarti per questo.-
Si voltò verso di me, colta di sorpresa. Poi quella sorpresa guizzò via. –Lo so. – si sistemò meglio sul tronco caduto su cui era seduta. –Dovete giurarmi che voi non diventerete come loro. Non ce la farei mai a affrontarvi. Dovete prometterlo.
Io e Jack, non potemmo fare altro che annuire. Poi una vocina sommessa si fece sentire da lontano. –Lo prometto.
Noi sobbalzammo e alzammo lo sguardo su Rapunzel, la quale si alzò e si voltò verso di noi. Aveva sentito tutto.
–Sarò fiacca e non servirò a nulla ma le posso reggere queste notizie.- disse con un sorriso amaro sul volto.
–Non voglio che ci siano segreti tra di noi, si insomma, se vogliamo sopravvivere dovremmo essere sinceri gli uni con gli altri, non trovate?
Io annuii. –Hai ragione. Ok, promettiamo solennemente che non diremo mai bugie. Io lo prometto.
Merida sorrise, finalmente. – Lo prometto.
-Prometto.- disse Rapunzel.
Tutti ci concentrammo su Jack, che non aveva ancora proferito parola. Si grattò nervosamente la testa.
-Eh… si, è una promessa.-




Angolo dell'autrice:
Buona sera, signori! Già avvertiti, non rompete u.u è coooorto, ma sappiate che il prossimo chappy sarà molto meglio, dovete solo avere un pochino di pazienza. ^-^
Ma, torniamo alla storia:
L'incubo di Rapunzel: Mi diverto troppo a scrivere degli incubi! Puoi sbizzarrirti in tutte le tue fantasie perverse, perchè nei sogni può accadere di tutto!! (tipo Nightmare *-*) E, si, ce ne saranno altri! Lasciatemi divertire! >.< 
Giornata fiacca? Si rifaranno, non preoccupatevi!
A tal proposito, vi faccio delle anticipazioni:
I nostri eroi arriveranno al villaggio che scopriranno essere ???, poi ci sarà un ??? che li ??? tutti! >=D
Ah, dimenticavo, Merida ??? e Rapunzel ???.
Spero di avervi incuriositi, XD
Alla prossima, vostra,
Calamara




Ps: Avete visto?? Oggi sono stata puntuale!! XD

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Capitolo 11
*** 10. Giorno 3 ***


Capitolo 10: Giorno 3

 
Iniziammo a camminare di buon’ora quella mattina, capendo finalmente che in fondo, non ci trovavamo così lontani dal villaggio. Camminammo per circa un’ora in mezzo alla foresta, con Merida che portava sulle spalle Rapunzel, la quale sembrava stare meglio, molto meglio.
Diceva che aveva ancora un po’ di mal di pancia, ma l’emicrania era passata, come i tremiti e i formicolii.
Io ero davanti a tutti, osservando eccitato il villaggio che si avvicinava sempre di più. Jack era quello più in disparte, dietro a tutti. Rallentai per raggiungerlo, facendo passare avanti le due ragazze.
-Ehi, Jack. -lo chiamai. Lui alzò lo sguardo su di me, posando il bastone alto quanto lui sulla spalla. –Non sembri in forma, qualcosa non va?
-Ah, no,no. E’ tutto a posto.- fece generico.
–Ieri hai detto che questo bastone vale tanto per te, perché?
Lui sembrò sorpreso. Scrollò le spalle con disinvoltura. –Beh, è un ricordo.
Che strano ragazzo, pensai. –Da dove vieni?
-Mi stai facendo il terzo grado?- mi chiese a sua volta alzando un sopracciglio e abbozzando un sorriso.
-Era solo per chiedere.- feci. –Oh, ecco, ci siamo!
Aggrottai la fronte, come tutti gli altri. Ci bloccammo, e ci guardammo intorno.
 –C’è qualcosa che non va..- sussurrò Merida.
Non si sentiva nulla. Non un rumore. Soffiava solo vento freddo che ti scompigliava i capelli mandandoteli tutti in faccia. Nessun vociare di persone o urla divertite dei bambini. Eppure era mezzogiorno passato e il villaggio doveva essere in pieno fermento.
Facemmo qualche passo avanti, entrando nella via principale del villaggio. Si sentivano solo i rimbombi inquietanti delle nostre scarpe sui sampietrini.
-Dove sono tutti?- chiese Rapunzel. Scese dalle spalle della rossa e avanzò qualche passo. Si guardò intorno con sguardo perso che, lentamente si tramutò in disperazione. Dagli occhi verdi incominciarono a sgorgare lacrime. Deglutii, intravedendo dalla porta semi-aperta di una casa, un cadavere dilaniato e macchiato di sangue.
 I mostri.
Avevano ucciso tutti. 
-Ehi!- gridò la sposa. –C’è qualcuno? EHI!
La sua voce risuonò anonima tra le mura fredde delle casette. Nessuna risposta.
Merida le posò una mano sul braccio, facendola girare di scatto nella sua direzione. –Punzie, forse è meglio se vieni con me. Andiamo a prendere qualche medicina e ci cambiamo. Sono due giorni che stiamo con questi vestiti.
Lei la guardò per un secondo, con gli occhi persi nel vuoto e poi annuì.
Mentre la rossa mi lanciava uno sguardo d’intesa, io mi avvicinai a Jack. –Ehi,- sussurrai. –Vediamo se qualcuno è ancora vivo e prendiamoci delle scorte.-
Il ragazzo annuì e insieme ci incamminammo nella direzione opposta alle ragazze.
Il villaggio era desolato. Vi erano ancora i panni stesi fuori dalla finestra che sventolavano e alcune candele accese. Mi bloccai quando arrivammo nel piazzale centrale.
Vi era una fontana circolare al centro. O doveva esserlo un tempo. E corpi.
Vi erano cadaveri accasciati e sventrati ai bordi della fontana, dentro vi  galleggiavano a pancia in sotto, tingendo di rosso l’acqua. Schizzi di sangue scuro imbrattavano l’acciottolato e i muri delle case. Un rumore insistente di mosche che ronzavano sui corpi squartati mi faceva venire la pelle d’oca. Deglutii, con la bocca improvvisamente asciutta.
-Non credo ci sia qualcuno vivo, Hic. - fece con un filo di voce Jack, accanto a me.
Annuii lentamente mentre mi voltavo verso di lui. –Dobbiamo trovare il mercato.
Lui distolse lo sguardo. Già, dovevamo, ma nessuno aveva il coraggio di avanzare. Strinsi la mano a pugno. Dovevamo trovare in fretta la cura, prima che questa cosa si sarebbe espansa fino a comprendere tutta la terra. Fino a comprendere anche Berk.
Alla fine, insieme, facemmo un passo avanti, e poi un altro, come un congegno meccanico, anche se era difficile cercare di distogliere lo sguardo dai corpi di quei martiri.
 La cosa peggiore era che non ci accorgevamo che qualcosa, dietro di noi, si stava muovendo.
 
- Rapunzel, dove si trova un negozio di vestiti dove possiamo cambiarci? Dopo, con calma, andiamo a prendere un antidoto che ti aiuterà a guarire completamente.- mi chiese. Io mi voltai verso di lei, sentendo la sua voce lontana.
Non potevo credere che gli abitanti del nostro villaggio erano morti tutti. Quei mostri, erano usciti dal palazzo e avevano sterminato la popolazione. Tutti.
Anche la fioraia, le bambine con cui giocavamo io e Eugene, e il panettiere con sua moglie. Tutto il mio mondo si stava sgretolando lentamente. Sentivo mancarmi la terra sotto i piedi.
Ormai le mie uniche certezze erano loro.
Ormai le mie uniche certezze erano quei tre ragazzi, loro mi tenevano tutta insieme, altrimenti mi sarei infranta in mille pezzi come le mie convinzioni, i miei sogni, la mia vita.
Solo loro.
-Eccolo.- gemetti indicando una porta di legno dipinta di verde chiaro. Merida annuì e mi prese per un braccio, capendo che mi costava una fatica enorme fare anche solo un passo.
Mi trascinò davanti alla porta e mi fece entrare. L’interno era come l’avevo visitato l‘ultima volta. Con l’eccezione che non c’era anima viva dentro.
Mi sedetti su uno sgabello basso e la vidi guardarsi intorno. Poi avanzò verso una pila di vestiti.
- Merida.. quelli sono da uomo..- dissi.
Lei si voltò verso di me. –Già. Non è esattamente comodo correre nella foresta con gonna lunga e tacchi a spillo, non trovi?- chiese facendomi l’occhiolino.
Io annuii accennando un sorriso. Solo la loro presenza riusciva a rallegrarmi dell’incubo che stavo vivendo. La vidi aprire un cassetto e afferrare delle forbici. Le impugnò e tagliò il tessuto dei pantaloni. Poi afferrò una camicia (sempre da uomo) e tagliò anch’essa.
Posò tutto sul tavolo della sarta e si inginocchiò davanti a me, rivolgendomi le spalle. –Ora la parte che mi piace di più. Toglimi questo dannato vestito.- mi intimò.
Io le sbottonai con cura il vestito e le slacciai il corsetto. Lei fece un sospiro di sollievo e si cambiò in fretta.
Indossò i pantaloni tagliuzzati che ora erano corti, le arrivavano neanche a metà coscia, poi la camicia corta anch’essa. Per comodità, immaginai. –Ok, ora tocca a te.
Mi rifiutai di indossare pantaloni da uomo così optò per un vestito, che prontamente accorciò per rendermi più facile una eventuale fuga. Era così bello essersi tolto di dosso quel vestitone pesante e rovinato, che un tempo era l’abito dei miei sogni.
Poi facemmo shopping all’erboristeria, dove Merida fece scorta di antidoti richiudendoli dentro a una sacca e legandosela alla vita. Me ne somministrò abbondantemente. Poi ci dirigemmo dal fabbro, dove lei gioì nel vedere tutto quel “ben di Dio” come aveva detto lei. Si squadrò per bene ogni singola spada e ogni singolo scudo commissionati al fabbro di fiducia del re, che oramai era presumibilmente morto.
Afferrò una lunga spada e la ripose nella custodia che si appese al cinturone di cuoio. Poi afferrò una cotta e se la legò attorno al braccio destro. Infine afferrò un arco d’acciaio e la faretra colma di frecce e se li mise entrambi a tracolla mormorando un: Mi siete mancati.
Poi alzò lo sguardo su di me. –Servirà anche a te un’arma. – ne prese una e me la allungò. –Una balestra. E’ facile da usare e non è pesante. Non questa, almeno.- Io l’afferrai incerta e me la rigirai tra le mani, non avendo idea di come usarla. – Sai, non funzione senza frecce.
Mi allungò anche quelle. Le misi a tracolla e annuii. –Voglio scoprire cos’è tutto questo e cancellarlo.- dissi con voce sicura e determinata che credevo non possedere.
Lei mi lanciò un’occhiata allo stesso modo. –Si, e io ti aiuterò.
Feci per andarmene quando capii di non essere seguita. Mi voltai nella  sua direzione e la ripresi mentre prendeva l’ennesima arma. Si voltò verso di me e mi sorrise, facendomi l’occhiolino.
-Sai, non si è mai troppo prudenti.- fece sistemandosi uno stiletto dalla corta ma affilata lama argentata dietro, sotto la camicia.
 
 
 
Avanzammo per le vie desolate del villaggio per un po’. Era deprimente osservare le case abbandonate e pensare che tutte le persone che prima ci vivevano erano morte. No, non proprio morte.
Erano in stato di trance, inconsapevoli dei loro gesti, troppo occupati a far fronte alle proprie paure.
Era terribile. Proprio quello che aveva vissuto Merida. Doveva essere stato agghiacciante.
Ci fermammo, capendo che finalmente avevamo trovato il mercato.
Era abbastanza grande. Vi erano stand con cibo fresco esposto in casse che si estendeva per tutta la via. Era tutto in disordine.
Le casse erano tutte all’aria, con le verdure spiaccicate per terra, i carri pieni di cavoli freschi distrutti e le gabbie degli animali ammaccate e imbrattate di liquido rosso.
-Ok, troviamo qualcosa di commestibile e andiamocene, questo posto da i brividi.- disse Hiccup. Sembrava sicuro di se. Beh, tutti ci sforzavamo di farlo, senza però esserlo davvero.
Annuii e insieme iniziammo a percorrere il lungo mercato. Osservai Hiccup che si dirigeva verso una cassa di mele che sembrava intatta. Ne afferrò una e la odorò. Sembrava invitante. La morse.
Ne prese altre tre e le misi dentro un sacchetto un po’ logoro. –Allora?- chiese a bocca piena sputacchiando pezzi di mela. –Trovato niente?
Scossi la testa divertito. Fui attirato da un tavolo sul quale era posta della carne secca.
Mi avvicinai e presi un pezzo si salsiccia essiccata. –Ottimo!- fece Hiccup continuando a ruminare come un cavallo. Ne afferrò in quantità notevole e la infilò a forza nella sacca.
Continuammo la nostra passeggiata romantica in mezzo alla più totale desolazione, raccattando di tanto in tanto qualche cosa. Ormai la sacca era strapiena, e avevo paura che presto sarebbe strappata, anche perché il vichingo continuava a imbottirla di roba. –Emh.. Hiccup?- lo chiamai riprendendolo a infilarci dentro un tozzo di pane rubacchiato dallo stand vicino.
-Si?- fece lui continuando a spingere per farcelo entrare.
-Non credo che sia necessario.- feci avvicinandomi.
-Come non è necessario?- fece fermandosi per un secondo. –Si dice che il pane è il cibo dei re. E’ la cosa più nutriente che puoi trovare, sai? E’ pieno di carboidrati che ti aiutano a…
-Si, si, ho capito. Ma la sacca sta per esplodere.
Abbassò lo sguardo sulla sacca e la osservò contrariato. Poi alzò le spalle e si ficcò il pane in bocca.
-Accidenti quanto mangi.- feci  posando il bastone sulla spalla. –Come hanno fatto i tuoi a tirarti su senza morire di fame?
Lui continuò a camminare. –A Berk..- ciancicò. –Sono quello che mangia di meno. Sai, i vichinghi sono mangiatori insaziabili.
-Insaziabili, eh? Eppure tu sembri tanto magrolino..- ridacchiai.
Lui mi lanciò un’occhiataccia e si bloccò, sentendo un rumore di passi che non ci appartenevano. Io lo imitai, guardandolo con guardo interrogativo. –Cosa..?
Poi lo vidi. Era dietro di lui, a qualche metro di distanza. Era un mostro. Una donna.
Deglutii a fatica con la gola secca, pietrificato sul posto e con gli occhi sbarrati.
Ci stava osservando. Il volto giovane e bello era percorso da gocce di sangue rappreso. I vestito stracciato era intriso di liquido rosso e ciondolava sulle gambe instabili e magre e da chissà quanto tempo ci stava seguendo senza ce noi ce ne accorgessimo.
Poi dall’ombra delle case, lentamente, emersero altre figure, simili  a quella più vicina, sinistre e imperterrite. Inizialmente erano lente, come insonnolite, poi, appena alzarono “gli occhi” su di  noi, iniziarono a ringhiare come bestie imbufalite e la bava iniziò a sgorgare dalle loro bocche insanguinate e terribili. Avanzavano, sempre di più, sempre di più, come un esercito di creature dagli occhi neri che sembrava inarrestabile. Erano tantissimi, si muovevano in sincronia, come guidati da una mente sola.
No, erano guidati da una mente sola.
Pitch. Ringhiai mentalmente osservando le persone barcollanti avvicinarsi. Si facevano largo tra gli stand del mercato, calpestando ogni cosa. Osservai i loro volti vuoti, sentendo più di una sensazione sgradevole crescere dentro di me. Paura, rabbia, e ancora paura.
Hiccup si voltò e sgranò gli occhi verdi, indietreggiando. –Jack…?
-Si?-
-Diamocela a gambe!!- gridò a squarcia gola.
 
Ci bloccammo sentendo un urlo. Io e Rapunzel ci scambiammo uno sguardo preoccupato e ci avvicinammo alla finestra. Eravamo dentro uno studio, presumibilmente di uno studioso, che aveva una cartina della Scozia che ci avrebbe aiutato ad accorciare il viaggio.
Sembrava Hiccup. L’urlo recitava uno spaventato –Diamocela a gambe.-
-In che guaio si saranno cacciati?- chiesi a nessuno in particolare. Poi, come per rispondere alla mia domanda, spuntarono Hiccup e Jack Frost, che correvano come razzi. Io aggrottai le sopracciglia e osservai le loro due figure, una più bassa mentre l’altra più slanciata, correre a perdifiato.
-Ma che..?- e come per rispondermi una seconda volta, comparve una folla di mostri dagli occhi neri che rincorreva come una mandria di bisonti imbufaliti i due poveretti.
Rapunzel sgranò gli occhi. –Loro sono…
- Rapunzel, ti prego, abbiamo bisogno di te. Per favore, ho bisogno di te. - la guardai dritta negli occhi, inchiodandola. Arrotolai la mappa e la misi nella sacca delle medicine. –Devi coprirmi, d’accordo?
Lei annuì con gli occhi ancora spalancati. Io aprii la finestra e mi arrampicai sul tetto e aiutai la sposa a raggiungermi. Osservai la folla. Non era veloce e Hiccup e Jack avevano un bel vantaggio, ma… cos’era quella massa informe che avanzava ella loro direzione opposta?
Sobbalzai. Altri mostri. Presto si sarebbero trovati circondati. Iniziai a correre, trascinandomi dietro  la principessa. Raggiungemmo in fretta i due, anche perché si erano fermati. Erano spalla contro spalla, Hiccup  con l’accetta nelle mani tremanti e Jack che brandiva il bastone, per quanto sapesse usarlo.
Ci fermammo anche noi, e osservammo i mostri che li circondavano e li osservavano famelici. Presi tra le mani l’ arco e afferrai due frecce contemporaneamente. Presi la mira. Dio, quanto mi era mancato tirare con l’arco.
Tirai la corda dura e scoccai le frecce. Iniziai a tirarne a raffica, colpendo più mostri che potevo, ma non sembrava servisse a niente, apparte rallentarli. Allora riposi l’arco dietro la schiena e mi rivolsi alla ragazza. –Rapunzel, ora, mira ai mostri, io devo scendere ad aiutarli.
Lei mi guardò spaesata. –Ma io…
-Sarò più utile la sotto. Tu cerca di non ucciderci.- le feci l‘occhiolino cercando di rassicurarla e presi la rincorsa. Chiusi un attimo gli occhi per prendere coraggio, poi iniziai una piccola corsa e saltai giù dal tetto della casetta.
Atterrai facendo una capriola per attenuare la potenza della caduta. Mi rialzai immediatamente in piedi, trovandomi di fronte ad un gruppetto di quei mostri. Sfoderai la spada e inizia a battermi.
Dilaniai il petto di uno di loro e ne infilzai un altro. Lacerai pelli e mutilai arti. Poi sentii una mano gelida tirarmi indietro. Mi lasciai guidare e poi feci un gesto brusco divincolandomi dalla sua presa e mi voltai, puntandogli la spada alla gola.
Sgranai gli occhi vedendo quelli azzurro ghiaccio di Jack Frost che mi osservavano meravigliati e notando che i nostri volti erano vicinissimi, a separarci solo la lama della spada. Deglutii, perdendomi in quei vasti occhi pieni di mistero. Rimanemmo a fissarci per un momento, mentre il mio corpo era pervaso da strani brividi, poi mi decisi ad abbassare l’arma, e scostarmi. Gli diedi le spalle e mi preparai a attaccare di nuovo. -Mi apro un varco tra i mostri, voi seguitemi!- gridai.
Affondai la lama della spada insanguinata nel petto di un uomo che stramazzò a terra. Uno mi saltò addosso da dietro e io gli assestai una gomitata sulla tempia stordendolo. Lo finii infilzandolo con la spada. Avanzai, fronteggiando un mostro che mi si era attaccato alla caviglia e un altra che stava per mordermi.
Bloccai il morso della donna usando la cotta di cuoio che mi ero prudentemente legata all’avambraccio destro e la trafissi con la spada. Mi scollai di dosso il ragazzo attaccato alla gamba assestandogli un calcio sulla mandibola che scrocchiò sinistramente. Poi gliene diedi un altro ancora più energico sulla tempia, facendolo rotolare di lato e facendo cadere altri tre mostri appresso a lui. Continuai a farmi largo tra i mostri, come una macchina fatta per uccidere.
Vidi con la coda dell’occhio Hiccup roteare la sua ascia e squarciare il petto un uomo anziano, per poi passare a mutilare il braccio di una donna che gli aveva afferrato i capelli e tentava di morderlo al collo.
Vidi anche Rapunzel scoccare frecce con la sua balestra e sembrava inarrestabile. Jack si limitava ad assestare bastonate e prendere a calci ai mostri.
Arrivammo in un vicolo sgombro e feci cenno ai ragazzi di lasciar stare i mostri e di seguirmi. Loro annuirono e si liberarono dei loro rispettivi avversari.
Rinfoderai la spada e corremmo affannati nel vicolo, per poi sbucare in un’altra via in discesa. –CAVALLI!- sentii gridare. Rapunzel scivolò giù dal tetto spiovente per poi saltare giù. Atterrò barcollante sui piedi scalzi e indicò due cavalli che nitrivano e scalciavano nel vano tentativo di liberarsi. Corremmo tutti e quattro nella loro direzione.
Io saltai in sella a quello dal manto scuro seguita da Jack, mentre Hiccup e Rapunzel presero quello più chiaro dopo aver slegato le briglie dalle impalcature di legno.
I mostri avevano già invaso parte della strada. Io diedi di talloni e il cavallo non aspettò oltre a partire al galoppo percorrendo la discesa. Il cavallo degli altri due ci seguì all’istante, correndo come se avessero il diavolo alle calcagna. Beh, infondo, era vero.
Strinsi forte le redini del cavallo e gli ordinai di andare più veloce. Sentii sotto di me i muscoli del cavallo guizzare e carburare ancora di più. Mi voltai e vidi  oltre Jack, che devo dire di reggeva a me in modo alquanto fastidioso, i mostri arrancare. Ormai eravamo usciti da villaggio e stavamo correndo nella foresta rada e soleggiata.
Li stavamo seminando!
-FERMI! LÌ C’E’ UN PRECIPIZIO!- Rapunzel non fece in tempo ad urlare che ci ritrovammo sospesi nel nulla. Il cavallo scalciò e cademmo tutti e tre come sacchi di patate. Ci volle un attimo per capire che stavamo precipitando dentro un fiume dalle acque placide ma fredde. I capelli mi frustavano il volto e feci in tempo a riempirmi i polmoni d'aria prima di cadere in acqua con un sonoro tonfo, e devo dire alquanto doloroso.
L'acqua era fredda. Sentii qualcosa di duro colpirmi la testa, facendo mi gridare dal dolore le vie respiratorie vennero invase dall’acqua prima di perdere i sensi.




Angolo dell'autrice:
Ciaoooo! Ben trovati al nuovo capitolo che, come promesso, è più lungo e più avvincente degli altri! (almeno spero XD)
C'è una news... *rullo di tamburi* *squilli di trombe*
Adesso ho istallato word sul computer nuovo!!! *-* Adesso posso aggiornare come e quando voglio,(seee) senza problemi!! ^-^
Quindi non dovrebbero esserci più ritardi dovuti alla lentezza del precedente computer eccetera, eccetera..
Ma, torniamo alla storia..
Mi sono immaginata come un'apocalisse zombie *-* spero di aver reso bene sia le scene di lotta sia quelle "tranquille".  E spero di non aver esagerato con il sangue... Nah, quello non basta mai >=D
Spero come al solito che vi sia piaciuto, ci ritroviamo al prossimo capitolo!
Calamara.



PS: Credevate che vi lasciavo senza anticipazioni, eh? No, altimenti non vi torturo abbastanza u.u 
Ecco a voi: al prossimo chappy darò un po' di tregua ai nostri eroi! Ci saranno momenti Jarida (*-*) e discussioni divertenti, situazioni imbarazzanti e, aimè, divertimento per ricostituire la loro sanità mentale XD.
Ora vi lascio davvero,
vostra,
Calamara 

 

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Capitolo 12
*** 11. Giorno 3 (parte 2) ***


Capitolo 11: Giorno 3 [parte 2] 



-FERMI, LÌ C’E’ UN PRECIPIZIO!- sentii gridare Rapunzel. Merida non fece in tempo ad arrestare la corsa del cavallo che cademmo giù dalla parete a strapiombo.
L’acqua ci inghiottì con un tonfo. Vidi il cavallo scalciare e dare una zoccolata alla testa della ragazza, che svenì quasi subito. Io annaspai nell’acqua nel tentativo di raggiungerla, mentre affondava lentamente. Vidi il suo corpo arrivare quasi sul fondo. Le armi la stavano portando giù.
Nuotai verso il basso, sentendo in quell’acqua gelida qualcosa di familiare.
Terribilmente familiare.
La raggiunsi e mi fermai solo un istante ad osservarla. La luce filtrava attraverso la superficie, facendola sembrare quasi impalpabile, come un’incantevole spettro. I boccoli rossi le fluttuavano pacificamente in acqua e incorniciavano il suo volto rilassato. Le lunghe ciglia toccavano la parte superiore della guancia. Il suo corpo snello e slanciato sembrava quasi essere reclamato dalle acque di quel fiume.
Le afferrai il braccio e la tirai a me.
Sentire il suo corpo contro il mio mi diede una scarica di adrenalina improvvisa. Sentivo il mio cuore battere sul suo. Mi sentivo bene, come in pace con me stesso.
No, ogni volta che ero con lei mi sentivo bene, come completato. Avevo chiesto alla Luna parecchie volte lo scopo della mia vita, ma in quel momento non mi importava affatto. Continuavo a pensare, dentro di me, che aver stretto quel patto con Pitch Black era stata la cosa più giusta che avessi mai fatto nell’arco dei miei cento anni da spirito del ghiaccio.  
 Rimasi sospeso nell’acqua con lei stretta, e sperai che quell’attimo durasse per sempre.
Poi, iniziai a nuotare verso l’alto. Raggiungemmo la superficie e finalmente potei respirare.
Le alzai l viso, così da far respirare anche lei. Mi guardai intorno e vidi Rapunzel e Hiccup scesi da cavallo, su una sponda erbosa del fiume gioire ne vederci sani.
Nuotai verso la riva trascinandomi dietro il corpo di Merida. Appena raggiungemmo la sponda la coricai più delicatamente possibile sull’erba.
Tossicchiai e sputai acqua. Rapunzel e Hiccup accorsero immediatamente. Ci si inginocchiarono accanto e il vichingo mi fece sedere. Io respirai profondamente ancora un paio di volte prima di voltarmi verso di lui.
-I mostri?- chiesi, tossendo ancora una volta.
Lui scosse la testa. –Non si vedono più. Li abbiamo seminati.
Io annuii e volsi il mio sguardo alla rossa. Rapunzel le fece posare la testa sulle sue ginocchia. Ben presto, la ragazza si mosse. Rotolò di lato, mentre vomitava una quantità enorme di acqua. Rantolò e respirò.
Mi sentii più leggero anch’io. Tossì e si mise a sedere, togliendosi dalle spalle l’arco e la faretra e posandole pesantemente a terra. Si passò una mano tremante tra i capelli fradici per toglierseli dal volto.
Alzò lo sguardo su di me. –Perché mi ritrovo a essere salvata sempre da te?- ansimò.
Io sorrisi e scrollai le spalle.
-Non ti perdono se lo fai di nuovo, giuro.-
Accendemmo un fuoco per farci asciugare, poi, secondo la mappa bagnaticcia che era riuscita a prendere Merida, avremmo continuato a camminare verso sud, seguendo il fiume, fino ad arrivare dove sfociava in un lago. Li avremmo continuato a sud e finalmente avremmo trovato il castello dei Dunbroch.
La vidi stringersi nelle spalle per cacciare un brivido di freddo.
Eravamo seduti, io e lei, (Hiccup e Rapunzel erano andati a prendere altra legna) davanti al fuocherello, zuppi, nel tentativo di asciugarci.
Le porsi la mia mantellina che ormai era asciutta. –Prendila.
Lei alzò un sopracciglio, abbozzando un sorrisetto arrogante. –Da quando sei così gentile?
Deglutii. –Io non sono gentile.- cercai di dire con voce ferma, tentando di ignorare la sensazione che continuava a torturarmi lo stomaco. –Solo che se ti ammali non servirai più a nulla.
-Già, e poi chi riparerà alla tua inutilità?- mi rimbeccò afferrando la mantella e mettendosela sulle spalle.
-Non sottovalutare le mie capacità, so fare un sacco di cose. – dissi con fare da saccente.
-Come per esempio specializzato nel rompere le scatole?- sghignazzò maligna.
- Ha - ha, e tu sei una comica nata, Merida.- feci.
La conversazione finì li, e mi ritrovai ad osservarla mentre il suo sguardo si perdeva nelle fiamme del fuoco.
Fuoco, si, quello era il suo elemento. Quando io e Hiccup eravamo stati circondati dai mostri, ci sentivamo spacciati. Erano da tutte le parti, pronti a farci cadere nel baratro della paura.
Ma poi è arrivata lei in nostro soccorso, un angelo guerriero, munito di spada e arco. La vidi scoccare determinata le frecce che sembravano infallibili, colpendo alla testa ogni mostro a cui erano dirette. Poi si era lanciata giù dal tetto e ci aveva raggiunti, combattendo con le fiamme che le ardevano negli occhi.
Una strana consapevolezza si stava facendo largo nella mia mente, ma a cui non volevo dar retta.
Scossi la testa e mi alzai, deciso a prendere un po’ d’aria per riacquistare sanità mentale, perché stavo decisamente impazzendo.
 
 
Lo vidi alzarsi e andare via. Aggrottai le sopracciglia e mi voltai dall’altra parte, tornando a fissare il fuoco.
Quando eravamo caduti tutti e tre in acqua, avevo perso i sensi, ma continuavo a percepire le cose intorno a me. E avevo sentito che delle braccia mi stringevano. Avevo sentito un altro cuore. Avevo sentito Jack.
E ora mi sentivo strana, come pervasa da uno strano calore, nonostante il ragazzo fosse tutto fuorché caldo. –Idiota..- mormorai. –E’ tutta colpa tua.
-Cosa?- il viso di Rapunzel si materializzò dal nulla. Sobbalzai e mi voltai, vedendo la ragazza che  era seduta accanto a me. Com’era possibile che non l’avessi sentita? –Che ha combinato questa volta?
Il viso sorridente della sposa mi meravigliava, si insomma, solo qualche ora fa sembrava sul punto di crollare psicologicamente.
Mi riscossi e aggrottai ancora di più le sopracciglia. –Niente, è solo un maniaco.
Lei ridacchiò accavallando le gambe e incrociando le mani davanti al ginocchio. –Avete litigato ancora?-
-No…- mormorai. Ma perché stavamo parlando di lui?  
-Allora perché dici che è un maniaco?- insistette.
-Perché lo è e basta. E ora possiamo cambiare argomento?- chiesi incrociando le braccia sul petto. Lei ridacchiò ancora coprendosi la bocca con la manina affusolata. –Cos’hai tanto da ridere?
-Sei così buffa..- continuò a ridere come una scema.
-Perché? Perché dico che è un maniaco? Beh, non è l’unico aggettivo che gli si addice, sai? Ho un’intera lista dedicata solo a lui: Maniaco, stupido, depravato, maleducato… e ne troverò anche altri.
-Ma davvero? Ci tieni a conoscerlo meglio?- mi voltai di scatto verso di lei e la sorpresi a scrutarmi con un sorrisetto malizioso stampato in faccia e gli occhi pieni di furbizia.
-No!- gridai forse un po’ troppo forte. –Lo odio! Continua a farmi interpretare il ruolo della donzella in pericolo e lui invece, fa la parte dell’eroe che salva tutti mentre non sa nemmeno accendere un fuocherello! Crede sempre di saper fare tutto, quando invece è un buono a nulla, è pieno di sé e uno spaccone, cosa dovrei conoscere?!
Lei scosse la testa divertita. Iniziava ad irritarmi. La guardai male e strinsi i pugni. –La smetti?!
-Scusami.- fece ricomponendosi. –Ma, anche se ancora non lo sai, sei fortunata… Chissà dov’è Eugene adesso…- abbassò lo sguardo e i suoi occhi le si spensero.
Deglutii. Cosa centrava Eugene, adesso? Mi inginocchiai davanti a le e le alzai il mento con la mano.
-Ehi, tutto si sistemerà, vedrai.- cercai di esibire il più convincete sorriso che sapessi fare.
Lei sorrise a sua volta, con gli occhi lucidi e mi abbracciò.
 
 
-Jack,ti prego, dimmi che non lo stiamo facendo davvero..- sussurrai.
Jack mi scacciò con la mano. –Zitto, Hic, o ci fai scoprire!
 Io e quel pazzo eravamo nascosti dietro un cespuglio, pieni di foglie tra i capelli e in bocca, proprio dietro le spalle delle ragazze. Aveva avuto la brillante idea di origliare la conversazione delle principesse per “sapere di che cosa chiacchierano mentre non siamo lì” parole tutte sue. Diceva che parlavano di lui e voleva sapere a tutti i costi che dicevano. Sospirai sbattendomi una mano in fronte.
-Non riesco a sentire…- il ragazzo si sporse ancora di più e tese le orecchie.
Non mi rimase altro da fare che imitarlo.
Rimasi in ascolto e sentii Rapunzel ridacchiare -Avete litigato ancora? - allora mi sporsi ancora di più. Ok, era infantile, stupido e insensato, ma la curiosità mi stava corrodendo dall’interno e visto che ormai c’ero…
-No…- mormorò l’altra, riuscendo a malapena a sentirla.
-Allora perché dici che è un maniaco?- non riuscii a trattenere una risatina. Jack mi fulminò con lo sguardo.
-Perché lo è e basta. E ora possiamo cambiare argomento?- sembrava nervosa.
-Sei così buffa..- la sposa sembrava sganasciarsi dalle risate.
-Perché? Perché dico che è un maniaco? Beh, non è l’unico aggettivo che gli si addice, sai? Ho un’intera lista dedicata solo a lui: Maniaco, stupido, depravato, maleducato… e ne troverò anche altri.- mi morsi violentemente il labbro per frenare la risata che voleva a tutti i costi uscire. Jack mi lanciò l’ennesima occhiata assassina e allungò una mano sulle labbra per intimarmi di starmi zitto. Ma mica era facile.
-Ma davvero? Ci tieni a conoscerlo meglio?- a quel punto mi fermai e osservai le guance di Jack colorirsi.
Ah, avevo capito l’antifona. 
-No!- gridò la rossa facendomi sobbalzare. Per poco non sarei  caduto in mezzo ai rovi del cespuglio. –Lo odio! Continua a farmi interpretare il ruolo della donzella in pericolo e lui invece, fa la parte dell’eroe che salva tutti mentre non sa nemmeno accendere un fuocherello! Crede sempre di saper fare tutto, quando invece è un buono a nulla, è pieno di se e uno spaccone nato, cosa dovrei conoscere?!
Uh, gliene stava dando di santa ragione al quel poveretto innamorato. Sghignazzai osservando la faccia contrariata di Jack che osservava con sguardo accusatorio la principessa che stava sclerando.
La sposa continuò a ridere. Come la capivo. Allora l’altra sembrava sul punto di tirargli un pugno in un occhio.  –La smetti?!
-Scusa..- poi persi il filo del discorso. Vidi la faccia di Jack spaesata. Si avvicinò e sussurrò: -Secondo te che voleva dire?
Io non intendevo mettermi in mezzo, così scrollai le spalle.-Che ne so? Le ragazze sono complicate, forse…
Ma non feci in tempo a finire che due figure si apparsero dietro di noi.
Erano le due principesse, con le mani sui fianchi e un sogghigno in faccia. Io e il mio compagno di sventura deglutimmo all’unisono.
-Bene bene, cosa abbiamo qui?- fece Rapunzel.
-Noi stavamo…- balbettai.
Jack prese in mano le redini della situazione. –Avevamo promesso che non ci saremmo nascosti nulla, quindi stavamo solo… controllando che non complottaste contro di noi o cose del genere.- fece.
Merida alzò un sopracciglio. Si fece passare una borraccia da Rapunzel e la stappò. Guardò con nonchalance il contenuto, poi ci gettò un’occhiata furba. Ebbi un bruttissimo presentimento.  
–Ma davvero?- Ci annaffiò, gettandoci addosso l'acqua fredda. –Non si dicono le bugie.-
 Scossi la testa per scrollarmela di dosso e mi tirai indietro i capelli zuppi che mi andavano in faccia.
-Andatevi ad asciugare e riempite la borraccia, dobbiamo ripartire. Non c’è tempo per le cretinate.- continuò la ragazza, lasciando cadere la borraccia per terra. Poi, entrambe ci voltarono le spalle e tornarono al falò.
-E’ andata meglio di quanto mi aspettassi.- fece Jack soffiando all’insù su un ciuffo bagnato che gli ricadeva sulla fronte.
Io aggrottai le sopracciglia. -Davvero?-
-Credevo ci avesse preso a pugni.- continuò.
 
Non potevo crederci… li avevamo beccati a origliare! Scossi nuovamente la testa. Avevamo iniziato a camminare lungo le sponde del fiume, dopo aver aspettato che quei due si fossero asciugati. Era tranquillo da quelle parti. Il sole era caldo, e il fiume scorreva pacifico, ogni tanto si sentivano gli uccelli che cantavano e dei cervi che correvano tra gli alberi.
Io e Merida camminavamo l’una accanto all’altra, mentre Jack e Hiccup erano più indietro. L’arciera era alquanto arrabbiata, ma aveva cercato i nascondere il più possibile quella furia. Ora, era rossa in faccia, e camminava facendo dei solchi sul terreno ad ogni passo. Il fatto era che non era così grave da prendersela in quel modo, insomma! Scrollai le spalle e continuai a camminare.
Poi successe una cosa. Una cosa che non sarebbe mai dovuta accadere. Qualcosa colpì alle spalle Merida.
Lei si bloccò, capendo immediatamente di chi si trattasse. Strinse i pugni e si voltò lentamente, con gli occhi che le ardevano dalla rabbia.
Mi voltai anch’io e vidi Jack con in mano un’altra pietra e Hiccup li vicino, che deglutiva nervosamente, neanche avesse sentito il rintocco della sua ultima ora.
- Frost…- sibilò tra i denti serrati.
Lui fece un sorrisetto strafottente. –Andiamo, Dunbroch, non puoi essertela presa per così poco!Sei davvero così suscettibile? Allora si, che sei una vera donzella da salvare!
Pregai per la sua anima. Merida si tolse l’arco di tracolla e la faretra, lentamente. Si slegò la spada dalla vita e mi porse il tutto. –Potresti, gentilmente, tenermi le armi fino al mio ritorno?- chiese stranamente calma.
Io le afferrai titubante. –Che vuoi fare?
Lei fece un sorriso maligno. –Mandarlo dritto all’inferno.-
La vidi voltarsi e osservare la sua preda. Poi iniziò a correre gridando un prolungato:- FROOOOST!!
Lo investì in tutta la sua potenza e finirono entrambi in acqua. Si alzò un’enorme schizzo quando i due corpi che, rotolando, finirono dentro al fiume. Io raggiunsi Hiccup e insieme li guardammo sguazzare nell’acqua l’uno avvinghiato all’altra, rotolando tutti fradici nel torrente dalle acque basse.
Jack le afferrò i capelli e tirò, mentre la ragazze gli artigliò la camicia e lo sbatté con forza sul fondo.
Io e Hiccup scuotemmo insieme la testa.
-Gli avevo detto di chiedervi scusa... non è così che doveva andare a finire…- fece mettendo le mani sui fianchi.
Io aggrottai le sopracciglia. –Ehi, hai origliato anche tu, dovevi scusarti come lui.- dissi.- Se l’avesse fatto.- specificai.
-Ma l’idea era stata sua!- ribatté quello ostinato.
Io gli diedi una pacca sulla spalla. Ma forse gliela diedi troppo forte, perché stramazzò a terra, finendo in acqua. Lo guardai, sinceramente dispiaciuta. –Ops… scusami..
Era proprio mingherlino e fragile, accidenti! Si imbronciò, come se mi avesse letto nel pensiero e mi afferrò le mani, mi tirò e caddi di sedere nell’acqua. Lo guardai e iniziai a ridere. Lo spruzzai con entrambe le mani, lasciando cadere le armi della ragazza a terra.
Lui mi schizzò a sua volta, incominciando a ridacchiare.
I due combattenti dietro di noi si fermarono sentendo le nostre risa, con Merida che lo sovrastava, tutta bagnata. Si scambiarono uno sguardo interrogativo poi, cedettero anche loro, e iniziarono a sghignazzare.
La ragazza lo lasciò andare per sedersi sul fondo del fiumiciattolo.
La tensione si sciolse in una battaglia di schizzi. Fu come se non fosse accaduto nulla, solo giocare e trovarsi quei visi sorridenti e divertiti davanti non facevano altro che incrementare la mia risata.
Ero felice. Davvero felice per la prima volta in tre giorni di puro terrore.
Rimanemmo lì a schizzarci fino al tramonto. Ci fermammo, tutti bagnati e ci lasciammo cadere tra le acque basse.
Jack ruppe il silenzio. –Bagnato. Ancora.
Io scrollai le spalle e risi ancora.
 




Angolino dell'autrice:
Ave! Sono tornata con un nuovo e, purtroppo, poco sanguinolento capitolo! ^-^
Come già detto, li ho lasciati respirare! (e come gli ho lasciati respirare XD) mi sono divertita tantissimo a scrivere questo chappy (soprattutto la parte iniziale *-*), spero davvero che anche voi vi siate divertiti. Ma non crucciatevi, al prossimo capitolo il terrore tornerà di nuovo a farsi sentire >=D
Aaaspettate, però. Prima delle solite anticipazioni volevo ringraziarvi, tutti, di cuore.
Al capitolo precendente, la mia storia ha avuto un picco di ben 6 recensioni! 6!! Per un totale di 44 recensioni! E siamo solo a metà! Io non ci avrei mai sperato, quindi, ci terrei a ringraziarvi uno per uno:
Freddy, grazie *-*
Spirit734, grazie *-*
Clacli Frost, grazie *-*
Kgirli95, grazie *-*
Ucha, grazie*-*
FeniceAzzurra, grazie *-*
E anche coloro che l'hanno messa tra le seguite\preferite:
 Anonima_14, grazie *-*
 Free_doom, grazie *-*
H13, grazie *-*

 AliAliEfp, grazie *-*
 dianadreame, grazie *-*
 helly96, grazie *-*
Liz96, grazie *-*
White Tiger, grazie *-*
 Ringrazio anche colore che seguono la mia storia silenziosamente, GRAZIE!
D'accordo basta smancerie, torniamo alle anticipazioni:

Il giorno 4 è arrivato. Ci saranno incubi, e il pericolo sta aumentando sempre di più per il nostro povero Jack, che ha i giorni contati. Ma non mancheranno anche strane discussioni e piccole risatine. 
Ci vediamo alla prossima, vostra,
Calamara!

 

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Capitolo 13
*** 12. Giorno 4 ***


Capitolo 12: Giorno 4

 

Il volto sorridente dei miei amici mi accompagnò finche non mi addormentai. Fu quello che sognai a farmi svegliare di malumore la mattina seguente.
Mi ritrovai all’entrata di un labirinto. Era di pietra fredda grigio antracite. Era tutto buio, ma riuscivo a distinguere un corridoio davanti a me. I piedi mi si mossero da soli e mi spinsero in avanti  costringendomi  ad avanzare. Mi guardai intorno, ma non riuscii a scorgere nulla che mi indicasse il posto in cui ero finito.
Avanzai e mi trovai davanti ad un bivio. Destra o sinistra?
Il mio istinto mi spinse a destra e continuai a percorrere quei freddi e bui corridoi fino a trovarmi in un vicolo cieco. Il muro davanti a me era enorme e vi era appeso uno specchio che rifletteva ma mia immagine.
Io mio viso era bianco cadaverico e le occhiaie, oltre ai capelli scompigliati mi facevano sembrare uno spaventapasseri. Vidi qualcosa che si muoveva dietro di me attraverso il riflesso dello specchio.
Mi voltai di scatto, ma non c’era niente.
Scossi la testa, tornando a osservare la superficie davanti a me. Ma il riflesso era cambiato. Non c’era più lo spaventapasseri di prima. A fissarmi, ora, c’era Astrid.
Il volto famigliare e i suoi usuali vestiti mi fecero sorridere. Ma il sorriso morì sul nascere quando mi accorsi che aveva gli occhi neri. Mi pietrificai sul posto.
Protese una mano verso di me e parlò con una voce non sua. –Vieni, Hic, fatti avvolgere dal dolce tepore delle tenebre.
Io rimasi dov’ero, raggelato dalla paura e dal dolore. In fondo lo sapevo, no? Dove poteva essere Astrid?
C’era solo una risposta. Era diventa come loro.
- Hiccup…?- posò le mani sul vetro e spinse con forza, creando delle scheggiature dalle quale iniziò a colare sangue, che ne rigò la superficie. –Hiccup?
Continuava a chiamarmi. E ad ogni parola, il mio cuore si rompeva, come morire mille volte.
-HICCUP!- gridò facendo esplodere lo specchio in mille schegge che mi investirono. Io mi coprii come potevo con le braccia. Il terreno mi mancò da sotto i piedi e caddi.
Sbattei con violenza la schiena a terra, su un pavimento di roccia ricoperta da qualcosa di tagliente. Mi tolsi le braccia dalla faccia e le posai a terra per tirarmi su. Pessima idea.
Sentii qualcosa lacerarmi i palmi e tirai immediatamente via le mani. Erano tagliate e dalle ferite usciva sangue rosso scuro.
 Mi guardai attorno: il pavimento era disseminato di vetri rotti. Mi tirai in piedi senza usare le mani che bruciavano da morire. Attorno a me c'era solo buio e specchi rotti.
Sobbalzai. Su ogni frammento, comparve ogni mio conoscente, mi osservava, con gli occhi neri e pieni di oscurità. Sgranai gli occhi e indietreggiai.
Toccai con la schiena un duro muro di muscoli. Mi voltai di scatto e mi trovai davanti Sdentato. Era nero, e si confondeva perfettamente con l’ambiente circostante.
Aprì gli occhi verdastri e soffiò contro di me, estraendo i denti retrattili. Si mise in posizione d’attacco e mi balzò addosso, prima che potessi pronunciare il suo nome, sorpreso. Sbattei  a terra, contro i vetri che grattarono contro la camicia.
L’ultima cosa che vidi fu la bocca di Sdentato che si protendeva rabbiosamente verso di me per staccarmi la testa, prima di svegliarmi.
Spalancai gli occhi. 
Era tutto buio. Mi voltai di lato e vidi il corpo addormentato di Rapunzel disteso a pancia in su e, accanto a lei, Merida.  Mi calmai. Era stato solo un incubo.
Poi, notai un’ombra dietro di me. Scattai.
Feci per alzarmi, quando quella mi bloccò, afferrandomi saldamente il braccio e strattonandomi indietro. Caddi di sedere e fui avvolto da braccia gelide, e  una mano altrettanto ghiacciata mi premette con forza contro la mia bocca, impedendomi di urlare. 
Mi dimenai, cercando una via di fuga da quella morsa d’acciaio sotto zero. –Sta fermo!- una voce familiare mi fece bloccare di colpo. Mi voltai e vidi la faccia di Jack che mi guardava accigliato.
Smisi definitivamente di muovermi e mi rilassai. Scacciai la sua mano fredda dalla mia bocca. –Che diavolo…
Lui mi indicò con un cenno della testa fuori del rifugio. Io lanciai uno sguardo alla radura circostante e mi pietrificai.
Mostri.
I mostri dagli occhi neri. Erano tantissimi, quasi non si contavano. Barcollanti, si dirigevano tutti in una sola direzione, quasi attirati da una forza invisibile. La luce lunare li rendeva ancora più macabri e scavava ombre sinistre sui loro volti deformati.
Mi irrigidii e mi morsi con forza il labbro per impedirmi di urlare. Mi voltai verso Jack che si posò un dito sulle labbra, intimandomi di stare zitto.
Ben presto, anche le due ragazze si svegliarono, disturbate dal rumore dei passi sull’erba che si susseguivano incessantemente. Rapunzel sobbalzò nel vederci svegli, ma capì il motivo lanciando un’occhiata fuori, così come accadde all’altra principessa.
-Dannazione…-sussurrò tra i denti Merida.
-Perché non ci attaccano?- chiese con un filo di voce la bruna, spaventatissima.
-Non ci vedono.- fece Jack dietro di me. –Saranno mostri ma sono comunque ancora umani. E ora è quasi tutto buio, siamo praticamente invisibili.- ci eravamo scelti un bel posto dove dormire. Era una specie di rientranza sotto una roccia. Il nascondiglio perfetto.
Ci fu un minuto di silenzio, nel quale vedemmo gli ultimi mostri apprestarsi a raggiungere il gruppo.
Quando si fu placato anche il più piccolo fruscio, potemmo ricominciare a respirare.
-Dove stanno andando?- chiesi.
–Ovunque ci siano persone da infettare…- Rapunzel sgranò gli occhi. –Dobbiamo sbrigarci a trovare la strega.-
-Non c’è un minuto da perdere.- Merida si alzò in piedi e ci spronò con lo sguardo ad alzarci, ma non servì. Già eravamo tutti in piedi e pronti per affrontare ciò che ci proponeva il fato.
 
 

Ci affrettammo a cucinare la colazione e ben presto ci mettemmo in cammino, seguendo il fiume, come già deciso. Noi quattro camminavamo tutti vicini, con il terrore che da un momento all’altro sarebbero apparsi i mostri e ci avrebbero attaccato. Tuttavia, il ricordo del giorno precedente mi faceva sorridere e pensare positivo.
Vidi Hiccup che rimaneva indietro, con sguardo pensieroso si rigirava tra le mani un bastoncino raccattato da terra. Lo raggiunsi e gli afferrai  un braccio con entrambe le mani. Lui si voltò verso di me e io gli sorrisi.
-C’è qualcosa che non va?- chiesi più dolcemente che potevo.
Lui abbassò lo sguardo. –In realtà…- spezzò il bastoncino e lo lanciò nel fiume. –Si…
Catturò l’attenzione di tutti. Merida si voltò verso di noi,  mentre l’altro accanto iniziò a camminare all’indietro, concentrato sull’amico.
-Questa notte ho fatto un incubo e…- si stinse nelle spalle. –Non lo so. Per essere solo un brutto sogno era fin troppo reale. - Poi sgranò gli occhi nel posare lo sguardo sulle mani. Io mi affacciai da sopra la spalla. –Cosa diamine…?
Merida gli osservò i palmi delle mani tutti tagliati e rovinati, rigirandoseli tra i suoi. –Cosa ti sei fatto?
-Era nel sogno. Mi tagliavo le mani con dei vetri rotti…- boccheggiò il ragazzo ancora incredulo.
-Ora abbiamo la certezza che era vero.- fece Jack, raggelando. –Allora… - si bloccò e alzò lo sguardo sull’arciera.
-Non sei l’unico ad aver fatto un incubo troppo reale per essere tale.- Disse Merida, guardandolo dritto negli occhi. –Anch’io ne ho fatto uno.
Io rabbrividii, ricordando il mio. –Anche io..- sussurrai, stringendo la presa sul braccio del ragazzo.
Tutti ci voltammo verso Jack, come aspettandoci che dicesse qualcosa anche lui. Scrollò le spalle. –Io no. –
-Perché tutti abbiamo fatto incubi tranne te?- chiese Merida portandosi un dito al mento. –E poi anche la bambina, Matilde, sapeva il tuo nome. Troppe coincidenze, non trovate?-  Io e Hiccup annuimmo insieme. Lei continuò. –Sembra che sia tu, la chiave di tutto.
Jack la guardò spaesato, per poi posare lo sguardo su ognuno di noi. Sembrava nervoso. Si passò il bastone da una mano all’altra più volte per scaricare la tensione.
-Mi domando come, visto che sei un decerebrato.- scrollò le spalle la ragazza.
-Ehi!-
Io e Hiccup sghignazzammo sottovoce lanciandoci un’occhiata complice. A quanto pareva, anche lui aveva capito che c’era del tenero tra di loro.
Lei gli voltò le spalle e iniziò a camminare. –Andiamo, non perdiamo tempo. Manca ancora parecchio, quindi sarebbe meglio muoverci.
Osservai divertita la faccia imbronciata del ragazzo pensando che non sarebbe stato facile per nessuno dei due accettare i propri sentimenti. Scossi la testa e mi avviai, seguita subito da Hiccup e infine da Jack.
Il ragazzo aveva la fronte aggrottata, e uno sguardo serio che non gli si addiceva per niente. Scossi la testa.
-Jack?- richiamai la sua attenzione. Si voltò verso di me. I suoi occhi azzurri ghiaccio erano tempestosi, come se dentro di lui si stesse svolgendo una lotta continua.
–Tutto apposto?
Cavolo, mi ritrovavo sempre a chiedere la stessa cosa! Lui scrollò le spalle e si voltò dall’altra parte, fingendosi occupato ad osservare il fiume.
Feci una smorfia e tentai di nuovo. –Magari vorresti parlarne?-
Spostò gli occhi dalle acque placide a me. –Non mi lascerai in pace finche non lo faccio, vero?
Io incrociai le braccia al petto e feci un’espressione risoluta. –Esattamente.    
Sbuffò e lasciò che il vichingo e la principessa si allontanassero abbastanza per iniziare a parlare.
-Cosa vuoi sapere esattamente?- chiese.
-Perché hai una faccia tanto seria.- gli lanciai un’occhiata.
-E’ colpa sua.- indicò la ragazza che camminava in capo al gruppo dai capelli ormai corti e un arco a tracolla.
Alzai un sopracciglio, invitandolo a continuare.
-E’ insopportabile!- brontolò. Le lanciò un’occhiataccia e poi mi guardò. –E’ piena di sé, spocchiosa e…- si bloccò e abbassò lo sguardo.
-E?- mi piegai in avanti per intercettare il suo sguardo.
-E non riesco a capire cosa le frulli in quella sua testa piena di segatura.- continuò. Ma stava cedendo.
Continuai a camminare, osservando come si passava nervosamente una mano tra i capelli candidi.
Intrecciai le dita dietro la schiena e lo ascoltai in silenzio. Aveva proprio bisogno di sfogarsi.
-Anzi, non riesco a capirla in generale.- si fermò per un istante, poi continuò. –E la cosa che mi fa più arrabbiare di lei è che quando è accanto  a me non riesco a controllarmi… -Abbassò lo sguardo sulle proprie mani, come per assicurarsi che fossero ancora sue. -… ogni volta che c’è lei, sempre, succede che mi si rivolta lo stomaco e non ragiono più. Non capisco cosa sia e...- si bloccò un’altra volta. Alzò lo sguardo azzurro su di me. -… mi spaventa.
Io sorrisi, quasi commossa. Gli posai una mano sulla spalla. –Per esperienza personale posso dirti che non è nulla di pericoloso ciò che provi, non preoccuparti.- la strinsi in modo amichevole.
-Ne sei sicura? Da cosa era provocato esattamente? E cosa c’entra Merida?- chiese.
Io ridacchiai piano. La trattava come una malattia o un’ infezione, quando invece non era altro che un sentimento. –Beh, dovrai scoprirlo da solo.
Lui alzò un sopracciglio. –Cosa?
-Eh, già.- annuii. –Mi spiace, dovrai fare da te. – Intrecciai nuovamente le mani dietro la schiena e lo superai, lasciandolo pensare, soddisfatta del mio lavoro.
 
 

-D’accordo, fermiamoci qui.- Hiccup lasciò cadere a terra la sacca con la cena. Ci eravamo fermati in una zona dove la foresta era più fitta. Era sera e ci eravamo accampati vicino ad un albero grande e contorto, le cui radici fuoriuscivano dal terreno in maniera evidente, creando degli invitanti giacigli dove accoccolarsi per la notte. Accendemmo un fuoco di bastoncini raccolti là intorno e consumammo la cena in silenzio.
Rapunzel razionò il cibo e ci comunicò che sarebbe durato ancora per due giorni. Secondo Merida non sarebbero bastati per arrivare dalla strega, anche se eravamo in prossimità del lago.
-Propongo di fare dei turni di guardia.- dissi attirando l’attenzione di tutti su di me. –Con quei cosi a piede libero non c’è da stare tranquilli.
Hiccup annuì. –Giusto. Allora incomincia tu, quando non ce la fai più a star sveglio chiama Merida, e lei farà la stessa cosa con me. –
Così, si misero comodi nei rispettivi giacigli e iniziarono a dormire. Io mi assicurai che fossero addormentati profondamente prima di spiccare un balzo che, aiutato anche da Vento, mi portò in cima all’albero.
Mi distesi su un ramo e osservai la falce di luna che sembrava sorridermi da lassù.
Chiusi gli occhi, sentendo una brezza delicata che mi scompigliava i capelli. Ripensai alle parole di Rapunzel. Poteva anche dirmi di più, accidenti!
Tuttavia, mi aveva fatto davvero bene a parlarne con qualcuno. Mi sentivo molto meglio. Abbassai lo sguardo sui corpi dormienti dei miei amici, poi lo rivolsi nuovamente alla luna, cercando conforto.
Mancavano solo 3 giorni…


Angolo autrice:
Salve, e rieccoci di nuovo qui, in questo nuovo chappy! E' un po' moscetto, lo so..  ma, ma c'è l'incubo di Hiccup u.u
Ormai hanno capito che quei sogni hanno qualcosa che non va, ma... Jack non può rivelare nulla riguardo gli incubi e Pitch, per il patto.
Quindi, come faranno a scoprire la verità?
Beh, ecco, tutto ciò che posso dirvi è qualche anticipazione, nulla di più u.u
Maaaa aspettate. Lo so, sono noiosa, ma GRAZIE DAVVERO per tutto il sostegno che mi date, sono davvero felice, perchè ora siamo a 7! 7 Recensioni in un solo capitolo! Grazie ancora.
D'accordo, va bene, la pianto. Ecco le tanto attese anticipazioni:
Ci sarà un risveglio movimentato per la nostra cara Merida! Non scendo nei particolari, ma avviso che ci saranno momenti Jarida (lo so, mi sto concentrando parecchio su di loro, in questi ultimi tempi, ma oh, sono o non sono una Jaridara?) e finalmente arriveranno al lago, la loro tappa prefissata.
Bene, ci si rivede alla prossima,
vostra
Calamara
 
 

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Capitolo 14
*** 13. Giorno 5 ***


Capitolo 13: Giorno 5

 
Sentii un corvo gracchiare e mi svegliai. Spalancai gli occhi e sobbalzai. Da quanto mi ero addormentata? Accidenti, toccava a me fare la guardia!
Mi alzai in piedi, abbandonando il calduccio del giaciglio per immergermi nel gelo del primo mattino. Il sole stava sorgendo proprio in quel momento, e una nebbiolina umida infestava l’aria.
Osservai i corpi dei miei mici raggomitolati tra le radici dell’albero e mi calmai. Erano lì, dove li avevo lasciati la sera prima. Sospirai di sollievo.
Poi mi resi conto che Jack non c’era. Mi guardai intorno, cercandolo con lo sguardo, ma tutta quella foschia mi impediva di mettere bene a fuoco le cose in intorno a me. Iniziai ad agitarmi. Dove diavolo era finito?
Jack era sospetto.
Innanzi tutto, cosa ci faceva al matrimonio di Punzie?  Non sembrava affatto un invitato e nemmeno un cameriere, dal modo in cui era vestito. Doveva essere infiltrato.
E poi continuavo a chiedermi perché la bambina sapesse il suo nome. Si era rivolta a lui come se fossero vecchi amici, anche se Jack aveva affermato di non aver mai visto quella bambina in vita sua. Quando gli si rivolgevano domande iniziava ad innervosirsi e rispondeva sempre vagamente, senza mai entrare nel dettaglio...
Sentii un fruscio e, in un unico gesto, estrassi la spada dal fodero e mi voltai, pronta all’attacco.
Mi ritrovai davanti Jack che si apprestava a scendere dall’albero. –Calma, principessa, sono io. –
Rilassai i muscoli tesi al massimo e abbassai la spada, respirando, ma tenendomi comunque sulla difensiva.
  –Jack…- rimisi la spada al suo posto e mi avvicinai. -… Sei rimasto di guardia per tutta la notte?
Lui scese goffamente a terra e si ripulì rapidamente i vestiti prima di raccogliere il bastone. –Già. Non è un problema per me rimanere sveglio. E poi non volevo svegliarvi, sembrate angioletti quando dormite.-
Io mi bloccai, come colta il fallo. Deglutii, improvvisamente a disagio. Mi sentii osservata e spiata.
Come si permetteva, quel maniaco, di guardare le persone in un momento così intimo quale il sonno?
Credo di essere arrossita, perché lessi sul volto di Jack lo stupore. Poi sorrise maliziosamente.
Aggrottai la fronte e strinsi i pugni. –Sta zitto!- , anche se non aveva detto nulla.
Un’altra cosa negativa del maniaco era il fatto che aveva l’innata capacità di mettere a disagio le persone, oltre a farle imbufalire.
Sogghignò sotto i baffi e si mise un dito sulle labbra per dirmi di stare zitta.
Io mi arrabbiai ancora di più ma riuscii a contenermi perché spostai l'attenzione alle labbra del ragazzo. Erano fine e pallide, come il suo incarnato. Sembravano incredibilmente morbide…
Mi riscossi, e abbassai lo sguardo, dandomi della scema e sentendomi ancora più furiosa di prima. E mi faceva fare anche cose che non avevo mai fatto.
Insomma, non avevo mai squadrato così attentamente quel tonto del figlio di Lord Macintosh!  
Constatai che non c’era legna per cuocere la colazione, così gli voltai le spalle e iniziai a camminare, anche per sbollire la rabbia. Jack sbatté le palpebre più volte, poi mi seguì.
Alzai gli occhi al cielo e aumentai la velocità, tentando di superarlo. Lui tenne il passo. –Dove stai andando?
-Non sono affari tuoi.- dissi senza alzare lo sguardo.
Sogghignò, ancora più perfido di prima.
Gli lanciai un’occhiataccia che si sciolse non appena incrociò il suo sguardo. Quel ghigno malefico era quasi dolce nella sua ingenuità, anche se si forzava di fare il cattivo ragazzo dai ghigni agghiaccianti, gli riusciva solo un sorriso sbilenco.
E sentii qualcosa. Qualcosa che arriva sempre quando eravamo soli, mi coglieva alla sprovvista nei momenti meno opportuni e mi lasciava senza parole. E io lo odiavo. Odiavo Jack Frost e quello che mi faceva.
 Odiavo Jack Frost e la sensazione dolceamara che mi pervadeva l’esofago e arrivava dritto al cuore, che accelerava, accelerava, accelerava,  e avevo paura che scoppiasse. Sentire i suoi occhi addosso era come pesare un tonnellata di più e volare leggera. Come sprofondare giù negli inferi o salire dritta in paradiso.
Strinsi i pugni, ormai al limite.
-Non ho detto nulla …- non lo lasciai finire che con uno scatto fulmineo estrassi lo stiletto da dietro la cintura e lo infilzai nel tronco dell’albero, a un soffio dal naso di Jack, che si bloccò, pietrificato.
I suoi occhi guizzarono sul mio volto, oscurato dai riccioli rossi che mi ricadevano sul viso.
Ci fu un istante di silenzio, che sfruttai per riprendere fiato. Avevo agito d’istinto, senza ragionare, con il cervello confuso dalla rabbia e dalla sensazione strana che mi pervadeva. Volevo stoppare tutto.
Alzai lo sguardo su di lui, lentamente.
Mi accorsi di stare ansimando. Estrassi lo stiletto e lo rimisi nella cintura, sempre sotto lo sguardo attento e raggelato di Jack mentre io abbassai il mio, quasi imbarazzata. –Torna al campo.- dissi.
Non lo guardai nemmeno più in faccia e andai avanti. Lui non perse un attimo per smentire la sua stupidità. Tutti a palazzo sapevano che quando ero arrabbiata, era meglio lasciarmi perdere e credevo che l’avessero capito tutti. Beh, mi sbagliavo.
Mi si piazzò davanti. – Ehi, che succede?
Io lo ignorai e lo sorpassai. Non mi importava più del legno da raccogliere, ora. Volevo solo togliermelo dai piedi e schiarirmi le idee, perché non potevo continuare così.
-Avevi promesso di dire sempre la verità.- mi rimbeccò da dietro. Mi bloccai, sentita quasi presa in causa.
Strinsi ancora una volta i pugni. Mi voltai di scatto verso di lui.
Ma dei due, chi era il bugiardo? Colui che mentiva sulla propria identità, o colei che mentiva a se stessa per soffocare quello che la stava sconvolgendo?
–Chi sei, Jack Frost? – gridai, forse un po’ troppo forte. Si bloccò ad osservarmi con gli occhi sbarrati. –Io…- cercai di continuare, ma le parole mi morirono sulla lingua, lasciandomi muta.
I suoi occhi azzurri ghiaccio erano penetranti, sembravano trafiggerti da parte a parte su quel volto quasi sconvolto. Poi sembrò capire. Annuì e si avvicinò. –E’ questo ciò che ti tormenta?- mi chiese.
Sentii cedermi le gambe. Perché? Perché sentivo le gambe molli mentre si avvicinava, inchiodandomi con lo sguardo contro l’albero su cui ero appoggiata? Perché adesso il cuore faceva le capriole nella gabbia toracica? Troppe domande, e io non ne sapevo la risposta, e mi arrabbiavo. O forse ne conoscevo le origini, ma non volevo accettarlo o non riuscivo a farlo, e mi arrabbiavo. Ero una stupida? Oh, si, lo ero.
Mi schiacciai contro il tronco, vedendolo sempre più vicino fino ad una ventina di centimetri da me. E lo ringraziai l'albero di sostenermi o sarei crollata a terra. 
-Capisco che non puoi fidarti di me perché non sai chi sia veramente…- fece una pausa. Per vederlo in faccia dovevo alzare la testa, perché era più alto di me di qualche sentimetro. Ora era serio, veramente serio. Più di quando era rincorso dai mostri dagli occhi neri con Hiccup. -… Ma ti prego di farlo, per il bene di tutti. Arriverà il momento in cui potrò dirtelo, ma non è ancora arrivato. Ti chiedo solo di aspettare e di fidarti.-
Deglutii. Per il bene di tutti, aveva detto. –E’ una minaccia?-
Lui ridacchiò. –Nient’affatto.-
Sentii un fremito. La sua vicinanza mi dava alla testa, e non ci capivo più nulla. Riuscivo a sentire il battito accelerato del mio cuore nelle orecchie. E la sua risata non aveva fatto altro che incrementare la nebbia nel mio cervello e l’adrenalina nelle vene, facendomi quasi sobbalzare.
 Come potevo uscire da quella situazione orrenda?
 
Mi svegliai, sentendo qualcosa di piccolino camminarmi sul naso. Spalancai gli occhi e osservai una formica grossa più del normale che faceva un’allegra e spensierata passeggiata sul mio naso.
Sobbalzai e le diedi una schicchera, soffocando un gridolino stridulo. Mi stiracchiai e posai lo sguardo su ognuno dei miei allegri compari dormienti.
Guardai Hiccup che ronfava. Poi Merida. Merida? Dov’era finita? E non c’era nemmeno Jack.
Sbadigliai e mi alzai in piedi. Mi grattai la testa, scacciando la sonnolenza.
Sentii dei rimasugli di frasi e parole pronunciate da voci familiari, che riconobbi come i due ragazzi mancanti.
Mi incamminai nella direzione da cui provenivano. Spuntai da dietro un cespuglio e mi misi ad osservarli.
C’era Merida, contro un albero, che guardava dritto in faccia il ragazzo. Jack le era molto vicino, e sussurrava qualcosa. Gioii.
Finalmente stava nascendo qualcosa di concreto!
Ero eccitata da quello che stava per succedere. Mi morsi la lingua, smorzando un grido di felicità che stava nascendo dal fondo del cuore.  Erano vicinissimi!
Sapevo che non stava bene osservare le persone in un momento così intimo, ma oh, avevo lavorato duramente per farli trovare, avevo ascoltato lei, poi lui,li avevo incoraggiati…
Mi meritavo di vedere i frutti del mio duro lavoro!
I miei occhi luccicarono e un sorriso speranzoso mi si allargò da orecchio a orecchio, sentendomi emozionata al posto loro. Iniziai a saltellare sul posto per contenere l’emozione.
Poi sentii una mano che mi si posava sulla spalla. Sobbalzai e vidi il volto assonnato di Hiccup, con tutti i capelli arruffati e gli occhi ancor semichiusi. Guardò oltre la mia testa e non riuscii a digli di tapparsi la bocca altrimenti il mio lavoro sarebbe andato tutto in fumo che mugugnò un:
-Ragazzi?- abbastanza forte da farli voltare di scatto verso di noi.
Gli lanciai uno sguardo truce, che lui neanche lo notò, troppo occupato a stropicciarsi gli occhi. Merida colse la palla al balzo e si allontanò correndo dal ragazzo, che sembrava un po’ deluso.
- Hiccup, Rapunzel, vi siete svegliati finalmente.- mi disse. Era ancora rossa in faccia, ma svanì lentamente.
Sospirai affranta. –Già…-
-Andiamo a mangiare!- ci prese entrambi a braccetto (Con Hiccup che non aveva ancora capito nulla) e ci trascinò praticamente di peso fino all’accampamento.
 

Ci incamminammo  non appena avemmo finito di mangiare un po’ di mele e carne secca. Ora percorrevamo un sentiero alberato che andava dritto per dritto. Non tirava un filo d’aria e c’era silenzio tutt’intorno.
Camminavo svogliatamente, con le braccia afflosciate sul bastone che era appoggiato sul collo.
Sbuffai per l’ennesima volta.
Dovevo dire che mi aveva dato parecchio fastidio che Hiccup e Rapunzel si fossero messi in mezzo. Non lo avevano fatto a posta, lo so, ma accidenti!
Stavo chiarendo una cosa con Merida, cavolo! 
Mi aveva dato fastidio anche che fosse corsa via tra le braccia dei due, lasciando me come un allocco.
Mi ha preso alla sprovvista quando ha infilzato in tronco con il pugnale. Il cuore mi era salito in gola, credevo che mi avesse colpito. Invece non mi aveva torto un capello, anzi, ero stato io a farmi avanti, cercando di sistemare come potevo quello che aveva intuito.
Non si fidava di me. Certo, come poteva? Non sapeva nulla, infondo. E lei non era stupida. Aveva capito che c’era qualcosa che non andava.
Poi, però, mi ero lasciato andare un po’ troppo. Ma stando con lei era difficile a resistere all’istinto di… non lo so neanche io cosa volevo fare.
Rapunzel si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio con nonchalance, coprendo la bocca con la mano per non farsi vedere. –Tranquillo, ti aiuterò io a conquistarla!
Arrossii di botto. –Cosa?!
Lei annuì con enfasi. Stavo per aprire bocca e contestare come al mio solito, quando una voce si sovrappose alla mia.
–Il lago!
Merida iniziò a correre. Io e gli altri due ci scambiammo un’occhiata, poi la seguimmo. Un vento gelido impregnato di umidità ci investì.
Eravamo su una specie di collinetta, che ci dava una perfetta visuale del lago.
Era placido e del colore del metallo fuso, dalle sponde irregolari e ciottolose, il sole era coperto da uno strato di soffici nuvole bianche, rendendo l’atmosfera rarefatta. 
Bene, mancava poco ormai.
Posai lo sguardo sull’arciera. La vidi socchiudere gli occhi e respirare a pieni polmoni, con un tenero sorriso a fior di labbra. Quando li riaprì erano determinati. –Ci siamo, ragazzi.- affermò voltandosi verso di noi. –Dobbiamo solo superare il lago ed è fatta.- sorrise.
-Che aspettiamo, allora?- chiese Rapunzel, eccitata.
-Io propongo di attraversare il lago e non di girarci intorno, ci metteremo molto meno.- disse Hiccup.
-E come intendi fare, sentiamo?- feci incrociando le braccia sul petto.
-Usando il cervello.- disse semplicemente, iniziando a scendere il pendio della collinetta erbosa.
 

Arrivai sulla sponda acciottolata. Mi guardai intorno e adocchiai un bel tronco d’albero che avrebbe fatto al caso nostro. Era semi immerso nell’acqua, così mi avvicinai, lo afferrai , puntai i piedi per terra e cercai di tirarlo fuori.
-Che stai facendo, Hiccup?- mi chiamò Merida.
-Non ti sembra ovvio?- chiesi, rosso come un peperone per lo sforzo. Era molto pesante, accidenti!
Lei si avvicinò. –Cos’hai in mente?
Io tentai ancora, in vano. –Voglio costruire una barca…- mi fermai a riprendere fiato.
-Ma non sarebbe meglio usare quella?- chiese indicando una piccola imbarcazione di legno a pochi metri di distanza.





Angolo autrice:
Lo so, lo sooo sono in ritardo u.u
Ma, oh, vi ho regalato un bel po' di Jarida... perdonata? XD
I nostri eroi sono arrivati al lago, e presto arriveranno dalla strega... ma... non sta andando tutto TROPPO liscio? Che fine hanno fatto gli zombie di Pitch?
Beh, vi faccio qualche anticipazione? D'accordo:
Finché la barca vaaa laciala andareee!! Nel prossimo chappy, ci sarà un viaggio da brividi sul nuovo Titanic! Ops... ho parlato troppo? Nah! Ci saranno discussioni animate tra i nostri due piccioncini (*-*) che li porterà a... he he, lo scoprirete più in là!
Intanto, vi ringrazio di tutto il sostegno che mi date e vi do appuntamento al prossimo aggiornamento,
vostra,
Calamara ^-^ 

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Capitolo 15
*** 14. Giorno 5 (parte 2) ***


Capitolo 14: Giorno 5 [parte2]   

 
Mi guardò contrariato, forse per il fatto di avergli fatto fare una fatica inutile tentando di tirare fuori quel tronco abissato dall’acqua... Ma ero curiosa di vedere se ci sarebbe riuscito. No, non ce l’aveva fatta.
Si ricompose, e il colorito violaceo svanì lentamente.
Intanto Jack e Rapunzel si erano già avviati verso la barchetta, e non potevo fare a meno di osservare il primo. Ero ancora infuriata con lui, ma il semplice fatto di trovarmi vicino a casa mi calmava.
O mi inquietava allo stesso tempo. Cosa avrei fatto se i mostri fossero arrivati prima di noi e avessero avuto la meglio sul mio villaggio? Se avessero portato dalla loro parte Harry Hubert e Hamish…
Pensai che fosse stata una fortuna che non fossero venuti alle nozze, non avrebbero retto tutto quello che era successo. Mi riscossi. Non potevo perdermi ora.
Mi accorsi che i tre erano lontani, vicini alla barca e io ero rimasta a fissare il vuoto, come una stupida.
Hiccup si stava accertando che fosse ingrado di galleggiare, Rapunzel osservava il paesaggio, e Jack mi fissava, ovviamente. Aggrottai la fronte e lo ignorai, iniziando a camminare verso di loro e  soffocando il desiderio di mandarlo al diavolo. Ma che cavolo voleva da me?
Era alquanto fastidioso sentirsi osservati (soprattutto mentre si dormiva), si comportava come un maniaco.
Anche se una parte dentro di me desiderava ardentemente un po’ delle sue attenzioni e smaniava come una cavalla in calore per un solo suo sguardo. Quella parte che rinchiusi accuratamente in un posto segreto, dove nessuno, soprattutto Jack Frost, potesse vederla.
-Allora, come è messa?- chiesi.
Hiccup si alzò e si scrocchiò la schiena come un vecchietto di ottant’anni. –Il legno è marcio, ma può andare.
-Fantastico.- dissi rimboccandomi le maniche. –Dammi una mano a metterla in acqua.-
Io alzai la prua, lui provò a sollevare l’altra parte, ma non ci riuscì, così ci aiutarono anche Punzie e Jack.
Sembrava galleggiasse. Afferrai i remi e saltai a bordo. Gli altri mi imitarono.
-Benvenuti su Queen’s Lake, si prega di rimanere seduti e reggersi all’apposito sostegno.- iniziai a recitare.
 –Arriveremo a destinazione per ora indeterminata, se avete bisogno di qualcosa chiedere al capitano, ovvero io. Buona permanenza.-
La sposa ridacchiò e si accomodò vicino a me, mentre i due ragazzi di fronte. La barca era piuttosto piccola, c’era a malapena lo spazio per sedersi. Usai un remo per allontanarci dalla riva e iniziai a remare.
Dopo un po’, la fatica ebbe la meglio e rallentai. Non eravamo nemmeno a metà tragitto!
- Emh.. Capitano? Vuole il cambio? Sembra esausta.- chiese Hiccup.
-Solo una pausa.- dissi. Posai i remi e li porsi al vichingo, poi mi guardai le mani. Erano piene di vesciche e rosse a forza di sfregare contro il legno caldo.
-Eh, Capitano? Avete qualche spuntino da servirci durante il viaggio?- chiese Jack.
-Purtroppo dovrete accontentarvi della vista, mio rispettabile signore, perché vede, non possiamo sprecare cibo per i vostri spuntini fuori pasto causati da golosità e niente più.- risposi prontamente a tono.
Lui ridacchiò. –Beccato.- fece.
- Cos’è quello?- chiese Rapunzel. Io mi voltai nella sua direzione e vidi che era sporta oltre il bordo, intenta ad osservare qualcosa di nero che si accalcava sulla sponda del lago, quella che avevamo appena lasciato.
Eravamo lontani, quasi nel centro esatto del lago, eppure riuscii a identificare di cosa si trattasse.
Ora avevo la certezza che i mostri non ci avevano superato. Ci avevano seguito, e ora, ci guardavano da lontano, sogghignati e vincenti. 
 
 
Mi pietrificai. Erano loro.
Ormai era come diventati vecchi amici, per noi. Amici che volevano mangiarci e gli dei solo sapevano cosa.
Le loro figure scure sulla sponda più lontana erano lugubri e inquietanti.
-N… Non sanno nuotare, vero?- chiesi balbettante, senza scollare gli occhi dalla riva.
-Figurati, hai mai visto dei mostri nuotare?- ci rassicurò Jack. - L’unica cosa che sanno fare e morsicare e camminare.- anche se nella sua voce c’era tanta paura quanto la mia.
Cercai di rilassarmi, eppure continuavo a ripetermi che sarebbe successo qualcosa di orribile. Deglutii e mi ritrassi, cercando con la mano quella di Merida, accanto a me. Tastai a vuoto un paio di volte prima di trovarla. La strinsi forte, cercando di trarne conforto.
-Non preoccuparti, Punzie, non possono raggiungerci.- disse. Io la guardai, cercando insicurezza nei suoi occhi. Non ce n’era. Quanto avrei voluto essere coraggiosa come lei. Iniziai a calmarmi, anche se questa sensazione non durò molto, perché la vidi sbiancare di colpo, guardando qualcosa oltre il mio viso.
–O forse si…?
Mi voltai e raggelai. I mostri stavano entrando in acqua. Uno a uno, si spingevano sempre più a largo, fino a scomparire sul fondo del lago. Ma io sapevo che c’arano, erano sott’acqua e ci stavano raggiungendo.
Soffocai un grido acuto colmo di terrore che voleva uscirmi dalla gola. Eravamo spacciati.
Tutti noi lo sapevamo.
-Che facciamo adesso?- chiesi disperata.
-Dobbiamo nuotare.- disse Merida, cercando di mantenere la calma. Ma come cavolo faceva? –E’ l’unico modo per raggiungere più in fretta la riva.
-Ma non possiamo con tutta questa roba!- disse Hiccup riferendosi al cibo e alle armi.
-Lasciate perdere il cibo e le armi superflue, dobbiamo muoverci più in fretta possibile.- disse Jack.
Hiccup fu il primo a gettarsi dalla barca e mi tese le mani per aiutarmi a scendere. Io lo assecondai e affondai in acqua. Era fredda e quasi viscida.
Il tessuto del vestito presto si impregnò di tutta quell’acqua lurida, facendomi rabbrividire. Mi strinsi nelle spalle e iniziai a nuotare.
Mentre sguazzavo nell’acqua come un pesce in fin di vita, mi accorsi che i due non si erano ancora tuffati. Allora mi voltai a guardare indietro e vidi i due piccioncini litigare, come al solito.
-Non puoi tenerle, affonderai con loro, come è già successo!- esclamò Jack, trappandole di mano la spada.
-Mi dici come faremo a difenderci una volta arrivati a riva senza armi?- fece l’altra.
-Preferisci morire annegata o raggiungere la riva sana e salva?!- chiese l’altro, quasi gridando.
-Non sarò sana e salva allungo senza nemmeno un pugnale per difendermi!- rispose a tono l’altra.
Erano entrambi agguerriti, rossi in faccia e si guardavano in cagnesco, dando dello stupido l’uno all’altra.
Ma forse non si accorsero che stavano solo perdendo tempo.
Infatti, ecco che una mano bianca come il latte, scheletrica e bagnaticcia si agganciò saldamente alla barca.
-RAGAZZI!- gridai.
Non fecero in tempo a voltarsi nella mia direzione che la barca si spezzò in due e affondò, lasciando al suo posto uno schizzo d’acqua altissimo.
-NO!- gridai  ancora.
Ormai io e Hiccup avevamo raggiunto l’altra sponda, e tutti bagnati ci eravamo seduti un attimo per riprendere fiato. –Dobbiamo… aiutarli…- ansimai, con la beata intenzione di tornare in acqua.
-Se la caveranno.- disse, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua. – Se la cavano sempre... Per ora, noi dobbiamo toglierci di mezzo o non avremo scampo.
Si alzò in piedi, instabile sulle gambe molli e si slacciò qualcosa da dietro. Sobbalzai nel vedere che era la sua accetta. -Te la sei tenuta?- chiesi.
-Ovvio.- mi fece l’occhiolino. –Non l’abbandonerei per nessun motivo al mondo.
 
 
L’acqua del lago era fredda, putrida e marroncina e aveva anche un sapore schifoso. Lo so perché inghiottii un bel po’ d’acqua nella caduta. La barca era come sparita da sotto i nostri piedi ed eravamo precipitati come sacchi di patate.  
Mi ritrovai faccia a faccia con uno di quei cosi, e mi afferrò la gola, come se potessi respirare, sott’acqua. Riuscii a vedere cosa ci fosse dietro la sua faccia di mezza età con la calvizie.
I riccioli di Merida spuntavano nel’oscurità del lago. Vidi che trafiggeva un tizio con la spada, e ringraziai l’uomo della Luna per essersela tenuta.
Poi la vidi voltarsi determinata verso di me. Caricò l’arma e la abbatté la sua lunga lama contro il cranio dell’uomo che mi teneva saldamente in pugno, trapassandolo da parte a parte e finendo a qualche centimetro dal mio naso.
La estrasse e mi prese per mano. So che non era il momento giusto, ma sentii uno strano  tepore nel petto che mi riscaldò. Sensazione passeggera, perché vidi, adesso che il corpo del mostro stava precipitando sul fondo riaprendomi la visuale, centinaia di persone dagli occhi neri, che avanzavano lente come lumache nella nostra direzione, imperterriti. La luce che filtrava dall’alto li faceva sembrare spettri, lugubri e verdastri, impigliati di alghe e melma fangosa.
Fui strattonato in avanti e iniziai a nuotare, spinto anche dal mio terrore.
Io diventerò come loro, pensai atterrito.
 Più mi allontanavo, più sapevo che non sarei scampato al mio destino, e che presto, molto presto, sarei diventato uno come loro.
Avrei vagato nell’oblio e nella paura per l’eternità cercando una via di fuga, senza mai trovarla, incosciente di ciò che stavo facendo nella vita reale. Ero sicuro che Pitch mi avrebbe usato contro di loro. Ne ero certo. E anche questo mi spaventava a morte. Il fatto di poter far male alle persone più care che avevo mai avuto.
Mi accorsi che avevo smesso di nuotare, fluttuavo nell’acqua, immobile e pensieroso.
Merida mi strattonò ancora una volta. Alzai lo sguardo su di lei. Non c’era rabbia nei suoi occhi. Era solo preoccupata. Preoccupata per me?
Mi prese per un braccio e mi trascinò in superficie. Vidi la su cassa toracica espandersi e il suo viso ricolorirsi. I capelli bagnati le brillavano sotto la luce del sole del mattino. Si voltò verso di me.
–Muoviti, Frost! Non vorrei doverti tirare fuori da una di quelle bocche disgustose!- mi disse. Lo presi quasi come una premura nei miei confronti.
Allora mi sentii meglio, perché pensai, che tutto quello che avrei passato, l’avrei risparmiato a lei. A Merida.
Il mio angelo guerriero.




Angolo autrice:
Salve! lo so!! E' corto, è corto...  spero comunque di non aver deluso le vostre aspettative!! 
Allora, in questo chappy i nostri eroi sono riusciti a superare il lago, annche se nel peggiore dei modi, e arrivare dall'altra parte. Ma ora sono divisi.
Come faranno a ritrovarsi? 
Jack e Merida.... sono tutti soli soletti *-* cosa mai potrà accadere tra i due? He he he, beh, miei cari Jaridari, se volete scoprirlo, non vi resta che ritrovarsi al prossimo capitolo. Io vi ringrazio sempre per tutte le recensioni che ricevo, tutti i complimenti e i consigli che mi date, e ora,senza ulteriori indugi, ecco a voi le anticipazioni:
Nel prossimo chappy, i nostri due piccioncini saranno alle prese con la caccia, e cercheranno di ritrovarsi con il resto del gruppo.
Non è granchè come anticipazione ma...
Alla prossima, 
Vostra,
Calamara!
 

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Capitolo 16
*** 15. Giorno 6 ***


Capitolo 15: Giorno 6

 
Mi svegliai, con ancora in bocca il saporaccio di quello stramaledettissimo lago.  Alzai gli occhi al cielo e constatai che era mattina tarda. Il giorno precedente, io e Jack, una volta raggiunta la riva, eravamo scappati a gambe levate, tutti zuppi e con il fiato corto. Ci siamo trovati un nascondiglio sopra un albero abbastanza alto e pieno di fronde, dove eravamo sicuri che non ci avrebbero trovato. Aspettammo qualche ora, poi decidemmo in fretta il dafarsi.
Accendere un fuoco di segnalazione era fuori discussione, perché oltre ai nostri due amici dispersi, avrebbero potuto vederci anche i mostri. Allora decidemmo di rimanere lì, dove c’era probabilità di rincontrarsi. Dormimmo scomodamente sull’albero, con le pance vuote e i muscoli doloranti.
Adesso avevo un mal di schiena paragonabile a quello di una donna di ottantasette anni e anche i muscoli delle gambe che bruciavano per lo sforzo, ma dovevo assolutamente andare a caccia o sarei morta di fame.
O saremmo, mi corressi.
Posai lo sguardo sul ragazzo accoccolato sul ramo più in basso. Era come se avesse sempre dormito sugli alberi, e sembrava non gli dessero fastidio i bitorzoli sul ramo nodoso che si era scelto. Il sole lo colpiva dritto in faccia. Non capivo come facesse a non svegliarsi.
I capelli del suo strano colore argentato brillavano sotto i raggi mattutini e la pelle, pallidissima, sembrava fatta di un materiale ultraterreno.
Era… perfetto? Sembrava un angelo. Credevo di essere arrossita.
All’improvviso aprì un occhio e mi osservò. Sobbalzai e dovetti reggermi al tronco per non cadere. Un sorriso a fior di labbra si aprì sul suo volto.
Aggrottai la fronte e mi lanciai per terra, cercando di scappare dal suo sguardo penetrante. Atterrai in piedi, anche se barcollai un po’, poi alzai lo sguardo. 
–Buon giorno, bell’addormentato nel bosco.
-Mi trovi bello?- chiese mentre si stiracchiava e afferrava il bastone che aveva accuratamente appeso al ramo superiore.
-Era solo un modo di dire.- feci acidamente, sorvolando sull’argomento. Afferrai la faretra e contai le frecce. Erano undici. Le avevo tutte sprecate per il combattimento al villaggio, e ora ne pagavo le conseguenze. Sapevo bene che non sarebbero state sufficienti per il resto del viaggio, soprattutto se fossimo stati attaccati, e non avevo tempo per fabbricarne altre.
Mi atterrò vicino, leggero, quasi come un felino. –Allora, che si fa?- la sua vicinanza mi inquietava. Prima non era facile lottare con una tizia che mi urlava dentro intimandomi di lanciarmi tra le sue braccia e vivere per sempre felici e contenti, ma adesso che eravamo tutti soli nella foresta, era quasi impossibile. Dovevo trovare gli altri e alla svelta.
Sentii una fitta allo stomaco. Non potevo più aspettare. –Prima di tutto devo cacciare la colazione.-Presi l’arco e una freccia.
-E io che faccio?- chiese ancora.
-Tu vieni con me, mi pare ovvio. Non ho intenzione di perderne un altro.- dissi, iniziando a incamminarmi in una direzione a caso. -Ah, e non fare l'elefante, o mi fai scappare la selvaggina.- 
Lui mi fece il verso dietro e io gli acciaccai il piede. Sarebbe stata una lunga giornata.
Dopo mezz’ora non ero ancora riuscita a prendere nulla. Mi ero lasciata scappare un pel leprotto succulento e parecchi scoiattoli: So che non erano il massimo, ma stavo morendo di fame!
Mi sembrava ovvio che non ero in forma e per di più ero distratta da una presenza sgradita e gradita allo stesso tempo. Gettai con un gesto scocciato l’arco e la freccia per terra, facendo scappare l’ultima possibilità di mangiare una colazione decente.
-Che fai?- chiese Jack, sorpreso.
-Ci rinuncio, ecco cosa faccio!- mi sedetti per terra, appoggiando la schiena ad un albero e incrociai le braccia al petto arrabbiata con me stessa e con lui, ovviamente.
Lui mi guardò accigliato. –Io non ho intenzione di rimanere a stomaco vuoto.- lasciò cadere accanto a me il bastone e prese l’arco. Alzai un sopracciglio, curiosa di sapere cosa ne avrebbe fatto.
Afferrò anche la freccia e cercò di tirare. Prese con un mano pallida il legno e con l’altra la corda. Poi ci infilò in mezzo la freccia.
Sospirai. –Fermo, così…- non finii di parlare che la freccia scattò. Fendette l’aria e si andò a conficcare nel tronco dell’albero su cui ero appoggiata, proprio nel punto in cui prima c’era la mia testa, che avevo prontamente ritirato come una tartaruga. –Ehi!
- Ops…- si grattò la testa con un sorriso di scuse in volto.  –Non ho mai maneggiato un’arma.
-Figuriamoci!- dissi estraendo la freccia dalla corteccia e porgendola a lui, alzandomi in piedi.
-Cosa intendi dire?- fece.
Io mi rigirai la freccia tra le dita con fare teatrale. –Beh,c’è solo segatura nel tuo cervello, non c'è ragione per cui dovresti saper usare qualsiasi oggetto intorno a te.- dissi. Era troppo divertente stuzzicarlo.
-Almeno so cosa c’è nella mia testa. Nella tua è tutto un mistero.- afferrò la freccia e mi punzecchiò la fronte. Io mi ritrassi e lui la incoccò malamente. –Ma immagino che tu non mi insegnerai come si tira, vero?
-E perché mai non dovrei farlo?Sarà divertente vederti impazzire.- feci.- Sono curiosa di sapere se riuscira ad incoccare una freccia come si deve.-
Automaticamente lui abbassò lo sguardo sull’arco.
Gli presi la mano e gli mostrai come si prendeva. –Usa il pollice, l’indice e il medio.- E lo sistemai per bene.  –Adesso tira la corda, fino alla guancia.
Ubbidì, ma la posizione non era delle più adatte. Scossi la testa divertita. Gli diedi un colpetto al petto per farlo star dritto.
-Stai ritto con la schiena. Ti do una dritta: cerca di non respirare quando tiri, potrebbe alterarti la mira.-
Lui annuì senza proferire parola. Beh, dovevo ammettere che era un bravo allievo.
-Adesso prendi la mira. Cosa vuoi colpire?- chiesi.
- Quell’albero laggiù.- mi indicò.
Annuii. –D’accordo. Prendi la mira, poi io ti correggerò.-
Lui ubbidì e osservai gli occhi azzurri concentrarsi e una ruga formarsi tra le sopracciglia. Mi avvicinai e accostai il mio volto al suo per accertarmi che la mira fosse giusta. Non riuscii a verificarlo bene, però.
Ero troppo deconcentrata dal suo respiro stranamente freddo tra i capelli e sul collo, come una carezza. 
Deglutii e appoggiai la fronte alla sua e chiusi un occhio. Annuii e gli spostai leggermente il braccio.
-Vai!- dissi scostandomi. Lui mi lanciò uno sguardo che io non seppi interpretare, poi mollò la presa sulla freccia, che scattò e scivolò sull’aria, beccando il bersaglio.
Lui gioì, e un sorriso incredibilmente bello sbocciò sul suo viso illuminato di felicità. –Incredibile! Al primo colpo! Hai visto, Merida, ce l’ho fatta!
Non riuscii a resistere al suo entusiasmo e iniziai a ridere anch’io.
–Bravissimo!- ma mi ripresi subito.  –Anche se era un bersaglio facile.
Lui annuì, entusiasta. –Bene maestra, qual è il prossimo?-
Così, sprecammo ciò che rimaneva delle ore mattutine a tirare frecce a tutto spiano. Era divertente.
Jack aveva iniziato a prendere confidenza con l’arco. Avremmo dovuto muoverci, perché i mostri sarebbero potuti tornare e sorprenderci da un momento all’altro, ma non avevo il coraggio di rovinare quel bel momento.
Nonostante tutto, riuscimmo a racimolare un bel pranzetto, grazie a una freccia di Jack che era partita da sola e aveva abbattuto una poiana che se ne stava appollaiata su un ramo di un albero.
E visto che non avevamo intenzione di mangiarla cruda, accendemmo un fuoco, pregando che i ragazzi lo vedessero e ce ne potessimo andare prima che arrivassero anche gli altri.
Arrostii per bene il pennuto, poi lo divisi in parti più o meno uguali. Iniziai a mordicchiare il pranzo, che era incredibilmente buono. Quando ebbi finito di divorare la povera malcapitata, scoprii che Jack mi fissava.
-Che c’è?- chiesi ripulendomi le mani e la bocca con una foglia.
-Sembri una bestia affamata quando mangi.- disse ripulendo la sua coscetta. 
-Solo quando mangio?- mi sorpresi a chiedere.
-Si. Per il resto delle volte sembri una bestia e basta.- rispose ridacchiando.
-Ehi! Vorrei ricordarti che se non ci fossi io tu saresti già bello che morto!- esclamai con troppa enfasi.
Lui annuì e sembrò rabbuiarsi.-Già.-
 Rimasi interdetta. Preferiva morire? Potevo accontentarlo anche sedutastante anche se una parte di me non me lo avrebbe mai perdonato. La parte di me che non mi avrebbe perdonato iniziò a insultarmi, dicendo di aver rovinato tutto con il mio orgoglio. Abbassai lo sguardo, e iniziai a insultarla a mia volta, dicendo che era una rammollita cotta di un’idiota ipersensibile. Lei mi ricordò che eravamo la stessa persona e mi chiese chi fosse l’idiota, adesso.
Scossi la testa. –Secondo te, riusciremo a trovare una soluzione?
Lui alzò lo sguardo su di me. Mi sentii rabbrividire. Ci pensò su, poi sorrise. –Certo, siamo invincibili con  una bestia in squadra.-
Anch’io sorrisi, sollevata. Dopo mi accorsi del significato della frase e mi accigliai. –Ancora?!  
-Chissà di chi sono queste due voci che litigano?- chiese una voce da dietro un cespuglio. Sobbalzai e mi voltai di scatto, riconoscendola.
 
 
La notte l’avevamo passata tra le radici di un albero quasi sradicato. Era un giaciglio comodo, e gli arbusti mantenevano il calore corporeo, rendendolo caldo e confortevole. Avevamo fatto colazione con dei ribes che Hiccup aveva riconosciuto come non velenosi, anche se indugiai non poco riguardo a mangiarli (non avevo intenzione di ripetere la brutta esperienza di qualche giorno fa), ma alla fine, la fame ebbe la meglio e li ingoiai. Erano molto buoni e dolci.
Dopo iniziammo a perlustrare le rive del lago, cercando Merida e Jack. Passammo tutta la mattinata a camminare, e adesso avevo i piedi doloranti e gonfi, anche perché ero scalza.
Ci fermammo diverse volte per bere e riposarci. Alla fine scorgemmo una colonna di fumo che si innalzava nel  cielo azzurro. Ci scambiammo uno sguardo compiaciuto, capendo di chi si trattava. Riuscimmo anche a  cogliere delle parole che provenivano da dietro un cespuglio. Ci lanciammo un’occhiata divertita nel sentire che le voci stavano bisticciando.
-Chissà di chi sono queste due voci che litigano?- chiese Hiccup ad alta voce, assicurandosi che anche i due litiganti sentissero per bene. Io ridacchiai.
Appena vidi Merida le saltai al collo, contenta nel vederla sana e salva. Il dolore ai piedi era valso a qualcosa, se non altro. Anche Hic e Jack si abbracciarono.
-Dove diavolo eravate finiti?- chiese Jack sciogliendosi dall’abbraccio.
Io lo imitai. –Eravamo rimasti qui intorno a cercarvi.- dissi.
Merida annuì. –Avevamo immaginato che foste da queste parti. Ma ora dobbiamo sbrigarci, potrebbero arrivare anche i mostri da un momento all’altro.-
Sparse le braci sul terreno e cominciammo a camminare. Ancora! Non ce la facevo più!
Dopo qualche ora di cammino incominciai a inciampare ad ogni passo che facevo e non sentivo più le piante dei piedi. Inciampai nuovamente in una radice di albero e mi sbilanciai in avanti, stramazzando a terra. Mi sbucciai le mani e le ginocchia.
-Stai bene, Punzie?- mi chiese Merida, aiutandomi ad alzarmi.
 Io scossi la testa, desolata. –Mi dispiace, non ce la faccio più a camminare…- ero inutile, un peso,come al solito. Gli occhi iniziarono a pizzicarmi.
-Ehi!- mi chiamò Jack. Alzai lo sguardo e lo trovai inginocchiato, con la schiena rivolta verso di me. –Salta su!
Sbattei più volte le palpebre, poi mi decisi a salirgli sulle spalle. Mi afferrò con gli avambracci sotto le ginocchia e mi issò su. Da quell’altezza potevo vedere tutti. Iniziai a ridere
. –Si!- gridai alzando le braccia al cielo.-Sono più alta di tutti, per una volta!
Scoppiammo tutti a ridere. Era molto comodo essere trasportata da qualcun altro, anche se avrei preferito che non fosse così gelido. Scrollai le spalle e iniziai a canticchiare la canzone del marinaio.
Tutti più o meno la conoscevamo, così intonammo un coro davvero  bello.
 
La sera arrivò presto, così decidemmo di accamparci. Merida sosteneva che eravamo praticamente arrivati, e che era insensato andare a dormire. Ma eravamo tutti stanchi morti, così smise di obbiettare e ci sistemammo vicino ad un albero, con la pancia vuota e un bel mal di testa.
Rapunzel continuava a rigirarsi, e sinceramente, neanch’io avevo molto sonno.
Incrociai le braccia dietro la nuca, pensieroso. Continuavo a chiedermi dove fosse mio padre, che doveva raggiungermi al matrimonio, ad Astrid, che chissà dov’era finita. Per ora le mie certezze erano solo quei ragazzi. E mi chiedevo se non ci eravamo immischiati in un affare troppo grosso per noi.
Mi alzai. Tutti mi osservarono mentre mi lasciavo cadere sul letto d’erba della radura a pancia in su. Iniziai ad osservare le stelle, che da lì si vedevano benissimo.
Sentii dei passi sull’erba e venni raggiunto da Merida, poi da Punzie e Jack. Inizialmente ci fu silenzio, poi iniziammo a contemplare le stelle, commentando le costellazioni che scintillavano nel cielo notturno. Fui sorpreso nel comprendere che Rapunzel se ne intendeva eccome di astri. Ci confessò che aveva disegnato un’intera mappa astronomica nella torre in cui viveva.
Così uscì fuori il discorso degli Hobby. Rapunzel faceva di tutto. Cuciva, cucinava, faceva addirittura sport, anche se non si direbbe proprio.  Ma la cosa che più la appassionava era dipingere.
Merida disse che non aveva Hobby, perché non aveva tempo. Sua madre glielo rubava tutto per istruirla e per farle imparare il galateo, che lei prontamente ignorava (frecciatina di Jack). Ma la cosa che amava più fare era tirare con l’arco e andare a cavallo, il fantomatico Hangus.
Notai che Jack sembrava un po’ irrequieto. Cercò di contenersi più che poteva, iniziando a parlare del fatto che adorava giocare a tirare le palle di neve in inverno. Diceva che era la cosa più divertente del mondo. Io obbiettai.
La cosa più divertente del mondo era volare con Sdentato. A quel punto mi chiesero chi fosse o cosa fosse.
Io spiegai che era una Furia Buia, un drago. Li zittii tutti. Mi gustai le loro espressioni basite e iniziai a spiegare.
Si, il mio Hobby era volare. Promisi ad ognuno di loro che li avrei fatti volare con i draghi. Sembravano entusiasti.
Merida si alzò e si stiracchiò. –Bene, ragazzi, io direi di…- si bloccò. Io la guardai con sguardo interrogativo e capii che stava osservando qualcosa. Seguii la linea del suo sguardo e sobbalzai.
Un essere fluttuava a qualche decina di centimetri da terra. Pareva avere due occhietti giallognoli che spiccavano nell’azzurro del suo corpicino impalpabile.
-Che cos’è?- sentii chiedere Rapunzel a bassa voce per non spaventarlo.
-Un fuoco fatuo.- rispose Merida, accennando un sorriso.
-Ma non è possibile… E’ solo una leggenda..- feci, senza staccare gli occhi dal “fuoco fatuo”.
Lei ridacchiò. –Non tutte le leggende sono solo leggende.- avanzò nella sua direzione, poi, quando cercò di toccarlo, esso svanì.  Una fila di quegli esseri informi si formò lentamente dietro di lei. L’arciera raccolse le armi e si mise a seguirli.
-Cosa fai?- chiese Jack, alzandosi in piedi e raggiungendola.
-I fuochi fatui ti conducono al tuo destino.- spiegò. –Dovrebbero portarci dalla strega!
Rapunzel balzò in piedi e si unì a loro. Io la imitai, titubante. Ero sempre stato razionale, e l’apparizione di questo “fuoco fatuo” mi spaventava. Voleva dire che esistevano anche i folletti dei boschi, le fate o l’Uomo Nero?
 
Iniziammo a seguire i fuochi fatui. Devo ammettere che avevo paura. “Ti conducono al tuo destino” aveva detto. Già, peccato che il mio destino era l’oblio, l’oscurità, il nero.
Ad ogni passo mi sentivo più male. La Luna faceva il suo ciclo sopra di noi e io non potevo fare nulla per fermarla. Si, non potevo.
Mancavano tre ore, e sarei diventato come loro. A mezzanotte precisa, ben venuto mostro Jack Frost. 
Presi coscienza che non si trattava di una cosa immediata, trasformarmi in un mostro dagli occhi neri, ma una cosa lenta e dolorosa. Iniziai a sentire la paura che sbocciava dentro di me, come una macabra rosa nera. Lentamente, senza fretta, mi attanagliò lo stomaco, come una morsa glaciale e non lo lasciò più andare. Lentamente, iniziai a cedere alla paura.
 
 


Angolo dell'autrice:
Buon giorno\sera\pomeriggio! Spero che questo ritardo sia stato compensato dal chappy, in pieno stile Jarida!
Vado dritta al sodo: non ho molto tempo, quindi ci saranno ritardi, già ve lo dico. Ma non preoccupatevi, la storia arriverà alla fine regolarmente.
Non mi dilungherò molto perché è tardi e domano ho un cacchio di compito di matematica ç.ç e dopodomani uno di scienze!  TT-TT
CALAMARA E' STUFA MARCIA DELLA SCUOLA!
*Si ricompone.*
Bene... vi lascio alle anticipazioni, va', prima di scapocciare del tutto:
Preparatevi, nel prossimo chappy ... ... ...
...
Si scoprirà tutto! Come reagiranno i nostri eroi? Jack riuscirà a scappare prima di ferire qualche suo amico? Come riusciranno a salvarlo?
Basta domande, ci rivediamo al prossimo capitolo,
vostra esausta,
Calamara

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Capitolo 17
*** 16. Giorno 6\7 ***


AVVISISSIMO IMPORTANTE:
Salve, gente! Mi scuso per il ritardo (come al solito) ma, uomo avvisato mezzo salvato u.u
Vi starete giustamente chiedendo il perché di questo avviso, beh, è che quando finirete di leggere il capitolo, non voglio rovinare l'atmosfera, (me e i miei filmini mentali XD) quindi ho deciso di scrivere subito qui sopra i ringraziamenti e comunicazioni varie! ^-^
Allora, ringrazio sempre di tutto il sostegno che mi date, nonostante sia una ritardataria di prima riga! 
Non ho particolari comunicazioni da farvi, apparte che, ora che ci sono le vacanze, aggiornerò sempre in tempo u.u (o mi impegno a farlo ^-^")
Approposito, BUON NATALE A TUTTI!!!
Va bene, va bene, mi levo di mezzo...
Alla prossima, vostra,
Calamara!
 


Capitolo 16: Giorno 6\7
 

La notte era fredda. Una nebbiolina umidiccia e bassa iniziò a propagarsi, facendo scomparire il terreno sotto i nostri piedi. Rabbrividii e aumentai il passo.
–Merida? Sei sicura che…- iniziai.
-Si, non preoccuparti, Rapunzel.- fece, lanciandomi un’occhiata incoraggiante. Continuammo a camminare, seguendo quelle strane creature azzurrognole e dolcissime che non avevo mai visto prima. Ci condussero in una radura ampia e tetra. La cosa più inquietante, però, era che era disseminata di pietre megalitiche, alte più di sette metri, disposte in cerchio.
-Eccolo!- disse la ragazza, correndo al centro del cerchio.
 Vidi che Hiccup aveva il naso all’insù, gli occhi sgranati e la bocca aperta. Jack, invece, guardava per terra con sguardo vuoto.
-Jack, tutto… apposto?- chiesi appoggiandogli una mano sul braccio.
Alzò lentamente lo sguardo su di me e annuì, accennando un sorriso per nulla convincente. –Si. Temo solo che Merida sia impazzita.
Io corrugai la fronte e mi girai. Vidi la ragazza che percorreva il cerchio, chiamando a gran voce i fuochi fatui.
- Emh… Merida? Cosa fai?- chiesi avvicinandomi.
-Eccoli!- gridò. Mi sorpassò e iniziò a correre, inseguendo una scia di corpicini fluttuanti.-Venite, presto!
Scambiai uno sguardo con i due ragazzi poi la seguimmo.
L’atmosfera era anche peggio. Dei rami rattrappiti si protendevano verso di noi, come delle mani ossute. La nebbia era alta lì, non ci vedevi un palmo dal naso, infatti fummo costretti a prenderci per mano, per non perderci.
Vidi l’ultimo fuoco fatuo dissolversi con un sussurro basso e sgranai gli occhi quando, finalmente, intravidi quella che sembrava una piccola casetta. Era tarchiata e sembrava fatta interamente di pietra. –E’ quella…?
-Si!- gioì l’arciera.
Finalmente eravamo arrivati al capolinea. Era lì, davanti a noi, lo scopo del nostro viaggio.
Stentavo ancora a crederci. Avevamo sopportato una fuga dal mio palazzo infestato da mostri, la scomparsa dei nostri genitori, avvelenamenti, attacchi di ogni genere da parte loro. Eravamo riusciti a resistere, ci eravamo tenuti su di morale a vicenda, tutti insieme, come una famiglia. Anzi, noi eravamo una famiglia. Stavo per piangere dalla gioia.
Merida fece scivolare lo sguardo su ognuno di noi. –E’ il momento della verità.-
Avanzò di qualche passo e bussò alla porta. Nessuna risposta. Provò ancora, con più decisione. Niente.
-Forse non è in casa…- azzardai mordicchiandomi il labbro inferiore.
-Abbiamo fatto tutto questo viaggio per niente?!- sbraitò Hiccup fuori dai gangheri.
Anche Merida si infuriò, e iniziò a tirare a calci la porta, prendendo a male parole il mondo intero.
Jack si lasciò cadere su una roccia umidiccia con le mani nei capelli mentre io mi sbattevo una mano in faccia. Dopo una vasta gamma di insulti, alla fine si sentì una voce gracchiante dall’atra parte come risposta. Ci zittimmo tutti e ascoltammo. Sentimmo delle serrature scattare, e la porta si aprì di un centimetro, giusto lo spazio per far vedere un sospettoso occhio a palla.
Quello strabuzzò gli occhi e aprì la porta, rivelando una vecchia tarchiata quanto la sua casa, con i capelli bianchi e piena di rughe. Sembrava una tartaruga centenaria. –Principessa!- squittì.
-Salve strega.- ricambiò il saluto ricomponendosi.
La strega si guardò intorno con gli occhi semichiusi. -Venite dentro, non è sicuro stare fuori.- si fece da parte e ci fece entrare uno alla volta. Si soffermò un attimo sul volto di Jack, per poi richiudere immediatamente la porta. Lo spazio era stretto e basso. Dovevi chinare la testa se non volevi prendere una capocciata, cosa che Hiccup prese ben due volte. Era quella che sembrava una falegnameria, piena di oggetti fatti di legno e segatura sul pavimento. Tutti raffiguravano orsi. Orsi, dappertutto.
- Sapete quanto mi ci è rivoluto per rimettere apposto tutto?!- sputacchiò la strega, sventolandoci sotto al naso il forcone che notai solo adesso avere in mano.
-Mi dispiace, non ho fatto esplodere la tua casa apposta, è stato uno sbaglio…- si scusò togliendosi il forcone da davanti. –Ma adesso abbiamo bisogno del tuo aiuto.
-Immagino si tratti di quello che sta succedendo.- l’anticipò. Lasciai perdere il portamatite a forma di orso e mi voltai verso di lei, come tutti.
Ci fece sedere per terra in cerchio e, per metterci a nostro agio, ci servì una tazza di tè ciascuno.
Dopo essersi accomodata su un basso sgabello continuò. –Questa epidemia ha mietuto più vittime di quanto pensate voi.- abbassò lo sguardo.
-Come è iniziata?- chiesi sporgendomi in avanti. –Tu lo sai?
-Si. – si fermò un attimo rivolgendo lo sguardo a Jack, il quale si pietrificò sul posto.- Ma non sono l’unica.-  
 

Aggrottai la fronte e lo guardai. Cosa? Jack lo sapeva? E non aveva detto niente?
Nessuno parlò, così la strega continuò. –Non è una normale malattia, e penso che questo lo abbiate capito tutti. –sospirò. –La verità è che c’è qualcuno dietro tutto questo. E’ un’epidemia diffusa da Pitch Black.-
-Chi?- chiesi bevendo un sorso di tè per calmarmi.
-L’Uomo Nero, Pitch Black.- ripeté.
Io scoppiai a ridere, facendomi andare di traverso il tè. Iniziai a tossire come un cretino. –Ci stai prendendo in giro?- ansimai dopo essermi tolto quel groppo dalla gola. Cos’era? Un nome in codice?
Mi lanciò un’occhiataccia. –Che ci crediate o no, è stato lui a far ammalare quella bambina che ha dato inizio al contagio. Potete chiedere a lui per cercare conferma.-
Strabuzzai gli occhi e rivolsi nuovamente lo sguardo su Jack. Sapeva di questo “Uomo Nero”? Non ci potevo credere. Anche gli altri avevano gli occhi puntati su di lui. Quelli di Rapunzel erano pieni di dubbio e frustrazione, mentre Merida era shockata, sbarrati e puntati su di lui.
Jack aveva lo sguardo basso sulla propria tazza ancora piena, e non fiatava. Nessuno parlò di nuovo, così la strega prese parola.
-La malattia, dato che si tratta dell’Uomo Nero, è la paura. Ognuno ha le proprie paure, e lui le sfrutta per i suoi scopi. Cadi in uno stato di trance, in cui non sei cosciente di ciò che fa il tuo corpo, ma sei imprigionato nella tua mente, dove affronti le tue paure peggiori. Spesso le persone non ce la fanno e si lasciano andare alle tenebre, così lui ha il pieno controllo su di loro. Della mente e il corpo.- terminò.
Tutte quelle informazioni mi colpirono come un Gronkio in corsa. Sembrava impossibile. Era impossibile.
-Tu sai chi sono.- sentii la voce di Jack che spezzava il silenzio. Mi voltai verso di lui. Alzò lo sguardo sulla strega. –Come fanno a vedermi?
La fattucchiera ci pensò su, portandosi un dito nodoso al mento. – A questo punto credo che non abbia a che fare con la malattia. Ho sviluppato una mia teoria secondo la quale le persone posssìano vedere spiriti come te grazie ad un credo o qualcosa del genere.-
Jack sgranò gli occhi. Io corrugai la fronte. La strega annuì convinta. Rapunzel trattenne il respiro. Merida continuava a far passare lo sguardo dalla strega al ragazzo. Non ci capivo più nulla.
-Che diavolo succede, vi degnate di spiegarcelo?!- sbottai.
-Lui non può.- fece la strega guardandomi. –Ma posso farlo io. Lui è Jack Frost, uno spirito dell’inverno. – ci diede tempo per digerire le parole. Ma io non ci riuscii. COSA?! Tutto il mio mondo era stato stravolto in meno di dieci minuti. Guardai Rapunzel, raggelata. Guardai Merida, dal cui volto non trapelava nessuna emozione, ma la tazza le tremava tra le mani. –Lui conosceva Pitch Black. E ha fatto un patto con lui.
Eccola. Una bella zoccolata negli zebedei. COSA?! Ma non era il nemico, Pitch? Perché aveva fatto un patto con lui??
- Merida, è giusto che tu sappia tutta la verità…- Lanciò uno sguardo a Jack, il quale annuì impercettibilmente, prima di voltarsi verso di lei. La principessa alzò lo sguardo. -…Ha scambiato la propria anima per la tua. –
La vidi spalancare gli occhi e si lasciò sfuggire un gemito sorpreso. Jack  non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Aveva paura della sua reazione, ovvio.
-Vedi…- continuò la strega. -…Quando una persona si addormenta o sviene, è più vulnerabile agli attacchi da parte di Pitch. Devi esserti addormentata e hai avuto un incubo, vero? Ed era quasi reale. Stavi cedendo alla paura. Così, Jack ha fatto un patto con lui, scambiando la propria anima con la tua e racimolando anche una settimana di tempo prima che la paura lo prendesse con sè.- terminò.
Rapunzel fece cadere a terra la tazza e facendo riversare il liquido marroncino sul pavimento di legno, e si coprì la bocca con le mani. –Jack… diventerai uno di loro…- iniziò piangere silenziosamente, senza badare al grugnito di disapprovazione della fattucchiera.
COSA?! Perché? No, era chiaro il perché, ma perché?
Guardai la ragazza. Merida non reagì. Rimase immobile, con lo sguardo rivolto alla strega, ma lontano.
-Perché non ce lo hai detto?!- ringhiai verso lo "spirito".
-Non poteva.- si intromise nuovamente la strega. Stavo per darle un pugno sul naso aquilino. –Il patto implicava una clausola. Non doveva parlare di Black o del patto con nessuno, o l’anima di Merida sarebbe tornata da lui.
Ci furono minuti di riflessioni che sembrarono durare millenni. Il silenzio era interrotto solo dai singhiozzi di Punzie, che si era appoggiata con la fronte alla mia spalla e sobbalzava di tanto in tanto.
-Come faremo a… sconfiggerlo?- trovai il coraggio di chiedere, deglutendo.
-Cosa sconfigge l’ombra?- chiese rivolta a tutti.
Ma nessuno parlò, così toccò a me rispondere. –La luce…-
-Esatto.- annuì la strega. –La luce. E per fortuna, la nostra soluzione è proprio qui, in questa stanza.-
Corrugai la fronte e mi guardai intorno. –Cioè?
-La principessa perduta e poi ritrovata, è lei che libererà il mondo dalle tenebre.- recitò.
La diretta interessata alzò lo sguardo sulla vecchia. -Cosa?- chiese con un filo di voce.
- Tua madre guarì grazie ad una goccia di sole caduta sulla terra. Nel tuo sangue scorre la pura essenza della luce. - disse fermamente.
-Cosa dovrei fare?- chiese ancora più incredula di prima.
-Per neutralizzare le api, dovrete colpire l’ape regina. Scendete nel regno di Pitch Black e combattete le vostre paure. La luce sconfigge l’ombra, è così che dovrete ragionare, se volete davvero sconfiggerlo.- rispose corrugando la fronte ancora più rugosa.
-Io non ho più quel potere… io…- si toccò freneticamente i capelli, come in cerca di qualcosa.
La fattucchiera scosse la testa. –Trova la luce che è dentro di te. - disse.- Adesso andatevene. State attirando i mostri nella mia casa. Buona fortuna, ragazzi.-
Schioccò le dita e ci ritrovammo improvvisamente al centro del cerchio di pietre megalitiche.
Rimasi interdetto un attimo. Sbattei le palpebre e mi alzai in piedi, grattandomi la testa. –Cavolo…- commentai. -…Vorrei saperlo fare anch’io.
Rapunzel si asciugò le lacrime e mi seguì. Tutti ci ricomponemmo, ma non sapevamo più che fare. Il viaggio era terminato. Era notte e faceva un freddo cane.
E adesso?
-Jack…- lo chiamò Rapunzel con la voce spezzata. Lo prese per un braccio. –…Quanto ti resta?
 –Più o meno due ore. Ho tempo fino a mezzanotte.- rispose.
-Ma sei davvero uno spirito dell’inverno?- mi sorpresi a chiedere. –Cioè, voglio dire…
-Autentico.- rispose allargando le braccia. Poi, si bloccò, osservando qualcosa dietro di me. Mi voltai e vidi Merida. Aveva la testa bassa, con tutti i riccioli rossi che e ricadevano sul volto, le mani strette a pugno così forte da far sbiancare le nocche. Corrugai la fronte. –Merida? Tutto… ok?
La vidi tremare. Era arrabbiata o aveva freddo? Non ne avevo idea.
Jack avanzò nella sua direzione e mi sorpassò. Deglutì. –Senti… io…
Scattò. Fu fulmineo. Merida si lanciò contro Jack e caddero entrambi a terra. Rapunzel lanciò un gridolino sorpreso e io sobbalzai.
 Lei lo sovrastava stringendo le gambe attorno al bacino di lui per fermarlo, gli teneva la camicia tra i pugni. Aveva sempre il volto coperto dai boccoli, ma vidi una gocciolina trasparente caderle dal mento.
-STAI ZITTO!- tuonò. –COME TI SEI PERMESSO?! SEI UN’EGOISTA!- gridò, iniziando a sbatacchiarlo, facendogli sbattere più volte la schiena sul prato.
–NON TI PERDONERO’! L'AVEVO GIURATO! E ANCHE TU LO AVEVI FATTO! NON DOVEVI MENTIRE! L'AVEVI PROMESSO!
Cercai di scostare la ragazza da lui, ma lei fece in tempo a tirargli un bel cazzotto in un occhio. La strattonai, mettendo le braccia sotto le ascelle e allontanandola.
-LASCIAMI! LASCIAMI!- si divincolava rabbiosamente. Era un miracolo che riuscissi a tenerla ferma. Quando capì che non c’era niente da fare, smise di muoversi e si  calmò. Riuscii a vedere il suo volto percorso da una cascata di lacrime e gli occhi colmi di rabbia e dolore e i denti digrignati. Abbassai lo sguardo su Jack.
Rapunzel si era accovacciata vicino al povero malcapitato e cercò di rimetterlo in piedi. Lui barcollò, tenendosi l’occhio con una mano.
Afferrò il bastone. –Bene.- disse, come se non fosse successo niente. –Ora è meglio se vado. Non ho intenzione di farvi del male, ma come sapete, non sarò io che manovrerò.- Scoprì l’occhio. Si era già gonfiato e aveva un aspetto orribile.
Rapunzel lo abbracciò. –Troveremo una soluzione.- disse. Jack annuì e si sciolse dall’abbraccio dolcemente.
-Ci vediamo dall’altra parte.- mi disse. Io annuii, con gli occhi che iniziarono ad inumidirsi.
 Gli avrei stretto la mano se avessi potuto, ma tenevo ancora prigioniera Merida, per il timore che facesse qualche altra sciocchezza.
Jack si chinò su di lei. –Me lo meritavo.- disse. Lei non proferì parola. Il ragazzo le sussurrò qualcosa all’orecchio, poi ci fece un cenno di saluto, roteò il bastone e volò in alto. Alzai lo sguardo, seguendolo finché non scomparve nella notte. Rimasi senza parole.
Poi mi accorsi di tenere ancora incastrata Merida, così la lasciai andare. Lei scivolò per terra, accasciandosi sulla distesa erbosa, coprendosi il volto con le mani. Adesso riuscivo a sentire il sussurro di Jack nel vento:
-Non smettere mai di combattere, mio angelo guerriero.-

 

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Capitolo 18
*** 17. Decisioni ***


 

Capitolo 17: Decisioni.

 
Alzai lo sguardo al cielo. Era tutto ricoperto di nuvole bianche e batuffolose, anche se era notte e non si riusciva a distinguere bene nulla. Forse sarebbe stata l’ultima cosa che avrei visto nel mondo reale.
Mi accucciai in una rientranza gelata, stringendomi le ginocchia al petto. Osservai le onde placide del mare artico che cullavano l’iceberg su cui ero seduto.
Mi strinsi nelle spalle, scacciando un brivido. Potevo sentire freddo? Insomma, ero Jack Frost.
Eppure riuscivo a sentirlo, dentro di me. Stava risalendo i miei arti, come un spiri di serpenti neri, facendoli intorpidire, arrivando fino al tronco, al cuore. Era una sensazione orribile.
Come se avessi la consapevolezza che il mondo stesse per crollarmi addosso e non potevo fare nulla per fermarlo. Potevo solo starmene lì, a sentire quel doloroso veleno che mi entrava in circolo nel sangue, rendendomi quasi impossibile respirare.
Pensai all’unica cosa che avrebbe mai potuto rendermi più dolce quella lenta caduta negli inferi.
I suoi occhi azzurri carichi di sfida mi osservavano, semi divertiti perché non riuscivo a mettere bene la freccia nell’arco. Si avvicinò e mi aggiustò la presa, stringendo la sua piccola e affusolata mano nella mia. Forse non si era accorta di ciò che era scaturito dal mio cuore a quel tocco.
E quando si era avvicinata a me per aggiustarmi la mira, non riuscivo più a ragionare. Sentivo il suo profumo che mi annebbiava i sensi e la sua fronte calda contro la mia mi fece quasi evaporare.
Mai provato, in cento anni, un sentimento così complesso. Così bello. Così letale.
Mi ritrovai a sorridere come un’idiota, ripensando a quanta forza avesse quel piccolo fiorellino di nome Merida Dunbroch sentendo una fitta all’occhio destro, ammaccato e viola come una prugna secca.
Come mai tutta questa felicità, Frost? Infondo, stai per diventare uno di loro.
Un macabro sibilo si fece largo nella mia mente. Sobbalzai e mi guardai attorno, ma non c’era nulla se non acqua gelata e il ghiaccio che rifletteva la mia immagine distorta.
No, non puoi vedermi, sono nella tua testa.
- Pitch!- ringhiai a bassa voce, stringendo la mano a pugno.
Buon giorno, o forse dovrei dire buona notte?
Non dissi nulla. Una risata agghiacciante mi rimbombò nel cervello, facendomi quasi male.
Lascia che indovini la causa della tua gioia. Mmh… fammi pensare. Ah, si. La tua dolce amichetta. Quella per la quale hai rinunciato alla tua anima. Fai bene ad essere così felice, tra poco ti raggiungerà, vedrai.
-Stalle lontano.- ringhiai ancora. La rabbia mi ribollì nelle vene.
Forse dovresti starle lontano tu! Un’altra risata, peggio di prima, echeggiò nella mia mente. Digrignai i denti, ammettendo che infondo aveva ragione. Lui mi avrebbe usato contro di lei. Questo era poco ma sicuro.
 Oh, aspetta, lo stai facendo. Ma quando smetterai di lottare,lacerò a te il piacere di farla sprofondare nel baratro della paura, sei contento?
-Lasciami stare!- gridai cercando di soffocare la sua voce mettendomi le mani sulle orecchie.
Lo farò, non temere. Ti lascerò presto nelle mani della paura, ma prima posso permettermi di farti una domanda?
Rimasi in silenzio.
Chi tace acconsente. Dimmi, Frost, perché mai ha rischiato così tanto, per quei tre ragazzini senza speranze, affrontando mille difficoltà, quando avresti potuto benissimo filartela dal matrimonio in fretta e furia senza il minimo sforzo?
-Tu non capiresti.- Sorrisi amaramente, ed è con quel sorriso sulle labbra, che cedetti all’oblio, venendo inghiottito dall’oscurità.   
 
 

Il cielo era tutto coperto di nuvole grigiastre che oscuravano il sole, e minacciava un acquazzone. Io, Hiccup e Rapunzel avevamo passato la notte in una rientranza sotto una roccia ricoperta di muschio verdastro e viscido. Per quanto riuscii a dormire. Le ultime parole di Jack continuavano a rimbombarmi nel cervello:
“Non smettere mai di combattere, mio angelo guerriero”
Avevo incassato tutte le informazioni come cazzotti. Una realtà a me conosciuta aveva preso posto di quella che vivevo abitualmente, scaraventandomi in un altro mondo, dove Jack era uno spirito dell’inverno e l’Uomo Nero voleva sterminare l’umanità. Era tutto reale o era solo un incubo?
L’unica cosa che sapevo per certo era che quello che avevo provato quando Jack mi aveva sussurrato quella frase all’orecchio, con un accenno di sorriso sulle labbra, era reale. Dannatamente reale,come ogni cosa che mi sconquassava da capo a piedi quando lui era vicino a me.
E adesso,che avevo iniziato ad accettare l’idea di amare qualcuno, soprattutto quell’idiota dalla faccia d’angioletto, se ne era andato. Non avevo capito fino in fondo ciò che provavo finché non l’avevo perso.
Lui aveva dato tutto per me. Aveva mentito, aveva nascosto e aveva tradito, aveva dato la sua anima per me. E io? Io gli avevo restituito un bel cazzotto su un occhio. Ero shockata, è vero, ma non avrei dovuto reagire in quel modo: ero letteralmente esplosa, come un vulcano.
Mi misi le mani nei capelli e mi lasciai scivolare lungo il tronco di un albero, incapace di reggermi in piedi da sola. Dovevo fare il punto della situazione o sarei presto andata fuori di testa.
Allora: Pitch Black, ossia l’Uomo Nero, aveva sguinzagliato un’epidemia che incrementava le paure delle persone e le induceva in uno stato di trance, trasformandole in mostri che ubbidivano ai suoi ordini per scopi sconosciuti. Io, che stavo per cadere nelle sue grinfie, ero stata salvata (ANCORA!) da Jack, il quale aveva proposto la sua anima al posto della mia, e adesso era chissà dove a morsicare altre persone e “infettarle”.
-Bel casino.- sentii la voce di Hiccup. Alzai lo sguardo su di lui. Non mi ero nemmeno accorta che si era seduto accanto a me. Io annuii distrattamente e iniziai a strappare dei ciuffi d’erba, pensierosa.
–Merida?- Mi chiamò.
Sapevo ciò che stava per chiedere, ma io non volevo ascoltare. Continuai a torturare il prato, incurante.
- Merida – Mi alzò il voto con un dito, costringendomi a guardarlo negli occhi. –Cosa dobbiamo fare?
Già. Spettava a me deciderlo. Ero io il pilastro forte che reggeva il gruppo. O no?
In quel momento mi sentivo tutto fuorché sicura e forte. Scossi la testa.
Vidi Rapunzel che tornava con in mano una manciata di bacche. Adesso aveva imparato, più o meno, quali fossero commestibili e quali no, ma per sicurezza chiedeva sempre a me.
- Colazione.- disse senza entusiasmo che usualmente sprizzava da tutti i pori. Jack le mancava.
Jack mi mancava. Ma non sarebbe tornato.
Ne presi una, giusto per calmare lo stomaco, anche se non avevo proprio voglia di mangiare. Me la lanciai in bocca e lasciai che il succo dolciastro mi scorresse in gola. Cosa fare? Non ne avevo idea.
Potevamo raggiungere il mio castello e barricarci dentro, dove eravamo sicuri che i mostri non sarebbero mai riusciti ad entrare, anche se avevo una paura tremenda di cosa ci avrei trovato. Anzi, di cosa non ci avrei trovato. I miei genitori erano scomparsi, e avevo il timore che fossero ancora lì fuori, e poi non volevo attirare i mostri al castello, dove c’erano Harry, Hubert e Hamish. Oppure potevamo seguire le istruzioni della strega, che sembrava tanto un piano suicida.
Punzie si rimpinzò di bacche, ingoiò rumorosamente poi chiese:- Cosa facciamo, adesso?
Già, era questo che facevamo. Ingoiavamo le brutte notizie, le perdite, il dolore e andavamo avanti, insieme. Perché ormai  non avevo più realtà se non la loro. La nostra. Dovevo fare di tutto per proteggerla.
 Abbassai lo sguardo. –Dobbiamo decidere.- dissi con voce traballante. –Possiamo raggiungere il mio castello oppure… andare a combattere e riprenderci Jack e gli altri.
-Mi pare che tu abbia già deciso.- mi fece notare Hiccup con un sorrisetto malizioso, che non era affatto da lui. –Mi sbaglio?
-Bene, ragazzi…- si intromise Rapunzel con un tono sicuro e in volto un’espressione stranamente determinata. –Andiamoci a riprendere i nostri amici!
Io annuii, rincuorata e tornata forte come una volta. –D’accordo.- i modi di fare di Punzie ti trasportavano e non potevi fare altro che seguire il suo umore. La ringraziai mentalmente di essere così. –Ma ci servirà un piano.
-Bene.- fece Hiccup. Ci disponemmo in un cerchio a gambe incrociate e lo iniziammo ad ascoltare.
-Dobbiamo mettere in conto che “l’Uomo Nero” userà i nostri cari contro di noi per giocarci un brutto tiro psicologico, quindi Astrid per me, Eugene per te e Jack. Quindi dobbiamo essere pronti a combatterli. Dobbiamo sempre ricordarci che ora non sono più loro.- io e Rapunzel annuimmo insieme.
–Secondo me è meglio basarci un uno schema d’attacco. Sguinzaglierà più mostri che potrà, quindi dobbiamo mirare subito a lui, se non vogliamo combattere contro un’orda di quei cosi. –
-La strega ha detto che l’epidemia si è estesa più di quanto pensiamo noi…- disse la sposa. – Secondo voi quanti sono?
-Non lo so…- scossi la testa.-Potrebbero essere a migliaia.-
-Questo ci riporta a Pitch.- concluse Hiccup. –Punzie, la strega ha anche detto che solo tu puoi sconfiggerlo. Di che potere parlavate?
-Ecco…- abbassò lo sguardo. Iniziò a raccontare la sua storia. Io e il vichingo rimanemmo i silenzio ad ascoltarla, rapiti. -…Ma da quando Eugene mi ha tagliato i capelli, non posso più fare nulla.
-Capisco…- Hiccup annuì pensieroso.
Cercai di ricordare più che potevo riguardo alla nostra chiacchierata con la fattucchiera, anche se avevo smesso di ascoltare da “ha scambiato la propria anima per la tua”.
-D’accordo.- disse Hiccup. –Ecco il piano. Ognuno di noi si sbarazza della propria consorte, poi arriviamo da Pitch: Io e Merida lo distraiamo mentre tu fai… quello che sai fare.
Wow, mi aspettavo un piano più ingarbugliato. –Emh.. Hic? Punzie non sa combattere.- lo riportai coi piedi per terra.
-Cavolo, è vero…- si grattò il capo pensieroso.
-Questo lo dite voi!- ci voltammo entrambi nella sua direzione. –Datemi una padella e ve li stendo tutti!
Incominciammo a ridere come idioti e facemmo un corso accelerato di scherma per Rapunzel, visto anche che la strega aveva detto che ognuno avrebbe dovuto combattere le proprie paure per conto suo. Non fu una cattiva allieva, anzi, per niente. Era un’ottima osservatrice e capiva tutto al volo.
Ma il problema non era lei, era più resistente e sicura di quanto pensassi, ma io.
Come avrei fatto a scoccare una freccia contro di lui, adesso che avevo la consapevolezza di provare qualcosa di davvero… speciale?  
Poi mi bloccai, quando fui investita da un’amara illuminazione che avevamo dato tutti per scontato.
-Ragazzi…- li richiamai. Mi guardarono interrogativamente, mentre Rapunzel stava per sferrare un calcio al vichingo. -… ci siamo dimenticati di una cosa importante…- continuai.
-Cioè?- chiese Hiccup, con il suo tipico scetticismo. Era sicuro di aver pianificato tutto, apparte la cosa principale!
-Dove si trova il regno degli incubi di Pitch Black?!-
 


- Dove si trova il regno degli incubi di Pitch Black?!- chiese Merida. Io mi bloccai. Come avevo fatto a non pensare alla cosa più importante, cavolo?!
Iniziai ad imprecare sotto voce contro me stesso, contro quel dannato Uomo Nero e contro il mondo intero.
- Hiccup, calmati…- cercò di riportarmi alla ragione Rapunzel.
-Come faccio a calmarmi?! Sono proprio un’idiota!- Sferrai un calcio ad un sasso, che volò dentro un cespuglio. Qualcosa mugugnò contrariato.
Mi avvicinai interrogativo e vidi un fuoco fatuo comparire dal groviglio di fogliame e fluttuare nella mia direzione. Sussurrò qualcosa con la sua vocina misteriosa e mi sorpassò. Svolazzò sopra le teste delle ragazze, che non staccavano gli occhi da quell’essere strambo e si posizionò alle loro spalle. Dietro di lui comparve una scia di fuochi fatui azzurri, che ci invitavano a seguirli.
Merida sorrise. –Ci condurranno loro.-
Ci preparammo allo scontro, anche se infondo, nessuno lo sarebbe mai stato veramente. Mi assicurai l’accetta alla schiena e presi per mano Rapunzel. Ci scambiammo uno sguardo rassicurante a vicenda, poi lei afferrò quella di Merida. Iniziammo ad avanzare, inoltrandoci nella foresta umidiccia.
Ci condussero al centro di una radura semicoperta dalla nebbia. E al suo centro, vi era un buco.
Ci avvicinammo non appena l’ultimo fuoco fatuo azzurrognolo scomparì gemendo, come per avvertirci di ciò che ci stava aspettando là sotto. Ci sporgemmo da sopra e osservammo il buco. Era perfettamente rotondo, ma la cosa spaventosa era che non si riusciva a vedere la fine. Ci scambiammo sguardi spauriti.
-E’ qui?- chiese Rapunzel, deglutendo.
-Credo proprio di si…- feci raddrizzandomi. –Allora, ragazze, ricordate il piano. E’ solo a quello che dovrete fare riferimento, d’accordo? Niente azioni avventate o cretinate, va bene?
Loro annuirono e allora feci n respiro profondo. –Siete pronte?
Merida alzò gli occhi al cielo, forse chiedendosi se l’avrebbe mai rivisto e Rapunzel chiuse gli occhi.
Ci prendemmo per  mano e saltammo.




Angolo autrice:

Rieccoci qua! Spero che tutti voi abbiate passato delle belle vacanze! Cosa avete ricevuto per Natale? (autrice curiosa!)
Comunque, spero come al solito, che il chappy vi sia piaciuto. Avevo pensato di pubblicarlo proprio il 25, per farvi una sorpresa ma... diciamocelo... chi passa Natale su EFP? Quindi l'ho postato oggi u.u
Ma torniamo alla storia:
Ormai siamo agli sgoccioli. Jack è diventato un mostro, e i nostri eroi, rimasti solo in tre, hanno deciso di sfidare Pitch, entrando nel suo regno per sconfiggerlo una volta per tutte! *si fomenta*
Ma... ci riusciranno? Astrid, Eugene e Jack saranno contro di loro e Pitch (che comparià per la prima volta [finalmente, direte]) userà tutto ciò che è in suo potere per fermarli. Quindi ecco le anticipazioni... emh... ve le ho già fatte.
Hehe, accontentatevi u.u
Quindi vi farò altri auguri di buon ultimo e primo dell'anno! Divertitevi e fate tanti fuochi d'artificio,
vostra (ingrassata 50 tonnellate per i dolci di Natale)
Calamara!

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Capitolo 19
*** 18. Nella tana del lupo. ***


 

Avvisissimo importante:
Esattamente, come l'altra volta: vi faccio adesso le comunicazioni, così dopo potete godervi al meglio la "magia del momento".
Allora, sono strafelice che la storia sia arrivata a questo punto! L'avete accolta a braccia aperte dandomi una chance, e quindi vi rigrazio.
Sappiate che io mi sono divertita un sacco a scriverla, e spero che vi divertiate anche voi a leggerla, perché è il motivo per cui la sto pubblicado. ^-^
Basta sentimentalismi! Pitch è nell'ombra che aspetta...
Oh, un'ultima cosa, buona fortuna per il ritorno per chi, come me, sta ancora studiando come un somaro. ^-^
Vado, alla prossima!
Calamara!





Capitolo 18: Nella tana del lupo.



Un castello, era questo che vidi non appena riaprii gli occhi. Alzai lo sguardo e piegai la testa di lato.
Era alto e imponente, circondato da mura di pietra. In cima alla torre più alta sventolava una bandiera dallo sfondo blu, con tre cerchi intrecciati ad una spada in primo piano. Di colpo ricordai che era lo stesso stemma della carrozza da dove era uscita Merida, la prima volta che la avevo vista.
Sentii un guizzo dentro di me e mi precipitai dentro.
Corsi tra i corridoi illuminati da fiaccole del castello, sentendo la sua voce che echeggiava tra le sue mura. Mi guidarono fino ad una rampa di scale, che divorai due a due. Mi fermai davanti ad una porta spessa e pesante. Ripresi fiato, ansimando.
Allungai la mano verso la maniglia e spinsi. La porta si aprì con un cigolio e constatai che era una camera da letto. Vi era una scrivania, un letto a baldacchino dalle coperte ruvide e pesanti e un arazzo appeso al muro.
Una finestra illuminava… c’era qualcuno, che osservava il paesaggio, appoggiato allo stipite della finestra.
Mi avvicinai. Riconobbi i riccioli rossi e le sue piccole mani appoggiate al vetro. Gioii. Sentii un sorriso scemo allargarsi sul volto.
Quando mi avvicinai ulteriormente, però, notai che borbottava tra se e se, come se stesse parlando con qualcuno. Le posai una mano sulla spalla e lei si voltò lentamente, ripetendo all’infinito questa frase:
-Sei un bugiardo.-
Sobbalzai nel vedere che il suo volto era invecchiato di settant’anni. Gli occhi erano infossati e le guance scavate, la pelle tempestata di macchie della vecchiaia. La mano che prima avevo notato, era rugosa e con le vene verdastre in rilievo.
Di colpo mi venne un capogiro, perché mi resi conto che lei non era immortale. Io avrei continuato a vivere per sempre, invece lei sarebbe morta, prima o poi.
Come per confermare il mio accorgimento, Merida si polverizzò tra le mie mani. Scomparve, e di lei non rimase altro che un pugno di polvere. Caddi in ginocchio e urlai.
Tutto scomparve. Era solo l’inizio del mio giro nell’inferno.
 
 
Cademmo per qualche metro nell’oscurità. Non ci si vedeva nulla, ed era questa la cosa che mi terrorizzava. Strinsi più forte le mani dei miei amici per farmi forza. Quanto impattammo il suolo, il mio osso sacro urlò di dolore. Mi morsi la lingua per impedirmi di imitarlo.
Mi rialzai in piedi e mi massaggiai il fondoschiena e mi guardandai intorno, ma riuscii a distinguere a malapena le sagome ammaccate di Hiccup e Merida. Allungai le mani verso di loro e mi aggrappai alla camicia dell’arciera. Iniziammo ad avanzare alla cieca in silenzio e in fila indiana.
Dopo un cunicolo basso, sbucammo in uno spazio più ampio, si riusciva a vedere qualcosa grazie a qualche raggio di pallido sole che passava da non so quale fessura nella… Era un palazzo.
Una specie di castello che sembrava essere sprofondato nelle viscere della terra. C’era un’ampia sala al cui centro si trovava una specie di mappamondo stilizzato. Il soffitto non si vedeva, si scorgevano però delle specie di gabbie vuote che pendevano dando a tutto un tocco sinistro. Poi vi erano scale, archi di pietra e il silenzio più totale. Era talmente silenzioso da ferirti le orecchie.  
Rabbrividii e mi strinsi al braccio di Merida.
Lei abbassò lo sguardo su di me. –Prendi la spada.- mi intimò. Io con una mano tremante afferrai l’impugnatura e mi staccai dalla ragazza per stringerla con entrambe le mani.
-Andiamo.- disse il vichingo, mettendosi in capo al gruppo.
Scendemmo una scala ripida e dagli scalini irregolari, avvicinandoci verso il centro della sala.
- Pitch!- chiamò Merida. Il nome rimbombò sulle pareti di pietra. –Pitch!- gridò ancora.
- Qual buon vento porta due principessine e un vichingo nel mio umile regno?- una voce bassa e sinistra mi fece rizzare i peli sul collo.
Sbarrai gli occhi e mi guardai intorno, anche se non riuscii a vedere da dove provenisse. Merida scattò come una molla e tese l’arco, puntandolo davanti a sè, mentre il vichingo estrasse la sua accetta da dietro la schiena con un gesto fulmineo del braccio.
-Siamo venuti a riprenderci ciò che ci appartiene.- disse ad alta voce Hiccup. –Con le buone o con le cattive.
Una grassa risata echeggiò nella sala, spezzando il silenzio tombale. Mi fece venire la pelle d’oca.
-Non c’è bisogno di essere così violenti. Eccoli, sono tutti vostri.-
Raggelaiai. Tre figure avanzarono nella penombra. Vidi Hic e Merida pietrificarsi sul posto. Erano loro. Jack, Astrid e… Eugene.
Le mani iniziarono a tremare e le gambe stavano per cedere. Ritrovarmelo davanti fu come una pugnalata dritta al cuore. E quando si fermarono sotto un raggio di luce, non potei fare altro che rimanere li, in silenzio, ad osservarli.
Lo squarcio sul collo di Eugene era guarito, lasciando posto ad una cicatrice bitorzoluta, e adesso, nonostante fosse ricoperto di sangue secco, il suo sangue, lo trovavo come al solito. Gli occhi neri…
Non riuscii a frenarmi dall'indietreggiare, soffermandomi su Astrid.
Il suo volto era ricoperto di graffi e aveva segni di morsi sulle braccia. Il vestito non era più riconoscibile e la pettinatura elegante che aveva al mio matrimonio era esplosa in mille ciuffi sporchi di sangue. Deglutii un groppo in gola nel pensare cosa aveva patito quella ragazza.
E Jack… era il peggiore, perché era intatto. La pelle candida era immacolata e il volto infantile era lo stesso, nonostante sembrasse invecchiato di anni. Lanciai un’occhiata preoccupata a Merida, la quale si sforzava di concentrarsi, nonostante le tremasse l’arco tra le mani.
-Cosa c’è?- chiese ancora quella voce. –Avete cambiato idea?
Un uomo alto e completamente vestito di nero sbucò dall’oscurità, soffermandosi in cima alle scale. Aveva gli occhi color ambra e il colorito bianco di un cadavere.
Sentii il cuore accelerarmi nel petto e lo stomaco che si contorceva. Era lui Pitch Black?
La mia attenzione fu attirata da Merida, che emise un profondo ringhio basso e tese la corsa fino alla guancia. Tutto accadde nel giro di un secondo.
Scoccò una freccia. Sferzò l’aria e si avvicinò al volto dell’Uomo Nero, il quale tenne la sua espressione rilassata e non tentò nemmeno di spostarsi. Jack si voltò di scatto nella sua direzione. La freccia si ghiacciò ed esplose in aria, in mille pezzi.
Rimasi senza fiato nel polmoni. Sbattei più volte le palpebre per assicurarmi che tutto fosse accaduto davvero.
-Grazie mille, Jack. Lo apprezzo.- iniziò a scendere lentamente le scale, gustandosi per bene le nostre espressioni basite. In quel momento notai i suoi denti affilati come rasoi. –Odio interrompere la vostra amichevole rimpatriata, ma penso abbiate capito che non posso fare a meno dei miei migliori combattenti. Mi servono.- posò una mano affusolata sulla spalla di Eugene, che continuò a fissare il vuoto davanti a lui e l’altra prese il volto di Astrid.
-Non toccarla…- sentii la rabbia di Hiccup scorrergli veloce nelle vene, mescolata al sangue. –Non toccarla!
Scattò in avanti, brandendo l’accetta e deciso a mutilare la mano dell’Uomo Nero.
Astrid lo imitò. Gli corse incontro e con un calcio laterale ben assestato disarmò il vichingo, facendogli volare l’arma a qualche metro di distanza e gli si lanciò addosso. Lo atterrò e iniziò e riempirlo di pugni.
Lui cercava di coprirsi con le braccia, con li risultato di  farsi venire del lividi viola sugli avambracci.
- Hiccup!- gridò Merida. Iniziò a correre nella sua direzione per aiutarlo, ma Jack roteò il suo bastone e fece abbattere sulla ragazza un vento gelido che la scagliò contro la parete al lato opposto della sala.
Jack avanzò volando a qualche centimetro da terra, raggiungendola.
Mi voltai verso Eugene, che sogghignò, come Pitch accanto a lui. Sgranai gli occhi e di colpo, mi resi conto di essere sola.
 
 
Mi divincolai, cercando di scollarmi di dosso Astrid, che sembrava irremovibile. Cercai di sgusciargli tra le gambe, me lei le strinse ulteriormente. Continuò a tempestarmi di pugni dolorosamente forti, fino a che non diedi un colpo di reni così potente da scaraventarla di lato.
Cercai di riprendere fiato,ma sapevo bene di non avere tanto tempo. Strisciai sulle braccia e le gambe fino ad arrivare all’accetta.
Lei mi fu nuovamente addosso, ma io riuscii a voltarmi di scatto e dargli una botta sulla tempia usando il manico dell’arma. Lei si accasciò vicino a me, priva di sensi. Sembrava così normale… Mi presi un attimo di troppo per ricordarla com’era a Berk.
 –Mi dispiace.- le sussurrai per poi rimettermi in piedi. Vidi che Merida era in difficoltà, così mi apprestai a raggiungerla, quando fui assalito da dieci mostri dagli occhi neri.
-Ah- ah. - fece Pitch muovendo l’indice da una parte all’altra. -Tra moglie e marito non metterci il dito. –
Fui subito attaccato da una donna, che mi si avventò contro. Roteai l’ascia e le dilaniai il volto. Si accasciò a terra e fu subito sostituita da una ragazza più giovane.
Venivano da tutte le direzioni e sembrava sempre più difficile abbatterli. Venni presto circondato, e non potei fare altro che combattere fino allo stremo.
Ricordai che era Rapunzel la chiave di tutto. Mi tolsi di torno un vecchietto e riuscii a gridare il suo nome, prima di essere sopraffatto da un’altra dozzina di mostri.
 
 
Venni investita da un vento gelido talmente potente che venni  lanciata contro una parete fredda e rugosa. Sbattei violentemente la schiena sulla roccia e rimasi senza fiato. Mi accasciai lungo la parete.
 Credevo di essere svenuta per un istante anche se mi ripresi subito, giusto in tempo per vedere che la mia mano iniziava a ghiacciarsi, bloccandomi a terra. Strinsi gli occhi per il dolore. Sentivo come mille aghi che ti penetravano nella pelle, sempre più in profondità e non potevo fare nulla per estrarli e mettere fine a quell’agonia. Alzai  lo sguardo e vidi Jack avvicinarsi.
Si inginocchiò e mi guardò dritto in faccia. Osservai con gli occhi sbarrati quel volto che fino a qualche ora fa era sorridente e allegro. Sentii una fitta all’altezza del petto. Sapevo, adesso, cosa provavano Rapunzel e Hiccup a vedere le persone che amavano trasformate in mostri sanguinari.
Distolsi lo sguardo e tentai di liberarmi la mano dalla morsa gelata con degli strattoni. Lui usò la parte ricurva del bastone per guidare il mio volto verso di lui. Sogghignò.
Pitch. Era lui che lo guidava. Non è Jack. Non è Jack. Non è Jack. Mi ripetei nella mente.
Riuscii finalmente a liberare la mano e lo spintonai indietro, scivolando via dall’angolo in cui mi aveva incastrata.
Mi alzai in piedi e vidi che Hiccup era circondato da decine di mostri che gli si avventavano contro.
-No!- gridai. Feci in tempo a scoccare due frecce contemporaneamente, che si andarono a conficcare nel cranio di due mostri, ma Jack mi sorprese alle spalle.
Mi bloccò la gola usando il bastone, che teneva saldamente tra le mani. Mi costrinse a lasciar cadere l’arco e le frecce che avevo appena incoccato. Afferrai il bastone, che mi premeva dolorosamente contro la trachea e cercai di scostarla, invano. Allora, cercai di risvegliare il vecchio Jack.
-Jack… ti prego, so che non sei tu! Svegliati! Abbiamo bisogno di te!- gridai con voce strozzata.
Il mostro dietro di me rise freddamente. –Oh, lui ti sente. Ma non può fare nulla. E’ inutile, come dici sempre tu.
Strinsi forte gli occhi per cercare di resistere. Già, lo prendevo sempre in giro, dicendo che non sapeva mai fare niente e che era inutile, ma non era vero. Adesso, capivo che mi sbagliavo.
-Lui… non è inutile… - cercai di riprendere fiato, quanto la mia “situazione” mi permetteva. –Jack… tu non sei inutile, solo adesso ho capito che…- deglutii. -… senza di te, io non sono nessuno!
Piegai la schiena e gettai il mostro in avanti, aiutandomi con il bastone. Lui cadde di schiena sotto di me e io usai il bastone per bloccarlo a terra, come lui aveva fatto con me.  Mi presi un istante per osservare il viso del mostro che si deformava in un ringhio terrificante, poi alzai lo sguardo su Rapunzel.
Era da sola. Era inginocchiata per terra, succube di qualche sporco giochetto di Pitch.
-RAPUNZEL!- gridai con tutto in fiato che avevo in corpo, nonostante avessi la trachea in fiamme. Lei alzò la testa e si voltò. Aveva il viso in lacrime e lo sguardo vuoto.
–SOLO TU CE LA PUOI FARE! NON AVERE PAURA, NOI SIAMO CON TE!
Lei continuò a guardarmi. Mi distrassi per troppo tempo.
Qualcosa di gelido mi colpì gli occhi, come un venticello che mi raschiò con le sue unghie ghiacciate i bulbi oculari. Vidi tutto blu e mi costrinse a ritrarmi, gridando. Li chiusi e ci poggiai sopra le mani. Barcollai all’indietro e inciampai in un gradino, stramazzando a terra.
Non vedevo più nulla, ma riuscii a sentire un sussurro.
-Fiore…- proveniva da Rapunzel. La sua voce era poco più di un segreto sussurrato all’orecchio, ma io riuscivo a sentirla. -…dammi ascolto…

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Capitolo 20
*** 19. Luce e Ombra ***


Avvisissimo:
No, vi lascio subito alla storia...
(psst! Scusate il ritardo)
 

Capitolo 19: Luce e Ombra



Sentii Pitch ridere.- Cosa vorresti fare? Addormentarli?-
Io mi bloccai. Aveva ragione, cosa potevo fare? Non avevo più quel potere, eppure qualcosa mi diceva che dovevo cantare, era questo che sapevo fare, infondo. Così continuai, spronata dalle parole di Merida e da quelle della strega “La luce sconfigge l’ombra, è così che dovrete ragionare”.
-Se risplenderai, con i tuoi poteri tu mi proteggerai…- Non successe niente. Aprii gli occhi e vidi Pitch che mi guardava scettico, con le braccia incrociate sul petto, un sopracciglio alzato e un sorriso sbilenco che lasciava intravedere i suoi denti affilati.
Deglutii, e chiusi gli occhi. “Trova la luce che è dentro di te”, aveva detto la strega.
Cercai, ma non capii cosa intendeva fino a quando non mi comparvero davanti agli occhi i volti sorridenti di Merida, Hiccup e Jack che ridevano come matti, tutti fradici per aver giocato nel fiume. Il primo bacio che condivisi con Eugene dopo averlo guarito, la felicità che provai riabbracciando i miei veri genitori…
Sentii qualcosa di familiare, come un dolce tepore, che mi solleticò la cute. Continuai a ripensare a tutti i miei ricordi più cari e a cantare, alzando il melodioso tono di voce, lasciandomi cullare dai volti ridenti e dalla pace che mi portavano.
 - Con la tua magia tu mi aiuterai, e non dirmi che per me è tardi ormai… è tardi ormai…
I miei capelli iniziarono a risplendere. Spalancai gli occhi, incredula. Li vidi allungarsi in tutte le direzioni,per ritornare alla loro forma originaria. Mi presi una ciocca tra le mani, che dallo splendere di calda luce dorata, lentamente ritornò del biondo naturale con cui ero nata.
-Non fermarti!- gridò Hiccup. Mi voltai verso di lui, e vidi che si era scrollato di dosso i mostri: adesso strisciavano per terra, accecati dalla luce spigionata dai miei capelli. Annuii determinata incrociando il suo sguardo e intonai nuovamente la canzone, ancora e ancora.
-Cosa?!- l’Uomo Nero sbarrò gli occhi. –Che stai facendo?!
Alzai gli occhi determinati su di lui, splendente come il sole. –Mi sto riprendendo ciò che è mio.
Pitch sbarrò gli occhi ambrati e barcollò all’indietro quanto tornai a cantare.
-Fiore dammi ascolto, se risplenderai, con i tuoi poteri tu mi proteggerai… Con la tua magia tu mi aiuterai, e non dirmi che per me è tardi ormai… è tardi ormai…
 
 
Sbattei le palpebre. Lentamente, tutto riprese forma e consistenza. Le ombre che vedevo fino a poco fa divennero più nitide, fino a tornare normali. Sgranai gli occhi.
I capelli di Punzie era lunghissimi e sembravano fili d’oro che brillavano nell’oscurità di una luce intensa e piacevole, mentre cantava una canzone con la sua dolce voce.
Vidi Jack  in ginocchio, a qualche metro da me, che si tappava gli occhi e le orecchie con le braccia. Sembrava che gli desse parecchio fastidio.
Lanciai uno sguardo a Hiccup. Era ridotto parecchio male, tuttavia era abbastanza integro per reggersi in piedi e trascinare con sé Astrid. Infine lanciai un’occhiata anche a Pitch, il quale indietreggiava e gridava come un disperato. Inciampò e rotolò giù per le scale, sparendo nell'ombra.
Sogghignai. Rapunzel ce la stava facendo, come aveva predetto la strega.
Ma poi, tutto iniziò a tremare. Inizialmente  piano, poi gli scossoni divennero sempre più potenti.  
Vidi Hiccup appoggiarsi al muro e proteggere Astrid col proprio corpo e Rapunzel sgusciare via, fino a raggiungerlo. Almeno loro erano in salvo.
Si senti un fragore assordate che  mi costrinse a tapparmi le orecchie e una fenditura nella roccia profonda si e no trenta metri, si aprì a qualche metro di distanza da me, facendo inclinare pericolosamente il pavimento su cui ero seduta.
Iniziarono a cadere delle rocce e stalattiti dal soffitto per sfracellarsi rumorosamente al suolo.
Vidi Jack indietreggiare confuso e barcollare all'indietro e, perdendo l'equilibrio,cadere nella spaccatura. Sgranai gli occhi.-JACK!
Il tempo si fermò, come il mio cuore. Rimasi con il fiato sospeso, poi mi lanciai in suo soccorso (letteralmente).
Scivolai in avanti, strusciando il bacino sui bitorzoli irregolari del pavimento e afferrai giusto in tempo la sua mano. Vidi sotto i suoi piedi che penzolavano nel vuoto il buio. Il terremoto non stentava a diminuire, rendendomi ancora più difficile cercare di tirarlo su.
Se ne stava fermo, con gli occhi neri puntati sui miei, senza divincolarsi e cercare di aggrapparsi per sopravvivere.
-Jack… svegliati, dannazione! Dobbiamo andarcene da qui!- gli gridai.
Lui non rispose. Rimase lì, zitto e immobile.
-Jack… stammi bene a sentire, d’accordo? Perché non te lo dirò una seconda volta.- ansimai. Raccolsi tutto il coraggio che avevo e iniziai a parlare.
–Io ti ho trattato male, è vero. Ma non riuscivo a sopportare il fatto che qualcuno avesse potuto rubarmi il cuore. Ero talmente arrabbiata che non pensavo a nient’altro se non cercare di allontanarti e riprendermi ciò che era mio. Ma quando ti ho visto abbracciato a Rapunzel, quando era malata, allora ho provato qualcosa. Gelosia. E ho iniziato a credere di provare anch’io qualcosa per quel maniaco che mi sorrideva, la prima volta che ci siamo visti al matrimonio, quindi…- sentii delle lacrime che mi pungevano gli occhi. Gocciarono sul volto del ragazzo, che era rimasto impalato ad ascoltarmi. -…adesso che ho capito ciò che  provo, non puoi lasciarmi. Te lo proibisco!
Vidi che il nero dei suoi occhi iniziò a sciamare via, riducendosi fino a comprendere solo la pupilla.
Io sbarrai i miei. Sbatté le palpebre e pronunciò il mio nome. Mi sentii rinascere. Sentii una nuova forza sbocciare dentro di me e riuscii a metterci entrambi in salvo, tirandolo fuori da quel baratro senza fondo.
-Ragazzi!- sentii Hiccup che ci chiamava. Mi rimisi a fatica in piedi e seguii la sua voce. –Dobbiamo uscire!
Presi per mano Jack e corremmo traballando tra dei pezzi di roccia staccati dal soffitto. Li raggiungemmo e vidi che Hiccup portava il corpo svenuto di Eugene e Rapunzel quello di Astrid.
-Come facciamo? Non ce la faccio a portare tutti!- gridò Jack sopra il trambusto della pietra che si sgretolava.
-Qualcuno vuole un passaggio?- alzai lo sguardo di scatto e vidi delle figure scure volteggiare in aria.
Hiccup sobbalzò. –Papà?
Degli enormi esseri dotati di ali atterrarono irrequieti su quel che restava del pavimento. –Non c’è tempo per spiegare, figliolo. Lo farò quando saremo tutti in salvo!
Caricarono i corpi svenuti su una specie di lucertola sovrappeso e Hiccup e Rapunzel saltarono sopra una salamandra nera con le ali da pipistrello.
-E voi?- chiese l’uomo che doveva essere il padre di Hiccup.
-Noi voliamo!- rispose Jack,passandomi un braccio intorno alla vita.
I mostri alati si alzarono in volo con un poderoso battito d’ali e si avviarono verso l’uscita della grotta, schivando qua e là dei pezzi di soffitto che si sfracellavano al suolo.
Jack non perse un attimo. Strinse la presa più forte su di me (cosa che mi fece stupidamente arrossire) e spiccò un salto che si trasformò in un volo. Eravamo velocissimi. Io dovetti accostare il mio viso al suo petto per evitare che la polvere mi entrasse negli occhi ancora doloranti.
Percorremmo a tutta velocità il cunicolo oscuro e sbucammo alla luce del sole. Mi ferì la vista tutta quella luce improvvisa. Mi riempii d’aria fresca i polmoni e riaprii gli occhi.
Vidi il buco del tunnel scomparire. Doveva essere crollato tutto, là sotto. Sentii l’aria sferzarmi  la faccia e i capelli frustarmi il viso. Alzai lo sguardo su Jack.
 Il vento gli scompigliava i capelli e lo sguardo accigliato guardava in avanti, concentrato.
Ero così felice che fosse tornato e che, adesso, ci trovassimo più vicini di quanto non fossimo mai stati. Quando se ne era andato mi ero sentita vuota, come se mancasse qualcosa. Adesso sapevo che quella cosa che mancava era proprio lui. Jack Frost.
Strinsi forte il pugno, afferrando tra le dita la sua camicia, e sembrò accorgersene, perché alche lui serrò la stretta su di me. Mi sentii bene. Finalmente in pace con me stessa.
Seguii la linea del suo sguardo e vidi che osservava i due… draghi? Si, quelli dovevano essere per forza draghi, come aveva detto quella sera Hiccup. Erano incredibili. Le loro ali, lunghe minimo tre metri, producevano un’incredibile spostamento d’aria e bilanciavano perfettamente i loro corpi nel cielo.
Osservai i loro cavalieri. Hiccup e Punzie stavano bene. Eugene e Astrid stavano bene.
Non riuscivo a credere che tutto fosse tornato come prima.
Più o meno.
 
 
Guardai di sotto. Gli alberi verdi si susseguivano veloci. Mi abbassai e abbracciai il collo di Sdentato. Mi era mancato così tanto. Lui alzò il suo sguardo verde acceso su di me. Anche lui sembrava felice di vedermi, tutto sommato.
Gli accarezzai la testa e mi votai. Rapunzel si teneva stretti i suoi lunghissimi capelli biondi. Vederla in quel modo era così strano.
Lei mi sorrise e iniziò a piangere dalla gioia e mi abbracciò. Come uno scemo, io la seguii e iniziai a piagnucolare come una ragazzina infatuata.
Ero così sollevato che fosse tutto apposto. Astrid era viva ed era vicino a me, sul Gronkio di mio padre. Punzie e Merida stavano bene e Jack... era tornato dei nostri. Anzi, non mi ero neanche congratulato.
Mi voltai (dopo essermi strategicamente asciugato le lacrime), ma mi bloccai. Stringeva tra le braccia Merida, la quale sembrava essere rinata. Lui alzò lo sguardo su di me e sorrise. Io annuii e mi limitai a alzare un pollice in su. Non volevo assolutamente interrompere il loro momento di gloria.
Volammo il più lontano possibile da quell’incubo  e atterrammo in una radura abbastanza grande da contenerci tutti.
Scesi dal drago e aiutai Rapunzel a fare lo stesso. Il Gronkio sbuffò quando mio padre balzò sul prato.
- Hiccup! Da quanto non ci si vede?- chiese venendomi in contro a braccia allargate.
Io mi allontanai di qualche passo, evitando il suo abbraccio. –Circa una settimana.- ricordai.
Vidi Jack e Merida atterrare silenziosamente li vicino. Nonostante fossero atterrati, non si staccarono l’uno dall’altra. Scossi la testa.
-Papà, che diavolo ci fai qui?- chiesi.
Vidi Rapunzel mettersi in mezzo. –Lei è il padre di Hiccup?- chiese alzandosi in punta di piedi per vederlo bene in faccia. Non che fosse un belvedere, comunque. La ragazza se lo squadrò da capo a piedi.
Mio padre aveva una folta barba castana raccolta in ciuffetti orrendi, un nasone prominente, gli occhi piccoli e le sopracciglia ispide, portava sul capo un pesante elmo vichingo, aveva in dosso un’ armatura fatta di maglie di ferro e sulle spalle ricadeva un mantello fatto di pelliccia. –Non vi assomigliate per niente.
-Eh, già. Il mio Hiccup è mingherlino e intelligente, io sono tutto il contrario!- mi diede una pacca sulla schiena così forte che mi fece inciampare in avanti, facendo scoppiare a ridere i miei amici.
-Allora?- feci riprendendomi.
-Ci eravamo accordati che ti avrei raggiunto al matrimonio, ma credo di essere arrivato troppo in ritardo. E dopo aver recuperato i Re e le Regine che stavano vagando senza meta nel castello, ho investigato e alla fine ho scoperto dove fossi, anche grazie all’ottimo fiuto di Sdentato.- disse assestando un’altra pacca sul ventre del drago. Lui non diede segni di apprezzamento.
-Re e Regine?- chiese Merida staccandosi dal ragazzo ma tenendosi sempre per mano. –Per caso c’era un uomo robusto dai capelli rossi e i baffi ed una donna dai capelli lunghi e castani?- chiese.
Mio padre annuì. –Già, dicevano di essere in cerca della loro figlia.-
Gli occhi dell’arciera si illuminarono. –E dove sono, ora?
-Sono rimasti al castello con gli altri sovrani. Hanno insistito tutti perché venissero anche loro, ma Sdentato non voleva essere montato da nessuno se non dal mio Hic. –  rispose.
Punzie e Merida fecero un sospiro di sollievo e si abbracciarono. Poi l’arciera si sciolse e  prese tra le mani gli infiniti capelli biondi della sposa.  –Ma cosa ti è successo ai capelli?
Allora lei iniziò a raccontare tutto quello che successe, mentre ci incamminavamo a piedi verso il suo palazzo. Ci raccontò di essersi ricordata delle parole della strega e di aver tratto la “luce che era dentro di lei” dai ricordi più cari che aveva.
Mi affiancai a Sdentato e mi gustai tutta la scenetta. Rapunzel che gesticolava animatamente, facendosi scivolare dalle mani i capelli e si chinava a raccoglierli finché Merida non si offrì di aiutarla.
Mio padre che rideva con la sua voce bassa e annuiva, facendo finta di capire, anche se già sapevo che mi avrebbe richiesto tutto quella sera stessa. E Jack che non stacca gli occhi di dosso dalla ragazza.
Sdentato mi diede una testata, per farmi capire che esisteva anche lui. Io gli accarezzai la testa.
-Non preoccuparti,- gli dissi. - farai presto amicizia.-
 

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Capitolo 21
*** 20. Il matrimonio perfetto. ***


Capitolo 20: Il matrimonio perfetto.

 
Aprii lentamente gli occhi, svegliandomi da quel dolce sonno che mi aveva cullato la notte scorsa. Mi stiracchiai e sbadigliai. Mi misi a sedere sul comodo materasso,
accorgendomi che Jack era seduto a gambe incrociate sul comodino accanto al letto a baldacchino. Posava il mento sul pugno e mi osservava.
-Sei inquietante, lo sai?- chiesi calciando via le coperte e affondando le dita dei piedi nel tappetino morbido accanto al letto.
Lui ridacchiò. –Dì quello che ti pare, lo so che ti piace.- si sporse in avanti, avvicinando il suo viso al mio. Inspirai il suo profumo e chiusi gli occhi. Le nostre labbra si sfiorarono, sentii una scarica elettrica attraversarmi ogni cellula del corpo e rabbrividii per sopprimerla. Gli diedi uno spintone e lo feci sbilanciare, facendolo stramazzare a terra. 
- Ti sbagli, a me non piace affatto essere spiata.- dissi, alzandomi in piedi e sgranchendomi le gambe.
-Ti piace che sia io a farlo…- si massaggiò il fondoschiena.- Perché se sempre così violenta?
-Sei tu che mi istighi violenza.- risposi. Poi aggrottai la fronte e mi inginocchiai sul pavimento di marmo freddo davanti a lui. –Lo sai che se mio padre sapesse che c’è un ragazzo nella mia stanza farebbe a pezzi prima te e poi me?
Lui ridacchiò di nuovo. –Occhio non vede, cuor non duole.- fece quell’espressione malandrina che ogni tanto gli attraversava il volto.
Io mi pentii amaramente di essermi messa alla sua altezza. Poggiò le mani sul pavimento e si avvicinò, fino a che non ci trovammo l’uno ad un soffio dall’altra. –Sei davvero un maniaco, lo sai?- gli dissi.
-E’ un complimento?- chiese.
Questa volta fui io a reclamare un bacio. Azzerai la distanza tra di noi, premendo delicatamente le mie labbra sulle sue. Un guizzo dentro di me mi fece tremare. Se ne accorse e sorrise contro le mie labbra.
Ci staccammo  dolcemente e facemmo incontrare le nostre fronti, guardandoci negli occhi.
-Cosa dicevi riguardo al fatto che ti ho rubato il cuore?- chiese sogghignando.
- Ti ho anche detto che non l’avrei ripetuto due volte.- risposi.
-Mi ero dimenticato quella parte.- ammise.
Qualcuno bussò con forza alla porta, facendoci sobbalzare e allontanare immediatamente. –Chi è?- chiesi rimettendomi in piedi e creando malcontento nei confronti di Jack.
-Sono io, Merida!- esclamò Punzie, con la voce allegra e incredibilmente sveglia per quell’ora (le sei di mattina). –Sbrigati! C’è ancora un sacco da fare!
Io sorrisi. Eh, già. C’era un matrimonio da organizzare. Non mi curai del fatto di essere ancora in camicia da notte e mi avvicina alla porta. Afferrai la maniglia e aprii.
Rapunzel mi afferrò la mano e mi strattonò, incominciando a correre per il corridoio. Mi voltai e vidi Jack sulla soglia, imbronciato. Sorrisi. –Ci vediamo al matrimonio!-
Lui annuì, ridendo e se ne andò. Rapunzel si bloccò di colpo, facendomi sbattere addosso a lei.
Si voltò verso d me e mi afferrò le mani, improvvisamente disperata. –Ho interrotto qualcosa?
Io scossi la testa. –Non c’è tempo per preoccuparsi di queste sciocchezze! Ti sposerai tra dieci ore!
Lei saltellò sul posto, ipereccitata. –E’ vero! Andiamo!
E incominciammo a correre verso la cucina per fare colazione. Rubacchiammo due cornetti dalla tavola dove Hiccup era seduto a sbocconcellare un fetta di pane. Ci chiese se avessimo visto Astrid, ma noi scuotemmo la testa. Immaginai volessero stare da soli, ma Rapunzel lo arpionò sotto braccio e insieme andammo a vedere come allestivano la sala della cena.
Era una sala ampia e circolare, con un’enorme lampadario di cristallo che pendeva dal soffitto. Vi erano fiori bianchi dappertutto. Come centritavola, alle finestre, tra i drappi appesi al muro, intorno alle colonne…
Il tavolo era unico e lunghissimo, che si estendeva per circa cinque metri, apparecchiato di piatti di porcellana decorati e una quantità esorbitante di posate d’argento.
Demmo l’ok e uscimmo in giardino. Rimasi incantata.
Un enorme gazebo di ferro era ricoperto di piante rampicanti dai fiori violetti, dentro erano posizionate delle sedie rivestite di bianco divise in due gruppi e al centro passava un tappeto bianco che arrivava fin sotto un albero di ciliegio in fiore.
Demmo l’ok anche a questo. Senza neanche accorgerci era arrivata l’ora di pranzo, così corremmo a mangiare. Adesso dovevamo preparaci per la cerimonia.
 
Riuscii a finire di pranzare con cinque minuti di anticipo, così sgaiattolai via prima che Punzie riuscisse a intrappolarmi di nuovo. Salii le scale diretto alle mie stanze, quando incontrai Jack che era seduto sul bordo della ringhiera e faceva penzolare le gambe nel vuoto.
Mi avvicinai. -Hai visto Astrid?- chiesi.
Lui si voltò verso di me, sorridendo. –Si. E’ fuori a prendere un po’ d’aria. – mi fece l’occhiolino.
Io annuii e lo ringraziai. Stavo per scendere la rampa di scale quando mi bloccai. –Che stai facendo qui?
Jack piegò la testa di lato, interrogativo. –Voglio dire… non dovresti prepararti? Tra poco inizierà la cerimonia.
Lui scosse la testa. –Non ha importanza. Nessuno può vedermi oltre a voi.
-Davvero?- chiesi. Poi mi voltai e vidi una cameriera con in braccio delle lenzuola profumate che mi fissava con un grosso punto interrogativo che le galleggiava sopra la testa. Deglutii. Jack si mise a ridere, compiacendosi della figuraccia che avevo appena fatto. La domestica scosse la testa e scese le scale.
- Ha - ha. Molto divertente.- feci. –Ci vediamo dopo.- ed iniziai a scendere le scale.
-Ciao!- mi gridò dietro, mentre si sganasciava dalle risate.
Uscii all’ampio terrazzo pieno di piante e trovai Astrid affacciata che osservava il villaggio in ricostruzione. Con un brivido ricordai com’era ridotto non meno di una settimana fa.
Quando eravamo usciti dalla tana di Pitch, Punzie ci ospitò al suo castello per rimetterlo in sesto assieme al villaggio. E poi voleva assolutamente che fossimo presente ai preparativi delle sue nozze.
–Ehi. – dissi raggiungendola e posando le mani sul balcone di marmo.
Lei si voltò e mi sorrise. –Hai già mangiato?- chiese.
-In cinque minuti. Rapunzel voleva incastrarmi di nuovo.- ridacchiai.
Lei si voltò e ricominciò ad ammirare il paesaggio. –E’ così bello poter rivedere di nuovo il cielo.- fece. –E sentire i raggi di sole sulla faccia.
Non la facevo così poetica. Mi sedetti sul balcone dando le spalle al villaggio. –Cosa si provava a essere uno di loro?- chiesi.
–Secondo te?- chiese retoricamente, stingendosi nelle spalle. –Era orribile. Ma non ho voglia di parlarne. Piuttosto, sai la novità?- scrollai le spalle. –Rapunzel ha avuto la splendida idea di invitare al matrimonio anche loro.-
-Loro?- ci riflettei un attimo. Poi un brutto presentimento si fece largo sotto la pelle. –Loro?!
-Si. - affermò. –Loro. 
-Quando…- non feci in tempo a formulare la domanda che un Bizippo mi mancò di poco. Mi abbassai e sentii Testabruta ridacchiare raucamente.
-Ehi! Hiccup!- gridò. –Indovina chi c’è?
Il drago a due teste atterrò inciampando sulle sue stesse zampe. I due gemelli balzarono a terra e si avvicinarono a passo di carica. Repressi lo stimolo di indietreggiare e darmela a gambe.
Testaditufo mi afferrò la testa e sfregò il pugno sui capelli. –Ti siamo mancati?
- No. – tossii e mi liberai da quella morsa letale.
Ben presto arrivò anche Gambedipesce e il suo Gronkio, che si sfracellò a terra. –Devo lavorare sull’atterraggio.- sentii mugolare la sua voce.
Lo aiutai a rialzarsi e gli diedi il benvenuto, per quanto fossi contento che un’orda di vichinghi maleodoranti e maleducati sia stava invitata ad un matrimonio frivolo ed elegante.
Ci raggiunse infine anche Moccicoso con il suo drago. Mi diede una spallata e poi mi stringemmo la mano.
-Accipicchia che posto di lusso.- fece alzando lo sguardo sul palazzo, incrociando le braccia sul petto.   
- Già…  Sentite, vi siete portati un cambio di vestiti, vero?- chiesi. I due gemelli si scambiarono uno sguardo interrogativo, Gambedipesce abbassò lo sguardo e Moccicoso alzò un sopracciglio.
-A quanto pare no. - parlò per loro Astrid.
Sospirai, mettendomi le mani nei capelli. Ci sarebbe stato tanto da fare.
-D’accordo, io vi lascio.- disse Astrid. Io mi voltai verso di lei.
-Cosa?- gemetti. Tradimento, ecco cosa. Alto tradimento. Voleva lasciarmi lì, da solo, con quei… ragazzi da lustrare da capo a piedi e insegnare, anche in minima parte, come stare a tavola. I vichinghi non sono  famosi per la loro educazione.
-Devo andare. Punzie mi vuole come damigella d’onore assieme a Merida. Devo  prepararmi.- mi spiegò.
Mi diede un veloce bacio sulle labbra e corse via gridando:- Buona fortuna!
Si, ne avevo incredibilmente bisogno.
 
 
Astrid entrò silenziosamente nella mia camera. Non riuscii a trattenermi nel correre ad abbracciarla. Ero troppo nervosa e eccitata e felice e tesa. Troppe emozioni contrastanti tutte insieme. Iniziai a saltellare per evitare di scoppiare a piangere.
-Ehi, calma. Sei rigida come un manico di scopa!- ridacchiò la vichinga.
-Non posso. Non ce la faccio.- dissi, continuando a saltellare sul posto. –Rimango qui.
-Ma come?- Merida comparve dal bagno e mi posò una mano sulla spalla. –Hai combattuto contro un’orda di mostri e hai paura di dire un piccolo si?
-Non è così facile!- borbottai.
Astrid mi posò le mani sulle spalle e mi guardò dritto in faccia. –D’accordo, calma. Respira.-  Io inspirai a occhi chiusi. –Adesso dobbiamo vestirci!
Squittii felice e piombai nell’armadio. Aprii le ante e afferrai la stampella con il vestito. –Dovete aiutarmi a metterlo.- le informai.
Loro si scambiarono uno sguardo divertito e si misero all’opera, rimboccandosi le maniche. In circa mezz’ora riuscii finalmente a infilarmici dentro. Mi guardai allo specchio mentre Merida finiva di allacciarmi il corsetto dietro. Il mio abito era molto diverso da quello della volta precedente.
Il pezzo di sopra aveva uno scollo a cuore, senza spalline, pieno di arabeschi luccicanti che mi facevano brillare come una stella. La gonna era gonfia, strati su strati di tulle. Le scarpe a tacco alto mi facevano  superare Astrid. Era un onore.
-Sei davvero stupenda.- mi disse Astrid.
-Grazie mille.- mi coprii la bocca con le mani, commossa. Mi si inumidirono gli occhi.
-Ehi, non devi piangere!- esclamò Merida abbracciandomi da dietro.
-Scusami.- mi asciugai gli occhi.
Entrarono i truccatori, che si offrirono di dare una sistemata anche alle damigelle. Loro rifiutarono prontamente, dicendo che preferivano rimanere al naturale. Mentre i parrucchieri mi intricavano i lunghissimi capelli i un’acconciatura complicatissima (non mi ci ero ancor abituata a riaverli così lunghi!)e i truccatori mi stendevano un velo di cipria sulle guance,  Merida e Astrid si infilarono i vestiti da damigelle.
Quando uscirono dal bagno, rimasi senza fiato. Donava ad entrambe.
Era color lavanda in stile impero, arrivava fino alle ginocchia. Un nastro violetto si annodava sotto il seno per cadere in un morbido fiocco dietro la schiena. Le scarpe basse del medesimo colore le slanciava.
Il signore alla mia destra chiamò un “Roger!” ad alta voce ed entrò un’altra squadra di parrucchieri che investì le damigelle.
Si divincolarono, ma alla fine cedettero. Le pettinature erano diverse. Astrid aveva i capelli tirati su da dei nastri del medesimo colore del vestito e un fiore infilato dietro l’orecchio.
Merida, invece, aveva un semiraccolto, con i capelli rossi che le ricadevano su una spalla ed una molletta a forma di farfallina rosa che le teneva un ricciolo ribelle un po’ sopra l’orecchio sinistro.
-Siete splendide!- battei freneticamente le mani.
Loro ringraziarono timidamente e aspettarono che gli estetisti finissero il loro lavoro, per poi specchiarci tutte insieme. Mi salirono di nuovo le lacrime, ma mi imposi di non piangere, altrimenti i truccatori mi avrebbero uccisa.
Riuscii solo a dire:- I ragazzi impazziranno!
Scoppiammo tutte a ridere. Era bello che la tensione si fosse sciolta ma… Mi bloccai.
- Dov’è il bouquet? E Eugene, sarà pronto? Si sta annuvolando! Cosa faremo? Il ricevimento è fuori!-
Stavo iniziando a svalvolare. Le damigelle si scambiarono uno sguardo esasperato.
Mi presero per le spalle e mi condussero su una sedia. –Adesso calmati.- mi intimò Merida. –Chiudi gli occhi e rilassati. Manca ancora un’ora, quindi c’è tutto il tempo per prepararsi.-
-Io vado a vedere che fine ha fatto Hiccup.- avvisò Astrid. –Poverino, l’ho lasciato solo con quel branco di cani selvatici.-
Io ridacchiai. –Doveva essere una sorpresa.-
La vichinga mi fece l’occhiolino.
-Io vado a ripescare Jack. Sicuramente starà combinando qualche disastro.- fecero per andarsene quando le fermai.
-NO! Non devono vedervi prima della cerimonia! Mettetevi quelli.- gli indicai degli accappatoi. Loro sbuffarono e se li infilarono con tanto di cappuccio. –Bene, adesso potete andare.
 
 
Scesi le scale e sbucai nel corridoio principale. Avanzai, sentendo il chiacchiericcio sboccato di ragazzi nella sala del ricevimento. Aprii le porte e mi ritrovai davanti ad uno spettacolo ridicolo:
Hiccup, in piedi su una sedia con una forchetta in mano, cercava di far capire come ci si comportava a tavola ai vichinghi appena arrivati, che lo guardavano come se fosse un cretino da compatire.
Testabruta sbadigliò a bocca larga e Hiccup lo riprese subito. –Si mette la mano davanti quando si sbadiglia!
-E chi se ne frega!- ribatté il gemello, lanciandogli un’occhiataccia e mettendosi a giocherellare con il coltello.
-Non si gioca con le posate!- lo riprese di nuovo.
Quello sbuffò e la sorella gli diede una gomitata. –Sei proprio volgare!- ridacchiò la strega.
-Senti chi parla, Miss a-cosa-serve-la-forchetta-se-abbiamo-le-mani!-
Testaditufo gli diede un cazzotto sul braccio e lui rispose subito, iniziando una zuffa. Hiccup si mise le mani nei capelli. –Dannazione, fermi!
Io alzai gli occhi al cielo. –Oh, per gli dei, cosa diavolo stai facendo, Hic?- avanzai sotto gli occhi di tutti, persino i due gemelli si fermarono.
-Ma che ti sei messa a dosso, Astrid?- chiese Moccicoso ridacchiando, allungando il collo.
-Se non ci vedi, mettiti gli occhiali.- gli suggerii. Poi alzai lo sguardo sul mio ragazzo. Aveva un’aria disperata.
-Stavo cercando di imparargli un po’ di buone maniere, ma sembrerebbe più facile spegnere il sole con un soffio.- mi disse, apprestandosi a scendere dalla sedia.
-Devi andare a prepararti, manca solo un’ora al matrimonio e sei ancora in camicia sporca e pantaloni!- lo rimbeccai mettendo le mai sui fianchi.
Lui annuì. –E con loro che facciamo?- li indicò esausto.
Ci pensai  un po’ su, poi mi venne un’idea. –Voi farete da intrattenitori con i draghi, questa sera. Fino ad allora, comportatevi normalmente, cercando di non dare nell’occhio.-
-Intrattenitori?- gracchiò Testaditufo. –Siamo invitati!
-Ma non lo sembrate affatto. Quindi limitatevi a fare quello che sapete fare meglio.- presi per un braccio Hiccup e lo spintonai in avanti. –E tu muoviti, sei già in ritardo!
Buttai fuori i vichinghi e gli intimai di pensare ad uno spettacolo per quella sera. Poi condussi Hiccup su per le scale, per prepararlo.
Entrai in camera sua e aprii l’armadio, cercando  un vestito adatto. Presi un completo grigio e lo gettai sul letto. –Mettiti quello.-
-E quelle scarpe?- chiese sbottonandosi la camicia, alludendo alle scarpette che mi aveva rifilato Rapunzel.
-Fanno parte dell’abito da damigella.- dissi. –Non le ho scelte io.
-Lo so. – ridacchiò. Tentò di togliersi la camicia sporca, scoprendo le fasciature lungo tutto il braccio e il petto. Mi si strinse il cuore quando vidi il suo volto contratto i una smorfia di dolore nel cercare di sfilarsi la camicia. Lo aiutai a toglierla, la appallottolai e la lanciai sul letto. Ne presi una pulita dal cassettone e lo aiutai a metterla. –Cosa ti suscita tanta premura?- mi chiese.
Io iniziai ad abbottonargli la camicia. –Forse il fatto che mi sei mancato.- mi costrinsi a rivelare.
Lui mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
Sorrisi e mi staccai. –Muoviti o farai tardi.- mi allontanai e chiusi la porta.
Mi era incredibilmente tornato il buon umore.
 
Ma dov’era finito? Percorsi a passo di carica il corridoio. Percorsi le scale due volte. Iniziavo a stancarmi. Mancava mezz’ora alla cerimonia e non si vedeva traccia di Jack.
Cercai nelle cucine, nella mia stanza, ma non c’era traccia di quell’idiota. Allora uscii in terrazza. E finalmente lo trovai. Lo raggiunsi correndo. Avevo una voglia matta di prenderlo a ceffoni.
-Jack!- gridai. –Che stai facendo?
Lui mi sorrise. –Hai visto, che belli?- indicò il cielo.
Alzai lo sguardo e vidi dei mostri alati solcare il cielo con le loro maestose corporature. Spalancai la bocca, osservando un drago a due teste che ruggiva. Da dietro il palazzo comparve un drago rotondo e possente dalle ali piccolissime. –Cavolo…-  mi diedi altro tempo per osservarli, poi mi ripresi. –Tu!- Lui piegò la testa di lato. –E’ tardi! Devi vestirti, manca solo mezz’ora all’inizio!
Jack scosse la testa. –Sarebbe del tutto inutile, Merida. Nessuno può vedermi.-
Rimasi interdetta per un secondo. –Non mi importa! Io mi sto facendo in quattro per essere una damigella coi fiocchi, e tu farai lo stesso, anche se “nessuno” può vederti, avanti!
Gli diedi uno strattone e lo feci scendere dalla ringhiera. Lo trascinai dentro e gli feci salire per le scale.
-D’accordo, d’accordo.- entrò nella sua stanza e aprì l’armadio.
Mi fermai sulla soglia. Tutti a palazzo si chiedevano per chi fosse riservata la stanza vuota accanto alla mia. Le cameriere non capivano perché dovevano ripulirla ogni giorno e rifare il letto, se nessuno la abitava.
Ma lui c’era. Esisteva.
E adesso stava cercando un vestito adatto, anche se non se ne intendeva affatto di vestiario.
Entrai e richiusi la porta alle spalle. –Che stai combinando?
-E’ meglio questo…- tirò fuori dall’armadio un completo marrone sterco di vacca. –O questo?- mi sventolò sotto al naso una giacca verde scuro.
Alzai un sopracciglio. –I tuoi gusti lasciano molto a desiderare, lasciatelo dire.-
-Non li ho scelti.- rispose. –Li ho pescati a caso. –
Gli diedi una spallata. – Lascia fare a me. – mi tuffai nell’armadio. Ogni abito era stirato e profumava di pulito. Scelsi un completo azzurro chiaro.
Lo estrassi con cura e glielo avvicinai al volto. –Si, questo. Fa risaltare i tuoi occhi.- dissi.
Lui lo afferrò. –Va bene, come sua altezza desidera.-
Io annuii distrattamente e arrivai alla porta. Continuava a ronzarmi in testa una domanda che non avevo coraggio di porgli, perché temevo la risposta. Afferrai la maniglia e tirai. La porta non si aprì.
Aggrottai le sopracciglia e tirai ancora. Niente. Solo dopo notai una mano che la bloccava.
-Jack…?-
-C’è qualcosa che ti preoccupa?- chiese. Era dietro di me, e io non me ne ero nemmeno accorta. – Ti conosco  abbastanza bene da capire che c’è qualcosa che non va.
Io abbassai lo sguardo, senza girarmi. Posai la fronte sul legno della porta. –Tu… quanti anni hai?
Lui ridacchiò. –E’ questo che ti preoccupa? Quanti anni ho?
Mi voltai, e incrociai i suoi occhi nella penombra della stanza. Mi schiacciai contro la porta e cercai di calmare il mio respiro accelerato. Quando era così vicino, non riuscivo più a ragionare lucidamente. Distolsi lo sguardo e lo puntai sulle mie scarpette color lavanda. –No… non è questo…
-Allora?- chiese ancora, questa volta più serio e impaziente.
Rimasi un secondo in silenzio. Poi mi decisi a parlare. –Nessuno può vederti apparte noi tre?
-Esatto.- rispose.
-E… prima di noi, nessuno poteva farlo?-
-Si. – annuì di nuovo.
Alzai lo sguardo su di lui. –Quanto tempo sei rimasto solo, Jack?- i miei timori erano fondati. Era rimasto solo per chissà quanto tempo, senza che nessuno potesse vederlo o parlarci.
Lui rimase interdetto. Un’espressione dolce sbocciò sul suo viso. Accostò una mano piacevolmente fredda alla mia guancia e la accarezzò con il pollice, facendomi rabbrividire. –Non è importante.
-Si che lo è!-
- No. Adesso non sono più solo. Ci siete voi. Ci sei tu. -
-Ma…- mi mise un dito sulle labbra. Mi sentii arrossire. Aggrottai la fronte e gli morsicai il dito. –Ahi!
-Muoviti a vestirti, manca meno di un quarto d’ora all’inizio e Rapunzel starà morendo in questo momento. Devo andare prima che progetti un suicidio.- si scostò massaggiandosi l’indice e riuscii ad aprire la porta.
Feci per uscire, quando mi soffermai a guardare la sua faccia imbronciata. Alzai gli occhi al cielo. –Mi sbaglio, o è la seconda volta che ti dico che sei fragile come un bicchiere di cristallo?
-Lo hai offeso mordendolo in quel modo. – allungò l’indice verso di me. –Dagli un bacetto.
Se fossi stata la me stessa di un tempo gli avrei sbattuto la porta in faccia. Ma ero cambiata. Ero diventata troppo buona e tollerante, soprattutto con lui.
Mi squadrai il dito con aria accusatoria e mi avvicinai esitante. Strinsi forte gli occhi e gli diedi un bacetto veloce, poi corsi via imbarazzatissima. Sentii la sua voce da lontano:- Stavo scherzando!
-Idiota!- gli risposi.
 
Risi. Era così facile metterla nel sacco. Beh, quanto era facile mettere me nel sacco per lei. Scossi la testa e mi infilai in fretta il completo. Mi guardai il mio riflesso attraverso lo specchio nelle ante dell’armadio.
Merida aveva ragione, faceva risaltare i miei occhi. Era così strano vedermi elegante che quasi non mi riconoscevo.
Abbandonai il bastone sul letto e uscii. Scesi frettolosamente le scale e mi diressi in giardino. Mi fermai.
Delle persone tutte in ghingheri si apprestavano a prendere posto sotto un ‘enorme gazebo fiorito. Vidi Eugene che parlava con due tizi alti il doppio di lui, sotto l’albero di ciliegio.
Mi avvicinai e aspettai che finisse. –Ehi. - mi salutò. –Il tuo posto è lì, in prima fila. - si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio, coprendosi  la bocca con la mano per non farsi sentire.- Rapunzel ci teneva particolarmente a farti sedere accanto alla rossa.
Io annuii e gli feci ancora felicitazioni. Presi posto accanto a Hiccup. –Trovata Astrid?
-Si. Alla fine ti sei deciso a vestirti per bene anche tu, eh?-
- Merida sa essere molto convincente quando vuole.-
Lui annuì. –Già, le ragazze sono tremende.-
Ridacchiammo insieme. Mi girai a osservare gli altri invitati. Alla fila parallela alla nostra c’erano i genitori di Rapunzel e di Hiccup, dietro quello che doveva essere il padre e la madre di Merida e tre bambini che sembravano essere stati fabbricati con uno stampino. Avevano i capelli rossi e gli occhi azzurri, proprio come lei. Nella fila dopo vi erano omoni grossi come armadi, erano alquanto inquietanti a dirla tutta. In seguito persone per bene, duchesse e marchesi, immaginai.
Dietro di noi presero posto quattro ragazzi che sembravano essere usciti da un circo. C’erano sue gemelli dalle lunghe trecce bionde, un tizio biondo e corpulento con un  libro in mano e per finire un marmocchio dall’aria altezzosa. Alzai un sopracciglio.
-Lo sapevo che finiva così. - mormorò tra se e se Hiccup. –Bene, loro sono i miei amici di Berk. I due gemelli sono Testaditufo e Testabruta Thorston , il grassottello con il libro è Gambedipesce Ingerman,  mentre il tipo dall’aria arrogante è Moccicoso Jorgeson.- mi presentò.
-Caspita, bei nomi. –
-I vichinghi credono che più il nome è brutto, più i nemici si spaventano in battaglia a sentirli nominare.- scrollò le spalle. –Conosci il mio nome per intero? Hiccup Horrendus Haddok III.
-Davvero brutto.- annuii.
-Lo devo prendere per un complimento?- chiese lui.
-Sei un vichingo, no?-ridacchiai.
Si sentì il suono squillante di tromba che mi sturò i timpani. Le persone si alzarono tutte insieme e si voltarono indietro. Io li imitai. Dalla penombra vidi avanzare una figura.
Quando i raggi di sole la illuminarono mi pietrificai. Era Merida. Ma non sembrava lei, in quell’abito così femminile. Era bellissima, sembrava un essere fatato.
Rimasi a bocca aperta come un cretino mentre avanzava lanciando dei petali rosa da un cestino sul tappeto bianco. Non riuscii a scollarle gli occhi di dosso neanche quando entrò in scena la sposa.
Ci fu un sospiro di gruppo e abbandonai la sua splendida figura per lanciare un’occhiatina sfuggente a Rapunzel. Anche lei era bellissima in abito bianco. Astrid dietro di lei le tirava su il velo.
I miei occhi tornarono immediatamente a Merida.
Sentii una gomitata sul braccio. Mi voltai e vidi Hiccup che ridacchiava. –Chiudi la bocca, potrebbero entrarti le mosche.
-Potrei dirti la stessa cosa. - gli sussurrai.
Lui annuì divertito. Rapunzel raggiunse lo sposo e lo prese a braccetto, così Astrid e Merida presero posto.
Non le scollai lo sguardo di dosso nemmeno quando iniziò la cerimonia.
Lei alzò il suo su di me. –Che c’è? Io lo avevo detto che era eccessiva la farfalla mollettina.
Mi chinai e le sussurrai :- Sei bellissima.
Lei abbassò lo sguardo e arrossì. La cerimonia fu abbastanza corta. Vidi i volti delle persone commuoversi mentre i due sposi si scambiavano le promesse e ufficializzavano il matrimonio con un bacio.
Il rinfresco durò circa due ore di chiacchiere noiose dove io mi addormentai su una sedia, poi verso le sei e mezza scendemmo nella sala della cena.
Ci accomodammo a un tavolo chilometrico, dove sembrava impossibile scorgere gli sposi dall’altra sponda del tavolo. Io sedetti a capotavola, dove da una parte sedeva Merida, dall’altra Hiccup con Astrid e il club dei vichinghi al suo seguito. Io non mangiai, ma vidi che servirono due antipasti, tre primi piatti, tre portate principali, quattro contorni e dolci a volontà. La cena fu tranquilla e serena, apparte che Hiccup non riuscì a coprire tutti i rutti dei suoi amici facendo un casuale colpo di tosse o lasciando cadere la forchetta per terra.
Merida mi chiese più e più volte se mi andasse di assaggiare qualcosa, ma io risposi sempre che non avevo fame. La verità era che sarebbe stato strano chiedere ai camerieri di portare cibo per un posto vuoto.
Alla fine erano tutti pieni come uova, e non riuscivano nemmeno ad alzarsi dalla sedia. Mi chiesi come avrebbero fatto a ballare, visto che passammo alla sala accanto, per iniziare le danze.
Il primo ballo fu tutto degli sposi, dove Punzie e Eugene non fecero altro che guardarsi negli occhi e scambiarsi parole dolci. Poi tutti iniziarono a scatenarsi, me compreso.
Non badammo molto al ritmo ne al protocollo di ballo, danzammo e basta. La festa si protese fino alle due di notte. Alla fine erano tutti stanchi morti e mezzi ubriachi.
Gli invitati si trascinarono sulle carrozze aiutati dai servitori e le vetture sparirono una dopo l’altra, lasciando il giardino del castello libero.
Vidi Hiccup e il club vichinghi ritirarsi nelle proprie stanze. Ci avvisarono che il giorno dopo sarebbero tornati a Berk, con grande dispiacere mio e delle ragazze. Poi, anche Merida mormorò dispiaciuta che sarebbe tornata a casa, l’indomani.
Rapunzel annuì tristemente, ma disse che presto ci saremmo rivisti tutti e quattro.  Poi mi chiesero cosa avrei fatto io. Scrollai le spalle e dissi che avrei seguito Merida. Annuirono e ci scambiammo la buona notte.
Merda barcollò nel corridoio e, quando entrò nella sua stanza, scalciò via le scarpe e si cambiò in tutta fretta, disfacendosi l’acconciatura e lavandosi la faccia.
Si lasciò cadere sulle lenzuola di lino e sospirò. –Finalmente un po’ di pace. -Sorrisi tra me e me e mi sedetti sul letto. Lei si tirò sui gomiti. –Non vai a dormire?
- Si. - mi infilai sotto le lenzuola. –E tu?
Roteò gli occhi, anche se scovai un piccolo sorriso a fior di labbra. Scivolò accanto a me e appoggiò la testa sulla mia spalla. Chiusi gli occhi. –Merida, anche se domani verrò con te, non posso prometterti di esserci sempre.
-Che intendi dire?- chiese.
-Devo portare l’inverno, come faccio se sto tutto il tempo al castello?-
-Portami con te. - disse facendo incrociare i nostri sguardi. –Ovunque ci porti il vento, ovunque vogliamo.
Io risi piano, iniziando ad accarezzarle i capelli. –E che fine ha fatto la principessa Merida? Come farai con tua madre?
-Non mi importa di mia madre.- disse riappoggiando la testa contro di me.
-Non ti importa del tuo regno e delle persone che dipendono da te?- chiesi.
Rimase un attimo in silenzio. Poi sospirò. –Non sono così indispensabile. E poi, se rimanessi, dovrei sposare uno dei figli dei grandi clan scozzesi.-
Aggrottai la fronte. –Su questo dobbiamo lavorarci su. –
-Concordo.-
Detto questo, cademmo in un sonno profondo, pensando che si, quello era stato il matrimonio perfetto. 





Angolo dell'autrice:
Salve! Rieccoci qua! Questo chappy è stato particolarmente lungo, lo so, e mi congratulo con chi è riuscito ad arrivare fino a qui!
Ma visto che era il penultimo, volevo regalarvi un bel capitolone per ringraziarvi per avermi seguito fino a questo punto!
Approposito di ringraziamenti... 100 recensioni! 100! Mai avrei pensato a questo traguardo! Grazie di cuore, GRAZIE DAVVERO!!!
Basta, ho capito..i ringraziamenti li farò bene nel prossimo chappy! ^-^
Ah, come già detto prima, questo è il penultimo capitolo il prossimo sarà l'epilogo. Di già...che tristezza!TT.TT
Spero come al solito che vi sia piaciuto, e di ritrovarvi la prossima e ultima volta su...
Il matrimonio perfetto!
 

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Capitolo 22
*** Epilogo ***



Angolo dell'autrice in anticipo:
Beh, eccoci arrivati alla fine. Non farò discorsi strappalacrime, ma voglio ringraziarvi di cuore, a chiunque legga questa nota, per avermi dato la posibilità di farvi divertire e avermi aiutato a migliorare nella scrittura. Questa storia ha avuto un successo che non avrei mai creduto potesse avere, ed è tutto grazie a voi, quindi, grazie ancora.
Mi ripeto con i grazie? Non importa u.u Ci sono state tre persone che mi hanno sempre sostenuta recensendo (eh, già, credevate mi fossi dimenticata di voi? Malfidate!)
Freddy, Spirit e Clacli, mi hanno aiutato moltissimo e le ringrazio fino allo sfinimento per questo, spero che un giorno potrò ricambiare il favore! ^-^
D'accordo, adesso vi lascio all'ultimo chappy della storia, voglio abbracciarvi tutti fortissimo e augurarvi un buon proseguimento di vita a tutti, la vostra,
Calamara. 





 

Epilogo.


Immersi i piedi scalzi nell’acqua. La ghiaia era scivolosa, e l’acqua rinfrescante. Alzai lo sguardo sull’orizzonte: il sole stava tramontando dietro le montagne, tingendo il cielo di un bel colore dorato.  L’aria era calma, non tirava un filo di vento, per questo, quando sentii un sibilo d’aria fredda sul collo, mi accorsi che era arrivato.
Mi voltai e vidi Jack seduto accanto a me a gambe incrociate. Mi sorrise. Io ricambiai.
Poi abbassai lo sguardo sulle lettere che stringevo in mano. Una era sigillata con la cera, con impresso lo stemma della famiglia reale con un sole, mentre l’altra non era neanche chiusa.
-Sono di Punzie e Hic?- chiese. Io annuii. –Cosa aspetti a leggerle?
-Te. – risposi.
Jack era partito per circa una settimana per andare non so dove a portare una tempesta di neve. Non mi pareva giusto aprirle senza di lui, anche perché sul retro delle buste era scritto chiaramente :
“Per Merida Dunbroch e Jack Frost”
Mi passò un braccio intorno alla vita e mi incitò a leggerle. Aprii prima quella di Hiccup. 

 Merida, Jack, ciao, sono Hiccup.
Inizio col dire che è stato praticamente impossibile racimolare un foglio e una penna qui a Berk, perché sono tutti analfabeti e non sanno nemmeno come scrivere il proprio nome, così ho dovuto fare dei salti mortali e dirigermi ad un paese vicino con Sdentato per trovare una carta da lettere decente e una stupidissima penna. Ma non voglio annoiarvi.
Qui è tornato tutto normale. Ogni giorno mi vengono commissionate armi e attrezzi vari, dopo il lavoro devo allenarmi con gli altri per “rinforzarmi” come dice mio Padre e verso pomeriggio posso volare con Sdentato e Astrid.
Non è facile dormire la notte. Sono sempre tormentato da incubi, ma quando mi sveglio,  mi rendo conto che è tutto passato, e posso tornare a riposare.  Spero che anche la vostra vita sia tornata alla normalità, perché, infondo, è tutto ciò che ci serve, per ora.
Adesso devo andare, o Moccicoso inizierà a prendermi in giro perché so scrivere e Testaditufo e Testabruta lo appoggeranno, come al solito.

                                                                                                                              Dal vostro vichingo che sa scrivere,
                                                                                                                                 Hiccup Horrendus Haddok III
                                                                                                                                   (lo so, è davvero spregevole)



Finii di leggere l’ultima riga re ridacchiai. La richiusi accuratamente e la riposi nella busta. Jack afferrò la lettera di Rapunzel e la aprì. –Vediamo che ci dice…
Abbassai lo sguardo sulla calligrafia tondeggiante. Ai miei occhi risaltarono subito dei cuori che erano stati disegnati sulla carta. Sorrisi tra me e me mentre iniziavo a leggere.


Cari Jack e Merida,
Siamo Punzie e Eugene che parlano, o meglio, scrivono. Sono così felice di potervi scrivere, finalmente!
Mi mancate tutti tantissimo, non so come faccio a resistere qui, senza di voi.
Come state, piccioncini? Già vi immagino, abbracciati a osservare l’orizzonte, oppure una cenetta romantica a lume di candela…
 Eugene sta borbottando qualcosa sul fatto  che dovrei essere un po’ meno invadente, ma che ci posso fare?   
La vita a castello è noiosa e piena di impegni. Ogni santo giorno devo impegnarmi al massimo per risolvere i problemi di corte, dettati uno dopo l’altro all’infinito da un ciambellano mezzo addormentato.
Poi devo andare al villaggio per vedere come procedono i lavori di ristrutturazione.
Il pomeriggio devo prendere il tè con e duchesse altezzose e contesse snob per niente simpatiche. 
Dopo devo dedicarmi al cucito e a ricamare come le vecchiette. Mi mancano le giornate passate all’aperto, guardare le stelle e scherzare insieme a voi. 
Eugene dice che non è bello dirlo attraverso un pezzo di carta e lo penso anch’io, ma quando ci rivedremo, altrimenti? Preparatevi…
Aspetto un bambino. Siete i primi a saperlo, con Hiccup (a cui ho mandato una lettera contemporaneamente alla vostra) e Eugene. Vi do un momento per riprendervi.

Già mi immagino le vostre facce! L’ho scoperto ieri, quando Eugene mi ha fatto galantemente notare che ero ingrassata. Credo di essere già al secondo mese. Il mio bel marito dice che è tonda, quindi c’è possibilità che sia una femminuccia (io lo spero con tutto il cuore) ma lui non vuole arrendersi, e dice che c’è ancora speranza che sia un maschietto.
Merida, tu le insegnerai a tirare con l’arco. Voglio che sia un’impavida guerriera come te.
Jack, tu invece dovrai starle sempre vicino, come un angelo custode (sempre che Merida non sia gelosa).
Mamma e papà ancora non lo sanno, perché li vedo molto raramente... 
Posso rivelarvi  un segreto? Ho paura. 
Ho paura di dirglielo e ho paura del parto. Si dice che sia la cosa più dolorosa al mondo. 
Ma voi ci sarete, vero? Quando  inizierà il travaglio vi voglio accanto a me, con Astrid e Hiccup a vostro seguito, chiaro?
Troverò il coraggio di rivelarglielo non appena avranno un minuto libero. Pregate per me.
Adesso vado, ho una fame da lupi! Sarà meglio che sia tutto pronto per la cena, o potrei anche mangiarmi Eugene.                    

                                                                                                                                                       Rispondetemi presto, dalla vostra  affamata                 
                                                                                                                                                          Rapunzel e il quasi papà Eugene




Rimasi cinque minuti a leggere la quindicesima riga. Alzai lo sguardo verso Jack, frastornato quanto me.
-Beh,- disse. –Dovremo farle le congratulazioni?
Battei le palpebre. Incinta? Rapunzel? Ancora non ci potevo credere. E non ci avrei creduto fino a che non l’avessi vista con i miei stessi occhi. Presi il foglio di carta che mi ero portata dietro e iniziai a scribacchiare con la mia calligrafia geroglifica.

Cara Rapunzel, siamo Merida e Jack che ti scrivono.
 
Quest’ultimo mi tolse dalle mani la penna, facendomi fare uno sgarro di inchiostro nero sulla carta. –Ehi!
-Mi domando come farà a leggere.- chiese rigirandosi tra le mani il foglio assicurandosi che fosse messo al dritto. –Posso scrivere io?
Gli feci la linguaccia e gli porsi la penna con il calamaio. Incominciò a scrivere una lettera chilometrica, quattro pagine intere, accidenti!
Quando ebbe finito l’inchiostro, dovette tagliare corto con quel poco che gli era rimasto.
 Alzai un sopracciglio. –Cosa ci hai scritto?
Mi porse la lettera e iniziai a leggere. La sua calligrafia era impaziente e aguzza, ma molto più leggibile rispetto alla mia. Notai che parlava sempre al plurale. 
Raccontava di quanto ci avesse shockato, e chiedeva di loro e di raccontare nella prossima lettera come l’avessero presa i genitori. Scrisse di quanto ci mancassero, e di come sognavamo che un giorno potessimo rincontrarci di nuovo, magari con lei con un pancione enorme.
E la rassicurò dicendo che ci saremmo stati per il suo parto e che non ce lo saremmo perso per nulla al mondo. Poi continuò a ciarlare delle giornate che passavamo qui, fatte di cose noiose come studiare la geografia e la matematica.
 La parte più bella della giornata, raccontò, era la sera, dove potevamo finalmente stare insieme e raccontarci quello che avevamo fatto in giornata. Stranamente lui aveva sempre di più da dire rispetto a me.
Poi finì con una specie di canzone. Scrisse che l’avrebbe dovuta cantare al suo\a  bambino\a prima di andare a letto. 
Alzai gli occhi dalla lettera su di lui. –E questa, cos’è?- dissi.
-E’una ninna nanna. L’ho sentita una volta. Una donna la cantava.- disse.
Chiusi la lettera in una busta e la lasciai scivolare a terra. Appoggiai la testa sul suo petto e ammirai il cielo. Il sole era già tramontato, lasciando dietro di sé una scia d’arancio e colorando le nuvolette di rosa.
–Una ninna nanna?
Jack mi cinse con le braccia e mi strinse a sé. –Non so se sia proprio una ninna nanna… Me ne ricordo solo un pezzo.-
-Canta.- lo incitai.
Si schiarì la voce e iniziò.
-  …Seinimis loithin lù lò lan
Senimis loithin  lù lò
Nàr thig aon droch-rud idir mè’s
Mo naoidheèn gan bhròn,
Nar thig aon tais ò’n Abhainn Mha
Na Bean-sidhe Chloinne Eoghain,
à Muire Methair òs àr g-cionn duinn,

A Ròis mo chroidhe, a Slathin ur
A’s gharrha an Drom’-mòhir…

Chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dalla sua voce. Riuscivo a capirne le parole: parlava di una madre che cercava di proteggere il figlio dal vento maligno e dal pianto di una banshee...
Assomigliava incredibilmente a quella che mi cantava mia madre quando ero piccola. Intrecciai le mie dita con le sue e osservai l’andirivieni delle onde sulla ghiaia, con la dolce ninna nanna sussurrata all’orecchio. 
 
…Seinimis loithin lù lò lan
Senimis loithin  lù lò …

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