Dreams are the way

di TinaTiva99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** After you'll never let you go ***
Capitolo 2: *** You can't throw your life in this way ***
Capitolo 3: *** Hey, how are you? ***
Capitolo 4: *** Now I can begin to hope again ***
Capitolo 5: *** We can't be separated a lot ***
Capitolo 6: *** Wet by sun ***



Capitolo 1
*** After you'll never let you go ***


After you'll never let you go








... “I'm fighting for you, Ziva”…
... “I know” …


I loro visi si avvicinavano sempre di più, le loro labbra erano ad un palmo di distanza. Stava succedendo tutto molto in fretta, troppo in fretta. Ma questo accadeva perché per una volta anche Ziva aveva seguito il suo cuore, lasciando che la ragione si disperdesse da qualche parte remota nella sua mente. Stavano per ottenere tutto ciò che avevano aspettato ed ardentemente sperato per otto lunghi anni: un bacio; un solo piccolo bacio, ma che allo stesso tempo avrebbe regalato ad entrambi grandi emozioni, proprio quelle che loro attendevano. Però qualcosa li bloccava, quella bassa ed insignificante vocina che diceva “dopo non potrete più lasciarvi andare”. Ma Ziva non voleva avere rimpianti, così si avvicinò lentamente al viso di Tony, il quale non poté fare altro che assecondarla. Si baciarono a lungo, come se volessero riempire quegli otto anni del loro amore represso, ma che ora aveva finalmente visto la luce. Dopo un po’ si separarono e si guardarono negli occhi per un tempo che sembrava interminabile ma che, allo stesso modo, li rendeva incapaci di smettere tutto questo.
Quella vocina si faceva ancora strada dentro di loro, fino ad arrivare alla bocca di Tony:

“Ora come faccio a lasciarti qui?” disse con una nota di disperazione nella voce.
“Come stavi per fare due minuti fa, Tony” rispose Ziva cercando di rimanere lucida.
“Le cose cambiano in due minuti” disse Tony.
“… Tony …” disse Ziva “lo sai che non c’è altra soluzione … non voglio rendere tutto ciò ancora più difficile.”
“In questo modo rendi tutto più difficile, Ziva. La cosa più semplice da fare è che tu torni a casa con me. Con me, Ziva. Non meriti di restare qui da sola a deprimerti per colpe che non hai. Ti aiuterò a risolvere tutto, te lo prometto. E lo sai che quando mi metto in testa di fare una cosa la faccio, soprattutto se qui si parla di te. Ti devo ricordare fino a dove sono arrivato qualche anno fa? Non voglio dirti addio di nuovo, ti prego.” Disse Tony mentre ancora la teneva per i fianchi.

Ziva abbassò lo sguardo, cercando di non far uscire le lacrime.

“Ti prego, Ziva, guardami.” Disse Tony alzandole la testa, “Io ho bisogno di te”.

Ziva lo guardò e lasciò che quelle lacrime silenziose le rigassero il viso.

“Non posso …” disse abbassando di nuovo lo sguardo.

Tony aveva notato la sua insicurezza, non voleva fare davvero tutto questo da sola. Sembrava spaventata da tutto quello che sarebbe potuto accadere.

“Tu vorresti tornare, ma …” cominciò Tony.
“Non posso continuare a fare l’indifferente davanti a tutto il dolore che ho provocato, a tutte le persone che ho ucciso … te l’ho detto, Tony.” Disse Ziva.
“Ziva quello faceva parte del lavoro. Quando hai ucciso Ari stavi togliendo la vita a tuo fratello, ma allo stesso tempo la stavi salvando a Gibbs; avevi anche un ordine da eseguire, non avevi scelta! E così con gli altri … tu hai ucciso quelle persone, si, ma non dimenticarti che hai dato la possibilità di vivere in modo migliore a tutte le altre.” Disse Tony  “Quindi se è per questo che provi rancore torna a casa con me e risolveremo tutto.” Continuò. “ E se hai paura di soffrire di nuovo, perché so che uno dei motivi di questa tua scelta è anche questo, beh … dovresti sapere che, se ci sono io al tuo fianco, ciò non potrà mai accadere.” Concluse Tony.

Nel frattempo Ziva aveva rialzato lo sguardo e aveva gli occhi fissi in quelli di Tony. Si era letteralmente persa nel suo sguardo.

“Almeno pensaci, ti prego. Posso restare ancora qualche giorno …” le disse Tony.

Ora sorrideva, si sorridevano.





 
 
Il suono della sveglia era persistente nella testa di Tony, che, non riuscendo più a sopportarlo, si mise seduto sul letto e la spense. Si mise le mani sulla faccia, come in segno di rassegnazione; rassegnazione a quello che stava vivendo, a quello per cui stava soffrendo. Non poteva essere un sogno … non poteva sopportare anche questo. Mentre cercava di lasciarsi quei pensieri alle spalle si alzò dal letto e si preparò per andare alla base. Quando stava per chiudere la porta dell’appartamento gli ritornarono alla mente quei dolorosi pensieri … come diavolo poteva superare tutto questo?!






























Note

Ciaooo!
Ecco la mia prima long!! Finalmente :D
Dunque, qui ovviamente si parla dei TIVA ... l'astinenza che si fa sentire!
Come avete letto, Tony ha fatto un sogno - non so dire se sia bello o brutto, io mentre scrivevo ero depressa - e, quindi, toccherà anche a Ziva!  Chissà .... forse questi sogni li porteranno a prendere decisioni importanti? Quando e se queste decisioni verranno prese, come reagirà la squadra? Tra un po' lo scoprirete ;) Non vi anticipo molto :P
Questo primo capitolo è un po' cortino... spero di riuscire a farmi perdonare con i prossimi.
Dovrei riuscire ad aggiornare una volta alla settimana... Grazie a chi leggerà e a chi commenterà  :-)
Prima di lasciarvi faccio una piccola dedica alla mia P... ok evitiamo soprannomi, a Ludovica ... che mi sopporta sempre e che sta diventando una buona fan di NCIS, e soprattutto di Ziva (anche TIVA ovvio) :D

A presto
TinaTiva

 

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Capitolo 2
*** You can't throw your life in this way ***


You can’t throw your life in this way




 
... “Hardest 180 in my life” …


Furono queste le ultime parole che le disse. In fondo cosa poteva dire di più? Tra loro non erano mai servite molte parole, soprattutto quando si trattava di addii. Si avviò velocemente verso l’aereo, in modo che quei secondi interminabili in cui lui la stava lasciando scorressero nel modo più veloce possibile, per evitare di soffrire ancora di più. Ma anche per evitare di seguire il suo istinto, che sicuramente lo avrebbe riportato giù da quelle scale e che non gli avrebbe più lasciato possibilità di scelta. Era arrivato in cima e stava per salire su quel maledetto aereo che li avrebbe separati, forse per sempre. E questo lui non poteva sopportarlo. Aveva appena alzato una mano per salutarla quando si accorse che la voglia di scendere si faceva sempre più forte. Si fermò a pensare, ma gli ci volle neanche un millesimo di secondo a capire che dopo quel bacio non poteva andarsene, almeno non subito. E fu così che iniziò a scendere, grazino per gradino, sempre più veloce; ma questa volta non perché aveva paura di quello che avrebbe potuto provare se avesse impiegato più tempo, ma perché era impaziente di averla tra le braccia. Lei lo guardò confusa, decisamente troppo confusa; era impossibile che lo stesse facendo davvero! Non lo avrebbe mai ammesso, ma era felice anche lei. Le stava letteralmente correndo incontro.

“Tony! Ma che diavolo stai facendo?!” disse Ziva.
“Non ce la faccio …” le rispose Tony “Non dopo tutto quello che abbiamo passato insieme!”
“Tony, tu devi farlo … ti prego.” Disse Ziva.
“Ziva non puoi fare tutto questo da sola! Non devi! Lascia che resti con te, almeno per un po’.” Rispose Tony.
“Anche se dovessi rimanere, cosa farai con l’NCIS? E con Gibbs e gli altri?” chiese Ziva.
“A questo si può trovare una soluzione” Rispose Tony sicuro di sé.
 “Ti prego … dammi almeno un altro po’  di tempo.” Aggiunse Tony quasi implorante.

In fondo Ziva ci sperava in una richiesta del genere. Certo, voleva ricominciare tutto da capo, ma non poteva lasciare andare anche Tony. Si amavano, come poteva mollare tutto? Però la sua ragione si fece di nuovo avanti.

“Lo sai che non puoi … torna a casa. Io devo mettere apposto la mia vita e tu … devi andare avanti.” Disse Ziva.
“No, non posso. Anzi non voglio. Come puoi chiedermi di fare una cosa del genere?! Io resto qui, almeno per un po’.” Rispose Tony concludendo.
“Tony non puoi buttare cosi la tua vita!” replicò Ziva.
“Vedi, lo dici anche tu! Non posso lasciarti qui …” le disse Tony avvicinandosi al suo viso.

Ziva lo guardò confusa, poi capì. Lei era la sua vita. Gli sorrise.

“Almeno per un po’, non molto. Se poi vorrai proprio lasciarti tutto alle spalle … va bene. Ma almeno dammi un altro po’ di tempo.” Continuò Tony mentre la guardava fissa negli occhi.

Infatti era quello il loro segreto: guardarsi negli occhi. Non servivano parole.

Perciò quando Tony fu chiamato per salire sull’aereo bastò uno sguardo complice con Ziva che dalla bocca gli uscì un deciso: “Resto qui.”
“Ne è sicuro?” chiesero a loro volta gli uomini sulla scala.
“Sicuro.” Rispose Tony ancora più deciso di prima.

In quel momento Ziva si avvicinò ancora di più a Tony, abbracciandolo e poggiando la testa sulla sua spalla. Si sentiva protetta, al sicuro tra le braccia di Tony; chiuse gli occhi, cercando di assaporare meglio quel fantastico momento che stavano vivendo. Lui la stringeva, come se non volesse più lasciarla andare – e probabilmente era così - . Lentamente, Ziva alzò la testa e disse a Tony: “Sei sempre il solito, DiNozzo.” Tony le sorrise, si avvicinò a lei e la baciò. Ma questo non era un bacio d’addio, né sottocopertura; era … semplicemente … un bacio.
 
 










Ziva si svegliò che era ancora notte fonda. Richiuse immediatamente gli occhi, sperando che quell’incredibile sogno potesse ricominciare. Dopo cinque minuti, non riuscendo a dormire, si girò su un fianco e guardò la sveglia sul comodino: “Le tre …” esclamò “Accidenti …”. Così dicendo si alzò e si diresse verso il bagno, si sciacquò velocemente la faccia, appoggiò le braccia sul lavandino e fissò la sua immagine riflessa nello specchio. Rifletteva su quello che aveva sognato, su quello che vorrebbe per la sua vita e su quello che aveva da sempre voluto. Dopo due minuti trascorsi in quel silenzio, si diresse di nuovo verso la camera da letto, si distese e, poco prima di addormentarsi, disse tra sé e sé: “Non posso buttare così la mia vita.”


















Note

Hi guys!!
Ecco il secondo capitolo! Allora... vi è piaciuto??
Mi piace molto l'idea che Tony sarebbe potuto scendere dall'aereo e tornare da Ziva...  ci ho pensato proprio mentre vedevo l'episodio.
Fatemi sapere cosa ne pensate :-) e a presto

Baci
TinaTiva

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Capitolo 3
*** Hey, how are you? ***


 Hey, how are you?




 
Era appena arrivato alla base; stava per entrare in ascensore quando McGee si affiancò al lui:
“Buongiorno, Tony.” Disse tranquillamente McGee.
“Ciao Pivello.” rispose Tony.
McGee lo guardò confuso: come mai non gli aveva storpiato il nome più di tanto? Solo Pivello? Niente McGoo? O McRompi? Nonostante ciò decise di non indagare ulteriormente. Salirono l’ascensore in silenzio e si avviarono verso le loro scrivanie. Nel frattempo, Tony pensava alla prima volta che arrivarono tutti insieme al lavoro … tutti. Lui, il Pivello e la sua piccola ninja … già, la sua ninja.“ … Lei era in verde …” sospirò tra sé e sé con aria sconsolata, mentre il sogno di quella notte si faceva di nuovo strada nella sua testa. Intanto che sedeva alla sua scrivania, alzò lo sguardo e vide che quella bionda era già seduta lì, alla scrivania di Ziva. “Questo non mi aiuta …” pensò mentre le accennava un segno di saluto con il capo. Eh già, non lo aiutava per niente; l’unico modo per fargli superare tutto questo sarebbe stato rivedere la sua ninja seduta lì, davanti a lui, alla sua scrivania. E con il tempo, questa speranza aveva una luce più fioca, in simbolo di una rassegnazione tale che lo stava consumando dall’interno. Era un amore viscerale il suo, che voleva opporsi alla resa, ma che non poteva fare a meno di sopportarla … perché l’energia e la forza non sono senza fine. La rivoleva lì, sperava di riuscire ad opporsi, cercando di guardare avanti, ma senza dimenticare; guardare avanti verso un possibile futuro in cui lei sarebbe tornata. L’unica cosa che poteva fare al momento era solo quella di sentirla vicina psicologicamente, in quell’intesa che, fortunatamente, non li abbandonerà mai. Quasi senza accorgersene, assorto in quei pensieri, aprì lentamente il cassetto della sua scrivania e ne tirò fuori due oggetti: la sua foto di quando era bambino, che lei aveva sulla sua scrivania prima che se ne andasse, e la stella di David, la sua, di Ziva. Stringendo quel ciondolo la sentiva vicina, anche se non abbastanza, ma vicina. In quel momento arrivò Gibbs e Tony, in meno di mezzo secondo, rimise tutto nel cassetto e si girò a guardare Gibbs che si avvicinava, come al suo solito, con il cappotto lungo ed il caffè nero in mano. Una volta arrivato salutò gli agenti con un cenno del capo e si mise seduto alla sua scrivania. Tony decise che anche per lui era ora di iniziare il lavoro: cominciò a compilare e a leggere le solite scartoffie; non avevano casi … per ora. Dopo circa venti minuti, Gibbs ricevette una telefonata:
“Gibbs.” Rispose lui freddo come al solito. “Va bene, li mando subito.”
Così dicendo, si alzò, chiuse la telefonata e disse: “ DiNozzo, Dav…” si fermò prima di paralizzare completamente DiNozzo e McGee. Il cuore di Tony perse un battito, poi un altro, poi un altro ancora. “ Ma tutte oggi …” pensò Tony tentando di rimanere lucido.
“… Bishop, andate al Pentagono. Mi hanno detto di mandare un paio di agenti. Se c’è qualche problema, chiamatemi.” Così dicendo, salì dal Direttore.
I due si incamminarono verso l’ascensore; una volta scesi, andarono nel parcheggio, presero l’auto e partirono. Mentre guidava, Tony rimase in silenzio e, nel frattempo, una certa idea gli si insinuava nella testa. Una volta arrivati andarono a parlare con il Comandante che li aveva convocati; era solo una questione di essere informati su alcune operazioni che riguardavano in parte anche l’NCIS, ma niente di importante, perciò non ci volle molto perché tornassero alla base.

Il resto della giornata trascorse tranquilla tra le scartoffie varie e le pratiche da compilare, anche se Tony era esausto; un po’ per essere stato tutto il giorno con gli occhi fissi su fogli di carta, un po’ per i pensieri che lo tormentavano dalla notte precedente, tanto che, quando Gibbs li congedò, rifiutò l’invito di Abby e McGee di andare a bere qualcosa:
“No, ragazzi. Non stasera, sono stanco.”
I due lo guardarono confusi per quella risposta: Tony non rifiutava mai un bel drink dopo il lavoro, tanto che di solito era sua l’idea di andarci. Abby e McGee si scambiarono uno sguardo complice: sapevano che qualcosa non andava … ma Abby volle riprovare:
“Daiiii Tonyy!”
“No, Abby, mi dispiace, stasera sono stanco. Voglio solo il mio divano, una birra e James Bond.” Rispose Tony.
Abby stava per ritentare quando McGee la bloccò, facendole segno di non insistere. Abby acconsentì, anche se non era molto convinta. Nel frattempo Tony aveva già spento il computer, preso lo zaino e si stava avviando verso l’ascensore:
“A domani ragazzi.” Disse prima di andarsene, lasciando entrambi ammutoliti.

Arrivò al parcheggio e mise in moto; guidò piano fino a casa, perché se avesse fatto altrimenti probabilmente avrebbe investito qualcuno: non era lucido, la sua assenza lo stava soffocando. Arrivato al suo appartamento fece come aveva detto ai colleghi, anche se aveva qualcosa in più che gli vagava per la testa. Appena entrato in casa si diresse subito in cucina, prese una birra, la stappò e poi raggiunse il salone dove, mentre mandava giù ampi sorsi del liquido che aveva in mano, vagava davanti alla sua infinita collezione di DVD: senza girarci troppo intorno, scelse il classico Sean Connery “ Dalla Russia con amore”. Una volta inserito il disco, si sdraiò sul divano e accese la TV; ma non era trascorso neanche un quarto d’ora quando Tony spostò gli occhi sul PC; cercò di ignorare quell’istinto, ma mentre cercava il modo di farlo si era già messo seduto e stava prendendo il suo computer. Mentre il film continuava ad andare avanti, lui apriva una chat che non guardava da tempo, per sola paura di soffrire. Ma ora lo stava facendo, perché voleva far divenire realtà quell’idea che lo tormentava da tutto il giorno. Non pensò molto a cosa scrivere; obiettò per un semplice:


 
“Ehi, Zee … Come stai?”





















Note:

Ciaoo a tuttii!!
Come state?
Alloraa... vi è piaciuto il capitolo? Fatemi sapere, sono curiosa di sapere cosa ne pensate :-)
Grazie a tutti quelli che leggeranno e commenteranno :-)

Baci
TinaTiva

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Capitolo 4
*** Now I can begin to hope again ***



 
Now I can begin to hope again


 

Erano solo le sei di mattina e lei, come al solito, era già sveglia da un pezzo; quest’abitudine non l’avrebbe mai cambiata. Vagava per quell’immenso uliveto che circondava la sua vecchia casa di famiglia; ogni passo che muoveva era un momento trascorso in quel posto da piccola, ogni volta che affondava gli stivali nel terreno umido e fangoso era come se stesse calpestando il suo passato, ogni volta un suo piccolo frammento, e ogni volta faceva più male, anche se non voleva farci caso, ma faceva male, perché, a distanza di anni, troppi, stava ripercorrendo quelle vie che percorreva quando era ancora bambina, quando era ancora ignara di tutto quello che le sarebbe accaduto dopo. Come se niente fosse, all’improvviso vide passare al suo fianco tre bambini: un ragazzo più grande, una bambina sui tre anni e una sugli otto; la piccola si era appena seduta per terra, si doveva esser fatta male. Immediatamente la sorella le si avvicinò e ascoltò le parole della piccola:


“Ahi, mi fa male …” disse Tali sull’orlo delle lacrime;
“Dai non fa niente, ora ti passa. Torniamo dentro.” Disse Ziva alla sorellina.
Mentre si rialzavano il ragazzo le chiamò: “Tali!Ziva! Venite!” disse Ari.
Le due bambine si alzarono, si presero per mano e, mentre ridevano, iniziarono a correre, fino a quando scomparsero dai suoi occhi, perdendosi nella vastità del campo.




Sul suo volto si dipinse un sorriso malinconico, non era la prima volta che le succedeva di rivedere nella sua immaginazione lei ed i suoi fratelli da piccoli.  Inizialmente pensava che ripercorrere il suo passato l’avrebbe aiutata a dimenticare, a legare tutti i pezzi della sua vita con un filo logico, quel filo che l’avrebbe aiutata ad andare avanti. Non riusciva a capire quale fosse, tra tutti quei frammenti, quello che l’avrebbe resa felice; dopo tutte quelle morti, per causa sua o degli altri, non riusciva più a sperare di trovarlo … o forse lo aveva già fatto? La felicità era davvero un’illusione? Tutte quelle cose che fino a pochi mesi prima erano certezze ora non lo erano più, almeno non completamente. Prima pensava che se avesse lasciato andare tutto sarebbe stata meglio, ma ora stava iniziando a capire davvero. Doveva lasciar andare tutto, fuorché quegli otto anni. Quelli erano la sua salvezza, durante i quali aveva trovato la sua famiglia, quella vera. Aveva ragione lui, ma era ancora orgogliosa per ammetterlo, anche a se stessa. Già, lui … quanti sacrifici che avevano fatto, quanti errori, quanti ostacoli. L’ultimo lo avevano superato all’aeroporto, quando si erano baciati, ma subito dopo sembrava che tutto fosse svanito, il vuoto. Già, la loro era una storia scritta col sangue, sangue di anni di sofferenze e di sacrifici, di pianti e di litigi, ma anche di pace e di scuse, di amore e di amicizia, di aiuto e di fiducia. Aveva un’idea che le brulicava in testa da un po’, da una parte voleva che fosse così, dall’altra non voleva sapere di aver sbagliato di nuovo.




 
Pian piano attraversava nuovamente l’uliveto, raggiungendo la veranda della casa, senza soffermarsi a fissare quel paesaggio mozzafiato che era stato il teatro di tutte le sue perdite e sconfitte. Entrata in casa si diresse in cucina, accese il computer che era sul tavolo e preparò il caffè. Dopodiché prese la bevanda ed iniziò a sorseggiare mentre era appoggiata con la schiena al piano della cucina. I suoi occhi vagavano senza una metà precisa fino a quando furono attirati dal suono del PC: perciò, si alzò tranquillamente e si diresse verso di esso. Un messaggio … aprì la casella e appena lesse chi era il mittente il suo cuore si fermò. Forse la vita le stava offrendo un’ultima opportunità: fissò a lungo quel piccolo e semplice messaggio, riflettette su una possibile risposta. Non era semplice, anzi. Dopo non essersi visti e sentiti per mesi cosa poteva dirgli? Beh, di cose da dire ne aveva molte, ma non poteva esprimersi da dietro a uno schermo. Una sensazione strana girovagava per tutto il suo corpo; strana, si, ma non sconosciuta. Già, era questo l’effetto che le faceva: sapeva di amarlo, ma quando doveva passare ai fatti esitava, per paura di soffrire di nuovo. Ed ora più che mai, come poteva non temere una cosa del genere? Ma forse, dopo tutte quelle ingiustizie, la vita le stava davvero offrendo una possibilità, probabilmente unica. Dopotutto, lui aveva ragione: avrebbero risolto tutto insieme. Accidenti, anche nei sogni glielo diceva! Forse aveva ragione anche su tutto il resto. Era l’unica possibilità che le era rimasta per vivere, l’unica possibilità di vivere. Si mise seduta davanti al suo PC, in modo da riuscire a riflettere e, alla fine, volle ributtarsi in quell’inferno che era il suo cuore, sperando di non rimanere bruciata; ma anche se fosse accaduto, ci sarebbe stato lui ad aiutarla. Tutto ad un tratto il cervello le si spense, riusciva solo a picchiettare sulla tastiera:
“Ehi, Tony.” Rispose frettolosamente, impaziente di continuare a scrivere.
“Sai, così non saprei bene come e cosa scriverti, però … beh, diciamo che sono ancora alla “ricerca” … te, invece, come te la stai cavando?” continuò Ziva.

Era impaziente. Oramai era così: la certezza iniziale, quella di ricominciare da capo, era tramutata in dubbio: voleva continuare a disprezzarsi per il resto della sua vita? Cosa voleva davvero? Forse in fondo lo sapeva da tempo.

Dopo pochi secondi il computer suonò di nuovo:
“Si, lo so, non è facile così, però in qualche modo dovevo fare.”
“ Come sto io? Beh, gli scappellotti non diminuiscono :P”
Dopo aver letto il messaggio, a Ziva scappò un sorriso; ma uno di quelli veri, che solo lui le poteva provocare.
“Con una testa calda come te Gibbs non può farne a meno :-)”. Rispose Ziva con ancora la traccia del sorriso sulle labbra.
“Dai lo sai che secondo me è una dimostrazione di affetto!” Continuò a scherzare Tony.
Ziva continuava a sorridere, cercando di godersi di nuovo quei momenti che sembravano appartenere ad una vita fa. E dire che le mancavano era poco.
“Ok ok, forse hai ragione …” Scrisse Ziva.
“Ah Ah! Lo ammetti!” Le rispose Tony.
Dopotutto non erano cambiati. No, neanche di una virgola. Non importava che fossero passati mesi dall’ultima volta: erano sempre loro, e questo era il loro modo di ricominciare.
“Ho detto forse :-)” Replicò Ziva.
“Almeno per una volta voglio avere la meglio, ti prego :P” Le scrisse di nuovo Tony.
“Va bene, va bene …” Rispose Ziva.
“Si! Finalmente :-)” Scrisse Tony.

Ed ora cosa poteva dirgli? Scrivere una cosa stupida? No … forse una cosa seria, vera, quello che aspettava di dirgli dall’inizio della conversazione, una cosa che sentiva da quando lui era salito su quel maledetto aereo.

“Mi sei mancato, Tony.” Scrisse semplicemente. Le si scaldò il cuore, quanto era vero … quanto le mancava. Finalmente lo aveva ammesso.
“Tu invece mi manchi ancora.” Le rispose Tony.

A questa risposta, Ziva rimase di sasso. Felice, ma paralizzata; le mancava così tanto quel sentimento tra loro che non era più abituata a rivelazioni del genere, come, ad esempio, quella di qualche anno prima:
“Hai messo a repentaglio tutta la tua carriera, per cosa?” “Per te.”
Mentre era ancora imbambolata davanti al computer a leggere e rileggere quel messaggio, gliene arrivò un altro:

“Sicura di non volere di nuovo un po’ di compagnia?”Azzardò Tony.

“La storia si ripete …” pensò Ziva mentre ancora fissava lo schermo; ci sarà un motivo per tutto questo, non saranno tutte coincidenze. Che sia davvero una possibilità? E poi ora, dopo quello che le aveva detto, seppur semplice, non poteva far finta di niente del suo stomaco che faceva i salti mortali. Dovevano stare insieme, era destino, e niente avrebbe mai potuto dividerli. Ziva sapeva cosa fare, non voleva avere rimpianti, voleva stare con lui. Ce l’aveva fatta?

“No, non sono sicura :-)” scrisse decisa.

Quasi immediatamente la risposta:

“Bene :-)”

“Conta fino a un milione. Sono dietro di te.”

Ziva lesse e capì che il tempo dei dubbi era finito da un pezzo. Quello, quello era il momento di ricominciare a sperare.






















Note:

Ciao a tutti!
Come state?
Scusate il ritardo ma ho avuto parecchio da fare ... spero di essermi fatta perdonare :-)

Allora ... come avete notato, ho aspettato un po' per la risposta al messaggio: volevo che si creasse un po' di suspance. E poi non potevo evitare il viaggio nella testa di Ziva ... no non potevo proprio :-)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto :-)
Grazie a tutti quelli che leggeranno o commenteranno :-)

A presto

TinaTiva


 
 

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Capitolo 5
*** We can't be separated a lot ***


We can't be separeted a lot



 



Stava accadendo di nuovo. È incredibile.
 
Avevano utilizzato quasi le stesse parole dell’ultima volta, ma ora sentiva che la conclusione sarebbe stata diversa: non avrebbe permesso che si dicessero addio di nuovo. No, non di nuovo. Una speranza si stava riaccendendo in lui, quella di poter stare insieme, quella di poter costruire qualcosa, di potersi finalmente vivere. Stava impazzendo. Dopo quella conversazione era ben comprensibile: fin dall’inizio aveva avuto bisogno di lei, ora aveva una possibilità; forse poteva ricominciare a vivere. La rivoleva. Al diavolo la ragione, seguì il suo istinto: come diversi mesi prima, comprò il biglietto per Tel Aviv con un sorriso stampato sulla faccia: sapeva che ora niente, niente lo avrebbe più allontanato dalla sua ninja. Sarebbe partito due giorni dopo, poco più di quarantotto ore e avrebbe riavuto la sua Ziva tra le braccia. Sapeva che sarebbe stato così, questa volta non avrebbe aspettato, perché l’ultima volta che era stato costretto a trattenersi dal partire di un po’ di giorni era tornato a casa a mani vuote e con il cuore spezzato.


 
 
 
C’era solo un problema: cosa dire a Gibbs?

Non voleva mentirgli, ma forse era quella l’unica soluzione. Aveva già qualche vaga idea: avrebbe mentito solo sulla destinazione. Dopo aver pensato bene alle parole da dire, senza esitare, prese il telefono e chiamò il suo Capo.

“Gibbs.” Rispose il Capo dall’altro lato del telefono.
“Ciao Capo.” Disse Tony con una nota di insicurezza nella voce e, come previsto, Gibbs se ne accorse.
“Che succede DiNozzo?” Esclamò Gibbs notando lo strano tono di Tony.
“No, niente di grave. Ti volevo solo dire che mi ha chiamato mio padre e mi ha chiesto se volessi andare a trascorrere un po’ di tempo con lui …” Disse Tony. Aveva uno sguardo dubbioso. Chissà che gli avrebbe risposto Gibbs …
“E ora mi stai chiedendo il permesso per andare.”Disse Gibbs sicuro.
“Ehm … si.” Rispose Tony.
“Va bene, vai.”Concluse Gibbs; nonostante le giustificazioni di Tony, sapeva che forse non era New York la destinazione … ma si fidava di lui, perciò lasciò correre. Se non doveva andare da suo padre il motivo di questa sua partenza sarebbe stato sicuramente valido.

“Grazie Capo.”Rispose Tony tirando un sospiro di sollievo.
“Quanto devi stare?”Chiese prontamente Gibbs.
“Mah … penso un paio di settimane. Parto dopodomani. Poi ti aggiornerò.”Concluse Tony, sicuro per la prima volta durante quella telefonata.
“Va bene.” Rispose semplicemente Gibbs.
“Grazie Capo.” Disse Tony prima che Gibbs chiudesse la chiamata.


 
Tony tirò un enorme sospiro di sollievo, anche se era dispiaciuto per aver mentito a Gibbs. Evitò di pensarci; dopotutto avrebbe fatto questo ed altro per lei. Si alzò e si diresse verso la sua stanza: la mattina seguente avrebbe preparato le valige. Prima di addormentarsi si ricordò di una cosa: doveva passare in ufficio, aveva bisogno di prendere alcune cose prima di partire.
E poi, beh, tra tutte le cose che aveva in mente in quel momento, quella più importante, quella che spiccava su tutte, quella che poteva fargli dimenticare qualunque pensiero era il viso della sua ninja: oramai era così da parecchio tempo; la rivedeva lì, sdraiata nel suo letto mentre aveva quegli incubi che, del resto, non erano solo sogni, la rivedeva mentre guidava, rivedeva il momento in cui le aveva scattato la foto a Parigi, o quando l’aveva vista per la prima volta, mentre esclamava con nonchalance quel “Fai sesso al telefono?”, o ancora, più semplicemente, seduta alla sua scrivania, mentre picchiettava sulla tastiera o mentre si scambiava qualche sguardo complice con lui stesso; in effetti, quello era il ricordo più doloroso, quella semplice azione quotidiana che gli mancava da morire. Eppure, se non faceva scorrere queste immagini nella sua testa sarebbe stato peggio. Ma forse ora non avrebbe più dovuto aver paura, perché stava tornando da lei; e forse per quel motivo quella sera non vedeva quei pensieri come un ricordo, ma come una speranza; una speranza per poter ricominciare davvero.

Qualche secondo prima che chiudesse gli occhi rivolse la mente al sogno della notte precedente: era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso; nel giro di poche ore tutto era cambiato, sembrava che tutto avesse ripreso la strada giusta, finalmente. Ma sapeva che i cambiamenti non erano finiti e il suo tormento più grande era: come volgeranno?




























Note:

Ciao a tutti!
Scusate di nuovo il ritardo, ma gli impegni sono tanti purtroppo :-(

Tornando al capitolo ... Tony mente a Gibbs per Ziva, come, del resto, aveva già fatto.
In questo capitolo ho voluto evidenziare soprattutto il modo di pensare di Tony: rivuole Ziva, a tutti i costi.
So che è stato parecchio cortino... mi farò perdonare. Del resto è più un capitolo di passaggio, ma spero comunque che vi sia piaciuto :-)

Cosa succederà nel prossimo capitolo? Beh, al momento vi lascio immaginare :-)

Grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono, davvero :-D
A presto

Bacii
TinaTiva


 
 

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Capitolo 6
*** Wet by sun ***


 
Wet by sun







Due giorni passarono. Lentamente, forse troppo, ma passarono.

Era sull’aereo da un pezzo, tanto che avevano già annunciato che sarebbero atterrati da un momento all’altro. E, per fortuna, quel momento fu vicino. Sentì il carrello dell’aereo toccare la pista di atterraggio. Faceva sempre più caldo, sentiva gli spazi intorno a lui restringersi, fino a soffocarlo. Maledetta quella dannata attesa, non ce la faceva più, doveva raggiungerla subito. Sapeva che ce l’avrebbe fatta, glielo diceva il suo istinto; quell’istinto che a volte sbagliava, ma che quando si trattava di lei era impeccabile. Finalmente, dopo diversi giri sulla pista, l’aereo si fermò: fu posizionata la scala fuori dal portellone e le hostess invitarono i passeggeri a scendere. Lui cercava di farsi strada tra tutte le persone che aveva davanti; era tornato in quella terra che aveva visto le perdite di Ziva e, di conseguenza, anche le sue. In quel luogo l’aveva persa troppe volte, non voleva che accadesse di nuovo. Il calore aumentava, lo spazio diminuiva, il cervello si spegneva … non poteva rimanere lucido davanti a tutto quello che stava per accadere.
 
 
Scese dall’auto come un fulmine: il volo stava per atterrare, mancava poco oramai. Si erano risentiti il giorno prima: lui le aveva detto quando sarebbe partito; lei non esitò a decidere di andarlo a prendere all’aeroporto: voleva sorprenderlo, voleva dirgli che aveva finalmente capito tutto, che aveva bisogno di lui. Aveva continuato a riflettere su tutto quello che avrebbe dovuto fare in quei giorni … beh, la risposta le risultò stranamente semplice: avrebbe seguito il suo cuore, quel cuore che mesi prima le aveva detto tutt’altra cosa, ma che ora stava tornando indietro. Ad ogni secondo che passava accelerava il passo. Stava andando verso la pista quando vide un aereo che le passava proprio sopra la testa: “La felicità non è un illusione” disse Ziva tra sé e sé. Si, finalmente lo aveva capito: aveva capito che per tutto quello che aveva fatto c’era stato un motivo; ogni volta purtroppo era stato inevitabile. Pensava di aver rovinato la vita a molte persone, ma ogni qual volta non lo aveva fatto per se stessa. E forse ora era arrivato il momento, dopo anni, di farlo; si, di pensare per una volta a se stessa e a quello che voleva davvero. Che poi, del resto, questa sua ultima decisione coinvolgeva anche la vita delle persone che l’avevano sempre amata. Sempre, per quello che era. Nel frattempo era arrivata sulla pista e si stava dirigendo verso l’unico aereo in quel momento presente. Quando fu abbastanza vicina si fermò ed aspetto per vedere se era quello il volo giusto o se l’aereo doveva ancora atterrare.
 
Finalmente era riuscito ad arrivare vicino all’uscita. Doveva andare da lei, subito. Dopotutto questa volta sapeva dove si trovava, glielo aveva detto lei: era ancora in quella casa, quella casa in cui era nata. Oramai aveva solo poche persone davanti a sè prima che potesse riuscire a scendere, ma aveva già la possibilità di vedere i raggi di un sole che rendevano migliore la giornata, perché era così anche dentro di lui: per mesi aveva avuto il buio dentro di sé, ora vedeva uno spiraglio, una speranza. Era arrivato il suo turno di scendere; c’erano le hostess che salutavano, ma lui aveva lo sguardo altrove, perso nei sogni e nelle speranze: guardava in cielo, poi verso le città lontane, e ancora le strutture dell’aeroporto, fino a quando i suoi occhi andarono ad esaminare la pista di atterraggio: scorse, da lontano, una figura alquanto familiare.

 
Non c’è più pericolo,
Ora che
siamo qui …
Anche quest’ostacolo …
Ora ha senso,
è così …

 

La guardò sconvolto, ora tutto quello che avevano passato, tutto quello per cui avevano sofferto, aveva un senso: ritrovarsi. Ritrovarsi per ricominciare.
 
Era ancora lì, ferma, in attesa. In attesa del suo riscatto, riscatto di vita. Lo aveva capito, tutti i dubbi erano scomparsi. Guardava ancora verso l’aereo … niente di familiare, ancora non poteva rivedere il suo sorriso, i suoi occhi. Forse non era quello il volo; questo pensiero si faceva strada nella sua testa … doveva ancora aspettare? Mentre pensava a ciò, un uomo sulla quarantina che portava un bel paio di occhiali da sole spuntava dall’uscita. Era indistinguibile, era lui.

 
Ho vissuto in bilico
Mi è servito
È così …
Ma non è stato facile
Stare in piedi
Stare qui …

 

Gli occhi le si illuminarono. Aveva bisogno di aria, quasi annaspava. Le era mancato troppo e vederlo così era destabilizzante.
Tony alzò gli occhiali per vedere meglio. Illusione? No, fortunatamente era realtà. Gli occhi di lui incontrarono quelli di lei, in quell’intensa che non li avrebbe mai abbandonati. Iniziò a scendere velocemente le scale, aumentando il passo di gradino in gradino. E quando fu sceso non poté fare altro che iniziare a correre.
Il volto di Ziva iniziava ad essere rigato da qualche lacrima; e quando lo vide correre verso di lei, non potè fare altro che seguire il suo istinto. Mentre correva non pensava a niente, tranne che per una cosa: sentiva che questa, dopo tanto tempo, era la volta buona. Mentre correva non riusciva neanche a pronunciare il suo nome, ma pensava solo al momento dell’incontro: mancava poco.


 
Sento che
Oramai
Siamo vivi
A un passo da noi
Senza più
Strategie
Siamo qui
A un passo da noi

 
Dentro di loro si agitava un vortice di emozioni, straordinariamente incontenibile. E quel vortice stava per esplodere. I loro animi si stavano risvegliando, finalmente, dopo un letargo che sembrava fosse durato una vita.

 
Bagnati dal sole

 
E dopo un tempo che era sembrato infinito si raggiunsero. Non si fermarono neanche, anzi. Con una velocità impressionante, Ziva gli mise le braccia al collo, aggrappandosi a lui come se non volesse più sciogliere quell’abbraccio. Tony, a sua volta, le mise una mano dietro la nuca e un braccio dietro la schiena, tenendola stretta a sé. Ziva soffocò un singhiozzo, mentre qualche lacrima continuava a rigare il suo viso; incredibile, non poteva credere di trovarsi finalmente tra le sue braccia. Aveva il viso coperto nell’incavo tra il collo e la spalla di Tony; ad un tratto alzò lentamente la testa, si avvicinò al suo orecchio e, con voce tremante, gli sussurrò:

“Fai sesso al telefono, agente DiNozzo?”

Era il suo modo di ricominciare. E questo Tony lo sapeva.

 “Mi sei mancata da morire, piccola ninja.” Le disse piano, come se non volesse rompere la magia di quel momento, mentre sentiva le sue braccia che lo stringevano ancora di più.
“Ma ora siamo qui.” Gli rispose con lo stesso tono dolce Ziva.

E quanto era vero … ora erano lì, insieme, e niente avrebbe potuto separarli. Glielo diceva il loro istinto, perché sapevano che quell’incantesimo che si era creato tra loro in quegli otto anni non poteva essere spezzato; sarebbe stato impossibile distruggere tutto, perché, anche con tutta la distanza che può esistere tra mari e terre, loro non sarebbero mai stati separati davvero. Erano troppo legati per non pensarsi ogni giorno, si amavano troppo per non ricordare ogni volta, prima di addormentarsi, tutto quello che avevano vissuto, e si mancavano così tanto che solo nei sogni trovavano rifugio, anche se dopo tutto sarebbe svanito, ma almeno erano stati insieme. Tutto quello di cui erano stati privati in quel momento stava sfociando dai loro cuori, finalmente potevano viversi.

Ancora si abbracciavano, stretti più che mai. Dopo le parole di Ziva, Tony iniziò a sorridere e, ad un tratto, la sollevò da terra e iniziò a farla girare, avvolto da una felicità che solo lei gli poteva regalare. La sentiva sorridere, finalmente dopo tanto tempo, troppo.

Non potevano credere a ciò che stava accadendo; da quanto tempo speravano di sentirsi così … finalmente erano liberi, non dovevano più fingere. Stava accadendo quello che fino a qualche mese prima poteva essere visto come un traguardo irraggiungibile: trovarsi l’una tra le braccia dell’altro. Ma, del resto, se si tratta di destino o di un sogno, niente è impossibile.

Giravano ancora, sempre più veloci, mentre un senso di pace li invadeva. Si sentivano in qualche modo a casa. Pian piano Tony rallentò, fino a fermarsi. La fece scendere e, lentamente, spostarono le loro teste, in modo da riuscire a guardarsi negli occhi, per recuperare il vuoto che avevano vissuto in quei bui mesi. Il sorriso che entrambi avevano sul voltò tramutò in uno sguardo profondo, dove l’intesa dei loro occhi si divertiva a fargli ricordare ogni singolo momento passato insieme. Le mani di entrambi salirono sulla nuca dell’altro. Erano ad un palmo di distanza, si avvicinavano sempre di più mentre Tony asciugava con i pollici le guance bagnate di Ziva; continuavano a guardarsi quando i loro nasi si toccarono, avevano ancora gli occhi fissi in quelli dell’altro.

“Non scappare più, David. Non ci provare.” Le disse Tony.
“Mai più. Te lo prometto.” Gli rispose Ziva.

E in un baleno le loro labbra si toccarono. Niente oramai aveva più importanza, esistevano solo loro due. Tutti gli ostacoli, tutti i sacrifici, ora avevano un senso. Era stata una sfida che avevano portato avanti insieme, dalla prima volta che si erano visti. Avevano continuato a combattere anche dopo essersi salutati mesi prima nello stesso aeroporto in cui si erano ritrovati, perché Ziva aveva dovuto capire dove l’avrebbe portata il suo cuore, Tony invece avrebbe dovuto aspettare che tutto le fosse stato chiaro. Ma si sapeva fin dall’inizio che entrambi volevano solo una cosa: stare insieme, amarsi per quello che erano, che sono e che sarebbero stati. Si erano abbandonati alla tristezza dopo essersi detti un ipotetico e doloroso “addio”, ma in fondo lo sapevano che non lo sarebbe stato, mai. Perché hanno seguito ciò che volevano davvero e, per questo, niente li potrà mai fermare.

Si baciavano lentamente, con dolcezza, con passione, con tutto quello che potevano dare all’altro per fargli capire una volta per tutte che non si sarebbero mai abbandonati davvero; con quel bacio entrambi volevano dire “Io ci sono”.

Lentamente si separarono, aprendo piano gli occhi, temendo che fosse tutto un sogno. Iniziarono a sorridersi, finalmente senza scudi o barriere, senza fingere. Si diedero un altro dolce e fugace bacio, poi Tony iniziò a cercare qualcosa nella tasca della giacca, assumendo un’espressione che fece ridere Ziva.

“Che fai?” gli chiese ridendo.
“… Aspetta.” Le rispose Tony.
Ziva acconsentì con un cenno del capo, aspettando che continuasse.
“Sai, questa è servita ad accorciare le distanze, ti ho sentita vicina.” Disse Tony tirando fuori la catenina con la stella di David dalla tasca.
“ Ma quando siamo insieme … vorrei che la indossassi di nuovo tu.” Aggiunse passandogliela attorno al collo e agganciandola.
“Rivoglio tutto della Ziva di cui mi sono innamorato.” Concluse lui sorridendole.

Ziva rimase senza parole. Passava lo sguardo dalla stella di David ai suoi occhi e viceversa. Gli strinse le braccia al collo e lo baciò con tutto l’amore che poteva esprimergli.
Si baciarono per un po’, ancora increduli di tutto quello che era accaduto in così pochi minuti. Ad un certo punto decisero che era arrivata l’ora di andare: si incamminarono, mano nella mano, verso le strutture dell’aeroporto, scambiandosi gli sguardi dolci e fugaci di due persone che si completano a vicenda.

Ad un tratto, mentre camminavano, Tony disse:

“Comunque non facevo sesso al telefono, mia piccola ninja.”





















Note

Ciao a tutti!
Come state?
Di nuovo in ritardo ... perdonatemi ahahah

Parlando del capitolo... beh, non vedevo l'ora di scriverlo! Finalmente si sono incontrati!
Questa volta ho voluto aggiungere il testo della canzone "Bagnati dal sole" di Noemi, che a mio parere sembrava perfetta per loro due *.* e soprattutto per questo capitolo.

Spero davvero che vi sia piaciuto :-)
Grazie a tutti quelli che leggeranno e commenteranno! :-)

A prestooo

TinaTiva

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