Love on the Atlantic

di xlovesharoldo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. I ***
Capitolo 2: *** Cap. II ***
Capitolo 3: *** Cap. III ***
Capitolo 4: *** Cap. IV ***
Capitolo 5: *** Cap. V ***
Capitolo 6: *** Cap. VI ***
Capitolo 7: *** Cap. VII ***
Capitolo 8: *** Cap. VIII ***
Capitolo 9: *** Cap. IX ***
Capitolo 10: *** Cap. X ***
Capitolo 11: *** Cap. XI ***
Capitolo 12: *** Cap. XII ***
Capitolo 13: *** Cap. XIII ***
Capitolo 14: *** Cap. XIV ***
Capitolo 15: *** Cap. XV ***



Capitolo 1
*** Cap. I ***





 

 
Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Aprii velocemente la portiera, scendendo da quel puzzolente taxi. Ancora dovevo capire perché al posto di una semplice vacanza vicino a casa avevano dovuto decidere per una vacanza relativamente lontana. Avremo dovuto impiegare ore per tornare, come avevamo impiegato ore per arrivare in questo desolato posto: l’auto fino all’aeroporto, l’aereo per Roma e addirittura un taxi. Ero già stanca anche se avevo dormito per tutto quel tempo.
Allungai le braccia verso l’alto, stiracchiandomi, mettendo al suo posto subito dopo la felpa che si era leggermente alzata. Accarezzai la testa della creaturina che si era appena attaccata alla mia gamba, abbassandomi un poco.
- Hai intenzione di aiutarmi oppure no? – la voce stridula di mia zia risuonò nelle mie orecchie, mettendomi sull’attenti. Sorrisi alla mia cuginetta, alzandomi per prendere almeno il mio trolley verde acqua.
- Non ti preoccupare, andrà tutto bene. – mi disse l’altra mia zia, affiancandomi.
Sorrisi anche a lei, trascinando sull’asfalto la mia valigia. Sara mi prese subito per mano, il suo zainetto di Hello Kitty dietro di sé. Glielo misi sulle spalle e mi sistemai gli occhiali sul naso, iniziando a guardarmi intorno. Sentivo il verso i gabbiani, le onde e molte voci soffuse. Il parcheggio era più che altro occupato da taxi che arrivavano e ripartivano, lasciando intere famiglie o semplicemente qualche solitario in cerca di sano relax. Dietro di me c’era una fila di barche che continuava per indefiniti metri. Dovetti alzare di parecchio la testa per notare in tutta la sua bellezza, una lunga e enorme nave bianca e blu con rifiniture rosse e le barche di salvataggio di colore arancio acceso. Una grossa scritta rossa “CUNARD” spiccava sopra di me e sulla prua una scritta invece blu più sottile “QUEEN ELIZABETH”. Non era mai salita su una crociera, sarebbe stata la prima volta.
- Ti piace? - mi chiese mio zio. Annuii ancora incantata. Avrei dovuto passare su quel paradiso a cinque stelle galleggiante ben undici giorni. Fremevo dalla paura, dall’ansia e dall’eccitazione.
- Chissà quanto vi è costato …
- Gli è costato. – mi corresse con un ghigno.
Si, aveva ragione. Io non avevo tirato fuori nemmeno un soldo, come se me lo potessi permettere. Alla mia giovane età di diciassette anni andavo avanti con le mance che raccattavo fra i vari parenti. Nonostante questo i miei genitori mi avevano pagato tutto il viaggio senza dire una parola, anzi, avevano dovuto perfino convincermi. Non perché non volessi partire, ma non mi andava di lasciare lo studio e la scuola nel bel mezzo del quarto anno di liceo linguistico, era solo novembre!
- Non lo voglio sapere. – chiusi il discorso, senza aggiungere altro. Non ero davvero interessata al prezzo, volevo solo che quei giorni passassero in fretta, così da poter tornare alla mia vita normale.
Iniziammo ad avviarci verso l’edificio accanto al porto, dove lasciammo tutti i bagagli. In quel momento capii la fretta di mia zia: la coda fu lunga e stressante. Feci la foto di rito e diedi tutti i documenti. Mio zio prese la carta che avremo usato per pagare sulla nave tutto ciò che ci serviva, somma che avremmo poi dovuto saldare alla fine della crociera. Mi ero informata, per non risultare un pesce fuor d’acqua, ma mi ritrovai comunque a boccheggiare davanti a tutte quelle persone. La maggior parte di queste era straniera: dagli spagnoli agli inglesi, passando dai tedeschi e dai francesi. Non dissi nulla, consapevole che una volta salpati da Civitavecchia avremmo dovuto arrivare in Inghilterra, precisamente a Southampton. Ci diedero perfino un numero, facendoci salire a turni sull’imbarcazione.
- Marta! – mi voltai immediatamente, facendomi arrivare i capelli sul viso. Li spostai tenendo stretta la mia mano in quella di Sara. Il padre della piccola mi fece segno di muovermi, sbuffai. La nave di sicuro non si sarebbe spostata da là.
Trovammo la nostra stanza dopo aver chiesto a mezzo personale: sembrava che mia zia fosse mestruata, perennemente incazzata e con l’ugola pronta per urlare al minimo errore, tuo o di chiunque le stesse vicino. Erano tre cabine con balcone, le ultime collegate fra loro. Mia zia Lucia e suo marito Nicola presero la prima stanza, quella separata. Ringraziai il Signore per questa occasione di libertà dalla vipera. Zia Claudia e zio Giulio invece preferirono avere Sara sotto controllo, così loro presero la seconda e io e la mia cuginetta l’ultima. Perdemmo parecchio tempo per la divisione delle camere, tempo sprecato a mio parere.
Lasciai mia cugina con sua mamma e entrai nella mia cabina con il trolley. Dopo un piccolo corridoio si apriva una stanza piuttosto grande, il letto poggiato sulla parete di destra, più avanti un divano da due posti ricoperto da un tessuto color oro spento che si ripresentava ovunque: sulle pareti, sulle lenzuola, i cuscini e le tende. Davanti al divano c’era un piccolo tavolino di legno basso e sull’altra parete la scrivania, con una piccola televisione al plasma e parecchie prese. Lasciai la mia piccola valigia vicino al letto e il mio cellulare su un comodino. Aprii curiosa le ante dell’armadio, trovando abbastanza spazio per contenere abbondantemente tutti i vestiti che avevo portato. Mi affacciai anche nel bagno, seppur piccolo era accogliente e pulito, mi sorpresi perfino di avere una doccia tutta per me. C’erano tre specchi nella cabina, uno sopra il lavandino, l’altro accanto al guardaroba e l’altro ancora sopra la scrivania. Abbassai la maniglia della porta a vetri, uscendo sul balcone, collegato con quello di mia zia, ma diviso da un separé bianco dalla cabina accanto. Un piccolo tavolino di ferro pitturato di bianco e due sedie riempivano quel poco spazio ricoperto dal parquet.
Di sicuro non avevano badato a spese, ma era inutile chiedere il perché: “Abbiamo avuto tutti un anno molto impegnativo e ci meritavamo una piccola vacanza” rispondeva sempre pronta mia zia. Due famiglie che intraprendevano un viaggio nel bel mezzo di novembre … Alcune volte mi domandavo se la mia famiglia era normale oppure come fossero le altre.
Quando la peste ritornò in camera iniziò a svuotare il suo piccolo zainetto, a me toccò invece disfare - anche se in modo minimo - il mio trolley, a cui in seguito a un’entrata di mio zio Nico, se ne aggiunse un’altra ben più pesante e grande, sempre della sottoscritta. Potevo vedere il cielo iniziare a imbrunire fuori dalla vetrata, passando in rassegna la mia playlist. Non potei finire di sistemare i numerosi trucchi, vestiti e oggetti vari che un altoparlante segnalò prima la partenza imminente e poi che “i signori passeggieri possono prendere posto nei vari ristoranti offerti dalla nostra crociera”. In parole povere: era pronta la cena.
Non mangiai molto, per non dire per niente. Il solito peso sullo stomaco mi permetteva a malapena di finire un piatto intero. Non persi tempo però, osservando le decorazioni di quel ristorante e lo stile dell’intera nave. I pavimenti erano di marmo e perfettamente puliti, le porte decorate sul vetro con stampe floreali bianche, tappeti lavorati divinamente, mosaici, statue di oro puro e tutte le rifiniture in legno. Era un ambiente davvero elegante ma allo stesso tempo moderno. Tutto mi affascinava e non vedevo l’ora di poterla esplorare interamente.
Tornati in camera ebbi la possibilità di finire di sistemare le mie cose. Feci scivolare il trolley vuoto sul fondo dell’armadio, aprendo nuovamente la valigia più grande: alzai le varie magliette, ma inaspettatamente trovai alcuni capi che non ricordavo di aver messo e alcune scatole, riempite con altre scarpe e oggetti palesemente inutili al mio viaggio. Infuriata sbattei i piedi per terra e spalancai la porta che conduceva all’altra cabina, trovandoli tutti intenti a una grossa risata dovuta a chissà quale freddura di quella strega.
- Che fine hanno fatto i miei libri? – chiesi urlando. Sentii il mio respiro irregolare e il cuore sbattermi contro il petto. Sara si spaventò e non poco ma non ci feci caso, continuando a fulminare tutti e quattro. Maledetti.
Mia zia Claudia scoppiò in lacrime e Lucia la consolò. Che finta.
- Guardami zia! Guardami! – la intimai. Il suo volto inondato da lacrime si soffermò sul mio minuto corpo. – Sto bene!
- No! – si alzò l’altra, avvicinandosi di qualche passo a me. – Tu non stai bene!
Mi trattenni dal saltargli addosso: lei non doveva interessargli se stavo bene oppure no.
- Studi troppo! Hai passato l’estate su quei maledetti libri Marta! Basta! Prendi un insufficienza e smettila di rovinarti da sola!
Mi allontanai schifata: avevo capito i loro piani. La rabbia e la frustrazione non erano qualtificabili in quel momento.
- Imparate a farvi i cazzi vostri! – urlai con le lacrime agli angoli degli occhi, premevano per uscire. Era la mia vita, non la loro. Non capivano che lo facevo per la mia felicità?
- Marta! – mi richiamò Nicola, mentre Giulio tappava le orecchie alla bimba.
- Vaffanculo.
Ignorai tutti i richiami, le preghiere e le imprecazione varie prendendo il cellulare e sbattendo la porta della mia cabina.
A testa bassa mi diressi a passo veloce e impaziente sulla prua della nave. Feci qualche sorriso finto alle persone che mi guardavano curiose dato l’orario e le mie condizioni e finalmente all’aria aperta corsi fino alla ringhiera di protezione. Tappandomi la bocca, urlai più forte che potevo, scaricando tutta la tensione e frustrazione, rimasi soltanto triste, delusa e sola. Fissai per qualche secondo la punta della nave, bianca e liscia. Mi sedetti sbuffando rumorosamente su una sdraio ancora aperta, lanciando uno sguardo infuocato a due bambini più o meno sui dieci anni che spaventati corsero via. Mi passai due dita prima sulle tempie, massaggiandole leggermente e poi appena sotto gli occhi, premendo per avere un po’ di sollievo. Mi stesi poco delicatamente, portando mano e cellulare sulla mia pancia. Le luci del tramonto avevano ormai da tempo lasciato posto a un cielo nuvoloso e che minacciava pioggia. Nonostante non c’erano stelle rimasi a fissare le nubi in veloce movimento per molto tempo, per me indefinito. Pensavo solo al fatto che i miei avessero insistito molto a farmi fare questa crociera e che pensassero che facesse bene alla mia situazione. Ma non ce n’è bisogno! Non c’è nessuna situazione! Stavo bene dove stavo e come stavo, non capivo perché dovevo migliorare. Non capivano che io ero felice?
Asciugai frettolosamente qualche lacrima, tirandomi velocemente a sedere. Delle voci sembravano venire dalla mia parte e un brivido sia di paura sia a causa del leggero venticello salì lungo la mia schiena, facendomi abbassare lo sguardo sui miei Blundstone neri.
Riconobbi tre o quattro voci maschili e chiaramente inglesi. Strinsi le mani attorno al mio Nokia Lumia, graffiandomi leggermente con le mie stesse unghie. Cercai curiosa di capire di cosa stavano parlando, per valutare anche se i miei alti voti scolastici nella materia, le varie gite all’estero e i corsi pomeridiani mi avessero insegnato qualcosa.
- Sono davvero felice di aver preso questa decisione lads, avevo proprio bisogno di staccare un po’. – la sua voce era molto impastata, faticai a capire quello strano accento.
- Non ti esaltare … - questo invece parlava davvero veloce e non capii proprio nulla.
Risero tutti e tre .. o forse quattro. Ci fu un improvviso silenzio, all’inizio non capii a cosa era dovuto ma quando sentì dei passi leggeri farsi sempre più vicini alla mia sdraio, sentii il viso bruciare. Due mani affusolate si poggiarono sui miei jeans infondendomi un po’ di calore. Tremai quando iniziando a studiare il ragazzo che si era accucciato davanti a me, se ne sedettero altri due accanto, uno da una parte e l’altro dall’altra. Tremai di paura, paura che potessero farmi del male perché stavo origliando e semplicemente perché avevano voglia di divertirsi.
- Hi. – mi salutò una voce che non sembrava provenire da nessuno dei tre che avevo accanto. Deglutii ancora con lo sguardo fisso su un paio di Timberland che sminuiva ancora di più il mio 37 e mezzo di piede. Salutai con un sussurro davvero impercettibile. Nonostante questo sentì un sorriso formarsi sul viso del ragazzo alla mia sinistra.
- Qual è il tuo nome? – chiese il tipo davanti a me. Presa da chissà quale botta di coraggio alzai lo sguardo su di lui. Incontrai due occhi color cioccolato che mi fecero saltare indietro di qualche centimetro. Imprecai, sfortunatamente anche nella loro lingua, così sentì di nuovo le loro risate.
- Bel nome. – commentò ancora divertito.
Portai il cellulare davanti al mio viso, illuminando lo schermo: l’immagine in bianco e nero di un Liam Payne che con il suo braccio tatuato indicava la folla sotto i suoi piedi fece compagnia all’orologio che segnava in quel momento le 23:07. Feci scattare lo sguardo tra la foto e l’originale davanti ai miei occhi più e più volte finché lo schermo non si scurì di nuovo. Realizzai dopo poco che era proprio lui e che seduti accanto a me c’erano Louis e Harry e alle spalle di Liam, Niall e Zayn. Morsi il labbro per trattenere un urlo che altrimenti mi sarebbe risultato naturale e abbassando lo sguardo di nuovo sulle sue mani, sussurrai ancora.
- Marta, il mio nome è Marta. - Harry mi sorrise, facendomi voltare verso di lui.
- Cosa ci fai qui tutta sola Martha? – mi mossi inconsapevolmente al suono del mio nome storpiato pronunciato proprio dall’ultima persona che mi sarei mai immaginata di incontrare. Aprii la bocca per prendere aria, ma il mio cervello era troppo scosso per mettere su una frase semplice di senso compiuto che rispondesse per quella domanda, perciò la richiusi subito dopo. Sistemai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e gli occhiali sul naso.
- Niente. – mi sentii di nuovo andare a fuoco quando Niall si sedette a gambe incrociate accanto a Liam. Lui imitandolo si lasciò cadere all’indietro, portando poi le mani allacciate sopra le sue ginocchia. La mia pelle perse velocemente quel calore che le sue mani avevano portato, facendo salire un altro brivido lungo la mia colonna vertebrale. Mi sentii una stupida ignorante quando iniziò a parlare tranquillamente con la sottoscritta, mentre riuscivo a tradurre solo qualche parola, senza cogliere il significato della frase. Sentii davvero caldo quando dovetti spiegare perché lo stavo guardando come se avesse appena bestemmiato.
- Ehm … Sono italiana e una cosa che non riesco a capire è come fai a parlare così veloce. - Niall rise, optai per due motivi: per il mio rossore o per il mio tono misto tra terrore e divertimento. Liam si scusò, ripetendomi poi di nuovo più lentamente. Strinsi una mano fra le cosce, permettendo di nascondere le due dita incrociate. Pregai silenziosamente di non fare errori stupidi di pronuncia o di tempi verbali.
- Ho detto che era impossibile che non stessi facendo nulla, qui tutta sola, al buio. – sorrisi quando nel mio cervello si formò una risposta corretta e articolata.
- Ma io non sono sola, ci siete voi. - Sentì la leggera risata di Zayn, musica per le mie orecchie. – E voi cosa ci fate qui?
Questa volta mi rispose Louis: - Abbiamo appena terminato il tour anche in Giappone, così abbiamo deciso di prenderci una decina di giorni di vacanza per rilassarci un po’.
Niall mi fissò un attimo con i suoi occhi azzurro cielo. – Non lo sapevi? Eravamo a Rome fino a poche ore fa.
Ci pensai su qualche secondo, ma per paura che il mio silenzio li avrebbe fatti innervosire scossi subito la testa. – Non sono una Directioner, non so tutte queste cose. Mi piacete voi e la vostra musica, nient’altro, ma saprei lo stesso riconoscervi ovunque. Scusate.
Feci nascere ben cinque sorrisi e esultai mentalmente. Vidi una mano tatuata prendermi la mia e chiudendola senza sforzi nella sua.
- Non fa niente. – sorrisi timida al riccio, prima che il mio cellulare tremasse. Persi con quella il numero di volte che ero avvampata in quei pochi minuti. La loro cover di Use Somebody dei Kings Of Leon spezzò quei momenti per me di pace. Dovetti rispondere frettolosamente alla chiamata, avvisando che stavo tornando. Sentii una lieve rabbia salirmi di nuovo mentre i ragazzi parlavano fra di loro.
- Ciao Italia. – risi di gusto a quelle due parole italiane dette ovviamente da quel biondo di Niall. Bloccai però subito la mia risata con una mano sulla bocca, ricordandomi che questa era tutto tranne che limpida e normale
- Ti prego non smettere! - Non seppi mai se era un complimento oppure no, ma arrossii, liberando dalla mia mano almeno un sorriso.
- Devo andare. – mi alzai da quella sdraio e Louis e Harry mi imitarono. Liam si rialzò con agilità, lo stesso Zayn, ma Niall rimase seduto allungando verso i suoi amici due braccia. Mi fece una tenerezza assurda: avvicinai a Louis il mio cellulare che prese con piacere e fra le risate di tutti, lo aiutai ad alzarsi. Sentii il mio stomaco tremare a contatto con le sue mani calde e morbide, numerosi brividi partirono dalle punta delle mie dita congelate e arrivarono fino alla punta dei miei capelli. Inclinandomi indietro riuscii a bilanciare il suo peso e a metterlo in piedi. Mi illuminò con il suo sorriso perfetto e mi persi qualche secondo fra i suoi occhi celesti, davvero fin troppo in confronto ai miei quasi neri. Mi voltai riprendendo il cellulare che il moro dagli occhi azzurri mi stava gentilmente porgendo e allontanandomi all’indietro di qualche passo.
- Grazie ragazzi. È stato un piacere conoscervi. - Cinque diverse voci mi ringraziarono e mi ripetevano che si erano divertiti, anche se per poco.
- Spero di incontrarti ogni tanto. – sorrisi a Harry, salutandoli definitivamente. Udii ancora qualche saluto mentre mi allontanavo con un sorriso dipinto sulle labbra. Ignorai perfino le prediche dei miei zii, ignorai scuse e non diedi spiegazioni. Augurai una buonanotte generale e senza fare troppo rumore misi il pigiama, infilandomi nelle coperte accanto alla piccola Sara. Accarezzai i suoi capelli per qualche minuto, ancora con la mente completamente vuota. Fissai il cielo scuro fuori dalla finestra, ma il sonno prese il sopravvento e con uno sbadiglio portai fino al mento il lenzuolo.
Quella notte sognai due occhi azzurri che mi fecero dormire con un sorriso sulle labbra.

 

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Capitolo 2
*** Cap. II ***





 

 
Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Il mio braccio si mosse sotto la pressione di due piccole manine che spingevano avanti e indietro.
- Marta. Marta. – La mia cuginetta se ne stava lì con i suoi occhi grandi e verdi che mi fissavano, con un sorrisetto sulle labbra.
Mi misi a sedere sulla sdraio, sbattendo più volte gli occhi per uscire da quello stato di sonnolenza. Avevamo deciso di tirare fuori i costumi quella mattina per farci un bagno nelle piscine riscaldate che offriva la crociera, nonostante fuori da quelle vetrate il cielo era nero e la pioggia scendeva incessante da almeno un paio di ore.
- Dimmi bellissima. – la presi in braccio e subito si mise a giocare con la mia collana che ingenuamente dimenticato di togliere.
- La mamma mi ha detto di chiederti se potevi portarmi alla piscina per i bimbi.
Sara era una bambina intelligente, molto per la sua età. Mancava poco al suo quarto compleanno, ma le piaceva farsi trattare come una principessa. Non mi sentivo usata quando era quella vocina dolce, gentile e innocente a dirmi cosa dovevo fare. Anche se mi stava sempre appiccicata, le volevo davvero molto bene, come se fosse mia sorella, e sapevo che mi seguiva perché anche per lei era altrettanto.
Le sorrisi, mettendomi in piedi. Con una mano ressi la creaturina e con l’altra presi l’asciugamano bianco e blu gentilmente offerto dal personale e il cellulare, lasciai perdere gli occhiali solamente perché non mi servivano.
- Let’s go.
Dopo aver affiancato tutto il lato lungo della piscina ci avviammo verso quelle per i piccoli. Feci un lieve cenno ai miei zii che giocavano a carte e alle mie zie, intente a spettegolare con altre signore, sicuramente conosciute sull’imbarcazione proprio in quella mattinata. Ci allontanammo ancora di più. Sorrisi impercettibilmente quando sentii una vocina canticchiare proprio sotto di me.

Let’s go crazy crazy crazy till we see the sun

Avevo insegnato molte cose a Sara, contagiandola con la mia ossessione verso i ragazzi. Non mi definivo una vera e propria Directioner perché non li seguivo su Twitter, tutto ciò che sapevo di loro l’avevo letto nei libri e avevo imparato a conoscerli dai video. Per dirla tutta ero rimasta anche un po’ indietro e rimpiangevo che era rimasto davvero poco dei cinque ragazzi delle scale in quelli che erano adesso. Decisi di reggerle il gioco, riprendendo da dove si era interrotta.

I know we only met but let’s pretend it’s love

Ridacchiai quando cercò di imitarmi, sbagliando quasi tutte le parole. Saltellavo sul posto, tenendo il tempo, mentre lei che con la sua manina ancora stringeva la collana, scuoteva la sua piccola testa.

And never never never stop for anyone

Le vecchiette ci guardavano male, ma di sicuro una bambina di quattro anni non se ne rendeva conto e io le ignoravo. Era divertente.

Tonight let’s get some

- And live while we’re young. – Cantò una voce sopra di noi.
Alzammo entrambe subito lo sguardo, notando un corpo tatuato con un costume verde bottiglia che appoggiato a una ringhiera di vetro ci sorrideva, mostrando le sue adorabili fossette. Sara lo indicò con un ditino e io sbuffai.
- Sapevo che ci saremmo incontrati di nuovo Martha. – Sorrisi alla bambina che ovviamente non aveva capito una parola e salutai il riccio. Intimai anche la piccola a farlo, la quale timidamente mosse la manina verso il moro.
Lo vidi illuminarsi.
- Venite su. – alzai entrambe le sopracciglia. Notai che era così in alto perché c’era una specie di altro piano in cui probabilmente c’era un’altra piscina, al 99% privata e affittata interamente da lui e la sua numerosa crew.
Scossi immediatamente la testa, ma Harry non si fece di certo intimidire e con uno scatto veloce scese le scale poco lontano da noi e dopo due secondi ce lo trovammo davanti. Mi implorò con gli occhi, ma distolsi lo sguardo mentre mia cugina lo fissava quasi incantata.
- Avanti Martha, non farti pregare. – Rimasi un po’ scioccata dal fatto che mi voleva così insistentemente convincere ad andare con lui. Mi sembrò quasi che ridesse da solo, quando di nuovo mi sorprese, rubandomi l’asciugamano che avevo messo sul braccio. - Vieni con me o non rivedrai più la tua salvietta.
Scoppiai a ridere in meno di un attimo, cedendo al suo desiderio e seguendolo su per le scale. Mise l’asciugamano su una spalla, tenendolo con una mano, mentre l’altra la poggiò alla base della mia schiena, spingendomi leggermente in avanti. Lo fulminai con lo sguardo, ma sembrò non accorgersene salutando qualcuno alla sua sinistra. Ci fece percorrere tutto il bordo della piscina, fermandosi poi vicino a dei divanetti, dove sembrava affollata la maggior parte della gente. Mi guardai attorno, reggendo bene Sara: la piscina era grande e partiva da destra con un altezza di circa una cinquantina di centimetri fino ad arrivare quelli che da fuori sembravano all’incirca due metri al massimo. Tante sedie, sdraio aperte e asciugamani erano sparsi per tutto il perimetro. L’ambiente era abbastanza popolato, riconobbi perfino quello che doveva essere il chitarrista della band.
- Buongiorno Martha. – mi girai e sorrisi a Liam. Si sporse e mi baciò su una guancia. Avvampai per tutta quella confidenza, rivolgendogli un sorrisino timido.
Mi sentii tirare dietro il collo e mi chiesi quanta forza avesse quella maledetta bambina nelle braccia. Le rivolsi un sorriso divertito che lei ricambiò, tirando ancora la collana verso di lei. Con le dita che riuscii a liberare dalla presa che tenevo per il cellulare le solleticai il collo, facendola arretrare leggermente mentre rideva.
- Martha! – mi voltai nuovamente, notando che la massa si stava piano piano sparpagliando. Niall mi sorrise espansivo, seduto accanto a Louis. Salutai entrambi ancora imbarazzata e in pochi minuti ci trovammo proprio come la sera precedenti: soli. Mi resi conto che avevo ancora la bimba in braccio e approfittai del fatto che Harry si stesse sedendo accanto al biondo, per poggiarla a terra, sedendomi a gambe incrociate dietro di lei.
- Ragazzi, lei è Sara, mia cugina. – si girò verso di me, spalancando i suoi smeraldi. Chissà cosa aveva capito. Le suggerii di salutarli e girandosi di nuovo sussurrò un piccolo ‘ciao’ che fece addolcire perfino me.
- Marta, li conosci? – le annuii, accarezzandole i capelli.
- Perché, tu non li riconosci? – rise, scuotendo fin troppo voracemente la testa. Zampettò fino a Zayn e lo indicò con una manina. Il ragazzo provò a metterla a suo agio, sorridendole dolcemente. Il moro indossava un pantalone di una tuta e una maglia sformata e scolorita, la sua barba era abbastanza colta, mettendo in risalto il suo profilo perfetto.
- Hero! – urlò con la sua vocina, girandosi verso di me. Risi, ricordandomi che le avevo fatto imparare quelli che erano i soprannomi che usavo per loro. Le feci cenno di andare avanti, mentre il moro mi fece un occhiolino a cui arrossii. Fece qualche passo verso Liam, sempre con il suo ditino sospeso in aria. Lui invece indossava solo un costume lungo e nero. I suoi muscoli del petto e delle braccia erano totalmente scolpiti, mostrando una vista da farti mancare il fiato.
- Daddy! – lo disse talmente teneramente, che dovetti mordermi il labbro per non fare versi strani. Il ragazzo sembrò illuminarsi e alzandosi di scatto prese mia cugina sotto le ascelle. La tirò su senza alcuno sforzo, facendola girare un paio di volte. Sentii i polmoni chiudersi per la paura. E se fosse caduta? Dio, non osavo immaginare le lamentele di mia zia, mi avrebbe condannato a stare in cabina per i seguenti dieci giorni. Udii la sua risata mista a una più piccola e riuscii a respirare, mentre Louis mi guardò divertito.
Appena scese, corse fino a lui, poggiandosi alle sue ginocchia pelose. I suoi pantaloni erano stati tirati su fino a sopra le ginocchia, così come le maniche della maglia blu scuro che indossava.
- Superman! – Lou, si accucciò davanti a lei, schioccandole un grosso bacio rumoroso sulla guancia paffutella. Sara si girò verso di me e io le feci due pollici in su, invogliandola a finire il giro. Minimo dopo mi avrebbe chiesto come ricompensa una caramella.
Si avvicinò a Harry che già sprizzava gioia da tutti i pori, ero sicura che era curioso quanto me nel sapere come l’avrebbe chiamato. Nonostante fossi io ad averle insegnato i nomignoli, ne usavo tanti, davvero tanti e c’era una vasta scelta su ognuno dei componenti.
- Curly hair. – sussurrò. Esultai mentalmente quando capii che l’aveva detto così piano per paura di sbagliare, cosa che succedeva spesso, ma lo disse divinamente - ovviamente proporzionato a una creatura di tre anni e mezzo. Harry invece non si contenne, saltando in piedi e facendo un buffo balletto, vantandosi. Scoppiammo a ridere e prima di risedersi lo vidi puntare verso un punto alla mia destra. Mi girai velocemente, notando un uomo barbuto con un iPhone nero in mano. Spalancai gli occhi, non mi ero nemmeno accorta che stavano facendo un video.
Andai in panico quanto vidi la bambina avvicinarsi a Niall, avevo sempre affibbiato al biondo soprannomi degni da manicomio, dai più strani a i più intimi. Improvvisamente avevo paura di cosa fosse potuto uscire da quelle piccole e innocenti labbra.
Non feci però in tempo a fare nulla che mi ritrovai molte più paia di occhi di quelle che mi aspettavo addosso.
- Angel! – dire che avvampai è dire davvero poco. Sentii l’intero corpo fremere e la faccia andare in fiamme. Strinsi più che potei le mani, schiacciando qualche tasto al telefono e abbassando di colpo lo sguardo verso le piante dei miei piedi. Realizzai in quel momento che ovviamente ero in costume, che ovviamente più persone avevano visto il mio corpo, persone che non conoscevo e che ovviamente starsene a gambe incrociate non era proprio la posizione educata.
Avvampai ancora di più, richiudendo di scatto le ginocchia, circondandole poi con le braccia. Sentii una pressione sulla guancia, facendomi inclinare di conseguenza. Un brivido si impossessò della mia schiena quando il mio cervello riuscì a collegare il tutto: Niall James Timothy Horan mi stava dando un bacio sulla guancia. Quando si spostò, portai di scatto una mano sul punto leggermente umido, sentendo ormai il mondo lontano. Sorrisi come un ebete, girandomi verso il biondino. Ricambiò immediatamente, rannicchiandosi accanto a me.
Ritornai alla realtà quando mi sentii chiamare più e più volte.
- Cosa? – usai un tono un po’ troppo alto perché dovetti deglutire subito dopo. Il resto dei ragazzi mi guardava sorridendomi maliziosamente. Ero talmente fusa che dovetti far passare lo sguardo su tutti, prima di spalancare la bocca e allontanandomi d’istinto da Niall di qualche centimetro.
Risero tutti, anche il signore che prima riprendeva con il cellulare. Iniziavo davvero ad avere caldo, sorpassando ogni mio limite. Cercai di non pensarci, guardando l’irlandese che si alzava. Più che guardarlo, lo stavo fissando e adorando: i suoi muscoli in tensione per il lieve sforzo, il suo viso leggermente arrossato, i suoi occhi azzurri spendevano e i suoi capelli erano scompigliati, senza niente a tenerli a posto, il loro color biondo si mescolava perfettamente con il color castano dei suoi capelli naturali, risaltando la sua carnagione pallida, il suo busto coperto da una normalissima e anonima maglia grigia, leggermente alzata che mi permetteva di definire il bordo del suo costume lungo color blu scuro. Seguii le due linee rosse che scendevano dai fianchi come decorazione, scendendo per le sue gambe magre e le dita dei piedi, che si spostarono velocemente davanti a me. Feci lo stesso percorso con lo sguardo al contrario, trovando presto una mano tesa verso di me. Mi venne da ridere pensando che qualche ora prima era la situazione opposta. Mi tirò su velocemente, mentre mi mordevo le guance. Troppe attenzioni, le odiavo.
Feci un grugnito quando il riccio, spostatosi al mio fianco mi tirò una gomitata sul braccio, beccandomi in pieno il nervo. Gli misi il broncio. Mentre se la rideva si allontanò, prendendo il cellulare dal signore barbuto. Cazzo, era il suo.
Mi irrigidii quando vidi solo me e Niall. Cercai con lo sguardo ovunque, ma mi prese il panico e strinsi forte la prima cosa che avevo sotto mano. I miei riflessi decisero di risparmiare il mio telefono per una volta, stritolando quello che doveva essere il polso del ragazzo accanto a me. Non ero sicura che fosse stata ancora tale dopo la mia stretta. Lo sentii lamentarsi, mentre cercavo tutte tra tutte le chiome scure, quella della mia cuginetta. Percepii un tocco delicato sul mio braccio, seguito da vari brividi, che seguivano il percorso delle sue dita. Mi rilassai, voltandomi verso di lui. Niall mi sorrideva, calmando i miei nervi tesi e mi indicò un punto poco più in là da dove ci trovavamo noi. Riconobbi immediatamente gli occhi arzilli e dolci di Sara, mentre giocava tranquillamente con una bambina bionda con un adorabile costumino a fiori. Non solo non l’avevo vista nonostante avessi cercato in lungo e in largo, ma non mi ero nemmeno accorta che l’aveva presa con sé Harry, che adesso si trovava proprio accanto a loro, sorvegliandole insieme a una donna dai capelli color perla, sicuramente la mamma della bimba bionda.
Mi sentii improvvisamente leggera. Il braccio di Niall si abbassò repentinamente, sfiorandomi il petto. Deglutii rumorosamente, seguendo il suo percorso fino al fianco del ragazzo. Mollai la presa, ma quando feci per allontanare la mano, un’altra mi fermò, facendo incrociare poi le dita. Guardai le nostre due mani unite come la cosa più bella del mondo. In quel momento mi sembrava davvero disegnata per stare nella mia.
Mi guidò fino ai divanetti, facendomi sedere vicino a lui. Lasciai il cellulare vicino al mio corpo, nel caso mia zia volesse sapere dove eravamo finite e lanciai un veloce sguardo alle bambine. Giocò un bel po’ con le nostre dita, in un silenzio quasi imbarazzante. Conoscevo quel ragazzo da meno di un giorno, ma riuscii non so come a mettermi quasi a mio agio, come se fossi un’amica da sempre. Non mi sentii in grado di intraprendere un discorso articolato con lui, così restai in silenzio, finché lui stesso decise di romperlo.
- Sarei un angelo? – mi sorrise. Le guance ripresere subito fuoco, nonostante sapessi che il colorito non se n’era mai andato via. Sorrisi posando lo sguardo ancora sulle nostre mani. Si avvicinò al mio orecchio, rabbrividii sentendo il suo respiro leggero sul mio collo. – Lo adoro. – sussurrò.
Decisi di non poter andare avanti a brividi e arrossimenti, così cercai di impostare il mio cervello su quella modalità di inglese che mi permetteva almeno di non fare una figuraccia.
- Ho sempre notato in te qualcosa di speciale, mi sembrava il soprannome più adeguato a un ragazzo bello come te.
Non credetti alle mie stesse parole nemmeno quando vennero fuori spontanee dalle mie labbra tremolanti. Spalancai gli occhi quando sentii il suo naso sulla mia guancia. Non era congelato, come normalmente era il mio. Si avvicinò ancora di più, ma lo fissai con la coda dell’occhio, puntando lo sguardo all’acqua della piscina di fronte a noi. Percorse tutto lo zigomo tornando vicino al mio orecchio.
- Tu sei bellissima.
Non capivo come due sconosciuti si potessero ridurre a farsi tutte queste coccole e complimenti in poche ore, ma non ci feci caso in quel momento, pensando solo a quanto potesse essere dolce quel ragazzo. Nulla, né sue citazioni, né gif, né video, né tweet esprimevano davvero la sua delicatezza. E quando pronunciò quelle parole, lo giuro, mi sentii davvero bella.
- Posso farti una domanda? – mi chiese, allontanandosi un po’ ma non togliendo il sorriso dal volto. Mi sistemai meglio, girandomi verso di lui.
- Certo. – lo vidi farsi più pensieroso e avevo paura di quello che avesse potuto chiedermi. Volevo essere totalmente sincera con lui, qualcosa mi impediva di fare il contrario, ma contemporaneamente volevo contenermi nel raccontare tutta la mia vita a un semi-sconosciuto.
- Come … - lo vidi titubante. Curiosa, strinsi le mie mani fra le sue, sorridendogli incoraggiante. - Non ti sembra di essere troppo magra?
Una frase e mi cadde il mondo addosso. Il mio sorriso si spense, così come tutto quell’entusiasmo. Vidi i suoi occhi riempirsi di scuro, come se fosse diventato triste improvvisamente, pentito di quello che mi aveva chiesto. Staccai quasi disgustata le mie mani dalle sue. Non volevo parlarne. Era colpa di questo mio stupido corpo e tutti i problemi stupidi dei miei genitori che mi avevano portato su questa stupida crociera. Ora anche Niall mi rinfacciava quell'aspetto, Niall che non mi conosceva. Allora era così evidente? Avevo davvero un problema? C’era davvero una situazione? Odiavo quello sguardo, quello sguardo pieno di amarezza nei miei confronti. La gente non doveva essere triste per me, io stavo bene, perché nessuno riusciva a capirlo?
Mi alzai di scatto, fulminandolo con lo sguardo. Mi diressi a passo spedito verso Harry e gli altri, quando ovviamente venni bloccata dal corpo del biondo.
- Scusami io … Non volevo essere così invadente.
Semplicemente lo scansai, recuperando velocemente quello che avevo riconosciuto come il mio asciugamano dalla sdraio dietro il riccio. Il moro mi guardò confuso, forse la mia faccia non era proprio il massimo in quel momento, ma l’unica cosa che volevo fare era andare via di lì. Chiamai velocemente Sara, che mi guardò stranita.
- Cosa succede? – chiese Harry. Vide che non avevo intenzione di dargli retta e volse il suo sguardo dietro di me, dove probabilmente c’era ancora Niall.La richiamai ancora, alzando un po’ la voce. Spaventata, corse fuori. La avvolsi nell’asciugamano, passandolo velocemente anche sul suo corpo e tra i capelli. La presi poi per mano, cercando di essere più delicata possibile e stringendo forte la presa sull’asciugamano, mi avviai verso le scale.
Harry mi fermò di nuovo. Vidi raggiungerci preoccupati anche Liam e Zayn. Mi rivolse la stessa domanda un’altra volta. I suoi occhi sembravano urlarmi di fidarmi, che potevo dirgli tutto e che non mi avrebbe giudicato, ma sapevo che non era così. Non esisteva nessuno, nessuno che non mi avrebbe guardata con lo sguardo che mi rivolgeva tutte le volte zia Claudia e i miei genitori. Mi faceva schifo.
- Fatti i cazzi tuoi. – grugnii furiosa. Fulminai il biondo, cercando di trasmettergli almeno un po’ di odio che in quel momento provavo per lui.
Scansai anche lui, facendo un cenno generale di saluto, trascinando dietro di me la mia cuginetta, che mi guardava spaventata. Se si aspettavano che li trattassi da re solo perché erano famosi e tutto il resto si sbagliavano di grosso.
Rallentai il passo solo quando eravamo a debita distanza.
- Marta. – Cercai di asciugare come meglio potevo le lacrime di frustrazione che uscivano a fiumi dai miei occhi. Sara mi fermò abbracciando una mia gamba e guardandomi triste. Il suo però sapevo che era uno sguardo triste perché io ero triste. Cosa ne capiva una bambina così piccola? E pensare che ero così felice fino a cinque minuti prima.
Mi accovacciai davanti a lei, cercando di sorridere tra le lacrime. Non volevo spaventarla, ma non ce la facevo a mostrarmi felice in quel momento.
- Scusa piccola. – lei mi sorrise e mi abbracciò, portando le sue manine dietro al mio collo. Singhiozzai un paio di volte sulla sua piccola testa, sfogandomi. Incredibile come nonostante fosse una persona così piccola riuscisse a fare un lavoro così grande. Mi riportò il buonumore, baciandomi la guancia. Mi aiutò anche a pulire le guance dalle lacrime.
La presi di nuovo per mano, questa volta con tutta la tranquillità del mondo e ci incamminando verso gli zii.
In quel momento mi pentii di tutto. Sperai di incontrare di nuovo quegli occhi azzurri, per potergli spiegare, per potergli dire tutta la verità e per una volta in tutta la mia vita non avevo paura.

Niall Horan, cosa mi stai facendo?


#SHELOOKSSOPERFECT
No, vabbeh, non c'entra niente. Scusate :D
Vorrei solo fare un piccolo annuncio e visto che ci sono lo faccio bene *si schiarisce la voce*
"Si cercano candidati per un trailer Youtube" (?)
Spero di contare su di voi, avendo proprio zero di esperienza con cose del genere lol
Contattatemi per favore ||
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Grazie, arrivederci, ciao.
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Capitolo 3
*** Cap. III ***






  Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Aprii di scatto l’anta del mio armadio: appena finito il pranzo ci avevano comunicato che stavamo per arrivare al porto di Livorno, dove ci saremmo fermati per poche ore, prima di ripartire per Montecarlo. Non sapevo cosa fare quel pomeriggio, così decisi di poter scendere anche io insieme ai miei zii, comprando magari un libro per potermi intrattenere un po’ di più.
Non avevo di certo dimenticato la più che famosa band presente sulla mia stessa nave, ma avevo incontrato Niall fuori dal ristorante e lui avesse provato a fermarmi, me ne ero andata, presa dalla paura. Dov’era finito tutto il coraggio della mattina? Ma i suoi occhi erano troppo in confronto ai miei. Mi imbarazzava il solo pensare a qualche ora prima, poiché ero stata davvero impulsiva e non stavo pensando a quello che stavo facendo. Avanti! Non era possibile che ci ritrovassimo così vicini, mani fra le mani, a sussurrarci paroline all’orecchio. Da quanto ci conoscevamo? Dieci ore?
Dovevo mettermi qualcosa, magari di non troppo leggero visto che il cielo era ancora coperto. Presi dei leggins neri, una canottiera bianca e una pesante e enorme felpa con cerniera a motivo floreale. Appena finii di vestirmi, abbassai la tavoletta del WC, sedendomi sopra di essa con un grosso sospiro. Non sapevo davvero cosa fare. Forse dovevo dare retta a quello che mi dicevano e provare a mangiare di più, ma ero sicura che anche se ci avessi provato con tutta la volontà non sarei riuscita a prendere nemmeno un grammo. Sapevo che alcune persone ingrassavano se erano sotto stress, ma io ero perennemente stressata con a scuola, eppure continuavo a dimagrire.
Sentii bussare alla porta, pensai che fossero le mie zie dall’altra camera, così mi alzai velocemente.
- Avanti! – urlai, buttandomi letteralmente sul letto, per poter arrivare dall’altra parte per prendere i Blundstone. Continuarono a bussare, mi girai e capii che non era la porta che collegava le cabine, ma la porta della cabina stessa. Infilai un piede nella scarpa.
- Arrivo! – Chiunque umanamente gentile avrebbe aspettato con pazienza, ma a quanto pare mi trovavo davanti all’eccezione perché sentii di nuovo quel rumore fastidioso delle nocche sbattute sul legno. Infilai velocemente anche l’altro piede, grugnendo irritata. Spalancai la porta, trovandomi davanti l’ultima persona che avrei pensato di ricontrare.
No, non quel figo di Johnny Depp.
- Niall! – sorpresa mi sistemai sia i capelli che la canottiera. Fece un sorriso enorme e faticai per non sorridere di conseguenza. – Cosa ci fai qui?
Lo vidi muovere i piedi imbarazzato, voltandosi indietro. Controllai se ci fosse qualcuno, ma il corridoio era stranamente vuoto. Gli feci segno di entrare, mentre cercavo la borsa e il cellulare per tutta la cabina. Stavo controllando fra i miei vestiti che avevo appoggiato su una delle due sedie accanto alla scrivania quando sentii una tosse palesemente finta dietro di me. Feci un respiro profondo, chiudendo gli occhi, prima di girarmi verso il biondo. Vidi che aveva chiuso la porta e che si stava avvicinando lentamente, quasi come se avesse avuto paura della mia reazione.
Vidi la sua mano entrare nella tasca dei pantaloni e poi allungarla verso di me. Incuriosita mi avvicinai. Perché Niall Horan aveva il mio cellulare?
- L’hai dimenticato sui divani stamattina. – mi disse. Che stupida. Come avevo fatto a non accorgermene? Gonfiai le guance, riprendendolo. Allontanai subito la mano dalla sua quando mi si chiuse di nuovo lo stomaco e mi portai al petto il telefono. Sentii una risata leggera.
- Come hai fatto a trovarmi? – mi sedetti sul bordo del letto. Il biondo mi imitò, lasciando però una certa distanza fra i nostri corpi. Nonostante avessi voglia di toccare ancora quelle mani, gliene fui molto grata.
- Ho semplicemente chiesto il cognome dei tuoi zii al cameriere con la scusa del cellulare. Ammetto che ho dovuto faticare un po’ per convincerlo che te lo avrei portato io e non il personale. Mi ha indirizzato qui …
Mandai a quel paese il cameriere, che era stato anche gentile con me. Annuii semplicemente. Cominciai a giocare con le punte dei miei stivali mentre lui si torturava le dita delle mani, passandole qualche volta fra i capelli. Trovavo il gesto provocante, ma restai ad osservarlo con la coda dell’occhio. Presi un respiro profondo prima di decidere di rompere quel silenzio troppo imbarazzante.
- Io …
- Senti …
Mi bloccai immediatamente quando parlò sopra di me. Dio, che imbarazzo.
Gli feci un piccolo sorriso che ricambiò immediatamente. Stetti in silenzio, aspettando il mio turno.
- Senti, stamattina sono stato davvero istintivo. Non sei costretta a dirmi perché … beh insomma, perché sei così. Quando vorrai io … o gli altri, ci siamo. Insomma, siamo disponibili. Ci stai simpatica e si insomma … Se vuoi sfogarti fallo pure, ti capisco. Insomma, non è colpa tua … almeno credo. Ma anche se fosse – gli misi una mano sulla bocca, bloccandolo.
Aveva parlato anche troppo, fin troppo velocemente. Chissà quale fantastico discorso si era preparato, ma io lo avevo perdonato appena avevo tolto le mie mani dalle sue quella mattina. Sempre se c’era qualcosa da perdonare. Dopotutto aveva fatto solo una domanda e io me l’ero presa con lui e con gli altri ingiustamente. Avrei dovuto scusarmi anche con loro.
- No, Niall. Non sono arrabbiata con te. La tua era solo una domanda, è colpa mia. Scusa.
Lo sentii sorridere sotto il mio tocco. I suoi occhi mi fissarono intensamente, facendomi avvampare. Tolsi la mano, percependo però ancora il calore che il suo respiro le aveva trasmesso. Mi avvicinai alla testiera del letto, poggiandoci malamente la schiena. Alzai perfino una gamba, fregandomene altamente delle lenzuola pulite e appoggiandola sul letto. Dovevo concentrarmi, trovare le parole per spiegargli e dovevo stare comoda.
- Non so esattamente quando ho iniziato a saltare qualche pasto. – iniziai.
Corrugò le sopracciglia. Anche se lui mi aveva appena detto che non dovevo dirglielo per forza, il mio cuore mi obbligava a farlo e decisi che quella era la volta buona per fare qualcosa per lui.
- Forse tre anni fa, quando a Novembre mi arrivò la lettera che avvisava i miei genitori che i miei voti non erano così belli. Vidi delusione negli occhi di mio padre, perciò decisi di dover fare qualcosa. – curiosa di vedere come mi stesse ascoltando, lo guardai per un attimo. Si era poggiato meglio sul letto, aiutandosi con una mano. Passai velocemente dal suo sguardo curioso e attento e lo posai sulle sue dita. La mano era in tensione, per sostenere il suo corpo, potevo tracciare tutte le vene e i muscoli. Aveva delle mani così belle …
- Mi impegnavo così tanto ogni giorno che non mi accorgevo neanche se avevo fame oppure sete. Passavo ore e ore di seguito a studiare, era diventata come un’ossessione. – Notai che i miei stessi occhi si stavano incupendo quando li sentii pesanti. Non mi piaceva raccontare queste cose. Avvertii una pressione sotto il polpaccio. Il mio sguardo scattò, seguendo la sua mano che alzava la mia gamba e la poggiava sulle sue, avvicinandosi. Non mi dispiaceva, anzi, sentivo di aver bisogno di lui in quel momento.
Non volevo più vedere quella delusione negli occhi di mio padre, quindi mi impegnai davvero tanto. Penso di aver continuato così fino a quest’anno. – Mi guardò: potei perdermi nei suoi occhi come se in quel cielo azzurro cercassi l’orizzonte, come se là infondo, avessi potuto trovare qualcosa, qualcosa che ancora non sapevo stessi cercando.
Poi è successo qualcosa. – Cercai di ricordarmi, di pensarci, come facevo spesso, ma anche quella volta non trovai un motivo abbastanza valido e convincente. - Non sono sicura cosa abbia convinto i miei che il mio impegno era troppo, sopra alla mie capacità di sopportazione fisica. Si, sono dimagrita, ma non è un problema, adesso prendo sempre bei voti … - Una scarica di brividi partì dalla gamba spargendosi per il corpo: Niall percorreva con le dita la mia tibia, dal ginocchio all’inizio dello stivale, su e giù, rilassandomi più del dovuto. Sentii il bisogno di stendermi, posizionando il cuscino sotto le spalle, in modo da poter osservare comunque Niall e il suo tocco. Lo vidi sorridere. Si tolse con i talloni il paio di Nike bianche che rotolarono qualche volta sul pavimento, iniziando poi a togliermi i Blundstone. Aspettai che mi tolse anche l’altro stivale, lottando contro me stessa per non ridere. Alzando leggermente le mie gambe, si portò più indietro. Le appoggiò delicatamente sul materasso, mentre a carponi mi raggiungeva vicino alla testiera del letto. Prese l’altro cuscino e se lo mise dietro la schiena, avvicinando il suo corpo al mio. Lo potei guardare da una prospettiva diversa, ma era sempre una delle cose più belle che avessi mai visto. Il suo braccio si poggiò sulla testata, mentre si girava leggermente su un fianco. Non riuscii a trattenere un sorriso guardo le sue dita iniziarono ad accarezzare la mia guancia. La sentii bruciare sotto il suo tocco così delicato. Tenendo gli occhi chiusi, cercai di non perdere il filo, continuando a parlare in una lingua che non era la mia. – Siamo andati in vacanza al mare quest’estate. Non è stata una vera vacanza per me, perché ho studiato anche lì. Io non capisco, faccio questo per loro, per renderli fieri di me e invece vedo ancora tristezza nei loro occhi. – mi tremò la voce. Pregai che avesse capito lo stesso, perché non avevo nessuna intenzione di ripetermi. – Forse faccio qualcosa di sbagliato e non me ne rendo conto … - Le sue carezze continuarono anche quando mi zittii. Mentre mi godevo quelle carezze pensavo se avessi fatto bene a raccontargli come stavano le cose, avevo paura che potesse giudicarmi, che mi avrebbe preso in giro per quella storia così semplice e stupida.
- Io credo che la tua famiglia sia preoccupata per te, Martha. Non lo dico perché è così che dovrebbe essere, ma perché è davvero così. Anche io sono preoccupato per te, anche se ti conosco da meno di un giorno. Sei … - aprii gli occhi quando lo sentii fermarsi. Credetti avesse cambiato idea, ma sembrò che stesse pensando, temetti per cercare le parole per dirmi qualcosa che non volevo sentire. Fece scendere il suo sguardo, incrociando il mio. Mi sorrise leggermente, un sorriso triste, fermando la sua mano sulla mia fronte. – Sei davvero magra Martha.feci una smorfia. - Temo tu sia sulla soglia dell’anoressia.
Per la seconda volta in un giorno, sentii il mondo crollarmi addosso. Entrai nel panico: anoressia? Cosa dovevo fare? Mi avrebbero spedito da uno strizzacervelli? Oppure in qualche casa di cura lontano da tutti in cui ti obbligavano a mangiare tutto ciò che ti mettevano nel piatto? Non volevo seguire nessuna dieta, non era pronta a tutto questo!
Scattai in piedi come una molla. Come avevo fatto a non accorgermene prima? Ero davvero così stupida?
Ehi ehi ehi. – Vidi Niall di fronte a me che mi sorrideva volendo infondermi calore e tranquillità, ma quella volta ero davvero sconvolta. Sarei potuta tornare quella di prima? Non mi importava essere magra, potevo anche ingrassare così tanto e venire considerata enorme, ma mi avevano sempre portato un sacco di tristezza le ragazze anoressiche. Non avevo mai pensato al fatto che anche io stessa potessi diventarlo.
Cercai di osservare il mio corpo, facendo passare le mani sulle braccia e osservando le mie gambe dall’alto. Non mi ero mai accorta di un così repentino cambiamento. Il mio pollice superava abbondantemente il mio indice attorno al mio polso. Mi sentii fuori dal mondo, un mostro: come avevo potuto fare questo al mio corpo? Venni bloccata dalle sue mani che si appoggiarono sulle mie guance. I suoi occhi sembrarono di fuoco, nonostante fossero di color azzurro come l’acqua.
Non ho detto che sei anoressica Martha e lo so cosa stai pensando. Non è colpa tua. – Ma cosa stava dicendo? La colpa era tutta mia! Tutta e solo mia! – Si può rimediare Martha, puoi uscirne fuori nonostante tu non ne sia mai entrata. – In un attimo il mio naso sfiorava il suo collo, facendomi inalare il suo profumo. Le sue braccia passarono dietro la mia schiena, abbracciandomi e coprendomi interamente. Alzai leggermente il capo, quello che bastava per poggiare il mento sulla sua spalla. Passai anche io le mie braccia dietro il suo collo, avvicinandolo ancora di più a me. Sentivo il suo respiro nelle mie orecchie, il mio cervello percepiva solo quello, il battito del mio cuore e quello lontano del suo.
Ti aiuterò io se me lo permetterai. – sussurrò. - Non avere paura di essere aiutata e insieme ce la faremo, te lo prometto. – Mi allontanò poggiando le sue mani sulle mie spalle. – Mi prometti che ti farai aiutare? – Non feci in tempo a esultare per il fatto che non avessi ancora pianto, che qualche lacrima cadde dai miei occhi. Meno male che non dovevi piangere di fronte a lui, Marta. Annuii, abbracciandolo ancora.
Si, mi sarei fatta aiutare, ma da lui, soltanto da lui. E non perché era Niall Horan degli One Direction o altro, semplicemente perché era l’unico che l’aveva messa su quel piano. Mi aveva detto come stavano secondo lui le cose in faccia, offrendosi poi per aiutarmi. Era stato l’unico a farlo e questo lo fece superare senza problemi il mio test di fiducia. Non avevo intenzione di raccontare la mia storia a nessun’altro. Niall mi bastava, era tutto quello che avevo immaginato arrivasse da me per aiutarmi. In quel momento lo volli solo per me, realizzai che in un certo senso stava provando a salvarmi. Giurai a me stessa che se mi avrebbe salvato non lo avrei mai lasciato andare via, malgrado sapessi che quella crociera sarebbe finita in meno di dieci giorni. Avrei dovuto sbrigarmi per convincerlo in qualche modo a non lasciarmi, a tenermi con sé, magari per sempre.

Avevo fottutamente bisogno di lui.






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Capitolo 4
*** Cap. IV ***








Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.


Finii velocemente di mettermi la matita, uscendo velocemente dal bagno. Misi al volo una collana a caso mentre sentivo l’ennesimo annuncio dell’arrivo a Livorno. Percepii Niall seguirmi con gli occhi in tutti i movimenti: attraversai la cabina, infilando gli occhiali e prendendo il cellulare, portafogli e la carta magnetica, buttando tutto nel mio zainetto di cuoio, ricordo dell’ultima gita in Inghilterra con la scuola. Sentii i suoi passi dietro di me mentre stringevo in un nodo i cordoncini dello zaino. Mi prese il gomito, alzando un braccio; capii che stava cercando di infilarmi la felpa, così lo aiutai e indossando lo zaino sulle spalle ero pronta.
Non mi aveva rivolto parola da quando l’avevo ringraziato, dicendogli di aspettare dov’era, per poi andare a sistemarmi. Avevo paura che avesse già cambiato idea, che non mi avrebbe più aiutavo. Mi sentivo una bambina, così infantile, ma non sapevo cosa fare e aggrapparmi a lui era forse l’unica cosa di cui ero sicura in quel momento. Sentii improvvisamente partire Heart Attack di Demi Lovato, chiedendomi da dove venisse.
- Si? – sorpresi Niall con il cellulare all’orecchio. Sorrisi capendo che era la sua suoneria. Ero a conoscenza di una certa affinità tra l’irlandese e la cantante americana, la adoravo per la sua forza, era un esempio per tante ragazze e se Niall avesse deciso di provarci con lei ne sarei stata felice. Mi morsi il labbro cercando di capire perché quel pensiero mi metteva ansia.
- Dove sei? Stiamo scendendo. – mi meravigliai del fatto che potevo sentire benissimo la voce di Zayn dall’altra parte del telefono. Mi guardò e mi sorrise, mentre tentava di mettersi una scarpa con una mano sola.
- C’è un posto in più Zay? – mi misi in fretta i Blundstone, alzando un sopracciglio. Un posto su un auto? Dove avevano intenzione di andare per un paio d’ore?
- Certo. Chi porti? – si alzò e mi porse una mano. Sistemai lo zaino sulle spalle e aiutandomi con la sua mano mi tirai su. Mi trascinò letteralmente fuori dalla mia stanza. Feci in tempo a chiuderla, prima che stringendo la presa iniziò a camminare velocemente, verso una direzione a me sconosciuta.
- Ehi! – urlai,  investendo un cameriere che ci guardava in cagnesco. Niall prese il corridoio sulla destra, tagliando la strada a quell’uomo vestito in bianco e nero. Scoppiò a ridere, girandosi un secondo verso di me ma non rallentando il passo.
- Oh, ho capito. – pensai Zayn si stesse divertendo in tutto ciò, mentre io dovetti chiedere scusa a un paio di vecchiette e il permesso a qualche dipendente della nave. – Vi aspettiamo giù. Sbrigatevi.- mandai a quel paese il moro, sapendo che così Niall avrebbe anche potuto iniziare a correre, mentre io non ce la facevo già più. Mi bloccai sul posto, strisciando i piedi e facendo voltare il ragazzo, che mi guardò ancora divertito.
- Devo chiamare mia zia. – presi velocemente il cellulare, componendo il numero di zia Claudia, sperando che non si arrabbiasse. Niall approfittò del fatto che fossi distratta per prendere di nuovo la mia mano e rincominciando con la sua camminata che per me era più una corsa.
- Pronto?!
- Ehi zia, vi dispiace se scendo con un gruppo di amici? – affannai, cercando di mantenermi in piedi, schivando gli altri passeggeri che anche loro si stavano dirigendo verso il ponte. Sperai.
- Aspetta, vuoi dire che non vieni con noi? – mi chiesi se era così difficile da capire, alzando leggermente gli occhi al soffitto.
- Ti prego zia, non faccio tardi. Sono in compagnia e ci sono anche altri adulti. – Dio mio, quanto era lunga quella nave.
- Va bene mi disse titubante. – Però tieni il cellulare a portata di mano e fammi sapere se stai bene.- la ringraziai un paio di volte prima di chiudere la chiamata.
Esultai apertamente, facendo voltare più persone e facendo ridere Niall. Lo tirai indietro di nuovo e approfittando della spinta lo superai, iniziando a correre. Durante quegli ultimi metri lo sentii correre dietro di me. Mentre io riuscivo a passare in mezzo alle persone zigzagando, lui dovette urlare, scusarsi, imprecare e saltare un po’ da tutte le parti. Quando fummo a terra, si piegò sulle ginocchia respirando affannosamente. Risi, nonostante avessi anche io il fiatone. Risi davvero tanto: la sua faccia era sconvolta, forse aveva preso anche qualche borsettata da qualche vecchietta. Questa volta li porsi io la mano, l’afferrò ancora affaticato. La strinsi forte, cercando un po’ di calore per le mie dita congelate.
Mi guardò con quei suoi occhi azzurri, mi sembrò per un attimo di vederli più luminosi, ma non ci diedi importanza, schioccandogli un bacio sulla guancia. Non sapevo neanche bene perché, ma vederlo lì, senza difese, con una guancia disponibile, faceva desiderare, e molto anche. Mi mostrò i suoi denti perfettamente dritti e bianchi, facendomi ricordare di quel Niall adolescente con i denti storti. Probabilmente lo adoravo già allora.
- Ti devo chiedere una cosa. – dissi. Si tirò su, stringendo la mia mano. Cominciammo a camminare, questa volta senza nessuna fretta. Il suo sguardo si spostò su di me. Feci un respiro più lungo. – Se sbaglio qualcosa, qualsiasi cosa, qualche pronuncia, un verbo, un parola, correggimi. Proverò a non sbagliare più. – alzò un sopracciglio. Ecco, hai già sbagliato.
- Non c’è bisogno di correggerti Martha, sei davvero brava. – lo guardai misto fra sorpresa e contrariata. Sbuffai.
- Non è vero. Non riesco a capire quando parla Liam. – Niall rise, abbassandosi leggermente. Adoravo la sua risata, trasmetteva felicità, spensieratezza. Era davvero contagiosa, sorrisi anche io.
- Liam parla veloce, posso capirti. – mi consolò, accarezzando con il pollice il dorso della mia mano. Vidi che ci stavamo avvicinando a un gruppo di persone abbastanza numeroso, proprio davanti a noi. Capii che era la crew quando riconobbi la massa riccia di Harry.
- E tu parli con un accento stranissimo. – borbottai. Sembrò capirmi, scoppiando di nuovo a ridere. Mi morsi la lingua fra i denti, fiera di me.
Harold mi saltò davanti, bloccando il mio cammino. Si abbassò sul mio viso, mettendomi in soggezione. Mi guardò quasi arrabbiato, intuii per la mattina. L’avevo davvero trattato male. Mi feci prendere dal panico, iniziando a scusarmi parlando velocemente, cercando di spiegare a grandi linee cosa era successo. Lo vidi disorientato, facendo passare lo sguardo fra i miei occhi, quelli di Niall ogni tanto e tutto intorno a sé. Alzò un sopracciglio, facendo comparire una fossetta sulla guancia.
- Se parli in italiano però non riesco a capirti. – spalancai gli occhi. Avevo davvero articolato un discorso tutto in italiano seppur consapevole che Harry fosse inglese? Dio mio Marta, la tua stupidità mi sorprende ogni giorno di più.
Spalancai anche la bocca, cercando poi di coprirla con entrambe le mani, staccandola da quella del biondo. Questo intanto se la rideva alla grande, dovette perfino aggrapparsi alla spalla di Liam, che intanto ci aveva raggiunto insieme a Zayn. Mi scusai con il riccio, quella volta in inglese.
- Dimentica ciò che ti ho detto stamattina, mi dispiace tantissimo di averti risposto male, io … Dio, non so cosa dire. Sono stata davvero stupida. – probabilmente mi stavo facendo seghe mentali per niente, ma mi sentivo in colpa, dopo essermi scusata in italiano ancora di più.
Credetti che le sue guance potessero cadere da un momento all’altro quando mi fece un sorriso enorme, contornato ovviamente dalle sue fossette. Alzò le spalle, stringendomi in un abbraccio. Stentavo a credere che si fossero affezionati a me così in fretta. Forse poiché li conoscevo già prima e ero una delle poche - o davvero pochissime - adolescenti presenti su quella nave. Avrei scommesso che si contavano sulle dita di una mano, ma era più che ovvio dato il periodo. Nonostante sapessi non essere una Directioner ma più una semplice fan, era così fiera di loro. Magari avrei preso un’occasione in quei 10 giorni che mi rimanevano per farli capire come ci si sentiva a essere dall’altra parte del palco.
Mi staccai non poco difficilmente. Quel gigante era pure forte e rischiai di soffocare in quei pochi secondi, ma apprezzai il gesto, ricambiando con piacere. Feci qualche passo indietro, allacciando di nuovo la mia mano a quella di Niall. Mi sentii avvampare quando mi fissarono tutti.
La risata del biondo non si fermò nemmeno per un secondo, mentre ci dividevamo quelle grosse auto nere. Ma dove credevano di andare? Livorno non era New York City.
Mi sedetti comodamente accanto a Niall, mentre davanti a me si sedettero Harry e la stessa donna della mattina, con la sua bambina. Allungai prontamente la mano.
- Marta. – me la strinse con un sorriso e la bimba saltò in braccio al riccio.
- Lou. – la indicò con un dito, fiera. – Lei è Lux, mia figlia. – mi diedi della stupida mentalmente. Come avevo potuto non collegare la bimba alla figlia della parrucchiera? Stupida. Tornai comoda al mio posto, volendo sprofondare nel sedile. Vidi con la coda dell’occhio Harry fissarmi divertito, mentre teneva impegnata la bambina.
- Sei mai stato a Livorno? – chiesi in un sussurro a Niall. Si girò verso di me: come faceva quel ragazzo a non perdere mai il sorriso? Scosse la testa, ridendo leggermente, probabilmente per la mia pronuncia palesemente italiana della città.
- Nemmeno io. Ma non credevo servisse la macchina. e non credevo avessi bisogno di sapere il perché, Marta.
- Non sappiamo chi possiamo incontrare. – mi disse il riccio. Mi chiesi di cosa stette parlando, quando l’autista frenò bruscamente, imprecando in romano. Risi, lasciando cadere qualche ciocca di capelli. Tirai fuori dal mio zainetto un cerchietto, che misi velocemente sulla testa, evitando le stecche degli occhiali.
- Fans? – chiesi. Lou annuì, quasi annoiata. Sorrisi, divertita dalla reazione, ma un po’ ci rimasi male. Forse loro davvero non si rendevano conto di quanto erano importanti per alcune persone, tante persone.
- Non fare così Lou, lo sai che senza di loro non saremmo qui, adesso. – disse Niall, quasi per volerla rimproverare.
- Dobbiamo tutto a loro. – aggiunse Harry. Mi sarei buttata giù dall’auto in corsa da quanto ero felice. I miei idoli avevano difeso noi, le loro fans. Ero ogni singolo minuto, più fiera di loro.
Quando arrivammo non feci altro che saltellare da una parte all’altra come una bambina dell’asilo, con un sorriso che andava da una parte all’altra della faccia. Non era normale per me mostrare la mia parte più allegra, ma sembrava voler uscire da sola in mezzo a tutta quella gente. Incitai più volte i ragazzi a camminare più veloce, esaltata al massimo. Davanti a una libreria, mi aggrappai al braccio di Liam, facendogli gli occhini dolci, o quello che speravo fossero. Lui e gli altri della crew risero: mi trovavo davvero bene fra loro, non c’erano pregiudizi o inimicizie. Andavano tutti d’accordo e immaginai anche che facessero tutti un buon lavoro. Mi sentii tirare via da un braccio tatuato, trascinandomi nel negozio. Presi a braccetto Louis mentre ci inoltravamo dentro dove volevo trovare un buon libro per quella sera.
- Consigli? – mi rivolsi a lui, mentre mi seguiva per i reparti. Ridacchiai quando con alcune smorfie cercava di leggere qualche titolo in italiano.
- Che genere ti piace? – mi chiese, fissandomi con due occhi blu oceano. Porca puttana.
- Avventura, con magari un po’ di romanticismo. – annuì, borbottando qualcosa che assomigliava molto a “pff donne”. Gli sorrisi grata, osservandolo mentre cercava qualcosa fra gli scaffali. Era cambiato davvero tanto, mi era sembrato di crescere con loro da quando li conoscevo, ma Louis era quello che era cambiato secondo me di più, caratterialmente intendo. La storia di Larry Stylinson lo doveva aver scosso parecchio. Io non mi esprimevo su quel argomento, non sapevo davvero cosa dire. Non mi interessava con chi erano fidanzati, gay oppure no, non era per quello che ascoltavo le loro canzoni. Vivere però con quel peso sulle spalle doveva essere difficile. Lo vedevo sempre più chiuso, distaccato e mi faceva male vederlo così triste e spento.
- Mi stai fissando. – disse, continuando però a cercare. Sorrise e mi rilassai un po’.
- Scusa. – non potevo dirgli che stavo pensando a lui. Che vergogna!
Mi fece saltare in aria quando urlò, facendo girare mezzo negozio verso di noi. Avvampai, avvicinandomi a lui. Mi indicò un libro, proprio sotto di lui. Seguii il suo dito, incontrando la sua stessa faccia. Risi, prendendo in mano Dare To Dream. Sapevo quel libro a memoria per quante volte lo avevo letto.
- La vita è fatta di giusto equilibrio. – citai, accarezzando la copertina. Lo vidi guardarmi confuso. – Non li leggi i tuoi libri Tommo? – lo sfogliai, prima di arrivare alla pagina giusta, indicandogliela, anche se era in italiano. – Harry Styles. – conclusi. Sorrise, rubandomi il libro dalle mani, continuandolo a sfogliare. Lo fissai incredula, non aveva mai letto quel libro?
- Era da mesi che non lo vedevo e che non ne sentivo parlare. – spiegò. Ne presi un’altra copia, aprendolo nella sezione dedicata a Louis. - Adesso c’è Where We Are. – annuii. Era vero, ma quel libro non lo avrei mai dimenticato. Era un peccato che non avessi mai letto Forever Young, quello non era stato tradotto in italiano.
- E This Is Us. – purtroppo nemmeno quello lo avevo visto, troppo impegnata per trovare un pomeriggio per andarlo a vedere. Con chi poi? Non conoscevo nessuno che avesse la mia stessa passione. Sospirai. Si girò a guardarmi, spalancando sia bocca che occhi. Mi indicò, saltando indietro.
- Non l’hai mai visto! – sospirai ancora, negando con la testa. Misi a posto sia la mia copia che la sua, continuando a cercare. Nessun titolo mi ispirava e mi era anche passata la voglia. – Com’è possibile? L’Italia è stato il terzo paese per record di incassi*.
- E tu come lo sai? – mi girai a guardarlo, leggermente stupita.
- Ehi! Sono Louis Tomlinson, ho le mie fonti. – mi fece l’occhiolino. Non risposi alla sua domanda, limitandomi a ridere per il sarcasmo della sua frase.
- Lou. Martha. – ci chiamarono. Ci voltammo immediatamente, andando incontro a Paul, anche lui con noi in quella gita. – Venite a vedere.
Annuii, prendendo un libro a caso, comprandolo velocemente alla cassa. Aggiunsi una cartolina visto che erano poggiate sul bancone che mi chiamavano. Adoravo comprare cartoline nei posti in cui ero stata, senza spedirla a nessuno. Sarebbe stato un mio ricordo.
Iniziai a sentirmi piccola quando fuori si presentò davanti ai miei occhi un’ondata di gente. Ovviamente l’arrivo degli One Direction in città non era passato inosservato e a quanto pare anche la polizia era stata avvisata. Ragazze di circa la mia fascia d’età si spingevano fra di loro per riuscire ad avvicinarsi almeno un pochino, mentre i ragazzi sorridevano, un po’ disorientati. Mi sembrava davvero strano stare dall’altra parte. Di solito attraverso i video riuscivo in qualche modo a vivere il momento, quel bellissimo attimo in cui si fermavano davanti a te, ti sorridevano, ma facevano l’autografo sul CD di un’altra. Rimasi a bocca aperta per qualche minuto, non sapevo davvero cosa fare. Cercai di rendermi utile in qualche modo. Partii da un punto a caso, notando che i poliziotti intimavano di fare meno baccano, cercavano di convincerle dicendo che avrebbero accontentato tutte, anche se credevo l’impresa impossibile.
Non provai nemmeno a imitarli, non sarebbero arrivati da nessuna parte. La polizia metteva ansia, non volevo che si risolvesse la situazione così. Corsi da Harry, che fra i cinque era il più alto, che stava facendo una foto con una ragazza bionda. Beata lei.
- Harry! Prendimi sulle spalle! – urlai al suo orecchio. Mi guardò storto, continuando a firmare. Sbattei un piede a terra, contrariata. Doveva fidarsi. Girandomi vidi Niall massaggiarsi il polso sinistro, chissà da quanto tempo scriveva.
- Martha, non dovresti stare qui. Potrebbe diventare pericoloso. – mi richiamò qualcuno della crew. Stava scherzando? Io ero uscita per fare una gita tranquilla e quella volevo.
- Harold Edward Styles. – il riccio si girò di nuovo verso di me, insieme a circa una decina di ragazze dietro di lui. – Vi voglio aiutare!
Si girò un’ultima volta verso le fan, venendo poi verso di me.
- Da che parte stai? Prima finiamo qui e prima ce ne torniamo sulla nave. – mi disse all’orecchio.
- Alzami. – gli ordinai. Sembrò convincersi e con l’aiuto di un suo amico mi tirò su sulle sue spalle. Vedevo il mondo da due metri e mezzo adesso, una grossa differenza per me. Alcune ragazze mi fissarono, altre indicarono, altre semplicemente mi ignorarono, continuando a chiamare i loro nomi e urlare.
- Avanti ragazze! – urlai forte alla folla. Si girarono quasi tutte verso di me. Ehi! L’italiano è la mia lingua! Se siamo più ordinate sono sicura che i ragazzi faranno meno fatica ad accontentare tutte! – mi guardarono storto. Forse in quel momento non le capivo pienamente ma sapevo cosa si provava a essere una di loro, ogni tanto. – Facciamo vedere di cosa sono capaci le italiane! – due mani mi tirarono giù da dietro, poggiandomi delicatamente a terra. Mi girai verso Harry, ringraziandolo.
- Cosa stai facendo? – mi chiese Niall. Mi girai verso il pubblico, che ci stava osservando.
- Vedrai. – gli sorrisi.
Passai all’incirca mezz’ora seduta sull’asfalto, cantando e facendo cori ogni tanto. Mi divertii nonostante tutto: i ragazzi passavano da una parte all’altra di quel semicerchio che si era formato davanti alla libreria e io scambiavo qualche parola anche con le fan, che aumentavano sempre di più. Mi faceva così strano tutto quello, avrei dovuto esserci io là, cercando con tutta me stessa qualcosa che aspettavo da quasi 2 anni. Le ragazze erano state brave, avevano capito che non era carino avere davanti Zayn e urlargli in faccia. Ogni tanto li chiamavano, ma loro sembravano più felici che mai. Leggevo cartelloni e palloncini, che lanciavano verso i ragazzi. Giocai perfino con un pupazzo.
Quando si fecero all’incirca le tre del pomeriggio, i ragazzi decisero che poteva bastare, così salutarono tutte, iniziando a camminare. Una ragazza con gli occhi scuri in prima fila intonò la prima strofa di Story Of My Life, non potei far altro che cantarla anche io, mentre il coro si diffondeva velocemente. Liam mi alzò velocemente da terra, poggiando poi una mano sul mio fianco. Fra le risate iniziammo un valzer un po’ strambo. Cercavo in tutti i modi di non pestargli i piedi, nonostante fosse lui quello che non sapeva bene come muoverli.
Quando alle cinque era ora di tornare sulla nave, un’altra ondata di persone ci travolse. Le ragazze per strada, salutavano saltando i ragazzi, che sorridevano a tutte, li riprendevano con i telefonini e solo qualche coraggiosa si avvicinava. Avevamo pur sempre Paul e qualche altro omone, ma quella volta i giornalisti sembravano impazziti. Mi sentii tirare per la felpa: un paparazzo iniziò a tartassarmi di domande di cui nemmeno capivo il significato. Perché la necessità di fare domande in inglese se capivo perfettamente l’italiano? Cosa c’entravo io poi? Quelli famosi erano loro, io ero soltanto …
- No, lei è solo una nostra amica. Si, viene in crociera con noi e si chiama Martha. Grazie e arrivederci. – Niall sorrise forzato all’uomo sulla quarantina, trascinandomi di nuovo via.
Con una mano strinsi la sua, mentre con l’altra mi appiccicavo letteralmente al suo braccio. Temetti più volte di perdere la vista quando anche i flash delle macchine fotografiche ci investirono. Non so come arrivammo sulla nave sani e salvi, ma riuscii a rilassarmi solo quando ci sedemmo sulle sdraio della prua della nave, proprio come la sera prima.
Sorrisi chiudendo gli occhi, continuando a stringere la mano del biondo e godendomi quella comodità che la sdraio donava, completamente sconvolta e frastornata.
- Non voglio diventare mai famosa. – commentai, facendo ridere tutti. Se dovevo rinunciare a camminare tranquillamente per una città, rinunciare alla mia privacy allora avrei rinunciato anche all’essere conosciuta, non che fosse mai stato il mio obiettivo. Infatti non avevo un obiettivo, fino a quel momento era finire la scuola, magari con il massimo dei voti, provando a rendere felici i miei. Poi avrei deciso cosa fare. Dopotutto erano 4 anni che studiavo Tedesco, Inglese e Francese, con pure due anni di Latino, da qualche dovevo pure andare.
- Grazie. – mi tirai su, con i gomiti, staccando la mia mano dalla sua. Mi imitò.
- Di cosa? – gli sorrisi. Si girò verso il porto, dove potevo vedere ancora molta gente.
- Non so cosa tu abbia detto, ma ha funzionato. Non ho mai passato un pomeriggio a fare autografi così tranquillamente.
- Non eravamo nemmeno mai stati beccati tutti e cinque insieme, Nialler. – fece notare Liam. Saltai in piedi, indicandolo emozionata.
- Tu … Io … Dio grazie! – mi guardarono tutti come se fosse caduto un satellite. Ma era davvero così! – Ho capito cosa hai detto!
Risi anche io insieme a loro. Niall si alzò e prendendomi per le gambe mi fece girare un paio di volte, ridendo. Non mi ero mai sentita così compresa in vita mia, così felice, spensierata. Forse aveva ragione mia zia, non ero felice. Non lo ero mai stata.
Lì, in quel momento, capii che la mia vita era triste, monotona e noiosa. Come era possibile che non me ne fossi accorta prima? La mia vita faceva schifo! Non avevo amici, solo compagni di scuola, non uscivo con loro, non mi divertivo con loro. Non mi ricordavo nemmeno quando fosse stata l’ultima volta che avevo riso così tanto, forse nemmeno esisteva. In quel momento, volevo che il tempo si fermasse: fra le braccia di Niall, tra le risate di Louis, Harry, Zayn e Liam.
Per la prima volta nella mia vita, mi sentivo veramente bene.



* non sono sicura di questo record, credevo di averlo letto su Team World ma non trovo più la pagina ...




Mi scuso per la quasi irrealità della scena con le fan, purtroppo non sapevo come rendere utile Marta.
Se avete idee migliori, contattatemi pure :) Grazie

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((segnalare eventuali errori))

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Capitolo 5
*** Cap. V ***






 
Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



Mi strinsi nelle coperte per l’ennesima volta. Che ore erano? Le cinque di mattino? Le due del pomeriggio? Non mi interessava. Avevo passato la notte quasi in bianco, se non per qualche ora di sonno, fra un risveglio e l’altro. Quello stupido mal di pancia mi aveva tenuta sveglia tutto il tempo. Aggiungendo poi il fatto che a un certo punto fossi andata in bagno, ritrovandomi le mutandine sporche di rosso, il fatto che mi fossi completamente dimenticata che erano perfino in ritardo, il fatto che a un’ora indefinita mia zia abbia svegliato Sara, svegliando anche me … Dio, che nottata da schifo. Speravo di passare il resto dei miei giorni in quel letto, avrei fatto di tutto, pur di non uscire dalle coperte in quel momento. Le fitte erano abbastanza forti, come al solito. Maledicevo il mio ciclo tutti i secondi che passavo in silenzio, a rigirarmi e ad annoiarmi in quella cabina ancora immersa nel buio. Fortunatamente mia zia aveva compreso la mia situazione, lasciandomi dormire un po’ di più, come se fosse stato possibile. Il fatto era che mi annoiavo, che nonostante questo non avevo voglia di fare niente, nemmeno di allungare il braccio per prendere il cellulare. Quando improvvisamente si aprii leggermente la porta, uno spiraglio di luce entrò: mi rigirai dall’altra parte, tenendo una mano sulla pancia, riscaldandola. Sentii un paio di voci, poi solo una.
- Martha?! – mi chiamò qualcuno. Solo gli inglesi mi chiamavano così. Sbuffai mentalmente, ignorando tutto e tutti. La porta fu di nuovo chiusa, mentre un’altra luce proiettò la mia piccola ombra davanti a me. Chiusi gli occhi, quando un peso si aggiunse sul materasso. – Dai svegliati. – riconobbi immediatamente la voce di Niall. Ovvio, lui sapeva dov’era la mia cabina. Ma non volevo alzarmi, assolutamente no. Mugugnai in risposta. Lo sentii ridere leggermente, mentre mi illuminava il viso con il suo cellulare. – Martha. – mi richiamò, accarezzando la mia spalla da sopra le coperte e la maglietta.
- No. – risposi decisa. Non mi importava nemmeno se il mio alito faceva rivoltare i morti dalle tombe e se la mia voce sembrava più quella di Enzo di Ma come ti vesti?! in preda alla bronchite acuta.
- Ho fatto qualcosa? – cambiò di tono lui. Sbuffai: come al solito non aveva capito nulla, non era di certo colpa sua. Mi misi a pancia in su, guardando per la prima volta il suo viso. Il ciuffo era stato tirato su da una spruzzata di lacca di cui potevi percepirne l’odore, misto al profumo che probabilmente quella mattina aveva messo. Portava una maglietta bianca con le maniche nere fin troppo leggera per i miei gusti. Mi trattenni dal fargli da mammina, dicendogli di mettersi qualcosa di più pesante. Il suo cellulare era sbloccato sulla prima pagina dello screen che mostrava parecchie app, riconobbi Twitter, Instagram, Skype e Youtube. Lo guardai un po’ sofferente, sembrò preoccuparsi ancora di più. – Stai male? – chiese, portando una mano sulla mia fronte.
- Entro stasera starò meglio. – lo rassicurai. Mi guardò storto, iniziando a accarezzarmi i capelli, legati in una crocchia ormai più che disordinata.
- Sicura? – Conoscevo le mie mestruazioni da quasi 5 anni e il primo giorno era sempre così, mi ritenevo perfino fortunata: conoscevo casi peggiori e nel mio c’erano solo le prime ore di inferno e qualche fitta magari nei giorni seguenti, ma era come se non avessi nulla. Annuii, chiudendo gli occhi e godendomi il suo tocco. Le sue coccole erano così rilassanti, anche se i miei muscoli dell’addome si contraevano dal dolore, le sue carezze mi mandavano in crisi il cervello. – Hai dormito stanotte? – forse aveva notato le occhiaie. Scossi lievemente la testa. La sua mano si fermò per qualche secondo. Percepii le sue labbra leggermente bagnate posarsi sulla mia fronte. Anche se non era la situazione adatta mi sentii andare a fuoco. Per evitare una figuraccia, mi capovolsi velocemente, mettendomi a pancia in giù. Rise lievemente, mettendosi nella mia stessa posizione. Lo vidi sistemarsi sui gomiti, mentre io lo seguivo in ogni movimento. Lasciò il cellulare in mezzo a noi, la poca luce mi permetteva di notare perfettamente la differenza fra l’iride e la sua pupilla. Mi mostrò i denti, avvampai di nuovo, affondando la faccia nel cuscino, cercai di respirare quell’aria soffocata, stringendomi il ventre con entrambe le braccia. – Allora non scendi a Montecarlo oggi pomeriggio? – mi girai verso di lui un po’ dispiaciuta. Se avessi avuto voglia e forze, sarei saltata fuori dalle coperte in quello stesso istante, seguendolo ovunque sarebbe andato, ma purtroppo non me la sentivo. Controllai l’ora sul suo cellulare: segnava all’incirca l’ora di pranzo, ci saremmo fermati come a Livorno solo poche ore. Scossi di nuovo la testa, non trovando le parole per spiegargli che un flusso di sangue che mi usciva da parti che era meglio non nominare mi impediva di alzarmi da quel letto. Come sei simpatica quando sei mestruata, Marta.
- Scusa. – cercai di rimediare. Fu il suo turno di scuotere la testa, sorridendo.
- Vorrà dire che stasera starai con noi. – ci rimasi un po’ delusa quando sentii quel noi. Nonostante sapessi che io e lui non eravamo niente e molto probabilmente non lo saremmo mai stati, faceva male sapere che quell’attrazione che provavo per lui non era ricambiata. Adoravo i ragazzi, per quel poco che gli conoscevo, ma Niall, lui era unico. Gli sorrisi, mentre si alzava lasciando un vuoto più grande di quello che sembrava accanto a me. – Dovrò dire a Liam che non potrai ballare con lui oggi.
Risi leggermente, ricordandomi di quello strano ballo che avevamo fatto sulle note del loro nuovo singolo. Si schiarì la voce e capii che voleva dirmi qualcosa di interessante. Misi un braccio sotto il cuscino, appoggiandoci poi su la testa. Cercò con lo sguardo qualcosa nella cabina, ma il buio non gli permetteva granché perciò tornò a guardarmi negli occhi.
- Non ho ancora il tuo numero. – sorrisi come un ebete alla sua timidezza. Era vero, non c’eravamo ancora scambiati i numeri di telefono. Mugugnando un po’ mi misi seduta, facendo cadere le coperte dalle mie spalle. Il cambiamento di temperatura mi fece rabbrividire un po', anche perché indossavo un pigiama piuttosto leggero. Sorridendo, alzai la mano verso di lui. Esultando come un bambino, mi diede subito il suo cellulare. Cercai quella che doveva essere la rubrica, riconoscendola dall’icona. Mi stropicciai qualche volta gli occhi con una mano, schiacciando con un minimo di attenzione le lettere che formavano il mio nome e cognome. Poi ci pensai su, cancellando il cognome e aggiungendo l’h a Marta. Così mi chiamava, così mi avrebbe riconosciuta. Salvai con un po’ di paura: Niall James Horan aveva il mio numero di cellulare. Mi ringraziò continuando a farci luce con il telefono.
Guardò velocemente l’ora, voltandosi verso di me. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiuse, spalancando gli occhi. Riguardò sullo schermo, imprecando. Scoppiai a ridere, tornando stesa sul materasso.
- Devo andare a mangiare. - Fece il giro del letto, fermandosi vicino a me. Prese le coperte, tirandole su, fino alle mie spalle. Gli sorrisi, sistemandomi meglio. Tirai fuori un braccio, allungandolo verso di lui: si abbassò e spingendolo da dietro le spalle lo feci scendere al mio livello. Alzandomi leggermente con la schiena gli scoccai un bacio sulla guancia. Rise piano, sistemandomi nuovamente le lenzuola. - Ti chiamo dopo. – sussurrò al mio orecchio, ricambiando il bacio. Per qualche secondo non vidi più la luce ma solo la sua schiena mentre si avviava alla porta. Avrei voluto fermarlo ma non volevo che rinunciasse a una città bella come Montecarlo per me. Aprì leggermente la porta e mi fece un sorriso prima di chiudendola alle sue spalle. Mi rilassai sul materasso, fissando il soffitto scuro della mia cabina di nuovo immersa nel buio. Sospirai, chiudendo gli occhi. Avrei mangiato più tardi, in quel momento volevo solo dormire.
 
Allungai il braccio verso il comodino, picchiando qualche volta la mano sulla superficie in legno. Dovetti riprovarci più volte prima di riuscire a prendere il cellulare che continuava a vibrare, senza colpire i miei poveri occhiali. Mi girai sulla schiena, portando l’apparecchio all’orecchio. Dovetti schiarirmi due volte la voce prima di riuscire a fare uscire una parola.
- Pronto?! – risposi, ancora con la mente altrove.
- Hi! – mi salutarono dall’altra parte. Mi alzai di scatto sul letto, facendomi girare la testa. La ressi con una mano, mentre cercavo di capire che ore erano.
- Ragazzi … Ciao. – ricambiai. Sentii un insieme di voci una sopra l’altra che mi fecero allontanare il telefono dall’orecchio. – Non capisco nulla. – altri rumori sospetti. Ma cosa stavano facendo? Mi alzai non senza fatica dal letto, aprendo finalmente le tende e la porta-finestra.
- Siamo a Montecarlo! – urlò quello che riconobbi come Louis. Sorrisi, almeno loro l’avrebbero vista.
- Sono contenta per voi. – dissi, mentre mi affacciavo al balcone. Le nuvole erano quasi del tutto scomparse, facendo spazio a un sole pallido e a un’arietta stranamente rinfrescante. Anche per quella volta il destino aveva voluto una bella giornata per l’unico giorno in cui non potevo muovermi. Sbadigliai rumorosamente.
- Stavi ancora dormendo? – mi chiese Harry. Alzai un sopracciglio divertita, Niall aveva detto tutto hai ragazzi.
- Si e ho fame. – risposi sincera. Presi il mio Ipod, controllando l’ora: le 15.36, tardi, troppo. Non avevo pranzato e ora me ne pentivo. Nonostante lo stomaco vuoto ero riuscita a dormire più di tre ore di seguito e mi sentivo rinata. Sentii un’esultanza.
- Brava piccola! Anche il mio stomaco richiama cibo! – gridò Niall. Misi una mano sulla guancia, arrossendo come un pomodoro. Piccola? Misi il vivavoce, poggiando il cellulare sulla scrivania.
- Come sempre Nialler. Sei un pozzo senza fondo. – ridendo, sfilai velocemente il pigiama, infilando la prima cosa che mi capitava in mano: in quel caso dei pantaloncini di cotone grigi e una maglietta rosa a maniche lunghe.
- Smettila Liam, io ho sempre fame ma non è colpa mia! – Misi un paio di calze lunghe, infilandole malamente e lasciandole appollaiate sulle mie caviglie.
- Scusate un attimo. – avvisai i ragazzi, prima di spalancare la porta per la cabina di zia Claudia.
- Oh, sei sveglia. – fece notare a tutti. Si girarono uno a uno verso di me. Mi avvicinai a Sara, abbassandomi sulle ginocchia.
- Finalmente Marta: come stai? – mi chiese zio Nicola. Sorrisi sia a lui che alla bimba.
- Meglio grazie. Perché non siete scesi? – gli zii alzarono le spalle, continuando a guardare la televisione. Zia Lucia accarezzò la testolina di mia cugina, ignorandomi palesemente. Fortunatamente avevo una zia che era capace a parlare.
- Non ci sembrava il caso. – le alzai un sopracciglio. Avevo 17 anni, pensavo di potermela cavare da sola, anche senza avere la baby-sitter 24 ore su 24.
- Vado a fare un giro, ma non scendo.
Me ne andai senza salutare, non mi sembrava il caso. Presi velocemente il cellulare, sentendoli ancora parlottare tra loro. Tolsi il vivavoce, cercando le mie Vans grigie.
- Ci sono. – mi annunciai. Sentii un secondo di silenzio prima che ricominciassero a parlare insieme. Qualcuno disse di fare silenzio e finalmente potei capire qualcosa.
- Che fai? – mi chiese Harry. Finii di mettermi le scarpe, uscendo finalmente dalla cabina con la mia carta magnetica in tasca. Feci un sorriso a un signore del personale, dirigendomi verso la poppa della nave.
- Cammino. – sentii anche la voce di Paul che richiamava i ragazzi.
- Anche noi! … Dovremmo … Stiamo facendo un giro, ma presto torniamo. Adoro già questa città. – mi raccontò Lou. Non so perché ma il fatto che mi stessero facendo sapere cosa stavano facendo mi faceva sentire compresa, ero contenta.
- Troppi francesi con la puzza sotto il naso.risi al commento del riccio. Avevo sempre adorato i francesi, anche la lingua mi piaceva molto. Le ragazze poi, le trovavo davvero adorabili con quella r moscia.
- Si può sapere perché dobbiamo stare fermi in un parco?! – urlò qualcuno da lontano. Intuii che c’era qualcosa che non andava.
- Così possiamo parlare con Martha! – urlò in risposta Liam. Sorrisi, abbassando lo sguardo sulla moquette. Non c’era bisogno che si fermassero per me, non volevo rovinargli la gita.
- Il cellulare è di Niall. Forza, alzate le chiappe e facciamo un giro. – risi di nuovo, quell’uomo doveva avere tanta pazienza per sopportare quei ragazzi tutti e cinque insieme. Sentii qualche fruscio e movimento, qualche imprecazione e qualche sbuffo, poi più nulla. Provai a richiamare qualcuno, ma non rispondeva nessuno.
- Come stai? – mi spaventai quando sentii la voce del biondo più chiara e vicina, interrompendo il silenzio.
- Sto bene, Niall. – dissi piano.
- Non hai mangiato vero?! – stetti in silenzio, scuotendo la testa. Non perché non avevo fame, semplicemente avevo più voglia di dormire e adesso i ristoranti erano chiusi. Un sospiro arrivò alle mie orecchie. Stasera mangi con me. – disse. Mi fermai in mezzo al corridoio. Cosa stava cercando di fare? – Tranquilla, non voglio costringerti a mangiare nulla di più di quello che mangi di solito, semplicemente ne ho voglia. la cosa non mi tranquillizzò però. Avevo promesso che mi sarei fatta aiutare e così avrei fatto, ma non volevo venir considerata una bambina da tenere d’occhio. Ma di Niall mi fidavo, dovevo fidarmi, perciò annuii, non proferendo ancora parola. Ripresi a camminare, uscendo finalmente all’aria aperta. Il porto era affollato e sentivo varie voci e urla disperdersi nell’aria.
- Mi piacerebbe essere lì con voi. – dissi sincera. Era vero, mi sentivo sola sopra quella nave enorme, con tutte quelle persone sotto di me. Non mi trovavo bene, non stavo bene in quel momento.
- Anche a me, Martha. Mi dispiace averti lasciato da sola. Prometto che non lo faccio più. sorrisi alle ultime parole. Un sorriso triste però. Un’altra promessa che magari non sarebbe riuscito a mantenere. Sperai con tutta me stessa che la fortuna fosse dalla mia parte. – Ho una grossa novità! – ridacchiai al suo tono esaltato. Le cose nuove dovevano proprio piacere a Niall. – Quando saremo a Barcellona, si imbarcheranno con noi anche mio fratello Greg con mio nipote, Gemma, Eleanor e Sophia. – sembrò contarli sulle dita delle mani. Una rimpatriata in poche parole. Non sapevo se essere felice oppure no, insomma, erano loro parenti, amici e fidanzate, io non c’entravo niente. Non volevo diventare quella nuova, oppure una di troppo. – Voglio farteli conoscere. – mi disse. In pochi secondi mi salii l’ansia. Non volevo proprio incontrare nessuno, non per pregiudizi, ma semplicemente non mi sentivo pronta a conoscere nessun’altro. Ero stata una persona timida e di poche parole, mi facevano paura tutte quelle nuove conoscenze da fare. Sentii una voce chiamare il suo nome. – Devo andare, ne parliamo stasera. Ti voglio bene, a dopo. – non mi diede il tempo di replicare che aveva già chiuso la telefonata. Portai davanti a me il cellulare, che ancora segnava il numero come sconosciuto. Ti voglio bene. Ero rimasta senza parole, conoscevo quel ragazzo da due giorni e lui conosceva me da altrettanto tempo. Come era possibile tutto quello?
Salvai velocemente il numero nella mia rubrica. Niall Horan. Niall, l’angelo dagli occhi azzurri, uno dei ragazzi più amati e conosciuti al mondo. Piccola, ti voglio bene. Sognai ad occhi aperti per qualche minuto, facendo perdere il mio sguardo fra le onde del porto. Sentivo dentro di me una sensazione tutta nuova, un calore che partiva dallo stomaco e si diffondeva per tutto il corpo, era una sensazione magnifica. Sorrisi come mai in vita mia, quel ragazzo mi faceva un effetto davvero particolare. Mentre continuavo a proiettare nella mia testa le sue immagini, mi misi a osservare tutto ciò che mi circondava, fregandomene di tutto e di tutti, c’ero solo io e i miei pensieri, pensieri sui suoi occhi, sulle sue mani, sul suo sorriso, la sua risata, su di lui.
 
Non mi resi conto che ore erano finché il cellulare non vibrò di nuovo fra le mie mani: le 16.49. I ragazzi ormai avrebbero dovuto essere sulla nave da un pezzo. Aprii il messaggio: “Non ti muovere, sto arrivando” da parte di Niall. Lui? Solo lui? Forse per passare la serata con lui, come mi aveva detto. Non mi mossi, poggiando solamente i gomiti sulla ringhiera e affacciandomi leggermente sotto. I miei capelli scivolarono in avanti, muovendosi al leggero vento. Respirai profondamente l’aria di mare, sentendo tante voci confuse dietro di me. I passeggeri stavano tornando nelle loro cabine, qualcuno con qualche borsa in più. Feci per girarmi quando due mani mi oscurarono la vista. Trattenni una risata, mettendo velocemente il cellulare nella tasca dei pantaloncini. Tenendo gli occhi chiusi mi girai, iniziando con le mani a percorre prima le braccia, poi le spalle dell’uomo senza nome. Mi sorpresi di trovare due fossette sulle guance. Aprii gli occhi, sorridendo apertamente al riccio.
- Harold! – lo richiamò severo Niall. Eccolo, stava arrivando con gli altri, calpestando con finta arrabbiatura il pavimento a ogni passo. Risi quando minacciò Harry di piastrargli i ricci se mi avesse toccato un’altra volta. Mi prese la mano, spingendomi verso di lui. Colta di sorpresa quasi non cadevo per terra, fortunatamente il biondo mi fece fare una piroetta, finendo direttamente con la schiena sul suo petto. Strinse la presa su un fianco, facendo una linguaccia all’amico. Con un sorriso, mi scusai con lui, salutando poi il biondino. – Ciao bellissima. – mi sussurrò all’orecchio, baciandomi sul collo. Alzai le spalle, soffrendo un leggero solletico e rilassandomi fra le sue braccia.
Ci passarono davanti quasi tutti i componenti della crew. Li salutai mentre Niall, poggiando la testa sulla mia spalla, passava le sue mani sulle mie braccia, quasi a volermi riscaldare, lui che aveva solo una maglietta di cotone leggero e dei pantaloni grigi fino al ginocchio. Harry e Louis mi fecero perfino l’occhiolino, mentre Liam si limitò a un’occhiata maliziosa. Arrossii a tutte quelle attenzioni che mi davano, non ero abituata.
- Pronta per la nostra serata? – mi chiese l’irlandese.
- Devo dirlo ai miei zii. – dissi. Me ne ero completamente dimenticava che dipendevo da loro. Non vedevo l’ora di diventare maggiorenne, per poter usare l’età come scusa per uscire o per non far sapere cosa stavo facendo ai miei genitori. Scosse la testa e mi prese la mano, trascinandomi via.
- Li ho avvisati io. – lo guardai storto. Era impossibile, sia perché i miei zii non sapevano una parola di inglese, tranne Sara, ma lei non sapeva nemmeno cosa significassero, e poi perché non poteva esser lì con me allora: mia zia Lucia l’avrebbe già ucciso. – Ho trovato un signore gentilissimo che ha fatto da traduttore. Ha fatto perfino amicizia con uno dei tuoi zii, perciò non ho dovuto nemmeno pregarlo. – lo fermai, guardandolo confusa. Mi lanciò uno sguardo divertito. – Come pensavi fossi entrato stamattina? – era vero, avevamo fatto fare una copia della chiave della mia cabina per mia zia, ovviamente. Chi si fiderebbe di me? - Devo ammettere che i tuoi parenti sono un osso duro, ma sono riuscito a convincerli a lasciarti nelle mie mani per questa sera. – improvvisamente mi fu chiaro perché non l’avevo visto subito quando erano saliti la maggior parte dei passeggeri. – Tua cugina è un angelo. – risi alle sue parole. Mia cugina era una piccola peste, anche se non lo dava a vedere.
Lo seguii fino alla sua cabina, una suite ovviamente. Rimasi incantata da tutto quel lusso: l’ingresso era molto più ampio, davanti a me una porta dava su una piccola sala in cui potevo notare un armadio e di seguito l’inizio del bagno. Mi trascinò verso destra, dove in una grande stanza c’era sulla sinistra il letto matrimoniale con due comodini, sulla destra un divano a due posti con dei cassetti in parte, un tavolino, un altro armadio accanto al letto e una poltroncina blu dall’altra parte. Una lunga scrivania riempiva la parete accanto alla porta, una tv al plasma e varie prese.
I vestiti di Niall erano sparsi un po’ ovunque, come vari cavi e carica batterie, ma era pulita e accogliente. Buttò velocemente qualche vestito nella valigia accanto al letto, buttandosi poi sopra, invitandomi a fare lo stesso. Tolsi le Vans, poggiandole educatamente vicino al divano. Prendendo la ricorsa saltai in piedi sopra al letto. Mi abbassai sul suo viso, ridendo di gusto per lo spavento che si era preso. Saltammo sul materasso per una decina di minuti, proprio come i bambini e ridemmo tutto il tempo. Caddi con un urlo sui cuscini e per ripicca lo presi per una gamba, facendolo cadere sul materasso. Ci ricomponemmo fra le risate a fatica.
- Ho ordinato la cena per le 8. – mi feci una coda alta con l’elastico che ero solita mettere al polso prima di uscire. Annuii interessata, poiché non vedevo l’ora di mangiare. - Adesso ho una sorpresa per te. – smisi subito di fare quello che stavo facendo, spalancando gli occhi. Io non gli avevo portato nulla, cosa dovevo fare?
Si diresse verso uno zaino scuro che avevo visto sulle sue spalle quando erano rientrati dalla città. Che mi avesse comprato qualcosa? – Ieri sera ho parlato con i ragazzi e Louis mi ha raccontato un po’ quello che vi siete detti in libreria. – passai in rassegna tutto quello che mi ricordavo di quei minuti, non trovando nulla che avrebbe potuto portare il ragazzo a farmi una sorpresa. Aprì la borsa, tirando fuori un CD e lanciandolo sul letto. Lo presi subito, rendendomi conto che era solo un disco vuoto, oppure semplicemente non c’erano scritte. Niall rise per la mia curiosità. Stavo morendo dalla voglia di sapere di cosa si trattava. Mi morsi un unghia, aspettando a gambe incrociate che lui facesse tutto, accendendo la TV e il lettore DVD. – Non hai bisogno degli occhiali?
Scossi la testa, cambiando dita da smangiucchiare. – Ho perso davvero poco, ma ho paura di peggiorare perciò li indosso quasi sempre. – mi sorrise, chiudendo lo sportelletto del lettore. Si ristese accanto a me, portando con sé il telecomando. Continuai a guardarlo come se stessi aspettando di scoprire cosa Babbo Natale mi avesse portato quell’anno.
- Chiudi gli occhi. - sussurrò. Esplorai nei suoi occhi celesti per qualche secondo, prima di abbassare le palpebre. - Sei pronta? – non lo feci nemmeno finire la frase che stavo già annuendo. Aspettai che si caricasse muovendomi nervosamente sulle coperte. Partì una musichetta, quella classica della casa produttrice e qualche altro marchio. Quando una voce cominciò a parlare aprii subito gli occhi e lasciai cadere la mascella incantata. Rimasi così finché sullo schermo apparvero i ragazzi vestiti di scuro, tranne per la maglietta bianca che portava Niall. La visuale si strinse velocemente, il mio interesse aumentò. Improvvisamente la mano di Louis si alzò, tirando uno schiaffo al biondo. Mentre sentii la sua voce dalla TV chiedere perché l’avesse fatto al moro, scoppiai a ridere, facendomi venire le lacrime agli occhi. This Is Us. Quella poi era stata l’unica gif che mi ero permessa di vedere, poiché dovevo rinunciare a vedere il film intero. Mi sorpresi di notare i sottotitoli in italiano.
- Come hai fatto? – chiesi in un sussurro. Sorrise, continuando a guardare lo schermo.
- Ehi! L’ho fatto anche io il film: è bastata una telefonata. Non sarei sceso senza di te altrimenti. – finalmente avevo completato il puzzle. Era sceso a Montecarlo per andare a prendere il CD che si era fatto fare apposta, con i sottotitoli in italiano per farlo vedere a me. Non sarei sceso senza di te altrimenti. Per poco non scoppiai a piangere dalla felicità in quel esatto momento. Sentii un peso oltre alla fame, attanagliarsi alla bocca dello stomaco. Gli ero davvero grata.
Gli scoccai velocemente un bacio rumoroso sulla guancia, riportando poi tutta la mia attenzione al film. Aspettavo di vederlo da più di due mesi e finalmente ne avevo la possibilità con accanto a me, il mio attore preferito. Sorrisi per tutto il tempo, ridendo e piangendo nelle restanti parti. Niall sembrò più divertito dalle mie reazioni che dal film stesso, chissà quante volte lo aveva già visto.
Anche quella volta, Niall Horan era riuscito a sorprendermi.






**************
Se siete arrivati fino a qui, vi rigrazio :)
Questa storia è davvero importante per me e spero possiate apprezzarla anche voi.
Per favore, vi chiedo di dedicarmi davvero pochi minuti per scrivermi cosa ne pensate, pareri, consigli, critiche, qualsiasi cosa, davvero.
Ovviamente potete scrivermi su
Twitter
o mandarmi un messaggio qui su EFP se avete domande e dubbi.
Vi lascio con una frase bellissima :

 
" Don't be ashamed of the music you listen to
it's the music that saves us from the bad days, nightmares and from the people
do not follow the masses, follow your heart
"

 
" Non vergognarti della musica che ascolti
è la musica che ci salva dai giorni brutti, dagli incubi e dalle persone
non seguire le masse, segui il tuo cuore
"

 
Grazie di tutto e alla prossima
xx


((segnalare eventuali errori))

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Capitolo 6
*** Cap. VI ***






 
Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 




Sentii il mio corpo più pesante, percepivo le palpebre chiuse, la guancia schiacciata sul morbido cuscino e le mie dita tra le lenzuola. Mi stavo svegliando lentamente, mentre distinguevo sempre di più alcune voci, sussurri indefiniti. Avendo la voglia di alzarmi sotto i piedi, respirai più profondamente, muovendomi leggermente per trovare la posizione giusta per riaddormentarmi. Le voci si zittirono improvvisamente, dei passi si fecero più forti, segno che qualcuno stava venendo verso di me. Continuai a tenere gli occhi chiusi, finché con un piccolo schiocco di ginocchia, quel qualcuno si abbassò, probabilmente alla mia altezza.
- Guardatela, è dolcissima. – ero ancora troppo in stato di dormiveglia per rispondere a quel commento. Altri passi si avvicinarono al mio corpo.
Non mi ricordavo né quando né come mi fossi addormentata la sera prima, o forse dovrei dire notte, visto che io e Niall eravamo stati svegli fino a tardi. Dopo il film e la pizza avevamo parlato e scherzato per quelli che mi erano sembrati minuti, ma poi ero crollata per il troppo sonno. In verità era lui che parlava, io ridevo, ancora non sapevo se sarei stata capace di sostenere un discorso intero in inglese, mi sembrava troppo strano non aver fatto errori già in quei primi giorni.

Uno strano suono arrivò alle mie orecchie, infastidendomi e non poco. Aprii lentamente gli occhi, stringendo di più il lenzuolo tra le mani. Riuscii a vedere qualcosa, prima di richiuderli ancora. La stessa voce di prima sussurrò qualcosa che assomigliava a un ‘ops’ prima di ricominciare a parlare troppo sottovoce per il mio udito. Riuscii a svegliarmi quasi del tutto, inquadrando il cuscino e altre quattro persone accucciate davanti a me. Inghiottii più volte la saliva, cercando di togliermi quell’orribile sapore dalla bocca. Mugugnai qualcosa, sprofondando l’intera faccia nel cuscino.
- Buongiorno Martha. – mi salutò Liam. Inspirai profondamente, trovando un profumo che non riconoscevo. Sorrisi tra il cotone, ricordandomi che Niall dormiva ancora tranquillamente accanto a me. Cercai di sistemarmi i capelli, alzandomi sui gomiti.
- Buongiorno. – dissi in uno sbadiglio. Mi sorrisero tutti e quattro; Harry mi alzò subito il suo cellulare, mostrandomi una foto che rappresentava il viso di una ragazza che dormiva serenamente. Spalancai gli occhi, quello stupido mi aveva fatto una foto. Con una forza che non credevo di avere la mattina presto gli saltai addosso. Essendo già da sé in precario equilibrio cademmo all’indietro, evitando per qualche centimetro la poltrona. Trattenne una risata, allontanando il telefono dalle mie mani. Zayn da dietro fece un cenno indicando dietro di me e intimandomi di fare silenzio. – Cancellala. – grugnii vicino al viso del riccio.
Mi sorrise furbo. – Adesso la metto su Twitter. – ci rinunciai prima che fosse troppo tardi, spostando il mio sedere dal suo bacino al pavimento. Lo fulminai con lo sguardo più volte, facendogli capire che non mi era andata giù. Due braccia si strinsero attorno alla mia pancia, tirandomi su di peso. Ripresi malamente l’equilibrio, sorridendo a Louis.
- Ora svegliamo Nialler. – sussurrò. Guardai anche gli altri: Liam aveva uno strano luccichio negli occhi, Zayn ridacchiava e Harry si strofinava le mani fra di loro. Provai a ribellarmi, ma una mano si posò sulla mia bocca. Lou mi teneva stretta a sé, mentre cercavo di liberarmi. Che stronzi, povero Niall. Liam scappò nell’altra cabina collegata a quella del biondo, mentre Harry e Zayn andarono dall’altra parte del letto.
Niall stava dormendo di schiena, con una mano stesa dalla mia parte. Probabilmente nella notte c’eravamo mossi molto. Eravamo entrambi vestiti come ieri, perciò dedussi che anche lui si era addormentato appena dopo di me. Quando Liam tornò, vidi che maneggiava con una pistola arancione di piccola forma, probabilmente di plastica. Lou velocemente lanciò il mio cuscino a Harry, tornando poi a tenermi ferma per un fianco. Lanciai sguardi di fuoco a tutti e tre mentre si mettevano in posizione. Liam si mise alla fine del letto, davanti a Niall, Harry in piedi proprio di fronte a noi, dando la schiena all’armadio e Zayn vicino a lui si abbassò vicino al suo orecchio. Cercò un segno di assenso da tutti i compagni. Scossi vivacemente la testa quando mi guardò, mi fece l’occhiolino, prendendo un grosso respiro. Trattenni aria nei polmoni per tutto il tempo: il moro lanciò un urlo pazzesco all’orecchio del biondo che svegliandosi di scatto, si tirò su a sedere. Con un movimento veloce Harry gli diede una cuscinata, facendolo ritornare stordito steso di nuovo. Liam premette il grilletto e un piccola quantità d’acqua cadde sul cavallo dei pantaloni di Niall. Scoppiarono tutti a ridere di gusto, Harry cadde quasi sul pavimento. Louis mi lasciò e si avvicinò a Liam, reggendosi tra le risate alla sua spalla. Rimasi a fissarli con gli occhi spalancati e un sorriso divertito sulle labbra, si erano organizzati davvero bene. Niall si svegliò completamente, passandosi prima una mano sulla faccia arrossata e poi fece una smorfia guardandosi i pantaloni bagnati.
Iniziò a imprecare con parolacce di cui nemmeno sapevo l’esistenza, chiamando i ragazzi in tutti i nomi possibili. Quelli ridevano e ridevano, Louis dovette perfino tenersi le parti basse con una mano per non farsela addosso dal troppo ridere. Liam e Zayn avevano le lacrime agli occhi, mentre Harry piangeva direttamente, facendo cadere il cuscino a suoi piedi. Il biondo li cacciò malamente dalla cabina, urlando come un matto. Chiuse la porta con un colpo secco e sentii girare perfino la chiave.
Mi avvicinai titubante, scansando qualche residuo di pizza e la pistola ad acqua.
Alzò lo sguardo quando con le mie calze entrai nel suo campo visivo. Dal suo sguardo furioso ebbi paura che fosse arrabbiato anche con me. Mi sorrise un po’ tirato, controllando di nuovo i pantaloni. Avvampai quando feci cadere anche io lo sguardo, spostandolo poi velocemente sui suoi piedi. Misi i miei fra i suoi, prendendogli entrambe le mani. Alzandomi leggermente sulle punte, gli stampai un piccolo bacio sulla mascella, facendolo sospirare.

- Scusa, sicuramente avranno svegliato anche te. – disse piano. Ignorai le sue parole, infilando la testa nell’incavo del suo collo. Tolse le dita dalle mie, stringendo poi il bordo della mia maglietta. Quell’abbraccio non aveva senso, non riuscivo a capire perché avessi il cuore che mi rimbombava nelle orecchie a un ritmo veloce e irregolare. Mi staccai imbarazzata, iniziando a sistemare un po’ il casino che avevamo fatto la sera precedente.
Mentre buttavo le croste e le posate usate nel cartone vuoto dell’enorme pizza ormai scomparsa per sempre, sentii bussare alla porta. Mi voltai verso Niall, che guardò la porta che dava all’altra cabina con un sopracciglio alzato. Questa si aprii leggermente, scricchiolando un po’. Vidi una chioma riccia spuntare dal pavimento, sopra di lui a turno quella di Liam, Zayn e Louis. Per nessun motivo particolare scoppiai a ridere di gusto, cadendo sulla poltrona dietro di me. Il biondo li fulminò con lo sguardo, continuando a sistemare il letto e lo zaino.
- Dai Niall! Era uno scherzo! – lo pregò Zayn.
- Uno scherzo di pessimo gusto.
- Avanti! Non è il primo!
- E non sarà l'ultimo.

- Ti amo Nialler.
- Io no.
- Come sei antipatico, ketchup.

- Mi avete rovinato il buon umore. – mi sentii di troppo in quella discussione tra migliori amici. Cercai velocemente le Vans e le tirai fuori da sotto la poltrona. Le incalzai velocemente, riprendendo il mio cellulare.
- Dove stai andando? – chiese improvvisamente la voce dell’irlandese. Sciolsi la coda e sistemai con le dita i capelli, infilando il telefono in tasca. Mi girai mettendo l’elastico al polso, trovando cinque paia di occhi a fissarmi.
- Oh – me ne uscii. Niall mi guardò curioso. – Vado nella mia cabina.
Venni bloccata per un polso dalla mano del biondo che mi guardava dispiaciuto.
- Resta. – fulminò i ragazzi con lo sguardo. – Dopo scendiamo tutti insieme a Marsiglia.
- In realtà si può già scendere. – ci fece notare Liam. Presi subito il cellulare, guardando l’orologio: 09.34. Evidentemente eravamo arrivati stamattina presto e eravamo già nel porto. Non sapevo cosa c’era in programma nel pomeriggio. Ripensandoci non avevo programmi nemmeno per i prossimi giorni. Fortunatamente gli zii non erano poi così tanto protettivi, se non zia Lucia. Erano tutti stati giovani come me e a quanto pare ne combinavano anche di tutti i colori.
- Scendi con noi? – mi chiese con un ampio sorriso Louis, ancora sdraiato sopra Zayn. Aprii la bocca per rispondere ma i due si misero a bisticciare sul fatto che uno stava schiacciando l’altro. Pochi secondi e si ritrovarono tutti e quattro per terra. Harry che imprecava perché era sotto di tutti, Liam perché aveva picchiato il naso sulla moquette, Zayn e Louis continuarono a incolparsi a vicenda, facendo a pugni giocosamente. Guardai Niall che ricambiò, scoppiammo tutti a ridere, divertiti dalla situazione.
- Non lo so … Cosa volete fare? – chiesi all’ammasso di corpi che lentamente si stava sistemando. Harry si passò una mano nei capelli, si pulì i pantaloni e venne verso di me, circondandomi con un braccio le spalle. Avvampai, irrigidendomi sul posto.
- Quello che vuoi tu baby. – ammiccò dalla mia parte. Sentii un grugnito e tutti i ragazzi ci stavano guardando. Cercai di diminuire l’imbarazzo spostando il mio sguardo sui piedi, facendoli giocare tra loro. Un colpo di tosse mi fece girare verso il biondo. Questo si passò una mano nei capelli, nervoso.
- Ti va di fare un giro? – chiese. Sorrisi, guardando i ragazzi alla mia sinistra. Zayn ancora si sistemava, ma Liam annuì con un alzata di spalle. – Ehm … - mi girai di nuovo verso di lui, trovandolo ancora più nervoso di prima. – Solo io e te.
Raggiunsi livelli di imbarazzo che non credevo possibili. Contemporaneamente mi sentii quasi volare, il mio corpo sembrava più leggero, sollevato. Non riuscivo a collegare il cervello. Cosa stava succedendo? Sorrisi come un ebete, mentre mi facevo già filmini mentali sulle prossime ore. Harry abbassò il braccio, dandomi qualche pacca sulla schiena, vidi Louis tirare gomitate, nella pancia di Zayn, che continuava a sussurragli che aveva sentito anche lui. Liam mi alzò i pollici, facendomi un occhiolino.
- Si, ma certo. – risposi a Niall. Sembrò riprendere un po’ di colore, respirando qualche volta profondamente. Dopo quelle mie parole i ragazzi iniziarono a esultare, andandosi a complimentare con lui. Risi ancora rossa in viso: non avevo mai immaginato nulla del genere.

Approfittai di quel momento di distrazione da parte loro per sgattaiolare via, girando la chiave nella porta per poi chiudermela alle spalle. Rimasi qualche secondo fuori per cercare di orientarmi, camminando poi velocemente per i piani inferiori. Non feci nemmeno in tempo ad arrivare alla mia cabina che il mio cellulare iniziò a suonare. Lessi il nome di Niall con un sorriso, ma chiusi la chiamata, affrettandomi. Salutai malamente mia zia che stava giocando con la piccola Sara, cercando qualcosa da mettermi.
- Com’è andata? – non aspettò nemmeno la mia risposta che incominciò a parlare a raffica, tipico di zia Claudia. – Sai quando questo Niall ci ha questo se potevi passare la serata con lui mi sono un po’ spaventata. – presi un paio di jeans, spogliandomi. - Ma poi Sara mi ha fatto vedere una sua foto, vero amore?! – chiese alla bambina, questa la ignorò proprio come la sottoscritta, continuando a colorare su un foglio. – Però è stato davvero gentile, anche Mario ovviamente. Spero sia stato gentile con te. – indecisa presi una maglietta dell’Hard Rock a caso. – Sai mi sta simpatico questo ragazzo. Spero facciate amicizia, no aspetta, ovvio che siete già amici. Ma … Cosa stai facendo? – mi girai verso di lei, finendo di infilarmi la maglietta.
- Vestendo, mi sembra ovvio. – le risposi. Presi il portafoglio e lo misi nello stesso zainetto del giorno prima.
- Marta, fuori piove. – mi voltai di scatto verso di lei e poi verso la finestra, delusa. Non mi ero nemmeno resa conto che le luci erano accese e che fuori sembrava fosse pomeriggio inoltrato. Una vibrazione mi segnalò l’arrivo di un messaggio. “Ti aspettiamo sul ponte”, due secondi dopo me ne arrivò un altro, sempre da Niall: “e siamo già qui quindi muoviti”. Urlai qualcosa senso un senso, mentre mi toglievo la maglietta. Tolsi velocemente anche i jeans, prendendo il paio di leggins neri già utilizzati ma ancora puliti. Presi poi un pesante maglione di lana largo quasi il doppio di me a righe grigie, rosse e blu, infilandolo malamente. Misi le scarpe saltellando mentre mia zia continuava a parlare e indossai velocemente gli occhiali, lasciati dal pomeriggio prima sul comodino.
- Vado con Niall e gli altri giù a Marsiglia, ho il cellulare, portafoglio e chiavi della cabina. Ci vediamo a pranzo! – uscii dalla stanza urlando, correndo poi verso il ponte. Risposi di scatto al telefono, che stava squillando di nuovo.
- Dove sei? – mi chiese la sua voce. Sorrisi istantaneamente.
- Sto arrivando. – dissi, continuando a guardarmi intorno per non perdermi. Nonostante non ci dicemmo nulla, continuammo la chiamata fino a che non arrivai all’aria aperta. Ogni tanto rispondeva a qualche domanda da parte di qualcuno della crew o dei ragazzi ma stava aspettando me. Imprecai quando il freddo improvviso non mi penetrò anche nelle ossa. Lo sapevo che andava a finire così, quando dovevo uscire io c’era sempre brutto tempo. Mia zia si sbagliava, non pioveva, o almeno non in quel momento, ma avrei scommesso che aveva piovuto durante la notte perché il parquet era leggermente bagnato. Niall scoppiò a ridere, chiudendomi poi il telefono in faccia. Indignata lo portai davanti al viso, vedendo la mia home quel mese color pesca.
- Buh! - Saltai sul posto lanciando un grido di terrore quando il biondo mi urlò nell’orecchio.
Mi girai ancora con il cuore a mille, mentre lui se la rideva. Lo colpii sul petto, fintamente arrabbiata, stingendomi poi nel mio maglione, cercando un po’ di calore. Niall vedendomi così, passò le sue mani sulle le mie braccia un paio di volte, scaldandomi un poco. Si era cambiato, anche lui indossava qualcosa di pesante. Ci chiamarono a scendere, così lo ringraziai con un sorriso, camminando poi accanto a lui. Salutai qualcuno fra la crew, continuando a portare dietro l’orecchio quella ciocca di capelli che il vento mandava costantemente avanti.
 
Marsiglia era bellissima. Quegli appartamenti all’apparenza tutti uguali contenevano tutti storie diverse e ti portavano a camminare a testa alta, lo sguardo voltato verso di loro. Tanti colori, tanta gente, Marsiglia aveva una bellezza unica. Me ne stavo incantata mentre man mano che ci inoltravamo per il centro, il gruppo si divideva, dandosi appuntamento per qualche ora dopo nel porto. Senza che me ne accorgessi rimanemmo solo io, Niall e una guardia del corpo che aveva preferito seguirci, in caso avessimo incontrato paparazzi o fans. Era un uomo silenzioso, non si intrometteva negli affari degli altri, perciò era come se ci fossimo solo io e lui. La tensione si fece sentire sin da subito, ma provammo ad affrontarla.

- Non mi hai ancora detto perché sei scappata prima. – mi guardò con la coda dell’occhio, continuando a camminare con le mani in tasca. Mi presi qualche secondo per osservarlo mentre pensavo alle parole giuste per rispondergli.
- Dovevo cambiarmi e tu eri con i ragazzi. – guardai l’asfalto sotto di noi, umido, come sulla nave. Evidentemente non c’era proprio bel tempo in quella zona.
- Cosa ti va di fare? – si fermò. Mi bloccai anche io, guardandomi un attimo intorno. Lui mi aveva invitata a fare un giro, ma non avevo idea di cosa volevo fare o dove voleva andare ero però sicura che se ci fosse stato lui, avrei potuto anche scalare l’Everest. Che pensieri ti fai, Marta?
- Non lo so, mi va bene tutto. – mi sorrise, mentre mi invitò a fermarci in un piccolo bar. Il body-guard ci seguì, accomodandosi però a qualche tavolo più in là. Visto il tempo fuori, ordinammo una cioccolata calda, la mia prima della stagione.
Dopo un primo momento di imbarazzo, cominciammo a chiacchierare normalmente, proprio come la sera prima. Cercai di parlare di più, quella volta. Mi sforzai di non risultare impacciata mentre raccontavo di me, non era una cosa che facevo spesso.
- No! Vuol dire che non hai nemmeno preso i biglietti per l’anno prossimo? – non ricordo come fossimo caduti sull’argomento One Direction ma fatto sta che dovetti raccontargli della mia esperienza da fan, che purtroppo non aveva neppure provato a comprare i biglietti né per quell’anno né per l’anno che non era lontano.
Scossi la testa, ridendo, finendo con un ultimo sorso la mia tazza bollente di cioccolata, appannando leggermente le lenti.
- Altre Directioners meritano di andare a quel concerto. – mi guardò, come se avessi bestemmiato. - Guardami! Io sto parlando con Niall Horan! Posso morire felice! – scherzai. In realtà il fatto che non li avessi mai sentiti cantare dal vivo mi pesava, ma nonostante questo ero contenta, davvero contenta. Lui rise, sistemandosi i capelli con una mano.
Mentre finiva la sua cioccolata mi guardai intorno, sentendomi improvvisamente altamente osservata. Spalancai gli occhi quando trovai una piccola folla fuori dal locale, premuta contro il vetro. Non l’avevo né notata né sentita, era davvero possibile? Senza distogliere lo sguardo dalle ragazze che mi guardavano in tutti i modi, chi felice, chi meno, allungai una mano verso quella di Niall. La presi, scuotendola leggermente. Il biondo smise di bere, lo vidi con la coda dell’occhio togliersi i residui di cioccolata dalle labbra con la lingua, prima di alzare lo sguardo verso di me. Continuai a scuotere la sua mano, leggermente agitata. Non volevo creare casini tra lui e le loro fans, era davvero l’ultima cosa che volevo. Si alzò, venendo dietro di me. Si abbassò, poggiando il mento sulla mia spalla. Mi girai di scatto, trovandomi il suo viso a una distanza mai raggiunta. Non resistetti nel fissargli le labbra per qualche secondo, mentre lui mi indicava le ragazze fuori. Mi girai di nuovo verso di loro, lasciando che si appoggiasse a me.
- Ti da fastidio? – mi chiese, voltando leggermente il viso verso il mio, superando tutti i miei limiti. Scossi la testa, sorridendogli sincera.
- Forse vorrebbero salutarti. – sussurrai, portando le mie labbra vicino al suo orecchio. Vidi sul suo collo la pelle d’oca, domandandomi se aveva freddo anche lì.
- Andiamo. – disse, prendendo il suo giubbotto e passandomi il suo cappello. Non avevo notato che lo portava prima, forse troppo presa da altro. Alzai un sopracciglio, mentre lui faceva segno al body-guard di alzarsi. Con una risatina mi disse che potevo metterlo, mentre lo vidi dirigersi verso la cassa, probabilmente per pagare il conto. Al momento non mi preoccupai del fatto che stesse pagando anche per me, ma del fatto che avevo il suo cappello fra le mani. Era un normalissimo cappello ovviamente, seppur di marca non aveva nulla di particolare, ma sapevo odorava del suo shampoo ed ero curiosa di sapere a che sapore era. Marta! Che cazzo stai dicendo!?
Dopo essermi vestita, lo affiancai alla cassa, dando la schiena all’uscita. Potei sospirare e deglutire la tensione senza essere vista. Mi incantai su una rientranza nel bancone davanti a me, così Niall mi passò una mano davanti, divertito. Mi scusai con un sorriso, avviandoci poi verso la porta. Mentre il body-guard passava davanti a noi, notai il cellulare del biondo nella sua tasca dei pantaloni. Glielo rubai velocemente, avvampando quando si girò sorpreso verso di me. Illuminai lo schermo per qualche secondo, notando che eravamo anche in perfetto orario con l’orario di ritrovo. Nello stesso modo in cui glielo presi, lo rimisi nella sua tasca, mentre lui continuava a fissarmi con un sopracciglio alzato e un sorrisino sulle labbra.
Quando sorpassai la soglia del bar, sentii una strana consapevolezza colpirmi: osservai Niall mentre dedicava un po’ del suo tempo alle fan. Indossai il suo cappello, premendolo per bene sulla mia testa. Da quanti giorni ero su quella nave? Circa quattro. Lo stesso numero di giorni da quando avevo incontrato Niall. Non avevo mai provato una cosa del genere, guardandolo, dal vivo, davanti a me, non avevo mai provato quello che provavo in quel momento. Non ero soltanto felice, non era soltanto così che volevo restare, non avevo solo bisogno di lui, non ero solo fiera di lui, io sentivo di appartenergli, sentivo per lui quella che al tempo chiamavo cotta adolescenziale.
Si, ero davvero cotta di Niall James Horan.








Buon Carnevale bella gente :)
Ho due news :
  • Volevo avvisarvi che sto lavorando personalmente al trailer che spero di finire presto. Avrei bisogno di consigli, di qualsiasi tipo. Insomma, come vorreste che fosse?
  • Vorrei poter aggiornare con una certa regolarità. Quando preferite che posti? Ogni tot giorni oppure una volta alla settimana? ... Non so, ditemi voi
Io qui ho finito, spero di non avervi annoiato troppo e spero mi rispondiate.
Potete trovarmi per dubbi, problemi o semplicemente per parlare qui su EFP oppure su
Twittah
Grazie mille per tutto
A presto!
xx


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Capitolo 7
*** Cap. VII ***






 
Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 



Richiusi la porta del bagno, buttandomi poi sul letto di schiena.
- Noi allora andiamo nel centro benessere. – mi annunciò per l’ennesima volta zia Lucia. Annuii, tenendo gli occhi chiusi. Sentivo un leggero mal di testa, provocato ovviamente da tutte quelle chiacchiere inutili che le mie zie dovevano fare durante il pranzo.
- Sei sicura di non voler venire con noi? – chiese zio Giulio. Sbuffai infastidita.
- Si zio, sicurissima. –insistevano perché si sarebbero presentati anche altri loro amici conosciuti sull’imbarcazione, tra cui il famoso Mario, che avevo scoperto essere l’uomo che aveva aiutato Niall a farsi capire dai miei parenti.
- Va bene, allora noi andiamo. Fai la brava. – evitai di protestare ancora su questo punto. Per loro sarei stata sempre una bambina. Dopo varie e solite raccomandazioni mi lasciarono finalmente da sola. Presi l’Ipod dallo zaino, infilandomi le cuffiette nelle orecchie. Mi collegai alla rete Wi-Fi, accedendo a Youtube. Mi guardai giusto un paio di video delle mie Youtubers preferite, per poi mettere in ripetizione il nuovo album delle Little Mix.
Spesso, quando i miei compagni venivano a sapere che ascoltavo la maggior parte del tempo musica commerciale, mi guardavano schifati, ma non mi importava, avevo imparato a ignorarli e loro avevano imparato a ignorare me. Mancò davvero poco che non mi addormentassi lì, su quel letto, alle due del pomeriggio. Riuscii a sentire alcuni colpi alla porta nonostante il volume relativamente alto, lo abbassai subito. Non mi preoccupai nemmeno delle mie condizioni, andando ad aprire e poi ritornando stesa sul letto. Aprii gli occhi solo quando sentii il materasso muoversi, qualche secondo dopo. Sorrisi a Niall, mettendo in pausa la canzone. Si sporse verso di me: richiusi gli occhi mentre le sue labbra incontrarono la mia guancia accaldata.
- Non avevi detto che eri impegnato questo pomeriggio? – gli chiesi, girando la testa verso di lui. Infilò una mano sotto il collo, guardando il soffitto.
- Abbiamo rimandato: piove. – mi girai verso la finestra, notando il cielo nero. – Che facciamo? – trattenni una risata, ricordandomi che Niall era un ragazzo attivo e da tenere impegnato.
- Se piove non voglio uscire. – dichiarai. Non volevo ammalarmi proprio in quei undici giorni di libertà. Da quando hai cambiato opinione su questo viaggio, Marta? Il biondo annuì, aggrottando la fronte.
- Non ho voglia di andare alle piscine. – non c’avevo nemmeno pensato, meglio così. – Non ho nemmeno voglia di guardare un film.
- Ok. – mi adeguai. Non che avessi voglia di vedere la televisione. Sospirò.
- Sinceramente non ho voglia di fare niente. – disse alla fine. Sorrisi, tornando a guardarlo.
 -E allora non facciamo niente. – lo accontentai. Ogni tanto ritenevo necessari dei momenti di relax, di silenzio. Non credevo fosse possibile con un individuo come Niall ma dovetti ricredermi, anche al folletto dell’Irlanda serviva ricaricare le batterie.
Restammo in silenzio per un po’, ognuno nei suoi pensieri. Smanettò qualche minuto con il suo cellulare, per poi metterlo da parte e chiudere gli occhi. Posai l’iPod e le cuffiette accanto agli occhiali sul comodino, attenta a non fare troppo rumore. Seguivo il suo respiro, osservandolo con la coda dell’occhio. La consapevolezza di provare qualcosa per quel ragazzo era sempre più forte. L’ultima volta che ero stata insieme a qualcuno era stata alle medie, nulla di particolare, la solita storiella di qualche settimana. L’ultima cotta risaliva all’incirca all’inizio delle superiori. Non mi ritenevo fortunata sotto questo punto di vista, non cercavo nessuno in particolare e i ragazzi non cercavano nessuno in particolare in me.
Mi alzai, facendo il giro del letto. Aprendo il primo cassetto del comodino dalla sua parte, tirai fuori il libro, tornando poi sul letto. Mi stesi perpendicolarmente al biondo, poggiando la schiena sulla testiera. Niall teneva ancora gli occhi chiusi, ma non sembrava dormire, sembrava più rilassarsi, come se non lo facesse da tempo. Gli alzai la testa, poggiandola sulle mie cosce: non sapevo se fossero comode oppure meno, ma speravo di si. Incalzai gli occhiali e aprii il libro dove avevo lasciato il segnalibro, infilando l’altra mano nei suoi capelli. Mugolò, sistemandosi sulle mie gambe e avvicinando la testa alla mia mano. Mi fece una tenerezza assurda, così cominciai a passare le dita nella sua chioma bionda.
Un’oretta dopo, Niall dormiva da un pezzo e io ero arrivata già a buon punto con la mia lettura. Sentii una vibrazione e mi sporsi verso il mio comodino. Però non era il mio cellulare. Infatti notai quello del biondo proprio accanto a lui, sulle lenzuola: lo schermo era illuminato da una foto di Zayn piuttosto buffa, accompagnato dalla scritta ‘Zay. Lo presi, indecisa sul da farsi. Feci passare lo sguardo tra Niall e il cellulare più volte, decidendo poi di rispondere per lui.

- Pronto?! – sussurrai. Sentii uno strano silenzio dall’altra parte, controllai perfino se non avessi chiuso la chiamata invece di aprirla.
- Martha? – chiese Zayn dall’altra parte. Guardai di nuovo il biondo, continuando a far passare la mia mano fra i suoi capelli.
- Si. – risposi lievemente. Sentii il bisogno di spiegargli perché avessi risposto io. – Sta dormendo. – sembrai rispondere a una sua domanda silenziosa perché sospirò di sollievo.
- Ok, allora poi gli potresti dire che per stasera è tutto ok?mi chiesi più volte cosa intendesse, poiché non sapevo che Niall dovesse fare qualcosa di importante stasera.
- Si, certo. – dissi titubante. Mi ringraziò. – Scusa se ho risposto io.
- Figurati. Anzi, grazie. Ci vediamo. – non capii pienamente il senso di quel grazie, ma non lo potei sapere perché chiuse subito dopo, lasciandomi con il dubbio.
Fissai il ragazzo per un tempo indefinito, studiando attentamente il suo volto e il suo corpo. Ripresi a leggere quando la mia mente mi impose di distogliere lo sguardo. Dovetti aspettare per un altro po’ prima che si svegliasse.
- Ciao. – mi salutò con voce roca e bassa, passandosi il braccio sugli occhi. Gli sorrisi, accarezzando la sua testa con la mano. Sorrise anche lui, guardandomi dal basso. – Tu e le tuo coccole, mi avete fatto rilassare alla grande. – avvampai, facendolo ridacchiare.
- Ha chiamato Zayn. – feci una smorfia, aspettando una ramanzina sul fatto che avessi risposto al posto suo, ramanzina che non arrivò. Sembrò pensarci su, chiedendomi poi cosa avesse detto. Riportai le sue esatte parole e vidi il suo viso illuminarsi. Si tirò su a sedere di scatto, girandosi verso di me.
- Hai impegni stasera? – alzai un sopracciglio. Scossi la testa, era ovvio che non ne avevo. Mi sorrise ancora di più, facendo aumentare a mille la mia curiosità. – Allora dopo cena vieni con me. Questa volta prometto che saremo a letto entro mezzanotte.
Annuii, stendendo mentalmente una possibile lista di cosa che avremmo potuto fare. Mi aveva invitata, di nuovo. Allora anche quello di qualche ora prima era un appuntamento? Cosa dovevo aspettarmi? Dio solo sapeva quanto quel ragazzo mi mandasse in crisi: cosa avrei dovuto indossare?
Gli chiesi per distrarmi di raccontarmi del tour. Perdemmo un'ora su questo argomento, ma Niall sembrò non stancarsi mai. Era davvero contento, si capiva dal suo sorriso stampato in volto mentre ne parlava, i termini e gli aggettivi che usava. Ci divertimmo a commentare le sue foto sul telefono, passando così tutto il tempo che ci rimaneva per quel pomeriggio. Poco prima del tramonto lo accompagnai alla porta, salutandolo. Mi lasciò con molti punti di domanda in testa, un bacio sulla guancia e una frase: ‘vestiti elegante’. Andai in panico, correndo a farmi una doccia, imprecando ogni minuto contro il mio ciclo. Mancava tanto, poiché prima dovevo mangiare, ma usai tutto quel tempo in più per organizzarmi al meglio: preparai uno dei pochi vestiti che mia mamma mi aveva costretto a mettere dentro la valigia, poggiandoci vicino le Vans. Non avevo intenzione di mettermi né tacchi né niente di troppo elegante. Ero fatta così, preferivo cose comode e alla mano.
Tutto il ristorante si girò verso di me quando entrai in tuta e con i capelli ancora bagnati. Cercai di contenere il mio imbarazzo senza molto successo. Le mie zie erano probabilmente più agitate loro di me per quella sera. Sara mi chiese più volte se poteva venire anche lei, ma non sapevo nemmeno io dove saremmo andati, perciò dovetti spiegarle che non potevo portarla con me. I miei zii continuarono per tutta la cena a parlare della loro adolescenza e dei loro amici sulla nave. Se il mal di testa mi era passato il pomeriggio, avevo paura potesse ritornarmi presto.
Zia Claudia mi guardò male quando sotto al vestito floreale, misi le scarpe che avevo preparato. La fulminai con lo sguardo e alzò le mani in segno di resa, mentre mi seguiva perfino in bagno.

- Non c’è bisogno che mi stai appiccicata zia, non ho intenzione di truccarmi troppo. – le dissi, guardandola un po’ male dallo specchio. Per la prima volta in vita mia, stette zitta, facendomi segno di continuare come se lei non ci fosse.
Come avevo detto, non mi truccai tanto, leggermente più del solito, ma niente di esagerato. Asciugai i capelli in trecce, lasciando così un effetto ondulato almeno sulle punte. Non osai indossare gli occhiali quella sera, anche se probabilmente mi sarebbero serviti. La mia autostima non era proprio il massimo e quelli stupidi affari non mi aiutavano affatto. Sistemai il grande fiocco sulla parte davanti del vestito, chiedendomi se non avevo osato troppo. Mia zia mi spinse al petto la borsetta rosa che avevo preparato tempo prima, per poi cacciandomi letteralmente fuori dalla cabina.
Rimasi a fissare la superficie della porta chiusa per qualche secondo. Ero quasi sicura che fosse ubriaca. Mi incamminai ridendo verso il piano dei ragazzi. Non sapevo nemmeno che ore erano, sperai di non essere in ritardo. Ricevetti qualche occhiata maliziosa da alcuni camerieri, che ignorai palesemente, insultandoli in silenzio. Bussai alla sua porta, sistemandomi il vestito con una mano.

- Wow. – sentii. Alzai subito lo sguardo, trovando il riccio davanti a me. – Non sai quanto vorrei essere Niall in questo momento. – Non seppi se ridere oppure no, così gli sorrisi, imbarazzata da quello che la mia mente aveva percepito come un complimento. Alcune voci all’interno della stanza, si avvicinarono. Notai alcuni della crew dietro di lui, che alzarono la mano in segno di saluto. Sorrisi a tutti, mentre Harry mi fissava. Lo fissai anche io, con un sopracciglio alzato. Cosa dovevo fare? – Guarda che hai sbagliato cabina. – disse alla fine. Spalancai gli occhi, controllando il numero sulla porta. Non mi picchiai da sola per non sembrare più stupida di quanto mi ero dimostrata. Avevo sbagliato perfino di tanto, beccando per culo quella di Styles. Scoppiò a ridere alla mia faccia sconvolta mentre il mio cervello immaginava la prossima figura di merda.
Due porte più in là, un ragazzo uscì di schiena, sistemando la giacca a un altro ragazzo che lo seguì pochi passi indietro. Mi diedi di nuovo della stupida quando Liam e Niall ci notarono, ovviamente sorpresi. Harry urlò qualcosa dentro la cabina, chiudendo la porta dietro di sé. Mi mise una mano alla base della schiena, spingendomi verso di loro. Quando incrociai lo sguardo del biondo, mi incantai sui suoi occhi che nonostante avessi visto poche ore prima, mi sembravano già diversi e più luminosi. Indossava una semplice maglietta bianca e una giacca nera stile college. Lo vedevo come un Dio e me ne rendevo conto, cercando di controllarmi.
- Scusate. – mi rivolsi un po’ a tutti. Ero in anticipo, avevo sbagliato cabina e avevo alterato un possibile piano del biondo. Liam mi sorrise, squadrandomi dalla testa ai piedi. Mi sentii avvampare quando mi fece un occhiolino troppo sfacciato per i miei gusti.
- Sei stupenda. – si complimentò. Gli sorrisi mentre Harold rise piano accanto a me.
- Allora io vado, vedi di non perderti. – inaspettatamente mi salutò con un bacio sulla guancia, voltandosi poi per tornare nella sua cabina.
Sentivo lo sguardo di Niall bruciarmi sulla pelle, ma nonostante questo mi piaceva, mi piaceva avere il suo sguardo su me, come se il suo, fosse il giudizio più importante di tutti. Liam mi lasciò un bacio sulla fronte, augurandoci buona serata. Tremai quando Niall fece qualche passo verso me, accarezzandomi i capelli.
- Non ho parole davvero. – non mi importava, il suo sguardo parlava per lui e le attenzioni che mi regalava mi facevano sentire sempre bella.
Mi guidò verso la fine del corridoio, quando sentimmo un urlo. Ci girammo quasi in simultanea, vedendo Louis spalancare la porta della sua cabina e affacciarsi verso il corridoio. Alzai un sopracciglio divertita quando ci cercò con lo sguardo.
- Andiamo. – mi sussurrò all’orecchio il biondo. Annuii, continuando a osservare il moro che da lontano mi guardava ridacchiando. Tirò su due pollici e io mi girai sorridendo.
- Niente cose sconce! – sentimmo urlare da dietro di noi. Avvampai, mentre il biondo poggiandomi una mano sul fianco, scoppiò a ridere. Se avessi avuto più coraggio, sarei tornata indietro e avrei tirato un bello schiaffo sul coppino di Louis, invece l’unica cosa che sarei riuscita a fare in quello momento sarebbe stata correre via, ma ne avevo nessuna intenzione.
Scendemmo di qualche piano e incontrammo parecchie coppie di tutte le età, vestiti anche loro eleganti, dirigersi verso dove ci stavamo dirigendo noi. Quando mi apparve una targhetta con scritto ‘Royal Court Theatre’ capii che mi stava portando a vedere un’opera o uno spettacolo. Non ero mai andata a niente del genere, una volta andai a vedere un musical di Grease, ma niente superava il film. Gli sorrisi sincera, mentre dava il suo cognome a un addetto. Questo ci accompagnò gentilmente verso un palco non troppo lontano dal palcoscenico. Mi sedetti comoda su una delle due poltrone rivestite da un tessuto color oro, aspettando che Niall facesse altrettanto. Appena il cameriere, dopo averci offerto un bicchiere di vino, se ne andò, chiudendo la porta, lanciai la borsa da qualche parte, affacciandomi sulla platea. La gente pian piano, prendeva posto, popolando la sala. Il biondo rise alla mia reazione, mi girai ancora esaltata, saltellando sul posto. Poggiò la mia borsetta sulla poltrona, raggiungendomi.
- Ti piace? – lo abbracciai di scatto, facendolo traballare. Mi accarezzò un paio di volte la schiena mentre io mi inebriavo del suo profumo. Ci sedemmo di nuovo, imitando i baroni del XX secolo. Risi alla sua perfetta imitazione di un applauso seguito da un verso e un’espressione di sufficienza verso la popolazione sotto di noi.
- Cosa guardiamo? – chiesi, notando che anche il palco accanto al nostro era occupato da una coppia di uomini in giacca e cravatta che parlavano tranquillamente in una lingua che non riuscivo a riconoscere.
- Romeo e Giulietta. – mi voltai immediatamente verso di lui, rimanendo piacevolmente sorpresa.
- In inglese? – lui annuì, piegando la testa di lato. – Spero di capire tutto. – si lasciò andare in una risata, inclinandosi sulla pancia. Adoravo quando rideva, non avrei mai smesso di ripeterlo.
- Ti sottovaluti troppo. – mi guardò dritta negli occhi e sentii il mio cuore fermarsi per un attimo, per poi continuare a battere. Si avvicinò a me, sedendosi sulla punta della sedia. Quando si passò la lingua sulle labbra, involontariamente lo feci anche io e lui se ne accorse, facendo un sorrisino. – Sei la cosa più bella che abbia mai visto. – sussurrò.
Faticai a sentirlo, troppo presa dai suoi occhi e dalle sue labbra. Mi sentivo bruciare e sentivo bruciare anche lo stomaco, con un’insensata voglia di assaporare quelle labbra in quel esatto momento.
Le luci si spensero, facendo partire un applauso da tutti i presenti. Mi allontanai subito, schiacciandomi sulla poltrona. Tornò seduto composto deglutendo, senza accennare al suo sorriso che illuminava i miei occhi. Le tende rosse si aprirono e un occhio di bue illuminò il centro del palco, dove si trovava probabilmente il presentatore della serata. Felice del numero degli spettatori, presentò l’opera, ma Niall non accennò a sorridere. Quando finì e partì una lieve musica, mi sporsi verso di lui, lasciandogli un lungo bacio sulla guancia. Si girò verso di me di scatto, mentre mi allontanai imbarazzata. Gli angoli della sua bocca si alzarono, i suoi occhi però saettarono subito verso il palco dove lo spettacolo era appena incominciato. Fiera di me, mi sforzai di prestare attenzione alla tragedia, sorridendo.

Sia io che il biondo sorridemmo per tutta la rappresentazione, in completo silenzio. Anche quando Romeo si uccise e Giulietta fece altrettanto, le lacrime caddero sulle mie labbra inclinate verso l’alto. Quel sorriso non accennava a sparire e temetti di perdere la sensibilità delle guance. Niall ridacchiò e mi passò il pollice sotto gli occhi, raccogliendo qualche lacrima. Beato lui che era riuscito a contenersi, ma io ero sempre stata una persona emotiva e tutti i film romantici mi facevano piangere, figurarsi un’opera come Romeo e Giulietta.
Il tempo sembrò volare sentendo la sua presenza accanto a me. A spettacolo finito, mi prese la mano, portandoci fuori dal palchetto. Si fermò qualche volta per salutare qualcuno, ma mi presentava con un sorriso a tutti, non lasciando la mia mano. Mi accompagnò davanti alla mia cabina, dove sapevo dovevamo lasciarci. Il mio sorriso si spense, mentre vedevo la fine di quella serata sempre più vicina.

- Grazie per tutto Niall. – lo ringraziai, fissandolo negli occhi. Sorrise, alzando una mano. La poggiò sul mio viso, accarezzandolo poi con due dita.
- Grazie a te. – sussurrò, seguendo con lo sguardo le sue stesse dita.
Continuò per poco, ma poi improvvisamente si fermò, sospirando. Lo guardai preoccupata, mentre i suoi occhi mi trasmettevano troppa tristezza per appartenere agli occhi di un ragazzo d’oro come lui.
- So che ci conosciamo da quattro giorni Martha. – pregai che non affrontasse quell’argomento finché non prese parola. Avevo paura di quello che mi avrebbe detto, perché lui mi piaceva e non volevo ignorare tutto quello che provavo per lui. – So anche che fra sette giorni questa crociera finirà. – repressi tutta la tristezza e le lacrime, cercando di mostrarmi forte davanti alla difficoltà. Non smisi di guardarlo negli occhi nemmeno per un secondo, nemmeno quando mi prese una mano fra le sue, giocherellando fra le dita, togliendo il suo sguardo dal mio. – Ma sappi che non mi sei indifferente Martha, per niente.
Trattenni il respiro più che potevo, cercando di fermare il tempo in quel momento. Niall Horan aveva appena detto quello che speravo mi dicesse da quando avevo incontrato i suoi occhi la prima volta. Il mio cervello esplose di felicità, facendomi tremare.
- Anche tu Niall. Anche io provo qualcosa per te. -  mi guardò quasi sorpreso dalle mie parole, anche se era esattamente il contrario. Quella volta il suo sorriso sembrò illuminare tutta la mia notte, tutto il mio buio. Scossi la testa, abbassando lo sguardo sulle sue mani. – Non voglio pensare a quando finirà. Non farlo nemmeno tu.
Non era un impegno quello che stavamo per prenderci, non era una promessa o un giuramento. Era voglia di provarci, entrambi volevamo vedere come le cose si sarebbero evolute, senza pensare a quello che sarebbe successo dopo. Esattamente sette giorni per farlo sentire bene, proprio come mi sentivo io con lui.
Mi alzò il viso prendendo delicatamente il mio mento fra le dita. Si avvicinò un poco, bagnando le labbra. Posai il mio sguardo su di loro, mentre il suo viso si avvicinava al mio. Mi fece indietreggiare, finché la mia schiena non incontrò il muro accanto alla porta della mia stanza. Presi fra i denti il mio labbro inferiore, cercando di non pensare a niente che non fossero le sue labbra. Quando il suo naso toccò il mio, i miei occhi si chiusero e la mia bocca si schiuse, in cerca d’aria. Sentivo lo stomaco contorcersi, il cuore battere a mille e il sudore sui polpastrelli delle dita. Non potevo credere che Niall potesse farmi provare tutto ciò. Credetti di poter cadere a terra, incapace di sostenere il mio stesso peso, quando la porta della cabina si aprì piano. Aprii gli occhi, notando quelli di Niall chiusi. Fu questione di attimi: una vocina chiamò il mio nome, cogliendomi alla sprovvista. Girai la testa proprio quando il biondo decise di azzerare le distanze. Le sue labbra si richiusero sull’angolo della mia bocca, facendo scoppiare il mio cuore.
Guardai sofferente mia cugina, che mezza addormentata se ne stava sulla soglia della porta come se nulla fosse successo. Sentii Niall sospirare, spostando la testa vicino alla mia e poggiando con un leggero colpo la fronte al muro.

- Adesso arrivo piccola, aspettami dentro. – Sara annuì, trascinando i suoi piedini e la sua barbie all’interno della cabina.
I nostri respiri erano irregolari e sentivo i suoi capelli sfiorarmi l’orecchio.
- Mi dispiace. – cercai di scusarmi. Sarebbe successo, Niall mi avrebbe baciato se non fosse arrivata mia cugina. Il mio corpo si riempii di brividi quando il biondo mi lasciò un dolce bacio sotto il mio orecchio.
Respirai più volte con la bocca, per cercare di controllarmi. Si allontanò di un passo, rosso in viso e portando le braccia dietro la schiena.
- Non fa niente.
Restammo in silenzio imbarazzante finché anche il cellulare di Niall ci interruppe, suonando. Lo tirò fuori dalla tasca, chiudendo la chiamata. Lo rimise a posto guardandomi intensamente. Ricambiai lo sguardo ancora imbarazzata.
- Devo andare. Vieni domani con noi a Barcellona? – annuii, rimasta improvvisamente senza voce. S’incamminò, lasciandomi da sola in quel corridoio. Quando preso un bel respiro, feci per entrare, qualcuno mi fece voltare, posandomi un altro bacio all’angolo della bocca, questa volta più deciso e più centrato. Avvampai, facendolo ridacchiare.
- Buonanotte. – mi augurò, camminando poi all’indietro verso le scale. Si mise le mani in tasca, sorridendomi un’ultima volta.
Entrai in cabina prima che fosse troppo tardi. Un sorrisone mi nacque spontaneo sulle labbra. Mi cambiai velocemente infilandomi tra le coperte: Sara rotolò fino al mio corpo, aggrappandosi a me. Non mi spostai, troppo indifferente a tutto ciò che mi circondava e che non riguardava quel ragazzo. Niall James Horan mi aveva quasi baciato. Le sue soffici labbra si erano appoggiate sulle mie solo in parte, ma mi sentivo come se avessi scoperto come fare a far felici i miei genitori. Nemmeno quel pensiero mi tolse il sorriso, nemmeno pensare ai quei pochi giorni che mi rimanevano da passare con lui.
Avrei dovuto ringraziarlo, perché quella notte, dormii per la prima volta senza sognare nulla, senza che nessuno ostacolo si mettesse tra me e la felicità. L’ultimo mio pensiero fu lui, i suoi occhi, le sue labbra e le sue mani. Come? Com’era possibile tutto quello?



My Corner
Volevo solo farvi sapere che ho deciso di postare appena ho tempo e se ci avete fatto caso, non ne ho molto haha
Spero per voi vada bene :) Fatevi sentire!
xx


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Capitolo 8
*** Cap. VIII ***






 

Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.




Mi posizionai, equilibrando il mio peso su entrambe le gambe, flettendo leggermente le ginocchia. Sgranchii il collo, muovendo anche le braccia. Le mie dita si posizionarono meglio sul grip di ferro del driver, pronta per il colpo. Alzai il bastone, portandolo dietro le mie spalle. Fissai bene la fine del campo e poi appena sotto di me. Cercai di essere più precisa possibile, avanzando leggermente di qualche centimetro. Sentivo il mio stesso respiro rimbombare nelle orecchie, l’ansia al massimo: quella sarebbe stata la resa dei conti. Presi un respiro profondo, spingendo ancora più indietro l’asta.
- Allora vi siete baciati?
La mia concentrazione svanì in meno di un attimo, girando il mio corpo eccessivamente verso sinistra. Fu un miracolo che non caddi a terra insieme al bastone da golf, scivolato dallo spavento dalle mie mani. Seguii subito con lo sguardo la pallina, portando le braccia al petto quando sfiorò una testa bionda. Notai subito Josh girarsi verso di noi con gli occhi sbarrati. Alzai lentamente la mano, scusandomi.
Mi pentii immediatamente di aver accettato l’invito del riccio quella mattina. Harry aveva svegliato sia me che mia cugina, chiamandomi al cellulare. Mi aveva anche intrattenuto con il suo interessantissimo racconto di come era riuscito a rubare il mio numero dal telefono di Niall. Ovviamente ero riuscita a capire ben poco tenendo conto dello stato catatonico in cui mi ero svegliata. Non avevo però potuto rifiutare il suo invito per il campo da golf che la crociera offriva, mi sorpresi quando notai quanto era enorme e attrezzato. Cercai di divertirmi con lui, nonostante stessi pensando ancora alla sera precedente, cosa che a quanto pare stava facendo anche lui, anche dopo tutte quelle partite.
Rise di gusto, riprendendo per me il bastone. Essendo il suo turno, mi spostò con un colpo di anca, mettendosi in posizione. Presi un lungo respiro quando posizionò la pallina bianca ai suoi piedi.

- No. – risposi alla sua domanda. Vidi il suo corpo oscillare, facendo sbagliare la traiettoria della pallina.
Josh si rigirò verso di noi, questa volta arrabbiato, quando anche il colpo di Harry passò vicino al suo capo. Non potei fare a meno di ridere, notando come quella volta fu il turno del riccio di scusarsi con lui. La mia risata si spense quando si girò verso di me, quasi sconvolto.
- Come no? – scossi la testa, cercando di fermare i flashback che la mia mente stava ripercorrendo. Mi sistemai la cerniera della felpa, la coda alta e gli occhiali, prendendo dalla mia borsa lo stesso bastone di prima. – Non ha nemmeno provato?
Mi voltai verso di lui, sentendomi avvampare.
- No no, certo che ha provato! – squittii. Mi guardai attorno, avvicinandomi al riccio. Osservai il biondo dall’altra parte della sala: non c’eravamo rivolti nemmeno una parola, solo qualche sorriso, ogni tanto, ma nulla di più. Avevo paura che si fosse già pentito di quello che era successo. – Siamo stati interrotti. – spiegai, fissando i lacci delle scarpe da ginnastica, ordinatamente legati in due fiocchi. Sentii Harry muoversi nervosamente sul posto e alzai tre dita verso l’alto, sconfitta. – Tre volte.
Il riccio fece un verso di disaccordo. Sorrisi al suo comportamento, sembrava che in un certo senso tifasse per noi. Quale noi Marta?! Non c’è nessun noi!
- Mi dispiace. – mi poggiò una mano sulla spalla. Gli sorrisi sofferente, girando di nuovo la testa verso Niall. I nostri sguardi si incontrarono e balzai sul posto. Ero sicura che i miei occhi esprimessero confusione, perché era proprio quello che provavo in quel momento. Non sapevo più cosa fare, mi sembrava perfino ridicolo.
Finimmo la partita in silenzio, concludendo con una sconfitta più che meritata da parte mia. Il riccio provava a tirarmi su di morale, ripetendomi che ero stata comunque brava, contando che lui si era esercitato molto quando ne aveva le possibilità in tour e che era la mia prima partita. Avevo imparato come si chiamavano i bastoni e qualche tecnica, ma mi sembrava che quella mattina niente andasse come volevo. Le mestruazioni si erano fatte risentire, triplicando tutti i miei stati d’animo e facendomi diventare eccessivamente lunatica.
Camminai verso la reception, dove lasciai il mio borsone a una signora gentilissima, aspettando che Harry tornasse dal bagno. Il mio sguardo incappò su un paio di Nike bianche quasi famigliari, facendomi sollevare lo sguardo. Niall mi fissò per qualche secondo, giocherellando con le dita delle mani. Deglutii a vuoto, cercando di non fare caso al mio stomaco chiuso.

- Ciao – mi salutò. Ricambiai, cercando di capire dove volesse arrivare. Più volte lo vidi aprire e chiudere la bocca, senza emettere suono. Non sapevo cosa fare per incoraggiarlo a parlare, così feci passare quei secondi, sperando che non fosse arrabbiato con me per qualcosa.
Quando dopo quelli che mi sembrarono ore, sbuffò, facendomi capire che non riusciva a continuare, mi feci coraggio. – Ho fatto qualcosa? – alzò di scatto gli occhi verso i miei, affondandoli nel suo mare azzurro. – Mi hai ignorato tutta la mattina. – gli feci notare. L’ansia mi fece bloccare sul posto, quando lui si avvicinò velocemente a me, poggiando le sue mani sui miei avambracci e abbassandosi verso il mio viso.
- Assolutamente no Martha è che … - si morse il labbro, facendo passare una mano nel ciuffo quel giorno lasciato cadere sulla fronte. – Ti guardo e … - si girò verso Harry quando lui chiamò il mio nome. Liam da dietro spalancò gli occhi quando vide noi e il riccio venire nella nostra direzione. Lo prese per un braccio, indicando qualcosa dall’altra parte, trascinando Harry con lui. Niall si rigirò verso di me, mentre io potei notare Payne sorridermi complice. Mi morsi la lingua, cercando di non ridere al suo comportamento infantile. Non mi ero nemmeno accorta che il biondo aveva preso un grosso respiro, rivolgendosi di nuovo a me. – Ti guardo e penso a quanto sia stato stupido a non baciarti ieri sera.
Sentii le mie guance prendere fuoco mentre riportavo lentamente il mio sguardo su di lui. Il suo viso era leggermente arrossato, anche lui imbarazzato e cercava di mantenere lo sguardo su di me, senza cedere. Lo feci io però, osservando il suo cellulare spuntare dalla tasca dei pantaloni.
Prima che potessi dire nulla, Louis spuntò alle mie spalle, facendomi saltare di paura. Ci disse che dovevano andare a mangiare, iniziando a richiamare più volte l’attenzione di Niall, che però sembrava non volersi spostare dal mio viso. Gli sorrisi incoraggiante, facendolo risvegliare dal suo mondo. Guardò un attimo l’amico che con uno sbuffò ripeté il suo lungo discorso, che io nemmeno mi preoccupai di tradurre. Attratta come una calamita, poggiai le mie labbra nel punto in cui la sua mascella incontrava il suo collo, soffermandomi più a lungo di quanto mi aspettassi. Tornai con i piedi per terra, sentendo ridacchiare dietro di me. Il rossore di Niall si propagò per tutta la sua faccia, facendolo assomigliare più a un pomodoro. Sentii un braccio posarsi sulle mie spalle, Lou si resse a me ridendo, contagiandomi. Il biondo mise su un tenerissimo broncio, iniziando a stuzzicarsi con il moro. Con un semplice gesto, passai sotto il braccio del ragazzo, liberandomi. Tirai fuori dalla tasca dei miei pantaloni il cellulare, notando che anche per me era ora di tornare alla cabina. Entrambi i ragazzi si voltarono verso di me, facendomi arrossire nuovamente. Sentii la voce del riccio avvicinarsi a noi, lui e Liam comparvero alla mia sinistra, salutandoci allegramente.
Feci qualche passo indietro, allontanandomi dal gruppo. Vedevo ancora qualcuno dietro loro camminare da una parte all’altra, ma sapevo che tutta la crew si stava organizzando per andare al ristorante tutti insieme. Salutai tutti frettolosamente, sentendomi già di troppo in quella enorme famiglia.

- Scendi con noi a Barcellona? – mi chiese Harry. Mi voltai, fissando d’istinto il biondo al centro.
- Lo spero. – sussurrai.
- Dobbiamo andare a prendere El e gli altri. – si girò verso i compagni Tommo. Improvvisamente mi ricordai che quello era il giorno fissato per l’arrivo dei parenti e fidanzate. Mi pentii immediatamente di aver detto che mi sarei unita a loro, già sapendo che non avrei potuto partecipare a nessuno dei loro abbracci di ritrovo.
I ragazzi annuirono ma la mia risposta rimase in sospeso poiché Dan richiamò i ragazzi. Promisi che avrei chiamato, lasciandoli andare tranquillamente a pranzo. Mi informai anche io dove stavano mangiando i miei zii, unendomi a loro poco dopo. Fare compagnia più che altro poiché con lo stomaco chiuso, mangiai poco, tornando alle mie abitudini. Come accadde qualche giorno prima, appena finito il pranzo ci avvisarono dell’arrivo nel porto di Barcellona. Tornata in cabina mi preparai in fretta, abbottonando una camicia a quadrettoni sopra i miei jeans arrotolati qualche volta sopra le caviglie.
- Dove stai andando? – sentii la domanda provenire dall’altra parte della stanza, posta da quella voce stridula che non poteva che non appartenere a mia zia Lucia.
- Scendo con i ragazzi. – risposi indifferente, prendendo il mio zainetto di cuoio e poggiandolo sul letto. Non ero sicura se quando dicevo ragazzi, le mie zie capivano che intendevo quattro ragazzi inglesi, una crew e Niall.
- Eh no signorinella. – la sua mano che ormai presentava alcuni segni di vecchiaia, spinse verso il materasso il mio zaino, impedendomi di infilarci dentro il portafoglio e l’Ipod. La guardai, alzando un sopracciglio, quasi divertita dal suo comportamento.
- Ti stai preoccupando per niente zia. Sono persone affidabili. – ripetei a macchinetta. Rimasi sorpresa della sua risata, poggiando interessata alla sua opinione le mie cose sul comodino.
- Non è questo, Marta. Stai passando troppo tempo con loro. Questo pomeriggio starai con noi. – alzai gli occhi al cielo, prima di spalancarli, capendo dove volesse andare a finire. Cercai di protestare, ma mi bloccò con un gesto fermo e deciso. – Non fare storie. È già tanto che ti faccia uscire da questa cabina Marta.
Odiavo il mio nome pronunciato dalle sue labbra. Si diceva che i parenti e soprattutto i genitori si comportino in modo protettivo perché ci vogliono bene, ma più passavo del tempo con mia zia, più pensavo che lei volesse tutto tranne la mia felicità. Presi uno dei tanti cuscini, sbattendolo per terra, ringhiando di frustrazione. Lasciò la mia stanza in silenzio, ma avrei messo una mano sul fuoco, scommettendo che stesse sorridendo contenta. Mi sedetti alla fine del letto, buttando con una mano giù dal materasso il mio zaino, che uscì dalla mia visuale. Mi avevano mandato su questa fottuta nave per togliere la mia testa dai libri: bene! Che mi facessero divertire come volevo io però!
Alzai lo sguardo solo quando sentii la mia suoneria rimbalzare fra le pareti. Mi alzai pigramente, afferrando l’apparecchio e portandolo all’orecchio. Non avevo già più voglia di uscire.

- Hello! – urlò Harry, portandomi ad allontanare la testa per qualche secondo. Ricambiai il saluto con molta meno enfasi, facendo trasparire tutta la mia delusione. – Che succede? – mi chiese subito. Sbuffai, lasciandomi cadere indietro sul letto.
- Non posso venire con voi. – Sentii il riccio chiamare gli altri, riferendo le mie parole. Seguirono un paio di fruscii e imprecazioni.
- Come mai? – mi chiese la voce di Louis. Non riuscii a trattenere un sorriso al suo tono da bambino. Risi leggermente quando sentii Harry richiamare Louis più volte per farsi ridare il telefono e lui che gli intimava di scendere dalla sua schiena.
- Mia zia ha detto che passo troppo tempo con voi, perciò oggi non posso. – ripetei triste, passandomi una mano sulla faccia.
- Oh … - improvvisamente tutto si zittì dall’altra parte della cornetta. Li richiamai qualche volta, un po’ preoccupata da come l’avevano presa.
- Vieni stasera a cena con noi allora. – mentre riflettevo sulla proposta mi accorsi di stare sorridendo.
- Ci saranno anche gli altri Niall. – gli risposi. Non volevo andare, non era una cena che mi riguardava.
- Un motivo di più per venire! – provò a convincermi. Se c’era un difetto che mi riconoscevo fra i molti, era il fatto di essere testarda. Non avevo intenzione di andare a quella cena, l’avrebbero passata ridendo e parlando tutto il tempo, divertendosi anche senza di me.
- No Niall, ci vediamo domani. – sospirò. Sentii un fruscio e la voce del biondo riferire il tutto ai ragazzi.
- Ma come! Guarda che a noi ci fa piacere se vieni. – a quanto pare il cellulare di Harold stava facendo un giro fra tutti i ragazzi perché riconobbi Liam quella volta.
- Stasera no Liam. – sentii una debole risposta affermativa, prima che mi salutarono tutti, anche loro un po’ delusi.
Mi dispiaceva davvero un sacco, mi stavo affezionando a quei ragazzi e non passare un pomeriggio con loro mi faceva sentire sola. Quando Sara si buttò sul letto accanto a me, cercai di indossare un sorriso, aiutandola a prepararsi.

Non posso mentire: Barcellona era bellissima. Continuavo a camminare davanti al gruppo con mia cugina in braccio mentre lei mi indicava gli edifici più strani e colorati. Feci perfino qualche foto con il cellulare, contagiata da tutta quell’allegria. Per farmi capire dovetti parlare con il mio spagnolo d’istituto ma mi sorpresi di come me lo ricordassi discretamente. Ogni tanto Harry ed io ci scambiavamo messaggi di apprezzamento, chiedendo se aveva visto una determinata cosa oppure semplicemente perché non avevamo niente da fare. Passai quattro ore in quell’affascinante città, cercai di non pensare a come sarebbe stato passare quel pomeriggio con i ragazzi perché sapevo che mi sarei depressa e non volevo rovinarmi ancora di più quel giorno.
Passai invece la mia serata nelle pagine del libro che avevo preso a Livorno. Mi sorprendevo sempre di più come un libro riuscisse a farmi creare un mondo diverso. Pensai molto alle frasi che giravano sul web: “siete sicuri di essere sempre li stessi dopo aver letto un buon libro?” io no, non ero sicura. Ero la prima di quelle che cambiavano, lasciare quel mondo dove il futuro era scritto, dove c’era una fine a tutto, anche al dolore, per immergersi in uno in cui il futuro non è stato ancora deciso, la scritta fine sarebbe potuta essere scritta in qualsiasi momento e il dolore spesso continuava, senza sparire. Mia cugina si addormentò appena poggiò la sua testolina sul grosso cuscino, troppo stanca per tenere i suoi occhioni verdi aperti. La coccolai per un poco, continuando a leggere. Presi un mezzo infarto quando il mio cellulare vibrò sul legno del comodino. Ormai il cielo era scuro attraverso le tende e l’unica luce proveniva leggera da sotto la porta e dell’abatjour.
Cosa stai facendo?
Sorrisi notando nella casella dell’emittente il nome di Niall.
Leggendo, tu?
Sperai che la mia ricarica non finisse proprio in quel momento, lasciandomi parlare almeno un po’ con il biondo.
Twitter :)
Alzai un angolo della bocca, bagnando le labbra prima di far muovere le dita sullo schermo.
Io non ce l’ho :(
Aspettai impazientemente una risposta. Passarono due minuti e aggrottai le sopracciglia, chiedendomi perché non mi avesse ancora risposto. Rilessi un centinaio di volte quei pochi messaggi: non avevo fatto errori e non mi sembrava di aver detto nulla che potesse averlo fatto arrabbiare.
Appena sconsolata spostai lo sguardo sulla pagina, tornando alla lettura, il cellulare vibrò di nuovo, facendomi tornare il sorriso. Incredibile come anche con dei messaggi riuscisse a farmi sentire bene.
Puoi uscire un attimo?
Mi soffermai qualche secondo sulle sue parole. Cosa voleva dire? Mi alzai velocemente dal letto, rabbrividendo all’aria fresca al di fuori delle coperte. Misi saltellando un paio di calze, spostando indietro con una mano i capelli. Tirai su i pantaloni del pigiama, presi il cellulare e sistemai gli occhiali sul naso. Aprii delicatamente la porta, dato l’orario tardo. Mi sporsi leggermente, controllando il corridoio. Niall appoggiato al muro accanto alla mia cabina, teneva il telefono davanti al viso. Notai il suo abbigliamento leggermente più elegante del solito, doveva appena aver finito la cena con gli altri.
Il suo sorriso si allargo quando feci qualche passo verso l’esterno, controllando che non ci fosse in giro nessuno. Non ero certo un bello spettacolo in pigiama.

- Cosa ci fai qui? – chiesi sussurrando. Si staccò dal muro, avvicinandosi a me. Premette le labbra sulla mia guancia prima di continuare.
- Non hai Twitter?! – sembrò rimproverarmi. Scossi la testa, alzando le spalle. Per l’amor del cielo, quando avevo tempo, stavo spesso in internet, ma cercavo di evitare Twitter e Facebook per una questione di autostima. Non mi ero mai fatto in vita mia una foto da sola e non avevo intenzione di cominciare. Non mi piaceva il fatto che esistessero i follower e di conseguenza un profilo era più famoso di un altro, anche se ovviamente era così ovunque. Non potevo cambiare il mondo e di conseguenza non ci andavo. Preferivo Tumblr, dove avevo addirittura due blog. – Rimediamo subito. – disse, rubandomi il cellulare delle mani. Alzai un sopracciglio quando mi chiese quale fosse la password.
Aprii la bocca per replicare, ma sentii delle ruote sul pavimento, segno di qualcuno che si stava avvicinando. Abbassai velocemente lo sguardo sul mio corpo, dandomi della stupida per essere uscita in pigiama. Presi per il polso Niall, trascinandolo dentro la cabina. Gli misi un dito sulle labbra prima che potesse parlare, indicando Sara che dormiva tranquillamente fra le coperte.
- Ti aiuto a creare un account su Twitter. – spalancai gli occhi, riprendendomi il cellulare.
- Non lo voglio Niall. – sussurrai divertita. Cercò di soffocare una risata, coprendosi la bocca con una mano.
- Twitter è la cosa più bella di sempre! Non puoi non averlo! – gli feci una linguaccia, nascondendo il telefono dietro la mia schiena.
Camminò fino al divano, incitandomi a seguirlo. Quando si sedette lo imitai, girandomi a osservarlo. Sbloccò il suo IPhone, accedendo velocemente all’app con l’uccellino bianco su sfondo azzurro. Fece scorrere il dito sulla home, spiegandomi come potevo mettere fra i preferiti un tweet, citarlo o ritwittarlo. Ascoltai interessata e sbalordita dalle migliaia e migliaia di tweet che riceveva ogni minuto, da tutti i paesi del mondo.
Ora capivo cosa intendeva il primo giorno che ci eravamo conosciuti chiedendomi perché ero sorpresa di vederli lì. Probabilmente su Twitter già girava voce della loro presenza a Roma e della loro partenza per una piccola vacanza.
Mi lasciai convincere da quegli occhioni azzurri, scaricando l’applicazione anche sul mio cellulare. Mi iscrissi sul social network con un profilo personale, pregando soltanto che non mi avessero offesa per quello che ero. Sentii il naso pizzicarmi quando ripensai alla mia situazione fisica, ancora non riuscivo ad assimilare che stavo davvero male.

- Scrivimi qualcosa. – disse. Mi girai verso di lui: scossi la testa, cercando però il suo nickname e quello dei ragazzi. Ritwittai parecchi tweet divertenti o sdolcinati, arrivando già a una cinquantina di tweet.
Mi persi poi a osservare il suo account, aiutandolo a rispondere a qualche fan o a ridere per qualche tweet stupido e sporco. Sbadigliai rumorosamente, facendo cadere la mia testa sulla sua spalla. Chiusi con un sorriso gli occhi quando un bacio si poggiò sui miei capelli.
- Sei stanca. Vado. – mi aiutò ad alzarmi e solo in quel momento realizzai che avevamo passato più di un’ora seduti. Sfilò dolcemente le aste da sopra le mie orecchie, chiudendo gli occhiali e poggiandoli sul comodino. Ridacchiai quando alzò le lenzuola, invitandomi a entrarci. Obbedii con piacere, sentendomi andare le guance a fuoco quando mi rimboccò le coperte come si fa con i bambini piccoli.
Mi lasciò il bacio della buona notte sulla fronte, accarezzandomi il volto. Fissai ancora i suoi occhi azzurri, prima di chiuderli. Spense la luce e sentii i suoi passi leggeri allontanarsi da me. Tra i respiri di Sara sentii lo scricchiolio della porta e un sospiro. Mi sistemai meglio nel letto, avvicinandomi al corpo della mia cuginetta. Con la mente libera mi addormentai in pochissimo tempo, rendendomi conto di quanto fossi stanca.
Niall era sempre lì, con me, lo sentivo: sentivo il suo tocco sulla mia pelle, i suoi occhi scrutarmi attenti e la sua risata nelle mie orecchie. Mi ricordai improvvisamente una frase del libro che stavo leggendo qualche ora prima: “tutti siamo alla ricerca della felicità, ma la coloriamo di tali e tante sfumature e pretese da non riuscire mai a conseguirla.” Io invece ce l’avevo fatta, avevo trovato la mia felicità, nonostante il mio mondo triste, non l’avevo nemmeno cercata, era venuta lei da me, mi si era sbattuta contro come le onde su uno scoglio. L’avevo colorata con i pennarelli, facendo attenzione a restare nei bordi della mia figura, una figura che ai miei occhi era solo la perfezione: era lui, Niall.




Scusate per il ritardo. Spero questo capitolo vi possa piacere. Fatemi sapere :)

((segnalare eventuali errori))

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Capitolo 9
*** Cap. IX ***






Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 




Canticchiai allegramente, attraversando il ponte con un sorriso sulle labbra. Un improvviso incubo della mia cuginetta mi aveva svegliato presto quella mattina, ma la mia luna era fin troppo dritta, cercando di occupare subito il mio tempo libero.
@NiallOfficial ha iniziato a seguirti” era stata la scritta che mi era apparsa appena avevo aperto l’app di Twitter. Avevo saltellato come una deficiente per tutta la stanza, finché Sara non si era unita a me, prendendolo come un nuovo gioco.
Avevo stalkerato il suo profilo per circa un’ora, scoprendo molte cose nuove e divertenti, fra cui il gruppo musicale che aveva aperto i loro concerti nel da poco terminato Take Me Home tour. Mi ero letteralmente innamorata di Beside You, cantata da quei quattro ragazzi australiani, ascoltandola per tutta la mattina.
Arrivai nel punto in cui io e il biondo c’eravamo dati appuntamento con le cuffiette nelle orecchie e una treccia poggiata sulla spalla destra. Il tempo come previsto non era dei migliori, ma non mi stupii, era già tanto che non avesse piovuto quando eravamo scesi a Barcellona. Avevo indossato la stessa camicia del giorno prima aperta sopra a una canotta bianca. Trascinai le mie Vans fino alla ringhiera in ferro, poggiandomici con i gomiti. Continuai a mandare in ripetizione la stessa canzone anche quando questa terminò, osservando la terra ferma a parecchi chilometri da noi.
Cercai di non muovermi quando sentii il suo corpo affiancarsi al mio, sfilando una cuffietta dall’orecchio. Con la coda dell’occhio lo vidi mettersela nel suo orecchio, provando a capire cosa stavo ascoltando. Mi girai quando sorrise, battendo con la testa il tempo. Scoppiai a ridere quando muovendo la bocca e portando il pugno vicino alla bocca, imitò il cantante.
Cantammo tutta la canzone, fissando entrambi le onde sotto di noi. Tenni il ritmo dettato dalla chitarra schioccando le dita, mentre lui diresse il tutto muovendo un dito nell’aria. Mi ripresi frettolosamente la cuffietta quando la canzone terminò, staccandole dal mio cellulare. Sorrisi quando mi aiutò a sistemarle, piegando il filo. Infilai il tutto nelle mie tasche, girandomi finalmente verso di lui. Portai le mani dietro al suo collo, spingendolo verso di me. Fece passare le braccia intorno al mio bacino, stringendomi a sé.
- Buongiorno. – lo salutai staccandomi. Ricambiò con un grosso sorriso, offrendomi la sua mano.
Mi aggrappai a lui senza pensarci, lasciandomi trascinare verso l’interno della nave. Mi raccontò com’era andata il pomeriggio e la sera precedente mentre passavamo davanti ai vari ristoranti. Aprì per me la porta a vetri di una sala relax, provvista di numerose poltrone, divani e tavolini. Mi guardai intorno, stupita dall’eleganza di quel salone, muovendo i miei piedi dietro quelli di Niall. Continuai a camminare, girandomi però indietro con la bocca spalancata quando notai un quadro bellissimo appeso alla parete, circondato da piante e bottiglie d’epoca. Sbattei contro la sua schiena, scusandomi subito per la mia disattenzione.
Sentii molte risate in seguito alla mia figuraccia, avvampando immediatamente. Mi spostai velocemente vicino a Niall, sperando che lui avrebbe potuto proteggermi davanti a tutte quelle persone. Il biondo prese da dietro la mia mano, indicando con l’altra il tavolo piuttosto affollato.
- Ragazzi lei è Martha. – deglutii quando tutti mi fissarono curiosi, sentendo già le dita dei piedi gelarsi nelle mie scarpe.
- Sarebbe Marta, ma voi inglesi non siete capaci di pronunciarlo.
Mi sentii leggermente meglio quando divertii tutti con la mia piccola battuta. Una ragazza alta e bellissima si alzò, allungando subito la mano verso la mia. I suoi occhi con gradazioni verdi e marroni incontrarono i miei scuri e monotoni, facendomi salire un groppo in gola.
- Gemma, la sorella di quella testa di …
- Gemma! – sorrisi quando Harry arrivò quasi di corsa, bloccando a metà la sua presentazione.
Mise il suo braccio intorno alle spalle della ragazza che alzò gli occhi al cielo.
- Lei è la mia adorabile sorellina, Gemma. – sorrise, fulminandola con lo sguardo. Ridacchiai quando il riccio ricevette un pugno sul fianco, mentre Gemma ribadiva la sua superiorità verso di lui.
Mi dondolai sul posto, mentre due ragazze che conoscevo bene si avvicinarono a noi. Mi sorrisero entrambe, facendomi cadere l’autostima sotto ai piedi. Eleanor mi salutò scuotendo più volte la mano, mentre Sophia me la strinse leggermente. Erano davvero bellissime: scure di capelli, alte, magre, vestite divinamente, senza un capello fuori posto, sexy da far paura. Non mi sorpresi di vedere indosso a El, una maglia che avevo già notato addosso a Lou. Feci un sorriso timido quando mi dissero che ero adorabile. Io non ero adorabile, potevo essere carina, ma non adorabile.
L’ansia risalì quando notai che mancavano solo i parenti di Niall. Mi spinsi leggermente indietro, facendolo ridacchiare. Spalancai gli occhi dalla paura quando iniziò a trascinarmi verso la fine del tavolo. Un uomo barbuto se ne stava seduto tranquillamente a parlare con uno della crew, mentre la moglie sedeva accanto a lui, tenendo in braccio un tenerissimo neonato.
- Greg, Denise, lei è Martha. – mi rifiutai di correggerlo quella volta, sentendomi a disagio. Il fratello di Niall gli assomigliava in maniera impressionante, nonostante i capelli scuri, probabilmente del colore naturale del tinto biondo. La donna era adorabile, i suoi occhi mi esprimevano davvero tanta simpatia e fiducia. Sorrisi a tutte e due, quando entrambi si presentarono educatamente. Cercando di non sembrare ficcanaso, mi spostai dietro a Denise per osservare meglio quello che conoscevo come il famoso Theo, nipote di Niall Horan.
Due occhioni azzurri mi fissarono curiosi, mentre si stringeva di più alla madre. Gli feci un grosso sorriso, accarezzandogli leggermente i pochi capelli biondi. Sentii la risata di Niall quando mi avvicinai al bimbo con qualche strana smorfia, facendolo sorridere. Lui si che era adorabile.
Rimasi con loro per un po’, cercando di chiacchierare normalmente. Purtroppo il loro accento sembrava essere ancora più fitto di quello di Niall e per il mio cervello era troppo. Vagai con lo sguardo per tutta la sala, osservando un po’ tutto e tutti. Mi bloccai quando notai una figura seduta lontana, vestita di scuro, osservare fuori dalla vetrata. Mi morsi il labbro quando notai la sua espressione triste e pensierosa riflessa sul vetro.
- È da ieri che se ne sta per conto suo. – mi voltai verso il biondo, mi sentivo un po’ in colpa. Mi sorrise tirato, ritornando nel discorso con suo fratello. Provai a seguire, ma ormai non ero più così felice di stare lì come prima. Lasciai un leggero bacio sulla guancia a Niall, alzandomi. Mi guardò interrogativo, ma gli strinsi un occhiolino, lasciandolo sorpreso. Salutai divertita anche i coniugi Horan e il piccolo Theo, avviandomi verso la fine della sala.
Mi sedetti con calma sulla poltrona accanto alla sua, guardando anche io fuori dalla vetrata. Lo vidi voltarsi verso di me, tornando poi verso il mare. Non dissi nulla, non ce n’era bisogno. Lui era solo, e io ero disposta a fargli compagnia se ne aveva bisogno, anche stando in silenzio. Mi sistemai meglio sulla poltrona quando lo sentii sospirare, quasi costretto a quell’estremo contatto.
- Non devi dirmi niente. – mi rivolsi a lui. I suoi occhi cioccolato sembravano quasi acquosi e il suo viso leggermente sciupato.
- Perrie non è potuta venire. – disse. Capii al volo perché fosse così triste. Doveva essere brutto guardare gli altri e vederli felici parlare con le loro ragazze mentre lui rimaneva da solo con i suoi pensieri. Scivolai avanti sulla poltrona, avvicinandomi a lui.
- Non essere triste Zayn. – lo pregai. Sapevo che la sua risata e il suo sorriso erano meno frequenti di quelli di tutti gli altri, era per quello che erano i più speciali. – Fa male vederti così. – spostò lo sguardo sul pavimento, stringendo il cellulare fra le sue mani. Sfidai me stessa, preparando un discorso non troppo complicato ed efficace per fargli tornare il sorriso. Volevo almeno provarci. – Non posso capirti, questo lo so. Ma posso provare a farti stare meglio. – il mio sorriso lo contagiò. Incrociai fra di loro le mie mani sulle ginocchia, facendo un sorriso sghembo. – Sai cosa farebbero le tue fan se fossero qua ora? – mi guardò attentamente, tenendo un angolo della bocca alzato. Sapevo che intrattenerlo e distrarlo mi avrebbe aiutato. – Ti direbbero di sorridere, perché il tuo sorriso è il loro sorriso. – il mio cuore batté forte a quella frase. Era la pura verità, quando guardavo i loro video o pensavo a loro, prima di incontrarli realmente, erano un motivo in più per sorridere, per andare avanti con la giornata. Riuscivano davvero a trasmetterti una sensazione particolare, ti sentivi amata, parte di una famiglia, fiera, felice. Un altro angolo di bocca di alzò, facendo nascere un sorriso sul volto del moro, che distese le gambe sul pavimento. – E sai invece cosa ti direbbero le Directioners? – sperai di aver scelto le parole giuste, iniziando a ridere fra me e me. – Proverebbero a farti ridere e so anche come. – si rilassò completamente sulla poltrona e il suo sguardo mi fissò curioso. Mi poggiai anche io sullo schienale, già pronta per il gran finale. Recitai una frase famosa tra la grande famiglia che avevo scoperto da Twitter la stessa mattina. – Pensa a quando Harry andò a sbattere contro una porta a vetri. – La lingua di Zayn si infilò tra i suoi denti, palesemente divertito. – Niall rise tantissimo. Dopo due minuti andò a sbattere contro la stessa porta. – la risata del moro riaccese la mia vitalità in meno di un secondo, era davvero un suono fantastico. – Una ragazza scrisse a Liam di essere la sua più grande fan e lui le chiese quanto fosse alta. – Zayn continuò a ridere per minuti, finché non esaurii i miei aneddoti divertenti sugli One Direction. Mi sembrava perfino strano che un componente dello stesso gruppo ridesse così tanto a degli avvenimenti successi a lui o a uno dei suoi migliori amici. Il suo corpo era schiacciato in avanti, i suoi occhi socchiusi e la sua risata rimbombava per tutto il suo salone, unita alla mia.
Non ci misi molto per notare le facce sconvolte e divertite di tutti i presenti, facendomi ridere ancora di più. Louis, curioso di sapere perché stavamo ridendo così tanto si avvicinò a noi, già con un sorriso sulle labbra. Lo indicai, fra le risate, ricordandomi anche di un suo tweet.
- Anche tu hai scritto! – cercai di calmarmi, alzandomi velocemente. Presi una sua mano trascinandolo verso di noi. Zayn alzò lo sguardo verso di lui, ma scoppiò di nuovo a ridere. – Sei stato dolcissimo.
La faccia sconvolta di Lou pretendeva spiegazioni e anche Zayn si calmò un attimo, aspettando le mie parole. – Una volta una fan ti aveva scritto che abitavate a chilometri e chilometri di distanza. – la mia risata di spense definitivamente, stringendo la sua mano ancora di più. Mi salirono le lacrime agli occhi quando pensai a quante fan non li avevano mai nemmeno visti dal vivo, mai potuti incontrare, abbracciare o salutare. Era bruttissimo sapere che una persona che stimi così tanto non ti conosce, non sa nemmeno della tua esistenza. Il mio comportamento era stato egoista, non mi rendevo conto di quante persone avrebbero voluto essere al mio posto in quel momento. – Le hai chiesto di darti il suo indirizzo, così avreste potuto incontrarvi a metà strada.
Un sospiro lasciò le mie labbra, mentre le lacrime scendevano sulle mie guance. Forse avevo davvero dei problemi, forse c’era davvero una situazione, quello che sapevo era che in quel momento non ero stabile.
Improvvisamente non stavo piangendo solo perché avevo davanti Louis Tomlinson, ma anche perché nessuno amava stare in mia compagnia, piansi per i miei genitori, per la loro delusione nei miei confronti, per la frustrazione che provavo quando parlavo con mia zia, per la mia fottutissima situazione.
Il mio pianto si fece disperato. Bloccai i singhiozzi con una mano, mentre cercavo di calmarmi. Sentii parecchi rumori di sedie strisciate sul marmo quando troppo scossa e stordita cedetti sul pavimento. Zayn e Louis mi guardavano sconvolti e preoccupati. Venni circondata da varie persone, mentre la mia mente continuava a immaginarmi in qualche istituto rinchiusa con qualche strana medicina da ingerire dopo i miseri pasti.
Dov’era tutta la felicità che avevo fino a un minuto prima? Perché adesso ero così triste? Il mio stomaco vuoto mi gridò contro, così come il cervello, l’intero corpo e il cuore. Spalancai gli occhi quando capii che tutto quello stava succedendo perché era tutta colpa mia. Mia e solo mia, ero stata così stupida pensando di poter rendere fiera i miei genitori solo impegnandomi a scuola.
Un profumo famigliare mi avvolse, stringendomi a sé. Lasciai cadere tutte le mie lacrime sulla maglietta di Niall, sentendomi finalmente protetta.
- Che cosa è successo Martha? – mi chiese la sua voce. La sentivo quasi ovattata, nascosta dalle voci che si ripetevano nella mia mente. Mi feci piccola fra le sue braccia, desiderando che ci fossimo solo noi due e non con tutte quelle persone accanto a noi.
Sentivo i loro sussurri e mi sentii ancora più male. Mi avrebbero giudicata, indicata e disprezzata, guardata con pena per tutto il resto del viaggio.
Mi scusai più volte con la voce tremante sul suo petto. Le mie scuse erano rivolte a lui, ai miei parenti, al mio corpo, al mondo intero. Avrei volentieri espresso il desiderio di non essere mai nata.
Mi sentii un mostro quando pensai a quelle parole, io meritavo di vivere come chiunque altro sulla faccia di quella schifosissima Terra. Non potevo lasciarmi andare proprio adesso, adesso che avevo trovato chi poteva finalmente rendermi felice.
Le mie lacrime non si fermarono nemmeno per un secondo: Niall mi mise in piedi delicatamente, cercando di asciugarle. La mia vista era così sfuocava che facevo fatica a definire perfino i contorni. Era tutto così confuso nel mio cervello che non mi resi conto che mi aveva preso in braccio e sollevato da terra finché non mi lasciò di nuovo sul pavimento. Toccai un muro dietro di me, lasciandomi scivolare a terra. Niall mi raggiunse in meno di un secondo, abbracciandomi di nuovo.
Dopo quelli che mi sembrarono secoli il mio respiro si calmò e le lacrime si seccarono sul mio viso. Mi sfilò gli occhiali ormai sporchi e bagnati, poggiandoli lontani da noi. Mi poggiai sfinita al suo corpo, sentendo di potermi fidare di lui. Il suo calore mi teneva al sicuro, le sue mani percorrevano la mia schiena con un’insana calma e il mio nome ripetuto più volte dalle sue morbide labbra mi riempivano il cuore.
- Ho paura. – la mia voce tremava ancora, consumata dai singhiozzi. Per fortuna il biondo capì cosa intendevo, senza chiedermi più nulla.
- Non ne devi avere Martha, ci sono io qui. -  mi cullò ancora fra le sue braccia, seduti su quella moquette della stanza che avevo riconosciuta come sua. Lasciai che un sussurro uscisse dalle mie labbra, parole che solo Niall poteva ricevere e sentire.
- Non lasciarmi andare. – il mio corpo fu nuovamente sollevato, incapace di rispondere a niente che non fosse respirare. La mia vista leggermente sfuocata incontrò il suo letto, prima di chiudersi. Percepii le calde dite di Niall infilarsi fra il jeans e la canotta, sbottando il bottone e tirando giù la zip. In qualsiasi altra situazione sarei morta dell’imbarazzo ma le forze stavano abbandonando il mio corpo, come colpito da una sonnolenza improvvisa.
Sorrisi quando sentii la risatina di Niall sotto di me. L’avevo trascinato con me nel letto, stendendomi su di lui. Il ritmo del suo cuore dettò il mio, incoraggiandomi al sonno. Le sue dita passarono tra i miei capelli, sul collo e sulla schiena, rilassando i miei nervi tesi. Sentivo terribilmente freddo, rabbrividendo anche sul suo corpo. Lui probabilmente aveva caldo, ma con qualche abile mossa ci coprì con il lenzuolo, scaldandomi poi con il suo tocco.
Mi lasciai completamente andare, addormentandomi.
Se prima mi ero chiesta dov’era tutta la felicità adesso mi chiedevo dove fosse andata a nascondersi la tristezza, perché tutto ciò che volevo era accanto a me.



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Capitolo 10
*** Cap. X ***






 
Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.




Sentivo la testa pulsare, brividi percorrermi l’intero corpo e le mani e il naso congelati. Presi un bel respiro, riconoscendo ancora l’odore che mi aveva svegliato appena due giorni prima. Sorrisi, stringendomi fra le coperte. Tirai su con il naso e aprii leggermente gli occhi. Mi sdraiai di schiena, sentendomi stanca e pesante. Alzai infine il capo, notando due figure appostate alla fine della cabina che stavano parlando tranquillamente. Una fitta alla testa mi fece gemere di dolore, ributtandomi sul materasso. Riaprii gli occhi, trovandomi davanti un paio di occhi leggermente lucidi e dilatati color cioccolato al latte. Niall si sedette dalla parte opposta, affiancandomi.
- Come ti senti? - chiese la sua voce con un tono basso. Feci una smorfia, arricciando le labbra.
- Mal di testa. - dissi semplicemente, tossicchiando per togliere quel tono da trans.
Non avevo di certo dimenticato cosa era successo quella mattina, se era sempre lo stesso giorno. Avevo perso la cognizione del tempo stando in quella camera a dormire. Guardai velocemente fuori dalla finestra, ma il colore neutrale del cielo non mi portò a nessuna conclusione particolare se non quella che non fosse notte.
- Sono scoppiata davanti a tutti … - guardai entrambi: Niall mi passò una mano nei capelli, mentre Liam sembrò davvero preoccuparsi delle mie parole. - Mi dispiace tanto. - mi scusai guardandolo negli occhi. Mi fece un piccolo sorriso, sospirando.
- Se c’era qualcosa che non andava ce lo dovevi dire subito. Avremmo fatto di tutto per aiutarti. - mi sorpresi di più del suo tono calmo e lento che del contenuto delle frasi. Scossi la testa, fissando dal basso il profilo del biondo. Solo lui sapeva.
- Niall mi sta aiutando. - non ottenei una reazione di cui ero preparata. Mi fulminò con lo sguardo, alzandosi velocemente. Lo feci d’istinto anche io, appoggiandomi alla spalliera del letto e seguendolo con lo sguardo.
- Forse non sono capace di aiutarti Martha. - spalancai gli occhi, guardando con urgenza il suo amico. - Sei crollata davanti a me e io non ho potuto fare nulla. - lo fissai allontanarsi da noi, sbattendo pesantemente i piedi per terra a ogni passo.
Scossi subito la testa, prendendo la mano di Liam come supporto. - Questo non è importante!
- Certo che è importante! - si voltò di nuovo verso di me. I suoi occhi azzurri erano grandi e paurosi, non volevo vederlo così. Quando provai ad alzarmi, una mano mi trattenne sul letto dolcemente. Guardai Liam in cerca di una spiegazione.
- Hai avuto qualche linea di febbre. - poggiai la mia mano sulla fronte, rabbrividendo per il contatto con il mio viso leggermente più caldo del solito e le dita fredde.
Tirai indietro le coperte scalciandole via. Liam spalancò gli occhi, girando velocemente lo sguardo. Mi alzai subito, scansando il moro. Sentii una strana rabbia salirmi su per il corpo, spostando velocemente i miei piedi ricoperti solo dalle calze vicino al corpo del biondo. Gli puntai un dito al centro del petto, fissandolo furiosa.
- Sei stato l’unico che mi ha fatto sentire bene dopo anni! - indicai un punto a caso, colpendo poi violentemente il suo braccio. - All’inizio piangevo di felicità, poi mi sono ricordata che sono solo una fottutissima ragazza anoressica che va dietro a un altrettanto stupido ragazzo biondo tinto. - sputai fuori quelle parole senza nemmeno rendermene conto. Sentii Liam dietro di me e capii che probabilmente lo avevo sconvolto rivelandogli così su due piedi la mia situazione. Infilai entrambe le mani nei capelli, bestemmiando pesantemente. Feci qualche passo indietro, all'improvviso più leggera e spaventata dalle mie stesse parole.
Mi girai velocemente verso il moro trovandolo con la bocca e gli occhi spalancati. Mi sentii terribilmente in colpa per non averglielo detto, ma non era di sicuro una cosa che andavo a sbandierare ai quattro venti, soprattutto se lo sapevo così da poco. Allungai la mano verso di lui ma la ritrassi spaventata. Si avvicinò velocemente a me, chiusi gli occhi portando in avanti le mani. Me le spostò sui fianchi, abbracciandomi di getto. Respirò profondamente nel mio collo, facendomi mordere il labbro dall’imbarazzo. Quando si allontanò poggio le sue mani sulle spalle, spostando il suo sguardo fin troppo serio nei miei occhi.
- Sappi che noi siamo qui, ok? - non aggiunse altro, non spostandosi di un millimetro. Non riuscii a nascondere un sorriso, annuendo con enfasi. Mi sorrise anche lui, arrossendo subito dopo. Ritornò a parlare con il suo tono veloce e fitto e io alzai un sopracciglio. Rise, spostandosi. - Io mi metterei qualcosa. - ripeté. Cercò di guardarmi negli occhi, senza far cadere lo sguardo. Guardai il mio corpo coperto soltanto dalla canottiera bianca e le mie culottes scure. Avvampai in meno di un secondo, cercando con lo sguardo i miei vestiti. Mentre prendevo velocemente la camicia, sentii la porta aprirsi. Mi girai curiosa e la voce di Liam ci salutò entrambi, uscendo quasi frettolosamente. Fissai Niall, allacciandomi alcuni bottoni: se ne stava lì fermo, guardandosi le punte delle scarpe. Mi avvicinai di qualche passo, preparando aperto il mio dizionario di inglese mentale.
- È grazie a te se sorrido adesso Niall. - alzò subito lo sguardo verso di me, arrossendo alle mie gambe ancora scoperte. Fortunatamente la mia temperatura corporea elevata non mi permetteva di sentire il freddo, sempre se ce n’era in quella stanza. - Proteggermi da me stessa non è facile ma io mi fido di te. - abbassai notevolmente il mio tono, fino a sussurrare le ultime parole. In verità mi ero fidata dei suoi occhi la prima volta che gli avevo incontrati, così limpidi e sorridenti. Anche in quel momento erano luminosi.
Arrossii anche io quando mi ricordai delle parole di poco prima. Andavo davvero dietro a quel biondo? Non riuscivo a capire cosa provavo per lui perché i miei sentimenti erano confusi, forse stavo interpretando quella voglia di incontralo tutti i giorni, quella speranza di un messaggio, un sorriso, una risata in modo sbagliato. Forse mi ero aggrappata a lui solo perché stavo cadendo e lui mi aveva offerto una mano. Mi ero appoggiata totalmente a lui, non rendendomi conto che oltre a tirarmi in salvo dall’oscurità, mi stavo avvicinando a lui anche in un altro senso. Non ero più sicura di niente dopo essere scoppiata in quella sala, davanti a così tante persone. Io che mi ero detta che ce la potevo fare, che ero forte, invece non ero riuscita a controllare nemmeno una lacrima.
Lasciai andare il mio respiro a sbuffi, mentre sentivo il suo sempre più vicino. I nostri piedi si sfiorarono e il suo mento toccò la mia fronte. Incapace di guardare in alto verso di lui, osservai la sua maglia con una stampa stramba. Cercai di distrarmi mentre le sue mani si alzarono lentamente fino a poggiarsi sulle mie guance arrossate. Il mio cuore sbatté violentemente contro il mio petto e il mio cervello sembrò non esistere, così come tutto il resto: c’era solo Niall. Sentii i suoi polpastrelli accarezzare le mie goti, mentre gli unici suoni erano i nostri respiri. Mossi le dita dei piedi nelle calze, colpendo i suoi. Il suo petto toccò il mio e sentii una sua leggera risata più vicina di quanto avessi mai immaginato.
Il mio lobo fu preso dalle sue labbra, tirandolo dolcemente verso di lui. Il mio corpo reagì senza controllo, facendomi tremare dalla testa ai piedi. Con una mano strinsi la stoffa della sua maglietta, facendola sollevare leggermente e piegando il collo. La sua bocca percorse tutta la mia mascella, arrivando all’angolo delle mie labbra. Era la prima volta che mi trovavo in una situazione del genere, le gambe tremavano e il respiro era irregolare. Dischiusi la bocca quando lasciò un leggero bacio vicinissimo alle mie labbra. Nonostante stessi guardando verso il basso, non vedevo nulla davanti a me, ma sentivo quel tocco come se quel senso si fosse triplicato. Percepii un disperato bisogno di vedere quelle labbra, quegli occhi: alzai lentamente la testa, pentendomene immediatamente. La vicinanza era davvero minima e potevo notare tutte le sfumature dei suoi occhi splendenti, così profondi ma freddi allo stesso tempo. Mi riempirono di brividi e il mio respirò cessò quando abbassai lo sguardo sulle sue sottili labbra. Niall lo notò, poiché tirò fuori la lingua, bagnandole dolcemente. Le sue mani continuarono a accarezzare le mie guance quando la sua testa di piegò verso sinistra, avvicinandosi ancora di più. Chiusi gli occhi ancora prima di lui, portando la mia attenzione solo sulle mie labbra. Qualcosa di morbido e umido prese il mio labbro inferiore, succhiandolo lievemente. Aprii gli occhi senza fiato quando non sentii più quel contatto. Le palpebre di Niall si aprirono poco dopo, facendomi perdere a studiare il suo viso leggermente arrossato, le sue labbra premute fra di loro. Mi regalò ancora un piccolo bacio, mentre faceva scivolare le mani sui miei fianchi, staccandosi dopo poco, troppo poco.
Non avevo mai percepito nulla del genere, le sue labbra erano così morbide e avevo un insana voglia di assaporarle ancora. Il mio mondo sembrava parallelo a quello reale, un mondo che non avevo mai visitato. I suoi occhi erano ancora chiusi, i nostri respiri uniti quando salii sui suoi piedi, passando entrambe le mani dietro il suo collo, spingendomi in alto. Racchiusi le sue labbra far le mie, sentendo il mio corpo leggero, quasi inesistente. Ridacchiò contro la mia bocca, facendo un passo indietro. Ci sbilanciammo un attimo, tornano in equilibrio soltanto dopo aver scambiato le posizioni.
Lo feci abbassare verso di me, sorridendo come mai avevo fatto in vita mia. Avevo paura che le pulsazioni violente del mio cuore mi avrebbero portato all’infarto, ma non so come avevo la sensazione che tutto poteva accadere in quel momento e che io sarei stata comunque felice. Spinse con più forza le labbra contro le mie, facendomi indietreggiare leggermente. Feci scorrere le mie dita ghiacciate sul suo collo, girando la mia testa. Anche se i miei occhi erano chiusi due occhioni azzurri mi stavano guardando, la mia mente non faceva altro che riportarmi sue immagini mentre muoveva la sua bocca sulla mia. I miei capelli si staccarono dalla mia schiena quando strinse la sua presa sui miei fianchi, avvicinandomi a lui. La sua lingua passò su tutto il mio labbro superiore, facendomi dischiudere le labbra estasiata da quel tocco così intimo. Continuai a giocherellare con la parte inferiore dei suoi capelli mentre le nostre bocche schioccavano e la sua lingua passava dolcemente fra i miei denti. Usai una mano per poggiarla sulla sua testa e spingerlo ancora di più verso di me. Mugugnò sulla mia lingua, mordendomi un labbro.
Una tosse palesemente finta mi fece spalancare gli occhi, tirando i capelli del biondo. Indietreggiai di un passo abbondante, scontrandomi con il muro accanto al guardaroba. Niall aprì a sua volta gli occhi, lasciato improvvisamente da solo. Ritirò la lingua in bocca, abbassando di scatto le mani ancora all’altezza del mio bacino e facendomi ridacchiare divertita. I suoi capelli erano in disordine e la sua maglia spiegazzata, vittima del mio tocco. Il suo viso era arrossato, il suo labbro superiore più carnoso e i suoi occhi sembrarono brillare come non mai.
Mi girai di scatto verso chi ci aveva interrotti, trovando un Harry Styles troppo sorridente per i miei gusti. Dondolò sui suoi piedi per qualche secondo, mentre il mio respiro si calmava. Incrociò le dita dietro la schiena, leccandosi le labbra.
- Quando avevate intenzione di dircelo? – avvampai anche se non avevo capito cosa intendesse, guardando verso Niall. Cercava di trattenere un sorriso osservandomi, ignorando il riccio. Questo si avvicinò, squadrandomi dalla testa ai piedi. Non osai immaginare il mio aspetto cosa gli avesse fatto pensare, sentendomi la febbre improvvisamente addosso.
Il suo ghigno non lasciò il suo viso contornato da fossette per qualche minuto, mentre io passavo il mio sguardo da lui al biondo, che continuava imperterrito a fissarmi. Non mi accorsi abbastanza in tempo che la porta che dava all’altra cabina era spalancata, quando guardai dietro Harry. Incrociai per caso lo sguardo di Louis che passava di lì in quel momento. Sembrò illuminarsi, sparendo un attimo dopo. Spalancai gli occhi, capendo che comunque sarebbe entrato anche lui. Passai tra i due ragazzi, svegliandoli dai loro stati di trans. Infilai velocemente i jeans su per le mie gambe, saltellando agitata. Non avrei mai voluto affrontare il momento in cui i ragazzi mi avrebbero sommerso di domande in quelle condizioni. Niall e Harry incominciarono a discutere su chissà che cosa mentre passavo le mani fra i capelli, cercando le scarpe disperse per la stanza.
- Oddio Martha, stai bene? – vidi correre verso di me Zayn, visibilmente preoccupato.
Sorrisi timida, annuendo piano. Non potei non avvampare quando entrarono alle sue spalle anche altre persone che avevo visto nella sala da the, non tante, ma comunque troppe per me. Mi sentii mancare il fiato, sentendo più voci chiedermi come stavo, perché stavo piangendo, se volevo qualcosa da bere, mangiare … Il respiro tornò irregolare, cercando di calmare quella folla. Non ero in grado di gestire quella situazione e cercai disperatamente una via di uscita.
Corsi verso una chioma bionda un po’ appartata rispetto al gruppo, fiondandomici contro. Avvolsi le mia braccia intorno al suo petto, affondando per quanto fosse possibile la faccia nella sua schiena. Sentivo di nuovo la testa pulsare e le orecchie tapparsi ogni volta che non deglutivo per più di qualche secondo. Alzò le braccia di scatto, cercando di capire cosa si era aggrappato a lui. Non lo lasciai nemmeno un secondo, ispirando il suo profumo. Mi portò davanti a sé, mi rilassai soltanto quando la sua mano accarezzò i miei capelli, sussurrandomi dolci parole all’orecchio.
Nascosi il viso nel suo collo, aggrappandomi alle sue spalle quando prendendomi per la base della schiena mi sollevò da terra.
- È tutto apposto Martha. – spalancai gli occhi al contatto con qualcosa di morbido. Niall si appostò di fianco al letto, tenendomi una mano. Mi trapassò con lo sguardo la nuca da parte a parte, abbassandosi un poco. – Non sei costretta a dire niente a nessuno se non ti va.
Mi guardai intorno, non trovando più nessuno tranne me e i ragazzi. Non capivo se il biondo intendeva il bacio o la mia situazione così annuii solamente, fissandomi i piedi ancora un po’ sconvolta. Louis gattonò sul letto, avvicinandosi a me con i suoi occhioni spalancati e pieni di preoccupazione.
- Mi hai fatto morire di paura due volte, stamattina e adesso! Sei sbiancata improvvisamente, ho pensato ti stessi per sentire male di nuovo. – lo fissai mentre manteneva la posizione sul materasso, affondando le mani e le ginocchia tra le coperte ormai disfatte.
- Sto bene. – sussurrai. Il mio cuore rise quando Liam con una fiancata spostò Harry, avvicinandosi a me. Poggiò le sue labbra sulla mia fronte, facendomi sobbalzare.
- Stai meglio adesso. – mi sentii una principessa sotto tutte quelle attenzioni. Il riccio non riuscì a trattenere una risatina che mi fece rizzare i capelli. Lo vidi che guardava Niall divertito, probabilmente per averci colto in fragrante pochi minuti prima.
I ragazzi ci fissavano curiosi così decisi di cambiare argomento, schiarendomi la voce.
- Scusate per oggi. Non volevo spaventare nessuno. – questa volta avanzò Zayn, facendo il giro del letto si stese accanto a Lou, a pancia in giù.
- Io invece ti devo ringraziare, non ridevo così tanto da un po’. – i ragazzi si sentirono offesi, iniziando a discutere su quel punto. Come poteva dire una cosa del genere in loro presenza? Insomma, Louis era sempre stato l’animo del gruppo, si sentì quasi insultato.
Finalmente l’attenzione non era più su di me e potei rilassare i muscoli. Sedetti meglio sul letto, cercando di seguire il loro discorso piuttosto divertente.
Mi sentii osservata la maggior parte del tempo, girandomi poi verso Niall. Avvampò spostando lo sguardo sui ragazzi. Sorrisi al suo rossore, l’impressione che quel ragazzo ricambiava i miei sentimenti indefiniti verso di lui si fece più grande. Non presi nemmeno conto del fatto che c’erano altre persone nella stanza, desiderando di baciarlo ancora una volta. Infilai due dita nel collo della sua maglietta, spingendolo violentemente verso di me. Lui impreparato si fece trascinare, quasi cadendo in avanti. Mentre cercava di non crollarmi addosso poggiando entrambe le mani ai lati del mio corpo, mi inchinai in avanti. Le nostre labbra si incontrarono ancora una volta e il mio stomaco si strinse sotto al suo tocco. Portai l’altra mano sul suo collo spingendolo verso di me.
Mi sentii andare a fuoco quando sentii varie urla di apprezzamento in sottofondo. Niall morse il mio labbro inferiore, sempre con dolcezza, facendomi perdere un battito. Mi staccai a fatica, stendendomi di colpo a pancia in giù e nascondendo la faccia nel cuscino.
- Niall!
Sentii un colpo attutito da un tessuto, probabilmente avevano tirato qualcosa addosso al biondo, poi ancora altri e delle risate. Alzai leggermente la testa, girandola verso l’altra parte del letto. Era in corso una battaglia con i cuscini e io non me ne ero nemmeno resa conto.
Li guardai tutti attentamente. Sapevo che molti pensavano che la celebrità li avesse cambiati, ma in quel momento vedevo soltanto cinque ragazzi che si divertivano, senza pensare a quanti soldi avessero in tasca. Sorrisi, nonostante il mal di testa si fece sentire nuovamente: eccola di nuovo, la mia felicità.



~~~~~~~~~~~~~~~~~
IL capitolo hahaha
Spero vi piaccia :) Fatemi sapere
Tanto love

xx
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Capitolo 11
*** Cap. XI ***





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Fatemi sapere per favore




 
 
Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.






Lanciai un urlo di pieno terrore, scavalcando cuscini, coperte e corpi distesi per la stanza. Guardai in ogni angolo della stanza, perfino nel bar sotto la scrivania.
- Niall! Il mio cellulare! – gridai, ancora sconvolta. I miei zii mi avrebbero ucciso quella volta, ne ero sicura. Ancora non sapevo che ore erano, ma comunque avevo intuito fosse pomeriggio e non avevo avvisato nessuno della mia assenza per il pranzo.
Il biondo mi indicò tranquillamente il comodino, dove vidi posato il mio Nokia accanto ai miei occhiali. Sospirai di pieno sollievo, lanciandomi verso il letto. Atterrai sopra la pancia di Louis, facendolo mugugnare di dolore. Allungai la mano verso l’apparecchio, sbloccandolo immediatamente. Deglutii quando notai l’orario, sentendomi subito in colpa: ero davvero una pessima nipote. Tuttavia rimasi sorpresa di notare soltanto qualche notifica da Twitter e nessun messaggio o chiamata. Il moro mi spinse giù, facendomi cadere di fianco a lui. Sorrisi quando notai il viso di Harold accanto al mio, schiacciato contro il cuscino.
- Ho chiamato io i tuoi parenti. – avrei volentieri fatto una statua al biondo in quel esatto momento. Mi aprii in un grosso sorriso, saltellando sul letto. Il braccio stanco e pesante di Styles si schiantò sulle mie gambe, fermando i miei movimenti. Ringraziai Niall soltanto con lo sguardo, stringendo fra le mani la mia cover. Ci passai sopra un dito, ricordandomi perfettamente il giorno in cui l’avevo ordinata da eBay. – Ho detto che ti eri addormentata e che avevi pranzato con me. – si grattò il collo, leggermente imbarazzato.
Liam balzò sul posto, lasciandogli un buffetto sul fianco. Quello squittì subito, tirandogli giustamente una cuscinata. Scattammo tutti sull’attenti quando un paio di colpi assestati colpirono la porta della cabina. Ci alzammo quasi tutti contemporaneamente, cercando di sistemare il casino che avevamo combinato. Presi il grosso cuscino del divano, correndo dall’altra parte della stanza. Fu davvero epica la mia caduta mentre cercavo di tornare ad aiutare gli altri vicino al letto. Mi ritrovai col sedere per terra, appena la porta si aprì. Ci lasciammo andare a un sospiro collettivo quando Eleanor e Gemma entrarono nella cabina, divertite dal nostro comportamento. Una mano curata con le unghie pitturate color porpora mi si piazzò davanti: la presi senza tanti complimenti, aiutandomi a rimettermi in piedi.
- Stai meglio Martha? – mi chiese gentile la ragazza mora. Sorrisi apertamente, annuendo convinta.
Harry mi passò accanto ammiccando - Tutto grazie ai baci miracolosi del biondo.
Lo colpii al fianco, fintamente arrabbiata, ricevendo alcuni complimenti per la mira da parte della sorella. Mi stupii del fatto che nessuno avesse sentito le sue parole, lasciando le ragazze ancora all’oscuro dell’accaduto. In verità non ero sicura che fosse una cosa da dire … ero ancora un po’ confusa.
Andai diretta al comodino, lasciando che le ragazze parlassero con chi dovevano parlare. Presi gli occhiali, sorridendo a Liam che mi fissava curioso. Feci una smorfia quando vidi le lenti sporche come non mai. Mi avvicinai a Niall con un sorrisetto, mettendomi davanti a lui: presi il bordo della sua maglietta di cotone, alzandolo leggermente. Cotone, proprio quello che serviva per pulire i miei occhiali. Passai sotto le mie dita, facendolo sussultare leggermente. Ridacchiò quando iniziai a muovere circolarmente le dita prima su una lente e poi sull’altra, controllando ogni tanto.
- Non manca molto a Cartagena. – sentii dire da Gemma.
Annuii insieme agli altri. Poiché il percorso da fare era più lungo saremmo arrivati nella città spagnola un po’ più tardi del solito orario. Avrei voluto andare con loro, ma non ero sicura che i miei zii mi avrebbero lasciato andare. Sapevo che si sentivano offesi perché era come se stessero facendo la vacanza da soli, ma sentivo altre esigenze.
La mia pancia brontolò, facendo ridacchiare nuovamente il biondo davanti a me. Alzai lo sguardo dagli occhiali, notando le sue mani in tasca, la sua pancia scoperta e una piccola linea di peli scuri che usciva dai suoi pantaloni, finendo vicino all’ombelico. Deglutii mentre continuavo a percorrere il suo corpo, arrivai sul suo viso rossa come non mai, senza riuscire più a muovere un muscolo. Mi fece un occhiolino, togliendo le mie piccola mani da sotto la sua maglia. Si avvicinò ancora di più, girando la testa per arrivare al mio orecchio. Sentii un brivido partire dal collo e scendere sulle mie braccia, sentendo il suo respiro di nuovo così vicino al mio.
- Adesso io e te andiamo a mangiare qualcosa. – mi sussurrò, scendendo con il suo tocco sul mio braccio, riempiendolo di nuovo di brividi. La sua mano aprì la mia e le sue dita percorsero tutto il mio palmo, prima di chiudersi tra le mie.
Salutò velocemente tutti, sistemandosi meglio il ciuffo. Mi accorsi di avere ancora in mano gli occhiali, così me li misi velocemente, portando verso l’alto le nostre mani intrecciate. Seguivo i suoi passi mentre ci spostavamo tra i corridoi. Cercai di bloccarlo quando ci trovammo davanti alle scalinate che congiungevano i vari corridoi, portandoci nella galleria dei negozi. Non volevo assolutamente entrare in un ristorante troppo lussuoso, non potevo permetterlo e l’ultima cosa che volevo era far spendere a Niall un capitale solo per un pranzo. Si girò sorridendomi, trascinandomi dentro un ristorante di cui non riuscii nemmeno a leggerne il nome. Una lunga stanza era fornita di parecchi tavoli, una tovaglia rossa, sovrastava un’altra bianca, rendendo l’atmosfera calda e accogliente. Parlò per qualche secondo con un uomo in giacca e cravatta, probabilmente un cameriere, che gentilmente ci fece accomodare a uno dei tanti tavoli liberi. Vidi solo altre tre famiglie sedute, non era di certo orario per pranzare.
Ordinò qualcosa sia per me che per lui mentre io continuavo a guardarmi attorno in silenzio e a ripensare a quello che era successo in cabina.
- Non avevi già mangiato? – chiesi. Era pomeriggio e avevo dormito per un po’ di ore ma per i ragazzi l’orario di pranzo era passato da un po’. Scosse la testa, arrossendo leggermente. Non potei che fare altrettanto, sorridendogli.
- Ho aspettato che ti svegliassi. – mi rispose. I miei occhi si illuminarono e sentii una strana pressione allo stomaco. Adoravo quel ragazzo ogni giorno di più, la sua dolcezza, la sua semplicità e simpatia … Avrei potuto scrivere un libro solo per descrivere lui e quello che provavo quando ero con lui, anche se l’unico aggettivo che mi veniva in mente era indescrivibile.
Lo sentii osservarmi per tutto il pranzo, i suoi occhi erano incessantemente puntati su di me. Speravo lo facesse perché aveva promesso di aiutarmi e non perché gli facessi pena. Quando dopo il primo piatto mi sentii piena, fu il mio turno di osservarlo, ma guardandolo non feci altro che peggiorare la mia situazione. Mi stavo affezionando troppo a quel ragazzo, il mio cervello continuava a ripetermi che appena la crociera sarebbe finita, non l’avrei più visto, se non dietro allo schermo di un pc.
Non ci scambiammo molte parole, ma mi bastavano. Lui sorrideva e io sorridevo, sembrava programmato, non dovevo nemmeno controllarlo. Appoggiai la mano sotto il mento mentre col tovagliolo si puliva gli angoli della bocca. Non mi accorsi nemmeno che stavo fissando le sue labbra finché si mossero, chiamandomi. Feci finta di nulla, sistemandomi meglio sulla sedia, togliendo il tovagliolo dalle mie ginocchia.
- Cosa ti va di fare? – domanda che mi fece ripensare al primo appuntamento in quel bar di Marsiglia, mi ero davvero divertita molto. Aprii la bocca per rispondergli ma un vuoto si impossessò della mia mente. Come? Come si diceva? Schioccai qualche volta il medio e il pollice, provando a cercare nel fondo del mio cervello. Il suo sopracciglio si alzò divertito e la sua mano si allungò verso la mia, sfiorando le mie dita.
Niente! Non me lo ricordavo! Ero davanti al ragazzo che mi piaceva e mi ero dimenticata come si diceva una parola in inglese. Grandioso Marta. Sospirai di frustrazione, stringendo la mano in un pugno. Niall mi chiese perfino se stessi bene. Che imbarazzo, che vergogna! Dodici anni di inglese e mi perdevo in una goccia d’acqua. Incredibile!
Presi velocemente il cellulare, sbloccandolo e accedendo all’app del traduttore. La mia curiosità prese il sopravvento, superando il disagio del momento. Volevo davvero sapere come si diceva, perché più provavo a pensarci più mi allontanavo dalla soluzione.
- Cosa stai facendo? – il biondo appoggiò i gomiti sulla tovaglia, alzandosi e sbirciando dalla mia parte.
- Sto usando il traduttore. – schiacciai velocemente i tasti, quasi nervosa e di fretta. Trattenni il respiro quando feci partire la traduzione vocale, alzando il volume per farla sentire anche a lui.
Niall già rideva, evidentemente per lui era una situazione divertente, per me era un disastro. Non potevo scordarmi così le parole! Una voce femminile e piuttosto metallica pronunciò la traduzione inglese di ‘la prua della nave’ e io mi battei una mano sulla fronte davanti al mio lapsus. La sapevo! La sapevo ma non me l’ero ricordata! Sei doppiamente stupida allora, Marta. Il biondo rise ancora di più, cadendo quasi dalla sedia, mentre io preferii scusarmi e non ribellarmi a quella presa per il culo bella e buona. Ancora con le lacrime agli occhi mi prese il cellulare, digitando qualcosa, sorridendo tra sé.
Andiamo allora bambino’ disse ancora la voce di Google translate. Spalancai gli occhi, scoppiando a ridere anche io. Ripresi il cellulare, notando che avrebbe voluto dirmi ‘allora andiamo piccola’ ma il traduttore non aveva azzeccato né il sesso, né l’ordine più corretto. Niall cercò di imitare la voce, ma il suo italiano mi fece ridere ancora di più. Ebbi paura di dover correre in bagno mentre la mia risata aperta si espandeva per tutta la sala. Gli unici due tavoli rimasti ci guardarono male, tornando poi ai loro piatti.
Mi scusai ancora, camminando verso la prua della nave. Avevo come l’impressione che non avrei più dimenticato come si dicesse. Sorrise e mi prese la mano, proprio come poco tempo prima. Le sue dita intrecciate alle mie mi fecero sorridere, sollevata, la mia mente era sgombra e il mio cervello cercava di imprimere tutte quelle immagini nei miei ricordi. Appena misi piede fuori all’aria aperta, presi un grande respiro: l’aria di mare entrò nei miei polmoni, rinfrescandomi l’anima. Era un odore fantastico, ammiravo il mare fin da quando ero bambina e lo avevo sempre preferito alla montagna.
I nostri capelli svolazzarono mentre ci avvicinammo alla ringhiera bianca, notando la terra sempre più vicina. Non avremmo impiegato molto ad attraccare. Posò dolcemente le mie mani sul ferro fresco, stringendo le sue dita fra le mie. Si posizionò dietro di me, spingendomi leggermente verso il bordo. Mi lasciai andare sul suo petto, non riuscendo a trattenere un sorriso da ebete. Le sue labbra baciarono il mio collo, facendomi rabbrividire.
- Non mi importa ok? Non pretendo che tu sappia perfettamente l’inglese e non voglio che tu impari l’irlandese per me. – mi morsi il labbro a quella dichiarazione. Sapevo di non essere perfetta, non mi ero mai considerata tale, anzi, prima pensavo la perfezione non esistesse, poi vedevo le modelle, quelle si che avevano un corpo perfetto. E allora pensavo la perfezione fosse solo noiosa, mi piaceva essere me stessa, anche se esserlo non piaceva agli altri. L’avevo trovata la perfezione, quella divertente, che non ti stanca mai. L’avevo scoperta a casa mia, davanti a un computer, cuffiette nelle orecchie: la perfezione nel mio cervello erano quei cinque ragazzi. Quei cinque ragazzi arrivati all’improvviso e che mi avevano cambiato la vita. Ma il mio cuore? Il mio cuore cosa diceva? – Amo la tua risata. – sussurrò sul mio collo, strofinando il suo naso contro di esso. Balzai sul posto, trattenendomi dal ridere. – Amo il tuo sorriso. – percepii le sue labbra distendersi sulla mia pelle, facendomi sorridere di conseguenza. – Amo il tuo accento strano, i tuoi capelli e i tuoi occhi. – io sapevo di amare i suoi, quando gli incontravo, il mio mondo rallentava. Era una sensazione bellissima e semplicemente unica.
Mi girai fra le sue braccia, le goti ancora arrossate da tutti quei complimenti. Passai timidamente una mano nei suoi capelli, soffermandomi qualche secondo. Mi regalò uno dei suoi magnifici sorrisi, avvicinando il suo corpo al mio. Se avessi saputo tutte quelle parole che mi servivano per esprimere tutto quello che stavo provando in quel momento, probabilmente gliele avrei dette, ma avevo paura di quello che poteva succedere dopo. Poggiai l’altra mano sul suo collo, salendo sulle punte. Fissai i suoi occhi mentre mi avvicinavo a quelle labbra, quelle labbra che non vedevo l’ora di fare mie di nuovo. Girai la sua testa, chiudendo gli occhi: sentii di nuovo le sue labbra sulle mie, facendomi tremare. I nostri respiri si sincronizzarono in pochissimo tempo, quasi preparati precedentemente. La mia schiena premette sul tubo di ferro, portando con me anche Niall. La sua lingua si infilò dolcemente fra le mie labbra, la mia mano finì alla base del suo collo, spingendolo verso di me. Ormai ero persa, anche se sapevo che materialmente il mio corpo era lì, le mie labbra erano su quella nave, la mia mente vagava, tutti pensieri dedicati al ragazzo biondo. Dio solo sapeva cosa il mio corpo provava, io non lo sentivo più, staccato dalla mia testa e dal mio cuore.
Si staccò senza fiato, poggiandosi a me. Respirai il suo profumo, il suo sapore ancora sulle mie labbra. Ridacchiai quando una strana scena si fece spazio nel mio cervello.
- Mi ricorda Titanic. – ammisi. I suoi occhi si spalancarono sui miei e cercai di capire perché fosse così agitato. La sua risata mi tranquillizzò, poggiò la sua fronte sulla mia spalla, continuando a ridere. Accarezzai la sua schiena, dal bordo alto della maglietta fino a metà, percorrendo con le dita le curve della sua colonna vertebrale. I suoi occhi mi fissarono ancora una volta, trovando i miei pronti ad accoglierli. Per quanto ci provassi, tutte le volte che gli  studiavo trovavo qualcosa di nuovo, una nuova sfumatura, un filo dorato, mi stupivo tutti i giorni di un colore così limpido e affascinante.
Mi stampò velocemente un bacio sulle labbra, ridendo poi da solo. Lo guardai divertita, mentre scuoteva la testa. Le sue dita passarono nei miei capelli, togliendoli dal mio viso.
- Dove la porto signorina? – sorrisi come non mai. Strinsi forte la sua maglia fra le mie dita.
- Su una stella. – indicai il cielo.
Ridemmo insieme, riportando esattamente le parole del film. Film che adoravo, mi commuovevo sempre. Ogni volta che lo guardavo, speravo che qualcuno avrebbe fatto qualcosa, che il comandante avesse rallentato quando ce n’era la possibilità, che qualcuno buttasse giù dalla scialuppa quell’uomo che non doveva esserci, che la nave a quattro ore di distanza fosse stata appena a due, che avessero accettato la proposta di raddoppiare le scialuppe, fregandosene altamente dell’estetica. Non riuscivo a credere che così tante persone fossero morte così, nel gelo delle acque dell’Atlantico. Non credevo nemmeno di essere lì, in quel momento.
- Non credo di poterti portare su una stella. – sussurrò dispiaciuto. Passai le mie mani dietro la sua schiena, abbracciandolo forte.
- E allora portami con te, ovunque andrai.
Schiacciati contro quella ringhiera, il mio cuore batté come mai aveva fatto in vita sua. Schiacciati contro quella ringhiera, il mio cuore aveva trovato la perfezione. L’aveva trovata lì, su quella nave, su quella prua, quel giorno vicino al tramonto, in quell’abbraccio, in quegli occhi, in quel sorriso e in quella risata. Il mio cervello diceva di lasciar perdere, ma il mio cuore gridava ‘NIALL’.


 
Devo cambiare l'introduzione. Scrivetemi nelle recensioni la parte di storia che fino ad adesso vi è piaciuta di più :)
Vi prego non ditemi dal capitolo uno all'undici perchè sono un po' in crisi haha
Vi voglio bene. Grazie per tutto 
Spero vi stia piacendo. A presto!
xx


 
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Capitolo 12
*** Cap. XII ***



Questo è il banner sostitutivo .. Finchè non riuscirò a farne (a farmene fare lol) uno più carino devo lasciare questo.
Scusate.





 


Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.




Non vedevo l’ora di potermi fare una doccia. Non fraintendetemi, Cartagena era una città affascinante, seppure avesse parecchi edifici storici e vecchi. Ma i ragazzi non ci avevano dato la possibilità di ritornare in cabina dopo averci trovati sulla prua. La mia giornata si era rigirata totalmente quando avevo messo piede sull’asfalto, sembrava che tutto il mondo girasse attorno di me troppo velocemente e che facessi fatica a seguirlo. Chiamai mio zio e litigammo al telefono per circa un quarto d’ora. Mi sentivo pesante in seguito al pranzo abbondante, tirava un arietta gelida che ti entrava perfino nelle ossa e non mi ero nemmeno cambiata l’assorbente. Il mio cellulare si era poi scaricato, facendomi andare su tutte le furie: ma che avevo fatto di male?
La custodia della Canon di Niall rimbalzava sul suo petto, distraendomi.

- Mi dici perché hai portato quella cosa? – gliela indicai. Il suo corpo si piegò in avanti, mosso dalla sua risata. Strinse la sua presa sulla mia mano, continuando a camminare.
- Per fare delle foto. – mi disse ovvio. Non pensavo il biondo fosse attratto da queste cose, mi dava l’idea di uno che si faceva fotografare e non che faceva fotografie. Per questo motivo lo guardai un po’ storto, facendo aumentare la sua risata.
Non seppi come ringraziarli quando si aggiunsero a noi i ragazzi, facendomi ridere un po’. Ripresi vitalità e serenità, godendomi la gita. Io e Niall girammo a piedi quasi tutta la città, lui fotografò qualunque cosa vedesse, ma spesso lo beccavo a fare le foto a me e non al paesaggio. Avevo paura di come ero uscita ma mi aveva proibito di vederle, forse per paura che le avessi cancellate. Facemmo un patto: lui avrebbe potuto farmi tutte le foto che voleva solo se facevamo qualche foto insieme; ci divertimmo così tanto, imitando tutte le facce strane e divertenti possibili. Andò tutto bene finché non incontrammo nuovamente Louis e Eleanor, anche loro staccati dal gruppo per potersi godere un pomeriggio insieme.
- Devi assolutamente venire a vedere. – la mora si rivolse a me. Rimasi sorpresa perché mi conosceva da poche ore e già mi trattava come sua amica. Lou si era scelto proprio una ragazza simpatica.
Perdemmo i ragazzi tra la folla di turisti mentre venivo trascinata tra la gente. Risi la maggior parte del tempo, andando a sbattere contro numerosi giapponesi e spagnoli, scusandomi come potevo. Ci fermammo davanti a una vetrina e mi indicò una borsa. Deglutii sperando di non trovarmi in compagnia di una maniaca per lo shopping. Purtroppo non era proprio la mia materia, la mia moda non seguiva le tendenze ma l’umore e la stagione. Batté le mani eccitata.
- È la borsa che c’è nel film Il diavolo veste Prada! – trattenni una risata e sospirai di sollievo mentalmente. Avevo fatto una supposizione completamente sbagliata, Eleanor era solo contenta di aver trovato una borsa che era in un film e non perché la voleva comprare. Strabuzzai gli occhi notando la cartellina del prezzo, non l’avrei comprata nemmeno se avessi avuto tutti quei soldi da sprecare per una borsa.
- Dove sono gli altri? – chiesi, cercando sulle punte di notare qualche faccia conosciuta.
- Non lo so. – El mi guardò e scoppiammo a ridere. Nonostante avesse all’incirca quattro anni di differenza sapeva come farmi divertire e sentire a mio agio. Non ci preoccupammo nemmeno di avvisare i ragazzi, continuando a parlare del più e del meno.
Proprio sul punto clou di un suo racconto divertente su lei e il suo professore all’università, dal nulla spuntò una calca di gente che spingeva da tutte le parti. Mi sentii presa per mano e trascinata via, di nuovo. Capii subito che fossero giornalisti e fan quando urlarono a squarciagola i nomi dei ragazzi. Non riuscivo a credere come avessero fatto a raggiungerci così in fretta. Non potei più ragionare perché Eleanor corse via. Provai a seguirla per quanto fosse possibile, lei correva, io ridevo e non si capiva nulla. Svoltammo più volte, facendomi perdere quel poco di orientamento che avevo. Finimmo in una zona più tranquilla con ristoranti e negozi. Mi poggiai al muro, sfinita, ma continuai a ridere per un po’. Era tutto così strano e buffo. Quando aprii gli occhi però, mi resi conto che non era per niente divertente.
Eleanor non era accanto a me, non c’era nessuno vicino a me, a parte un signore seduto a un tavolo con il giornale davanti che sorseggiava un caffè. Mi guardai attorno più volte: in fondo alla via potevo vedere le macchine passare velocemente, probabilmente era la strada principale. Non riconoscevo però nulla di quello che avevo visto prima. Feci un respiro profondo, cercando di capire dove fossi e come ci fossi finita lì da sola. Un ristorante italiano dai tendaggi rossi era davanti a me, sull’angolo della via in cui mi trovavo. I suoi tavolini occupavano tutto il marciapiede e dall’altra parte della strada un piccolo tabacchino esponeva in vetrina vari souvenir. Feci qualche passo per vedere cosa c’era dopo: intuii che fosse una strada parallela a quella principale, meno frequentata. Un’auto passò proprio in quel momento, passando con le ruote su una pozzanghera. Il rumore degli schizzi si mischiò a quello delle pagine e dei piatti, poi ancora silenzio. I clacson delle altre auto erano lontani e non capivo assolutamente come fosse possibile in quella piccola cittadina.
Le mie mani incominciarono a sudare, i minuti passarono ma nessuno che conoscevo, niente di altamente riconoscibile si fece vedere. Mi ero persa.
Tastai le tasche dei pantaloni, tirando fuori il mio cellulare. Guardai lo schermo nero sperando che avrebbe potuto aiutarmi, non ricordavo nessun numero che non fosse il mio e quello di casa mia fisso a memoria. Non ero nemmeno sicura di poter fare una chiamata per l’Italia senza niente per pagarla. Nelle mie tasche infatti, c’erano soltanto un fazzoletto spiegazzato e la carta magnetica. Mantenere la calma fu una vera sfida, ero sola e non sapevo cosa fare. Chiesi gentilmente al signore seduto al ristorante l’orario. Mancava un’ora e poi la nave sarebbe partita senza di me.

- Si sente bene signorina?
Il suo accento spagnolo era musica per le mie orecchie, ma nulla poteva rassicurarmi in quel momento. Annuii, sforzando un sorriso. Potevo trovare la strada anche da sola, ne ero sicura. Mi feci dare qualche indicazione per il porto, ma scoprii presto che essendo Cartagena una città addossata al mare, il porto era enorme e non era così facile trovare la strada giusta. Con pazienza mi spiegò come avessi potuto arrivare al centro, non troppo lontano da dove ero io.
Camminai per quelle che mi sembrarono ore, seguendo la mappa che mi ero tracciata mentalmente. Le mie dita allacciavano e slacciavano il terzo bottone della camicia, i miei occhi si soffermavano su ogni volto, cartello o monumento, cercando di trovare qualcosa che mi avrebbe riportato da Niall. Mi salirono le lacrime agli occhi quando il mio ottimismo andò completamente a puttane. Mi arresi al fatto che mi fossi persa e che probabilmente chiedere informazioni non mi avrebbe mai portato al porto in tempo. Il mio cervello si fuse quando montò l’ennesimo filmino, tutti con lo stesso finale: non avrei fatto in tempo. Il sole era ormai calato, il buio era più vicino che mai e il mio cuore batteva a ritmo delle lancette.
Ero stata così stupida, ma a cosa stavo pensando? La mia vita non poteva andare bene, non era mai andata bene. Nonostante tutti i miei sforzi per una vita normale i miei genitori mi guardavano ancora con lo stesso sguardo di tre anni prima, il mio corpo era tutto tranne che normale, il mio cervello era sempre più fuso e il mio cuore sempre più pieno.
Finalmente vidi il mare e corsi fino a un semaforo, corsi quando fu verde per i pedoni e potei attraversare e corsi fino al muretto in pietra che percorreva tutto quel tratto di strada. Mi ci appoggiai, continuando a pensare a cosa stava succedendo. Non era possibile che tutto quello stesse capitando a me.
Mi sembrò di toccare il cielo con un dito quando riconobbi la chioma castana di Liam e quella più scura di Louis, accompagnati da due altri uomini, probabilmente body-guard. Non so come mi mantenni calma, senza urlare o dare di matto. Mi avvicinai piano, quasi spaventata. Il marciapiede era libero, infondo era quasi ora di cena.
- Cosa ha intenzione di fare allora? - chiese improvvisamente la voce squillante del moro. Aggrottai la fronte ma non feci in tempo a chiedere nulla perché uno dei due uomini mi notò, venendo dietro con me. Nessuno fece caso a noi così proposi al bodyguard di ignorarmi, volendo far spaventare i ragazzi.
- Non lo so. - sospirò Liam. La sua voce mi fece sorridere, il suo tono da bambino alle mie orecchie era un dolce suono. L’uomo accanto a me ridacchiò prima di farmi un occhiolino e tornare dov’era prima.
- Almeno le piace? - mi sentii improvvisamente tirata in ballo. Non fare l’egocentrica, Marta.
Payne si mosse impercettibilmente in avanti, annuendo. Per una volta diedi retta alla mia coscienza e mi imposi di pensare che stessero parlando d’altro. Quando mi preparai per un bell’urlo in stile King Kong per farli spaventare, Liam ricominciò a parlare. Mai l’avesse fatto.
- Il fatto è che ha tanti problemi e anche se volesse provarci seriamente non sono poi così sicuro che possa aiutarla poi così tanto. - mandai a fanculo il mio cervello e il mondo intero. Era palesemente ovvio che stessero parlando di me e Niall. Il mio sorriso si spense, il cuore partì ingranando la quarta e un groppo salì in gola. Tanti problemi? Lui che mi aveva promesso di aiutarmi andava a dire in giro che io avevo dei problemi?
- Martha è una ragazza forte, ne sono sicuro. - disse Louis. Respirai a stento. No, non ero forte, senza un appiglio, un aiuto, non ero niente, nessuno. Come potevo affrontare tutto quello da sola?
- Lo so anche io, ma fra cinque giorni noi partiamo per Los Angeles e lei torna a scuola. - Oh, era questo il problema. Evidentemente Niall non aveva smesso di pensarci, cosa che io invece stavo provando a fare. Non lo si poteva negare, prima o poi quella maledetta crociera sarebbe finita, ma in me era cresciuta una speranza, un piccolo fiammifero era stato acceso pregando che la scritta fine non venisse troppo presto. Le sue parole furono per me una ventata di aria fredda, di quel tipo che ti entra nelle ossa, che ti congela, di quel tipo che ti congela anche dentro. Spensero la fiamma, spensero il mio cervello, la mia felicità e il mio cuore.
- Niall di cosa ha paura? – chiese Louis. Guardai tutto tranne che loro, sentendomi fuori dal mondo, fuori da tutto.
- Di innamorarsi.
Mi bloccai, lasciandoli procedere verso una mèta che in fondo speravo fosse il porto. Amore? Lui che scriveva canzoni su questo sentimento, aveva paura di innamorarsi? Perché semplicemente non poteva essere felice con me come quando io lo ero con lui? Perché si doveva fare certe domande? Perché complicarsi così il viaggio? Cosa c’era in me che non andava? Perché non valeva la pena innamorarsi di me?

- Scusami.
Presi un mezzo infarto quando una ragazza un po’ più giovane di me mi picchiettò una spalla. La mia faccia doveva essere sconvolta perché sembrò trattenere il respiro. Per un momento mi dispiacque fare quell’impressione, non ero io in quel momento, troppo sommersa di pensieri, voci, supposizioni, lontana da Cartagena e un intruso, solo un maledetto intruso.
- Tu sei Martha giusto?
Annuii non capace di tirare fuori parole. Il suo accento spagnolo storpiava leggermente il suo inglese, rendendo la frase più impastata. Come faceva a conoscere il mio nome? I suoi occhi si illuminarono, però corse via, allontanandosi da me. Una presa strinse il mio cuore: era ovvio che nessuno sarebbe venuto a cercarmi ed era ovvio che non si erano nemmeno accorti della mia improvvisa scomparsa, come avevano dimostrato Lou e Liam. Magari adesso gli altri se ne stavano in coda, pronti a offrire la propria carta magnetica per salire sulla nave, pronti per altri cinque giorni di pieno relax. Una schiera di barche iniziava non molto lontano da dove mi trovavo, forse lì vicino c’era la mia crociera, forse lì vicino c’erano i miei amici, forse era lì che erano diretti tutti.
La stessa voce di qualche minuto prima mi chiamò e io mi rigirai, stanca. La ragazza non era più da sola, con lei c’erano anche altre ragazze, in tutto erano circa una decina e mi guardavano come se fossi una divinità. Deglutii, cercando di mostrarmi gentile: provai a sorridere ma mi sentii vuota. Studiai i loro volti ma nonostante conoscessero il mio nome, non le avevo mai viste in vita mia.

- Possiamo fare una foto con te? – chiese un’altra ragazza, un po’ più alta della prima, ma con lo stesso accento.
I miei occhi si spalancarono. Una foto? Con me? Per poco non mi misi a ridere anche se probabilmente non ci sarei nemmeno riuscita. Scossi la testa, continuando a guardare quelle barche. Ormai era tardi e io sarei rimasta comunque a terra, era meglio per me mettermi l’anima in pace e magari avrei potuto chiamare i miei genitori in Italia. Già immaginavo i loro volti, ancora più delusi. Non sarei mai riuscita a renderli fieri di me come volevo.
- Non capisco. Perché no? – mi girai ancora una volta. Le loro espressioni tristi diedero uno schiaffo morale al mio cervello. Mi scusai sinceramente, l’ultima cosa che volevo era trattarle male. In fondo sapevo cosa si provava e nonostante avessi voluto essere invisibile agli occhi di tutti in quel momento quelle ragazze non si meritavano la mia frustrazione.
- Sono io che non capisco. Perché volete fare una foto con me? – si guardarono fra di loro più volte, facendo aumentare la mia ansia.
- Non sei la ragazza di Niall?
Dire che ci rimasi sorpresa, è dire davvero poco. Capii che quelle ragazze erano fan, proprio come me. Riuscii perfino a pensare a una loro storia: ero sicura che i ragazzi avessero cambiato la vita anche di queste ragazze, era incredibile. Ma io? Io non ero la ragazza di Niall, oppure era così? Io vedevo in Niall l’unica persona che poteva capirmi, l’unica di cui mi ero fidata, l’unica che mi faceva provare sensazioni indescrivibili … O almeno era quello che pensavo fino a cinque minuti fa, quando ero sicura di quello che provavo per lui. Ma poi? In quel momento sapevo solo che nonostante tutto, essere considerata la sua ragazza mi rendeva felice.
Quando la situazione stava per crollare, mi sembrò di vivere in un sogno, oppure in un incubo. Un’altra voce mi chiamò, chiaramente non proveniente dalle ragazze di fronte a me, facendomi voltare verso l’origine del suono: la stessa direzione in cui erano andati Liam e Louis. Inutile controllarlo, il mio cuore iniziò a correre una maratona quando notai il suo ciuffo biondo farsi spazio fra le persone. Le lacrime salirono agli occhi ricordandomi quelle poche parole che mi avevano ferito così tanto. Non ce la feci: lo perdonai, nonostante lui non sapesse che stavo origliando una conversazione su di noi e nonostante non sapesse che fossi delusa, lo perdonai. Quell’uomo anche se non era il mio ragazzo, era il mio angelo, il mio salvatore, il mio Niall. Tutto quello che c’era di sicuro nella mia insicurezza, la nota intraprendente nella mia timidezza, il sorriso nel mio pianto, la luce nel mio buio, l’avventura nella mia monotonia. Feci solo qualche passo in avanti, ancora titubante, fu lui che continuando la sua corsa si aggrappò a me. Inspirai il suo profumo come se fosse l’ultimo respiro che avessi dovuto inspirare e le mie braccia si strinsero al suo corpo come mai avevano fatto prima. Ecco, in quel momento eravamo solo me e lui.

- Ho avuto così tanta paura. – sussurrai sul suo petto. Era davvero così, il terrore aveva preso il sopravvento su di me in quel poco o tanto tempo in cui ero rimasta da sola, persa. La sua mano passò sui miei capelli e infilò la testa nel mio collo. Alcune lacrime scesero sulla mia pelle, bagnando la mia camicia. Mi sentii così in colpa, come avevo potuto pensare male di lui? Un ragazzo come lui manteneva le promesse, un ragazzo come lui nonostante le paure e le critiche affrontava la vita con un sorriso e con la testa alta. Un ragazzo come lui non doveva piangere, mai, ma soprattutto non doveva piangere per me. Capivo la sua paura, attanagliava anche me, non avrei mai dovuto prendermela con lui. Poteva un’onda di delusione sparire in così poco tempo?
- Mi sono sentito perso. – singhiozzò, stringendomi fino a farmi mancare il respiro. Fu il mio turno di consolarlo: accarezzai i suoi capelli, aprendo gli occhi per guardare il cielo sopra di noi. Molta più gente si muoveva intorno a noi, ma il suo corpo premuto sul mio non mi permetteva di pensare ad altro che al dolore che gli avevo fatto provare e al dolore che stavo provando pentendomi dei miei stessi pensieri.
- Mi dispiace così tanto Niall.
- Non lasciarmi mai più, ti prego.
Glielo promisi, almeno io ero sicura di poter mantenere la promessa. Era il mio primo pensiero al mattino e l’ultimo la notte, sognavo i suoi occhi, li vedevo ovunque e i brividi che provavo in sua presenza non erano quantificabili. Non potei far altro che abbracciarlo, poiché era l’unica cosa che potevo fare. Non potei far altro che promettergli che ci sarei sempre stata per lui, poiché era l’unica cosa che potevo permettermi di offrirgli: me. Non avevo altro, non possedevo nulla che lui non possedesse già. Mi diedi della stupida tutto il tempo, ero solo una ragazzina cotta del proprio idolo, la mia vita era rovinata. Conoscevo Niall da sei giorni, lo avevo baciato solo tre volte e già mi sentivo completa, protetta fra le sue braccia.
Le parole di Liam e Louis rimbalzavano nel cervello, ma il mio cuore si fidava di Niall e magari Liam aveva fatto solo supposizioni su quello che gli aveva riferito il biondo. Magari Niall la pensava diversamente. Magari …
Tirò su il naso un paio di volte, asciugandosi gli occhi con il dorso della sua mano. Salii sulle punte, passando le mie sottili dita sotto di essi, quegli occhi che non avrebbero mai dovuto versare lacrime. Presi il suo viso tra le mani, i sensi di colpa mi stavano divorando. La mia bocca racchiuse il suo labbro inferiore, ancora leggermente tremolante: mi sentii finalmente appagata. Il bacio durò solo qualche secondo, ma il mio cuore batteva  più veloce e il mio corpo era già sospeso in aria. Sorrise, ancora con gli occhi chiusi.
Si, lui non mi avrebbe mai deluso.

- Avete finito? – ci girammo contemporaneamente. Il casino che arrivò alle mie orecchie fu spaventoso, quelle poche fan che sapevano che i ragazzi erano scesi si erano ammassate proprio dove eravamo noi, comprese quelle ragazze che avevo incontrato prima.
- Smettila Lou, sei insensibile. – lo rimproverò Eleanor, tirandogli una sberla. Vederla fu un sollievo enorme, ma non fu lo stesso per lei. Si fiondò su di me abbracciandomi. – Dio mio, mi dispiace tantissimo. – si staccò iniziando a farfugliare cose senza senso. – Ti ho perso di vista e poi guardo mi sono girata tu non c’eri più.
- Eleanor, non è colpa tua.
Lei sospirò, tornando vicino al suo ragazzo. Non so bene perché ma lo fulminai con lo sguardo, sguardo che non gli passò inosservato, facendoli assumere un’espressione confusa.
- Siamo arrivati al porto cinque minuti fa e El ci ha riferito che non ti trovava più. - mi spiegò Niall, ancora con gli occhi leggermente lucidi. Lo guardai sofferente, accarezzandogli un braccio. Lo abbracciai di nuovo, arrivando al suo orecchio.
- È tutto ok ora, calmati. - gli sussurrai.
Louis fece una delle sue battutacce, facendo notare a tutti che quella che doveva piangere ero io e non il biondo, ma a me non interessava. Era un uomo, è vero, ma le lacrime non sono vietate alla parte maschile della popolazione, le sue lacrime non sarebbero mai state per me simbolo di debolezza. Era lui quello forte tra tutti e due, ma soprattutto era umano e come tale aveva tutto il diritto di sfogarsi piangendo.
Sorridemmo agli spettatori della sceneggiata, un po’ a fatica. Le dita di Niall si infilarono nelle mie, facendo scivolare pelle su pelle: strinse la presa e io la strinsi di conseguenza. Mi dedicò un favoloso sorriso, nonostante i suoi occhi sembrassero più acquosi del solito, cominciando a camminare verso quello che finalmente doveva essere il porto.
Non riuscii a trattenere i miei pensieri e mentre Niall dedicava la sua attenzione alla macchina fotografica, trascinai via Louis da Eleanor, scusandomi con lei. Lo fissai qualche istante, fermi su quel marciapiede. Louis era sempre stato un bel ragazzo, i suoi occhi facevano venire i brividi e i suoi tatuaggi sembravano essere scritti come parole sulle pagine di un romanzo, sempre al punto giusto, al momento giusto, ben studiato e da farti mancare irrimediabilmente il fiato.
- Tu e Liam dovete sapere una cosa. - il suo sopracciglio si alzò e gli angoli della bocca scesero leggermente, senza però togliere il suo sorriso dalle labbra. - Non sarà lui quello ad innamorarsi.
E su quello, ne ero assolutamente certa.


 

 
Vorrei scusarmi per il piccolo ritardo, ma ho un motivo, una scusa davvero valida ...
*rullo di tamburi* HO FINITO IL TRAILER YEEAAAH :)
Non se avete notato che vi ho lasciato il link a inizio capitolo
Non è un granchè eh ma io ci ho provato. Spero vi piaccia
Fatemi sapere! Aspetto i vostri pareri ;)
A presto

xx




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Capitolo 13
*** Cap. XIII ***







 




Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 



Sospirai ancora una volta, chiudendo alle mie spalle la porta della cabina. Infilai come al solito la carta magnetica nei jeans, quel giorno a vita alta, abbinati a un caldo maglioncino bianco con alcuni fiori colorati sulla parte alta. Tastai l’altra tasca, trovando sotto il mio tocco il cellulare e mi avviai alla fine del corridoio.
Non vedevo Niall e i ragazzi dalla sera prima e avevo un terribile vuoto all’altezza dello stomaco. Perché sentivo così tanto la loro mancanza?
Sospirando lessi finalmente la scritta ‘Internet Room’ entrando poi velocemente. Avevo perso il conto di quante volte avessi sospirato solo quella mattina. Il problema era che mi annoiavo, tremendamente. Non sapevo davvero come passare il tempo rinchiusa in quella cabina, su quella nave, senza i ragazzi.
Mi sedetti davanti a un computer libero e appartato, accendendolo. Aspettai pazientemente che si caricasse, guardandomi intorno. La sala non era piena, ma non era nemmeno vuota. Alcune persone facevano gruppetto su qualche computer dall’altra parte della stanza mentre altre erano per i fatti loro, ma per la maggior parte adulti. Gli schermi dei Mac Apple erano quasi tutti spenti, se non per un paio che qualcuno probabilmente si era dimenticato di spegnere.
Dovetti prenderci un attimo la mano poiché non ero abituata alla grafica Apple per PC, ma poi aprii facilmente Safari, navigando sui vari social network. Quando arrivò il turno di Twitter dedicai un po’ più di tempo, essendo nuova. Sistemai gli occhiali sul naso e aprii curiosa la scheda connetti, trovando parecchi tweet da persone che nemmeno seguivo. Corrucciai la fronte, controllando il mio profilo. Non potei che spalancare la bocca davanti a qualche migliaio di follower in più dal giorno prima. Scattai come una molla, prendendo velocemente il cellulare e cercando in rubrica il numero di Niall. Ascoltai con ansia che gli squilli cessassero, battendo nervosamente il piede per terra e continuando a torturare il maglioncino con le dita. La telefonata si aprì ma nessuna voce arrivò alle mie orecchie. Alzai le sopracciglia confusa.
- Niall? – lo richiamai. Sentii solo un mugolio e imprecai mentalmente, controllando di non aver chiamato troppo presto. – Stavi dormendo?
Un sonoro sbadiglio confermò la mia ipotesi, lasciando che un sorriso da ebete si formasse sul mio volto. Immaginai il suo viso sciupato dalle pieghe del cuscino, arrossato per il caldo e con i capelli scompigliati. Steso nel letto a pancia in giù, il busto fasciato da una comoda maglia di cotone e le lenzuola a coprire il resto del corpo. Morsi le labbra, desiderosa di vederlo al più presto.
- Siamo su Twitter bel addormentato nel bosco. – Sentii la sua risata ovattata dalle lenzuola e mi accorsi solo dopo di stare ridendo anche io.
Mi consigliò di controllare le tendenze mondiali, ma dovetti farmi spiegare come fare a cambiare località. Scoppiai a ridere quando lessi fra quelle poche righe ‘Miall’ . Eravamo perfino un hashtag! Troppo impaziente di vedere anche per quel giorno il suo sorriso, iniziai a mordermi una pellicina vicino all'unghia del pollice.
- Puoi venire qui? – chiesi a bassa voce, imbarazzata. Fece uno strano colpo di tosse e sentii qualche colpo.
- Che c’è? Stai male? – sorrisi per la sua preoccupazione e tenerezza nel tono di voce.
- No. – sussurrai. Il suo silenzio mi fece capire che non aveva capito. Sentii le guance andare fuoco ma cercai di non attirare molta attenzione, abbassando lo sguardo sul pavimento. – Mi manchi.
Seguirono alcuni interminabili secondi di silenzio finché non sentii una voce che di certo non apparteneva a Niall.
- Cos’è quel sorrisino, amico? – ridacchiai sentendolo borbottare contro l’intruso. Appena gli riferii dov’ero, mormorò un ‘arrivo subito’ e chiuse velocemente la telefonata. Fissai lo schermo ancora con il cuore sotto sopra ma non potei non pensare al discorso fra Louis a Liam. Niall aveva paura di innamorarsi? Ma non avevano pensato a me? Cosa provassi nei confronti dell’amore non lo sapevo nemmeno io, non l’avevo mai affrontato, non ne avevo mai avuto a che fare. È descritto in molti modi, l’amore: bello, appassionante, vendicativo, tormentato, dolce, doloroso, assurdo, tutto … Per me semplicemente non esistono parole per descrivere l’amore, è una cosa che nasce nel profondo del cuore e ognuno la definisce in diversi modi, ogni amore è diverso, ogni amore è unico. Nonostante questo non sapevo se il mio era amore. Quando si è innamorati ci si dice a vicenda “ti amo” ma io non lo avevo mai detto a nessuno, perciò quando potevo sapere che non era troppo presto? Quando riuscivo a capire se fossi sopraffatta dall’amore? “Al cuore non si comanda” recitano. Beh, che prenda il controllo sul mio cervello allora.
Curiosai tra i tweet trovando insulti, complimenti o semplicemente domande. La situazione si era completamente capovolta a quanto pareva; insomma, fin a prova contraria se avessi avuto Twitter avrei mandato un sacco di tweet a Eleanor oppure a Anne per tenermi informata sui miei idoli, sulle loro vite anche al di fuori del lavoro, per sentirmi più vicina a loro. Sembrava invece che fossi diventata io quella da contattare per estrapolare informazioni o news piccanti.
Aggiornai le iterazioni, notando che sempre più persone mi scrivevano.
@Harry_Styles e altri 24 hanno iniziato a seguirti
Andai immediatamente sul suo profilo, divertita dalla situazione, trovando un tweet che augurava il buongiorno a tutti. Evidentemente Harry era in cabina e si stava annoiando, anche lui.
@Harry_Styles Gibilterra oggi? :)
Risi da sola per la mia stupidità: avevo il suo numero, era sulla mia stessa nave … Niall aveva ragione, Twitter era davvero un bel social network. Ci vollero pochi minuti prima di una risposta, che stranamente non trovai sul suo account ma su quello di Liam:
@ImMartaC @Harry_Styles Yep babe xx
Saltai sulla sedia quando Niall comparve alle mie spalle, prendendomi alla sprovvista. Lo colpii scherzosamente sul braccio mentre lui ridendo prese posto accanto a me. Poggiai una mano sul suo jeans, sporgendomi per posare le mie labbra sulla sua guancia. La sua mano prese la mia, sorridendo mentre mi allontanavo di nuovo. Improvvisamente mi sentii di nuovo in imbarazzo: gli avevo confessato che mi mancava, dopo neanche un giorno dal nostro ultimo incontro. Mi sentivo debole, spaventosamente debole.
- Non volevo svegliarti. Mi dispiace. - Scosse la testa, estendendo il suo sorriso quando notò il mio rossore sulle guance. Era strano come aspettassi quel sorriso da quando ci eravamo salutati e in quel momento, avendolo davanti mi sentivo bene.
- È tutto ok, piccola. Cosa stavi facendo? – non riuscii a rispondergli perciò dopo aver ridacchiato e passatosi una mano nel ciuffo biondo, lasciai che vagasse da solo sul mio profilo. Il suo tono fu così dolce e quando mi chiamò baby, il mio cuore perse un battito, recuperandolo subito dopo. Il mio sorriso se possibile si allargò ancora di più.
Osservai il suo profilo perfetto, le labbra sottili, il primo accenno di barba e la fossetta che appariva solo se sorrideva a labbra chiuse. Era esattamente come lo avevo sognato quella notte, incredibilmente bello. Bello, bello davvero. Bello è un complimento che ha perso significato col tempo, esiste carino, affascinante, ma bello? Niall era bello, bello da tremare, bello da respirare, bello da vivere. Niall era la bellezza, quella semplice, ma allo stesso tempo speciale. Quegli occhi azzurri, così assomiglianti al cielo che ci sovrasta, avrei scommesso che mi avrebbero portato lontano, fatto volare. Non c’è niente da fare, li guardi e ti incanti. Come non farlo davanti a tanta bellezza? Non ti stuferai mai, non ti annoierai mai di loro, come io non potrei mai annoiarmi di Niall.
- Mi stai fissando. – sussurrò sogghignando. Mi sentii andare a fuoco nuovamente, tornando poi con lo sguardo sullo schermo del PC.
Il biondo si alzò, facendomi segno di andare più avanti sulla sedia. Mi sedetti sulla punta, cercando di capire cosa volesse fare. Alzò la gamba e la portò dall’altra parte della mia sedia, sedendosi dietro di me. Con la mano destra prese il mouse mentre l’altra passò sotto il mio braccio, stringendo il mio ventre. Mi trascinò qualche centimetro più indietro fino a quando non incontrai con la base della schiena le sue gambe. Cliccò sull’hashtag #Miall e fece scorrere i numerosi tweet sulla timeline. Trovai varie nostre foto da Livorno a Cartagena, molte erano davvero belle, modificate così bene che potevano solo venire da Tumblr. Ne prese alcune in cui c’ero solo io e un paio con i nostri volti e sorrisi e le scaricò sul desktop. Feci per girarmi per chiedere cosa stesse facendo ma non me lo permise, baciandomi una clavicola. Spostò delicatamente i miei capelli tutti su una spalla, cominciando a lasciare umidi baci anche sul collo. Respirai profondamente per quelli che mi sembrarono minuti, cercando di controllare i miei ormoni impazziti. Chiusi gli occhi inclinandomi da un lato: lo sentii sfiorare con la punta del suo naso sempre lo stesso punto. Espirò dolcemente sul mio collo, lasciando che la pelle leggermente bagnata si riempisse di brividi.
Aprii gli occhi soltanto quando non sentii più il suo tocco, sbattendo più volte le palpebre. Il mio corpo tremava, affrontando sensazioni che mai aveva provato. Il mio account era stato arricchito con delle mie foto e sembrava molto più mio. Presi tra le due mani la sua poggiata sul mouse, portandola verso di me. Percorsi qualche secondo le sue dita con i miei polpastrelli, mettendo poi a confronto le grandezze. Niall rise quando la mia piccola mano si poggiò sulla sua, lasciando più di una falange di differenza.
- Sei piccola. – sussurrò al mio orecchio, ridacchiando. Il suo tono però era più basso del solito, quasi addolcito. Sorrisi timida a quello che il mio cervello recepì come un complimento.
- Sei tu che hai le mani grandi. – replicai. Ovviamente la mia frase venne presa con il doppio senso e il biondo cercò di contenere al meglio le sue risate, nascondendo il viso nella mia schiena. Alzai gli occhi al cielo: i maschi.
And you have always been the only one I wanted’ scrissi nella bio, salvando e chiudendo tutto. Avviai lo spegnimento del computer sbuffando e alzandomi dalla sedia. Niall non smise di ridere nemmeno per un secondo, ancora troppo divertito dal mio doppio senso, non voluto mi pare ovvio. Uscii velocemente e mi incamminai verso i piani superiori. Lui mi seguì subito, cercando di fermarmi.
- Dove stai andando? – mi chiese urlando e ridendo. Mi girai in mezzo al corridoio, ancora un po’ fintamente offesa.
- Da Harry. – la sua risata si spense quasi del tutto, fermandosi anche lui a qualche metro da me. Il suo volto lasciò trasparire un misto tra divertimento, frustrazione e gelosia. Misi le mani sui fianchi aspettando la sua prossima mossa.
- Perché? – chiese, facendo qualche passo avanti. Continuai a reggere, alzando la testa con fare autoritario e frivolo.
- Perché Harry ha le mani più grandi delle tue. – conclusi in bellezza, camminando velocemente verso la cabina del riccio. Feci mente locale, cercando di andare nella direzione giusta.
Niall sconvolto rimase indietro, ma dopo un’imprecazione iniziò a correre per raggiungermi. Corsi anch’io, evitando di cadere un paio di volte sulle scale. Ridevo mentre il ragazzo mi chiamava a gran voce, facendo girare tutti al nostro passaggio. In poco tempo mi raggiunse, più rapido della mia velocità da bradipo. La sua mano prese il mio braccio, spingendomi poi con la schiena contro il muro. Il suo petto mi bloccò ogni fuga, premendo sul mio corpo.
- Che cosa hai detto? – mi chiese con voce grave ma divertita. Nonostante il fiatone e le mie guance in fiamme, passai una mano sul suo collo, continuando poi a scendere per il centro del suo torace. Potei percepire uno strato di muscoli sotto il mio tocco che mi fece rabbrividire. Non avevo mai toccato Niall in quel modo. Presi la sua maglietta fra le dita, alzando leggermente lo sguardo.
- Harry ha le mani più grandi. – ripetei piano. Il suo respiro si spostò vicino al mio orecchio, facendomi deglutire a vuoto. Speravo le aste degli occhiali non fossero un problema: iniziavo a odiarli. Rimasi sorpresa e schiusi le labbra quando sentii la sua lingua ruvida tracciare una piccola strada tra il mio viso e il collo, prima di mordere dolcemente il lobo dell’orecchio.
- Vuoi davvero andare da lui? – mi chiese continuando a torturare con cura il mio orecchio. Feci per rispondere ma Niall spinse improvvisamente il suo corpo contro il mio, facendo scontrare i nostri petti e i bacini. Un suo sospiro mi fece rabbrividire da capo a piedi. Inevitabilmente il centro del mio universo si spostò su di lui.
- Vi prego! Non in corridoio! – ci richiamò qualcuno. Il biondo voltò solo lo sguardo, muovendosi di poco. Harry Styles se ne stava all’inizio del corridoio con un espressione mista dal divertito e lo schifato. Niall si allontanò di scatto, prima fulminandolo con lo sguardo e poi imprecandogli contro pesantemente. Il riccio alzò la braccia per poi farle ricadere sui fianchi, facendo passare uno sguardo confuso e sorpreso da me al biondo tinto. Scoppiai in una risata che credevo fosse di gusto ma che si rivelò piuttosto nervosa, facendo sbuffare Niall. Mi prese per il polso e mi trascinò davanti alla sua cabina, aprendola in fretta. Mandai velocemente un bacio volante al ragazzo moro che ancora chiedeva spiegazioni per quella strana uscita del biondo, ma feci appena in tempo a vederlo scuotere la testa divertito prima che Niall mi spingesse dentro, chiudendo la porta. Risi per qualche minuto senza fermarmi, non capendo però la reazione del ragazzo: era geloso oppure semplicemente infastidito?
 
Salutai mia zia con un sorrisone che partiva da un orecchio e arrivava all’altro. Finalmente avevo il permesso di uscire con i ragazzi quel giorno, Cartagena aspettava solo noi e non vedevo l’ora di scoprirla insieme a quella pazza compagnia. Mi sentivo quasi di famiglia ormai, ma non potevo dire lo stesso quando c’erano anche le ragazze. La mia timidezza non sarebbe passata molto in fretta considerata la loro perfezione, bellezza e simpatia. Io non mi consideravo così simpatica, non sapevo mai di cosa parlare, avendo paura di finire in argomenti che l’altro/a non voleva trattare, paura di risultare indiscreta e ficcanaso. Il mio cervello si faceva domande su domande e mille problemi quando in fondo ce n’era solo uno, ma quando ti senti fuori dal gruppo, fuori dalla compagnia, hai sempre paura di venire rifiutato. Con Niall non era così, Niall mi parlava delle sue giornate come se me le stesse affidando, scendeva così nei dettagli, interrompendosi solo per qualche risata che mi faceva sentire utile, qualcuno. Non mi sentivo presa in giro, non mi sentivo un infiltrata, non mi sentivo egoista nel stare con lui, semplicemente stavo bene, il mio cuore stava bene e il mio cervello assorbiva le sue parole come un’aspirapolvere. Fortunatamente non ero mai piena.
Finalmente scesi a terra e saltellai fino al gruppo che era già sceso, stringendo le dita dietro la schiena. Inclinai la testa quando arrivai davanti a Niall, sorridente come sempre. Lo salutai con un veloce gesto della mano ma lui me la prese e mi tirò vicino a sé. Schiacciai i suoi piedi con i miei stivali e mi scusai subito per la mia goffezza. Ridacchiò abbassandosi verso di me. Il mio volto prese fuoco notando i suoi occhi così vicini. Nella mia mente scattarono le sue immagini della mattinata, quei suoi occhi che seguivano tutti i miei movimenti quando anche quella volta pranzò con me. Le sue attenzioni sembravano sincere, ma io mi sentivo sempre di più una bambina sotto gli occhi del padre. Però lui era così delicato, divertente, era stato il miglior pranzo di sempre e non mi stancai di smangiucchiare qua e là fra i suoi lunghi racconti. Sentivo che il mio inglese era migliorato, sempre a contatto con individui per cui era la lingua madre. Non potevo dire la stessa cosa per la pronuncia, ma ero sicura che ci mettevo molto di meno per tradurre e rispondere.
La mia mente si svuotò di tutti quei pensieri quando una sua mano si poggiò sulla mia mascella e le sue labbra toccarono le mie. Ne avevo sentito la mancanza nonostante non sapessi quando fosse stata l’ultima volta che le avessi assaporate. Mi spinsi sulle punte, cercando di mantenere l’equilibrio passando un braccio dietro al suo collo. Il mio corpo si riscaldò al contatto con quella bocca morbida e sottile, sentii la pelle rabbrividire al suo tocco delicato sul mio viso mentre i miei zigomi si coloravano nuovamente di rosso, forse anche per il freddo. Si allontanò un attimo, ma lo sentii subito ravvicinarsi, baciandomi ancora. I miei occhiali premuti sul naso e i miei occhi chiusi, tutto sembrò non esistere. La sua lingua si infilò senza ostacoli tra le mie labbra, facendomi stringere la presa sul suo collo.
Sbattei le palpebre quando si allontanò di nuovo, i suoi occhi si riaprirono dopo i miei e mi guardarono splendenti, studiandomi attentamente. Scesi di qualche centimetro, posando a terra i talloni e abbassando il braccio tra i nostri petti, insieme all’altro. La sua mano mi accarezzò i capelli, scendendo fino ai fianchi e stringendomi in una sorta di abbraccio.
- Quanto siete carini! – esultò una vocina. Sorrisi timida a una Gemma furia che camminava verso di noi con due cuori al posto degli occhi. Eleanor la seguì divertita, dietro di lei Sophia mi salutò con una mano.
Appoggiai la fronte sul petto di Niall e lui di risposta poggiò il mento sulla mia testa.
- Dobbiamo portartela via questo pomeriggio, Nialler. – disse tutta contenta la sorella del riccio, come se fosse cosa normale passare un pomeriggio con tre conoscenti in una città che non conosci per niente.
- Dobbiamo fare shopping per stasera. – aggiunse la ragazza di Liam.
Alzai il volto verso quello di Niall. Ridacchiò alla mia espressione confusa, posando un dolce bacio tra i miei capelli.
- Cosa dobbiamo fare stasera? – chiesi piano. Non mi ricordavo nessun impegno per la serata, tanto meno qualcosa di così importante per cui le ragazze necessitassero di svuotare le loro carte di credito.
- C’è l’orchestra stasera a cena. Si mangia, si balla, si parla, ci si diverte .. e tu devi esserci. – mi indicò El. Deglutii inutilmente, l’ansia salì e si fermò alla bocca dello stomaco, facendomi irrigidire.
Provai a protestare, inventando un impegno a caso, ma la decisione era già stata presa e non si arresero finché non lo feci io, sospirando pesantemente. Era quel tipo di cena in cui chiedevano informazioni su di te, facevano domande qua e là, raccontandosi gli episodi più divertenti e barzellette. Tutto accompagnato da una bottiglia di buon vino, birra e una sfilza di pasti che avrebbe sfamato mezza Africa.
Rivolsi un’occhiata supplicante al biondo, ma questo ormai aveva raggiunto Zayn, ridendo apertamente. Scosse la testa divertito, lasciandomi nelle mani di tre ragazze che conoscevo solo da internet e in cui in compagnia mi sentivo uno scarafaggio.
- Non ti preoccupare, non mordiamo. – sghignazzò Eleanor. Gemma le riservò una gomitata sul fianco.
- Pensa per te! – disse, facendomi l’occhiolino. Quella ragazza era la fotocopia del fratello, non avevo davvero parole. Sophia mi accompagnò gentilmente verso un’auto scura, scusandosi per il comportamento delle due. Sistemai i bottoni del mio trench, nervosa per le prossime ore che avrei dovuto passare con loro. Erano simpatiche, mi sembra ovvio, ma mi sentivo piccola e non potevo certo permettermi di comprare chissà cosa.
Sophia mi aprì perfino la portiera, offrendosi per entrare dopo di me. Un po’ confusa salii in auto, trovando davanti a me un’altra persona. Spalancai gli occhi: mi ci vollero davvero pochi attimi per riconoscerla. Capelli biondi nascosti in un cappello nero, viso curato, pelle perfetta, occhi grandi e blu. Il suo rossetto rosa pallido, il suo eyeliner usato in una linea perfetta che risaltava la sua naturale bellezza. Premetti le labbra fra di loro, cercando di risultare naturale, ma quella situazione era tutto tranne che naturale. Aspettai che anche le altre salissero, prima di iniziare a boccheggiare, cercando le parole giuste. Nonostante cercassi di restare calma, potei sentire il mio cuore fremere e i miei occhi ammagliati da tale figura. Quante volte avevo desiderato incontrarla.
- Perrie Edwards?




 


 
((segnalare eventuali errori))
 

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Capitolo 14
*** Cap. XIV ***







 




Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.





Non avevo davvero parole. Probabilmente erano morte in gola, forse erano già scappate via dopo che Niall mi aveva lasciato con loro. Non avevo fatto altro che guardarle divertirsi fra i vestiti di quella lussuosa boutique, ridacchiare per completi e colori orribili e chiedere consigli ovunque. Sembravo la spettatrice di un film in cui non recitavo, sedevo solo nella sala, comoda nella mia poltrona, con popcorn e coca cola. Era impossibile abituarsi con la velocità di uno schiocco di dita a una realtà così diversa da quella che mi ero costruita in tutta la mia esistenza. Forse solo Gemma sembrava prenderla più sul divertimento, adoravo il suo accento strano e i suoi capelli. Stetti a osservare e a seguirle per la maggior parte del tempo, troppo intenta a studiare ogni minimo particolare. Era come se stendessi una lista di differenze tra me e loro, aggiungendo punti su punti, riempiendo fogli e libri.
Le mie mani non erano così curate: alcune pellicine infastidivano il contorno delle unghie, lo smalto risultava consumato, vittima del mio continuo nervosismo, le punte non limate e la pelle secca a causa del freddo. Perfino la loro camminata mi risultava differente: la mia testa era la maggior parte del tempo puntata verso il basso, se non c’era niente di bello da vedere, i miei passi erano piccoli e veloci poiché le gambe corte non mi permettevano di fare passi troppo lunghi o sarei finita col fare la spaccata sull’asfalto, la mia camminata non seguiva una linea dritta immaginaria, i miei piedi erano quasi a papera e nonostante avessi le gambe a mio malgrado magre, non ero sicura di potermi sedere a gambe incrociate come facevano loro.
E mentre ero seduta tranquillamente nella mia sala del cinema, i titoli pronunciarono il mio nome fra gli artisti e mi pentii di non aver nemmeno finito di mangiare.

- Hai finito con quel vestito? – quella era sicuramente Eleanor.
- Andiamo El, così le metti fretta. – Sophia prese le mie difese, come al solito. Sistemai di nuovo uno dei tanti bordi di quel coso, cercando di portarlo almeno sotto alla metà coscia.
- Se continua così, però diventiamo vecchie. – commentò dall’altra parte della tenda quella dolce e gentile Gemma. Sbuffai, uscendo a piedi nudi sulla moquette rossa. Feci un giro su me stessa, solo per fare qualcosa, tanto sapevo che non le avrebbe convinte e che sarei dovuta andare a cambiarmi di nuovo.
- Dio, adoro le tue gambe. – fu il primo giudizio. D’istinto ne passai una davanti all’altra. Non c’era niente di bello nelle mie gambe.
Perrie era una ragazza solare e schietta, si era capito subito. Le mie guance s’imporporarono, pensando che fosse qui per fare una sorpresa al fidanzato. Non vedevo l’ora di vedere la faccia di Zayn quando insieme a noi si sarebbe presentata anche la bionda. Era stato tutto organizzato: Perrie si era liberata a fatica di alcuni impegni con la band e con la collaborazione delle ragazze e alcuni della crew erano riusciti a incastrare tutto perfettamente, facendo combaciare orari, voli e prenotazioni varie. E pensare che fino a qualche giorno prima fossi io che rasserenavo Zayn per il suo malumore dovuto proprio alla mancanza della sua bella.
Eleanor si avvicinò con un sorriso rassicurante, sistemando alcune pieghe della voluminosa gonna color celeste.

- Sei bellissima. – disse piano, godendosi la mia reazione. Mi girai verso il grande specchio posto lì vicino, affacciandomi verso la mia figura. Inclinai la testa, facendo cadere i capelli tutti da un lato. Mi piaceva il colore, mi piaceva la forma, ma non ero certa di stare così bene. Sophia spuntò con un paio di alti tacchi color panna, perfettamente in tinta con la cintura. Deglutii a vuoto, ignorando tutti gli altri complimenti. Non ero sicura di voler indossare quei trampoli, sicuramente avrei dovuto ballare e non mi andava di portarmi dietro un paio di comode ballerine solo per dare soddisfazione ai miei poveri piedi. Mi appoggiai al muro, infilandoli uno a uno.
- Devi assolutamente prenderli, ti stanno da Dio. – disse a un certo punto Gemma. Mi girai verso di loro, mantenendo bene l’equilibrio.
- Non c’è bisogno di prendere un vestito nuovo per stasera. – ripetei per almeno la decima volta quel pomeriggio. Perrie sbuffò, mollando le varie buste per terra e incamminandosi minacciosa verso di me.
- Guarda che ho capito che lo fai solo perché abbiamo la carta di credito di Niall e non vuoi fargli spendere soldi per te. – le era bastata qualche ora e aveva già intuito come funzionava il mio cervello. Non avevo più avuto amiche dalle medie, quando la ragazzina con gli occhiali e l’apparecchio era entrata nel grande mondo delle superiori. Non riuscivo a credere che nonostante tutto, quelle quattro ragazze mi erano state così vicine in quelle ore più di qualsiasi altra presenza femminile, esclusi i parenti vari.
- Non mi piace far credere alla gente che mi piace Niall solo per i suoi soldi. – spiegai con un sussurro. La bionda mi prese una mano, slacciandola dall’altra. Le sentii tutte avvicinarsi al mio corpo, quasi in modo simultaneo.
- Ma noi lo sappiamo che tu non sei così, Martha. – disse Sophia. Gemma annuì più volte, rivolgendomi un brillante sorriso.
- Mai lasciare una carta di credito in mano a una donna. – disse teatralmente Eleanor, scatenando l’ilarità di tutte. Perrie mi spinse fino all’interno del camerino, ordinandomi di cambiarmi, in fretta quella volta. Tolsi subito le scarpe, credendo di poter cadere da un momento all’altro.
- Tanto sono sicura che a Niall farà soltanto piacere vederti con quel vestito. – sentii sghignazzare. Percepii le guance bruciare al pensiero degli occhi di Niall sul mio corpo. Uno strano calore mi riscaldò il ventre, facendomi tremare. Non avevo mai provato niente del genere prima di quel momento. Mi sentivo quasi entusiasta all’idea di mostrarmi con quel vestito al suo cospetto, volevo le sue attenzioni su di me, volevo le sue labbra sul mio collo.
Cercai di deglutire per scacciare quelle riflessioni che non facevano altro che rendermi più impacciata di quanto lo ero normalmente. Non osai nemmeno guardare la cifra che stavo facendo spendere a Niall, digitando solo il codice che mi era stato arrivato per messaggio dal biondo stesso. Sapevo che se lo poteva permettere, ma rabbrividivo al solo pensiero che intendesse le mie azioni come se da lui volessi solo il denaro. In verità era forse l’ultima cosa che mi interessava di lui, non mi ero di certo appassionata ai One Direction solo perché guadagnavano vagonate di sterline a concerto.

Tornammo dirette alla crociera, senza incontrare nessuno e evitando tutti i possibili ostacoli. Mi trascinarono nelle loro cabine e mi ordinarono di farmi una doccia. Mi sembrava di essere entrata improvvisamente in una scuola militare. Il tempo passava e sembrava che mi stessero preparando più per un’apparizione mondiale che per una semplice cena. Lou, già pronta, ci pettinò tutte e poi ci truccammo a vicenda. Furono più che altro loro che si truccavano e che truccavano anche me. Le ringraziai di cuore quando notai che non avevano esagerato con me.
L’ansia saliva e nessuno sembrava capire che sarei potuta impazzire da un momento all’altro per quanta fretta mi stessero trasmettendo. Mi calmai leggermente solo quando passammo davanti alla mia cabina ed io dovetti salutare tutti prima di cena. Partirono complimenti a non finire e le ragazze si presentarono alla mia coppia di zii con piacere. Sara saltò praticamente addosso a Perrie e io non feci altro che ridere quando le salutò tutte come se stesse parlando con delle dee. Probabilmente le avevo nominate così tante volte anche quando giocavamo a barbie che la bimba pensava davvero che fossero solo un sogno.
Il mio stomaco si chiuse quando ci trovammo tutte e cinque davanti al famoso ristorante. Lou e Lux entrarono subito, Eleanor, Sophia e Gemma dopo di loro. Rimanemmo io e Perrie e avevo un’insana paura che tutto potesse andare in fumo da un momento all’altro. Non ero più nemmeno sicura di come mi chiamavo a causa di tutta quella tensione. La bionda mi posò una mano sulla spalla, delicatamente.

- Sei pronta? – scossi la testa, presa dal panico. Chissà quali pensieri si stava facendo Niall. E se non ero all’altezza delle sue aspettative? Mi misi di fronte a una delle tante vetrine, osservando il mio riflesso. Sistemai per la millesima volta i tulle del vestito, chiedendomi perché lo stessi facendo.– Sei perfetta Martha, non ti preoccupare. – ridacchiò Perrie. Mi prese una mano e camminammo insieme verso la porta. Un signore vestito tutto di punto che prima nemmeno avevo notato ci aprì il passaggio, augurandoci buona serata. Non ci misi molto a capire che il ristorante si trovava proprio al di sotto della cupola di vetro che dava una magnifica vista del cielo con ancora alcune tracce del tramonto appena passato. I tavoli rotondi erano ricoperti da tovaglie blu e bianche, la porcellana era di prima qualità, l’argenteria brillava sotto le luci e alcune composizioni floreali rendevano il tutto dannatamente lussuoso.
Strinsi la mano di Perrie quando notai diversi tavoli occupati dai membri dello staff, dai ragazzi e dalle ragazze. In piedi, seduti, bicchiere in mano: la serata era appena iniziata. Un rumoroso strisciamento di sedie mi fece rabbrividire e spaventare allo stesso tempo. Zayn corse verso di noi come se avesse visto un vasetto di Nutella ancora integro, ma poi mi ricordai che probabilmente era perché la mia mano era stretta in quella di una ragazza bionda che lui conosceva benissimo.
- Perrie! – urlò, facendo voltare mezza sala. Quella scoppiò a ridere mentre il ragazzo la stringeva e la faceva girare fra le sue braccia. Non riuscii a non sorridere davanti a una scena così dolce. Distolsi lo sguardo quando il moro si abbassò per lasciarle un bacio sulla bocca, ridendo da sola per i commenti che avevano fatto il pomeriggio le altre ragazze. “Fidati di me El, stasera si divertiranno molto quei due” aveva detto Gemma. “Spero solo di riuscire a dormire lo stesso” aveva risposto l’altra. Era ovvio che quei due si amassero, lo vedevi lontano miglia e miglia e il fatto che lei fosse riuscita a raggiungerlo, nonostante i numerosi impegni mi faceva pensare solo a quanto dovesse essere difficile mantenere una relazione a distanza, soprattutto fra due cantanti.
Quando finalmente alzai lo sguardo verso ai tavoli, mi sentii abbracciare da dietro. Zayn continuò a ringraziarmi per vari secondi, saltellando sul posto.
- Andiamo Zayn, io non ho fatto niente. – dissi, voltandomi verso la coppia. Perrie infilò il braccio sotto quello del moro, sorridendo con gli occhi lucidi.
- Mi hai aiutato a non pensare al fatto che lei non era potuta venire. Grazie Martha, sei una persona speciale. – La bionda annuì come per dargli ragione ed io non potei non trovarmi in imbarazzo, impreparata a quel complimento.
Mi lasciarono entrambi un bacio sulla guancia prima di passarmi accanto e incamminarsi verso la tavolata a braccetto. Mi girai anch’io, trovando ora l’attenzione tutta su di me. Feci qualche passo verso di loro, salutando Louis e Liam sulla destra. Quando Harry mi alzò i pollici e mi indicò qualcuno alla sua sinistra, non capii finché non trovai gli occhi di Niall a guardarmi. Se ne stava in piedi, una mano ancora sullo schienale della sedia e il suo sguardo sembrava perforarmi totalmente. Una camicia bianca era allacciata fino all’ultimo bottone, infilata ordinatamente in un paio di pantaloni color grigio chiaro, il tutto accompagnato da una giacca sempre color grigio, lasciata aperta. Il suo ciuffo era stato abilmente tirato su e un paio di scarpe sportive bianche rendevano il tutto meno pesante. Abbassai lo sguardo imbarazzata come non mai. Il mio cuore batteva nella gabbia toracica e il mio busto andava avanti e indietro dentro il corpetto del vestito a intervalli irregolari. Mi fermai a qualche passo da lui, totalmente estasiata da tanta bellezza. I suoi occhi scendevano ancora sul mio corpo, facendomi sentire ancora più impacciata.
- Sei tremendamente bella Martha. – il modo in cui lo disse mi fece venire i brividi: nonostante avesse potuto dirlo in mille altri modi, quel suo tono basso e roco e non del tutto gentile era quello che volevo. Riflettendoci un attimo, il mio nome pronunciato da lui sembrava molto più bello. Sorrisi, mordendomi leggermente il labbro inferiore. Si avvicinò a me con due passi veloci, stringendo fra le sue braccia i miei fianchi. – Bellissima. – ripeté, prima di baciarmi sulle labbra. Fu un bacio dolce e lento, senza nessuna fretta, nonostante sapessimo entrambi che stessero aspettando noi per iniziare la cena. La sua lingua tolse dalle mie labbra quasi tutto il lucido, stringendomi forte a sé. Tirai il colletto della sua camicia e si allontanò sorridendo. Finalmente l’ansia scomparve, lasciando spazio a uno strano languorino, ma il mio cuore non smise di sbattere contro il mio petto, facendomi capire quanto ci tenesse al biondo. La sua mano scivolò per tutto il braccio, facendo rabbrividire la pelle al suo tocco delicato e facendo poi incrociare le nostre dita. Mi portò verso il tavolo, ma prima di sedersi, mi spostò la sedia, da vero gentiluomo. Lo ringraziai alzando un sopracciglio e prendendo posto. Mi guardai un attimo intorno, notando che condividevo il tavolo con i coniugi Horan e il piccolo Theo e con Liam e Sophia. Quando anche Niall si sedette, si avvicinò a me sfiorandomi l’orecchio, la mia mano si andò a posare sulla sua gamba, allontanandomi leggermente. 
- Non ti sembra che questa gonna sia un po’ troppo corta? – chiese in un sussurro. Risi alla sua faccia seria, simbolo inconfondibile di gelosia. Sbuffò, mettendo un dolcissimo broncio. Risi ancora, baciandogli una guancia.

- Non mi sono fatta bella per gli altri, Niall, ma solo per te. – ammisi nel suo orecchio. Lo vidi arrossire, spostandosi nervosamente sulla sedia. Ridacchiai, togliendo la mano dalla sua coscia. Lui borbottò qualcosa tipo “tanto tu sei sempre bella” prima di attaccare discorso con Liam.
 
Una mano mi trascinò via dal gruppo, sfilandomi il bicchiere dalle dita.

- Niall! – lo richiamai. – Cosa stai facendo? – mi trascinò per mezza sala, fermandosi solo quando davanti a noi si accumulavano la metà delle coppie di tutte le età che in quel momento ballavano un ballo piuttosto movimentato.
- Balla con me. – alzai un sopracciglio. Me lo dovevo aspettare: insomma, la serata era quasi finita e non c’eravamo ancora mossi dai quei tavoli. Scossi la testa, improvvisamente troppo pesante per fare un altro passo. Lo vidi sorridere, illuminato di varie luci colorate. Mi prese di nuovo la mano, camminando poi indietro, tirandomi nella pista. La posò sul mio fianco, accarezzandolo leggermente, l’altra, ancora legata alla mia, la alzò, iniziando poi a muovere i piedi. Risi quando cercammo di imitare i passi degli altri ma ci ritrovammo a inventare un ballo tutto nostro, compreso di piroette e casquè messi a caso che ci facevano solo ridere. Continuammo così per qualche canzone finché le luci si colorarono tutte di blu, rendendo l’atmosfera molto più calma. Alcune coppie presero il posto di altre mentre l’orchestra suonava un lento. L’idea di ballare una danza del genere con Niall mi fece sorridere timida, togliendo le mani dalle sue. Le riprese con un piccolo risolino, portandole dietro al suo collo. Le agganciai fra di loro mentre le altre coppie già si muovevano piano a tempo con la lieve musica. Fece un passo verso di me, avvolgendo i miei fianchi. Ringraziai i tacchi alti che mi permettevano di incontrare i suoi occhi alla sua stessa altezza. Mi persi nonostante il buio nella loro luminosità, muovendo solamente qualche passo. Poggiò la fronte sulla mia e io chiusi gli occhi, lasciandomi guidare dal suo tocco e dalla musica. Una sua mano guidò la mia testa sulla sua spalla, portandola poi di nuovo dietro la mia schiena.
- Sei importante Niall. – sussurrai, ma sapevo che mi avrebbe sentito. – Non voglio che vai via. – sentii il suo pomo d’Adamo salire e scendere, come se stesse deglutendo.
Mi prese il polso e mi trascinò di nuovo via, via dalla pista da ballo, via dal ristorante, via da tutti gli altri. Ci fermammo in un corridoio deserto, ormai era troppo tardi per incontrare qualcuno in giro. Sentii l’ansia a mille e i sensi di colpa corrodermi l’animo. Avevo rovinato il nostro ballo, quello che poteva essere il momento più romantico di tutti e mi sentivo solo una stupida ragazzina che non riusciva a tenere per sé i propri pensieri.
- Lo sai anche tu che prima o poi ci divideremo. – disse, guardandomi tristemente. Schiusi le labbra, annuendo piano. Fece un passo, prendendo il mio viso tra le sue mani. Il mio cuore fremette e sentii un brivido salire per la colonna vertebrale. – Non sai cosa mi fai provare quando mi sorridi, quando ridi a causa mia, quando mi tocchi, quando mi baci o semplicemente quando mi guardi con i tuoi occhi. – vidi le sue pupille muoversi, guardandomi in entrambi gli occhi. Questi si inumidirono sentendo quelle parole. Allora non ero solo io che provavo sensazioni straordinarie quando ero con lui. Non sapevo se quello che sentivo per lui era una semplice cotta o qualcosa di più, ma mi sentivo così bene, così me quando ero con lui … - Permettimelo Martha, permettimi di entrare nel tuo cuore e prometto che non ti lascerò andare. – era terribilmente serio, glielo leggevo negli occhi.
Mi stava chiedendo il permesso per farmi innamorare di lui? Ma io lo volevo? Volevo innamorarmi di lui? Non sapevo cosa si prova a essere innamorati, probabilmente si diventa indipendenti di quella persona, tutto va bene se c’è lei con te. Ma anche così lui sarebbe andato via, sarebbe dovuto partire per l’America e io avrei prima dovuto finire la scuola prima di seguirlo ovunque. Forse avrei sofferto, avrei sofferto molto la sua mancanza, ma sprecare così la possibilità di innamorarmi di un ragazzo come Niall, no, quella non l’avrei mai persa. Si, lo volevo, lo volevo davvero. E anche se il mio cuore non era pronto, io lo ero, il mio cervello aveva alzato bandiera bianca lasciandomi decidere. Chiusi gli occhi, ascoltando solo il cuore. Cosa volevo davvero?
- Fammi innamorare di te. – mormorai. Io volevo Niall, eccome se lo volevo. Aprii gli occhi e vidi i suoi spalancati.
- Cosa? – chiese in un bisbiglio. Sorrisi, posando una mano sulla sua.
- Voglio innamorarmi di te.
Improvvisamente si staccò e iniziò a saltellare eccitato, quasi come se tutta l’energia fosse esplosa. In verità credo fosse davvero così. Mi venne da ridere perché vestito così elegante, nel bel mezzo del corridoio, era una cosa piuttosto buffa. Disse qualcosa, molto probabilmente rivolto a me, ma non riuscii a capire. Stavo per chiedergli cosa avesse detto quando mise le mani sopra le mie spalle, appoggiandosi al muro. Non riuscii a proferire parole, incantata dal suo sorriso. I suoi denti bianchi e perfetti sembrarono anche loro sorridermi, incorniciati dalle sue labbra.
- Grazie. – ripeté e il suo fiato arrivo sul mio viso. Non capivo: di cosa mi stava ringraziando? Ero sicura che almeno un altro milione di persone erano disposte ad amarlo. Chi non l’avrebbe fatto? Niall era un bravo ragazzo, divertente, sincero e sorridente. Avrebbe conquistato tutte le mamme.
Sorrisi, non potendo fare altro. La situazione si era parecchio alleggerita, lasciando spazio a una certa calma, anche per il silenzio che alleggiava intorno a noi. Che ore erano?
Il suo naso toccò improvvisamente il mio. Mi irrigidii, prendendo un profondo respiro. Il cuore quando ero con Niall sembrava prendere una strada tutta sua, un’autostrada libera, un rettilineo infinito. Chiusi gli occhi quando salì con il suo tocco percorrendomi tutto il profilo, trovando spazio libero poiché non indossavo gli occhiali quella sera. Le sue labbra premettero sulla mia fronte, spostandomi in contemporaneo una ciocca di capelli dietro la spalla. Una sua mano scese, poggiandosi sul corpetto. Sapevo che i suoi occhi continuavano a guardarmi, ma non alzai lo sguardo, studiando però il grazioso pavimento. Le sue dita di mossero impercettibilmente sulla stoffa, prima di infilarsi fra la schiena e il muro. Mi spinse lontano dalla superficie, facendo piegare il tulle della gonna contro il suo busto.

- Dormi con me. – mi chiese con un sussurro, anche se non sembrava una domanda. Avevamo la strana abitudine di parlare a bassa voce, come se le nostre parole dovessero rimanere solo nostre, il nostro piccolo mondo, dove io e lui potevamo vivere insieme per sempre. Scossi la testa, purtroppo dovevo tornare in cabina, mia zia non avrebbe retto tutta quell’assenza ancora per molto. Avevo paura mi proibisse di uscire dalla mia stanza per il resto del viaggio, facendo poi riporto del mio comportamento irrispettoso ai miei genitori.
- Lo sai che non posso. – sussurrai anche io. Sospirò, chiudendo gli occhi. Mi girai a guardarlo, alzando una mano per accarezzargli il volto. La sua mano mi spinse ancora di più a sé e per ripicca con l’altra stropicciai il colletto della giacca, avvicinandolo ancora di più a me. Stavo per dirgli che mi dispiaceva quando mi lasciò un bacio a stampo, allontanandosi poi di qualche passo.
- Ti accompagno. – disse solo. Sapevo che nonostante conoscesse il motivo del mio rifiuto, c’era rimasto male, quasi insoddisfatto. Non potevo permettermi però di giocarmi così gli ultimi giorni con lui. Brividi si sparsero per il mio corpo quando notai quanto si fosse allontanato, lasciandomi da sola appoggiata al muro. Mi dispiaceva tantissimo, non vedere un sorriso su quelle labbra mi faceva male, terribilmente.
Tornammo al ristorante solo per gli ultimi saluti e per riprendere borsa e cellulare. Avevo passato una bellissima serata, divertente e davvero molto interessante. I coniugi Horan erano simpatici e alla mano, il loro accento impossibile da capire e la risata sempre pronta. Sophia era una ragazza adorabile e Liam, beh, Liam è sempre Liam. Gli altri ragazzi si erano sparsi per la sala e Gemma, Eleanor e Perrie avevano inventato varie scuse per interrompere i nostri discorsi. Non avrei di certo dimenticato così facilmente tutto quello che avevo provato con quella grande famiglia.
Non potei fermare il tempo e ci ritrovammo davanti alla mia cabina presto, troppo presto. Niall non sembrava aver mandato giù il fatto che non potessi passare la notte con lui. Sembrava perfino lunatico a volte, cambiava umore così velocemente, ma preferivo che scoppiasse a ridere improvvisamente che così triste da un momento all’altro. Mi stampò un leggero bacio sulla guancia, augurandomi la buonanotte. Si aspettava che mi sarebbe bastato? Lo bloccai immediatamente, correndo - per quanto fosse possibile - e fermandomi davanti a lui.
- Mi dispiace. - dissi solamente, non sapendo bene cosa fare per farlo almeno un po’ più felice. I suoi occhi sembrarono apprezzare il tentativo, ma gli angoli della sua bocca non accennavano ad alzarsi. Presi io l’iniziativa e strinsi il suo viso tra le mani, più decisa che mai. Con quale coraggio potevo baciare così appassionatamente il mio ragazzo? E mi resi conto solo in quel momento che quell’uomo era mio, era il mio ragazzo: quello che mi avrebbe stretto fra le sue braccia, quello che mi avrebbe asciugato le lacrime, quello che avrebbe sempre creduto in me, quello che mi avrebbe preso la mano per strada, quello che avrebbe accarezzato i miei capelli freschi di doccia, quello che avrebbe passato le sue dita sui miei fianchi solo per farmi ridere, quello che avrebbe interrotto le nostre litigate con un bacio, e tutto quello sarebbe stato maledettamente bello. Le nostre lingue ci tolsero il fiato, ma continuammo a vivere del respiro dell’altro per qualche minuto e se avessi potuto, lo giuro, non mi sarei mai staccata. Le sue mani erano dove dovevano essere, potevo sentire il suo petto muoversi irregolarmente, proprio come il mio, le nostre teste muoversi a un ritmo tutto nostro. Quel bacio sapeva di noi, quel bacio eravamo noi.
Sorrise, ancora ad occhi chiusi, e sorrisi anche io, perché era quello che avrei fatto sempre per lui: farlo sorridere. Presa da un attacco di mancanza di dolcezza, passai le mie braccia dietro i suoi fianchi, poggiando il mento sulla sua spalla. Ridacchiò, stringendomi da sopra. Era uno strano abbraccio ma non mi importava come apparivamo da fuori, avevo il suo profumo nelle mie narici, le sue braccia a stringermi e il suo respiro nei miei capelli.
Era forse la cosa più bella del mondo, sentirsi bene solo fra le sue braccia.




 
Mi dispiace se in questi giorni sono un po' in ritardo nel postare i capitoli
ma ho un sacco di impegni che di sicuro non ve ne frega niente di sapere
perciò dico solo che mi dispiace e farò il più presto possibile a postare il prossimo.
Non manca molto alla fine e poi mi farete sapere se volete un sequel e se vi è piaciuta.
Spero di non deludervi ...
Grazie per tutto :)
xx


 
((segnalare eventuali errori))

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Capitolo 15
*** Cap. XV ***






 




Questi personaggi non mi appartengono; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.



Credevo le mie unghie avrebbero presto chiesto pietà, staccandosi dalle mie stesse mani e scappando via. Continuavo a torturarle mentre mia zia faceva la sua solita ramanzina. Non era per quello che ero agitata, sentivo più che altro un peso sullo stomaco, ma dubitavo fossero le mestruazioni poiché erano terminate da qualche giorno. Sentivo di dover fare o dire qualcosa a qualcuno, ma non sapevo come, chi, che cosa, quando e perché. Era solo un casino nella mia testa, mangiucchiarmi le unghie era forse l’unico modo per scaricare la tensione. Che cosa dovevo fare?
- Ho un ragazzo.
Spalancai gli occhi quando la voce uscì da sé, interrompendo il discorso della donna di fronte a me, anche lei scandalizzata quanto me. Ma come me n’ero uscita? Potevo certamente dirglielo con più calma, girandoci un attimo intorno e invece il mio cervello avevo deciso per me. Come la fai tragica,  Marta. Oh ecco, ci mancava anche la mia coscienza. Iniziai a muovermi nervosamente sul letto, accavallando le gambe, alzando e abbassando i talloni, sistemando capelli, vestiti, occhiali, calze e sfregandomi le dita fra di loro. Un urletto interruppe la nostra discussione, bloccando Lucia proprio mentre stava per parlare. Mia zia Claudia si sedette vicino a me, abbracciandomi di scatto. Mi irrigidii immediatamente e la donna davanti mi guardò male, prendendo Sara in braccio.
- Chi è? Come si chiama? Almeno è carino? Oddio non vedo l’ora di vederlo. - sbuffai, staccandola da me. Mi morsi le labbra prima di lasciar andare qualche altra parola di troppo.
- Non c’è bisogno che mi fai il quarto grado, lo conosci già. - il suo sopracciglio si alzò, assumendo un’espressione pensierosa, magari facendo passare tutti i ragazzi che le avevo presentato.
- È per caso Marco quello di 4^A? - per poco non mi diedi una botta in testa da sola. Scossi la testa, pronta a ribattere. - Allora è Giacomo, quello dell’oratorio. - feci una smorfia al ricordo di quel volto non poi tanto affascinante del mio compagno di gruppo catechistico. Ma perché dovevo avere soggetti del genere nella mia famiglia? Pensa per te Marta.
- Zia, è Niall.
Com’era il detto? “Parli del diavolo e spuntano le corna” ?
Qualcuno bussò alla porta. Facendo sobbalzare un po’ tutti. Sara che dell’argomento se ne fregava altamente saltò giù dalle gambe di mia zia, zampettando verso l’altro lato della cabina. Quello che ne seguì, mi mise sull’attenti, facendomi di nuovo sentire nervosa e in ansia.
- Ciao Niall! - salutò la vocina della mia cuginetta. Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva, tossendo qualche volta.
- Ciao bella. - salutò in italiano lui. La sua voce soave era una melodia, soprattutto quando parlava una lingua non sua, col suo accento terribilmente irlandese. Avvampai sotto gli occhi delle mie zie: avevo sempre avuto un tempismo eccezionale, lo devo ammettere. Non sentii nemmeno i suoi passi, attutiti dalla moquette. Il biondo apparve con un sorrisone e mia cugina in braccio. Ridacchiai vedendola aggrappata al suo collo come mai non aveva fatto con nessuno, i suoi occhietti chiusi e un sorrisino sulle sue piccole labbra. Le labbra di Niall andarono abbassandosi, vedendo che ero in compagnia ed era evidente che stavamo parlando di lui. Trovai Lucia fissarlo con gli occhi socchiusi, peggio di quando doveva leggere le parole piccole sull’etichetta dei funghi sott’olio al supermercato. Presa dal panico e immaginandomi quante domande avessero potuto rivolgergli, mi alzai di scatto. Il silenzio che alleggiava era più che pesante e l’ansia tagliente. Tolsi Sara dalle sue braccia, posandola a terra.
- Niall non è un pupazzo, Sara. - le dissi. Lei mise su il broncio, cercando di intenerirmi con quei suoi occhioni grandi e verdi. Ah no! Che giochino insulso e vecchio, non ci sarei mai casc..
- Oh avanti guardala. - alzai gli occhi al cielo, voltandomi verso il biondo. Rise alla mia faccia disperata, ma non riuscii a non addolcirmi al suono della sua risata.
- È meglio se andiamo Niall. - gli sussurrai. Non so nemmeno perché lo feci, di sicuro quelle due non mi avrebbero di certo capito. Stavo per prendere la sua mano per portarlo via da lì quando zia Claudia ci fermò. Ovviamente non poteva starsene zitta. Si mise davanti a Niall, poggiando una mano sulla sua spalla. Sussultai a quel contatto fra di loro. Aveva osato toccarlo?
- Sono sicura che tratterai Marta meglio che potrai. Te lo si legge in faccia che sei un bravo ragazzo. - dopo quelle parole avrei voluto solo sbuffare ma mi uscii una pernacchia, richiamando un po’ l’attenzione. - Poi lei è cotta di te. - mi morsi l’interno delle guance, prendendo colore. Era possibile che dovesse mettermi in imbarazzo anche di fronte a lui? Quando mi chiese di tradurgli mi rifiutai, inventando un impegno molto importante.
- Piccola, ti posso portare a Lisbona oggi? - mi chiese Niall. La sua mano toccò la mia e la osservai prendere la mia delicatamente. Alzai lo sguardo mordendomi il labbro. Continuammo a mandarci occhiatine anche quando chiedevo il permesso agli ‘adulti’. Data la conferma, non aspettai nemmeno un secondo, scappando fuori da quella cabina diventata troppo piccola per quattro persone e mezzo. Ripresi a respirare solo in corridoio, a debita distanza da quell’arpia e la sua collega. Avevo scampato al suo commento, ma ero sicura che ci sarebbe tornata su. Ero curiosa di vedere cosa si sarebbe inventata quella volta, non avevo di certo intenzione di lasciare Niall per un suo capriccio. No, non quella volta. Non con un ragazzo come lui, non lo avrei mai lasciato andare così.
- Mi dici che cosa mi ha detto tua zia? - avvampai al solo ricordo delle sue parole, negando categoricamente. Rise di nuovo, aveva capito che aveva detto qualcosa su di me. Continuò ad insistere per tutto il tragitto. Tragitto per dove poi? Boh, io seguivo lui e sempre lo avrei fatto.
- Oddio Niall! Ha detto che hai una faccia da bravo ragazzo ok? - me ne uscii. Ci rimase un po’ male, aspettandosi qualcosa di più.
- Nient’altro? - chiese infatti. Cercai di non arrossire di nuovo, scuotendo la testa. Si fermò, osservandomi il volto. Sentivo il suo sguardo pungente sulla mia pelle e i suoi occhi guizzavano a destra e a sinistra, studiando ogni minima reazione. Non potei non imbarazzarmi davanti a tutte quelle attenzioni. - Sicura? - annuii subito, forse troppo presto e ampiamente. Alzò un sopracciglio e incrociò le braccia, aspettando una risposta. Mi guardai in giro in cerca di una risposta che però non arrivò. Puntai per la via della verità.
- Ha detto che … Beh che io … Che mi piaci tanto. - feci scrocchiare le dita, distraendomi da lui. Non era possibile che fossi così timida. Me ne vergognavo tremendamente. Se solo fossi stata un po’ più aperta, avrei potuto esprimermi con lui senza tanti problemi e magari il nostro rapporto sarebbe più stretto, legato. Avevo paura che lui si aspettasse di più da me e forse io non ero pronta, avevo paura che non gli bastassero le mie carezze, i miei baci, i miei abbracci e le mie attenzioni. Avevo paura di tutto, tutto quello che poteva succedere dopo, sentivo il mondo contro quel ‘noi’ che tanto amavo, sentivo il mio corpo contro tutto quello che facevo, lo sentivo estraneo a me e ogni giorno vivevo con la consapevolezza che la gente mi guardava etichettandomi come ‘anoressica’. Io non lo volevo, io non ero così. Dovevo cambiare, volevo cambiare, avrei dovuto cambiare. Ma come? Niall poteva aiutarmi? Ci speravo tanto, e poi l’aveva promesso no?!
- Ed è così? - deglutii, appiattendomi contro il muro. Non so se potevo già esprimere i miei forti sentimenti per lui. Se poi magari lui non provava le stesse cose? Sarebbe scappato a gambe levate, lo sapevo. Si avvicinò, facendo mancare il mio fiato. Si fermò quel tanto che bastava per sovrastarmi e starmi davanti a pochi centimetri dal viso. - È così, Martha?
La sua lingua passata velocemente sulle labbra, mi fece partire del tutto. Ricominciai a respirare, prendendo velocemente quel fiato che avevo trattenuto. Il cuore batté nel petto, mentre osservavo le sue labbra tirarsi prima in un sorriso quasi sensuale e poi bagnarle di nuovo con la saliva. Non mi resi conto davvero di cosa stavo facendo, tutto ciò che vedevo erano quelle labbra e ardevo per baciarle, assaggiarle, morderle e farle mie, ancora e ancora.
- Si. - sussurrai piano. Capì, sorridendo ancora. Ero sicura che stava vedendo come osservavo con desiderio la sua bocca perché prima premette le labbra fra di loro, poi prese a mordersi il labbro inferiore, avvicinandosi ancora di più. Uno strano calore esplose nel mio bacino, facendomi tremare. Mi stavo eccitando? Era una sensazione così coinvolgente, ma stravolgente allo stesso tempo.
- Anche tu mi piaci Martha, mi piaci così tanto. - disse velocemente. Finalmente di decise ad annullare quei pochi centimetri. Socchiusi immediatamente la bocca, aggrappandomi a lui. E lui era lì, per sostenermi, un’altra volta e l’avrebbe fatto ancora. Ma non perché me l’aveva promesso, perché io gli piacevo. Esultai mentalmente: allora qualcosa di me di buono ancora c’era.
Forse era diventata un’abitudine interrompere i nostri baci in mezzo al corridoio. Fatto sta che un gruppo di ragazzi si avvicinò a noi, urlando e facendo versi di apprezzamento.
- Non voglio diventare zio adesso però! - urlò Louis, separandoci definitivamente e poggiando un braccio sulla mia spalla. Salutai timida la comitiva, cercando ti sistemare i miei grigi pantaloni della tuta. Anche loro erano vestiti un po’ alla cazzo, ma mi sentivo sempre in soggezione con persone che solo scopabili anche vestiti da barboni. Scopabili, Marta?!
- Giochi con noi? - mi chiese Harry. In poco tempo mi ritrovai in squadra con il riccio, Sophia, Gemma e Eleanor, mentre Lou, Niall e Liam erano nell’altra. Fu una strana selezione, piuttosto divertente. Ero abituata a essere scelta per ultima perché i miei compagni non vedevano in me nessune capacità o abilità. Invece Harry era stato il primo a prendermi con sé e Louis per ripicca scelse Niall. Il riccio era parecchio in cerca di attenzioni quel giorno perché era l’unico maschio della squadra e noi contavamo su di lui per vincere. Insomma: quattro contro tre non era equo, ma eravamo ragazze e i maschi giocano sporco, si sa. A dirla tutta non avevo capito che gioco era. Un a specie di ‘acchiappa l’altro e non fartelo rubare’ .. Non credo esista una traduzione italiana a quella strana corsa per tutta la nave.

Feci scivolare le dita sul marmo dello corrimano della scalinata, sentendo un senso di freschezza partire dai polpastrelli e arrivare al resto del corpo. Scesi piano le scale, studiando che il campo fosse libero. Improvvisamente passarono di corsa urlando Sophia inseguita un Liam anch’esso urlante. Risi da sola, inoltrandomi in punta di piedi per un altro lussuoso corridoio. Passai davanti al banco delle informazioni, ma fermandomi un attimo, tornai subito indietro. Rubai dalla ciotola una caramella, mettendomela in bocca. Continuai a girovagare per mezza crociera finché uno spaventoso urlo non mi fece urlare di conseguenza. Puro terrore attraversò i miei occhi, facendomi saltare di almeno venti centimetri. La lingua di Niall si infilò tra le mie labbra ancora schiuse, baciandomi con trasporto. Mi ripresi leggermente dal mezzo infarto, ricambiando il bacio. Mi sembrava di vedere in quel gesto il percorso che avevamo fatto. Era entrato così nella mia vita, l’irlandese biondo che fa impazzire il mondo, Niall James Horan, senza preavviso, una sorpresa forse, la cosa più inaspettatamente bella della mia vita.
Rimasi senza parole quando mi rubò la caramella dalla bocca, portandosela nella sua. Scappò via come un razzo, non mi sarei sorpresa se si fosse alzato un polverone oppure se sarebbe caduto tanto andava velocemente. Mi sembrava perfino impossibile dato il suo ginocchio, anche se non avevo capito bene cosa aveva davvero. Presi a rincorrerlo, chiamandolo nei peggiori modi. Rivolevo indietro la mia caramella.
Dal nulla saltò fuori anche Louis, che appena mi riconobbe mi corse dietro anche lui. Lanciai un urlo a caso, scappando. Non volevo farmi prendere ma quel Tomlinson era più veloce di me, più informa, più atletico … Calciatore del piffero. Prima mi bloccò, poi si abbassò, prendendomi a sacco di patate per il bacino. Strillai come una bambina, scalciando e pregandolo di lasciarmi andare. Per l’amor del cielo, il sedere di Louis William Tomlinson era un gran bel vedere, ma non così da vicino, non i queste condizioni.
- Andiamo Louis, potrei rimettere tutto quello che ho mangiato. - cioè nulla, ma provai a convincerlo lo stesso. La testa si stava facendo pesante e sentivo il sangue perfino nelle orecchie.
- Eh no cara, non ti lascio scappare così. - sbuffai pesantemente. Infilai un gomito nella sua schiena, poggiando poi il mento sulla mano, almeno ero più comoda. Lou si lamentò un attimo, poi lo sentii girare a sinistra.
- Dove stiamo andando? - chiesi, controllando che le unghie dell’altra mano fossero ancora intatte. Il suo corpo si scosse un po’ e io con un mezzo sbuffo, cercai di togliermi i capelli che mi erano venuti davanti. Adoravo Louis, davvero. Sarebbe stato bello essere come lui, quando avrei avuto la sua età: essere divertente, con la battuta sempre pronta, il sorriso, il suo essere sempre un po’ bambino, ma anche serio, un buon amico, bello … Vedevo quel ragazzo scomparire giorno dopo giorno. Larry Stylison, paparazzi, pretendere da lui troppo … Mi sentivo un po’ in colpa: l’avevo visto cambiare, dai risvolti ai pantaloni rossi, a quelli neri eleganti, dal ciuffo basso, a quello alto, dal viso pulito, a quello con lo strato sottile di barba, dalla sua pelle bianca, ai suoi tatuaggi più strani. Era sempre lo stesso Louis? Non lo conoscevo come lo conoscevano i ragazzi, ma il mio cuore ci sperava tantissimo.
Il suo corpo si mosse ancora di più e poi un flash ci investì. Capii che qualcuno ci aveva fotografato quando sentii qualche urletto di seguito. Grandioso Marta.
- Lui può. - esclamò a un certo punto Lou.
- Cosa?
- Lui può amarti Martha. - sentii il mio fiato mancare, di nuovo. Avevo capito che si stava riconducendo al discorso che avevamo ‘affrontato’ a Cartagena. Lui e Liam non si erano fatti scrupoli a farmi intendere che non era carino fare innamorare Niall di una persona che avrebbe dovuto in qualsiasi caso abbandonare dopo poco.
- Dovete comunque andare via prima o poi. - la sua camminata si affievolì.
- E tu hai intenzione di mollare perché noi partiremo per l’America? - chiese, come se fosse una domanda normale da porre.
- Non è così semplice, Tommo. - i fianchi facevano male, le ossa del mio bacino erano schiacciate e premute contro quelle della sua spalla, il sangue si aggrumolava nelle vene del cervello e la schiena urlava dal dolore, ma da quel momento non sentii più nulla. Niall Horan se ne sarebbe andato e io non potevo impedirlo, in nessun modo.
- Certo che lo è! Vivete questi ultimi giorni che vi rimangono, viveteli intensamente e anche se ci saranno chilometri a separarvi, nessuno sarà mai più vicino di voi.
- È questo che provi con Eleanor? - il suo movimento si fermò definitivamente e la sua prese si strinse quasi impercettibilmente sulle mie cosce.
- So solo che la distanza è solo un numero Martha. - sussurrò. Quello lo sapevo anche io, ma sentirmelo dire era del tutto diverso. In quel momento, sentirsi dire che nonostante tutto, la speranza c’era, che nonostante mancassero solo due giorni alla fine della crociera, Niall non si sarebbe dimenticato di me, mi fece sentire speciale, forte, capace di farlo innamorare di me. Potevo farcela forse, potevo continuare a vivere quella vita con lui.
Feci per parlare di nuovo, ma appena fatti due passi si fermò nuovamente e sentii una voce.
- Facciamo uno scambio equo? - questo era di sicuro il riccio. Louis sbuffò, tirandomi giù. Il sollievo riempii il mio corpo, ma la testa prese a girare vorticosamente, insieme allo stomaco. Vidi la figura di Niall lottare per una sua scarpa con Harry, lasciando poi che la prendesse, arrivando velocemente accanto a me. Prese la mia testa fra le mani, fermando il movimento circolare.
- Stai bene? - annuii, chiudendo gli occhi con una smorfia. Se quel deficiente di Louis mi avrebbe portato a testa in giù ancora un po’, avrei vomitato davvero.
 
Non potevamo scegliere giornata peggiore per vedere Lisbona. La città era bella, magnifica: le strade erano popolate dai tram e una scia lunghissima di luci, accompagnava tutte le vie principali, ma il tempo … Ecco, le precisioni meteo non erano il nostro forte. Il cielo minacciava pioggia, o peggio un temporale, ma noi eravamo scesi lo stesso, senza ombrelli e coprendoci solamente con i nostri cappotti, decisi più che mai a completare quella lista di tappe che la Cunard offriva. Il mio braccio era al caldo nel fianco di Niall, a braccetto proprio accanto a me, l’altra mano intelligentemente nascosta e protetta nella tasca del trench.
- Tra due giorni saremo a Southampton. - disse lui. Persi il mio sorriso, stringendomi nelle spalle.
- Il 23 Novembre ci sarà il 1D Day … - lasciai la frase in sospeso, ma sapevo che Niall aveva capito. 1D Day, America.
- Prometto che ti chiamerò tutti i giorni.
- Ho la scuola Niall.
- Non durerà tutto il giorno spero. - Sbuffai, cercando di capire perché insisteva ad autoconvincersi che anche dopo tutto quello sarebbe stato normale. - A meno che tu non preferisca chiamare Harry o Louis. - lo fissai, storcere la bocca, guardando da un’altra parte.
- Stai scherzando spero! - mi bloccai, allontanandomi per guardarlo in faccia.
- Come se non vi avessi visto oggi com’eravate felici di stare nello stesso gruppo. - alzai le braccia al cielo.
- Era solo un gioco, Niall!
Continuammo così e le nostre voci si confusero tra le pietre e gli altri turisti intanto che discutevamo sugli aspetti negativi minimi della nostra relazione. Una rabbia furente ardeva nel mio petto e sapevo che anche lui era arrabbiato. Mi sentii morire dentro quando smettemmo: stavamo litigando. Io e Niall, io e l’uomo che baciavo come se fosse l’ultimo sulla terra, io e il mio idolo. Non riuscii a trattenere le lacrime, sempre pronte a invadere il mio viso. Mi girai dall’altra parte, tirando su con il naso.
- Quanto sei acida Martha. Ti ho detto che mi piaci e tu pensi solo al fatto che io debba viaggiare e stare lontano da te.
Mi voltai piano, fissando i suoi occhi azzurro acceso. La gente corse ci corse in mezzo, in parte, davanti e dietro, a cui non interessava perché due ragazzi stessero lì, in piedi, fregandosene della pioggia che stava per cadere, a fissarsi negli occhi cercando di capire l’altro.
- Sono una ragazza Niall, non posso non pensare a quello che succederà. Come sarà la mia vita senza di te?
Era davvero così, è davvero così. Noi ragazze siamo le prime a farsi problemi, su qualunque cosa, dal vestiti per una serata tra amici, a i nostri prossimi cinquant’anni. I maschi ci pensano, anche loro sono umani, ma loro si dicono ‘vivi il momento e lascia vivere’. Io non ce la facevo, andava contro tutto quello che mi ero costruita in diciassette anni di vita. Dovevo sapere, dovevo essere sicura che ci sarebbe stato quel futuro che volevo, quel futuro con lui, si, con Niall. Perché non riuscivo a pensare ad altro che a lui, al mio futuro con lui. Era possibile che dopo soli 9 giorni, vedessi tutta la mia vita che girava intorno alla sua? L’avrei seguito ovunque, avrei voluto prendere l’aereo con lui e volare lontano, ma le radici mi tenevano ferma al suolo, le nuvole erano troppo in altro per i miei pensieri e io ero qui, impiantata al terreno, alla scuola, alla famiglia. Qualcuno mi doveva dare un coltello, qualcosa e avrei tagliato quelle maledette radici. Solo così, avrei imparato a volare.
Le prime gocce di pioggia caddero sui nostri corpi, incuranti di cosa il cielo ci volesse trasmettere. Si avvicinò a me, i suoi capelli iniziavano a appiattirsi sulla sua fronte e i suoi occhi sembravano fari nella notte. Sospirò sofferente, prendendo fra le sue dita una mia ciocca di capelli, ormai umida.
- Mi prenderò cura di te Martha, ovunque sarò.
Lo sapevo, l’avevo sempre saputo. Mentre annuivo, facendo un passo avanti, non riuscivo a non pensare a quanto avrei sofferto, a quante serate col telefono in mano avrei passato, quante a fissare lo schermo di un pc, pregare per sentire la sua voce, almeno per pochi minuti, a quante ore avrei passato cercando loro video su Youtube, organizzando incontri che mai ci sarebbero stati, aggiornando la pagina per prenotare un aereo, un volo che mi avrebbe portato fra le sue braccia, che mi sarebbero mancate come l’aria. Repressi un singhiozzo, stringendomi fra le sue braccia. Non era giusto! Se tutte le nostre future litigate sarebbero finite con una dolce frase da parte sua e un pianto da parte mia, non sarei mai stata capace di fingermi arrabbiata.
- Mi dispiace così tanto. - gli dissi, accarezzando una sua guancia bagnata. Iniziava a piovere davvero, ma a noi non importava, lui sembrava avere occhi solo per me e il mio mondo era lui, ormai lo avevo capito.
- Non è solo colpa tua. Smettila di scusarti: chiedi scusa troppe volte. - mi rispose, lasciando un umido bacio sulla mia fronte. Mi sentivo da schifo, avevo avuto paura di perderlo, paura che si fosse già stufato di me e che mi avrebbe lasciato, lì, in quella strada sconosciuta di Lisbona.
- Scusa. - sussurrai, allontanandomi di un passo. Che stupida: era un mio difetto chiedere sempre scusa, ma mi sentivo in colpa per tutto ciò che mi circondava e mi sentivo ogni giorno di più un disastro.
Lui rise, tirandomi di nuovo verso di lui. Si sbilanciò poi indietro, lasciando cadere la testa. La pioggia cadeva sul suo viso, disinteressata a chi disturbava il suo cammino verso il suolo. Sorrisi quando aprì la bocca, assaggiando qualche goccia. Era bellissimo e avrei tanto voluto dirglielo, ma non riuscivo ad aprire bocca, non riuscivo a muovere un muscolo, non volevo che tutto quello finisse e nonostante speravo di poter continuare a vivere lo stesso, avrei smesso se lui non mi avrebbe più abbracciato come solo lui sapeva fare, non avrei più vissuto quella felicità che ormai caratterizzava le mie giornate con lui, la mia vita sarebbe tornata quella di tutti i giorni, monotona.
Vaffanculo, volevo sopravvivere, vivere, divertirmi, ridere, sorridere, respirare con il mio ragazzo accanto a me.


 



Hola :)
Scusate il ritardo, di nuovo
Spero mi sia rifatta con questo bel capitolo (o almeno, a me piace lol)
Grazie mille a tutte perchè se siamo vicine alle 100 recensioni è tutto grazie a voi.
Non sapete che fatica sto facendo per postare questo capitolo ...
Mi si è completamente impallato il pc perciò perdonate eventuali errori ma non ho riletto bene.
Fatemi sapere cosa ve ne pare :) A presto!
xx



((segnalare eventuali errori))

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