Siamo figli della terra e del cielo stellato.

di Verdeirlanda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una notte di tanti anni fa. (Prologo) ***
Capitolo 2: *** Una nuova avventura ha inizio. ***
Capitolo 3: *** Nuovi indizi. ***
Capitolo 4: *** Tradimenti ed esplosioni. ***
Capitolo 5: *** La Vostra anima è una gemma preziosa. E tutto precipita. ***
Capitolo 6: *** Entra nella mia vita e non uscirne mai più. ***
Capitolo 7: *** La quiete prima della tempesta. ***
Capitolo 8: *** Il ricatto. ***
Capitolo 9: *** Beatrice non è una donna a Vostra disposizione. ***
Capitolo 10: *** Tornare dolcemente a respirare. ***
Capitolo 11: *** La confessione di Lucrezia. ***
Capitolo 12: *** In oppio veritas. ***
Capitolo 13: *** Una notte di libertà e rivelazioni. ***
Capitolo 14: *** Ciò che accadde alla bottega. ***
Capitolo 15: *** Le ceneri della libertà. ***
Capitolo 16: *** La profezia. ***
Capitolo 17: *** Prigionia e libertà. Tutto in una notte. ***
Capitolo 18: *** Ed eccolo, in una piccola nicchia. ***
Capitolo 19: *** È tempo che le cose cambino. ***
Capitolo 20: *** Un aiuto inatteso e un' inaspettata alleanza. ***
Capitolo 21: *** Una nuova vita. ***
Capitolo 22: *** Non puoi salvarle entrambe. ***
Capitolo 23: *** Giustizia e vendetta, due facce della stessa moneta. ***
Capitolo 24: *** Siamo figli della terra e del cielo stellato. ***



Capitolo 1
*** Una notte di tanti anni fa. (Prologo) ***


La notte e il silenzio erano calati sulla casa di Piero Da Vinci.
Tutti gli abitanti della casa erano andati a dormire e probabilmente erano tutti nel mondo dei sogni.
Questa almeno era la speranza di Leonardo, che era uscito di soppiatto dalla sua stanza.
Il ragazzino attraversò il corridoio e scese le scale, sapeva che suo padre aveva chiuso a doppia mandata la porta d'entrata, così decise di uscire da una delle finestre della cucina.
Scavalcò il davanzale e con un balzo fu fuori di casa, stava quasi per avviarsi quando una vocina alle sue spalle lo fece sussultare.
"Leonardo!"
Lui si voltò di scatto e si trovò davanti gli occhi verde scuro di Beatrice.
"Bea! Che diavolo ci fai in piedi? È tardi, vai a dormire!"
"Dove vai Leonardo?" chiese lei.
Il ragazzo sbuffò:"Lo sai benissimo, sono giorni che ne parlo. Stanotte ci sarà una pioggia di stelle, vado alla piana alla fine del bosco a scrutare il cielo con Zoroastro."
"Vengo con te."
Non era una domanda, una richiesta, no, era una decisione già presa.
Leonardo sbuffò.
"No che non vieni, sei piccola Beatrice, e ora torna a dormire!"
Leonardo fece per avviarsi ma Beatrice gli intimò: "Se non mi fai venire con te urlerò così forte da svegliare tutta la casa, papà verrà qui e vedrà che gli hai disubbidito, ti metterà in punizione per mesi."
Leonardo trattenne un'imprecazione e si voltò: cavoli, è piccola ma tenace! Ma non era sorpreso, dopotutto era la sua sorellina, la determinazione era una cosa che avevano in comune.
"E va bene, ma solo per questa volta! E quando saremo alla piana non devi darmi fastidio!"
Beatrice sorrise e annuì.
Leonardo la aiutò a scavalcare la finestra e insieme si allontanarono per vedere la pioggia di stelle.
La strada per la piana non era lunga, ma si doveva attraversare il bosco, pieno di angoli scuri e di rumori.
"Tutto bene Bea?"
"Mm mm sì."
Beatrice non voleva ammettere di avere paura, ma ne aveva, e tanta anche.
Prese la mano di suo fratello per farsi coraggio, Leonardo ridacchiò e la strinse forte.
Voleva bene a quella piccola impicciona, anche se non lo ammetteva con nessuno.
Beatrice era intelligente, curiosa, aveva una bella parlantina per la sua età.
Lei era più piccola di lui, ma per la sua intelligenza sembrava più grande.
Suo padre Piero l'aveva avuta da una relazione con la figlia di un erborista, l'aveva riconosciuta e accolta in casa sua dato che la madre era morta nel darla alla luce.
Nella casa del padre Bea era l'unica persona che gli dimostrava affetto, e la cosa era reciproca.
Erano entrambi figli illegittimi, entrambi erano rimasti senza mamma: erano l'uno per l'altra una famiglia, una piccola famiglia inglobata in un'altra più grande che non li considerava nemmeno.
Tenendosi per mano i fratelli Da Vinci arrivarono alla piana.
Ad aspettare seduto su un sasso c'era Zoroastro, il migliore amico di Leonardo, il quale vedendoli si diresse verso di loro.
"Leo finalmente! Mi stavo preoccupando! E il pulcino chi sarebbe?" chiese guardando Beatrice.
"Non sono un pulcino! Se io sono pulcino tu cosa dovresti essere, un gallo cedrone?"
"O ma guarda, il pulcino sa già pigolare..." la prese in giro Zo.
"E so anche passare dal pigolio alle beccate se serve non credere..."
"Zitta! Lei è mia sorella Beatrice, ti ho parlato di lei. Bea, saluta in maniera educata su, altrimenti ti rimando a casa da sola!"
"Uffa, però ha cominciato lui..." mormorò "Ciao, io sono Beatrice."
Mentre parlava scrutava Zoroastro: di lui sapeva molto ma era la prima volta che lo incontrava, sapeva aveva la stessa età di Leo e che era il suo compagno di avventure e suo amico fidato e leale.
Guardò attentamente il viso di Zoroastro: i suoi lineamenti erano abbastanza marcati, quasi mediorientali, e aveva gli occhi scuri, molto scuri, intensi e profondi.
Beatrice pensò che in fondo erano occhi buoni, di una persona di cui ci si poteva fidare, nonostante l'atteggiamento un po' sbruffoncello.
Anche Zoroastro guardò la ragazzina, quei grandi occhi verde scuro che lo scrutavano, attenti e fieri, c'era qualcosa in quello scricciolo che lo incuriosiva.
Forse il fatto che avesse seguito il fratello in piena notte nel bosco, o forse la parlantina...era un tipetto tosto senza dubbio.
"Ciao" rispose, regalandole un sorriso "io sono Zoroastro."
Beatrice gli sorrise a sua volta.
"Bene, ora che ci conosciamo tutti possiamo andare? Le stelle non aspettano!"
I tre si avviarono verso un gruppo di rocce, vi si arrampicarono.
"Ecco, questo è il punto ottimale, avremo una visuale a 360 gradi dell'evento."
"E meno male che sono 360, non 350 o 355..." sbuffò Zoroastro.
Beatrice lo sentì e ridacchiò.
Leonardo si sedette e prese il cannocchiale che lui stesso aveva costruito.
Poco distante da lui si mise Beatrice e dopo si accomodò Zoroastro, vicino a lei.
"Così anche a te interessa la pioggia di stelle?" chiese Bea.
"È uno spettacolo molto suggestivo, certo io non ci vedo tutte quelle strane cose astronomiche che ci vede tuo fratello...ma è bello." Zo le sorrise "E tu? Perché ti interessa?"
Bea arrossì e abbassò lo sguardo: "Non ho mai visto le stelle cadenti, e poi..." si bloccò.
"E poi?"
"Ho tanti desideri da esprimere."
Zoroastro pensò che fosse una cosa incredibilmente tenera.
"Sai, forse esprimerò qualche desiderio anch'io."
Bea gli sorrise.
"Ecco ecco ci siamo! È incredibile guardate!! Sono tantissime, i miei calcoli erano giusti ahah!!"
Tutti e tre guardarono il cielo: le stelle avevano iniziato a cadere lasciando una scia luminosa dietro di loro.
Una, due, tre, decine di stelle brillavano e cadevano in quella calda notte d'estate.
Leonardo scrutava il cielo con il suo cannocchiale esclamando "Incredibile!" "Eccezionale!"
Bea e Zo guardavano il firmamento rapiti da tanta bellezza, una bellezza che incuteva un certo rispetto e timore.
Beatrice ammirava il cielo con la bocca quasi spalancata,e sorrideva ad ogni stella che vedeva cadere.
A un certo punto prese la mano di Zoroastro: "Hai visto Zo? Le vedi? Sono bellissime!"
Il ragazzo si girò verso di lei che ancora fissava il cielo e sorrideva a quelle stelle cadenti, e sorrise anche lui: "Sì, sono davvero bellissime Bea."
Strinse forte la mano della ragazzina nella sua e tornò a guardare in alto, da dove piovevano le stelle.







ANGOLO DELL' AUTRICE: spero che questo piccolo prologo vi incuriosisca, a breve posterò i prossimi capitoli. :)
Mi raccomando, ditemi le vostre impressioni!
Scusate per l'impaginazione,  sto pubblicando dall'Ipad, appena posso mi connetto col pc e la sistemo. :)
Un bacio
VerdeIrlanda
PS: è la mia prima pubblicazione, siate gentili ;)

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Capitolo 2
*** Una nuova avventura ha inizio. ***


Diversi anni dopo, a Firenze...


"Leo sei consapevole del fatto che quando Lorenzo scoprirà che ti porti a letto la sua favorita ti taglierà il pendaglio con un coltello arrugginito?" 
Leonardo, Zoroastro e Nico erano seduti a un tavolo della taverna, davanti a loro un boccale di birra.
Zo stuzzicava il suo amico: "È pericoloso credimi, se lo scopre userà le tue spingarde per farsi strada nelle tue viscere, e lo farà infilandotele dritte nel..."
"Andiamo Zo smettila!" rise Leonardo "Andrà tutto bene. Lorenzo mi crede il suo ingegnere militare e un pittore ansioso di farsi un nome a palazzo, non sospetta di me e Lucrezia, ci vediamo di nascosto. È tutto sotto controllo."
"Lo hai detto anche quando mi hai fatto testare la tua macchina volante, e guarda come è andata a finire..." Zoroastro accarezzò la gamba che si era rotto quando era precipitato al suolo con tutte le ali di stoffa.
Nico si intromise: "Se dite che andrà tutto bene Maestro sono sicuro che sarà così."
Zoroastro scosse la testa: "Leccaculo."
Nico strabuzzò gli occhi: "Intendo dire che il Maestro ha sicuramente un piano. Vero Maestro?"
"Ovvio!"
"E quale sarebbe?"
Leo sospirò, poi rispose: "Continuare a vedere Lucrezia di nascosto e far credere a Lorenzo che io sia semplicemente un ingegnere bellico e un artista ambizioso, il che in un certo senso è vero."
"Dì pure ciao ciao all'armamentario!" disse Zo.
Dalla porta laterale della taverna entrò Beatrice, Leonardo la vide e le fece cenno di raggiungerli.
La ragazza si scostò una ciocca di capelli castani dal viso, cercando di infilarla nella mezza coda da cui era scappata, e sorridendo arrivò al loro tavolo.
"Buonasera signori, siamo già ubriachi e molesti?"
"Oh, finalmente un scintillante diamante in questa miniera di carbone!" disse Zo con tono solenne.
"Ecco, ho avuto la mia risposta!" rise Beatrice mentre Zo la afferrava per un fianco e la sistemava seduta sulle sue gambe.
"Lo sai che io sono sempre molesto, ubriaco o meno." Zoroastro le sorrise guardandola negli occhi e Bea per un attimo pensò che per lei quell'essere molesto era adorabile, ma non lo disse e si limitò a chiedere: "Di che parlavate?"
"Di tuo fratello che si porta a letto la favorita di Lorenzo de Medici."
Bea guardò Leonardo che sbuffava e poi tornò a guardare Zo: "Gli avete detto che se non sta attento Lorenzo gli taglierà i genitali con una lama arrugginita?"
"Glielo ho detto."
"E che gli infilerà le spingarde nel didietro senza tanti complimenti?"
Leonardo allargò le braccia disperato: "Ma porca miseria!" 
Zo e Bea scoppiarono a ridere. 
Leonardo guardò sua sorella e il suo amico e pensò che quei due si erano davvero trovati, strano che fossero ancora solo amici e non si fossero ancora decisi a stare insieme dopo tanti anni, ma in fondo, pensò, non spettava a lui parlare di certe cose o anticipare i loro tempi. Del resto anche per lui le dinamiche dell'amore erano oscure e quasi sconosciute, erano fuori dalla sua portata e dal suo interesse. Per il momento.
Bea prese un sorso dal boccale del fratello, poi disse: "E per quanto riguarda l'altra questione? Che vuoi fare?"
Leonardo guardò negli occhi la sorella, si riferiva alle rivelazioni che il Turco gli aveva fatto alle antiche rovine romane: la setta dei figli di Mitra, la Volta Celeste, il Libro delle Lamine, la possibilità di conoscere finalmente sua madre.
"Il Fato Vi ha scelto Leonardo..." gli aveva detto il Turco, trascinandolo in una storia talmente incredibile da sembrar leggenda.
Ma ogni tassello di quel bizzarro mosaico sembrava avere un senso, una logica, tanto da poter creare un'immagine chiara e definita, bisognava solo mettere tutto nel giusto ordine.
"Cosa pensi di fare Leo?" lo incalzò Beatrice.
Leonardo guardò Bea, Zo e Nico che attendevano una risposta, prese un respiro profondo e rispose: "Voglio farlo. Voglio iniziare questa ricerca. Troverò la Volta Celeste, e di conseguenza il Libro delle Lamine." E anche mia madre, forse, pensò. "E vorrei che voi mi aiutaste, amici miei."
Bea gli prese una mano tra le sue: "Lo sai che puoi sempre contare su di me fratellone."
"E anche su di me Maestro." intervenne Nico deciso.
Leonardo guardò Zoroastro: "E tu amico mio? Sarai al mio fianco anche stavolta?"
Zoroastro gli sorrise: "Ovvio! Senza di me saresti spacciato dopo un solo giorno!" 
Il gruppetto di amici scoppiò a ridere. 


"Il Turco è tornato a Firenze Sua Santità..." 
La voce di Lupo Mercuri era quasi esultante, tutti all'interno degli appartamenti privati del pontefice in Vaticano erano consapevoli di cosa volesse dire la sua presenza nella città dei Medici.
Papa Sisto IV sorrise: "Molto bene...e abbiamo qualche informazione in più?" 
A rispondergli fu Girolamo Riario, suo nipote e capitano generale del suo esercito:
"Abbiamo già allertato i nostri fedelissimi a Firenze, ci è stato riferito che il Turco ha contattato un giovane artista, tale Leonardo Da Vinci...pare che sia al servizio dei Medici...Vi risparmio noiosi dettagli, Vi basti sapere che nel corso del mio viaggio diplomatico dai Medici intendo contattare questo artista, e lo convincerò a collaborare con noi.
Arrivato a Firenze il mio informatore mi rivelerà gli ultimi sviluppi e deciderò come procedere."
Sisto allargò il suo sorriso: "Bene, molto bene...Signori, abbiamo la possibilità di cambiare e migliorare la nostra posizione nel mondo, di diventare così potenti che nessuno potrà mai sconfiggerci" e improvvisamente la sua voce si fece più dura e il suo sguardo si posò unicamente su Riario "Non deludetemi."


"Buonanotte amici miei, vado nel mio studio a lavorare a qualche schizzo. Bea, tu vieni?"
Beatrice come Leonardo aveva un laboratorio-stanza nella bottega di Andrea Verrocchio, ma il suo laboratorio a differenza di quello del fratello non era dedicato all'arte e alle invenzioni, ma alla medicina: nel suo studio Beatrice preparava sciroppi, unguenti e medicine usando le conoscenze che me avevano insegnato i nonni materni.
"Faccio due passi prima di andare a dormire."
"La accompagno io, non preoccuparti." disse Zo.
Leonardo salutò i tuoi amici, e si avviò in compagnia di Nico.
Beatrice e Zoroastro iniziarono a passeggiare per i vicoli di Firenze, chiacchierando e scherzando.
"Cosa ne pensi di tutta questa storia?" le chiese Zo.
Bea sospirò: "Mi fido dell'istinto di Leonardo, come sempre...se lui è convinto che questa ricerca sia importante lo seguirò fino alla fine. Anche se...no niente..."
"No, dimmi."
Bea si fermò e guardò Zoroastro, sospirò e disse: "Mi chiedo quanto ci si possa fidare di questo Turco. Non lo conosciamo, non sappiamo cosa lo muova. E se ci fosse qualcosa sotto? Non riesco a non essere sospettosa."
Zo annuì: "Anch'io ho qualche dubbio sul Turco...è arrivato così all'improvviso, così come l'ebreo...perché adesso? Perché sono venuti qui? E soprattutto: perché Leonardo?"
"Il Turco ha detto che anche Caterina, la madre di Leo, è una figlia di Mitra...che lo sta aspettando da qualche parte...sarà vero?"
"Di sicuro ha toccato il tasto giusto con tuo fratello." commentò Zo, e aveva ragione: Leonardo era ossessionato dall'idea di scoprire chi fosse sua madre e perché l'avesse abbandonato. Il viso di lei era un mistero che non riusciva a risolvere.
"Ad ogni modo, mi preoccupo solo di Leo...gli voglio stare vicino anche per aiutarlo qualunque cosa accada."
"Lo faremo insieme."
Bea e Zo si sorrisero e tornarono a camminare.
"E di tuo padre che mi dici? Non doveva presentarti un pretendente qualche giorno fa?" 
Bea sospirò pesantemente: "Oh ti prego! Sua moglie Margherita voleva che mi presentasse il figlio di un avvocato, un ottimo partito a detta sua...credimi, un perfetto imbecille!"
Zoroastro rise di gusto: Beatrice quando si parlava di pretendenti era incredibilmente insofferente.
"Ti giuro Zo, era così irritante!"
"Sei troppo esigente principessa." la prese in giro.
"Non sono esigente...vorrei solo che mio padre rispettasse la mia decisione: glielo ho detto e ridetto, sceglierò io l'uomo con cui passare tutta la vita. Pensavo lo avesse capito, ma ogni tanto ci prova di nuovo...se Margherita non ficcasse il naso uffa..."
Zoroastro guardò Beatrice, ammirato. Non era facile per una donna rifiutare l'ingerenza del padre su certe questioni, Bea aveva già perduto il diritto a una rendita paterna anni prima rifiutando un matrimonio combinato. Era decisa ad essere padrona del suo destino e delle sue scelte, e questa sua determinazione affascinava Zoroastro.
In effetti non c'era aspetto di Beatrice che non affascinasse Zoroastro.
Si conoscevano da anni, erano cresciuti assieme, si erano sempre presi cura l'uno dell'altra.
Conosceva Bea meglio di chiunque altro, anche meglio di Leonardo, e lei a sua volta sapeva tutto di lui.
Erano amici da sempre, ma ora gli sembrava che essere amici fosse un abito che ormai ti va stretto, come se non bastasse più.
Certe volte si scopriva incantato nel guardarla, a pensarla in momenti in cui non sarebbe stato logico pensarla.
Avrebbe voluto parlarne con lei ma come si fa? Come si possono dire certe cose? È più facile urlare un insulto che bisbigliare un sentimento...
"Zo? Sei ancora qui con me?"
L'uomo si destò dai suoi pensieri: "Scusa...troppa birra forse." le sorrise 
Lei gli disse dolce: "Non preoccuparti...dicevo solo che non voglio sposare una persona per cui non provo nulla...perché non dovrei decidere io? So di averti già fatto mille volte questo discorso...Aspiro a qualcosa di più di un matrimonio di comodo, vorrei poter scegliere il mio futuro, il miglior futuro possibile...non mi sembra così assurda come prospettiva. Lo è forse?"
"No non lo è." disse Zoroastro guardando i suoi grandi occhi verdi "Tu meriti di più di questo principessa." Beatrice mantenne lo sguardo negli occhi scuri di Zoroastro. "Meriti ogni cosa, meriti che i desideri che hai espresso alle stelle da bambina si avverino. Vorrei poterli far avverare..."
Zoroastro si bloccò. Ma cosa stava dicendo? Ti si è srotolata la lingua stupido? 
Bea lo fissava, incredula. Poi trovò il coraggio di chiedere: "Zo...cosa vuoi dire? Io..."
"No niente...lascia stare io...forse...la birra sì, troppa birra." finse una risata.
"Davvero? La birra?...Zo..."
Furono interrotti da passi che giungevano di corsa.
"Zo! Zo! Meno male, ti ho trovato! Ho capito! Dobbiamo fare una cosa per la nostra ricerca, e dobbiamo farla subito!" 
Leonardo, seguito da un trafelato Nico, correva verso di loro.
Beatrice guardò suo fratello: aveva quell'espressione, tra il genio e il tossico che ha fumato troppo oppio.
"Dunque" disse Zo "Che cosa dobbiamo fare? Come iniziamo questa ricerca?"
Leonardo si passò la lingua sulle labbra: "Zo, ho bisogno che mi procuri il cadavere dell'ebreo."






Angolo dell'autrice: Ed ecco che comincia la storia :) Mi raccomando, fatemi sapere anche se al momento è tutto solo all'inizio. A presto e un abbraccio, VerdeIrlanda

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Capitolo 3
*** Nuovi indizi. ***



Il corpo dell'ebreo era disteso sul tavolo di marmo nello studio di Leonardo.
Zoroastro e Nico erano riusciti a trafugarlo dal cimitero e senza farsi notare da occhi indiscreti lo avevo portato alla bottega del Verrocchio.
Leo guardava quel corpo nudo, pensava. Cosa gli avrebbe rivelato? Avrebbe trovato delle risposte sezionando quel cadavere?
La mano che reggeva il bisturi tremò per qualche secondo, Leonardo fece un respiro profondo e poi iniziò a tagliare la carne dell'ebreo.


La tensione a palazzo Medici era palpabile.
L'indomani sarebbe giunta la delegazione papale per trattare dei debiti insoluti che Roma aveva con Firenze, ma non solo.
C'erano molte questioni politiche di cui parlare, e non sarebbe stata una discussione facile.
Soprattutto non sarebbe stato facile sopportare la presenza dell'arrogante conte Girolamo Riario, "il figlio prediletto di Roma", il portavoce di sua Santità Sisto IV.
Tutto era ormai pronto, gli appartamenti privati destinati agli uomini di Roma erano stati rimessi a nuovo per impressionare gli ospiti, ma questo non frenava la tensione.
Lorenzo de Medici era sveglio nel suo studio, seduto su una poltrona, rifletteva su quello che sarebbe potuto essere il destino della sua amata Firenze.
Da giorni era intrattabile per via di questo evento.
Da questo incontro dipendevano le sorti di molti, ne era consapevole.
Riario avrebbe sicuramente proposto una resa da parte di Firenze, la cessione di ogni potestà. La sola idea di consegnare la città al Papa lo faceva inorridire.
Detestava quell'uomo, di lui aveva saputo cose disgustose, sembrava essere dedito a pratiche perverse, ma ciò che lo eccitava di più era il potere.
E suo nipote Riario non era da meno. Avrebbe usato gli inganni e i trucchi più sordidi pur di vincere.
Fu destato dai suoi pensieri da rumore di passi delicati. Voltò lo sguardo verso la porta e vide Lucrezia Donati, la sua favorita, in piedi, immobile, avvolta in un vestito blu.
Era bellissima, la più bella alla corte fiorentina. 
Capelli morbidi e fluenti , occhi di un brillante azzurro, quando l'aveva conosciuta anni fa il fatto che fosse una donna sposata era di poca importanza, l'aveva voluta nelle sue stanze come sua concubina.
Lucrezia si avvicinò: "Mi avete fatta chiamare. Ho visto la carrozza con la rosa."
Era il segnale che le mandava Lorenzo quando voleva giacere con lei.
"Sì, mia adorata, ho ordinato stamattina di mandarVi la carrozza...ma stasera purtroppo il mio umore è precipitato..."
"Posso fare nulla per Voi, per farVi stare meglio?" chiese languida Lucrezia accarezzandogli il viso.
Di norma Lorenzo l'avrebbe afferrata e posseduta lì, per terra, sulla scrivania, ovunque.
Ma quella sera decise di congedarla.
"Mia adorata, solo vederVi mi rasserena. Vi prego, perdonatemi, tornate pure a casa. Ma non dubitate, Vi farò chiamare presto." la baciò e le sorrise.
Lucrezia uscì da palazzo Medici e la carrozza la condusse a casa.
Una volta scesa si infilò nel portone e attese che il cocchio se ne andasse.
Poi uscì, coprendosi il volto col cappuccio e si incamminò verso la casa di Leonardo Da Vinci.


Leonardo infilò le mani nelle viscere dell'ebreo, e Zoroastro trattenne un conato di vomito.
"C'è qualcosa qui..."
Leo estrasse dallo stomaco un oggetto piccolo sottile, lo pulì in una ciotola d'acqua e lo osservò.
Era l'unghia di un pollice.
Guardò le mani del cadavere, in effetti a un pollice mancava un'unghia.
Perché l'ebreo la avrà ingoiata, si chiese l'artista.
"Guarda lì Leo, è una specie di bastoncino nero..." Beatrice indicò un punto tra le viscere.
Leonardo lo prese e lo pulì. 
Era una chiave di metallo nero, molto sottile lunga.
"Quest'uomo ha inghiottito la sua stessa unghia e questa chiave prima di essere arrestato...ma perché?" chiese Beatrice.
"La chiave non lo so ancora...ma l'unghia... Non avrebbe senso strapparla e ingoiarla senza un motivo. Deve essere un indizio, un'indicazione per qualcosa. L'ebreo nei suoi ultimi istanti di libertà ha ingoiato queste cose...aveva poco tempo... ." decretò Leonardo, e dopo una breve riflessione schioccò le dita e aggiunse "Dobbiamo tornare nel luogo dove è stato arrestato l'ebreo."
Zoroastro, che nel frattempo si era allontanato dal fetore del cadavere, rispose: "Mi piace il fatto che usi sempre il plurale per non farci sentire esclusi."
Beatrice rise, e incrociò lo sguardo di Zoroastro, che però lo distolse, come imbarazzato.
Forse era a disagio per quello strano discorso che le aveva fatto in strada.
Zo tornò a rivolgersi al suo amico: "Andremo dove vorrai Leo, ma domattina d'accordo? È tardi ormai." 
Leonardo annuì: "Hai ragione, domattina qui da me, andremo a cercare nuove risposte."
"Non potrai contare su di me" disse la ragazza "domattina devo recarmi a palazzo Medici, devo portare le medicine alle figlie di Lorenzo, due si sono prese una brutta tosse. Dovrò andare da loro per diversi giorni per tenerle sotto controllo." 
Da tempo ormai Beatrice era benvoluta a palazzo come erborista di fiducia, era considerata quasi un medico, da quando aveva guarito da una brutta febbre Giuliano de Medici.
Era stato suo padre Piero Da Vinci, da anni notaio presso la corte, a proporre il suo intervento.
 "Ti aggiorneremo quando torni allora. Amici, buonanotte."
Nico uscì velocemente dalla bottega per rientrare a casa, Zoroastro prima di uscire si rivolse a Beatrice: "Notte principessa, dormi bene."
"Zo."
L'uomo si voltò verso di lei "Dimmi."
Avrebbe voluto chiedergli cosa intendesse quando diceva di voler far avverare i suoi desideri, ma non ci riuscì.
"No, solo buona notte, a domani." Beatrice sorrise e si diresse nella sua stanza.
Zoroastro si allontanò, sollevato che Bea non avesse indagato sulle parole che lui aveva pronunciato ore prima.


Beatrice rimase sveglia nel suo letto, a guardare il soffitto.
"Notte principessa..." 
Zo la chiamava così da diversi anni.
In quel periodo si era fissato con la lettura della mano, un ennesimo espediente per truffare qualche ignaro viandante.
Un giorno Zoroastro le aveva preso la mano e aveva dichiarato di volerla leggere.
Bea aveva riso: "Sì certo, e cosa vedi nel mio futuro?"
Zo aveva osservato a lungo la mano e poi aveva sentenziato: "Vedo un principe."
"Ah ah ah, divertente, un principe niente meno."
"Non mi credi? È scritto nelle linee della tua mano!"
"Non ti devo pagare per questa previsione vero?"
Zo aveva continuato: "Un giorno non lontano verrà a Firenze un principe, si innamorerà di te e ti porterà via, in un regno lontano, in Oriente, e vivrai con lui in un palazzo di cristallo e giada."
Beatrice si era finta stupita: "Davvero?? Un palazzo di giada? E quando arriva il principe?"
"Non lo so il giorno preciso. Ma succederà." le aveva strizzato l'occhio "E io quel giorno sarò molto triste principessa."
Da allora spesso la chiamava così, e ogni volta che lo faceva lei sentiva una piacevole sensazione di calore dietro alla nuca.
Qualcosa era cambiato nel modo in guardava Zoroastro, ma aveva un po' paura di ammetterlo a se stessa, figuriamoci parlarne con lui. Anche per questo non gli aveva fatto domande.
Le parve a un certo punto di sentire dei passi in cortile, così si alzò dal letto e andò alla sua porta per guardare. Quanto vide chi stava arrivando scosse la testa e tornò a sotto le coperte.  


Nemmeno Leonardo riusciva a prendere sonno.
Continuava a pensare a cosa aveva trovato nello stomaco dell'ebreo.
Stava per preparare una pipa di oppio come faceva sempre per rilassarsi, quando udì dei passi nel cortile della bottega.
Si avvicinò all'entrata "Chi c'è?" disse a voce alta.
"Sono io" rispose l'inconfondibile voce di Lucrezia.
Leonardo era felice di vederla.
"Non Vi ho spaventato vero?" gli sorrise "Spero di no...Vi ho distratto da qualche lavoro importante?"
Leonardo si avvicinò alla donna, era così bella.
"No riflettevo su un'autopsia che ho effettuato..." Si morse la lingua. Non era esattamente legale fare esperimenti sui cadaveri.
"Siete anche un medico? Credevo che Vostra sorella fosse l'unico dottore in famiglia." scherzò Lucrezia baciandolo con passione.
Leonardo ricambiò il bacio, stringendola forte. 
"È una cosa a cui sto lavorando...ma non posso dire molto."
Lei si staccò da lui, avvicinandosi al grande letto che dominava la stanza.
"E il cadavere con cui lavorate? Non sarà stato facile procurarvelo."
"Ho chi mi aiuta. E poi si tratta di un impiccato, il cimitero riservato ai criminali non è così ben sorvegliato..."
Di nuovi si morse la lingua. Ma cosa mi succede? Con lei è così facile parlare di tutto...devo stare più attento si disse Leonardo.
"Parlate dell'ebreo impiccato immagino."
Leonardo le rispose: "Sì certo, ma ora venite qui." la prese tra le braccia "Non sarete qui per parlare di cadaveri e di impiccati."
Lucrezia rise e lo baciò, accarezzando il suo viso, le sue spalle.
Leonardo la spinse verso il letto, si spogliarono a vicenda e si sdraiarono.
Dio, è così bella, pensò Leonardo guardandola. 
Iniziarono a fare l'amore, le dita e le lingue intrecciate, la passione era così dirompente che Leonardo entrò subito in lei, e  i corpi si mossero allo stesso ritmo, Lucrezia aggrappata alla sua schiena.
Quando tutto finì rimasero nudi, abbracciati, col respiro che poco a poco tornava tranquillo.
"Vorrei restare così per sempre." pensò Lucrezia, ma non lo disse.
"Vorrei che restassi qui per sempre." pensò Leonardo, ma non lo disse.


Angolo dell'autrice: 
Come immagino avrete intuito sto prendendo spunto dal filone originale ma devo ovviamente stravolgerlo per dar vita alla mia storia :) 
Ho dovuto fare un po' di introduzione,  ma nei prossimi capitoli entreremo nel vivo del racconto, promesso :)
Un abbraccio
VerdeIrlanda 

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Capitolo 4
*** Tradimenti ed esplosioni. ***


I primi raggi del sole del mattino entrarono nello studio di Da Vinci, sfiorando gli occhi chiusi di Lucrezia.
La donna si sollevò e si guardò attorno.
Accidenti, si era addormentata.
Per fortuna suo marito non si sarebbe preoccupato e non avrebbe fatto domande, ormai era abituato a non averla accanto nel letto, era consapevole che molte notti lei si trovava con Lorenzo de Medici in qualche appartamento segreto.
Di sicuro la immaginava con lui, non con il giovane artista da poco arrivato a palazzo.
Raccolse il vestito blu dal pavimento e iniziò a rivestirsi.
"Volevate scappare?"
La voce di Leonardo la fece voltare, gli sorrise: "Vi avrei cercato per salutarVi Leonardo."
Lui si avvicinò, prendendole il viso fra le mani e baciandola. 
Quei baci...la facevano sciogliere come neve al sole...ormai erano amanti da diverso tempo, e Lucrezia aveva scoperto di apprezzare questi momenti insieme, sia le notti infuocate che gli istanti colmi di tenerezza.
Non era come con suo marito, non era come con Lorenzo.
C'era qualcosa in Leonardo che la scaldava e le riempiva il cuore.
"Cosa farete oggi?" chiese Lucrezia una volta staccatasi da lui "Continuerete a lavorare a questo nuovo progetto di cui non potete rivelarmi molto?"
"Quale progetto?" Leonardo fece lo gnorri.
"Vi siete lasciato sfuggire che ieri sera prima che venissi da Voi avete riesumato il corpo di quell'ebreo che hanno impiccato...e lo avete sezionato..."
Dannazione, pensò Leonardo, non avrei dovuto essere così sincero, ma con lei non riesco a mentire.
"Mmm sì, credo che continuerò i miei studi di anatomia oggi."
Lucrezia sapeva che stava mentendo, non sapeva la verità ma sapeva che non era questa.
"Devo andare. Potrò rivederVi presto, magari già domani sera?" questa volta fu lei a baciarlo, dolcemente.
"Perché non già stasera?"
"Ho già un...impegno." rispose lei.
Leonardo immaginò si trattasse di un incontro con Lorenzo, le sorrise e annuì: "Se verrete qui mi troverete."
Lucrezia uscì dalla bottega del Verrocchio, si nascose dietro l'angolo e attese.
Poco dopo vide arrivare Zoroastro e Nico, i due entrarono nell'edificio, e un attimo dopo ne uscirono insieme a Leonardo, dirigendosi verso la zona del mercato.
La donna li seguì, li vide parlare con un cieco che chiedeva l'elemosina ed entrare in una libreria lungo la strada.
Lucrezia aspettò pazientemente, li vide uscire e notò che Leonardo nascondeva qualcosa sotto la giacca, forse un libro.
Cercò di star dietro al loro passo ma li perse tra la folla.
Tornò indietro e si avvicinò al cieco, lasciando cadere una moneta nel suo piattino.
"Grazie, Dio ti benedica per la tua generosità!"
"Sarò ancora più generosa se mi direte cosa avete riferito a un uomo poco fa, si è fermato a parlare con Voi."
Il cieco disse: "Mi ha chiesto cosa avessi sentito la notte che hanno arrestato l'ebreo. Gli ho detto che ho sentito delle guardie intimargli di fermarsi, che l'ebreo era scivolato facendo cadere qualcosa che ha sbattuto forte per terra, e che poi ho sentito rumore di vetri infranti."
"L'uomo ha fatto commenti?"
"Sì mia signora, ha commentato che l'ebreo doveva essere entrato nel negozio di libri per nascondere qualcosa, quella cosa che gli era caduta..."
Lucrezia fece cadere una seconda moneta nel piattino e si allontanò con passo lesto, sperando di non essere vista e si diresse verso casa.
Mentre camminava pensava, e qualcosa dentro di lei le diceva che quello che stava facendo era sbagliato, e non si riferiva al fare l'amore con Leonardo, ma spiarlo.
Non avrebbe voluto riferire le sue piccole confidenze, ma non aveva scelta.
Quella sera dunque avrebbe rivelato ogni cosa a Riario, e così facendo avrebbe tradito l'unico uomo che la faceva sentire amata.


"Dunque fammi capire...l'ebreo ha nascosto questo libro nel negozio e per farti capire dove fosse ha mangiato la sua stessa unghia."
Erano tutti radunati nello studio di Leonardo, ormai era pomeriggio inoltrato.
Beatrice era confusa riguardo alla storia che le avevano raccontato, ma per quanto questa fosse bizzarra aveva portato a dei risultati.
"Devo dire che quest'uomo ha tutta la mia ammirazione" commentò la ragazza "sacrificare se stesso, farsi passare per un ladro e venire impiccato, tutto per difendere questo libro. E la chiave ovviamente."
Già, la chiave che Leonardo aveva trovato nel suo stomaco insieme all'unghia.
"Sarebbe degno di un figlio di Mitra. Il Turco mi ha detto che per loro non c'è nulla di più prezioso che la salvezza del Libro delle Lamine."
Zoroastro guardò il libro che avevo trovato sugli scaffali della libreria: "Immagino che non sia questo il libro di cui parliamo...sarebbe troppo facile!"
Leonardo sorrise all'amico: "Ma questo libro ci porterà da lui! Dobbiamo solo capire come, dobbiamo decifrare cosa c'è scritto. Bea, è scritto in ebraico, tu parli questa lingua molto meglio di me, puoi leggere per favore?"
Era vero, i nonni materni di Beatrice erano ebrei, e fin da piccola le avevano insegnato la loro lingua sacra.
Beatrice prese il libro e lo aprì, iniziò a leggere mentalmente una decina di righe poi decretò: "È una Torah."
"Cosa?"
"La Torah, quello che i cristiani chiamano Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia..."
"So cosa è la Torah" sbuffò Leonardo "ero stupito. Sei sicura?" chiese avvicinandosi al libro e iniziando a scorrere le righe con lo sguardo.
"Ti ricordo che sono ebrea e che conosco a memoria Antico e Nuovo Testamento."
il che equivaleva a sì fratellone, sono sicura, non potevi farmi una domanda più stupida.
"Perché darsi tanto da fare per nascondere una Bibbia?" chiese Nico.
Leonardo iniziò a sfogliare il libro, pagina dopo pagina, ma nulla, non c'era nulla di anomalo.
"Posso guardarlo tutto se vuoi Leo" suggerì Beatrice "forse trovo qualche frase nascosta..."
Leo le passò il libro, un po' deluso. 
"Coraggio amico mio" Zoroastro gli mise un braccio intorno alle spalle "Se fosse stato facile che razza di mistero sarebbe?" 


Lorenzo de Medici e sua moglie Clarice attendevano.
Era da molto che attendevano, stava calando la notte, e Lorenzo era impaziente.
"Ma quanto arriverà quell'uccello del malaugurio? Sarà un'ora che si fa attendere! A Roma hanno scordato l'educazione e la puntualità."
Clarice gli posò una mano sul braccio: "Non essere impaziente. Il viaggio da Roma è lungo, pensa a quanto tempo ci ho messo io anni fa per venire qui, per sposarti. Anche allora pensasti che non sarei mai arrivata?"
Lei riusciva sempre a infondergli una certa calma e serenità, Lorenzo accarezzò la mano della moglie e le sorrise.
"Per fortuna ci sei tu accanto a me, non ce la farei ad affrontare questa situazione da solo."
Qualche istante dopo sentirono rumore di zoccoli e ruote, e nel cortile di palazzo Medici entrò il corteo romano.
Non era un corteo numeroso, ma incuteva un certo timore: cavalli neri, soldati vestiti di nero, carrozza nera.
La sobrietà e il rigore del Vaticano, qualità che erano esposte in pubblico ma spesso dimenticate in privato, pensò Lorenzo riferendosi alle note ricchezze, e alle meno note perversioni, del Santo Padre.
Alla carrozza si avvicinò una guardia imponente che aprì lo sportello, dall'abitacolo scese con passo elegante e fermo il conte Girolamo Riario.
Il conte e parte del suo seguito si avvicinarono alla coppia Medici.
"Conte! Benvenuto! Temevamo vi fosse successo qualcosa durante il viaggio." 
Lorenzo strinse la mano a Riario, che abbozzò un falso sorriso e fece un piccolo inchino verso Clarice.
"La via era in condizioni pessime" spiegò il conte "ma siamo comunque giunti a Firenze."
Lorenzo gli fece strada: "Vi conduciamo subito alle Vostre stanze conte, immagino sarete stanco...nelle camere che Vi abbiano riservato troverete anche frutta e vino, ma possiamo allertare le cucine se avete fame..."
Riario lo interruppe: "Siete molto gentili, frutta e vino basteranno. I nostri appartamenti hanno un'entrata privata, come Vi avevo chiesto?"
"Oh, certamente, avrete tutta la riservatezza che Vi occorre." Lorenzo avrebbe voluto aggiungere che sarebbe stato un sollievo non vederlo sempre passeggiare per i suoi stessi corridoi.
Clarice disse: "Mi perdonerete conte ma per me è ora di ritirarmi, due delle mie figlie stanno poco bene e vorrei controllare che le medicine che mi hanno portato stamattina stiano facendo effetto...Come già sapete mio marito potrà discutere di affari con Voi non prima di domani sera, quindi spero gradirete essere mio ospite domani mattina per un bicchiere di vino speziato nei nostri bellissimi giardini."
Riario prese la mano della donna e la sfiorò con un bacio: "Ne sarò onorato madonna."
Clarice si concedò.
Una volta negli appartamenti Lorenzo si accordò con Riario per l'indomani e si ritirò.
Una volta solo Girolamo raggiunse Mercuri nella stanza accanto.
"Assicurati che non ci siano occhi indiscreti a spiare i nostri movimenti, devo recarmi immediatamente da Lucrezia Donati. Ho bisogno di nuove informazioni su quanto sta facendo questo Da Vinci."


Dall'altra parte della città, mentre la delegazione papale arrivava a palazzo, alla bottega del Verrocchio Beatrice si stava arrovellando sul libro dell'ebreo.
Era seduta sul suo letto da ore ormai.
Non riusciva a trovare il bandolo della matassa, la soluzione era lì ma non riusciva a vederla, tutto ciò era frustante.
Beatrice sbuffò girando le pagine per la decima volta.
"Trovato qualcosa?" Zoroastro entrò nella stanza.
"No. Niente. Eppure ci deve essere qualcosa..."
La ragazza chiuse il libro e, si alzò e si sedette sul tavolo di legno al centro della camera, di fronte a Zoroastro.
"È tardi, sarai stanca ormai" le sorrise "Vedrai che domani con la mente riposata riuscirai a ragionare meglio."
"Forse hai ragione...solo che domattina devo tornare a palazzo dalle piccole Medici...ci lavorerò quando torno. Come mai sei passato?"
Zo rispose: "Leo ci ha congedati dopo ore di interminabili prove sulle spingarde per Lorenzo. Tra qualche giorno dovrà consegnare il nuovo progetto. Speriamo non esplodano come l'ultima volta!" rise "Prima di tornare a casa volevo vedere come stavi e augurarti la buona notte." 
"Grazie, sei molto gentile..."
Beatrice lo guardò negli occhi sorridendo, lui ricambiò il sorriso, e questa volta nessuno dei due distolse lo sguardo.
Zoroastro continuava a guardarla, accidenti, rischiava di perdersi in quei bellissimi occhi verdi. Lo sguardo scivolò sulla bocca di Beatrice, quelle labbra carnose, rosa scuro. Erano bellissime.
Erano vicino, molto vicini.
Gli sarebbe bastato piegarsi un attimo per toccare quelle labbra con le sue.
Beatrice ormai vedeva solo la profondità degli occhi scuri di Zoroastro, che le sembrava stessero fissando le sue labbra.
Si trovò anche lei a guardare la bocca di Zoroastro, semi aperta, quelle labbra sembravano davvero morbide. 
Le sarebbe bastato avvicinarsi, solo un poco, per sfiorarle con le sue.
Beatrice e Zoroastro, uno di fronte all'altra, immobili, indecisi.
Fu lui a fare a una mossa, sfiorando con le dita il dorso della mano di Beatrice, avvicinandosi.
"Bea..." mormorò facendosi più vicino.
Tutto attorno sembrava essersi fermato, un momento di assoluta calma...e poi ci fu l'esplosione.
I due sussultarono violentemente, spaventati, Beatrice balzò in piedi : "O mio Dio, Leonardo!"


Lucrezia era sempre nervosa di fronte a Riario.
È come un predatore, non sai mai se e quando ti attaccherà alla gola.
Lo conosceva da anni, era consapevole della sua crudeltà, diverse volte non aveva esitato a alzare le mani su di lei.
"Dunque questo Leonardo Da Vinci ha riesumato il corpo dell'ebreo e ha indagato sui suoi movimenti prima dell'arresto. E a quanto mi dite ha trovato un oggetto nascosto dall'ebreo."
Lucrezia annuì: "È quello che ho capito seguendolo."
Era notte ormai. Riario, Lucrezia e alcuni soldati erano alle rovine di un'antica chiesa illuminate da alcune torce, un ritrovo isolato, perfetto per potersi vedere di nascosto senza essere spiati.
"Non sapete dirmi altro?"
Cosa ti spinge Riario, cosa stai cercando davvero? si chiese Lucrezia, questo suo interesse la rendeva perplessa. Di certo non poteva permettersi di chiedergli spiegazioni, così si limitò a scuotere la testa: "Da Vinci ha mantenuto il riserbo su questa storia."
Riario si morse le labbra: "Allora dovremo cercare informazioni altrove. Avete detto che l'artista ha un allievo giovane e gracilino."
Lucrezia deglutì: "Sì, Nico."
"Domani lo troverete" ordinò il conte a due dei soldati presenti "Lo porterete qui, nel primo pomeriggio. Vedremo se sarà così gentile da condividere delle informazioni con noi."
Uno dei soldati rise, mentre Lucrezia rabbrividiva alla sola idea della sorte che sarebbe toccata al povero Nico.


Il laboratorio di Leonardo era piena di fumo.
Zoroastro e Beatrice entrarono coprendosi la bocca e il naso.
"Leo! Mio Dio, Leo! Dove sei?"
Si sentì il rumore di una finestra che veniva spalancata a forza, e poco dopo l'aria fresca della notte iniziò a far diradare il fumo.
I due sentirono Leonardo tossire e lo videro emergere dalla nebbia che lui stesso aveva creato.
"Son qui!" tossì ancora, Zo lo aiutò a uscire nel cortile, Beatrice li seguì. 
"Sto bene amici, sto bene."
"Cosa diavolo hai combinato?" lo aggredì Andrea Verrocchio, che svegliato dall'esplosione era corso fuori dalla sua camera.
Beatrice si mise a visitare il fratello, a tamponargli con un fazzoletto un taglio che aveva sulla tempia.
Leonardo aveva anche altre piccole escoriazione, nulla di grave per fortuna.
"Zo vammi a prendere delle bende e il mio unguento per le ferite, quello nel barattolo di vetro rosso. Per favore."
"Sto bene lascia stare." Leo fece un cenno all'amico.
"Ehi, è lei il medico." rispose Zo mentre si dirigeva verso la camera di Bea.
Leonardo sbuffò,cercò di rimettersi in piedi ma la testa gli girava e ronzava. Dovette rassegnarsi e farsi curare. "Allora,  che diavolo è successo??" incalzò Verrocchio,
"È stato un incidente...stavo mettendo via un sacchetto di polvere da sparo...e contemporaneamente mi stavo accendendo la pipa per l'oppio."
Verrocchio alzò le braccia al cielo, Bea diede al fratello uno scappellotto sulla testa.
"Ahia Bea!"
"Idiota! Potevi farti saltare in aria una mano!" disse lei arrabbiata.
Zoroastro tornò con bende e unguento e Beatrice iniziò a medicarlo.
Poco dopo mentre gli fasciava le dita escoriate gli disse: "Devi stare più attento fratellone." la sua voce era tornata dolce, quasi materna "Per favore. Fallo per me."
"Andiamo Bea, non è successo nulla..."
"Questa volta!" lo interruppe lei "Potresti non essere così fortunato la prossima! Ti prego Leo, cerca di non passare il limite."
Già, il limite. Molte volte Beatrice gli aveva fatto notare di essersi spinto molto in là, forse troppo, con i suoi esperimenti.
Secondo lei era come se Leonardo passeggiasse costantemente sull'orlo di un precipizio, e qualche volta lo aveva visto barcollare su quel limite, con il rischio costante di inciampare e precipitare.
E anche se lei lo aveva sempre appoggiato era preoccupata che facesse il passo sbagliato.
Leonardo le promise: "Starò più attento, d'accordo?"
Beatrice annuì, consapevole che era una promessa piuttosto vaga fatta da suo fratello.
Era come se un fiume promettesse di scorrere in senso contrario.
"Tuo fratello mi distruggerà la bottega prima o poi." le disse Verrocchio prima di tornare a dormire.
Non appena la stanza fu libera dal fumo Zo e Bea misero il barcollante Leonardo a dormire.
Tornati in cortile si fermarono, si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.
"Mamma mia!" rise Beatrice "Questa cos'era? La terza o quarta esplosione del laboratorio?"
"Credo la quarta" rispose Zoroastro ridendo "La terza se non sbaglio fu quanto decise di bollire gli oggetti di metallo per creare quella specie di corazza. Di certo con tuo fratello non ci si annoia."
Beatrice annuì, sempre ridendo: "Questo è sicuro!"
"Sono un artista!"
"Un inventore, un ingegnere!" lo canzonarono.
Dalla stanza arrivò la voce incerta e stanca di Leonardo : "Vi sennnto!"
I due scoppiarono di nuovo a ridere.
"Beh, il trambusto è finito, meglio andare a dormire." disse lei.
"Sì, meglio."
Zoroastro e Beatrice si guardarono, per un attimo ripensarono a cosa stava per succedere nella camera di lei.
Chissà, se non fosse esploso il laboratorio, se quel boato non avesse interrotto quel momento, forse...
Ma nessuno disse o fece nulla, entrambi sorrisero e nulla più prima di salutarsi.
"Notte principessa."
"Notte Zo." 




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Capitolo 5
*** La Vostra anima è una gemma preziosa. E tutto precipita. ***



Riario lasciò i suoi appartamenti privati e si incamminò lungo il corridoio che lo avrebbe portato ai giardini interni di palazzo Medici, dove lo attendeva Clarice Orsini per un bicchiere di vino.
Era insospettito da tanta ospitalità, probabilmente la donna voleva ammorbidirlo, o carpire qualche sua mossa futura.
Il palazzo era incantevole, doveva ammetterlo, ricco di opere d'arte e luce.
Castel Sant'Angelo non era così luminoso pensò, era diventato molto lugubre negli ultimi anni.
In fondo al corridoio vicino alla porta che dava sul giardino Riario scorse Clarice intenta a parlare con una giovane donna dai capelli castani.
Quando lei lo vide lo salutò con un sorriso: "Conte Riario, siete molto puntuale per il nostro incontro! A breve andremo subito in giardino. Permettete prima che Vi presenti una persona a noi molto cara."
La giovane si voltò, era molto bella, aveva grandi occhi verde scuro e un dolce sorriso.
"Vi presento Beatrice Da Vinci."
Da Vinci? pensò Riario sussultando. Sarà in qualche modo legata al nostro artista?
Fece un piccolo inchino accennato verso di lei.
"Beatrice, Vi presento il conte Girolamo Riario, capitano generale dell'esercito della Chiesa di Roma. È qui come delegato papale in visita a Firenze."
Beatrice fece un cenno di inchino, molto goffo, non le erano mai riusciti bene gli inchini da damigella. 
"È un piacere Conte Riaro." 
"Il piacere è mio madonna Da Vinci."
"Oh, grazie ma non sono una madonna, sono solo Beatrice." gli rispose sorridendo. "Non sono nobile come Voi e Clarice."
Riario rimase affascinato dalla sua presenza. Quella giovane donna aveva uno sguardo fiero, attento, ma anche molto dolce. Il suo sorriso era luminoso e rassicurante.
La sua non era una bellezza lasciva, bensì candida e delicata.
Clarice appoggiò una mano sul braccio della ragazza: "Beatrice è molto benvoluta qui a palazzo. È una erborista di grande talento, è quasi un medico per noi. Sta curando le mie figlie da una brutta tosse, stanno molto meglio grazie ai suoi sciroppi e decotti."
"Oh, una donna medico? È sconcertante. Davvero a Firenze è permesso tale scempio?" Lupo Mercuri sbucò da dietro le spalle di Riario. 
Clarice, un po' innervosita dalla maleducazione dell'uomo più fidato del conte, lo presentò: "Beatrice, costui è Lupo Mercuri, archivista della biblioteca vaticana." 
La ragazza lo salutò con cortesia: "Beatrice Da Vinci signore, piacere." 
Non è vero, non è un piacere brutto arrogante ma a differenza tua io sono educata, pensò Bea.
"Madonna Clarice" iniziò Mercuri ignorando Beatrice "Davvero vi fidate degli intrugli di questa fanciulla? Una donna che maneggia erbe e pozioni ha un nome ben preciso dalle mie parti, e di certo non le affiderei la salute dei miei figli!"
Gli occhi verdi di Beatrice si erano come infuocati per la rabbia, assumendo sfumature ambrate
"Io non faccio pozioni dentro un calderone nel cuore della notte circondata da gatti neri, ho un laboratorio dove preparo medicine. E per la cronaca molte di queste sono tramandate da secoli anche dai Vostri monaci nei monasteri. Persino le suore del convento sono mie pazienti signore."
Mercuri rise sarcastico: "Certo siete presuntuosa nel paragonare le Vostre stregonerie alle sacre ricette dei monaci."
"Beh Voi non siete da meno nel giudicarmi senza nemmeno conoscermi." sentenziò Beatrice.
Riario trattenne una risata. La ragazza aveva un bel caratterino e la risposta pronta.
La trovava sfacciata e impertinente, ma allo stesso tempo questa sua testardaggine gli piaceva.
"Vi prego di non mancare di rispetto a una signora Mercuri." intervenne Clarice "Beatrice è benvoluta da noi, non ci ha mai dato motivo di dubitare della sua buona fede."
Mercuri sorrise ironico e disse: "Come in tutte le comunità dei fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la Legge. Questo è scritto nella Bibbia, nella prima lettera ai Corinzi, capitolo 10..."
"14." lo interruppe Beatrice
"Cosa?" 
"La frase che avete citato non è al decimo capitolo della lettera ai Corinzi, ma al quattordicesimo."
Mercuri schiumò di rabbia: "Come osate contraddire me, piccola sfrontata? Pensate di conoscere la Bibbia meglio di..."
Riario lo interruppe: "In verità ha ragione. È il quattordicesimo capitolo, non il decimo. E se lo dico io Lupo potete crederci."
"Beatrice conosce a memoria le Scritture." disse Clarice con una certa soddisfazione.
La ragazza sorrise ironica: "Volete citare qualche altra frase a casaccio in modo tale che 
io possa correggerVi?"
Mercuri stava per ribattere ma Riario gli intimò il silenzio con un gesto, e disse: "È una cosa curiosa. Davvero conoscete a memoria la Bibbia?"
"Antico e Nuovo Testamento conte. Ho letto ogni libro, comprese le diverse interpretazioni che gli sono state date, ho letto molti libri di teologia." rispose Beatrice con una punta di orgoglio.
"È insolito che una donna si appassioni così tanto alle Scritture, ancor più insolito che si interessi alle questioni teologiche." Riario era sempre più affascinato da questa ragazza "E giusto per sapere, che citazione biblica usereste per ribattere a ciò che ha detto Lupo?"
Beatrice scosse la testa: "Non uso la Bibbia per perorare le mie cause."
"Oh Vi prego, Vi chiedo solo un piccolo favore."
C'era qualcosa di magnetico nello sguardo del conte,le sembrava che la stesse penetrando da parte a parte.
Beatrice riflettè e poi si schiarì la voce: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto. 
Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto."
Riario sorrise, aveva capito, mentre Mercuri guardò Beatrice perplesso. "Volete spiegarVi?" chiese spazientito.
Beatrice scosse la testa: "È incredibile che non ci arriviate da solo. Nella Bibbia è scritto chiaramente che le prime persone che videro Gesù risorto non furono gli apostoli, non furono Pietro o il Vostro Paolo, ma furono Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome, tre donne, le pie donne." la ragazza sorrise soddisfatta "Gesù, il Figlio di Dio, ha deciso di rivelarsi prima alle donne che agli uomini. Evidentemente ci teneva molto più in considerazione di quanto facciate Voi."
Mercuri, umiliato, rimase in silenzio non sapendo come ribattere. Riario era compiaciuto, aveva pensato alla stessa risposta.
"Notevole, davvero notevole. Non era un compito facile."
"Già, non si parla molto bene di noi nelle Scritture."
"Il Vostro fervore nei confronti della Bibbia è ammirevole. Se prendeste i voti diventereste badessa in pochi anni..."
Beatrice scoppiò a ridere, ma subito si portò una mano alla bocca nel vedere l'espressione di disappunto sul viso di Riario: "Oh, perdonatemi, non ridevo di voi! Io stavo solo pensando che era risibile l'idea di diventare suora."
Riario era confuso: "Non capisco."
"Sarebbe difficile farmi suora dato che sono ebrea, ci sarebbe un intoppo di base." sorrise Beatrice.
"Bene, è pure giudea..." sibilò Mercuri.
Bea avrebbe voluto ribattere che anche Gesù in fondo era ebreo, ma si trattenne per non creare ulteriore tensione.
Riario non sembrava sconvolto da tale rivelazione: "Potete sempre convertirVi."
"Ma io non desidero convertirmi conte." rise Beatrice "Grazie per il Vostro interessamento comunque. Ora scusatemi, ma devo visitare le bambine." disse lei. "A dopo Clarice."
Si rivolse poi ai due uomini: "Signori, passate una buona giornata."
"Anche Voi. Spero di rivederVi nuovamente Beatrice." Riario le fece un breve inchino, mentre Mercuri non si mosse.
Beatrice sorrise alle parole del conte e si congedò
Riario prese da parte Mercuri, scusandosi con Clarice. "Datemi qualche istante madonna, Vi raggiungo subito in cortile per il nostro incontro."
La donna si allontanò e uscì, dirigendosi verso un tavolo nel giardino.
Riario bisbigliò a Mercuri: "È tutto pronto per oggi?"
"I Vostri uomini hanno individuato il giovane Nico, lo porteranno da Voi come concordato."
Riario si limitò ad annuire e raggiunse Clarice, si sedette accanto a lei.
"Vi chiedo ancora scusa madonna, ho pensato fosse giusto rimproverare il mio fidato archivista per come si è comportato poco fa. È stato inappropriato."
"Decisamente inappropriato conte. Beatrice è una creatura così deliziosa, non merita certo tale maleducazione." asserì Clarice.
"Già. Deliziosa." mormorò Riario mentre un servitore gli versava il vino speziato nella coppa.

Leonardo si svegliò che ormai era mattina inoltrata.
Si alzò, la testa gli faceva ancora un po' male, maledetta esplosione.
Uscì in cortile, la luce del sole era calda e piacevole.
"Come stai Leonardo?"
Verrocchio era impegnato con alcuni suoi allievi pittori.
"Molto meglio Andrea, grazie" gli sorrise "La testa duole un poco...per caso sai se Beatrice è già uscita?" 
Verrocchio annuì: "È uscita presto per andare dai Medici."
"Vorrà dire mi rifarò da solo alcune medicazioni." e si diresse nel laboratorio di Beatrice.
Sua sorella teneva la stanza in perfetto ordine, ogni boccetta, bottiglietta e barattolo erano disposti in ordine alfabetico in base al contenuto sugli scaffali.
Non fu difficile trovare l'unguento che preveniva le infezioni.
Mentre usciva Leonardo notò il libro dell'ebreo sulla scrivania. Subito si precipitò a prenderlo, per poterlo sfogliare,magari risolvere il mistero nascosto in quelle pagine. Rimase seduto lì per ore, leggendo e rileggendo.
Poi sbattè un palmo sulla scrivania: "Ho capito!"
"Cosa hai capito?" Leonardo si voltò e vide Zoroastro sulla soglia "Verrocchio ha detto che eri qui. Dunque?"
Leo era eccitatissimo: "Ho capito Zo, il libro, ho decifrato il mistero!" 
Zoroastro spalancò gli occhi per la sorpresa: "Fantastico! Dimmi, cosa nascondevano quelle pagine?"
Leonardo nascose il libro sotto il materasso del letto e uscì dal laboratorio di Beatrice, seguito dal suo amico.
"Non ora. Devo trovare Nico e mia sorella, dovete esserci tutti! Ma dove sono? Dovrebbero essere entrambi qui! Andiamo, li raggiungeremo noi."
I due uscirono in strada per cercare gli altri.


"È amaro." disse imbronciata Luisa, la piccola de Medici.
"Lo so tesoro, ma ti farà passare la tosse. Su, da brava, bevi il decotto." Beatrice le accarezzò i capelli biondi e le avvicinò la tazza alla bocca.
"Bravissima. Ora mettiti ben bene sotto le coperte e prova a riposare. Tornerò domani a controllarti." La bimba le sorrise e si infilò sotto il lenzuolo.
Beatrice uscì dalla stanza della bambina e si diresse verso i giardini. Le piaceva passare attraverso quei viali ricchi di fiori prima di lasciare il palazzo.
Uscì e si immerse in tutti quei bellissimi colori. La parte che preferiva era il roseto: Clarice adorava le rose e ne aveva fatte arrivare a Firenze diverse varietà.
Beatrice si fermò ad ammirare un cespuglio di rose gialle screziate di rosso, quando sentì un rumore alle sue spalle. Sì voltò di scatto e si trovò davanti il conte Riario.
"Accidenti conte!" esclamò "Mi  avete fatto prendere un colpo!" 
"Non era mia intenzione, perdonatemi. Stavo passeggiando nel roseto e Vi ho vista, così ho pensato di raggiungerVi."
Beatrice sorrise: "Ehm, beh, d'accordo...nessun problema."
Riario si avvicinò a lei: "Come stanno le bambine?"
"Meglio, la tosse per fortuna sta passando. Come è andato il Vostro incontro con Clarice?"
"La padrona di casa è decisamente molto ospitale. Quando si è congedata mi ha consigliato di vedere il suo roseto, ed eccoci qua. Mi ha anche parlato di Voi sapete?"
Beatrice alzò un sopracciglio: "Di me?"
"Sì, mi ha raccontato che tempo fa Giuliano de Medici aveva preso un'influenza terribile e che il Vostro intervento lo ha salvato da morte certa."
Beatrice scoppiò a ridere: "Non sarebbe morto! Era una malattia intestinale, gli ho solo somministrato tisane al limone e ho disposto che seguisse una dieta rigida per qualche giorno. Una soluzione stranamente sconosciuta ai dottori di palazzo che già presagivano il peggio!"
I due iniziarono a passeggiare per il roseto e poi si sedettero su una panca di pietra.
"Clarice mi ha anche detto che Vostro padre Piero è il notaio personale dei Medici" continuò Riario "e che siete, come posso dire, la sua figlia, ecco..."
"Illegittima." sentenziò Beatrice "Non è così difficile da dire. Non lo è per me almeno." 
"Giusto. Non siete nè la prima nè l'ultima." Riario abbozzò un sorriso "Diceva che sono stati i Vostri nonni ha insegnarVi di erboristeria."
Accidenti che chiacchiera la signora de Medici, pensò Beatrice.
"E anche la passione per le Sacre Scritture è una loro eredità?"
Beatrice annuì: "Mio nonno era un rabbino oltre che un erborista. È stato lui a insegnarmi l'importante della conoscenza, e per gli ebrei la più importante è la conoscenza della parola sacra." sorrise "Facevamo interminabili gare, lui diceva un versetto e  io dovevo collocarlo."
Riario pensò che anche lui conosceva a memoria le Scritture, ma era stato un dovere impararle, non un piacevole passatempo, era necessario che un nobile del suo rango e del suo status sapesse tutto. 
"Clarice ha anche accennato a un altro membro della Vostra famiglia..." Riario lascò volutamente la frase a metà, non era vero che Clarice ne aveva parlato, ma voleva capire che rapporto ci poteva essere con Da Vinci.
"Vi avrà parlato di Leonardo, mio fratello. Sta facendo dei lavori per Lorenzo, lui è...ecco, un artista." 
Dunque era suo fratello...un legame interessante, che forse sarebbe potuto tornare utile.
"Sì, esatto." Riario decise di non chiedere di più su Leonardo per non insospettire la ragazza con la sua curiosità, tanto avrebbe scoperto successivamente dettagli importanti.
Rimasero per un attimo in silenzio, poi il conte disse: "Dunque siete nipote di un rabbino."
"Sì..." rispose sospettosa Beatrice.
"È un peccato che non possiate diventarlo anche Voi, dato che le donne non possono esercitare tale ruolo, non potete nemmeno diventare un sacerdote."
"Già..." Dove volete andare a parare? si chiese Beatrice.
"Vi sarebbe piaciuto?"
"Diventare rabbino? Oh beh,credo di sì. In fondo è una guida spirituale per la comunità, un faro nella nebbia come diceva mio nonno." 
"Potreste esserlo, se lo voleste. Certo non come rabbino."
"E come cosa?"
"Come suora."
Ed ecco dove voleva arrivare! pensò Beatrice.
"Come suora" continuò Girolamo "potreste essere un punto di riferimento per la comunità di fedeli che frequentano il convento, e anche per altre sorelle."
Beatrice scosse la testa: "Non mi interessa la vita da monaca conte. E rimane il fatto che non esistono suore ebree."
"Ma esiste la conversione. Molti giudei si sono già convertiti alla fede cristiana."
"Sì, perché costretti da indicibili torture e minacce!" sbottò Beatrice "I Vostri alleati spagnoli lo stanno facendo da anni e non credo che a Roma siate da meno."
"A Roma i giudei si convertono per una scelta del cuore, che viene irradiato dalla luce di Cristo." 
La ragazza rise sarcastica: "Già, la luce di Cristo, dite pure la luce di un ferro incandescente sulla carne viva!"
Riario rimase colpito dalle parole di Beatrice: insolente e impertinente pensò, rivolgere tali accuse, ma anche molto coraggiosa a fare certi discorsi davanti a lui.
E in fondo quello che diceva aveva un fondo di verità, ma lui non lo avrebbe mai ammesso.
"Ad ogni modo" il conte cercò di continuare il suo discorso "Come suora potreste sfruttare la Vostra conoscenza e la Vostra intelligenza. Non potete farlo restando ebrea."
"In verità lo faccio tutti i giorni, come erborista e medico, e anche come ostetrica se capita." ribattè lei. "E comunque che ci crediate o no, mi sta bene essere ebrea, certo non sono tra le più devote, ma anche se frequento saltuariamente il Tempio è quello che sono. E come ho già detto la vita monacale non mi attira."
Testarda! pensò Riario.
"Non capisco perché vi stiate incaponendo su questa questione conte. Che forse uno dei Vostri compiti per il Santo Padre è fare proseliti?" chiese Beatrice.
"Non è forse compito di ogni buon cristiano?" Girolamo fece un mezzo sorriso "E poi come servo umile del Vaticano è anche mio compito preoccuparmi delle anime che rischiano di perdersi."
Beatrice spalancò gli occhi: "Io sarei un anima perduta??"
"Non siete ancora perduta Beatrice, se posso impedirlo."
"Ah!" sbottò lei, infastidita "Non vedo perchè la mia anima debba essere cosa di cui vogliate occuparVi!"
"Perché vedo in Voi una purezza e un fuoco che rendono la Vostra anima simile a un diamante. E sento il dovere di occuparmi di tale gemma preziosa."
Le parole di Riario colpirono Beatrice come una secchiata d'acqua gelida, tanto da zittirla,cosa incredibile, e da impedirle di muoversi.
Girolamo dal canto suo, vedendo l'espressione sbigottita della ragazza si rese conto di aver parlato troppo, di essersi spinto oltre.
Si alzò e si schiarì la voce, poi disse: "Perdonatemi Beatrice io...ora devo andare. Spero di vederVi nuovamente..." Si allontanò con passo veloce verso i suoi appartamenti.
La ragazza rimase seduta per qualche istante, poi si alzò e uscì dal palazzo.
Mentre tornava a casa ripensò allo strano incontro avuto con Riario.
Quel conte aveva un certo fascino, un atteggiamento elegante e cortese, ma anche misterioso. Il modo in cui la guardava l'aveva turbata, perché in effetti era come se cercasse di scavare nella sua anima per carpirla.
Il suo sguardo non si era mai staccato da lei mentre parlavano, da un lato l'aveva messa a disagio, ma dall'altro la lusingava. 
Le sue parole l'avevano colpita ma non riusciva a capirne il senso, si sentiva un po' impaurita.
Decise di fare una passeggiata, una lunga passeggiata, per scrollarsi di dosso quella sensazione che la attraversava.
Girolamo intanto chiuse dietro di sè la porta della stanza da letto, sbattendola.
Si sedette sul materasso e poi si sdraiò.
Che mi succede, che mi è successo? 
C'era qualcosa in quella ragazza che lo aveva rapito. Forse aveva ragione Mercuri, era una megera, lo aveva stregato.
"Ma non pensare idiozie Girolamo." disse a voce alta.
La conosceva da poche ore, perché gli aveva fatto questo effetto? 
E quella frase che le aveva detto gli era uscita così di getto, così istintiva.
"E sento il dovere di occuparmi di tale gemma preziosa..." mormorò.
Non provava da tempo una sensazione come quella, credeva che non l'avrebbe più provata. 
E poi è arrivata questa delicata creatura dagli occhi verdi, a sconvolgere il suo equilibrio.
Girolamo chiuse gli occhi, per rilassarsi.
Doveva riprendere il controllo, aveva un compito molto importante da svolgere, a breve avrebbe dovuto interrogare il giovane allievo di Da Vinci.

"Ma dove saranno finiti? Di solito fanno questa strada per venire al mio laboratorio."
Leonardo era perplesso, lui e Zoroastro ancora non avevano rintracciato Beatrice e Nico.
Decisero allora di prendere altre strade, pensando che i due si fossero trattenuti da qualche parte, forse tra la bancarelle del mercato.
"Forse Beatrice è ancora a palazzo dalle figlie di Lorenzo." ipotizzò Zoroastro.
Leonardo lo guardò: "È possibile. Ma Nico?." 
Zo non sapeva che rispondere.
Non poteva certo sapere che in quel momento Nico aveva paura, molta paura e non capiva cosa stesse succedendo.
Si stava dirigendo verso casa di Leonardo, ma mentre attraversava i portici era stato aggredito, gli avevano messo un cappuccio in testa e lo avevano picchiato intimandogli il silenzio.
Lo avevano trascinato e lo avevano fatto salire su una carrozza che era partita velocemente una volta chiuso lo sportello.
Nico non capiva dove stessero andando, poi la carrozza si fermò, lo fecero scendere e lo fecero camminare per qualche metro.
Lo scaraventarono su una sedia e poi finalmente gli tolsero il cappuccio.
Per qualche istante Nico non vide nulla, accecato dalla luce del sole.
Poi si rese conto di essere alle rovine di una vecchia chiesa, seduto a un tavolino. Di fronte a lui un uomo, ben vestito, capelli e occhi scuri, che lo fissava.
"Io so chi siete Nico, ma Voi non sapete chi sono io vero?" chiese l'uomo.
Nico scosse la testa.
"Sono il conte Girolamo Riario, capitano generale dell'esercito di Santa Madre Chiesa. Immagino Vi stiate chiedendo il motivo della Vostra convocazione. So che siete discepolo di tale Leonardo Da Vinci. Ora, senza perderci in troppi preamboli inutili, ho saputo che il Vostro Maestro ha riesumato un cadavere poco tempo fa. Il cadavere di un ebreo."
Nico deglutì a fatica e Riario continuò.
"Ora, credo di sapere perché il Vostro Maestro ha riesumato il corpo, cercava qualcosa evidentemente...e da quanto mi è stato detto, l'ha trovata." gli occhi di Riario fulminarono Nico "Cosa ha trovato Da Vinci, Nico?"
Nico serrò le labbra, intento a non tradire il suo Maestro.
"Molto bene. Non volete parlare. Credo allora che dovrò essere più convincente."
Il conte fece un cenno a un soldato che gli portò una scatola di legno.
"Lasciate che Vi parli di questo congegno Nico, si chiama Lacrima della vedova." spiegò Riario mentre un soldato introduceva a forza nella scatola la mano destra di Nico "In questa scatola, collegato a questa maniglia, c'è uno stiletto con punta di diamante, e se la giro così essa scende, perforando tutto ciò che incontra."
Il diamante iniziò a lacerare la carne della mano di Nico, che cercò di resistere , ma il dolore era troppo forte, al secondo giro supplicò il conte di fermarsi.
"Bene, ora siete pronto per parlare. Ditemi tutto." 
Nico sospirò, amareggiato, e poi raccontò al conte della chiave e del libro.
"E questi oggetti sono nel laboratorio del Vostro Maestro?"
"Sì." rispose Nico.
"Allora andiamo subito a prenderli, che ne dite?"
Nico annuì, e pensò che aveva tradito il suo Maestro, ma anche che, se avesse giocato bene le sue carte, c'era ancora una possibilità di salvare la situazione.

"Che ne dici amico mio, ci facciamo una pinta?" chiese Leonardo allargando le braccia, rassegnato. Avrebbe dovuto aspettare che Beatrice e Nico si facessero vivi da soli.
Zoroastro annuì e insieme entrarono nella taverna dell'Aquila nera.
Si sedettero a un tavolo a botte e ordinarono due pinte.
Attorno a loro non c'erano molte persone, qualche ubriacone abituale e un gruppetto di giocatori d'azzardo.
"Non vuoi anticiparmi nulla su cosa hai scoperto nel libro?"
Leonardo rispose all'amico: "Di certo non qui, in pubblico."
Zoroastro sorrise scuotendo la testa e bevendo un sorso di birra.
"Tu piuttosto, da un po' di tempo ti comporti in modo strano, soprattutto quando c'è di mezzo mia sorella." a Zoroastro a queste parole quasi andò di traverso la birra "C'è qualcosa che dovrei sapere?" 
"No, non c'è nulla che tu debba sapere..."
Leonardo era divertito dall'evidente imbarazzo dell'amico.
"Guarda che non devi farti problemi solo perché Bea è mia sorella, insomma, certo non voglio sapere dettagli imbarazzanti ma se vuoi parlarne in generale..."
Zoroastro rise: "Non ci sono dettagli imbarazzanti Leo, davvero! Solo..." esitò un attimo "Ecco, prima che tu facessi saltare in aria il laboratorio ero in camera di Bea e stavamo per..."
"Lalalalalala! Non voglio sentire!!!" Leo si tappò le orecchie.
"Ma smettila!!" entrambi risero, poi Zo continuò "Stavo per baciarla, e credo che volesse farlo anche lei."
Leonardo sorrise: "Beh è una bella cosa! O no? Insomma Zo, è da tempo che qualcosa tra voi è come cambiato, sembrate più vicini, più coinvolti. Dovete solo fare quel piccolo passo..."
"Vorrei farlo" lo interruppe Zoroastro "Vorrei dirle quello che provo. È solo che...lei è speciale Leo, tengo a Beatrice più che a me stesso."
"Lo so amico mio...allora cosa ti frena."
"Lei merita di più."
Leonardo strabuzzò gli occhi: "Cosa??"
Zoroastro bevve un altro sorso, poi disse: "Beatrice merita molto di più di...questo." indicò se stesso "Io sono un truffatore Leo, un venditore di false reliquie, un ladro, leggo le carte per pochi soldi a chi è tanto stupido da credere che si possa predire il futuro. Beatrice merita di più, merita una persona diversa al suo fianco."
Leonardo era colpito da ciò che Zoroastro pensava di sè: "Non è mai stato un problema per te essere tutte queste cose."
"E non lo è. Ma se parliamo di Bea allora... Al suo fianco dovrebbe avere un uomo diverso."
Leonardo gli sorrise: "Amico mio, tu hai tante buone qualità sotto quella scorza da piccolo delinquente!" strappò una risata a Zoroastro "E Beatrice le conosce tutte se si è innamorata di te."
Innamorata, pensò Zo, era bello pensare che lei lo fosse.
"Ti dirò una cosa, ma sappi che negherò di fronte a chiunque di averla detta: Beatrice non potrebbe avere un uomo migliore di te al suo fianco."
Zoroastro sorrise, alzò il boccale verso Leonardo e bevve un sorso, e il suo amico fece lo stesso.

"Dunque, dove sono il libro e la chiave?" ripetè Riario.
Il conte, Nico e i soldati erano nel laboratorio di Da Vinci. Gli uomini stavano frugando dappertutto e buttavano per terra scatole, rotoli di carta e volumi.
Nico si guardò attorno: "Il Maestro le ha messe in un forziere. Dovrebbe essere sotto il tavolo."
I soldati guardarono e trovarono una cassa di legno, chiusa a chiave.
Ecco, pensò Nico, ci siamo,
"Questo?" chiese Riario.
Nico annuì, sperando di non tradire le sue intenzioni. La cassa in realtà non conteneva il libro e la chiave, era una delle trappole esplosive del suo Maestro.
"E la chiave per aprirla?" 
"Il Maestro la porta sempre con sè." 
"Volete che la forziamo signore?" chiese un soldato.
Riario annuì.
Il soldato prese un piede di porco e iniziò a scalfire la serrature.
Intanto Nico, lentamente, si preparò a buttarsi a terra. Respirava pesantemente e questo attirò l'attenzione del conte, che vide il ragazzo fissare teso la cassa di legno, e allora capì. Era una trappola.
"FERMO!" urlò al soldato, ma ormai era troppo tardi.
E ci fu l'esplosione.

Beatrice era appena arrivata di fronte alla bottega del Verrocchio quando sentì il boato.
Maledizione! Suo fratello aveva di nuovo combinato un casino! 
Corse attraverso il cortile, entrò nel laboratorio urlando: "Leo!!! Leo!!!"
Ma quando fu lì rimase basita.
Nella stanza c'era una sottile coltre di fumo attraverso la quale Beatrice riuscì a distinguere le figure di uomini vestiti di scuro, dei soldati, che giacevano a terra lamentandosi.
Da dietro al tavolo emerse Nico, il viso sporco di cenere. E poi vide lui.
Il conte Riario si avventò si Nico in preda alla furia.
"Piccolo bastardo! urlò al ragazzo "Pagherai per questo..."
Il conte fu interrotto dal grido di dolore di Beatrice.
Si voltò e la vide, un soldato l'aveva afferrata per i capelli. 
"Ferma puttana!"
"Lasciatemi schifoso, lasciatemi!" Bea si dimenava, cercava di colpirlo con i piedi, un calcio prese in pieno lo stinco del soldato che ricambiò dandole un ceffone.
"LASCIATELA STARE!" la voce di Girolamo sovrastò ogni rumore.
Il soldato lasciò la presa e si allontanò da lei.
Girolamo spinse Nico per terra con violenza, senza mai staccare gli occhi da Beatrice. Lei lo fissava sconvolta, confusa nel trovarlo lì. 
Alla fine la ragazza trovò la forza di parlare: "Cosa diavolo ci fate qui? Che volete?"
Riario non le rispose, si rivolse invece ai suoi uomini: "Andiamocene, l'esplosione attirerà altre persone."
Mentre usciva Beatrice gli si parò davanti: "No! Ditemi che diavolo ci fate..." 
Un soldato la scaraventò contro il muro.
Riario istintivamente diede un pugno in pieno viso al soldato.
"NON VI HO FORSE DETTO DI LASCIARLA STARE?" 
Bea sgranò gli occhi, spaventata dall'espressione di rabbia del conte.
Girolamo guardò il suo viso, la guancia ancora rossa per lo schiaffo, gli occhi verdi spalancati per la sorpresa.
Non capiva perché, ma gli dispiaceva che lei lo avesse visto così furioso.
"Andiamo." disse, e lui e i suoi uomini scapparono.
Beatrice rimase per qualche istante impietrita, contro il muro, poi sentì flebile il lamento di Nico, lo vide per terra e corse a soccorrelo.
"Nico! Dimmi dove ti fa male... Ma che è successo? Cosa ci facevano qui quegli uomini?"
"Il conte..." rispose a fatica il ragazzo "Sa del libro e della chiave, sa tutto."


Angolo dell'autrice:
 Dopo questo capitolo abbonderò il filone originale della storia, il racconto acquisterà una sua originalità finalmente :)
Fatemi sapere le vostre impressioni! 
Baci
VerdeIrlanda 















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Capitolo 6
*** Entra nella mia vita e non uscirne mai più. ***


Leonardo e Zoroastro erano a pochi metri dalla bottega del Verrocchio quando videro degli uomini vestiti di scuro uscire di corsa dall'edificio.
"Ma chi sono?" chiese Leonardo.
"Di certo non sono allievi di Andrea!" rispose Zo correndo verso l'entrata seguito dall'amico.
Appena entrati nel cortile videro il fumo uscire dal laboratorio di Leonardo, capirono subito che la situazione era grave.
Dalla stanza uscì Beatrice che sorreggeva un malconcio Nico.
"Bea!" esclamò Zoroastro, la raggiunse per aiutarla "State bene? Cosa diavolo è successo qui?"
Insieme fecero sedere Nico su una panca, aveva diversi tagli sulle braccia e qualche livido: "Vado a prendere qualcosa per medicarti." Bea si diresse nella sua stanza.
"Era l'unico modo..." il ragazzo iniziò a parlare "Mi spiace per l'esplosione, ma ormai non avevo scelta..."
"Aspetta Nico, fai un bel respiro e poi comincia a raccontare dall'inizio." Leonardo si sedette di fronte a lui.
Il ragazzo prese fiato, poi raccontò cosa era accaduto, di quello che gli aveva fatto Riario e dell'inevitabile confessione.
"Hai detto Girolamo Riario?" chiese Leonardo. 
Zo gli chiese: "E chi sarebbe questo Riario?"
"Me ne ha parlato Lorenzo qualche giorno fa, mi ha detto che è un capitano dell'esercito di papa Sisto IV, è suo nipote a dire il vero. È qui come portavoce di Roma. Lorenzo mi ha messo in guardia da lui, ha detto che forse avrebbe cercato di scoprire quali macchine da guerra sto costruendo...in un certo senso ha ragione, qualcosa vuole scoprire!"
Nico continuò il suo racconto: "La mia unica speranza era neutralizzarli con una delle Vostre trappole...Mi dispiace Maestro, non sono riuscito a resistere...alla fine ho ceduto e ho rivelato tutto." Il ragazzo non si dava pace.
"Sei stato incredibile Nico!" lo lodò Zoroastro "Hai avuto un'idea geniale."
Leonardo annuì: "È vero! Sei stato coraggioso." 
Beatrice tornò con le medicine e gli disse mentre gli curava una mano: "La pomata brucerà un pochino...Che stavate dicendo?"
"Nico è stato molto ingegnoso, ha attirato quegli uomini in trappola, li ha convinti ad aprire una delle mie scatole esplosive facendo loro credere che dentro ci fossero il libro e la chiave."
"No aspetta" Beatrice interruppe il fratello "Riario sa della chiave e del libro? Non capisco."
"Sì, ha rapito Nico per estorcergli delle informazioni... Aspetta tu! Come fai a conoscere il conte? Non eri qui quando ne abbiamo parlato."
Leonardo guardò in modo interrogativo la sorella e così fecero Zoroastro e Nico.
Beatrice si morse le labbra, poi rispose: "Lo ho incontrato oggi a palazzo, abbiamo parlato." 
La ragazza raccontò della conversazione avuta con Girolamo, tutta la conversazione.
La reazione di Zoroastro fu immediata: "Cosa ha detto quel verme?" era fuori di sé "Di cosa vorrebbe occuparsi??"
"Calmati Zo..."
"Ma hai ascoltato bene? Hai sentito che discorsi fa questo stronzo a tua sorella??"
Brava, ottima decisione quella di raccontare proprio tutto, pensò lei.
"Ecco perché ti ha difesa quando il soldato ti ha dato un ceffone..." intervenne Nico.
Beatrice si passò una mano sul viso: ma santa miseria Nico, pure tu, non infiammare ancora di più la situazione.
"Cosa?? Ti hanno picchiata?"
"Solo un ceffone Zo, davvero sto bene, non preoccuparti." 
Leonardo cercò di placarlo: "Amico mio, arrabbiarci non ci aiuterà. Non mi piacciono le parole che ha usato con Bea, anche se sinceramente mi preoccupa di più il fatto che sia al corrente delle nostre ricerche, senza offesa eh...Dobbiamo rimanere lucidi e calmi p contrastarlo."
Zoroastro sbuffò, iniziando a passeggiare per il cortile. Ma come osava quel conte rivolgere certe parole a Beatrice, la sua Beatrice. Nobili disgustosi che credono di poter avere qualunque cosa desiderino, fanciulle comprese.
Beatrice guardò Zoroastro sbollire la rabbia, le dispiaceva vederlo così sconvolto.
Finì di medicare Nico, poi disse: "Dovresti dirlo a Lorenzo."
"Se glielo riferissi sarei costretto a parlargli di ciò che mi ha detto il Turco, del Libro delle Lamine. E non voglio che lo sappia."
"Digli che Riario stava cercando i progetti delle tue invenzioni. Così Lorenzo saprà che il conte è effettivamente pericoloso quanto crede e lo farà controllare, ma non conoscerà i suoi veri scopi."
Leo guardò sua sorella: "Sì, è una buona idea Beatrice. Farò così. Domani sono atteso a palazzo, ne parlerò coi Medici."
Zoroastro intanto, ormai più calmo, prese una delle bende e la bagnò, si avvicinò a Beatrice e gliela appoggiò sulla guancia ancora arrossata. 
"Dovresti rinfrescare la gota, così ti farà meno male. Me lo hai insegnato tu."
Bea gli sorrise e mise la sua mano sopra quella di Zo: "Grazie."
Lui ricambiò il sorriso, e rimasero così per qualche istante, poi sfilò la mano da sotto quella di lei.
Leonardo e Nico entrarono nel laboratorio per pulire e sistemare, mentre Beatrice andò nella sua camera a riporre i medicamenti, seguita da Zoroastro.
"Non ti devi preoccupare,davvero" gli disse mentre rimetteva le pomate sugli scaffali "Non sto male, non sono ferita. Mi sono presa un bello spavento nel laboratorio di Leo, ma adesso va tutto bene." 
Zo si appoggiò al tavolo in mezzo alla camera: "Non mi preoccupa quello che è successo di là, ma quello che è successo a palazzo Medici." 
Lei si voltò e gli sorrise: "Eddai Zo!"
"Non mi piace che quel conte ti faccia certi discorsi."
Lei cercò di minimizzare: "È un fanatico dai! Si sentirà in dovere di salvare ogni anima giudea dall'inferno..."
Zoroastro la interruppe: "Nemmeno tu credi fino in fondo a quello che hai detto. Rispondimi sinceramente, davvero le sue parole non ti hanno turbata?"
Beatrice si sedette accanto a lui. 
"Sì...mi hanno turbata." ammise "È stato strano il discorso che ha fatto. Anche se non mi sembrava avesse uno sguardo cattivo o volgare. Però il suo tempestivo interesse per me mi lascia perplessa, e un po' mi spaventa visti i recenti avvenimenti." 
Zoroastro le accarezzò un braccio: "Non gli permetterò di farti nulla di male Bea."
Lei sorrise: "Non credo me ne voglia fare."
"Beh ti prometto che qualsiasi cosa voglia farti gli impedirò di farla." 
Beatrice scoppiò a ridere: "Mi sento davvero al sicuro!"
"Con me sarai sempre al sicuro principessa, te l'ho promesso quando eravamo piccoli e intendo mantenere la promessa, sempre."
Erano di nuovo così vicini, a pochi centimetri l'uno dall'altra, guardandosi negli occhi.
Zoroastro pensò che era il momento giusto, doveva solo spingersi in avanti, e se Leonardo non faceva esplodere di nuovo l'edificio l'avrebbe baciata.
Ma lei lo anticipò.
Beatrice gli prese il viso tra le mani e appoggiò le labbra sulle sue, le schiuse leggermente e lo baciò. 
Zo rimase impietrito per un attimo, poi ricambiò il bacio, stringendola tra le braccia.
La sua bocca era così bella, delicata, il suo corpo caldo e morbido. La strinse più forte.
Beatrice passò le dita sul viso di Zoroastro, tra i suoi capelli scuri, sul collo.
Sentiva le mani di lui accarezzarle la schiena, le guance, portò una mano dietro la nuca di lei e Bea lo baciò con più passione, quasi da rimanere senza fiato.
"Beatrice! Beatrice! Dove sei?"
 La voce di una donna li interruppe e li separò.
Zoroastro si staccò da lei, Beatrice balzò in piedi: "Son qua!" urlò con voce stridula, ansimando un poco.
Cavoli quel bacio l'aveva lasciata senza fiato, e guardando Zo che respirava profondamente capì che per lui era lo stesso.
"Oh meno male che ti ho trovata!" era Anna, viveva in fondo alla strada "Serena sta partorendo, è in anticipo, ti prego, vieni subito!"
"Arrivo!" Bea prese la borsa con l'occorrente "Zo, io, devo...Ci vediamo dopo...io..."
"Sì certo...vai, non preoccuparti..."
"Sì...scusa..."
Uscì velocemente dalla stanza lasciando Zo da solo.
L'uomo si passò una mano tra i capelli e si sedette di nuovo sul tavolo.
Scosse la testa e iniziò a ridere sommessamente.
Accidenti, pensò, l'aveva fatto, l'aveva fatto lei! 
Lo aveva baciato, e come lo aveva baciato! Zo si sentiva come se fosse in fiamme, avvertiva una sensazione di calore molto piacevole.
Peccato essere stati interrotti. "Maledetto parto prematuro!" rise forte Zoroastro.
"Maledetto che?" Leonardo era sulla soglia della camera "Che fai qui? Bea dov'è?"
"Tua sorella è andata ad aiutare a partorire una ragazza."
"Oh ma accidenti! Volevo parlarvi della mia scoperta! Riuscirò mai ad avervi tutti nello stesso posto nello stesso momento?" allargò le braccia.
"Senti, dillo a me e Nico, e poi aggiornerai anche Bea."
Leonardo annuì: "Hai ragione...vieni, ti faccio vedere...ma stai bene? Sembri strano, stanco quasi."
Zo raggiunse l'amico e gli mise un braccio attorno alle spalle: "Sono felice amico mio!"

A palazzo Medici Riario era immerso nella vasca da bagno, cercando di togliere dal suo corpo ogni segno dell'esplosione.
Per fortuna lui non si trovava vicino al forziere quando era esploso e aveva riportato poche escoriazioni, a uno dei suoi soldati era andata molto peggio, ci aveva rimesso un occhio.
Rimase nell'acqua calda a lungo per rilassarsi, poche ore dopo avrebbe dovuto incontrare Lorenzo e doveva essere al suo meglio per trattare.
Mentre si era appena rivestito quando bussarono alla porta.
"Prego."
Mercuri entrò nella stanza: "Ho saputo. Come state?"
"Bene, mi brucia il fatto che quel piccolo bastardo mi abbia imbrogliato. Ad ogni modo sappiamo che cosa sta nascondendo l'Artista. Una chiave e un libro. Voi Mercuri che ne pensate?" chiese il conte.
"La chiave signore apre sicuramente la Volta celeste, il luogo dove è custodito il Libro delle lamine..."
"E questo è evidente. E il libro dell'ebreo?"
"Di quell'ebreo sappiamo molto poco, è stato scaltro nell'occultare ciò che la setta gli aveva affidato. Potremmo introdurci nel laboratorio nottetempo e rubarlo..."
"Non credete che nasconderanno tutto? Ci hanno scoperti Lupo!" rispose spazientito Riario,  poi continuò "No, dobbiamo fare in modo che Da Vinci ci consegni ciò che ha trovato, e non solo, dobbiamo farlo lavorare per noi. Se il Turco lo ha scelto è perché ha capito che è l'unico che può risolvere questo mistero. Ma di certo non sarà facile convincerlo a questo punto."
"Io avrei un'idea a riguardo." azzardò Mercuri.
Riario lo guardò e chiese: "Ovvero?"
Mercuri sorrise in maniera diabolica: "Cosa pensate che Da Vinci sarebbe disposto a fare se la vita di sua sorella fosse in pericolo?"

"Allora Maestro? Cosa avete scoperto?"
"È una cosa talmente ridicola Nico, non so come abbiamo fatto a non capire subito. Ci siamo persi nella lettura quando non era lì che dovevamo cercare!" Leonardo era emozionato nel rivelare la sua scoperta.
Prese il libro e lo alzò.
"Pensavo che la copertura in metallo cesellato avesse solo una funzione decorativa, e invece..."  Leonardo premette la lamina in due punti ben precisi sugli angoli e si sentì come lo scattare di una serratura. Fece scivolare in avanti la copertura e poi la sollevò.
"Una specie di cassaforte!" esclamò Zoroastro rimanendo a bocca aperta.
"Esatto amici miei! Me ne sono accorto quando ho riconosciuto alcuni simboli incisi nel metallo." Leonardo rise di gusto "E sotto la lamina ho trovato...questa!"
Tra le dita teneva un foglio ripiegato più volte, lo aprì sul tavolo.
"Ma è...incredibile!" Nico strabuzzò gli occhi.
Davanti a loro sul tavolo Leonardo aveva dispiegato una mappa.

Lorenzo e Giuliano de Medici erano nella biblioteca, insieme al conte Riario.
Da ore stavano discutendo, ma senza risultati.
"Volete ripetere?" Lorenzo chiese.
"Le mie condizioni mi sembrano chiare e ragionevoli." rispose Girolamo.
"Tanto varrebbe consegnare Firenze nelle Vostre mani." disse secco Giuliano.
"Se è quello che volete..." rise il conte.
"Le Vostre richieste" disse Lorenzo "sono inaccettabili. Posso concedere una proroga sui debiti di Roma, ma non cancellarli! E di certo non Vi darò le potestà che chiedete! Intendo difendere l'autonomia della mia città!" 
Riario serrò la mascella: "Vi conviene pensarci Lorenzo. Per il bene della Vostra città."
A quelle parole Giuliano sbottò: "Ci state minacciando?"
"E come potrei, dato che sarò Vostro ospite per altre settimane non voglio certo inasprire i nostri rapporti." sorrise ironico il conte "Vi chiedo solo di riflettere. Su qualcosa dovrete cedere. In fondo tutti abbiamo a cuore Firenze giusto?"
In realtà, della vostra città di peccatori mi importa ben poco, altri sono i motivi che mi hanno portato qui, pensò il conte.
Concluso l'incontro Riario fece preparare la carrozza e si fece condurre a una chiesa in città.
Arrivati a destinazione entrò e attraversò la navata laterale, si avvicinò a una statua della Madonna, accese una candela e la pose di fronte ad essa.
"Che la Beata Vergine ascolti ogni Vostra preghiera conte."
Girolamo non dovette girarsi, riconobbe la voce di Goffredo.
L'uomo che gli si accostò era alto, con i capelli castani tagliati in stile monacale, aveva gelidi occhi azzurri.
"E anche le Vostre." rispose Riario.
Goffredo accese a sua volta una candela: "Dunque, cosa posso fare per Voi?" 
Girolamo non distolse lo sguardo dalle fiammelle di fronte a lui: "Ho bisogno che troviate una persona fidata, devota al Santo Padre così tanto da essere disposto a peccare per il bene della nostra amata Chiesa." 
"A peccare addirittura?" chiese Goffredo.
Girolamo annuì: "Deve essere talmente devoto da cercare il martirio, se la situazione lo dovesse richiedere. Quando avrete trovato un uomo con questo fervore contattatemi, con discrezione ovviamente."
"Credo di conoscere un soggetto adatto , Vi farò sapere. Posso chiederVi a cosa..."
"Non ancora Goffredo." tagliò corto Riario mettendo un sacchetto colmo di monete nella mano "Per le Vostre opere di carità." 
Il conte uscì dalla chiesa, sentiva un certo peso sul petto. Si sentiva combattuto, come se il suo senso del dovere e la sua coscienza stessero lottando. 
Mentre la carrozza lo riportava a palazzo Medici pensò a Beatrice, a quello che le aveva detto, sulle anime perdute.
"Forse è la mia l'anima che si sta perdendo." mormorò a se stesso.

Beatrice era stanca e sporca di placenta e sangue, ma era contenta.
Serena aveva dato alla luce due gemelli, il parto era stato lungo ma era andato tutto bene.
Entrò nella sua stanza , non vedeva l'ora di farsi un bel bagno.
Preparò la vasca, si spogliò e si immerse. Chiuse gli occhi, e la prima immagine che vide fu quella di lei e Zoroastro che si baciavano.
Sorrise a quel ricordo.
Era stato incredibile, baciarlo era stato così istintivo, improvvisamente facile.
Ed era stato bellissimo.
Ripensò al sapore della sua bocca, al calore delle sue mani.
Sospirò e aprì gli occhi, voleva rivederlo, voleva parlargli, dirgli che quello che era successo era stato perfetto. E magari baciarlo di nuovo.
Si asciugò e si mise il vestito color bacca, decise di lasciare sciolti i capelli.
Uscì nel cortile, e mentre si dirigeva verso il portone la vide.
Lucrezia Donati, avvolta in un mantello marrone ricamato, era appena entrata nel cortile.
Quando vide Beatrice la donna arrossì leggermente, era imbarazzata.
"Lucrezia."
"Beatrice."
"Immagino cerchiate Leonardo...è nel suo laboratorio."
"Mi sta aspettando, sì...Grazie."
Beatrice fece per andarsene ma Lucrezia la fermò: "Aspettate! Io...vorrei solo dirVi che tengo davvero a Vostro fratello."
Beatrice era sorpresa: "Perché mi dite questo?"
"Perché conosco l'opinione che molti hanno di me a corte. Tutti sanno che sono la favorita di Lorenzo, che grazie a questo mio marito ha ottenuto favoritismi e vantaggi..."
"Io non Vi giudico Lucrezia" Beatrice le offrì un sorriso sincero "Non Vi considero una meretrice, so che come donna di nobile retaggio non avete potere sulle Vostre scelte. Penso che potendo avreste preso strade ben diverse."
Quanto avete ragione, avrebbe voluto rispondere Lucrezia.
"Vi chiedo solo di non fargli del male. Se davvero tenete a lui, capirete se è il caso di restare o andarvene."
Lucrezia annuì, ma era consapevole che era impossibile: teneva a lui e per questo voleva restare, ma allo stesso tempo voleva andarsene per non tradire mai più la sua fiducia. 
Beatrice si congedò per andare da Zoroastro e Lucrezia entrò nel laboratorio di Leonardo.
"Permesso?" 
Nessuno rispose, lei entrò comunque.
Lucrezia si guardò attorno, c'era un po' di confusione, un forte odore di polvere da sparo. Si addentrò nella stanza e vide Leonardo, era sdraiato su fianco sul letto, addormentato. Lucrezia lo guardò sorridendo teneramente, era così bello, sembrava sereno.
Si chinò su di lui e gli diede un bacio leggero sulla guancia. 
Lui si mosse ma non si svegliò.
Lei decise di andarsene, ma prima voleva scrivergli un biglietto, andò alla scrivania per cercare carta e inchiostro e così la vide.
Sulla scrivania c'era una vecchia mappa, rovinata ma leggibile.
Si chiese se questa cartina fosse parte di quel progetto di cui Leonardo non le aveva voluto parlare, quel progetto che per qualche strano motivo interessava Riario.

Zoroastro abitava in una soffitta di un edificio nel centro di Firenze, vi si poteva accedere da una scala esterna.
Beatrice arrivò davanti alla porta e bussò.
"Chi è?" chiese Zo da dentro.
"Bea." 
Sentì la serratura scattare e Zo aprì la porta.
"Ehi." le sorrise.
"Ehi." rispose lei "Disturbo?"
"Tu non disturbi mai. Entra."
Zoroastro la fece accomodare e chiuse la porta.
La soffitta era arredata in modo semplice, un tavolo con due sedie, uno scaffale contro il muro, un letto davanti al quale c'era un grosso baule.
Zo non aveva bisogno di molte cose, la sua vita di solito era tra le vie di Firenze o nei laboratori di Leonardo e Beatrice.
Entrambi non sapevano cosa dire, erano un po' in imbarazzo, non sapevano come affrontare l'argomento.
Fu Zoroastro a rompere il ghiaccio: "È stupido vero? Questo disagio...insomma, non ha senso provarlo no?"
"Sì sì, certo...è sciocco!" rise lei "Ci conosciamo da sempre, noi...non dovremmo essere imbarazzati."
Zo si avvicinò a lei, le prese le mani fra le sue: "Sai, è da quella notte, quella delle stelle cadenti...ho capito che eri speciale dal momento che hai stretto la mia mano mentre guardavi il cielo...sei entrata nella mia vita e ho capito che non ne saresti più uscita."
Beatrice sorrise: "La notte delle stelle cadenti...ti ho sentito mio fin da quel momento, come se fossi la metà che mancava."
Zoroastro le accarezzò una guancia, poi prese il suo viso tra le mani e la baciò, lei lo strinse forte.
Fu tutto semplice, istintivo, come il primo bacio che si erano dati.
Si baciarono a lungo, sempre con più passione, poi fu Beatrice a muoversi, spostandosi verso il letto portandosi dietro Zoroastro.
Lui si staccò per un attimo dalle sue labbra e la guardò negli occhi: "Sei sicura Bea?" ansimò. Sapeva che per lei era la prima volta.
Lei gli rispose baciandolo profondamente e iniziando a slacciare i lacci del corsetto.
In un attimo il vestito scivolò a terra, Beatrice tremò all'idea di essere nuda di fronte a lui.
Zoroastro la guardò: "Sei bellissima..." continuò a baciarla con passione, poi si sfilò la camicia e slacciò i pantaloni facendoli cadere sul pavimento.
"Anche tu..." rispose lei sorridendo.
Beatrice si sdraiò sul letto, Zoroastro fu sopra di lei, la baciò, percorse con le labbra e con le dita ogni centimetro del suo corpo.
Beatrice pensò che non c'era sensazione più bella.
Quando tornò a baciarla sulla bocca lei gli accarezzò la schiena con la punta delle dita, facendole scivolare sulla colonna vertebrale, sui fianchi, regalandogli dei brividi.
Lui la guardò negli occhi, era una domanda muta, quella di prima, sei sicura?
Lei gli sorrise e lo baciò di nuovo.
Zoroastro entrò in lei, con delicatezza e iniziò a muoversi dentro di lei, sempre più appassionato.
Beatrice pensò che si era sbagliata, questa era la sensazione più bella che avesse mai provato.
Strinse forte Zoroastro, lasciandosi trasportare da quel calore, da quel piacere.
Si guardarono, occhi negli occhi, era meraviglioso.
Quando tutti finì rimasero abbracciati, dandosi baci delicati.
Beatrice gli accarezzò il viso, le spalle, mentre lui le faceva scivolare un dito sul fianco facendola sorridere.
Lei lo guardò, tracciò il disegno delle sue labbra con un polpastrello: "Ti amo Zo."
Lui baciò la sua mano, le sorrise: "Ti amo Bea. Non andartene mai."
"Rimarrò sempre qui, non me ne vado."
"È una promessa?"
"Lo è, e lo sarà per sempre."
Rimasero in silenzio, in quel momento di assoluta perfezione.


Angolo dell'autrice: 
Prima di tutto voglio ringraziare LunaBlu Noir xxx per i suoi complimenti, grazie davvero! 
E poi che dire, spero che questi sviluppi vi siano piaciuti :) 
Un abbraccio! 

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Capitolo 7
*** La quiete prima della tempesta. ***




Leonardo aprì gli occhi. Dalla finestra vedeva il cielo illuminarsi con la luce dell'aurora.
Si girò sul materasso e sentì il rumore di carta che si stropicciava. Allungò una mano e trovò un foglio sulle lenzuola.
Si mise seduto e lo guardò, la calligrafia era di Lucrezia.
Accidenti, dovevano vedersi la sera prima.
Lesse le parole che lei gli aveva scritto.
"Caro Leonardo,
quando sono venuta da Voi stavate dormendo, non me la sono sentita di svegliarVi.
Vi ho sfiorato con un bacio, magari lo avete sognato.
Spero di vederVi a palazzo Medici domani.
Vi bacio.
Lucrezia."
Già, doveva andare da Lorenzo per portargli i progetti, e non solo, doveva informarlo di ciò che aveva fatto Riario.
Gli dispiaceva non aver visto Lucrezia, peccato essersi addormentato.
Era stata dolce a lasciargli quel messaggio...
Poi un pensiero lo attraversò: Lucrezia aveva usato i suoi fogli, quello sulla sua scrivania...la mappa! Lei aveva sicuramente visto la mappa.
Andò a controllare e questa era ancora lì, dispiegata dove l'aveva lasciata la sera prima.
Si chiese cosa Lucrezia doveva aver pensato nel vederla, se gli avrebbe rivolto delle domande a riguardo.
Una parte di lui avrebbe voluto coinvolgerla, dirle tutto, ma c'era una vocina in fondo alla sua testa che gli intimava di essere cauto.
I sentimenti che provava per lei erano contrastanti.
Sapeva che si stava innamorando di una donna di cui non riusciva a fidarsi totalmente.

Il sole illuminò la soffitta e Beatrice si svegliò, si guardò attorno e sorrise ricordando perché fosse lì.
Era sdraiata nel letto di Zoroastro, la sera prima avevano fatto l'amore, era stato meraviglioso.
Si girò e lo vide addormentato accanto a lei, sdraiato sulla schiena, con un braccio dietro la testa e l'altro appoggiato sullo stomaco.
Rimase ad ammirarlo, poi decise di rivestirsi.
Si alzò e cercando di non fare rumore prese il vestito dal pavimento, aveva appena iniziato ad allacciare il corsetto quando la voce di Zo la fece girare: "Buongiorno."
Gli sorrise: "Buongiorno a te."
Lei si sedette sul letto, si allungò verso di lui per baciarlo.
"Così era questo il tuo piano? Sedurmi ed abbandonarmi la mattina dopo?" Zoroastro la prese tra le braccia facendola sdraiare nuovamente sul letto, finendo sopra di lei.
"Mi hai scoperta, accidenti!" Beatrice scoppiò a ridere e si baciarono.
"Sei già vestita." disse Zo guardandola.
"Beh, sì." 
"Tz tz tz, questo non va bene." iniziò a baciarla sul collo.
Bea rise: "Zo, è mattina..."
Lui la guardò interrogativo: "Che forse non si può fare di mattina?"
"Intendo dire che devo andare. Le bimbe Medici..."
Zoroastro la baciò profondamente, infilando le mani sotto la gonna del suo vestito e bisbigliò: "Non sarà un dramma se arriverai un po' dopo stamattina..."
Beatrice pensò che in fondo aveva ragione e lasciò che lui le sfilasse il vestito.
Dopo aver fatto l'amore rimasero sdraiati vicini, Beatrice prese il lenzuolo portandoselo fin sopra il seno.
"Tu hai questo brutto vizio di coprirti!" sentenziò Zoroastro facendola ridere.
"Concedimi un po' di tempo e non lo farò più, va bene?" scherzò lei, poi disse "Sono felice sai...ora è tutto così perfetto..."
"Sono felice anch'io Bea. Non ti lascerò mai." le sorrise.
Lei prese il suo viso tra le mani: "Mai mai!" e lo baciò.

Non era stato facile lasciare il letto di Zoroastro, ma alla fine Beatrice gli aveva promesso che si sarebbero rivisti presto, si era rivestita per andare a controllare le figlie di Lorenzo de Medici.
Arrivata a palazzo si diresse subito agli appartamenti delle piccole, era quasi arrivata all'ala est quando lo vide.
Il conte Riario stava attraversando il corridoio, la guardò.
Beatrice continuò a camminare, di certo non poteva girarsi e cambiare strada.
Quanto furono abbastanza vicini Girolamo si fermò e le rivolse un saluto e un mezzo sorriso: "Buongiorno Beatrice."
Ma lei gli passò accanto senza fermarsi, lo superò rispondendo "Buongiorno."
"Quanta freddezza nei Vostri modi." commentò il conte.
Beatrice avrebbe dovuto continuare a camminare ma non ce la fece, si bloccò e si voltò, guardò Riario negli occhi: "Vi stupisce la mia freddezza conte? E quale emozione avrei dovuto esprimere, contentezza nel vederVi? No, Voi non meritare altro se non il gelo da parte mia!"
"Attenta Beatrice, rasentate l'insolenza..." intimò lui.
"Bene, allora lasciatemi essere insolente del tutto. Come Vi permettete anche solo di salutarmi, dopo quello che avete fatto al mio amico Nico, lo avete torturato, poi avete cercato di rubare in casa di mio fratello! Dio solo sa quali sono i Vostri scopi, biechi certamente! Pensate davvero che dopo questi eventi io possa essere gentile e trovarVi simpatico? No!" gli occhi verdi di Beatrice erano fieri nel sostenere lo sguardo del conte.
Riario si stava infuriando, era evidente. 
Strinse forte i pugni lungo i fianchi: "Non state parlando con uno dei Vostri amici da taverna signorina, ma con un nobile, uno di rango molto alto, quindi frenate la lingua!" quasì urlò l'ultima frase.
Nessuno voleva abbassare lo sguardo, entrambi nervosi e troppo orgogliosi per cedere.
A un certo punto Riario le disse: "Forse non lo sapete ma rimarrò a Firenze ancora molti giorni. Quindi ci incroceremo spesso a palazzo..."
"Ditemi quali corridoi percorrete di solito e io percorrerò quelli del lato opposto." lo interruppe Beatrice.
"Volevo dire" Girolamo cercò di rilassare la voce "che potrebbe succedere di incontrarci, quindi dovreste cercare di essere più socievole. Vi ricordo nuovamente con chi state parlando." 
Bea socchiuse gli occhi per il nervoso, poi disse sarcastica: "Bene. Allora oltre al gelo Vi riserverò la minima educazione richiesta di fronte a una persona del vostro rango. Arrivederci conte." fece un piccolo inchino e tornò a dirigersi verso le camere delle bambine.
Riario la guardò allontanarsi, ancora rigido per la rabbia.
Quella donna gli teneva testa, non era intimidita, questa cosa lo infastidiva ma allo stesso tempo lo coinvolgeva.
Riario si accorse che aveva creato in lui una tensione quasi simile alla lussuria.
Si allontanò e uscì nel giardino per calmarsi, respirare dell'aria fresca.
Durante il litigio tra Beatrice e Girolamo era in corso un incontro tra Lorenzo e Leonardo.
L'artista aveva raccontato del tentativo di Riario di rubare i suoi progetti.
"Spionaggio, e addirittura così sfacciato! Non mi stupisce da un uomo come lui." commentò Lorenzo "Grazie per averci avvisati Da Vinci, farò controllare il conte dai miei uomini."
Leonardo espose al Medici alcune invenzioni che aveva perfezionato, poi si congedò.
Uscì dall'edificio e si ritrovò nei giardini, passeggiò un po' per i viali e a un certo punto si trovò di fronte il conte Riario.
Lo riconobbe subito dalla descrizione che gli aveva fatto Beatrice e dalla spilla con il sigillo papale che portava sulla camicia.
"Il conte Girolamo Riario vero?" chiese Leonardo.
"Sì signore. Non credo di conoscerVi."
"Sono Leonardo Da Vinci."
"Ah." rispose semplicemente Girolamo.
"Solo ah? Dopo che avete fatto esplodere la mia stanza mi dite solo questo?" disse Leonardo.
Riario non rispose a questa provocazione e gli disse: "Noi dovremmo parlare Leonardo. È chiaro che abbiamo interessi comuni...potremmo collaborare."
Da Vinci scoppiò a ridere: "Io non lavoro con Voi, nè per Voi, davvero non intendo avere nulla a che fare con Voi."
"Ma perseguiamo lo stesso obiettivo."
Leo rise più forte: "Su questo ho forti dubbi! Forse cerchiamo la stessa cosa, ma le motivazioni sono diverse."
Riario sollevò le spalle: "Come volete Da Vinci. Ma credetemi, cambierete idea, prima o poi Voi verrete a trattare con me." si allontanò lungo il viale.
A quella minaccia  Leonardo sentì un freddo brivido lungo il corpo.
Stava per lasciare il giardino quando vide Lucrezia, bellissima nel suo vestito arancio e oro, che passeggiava tra i cespugli fioriti.
La raggiunse silenziosamente, e le bisbigliò all'orecchio: "Siete il bocciolo più bello del giardino madonna Donati."
Lei sorrise senza voltarsi, lo aveva sentito arrivare: "Siete galante messer Da Vinci."
"Mi spiace per ieri sera...quando posso rivederVi?"
Lei si voltò e si allontanò da lui, meglio essere prudenti visto dove si trovavano: "Presto. Vi farò sapere. Ora devo andare...anche Voi siete stato invitato alla festa organizzata da Clarice? Ci potremo vedere lì..."
Leonardo annuì, Lorenzo gli aveva detto di questa festa, una cena con balli, un diversivo pensato da sua moglie per allentare la tensione con la delegazione romana.
"Ci sarò Lucrezia." Lei gli sorrise e lo lasciò solo. 
Da Vinci rimase ancora qualche istante ad ammirare i fiori, pensando a Lucrezia, poi abbandonò quel luogo.
Lucrezia si diresse verso l'ala del palazzo in cui si trovavano gli appartamenti di Riario.
Poco prima c'era una cappella privata per i nobili che frequentavano l'edificio, il conte la attendeva lì dentro.
La donna entrò, lo vide seduto su una delle panche e si sedette davanti a lui: "È rischioso vederci qui."
"Credetemi, è molto meno sospetto qui a palazzo che altrove." rispose Girolamo "Avete novità?"
"Lorenzo sta finanziando nuove armi, parla di macchine corazzate...è stato molto vago...e Da Vinci..." tentennò, poi continuò "sono stata nel suo laboratorio, c'era una mappa sulla sua scrivania." 
"Una mappa?" ecco cosa nascondeva l'ebreo pensò "Cosa raffigurava?"
"Non lo so. Non ho riconosciuto nessun luogo."
Riario era spazientito: "Non ricordate nessun nome?"
Lei scosse la testa: "Erano scritti in una lingua che non conosco, forse ebraico..."
Il conte la congedò, attese qualche minuto primo di uscire.

Beatrice e Leonardo erano tornati a casa ed erano insieme nel laboratorio, la ragazza era seduta al tavolo e studiava la mappa.
"Incredibile...davvero fratellone, sei un genio!" era ammirata.
"Grazie grazie! Ora però bisogna decifrarla, lì sarà utile la genialità, anche la tua." le sorrise.
"Certo, volentieri." Beatrice era emozionata, questa ricerca si stava trasformando in un' avventura, come quelle descritte nei libri che leggeva da bambina.
"Ho informato Lorenzo su quanto ha fatto Riario. E ironia della sorte lo ho incontrato."
"Davvero?" Bea era preoccupata "Cosa ti ha detto?"
"Mi ha proposto di lavorare per lui. Ovviamente ho rifiutato, ha risposto che prima o poi lo avrei fatto." Leonardo ridacchiò "Che stolto!"
Beatrice si passò una mano tra i capelli: "Quell'uomo è pericoloso Leo, non sottovalutare le sue minacce. Hai visto cosa ha fatto a Nico."
Lui guardò la sorella, le sorrise e cercò di minimizzare, come faceva spesso: "Starò attento tranquilla. Ho già trovato un buon nascondiglio per la chiave e la mappa, e terrò gli occhi aperti."
Beatrice piegò la mappa, la appoggiò sul tavolo e guardò suo fratello.
"Devo dirti una cosa."
"Cosa?" chiese Leo.
Beatrice abbassò lo sguardo: "Ecco si tratta di me e Zo...Ecco noi...stanotte abbiamo fatto l'amore." arrossì nel dirlo.
Leonardo strabuzzò gli occhi: "Sul serio? Beh è fantastico, insomma, alla fine eravate già una coppia, l'unica cosa che vi mancava era...questa."
"Non è un problema vero? Insomma è il tuo migliore amico..."
"Sì, è vero, ma è anche la tua metà perfetta." le sorrise e le diede un bacio sulla tempia "Sono felice per voi."
Lei ricambiò il sorriso.
Era contenta di sapere che la cosa non turbava Leonardo e che la approvava, era il suo fratellone, la sua famiglia.
Leo si alzò: "Vieni."
"Dove?" 
"Alla taverna, ti offro una pinta all'Orso grigio! Dobbiamo festeggiare la perdita della tua virtù!" le strizzò un occhio.
Beatrice si alzò "Ma smettila!" e ridendo gli diede uno spintone, insieme si incamminarono verso la taverna.

Girolamo raggiunse un salottino nei suoi appartamenti, lì lo aspettava Mercuri, che diede disposizione di portare da bere.
Non appena i camerieri se ne furono andati il conte si sedette di fronte a lui e lo aggiornò.
"Una mappa!" commentò Lupo "Sento che siamo sempre più vicini Girolamo!"
"Sicuramente questa mappa è una grande risorsa."
"Ma, dicevate, Da Vinci non intende collaborare spontaneamente..."
Riario annuì, e sapeva dove Lupo voleva arrivare.
Mercuri azzardò: "Dunque...procederete come Vi ho suggerito? So che avete cercato qualcuno che si occupi della cosa."
Girolamo appoggiò i gomiti sulle ginocchia: "Sì, l'ho fatto. E Goffredo mi ha comunicato di avere già in mente la persona adatta. Ma non voglio procedere. Non ancora. Vorrei cercare di convincere Da Vinci con altri metodi, magari facendo leva sulla sua sete di conoscenza, o promettendogli grandi fortune."
Mercuri scosse la testa: "Da Vinci non si venderà."
"Ogni uomo ha un prezzo, anche questo artista."
"Lo sottovalutate. Se il Turco ha scelto lui è perché sa che ha un animo incorruttibile. Credetemi, io lo so." disse Mercuri. 
Sapeva di rischiare, ma parlò lo stesso: "Girolamo, mi sembra Vi stiate facendo troppi scrupoli."
Riario si appoggió allo schienale: "Sto solo cercando di risolvere questa situazione nel modo più semplice, senza danni collaterali."
Mercuri rise: "Da quando Vi preoccupano i danni collaterali? Forse perché riguardano quella  impertinente dai grandi occhi verdi?"
Riario guardò furioso il suo collaboratore: "E Voi Mercuri? Da quando Vi preoccupano le mie decisioni? Siete un uomo fidato, da tanto tempo, ma non Vi permetto di criticare il mio operato! So quello che faccio."
Mercuri aveva colpito nel segno, era evidente che Riario voleva evitare di coinvolgere Beatrice Da Vinci nel loro complotto. Ahi ahi Girolamo, pensò Lupo, quella Vi ha stregato davvero.
Mercuri cercò di placarlo: "Non fraintendetemi Girolamo. Non dubiterei mai delle vostre oculate scelte, né intendo criticarle. Tuttavia sono un Vostro fidato collaboratore, lo avete ricordato poco fa, e proprio per il rispetto che provo nei Vostri confronti devo metterVi in guardia. Ho visto come la guardate. Certo non posso darVi torto, graziosa è graziosa, sono sicuro che sarebbe un piacevole passatempo, ma è anche pericolosa. Una donna come lei ha qualcosa di diabolico."
Riario rise sarcastico: "Esagerate Lupo, non c'è nessun interesse particolare nei confronti di quella ragazza. È graziosa come dire Voi, ma non provo nessuna emozione a riguardo. 
Come Vi ho detto sto solo cercando la via più facile per convincere Da Vinci, nulla più."
Entrambi sapevano che non era vero, ma il conte dichiarò chiusa la discussione.
 
Leonardo e Beatrice erano seduti a un tavolo della taverna dell'Orso Grigio.
"Quindi stasera andrai alla festa di Clarice?" gli chiese.
"Mm mm." rispose lui "Lorenzo mi ha invitato, vuole presentarmi ad alcuni suoi collaboratori,  vantarsi di aver scoperto un geniale ingegnere bellico!"
Lui bevve un sorso di birra poi disse: "Quindi tu e Zo...è davvero una bella cosa sai...sono contento."
"Anche io." sorrise lei.
"Già certo...ecco...ti volevo chiedere...non fraintendermi io sono contento per voi...ma mi preoccupo per te..."
Beatrice guardò suo fratello arrovellarsi: "Leo che succede?"
"Ecco tu sei molto candida Bea, Zoroastro è un uomo navigato, insomma, intendo dire che ha esperienza, esperienza che tu non hai..."
"Dove vuoi arrivare Leo?"
"È stato un gentiluomo?" chiese lui tutto d'un fiato.
"Scusami???" Bea sgranò gli occhi.
"Era la tua prima volta, volevo solo sapere se si è comportato in modo...sì, se ti ha trattata bene. Insomma sei la mia sorellina è mio dovere assicurarmi su queste cose."
"Sei serio??? Cioè fammi capire. Mi stai chiedendo come è stata la mia prima volta con il tuo migliore amico?"
"No, nonono! Io ti sto chiedendo come ti ha trattata il mio migliore amico durante la tua prima volta. È diverso!"
"Totalmente diverso." ironizzò lei.
"Insomma, voglio solo sapere se è stato gentile, comprensivo, paziente, premuroso...tutto qui."
"Mm mm. Certo. D'accordo, se proprio vuoi saperlo..." iniziò lei "Sì, è stato gentile, comprensivo, paziente, premuroso."
"Ottimo, era quello che volevo sapere."
"Zoroastro è stato un vero gentiluomo." continuò lei.
"Mi fa piacere."
"Talmente gentiluomo da essere comprensivo, paziente, premuroso per ben due volte, la sera e la mattina." sentenzió Beatrice.
"O Santo Cielo!" esclamò lui. 
Ecco, mai infastidire troppo sua sorella, poteva rivelarsi pericoloso.
"Cosa? Sei tu che me lo hai chiesto."
"Mi bastava sapere...non volevo sapere i dettagli!"
Beatrice fece spallucce: "Non sono scesa nei dettagli. Sarei scesa nei dettagli se ti avessi detto che a un certo punto la sua mano..."
"Oh guarda, è arrivato Zo! Che bello! Zo! Zo! Siamo qui! Siedi!!" la interruppe Leonardo facendo gesti in direzione dell'amico.
Zoroastro si avvicinó al tavolo: "Ehi! Che si dice?"
"Amico mio, Beatrice mi ha detto di voi e sono felicissimo! Stavamo festeggiando, unisciti a noi! Vado a prenderti una pinta!"
Leonardo andò velocemente al bancone e ordinò la birra, un attimo dopo Zoroastro lo raggiunse.
"Hai infastidito Beatrice vero?" gli diede una pacca sulla spalla.
"Cosa te lo fa pensare?" chiese sospettoso Leo.
"Il fatto che Bea mi ha detto di venire da te e riferirti quanto sia stato divertente maneggiare le sue tette."
"Oh ma porca..." Leonardo allargó le braccia e urlò in direzione di sua sorella "D'accordo, scusa, non ti chiederò altro!"
"Bene!" rispose lei.
Zoroastro rise: "Cosa le hai fatto?"
"Le ho chiesto se sei stato un gentiluomo a letto con lei."
Zo rise più forte: "Sul serio? E non avevi previsto la sua reazione?"
Leo scosse la testa: "Pensavo avrebbe apprezzato il mio preoccuparmi per lei...non che non abbia pensato che tu saresti premuroso sapendo che...d'accordo, forse sono stato fuori luogo." sorrise "Quindi avete fatto quel passo. Sono felice per voi, avete la mia benedizione."
"La tua fondamentale benedizione!" ironizzò Zoroastro "In questo caso sappi che le mie intenzioni sono onorevoli." 
Leo rise: "Ne sono sicuro amico mio! Dai, torniamo al tavolo." 
Rimasero nella taverna a bere e scherzare per diverse ore, poi si incamminarono verso la bottega del Verrocchio, Leonardo doveva prepararsi per la festa a palazzo Medici.







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Capitolo 8
*** Il ricatto. ***



Clarice Orsini aveva organizzato una festa meravigliosa. 
Quando la signora di palazzo Medici dava eventi del genere lasciava sempre i suoi ospiti a bocca aperta.
Leonardo era sbalordito da tanta magnificenza.
Appese al soffitto del salone c'erano centinaia di bocce di vetro veneziano colorato illuminate da piccoli lumi, le normali tende erano state sostitute con drappeggi porpora e oro, su ogni tavolo troneggiavano composizioni floreali con rose bianche e piccoli fiori di diversi colori.
Il salone era stato predisposto in modo che i tavoli formassero uno spazio dentro il quale si sarebbero svolte le danze; era facile distinguere dagli altri il tavolo più importante, quello dove sedevano i Medici con i loro ospiti d'onore: la tovaglia era bianca ricamata in oro, i fiori scelti erano ovviamente i gigli, simbolo di Firenze, bianchi ed eleganti, e le rose preferite di Clarice, quelle rosa gialle e rosse.
Quando entrò nel salone venne subito raggiunto da suo padre Piero.
"Buonasera. Vedo che sei puntuale. E vestito in maniera consona. Seguimi, Lorenzo e Giuliano vogliono presentarti."
Leonardo seguì il padre, e subito fu introdotto a decine di consiglieri, investitori, nobili di vario genere e rango.
Lorenzo era molto orgoglioso, Giuliano divertito nel vedere l'insofferenza di Da Vinci: "Ancora poche persone Leonardo, resistete." lo canzonò.
In effetti l'artista ne aveva abbastanza di tutti questi convenevoli e salamelecchi, ma doveva sopportare se voleva che i Medici continuassero a finanziare i suoi lavori.
Finalmente furono interrotti da Clarice: "Perdonatemi signori, ma credo sia il caso di sedersi e dare inizio alla cena, non vogliamo certo far aspettare i nostri ospiti più del dovuto."
Riario e alcuni elementi della delegazione romana erano entrati nel salone e attendevano i Medici al tavolo.
Lorenzo battè le mani per richiamare l'attenzione dei presenti e fece un discorso per introdurre gli ospiti d'onore venuti da Roma: "...e speriamo che la Vostra permanenza a Firenze sia piacevole, noi faremo in modo di renderla tale. E ora accomodiamoci, che entrino le portate." concluse.
La cena fu lunga, troppo lunga secondo Leonardo.
Ovviamente non era al tavolo coi Medici, era stato fatto sedere insieme a esponenti di poco conto della nobiltà fiorentina, incluso suo padre.
Le portate sembravano infinite, la compagnia era abbastanza noiosa, poi finalmente furono portati cesti di frutta fresca e dei liquori digestivi.
La cena era giunta al termine, ora era tempo di far divertire gli ospiti con le danze.
Entrarono i musicisti e iniziarono a suonare, i presenti si misero a ballare a coppie.
Leonardo approfittò del momento per uscire dal salone e andare a passeggiare nei giardini.
Anche questi erano stati illuminati da bellissimi candelieri in vetro colorato.
L'aria fresca era davvero piacevole dopo ore interminabili seduto al tavolo a rimpinzarsi di cibi tutt'altro che leggeri.
"Anche Voi fate due passi per digerire artista?" Riario lo aveva raggiunto.
Leonardo sospirò: "Due passi che speravo fossero solitari. Non volete tornare all'evento organizzato in Vostro onore?"
"Questa festa è decisamente esagerata, un modo volgare di ostentare la ricchezza di Firenze, e un vano tentativo di rabbonirci." sentenziò Riario "Per fortuna ho la facoltà di congedarmi quando voglio."
Si mise di fronte a Leonardo e lo guardò: "E ditemi artista, avete riflettuto su quanto Vi ho detto?"
"La Vostra offerta di lavorare per Voi? Sì certo, e la mia risposta non..."
Riario continuò: "Da Vinci, prima permettete che Vi illustri ciò che posso offrirVi in cambio. Potrete chiedere qualsiasi compenso, lavorereste a Roma con il permesso di accedere all'archivio vaticano, la biblioteca più ricca di volumi esistente al mondo! Potreste dissetare la Vostra voglia di conoscenza come in nessun altro posto! Vi offro tutto questo e anche di più, sarà tutto Vostro se collaborerete con me." 
"No. Ve lo ho già detto, non intendo farlo." decretó Leonardo.
Riario serrò la bocca per il disappunto. Aveva ragione Mercuri, non era un uomo facile da corrompere.
"Ponete Voi le condizioni allora...forse ciò che Vi offro non è abbastanza." 
Leonardo scosse la testa: "Mi chiedete di fare un patto col diavolo. E non posso accettare. Non voglio accettare."
Il conte si rassegnò: "Siete molto deciso artista. Ma Vi conviene accettare queste condizioni piuttosto che altre. Perché Voi lavorerete per me."
Leonardo gli rise in faccia: "Siete così arrogante! Non potete costringermi, potete anche rapirmi e torturami nei peggiori modi ma io non cederò, morirei piuttosto!"
Riario fece un sorriso freddo e gelido: "Oh, non intendo fare nulla del genere. Per quanto io la usi spesso considero la tortura un metodo ormai obsoleto e sopravvalutato, soprattutto se applicata a soggetti idealisti come Voi. No. Conosco metodi molto più efficaci per convincere le persone a fare ciò che voglio. Verrete a cercarmi artista, molto presto."
Il conte si congedò tornando nel salone.
Leonardo rimase in giardino, scosso da quelle parole. Si chiese cosa stesse architettando.
Riario si sedette al tavolo, bevve un sorso di vino e poi fece un cenno a un suo soldato che si accostò a lui, gli disse sottovoce: "Andate da Mercuri, ditegli di consegnare la lettera e di venire da me una volta finito. Voglio essere aggiornato."
Dopo un'ora si allontanò dalla festa che continuava sempre più rumorosa.
Aveva lamentato un mal di testa e dopo aver ringraziato i Medici era tornato nella sua camera da letto.
Molti pensieri lo tormentavano, in particolare ciò che Mercuri avrebbe consegnato a Goffredo.
Il piano che avevano tessuto avrebbe dovuto convincere Da Vinci a collaborare, ma comportava dei rischi. E se lui avesse comunque rifiutato? E come sarebbe apparso agli occhi di Beatrice?
La trappola l'avrebbe colpita in prima persona, come lo avrebbe guardato dopo? 
Già mi detesta, pensò, dopo questo mi odierà.
Ma perché dovrei preoccuparmene? Non dovrebbe interessarmi, si disse, lei è solo una pedina, è un niente, non conta nulla.
E invece capì che contava moltissimo, anche se non si spiegava come fosse possibile.
Mercuri nel frattempo era arrivato alla chiesa, sapeva di trovare Goffredo ancora lì.
Di solito rimaneva a pregare in una piccola cappella fino a notte inoltrata.
Troppi peccati da confessare, pensò Lupo.
Entrò nella cappella facendosi il segno della croce, vide Goffredo inginocchiato sul marmo gelido.
"Perdonate Goffredo... non vorrei distoglierVi dalla preghiera...sarò breve."
L'uomo si alzó: "So perché siete qui, è un motivo sacro come le mie preghiere." si avvivinó a Mercuri "Ditemi, come devo procedere?"
"Avete trovato l'uomo adatto?"
"Sì, una persona estremamente devota."
"Bene." Mercuri prese una busta dalla tasca della sua giacca "Date questa al Vostro uomo, dentro troverete due fogli, uno contiene le istruzioni a cui Voi e lui dovrete attenerVi con precisione."
Goffredo prese la busta: "Molto bene. E il secondo foglio?"
Mercuri sorrise spietato: "Una denuncia che il Vostro sicario dovrà riferire alle guardie fiorentine."

Leonardo decise di lasciare la festa, ormai era tardi e dopo le minacce di Riario era preoccupato, aveva bisogno di pensare.
Arrivato a casa entró nel suo studio e prese la pipa per l'oppio. Troppi pensieri, troppe riflessioni, tutto ingarbugliato nella sua testa, aveva bisogno di qualcosa che districasse la mente.
Prese qualche boccata di fumo, era già più rilassato.
In poco tempo sprofondò nel sonno, ma quel riposo fu tormentato da incubi.
Sognò un labirinto di gallerie, un sotterraneo.
Non vedeva una via fuga, sentiva solo la voce di Riario: "Verrete a cercarmi artista, verrete da me."
La voce non smetteva di ripeterlo e Leonardo urlò: "Ditemi dove siete! Dove siete?" 
La voce del conte si fece più forte ancora: "Io conosco un modo per convincerVi artista." e lo scenario cambió.
Era in una camera illuminata da un camino, accanto ad esso Girolamo lo fissava.
"Che volete dire?" sussurrò Leonardo spaventato "Cosa volete fare?"
Riario indicò le fiamme del camino.
All'inizio Leo non vide nulla, poi accadde. 
Un braccio, un braccio orrendamente ustionato uscì dal fuoco.
La mano si tendeva in cerca di aiuto, una voce stridente gridava dal dolore: "Salvala! Salvami!"
Leo era come pietrificato, voleva correre in aiuto ma qualcosa gli impediva qualsiasi movimento.
"Salvami!" la voce era un urlo straziante.
Le gambe erano come bloccate, anche le braccia, non poteva muovere un muscolo.
Guardò Riario disperato, supplicò che aiutasse quella povera vittima.
Ma il conte prese una spada, "NO!!" urló Leonardo ma Girolamo sorrise spietato e tirò un fendente contro il braccio che usciva dal camino.
Leonardo a quel punto fu svegliato.
"NO PER L'AMOR DI DIO NON LO FATE!"
"Leonardo! Svegliati!" la voce di Verrocchio lo aiutò a uscire dal torpore "Stavi urlando, ma che hai sognato? Devi smetterla con l'oppio, guardati, sei fradicio e terrorizzato!"
Leo respirò profondamente molte volte, poi rispose: "Ho visto una cosa orribile Andrea..."
"Un incubo dovuto al fumo ragazzo mio."
"No tu non...non era solo un incubo, era una premonizione di ciò che potrebbe accadere." era sconvolto.
"Ciò che potrebbe accadere? A chi? A te? Ma di cosa stai parlando?" Verrocchio era preoccupato e confuso. 
Leonardo capì che doveva dirgli tutto, in fondo era stato come un padre per lui, meritava la verità: "Non a me Andrea, ma alle persone che amo."  e raccontò a Verrocchio tutto quello che era successo.

Zoroastro tracciò con le dita il profilo del corpo di Beatrice, sdraiata sul letto su un fianco.
Lui era dietro di lei, ogni tanto respirava il profumo dei suoi capelli.
"Sei bellissima." le mormoró all'orecchio facendola arrossire.
"Lo hai già detto prima."
"Penso che non smetterò mai di ripeterlo." le baciò una spalla nuda.
Lei si girò, sorridendo e baciandolo: "È stato meraviglioso anche questa volta."
Zo la strinse: "Merito tuo." 
Lui si sdraiò sulla schiena e Beatrice appoggiò la testa sulla sua spalla.
"E ti ho detto che ti amo?" le chiese accarezzandole i capelli.
Beatrice sorrise: "Sì, e ti prego, questo non smettere mai di ripeterlo."
Rimasero abbracciati, fino ad addormentarsi, inconsapevoli che quella serenità avrebbe presto vacillato.

Era iniziato un nuovo giorno a Firenze.
Nazareno Dragonetti arrivò al lavoro il mattino presto, era il capitano della Guardia, era suo dovere controllare che tutto procedesse regolarmente al comando.
Entrò nel suo ufficio, si tolse il mantello, il suo attendente lo salutò.
Dragonetti ricambiò il saluto: "Notte tranquilla Agosti?"
L'attendente si morse le labbra nervoso.
"Che succede? È forse accaduto qualcosa di grave?" lo interrogò.
"Capitano, poco prima dell'alba..." Agosti prese un foglio dalla scrivania "Un uomo è venuto a fare una denuncia."
"E dove sarebbe il problema? Sapete benissimo come funzionano le denunce. Non siete un milite di primo pelo."
Agosti deglutì: "Sono qui da tanti anni è vero, ma non mi erano mai capitate denunce come questa..."
Dragonetti afferrò il foglio, lo lesse e impallidì: "È uno scherzo?"
"No signore. L'uomo che ha rilasciato questa denuncia era molto determinato." constatò Agosti "Credo che la confermerà." 
Nazareno era scioccato, mai avrebbe pensato a un'accusa tanto grave rivolta a tale persona.
Si rimise il mantello: "Arnoldi! Lucchesi!" chiamò e due soldati accorsero "Venite con me, dobbiamo andare a casa di Da Vinci."

Leonardo fu svegliato dal vociare che veniva dal cortile.
Si alzò e uscì dalla camera,vide Verrocchio che discuteva con un uomo a lui molto noto, il capitano Dragonetti.
"È assurdo! Capitano, ma deve per forza essere uno scherzo di pessimo gusto!"
"Scherzo o no devo procedere all'arresto...non credete che non mi faccia scrupoli..."
Leonardo lo interruppe: "Vi fate scrupoli per me?"
Dragonetti si voltó: "Da Vinci. Che avete detto?"
"Parlavate di un arresto. Il mio immagino, di solito cercate me. L'ultima volta mi avete arrestato per aver fatto esplodere un carro in centro a Firenze, cosa non voluta sottolineo...ora cosa ho fatto?"
"Leo" intervenne Andrea: "Hanno fatto una denuncia stanotte..."
"Addirittura? E chi mi ha denunciato?" 
"Da Vinci..." la voce di Dragonetti era strana, quasi preoccupata, Leonardo non lo aveva mai visto così "La denuncia non riguarda Voi."
Leonardo lo fissó, confuso: "Chi è stato denunciato Dragonetti?" la sua voce tremava.
Il capitano sospirò, nemmeno lui voleva crederci: "Vostra sorella."

Zoroastro accompagnò Beatrice alla bottega del Verrocchio.
"Sicura di dover andare dalle figlie di Lorenzo anche stamattina? Insomma la tosse sarà passata ormai."
"Luisa fa ancora fatica a respirare normalmente. Non ci metterò molto, ti prometto che appena finito ti raggiungo da Leonardo." gli diede un bacio sulla guancia.
Arrivarono alla bottega e entrarono, videro Leo in compagnia di Dragonetti e due soldati.
"Oh no..." mormorò Beatrice "Non vorranno arrestarlo di nuovo...Leo!" chiamò "Leo che succede?"
Tutti si voltarono verso di lei, il loro sguardo nel vederla si fece ancora più preoccupato.
Beatrice e Zoroastro li raggiunsero.
"Che sta succedendo?" chiese lui "Perché sono qui? Leo?"
Leonardo non riusciva a parlare, fu Dragonetti a rispondere: "Dobbiamo procedere con un arresto. Abbiamo ascoltato una denuncia stanotte e..."
"Oh no capitano, Vi prego! Mio fratello non sta simpatico a molte persone, i suoi esperimenti spesso infastidiscono, soprattutto le esplosioni...ma Vi prego, questa volta lasciate correre..."
Dragonetti guardò Beatrice: "Non è per Vostro fratello che sono qui. In realtà" deglutì "Sono qui per Voi."
Lei lo guardò interrogativa: "Cos...per me? Sono stata denunciata? È assurdo!"
"Certo è un errore!" intervenne Zoroastro.
"No, mi spiace...nessun errore."
"Di cosa sarei accusata sentiamo." Bea vide i volti di Leonardo e Verrocchio, due maschere di cera.
Dragonetti quasi non riusciva a dirlo, continuò a fatica: "Di stregoneria."
Beatrice impallidì: "Cosa..." la sua voce era leggera e flebile.
Tutti sapevano cosa comportava una tale accusa.
"Siete tutti pazzi?" quasi urló Zoroastro "Beatrice una strega? Chi è stato a dire tali menzogne?"
"Sapete benissimo che non posso fare nomi, solo a denuncia confermata si potranno avere queste informazioni. Sono costretto a procedere, mi dispiace."
Dragonetti si mosse verso Beatrice, ma Zoroastro gli sbarrò la strada: "Non la potete arrestare, è assurdo!"
"Zo non fare sciocchezze!" intervenne Verrocchio.
"SpostateVi." intimò Dragonetti "Non Ve lo ripeterò una seconda volta."
"È una bugia, una disgustosa bugia!! Bea non è una strega, non ha mai fatto del male a nessuno!" Zo era deciso a non muoversi "Chiunque abbia fatto quella denuncia sta mentendo, non capisco come Voi possiate..."
"Credete che non abbia lasciato sconvolto anche me? Io per primo conosco la bontà di Beatrice! Se non fosse stato per lei le mie figlie sarebbero morte a causa di quell'epidemia che ha ucciso tanti bambini due inverni fa! La considero più vicina a una santa che a una strega, e credetemi, arrestarla mi sembra un crimine. Ma non ho scelta." Dragonetti mise una mano sulla spalla di Zoroastro "Lasciatemi fare il mio lavoro, non costringetemi a portare in prigione anche Voi."
Zo rimase fermo, ma fu Beatrice a supplicarlo: "Ti prego Zo...spostati." lui si voltò e la guardò interrogativo, lei gli accarezzò il volto "Andrà tutto bene, si chiarirà tutto vedrai."
Poi Beatrice si avvicinò al capitano: "Verrò con Voi al Bargello."
Leonardo, Zoroastro e Verrocchio non poterono fare altro che rimanere inerti e vedere Beatrice che si allontanava scortata dai soldati.

"L'uomo di Goffredo ha svolto il suo dovere." commentò Riario mentre faceva colazione in compagnia di Lupo.
Goffredo aveva fatto arrivare un biglietto in cui diceva che il suo sicario aveva denunciato Beatrice.
"Molto bene! Non ci resta che aspettare l'arrivo di Da Vinci, non ci metterà molto a capire che si tratta di un nostro inganno." disse Mercuri soddisfatto.
Riario annuì: "E questa volta non potrà rifiutare di collaborare."

Nel laboratorio di Leonardo regnava il silenzio.
Zoroastro era seduto su a panca, la testa tra le mani, gli sembrava stesse per scoppiare. 
Leo gli era seduto accanto, anche lui non si capacitava di quanto era accaduto.
Fu Verrocchio a parlare per primo: "Ricordo l'ultimo processo per stregoneria che si è svolto a Firenze, molti anni fa, ero un ragazzino. Credevo che certe superstizioni fossero state ormai debellate dalla mia città." guardò gli altri due "Cosa facciamo?"
Zoroastro si alzò e iniziò a parlare per chiarirsi le idee: "Allora, a Firenze la legge segue un percorso ben preciso. Dopo la denuncia si procede all'arresto e l'accusato viene portato al Bargello, la prigione della città, e viene tenuto lì per una settimana..." gli si bloccò la voce al pensiero di Bea costretta a rimanere in quel tugurio per così tanto tempo.
"Già" commentò Verrocchio "Il tempo che l'accusatore ha a disposizione per confermare la denuncia."
"Esatto." continuò Zoroastro "Se la denuncia viene confermata si va al processo, altrimenti l'accusa è fatta cadere e chi è stato accusato può tornare a casa."
"Ma non nei casi di stregoneria." intervenne Leonardo "I reati gravi come questo non cadono mai in prescrizione. Chi ha accusato Beatrice potrebbe non confermare la denuncia entro sette giorni, lei tornerebbe a casa ma avrebbe sempre questa spada di Damocle sulla testa. In qualsiasi momento la denuncia può essere confermata, anche dopo mesi, e lei verrebbe processata."
Leo aveva ragione, la legge che regolava questo tipo di reati era molto più severa.
"Quindi, ripeto, che facciamo? chiese nuovamente Verrocchio.
"Dobbiamo capire chi l'ha denunciata." sentenziò Leonardo battendo un pugno sul tavolo "Se scopriamo chi è stato forse possiamo smontare le sue accuse."
"Giusto." commentò Zoroastro "Ma chi può avercela con Beatrice? Tutti nel quartiere le vogliono bene, non c'è persona che non abbia in qualche modo usufruito delle sue cure e del suo aiuto. Perfino i Medici hanno solo buone parole per lei!"
"Non ha senso..." mormorò Verrocchio.
 "Non ha davvero senso...chi può volerla vedere imprigionata al Bargello! Chi vorrebbe vederla sul rogo!!" la voce di Zo era quasi disperata all'idea del destino che aspettava Beatrice se fosse stata condannata.
"Il rogo..." disse Leonardo ripensando al sogno che aveva fatto "Ma certo...il rogo!" 
Gli altri due lo guardarono.
"No intendo dire che...ho capito! Hai ragione, nessuno a Firenze potrebbe volere questa sorte per mia sorella, chiunque si schiererebbe al suo fianco in un processo. Beatrice non è stata denunciata per qualcosa che ha fatto lei, ma per qualcosa che ho fatto io."
Zoroastro non capiva: "Aspetta Leo, come al solito ragioni troppo velocemente. Spiegami."
"Ieri sera ho parlato con Riario. Ha tentato nuovamente di convincermi a cercare il Libro delle Lamine per lui. Io ho rifiutato e lui mi ha detto che avrebbe trovato un modo per convincermi, molto più efficace della tortura."
A quel punto tutti capirono.
"Riario ha organizzato tutto, sa che faresti di tutto per salvare tua sorella." commentò Verrocchio.
Salvarla..."Salvami!" aveva gridato quella figura tra le fiamme.
Zoroastro incrociò le braccia: "Dunque, quale è la nostra prossima mossa?"
"Devo parlare col conte Riario. Devo andare da lui. Maledetto, ecco perché era così sicuro che sarei andato a cercarlo, maledetto!"
Leonardo si mise la casacca e uscì per andare a palazzo.
Zoroastro avrebbe voluto accompagnarlo ma Leo glielo aveva impedito, doveva andare da solo a trattare.
Sapeva che gli appartamenti del conte avevano un'entrata privata, si diresse lì.
Alla porta c'erano due soldati, lo interrogarono vedendolo avanzare: "Fermo! Chi siete?"
"Mi chiamo Leonardo Da Vinci, desidero parlare col conte Riario."
I soldati lo fecero entrare, come se fossero stati avvisati del suo arrivo.
Percorse un corridoio, c'era un uomo ad aspettarlo.
"Sono Lupo Mercuri, signor Da Vinci, curatore dell'archivio vaticano. Venite, il conte è nel salottino."
Sapevi che sarei arrivato vero Girolamo? Sapevi che avrei capito e sarei corso qui, pensó Leonardo.
Fu condotto in una stanza, all'interno c'erano delle librerie, un caminetto acceso.
Seduto su una poltrona c'era il conte, si girò sentendoli arrivare.
"Artista! Sedete, prego. Mercuri, lasciateci soli."
L'archivista se ne andò, e Riario e Leonardo rimasero soli, seduti uno di fronte all'altro.
"Sono felice abbiate deciso di passare a trovarmi. Cosa Vi ha spinto a riconsiderare la mia proposta?" chiese Riario.
"Oh andiamo, vogliamo davvero perdere tempo con la Vostra falsa curiosità? Sapete perché sono qui! Ho capito il Vostro gioco, dunque giochiamo." Leonardo era spazientito "So che ci siete Voi dietro la denuncia contro mia sorella, e certamente avete mandato un Vostro sicario, uno come Voi non si sporcherebbe mai le mani in prima persona. Ma questa trappola è opera Vostra."
Riario sorrise: "Mi spiace essere arrivati a questo punto, ma Vi avevo avvertito Da Vinci."
"Già certo, siete molto contrito. Dunque veniamo al punto, cosa volete?"
"Sapete già cosa voglio, come avete detto Voi stesso cerchiamo la stessa cosa con motivazioni diverse. Voi cercherete l'ubicazione della Volta Celeste, e una volta trovata recupererete il Libro delle Lamine, consegnandolo a noi." Girolamo sorrise "Fate quello che Vi chiedo e la denuncia contro Beatrice cadrà nel dimenticatoio."
"Come faccio ad esserne sicuro?" chiese Leonardo "Come faccio a sapere che rispetterete questo patto?"
Riario rispose: "Io sono un uomo di parola Da Vinci, so che non nutrite grande stima per me, ma state sicuro che se mi porterete il Libro io farò in modo che quella denuncia sia dimenticata per sempre. Voi assecondatemi e Beatrice non dovrà mai temere che l'accusa torni a perseguitarla."
"E se io mi rifiutassi?" azzardò Leonardo. 
"Allora il mio uomo confermerà le accuse e Vostra sorella sarà processata come strega."
Leonardo rifletté e poi disse: "Beatrice è molto amata, tanti miei concittadini sarebbero disposti a testimoniare in suo favore, il Vostro uomo sarebbe il solo ad additarla. Il giudice ascolterebbe i genitori dei bambini che Bea ha fatto nascere o che ha curato, uomini e donne che lei ha guarito da infezioni e malattie, tutte persone che le sono riconoscenti. E di fronte a tanto affetto e stima qualunque giudice la assolverebbe."
"È vero" annuì Girolamo "Beatrice riceverebbe l'aiuto e il sostegno di tante persone. Ma non le servirebbe. Avete mai seguito un processo per stregoneria artista?"
Leonardo non ne aveva mai visto uno.
Riario era gelido, quasi immobile: "I processi per stregoneria sono diversi dagli altri. Chi è accusato di tale crimine non è imputato solo davanti agli uomini ma anche davanti a Dio. E dato che il Padre Eterno non può certo presenziare in prima persona ha incaricato coloro che amministrano la Sua legge di agire in Sua vece. Pertanto chiunque sia accusato di praticare le arti nere non sarà giudicato solo dal tribunale di questa città ma anche dal tribunale della Chiesa." 
Leonardo sbiancò: "Il tribunale di Firenze dovrà collaborare con l'Inquisizione."
"Giusto Da Vinci. E sapete cosa succederà? Vostra sorella rimarrà in prigione per tutta la durata del processo, e in tribunale certo riceverebbe le parole di sostegno dei suoi amici, decine e decine di persone pronte a testimoniare la sua bontà, ma una volta tornata in cella Beatrice vivrà interminabili ore di interrogatorio nelle mani di un inquisitore che userà con lei i suoi strumenti di persuasione, ore in cui le sarà chiesto di confessare di avere praticato la magia nera, di aver giaciuto col diavolo e i suoi demoni, di aver volutamente fatto ammalare le persone per compiacere Satana." Riario scosse la testa "Povera Beatrice...quanto tempo credete che resisterà? Quanti giorni passeranno prima che confessi pur di interrompere quell'agonia? Alla fine tutti cedono, credetemi, ho visto persone innocenti confessare i crimini peggiori, ho visto valorosi soldati supplicare come bambini.
La spezzeranno Da Vinci, romperanno ogni sua resistenza, alla fine inevitabilmente lei firmerà un foglio con la sua confessione già scritta nero su bianco, con essa sarà giudicata colpevole e verrà bruciata sul rogo."
Leonardo era sconvolto all'idea di ciò che avrebbe potuto subire Beatrice, non aveva pensato al coinvolgimento dell'Inquisizione. 
"Va bene." cedette "Accetto, lavorerò per Voi."
Riario sorrise compiaciuto: "Domattina darò disposizione di non procedere con la conferma della denuncia e tra pochi giorni Beatrice tornerà a casa."
Girolamo tese la mano verso Leonardo "Abbiamo un accordo." disse. 
Leo gli strinse la mano, e gli sembrò di aver firmato col sangue un patto col diavolo. 

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Capitolo 9
*** Beatrice non è una donna a Vostra disposizione. ***




Passarono tre giorni prima che Leonardo potesse far visita a Beatrice, aveva supplicato Lorenzo per un permesso speciale.
La famiglia Medici era sconvolta da tale accusa, la riteneva una falsità inaudita, neanche per un momento aveva dubitato dell'innocenza della ragazza.
Clarice disse a Leonardo che sperava che l'accusa non venisse confermata e lui avrebbe voluto rispondere che aveva già fatto in modo che non succedesse, ma non poteva.
Dragonetti lo fece aspettare in una stanza dove c'era solo una panca di legno, l'odore era simile a quello di una fogna.
Beatrice arrivò poco dopo.
Quando Leonardo la vide ricevette un pugno allo stomaco: era pallida, smagrita, i capelli arruffati e il vestito sporco.
Sembrava un po' smarrita, ma nei suoi occhi vide ancora la forza che la contraddistingueva.
La abbracciò forte: "Sorellina" mormoró "Come stai?"
Lei gli sorrise, un sorriso debole e si sedette sulla panca: "Ho passato giorni migliori, ma molte guardie sono state miei pazienti, quindi mi trattano in modo gentile...e  le prostitute in cella con me sono simpatiche, mi stanno insegnando cose molto interessanti..." rise sommessamente, poi divenne seria: "Cosa sta succedendo Leo? Avete capito chi mi ha denunciata?"
Leonardo strinse forte le mani della sorella: "È stato Riario."
"Cos...Riario? Ma perché?" Beatrice era confusa. 
"Lo ha fatto per costringermi a lavorare per lui...se lo farò il suo sicario non confermerà l'accusa e la denuncia sarà dimenticata. Ho accettato, non posso sopportare l'idea che tu finisca nelle mano dell'Inquisizione, non lo posso permettere. Mi dispiace Bea, se non avessi accettato di seguire la causa del Turco...ti ho trascinata io in questo inferno..."
Lei lo interruppe, guardandolo negli occhi: "No, non dire così! Non è colpa tua! È stato Riario ad avermi mandata qui, non tu! E sarà lui a pagare per questo!" 
Leo era sollevato dalle parole di Beatrice, ma una parte di lui si sentiva comunque colpevole per quello che le era successo.
"Puoi farmi un favore? Anzi due? Dì a Zoroastro di preparare una bottiglia di sciroppo per le bambine Medici, e di portarlo a Clarice, ormai avranno finito quello che ho portato io...lui sa come fare, glielo ho fatto vedere tante volte. E digli...dì a tutti che mi hai trovata bene d'accordo?"
Dragonetti entrò nella stanza: "Il tempo è scaduto."
Beatrice e Leonardo si alzarono e lui la abbracciò: "Pochi giorni e sarai a casa sorellina. Ah, dimenticavo!" le diede un bacio sulla guancia "Da parte di Zo. Ti prego, non chiedermi di ricambiare!"
Lei rise e abbracciò forte il fratello, poi seguì Dragonetti fuori dalla stanza.
Il capitano la riportò in cella, durante il tragitto scambiò qualche parola con lei.
"Sono molto turbato per questa denuncia Beatrice, non posso dirlo altrove ma...io credo nella Vostra innocenza."
Lei gli sorrise: "Grazie capitano. Tutto si sistemerà." 
Era vero, sarebbe tornata a casa presto, ma temeva che qualcosa di brutto potesse comunque accadere.
Leonardo tornò alla bottega, lì lo aspettavano gli altri, ansiosi di avere notizie.
"Tranquilli tutti! Sta bene!" disse subito alzando le mani in segno di resa "È palliduccia e mangia poco, ma non ha perso la sua forza. Pochi giorni e la riavremo a casa per fortuna. Vi saluta tutti e Zo, vuole che prepari lo sciroppo per la tosse e che lo porti a palazzo."
Zoroastro annuì, seguendo Leonardo nella sua stanza: "Sei sempre dell'idea di non fare niente per ora?" 
"Sì, meglio tenere un profilo basso, dobbiamo far credere a Riario di averci in pugno. Poi, quando si sarà convinto che non intendiamo fregarlo, potremmo agire, sempre con cautela ovviamente." 
Zoroastro andò nel laboratorio di Beatrice a preparare la medicina, lì trovò Verrocchio.
"Sto cercando la pomata che cura le vesciche. A forza di spiegare a quei ragazzini come si incide il marmo ho la mano piena di bolle!" scherzò.
Zo prese una scatolina dallo scaffale: "È questa."
"Oh, grazie. Ti muovi bene in questo laboratorio, Bea continua ad insegnarti?"
"Sì, ormai so preparare diversi medicinali. Mi ha anche spiegato le proprietà di alcune piante...non credo che l'erboristeria sia il mio futuro, ma è interessante." sorrise Zoroastro.
Rimasero un attimo in silenzio, poi Zo disse: "La pagherà. Riario dovrà pagare per questo."
Verrocchio guardò l'amico, comprendeva la sua rabbia.
" So che per Beatrice faresti qualsiasi cosa, ma non devi farti sopraffare dalla voglia di vendetta." Andrea gli si accostò, gli parlò come un padre farebbe con un figlio in difficoltà "Se vogliamo risolvere questa brutta situazione dobbiamo rimanere calmi, la pazienza può essere un'arma molto potente Zoroastro. Rimani lucido e aspetta, procedi un passo alla volta ragazzo mio. E un giorno gli renderemo pan per focaccia, vedrai."

Lucrezia era nella cappella di palazzo Medici. 
Aveva parlato con Riario, gli aveva potuto dire ben poco, e lui era uscito piuttosto seccato dalla mancanza di nuove informazioni.
Attese qualche minuto, si avvicinò alla porta, era socchiusa, fece per aprirla quando sentì le voci di Girolamo e Mercuri, erano lì fuori.
Lucrezia rimase in silenzio, immobile, ad ascoltare.
"Ho scritto al Santo Padre, l'ho informato che ormai Da Vinci lavora per noi."
"Sono sicuro Girolamo che sarà molto soddisfatto, prevedo una nuova promozione per Voi." commentò Lupo.
"Aspettiamo di avere il Libro delle Lamine nelle nostre mani." rispose cauto Riario "Non gioirò finché non lo avremo trovato e portato a Roma."
Lucrezia si portò una mano alla bocca, stupita, scioccata.
Allora era vero, era tutto vero...il Libro delle Lamine...in quel momento capì che ciò che le avevano raccontato era reale e comprese quale fosse  il piano di Riario, ne intuì la gravità.
E realizzò che avrebbe dovuto rischiare il tutto per tutto, doveva dire ogni cosa a Leonardo.


Zoroastro aspettava Clarice in un'anticamera, le aveva portato lo sciroppo per le figlie.
"Perdonate l'attesa." Clarice entrò nella stanza "Mi sono trattenuta con alcune dame di corte. Di solito Vi presentate con Da Vinci per aiutarlo con le sue macchine belliche...cosa Vi porta da me?"
Zo le porse una bottiglia: "Beatrice ha chiesto di farVi avere la medicina per le Vostre bambine..."
Clarice era commossa: "Dolce Beatrice...con quello che sta passando riesce ancora a preoccuparsi prima per gli altri...l'avete vista? Come sta?"
"Leonardo le ha fatto visita con un permesso speciale di Vostro marito...io non la vedo da quando l'hanno portata via...Leo dice che sta bene, l'ha vista fiduciosa nel fatto che tutto si risolverà." Zo lasciava trasparire la sua preoccupazione e la sua angoscia.
Clarice gli sorrise materna: "Tenete molto a lei vero? So che siete amici da tanti anni...e da come lei parla di Voi ho inteso che forse c'è qualcosa di più."
Zoroastro sorrise: "Sì, è così...tengo a lei più che a me stesso madonna Orsini."
"Vi auguro di poterla riavere a casa presto. Ora scusatemi, devo andare. Grazie di avermi portato lo sciroppo." 
Clarice si congedò e Zoroastro si incamminò per uscire dal palazzo.
Mentre percorreva un corridoio si fermò a una finestra, da lì si vedeva molto bene il roseto di Clarice. Lui non ci era mai entrato, di solito accompagnava Leonardo per aiutarlo coi progetti e non avevano tempo per rilassarsi in giardino, ma Bea gli aveva parlato tanto di quei cespugli di rose, di quanto fossero belli. Gli aveva detto che secondo lei le più belle erano quelle piccole e gialle, perché erano luminose ma non sfacciate. Come Beatrice, penso Zo.
"Zoroastro!" la voce di Lorenzo de Medici lo distolse da quei pensieri. Era appena uscito da una camera poco distante e lo raggiunse "Sapete qualcosa di Beatrice? Leonardo doveva andare a trovarla."
"Sì è andato stamattina, lei dice di stare bene, che non dobbiamo preoccuparci."
"È una ragazza forte, e sono sicuro che tutto sarà chiarito." commentò il Medici.
Zoroastro annuì: "È quello che speriamo tutti, siamo convinti che..."
Furono interrotti dal conte Riario, uscito anche lui dalla stessa sala: "Allora Lorenzo aggiorniamo la riunione a quando arriverà il delegato da Pisa..." vide Lorenzo in compagnia di un uomo dall'aspetto moresco, lo aveva già visto da qualche parte "Scusatemi, non volevo interrompervi signori." 
Si avvicinò e si ricordò. Ma certo, quel lestofante che accompagna spesso Da Vinci! 
Lorenzo gli rispose: "Non preoccupatevi conte. Vi ricordate del mio nuovo artista di palazzo e ingegnere Da Vinci, lo avete sicuramente incontrato alla festa. Lui è Zoroastro, il suo assistente. Zoroastro, Vi presento il delegato della Chiesa di Roma, il conte Girolamo Riario."
A Zo quasi venne un colpo: quello era il conte Riario, colui che aveva organizzato la falsa denuncia contro Beatrice! 
Zoroastro dovette trattenere l'impulso di sbatterlo al muro: "Conte." lo salutò a denti stretti.
Girolamo ricambiò il saluto, capì subito che l'uomo conosceva la sua colpa.
"Stavo chiedendo informazioni su una persona a noi molto cara" continuò Lorenzo "Beatrice Da Vinci, credo l'abbiate incontrata quando siete arrivato..."
"Sì, la rammento. Ho sentito le chiacchiere della Vostra servitù, una faccenda incresciosa questa accusa. Immagino sarete scioccati." rispose vago Riario.
Zo avrebbe voluto tirare un pugno contro quella faccia di tolla: "Già ma non preoccupateVi, qualcosa mi dice che l'accusa cadrà e presto Bea tornerà a casa sana e salva."  disse quasi sarcastico "Signori, io devo andare, passate una buona giornata."
Zoroastro si diresse verso l'uscita, stringeva i pugni per il nervoso. 
Anche Lorenzo si congedò, Riario aspettò girasse l'angolo e poi velocemente camminò dietro Zoroastro. 
"Così siete Voi il tombarolo." gli disse a voce alta non appena furono abbastanza lontani di orecchi indiscreti "Siete Voi che avete rubato il cadavere dell'ebreo. È stato Nico a raccontarmelo."
Zo si voltò, si trovava faccia a faccia con l'uomo che in più modi stava insidiando la sua Bea e i suoi migliori amici, se non fosse stato il nipote del Papa lo avrebbe riempito di pugni.
"Se Ve lo ha detto sotto tortura sarà vero..." ironizzò.
"Ho chiesto in giro. Voi e Leonardo siete grandi amici. Siete cresciuti insieme..."
Zo lo interruppe: "Sì, è vero, siamo cresciuti insieme. Io, Leonardo e Beatrice. Posso andare ora?"
Riario sorrise gelido: "Voi sapete del patto che ho stretto con Da Vinci." era un'affermazione più che una domanda.
"Oh è con Voi che ha stretto il patto? Da come ne ha parlato mi sembrava di aver capito che avesse trattato direttamente con Satana! Ma immagino che in fondo sia lo stesso..." disse Zoroastro sarcastico e pungente.
Riario rimase imperturbabile: "Potete ironizzare quanto volete. Vi ho fermato solo per avvisarVi."
"Volete dire minacciarmi."
Girolamo continuò: "So che siete un amico fidato dei Da Vinci, credo che sareste disposto a fare di tutto per loro. Anche a romperVi una gamba in uno strano incidente testando un'invenzione ..." Zo era basito, il conte aveva fatto indagini molto accurate "Vi voglio solo consigliare di non fare stupidaggini. Questo vale per tutti voi. Seguite le regole che ho imposto e tutto andrà bene. Provate a prendervi gioco di me, provate a fregarmi e Vi assicuro che le conseguenze saranno devastanti. Avete visto di cosa sono capace pur di ottenere ciò che voglio."
"Già, siete disposto a scaraventare un angelo all'inferno!" gli disse secco Zoroastro, e non riuscì a trattenere le parole successive "E meno male che volevate prenderVi cura di lei, che avevate così tanto a cuore il destino della sua anima!"
Girolamo spalancò gli occhi per lo stupore.
"Sì, ce lo ha raccontato il Vostro bel discorso sulla purezza e sul fuoco che possederebbe... O qualcosa del genere..."
Riario rispose: "Penso sinceramente quello che ho detto a Beatrice. È una creatura di rara purezza, di rara intelligenza. Conosce le Scritture meglio di un archivista del Vaticano!" rise ripensando al loro primo incontro "Ha una testardaggine alquanto fastidiosa, lo ammetto, ma  non cancella le sue altre qualità. Credo davvero che la sua anima sia una gemma da proteggere."
Zoroastro si innervosì : "E come potete solo pensare che spetti a Voi farlo? Pensate davvero che sia compito Vostro prendersi cura di lei? No perché se è così non avete iniziato nel migliore dei modi, avete un modo contorto di dimostrarle la Vostra stima!" Zoroastro quasi gli rise in faccia. Poi tornò a guardarlo severamente: "Voi mi avete dato un avvertimento Riario, ora è il mio turno: pregate che il Vostro intrigo non porti a Beatrice più male di quanto non le abbia già fatto, perché se dovesse succedere io Ve lo restituirò dieci volte tanto."
Riario serrò la bocca per la furia, poi a denti stretti rispose: "Rivolgersi a me in questo modo è pericoloso. Ricordate che ho il coltello dalla parte del manico, e la lama è proprio sulla gola della Vostra amica Beatrice."
Zoroastro commentò: "Sì, decisamente un modo contorto il Vostro..."
"Silenzio!" gli urlò il conte "Fate quello che ho stabilito e andrà tutto bene. E se possibile evitate di tediarmi ancora con la Vostra presenza molesta. ORA potete andare."
Zoroastro scosse la testa e si girò per andarsene, Riario restò immobile, ancora furioso guardandolo mentre si allontanava.
Quando fu alla porta Zo si voltò, lo guardò negli occhi e gli disse: "Solo un'ultima cosa conte Riario, è una precisazione, non una minaccia: non provate nemmeno a pensare che Beatrice sia una donna a Vostra disposizione." 
E uscì in strada, lasciando Girolamo arrabbiato e solo.







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Capitolo 10
*** Tornare dolcemente a respirare. ***



Finalmente la settimana di prigionia era finita.
Riario aveva mantenuto la sua promessa e Beatrice poté tornare a casa, era libera.
"Sono felice che la denuncia non sia stata confermata." sorrise Dragonetti mentre l'accompagnava fuori.
"Anch'io." rispose Beatrice.
La condusse fino alla strada, indicò un punto poco più avanti: "Qualcuno è venuto a portarVi a casa." 
Dall'altra parte della via c'era Zoroastro, sorrise nel vederla e le venne incontro.
"È da un'ora che scalpita, ha infastidito più di una guardia perché ci sbrigassimo a liberarVi. Vi lascio in buone mani." le bisbigliò Dragonetti prima di andare, Bea arrossì e sorrise.
Zo la raggiunse e la abbracciò forte: "Credevo che questa settimana non passasse più!" le baciò il viso, le labbra "Sei bellissima."
Beatrice lo baciò e rise: "Bugiardo! Dopo una settimana al Bargello proprio no, non lo sono!"
"Non sei messa così male...ti ho vista ridotta peggio di così." scherzò lui accarezzandole il viso.
Beatrice rise, Zoroastro le era mancato da impazzire.
Lei gli rispose baciandolo e stringendolo forte.
"Andiamo." disse Bea "Ho bisogno di un bagno, di un vestito pulito, di un pasto decente."
"Ogni tuo desiderio è un ordine principessa!" rispose Zoroastro.
Si incamminarono mano nella mano verso casa.
Alla bottega Leonardo, Verrocchio e Nico la aspettavano, la abbracciarono appena entrò nel cortile.
"È bello averti di nuovo a casa." Andrea la strinse forte, paterno.
Anche Nico, di solito molto timido con lei, le diede un rapido abbraccio.
Leonardo fu colui che la strinse più forte, sentiva ancora quel peso sul petto, il senso di colpa.
"Andrà tutto bene." lo rassicurò lei.
Dopo aver salutato tutti andò nella sua stanza, Zo la aiutó a preparare la vasca da bagno e la lasciò sola perché potesse rilassarsi, sapeva quanto ne avesse bisogno.
Beatrice rimase quasi un'ora immersa nell'acqua calda e profumata, la sensazione era meravigliosa.
Poi si rivestì, indossò un abito verde chiaro.
Raggiunse gli altri, erano nel cortile, su un tavolo avevano allestito un piccolo banchetto per lei.
"Hai fame?" la prese in giro Zoroastro.
"Accidenti se ne ho!" scoppiò a ridere lei.
Passarono la serata a mangiare e scherzare, finalmente potevano concedersi di ridere di nuovo, il peggio era passato.
Leonardo le raccontò quanto era successo in quei giorni: "Quindi non solo devo lavorare per i Medici, devo decifrare la mappa e anche trovare un modo per fregare Riario." 
"Vista la tua iperattività non ti sarà difficile fare tutte queste cose contemporaneamente!" lo prese in giro Zoroastro.
"Noi Vi daremo una mano Maestro!" intervenne Nico "Se possiamo fare qualcosa per aiutarVi a contrastare Riario lo faremo." 
"Grazie, mi servirà molto aiuto." sorrise Leonardo.
"E noi ti aiuteremo." confermò Zoroastro, poi guardando uno per uno i presenti commentò: "Un artista matto ma geniale, una testarda e affascinante erborista , un maturo e saggio maestro di arte e scultura, un biondo e gracile discepolo biondo e, ultimo ma non meno importante, un delinquente di bassa lega che sa leggere i tarocchi. Ehi, con una squadra del genere non possiamo fallire!" 
Scoppiarono tutti a ridere.
A fine serata ognuno si ritirò per andare a dormire.
Zoroastro accompagnò Beatrice in camera.
"Il mio letto, il mio bellissimo letto!" disse lei buttandovicisi sopra "Quanto mi mancava un materasso morbido!"
Zo le sorrise e si sedette vicino a lei: "Non stento a crederlo. Posso fare altro per te? Vuoi dell'infuso caldo, della frutta..." 
Non poté continuare la frase perché lei si mise a cavalcioni sulle sue gambe e lo baciò, con passione.
"Sì, c'è qualcosa che puoi fare per me." disse Beatrice a voce bassa continuando a baciarlo sulle labbra, sul collo.
Lui le accarezzò la schiena, ricambiando i suoi baci, assaporando quella sensazione che gli era mancata moltissimo.
"Principessa.." mormorò.
Beatrice lo baciò sulla bocca, gli morse dolcemente un labbro mentre iniziava a spogliarsi.
Lui la aiuto e si tolse a sua volta i vestiti.
Zo fece per muoversi ma Beatrice lo spinse giù facendolo sdraiare, rimanendo sopra di lui.
"No, aspetta." sorrise e lo guidò dentro di lei.
"E questo dove lo hai imparato?" sospirò lui.
"Ho condiviso la cella con ragazze molto colte in materia." scherzò Beatrice, e iniziarono a fare l'amore.
Avevano sentito la reciproca mancanza, non erano mai stati lontani per così tanto tempo da quella famosa notte di stelle cadenti erano stati inseparabili.
Era come se fossero stati in apnea in quei giorni, incapaci di respirare perché l'assenza dell'altro era come la mancanza d'aria. 
Erano due metà distinte, uniche, che però sentivano la necessità di completarsi stando insieme.
Fecero l'amore a lungo, fino a restare senza fiato.
Una volta finto rimasero abbracciati, guardandosi negli occhi.
"Mi sei mancato." mormorò Bea.
"Anche tu..." le rispose lui.
Si sorrisero e si riposarono, rimanendo vicini, scambiandosi ogni tanto carezze e baci.
Poi Beatrice disse: "Prendo qualcosa per rinfrescare la gola." e si alzò per versare due bicchieri di vino
"No...Torna a letto! E non provare a mettere quella camicia...oh ecco, finita la magia!" protestò Zoroastro.
"Eddai mica posso girare nuda per casa!"
"E questo chi lo ha stabilito?" rise lui.
Lei aggiunse un pizzico di spezie al vino e tornò verso il letto, gli porse il bicchiere: "Concedimi ancora per un poco di essere pudica."
"Dopo quello che mi hai fatto poco fa hai ancora il coraggio di parlare di pudore?" la prese in giro. Bea arrossì, bevve un sorso di vino cercando di nascondere l'imbarazzo.
Anche Zo sorseggiò la bevanda, poi appoggiò il bicchiere sul pavimento.
"Ho incontrato Riario a palazzo." iniziò "Ero andato a portare lo sciroppo...giuro Bea, ho dovuto fare uno sforzo immane per non prenderlo a pugni!"
"Sono contenta che tu non lo abbia fatto, avresti preso il mio posto al Bargello!" si sedette di fronte a lui sul letto, era seria, gli accarezzò una guancia "Zo, non dargli motivo di prendersela con te, abbiamo visto di cosa è capace. Mantieni la calma di fronte a lui."
Lei le prese la mano e la baciò: "Ma io ero tranquillo, volevo tranquillamente pestarlo." scherzò.
"Davvero Zo. Leonardo lavorerà per lui, lo incontrerai di nuovo, tutti dovremo avere ancora a che fare con lui. E sarà fastidiosamente compiaciuto, ci sbatterà in faccia la sua vittoria."
Zo commentò: "Sì, ho notato come gli piace provocare."
"E noi non dovremo rispondere a tali provocazioni. Se lo farà di fronte a te morditi la lingua e pensa che prima o poi riusciremo ad ingannarlo. Io non voglio nemmeno pensare cosa potrebbe farti se gliene fornissi la scusante." Beatrice era davvero preoccupata.
Zoroastro la prese tra le braccia: "Ti prometto che sorriderò ad ogni sua parola velenosa. D'accordo?"
Lei lo baciò e lo strinse forte: "Grazie." 
"Ti amo principessa." le bisbigliò.
"Ti amo Zo, non sai quanto."


Angolo dell'autrice:
Scusate la brevità del capitolo, lo so, è molto romantico e forse sdolcinato. :)
Un bacio!
VerdeIrlanda 




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Capitolo 11
*** La confessione di Lucrezia. ***



Riario e il suo seguito lasciarono palazzo Medici di buon mattino.
Lorenzo e Clarice lo avevano congedato con tutti gli onori e i salamelecchi possibili, ma in realtà erano felici di liberarsi di quell'ospite indesiderato.
Ufficialmente tornava a casa, a Roma, per riferire al Santo Padre ciò che era stato deciso alla corte fiorentina. Ma ovviamente non era vero, la ricerca del Libro delle Lamine lo tratteneva a Firenze.
La carrozza e i soldati si diressero alla tenuta dei conti Frescobaldi, una famiglia fiorentina che da anni viveva a Roma, molto devota al Pontefice e disposta a prestare segretamente la loro villa di campagna a Girolamo e ai suoi uomini.
Riario e Mercuri invece si diressero verso un vecchio mulino vicino Peretola, avevano un incontro con Da Vinci.
Quando arrivarono videro Leonardo, Zoroastro e Nico seduti su un muretto davanti all'edificio.
 "Signori." salutò Riario.
"Conte." rispose Leonardo "Siete puntuale. Vedo che avete una scorta."
"Anche Voi." notò Girolamo "Giusto per essere chiari, dovesse capitarmi qualcosa il mio fidato sicario è autorizzato a prendere provvedimenti, e con questo intendo che correrebbe a confermare la denuncia contro Beatrice."
"Abbiamo un accordo no?" sdrammatizzò Leonardo "Non intendo infrangerlo."
Per ora, pensò.
Gli uomini entrarono nel mulino, Nico e Zoroastro lo fecero per ultimi, entrambi invidiavano la calma di Leonardo nell'affrontare quel viscido conte. Nico ricordava la brutalità con cui lo aveva interrogato, Zo ripensava al torto fatto a Beatrice. Ma avrebbero sopportato, in attesa di una gelida rivalsa.
Girolamo non tergiversò a lungo.
"Dunque, il giovane Nico mi aveva parlato di una chiave e di un libro." sorrise freddo in direzione del ragazzo, che strinse la mascella per il nervosismo.
"Ecco." Leonardo li prese da una sacca e li dispose su un tavolo "Questa è la chiave, e nel libro c'era questa." mostrò loro la mappa.
"Interessante...Avete già decifrato questa cartina? Sapete a che luogo si riferisce?" Mercuri avvicinandosi.
Leonardo scosse la testa: "Ancora no. È una mappa molto criptica...quando sembra di aver capito il dove ti contraddice."
"Sono certo che riuscirete nell'intento Da Vinci." intervenne Riario "So che siete motivato a non fallire."
Leo ignorò quella puntualizzazione: "E Voi Girolamo? Avete qualche tassello che può aiutarci a decifrare questo mistero?"
"Che intendete dire?"
"Beh Voi siete venuto a Firenze per cercare il Libro delle Lamine, conoscete di certo la sua natura...immagino che non Vi sareste mosso da Roma se non aveste già avuto qualcosa in mano."
"No." rispose il conte "Non ho indizi che possano aiutarVi Da Vinci. Anche a me è oscura la natura di tale libro, scopriremo il suo contenuto una volta che lo avrete trovato."
Già, il contenuto del libro...Leonardo ripensò alle parole del Turco: solo coloro che sono stati scelti dal destino potranno leggere il libro, solo a loro sarà concesso, e quando lo avranno fatto essi e i loro discendenti vagheranno nel mondo per cambiarlo in meglio.
Così aveva detto alle rovine romane.
Leo dubitava fortemente che Riario fosse tra i predestinati, non vedeva come avrebbe potuto migliorare il mondo.
"Ottimo, cerchiamo un libro di cui non conosciamo niente se non il nome." commentò sarcastico Zoroastro.
"È innegabile la sua importanza." sentenziò indispettito Mercuri "Questo libro permetterà a chi lo possiede di cambiare il corso della storia! È converrete quindi che non tutti sono degni di possederlo."
"Eh sì, non tutti sono degni." rispose Zoroastro sostenendo lo sguardo di Mercuri.
L'archivista scosse la testa di fronte a tanta impertinenza, ma non disse altro, aveva notato l'espressione severa di Girolamo. Il conte non approvava questi contrattempi puerili e futili.
"Dunque Da Vinci" riprese Riario "ora Vi spiego come ci organizzeremo. Voi lavorerete nel Vostro laboratorio, mi aggiornerete ogni settimana, non importa se non ci sono novità, Voi mi aggiornerete."
"Chiaro." rispose Leonardo "E in che modo?"
"Conoscete la famiglia Frescobaldi? Dato che ormai vivono a Roma sono stati così gentili da mettere a disposizione la loro tenuta di campagna, mi stabilirò lì fino a che non avremo concluso la nostra ricerca. Verrete Voi a farmi visita, di certo io non posso farmi vedere a Firenze." disse Riario.
Organizzarono gli incontri successivi e poi uscirono dal mulino.
Quando arrivarono alla strada Riario fu il primo a vedere Beatrice.
Era in piedi, indossava un vestito azzurro scuro, i capelli raccolti in una mezza coda, vicino a lei una sacca di pelle.
Aspettava i suoi amici evidentemente, non si mosse quando li vide, rimase immobile e attese che fossero loro ad avvicinarsi.
Ai suoi occhi era bellissima, cercò di scacciare quel pensiero ma era impossibile.
"Hai finito presto al convento." commentò Leonardo.
"Le suore avevano solo un brutto eritema causato da alcune piante." rispose lei.
Riario la salutò: "Buongiorno Beatrice." 
"Buongiorno a Voi." rispose secca lei.
"Sono lieto di vedere che state bene."
"Ah, come no." commentò lei semplicemente "Avete finito?"
"Abbiamo chiarito ogni dettaglio del nostro accordo." rispose il conte, era piuttosto amareggiato per la sua reazione, ma in fondo se l'aspettava.
Zo si avvicinò a Beatrice, le strizzò l'occhio, lei arrossì leggermente, quando la guardava così riusciva a farla sentire come una ragazzina imbranata.
"Direi che possiamo tornare a casa, giusto?" Zoroastro non vedeva l'ora di allontanarsi da Riario e Mercuri, prese la borsa di Beatrice e se la mise in spalla. "Dai a me principessa, te la porto io." 
"Zo, non è pesante." sorrise lei e cercò di prendere la borsa.
"Insisto, lasciami fare il cavaliere." scherzò lui.
C'era qualcosa nel modo in cui Zoroastro e Beatrice si guardavano, era come un'impalpabile sintonia che si poteva avvertire. Quel gioco di sguardi infastidì Riario.
"Non mi pare di avervi congedati signori." puntualizzò Girolamo, innervosito.
"Oh. Scusate. E dobbiamo aspettare un segnale specifico?" ironizzó Zoroastro.
"Vedo che la Vostra presenza si continua a rivelare molesta." commentò il conte.
"Non è solo la mia ad esserlo ..." rispose Zo.
Bea gli diede una stretta al braccio, un modo per ricordargli che le aveva promesso di tenere la bocca chiusa.
Il conte sembrava essere diventato molto più nervoso: "Volete ripetere?"
"Volevo dire...che in effetti siamo un gruppo numeroso, forse la nostra presenza Vi infastidisce...insomma, di certo preferite atmosfere più tranquille." spiegò Zoroastro.
Beatrice trattenne a fatica una risata alla scusa traballante di Zo, tossì e chiese: "Possiamo andare adesso conte?"
Girolamo evitò di proseguire la discussione e fece un gesto con la mano, indicava chiaramente che potevano andarsene.
Leonardo e i suoi si allontanarono, quanto furono distanti Zoroastro si lasciò sfuggire un'imprecazione: "Che due palle gigantesche!!! Quanto vorrei picchiarlo! Ti prego Leo, posso picchiarlo? Non tanto, solo un po', mi gratificherebbe tantissimo!"
Gli altri scoppiarono a ridere.
Camminarono verso Firenze, durante il tragitto Leonardo e Nico si trovarono diversi passi davanti agli altri due, l'allievo ascoltava rapito la descrizione che il Maestro stava facendo di una sua invenzione. 
Zo guardò Bea: "Mi spiace per prima. Ti avevo promesso di non fare il gradasso di fronte a Riario. È solo che mi ha davvero infastidito, era così evidente."
"Cosa era evidente?"
"Che era innervosito da noi due."
"Ma non credo che sappia di noi due, solo poche persone sanno che stiamo insieme." commentò lei.
"Fidati, lo avrà capito da come ci guardavamo...e poi...sai che gli ho parlato a palazzo Medici...forse alcune mie frasi..." ammise Zo.
"Cosa gli hai detto?" sospirò lei.
"Che non sei una donna a sua disposizione...e che se ti fosse successo qualcosa glielo avrei reso dieci volte tanto." 
Bea si fermò e lo guardò severa.
Zo fece spallucce: "Senti, va bene così, che lo sappia! In fondo non vedo perché dovremmo nasconderlo, meglio che gli sia chiaro che tu non sei e non puoi essere sua!" 
"Ma non capisci Zo? Per me può saperlo tutto il mondo, ma il fatto che lo sappia Riario mi preoccupa. Abbiamo visto di cosa è capace, potrebbe usare quello che c'è fra noi come ha usato l'affetto che Leo prova per me. Non voglio che abbia troppi appigli per aggiungere ricatti al ricatto che già dobbiamo subire.
Ho paura che solo per capriccio possa scagliarsi contro di te, e non voglio che ti succeda nulla. Non voglio che ti faccia del male."
Lui le prese il viso tra le mani e la baciò: "Non mi succederà nulla principessa. Starò attento."

Leonardo e i suoi rientrarono tardi dalla taverna.
Avevano bevuto e scherzato, una serata per dimenticare l'amara mattina passata con Riario.
Beatrice e Zoroastro avevano messo in atto un diabolico piano contro Nico, avevano corretto la sua birra con l'oppio di Leonardo.
All'improvviso Nico aveva iniziato a rincorrere invisibili farfalle viola con un invisibile rete, ovviamente tutto questo tra le risate dei suoi amici. Poi aveva creduto di essere un gatto e aveva iniziato a miagolare e soffiare, per poi leccarsi le mani per pulirsi la testa. E alla fine il biondino era crollato addormentato sul tavolo.
"Ma quanto gliene hai dato Bea?" chiese Zo ridendo.
"Ho aumentano la dose..." scoppiò a ridere lei "Giuro, speravo che alzasse la gamba per provare a lavarsi le vergogne!"
Leo rise: " Spetta a voi due portarlo a casa, lo sapete vero?"
Zo si caricò sulle spalle un ronfante Nico, e uscirono dalla taverna.
Leonardo tornò a casa, mentre gli altri due portavano il ragazzo a dormire.
Lucrezia era fuori dalla bottega del Verrocchio, dall'altra parte della strada, lo vide entrare nell'edificio.
Aveva deciso di parlare con lui, gli avrebbe detto tutto, ormai non poteva più rimandare.
Era un rischio, per lei, per tutti, ma sentiva che se voleva essere libera doveva dire la verità. 
Si avvicinò alla stanza di Leonardo, vi entrò chiedendo permesso.
Lui la guardò, sorpreso: "Lucrezia! Non Vi aspettavo. È una bellissima sorpresa."
Le sorrise.
Come faccio, come faccio? Il dubbio le martellava il cervello.
Lui la abbracciò e baciò, lei si lasciò stringere forte.
"Devo parlarVi Leonardo...io...devo dirVi tutto."
Lui la guardò interrogativo, Lucrezia tremava, si tormentava un nastro del vestito.
La donna tentennò per qualche istante, poi iniziò: "Non avrei mai voluto fare certe cose.
Vi ho mentito, Vi ho spiato, Vi ho tradito."
Leonardo era scioccato da questo incipit: "Ma cosa dite Lucrezia?"
Lei lo guardò, e continuò: "Sono una spia al soldo di Riario." e andò avanti senza potersi fermare, come un fiume in piena.
"Anni fa mi trasferii a Firenze per sposarmi. Mio marito era spesso a palazzo per i suoi affari, così conobbi Lorenzo. Divenni la sua amante, pensavo che prima o poi si sarebbe stancato di me, io stessa ho cercato di troncare questa relazione. Ma a Roma si è saputo, così Riario mi ha detto che dovevo continuare questa relazione per poter spiare i Medici.
Al mio rifiuto Girolamo ha imprigionato mio padre, ha minacciato di fargli del male se non gli avessi obbedito.
Così ho continuato a giacere con Lorenzo, credevo che il mio compito si limitasse agli affari di casa Medici...poi un giorno Riario mi ha detto che dovevo sedurre un altro uomo, Voi. Non capivo perché, non conoscevo il suo intento, ma non potevo rifiutare.
Lui avrebbe fatto del male a mio padre, mi ha giurato che se lo avessi contraddetto gli avrebbe inflitto terribili torture!"
Leonardo la guardava sconvolto dalle sue parole. Non poteva credere a ciò che sentiva.
"Così Vi ho avvicinato, Vi ho sedotto...pensavo che l'interesse di Roma fosse rivolto ai Vostri progetti militari.
Ma poi Riario ha iniziato a farmi domande su altre cose, su altre Vostre attività. 
Ha voluto informazioni sui Vostri spostamenti, sulle Vostre ricerche riguardo all'ebreo impiccato, se Vi avessi mai visto in compagnia di un turco...non capivo il nesso ma qualche giorno fa ho sentito mentre parlava a Mercuri del Libro delle Lamine...e allora ho capito, ho capito cosa voleva...mio padre mi raccontava alcune storie da bambina, credevo fossero leggende e invece..."
Leonardo la bloccò: "Voi sapete del Libro?" 
Lei continuò: "Mio padre mi diceva di essere membro di un gruppo di persone che hanno a cuore il destino del mondo. Mi diceva che non importava essere cristiani, ebrei, musulmani...si era legati dal desiderio di migliorare il mondo, perseguendo una missione che aveva qualcosa di divino. Diceva che anch'io un giorno avrei dovuto fare la mia parte."
"È un Figlio di Mitra?" la interruppe Leonardo.
"Sì." rispose lei "Ho avuto dei dubbi in passato, ma ora so che era tutto vero. Mio padre mi raccontò che in questo libro è scritto un messaggio che solo alcuni eletti potranno conoscere, con esso cambieranno il mondo."
Leo era sbalordito. Non solo Lucrezia era una spia, addirittura suo padre un figlio di Mitra.
Era tutto assurdo. 
L'aveva avuta attorno per tanto tempo e non aveva capito nulla della sua identità.
"Perché mi raccontate tutto?? Perché tanta onestà improvvisa?" era nervoso, ferito.
"Io so che mio padre darebbe la vita perché questo Libro non cadesse in mani sbagliate.
So che non sopporterebbe l'idea che una cosa così preziosa finisse nelle grinfie di Sisto IV, sacrificherebbe tutto perché non accadesse.
E Voi potete impedirlo Leonardo, potete fare in modo che il Libro venga custodito da chi è puro di cuore. 
Ma non lo ho fatto solo per questo."
"Allora perché?" quasi gridò lui.
"Perché ho capito di amarVi Leonardo. Non posso fare questo a Voi, l'unico uomo che mi ha fatto sentire speciale, ed amata!" le lacrime le bagnavano il volto "MentirVi era doloroso Leonardo, credetemi."
"Mai quanto lo è per me scoprire queste verità Lucrezia." rispose lui.
Rimasero in silenzio per un po', poi lei disse: "Ho ancora il compito di sorvegliarVi, Riario teme che vogliate imbrogliarlo. Inizierò a mentire a lui, gli fornirò false informazioni sulle Vostre mosse, e se vorrete fargliela pagare un giorno io Vi darò una mano. 
Sono sicura che mio padre approverebbe la decisione di andare contro Girolamo, per il bene della causa. Spero di poterlo vedere libero un giorno." si asciugò una lacrima. 
Leonardo aveva iniziato a camminare per la stanza, era agitato, quello che provava per Lucrezia erano state le sensazioni più belle che avesse mai vissuto: "Io mi sono innamorato di Voi...ma mi chiedo quanto possa valere un amore così..quello che provo è tutto nato da un inganno."
"Se è amore Leonardo..."
"Non so cosa sia adesso Lucrezia, e adesso non voglio provare nulla, nulla che abbia visto la luce in questo modo." disse Leonardo col cuore colmo di sofferenza.
In fondo lei non riusciva a dargli torto.
"Se ci aiuterete per contrastare Riario, noi aiuteremo Voi per salvare Vostro padre. Ci proveremo almeno." decretò Leonardo "Ora...vorrei rimanere da solo."
Lucrezia lo guardò, voleva abbracciarlo ma temeva fosse una pessima idea: "Mi perdonerete mai Leonardo? Potrete mai tornare ad amarmi?" 
Lui la amava a sua volta, sarebbe dovuto bastare...ma non riusciva a farlo bastare per dimenticare tutto, per perdonarla.
"Io posso capire le Vostre motivazioni. Io stesso ho ceduto al ricatto di Girolamo per salvare mia sorella. E sono felice che vogliate redimerVi aiutandomi.
Ma prima che possa fidarmi nuovamente di Voi, prima che possa ancora accoglierVi come una persona amata...dovrà passare del tempo Lucrezia."
Lucrezia annuì e si avviò per uscire.
Prima di andarsene lei gli disse: "Farò di tutto per Voi, per avere il Vostro perdono, e spero di poter riaccendere quell'amore che so avete provato per me."
Leonardo la guardò, avrebbe voluto fermarla, abbracciarla, dirle che non importava.
Ma si sa, l'orgoglio spesso è più forte di tutto, e lui rimase lì, seduto, senza fare nulla, lasciandola andare. 
Beatrice e Zoroastro avevano accompagnato Nico a casa ed erano tornati alla bottega, arrivarono in tempo per scorgere una figura che si allontanava velocemente.
"È Lucrezia. Riconosco il mantello." disse Beatrice.
Nel cortile videro Leonardo, pallido e triste.
"Leo! Che succede? Hai una faccia." commentò Zo.
Bea lo guardò, aveva capito: "Riguarda Lucrezia vero? L'abbiamo vista andare via di fretta..."
Leonardo si prese la testa fra le mani: "Era tutto un imbroglio, un inganno..." si alzò e tornò nel suo laboratorio.
Beatrice e Zoroastro lo seguirono.
Leo si guardò attorno, poi con uno scatto rapido afferrò il modellino in legno della sua macchina volante e lo scaraventò contro il muro con un grido.
Bea sussultò, poche volte aveva visto suo fratello così infuriato.
Leonardo prese in mano un altro modellino di legno e lo lanciò contro la scrivania.
Zoroastro si avvicinò all'amico, gli bloccò le braccia: "Calma Leo! Adesso devi fermarti e calmarti!" 
Leonardo si divincolò con un rantolo: "Mi ha mentito Zo! Mi ha preso in giro! Lei dice di amarmi ma allo stesso tempo mi tradisce!"
Bea chiese: "Lucrezia? Perché? Che ti ha detto?" 
Si staccò dalla presa di Zo e respirò a fondo: "È una spia, Riario l'ha mandata a controllare le mie mosse."
Raccontò ai due cosa gli aveva confessato la Donati, della sua intenzione di redimersi aiutandoli.
Zo e Bea erano esterrefatti, sospettavano che il conte avesse delle spie, ma mai avrebbero immaginato che Lucrezia fosse una di queste.
"Ora capisco perché Riario era così informato."  commentò Zo "La scelta di rapire Nico, il mio incidente con la tua macchina volante...era lei a fornirgli ogni dettaglio."
"Gli ha detto tutto quello che le ho raccontato in questi mesi, ogni mia mossa, ogni elemento della mia vita." Leo tremava per il nervosismo.
Beatrice accarezzò la schiena del fratello: "Mi dispiace davvero Leonardo."
"Dispiace più a me, sono stato uno stupido!"
Zoroastro intervenne: "Cosa pensi di fare Leo?"
"Lei dice che inizierà a proteggere le mie vere intenzioni mentendo a Riario."
"E tu le credi?" chiese Zo.
Leo scosse la testa: "Non lo so. Mi ha ferito e non credo di essere obiettivo adesso."
Beatrice commentò: "Ha sbagliato, questo è innegabile. Ma devi anche tenere conto che c'era la vita di suo padre in gioco. Ognuno di noi farebbe l'impossibile per tenere al sicuro le persone che ama. Secondo me devi considerare quello che ha fatto stasera, ha fatto la cosa giusta alla fine, perché non vuole più essere un burattino nelle mani di Riario."
"Quindi devo fidarmi?" domandò Leo "Devo crederle?"
Bea riflettè poi gli disse: "Fidarsi totalmente forse è presto, capisco le sue ragioni ma non la rendono meno responsabile di ciò che ha fatto. Ma ha avuto il coraggio di dirti tutto e sfidare il conte, non dimentichiamo che sta mettendo in pericolo se stessa e suo padre con questa decisione. Quindi proviamo a darle un'occasione per dimostrare che vuole redimersi." gli diede un bacio sulla tempia.
Leo le sorrise e annuì, Beatrice riusciva sempre a chiarirgli la mente.
"Tu che ne pensi Zo?" chiese Leonardo. 
Zoroastro guardò l'amico, sospirò: "Credo che Bea abbia ragione. Possiamo solo darle una chance per dimostrarci che è pentita. Terremo gli occhi aperti e vedremo cosa succederà."
Quando fu rimasto da solo Leonardo si sdraiò sul letto, con gli occhi chiusi ripensò a come aveva conosciuto Lucrezia, ricordava i suoi occhi brillanti alla luce delle candele, le sue parole gentili e il suo sorriso, Dio quel sorriso lo aveva rapito. Pensava sarebbe stato solo un piacevole intermezzo e invece lei gli aveva regalato le emozioni più belle che avesse mai provato.
Il suo cuore di nuovo voleva follemente fidarsi ma la sua testa lo metteva in guardia da lei.
Leonardo odiava piangere, ma non poté evitare che alcune lacrime silenziose gli scivolassero sulle guance.
Si era innamorato.
Pensò che anche Lucrezia diceva di amarlo, ma era vero o era l'ennesima bugia?



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Capitolo 12
*** In oppio veritas. ***




Era una fresca e luminosa mattina.
Leonardo camminava veloce lungo il sentiero che lo avrebbe condotto alla tenuta dei Frescobaldi.
Era passata una settimana da quando aveva visto Riario al mulino, era giunto il momento di ragguagliare il conte sulle scoperte che avevano fatto riguardo la mappa dell'ebreo.
Arrivò al cancello della villa e lo oltrepassò, giunto al portone d'entrata bussò.
Una guardia gli aprì e lo fece accomodare nella biblioteca.
Riario lo raggiunse poco dopo: "Buongiorno Da Vinci. Vedo che siete puntuale. Spero abbiate fatto interessanti progressi per la nostra ricerca."
Leonardo prese la mappa e la dispiegò su un tavolo.
"Abbiamo tradotto le parole in ebraico, devo ammettere che all'inizio ci hanno lasciato perplessi. Ci aspettavamo nomi di città, o almeno indicazioni geografiche, ma il risultato è stato ben diverso."
Porse a Riario un foglio con le parole tradotte: "Crescere, anima, nutrire, sangue, vita, divino, umano, unione, amore...ma non ha senso!
È una mappa giusto? Si suppone che porti da qualche parte. Ma questo dove ci porta?" chiese Girolamo
"Queste parole ci aiutano a capire cosa dobbiamo cercare." disse Leonardo "Pensiamo sia una specie di indovinello. E una volta capito il cosa si può scoprire il dove basandoci sulla cartina geografica."
Il conte riflettè: "Dunque cerchiamo un qualcosa nel quale si cresce, dove si viene nutriti e istruiti...una casa? No sarebbe banale...ma potrebbe comunque essere un edificio. A scuola si viene istruiti! Che sia una scuola? Un seminario forse."
"Ecco, noi abbiamo ragionato come Voi, abbiamo pensato a scuole, biblioteche. Ma alla fine riflettendo sulle parole siamo giunti a una conclusione che ci sembra la più sensata." spiegò Leonardo.
"E sarebbe?" chiese Riario.
"Le catacombe. Ebrei e cristiani le costruivano per avere aree cimiteriali ma erano anche un luogo sicuro dove vivere la propria fede al sicuro dalle persecuzioni.
Si studiavano le Scritture, si viveva con la comunità condividendo il cibo e gli spazi.
Ogni momento della vita si celebrava nelle catacombe, dal battesimo alla sepoltura. Vita e morte. Divino e umano si univano in quelle gallerie durante i riti e i sacramenti. L'amore! Lì si celebravano i matrimoni, unione di anima e sangue nella discendenza."
 Girolamo annuì: "Ma sì, le catacombe! Cunicoli infiniti e segreti, il posto ideale per nascondersi. E nascondere."
Chiese se avessero di idea di quali catacombe parlasse la mappa.
Leonardo rispose: "Non lo so. Però possiamo scoprirlo. 
Come dicevo abbiamo delle indicazioni sul luogo, è disegnata una zona specifica su questa cartina. Potremmo confrontarla con altre carte geografiche dei luoghi in cui sono state rinvenute le catacombe. Per quanto riguarda la zona di Firenze posso lavorarci da subito, ho diverse pergamene."
"Mi sembra un'ottima idea Da Vinci. Chiederò a Mercuri di procurarvi il prima possibile quelle relative al territorio di Roma, ad oggi se non sbaglio sono state scoperte una decina di catacombe." rispose il conte.
Leonardo annuì. 
"Sono molto soddisfatto del Vostro lavoro artista."
"Se troveremo dei riscontri con le cartine capiremo di aver viaggiato nella giusta direzione." spiegò Leonardo.
Girolamo annuì, comprendeva la prudenza di Da Vinci.
Dato che non aveva altre informazioni lo congedò, si sarebbero visti dopo una settimana.
Non appena Leonardo ebbe lasciato la villa Riario chiamò Mercuri e lo aggiornò.
"Quindi dovrete recarVi a Roma e prendere tutte le mappe relative agli scavi archeologici. 
Partirete domani mattina. Un'altra cosa: è tutto a posto con il nostro uomo? È stato sistemato?"
Lupo annuì: "È arrivato mentre parlavate con Da Vinci, è stato fatto tutto come concordato Girolamo. Ora è di sotto."
"Bene." rispose Riario "Gli parlerò più tardi."

"Crescere, anima, nutrire, sangue, vita, divino, umano, unione, amore...Crescere, anima, nutrire, sangue, vita, divino, umano.., unione, amore... Uff!! No, mi sfugge qualcosa accidenti!" disse Beatrice battendo i palmi sul tavolo nel laboratorio di Leonardo.
Zoroastro era seduto su uno sgabello, si alzò e le diede un bacio sulla testa: "Rilassati principessa, non ti incaponire."
"Ma c'è dell'altro su questa mappa, lo sento! Ma non riesco a vederlo."
Lui si sedette vicino a lei: "Cosa pensi di trovare?"
"Credo che la nostra deduzione sulle catacombe sia giusta, ma ho la sensazione che quelle parole misteriose ci vogliano dire dell'altro." spiegò Beatrice "Ci sono delle parole che mi ronzano in testa: sangue e vita, amore, unione, crescere, nutrire... Non lo so perché, ma sono quelle su cui la mia mente ritorna più spesso. E credo possano indicare qualcosa di diverso."
"Sei sempre stata molto intuitiva Bea, se avverti questa sensazione per me hai ragione." le sorrise. 
Lei lo baciò: "Grazie. Ma forse hai ragione anche tu, non mi devo incaponire, sono ore che rileggo questi fogli." 
Leonardo entrò in quel momento.
"Hai fatto presto!" commentò Zoroastro.
Leo sospirò: "Per fortuna il colloquio è stato breve. Il conte sembra soddisfatto, almeno non ci darà fastidio.
E tu? Sempre alle prese con le parole misteriose?"
Beatrice annuì: "Mi stanno tormentando, non riesco a metterle insieme." poi ebbe un'idea "Ci sarebbe un modo...non proprio ortodosso ma potrebbe funzionare."
"Quale?" chiese Leonardo togliendosi la giacca di pelle.
Beatrice lanciò un rapido sguardo verso la sua pipa per l'oppio.
"Noo!" sentenziò Leonardo.
"Tu la usi per lo stesso motivo."
"La uso perché ho troppe idee in testa, che mi ammattiscono! No. Tu non fumerai dell'oppio!"
Beatrice protestò: "Intanto non puoi dirmi cosa posso o non posso fare. Lo sai che sono fortemente contraria alle droghe, ma riflettiamo, se riesce a distendere i pensieri forse mi farà capire cosa hanno di speciale queste parole!"
Leo ci pensò, in effetti l'oppio avrebbe reso i suoi ragionamenti più fluidi.
"D'accordo. Ma te lo doso io, e io e Zoroastro rimarremo nella stanza per sicurezza."
Bea annuì.
Si sedette sul letto del fratello.
Leonardo preparò la pipa, la porse a Beatrice: "Respira piano. Spero funzioni."
"E se non funziona almeno ti sarai fatta un bel viaggetto!" scherzò Zoroastro.
Beatrice fumò la pipa, si sdraiò sul letto. 
Ripensò alle parole.
"Crescere, anima, nutrire, sangue, vita, divino, umano, unione, amore...Crescere, anima, nutrire, sangue, vita, divino, umano, unione, amore..." mormorò.
Iniziò a sentirsi leggera, la testa era improvvisamente vuota.
Poi ci fu il buio, una profonda e impalpabile oscurità.
Fu come chiudere gli occhi e riaprirli dopo un lungo sonno, le palpebre erano pesanti.
Voltò il viso da un lato, vide lei e Zoroastro in camera sua, il loro primo bacio. 
Sentiva una voce lontana. 
"Venite Beatrice, Serena sta per partorire!" diceva la voce sempre più vicina.
Un'altra voce intervenne, era Serena, la partoriente: "Sono vivi? Ti prego dimmi che sono vivi!" 
Tutto tornò buio.
Per qualche istante non vide nulla.
Poi avvertì una luce dorata attorno a lei, girò la testa dall'altro lato e vide una stanza, non era quella di suo fratello. Era la cucina della casa dei suoi nonni.
Suo nonno Aronne era seduto su una panca, e accanto a lui c'era Beatrice bambina.
Lui le leggeva la Bibbia in ebraico. 
"È la parola di Dio Bea, ciò che il Signore ha donato agli uomini."
Le indicava una pagina, poi una riga, il dito del nonno continuava a picchiettare sulle lettere.
Non riusciva a leggere, era tutto sfuocato, poi la voce del nonno la guidò: "È il Levitico tesoro, capitolo 17. Te lo ricordi? Ne abbiamo parlato tante volte..." il nonno stava facendo un gioco con lei, doveva indovinare i versetti biblici "Rifletti. Cosa dice il capitolo 17? Ti aiuto, si parla di sangue Beatrice...il sangue..."
La visione sparì di colpo.
A quel punto Beatrice si sollevò sul letto con un rantolo.
Leonardo e Zoroastro si avvicinarono.
"Tutto bene principessa?"
Lei respirò con calma, la testa era pesante: "Quanto è durato?"
"Diverse ore. Pensavamo non ti svegliassi più! Eri in catalessi! Non ti farò fumare mai più!" rispose Leo preoccupato.
"Va bene, mai più. Ma ha funzionato. Ho capito."
I due uomini erano sorpresi.
Beatrice si riprese, poi disse: "La mappa ci indica un luogo, un posto dove si cresce,dove si viene nutriti, dove si uniscono umano e divino, sangue e anima, dove si vive, dove si ama.
Abbiamo pensato alle catacombe e va bene, è un giusto ragionamento, dobbiamo cercare lì il Libro delle Lamine.
Ma quelle parole indicano anche altro."
Bea era incredibilmente sicura, Leonardo le chiese: "Cosa indicano?"
Lei ripetè: "Pensa Leonardo. In quale posto si cresce e si viene nutriti, in quale posto si viene amati fin dal primo momento? Dove troviamo anima e sangue in una semplice e unica unione?
Ho sentito Serena fratellone, mentre mi chiedeva come stessero i suoi bambini, ho visto mio nonno che mi faceva uno dei suoi indovinelli sulla Bibbia, mi chiedeva un passo del Levitico.
Nella mia visione non l'ho indovinato, ma lo conosco, lo ricordo. Quei versi parlano di come la vita risieda nel sangue, di come il sangue porti espiazione mediante la vita.
Capite? Capite a cosa si riferiscono quelle parole?"
Lei guardò entrambi, i due uomini era sorpresi da tale rivelazione.
Fu Leonardo a parlare: "Sì. Le parole della mappa non si riferiscono solo alle catacombe. Indicano anche il grembo materno."
Zoroastro scosse la testa: "È assurdo. Voglio dire, insomma...perché indicarci un grembo materno?"
Beatrice prese un bicchiere d'acqua e bevve un sorso rigenerante: "Non lo so. Forse una volta trovato il Libro lo capiremo."

Riario scese nelle cantine della villa reggendo una torcia nella mano.
Era sceso da solo, senza scorta.
Arrivò davanti a una delle celle e vi entrò.
Vicino al muro c'era un uomo, in piedi, indossava dei pantaloni di tela grezza e una camicia scura. Si voltò quando sentì entrare il conte.
"Cosa volete Riario? Non Vi basta avermi incarcerato e trascinato qui da Roma? A proposito, dove siamo? Mi hanno bendato durante il viaggio."
"Non è affar Vostro. E poi rimarrete sempre qui dentro, a che Vi serve sapere dove Vi trovate?" ghignò Girolamo avvicinandosi a lui "Piuttosto, abbiamo alcuni discorsi in sospeso. Vorrei delle risposte da Voi. Dovete chiarire alcuni punti oscuri riguardo al Libro delle Lamine. Il Turco prima di Voi aveva iniziato a confessare alcuni dettagli interessanti, peccato sia riuscito a fuggire al nostro inquisitore.
Dunque, volete rispondere Voi alle questioni irrisolte che ci ha lasciato il Vostro amico oppure..."
Prima che potesse concludere la frase il prigioniero si scagliò contro di lui, lo colpì allo stomaco più volte con un oggetto duro e pesante. 
Riario cadde a terra, incapace di respirare. 
Il prigioniero varcò la soglia della cella e iniziò la sua disperata fuga.
  

Angolo dell'autrice:
Devo prima di tutto ringraziare nuovamente la meravigliosa e dolcissima Luna Blu Noir per le sue recensioni, grazie grazie grazie!  ^^
Vedo, anche se non recensite, che siete in molti a leggere il mio racconto, mi fa tantissimo piacere. :) 
Spero vi piaccia questo nuovo capitolo e i prossimi che sto scrivendo.
Spero di non deludere le vostre aspettative :) 
Un bacione!
VerdeIrlanda 












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Capitolo 13
*** Una notte di libertà e rivelazioni. ***




La serata alla taverna del Corvo nero era trascorsa tranquilla e tra le risate.
Zoroastro dovette accompagnare Nico a casa, il biondino aveva esagerato col bere e non si reggeva in piedi.
Lo lasciò alle cure della madre, la donna era piuttosto seccata per le condizioni in cui il figlio era rientrato.
Zoroastro si apprestò a raggiungere la bottega del Verrocchio.
Le strade erano semi deserte, non mancava molto al coprifuoco.
All'improvviso sentì un rumore, qualcosa che si muoveva sui ciottoli.
Zo si fermò e si voltò in direzione di quel rumore, non vide nulla.
Continuò a camminare, ma sentì di nuovo qualcosa.
Si voltò di nuovo, portando la mano al coltello, poteva benissimo trattarsi di un borseggiatore.
Rimase immobile fissando ogni angolo poco illuminato, dopo qualche istante dal buio uscì velocemente un gatto bianco.
Zo sospirò e rise, un falso allarme. 
Si allontanò velocemente, ormai certo che fosse stata la sua immaginazione a prenderlo in giro sulla gravità di quel rumore.
Ma non era così.
Dalla stessa oscurità da cui era uscito il gatto emerse un uomo incappucciato, il quale attese  alcuni istanti per poi muoversi sulle tracce di Zoroastro.

"Siete sicuro di stare bene Girolamo? Devo chiamare un medico..."
"Sto bene!" rispose seccato Riario, si abbottonò la camicia pulita, sul torace aveva alcuni lividi e graffi "Mi chiedo dove abbia trovato quel maledetto sasso appuntito! E dove diamine erano le altre guardie!! La fuga gli è stata più facile del respiro!"
"Ha calcolato i tempi, sapeva quando ci sarebbe stato il cambio della guardia. È furbo, molto furbo."
"Lo so che è furbo! Perché credete che Vi abbia detto di tenerlo sempre sotto controllo?? Ci era già sfuggito il Turco, lo sappiamo che sono imprevedibili e scaltri!" urlò Riario. 
Il capo delle guardie entrò nella stanza in quel momento: "I Vostri ordini signore?"
Riario lo guardò con occhi furiosi: "Primo, fate frustare le due guardie che hanno ritardato il cambio, c'è un motivo se l'alternarsi non deve richiedere più di pochi minuti! 
Secondo, fate controllare i boschi qui attorno, ogni casa, ogni locanda, ogni rudere! E poi allargate le ricerche a Firenze, potrebbe cercare rifugio lì. 
E anche i conventi e i monasteri, le chiese, le pievi, ovunque possa chiedere ospitalità!
Dovete trovare il fuggitivo e riportarlo qui vivo!"

Lucrezia si stava preparando per andare a dormire.
La casa era silenziosa, suo marito era fuori città e per la notte erano rimasti solo un paio di camerieri.
Si si pettinò i capelli, si lavò il viso.
Stava per cambiarsi quando sentì uno scricchiolio sulle scale.
Rimase immobile, il rumore continuò, leggerò ma percepibile nel silenzio totale.
Il legno scricchiolava, era evidente: qualcuno stava salendo le scale.
Lucrezia si avvicinò alla porta socchiusa, sentiva i passi avvicinarsi ma non vide nessuna luce.
Che fosse un ladro, o peggio, un sicario di Girolamo? Forse aveva scoperto il suo tradimento, l'avrebbe fatta uccidere?
Dal cassetto del comodino prese un coltello affilato, si sedette sul letto e attese.
I passi si fermarono davanti alla sua porta, lentamente un mano la spinse per aprirla, Lucrezia trattenne il respiro, l'intruso varcò la soglia.
La donna sgranò gli occhi, non poteva credere a ciò che stava vedendo.
L'uomo la guardò, le sorrise.
Lei deglutì e sentì delle lacrime pungere gli angoli degli occhi.
"Papà..." riuscì a mormorare prima di correre ad abbracciarlo.
"Va tutto bene Lucrezia, bambina mia, va tutto bene."
"Ma come hai fatto..."
"Riario mi ha fatto condurre qui, voleva estorcermi informazioni...è una storia lunga tesoro mio...e non posso restare qui, casa tua sarà il primo posto dove mi cercheranno. Volevo solo vederti prima di scappare." strinse forte la figlia "Ti prego Lucrezia, non cedere più ai ricatti di Girolamo. Io starò bene, tu devi vivere libera dal suo giogo."
"Ho già preso questa decisione..." disse lei, e suo padre le sorrise orgoglioso "Dovevo spiare un uomo, ma alla fine gli ho detto la verità e sto cercando di aiutarlo contro Riario. Papà sei ridotto uno straccio. Non puoi scappare adesso, non andresti lontano! Devi riposare e metterti in forse prima di andartene."
Lucrezia riflettè un attimo, poi prese dei vestiti del marito e li porse al padre: "Cambiati. Forse posso aiutarti a trovare un posto sicuro dove passare alcuni giorni."

Zoroastro arrivò alla bottega, vide il suo amico Leonardo in cortile: "La mamma di Nico ti informa che discuterà col marito se farti ancora fare da tutore al figlio."
"Ahahah. Per una sbronza?" rise Leo.
"Dovresti insegnargli la cultura e l'arte, non a bere e a divertirsi come un volgare ubriacone. Parole sue. Secondo me stai facendo un ottimo lavoro!" rise Zoroastro. 
Leonardo scosse la testa: "Cercherò di migliorare lo stile dei miei insegnamenti allora! Se cerchi Beatrice è in camera sua."
Zo sorrise, fece per andare da lei ma con la coda dell'occhio intravide qualcosa vicino all'entrata della bottega, si voltò ma non c'era niente.
"Ma che cazzo..."
"Cosa?"
"È tutta la sera che mi sembra di essere seguito ed osservato, a dire il vero ho avuto questa sensazione anche qualche giorno fa." disse Zo a bassa voce "Forse è paranoia dovuta alla rivelazione di Lucrezia ma..."
All'improvviso sentirono una voce, era Giovannino,  un senza dimora del quartiere: "Ehi signore, dammi un soldino. Dai, dammi un soldino! Ti prego...AHI AHIA! NO AHIA!"
Leonardo e Zoroastro corsero in aiuto del povero Giovannino.
Lo trovarono per terra, faceva fatica ad alzarsi.
"Giovannino! Ma che succede?"
"Quello! Quello lì! Volevo un soldino per mangiare! Ma lui mi ha detto di stare zitto, poi mi ha buttato per terra. Gli avevo solo preso la mano, non volevo rubargli niente!"
Zoroastro si guardò attorno, riuscì a scorgere in lontananza una figura incappucciata, ormai troppo lontana per poterla raggiungere.
"Cosa faceva quell'uomo?"
"Era qui fermo, in piedi, guardava nel vostro cortile."
Leonardo prese dalla tasca una moneta e gliela diede: "Dai, vai al forno all'angolo, staranno già sfondando il pane per domani."
Poi si avvicinò a Zoroastro: "Forse non era solo una sensazione amico mio. Qualcuno ti sta seguendo."

"Chiunque fosse è lontano, ho controllato ogni vicolo nei dintorni e non c'è. Credo che per stanotte non tornerà." decretò Zoroastro.
Beatrice, Leonardo e Verrocchio lo avevano aspettato nel cortile: "Siete sicuri che fosse una spia e non un ladro?" chiese la ragazza.
"No, non siamo sicuri di niente." rispose Leonardo "Meglio stare attenti."
"Come sempre da quando Riario è in circolazione." scherzò Zoroastro.
"E quello chi è?" chiese Verrocchio.
Un uomo ben vestito era entrato rapidamente nel cortile, guardandosi attorno.
"Chi siete signore?"
"Io...cerco Leonardo."
"Sono io. Non so cosa possa fare per Voi a quest'ora tarda..."
L'uomo si avvicinò, bisbigliò: "Sono Benedetto Donati, mi manda Lucrezia."
A queste parole calò lo stupore sugli sguardi dei presenti. 
"Il padre di Lucrezia?" mormorò Zoroastro "Vi credevamo nelle mani di Riario!"
"Lo ero." spiegò Donati "Sono fuggito stanotte, devo trovare un posto sicuro. Lucrezia mi ha condotto qui, ha detto che Girolamo non ha motivo di sospettare che io sia a casa Vostra, e che mi avreste aiutato." 
Leonardo annuì: "E lo faremo. Ma adesso ci sono troppe guardie che vigilano sul coprifuoco. Rimarrete qui stanotte signor Donati. Domattina cercheremo un posto tranquillo e nascosto e Vi ci porteremo."
L'uomo gli sorrise grato e lo seguì nel suo studio, gli indicò il letto: "Potete dormire qui signore."
"Grazie, a tutti voi." rispose Donati "Ho molto da raccontarvi Leonardo. Ci sono delle cose che dovete sapere sul Libro delle Lamine."
Leo annuì, gli disse che il giorno dopo avrebbero avuto modo di parlare, poi lo lasciò solo.
Tutti andarono a dormire, nella bottega ora regnava il silenzio.
Intanto l'uomo incappucciato, nascosto sul tetto della casa accanto, aveva visto tutto.
Scese dall'edificio e si allontanò per avvisare Riario.

Era da poco spuntato il sole quando Beatrice andò a portare del tea e della frutta a Benedetto Donati.
L'uomo era sveglio, stava guardando i disegni di Leonardo. 
Si voltò e sorrise a Beatrice: "Quanta premura. Voi siete Beatrice vero? La sorella di Da Vinci. E il ragazzo moro è Zoroastro se non sbaglio. E poi c'era Andrea Verrocchio ieri sera."
"Ebbene sì." gli sorrise sorpresa appoggiando il vassoio sul tavolo "Vi hanno parlato di noi?"
"È stato Al-Rahim. Mi ha raccontato di tutti voi." si sedette, la ragazza si mise accanto a lui.
 Lo sguardo del Donati si posò su un ritratto di Lucrezia: "Sono innamorati vero?"
Bea sorrise: "Credo proprio di sì."
"Mentre mi portava qui Lucrezia mi ha raccontato tutto...è terribile ciò che Riario ha fatto. Sono felice che lei ora sia libera."
"Dicevate che il Vostro amico turco Vi ha parlato di noi. Ma io pensavo che foste prigioniero da prima che lui arrivasse a Firenze."
"È vero, Riario mi ha sequestrato molto prima. Purtroppo qualche tempo fa è riuscito a catturare anche Al-Rahim. Lo ha rinchiuso insieme a me e lo ha torturato per carpirgli informazioni, ma grazie al cielo il mio amico è fuggito. Non so dove si nasconda ora. Nelle settimane di prigionia mi ha raccontato di Vostro fratello e di tutti voi. Mi ha detto di avervi affidato la ricerca del Libro delle Lamine. È fiducioso che lo troverete, lo sono anch'io."
Mangiò qualche spicchio di mela poi continuò: "Il Libro deve essere tenuto al sicuro Beatrice. Voi lo terrete al sicuro."
"Dobbiamo trovarlo prima. E Riario purtroppo ci tiene in pugno." sospirò lei.
"Riuscirete a liberarvi di lui. Lo so. Voi siete forti, e nel giusto. Il destino ha scelto tutti voi per questo compito."
"Il destino...anche Al-Rahim ha parlato di destino. Ha detto a Leonardo che solo alcune persone possono leggere il Libro, dei prescelti, e che queste persone e i loro discendenti cambieranno il mondo." ricordò Beatrice.
"È vero! E Voi custodirete il Libro per i prescelti." si fermò, forse stava dicendo troppo in così pochi minuti.
Beatrice lo guardò incuriosita: "Noi saremo i custodi del Libro delle Lamine? E poi come faremo a trovare i prescelti per consegnarglielo?"
"Vi spiegherò meglio quando avremo trovato un nascondiglio sicuro mia cara." le prese la mano "È un discorso lungo, e difficile. A proposito, Vostro fratello?"
"Lui e Zoroastro sono usciti prima dell'alba, stanno ispezionando un palazzo abbandonato. Se è sicuro Vi porteranno lì. Ma ditemi ancora, Vi prego. Ho così tante domande!"
Donati rise: "Il mio amico aveva ragione, avete un animo gentile e una mente curiosa!"
"Solo una domanda! Abbiamo trovato la mappa dell'ebreo..."
Lui la interruppe: "Non so dove porti. In realtà nessuno lo sa. Il Libro è stato nascosto secoli fa, il luogo è sempre stato mantenuto segreto per proteggerlo. Chi ha nascosto il Libro ha lasciato degli indizi nelle mani delle famiglie più devote e degne di fiducia, perché li custodissero e li utilizzassero quando sarebbe giunto il momento, quando il male sarebbe diventato così potente da rendere necessario dare inizio alla profezia."
"La profezia? Intende l'arrivo dei prescelti?" chiese emozionata Beatrice, le sembrava di essere tornata una bimba che ascolta le favole del nonno.
"Sì." le sorrise Donati, la curiosità della ragazza era piacevole, gli sembrava di parlare con una figlia "È giunto il momento che il mondo inizi a cambiare mia cara, è giunto il momento che si inizi a contrastare il male."
"Quando abbiamo studiato la mappa...ecco, io credo di aver capito una cosa...ma non so se sia un'intuizione corretta." Bea si morse il labbro "La mappa non ci indica solo dove cercare, non è vero?"
Donati annuì: "Siete molto intuitiva. La mappa contiene un luogo, ma non solo, è vero. Contiene in sé l'essenza della profezia. Mi fa piacere che lo abbiate intuito. Sarà più facile per me spiegarvi tutto..."
All'improvviso sentirono dei passi veloci, qualcuno che correva in cortile, un rumore metallico. Erano soldati.
"Oh no." mormorò Donati "Mi hanno trovato!"
Entrambi balzarono in piedi, guardando verso l'entrata.
E videro apparire sulla soglia Lupo Mercuri.

Quando Leonardo e Zoroastro rientrarono dalla loro ispezione rimasero scioccati, incapaci di parlare, pietrificati per ciò che trovarono in cortile.
I corpi gettati a terra, il sangue, un'immagine che difficilmente avrebbero cancellato dalla memoria.
I due uomini non riuscivano quasi a respirare, sentivano il dolore e la rabbia montare nei loro corpi.
Non potevano essere morti, no, non potevano averli uccisi.
Leonardo si dovette appoggiare a una delle panche, dovette sedersi, le gambe non reggevano più tutta quella angoscia. Si prese la testa tra le mani e inizio a piangere.
Zoroastro si inginocchiò e prese Beatrice tra le braccia.
Le accarezzò i capelli e le baciò il viso coperto di sangue, la strinse forte.
Non poteva esserci perdono, no, non dopo ciò che aveva fatto oggi.
Riario avrebbe pagato, avrebbe pagato caro per questo.




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Capitolo 14
*** Ciò che accadde alla bottega. ***




All'improvviso sentirono dei passi veloci, qualcuno che correva in cortile, un rumore metallico. Erano soldati.
"Oh no. Mi hanno trovato!" mormorò Donati.
Lui e Beatrice balzarono in piedi, guardando verso l'entrata.
E videro apparire sulla soglia Lupo Mercuri.

"La Vostra libertà è stata di breve durata Donati." Mercuri fece una risata volgare e beffarda.
Entrò nella stanza, dietro di lui alcuni soldati, che subito afferrarono l'uomo e lo fecero inginocchiare a terra.
"Fermi! Non siate violenti, è un uomo disarmato!" disse Beatrice, Mercuri la prese per un braccio e la scaraventò contro il muro.
"Zitta lurida strega!" si allontanò da lei.
"Beatrice no, non provocateli! Non..." Donati si interruppe, vide entrare nella stanza Girolamo Riario.
"Valeva davvero la pena fuggire per poi essere nuovamente catturato?" lo canzonò il conte
"Soprattutto dovrete spiegarci cosa Vi ha portato a casa di Da Vinci."
Si mise di fronte a lui, in attesa di una risposta.
Solo per un attimo si permise di lanciare uno sguardo verso Beatrice.
"Al-Rahim mi ha parlato di Da Vinci." tagliò corto Benedetto "Sono stato imprudente. Ma non pensavo mi avreste cercato qui."
"In effetti non lo avremmo fatto. Ma per fortuna il mio informatore Vi ha visto arrivare qui." rispose Riario.
Donati ebbe paura, oddio no, aveva visto anche Lucrezia? Se sì sua figlia era condannata a morte.
"Cosa ha visto?"
"Era di guardia qui fuori, è stato scoperto e ha dovuto nascondersi. Appena ha potuto riprendere posizione Vi ha visto parlare con Da Vinci e rimanere qui, così mi ha informato." spiegò il conte.
Donati era sollevato, non aveva visto sua figlia.
"Un informatore? Un Vostro uomo stava spiando casa nostra?" chiese Beatrice. Allora la sensazione di Zoroastro era fondata.
Girolamo si voltò verso di lei, era spaventata, ma i suoi occhi erano fieri e attenti, era così bella anche in quello stato.
Le fece un freddo sorriso: "Vedete Beatrice, in questo caso no. Non era qui per spiare casa Vostra. È arrivato qui seguendo Zoroastro."
Beatrice si morse le labbra, la preoccupazione la pervase.
Riario continuò: "Il Vostro amico non mi è piaciuto quel giorno che abbiamo parlato a Firenze. Terribilmente insolente e irritante! 
Comprenderete che un uomo nella mia posizione deve sempre conoscere dei potenziali nemici. Così una mia spia lo ha seguito, ha indagato su di lui, sul suo passato e presente. 
Grazie al mio fidato informatore ho scoperto molte cose. So che è un bastardo cresciuto senza padre, so che è il miglior amico e alleato di Vostro fratello, so che è stato arrestato diverse volte per furti e truffe, che si è rotto una gamba per colpa di un'invenzione di Leonardo...e so anche dove abita." a queste parole Beatrice sentì un brivido freddo lungo la schiena. "Così stanotte nel seguirlo è arrivato qui scoprendo la presenza di Donati."
Girolamo disse a Mercuri di condurre il prigioniero nel cortile ed aspettarlo.
Una volta che tutti furono usciti Girolamo si avvicinò a Beatrice: "E in tal modo ha scoperto anche la vostra tresca e me lo ha riferito. Ammetto di aver avuto il sentore che ci fosse del tenero tra di voi, qualcosa di romantico. Le sue parole, il modo in cui Vi guarda...il mio uomo mi ha riferito della sua misera soffitta, dove spesso Vi ha vista arrivare la sera e uscirne la mattina. Avete passato molti notti lì secondo lui, quando non vi appartate nel Vostro laboratorio..."
"Bastardo!" eruttò Beatrice. "Siete un viscido!"
"Attenta con le parole." le rispose calmo Riario.
"Come Vi siete permesso di..." 
"Ve l'ho spiegato, quello che cercavo erano informazioni su un potenziale nemico. E ora che so non mi preoccupo di lui, non temo quel rozzo delinquente." rispose lui "E non crediate che mi sia eccitato ad ascoltare i racconti dei vostri incontri o amplessi, non ho mai voluto sapere troppi dettagli. Preferisco evitare." 
Beatrice era esterrefatta. Non si era mai accorta di essere stata pedinata, l'idea di una spia che sbirciava nella sua intimità la disgustava.
"Perché mi dite questo?" chiese lei arrabbiata.
"Il fatto è che vorrei capire. È normale che una donna affascinante come Voi abbia dei pretendenti, ma mettersi con un criminale di bassa lega come quello, un bifolco dei bassifondi!  Insomma, capisco che spesso le giovani donne si lascino sedurre dal fascino di certi uomini..."
Beatrice sentiva un forte calore in tutto il corpo, era la rabbia che la inondava: "Ma come diavolo Vi permettete di parlare così di Zoroastro e di quello che c'è tra noi?"
Riario sorrise gelido: "Pensavo aveste gusti migliori. Una donna come Voi merita molto di più."
Lei gli rispose sempre più irritata: "Non conoscete Zoroastro. E nemmeno me!"
"Non credo. Ho visto qualcosa in Voi quel giorno a palazzo Medici Beatrice, purezza e fiamme che convivono nella Vostra anima. Come Vi ho detto la Vostra persona mi sta molto a cuore." continuò lui, avvicinandosi.
Bea lo guardò con occhi di brace: "E come ho già risposto il destino della mia anima non è affar Vostro. E non lo è nemmeno con chi passo la notte!" disse alzando la voce.
Girolamo rimase a guardarla per un attimo, poi d'impeto la spinse contro il muro e la baciò.
Era un bacio pieno di passione, affamato, quasi disperato.
Una mano di Riario era sulla nuca di lei, l'altra le teneva un fianco.
Lui si fece strada nella sua bocca, divorato dal desiderio di tenerla sempre più stretta al suo corpo.
Girolamo la strinse di più, accarezzò il suo viso, i capelli, una mano scivolò dalla schiena fino alla natica, indugiò sulla sua coscia.
Beatrice era bloccata da quella furia e dal corpo di Riario che la premeva contro il muro,  con passione irrefrenabile.
Dopo qualche istante riuscì a reagire.
Con un ringhio soffocato lo spinse via.
"No!" gli urlò contro quando le loro labbra si furono staccate, lo spinse di nuovo con più forza "Non Vi dovete permettere! Mai più!"
Riario la guardava ansimando, cercava si riprendere il controllo ma era difficile: "Io...non so cosa ci sia in Voi Beatrice ma qualsiasi cosa sia mi fa infiammare. Siete la prima donna che mi fa sentire così! È la passione con cui parlate, il modo in cui Vi muovete sicura, il Vostro sguardo brillante e fiero, tutto mi fa desiderare di averVi."
Beatrice lo guardò negli occhi: "Beh non potete avermi. Mi avete sentita? NON POTETE AVERMI!" gli urlò.
Riario sostenne il suo sguardo: "Ne siete sicura?"
Le sue parole suonavano disperate come il bacio che le aveva dato.
Sentirono il rumore di passi veloci.
"Girolamo tutto bene?" era Mercuri, aveva probabilmente sentito le loro grida.
"Sì Lupo, è tutto a posto. Stavo chiedendo a Beatrice...cosa le avesse detto Donati."
Mercuri guardò entrambi, era una bugia, era evidente che era successo qualcosa, Girolamo aveva il viso arrossato e sconvolto, Beatrice era contro il muro, i capelli scomposti e le mani tremavano leggermente.
 Riario cercò di riprendersi "Vi ha detto qualcosa?"
Bea piegò di lato la testa: "Riguardo a cosa?"
"A cosa secondo Voi, stupida ragazzina?" le urlò Mercuri.
"Lupo!" intervenne Riario "Moderate i toni! Riguardo al Libro delle Lamine ovviamente."
Beatrice scosse il capo: "Non ne abbiamo parlato."
Mentiva. Riario riusciva sempre a capire quando gli raccontavano delle frottole. Squadrò la ragazza, sicuramente c'era qualcosa che non voleva dirgli.
"Voi sapete qualcosa." si avvicinò di nuovo a lei "Non costringetemi a cavarVelo di bocca con la forza..."
"Ah! Davvero lo fareste? Non mi stupisce dopo che mi avete..." Riario l'afferrò per collo, non voleva che Mercuri sapesse che l'aveva baciata, perdendo il controllo e la lucidità.
La minacciò: "Se sapete qualcosa ditemelo ora, Vi conviene. Solo perché siete una donna non significa che sarò meno brutale..." 
E in quel momento, all'improvviso, fu l'inizio della fine.
Si sentirono delle voci provenire dal cortile.
Poi un grido.
"NO! NO!" era la voce di Donati.
Riario lasciò il collo di Beatrice e uscì veloce dalla stanza, la ragazza e Mercuri gli andarono dietro.
Girolamo vide la spada insanguinata del soldato, e sentì alle sue spalle il grido di Beatrice.
"ANDREA! ODDIO ANDREA NO, TI PREGO NO!" 
La ragazza si gettò sul corpo senza vita di Verrocchio, la spada gli aveva trafitto la gola e diverse volte il petto.
"No no no no no..." continuò a mormorare Beatrice. Iniziò a piangere, il viso sul petto dell'uomo che amava come un padre.
"Che è successo?" chiese Riario.
"È arrivato gridando, avrebbe attirato l'attenzione di qualcuno. E ha provato ad aggredirci..."
Beatrice interruppe il soldato: "Aggredire??? Aggredire con cosa schifoso bastardo?? Non ha un arma in mano, che tu sia maledetto!" si gettò su di lui con una tale furia che il soldato barcollò, lo graffiò, lo colpì con dei ceffoni, fu Girolamo a staccarla da lui.
Beatrice si liberò dalla sua stretta e si appoggiò a un tavolo, singhiozzando.
Mercuri si avvicinò a Riario: "Andiamo via, è meglio allontanarsi."
Girolamo non riusciva a staccare gli occhi da Beatrice, ancora scioccata e in lacrime, tremante, si era inginocchiata di nuovo vicino a Verrocchio, gli aveva preso una mano tra le sue.
"Mi dispiace..." mormorava, gli baciò la fronte.
Mercuri lo chiamò di nuovo, questa volta Girolamo annuì e iniziò ad avviarsi.
In quel momento Donati si divincolò con una tale forza da far cadere a terra una delle guardie.
Afferrò il coltello che la guardia caduta aveva alla cintura e corse verso il conte.
Riario capì cosa stava facendo, non voleva uccidere ma farsi uccidere.
Cercò di avvisare i suoi uomini ma non fece in tempo.
Un colpo di spada fermò l'impeto di Donati, lo trapassò da parte a parte all'altezza del cuore.
"Dannazione! Era quello che voleva!" disse arrabbiato Girolamo.
Donati si era sacrificato per non rivelare informazioni.
Il Figlio di Mitra aveva scelto il martirio.
Beatrice vide cadere Benedetto, non riusciva a crederci. 
Tutto quel sangue, tutta quella morte.
Si avvicinò all'uomo, era ancora vivo, respirava a fatica.
"Lucrezia...le direte...ditele...le voglio bene, sarò sempre con lei...sarò..."non riuscì a terminare la frase.
Beatrice gli prese la mano, bisbigliò che lo avrebbe fatto.
Dalle labbra le uscì un rantolo di dolore e angoscia, si portò le mani al viso, le lacrime non si fermavano più.
A un certo punto si guardò le mani e la gonna azzurra, erano sporche del sangue di due uomini, tanto e copioso.
"Andiamocene!" ordinò Girolamo, lui e i suoi uomini si avvicinarono all'uscita.
Beatrice gli gridò qualcosa di incomprensibile. Il conte si girò a guardarla.
La ragazza si alzò e guardò Riario dritto negli occhi, avvicinandosi: "Voi dovete essere Satana che cammina sulla Terra con sembianze umane! Siate maledetto!" 
Mercuri la colpì la viso, tagliandole un labbro.
Bea sentì il sapore del sangue, questo non la fermò, deglutì la saliva ormai colorata di rosso e continuò inveire: "Perché siete dovuto venite a distruggere le nostre esistenze?? Siete un mostro, un disgustoso mostro..."
Mercuri la colpì di nuovo, le fece un taglio sulla fronte.
"BASTA Mercuri!" 
"Merita di essere punita questa insolente sgualdrina!" provò a colpirla ancora.
La mano di Riario bloccò la sua.
Mercuri lo guardò interrogativo.
"Ho detto basta." disse gelido Riario "Non lo vedete? È sconvolta e parla con la voce del dolore."
Lo lasciò e gli ordinò di seguirlo, tornavano alla tenuta.
Mercuri rimase immobile, ribolliva, guardò Riario e poi verso Beatrice: "Cosa gli avete fatto strega? Lo avete corrotto con qualche magia nera non è vero?"
La ragazza si asciugò la fronte e il mento insanguinati con una manica, sostenendo il suo sguardo.
"Lupo." la voce del conte era ferma e bassa "Ora andiamo."
"Cosa Vi ha fatto Girolamo? Vi ha incantato con i suoi grandi occhi verdi e il suo corpo giovane? Davvero non vedete la sua perversa natura demoniaca? Avete militato nell'Inquisizione per l'amor di Dio, conoscete i trucchetti del diavolo e dei suoi servi!" Mercuri scrutò la sua espressione, era chiaro "Vi ha sedotto. E così Vi porterà alla distruzione!"
Riario lo afferrò per il bavero: "Dite un'altra parola Lupo e Vi faccio frustare a sangue!" lasciò la presa "Ora torniamo alla tenuta."
 L'archivista si sistemò il colletto, ancora non si mosse.
"Ebbene?" chiese Girolamo sempre più irritato.
Beatrice tremava, guardava i due uomini discutere e si chiedeva se tutto questo orrore avrebbe mai avuto fine.
Si accorse che Riario la guardava, era come se nei suoi occhi ci fosse un'espressione indecisa, colpevole quasi.
Lo notò anche Lupo, il suo signore si stava perdendo, si stava dannando per colpa di quella ragazza. Avrebbe mandato all'aria ogni progetto, ogni piano per la grandezza di Roma, tutto.
Capì che doveva intervenire.
Si rivolse a lei: "Siete una creatura pericolosa." mormorò a denti stretti "Solo la morte ci libererà di Voi." 
Afferrò la spada e si lanciò contro Beatrice.


Leonardo e Zoroastro erano scioccati, incapaci di parlare, pietrificati.
I corpi gettati a terra, il sangue, un'immagine che difficilmente avrebbero cancellato dalla memoria.
I due uomini non riuscivano quasi a respirare, sentivano il dolore e la rabbia montare nei loro corpi.
Non potevano essere morti, no, non potevano averli uccisi.
Leonardo si dovette appoggiare a una delle panche, dovette sedersi, le gambe non reggevano più tutta quella angoscia.
Zoroastro si inginocchiò e prese Beatrice tra le braccia.
Le accarezzò i capelli e le baciò il viso sporco di sangue, la strinse forte.
Iniziò a piangere silenziosamente. 
Baciò Beatrice su una guancia.
"Principessa..." mormorò.
Nascose il viso tra i capelli di lei.
Leonardo non riusciva a distogliere lo sguardo dai corpi.
Tre cadaveri.
Andrea era vicino alla porta del laboratorio di sua sorella.
Poco più avanti c'era Benedetto Donati.
E infine Mercuri, vicino all'entrata del cortile.


Mercuri capì che doveva intervenire.
Si rivolse a lei: "Siete una creatura pericolosa." mormorò a denti stretti "Solo la morte ci libererà di Voi." 
Afferrò la spada e si lanciò contro Beatrice.
La ragazza riuscì a scansare il primo maldestro e furioso fendente, ma indietreggiando inciampò in una panca, cadde a terra, sulla schiena.
Mercuri fu sopra di lei, le diede alcuni calci.
"Muori strega! Muori!" le urlò e alzò la spada per colpirla "In nome di Dio io ti..."
Non terminò la frase.
La sua bocca annaspò, si riempì di sangue.
Girolamo era arrivato alle sue spalle e gli aveva trafitto la gola con il suo coltello.
Estrasse la lama, Lupo barcollò incapace di respirare, si accasciò a terra.
Mentre soffocava nel suo stesso sangue lanciò un ultimo sguardo accusatore verso Girolamo.
Beatrice respirava affannosamente, guardò il corpo esanime di Mercuri a pochi passi da lei, poi incrociò i suoi occhi con quelli scuri di Riario.
Voleva dire qualcosa ma non aveva voce, era pietrificata, incredula.
Il conte Riario le aveva salvato la vita.
Girolamo rinfoderò il pugnale, si girò e uscì dal cortile seguito dai suoi uomini.

Beatrice ricominciò a singhiozzare tra le braccia di Zoroastro, si aggrappò a lui. 
Gli occhi le bruciavano, faceva fatica a tenerli aperti.
"Principessa..." le disse, stringendola ancora più forte ma con dolcezza. 
Lei non riusciva a parlare, a raccontare.
Oltre la spalla di Zo vide suo fratello, piangeva tenendosi la testa fra le mani.
Per un attimo i loro sguardi si incontrarono, increduli e disperati.
Leonardo si alzò, si inginocchiò accanto a loro e appoggiò la testa sulla spalla di Bea, lei gli passò un braccio attorno alle spalle e lo strinse forte.
Per un pò Beatrice, Leonardo e Zoroastro rimasero così, abbracciati, piangendo, dandosi forza e conforto l'un l'altro con il calore dei loro corpi, con la stretta delle loro mani, senza parlare.
Nessuno lo disse ma era chiaro, cristallino come le loro lacrime.
No, non ci poteva essere perdono.


Angolo dell'autrice:
Lo so, è un capitolo triste, terribile.
Spero vi sia piaciuto e che vorrete conoscere il seguito.
Un abbraccio! 
VerdeIrlanda 






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Capitolo 15
*** Le ceneri della libertà. ***




Dragonetti guardava Leonardo, cercando di capire cosa fosse accaduto quella mattina alla bottega del Verrocchio.
Erano nel laboratorio dell'artista, era stato inevitabile informare le guardie di Firenze.
"Quindi Voi e il Vostro amico Zoroastro siete tornati a casa e avete trovato i corpi?" chiese il capitano.
Leonardo annuì.
"E non avete idea di cosa sia successo?"
"No."
"E Vostra sorella? Era in casa?" chiese Dragonetti.
"No, era uscita anche lei." tagliò corto Leonardo. 
"Sentite Da Vinci, capisco che siate sconvolto ma dovete aiutarmi a capire."
In quel momento nella stanza entrò Lorenzo de Medici.
"Signore." Dragonetti si alzò in piedi "Cosa Vi porta qui?"
"Leonardo mi ha informato di quanto accaduto." mostrò un biglietto che Zoroastro gli aveva consegnato "Credo che la mia presenza sia doverosa per comprendere ciò che è successo."
Da Vinci iniziò a spiegare: "In pochi ne sono al corrente, da mesi sto lavorando a nuove macchine da guerra per i Medici. Il conte Riario, il portavoce di Roma, aveva già cercato di rubare i miei progetti. Non ci è riuscito, ha evidentemente mandato degli uomini per riprovarci. L'uomo vestito di nero che avete trovato morto nel cortile era Lupo Mercuri, un suo fidato collaboratore. Avrà cercato di rubare in casa mia e Andrea deve averlo sorpreso..." si interruppe, gli veniva da piangere.
Dragonetti capì che Da Vinci stava omettendo molti dettagli, ma decise di non insistere per il momento.
"E il terzo uomo?"
"Non lo conoscevo. Non so cosa ci facesse qui." rispose.
"Sono addolorato per la vostra perdita, so quanto Voi e Beatrice foste affezionati a Verrocchio." disse Lorenzo "Dragonetti, confido che tratterete questa vicenda con riguardo e discrezione."
Il capitano annuì e si congedò porgendo le condoglianze a Leonardo.
Rimasti soli Lorenzo continuò: "Dobbiamo interrompere il Vostro lavoro Da Vinci, mi rincresce ma quello che è successo qui è troppo grave. Se Roma intende ostacolarci col sangue dobbiamo fermarci, riprenderemo quando le acque si saranno calmate. Se mai si calmeranno."
Leonardo annuì.
Non appena Lorenzo ebbe lasciato la bottega Zoroastro raggiunse Leonardo nella stanza: "È andato tutto secondo il piano?"
"Ho raccontato a Dragonetti la storia che abbiamo concordato. Gli ho detto che nessuno era presente all'agguato e che probabilmente è stato un tentativo di rubare i miei progetti. Sia lui che Lorenzo ci hanno creduto."
"Credi sia stata la scelta migliore?" chiese Zo.
Leo sospirò: "Come avremmo potuto spiegare la presenza di Riario, del padre di Lucrezia? Avremmo dovuto raccontare ogni cosa, e le conseguenze sarebbero devastanti per tutti.
Beatrice? Lei come sta?" chiese all'amico. 
Zo l'aveva portata via dalla bottega prima che arrivassero le guardie.
"È a casa mia, è ancora scioccata, non ha detto una parola." rispose Zo.
Leonardo si passò una mano tra i capelli: "Deve essere stato orribile...ha visto tutto...chissà cosa è successo stamattina, cosa avrà scatenato tutta questa morte? Riario in fondo voleva catturare Donati, perché uccidere Andrea? E come è morto Mercuri?"
Zo scosse la testa: "Non lo so. Non appena Beatrice starà meglio ci spiegherà. Adesso che facciamo?"
Leonardo non sapeva cosa rispondere.


Girolamo entrò nella sua stanza, si tolse la giacca nera, si sciacquò il viso alla toiletta. 
L'acqua fredda sulla pelle gli diede sollievo.
Era ancora agitato per quello che era successo poco prima.
Guardò la giacca sporca del sangue di Mercuri.
Lo aveva ucciso, lo aveva pugnalato. Era stato il suo devoto collaboratore per anni, e comunque lo aveva assassinato. Tutto per salvare Beatrice.
Di norma lui era equilibrato, freddo, calcolatore, ma quella ragazza riusciva a fargli perdere tutte le certezze che aveva.
Sarebbe stato difficile spiegare la morte di Mercuri a Roma.
Chiamò il capo dei suoi soldati, gli ordinò di dimenticare ciò che era successo, così avrebbero dovuto fare anche i suoi uomini: "Se ve lo chiedono, è stato Donati a uccidere Mercuri, e poi Voi avete ucciso Donati."
Di certo non poteva far emergere la verità, avrebbe pagato caro se si fosse saputo.
Il nipote del Papa che uccide un uomo per salvare una ragazza fiorentina in odore di stregoneria.
Sarebbe stato scandaloso, papa Sisto non glielo avrebbe perdonato, gli sarebbe costato la vita.
Ripensò agli eventi della mattina.
Sicuramente Da Vinci aveva avvisato le guardie, di certo non poteva occultare dei cadaveri e nascondere la morte del suo mentore Verrocchio.
Si chiese cosa avrebbe raccontato per giustificare quella strage, se Beatrice avrebbe detto tutto quello che era successo.
Già, Beatrice.
L'aveva baciata, era stato un impulso irrefrenabile.
La voleva da tempo, e ora che aveva assaggiato il sapore della sua bocca e accarezzato le forme del suo corpo questo desiderio si era fatto più intenso.
Mercuri, pace all'anima sua, gli aveva rimproverato una sorta di innamoramento, e in effetti lei gli piaceva molto, forse la trovava perfino simpatica a tratti.
Ma al momento Girolamo sentiva di non provare nessun melenso sentimento, non era un intento romantico a guidarlo, era lussuria.
Si sedette sul letto, riflettendo.
Da Beatrice voleva di più, voleva la stessa passione e lo stesso ardore con cui la desiderava lui. Ma sapeva che da lei non gli avrebbe mai avuti.
Bussarono alla porta.
"Avanti." disse alzandosi.
Goffredo entrò nella stanza.
Riario aveva dimenticato, gli aveva detto di passare alla tenuta in mattinata.
Era lui l'uomo incappucciato, la spia che aveva incaricato di seguire Zoroastro.
"Sedete Goffredo. Posso versarVi un bicchiere di liquore?" chiese, lui ne sentiva il bisogno.
"Volentieri conte." 
Girolamo riempì due bicchieri, ne porse uno al suo informatore.
"Dunque, stanotte mi avete avvisato della presenza di Donati a casa di Da Vinci. Vi ringrazio nuovamente per il Vostro solerte tempismo."
"Sono onorato di servire Voi e la Chiesa. Conte...sono passato alla bottega del Verrocchio stamattina...ho visto dei cadaveri...che è successo?"
Riario sospirò: "È stata una tragica mattina Goffredo, il prigioniero ha ucciso Mercuri, ed è stato a sua volta ucciso."
"Sono costernato! Povero Mercuri...era un uomo così devoto."
"Già." mormorò Riario, poi chiese "Siete passato alla bottega avete detto? Cos'altro avete visto oltre ai cadaveri?"
Goffredo tracannò il liquore e gli rispose: "Sono arrivato presto, ho visto i corpi coperti dai lenzuoli. Quel ragazzino, Nico, è uscito dal cortile in lacrime, è tornato poco dopo con le guardie."
"Dunque Dragonetti è stato informato." commentò Girolamo.
"Sì, e anche Lorenzo de Medici. È arrivato alla bottega anche lui. Non sono rimasti molto tempo. Cosa si siano detti purtroppo non lo so." 
Riario annuì: "In qualche modo lo scoprirò. E Beatrice? L'avete vista?"
"La ragazza è andata via con Zoroastro, l'ha portata nella sua soffitta e poi è tornato da Da Vinci. Conte Riario, comprendo che la situazione si sia fatta scottante dopo gli ultimi eventi.
Ditemi come posso aiutarVi!"
Girolamo guardò Goffredo: "Continuate a controllare Zoroastro, ma non solo, anche Beatrice. Questo sarà di grande auto. Devo conoscere ogni loro spostamento, ogni loro mossa."
"E quel Da Vinci? Devo seguire anche lui?"
"Una mia spia se ne sta già occupando." spiegò Riario.
All'improvviso nella mente gli balenò un pensiero: Da Vinci aveva conosciuto il padre di Lucrezia, sicuramente sapeva tutto.
E ora che Donati era morto la donna non era più in suo potere.
Era diventata inutile, un inutile peso.


Lucrezia era seduta sul divano, accanto a lei c'era Leonardo.
Le aveva appena detto di suo padre.
"Come è successo? È stato Girolamo?" chiese tra i singhiozzi.
"Non conosco i dettagli. Beatrice non ci ha raccontato come si sono svolti i fatti, è ancora scioccata." spiegò "Quando se la sentirà ci dirà tutto."
Le prese le mani, le baciò, poi la abbracciò.
Lucrezia si appoggiò a lui piangendo: "Almeno l'ho visto un ultima volta..."
"Gliela faremo pagare Lucrezia, Ve lo prometto." le disse Leonardo "Pagherà per Vostro padre, e per Andrea."
La donna gli accarezzò il viso e lo baciò.
Lui la guardò, poi la baciò a sua volta.
"Ti amo Lucrezia...forse non è il momento adatto per dire certe cose..."
"Non c'è un momento più adatto per sapere del tuo amore." lo baciò di nuovo.
Rimasero insieme abbracciati per un po', poi Leonardo le disse: "Ora che tuo padre è morto  Riario non può più ricattarti. Non gli servi più, potrebbe volerti eliminare. Non sei al sicuro Lucrezia, devi andartene."
Lei annuì. Era disposta a lasciare tutto, la sua casa, suo marito. Ora poteva farlo, ne aveva finalmente la forza, il coraggio. E aveva Leonardo al suo fianco.


Beatrice uscì dalla vasca da bagno, si avvolse nel telo di lino e si sedette sul bordo.
Si sentiva stanca, come se avesse corso per ore.
Fissò il suo vestito azzurro per terra, il sangue era ormai secco sulla stoffa.
Uscì dal bagno ed entrò nella camera da letto.
Su una sedia c'erano la sua camiciola marrone e la gonna porpora, Zo doveva averli presi quando era tornato alla bottega. Sorrise per la sua premura.
Iniziò a vestirsi, aveva appena finito quando Zoroastro apparve sulla soglia.
"Grazie per i vestiti. Puoi buttare quello in bagno per favore? Non voglio tenerlo, non voglio vederlo mai più." gli disse.
Lui le sorrise e la abbracciò: "Certo principessa." le baciò la testa "Ti ho portato anche la borsa coi medicinali, ti aiuto a curare questi tagli."
Si sedettero al tavolo in cucina, Zo prese la pomata e iniziò a medicare le ferite che le aveva inferto Mercuri.
Leonardo li raggiunse in quel momento.
"Come stai sorellina?" chiese sedendosi accanto a lei.
"Ho solo piccoli tagli, qualche livido. Ma sono viva, respiro. Non c'è niente che conti di più dopo quello che è successo." rispose con voce tremante.
Leo le strinse le mani: "Bea...so che è difficile ma vorremmo sapere cosa è successo questa mattina."
Allora lei raccontò tutto: l'arrivo di Riario, il soldato che uccideva Andrea, il sacrificio di Donati.
E poi Mercuri, la sua morte.
"Riario ti ha salvato la vita?" Leonardo era stupefatto. "Già una volta ti ha difesa, ricordo bene?"
 "Evidentemente quando diceva che gli stavi a cuore era vero." disse sarcastico Zo.
"Sì. E me lo ha detto di nuovo oggi." Beatrice raccontò di come Riario l'avesse aggredita e baciata nel suo laboratorio.
Zo si alzò e iniziò a camminare nervosamente.
"Non potevo non dirvelo." disse Bea, le dispiaceva vedere Zoroastro così arrabbiato.
"Hai fatto bene, non preoccuparti." le disse Leo "È importante sapere tutto quello che è successo, non possiamo sottovalutare nulla se vogliamo difenderci da Riario. E tu, amico mio, stai sbollendo?"
Zoroastro lo guardò, piegò la testa da un lato e poi dall'altro: "Abbastanza. Sono preoccupato, e furioso per quello che è successo. Per tutto quello che è successo.
Ma un uomo saggio tempo fa mi ha detto che se vogliamo sconfiggere Riario dobbiamo rimanere calmi e lucidi. Voglio onorare così Andrea, seguendo il suo consiglio. E un giorno avremo giustizia per lui."


Beatrice era sola nella soffitta, Leonardo e Zoroastro erano usciti a prendere qualcosa da mangiare al mercato.
Sentì bussare alla porta, si avvicinò e chiese chi fosse.
"Sono Dragonetti, fatemi entrare signorina."
Lei aprì la porta e lo fece accomodare.
"Speravo di trovarVi qui. Scusate l'intrusione, so che è un momento difficile. Non mi tratterrò molto." guardò le ferite che aveva sul volto, il labbro era piuttosto gonfio, ma non glielo fece notare per galanteria.
"Non preoccupatevi. Come posso aiutarVi?"
"Vorrei che mi raccontaste di questa mattina. Vostro fratello mi ha detto che Voi non eravate a casa, ma c'erano impronte di sangue lasciate da una scarpa femminile nel cortile. Sono capitano da tanti anni, certi particolari non mi sfuggono. 
Capisco che i Vostri cari vogliano proteggerVi...deve essere stato terribile, posso solo immaginare cosa dovete aver provato. Raccontatemi tutto Beatrice."
Lei si sedette e iniziò a piangere: "Non posso..."
Dragonetti si sedette vicino a lei: "Fidatemi di me Beatrice." le porse un foglio.
Beatrice lo prese, lo lesse: "Oh mio Dio! È la denuncia contro di me!" sgranò gli occhi "Come...cosa...come mai me la avete portata?"
"Perché possiate distruggerla."
Bea lo guardò interrogativa.
"Questa denuncia e quello che è successo stamattina, è tutto parte di un orribile disegno, non è vero? Sono eventi che era impossibile non collegare. 
Voglio evitare che nasca altra sofferenza Beatrice. Raccontatemi, Vi prego."
Bea lo guardò, le lacrime continuavano a scendere e con voce tremante gli disse tutto.
Ovviamente non parlò del Libro delle Lamine, mantenne la versione di Leonardo.
Parlò del ricatto di Riario e degli omicidi.
Dragonetti la ascoltò con attenzione: "E il terzo uomo dunque era insieme a Mercuri?"
"Era un suo prigioniero." rispose Beatrice, in fondo era la verità.
Il capitano annuì, poi disse: "Quello che il conte Vi ha fatto è orribile. Ora che so cosa è successo sono sempre più convinto di aver fatto bene a trafugare la denuncia."
Zoroastro e Leonardo rientrarono a casa, videro Dragonetti e chiesero spiegazioni sulla sua presenza, Beatrice gli rispose.
"Capitano...Vi dobbiamo molto, davvero..." iniziò Leonardo, ma lui lo interruppe.
"No, non mi dovete nulla. Ho solo fatto ciò che era giusto fare." guardò  Beatrice "Bruciate quel foglio, salvate tutti voi da questa spada di Damocle che pende sulle vostre testa. Forse così potrete finalmente essere liberi."
Girò sui tacchi e si congedò.
Beatrice gli andò dietro, e prima che uscisse lo abbracciò.
"Grazie." gli mormorò.
Dragonetti annuì, e uscì dalla casa.
Quell'uomo da tutti considerato burbero e ossessivamente corretto, così fedele alla città, un devoto sostenitore del dovere militare questa volta aveva tradito la legge che serviva da tanti anni.
Tutto per seguire il suo istinto, la sua coscienza, per aiutare chi era fragile e in difficoltà.
In fondo è per questo che servo Firenze, pensò.
Mentre tornava a casa sapeva di aver fatto la cosa giusta.
Zoriastro aprì lo sportellino della stufa: "A te l'onore principessa."
Beatrice strappò la sua denuncia e la gettò nel fuoco, tutti e tre guardarono la carta diventare cenere.
Videro le braci di quello che per loro era stata come una pesante catena.
Dopo il più terribile e doloroso dei giorni tutti loro, finalmente, erano liberi dalla stretta di Riario. 








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Capitolo 16
*** La profezia. ***




Beatrice appoggiò delicatamente la coroncina di fiori bianchi sulla tomba di Andrea.
Si chinò e si baciò la punta delle dita per poi appoggiarle sulla lapide.
"Ti sono sempre piaciuti questi fiori di campo, dicevi sempre che la bellezza più grande sta nelle cose piccole e delicate." mormorò asciugandosi le lacrime col dorso della mano "Mi manchi Andrea. Manchi a tutti noi. Ti prometto che avrai giustizia, chi ti ha fatto questo pagherà." 
Era passato quasi un mese dall'agguato alla bottega, Beatrice si recava al cimitero spesso per portare i fiori sulla tomba di Andrea.
Pose un mazzo di fiori anche sulla tomba di Donati: "Ve li manda Lucrezia." disse "Sta bene, ci prendiamo cura di lei."
Non c'era nessun nome scritto sulla lapide perché ufficialmente nessuno conosceva l'identità del defunto, ma Leonardo Vi aveva fatto apporre una scritta su richiesta di Lucrezia: 'Qui riposa un uomo buono, un padre affettuoso.'
Beatrice lasciò il camposanto per tornare a casa, ovvero la soffitta di Zoroastro.
Si era trasferita da lui, non riusciva ancora a tornare alla bottega senza provare nausea e dolore.
Passeggiando arrivò vicino al Duomo, c'era una gran folla come sempre. 
Si infilò nei vicoletti, sotto ai portici e lì lo vide.
Era in piedi davanti a un portone, vestito con pantaloni scuri e un kaftano azzurro bordato d'oro.
Le sorrise, i suoi occhi brillavano.
Beatrice non aveva mai visto il suo volto ma Leonardo aveva fatto di lui un'accurata descrizione.
Gli si avvicinò, deglutì, poi disse: "Voi siete Al-Rahim, vero?"
Il Turco le prese la mano e la baciò, sempre sorridendo: "Vi aspettavo Beatrice."

Erano saliti al terzo piano dell'edificio.
Al-Rahim la fece accomodare in una stanza dove c'erano dei divani color porpora in stile romano, diversi vasi in vetro, la fece sedere di fronte a un tavolino su cui c'erano una teiera in argento e due tazze.
Il Turco si mise accanto a lei e le versò dell'infuso.
"È una bevanda alla menta." spiegò "Nel mio paese è molto apprezzata."
"Piace molto anche a me." gli sorrise.
"Ho saputo quanto è accaduto. Immagino il Vostro dolore, lo percepisco dato che come Voi ho perso un caro amico."
"Donati si è sacrificato pur di non rivelare cosa sapeva. Mi ha detto che siete stati entrambi imprigionati e torturati da Riario a Roma." gli disse.
Al-Rahim annuì: "È vero. Voleva informazioni sul libro e sulla profezia. È stato molto tempo fa ormai. Io sono riuscito a scappare prima che mi estorcessero la verità e sono giunto a Firenze. 
Donati invece è stato ripreso.
Lui sapeva ben poco in realtà. Una volta fuggito da Riario avrebbe dovuto raggiungermi e portare tutti voi da me perché vi spiegassi.
Ma tutto è precipitato..." scosse la testa, poi le sorrise di nuovo "L'importante a questo punto è che Voi siate qui e che io possa dirVi ogni cosa."
"Non volete che chiami anche Leonardo..."
"No, abbiamo poco tempo, le spie di Riario controllano ogni angolo di Firenze. Beatrice, Donati Vi ha anticipato qualcosa?"
Lei annuì: "Mi ha solo detto che una volta trovato il Libro delle Lamine noi ne diventeremo i custodi, e che un giorno lo consegneremo a coloro che sono stati destinati a leggerlo e a cambiare il mondo grazie agli insegnamenti contenuti in quelle pagine."
"Vi ha parlato della profezia? Quella espressa dalla mappa?"
"Mi ha solo detto che c'è. Ma non ho avuto modo di chiedergli se la mia interpretazione fosse giusta." spiegò Beatrice "Io...credo di aver capito...le parole sulla mappa indicano la maternità vero? Intendo, indicano il grembo di una madre..."
Al-Rahim annuì sorridendo: "È esatto! Sapevo che avreste capito."
"Abbiamo capito ma non sappiamo cosa fare.  Cosa dobbiamo aspettarci? Insomma, è ovvio che nel grembo cresceranno i prescelti. Ma chi dobbiamo cercare? Di chi è questo grembo?"
Il Turco le prese la mano e la guardò intensamente negli occhi: "È il Vostro, Beatrice."

Beatrice sgranò gli occhi, per poco la tazzina non le scivolò: "Cosa?"
"Voi avrete un figlio. Non solo Voi, anche Lucrezia avrà un bambino."
"Non capisco, io..." 
Al-Rahim la interruppe per spiegare: "Un giorno Voi e Lucrezia darete alla luce un figlio. Una di voi due ne avrà anche altri se vorrà. Quei bambini saranno i predestinati a cui consegnerete il Libro delle Lamine, lo leggeranno, grazie a quegli insegnamenti essi e i loro discendenti cambieranno il mondo.
Lo cambieranno con piccoli gesti, occupandosi degli altri, aiutando i più deboli contro i malvagi."
Beatrice scosse la testa: "No un momento...perché noi?"
Lui le sorrise: "Il destino non agisce mai per caso: ci fa incontrare per una ragione, c'è sempre un motivo quando intreccia le vite delle persone.
Voi siete venuti al mondo e vi siete trovati, riconosciuti. 
Non è un caso che Voi e Leonardo siate fratello e sorella, non è un caso che abbiate incontrato Zoroastro e Lucrezia. 
Vedete Beatrice, voi tutti siete discendenti di Figli di Mitra. La madre di Leonardo e il padre di Lucrezia...lo erano...e lo era anche Vostra madre." Bea sussultò "Sì, lo era. E anche il padre di Zoroastro.
Sapevamo che un giorno sarebbe successo. Il male sarebbe cresciuto, avrebbe acquistato forza, così il destino che da sempre veglia su noi Figli di Mitra ha iniziato a dare forma alla profezia. 
I Maestri come me hanno vegliato per anni, fino a che è stato evidente chi erano i quattro depositari di tale profezia, voi.
Quattro persone, quattro vite che si uniscono."
Beatrice era confusa, cercava di mettere insieme i pensieri: "Come avete capito che eravamo noi? Siete sicuro di esserVi sbagliato?"
Al-Rahim le sorrise: "Siete voi , ne sono sicuro. La profezia fu scritta centinaia di anni fa. 
Un giorno due Figlie e due Figli di Mitra genereranno due figlie e due figli. 
Tre cresceranno insieme, una crescerà lontana, due di loro si vorranno bene come fratello e sorella, uno di loro sarà da sempre amico fidato mentre una di loro sarà prima nemica e poi amica. Si innamoreranno un giorno, condivideranno un sentimento profondo e mai provato.
I quattro finalmente saranno uniti."
Beatrice tremava, quella profezia in effetti sembrava proprio parlare di loro.
Bevve il tea alla menta tutto d'un fiato, poi chiese: "Cosa dobbiamo fare?"
"Dovete trovare il Libro delle Lamine. Poi dovrete fuggire lontano, in un posto sicuro.
E poi accadrà. Non potrete programmarlo, quando sarà il momento avrete i bambini."
"E come dobbiamo crescerli? E avete detto che una di noi potrebbe avere altri figli, l'altra non ne avrà? Abiteremo tutti nella stessa casa come una grande famiglia?" la ragazza aveva molte domande da fare.
Lo sguardo del Turco si incupì, lo abbassò per un istante.
Era terribile ciò che stava per dirle.
"Cosa succede Al-Rahim? Il vostro viso non fa presagire nulla di buono." disse Beatrice.
"La profezia dice altro. E mi si spezza il cuore conoscendola. Voi e Lucrezia...entrambe darete alla luce un bambino. Ma solo una di voi li crescerà, solo una di voi si prenderà cura dei due bambini come se fossero entrambi suoi."
Beatrice sentì il cuore battere più forte: "Perché?" mormorò.
"Un giorno" spiegò il Turco con sguardo triste "succederà qualcosa. Non so né cosa sarà né quando accadrà.
Ma quando tutto sarà finito una di voi sarà morta."
Questa volta la tazzina le cadde di mano, finì sul pavimento con un rumore metallico.
"Quel giorno solo una rimarrà in vita. Non so chi morirà, ma è quello che deve accadere.
La sopravvissuta crescerà i bambini, li amerà entrambi come se entrambi fossero usciti dal suo grembo."
Beatrice si morse le labbra, nervosa e spaventata da quella previsione.
Chiese al Turco: "E Leonardo e Zoroastro? A loro cosa succederà?"
"Loro vivranno. Ma quando sarà successo, quando uno di voi sarà morta...uno rimarrà con la sopravvissuta e crescerà i bambini come un padre amorevole. L'altro se ne andrà, dovrà andarsene."
"Volete dire che il compagno di colei che morirà lascerà tutto, dovrà abbandonare suo figlio e non vederlo più?" Bea era sconvolta "Non è giusto! Tutto questo non è giusto!"
Al-Rahim la guardò, comprendeva la sua rabbia: "Beatrice, non abbandonerà nessuno. Lo lascerà con le persone che sa che lo ameranno come un figlio proprio.
 E credetemi, quando perderà la donna che ama sentirà lui stesso di non poter più restare, sentirà che l'unica cosa che può dargli conforto è andare lontano."
Beatrice scosse la testa. Era ingiusto.
"Non c'è modo di cambiare tutto questo? Perché non possiamo vivere entrambe? Perché?" quasi urlò.
"Perché purtroppo non si può controllare tutta la malvagità che ci circonda. Neanche il destino può farlo." le rispose Al-Rahim.
"E se ci rifiutassimo?" azzardò lei "Potremmo vivere la nostra vita senza la profezia."
"È un vostro diritto, di tutti voi. Ma rispondetemi con onestà: dopo quello che avete sofferto, dopo quello che avete visto e conosciuto lascerete che il male trionfi? Lascerete che l'umanità rimanga in balia di uomini malvagi? 
È quello che accadrà se i vostri figli non nasceranno, se non leggeranno il Libro delle Lamine.
Ci saranno anni bui Beatrice, in cui il mondo vedrà le menti più diaboliche mettere in atto stragi, massacri, stupri, genocidi.
In quegli anni i vostri discendenti si schiereranno con i deboli, i fragili, i perseguitati.
Porteranno la luce contro l'oscurità.
E in qualche modo la sconfiggeranno.
Ma accadrà solo se permetterete alla profezia di avverarsi.
Ve lo chiedo di nuovo: lascerete che il male trionfi senza fare nulla?"
Beatrice trattenne il respiro, poi scosse la testa e rispose: "No. Non potrei mai permetterlo."
Al-Rahim le sorrise: "Vedete. La Vostra generosità e il Vostro coraggio. C'è un motivo se il destino Vi ha scelta, come ha scelto gli altri.
Raccontate loro ciò che Vi ho detto. 
Spero che capiscano come avete compreso Voi.
Vi auguro ogni bene e ogni fortuna Beatrice. 
Noi non ci vedremo più."
"Come non ci vedremo più..." fu interrotta dal rumore di vetri infranti.
Si voltò di scatto, dietro di lei sul pavimento c'erano i cocci di un vaso di vetro colorato.
Si girò nuovamente verso Al-Rahim, ma lui non c'era più, era come svanito.

Il silenzio era calato nella soffitta di Zoroastro.
Nessuno parlava.
Beatrice aveva riferito agli altri le parole del Turco, e ciò che aveva raccontato era suonato tanto sconvolgente da togliere il fiato e da confondere i pensieri.
Lucrezia si sedette su una sedia, si tormentò le labbra con i denti.
Leonardo era in piedi immobile, cercava di pensare, di trovare le parole.
Zoroaster invece iniziò a camminare avanti e indietro ore la stanza, cosa che era solito fare quando era nervoso.
A un certo punto si bloccò, guardando Beatrice: "E tu gli hai detto che sei d'accordo, che vuoi farlo?" 
Beatrice annuì: "Vorrei essere egoista Zo, vorrei fregarmene. Ma so che non me lo perdonerei mai. Non posso mettere la mia vita davanti a tutto questo, davanti alla possibilità che i nostri discendenti riescano a cambiare il mondo." 
Lui si avvicinò a lei: "Sei sicura principessa? Perché se sei sicura io sarò con te."
Lei gli sorrise e gli accarezzò il viso: "Meno male, perché in effetti il tuo apporto è fondamentale."
Lui ricambiò il sorriso e la strinse, le baciò la fronte.
Beatrice guardò Lucrezia, finora era stata silenziosa: "Cosa vuoi fare? Dobbiamo essere tutti d'accordo secondo me."
La Donati alzò la testa, aveva gli occhi lucidi: "Mio padre...ha avuto il coraggio di sacrificare tutto. Lo ha fatto perché era un Figlio di Mitra, anche noi lo siamo.
Sono pronta a rischiare tutto, anche la mia vita. Io ci sto. Voglio farlo."
Zoroastro guardò il suo migliore amico: "Cosa ne pensi Leo?"
Leonardo li guardò. Sospirò. 
Poi annuì: "Le vite non vengono intrecciate senza un motivo, giusto? Le persone si incontrano e si riconoscono, si scelgono tra centinaia di individui. 
È così che ti ha detto il Turco. Ed è vero. Noi ne siamo la prova. 
Ci siamo trovati, ci siamo riconosciuti.  
E siamo legati in modo indissolubile." guardò sua sorella, si sorrisero "D'accordo. Sono con voi."
Dopo cena Lucrezia aiutò Beatrice a rassettare, a un certo punto le chiese a bassa voce: "Hai paura di morire?"
Bea annuì: "Sì. Ma è più forte il senso del dovere della paura. E tu?
Lucrezia disse: "Oh sì, tanta tanta paura! Pensavo che sarei morta di vecchiaia...e invece potrei morire giovane e senza poter vedere crescere mio figlio..."
"Lo so. È il pensiero che tormenta anche me. Ascolta Lucrezia, ti faccio una promessa. Arriverà un giorno in cui ci renderemo conto che non passerà molto tempo prima che una di noi muoia." le prese la mano "Ti prometto che mai e poi mai spererò che tocchi a te lasciare questo mondo."
A Lucrezia si inumidirono gli occhi, strinse forte la mano di Beatrice: "Lo prometto anch'io Bea." 


Angolo dell'autrice: 
Siete davvero in molti a leggere la mia storia, grazie, mi fa un immenso piacere. :)
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, se avete voglia recensite. ^^
A presto! 
Un abbraccio.
VerdeIrlanda 





 

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Capitolo 17
*** Prigionia e libertà. Tutto in una notte. ***




Girolamo era seduto nello studio, leggeva la missiva che Sisto IV gli aveva inviato.
Non conteneva buone notizie.
Il Papa gli intimava di risolvere la questione, se avesse fallito lo avrebbe declassato, lo avrebbe ridotto ad essere unicamente il reggente di Imola e avrebbe dovuto sposare Caterina Sforza per stringere i legami con Milano.
Ed era l'ultima cosa che Riario voleva.
Goffredo si presentò sulla soglia.
"Perdonate signore. Mi hanno detto che Vi avrei trovato qui."
"Entrate, stavo solo leggendo. Quali novità mi portate?"
"Signore, il Turco, l'ho visto stamattina a Firenze. Ha preso contatti con Beatrice Da Vinci." spiegò Goffredo  avvicinandosi "Hanno parlato a lungo."
Deve averle detto tutto, pensò Girolamo, le avrà parlato del Libro, della profezia.
"Molto bene. Vivono ancora nella soffitta?" chiese, Goffredo annuì "Allora so cosa fare."

Era ormai calata la notte.
Leonardo stava sistemando le ultime cose nella sacca.
"Sei certo che sia una buona idea amico mio?" gli chiese Zoroastro.
"Ormai non ho notizie di Riario da tempo. Credo che non abbia ancora deciso che ossa fare, quindi dobbiamo anticiparlo." rispose.
Avevano deciso di lasciare Firenze, avrebbero trovato un posto sicuro e tranquillo e lì avrebbero proseguito la ricerca.
"Riario ancora non sa che Dragonetti ci ha permesso di distruggere la denuncia contro Bea, ma non appena scoprirà di non averci più in pugno potrebbe rivelarsi ancora più pericoloso." continuò Leonardo "Quindi dobbiamo agire prima che possa organizzarsi. Dunque, il piano vi è chiaro?"
Zo sbuffò: "Sì, ce lo hai fatto ripetere mille volte, e per l'ennesima volta: tu parti stanotte con Lucrezia, vi fermerete in una locanda poco distante da Siena, all'Oca bianca. Tra due giorni, sempre di notte, io e Bea lasciamo la città e vi raggiungiamo."
Leo annuì: "Esatto! Mi raccomando, un bagaglio leggero e poco voluminoso per non destare sospetti, non sappiamo quanti occhi abbia a disposizione Riario per spiarci. E seguite il percorso che vi ho fatto vedere, lì non vi cercheranno."
Li abbracciò e sparì nella notte.
Bea e Zo si diressero verso la soffitta.
"Non preoccuparti, tuo fratello sa quello che fa." disse Zo.
Lei annuì, ma era comunque agitata per questa fuga.
Dopo poco arrivarono vicino ai portici, e Zoroastro la prese per mano: "Vieni con me." le disse.
"Che c'è?" chiese lei, lui l'aveva portata sotto al porticato, in quell'intricato labirinto di arcate e mura.
"Che cosa c'è?" chiese lei di nuovo.
Zo non le rispose, invece la baciò con passione, spingendola delicatamente in un angolo in penombra, facendola appoggiare contro il muro.
Bea capì cosa voleva fare, arrossì all'idea.
Lui continuò a baciarla sulla bocca, sul collo, le sue mani scivolarono sulle spalle, i fianchi, le gambe.
Bea avvertì dei brividi percorrerla, sentiva un piacevole calore sotto pelle. 
Quando Zoroastro  la toccava andava in estasi, la faceva sentire così bene.
Ricambiò i suoi baci e le sue carezze, gli sorrise.
Lui le baciò la guancia, e le sussurrò all'orecchio: "Sei splendida principessa." tornando poi a baciare e mordicchiare le sue labbra.
Iniziò ad alzarle la gonna, infilò le mano sotto la stoffa accarezzandole le cosce con le dita, lei intanto slegò i lacci dei suoi pantaloni.
Continuando a baciarla lui la sollevò con dolcezza e entrò dentro di lei.
Bea sussultò, era tutto così assurdo, insolito, e incredibilmente eccitante.
Fecero l'amore in quel piccolo angolo poco illuminato, appoggiati al muro di pietra. 
A malapena riuscivano a distinguere i contorni del viso e del corpo dell'amante, ma potevano veder brillare gli occhi l'uno dell'altra alla luce di torce lontane.
Bea vedeva gli occhi scuri e profondi di Zo, così simili alla lucida pietra d'onice, si perse in quello sguardo.
Zoroastro era altrettanto rapito e perduto negli occhi verdi di Beatrice, quel verde così meraviglioso, Dio, come l'amava.
Lei si aggrappò al suo amante nel momento di piacere più intenso, mormorò il suo nome diverse volte, lui la strinse forte.
Quando ebbero finito lui la rimise coi piedi per terra con delicatezza, entrambi respiravano profondamente, si guardarono.
Lui la baciò con dolcezza, lei ricambiò e gli sorrise, non dissero nulla, perché in fondo non c'era nulla da dire.

Zo aprì la porta della soffitta e fece entrare Beatrice.
La stanza era quasi buia, da una delle finestre entrava un filo di luce lunare.
"Accendo le candele." disse lei mentre Zoroastro chiudeva la porta dietro di loro, la ragazza ridacchiò "Dovremmo suggerire a Leonardo di inventare delle candele che si accendono da sole quando entri in casa."
Zo rise: "Non mettergli in testa strane idee..."
In quel momento sentì delle mani afferrarlo.
"CHE DIAVOLO!" gridò, Bea si voltò di scatto, nella penombra vedeva solo un groviglio di braccia e gambe, alcune teste, vide luccicare una spada "SCAPPA BEA, SCAPPA!" le urlò lui colpendo alla cieca, cercando di liberarsi da quella stretta, ma ottenne solo un pugno in pieno viso.
Finì a terra faccia in giù, un ginocchio lo teneva bloccato contro il pavimento, sentì una lama fredda sulla nuca.
Bea non poté fare un passo perché fu spinta con violenza contro il tavolo.
"Dannazione..." sibilò lei mentre un corpo forte la bloccava.
Dalla camera da letto arrivò una voce.
"Finalmente. Era da un po' che vi aspettavamo."
Riario entrò nella stanza accompagnato da due soldati, reggevano i candelabri accesi che illuminarono la stanza.
Bea guardò il conte, vide Zo a terra. Erano in trappola.
Riario si avvicinò al tavolo: "È da molto che non ci vediamo. Seduta!" e il soldato la spinse e la fece sedere sulla panca.
"Cosa volete?" chiese lei.
Girolamo andò dritto al punto: "Voglio sapere cosa Vi ha detto il Turco. E prima che mi diciate con aria innocente che non sapete di cosa io stia parlando lasciatemi dire che so che vi siete incontrati. So che avete parlato."
Bea deglutì: "Lui voleva sapere come è morto Donati, erano molto amici."
"E poi?"
"Mi ha chiesto come procede la ricerca del Libro delle Lamine..."
"Sì certo, ma cosa Vi ha detto? Sicuramente Vi ha parlato del Libro e non solo, Vi ha parlato della profezia." disse Riario.
Lei sostenne il suo sguardo, cercò le parole giuste per prendere tempo: "Lui...lui non mi ha detto nulla. Ha detto che prima dobbiamo trovare il Libro e poi tornerà a parlare con noi..."
"Tz tz tz. Beatrice, Beatrice." disse lui scuotendo la testa, prese uno sgabello e si sedette di fronte a lei, così vicino che la ragazza poteva sentire il suo fiato sul viso "Lasciate che Vi spieghi una cosa. Io capisco quando una persona sta mentendo. Ho affinato questa abilità quando militavo nell'Inquisizione. E Voi mia cara non solo state mentendo, state tergiversando nella speranza che accada qualcosa che vi salvi entrambi."
Le sorrise freddo, la guardò intensamente, era spaventata anche se cercava disperatamente di nasconderlo.
"Ma in fondo è nel diritto di un prigioniero tentare di imbrogliare le carte per salvarsi. Quindi facciamo così. Vi voglio dare un'altra occasione per essere sincera con me. Lui, in piedi!" fece un cenno ai soldati che fecero alzare Zoroastro, lo sbatterono contro il muro tenendo un lungo pugnale premuto contro la sua gola.
Bea sussultò, le mani e le gambe le tremavano, Riario si fece più vicino: "Ascoltatemi molto bene Beatrice perché non lo ripeterò. Avete una sola occasione per dirmi la verità. Se mi mentirete ancora, e credetemi lo capirò, farò legare Zoroastro su questo stesso tavolo vicino a noi e lo torturerò. Gli infiggerò le peggiori sofferenze fino a che non mi direte tutto quello che sapete." le mise una mano dietro la testa attirandola a sé e le mormorò all'orecchio "E Voi sarete costretta a guardare. Vedrete il suo dolore, sentirete le sue urla. Mi vedrete strappargli le unghie delle mani, tormentarlo con ferri arroventati, strappare ogni lembo di pelle dalla carne viva se sarà necessario. Tutto sotto i Vostri bellissimi occhi."
Quella accurata descrizione quasi impediva a Beatrice di respirare, era come se fosse in apnea.
Riuscì a riprendere fiato solo quando Riario si allontanò dal suo viso.
Lei lo guardò negli occhi, non stava mentendo, avrebbe fatto tutto quello che aveva promesso e anche di peggio.
"Dunque?" chiese lui.
Zo intervenne dicendo "Bea no, non devi..." ma a quel punto uno dei soldati gli diede un pugno nello stomaco, poi un forte colpo alla spalla lo fece cadere in ginocchio.
Il soldato prese Zoroastro per i capelli, gli tirò indietro la testa e gli premette con forza la lama affilata contro la base del collo, tagliando la pelle quel tanto che bastava per farlo sanguinare.
"NO! Vi prego!" Bea si alzò per andare da lui ma Riario la tirò per un braccio, la rimise seduta, poi le afferrò la mascella con una mano per farle girare il viso verso di lui.
"Dunque?" ripetè innervosito "Cosa mi rispondete?"
Girolamo era di nuovo vicino al viso di lei, sentiva il suo respiro, poteva vedere i suoi occhi verdi riempirsi di lacrime, un labbro tremava.
Beatrice guardò Riario, poi Zoroastro. 
Merda, pensò, mi ha in pugno, ancora una volta.
Si liberò dalla stretta delle dita di Riario, si massaggiò il mento: "E se io Vi dico tutto..."
"Non gli sarà fatto alcun male." la anticipò lui "Siate onesta e a nessuno di voi sarà torto un capello."
Fidarsi di Riario era un rischio, lo sapevano entrambi.
Beatrice guardò Zoroastro, nei suoi occhi vide la rassegnazione, non potevano fare altro che cedere all'ennesimo ricatto.
"Va bene" disse lei ricacciando le lacrime che volevano scendere sulle sue gote "Vi dirò tutto."
"Saggia decisione Beatrice." Riario sorrise compiaciuto e si alzò "Ma non qui. Torniamo alla tenuta." 


Lucrezia e Leonardo camminavano, la strada verso Siena era illuminata dalla sottile luce della luna e dalle loro due lanterne.
Ogni tanto la donna inciampava nelle gonne.
"Mi spiace farti fare un viaggio così scomodo." disse lui cercando di non ridere all'ennesimo saltello di Lucrezia.
"Non preoccuparti. Va bene qualunque cosa mi allontani da Riario. Pensi che gli altri ci raggiungeranno senza difficoltà?"
Leonardo annuì: "Ce la faranno vedrai." 


La stanza era grande, l'arredamento lussuoso.
Beatrice era seduta in una delle sale nella villa dei Frescobaldi.
Si guardava attorno, preoccupata. Una volta arrivati lì Riario aveva fatto condurre lei di sopra e Zoroastro nelle segrete. 
Si erano potuti scambiare un ultimo sguardo veloce, poi lui era stato spinto nell'oscurità delle scale che scendevano.
Era seduta su un divano di velluto blu, di fronte a lei su una poltrona c'era Girolamo, aveva ascoltato tutta la sua confessione.
L'aveva guardata negli occhi tutto il tempo, sapeva che non gli stava mentendo, ed era sconvolto da ciò che gli aveva rivelato.
"Così è questa la profezia." commentò a voce bassa "E non avete idea di quando si compirà."
"No." asserì lei "Al-Rahim ha detto che accadrà quando sarà il momento."
"E tutti voi avete accettato di farla avverare. Perché? O Voi o Lucrezia, una di voi due è destinata a morire."
Beatrice abbozzò un sorriso: "La nostra discendenza renderà il mondo un posto migliore. Non posso impedire che accada per egoismo o per paura."
"Ma c'è in gioco la Vostra vita Beatrice! Non preferite continuare a vivere?" chiese Riario.
"Preferisco morire senza rimorsi e rimpianti piuttosto che vivere un'intera vita divorata da essi." rispose lei, Girolamo notò una luce nei suoi occhi.
"Ora che sapete tutto cosa intendete fare?" gli chiese.
"Non so tutto, non so dove sia Vostro fratello." rispose lui "Me lo volete dire?"
Beatrice si tormentò le mani, non voleva consegnare Lucrezia e suo fratello al conte, ma sapeva che rifiutare di rispondere o mentire avrebbe portato a terribili conseguenze.
"Sono in una taverna a Siena. Dobbiamo incontrarci lì tra due giorni."
"Vorrà dire che manderò dei miei soldati a Siena. Dove posso trovarli?" insistette lui.
"Ci dobbiamo incontrare alle porte della città tra due mattine." mentì, per fortuna Riario non se ne accorse. In fondo nemmeno gli Inquisitori sono infallibili, pensò.
Riario si alzò, prese una bottiglia e dei bicchieri da una vetrina, poi si sedette accanto a lei.
"Prima Vi ho chiesto cosa intendete fare ora che sapete tutto." ripeté Beatrice.
Girolamo verso il liquore nei bicchieri, ignorando la domanda: "Ho apprezzato la Vostra onestà Beatrice." le indicò il bicchiere "Bevete qualcosa, siete ancora piuttosto pallida."
Lei sospirò e assaggiò la bevanda, era amara e rimise il bicchiere sul tavolino: "Non amo molto questi liquori, ma grazie. Ora se volete rispondermi..."
"Voglio avervi tutti qui prima di prendere una qualsiasi decisione." rispose Riario, finì di bere poi si avvicinò alla ragazza, prendendole una mano.
"Siete dannatamente bella Beatrice. Ho ripensato molte volte a quella mattina...a quel bacio...non ho scordato il Vostro sapore, il calore delle Vostre labbra..." le accarezzò una gota facendosi più vicino "E il desiderio di baciarVi ancora è cresciuto in queste settimane..."
Riario riuscì appena a sfiorare la bocca di Beatrice con la sua perché la ragazza si alzò di scatto e si allontanò verso la finestra.
Bea gli dava le spalle, aveva incrociato le braccia, tremava, temeva le prossime mosse del conte.
Girolamo abbozzò un sorriso, si alzò anche lui: "Bevete un bicchiere di liquore, potrebbe scioglierVi."
Si fermò dietro di lei, era molto vicino, Beatrice poteva sentire il suo corpo a un centimetro da lei.
Riario avvicinò il viso ai suoi capelli per sentirne il profumo, poi li scostò dalle spalle e le accarezzò il collo con le dita.
Beatrice scosse la testa: "Conte Vi prego non..."
"Cosa avevate detto quella mattina? Ah già, mi avete urlato che non potevo averVi." le cinse la vita con un braccio, stringendola.
"Voi non..." ripeté lei.
"Ma a quanto pare io posso averVi Beatrice." la spinse contro il muro.
 Bea sussultò, appoggiò i palmi delle mani alla parete per non sbattere la faccia.
"E non solo. Posso fare qualunque cosa io voglia." continuò Girolamo "Vedete mia cara, all'inizio pensavo di provare qualcosa per Voi. Ma mi sono reso conto che ciò che voglio è dettato solo dal desiderio e dalla lussuria.
Non cerco il romanticismo o la poesia, voglio averVi e basta. Voglio prenderVi, voglio che mi amiate carnalmente con passione. Dio, siete così bella..."
Il conte iniziò ad accarezzarle i fianchi, poi la sua mano scivolò sulla coscia di lei, tra le cosce di lei.
Beatrice a quel punto urlò, si dibatté con forza e si liberò dalla sua stretta.
"NO! NON VI PERMETTERÒ DI TOCCARMI ANCORA!" ma lui la riprese e la spinse di nuovo contro il muro, questa volta in modo da poterla guardare negli occhi.
"Oh, io credo di sì invece.  Mi permetterete ogni cosa. O Vi concedete senza troppi piagnistei oppure il Vostro Zoroastro farà una brutta fine." disse calmo Riario.
Bea si morse le labbra, sospirò e lo supplicò: "Vi prego, non fategli..."
"Siate gentile con me e lui starà benissimo." le accarezzò il viso, la baciò a lungo sulla bocca, lei rimase immobile. 
Dopo un po' si staccò da lei per dirle: "Se poteste partecipare alla cosa sarebbe meglio. Per me...e anche per Zoroastro." la prese in giro lui.
Bea si sentiva in trappola, non voleva, Riario la ripugnava, ma non aveva scelta.
Lo baciò cercando di essere convincente, appassionata.
Sentiva le sue viscide mani ovunque, era come essere tra spire di un serpente.
Lui le baciò il collo, le spalle.
All'improvviso le venne un'idea. Era un rischio, una follia, ma doveva tentare.
"Possiamo...possiamo spostarci? Non sono molto a mio agio..." azzardò lei "Forse il letto sarebbe più comodo..."
Lui la guardò negli occhi, interrogativo, poi sorrise: "Vedo che avete compreso cosa sia meglio fare, per il bene di tutti. D'accordo. Concordo, il letto sarà certamente più comodo." 
La lasciò andare e si diresse verso il talamo.
Riario iniziò a spogliarsi, invitando Beatrice a fare altrettanto.
Bea pensò che se giocava bene alcune mosse avrebbe potuto farcela.
Si tolse gli stivaletti e la gonna, rimanendo con indosso la camiciola che le arrivava a metà coscia. Si sciolse i capelli. 
Lui la guardò, la trovava bellissima e sensuale.
"Non finite di spogliarVi?" chiese il conte vedendo che lei si era fermata.
Lei deglutì, dai dai Bea, puoi farcela, si fece coraggio.
"Ecco, io...mi sento molto imbarazzata, insomma, essere nuda di fronte a Voi...posso spegnere alcuni candelabri vicino al letto? Per favore..." si morse le labbra.
Riario sorrise, divertito: "Certo. Non vedo perché no." 
"Grazie. Mi sentirò molto più a mio agio." disse Beatrice.
La ragazza si diresse verso il comodino sul quale c'era un bellissimo candelabro a due braccia in argento, lo prese con entrambe le mani e soffiò delicatamente per spegnere le fiamme.
Riario era dietro di lei, compiaciuto: "Sapete Beatrice, questo Vostro pudore non fa che aumentare il mio desiderio. Dio, siete così candida eppure..."
A quel punto Beatrice si girò e con tutta la forza che aveva colpì il lato destro della testa di Girolamo col candelabro. 
Riario vacillò stordito, così Beatrice lo colpì di nuovo, questa volta sul lato sinistro.
L'uomo cadde a terra come un sacco vuoto, privo di sensi.
Beatrice respirava affannosamente, lasciò cadere il candelabro per terra, e iniziò a ridacchiare nervosa.
"Oddio, l'ho fatto, Oddio l'ho fatto." mormorò.
Guardò Riario, che fosse morto? Aveva un taglio sulla tempia, c'era sangue sul tappeto.
Beatrice non si premurò di controllare, doveva liberare Zoroastro e fuggire.
Si rivestì, spense tutte le candele in modo che la stanza fosse buia, per sicurezza, e uscì guardinga dalla stanza. 
Non c'era nessuno in corridoio, scese le scale e si ritrovò al pianterreno.
Anche qui non c'era nessuno.
Guardò fuori dalla finestra, alcune guardie erano lì, probabilmente altre dormivano in attesa del loro turno, sicuramente c'era qualcuno nei sotterranei. 
Scese le scale per arrivare alle prigioni chiedendosi come avrebbe fatto a liberare Zo.
Arrivò in fondo alle segrete, si nascose dietro un angolo e vide la cella, c'erano due guardie che giocavano a carte sedute a un tavolino.
Alla fine capì che doveva tentare il tutto per tutto, creare un diversivo talmente assurdo da sembrare vero.
Fece un paio di respiri profondi e poi iniziò a correre urlando: "VI PREGO AIUTATEMI! Il conte, il conte Riario è ferito! Un uomo! UN UOMO LO HA AGGREDITO VI PREGO ACCORRETE!!" si buttò tra le braccia di uno dei soldati che si era alzato sentendo le sue urla.
 "Madonna calmateVi! Un aggressore? Ma come..."
Beatrice finse di piangere: "Vi prego correte! Stanno lottando, il conte è ferito!"
I due soldati si precipitarono a salvare il loro signore.
Bea aspettò che avessero salito le scale: "Imbecilli." mormorò, prese le chiavi e aprì la cella.
Zoroastro la baciò e la strinse: "Bea! Oddio stai bene? Ma che sta..." 
"Ti spiego dopo! Scappiamo, presto capiranno che ho mentito."
Salirono le scale, si diressero verso le cucine e uscirono nel cortile attraverso l'entrata della servitù. 
Fecero il giro della casa, davanti alla porta c'erano ancora i soldati.
Il cancello in fondo al viale invece era miracolosamente stato lasciato aperto.
"Come facciamo? Se ci vedono ci riprenderanno subito... Dannazione..." chiese Beatrice.
Zo le toccò un braccio: "Guarda! I cavalli! Prendiamone uno e usiamolo per fuggire. Saremo più veloci di loro, cavalcare ci darebbe un vantaggio notevole."
Bea annuì, si avvicinarono agli animali, scelsero proprio il cavallo di Riario.
Zo montò in sella, aiutò Bea a sedersi dietro di lui.
"Sei pronta principessa?" chiese Zoroastro.
"Sì." rispose lei, stringendo forte la vita dell'uomo.
A quell'affermazione Zo lanciò l'andaluso nero al galoppo.
I due soldati li videro sfrecciare alla luce della luna, sgranarono gli occhi e iniziarono a urlare per chiedere rinforzi, uno di loro si precipitò a montare in groppa al suo destriero per raggiungerli.
Ma era troppo tardi.
Beatrice e Zoroastro avevano oltrepassato il cancello ed erano ormai spariti nell'oscurità del bosco.



Angolo dell'autrice: 
Approfitto di questo capitolo per farvi tanti auguri per quest'anno che sta per finire :) 
Ci si risente nel 2014! 
Baci!
VerdeIrlanda 












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Capitolo 18
*** Ed eccolo, in una piccola nicchia. ***



Leonardo percepì un bussare leggero ma insistente. 
Distolse lo sguardo dalla mappa, era nella stanza che lui e Lucrezia avevano preso alla locanda dell'Oca bianca. 
Lucrezia accanto a lui mormorò: "Ma che succede?"
Sentirono una voce femminile al di là della porta: "Leo! Leo, siamo noi. Apri."
Leonardo riconobbe la sorella ed andò ad aprire: "Ma cosa ci fate qui?" chiese facendoli entrare.
Zoroastro e Beatrice avevano cavalcato tutto il giorno per essere lì il prima possibile.
Leo era confuso: "Il nostro piano non era chiaro? Dovevate..."
"Sì, sì, lo sappiamo. Ma purtroppo abbiamo dovuto modificare i nostri piani." Zoroastro raccontò cosa era successo quella notte. 
"Beh, lasciami dire sorellina che sei un genio tanto quanto il sottoscritto!" commentò Leonardo dopo aver ascoltato la vicenda.
"È stata molto coraggiosa!" Zo la baciò sulle labbra.
"Credi che Riario sia morto?" chiese Leonardo. 
"Non ho controllato...ho pensato fosse meglio andare subito a liberare Zo." rispose Beatrice.
"Spero che lo sia dopo quello che ha provato a farti." commentò Zoroastro.
Bea continuò: "Nel dubbio che sia ancora vivo dobbiamo andarcene. Purtroppo non gli ho potuto nascondere il fatto che ci saremmo incontrati a Siena, i suoi uomini controlleranno ogni locanda per trovarci."
Lucrezia a quel punto disse: "Allora meglio muoverci. E abbiamo già una meta da raggiungere."
"Quale meta?" chiese Bea.
Leonardo sorrise: "L'ho trovata, sono sicuro! Ho capito in quale catacomba dobbiamo cercare." 


"Si riprenderà dottore?"
Goffredo continuava a tormentare il crocifisso che portava al collo.
"Sì, grazie a Dio i colpi alla testa non gli sono stati fatali ma sono stati comunque inferti con molta forza. Ha ripreso conoscenza diverse volte, ed era lucido. Deve riposare per qualche settimana." rispose il medico.
Riario era steso nel letto, la testa fasciata, respirava in modo pesante, ma era fuori pericolo.
Il dottore uscì dalla stanza e Goffredo iniziò a scrivere una lettera destinata al Santo Padre, voleva informarlo delle condizioni del nipote.
Riario aprì gli occhi, si sentiva debole e la testa gli faceva male.
"Aveva ragione..." mormorò, e Goffredo gli si avvicinò "Mi aveva avvertito, ma non l'ho ascoltato..."
"Cosa dite mio signore? Chi aveva ragione?"
Ma Riario era di nuovo privo di sensi.
Ci vollero diversi giorni prima che Girolamo tornasse in forze, e Goffredo rimase al suo capezzale tutto il tempo, ascoltando i suoi deliri notturni.
In quei momenti di dormiveglia Riario aveva avuto modo di ripercorrere la storia dei suoi sentimenti per Beatrice. All'inizio era stato pervaso da un sentimento poetico, quasi cavalleresco, si era perfino preoccupato per lei, ma poi quelle sensazioni si erano trasformate in desiderio e passione. Aveva tanto decantato di voler proteggere l'anima di lei quando invece voleva solo possedere il suo corpo.
E ora, ferito e umiliato in quel letto, incolpava solo lei per tutto ciò che era successo. "Beatrice mi ha sedotto, mi ha distolto dalla mia fede. È riuscita ad ingannarmi!" scosse la testa mentre raccontava l'accaduto a Goffredo "Mercuri mi aveva avvisato. Aveva visto il demone che è in realtà quella donna...e io non gli ho dato credito! Ora so che avevate ragione, oh, perdonatemi Lupo per ciò che è successo! "
"La morte di Mercuri non è colpa Vostra mio signore..." commentò Goffredo.
"Sì invece! So di averVi detto che a ucciderlo era stato Donati ma..." Girolamo raccontò la verità, rivelò di essere lui l'assassino di Mercuri.
Goffredo lo ascoltò con attenzione, pensò che probabilmente questa rivelazione poteva volgere a suo vantaggio in futuro, ma per il momento si limitò ad assolvere moralmente il conte: "Certo Voi dovrete fare penitenza per questo terribile errore mio signore. Ma è anche vero che Satana cerca sempre di corrompere con ogni mezzo i più fedeli servitori di Cristo come Voi, e lo fa con i mezzi più subdoli. Quella fanciulla è certamente una potente strega."
"E come tale dovrà essere trattata." decise Riario "Mio fidato amico, ho bisogno di Voi, ora più che mai date le mie condizioni. Vedo una profonda lealtà nei Vostri occhi! Aiutatemi a trovare quei furfanti. E fateli portare da me, tutti e quattro, vivi."
Goffredo annuì: "La mia devozione e la mia forza sono con Voi mio signore. Cosa volete che faccia?"
"Sguinzagliate i Vostri uomini migliori, le spie più scaltre che conoscete. Promettete loro una ricompensa molto generosa per ogni informazione utile." 
"Certo, non sarà un problema reclutare avidi sicari. E poi mio signore, quali sono i Vostri piani?"
Riario fece uno dei suoi soliti inquietanti gelidi sorrisi: "Una volta trovati li porteremo a Roma.
Farò giustiziare Lucrezia per tradimento. 
Gli altri tre saranno miei ospiti a Castel Sant'Angelo.
Beatrice Da Vinci vedrà morire suo fratello e il suo amante tra i peggiori tormenti.
E una volta finito di torturare loro inizierò con lei." 


Erano passati dieci giorni dalla miracolosa fuga da Riario.
Leonardo aveva esposto agli altri le sue scoperte: aveva individuato con una quasi totale certezza le catacombe in cui cercare il Libro delle Lamine.
"A Chiusi? Non siamo molto lontani." aveva commentato Beatrice.
"Infatti. Le catacombe di Santa Caterina sono state scoperte tempo fa, ma in pochi vi ci sono addentrati, e non sono mai arrivati in tutte le stanze." aveva risposto suo fratello "Sarà una ricerca faticosa e probabilmente lunga, ma ce la faremo."
I quattro si erano così recati nella cittadina di Chiusi, anche se avevano deciso di alloggiare in una delle locande immerse nella campagne senesi, temevano che prendere una camera in città potesse essere più rischioso.
Avevano anche inventato uno stratagemma per depistare un'eventuale ricerca di Riario.
"Girolamo cerca quattro persone, due uomini e due donne. Possiamo ingannarlo." spiegò Beatrice "Leo e Lucrezia prenderanno una camera come coppia appena sposata, io e te Zo la prenderemo...come due fratelli in viaggio. E ovviamente faremo finta di non conoscerci."
Bea si era fatta tagliare i capelli, Lucrezia le aveva fatto un taglio alla paggio, e Leonardo le aveva assemblato una barbetta finta con i capelli tagliati e della resina.
Aveva indossato un paio di brache del fratello e avvolto il petto in una fasciatura per mascherare il seno.
"Non ci crederà nessuno!" rise Zoroastro vedendo la sua trasformazione "Non sei credibile come maschio!"
"Non è vero!" sbuffò Beatrice "Ci crederanno! Mi scambieranno per un uomo."
"Sì, se gli accechiamo prima." Zo rise più forte, poi la baciò "Sei ancora troppo bella per passare per un maschio. E fattelo dire, questo taglio di capelli ti rende molto più intrigante!"
Nonostante lo scetticismo di Zoroastro il loro piano funzionò, affittarono due camere sotto falso nome alla locanda del Gallo d'oro.
Le catacombe distavano circa un'ora di cammino dal loro alloggio.
L'entrata si trovava alla base di una collina, era un semplice foro nel terreno grande abbastanza da far passare un uomo alla volta.
"E noi dovremmo entrare lì?" chiese scettico Zoroastro.
"Sì." rispose Leonardo che nel frattempo aveva acceso delle candele e infilato la testa nel foro. Dopo una breve ispezione decretò: "È profonda, ma non troppo. Dobbiamo procurarci una scala di corda e delle torce, molte torce. La ispezioneremo di notte."
"E l'autopsia dell'ebreo di notte, e l'incontro con Riario di notte, e la fuga da Firenze di notte...mi spieghi perché queste cose vuoi farle sempre di notte?" chiese Zoroastro.
"Perché alimenta il mistero." rispose solenne Leonardo.
Beatrice intervenne: "E perché di notte daremo meno nell'occhio."
Leonardo alzò le spalle: "Esatto. Ma principalmente per il mistero."
Zoroastro rise e scosse la testa, era tipico di Leonardo: "D'accordo, sei tu il genio ed ingegnere eccetera... E come ci orienteremo lì sotto?"
"Le catacombe hanno una struttura specifica, ci baseremo su quella tenendo gli occhi ben aperti. Dobbiamo capire dove cercare per non perdere troppo tempo." spiegò Leo "Direi di perlustrare prima la cappella e l'area di sepoltura, se non troveremo nulla cercheremo nelle altre stanze."
Terminata l'ispezione tornarono alla locanda, non era sicuro farsi vedere troppo in giro.
Scesero solo all'ora di cena per mangiare.
Era strano doversi sedere a tavoli diversi e fingere di non conoscersi, non potersi scambiare nemmeno un sorriso, ma la sicurezza veniva prima di tutto.
Beatrice ogni tanto si grattava la pelle sotto la barba finta, la cosa divertiva molto Zoroastro: "Lo dico di nuovo, non so come possano averti tutti presa per un maschio."
"Potenza della suggestione immagino." sorrise lei.
Tornati in camera Bea si tolse il fastidioso travestimento: "Uff, non vedevo l'ora di toglierla!"
Zo la abbracciò da dietro e le baciò il collo: "Magari possiamo toglierti anche qualcos'altro..."
Lei si girò ridendo e lo baciò, lasciando che lui la spogliasse e le accarezzasse la pelle con le dita e con le labbra, regalandole dei brividi.
"Sei così bella principessa." le disse baciandola sulla bocca, sempre più appassionato, poi caddero insieme sul letto.
Dopo aver fatto l'amore rimasero abbracciati, uno di fronte all'altra.
"Ho avuto davvero paura sai?" disse lei accarezzandogli il petto "Temevo che Riario ti avrebbe ucciso."
Zo la baciò e la strinse: "Sei stata davvero astuta principessa. Hai avuto un bel sangue freddo! Vorrei strozzarlo con le mie mani per quello che voleva costringerti a fare!"
Lei gli sorrise: "Non merita che ti sporchi le mani con il suo sangue amore mio."
Per un po' nessuno disse nulla, poi Zo le chiese: "Sei sempre convinta di volerlo fare?"
"Ti riferisci alla profezia?" lui annuì "Non ho dubbi. Soprattutto dopo quello che abbiamo passato."
"Allora sei più coraggiosa di me."
"Tu hai delle remore Zo?"
L'uomo sospirò: "Ho sempre immaginato che saremmo invecchiati insieme in una piccola casetta circondati da figli e nipotini. È sdolcinato, lo so. Ma è quello che ho desiderato, e che desidero ancora per noi due. 
Quello che vorrei è baciarti ogni mattina al risveglio e ogni sera prima dormire, è crescere insieme i nostri bambini, diventare vecchi insieme e fare l'amore con te fino all'ultimo giorno della nostra vita. 
Questa profezia potrebbe impedirmi di vivere tutto questo.
Non voglio perderti Bea. Non voglio che ti capiti nulla di male, ti ho promesso che mi sarei preso cura di te e avrei impedito a chiunque di farti soffrire..."
"Io vorrei le stesse cose amore mio. Non potrei immaginare un futuro più bello di quello che hai descritto. E non lo trovo per niente sdolcinato." gli rispose lei.
Zo le sorrise  e la baciò: "Ad ogni modo, qualunque cosa accada, qualunque cosa tu decida, io sarò accanto a te nel bene e nel male. Per sempre."
Bea sentì inumidirsi gli occhi a queste parole, Zoroastro riusciva sempre a sorprenderla, lo baciò: "Nel bene e nel male Zo, per sempre."
Anche Leonardo e Lucrezia stavano affrontando lo stesso argomento.
Si erano amati con passione e ora lei riposava con la testa sulla sua spalla, lui le accarezzava i capelli.
"Dunque, cosa ne pensi? Ti senti sicura?" chiese Leonardo.
"Io e tua sorella ne abbiamo parlato sai...ci siamo fatte coraggio, abbiamo parlato delle nostre paure.... Lei è convinta che sia la cosa giusta da fare..."
"E tu? Nei sei convinta?"
Lucrezia si morse le labbra: "Credo di sì..."
"Sai, questa profezia mi sta lacerando Lucrezia. So che perderò una di voi...e non mi do pace per questo!" disse Leonardo.
Lei lo abbracciò forte: "Lo so."
"Ma se è quello che avete deciso io rispetterò la vostra scelta. Ti starò accanto Lu, lo prometto."
Lucrezia lo baciò, ed entrambi, abbracciati, si addormentarono. 
Il giorno seguente si procurarono torce e corde, attesero la notte per calarsi nelle catacombe.
La prima notte fu infruttuosa, perlustrarono la cappella e buona parte dei loculi, ma non trovarono nulla.
Poi dovettero aspettare alcuni giorni per colpa della pioggia, e l'attesa rendeva Leonardo e gli altri sempre più preoccupati.
Riario era sulle loro tracce? E se il nascondiglio del Libro fosse altrove?
Finalmente il brutto tempo cessò e una notte Leonardo e Zoroastro scesero nuovamente sotto terra.
"Ho finito, ho controllato tutti i loculi. Niente. Ispeziono le stanze qui accanto." disse Zo, poi vedendo l'espressione scoraggiata dell'amico aggiunse "Lo troveremo Leo..."
Entrò in una camera, illuminò lo spazio con il fuoco della torcia.
Non c'erano mobili, sulle pareti c'erano diversi affreschi ormai rovinati.
Un disegno catturò l'attenzione di Zoroastro.
Si avvicinò al muro, la osservò, spalancò la bocca per lo stupore, accarezzò i contorni della figura con le dita: "Non ci credo...LEO! LEO VIENI QUI!"
"Cosa hai trovato?"
"Guarda." disse Zoroastro illuminando bene il dipinto.
Anche Leonardo strabuzzò gli occhi: "Non può essere...ma come diavolo..."
L'affresco raffigurava quattro persone, due uomini e due donne immersi in un bellissimo paesaggio naturale.
C'era una foresta alle loro spalle, in lontananza si vedevano una casa e un fiume.
Le figure umane non avevano caratteri distintivi, di fisionomia erano molto simili.
Le due donne erano sedute su una roccia, vestite di bianco, gli uomini invece vestivano di blu ed erano in piedi dietro di loro.
Entrambe le donne avevano un bel pancione rotondo.
C'era un dettaglio che fece rabbrividire Zoroastro e Leonardo: una delle donne aveva una larga macchia rosso scuro sul petto.
"Solo una di voi sopravviverà..." aveva detto il Turco a Beatrice.
Leonardo scosse la testa, era incredibile. Il dipinto raffigurava la profezia nei minimi dettagli.
"Non è una catacomba cristiana, l'hanno mascherata come tale. Qui si riunivano i Figli di Mitra." constatò Leonardo "Quando erano perseguitati si rifugiavano in questo posto..."
Zoroastro annuì, non riusciva a staccare gli occhi dall'affresco.
Poi notò una cosa: "Leo, guarda le mani delle donne. Quelle che stringono la mano del proprio compagno. Il dito indice punta in alto...come per indicare qualcosa..." alzò e avvicinò la fiamma.
Qualche palmo sopra le teste degli uomini era stato disegnato un cielo azzurro scuro, tempestato di stelle dorate e astri d'argento.
"Non ci cr...è la Volta celeste Leo!" rise Zoroastro allungando la mano per toccare il muro.
Passò le dita sulla Volta, a un certo punto arrivò a sfiorare un astro a otto punte, e sentì che era diverso dal resto del dipinto.
"È in rilievo!" disse Zo emozionato "Potrebbe essere..." 
"Uno sportello! Guarda, c'è un foro sotto una delle punte!" Leonardo prese dalla sacca la chiave che aveva trovato nello stomaco dell'ebreo e la diede a Zo "A te l'onore amico mio."
Zoroastro infilò la chiave e la girò con una certa fatica, la serratura era piuttosto arrugginita.
Sentirono uno scatto metallico, e come per incanto l'astro d'argento si aprì come un tabernacolo.
I due uomini trattennero il respiro.
Eccolo lì, in una piccola nicchia nel muro, il Libro delle Lamine.
Leonardo e Zoroastro lo fissarono, ammutoliti ed emozionati.
"È come te lo eri immaginato?" chiese Zoroastro.
"No, è molto diverso da come me lo ero figurato." rispose Leonardo.
Il Libro delle Lamine era un piccolo tomo, grande quanto un palmo, la copertina era in pelle piuttosto rovinata.
"Pensavo fosse un libro più grande e più voluminoso...invece sembra un semplice breviario." commentò Zo, poi dopo qualche secondo di silenzio disse piegandosi di lato verso Leonardo "Uno di noi dovrebbe prenderlo, non credi?" 
L'amico gli sorrise e prese con delicatezza il Libro: "Uuuf...sono agitato, davvero...è emozionante. Questo è ciò per cui tutto ha avuto inizio, ciò per cui abbiamo tribolato e sofferto..." 
Guardò la copertina, c'era un incisione: "Ai figli della terra e del cielo stellato."
Leonardo accarezzò le lettere sbiadite con un dito.
"Già. Ed è ciò che potrà cambiare il mondo." Zo gli mise una mano sulla spalla "Aspettami qui, faccio scendere le ragazze per far loro vedere cosa abbiamo trovato."
Quando Beatrice e Lucrezia videro il dipinto rimasero a bocca aperta.
"La profezia veniva tramandata in questo modo dai Figli di Mitra." disse Beatrice "Ogni generazione ha potuto conoscerla e vigilare sul suo compimento."
Le due donne guardarono il Libro delle Lamine, il destino del mondo era in un libro così piccolo.
"Chissà cosa c'è scritto in queste pagine..." mormorò Lucrezia "Quali parole potranno ispirare tanto i nostri figli..." all'improvviso si incupì e uscì dalla stanza, singhiozzando.
"Vado io." disse Beatrice seguendola "Lu! Stai bene?"
"No, non sto bene!" disse piangendo e abbracciando l'amica "Abbiamo trovato il Libro, ora la profezia inizierà a compiersi. Ho detto a tuo fratello di essere sicura ma..." singhiozzò più forte.
Beatrice la strinse, comprendeva la sua paura: "Lu, non piangere, stai tranquilla, ..."
"Ma come faccio? Tu dici sempre che i nostri discendenti aiuteranno i deboli e i perseguitati, che solo per questo vale la pena rischiare la vita...anche Leo lo dice... Ma io a volte ho dei dubbi che mi tormentano..." 
"Ascolta Lu," le disse Bea con dolcezza "è vero, molte cose dipendono da noi, come è normale avere delle perplessità su cosa sia meglio fare. Se non te la senti Lucrezia nessuno ti giudicherà. Io non lo farò. Ma prima di una qualsiasi decisione prenditi qualche giorno per riflettere."
La Donati annuì e si asciugò le lacrime, e insieme tornarono nella stanza dove Zoroastro e Leonardo le attendevano preoccupati.
"Tutto bene?" le chiese Leo prendendole le mani tra le sue.
"Ora va meglio, grazie." Lucrezia gli sorrise.
"Meglio uscire di qui." propose Zoroastro "L'aria stantia non ci fa bene."
Lasciarono le catacombe e tornarono alla locanda.
Quella scoperta li pervase di emozioni contrastanti: da un lato erano felici di aver finalmente  trovato il Libro, ma dall'altro erano consapevoli che comportava l'inizio di un nuovo percorso, il quale non avrebbe avuto un vero e proprio lieto fine.
Giusto il tempo di appoggiare la testa sul cuscino e la stanchezza prese il sopravvento facendoli cadere in un sonno profondo.
Beatrice si svegliò qualche ora dopo, fece per girarsi dall'altra parte per tornare a dormire ma lo scricchiolare del pavimento fuori dalla stanza la attirò.
Si alzò silenziosa e sbirciò fuori dalla porta.
Uscì in corridoio stringendosi nella camiciola: "Lucrezia." bisbigliò.
La donna si voltò, indossava il mantello e a tracolla portava la sacca da viaggio. Se ne stava andando.
Guardò Beatrice con occhi colmi di vergogna e imbarazzo per la sua fuga: "Bea...Io...non ce la faccio..."
Bea cercò di parlarle: "Lu, pensaci bene, ti prego. Prenditi qualche giorno...tante cose dipendono da noi..."
"Ho deciso Beatrice."
"Lu, credimi, sono spaventata anch'io..."
"No! Non capisci? Io vorrei essere coraggiosa come lo è stato mio padre, come lo sei tu!  Tu accetti con tranquillità questa sorte ma io non credo di poter diventare una martire. Non voglio." sbottò Lucrezia.
Beatrice scosse la testa: "Credi che aneli il martirio? Credi che non abbia il terrore  di morire? Sappi che ho una paura fottuta di perdere tutto, la mia vita, le persone che amo! 
Ma penso a cosa c'è in gioco e a cosa abbiamo perso. È questo che mi spinge ad andare avanti, ad accettare il rischio di morire. Ti ho detto che puoi tirarti indietro, e davvero, se vuoi farlo non ti tratterrò né ti giudicherò in malo modo. Ma devi essere davvero sicura di volertene andare, di voler impedire che il Libro possa cambiare il mondo attraverso la nostra discendenza. Per favore, concediti ancora qualche giorno per riflettere. Non puoi prendere una simile decisione a caldo..."
Beatrice scrutò lo sguardo di Lucrezia e capì che qualsiasi cosa le avesse detto non l'avrebbe fermata. Ormai aveva deciso.
"Mi dispiace..." mormorò Lucrezia e scese le scale. Beatrice sentì i suoi passi allontanarsi.
Tornò nella sua stanza e si rannicchiò nel letto accanto a Zoroastro.
Si sentì avvolgere dalla tristezza, la rinuncia di Lucrezia era sconfortante. 
Come le aveva promesso non la giudicò, comprese che in fondo la paura che stringeva Lucrezia in una fredda morsa era la stessa che cercava di attanagliare anche lei.
Ripensò a una cosa che le aveva detto suo nonno Aronne quando lei gli aveva chiesto dei Vangeli: "Io non credo in Cristo ma ammiro molto sua madre. Vedi bambina, Maria di Nazareth, quando l'arcangelo Gabriele le ha annunciato che sarebbe potuta diventare la madre del figlio di Dio, fu chiamata a fare una scelta. Non era obbligata ad accettare quella maternità sai? Poteva declinare tale proposta. Ma lei sapeva che quel figlio destinato a morire avrebbe cambiato il mondo.
Sapeva che avrebbe patito per la sua perdita, che avrebbe sofferto per il martirio della sua stessa carne, ma non voleva che il suo egoismo impedisse al mondo di cambiare. Così accettò di portare in grembo Jeshua, Gesù, per il bene dell'umanità.
Le donne hanno così tanta forza Beatrice, possono sopportare ogni dolore personale per il bene di molti, sono capaci di sacrificarsi con una tale devozione che noi uomini nemmeno ci sogniamo. Dovremmo inchinarci a voi, bambina mia, per il coraggio che scalpita nel vostro cuore!"
Prima di addormentarsi Beatrice pregò che gli eventi non le togliessero mai quel coraggio. E chiese che quella stessa forza potesse conquistare anche il cuore di Lucrezia e farla tornare sui suoi passi.


  Angolo dell'autrice: 
Scusate il ritardo nella pubblicazione di questo capitolo! 
Spero che questo nuovo sviluppo vi piaccia!
Grazie a tutti voi per continuare a leggere la mia storia, è anche grazie a voi che ho sempre più voglia di continuare a scrivere :) 
Un bacio
VerdeIrlanda 






 



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Capitolo 19
*** È tempo che le cose cambino. ***




La partenza di Lucrezia lasciò tutti turbati. 
Rimasero alla locanda una settimana nella speranza che tornasse sui suoi passi.
Speravano che l'amore che diceva di provare per Leonardo la guidasse, e se non quello la sua coscienza.
Ma più il tempo passava più diventava evidente che non sarebbe tornata.
Quando Leonardo lo capì non parlò più di lei. 
Non la dimenticò, ma scelse di far scendere il silenzio su ciò che aveva provato per Lucrezia Donati.
Beatrice e Zoroastro rispettarono la sua volontà, e nei giorni successivi cercarono di rasserenarlo.
La fortuna di Leonardo fu il suo genio. La sua mente sempre curiosa lo portava a immaginare nuovi progetti e mirabolanti idee, facendogli scordare il dolore provato.
Da più di un mese i tre amici erano in viaggio, cercavano di non passare più di due o tre notti nella stessa città. Non potevano sapere se Riario li stesse ancora cercando, nel dubbio preferivano essere prudenti e passare inosservati.
In quei giorni tornò utile l'abilità di Zoroastro nello sfilare sacchetti colmi di monete dalle tasche dei nobili e dei signorotti che passeggiavano per le vie.
"Come fanno a non accorgersene?" gli chiedeva sempre Leonardo.
"Ho un tocco delicato." rispondeva lui "Il trucco è nella velocità e nel tempismo. Vai a sbattergli contro e quando sono ancora sorpresi dall'impatto stacchi la saccoccia dalla cintura. Facile." 
Grazie a quelle inconsapevoli donazioni potevano permettersi di mangiare e alloggiare nei sottotetti delle locande.
Il loro piano al momento era cercare un posto effettivamente sicuro dove fermarsi, ma la partenza di Lucrezia aveva portato altri dubbi e interrogativi.
"E adesso che si fa?" chiese una notte Zoroastro "Mi riferisco al Libro delle Lamine."
Erano in una piccola camera a Pisa, Beatrice era seduta accanto a lui sul letto, invece Leonardo era affondato in un vecchio divano dall'altra parte della stanza.
"Sinceramente? Non lo so. Non ho idee." rispose Leonardo.
"Non riesco a immaginare un mondo in cui Leonardo Da Vinci non ha idee." scherzò Zoroastro, strappando un sorriso all'amico.
"Forse dovremmo rimetterlo al suo posto...ma dovremmo poi nascondere la mappa e la chiave...oppure trovargli un nuovo nascondiglio, ma poi ci toccherebbe creare nuovi indizi..." ipotizzò Leonardo "E se pensiamo alla profezia, quella riguardava noi...ma adesso non possiamo più realizzarla..."
Dopo un lungo silenzio Beatrice sbottò: "Al diavolo!"
"Scusa?" chiese suo fratello.
"Al diavolo la profezia!" rispose lei alzandosi in piedi.
I due uomini la guardavano stupiti: "Bea...cosa stai dicendo?" le chiese Zo.
La ragazza li guardò: "Abbiamo trovato il Libro delle Lamine, lo abbiamo trovato dopo tanta fatica e tanta sofferenza. Abbiamo perso Andrea e rischiato di perdere noi stessi, le nostre vite sono state sconvolte, abbiamo fatto tanti sacrifici. E dovremmo rinunciare solo perché una vecchia profezia non ci calza più a pennello? No, mai!" 
Zoroastro e Leonardo la guardavano confusi, così Beatrice continuò: "Una profezia in fondo non è altro che una leggenda che parla del futuro, ha un fondo di verità che non sta nel racconto in sé, ma risiede nel suo fine ultimo, nel suo obiettivo." 
Leonardo scosse la testa: "Non ti seguo...sul serio..."
"Oh per la miseria! D'accordo...qual'è il fine ultimo della profezia che ci riguarda? Che alla fine una nuova generazione conosca le parole contenute nel Libro delle Lamine, e che grazie ad esse si impegni a migliorare il mondo per il bene dell'umanità. Non importa come questa discendenza verrà al mondo. L'importante è che essa esista.
Il Libro è destinato ai figli della terra e del cielo stellato, giusto? Ognuno di noi lo è, ogni essere umano che cammina e che camminerà su questo mondo lo è."
"Quindi cosa vuoi fare?" chiese Zoroastro.
Beatrice rispose risoluta: "Terremo noi il Libro, con noi sarà al sicuro. E un giorno racconteremo ai nostri figli l'avventura che abbiamo vissuto e gli consegneremo il Libro. Lo leggeranno, il suo contenuto li ispirerà, e un giorno, quando si sentiranno pronti, quando verrà il momento, agiranno per cambiare il mondo."
Zoroastro e Leonardo la guardavano ammirati per tanta determinazione e sicurezza.
E capirono che in fondo Beatrice aveva ragione: non era possibile rinunciare dopo tutta la fatica, la sofferenza. La partenza di Lucrezia non poteva toglier loro la speranza, la voglia di agire.
"Hai ragione." le sorrise Zoroastro "È giusto che questa profezia di compia, che il mondo possa conoscere coloro che lo miglioreranno. Ci sto principessa. Nel bene e nel male, ricordi?"
Bea gli regalò un ampio e caldo sorriso, poi guardò suo fratello: "E tu Leo? Cosa ne pensi?"
Leonardo la guardò intensamente, le sorrise anche se lei notò un velo di tristezza nella sua voce: "Penso che dobbiamo fare come dici tu. Non so se un giorno avrò la grazia di avere dei figli...ad ogni modo, ai nostri eredi sarà consegnato il Libro delle Lamine. È la cosa più giusta che possiamo fare."
Beatrice annuì: "Grazie. Ad entrambi. Era una cosa a cui pensavo da tempo, ma non avevo il coraggio di parlarne, non capivo se fosse una buona idea ma ora lo so. So che è tempo che le cose cambino, per tutti."


Girolamo Riario aspettava nell'anticamera degli appartamenti del Santo Padre.
Era passato molto tempo da quando Leonardo e i suoi compagni avevano fatto perdere le loro tracce, ormai il conte non aveva più notizie su di loro.
Gli informatori di Goffredo sembravano non trovare indizi.
E questo arenarsi della ricerca aveva irritato non poco Sisto IV.
Fu fatto accomodare in una sala arredata con mobili in mogano lucente e drappeggi porpora e oro. 
Seduto su una poltrona non dissimile da un trono c'era il Pontefice.
Riario si inginocchiò dinnanzi a lui porgendogli il saluto.
Sisto gli disse di alzarsi e non gli diede il tempo di proferire una sillaba: "Sono molto deluso Girolamo. Vi avevo detto di non deludermi. Vi ho affidato questa missione perché Vi ho sempre considerato il mio uomo migliore, disposto ad ogni sotterfugio pur di ottenere risultati.
Il Vostro passato nell'Inquisizione mi suggeriva che sareste stato all'altezza, e visto il nostro legame famigliare ho creduto di potermi fidare.
E invece mi sbagliavo, non siete altro che un uomo corruttibile e patetico, come tanti altri.
Mi hanno riferito dei Vostri imperdonabili errori, Girolamo."
Riario deglutì a fatica: "Mio signore, Santità. La missione non è fallita, possiamo ancora trovare il Libro e arrestare i fuggiaschi. Ho sbagliato, è vero, sono caduto..."
"Siete precipitato!" tuonò il Papa "Mi è stato detto che Vi siete lasciato sedurre da una giovane fanciulla...Diamine Girolamo! Un uomo come Voi, così vicino alla mia persona che viene sconfitto per la sua attrazione carnale verso una sgualdrina!
La stessa donna che avete fatto arrestare con la falsa denuncia, dico bene?"
"Sì mio signore. E a quanto pare la nostra denuncia non si è rivelata poi così insensata visto ciò è successo..."
Sisto IV scoppiò a ridere: "Dite sul serio? Pensate davvero che quella ragazza sia una strega? Siete patetico Girolamo. Non Vi ha sedotto e ingannato con la magia nera, avete fatto tutto da solo. Voi siete stato sedotto dalla sua bellezza e attratto dal suo corpo, non è stato un sortilegio a farVi crollare, è stata solo la Vostra lussuria!" rise più forte "Non è una strega, è solo una giovane ragazza particolarmente attraente che volevate sbatterVi! Usate la scusa della magia nera per giustificare i Vostri errori, per giustificare il fallimento. E l'omicidio."
Riario a quelle parole impallidì.
Sisto tornò serio e continuò: "Sì, lo so. Per quella Beatrice avete ucciso Mercuri. Il povero e fidato Lupo Mercuri! Voleva ucciderla e Voi l'avete salvata. E non solo. 
Avevate quasi ripreso il controllo della situazione, ma pur di saziare il Vostro desiderio avete lasciato che Vi imbrogliasse nel modo più ridicolo.
Se si venisse a sapere Girolamo...avete idea delle ripercussioni? 
Cosa potrebbero dire se si sapesse che avete ucciso un nobile e Vi siete fatto sopraffare a colpi di candelabro da una graziosa ragazza, se si sapesse che avete perso controllo e lucidità per lei?
Diranno che non so scegliere i miei collaboratori, diranno che sono un corrotto, un incapace.
Perderemmo ogni appoggio dai nobili, e dai cardinali. Avrebbero una scusa valida per mettere in dubbio la mia autorità! Diamine! Sapete che hanno fatto fuori miei predecessori per molto meno?
 I Vostri errori sono i miei errori Girolamo, e se verranno scoperti precipiteremo entrambi! Lo capite?"
Riario annuì: "Mi dispiace Santità...mio signore...permettetemi di esserVi di nuovo utile, non Vi deluderò..."
"Voi mi sarete di nuovo utile Girolamo, statene certo. Ma non in questa missione. Ho altro in serbo per Voi." il tono di Sisto si fece solenne "Darete le dimissioni da capitano del mio esercito, scegliete una scusa riguardante la Vostra salute. Dopo di che io Vi confermerò come unico avente diritto ad assumere il ruolo di conte di Imola e Forlì e Vi trasferirete lì una volta celebrate le nozze."
"Le nozze mio signore? Intendete dire..."
"Sì. Ho già preso accordi con Milano. Voi sposerete Caterina Sforza, la figlia del duca di Milano Galeazzo, grazie a questa unione i nostri regni si uniranno in una prolifica alleanza. Ve l'ho detto che mi sareste stato di nuovo utile." 
Riario abbassò lo sguardo, era contrariato da tale decisione. Ma non poteva certo rifiutare, anzi probabilmente avrebbe dovuto ringraziare il Santo Padre di non averlo condannato a morte.
"Se è ciò che vuole il mio signore sarò lieto di compiacerlo." disse semplicemente prima di essere congedato.
Riario si diresse veloce ai suoi appartamenti, sbattè la porta dietro di sé una volta entrato.
Ansimava per la rabbia, si versò un bicchiere di liquore e lo tracannò in un sorso.
"Non dovreste bere così in fretta, potrebbe farVi male." 
La voce di Goffredo lo fece girare.
Era nella stanza, sfoggiava un trionfante sorriso.
Riario lo guardò con odio: "Voi! Schifoso traditore! Voi avete rivelato le mie confessioni al Papa! Solo Voi sapevate ciò che era successo. Perché lo avete fatto?"
Goffredo era calmo e soddisfatto: "Suvvia Girolamo. Dovreste sapere come funzionano i giochi di potere. Inganno e tradimento sono gli elementi essenziali."
"Non è una risposta! Ditemi perché?" gli urlò Riario.
"Perché è tempo che le cose cambino Girolamo. È tempo che i più furbi e i più scaltri calpestino gli inetti e gli stolti per arrivare in cima, sulla vetta più alta del potere.
Noi ci conosciamo da tanto tempo...
E immagino ricordiate le mie ambizioni. 
Ho preso i voti solo perché sapevo che la fede, vera o presunta, era la strada più veloce per raggiungere certi obiettivi. 
Un uomo di Dio di questi tempi può ottenere potere e ricchezza se gioca bene le sue carte. 
Purtroppo io sono figlio di un nobile di basso rango, in decadenza, la mia strada era più difficile e tortuosa rispetto a preti che discendono da famiglie facoltose.
Ma sapevo che grazie a piccoli sotterfugi avrei raddrizzato la mia via.
Inganno e tradimento Girolamo.
Loro sono stati i miei più fidi alleati, grazie a loro ho scalzato giovani rampolli e ottenuto incarichi di prestigio.
Come quando lavoravamo insieme per l'Inquisizione, rammentate? È così che ci siamo conosciuti.
A Voi serviva un prete che Vi affiancasse negli interrogatori, e io volevo quel ruolo, e con imbrogli e menzogne lo ho ottenuto."
Riario era confuso: "Ma perché volevate avvicinarVi?"
"Voi eravate considerato il miglior inquisitore di Roma Girolamo. Lavorare con Voi mi avrebbe dato prestigio. Ma non era solo per questo.
Quell'anno se ben ricordate il Papa si ammalò, era solo questione di tempo prima che morisse e che fosse necessario indire un Conclave per eleggere il suo successore. E tutti sapevano che Sisto IV, Vostro zio, era il più papabile, scusate il gioco di parole.
Era il cardinale più potente, di certo sarebbe stato eletto grazie alle sue alleanze.
E una volta salito sul trono di Pietro avrebbe insignito i suoi parenti con incarichi prestigiosi.
È scontato, lo fanno tutti.
Voi, suo nipote prediletto, certamente sareste stato insignito di un enorme potere. Infatti siete diventato capitano dell'esercito.
La mia speranza era di entrare nelle Vostre grazie quel tanto che bastava per poter un giorno ottenere a mia volta qualcosa. 
A piccoli passi avrei ottenuto il potere che tanto ho desiderato e ancora desidero.
Ma purtroppo il mio piano ha subìto un rallentamento..."
Riario commentò: "Vi riferite a quando Vi cacciarono dall'Inquisizione per le Vostre perversioni?"
Goffredo si irrigidì e sibilò: "Non ero l'unico a farlo! Eppure solo io sono stato punito! E Voi non mi avete aiutato o difeso se ben ricordo..."
"Pensavate che Vi avrei spalleggiato solo perché mi avete affiancato negli interrogatori per alcuni anni? La Vostra condotta non meritava scusanti. Avete meritato l'esilio Goffredo." rispose il conte.
"Già. L'esilio. Condannato a fare il prelato in piccole chiese, spostato di continuo." ricordò Goffredo "Gli altri due preti, quelli perversi come me, ora sono sacerdoti importanti...non sono stati puniti eppure facevano le stesse cose che facevo io."
"Non li hanno mai colti in flagrante." commentò amaro Riario "Voi sì. Vi hanno scoperto, hanno visto cosa facevate a quelle povere bambine..."
Goffredo lo interruppe: "Figlie di streghe e di stregoni! Creature del demonio!"
Riario scosse la testa: "Non giustifica le Vostre azioni. Erano bambine innocenti, erano state giudicate libere da ogni possessione. Le avete portare via dai conventi a cui erano state affidate usando falsi documenti della Congregazione."
"Erano creature dannate per quello che avevano fatto i genitori adoratori del diavolo! Volevo salvare le loro anime!" 
"In quel modo? In quel disgustoso...Oh andiamo! Sappiamo entrambi perché lo facevate! Per lussuria!" Girolamo ripensò alla conversazione avuta con il Papa "Ho usato anch'io la scusa della stregoneria per giustificare i miei fallimenti e i miei errori. E invece ho agito solo spinto dal desiderio...non c'è magia, non c'è incantesimo...c'è solo l'oscurità della nostra anima che ci avvolge. Se Vi cediamo precipitiamo."
Goffredo guardò Riario: "Ed è così facile cedervi. È proprio per questa mia debolezza che hanno continuato a spostarmi. Fino a che non mi hanno mandato a Firenze, dove Voi mi avete trovato. Non credevo mi avreste contattato."
"L'idea fu di Mercuri, sapeva delle Vostre frequentazioni poco raccomandabili. Mi disse che se cercavo sicari e criminali Voi eravate la persona giusta con cui parlare. Mi sono fidato, ho pensato che Vi foste redento." spiegò Riario.
"Speravo lo credeste." rise Goffredo "E quanto siete venuto da me ho capito che avrei potuto usarVi per tornare a scalare la vetta. Ho finto di essere un fidato e devoto amico, contrito e desideroso di redenzione! Ah povero illuso!
Così ho atteso, Vi ho servito e ho aspettato che la situazione volgesse a mio vantaggio."
"E quando ne avete avuto l'occasione avete affondato la Vostra cuspide nella mia carne, da bravo scorpione quale siete." disse Riario.
"Inganno e tradimento. Vi ho ingannato: i miei sicari hanno trovato tracce dei fuggitivi ma non Ve ne ho parlato, ho tenuto le informazioni per me.
E Vi ho tradito: ho rivelato al Santo Padre i Vostri peccati.
E adesso ho l'occasione di arrivare in cima, di conquistare il potere!"
"In che modo?" chiese Girolamo.
"Data la mia devozione evidente verso il bene del Pontefice egli stesso mi ha incaricato ufficialmente di proseguire la ricerca. Mi ha assegnato un titolo speciale, sono un delegato papale adesso. Troverò i fuggiaschi e il Libro delle Lamine, e allora avrò la mia ricompensa. Mi nominerà vescovo per i miei meriti verso la Chiesa! Avrò il potere, e passi dopo passo ne avrò altro." Goffredo sorrise trionfante.
"Prima dovrete trovare loro e il Libro delle Lamine. Non sarà facile."
Goffredo fece una smorfia: "Oh, li troverò. Ho molte frecce al mio arco. Io mi ergerò dove Voi avete miseramente fallito. Nessuno potrà più fermarmi.
Divertitevi ad Imola conte. Forse un giorno verrò a farVi visita." 
Riario era furioso, ma capì che al momento non poteva fare nulla, così scosse la testa: "La Vostra ambizione Vi porterà alla rovina. Pregherò perché accada Goffredo."
Una volta rimasto solo Girolamo si buttò su una poltrona, la testa gli doleva.
Era stato ingannato e tradito.
Sarebbe stato allontanato da Roma, da quel ruolo di capitano che tanto amava, sarebbe stato ridotto a fare il marito e il reggente, costretto a una vita noiosa e lenta, la morte forse sarebbe stata un sollievo.
Tutto questo nonostante la devozione di una vita alla famiglia, al Santo Padre.
Chiuse gli occhi e fece una promessa a se stesso: anche lui avrebbe pazientato, e un giorno avrebbe avuto la sua vendetta, un giorno avrebbe trascinato in basso coloro che gli avevano tolto tutto.


UN ANNO DOPO...


La notte era tranquilla, una piacevole brezza rinfrescava l'aria.
Zoroastro dormiva, respirava profondamente.
Fu svegliato da un tocco delicato sulla pelle, aprì lentamente gli occhi.
"Uhm...ah...cosa...scusa, russavo di nuovo?" chiese voltandosi verso Beatrice, la ragazza era seduta sul letto.
"No, non è per quello...è per questo." indicò una larga macchia scura sul materasso "Si sono rotte le acque. E sì, stavolta sono sicura che non sia pipì." 


Beatrice sorrideva.
Simone, ormai aveva compiuto cinque mesi, era nella culla e faceva strani versi e pernacchie.
"Sei davvero buffo! E sia chiaro, lo hai preso da tuo padre." disse lei ridendo.
"Cosa ha preso da me?" disse Zo entrando in camera.
"I riccioli scuri amore mio." rispose lei.
Lui la baciò sulle labbra, poi prese in braccio il bambino: "Gli occhi verdi invece sono i tuoi. Ehi nanerottolo! Siamo felici oggi, sì?"
Scesero al piano di sotto, Zo si sedette a tavola sempre tendendo in braccio il piccolo Simone.
"Leonardo quanto torna?" chiese lei iniziando a preparare il pranzo.
"Sta arrivando. Si è fermato a comprare altro colore per i suoi disegni. Sai che alla scuola d'arte sono molto contenti del suo lavoro? Hanno detto che lo terranno a insegnare anche l'anno prossimo. E anche io non posso lamentarmi, il vecchio Bernardo è molto soddisfatto del mio lavoro di venditore, dice che non ha mai venduto così tanto da quando ci sono io in negozio."
"Ci credo!" rise lei "Con la tua parlantina sei riuscito a vendere i miei unguenti a persone perfettamente sane!"
"Ma c'è di più: è rimasto molto soddisfatto dello sciroppo che gli hai fatto avere quando gli è venuta la tosse mesi fa, così gli ho proposto di vendere anche alcune tue medicine nella sua drogheria, e lui ha accettato, era entusiasta all'idea di avere l'esclusiva. Cosa ne dici?"
"Dico che ti adoro!" Beatrice corse da lui e lo baciò "Grazie! Mi manca molto non avere il mio lavoro di erborista."
"Lo so principessa." le sorrise e la baciò di nuovo.
Da tempo ormai vivevano alla periferia di Perugia.
Era stato inevitabile fermarsi a causa della gravidanza di Beatrice.
Avevano affittato una casa sotto falso nome e Leonardo e Zoroastro avevano trovato un lavoro.
Il loro piano era di rimanere fino a che il bambino non fosse stato in grado di affrontare un viaggio, ma giorno dopo giorno le cose sembravano andare sempre meglio, la città era bella e i vicini ospitali.
Anche il lavoro regalava loro molte soddisfazioni e riuscivano a mantenersi senza problemi.
Ormai la situazione sembrava tranquilla e stavano progettando di rimanere.
Leonardo entrò un casa: "Senti che profumino!" 
Beatrice sorrise: "Lavati le mani, tra poco si mangia."
Dopo pranzo Leonardo prese in braccio il nipotino: "Un giorno lo zio Leonardo ti costruirà una macchina volante... Oppure una macchina che va sott'acqua..."
"Non potresti costruirgli un sonaglio?" rise Beatrice.
"Ti prego! Un banale sonaglio? No, i tuoi bambini avranno ben altro!"
"Bambini?" Bea alzò un sopracciglio.
Leonardo le sorrise: "Oh, non dirmi che non ne vuoi altri. Lo so che prima o poi tu e Zo mi renderete di nuovo zio."
"Beh, sì, ci piacerebbe." ammise lei "Zo come papà è meraviglioso."
"E tu sei una mamma fantastica. Un figlio non potrebbe avere genitori migliori."
Bea arrossì: "Grazie."
"E un così bravo genitore non impedirebbe ai suoi figli di avere una macchina volante." commentò Leonardo, ed entrambi scoppiarono a ridere.
Invece il piccolo Simone iniziò a piangere.
"Cosa ha? Oddio quando piange mi mette un'ansia..." disse Leo preoccupato.
Bea rise: "Ha solo fame. Questo nanetto mangia come un lupo!" 
Prese in braccio il bambino e andò in camera al piano di sopra per allattare con tranquillità.
Mentre cullava il bambino si chiese se un giorno Leonardo avrebbe avuto dei figli.
Non si era ancora deciso a frequentare seriamente una ragazza, si concedeva qualche notte di passione con amanti occasionali, ma non era pronto a innamorarsi, la ferita lasciata di Lucrezia era ancora aperta.
Simone si staccò dal suo seno, sbadigliò e fece un ruttino piuttosto fragoroso.
Beatrice sorrise e gli bisbigliò: "Pure questo lo hai preso da tuo padre."


C'era una persona che aspettava davanti alla loro porta di casa.
Beatrice era andata al mercato a fare compere, Simone dormiva beato appoggiato al suo petto dentro una fascia che aveva allacciato dietro la schiena.
La donna vide che la persona stava bussando alla porta, le dava le spalle ed era coperta da un mantello con cappuccio grigio.
Beatrice si avvicinò, disse ad alta voce: "Non c'è nessuno in casa. Cosa desiderate?"
La persona si voltò e guardò Beatrice, le sorrise, vide il piccolo Simone tra le sue braccia e assunse un'espressione stupita.
Beatrice divenne immobile, spalancò gli occhi per lo stupore: "Non ci credo..." mormorò.








 







 






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Capitolo 20
*** Un aiuto inatteso e un' inaspettata alleanza. ***



"Salvatore il Monco è morto?" Goffredo Landini era irritato e scioccato.
Il soldato, Adelmo, cercò di spiegare: "Vedete mio signore, mi aveva mandato un biglietto in cui diceva di avere trovato i fuggitivi, diceva che sarebbe venuto a portarmi le informazioni di persona, doveva passare giorni fa...ho pensato avesse avuto un contrattempo, ma non si è mai presentato. Stamattina ho ricevuto la visita di un'altra Vostra spia, ha trovato il cadavere di Salvatore sepolto in modo grossolano in un bosco." 
Goffredo sibilò: "Salvatore è il quarto informatore che perdo...anche i fratelli Esposito e quel giovane ladro, Damiano, sono stati uccisi..."
Adelmo azzardò: "Forse erano vicino all'obiettivo, Da Vinci e i suoi li hanno scoperti  e hanno tappato loro la bocca."
"Probabile...dove si trovava quando Vi ha scritto?"
"So che stava seguendo una traccia sul confine con l'Umbria mio signore..."
"Allora contattate gli altri uomini in quella zona. Cercheremo di seguire le sue tracce e recuperare le sue informazioni." ordinò Goffredo "Sbrigatevi, non sprecheremo il suo lavoro."


Beatrice vide che la persona stava bussando alla porta, le dava le spalle ed era coperta da un mantello con cappuccio grigio.
Beatrice si avvicinò e disse ad alta voce: "Non c'è nessuno in casa. Cosa desiderate?"
La persona si voltò e guardò Beatrice, le sorrise, vide il piccolo Simone tra le sue braccia e assunse un'espressione stupita.
Beatrice spalancò gli occhi per lo stupore: "Non ci credo..."mormorò.
Davanti alla sua porta c'era Girolamo Riario.
"Ho un coltello agganciato alla mia cintura." riuscì a dire Beatrice nonostante lo stupore e il nervosismo "Non vorrei doverlo usare."
"Usereste un'arma con Vostro figlio in braccio?" chiese lui sarcastico.
"Avere mio figlio tra le braccia non mi impedisce di usare un'arma, anzi, mi rende molto più pericolosa e determinata." rispose lei.
Riario le sorrise, e Beatrice lo trovò abbastanza strano per lui, perché non sembrava un sorriso gelido e arrogante, anzi, sembrava sincero: "Non mi metterei mai a duellare con una madre che vuole difendere il suo piccolo, sarebbe un suicidio. Mi fate entrare?"
"Siete serio?" Beatrice era confusa "Volete che Vi inviti a entrare?"
"Sì." 
"Davvero?"
"Sì." ripetè lui.
"Ma seriamente?" 
Riario alzò gli occhi al cielo: "Per l'amor di... Il tempo passa ma Voi siete sempre così insolente..."
Beatrice scosse la testa: "Forse Voi avete dimenticato cosa ci avete fatto passare, siete stato spietato, crudele..."
Riario la interruppe: "Sono stato un mostro. Sì. Me lo avete detto Voi, rammentate? E ora lo so, avevate ragione." sospirò "Sentite Beatrice, io ho fatto tante cose orribili nella mia vita, solo ora mi rendo conto di che essere ripugnante io sia stato. E ora sto cercando di espiare le mie colpe."
Beatrice lo guardò sospettosa: "Volete fare ammenda? Quindi siete qui per chiederci perdono?"
Girolamo sospirò: "Anche. Ma non solo, sono qui per aiutarvi."
"Aiutarci? In che modo?"
"Siete in pericolo Beatrice, tutti voi. Vi troveranno come ho fatto io."
"Ci troveranno? Non eravate Voi a cercarci, a volerci catturare?" Beatrice era sempre più confusa.
"È una storia complicata. Dato che non mi farete entrare in casa facciamo così. Vediamoci stasera. Cercatemi all'Oca D'oro, l'osteria dietro al Duomo.
Ho molto di cui parlare con voi. Arrivederci Beatrice." Riario le sorrise e si allontanò.
Beatrice fece dei respiri profondi e corse in casa, chiuse a doppia mandata la porta dietro di sé. 
Strinse forte Simone tra le braccia cercando di ritrovare la calma. Credevano di essere al sicuro ma Riario li aveva trovati, e, a quanto aveva detto, non voleva arrestarli ma aiutarli.
Bea non vedeva l'ora che Zoroastro e Leonardo rincasassero.

Leonardo entrò per primo nel locale, si guardò attorno, Zoroastro e Beatrice lo seguirono.
La donna li aveva informati della presenza di Riario e del suo invito, dopo una lunga riflessione avevano deciso di andare da lui.
Zoroastro prese Simone dalle braccia di Beatrice, purtroppo non avendo nessuno di fidato a cui lasciarlo aveva dovuto portarlo con sé: "Lascia principessa, sei stanca, tengo un po' io il nanerottolo. Leo, lo vedi da qualche parte?"
Leonardo guardò in direzione delle scale e vide Riario, rabbrividì per un istante ricordando gli eventi passati.
"Eccolo." disse "Vado io a parlargli, voi restate qui per adesso."
Leo si diresse verso il conte, il quale appena lo vide gli sorrise: "Siete venuti alla fine. Vi trovo bene Da Vinci."
"Non vorrei sembrarVi scortese saltando i convenevoli...ma arriviamo subito al punto in cui ci spiegate le Vostre intenzioni."
"Più che giusto, meglio allontanarci da occhi indiscreti. Seguitemi. E fate cenno agli altri di venire." disse Riario e si avviò verso il piano superiore.
Leonardo fece cenno a Zoroastro e Beatrice e tutti e tre seguirono il conte.
Arrivati al piano di sopra Girolamo si fermò davanti a una porta: "Entrate qui. Quando avrete finito raggiungetemi tutti nella stanza accanto."
Zoroastro chiese: "Quando avremo finito di fare cosa?"
Riario non rispose, sorrise ed aprì la porta.
Beatrice curiosa sbirciò dentro, era una piccola camera da letto illuminata da torce sulle pareti.
Una figura era vicino al letto, si alzò dal materasso appena li vide entrare.
Quando Beatrice la vide fece un luminoso sorriso e le venne da piangere: "Lucrezia!" gridò e si precipitò  dall'amica.
Le due donne si abbracciarono, erano entrambe molto emozionate: "Sapevo che saresti tornata Lu! Qualcosa me lo diceva!" le disse Beatrice sorridendo.
"Mi dispiace avervi lasciati...e mi dispiace per ciò che ho detto...non me lo sono perdonato..." spostò lo sguardo oltre la spalla di Beatrice.
"È bello rivederti Lucrezia." le sorrise Zoroastro. 
La donna sgranò gli occhi vedendo Simone "E quel bambino?"
Zoroastro si avvicinò: "Lui è il nostro nanetto, Simone."
Il bambino era sveglio e si guardava attorno curioso.
Lucrezia gli prese una manina: "È davvero bello. Vi somiglia tanto...ha i tuoi occhi Bea, e il viso è quello di un piccolo Zo." rise.
Intanto Leonardo era rimasto sulla soglia, immobile.
Lucrezia spostò l'attenzione su di lui, lo salutò trattenendo il respiro: "Ciao Leonardo." 
Beatrice guardò entrambi, poi bisbigliò a Zo: "Meglio lasciarli soli."
Zoroastro annuì e uscirono dalla stanza, seguirono Riario nella camera accanto lasciando soli Leonardo e Lucrezia, avevano molto di cui parlare.
Girolamo lo fece accomodare, e appena varcarono la soglia non poterono non notarlo, era lì, sul letto.
"O mio Dio." mormorò Zoroastro.

Nella stanza regnava il silenzio. Leonardo fissava Lucrezia, immobile, incapace di parlare.
Poi le disse: "Ti abbiamo aspettata."
"Lo so. Quando sono tornata alla locanda me lo hanno detto. Mi sono pentita di avervi lasciati! Sono stata debole, avevo paura...e non mi perdono mi averti lasciato senza una parola." rispose lei.
Leonardo sospirò: "Credo che la colpa sia anche mia...ti ho assalita con le mie paure, avrei dovuto ascoltare le tue..."
"No, non dipendeva da nessuno se non me stessa. Dovevo trovare da sola la forza di accettare ciò che il fato mi riserverà. Leo, non sei obbligato a smettere di essere arrabbiato con me...se hai bisogno di tempo per non..."
Leo la interruppe prendendola tra le braccia e baciandola: "Non ho bisogno di tempo." le mormorò, e la baciò di nuovo.
Lei lo strinse forte, lo baciò: "Mi mancavi, Dio se mi mancavi!"
"Non dirlo a me amore mio...peccato ci siano gli altri nella stanza accanto..." le strizzò l'occhio e lei rise "Andiamo. Ci sono molte cose su cui voglio avere chiarimenti."
"Aspetta Leo. C'è una cosa che devi sapere...Beatrice e Zorostro lo sanno già, lo hanno visto quando sono entrati nell'altra stanza con Riario." Lucrezia era nervosa.
"Cosa hanno visto di là?" chiese Leonardo sospettoso.
Lucrezia fece un respiro profondo, era una rivelazione importante: "Matteo. Tuo figlio. Nostro figlio."


"O mio Dio." mormorò Zoroastro.
Beatrice sgranò gli occhi e si avvicinò al piccolo seduto sul letto: "Leonardo...è uguale a Leonardo...un Da Vinci in miniatura..." lo prese in braccio, il bimbo le sorrise come se l'avesse riconosciuta.
"Si chiama Matteo." disse Riario "E sì, è il figlio che Lucrezia ha avuto da Vostro fratello."
Poco dopo Leonardo e Lucrezia li raggiunsero, Beatruce aveva ancora in braccio Matteo, sorrise al fratello.
"Lui è Matteo." disse Lucrezia emozionata.
"È uguale a te." commentò Beatrice.
Leonardo si avvicinò alla sorella, guardava il bimbo con occhi lucidi. Beatrice glielo passò, Leonardo lo prese in braccio: "Ciao piccolino." mormorò con la voce rotta.
Era suo figlio. Non credeva che avrebbe avuto figli. E invece eccolo lì, aveva i suoi occhi, la sua bocca e le sue stesse manine con dita lunghe e sempre in movimento.
Sentì il cuore aprirsi e scaldarsi, era la sensazione più piacevole che avesse mai provato.


Dopo un lungo momento di commozione fecero addormentare i bambini e li misero sul letto, poi si accomodarono tutti attorno a un tavolo rotondo.
Leonardo raccontò come erano arrivati a Perugia, poi fu il turno di Lucrezia per spiegare: "Dopo un mese ho deciso di tornare. Sono andata alla locanda ma mi hanno detto che eravate partiti. Ho provato a cercarvi, ma avete nascosto bene le vostre tracce. 
Poi ho scoperto di essere incinta, e questo mi ha resa più determinata a trovarvi, ho tentato ma non ci sono riuscita. Mi ero arresa ormai, credevo che non vi avrei mai più rivisti.
Mi sono fermata in una locanda una notte, Matteo era piccolo.
Lì sono stata aggredita da alcuni uomini, volevano portare via me e il bambino.
Ma per fortuna sono intervenuti gli uomini di Girolamo, mi hanno salvata e portata da lui. 
Da allora io e Matteo abbiamo vissuto nascosti grazie a lui. Mi disse che prima o poi vi avrebbe trovati e avrei potuto riabbracciarvi. Aveva ragione."
Beatrice guardò interrogativo il conte: "L'avete aiutata...come volete aiutare noi."
Girolamo annuì.
Zoroastro alzò un sopracciglio: "Ci perdonerete se siamo un po' stupiti da questa Vostra improvvisa premura. Ci avete solo fatto del male, finora almeno."
Il conte a quel punto spiegò: "È comprensibile il vostro scetticismo. Per capire cosa è successo devo raccontare dal principio.
Quando sono giunto a Firenze mi sono avvalso dell'aiuto di un uomo, Goffredo Landini.
È un prete, figlio di un nobile decaduto, abbiamo militato insieme nell'Inquisizione. È da lui che dovete guardarvi adesso." Girolamo informò i presenti sulle vicende che avevano portato Goffredo a Firenze e sulla sua sete di potere.
"Che uomo disgustoso!" sbottò Beatrice dopo aver ascoltato il racconto "Ed è stato punito solo con l'esilio?"
Girolamo annuì: "Fosse dipeso da me lo avrei condannato alla forca. Ma Goffredo fece intuire che gli altri sacerdoti coinvolti in quegli orribili atti erano membri di famiglie altolocate, così la commissione che si occupò di lui decise di dargli una pena mite in cambio del suo silenzio per evitare uno scandalo.
Tornando alla nostra vicenda, fu infine trasferito a Firenze, sembrava pentito e desideroso di espiare, così mi rivolsi a lui per avere aiuto nel cercare informatori, spie e sicari.
È stato lui a trovare l'uomo che ha denunciato Beatrice, e lui stesso si offrì di seguire Zoroastro."
"L'uomo incappucciato che ho visto fuori dalla bottega! Ti ricordi Leo?" disse Zo.
"Certo, ricordo." disse Leonardo "Quindi è stato un Vostro fidato collaboratore."
Riario scosse la testa, la sua espressione era quella di un uomo irritato: "Non tanto fidato. Ve l'ho detto, è ambizioso e disposto a tutto per arrivare in alto. 
Mentre ero convalescente, dopo che Beatrice mi aveva ferito, mi ha assistito e si è finto un devoto alleato disposto ad aiutarmi, in realtà tramava alle mie spalle.
Mi ha imbrogliato, non mi sono accorto di nulla, mi sono fidato a tal punto da raccontargli che avevo ucciso Mercuri e perché, e di come fossi stato aggredito...che idiota sono stato!
Aveva messo a disposizione le sue spie, mi diceva che non avevano trovato informazioni o tracce si di voi, invece mentiva.
L'ho scoperto arrivato a Roma.
Goffredo aveva già informato il Santo Padre dei miei fallimenti, della mia inettitudine, e il Papa ha deciso di punire me e premiare lui.
Lo ha promosso a delegato papale, è compito suo trovare voi e il Libro delle Lamine."
"In che modo siete stato punito?" chiese Beatrice.
Riario sospirò: "Mi ha fatto sposare Caterina Sforza per assicurarsi un'alleanza con Milano, e mi ha relegato al ruolo di reggente di Imola e Forlì.
Ho passato la mia intera vita a servire la mia famiglia, a servire Roma e la Chiesa e per un solo errore ogni mio onore, ogni mia vittoria è stata dimenticata!  
È così che sono stato ripagato per la mia devozione totale, sono costretto a un matrimonio politico e a terminare la mia esistenza governando delle città per conto del Santo Padre, con potere decisionale pari quasi allo zero dato che ogni cosa sarà gestita da Roma, costretto a salamelecchi verso Milano...
La mia esistenza era guidata dall'azione, dall'avventura, in cerca di atti d'onore e di coraggio! E loro me l'hanno tolta nonostante tutto quello che ho fatto per il bene della mia città."
"Dunque è per questo che volete aiutarci. Per vendicarVi di chi Vi ha tradito." commentò Zoroastro. In fondo Riario non poteva cambiare totalmente la sua natura.
Girolamo sorrise: "Sì. La vendetta mi ha spinto a cercare una sorta di alleanza con Voi."
"Ma come possiamo effettivamente fidarci? Insomma Girolamo, chi ci dice che non vogliate consegnarci a Vostro zio per riacquistare la sua fiducia?" disse ancora Zoroastro.
"Io non voglio vendicarmi solo di Goffredo, voglio che anche mio zio perda credibilità e potere." spiegò Riario "Il Santo Padre si è indebitato molto per questa ricerca, ha fatto di questa causa una bandiera con i cardinali, se fallisce non troverà molto appoggio in Vaticano. Perderà la fiducia delle più importanti famiglie romane, e come è solito ricordare lui stesso, queste si liberano facilmente dei papi che non stimano più." fece un sorriso, di nuovo gelido questa volta "Per questo ho sguinzagliato le mie spie in modo che seguissero quelle di Goffredo. 
I suoi uomini hanno trovato Lucrezia e i miei l'hanno salvata, hanno ucciso le spie di Goffredo in modo da rallentare la sua ricerca.
Poi, un mese fa, un mio informatore ha intercettato una missiva in cui Salvatore il monco, nota spia tagliagole, diceva di avervi trovati.
Lo abbiamo imprigionato e gli abbiano estorto ogni informazione sulla ricerca, e poi lo abbiano eliminato.
È così che ho trovato anche voi, e sono qui come vi dicevo per aiutarvi. Anche se Salvatore è morto non siete al sicuro.
Nella missiva non specificava dove siete nascosti, ma non ci vorrà molto prima che qualcun altro lo capisca.
Il mio intervento vi regala un mese di vantaggio, forse due, poi vi troveranno."
Avevano ascoltato con molta attenzione le parole di Girolamo, ed ora erano tutti molto preoccupati, credevano di aver ormai fatto perdere le loro tracce, di essere stati attenti e invece erano arrivati molto vicini al loro nascondiglio.
"Quindi che ci proponete di fare Girolamo?" chiese Leonardo.
"Dovete lasciare Perugia, per cominciare, e trovare un altro posto in cui nascondervi."
Zoroastro si alzò, camminò per la stanza nervoso: "Dopo averVi ascoltato temo che in qualsiasi città potrebbero trovarci. Cosa dovremmo fare, spostarci continuamente?"
"È per questo che sono qui. Per aiutarVi a raggiungere un posto in cui sarete definitivamente in salvo." rispose Riario.
"E sarebbe?" chiese Zoroastro.
"Parlo di Ferrara. È una città che mal sopporta le ingerenze di Roma e dei suoi delegati, da anni le città sono coinvolte in un contrasto per ora solo platonico. La città da tempo accoglie con molto piacere i perseguitati dalla Chiesa." disse Girolamo "Gli Este anni fa hanno accolto molti ebrei in fuga dalle persecuzioni in Spagna. Dovete solo arrivare a Ferrara, registrarvi sotto falso nome e iniziare una nuova vita senza la paura che Goffredo vi trovi."
"Sembra troppo facile." commentò Beatrice.
"Infatti non lo è. Goffredo non ha uomini a Ferrara e negli altri territori degli Este, ma nelle zone limitrofe sì. Ha volutamente aumentato la sorveglianza lungo i percorsi che portano a Ferrara perché sa che se riusciste ad entrare lì lui non potrebbe più toccarvi."
Leonardo allargò le braccia: "Quindi se proviamo ad andare a Ferrara rischiamo di gettarci tra le fauci di Goffredo."
Girolamo annuì: "Sì, è un rischio. Ma è qui che entro in gioco io. Tra un mese dovrò recarmi in visita a Milano, Ferrara non è lontana dalla strada che percorrerò, non sarebbe difficile allargare il percorso quel tanto che basta per farvi avvicinare a sufficienza alle mura."
"E potete davvero nasconderci nel Vostro seguito senza che nessuno si insospettisca?" chiese Zoroastro.
"Mi recherò a Milano con una ventina di soldati che non faranno né domande né commenti."
I quattro si guardarono, titubanti.
"Vi lascio soli così potete discuterne. Tornerò tra un'ora e mi direte cosa volete fare, mi spiace ma non posso darvi molto tempo per decidere." disse Riario e uscì dalla camera.
Una volta rimasti soli Leonardo chiese: "Cosa ne pensate? Dobbiamo fidarci?"
Lucrezia rispose: "Riario ha salvato la vita a me e Matteo, e in questi mesi ci ha protetti da Goffredo. So che in passato è stato spietato con noi...ma forse adesso è cambiato."
"Non è cambiato." disse Beatrice "È sempre lo stesso Riario, le sue priorità invece sì, quelle sì sono cambiate, ora non gli interessa più il Libro delle Lamine, al primo posto c'è la vendetta."
"Quindi tu che faresti?" chiese Lucrezia.
"Io voto per andare a Ferrara con lui." disse Beatrice.
"Ma hai detto che non è cambiato, che è sempre il Riario crudele e spietato che conosciamo." disse Leonardo.
"Sì, ma il suo odio non è più rivolto a noi, anzi, noi gli serviamo per mettere in atto la sua vendetta. Gli conviene farci arrivare sani e salvi a Ferrara, solo così potrà avere la sua rivalsa sul Papa e su Goffredo." spiegò Beatrice.
"Bea ha ragione." disse Zoroastro.
"Tu rischieresti? Non solo affidandoti a Riario, ma anche affrontando un viaggio così pericoloso?" Leonardo era titubante.
"Leo, non abbiamo scelta. Dobbiamo comunque lasciare Perugia, e non so quanto resisteremmo dato che a quanto pare Goffredo è molto vicino. Accettando l'aiuto di Riario potremmo farcela, ci lascerà davanti alle porte di Ferrara e saremo salvi. Dobbiamo almeno tentare." rispose Zoroastro.
Leonardo sospirò, era indeciso: "Non lo so..."
"È stata una sera ricca di eventi, è normale essere confusi." gli sorrise Beatrice "Il piano di Riario può funzionare, e può salvarci la vita. Se Goffredo ci trova sarà la fine per tutti noi, e non possiamo permetterlo." Bea rifletté un secondo poi disse "Vado a parlare con Riario. Aspettatemi qui."
"Perché? Che vuoi fare?" chiese Leonardo.
"Voglio capire se possiamo fidarci." disse uscendo dalla stanza.
C'era un soldato in corridoio, Beatrice gli chiese dove fosse Riario, l'uomo le indicò la stanza accanto. Bea entrò, Girolamo era seduto sul letto, si alzò vedendola entrare.
"Avete già deciso?" 
"No. Sono qui per farVi alcune domande. Per quanto ne sappiamo la Vostra potrebbe essere una trappola. Sono qui perché devo capire se posso fidarmi di Voi."
Riario sorrise: "Chiedete pure."
"Siate sincero, se Goffredo non Vi avesse imbrogliato avremmo Voi alle nostre calcagna giusto? Non avreste mai rinunciato a trovarci."
"Sì. Vi avrei dato la caccia in capo al mondo." rispose Riario.
"Quali sono i Vostri sentimenti verso di noi?"
Riario rise: "I miei sentimenti?"
Beatrice sospirò: "Avete capito."
Girolamo la guardò intensamente: "Volete che sia sincero, e lo sarò. Mentre ero convalescente per colpa Vostra ho meditato vendetta contro di voi, ho immaginato ogni modo possibile per far soffrire ognuno di voi in modo orribile"
Bea piegò la testa da un lato: "Ehm, grazie per cotanta sincerità." 
"Ad ogni modo, come Vi ho detto prima, il mio intento è quello di vendicarmi di coloro che mi hanno fatto sprofondare in basso, voglio trascinare nel fango con me anche mio zio e Goffredo. E se dovrò allearmi con voi per riuscirci lo farò, darò un colpo di spugna ai vecchi screzi." concluse Riario.
Beatrice lo guardò attentamente, socchiuse gli occhi e gli disse: "Non è solo per questo, non è vero? C'è qualcosa che non mi dite."
Girolamo la guardò, stupito, come poteva averlo intuito? Tuttavia negò: "No, è solo questo."
Beatrice gli sorrise: "C'è dell'altro invece. Oggi davanti a casa mia avete detto che volete fare ammenda, è una cosa ben diversa dalla vendetta di cui parlate. Ditemi cosa c'è, lo terrò per me se preferite, ma parlate."
Riario sospirò, alzò le spalle: "Non so come ma Voi riuscite a leggermi dentro...
D'accordo. Ve lo dirò. Voglio davvero vendicarmi di loro.
Ma in effetti ho anche bisogno di espiare molte colpe."
Lo sguardo di Riario si incupì, l'uomo si sedette sul letto e Beatrice si sistemò accanto a lui: "Non mi è mai importato del male che facevo, credevo che ogni mia azione fosse giusta.
Ho iniziato ad avere dei dubbi quando ho incontrato Voi Beatrice, come se la Vostra presenza mi avesse illuminato la mente. Quando ho ordito il ricatto contro di Voi c'era qualcosa in me che diceva che era sbagliato...e quando ho visto il Vostro dolore quella mattina alla bottega...non lo so, il Vostro sguardo mi trapassava e mi faceva sentire colpevole, colpevole per le azioni di una vita intera!
Vi ho detto che sentivo di dovermi prendere cura della Vostra anima, ma è evidente che eravate Voi a cambiare la mia."
Beatrice deglutì, non credeva di essere stata così importante.
Riario continuò: "E ho cercato in tutti modi di mitigare questa Vostra capacità, ho cercato di possederVi, ho cercato di odiarVi, di considerarVi una strega il cui unico intento era distogliermi dalla mia fede. Ho preferito considerarVi un nemico da umiliare e sconfiggere.
Avrei dovuto ascoltare quella colpa che avete instillato in me.
Una volta arrivato a Imola non mi davo pace, da una parte voi quattro e dall'altra la Chiesa, mi sentivo come stritolato in una morsa di rancori e odio.
Poi mi sono ammalato, ho buscato una brutta febbre debilitante. Forse sono stato addirittura avvelenato, è il mio sospetto.
Ad ogni modo, ho vissuto in uno stato quasi catatonico per settimane, costantemente tormentato dalle mie colpe.
Ho visto quello che ho fatto nella mia vita Beatrice, ed era orribile. Omicidi, torture, ricatti, inganni.
Una vita dedicata alla malvagità. 
Ho visto le mie vittime, il sangue che ho versato in nome di Roma, in nome di un Dio che invece predica pace e amore...come abbiamo potuto trasformare l'eredità di Cristo in questo scempio?"
A questo punto Riario si prese la testa fra le mani e inizio a piangere, l'uomo singhiozzava, il suo corpo tremava.
Beatrice rimase basita dalla reazione del conte, era un pianto disperato, sincero, autentico, il pianto di un uomo che ha compreso la propria malvagità e la disprezza.
Gli mise un braccio attorno alle spalle per calmarlo, e lui la abbracciò, stretta, mise la testa sulla sua spalla e pianse: "Mi dispiace...mi dispiace..." mormorava.
Bea gli accarezzò la schiena, cercò di calmarlo: "Va...tutto bene..." gli disse, ma non era molto sicura su cosa dirgli.
Riario si staccò da lei e si alzò, imbarazzato dalla sua reazione, continuò il racconto: "Ho creduto in falsi idoli, in falsi profeti, ho sbagliato. Fossi il Padre Eterno non accoglierei un'anima come la mia in Paradiso, ripugnerei di fronte a un uomo del genere.
Ho sognato l'Inferno Beatrice, tutti i miei demoni sono lì ad aspettarmi.
Ma forse non è troppo tardi per rimediare ai miei peccati, per quanto mi sarà possibile. E credo che se riuscirò a salvare voi avrò qualche speranza di salvare la mia anima." alzò le spalle "Ecco, ora sapete cosa mi spinge ad aiutarvi."
Beatrice annuì: "Grazie per avermelo raccontato. Ora torno dagli altri." 
La donna fece per uscire ma Girolamo la fermò: "Mi dispiace per quello che Vi ho fatto Beatrice. Per la galera, per Verrocchio, per aver cercato di violentarVi...Un giorno spero di ottenere il Vostro perdono."
Bea annuì.
"Ah Beatrice, se dite a qualcuno che mi avete visto piangere senza ritegno ne pagherete amaramente le conseguenze." precisò Girolamo.
Beatrice scosse la testa: "Non Vi smentite mai..." e tornò nella stanza accanto.
Gli altri la interrogarono appena varcò la soglia.
"Allora? Cosa hai scoperto? È sincero?" chiese Leonardo.
"È sincero." rispose lei semplicemente.
"Tutto qui? Non vuoi dirci cosa..."
"È pentito. Anzi più che pentito, è in preda ai peggiori rimorsi. Ci aiuterà, deve farlo, c'è in gioco la salvezza della sua stessa anima." spiegò Beatrice.
Girolamo cercò di darsi un'aria presentabile, si sciacquò più volte il viso prima di andare a chiedere ai quattro cosa avessero deciso.
Respirò profondamente un paio di volte prima di aprire la porta.
Entrato nella stanza evitò di incrociare lo sguardo con Beatrice, lo aveva visto piangere ed era umiliante.
"Dunque, cosa avete deciso?"
Leonardo guardò gli altri per un attimo poi disse: "D'accordo Girolamo. Seguiremo il Vostro piano. Portateci a Ferrara." 


Angolo dell'autrice:
Vi è piaciuta questa svolta, questo cambio di alleanze? 
Fatemi sapere! ^^
Un abbraccio!
VerdeIrlanda 

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Capitolo 21
*** Una nuova vita. ***





"Mi ricordavo che fare l'amore con te era bello...non mi ricordavo che lo fosse così tanto!" rise Lucrezia mentre si accoccolava tra le braccia di Leonardo.
Lui rise, e sospirò: "Sono lusingato. E tu sei sempre bellissima."
"Mi mancavi...ma ora siamo di nuovo insieme, ora andrà tutto bene." disse lei.
Erano tornati a casa dopo l'incontro con Riario.
Avevano arrangiato un lettino per Matteo nella cameretta di Simone, i bambini ora dormivano profondamente.
Gli adulti invece erano ancora carichi di emozioni per gli eventi di quella notte, provavano gioia, paura, stanchezza, speranza, e non riuscivano a dormire.
Leonardo e Lucrezia si erano amati a lungo con passione, avevano sentito molto la reciproca mancanza, e avevano sempre sperato di potersi rivedere.
"Sì, andrà tutto bene, andrà sempre meglio." disse Leonardo stringendola e baciandole il viso, accarezzandole il fianco con la mano "E potremo iniziare una nuova vita, insieme." 
Disse così, ma in fondo al cuore sentiva un po' di tristezza, un pensiero lo preoccupava.
Lo stesso pensiero preoccupava Zoroastro nell'altra stanza.
"Allora adesso si realizzerà." commentò mentre si spogliava per mettersi a letto.
Beatrice si infilò la sottoveste e si sedette sul letto: "Cosa?"
"La profezia. Si realizzerà. Lucrezia è tornata, ha avuto un bambino..." Zo ricordò le parole del Turco, il dipinto nella catacomba "Tra non molto succederà, una di voi..."
Le parole gli restarono impigliate in gola, sospirò profondamente: "Io ti amo Bea. Ti amo così tanto che non esistono parole per spiegarlo. Voglio ripetertelo ogni volta che mi sarà possibile, perché non so chi di voi due...chi di voi due ci lascerà..."
"Zo, vieni qui, siedi." lo invitò Beatrice, lui si mise vicino a lei, si presero per mano e intrecciarono le dita "Lo so tesoro, e ti amo tanto anche io."
Zo scosse la testa: "Lo so che ti ho promesso che ci sarei stato nel bene e nel male, e lo farò. Ma ho paura. Non voglio perderti..." 
Bea gli accarezzò il viso: "Vorrei poterti dire che andrà tutto bene, ma la verità è che non lo so. Non so cosa accadrà, non so chi morirà. Ho paura anch'io..." le lacrime iniziarono a rigarle le guance "Ma non voglio che questa paura ci devasti, che ci impedisca di essere felici. Possiamo iniziare una nuova vita, lontani da chi ci vuole fare del male. E forse saremo fortunati, forse il destino ci concederà molto tempo da vivere insieme. E se così sarà voglio che sia un tempo ricco di felicità. Voglio passare momenti bellissimi con te, con Simone. Non so se toccherà a me lasciare questo mondo, ma in caso fosse così, voglio che la morte mi trovi viva, non impaurita in un angolo. Lo capisci Zo?"
L'uomo annuì, le prese il viso tra le mani e la baciò sulle labbra, baciò le lacrime che scendevano sul viso di lei, poi la guardò intensamente negli occhi: "Non importa quanto tempo ci concederà il fato, quel tempo sarà sereno, sarà felice principessa."
Bea gli sorrise tra le lacrime e lo baciò, lo strinse, e i baci si fecero più intensi, più appassionati, fino a che Zoroastro infilò le mani sotto la camicia da notte di Beatrice per poi sfilargliela.
Beatrice gli sorrise, lasciò che la facesse scivolare sotto di lui, che la baciasse e che entrasse in lei, adorava quella sensazione.
Le mani di Zoroastro le tenevano i fianchi mentre si muoveva dentro di lei, Beatrice gli accarezzava il viso, le spalle.
Lui le mormorò che l'amava, lo ripeté diverse volte, sentire la sua voce rendeva tutto più eccitante.
"Ti amo anch'io..." gli disse poco prima di raggiungere l'estasi, si aggrappò a lui.
Rimasero abbracciati, lui sopra di lei, per diversi istanti, lei passava le dita tra i riccioli scuri di Zoroastro, lui sfiorava il viso di Beatrice con le labbra.
Poco dopo, mentre erano abbracciati, Zoroastro si addormentò, Beatrice si alzò lentamente per non svegliarlo, si infilò una vestaglia e scese in cucina, aveva fame.
Tagliò alcune fette di pane e prese la confettura di fragole, si sedette a tavola.
In quel momento nella stanza entrò Leonardo: "Oh, scusa...non sapevo ci fosse qualcuno...ecco, avevo una certa fame..."
"Anche io. Mi viene sempre un po' di fame dopo aver fatto...hai capito..." 
"Chiaro! Ehm...posso rubarti la fetta che hai già farcito?" azzardò Leo sedendosi.
Beatrice sorrise e gli passò il pane.
"È interessante questa cosa che abbiamo in comune." commentò lui "Potevamo nascere entrambi con il naso storto, o con un sesto dito sulle mani...e invece..."
Beatrice scoppiò a ridere: "Meglio la fame post sesso direi!"
Anche Leonardo rise.
Rimasero in silenzio e finirono di mangiare.
Leonardo poi prese la mano della sorella: "Ti voglio bene Bea."
Lei capì perché glielo diceva: "Anche io ti voglio bene fratellone."
"Io non posso scegliere...lo capisci vero? Quando accadrà...non posso prendere le parti di una o dell'altra, io...non posso sperare per una o per l'altra..."
"Non voglio che tu lo faccia." gli disse stringendogli forte la mano "Ho promesso a Lucrezia che non le avrei mai augurato la morte, quindi nemmeno tu devi tormentarti."
Leonardo la guardò, le fece un debole sorriso.
Lei ricambiò, il suo sorriso era più caldo, riuscì a rassicurare un po' suo fratello.
Beatrice gli disse: "Non so che accadrà, se sarò io a morire. Ma so che in caso, stando a ciò che ci ha detto il Turco, tu ti occuperai di Simone, con Lucrezia...ecco...ti chiedo un favore..."
"Quale?"
"Leo, promettimi che non gli costruirai una macchina volante!"
Leonardo scoppiò a ridere: "Va bene, te lo prometto."


"Dunque, ricapitoliamo. Riario ci aspetterà alla porta sud della città e insieme partiremo per Ferrara. Chiaro, semplice, no?" disse Leonardo a colazione.
Gli altri annuirono, il piano in effetti sembrava realizzabile.
"E non dobbiamo dire a nessuno che partiamo, e il nostro bagaglio deve essere leggero e maneggevole." aggiunse Beatrice.
"Esatto." rispose Leonardo "Manca poco ormai, si parte stanotte...mi sembra incredibile che questo mese sia passato così in fretta."
Beatrice a quel punto si alzò e corse in bagno, rimase lì per alcuni minuti, quando rientrò nella stanza bevve un sorso di infuso, gli altri la guardarono interrogativi.
"Nausee mattutine." disse semplicemente.
Gli altri sgranarono gli occhi.
Zoroastro si alzò e andò verso di lei: "Nausee mattutine? Oddio Bea sei..." la abbracciò forte ridendo "È meraviglioso principessa! Ma da quanto lo sai?"
"Non ne ero sicura, ma il ciclo è saltato per la seconda volta, e poi le nausee, i capogiri...volevo trovare un momento tranquillo per dirtelo..." lo abbracciò.
Leonardo e Lucrezia andarono ad abbracciarli entrambi.
"È una notizia fantastica! Sono sicuro che è di buon auspicio!" disse Leo.
"Credi nei presagi adesso? Leggi le pance invece delle sfere?" scherzò Zoroastro.
Tutti risero, e Leonardo disse: "Una nuova vita sta crescendo in Beatrice, e una nuova vita nascerà per tutti noi quando saremo a Ferrara. Ne sono sicuro."


Riario arrivò puntuale, con lui c'era un gruppo di soldati, uno di loro guidava un carro coperto.
"Viaggerete lì dentro, se ci fermeranno diremo che siete dei miei servitori." spiegò.
Una volta saliti sul carro videro delle casse di legno, dentro c'era della stoffa.
"Per i bambini." tagliò corto Riario.
Beatrice soffocò una risata di fronte all'imbarazzo del conte nel fare un gesto gentile.
Misero i piccoli in quelle culle improvvisate, e il carro partì.
Il viaggio durò quasi una settimana, il conte aveva deciso di allargare il percorso per evitare zone pericolose.
"Domani notte dovremmo arrivare a Ferrara." disse quando si furono accampati per mangiare.
"Cosa dobbiamo fare Girolamo?" chiese Leonardo.
"Io cercherò di portarvi il più vicino possibile alle mura, ma non potrò avvicinarmi troppo, se vedessero un gruppo di soldati, se vedessero me, potrebbero insospettirsi e non farvi entrare. Temo che dovrete percorrere l'ultimo tratto di strada da soli." spiegò il conte "Durante la notte rimarremo accampati, appena sorgerà il sole vi recherete alle porte della città. Credo sia il momento migliore."
Leonardo annuì: "Faremo come ci dite Voi." 
Mentre gli altri finivano di mangiare Beatrice andò sul carro per controllare i bambini, Matteo dormiva, invece Simone si era svegliato: "Ciao riccetto!" gli disse e lo prese in braccio per cullarlo, il bambino fece un grande sbadiglio e lei gli accarezzò la testolina "Direi che non sei del tutto sveglio. Che dici, dormiamo ancora un po'?" 
"Ha davvero i Vostri occhi." disse Riario salendo sul carro.
Beatrice gli sorrise: "Lo dicono tutti. È bello sapere che tuo figlio ha qualcosa di te."
Riario si sedette di fronte a lei: "E il bimbo che aspettate? Avrà i Vostri occhi o quelli del padre?"
"Come sapete che sono incinta?" 
"Vi prego, avete vomitato praticamente ogni giorno." le sorrise "Congratulazioni."
Beatrice arrossì lievemente: "Grazie. Dovrebbe nascere tra sette mesi, più o meno. Non vedo l'ora che esca per conoscerlo, o conoscerla."
Simone si era addormentato, Beatrice lo mise delicatamente nella cassa.
"Come state?"
"Oh, a parte le nausee la gravidanza sembra tranquilla."
"Mi riferisco ad altro...riguardo alla profezia..." precisò Riario "Ora siete entrambe madri, ciò di cui parlava il Turco potrebbe accadere in un qualsiasi momento. Siete preoccupata?"
Beatrice si incupì, poi annuì: "Sì, ovviamente lo sono. Ma coltivo la speranza che non accada nulla. Potrebbe anche non succedere, perché no?" gli sorrise.
"Siete una donna incredibilmente forte, coraggiosa, affrontate il Vostro destino a testa alta, senza indietreggiare. Ogni uomo vorrebbe una donna così al suo fianco." disse Girolamo.
Beatrice arrossì violentemente a quelle parole, si sentiva a disagio, lui lo notò.
"Perdonate Beatrice, Vi ho messa in imbarazzo...ma è quello che penso, quello che sento." le disse "Spero che il destino sia clemente con Voi Beatrice, davvero."
Le passò accanto per scendere dal carro, la sua mano sfiorò quella di lei, Beatrice non seppe mai se lo avesse fatto apposta o se fosse stato un caso.
Prima di congedarsi e tornare dai suoi uomini le disse: "Comunque Girolamo è un bel nome."
"Prego?" chiese Beatrice voltandosi.
"Girolamo, vuol dire 'nome sacro'. È un bel nome per un maschietto." spiegò Riario.
La donna sorrise e gli rispose: "Ci penseremo, se sarà un bambino." 
Girolamo ricambiò il sorriso e si allontanò.
Bea rimase nel carro coi bimbi, pensò che forse c'era una speranza per l'anima tormentata del conte Riario.
 
Mancava poco all'alba.
Leonardo e gli altri si preparano per arrivare velocemente alle mura di Ferrara.
"Oltre quegli alberi c'è una radura, seguite la strada che la attraversa e arriverete in meno di un'ora. Guardatevi le spalle, se incrociate altri viandanti salutate con cortesia del ma non fermatevi. Avete già pensato ai nomi con cui registrarvi?" chiese Riario.
"Sì, siamo preparati e pronti." disse Zoroastro.
"Prendete queste." Girolamo consegnò agli uomini due spade "Spero non vi servano, ma meglio essere previdenti."
Diede a Leonardo un sacchetto, era colmo di monete, perché, spiegò Riario, non si può iniziare una nuova vita senza un gruzzolo da cui partire.
"Credo sia arrivato il momento di dirci addio."  Il conte strinse la mano a Leonardo e Zoroastro, fece un inchino alle due donne "Buona fortuna, sarete nelle mie preghiere."
Beatrice si avvicinò a lui gli diede un rapido abbraccio: "Grazie Girolamo. Voi sarete nelle mie."
Lui abbozzò un sorriso e si girò verso i suoi soldati, ordinando loro di montare in sella e di prepararsi a ripartire.
I quattro si girarono verso la fine del bosco.
"Dunque, andiamo, camminiamo svelti, ce la faremo." disse sicuro Leonardo, e si incamminarono verso la radura.

Il paesaggio della radura era surreale, c'erano una leggera rugiada sull'erba, una nebbia bianca e bassa che piano piano si diradava man mano che il sole si alzava nel cielo.
La luce, dapprima ambrata, era diventata rosata, poi di un delicato arancione che si mescolava come in una tavolozza con un tenue azzurro.
I quattro camminavano svelti lungo la strada, in lontananza si vedeva Ferrara, sembrava piccola come in un presepe.
Siamo vicini, continuavano a ripetere le loro menti, siamo vicini.
Erano nervosi, nessuno riusciva a parlare, nemmeno per stemperare la tensione.
Beatrice sorrise a Simone, era accoccolato nella fascia in braccio a lei, era sveglio e si guardava attorno, gli occhi verdi del bambino brillavano di sfumature dorate, il riflesso della luce del sole.
Leonardo a un certo punto disse: "Guardate." 
Non molto distanti da loro c'erano due uomini, marciavano verso di loro.
"Potrebbero essere solo forestieri Leo." disse Lucrezia.
"Potrebbero. Stiamo comunque in guardia." aggiunse Zoroastro.
Gli uomini erano sempre più vicino, si vedeva che stavano parlando tra loro, ridevano.
Quando si incrociarono uno di loro li salutò: " 'giorno."
"Buongiorno." risposero Beatrice e Leonardo, quasi all'unisono.
Gli uomini proseguirono il loro cammino, Leonardo e gli altri si girarono diverse volte per assicurarsene, poi sospirarono, un po' di tensione si era sciolta e risero.
"Ho avuto paura, lo ammetto." disse Zoroastro.
"E lo dici a me? Ero già pronto a sguainare la spada." commentò Leonardo.
Proseguirono il loro cammino, Ferrara era sempre più vicina, mancava poco.
Finalmente videro le mura nella loro grande maestosità.
Erano distanti forse un chilometro da una delle porte della città, la vedevano, accelerarono il passo.
Notarono un uomo in lontananza, seduto su un vecchio muretto, accanto a lui c'era un ragazzo più giovane.
"Chi sarà stavolta?" chiese Beatrice stringendo Simone al petto.
"Hanno facce poco raccomandabili." bisbigliò suo fratello "State calmi, d'accordo."
Appena li vide l'uomo sorrise e parlò: "Buongiorno signori." 
"Buongiorno." rispose Leonardo.
L'uomo e il ragazzo si misero tra loro e il resto del percorso.
 "Signori. Ci state impedendo di proseguire signori, vi prego, abbiamo dei bambini piccoli che devono andare a casa." disse gentilmente Leonardo.
Il ragazzo ridacchiò.
"Oh lo vedo. Ditemi i vostri nomi." disse l'uomo.
"Non vedo perché dovremmo dirveli signore...tuttavia...se è la Vostra condizione per farci passare..." indicò se stesso e Lucrezia "Siamo Giuseppe e Elisabetta Sabatini."
Zoroastro intervenne: "E noi siamo Davide e Sara De Benedetti. Soddisfatti?"
"Stiamo cercando delle persone, dei fuggiaschi. C'è una ricompensa molto cospicua per la loro cattura." spiegò il ragazzo.
"Non credo ci sia una taglia su di noi..." commentò Leonardo.
"Giù i pantaloni." disse l'uomo.
"Prego?" 
"Giù le brache signori. Se siete davvero un Sabatini e un De Benedetti siete sicuramente circoncisi, giusto? Dimostratecelo." spiegò.
Zoroastro e Leonardo si guardarono, il primo era circonciso dato che sua madre era ebrea, ma Leonardo no.
"Sentite signori, è imbarazzante...davvero volete vedere gli uccelli di altri uomini? Suvvia..." cercò di scherzare Zoroastro.
"Quella taglia vale la vista dei vostri cazzetti. Forza, calate le brache." l'uomo estrasse un pugnale "Oppure mi scaglio contro le vostre signore."
Leonardo voleva rispondergli che loro avevano delle spade, ma intervenne Beatrice: "D'accordo signori, vi dimostreremo che non siamo noi le persone che cercate. Davide, amore, cala le brache per questi signori."
Zo la guardò interrogativo, vide un guizzo nel suo sguardo, capì che aveva in mente qualcosa.
Annuì e si abbassò i pantaloni.
"Lui è a posto, è ebreo. Ora Voi, veloce." disse il ragazzo rivolgendosi a Leonardo.
Leo alzò le spalle: "Se vi piace la visione di altri uccelli..." e abbassò i pantaloni.
Lucrezia spalancò gli occhi, ma come era possibile?
"Visto? È circonciso anche lui. Ora potete farci passare." disse Beatrice.
I due uomini si scostarono, infastiditi.
Leonardo si allacciò le brache: "Grazie. Buona caccia signori."
Si allontanarono velocemente verso la porta della città.
Zoroastro e Lucrezia erano esterrefatti: "Ma come diavolo..."
"È una cosetta di mia invenzione, l'ho fatta con il budello." spiegò soddisfatto Leonardo "Ho pensato che a Ferrara potrebbero voler verificare se siamo effettivamente ebrei, così ho fabbricato un copri pene, lo fa sembrare circonciso."
"Io lo sapevo, per questo ero tranquilla." disse Beatrice.
Zoroastro scoppiò a ridere: "Sei geniale Leo! Davvero!"
"Lo so, grazie Zo."
"Ho sempre pensato che tu fossi un inventore del cazzo, ora ne ho le prove!" disse Zoroastro facendo ridere tutti. 
Le porte di Ferrara erano davanti a loro, la varcarono e furono subito fermati da due soldati.
"Signori, per entrare in città occorre un lasciapassare o un permesso, avete una di queste due cose?" chiese la guardia.
"Ecco signore, siamo fuggiti da Roma...siamo ebrei, non potevamo più vivere lì..siamo fuggiti per salvare le nostre vite..." spiegò Beatrice, si fece avanti e sgranò gli occhioni verdi, fece in modo che il soldato vedesse i bambini che lei e Lucrezia tenevano in braccio.
La guardia fece un caldo sorriso: "Coloro che sono perseguitati sono i benvenuti a Ferrara.
Entrate, vi accompagno dal mio capo, lui si occupa di registrare i rifugiati come voi."
Furono fatti accomodare in un ufficio, un soldato di alto grado li registrò come la famiglia Sabatini e la famiglia De Benedetti, poi chiamò un'altra guardia.
"Questi sono i vostri documenti provvisori, a breve ne avrete di ufficiali, con quelli potrete lavorare e cercare una casa. Per intanto sarete ospiti di un ricovero, quest'uomo vi ci accompagnerà."
Mentre raggiungevano il ricovero si guardavano attorno, la città sembrava davvero bella.
Furono sistemati in una grande stanza con una decina di letti, alcune signore molto gentili spiegarono le regole della mensa e del dormitorio, portarono loro acqua per lavarsi e cibo.
"Grazie, siete così ospitali." Beatrice sorrise a una donna che le porgeva le lenzuola per il letto.
Lei le prese la mano, la strinse: "Qui siete al sicuro mia cara, non dovete più temere il pericolo."
A Beatrice venne da piangere, era vero, erano al sicuro, finalmente erano liberi, potevano iniziare una nuova vita, tutti insieme.
 

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Capitolo 22
*** Non puoi salvarle entrambe. ***



Otto anni dopo.

"Niente da fare, io lì non ci vado!" disse Niccolò.
"Ti ho detto che non c'è niente di cui aver paura, dai, vieni, entro io per prima." lo spronò Aurora.
I due bambini erano davanti a un vicolo stretto tra le case di Ferrara, era scuro, in fondo era praticamente al buio.
"Potrebbe esserci il lupo lì." protestò Niccolò.
"Dai! Non c'è nessun lupo per le vie di Ferrara!"
"Ma mio fratello dice che c'è, lui e i suoi amici lo hanno visto!" insistette il bambino.
"No, non c'è, te lo dico io." Aurora entrò di qualche passo nel vicolo.
"Va bene vengo con te..." Niccolò la seguì.
I due bambini si infilarono in quel passaggio stretto, man mano che vi si addentravano la luce diventava più debole, il vicolo era sempre più scuro.
Fu proprio quando arrivarono nella parte più buia, quando erano avvolti dall'oscurità che Aurora si fermò e bisbigliò: "Aspetta...sento qualcosa..."
Niccolò iniziò a tremare: "Cosa c'è?"
Aurora si avvicinò al bambino e con voce bassa gli disse: "C'è il lupo! C'è il lupo!"
L'urlo di terrore di Niccolò echeggiò in tutta la via, il bambino scappò dal vicolo veloce come un lampo.
Aurora ridacchiò e tranquillamente uscì dal vicolo trotterellando per tornare a casa, che era lì accanto.
"Aurora." 
La bambina si voltò: "Ciao papà." disse con aria mesta.
Zoroastro guardò negli occhi la piccolina, quegli occhi grandi e scuri, due perle nere, come i suoi: "Cosa ti abbiamo detto io e la mamma?"
La bambina giocherellò con una ciocca dei suoi capelli rossi e rispose sospirando: "Di non spaventare più i miei amichetti."
"Esattamente. E allora perché Niccolò è scappato via urlando? Lo hai spaventato?"
"In verità lo ha spaventato il lupo." precisò Aurora.
"Oh, perché, c'è un lupo nel vicolo?" chiese Zoroastro.
La bambina ridacchiò: "No, non c'è."
A Zoroastro veniva da ridere, quella piccola peste era tremenda. 
"Forza, andiamo. E comunque ne riparliamo con la mamma, non credere." prese per mano sua figlia e si avviarono verso casa.
Arrivati la piccola corse nel laboratorio al piano terra, lì c'era Beatrice intenta a riempire dei vasetti di vetro con un unguento.
"Mami!" urlò Aurora e saltò in braccio alla sua mamma.
Bea la prese al volo e le diede un bacio a stampo sulla guancia: "Sei allegra oggi carotina."
La bimba le diede un bacio, Zoroastro commentò: "Ci credo, ha terrorizzato Niccolò."
"Aurora! Ancora?" disse Beatrice ridendo.
"Giocavamo mamma." si giustificò Aurora.
Beatrice guardò quel nanetto dai capelli rossi, le sorrise: "Va bene tesorino. Però la prossima volta fate giochi meno spaventosi, va bene?"
"Sì mamma." disse mentre sua mamma la metteva giù, poi corse di sopra in camera sua.
Appena se ne fu andata Zoroastro e Beatrice scoppiarono a ridere.
"È una peste! È il quinto bambino che terrorizza! Ma perché lo fa?"
"Amore è solo un gioco. Non ne farei un dramma." rispose Beatrice "Io sono molto orgogliosa del fatto che mia figlia, che non ha neanche sette anni, riesca a prendere per il naso bambini più grandi di lei." la donna rise.
Zo si avvicinò a Beatrice, le prese il viso con una mano e la baciò: "Lo sei perché lo facevi anche tu."
"Infatti!" gli sorrise e lo baciò "Comunque le parlerò stasera."
Zoroastro le diede un bacio sulla guancia: "Va bene. Ti aiuto con il lavoro?"
Beatrice annuì, gli porse dei vasetti da riempire.
Erano a Ferrara da quasi nove anni, ormai la loro vita scorreva tranquilla, erano ben inseriti nel quartiere.
Grazie ai soldi che gli aveva regalato Riario avevano comprato una casetta su tre piani in periferia, era piuttosto malandata ma in meno di un anno l'avevano rimessa a nuovo.
Al piano terra avevano aperto un bazar: qui Beatrice vendeva le sue medicine, e Leonardo dipingeva quadri e ritratti su commissione, inoltre vendeva speciali colori e carboncini di sua invenzione. In poco tempo si era sparsa la voce sulla validità dei loro prodotti e il numero dei clienti era aumentato. Anche Lucrezia e Zoroastro lavoravano in questa attività, inoltre la donna faceva alcuni lavori di sartoria, lui dal canto suo aiutava Beatrice con la preparazione di unguenti e sciroppi e aveva preso contatti con diversi esercenti, e come a Perugia, grazie alle sue doti persuasive, proponeva con successo i prodotti di Beatrice e Leonardo ad altri negozi e alle scuole d'arte, Leonardo spesso lodava la sua parlantina convincente.
Matteo e Simone entrarono di corsa in casa, ridendo, dietro di loro entrò Lucrezia.
Ormai erano cresciuti, Simone assomigliava sempre di più a Zoroastro anche per il suo carattere burlone, Matteo aveva conservato i tratti di Leonardo e aveva ereditato la sua curiosità.
Erano molto legati, sembravano più due fratelli che due cugini. Beatrice in loro rivedeva Leo e Zo da piccoli, complici e allegri, sempre insieme.
"È andata bene la vostra mattina?" chiese Zo.
"Sì! Siamo stati con la zia al giardino botanico, abbiamo fatto navigare le nostre barchette!" disse fiero Simone.
Lucrezia sospirò: "Le hanno anche fatte affondare."
"Era un esperimento." spiegò Matteo.
Beatrice rise: "Tale padre..."
"Almeno non le hanno fatte esplodere!" commentò Lucrezia "Su, a lavarsi le mani, tra poco mangiamo."

 
Era calata la notte su Ferrara.
Beatrice era nella stanza da bagno con Aurora, le aveva fatto il bagnetto: "Oplà, ora sei tutta bella pulita e profumata." aiutò la piccola ad asciugarsi "Senti cucciola, mi spieghi perché continui a spaventare i tuoi amichetti?" 
"Sto cercando quello giusto."
"Quello giusto?"
"Da sposare." spiegò sicura Aurora.
"Da sposare? Non capisco carotina." Beatrice la guardò interrogativa.
"Vedi mamma, un giorno troverò un bambino che non scapperà quando gli dirò che c'è il lupo, e un giorno, quando saremo grandi, lo sposerò." spiegò sicura Aurora.
 Beatrice sorrise e le diede un bacio sulla testa: "Mi sembra un ottimo sistema per trovare l'uomo giusto! Ora a nanna tesoro." 
Le infilò la camicia da notte e l'accompagnò in camera.
Leonardo era con Simone e Matteo, stava raccontando loro una storia: "E quindi Ulisse, ormai rivelatosi, tese l'arco, e con una sola freccia uccise tutti i Proci."
"Una sola freccia?" chiese stupefatto Matteo.
"Una sola." confermò Leonardo.
"E Ulisse tornò ad essere re di Itaca?" chiese Simone.
"Certo! Penelope lo accolse con tutti gli onori, e lui regnò fine alla fine dei suoi giorni. Bene, ora a dormire mostriciattoli!"
"No no! Un'altra storia! Dai per favore!" chiesero i bambini.
"Devi raccontare un'altra storia zio, io non c'ero quando hai raccontato la prima." puntualizzò Aurora gattonando sul letto e infilandosi sotto le coperte.
"È vero! Aurora non ha sentito la storia." ribadì Matteo.
Leonardo guardò Beatrice, che annuì.
"Va bene, un'altra storia e poi a nanna." disse Leonardo e i bimbi esultarono.


Fu nel primo pomeriggio che Lucrezia rientrò a casa trafelata, era pallida, ansimava per la paura: "BEA, BEA SEI QUI?" gridò con voce stridula.
Beatrice scese le scale: "Che succede?" poi vide il volto spaventato di Lucrezia, sembrava avesse visto uno spettro. Bea aiutò l'amica a sedersi, le prese un bicchiere d'acqua: "Lu, cosa è successo?"
Lucrezia bevve l'acqua tutta d'un fiato, poi spiegò: "Sono andata a consegnare gli abiti, c'erano due guardie cittadine che chiacchieravano fuori dal negozio, dicevano che una settimana fa alcuni uomini sono penetrati negli archivi dell'anagrafe di Ferrara, un soldato che controllava gli uffici è stato ucciso. Le guardie hanno detto che sono stati rubati dei libri ,quelli in cui sono stati registrati i nomi dei forestieri che hanno chiesto asilo." rispose Lucrezia "Bea, lo so che è passato tanto tempo ormai ma..."
Beatrice sospirò: "Ma visto con chi abbiamo a che fare non si può mai abbassare la guardia. Noi comunque ci siamo registrati sotto falso nome, non ci troveranno facilmente, insomma, dovrebbero andare di casa in casa..." 
"Lo stanno già facendo Bea." a Lucrezia veniva da piangere "È anche per questo che sono spaventata. I soldati hanno parlato di un delitto, due coppie sposate che abitavano nella stessa casa sono state aggredite pochi giorni dopo, venivano da un paesino non lontano da Firenze...sono stati torturati ferocemente e poi uccisi..."
Beatrice guardò l'amica e si morse le labbra: "Lu, dobbiamo parlarne con Leonardo e Zoroastro, subito."


Quando Zoroastro e Leonardo videro arrivare al parco le due donne capirono subito che qualcosa non andava.
I bambini correvano sul prato, ridevano, facevano a gara chi riusciva a fare più capriole.
Per Simone, Matteo e Aurora era una giornata come tante, un pomeriggio di sole in cui divertirsi.
Invece gli adulti, dopo il racconto di Lucrezia, erano preoccupati e spaventati.
"Non c'è dubbio, Goffredo ci ha trovati, ha capito che ci siamo trasferiti a Ferrara, ci ha messo molto tempo ma ce l'ha fatta." sentenziò Leonardo.
"E sembra molto determinato ad ottenere in fretta dei risultati visto come i suoi uomini si sono accaniti su quei poveri innocenti." disse Zoroastro, era in piedi e tamburellava per terra con il piede, non voleva passeggiare nervoso, i bambini lo avrebbero notato.
"Credevo che dopo tanti anni avesse smesso di cercarci. Ma forse la sua ambizione non gli permette di cedere. Le guardie si sono fatte sfuggire altri dettagli?" chiese Leonardo a Lucrezia, e la donna scosse la testa.
Rimasero un po' in silenzio, la situazione era grave. 
"Temo che l'unica soluzione sia lasciare la città. Non dico in via definitiva...fino a che non si calmeranno le acque..." propose Beatrice.
Leonardo annuì: "Speravo di non dover più fuggire...ma d'altronde che altro possiamo fare? Non possiamo rimanere e rischiare che arrivino fino a noi. Provo una tale rabbia! Per arrivare a noi continueranno ad uccidere degli innocenti!" strinse i pugni così forte che le nocche gli diventarono bianche.
Zoroastro gli diede alcune pacche sulle spalle: "Lo so amico mio, è una cosa che fa imbestialire anche me. Vorrei poterli fermare, ma non sappiamo nemmeno che faccia abbiano, quanti siano. Non ci resta che partire Leo."
"E dove andremo?" chiese Lucrezia.
"Non ne ho idea." ammise Leonardo "Come ha detto Beatrice poco fa potremmo stare lontani per un po', ci sono alcuni rifugi in montagna in cui nasconderci. E poi valuteremo il da farsi."
"È una buona idea." disse Zoroastro, anche Beatrice concordò.
"Bene. Allora è deciso. Comprerò un carro e tra qualche giorno partiremo." disse Leonardo.
Lucrezia gli prese la mano, la strinse: "D'accordo Leonardo. Andiamo via, lontano saremo al sicuro."


A cena furono i bambini a rallegrare l'atmosfera.
"Non sai fare le capriole dritte." commentò Aurora.
"Ma non è vero!" protestò Matteo "È che sono alto, come il mio papà, e allora peso di più, per questo spesso barcollo di lato."
"Prrrr!" fu la risposta di Aurora.
Gli adulti li guardavano, era bello vedere la loro spensieratezza, riuscivano a strappare un sorriso anche al genitore più teso.
Dopo aver messo a dormire i bambini con interminabili storie  Zoroastro andò in camera sua.
Si spogliò e si infilò nel letto accanto a Beatrice, che era già rintanata sotto il lenzuolo.
Zoroastro la abbracciò, e gli venne da ridere sentendo che lei era completamente nuda: "Non hai indossato la camicia da notte!"
"Esatto."
"E a cosa dobbiamo questa scelta?" le chiese Zoroastro mentre lei si metteva a cavalcioni sopra di lui.
Bea gli sorrise, iniziò a baciargli il collo, il torace, la pancia: "Ho davvero bisogno del tuo calore stanotte..."
Zoroastro le sorrise e sospirò, le accarezzò i capelli.
Dopo averlo baciato e accarezzato a lungo Beatrice lo guidò dentro di lei e iniziarono a fare l'amore.
Erano passati tanti anni e si desideravano ancora come il primo giorno, se non di più.
Baciarsi, toccarsi, fare l'amore, erano cose che alimentavano quel sentimento e quella passione che li legava da sempre.
Il loro amore era qualcosa di puro, perfetto, era il prendersi cura l'uno dell'altra senza chiedere mai nulla in cambio, solo per vedere l'altro felice.
Erano scampati a tanti pericoli, a tanta sofferenza, e il loro sentimento non si era mai perduto in quell'oscurità, anzi, l'aveva illuminata.
Zoroastro la pose con delicatezza sotto di lui, sorridendo, continuando a muoversi dentro di lei. Beatrice lo baciò con passione, gli mordicchiò le labbra, lo strinse, fino a che non raggiunsero il piacere.
Rimasero sdraiati, guardandosi, intrecciando le dita.
"Non vedo l'ora di essere in montagna." le confessò Zoroastro "Squadro ogni persona che incrocio per strada, ad ogni rumore sobbalzo."
"Lo so. Anche io non sono tranquilla. Ma tra pochi giorni saremo lontani." rispose lei, lo baciò teneramente "Tutto si sistemerà vedrai."
Zoroastro le sorrise, sperava che Beatrice avesse ragione.
La notte di Leonardo non fu altrettanto piacevole.
Un incubo lo tormentava.
Era su una barca in mezzo al mare, le onde erano forti ed alte. Sentiva le grida di Beatrice e Lucrezia, erano in acqua, una alla sua destra e l'altra alla sua sinistra, annaspavano, chiedevano aiuto.
"Non puoi salvarle entrambe." diceva una flebile voce "Solo una sopravvivrà Da Vinci. Una di loro la porterò via con me." 
Una figura incappucciata apparve sulla nave.
Leonardo la supplicò, ma l'essere avvolto nel mantello disse: "Una di loro verrà con me, scegli Da Vinci, SCEGLI!"
Si svegliò sudato e congelato."
Lucrezia dormiva tranquilla accanto a lui.
Un incubo...come quando Riario lo aveva ricattato usando Beatrice...
Si sdraiò, cercando di dormire, ma l'eco di quella voce lo tormentò fino all'alba.


Era una luminosa mattina.
Leonardo e Zoroastro avevano deciso di portare i bambini al colorato mercato allestito nella piazza della chiesa.
Beatrice rimase in negozio, Lucrezia si dedicò al rassettare le camere da letto al primo piano.
La mattina procedeva tranquilla, Beatrice stava preparando una pomata, aveva messo tutti gli ingredienti a sciogliere in un calderone nel camino.
A un certo punto sentì entrare dei clienti in bottega, si avvicinò alla porta: "Buongiorno! Benvenuti nel negozio, posso aiutarvi?" 
Si trovò di fronte due uomini piuttosto robusti, uno di loro era pelato e più tarchiato, l'altro aveva i capelli chiari e una barba di pochi giorni.
Quest'ultimo le sorrise, si guardò attorno: "Lo spero! Vedete mia cara signora, noi  siamo cacciatori di taglie, cerchiamo dei fuggiaschi." disse il biondo "Speravo che poteste aiutarci a trovarli...c'è una ricompensa molto alta sulle loro teste, potrebbe convenire anche a Voi."
Beatrice cercò di apparire calma, ma dentro di lei il cuore batteva all'impazzata: capì che erano gli uomini di Goffredo.
"Fuggiaschi?" chiese lei "E chi state cercando?"
"Cerchiamo due uomini e due donne provenienti da Firenze. Sappiamo che ora abitano a Ferrara."
"Oh, io non conosco nessuno che venga da Firenze." rispose Beatrice "Sapete, qui la gente di fa spesso i fatti propri..." 
"Voi di dove siete madonna..."
"De Benedetti, e veniamo da Roma." 
"Oh, siete ebrea, il Vostro cognome lo dice chiaramente. Siete andati via dopo le leggi emanate dal Papa immagino." commentò il biondo.
Beatrice annuì: "Esattamente. Mi spiace non esservi d'aiuto signori..."
"ANNAMO PE' NACHAMU'." disse l'altro uomo a voce alta interrompendo Beatrice, la donna lo guardò interrogativa.
"Non mi avete capito?" l'uomo tarchiato ripeté la frase.
Beatrice scosse la testa, il biondo ridacchiò: "Ma come? Vi ha detto che qui stiamo facendo notte. Un'ebrea di Roma che non capisce il romanesco giudaico, il dialetto che voi ebrei parlate nel ghetto? Qui c'è qualcuno che sta mentendo sulla propria identità...non è così?"
Bea impallidì, era stata intrappolata da quel piccolo trucco, cercò di giustificare la sua ignoranza ma il biondo si avvicinò, la guardò negli occhi e le disse: "Pensavo ci avremmo messo di più a trovarvi. Ora dammi il libro che il mio padrone sta cercando."
Beatrice indietreggiò: "Non so di cosa parlate signori..."
Il biondi la colpì sulla bocca con uno schiaffo, la fece barcollare, lei cercò di fingere ancora: "Vi prego! Non sono chi state cercando! Ho dei soldi, prendeteli tutti..."
Lui la colpì di nuovo, la spinse contro uno scaffale, l'urto fece cadere diverse bottiglie che si infransero a terra.
Il biondo le afferrò il collo, le intimò di parlare.
Lucrezia si precipitò di sotto: "Beatrice, cos'era quel rumore, tutto bene, ti sei fatta..."
"CORRI! SCAPPA!" le urlò Beatrice.
Lucrezia capì, provò a scappare al piano di sopra, ma l'uomo tarchiato la raggiunse sulle scale, le afferrò i capelli e la trascinò nella stanza.
Beatrice riuscì a liberarsi dalla stretta del biondo, si mosse per aiutare l'amica, ma il sicario la colpì.
Bea sentì un forte dolore al fianco, sentì il freddo della lama che le lacerava la pelle, che le bruciava la carne, lanciò un grido acuto. Il biondo estrasse il pugnale, e lo affondò di nuovo nel corpo della donna, all'altezza della spalla, facendola gridare di nuovo.
"No! No!" urlò Lucrezia.
"Dimmi dove avete nascosto il libro, oppure le taglio la gola!" minacciò il biondo.
"No...no...Lucrezia, non dire..." mormorò dolorante Beatrice, era inginocchiata a terra , l'uomo le diede un calcio che la fece sdraiare.
"Dimmelo! Oppure la uccido davanti ai tuoi occhi!" minacciò di nuovo.
Lucrezia iniziò a piangere, cercava un'idea per prendere tempo, sperava che qualcuno le avesse sentite gridare.
"Aspetta...io...io non..."  Lucrezia non riusciva a parlare, era terrorizzata, attraverso le lacrime che le riempivano gli occhi guardava l'amica a terra, stava perdendo molto sangue, respirava affannosamente.
"Allora! Vuoi dirmelo puttana? O dobbiamo farla a fettine?"!" disse il tarchiato scuotendola.
Lucrezia cercava di parlare, ma dalla gola le usciva solo un rantolo incomprensibile, la paura l'aveva pietrificata.
"Forse non sono loro, magari ci stiamo sbagliando, come con quegli altri." disse il tarchiato.
"Sono loro! Hai sentito, si chiamano Lucrezia e Beatrice!" afferrò Beatrice per i capelli, la pugnalò a un braccio, lei urlò dal dolore "Dimmelo tu stronzetta, dimmelo. Oppure ti infilo le dita in quelle ferite e inizio a scavarti la carne fino ad arrivare alle ossa!" 
Beatrice respirò profondamente, poi annuì.
Gli indicò uno scaffale con mano tremante.
Il biondo si voltò per guardare.
Beatrice raccolse tutte le forze che aveva e, approfittando di quel secondo di distrazione, colpì con il ginocchio i testicoli il suo aggressore.
L'uomo si accasciò rantolando, Bea rotolò lontano da lui.
Anche Lucrezia ne approfittò, afferrò un vaso e lo ruppe in faccia al tarchiato che mollò la presa, la donna corse ad aiutare Beatrice, che gattonò verso di lei.
"Esci! Chiama aiuto..." le disse Beatrice, ma il tarchiato riacciuffò Lucrezia.
"Brutta puttana!" le gridò "Questa me la paghi!"
Il sicario scaraventò Lucrezia contro il calderone che ribolliva dentro il camino acceso.
"Dio no!" gridò Beatrice, ma la sua voce fu coperta dalle urla strazianti di Lucrezia: il contenuto bollente della grossa pentola le era colato addosso, ustionandola sulla schiena, sul petto, sulle braccia e sulle gambe, e il fuoco aveva alimentato il bruciare della pelle.
Lucrezia era in preda agli spasmi e all'agonia, quel dolore le diede la forza di alzarsi e di precipitarsi fuori, in strada.
Il biondo cercò di afferrarla ma non ci riuscì.
Dalla strada arrivarono le urla di Lucrezia e di coloro che la videro, spaventati, grida di chi chiedeva aiuto.
I due sicari a quel punto si diedero alla fuga, tutto quel trambusto avrebbe presto attirato le guardie.
Beatrice si alzò a fatica, le ferite sanguinavano, la testa le girava, camminò verso la porta, uscì in strada.
Vide Lucrezia, era a terra, la guardava, mormorava qualcosa ma ciò che diceva era incomprensibile.
Beatrice si accasciò vicino a lei, senza staccare mai gli occhi dai suoi.
Provò ad allungare una mano per toccare le sue dita, ma tutto divenne improvvisamente nero.


Zoroastro e Leonardo erano in piedi, in corridoio, appoggiati al muro, aspettavano impazienti, negli occhi l'immagine di Beatrice e Lucrezia agonizzanti, prive di sensi.
Erano arrivati a casa mentre i vicini le stavano portando in camera da letto, alcuni di loro erano corsi a cercare il dottore. 
Nessuno aveva saputo spiegare cosa fosse accaduto, avevano solo trovato le donne in quello stato terribile.
"Almeno i bambini non le hanno viste." mormorò Zoroastro, Leonardo annuì.
Avevano lasciato i bambini a casa di alcuni amichetti prima di tornare a casa, era stata una fortuna che i piccoli avessero insistito per giocare con loro, aveva impedito loro di vedere le loro mamme in fin di vita, ferite, coperte di sangue.
"Dovevamo partire subito." disse Leo.
"Non potevamo immaginare..." Zoroastro fu interrotto dalla porta che si apriva, il dottore uscì dalla camera da letto.
Richiuse la porta e guardò i due uomini.
"Come stanno?" chiese Leo.
"Dovete essere forti." disse il medico.
"Ce la faranno?" chiese Zoroastro disperato.
 Il dottore abbassò lo sguardo: "Purtroppo...mi dispiace...le ferite sono molto gravi..."
La porta al piano di sotto si aprì: "Siamo a casa!" disse Matteo.
"Ma qui è tutto sporco! C'e un odore strano...mamma! Papà!" chiamò Simone.
"È tutto appiccicoso..." disse Aurora.
Zoroastro corse al piano di sotto.
Aurora si guardava le scarpette, aveva calpestato il sangue della mamma, era piccola ma abbastanza sveglia per capire cosa fosse, il labbro inferiore le tremava.
Appena vide Zoroastro si fece prendere in braccio, lo guardò spaventata: "Papà...dov'è la mamma?" 
"Venite, su, venite con me..." Zo il portò nel retrobottega, il laboratorio di Leonardo. Non sapeva cosa dire, come poteva spiegarglielo?
"Dove sono la mamma e la zia Bea?" chiese Matteo, sedendosi su uno degli sgabelli, accanto a lui si mise Simone.
Zo si sedette sul tavolo, Aurora ancora abbracciata a lui.
"Ecco, le vostre mamme...hanno avuto un incidente stamattina...ma il dottore è di sopra con loro e le sta curando." rispose.
"Posso vedere la mamma?" chiese Aurora iniziando a piangere.
"No tesoro, appena starà meglio." Zo era straziato dagli sguardi dei bambini, erano come cuccioli impauriti.
"Ma cosa è successo papà? C'era confusione in negozio...come si sono fatte male?" 
Zoroastro scosse la testa: "Non lo sappiamo piccolo, siamo arrivati che era tutto finito."
Lo sguardo di Simone gli ricordava tanto quello di Beatrice, fiero anche nella paura, gli si strinse lo stomaco per il dolore.
Leonardo accompagnò il dottore alla porta, scambiò qualche parola con lui, poi raggiunse Zoroastro. 
Matteo lo guardò, tremava: "Papà...come sta la mamma?" 
Suo papà sospirò: "Adesso sta riposando. Rimanete qui un attimo, va bene? Devo parlare con lo zio..."
Zo lo seguì nell'altra stanza, gli chiese cosa avesse detto il medico.
"Beatrice se la caverà. Ha perso molto sangue, ma le pugnalate non hanno leso organi vitali." disse Leo e Zoroastro tirò un sospiro di sollievo.
Poi Leonardo deglutì a fatica: "Lucrezia invece...Il dottore ha detto che..." inizio a piangere "Le ustioni sono troppo gravi...sono troppo profonde..." 
Zoroastro lo abbracciò: "Coraggio Leo! Lucrezia è forte, sono entrambe forti, possono farcela."
"No. Non possono sopravvivere entrambe. Lo sai." rispose Leonardo tra le lacrime "È solo questione di giorni, ha detto che sarebbe il caso di accelerare la cosa, per il suo bene. Soffrirà tanto..."
Zo si morse le labbra. Aveva sempre sperato che la profezia non si realizzasse, che le graziasse entrambe. 
Invece aveva mantenuto la sua fatale e crudele promessa.
"Papi...posso vedere la mamma adesso?" Aurora spuntò alle loro spalle.
Zo le accarezzò i capelli rossi: "Ascolta piccola, la mamma deve riposare. La vedrai domattina va bene?" la bambina annuì.
Anche Simone e Matteo entrarono nella stanza, il primo si avvicinò a Zoroastro e lo abbracciò. 
"Perché piangi papà?" chiese Matteo, si avvicinò al padre.
Leonardo si inginocchiò di fronte a lui: "Matti, la mamma è molto malata...sono triste per questo..."
"Ma guarirà. Il medico le darà una medicina e starà bene. Giusto?"
"Matti..." Leonardo sentì le lacrime scendere più copiose "Vorrei dirti che andrà tutto bene...ma devi essere preparato, ed essere forte...La mamma non guarirà. Sta tanto male, non rimarrà a lungo con noi..."
Matteo abbracciò il padre, singhiozzando: "La mamma morirà?"
"Sì tesoro...mi dispiace, vorrei poter fare qualcosa..."
"Posso salutarla? Un'ultima volta?" chiese Matteo.
Leonardo annuì: "Quando si sveglia ti porto da lei. Promesso."
Misero a letto i bambini, Leonardo rimase con loro per farli addormentare, Zoroastro andò invece a vegliare le due donne.
Il dottore aveva somministrato loro dei sedativi per il dolore, tuttavia Beatrice si svegliò.
"Lu...Lucrezia..." mormorò.
Zo le prese le mani: "Lucrezia è qui amore mio...sta dormendo..."
"L'ho vista bruciare..."
"Lo so...ma ora andrà tutto bene, riposati..." le disse, le baciò la fronte.
Beatrice si addormentò di nuovo.
La mattina dopo le due donne erano sveglie, Leonardo diede di nuovo loro gli antidolorifici, Beatrice raccontò cosa fosse accaduto, che avevano visto i sicari di Goffredo e che erano loro i responsabili di tutto.
Quando furono sole Lucrezia si voltò verso Beatrice e mormorò stanca: "Bea...so che morirò...promettimi che ti prenderai cura di Matti, sii sempre presente per lui. So che non potrebbe trovare una nuova mamma migliore di te...e raccontagli di me, non lasciare che mi dimentichi, ma che ricordi i nostri momenti più belli..." 
Beatrice si sollevò un po',allungò la mano sul materasso, sfiorò le dita non ustionate di Lucrezia: "Te lo prometto, gli racconterò del tuo coraggio, e ci sarò sempre, diventerà uno dei miei cuccioli..." iniziò a piangere "Avrei voluto...speravo che ci saremmo salvate tutte e due..."
Lucrezia le sorrise: "Lo sapevamo che sarebbe accaduto...e sappi che non rinnego la mia scelta Bea."
Passarono alcuni giorni, le condizioni di Lucrezia peggiorarono.
Le sue ferite nonostante le cure si stavano infettando, si sentiva stanca, il dolore aumentava e i sedativi non bastavano più.
Un pomeriggio Leonardo entrò in camera e lei gli spiegò che non c'era più tempo, che era pronta ad andarsene ora, prima che il dolore diventasse insopportabile, chiese di poter vedere Matteo, sentiva che non le restava molto tempo.
Quando il bambino arrivò Zo aiutò Beatrice ad alzarsi e la portò nell'altra stanza, era giusto lasciare loro un po' di intimità per quell'ultimo saluto.
Rimasero insieme a lungo, nessuno seppe mai cosa si fossero detti, quali siano state le parole usate da Lucrezia, ma quando Matteo uscì dalla stanza sembrava sereno nonostante la tristezza.
Disse a suo padre che la mamma voleva vedere anche lui.
Leonardo si sedette accanto a lei, parlarono, ricordarono il loro amore, e alla fine Lucrezia, prima di prendere la medicina che l'avrebbe aiutata ad andarsene con serenità, diede un bacio a Leonardo, gli sorrise e gli disse: "Ci rivedremo un giorno, tutti, dall'altra parte. Io sarò lì, ti aspetterò."







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Capitolo 23
*** Giustizia e vendetta, due facce della stessa moneta. ***




Un mese dopo la morte di Lucrezia Sisto IV morì.
"Stappiamo una bottiglia di vino buono, che ne dite?" propose Leonardo quando seppero la notizia.
"Se fosse morto prima...la ricerca di Goffredo avrebbe subìto un arresto e forse Lucrezia sarebbe ancora viva." commentò Beatrice.
"Può darsi...di sicuro adesso Goffredo non potrà più ottenere nomine di prestigio. Sai come funziona, quando cambia il pontefice cambia la corte vaticana. Ogni papa ha sempre allontanato i collaboratori di quello precedente per sistemare i propri. Almeno non sazierà la sua ambizione, e non potrà più nuocere a nessuno." disse Zoroastro mentre le rifaceva le medicazioni "Riario ne sarebbe contento."
Già, il conte Riario, era morto da tempo, ucciso dai suoi nemici in un agguato. Quando avevano saputo della sua dipartita avevano provato tutti una strana malinconia nel ricordare quell'uomo che cercava di espiare le sue colpe, che li aveva aiutati, si chiesero se la sua anima avesse trovato la pace che agognava. 
Il tempo passava e Beatrice migliorava di giorno in giorno, le ferite stavano guarendo senza infezioni.
I bambini si alternavano per aiutarla, per portarle da mangiare e farle compagnia.
"Sono incredibili." disse un giorno Beatrice "Sono così premurosi. Credevo che la morte di Lucrezia avrebbe tolto loro l'allegria e la spensieratezza...invece si sono rivelati più forti di noi."
Zoroastro annuì: "È vero, sono molto affettuosi anche con me e Leonardo. Illuminano l'oscurità più nera."
Leonardo e Zoroastro in quei giorni si alternavano per fare la guardia alla casa, avevano paura che i sicari potessero tornare a finire il loro crudele lavoro.
Ma i cacciatori di taglie non si fecero vivi, Leonardo ipotizzò che stessero aspettando che tornasse la quiete prima di colpire di nuovo.
Alcune settimane più tardi giunse loro una notizia inattesa: le guardie di Ferrara avevano arrestato uno dei due uomini, quello pelato e tarchiato, il biondo invece era morto duellando con i soldati.
"Ci portate una notizia felice." disse Leonardo "Sentite Guardini, potrei parlare con quest'uomo? Può sembrarVi una richiesta insolita ma..."
Il capitano lo interruppe: "Non è per niente insolito, Vi capisco. Venite domattina, Vi farò parlare con lui."
Quando Guardini ebbe lasciato la casa Zoroastro chiese al suo amico cosa avesse in mente: "Che vuoi dirgli? Vuoi chiedergli se è pentito? Vuoi picchiarlo?"
"No, voglio informazioni."
"Informazioni? Su cosa?"
Leonardo guardò il suo amico e rispose: "Su Goffredo. Era un suo mercenario, sicuramente sa dov'è. Voglio trovarlo Zo, voglio sapere dove si trova, e quando lo saprò andrò da lui, e vendicherò Lucrezia. Voglio vederlo morto."
"Leo! Ma sei impazzito!" Zo afferrò l'amico per le spalle "Ti rendi conto...non puoi riuscire in questo intento, Goffredo è pericoloso..."
"Non lo è più, e lo sai. Lo hai detto tu che quando cambia il Papa cambiano anche le persone che lo circondano. Goffredo non è più nessuno adesso, non ha protezione, e sicuramente ha dovuto abbandonare la ricerca. È vulnerabile."
"Non puoi esserne sicuro." gli fece notare Zoroastro.
"Lo scoprirò. Parlerò con il sicario, e poi...vedremo cosa fare." disse Leonardo.


L'uomo che Leonardo si trovava di fronte sembrava un cagnolino impaurito.
I soldato lo avevano picchiato, interrogato per ore per conoscere le sue intenzioni.
Quello che aveva di fronte non era più un pericoloso criminale, ma un timoroso carcerato.
"Io posso aiutarVi Sandro. Vi chiamate Sandro, giusto?" il tarchiato annuì "Cosa avete detto alle guardie?"
"Che cercavamo dei fiorentini sulle cui teste c'era una taglia...ma gli ho detto che ci siamo sbagliato entrambe le volte..."
"Ottima decisione. Ora parlatemi dell'uomo che vi ha ingaggiati." disse Leonardo.
"Si chiama Goffredo Landini. Lui è un prelato molto importante, e ricco, lavorava per il defunto pontefice. Ci ha detto di cercare dei prigionieri, dovevamo trovarli e ucciderli tutti, prima però dovevamo di chiedere di un libro e farcelo consegnare, ci avrebbe dato molti soldi." spiegò Sandro.
"Come ci avete trovati?"
"Ci ha detto lui di venire a Ferrara. Diceva che alcune sue spie avevano scoperto che il conte Riario vi aveva fatto giungere qui. Non so come loro lo abbiano saputo."
"Quindi siete venuti qui, avete trafugato i registri e avete iniziato a cercare." tagliò corto Leonardo.
Sandro annuì: "Sì. Abbiamo indagato...quelli che abbiamo ucciso per primi ci sembravano quelli giusti...uno dei due uomini insegnava arte in una scuola...e una delle donne lavorava in un'erboristeria...insomma, potevate essere voi."
Leonardo sospirò, una terribile coincidenza aveva condannato quegli innocenti.
"Dicevate di potermi aiutare..." azzardò il tarchiato.
"Lo farò, se Voi aiuterete me. Voglio sapere dove si trova Goffredo, di sicuro vi avrà detto come contattarlo una volta finito il lavoro. Datemi ogni informazione che mi può condurre da lui, e io dirò al capitano che siete pentito e avete chiesto il mio perdono, ne terrà conto, Vi sarà risparmiata la ruota." rispose Leonardo.
Sandro si umettò le labbra: "Quando Sisto IV si è ammalato Goffredo si è allontanato da Roma, credo temesse ritorsioni una volta morto il pontefice, da quel che ho capito non era molto apprezzato in Vaticano.
Vive in un monastero, posso spiegarVi come arrivarci, avremmo dovuto portare lì il libro...credo sia una specie di autorità lì dentro, un abate credo. Lo troverete lì."
Leonardo si fece spiegare come arrivare al monastero, poi si alzò e fece per uscire.
"Allora siamo d'accordo. Direte al capitano che sono pentito." disse il tarchiato.
Leonardo si voltò, scosse la testa: "No, non lo farò."
"Bastardo! Avete promesso..."
"Avete ucciso la mia Lucrezia, l'avete gettata nel fuoco senza pietà. Meritate la morte dolorosa che Vi aspetta." gli rispose, e uscì dalla cella.


Era ormai notte, i bambini dormivano pacifici, invece Zoroastro e Beatrice ascoltavano il racconto di Leonardo.
"È un azzardo." commentò Beatrice "No, non posso lasciartelo fare."
"Goffredo è vulnerabile adesso!"
"Non lo sai con certezza!" protestò lei "E comunque il tuo piano potrebbe fallire."
"Non vedo come." rispose Leonardo "Il mio piano consiste nel raggiungere questo monastero tra le montagne, entrare di nascosto da una delle botole che usano per scaricare cibo e liquami, trovare la stanza di Goffredo e ucciderlo. Un piano così ben congegnato non può fallire."
"Non può..." Beatrice si accorse di aver gridato, abbassò la voce per non svegliare i bambini "Non può fallire? Leo, non riesci a vedere le insidie che potresti incontrare? Potrebbero scoprirti, arrestarti, oppure Goffredo potrebbe avere delle guardie del corpo, potrebbe essere più lesto di te e ucciderti."
"Potrebbe, potrebbe...L'ho messo in conto, e starò attento."
Bea sospirò: "Zo, digli qualcosa tu per favore."
Zoroastro guardava per terra, era stato in silenzio per tutta la discussione, alle parole di Beatrice alzò la testa: "Ha ragione, e io andrò con lui."
La donna strabuzzò gli occhi: "No dico, se ammattito pure tu? Dovresti dissuaderlo, non dargli man forte!"
"Quell'uomo merita di morire Bea, deve essere punito per quello che ci ha fatto. Non vuoi che venga fatta giustizia per Lucrezia, per te, per i nostri figli?" le chiese Zo.
"Mi suona più come una vendetta che una giusta punizione." si lasciò sfuggire Beatrice.
"È giustizia Bea. Scusa tanto se non riusciamo a fargli un processo in cui sarà giudicato secondo la legge." sbuffò Leonardo.
Beatrice si morse le labbra "Non fraintendetemi, io voglio vederlo morto quanto voi. Ma uccidere un uomo a sangue freddo non è facile, non è come durante un'aggressione in cui ci si deve difendere. Pensate davvero di essere capaci di estrarre la spada e trafiggerlo senza farvi nessuno scrupolo?"
"Tu lo hai fatto con Riario, lo hai colpito con un candelabro." le fece notare Leonardo.
"E credimi non è stato facile. L'ho fatto per salvare me e Zo, la forza mi è arrivata dal sapere che ci avrebbe fatto del male."
"Allora mettiamola così: chi ti dice che Goffredo non voglia nuocerci ancora?" le chiese Zoroastro.
"Che vuoi dire? Ormai non ha nessun appoggio..."
"Ma è ambizioso e conosce il valore del Libro, potrebbe volerlo per se stesso. E in quel caso non saremo mai al sicuro." disse Zoroastro. 
Beatrice lo guardò, poi annuì: "D'accordo. La mia preoccupazione è che vi capiti qualcosa, quell'uomo rimane pericoloso secondo me. Se volete andare a giustiziarlo dovrete preparare il piano nei minimi dettagli, perché io non voglio perdere anche voi. Chiaro?" 
I due uomini annuirono.
"E voglio che mi promettiate una cosa: se vedete che non ci riuscite, se capite che vi manca la forza necessaria per ucciderlo a sangue freddo voglio che ve ne andiate, subito, prima che possano arrestarvi o chissà cos'altro. Siamo intesi?" disse Beatrice con un tono che non ammetteva obiezioni.
Leonardo le sorrise: "Ti prometto che se qualcosa andrà storto scapperemo via."
Ma in cuor suo Leonardo era sicuri che quando se lo sarebbe trovato davanti non avrebbe avuto esitazioni.


"Sei sicura di potercela fare da sola?" Zoroastro accarezzò il viso di Beatrice.
"Non preoccuparti. Le ferite stanno meglio, e in caso le vicine verrano ad aiutarmi con la spesa e i bambini. Tu piuttosto...stai attento, non fate sciocchezze." lo baciò e abbracciò.
"Faremo attenzione." le promise prima di salire a cavallo.
Bea andò ad abbracciare Leonardo: "Mi raccomando..."
"Lo so lo so. Staremo in guardia, torneremo in meno di un mese vedrai." gli disse lui stringendola.
I due uomini partirono alla volta del monastero.
Il viaggio durò un paio di settimane per colpa del tempo instabile che aveva colpito la zona delle montagne, ma Leonardo e Zoroastro riuscirono ad arrivare.
Il monastero era stato costruito in alto, sulle rocce, a dominare la vallata.
Era bello, imponente, si stagliava contro il cielo grigio con fierezza.
I due erano rimasti lontani, nascosti da un fitto groviglio di cespugli e alberi.
"Eccoci." disse Zoroastro scendendo da cavallo "Che facciamo?" 
"Vado a cercare le botole. Stanotte ci intrufoleremo da lì." rispose Leonardo, e si incamminò nascondendosi bene sotto il mantello.
Non fu difficile trovare la botola: era in alto, in pratica un'apertura nelle mura dell'abbazia da cui venivano gettati gli avanzi dei monaci, sotto di essa Leonardo vide una decina di persone, dei poveretti affamati in cerca di cibo per sopravvivere.
Quando la botola si aprì ci fu la corsa ai bocconi migliori, carne bruciacchiata, verdure quasi appassite, pane vecchio.
La falsa generosità dei monaci, una finta e vergognosa elemosina.
Leonardo e Zoroastro attesero che calasse il buio e che le campane del monastero suonassero la fine dei vespri, a breve tutti monaci sarebbero andati a dormire.
Si arrampicarono sulla parete, non era molto impervia per fortuna, e riuscirono a spostare il coperchio della botola di legno, erano dentro l'abbazia.
Attraversarono il cortile illuminato da torce, arrivarono alla chiesa e si accostarono al muro.
"E adesso? Dove troveremo Goffredo?" chiese Zoroastro.
"Nel dormitorio maggiore, è lì che si trovano gli alloggi dei monaci di grado più elevato. Il mercenario mi ha spiegato dove si trovano le sue stanze." rispose Leonardo.
Conoscendo la pianta generale dei monasteri Leonardo riuscì a trovare il dormitorio.
La porta era chiusa a chiave, ma non fu difficile per Zo scassinarla.
I corridoi erano quasi bui, dalle finestre entrava la flebile luce delle torce nel cortile.
Leonardo fece segno a Zoroastro di proseguire e salire le scale, gli alloggi di Goffredo erano al secondo piano.
Giunsero in un altro corridoio, c'era un'unica porta, erano arrivati.
"E adesso?" bisbigliò Zo.
"Entriamo. È chiusa a chiave, devi scassinarla."
Zo obbedì, e la porta si aprì, cigolava leggermente. La stanza era illuminata, diversi candelabri erano accesi.
I due uomini entrarono nella stanza, avanzarono, sembrava deserta. Era un salottino, arredato con un divano, delle librerie, una scrivania.
Si guardarono attorno per capire come muoversi, poi sentirono una voce provenire dalla camera accanto: "Chi c'è? Fratello Augusto siete Voi?  C'è qualche questione così imminente da dover usare la chiave di riserva che Vi ho affidato per entrare..." 
Goffredo uscì in vestaglia, si bloccò appena vide Leonardo e Zoroastro, li riconobbe nonostante fosse passato tanto tempo.
Impallidì, indietreggiò: "Voi...come avete fatto..."
"I Vostri uomini sono stati scoperti e giustiziati, ci hanno detto dove trovarVi." disse Leonardo.
"Cosa volete da me? Io non ho mai fatto nulla di male...io ero al servizio di Riario e del Papa..." piagnucolò Goffredo.
"Sappiamo la verità, non serve a niente mentire!" gli disse Zoroastro "Voi ci avete dato la caccia per anni! Mi chiedo come ci abbiate trovati dopo tanto tempo." 
Goffredo farfugliò: "Avevo quasi desistito, ma dopo che Riario è morto alcuni suoi uomini mi hanno chiesto denaro in cambio di informazioni su di voi...erano alcuni dei soldati che vi hanno scortati a Ferrara."
"E così avete mandato dei cacciatori di taglie a cercarci. E per colpa Vostra la mia famiglia ha sofferto, mia sorella è stata ferita, la donna che amavo è morta...ora avrete la punizione che Vi spetta!" gli disse infuriato Leonardo.
Leonardo sguainò la spada e si avvicinò a Goffredo che insisteva nel giustificare le sue azioni: "No Vi prego! Mi prostro davanti a voi per il perdono! Sono stato malvagio, ora sono qui in monastero per espiare..." si inginocchiò tremante "Ho smesso la ricerca tempo fa, davvero, quando il pontefice si è ammalato, lo giuro...non so perché i miei sicari abbiano continuato, forse speravano nella ricompensa...Vi prego Da Vinci! Io Vi chiedo perdono!"
"Non ci può essere perdono per ciò che ci avete fatto." disse Leonardo.
Goffredo sembrava pronto a strisciare sul pavimento: "Ma io l'ho fatto per compiacere i miei padroni..."
"Basta mentire! Come potete ancora cercare di giustificarVi? Sapete che Riario ci ha portati in salvo, e ci ha raccontato di come avete manipolato la situazione solo per ottenere potere e denaro!" disse Zoroastro.
Goffredo li guardò entrambi: "È vero...ho tradito Riario per la mia ambizione...ma sono cambiato, la vita monacale mi ha fatto comprendere i miei errori...sto cercando di pulire la mia anima, come ha fatto Girolamo salvandovi, lo giuro!"
Leonardo era davanti a lui, la spada tenuta saldamente nella mano, nella mente aveva ancora l'immagine di Lucrezia morente, le lacrime di Matteo, era pronto a sferrare il colpo. Ma non ci riusciva, qualcosa lo tratteneva. Forse Beatrice aveva ragione, non era facile uccidere un uomo a sangue freddo, d'altronde loro non erano assassini come Goffredo.
"Mi spiace per la Vostra sofferenza, mi dolgo terribilmente, non potrò mai ridarVi ciò che avete perso...permettetemi di espiare facendo del bene e pregando tra queste mura!" continuò Goffredo.
Leonardo si allontanò da lui intimandogli di non muoversi, si avvicinò a Zo: "Non ci riesco." mormorò "Nonostante il suo farfugliare irritante non ci riesco. Tu? Tu te la sentì?" 
Zoroastro sospirò vedendo l'amico in difficoltà: "Non credo...ho ucciso solo per difendermi, ma guardalo! È in ginocchio, senza un'arma..." si interruppe "Hai sentito?"
"Cosa?"
"Un rumore, come un singhiozzo." Zoroastro si avvicinò alla camera da cui era subito Goffredo, sentì di nuovo quel suono, entrò guardingo "C'è qualcuno?"
La stanza era poco illuminata, ma lì, vicino al letto, la vide, piccola, magrolina, nuda e spaventata, una bambina, non aveva nemmeno dieci anni.
Zo inorridì, ricordò ciò che Riario aveva detto di Goffredo, della sua perversione.
La bimba indietreggiò piangendo.
"Non avere paura. Non ti faccio male piccola... Tieni, rimettiti i vestiti." le passò il vestitino sporco che era stato buttato ai piedi del letto "Come ti chiami?"
"Serena..." disse vestendosi "Ora posso tornare a casa? Non le voglio più fare quelle cose.."
Zoroastro le prese la manina: "Tranquilla Serena, puoi andare a casa." insieme uscirono dalla stanza.
Quando Leonardo la vide comprese cosa facesse in camera di Goffredo, e gli venne la nausea.
"Sai come uscire di qui da sola Serena?" chiese Zo.
Serena disse di sì, che era passata per una porticina laterale del monastero, dietro la chiesa.
Zoroastro le sorrise e le disse di andarsene e che non doveva mai più tornare, lei annuì ed uscì dagli appartamenti.
"Siete davvero molto pentito, è evidente la Vostra contrizione." sibilò Zoroastro quando la bambina fu uscita, si avvicinò a Goffredo "Siete un uomo diverso, siete qui in monastero per espiare colpe che non volete ripetere, non è così?" gli disse con amaro sarcasmo.
"Io non ho fatto niente...avete frainteso..." piagnucolò il monaco.
"Niente? Ho visto il terrore negli occhi di quella bambina! Non si può fraintendere quella paura, schifoso bastardo!" Zoroastro era furioso, afferrò Goffredo per il bavero della vestaglia aprendola "Ho appena detto al mio amico che era difficile uccidere a sangue freddo un uomo disarmato...ma invece eccola la Vostra sudicia arma Goffredo, che penzola tra le Vostre gambe!"
Zoroastro trapassò il corpo di Goffredo con la sua spada, Leonardo sobbalzò, rimase di sasso, non se lo aspettava.
Zo lo trafisse due volte, tre volte, poi lasciò cadere il corpo senza vita di Goffredo sul pavimento.
Leonardo guardò il cadavere, gli occhi vitrei e immobili, guardò il suo migliore amico ansimare per la rabbia e la tensione.
"Zo." lo chiamò, ma lui non rispose "Zo...dobbiamo andare adesso..." lo tirò per la giacca, lasciarono gli appartamenti, l'edificio, il monastero.
Raggiunsero i cavalli e montarono in sella, lanciarono i cavalli al galoppo, dovevano allontanarsi velocemente.
Non parlarono per molte ore, solo quando si fermarono a un pozzo per bere Leonardo ebbe il coraggio di proferire parola: "So che era il nostro intento ucciderlo...ma una volta avutolo davanti non trovavo la forza...tu invece l'hai trovata."
Zoroastro bevve, si sedette su una pietra: "Quella bambina mi ha dato la forza. I suoi occhi colmi di dolore gridavano giustizia. Aurora meritava che il mostro che le aveva fatto del male morisse!"
"Aurora? Vuoi dire Serena, si chiamava così."
"Sì, esatto, Serena." si corresse Zoroastro.
E Leonardo capì perché il suo amico lo aveva fatto.
Gli occhi di Serena erano quelli di Aurora, erano quelli di ogni bambina, di ogni figlia.
In quella bambina Zo aveva rivisto la sua piccolina, la sua reazione era stata quella di un padre nauseato e furioso di fronte a un'orribile perversione.
Diede una pacca sulla spalla a Zoroastro: "È finita, abbiamo avuto la nostra vendetta."
"Vendetta? Credevo fossimo qui per fare giustizia." Zo abbozzò un sorriso.
"Amico mio, la linea che separa la giustizia dalla vendetta è molto sottile, e si oltrepassa facilmente." Leonardo sospirò "Ma in tutta onestà, non mi importa come chiameremo ciò che abbiamo fatto qui. Ciò che mi importa è che lo abbiamo fatto, e ora possiamo tornare a casa."





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Capitolo 24
*** Siamo figli della terra e del cielo stellato. ***



Due anni dopo.


"Così domani parti per Parigi." disse Beatrice.
"Sì. Ormai ci siamo. Secondo te faccio bene? Ho ancora dei dubbi..." rispose Leonardo.
Mesi prima gli avevano offerto un cospicuo mensile e la possibilità di realizzare qualunque progetto e opera d'arte nella capitale francese, e lui, dopo averci riflettuto, aveva accettato.
I due Da Vinci erano al parco, seduti sulle panchine di fronte allo stagno.
"È una grande occasione, hai fatto bene ad accettare, restare a Ferrara era diventato difficile per te, lo leggevo nel tuo sguardo. Non solo perché ti ricorda Lucrezia, ma anche perché hai bisogno di creare e inventare come hai bisogno di bere e mangiare, forse di più. 
Ma mi mancherai, questo lo sai no?" gli sorrise Beatrice, Leonardo le mise un braccio attorno alle spalle e la strinse.
"Ma ti scriverò, sempre, ti ammorberò con le mie lettere." disse Beatrice asciugandosi una lacrima.
Leonardo rise: "Ci conto! Anche io ti scriverò."
Beatrice lo guardò: "E Matteo? Cosa ha deciso di fare?"
Leonardo aveva comunicato al figlio la notizia, gli aveva detto che poteva scegliere se andare con lui oppure restare con gli zii e i cuginetti, che era giusto che fosse lui a decidere.
"Ha deciso. Vuole rimanere qui."
"E ti dispiace?"
"Mi mancherà, ma credo sia un bene che resti con voi. Io dovrò lavorare, e mi conosci, quando sono preso da un progetto non ho tempo per altro. Io voglio che Matteo cresca in una famiglia che sia sempre presente per lui. Non è giusto sradicarlo, allontanarlo dall'amore che lo ha circondato da sempre. Grazie a questo ha superato la morte della mamma...Mi mancherà, ma il suo bene viene prima di tutto. E poi gli ho già detto che vi manderò i soldi per farlo venire a Parigi a trovarmi." rispose Leonardo.
Beatrice annuì: "È un'ottima idea."
Rimasero in silenzio, abbracciati, a guardare la luce dorata del sole che accarezzava l'acqua del laghetto. Sapevano che questo era un addio, per entrambi era chiaro che non si sarebbero visti mai più.
Bea appoggiò la testa sulla spalla di suo fratello: "Realizza grandi cose a Parigi. Rendi grande il nome dei Da Vinci. E sii felice, perché te lo meriti fratellone, lo meriti tanto."



15 anni dopo.


"Maestro, c'è qui una ragazza per Voi." 
"Aspettavo una ragazza?" chiese Leonardo con lo sguardo rivolto al suo dipinto.
"Non lo so Maestro, forse è un'aspirante modella..."
"Va bene, va bene Louis, falla accomodare."
Leonardo continuò nel suo lavoro, non si girò nemmeno quando sentì i passi delicati della ragazza e il suo doppio tossire per attirare l'attenzione.
"Dunque, siete un'aspirante modella suppongo. Non ricordavo di averne richieste ma con tutto il lavoro che ho...ad ogni modo, spogliatevi." disse Leonardo sempre intento a mescolare i colori.
"Non ci penso proprio a spogliarmi!" rispose la ragazza.
"È così che funziona dolcezza, adesso vanno i nudi di belle ragazze..."
La ragazza gli rispose: "Quando mai il nudo non è di moda?"
Leonardo sbuffò: "Sentite, se non volete spogliarVi direi che potete andare..." si voltò, e rimase di sasso.
La ragazza ridacchiò, una risata squillante: "Accidenti, Parigi ti ha proprio invecchiato zio!"
"Aurora!" Leonardo corse ad abbracciarla "Mio Dio! Ma sei cresciuta, e sei bellissima! Che sorpresa!"
"Sono così felice di rivederti zio!" disse lei.
"Ma cosa ci fai qui?" chiese lei.
"Siamo venuti a trovarti."
"Siamo?"
"Sì, siamo!" nella stanza entrarono due ragazzi, alti e sorridenti.
Leonardo era commosso: riconobbe subito Matteo e Simone.
"È un giorno speciale!" disse dopo averli abbracciati "Festeggiamo, stappo una bottiglia!"
Mentre brindavano Leonardo li osservò: Matteo lo aveva visto l'ultima volta alcuni anni prima, come promesso aveva fatto in modo che il figlio potesse andare a trovarlo, anche se non quanto avrebbe voluto, e più cresceva più si notavano delle somiglianze con Lucrezia nonostante da bambino fosse stato più simile a Leonardo; Simone era il ritratto di Zoroastro, stessi ricci scuri, stessa pelle abbronzata, ma gli occhi era in maniera indiscutibile quelli verde scuro di Beatrice; Aurora era diventata molto bella, con gli occhi neri del padre e i capelli rossi, dei riccioli ribelli, e il sorriso caldo di Beatrice.
"Sono davvero felice...come stanno Beatrice e Zoroastro?"
"Stanno bene, li conosci, due inguaribili piccioncini." scherzò Simone "Sono tornati a Vinci dopo la morte del nonno, vivono lì."
"E voi, cosa vi porta a Parigi?" chiese Leonardo.
Matteo prese la sua sacca e vi estrasse il Libro delle Lamine: "La zia ci ha dato questo mesi fa. Ha detto che era il momento di raccontarci molte cose."
"Sappiamo che avventura avete vissuto. E che ruolo ci compete." disse Aurora.
Leonardo lo prese, era emozionato: "E cosa volete fare? Potete scegliere, lo sapete vero? Non siete obbligati a..."
"Vogliamo farlo." disse Simone "Ne abbiamo discusso, e abbiamo deciso di accettare il compito che ci è stato assegnato. Leggeremo il Libro delle Lamine, e ci impegneremo a migliorare il mondo. Saremo coraggiosi come lo siete stati voi."
Leonardo sorrise: "Sono fiero di voi ragazzi." 
Passarono il pomeriggio a raccontare aneddoti, ad aggiornarsi su quanto avevano fatto in quegli anni.
"Le conosco certe vostre marachelle." disse Leonardo ridendo "Vostra madre me ne ha parlato nelle sue lettere."
"A proposito!" esclamò Aurora "La mamma mi ha dato questa per te." dalla sua sacca prese una busta.
Era una lettera di Beatrice.
Leonardo la aprì emozionato, ed iniziò a leggere.

"Caro Leonardo, 
immagino la tua felicità nel vedere i nostri ragazzi.
Sono cresciuti, e sono davvero speciali, credimi.
Ti avranno sicuramente già detto che ho parlato loro del Libro, ho raccontato la nostra avventura, i momenti tristi e quelli felici, ho spiegato quale destino è in serbo per loro.
Come ti ho detto sono speciali, e hanno deciso di accettare l'arduo compito che li aspetta.
Non so per quanto rimarranno a Parigi, quello che so è che da lì inizieranno a viaggiare, inizieranno la loro avventura per cambiare il mondo.
Anche se è per una buona causa mi è difficile separarmi dai miei cuccioli, a Zo e a me mancheranno tanto.
A proposito, Zo ti saluta, non vuole che te lo dica ma gli manca molto il suo migliore amico.
Come a me manca il mio fratellone.
Ti ho pensato tanto in questi anni, ho ripensato ai bei momenti passati insieme da piccoli, ho ripensato a tutto l'amore che abbiamo condiviso, e che condividiamo ancora nonostante la lontananza.
E ho ripensato a quella notte di agosto in cui andammo a vedere le stelle cadenti, per me tutto è iniziato in quella radura. 
Forse siamo davvero figli della terra e del cielo stellato, siamo davvero legati da qualcosa di così grandioso che non esistono parole per descriverlo.
Un giorno ci rivedremo Leonardo, in un altro mondo e in un altro tempo, e saremo di nuovo tutti insieme, come una volta, e sarà bellissimo.
Ti voglio bene fratellone,
prenditi cura di te, ricorda che mi hai promesso di essere felice.
Un abbraccio forte.
Bea." 

Leonardo si asciugò le lacrime col dorso della mano: "Ti voglio bene anch'io." mormorò.
Si riprese, sospirò e si girò verso i ragazzi: "Forza! Vi faccio vedere la città! Non immaginate quanto sia bella!" 
Condusse figlio e nipoti fuori dal suo laboratorio, in strada, lì incrociarono un ragazzo alto  dai capelli castani.
"Maestro Da Vinci! Domani Vi porto le pelli conciate che mi avete richiesto."
"Ottimo Luc! Ragazzi, lui è Luc, mi rifornisce di diverse cose, tra cui le pellicce." spiegò Leonardo.
"Pellicce?" chiese Aurora.
"Sì mademoiselle, sono anche un cacciatore." le sorrise Luc.
"Luc è un ottimo cacciatore, in particolare è bravo a stanare grandi predatori, chessò, tipo i lupi." disse Leonardo.
"Lupi? Uccidete i lupi?" chiese Aurora colpita.
"Sì mademoiselle, vedete, non ho paura dei lupi." le spiegò Luc. 
Aurora a quelle parole sorrise: "Non è facile trovare persone che non hanno paura dei lupi." 
La ragazza seguì suo zio e gli altri per la strada, ma ogni tanto si voltava per guardare il giovane cacciatore di lupi, e arrossì quando lui se ne accorse e le sorrise.



Maggio 1519

Leonardo si svegliò, era sdraiato sul letto.
Era molto stanco quel giorno, evidentemente si era assopito.
Si stropicciò gli occhi, sbadigliò.
Nella stanza c'era una luce simile a quella del mattino.
"Non posso aver dormito così tanto da arrivare al giorno dopo..." mormorò, si passò una mano sul viso, e rimase colpito.
Le sue mani, di solito rugose e segnate da piaghe e calli, erano lisce, belle, la pelle era rosata e morbida.
Si mise seduto sul letto, si accorse di non essere nel suo appartamento a Parigi. Era nella sua stanza a Firenze, nella bottega del Verrocchio.
Si guardò il corpo, le gambe, si toccò il viso, si alzò e andò velocemente a guardarsi allo specchio.
Quasi urlò per lo stupore quando si vide: non era più un vecchio dai capelli bianchi, era giovane, come quando aveva 25 anni.
Leonardo si guardò attorno, era tutto così surreale.
Poi capì: "Sono morto." bisbigliò.
"È vero, sei morto." disse una voce alle sue spalle.
Leonardo si voltò: "Lucrezia..." 
La donna gli sorrise, si avvicinò a lui, gli accarezzò il viso: "Ci hai messo meno tempo di me a capirlo. Se sei spaventato sappi che è normale."
Leonardo le sfiorò il viso: "Sei bellissima...mi sei mancata tanto..." la baciò.
"Anche tu mi sei mancato." lo prese per mano "Andiamo. Ci aspettano." 
Leonardo la seguì, uscirono in strada, erano in una città, era Firenze e allo stesso tempo non lo era, tutta avvolta da una luce ambrata e calda.
Attraversarono diverse stradine e viuzze, e poi arrivarono a una piazza.
C'era una fontana rotonda, seduti sul bordo c'erano Beatrice e Zoroastro, ridevano.
Leonardo corse da loro, li abbracciò.
"Te l'avevo detto che ci saremmo rivisti..." Bea lo strinse forte.
"Certo te la sei presa comoda...sono anni che ti aspettiamo!" commentò Zo abbracciando l'amico.
Leonardo rise, poi si guardò attorno: "E adesso che facciamo?"
"Proseguiamo il cammino, c'è molto di più oltre questa città." gli sorrise Beatrice "Ti abbiamo aspettato, ora che sei arrivato possiamo andare, tutti insieme."
Leonardo ricambiò il sorriso. 
Si allontanarono, camminarono a lungo, parlando, scherzando, felici come lo erano stati una volta, liberi come non si erano mai sentiti prima, insieme.


Angolo dell'autrice:

È così siano giunti alla fine.
Non ci credo! :D 
Concludere una storia è difficile, mi mancherà aggiungere pagine a questo racconto.
Scrivere questo capitolo è stato bello e triste allo stesso tempo, ma sono contenta del risultato. :)
Spero che la mia storia vi sia piaciuta.
Vi ringrazio tutti quanti per aver letto la mia storia, in particolare Luna Blunoir e Chemical Lady che hanno recensito. ^^
Vedere che il mio lavoro è stato apprezzato è bellissimo!
Grazie ancora!
Ci rivedremo presto con un'altra storia!
Un abbraccio
VerdeIrlanda 




 

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