In the Shadows

di Andy Black
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cry a lil bit less ***
Capitolo 2: *** Gotta go ***
Capitolo 3: *** Sliding doors ***
Capitolo 4: *** Holy fuckin' shit ***
Capitolo 5: *** Beat it ***
Capitolo 6: *** Heavy thoughts in my head ***
Capitolo 7: *** Stand By Me ***



Capitolo 1
*** Cry a lil bit less ***


Cry a lil bit less


Come uno spillo nel cuore.
Alla fine si riduceva tutto a quello. Un pizzico, di quelli cattivi, dove non si poteva dare, dove faceva più male, e alla fine ti ritrovi con un'enorme toppa da chiudere e poco spazio di manovra.
Poco tempo, poca voglia, poco slancio. Solo tanto sale, che cade dagli occhi liquido e caldo, azzeccandoti le guancie.
E le lacrime non servono a chiudere quel buco, e non serviranno mai a nulla, se non a portarti a braccetto sulla strada di chi, indietro, proprio non vuole tornare.
Non vuole tornare a quelle vecchie situazioni rosa e gialle, calde d'amore e d'affetto, di simpatia, perché tutto ciò porterebbe ad allargare quel buco, a fare in modo i ricordi ed i sogni diventino sospiri ed incubi. L'incubo di aver avuto tra le mani qualcosa di immenso, di infinito. Di prezioso.
Alla fine era come avere uno spillo nel cuore, tutto si riduceva a quello.

Le mani a reggere quella testa, pesante di pensieri e problemi mai risolti, e sbadigli stanchi di chi non dorme, e sogni insostenibili per una mente così ferita, i gomiti sul tavolo, gli occhi chiusi, a tenere la realtà distante abbastanza, almeno un battito di ciglia, per poi ritornare a sprofondare nel malessere.
In tutto questo, però, Alma combatteva con il disagio. Lottava contro l'alta marea, lottava per stare a galla, per non affondare.
Per non annegare.
Doveva tenere il collo alto, non poteva mettere la testa sotto quell'acqua nera, altrimenti non avrebbe più aperto gli occhi.
Disperata, lei, non doveva annegare. Non doveva. Avrebbe dovuto lottare contro le sue debolezze, le sue paure.
Quel fottuto terrore di poter rimanere sola, di non poter andare avanti senza qualcuno che le guardava le spalle. Senza qualcuno da abbracciare la notte.
Eppure erano anni che viveva da sola, con la convinzione che il suo lui, non più tanto suo, sarebbe tornato, avrebbe spalancato la porta che aveva di fronte e le avrebbe sorriso. E lei si sarebbe sciolta, come faceva ogni qualvolta vedeva quel sorriso, e quelle labbra flettersi sotto il peso della sua felicità.
Invece la porta rimaneva chiusa sbarrata, ed era nera e ferma, mentre di fronte lei vedeva attraverso mani, capelli e lacrime la sua vita andare a rotoli.
Doveva cambiare qualcosa. Leccò le lacrime dalle labbra, così calda e salata, e si compiacque del fatto di riuscire ancora a provare la sensazione di assaporare qualcosa, per quanto acre e spiacevole il suo sapore fosse.
Staccò i palmi dalle gote salate e se li guardò. Neri come la pece, il trucco si era sciolto ed aveva formato onde nere e stanche di mascara.
Una doccia. Magari quella doccia le avrebbe levato quella sensazione di sporco e di vuoto. Si alzò, e camminò a piedi scalzi nella sua casetta di Edesea. Le mattonelle per terra erano fredde, e donavano al passaggio della donna col volto di fantasma un rumore sordo.
Alma aprì la porta con il polso, per non sporcarla di mascara, ed accese la luce. Quella casa gli ricordava troppo quei momenti felici. Quella casa era traghettatrice, la rapiva col fascino del tempo e la portava con i pensieri a quando, in quella casa, il sorriso era lo status quo.
Lasciò cadere la vestaglia di seta, e come mamma l'aveva fatta aspettava davanti allo specchio.
Quel bagno era strano. Nonostante le luci fossero accese pareva ancora tutto buio. Necessitavano di tempo per riscaldarsi, avrebbe dovuto cambiare anche quelle.
Di quelle cose se ne occupava Thomas, il suo uomo. Quello con le spalle larghe, e gli addominali duri, che la infervoravano sempre.
Lo specchio rifletteva una realtà che non le piaceva.
Quei capelli neri, spettinati, sporchi e attaccati sul volto per via delle lacrime. Il viso sporco di mascara, anche se, in questo modo, gli occhi verdi sembravano più grandi ancora. Ed era bella. Quanto era bella Alma. Ma a che serve essere bella se non si è felice.
Aprì l'acqua della vasca, l'aveva fatta installare da poco. Dopo i continui terremoti, la facoltà di storia dove era professoressa necessitava di una ristrutturazione. Il rettore le aveva consigliato di prendere quei giorni per calmarsi, per riposarsi. Non riusciva a celare il suo malcontento se il dispiacere che portava pesava come un macigno immenso.
Tutto le pareva così irreale. Il freddo pungente dell'inverno non aveva abbandonato del tutto l'aria di marzo, quindi la vasca fu riempita d'acqua calda, per portare un po' di calore su quella pelle sconsolata.
Si immerse in quel bollore, sentì i muscoli sciogliersi da quell'intorpidimento, ma stranamente non si rilassò. Il suo spirito si contorse sempre più velocemente, fino ad intrecciarsi al suo interno, dove non c'era null'altro che il vuoto. Attorcigliatasi alla sua spina dorsale, quella stagnava, stringendosi a sé, sperando di non essere messa in ballo dalle situazioni e dagli eventi. In quel momento Alma voleva unicamente rilassare i nervi, provare a dimenticare ciò che era stato, magari recuperare un po' di ciò che sarebbe dovuto essere.
Perchè sì, era vero che aveva un lavoro che la gratificava, essendo la professoressa più giovani di tutta la storia della sua facoltà dopo Ilary Maxton, che a soli 22 anni teneva la cattedra di mitologia dell'università ad Edesea, facoltà di storia. Ma era una faccenda vecchia, anni addietro.
Ad ogni modo, lei forgiava le menti del domani, e faceva in modo che queste fossero ben incentrate sull'essere fermamente indipendenti.
Alma era una persona libera, che si era legata solamente alla passione per il passato e per la storia. Oltre che al suo uomo, Thomas.
Thomas adorava il suo modo di essere. Adorava il fatto che fosse una persona libera, che avesse tanto da dare, e che adorasse guadagnarsi il pane.
E lei adorava Thomas.
Inoltre era anche vero che non aveva problemi di autostima con se stessa. Insomma, se quella donna avesse vestito un po' più aderente, magari con una scollatura un po' più profonda ed avesse indossato un tacco un po' più alto, sarebbe sembrata a tutti gli effetti una spogliarellista.
Era bella, lei, con i capelli lunghi e neri, quasi sempre legati con una treccia. Il viso era femmineo e delicato, con la pelle ambrata, scura, mulatta. Gli occhi erano l'elemento più espressivo di quel volto, così verdi e luminosi da sembrare due smeraldi. Il naso era una virgola, un'ombra armoniosa su quell'altrettanto armonioso viso e le labbra morbidi petali di rosa. Il collo lungo si perdeva affogandosi nelle curve dei morbidi seni, abbondanti e sodi.
Quattro nei si allineavano sull'addome della ragazza, puntando l'ombelico, centro del mondo di quella pancia piatta e perfetta. I fianchi generosi ma non troppo si incuneavano davanti, ed affondavano nel ventre, per poi terminare con due gambe belle ed affusolate.
Alma era questo. Una meraviglia della natura. Una donna che aveva smentito il binomio bellezza-demenza, dato che oltre ad essere una donna fantastica, era anche una professoressa.
Ma ciò di cui più si sorprendeva la gente, nel conoscerla, era quel totale disincantamento che viveva lei. Pareva di non sapere come fosse fatta.
Quanto fosse bella.
Era pregna di una modestia senza eguali, che faceva di questa donna una meraviglia preziosa da avere ad ogni costo.
Non si faceva avvicinare da nessuno, poi. Sapeva che accanto a lei poteva starci solo un uomo straordinario.
Solo Thomas.
E fu in uno di quei momenti di coscienza che si chiese i motivi di tutto ciò. Come mai il suo uomo non era più con lei?
L'acqua calda della vasca le riempiva il corpo di carezze e baci, e tuttavia non serviva a farle rilassare il sistema nervoso. Stesa nella sua vasca, con la treccia che galleggiava in acqua come una barca legata alle banchina, aveva portato le braccia sui bordi, e respirava a pieni polmoni. I seni rimanevano fermi, mentre l'aria entrava ed usciva dalle sue narici come se usasse l'autostrada. Le gambe accavallate l'una sull'altra con la punta dei piedi che per poco non sfiorava la superficie, ed una strana consapevolezza di essere incompleta.
Qualcosa doveva cambiare. Qualcosa doveva modificarsi, perchè era stanca di fingere di essere felice. Perchè anche un sorriso finto, dopo un po', si curva al contrario.
Ed in quel momento, in quella vasca, con lei, ci sarebbe dovuto essere il motivo della sua serietà. Thomas.
"Dove sei?"
Le parole fuoriuscirono quasi come dopo uno sforzo immane, un filo labile e sottile di voce, che al primo soffio di vento si sarebbe spezzato.
Aveva bisogno di lui. Aveva bisogno delle sue parole, delle sue carezze, dei suoi baci. Di sentirsi importante per qualcuno, era questo quello che le mancava.
Voleva potersi sentire necessaria.
"Thomas... dove sei?" chiese ancora, prima di perdersi nei ricordi dell'ultima volta che l'aveva visto. Sciolse i capelli, li liberò da quella treccia, e scomparve sotto la superficie di quell'acqua così nera ma così trasparente, ed i suoi capelli si sparsero a raggiera, oscurando tutto, come se fossero d'inchiostro.
 
Nonostante fosse metà ottobre, c'era ancora un po' di calore nell'aria. Alma lavorava alle scuole medie di Edesea, insegnava storia e minimamente immaginava che le si sarebbe prospettata l'occasione di insegnare agli uomini e alle donne del domani i precetti della vita. Pensava che sarebbero stati delle grandi persone.
Tutti ragazzini intelligenti, dotati.
Adorava, Alma, correggere i compiti seduta accanto alla finestra di casa sua. Da lì aveva una buonissima vista del parco cittadino, ed alcuni ragazzini, alcuni erano suoi alunni, giocavano a calcio.
I raggi del sole baciavano la sua pelle ambrata, riscaldandola leggermente. Indossava un maglioncino di filo. Era di Thomas, e le uccideva le forme, perchè le andava molto largo. Un corpo come quello non poteva essere nascosto, almeno nell'immaginario comune.
Alma però non se n'era mai fregata, continuava la sua vita come se fosse una Ferrari e non se ne rendesse conto.
La modestia.
La giornata era bellissima, anche se l'inverno stava cominciando a coprire di freddo e vento tutto quanto. Da lontano si vedevano grandi nuvole che accerchiavano il Monte Trave, cercando di arrembarlo, ma fino a quel momento era tutto tranquillo. Posò per un attimo i fogli, e poggiò la testa al muro. Il sole la scaldava, mentre ripensava alla sua vita ed alla piega che aveva preso.
Aveva davvero tanta voglia di andare avanti così, perchè le piaceva quello che le stava accadendo.
Aveva un lavoro che amava, aveva appena acceso un mutuo, con il quale aveva comprato la casa dentro cui viveva con il suo uomo... e poi c'era lui, Thomas, che le accendeva il sorriso come se avesse un interruttore dietro la schiena, quando lui la stringeva con le sue braccia possenti.
Lo amava. Adorava il suo carattere, il suo stile. Il suo modo di essere.
Senza contare che accanto a lui non sfigurava per niente. Era un uomo bellissimo.
Thomas lavorava come assistente del professor Sean Sullivan, uno dei ricercatori più importanti del mondo dei Pokémon. Aveva svelato misteriosi arcani, Sullivan, come quelli dell'Isola Miraggio, dell'Isola Lunanuova e dell'Isola Lunapiena, ed aveva fatto di Thomas il suo assistente.
Aveva viaggiato in lungo ed in largo, Thomas, visto gli scenari più belli del mondo, fotografato meraviglie impensabili che aveva custodito in un album pieno di immagini, e che stava proprio tra gli scaffali di quella casa. Thomas non poteva credere che lui, appartenente alla specie più potente e sviluppata del pianeta, potrebbe non avere l'opportunità di conoscere tutti i posti che questa sfera blu in equilibrio nell'universo nascondeva.
Pensava a lui e rideva, e dopo essersene resa conto rideva di nuovo, come un'ebete.
Poi lo scorse, mentre parcheggiava la sua Alfa Romeo sotto il palazzo. Aprì la portiera, una scarpa elegante uscì fuori in avanscoperta, seguita da una gamba coperta da un vestito gessato. Dopodichè ne venne fuori lui. Si infilò nel palazzo e prese a salire le scale.
Alma sentiva i suoi passi, sentiva Thomas avvicinarsi.
Era andato all'università di storia di Edesea, dove Sean Sullivan insegnava, a colloquio con lui ed il rettore della facoltà. Parlavano di lavoro, della prossima esplorazione che sarebbero andati a fare. Thomas parlava di Sinnoh. Un po' lontanuccia, a dire il vero, ma era la passione del suo uomo, e lei lo sosteneva in tutto e per tutto.
Tra di loro c’era qualcosa di magico, che non si poteva spiegare con le parole.
Alma sentì la serratura rumoreggiare e le chiavi tintinnare. Lui era fuori alla porta. Capitava spesso che Alma corresse ad aprirgli la porta di casa, e lui le sorrideva. Ma quella volta aveva deciso di rimanere un altro po’ accanto alla finestra, a farsi coccolare dai baci del sole.
Thomas aprì la porta, ed entrò in casa. Il volto era stanco, sfibrato, ma tutto sommato sembrava soddisfatto. Alma lo squadrò lentamente, lo faceva sempre quando lo vedeva, e non poteva fare a meno di inarcare un sopracciglio ogni santissima volta.
Era la bellezza in persona. Una divinità, Alma non sapeva resistere alle labbra di quell’uomo. Thomas era altissimo, quel giorno indossava un completo nero gessato. Da sotto si intravedeva una camicia bianca e la cravatta rossa, quella bella, italiana, pregiata. Thomas teneva molto a quella cravatta. Le mani tenevano una valigetta, una semplice ventiquattrore di pelle, marrone e consunta, e, naturalmente, le chiavi di casa.
“Ciao” fece, con la voce profonda, dura. Maschia.
“Ciao, amore” rispose Alma, sorridendo.
Gli si avvicinò, carezzandogli la guancia ruvida di barba, una barba che non sembrava avere più di due giorni, e lo baciò sulle labbra. Thomas sorrise leggermente, ma pareva strano.
Alma lo guardava meglio, continuandolo ad analizzare. Portava i capelli rasati, come tanti afroamericani che conosceva, e questo ingrandiva il suo viso spigoloso. Tuttavia aveva il naso perfetto, e le labbra gonfie e dure.
“Tutto bene?” chiese poi lei.
“Beh, direi di sì. Il rettore ha approvato il nostro progetto e ci finanzierà”
“Dove andrete?”
“Sinnoh... te ne parlai. Accompagnerò il dottor Sullivan... ed una studentessa” fece lui, levandosi la giacca e muovendosi verso la stanza da letto. Alma lo seguiva, prendendogli da mano la giacca. Lo vide scalzarsi le scarpe, e tirare un sospiro di sollievo quando le piante dei piedi toccarono la mattonella fredda del pavimento.
“Ricordo benissimo. Non mi hai detto a che fare però. E poi com’è questa studentessa?!”
Alma lo afferrò per la cravatta, e dopo avergli dato un bacio gentile gliela sciolse. Cominciò quindi a sbottonargli la camicia.
“Mondo Distorto. E comunque questa studentessa è una biondina insipida... a stento si vedono le curve…” lui le fece un occhiolino.
La rapida discesa delle mani di Alma sui bottoni si arrestò per un istante. Lei alzò lo sguardo verso di lui, interrogandosi del verdetto.
“Bene. Sei sicuro?”
“A quanto pare sì” sorrise poi Thomas. Il sorriso più bianco che Alma avesse mai visto era del suo uomo.
“Non mi sembri così felice… di partire intendo”
“Neanche tu sembri felice che io abbia ottenuto questa occasione…”
“Beh... è che… non lo so!”
Thomas sorrise. “Mi sento nello stesso modo, tranquilla”
“Mi spiace, non voglio che tu pensi che io non sia fiera di quello che fai, anzi… è fantastico! Ma prova a capirmi... Sinnoh è lontana, ed il Mondo Distorto è pericoloso. Tutto è pericoloso…”
“Lo so, piccola”
“Non potrei mai perderti. Come farei senza di te?”
E poi lui sorrise, la tirò a sé, e si trovarono a fare l’amore, stesi sul letto della loro stanza, e solo le loro voci rimbombavano nelle loro orecchie, riempiendosi d’amore a vicenda.
 
Riemerse da quelle acque scure, i capelli attaccati alla testa, e le goccioline che scappavano via dalla sua sommità. Si chiedeva quanti anni luce fosse lontana quella situazione che stava rivivendo sulla pelle, quanto distasse la felicità che aveva tenuto per pochi attimi tra le mani.
Stanca.
Era stanca di quella situazione. Sì, perché aver avuto il mare tra le mani, ed averlo perso per una distrazione è orribile. Non doveva andare a finire così, lei avrebbe dovuto tenersi il suo uomo, avrebbe dovuto lottare con le unghie e con i denti. Perché in profondità sapeva che il problema era quella studentessa…
Nella sua testa partì il più autodistruttivo tra i monologhi interiori.
 
Non doveva partire, non doveva andare via. Ha aperto la porta, chiuso la porta, sbattuto, rumore, sola. Ha sceso quelle scale, e mi ha lasciata qui, da sola, a crogiolarmi nei miei pensieri, nelle mie paranoie, nelle mie frustrazioni. Ma perché non torna! Aereo, Sinnoh, cappello da viaggiatore, Indiana Jones. Non è il momento di pensare a cose inutili… quello stupido di Thomas è rimasto con la studentessa, quella troia zoccola, piena di lucidalabbra scadente da quattro soldi con la pelle bianco latte e le tette finte, ed entrambi ora si stanno spendendo i soldi del padre di quella bifolca che le ha mantenuto gli studi all’università. Soldi, portafogli, versamento bancario, banchiere. Sedia e scrivania.
Ora staranno sicuramente mangiando tartine al caviale, uova di pesce, uova, gallina, caviale, e bevendo champagne. Vorrei anche io un po’ di champagne adesso, bolle, flute, che poi che strano nome è flute. Non era più facile chiamarlo bicchiere? Cosa lo ha spinto a stare con lei e ad allontanarsi da me? Lei è più bella di me forse? Non le piacevo? Il mio corpo ha qualcosa che non va? Gambe, piedi, gambe, pancia, nei, seno. Seno. A lui piaceva il mio seno. A lui piacevo. Forse mi ha mentito, uomini bugiardi, pensano solo al lavoro e alle donne, tette, finte, bionda, champagne, soldi. Ora Thomas, bel nome Thomas, sarà in una vasca, proprio come questa, anzi più grande, con quella donna pallida e bionda, con i seni finti, che gli si starà strusciando addosso. Oddio che rabbia! L’acqua della vasca si alza se la colpisco con la mano, non voglio pulire per terra, devo pulire per terra, attenzione o scivolo. Quanti pensieri… sono stanca, voglio dormire, letto, lenzuola bianche, cuscino.
Ma il letto ora è troppo grande senza di lui… sto piangendo come una cretina! Non devo piangere, devo essere forte ed orgogliosa, orgoglio, leone, criniera, savana. E… e se lui avesse rifiutato le avances di quella donna, dando per scontato che lei gliele abbia fatte… perché non è tornato? Può… può essere che…
 
Alma si alzò immediatamente dalla vasca, si mise un accappatoio addosso e corse in salotto, ancora sgocciolante, cercando di non scivolare.
Alzò velocemente la cornetta del telefono, e compose un numero, o almeno ci provò, perché lo fece con così tanta frenesia che quel numero, che ricordava a memoria perfettamente, dovette rifarlo almeno sei volte, prima di riuscire ad attaccare la fredda cornetta all’orecchio bagnato.
“Rispondi... rispondi, ti prego, rispondi!”
Questa è la segreteria telefonica di Zack...”... “...e Rachel!”...“...al momento non siamo in casa, ma potete lasciarci un messaggio... lo ascolteremo quando saremo di ritorno!”... “Non è vero!”
E la comunicazione si interruppe.
Alma sbuffò, con le lacrime agli occhi ed il freddo che le mangiava le caviglie, fino a divorarla fino alla zona del bacino. Cercava Zack. Ogni qualvolta c’era qualcosa di pericoloso da fare, era lui la persona giusta... in fin dei conti era il campione di Adamanta, prima di abdicare e lasciare il trono del Monte Trave a Ryan Livingstone... il fratellastro di Rachel.
Sì, la cosa era un po’ difficile da capire, ma filava. Zack aveva necessità di dedicarsi a Rachel, e staccare un po’ la spina. D’altronde aveva avuto nella sua vita un grosso trauma quale veder morire la donna che amava, e forse anche per questo non si era mai fermato. Anestetizzava la sua memoria aggiungendo sempre dati, solo dati. Rachel funse da calmante, una botta di vita che lo costrinse a cambiare pagina.
E a diventare irreperibile.
“Dannazione...”
Ma a mali estremi...
 
Ryan entrò in casa abbastanza tardi. Cioè, relativamente, era pur sempre ora di cena, ma lui rincasava per le 18 e 30 quasi tutte le sere, dopo aver compiuto le sue mansioni da Campione della Lega di Adamanta. Era un mondo affascinante quello che gli si era aperto. In effetti aveva tante, forse troppe responsabilità, essere campione significava essere a totale disposizione di tutta l’Associazione Allenatori di Adamanta, che ironicamente si chiama A.A.A.
“A.A.A. tranquillità cercasi” sfotteva Marianne. Lui tornava a casa, e la trovava lì, tranquilla e silenziosa, a fare le sue cose. Avevano stabilito con Rachel che Ryan e Marianne avrebbero vissuto nella casa che un tempo apparteneva a John Livingstone, ovvero il padre del Campione.
Ryan rincasò, e si levò da dosso il senso di responsabilità. Sapevano tutti che, per quanto potesse essere disponibile ad aiutare tutti, quando tornava a casa, non era operativo. Voleva solo levarsi le scarpe strette, farsi una bella doccia, e mangiare qualcosa di buono.
Aveva fame, Ryan, come quasi ogni sera.
E come quasi ogni sera, Marianne era vicino ai fornelli. Lo guardò, e sorrise, di un sorriso sincero.
“Sei tornato” sorrise lei. “Finalmente, mi stavo preoccupando”
“Sai com’è... non devo spiegarti altro...” sbuffò stanco lui. Lei si avvicinò e lo baciò dolcemente. Ryan la guardò. Nei suoi occhi verdi vide il mare, e nel suo sorriso il sole. In lei, Ryan si riposava. Erano usciti entrambi da una situazione strana. Cioè, avevano per tanto tempo combattuto contro persone che credevano essere il male, ed invece si sbagliavano. Avevano scelto i valori sbagliati da difendere. Ora lottavano per il bene, e per far sì che tutti potessero vivere una vita pulita ed onesta.
In maniera ligia e corretta.
Il tempo era passato, qualche mese da quando Lionell era rimasto imprigionato nel passato. Che storia strana...
E fu proprio quando quella storia finì che Marianne e Ryan si incontrarono.
“Dimmi come è andata a lavoro” fece Marianne, vicino ai fornelli. I capelli si erano allungati, quasi le toccavano le scapole, e neri com’erano le davano un fascino tutto particolare. La pelle mulatta riluceva sotto i fari della cucina, mentre le labbra rosee, come sempre, avevano preso la curvatura del sorriso.
Ryan era seduto a tavola, e faceva le stesse valutazioni che faceva il primo giorno che l’aveva incontrata. Si chiedeva come fosse possibile che andasse davvero tutto bene, che fosse innamorato alla follia di una ragazza con tutte le cose a posto, tranquilla, bella, servizievole e che cucinava come una chef. Cioè, era tutto perfetto, aveva un lavoro, una casa, tutto andava a gonfie vele.
Stavano addirittura progettando di avere un figlio.
Una situazione idilliaca per qualsiasi famiglia, o seme di famiglia che sia.
“Ma niente... solite cose. Stiamo cercando di trovare un sostituto all’altezza di Robbie”
“Ah... ancora deve farsi vivo?”
“Già... sinceramente non so che fine abbia fatto. Ad ogni modo l’associazione ha incaricato me per cercare un sostituto”
“Non hanno degli addetti?”
“Tagli ai bilanci... e poi di me si fidano”
“E quindi tornerai a casa più tardi queste sere”
“Già... anche se a dire il vero mi manca un po’ l’avventura...”
“E perché non glielo dici? Insomma, la gente ancora deve riprendersi dai disagi creati dai terremoti ed il resto... potresti aiutare sul campo”
“Già... ma questo mi terrebbe lontano da te per troppo tempo”
E poi sentirono il campanello. Marianne guardò Ryan come per chiedere chi diamine fosse a disturbarli a quell’ora. Lei stette ferma, e Ryan si mosse lentamente, andando alla porta. Da quando avevano lasciato il lavoro all’Omega Group avevano sempre paura che un gruppo di fanatici avesse potuto riprendere le intenzioni di Lionell, e farle sue.
Il rumore dei passi di Ryan si alternavano con il suo respiro affannoso, e quando raggiunse la porta, la tensione sembrava poter essere tagliata con il coltello.
“Chi è?” chiese, senza neanche aprire la porta.
“Ryan, sei tu? Sono Alma Ramìz, professoressa dell’università di Edesea”
Ryan si voltò per un attimo e sospirò, guardando Marianne. Aprì la porta, e sospirò, tranquillizzandosi. Era davvero lei.
“Alma, ciao... che succede?” chiese Ryan. Il volto della donna era ricco i ansia e paura, e qualche altra cosa che pareva adrenalina, eccitazione, ma non ne era sicuro.
“Devo parlarti”
“Oh... è successo qualcosa che riguarda quella situazione?”
“No, Rachel ed il cristallo sono fuori pericolo, o almeno così credo. Non sono a casa”
“Entra”
Ryan fece spazio alla donna, che entrò lentamente. Salutò rispettosamente Marianne, Alma, quindi rimase vicino all’ingresso aspettando che il padrone di casa le facesse strada.
“Chiedo scusa per l’orario irrispettoso con cui sono venuto qui da te, ma ho veramente bisogno di un aiuto”
“Che è successo?”
I due si sedettero sul divano. Marianne li raggiunse subito dopo.
“Ecco... avevo pensato a Zack per questa cosa, ma è con Rachel non so dove, e necessito di essere accompagnata da un allenatore abile e capace. E se Zack, che è una delle persone di cui mi fido nettamente, ha pensato che tu potessi essere la persona giusta a succedergli, allora vuol dire che forse mi puoi aiutare tu”
“Spero di riuscire ad esserti utile”
“Beh, lo spero anche io, perché se mi accompagnerai sarà davvero un’impresa tornare vivi a casa”
“Di che stai parlando?” entrò in tackle Marianne.
“Thomas, il mio uomo, era un esploratore. E temo che sia rimasto intrappolato nel Mondo Distorto”
“Cosa?!” esclamò Ryan.
“Sì... il Mondo Distorto”
“Non ho mai capito cosa sia di preciso” chiese Marianne.
Ryan guardò Alma, come per darle il permesso di esercitare la sua professione in quel salotto.
“Beh... come credo tu sappia la nostra dimensione è il derivato di una strana equazione tra spazio e tempo. Il Pokémon dello spazio è Palkia, un Pokémon di tipo drago ed acqua, in grado di modificarlo a suo piacimento. Al contrario, quello del tempo si chiama Dialga. Dialga anche è un Pokémon drago. Beh, iniziò un violento scontro tra i due. Sta di fatto che quando aveva la meglio uno sull’altro, anche le dimensioni si modificavano. Per esempio, se Dialga sconfiggeva Palkia, la curva dello spazio tempo si modificava per far prevalere il tempo sullo spazio. Al contrario le dimensioni si modificheranno inversamente se fosse Palkia a prevalere su Dialga. E naturalmente a pagare le conseguenze di questo scontro era la nostra dimensione, che vive degli assiomi di spazio e di tempo. Per evitare che il nostro mondo implodesse, Arceus ha confinato Palkia e Dialga in due dimensioni differenti, in modo da creare un sottile equilibrio statico tra spazio e tempo. Durante il primo scontro tra questi, però, uno sbalzo tra le due dimensioni ha creato uno squarcio nel Mondo Distorto che affacciava sulla nostra dimensione, facendone uscire Giratina, un Pokémon estremamente aggressivo, che Arceus ha destinato a stare in solitudine. Giratina è molto suscettibile riguardo il cambio di equilibrio tra lo spaziotempo, e ad ogni squilibrio di esso si apre un varco sul Monte Corona, a Sinnoh. Essendo molto territoriale ed aggressivo, se fiuta la presenza di Dialga o Palkia, esce fuori. Inoltre, dato che è molto potente bisogna evitare lo scontro tra questi, perché se Giratina sconfiggesse Dialga e quindi il tempo, Palkia, ovvero lo spazio, aumenterebbe la propria dimensione a discapito del tempo. Sarebbe un problema”
“Non capisco dove vuoi arrivare...” attaccò Marianne.
“Ebbene, il Mondo Distorto, dove vive Giratina, è un posto che poche persone hanno visto. E temo che Thomas ne sia rimasto intrappolato... vorrei che Ryan mi aiutasse a ritrovarlo”
“Ma è un suicidio!” esclamò la ragazza. Alma fissava solo Ryan, sperando di non essere bocciata all’unanimità.
“E tu avresti pensato a me?” chiese lui.
“Già...”
“Io non potrei...”
Allora Alma fece qualcosa che non avrebbe mai pensato di fare. Si alzò dalla sedia, e si inginocchiò ai suoi piedi, testa bassa, mani giunte in preghiera davanti il capo.
“Ti prego, Ryan... solo tu mi puoi aiutare”
Le lacrime che scendevano dal viso di Alma parevano scottare come lava.
Gli occhi di Ryan per un momento si illuminarono. Il rosso vivo delle sue iridi risplendette, e dopo aver fissato Marianne negli occhi guardò la donna.
“So che mi sto per prendere una responsabilità che è più grande di tutti noi, ma ti voglio aiutare. Hai dato una mano sostanziale per salvarci dalla situazione di Lionell, e questo è quello che posso fare per ricambiare... anche in virtù del fatto che la prima volta che ci siamo incontrati ti ho minacciata con Bisharp, cosa di cui mi devo ancora scusare”
Alma alzò gli occhi, ora pieni di vita, e sorrise. “Grazie! Grazie Ryan! E scusami se ti porto lontano dalle tue mansioni! Ma io ho bisogno di aiuto in questo momento! Grazie!”
 
Alma uscì da quella casa, fiera e soddisfatta, felice di ciò che aveva ottenuto. Ma Marianne non era dello stesso avviso.
“Il Mondo Distorto, a quanto ha detto Alma, è pericoloso...”
“Lo so, Marianne...”
“Sì... io... io ho paura”
“Paura di cosa?”
“Paura che ti succeda qualcosa...”
“Ho paura anche io... ma almeno riuscirò a vivere sulla pelle quello che mi mancava...”
“Che ti mancava?”
“Paura del domani”

 

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Capitolo 2
*** Gotta go ***


Gotta Go


“Sai cosa significa perdere un amore, Ryan? Perdere un amore significa che quello che credevi tuo se n’è andato via, lasciandoti con un sacco pieno di punti interrogativi. Significa che hai il cuore vuoto, pieno di niente. E tante spine ti circondano, e appena ti muovi, appena pensi all’amore che hai perso, quelle ti pungono. E tu piangi, perché sentire il vuoto di qualcuno fa male al cuore”
Alma guardava con occhi spenti il poggiatesta del sediolino che aveva davanti. L’aereo stava per decollare, ancora qualche minuto. La hostess era già passata a mostrare quali fossero le uscite d’emergenza e le altre accortezze da prendere in caso ci fosse qualche problema.
Ma era improbabile. È più probabile che affondi una nave piuttosto che cada un aereo.
Gli aerei erano solidi bestioni che solcavano il cielo.
Gli aerei erano gli autobus dell’aria.
“Mi chiedo ancora come abbia fatto a convincerti a seguirmi in questa missione suicida”
“La risposta è semplice. Avevo bisogno di avventura. Capisco Zack, ed il perché fosse sempre in giro come un vagabondo. Cercava nuovi stimoli, nuove avventure. Stare nella sede della Lega ad aspettare che qualcosa accada è un vero strazio, Alma... la routine mi uccide. E tu, e la tua richiesta suicida, mi siete apparsi subito come una scaletta di salvataggio”
“Prima dell’avventura con Lionell eri fermo, però”
“Lavoravo, Alma. Ma... lì avevo Rachel e la fame come catalizzatori. Lavoravo per non morire”
“Ti capisco. Soprattutto perché eri giovane, e ti sei ritrovato in una pessima situazione”
Una voce annunciò l’imminente partenza. Pregavano di allacciare le cinture e di spegnere qualsiasi apparecchio elettronico.
“Hey... si parte” fece lui. Vide la donna irrigidirsi e stringere i braccioli del sediolino, fissando meravigliata e contemporaneamente impaurita il paesaggio circostante, da quel finestrino, che lentamente rimpiccioliva tutto.
Il sonno poi la rapì, tirando giù quelle palpebre, oggetti che celavano uno sguardo sognatore.
Si svegliò direttamente a Sinnoh, patria del principio.
Le leggende di quella regione avevano ispirato migliaia di storie, e portato tanti eroi a partire all’avventura, ultimi tra tutti Zack e Rachel.
Il nuovo aeroporto di Giubilopoli era aperto da qualche anno, Ryan ed Alma scesero dall’aereo, un po’ spaesati. Alma avrebbe scommesso che sarebbero arrivati l’indomani a Sinnoh, ed invece nel tardo pomeriggio erano lì. Marianne aveva cercato per entrambi una soluzione per sistemarsi qualche giorno senza avere problemi e paure, e l’avevano trovata nell’Ostello mezza stella Bidoof, della signora Yuki. Naturalmente ognuno aveva una stanza separata, Marianne era gentile, ma non scema. Far dormire Ryan nella stessa stanza di una donna come Alma avrebbe messo a repentaglio il rapporto di qualunque uomo, qualsiasi fosse stato il suo orientamento sessuale o la sua fedeltà.
Presero una navetta che li accompagnò al centro, Giubilopoli in quei giorni era molto carica, e le persone giravano per le strade festanti e divertite.
Per terra, su quelle mattonelle che parevano esser state calpestate da migliaia di persone per anni ed anni, erano sporcate dal colore di vari coriandoli.
Alma li calpestava curiosa.
“Che giorno è oggi?”
“Non ne ho idea” rispose Ryan, stranito. Anche lui si sentiva a disagio in mezzo a tutta quella folla che rideva e festeggiava.
“Scusi” interrusse Alma. Una donna dai capelli verdi, lunghi, acconciati in una treccia voluminosa che le arrivava alle natiche, sorrise e la guardò.
“Sì. Salve”
“Mi chiamo Alma. Vorrei sapere perché c’è così tanto fermento”
“Ciao Alma, io mi chiamo Demetra. Oggi si festeggia la festa della liberazione di Sinnoh. Sai, tanto tempo fa un signore della guerra assoggettò questa città al suo potere. Un eroe, con un solo Pokémon, riuscì a sbaragliare l’esercito intero di questo. Alla fine il signore della guerra, vedendo lo spirito e la forza dell’eroe, decise di abdicare in suo favore. E lui, in concomitanza con i tre guardiani dei laghi, portò pace, saggezza ed armonia a tutta la nostra regione”
“Grazie” sorrise Alma.
“Di niente” fece altrettanto Demetra, che poi riprese a ridere ed a saltare, gioiosa e festante.
Pochi passi tra la folla, i due con lo zaino in spalla camminavano a bocca aperta, gustandosi la città ed il suo tepore.
Era tutto così bello.
“Ecco la pensione” fece Ryan. 
 
“Due singole, a nome di Livingstone” disse Ryan, ed il portiere gli diede due mazzi di chiavi con un voluminoso portachiavi. Il Numero di Alma era il 9, quello di Ryan l’8. Salirono le scale di quel piccolo ostello. Le pareti erano tappezzate con una strana carta da parati rosso scuro, morbida al tatto. E per terra c’era una moquette marrone consumata. A tratti c’erano macchie più scure.
Le luci erano tenute basse, in quello stretto corridoio senza finestre, e le porte color crema riflettevano il tepore delle lampadine gialle.
“Marianne poteva scegliere qualcosa di meglio” fece Ryan, fermandosi alla sua stanza.
“Almeno abbiamo un tetto sulla testa”
Ryan annuì e sospirò, quindi inserì la chiave nella serratura, fece tre mandate, e vi entrò.
“Per stasera riposiamoci, ci incontriamo a cena e stileremo un piano di azione per domani. Tra due ore ti busso e scendiamo” disse il biondo. Alma annuì, ed entrò nella sua stanza.
Quando chiuse la porta pensò di lasciarsi il mondo alle spalle e potersi rilassare un po’. Quella stanza era davvero minuscola, però, e fuggire dai suoi pensieri in così poco spazio non era semplice.
Un piccolo lettino singolo sotto la parete accanto alla porta, un comodino accanto con una lampada senza paralume. Accanto ancora, appesa ad un braccio di sostegno c’era una piccola e vecchia tv, 15 pollici, il telecomando non c’era.
Di fronte al letto un armadio, naturalmente piccolo, e accanto a questo una porta che conduceva al bagno, ovvero piccola doccia, piccoli servizi, piccola finestrella, con una lampadina che funzionava ad intermittenza.
La lampadina della stanza invece funzionava bene, anche se illuminava poco, e quando Alma riversò il contenuto della sua borsa sul letto, sedendosi, la sua ombra inondò il copriletto blu, scurendo tutto.
Sul letto c’erano un cellulare, una spazzola, il borsello con tutti i suoi trucchi dentro, un assorbente, che aveva sempre per momenti d’emergenza, e tre Poké Ball.
“I suoi Pokémon...”
Le Poké Ball affondarono nel morbido tessuto del letto, ma si intravedevano gli “inquilini” tramite la trasparenza di quelle.
C’era un Ralts. Il suo piccolo Ralts, lo adorava, uno dei Pokémon con cui aveva più feeling. Sapeva che a breve si sarebbe evoluto, ma dato che non combatteva mai non si era mai preoccupata di farlo evolvere in un Kirlia.
Un piccolo Pancham era il suo secondo Pokémon. Non aveva un ottimo 
rapporto con quest’ultimo, a tratti pareva geloso di Ralts, ma essendo quasi sempre nella sfera il rapporto non aveva mai avuto la possibilità di migliorare.
E per ultimo c’era un’elegantissima Roselia. Adorava il profumo dei suoi petali.
Tutti lì i suoi Pokémon. Forse era il caso di farli uscire, di prendere possesso delle facoltà motorie, dato che il sole non lo vedevano mai.
Certo, non l’avrebbero visto neanche in quel momento, dato che il sole era praticamente appena tramontato, ma male non faceva.
Si stese sul letto, accanto ai suoi Pokémon e si riposò.
 
Alma si sedette al tavolo, vestita non troppo elegantemente. Ryan la stava già aspettando.
“Scusa il ritardo...”
“Stai tranquilla, non aspetto da molto”
“Ok, va bene”
Alma si sistemò sulla sedia, poggiando la borsa sull’angolo di essa, ed abbassò gli occhi. Una candela stava accesa al centro del tavolo, tra lei e Ryan. Una rosa di plastica regnava nel suo piccolo vasetto, e le posate erano poggiate su di un copritavolo bianco sbiadito.
Forse più giallo che bianco...
“Manteniamoci leggeri e cerchiamo di non avvelenarci. Domani dovremmo andare a fare una piccola escursione...”
“Dove andiamo?”
“Sulla Vetta Lancia”
“Dove tempo e spazio si incontrano”
“E Caos...”
“Sì. In effetti è proprio quella la dimensione a cui dobbiamo fare riferimento. Il Mondo Distorto rappresenterebbe il Caos di Giratina”
“Ecco... volevo parlarti di lui...”
“Non sarà un cliente facile”
“Per niente... dovremmo documentarci di più, perché non abbiamo molto su di lui”
“Ho un’amica che fa proprio al caso nostro. Ci aspetterà domani sulla Vetta Lancia”
“E perché farebbe al caso nostro?”
Ryan sorrise.
“Perché è uscita viva dal Mondo Distorto, Alma”
Quella inarcò un sopracciglio. “E come diavolo ha fatto?”
“È un’ottima allenatrice”
“La conosceremo domani. Cominciamo a stilare un piano d’azione”
“Perfetto. Domani scenderemo verso l’alba. Hai con te dei vestiti caldi, vero?”
“Naturalmente”
“Perché dovremmo sfidare le nevi del Monte Corona, ad un certo punto. E poi le raffiche di vento della Vetta Lancia. Indosseremo dei vestiti caldi e raggiungeremo il percorso 207. Ci serviranno delle biciclette da corsa, già ho parlato con il proprietario dell’ostello, ce le procurerà lui, previo pagamento”
“Uh, ok...”
Ryan la vide perplessa, quindi sorrise.
“Sai andare in bicicletta?”
“Sì che ci so andare! Vai avanti!”
“Raggiungeremo l’ingresso del Monte Corona dal percorso 207 e quindi cominceremo ad addentrarci nel ventre della montagna”
“Va bene”
“Hai Pokémon con te?”
“Sì, i miei tre Pokémon”
“Bene, ci saranno utili”
“Ok...”
“Ora mangiamo però”
“Ok” sospirò Alma.
 
La serata passò celermente. Ryan ed Alma cenavano concentrati sulla missione che il giorno dopo avrebbero dovuto compiere, ma di tanto in tanto Ryan cercava di farla distrarre, dato che l’ansia la stava divorando.
“E come vi siete conosciuti tu e Thomas?”
Una scintilla si accese negli occhi di Alma. Ed il sorriso comparve poco a poco sul suo volto.
“Beh... eravamo davvero giovani. Piccoli”
“Siete cresciuti insieme?”
“Beh, no, insieme no. Io ero al primo anno di università, lui all’ultimo. Ma sai, ti accorgi immediatamente quando una persona ti rapisce”
Ryan sorrise ed annuì. Pensò tuttavia che con Marianne questo non era accaduto.
“Ero relativamente piccola, 19 anni, una vita davanti e tanta voglia di apprendere”. Sorrise poi, quando i ricordi la portarono sui binari giusti. “Avevo un grande paio di occhiali, ero praticamente cieca senza di quelli”
“Erano come quelli che porti adesso?”
“No, assolutamente!” esplose lei, sistemandosi le lenti sul naso all’insù. “No. Erano molto più grossi. Ed antiestetici”
“Hai delle lenti a contatto per domani?”
“Sì, certo... non voglio rischiare di rompermi gli occhiali”
“Ad ogni modo ho affittato anche l’attrezzatura per la montagna, compreso degli occhialoni per la neve. Così gli occhi saranno protetti”
“Bravo, Ryan, sapevo di poter contare su di te”
“Grazie, Alma. Continua il tuo racconto”
“Sì... insomma, ero in facoltà. Ecco, non mi sono mai curata del fatto che gli uomini mi corressero dietro per la mia bellezza... in effetti non me ne sono mai resa conto. Io vivevo la mia giornata per quello che ero, ossia una ragazza che voleva a tutti i costi apprendere il più possibile dalla storia dei tempi passati. E Thomas era davvero bellissimo. I capelli rasati, i muscoli nascosti male in quelle magliette striminzite, ma tanta, davvero tanta serietà e concentrazione nello studio. Cioè, in facoltà c’erano ragazze davvero carine che gli si strusciavano addosso, e che cercavano di fare il massimo per attirare la sua attenzione, ma lui non faceva altro che studiare. Tanto che pensai fosse omosessuale per un certo periodo. Ma poi, quando una volta gli chiesi di sedermi vicino a lui, dato che quel giorno i tavolini liberi erano esauriti, lui mi sorrise e mi fece accomodare accanto a lui. E lì ho visto quello che era davvero. Mi innamorai follemente di lui. E anche lui di me”
“Quindi lui ti amava tanto. Perché temi che ti abbia tradito?”
“Perché delle volte, nella vita, si è deboli. E può essere stato che durante una di queste fasi di debolezza lui abbia fatto... ecco... qualche stupidaggine...”
“Con l’assistente del Professore?”
“Già, proprio così”
“Vedrai che ti sbagli...”
E poi parlarono, ancora ed ancora. Finirono di cenare e si portarono nelle proprie stanze, stanchi per l’avventura che l’indomani li avrebbe aspettati.
 
Thomas, Thomas, Thomas, Thomas. La sua giacca e quella cravatta rossa, con la camicia bianca ed i bottoni sotto, bottoni trasparenti, lui apre i bottoni, e sotto i suoi addominali, voglio fare l’amore con lui. Quei baci, io ricordo quei baci, ricordo quando mi stringeva, sento le dita contro la mia schiena, sulle mie natiche, le labbra sul collo, ed il calore che aumentava. Le lenzuola calde, le sue gambe intrecciate alle mie. I miei piedi freddi. Ricordo quando mi baciava sui capelli finchè non mi addormentavo, quel rumore che le sue labbra producevano quando schioccavano un bacio. Tlak facevano. Tlak. Ho mangiato bene stasera, domani mi devo svegliare presto, Monte Corona, scalatore, Pokémon, lottare. Pancham mi obbedirà? Perché è così diffidente con me? Sono una cattiva persona? Specchio, il mio riflesso, i miei occhiali, montatura sottile. No, non lo sono.
Ma Thomas non c’è più. Dov’è Thomas? Quella biondina slavata, e quei reggiseni imbottiti. Rosa, blu e gialli. Le sue mani sui suoi seni, oddio sto per sentirmi male. Devo dormire, dannazione, devo riposarmi. Devo riuscire a calmare i nervi.
Devo respirare.
Inspiro.
Espiro.
Inspiro.
Espiro.
Devo rilassarmi.
Devo lasciarmi andare, e fare in modo che questo domani arrivi in fretta...
 
Alma! Sei sveglia?”. Le nocche di Ryan colpirono la porta un’altra volta, ma pareva che quella avesse dimenticato che quello era il gran giorno. Aveva tanta voglia di filarsela, lui, tornare a casa, nel suo letto, assieme a Marianne, abbracciarla, stringerla. Farci l’amore.
Adorava passare il tempo con lei. Si trovavano d’accordo su tutto. Avevano praticamente la stessa testa su due colli diversi, e questa cosa lo inorgogliva.
Aveva trovato l’anima gemella, ed era contento di questo.
Appoggiò la schiena al muro di fronte alla porta, sentiva dei passi, ed in fondo al suo cuore sperò di non essere stato lui l’autore della sua separazione dalle coperte, perché in tal caso erano in ritardo.
Alma aprì la porta, e lo vide. Lei era pronta, con i vestiti pesanti indosso e gli occhi aperti come due piccole feritoie, il minimo sindacale.
“Ciao. Buongiorno” fece il ragazzo, poggiandole una mano sulla spalla.
“Ciao, Ryan. Buongiorno anche a te”
“Sei pronta?”
“Ho un po’ di paura, ma dobbiamo farcela”
“Perfetto. Andiamo, ora”
I due lasciarono l’ostello e montarono sulle biciclette. Venti minuti dopo erano a Mineropoli. Si rifocillarono, il sole stava cominciando a salire la scaletta nel cielo, quindi ripartirono alla volta dell’ingresso del Monte Corona.
“Potrebbero esserci degli allenatori che vogliono sfidarti, Alma”
“E perché mai?!”
“Per provocarti. Per attirare la tua attenzione. Anche se sei vestita come un pupazzo di neve sei sempre una donna molto attraente”
“Lo prendo come un complimento... ma non voglio usare i miei Pokémon...”
“Speriamo tu non debba usarli per necessità”
Camminarono ancora per qualche metro, Alma si coprì bene e passò inosservata fino all’ingresso del Monte Corona.
Una volta entrati levò il cappuccio. Ryan avanzò lentamente, guardandosi attorno, circospetto. Alma lo seguì poco dopo, vedendo il ragazzo camminare lentamente.
“Dobbiamo stare attenti” fece, e la sua voce rimbombò sulle pareti fredde ed umide. “I Pokémon selvatici possono sorprenderci in qualsiasi momento”
“Ok”
Alma guardò meglio il posto. Tanti massi erano posti per terra in ordine così casuale da sembrare organizzato. Un piccolo laghetto qualche metro più avanti vibrava nelle sue acque per via di alcune gocce, che lente cadevano dal soffitto. Poco lontano dall’ingresso c’era un’altra uscita. Si avviò verso di quella, ma Ryan le mise una mano sulla spalla.
“Non dobbiamo andare lì”
“Come?!”
Si avviò verso un grande masso, quindi vi si arrampicò sopra e gettò lo zaino in un punto più alto. Poi tese la mano ad Alma.
“Avanti”
“Cosa?!”
“Devi salire qui su”
“Devo salire?”
“Sì. L’ingresso alle viscere del Monte Corona è sopra questa parete”
“Ma come dovrei...”
“Dammi la mano”
Quella levò il cappuccio e strinse quella mano, che con forza la tirò sul masso, alto più di due metri. Lei non riuscì a trattenere un urlo, forse per la paura o per l’emozione. Sta di fatto che alcuni Zubat e qualche Golbat si alzarono in volo velocemente, lanciando grida spaventose.
“Veloce, Alma!” fece Ryan, conoscendo l’abilità confusionale di certe situazioni. Si arrampicò ancora su di un muretto di pietra naturale, poco più alto del metro e cinquanta, e tirando Alma, dopo aver raccolto lo zaino lanciato su precedentemente, scapparono nella stanza accanto prima di venire assaliti dal branco di pipistrelli.
Alma aveva gli occhi sbarrati, e la respirazione accelerata, ed appoggiata ad una parete cercava di riprendere coscienza di ciò che era successo.
“Ok... cerchiamo di tenere la voce bassa”
 
Il Monte Corona si snodava per altri metri, ed era decisamente difficile tenere occhi aperti ovunque. Un po’ qua, un po’ là, i Pokémon selvatici erano dappertutto. Ryan ne sconfisse più di venti, e continuarono a camminare. La nuova sala era molto più ampia. Mancavano specchi d’acqua, ma pareva che la mano dell’uomo l’avesse modificata, resa più vivibile. La luce filtrava da alcune aperture nelle pareti rocciose, e dei ponti di legno aiutavano il passaggio e rendevano accessibile posti che in natura sarebbero stati difficili da raggiungere.
Appena messo piede su di uno di quei passaggi artificiali, Ryan si fermò.
Poi guardò Alma, tendendo l’udito. Il ponte si muoveva e scricchiolava.
“Forse è buono...”
“Forse?!” esclamò Alma, spaventata.
“Nel peggiore dei casi cerca di cadere facendo una capriola” sorrise Ryan, riprendendo a camminare.
“Se so correre dritto è già tanto, Ryan”
“Non potresti mai essere la Campionessa”
“E tu non potresti mai partorire”
“Non vedo cosa c’entri...”
“È la verità”
“Voi donne mettete questo fatto del parto in ogni discussione. Tu allora non capirai mai quanto fa male un calcio nei testicoli”
“Il parto fa più male”
“Non lo metto in dubbio” sospirò lui, sconfitto per l’ennesima volta.
Un Golbat volò improvvisamente davanti a lui, ed una linea di sangue si creo sul suo volto.
“Cosa...?”
Ryan si toccò il volto, sporco e guardò la mano. Il sangue scorreva caldo e debole.
“Che cosa è successo, Ryan?!” si allarmò Alma, stavolta tenendo il volume della voce ad un livello normale.
“I Pokémon sono irrequieti, Alma... qualcuno è già passato di qui... da poco”
“E chi?”
“Probabilmente il nostro contatto”
“Contatto?!”
“Già... ci darà uno strumento in grado di farci entrare nel Mondo Distorto”
Alma inarcò le sopracciglia e sospirò. Aveva intuito che la cosa potesse essere difficile ma non fino a questo punto. Ryan poggiò un fazzoletto candido sulla ferita, che rapidamente si macchiò di rosso vermiglio, quindi tornò a camminare, ma stavolta con una precauzione.
“Gallade... aiutaci tu” fece il Campione, ed il Pokémon Psico e Lotta fece la sua comparsa. Alma sgranò gli occhi e guardò Gallade, affascinata. Quello la salutò con un cenno del capo, quindi camminarono per quella grotta, attraversarono altri due ponti e combatterono contro due Graveler ed un altro Golbat fino a che non raggiunsero l’uscita da quella sala.
“Grazie Gallade” fece Ryan, facendolo entrare nella sua sfera. Era meglio così. Stava nevicando davvero pesantemente sulla dorsale nord del Monte Corona, e gli alberi e le rocce erano totalmente coperte dal candore e dal freddo invernale, nonostante la primavera fosse alle porte. I doposci di Alma affondarono nella neve fredda, ma lei dopo fece un altro passo, ed un altro ancora. Ryan si muoveva più agilmente, mentre una raffica di forte vento gettava sui ragazzi freddo, neve e ripensamenti.
“Forse è troppo difficile per noi” pronunciò tra le labbra la bella, ma a bassa voce, in modo che le parole cadessero dalle sue labbra ed atterrassero sul suo mento.
La paura era logica. Ed in generale lo è, quando non si sa cosa si troverà sul cammino.
“La Vetta Lancia è molto in alto. Dobbiamo salire ancora. È il punto più alto di Sinnoh”
“Ti sbagli, mio caro Campione della Lega di Adamanta. Il punto più alto di Sinnoh è lo Spazio Origine”
“Mi scusi sua eminenza” sbuffò ironicamente Ryan, continuando a camminare. La corrosione aveva creato dei sentieri naturali, che passavano inevitabilmente in mezzo all’erba alta.
Naturalmente la mano dell’uomo c’era stata anche lì.  Scale scoscese e piccoli ponticelli di corda univano posti altrimenti inarrivabili tra di loro.
 
E mentre camminavano con la neve fin quasi sopra le ginocchia, Ryan si bloccò d’improvviso, facendo sbattere Alma sulla sua schiena.
“Hey... che ti fermi a fare?!”
Poi un rumore forte, e la neve che continuava a scendere.
“Cosa?! Ryan, spostati”
E così quello eseguì.
Un enorme Abomasnow si stava avvicinando a loro a grandi passi.
“Cazzo...”
 

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Capitolo 3
*** Sliding doors ***


Sliding Doors


Il terrore negli occhi, il vento che soffiava forte, spostava i capelli e riempiva gli occhi di lacrime e le guance di neve. E Ryan sapeva di dover proteggere Alma da quella situazione.
Davanti avevano un Abomasnow infuriato, che urlava.
“Ryan... ho paura...” fece Alma, nascosta dietro la sua schiena.
“Non preoccuparti, Alma... Bisharp, vai!”
Il Pokémon di Ryan scese in campo. Nonostante quella situazione di freddo non fosse molto simpatica per Bisharp, quello si preparò lo stesso per lo scontro.
Abomasnow ruggì forte, ma Bisharp rimase fermo.
Ryan strinse i denti, mentre il freddo lentamente gli consumava la pelle. I suoi occhi rossi risplendevano come torce in mezzo alla bufera di neve.
“Alma, tappati le orecchie... Ferrostrido!”
Alma velocemente portò le dita alle orecchie, ma lo stesso fu in grado di sentire quel rumore fortissimo. Abomasnow ne risentì bloccandosi per un attimo.
E poi dagli alberi uscì un Loudred, proprio alle spalle di Ryan.
Cioè davanti ad Alma.
“Oddio... Ryan...”
Quello si girò per un momento, e guardò la situazione. La valutò velocemente, quindi si girò di nuovo.
Non avrebbe avuto nessun problema a lottare anche contro Loudred, anzi, forse avrebbe velocizzato la situazione, ma doveva sbloccare anche Alma, e questa inutile paura di lottare.
“Alma non posso farcela adesso. Rischieremmo di compromettere la missione. Veditela tu”
“Ma io non ho nessun...” la forza dell’abitudine. “Oh. V-vai Ralts!”
Il piccolo Ralts poggiò i piedi freddi sulla neve e si avvicinò subito alla gamba di Alma, proprio come avrebbe fatto un bambino.
“Ralts, dobbiamo farcela. Dai, so che possiamo!”
Loudred usò Sgomento, avvicinandosi ad un palmo da Ralts, facendo una smorfia che fece impaurire e non poco il Pokémon psichico, rifugiatosi di nuovo dietro le gambe di Alma.
“No, Ralts! Devi andare avanti! Devi lottare! Io credo in te!”
Ralts guardò con gli occhi enormi Alma. Era spaventato. Dall’altra parte si sentivano i rumori della battaglia tra Bisharp ed Abomasnow, e questo non incoraggiava Ralts.
“Dai, so che ce la puoi fare! Sei allenato per questo! Usa Confusione!”
Ma Ralts tentennava ancora, spaventato.
Loudred allora si avvicinò, e stavolta utilizzò un attacco Azione, sbattendo per terra il povero Ralts.
“Avanti, Ralts! Non farti mettere fuori combattimento! Usa Confusione!”
Ma ancora un attacco Azione di Loudred fece ritrovare il piccolo Pokémon Psico con la schiena nella neve.
“No... non va così... devo metterti al sicuro...” e fu così che Alma prese a scegliere chi tra Roselia e Pancham avesse dovuto prendere il posto di Ralts. (non so, non mi suonava quel “cambiarti” al massimo vedi se può andare meglio altro>_>)
“Fermati” fece poi Ryan. La donna si bloccò. “Ralts deve superare questo blocco. Infondigli coraggio”
Alma allora rifletté, e capì che Ralts era come un bambino che doveva imparare ad andare in bicicletta. Bisognava trasmettergli coraggio e fiducia.
“Puoi farcela, Ralts. Basta solamente crederci. Devi riuscirci, perché hai tutte le carte in regola per poter fare bene. Thomas ha creduto in te, catturandoti, ed ora ti dico che se vogliamo ritrovarlo, dobbiamo superare molte sfide. E questo Loudred è solo la prima di queste!”
Ralts guardò con gli occhi enormi Alma, quindi annuì a se stesso. Si voltò davanti, quindi abbassò il volto, e con le manine fece un cerchio. Quel Ralts emanava tanta energia che la neve sotto le sue gambe si sciolse immediatamente. Una patina azzurra lo ricoprì interamente, e dopo qualche secondo avvolse anche Loudred, il cui sguardo si strinse.
Il suo verso era forte, Alma temette di poter essere sorpresa da una valanga.
Ma poi lo sguardo di quello si rilassò, diventando quasi lascivo, e Ralts lo poggiò per terra, con i suoi poteri psichici.
“Bravo! Che splendido attacco Confusione!” sorrise Alma, correndo ad abbracciare Ralts, il quale, dopo poco, cominciò a brillare.
“Si sta evolvendo, Ryan!” si voltò immediatamente quella. Il ragazzo stava con le braccia raccolte tra di loro, intrecciate, a studiare la situazione, annuendo lentamente, come se stesse avendo ragione di qualcosa.
Una piccola nuvoletta di vapore si creò davanti al suo naso.
E fu così che Ralts diventò un Kirlia. E che Alma sorrise divertita.
“Un attacco Confusione da paura!” disse a Ryan.
Quello fece una smorfia strana, come per dare torto alla professoressa. “Quello non è un attacco confusione, Alma. Quello è un attacco Psichico”
“E come può essere possibile questa cosa?”
“Quel Ralts... pardon, quel Kirlia, è altamente sovrallenato. Ha imparato una mossa che imparerebbe un Gallade. O un Gardevoir”
“Cosa?!”
“Probabilmente, se apparteneva a Thomas, deve aver utilizzato qualche strumento per bloccare l’evoluzione, perché questo Pokémon è davvero molto potente”
“Dici?”
“Beh, mettere fuori combattimento un Pokémon qui, sul Monte Corona, con un attacco, implica grande potenza. Ed un Ralts non può possedere quella potenza senza essere diventato un Kirlia, o peggio ancora, essere andato più avanti nel suo stadio evolutivo. Ergo, è stato allenato e gli è stata impedita l’evoluzione. Questo Ralts potrebbe diventare velocemente un Gallade, con una Pietralbore”
“È una femmina”
“Allora diventerà un esemplare di Gardevoir. Un Pokémon molto grazioso. E forte. Complimenti”
“Oh...” Alma sembrava interdetta, mentre fissava quel suo nuovo Pokémon, tanto carino quanto potente. “Davvero?”
“Già”
Alma sorrise. Si abbassò verso Kirlia, e le sorrise.
“Hey tu” disse. “Brava”
 
Continuarono il loro cammino lungo il percorso innevato, e Ryan poté vedere all’opera gli altri Pokémon di Alma. Aveva stoffa per la lotta, ma una paura malsana, insita nelle sue sicurezze di allenatrice, la bloccava, non facendola esprimere del tutto.
I loro scarponi affondavano sempre nella neve profonda, rendendo il loro passaggio molto più duro del previsto.
“Sei stanca?” le chiedeva Ryan, di tanto in tanto.
“Un po’... te?”
“Non preoccuparti per me”
“Come va la ferita sulla guancia?”
“Niente di che, passerà, è solo un taglietto”
“Un attacco Aerasoio di un Golbat... che hai provato in quel momento?”
“Paura”. Breve pausa di Ryan. La ferita bruciava, con quel freddo. “Stupore”
“Per cosa?”
“Non mi aspettavo di essere attaccato”
Continuavano a salire sulla montagna, tramite un ripido sentiero innevato, che poi lasciò posto ad una stradina attraverso un fitto bosco. Gli alberi erano ricoperti di candido freddo, e costituivano una fonte di riparo dal vento e dalla tempesta che si stava scatenando sulla dorsale del Monte Corona.
“È davvero un posto impervio...” disse Alma, mentre con fatica dondolava il baricentro in base alla gamba alzata che poi affondava velocemente nella neve.
“Già. Tra un po’ dovrebbe esserci una baita. Ci fermeremo lì per un po’, ci rifocilleremo ed asciugheremo i vestiti bagnati. Poi ripartiremo”
“Ok” annuì la donna che, come un soldatino ubbidiente, strinse i denti fino a sorridere quando scorse nel bianco più che totale una baita in balia della tempesta.
Del fumo nero abbandonava il comignolo di quella piccola casupola fatta interamente in legno. Il tetto era praticamente tutto ricoperto di neve, e le luci che filtravano dalle finestre, gialle, donavano calore solo a guardarle.
Rapidamente vi entrarono, quindi Ryan chiuse la porta alle sue spalle.
Un paio di persone erano sedute al tavolo centrale, fatto in legno massiccio. Una donna di spalle beveva una cioccolata calda, davanti alla finestra, mentre guardava la tempesta inghiottire il cielo, ed un paio di ragazzi, più giovani, erano seduti per terra, davanti al camino.
“Vieni” fece il ragazzo, prendendo Alma per mano. Si piazzarono nell’angolo dove c’erano due poltrone vecchio stile, con la fodera in pelle marrone, e si levarono da dosso i pesanti zaini.
Ryan levò anche il cappello, e rapidamente le sue guance ripresero colorito. Alma levò velocemente i doposci. Forse c’era più neve lì dentro che fuori. Aveva i piedi congelati, ed i calzini totalmente fradici. Li levò, li strizzò, quindi li mise vicino al camino ad asciugare.
“Mangiamo qualcosa. Ti va?” chiese il ragazzo.
Alma gli sorrise di buon grado, per poi annuire. Aprì lo zaino, la donna, e prese una busta, con tutto l’occorrente per preparare dei panini. Ne farcì due con del salame, uno per lei ed uno per Ryan.
“Ecco. Grazie” fece quello. Il fuoco del camino, non molto lontano da loro, si rifletteva sui loro volti, arrossandoli, e donando calore ai loro respiri.
“Buoni” aggiunse poi. “Speriamo la tempesta si calmi”
“Già...”
“Che hai?”
“Niente...pensavo a Thomas”
“A che pensavi?”
“Pensavo che forse anche lui è passato di qui”
“Sicuramente”
“Magari era seduto proprio sulla stessa poltrona su cui sei seduto tu. O forse la mia”. Le mani della donna abbandonarono il panino per affondare nella pelle dei braccioli. Cercò di trarne calore col solo contatto, ma qualcosa le suggerì che non poteva.
“Alma... calmati. Lo ritroveremo. È rimasto bloccato in un’altra dimensione, e noi stiamo andando lì a salvarlo”
“E se non ci riusciamo?!”
“Beh, allora saremmo condannati a stare per tutta la nostra vita nel Mondo Distorto. Ed in ogni caso ci staresti lo stesso assieme... oh il telefono squilla. È Marianne”
Quella sospirò, quindi rifletté. Se si fosse ritrovata nei panni di Marianne non lo avrebbe mai fatto partire per quella pericolosissima missione. Non avrebbe voluto perdere l’uomo che le stava accanto, era troppo prezioso, troppo importante.
Certo, esistono tante persone che non hanno alcuno accanto, andando avanti lo stesso e sentendosi completi. È che si sentiva come incompleta senza di lui. Come se fosse nuda. Thomas ed Alma erano l’uno il fodero dell’altra, essenziali l’una per l’altro.
“Non fare così... Riprenditi e sii forte”
Alma annuì, per poi addentare il suo panino. E alla fine due ore volarono così velocemente che quasi non si accorsero che la tempesta si era calmata.
Alma rinfilò i calzini, ormai asciutti e caldi per via del fuoco del camino, e si riassettò per la scalata alla Vetta Lancia.
Ma poi, mentre i due stavano per raccogliere gli zaini dal pavimento, la porta della baita si spalancò, portando dentro freddo, neve ed una bellissima donna bionda.
Ryan inarcò le sopracciglia, quindi sorrise. “Credevo di incontrarti sopra, in cima alla Vetta” fece poi.
“Sto aspettando già da un paio d’ore. Sapevo che, dato che c’era con te anche la tua amica poco esperta, avrei potuto trovarvi qui”
Alma la guardò meglio. I capelli biondi e lunghi erano lisci, e qualche fiocco di neve vi era intrappolato all’interno. Quei fili dorati si aprivano lasciando spazio ad un volto perfetto. Quella donna era bellissima in volto. Occhi ben aperti, castani, lucidi, vivi, e labbra belle e definite. Il naso di quello era dritto, femmineo, perfetto. Il collo, lasciato scoperto, si tuffava in una scollatura generosa, coperta da una maglietta con lo scollo a V. Un lungo cappotto nero, in pelle, cadeva ai suoi piedi, nascondendone le generose curve.
Quella donna era una statua, ed Alma riusciva a vedere quanto Ryan ne fosse ammaliato.
“Hai reso i Pokémon irrequieti. Ecco perché mi hanno attaccato” disse il ragazzo, toccandosi la ferita con la mano.
“Mi spiace molto... ad ogni modo è meglio che veniate fuori con me”
Alma e Ryan seguirono la donna, chiusero la porta ed affondarono di nuovo gli stivali nella neve. La tempesta, però, era cessata.
Camilla si fermò vicino ad un abete innevato, poi si guardò attorno, e dopo aver attestato che nessuno la stava seguendo o osservando, mise la mano nella tasca destra.
Alma guardava incuriosita. Camilla tirò fuori un sacchetto.
“Ryan. Qui c’è la Grigiosfera. Questo strumento è strettamente legato con Giratina. Basterà che tocchi il pavimento della Vetta Lancia per attirarlo nella nostra dimensione. Una volta che il portale si aprirà, dovrai entrarvi velocemente, onde evitare che il portale dimensionale si allarghi e tutto ciò che contiene quello strano mondo possa entrare qui, da noi. Mi raccomando...”
“Certo, Camilla, non preoccuparti”
“Ok. È tutto. Ci vedremo al ritorno, quando mi restituirai la Grigiosfera”
“Grazie” esordì Alma.
Camilla annuì, e le si avvicinò, quindi le mise una mano su di una spalla, e le sorrise dolcemente.
“Ryan è in gamba. Riuscirete a ritrovare il tuo uomo. E nel caso non ci riusciate voglio che sappiate che per qualunque cosa vorrei essere d’aiuto”
Alma quasi si commosse per le belle parole. “Grazie. Grazie molte, Camilla”
Lei sorrise di nuovo, quindi prese a camminare, fino a diventare un punto nero in mezzo a quella pagina bianca di neve.
“Camilla... che persona straordinaria” disse Ryan, sorridendo.
“Una persona molto a modo”
“Con un aplomb eccezionale direi. La Lega di Sinnoh non si sarebbe potuta far rappresentare da un Campione migliore”
“Camilla è la Campionessa di Sinnoh?!”
“Già, Alma. Dovresti guardare un po’ di tv ogni tanto”
“E tu la conosci?!”
“In quanto Campione di Adamanta ho molti contatti con tutti gli altri Campioni. Beh, eccetto quello di Kanto, che è sparito da chissà quanto tempo”
Alma rimase sbalordita.
“Beh... andiamo adesso”
 
Dopo un altro paio d’ore la Vetta Lancia era davanti a loro, e la poca luce del sole, ben avvolto dalla coltre di nuvole grigie e polverose, stava per sparire con il tramonto.
Alma guardava Ryan, mentre l’unica cosa che dovevano fare era passare l’uscita dall’ultima, infinita grotta del Monte Corona.
Sinceramente, Alma avrebbe preferito lanciarsi dalla vetta ed atterrare direttamente a Giubilopoli o giù di lì, perché il percorso inverso era altrettanto lungo e difficile.
“...se vedremo la luce, al ritorno...” disse poi.
L’ultimo passo, poi un sospiro.
Ce l’avevano fatta.
“Alma. Abbiamo raggiunto la Vetta Lancia. Da qui possiamo vedere tutta la regione” fece Ryan.
Ed era vero. Cioè, la luce era poca e non potevano fare tanto con il solo sguardo, ma le luci di Giubilopoli risaltavano. Davanti, avvolta tra le nubi cariche di neve, c’era Nevepoli. E a destra vedeva una luce intermittente. Era il faro di Arenipoli. Poco vicino c’erano le luci abbaglianti della città.
“Andiamo”
Ogni passo fatto su quelle mattonelle, sporcate di neve e chissà cos’altro, era carico di una strana energia. Tanto era successo su quel campo di battaglia. Pokémon potentissimi avevano fatto la loro comparsa. Anche Ryan era già stato lì.
Il ragazzo si guardò intorno. Non era cambiato praticamente nulla, dalla prima volta che era andato lì, per provare a catturare Dialga. Brutta storia, non voleva ricordarla, perché ogni volta che lo faceva si sentiva in colpa. Stava per distruggere il mondo, seguendo le finte idee buoniste di un uomo che voleva catturare Arceus.
“Bah... ok” Ryan anticipava Alma in ogni movimento, e raggiunse per primo l’ampio spiazzale che aveva di fronte. “Questo punto dovrebbe andare bene”
Alma lo vide levarsi lo zaino, aprirlo, e prendere il sacchetto che Camilla gli aveva dato.
Dal sacchetto ne estrasse una piccola sfera, contenuta appena nella mano del ragazzo. Dentro sembrava ci fosse qualcosa di vivo, di grigio, di denso, che si muoveva.
“Poggiamolo per terra...” Ryan pensava a voce alta le istruzione dategli da Camilla.
Quando quella sfera toccò il pavimento dello spiazzale, chiazzato di neve qua e là, tintinnò.
Ryan si alzò all’in piedi, ed Alma si avvicinò per guardare meglio.
Intanto il vento si stava alzando. La ragazza temeva che la sfera avesse potuto rotolare fino a cadere dalla vetta.
“Niente?” chiese.
“Aspettiamo”
E fecero bene. Perché accadde che la sfera prese ad illuminarsi, ed il vento aumentò.
Alma si chiuse per bene il giubbotto, perché il freddo le stava penetrando nelle ossa.
“Che sta succedendo?!” urlò la donna.
“Non lo so. Credo che Giratina stia venendo, perché attirato dalla sfera”
Il vento sibilava, e le loro parole parevano misere note su di uno spartito completo.
“E poi?”
“E poi tienimi la mano!”
“Cosa?!”
La Grigiosfera prese a rotolare verso Alma e Ryan, che non si azzardarono a toccarla. Poi nel punto esatto dove il biondo aveva locato lo strumento, un puntino scuro macchiò la neve.
“È Giratina!” urlò Ryan, stringendo la mano di Alma.
“Ryan...” sussurrò lei. Ma il vento era troppo forte.
“Alma, stai tranquilla!”
“Ryan io ho paura!”
“Thomas è lì dentro!”
“Cosa?!”
Il puntino era diventato più grande; una fessura in cui un bambino sarebbe potuto entrare tranquillamente. Il vento veniva incanalato tutto nel portale dimensionale.
“Thomas! Thomas è lì dentro!”
“Lo so, Ryan! O lo spero, almeno...”
Il portale continuava ad allargarsi, a diventare sempre più grande, ed un grande rumore, una sorta di fruscio, si stava espandendo. Un bagliore rosso si avvicinava.
“Alma, è il momento!”
Ryan raccolse la Grigiosfera da terra, e la mise in tasca. Rapidamente il portale prese a chiudersi, ma i due si stavano già apprestando a tuffarsi.
Ryan stava per darsi lo slancio con le gambe, ma qualcosa lo trattenne. La sua mano era stretta a quella di Alma. Ed Alma era saldamente ferma.
“Ryan! Ho paura!” prese a piangere lei.
“No, Alma! Non puoi avere paura! La paura deve andare via! Devi farlo per Thomas! Salta per Thomas! Salta per te stessa!”
Alma aveva il volto rigato dalla paura, sottoforma di lacrima. Il vento la strappò dal viso, facendola perdere nell’aria.
Forse un giorno quella lacrima sarebbe diventata qualcosa di grande. Magari sarebbe stata la prima goccia di un grande oceano.
“Alma...”
Ryan la esortava con lo sguardo, cercando di tirarla.
Lei annuì.
Ed entrarono lentamente in quel buco nero.

 

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Capitolo 4
*** Holy fuckin' shit ***


Holy fuckin' shit


Ora li apro.
 
Che poi è la confusione a rendere tutto più difficile. Difficile, avrebbe potuto definirlo anche confuso, la confusione confusionaria, ma pareva logico che la confusione creasse subbuglio. Come il sole che illumina, o l’acqua che bagna. Non aveva mai toccato un’acqua che non l’avesse bagnata.
Basterebbe solo fare in modo che tutto fili liscio, che niente crei confusione, e in men che non si dica ogni cosa sarebbe più chiara.
Niente incertezze, niente dispiaceri. Tutto fatto in base ad una scelta.
Eggià... perché certe volte ci si trova in alcune situazioni, circostanze di merda per altro, senza neanche aver dato l’autorizzazione, il permesso. Senza neanche esserci accorti di nulla, abbiamo la merda fino al collo.
Indi per cui preferiva rimanere lì per terra, Alma, senza muoversi. Forse Ryan avrebbe pensato che fosse morta, e sarebbe andato via. E tutto questo perché aveva paura, una paura fottuta di aprire gli occhi.
“Alma... ”
La voce del ragazzo non era ben definita, e c’era un sottofondo particolare, lo stesso fruscio sentito sulla Vetta Lancia, che copriva ogni altro rumore più piccolo.
 
Va bene. Adesso li apro.
 
Sensazioni strane si susseguivano nella sua testa, come se una cinepresa proiettasse nel suo subconscio ininterrottamente immagini e rumori.
 
Le cineprese non proiettano rumori.

Restava il fatto che Alma avrebbe dovuto aprire gli occhi. Solo per permettere che il tutto andasse avanti.
 
Giuro che tra un po’ li apro. Sono stanca.
 
“Alma... alzati... ”
“... ”
“Alma”
 
Ok, ok. Li ho aperti... contento?
 
Prima li aprì, poi li chiuse. Non c’era tanta luce, ma le parve di essere rimasta incosciente per un periodo così lungo che la sua retina non sapeva più riconoscere la luce. Rimase abbagliata per qualche istante, poi le sue ciglia si schiusero di nuovo. La figura di Ryan non era nitida. Non lo era per niente, ma lentamente i bordi frastagliati del ragazzo diventarono più lineari, fino a normalizzarsi del tutto.
Sì, Ryan. Non Thomas, e per fortuna non si vedeva Giratina. Solo Ryan, il suo zaino enorme e i suoi occhi rossi.
 
Che poi che colore è per un paio d’occhi?
 
“Alma. Ben sveglia. Benvenuta nel Mondo Distorto”
Ryan le tese una mano, e la fece alzare in piedi, tenendole poggiate le mani sulle spalle, giusto il tempo di stabilizzarsi un attimo.
“Ok, ci sono, Ryan”
Poi, come logico, la sua bocca si spalancò per la meraviglia. Quel fruscio, quello strano rumore, era dato da una cascata. Una cascata che fluiva al contrario. Cioè, saliva.
 
Le cascate non salgono. Cascano. Scendono, forza di gravità...
 
Ma tutto era strano. C’erano delle terrazze consunte in pratica ovunque. Anche dove non sarebbero dovute esserci. Cioè, terrazze verticali, dove le leggi della fisica non contavano niente.
“Sì, Alma…qui è tutto un po’ così... ”
Continuò a girarsi intorno. La donna non riusciva a scorgere un paesaggio “normale”, per così dire. Gli alberi c’erano però, in quel mondo.
La questione è che sembravano apparire e scomparire, a loro piacimento. Inoltre erano capovolti.
“È tutto così... incredibile”
“Ed anche molto pericoloso... inoltre ho la certezza che Thomas sia qui. O che almeno ci sia stato”
“Eh?!” Alma subito si girò. I suoi occhi si riempirono di speranza, anche se per solo un attimo.
“Prima di svegliarti...ho trovato questa”
Alma vide Ryan cacciare dalla tasca un’istantanea. Alma la prese nelle sue mani vogliose di conoscenza, e la squadrò.
Poi le lacrime riempirono i suoi occhi.
“È...è lui...” singhiozzò, in un momento di lucidità. Tutte quelle emozioni le stavano dando alla testa, tanto che le sembrava di muoversi. O forse si stava muovendo davvero. Si guardò attorno, la piattaforma terrazzata si muoveva verso est, raggiungendo lentamente uno spiazzo più grande. Sotto lo spiazzo soltanto il vuoto. Il rumore della cascata mitigava i suoi respiri disturbati dal pianto, ma quando lo sguardo si poggiò su quella fotografia, per la seconda volta, non potè trattenere un lamento. Era lui, veramente. E stringeva l’assistente del Dottor Sullivan, che contrariamente a quello che pensava era una donna molto giovane, asiatica.
“A lui non piacevano le asiatiche...Erika Chang ci ha provato con lui durante tutto il corso di mitologia ma Thomas l’ha sempre snobbata”.
Accanto a Bruce Lee c’era il Dottor Sullivan, con il suo cappello da esploratore e quello sguardo da porcospino nascosto dal paio di doppie lenti marca Fondodibottiglia. Alle spalle la cascata verticale. Erano nel Mondo Distorto, si riconosceva dalla luce bluastra che inondava tutto.
“Almeno abbiamo la certezza che qui c’è stato” disse lui.
“Lo troveremo!”
Il pianto non accennava a finire. “Thomas! Dove sei! Thomas!”
La voce di Alma si espanse e rimbalzò contro qualche piattaforma verticale, perché si creò eco.
“Muoviamoci da qui”
 
Alma e Ryan presero a camminare lentamente, guardando bene dove mettevano i piedi. Non avrebbero voluto incappare in nessun tranello.
Quel posto era strano. Era totalmente vuoto, tranne che per quell’entità gigante che di tanto in tanto appariva e scompariva, facendo rabbrividire i due. Giratina era tremendamente spaventoso.
In lontananza si vedeva librarsi in volo, e urtare alberi e piattaforme, lanciare enormi grida spaventose, per poi tornare a volare ad alta velocità.
Ancora doveva avvicinarsi ai due, fortunatamente. Nessuno dei due sarebbe stato ottimista nell’affrontare un Pokémon del genere.
“Thomas!” urlò Alma di nuovo. Quel posto era davvero immenso. Alma ragionò sul fatto che non si trovasse più nella sua dimensione, e che le regole canoniche della fisica, della gravità, e di qualunque altra cosa muovesse regolarmente il nostro mondo, non funzionassero lì. Forse.
Si trovarono davanti ad una grossa parete verticale. Totalmente verticale, proprio mattonellata come quella sulla quale camminavano.
“E ora dove andiamo?” chiese Alma. “La strada è sbarrata”
Ryan sospirò, e fece un salto, sul muro, per provare a sfondarlo, e invece si ritrovò in piedi su di esso, senza cadere.
“Come…come hai fatto?!” chiese spaventata.
“Non ne ho assolutamente idea...provaci”
Alma sbattè velocemente le ciglia, spaventata per quella cosa insolita che si era ritrovata davanti, quindi fece un balzo, rinvenendo in piedi. Sul muro.
“E se cadessimo?”
“Non lo so Alma. Qui ho un kit del pronto soccorso” fece Ryan, indicando la borsa.
“Anch’io ce l’ho”
E poi una forte folata di vento spostò i capelli di entrambi verso destra.
“Che succede?!” si agitò lei.
“Non lo so...”
Il vento aumentava sempre di più. Non potevano rischiare in quel modo di morire. Allora Ryan prese a correre, tirando Alma per la mano, e salendo la parete\pavimento con la massima velocità possibile.
Il vento continuava ad aumentare, facendoli sbandare.
“Ryan! Che facciamo ora?!”
“Basterà andare dall’altra parte della parete, penso!”
“Come?!”
“Dall’altra parte! La parete! Di là!” faceva lui cercando di farsi capire anche a gesti.
Lei annuì, ma a un certo puntò la forza di quel vento era talmente forte da non permetterle di continuare. I piedi si staccarono lentamente da terra, e lei si sollevò.
“Ryan!”
Lui si voltò, e spalancò gli occhi, sorpreso. Istintivamente le allungò la mano, afferrandole il polso. Lei era totalmente con le gambe all’aria, in balia di una gravità che non aveva un centro d’attrazione preciso.
“Alma, tieniti forte!”
Ryan era girato di spalle, cercava di trattenere Alma dal cadere. Forse salire su quella parete non era stata una grande idea. E poi Alma, che riusciva a vedere ciò che succedeva alle spalle del ragazzo, spalancò gli occhi.
Il respiro si tagliò in tanti piccoli frammenti, e la bocca si schiuse, mentre il vento continuava a soffiarle forte sul viso e nei capelli. Portava via le lacrime dal suo volto, che scintillavano prima di disperdersi nel vuoto cosmico sotto le piattaforme.
“Ryan...” sussurrò.
“Alma! Che c’è?!”
Il suo sguardo puntava dritto dietro di lui. Qualcosa non andava. Qualcosa stava per sbucare fuori da un grosso buco nero. Grosso per davvero.
“Ryan!” all’improvviso Alma urlò, capendo che doveva salvare la situazione, anche solo avvertendo lui.
“Eh?!”
Quello si girò di scatto, e si rese conto del buco nero.
“Cazzo! Alma, porca puttana, è Giratina!”
“Cosa?!”
Un paio di occhi rossi, abbaglianti cominciavano a riempire il buio di quel vuoto scuro alle spalle di Ryan. Il ruggito di Giratina cominciava ad aumentare nelle loro orecchie e nelle loro teste.
La paura li stava rapidamente prendendo, rapendo, brandendo le sue armi per dilaniarli nel profondo. Ryan prese a correre, apparentemente in discesa, ma il forte vento li spingeva verso il lato.
Giratina con un ruggito che sembrava quasi un’esplosione fuoriuscì dal vuoto che si era creato, finendo quasi per afferrare Ryan con una zampa.
Era enorme. Un Pokémon di tipo Drago – Spettro, enorme, incazzato nero.
Alma se la sarebbe fatta addosso se non avesse avuto un minimo di autocontrollo in più. Urlò pesantemente, mentre il pianto squassava il suo volto. Ancora appesa per un braccio, Ryan la manteneva stringendola al polso, mentre correva giù da quel muro.
“Ti sta raggiungendo!” urlò Alma, ancora in lacrime.
In effetti meno di un metro divideva la testa di Giratina da quella di Ryan.
“Alma...non...non riesco più a tenermi sul muro! Il vento è troppo forte!”
E l’urlo di Ryan concluse quello che sembrava un felice tentativo di convivenza tra le suole di Ryan e la terrazza verticale.
Lui e Alma presero a volare nel vuoto, tenendosi per mano. Parevano due paracadutisti intenti a fare un’acrobazia.
Inseguiti da Giratina.
Senza paracadute.
 
Alma era in iperventilazione, e a stento capiva che stavano cadendo nel vuoto. Non sapeva se ci sarebbe stata una fine a quel volo, a quella sensazione di vuoto nello stomaco che quasi le faceva fare la pipì addosso, a quel vento che pareva le stesse strappando i capelli da testa.
“Ryan!” piangeva lei, mentre le lacrime, più leggere, lasciavano il suo volto rimanendo più in alto, e colpendo il volto di Giratina, che, per quanto veloce, non riusciva a tenere il passo dei due corpi in caduta libera, veri proiettili che si dirigevano verso quel turbine di nuvole che stava sotto di loro.
“Ryan... ”
“Alma! Che c’è?! Alza la voce, non riesco a sentirti!”
“Credo che cerchi la sfera...”
“Cosa?!”
“La sfera! Credo che cerchi la sfera!”
Lo sguardo di Ryan mutò. Aveva probabilmente ragione. “Un momento!” fece lui.
Si voltò, per guardare Giratina ruggirgli contro, cercando di raggiungerlo in ogni modo, a dividerli una decina di metri. Virò leggermente verso destra, lasciando Alma da sola.
Quella sussultò, e poi vide Giratina accelerare su di lui.
“Hai ragione Alma! Vuole la Grigiosfera! Dobbiamo separarci!” urlava il ragazzo, mentre il vento riempiva i loro padiglioni auricolari.
“Cosa?! Sei matto?!”
“No! Dovrai cercare Thomas da sola! Stai attenta!”
“Ma...ma stiamo cadendo!”
“Non preoccuparti!” fece Ryan, sorridendo, e virando di nuovo accanto a lei. Lui le prese la mano.
“Non saprei dove andare, cosa fare...niente!”
“Alma...sei una donna piena d’amore! Sarà lui a guidarti! Ora ascolta e fai quello che ti dico! Dammi la sfera di Kirlia!”
“Cosa?!”
“Kirlia! Dammi la sua sfera!”
“È nello zaino!”
Ryan sbuffò, rendendosi conto che quel salto nel vuoto sarebbe durato per l’eternità, siccome sembravano non muoversi, poi afferrò Alma per lo zaino che aveva sulle spalle, e glielo levò. Lei si voltò, e ammise a se stessa che vedere Giratina che t’insegue furioso era qualcosa di adrenalinico e spaventoso allo stesso tempo.
Cercò nello zaino la sfera, la trovò, e facendo attenzione a non perdere la presa, la diede a Ryan.
“Rinfila bene lo zaino!” urlò lui.
Quella eseguì, confusa. “Cosa vuoi fare?!”
Ryan fece comparire Kirlia tra le braccia di Alma, che la strinse. Kirlia prese a urlare, spaventata anche lei.
“T’infilo la sfera nello zaino! Usa il teletrasporto per andare sulla piattaforma, sopra, e cercare Thomas!”
“O-ok...” sussurrò lei. Non voleva separarsi da Ryan per nulla al mondo, ma avrebbe avuto più tempo per cercare senza Giratina alle calcagna.
“Vai!”
“Sì, vado...Kirlia! Teletrasporto!”
E fu così che Alma sparì letteralmente in un fascio luminoso. Ryan sospirò, sollevato, e sorrise.
“Ora a noi due, Giratina!”
Cambiò la posizione di caduta, scendendo rapido in picchiata con la testa verso il basso, per aumentare il distacco dal macabro inseguitore. Quindi mise mano alla cintura, e prese la Pokéball di Flygon.
“Andiamo!”
Quello apparve in volo, in picchiata come lui. Il tempo che Ryan si stringesse al suo collo, che quello prese a virare, cercando di confondere Giratina, cosa che lo fece imbestialire ancora di più, e che lo portò ad attaccare con ampi attacchi Palla Ombra.
 
Alma riaprì gli occhi, mentre il volto pareva funereo. Pallida lei, pallida Kirlia (più del normale), ma con i piedi su di una piattaforma.
Si guardò attorno. Davanti di nuovo quel muro.
Il vento non c’era più. Attorno solo qualche albero che appariva e scompariva.
“Kirlia...grazie”
Kirlia fece una sorta di riverenza, quindi si guardò intorno affascinata.
“È incredibile...ok. Dobbiamo cercare assolutamente Thomas...”
E presero a camminare. Lì tutto sembrava così incredibile. Rimase almeno tre minuti buoni a fissare quella cascata d’acqua che saliva. Non poteva crederci. Poi il richiamo di Kirlia la fece sussultare.
“Che succede?!” esclamò, temendo il ritorno di Giratina.
Kirlia continuò ad agitarla. Quella corse vicino a lei, e guardò. Nell’ombra di una foresta fluttuante, che proveniva verso lei, tre figure scure.
“Che...che cosa sono?”
Kirlia si fermò, guardando meglio. Usò i suoi poteri, e la foresta s’illuminò velocemente, anche se si distorse tutto attorno ad Alma. Sembrava come quella volta che aveva provato gli acidi che quella sua compagna di facoltà tanto spacciava per delizie mentali. Lo fece per provare, poi decise che non era il caso di fottersi così il cervello.
Non era niente di eccezionale.
“Quei tre...tre esseri...si muovono...sono Pokémon” ragionò Alma.
La foresta stava sovrastando la piattaforma, e mentre Kirlia continuava il suo lavoro, Alma cercava di capire. Quelli si muovevano sinuosamente, tutti e tre, attorcigliandosi tra di loro, come se fossero serpenti volanti. Ma non lo erano.
“Sono...”
Il volto di Alma si contrasse, per cercare di focalizzare meglio l’obiettivo.
“I tre guardiani!”
Gli alberi sparirono, e rimasero loro. Azelf, Uxie e Mesprit, a girare tra di loro. Kirlia si fermò, e guardò attentamente. L’espressione di Alma era sorpresa.
“Alma...” sentì lei, nella sua testa.
“Chi è?!” si agitò.
“Sono Kirlia...”
“Stai...stai comunicando con me?!”
Kirlia annuì.
Troppa confusione. Alma sentiva Kirlia nella sua testa, ed il trio allontanarsi.
“No! Aspettate! Kirlia, un momento!”
Li inseguì, andando verso di loro, che sorpresi, sciolsero la loro formazione e presero a girare attorno alla sua testa.
“Ciao...mi chiamo Alma, e mi sono persa”
“Lo sanno...” disse Kirlia, sempre inviando i propri pensieri nella testa della donna. Alma guardò sorpresa Kirlia.
“Cosa?!”
“Sono qui per aiutarci”
“Oh...vi prego...sto...sto cercando quest’uomo” Alma tirò la foto di Thomas che Ryan aveva trovato dalla tasca del giubbino. “L’avete visto?”
Azelf, Uxie e Mesprit guardarono affascinati la foto, quindi presero di nuovo a roteare velocemente, per poi partire spediti verso una destinazione ignota.
Alma guardò Kirlia, che poi la avvicinò di nuovo.
“Che aspetti?! Seguiamoli”

 

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Capitolo 5
*** Beat it ***


Beat it


Lo vedeva, di tanto in tanto, che Ryan volava incessantemente, inseguito da un Giratina indefesso. Appena lui la vedeva virava, in modo da non metterla in pericolo.
Kirlia non aveva detto più niente, era ormai quasi un’ora che Mesprit, Uxie e Azelf stavano dirigendo Alma da Thomas, ma ancora non si fermavano.
 
Arriveremo mai? Cioè mi pare che sia un po’ troppo lontano, sembrano passati anni da quando sono entrata qui. Com’è possibile?
Il mio orologio segna che sono solo un paio d’ore che siamo qui... è tutto così strano.
Se davvero Kirlia ha ragione, i tre guardiani mi stanno portando da Thomas. Riabbraccerò Thomas.
 
Ed un sorriso le apparve improvvisamente sul volto.
Voleva davvero tanto tornare ad abbracciarlo. Voleva stare con lui, baciarlo, fare l’amore con lui.
Chiedergli perché era sparito.
In lontananza il paesaggio non offriva nulla all’occhio che non cadesse nel monotono. Blu lo sfondo, terrazze galleggianti nel vuoto, che rispondevano a diverse forme fisiche, e alberi che sparivano e apparivano. Erano di più, però. E c’era un enorme, grande albero al centro.
Mesprit le girava attorno, irrequieto, senza fermarsi un momento, mentre Azelf, più coraggioso, era già partito davanti, in avanscoperta. Uxie invece sostava tranquillo a pochi centimetri sulla sua testa.
Guardava in alto, lei, cercando di vedere uno spiraglio del mondo originale, del posto da cui era venuta, ma oltre al buio e al vuoto più che totale, nulla.
Solo i suoi pensieri, che rimbalzavano di qua e di là e si scontravano contro la volontà della donna di rincontrare il suo uomo e baciarlo sulle labbra.
Sentiva quasi il suo profumo, e una melodia armoniosa, violino, si espanse nella sua testa. Ricordava Parigi. Quella volta fu davvero meravigliosa.
Ricordava i baci sul collo e dietro le spalle, e i brividi che percorsero la lunga autostrada della sua schiena. Poi la zip del vestito che scendeva, l’abito che raggiunse le caviglie, e il suo addome tonico pressato contro la sua schiena.
Lei aveva alzato il collo, ricevendo dei baci caldi e soffocanti, tanto da costringerla a respirare con la bocca, per aver caricato troppo quel momento. Le gambe fremevano, le mani cercavano la nuca dell’uomo, la trovarono, la spinsero verso le sue labbra.
Lo baciò, e lo spogliò.
E una volta fatto quel che era naturale facessero due esseri umani con il fisico di divinità greche, che si amavano, rimasero nudi, coperti da un piumino caldo e avvolgente, l’uno attaccato al corpo dell’altro.
Thomas adorava le curve di Alma, adorava carezzarle i seni, baciarle la pancia, sognando, alla fine di riempirla con qualcosa che era la diretta conseguenza dell’amore tra un uomo e una donna. E lei amava il suo petto, e le sue spalle. Le sue braccia forti.
Adorava sentirsi sua, sentirlo dentro di lei.
Le ripeteva in continuazione che la amava.
Ripeteva in continuazione che l’avrebbe fatta diventare la sua sposa. E forse ci sarebbe riuscito davvero, se non fosse partito per quello strano posto.
“Spero solo di trovarti, amore mio... spero solo di riuscire a trovarti”.
 
Flygon volava ormai da ore, giorni, settimane forse, e stava cominciando a diventare difficile scansare gli attacchi iracondi di Giratina. Non lo faceva così territoriale, Ryan.
Non appena vide Alma per la prima volta, dalla loro separazione obbligata, sussultò. Era con Uxie, Mesprit e Azelf. Il Trio dei Laghi che lui stesso si era impegnato a catturare.
Sospirò, virando verso sinistra. Era incredibile come la connessione assieme al suo Flygon fosse forte. Lui pensava una cosa, quello la apprendeva e si comportava di conseguenza. Del resto Ryan adorava i suoi Pokémon, e aveva imparato a conoscerli con il tempo. Molti di loro erano stati praticamente regalati da Lionell, quando lavorava come malavitoso nell’Omega Group, senza saperlo neanche. Feraligatr, Tyranitar, Manectric e Bisharp. Tutti potentissimi Pokémon che Lionell aveva selezionato per lui.
Poi Lionell fu smascherato, e Ryan denigrò la sua causa distruttiva, ma ormai aveva creato un legame con i suoi Pokémon, e non voleva separarsene.
Invece per Flygon e Gallade era tutto un altro paio di maniche.
Gallade era un Ralts, e Flygon un Trapinch. Erano i suoi regali di compleanno, di dieci e tredici anni. Suo padre viaggiava molto, e Hoenn era una delle sue mete fisse. Almeno una volta l’anno correva lì per fare vari studi sugli oceani, e al suo ritorno gli portava un regalo.
Si perse nei pensieri, nei ricordi felici, ed ebbe un brusco risveglio quando Giratina usò l’attacco Oscurotuffo, per scomparire, e riapparire proprio davanti a lui.
Giratina in confronto era enorme.
Flygon frenò violentemente.
“Cazzo! Attacchiamolo Flygon, Dragopulsar!”
Quello, nel vuoto del Mondo Distorto, espulse la sua energia in maniera ripetuta e massiccia ma Giratina sembrò risentirne solo in parte, perché l’attacco andò a segno. Un’ala di Flygon fu colpita, niente di grave e irreparabile, ma costrinse il Pokémon a una violenta virata, che prese Ryan alla sprovvista.
Il ragazzo quindi si sbilanciò e prese a cadere pesantemente nel vuoto.
E Ryan aveva la Grigiosfera, quindi Giratina si fiondò su di lui.
“Porca puttana!”
Ryan vedeva l’enorme Pokémon Drago scendere in picchiata su di lui, con le fauci spalancate, gli occhi rossi e quegli strani fendenti che vibravano e si spostavano al cambiare dei suoi movimenti.
Lo stava raggiungendo. E lui stava cadendo nel vuoto, intanto, e non sarebbe riuscito a fermare la caduta in nessun altro modo.
E poi un raggio luminoso colpì Giratina, dritto sulla schiena. Cosa che lo fece dapprima rallentare, quindi girare. Ryan continuava a cadere nel vuoto, e tutto ciò che guardava, diventava più piccolo, ma fu in grado di vedere un missile catapultarsi verso di lui.
Era Flygon.
A Ryan scappò un sorriso. Di sua iniziativa, il Pokémon del giovane aveva utilizzato Dragobolide, e anche se non era in grado di mettere fuori combattimento immediatamente il suo avversario, quello ne aveva risentito, anche se un po’, e si era fermato. Flygon aveva poi cominciato una rapida picchiata per recuperare Ryan in caduta libera.
A un certo punto i due cadevano insieme, faccia a faccia. Ryan sorrideva, mentre il vento e la strana posizione della caduta imprimevano ai suoi capelli una strana pettinatura.
Ryan strinse Flygon al collo, permettendogli di voltarsi, e si ritrovò sulla sua schiena.
“Grazie, amico... ” sussurrò.
 
Alma era ormai arrivata nella grande foresta evanescente. Una volta entrata in quell’ammasso di alberi si fermò. Parevano fossero ologrammi, immagini proiettate da lontano. Appena si avvicinavano alla donna, gli alberi sparivano.
Alcuni. Altri finivano per farla sbattere o cadere. E quando passava tra quegli alberi, si sentiva strana. Una sensazione particolare di freddo la coglieva, come se qualcosa la stesse attraversando.
Un brivido, ecco.
La donna si sistemò gli occhiali sulla punta del naso e nascose una ciocca indisponente dietro l’orecchio. Mesprit si fermò, e chiamò a raccolta i suoi fratelli.
Avevano sentito qualcosa.
Improvvisamente i tre si posero attorno ad Alma, facendola diventare l’incentro di quello strano triangolo. Sentiva una strana forza repellere tutto ciò che avevano attorno. Quindi vide le sue mani diventare lentamente più pallide. Fino a sparire del tutto.
Cercava di urlare, spaventata, anzi terrorizzata da quell’avvenimento, ma pareva che la sua voce fosse presente solo nel pensiero. Poi un’enorme esplosione, proprio una decina di metri sopra le loro teste.
Il rumore era immane, e le piattaforme galleggianti sobbalzarono. Gli alberi sparirono quasi completamente per un istante, per poi riapparire subito dopo.
“Ma che...” Alma stringeva la Pokéball di Kirlia.
“Calmati...” sentiva quella voce di bambina sussurrarle dolci rassicurazioni.
“Che succede?”
“I guardiani ti stanno proteggendo, Alma. Niente di più”
“Oh...”
“Tra un po’ sarà tutto finito”
E detto, fatto. Alma cominciò a veder riapparire la punta del suo naso, il labbro superiore, ed anche quel ciuffo indisponente.
Poi, come in preda dal panico, si piegò su se stessa, prendendo ampie boccate d’aria. Sembrava fosse rimasta in apnea per dieci minuti.
Azelf la guardò. Il solo sguardo bastò a farle capire che tutto andava bene. Lo sguardo di Azelf le aveva conferito la fiducia.
Accovacciata come si era messa, si alzò. Il grande albero era meno di cento metri davanti a lei, ma non si interessò alla meta che stava raggiungendo, neanche era sicura se fosse proprio il grande albero, la sua meta. Camminava soltanto, guardando meravigliata i riflessi blu e azzurri che riempivano quel posto.
Per un attimo sperò che Ryan stesse bene. Si sarebbe sentita immensamente in colpa se gli fosse successo qualcosa, siccome l’aveva trascinato lei in quell’avventura folle e suicida.
Ma poi si accorse che qualcosa non quadrava.
I suoi passi rimbombavano, come se fosse dentro una grotta.
Boom.
Boom.
Boom.
I suoi passi sembravano sordi tonfi di campana. Si guardò attorno però, e non riuscì a cogliere nulla che fosse lontanamente paragonabile a una grotta. Anzi. La foresta continuava a passeggiargli accanto e attraverso.
Sospirò lei, rendendosi conto di trovarsi in un posto in cui le normali leggi della fisica non combaciavano tra di loro.
“Probabilmente anche le sensazioni sono falsate. Dato che non riusciamo a percepire per bene ciò che ci sta attorno, non siamo in grado di capire appieno quello che ci succede”
Uxie condì il pensiero ad alta voce con uno sbadiglio. Dei tre Pokémon era il più mogio.
Mesprit invece sembrava sprizzare vitalità da tutti i pori. Roteava su se stesso, andava avanti, poi tornava indietro. Era curioso, analizzava la situazione. Si era fermato a fissare gli occhi pregiati di Alma per almeno due minuti, per coglierne i riflessi della debole luce, affascinato dal fatto che la pupilla si dilati o no in dipendenza dall’apertura dell’occhio e dalla quantità di luminosità presente.
Azelf invece era un cavaliere senza paura, faceva da avanguardia con tranquillità, apriva la strada, si guardava attorno e cercava di far sì che nulla accadesse ai suoi compagni di viaggio.
Nonostante fossero molto piccoli, fisicamente parlando, i tre avevano insita un’enorme potenza, che valorizzava la loro nomea di guardiani.
Se fossero stati potenti dragoni, o enormi giganti forse nessuno avrebbe osato avvicinarli. E invece già due volte fallirono nel loro intento di mantenere la pace nel mondo, catturati da essere umani senza scrupoli, solo per arrivare a Dialga e Palkia.
E Giratina naturalmente.
Alma lo vedeva in lontananza mentre altre enormi esplosioni si manifestavano. Tuttavia non aveva ancora capito, almeno non prima di essere stata temporaneamente smaterializzata, che quelle non fossero dovute a Giratina. Le credeva normali conseguenze di una battaglia tra Pokémon potenti.
Insomma, le esplosioni, bang boom bam quelle cose lì.
Il rumore dei passi di Alma lentamente andò scemando, finchè un’altra cascata si trovò davanti al loro sguardo. Pochi metri oltre c’era l’enorme albero, perno centrale della foresta evanescente.
“E ora? Perché mi avete portato qui?” chiese Alma, con la punta del naso a guardare quel grandioso esempio di forza della natura.
I tre guardiani allora presero a levitare lentamente, a sollevarsi sempre di più dalle loro posizioni, come se indicassero ad Alma di salire su.
“Salire? Ma dove? Aspettatemi! Dove state andando?!”
Alma corse velocemente fin davanti al tronco. Si guardò bene attorno, non vide alcuna traccia di una corda, liana o altro che le consentisse di salire.
Ancora un’altra esplosione la fece voltare velocemente, e quando tornò a guardare i tre guardiani, essi erano solo tre piccoli puntini vicino l’apice della statuaria protagonista di quella foresta.
“Kirlia...” la chiamò. Quella inclinò la testa.
“Cosa c’è?” chiese.
“Che cosa devo fare? Perché mi hanno portato qui?”
“Perché probabilmente è qui che devi andare”
“Ma io non sono in grado di volare come loro. Non possiamo teletrasportarci lassù?”
“Mi spiace, Alma... non conosco il posto di materializzazione, quindi no... dovremo trovare un modo alternativo”
Alma toccò l’albero con la punta delle dita. Era vero, non evanescente.
Probabilmente era alto almeno una ventina di metri. Aveva, più in alto, delle strane venature a spirale, che gli conferivano un aspetto particolarmente elegante. E poi non era al contrario. La chioma folta era verso l’alto, e non verso il basso, come tutti gli alberi che aveva visto fino a quel momento.
“Come saliamo?”
Kirlia fece spallucce, e Alma la fece rientrare nella sfera. E poi prese a girarvi attorno. Ci volle qualche secondo, ma si rese conto che accanto all’albero, nella posizione opposta a dove era prima, c’era una scala, intagliata dentro la corteccia nera di quello.
“Scale...”
La curiosità era forte, ma la voglia di abbracciare Thomas batteva tutto. Prese a salire le scale lentamente, guardando la corteccia dell’albero, rigata dal tempo. Quella pianta maestosa pareva non finire mai, e Alma metteva uno scalino tra lei e il suolo con regolarità, finchè non perse il ritmo per la troppa stanchezza.
Affannava.
“Dove sono quei tre diavoli?” chiese, con un filo di voce. Poi qualcosa attirò la sua attenzione. La corteccia era segnata, in quel punto.
Concentrò meglio lo sguardo sull’albero e vide che c’era inciso qualcosa sul legno.
Lesse.
                  ----
Che Arceus vi abbia in gloria. I vostri corpi sono dispersi ma le vostre anime saranno sempre con me.
Addio Lena, addio Dottor Sullivan.
      
   †   †

 
Alma riconosceva la scrittura di Thomas. Qualcosa la fece sospirare. Insomma, era stato lui a scrivere lì, riconosceva quella strana a, fatta in modo particolare, e le croci, disegnate pendenti. Era stato lui a scrivere. Inoltre tra i nomi non figurava il suo.
Thomas era sopravvissuto ai due esploratori. Thomas era vivo.
La felicità era troppa, si stava avvicinando alla conclusione di quella terribile e autolesionistica vicenda, quando un sibilo riempì le sue orecchie.
Alma spalancò gli occhi.
“Fammi uscire...” disse Kirlia. Le parole del Pokémon rimbombarono sulle pareti del cranio di Alma, quasi fosse vuoto ma pieno di eco.
Lei eseguì. Quel sibilo la tormentava.
“Che cosa c’è?! C’è qualche Pokémon selvatico?!”
“Fammi uscire” ripetè Kirlia. E quella eseguì.
Il Pokémon di Alma si guardò intorno, per un momento il suo sguardo si illuminò.
“Preveggenza...”
Stava per accadere qualcosa. Ralts, ab illo tempore, era un Pokémon pacato, tranquillo. Vivendo in città non c’erano grossi disagi da gestire, e Alma non aveva quasi mai avuto bisogno di lei.
Fissava lo sguardo bluastro del Pokémon, cercando di capire cosa ci fosse che non andasse per il verso giusto. Il sibilo intanto aumentava.
“Alma! Attenta! Stai giù!”
Alma spalancò gli occhi ed eseguì. Si abbassò tanto velocemente, e stringendo gli occhi così forte, che non si accorse di aver scampato un attacco Foglielama molto potente.
Quella riaprì gli occhi, vedendo le foglie che andavano a infrangersi sul pavimento, oltre le scale.
“Ma che...?”
“È un Serperior... e sembra stare qui a protezione di qualcosa”
“E quindi?”
“Quindi dobbiamo sconfiggerlo, o non ci farà passare”
Per un attimo Alma fu totalmente in balia della paura.
 
E poi? E se... e se dopo questa lotta restassimo ferite entrambe in maniera grave...e trovassimo la forza di salire, ma poi non c’è nessuno? Non ho molti strumenti con me, e il kit di pronto soccorso l’ha Ryan, perché non era prevista questa divisione. Se lui fosse stato qui, adesso sarebbe stato più semplice, se la sarebbe vista lui. Ma ora mi ritrovo a dover affrontare un Pokémon molto potente, con il mio Kirlia. La mia amica. No... no. Forse è meglio tornare indietro, magari aiuteremo Ryan con Giratina, e andremo via da questo posto inquietante.
Non posso essere così irrazionale...
 
...e codarda
 
Non è codardia! È autoconservazione! Non voglio uccidermi o farmi male.
 
Poi ringhiò a se stessa. Non era possibile, si disse. Non poteva aver pensato una cosa del genere. Lei voleva Thomas, a tutti i costi. Anche se fosse salita sopra, e avesse trovato un suo maglioncino, con ancora una traccia del suo odore, lei sarebbe stata felice. Doveva affrontare Serperior.
Doveva combattere contro quel Pokémon, la cui ombra si stava avvicinando.
“Alma... non essere spaventata. Ce la faremo. E poi hai anche Pancham e Roselia. Devi credere in loro”
Quella annuì. Non poteva fare così. Lei doveva avere fiducia dei suoi Pokémon.
“Ok... stai pronta”
“Bene” sorrise Kirlia.
Aveva studiato storia per tutta la vita, Alma, e lottare per lei significava andare oltre le sue competenze. Ma doveva sfruttare le peculiarità di Kirlia per vincere.
Serperior apparve davanti a loro.
Era altissimo. Cacciava la lingua fuori, come di norma fanno i rettili, per sentire gli odori. Gli occhi rossi parevano puntati su Kirlia, quasi fosse una preda affamata. Alma apprezzò la sua bellezza, compostezza ed eleganza.
Ma sapeva che il Pokémon fosse molto più veloce di Kirlia, quindi la prima cosa da fare era utilizzare Distortozona.
“Kirlia, usa Distortozona!”
Tuttavia, Serperior era più veloce, e l’attacco Schianto andò a buon fine. Kirlia, inciampò, riportando alcuni danni. Si rialzò, e utilizzò la mossa.
 
Ma questo non fu un bene. Almeno non per tutti.
 
Le leggi di quel posto strano, implicarono una particolare modifica a tutta la zona.
E quindi, Ryan, che aveva vari metri di vantaggio sul suo avversario, lo vide avvicinarsi ad alta velocità.
“Porca puttana, Flygon!”

 

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Capitolo 6
*** Heavy thoughts in my head ***


Heavy thoughts in my head


In un attimo è possibile vedere un veloce filmino con tutte le scene più importanti della propria vita.
Ryan vedeva alcune scene da bambino, quando giocava con sua sorella Rachel, l’allenamento con Ralts e Trapinch, diventati poi un Gallade ed un Flygon, il primo bacio, la prima volta, il diploma, il primo colloquio di lavoro, il terremoto, Rachel che scappò di casa, l’ingresso nell’Omega Group, e ancora, le lotte contro Zackary Recket. O quella volta che vide Arceus con i suoi occhi. Quando incontrò Marianne, quando la baciò, il volto di Alma.
E poi davanti si rese conto che Giratina, infuriato e con le fauci spalancate, con quegli occhi rossi che sembravano divorarlo, si avvicinava a velocità tripla. E Flygon non sembrava più così veloce.
Qualcosa era cambiato.
Cosa aveva reso così veloce Giratina?
Una cosa era sicura: doveva cambiare strategia. Non poteva più fuggire a vuoto, sperando che Giratina si stancasse, finchè aveva la Grigiosfera con sé quello non gli avrebbe dato pace.
E adesso sembrava anche più forte.
“Cosa cazzo hai combinato?!” urlò al Pokémon spettro - drago, mentre quello affondava un attacco Azione. Flygon lo schivò a destra, volando dalla parte opposta. L’attacco affondò nel vuoto, ma quello frenò e tornò alla carica.
“Dobbiamo sparire!”
Quindi capì che aveva bisogno di un surplus di azione.
Controllò la cintura, tutte le sue Pokéball erano lì. Anche Gallade.
Non fu il primo in quel contesto, ma decise che doveva teletrasportarsi via.
Almeno prima che Giratina lo raggiungesse inghiottendolo.
“Gallade!” lo chiamò Ryan.
Quello apparve proprio alle sue spalle, sul dorso di Flygon.
“Dobbiamo tornare vicino alla cascata!”
Circa 20 chilometri più sopra. Giratina ci avrebbe messo qualche minuto prima di raggiungerlo.
La questione era che per fare una cosa del genere, ci voleva del tempo. Gallade doveva concentrarsi sul luogo di comparizione, cercare di non farsi ammazzare perdendo l’equilibrio, non farsi distrarre da Giratina e visualizzare il tutto nella sua mente.
“Veloce!”
Gallade gli avrebbe risposto un “vaffanculo, sto facendo del mio meglio!”, ma non era il caso in quel momento. Giratina aprì le fauci, avvicinandosi all’obiettivo.
Ryan si sentiva spacciato. Tutto in quella situazione urlava SIAMO FOTTUTI,  e mentre Flygon correva come un grassone appesantito in salita, Giratina si apprestava ad ingoiare l’allegra combriccola.
Chissà come si stava all’interno di uno stomaco del genere, si chiese Ryan.
Sentiva la presenza dell’enorme drago alle sue spalle, l’ombra delle sue fauci laterali che lo circondavano, ed il buio che lentamente si espandeva. L’odore era pesantissimo, indescrivibile, ed un piccolo appiglio di luce si rimpiccioliva sempre di più.
Fino a che tutto si illuminò.
Lui chiuse gli occhi, probabilmente era morto.
 
E invece era proprio sotto la cascata ascendente. Salvo, e con qualche minuto per decidere la strategia da adottare.
 
Serperior ora era più lento.
“Kirlia! Vai con Psichico!”
Le punte dei suoi piedi si alzarono da terra lentamente, quasi controvoglia, spinte da un’energia superiore. Pareva che un filo nero li tenesse ancorati lì, finchè non fu tangibile il distacco dal suolo. Kirlia fluttuava, con le braccia larghe. Controluce pareva una bambina crocifissa.
Con dei fiocchi in testa. Una strana aura azzurra la copriva. Anche i suoi occhi risplendevano di quel colore. E poi d’improvviso il suo corpo si illuminò. Ma gli occhi rimasero azzurri. Cambiò forma.
La sua figura divenne lunga ed affusolata, la sua testa cambiò, diventando meno irregolare.
E poi Alma sobbalzò quando vide urlare Serperior. Levò gli occhiali, detergendosi il sudore della fronte con il polso, poi ripose le lenti sul naso. Respirava a bocca aperta, necessitava di troppa aria, ed il suo naso non sarebbe mai riuscito a soddisfare i suoi bisogni.
L’attacco psichico diventava più forte mano a mano che la luce che copriva Kirlia svaniva, e mostrava al Mondo Distorto un fantastico esemplare di Gardevoir.
Serperior strideva, e Gardevoir atterrò. Vide il Pokémon serpente accasciarsi per terra, stremato.
Esanime.
Alma lo guardava, timorosa del fatto che se si fosse avvicinato a lui, per scavalcarlo, quello si sarebbe svegliato di colpo e l’avrebbe uccisa, mordendola o stritolandola.
Ma niente successe.
Lei era a testa bassa, e Gardevoir la raggiunse. Era alta circa quanto lei. Mise una mano sulla spalla della donna, sorridendo, gli occhi pieni di gioia.
Ralts era diventato in breve tempo un Gardevoir. Un Pokémon potentissimo.
Restava tuttavia da capire una cosa solamente.
“Cosa diamine ci fa un Serperior qui?”
 
Ma a nulla valse lo sforzo mentale di Alma di comprendere, cosa che la spinse fin dalla giovane età a perseguire la carriera da professoressa, in quanto Gardevoir riprese a salire i gradini del grande albero.
Ed Alma, sola con quel Serperior, proprio non ci voleva stare.
I passi diventavano sempre più pesanti, si accumulavano mano a mano come carte di cioccolatini davanti ad un goloso e sempre più presto era costretta a fermarsi e a riprender fiato.
Ad un tratto alzò la testa, fissando la cima dell’albero. La bocca si spalancò automaticamente, non lo fece per nulla apposta, e fu in grado di attestare che la cima era lontanissima, e che Uxie, Mesprit ed Azelf, saliti su in precedenza, non si vedevano.
“Uff...”
E ancora, passo dopo passo, scalino dopo scalino, Alma, seguita da Gardevoir, che silenziosa si muoveva con la leggerezza di una foglia secca in caduta libera, pensava a Thomas.
“So tutto... So già tutto... So che è lì sopra...”
 
E non era vero. Lei non lo sapeva.
 
Ma sperare non costava nulla.
 
Anche perché quando, dopo almeno venti minuti che saliva scale ininterrottamente, si accorse che Gardevoir fosse turbata da qualcosa, una speranza davvero nacque in lei.
Si fermò un attimino, pensando che potesse essere qualche altro Pokémon selvatico che abitava l’albero, un altro Serperior. Lei odiava i serpenti.
Lasciò allora che Gardevoir andasse avanti.
Quell’enorme scala a chiocciola si snodava sulla corteccia di quell’albero e, dopo qualche scalino, ci fu la sorpresa.
Il tronco, ad un certo punto, era cavo.
Alma spalancò gli occhi, e vide Gardevoir fermarsi proprio davanti al buco nella corteccia.
Un leggero brusio fuoriusciva da lì dentro.
Ed Alma, mulatta com’era, sbiancò.
“È...è davvero...?” Cercava in Gardevoir l’appoggio necessario.
“Che aspetti? Entra” Alma annuì, e prese un gran respiro.
Quindi varcò la soglia di quell’antro nel legno.
Ryan aveva capito che le cose stavano cominciando a tornare per il verso giusto. Forse era il riposo concesso a Flygon in quei minuti, ma adesso sembrava più reattivo.
E di Giratina ancora nessuna traccia.
“Bah...sta di fatto che dobbiamo assolutamente finire questa storia...dobbiamo batterlo” fece lui.
Flygon avrebbe chiaramente evitato. La potenza del suo avversario era davvero enorme. Bastava pensare a quelle accelerazioni e quegli attacchi in cui spuntava dal vuoto.
Ryan ascoltò il silenziò, disturbato solo dal fruscio della cascata ascendente.
Poi un’esplosione.
Non sapeva da cosa derivasse, ma non era la prima volta che ascoltava quelle deflagrazioni.
Si vestì da stratega per un momento, e capì che per utilizzare appieno la forza dei suoi Pokémon doveva stare sulla terraferma. Già, perché solo Flygon era in grado di volare. Gallade poteva fluttuare per aria, ma non sapeva per quanto, mentre Bisharp, Feraligatr, Manectric e Tyranitar stavano con i piedi per terra.
Letteralmente.
Doveva aspettarlo lì. Anzi no. Lo spazio era troppo. Doveva metterlo in difficoltà.
Ryan si guardò attorno, cercando un posto in cui strategicamente avrebbe potuto avere dei vantaggi contro Giratina.
Poi l’intuizione.
“Lì...lì c’è una foresta...”
 
Alma guardava la schiena di Gardevoir. Lei si fermò non appena entrarono in quell’enorme cavità nell’albero.
Poi il Pokémon si girò, con lo sguardo di chi aveva visto qualcosa.
Alma schiuse la bocca. Non poteva respirare solo col naso, non riusciva a farlo in quel modo in quei momenti.
Aveva capito. Richiuse le labbra, mentre le lacrime bagnarono il suo volto, come se qualcuno avesse aperto un rubinetto.
Thomas. Era lì, che dormiva, tutto rannicchiato, su di un cumulo di foglie.
Era lui. Identico.
Alma piangeva in silenzio, ma avrebbe voluto urlare. Urlare di gioia, esultare alla grande, ringraziare Arceus per quella cosa.
Ora non sarebbe importato nulla se fosse riuscita a tornare indietro. Le andava bene rimanere anche in quell’albero, se poteva stare con Thomas.
Quel posto era decisamente piccolo. Non c’era molto spazio per quasi nulla. Thomas si era sistemato su di un giaciglio, posto sulla destra. Le sue cose erano gettate alla rinfusa sulla sinistra. Un tavolo, fatto con il legno di quell’albero, sembrava incastrato nelle pareti. Non aveva attrezzi con lui, non avrebbe potuto creare né piedi per quel tavolo, né aveva viti per fissarlo, e quindi si creò un lato appuntito da infilare con forza nella parete.
Niente più.
Quel genere d’insenatura si crea naturalmente negli alberi ed essendo un albero così maestoso, lui decise di abitarvi.
Alma si avvicinò al tavolo, e vide una montagna di fogli, appunti e cose così. Erano gli studi del Dr. Sullivan. Inoltre vide anche una sorta di diario.
Lo lesse.
 
24.01.2009
La spedizione è partita. Abbiamo incontrato parecchie difficoltà lungo l'inizio di questa avventura particolarissima. La scalata verso la Vetta Lancia, notoriamente un posto impervio da raggiungere, ha portato via parecchie energie, ma fortunatamente abbiamo raggiunto una piccola baita. Per stanotte ci accamperemo qui, e domani, alle prime luci dell'alba, ci appresteremo a completare la prima parte della missione. Thomas, il mio assistente, non sembra aver nessun problema, mentre Lyn, la studentessa che si è offerta di accompagnarci, pare accusare le temperature rigide. Ad ogni modo è tardi, ed è meglio andare a dormire.

25.01.2009
Siamo arrivati sulla cima della Vetta Lancia, ma nulla ci fa intendere che ci sia un ingresso verso il Mondo Distorto. Lyn ha ipotizzato che l'esistenza di esso, tramandata per secoli, sia semplicemente frutto della fantasia popolare. Invece Thomas crede che ci debba essere un pretesto per aprire la porta interdimensionale tra quel mondo ed il nostro. Ad ogni modo, rimasti per quasi sette ore, in cerca di indizi o altro, siamo stati costretti a tornarcene sui nostri passi.

27.01.2009
Stavamo per tornarcene a casa, quando abbiamo incontrato una vecchia donna. Vedendoci con le nostre ricerche in mano, ed incuriosita da una discussione tra Thomas e Lyn, si è avvicinata, chiedendo educatamente spiegazioni. Le ho spiegato personalmente che la nostra missione è indagare sul Mondo Distorto, e che arrivati sulla Vetta Lancia ce ne siamo tornati indietro con ciottoli e pugni di mosche. Allora quella, molto più vecchia e saggia di me, ci ha dato una dritta fantastica. Ci ha spiegato che tra Rupepoli e la strada che porta ad Arenipoli c'è un sentiero nascosto, molto difficile da trovare. Il Sentiero Fonte, così lo ha chiamato, è sulla sinistra. Beh...adesso andiamo a dormire. Domani ci metteremo in viaggio per Rupepoli.

30.01.2009
Siamo arrivati in tarda serata a Rupepoli, stasera alloggeremo in un ostello senza pretese lungo la fascia est della città. Da qui si vedono tanti crateri creati dalla collisione di meteoriti.

Lyn sembra essere attratta da Thomas. Lui è certamente un bel ragazzo, ma è fidanzato con una donna altrettanto bella. Non vorrei che questa spedizione sia il pretesto per lui di fare qualcosa di cui si pentirebbe.

 
Alma aggrottò la fronte. Qualcosa non andava con quelle descrizioni. Cioè...Lyn, e Thomas? Perché il professore si era segnato quelle cose?
Leccò la punta dell’indice e girò pagina.
 
 
31.01.2009
Ci siamo messi in cammino di buon mattino. Lyn continua a fare sguardi ammiccanti e a lanciare occhiatine fugaci a Thomas, che d'altronde sembra sorridere e scherzare. Sembra forzato, non naturale. Si sente a disagio.

 
Alma sospirò, ed un lieve tremore la colse. Stava per crollare, immaginandosi quei due insieme.
 
Abbiamo trovato finalmente il Sentiero Fonte. In effetti è una stradina del tutto inesistente tra i cespugli che costeggiano il sentiero principale.
 
Ci è voluto un po' di tempo, ma dopo aver guadato la Fonte Saluto, siamo riusciti ad arrivare alla Grotta Ritorno. Ci apprestiamo ad addentrarci.
 
01.02.2009  È ufficialmente il primo Febbraio. Dico così perchè stiamo girando a vuoto da così tanto tempo che ho dovuto guardare l'orologio per rendermi conto che sono passate le 02:00 AM. Non è semplice cercare il portale per il Mondo Distorto se non sai nemmeno cosa cercare. La vecchia non ci ha dato ulteriori informazioni, e purtroppo siamo costretti a fare così, ad andare a tentoni.
 
Il freddo qui dentro è incredibile. I ragazzi si sono addormentati stretti l'uno all'altra, per cercare di non disperdere il calore rimasto.
 
Dopo esserci svegliati ci siamo messi in marcia di nuovo. Lyn e Thomas sembrano essere molto più intimi. È un bene creare delle sinergie del genere durante una spedizione, ma penso ad Alma...
 
Non era un bene per niente. Si girò e lo guardò, pensando che il suo uomo fosse stato nella stessa posizione in cui giaceva in quel momento con un’altra donna. La cosa la fece rabbrividire. Tuttavia leggeva interessata anche la storia di Sean Sullivan, cercando di ricostruire l’accaduto che portò Thomas a rimanere lì per cinque anni.
 
Gli ho parlato di Alma, mi ha detto che è rimasto sorpreso dalle mie parole e che non può credere che io abbia pensato che avrebbe potuto tradirla con Lyn. Lui si dimostra molto innamorato di Alma, ma quei gesti di affetto verso la studentessa mi lasciano altro da pensare...bah.
 
“Oh...forse mi sbagliavo” mormorò. Sospirò, guardandolo, osservando il torace ampio e delimitato dalla stretta camicia che si riempiva d’aria in base ai suoi respiri. I suoi occhi furono riportati velocemente sul diario.
 
Qui è tutto uguale. Ci sono milioni di stanze contigue. Ogni stanza ha delle colonne, qualcuna in più, qualcuna di meno. C'è qualcosa di strano qui, in quanto ogni volta che torno sui miei passi mi sembra di essere di nuovo al punto di partenza. Non demordiamo però...
Alla base delle colonne ci sono delle iscrizioni. Ho scattato delle fotografie con la mia Polaroid per cercare se tra i tomi della biblioteca dell'università esiste qualche testo che tratta di questi caratteri.

 
La giornata è passata di nuovo. Lyn e Thomas dormono ancora come ieri, abbracciati, mentre noi siamo ancora al punto di inizio. Sono demoralizzato. Vorrei riuscire a svelare questo grande mistero.
 
02.02.2009
Ci siamo svegliati e messi in cammino.


Thomas ha avuto l'intuizione di muoversi a raggiera, ovvero, andare prima nella stanza a nord, poi a ovest, poi a est e poi a sud, senza mai rientrare nella stanza di provenienza, per non ricominciare daccapo. Qualcosa di magico succede qui, come se il tempo e lo spazio fossero d'accordo per farci tornare indietro.
 
Siamo arrivati finalmente alla stanza centrale! Thomas apre la fila come sempre, e Lyn la chiude. Anche se è difficile tenere lontani quei due, sembra ci sia molta empatia tra i due. Sono una bella coppia. Lui spesso parla di Alma a lei, e lei cambia argomento...
Sto divagando. Ci apprestiamo ad entrare nel mondo distorto. Il portale per quel mondo è una chiazza nera e blu, come una pozzanghera inquinata da petrolio. Non è più grande di un metro quadrato. Thomas si offre di entrare per primo.
Ci infila la testa.
La leva.
È vivo ancora. Fortunatamente non ha nessuna menomazione. Ci ha spiegato che l'atmosfera lì era strana. Poi decide di volerci entrare, dicendo che l'uscita per il nostro Mondo è facilmente accessibile
.
 
“Chiaramente quella stronza era innamorata di lui...per questo cambiava argomento. Amore mio, non vedo l’ora che ti svegli...”
 
Thomas è entrato. Si appresta ad entrare Lyn.
 
“Poteva inciampare, no, eh?”
 
Lyn è entrata. Ora tocca a me. Se non ce la dovessi fare voglio che mio figlio Brad riceva il mio orologio.
 
Lo sguardo di Alma si posizionò automaticamente sul polso di Thomas. Ricordava perfettamente il giorno in cui andò via, ed aveva ancora gli stessi vestiti addosso. Ma quell’orologio, quello Swatch, no, quello non era suo. Era probabile che il dottor Sullivan ne avesse parlato a Thomas e lui avesse sfilato dal polso l’orologio per portarlo a suo figlio una volta fuori da qui.
 
È davvero incredibile quello che vedo qui. Una cosa assurda, straordinaria. Niente sembra andare come dovrebbe andare davvero. Pare che le leggi della fisica, e le nozioni del tempo e dello spazio non valgano, qui. Le cose si muovono fluttuando nell'aria. La gravità non è la stessa negli stessi punti, e c'è una cascata che sale. Tutto attorno a noi è blu, con chiazze chiare e chiazze scure. Si cammina su strane piattaforme terrazzate, e talvolta si può salire e cominciare a camminare anche sui muri. È davvero paradossale quello che accade qui.

“Ti capisco perfettamente...”
 
Ho visto degli alberi al contrario muoversi in direzione nostra.
 
Gli alberi sono fantasmi. Non sono tangibili.
 
Non tutti sono alberi fantasma. Uno ha gettato Lyn per terra.
 
Un'esplosione enorme è avvenuta a pochi metri da noi. Noi stiamo bene, ci fischiano solo un po' le orecchie. Mi sento inquieto. Sembra che questo enorme posto sia totalmente vuoto. Il suo ruolo però non mi è chiaro. La vecchia che abbiamo incontrato ci ha detto di stare in guardia.
Da cosa?

 
09.02.2009
Vaghiamo da una settimana ininterrottamente per questo posto immenso. Di tanto in tanto sentiamo ancora delle esplosioni, ma ormai non ci facciamo più caso. Non riusciamo a non rimanere con la bocca aperta davanti a questi incredibili fenomeni. In lontananza si vede una foresta. C'è un grande albero al centro, la nostra meta è quella. Puntiamo a scoprire se esistono forme di vita in questo mondo. Magari qualche Pokémon.

 
15.02.2009
Thomas e Lyn hanno avuto un'intuizione. Questo mondo deve essere la terza dimensione. Sì, perchè il tempo e lo spazio non esistono qui, e quindi deve essere la compensazione di essi. La sottile linea dello spazio tempo deve essere sempre in costante equilibrio, ed è per questo che avvengono le esplosioni, per bilanciare l'energia che lo spazio ed il tempo in eccesso creano durante il loro percorso. Questo mondo è il caos, dove il tempo e lo spazio non hanno alcuna influenza. Al contrario del nostro mondo, in cui tempo e spazio sono fondamentali. Possiamo dire, per assurdo, che Arceus, per creare il nostro mondo, ha dovuto creare due mondi, in cui il tempo e lo spazio si sviluppano. E poi, per non permettere ai due di prevalere tra di loro, ha creato questo mondo. Una sorta di discarica spaziotemporale, in cui tutto lo sgravio in eccesso di tempo e spazio finisce.
Quindi il mondo distorto mantiene l'equilibrio anche nel nostro mondo.

 
22.02.2009
Mi è venuto da pensare. È a tutti ben nota l'esistenza dei due draghi di Sinnoh, Palkia, padrone dello spazio, e Dialga, signore del tempo. Ma esiste un Pokémon generatore del caos?
La spedizione va avanti, ma ancora nessuna forma di vita si è manifestata. Stiamo mangiando e finendo le provviste, anche se sia io che i due giovani non abbiamo mai accusato né la fame né la sete, nutrendoci per scrupolo più che per necessità.

 
03.03.2009
Qui da parecchio tempo, stiamo cercando di trovare la via che porti all'ingresso temporale, dato che la Polaroid ha adempito ampiamente al suo dovere. Lyn ha steso una mappa del Mondo Distorto, almeno quello scoperto, ed ha detto che se salissimo sull'albero centrale nella foresta avrebbe un'ottima visuale di tutto. Magari esistono città e civiltà, e noi siamo stati solo nella parte "selvaggia" di questa dimensione. Credo abbia ragione, ma Thomas sembra sempre più inquieto. Parla di Alma in continuazione, ma non riesce a trovar pace. Lyn ha praticamente cercato di esporsi a lui, ed in piena notte lo ha avvicinato nuda, cercando di sedurlo. Thomas però  l'ha allontanata, e da allora lui non le rivolge il minimo sguardo.

 
"Ti amo amore mio..." sorrise Alma. Lo guardò, mentre dormiva, quasi esanime. Se il suo torace non si fosse mosso non avrebbe capito che respirasse. Pareva morto davvero, stanco. Scaricato. Ma ciò che davvero era strano, era il fatto che i tre stessero continuando a vagare lì in quel posto senza mai vedere Giratina. Capì che la conoscenza di questo Pokémon non fu mai universalmente riconosciuta. Difatti, uno stimato professore di una delle più importati ed antiche città della nazione, non conosceva l'esistenza di un Pokémon leggendario come Giratina. Presa dai pochi altri trafiletti, riportò lo sguardo sul diario, sperando che finissero in fretta. Voleva correre a stringere Thomas.
 
07.03.2009
Non mi sbagliavo. L'altro giorno ipotizzai l'esistenza di un drago del caos. Ebbene, esiste. A meno di un chilometro da noi, è volato a velocità sostenuta un enorme drago. Era grigio, con in testa una corona dorata. Aveva le zampe appuntite, tre per la precisione, su ogni lato del suo corpo serpentiforme. E dietro la schiena delle strane appendici, e spunzoni alla fine di questi. Queste ultime sembrano muoversi involontariamente, con moti sinuosi, come se fossero presi dalle correnti del mare.
Non ci ha visto, fortunatamente, perchè è davvero enorme.
Non saprei se Thomas riuscisse con il solo Serperior che ci siamo portati dietro a fronteggiare un avversario così grande e forte.

 
08.03.2009
Ci siamo impuntati con l'osservazione di Giratina, così è stato chiamato. Abbiamo trovato una tavola proveniente da chissà dove, che lo definisce come molto aggressivo, e lo descrive per bene. Lì c’è scritto che si chiama Giratina. È davvero impressionante. I suoi movimenti, così eleganti, mi affascinano.

 
Proviamo ad avvicinarci a lui per una migliore osservazione.
Siamo a pochi metri da Giratina, alle sue spalle.

 
Giratina ci ha visto. È impressionante rimanere sotto al suo sguar..
 
E poi il diario si chiudeva. Alma provò a girare altre pagine, per vedere se qualcosa avesse potuto impedire la scrittura solo su quella pagina, ma probabilmente quel qualcosa fu Giratina.
Alma si girò. Gardevoir era lì in contemplazione, in silenzio. Doveva aver pianto guardando Thomas, perchè sul suo volto c'erano proprio delle lacrime.
Alma sorrise ancora, e la fece rientrare nella sua sfera.
Quel momento doveva essere solo loro. Solo suo, solo loro. A piccoli passi si avvicinò al giaciglio dove il suo uomo riposava.
Si chiedeva da quanto riposasse. Escludeva fosse caduto in coma. Doveva essere nutrito, altrimenti il suo corpo si sarebbe impauperito.
Ma poi si ricordò del diario, e di quello che Sean Sullivan scrisse sulla fame. E quindi si ricredette.
 
Ma poi gli si inginocchiò accanto. Sentiva il suo respiro, pesante, presente. Non gli sembrava vero. Lo aveva davanti, dopo cinque anni passati cercando di dimenticare quello che per lei era un trauma.
Poteva essere tutto frutto della sua mente malata, immaginazione strana che la portava a fare viaggi con la mente che nemmeno Jules Verne, ma stavolta era sicura di sé, Thomas era davanti a lei.
Se ne accertò, delicatamente con la mano gli toccò il braccio. Strinse leggermente, lui era lì.
Continuava a dormire, senza forze.
Una lacrima della ragazza cadde sulla sua guancia. Alma si chinò per asciugarla e gli diede un bacio sullo zigomo. Gli occhi di Thomas si aprirono lentamente e, quando prese coscienza di quello che succedeva, li spalancò.
“Sono...sono morto...” fece con voce compressa.
Alma sorrise, sempre in lacrime, cercando di trattenersi e gli prese la mano. “No, amore...sei vivo. Siamo vivi. Andiamo via da qui”
“Alma...io...io non ce la faccio...”
“Non dire stupidaggini...andiamo”
“Sono troppo stanco...sto per morire”
Alma aprì gli occhi più che poteva. “Da quanto tempo non mangi?!”
“Non so. Il tempo non esiste qui. Mi sono addormentato e mi hai svegliato tu...”
“Chissà da quanto non ti nutri...” Alma cercò una bottiglia d’acqua nello zaino, e la condusse alle labbra dell’uomo. Quello bevve con difficoltà, finendo per bagnarsi su entrambe le guance. Sembrava che il suo corpo ne avesse bisogno, finì la bottiglia in meno di un minuto.
“Thomas...”
“Dimmi che hai qualcosa da mangiare, Alma...”
“Certo!” esclamò lei, prendendo un alcune delle provviste e dandole all’uomo. Quello mangiò, per poi riaddormentarsi.
Alma lo guardò dormire. Era strano quello che era successo. Probabilmente il tempo non passava, ma il corpo umano continuava a deteriorarsi, perché originario di un’altra dimensione. Il suo metabolismo procedette a rilento per cinque anni, finendo con una lentissima autodistruzione.
Ciò voleva dire che il tempo era presente, anche se in maniera differente, nel mondo distorto.
Automaticamente anche lo spazio.
Alma si addormentò accanto a lui, stanca com’era. Thomas sentì la presenza della donna e la tirò a sé, sfatto e distrutto. E dopo tanto tempo, i due tornarono a riposare l’uno accanto all’altra.
 
Thomas di colpo si svegliò. Stava meglio. La testa però gli scoppiava, le tempie pulsavano e qualcosa non andava nel verso giusto. Non ricordava tutto alla perfezione, ma ricordava Alma.
“Alma...” ripetè il suo nome, e sorrise.
Si guardò accanto, poi, e la vide.
Sorrise ancora di più, mostrando i denti e stringendo più forte la donna. L’amore della sua vita era venuta a salvarlo. L’amore della sua vita aveva preso coraggio e fatto cose che nessuno era riuscito a fare.
La piccola e coraggiosa Alma. La sua bambina.
Vegliò il suo sonno, fino a che lei aprì gli occhi.
“Hey...” disse, con gli occhi aperti il meno possibile.
“Amore”
Alma sorrise ancora, e colta dall’emozione si lasciò nuovamente al pianto. “Thomas”
“Alma”
“Sei qui”
“Certo”
Si scambiarono un bacio. Un lungo bacio appassionato, quasi tra le loro labbra ci fosse l’ossigeno sufficiente a vivere la loro intensa vita, scambiandoselo come due bambini che giocano con la palla.
Il bacio terminò e lui la strinse al petto. Alma si sentì la donna più fortunata del mondo in quel momento.
“Come stai adesso?” chiese lei, ancora emotivamente turbata. La sua voce era piegata dal pianto.
“Sto decisamente meglio”. Thomas guardò l’orologio del professore, e sospirò. Si era fermato. “L’orologio si è bloccato al 26 Dicembre 2012...”
“Siamo nel 2014. È Marzo”
“Sono stato così tanto tempo qui?”
Alma annuì, quasi a voler colpevolizzare il fatto di averla rimasta da sola per tutto quel tempo.
Thomas storse le labbra. “Il fatto è che... il fatto è che quando mi sono addormentato l’orologio ticchettava ancora...”
Alma spalancò gli occhi.
“Thomas... è più di un anno che dormi”

 

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Capitolo 7
*** Stand By Me ***


Stand by me


“È possibile che tu abbia dormito più di un anno senza mai svegliarti o patire la fame?”
Thomas fece spallucce, dopodiché si rialzò in piedi con molta difficoltà.
Aveva bisogno di fare una leggera riabilitazione, perché non aveva il pieno equilibrio.
“Dobbiamo andare via da questo posto” fece Alma.
“Come se non ci avessi provato... apprezzo il fatto che tu sia venuta a prendermi, ma avrei preferito fossi rimasta nel mondo normale. Almeno avresti vissuto una vita più dignitosa”
“C’è un modo per uscire... credo... e poi a me basta stare con te, Thomas. Il resto non conta”
L’uomo sorrise.
“In effetti un modo per uscire da qui ci sarebbe. È il portale che si trova presso il Sentiero Fonte. Ma ormai è troppo che sono qui, e non so più dov’è...”
“Lo troveremo”
“Lo spero molto. Anche se non riuscendo a camminare sarò più un peso che altro per te. Ma spiegami... come hai fatto a non essere attaccata da Giratina”
Alma sospirò. Pensò a Ryan e sperò fosse ancora vivo.
“In effetti siamo stati attaccati da Giratina... è che... beh, sono stata accompagnata da un altro allenatore, Ryan, il Campione di Adamanta”
“Non era Hugh il campione?”
“Molto tempo fa, sì. Poi è stato sconfitto... ad ogni modo, Ryan possiede uno strumento che lo attrae”
“La Grigiosfera”
“Sì. Perciò Giratina lo insegue senza sosta”
“Ok... bé, dobbiamo aiutarlo...”
“Lui possiede dei Pokémon fortissimi, e non sarà difficile per lui farci uscire da qui”
“Temo non basteranno per Giratina”
“Ah... a proposito, cos’è successo al Dottor Sullivan. E... e a quella... quella?”
“Lyn. Sì... bé, stavamo esplorando la zona, cercando di capire se oltre a Giratina questo posto fosse abitato da altri esseri viventi. Ma rendendoci conto che qui non c’era nessuno, ci siamo fermati ad osservare quel Pokémon. Era difficile stargli dietro, perché lui poteva volare, e noi no. Ma poi un giorno ci ha scoperti, ed ha cominciato ad attaccarci. Lyn ed il Professor Sullivan sono morti, spazzati via dalle mosse di quello. Sapevo fosse un Pokémon molto territoriale ma... ma non pensavo fino a questo punto. Io sono riuscito a salvarmi per miracolo. Ho trovato questo nascondiglio, sull’albero, ed ho messo Serperior a protezione...”
“Già... Serperior...” sorrise colpevole lei, grattandosi il capo.
“Perché fai così?”
“Perché... bé, non sapendo fosse il tuo, l’abbiamo ridimensionato”
“Abbiamo?”
“Sì. Io e Gardevoir”
“Gar... oh! Il mio Ralts?”
“Esatto”
“Adoravo vedere quel Pokémon. L’hai fatto evolvere?”
“Veramente mi sono munita di lei, di Pancham e Roselia per venire qui... ma... bé, ho dovuto lottare un paio di volte, e Ralts, dapprima evolutosi in Kirlia, è diventato un Gardevoir”
“Ho bloccato spesso la sua evoluzione. Mi piaceva rimanesse piccolo”
“Mi spiace molto”. Alma abbassò la testa, in segno di scuse.
“Tranquilla, non è niente di grave. Ora è tutto a posto”
“Bé... non proprio”
Thomas inclinò la testa, e guardò incuriosito Alma. “Che vuoi dire?”
“Lyn... ho letto il diario”
“Oh...”
“Non... non è...” l’aria interrogativa di Alma veniva spezzata dalla frammentazione di quel discorso. Non riusciva a mettere quattro parole di senso compiute in fila.
“Non è successo mai niente, Alma. Lei ha provato a stare con me, in un momento di debolezza, ed io le ho fatto vedere una tua foto”
“Cosa?!”
Thomas sorrise ed annuì. Infilò la mano in tasca, e cacciò un’istantanea in cui Alma rideva, con i capelli spettinati.
“Potevi... potevi sceglierne una migliore” sorrise lei.
Thomas la seguì con difficoltà, e la strinse. “Niente poteva separarmi da te”
“Ti amo”
“Anche io”
“Ora dobbiamo andare via da qui”
 
“Giratina ci sta inseguendo!” sorrise Ryan. Voleva mettere fine a quel dilemma, e preferiva affrontarlo.
Ma farlo in volo non conveniva.
Meglio sfruttare il fattore campo. Nella foresta sarebbe dovuto scendere per terra. Allora l’avrebbe attaccato.
Flygon volava ad altissima velocità, schivando gli alberi capovolti che gli si presentavano davanti.
Giratina volava più in alto, perché meno agile e più grosso.
Si avvicinavano al grande albero. Prima della foresta c’era una radura. Quello era il punto più duro da affrontare perché offrivano il fianco ad un attacco di Giratina.
Insomma, era il padrone di casa, avrebbe saputo sfruttare la cosa al meglio.
Ryan cercava di dare a Flygon quanta più fiducia possibile, ma gli risultava difficile, dato che quello poteva fiutare la paura del ragazzo.
Non sapeva se sarebbe riuscito a sconfiggere Giratina.
Quello volava ad una ventina di metri di distanza, e sembrava che il divario aumentasse sempre di più, data la maggiore velocità del drago di terra.
Ma Giratina prese ad attaccare con Palla Ombra.
“Schivali! Non facciamoci colpire!”
Ryan si appiattì sul dorso del Pokémon, finendo per diventare un solo ed aerodinamico corpo.
Un’esplosione oscura a destra, un’altra a sinistra.
Un’altra esplosione in aria, per via degli sfoghi dello spazio tempo.
Il frastuono era tale da deconcentrare anche una guardia della regina, ma loro dovevano rimanere focalizzati sulle poche centinaia di metri che li dividevano dalla foresta. Lì Giratina avrebbe dovuto ridimensionare le proprie strategie.
“Forza, Flygon! Non possiamo perdere adesso!”
La foresta era in lontananza, e mano a mano si avvicinava sempre di più. Gli alberi erano morti, fluttuanti, anime in pena che vagavano come buste di plastica nella marea notturna.
Flygon doveva raggiungerla.
Intanto Giratina non accennava a diminuire la foga con cui usava l’attacco Palla Ombra. Sentiva il dovere di proteggere il proprio territorio.
Ryan si stringeva sul dorso di Flygon. Marianne solamente nella sua testa in quel momento.
Se non fosse riuscito a sconfiggere Giratina, non sarebbe mai riuscito a rivederla. E questo gli pesava ampiamente.
Forse fu proprio quel pensiero a farlo andare avanti, ad alimentare il fuoco che gli bruciava dentro, il fuoco delle motivazioni, come benzina.
“Andiamo!” gridò, ancora più convinto.
La distanza con Giratina stava aumentando. Fu allora che accadde qualcosa che non si aspettava.
Giratina, infatti, usò Oscurotuffo.
 
Ryan procedeva a quasi 200 chilometri orari, appiattito sul suo Pokémon. La foresta era vicina, quando qualcosa lo costrinse a spalancare occhi e bocca.
Un enorme buco nero si aprì davanti a loro, a meno di dieci metri. Sapevano, sia Ryan che Flygon, che da lì sarebbe uscito un Giratina più che furioso.
Non appena gli occhi rossi e maligni di Giratina furono ben visibili, illuminando i volti dei due con il loro bagliore, Flygon frenò. Ma è chiaro che, un oggetto alato, che viaggia a più di 200 all’ora, qualche piccola turbolenza debba subirla, a maggior ragione se frena.
Ryan si sentì sballottato dapprima a destra e sinistra, poi perse l’equilibrio, cadendo dal suo Pokémon, dai due metri che li separavano dalla terrazza piastrellata.
Il ragazzo rotolò per alcuni metri, per poi fermarsi. Era pieno di polvere e terreno tra i capelli, ma sembrava non avere nulla di rotto.
Flygon, invece, si era letteralmente schiantato al pavimento. Aveva un’ala spezzata, e le sue urla di dolore si espandevano in lungo e in largo. Ed intanto quell’enorme Pokémon stava per uscire da quella strana dimensione oscura.
Fu il tempo di capire. Ryan guardava la scena, Giratina stava letteralmente per investire Flygon, che disteso per terra, non riusciva a muoversi per il troppo dolore.
In effetti realizzò che doveva darsi una mossa.
“Flygon!”
Le fauci enormi di Giratina si erano aperte di nuovo, e Flygon non aveva possibilità di scappare. Fu allora che Ryan prese la Poké Ball del suo Pokémon e lo fece rientrare.
Giratina si schiantò sul suolo, con un enorme frastuono.
Doveva rivalutare la situazione, e farlo così velocemente che mentre pensava doveva già agire.
La foresta era troppo lontana per cominciare a correre, Gallade non sarebbe riuscito a teletrasportarsi lì così velocemente e Flygon non riusciva più a volare.
Era un bel problema.
“Devo attaccarlo...”
In effetti doveva. Il campo di battaglia era diventato quello. E tutto per quella dannatissima Grigiosfera. Ma Camilla aveva spiegato che se Giratina fosse entrato in contatto con la Grigiosfera, ove mai fosse uscito dalla sua dimensione per entrare nella nostra, sarebbe stato molto più pericoloso.
Sinceramente non era il caso di distruggere il mondo, come noi lo conosciamo, per via di Alma e della sua nostalgia.
Già, Alma... si chiedeva dove fosse e se fosse viva ancora.
Ma una cosa alla volta.
Passò un secondo circa, che capì che fare.
Affanculo il campo di battaglia che lo portava in vantaggio, doveva battere Giratina anche in quel modo.
“Vai, Gallade!”
Il Pokémon Psico Lotta uscì dalla sfera.
“Veloce! Usa Psicotaglio!”
Gallade si mosse velocemente, prima che l’avversario potesse alzarsi da terra, e lo colpì al fianco.
Lieve danno.
Quello era un Pokémon molto potente, e le sue debolezze sembravano non creargli alcun problema. Continuava ad andare avanti anche se colpito con forza.
“Dannazione, devo puntare sulla combinazione tra tipi”
Ed aveva ragione. In quel caso la portata del danno aumentava.
“Palla Ombra!” ordinò Ryan.
Giratina si stava rimettendo in volo, mentre tra le braccia di Gallade si formava una grande sfera nera, piena di chissà quale tipo di forza oscura. Odio e rancore, magari. Rabbia.
L’enorme avversario stava per alzarsi, mostrava il fianco già colpito, e la sfera di Gallade continuava a riempirsi di energia.
Non poteva indugiare troppo.
“Vai, cazzo! Vai!”
Gallade la lasciò partire. Per Ryan fu come vedere un calcio di punizione a rallentatore, mentre si insacca all’incrocio dei pali. Colpì il fianco del Pokémon, che inciampò di nuovo, e cadde, alzando una grossa nuvola di polvere.
“Ok, perfetto! Vai Feraligatr!”
L’enorme coccodrillo si materializzò sul campo, a pochi metri da Giratina.
“Usa Sgranocchio! Gallade, ancora con Palla Ombra!”
E mentre vide i suoi Pokémon eseguire, e rendere difficile la manovra di sollevamento dei 650 chili dell’avversario, mise mano alla cintura, brandendo altre due sfere. Carezzò leggermente quella di Flygon, come per tranquillizzarlo.
“Andate! Manectric, Bisharp!”
Altri due Pokémon si unirono a quel party. Ma qualcosa parve andare storto. Giratina si voltò violentemente, colpendo con la coda Feraligatr e Manectric, che ruzzolarono parecchi metri indietro. I più agili Bisharp e Gallade evitarono l’attacco.
“Voi due! Palla Ombra Gallade, e Ghigliottina Bisharp!”
Ryan veicolò lo sguardo agli altri due Pokémon, che sembravano aver subito il forte attacco di Giratina. Erano troppo lontani dall’obiettivo, urgeva avvicinarli.
“Andiamo!” urlò, facendoli rientrare nelle loro sfere, per poi tirarli di nuovo in ballo alle spalle di Giratina. “E attenti ai movimenti della coda!”
Pensava che forse Tyranitar potesse risolvere la situazione, e quindi brandì la sua sfera, ma si distrasse nel vedere che l’attacco di Gallade, preciso come sempre, colpì di nuovo il fianco, mentre l’attacco Ghigliottina fallì.
Poteva capitare, certo. Ma quella mossa era davvero potente, e richiedeva molta energia per essere utilizzata. Bisharp ora non era in grado di lottare con la massima lucidità.
“Rientra!” urlò, e lo fece sparire dal campo di Battaglia. “Vai Tyranitar!” disse poi.
L’enorme pseudo leggendario si piazzò di fianco a lui, in attesa di ordini. Si era sempre chiesto il motivo per cui il suo Tyranitar fosse di colore nero, non era nemmeno cromatico. In quel momento però staccò la spina del cervello.
“Ok, strategia! Feraligatr, devi utilizzare un attacco Idrondata! Gallade, intanto prepara un forte Palla Ombra! Manectric, fungi da diversivo! E tu, Tyranitar, usa Pioggiadanza”
Quello annuì, ed in pochi secondi cominciò a piovere.
Feraligatr invece indietreggiò di qualche passo, e Giratina non si accorse della preparazione all’utilizzo della mossa suprema di tipo acqua. Manectric abbaiava incontrò a quello, e lanciava piccole scosse, che gli consentivano di non fermarsi a lungo.
Giratina girava velocemente la testa, cercando di capire da dove provenissero quegli attacchi. La grande velocità di Manectric gli consentiva di cambiare velocemente la posizione, e di confondere l’avversario.
Palla Ombra cresceva sempre di più tra le “mani” di Gallade, carica di energia negativa, mentre Feraligatr lanciò l’attacco Idrondata.
Un forte getto d’acqua colpì la testa di Giratina, costringendolo a tirare il capo indietro, sbilanciandosi, e cadendo.
Non riusciva ad alzarsi, a mettersi in equilibrio per rimettersi in volo.
“Ottimo! Vai Gallade!”
L’attacco Palla Ombra, più carico di prima, partì, portando con sé tutte le particelle negative che incontrava durante la veloce tratta che andava da Gallade a Giratina.
Colpito. Nel fianco.
“Ottimo! Ora tocca a te, Manectric! È tutto inzuppato, ed è il momento di utilizzare Tuono!”
Manectric abbaiò un paio di volte, ed indietreggiò. Mettendo a confronto le dimensioni dei due Pokémon, Sembravano un sassolino vicino ad una montagna.
Ma la potenza elettrica che riuscì ad evocare Manectric non aveva precedenti. L’attacco Tuono si manifestò con tutta la sua potenza, colpendo dritto sul capo Giratina.
 
Thomas ed Alma si erano avviati lentamente. Le capacità guaritrici di Roselia e di Gardevoir gli avevano garantito una quasi totale mobilità a livello motorio. Non riusciva ancora a stare perfettamente in equilibrio da fermo, ma se camminava riusciva non cadere.
Recuperarono Serperior, ancora in ripresa delle sue energie e si avviarono alla cascata ascendente, luogo dov’erano apparsi.
Ma sembrava passato tanto di quel tempo che non ricordavano più dove questa si trovasse.
“Dobbiamo anche trovare Ryan” ricordò Alma.
Thomas annuì.
“Gardevoir... riesci a dirmi dove si trova Ryan?” chiese quella.
Gardevoir li seguiva fedelmente e aveva ricevuto complimenti e moine da parte di Thomas, cosa che aveva fatto non poco piacere al Pokémon. In ogni caso, annuì, focalizzandosi sulla presenza di energia vitale in quella strana dimensione, cosa non troppo difficile, dato che oltre ai tre guardiani, solo Ryan e Giratina erano esseri in grado di respirare.
Thomas ed Alma si abbracciarono, per permettere all’uomo di non cadere, mentre il Pokémon setacciava con Leggimente la zona.
E Alma sobbalzò quando vide Gardevoir spalancare gli occhi. Velocemente fece dietrofront. Stavano andando nella direzione sbagliata. Ma qualcosa nel tono dei suoi lamenti faceva capire che c’era qualche problema.
Di corsa attraversarono la foresta fantasma, e Thomas sembrò cominciare a prendere più padronanza delle gambe. Ad un certo punto i tre stavano correndo.
Quando anche l’ultimo albero fantasma rimase alle loro spalle, i due innamorati non poterono far altro che spalancare la bocca.
Giratina era steso per terra.
Ed il ragazzo biondo stava urlando delle direttive a Pokémon infinitesimalmente più piccoli.
 
“Ottimo ragazzi! Tyranitar, è il momento di usare Abisso!” urlò Ryan.
Mossa nota per la difficoltà d’esecuzione, come Ghigliottina, del resto. Tyranitar si caricò, quindi urlò a Giratina la sua rabbia, sbattendo una zampata fortissima al pavimento. La terra cominciò ad aprirsi, spaccarsi nel centro, lasciando intravedere ciò che c’era al di sotto della terrazza, ovvero il vuoto.
“Attenti, amici!” fece ancora il biondo, a gran voce.
Qualcosa però non andò nel verso giusto. Giratina riuscì finalmente a reagire, utilizzando un attacco Neropulsar.
“Non pensavo riuscisse ad usare quella mossa...” disse il Campione tra sé e sé, con un filo di voce. La cosa fu talmente inaspettata da mandare fuori combattimento sia Feraligatr che Manectric.
Gallade lo evitò abilmente, mentre Tyranitar non ne risentì particolarmente.
Quel breve istante di pausa dall’assalto, però, bastò a Giratina per rimettersi in volo.
“Cazzo!” urlò, facendo rientrare Gallade e Tyranitar.
“Ryan!” lo chiamò Alma. Quello si voltò di scatto, vedendo correre la donna accanto ad un prestante uomo di colore.
“Alma! Porca puttana, vai via da qui!”
“Non fare lo stupido, hai bisogno di aiuto!”
“Devo catturarlo, Alma. Solo in quel modo saremo in grado di andare via da qui!”
“Eh?!” chiese Thomas, allarmato.
“Che c’è?!” chiese affannato Ryan.
“Non permetterti. Non farlo per nessun motivo al mondo. Succederebbero catastrofi immani se Giratina non regolasse l’espansione di Palkia e Dialga. Finiremmo di vivere la vita così come la conosciamo”
“E... e quindi?” fece, col volto spaesato, lui.
“E quindi non lo puoi neanche sconfiggere. Uno scompenso spaziale, o temporale che dir si voglia, potrebbe capitare anche nel momento in cui lui è fuori combattimento” spiegò Alma.
“Non capisco...”
“Non c’è niente da capire. L’unica cosa da fare è fuggire” rimbeccò Thomas.
“È inutile... ci seguirà sempre”
Il mulatto sbuffò, ammettendo le ragioni del ragazzo. “La Grigiosfera...”
“Già... ma sono convinto che potremmo riuscire a comunicare con lui... in fondo è sempre...”
E poi un’enorme esplosione fece letteralmente volare i ragazzi. Sobbalzarono e caddero per terra.
Giratina infatti stava tornando, e stava bombardando il campo di battaglia con attacchi Forzasfera.
“Dobbiamo reagire!” intervenne Alma.
“I miei Pokémon sono quasi tutti inutilizzabili... ho solamente Gallade!”
“Io ho Gardevoir... e poi Pancham e Roselia”
Thomas si voltò immediatamente a guardare Alma. “Quei due non sono in grado di sostenere una sfida simile!”
“In qualche modo dobbiamo riuscire ad uscire da questa situazione, Tom!”
“Non se ne parla!”
“Fate presto, cazzo!” urlò Ryan, impugnando la sfera di Gallade, di nuovo.
“Ok, vai Gardevoir, aiuta Gallade!”
 
In mezzo al campo di battaglia, dilaniato dalle esplosioni e dal taglio netto che Abisso aveva creato con la sua potenza, c’erano solo i due Pokémon. Alma e Ryan dietro le trincee strategiche.
“Io non so se ne sono in grado... Thomas, prendi tu il comando” disse la donna.
“No, Alma, sei tu la sua allenatrice, è di te che si fida. Forza!”
Il Pokémon Abbraccio ed il Pokémon Lama sostavano lì, immobili, aspettando direttive. Si guardavano, con i corpi rivolti l’uno verso l’altra, poi guardavano il nemico che incombeva. Giratina piombava su di loro con una furia senza precedenti.
Attaccò con Dragospiro, ruggendo rabbioso.
“Spostati!” urlarono entrambi, contemporaneamente.
Gallade si portò sulla sinistra, mentre Gardevoir sulla destra. Esplosione enorme.
“Palla Ombra, Gallade!”
Alma vide il Pokémon di Ryan avventarsi sull’avversario, e colpirlo.
“Alma... vai!” esclamò Thomas.
“Ah, sì! Psichico, Gardevoir!”
E così Gardevoir, come contro Serperior, illuminò il suo sguardo d’azzurro. D’azzurro anche il velo di luce che la copriva, cominciò ad alzarsi in volo. Lentamente le punte dei suoi piedi minuti si sollevarono dal suolo, fino a che non raggiunse i due metri dalla terrazza.
D’improvviso una forte luce, dello stesso azzurro di Gardevoir, avvolse Giratina.
Quello prese a ruggire, quasi quella strana energia lo stesse spremendo, fino a farlo esplodere.
Ma poi reagì, ed un attacco Dragopulsar colpì in pieno i due Pokémon.
Giratina affannava, mentre Gallade era allo stremo delle forze. Quello stava steso per terra, cercando di recuperare, ma non riusciva. Era esausto.
Gardevoir si teletrasportò da lui, mentre Giratina piombava più lentamente contro quella coppia.
Doveva proteggere Gallade.
“Gardevoir! No!”
Giratina si stava avventando per l’ennesima volta, quando dall’enorme crepaccio creatosi nella piattaforma fuoriuscirono Mesprit, Uxie ed Azelf. I tre usarono probabilmente l’attacco Barriera, perché una luce rossastra si compattò davanti a loro, e quando Giratina impattò contro di essa né Gallade né Gardevoir avevano subito danni.
“Gardevoir! Per favore! Finiamola!” urlò Alma. Quella si girò, come per dire “vorrei tanto, ma c’è un drago alto venti piani che ha tutta l’intenzione di uccidermi”. “Per favore... faglielo capire”
 
“Giratina... fermati”
 
Quello si turbò. Non capiva da dove venisse la voce. Tuttavia anche Alma era in grado di sentire la voce di Gardevoir.
 
“Per favore. Vogliamo solo andare via”
 
Fu allora che Giratina si posò per terra. Mesprit, Uxie ed Azelf si avvicinarono, e Giratina ringhiò.
 
“Siamo finiti qui per errore... vogliamo andare via. Vogliamo tornare nel mondo normale, ma non sappiamo più raggiungere il portale per Sinnoh. Non vogliamo essere una minaccia, e ci dispiace che sia accaduto tutto questo”
 
Giratina ringhiò ancora. I tre folletti comunicavano con lui, cercando di spiegare tutto. Gardevoir però continuava a mandargli sms cerebrali.
 
“La donna che vedi qui è venuta per cercare l’uomo che amava. Lui si era perso qui e non sapeva come andare via. Lei ha rischiato il tutto per tutto, ed è scesa in questo posto. Ora merita di tornare a casa”
 
 Giratina ringhiò di nuovo. Per un’ultima, piccolissima volta. Dopodiché allargò le zampe. Alma vide Gardevoir distendersi. Ce l’avevano fatta.
 
“Ha detto che ci porterà lui al portale...”
 
E fu così che i tre eroi, assieme ai tre guardiani, volarono in groppa a Giratina, fino a raggiungere la cima di quella cascata ascendente. Giratina fluttuava in volo, mentre comunicava con Gardevoir.
 
“Ha detto di andare”
 
Alma annuì. Vide i tre guardiani salutare i ragazzi, per poi volare velocemente oltre l’ingresso azzurro che portava al mondo normale.
“Andiamo, Alma” fece Ryan.
“Sì” disse. La fecero andare per prima. Saltò in quel portale, ritrovandosi nel tempio del Sentiero Fonte. Pochi attimi dopo Ryan ed infine Thomas la raggiunsero.
 
Erano fuori.
Ryan ed Alma, assieme a Thomas, si salutarono una volta sbarcati a Solarea. Il traghetto aveva impiegato un paio di giorni di navigazione a raggiungere Adamanta, la loro terra di origine.
Scesero le scale, e toccarono di nuovo la terraferma, dopo la strana, stranissima avventura che li aveva visti protagonisti.
Alma e Ryan si avvicinarono. Lei sorrideva, grata. Aveva trovato finalmente il coraggio di uscire da quel cubo di rimpianti che si era creata attorno. Aveva trovato il coraggio di farsi coraggio, e con il cuore in mano era riuscita ad arrivare da lui, da Thomas, dal suo uomo. Si girò per un momento, a guardarlo, e ancora non le sembrava vero che quell'uomo così bello quanto innamorato di lei potesse rientrare nella sua vita senza alcun problema. Nessuna bionda, quindi, nessuna Lyn, nessun problema. Lui non l'aveva rimpiazzata con alcuna donna. Lui amava lei, e lei amava lui.
Questo era il succo di tutto. Alma era riuscita nella sua missione, aveva scartato ogni ipotesi peggiore e adesso si ritrovava con un uomo accanto, il suo uomo, un Pokémon molto forte in squadra e il ricordo di un'avventura meravigliosa.
Era tutto finito.
Ryan invece aveva il volto più serio, consapevole di quello che era successo. Aveva avuto giusto il tempo di curare i Pokémon a Rupepoli, per poi arrivare ad Arenipoli e prendere il lento traghetto che la conduceva a sud, dove l'isola di Adamanta si trovava.
La strana geografia di quel posto...
Sul traghetto non aveva detto una parola. Pensava a Marianne, a quando l'avrebbe rivista. Pensava anche che voleva farsi qualche giorno totale di sonno, e inoltre pensava che era riuscito a tener testa a Giratina.
I giorni in cui non sapeva come fronteggiare un avversario erano finiti.
Ryan era il Campione di Adamanta, e lo aveva ampiamente dimostrato, e quella consapevolezza lo rendeva particolarmente felice. Sentiva che tutto era andato per il verso giusto.
Ora non restava che salutarsi.
"Ciao Alma" disse lui. Con un gesto che gli sembrò forzatissimo gli allungò la mano. Alma la guardò, cercando di capire. Poi sorrise, e lo strinse in un abbraccio.
"Ciao Ryan. Grazie di tutto. Ti devo la vita. La mia e quella di Thomas"
Quello sorrise ed abbassò il capo. Poi ognuno prese la sua strada.
 
A Primaluce, le luci di casa erano già accese. Marianne odiava rimanere da sola, e se proprio non era con nessuno, adorava sentire la musica ad alto volume.
Ryan imboccò il vialetto di ingresso, nel suo giardino. Era tutto come lo aveva lasciato. Il prato stava crescendo, e due piccoli alberelli pure, sulla sinistra. Lo steccato odorava ancora di vernice, ma sapeva che col tempo non si sarebbe sentito più niente.
I suoi passi stanchi rimbombarono nella sua testa, e proprio quando la sopportazione era giunta al culmine, si ritrovò davanti a quella porta.
Livingstone - Roberts, diceva la targhetta sulla porta d'ingresso. 45 B sul campanello.
E poi bussò.
Aveva le chiavi di casa giusto in tasca, ma non c'era alcun motivo di usarle. Lui voleva che fosse lei ad aprire quella porta, perchè voleva sentirsi accolto.
Dall'interno echeggiavano note ad alto volume, black music che Marianne adorava. Con difficoltà Ryan riuscì a sentire dei passi sugli acuti di Alicia Keys, ma quando la maniglia scattò, solo un sorriso riempì il volto del ragazzo. Un sorriso stanco e soddisfatto.
 
Ad Edesea, invece, le scale di quel palazzo non sembravano finire mai. Thomas aveva davvero difficoltà con le scale, cosa che aveva mostrato anche scendendo quelle del grande albero nel Mondo Distorto. Alma però lo prese sottobraccio ed anche se la proporzione peso/forza non era giusta, Thomas riuscì ad arrivare al pianerottolo aiutandosi anche con le ringhiere.
Anche lui aveva bisogno di dormire. E soprattutto di mangiare.
Aveva fame.
Provò delle strane emozioni una volta che la porta di casa sua si manifestò davanti.
"Eccoci arrivati" sorrise Alma. Stringeva il suo uomo alla vita. Lui, a sua volta, si manteneva in equilibrio passandogli una mano attorno al collo. Attese che lei trovasse le chiavi nello zaino, e quasi godette quando, infilando le chiavi nella serratura, quella fece lo scatto.
La porta di casa si aprì, e lui riconobbe tutto. Nulla era cambiato.
Lui vi entrò, a lenti passi, e si guardò attorno, proprio come fece quando entrò nel Mondo Distorto.
"Aria di casa..."
"Mancavi solo tu" fece lei.
Lui la guardò. Così bella, e dolce. La tirò a sé e le diede un lungo bacio.
"Ed ora non te ne andare più" disse poi la donna.
Thomas sorrise. Quindi mangiarono qualcosa, ed entrarono nella camera da letto. Di lì a poco sulla porta di quella casa ci sarebbe stata una coccarda azzurra.

 

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