Il gatto

di Atomic Chiken
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VII ***
Capitolo 9: *** IX ***



Capitolo 1
*** I ***


" Benvenuta al Chu's shop " mi disse un tizio orientale dall'aspetto trascurato quando entrai nell'ufficio. Lo salutai gioiosa ignorando il suo sguardo serio. Finalmente ero lì, finalmente avrei avuto un gatto, mio. Mia madre mi spronò a proseguire. Non era per niente felice di avere un animale peloso in giro per la casa. " Piscierà dappertutto! Dovrai pulirgli la cacca Nicole, e avrai tante altre responsabilità! ". Ma non m'importava nulla, avrei gestito tutto. Mi ero trovata di fronte a lavori molto più pesanti del pulire gli escrementi di un gatto. Chu sun, così diceva la targhetta dell'uomo, ci guidò fuori dal suo ufficio fino al gattile, che si trovava dall'altra parte. Il luogo era deprimente, l'unica strada presente era intasata dall'immondizia e piena di crepe. Ci trovavamo in mezzo al nulla. " Perché volete un gatto? " chiese Chu mentre apriva il portone.
Stavo per rispondere ma mia madre mi precedette. Notai una nota di rimprovero nella sua voce " Almeno così non passerà le sue giornate a casa di quella vecchietta ". Rimasi in silenzio ma la odiai per quelle parole. La " vecchietta " di cui parlava era la signora Wickson. L'avevo aiutata a portare a casa la spesa e non avevo potuto dire di no quando mi aveva invitata a vedere il suo piccolo amico. Era un gattino soriano di cinque anni e me ne innamorai a prima vista. Da quel giorno avevo cominciato a farle visita quasi tutti i giorni dietro i rimproveri di mia madre. Fino alla scorsa settimana.
Jeb era morto. Nessuno sa dove, quando o come, ma era morto. Il fatto preoccupante è stato che la signorina Wickson non sembrava minimamente colpita. Un giorno mi feci coraggio e le porsi una domanda senza peli sulla lingua
" Non le manca Jeb? ". Aveva messo da parte i ferri per cucire e mi aveva guardato sorridendo
" Jeb non è morto tesoro, è sempre qui, con me "
" Qui? Dove!? " avevo chiesto sorpresa. Invece di rispondermi si era alzata borbottando qualcosa
" Si è fatto tardi Nicole, tua mamma ti starà aspettando "
" Ma se Jeb non è morto.. "
" Nicole, sei davvero una brava ragazza e se fosse per me starei con te tutto il giorno, ma ora ho tante faccende da sbrigare ".
Al momento non ci feci molto caso, ma in seguito ne fui più che sicura. Quella vicino al tavolo era proprio l'ombra di un gatto.


Ancor prima di metter piede nel gattile fui investita dal miagolio di dozzine di gatti. Superai Chu finendo quasi per spingerlo e guardai con gli occhi lucidi quei teneri musetti che mi fissavano. Mi avvicinai a diverse gabbie infilandoci dentro il dito. Qualcuno si ritirò spaventato, altri zampettarono curiosi. L'uomo e mia madre mi raggiunsero lentamente, lasciandomi il tempo di decidere. " Allora? " mi chiese lei impaziente.
" Aspetta un attimo, non ho ancora scelto.. ". Andai in fondo al largo stanzone e scrutai i corpicini dei gatti oltre le sbarre delle gabbiette. Erano tutti fantastici..Come avrei fatto a sceglierne uno solo? Chu mi raggiunse grattandosi la testa
" Che ne dici di quello? " chiese frettolosamente. Guardai nella sua direzione e vidi un gatto grigio tigrato. Mi avvicinai alla gabbia e infilai dentro il dito. L'animale rimase indifferente. " All'inizio sono tutti così " sentii dire Chu " Ma una volta che si abituano alla nuova casa diventano dei veri giocherelloni! ". M'impressionai per l'improvviso sbalzo d'umore dell'uomo. Un attimo prima sembrava un alcolizzato depresso ed ora il vincitore di una lotteria. " Sì..Ma..".
Rimasi in ginocchio a guardarlo. Era simile agli altri gatti..Ma aveva anche qualcosa di diverso. Cosa? I nostri occhi s'incrociarono ed ebbi la sensazione di essere studiata da qualcosa d'intelligente. " Ehi piccolo... ".
" Allora Nicole, ti sei decisa o no? ". Questa volta era davvero furiosa.
Mi alzai pulendo i pantaloni e rivolsi uno sguardo veloce agli altri gatti. " Daccordo..Prenderò questo qui ". Un sorriso smagliante e Chu portò senza attendere mia madre in ufficio per compilare dei fogli. Rimasi nello stanzone in balia di quegli sguardi ispettori. Il miagolio stava diventando un pò irritante.
 Tornai a guardare il mio nuovo amico. " Adesso andiamo a casa..Ci divertiremo un casino vedrai ". In risposta ottenni un lungo e cupo miagolio provenire dal gatto, come se stesse agonizzando. Una sensazione di oppressione mi costrinse ad uscire di corsa dal gattile. Andai a sbattere contro una donnina minuta che lanciò imprecazioni in cinese mentre si allontanava.
Raggiunsi mia madre in ufficio. " Ehi " disse Chu vedendomi " Qui abbiamo finito. Ora potete prendere il gatto, è già stato vaccinato e gli abbiamo messo anche lo spray anti pulci. E' sicuro come una cassaforte " rise di gusto alla sua penosa battuta e vedendo che nessun altro si era unito, andò a prendere il gatto.
" Spero che diventiate buoni amici " disse mentre salivo in macchina.


" Sono sicura che ci porterà un sacco di guai Nicole " disse mia madre sulla strada. La ignorai continuando a guardare fuori dalla finestra. Tenevo la gabbia in grembo.
" E non sai cosa mi ha detto il signor Sun in ufficio "
" Ah sì? " replicai indifferente
" Certo. Ha detto che la sua vecchia padrona è morta, una bambina Nicole. Morta ".
" E allora? E' inutile che cerchi di farmi cambiare idea ".
Lanciò uno sbuffo irritato
" Non sto cercando di farti cambiare idea, non potrò comunque avere indietro i soldi. Voglio solo informarti sul passato di quel...Gatto ". Pronunciò gatto quasi con rigurgito.
" Passato? Mamma, andiamo! E' un gatto, che vuoi che sia un gatto in casa? Abbiamo soldi a palate, un'abitazione spaziosa e i vicini non hanno problemi, dov'è il tuo problema?! "
" Abbassa il tono della voce Nicole o faccio subito marcia indietro ".
Strinsi i pugni trattenendomi. Avevo una voglia matta di uscire dall'auto e continuare a piedi.
" Io non mi prendo nessuna responsabilità, capito? E' tuo, lo accudisci tu, gli dai da mangiare, gli pulisci gli escrementi e prendi i soldi per il cibo dalla tua paghetta.. "
" ..MA..."
" L'hai voluto tu e ora ne paghi le conseguenze ".
Lanciando un ultimo sguardo pieno d'odio a mia madre tornai a guardare il sole tramontare.
Senza un motivo preciso la mia mente venne riaffiorata da Jeb. Se era morto e lo sapevano tutti, perché la Wickson affermava il contrario?
E di chi era quell'ombra?

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Capitolo 2
*** II ***


Vivevo in un piccolo quartiere circondato interamente dal bosco. Da meno di una settimana erano cominciati dei lavori di abbattimento di alberi. Avrei voluto fermarli, dopotutto il bosco era l'unico motivo per cui non ero ancora scappata da quel posto del cazzo, ma la proprietà era stata comprata da un riccone.
Scesi dall'abitacolo stringendo la gabbia che per poco non cadde e mi avviai verso il portone, seguita da una madre impazzita. Portai il gatto in soggiorno e poggiai la gabbia a terra. Rimasi a guardarlo, chiedendomi se avrei dovuto lasciarlo lì per un pò o aprirgli la strada verso il suo nuovo mondo. Feci un altro tentativo ed infilai il dito tra le sbarre. Si mosse impercettibilmente e tornò subito al suo fare indifferente. Con una nota di rabbia aprii la gabbia e lo incitai ad uscire. Non ne voleva sapere. Decisi allora di lasciarlo da solo e, richiudento la gabbia, raggiunsi mia madre in cucina.
" Come lo vuoi chiamare? " mi chiese
" Eh? Ah, il nome..Non ci avevo pensato ".
Aprii il frigo e presi la bottiglietta della panna montata
" Pensavo a..Jeb, ti piace? "
" Jeb? Che razza di nome è Jeb?! " disse quasi urlando.
Rimisi a posto la panna montata dopo essermela pappata e guardai quel frigorifero vuoto di schifezze
" E' carino invece, e dal momento che lo dovrò accudire io anche il nome è una mia scelta. Non trovi che sia giusto così? "
Lanciandomi uno sguardo furtivo tornò a pulire i piatti
" Sì..Daccordo, Jeb..Per Dio, che nome stupido! ".
Ignorando le sue lamentele tornai dal gatto speranzosa. " Jeeeeeb " intonai. Il gatto non c'era. Guardai nella gabbietta, vicino al divano, dietro l'armadio e le tende.
" Mamma! " urlai ansiosa. Fu allora che vidi la sua sagoma nel corridoio. In punta di piedi gli arrivai dietro e lo presi in braccio. Con un movimento allucinante mi graffiò il volto e corse sotto al letto della mia stanza in fondo al corridoio.
" Merda " dissi toccandomi la ferita. Sanguinava.
Corsi nella camera e guardai sotto il letto. Vidi i suoi occhi brillare nell'oscurità. Venni percossa da un brivido lungo la schiena. Quegli occhi...Avevano qualcosa di strano. Jeb fece un altro miagolio e si mise in posizione fetale. Presi dal comodino una pallina e cominciai a batterla a terra. " Jeb, guarda cosa c'è qua! ".
Miagolò di nuovo. " Cazzo amico, esci da qui subito! ".
Fece di nuovo quel verso agonizzante e tornai a sentire la stessa oppressione che avevo provato un paio di ore prima. C'era qualcosa, no..Qualcuno.
O forse stavo semplicemente impazzendo. Contro la mia volontà tornai a guardare verso Jeb. Il colore degli occhi era diverso, quasi azzurrognolo.
Sbattè gli occhi.
Occhi azzurri..Com'era possibile che potessero cambiare colore?
Un altro battito.
Feci andare il pomo su e giù. Allungai la mano verso gli occhi e fu allora che Jeb si svegliò aprendo i suoi. Rimasi con la mano a mezz'aria e la bocca aperta in quello che sarebbe dovuto essere un urlo. Il gatto miagolò senza abbandonare il mio sguardo pietrificato. Finalmente trovai la forza di urlare e lo feci come non mai. Non mi accorsi dell'arrivo di mia madre e dei suoi richiami disperati. L'unica cosa che vedevo erano quegli occhi azzurri. Quegli occhi che appartenevano a....Nessuno.


" Cole..Nicole! ". Rinvenni dopo quella che mi parve un'eternità passata a volare nel vuoto. Ero distesa a terra con mia madre che buttava goccie d'acqua sul volto. Era impallidita. " Grazie a Dio stai bene " borbottò senza voce. Con la vista offuscata lanciai uno sguardo perso a Jeb. Occhi gialli. Niente occhi azzurri. Azzurro. Avevo sempre odiato quel colore di merda. Dovevo aver avuto un'allucinazione bella e buona. Mi alzai tenendomi a mia madre e caddi sul letto.
" Come ti senti? " domandò sedendosi accanto. Non l'avevo mai vista tanto preoccupata.
In effetti non l'avevo mai vista preoccupata.
" Sto..Sto bene. E' solo un piccolo mal di testa "
" I mal di testa non ti fanno urlare come una matta e perdere i sensi, Nicole " disse rimproverandomi
" Senti mamma..Sto..Bene, è stato un mal di testa forte..Ok? ".
" Sai che non ti credo, ma se la metti così.." si alzò " Bevi dell'acqua, ti farà rianimare per bene "
" Va bene ".
Presi il bicchiere e ingurgitai lentamente acqua dal sapore insipido. Occhi azzurri. Avevo davvero avuto un'allucinazione?
NO.
Balzai in piedi rompendo il bicchiere in mille pezzi. " Nicole, che succede?! ".
Respirai grandi boccate d'aria " Mi è scivolato il bicchiere..Ora pulisco ".
Chi ha parlato?
Stavo davvero avendo le allucinazioni.
Diedi un calcio alla gamba del letto e uscì dalla stanza mentre mandavo a fanculo Jeb.
Solo allora un pensiero terrificante mi passò per la testa.
Chi aveva aperto la gabbia?

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Capitolo 3
*** III ***


" Non le manca Jeb? "
" Jeb non è morto tesoro, è sempre qui, con me "
L'animale siede sulle ginocchia della vecchia, guarda intensamente la ragazza seduta di fronte. Ha gli occhi vuoti ed inespressivi, ma vedono.
" Qui? Dove!? ".
La ragazza si agita spaventando il gatto. Corre sotto il tavolo, è un posto sicuro quello.
La vecchia si alza e va verso la porta. Il gatto segue la scena. Va tutto al rallentatore, il grigio della sua vista si è scolorito ancora di più. Vede solo delle ombre che si muovono e, di tanto in tanto, colori che spiccano in quel mondo desolato.
La ragazza si gira, lo guarda. Il gatto vede. Cose orribili. Terrificanti.
La porta si chiude, solo allora esce dal suo nascondiglio. Corre alla finestra.
Miagola sperando di attirare l'attenzione della ragazza. Deve avvertirla.
Cose orribili stanno per accadere. Cose terrificanti.



Diedi un pugno alla sveglia rimettendo la testa sotto al cuscino. Dopo neanche cinque minuti cominciò a suonare di nuovo.
Emettendo un gemito d'irritazione scostai la coperta e mi misi a sedere. La stanza era ancora immersa nel buio, così come il resto della casa. Nell'oscurità cercai Jeb. Le mani vennero a contatto con qualcosa di morbido e, quando mi voltai pronta a scacciare un urlo, lo trovai disteso accanto a me. Ancora stentando a crederci, accarezzai quel pelo folto che mi solleticava le mani. Il tizio del gattile aveva ragione, dopotutto.
" Dormito bene mostriciattolo? ".
Jeb mosse la coda infastidito, invitandomi a non toccarlo.
Invece continuai ad accarezzarlo. Il gatto aprì gli occhi assonnati e guardò i miei. Venni di nuovo percorsa da un brivido ma questa volta lo scacciai via a calci in culo.
Scesi dal letto e andai in bagno. Nel tragitto sentii mia madre russare come un ciccione. Risi di gusto smettendo solo quando sentii uno dei suoi " Fai silenzio! ".
Bevvi al volo del succo d'arancia e dopo aver lanciato un'occhiata all'orologio, corsi in camera a cambiarmi. Non volevo arrivare ancora una volta in ritardo e sentire la voce del vecchio rimbambito che avevamo come preside.
Misi una t-shirt azzurra ed una felpa con la cerneria. Mentre ero intenta a chiudere la zip dei jeans udii Jeb fare le fusa. In effetti lo sentivo da quando mi stavo cambiando. Presi lo zaino e mi sedetti accanto a lui. La stanza cominciò a sembrarmi un pò troppo buia.
Scappa.
Eppure avevo la luce accesa.
Jeb smise di fare le fusa. Guardai l'ora. 7: 15.
Dieci minuti.
Per prendere l'autobus.
Prima che cominci l'inferno.
" Mamma, sei tu? ".
..Eb
Eb?
..Jeb
Cosa diavolo...
" Nicole, sei ancora qui? ".
Saltai sul posto vedendo mia madre apparire davanti alla porta. Era una donna alta e dalle curve formose.
" Vedo che avete fatto amicizia, voi due ".
Annuii guardando il gatto. Provai odio nei suoi confronti. Ero sicura che anche lui sentisse la stessa cosa.
" Oggi pomeriggio vado a prendere la lettiera e i croccantini " m'informò mia madre. La guardai con una nota di sorpresa
" Non avevi mica detto che.."
" Ero stressata Nicole. Tuo padre..Sai.." fece finta di guardare l'ora " E' tardi, dovresti andare. Mi occuperò io del gat..Di Jeb ".
" Grazie " dissi dandogli un'ultima carezza.
Presi lo zaino e feci per uscire.
" Aspetta..Cos'è quel graffio sulla guancia? "
" Uno dei cocci del bicchiere mi ha presa in pieno " dissi fingendo di ridere. Lei rimase a guardarmi e dopo un pò assentì. " Se la metti così ".


" Sono io, Nicole ".
Il portone si aprì con un rombo. La Wickson abitava al penultimo piano. Il primo giorno mi ero chiesta come facesse a salire così tante scale. Mi aveva spiegato che usava una macchina collegata alla ringhiera, e quest'ultima la trasportava fin sopra come una funivia.
La trovai seduta sul divano con i ferri tra le mani e un sottofondo di musica classica che aleggiava nell'aria.
Senza rendermeno conto cercai la presenza di un gatto. Non ce n'era ovviamente.
" Come sta? " chiesi posando lo zaino sul tavolo.
" Si tira avanti " disse lasciando scivolare il maglione in grembo.
" E tu? ".
Volevo tenere la sorpresa per ultima ma non riuscii a trattenermi
" Tutto bene...La sa la novità? ".
" Credo d'essermela persa " disse alzando lo sguardo.
" Ho preso un gatto! " urlai gioiosa correndole incontro.
L'anziana fece una risata " Non vorrai mica schiacciarmi tesoro ". Bloccai l'abbraccio a mezz'aria arrossendo.
" Vuoi qualcosa da bere? " domandò.
Risposi di sì e mi feci fare uno dei suoi thè gustosi.
" Quanti anni ha? " chiese mentre preparava la bevanda.
" Umm..E' cresciutello. Quasi sei anni." risposi.
Si voltò tenendo il recipiente in mano " Quasi sei anni? "
" Bè..Sì. E' un problema? ".
Versò il thè nelle tazze e si appoggiò al divano
" Eccome se è un problema, avendo già avuto un padrone..Lo ha già avuto? ". Annuii.
" Esattamente. Impiegherà davvero molto ad abituarsi alla tua presenza dal momento che nella sua mente è impressa quella di chiunque l'abbia avuto prima di te. Ti sei informata? "
" Era una bambina, non so quanto grande, ma poi è morta e il gatto è finito nel gattile ". Notai un brusco cambiamento nell'espressione dell'anziana.
" Sta bene? " domandai raggiungendola.
" Sì, sì, sai come si diventa deboli a quest'età, e poi c'è la schiena che non mi da tregua. Cose che succedono " disse tornando quella di sempre. O almeno ci provò.
" A proposito " riprese una volta che tornai al mio posto " Come lo hai chiamato? E di che razza è? ".
"Je..Jeremy, il nome di un mio lontano..Parente, non lo trova carino? "
" Davvero "
" E' grigio, con strisce nere e qualche sfumatura di bianco sotto al mento e sulla pancia ".
" Deve essere bellissimo " disse tenendo lo sguardo fisso alle mie spalle " Comunque, devo andare un attimo al bagno, guarda pure la televisione " disse porgendomi il telecomando. Lo afferrai senza effettiva voglia di accendere quello stupido schermo. Appena la porta si chiuse mi misi in piedi. " Jeb? " sussurai.
Girai intorno al tavolo. " Sei qui? ".
Qui.
Guardai sotto al tavolo. Niente.
" Sei tu che parli? ".
Vicino all'armadio c'era un'ombra. Sì..Era un'ombra. Senza fretta e trattenendo il respiro le andai incontro.
Vicino.
Sempre di più.
E scoprì che era solo un vaso.
Risi prima lentamente, poi lasciandomi andare. Come potevo essere arrivata a questo punto? Stavo diventando pazza? Dio, stavo cercando di parlare con un gatto morto? Morto!
Iooowwwww.
Sentendo lo sciaquone tornai velocemente sul divano e accesi la televisione. La Wickson entrò nel soggiorno zoppicando con il suo fedele bastone. Guardava in basso, sorridendo
Iooowwww.
Si voltò verso di me, il sorriso svanito nel nulla. In quel momento ebbi la netta sensazione di essere di fronte ad un mostro. Sì, quella non era la Wickson, era un mostro. Una creatura uscita direttamente dagli inferi. " An-Anne? " biascicai tentando di mettermi in piedi.
" Dobbiamo parlare Nicole " disse cupamente.
Come costretta da una forza superiore tornai ad appoggiare il sedere sul materassino. " Di cosa..? "
" Jeb, il mio e il tuo ".



" Jeb? ".
Il gatto si avvicina alla ragazza. La richiama senza risultato.
" Sei qui? "
 La vede girare intorno al tavolo, poi va verso quello che chiamano armadio. Si ferma e comincia a fare strani versi, quelli che fanno quando si divertono. Quello che faceva anche lui quando era con lei. Dall'altra parte. Non è ancora entrato in quella, dove ci sono creauture terrificanti che fanno cose orribili. No, lui si trova in mezzo.
C'è lei a legarlo al suo mondo. Per ora.
Iooowwwww.
Si lecca una zampetta e corre verso la vecchia appena uscita dalla pupù.
Ioowwwww.
Lei lo guarda sorridente, ma appena riceve il messaggio diventa triste.
" Dobbiamo parlare " dice.
Jeb salta sul tavolo e guarda inespressivo la padrona. E' arrivato il loro momento, ma prima di andare devono avvertirla.
" Di cosa? "
" Jeb, il mio e il tuo ".

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Capitolo 4
*** IV ***


" J-Jeb? Come fa a sapere che.."
" Tutto a tempo debito " disse interrompendomi " E credimi, non ne ho molto ".
Il soggiorno era divenuto ancor più silenzioso di prima. Scorsi un'ombra sul tavolo, e per un'attimo mi parve di vedere la sagoma trasparente di una gatto...Quel gatto con cui avevo passato mesi della mia vita. La Wickson era tornata ad essere un umano (non che avesse cambiato sembianze) e sedeva di fronte a me, gli occhi stranamente pieni di vita.
" Nicole? Ascoltami per piacere ". Ingurgitando più saliva del dovuto e pententomi di essere venuta a trovarla, porsi la mia attenzione all'anziana signora.
" Dimmi dov'è Jeb "
" ..Come? "
" Dov'è il mio Jeb, dov'è il nostro gatto " ripetè quasi urlando.
" E'..E' morto..Credo ". Una scintilla apparve nei suoi occhi
" Non esattamente Nicole. E' morto, ma è ancora vivo ".
Trattenni un urlo di frustrazione. Morto ma vivo? Che diavolo significava!?
" E' stato lui a dirmi che hai chiamato così il tuo gatto. Ed è stato lui a dirmi che è un pericolo per la tua vita ". Stavo per ribattere ma mi fermò con un cenno della mano " Lo so che non credi a una singola parola di quello che sto balbettando tesoro. Jeb? Vieni qui ". Rimasi pietrificata a guardare la scena. Anne avanzò le braccia nell'aria e fece per prendere qualcosa tra le mani. Solo allora mi accorsi di un piccolo particolare. Non c'era più niente sul tavolo. Rimasi a guardarla per un minuto, fino a che non proferì parola " Quel graffio " disse " E' stato Jeb, l'altro, a farlo. Cercavi di prenderlo in braccio. Giusto? ". Sorrise, e senza attendere continuò " Sei..Sei svenuta, ieri sera, e hai rotto un bicchiere. Anche questa volta centra Jeb. O sbaglio? ". Mi trovavo in balia delle lacrime, ero distante dal mondo, da quel soggiorno, da quel maledetto divano. Non sentivo più le vibrazioni del mio corpo, ero terrificata.
" S-.....Come... " balbettai stentando a riconoscere la mia voce stridula.
" Non lo vedi, ma è il mio amico a dirmi tutto. Una settimana fa sono uscita a fare la spesa. Pensavo di aver chiuso bene tutte le porte e le finestre, e invece mi sbagliavo. Jeb è uscito nel balcone come faceva ogni giorno, e mentre guardava ipnotizzato un uccelino è scivolato dalla ringhiera. E' caduto, era spaventato e disorientato. Per questo è corso alla cieca ed è finito sulla strada. Una macchina lo ha mancato per poco, il guidatore è sceso e lo ha preso, portandoselo via ". Una lacrima le attraversò la guancia " E' finito nelle mani di uno psicopatico. Il mio tesoro....Lo ha torturato, e dopo averlo tenuto a digiuno per giorni godendo delle sue sofferenze, gli ha tolto la vita senza pietà. Il corpicino di Jeb giace sotto metri di terra, tagliato in tanti piccoli pezzi irriconoscibili ".
Iooowwww.
Avevo cominciato a singhiozzare. Fin da sempre ero convita di riuscire a sopraffare ogni sorta di situazione. Non avevo pianto dopo la morte dei miei nonni, non avevo pianto quando avevo scoperto di essere stata adottata, non avevo nemmeno pianto tanto in seguito alla sparizione di mio padre.
Jeb. Quel piccolo micio mi aveva catturata, i suoi piccoli occhi innocenti sostavano davanti ai miei mentre cercavo di coprirli goffamente.
" E' tornato da me " la sentii dire " Non ho inteso come funzioni, ma io, il mio amore nei suoi confronti, il nostro legame, gli facciamo da cordone ombelicale a qeusto mondo. Mi ha detto che è il mio angelo custode, sapessi io come me li immaginavo gli angeli " disse con una risatina " Ha raccontato tante cose di cui non sapevo niente, cose che tutti noi ignoriamo. Il luogo dove sarebbe dovuto finire è terrificante, pieno di creature indescrivibili, esseri deformi che urlano di dolore. Una volta che sarò morta il cordone si spezzerà e Jeb volerà via come un uccellino laddove dovrebbe stare. Non so se potrò rimanere con lui, è l'unico pensiero che mi tormenta. Ma, anche se quel Dio cercherà di fermarmi, farò in modo che il mio Jeb non finisca in quel posto ". Prese fiato e liberò ciò che le stava tra le braccia " Ti chiederai cosa centri tutto questo con te ".
Prese la tazzina del thè ormai freddo e bevve un sorso " Mi hai detto che prima di te, il gatto ha avuto una bambina in seguito morta. Morta. E' questo il punto Nicole. Chiunque quella ragazzina sia è morta...Assassinata, per esattezza, e cercherà di rimanere attaccata al cordone che la lega al nostro mondo a tutti i costi "
" Jeb.. " sussurai cominciando a capire
" E' ciò che la lega qui, e tu glielo stai portando via. La bambina è molto cara allo stesso Jeb, e non ti permetterà di prendere il suo posto, qualsiasi cosa tu faccia per entrare nelle sue grazie ".
" E allora cosa.."
" Devi ucciderlo ".
Prese il bastone e alzandosi a fatica mi raggiunse. Le sue parole eccheggiavano nella mia testa come una pallina. Devi ucciderlo. Jeb. Il tuo gatto. No. Il suo gatto.
" Nicole? Nicole?! Guardami, ascoltami, devi ascoltarmi! ". Mi voltai verso di lei senza effettivamente vederla. Tutto ciò che i miei occhi riuscivano a percepire era l'arrivo dell'oscurità.
" Devi farlo Nicole, così renderai pace a tutti e due. Lei non finirà in quel mondo pieno di sofferenza e Jeb non dovrà più sopportare il suo peso. Staranno di nuovo insieme,  per sempre ".
" Non posso...Non.."
" Vuoi lasciarlo soffrire? Vuoi che facciano soffrire anche te? Ragiona Nicole! Se non lo farai sarà lei a ucciderti, Jeb morirà e la bambina si ritroverà in un mondo orribile! "
" Perché devo uccidere per renderli felici!? " urlai all'improvviso " Cosa cazzo centra la morte con la felicità? Come può qualcosa che porta solo dolori e sofferenze rendere qualcuno felice!  ". Scostai il suo braccio alzandomi " Devo andare..La mamma mi starà aspettando ".
Una pressione circondò il mio braccio. Per essere vecchia era molto forte
" E' stata assassinata, e per questo deve soffrire come ha sofferto mentre perdeva la vita per l'eternità. Ti sembra giusto Nicole? Guardami, e dimmi come puoi avere il coraggio di lasciare che ciò accada! Jeb non aspetta altro Nicole, uccidilo e falli riposare in pace ".
Lentamente, molto lentamente, annuii con la testa. Sentii allentare la pressione e un rumore alle mie spalle. Mi voltai trovandola in piedi
" Devi farmi un altro favore Nicole " disse prendendomi per mano
" Il mio Jeb mi sta aspettando. E solo tu puoi riunirci, evitando che finisca in quel postaccio ".
Una piccola sagoma ci raggiunse sul divano.
Iooowwww.
" Chiuderò gli occhi, e tu farai lo stesso. Così nessuno vedrà " disse quasi bisbigliando " E non soffrirò " proferì
" E' una promessa ".





Sedevo sul divano immersa nel silenzio più totale. Il corpo di Anne era nel suo letto. Nessun'ombra era più apparsa. Nessun gatto. Lasciai cadere le lacrime e con loro tutto il dolore che stavo provando. L'avevo uccisa, con le mie mani. Uccisa. Sì, uccisa, messa a dormire per sempre.
Urlai a quella stanza vuota, urlai a me stessa, a Chu Sun, a Jeb, al mondo. Piansi per un tempo indefinito.
Anne aveva intriso un fazzoletto con del veleno, e muovendo la mia mano come una marionetta lo aveva fatto appoggiare sulla bocca. Avevo fatto pressione. Troppa. L'avevo vista agonizzare, tossire, stringere la gola e il viso. L'avevo uccisa. Nemmeno il pensiero di lei e Jeb insieme mi rassicurò. Ero colpevole, le avevo tolto la vita. Io.
Asciugai le lacrime e raggiunsi con una lentezza esasperante il mio zaino. Tra due giorni sarebbe arrivata la figlia della Wickson. Avrebbe trovato il corpo della madre, il fazzoletto con le sue impronte. Suicidio, doveva essere la diagnosi. E invece..
L'ho uccisa io.
Uscì di casa e scesi senza far rumore le scale. Il sole era ancora in cielo, gli uomini spensierati nelle loro azioni.
Devi ucciderlo.
Con quell'unico pensiero, m'incamminai verso casa.

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Capitolo 5
*** V ***


" Sono a casa " dissi mentre aprivo la porta. La casa era silenziosa e per fortuna illuminata. Richiusi la porta alle spalle . Non c'era traccia di mia madre. Controllai in cucina, nel soggiorno, nella sua camera da letto. Dappertutto.
Tranne nella mia stanza. C'era Jeb, lì. Era l'ultima cosa che volevo vedere in quel momento. Facendomi forza feci il primo passo verso la camera in fondo al lungo corridoio. Quando fui abbastanza vicina udii qualcosa. Aspettando il peggio, trovai mia madre intenta a riempire un piattino di croccantini. Trattenni controvoglia le lacrime vedendo i preparativi che aveva fatto per Jeb. Si voltò sorpresa nel vedermi " Finalmente ti sei fatta viva! " disse sorridendo come mai aveva fatto prima. Prese lo zaino dalle mie spalle e andò a metterlo nell'armadio
" Ho preso tutto il necessario " m'informò mentre chiudeva l'anta " Lettiera, ciotola per l'acqua, il cibo, la sabbia, e anche un piccolo topolino con cui potrà giocare. Vedrai come sarà contento il tuo amico! ".
Devi ucciderlo
" Gli ho anche fatto il lettino con il tuo vecchio passeggino, e sembra proprio che abbia gradito il regalino ". Jeb dormiva profondamente nel passeggino sistemato accanto al mio letto. Gli andai incontro e lasciai che la pelle delle mani fosse solleticata dal suo pelo, gli diedi una grattatina tra le orecchie. Conclusi con un bacio sulla testa.
Devi ucc...
Vaffanculo.
" Grazie mamma "
" E di cosa? Non pensare più al mio comportamento brusco che ho avuto nei tuoi confronti Nicole. Da quando tuo padre se n'è andato...Vedere vuoto il letto accanto al mio...Ah, ho pensato che per te dovesse essere molto peggio. Quando hai parlato del gatto mi è sembrata un'ottima occasione per vederti sorridere di nuovo..Vedrai, io, te e Jeb. Solo noi tre e una nuova vita, una vita migliore di questa ".
Mentre parlava rividi il viso della Wickson gemere sotto le smorfie di dolore, rividi il suo volto contratto dalle grida e l'ultimo respiro esalato.
L'hai uccisa
E ora devi ucciderlo
" Una nuova vita.." ripetei
" E per cominciare in bellezza farò le lasagne! ". Feci un sorriso forzato e la guardai uscire dalla camera.
Mi sedetti sul letto e scacciai il volto tra le mani. Le lacrime cominciarono ad uscire ancor prima che potessi cominciare a piangere. Avevo ucciso Anne, una persona. Ero diventata un'assassina. E ora dovevo fare lo stesso con Jeb. In quel momento di disperazione maledii la Wickson per avermi convinto a fare ciò che avevo fatto.
Iooowwww
Alzai lo sguardo. Jeb si era raddrizzato nel passeggino e mi fissava.
Occhi gialli. Niente occhi azzurri.
" Non andremo mai daccordo eh? " borbottai ingoiando involontariamente delle goccie. " Allora vattene! Tornatene dalla tua bambina, tornatene in quel cazzo di gattile! ".
Continuò a fissarmi imbambolato facendomi sentire stupida. Non sarei riuscita ad ucciderlo. Almeno non quel giorno.
Domani. Domani sarebbe stato perfetto. Con la mamma al lavoro avrei avuto tutto il tempo per simulare una morte casuale..Magari gli avrei fatto mangiare qualche sostanza pericolosa, oppure l'avrei portato nel bosco e...Scacciai quei pensieri orrendi. Non oggi. Domani.





La vecchia apre l'anta dell'armadietto e tira fuori una piccola fialetta contenente liquido verdastro. Esita un attimo, poi lo porta nella camera da letto, dove l'attende la ragazza con un fazzolettino. Sta piangendo, il pavimento è bagnato peggio di quando ti pisci nelle mutande. L'anziana la circonda con le braccia e dice frasi di consolazione. La ragazza annuisce e le porge il fazzoletto, il quale viene imbevuto delicatamente con il liquido. Si distende sul letto e dice alla ragazza di avvicinarsi. Le fa indossare dei guanti e guidandole la mano appoggia il fazzolettino sul proprio volto. Per un attimo non accade nulla, poi, in una piccola frazione di secondi, la pelle comincia a bruciare. Non riesce a trattenere le urla, grida dolorante mentre il rosa del viso diventa un nero putrido. Gli occhi sono in fiamme, i bulvi sono sul punto di saltarle fuori dalle orbite. Li copre con le mani evitando per un pelo il peggio. L'inferno dura per un tempo che pare interminabile a tutte e due. L'anziana smette di urlare con la stessa velocità con la quale aveva iniziato, e si lascia abbracciare dall'oscurità eterna. Che Dio ti benedica, sono i suoi ultimi pensieri. Che Dio ti benedica, Nicole.






Mi svegliai di soprassalto con il respiro affannato. Tastai il comodino trovando il bicchiere d'acqua. La gola secca prese vita in un batter d'occhio. Mi alzai e accesi la luce. Jeb mi degnò di un solo sguardo, tornando a sprofondare nel suo riposino nel passeggino. Erano le otto di Sabato mattina e mi aspettava una lunga straziante giornata. Mi vestii in fretta e furia e mi liberai correndo in bagno. Quando uscii trovai mia madre in soggiorno a bere caffè e leggere un giornaletto rinsecchito.
" Come siamo mattinieri " esordì appena mi vide. L'espressione gioiosa mutò in un fare sospetto quando notò i vestiti. " Vai da qualche parte? " domandò.
" Devo restituire un libro in biblioteca " fu la mia risposta. Non era una bugia, dovevo veramente andare in biblioteca. Ma la meta era un' altra.
" Tornerò per pranzo, promesso ".
Lei annuì ancora indecisa " Non vuoi che ti accompagni? "
" No, no, credimi, prendo l'autobus e in quattro e quattr'otto sono di nuovo qui. Ci vediamo dopo " conclusi in fretta.





La biblioteca non era ne grande ne piccolina. L'entrata dava su un salone abbastanza spazioso munito di un grande tavolo e le rispettive sedie. Il resto dello spazio era occupato da scaffali pieni di libri e la reception. Ringraziando il cielo di aver trovato Jusie al bancone, le andai incontro. Era una donnona grossa ma dall'aspetto fine. Mi salutò con un sorriso smagliante. Risposi cercando di nascondere la preoccupazione.
" Una bella giornata come questa non si vedeva dai tempi della guerra mondiale " disse da dietro il bancone. Annuii senza sentirla e andai subito al punto " Emm.."
" Spara " mi spronò
" Avrei bisogno di un passaggio "
" E perché no? Dove devi andare? "
" E' un negozio qui vicino.." restai sul vago
" Uhmm, daccordo, ci vediamo tra cinque minuti davanti alla mia macchina, è parcheggiata sul retro. Il tempo di fare cambio con Sue e arrivo ". Dopo aver detto un grazie pieno di gratidudine uscii ad aspettarla.


" Allora, dove andiamo? " mi chiese una volta a bordo del suo pickup.
" South Pown ".

Sulla strada cominciò l'interrogatorio.
" Mamma era al lavoro eh? "
" Sì..Torna stasera..Grazie mille per il passaggio Jus "
" Ma figurati. E dimmi, perché vuoi andare così lontano alle dieci di Sabato mattina? "
" Be..E'..Un regalo per un'amica..Per il compleanno di domani ".
" Un compleanno! E non mi hanno invitata! " scherzò. Tirai un sospiro di sollievo.
" L'hai sentita la novità? "
" E? " borbottai distratta
" Una vecchietta dei tuoi paraggi è schiattata, la notizia è passata per i telegiornali. Non hai sentito? ".
Il cuore cominciò a battere velocemente. La figlia non doveva mica arrivare il giorno seguente?
" ...Cole? Ehi, ci sei? "
" Non ne sapevo niente. Ieri sono andata a letto presto, ho passato una settimana di scuola stressante ".
E se mi avessero scoperto?
" La prima diagnosi è quella di suicidio. Perché una novantenne dovrebbe ammazzarsi quando deve morire di lì a poco? Che mondo di merda ".
No, non rischiavo niente. Anne non l'avrebbe permesso. Però..Chi aveva dato l'allarme?




" Vuoi che ti aspetto qui? "
" Bè..Se vuoi "
" Ai suoi ordini capitano! " disse scherzosa Jusie. Chiusi la portiera dell'auto e m'incamminai verso l'edificio decadente. Non era cambiato niente dall'ultima volta. Stesso odore nauseabondo, stesse strade rovinate e piene di immondizia. Scorsi Chu con la donnina contro la quale avevo sbattuto un paio di giorni prima. Appena mi notò il suo volto sbiancò e liberandosi della donna si inoltrò nel suo ufficio. Corsi a passi pesanti verso di lui ma la porta mi venne sbattuta in faccia " Siamo chiusi! " disse l'uomo dall'altra parte.
" Non devo comprare niente! Le chiedo solo due minuti per favore, apra la porta ". Forzai la maniglia senza risultati
" Non dobbiamo parlare di niente " continuò imperturbabile l'altro " Se ne vada "
" Apra la porta! Due minuti, nulla di più ".
" Ho detto di no! ".
Stavo per supplicarlo un'ultima volta quando un'ombra apparve accanto alla mia. " Non l'ha sentito? " disse la donnina con marcato accento orientale " Se ne vada da qui o chiamo la polizia! "
" La prego, è una questione importante signor Chu, apra questa porta, la scongiuro! Due minuti soltanto, du.."
La donna mi prese per il braccio e tirò indietro facendomi cadere rovinosamente. Sperai di essere fuori dal campo visivo di Jusie.
" Ora vai via! " urlò sputacchiando ovunque. La porta alle sue spalle si aprì e Chu fece la sua comparsa. Rimasero a borbottare nella loro lingua. La donnina si allontanò lanciandomi uno sguardo rabbioso, Chu mi aiutò a rimettermi in piedi " Chiedo scusa da parte sua, delle volte sa essere una vera..Come dite voi? Rompiscatole ".
" La prego, devo parlarle, è importantissimo mi creda ". Chu entrò nell'ufficio facendomi cenno di seguirlo. " Speravo con tutto il cuore di non rivederti più " disse una volta che la porta fu chiusa ". Rimanemmo in piedi a guardarci. Fu Chu a rompere il silenzio " Sei qui per il gatto.."
" Sì ".
" Cosa..Cosa vuoi sapere? "
"  Je..Il gatto ha avuto un'altra padrona prima di me, una bambina..Sa dirmi qualcosa a riguardo? ".
L'aspetto dell'uomo divenne radicalmente più cupo. Grattandosi la testa mi mostrò la sedia
" Ho qualcosa negli archivi " disse ma poi parve ripensarci
" Ho qualcosa anche nella mia testa. Non è una storia per bambini. Come dite voi? Uomo avvisato, mezzo salvato ".





Ariel prese il topolino e girò il minuscolo tastino per accenderlo. Il giocattolo cominciò a muoversi per la stanza, ma Jeb rimase fermo a guardare lei. Quel gatto la rendeva stranamente nervosa. Fin dal primo giorno le era parso diverso, e da quando era arrivato Nicole aveva cominciato a comportarsi in modo strano.
" Non sono brava a farmi amici " gli parlò amorevolmente " Ma spero proprio di diventarti amica ". Qualcunò suonò alla porta. Gli diede una delicata carezza e andò ad aprire. Si sarebbe aspettata chiunque ma non degli uomini in divisa.
" Sì? " domandò con un'improvvisa nota di paura.
" E' qui che abita Nicole Redman? ". Ariel annuì con ulteriore tremore alle gambe. Cosa volevano dalla sua bambina? Era morta? L'avevano uccisa?
" Sua figlia è stata uccisa da un maniaco, l'ha violentata e poi ha mangiato i suoi resti ".
" Una signora è deceduta, ieri, e sulla scena abbiamo trovato le impronte di sua figlia. Dobbiamo fare alcune domande "
" Non è in casa...Si può sapere cosa volete da lei?! "
" Gliel'ho detto signora, le sue impronte sono sulla scena. Sono le uniche impronte effettivamente. E' la principale indiziata e per questo vorremmo porle delle domande di procedura. "
" Non è in casa "
" Dove possiamo trovarla? ".
Fu ad un passo dal mentire
" E' andata in biblioteca ".
L'uomo stava per andarsene quando Ariel lo fermò " Aspetti! Voglio venire anche io ". Senza aspettare una risposta dal poliziotto la donna chiuse la porta e lo spronò a muoversi. Avrebbe dimostrato a quegli incompetenti che sua figlia non aveva fatto niente.
Eppure Nicole le era sembrata così distante, così diversa.
Aveva detto di andare in biblioteca ed erano già passate due ore.
Il suo istinto di mamma le disse di non preoccuparsi, ma quell'altro istinto si era già messo in moto. Se lo sentiva.
Stava per accadere qualcosa di brutto.

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Capitolo 6
*** VI ***


" Buona giornata! ". Sue salutò il ragazzino e lo guardò uscire con il libro sottobraccio. Stava per tornare a sistemare le sue cose sul computer quando il portone si aprì di nuovo e un poliziotto fece la sua comparsa seguito da una donna. Notò subito l'espressione agitata e nervosa. L'aveva già vista da qualche parte ma non riusciva ad inquadrare il volto. Come sperava non accadesse, l'uomo si diresse verso di lei con fare teatrale. Cosa diavolo voleva da una bibliotecaria?
" Buongiorno! " disse cercando di rimanere calma e non perdere la sua compostezza. L'uomo tirò fuori il distintivo. Come se non vedessi che sei un poliziotto pensò Sue. Volevano sempre farsi notare quei piedipiatti.
" Sto cercando una ragazzina " esordì con sguardo ferreo
" Vengono molte ragazzine, qui " rispose Sue calma.
L'uomo borbottò qualcosa alla donna accanto a lui. Fu allora che a Sue venne in mente chi fosse
" E' la madre di Nicole? "
" Nicole? " disse il poliziotto
" Nicole " concluse la madre con una strana voce.
" Sì..Nicole, è per caso venuta in biblioteca oggi? " domandò il poliziotto ricomponendosi velocemente.
Sue cominciò a fare mente locale. Alle otto era giù negli archivi a sistemare i libri, alle nove e mezza era andata a bersi un caffè, verso le dieci e mezza Jusie le aveva chiesto di prendere il posto per..
" Ora ricordo! " disse quasi saltando sul bancone " Cioè..Certo, ho fatto il cambio con una collega perché Nicole aveva bisogno di un passaggio, almeno così mi ha detto Jusie "
" Jusie? "
" Quella che doveva dare il passaggio "
A quelle parole lo sguardo della madre della ragazza s'incupì. Sue si chiese cosa fosse successo.
" Le ha detto dove andavano? "
" Umm...Prima di venire qui sono andata a cambiare il disco orario della macchina..Le ho sentite parlare di un negozio vicino..Un certo Pon..Pown, non ricordo bene dal momento che erano dentro l'auto. E' tutto quello che so ". Sue mostrò la sua faccia più dispiaciuta che sapeva fare, ma le uscì solo una specie di smorfia.
L'uomo la ringraziò e le diede il proprio biglietto " Nel caso la rivede, mi chiami, a qualsiasi ora ".
Sue annuì. Li guardò andare via e solo allora le venne in mente di non avergli dato il numero di telefono di Jusie. Poliziotto incompetente, pensò correndo a prendere il proprio telefono dagli archivi.






Una volta fuori dalla biblioteca Ariel fece un lungo respiro. Sapeva dove era Nicole, ma avrebbe dovuto dirlo a lui?
Seguì il poliziotto fino alla macchina, parcheggiata da un lato sul marciapiede.
Dirlo..Non dirlo..Cosa?
Aprì la portiera e prese posto, assalita subito dall'odore di chiuso.
Il tempo passa Ariel, fai una scelta. Dirlo..Non dirlo..Dirlo..Non dirlo..Cazzo!
Sbattè il pugno sul cruscotto appena prima che il poliziotto entrasse nell'abitacolo.
" Ha idea di dove possa essere andata? " le chiese.
Ariel cominciò a tremare perdendo all'improvviso il proprio controllo.
Calmati dannazione, c'è in ballo tua figlia.
" No " rispose con voce ferma.
L'uomo rimase a guardarla per un paio di minuti che le parvero interminabili, infine mise in moto l'auto
" La lascio a casa, continuerò le ricerche per conto mio..Appena la ragazza torna a casa, se torna a casa, chiami su questo numero ".
Ariel ripose il bigliettino in tasca
" Posso contare sul suo aiuto? "
La donna annuì. " Si può fidare ".
Non contarci troppo però.






Jusie accartocciò il foglio e lo buttò fuori dalla finestra. Faceva un caldo asfissiante dentro l'auto e lei si stava rompendo i coglioni. Quanto ci stava impiegando a prendere un regalo? E che regalo poi, in un posto sperduto come quello! Forse avrebbe dovuto andare a dare un'occhiata, giusto per accertarsi che andasse tutto bene. Mise la mano sulla maniglia quando il telefono sul cruscotto cominciò a squillare. Tempismo dei miei stivali pensò.
" Come la va Sue! " fece scherzosa dopo aver letto il nome sul display.
Ma la voce dall'altra parte non era per niente scherzosa. Il sorriso le morì dopo le prime parole pronunciate da Sue
" La polizia è venuta qui, cercavano la ragazza che hai portato con te "
" La polizia? "
" Sì, c'era anche sua mamma. Non so per cosa la cercano..Fai attenzione, magari è qualcosa di pericoloso. Va tutto bene lì? ".
Jusie lanciò uno sguardo verso l'edificio. Da quanto era dentro Nicole?
" Sì..Sì, tutto a posto. Stanno per caso venendo qui? "
" Ah, non so dove sia qui e non so se stanno venendo qui " rispose l'altra.
" Beh..Grazie per avermi avvertita Sue, sei un'amica "
" Figurati..E ricorda, mi devi un caffè ".
Dopo i saluti Jusie ripose il telefono in tasca e tornò a guardare l'edifico. Nessuna traccia di Nicole.
Aprì la portiera assaporando l'aria fresca.
Fai attenzione, magari è qualcosa di pericoloso.
Esitando ancora un attimo e controllando se fossero in arrivo auto della polizia, s'incammino verso l'edificio decadente.







Dopo dieci minuti Ariel si alzò dal divano e uscì di casa. Entrò in auto controllando prima ogni angolo di strada. Mise in moto l'auto e partì.
Non notò l'uomo mescolatosi agli operai di demolizione
" Il microcip è stato messo " disse quest'ultimo ad un microfono
" Ce l'abbiamo in pugno ".







Chu prese posto sulla sedia e Nicole seguì il suo esempio dopo un attimo di esitazione. Cominciava ad avere paura.
" Allora " cominciò l'uomo
" Si chiamava Denise, capelli castani, occhi a mandorla dallo sguardo profondo. Era una bambina meravigliosa. Venne qui con sua madre, aveva sei anni al tempo. Sua madre aveva una personalità alquanto strana. Non si fermava un secondo, percorreva tutto il corridoio dello stanzone dei gatti e ricominciava daccapo quando veniva fermata dal muro. Parlava da sola, muoveva le mani all'aria senza motivo. Erano i sintomi di una persona disturbata qui dentro " si toccò la tempia " ma un semplice venditori di gatti non poteva sapere che un malato mentale potesse arrivare ad orrori simili. Comunque sia, lasciai la madre impazzire per conto suo e portai Denise a fare un giro delle gabbie. Ad ogni gabbietta si fermava e rimaneva a parlare all'animale per interi minuti. Delle volte fui costretto a smuoverla io stesso. Li amava tanto, i gatti. Non capisco come si possa arrivare ad uccidere una bambina tanto speciale come lei.."
" Come morì? " chiesi senza mettergli fretta. Chu fece una piccola pausa
" Dopo aver lasciato la bambina a decidere quale gatto volesse, andai a parlare con la madre. Non era nelle mie intenzioni, non era nemmeno nella lista delle cose che volevo, ma la sentì parlare al telefono. Disse cose che allora per me non avevano senso, ma se ci ripenso oggi mi salgono i brividi. Ho le parole sotterrate nella mia testa, da quando è successo.
Non adesso scemo. NO! Fidati di me. Lasciamoli insieme per un pò,. dobbiamo aspettare che si crei il legame.. Cinque anni. Sì..Tra cinque anni è perfetto.
Cinque anni dopo uccise sua figlia. Sono andato al funerale, non che ci fosse un corpo a cui dare degna sepoltura. Quella bastarda..". Il silenzio calò nell'ufficio. Una lacrima scese lungo la guancia dell'uomo, il quale non cercò nemmeno di nasconderla. Istintivamente gli presi le mani poggiate sulla scrivania
" So quello che prova " dissi lasciando che le parole facessero effetto " Ma deve continuare. E' importante per me, la prego..".
Chu ritirò le mani " I resti della bambina non sono mai stati ritrovati. Se sappiamo come sono andate le cose è perché lo stesso giorno la donna andò a costituirsi e raccontò dell'orrore che aveva commesso. Non era pentita, non era addolorata. Semplicemente, sembrava essersi svuotata di tutte le emozioni esistenti ". L'uomo si alzò all'improvviso e andò in un'altra stanza. Rimasi seduta pensando che non riuscisse più a continuare. Tornò con un registratore tra le mani. Senza dire niente si sedette e lo accese. Il nastro partì dopo quindici secondi
" Jake Kowalski, ufficiale incaricato dell'interrogatorio di Susan Robinson. Ore 00.32. Ammette di aver ucciso sua figlia, Denise Robinson? "
" Sì "
" Può descrivermi, passo dopo passo, come l'ha uccisa? "
- Dieci secondi di silenzio -
" Sono andata a prenderla a scuola alle 16.30. L'ho portata al parco con la sua amica Charlie. Alle 17.30 siamo tornate a casa. Mi ha fatto vedere il compito di scuola, dieci e lode. Le ho detto Brava, continua così finché puoi. E' corsa in camera a giocare con il gatto. Nel frattempo ho deciso che, prima di ucciderla, le avrei preparato tutti i suoi piatti preferiti. Lasagne, Crepes, le crocchette di pollo, una torta alla crema. Non c'era tempo purtroppo. Così le ho fatto solo la torta. Mi ha chiesto i soldi per la gita della settimana seguente. Glieli ho dati per farla contenta, dopotutto non sarebbe durata nemmeno fino al giorno dopo "
- Risata isterica -
" La prego, continui "
" Ho cominciato alle 20.30. Guardava i Looney Tunes alla televisione. Mi sono seduta accanto a lei e mentre rideva per qualcosa accaduto nel cartone, le ho preso la gola tra le mani. Ho provato una strana eccitazione vedendo la sorpresa nei suoi occhi. Lo trovavo divertente. Sono una madre pessima vero? "
" Continui "
- Sbuffo da parte della donna -
" Come vuole. Ha cominciato a piangere, non che riuscisse a farlo con la gola stretta. Mi pregava di smetterla. Ma io mi stavo divertendo, lo capisce? Tutti hanno bisogno di divertirsi. Ma poi è arrivato quel maledetto gatto e ha cercato di mordermi. Ho lasciato il collo di Denise per occuparmi di lui e lei è corsa via. Le sono andata dietro, l'ho o presa e stesa a terra. Non farmi del male, strillava. Sa quando uno non può più di qualcosa? Ecco, io non ne potevo più delle sue grida, così ho preso il coltello dalla tasca e le ho tagliato le labbra. Si è zittita sul colpo obbediente come sempre, la mia bambina. Vedere l'orrore nei suoi occhi mi ha spinta a continuare. Mi stavo divertendo un mondo. Però l'ho fatto anche per il suo bene, e poi era arrivato il suo momento. Dovevo farla soffrire, capisce? Dovevo! DOVEVO! "
" E perché doveva? "
" Non capiresti, poliziotto di merda. E non troverete neanche il suo corpo. L'ho tagliato in tanti piccoli pezzi bruciati nel camino. Oh, avresti dovuto vederla. Il rosso le stava benissimo, sembrava una principessa. L'ho costretta a guardarsi allo specchio, abbiamo anche fatto delle bellissime foto. Le ho pure fatto finire la torta, l'abbiamo mangiata insieme, madre e figlia...L'ho fatta morire felice! Le madri dovrebbero seguire il mio esempio...La torta fa sempre felici, no? E non mi ha nemmeno ringraziata! Dopo che ha finito la torta le ho dato il colpo di grazia. Mi ha chiesto il perché.. Pff, ti ho fatto vivere cinque anni stupendi in più, cos'altro vuoi?! "
" Perché l'ha fatto? Come ha potuto uccidere sua figlia senza alcun rimorso! "
- Silenzio -
" Ci sono cose che è meglio non sapere mi creda "
" Lei deve dircelo Susan, solo così potremo salvarla dalla pena di morte "
" Morte...Ci sono cose peggiori della morte, Jake. Credete che io sia pazza, che non abbia un cervello con cui pensare? Allora dico che avete ragione, tutta la mia piena ragione. Ma sono ammattita perché ho saputo cose che voi non potete neanche immaginare. La morte non è la fine, è solo l'inizio di altra sofferenza. Per questo ho ucciso mia figlia. L'ho fatta soffrire, così non dovrà patire una volta arrivata lassù. Non finirà in quel mondo orribile che mi hanno fatto conoscere. No. Non l'avrei mai permesso. Morte. E' tutto ciò che desidero. Una morte lenta e dolorosa ".



Il nastro si fermò facendo calare un silenzio di tomba nella stanza. Tenevo gli occhi puntati sul registratore, incapace di parlare. Tutto ciò che riuscivo ad immaginare era il dolore di una povera bambina uccisa dalla stessa madre. Stavo piangendo, ma me ne accorsi solo quando Chu mi porse un fazzoletto.
" Ti senti bene? " chiese l'uomo
Annuii con la testa. " E'...Incredibile " riuscii a dire.
" Sono riuscito ad avere il registratore da un amico che lavorava nella polizia. Non sai quanto coraggio mi sono fatto per portarlo fuori dalla cassaforte "
" Che fine ha fatto Susan? " domandai ancora intenta ad asciugare le lacrime
" E' morta ovviamente. Non le hanno dato la pena di morte, così si è fatta pestare a sangue dagli altri detenuti. La mente umana è davvero un universo immenso ed inesplorato ".
Qualcuno bussò alla porta. Ci voltammo tutti e due sull'attenti.
" Chi è? " disse Chu alzandosi lentamente
" Jusie, sto cercando Nicole ".
E in lontananza, o forse era solo frutto della mia immaginazione, mi parve di sentire delle sirene.

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Capitolo 7
*** VII ***


Chu si alzò ancora incerto sul da farsi e, mettendo il registratore in tasca, andò ad aprire la porta. Jusie era in piedi con le braccia incrociate ed una strana espressione sul volto.
" Ero preoccupata, per questo sono venuta a cercarti " mi disse mentre li raggiungevo alla porta. Mostrai un sorriso per niente sincero e salutai Chu
" Preso il regalo? " mi domandò lei all'improvviso. L'uomo mi lanciò un'occhiata perplessa e io fui sul punto di cedere dal panico " Sì..Cioè....Chu? La spedizione per quando è prevista? "
" Spedizione? " mi chiese quest'ultimo ancora più spaventato
" Sì, quella del gatto per la mia amica.. "
" Oh! " gioì lui una volta afferrato il concetto " La spedizione..Il gatto verrà portato a destinazione entro domani, dopo che avremo eseguito tutte le procedure ".
L'espressione di Jusie si allentò un poco, ma sulla fronte erano ancora ben visibili rughe corrugate
" Visto che abbiamo finito e si sta facendo tardi, direi che è ora di andare. Il capo mi farà un culo enorme " disse, ma nel mentre non mi sembrò affatto la Jusie scherzosa di sempre. Con un groppo alla gola la seguii lungo la salita per tornare alla macchina. Lanciai un ultimo sguardo alle mie spalle. Chu era rientrato, il posto era di nuovo immerso nel suo religioso silenzio, rotto solamente dal miagolio di dozzine di gatti.



Entrammo nell'auto in silenzio senza nememno degnarci di un'occhiata. Provavo una strana sensazione di disagio nel stare con Jusie.
" Nicole? ".
Mi voltai verso di lei preoccupata.
Per un attimo sembrò ripensarci
" Tua mamma..Ha chiamato in biblioteca, chiedeva di te "
" Perché? " chiesi tesa
" Voleva..Cioè, doveva darti qualcosa. Ha riattaccato dicendo che avrebbe aspettato il tuo ritorno ".
A quelle parole sarei dovuta rilassarmi, ed invece continuai a provare una nota di ansia.
Un auto ci passò accanto ad una velocità allucinante e per poco non ci fece sbandare. Jusie imprecò sbattendo il pugno sul volante " Maledetto bastardo! " urlò.
Era la prima macchina che incrociavamo da più di un'ora. Una Playmouth rossa fiammante. Una playmouth simile a quella di mia madre.
Mi voltai. Non c'era traccia di automezzi.
" Ehm..Nicole, senti.. ".
" Eh? "
" In questi giorni hai..Hai avuto qualche problema con qualcuno? ". Fui sorpresa da quel brusco cambiamento d'argomento
" No..Perché me lo chiedi? ". Cominciò a tamburellare sul volante
" Bè, niente di che, mi sembri solo un pò diversa dal solito. Tutto qui ".
Ho ucciso una donna, non credo che se fossi al mio posto staresti tranquilla
" E' la scuola, ci stanno inondando di compiti e verifiche. Sai com' è esigente mia madre riguardo certe cose."
" Sicura che non c'è nien..".
Avvenne tutto in una frazione di secondi. L'auto di prima ci venne addosso facendo volare tutto all'interno dell'abitacolo. La mia cintura mi trattenne mentre Jusie per poco non volò verso il parabrezza. " Porca puttana! " urlò trattenendo il volante che sembrava andare per conto suo. L'auto, sotto il controllo della propria mente, cominciò ad avvicinarsi pericolosamente ad un palo al ciglio della strada. La Playmouth che ci aveva aggredito si accostò alla nostra. Scrutai al suo interno ma la luce del sole rese impossibile vedere chi c'era all'interno.
" I freni sono bloccati! Merda! ". La donna, in balia ad imprecazioni e bestemmie cercò in tutti e modi di frenare, senza risultati. La playmotuh si piazzò di fronte a noi e rallentò bruscamente. Andammo a sbattere ancora una volta. Venni spinta in avanti e nel mentre senti Jusie scacciare un urlo di dolore. Contro la mia volontà guardai verso di lei e vidi con orrore l'osso del gomito penzolare fuori dalla pelle. Si accasciò come un feto continuando a gridare. Scossa da tremori e lacrime le dissi di rialzarsi
" Jusie! Merda, l'auto finirà fuori strada! ".
Fu allora che sentii anche le sirene. Mi alzai e oltre alla Playmouth scorsi un'auto della polizia dirigersi verso di noi ad alta velocità. In cosa cazzo mi ero andata a cacciare?
Dall'altoparlante della pattuglia risuonò una voce " Accostate! Ripeto, accostate! Tutti quanti! ". La playmotuh si tolse dalla nostra visuale e si fermò. Mi voltai di nuovo verso Jusie, la quale non emetteva più alcun suono. Era svenuta. Il controllo della macchina era di nuovo nelle sue mani e teneva il piede inerte sull'acceleratore. Provai a tirarlo via tenendo con una mano il volante. " Cazzo! ". La polizia si trovava ad una cinquantina di metri da noi e continuava a parlare dall'altoparlante.
Continua a guidare.
Sotto il potere di un'altra mente mi feci spazio vicino a Jusie e cominciai a guidare. Pigiai l'acceleratore fino in fondo tenendomi al centro della strada.
" Fermatevi! Vi ordino di accostare subito! ".
Nello specchietto vidi la Playmouth riprendere la corsa. Poco più avanti c'era la polizia.
In quel momento ebbi la certezza di essere stata scoperta. Sapevano che ero stata io ad uccidere Anne e avrebbero cercato di fermarmi a tutti i costi.
Ma voi non sapete niente, poliziotti di merda.
Dovevo raggiungere Jeb, dovevo finire tutto. Accelerai ancor di più lasciandomi dietro una lunga scia di fumo.



Ariel guidava a velocità massima. Sapeva di aver fatto la scelta sbagliata, ma c'era di mezzo Nicole. No. Non l'avrebbero portata da nessuna parte. Non le avrebbero fatto niente. Non fino a quando ci sarebbe stata lei. Da quando era arrivato Jeb le cose avevano preso una brutta piega e Nicole si era chiusa in sè stessa. Aveva pensato ad una fase adolescienziale, ma ora aveva la certezza che si trattava d'altro. Ma cosa? Cosa aveva fatto Nicole con la vecchia pazza? Centrava qualcosa con la sua morte?
Mentre faceva mente locale passò vicino ad un automobile. Lanciò uno sguardo nello specchietto e riconobbe i lineamenti del volto di Jusie. L'avevano notata anche loro? Continuò ad andare dritto e all'improvviso pigiò il piede sul freno facendo marcia indietro. Non era un'esperta nella guida e per questo le ci volle più del previsto. Una volta ripreso il controllo della strada tornò alla velocità di prima ed in poco tempo raggiunse la loro auto. Presa com'era dal pensiero di fermarle non si accorse di essersi avvicinata troppo e andò a sbattere contro l'automobile. Le figure al suo interno si mossero come impazzite. Ariel, quasi abbracciando il volante, virò a sinistra e si affiancò alla macchina. Vide distintivamente il volto di Nicole fissarla, ma non parve riconoscerla. Meglio così pensò lei sollevata. Riportò l'auto in carreggiata e, vedendo che non si fermavano, le sorpassò schiacciando in seguito il freno. Non parvero rallentare lo stesso.
" Dannazione! ". Mentre pensava a cosa fare Ariel sentì il suono delle sirene.
" Cosa..". Alzò lo sguardo e vide l'automobile del poliziotto venire verso di loro. Lanciò un messaggio con l'altoparlante.
Forse le fermerà pensò la donna.
Frenò lasciando che la macchina rallentasse. Il poliziotto si avvicinò all'abitacolo di Nicole. Ariel fu presa di nuovo dal panico. E se l'avessero portata in prigione? E se non si fossero fermate?
Ripose il piede sull'acceleratore raggiungendo a velocità spianata le due auto. " Fermatevi dannazione, fermatevi! " urlò come se potessero sentirla.
Al contrario, la macchina dove si trovava Nicole parve accelerare ancora di più. Ariel era sul punto di fare la stessa cosa ma il disastro avvenne in un attimo.
L'auto della figlia sbandò all'improvviso finendo in una buca sul bordo strada. Una scintilla e lo scenario di fronte ai suoi occhi fu invaso dalle fiamme.

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Capitolo 8
*** VII ***


Tutto stava filando liscio fino a quando Jusie non si svegliò urlando. Persi il controllo del volante e di fronte ai miei increduli occhi andammo a finire in una maledetta buca. Il tempo parve fermarsi. Stavo volando dentro la vettura, gli oggetti introno a me erano immobili come statuine, Jusie mi fissava con occhi inorriditi e terrificati. Poi, in un attimo, sentii un suono assordante e caddi violentemente contro il tettuccio. Divenne tutto silenzioso, troppo silenzioso. Dovevo essere diventata sorda. Stavo provando dolori indescrivibili per tutto il corpo, ma più di tutto, avevo paura.
Sto morendo Dio non voglio morire per favore pregherò lo giuro non farmi morire non adess..
Qualcuno mi strattonò per la camicia. Ero incapace di muovermi, ogni muscolo sembrava essersi bloccato. Cercai invano di voltarmi verso Jusie, stesa sul parabrezza come un moscerino.
" Icole..I--ccol..A-iuto.. ".
C'era odore di benzina.
" Jusie..Jus..Ce la faremo, ok? ".
Quanto tempo era passato? Cinque, dieci secondi?
Andiamo
Mi costrinsi a muovere il braccio e portarlo verso la finestra alla mia destra. La spalla venne percorsa da una fitta acuta di dolore. Lasciai ricadere l'arto stringendo i denti.
Ancora una volta
Rialzai il braccio. Sentii l'osso della spalla muoversi in modo anormale
Dai cazzo
Allungai con una lentezza esasperante il braccio e per tutto il tempo l'osso continuò ad andare a destra e sinistra. Per poco non mancai la portiera. Tenendomi stretta ad essa, cominciai ad allungare il resto del corpo. Mi appoggiai alla gamba sinistra, l'unica che doleva di meno. In meno di un minuto portai metà corpo fuori dalla macchina. Sentivo delle voci, lontane. Delle grida. Ombre enormi.
E tanta benzina. Si stava spargendo a vista d'occhio e non avrebbe atteso molto prima di uccidere tutte e due.
Tutte e due.
Solo allora mi ricordai di Jusie. Cazzo.
Era ancora distesa sul parabrezza a guardarmi implorante.
Dove diavolo erano finiti gli inseguitori?
E quanto tempo avevo a disposizione per tornare indietro e trascinare il peso di tutte e due lontano dall'auto?
Cazzo Nicole pensa pensa pensa
Mi voltai verso l'uscita.
Non ne avevo.
Mi dispiace Jus
Lottando contro l'impulso di tornare indietro continuai a trascinarmi fuori.
Jusie stava gemendo dietro di me.
Mi dispiace Jus, mi dispiace un casino te lo giuro
" Nicole...Ti prego.. ".
Mi diedi una spinta con la gamba libera e afferrai il bordo della buca. Ignorando le grida della mia spalla e quelle di Jusie cominciai ad issarmi.
Le voci erano più vicine. Continuando a trascinarmi lontano dalla macchina guardai alle mie spalle. Due figure erano imbambolate a guardare la scena mentre la Playmouth era ancora intenta nella sua corsa.
Più veloce
Il pensiero venne dissolto dall'improvvisa esplosione. Istintivamente portai le mani intorno alla testa e mi accasciai come un musulmano in preghiera. La schiena venne investita da un'ondata di calore insopportabile. Pezzi di motore volarono in aria e venni mancata da uno per pochissimi centimetri. Aspettai un paio di secondi immersa nel silenzio più totale. Intorno a me era tutto immobile.
Ero morta?
Poi, come era arrivato il nulla assoluto, tornarono le voci. Riconobbi distintamente quella di mia madre.
Pensando di aver ucciso anche lei tolsi le mani dagli occhi e mi lasciai abbattere dalla luce accecante. Chiusi le palpebre un paio di volte lasciando che essa affievolisse. Lo spettacolo era devastato. Parte del campo aveva preso fuoco e intorno giacevano i pezzi della macchina, ridotti ad una poltiglia. Dell'auto non era rimasto più niente.
Cercai il corpo di Jusie. Nella buca. In giro. Tra i resti.
Nessuna traccia.
Tentai di rimettermi in piedi aiutandomi con la gamba destra. Una mano strinse il braccio e mi tirò verso l'alto.
" Nicole! ".
Mi lasciai circondare dalle braccia tremanti di mia madre mentre due uomini si avvicinavano a noi.
" Oh Nicole! ".
Già. Ero viva. Nicole. Io.
Provando un gran senso di sollievo lasciai che l'oscurità prendesse il sopravvento.





Mi risvegliai intontita con la testa che scoppiava. Tossicchiai guardandomi intorno. Ero distesa su un letto d'ospedale, accanto al quale c'era una donna vestita di bianco che stava scarabocchiando qualcosa. Mi guardò sorridente
" Cosa è successo? " le chiesi preda di un vuoto di memoria
" Bentornata tra di noi tesoro " disse ignorando la domanda.
Posò il blocco sul tavolino e uscì dalla stanza. Era della grandezza di una normale camera, con le classiche tendine bianche intorno al letto ed il deprimente panorama della finestra. Poco dopo entrò mia madre, seguita da un uomo in divisa ed un altro tizio in camice bianco.
" Come va? " domandò lei sedendosi accanto
" Bene, credo.. ".
Il polziotto rimase vicino alla finestra. Era un tizio esile dai capelli mossi. Portava gli occhiali da sole anche se fuori era calata la sera.
Quello con il camice tolse la flebo dal braccio.
" Allora signorina, come ci sentiamo adesso? Qualche dolore? Nausea? Niente di niente? "
Gli indicai il braccio con la spalla lussata.
" Direi che siamo messi bene, dopo quello che è successo ".
Si voltò verso mia madre
" La terremo in ospedale per ancora una settimana sotto stretto controllo ".
Una settimana?
" No! " urlai all'improvviso. Una miriade di immagini cominciarono a passarmi per la testa. Jusie, Jeb, un'inseguimento d'auto, dei gatti, una donna urlante di dolore, una bambina, un'esplosione..
" Perché no? " sentii domandare il poliziotto.
Perché no?
Perché?  
" Perché..No ".
L'uomo si avvicinò al letto
" Come mai? Devi per caso nascondere le tue traccie lasciate a casa di Anne? ".
Il dottore lo fermò arrabbiato " Niente domande per favore, non è ancora nello stato adatto "
" A fanculo il suo stato! " urlò l'altro improvvisamente.
" Ha ucciso una donna, è un mio dovere farle domande e sbatterla dentro! ".
" Non capiresti, poliziotto di merda ".
Si voltarono tutti a guardarmi increduli
" Ci sono cose che è meglio non sapere mi creda  "
" Cosa diavolo stai balbettando? "
" Morte...Ci sono cose peggiori della morte. Credete che io sia pazza, che non abbia un cervello con cui pensare? Allora dico che avete ragione, tutta la mia piena ragione. Ma sono ammattita perché ho saputo cose che voi non potete neanche immaginare. La morte non è la fine, è solo l'inizio di altra sofferenza. Per questo ho ucciso Anne.. L'ho fatta soffrire, così non dovrà patire una volta arrivata lassù. Non finirà in quel mondo orribile che mi hanno fatto conoscere. No. Non l'avrei mai permesso. Morte. E' tutto ciò che desidero. Una morte lenta e dolorosa ".
Che cosa mi era preso?
Il dottore si avvicinò " Adesso dobbiamo lavorare, per favore, uscite tutti quanti " disse agli altri.
Incapace di reagire, sotto la forza di qualcun altro, mollai un pugno in pieno volto al malcapitato. L'uomo volò all'indietro con un salto impressionante.
Lasciami stare!
Diedi una spinta a mia madre facendola finire contro il muro dall'altra parte. Imperterrita mi alzai dal letto e avanzai con uno scatto verso il poliziotto. Quest'ultimo tirò fuori la pistola e la puntò verso di me. Feci volare via l'arma con un calcio atterrando sull'uomo. Finimmo per rotolare tutti e due a terra. Provai di nuovo una fitta al braccio mentre veniva schiacciato dal peso del mio corpo.
Lasciami stare!
Un assordante allarme rimbombò per tutto l'ospedale. Dopo neanche un paio di secondi scoppiò il putiferio fuori dalla stanza.
" Mamma! " urlai. Era riversa a terra con una piccola pozzetta di sangue che andava allargandosi sotto la nuca.
Senza volerlo corsi alla finestra e la aprii. Era buio ma riuscii a vedere la fine del salto. Un paio di metri.
Qualcosa mi costrinse a buttarmi giù. Sentii qualcuno pronunciare il mio nome e altre grida una sopra l'altra. Atterrai malamente sull'erba. Seppur su un terreno morbido, la mia spalla mi fece gridare come un'ossessa.
Ricominciai la corsa senza un attimo di tregua. Uomini e donne si voltavano al mio passaggio. L'aria fresca della sera mi accompagnava in quell'assurda situazione.
Mi fermai una volta giunta sulla strada. Le automobili frenarono una dopo l'altra intasando il passaggio.
Qualcuno mi chiamò dalla via che avevo appena percorso. Si stavano avvicinando.
Senza aspettare corsi verso una macchina e aprii la portiera. L'uomo all'interno balbettò qualcosa ma prima ancora che potesse finire l'insulto lo buttai fuori. Strinsi il volante tra le mani e rimasi con il piede incerto sull'acceleratore.
Perché lo stavo facendo? Non ero obbligata a farlo.
Jeb poteva andarsene a fanculo.
Staranno di nuovo insieme,  per sempre
Ero arrivata fino a quel punto per cosa, ritrovarmi il mondo contro?
Uccidilo e falli riposare in pace
Uccidere. Uccidere.
Avevo ucciso Anne e lasciato morire Jusie.
Un gatto in più non avrebbe fatto differenza.
Pigiai l'acceleratore degustando il momento.

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Capitolo 9
*** IX ***


Avevo avuto la fortuna di ritrovarmi su un auto ad alta velocità. Mi allontanai dalla vettura del poliziotto con un'abilità eccezionale, molto meglio di quando ero io a guidare. Continuai a guardare nello specchietto alla ricerca di qualcuno che mi stesse seguendo. Soddisfatta riportai lo sguardo sulla strada.
Molto bene tesoro
Non sapevo dove mi avessero portata. Ma ero sicura di star andando nella direzione giusta.
Accostai l'auto sul marciapiede ed entrai furtiva ma veloce nel bosco. Non avevo idea dell'esistenza di quella scorciatoia, ma lei sapeva.
Ne uscii piena di graffi e ferite sulle guancie e le braccia scoperte. Mi avevano cambiato i vestiti con un pigiama deprimente che ora sembrava ricoperto di merda.
Attraversai la parte abbattuta del bosco nel silenzio della sera. Il buio teneva stretti in una morsa tutti gli angoli.
Corsi sotto al portico e rimasi in piedi a riflettere.
Non conoscendo il sentiero nel bosco, avrebbero impiegato più tempo a raggiungermi. Dovevo trovare il modo di entrare in casa. Le tapparelle erano abbassate e la porta chiusa. Non c'erano entrate sul retro. Non esisteva alcun maledetto retro.
Pensa Pensa Pensa
Ma non ci riuscivo, almeno non con la mia testa. C'era lei là dentro.
Sentii le sirene avvicinarsi.
Muovi il culo prima che si ghiacci tesoro
Sperando di avere ancora tempo corsi a controllare la porta.
Guarda sotto al tappetino
Trovai le chiavi. Ne inserii una nella serratura aprendo finalmente la porta. Sgusciai dentro lasciando fuori tutto il mio coraggio.
Devi farlo tesoro
Diedi un calcio improvviso all'armadietto accanto alla porta d'entrata.
Trattieni la rabbia per il nostro amico
" Jeeb? " intonai pietrificandomi. Quella non era la mia voce.
La mano si mosse verso l'interrutore illuminando il corridoio. Lo percorsi fino a raggiungere l'ultima stanza.
Jeb era intento a mangiare i croccantini che aveva preparato mia madre.
Era viva?
" Ehi piccolo.. ".
Continuò ad ignorarmi, come sempre dopotutto. Provai un'improvvisa ondata di rabbia nei suoi confronti. Tutta la rabbia che avevo dentro. Presi il mio zainetto dalla scrivania e glielo lanciai contro imprecando " Fanculo gatto di merda! ". Lo schivò correndo sotto al letto.
" Esci fuori di lì stronzo! Ti farò un culo enorme, contaci ".
M'inginocchiai per prenderlo.
E quelli erano lì.
A guardarmi.
Tutt'a un tratto mi sentii svuotata. Ero di nuovo me stessa, Nicole, quella maledetta ragazza di sempre. Ogni altra presenza opprimente era sparita. Tranne quegli occhi azzurri. Mi guardavano accusatori scavando fin nelle viscere.
Provai un infinito dolore, le sofferenze che aveva provato quella povera bambina prima di morire.
Tutto si spense quando delle voci provenienti dall'entrata furono seguite da dei botti rumorosi. Stavano cercando di sfondare la porta.
Dovevo farlo. Ora o mai più.
Ora. Ora. Ora.
No.
Ora.
Cazzo, non posso.
Ora.
Ora.
Adesso.
Jeb uscì da sotto il letto miagolando e per la prima volta da quando era arrivato, si accoccolò sul mio braccio.
Iooowwww.
Una lacrima calda attraversò la guancia mentre mi alzavo. Era arrivato il momento.
Lo presi in braccio delicatamente e sorrisi mentre si avventava a leccate sul mio volto.
Dovevano proprio volersi bene quei due.
Mentre andavo in cucina a prendere il coltello sentii il poliziotto urlare di aprire la porta o sarebbero entrati a forza " Sappiamo che sei lì dentro! ".
Ignorando tutto e tutti andai nel soggiorno e mi sedetti al centro della stanza con Jeb in grembo.
" E' qui che tua madre ti ha uccisa vero? ".
Qualcosa, nel buio, annuì. Gli occhi azzurri erano fissi su di me, usciti dal loro nascondiglio una volta per tutte.
Tutto era chiaro come il sole. Avevo vissuto nella stessa casa dove era avvenuto il massacro per tutti quegli anni senza saperne nulla. Susan aveva ucciso Denise pensando che il loro amore fosse abbastanza potente da tenere la bambina legata alla terra fino alla sua morte. Ma il cordone di Denise era un altro. Era rimasta nascosta, attaccata a quel filo invisibile con tutte le sue forze, fino a quando non era arrivato Jeb. Una semplice coincidenza. Già. Una semplice coincidenza qualunque capitata ad una persona qualunque. Avevo sempre pensato di non poter arrivare a fare mai niente di buono nella vita. Mi sentivo un pezzo di terra capitato per sbaglio sotto la suola di una scarpa. Tanto minuscola ed insulsa da aver obbligato mio padre a lasciarci. Ma ora era arrivato il momento. Ero lì, pronta a fare quel qualcosa di buono.
" Sentirai solo una piccola botta ".
Mentre gli uomini irrompevano lasciai che la lama venisse a contatto con l'esile collo di Jeb.
Immersa in quell'oscurità infinita, vidi una bambina sorridere.





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La donna correva per i lunghi corridoi ansimando. Si era appostata fuori a fumare una sigaretta e non si era accorta del tempo passato. Lavorare in quel posto stava facendo diventare pazza anche lei. Prese la solita pappetta con il pane ed il succo d'arancia e tornò alla corsa contro il tempo. I corridoi erano invasi da strani versi di uomini e donne che camminavano in tondo senza meta. Provando nel contempo pena e disgusto varcò finalmente la soglia della stanza 232.
Venne scossa da un lieve solletico lungo la schiena. La ragazza era ferma di fronte alla finestra e guardava fuori. La donna posò il tutto sul tavolo e la richiamò più volte senza ottenere l'attenzione desiderata. Quella ragazza le faceva venire i brividi ogni volta. Non capiva però se fosse perché era un'assassina o per l'assurda storia che si era inventata quando la polizia la aveva catturata. Dall'altra parte provava tenerezza nei suoi confronti. Pazzi o non pazzi, perdere una madre non era bello. Tentò ancora una volta. Finalmente la ragazza si voltò verso di lei. Aveva i lineamenti delicati e dei lunghi capelli neri che le ricadevano sulle spalle. La donna indiettreggiò di un passo quando l'altra si avvicinò al tavolo.
" Grazie " le disse sorridendo dolcemente.
L'assistente annuì scossa e molto lentamente uscì dalla stanza. Rimase ferma davanti alla porta con le braccia tese a pensare a ciò che aveva appena visto. Due occhi verdi, proprio accanto alla ragazza, che la fissavano.
Si mise a ridere. E sì, stava proprio diventando pazza.
Lanciando un ultimo sguardo fuggente dentro quella piccola stanza, s'immerse di nuovo nei lunghi corridoi dell'edificio.

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