LETS PLAY MURDER -THE FIFTH HUNGER GAMES-

di Inathia Len
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo6 ***
Capitolo 8: *** capitolo7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo11 ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L’uomo manda via i Pacificatori e si riempie il fondo del bicchiere con del Whiskey, sedendosi sulla poltrona di pelle bianca. La televisione si accende silenziosa, sintonizzandosi sull’unico canale, mentre l’uomo si porta il bicchiere alle labbra e le sue labbra si arricciano in un sorriso sardonico.

-Che Mietitura, signori, che Mietitura!- esclama la voce di Caesar, mentre anche il suo volto entra nello schermo. Quest’anno sfoggia una chioma verde chiaro e si è fatto crescere un paio di ridicoli baffetti. Ma, nonostante ciò, il giovane presentatore è in forma come sempre e commenta allegramente l’estrazione di quest’anno insieme al collega Claudius Templesmith, un giovane alla sua prima diretta, un tipo tarchiato, con pochi capelli e lo sguardo acquoso.

-Davvero sorprendente, caro Ceasar, sorprendente. E che meraviglia poterla commentare qui insieme a te, alla presenza dei nostri concittadini!-

Alle sue parole, il pubblico in studio scatta in una standing ovation programmata a tavolino. L’uomo continua a sorridere e appoggia il bicchiere sul tavolino di cristallo di fronte a lui, lasciando un alone. Accavalla le gambe e continua a guardare la televisione, impaziente.

-Ma passiamo al momento clou della serata, Claudius, sono certo che il nostro pubblico è impaziente- sillaba Caesar, sorridendo smagliante alla telecamera e ammiccando.

L’uomo stringe forte il telecomando, cominciando a spazientirsi.

-Oh, assolutamente. E lo sarei anche io. Questi tributi… Ah! Che splendore! Questa quinta edizione si prospetta decisamente frizzante.-

-E allora cominciamo con il Distretto 1: lei è la signoria Irene Adler- esclama Claudius, mentre la foto di una ragazza sui diciassette anni, mora e dagli occhi chiari, compare sullo schermo, subito affiancata da quella di un giovane uomo dai capelli e gli occhi neri. –E lui è James Moriarty. Credo potremo aspettarci grandi cose da loro!-

E la lista continua, lunga. Dopo un po’, l’uomo perde interesse e il suo sguardo comincia a vagare per la stanza. Prende un altro sorso di Whiskey, rovesciando poi il resto del contenuto del bicchiere sul tappeto bianco nel sentire il nome del tributo maschio del Distretto 4.

-…E questo ragazzo affascinante è Sherlock Holmes, fratello di Mycroft, il coraggioso giovanotto che vinse la prima edizione degli Hunger Games.-

L’uomo alza lo sguardo, nuovamente interessato. Dallo schermo, un giovane uomo lo fissa con occhi di ghiaccio, lo sguardo cupo e tormentato. Lo conosce o, meglio, conosce il fratello. Mycroft era diventato uno dei mentori più conosciuti e stimati e si diceva che tenesse Panem nel palmo della sua mano.

Dopo quello, i nomi tornano a confondersi nella sua mente, fino a quando il Capo Stratega non entra nella stanza senza bussare, come suo solito.

-Presidente Magnussen, la sua presenza è richiesta.-












Inathia's Nook:

Ciaooooo *saluta il pubblico fanstama sembrando un'idiota*
Vi chiedo immensamente perdono per questo cross-over, non ne avevo mai scritti prima e questa storia... BAM! l'ho immaginata e l'ho subito scritta. Prima vi do qualche informazione tecnica. Dunque, si tratta di una storia con 10 capitoli più un prolo e un epilogo. L'ho interamente già scritta e aggiornerò ogni lunedì pomeriggio/sera.
Passando al capitolo, è puramente introduttivo e solo dal prossimo si entrerà davvero nella storia, che è narrata in prima persona da John. Tutta la storia si sviluppa dall'inizio alla fine degli Hunger Games, mentre l'epilogo mostrà un po' del "dopo".
Ho messo il ratings arancione perchè comunque le tematiche sono piuttosto delicate: non si tratterà di sesso spinto o violente torture, ma la sua buona dose di sangue c'è. Quindi, lettore avvisato, mezzo salvato.
Io vi ringrazio per essere arrivati fin qui e spero di leggere i vostri commenti. Ditemi solo se ne vale la pena continuare, perchè una storia che non viene letta e non piace non ha alcun senso.
Besitos a todos

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Capitolo 2
*** Capitolo1 ***


CAPITOLO1

 

Sessanta sono i secondi che dobbiamo aspettare, se non vogliamo saltare per aria. Il count down scorre lento, l'aria è statica e nessuno fiata. Mi guardo intorno e, a parte la mia compagna di Distretto, Mary Morstan, riconosco poche persone. Siamo disposti in circolo in quella che ha tutta l'aria di essere una piazza reduce da un bombardamento, mentre la  Cornucopia è alle nostre spalle, piena di mille cose che mi farebbero molta gola se la nostra mentore, la signora Hudson, non ci avesse consigliato di correre via come fulmini non appena scoccherà lo zero. L'Arena, così come la vedo per adesso, assomiglia molto al mio Distretto, il 10. Un posto triste e povero, con la differenza che qui mancano gli abitanti e, tra poco, questa piazza sarà piena di sangue.

I secondi continuano a scorrere e il mio cuore batte sempre più forte. Mary mi rivolge un sorriso incerto di incoraggiamento e io faccio lo stesso.

Quando scatta lo zero, comincio a correre come un forsennato. Fortunatamente, nessuno sembra fare caso a me, impegnati come sono a scannarsi per i doni della Cornucopia. Scappo per una delle viuzze laterali e qualcosa, improvvisamente, mi crolla addosso. Rovino per terra, gridando come una femminuccia terrorizzata, ma poi mi tranquillizzo, riconoscendo nel mio “assalitore” la bambina che era stata nella mia stessa postazione il primo giorno di allenamento.

Lei mi guarda terrorizzata, io faccio lo stesso. Di ucciderla non ci penso neanche e mi sembra che lei stia pensando lo stesso, considerando anche il fatto che avrei la meglio su di lei, nel caso in cui ci provasse.

-Ti prego, lasciami andare- mi supplica. -Ecco, prendi il mio zaino. È tutto quello che ho, ma lasciami andare...-

Accetto titubante il fagotto blu che mi porge, mentre lei scappa lontana. Spero di non doverla rivedere presto. Spero di non vederla più ma, allo stesso tempo, sono angosciato dall'idea che il suo volto possa essere proiettato in cielo sta sera. Nel frattempo, mentre riprendo la mia corsa, nell'aria cominciano a tuonare i cannoni. Mi ritrovo a sperare che Mary stia bene e sia riuscita a recuperare qualcosa di utile dalla Cornucopia.

Quando credo di essere abbastanza lontano e i cannoni cessano, mi prendo due minuti per recuperare il fiato e vedere che cosa c'è nello zaino. Tiro fuori una coperta con del pile da una parte e un materiale impermeabile dall'altra, una torcia frontale, della carne secca, del cibo liofilizzato e una borraccia con due dita d'acqua. Non male, considerando che non ho fatto nulla per averlo. Mi guardo intorno e vedo che sono capitato in una viuzza -ovviamente disabitata- e che il sole sta calando. Mi metto alla ricerca di un riparo per la notte e lo trovo in una casa, l'unica della via con la porta non completamente scardinata. Mi chiudo dentro e, dalla finestra, mi arrischio a guardare il cielo per vedere i caduti di oggi. Entrambi i ragazzi del 3 sono morti, le ragazze del 5 e del 6 ed entrambi quelli del 7 e 8. Mary ce l'ha fatta e anche la ragazzina che ho incontrato poco fa, così anche tutti i Tributi Favoriti. Naturalmente.

L'inno cessa e il cielo si spegne. Meglio che provi a riposare, domani cercherò dell'acqua.

 

La luce del sole mi sveglia a tradimento. Ci metto un po' a capire dove io sia, ma i ricordi di ieri tornano prepotenti. Mi stropiccio gli occhi, dandomi del cretino per aver dormito così tanto. Lo stomaco brontola per la fame, ma non posso permettermi di mangiare quella carne che farebbe solo aumentare la sete. Meglio mettermi in marcia e cercare una fonte d'acqua. Se questa Arena è costruita come un paesino dei Distretti più poveri, non dovrei avere problemi a trovare una fontana.

Sfortunatamente, di una città questa Arena sembra averne solo l'aspetto esteriore. Qui tutto è uguale eppure diverso... Vago circospetto per le strade, sobbalzando a ogni più piccolo rumore ma, per fortuna, non incontro nessuno. Per fortuna sì, dato che non ho un'arma per difendermi né la forza per combattere. Per non parlare del fatto che la sola idea di uccidere qualcuno mi faccia vomitare.

Azzardo di affacciarmi sulla piazza e vedo che i Favoriti hanno fatto lì la loro base. Da lontano, riconosco Irene Adler e James Moriarty, Distretto 1, letali con qualsiasi arma, addestrati fin da bambini per essere delle macchine assassine; i due del Distretto 2, di cui so il nome solo della ragazza, Kitty, e la tributo del 4, una certa Molly Hooper. Del ragazzo del suo Distretto, nessuna traccia. Poco distante dal loro accampamento, la fontana. Comincio a pensare a un piano possibile per avvicinarmi e, sto per muovere il primo passo, quando due braccia forti mi trattengono.

-Non muoverti- mi sussurra all'orecchio. -Ora ti lascerò andare, ma tu non griderai. Sono un amico, non ti farò del male. Mike, Distretto 9- si presenta.

Mi volto piano verso di lui. È un ragazzone con gli occhiali e in leggero sovrappeso. Sembra disarmato, così mi presento a mia volta.

-John Watson, Distretto 10.-

-Vieni con me- dice, trascinandomi dalla parte opposta rispetto a dove volevo andare. Indietro, di nuovo nel dedalo delle stradine.

-Senti, Mike, io stavo andando...-

-Lo so, volevi fregare l'acqua ai Favoriti. Ma non ce l'avresti fatta, non da solo.-

Lo squadro dubbioso. Si sta proponendo come alleato? Perché io non ne voglio, meglio che lo sappia. Non voglio diventare amico di qualcuno e poi essere costretto a ucciderlo. Né, tanto meno, ci tengo ad essere pugnalato alle spalle da chi mi fido. Meglio solo.

-Dove mi stai portando?-

-Quella dei Favoriti non è l'unica alleanza che si è formata.-

-C'è anche Mary con te?- chiedo, improvvisamente interessato.

Mike annuisce.

-Ci siamo io, lei e il Tributo del 4, per adesso.-

-Perché non sta con i Favoriti?-

-Ha detto che con loro non si divertiva, parole sue. A noi fa comodo, però, il suo mentore è suo fratello, un tipo potente a Panem. Abbiamo tutta l'acqua, il cibo e le armi che vogliamo, ci basta chiedere. E stiamo pensando a qualcosa per colpire i Favoriti, ma siamo ancora troppo pochi. Mary è andata a cercare qualcun altro, mentre io mi sono imbattuto in te. Sherlock ci ha mandati fuori a cercare nuova gente per il piano. Ma se Mary troverà qualcuno, credo cominceremo ad organizzare seriamente l’attacco.-

-E gli altri?-

-Gli altri chi?-

-Gli altri Tributi.-

-Non possiamo allearci con il mondo intero.-

Ripenso alla bambina che mi ha dato il suo zaino. Effettivamente, non sarebbe di grande aiuto.

Mike mi guida esperto tra i vicoli, svoltando senza insicurezza. Alla fine, si blocca davanti a una porta. È verdognola e c'è ancora il numero civico. 221B. Mike bussa tre volte, poi una quarta dopo poco. Sulla soglia compare un ragazzo longilineo, in jeans e giacca di pelle come noi.

-E lui?- chiede a voce bassa, indicandomi con un cenno del mento.

-John Watson. Un nuovo alleato. Mary è già tornata?-

Il ragazzo non risponde, ma ci lascia passare, chiudendo rapido la porta. Saliamo delle scale sbilenche, dove mancano alcuni gradini, e sbuchiamo in quello che dovrebbe essere un salottino. Sedute per terra, riconosco Mary e la ragazza del 4. Non appena Mary mi vede, mi abbraccia di slancio.

-Sono così contenta di vederti- mi sussurra all'orecchio.

Il ragazzo che ci ha aperto la porta si schiarisce la gola e lei stacca, ma non si muove dal mio fianco.

-Allora, che cos'è questo posto?- chiedo, guardandomi attorno. -E tu chi sei?-

-Il mio nome è Sherlock Holmes e l'indirizzo è 221B, Baker Street.-

Io lo guardo come se avesse appena parlato arabo.

-La nostra alleanza, che ora comprende anche Molly e te- continua Sherlock, indicando la ragazza con i lunghi capelli mori raccolti in una coda di cavallo, -ha come scopo la distruzione dell'accampamento dei Favoriti, la loro uccisione e l’appropriazione dei loro beni. Sono stato abbastanza chiaro?-

-Ci siamo appena conosciuti e stiamo già progettando l'uccisione di alcuni ragazzi?-

Il volto di Sherlock si distende in un sorriso inquietante.

-Precisamente.-























Inathia's Nook:

Salve gente :-) so che avevo scritto che non avrei pubblicato nulla fino a lunedì, ma oggi ho finito del tutto la storia, ho fatto la revisone, ultimato l'epilogo... Insomma, l'ho riletta tutta e mi sono resa conto che, forse, dal prologo non ci si riesce molto a fare un'idea di come la storia preseguirà. Per questo ho deciso in un aggiornamento anticipato (che non va a sostituire quello di lunedì), per darvi un assaggio di quella che la narrazione vera e propria.
Come avete appena letto, la storia comincia quando i tributi sono già nell'Arena. Ho volutamente scelto di non inserire tutta la parte riguardante l'allenamento, le interviste e le sfilate perchè quello su cui mi volevo concentrare erano le dinamiche all'interno dei giochi. 
Ho cercato di mantenere i personaggi il più IC possibile, ma può essere che ogni tanto Sherlock mi sia sfuggito di mano. Nel caso, chiedo venia anticipata. Questa non vuole essere una Johnlock, per quanto io sia una sostenitrice sfegatata della coppia, ma può essere che ci siano degli accenni.
Bene, questo è quanto. Ringrazio Toru85 per aver recensito, Chiaretta_6, The_Shawarma_Girl, Toru85 e Viola95 per aver messo la storia tra le seguite e i tanti lettori che sono solo passati. Per qualsiasi opinione, io sono qua :-)
A lunedì (questa volta per davvero).

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Capitolo 3
*** Capitolo2 ***


CAPITOLO2

 

Per i due giorni successivi, lavoriamo al piano ma per il resto non succede nulla. Nessun cannone sparato, niente urla nella notte, niente sangue che scorre. Sembra che gli strateghi stessi siano curiosi di vedere come andrà a finire questa storia, e quindi ci lasciano in pace. Attraverso i doni di Mycroft, il fratello e mentore di Sherlock, abbiamo acqua e cibo in abbondanza e non ci mancano nemmeno le armi e i materiali per attuare il piano. La strategia è semplice. Mike che, a dispetto della sua stazza, è il corridore più veloce, dovrà attirare i Favoriti lontano dalla piazza, in una via dove ci saremo io e Sherlock pronti ad attenderli, pistole alla mano, mentre le ragazze dovranno prendere la maggior parte delle provviste e far saltare il restante. Semplice e pulito.

 

La mattina stabilita, il cielo non è sereno e la nebbia è ovunque. Sembra che agli strateghi il nostro piano piaccia talmente tanto che hanno paura che funzioni. Uccidere quattro dei sei Favoriti farebbe salire di molto l'audience, ma poi lo show correrebbe il rischio di diventare piatto. Meglio una bella nebbia, per confondere un po’ le cose.

Ci dividiamo in silenzio, gli auguri di buona fortuna vengono fatti a fior di labbra. Mary mi stinge forte e arrischia un bacio sulla guancia. Non so se lo faccia per le telecamere o perché ci tenga davvero a me, almeno un pochino, ma non me ne curo. La stringo forte anche io. È l’ultimo legame con casa mia e non voglio perderla.

Seguo Sherlock nella nebbia e ci posizioniamo, come stabilito, dietro delle macerie, le pistole in mano.

E aspettiamo.

-Mary è la tua fidanzata?- mi chiede Sherlock, a un certo punto, rompendo il silenzio.

-Che centra adesso?-

-È la tua fidanzata?-

Scuoto la testa, tornando a focalizzare la mia attenzione sulla strada. Ma di Mike, ancora, nemmeno l'ombra.

-No, non lo è. Anzi, non ce l'ho proprio, una fidanzata. C'era questa ragazza, Sarah, con cui uscivo a casa... E tu? Tu ce l'hai la ragazza?- chiedo, rendendomi conto di quanto sia assurda la situazione. Sto davvero discutendo di ragazze e appuntamenti nell’Arena, mentre aspetto di uccidere dei ragazzi?

-No, non è proprio il mio campo.-

-O un ragazzo, che andrebbe bene uguale...?-

-Lo so che andrebbe bene. Ma no, nessuno.-

Ritorniamo in silenzio e sentiamo dei passi avvicinarsi, seguiti a breve da delle urla.

-È Mike- sussurro e Sherlock annuisce, togliendo la sicura alla sua pistola. Io lo imito, nel silenzio più assoluto. Il cuore ormai ce l'ho in gola. È una sensazione diversa rispetto a quella che ho provato quando i giochi sono iniziati. Lì potevo essere ucciso, diventare un corpo morto che mia madre e mia sorella avrebbero pianto e poi, a poco a poco, dimenticato. Ora sto per diventare un assassino ed è una cosa che non si dimentica facilmente.

Lancio uno sguardo a Sherlock, ma i suoi occhi di ghiaccio sono fissi nella nebbia. Mi chiedo da dove provenga il suo sangue freddo. Forse, avere come fratello l'uomo più potente di tutta Panem, secondo solo al Presidente, aiuta.

Faccio fuoco non appena Mike spunta dalla nebbia, chiudendo gli occhi. Non voglio vedere e, se potessi, mi tapperei anche le orecchie per non sentire le loro urla. Dopo un primo attimo di smarrimento, anche i Favoriti aprono il fuoco e, in lontananza, sentiamo l'esplosione. I cannoni cominciano a sparare e, in mezzo alla nebbia e al fumo, mi smarrisco. Sparo a caso, terrorizzato dall'idea che uno dei miei alleati cada e io mi ritrovi solo con i Favoriti. Sparo perché non voglio che colpiscano me, Sherlock o Mike.

Dopo poco, sento dei passi allontanarsi e i cannoni cessano. La nebbia si alza. Per terra ci sono Mike e i due ragazzi del 2. Mi avvicino di corsa a Mike, mentre Sherlock va dalla ragazza. Il maschio è già morto e così anche Mike. Sherlock ha la pistola puntata verso la testa di Kitty e lei rantola nel suo sangue.

-Ci hai traditi, Sherlock Holmes. Ci hai traditi per una manica di idioti. E io che ti ammiravo…- sta sussurrando, mentre mi avvicino. -Adesso mi fai schifo.-

E Sherlock pone fine al suo vaneggiamento sparando le un colpo in mezzo agli occhi. Un cannone risuona e io sospiro. Non so chi l'abbia ferita, ma siamo entrambi degli assassini.












Inathia's Nook:

Salve gente, aggiorno oggi perchè domani temo non farei in tempo. Non ho molto da dire su questo capitolo, se non che spero che vi piaccia, ovviamente, e mi scuso se è un po' corto. I prossimi saranno più lunghi, non preoccupatevi. Solo, avevo paura di tirarla un po' troppo per le lunghe e non volevo annoiarvi. I dialoghi che vi suonano famigliari li ho presi dalla serie e li ho adattati al contesto. Io la serie l'ho vista in inglese, quindi si tratta di una traduzione/riadattamento fai-da-te, spero non vi disturbi. Lo scopo di questa fic è proprio quello di far interagire i personaggi originali con nuove situazione, come ho già detto. Quindi non si tratta di scarsa fantasia, ma solo di un'ulteriore sfida, quella di cercare di inserire il più possibile dei dialoghi originali.
Facendo un saluto speciale alla mia recensitrice (che spero mi dia un suo parere anche su questo capitolo), ringrazio chi segue/preferisce/ricorda questo parto assurdo della mia fantasia. Spero mi diciate in tanti cosa ne pensate, così da potermi migliorare sempre di più.
Baci e alla settimana prossima 

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Capitolo 4
*** Capitolo3 ***


CAPITOLO3

 

Per il resto della giornata continuiamo a spostarci, non rimanendo fermi per più di mezz’ora nello stesso posto. Ho troppa paura che la Adler e Moriarty ci trovino e non perdiamo nemmeno tempo a cercare le ragazze. In teoria, il piano prevedeva di ritrovarsi al 221B per pranzo, ma non c’era traccia di loro quando siamo passati e crediamo che siano state uccide mentre stavano andando lì e che quindi abbiano scoperto la nostra base.

La corsa si arresta sollo quando il sole cala. Ci convinciamo che la loro caccia si sia interrotta, che aspettino la mattina per la vendetta, temendo una trappola nella notte.

L’inno comincia a suonare e un brivido mi attraversa. Non ci sono stati altri colpi di cannone dopo il nostro scontro, ma durante… erano ben più di tre. In cielo compare il volto di Kitty e quasi mi sento male, mentre a quella immagine sorridente si sovrappone l’ultima che ho di lei. Dopo compare la foto del ragazzo del 2, poi quella del ragazzo del 6, la tizia del 9. Poi è la volta di Mike e mi si stringe il cuore. Infine, è la volta del tributo dell’11. Suonano di nuovo l’inno e poi, finalmente, il silenzio.

-Siamo già in pochi, per essere solo al quarto giorno- commento.

-Il pubblico si stava annoiando. Il nostro piano contro i Favoriti li ha tenuti abbastanza impegnati, ma ricorda che per due giorni non è successo praticamente nulla. Avevano bisogno del sangue, sono fatti così- replica Sherlock, per nulla turbato, le mani giunte sotto il mento, raggomitolato su se stesso. Effettivamente fa piuttosto freddo. Tiro fuori la mia coperta e gliela offro, ma lui rifiuta con cenno del capo.

Ci siamo rifugiati in uno scantinato, non sappiamo quanto lontano dalla piazza, nostro unico punto di riferimento. Pur non avendo mai seguito granché i giochi, mi rendo conto che questa Arena è strana. Ogni casa è uguale all’altra, ogni calcinaccio, ogni svolta, ogni porta… solo il 221B mi era sembrato diverso dagli altri. Forse perché, in quei due giorni, anche se progettavamo degli omicidi, eravamo stati un bel gruppo.

Quasi amici.

Ora Mike è morto, Mary e Molly sono scomparse e io mi ritrovo in uno scantinato con il tizio più strano di tutta Panem. Ecco perché non volevo incasinarmi con le alleanze.

-Afghanistan o Iraq?- se esce a un certo punto Sherlock, mentre io sto per prendere sonno.

-Cosa?-

-Tuo padre, in che battaglione ha combattuto? Afghanistan o Iraq?-

Ci metto un po’ a collegare il tutto e poi capisco che Sherlock si riferisce alle unità di combattimento dei ribelli che hanno mosso contro Panem cinque anni fa. Avevano i nomi dei vecchi stati, quelli precedenti al disastro che ha distrutto il mondo come era conosciuto e ha fatto sorgere nuove nazioni, tra le quali Panem.

-Afghanistan, ma come…?-

-Bè, è piuttosto semplice- replica lui, voltandosi verso di me e sorridendomi mellifluo. –La rivolta è stata cinque anni fa, praticamente tutti gli uomini vi hanno combattuto e, quasi sempre, contro il governo. Non lo avevi notato, vero, che tutti si è qui dentro per un motivo? E spesso il motivo è un famigliare che ha fatto qualcosa che non doveva. Ora, nel tuo caso specifico, ho dedotto che fosse tuo padre da come hai impugnato la pistola prima nello scontro. Solo il figlio di un soldato spara in quel modo, con quella precisione, anche ad occhi chiusi. E gli occhi chiusi mi hanno portato a dedurre che tuo padre fosse morto, forse di recente. E questo lo si capisce anche dal tuo taglio di capelli. Troppo spartano per un ragazzo di sedici anni. O sei stato allevato da un militare, o ne vuoi conservare la memoria. Più probabile la seconda, per il particolare degli occhi. Fin qui sbaglio?- si interrompe.

Scuoto la testa, affascinato, e Sherlock continua, dopo avermi rivolto un breve sorriso.

-Lo sapevo. Bene, ma come sono arrivato ad Afghanistan o Iraq, ti starai chiedendo. Questa parte è la più semplice, in realtà. Una volta capito che tuo padre aveva combattuto, mi è bastato ricordare la formazione dei ribelli. Ogni battaglione aveva un nome a seconda delle persone che lo componevano, della loro specialità. Quella di tuo padre? Un’ottima mira, ereditata da te. E quali erano le divisioni dei cecchini?-

-Afghanistan o Iraq- completo io, in un sussurro. –Straordinario…-

-Davvero lo credi?-

-Ma certo. Incredibile. Davvero incredibile…-

-Questo non è quello che la gente dice di solito.-

Lo guardo strano. Effettivamente non mi sembra il tipo che attacca bottone facilmente, dai mille amici. Anche durante le tre giornate di allenamenti, l’ho sempre visto solo.

-E che cosa dice di solito, la gente?-

-Fuori dai piedi- mormora, guardandomi fisso negli occhi, mentre le labbra si arriccino in un timido sorriso che non riesco a non contraccambiare.

 

La mattina seguente, quando mi sveglio, Sherlock non è nello scantinato. Preoccupato, impugno la pistola e mi guardo intorno. Nonostante la chiacchierata di ieri sera, potrebbe aver deciso di andarsene e di rompere l’alleanza, o peggio… Scandaglio la stanza, la torcia accesa e la pistola ferma davanti a me, la sicura tolta.

Colgo un movimento alla mia sinistra e il cuore mi balza in gola. Sto per fare fuoco…

-John!-

In un attimo Sherlock è davanti a me, la mano aperta davanti alla canna quasi a voler fermare il colpo che non è ancora partito.

-Cristo, Sherlock, mi hai fatto prendere un colpo, pensavo…- ma non mi lascia finire la frase. Mi mette un dito sulle labbra e mi indica un punto dello scantinato, dove un fagotto si muove a ritmo regolare.

-Che cosa…?- chiedo, ma ancora una volta mi fa cenno di tacere. Si avvicina piano e io lo seguo, curioso. Non ci sono animali nell’Arena, non in questa, almeno. Altrimenti non avremmo sprecato l’aiuto di Mycroft per del cibo.

-È una bambina, John. Credo sia del Distretto 12- sussurra Sherlock, quasi timoroso di svegliarla. Mi chiedo che intenzioni abbia. Ieri ha freddato Kitty con un colpo, mentre ora si preoccupa che questa ragazzina dorma bene?

-E quindi?- domando, fermandomi un passo dietro a lui e accovacciandomi. La bimba si è coperta con la sua giacca di pelle e si è raggomitolata su se stessa per il freddo. Dai capelli biondi riconosco la proprietaria dal mio zaino. Ormai è destino che io grazi questa piccola.

-Dobbiamo ucciderla- mi gela Sherlock, tendendo la mano verso di me.

-Non ti darò la mia pistola per questo.-

-La mia è scarica- risponde pratico lui, facendomi intendere di dover abbassare la voce. –Dammi quella pistola.-

-Sai perché la gente ti dice di toglierti dai piedi, eh? È per questi atteggiamenti! Non puoi ucciderla…-

-Lei ci ucciderebbe.-

-Avrà dodici anni, Sherlock, non è una killer professionista! Anzi, se lo vuoi proprio sapere, il mio zaino sarebbe suo, in realtà. Me lo ha lasciato il primo giorno per convincermi a non ucciderla.-

-Hai fatto male. Lo avresti avuto comunque, quel benedetto zaino, e ci sarebbe stata un’avversaria in meno.-

-Avversaria? Parliamo della stessa bambina?-

-Di solito non me ne vado in giro a uccidere la gente, ma qui è diverso, John. O noi o lei, non c’è via d’uscita. È così che funzionano questi maledetti giochi… Sì, Mycroft- si interrompe, rivolgendosi al soffitto, -ho detto maledetti giochi. Adesso che fai, eh? Mi metti in punizione e per un giorno non mi mandi da mangiare?-

Il suo sproloquio viene interrotto da un paracadute argenteo che plana tra di noi, il cui rumore sveglia la bambina. Mentre Sherlock legge il biglietto allegato ai nuovi caricatori per la sua pistola, io mi occupo di lei.

-Ciao, il mio nome è John Watson, Distretto 10 e lui è Sherlock Holmes, del 4- Sherlock saluta agitando la mano con un po’ troppa veemenza per essere considerato normale.

-Io sono Rose, del Distretto 12- dice lei, con voce sottile. –Adesso mi ucciderete, vero?-

Sherlock sta caricando la sua pistola e mi si stringe il cuore. No, non posso permettergli che lo faccia. Non mi interessano quelle baggianate sui giochi e sul sopravvivere. Possiamo sempre lasciarla andare e sperare che ci pensi qualcun altro, a lei.

-Non volevo entrare qui, ma Anderson mi stava inseguendo e io avevo paura… Davvero, se avessi saputo che c’eravate voi non sarei… E c’era anche Sally, con lui e quel Lestrade…-

-Rallenta, rallenta- le fa Sherlock, improvvisamente interessato. –Ripeti quello che hai detto, ma respira, ogni tanto.-

-Ho detto che mi stavano inseguendo e che erano in tre: Anderson, del mio Distretto, Sally Donovan, dell’11 e Greg Lestrade, del 5. E io mi sono rifugiata qui dentro, perché avevo paura- dice Rose, fissando ipnotizzata la pistola di Sherlock. Ma lui non la sta più ascoltando. È in silenzio, le mani giunte sotto il mento e gli occhi socchiusi. Sta pensando, riesco quasi a vedere le rotelle del suo cervello muoversi come ingranaggi ben oliati. Passano circa cinque minuti, poi mi guarda ispirato.

-John, fatti bello. Abbiamo visite.-

 

 

 

 

 

Inathia's Nook:

Saaalve... Scusate per l'ora improbabile, ma domani e lunedì sarò murata di impegni e non credo che ce la farei ad aggiornare...

Così, eccomi qui.

Questo capitolo è più lungo del precedente e la relazione tra JAWN e Sherlock.... Spero che vi piaccia il mio riadattamento del dialogo della serie. Volevo troppo inserirlo perché, di fatto, è il momento in cui "scocca la scintilla" tra i due, e quindi mi sono scervellata parecchio per il "come". Spero che risulti convincente...

Bene, non ho molto da aggiungere, se non che ringrazio le tre fanciulle che hanno commentato lo scorso capitolo e tutti gli altri che hanno letto e basta oppure seguono silenziosamente. Grazie davvero, spero che la storia continui a piacervi.

A lunedì...

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Capitolo 5
*** Capitolo4 ***


CAPITOLO4

 

Il mio sguardo oscilla tra lui e Rose, per poi tornare fisse su Sherlock.

-Sei per caso del tutto impazzito?-

Mi sembra lecito chiedermi se il mio unico alleato sia per caso uscito di senno.

-Finalmente un po’ di azione! Siamo di nuovo in ballo, John!- esclama, letteralmente ballando per lo scantinato, mentre Rose ridacchia sotto i baffi.

-Sherlock, solo ieri abbiamo ucciso dei ragazzi…-

-Ma non capisci? È il loro gioco! Rose non è finita qui per sbaglio. L’Arena è grande, ci sono mille stradine come questa, mille scantinati come questo… Ma no, lei si è rifugiata qui. Dove ci siamo anche noi- dice, guardandomi con occhi spiritati. –Ah, è così ovvio che potrei sbadigliare- aggiunge.

-Ti dispiacerebbe spiegarlo anche a noi?- chiedo, mentre metto la coperta nello zaino e tiro fuori qualcosa da mangiare per colazione. Sherlock mi ignora e comincia a percorrere la stanza a grandi falcate, borbottando cose senza senso.

-Ma è sempre così?- chiede Rose, addentando famelica un pezzo di pane.

-Credo di sì- le rispondo, ricordando i due giorni trascorsi al 221B, quando era capace di isolarsi per un pomeriggio intero e poi saltare fuori con qualche trovata geniale. Come il composto che ha fatto saltare in aria le scorte dei Favoriti.

-Rose, per caso hai incontrato due ragazze, ieri? Una è bionda come te, ma ha i capelli corti. Si chiama Mary, viene dal mio Distretto. L’altra è Molly, lunghi capelli castani, del Distretto di Sherlock.-

Rose ci pensa un po’ su poi scuote la testa. Io ci rimango male. Non che mi aspettassi di ritrovarle anzi, forse è meglio non rivederle più, però… Mary è una parte di casa e se la perdo… mi sembra di perdere una parte di me. Per quanto riguarda Molly, mi sembrava una ragazza ok, forse un po’ troppo timida, ma a posto.

-Sherlock, mangia qualcosa- dico, porgendogli una pagnotta. Lui mi guarda come se gli avessi appena proposto di andare a fare shopping vestiti da struzzo e poi scuote la testa, sedendosi accanto a me.

-Il cibo mi rallenta, mentre penso.-

-E a cosa stai pensando?- chiedo, sperando di capirci finalmente qualcosa.

-Sto valutando le nostre opzioni, John.-

-Che sarebbero?- lo incalzo.

-Forse quei tre ci possono essere utili per liberarci di Irene e Moriarty. Oppure sarebbero un peso ed è meglio eliminarli subito, seguiti a ruota da questa qua- dice, indicando Rose che rabbrividisce.

-Come fai ad essere così?- sbotto, mettendo un braccio sulle spalle di Rose per tranquillizzarla. –Tranquilla, non ti succederà nulla.-

Sherlock sbuffa e alza gli occhi al cielo.

-Non puoi andare avanti così, John, non puoi salvarci tutti. Arriverà persino il momento in cui dovrai scegliere tra me e te- dice, improvvisamente serio da far paura. La sua voce profonda mi muove qualcosa dentro, ma mi sforzo per non distogliere gli occhi dai suoi. –E spero che sceglierai bene, allora.-

E poi si rialza e ricomincia a camminare per lo scantinato, mentre le sue parole mi rimbombano in testa. A cosa si riferiva, al fatto che è certo che rimarremo solo io e lui? Oppure crede che sarò il primo a rompere l’alleanza e lo pugnalerò anzi, gli sparerò alle spalle? Non siamo amici, è vero, né potremo mai esserlo, ma c’è qualcosa in lui che mi spinge a fidarmi di Sherlock Holmes incondizionatamente. È come se lo conoscessi da sempre, se ci fossimo incontrati in altre vite e in quelle vite fossimo stati amici, migliori amici. Per quello non posso fare altro che augurargli di vincere, perché so che è quello che un buon John Watson augurerebbe al suo Holmes.

Quando finalmente Sherlock si risiede con noi, so che ha raggiunto una decisione. Rose interrompe il racconto sull’orto dietro casa sua e mi stringe forte la mano. Io pianto i miei occhi in quelli di ghiaccio di Sherlock.

-Oh, smettila di essere così sentimentale- mi rimprovera, giocherellando con la pistola. –La bambina vivrà- e io tiro un respiro di sollievo. –Mi serve come esca.-

-Sherlock, non puoi…- comincio a protestare, ma Rose mi zittisce.

-Voglio rendermi utile, non voglio rimanere con voi solo perché ti faccio pena, John. Non sono una completa stupida, non sarei sopravvissuta fino ad adesso, se no. Dimmi cosa devo fare- dice, puntando gli occhi verso Sherlock, che sorride soddisfatto.

 

Il piano è semplice, ancora più semplice del primo a cui ho lavorato con Sherlock, ma la sensazione che possa finire in disastro non la smette di accompagnarmi. Forse perché Rose è così piccola, perché il rischio è così alto da quando sono qui dentro… perché non voglio che a nessuno dei due succeda nulla, a Sherlock in particolare. È incredibile come questo ragazzo, che fino a quattro giorni fa non conoscevo, sia riuscito a entrarmi dentro in questo modo. Lo osservo ogni tanto, mentre discutiamo dei dettagli del piano, e non posso fare a meno di considerarmi fortunato per averlo incontrato. Se alla fine dovrò morire, cosa piuttosto probabile, soprattutto se rimarremo soli io e lui, almeno potrò dire di essere stato ucciso dal più grande. Eppure, credo che non ci riuscirebbe. Lo intuisco da come anche lui mi sbircia, con quei suoi occhi da gatto, da come mi parla, come se si fidasse davvero di me… Non si può condividere tutto questo e, allo stesso tempo, progettare di uccidere la persona che hai davanti.

-Perché hai deciso di risparmiarla?- chiedo, mentre Rose si fa un sonnellino prima cominciare. -È per qualcosa che ti ha scritto tuo fratello?-

-Mycroft non mi controlla, non mi dice cosa fare- scatta lui, accendendosi una sigaretta, ennesimo dono del suo mentore. Non gli fa mancare davvero nulla, gli basta anche solo pensare a qualcosa che già Mycroft gliel’ha procurata. Io mi convinco che la signora Hudson si stia prendendo cura di Mary, vedendo che a me ci pensano Sherlock e suo fratello. Effettivamente, da quando i giochi sono cominciati e ho incontrato Sherlock, non ho mai avuto bisogno di nulla.

-Ho semplicemente valutato le opzioni e scelto la migliore, tutto qua- continua lui, sbuffando fuori del fumo e facendomi tossire. -Rose ci serve e fino a quando ci sarà utile rimarrà con noi. Fine della storia.-

-Come mai fa ad essere così distaccato?-

-Affezionarsi a qualcuno, non è un vantaggio- mormora, guardando fisso davanti a sé, e, chissà perché, ho la sensazione che si stia riferendo alla situazione tra di noi. Che sia il suo modo per dirmi che ci tiene davvero, a questa strana amicizia/alleanza?

-Come ci sei finito qui, chi ha combattuto, nella tua famiglia?- chiedo, mentre mi torna in mente il discorso di ieri. 

Sherlock mi guarda stupito. 

-Nessuno. Anzi, a voler essere precisi, mio padre ha sempre sostenuto Capitol City- dice, spegnendo la sigaretta per terra. 

-E quindi la tua teoria non ha più senso- lo prendo in giro, ma lui mi guarda maledettamente serio. -Non dicevi che siamo qui per quello che hanno fatto i nostri genitori durante la ribellione?-

-Io mi sono offerto volontario, John- dice, facendomi sgranare gli occhi. Mi sta prendendo in giro, vero? Lui, così intelligente e brillante, con un fratello così potente, lui che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa nella vita, lui... lui ha scelto di venire a morire tra noi poveretti?

-Perché?- balbetto. 

Sherlock mi guarda come se gli avessi chiesto la cosa più stupida del mondo. 

-Sherlock, potresti tirarci le cuoia, qui dentro, non è un gioco.-

-Già, ma prima di morire... Ah, che divertimento!-

-Non ti facevo così sadico.-

-Io non sono sadico, mi adatto alle circostanze. Magari, in un'altra vita, li avrei risolti i crimini, anziché commetterli- dice facendomi sorridere e rabbrividire allo stesso tempo. Che anche lui senta le stesse cose, provi le stesse sensazioni di esserci già conosciuti? 

Adesso mi è talmente vicino che riesco quasi a sentire i battiti del suo cuore. I suoi occhi incatenano i miei e mi perdo in quel mare di ghiaccio. È molto più alto di me, mi supera di tutta la testa, ma non mi sento minacciato. Mi fido di Sherlock Holmes. Forse è la più grande pazzia che potrei mai fare, ma sento che potrei affidargli la mia vita. 

-Il gioco è iniziato- mi sussurra, lanciando un'occhiata a Rose, che si sta svegliando.

 

 

 

 

 

Inathia's nook:

Ecco il nuovo capitolo, belle personcine :-) un po' di transizione, vero, ma è fondamentale per vedere come si evolve il rapporto tra John e Sherlock... 

E devo dire che loro due mi piacciono da impazzire <3 

Sul resto, non ho molto altro da dire... Come ho già accennato, il capitolo è principalmente concentrato su loro due, ma nel prossimo prometto un po' di azione.

Un mega bacio a quanti seguono/leggono/recensiscono la storia, mi fate davvero sentire importante.

Alla settimana prossima

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Capitolo 6
*** Capitolo5 ***


CAPITOLO5

 

Rose esce in strada circospetta e disarmata, lanciandomi un'ultima occhiata. Io le sorrido e lei fa lo stesso, incerta. Anche se non sta andando lontana, questa situazione mi ricorda l'ultima volta in cui ho visto Mary. Ancora una volta, mi auguro che la signora Hudson si stia prendendo cura di lei. 

-Andrà tutto bene- mormora Sherlock, sorprendendomi. Poi mi accorgo che non sta parlando con me, ma si sta ripassando il piano in mente. Ecco, adesso sì che lo riconosco. 

Rose sparisce nella nuvola di polvere sollevata dalle sue scarpe. Oggi c'è il sole e questo mi tranquillizza un po'. Il nostro ultimo piano era stato accompagnato dal cattivo tempo ed era stato un disastro, di fatto. Forse, il sole è di buon auspicio. 

Quando Rose scompare dietro l'angolo, ci mettiamo all'inseguimento. L'idea originale di Sherlock era di aspettare che i tre si facessero vivi, tendendo loro un'imboscata. Ma io ho insistito affinché andassimo con Rose e la tenessimo d'occhio da lontano, così da intervenire in caso di emergenza. 

Non ci mettiamo molto a ritrovarla. Evidentemente quei tre hanno dormito poco lontano da qui, perché ci basta girare l'angolo per vederli. Hanno accerchiato Rose e la tengono sotto tiro con armi rudimentali. Sicuramente non hanno un mentore potente, perché le puntano contro delle fionde e delle pietre. La situazione sarebbe quasi comica, se non ci fossimo noi con le nostre pistole. 

-Gettate le armi e nessuno si farà male- grida Sherlock, facendosi avanti e coprendomi. 

-Certo, perché la tua pistola è scarica, vero?- lo sbeffeggia quello che mi sembra di ricordare si chiami Anderson. -Andatevene, l'abbiamo vista prima noi.-

-Ho detto: gettate le armi e nessuno si farà male- ripete Sherlock, togliendo la sicura. -Adesso.-

Il primo a gettare la fionda per terra è Greg Lestrade, che arretra anche di un passo. 

 -Lasciaci andare, però- dice, facendo cenno agli altri di seguire il suo esempio e alzare le mani. Sally Donovan e Anderson gettano le pietre per terra, ma non la smettono di guardarci in cagnesco. 

-Delle nostre alleate sono prigioniere di Irene Adler e Moriarty. Vogliamo liberarle, ma siamo pochi- spiega Sherlock, rivelando tutto il suo piano e lasciandomi di stucco. Lui cosa ne sa ma, soprattutto, perché gli interessa? Lo guardo di sbieco, ma il suo sguardo non incrocia il mio. 

-E a noi cosa ne viene? Se le uccidono, sono due avversarie in meno- fa notare Sally, mentre Anderson annuisce. 

-Vi assicuro che è meglio avere Mary e Molly, come nemiche, piuttosto che quei due Favoriti- le risponde Sherlock, sorvolando sul particolare che la Adler e Moriarty ce l'hanno a morte con noi. -Se vi unirete a noi, saremo in di più. Li faremo fuori e poi ce ne andremo ognuno per la sua strada. Nemici come prima- conclude con un sogghigno. 

-Possiamo pensarci un attimo?- chiede Anderson.

-Non credo ne abbiate bisogno- commento io, indicando un cenno della testa Lestrade che si è già avvicinato a Sherlock e gli sta stringendo la mano. 

 

Torniamo allo scantinato e io chiamo Sherlock da parte. 

-Come diavolo fai a sapere di Mary e Molly?- gli chiedo, duro. -Ma, soprattutto, quando pensavi di dirmelo, che lo sapevi?-

-Non volevi ritrovarle?- chiede, confuso. 

-Te lo ha detto Mycroft, eh? Era scritto in quel bigliettino che ti ha mandato assieme al caricatore?- domando, ignorando il suo intervento. -E se sai qualcos'altro di cui non sono a conoscenza, è meglio che ne parli adesso che te lo sto chiedendo, perché non ho intenzione di fare di nuovo la figura del cretino. Gli alleati le cose se le dicono. Gli amici anche- concludo, respirando affannosamente. 

-Io non ho amici- mi risponde Sherlock, in un soffio. 

 

E ancora una volta mi ritrovo a pensare a un piano per uccidere qualcuno. Sembra che non abbia fatto altro per tutto il tempo ho passato qui. Ma questa volta è diverso, io sono diverso. Sarà che sono arrabbiato con Sherlock, sarà che c'è la salvezza di Mary in ballo... ma rimane il dato di fatto che, per una volta, persino io ho voglia di menare le mani. 

Mycroft ci manda altri caricatori, due pistole nuove e un fucile, più qualche bomba. Quelle però, non le voglio vedere nemmeno in fotografia. 

Passiamo così il resto del pomeriggio e anche parte della cena, ma Sherlock non siede con noi quando mangiamo. A me, francamente, non interessa. Forse ho visto in lui qualcosa che non c'è. Non è mio amico, a mala pena lo posso definire un alleato. 

-Nel mio Distretto ci sono delle piantagioni sterminate- ci sta raccontando Sally, la testa appoggiata sulla spalla di Anderson. -E noi ci lavoriamo tutti i giorni. Quando ero piccola, il mio compito era di dare il segnale di fine turno.-

-E sarebbe?- chiedo, curioso. Non ho mai saputo granché di quello che succedeva al di fuori di casa mia, ma mi è sempre interessato. 

-Oh, nulla di che. Sono solo giusto un paio di note fischiettate- si schermisce lei. 

-Sai cantare?- le fa Anderson. -Dai cantaci qualcosa- la implora, seguito a ruota da Greg e me. Sally arrossisce imbarazzata, poi attacca una melodia dolce, allegra e triste al tempo stesso, una canzone del suo Distretto. Mentre lei canta, mi tornano in mente casa mia, mia madre e mia sorella. Ormai siamo solo in undici, al primo decesso -sempre ammesso che non si tratti di me- andranno da lei e la intervisteranno. Riesco quasi a vedere il suo sorriso affettuoso e fiero di quando parlerà di me. Sicuramente si commuoverà quando le faranno vedere cosa sto facendo e piangerà, soprattutto, per il salvataggio di Rose. 

Quando Sally conclude la canzone, le facciamo un piccolo applauso e poi ci mettiamo a riposare. Solo quando sto per prendere sonno mi rendo conto che Sherlock non ha toccato cibo, tanto per cambiare. Combattuto tra il continuare ad essere arrabbiato con lui, il fastidio per la sua testa dura e la voglia, comunque, di chiarirci, mi alzo e gli vado vicino. È alla finestrella che da sulla strada e sta guardando fuori. 

-Quando prima ho detto che non ho amici- sussurra, quando avverte la mia presenza, -è perché è vero. Io non ho amici, ne ho solo uno- dice, voltandosi verso di me. Noto, persino nel buio, che ha gli occhi lucidi e leggermente arrossati. Sherlock Holmes ha pianto? -E se ho reagito così, John- continua a spiegarsi, -è perché ho paura per domani. Quanti miei piani hanno davvero funzionato, fino ad ora?-

-Tutti e due, direi- commento, accennando un sorriso che non lo conquista. 

-Dico sul serio. Nel primo abbiamo perso Mike, Mary e Molly sono state rapite e i Favoriti sono ancora vivi.-

-Solo due su quattro- puntualizzo. 

-E questa strana alleanza che è venuta fuori? Quei tizi non mi sopportano...-

-Non è che tu sappia proprio farti volere bene- commento, strappandogli sì un sorriso, questa volta. 

-E se domani non ce la facessimo?-

-Ma tu sei il grande Sherlock Holmes, non puoi fallire!-

-Tu credi in me?- chiede, incollando i suoi occhi ai miei e facendosi più vicino. 

-Assolutamente. Solo, vorrei che ogni tanto non facessi quella faccia- dico, deciso a dirgli tutto una volta per tutte. 

-Quale faccia?- chiede, allontanandosi da me, confuso. 

-Quella faccia- ribadisco. -Quella del tipo: so perfettamente che cosa sta succedendo, ci sono arrivato prima di voi.-

-Io non faccio così- protesta, ma la mia occhiata lo fa scoppiare a ridere. -Ok. Prometto che ti dirò tutto, da ora in poi. Solo, non volevo che te ne andassi a cercarle da solo, lasciandomi indietro.-

La sua sincerità disarmante mi scuote. Sherlock è mio amico, ma è anche un idiota insicuro con un cervello enorme. Sì, direi che posso convivere con questo. 

-Vieni, è meglio riposare- dico, tirandolo lontano dalla finestra. 

-Non ho sonno- borbotta, sdraiandosi e sbadigliando. 

-Che scemo che sei- commento, mentre ci copro con la mia coperta. 

 

 

 

 

Inathia's Nook:

 

Ehilà people, ecco un nuovo capitoletto con un po' più di azione, questa volta. Che ne pensate di Sally, Anderson e Greg? Personalmente amo Lestrade e infatti... no, non vi dico nulla. *l'autrice sbatte la testa contro al muro, impedendosi di spoilerare l'astutissima trama*. Per quanto riguarda gli altri due... Bè, devo dire che l'unica cosa a cui pensavo mentre li scrivevo era: "devono morire di una morte lenta e dolorosa!!!!"

ok, tornando ai nostri due amori, ecco la famosa frase di Sherlock "io non ho amici". Povero Jawn... Ma poi si chiariscono... Forse Sherlock mi è un po' scivolato verso l'OOC, non ne sono sicura... 

Aspetto i vostri pareri, che mi aiutano a crescere e a migliorarmi. 

Un mega bacio

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Capitolo 7
*** Capitolo6 ***


CAPITOLO6

 

-Ehi, freak*, è ora- ci sveglia Sally, scuotendo Sherlock con il piede. -Scusa se ti rovino il momento romantico- aggiunge, facendo scoppiare a ridere Anderson. Lestrade, invece, guarda altrove, imbarazzato. Ci metto un po' a capire che cosa stia succedendo. Solo quando apro per bene gli occhi noto che Sherlock, nella notte, è rotolato su un fianco fino a finire a dormire contro la mia schiena, un braccio disteso verso di me.

-Che bella coppietta.-

-Oh, sta zitto Anderson. Stai abbassando il livello del Q.I. della stanza, se non dell'intera Arena- borbotta Sherlock alzandosi e porgendomi la mani per aiutarmi. Io rifiuto con un cenno del capo, imbarazzato.

-Tuo fratello ci ha mandato la colazione- dice Greg, indicando il cestino pieno di brioche e cornetti.

-Sempre il solito esagerato- commenta Sherlock, mentre tutti noi ci sediamo a mangiare. Lui si limita ad accovacciarsi di fianco a me, le mani giunte sotto il mento.

-Non mangi, immagino- dico, pulendomi la bocca dalla marmellata dalla bocca su suo avviso.

-Te l'ho detto, il cibo mi rallenta mentre lavoro.-

-Freak*- commenta Sally, -che vi avevo detto?-

-Donovan, piantala- interviene Greg e finalmente lei si zittisce. -Allora, Sherlock, cominciamo?-

Il suo sguardo di ghiaccio incontra quello di Lestrade e le sue labbra si arricciano in un sorriso.

-E quando mani abbiamo smesso?- ghigna.

 

Ci dividiamo in coppie e Sally e Anderson ridacchiano per dieci minuti quando Sherlock annuncia che lui starà con me. Se ieri sera quei due mi erano sembrati simpatici, ora non li sopporto. L'unico che si salva è Greg, che prende per mano Rose senza fiatare. Lascio vagare lo sguardo sui loro volti e mi chiedo quanti di loro rivedrò, o se loro rivedranno me.

Il piano, questa volta, si basa su un'intuizione di Sherlock. Forse è per questo che Sally e Anderson si comportano da idioti, è il loro modo di mascherare la paura. Comunque, Sherlock è sicuro che la Adler e Moriarty siano al 221B, il nostro primo nascondiglio. Lui ed io entreremo a controllare e per cercare di far fuori i Favoriti. Sally e Anderson o ci aiuteranno oppure cercheranno Mary e Molly, mentre Greg e Rose sono le nostre riserve, che si occuperanno degli ostaggi se gli altri due saranno impegnati insieme a noi.

Camminiamo in silenzio, Sherlock ed io leggermente lontani dagli altri quattro.

-Non devi rendertela per quello che dice Sally- dico, giusto per rompere il silenzio e perché le sue parole mi hanno davvero colpito.

-Non me la sono presa.-

-Bene. Perché lei è una stupida, mentre tu...- riprendo, senza ascoltarlo.

-John, non me la sono presa.-

-Appunto. È solo una cretina invidiosa del fatto che...-

-John,- mi riprende Sherlock e finalmente mi zittisco, -te l'ho già detto e te lo ripeto per l'ultima volta: io non me la sono presa. Non mi interessa quello che Sally pensa o crede. Mi interessi solo tu- dice, fermandosi e guardandomi dritto negli occhi.

-Oh, bene- borbotto, arrossendo come un cretino. -Adesso sì che la gente parlerà.-

 

Il 221B è come lo avevamo lasciato due giorni fa e quasi mi sembra di poter sentire la voce di Mike là dentro. Ma mi convinco che sia meglio così, che se ne sia andato prima che lo dovessi uccidere io.

Sherlock mi fa cenno di seguirlo e io annuisco, tirando fuori la pistola. Sally e Anderson sono dietro di noi, le pistole sguainate a loro volta.

Saliamo le scale un gradino per volta nel silenzio assoluto. Solo dall'alto si sentono delle voci e vedo Sherlock sorridere fugacemente. Un'altra deduzione corretta, signor Holmes.

Ci fermiamo sul pianerottolo e io apro delicatamente la porta per permettere a Sherlock di entrare, la pistola puntata.

-Venite fuori, sappiamo che siete qui!- tuona, ma io lo sposto prima che possa continuare. Nel salottino non c'è nessuno se non Mary e Molly, imbavagliate, che ci guardano terrorizzate.

-Va tutto bene, adesso vi liberiamo, va tutto bene- continuo a ripetere, mentre comincio a sciogliere i nodi. Sherlock mette via la pistola e corre ad aiutarmi. Sally e Anderson spariscono, ma di loro due non mi importa. Sono le prime persone qui dentro che hanno risvegliato i miei istinti omicidi, dopo la Adler e Moriarty, meglio per loro allontanarsi finché sono impegnato.

Appena Mary è libera, si getta tra le mie braccia e anche io la stringo forte.

-Pensavamo non sareste mai arrivati in tempo- sussurra.

-Che vi hanno fatto?- chiede Sherlock, osservando Molly con occhio critico alla ricerca di eventuali ferite. Quando non ne trova, lo vedo sollevato. So che cerca di dimostrare il contrario, ma a Molly ci tiene. Forse non tanto quanto io a Mary, ma le è legato. Chissà, magari si conoscevano già da prima dell'Arena...

Ma Molly non fa in tempo a rispondere che due colpi di pistola, seguiti da quello tonante del cannone, ci fa sobbalzare.

-Rose e Greg- mormoro, correndo in strada. Sherlock è subito dietro di me, seguito dalle ragazze, e mira alla cieca verso i due che stanno fuggendo. Spara tutto il caricatore, ma Sally e Anderson svoltano e li perde di vista.

Per terra, Greg e Rose sono immersi nel loro sangue. Conto mentalmente e ricordo l'unico colpo di cannone. Uno dei due è vivo.

-Rose, Rose mi senti?- comincio a gridare, mentre Sherlock si occupa di Lestrade. Ma la bimba non mi risponde e sento l'hovercraft avvicinarsi. Rose, la bimba che voleva solo rendersi utile, la ragazzina che mi ha ceduto il suo zaino, la coraggiosa giovane che non diventerà mai donna, è morta. Mi aggrappo al suo corpo mentre l'artiglio metallico scende per recuperarla, urlando con tutto il fiato che ho in gola. È solo Sherlock a farmi tornare in me.

-John, la tua torcia. Dammela- dice imperativo, la mano diafana porta verso di me.

-Sherlock, che cosa...?-

-John, la torcia, ora- sillaba e io gliela passo, accovacciandomi al suo fianco. -Forse riesco a fermare l'emorragia- sussurra, più a se stesso che altro.

-Lascia, faccio io- dico, spostandolo. Fortunatamente, Greg è stato preso solo di striscio al braccio, ma perde molto sangue. Rompo l'elastico della torcia e glielo giro attorno al braccio, stringendo forte. -Questo dovrebbe arrestare il sangue, per adesso. Non posso fare altro, senza gli strumenti adatti. Forse tuo fratello...- comincio, rivolto a Sherlock, ma lui scuote la testa.

-Mycroft non mi manderebbe nulla per curare un avversario.-

-Ma allora perché lo hai salvato?- chiedo, anche se conosco già la risposta. Lui, infatti, si limita a guardarmi negli occhi. -Per me?- sussurro. Ha visto quanto il suo aver freddato Kitty in quella maniera mi avesse colpito e allora ha cercato di salvare Greg.

Per me.

 

 

 

*freak = scherzo della natura, termine molto dispregiativo

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Capitolo 8
*** capitolo7 ***


CAPITOLO7
 
Decidiamo di passare la notte al 221B, dato che è improbabile che Irene e Moriarty ci tornino. Stando a quello che ci hanno detto Molly e Mary, se ne sono andati questa mattina, dopo averle legate, stanchi di aspettare che ci facessimo vivi. E così le avevano imbavagliate e lasciate a morire di fame e sete. Non era il migliore dei piani, ma aveva un suo perché.
Facciamo sedere Greg sull'unica poltrona della stanza e noi ci sediamo tutti intorno, consumando le ultime provviste. Mi fa un po' strano mangiare delle brioche per cena, ma è pur sempre meglio di niente, anche perché sembra che per un po' Mycroft non ci manderà nulla. E mi sembra anche abbastanza giusto, dato che le ultime pistole che ci ha mandato ce le hanno Sally e Anderson, con le quali avrebbero potuto ucciderci, mentre il fucile e le bombe li abbiamo lasciati nello scantinato.
-Sherlock, hai un altro piano, vero?- chiede Greg, rompendo il silenzio. In effetti, è da quando stiamo mangiando che Sherlock non ha toccato cibo e si è chiuso nel suo solito mutismo, le mani giunte sotto il mento.
-Un piano?- si riscuote, guardandolo sorpreso. -E per cosa? Non so se lo avete notato, ma non ne va mai una giusta, nei miei piani- dice, sottolineando le ultime parole. -Domattina ognuno se ne andrà per la sua strada. Spero solo di non rincontravi- aggiunge sottovoce, dimostrando un briciolo di umanità.
Ripiomba il silenzio, interrotto solo dall'inno. Questa sera l'elenco è breve. Compare solo la foto di Rose e il mio cuore perde un battito. Poi è di nuovo l'inno e di nuovo sera.
 
Stiamo tutti dormendo, quando sento qualcuno scuotermi. Apro piano gli occhi e mi ritrovo quelli di Sherlock a pochi centimetri.
-Cristo, Sherlock, che cosa...?-
Ma lui mi zittisce, dito sulle labbra.
-Che intenzioni hai per domani?- mi chiede, stendendosi accanto a me e coprendosi con il mio pile, lasciandomene una parte.
-Che vuoi dire?-
-John, non fare lo scemo. Che farai? Lestrade è una zavorra, ferito com'è. Le altre due... bè, si sono fatte rapire una volta, chi dice che non ti faranno uccidere, la prossima?-
-Quindi che cosa mi stai proponendo, una fuga nella notte? Questa è una cosa da film sdolcinato...- commento.
-Se l'andarsene adesso con me, mentre loro dormono, la consideri una “fuga nella notte”- virgoletta, -allora è esattamente quello che ti sto proponendo.-
-Ma, Sherlock, non possiamo lasciarli! Greg è anche ferito, sta male!- ribatto.
-Greg?- chiede, confuso. Gli indico Lestrade con un cenno del capo e lui si illumina. -Ah, si fa chiamare così?-
-Non si fa chiamare così, è il suo nome... Lascia perdere- aggiungo, vedendo che sta per riaprire la bocca. -Dimmi solo perché non possiamo aspettare domani e decidere tutti insieme. L'alleanza...-
-Non è mai esistita. Te l'ho detto, John, non puoi salvarli tutti. E ora scegli, ma ricordati che solo uno può uscire da qui vivo e tu vuoi che sia...-
-Tu- mi lascio sfuggire, interrompendolo e mandandolo completamente nel pallone.
-Io?- mormora.
Mi stringo nelle spalle, imbarazzato.
-Te lo meriti- dico, per giustificarmi. -Sei il migliore tra noi, quello che ci ha tenuti in vita fino ad adesso.-
-Non dire sciocchezze. Senza il tuo laccio emostatico Gavin avrebbe già perso un braccio.-
-Greg- puntualizzo.
-Come ti pare. Quindi, che fai? Ti dico solo che io me ne vado, adesso. Era questo quello a cui stavo pensando mentre cenavate. Mi sta bene non uccidere loro tre, ma voglio trovare Sally e Anderson.-
-Per quello che hanno fatto a Rose?- domando, seriamente stupito.
-No. Perché se ci fossero stati davvero Irene e Moriarty, avrebbero fatto fallire il piano. E i miei piani non devono fallire perché li ho messi in atto con dei deboli.-
-Ok. Non avremo le stesse motivazioni, ma almeno abbiamo gli stessi obiettivi.-
-Quindi vieni con me?- chiede, mentre un sorriso si allarga sulle sue labbra.
 
Usciamo circospetti e, appena fuori, Sherlock comincia a camminare veloce. Svolta sicuro nel primo vicolo a sinistra e poi si accovaccia a terra, prende della polvere tra le dita e la lascia cadere di nuovo. Dopo ricomincia a camminare, con me dietro. Che abbia già trovato le loro tracce o le stia ancora cercando, non lo so, ma una cosa che ho imparato è che se vuole, le cose me le dice, ma non lo devo interrompere mentre pensa.
Continuiamo a camminare in silenzio mentre albeggia e mi domando cosa penseranno Mary, Molly e Greg quando si sveglieranno. Che li abbiamo abbandonati, ovvio. Ma Sherlock ha ragione, non li posso salvare tutti e io ho scelto Sherlock. Oggettivamente, non ho le capacità di cavarmela in un uno contro uno contro di lui, meglio se eliminiamo tutti gli altri e poi mi levo dai piedi anche io. A meno che anche lui non stia facendo lo stesso ragionamento lo al contrario, anche se non avrebbe granché senso.
-Sai cosa ci sarebbero utili, dei...- dice, dopo un bel po'.
Non ha nemmeno finito la frase che un paracadute mi atterra in mano. Porgo la scatola a Sherlock, ma tengo il bigliettino. È per me. Non c'è scritto praticamente nulla, ma mi commuove lo stesso.
 
Grazie
 
Me lo infilo in tasca e sorrido, a nessuno particolare, per poi tornare a raggiungere Sherlock.
-Allora, che cosa sono quegli aggeggi?- chiedo, mentre lui me ne porge uno.
-Radioline ricetrasmittenti bidirezionali portatili.-
-Per gli amici?- chiedo, facendolo ridere.
-Walkie-talkie. Possiamo comunicare anche a grandi distanze, meglio essere pronti a tutto. Mycroft scrive nulla?- chiede con tono noncurante, ma è leggermente deluso quando gli dico di no. Meglio che non veda il bigliettino, o capirebbe che quello che gli ho detto prima per me è vero, non era solo una frase buttata lì per fare una bella impressione.
Adesso che abbiamo le ricetrasmittenti ci dividiamo, controllando ognuno un pezzo della via. Ma, anche così, arriviamo all'ora di pranzo che non abbiamo concluso niente. Non sono rimasti in zona, oppure sono bravi a non farsi trovare.
-Niente da fare, non riesco a localizzarli- ammette Sherlock, mentre io tiro fuori qualcosa da mangiare dallo zaino. -È come se fossero scomparsi dall'Arena.-
-Il grande Sherlock Holmes non sa che pesci prendere?- lo prendo in giro.
-John, questa cosa del “grande Sherlock Holmes”…- dice, virgolettando le mie parole.
-Cosa, non ti va bene?-
-No, no. È ok. Continua. Mi piace come suona- dice, facendomi ridere e scoppiando in una risata a sua volta.
-Smettila, siamo qui per uccidere della gente, non possiamo sghignazzare- provo, ma solo la sua faccia mi fa continuare. Non lo avevo mai visto così rilassato.
-Oh, ne abbiamo anche uccisa parecchia- sghignazza lui.
Torniamo improvvisamente seri quando sentiamo una forte esplosione e degli spari, seguiti da due colpi di cannone.
-Veniva dall'appartamento- sussurro, allarmato. -Mary... Dobbiamo tornare indietro, Sherlock. Adesso.-
-Ma...-
-Potrebbero essere stati Sally e Anderson. Oppure la Adler e Moriarty. Non li volevamo prendere?-
Ok, magari io non voglio tornare proprio per questo, ma non è il momento di fare i precisi. Sherlock mi guarda dubbioso poi annuisce.
-Andiamo.-
E cominciamo a correre, percorrendo a ritroso la strada che abbiamo fatto tra 'sta notte e questa mattina. Ma Sherlock corre troppo veloce per me, non gli sto dietro. Lui se ne accorge e si volta, rallentando.
-Prendi la mia mano- dice, intrecciando le mie dita alle sue.
-Oh, adesso la gente parlerà sul serio- commento, correndo più velocemente.

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Capitolo 9
*** Capitolo8 ***


CAPITOLO8

 

Quando arriviamo, casa è un disastro. Evidentemente Sally e Anderson, sempre che siano stati loro, sono tornati allo scantinato e hanno recuperato gli esplosivi, per poi piazzargli nell'appartamento a piano terra. Del 221B non è rimasto praticamente niente, persino i pezzi della poltrona su cui stava Greg ieri sono divelti in strada. Il mio cuore perde un battito quando vedo due hovercraft avvicinarsi ed estrarre dalle macerie quelli che una volta erano Molly e Lestrade.

Faccio per avvicinarmi, ma Sherlock mi trattiene, stringendomi forte la mano e guardando come ipnotizzato la casa.

-Lasciami andare- dico, cercando di mantenere un tono di voce calmo. Pessimo risultato, ovviamente.

-John, non capisci, fa parte del loro piano, averci qui...-

-Sono stufo di piani e macchinazioni, Sherlock. Sono stufo di tutto quanto. Voglio solo entrare e vedere se Mary sta bene. Non portarla con noi, invitarla per il the o altro. Solo. Vedere. Se. Sta. Bene- scandisco e libero la sua mano dalla mia. -E tu, o entri con me o non provare a fermarmi. So sparare anche io, lo sai.-

E avanzo tra le macerie, certo che Sherlock sia dietro di me, la pistola in pugno. Intorno a noi, tutto tace e mi fa temere per il peggio per Mary. Corro dentro -sempre che di “dentro” si possa parlare- facendo attenzione ai vari detriti e comincio a chiamare il suo nome con quanto fiato ho in gola. Non faccio in tempo a dire -Mary- una terza volta che uno sparo poco lontano mi gela.

-Fa che non sia lei, fa che non sia lei- continuo a ripetere, senza considerare quando sia stupida come preghiera. Colgo un movimento alla mia sinistra e mi precipito in quella che una volta era la cucina, ma che ora è riconoscibile solo da un lavandino rotto che zampilla acqua.

Mary è per terra, colpita all'addome dalla pistola che Mycroft ci aveva inviato per salvarla. Sherlock mi dice qualcosa sul fatto che ci pensa lui a Sally e Anderson, ma non lo ascolto granché.

-Mary, Mary, riesci a sentirmi?- le chiedo, scuotendola fino a quando non apre gli occhi. È viva. Non ancora per molto, ma adesso è qui con me. E ripenso alla mia promessa di proteggerla, perché se me l'avessero portata via mi avrebbero derubato di casa mia. Quand'è che Sherlock Holmes è diventato più importante?

-John- rantola lei, ma io la zittisco. Non deve affaticarsi. Le premo con forza il ventre, sperando stupidamente di arrestare il flusso di sangue.

-Dove sono Molly e Greg?- chiede in un sussurro che mi spezza il cuore.

Evito di risponderle, ma lei ha già capito.

-Che cosa è successo?-

-Ci eravamo accorti che ve ne eravate andati e stavamo decidendo il da farsi quando…-mi spiega, ma poi blocca, pallida come un cencio.

-L’esplosione, certo- continuo io, per agevolarle la cosa, e lei annuisce.

-Ma poi sono arrivati Sally e Anderson, per controllare se eravamo ancora vivi. Hanno gridato anche i vostri nomi, non sapevamo che ve ne eravate andati questa notte. Molly era già… mentre io e Greg ci eravamo messi sotto l’architrave. Gliel’ho detto io, sai? Ti ricordi a casa?-

Il flash di tutte le volte in cui era suonato l’allarme durante la guerra mi invade la mente. Il panico, i rumori, i sussurri… tutto. Quando sentivamo la sirena dovevamo correre al punto più sicuro della casa, i rifugi erano solo per i pochi ricchi del Distretto.

-Ma Molly non ha fatto in tempo- continua Mary, cominciando piangere. –Ed è tutta colpa mia!-

Prendo la sua testa sulle ginocchia e le passo una mano tra i capelli, mentre lei consuma tutte le sue lacrime, facendo piangere anche me. Non voglio che muoia, voglio svegliarmi domani e scoprire che questo è solo un incubo orrendo.

-Non è colpa tua, nulla di tutto questo lo è. No, tu sei stata coraggiosa per quello che hai fatto. In pochi avrebbero pensato anche alla salvezza degli altri- le sussurro, mentre lei chiude gli occhi.

-Tu lo avresti fatto. Tu sei tornato per noi, hai aiutato Greg- sussurra, con la poca voce che le rimane. –Devi vincere, John. Trova Sally e Anderson, vendicaci. E poi vinci, torna a casa e dai un bacio alla mia mamm…- ma non fa in tempo a finire la frase che sento il cannone.

Rimango con lei a tenerle la mano fino a quando non scende l’artiglio metallico a strapparla. Solo allora mi alzo, pulendomi il sangue sui jeans.

-Sherlock!- grido, cercandolo fuori in strada. Lui è lì, fermo e seduto per terra che giocherella con la pistola. –Dobbiamo andare a cercare Sally e Anderson- dico, mentre lui solleva un sopracciglio.

-È morta, vero?-

-Sì, e allora?-

-Ti ha fatto promettere di vincere- e questa non è una domanda. Mi guarda fissa come è solito fare, solo che adesso lui è seduto e sono io quello in alto. Sembra così piccolo e vulnerabile, decisamente non le due parole che di solito userei per descriverlo. È come se lo Sherlock che ho imparato a conoscere, quello tutto deduzioni e sangue freddo, ma pronto ad aiutare e a farsi due risate, mi stia scivolando tra le dita, sostituito da questo ragazzo che non conosco e che mi fa paura, perché non so cosa aspettarmi da lui.

-Quindi?- lo incalzo, dato che sembra intenzionato a rimanere lì fermo con lo sguardo fisso per tutto il resto del tempo.

Sherlock scrolla le spalle e io mi siedo accanto a lui.

-Ehi, che succede? Il grande Sherlock Holmes è in panne?-

-Non so cosa decidere. Da una parte, vorrei inseguire Sally e Anderson per quello che hanno fatto qui, a delle persone a cui tu tenevi; dall’altra, so che Irene e Moriarty sono più pericoloso e la loro inattività è sospetta. Non vorrei che stessero pensando a qualcosa di grande e noi ci finissimo dentro con tutti e due i piedi.-

-E tu stai pensando a tutto questo? Cavolo, come fa a non esploderti la testa?- butto lì, sperando di tirarlo su di morale.

-Come deve essere monotono non essere me- mormora. –E come deve essere silenzioso e noioso nei vostri cervelli!-

Evito di rispondergli.

-D’altra parte, non possiamo nemmeno sperare che si eliminino da soli- continua a pensare ad alta voce Sherlock.

-Allora andiamo a cercare la Adler e Moriarty- dico alla fine.

-Lasci perdere la tua vendetta?- chiede Sherlock, sorpreso.

-Hai ragione tu, sono i Favoriti quelli da eliminare, che ci potrebbero causare più problemi. Sally e Anderson hanno avuto fortuna, ma senza le tue bombe non sarebbero andati da nessuna parte. E poi, se non gli diamo subito la caccia, si sentiranno al sicuro e magari saranno loro a fare un passo falso.-

-Questo sì che si chiama pensare- commenta Sherlock.

-Quindi è deciso. Dove pensi si siano nascosti?-

-Dove ti rifugeresti tu, se fossi un Favorito e la altre due alleanze si stessero scontrando nei vicoli?-

-Lontano dalle stradine- mormoro, arrivandoci dopo. –In piazza, alla Cornucopia- rispondo poi e a Sherlock brillano gli occhi.

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Capitolo 10
*** Capitolo9 ***


CAPITOLO9
 
Passiamo la notte alle rovine del 221B, ma Mycroft non ci manda più nulla. Forse le cose si sono fatte troppo costose persino per lui, oppure disapprova il fatto che Sherlock stia ancora con me, sia ancora un mio alleato anche se potrebbe farci tutti fuori nella notte e tornarsene a casa domani.
Così finiamo per dividerci l’ultima pagnotta mentre in cielo compare il volto di Molly, seguito da quello di Greg e Mary. Quando scorgo il suo sorriso, realizzo che questa è davvero l’ultima volta che la vedrò. Anche nel caso in cui dovessi riuscire ad andarmene vivo da qui, l’avrebbero già seppellita. E allora la sua figura sorridente, quella che conserverò per sempre nei ricordi, quella della ragazza che mi ha sorriso alla Mietitura, che mi ha incoraggiato durante gli allenamenti, che mi ha strizzato l’occhio prima che questi maledetti giochi cominciassero, quella ragazza dolce e gentile che, in un’altra vita, avrei persino potuto amare, si tramuta nel fantoccio pallido e sanguinolento che era quando è morta. È come quando ho visto Kitty morire, con la differenza che adesso mi viene da piangere e mi si strappa il cuore dal petto.
-Sherlock- sussurro nella notte. So che non sta dormendo. È avvolto nella coperta assieme a me, ma di sicuro non dorme.
-Cosa?- mi risponde, infatti, dopo poco.
-Adesso andiamo a cercare i Favoriti e mi sta bene. Hanno ucciso Mike. Ma poi, giuramelo, subito dopo scoviamo Sally e Anderson e gliela facciamo pagare. Giuramelo- dico, la voce che mi trema.
-Te lo giuro.-
E finalmente mi addormento, cullato dal ritmo del suo respiro.
 
È un annuncio poco prima del sorgere del sole a svegliarmi. La voce di Claudius Templesmith si diffonde per tutta l’Arena, facendomi prendere un colpo. Sherlock, invece, accanto a me, non ha dormito di sicuro, anche se non sembra minimamente stanco. Mi chiedo come faccia.
-Buongiorno tributi e ben svegliati!-
Lancio un’occhiata a Sherlock, ma lui non mi sta guardando. È concentrato a sentire quello che sta dicendo Claudius.
-Che giornata si prospetta! Siete rimasti in sei, i miei complimenti ai valorosi. Ma solo uno di voi può vincere, questo lo sapete. Vi abbiamo osservato e siete divisi in tre alleanze. Molto intelligente davvero, molto intelligente. Ma da questo momento in poi, sono da considerarsi nulle, inesistenti. Tutti contro tutti- conclude allegramente, mentre i miei occhi incrociano finalmente quelli di Sherlock. Non l’ho mai visto spaventato e non mi piace.
-Non ho intenzione di ucciderti- dico velocemente, mentre lui fa lo stesso. E scoppiamo a ridere.
-No, dico davvero. Adesso ognuno se ne va per la sua strada, perché non ho alcuna intenzione di doverti uccidere, Sherlock.-
-Non possono obbligarti. Siamo già qui dentro, che altro ci può succedere?-
Sospiro guardandolo negli occhi. Non voglio davvero alzarmi, prendere la mia roba e andare ad uccidere qualcuno. Vorrei rimanere qui per sempre, anche se nell’Arena, solo per i suoi occhi e per il modo in cui mi guarda: come se non avesse mai avuto davvero un amico, come se fossi la cosa più importante per lui al mondo, come se non volesse mai più lasciarmi andare.
-Sei tu quello che deve vincere- mormoro, prendendo fuori la pistola. Piano. Senza interrompere il contatto visivo.
-John, che stai facendo?- chiede allarmato, notando i miei movimenti. Che scemo, io credevo davvero di poter nascondere qualcosa a Sherlock Holmes?
-Se io muoio, sarete in cinque. E non mi dire che non saresti in grado di liberarti di quei quattro fessi- continuo, puntandomi la pistola alla tempia. –Torna a casa, Sherlock.-
-Non dire idiozie e smettila di fare il melodrammatico. Nessuno di noi due morirà. Non qui, non adesso. Mi avete sentito?- comincia ad urlare, rivolto al cielo, correndo in strada. –Non ucciderò John Watson!- sillaba. –E non sarete voi a costringermi a farlo- grida, prendendomi la pistola e buttandola per terra. –E tu, non fare più una cosa del genere- dice, guardandomi fisso negli occhi e abbassando la voce. –Anche se siamo qui, non vuol dire che dobbiamo fare tutto quello che ci dicono, d’accordo?-
-Quindi siamo ancora alleati?- chiedo, confuso.
-In un certo senso. Solo che ci dobbiamo dividere. Io cerco la Adler e Moriarty, tu ti occupi di quegli altri.-
-Un’alleanza a distanza- commento.
-Abbiamo i walkie-talkie. Se uno dei due ha bisogno, chiama e l’altro arriva.-
Gli sorrido e anche lui fa lo stesso. Più o meno. Fa quello quanto di più simile a un sorriso riesca a Sherlock Holmes.
-Allora ci si sente- butto lì.
-Spero di no…- è la sua risposta e dentro c’è tutto quello che non riesce a dirmi. C’è il “non voglio che ti succeda niente di così grave da costringerti a cercare il mio aiuto”, c’è il “vorrei che potessimo vincere entrambi”, c’è il “saremmo potuti davvero essere amici, fuori da qui”, c’è il “sei stato il mio unico amico”. C’è il “avrei potuto amarti e, forse, in un’altra vita l’ho davvero fatto”.
Faccio un lungo sospiro. In realtà sto prendendo tempo perché non voglio che se ne vada, che mi volti la schiena e diventi solo una voce alla ricetrasmittente se sono in punto di morte.
-Quindi, ci siamo?- chiedo, cercando di non incontrare i suoi occhi, anche se so che lui mi sta guardando fisso.
-William Sherlock Scott Holmes.-
-Come, scusa?-
-È il mio nome per intero. Per quando cercherai un nome per i tuoi figli- borbotta.
Adesso si che mi farà piangere, questo scemo.
-C’è un’altra cosa- riprende, guardandomi fisso negli occhi. Dopo un po’, il mio sguardo scivola in basso. Non so perché ci stiano dando tutto questo tempo, non è normale, ma non mi interessa. Qualsiasi cosa per non doverlo guardare allontanarsi.
-John, c’è una cosa che dovrei dirti, che avrei sempre voluto ma non ho mai detto. E quindi, dato che è improbabile che ci incontreremo ancora, tanto vale che te la dica ora- mormora, facendo poi una pausa che mi obbliga a incrociare di nuovo i suoi occhi. –Sherlock, in realtà, è un nome da donna.-
-Non è vero- lo contraddico, cercando di non scoppiare a ridere.
-Ci ho provato- dice lui, l’ombra di un sorriso sul volto.
-Non chiamerò i miei figli come te, maschi o femmine che siano. E sai perché, William-Sherlock-Scott-Holmes-Sherlock-è-un-nome-da-donna? Perché tu ce la farai, uscirai di qui e la metterai nel sacco a tutti quanti.-
-Io non…- comincia, ma io lo interrompo, abbracciandolo.
-E adesso stai zitto- dico, stringendolo forte. –Stai zitto e basta.-
Rimaniamo allacciati fino a quando Sherlock non si allontana leggermente, appoggiando la sua fronte sulla mia.
-Vai e falli secchi, John Watson.-

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Capitolo 11
*** Capitolo10 ***


 

CAPITOLO10

 

Il resto della giornata è un qualcosa di confuso, una successione di eventi privi di interesse. Abbiamo preso direzioni diverse proprio per non incontrarci nemmeno per sbaglio, ma già la sua presenza mi manca. Anche se la maggior parte del tempo la passava in silenzio o a borbottare piani e strategie, era comunque una presenza amica che mi confortava. Adesso, invece, cammino alla cieca senza avere la minima idea di dove sto andando, con nel caricatore solo due colpi e nello zaino nessuna provvista, a parte qualche dito d’acqua. Opto quindi per la Cornucopia e la piazza dove, al massimo, o ruberò qualcosa dalle scorte che non sono saltate in aria, o recupererò dell’acqua, o me ne andrò in grande stile. Per questo il mio passo è strascicato. Se non dovessi trovare del cibo e dell’acqua, sarò morto entro breve anche se non incontrassi nessuno sul mio cammino.

Mi chiedo che cosa stia facendo Sherlock. Molto probabilmente è già sulle tracce di qualcuno, anche se i cannoni tacciono.

Cammino tutta la mattinata e arrivo in piazza che è primo pomeriggio e il mio stomaco brontola da un bel po’. La Cornucopia non è molto diversa da come l’avevo lasciata, ormai quasi una settimana fa, l’unica differenza è che le provviste non ci sono più. Fortunatamente, però, non c’è alcuna traccia nemmeno degli altri cinque tributi. Mi dirigo a passo spedito verso la fontana e bevo avidamente, considerandomi fortunato per aver trovato almeno quella. Do un’occhiata in giro, ma non è rimasto davvero nulla. Nemmeno armi o briciole. Mary e Molly avevano fatto davvero saltare tutto. Sto per voltarmi verso Sherlock per dirgli che il suo piano ha funzionato ma, ovviamente, lui non c’è. Chiudo gli occhi e li stringo forte. Devo smetterla di pensare a lui. La nostra alleanza è finita, l’amicizia, o altro, forse non è mai nemmeno cominciata, ma i giochi continuano.

Mi siedo per terra, la schiena appoggiata alla Cornucopia, e sto per lasciarmi andare, vinto dalla stanchezza e dalla fame, quando questa comincia a tremare. Sembrerebbe un terremoto, ma solo lei a oscillare. Mi alzo di scatto e vedo migliaia di scorpioni uscire dalla Cornucopia e correre per tutta la piazza. Dopo il primo attimo di sorpresa, mi metto a correre anche io, infilandomi nell’unica strada che, proprio casualmente, hanno deciso di non prendere. Chissà chi mi aspetta alla fine della strada, da quale tributo mi stanno guidando. Spero solo che non sia Sherlock. Capisco che farebbe un sacco di audience, ma non potrei mai ucciderlo…

Continuo a muovermi e nel frattempo tiro fuori il walkie-talkie. Non saremo più alleati, ma non voglio che lo prendano gli scorpioni.

-Sherlock, sono io, John. Mi ricevi?- chiedo, saltando una roccia.

-Che ti è successo?- mi risponde dopo un attimo la sua voce, affannata quasi quanto la mia. –Sei ferito?-

-No, sto bene. Tutto ok. Per adesso.-

-Per adesso? Che vuoi dire? Ti sento male, John… dove sei?-

-Ero alla Cornucopia, poi ha cominciato a tremare tutto…-

-Eh? Non capisco, John, il segnale è disturbato. Ci stanno oscurando le comunicazioni.-

-Scorpioni!- grido, voltandomi indietro e rendendomi conto che qualcuna di quelle adorabili bestioline sta inseguendo anche me. –Ci sono degli scorpioni in tutta l’Arena. Stai attento!- dico, prima di perdere il segnale del tutto. La radiolina torna muta e io la fisso come un cretino. Per un attimo, eravamo stati di nuovo insieme, avevamo corso insieme… ma non è il momento di fare la femminuccia sentimentale.

Mi caccio il walkie-talkie in tasca e ricomincio a correre, tirando sassi agli scorpioni che mi inseguono. Spero solo che Sherlock abbia capito. Ne colpisco qualcuno e poi, improvvisamente, così come sono comparsi, spariscono. Mi piego in due per prendere fiato, una mano sulla milza e un ginocchio a terra. Uno colpo di cannone in lontananza mi fa sobbalzare. Una vittima degli scorpioni, uno scontro tra tributi?

Mi guardo intorno e vedo una figura avanzare nella nebbia che si è sollevata a causa della corsa mia e di quei mostriciattoli. La prima cosa che scorgo chiaramente è una pistola e, d’stinto, tiro fuori la mia. Due colpi non mi salveranno la vita, ma so sparare. Almeno lo/la ferirò.

-Un altro scherzo del tuo fidanzatino freak*?- chiede la voce, tremando.

Sally.

Il mio cuore perde un battito e tolgo la sicura dalla pistola. Questo è per te, Mary, dico mentalmente, mentre sto per prendere la mira.

-Sherlock non centra nulla- mi ritrovo a risponderle.

-E io dovrei crederci? Anderson è morto ed è colpa vostra- singhiozza.

Anderson.

Il cannone ha sparato per Anderson.

Mi trattengo dal ridere, dal saltare dalla gioia.

Sherlock è vivo.

-Sono usciti dalla Cornucopia…-

-E ci hanno aggrediti perché, secondo te?-

Perché eravate ancora insieme anche se le alleanze sono state dichiarate proibite questa mattina, dovrei risponderle, ma non me la sento. Hanno attaccato anche me per lo stesso motivo, perché mi sono attardato con Sherlock anziché sparargli alle spalle per far salire l’audience e garantirmi il ritorno a casa. Poi l’ho avvertito degli scorpioni, ed ecco spuntare Sally con una pistola in mano, pronta a farmi secca. La gente crede davvero che esista il caso, in questo gioco?

-Adesso muori, John Watson- sibila Sally, ma il mio colpo arriva prima e la colpisce al ventre, proprio dove era stata colpita Mary. Lei cade in ginocchio, la bocca spalancata per la sorpresa. Ma questa volta non provo alcuna emozione per il sangue che le sgorga dalla ferita. Tutto quello che voglio, è che ne esca ancora, che tutta la terra si macchi del sangue di chi ha ucciso Mary.

Mi avvicino piano, sempre tenendola sotto tiro. Calcio lontano la sua pistola, che ha sparato il suo ultimo colpo mentre il mio proiettile la colpiva.

-Sei stata tu a sparare a Mary Morstan?- chiedo, la voce di ghiaccio.

Sally mi fissa terrorizzata, gli occhi sgranati.

-No, io non volevo. È stato Anderson. Anche le bombe… era il suo il piano. Io non ho fatto niente- mormora. Poi lo ripete più convinta, credendo di fare presa sulla mia coscienza. -Io non ho fatto niente.-

-Esatto Sally, tu non hai fatto niente. Nemmeno per fermarlo. Se la incontri, dì a Mary che ti mando io. Lei saprà cosa fare- e faccio fuoco.

Sally si accascia a terra e subito il cannone spara e l’hovercraft scende a recuperarla.

Meno due, conto mentalmente. Ora che Mary, Molly e Greg sono stati vendicati mi sento svuotato. So che dovrei cercare Irene e Moriarty, ma mi sembra di aver perso lo scopo. Se non temessi che potessero fare del male a Sherlock, rimarrei qui per sempre, ad aspettare il mio cannone e il mio hovercraft. Ho fame, tanta fame. L’ultimo pasto che ho fatto è stato quasi un giorno fa e una pagnotta non si può definire una vera cena. Da allora, solo acqua.

-John…- gracchia la mia radiolina e quasi scoppio a piangere dalla felicità quando sento la voce di Sherlock. –John, ci sei? Mi senti?-

La tiro fuori dalla tasca e rido mentre rispondo. Non so perché le comunicazioni siano di nuovo attive, ma mi va benissimo.

-Sì, ci sono. Tutto a posto.-

-Ho sentito i due cannoni…-

-Anderson e Sally. Morti. Uno se lo sono preso gli scorpioni, all’altra ci ho pensato io- dico e quasi riesco a vederlo sorridere.

-Ottimo, davvero ottimo. Io stavo inseguendo la Adler. È veloce quella ragazza, diavolo se lo è. Ma…-

-Ti stai divertendo?- lo interrompo, ridendo.

-È come Natale, John. Una meraviglia- mi risponde.

-Hai idea di dove possa essere?- gli chiedo, ma non faccio in tempo a sentire la sua risposta che qualcosa mi colpisce alla spalla, facendomi cadere la radiolina. Mi rannicchio dietro una roccia e premo sulla ferita, estraendo un dardo. Ci metto un po’ a vedere il walkie-talkie, dato che tutto sembra essersi sdoppiato. Una freccetta avvelenata, intuisco.

-Cerchi questa?- mi chiede una voce, porgendomi la ricetrasmittente.

Irene Adler mi ha trovato.

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Capitolo 12
*** Capitolo11 ***


CAPITOLO11
 
-John- la voce di Sherlock esce dalla radiolina, ma è Irene a rispondere.
-Holmes, ho visto che mi stavi inseguendo. Indovina chi ho trovato io?- ride, facendomi l’occhiolino.
-Irene, lascia andare John- tuona Sherlock. Lo sento affannato. Che stia venendo qui?
-Sherlock, vattene. Trova Moriarty e uccidilo- grido, sperando che riesca a sentirmi. Ma la mia voce non esce salda come vorrei, mi sembra di avere del sapone in bocca. Deve essere il veleno che sta facendo effetto, dato che ormai vedo quattro Irene Adler.
-Ho detto: lascia.andare.John- sillaba Sherlock, la pistola puntata alla tempia di Irene.
Come abbia fatto ad arrivare così in fretta non lo so, ma tiro un respiro di sollievo. Anche se io ne vedo sei, di lui, è meglio di niente.
Irene getta la sua arma per terra e la calcia lontano, girandosi poi verso Sherlock, sorridendogli.
-Bello vederti, Sherlock. Sai, le cose sarebbero state diverse, se tu fossi stato con noi fin dal principio- gli sussurra all’orecchio con voce sensuale.
-Probabilmente sareste morti prima e John starebbe bene- ribatte lui, gli occhi ridotti a due fessure.
-Ancora ti preoccupi per lui? Al massimo tra mezz’ora sarà morto, non so quanto ci metta quel veleno, sinceramente. Era uno dei più a buon mercato, stando al mio mentore. Un altro modo per dire che non vale niente- dice, ridacchiando complice, mettendo una mano su quelle di Sherlock, per convincerlo ad abbassare l’arma.
Ma lui ha sentito una sola cosa, di tutto il suo discorso.
-Mezz’ora?- mormora, lanciandomi un’occhiata fugace. Il terrore nel suo sguardo mi paralizza.
-Oh, volete essere lasciati soli per un ultimo bacetto?-
-Non sono gay- ribatto, sentendomi un idiota. Fra trenta minuti sarò morto, chissene frega del mio orientamento sessuale! E poi, dopo l’ultima settimana e Sherlock, non è che ne sia più tanto sicuro...
-Irene, fatti mandare l’antidoto e forse non ti ammazzo ‘sta notte- ringhia Sherlock.
-Non esiste rimedio…- comincia ridendo, ma quelle sono le sue ultime parole. Qualcuno la colpisce alla testa e lei cade al suolo, la risata ancora impressa sulle labbra rosse. Il cannone spara e l’hovercraft la porta via. Ma Sherlock non fa in tempo a dire nulla che un altro proiettile mi sfiora, mentre un altro quasi lo centra.
Ci voltiamo entrambi verso l’alto e vediamo una figura, pistola alla mano, che si sbraccia dalla sommità del palazzo.
-Ti sto aspettando, Sherlock- grida e lui sibila un nome.
Moriarty.
È logico che sia lui, ma mi fa uno strano effetto vedermelo davvero davanti. Ci siamo già incontrati, è vero, ma eravamo nel mezzo di una sparatoria e nessuno faceva caso a chi era chi. Ora, invece, lo vedo chiaramente. E’ un ragazzo sui diciotto, in jeans e giacca di pelle come noi, dai capelli e gli occhi neri.
-Vieni su a giocare, Sherly- lo incalza, ma Sherlock si volta verso di me.
-Vado, lo ammazzo e torno. Aspettami.-
-Giuro che non vado da nessuna parte- provo a scherzare, ma lui non è decisamente in vena.
-Hai capito che cosa intendo. Non ci metterò più di dieci minuti. Tu ne hai almeno venticinque. Non morire mentre sono lassù- mi dice, guardandomi intensamente. Io ricambio il suo sguardo.
-Sai, credo che a un bambino il nome Sherlock Watson starebbe benissimo- sussurro e vedo l’ombra di un sorriso comparire sul suo volto. Solo adesso mi rendo conto di quanto sia stanco, di come i suoi occhi sorridano solo quando incontrano i miei. Chissà se a me succede lo stesso…
-Quando torno giù pensiamo ad un antidoto- dice, prima di sparire all’interno dell’edificio.
-Hamish- dico, ormai a nessuno. –Il mio secondo nome è Hamish.-
 
Aspetto per un tempo che mi sembra interminabile. Da dove sono io non si sente nulla, solo un concitare di voce e suoni, ma nulla di ché. Intanto, sembra che gli effetti del veleno siano rallentati, così mi arrischio a spostarmi in un punto dove la visuale è migliore. Ora sono di fronte al palazzo -che ricorda un ospedale-, ma continuo a non riuscire a vedere niente di niente.
Mi metto l’anima in pace e comincio a giocherellare con la radiolina, sperando che Sherlock mi chiami al più presto.
Cerco di mantenermi sveglio, ma non è molto semplice. Anche se ora la vista è quasi tornata normale, le gambe cominciano a farsi pesanti e la testa mi gira. Sono sul punto di lasciar perdere tutto e chiudere gli occhi, quando uno sparo mi fa prendere un colpo. Il cannone mi fa svegliare completamente e, dalla distanza in cui sono, non riesco a riconoscere il corpo che l’hovercraft sta portando via.
Poco dopo la radiolina comincia a gracchiare e io rispondo in un soffio.
-Sherlock?-
-John?- mi risponde la sua voce.
-Certo che sono io, pezzo di cretino. Siamo solo io e te, chi vuoi che sia?- chiedo, mettendomi a ridere per il sollievo di sentirlo di nuovo.
-John, voglio che tu ora mi ascolti chiaramente, va bene? Non interrompermi.-
-Vuoi che salga?-
-NO! Stai fermo lì, non ti muovere, la ferita potrebbe peggiorare. Solo, ascoltami, ti prego.-
Mi zittisco, sentendo una gravità nuova nella sua voce.
-Hai presente prima, che ti ho detto che avremmo trovato un antidoto? Bè, ce l’ho…-
-Fantastico. Vieni giù tu, così lo posso prendere?-
-Sì, vengo giù io, John.-
Smette un attimo di parlare poi lo vedo, in piedi sul cornicione.
-Sherlock, che diavolo stai facendo?- chiedo, allarmato. –Scendi subito da lì!-grido, mentre la sua figura torna a sdoppiarsi.
-Scendo, John, tranquillo. Solo, non ho intenzione di usare le scale.-
-Vuoi dirmi che c'è un ascensore, vero? È questo quello che stai cercando di dirmi?- chiedo, non volendo credere a quello che la sua voce rotta mi suggerisce.
-Solo un’ultima cosa, John. Dimenticati di me- sussurra, -Vivi, ama, ridi...-
-Io non sono niente senza di te. Non sarei nemmeno vivo!-
-Esci da qui e fatti una vita.-
-Sherlock!- è il mio grido strozzato, ma le parole si fermano in gola quando vedo la sua mano propendersi verso di me, quasi a stringere la mia, quattro piani più sotto. -Sherlock, tu non puoi morire. Tu sei il migliore tra noi.-
-Io sono nessuno, John. È solo un trucco questo, un magico trucco.-
-E tutte le cose che mi hai detto, quelle che sapevi su di me?-
-Ho fatto delle ricerche per impressionarti. Cosa credi? Sono solo un buffone che si è andato a infilare in qualcosa di troppo grande per lui e solo per noia. Sono un buffone, John- e la sua voce mi supplica di credergli.
-Non è possibile...-
-È così. Nessuno è così intelligente.-
-Tu sì, tu lo sei- ribatto, deciso.
-Questo è il mio biglietto d'addio. La gente li lascia, prima di...-
-Prima di... cosa? Sherlock!-
-Addio, John.-
Poi le comunicazioni si interrompono, ma non per volere di Capitol City. Vedo Sherlock gettare la radiolina sul tetto, all'indietro, e allargare le braccia. Sembra un angelo, il mio angelo, che sta per sacrificarsi perché io possa vivere.
Quando stacca i piedi dal cornicione e si lancia, annaspando nel vuoto, grido il suo nome con tutto il fiato che ho in gola. E il veleno torna prepotente in circolo, facendomelo vedere non una, ma tre volte.
Per tre volte i suoi piedi corrono nel vuoto.
Per tre volte le sue braccia mulinano nel nulla.
Per tre volte spero in qualcosa che trattenga il suo corpo dalla folle discesa verso l'assalto.
Poi l'impatto.
Secco, duro, che mi strappa il cuore dal petto. È lì, a pochi passi da me, accasciato su un fianco. Non gli vedo il volto, non ho il coraggio di avvicinarmi e incrociare un'ultima volta quegli occhi di ghiaccio, vuoti e pallidi. Non ce la faccio, e rimango per terra anche io, mentre il cannone spara, le fanfare suonano e io vado in pezzi.
Felici Hunger Games e possa la fortuna essere sempre a vostro favore.










Inathia's nook:


shaaaalve! *fa capolino schivando pozzanghere di lacrime e insulti di ogni genere* ciao a tuuuuutti.
ok, lo so, mi state odiando. E anche io mi odio, vogliamo fondare un club? Mi hanno detto che le mie note autore potrebbero aiutare, in certi casi, ma non so davvero cosa dire, se non che questo NON è l'ultimo capitolo. Ho ancora l'epilogo da pubblicare, che dovrebbe arrivare tra giovedì e venerdì. ho deciso di pubblicare oggi perchè mi sono resa conto di avere davvero troppe long in sospeso (molte sono concluse, ma mi incasino io ad aggiornare) e così ho deciso di "liberarmi" di una di loro entro la fine della settimana. felici di essere i prescelti? *schiva un'ascia*
Bè, che dire se non che spero che il capitolo vi piaccia... oh, ma a chi voglio darla a bere! quello di cui ho davvero bisogno sono recensioni in cui piangete e urlate contro tutto ciò che avete caro e mi insultate perchè sono una cattiva autrice. sto davvero facendo morire troppa gente, al momento.
ok, mi eclisso. a giovedì/venerdì
e quella sarà davvero la fine...

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Capitolo 13
*** Epilogo ***


EPILOGO

 

-John.-

La sua voce accarezza il mio nome, facendomi correre un brivido lungo la schiena. Ho gli occhi chiusi, non so dove mi trovo, ma mi va benissimo così.

-John- sussurra di nuovo, prendendo una mia mano tra le sue e massaggiandomi il palmo delicatamente.

-Sherlock?- chiedo, ma in realtà non mi interessa. Forse tutto quello che ho visto non è mai successo, forse era solo un sogno... oppure questo lo è. Se è così, non voglio svegliarmi.

In lontananza, un violino comincia a suonare e Sherlock non è più accanto a me. Mi trovo al 221B, che non è mai esploso, e lui è di spalle alla finestra che suona. Non indossa i jeans e la giacca di pelle dell'Arena, bensì un completo scuro elegante che lo fa sembrare più grande dei suoi diciotto anni. Solo io ho ancora i pantaloni sporchi di sangue e la maglietta strappata dove il dardo di Irene mi ha colpito.

Avanzo piano per non distrarlo. È completamente perso nella sua musica, dondola lentamente a ritmo, gli occhi socchiusi. Mi salgono le lacrime agli occhi e il suo nome mi esce prima che mi possa trattenere.

-Sherlock.-

La musica continua, ma lui non suona più. Si volta verso di me e mi sorride triste.

-Che cosa ci fai qui, John?-

-Che cosa ci fai tu, qui- ribatto.

Sherlock scuote la testa e riprende a suonare, ma adesso mi guarda intensamente, come era solito fare nell'Arena.

-Sherlock, perché siamo qui?-insisto. -Siamo morti?- realizzo con un brivido, mentre mi torna completamente la memoria. La sua caduta, il sangue, le fanfare... Ma se la morte è il 221B con Sherlock che suona il violino, firmo subito per l'eternità.

-No, John. Tu non sei morto. Tu non puoi morire- dice, mancando una nota.

-Quindi questo è un sogno?-

-Sì.-

-Dove sono, in realtà?-

-A giudicare dai tuoi vestiti- comincia e io sorrido, rivedendolo all'opera, -ti stanno portando a Capitol City per curarti. Ma hai perso conoscenza durante il viaggio.-

Rimaniamo in silenzio, gli occhi fissi l'uno nell'altro.

-Quindi non sono morto- ragiono a voce alta. -Però sono qui.-

-Tecnicamente, sei tra la vita e la morte. Se rimani qui, allora muori.-

-Ma io non voglio svegliarmi.-

-John- mi riprende lui, ricominciando a suonare. -Devi svegliarti o io avrò saltato per nulla.-

La stanza comincia a svanire. Le cure stanno facendo effetto.

-Sherlock- grido, allungando la mano verso la sua figura, che sta sbiadendo a sua volta. -Sherlock, non ce la faccio!-

Ma lui si limita a sorridermi.

-Addio, John.-

 

 

 

 

 

 

Il Tour delle Vittoria mi sta uccidendo. Ogni piazza in cui vado, ogni persona che incontro, mi ricorda i ragazzi che ho conosciuto nell'Arena e, per conseguenza, Sherlock.

Mi hanno curato, come aveva previsto, ma la spalla era andata e quindi me ne hanno installata una bionica che mi fa sentire un inutile ibrido.

Durante il Tour, mi limito a leggere i cartoncini che mi passano, senza metterci troppa enfasi. E alla gente sta bene, nessuno si aspetta niente di diverso. Io sono il sopravvissuto che vive sulla pelle dei loro figli, nulla di più.

E ogni Distretto assomiglia sempre più al successivo. Non ho più sognato Sherlock, ma lo vedo dovunque. I suoi occhi sono nel colore chiaro del cielo quando c'è il sole, i suoi capelli nelle nuvole nere che si addensano cariche di pioggia e lacrime...

Quando facciamo tappa al Distretto 4 e la sua foto è ovunque, ho un attimo di cedimento. Ma anche qui, mi limito a leggere il cartoncino, con il cuore che sanguina. Per tutta la durata del discorso guardo fisso i manifesti, facendo finta che lui possa vedermi. In realtà, credo proprio che si farebbe due risate per queste cavolate. Anzi, comincerebbe a dire di essere annoiato, facendo delle smorfie assurde.

A lato del palco c'è suo fratello Mycroft. Non si assomigliano granché, ma solo la sua vista mi fa male. Mi si avvicina alla fine del discorso.

-Complimenti, signor Watson- mi dice, prendendomi per un gomito e allontanandomi dal resto del mio gruppo. Lancio un'occhiata alla signora Hudson, ma lei sembra non preoccuparsi. Evidentemente, Mycroft le ha parlato prima.

-Desidera, signor Holmes?- chiedo, cercando di mantenere salda la voce mentre pronuncio il cognome di Sherlock.

-Mio fratello le voleva bene. Le ha permesso di vincere, anche se io non ero d'accordo. Doveva volerne molto bene- dice, più a se stesso che a me. -Credevo le interessasse sapere dove...- dice, abbassando la voce fino in a un sussurro e facendo perdere un battito al mio cuore.

La tomba di Sherlock.

Sono pronto per vederla? Sinceramente non lo so, ma quello di cui sono certo è che me ne pentirei per il resto delle mia vita. Non è una questione di "essere pronti" o no.

Devo.

 

Il cimitero del Distretto 4 è sulla costa, in un posto decisamente suggestivo. C'è la sabbia, per terra, qualche cespuglio qua e là, e là sotto il mare che ruggisce. Avanzo tra le tombe, la signora Hudson accanto a me. Scorgo la lapide di Molly, bianca e candida come lei era. C'è anche la foto, ma non è quella dei giochi. In questa lei è felice come mai l'ho vista e guarda l'osservatore ridendo. Mi chiedo chi gliel'abbia scattata, per chi sorridesse.

Ma passo oltre, è un'altra la sepoltura che mi interessa.  È al limite del cimitero, si erge nera e semplice, con il sole che si riflette sulla pietra. Non ho bisogno di leggere le lettere dorate per saperlo. Sherlock è qui sotto, riesco quasi a sentirlo. 

Si alza un refolo di vento e mi stringo nella sua giacca di pelle, l'unica cosa che ho chiesto e mi hanno concesso. Inutile dire la commozione del pubblico quando mi hanno visto con la casacca di Sherlock. Credo che questo sia l'unico motivo per cui abbiano esaudito la mia richiesta.

La signora Hudson mi fa cenno che mi aspetterà fuori e io annuisco distante.

Ora che ci sono davanti, non so bene cosa dire né cosa fare. Lui è qui, ma mi sembra così assurdo...

Faccio un respiro profondo e cerco le parole adatte

-Sherlock- comincio, la voce che mi trema. -Non so davvero cosa dirti. È tutto così strano... Quando eravamo nell'Arena, io... Sei stato un alleato, un amico, il mio salvatore- mormoro, la voce rotta. -Il mondo potrà anche credere a quello che mi hai detto, che sei un buffone e ti sei inventato tutto, ma a me non la fai. Io lo so che sei... eri... straordinario. E farei di tutto per tornare indietro e cambiare le cose, perché tu non ti meriti questa fine, questa sepoltura. Tu, tu una volta mi hai detto che non sei un eroe. E, te lo dico, a volte c'erano persino dei momenti in cui non credevo nemmeno che tu fossi umano, ma lascia che ti dica questo. Tu eri l'uomo migliore, il miglior essere umano che io abbia mai conosciuto e nessuno mi convincerà mai che hai mentito. Sai... Ero così solo e ti devo tanto. Perciò ti prego, c'è solo un'ultima cosa, un ultimo miracolo, Sherlock, per me. Non essere... morto. Lo faresti per me? Solo, smettila, per me. Smetti tutto questo- dico, la voce ormai completamente fuori controllo. -Ti chiedo solo un miracolo.-

 

 

 

 

-Ti ho sentito.-

 

 

 

 

 

 

 

Angoletto d'un'autrice piangete: 

oK, sono calma, non sto piangendo. Ma questa è scema, starete pensando. ma abbiate pietà, arrivare alla fine di una storia fa sempre un certo effetto :(

ecco qui il famigerato prologo. ditemi che ne pensate, ma ricordatevi di non lanciarmi pomodori o verdure in generale. e nemmeno frutta. mi fanno profondamente schifo (le lascio tutte alle vegetariane/vegane della pagina. tanto di cappello, signore). quindi, se proprio volete tirarmi qualcosa, bè, direi che un uovo di pasqua o un barattolo di nutella vanno benissimo. anche entrambi ;)

ora la smetto di blaterare e aspetto i vostri commenti.

alla prossima, bellezze, è stato bello condividere questo con voi. se poi volete farvi un giro sulla mia pagina di autrice siete ovviamente le benvenute.

alla prossima, 'cause  THE GAME IS NEVER OVER

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