L'amore che comincia

di KiarettaScrittrice92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Colpisci ***
Capitolo 2: *** Conquista ***
Capitolo 3: *** Bacia ***
Capitolo 4: *** Consola ***
Capitolo 5: *** Sposa ***
Capitolo 6: *** Possiedi ***
Capitolo 7: *** Crea ***
Capitolo 8: *** Ricorda ***



Capitolo 1
*** Colpisci ***


Colpisci

Majin Bu non c’era più. Finalmente quell’essere rosa e gelatinoso, terribilmente somigliante ad un enorme gomma da masticare, era sparito dalla faccia della terra. Grazie a Goku, Vegeta e Mr. Satan, la pace era tornata sulla terra e sicuramente avrebbe regnato per un bel po’ di tempo. 
Erano passati appena due giorni da quel grande evento, forse tre, ed era una bellissima giornata invernale. Sebbene l’aria fosse fredda, un sole deciso e luminoso incombeva sulla terra, in mezzo a quel cielo azzurro e privo di nuvole. Era la giornata perfetta per uscire e stare all’aria aperta, e magari passare una bella giornata con gli amici, ma non per Gohan.
Lui, come al solito, era sui libri. Seduto alla sua scrivania in legno scuro, stipata di volumi più o meno grossi. Il capo chino su un grosso volume di matematica, la matita in mano che ogni tanto scriveva qualche appunto a lato del libro. La finestra proprio sopra alla scrivania faceva passare i timidi raggi del sole, permettendogli di vedere bene senza usare la luce elettrica. 
Il ragazzo dai capelli a spazzola e il ciuffo nero che gli scendeva sulla fronte era però concentrato solo all’apparenza. Da qualche minuto ormai, muoveva convulsamente la matita facendola battere contro il libro che continuava a fissare distratto. 
Quello che vedeva, infatti, non era la pagina piena di numeri e formule del suo libro di matematica; il suo pensiero era volato lontano da quel libro: un viso angelico, due occhi azzurri come zaffiri e corti capelli corvini. Pensava sempre a lei e arrossiva al solo pensiero. Non aveva mai provato un’emozione simile a quella per un’altra persona, era la prima volta che accadeva e gli sembrava quasi strano. 
Ovviamente si ricordava la prima volta che sentì martellare il cuore in petto per lei. Era stato durante gli allenamenti per il torneo Tenkaichi, quando lei gli aveva chiesto d’insegnarle a volare. Fu quella la prima volta che accadde: quando erano seduti l’uno di fronte all’altra in una delle tante vallate dei monti Paoz, sull’erba. Lui aveva appena evocato la forza interiore e la teneva tra le mani, luminosa come sempre e lei stupita da quello strano evento che accadeva tra le sue mani si era avvicinata di più; fu in quel momento che Gohan sentì il cuore martellare. Aveva già iniziato da prima a tenere di più di una normale amica a quella ragazza, ma solo in quel momento avvertì l’emozione nuova, quell’emozione vera e pura, che capita pochissime volte nella vita.
Da quel giorno la sua vita sembrò cambiare radicalmente, da quel giorno ogni sua azione era stata diretta a lei. Anche quando si trovò contro Majin Bu, dopo aver riscoperto la sua prorompente forza, risvegliata da Kaioshin il sommo, il suo pensiero era rivolto a lei. Persino quando ormai gli mancavano le forze e non riusciva più a contrastarlo in nessuno modo, l’unica cosa che gli permetteva ogni volta di rialzarsi era il pensiero di non rivederla più.
Era da due giorni che non la vedeva e già gli mancava. Quel giorno si erano salutati nel tempio di Dende, promettendosi a vicenda che si sarebbero risentiti.
Era perciò perso nei suoi pensieri, quando il suo cellulare, regalatogli da Bulma per il suo sedicesimo compleanno, iniziò a squillare. Il ragazzo si riscosse da quel limbo in cui era caduto e premette il tasto per rispondere, avvicinando l’apparecchio all’orecchio.
«Pronto?»
«Ciao Gohan...» disse una voce intimidita dall’altra parte della cornetta e subito, sulla faccia del ragazzo, si stampò un sorriso, mentre le guance gli si coloravano di rosso.
«Videl... Come stai?» chiese anche lui con voce insicura.
«Tutto a posto, avevo voglia di sentirti...» rispose lei.
«Davvero?» disse, esitando un attimo. Non aveva il coraggio di dirle che anche lui aveva voglia di sentirla, di sentire la sua voce, di vederla. Le avrebbe voluto dire che ogni minuto pensava a lei, che anche poco prima della chiamata il suo pensiero era rivolto a lei, ma quella moltitudine di sentimenti e di parole non uscirono. Tutta colpa di quella maledetta timidezza ereditata da suo padre.
La pausa non durò più di venti secondi, poi fu Videl a rompere di nuovo il ghiaccio.
«Senti... – attaccò – Domani sei libero? Cioè...volevo dire, ti va di uscire?» chiese, indecisa sulle parole da usare e un po’ impacciata.
«Volentieri!» rispose subito lui.
«Bene! – esclamò la ragazza contenta – Che ne dici se passo da te alle dieci?» domandò ancora.
«Da me? Ma non è lontano?» ribatté lui stupito.
«E allora? Ti sei forse dimenticato che mi hai insegnato a volare? Farò un po’ di pratica da casa mia fino ai monti Paoz. Se con l’elicottero ci mettevo tre ore, in volo ci metterò molto meno.»
«Va bene, come vuoi tu. Allora a domani.»
Fu lei a staccare la chiamata per prima e quando sentì solo i rumori fastidiosi del telefono inattivo chiuse anche lui.
Il ragazzo contento tornò a studiare, ma anche stavolta sapeva che sarebbe rimasto concentrato per poco: sentire la sua voce gli aveva illuminato la giornata, ancora di più di quel sole che veniva da fuori. Oltretutto il fatto che fosse stata lei a chiedergli di uscire aveva confermato il fatto che anche lei provava gli stessi sentimenti nei suoi confronti e questo lo aveva in qualche modo sconvolto e reso euforico allo stesso tempo.

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Capitolo 2
*** Conquista ***


Conquista

Quella camera, sempre ordinata e pulita era diventata un campo di battaglia. C’erano vestiti sparsi ovunque e il ragazzo, in piedi davanti all’armadio, continuava a buttare fuori tutto ciò che trovava, come fosse spazzatura, gettandolo alle sue spalle stizzito, senza guardare nemmeno dove finiva l’indumento.
Solo quando Chichi gli urlò adirata, si voltò. La madre era alla porta con uno dei suoi pantaloni della tuta in faccia. Se lo tolse nervosa e guardò il figlio tra lo stupito e il nervoso.
«Si può sapere che ti prende?» chiese.
«Hai per caso visto i miei jeans? – rispose lui con un altra domanda tornando all’armadio – Non li trovo più!»
La donna con un sospiro esasperato si avvicinò al mobile e come ogni mamma sa fare, li trovò in men che non si dica.
«Ora però metti a posto!« disse poi, uscendo dalla camera.
«Certo, mamma!»
Posò il jeans appena trovato dalla madre e una maglietta azzurra, ai piedi del letto e iniziò a sistemare. In pochi minuti la sua stanza era di nuovo in perfette condizioni. 
Guardò l’orologio: aveva ancora un po’ di tempo per andarsi a cambiare e sistemarsi i capelli.
Fece tutto appena in tempo, perché appena uscì dal bagno qualcuno bussò alla porta di quella strana casetta dalla forma buffa.
«Gohan!» urlò la madre chiamandolo, mentre andava ad aprire.
Quando la porta si aprì ne apparve la ragazza: i capelli corti e corvini le incorniciavano il viso pallido e con un sorriso cordiale ed educato salutò Chichi. Anche lei indossava un paio di jeans e una delle sue solite magliette lunghe verde chiaro.
Gohan raggiunse la porta ed entrambi si ammutolirono.
«Beh che fate? Manco vi salutate?»
Un lieve ciao partì contemporaneamente dalle bocche di entrambi.
«Allora io vado, – disse Gohan rivolgendosi alla madre – penso tornerò per ora di pranzo.»
«Va bene, divertitevi!» disse lei poi chiuse la porta, appena il figlio attraversò l’uscio.
Si diresse in cucina e vide Goku sbirciare dalle tende della finestra.
«E pensare che io alla sua età non mi sarei mai sognata di avere un ragazzo!» commentò Chichi alle sue spalle, facendolo voltare.
«Non dire bugie Chichi, avevi solo tredici anni quando ti ho conosciuta e già volevi sposarmi, lui ha ormai diciassette anni lasciagli quest’esperienza.»
«Forse hai ragione tu...» disse lei, poi diede un lieve bacio in bocca al marito.

 

I due ragazzi avevano spiccato il volo poco lontano dalla casa a forma di igloo della famiglia Son. Erano rimasti in silenzio per tutto il tragitto in volo e quando atterrarono nei pressi di Satan City, fu la ragazza a rompere il ghiaccio.
«Beh, come sta tuo fratello?»
«Bene, ora frequenterà le elementari qui a Satan City, appena riabiliteranno tutto.» rispose il ragazzo.
«Capisco... A proposito di scuola... – a quell’inizio frase la ragazza s’incupì – Non credo verrò più all’Orange.» continuò a testa bassa, a quell’affermazione Gohan sobbalzò.
«Cambi scuola?» chiese stupito.
«No, inizierò a studiare da privata. Mio padre dice che con ciò che è successo con Majin Bu ha avuto paura di perdermi e quindi vuole passare il più tempo possibile con me e ha assunto un insegnante privato. Secondo me però è tutta una scusa.»
«Perché dovrebbe essere una scusa?» chiese Gohan stupito.
«Credo che lui voglia che passi il meno tempo possibile con te. Non so il motivo, forse ancora diffida di quello che fate. Non sai che impresa è stata convincerlo a farmi uscire con te oggi.»
«Capisco...» rispose il ragazzo non sapendo cos’altro dire.

 

L’appuntamento passò in fretta, tra una risata e una chiacchierata. I due ragazzi stavano tornando al confine della città, con il loro gelato in mano, quando Videl con una semplice frase mandò nel pallone il giovane sayan.
«Gohan, ma io ti piaccio?»
Lui rimase paralizzato da quella domanda, si bloccò in mezzo al marciapiede e diventò paonazzo.
«Pe... perché me lo chiedi?» chiese nervoso.
«Tu rispondi e basta!» lo rimproverò lei, anche se dalla faccia del ragazzo era evidente la risposta.
«Beh ecco io... io... non so che dire...»
Alzò lo sguardo e vide quegli occhi azzurri trafiggerlo come se volessero vedergli fin dentro l’anima, vide la sua bocca piegarsi in un sorriso d’incoraggiamento. A quella vista la sua pelle cominciò pian piano a tornare del suo colore normale e qualcosa si mosse nel nel suo stomaco come a spronarlo a rispondere.
Poco dopo un sommesso «Sì» uscì dalla sua bocca quasi da solo. La ragazza, a quella risposta, finalmente sorrise compiaciuta e gli diede un bacio sulla guancia, facendolo tornare rosso in volto.
«Anche tu mi piaci!»
Arrivarono alla periferia nel totale silenzio: dopo quella piccola confessione sembrava che non avessero più niente da dirsi. Quando furono lontani da occhi indiscreti spiccarono il volo.

 

«Sono tornato!» urlò Gohan quando entrò in casa.
«Vieni che è pronto il pranzo!» rispose la madre.
La famiglia Son pranzò tranquilla, nessuno pose una sola domanda a Gohan della sua mattinata e di come fosse andato il suo appuntamento. Solo Goten ad un tratto, verso la fine del pasto, fece una di quelle domande provocatorie e dirette che solo i bambini sanno fare.
«Gli hai dato almeno un bacino?» chiese proprio con tono birichino.
«Fatti gli affari tuoi tu!» gli rispose Gohan.
«Scusa, – disse il bambino alzando le mani in segno di resa – certo che oggi sei proprio acido...» disse, ma dopo quel commentò il pranzo proseguì tranquillo.
Quando finalmente il ragazzo fu di nuovo libero, tornò in camera sua e si buttò sul letto, ripensando a lei e all’appuntamento appena trascorso, finché Morfeo non lo prese tra le sue calde braccia.

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Capitolo 3
*** Bacia ***


Bacia

Il giorno dopo finalmente ricominciò la scuola. Tutto era tornato alla normalità, o almeno quasi tutto: per Gohan, infatti, la classe senza Videl non era più la stessa.
Il ragazzo entrò nell’aula in assoluto silenzio, sedendosi al suo posto senza dire una parola.
«Hei Gohan, come va?» chiese Erasa vedendolo così taciturno.
«Bene, bene...» rispose lui con tono poco convinto, come se gli scocciasse rispondere.
«Amico che succede? Perché sei così giù di corda?»
Questa volta era stato Sharpner a parlare.
«Non ho niente, ho detto che sto bene!» rispose secco lui.
I due ragazzi non ebbero il tempo di chiedergli altro, si lanciarono appena un’occhiata preoccupata, che la professoressa entrò nell’aula facendo calare il silenzio. 
La lezione cominciò. Per una ventina di minuti Gohan cercò di seguire, rimanendo concentrato su ciò che la professoressa diceva, ma era tutto inutile. La sua testa era da tutt’altra parte: si chiedeva ininterrottamente cosa stesse facendo in quel momento Videl. Possibile che quella ragazza stava riuscendo a inibire completamente i suoi sensi tanto da farlo distrarre dal suo luminoso cammino di diventare uno studioso? Non riusciva a pensare ad altro che a lei e si chiedeva se anche lei, in quello stesso momento, stava pensando a lui.
Ad un certo punto non resistette più: si alzò di colpo, scattando come una molla, come se la sedia sotto di lui gli avesse dato la scossa. A quel movimento la professoressa alzò lo sguardo su di lui.
«Gohan cosa c’è?» chiese la donna.
«Professoressa, devo andare in bagno!» disse lui spontaneamente.
«Ci risiamo...» sussurrò Sharpner a Erasa, facendola sogghignare.
«Non ricominciamo Gohan, ogni volta che vai in bagno sparisci per ore. Capisco che sei il ragazzo più brillante dell’Orange High School, ma non puoi saltare tutte queste lezioni!» lo rimproverò la professoressa con sguardo severo.
«Non ci metterò tanto, davvero!» cercò di convincerla lui.
La donna sospirò rassegnata.
«Vai pure Gohan, ma se non ritorni entro dieci minuti, mi vedrò costretta a metterti una nota di demerito.» lo avvisò.
Il ragazzo uscì dalla classe di corsa, guardò a destra e a sinistra del corridoio e quando fu sicuro che non ci fosse nessuno, aprì la finestra e spiccò il volo, dirigendosi sul tetto dell’edificio.
Era lì da neanche un minuto, ma non sapeva che fare. Che gli era saltato in mente? Non sarebbe mai riuscito ad andare da Videl e tornare in dieci minuti e anche se avesse potuto farlo che cosa le avrebbe detto? 
Passò un altro minuto e il ragazzo, non trovando una soluzione, si era quasi rassegnato a tornare in classe e farsene una ragione, quando ad un tratto un paio di mani fredde si posarono sui suoi occhi, oscurandogli la vista. 
«Indovina chi sono?» chiese una voce femminile, una voce che ormai riconosceva subito, perché inondava la sua mente ogni secondo e sentiva sempre nei suoi sogni. 
Alzò lentamente le mani e prese quelle più piccole della ragazza.
«Videl – disse girandosi – che ci fai qui?»
«Avevo voglia di vederti.» disse lei con un sorriso.
Quell’affettuosa smorfia inondò il cuore del ragazzo di gioia e, allo stesso tempo, gli riportò quella sensazione di panico che l’aveva bloccato il giorno prima. Sentii il sangue salirgli alle guance, ma con il poco coraggio che gli era rimasto cercò di parlare e spiegargli quello che gli stava succedendo da quando l’aveva vista, durante il torneo, sotto le grinfie di Spopovich.
«Videl io...»
Non riuscì a dire altro, perché lei gli mise un dito sulla bocca; rimasero in quella posizione solo per qualche secondo, a guardarsi negli occhi. Poi, all’improvviso, la ragazza tolse il dito e lo sostituì con la sua bocca. 
Gohan rimase paralizzato da quel gesto, ma durò solo per un attimo, perché di punto in bianco qualcosa dentro di lui reagì prepotente. La strinse a sé e ricambiò quel bacio. Videl si stupì nel percepire la sensazione della lingua del suo partner che cercava di farsi spazio tra le sue labbra, ma non si tirò minimamente indietro e continuò a baciarlo.
Quando finalmente si staccarono, un bellissimo e luminoso sorriso era stampato sul volto di entrambi.
Con un aria ancora un po’ distratta, il ragazzo guardò l’orologio.
«Accidenti, devo tornare in classe!» urlò.
Stava già per spiccare il volo, ma la ragazza lo fermò dalla maglia bianca, si allungò e gli diede un altro veloce bacio sulle labbra, poi entrambi presero due direzioni diverse.

 

Il pomeriggio Gohan tornò a casa e si buttò sul letto. Di nuovo non avrebbe aperto libro, non ci sarebbe riuscito, non dopo quello che era accaduto. Sembrava quasi impossibile che proprio lui, timido com’era, avesse baciato una ragazza. L’unica volta che aveva avuto un attimo di sicurezza in tutto il rapporto con lei era stato quando, tornando al santuario di Dende, l’aveva chiamata “piccola”, ma l’aveva fatto solo perché il dolore che lo attanagliava nel vederla piangere era stato più forte della sua timidezza.
Non passarono più di venti minuti, quando qualcuno bussò alla porta. Il ragazzo si alzò di scatto e urlando «Avanti» si fiondò alla scrivania, aprendo un libro a caso, proprio mentre la porta si spalancava e una risata maschile inondava la stanza.
«Tranquillo, non sono la mamma!»
Il ragazzo si voltò e vide suo padre chiudersi la porta della camera alle spalle. Appena capì di aver scampato il pericolo di una sonora sgridata, chiuse il libro.
«Come va?» chiese il padre.
«Mai stato meglio papà!» disse lui con un sorriso a trentadue denti, non riusciva proprio a contenere la gioia di quell’avvenimento accaduto poche ore prima.
«È successo qualcosa con Videl, vero?» chiese il padre curioso, sedendosi sul letto.
Il ragazzo arrossì: non avrebbe mai pensato che suo padre, il grande guerriero sempre dedito alle battaglie, potesse capire con una sola frase e un solo sguardo che cosa provava in quel momento.
«L’ho baciata...» disse con tono sommesso.
Per qualche minuto regnò il silenzio, poi fu Goku a parlare.
«È una bella sensazione, vero? Pensa che la prima volta che io ho baciato tua madre è stato dopo il matrimonio, e non sapevo neanche cosa fosse un bacio...»
«Davvero? E com’è stato?» chiese il ragazzo curioso, rialzando lo sguardo sul padre.
«È stato a casa, mi ricordo ancora il profumo di arrosto di quel giorno, da far venire l’acquolina in bocca... Comunque, lei era a cucinare, mentre io ero qui fuori ad allenarmi. A un certo punto lei uscì, le chiesi se era pronta la cena dato che era uscita, ma lei mi disse che ancora ci voleva un po’. Si avvicinò a me e senza preavviso mi baciò, io rimasi senza fiato. Credo anche di essere arrossito, non avevo mai provato quella sensazione e avevo più paura di quel sentimento che di un qualsiasi nemico, anche più forte di me...»
Il ragazzo sorrise, divertito da quella storia: era proprio vero che tutta la sua timidezza l’aveva ereditata dal padre.
Goku si alzò di colpo, sbattendo le mani sulle cosce.
«Beh, ti lascio tranquillo coi tuoi pensieri.» disse, poi uscì tranquillamente dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle e lasciando Gohan seduto sulla sedia della scrivania.

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Capitolo 4
*** Consola ***


Consola

Dopo quel bacio tutto tornò alla normalità o quasi. Gohan aveva ricominciato a studiare con dedizione e ormai il pensiero di Videl non lo distraeva più dai libri o dalle lezioni. Forse solamente per il fatto che ormai sapeva che i suoi sentimenti erano totalmente ricambiati e che dopo qualche giorno da quel bellissimo bacio sul tetto della scuola, entrambi avevano deciso di diventare una coppia a tutti gli effetti. 
Il giorno dopo quella decisione Erasa entrò con un sorriso a trentadue denti e quando si sistemò al suo posto iniziò a punzecchiare il vicino di banco con fare compiaciuto.
«Eh bravo Gohan, che si è accalappiato la ragazza più forte del pianeta. Se Sharpner sapesse che ora stai con Videl andrebbe su tutte le furie, lui ci prova con lei da un anno intero.»
«E tu come fai a saperlo?» chiese Gohan sconvolto rivolgendosi alla ragazza col caschetto biondo.
«Me l’ha detto Videl, ovvio, in fondo io e lei siamo amiche da un sacco di tempo!» le rispose lei, strizzandogli l’occhio e facendolo arrossire vistosamente, ma subito dopo, l’arrivo di Sharpner fece zittire entrambi.

 

Passarono i mesi. Spesso, durante la pausa pranzo, Gohan usciva dall’aula e andava a mangiare sul tetto, in modo che potesse vedere la sua Videl; mentre nel week-end cercavano sempre di passare del tempo assieme, salvo qualche impegno imminente, sopratutto da parte di Videl che doveva aiutare suo padre in palestra.
Una domenica di quelle Gohan era a ripassare per la verifica di storia, quando nel suo cellulare arrivò un messaggio da parte della ragazza.

Gohan ci vediamo al solito posto... Ho litigato con papà... 

Subito dopo aver letto il messaggio il ragazzo non ci pensò due volte, prese la giacca e uscì di casa, in quella gelida domenica d’inverno.
Sapeva bene dove trovarla: quel posto l’avevano scoperto insieme quasi un mese prima. In realtà Gohan ci era già stato quando era piccolo, quando volle scappare dagli estenuanti allenamenti di Piccolo, ma non l’aveva mai confessato alla ragazza. Voleva continuare a farle credere che quello spiazzo fiorito, circondato dal boschetto più fitto dei monti Paoz, l’avessero scoperto assieme.
Si diresse velocemente in quel luogo, con l’intento di volerla aiutare in quel momento difficile, starle vicino, consolarla, sostenerla.
La trovò proprio lì. Stava rannicchiata su se stessa, seduta in mezzo a quel prato un po’ secco e coperto di brina, il giubbotto blu scuro le copriva le spalle e il cappuccio era alzato; quello era tutto ciò che riusciva a vedere di lei, in quel momento.
Si avvicinò lentamente, cercando di fare il meno rumore possibile, e nel momento esatto in cui fu proprio alle sue spalle, allungò le braccia verso di lei, togliendole lentamente il cappuccio e permettendogli così di vedere finalmente il suo bel viso. Si avvicinò con la bocca al suo orecchio e le sussurrò dolcemente:
«È tutto ok Videl, sono qui. Non ti lascerò mai, te lo prometto...»
Dopo quelle parole si sedette di fianco a lei e la ragazza si avvicinò a lui, rannicchiandosi sul petto di quello che ormai era il suo fidanzato. Rimasero in quella posizione, in silenzio, fino a quando il freddo non iniziò ad entrar loro nelle ossa.
«Io davvero non capisco cosa gli è preso! ­– disse Videl tutto a un tratto facendo uscire una nuvoletta di condensa dalla sua bocca – Eravamo in palestra per le lezioni ai principianti quando di punto in bianco ha iniziato a lamentarsi di te. Dicendo cavolate come, “Perché non viene ad allenarsi qui in palestra”, “Non mi fido di gente che usa certi trucchi per vincere”. Insomma lui lo sa benissimo ormai che non sono bugie o illusioni quelle che ha visto e sentito nello scontro contro Majin Bu, eppure continua a dire queste stupidaggini.»
«Ascolta... – disse lui sospirando – Forse è solo un po’ geloso, tutti i padri sono così, vedrai che prima o poi se ne farà una ragione.»
«Sei sicuro?» chiese lei.
«Fidati di me!» le rispose con un sorriso.
«Lo sto già facendo, mio dolce saiyan.» disse ricambiando il sorriso, per poi dargli un affettuoso bacio sulla guancia.
Non passò molto che i due si congedarono. Gohan accompagnò Videl all’elicottero che aveva lasciato proprio oltre il bosco. Solo quando vide il veivolo giallo allontanarsi all’orizzonte, si diresse tranquillamente verso casa.

 

Entrò in camera sua, con tutte le intenzioni di rimettersi a studiare, ma notò subito che nella sua stanza vi era un’intruso: il piccolo Goten era seduto sulla sua scrivania e stava sfogliando uno dei suoi libri di chimica.
«Ehi campione, che stai facendo?» disse al fratellino, che si voltò verso di lui e con un sorriso gli saltò al collo.
«Fratellone sei tornato! Mi stavo annoiando senza di te!»
«Perché?»
«Papà non riesce a giocare come te al gioco dell’asino, perde sempre!» rispose lui, mentre suo fratello lo rimetteva a terra.
«Ma davvero?» rispose e, prendendo il bambino alla sprovvista, si accanì su di lui, facendogli il solletico.
«Hehehe, no Gohan... hihihi smettila... piantala...» protestò non riuscendo a trattenere le risate e contorcendosi sul pavimento in legno della camera.
Quando finalmente Gohan smise di torturare il suo fratellino, Goten si alzò da terra.
«Devi studiare vero?» chiese con aria un po’ triste.
«Sì Goten, domani ho una verifica.» rispose risoluto lui, cercando di essere però il più dolce possibile.
«Eh va bene, allora quando finisci ti aspetto sotto.» disse il piccolo, uscendo dalla camera e chiudendosi la porta alle spalle.
Il ragazzo volse ancora un sorriso alla porta che si era appena chiusa, poi si sedette sulla scrivania e riprese il suo libro di storia.

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Capitolo 5
*** Sposa ***


Sposa

Non ci volle molto perché il padre cedesse, lasciando la sua piccola Videl a quel ragazzo beneducato e intelligente che andava spesso a trovarli nell’enorme villa. Satan rimase quasi stupito dal suo comportamento: in realtà di persona lui non l’aveva mai conosciuto, l’aveva solo visto scontrarsi in un duello all’ultimo sangue contro Majin Bu e si stupiva del fatto che quel ragazzo, che combatteva con tanta foga e determinazione, fosse lo stesso calmo e pacato che rispondeva tranquillamente alle sue domande come se niente fosse e che si comportava in modo sempre educato.

 

Tempo un paio di anni dopo i due ragazzi decisero fidanzarsi ufficialmente. Quel giorno Gohan aveva invitato Videl e suo padre a casa Son, per cena. Chichi aveva cucinato un sacco di manicaretti, ovviamente tutti doppia porzione, conoscendo l’appetito di suo marito e dei suoi due figli. 
La cena fu allegra e movimentata; nessuno, tranne la padrona di casa, si sarebbe aspettato che prima del dolce Gohan si alzasse all’improvviso. 
Videl si volse sorpresa verso di lui, che si stava avvicinando al suo posto. Quando le fu davanti con un gesto improvviso si inginocchiò e tirò fuori dalla tasca della giacca un cofanetto di velluto blu che aprì proprio davanti agli occhi della ragazza stupita.
«Videl, vuoi sposarmi?» chiese diventando leggermente rosso.
La ragazza rimase per qualche secondo con la bocca spalancata, guardando quel piccolo anello d’oro nella scatolina blu con incastonato sopra una zaffiro.
Poi entusiasta esclamò un sonoro «Sì!» e gli buttò le braccia al collo, in mezzo alla gioia di tutti. 

 

Qualche mese dopo quella bellissima serata arrivò il fatidico giorno, quel giorno che ogni coppia davvero innamorata aspetta con ansia e allo stesso tempo vorrebbe non arrivasse mai per la serietà di ciò che celebra, quel giorno che riunisce le famiglie dei due innamorati e le lega per sempre. Era precisamente un undici maggio. 
L’ormai ventenne era nella sua stanza, quella stanza che aveva accompagnato tutta la sua infanzia e la sua adolescenza. Stava lì, davanti allo specchio vicino all’armadio, agitato, che fissava la sua immagine riflessa senza però riuscire a vederla per davvero.
Ad un certo punto qualcuno bussò alla porta della camera e lui meccanicamente disse a chiunque ci fosse dall’altra parte che poteva entrare.
Suo padre, allora, fece attraversò l’uscio, per poi chiudersi la porta alle spalle, anche lui già pronto e vestito bene per quel grande evento.
«Paura?» chiese al figlio che continuava a fissarsi allo specchio.
«Tantissima... – rispose lui, aggiustandosi la giacca nera – Tu com’eri prima di sposarti?» chiese poi volgendo lo sguardo al padre.
«Io? Avevo la stessa paura tua, anche senza sapere cos’era il matrimonio, ero agitato proprio come te: sapevo che era una cosa che mi avrebbe cambiato la vita e devo dire che n’è valsa la pena, perché siete nati tu e tuo fratello...» a quelle parole Gohan strinse il padre in un affettuoso abbraccio.
«In bocca al lupo Gohan!» disse Goku, staccandosi dal figlio.

 

Qualche ora dopo Gohan era davanti alla chiesa, rigido come una statua, imbambolato e nervoso più che mai, aspettando la sua amata; quando finalmente la vide arrivare.
La macchina nera ed elegante si avvicinò alla chiesa con una manovra tranquilla, per poi fermarsi proprio davanti al vialetto che portava all’ingresso della struttura. La vide scendere dall’auto, bellissima come non l’aveva mai vista e per un attimo gli sembro che gli mancasse il fiato. 
Si avvicinò a lui lentamente, dandogli il tempo di ammirarla in ogni centimetro del suo corpo coperto dal vestito bianco. Sui capelli a caschetto un velo che arrivava fino alle spalle coperte da delle maniche lunghe che sulle spalle si gonfiavano a palloncino; il vestito, poi, si stringeva ai fianchi e si ri-allargava verso il basso. In mano teneva un bouquet di gigli bianchi e suoi meravigliosi occhi erano truccati perfettamente come le sue labbra. Era perfetta.
Lei lo guardò e sorrise, lui sicuro di essere diventato rosso ricambiò il sorriso, costringendosi a non abbassare lo sguardo e a continuare a tenere gli occhi puntati sui suoi.
Era passata mezz’ora o di più dall’arrivo della sposa, ormai erano al momento fatidico, le fedi. Gohan agitatissimo prese la fede di Videl e la infilò al suo dito, con mano tremante.
«Videl, io ti prendo come mia sposa, per amarti e onorarti, nella gioia e nel dolore, finché morte non ci separi.»
Videl fece lo stesso e non appena il prete disse:
«Ora lo sposo può baciare la sposa!» Gohan non ci pensò due volte: attirò a sé quella che ormai a tutti gli effetti era la sua donna e la baciò con passione, in mezzo a uno scroscio di applausi che li circondava.

 

La cena del matrimonio, sembrava non passare mai. Videl si era stufata di fare fotografie a raffica e vedere suo padre e suo suocero ingozzarsi al buffet. Non vedeva l’ora di andare nella sua nuova casa con Gohan, per passare un po’ di tempo da sola con lui.
Avevano comprato quella casa qualche giorno dopo la proposta di Gohan e durante quei mesi l’avevano arredata, però ancora non ci avevano vissuto e Videl non vedeva l’ora che arrivasse quel momento.
Quando finalmente la serata stava volgendo al termine e la maggior parte degli invitati se n’era andata, Gohan le se avvicinò e, stringendola alla vita, le sussurrò all’orecchio.
«Ti amo...» poi, prendendola alla sprovvista, la prese in braccio e la portò volando fino a casa.

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Capitolo 6
*** Possiedi ***


Possiedi

Entrarono nella nuova casa insieme, Gohan la teneva ancora in braccio, e attraversarono la porta d’ingresso. 
Conoscevano bene quella casa, l’ultimo periodo erano stati quasi tutti i giorni lì per arredarla. Appena entrati perciò, presi anche da un po’ di stanchezza dopo quella giornata movimentata e assurda, salirono subito al piano superiore per poi dirigersi nella loro camera da letto, anche per togliersi di dosso gli abiti da cerimonia che, soprattutto per Videl, erano alquanto ingombranti. 
Il sayan stava dando la schiena al letto su cui era seduta la ragazza e si stava togliendo la giacca. 
«Gohan...» lo chiamò lei con voce dolce.
«Dimmi.» disse il ragazzo, ancora voltato.
«Mi ami davvero così tanto?» chiese lei.
«Più di quanto immagini.» rispose voltandosi, ma appena lo fece il cuore gli si bloccò in petto. 
Videl era seduta sul letto, ma il vestito era messo sul divanetto di fianco ad esso e lei era con solo una leggera sottana di seta bianca, regalandogli uno sguardo ammaliante e malizioso, muovendo l’indice come a volerlo attirare a sé.
Lui si avvicinò, al contrario della moglie indossava ancora i pantaloni e la camicia. Appena le fu vicino si chinò, mentre lei si allungava verso l’alto e, in un’attimo, le loro bocche si incrociarono. Non era la prima volta che si baciavano, ma a Gohan quel bacio sembrava il più bello che avesse mai ricevuto e dato: pareva quasi che il fatto di essere marito e moglie rendesse tutto diverso e ogni sensazione fosse cento volte più forte. 
Cercò di non farsi distrarre dal martellare frenetico del suo cuore e iniziò a sfiorare i capelli di Videl, voglioso sempre di più dei suoi baci. Anche lei sembrava essere stata contagiata da quella voglia di amore e affetto e lo attirò a sé, facendo sedere anche lui sul letto della camera.
Non passò più di qualche minuto che però la situazione si fece più calda. Presa probabilmente da un moto istintivo, che conduceva ormai ogni loro singola azione, Videl mise la sua mano sotto la camicia mezza sbottonata di Gohan. Appena Videl mise la mano fredda sul suo petto, Gohan ebbe un brivido, ma non smise di baciarla. La sentii sfiorare i suoi pettorali e i suoi addominali e capii che avrebbe dovuto ricambiare in qualche modo. La sua timidezza sembrava continuare a pesare fastidiosamente, ed era sicuro di essere diventato paonazzo, ma non gli importava, l’unica cosa importante in quel momento era dimostrare il suo amore alla moglie, anche nell’atto sessuale.
Finalmente anche lui si lasciò guidare dall’istinto e, con un gesto veloce, fece cadere Videl supina sul letto, pur non staccando le sue labbra da lei. Vide quei suoi occhi azzurri assumere di nuovo quello sguardo malizioso e poi la vide allungare le mani verso la sua camicia e finire quel che aveva cominciato lui, sbottonandogliela del tutto. Appena fu completamente sbottonata, Gohan se la tolse e la buttò sul pavimento, preso dalla foga.
La ragione e la timidezza di entrambi ormai erano sparite, lasciando spazio all’istinto e alla passione. A Gohan sembrava di essere estraneo dal suo stesso corpo, come se lui solo sapesse cosa fare, mentre il suo cervello guardava stupito. Le sue mani si muovevano voraci sul corpo di lei, vogliose della sua pelle e della carne: quelle stesse mani che poco dopo fecero scivolare la sottoveste di seta, via dalla pelle candida di Videl, che a sua volta tolse i pantaloni neri ed eleganti del marito.
Non ci volle molto perché quella loro passione e il loro sconfinato amore l’uno per l’altra li portasse a quel passo stupendo a cui arriva ogni coppia quando decide di condividere tutto. Finalmente si stavano unendo, unendo in un corpo solo: avvinghiati l’uno all’altra, su quel letto che ormai era loro.

 

«Secondo te cosa stanno facendo in questo momento Gohan e Videl?» chiese Chichi al marito quando si misero entrambi a letto.
«Che razza di domande fai?» chiese il marito.
«Hai ragione... però mi pare strano il mio piccolo Gohan si è sposato...»
«Beh ormai non è più così piccolo...» disse Goku con un sorriso.
«Forse hai ragione. – disse lei ricambiando il sorriso, poi baciò il marito e spense la luce del comodino – Buona notte!»
«Buona notte tesoro.»

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Capitolo 7
*** Crea ***


Crea

L’amore non era mai stato più bello. Gohan non credeva davvero di poter provare certe emozioni solo per una persona. Più i giorni passavano più si rendeva conto che quella donna al suo fianco era la sua anima gemella. La sua vita vista da fuori poteva sembrare noiosa a chiunque eppure lui ogni volta che incrociava lo sguardo di lei si sentiva felice e carico di energia. 
Le giornate cominciavano sempre all’alba, ed era lui il primo a svegliarsi: si alzava presto per preparare la colazione e portargliela a letto, ci teneva davvero a quel gesto, tanto che pure la domenica, quando poteva dormire di più, si alzava prima. Facevano colazione assieme a letto e, mentre Videl riportava tutto in cucina, lui andava a lavarsi e cambiarsi per poi uscire.
Il suo lavoro, anche quello non l’aveva assolutamente deluso, assistente del miglior professore di chimica di Satan City e più di una volta gli era capitato di fare lezione all’università al posto suo. L’unico problema che era sorto da tutto questo era il fatto che a forza di stare chinato a leggere libri era diventato presbite, perciò per leggere e vedere da vicino aveva bisogno degli occhiali. Ciò però non gli pesava per niente; non li trovava fastidiosi e persino la sua Videl gli disse più di una volta che gli davano un aria da intellettuale. 
Tornava a casa e la prima cosa che cercava era il conforto della moglie, che solitamente era in cucina a preparare la cena. Lei lavorava ancora alla palestra del padre e tornava prima di lui a casa. Spesso però a Satan City si sentiva ancora parlare dei Great Sayaman, che difendevano la città dai criminali: si divertivano ancora, come quando erano ragazzi, era il loro passatempo preferito. 
Oltretutto Gohan ogni sera, prima di andare a letto si chiudeva un’ora in palestra e si allenava. Non sapeva veramente perché lo faceva, era come se il suo istinto di sayan gli chiedesse di tenere il suo corpo sempre in forma o forse lo faceva semplicemente per rendere orgoglioso suo padre, anche se non sapeva di quegli allenamenti.
Poi arrivò quel giorno. I due avevano invitato tutti gli amici e parenti per un barbecue in giardino e le chiacchiere non mancarono.
«Bulma, come mai Vegeta non è venuto?» chiese Chichi all’amica.
«È a casa con la piccola, ormai ha un anno, potevamo portarla, ma lui ha insistito a rimanere a casa.»
«Assurdo, da quando è arrivata Bra sembra un’altra persona.» commentò Goku.
«Puoi ben dirlo. Non ha occhi che per lei.»
«A tal proposito. – disse Videl alzandosi dal tavolo e attirando l’attenzione di tutti, prendendo per la manica il marito e facendo sollevare anche lui dalla sedia – Io e Gohan dobbiamo farvi un annuncio importante.»
Lui abbassò gli occhi, si vergognava di quegli annunci in grande stile, ma Videl aveva insistito talmente tanto che non era riuscito a dirle di no.
Ci fu un attimo di pausa dove la tensione era salita al massimo e tutti si chiedevano qual era questo grande annuncio.
«Beh ecco... sono incinta...»
A quelle parole Chichi e Mr. Satan, quasi contemporaneamente svennero, Goku se ne usci col suo solito «Urkaaa», mentre gli altri rimasero senza parole.
Per qualche altro secondo si sentì solo lo sfrigolare dell’ultima salsiccia sulla griglia. Fu Bulma la prima a parlare.
«Congratulazioni ragazzi! Si sa già il sesso?» chiese curiosa.
«Una femmina, come ha sempre sognato Gohan!» rispose Videl guardando il marito, che arrossì vistosamente.
«E come la chiamerete?» chiese Marion euforica.
«Ecco all’inizio volevamo scegliere il nome, ma poi entrambi abbiamo pensato che ci farebbe piacere se fossi tu a sceglierlo, Goku.» disse rivolgendosi al suocero.
«Io? – domandò stupito lui puntandosi l’indice contro il petto – Beh non saprei... Giada... Gaia... Alessia... Penny... Pan... Pan... Pan... Sì Pan si chiamerà Pan.»

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Capitolo 8
*** Ricorda ***


Ricorda

 

Quei cinque mesi passarono talmente in fretta che ben presto Gohan dovette fare i conti anche con le crisi di nervi di Videl; ogni giorno che passava il pancione della donna cresceva assieme al suo stress e la povera vittima era l’unica persona in casa con lei. 
Eppure a Gohan non importava, le rispondeva sempre con calma e con raziocinio, qualsiasi cosa lei chiedesse, calmandola quasi subito. A sua volta, Videl, sapeva che era davvero fortunata ad avere un marito calmo e paziente come Gohan e quando rinsaviva dal suo momento di pazzia gli chiedeva scusa cento volte, anche se la risposta era sempre la stessa:
«Non c'è bisogno che chiedi scusa Videl, posso immaginare come ti senti.»

 

Il giorno della nascita di Pan fu per entrambi uno dei più assurdi della loro vita: le acque si erano rotte proprio mentre stavano cenando e Gohan sebbene fosse parecchio nel panico portò la moglie all’ospedale di Satan City. 
Fortunatamente per Videl, il travaglio fu veloce e non durò più di un’ora. 
Quando finalmente la piccola Pan uscì e iniziò a strillare, come volesse urlare al mondo la sua vittoria, i suoi due genitori erano l’uno l’opposto dell’altra: Videl era ancora paonazza per lo sforzo del parto, mentre Gohan era pallido e tremante per ciò che aveva appena visto. Ora era padre a tutti gli effetti.

 

Passarono i mesi e la piccola Pan cresceva sana e in salute.
Gohan era nel suo studio, intento a finire una relazione per una conferenza scientifica, quando un gridolino stridulo, proveniente dalla stanza accanto, lo fece tornare in se.
«Tesoro vai tu? Io sto cucinando!» urlò Videl dalla cucina e subito lui si alzò, dirigendosi verso la stanza. 
Aprì la porta, al centro della camera vi era una piccola culla rosa, si avvicinò e vide sua figlia Pan piangere come un ossesso.
«Che c’è piccola birbante?» chiese Gohan prendendola in braccio, ma lei continuava a piangere.
«Ci dobbiamo cambiare il pannolone? Andiamo su...» prese la bambina in braccio e andò con lei verso il bagno.
Arrivati, Gohan la adagiò sul fasciatoio e le cambiò il pannolino; ormai era diventato bravo a farlo, oltretutto più di una volta li aveva cambiati anche a suo fratello, quando era piccolo. 
L’uomo però capì subito che non era quello il problema, perché la bambina continuava a piangere disperatamente.
«Si può sapere che ti succede?» chiese Videl raggiungendo il marito.
«Ho come l’impressione che abbia fame...» rispose lui
«Ok, Pan, andiamo a fare la pappa!» disse allora la donna, prendendo la figlia dalle braccia del padre.

 

Gohan era sdraiato sul letto, chissà se la vita gli avrebbe riservato altre sorprese. Ricordò tutte le sue avventure... Già a quattro anni era lì a combattere, scoprire di essere un mezzo-saiyan... Poi conoscere l’unico amore della sua vita... Ripensava al suo viso il giorno del suo matrimonio quello sguardo che non avrebbe mai dimenticato... Poi gli tornò in mente la piccola Pan e le sue lagne notturne. 
Sorrise, eh sì c’era da dire che la sua vita era stata piena di emozioni, fino a quel momento... Qualcuno lo riscosse dai suoi pensieri:
«Amore sbrigati o arriveremo tardi al torneo... tuo padre e Pan sono già lì...»

Noi sappiamo che nella sua vita ci saranno ancora dolori e pianti, ma allo stesso tempo gioie e risate... Ma sicuramente il nostro grande eroe non tradirà mai la sua Piccola Videl!

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