Hominis Historia di jackfrost87 (/viewuser.php?uid=562225)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Big Bang ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
c1sai
Prologo:
Avvertimenti dell'autore:
Questa storia si svolge in una epoca a noi vicina, ma il contesto trattato proviene da un mondo immaginario definito da alcuni:
cartoon, anime o manga. I personaggi potrebbero assumere atteggiamenti
o caratteristiche caratteriali che possono discostarsi da quelli
originali.
Pertanto ringraziamo i creatori dell'opera da cui questa storia prende
spunto e ispirazione, poichè nessun diritto di copyright viene
violato.
In breve:
Quando hai a che fare con persone che da tutta la vita ti vedono in un
certo modo e poi ti rendi conto che, la natura umana, ti gioca un
brutto tiro mancino.
Ti domandi quando hai incominciato a interpretare un ruolo e quando
invece hai smesso di essere te stesso, scimmiottando quindi la propria
esistenza di comune essere umano che non si dà pace nel tentare
di adattarsi alla "fauna" e flora circostante.
Mi rendo conto che questo tipo di cose non si possono trovare nei
libri, anche se i trattati di psiclogia possono comunque aiutare a
comprendere la psiche di determinati atteggiamenti psicotici assunti da
soggetti affetti da psicosi, per l'appunto. Ma nella vita quotidiana
è sempre un mistero come approciarsi con le persone circostanti.
Anche se ti chiami Sasuke Uchiha o Naruto Uzumaki, i due ragazzi che da
sempre son le persone che son sulla bocca di tutti. Il primo figlio di
una famiglia nobile ma decaduta, la cui madre è morta di una
rara patologia, il padre morto all'età di otto anni di Sasuke,
per un incidente stradale. Vissuto e cresciuto da una nonna di vecchio
stampo e con un fratello maggiore affetto da bipolarismo. Il secondo
invece orfano dalla nascita, poichè i genitori son morti a causa
di un strano incidente su cui tutt'oggi è coperto da un vero e
irrisolto giallo, su cui il suo tutore, se non fosse uno scrittore di
genere erotico pornografico, potrebbe attingere risorse e fare best
seller divendndo milionario. Eppure questi due ragazzi son tanto simili
nella condizione disastrosa familiare, quanto all'opposto nel
carattere: ma in qualche modo sono sempre collegati da un filo rosso del destino che
pare non volerli mai abbandonare. Io ho raccolto del materiale su di
loro perchè credo che questa storia vada affrontata dall'inizio,
per poter capire come sia potuti ad arrivare sino a questo punto. Ah se
vi chiedete chi io sia, son un semplice ragazzo di nome Sai, la cui
massima aspirazione è quello di scovare la verità sulla
natura umana, anche se non posso dire di essere un reale cultore e di
mettere in pratica ciò che ho reso come "oggetto di studio".
Il motivo che m spinge ad osservare da vicino proprio queste due
persone? Perchè uno dei due mi ha salvato da una vita insensata
e inutile, l'altro invece semplicemente è l'oggetto di
ossessione di colui che ha dato un senso a questa mia insulsa
esistenza. Quindi credo che per raccontare la vita di uno debba per
forza coinvolgere anche l'altro. Per questo poco prima affermavo che
son collegati da un filo rosso del destino, perchè pare che uno
dipenda dall'altro: come la luce con le tenebre, come il fuoco con
l'oblio notturno. E via discorrendo. Senza uno non si creerebbe quel
fantastico equilibrio dinamico che rende, a mio umile parere, questo
racconto: appassionante, ricco di banalità quotidiana come di
verità sull'animo umano che fuoriesce proprio nella
semplicità di due vite vissute da due individui che
all'apparenza son tanto dissimili quanto distanti. Nella realtà
son come un pianeta e il suo satellite, si influenza a vicenda ed
evolvono insieme riuscendo anche a far mutare chi sta loro vicino. Io
ne sono un esempio e per questo che non perdo altro tempo e comincio la
mia narrazione, sperando di essere il più accurato possibile.
Per il resto vi ringrazio se state spendendo qualche istante per
intrattenervi con questa lettura, spero possa essere di ispirazione per
il vostro percorso chiamato: vita.
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Capitolo 2 *** Big Bang ***
c2sai
Capitolo primo: Il big bang
Molti studiosi non sanno dare una spiegazione precisa, come anche
collocazione precisa sulla linea del tempo immaginaria e imprecisa
umana, su come l'universo abbia avuto inizio come creazione. Si sa che
in un determinato momento, con l'effetto di una grossa esplosione, il
bigbang, si è formato ciò che noi chiamiamo universo.
Un insieme di masse gassose e pianeti che insieme formano galassie.
Si può dire che anche un copro di un essere vivente: sia di per
sè, una sorta di universo colmo di particelle che tutte insieme
formano un organismo complesso e splendido, per come si evolve e
interagisce con ciò che lo circonda. Ovviamente il DNA è
qualcosa che racchiude in sè una quantità di informazioni
unica e inesauribile, capace a volte di compiere reali salti evolutivi.
L'essere umano ha avuto origine proprio in questo modo, grazie alla
selezione naturale avvenuta in milioni di anni.
Eppure più si evolveva più la sua massa cerebrale
aumentava, le sue competenze cognitive si diversificavano e divenivano
complesse aumentando così anche la capacità di
interazione col mondo circostante e con altri esseri viventi. La sua
infelicità è così inversamente proprorzionale con
l'evoluzione della sua massa cerebrale e capacità cognitiva.
Più diveniva intelligente, maggiore era la consapevolezza di
angoscia che il mondo circostante fosse un cumulo di insidie capace di
poterlo uccidere o rendere infelice. Da allora le cose son cambiate si,
ma la natura umana è sempre alla ricerca, dall'alba dei tempi,
di un luogo ove chiunque possa essere in pace e in perfetta armonia ed
equilibrio con ambiente e "fauna" circostante. Ahimè, essendo di
base pur sempre, animali evoluti: siamo imperfetti e questo ci porta
spesso ad avere una vera e propria ossessione di cercare di limare le
origini "bestiali", snaturando così la natura umana che è
unica nel suo genere proprio perchè evoluta ma anche da
considerarsi eclettica poichè colma di sfumature primitive
animalesche.
La nostra storia si colloca a cavallo tra il ventesimo e ventunesimo
secolo, senza partire dagli inizi, posso fare un breve riassunto di chi
mi accingo a narrare le loro vicende personali, tenendo a precisare che
non è mio vanto nè obiettivo di prendere alcun merito di
ciò che sto per andare ad esporre.
I nostri protagonisti, se così vogliamo indicarli per rendere
più facile il ritmo narrativo a voi lettori, son due e si
possono impersonificare, identificare, in due soggetti che hanno in
comune solo pochi elementi: l'età, un inizio e vicende familiari
tragiche. Sul resto questi due ragazzi, si son di sesso maschile,
più diversi non potrebbero essere: sia a livello fisico che
d'animo. Uno biondo, come il grando d'estate, solare e pieno di
bontà che come un sole estivo emana su ciò che lo
circonda un calore quasi da canicola opprimente, almeno per chi come me
è appartenente alle tenebre perpetue, capace di sciogliere i
cuori ache più ghiacciati e induriti da percosse che la vita a
volte ti riserva. L'altro invece: bruno come la notte, pallido quanto
la luna che si vede stagliata in cielo nelle notti in cui spesso nei
racconti si elevano ululati di strane creature pelose e pericolose.
Bruno e nero anche nello sguardo dentro cui potresti perderti.
Freddo e spigoloso quanto un monolite, una figura geometrica nera
mistica la cui origine e significato si attribuisce come, entità
astratta incomprensibile e irraggingibile: amante delle tenebre.
Apparentemente questi due figure uamnoidi, non hanno alcuna parvenza di
essere minimamente simili o collegati. Invece no: hanno un filo rosso
che li tiene legati strettamente, il cui il destino dell'uno influenza
e fa mutare quello dell'altro. Agli antipodi e tanto vicini quanto
lontani, come due numeri primi. Tanto simili, tanto vicini quanto
eternamente distanti. Eppure io son stato testimone di vari eventi ed
è la ragione per cui mi sto accinggendo a narrare le loro gesta.
Mi scuso se inizialmente questo racconto potrà sembrare come un
trattato scientifico sull'uomo e sulle origini dell'universo, ma a mia
difesa posso riportarvi che non sono un soggetto capace di esprimere
appieno una forma di dialettica-narrativa simile ai romanzetti rosa.
Pertanto sarà mio intento di cercare di essere maggiormente
accurato, di utilizzare un linguaggio adatto a descrivere al meglio
ciò che sto per accingermi a narrarvi.
Tutto si può dire che abbia avuto inizio quando nel marzo del
2003 ho messo piede nel liceo Takeishi a Osaka. Per rendere più
comprensibile del motivo per cui faccio risalire l'inizio di questa
storia proprio con il mio trasferimento: è per semplificazione e
perchè tutto si può dire che abbia avuto inizio in
quell'istante. Ricordo ancora che era gennaio e l'anno scolastico era
già cominciato. Inusuale che uno studente della prefettura di
Kanegawa venga trasferito altrove, proprio nel mezzo dell'anno
scolastico. Posso solo accennare la motivazione: avevo raggiunto
quell'età legale per potere andare via dall'orfanotrofio e
decidere di dove andare a vivere. Quindi ovviamente ho deciso di andare
più lontano di quanto potevo da ciò che è stato
per quasi sedici anni della mia vita: un carcere senza
sbarre.
Quel giorno era freddissimo e avevo indosso il semplice indumento che
loro chiamano: divisa. Mai prima di allora avevo messo piede fuori
dall'orfanotrofio e quindi risultavo spaesato di recarmi a scuola, in
mezzo a gente nuova che non avevo mai visto e che le persone mi
guardassero come se fossi visibile. Quindi era tutto nuovo, tutto
interessante e al contempo mostruiosamente pauroso. Camminavo a testa
china, non riuscivo a sostenere quegli sguardi indagatori sulla mia
persona. A rischio di ruzzolare per terra, svariate volte, son giunto a
piedi a scuola. Un edificio grigio alto tre piani e con intorno diversi
zone verdi e di cemento addibite ad attività
extrascolastiche/sportive. So che ero in ritardo, perchè non ero
abituato che ci si debba recare da qualche parte rispettando degli
orari precisi. Già...
Primo giorno di scuola e son già in ritardo, cammino velocemente
e mi reco nell'atrio della scuola che avrei imparato presto sarebbe
pullulato di giovani ragazzi e ragazze, in piena voglia di non studiare
e di evadere da quell'edificio che ora mi pareva così triste e
solitario. Desolato quasi. Son dentro il suo ventre e mi sento
spaesato, così colmo di corridoi e porte mi sento spaesato come
se fossi all'interno del ventre di un grosso cetaceo. Però
quello che provo non è nausea dovuto al "rollio" della balena
che, nel mentre tente di digerirmi, nuota nei profondi abissi. Son
semplicemente in un edificio scolastico e banalmente non essendoci mai
andato da solo mi ritrovo spaesato e sperduto. Trovo la segreteria e mi
imbatto in personaggi singolari, la cui gentilezza pare essere
incartapecorita come i loro aspetti smunti e tossici già alle
prime ore del mattino. Impressione assolutamente desolante. Tramite
somme indicazioni riesco a giungere nella aula in cui per i prossimi
tre anni trascorrerò le mie giornate insieme a dei perfetti
sconosciuti: definiti compagni di classe. La mia mano, come il resto
del corpo, è imperlata di sudore e con grande stupore mi rendo
conto che un gesto flebile io ho dato il via al meccanismo di aprire la
porta che mi dà accesso al regno inferale, o meglio la mia aula.
Vengo investito da un religioso silenzio mentre una serie di teste
fissano la lavagna e al centro vi è un professore dall'aria
umanamente disponibile appassionata a spiegare qualcosa. Quello che mi
colpisce è la geometria in cui son disposti i miei compagni di
classe nei loro banchi e il ruolo centrale, il fulcro delle loro
attenzione, su quell'ometto dall'aria umana e appassionata. Qualcosa di
dissonante in tutta quella precisione maniacale geometrica del luogo
che mi aumenta lo stato di spaesamento e nausea. Poi l'inevitabile, il
professore si accorge di me. Addio invisibilità e anonimato
tanto amato sino in questo istante.
Il professore, moro dalla strana capigliatura lunga e raccolta in un
alto codino, occhi dolci e sensibili, carnagione scura e sorriso
umanamente colmo di comprensione: viene verso di me, ed io mi rendo
conto che sto appiccicato al piano ligneo della porta che stupidamente
mi son tirato dietro per chiuderlo. Stupide abitudini da bravo bambino.
Non ho scampo me ne rendo conto dalle migliaia di paia d'occhi che come
un mostro a dieci teste puntano su di me: la vittima sacrificale.
« Benvenuto...tu sei il nuovo studente che viene dalla prefettura
di Kanegawa? Piacere mio io sono il tuo professore di storia, ti basti
sapere che sono Iruka» l'insegnante così sorride ad un suo
scolaro nuovo. Un ragazzo dall'insolito pallore e sguardo severo per un
sedicenne, appiattito e visibilmente a disagio contro la porta. Gesti
di accoglienza gli riserva, con le braccia protese con movimenti lenti,
con un sorriso e sguardo colmi di dolcezza quasi paterna. In qualche
modo riesce a convincerlo di staccarsi di lì e infatti lo segue,
timidamente, sino a che giunge nei pressi della cattedra. Il professore
così continua « Date il benvenuto al vostro compagno, si
chiama Sai ha sedici anni e viene dalla prefettura di Kanegawa dalla
capitale. Siate gentili con lui e dategli il vostro benvenuto».
Un coro si leva all'unisono: « Benvenuto Sai!» ma la
curiosità invece di scemare si attacca ancora di più
sulla figura alta e magra, pallida quanto un cadavere, del povero neo
giunto che vorrebbe fuggire altrove. Eppure incontra un paio di occhi
azzurri che assenti lo fissano e lu ricambia con sgomento. Quegli occhi
così intensi, seppur privi di alcuna luce, son ancora in grado
di inchiodare quelli senza fondo di un ragazzetto di sedicianni vissuto
per tutta la vita in un orfanotrofio. Il professore, ignaro del gioco
di sguardi tra i due scolari, proclama: « Bene Sai, siediti pure
in quel banco accanto a Naruto Uzumaki. Sarà il tuo compagno di
banco...spero vivamente che diveniate amici.» e detto ciò
incita il neo studente con un colpetto gentile sulla spalla per farlo
muovere e così poter riprendere il normale svolgimento della
lezione.
Il ragazzo moro si desta così dall'imbambolamento in cui era
caduto muovendosi, come una marionetta a scatti, verso il banco che il
professore gli ha gentilmente indicato. Lo sguardo della persona che
poco prima gli aveva fatto perdere la cognizione del tempo è
stata oscurata da un giramento di capo biondo verso la finestra. In
qualche modo gli è grato perchè riesce così a
prendere posto al proprio banco. Poggiando la propria cartella e
prendendovi posto, tenta di seguire la lezione oramai giunta a
metà del suo svolgimento. Si guarda attono. La curiosità
è sempre latente, sente su di sè come lampi di sguardi ma
l'unico che gli interessa lo sta bellamente ignorando mettendogli in
mostra una criniera indomata bionda. Solo a fissare quella chioma gli
viene in mente il grano visto disegnato in una illustrazione di un
libro chiamato il piccolo principe. Si disperde così a fissarlo
non redendosi conto di stare dando spettacolo ai propri neo compagni di
classe, sino a che reincontra un paio di occhi azzurri che nel momento
incrociano i propri, cominciano ad acqustare vita. Si rende conto di
essere stato uno stupdio, come poteva credere che già
così fosse in balia del suo potere nascosto, quella luce allegra
e curiosa prende e fa capolino. Come anche un sorriso che lo abbaglia,
talmente è radioso e colmo di calore umano. Sconcertato il
povero neo arrivato, comincia a sudare freddo: pentendosi di aver
intrattenuto uno sguardo di troppo nei suoi confronti. Il biondo
però non si dà pace e con insistenza cerca un contatto
con questo nuovo neo compagno che dall'aspetto è più
morto che vivo.
« Ehi, tu devi essere il nuovo studente...» comincia a
parlare con voce bassa per non farsi riprendere, l'ennesima vota, da
Iruka, il professore. Il moro non lo calcola pare ostentare di non
averlo sentito, quindi rimarca la cosa poggiando una mano calda sul suo
braccio semi scoperto. « Ehi dico a te compagno di banco...mi
senti o sei sordo?» quel contatto indesiderato fa sobbalzare Sai
che si volta verso Naruto guardandolo in tralice. « Non sai cosa
significa rispettare i confini altrui? Ovvero la distanza tra due corpi
appartenenti a due perfetti sconosciuti. Detta anche privacy o
semplicemente spazio vitale?» arcua in modo significativo il bel
sopracciglio mancino sulla fronte alta e pallida. Il biondo ne rimane
incantato da tale perfezione e lo giudica non più ordinario, ma
degno della propria ammirazione e attenzione. Appena scosta la mano e
scuote vivacemente il capo biondo leonino: « Scusa, non volevo
essere invadente...cominciamo da capo. Ciao sono Naruto Uzumaki, il tuo
compagno di banco. È un vero piacere averti qua tra di
noi...» e attende che gli dica il nome. Il moro sbuffa e aggiunge
monosillabico:« Sai». « Sai, bel nome, spero che tu
ti trova bene qui...già» seguita il ragazzo biondo che con
aria sorniona sta già pensando cosa escogitare come scherzi al
neo arrivato, che non sospetta, non sia minimamente il soggetto ideale
che apprezza le burle. Il moro inconsapevole, torna a tentare di
seguire una lezione che reputa già perduta, che diverse paia di
occhi son puntati e hanno lo stesso sbarluccichio sinistro di colui che
gli è a fianco anche se volutamente ignora.
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