Amok Prime

di Medea Black
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ricordi ***
Capitolo 3: *** Rivelazioni ***
Capitolo 4: *** T'hy'la ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il primo ufficiale sedeva da ore nel suo alloggio, l’illuminazione al minimo, perso nei suoi pensieri.
Si era spinto troppo oltre, in un momento in cui il proverbiale autocontrollo vulcaniano non poteva venirgli in aiuto, e si stava preparando a pagarne le conseguenze.
Gli eventi delle ultime due giornate si susseguivano senza sosta nella sua mente, venendo ripetutamente passati al vaglio della sua riacquisita logica, la quale non lasciava nessuno spiraglio alla razionalità delle sue azioni.
La lettera di dimissioni era già scritta e inserita nel computer, in attesa di essere trasmessa al capitano per l’approvazione. Non avrebbe voluto prendere una simile decisione, ma era l’unica soluzione logica: aveva promesso a Kirk una spiegazione, e i vulcaniani non mentono; gliel’avrebbe fornita e in conseguenza di ciò avrebbe molto probabilmente lasciato la nave.
Chiuse gli occhi, lasciandosi sfuggire un sospiro. Attese.


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Diario personale del capitano, data astrale 3372.8
Non ci sono conseguenza del grande subbuglio accaduto negli ultimi due giorni: la nave e tutti i membri dell’equipaggio sono tornati alle loro normali occupazioni, e Bones assicura che il signor Spock è rientrato nei parametri standard per un vulcaniano.
La cosa mi riempie di sollievo, anche se non riesco a comprendere appieno quello che è successo durante il paradossale momento del fenomeno conosciuto come Pon Farr. Una totale, assoluta perdita di controllo, che mai mi sarei aspettato di vedere in Spock.
Forse il motivo del mio sconcerto è che in questi anni ho imparato a considerare il comandante – oltre che un amico -  come una sorta di personificazione del mio buonsenso, una specie di “coscienza con le orecchie a punta”, come direbbe McCoy. Vederlo uscire dai cardini mi ha causato una perdita di stabilità, di certezze: se crolla Spock cosa ne sarà di noi altri?
Inoltre, la comparsa di una “moglie”, di cui non conoscevamo l’esistenza, come se informarci di un simile legame non fosse una cosa importante, dopo tanto tempo trascorso assieme…

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Capitolo 2
*** Ricordi ***


La registrazione prosegue imprimendo nella memoria del computer il fruscio dell’uniforme mentre il capitano si perde nei ricordi, puntellandosi su un gomito, inquieto...

{“Spock, chi è quella donna?”
“T’Pring, mia moglie.”
“Moglie?” – non si era riuscito ad impedire di esclamare, mentre il suo cervello tentava di razionalizzare l’informazione.
Spock è sposato, il mio primo ufficiale, il mio amico, e non mi ha neanche avvertito?
Per un attimo Jim non aveva sentito nient’altro, solo il rumore come di un grosso sasso che fosse stato gettato in mare, venendo subito ricoperto dai flutti e inghiottito dalla vastità indifferente delle acque.
Nessuno aveva notato la profondità del suo smarrimento, del resto quello che stava succedendo era sufficientemente assurdo da giustificare una reazione basita da parte di chiunque, ma quella sensazione non lo aveva abbandonato.
Un sasso che venga gettato nel mare crea una scia mentre si apre la strada verso il fondale sabbioso, che quasi istantaneamente viene riempita dall’acqua circostante, ma per un attimo la massa fluida prima imperturbata viene modificata dal corpo estraneo. Soltanto per un attimo l’acqua si apre per far passare qualcosa che subito la abbandona, lasciando un vuoto che prima non c’era, e che poi non ci sarà più.
Il capitano si sentiva come se il tempo si fosse fermato subito dopo il passaggio del sasso e subito prima del ritorno dell’acqua: qualcosa era caduto dentro di lui, finendo da qualche parte in profondità, e lo aveva lasciato con un vuoto che non sapeva come colmare, anche se sapeva che avrebbe dovuto farlo da tempo.
Per questo motivo, a dispetto dei suoi stessi ordini e dei suggerimenti della prudenza, era andato a parlare con Spock, in isolamento nei suoi alloggi, prima che arrivassero su Vulcano per il suo matrimonio.
Quello che non si sarebbe mai aspettato, nemmeno in un tale frangente, era che il vulcaniano si barricasse dietro la sua scrivania, arma alla mano, scongiurandolo di andarsene.
Aveva appena richiuso la porta e abituato gli occhi alla penombra quando riconobbe il phaser. Dapprima incredulo, cercò di far ragionare Spock.
“Spock! Cosa fa con quell’arma? Sono io!”
“Lo so, avevo previsto la sua intenzione di parlarmi, mi dispiace ma non posso avallarla in questo momento.”
“Spock, è forse impazzito? Non c’è nessun bisogno di puntarmi contro un phaser, venga fuori di lì, si faccia aiutare…”
“Non un passo o sarò costretto a sparare! Mi creda, capitano, è l’ultima cosa che vorrei fare, la prego di credere che una tale risoluzione è dettata da motivazioni estremamente serie. Sono portato a pensare che non si sarebbe fermato davanti a niente nella sua ferma intenzione di essere d’aiuto, esponendosi così ad un grave rischio di aggressione da parte mia che non sono affatto sicuro di riuscire a contenere. Non posso permetterle di avvicinarsi.”
“Ma tutto questo è assurdo! Perché mai dovrebbe aggredirmi? Mi sembra sufficientemente in possesso delle sue facoltà per evitare di far degenerare in rissa una discussione amichevole, se la fa sentire più tranquillo le prometto che non la toccherò affatto, ma venga fuori.”
“Purtroppo, capitano, non posso prometterle a mia volta che non sarò io a toccarla. Mi dispiace, ma devo nuovamente pregarla di andarsene e non posso recedere dalla mia posizione.”
“Spock… sta puntando un’arma contro il suo capitano. Se non fosse chiaramente una situazione fuori dal normale dovrei procedere in tal senso, e sa bene che non lo vorrei affatto.”
“Secondo il regolamento dovrebbe farlo.”
“Vede? Non mi sta affatto facilitando le cose! Lei ragiona perfettamente, a parte un aspetto visibilmente affaticato sembra normale, quindi comprenderà il mio totale smarrimento nel vedere che si ostina a puntarmi contro un dannato phaser!”
Non stava funzionando, di lì a poco il capitano avrebbe forzato il blocco, calcolando la distanza di tiro e la direzione, schivato l’ipotetico colpo dell’arma e avrebbe raggiunto e immobilizzato il primo ufficiale.
“Jim…” – la voce era poco più di un sibilo, ora il comandante mostrava tutta la fatica che gli stava costando quella conversazione.
“Sì?”
“Te ne prego… esci di qui.”
Il capitano riflettè per un istante: Spock non sarebbe riuscito a tenere l’arma ancora a lungo, poteva bloccarlo, era un buon momento. Ma qualcosa negli occhi del vulcaniano lo fermò.
“E va bene, Spock. Ma devi promettermi che non appena rientrerai in possesso della tua usuale freddezza mi spiegherai tutto. E’ la mia condizione.”
Un lungo, pesante sospiro, l’espressione di un Brenno alieno, mai così umano come in quel momento, poi esalò la sua risposta, come una resa: “Hai la mia parola.”
Gli eventi che erano seguiti non avevano fatto altro che complicare le cose, costituendo notevoli sfide alla sua capacità di autoanalisi.
Prima si era scoperto rassegnato all’idea di un matrimonio vulcaniano, poi la sposa aveva inaspettatamente ritrattato e invocato l’antica quanto barbarica usanza di un duello mortale per guadagnare la sua mano, scegliendo addirittura lui come sfidante. A nulla erano valse le sue proteste, avrebbe dovuto combattere contro il suo primo ufficiale e ucciderlo o morire.
Non aveva avuto il tempo di sentirsi sollevato, incomprensibilmente sollevato, per un attimo, quando il matrimonio era sembrato saltare, perché gli eventi procedevano troppo in fretta.
Di fronte alla terribile realtà del duello la disperazione aveva albergato per pochissimo, spazzata via dall’adrenalina che rallentava il tempo all’esterno, permettendo al suo cervello di orchestrare una soluzione rapidamente, prima che le lame di Vulcano si aprissero una strada attraverso le sue interiora, prima che il suo Spock, incapace ormai di riconoscerlo, lo uccidesse.
Al momento di orchestrare la sua dipartita, con la complicità del dottore, l’emozione preponderante era la speranza che il piano funzionasse. Quando si svegliò in infermeria e sentì che Spock era tornato normale ed era a bordo non riuscì ad impedirsi un moto di genuino entusiasmo.
Fin qui poteva essere tutto spiegabile con la concitazione di quei momenti, ma quello che non riusciva a capire, ciò che faceva crollare le sue sicurezze, era l’emozione mancante.
Quando il primo ufficiale l’aveva visto uscire dalla sala interna dell’infermeria dopo averlo creduto morto si era lasciato andare ad un’autentica emozione: la gioia. Incredibile, parlando di Spock, eppure era così, lo aveva addirittura afferrato per le spalle.
Kirk credeva che una simile manifestazione gli avrebbe fatto piacere, magari lo avrebbe anche divertito, come sembrava deliziare Bones, che se la rideva sotto i baffi stuzzicando il vulcaniano, invece tutto ciò che aveva provato era assenza: assenza del respiro, momentanea assenza di battito cardiaco, totale assenza di pensiero.
Ripensandoci con onestà, sapeva che istintivamente avrebbe voluto abbracciarlo.}

Riscuotendosi dai suoi pensieri il capitano riprende la registrazione.

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Capitolo 3
*** Rivelazioni ***


Il mio primo ufficiale mi aspetta per chiarire alcuni aspetti del suo strano comportamento. Sono fiducioso che, qualunque cosa sia accaduta in questo periodo, si possa archiviare come una parentesi ormai risolta.

Il capitano terminò la registrazione del suo diario ed esalò un lungo sospiro. Aveva rimandato quella conversazione il più possibile, ma ora non poteva più evitarla.
Non sapeva bene cosa aspettarsi da Spock, ma la cosa peggiore era che non sapeva più cosa aspettarsi da se stesso. Contrariamente al suo primo ufficiale lui non reprimeva mai le sue emozioni, di conseguenza le conosceva piuttosto bene: non sapere cosa provasse era una sensazione nuova, e non gli piaceva. Sapeva bene che ciò che non si conosce è una debolezza, e detestava sentirsi vulnerabile.
“Oh, andiamo! Tutto questo nervosismo per una chiacchierata con Spock! Che mi prende? Archivieremo la faccenda e ci faremo una bella partita a scacchi, come al solito.”
Con un moto di stizza, recuperò il comunicatore e si avviò verso gli alloggi del vulcaniano, a pochi metri di distanza dai suoi.
Quando entrò, per un attimo ebbe una sgradita sensazione di deja-vù, a causa della luminosità scarsissima che non gli permetteva di distinguere immediatamente l’interno dell’alloggio, esattamente come quando Spock gli aveva puntato un’arma contro. Questo lo mise immediatamente sulla difensiva, ma la voce pacata del vulcaniano proveniva dalla sedia accanto alla scrivania, come era logico.
“Entri pure, capitano, la aspettavo.”
Kirk stava per fargli notare quanto fosse illogico starsene al buio, ma qualcosa nei modi dell’amico lo trattenne, facendogli pensare che probabilmente fosse voluto. Non disse nulla e sedette di fronte a lui.
“Le ho promesso una spiegazione e naturalmente l’avrà, niente di più e niente di meno della verità. Prima però ritengo utile informarla che ho preparato una lettera di dimissioni, con l’intenzione di presentarla dopo il nostro chiarimento.”
Il capitano era basito.
“Ma cosa dici, Spock? Non intendo certo procedere contro di te, il dottore ha certificato il tuo stato alterato e conferma che adesso stai bene! Non ti sembra di esagerare?”
“Mi lasci parlare, capitano. Non è per quello che è successo prima, ma per quello che le dirò adesso.”
“Cosa?! Spock! Spock… ti prego, non c’è bisogno che tu dica niente se pensi che dirlo sia così grave da farti rassegnare le dimissioni.”
Ora il capitano era in uno stato molto vicino al panico. Non sapeva perché , ma tutto gli suggeriva che quello fosse un bivio, che il suo primo ufficiale non stesse esagerando, e che presto avrebbe dovuto prendere decisioni fondamentali.
Avrebbe voluto poter riavvolgere il tempo e non far succedere nulla di quanto stava accadendo, ma sapeva che oramai il dado era tratto.
“Ho dato la mia parola e devo mantenerla. Non pensavo di trovarmi in questa situazione, ma ormai, per citare il vostro Cesare: il dado è tratto.”
Kirk ebbe un tuffo al cuore: era esattamente quello che stava pensando, e non sapeva spiegarsi quella sensazione di ineluttabilità. Non potè fare altro che disporsi all’ascolto.
“Ti ho spiegato la natura del legame telepatico che lega due vulcaniani promessi sin dall’infanzia…”
“Sì, mi è chiaro. Il tuo legame con T’Pring era una sorta di filo che legava le vostre menti, impossibile da spezzare.”
“Quasi impossibile.”
Kirk rimase in ascolto, troppo interessato per interrompere ulteriormente.
“Il legame è forte ma è etero indotto. In rari casi fortissime emozioni possono spezzarlo, perché autoindotte, in casi  ancora più rari esso può essere sostituito da un nuovo legame che si formi spontaneamente tra due menti affini.”
Di nuovo quel sasso che piombava inesorabile da qualche parte nello stomaco del capitano.
“Non è stata la lotta a far terminare il Pon Farr, ma il dolore causato dalla tua perdita, Jim. Quando ho creduto che fossi morto il mio legame con la mia promessa sposa si è rivelato un filo piuttosto sottile, fragile come la tela di un ragno. Semplicemente non aveva più importanza.”
Il capitano si sentì avvampare nella semioscurità, della quale fu improvvisamente grato. La sedia divenne tremendamente scomoda, non riusciva a stare fermo.

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Capitolo 4
*** T'hy'la ***


“Spock, io… non so cosa dire…”
“Non c’è bisogno di aggiungere nulla, sono io che ti devo delle spiegazioni. Quando sei entrato nei miei alloggi e ti ho accolto in un modo così estremo sapevo che avrei dovuto risponderne, ma ho preferito farlo piuttosto che rischiare di perdere il controllo. Vedi, a quel punto ormai avevo capito che sarebbe bastato poco per spezzare il mio legame preesistente. Se avessi lasciato che ti avvicinassi a me molto probabilmente sarebbe successo, e io avrei perso ogni possibilità di mantenermi lucido.”
A Kirk girava la testa. Sapeva esattamente cosa il vulcaniano stesse dicendo, sentiva quelle parole scavare dentro di sé e metterlo a nudo, sapeva che Spock stava rendendo palese quello che era da tempo un sotteso tra di loro, e che lui, James Kirk, non avrebbe mai pensato che potesse essere palesato.
Non credeva che Spock potesse provare quel genere di affezione, o per lo meno esprimerla. Quanto a lui… nessun dubbio sull’esprimerla, ma poteva gestire la portata di quello che gli stava cadendo addosso?
“Quello che sto dicendo, Jim, è che…”
“So cosa stai dicendo.”
Il capitano si era alzato in piedi, interrompendo il primo ufficiale con tono deciso. Spock sollevò un sopracciglio, incredulo, mentre lo guardava avvicinarsi.
Kirk non aveva idea di cosa stesse facendo, in occasioni del genere tendeva ad agire prima di riflettere sulle implicazioni delle azioni stesse.
Di una cosa però era certo: non intendeva perdere Spock, e lui sembrava intenzionato a lasciare l’Enterprise una volta dichiarato quanto aveva da dichiarare. Poteva impedirglielo, certo, ma non per molto, e in ogni caso lo avrebbe perso, lo conosceva abbastanza da sapere che avrebbe richiuso quello spiraglio per sempre.
Secondo logica, quindi, non avrebbe dovuto finire quel discorso.
“Non c’è bisogno che tu aggiunga altro”- disse, poggiandogli le mani sulle spalle.
Spock sembrava dispiaciuto, rassegnato forse, ma non ebbe nessuna reazione all’invasione del proprio spazio personale da parte del capitano.
“Jim… quello che ti sto dicendo non può passare inosservato: per le tradizioni di Vulcano, per il regolamento della Flotta Stellare…”
“E allora non dirlo. La tua parola è stata mantenuta, non hai bisogno di chiarimenti ulteriori. Io ho capito perfettamente.”
Come per sottolineare la veridicità delle sue affermazioni, Kirk si chinò a sfiorargli le labbra con un bacio. Una sottile scossa elettrica passò tra i due al momento del contatto, e il capitano sentì improvvisamente che il groviglio di emozioni di cui era stato preda si scioglieva, tutto era chiaro e tutto era come doveva essere. C’era lui e c’era Spock, in quella penombra così opportuna, il resto non contava.
Il vulcaniano ebbe la conferma che il legame si era formato, forte, puro e indelebile, li avrebbe tenuti agganciati l’uno all’altro per il resto delle loro vite. Sapeva che Kirk non era pronto, sapeva che era confuso e che non sarebbe stato facile, ma quando la mente dell’altro si aprì a lui venne inondato da un tale calore, da una prorompente vitalità e da sentimenti così forti che tutto passò in secondo piano. C’era lui, c’era Jim, collegati all’anima stessa dell’universo, il resto non contava.
Non ci fu più bisogno di parole, i corpi parlavano un loro linguaggio, che riusciva a chiarire dove le parole non arrivavano. Si erano amati con gli occhi, con le conversazioni, con le partite a scacchi; ora si amavano con la mente, con il respiro, con i battiti del cuore. Territori diversi per lo stesso gioco, come le caselle bianche e nere della scacchiera, le une più favorevoli ad un giocatore, le altre all’altro.
Jim, come spesso accadeva, era riuscito a fare una mossa che aveva spiazzato Spock, trascinandolo nel buio verso il letto, territorio a lui favorevole. La partita, per quanto serrata, non era equilibrata e il capitano se l’era aggiudicata facilmente. La mossa successiva, però, fu del vulcaniano: perso il contatto con la sua, la mente di Jim era nel panico, ma Spock sapeva come tranquillizzarlo.
Non fu l’allodola a strappare il capitano dal suo amore, bensì il capo ingegnere Scott che lamentava un problema sul ponte.
“Spock… sei d’accordo che non sia il caso di fare parola di quanto successo, vero?”
“Illogico, Jim. Perché mai qualcun altro dovrebbe sapere qualcosa di privato?”
“Io intendevo… non parlarne neanche tra di noi.”
Spock restò silenzioso per un momento.
“Se non sbaglio la tua tesi era che non ci fosse alcun bisogno di parlare.”
Kirk gli fece un sorriso luminoso e lo baciò.
“Esattamente.”
Terminato di vestirsi, il capitano uscì dall’alloggio del primo ufficiale, diretto sul ponte di comando.
Spock restò ancora un poco solo con i suoi pensieri. Era la cosa più illogica che potesse accadergli. Non sarebbe stato facile. Stava violando tradizioni e appigliandosi a cavilli per non infrangere regole.
Si alzò e andò alla scrivania, impartendo ordini al computer. Trovò la bozza della lettera di dimissioni e la cancellò.
Sarebbe rimasto con il suo t’hy’la.

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