You stole my eyes and I never looked back

di Mrs Maddox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** be with me so happily ***
Capitolo 2: *** Welcome. ***
Capitolo 3: *** Someone like you ***
Capitolo 4: *** Heart by heart ***
Capitolo 5: *** Tower Bridge ***
Capitolo 6: *** What? ***



Capitolo 1
*** be with me so happily ***


 

 13 settembre,Kingsley 



"Alison inizia a prepararti o faremo tardi!"-"Alison!". Nessuna risposta dal salotto. Alison era lì, con le cuffie nelle orecchie e non aveva mostrato  il minimo interesse per la festa che ci sarebbe stata quella sera. Era invitata tutta la città, ed era l'evento più atteso dell'anno...almeno per me. Lei, invece, avrebbe preferito di gran lunga una serata fra amiche, film, pop corn e pettegolezzi.  Aveva accettato di accompagnarmi solo perché sapeva che ci tenevo molto. Questa festa era organizzata ogni anno dalla famiglia più ricca della città nella loro casa. Non era una casa come le altre. Da fuori sembrava un palazzo ottocentesco: le pareti erano color crema, le finestre imponenti e luminose e il portone d'ingresso alto più di tre metri. Tutto intorno fiorivano giardini colorati e prati immensi. Era un panorama spettacolare. Avevo avuto più occasioni di visitare anche l'interno dato che conoscevo il figlio del proprietario. Eravamo amici di infanzia, infatti frequentammo l’asilo assieme ed ero una delle sue migliori amiche, prima che ci allontanassimo. In quelle rare occasioni in cui mi invitava a casa sua da bambina, morivo dalla voglia di esplorarla perché sembrava uno di quei palazzi principeschi che ci sono solo nelle favole. All’interno le stanze erano ampie, con il soffitto a volta e una grande piazza al centro dell'edificio. La festa  si sarebbe svolta proprio lì.
"Alison!"- urlai un'ultima volta prima di varcare la porta del salotto, stanca della sua indifferenza.  La trovai stesa sul divano,ancora in jeans e maglietta. Le tolsi le cuffie dalle orecchie e la costrinsi ad ascoltarmi.
"Vai a prepararti, è già tardi"-
"Ma manca ancora un'ora!"-
"Un'ora è poco, dobbiamo ancora vestirci e truccarci, su muoviti."-
Alla fine cedette e si chiuse alle spalle la porta del bagno, lasciandomi sola in salotto. Alison era sempre stata testarda e ostinata fin da quando ci conoscevamo, vale a dire una vita intera. Mia madre mi raccontò che lei e la madre di Alison erano diventate amiche al liceo ed erano cresciute insieme. La loro solida amicizia non si era sfaldata neanche dopo l'università e il matrimonio, e continuò anche dopo la nascita mia e di Alison. Così noi due ci conoscevamo fin da quando eravamo nella culla ,ancora inconsapevoli che saremmo diventate inseparabili l'uno per l'altra. Ma la testardaggine non è la sola qualità di Alison: quando voleva , sapeva essere dolce, sensibile e affidabile. Il suo temperamento vivace e spigliato è sempre stato apprezzato ovunque e la sua allegria ha sempre contagiato tutti. Non era brava a scuola ma questo non le impedì di abbandonare i suoi sogni. In futuro sarebbe voluta diventatare un'architetto. Alla tenera età di sei anni, quando giocavamo insieme con le bambole, lei aveva dimostrato di avere già un debole per tutto che che si doveva costruire o progettare. Infatti dipingeva le pareti delle case delle bambole con gli acquerelli e talvolta costruiva anche piccoli oggetti in legno come sedie o tavoli, facendosi aiutare da suo padre. Era determinata, e  non abbandonò questa fermezza nel corso degli anni. Inoltre era sempre stata anche molto bella, sopratutto durante l'adolescenza. I suoi sarebbero potuti sembrare dei comunissimi occhi marroni con qualche leggerissima sfumatura gialla ma su di lei erano perfetti;stessa cosa per i suoi capelli lisci e scuri. Io, però, non badavo al suo aspetto fisico ma al suo carattere e alla sua personalità. Se avessi dovuto descriverla con poche parole, avrei detto semplicemente che era la persona giusta da avere accanto in ogni momento. Era come il sole che appare dopo una giornata buia e triste, allontana le nuvole scure e fa tornare il cielo sereno. Ciò che è strano è che non potevamo essere più diverse. Io ero esattamente il suo opposto. Di corporatura ero minuta, avevo i capelli ricci di color castano chiaro e tendenti al biondo, iridi verdi screziati di marrone. Niente di speciale. Avevo un carattere poco particolare: principalmente piuttosto introversa ma questa mia timidezza scompariva quando mi trovavo in presenza di amici o persone che conoscevo bene. Ero brava a scuola e aspiravo a diventare avvocato, una volta finito il liceo e l'università. Uno dei miei hobby era disegnare. Amavo trascorrere interi pomeriggi con la sola compagnia di un album e una matita. Quelli che ricreavo erano paesaggi, reali e astratti, e qualche volta ritratti. Mi era sempre piaciuta l'arte moderna, la scultura e sopratutto la pittura. Infatti un intero scaffale della libreria nella mia stanza conteneva acquerelli, colori a olio e tubetti di tempere colorate di tutte le sfumature esistenti. Anche il giorno della festa avevo passato due o tre ore del pomeriggio a completare un dipinto a tempere: era astratto ma si riuscivano a distinguere un grande edificio, due ragazze(Io e Alison) e fuochi d'artificio che esplodevano colorando il cielo scuro coperto di stelle. Era una mia visione della festa di quella sera. Speravo che sarebbe stata esattamente così. 


Poco tempo dopo la porta si aprì. Era mamma,avvolta in uno dei suoi vestiti strambi e dai colori sgargianti che amava indossare in ogni occasione. Non avevo ereditato molto da lei, forse nulla. I suoi capelli erano rossi e gli occhi marroni. Aveva un carattere estroverso e socievole, infatti ogni volta che ne aveva la possibilità conosceva nuove persone. In compenso lei stessa mi diceva sempre che avevo gli stessi tratti di mio padre. Quando ne parlava però la sua allegria sfumava e veniva sostituito da un'espressione di indifferenza e quasi di odio. I miei genitori si erano lasciati appena dopo la mia nascita(o almeno era quello che mi aveva raccontato mia madre) e mio padre si trasferì in un altro stato, lasciando mia madre totalmente responsabile di me. Non pensavo spesso a mio padre dal momento che non l'avevo mai conosciuto, e in casaera di rado l'oggetto delle nostre conversazioni. 
-"Tra quanto devo accompagnarvi?"-disse con tono impaziente.
-"un'ora,mà"-
-"va bene, non fatemi aspettare". Detto ciò, scomparve dietro la porta, sbattendola leggermente. Aprii la finestra nel salotto per lasciar passare un po' di aria fresca. Fuori era umido ma il cielo era sereno e , fortunatamente, annunciava una serata senza pioggia. Quella bella atmosfera, la festa, e il bel vestito che avrei indossato mi avevano messo davvero di buon umore. 


Dopo essermi vestita e truccata, andai a controllare Alison, che nel frattempo si era spostata in camera mia. La trovai seduta sul letto, gli occhi incollati al telefono a scrivere freneticamente su whatsapp. Probabilmente stava scrivendo a Pier, il suo migliore amico. Quei due erano inseparabili ma spesso avevo avuto dubbi che a Pier potesse interessare Alison, anche se non lo dava mai a vedere in sua presenza. Appena lei mi sentì entrare, alzò di scatto la testa e fece quello che mi era sembrato un sorriso, stranamente un po' forzato. Ricambiai il sorriso e le dissi che era il momento di andare.



Scendemmo le scale di corsa e salimmo in macchina. Stavamo aspettando che mamma ci raggiungesse per accompagnarci. Nel frattempo mi controllai il trucco davanti allo specchietto dell'auto e vidi Alison nel sedile di dietro china di nuovo sul cellulare. 
-"Che hai da dire a Pier di tanto importante? Non ti sei staccata un attimo da quello schermo"-
-"non è Pier, purtroppo..."- disse in tono dispiaciuto. Era sicuramente successo qualcosa.
 Mi girai a guardarla.
-"Mi spieghi cosa è successo?"- chiesi preoccupata.
-"Daniel e io ci siamo lasciati"- 
Restai a bocca aperta davanti a quella rivelazione. Lei era fidanzata con questo "Daniel" da qualche mese e la loro era diventata una relazione abbastanza seria. Ultimamente però non andavano molto d'accordo e litigavano spesso, anche se alla fine tutto si risolveva con qualche scusa e qualche abbraccio. 
-" Per quale motivo?"-
-" Ha detto che preferisce prendersi una pausa...per pensare, e a questo punto anche io credo sia la cosa migliore da fare. Sarà meglio per tutti e due"- concluse con aria dispiaciuta. 
Era triste, si vedeva, ma non lo dava a vedere e io l'ammiravo per questo. 
-"Dai non ti abbattere e non pensarci più. Stasera dobbiamo solo divertirci."- cercai di consolarla e per una frazione di secondo mi sembrò scorgere un mezzo sorriso.
Quando mi girai di nuovo verso lo specchietto vidi qualcosa di nero passare vicino alla porta di casa. Dopo un secondo era già sparito. Era stato un movimento quasi impercettibile, quindi pensai di essermelo immaginata. Probabilmente ero suggestionata. Tutti quei film horror che avevo visto e gli incubi delle sere prima mi avevano dato alla testa. Stranamente però quei giorni  non riuscivo a dormire tranquilla  mi svegliavo spesso in piena notte. Avevo come l’impressione che qualcosa mi stesse osservando anche se in camera ero sola. A distrarmi dai miei pensieri erano stati i tacchi di mamma, che ticchettavano sull’asfalto, diretti alla macchina.


Percorremmo poca strada per arrivare alla festa e arrivammo solo con pochi minuti di ritardo. Scendemmo dall'auto a pochi metri dal portone di ingresso. 
La musica assordante si sentiva già da lì e c'era una folla sempre più numerosa di adolescenti che si accalcavano per entrare. Nessuno aveva più di 18 anni. Nessuna traccia di adulti. Appena mamma se ne andò, non prima di avermi rigorosamente ricordato di non ritirarmi più tardi di mezzanotte, ci avvicinammo all'ingresso. Dopo un quarto d'ora di spintoni eravamo dentro. Seguimmo l'afflusso di gente che si riversava verso il centro della casa dove c'era la piazza. Ci ritrovammo davanti a uno spettacolo incredibile: file e file di cibo, perlopiù torte e biscotti di tutte le forme, un Dj che intratteneva la folla intenta a ballare sotto le luci accecanti e persino artisti circensi.
Nel lato destro della sala c'era una fontana in marmo bianco( l’ultima volta che ero venuta non c’era), in quello sinistro un bar che forniva bibite, senza dubbio alcoliche. 
Trascinai Alison a posare le giacche in una stanza lì vicino. Lì c'era meno gente ma non mancavano coriandoli e festoni sparsi ovunque sul pavimento. Mentre ritornavo alla porta, stando attenta a non cadere, un ragazzo, visibilmente ubriaco, mi spinse  e scivolai sul duro pavimento di pietra. Alison era vicino all'uscita e rideva della scena a cui aveva appena assistito. Io non me ne curai, dopotutto non potevo rovinarmi la festa per quell'inconveniente. Mentre mi stavo alzando, mi ritrovai davanti agli occhi un ragazzo con la mano tesa verso di me. Allacciai la mia alla sua e gli permisi di aiutarmi. Appena fui di nuovo in piedi, mi soffermai a guardare quel ragazzo. Era alto e  snello, aveva i capelli corti, neri e leggermente ricci, occhi tra il grigio e l'azzurro e un sorriso smagliante. Da una prima impressione non gli avrei dato più di 17 anni.
-"grazie mille"- fu tutto quello che fui capace di dire.
-"figurati, ti sei fatta male?'- 
-"nono"-
-"vabbene... come ti chiami?"-
-"Emily...tu?"-
-"William, William Herondale, ma tutti mi chiamano Will"-rispose con aria disinvolta. Mi rivolse un piccolo cenno di saluto prima di voltarsi e uscire. 
Rimasi immobile per qualche secondo prima di accorgermi che Alison mi stava chiamando per poi prendermi a braccetto e trascinarmi via verso la sala principale.
-" chi è quel ragazzo?"- chiese, con un tono che non nascose un pizzico di curiosità.
-" William"- 
-"beh è carino...molto carino"- concluse, prima di chiudere la porta della stanza, ormai vuota, dietro di sè

 
 

-" Bella festa, io mi sto divertendo e voi?"- . Era Benjamin, il ragazzino sedicenne che era a lezione di chimica con me e Alison.  Si era incollato a noi da quando eravamo entrate nella piazza. Nel complesso non era una persona con cui era piacevole trascorrere il tempo. Spesso si dimostrava persino il tipo che approfittava degli altri e manipolava le situazioni a suo vantaggio. Per fare un esempio pratico. Se si fosse trovato tra due combattenti avrebbe scelto di stare a fianco di quello più forte anche se non era la cosa giusta da fare. Avrebbe fatto questa scelta solo per salvare se stesso. 
-"Si, Benjamin. Probabilmente è la quarta volta che lo chiedi"- risposi con aria
annoiata. Era passata poco più di un'ora e, dopo aver ballato e bevuto qualche bicchiere di champagne, ci eravamo sedute ad uno dei divanetti vicino ai tavoli col cibo. 
-" Io mi sto annoiando a stare seduta"- disse Alison, che ormai aveva esaurito tutta la sua pazienza. Pochi secondi dopo si avvicinarono a noi due sagome che non riuscivo a distinguere per via delle luci accecanti. Solo quando furono a qualche centimetro da noi riconobbi William e...un suo amico. Erano molto simili, nei gesti e nelle espressioni.
-"Vi va di fare un giro fuori con noi?"- chiese l'amico di Will.
-"certo!"- fu la risposta di Alison, a cui, dopo aver visto quel ragazzo alto dagli occhi ambrati, si era accesa una scintilla negli occhi. Loro due si incamminarono per primi e io e Will li seguimmo, dopo che anche io acconsentii, un po' imbarazzata per la reazione della mia amica.
-"ti trovi bene a Kingsley?"- chiese Will, per rompere il silenzio imbarazzante che si era creato.
-" si abbastanza, mi sono trasferita da poco ma mi sono ambientata in fretta, e tu?"-
-" anche, mi è sempre piaciuta questa città"- 
-" che scuola frequenti?"-
-"ehm, non vado più a scuola da un po', ho lasciato gli studi"- rivelò, non riuscendo a nascondere un lieve imbarazzo.
-"ah wow, come mai?"-
-"in parte è stata una mia scelta, in parte sono stato...costretto, ma basta parlare di me, dimmi qualcosa di te"- 
-"vado al liceo classico, il terzo anno"- 
-" ah quindi ti piacciono le materie letterarie?"-
-" si,molto"-
-“Anch’io sono sempre stato un appassionato di letteratura. Shakespeare e Tennyson sono i miei scrittori preferiti “-
“Anche a me piacciono molto”-
Alzò il braccio per sistemarsi i capelli e solo in quel momento mi accorsi che aveva dei tatuaggi sull’avambraccio. Tatuaggi piuttosto insoliti.
-“Che tatuaggi … strani. Cosa sono?”-
-“Niente di particolare”- Si era irrigidito, si vedeva. Decisi di cambiare argomento.
 -"Sarà meglio rientrare, tra poco sarà mezzanotte"-
-"no ma aspetta, sarebbe meglio..."- iniziò a dire lui ma fu interrotto da un urlo stridulo che proveniva da dentro. Il tempo sembrava essersi fermato.
Qualche secondo dopo iniziò il caos.
Io ero rimasta ferma, come una statua, terrorizzata e incapace di muovermi.
William, al contrario, era già corso dentro. Anche il suo amico era appena rientrato, facendosi spazio tra la folla di gente radunata vicino alla stanza delle giacche. Anche io, sebbene fossi incerta sul da farsi, mi avviai verso l'ingresso. 
C'era chi piangeva, chi girava la faccia,e chi aveva lo sguardo fisso e immobile su una figura minuta accasciata sul pavimento. Era una ragazza. Ed era morta. 
-"Andatevene tutti! Via! Via!"- gridò William.
La folla era nel panico. Tutti cercavano una via d'uscita ma io volevo rimanere per capire cosa era successo, nonostante la paura. A quel punto mi raggiunse Alison, sconvolta quanto me ma sembrò capirmi al volo. Anche lei voleva scoprire il motivo di tutto quello. Entrammo nella mischia per avvicinarci al corpo senza vita di quella ragazza, che non avrà avuto più della nostra età.
 A pochi metri di distanza, William ci si parò davanti e ci impedì di passare.
-" Dovete andarvene! Subito!"-
-" no voglio capire cosa è successo!"-
-" non c'è tempo adesso! Dovete andarvene!"- 
Fece appena in tempo a terminare la frase che una massa di nube nera si riversò sul palazzo. Da quella sembravano animarsi delle..."cose", che sembravano fantasmi. C'era una differenza però: i fantasmi erano bianchi, o almeno così aveva sentito dire dalle storie di paura a cui fino a quel momento non aveva creduto. Quelli erano neri come carbone. Uno di quei "fantasmi" volteggiò proprio sopra le nostre teste  e sembrava che fossimo proprio noi la sua preda. Ad uno sguardo più attento mi ricordai che quelle erano le stesse creature che avevano animato i miei incubi.  Non riuscivo più a reggere quella tensione, sentivo che pian piano stavo per svenire. Come se non bastasse, la mia migliore amica era sparita dalla mia vista. 
William estrasse da dentro la sua giacca un manico di una spada( quale persona normale portava con sè il manico di una spada?).
-"Malik!"- urlò, e dalla spada si sprigionò una luce accecante. Con quella infilzò la creatura, che esplose in mille pezzi. Molte gocce di liquido nerastro schizzarono attorno come pioggia acida, rovinando tutto ciò che toccavano. Come ci era riuscito? Era mai possibile che una luce di tale intensità si creasse da sola e fosse in grado di uccidere quelle creature? 
Will si girò verso di me e mi si avvicinò. Non potei fare a meno di indietreggiare. 
-"c-che cosa sei...tu?"- balbettai, con la poca voce che mi restava.
Lui chiuse un attimo gli occhi,con aria disperata, e appena li riaprì mi disse quello che non mi sarei mai aspettata di sentire. Furono le ultime parole che percepii , prima di sentire le mie gambe cedere, cadere a terra e sprofondare nel sonno.
-"Io sono uno Shadowhunter, un cacciatore di demoni”-

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ciao a tuttiii:) volevo scrivere qualche riga per presentarmi. Mi chiamo mariella e questa è la prima fanfiction che scrivo, anche se ho avuto il supporto e l'aiuto della mia amica Marika. Vorrei dire che questo è un capitolo perlopiù introduttivo. Ho terminato di scrivere il secondo capitolo e lo posterò appena questo raggiungerà le 150 visualizzazioni. Spero che questa prima parte vi sia piaciuta. Se vi va recensite. 

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Capitolo 2
*** Welcome. ***


Mi svegliai avvolta nelle lenzuola ormai zuppe di sudore.  Avevo sognato, era l’unica soluzione ragionevole, ma era sembrato tutto così reale. Quella stanza non era la mia. Perlopiù era calda, troppo calda e l’aria quasi soffocante.  Mi girava la testa, probabilmente mi ero ammalata. Appena la mia vista cominciò a offuscarsi, scorsi la porta che si stava aprendo e qualcuno avvicinarsi al letto. La stanchezza mi stava trasportando ma capii che era una ragazza. Feci appena in tempo a notare i suoi capelli rossastri, sistemati in una coda di cavallo, e occhi nocciola  che mi erano molto familiari, poi scivolai di nuovo nel sonno. Di una cosa , però, ero certa.  La ragazza era Alison.
 
ALISON’S POV:
Mi svegliai cullata dal cinguettio degli uccelli fuori alla finestra.  Avevo dormito abbastanza bene ma mi ero svegliata uno e due volte nel sonno, colpa degli incubi. La luce del sole passava attraverso le ante, leggermente aperte. Si prospettava una mattinata serena, nonostante fosse inverno e in quel periodo pioveva di continuo.  Della notte precedente ricordavo ben poco. C’era stato un omicidio, o almeno così credevo, ma la cosa più strana erano quelle “cose” nere che infestavano la casa dove si era svolta la festa. Ero nel panico ma vicino a me c’era Emily, ancora più spaventata.  Ad un certo punto Will aveva tirato fuori qualcosa dalla giacca ma non feci in tempo a vedere che cosa. Qualcuno mi aveva presa per le spalle e trascinata dietro un pilastro. Era stato Jem, l’amico di Will. Ci eravamo conosciuti alla festa e mi era sembrato subito un ragazzo affidabile e intelligente. 
-“Corri fuori di qui, all’ingresso,nasconditi e aspettami lì”- fu tutto quello che disse. Si stava impegnando  in tutti i modi di mantenere un timbro di voce saldo, ma percepii ugualmente una nota di paura.
-“Ma devo portare Emily fuori di qui!”-
-“Aiuterò io Emily,tu va”-
Allora lo feci, iniziai a correre e mi fermai solo quando raggiunsi un albero dalla parte opposta della strada. Speravo con tutto il cuore che Emily uscisse sana e salva da quella situazione. Non sapevo neanche io perché avessi affidato la mia amica a quel ragazzo, che a stento conoscevo. In un certo senso mi fidavo di lui, e sapevo che non mi avrebbe deluso. L’ultima mezz’ora della serata prima che scoppiasse il caos l’avevo trascorsa con lui. Era stata la parte migliore di tutta la festa.  Avevamo semplicemente parlato ma mi sarebbe piaciuto chiacchierare con lui fino alla fine della serata.  Quel ragazzo aveva un chè di speciale. Chissà, magari era merito dei suoi occhi. Non ne avevo mai visto di tanto particolari: neri, venati d’argento. 
Appena tornò, aveva con sé Will e Emily. Lei era svenuta ma sembrava illesa e Will la portava in braccio. Andammo tutti alla macchina di Jem, parcheggiata a meno di dieci metri da lì, e partimmo. Non sapevo dove saremmo andati ma l’importante era essere al sicuro. Non era il momento delle domande e dei sensi di colpa. Perché ero in macchina con due ragazzi appena sconosciuti? Dov’era finita quella vocina nella mia testa che mi diceva sempre di pensare prima di fare le cose e che puntualmente non ascoltato? Non ne avevo idea. 
Il viaggio era stato silenzioso. La tensione era calata, persino io ero abbastanza tranquilla. Quella sera eravamo arrivate a casa di Jem, o almeno così credevo. Era un appartamento, non molto grande ma in buone condizioni:due camere da letto, due bagni, un piccolo salotto e una cucina. Con delicatezza Will aveva disposto su uno dei letti Emily,ancora in stato di incoscienza.  Jem nel frattempo era andato in cucina a fare un paio di telefonate. Dopo aver mandato un messaggio a mia madre,dicendole di avvertire anche la madre di Emily che stavamo entrambe bene, mi sedetti sul divano in salotto. Era tardi e entrambe le nostre madri avrebbero saputo della festa il giorno dopo. Le scrissi che io ed Emily eravamo rimaste a dormire da un’amica.
Quando Jem  finì di telefonare venne in salotto e parlammo di quello che era successo quella sera. Appena mi disse la verità su di lui e su Will rimasi a corto di parole. Non avrei mai creduto che potessero davvero esistere dei demoni, tantomeno  meno shadowhunters, cacciatori di demoni. Dopo l’iniziale smarrimento ripresi la calma e mi feci spiegare alcune informazioni riguardo alla loro “razza”: mi raccontò dei nascosti, delle rune, delle spade angeliche e mi diede una notizia sconvolgente.  Saremmo partite per Londra il giorno dopo per stabilirci all’istituto, il luogo dove accoglievano gli shadowhunters senza un posto dove andare( Avrebbero accolto anche noi che non lo eravamo? O forse … si?)   Avrebbero fatto credere con un incantesimo ai nostri genitori che eravamo partite per una gita-studio. A tutti gli ospiti della festa alcuni stregoni( esistevano persino loro?) avevano fatto in modo che ognuno dimenticasse l’accaduto. Fortunatamente nessun altro, al di fuori degli invitati, era venuto a conoscenza di quegli eventi.  Ci saremmo allontanate da quella città che ormai per me, e soprattutto per Emily era pericolosa. Jem mi disse che avevano scacciato la maggior parte dei demoni e appena erano riusciti a portare Emily in salvo, quelli si erano dissolti, lasciandosi dietro solo nebbia e fumo.  Mi spiegò anche che i demoni di solito non sono visibili ai mondani e probabilmente avevano perso così tanta energia che persino le loro difese si erano abbassate. Per qualche strana ragione era Emily il loro obiettivo. Quando cominciai a sentirmi stanca, salutai Jem con un cenno della mano e mi avviai in camera sua, che mi aveva gentilmente concesso. 
Quella notte Jem aveva dormito sul divano ma non sapevo dove fosse Will. Verso le due era uscito e non l’avevo più sentito rincasare. 
Al risveglio, dopo essermi fatta una doccia calda, il mio primo pensiero andò a Emily. Entrai nella sua camera cercando di fare meno rumore possibile e mi avvicinai al letto. I suoi occhi erano socchiusi ma ero sicura che stesse ancora dormendo. Era accaldata, probabilmente lo shock della sera precedente l’aveva fatta ammalare. Tornai pochi minuti dopo con una pezza fredda e gliela poggiai delicatamente sulla fronte. Uno scricchiolio attirò la mi attenzione. Mi girai di scatto e vidi Jem sulla porta. Si era cambiato. Adesso portava una camicia bianca e pantaloni beige. Era bellissimo.
-“ Gia sveglia?”_
-”si, sono venuta a controllare Emily”-
-“Lo vedo.  Adesso però dobbiamo andare a Londra, vieni con me. Il mio parabatai è tornato e appena Emily si sveglierà ci raggiungeranno”-
-“ Il tuo cosa?”-
-“Parabatai. Io e Will siamo come fratelli, anche se non abbiamo nessun legame di sangue. Ti spiegherò tutto durante il viaggio. Adesso andiamo.”- 
Annuii. Mi tese la mano e io l’afferrai. Uscimmo di casa e andammo alla stazione per prendere il primo treno diretto a Londra.
 
WILL’S POV:
Erano le sette del mattino quando tornai all’appartamento. Ero uscito per fare una passeggiata, come quando facevo i giorni in cui ero nervoso o semplicemente volevo stare solo. Non ero stanco ma qualche ora di sonno di certo non mi sarebbe guastata. Mentre stavo tornando, vidi Jem e l’amica di Emily (ancora non ricordavo il suo nome) che stavano uscendo di casa.  Stavano andando a Londra, proprio come avevamo programmato io e il mio parabatai poche ore prima. Appena entrai gettai le chiavi sul tavolo del salotto e il mio primo pensiero subito giunse a Emily. Quella ragazza per me era diventata speciale. All’inizio era solo la missione che mi era stata affidata. Avrei dovuto controllarla alla festa perché io e Jem avevamo rilevato in quella casa alti livelli di energia demoniaca. Charlotte ci aveva detto di proteggerla e portarla all’istituto, magari il giorno dopo quando avrebbe avuto il tempo di raccontarle tutto sugli shadowhunters.  Purtroppo i fatti si erano svolti in tutt’altro modo.  Non mi sarei mai aspettato che un’ondata di demoni Iblis attaccasse proprio lì, davanti a tutte quelle persone. Credevo che ce ne sarebbero stati massimo due, così da passare inosservati. Sapevo che Emily era in pericolo e che aveva un ruolo importante nel mondo degli shadowhunters, anche se non mi avevano spiegato in che modo, ma non avrei mai immaginato tanto interesse da parte di quelle creature oscure. 
Andai nella camera dove dormiva e mi fermai solo qualche istante sulla porta a guardarla. Era bella, ma soprattutto intelligente. La sera prima la sua personalità mi aveva colpito molto ma  mi ero tenuto lo stesso abbastanza distante. Al lavoro non andavano mai mischiati i sentimenti. Lei era lavoro, dovevo proteggerla. Nient’altro. 
-“Will?Will sei tu?”- 
-“ si sono io. Stai un po’ meglio?”- risposi, imbarazzato. Probabilmente mi aveva sorpreso a guardarla ma ormai non potevo più rimediare.
-“meglio, la febbre mi è quasi passata, credo”-
-“meno male. Volevo dirti che …”-
-“aspetta, voglio chiederti prima io qualcosa .. cos’è successo ieri sera? e-e ..cosa sei tu?”- pronunciò quelle parole quasi come un insulto. Era normale, considerando che si trovava in una casa che non era la sua in compagnia di un ragazzo che a conosceva a malapena.
Nell’ora successiva gli spiegai alcune cose sugli shadowhunters,  sul mondo invisibile e perché  alla festa ci fossero quei demoni.
Le dissi che la ragione era lei, anche se non sapevo neanche io il perché. Questi erano  segreti dell’Enclave.
Alla fine del mio discorso Emily rimase zitta per un po’, non era facile assimilare tutte quelle informazioni in una volta sola. La cosa positiva era che non era più spaventata ma neanche tranquillissima.
-“allora”-iniziò-“tu mi stai dicendo che oltre agli umani esistono anche altre … “razze”, tra cui shadowhunters, demoni, vampiri e altri mostri strambi. Io sono in qualche modo coinvolta nel vostro “mondo” anche se nessuno sa come, tranne un certo gruppo di persone che si chiama Enclave e che tra poco dobbiamo andare a Londra in una specie di albergo per shadowhunters perché qui sono in pericolo?”
-“in sostanza … si”- risposi, incapace di aggiungere altro. Già era un buon risultato che avesse imparato tutte quelle cose. 
-“e io non ho altra scelta che venire con te, giusto?”- chiese sconsolata
-“in un certo senso . Ma puoi fidarti di noi, abbiamo il compito di proteggerti. Inoltre … la tua amica è gia in viaggio”-
-“Alison?Dov’è Alison?”-
-“con Jem, è già partita e sembrava piuttosto entusiasta.”-aggiunsi-“Allora … sei pronta?”
-“si”- era incerta ma non potevo darle torto –“pronta”-
 
*    Nel frattempo all’Istituto *
“Henry svelto! Metti tutto in ordine,  arriveranno a momenti!” 
Era Charlotte, agitata più del solito perché Will e Emily sarebbero arrivati all’Istituto di Londra in meno di dieci minuti.  Jem e un’altra ragazza mora, che capì essere Alison, amica di Emiy, erano già arrivati qualche ora prima.  All’istituto,al momento, c’erano solo Charlotte, Henry, loro figlio e i domestici.  Cecily Herondale, la sorella di Will, e il suo sposo Gabriel Lightwood si erano trasferiti pochi mesi prima, una settimana dopo il matrimonio. Erano partiti per la Francia, un luogo che aveva sempre affascinato Cecily fin da bambina. Tutti erano stati tristi per la loro partenza ma si erano ripromessi di tornare a salutare di tanto in tanto. Gideon e Sophie,anche loro marito e moglie, li avevano seguiti. E infine Tessa…beh Tessa era un caso a parte. Era stata all’istituto solo  pochi mesi perché pensava che quello stile di vita non facesse per lei. Non voleva essere una Shadowhunters ma avrebbe voluto tornare a New York, insieme al fratello Nathaniel, e scrivere un libro. Era quello il suo sogno e noi dell’istituto non la frenammo, sebbene tutti le volessimo un gran bene. Primo fra tutti Will, che aveva sempre avuto un debole per quella ragazza dai capelli rossi. La sua era stata solo una cotta ma era rimasto comunque molto dispiaciuto per via della sua partenza . Nel mese di luglio Tessa partì, e nessuno da quel momento ebbe più sue notizie. 
 Charlotte si ricosse da questa breve parentesi del passato da cui si era lasciata trasportare.  Un rimbombo riecheggiò nell’edifico. Erano arrivati.
 
EMILY’S POV:
Io e Will prendemmo il treno delle 9 per Londra. Saremmo arrivati a destinazione entro due ore massimo. Mi ero decisa a chiamarlo Will, William non mi piaceva.  Ero ancora un po’ assonnata e avevo un forte mal di testa, residuo della lieve febbre della notte prima. Will mi aveva assicurato che i nostri genitori, miei e di Alison, avrebbero pensato che eravamo in gita-studio e,passando un po’ di tempo con lui, cominciavo ad abituarmi alla sua compagnia. Era divertente e spontaneo, a parte che era bello. Molto bello. I riccioli scuri e gli occhi azzurri avevano un chè di magnetico. Nonostante ciò, lo conoscevo da poche ore e non era consono alla situazione fare dei pensieri  del genere su di lui. Quindi mi concentrai sul discorso che aveva cominciato Will sulla sua paura delle anatre. Non avevo prestato molta attenzione fino a quel momento ma decisi di ascoltare lo stesso il resto di ciò che aveva da dire.
-“… non sai mai cosa potresti aspettarti da quegli animali. Dopo quella volta che un anatra mi morse il dito da piccolo non mi sono mai più avvicinato, e mai lo farò”- concluse.
Ridacchiai, come si poteva essere spaventati da animali così innocenti? Io le avevo sempre adorate.
-“secondo me sono carine”-
-“per niente”- 
Risi di nuovo. Guardai l’orologio e mi accorsi solo allora che il nostro treno si sarebbe fermato di lì a poco. 
-“Si scende”- disse Will. 
Ci alzammo contemporaneamente e uscimmo dal treno.
 
Ad aspettarci  c’era una carrozza ottocentesca, trainata da cavalli. Strano che nel ventunesimo secolo esistessero ancora.  Salii seguita da Will.  L’interno era piccolo, i sedili ricoperti da velluto grigio e impreziositi da alcuni intarsi  color avorio.  Lungo i vetri stavano cominciando a scorrere piccole gocce d’acqua, che si moltiplicavano ogni secondo che passava. Stava iniziando a piovere.  Nella mia città i temporali erano all’ordine del giorno. Non sarebbe stato difficile abituarsi al clima di Londra. 
La carrozza ci scortò fino a un grande luogo abbandonato, c’erano macerie ovunque. Non capivo perché eravamo lì. Non poteva essere quello l’istituto … o no?
-“So che sembra solo un grande mucchio di terra e spazzatura ma guarda bene, osserva meglio. Se davvero sei coinvolta in questo mondo come noi, allora avrai sicuramente la Vista. Ti permette di vedere al di là dell’apparenza.”-
Feci come aveva detto e pian piano apparve davanti a noi un edificio imponente. Sembrava quasi una chiesa. 
Scendemmo, riparandoci dalla pioggia con un ombrello offertoci gentilmente dal guidatore della carrozza.
Will pronunciò delle parole, poi ci fu un rumore strano e il grande portone in mogano si aprì, rivelando un ampio salotto. Lì ad aspettarci c’erano un uomo con in braccio un bambino, una donna sulla trentina e due figure familiari: l’amico di Will( mi disse che si chiamava Jem) e  lei, la ragazza che mi era mancata tanto … Alison. 
 
 
 
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Ed ecco il secondo capitolo. Ho superato le 140 visualizzazioni e anche se non ho raggiunto le 150 l'ho postato lo stesso. Comincerò oggi stesso a scrivere il terzo. Se vi va recensite, accetto consigli e critiche:)  
 

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Capitolo 3
*** Someone like you ***


Appena  i due ragazzi fecero il primo passo all’interno dell’edificio, tutti si gettarono su di me.
-“Felice di conoscerti,cara”-
-“com’è andato il viaggio? E ti senti meglio?Abbiamo saputo della febbre che hai avuto ieri notte…”-
-“Will e Jem  ti hanno spiegato tutto?”-
-“Sei affamata?Stanca?Hai bisogno di qualcosa?”
Quelle voci diverse riecheggiavano nell’ampio atrio generando una confusione caotica. Già qualche secondo dopo mi sentivo la testa pesante. Troppe domande. Troppo fracasso.
Fortunatamente intervenne Will, come se avesse percepito la mia agitazione. Ultimamente sembrava fosse il mio angelo custode. Insomma, mi aveva salvata alla festa e portata a casa sua.  Mi avrebbe aiutata anche quella volta.
-“Basta con le domande! Emily è ancora molto confusa, diamole una stanza e lasciamole del tempo per pensare”-
Aveva parlato con tono così saldo che tutti ammutolirono. Nessun rumore, silenzio totale. L’unica nota stonata era il gatto nero col pelo ispido, a giudicare dall’aspetto anche abbastanza anziano, che miagolava ai piedi di uno dei tre domestici. Anche loro avevano contribuito alla confusione, scambiandosi pareri, probabilmente sul nostro arrivo. Erano tre donne sulla cinquantina, con solo qualche capello bianco, e indossavano la fascia in testa e la divisa nera., tipiche delle cameriere.
-“Hai ragione,Will . Vado a chiamare una delle altre domestiche così che potrà condurre Emily alla sua stanza e si occuperà di lei durante il suo soggiorno.”-
Fu tutto quello che disse la donna alla sinistra di Will, prima di scomparire lungo il corridoio. Doveva essere il capo dell’istituto, data la sua compostezza e fermezza. Tuttavia era una donna minuta ma dai bei lineamenti.
Non aveva l’aria di essere troppo autoritaria ed esigente, anzi ispirava simpatia.
Le domestiche e l’uomo vicino a lei, con in braccio un bambino moro dagli occhi nocciola,  svoltarono nel corridoio opposto, facendo  ad Emily  solo un breve cenno di saluto con la mano. Gli unici altri rimasti nella stanza erano Jem e Alison.
-“Emily”-disse Will –“Credo tu voglia scambiare qualche parola con Alison.  Io e Jem vi lasciamo sole.”
Ed ecco che anche i due ragazzi si allontanarono verso un’altra stanza.
 
EMILY’S POV
Appena rimanemmo sole, Alison mi venne incontro e mi strinse a sè.  Rimanemmo abbracciate per un po’ senza proferire parola.
Eravamo state lontane per parecchie ore.
Capitava di rado che non ci sentissimo per così tanto tempo; di solito parlavamo al telefono, per messaggio, o semplicemente ci incontravamo di persona.
Durante quelle ore non avevo avuto il tempo e la possibilità di contattarla in qualche modo. Il mio telefono aveva lo schermo totalmente scheggiato(probabilmente quando ero caduta, quello aveva colpito il pavimento talmente forte da rompersi).
Sembrava non funzionassero più neanche i tasti esterni.  Non potevo chiamare da altri telefoni perché non conoscevo il suo numero a memoria.  
Dopo una trentina di secondi, fu Alison la prima a scostarsi.
-“Non è fantastico? Esiste un mondo invisibile,  shadowhunters, spade angeliche, nascosti,  rune, di cui solo ora noi veniamo a conoscenza.  Riesci a immaginare quante cose impareremo qui? Chi incontreremo? Quanti..”-
Le tappai la bocca con la mano. In quel momento Alison era come un fiume in piena, avrebbe continuato il suo discorso per qualche altra ora se non l’avessi fermata.
-“Si, Alison. E’ fantastico, ma è anche strano. Insomma …. un mondo invisibile, demoni, cacciatori.
Credo che dovremmo fare attenzione, non sappiamo ancora se possiamo fidarci di loro. All’apparenza sembrano delle brave persone, questo è vero, ma chi può dirlo. Magari ci hanno rapite e non salvate. Potrebbero averci fatto una specie di lavaggio del cervello. Forse tutte quelle “cose” nere, che loro chiamano demoni, ce le hanno  fatte immaginare. Non conosciamo nessuno di loro,  meglio tenere gli occhi aperti.”-
Alison aveva una strana espressione in volto. Che fosse rabbia? Dispiacere? Di certo niente di buono.
-“Perché non riesci mai a fidarti delle persone? Ci hanno aiutato, offerto la loro casa e la possibilità di capire davvero chi siamo e “cosa” siamo. Io mi fido di loro e ho preso la mia decisione. Io resto, tu fa come vuoi.”-
Uscì a grandi passi dalla stanza, andando nella stessa direzione degli altri. Probabilmente le era già stata assegnata una stanza e si stava dirigendo proprio lì.
Ogni volta che litigavamo, o meglio, discutevamo, Alison interpretava la parte della vittima, convinta che io prima o poi mi sarei scusata.
E infatti mi decidevo sempre a dargliela vinta.
Le nostre discussione non riguardavano mai argomenti seri ma sempre sciocchezze: per esempio su chi doveva truccarsi per prima,o comprare il vestito che avevamo adocchiato entrambe,o persino su chi dovesse accaparrarsi l’ultimo pacchetto di Oreo alla macchinetta della scuola.
Quella però era una questione abbastanza seria.
La decisione di restare o no in quel luogo avrebbe potuto compromettere la nostra intera vita. A poco a poco mi stavo convincendo sempre di più della validità di tutta quella storia e infatti alla fine avevo accettato di rimanere all’istituto.
Nonostante ciò  avrei aspettato ancora un po’ prima di concedere totalmente la mia fiducia a quelle persone.   Mi sarei documentata sull’esistenza e le caratteristiche di questo strano “mondo invisibile”.
C’erano cose più importanti a cui pensare e il litigio non era tra quelle.
-“Vuole seguirmi, signorina Whiterose?”-
Sobbalzai. Una donna in divisa nera era esattamente dietro di me. Non aveva un’aria amichevole. Evidentemente era la cameriera che avrebbe dovuto accompagnarmi alla stanza.
-“Ehm..certo”-
Nessuno mi aveva mai chiamata Signorina Whiterose. Sempre e solo Emily.  Era una strana sensazione sentire che qualcuno mi aveva chiamata con il mio cognome.
Di certo non ero abituata a ricevere tutte quelle attenzioni e essere trattata come un tesoro inestimabile, da accudire e controllare.
Decisi di seguirla attraverso il lungo corridoio di marmo bianco, stesso materiale che rivestiva il pavimento dell’ingresso.
 Alle pareti erano appesi quadri che raffiguravano probabilmente nobili shadowhunters: tra le targhette scorsi diversi nomi, tutti a me sconosciuti: A. starkweather, J. Fairchild, A. Penhallow, e anche … Clarissa Fairchild Morgensten.
Mi soffermai un po’ di più su quel dipinto a olio. Raffigurava a mezzo busto una donna vestita in abito dorato da cerimonia. Al tempo in cui era stata ritratta non doveva avere sicuramente più di una ventina d’anni; la sua età era facilmente intuibile dai tratti delicati e giovani del viso.
Si distingueva il colore intenso delle sue iridi verde smeraldo,e i capelli rossastri erano acconciati in una lunga treccia al lato che lasciava ricadere sulle guancie solo qualche riccio ramato.  Il  suo sorriso smagliante e sincero era la prova della felicità che provava in quel momento. Sullo sfondo c’erano vasi colmi di fiori bianchi e dorati e la camera(probabilmente il soggiorno) era addobbata da nastri e petali.  L’anello luccicante che portava al dito e stringeva convulsamente come se fosse stato quanto di più prezioso avesse al mondo , era la prova finale che quello era il giorno del suo matrimonio. 



Evidentemente mi ero fermata ad osservare quel dipinto un po’ troppo a lungo, poiché mi ritrovai la cameriera alle spalle, intenta a guardarmi con sguardo truce. Batteva il piede a tempo sul pavimento, segno di aver perso la pazienza, e incrociava le braccia al petto.
Sembrava uno di quei soldati duri e insensibili che durante il lavoro non mostrano nessuna emozione.
-“Vuole seguirmi o no, signorina?”-
Annuii, mortificata. Il poco tempo trascorso in sua compagnia mi era bastato a farmi un’idea di lei: quella donna era fredda come il ghiaccio.
Mi fu assegnata una stanza abbastanza ampia ma non assomigliava per niente alla mia vecchia camera da letto.
Quella era spoglia, cupa. Le pareti erano di una tonalità strana, tra il grigio e il verde scuro. L’unica fonte di luce era una finestra, non troppo alta, sulla parete destra, da cui pendeva una tenda rossa.

Trascorsi mezz’ora stesa sul letto con le cuffie nelle orecchie,una delle poche cose che avevo  nella tasca della giaccia, insieme a 20 sterline e la carta di una caramella al caffè. Il letto occupava quasi un quarto della stanza: era a baldacchino, in legno di frassino, e , ad un’analisi più attenta,  aveva una piccola incisione.
Sulla testata del letto, nell’angolo destro c’era infatti una piccola scritta. Mi tolsi e cuffie e mi avvicinai per leggerla.
<< Voglio bene a tutti voi. T. >>
T? Chi mai poteva essere stato? Probabilmente una di quelle persone dell’istituto che però ancora non conoscevo o una dei loro antenati vissuti lì molto tempo prima. I miei pensieri furono interrotti da un rumore che proveniva dalla porta.
-“E’ permesso?”- Era Will, che indossava dei pantaloni scuri e una strana tunica nera, tenuta in vita da una cintura, anch’essa dello stesso colore.
-“Certo, entra”- dissi, aggiustandomi i capelli e spostandomeli sul viso.
Tentavo di nascondere il lieve rossore che mi era apparso sulle guance, che a poco a poco si faceva sempre più intenso. Che stava succedendo? Mi ero forse presa una leggerissima cotta per quel William Herondale ? Impossibile. Lo conoscevo da appena un giorno. Era simpatico,sì, e carino … ma non poteva piacermi. Eppure …
-“Che stavi facendo?”-
La sua voce mi riscosse da quei pensieri.
-“Mi ero fermata a leggere questa scritta”-la indicai-“ <> chi è questa T?”-
Will era immobile, come un manichino, bianco in volto. Probabilmente neanche lui era a conoscenza di quell’incisione e si vedeva che l’aveva colto di sorpresa.
-“Ecco..T  è.. Tessa. Tessa Gray.”-
-“Chi è questa Tessa?”-. Non riuscii a reprimere una punta di gelosia nel vedere la faccia di Will mentre raccontava. Quella ragazza doveva essere stata sicuramente importante per lui.
-“Tessa è una Shadowhunter. Era venuta a Londra per imparare ad addestrarsi come tale. Il fratello, un semplice mondano, voleva che lei imparasse ad essere una brava cacciatrice ma era stato il primo ad accorgersi che non era ciò che lei voleva. Il suo sogno era andare a New York e diventare una scrittrice. In quei pochi mesi che è stata qui ho avuto modo di conoscerla.  E’ sempre stata gentile con me e devo ammettere … che lei un po’ mi piaceva. Questo mio interesse, però, sfumò qualche settimana dopo la sua partenza. Il fratello alla fine le aveva permesso di lasciare l’istituto e seguire i suoi sogni. Qui era amata da tutti e infatti non uno di noi fu felice che lei se ne fosse andata. Tuttavia rispettammo la sua decisione.  Non era mai stata una di quelle ragazze dai “ti voglio bene” continui.  Si era integrata bene ma c’era sempre stato un muro sottile tra lei e noi, infatti non avremmo mai scoperto la vera Tessa. Nonostante ciò avevamo un buon rapporto e, anche se non abbiamo avuto più sue notizie, non la dimenticherò mai”-
Ci fu silenzio. Nessuno di noi era capace di parlare. Will mi aveva appena raccontato quella storia come se fossimo amici da tempo e io non sapevo come reagire.  Mi era difficile credere che stesse svelando i propri sentimenti proprio a me. Fu lui a rompere il silenzio trenta secondi dopo.
-“E’ il momento di andare. Inutile pensare al passato ormai. All’inizio ero venuto qui per portati in un posto che vorrei farti vedere. “-
 In quel momento la stessa cameriera che mi aveva scortato alla stanza entrò con dei vestiti in mano. Erano uguali a quelli di Will, con la differenza che sulla tasca davanti non era cucito il suo nome, bensì il mio. Emily. Il mio nome, scritto a caratteri corsivi e cucito con un filo dorato, risaltava su quella sorta di tunica, come una cometa in movimento su un immobile cielo stellato.
  “Indossa questo e poi esci. Ti aspetto fuori”
Detto questo, mi rivolse un ultimo sorriso prima di voltarsi e sparire dietro la porta.
Mi vestii in fretta, rifiutando l’aiuto della cameriera che si era offerta di darmi una mano. Dato il suo precedente comportamento, pensai che si fosse proposta non per cortesia ma perché era il suo lavoro. Non sembrava, però, che fare la domestica le piacesse. Dal momento che ero capacissima di vestirmi da sola, le dissi che non avevo bisogno di tutte quelle premure. Cominciava già a stancarmi essere servita e riverita. Non mi piaceva ricevere tutte quelle attenzioni.
Uscii dalla stanza  e mi ritrovai davanti Will. Peccato che non fosse solo. Un’altra cameriera le stava letteralmente appiccicata. Will sembrava non mostrare alcun rifiuto alla sua compagnia, anche se era la ragazza l’unica ad alimentare la conversazione con quella sua voce fin troppo acuta. Odiosa. Will alzò la testa e solo allora sembrò accorgersi di me.
-“Ah, eccoti Emily. Ti presento Sarah, è stata assunta questa mattina da Charlotte, la donna con cui hai parlato all’ingresso nonché capo dell’istituto.” Poi Will si rivolse a Sarah.
 –“Sarah, lei è Emily, anche lei è nuova qui.”-
-“Piacere …”- Rispondemmo all’unisono, entrambe usando un tono piuttosto arrogante. Lei già non mi piaceva, ed ero sicura che la cosa era reciproca.
-“Bene, adesso dobbiamo proprio andare. Ci vediamo, Sara.”- concluse Will, che sembrava non aver notato le occhiate omicide che ci stavamo scambiando io e la cameriera.
Lei lo salutò con un bacio sulla guancia e poi girò i tacchi, senza neanche degnarmi di uno sguardo. La mia antipatia cresceva sempre di più.  Dovevo, però, fermare le mie riflessioni su quella ragazza perché Will stava già correndo avanti, trascinandomi per il polso.
-“Veloce!Non perdiamo tempo!”- disse, con il tono simile a quello di un bambino che a Natale aveva appena  ricevuto il regalo che desiderava da tanto.  Non potei fare altro che seguirlo, correndo come non facevo da molto.
 
 
ALISON’S POV
Già avevo dimenticato dove fosse la mia stanza. Non c’era da meravigliarsi, quel posto sembrava infinito data l’immensa quantità di stanze.  Corsi lungo il corridoio finché non mi rinchiusi in una stanza. Ricordavo che quella fosse la mia ma non ne ero sicurissima. Lì le camere erano tutte identiche: pareti scure, tende rosse e letto a baldacchino. Mi lanciai sul letto, sfinita, e mi voltai con il viso rivolto al soffitto. Mi misi le mani nei capelli. Ero nervosa e dispiaciuta.
-“Perché deve essere tutto così complicato?”-dissi a me stessa.
-“A che ti riferisci?”-
Una voce, stranamente familiare, mi fece alzare di scatto e quasi lanciare un urlo per lo spavento.  Spostai freneticamente lo sguardo su ogni angolo della camera prima di accorgermi della figura vicino alla finestra girata di spalle.
Era Jem. Stava appoggiato alla parete e la pesante tenda lo copriva quasi del tutto.
-“Che ci fai lì?”- Gli dissi, forse con un po’ troppo impeto, prima di accorgermi che ero io quella fuori posto. Quella non era la mia camera, ma di Jem.
Ne ebbi la certezza guardando i vestiti maschili piegati accuratamente su una di quelle sedie, una lunga fila di CD di una band(mai sentita) e alcune cornici con delle foto di lui e Will sul comò vicino al letto. Mi sentii improvvisamente in imbarazzo.
-“Beh, questa è camera mia. Che cosa ci fai Tu qui?”- Aveva pronunciato quel” tu” ridendo sottovoce. Sprofondai ancora di più nella vergogna.
-“Credevo che fosse camera mia. Scusami. Le stanze qui sono tutte uguali e ancora non sono abituata a..”-
-“ si si va bene, calma.”- Rise-“ Non preoccuparti. Piuttosto … a cosa ti riferivi prima?”-
-“Ah … prima”- iniziai –“ Ho litigato con Emily. Ha ancora qualche dubbio su tutta questa storia degli shadowhunters e mi ha fatto il solito discorso da “mamma” sulla fiducia e tutto il resto. Mi ha di nuovo trattata come una bambina impulsiva che fa le cose senza pensarci. Le voglio un bene dell’anima ma non sopporto quando ha quell’atteggiamento con me”
“E’ normale che sia confusa.
Anche io lo sarei se da un giorno all’altro mi ritrovassi in un istituto, in mezzo a dei cacciatori di demoni. Non esserne dispiaciuta, prima o poi si renderà conto che voi fate parte di questo mondo tanto quanto noi.  Non compromettere la vostra amicizia per simili sciocchezze” – rispose.
In un certo senso quelle parole mi avevano tranquillizzata e fatto cambiare idea. Sarei andata scusarmi con Emily esattamente in quel momento.
-“Si, hai ragione. Vado a chiedere scusa a Emily..”- Appena mi stavo alzando dal letto con l’intenzione di cercare la mia migliore amica, Jem mi prese per il polso.
-“Adesso no, sarà impegnata. Will mi ha detto che si sarebbe occupato lui di lei per oggi. Le avrebbe mostrato la Sala Addestramenti e poi ci avrebbero raggiunti a tavola. Ora è meglio pranzare,è l’una,  poi ti porterò a fare un giro dell’istituto, ti va?”
Con gli occhi che mi brillavano per l’emozione, feci segno col capo di si. Dopo di che ci avviammo verso la sala da pranzo. 
Raggiungemmo la grande stanza dove al centro spiccava un lungo tavolo di legno nero levigato.
Sulla tavola erano disposte prelibatezze di ogni genere: come secondi arrosto di pollo agli aromi, patate, aragosta, quaglie, salse di ogni tipo(compreso il mio adorato ketchup), e dolci come ad esempio creme, torte al cioccolato, vaniglia e nocciola, creme brullee e altri ancora. 
I posti a sedere erano occupati dal capo dell’istituto, suo marito e suo figlio (che jem mi aveva detto chiamarsi Charlotte, Henry e Buford) , e, di fronte a loro, una coppia piuttosto strana dal momento che avevano la pelle verde e gli occhi di una strana sfumatura di giallo. E poi un ragazzo, probabilmente loro figlio.  Mi soffermai su di lui. Aveva qualcosa di familiare, nonostante gli occhi dorati e le orecchie leggermente a punta.
La sua pelle era normale ma , a differenza dei genitori, aveva i capelli biondi ossigenati, quasi bianchi. Nella postura e nell’atteggiamento, però, assomigliava moltissimo a qualcuno che però non riuscivo a ricordare …
All’improvviso un’immagine fece breccia fra i miei ricordi. 
Mi fermai di scatto, bianca in viso. Avevo tutti gli occhi preoccupati puntati su di me. Mentre l’attenzione degli altri era altrove, il ragazzo mi fece segno di stare zitta, con un’espressione maligna in volto.
-“Che succede, cara?”- chiese Charlotte.
-“N-Niente. Calo di zuccheri, credo”- Decisi di tacere, almeno per il momento.
Le espressioni preoccupate svanirono dai volti di tutti. Mi sedetti accanto a Jem.
Era l’unico che sembrava non aver creduto a quella bugia.
 Mi impegnai a mantenere un sorriso falso durante tutta la cena, in cui si parlò dell’attacco dei demoni alla festa e delle possibili cause. La mia attenzione però era rivolta esclusivamente a colui che sedeva proprio di fronte a me.
Quello che avevo davanti non era il ragazzino strambo che vedevo a lezione di chimica ma un “essere” completamente diverso, e non in senso buono.
Quello era Benjamin.






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Salve di nuovooo. Allora, questo terzo capitolo è un pò più lungo degli altri ma contiene molte informazioni riguardo alla storia. Infatti è raccontata la storia di Tessa, comincia a nascere qualcosa tra Will e Emily e anche tra Jem e Alison, entra in scena anche il personaggio di Clary( che in seguito si rivelerà molto importante), e , cosa più importante, il colpo di scena finale: Benjamin. In conclusione sono soddisfatta di questo capitolo e mi piacerebbe sentire cosa ne pensate. Se vi va scrivetemi o recensite. Alla prossima! 
 

 
 

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Capitolo 4
*** Heart by heart ***


EMILY’S POV
Io e Will corremmo a perdifiato attraverso i lunghi e ampi corridoi dell’istituto mano nella mano. Dopo una decina di minuti, finalmente, raggiungemmo un portone in legno, leggermente aperto.
-“Avanti, apri!”- disse Will. Cosa poteva mai esserci oltre quel muro che lo aveva emozionato così tanto ?
Senza esitazione feci quello che mi aveva detto.
Mi ritrovai davanti ad una scena mozzafiato.
La stanza era immensa, probabilmente grande tre volte il mio appartamento.
 A grandi linee poteva assomigliare alla palestra di una scuola. Il pavimento era rivestito col parquet  in legno massello di una sfumatura molto chiara. Alla pareti color crema erano appese moltissime attrezzature per addestrarsi, come per esempio le spalliere.
Dal soffitto pendevano grandi lampadari che disperdevano una luce forte quando calava la sera. Di giorno invece la stanza era probabilmente illuminata dalle numerose finestre a volta.  Una lunga scala a chiocciola, anch’essa in legno, conduceva al piano superiore, che era visibile anche dal basso e contornato da una ringhiera in ferro lavorato. Da lì pendevano delle assi da cui evidentemente gli shadowhunters si lanciavano verso il basso.
Al piano inferiore c’era l’attrezzatura per l’allenamento: spade, coltelli, corde, fruste e altri ancora. 
Adesso capivo l’eccitazione di Will.  Quel luogo era fantastico.
-“Ti piace?”-
-“Si moltissimo, è la sala dove vi addestrate, giusto?”-
-“Esatto. Ha ospitato centinaia di giovani shadowhunters che volevano imparare le tecniche di combattimento e di difesa. Volevo che tu lo vedessi perchè io ho sempre amato questo luogo. E’ qui che sono cresciuto e, cosa più importante, ho incontrato Jem per la prima volta.”-
-“wow,  come vi siete conosciuti?”-
-“E’ stato cinque anni fa, quando avevo compiuto da poco 12 anni. 
Charlotte me lo presentò esattamente qui dentro e facemmo subito amicizia. Lui era diverso dagli altri ragazzini che frequentavo prima.  Dove abitavo io, in Galles, avevo qualche amico ma nessuno mi ha mai dimostrato tanto affetto quanto Jem. Quando me ne sono andato di casa per diventare cacciatore non pensavo che avrei trovato altri amici e invece ho trovato lui.  Non fraintendermi, ho lasciato la mia famiglia ma vado a trovarla regolarmente una o due volte al mese.
Mio padre ha rinunciato ad esserlo perché non apprezzava questa vita. Io, invece,  ne ero molto affascinato e , nonostante volessi bene a tutti e l’amore fosse reciproco, ho preferito intraprendere quest’avventura. Ritornando al discorso di Jem, è in questo posto che lui mi chiese di essere il suo parabatai ed è per questo che è la mia stanza preferita qui all’istituto. Jem è la mia ancora, il mio pilastro e il mio principale punto di riferimento. <<Dove andrai tu andrò anch’io. Dove morirai tu, morirò anch’io, e vi sarò sepolto: l’Angelo faccia a me questo e anche di peggio. Se altra cosa che la morte mi separerà da te>>”-
-“E’ una storia bellissima, Will, davvero”-
Ero quasi commossa.
Quasi tutti i miei dubbi su tutta quella storia degli Shadowhunters erano stati praticamente cancellati. Avevo fiducia in Will e, per una volta, Alison aveva fatto centro.  Era incredibile che lui  avesse raccontato proprio a me quell’episodio così privato. 
Ci conoscevamo da pochissimo e già mi aveva aperto una parte del suo cuore. A quanto pareva Jem era veramente importante per lui.  Avevo finalmente capito il vero significato di quel termine: “Parabatai”. La loro era un’amicizia che era in grado di superare qualsiasi ostacolo.  
Non ne ero sicura ma mi pareva proprio che Will avesse gli occhi lucidi. 
Non avrei mai creduto che quel ragazzo dagli occhi blu mare, all’apparenza così sicuro di sé, avrebbe mostrato ad altri questa sua fragilità, anche solo per qualche secondo.
-“Però adesso basta fare i sentimentali. Ti ho portato qui anche per iniziare il tuo allenamento da Shadowhunter”-
-“Cosa? Ma io non sono una Shadowhunter … vero?”-
 Will aveva una strana espressione. Il suo era un sorriso strano, come quello che hanno le persone che sanno qualcosa in più di te. Avevo i battiti accelerati. Pian piano un dubbio si stava insinuando dentro la mia testa. Non è che magari …


-“Si, Emily, sei una Shadowhunters”-
 
 
 Poco dopo mi strinse in un caloroso abbraccio. 
Era un abbraccio vero, pieno d’affetto.
Non riuscivo a parlare, non sapevo se per l’emozione o per la confusione. Io? Una Shadowhunters? Come poteva essere possibile? . Ormai la Emily “pensa prima di fare le cose” era stata sostituita da quella “Fallo e basta”.
Così mi lasciai trasportare e infransi tutte le mie difese. Ero più convinta che mai  che tutto quel mondo magico esistesse e che io ne facessi parte.  All’inizio mi mostravo tanto dubbiosa solo perché in verità avevo paura. 
Non è mai stato facile per me dare fiducia alle persone, in particolare a quelle che conoscevo da così poco tempo. 
Così ho provato ad allontanarmi e tenermi a distanza dagli altri, anche se in realtà ero molto curiosa di sapere di più.
-“come è possibile? Chi lo ha detto? Cosa..”-
-“Ehi, ehi calma”- rise, e sciolse l’abbraccio ma continuò a tenermi per mano e fissarmi intensamente negli occhi.
. –“ Charlotte ha assicurato che sei una Shadowhunter al cento per cento. Adesso ti spiegherò come l’ha scoperto ma non spaventarti … okay?”-
-“okay”- Ero curiosa, ma anche nervosa.
-“ La notte della festa, quella in cui tu eri malata, nell’appartamento sono venuti i Fratelli Silenti. Sono i custodi della città silente e accorrono ogni volta che si chiede il loro aiuto in questioni importanti.
Charlotte li aveva mandati lì ma né io né Jem eravamo a conoscenza della loro visita.  Mi è stato detto che non ci sono voluti più di quindici minuti per constatare che sei a tutti gli effetti una cacciatrice. Pur non avendo ricevuto marchi, i Fratelli Silenti non avevano alcun dubbio.  Credo siano entrati nei tuoi pensieri per scoprire la verità ma stai pur certa che non ti hanno neanche sfiorata. Detto ciò, ho io il compito di addestrarti per diventare una perfetta cacciatrice di demoni.Ah e quasi dimenticavo, anche la tua amica lo è. Hanno fatto la stessa cosa a lei mentre dormiva.”-


Avevo ascoltato tutto con estrema attenzione.
Non è certo una bella cosa invadere la privacy di una persona come avevano fatto quei tipi che lui chiamava “Fratelli Silenti”. Evidentemente però non erano persone che mi avrebbero fatto del male e questo mi bastava per perdonare ciò che avevano fatto.
Non mi sentivo ferita, o offesa, per quello ma al contrario, ne ero quasi contenta. Era grazie a loro che avevo scoperto davvero cos’ero. 

-“Will, è tutto così strano ma terribilmente eccitante. Io non so cosa dire … “

-“Non dire niente. Prendi un coltello e cominciamo ad allenarci”- Sorrise.
Ricambiai il sorriso e feci come aveva detto. 
Ero tutta un fascio di pura adrenalina. Non riuscivo a non pensare alle parole di Will “si, Emily, sei una Shadowhunter” . Da quel momento in poi la mia vita sarebbe cambiata e così anche quella di Alison.  
 
ALISON’S POV
Il pranzo si era concluso verso le due del pomeriggio.
Era durato poco più di un’ora e mezza ma a me sembrava passato un’infinità di tempo. 
Non avevo toccato cibo e ogni cinque minuti guardavo l’orologio appeso alla parete, sperando che tutto finisse il prima possibile.
Non avevo ascoltato nulla di quello di cui si parlava a tavola,ero troppo impegnata a evitare lo sguardo di Benjamin. Era stato un incubo avere puntati contro i suoi strani occhi gialli per tutto il tempo. 
Dopo il mio finto calo di zuccheri nessuno aveva più fatto caso alla mia agitazione, tranne Jem. Era stato l’unico ad accorgersene ed infatti ogni tanto mi chiedeva come stavo, o cos’era che non andava.
Avrei voluto rispondergli “Quella specie di mostro  di fronte a noi è, in qualche modo, Benjamin, io e Emily lo conosciamo, e dal suo sguardo non sembra avere buone intenzioni”. Però era come se quelle parole si rifiutassero di essere pronunciate.
Era la paura, che mi attanagliava come una morsa. Quel “coso” mi aveva fatto segno di non dire nulla e aveva accompagnato questo suo gesto con un sorriso maligno.  Non volevo mettere in pericolo nessuno, così non avevo aperto bocca.
 Quell’unica volta che mi capitò di entrare nella conversazione fu quando mi presentarono a Benjamin e ai suoi genitori.  Io gli avevo rivolto un mezzo sorriso forzato, giusto per non destare sospetti. Poco prima Charlotte e Henry  Branwell mi avevano ufficialmente dato il loro benvenuto all’istituto e si erano mostrati con me molto amorevoli e affettuosi.
Dopo il dolce di pere e cioccolato, finalmente il pasto ebbe fine. I primi ad alzarsi dal tavolo furono  Henry, Charlotte e loro figlio, seguiti a ruota dagli ospiti.
Stavamo per andare tutti insieme in salone, purtroppo per me. Avrei dovuto sopportare la compagnia di quei tipi dalla pelle verde e di loro figlio, quello che mi inquietava di più.  
Io ero rimasta a stringermi i lacci degli stivaletti mentre gli altri si erano già avviati, compreso Jem, che Charlotte aveva incaricato di andare a chiamare anche Emily e Will.
Solo in quel momento mi ero accorta che loro due erano gli unici a mancare all’appello. Dove era finita la mia migliore amica? Non feci in tempo a pensare alle possibili opzioni che Benjamin mi si parò davanti. Eravamo spaventosamente vicini.  Il contrasto della pelle olivastra con i capelli bianchi rendeva la sua figura ancora più strana.
Quelle iridi gialle simili agli occhi dei serpenti e i denti storti e giallognoli completavano il quadro macabro e raccapricciante. 
Indietreggiai di scatto e colpii lo spigolo del lungo tavolo in legno. Il dolore era forte ma niente a confronto dello spavento di qualche attimo prima.

-“Ciao, tesoro, sei contenta di rivedermi?”-

-“Cosa vuoi da me?”-
La mia voce era salda nonostante tremassi come una foglia.

-“ooh perché così di fretta? Prima di spiegarti quello che voglio fare mi piacerebbe passare un po’ di tempo con te e … Emily. Dov’è la tua amichetta?”-

-“Non è affar tuo”-
Contrasse la mascella. Il mio atteggiamento insolente gli aveva fatto perdere un po’ della sua calma.

-“Senti, questo … “-

-“Ehi voi due”- Era Jem. –“Benjamin ti aspettano di là.  Alison tu invece vuoi venire con me? Potremmo fare il giro dell’istituto come avevamo programmato prima. Saluta gli altri e andiamo “-

-“certo, subito!”-

Jem non avrebbe potuto scegliere momento migliore. Finalmente quell’incubo era finito.
 
 
Andai con lui nel salotto, salutai tutti con la mano tranne Benjamin. Lui era ancora nella sala da pranzo e non avevo alcuna intenzione di rivederlo. Presi per mano Jem ,  imboccammo il corridoio al lato opposto della stanza, e chiusi la porta alle nostre spalle.

-“Si può sapere che ti è preso?”- Jem aveva le mani saldamente chiuse sulle mie spalle. Non aveva alcuna intenzione di lasciarmi andare prima di sapere tutta la verità. Era un ragazzo dolce e comprensivo e mi erano bastati due giorni per capirlo. Oltre a questo, però, era anche molto determinato. Non si sarebbe arreso facilmente.

-“Nulla, cosa vuoi che sia successo?... “-
Cercai di divincolarmi dalla sua stretta ma ogni mio sforzo fu inutile.

-“No, invece. Dai dimmelo.”-
Sarei riuscita a mentirgli? No, sicuramente.

-“H-Ho detto nulla. Piuttosto dove sono il tuo parabatai e la mia migliore amica?”

-“Prima li ho chiamati e mi hanno detto che ci avrebbero raggiunto tra poco. Adesso però …”-
Fummo interrotti da alcune risate che provenivano dalla fine del lungo corridoio. Una apparteneva di certo ad un ragazzo, roca e bassa, l’altra ad una ragazza, più stridula e femminile. Will e Emily?
La mia ipotesi ebbe la conferma qualche attimo dopo. I due ragazzi si bloccarono davanti a noi e cambiarono subito espressione. All’inizio confusa, poi di nuovo felice , giusto un po’ maliziosa. Comprensibile, dal momento che Jem mi teneva stretta e quasi schiacciata contro la parete. Presa dall’ansia del momento non mi ero resa conto di una cosa. Eravamo terribilmente vicini.
Ci separammo di scatto e arrossimmo entrambi. Will rise, ma Emily mi travolse e mi strinse in un abbraccio, quasi soffocante.  Sussurrò delle parole incomprensibili, ma a furia di ripeterle capii il loro significato.

-“Siamo delle Shadowhunters”

Silenzio. Pensai di aver capito male. Dovevo sicuramente aver capito male. Non c’era altra alternativa.  Ma le parole diventavano sempre più chiare e a quel punto mi convinsi che non me lo stavo immaginando. Era reale.
-“c-cosa?”-

-“Si, Alison, lo siamo. Lo siamo entrambe”-
Non riuscii più a trattenere la mia felicità. 
Persi tutto il mio auto-controllo e scoppiai a piangere. Avevo gli sguardi compassionevoli di Will e Jem puntati su di me. Ero felice, davvero felice. Emily evidentemente mi aveva perdonata della mia sfuriata di stamattina, Jem per il momento aveva dimenticato la storia della bugia, e io mi ritrovavo da un momento all’altro a essere una persona diversa. Non ero cambiata molto, ero sempre la solita Alison, ma avevo qualcosa in più.
Qualcosa che non avrei mai immaginato. La storia degli Shadowhunters mi aveva affascinato ogni ora di più e ora scoprivo che ero una di loro. Non sapevo come l’avevano scoperto, se era davvero così, ma nessun dubbio avrebbe potuto cancellare la mia gioia.
Ma quel momento di infinità tranquillità non durò molto.
La porta che avevamo chiuso prima io e Jem si spalancò rivelando la figura piccola e minuta di Charlotte.
-“Oh care, vedo che avete saputo la bella notizia. Venite in salotto, vi spiegherò tutto meglio”-
Detto questo si avviò nell’altra stanza e si sedette su una delle comode poltrone.
Avevo ancora gli occhi che lacrimavano per l’emozione.
Emily mi rassicurava accarezzandomi la schiena. Anche lei era rilassata e un sorriso a trentadue denti le illuminava il viso. Non mi sarei aspettata da lei una simile reazione. Fino a quella mattina aveva ammesso di non essere ancora sicura dell’esistenza dei cacciatori di demoni ma forse si era convinta. Non c’era altro modo di spiegare quella sua strana tranquillità.
Io, Will, Jem e Emily ci scambiammo un rapido sguardo ed entrammo.
 


EMILY’S POV
Io e Will stavamo andando in salone per scusarci di non aver partecipato al pranzo insieme agli altri.
La nostra strada, però,  era stata intralciata da Jem e Alison, quasi avvinghiati l’uno all’altro. Non feci caso a quella loro strana vicinanza e rivelai a Alison che entrambe eravamo Shadowhunters. Inutile descrivere la sua reazione. In poche parole: era al settimo cielo.
Poco dopo però Charlotte ci venne a chiamare e ci invitò ad andare in salotto per rispondere alle nostre domande.

-“Ragazze, vedo che siete contente di questa scoperta. Giusto? Soprattutto tu, tesoro.”-   indicò Alison, che nel frattempo si era seduta vicino a me sul lungo divano di velluto rosso. Will era di fronte al caminetto acceso, Jem appoggiato alla poltrona dove sedeva Charlotte. La mia amica annuì e si asciugò il viso, ancora bagnato dalle lacrime.

-“Ah, dimenticavo. Io e te ancora non ci siamo presentate ufficialmente , Emily. Io sono Charlotte e dirigo quest’istituto ormai da una decina d’anni. Nell’altra stanza ci sono mio figlio e mio marito Henry, sempre impegnato con le sue strane invenzioni.  Allora, adesso vi racconterò nei dettagli tutto quello che volete sapere. Chiedete pure.”-

Iniziai io, dal momento che Alison era ancora abbastanza sconvolta.
-“Allora Mrs Charlotte,…”-

-“Oh no ,Emily, chiamami semplicemente Charlotte.”-

-“Okay. Allora, Charlotte, cosa ci facevano quei demoni alla festa a Kingsley?”-

-“ Erano lì per cercare voi, specialmente te, Emily. In qualche modo, purtroppo non sappiamo ancora quale, tu sei coinvolta in questa faccenda.  Non accade spesso che un gruppo così consistente di demoni attacchi nel pieno di una festa, con così tante persone, e senza una difesa visiva.  Anzi, è molto raro. Noi che facciamo parte del mondo invisibile usiamo delle protezioni per non farci vedere dagli umani, ogni volta che usciamo all’aperto. O almeno quando non vogliamo essere visti. La prima domanda che bisogna porsi è: perché hanno attaccato in modo così diretto?. Ma questo è solo uno degli interrogativi che ci stiamo ponendo tutti. Fortunatamente non hanno raggiunto il loro scopo.

Te.

 Già sapevamo da un po’ che avrebbero provato a catturarti ma chi avrebbe pensato proprio in quel momento? Noi, naturalmente, avevamo già provveduto. Mandare Will e Jem lì era l’unico modo per controllarti e tenerti al sicuro.
E devo dire, che siamo stati davvero fortunati. Quella povera ragazza che era morta era molto simile a te. Stessi capelli castano chiari, stessa corporatura. L’hanno scambiata per te e non ha saputo difendersi. Era solo una semplice mondana.
Noi pensiamo, però, che la mente di questo piano non siano i demoni Iblis ma qualcuno di molto più pericoloso. Non si sa chi possa essere ma stavamo …”-

-“Benjamin”- Era stata Alison a interromperla. Aveva gli occhi bassi, lo sguardo serio.  Il suo tono di voce era strano. Racchiudeva fermezza, disprezzo, quasi odio.

-“Benjamin Green ? Quello delle lezioni di chimica? Cosa c’entra in questo momento?”- chiesi io.

-“Lezioni di chimica?”- stavolta era stata Charlotte a parlare-“Benjamin è’ il figlio dei Green . Hanno pranzato con noi poco fa. Loro mi hanno detto di essere nuovi in città e mi era sembrata una buona idea invitarli. Mi avevano fatto un’ottima impressione.”-

-“Cosa?Benjamin Green è stato qui?”- Dalla mia voce traspariva confusione e sorpresa.

-“Si, Emily, con la sua famiglia. Se ne sono andati poco fa”- Charlotte sembrava non capire più nulla. Persino lei era tremendamente confusa –“ Mi avevano spedito una lettera qualche giorno fa per dirmi che avrebbero voluto conoscere il capo dell’istituto di Londra. Avevano aggiunto che si erano trasferiti poco tempo fa da Idris, la patria degli Shadowhunters.  Mi erano sembrati molto educati e io ho acconsentito. Cosa c’è che non va?”-

-“Charlotte, lui è pericoloso.”- Alison aveva ripreso a parlare. Aveva tutti gli occhi puntati contro. Will e Jem, sbigottiti, io e Charlotte più confuse che mai.  –“ Il calo di zuccheri che avevo avuto a pranzo in realtà era una bugia. 
Ero rimasta sconvolta nel vedere Benjamin lì, seduto a tavola con noi. Però non era il Benjamin che ricordavo: quello così strano, occhi gialli e capelli ossigenati. La cosa peggiore, però, era che mi aveva fatto segno di non dire nulla e gli avevo ubbidito.
Aveva un’espressione raccapricciante. Dopo pranzo mi blocco in sala da pranzo. Disse che voleva parlare con me … e con Emily. Poco dopo però arrivò Jem e mi salvò da quella situazione così scomoda. 
Avevo paura di dirlo a qualcun altro perché non volevo combinare guai. Forse avrei potuto mettere in pericolo tutti voi. Alla fine stavo per dirlo a Jem, ma sono arrivati  Will e Tessa e non ho potuto rivelarglielo.  Ecco, è tutto.”

Nessuno disse niente per un po’. Ognuno di noi aveva bisogno di assimilare per bene tutte quelle informazioni nuove. Fui io la prima a proferire parola.

-“Dunque, vediamo se ho capito bene. Benjamin Green, liceale e fanatico della chimica e dei fumetti è il famigerato super cattivo che mi vuole morta?-  Dalla mia voce traspariva del sarcasmo. Per me era impossibile credere ad una cosa del genere. La testa mi scoppiava. Erano successe troppe cose nuove in troppo poco tempo.

-“Emily,non è uno scherzo ”- era di nuovo Alison a parlare e sembrava fosse molto seria-“ E’ stata quella strana  scintilla che aveva negli occhi a farmi subito capire che lui non era dalla nostra parte. C’è qualcosa in lui che non quadra.”-
Nel frattempo dalla porta che dava sulla sala da pranzo apparve un bambino. Probabilmente era il figlio di Charlotte, data la straordinaria somiglianza. Il piccolo entrò in salotto e corse verso la mamma. Doveva avere 5 o 6 anni, non di più. Lo seguì a ruota un uomo, Henry, il marito di Charlotte. Aveva un’aria stanca, esausta.

-“Non sono riuscito a trattenerlo, correva a destra e a manca per cercarti e l’ho inseguito per tutto l’istituto.”- disse Henry.

-“Non preoccuparti,caro.”- rispose amorevolmente la moglie-“ Usiamo quest’occasione per presentare te e Buford alle nuove arrivate. Alison l’hai già conosciuta, lei invece è Emily.”- conlcuse,
indicandomi con un elegante gesto della mano.

-“Piacere di conoscerti, Emily ”- Aveva un sorriso amorevole mentre pronunciava quelle parole. Si vedeva da lontano che era un uomo buono e un padre affettuoso. Ricambiai il saluto. Anche il bambino mi fece un segno di saluto con la mano.
-“Comunque mi hanno detto i domestici che sono arrivate alcune missive da parte dell’enclave”-disse Henry rivolto alla moglie-“Dicono che è urgente”-

-“Ah, va bene. Il dovere mi chiama. Intanto vuoi continuare tu a rispondere alle loro domande, Henry?”- e senza aspettare risposta, si avviò a grandi passi verso l’uscita. Questo però, non prima di averci detto –“Continueremo il discorso di Benjamin più tardi, a dopo ragazze”-  Era rimasta scossa da quella notizia quanto noi. Probabilmente avrebbe riferito tutto a quella specie di governo che nel mondo invisibile si chiama  “Encalve”.
Nella stanza eravamo rimasti noi sei. Io, Alison, Jem, Will, Henry e suo figlio.

-“Allora, ragazze, cosa volete sapere? Ah e chiamatemi Henry. Non c’è bisogno che mi chiamate Mr Branwell o in altri modi formali simili. Ormai fate parte dell’istituto. Siamo una famiglia. ”-

-“Proprio a questo proposito Mr. B… Henry”- iniziò Alison, che nel frattempo si era calmata-“ come mai facciamo parte dell’istituto? Mi spiego meglio … come si è scoperto che siamo delle shadowhunters?”- Quando pronunciò quel nome, gli angoli della bocca le si incresparono in un sorriso.
Henry le raccontò la stessa storia che mi aveva già rivelato Will. Alla fine però aggiunse alcune cose di cui non ero ancora a conoscenza …

-“… C’è un motivo per cui voi due vi conoscete. Ascoltando i discorsi di Charlotte in questi ultimi giorni ho saputo alcune cose. E’ da un po’ che l’Enclave analizza la vostra storia. Qualche settiamana o giù di lì. Ebbene , sembra che voi due non siate amiche così per caso. A quanto pare,  cercando informazioni sulle vostre famiglie si è scoperto che voi non appartenete ai loro alberi genealogici. Chiedendo anche alle vostre madri adesso sappiamo che loro sono solo delle semplici mondane, ma con il dono della Vista. Possono quindi vedere anche loro il mondo invisibile pur non facendone parte. Hanno confessato che le vostre vere madri vi hanno lasciato a loro, per proteggervi, quando avevate poco più di qualche mese. Vi trovarono entrambe sulla porta di casa di tua madre, Alison. Quel giorno le vostre madri erano insieme. E accanto alla cesta in cui eravate state poggiate, c’era una lettera. Non si sa ancora cosa c’era scritto ma probabilmente riguardava l’accudire voi. Entrambe le vostre madri erano delle Shadowhunters e per di più erano migliori amiche come lo siete voi adesso. Il loro nomi erano molto conosciuti al tempo, Elizabeth Bowgold e Elly Whitenight , prima di morire. Purtroppo sappiamo che furono vittima di un incendio, o almeno così è scritto nelle testimonianze a Idris. Loro sì che erano delle Shadowhunters e per di più erano migliori amiche come lo siete voi adesso. Volevano che vi incontraste e così e stato…”-

Henry si fermò un attimo per schiarirsi la voce. Aveva raccontato quella storia guardando il soffitto, come se si fosse perso nei ricordi. Solo allora si accorse di essere l’unico nella stanza ancora calmo e tranquillo. 
Io e Emily eravamo entrambe ceree, bianche in volto come lenzuoli. Will e Jem un po’ meno sconvolti, ma anche loro abbastanza sorpresi.

 
-“Cosa c’è? Perché quelle facce cadaveriche?”-
---------------------
Ciaoooo di nuovo:) Ecco il 4° capitolo di questa ff, che ho impiegato un pò di più a scrivere. In questa parte della storia c'è una notizia importantissima: Emily e Alison sono entrambe Shadowhunters. Inoltre è approfondito il personaggio di Benjamin e c'è una presentazione vera e propria tra i capi dell'istituto e le nuove arrivate. Spero che vi piaccia e se vi va continuate a recensire. Un bacioo:*

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Capitolo 5
*** Tower Bridge ***


CHARLOTTE’S POV
Lasciai il salone cercando di sembrare meno tesa possibile, nonostante fossi abbastanza confusa e anche un po’ in ansia. Come capo dell’istituto dovevo sempre mostrarmi calma e sicura anche in situazioni del genere. Però, le rivelazioni di quel pomeriggio mi avevano davvero spiazzata. Era davvero Benjamin Green l’artefice di tutto? Possibile che avessi avuto sotto il naso il possibile colpevole durante tutto il pranzo senza avere alcun sospetto? Alison mi era sembrata abbastanza convinta che non poteva essere stato nessun altro ma non avevamo alcuna prova. Certo, l’aveva importunata in quel modo ma forse era soltanto una questione tra adolescenti. Molti giovani shadowhunters, licantropi ed altri spesso frequentano anche licei umani e persone della loro età, sempre però nascondendo ogni traccia del mondo invisibile sul proprio corpo. Quindi era ancora tutto da vedere.  Sarei andata subito nel mio ufficio e comunicato le recenti scoperte all’Enclave. Stavo per superare l’ultimo corridoio che mi separava dallo studio quando sentii dei ticchettii che provenivano da una delle stanze. La porta era semichiusa ma si intravedeva dal piccolo spiraglio una figura snella e in abito da cameriera. Sarah, non c’era alcun dubbio. L’avevo assunta da poco tempo ma non avevo fatto nessuna fatica nel riconoscerla. Era una bella e giovane ragazza, certo,  e mi aveva fatto un ottima impressione quando si era presentata di sua spontanea volontà quella mattina all’istituto chiedendo di essere assunta come cameriera. Aveva l’aspetto di una sedicenne, nonostante poi mi disse di avere appena compiuto  diciotto anni. Capelli biondo cenere le incorniciavano il viso rotondo, solcato da due leggere fossette ai lati della bocca. Aveva gli occhi blu ma di un colore molto opaco, quasi di ghiaccio, diversissimi da quelli di Will che invece erano dell’esatta tonalità del mare. Strano aver pensato a Will. Loro due avevano subito fatto conoscenza quella mattina stessa,  quando Emily era rimasta per un po’nella sua nuova camera. Da quel poco tempo che avevo trascorso in sua compagnia avevo capito  che aveva una personalità aperta e socievole.
Era una semplice mondana, ma con il dono della vista, e inoltre sapeva sbrigarsela bene nelle faccende domestiche quindi decisi di darle il lavoro. Ormai all’istituto mancavano persino i domestici. Erano rimasti solo Bridget, la cuoca, e Thomas, il cocchiere della carrozza, insieme a tre o quattro cameriere, anche loro con la Vista.  Ed erano pochi, considerando che c’erano almeno duecento stanze da pulire e risistemare ogni giorno. Sarah, però, aveva qualcosa di diverso da loro.
Aveva l’aria di chi custodiva uno strano segreto.  Ma chissà, mi sarei potuta sbagliare, la conoscevo appena. Nel frattempo i suoi tacchetti continuavano a battere sul parquet avanti e indietro per la stanza. Le ante delle finestre erano chiuse dal momento che quella era una delle stanze inutilizzate dell’edificio. Infatti era quasi totalmente risucchiata dall’oscurità, tranne per una luce fioca rilasciata da una lampada accesa sul comodino. Era al telefono ma fino a quel momento era stata in silenzio, probabilmente ad ascoltare attentamente colui o colei  che parlava dall’altro capo del ricevitore. Era vietato ai dipendenti utilizzare apparecchi elettronici durante l’ orario di lavoro.
Stavo per entrare per avvertirla ma all’improvviso parlò. Era più che altro un sussurro ma riuscii a sentirlo ugualmente.

-Capisco, allora quando vogliamo incontrarci?-
-Stasera?Sicuro?Qualcuno potrebbe vederci!-
-si si-
-allora mezzanotte-
-okay, ci vediamo dopo.-
 Sapevo che origliare non era un bel gesto, ma la curiosità ebbe la meglio di me e non riuscivo a evitarlo.
-… si, mi manchi tanto. A dopo- e chiuse la conversazione.
 Aveva un tono tanto stucchevole che non impiegai molto a capire la situazione. Un incontro con il fidanzato, senza dubbio. Mi addolcii. Ero sempre stata una persona romantica e non volevo rovinare quella bella giornata a Sarah con la mia ramanzina sui telefoni e sul lavoro. Così lasciai perdere.  Non era fra le mie priorità occuparmi delle questioni amorose delle cameriere o di chiunque altro. Andai quasi in punta di piedi verso il mio studio, non facendomi sentire,  decisa a dimenticare quello che era appena accaduto. Dopotutto avevo cose più importanti a cui pensare rispetto alla  storia di due adolescenti. Mi chiusi lì, presi carta e penna per scrivere una lettera all’Enclave(che purtroppo non si era modernizzato come tutto il resto del mondo) e non ci pensai più.


“Caro console Starkweather e signori dell’ Enclave, mi trovo qui a scrivere questa missiva per comunicarvi alcuni recenti avvenimenti che mi hanno impensierito molto. Primo fra tutti Benjamin Green. E’ il figlio dei Green, una normale famiglia di nascosti che si è trasferita a Londra poco tempo fa. Stamattina li ho invitati a unirsi a pranzo insieme a noi e loro hanno accettato volentieri. Mi sono sembrate per tutto il tempo delle brave persone ma poi Alison, l’amica di Emily nonché giovane shadowhunter inesperta, mi ha rivelato che questo ragazzo non aveva avuto un buon comportamento nei suoi confronti. Per dirla breve: la minacciava con lo sguardo e la infastidiva. Sarò felice di raccontarvi nei dettagli tutto quello che ho scoperto sul suo conto. Vorrei organizzare una riunione dell’intero Enclave per discutere della questione. Fatemi gentilmente sapere ora e luogo in una vostra lettera.”
                                                                                                                           Cordiali saluti,
                                                                                                                                   Charlotte Branwell
 



EMILY’S POV
Fissavo il soffitto color crema della mia stanza con Alison stesa accanto a me. Solo un’ora prima avevamo avuto una delle rivelazioni più scioccanti della mia vita. In breve, io avevo appena saputo di essere una shadowhunter, come anche Alison, e le nostre madri in realtà non lo erano ma erano state solamente incaricate di badare a noi e di farci fare amicizia dalle nostre vere madri, due famose Shadowhunters. Non era una cosa da poco. Nel giro di qualche minuto la mia vita era stata letteralmente scombussolata. Dopo che venimmo a sapere la verità, io e Alison abbiamo avuto due reazioni diverse: io, calma, ma bianca in volto, prossima ad uno svenimento, e la mia migliore amica, in preda a un pianto incontrollato ma muto. Will e Jem avevano cercato di tranquillizzarci. Will mi abbracciò forte. Era un abbraccio da cui trasparivano affetto e comprensione. Restammo così per un po’, fino a quando le parole rassicuranti di quel ragazzo dagli occhi blu mi fecero tornare un po’ di colore sulle guance. Poi mi portò nella mia stanza, volendo lasciarmi del tempo per riflettere, come gli avevo chiesto espressamente io nonostante lui non volesse lasciarmi sola. Invece Jem portò Alison nella sua camera, ma lei sgattaiolò fuori da lì e venne a rifugiarsi da me. E così eravamo lì in camera mia, insieme, strette l’una all’altra raccontandoci i nostri sentimenti, gli stati d’animo, i pensieri e tutto il resto.
Era da tanto che non avevamo momenti come quelli. Ultimamente parlavamo solo di ragazzi e feste, mai di altro, e questo mi mancava.
-Avresti mai creduto possibile una cosa del genere?-mi chiese, ancora con i residui delle lacrime di poco prima.-Insomma … tutto questo è assurdo. La storia delle nostre madri, di quella specie di “adozione”, non posso crederci. Non riesco a crederci.-
-Si,  neanche io.  Nel giro di poche ore abbiamo scoperto che la nostra vita fino ad ora è stata soltanto una menzogna. Adesso però mi sono chiare molte cose. Qualche volta da piccola mi è capitato di sentire parlare mia madre e la tua riguardo a fatti molto strani che a quell’età non sapevo spiegarmi e quindi lasciavo perdere. “Quando glielo diremo?”-“Non è il momento”-“Hanno il diritto di sapere la verità”- Quelle strane conversazioni tra le nostre madri  terminavano puntualmente quando noi entravamo nella loro stessa stanza. Non ci ho mai prestato attenzione perché li ho sempre considerati come i soliti “discordi tra mamme”, invece adesso ripensandoci tutto è collegato.  -

Avevo parlato con voce sicura e ferma ma dentro invece mi sentivo fragile  come una foglia secca che può essere spazzata via in ogni momento dal suo albero per colpa del vento. Ad un tratto il mio solido muro di determinazione si frantumò in tante piccole schegge affilate. Ero frustrata e in un certo senso arrabbiata. Si può mai lasciare la propria figlia in mano a degli sconosciuti?  Una goccia fredda e salata mi attraversò il viso arrivando fino all’incavo del collo. Ne seguirono molte altre.
Stavo piangendo.

Alison se ne accorse e mi consolò con frasi come “va tutto bene” “non preoccuparti”. Ma non andava e non sarebbe andato tutto bene. E questo lo sapeva anche lei. Fino a quel momento non mi era mai capitato di piangere quando c’era qualcun altro insieme a me. Neanche con Alison.
Le uniche volte che piangevo mi rintanavo nella mia camera sotto il piumone ad ascoltare musica.  Brani lenti, molte volte le canzoni di Adele. Dopo un po’ però mi calmavo e uscivo di nuovo col sorriso sulle labbra. Nessuno si sarebbe mai potuto accorgere che io ero quella stessa ragazza che fino a poco prima si era rifugiata nel letto con la sola compagnia di un paio di cuffiette.  Mi ero sempre mostrata sicura e determinata, capace di affrontare ogni ostacolo. Non ero mai crollata come in quel momento, e questo era frustrante. Avrei dovuto affrontare la situazione da adulta, dicendo a me stessa frasi come “Su dai Emily, cosa potrà mai essere? Sei forte, lo sei sempre stata, ce la farai anche stavolta” ma quelle parole erano nascoste in fondo al profondo abisso scuro che erano i miei pensieri.  
Quella volta non potevo fare nulla, il passato non poteva essere cambiato. Dovevo rassegnarmi alla dura realtà: ero una shadowhunter, figlia di una di loro, ed ero profondamente legata in un modo o nell’altro a quel mondo a me del tutto sconosciuto.
 
 



WILL’S POV
Olly si ritrovò da sola, in mezzo a quel tumulto …” – “ in mezzo a.”
-“basta, ci rinuncio”- dissi a me stesso.

Stavo leggendo un libro ma ripetevo  quello stesso rigo da più di dieci minuti  e non riuscivo ad andare avanti  perché la mia mente era altrove. Era da Emily. Quella povera ragazza aveva da poco scoperto la verità sul suo vero passato e tutto in meno di un’ora.  Sicuramente non avrei potuto capire come dovesse sentirsi quindi non ero la persona più adatta che potesse confortarla. Il massimo che feci fu abbracciarla. Sentivo il dolce profumo di vaniglia che esalavano i suoi capelli, la tensione che si rifiutava di far uscire, le mani tremanti avvolte dietro la mia schiena. L’avevo stretta in un abbraccio sincero, che esprimeva tutto il mio dispiacere, ma quello non bastava. Alla fine mi convinse a lasciarla da sola. Disse che voleva tempo per pensare, voleva stare da sola e così la lasciai in pace. Poi andai nella biblioteca, il posto dove forse mi trovavo meglio. Eravamo solo io e i libri. Libri gialli, biografici, storici, thriller, narrativa o i miei preferiti: libri di poesia. Peccato che era da un po’ che non leggevo poesie.
Tennyson mi mancava, ma mi ricordava troppo Tessa. Tessa, quella ragazza che conobbi per poco ma a cui mi affezionai subito. Ma lei non era più lì.

-“E’ permesso?”-
-“C’è da chiederlo?”- Il solito Jem, sempre educato e formale nonostante ci conoscessimo da più di cinque anni. Anche lui era ancora abbastanza sconvolto, glielo si leggeva in faccia. Mentre io calmavo Emily, lui aveva accompagnato Alison.
-“Brutta storia eh?”-
-“A che ti riferisci?”-
-“A tutto questo. I loro genitori, quel Green o come si chiama … Che casino”-
-“Già, spero che le ragazze si riprendano, deve essere stato un duro colpo”-
-“Si sono sicuro che si riprenderanno. Ci vuole coraggio a essere ancora qui dopo aver saputo e affrontato tutto ciò. Poi Alison si riprenderà in fretta, so che lo farà. Era a pezzi, ho provato a consolarla ma non ho risolto molto. E’ meravigliosa, non merita tutto questo … ”-
-“Oh oh c’è qualcuno che si è innamorato”- dissi io in tono scherzoso. Era sempre bello prendere in giro Jem, soprattutto perché lui poi sapeva sempre come controbattere.
-“Non sono l’unico mi pare”- Mi canzonò a sua volta.
-“Cosa ti fa pensare che io sia innamorato di Emily?”-
-“Beh forse il fatto che gli giri intorno di continuo? La porti in giro? La abbracci e le rivolgi sempre dei sorrisi che solo un ragazzo innamorato può fare? Devo continuare?”-
Risi.
-No basta così … Forse, ma molto forse, potresti avere un po’ ragione”- ammisi, abbassando il tono nel pronunciare quell’ultima frase. –“E’ così bella, intelligente, simpatica e riesce a farmi ridere e .. ”-
-“Ah ah! Will Herondale è innamorato! E anche tanto, a giudicare di come fa il sentimentale”-
-“dai ahaha adesso finiscila Jem. Piuttosto andiamo a vedere se Emily e Alison si sono riprese”. Detto ciò mi alzai dalla poltrona dietro la scrivania e mi avviai insieme al mio parabatai verso la porta.


Quella, però, cominciò ad aprirsi e pian piano rivelò la forma di due ragazze. Emily ed Alison, stranamente molto più tranquille di prima.
-Che ci fate qui voi due?- disse Jem, prima che io potessi aprire bocca.
-Noi … ecco …  ci stavamo facendo un giro, tutto qui-
-Ah, quindi tutto risolto riguardo alla questione di prima? Insomma, so che siete in una situazione difficile e …”-
-“Si,Will, stiamo molto meglio”- replicò Emily. Emily. Adoravo tutto di lei, a partire dal suo nome. Tre sillabe semplici ma perfette. E il suo sorriso, che le faceva splendere il viso lasciando due piccole fossette ai lati della bocca, era qualcosa di speciale. Tuttavia quella volta il suo sorriso non era lo stesso. Lasciava trasparire  tristezza. Quel “stiamo molto meglio” non era davvero sincero, glielo si leggeva in faccia. Così decisi di fare ciò che potevo, anche se non granché.
-Vi va di fare un giro per la città, giusto per distrarvi un po’? Adesso abbiamo tutti un po’ di tempo libero. Ma non ci allontaneremo troppo, i demoni potrebbero essere ovunque e non dimentichiamoci che voi siete in pericolo-
-certo- risposero all’unisono. Sembrava che quella notizia le avesse rallegrate almeno un po’.
 





EMILY’S POV
-vi va di fare un giro..- dopo quelle poche parole il mio stomaco fece una capriola. Adorabile, semplicemente adorabile. Non capivo cosa mi stesse succedendo. Io che pensavo una cosa simile di un ragazzo? Il mio stomaco che ormai era un continuo svolazzare di piccole farfalle ogni volta che guardavo o parlavo con Will?. Che strana, stranissima sensazione. L’unica volta che avevo provato interesse per un ragazzo fu in terza media. Lui era un po’ imbranato, un genio della matematica e della fisica, ma fu comunque la mia prima cotta. Sarà che i suoi capelli corvini e i suoi occhi blu fossero così simili a quelli di Will?. Quella volta però non mi ero propriamente innamorata, lo sentivo. Era un semplice interesse. Questa volta però era diverso, mi dava una sensazione mai provata prima. Una sensazione bellissima.
Nel frattempo eravamo usciti dall’istituto, che fortunatamente si trovava quasi al centro di Londra. Jem e Alison si erano allontanati, eravamo rimasti solo io e Lui.
-dove ti piacerebbe andare, Em?-
-Em?-
-Si, Em, è il tuo nuovo soprannome-
-E chi lo dice?- risi.
-Io-
-E tu chi saresti per deciderlo?-
-William Herondale, chi altro?-
-ahahah allora okay Will, vada per Em. E’ carino, mi piace. Comunque non so dove vorrei andare, scegli tu il posto-
-allora ti porto a vedere il mio museo preferito, ti va?-
-certo! Adoro i musei-
-perfetto allora, andiamo-
Lungo tutto il tragitto per arrivare a destinazione, parlammo del più e del meno: sulle nuove scoperte riguardo alla mia famiglia, al mio rapporto con Alison, a qualche dubbio comunque sull’interessamento,secondo noi reciproco, tra lei e Jem  e infine sul nostro primo incontro. Erano solo le sei del pomeriggio ma io avevo incontrato quel meraviglioso ragazzo solo poco più di 24 ore prima. In quel poco tempo erano successe molte cose, forse troppe da digerire in un colpo solo. Nonostante tutte le rivelazioni sconvolgenti e tristi che avevo avuto, Will mi aveva fatto tornare ancora una volta il sorriso sulle labbra.
Attraversammo lunghe strade trafficate, edifici imponenti e ampi giardini fioriti. Tulipani, margherite, Gigli, e rose ovunque. L’aria nonostante fosse impregnata di smog dava l’impressione di una grande città, il tempo era abbastanza mite, spirava solo un leggerissimo vento che però ogni volta che arrivava a Will gli scompigliava quel suo ciuffo corvino. Così bello. 
Ormai si era fatta sera, avevamo trascorso all’incirca qualche ora ma il tempo sembrava esser volato. Il chiarore della luna illuminava la metropoli e le avrebbe donato un tocco romantico se solo non ci fossero state quelle grandi insegne pubblicitarie a rovinare tutto. Come ultima tappa andammo sul Tower bridge. Paesaggio perfetto, atmosfera perfetta, ragazzo perfetto. Lo attraversammo a piedi fino a metà poi ci fermammo a osservare il panorama. Una lunga scia blu si estendeva sotto di noi.
-bello vero?- disse Will, apparso dietro le mie spalle all’improvviso.  Allacciò le braccia attorno a me e mi mise la testa sulla spalla .Sussultai.
-ehi mi hai spaventato-
-lo sapevo che ti saresti incantata, la vista da qui è meravigliosa. Mi fa venire in mente tanti bei ricordi … -
-del tipo? Dai racconta, sono curiosa-
-Io e Jem venivamo qui spesso quando eravamo più piccoli. Ricordo che questo era uno dei nostri posti preferiti. Quando non dovevamo allenarci, combattere demonio o ascoltare le ramanzine di Charlotte, venivamo qui. Fa strano pensare che sono già passati cinque anni dall’ultima volta.
 

Un pomeriggio d’estate ma l’aria non era caldissima, anzi, quasi fresca . Facemmo una scommessa. Avrebbe vinto chi avrebbe affrontato e superato una sua paura. Jem mi aveva da poco rivelato di essere terrorizzato dalle altezze. Io, invece, avevo paura dell’acqua. Sapevo nuotare ma l’acqua mi aveva sempre fatto l’impressione di un buco nero che avrebbe potuto risucchiarmi da un momento all’altro. Mentre Jem in questo era insuperabile. Venne a me l’idea geniale del Tower Bridge per far superare la paura al mio parabatai. Se fosse salito lì e si fosse arrampicato sull’alta ringhiera, avrebbe vinto. Jem, se pur controvoglia, accettò. Dopotutto non poteva fare altro, dal momento che se non l’avesse fatto sapeva bene che gliel’avrei rinfacciato per sempre.

-Will, devo proprio farlo?-  era spaventato, lo si capiva dal suo tono di voce tanto incrinato.
-Si, dai sali-
Ero sempre più convinto che non ce l’avrebbe fatta, che avrei vinto io,come sempre.
Non fu così. Jem prese un respito profondo e iniziò ad arrampicarsi. Nonostante dovette salire solo pochi metri i suoi palmi erano già sudati, la fronte imperlata di sudore. Ma ce la fece.
-Bravo Jem sono fiero di te!-
-Devo dire che non era poi così difficile- Rise- Adesso tocca a te però-
-che vuoi dire?-
-Sali qui su anche tu-
-Ah okay, non vedo nessun probl…-
-poi ci butteremo insieme-
-COSA? Sei completamente uscito di senno?-
-nono caro mio ahahha dai sali-
-non ci penso nemmeno-
-ha ha! Non ti rimane altra scelta che accettare la sconfitta allora.-
Aveva quel ghigno di superiorità stampato in faccia che mi innervosiva. Il fatto che sapesse quanto odiassi perdere una scommessa era ancora peggio.
Sospirai a lungo prima di prendere una decisione. Lo faccio. Dopotutto sono o no Will Herondale, prossimo migliore shadowhunter di tutti i tempi?
Mi arrampicai, lasciando che tutto il mio buonsenso sparisse trascinato via dalla voglia di vincere. Avrei vinto. Dovevo vincere.
-Pronto?- disse Jem. Non era un tipo competitivo ma sicuramente non si sarebbe lasciato scappare l’occasione di perdere contro di me. Era bravo nel nuoto e non avrebbe avuto nessun problema. Però il ponte era alto, quindi anche lui avrebbe dimostrato grande coraggio nel voler arrivare al limite e sconfiggere una volta per tutte quella sua paura.
-si- risposi incerto.
Ci alzammo sulla ringhiera e ci appoggiammo ai pilastri alti che collegavano tutto il Tower Bridge.
-al mio tre. Uno, Due..-
-Tre-
Will mi prese per il polso e ci catapultammo insieme verso il fiume. L’aria ci  batteva forte sul corpo, scompigliando i vestiti che si sarebbero asciugati subito, essendo estate.
-… Ricordo che tenni gli occhi chiusi per tutto il tempo. Alla fine entrammo in acqua con un tonfo. Fu piacevole e rimanemmo lì per un po’. Forse mi ero persino abituato a stare in acqua. Non mi sembrava più solo un lungo fiume cupo e opprimente ma al contrario.. mi sentivo libero. Fu una delle esperienze più belle della mia vita-
 






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Ciao a tuttiiii, ecco questo quinto capitolo di cui personalmente vado molto fiera. In particolare ho adorato io stessa il momento romantico di Will e Emily sul Tower Bridge,  vi anticipo che succederà qualcosa di moooolto interessante nel prossimo capitolo. Nel frattempo Alison e Jem si sono allontanati, racconterò nel sesto anche un po’ del loro giro. Poooooi rivelazione su Sarah, chi sarà il tipo misterioso con cui parlava al telefono?. Non vi anticipo più nulla, spero solo che vi piaccia questo capitolo almeno la metà di quanto è piaciuto a me scriverlo. Alla prossima:)

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Capitolo 6
*** What? ***


ALISON’S POV
-E’ bello qui, decisamente-
Avevamo trascorso il pomeriggio in centro, girato molti negozi di abbigliamento e visitato i vari quartieri di Londra.  Gli unici miei pensieri erano: vestiti, scarpe, trucchi e accessori , non più , tristezza, malinconia e paura. Erano le sei e ci trovavamo in un delizioso cafè, poco distante dalla metro, e Jem mi aveva appena offerto un’ottima cioccolata calda. Era stato così premuroso. Non è facile trovare qualcuno che è disposto a girovagare per ore per una metropoli accompagnandoti a fare spese.
-Intendi il bar?-
-No, non solo il bar. L’intera città è davvero meravigliosa.-
-Meglio di dove vivevi prima?-
-Si, decisamente, ma mi mancano mia madre, i miei fratelli, i miei amici … -
-Di amici te ne farai altri, riguardo ai tuoi fratelli e tua madre invece … so che ci tieni ancora a loro ma non erano la tua vera famiglia-
Quell’affermazione un po’ mi infastidì. Lui come faceva a sapere quello che provavo? Come mi sentivo? Chi era per dire tutto quello?
-Per me lo sono. Secondo te dovrei considerare “mia madre” quella che mi ha abbandonato quando ero appena nata?-
-Non volevo intendere questo … dico solo che forse dovresti iniziare ad abituarti a questa realtà. E’ questa la tua nuova vita. Poi potrai andarli a trovare ogni tanto, però solo quando tutta questa situazione sarà sistemata-
-Posso chiamare a casa?-
Jem ci pensò su per un po’ ma alla fine cedette.
-Va bene, usa il mio telefono. Una sola chiamata va bene?-
-Grazie mille-
 Gli allacciai le braccia al collo per ringraziarlo.  Ci allontanammo subito però. Lui non se lo aspettava e neanche io avrei mai immaginato di gettarmi letteralmente su di lui. Cambiammo subito discorso, per far sparire quell’aria di imbarazzo.
-Ma  quando avete capito cosa siamo davvero io e Emily, avete tolto dalle nostre madri quella specie di incantesimo per far credere a loro che eravamo in vacanza studio?-
-Si, dal momento che sapevano tutto su di voi gli abbiamo raccontato tutto: il vostro trasferimento qui, la scoperta sulla vostra natura, e tutto il resto. Erano entrambe molto amareggiate di dovervi lasciare a noi, ma così le era stato detto appena avete fatto il primo passo in casa loro. Non potevano fare altro. Sapevano che questo momento sarebbe arrivato e hanno dovuto rispettare la loro promessa, ovvero lasciarvi andare e affidarvi agli Shadowhunters.-
Una lacrima scese silenziosa lungo la mia guancia ma l’asciugai subito.
Dovevo essere felice e giocarmi bene quell’unica opportunità di parlare con mia madre.
-Dammi il telefono allora-



   ***
Andai fuori, da sola. Lasciai Jem dentro promettendogli di fare in fretta. Composi il numero e attesi.
Squillava, ancora e ancora. Nessuna risposta, solo un continuo rimbombo che continuava finché si attaccava la segreteria. Strano. Mia madre aveva sempre il telefono acceso e a portata di mano. –Non si sa mai, potrebbe esserci un’emergenza da un momento all’altro-  mi diceva sempre. Dovevo portarmi tutti i giorni il telefono a scuola, o in giro, e così facevo. Lo tenevo sempre vicino a me, quel piccolo scatolino elettronico con la cover rosa/pesca. A proposito, dove lo avevo lasciato? Sicuramente in camera. Quel giorno me n’ero completamente dimenticata.
Passarono tre o quattro minuti. Già cinque chiamate senza risposta. Tentai un’ultima volta.
-Pronto?- rispose una voce femminile diversa da quella di mia mamma. Anche se non era la mia vera madre, lo sarebbe comunque rimasto per sempre nel mio cuore.
-Ehm, salve. C’è mia madre? Sono Alison-
Calò il silenzio dall’altra parte della chiamata.
-Dio mio, Alison!Sto da tua madre, sono la madre di Emily, lei è lì con te? Come state?-
-non benissimo purtroppo, signora.  Emily non è con me al momento, mia madre invece? Dov’è? vorrei parlarle per quel poco che posso.-
-Ah, va bene tesoro.-  disse con una punta di delusione. Avrebbe voluto parlare con la “figlia” e lei probabilmente non l’aveva ancora chiamata.
Si sentirono dei passi.
-Eccola che arriva, aspetta un attimo -
Non fece in tempo a pronunciare quel “mo” finale che si sentì un grande tonfo. Poi un urlo. Quello di mia madre.
-dove sono le due shadowhunters?-  tuonò una voce rude e tagliente.
La ricezione del segnale stava cedendo. Non si sentiva quasi più nulla.
-O mio Dio Alison non tornate! Scap …-
E la linea si interruppe. Con essa anche io rimasi immobile.  Poi crollai.
C’erano solo il rumore delle auto che spargevano smog nelle strade, chi suonava i clacson, chi conversava davanti a una buona tazza di cioccolata e io, accasciata al suolo, le mani tra i capelli, il respiro affannoso.
Il mio pianto attirò l’attenzione dei passanti, che si fermavano per chiedere se avessi bisogno di aiuto. Io non parlavo, ma tremavo e singhiozzavo. Ben presto ci fu una vera e propria folla attorno a me, che quasi mi soffocava con tutte quelle domande.

-Alison!-

Arrivò Jem. Oltrepassò a spintoni e gomitate quelle persone, ordinando gli di girare a largo. Molti di loro lo fecero senza dire nulla, altri commentando i suoi modi bruschi, altri ancora allontanandosi dopo avermi rivolto i loro sguardi pieni di pietà e compassione. In particolare c’era un bambino, più o meno sui sette anni, che attirò la mia attenzione. Era stretto alla gamba snella della madre con un lecca lecca fra le mani impiastrate di zucchero.  Avrei tanto voluto essere io al suo posto. Con una vita tranquilla, una madre vicino e un bel dolce accanto, invece della ragazza disperata stesa sul marciapiede.
Jem mi aiutò ad alzarmi in piedi e mi abbracciò calorosamente.
-Chè è successo?-
-m-mia madre e la madre di Emily h-hanno bisogno d’aiuto –
-in che senso? Che vuoi dire?-
-Ho chiamato. Ad un certo punto la porta è sbattuta, ho sentito una voce strana e minacciosa che diceva qualcosa del tipo dove sono le shadowhunters e poi puf. E’ caduta la linea. Ti prego dobbiamo aiutarle.-
-Certo, muoviamoci. Cerchiamo Will e Emily e andiamo all’istituto per prendere le armi.  Poi io e Will andremo lì.-
-cosa? Anch’io devo venire, Jem! Si tratta di mia madre, delle nostre madri!-
-non so Alison, vedremo-
Mi prese per il polso e iniziammo a correre.  Le macchine ci bussavano,  le persone si scansavano perché rischiavamo di travolgerle. Dopo poco già avevo il fiatone ma questo non mi impedì di continuare.
 
EMILY’S POV
Mentre parlava il suo respiro caldo arrivava a stuzzicare la mia guancia. Il mio corpo era scosso da tanti piccoli brividi che partivano dalle dita dei piedi fino alle punte dei capelli. Che bella sensazione. Will. Will. Will. Mi piaceva così tanto. 

Eravamo abbracciati l’uno all’altra. Lui mi teneva da dietro, le mani saldamente allacciate sul davanti della mia giacca. La sua testa sulla spalla, i capelli neri a mischiarsi col castano chiaro dei miei. Avrei voluto rimanere in quella posizione ancora per molto ma lui si scansò. Nonostante ciò, rimanemmo comunque vicinissimi. Mi fece voltare verso di lui, il mio viso a pochi centimetri dal viso. Sentivo il suo alito, sapeva di menta fresca.
-Adesso voglio sapere io qualcosa di te- disse tutto a un tratto. Eravamo pericolosamente vicini.
-Del tipo?- deglutii. Stava per accadere quello che pensavo?
-Non saprei … del tipo, quanti ragazzi hai avuto fino ad ora?-
-Non sono affari tuoi- risi- e poi … chi ti dice che io non sia già fidanzata con qualcuno del mio vecchio paese?-
-Se lo fossi stata ti saresti già allontanata- Si avvicinava sempre di più. Pochi millimetri distanziavano le mie labbra dalle sue.
-da cosa?-
-da questo-
Mi baciò. Finalmente.  Le mie braccia allacciate al suo collo, le sue dietro la mia schiena.
Fu un bacio lungo, appassionato, vero.  Anche solo per poco ero riuscita a dimenticarmi di tutti i problemi di quella giornata.
Non ci importava di tutte le macchine che passavano, della gente che si girava verso di noi, della pioggia che nel frattempo stava cominciando a calare lentamente, prima di diventare un diluvio. Quasi non me ne accorsi.

Finimmo di baciarci quando eravamo ormai zuppi, accaldati e esausti. Però ridemmo, insieme.
Corremmo verso la strada, decisi a tornare all’istituto perché oramai si era fatto tardi. Nel frattempo il temporale si era calmato, evidentemente era uno di quelli che finivano dopo pochi minuti

Fummo interrotti.

-Will!-
Jem correva verso di noi, allarmato, insieme ad Alison, con gli occhi gonfi di pianto.
-Finalmente vi abbiamo trovato! Vi cerchiamo da un’eternità-
-perché? E’ successo qualcosa?-
Alison emise un gemito. Piangeva, ancora una volta. Doveva essere successo qualcosa, e sicuramente niente di buono.
-Si tratta delle loro madri. E’ successo qualcosa di brutto, dobbiamo correre in fretta da Charlotte e avvertirla-
-Va bene, ma cosa è accaduto?-
-storia lunga, ti racconto per strada.-
Ricominciammo a correre tutti e quattro. Jem al fianco di Will davanti, io e Alison dietro. Cercai di consolarla e farmi dire qualcosa su cosa l’aveva sconvolta così tanto ma riusciva solo a rispondere a monosillabi. Era terrorizzata. Sconvolta.




***
Arrivammo che era appena calata la sera. Erano a stento le sette ma non c’era  più alcuno spiraglio di luce. Le nuvole si erano ritirate ma ce n’era ancora qualche soffice batuffolo a infagottare il cielo privo di stelle. Non c’era vento, nessun rumore tranne quello dei nostri ultimi passi sugli scalini dell’edificio.
Appena dentro ci togliemmo i vestiti, ormai rovinati dall’acqua, e ci precipitammo in cerca di Charlotte.  Urlavamo – Charlotte!- nei corridoi vuoti ma non ricevevamo risposta. Ad un certo punto da una stanza esce una cameriera. Non una qualsiasi, Sarah. Tra tutte doveva essere proprio lei? Quella che più detestavo? Ripensandoci,però, Will mi aveva baciata e ciò voleva dire niente più occhiate e scambio di abbracci con lei, o no?
-Cercate Charlotte?-
Ma certo intelligentona. Il nome di chi abbiamo urlato fino ad adesso?
-Si, sarah, sai dov’è?-
-Nel suo studio, è rimasta rinchiusa lì tutto il pomeriggio-
-Okay grazie mille-
E senza degnarla di uno sguardo in più, Will si affrettò a raggiungere lo studio e noi lo seguimmo a ruota. Non riuscii a fare a meno di notare l’occhiata omicida che mi aveva lanciato la cameriera ma non ci feci troppo caso.
La porta dello studio si spalancò. O meglio, fu spalancata da una forte spinta di Will.
-Charlotte!Abbiamo bisogno di te-                                                                                                                   
Il capo dell’istituto, seduta dietro la scrivania con gli occhi fissi sul suo lavoro,  alzò la testa di scatto. Si tolse gli occhiali tondi da lettura e si alzò in piedi.
-Che succede,Will?-
-Abbiamo un problema, e dobbiamo intervenire al più presto-
Le spiegò tutto nei dettagli in meno di cinque minuti. Non passo un minuto di più che Charlotte si stava già organizzando sul da farsi. Sarebbero andati quella sera stessa a casa della madre di Alison ma, (avevo capito bene?), senza di noi.
-Non potete lasciarci qui!- sbottai
-Dobbiamo, cara, ancora non siete addestrate, non potete venire con noi-
-Ma si tratta di mia madre! Delle nostre madri! Dobbiamo venire anche noi-
-mi dispiace Emily, non si discute. Questa è la mia decisione- rispose seria. Non avevo alcuna intenzione di ribattere, tanto che era stata gelida la sua voce. Come faceva a non capire? Era mia madre quella in pericolo! non una persona qualsiasi!
Mi voltai e uscii diretta verso la mia stanza, ormai in lacrime. Non avevo mai pianto così tante volte in un giorno solo. Will mi bloccò sulla porta.
-Emily, non fare così. E’ necessario che rimaniate qui per la vostra sicurezza. Sarah e le altre si occuperanno di voi e anche Bridget-
-Non mi importa, vai via da me-
Mi staccai dalla sua stretta, che nel frattempo mi aveva serrato attorno al polso, e andai in cerca della mia stanza. Fortunatamente la trovai senza molte difficoltà. Sbattei la porta dietro di me e scivolai con la schiena fino al pavimento, continuando a piangere.
 


ALISON’S POV
Non avevo aperto bocca davanti alla scena nello studio di Charlotte.  Ero rimasta zitta, cercando di contenere tutta la rabbia e la delusione per non potere accompagnarli in quella missione. Durante la strada di ritorno mi ero ripromessa di smetterla di piangere per tutto e affrontare gli ostacoli a testa alta. Fu per questo che non dissi nulla agli altri che, quando Emily se ne era andata via, erano rimasti a fissarmi in attesa di una mia simile reazione. Io mi ero congedata semplicemente con un – Va bene, fateci sapere tutto quando tornerete- per poi andarmene anch’io. Invece di svoltare in camera mia, andai in quella di Emily e la trovai seduta davanti alla porta. Piangeva.  
-Vedrai che quando torneranno ci faranno sapere tutto-
-Non ne dubito, Alison, ma volevo andare anch’io. Si tratta di mia madre! Delle nostre madri!-
-Si anch’io sono delusa, ma devi ammetterlo, non siamo ancora un granchè come cacciatrici di demoni e non siamo abbastanza addestrate-
-Si questo lo so ma … -
- Niente “Ma”, basta. Tranquillizziamoci e aspettiamo-
 Mi sedetti accanto a lei per consolarla. Pochi minuti dopo si riprese e cominciammo a parlare delle cose successe quel pomeriggio, giusto per distrarci un po’. Io ero fiera di me: per una volta non avevo pianto e aspettato che qualcuno mi venisse ad asciugare le lacrime ma avevo mantenuta un atteggiamento serio e sicuro. Certo, un po’ si percepiva il mio dissenso e la mia preoccupazione ma riuscii comunque a nasconderli abbastanza bene.
Pochi minuti dopo si sentiva il rumore degli zoccoli dei cavalli che trasportavano la carrozza fuori dal cancello.












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Rieccomi col sesto capitolo. Questo è un pò più corto degli altri, purtroppo trovo sempre meno tempo per scrivere:(. Comunque, la storia non mi sta convincendo più così tanto quindi non so se continuerò ancora per molto. Mi farebbe comunque piacere se recensiste o mi lasciaste qualche messaggio riguardo a questo capitolo o alla storia in generale. Un bacioo 

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