La profezia della Terra di Mezzo- Il dominio delle tenebre

di fraviaggiaincubi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Crudeltà condivisa ***
Capitolo 2: *** La profezia ***
Capitolo 3: *** Predatore e preda ***
Capitolo 4: *** Colui che cerchiamo ***
Capitolo 5: *** Sacrificio ***
Capitolo 6: *** Corsa contro il tempo ***



Capitolo 1
*** Crudeltà condivisa ***


Capitolo 1
Crudeltà condivisa


Si diceva che la polvere nera della terra di Mordor bruciasse a contatto con la pelle, ma lo Stregone di Angmar non ci fece caso; dopotutto lui non aveva un corpo.
‘Gli spettri non soffrono nulla. Siamo nati per servire Sauron e l’Unico e niente può distoglierci da questo obbiettivo.’ pensò e la sua mente  si riempì delle immagini dell’ultima battaglia contro Gondor. Poteva sentire ancora le grida degli uomini passati a fil di spada dagli orchi tra i loro versi gutturali e le donne e i bambini che bruciavano nel rogo delle case in cui erano stati rinchiusi dopo la loro vittoria.
Mentre si lasciava trasportare da quelle immagini di morte Sauron volse il suo sguardo verso lo Stregone entrando nella sua mente. Il Nazgul accolse con piacere il contatto rovente della sua presenza e lasciò che il re di Mordor gustasse ciò che i suoi servi avevano fatto alla popolazione sconfitta della bianca città.
 Aprì gli occhi e osservò lo spirito del suo signore sulla cima della torre di Bara-Dùr: un immenso occhio privo di pupilla, avvolto da fiamme in un continuo, ipnotico movimento e la pupilla verticale, nera come il manto delle tenebre stesse, fissa sul suo servo più micidiale mentre si impadroniva delle immagini di morte perpetuate a suo nome.
La lingua di Mordor sussurrò nella mente dello spettro e il Nazgul rabbrividì di piacere ascoltando la voce graffiante di Sauron affidargli un nuovo comando: “Voglio che tra quelle morti ci sia anche il loro re.”
 
Il Nazgul sorrise. Nessuno intorno a lui poteva vederlo e questo gli piaceva, lo faceva sentire potente e imperscrutabile. Gli spettri dell’anello non avevano un corpo e tantomeno un volto in cui osservare espressioni o leggere l’anima nello sguardo. Per dare forma al proprio corpo  si avvolgevano in immensi mantelli con un cappuccio in cui si apriva una fessura scura che inghiottiva gelida la luce del sole e le pupille terrorizzate dei propri nemici quando imploravano pietà davanti alla loro lama.
Il Nazgul si inchinò profondamente e Sauron sfiorò con il suo sguardo la sua figura alta e slanciata soffermandosi sulla luce dei fuochi di Mordor che colpivano il mantello nero accendendolo di mille riflessi sanguigni prima di voltarsi per puntare ad altre terre, nel disperato tentativo di vedere se riusciva a cogliere l’Unico anello, l’arma perfetta capace di soggiogare la Terra di Mezzo e perduto ormai un’era fa quando Isindur, il re di Gondor, lo aveva strappato via tranciandoli un dito e riducendolo a quella forma.
L’odio del re di Mordor percorse come un veleno nel sangue le sue schiere e gli orchi sollevarono la testa urlando tra loro nella lingua nera, ma un sibilo dello Stregone di Angmar fece zittire quelle schiere malefiche in un’attesa colma di aspettativa.
 
Lo stregone evocò il suo Nazgul, l’immensa creatura alata da cui prendevano il nome e la bestia si staccò dal cielo gravido del fumo del Monte Fato planando verso di lui con la potenza di un predatore che non ha rivali. Somigliavano a draghi, privi di zampe anteriori e dalla schiena irta di curve affilate. Zanne lunghe come braccia, artigli venati di riflessi e ricurvi come coltelli e le immense ali nervose cosparse di vene e trasparenti come immense vele, pronte a catturare il vento sopra i nemici. La creatura planò davanti al Nazgul stirando in tutta la sua potenza la muscolatura, quasi a cercare di compiacere il suo cavaliere e  il Nazgul affondò nelle sue pupille gialle prive di sentimenti umani come lui accarezzando la pelle nera e asciutta del collo, così simile alla seta del suo manto al tocco.
“Pronto a uccidere? Oggi caccerai sangue reale e ti sazierai della carne di un erede di Isindur”. La sua voce gelida sputò l’ultima parola come un proiettile e tra le prime file di orchi in attesa si levò un grido di desiderio simile al graffiare di una lama sulle pietre usata per affilarla.
Un orco si fece avanti aprendosi un varco come se fosse un re e si inginocchiò di fronte allo Stregone dii Angmar. “Potente signore, comanda alle mie schiere come marciare nel nome di Sauron il signore della Terra di Mezzo.” disse con voce roca e due occhi azzurri brillarono in contrasto con la pelle pallida cosparsa di cicatrici.
 
Lo spettro si avvicinò portandosi dietro lo sguardo attento del Nazgul, in attesa di alzarsi in volo, e la sua risposta arrivò all’orco con freddezza, accentuata dalla sua voce glaciale e profonda. “Azog, gli ordini sono gli stessi. Marcia su Gondor e distruggila. La voglio vedere ridotta in cenere ai miei piedi quando trapasserò con la mia lama la gola di Aragorn!”. Le ultime parole raggiunsero un tono irato e la lingua di Mordor crepitò nelle orecchie dell’orco bianco.
Azog strinse i denti e si alzò fulminando lo Stregone. Nonostante fosse imponente lo spettro lo superava in altezza e l’aura di potere attorno a lui vibrava come corrente elettrica sul manto lucente. “Come desidera mio signore.” ruggì a denti stretti. “Ma Gondor è già conquistata…” obiettò e lo Stregone sibilò infuriato facendo arretrare le schiere di orchi alle spalle di Azog.
“Ti pare che sia arresa? Ieri Sauron ha visto marciare i soldati per salvare coloro che non sono stati uccisi e il re è ancora vivo. Come credi che si possa compiere la profezia se quel verme è vivo?”
L’orco sfoderò un ghigno accarezzandosi l’arpione che sostituiva l’arto sinistro perso in battaglia contro Thorin anni fa. Represse una risposta tagliente da rivolgere allo spettro; non era conosciuto per far correre affronti al suo potere ed era secondo solo a Sauron in quelle terre. “Sarete voi a uccidere l’erede di Isindur?” domandò con tono remissivo e lo Stregone di Angmar alzò altezzoso la testa montando sul dorso spinato del Nazgul. “Bravo Azog, vedo che riesci a ragionare qualche volta.” lo provocò con un ghigno, ma anche se l’orco bianco non poteva vederlo parve intuirlo nella nota fredda della sua voce e digrignò i denti affilati.
 
Lo spettro lo ignorò e con uno schiocco fece impennare il Nazgul che spalancò le ali alzando una nuvola di polvere bruciante, ma Azog non si spostò di fronte a quell’esibizione di potere e rimase impassibile ad osservare il Nazgul alzarsi in volo con gli occhi azzurri accesi di odio.
 

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Capitolo 2
*** La profezia ***


Capitolo 2
La profezia


“E io ti ripeto che è così, quello che Aragorn ha visto quando si è ferito con la lama dello Stregone di Angmar è una profezia e se non agiamo subito per la Terra di Mezzo sarà la fine.”
“Aragorn avrà sognato, si sa che le lame nere portano allucinazioni. Frodo non aveva…”
“Non centra!”. Il grido di Gandalf risuonò come uno sparo nell’immensa sala del trono di Rohan. Lo Stregone bianco puntò una mano sulle carte ingiallite che portava in mano e indicò una scritta antica, così sbiadita che sembrava diluita nell’acqua. “Guarda, si collega a ciò che fu scritto all’inizio della battaglia contro Sauron”. Il suo tono si fece grave e sotto la barba candida le labbra si tesero in una linea sottile. “Quando furono forgiati i primi anelli, leggi qui.” incalzò e re Theoden puntò di malavoglia lo sguardo sulle scritte.
‘Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli…


“…nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende.” citò il finale Gandalf prima di afferrare un pezzo di carta in cui una scrittura frettolosa aveva vergato altre parole.
“Durante la battaglia di tre giorni fa, Aragorn ha combattuto contro lo Stregone di Angmar e lui la ferito con la lama. Nell’istante in cui il suo sangue ha toccato la lama nera i due hanno subito una visione e Aragorn mi ha raccontato e poi scritto quello che ha visto.”
Re Theoden lo fissò, ma Gandalf non ricambiò. “Entrambi? Quindi anche lo stregone sa. Ma Gandalf, come mai una profezia? Non si è mai sentita una cosa simile.” protestò con un sorriso di sufficienza.
Lo stregone  bianco lo fissò irato. “Incantesimi potentissimi viaggiano su questa terra da prima che i popoli respirassero il primo alito di vita, credi davvero che non possa esserci una profezia che possa segnare questa guerra? Combattiamo contro potenze oscure che possono segnare questo mondo e tre giorni fa Aragorn, colui che ha il sangue di Isindur e lo Stregone di Angmar, una creatura potentissima, si sono scontrati. Questo deve aver attivato una specie di incantesimo che aiuterà l’equilibrio a tornare sulla Terra di Mezzo ed è sotto forma di profezia”. Batté la mano sul foglio e gli occhi grigi si fecero seri. “E purtroppo per ora è a favore di Mordor e dobbiamo cambiarla.”
Il re della terra di Rohan lo fissò confuso e la paura brillò nelle sue pupille. Senza una parola afferrò il pezzo di pergamena che lo stregone gli offriva e si allontanò di pochi passi dandoli le spalle. I suoi occhi si posarono sulla scrittura di Aragorn e la profezia cominciò a scorrere sotto il suo sguardo.
 
 
La leggenda era mito e il buio ormai calato,
nelle viscere della terra l’anello è celato.
Il sangue reale potrà di nuovo strappare,
a colui che domina la notte e mai potrà amare.
La fonte del potere che oro e sangue unisce
in una micidiale alchimia che un cuore fragile ghermisce.
Ditegli: “Pazienta e la sua anima dimenticherà!
Perché quando il sacrificio sarà perpetuato
e al dito l’anello sarà forgiato.
Il nove sarà dieci e il puro corrotto diventerà,
così che Mordor travolga come un’onda la bianca città.
 
Re Theoden rilesse più volte quelle parole, ma nonostante tutto non afferrò il loro significato, se non che non erano benigne. Poteva cogliere la beffarda avversità del fato che rideva alle sue spalle dicendogli che non avrebbe vinto quella battaglia contro Mordor e che il suo popolo era destinato a soccombere.
Come un re che guarda la sua terra bruciare impotente.’  pensò e le parole assunsero la tonalità del sangue per pochi istanti, scivolando sulla carta a macchiargli le dita.
“Cosa significa?” chiese a Gandalf, imponendosi di trovare di nuovo la calma. ‘Maledizione, sono un re e Gandalf dice possiamo ancora vincere.’  si disse, imponendosi di credere a quelle parole disperate.
 
Gandalf afferrò il foglio spiegazzato e scosse la testa. “Sono parole oscure, comunque da come ho capito sembra che l’Unico sia celato e questo spiegherebbe perché Sauron lo stia cercando, quindi direi una nota nostro a favore. Per il resto sembra citare Isindur, sangue reale di nuovo potrà strappare a colui che domina la notte e mai potrà amare.” si bloccò pensieroso e Theoden rispose: “Potrebbe essere riferito anche ad Aragorn.”
Lo stregone bianco annuì pensieroso e riprese: “La frase successiva parla dell’Unico, sangue e oro mischiati sono esattamente la rappresentazione di come l’Unico è stato creato mischiando il sangue di Sauron quindi la tua ipotesi è fattibile, ma per l’ultima parte è a me ignoto a chi si riferisca.”
Il re di Rohan si sporse oltre la spalla di Gandalf. “Cita qualcuno che potrebbe essere sempre colui a cui si riferisce prima, cioè Isindur o….o Aragorn.”
Gandalf lo guardò un istante. “Si, ma parla della forgiatura di un anello al dito quando l’anima dimenticherà e del nove che è dieci, questo non sembra collegato ad Aragorn, lui non porta nessuno degli anelli creati da Sauron quindi deve essere riferito ad uno dei custodi di quelli già creati.”
“Parla di una forgiatura Gandalf.” obiettò Theoden.
“Quando l’anima sarà dimenticata, potrebbe essere una cosa che deve accadere a qualcuno dei portatori degli anelli e la forgiatura un significato nascosto per il cambiamento che l’anello può portare, come successe ai nove re che…”. Si bloccò e gli occhi grigi si accesero. “Nove che è dieci.” bisbigliò e rilesse le parole.
 
 “Qualcuno, non sappiamo chi e se un portatore o no, dimenticherà la sua anima e diventerà il decimo Nazgul.” aggiunse e la verità di quelle parole lo coprì con la sua ombra oscura.
Un vento gelido soffiò dalla porta aperta giungendo dalle praterie fuori dalle mura di Rohan e lo stregone bianco guardò la città brulicante di vita e di un viavai di gente del posto assieme ai reduci di Gondor a cui avevano dato asilo. “Non può essere, è solo un ipotesi.” disse rivolto a nessuno in particolare, ma la voce di Theoden giunse alle sue spalle gravida del peso delle sue parole. “Che sia o no un portatore o Aragorn stesso, la tua ipotesi è fattibile Gandalf non negarlo. Dobbiamo scoprire chi è colui che potrebbe dimenticare la sua anima trovando l’Unico.”
Gandalf non rispose e il vento sollevò i suoi candidi capelli scivolando con un sussurro tra le pieghe del mantello bianco.
‘La fonte del potere che oro e sangue unisce
in una micidiale alchimia che un cuore fragile ghermisce’.
Non c’era dubbio che qualcuno di loro, chiunque, avrebbe potuto perdere la sua anima possedendo l’Unico e portando Mordor a travolgere Minas Tirith e successivamente la Terra di Mezzo.
“Sta già accadendo, la bianca città cade sotto la presa degli orchi”. Gandalf fissò lo sguardo all’orizzonte dove oltre la severa linea delle montagne si stagliava il rosso del cielo sanguigno di Mordor. “La profezia cala la sua falce su di noi.” aggiunse con voce grave e re Theoden si pose di fianco a lui, la stanchezza negli occhi di chi sapeva bene di combattere una guerra persa in partenza.
 
“Come possiamo sapere chi cadrà sotto il potere dell’Unico e diventerà un altro spettro. Immagino debba essere un uomo e di sangue reale per poter entrare nelle file dei Nove”. Si bloccò e il viso segnato dalla vecchiaia impallidì come se la morte lo avesse colto e forse era proprio così mentre la rivelazione delle sue parole assumeva significato. Si voltò verso Gandalf e sembrò che un velo fosse stato tolto dagli occhi grigi dello stregone.
“Allora potrebbe essere Aragorn, i Nove sono re umani…il decimo re. Come ho fatto ad essere così cieco!” gridò Gandalf afferrando il bastone che aveva lasciato appoggiato accanto ad uno dei numerosi tavoli che occupavano i lati dell’immensa sala. “Non posso aspettare, devo trovare Aragorn prima di lui.” disse e la sua voce sembrò rimbombare sulle pareti come una condanna.
Il re di Rohan lo fissò disperato. “Ma la guerra è in corso, non possiamo fare a meno di te.” tentò di dissuaderlo, ma lo stregone lo fissò con rabbia. “Se Aragorn verrà trovato da Mordor prima di me avrai poco da combattere Theoden di Rohan.”
Uscì nell’immensa scalinata dell’ingresso del palazzo e con un fischio chiamò Ombromanto, il fedele stallone che lo aveva accompagnato in molti viaggi. Montò sulla sua candida schiena aggrappandosi alla criniera argentata e si rivolse un ultima volta al re di quelle terre. “Cambieremo la profezia e vinceremo, ma dovrete resistere.”
Theoden annuì, ma non c’era luce nel suo sguardo stanco. “Buona fortuna Gandalf.” pronunciò semplicemente e lo stregone si lanciò al galoppo senza voltarsi indietro.
 

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Capitolo 3
*** Predatore e preda ***


Capitolo 3
Predatore e preda


Aragorn incespicò per la terza volta e stavolta niente gli impedì di cadere a terra; le sue mani erano troppo deboli e la fatica troppo grande per tentare di alzarsi un’altra volta.
Sono stanco di scappare.’
Il terreno gli venne incontro e la guancia sbatté dolorosamente contro i sassi conficcandosi sulla guancia e tra la barba. Il respiro usciva lento sollevando la polvere che entrava fastidiosa nel naso, ma l’uomo non si mosse pregando che il dolore al fianco cessasse e sopraggiungesse la morte.
Solo tre giorni fa avrebbe fatto di tutto per sopravvivere mentre lo Stregone di Angmar tentava di ucciderlo. Poteva ancora sentire l’aura di potere che emanava, vedere i riflessi sulla seta del mantello ad ogni movimento, ascoltare lo scontrarsi delle lame quando aveva penetrato la sua carne con la lama nera e vedere…si vedere quel buco nero senza volto che lo fissava impassibile mentre affondava la lama nel suo fianco e poi la visione, quelle parole che si conficcavano nella sua testa e ancora adesso non gli davano pace e lui che mutava in uno spettro, le dita strette all’Unico anello in una muta preghiera e gli occhi folli di desiderio mentre il suo potere malefico lo consumava.
Aragorn aprì gli occhi ribellandosi e si impose di alzarsi, ma appena tentò di farlo i muscoli bruciarono e la ferita pulsò al ritmo del pompare del sangue. Si arrese e tornò a distendersi quando un rumore ritmico sferzò l’aria destando i suoi sensi in un grido di allarme.
Battito di ali nell’aria, ritmico, potente e vicino, troppo vicino.
Un grido lacerante risonò nell’aria e il sangue ghiacciò nei polmoni dell’uomo.
 
Si alzò di scatto urlando per il dolore e costrinse le sue gambe intorpidite  ad una corsa disperata.
‘Mi ha trovato…’
Un boschetto poco distante sembrò comparire di fronte ai suoi occhi e ad Aragorn sembrò che i rami degli alberi si protendessero per incitarlo a trovare rifugio. Costrinse le sue gambe ad accelerare tra gli spasmi e il dolore nauseante al fianco, ma era inutile. Il Nazgul piombò sull’uomo artigliandolo a terra e bloccandolo con un’immensa zampa. Un muso irto di zanne si spalancò soffiandogli un fiato caldo e putrido sul viso e Aragorn pregò che lo uccidesse per distruggere la profezia, ma una voce dall’alto risuonò gelida come la lama quando era penetrata nel fianco: “A quanto pare è vero che i topi corrono in fretta per salvarsi la pelle, anche quelli che hanno sangue blu nelle vene”. La risata dello Stregone di Angmar lo schiaffeggiò e la sua figura comparve nel campo visivo di Aragorn, la lama sguainata puntata come una condanna contro di lui. “Ciao Aragorn, pronto a morire tra atroci sofferenze? In questo campo sono molto afferrato, quasi quanto tu a scappare come un codardo, lo fai da tutta la vita no?” lo derise e un sibilo divertito accompagnò le sue parole.
Aragorn sorrise con sfida. ‘Ammazzami, farai un favore all’intera Terra di Mezzo.’
Lo stregone accarezzò il muso del Nazgul e con lentezza appoggiò la lama sulla gola dell’uomo, ma gli occhi di Aragorn rimasero colmi di sfida.  ‘A quanto pare non hanno scoperto che sono io colui di cui parla la profezia.’  pensò e con un sorriso amaro immaginò Arwen, l’elfa che amava e che mai più avrebbe visto.
Vide la lama sollevarsi di pochi centimetri dal suo collo e aspettò immobile che affondasse a rubargli la vita.
 

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Capitolo 4
*** Colui che cerchiamo ***


Capitolo 4
Colui che cerchiamo

Muori.’
Lo spettro lo fissò con un sorriso folle, all’uomo invisibile  e alzò la lama al massimo studiando il battito regolare della vena sul collo di Aragorn. Fu quella a farlo desistere nel penetrare la carne morbida sul collo.
Un cuore in preda al terrore aveva battiti molto accelerati, dovuti alla paura insita nelle profondità dell’anima dell’ignoto che la perdita della vita o la sua presenza di solito scatenava, ma Aragorn era calmo e concentrandosi lo stregone sentiva il cuore battere piano, quasi intimidito di fronte la sua lama portatrice di morte.
Nessuno, neanche il più controllato degli uomini non soffre a morire e rimane così calmo.’ pensò sospettoso e sibilando ritrasse la lama osservando il ramingo guardarlo allarmato.
Stavolta il cuore accelerò, ma lo stregone ghermì negli occhi scuri del’uomo un nuovo sentimento, quello amaro che di solito scavava solchi profondi nelle patetiche anime mortali nutrendo la sua: delusione.
Si bloccò cercando di cogliere ogni singolo segnale l’uomo gli trasmettesse, come il guizzare delle trote che tradiscono la loro posizione nella schiuma delle cascate. Era ormai palese che il re volesse morire per nascondergli qualcosa e un brivido di esultanza non sua percorse il suo corpo mentre Sauron entrava nella sua mente.
 
 “Non ucciderlo, lui è colui che cerchiamo.”
Lo Stregone di Angmar si ritrasse di scatto e la sua cavalcatura ringhiò quando Aragorn tentò di scappare sotto la sua zampa.
L’uomo osservò il Nazgul e il sibilo di trionfo che lo spettro emise accarezzando la lama della spada gli fece intuire che aveva colto qualcosa.
Ti prego no, fa che non abbia…’
La sua mente esplose e l’occhio di Sauron avvolse i suoi pensieri divorandoli come se le fiamme lo bruciassero dall’interno realmente. Si inarcò gridando e sentì con orrore che scavava nei suoi ricordi e afferrava quella certezza che lo tormentava da giorni, l’analizzava, la possedeva e la sua risata cupa gli graffiò la mente sussurrando parole oscure che ghiacciarono ogni sua ribellione. Tentò un’ultima volta la fuga, ma il suo corpo non rispondeva, incatenato ai sortilegi dell’Oscuro Signore nella lingua nera e piano piano, come una pergamena che si inzuppava d’acqua, i suoi arti cominciarono a rilassarsi sotto gli artigli affilati del Nazgul che gli premevano sul petto.
Gli occhi si chiusero e il respiro decelerò trasmettendo al cervello l’impulso di dormire e rallentare le attività. Aragorn strinse i denti tentando di lottare, ma la sua mente bruciava avvolta dalla pupilla fremente e scura di Sauron mentre quella voce…dura, ma ipnotica lo costringeva a dormire.
I pensieri si fecero sconnessi e l’uomo si abbandonò sul terreno.
Lo stregone ridacchiò vedendo la sua lotta contro il suo re finire con la loro vittoria e con lentezza si accucciò su Aragorn chinandosi per guardare da vicino la macchia rossa che inzuppava il fianco destro del ramingo. Passò un dito coperto dal guanto di metallo sulla ferita che aveva ripreso a sanguinare copiosa sotto gli sforzi della fuga e un sibilo di piacere alla sensazione che aveva provato nell’affondare la lama lo percorse con una scarica, intensificata dalla presenza di Sauron.
Al contrario degli abitanti della Terra di Mezzo coloro che venivano da Mordor potevano avvertire Sauron in qualsiasi momento, comunicare e persino sentire quando puntava il suo occhio senza riposo su di loro. In quel momento dalla torre di Bara-Dùr il re oscuro guardava il suo servo, ma chiunque avesse notato in quel momento lo stregone lo avrebbe visto semplicemente immobile, mentre un’intensa conversazione avveniva dentro la sua mente.
“Dimmi perché mi hai fermato mio signore. Cosa significano le tue parole?” domandò lo spettro accarezzando il muso crudele della sua cavalcatura. La risposta non tardò ad arrivare.
“Lui è colui di cui parla la profezia, ne ho sentito Gandalf e il re di Rohan discuterne.”
 
 Lo stregone sibilò compiaciuto. Gandalf…come desiderava spezzare la sua spina dorsale come un ramo secco, ma Sauron esigette di nuovo la sua attenzione e lo stregone tornò ad ascoltare la sua voce adorante.
“Allora lo abbiamo trovato, il nove che sarà dieci…quanto mi da soddisfazione sapere che l’ho abbiamo in pugno e Gondor ha appena perso….il suo re”. Lo Stregone di Angmar scoppiò a ridere gettando indietro la testa e la sua risata fredda e crudele fece rabbrividire gli alberi attorno a lui.
Sauron gli trasmise la sua soddisfazione. “Dovrai usare il suo sangue per forgiare l’anello che lo incatenerà a me per l’eternità.”
Lo spettro si immobilizzò con un ghigno e avvicinatosi ad Aragorn fece scorrere pigramente le dita nelle ferita macchiandosi con il sangue caldo che ne usciva. “Dobbiamo portarlo a Mordor per forgiare un anello che lo faccia diventare uno spettro”. La sua voce assunse un tono di desiderio intenso. “Per servirla mio signore.”
Sauron attraversò la sua mente compiaciuto e il desiderio di ritrovare l’Unico si trasmise dolorosamente nel suo servo più micidiale costringendolo a sibilare per il dolore al pensiero dell’Unico.
La mia catena….il mio elisir…il mio più grande desiderio è servirvi Sauron, re della Terra di Mezzo.’
L’Oscuro signore colse quel pensiero scivolare nella mente dello spettro e si compiacque della fedeltà dei suoi servi, incatenati alla sua volontà per sempre.
 
 “Portalo a Mordor e legalo a noi per sempre. Se succede qualcosa gioca la nostra ultima carta.” ringhiò il suo nuovo ordine e lo Stregone di Angmar si inchinò prima di montare sul dorso della sua cavalcatura con aria trionfante.
Diede una pacca al collo del Nazgul e sentì i muscoli rispondere al suo tocco. “Andiamo a casa.” ordinò con voce carica di superbia e la bestia aprì le ali afferrando con delicatezza tra gli artigli il corpo di Aragorn. Stava per partire in volo quando una freccia fischiò nell’aria conficcandosi nel muscolo dell’ala e il Nazgul si inarcò con un ruggito disarcionando il suo cavaliere.

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Capitolo 5
*** Sacrificio ***


Capitolo 5
Sacrificio

La freccia penetrò nel muscolo facendo zampillare un piccolo rivolo nero e il Nazgul ruggì al cielo per il dolore.
Lo stregone precipitò a terra colto alla sprovvista con un sibilo furioso e atterrò nella terra polverosa evitando per un pelo che la coda della sua cavalcatura gli tranciasse la testa. Non sarebbe stato nulla di grave, era uno spettro, ma se avesse danneggiato il mantello in cui si avvolgeva per dare forma al suo spirito sarebbe stato costretto a fuggire verso l’ira di Sauron.
Due puntini rossi fiammeggiarono nel cappuccio e l’aura di energia oscura esplose attorno al mantello accendendolo di riflessi bluastri mentre si voltava verso l’aggressore sfoggiando tutta la sua potenza.
 
 “Tu!” ringhiò con la sua voce gelida come il soffio della morte durante le battaglie e l’elfo davanti a lui tese fulmineo l’arco scoccando una nuova micidiale freccia, diretta al suo volto senza tratti.
La punta brillò letale mentre sfrecciava verso di lui, ma prima che arrivasse a destinazione si disfò con uno sfrigolio a contatto con l’aura crepitante dello Stregone di Angmar.
Lo spettro spalancò le braccia e rise freddo. “Legolas andiamo, pensavo che un elfo avesse abbastanza senno da non credere di poter battere uno stregone oscuro.”
“Lo ha infatti, ma di certo farò di tutto per evitare che tu porta via il mio amico”. Legolas tese di nuovo l’arco gettando con uno scatto della testa i capelli biondi alle spalle. I suoi occhi azzurri fissarono senza timore la figura quasi due volte più alta di lui dello stregone, ma dentro di lui la paura attanagliava le sue viscere come artigli gelidi, così simili al graffiare della voce del suo avversario.
Lo spettro attese che l’elfo scoccasse una nuova freccia, ma vedendo che non dava segni di voler attaccare emise un breve sibilo intimidatorio, come una vipera irritata e guardò con soddisfazione l’elfo tentennare.
Legolas deglutì piano mascherandolo con un ringhio di sfida e tese di nuovo l’arco al massimo quando lo stregone si pose vicino al corpo inerte di Aragorn. Gli scoccò uno sguardo di sfida che l’elfo non poteva cogliere e bisbigliò: “Se dici che non mi lascerai andare senza combattere  allora vieni a prendertelo.”
 
 Legolas rimase immobile, vinto dalla paura di fallire il piano.
Fate in fretta vi prego, non resisterò a lungo contro di lui.’
Scoccando una nuova freccia si lanciò in corsa verso lo spettro che si rizzò nuovamente in piedi sfoderando la lama. Con una velocità che quasi sfuggì persino agli occhi acuti dell’elfo la piantò a terra dove poco prima c’era lui e alcune ciocche dorate piovvero come piume a terra.
Legolas balzò in aria cogliendo il movimento del mantello dello stregone gonfiarsi e seppe con esattezza prevedere quando sarebbe tornato a scivolare a terra. Sguainò un pugnale bianco e lo piantò nella stoffa conficcandolo a terra in profondità e bloccando così la lunga manica dello Stregone di Angmar, saltando poi indietro come un cervo per evitare la lama nera che accarezzò l’aria accanto alla sua gola con una micidialità quasi chirurgica.
L’elfo atterrò distante detergendosi il sudore dalla fronte candida.
Lo stregone fissò il pugnale con astio prima di puntare il suo sguardo senza occhi su di lui. “Non hai idea di cosa ti farò elfo. La parola tortura in confronto ti parrà il paradiso.” minacciò gelido e con uno strappo si liberò dal pugnale stracciando la tunica, ma Legolas aveva fatto in modo di mirare molto in alto verso la spalla e la stoffa si lacerò per tutta la lunghezza del braccio.
 
 Privo della copertura sul suo corpo di spettro lo stregone si trovò senza poter utilizzare il braccio sinistro e con un grido di furia si lanciò sull’elfo.
Legolas evitò per la terza volta la lama dell’avversario, ma fu inutile. Da sotto il cappuccio la lingua nera scivolò nell’aria e il braccio dell’elfo si torse all’indietro con uno schiocco, come manovrato da una forza invisibile.
Legolas urlò di dolore quando sentì la spalla uscire dalla sua sede e tentò di nuovo di sfruttare la sua agilità felina per fuggire, ma la mano guantata dello spettro lo afferrò per i lunghi capelli dorati torcendogli la testa all’indietro.
“Fine della corsa elfo.” lo schiaffeggiò la voce glaciale dello Stregone di Angmar e la lama nera si alzò in aria da sola appoggiandosi con un piccolo bacio insanguinato sulla carotide pulsante.
Lo spettro si godette la paura di Legolas spremendone l’energia per acquisire forza e avvicinandosi al suo orecchio appuntito soffiò: “Qualcosa che vuoi dirmi prima di morire? Magari che ti inchini al mio cospetto per barattare per la tua stupida vita immortale?”domandò beffardo. “Magari per assistere a Mordor che travolge la Terra di Mezzo? Molti orchi pagherebbero per torturare un elfo.” aggiunse calcando le ultime parole con un sibilo.
Legolas si divincolò e un rivolo color rubino scese sulla pelle nivea finendo la corsa contro la tunica verde. “Aragorn non cederà mai a Sauron.”
“Non è quello che dice la profezia, Araguccio non te ne ha parlato prima di scappare come un coniglietto?”
 
 “Aragorn non cederà mai a Sauron.” ripeté Legolas tentando di non ascoltare lo stregone che gli sussurrava la profezia nelle orecchie. Recitata con la sua voce agghiacciante che proveniva dai recessi della malvagità più oscura suonava veramente come una condanna.
L’elfo ringhiò con sfida strattonando la spalla slogata. “Bruceremo l’Unico nelle viscere del vulcano. Frodo..” tossì e il sangue gli invase la gola mentre la lama penetrava nella carne con lentezza sul collo. Legolas si divincolò spalancando gli occhi con un gorgoglio e la vita tremolò nelle sue iridi blu minacciando di spegnersi.
“Sssh, almeno quando muori fallo in silenzio.” disse lo Stregone di Angmar osservando il sangue scivolare a coprire il bianco del collo. Sussurrò una nuova formula e la ferita si richiuse lasciando a Legolas la libertà di respirare di nuovo. Inghiottì il sapore metallico del sangue aspirando avide boccate d’aria.
‘Il mio sangue…ho in bocca il mio sangue.’ pensò con orrore.
Il dolore alla spalla pulsava al ritmo del suo cuore e di nuovo la lama sospesa a mezz’aria penetrò nella sua trachea mozzandogli il respiro e riempiendola di sangue. Stavolta lo stregone mollò la presa lasciando che cadesse a terra artigliando l’erba nell’agonizzare della morte.
“No…Gand…Ga..” tentò di pronunciare Legolas, ma tossì arrossando il terreno e si immobilizzò smettendo di respirare, gli occhi azzurri che guardavano nel vuoto senza più vedere.
 
 Lo  Stregone di Angmar rivoltò con un calcio il corpo esanime di Legolas e con un cenno di saluto della mano derise l’elfo voltandosi di nuovo per andarsene. Si avvicinò al Nazgul osservando con aria cinica l’ala ferita e senza esitare strappò l’asta dalla carne facendo ruggire di dolore la bestia.
“Poche storie, è solo un graffietto inutile rettile troppo cresciuto.”
Il Nazgul ringhiò scontento del trattamento ricevuto, ma non osò tentare di affondare le zanne nel mantello lucido del suo cavaliere, attendendo paziente che montasse sul suo dorso.
Lo spettro osservò con aria pigra la distesa deserta e con un ordine secco fece alzare in volo la cavalcatura che diede due veloci colpi d’ala prima di inarcarsi e ruggire infuriata tentando di azzannare qualcosa.
“E ora cosa diavolo hai?”. Lo stregone tentò di ammansirla tirando le rendini e aprendole profondi solchi sulla pelle morbida del muso, ma il Nazgul lo ignorò cercando di nuovo di azzannare qualcosa che reggeva sulla zampa, ma appena tentò di mordere ruggì di nuovo sollevando il muso, dove un taglio sanguinante ne percorreva la pelle dal naso alla bocca.
“Aragorn.” urlò lo spettro e una lama brillò rossa di sangue seguita da un nuovo ringhio della bestia, che mollò la presa lasciando precipitare l’uomo a terra.

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Capitolo 6
*** Corsa contro il tempo ***


Capitolo 6
Corsa contro il tempo

Gandalf galoppava come una scheggia bianca in groppa al fedele stallone, diretto verso il luogo in cui sapeva essersi diretto Aragorn durante la sua fuga.
Ero sicuro sarebbe scappato verso Gran Burrone, solo gli elfi possono aiutarlo.’
Ovviamente lo stregone grigio aveva ricorso ad un incantesimo per riuscire a individuare in quale posto si trovasse in quell’istante l’erede di Gondor, ma l’ultima volta che aveva tentato la visione dell’occhio fiammeggiante di Sauron gli aveva aggredito la mente costringendolo ad una folle corsa alla cieca, nella speranza di trovare comunque l’uomo in base alle ultime informazioni di tre giorni prima.
‘Tre giorni può essere ovunque, perché cavolo fa tutto da solo.’ pensò con un moto di stizza evitando per un pelo un ramo mentre Ombromanto correva a tutta velocità nella foresta con il rischio di slogarsi una zampa nel terreno insidioso. La fretta che il suo padrone gli trasmetteva lo incitava a ignorare il petto dolorante e costringeva il grigio pellegrino a dimenticare che lo stallone sarebbe potuto morire di stanchezza in quella folle gara contro il tempo…e Sauron.
“Ti prego amico, ultimo sforzo e ci siamo.” lo incoraggiò e lo stallone sbuffò dalle froge dilatate schiumando dalla bocca, senza rallentare il suo zigzagare nella foresta.
 
 Finalmente il bagliore della luce attirò i loro sguardi e con un balzo Ombromanto atterrò fuori dalla foresta impennandosi davanti alla figura del Nazgul alato. La bestia volava a tutta velocità verso di loro, ali spiegate e fauci spalancate e davanti a lui in una fuga disperata Aragorn.
Gandalf scese dal cavallo impugnando il bastone che sfolgorò di luce. “Santo cielo, corri Aragorn, maledizione ti sta’ dietro.” lo incitò allarmato correndo a sua volta verso di loro.
Gli occhi scuri dell’uomo lo fissarono e Aaragorn strinse i denti portandosi una mano al fianco ferito e voltandosi per guardare la figura dello Stregone di Angmar appollaiata sopra il dorso spinato della bestia, lo sguardo cieco fisso su di lui colmo di ferocia e desiderio tale che il ramingo poteva cogliere anche da lì la forza bruciante con cui ambiva di prenderlo.
Il futuro della Terra di Mezzo dipende dalla mia fuga’. Si concesse follemente di sorridere al pensiero. ‘Scappo da una vita ormai e ora non posso più farlo.’
Spronò le sue gambe ad un altro bruciante sforzo ringraziando il suo fisico allenato e l’ala indebolita del Nazgul che lo poneva in vantaggio. In situazioni normali non sarebbe mai riuscito a fuggire ad un Nazgul.
“Gandalf!” urlò e lo stregone grigio lo raggiunse. “Monta su Ombromanto e fuggi, obbedisci Aragorn!” urlò imperioso notando la sfida nei suoi occhi al suo passaggio. ‘E soprattutto prega.’ pensò  sollevando il bastone magico e facendo sfolgorare al massimo la sua luce bianca.

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