L'età degli eroi

di 365feelings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Risveglio (Percy/Annabeth) ***
Capitolo 2: *** Indimenticabile (Percy/Annabeth) ***
Capitolo 3: *** Possibilità (Jason/Piper) ***
Capitolo 4: *** Spontaneità (Jason/Piper) ***
Capitolo 5: *** Vecchio (Leo/Calypso) ***
Capitolo 6: *** Specchio (Jason/Piper) ***
Capitolo 7: *** Specchio delle Brame (Jason/Piper) ***
Capitolo 8: *** Insonnia (Percy/Annabeth) ***
Capitolo 9: *** Cereali al miele (Percy/Annabeth) ***
Capitolo 10: *** Rosa (Jason/Piper) ***
Capitolo 11: *** Scuola (Jason/Piper) ***
Capitolo 12: *** Sorella (Drew, Silena) ***
Capitolo 13: *** Anello (Chris/Clarisse) ***
Capitolo 14: *** Tempo (Leo/Calypso) ***
Capitolo 15: *** Lezione di volo (Percy/Annabeth) ***
Capitolo 16: *** Stardust!verse (Percy/Annabeth) ***
Capitolo 17: *** Il ballo del Ceppo (Jason/Piper) ***
Capitolo 18: *** Dieci cose che nessuno sa su Clarisse La Rue ***
Capitolo 19: *** Endless road (Ares/Afrodite) ***
Capitolo 20: *** Accorciare la distanza (Clarisse & Frank) ***
Capitolo 21: *** Lezioni di volo (Thalia&Jason) ***
Capitolo 22: *** A light in the dark (Leo Valdez) ***
Capitolo 23: *** Non c'è più fretta (Percy/Annabeth) ***
Capitolo 24: *** Bolle di sapone (Percy/Nico, Jason/Nico, Percy/Jason, Will/Nico) ***
Capitolo 25: *** Dude, it's Beacon Hills (Will/Nico) ***
Capitolo 26: *** Caffè e numeri di telefono (Will/Nico) ***
Capitolo 27: *** Brutti maglioni di Natale (Will/Nico) ***
Capitolo 28: *** Di cani, anticorpi e visite inaspettate (Will/Nico) ***
Capitolo 29: *** I only want to be with you (Will/Nico) ***
Capitolo 30: *** Non c'è fama più grande (Ares/Afrodite) ***



Capitolo 1
*** Risveglio (Percy/Annabeth) ***


Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Percy/Annabeth
Rating: verde
Genere: generale, sentimentale
Avvertimenti: flash fic, het
Note: omg la mia prima percabeth, la mia prima storia nel fandom. Ho finito giusto oggi la prima saga e non serve che vi dica che l'ho amata. Mi appresto a leggere The lost hero, ma prima questa fan fiction (della serie, ora o mai più). Più di altre volte ho paura di non aver reso bene i personaggi, perché ho letto i libri in inglese. La flash dovrebbe collocarsi dopo la fine del quinto libro, in un momento e luogo a vostra scelta perché nemmeno io ho idea precisa del dove e del quando. Azzardo un headcanon che potrebbe essere OOC e infondato, ma mi piace pensare ad Annabeth presa dai suoi progetti, intenzionata a dare il meglio di sé, e Percy per nulla esperto di architettura che approva ogni cosa e che quindi non è esattamente un buon critico.
Il titolo (preso da un'opera per balletto con testo di Rousseau, wikipedia docet) non c'entra nulla, probabilmente lo cambierò. Mi dicono è più bello il nuovo titolo XD Come al solito ho intenzione di creare una raccolta, mi dà l'impressione di essere più ordinata.







A SunlitDays, senza la quale probabilmente starei ancora aspettando di leggere Percy Jackson: grazie per avermi passato i libri, che suona più come grazie per avermi fornito su un piatto d'argento una nuovo fandom <3





Percy riacquista il possesso del proprio corpo piano, con calma: dapprima ritrova la sensibilità delle gambe e delle braccia, quindi del resto del corpo e anche quando apre gli occhi, lo fa senza fretta. Devo essermi addormentato, è il primo pensiero che formula, passandosi una mano sul volto. Si sente incredibilmente riposato, nessuna visione ha turbato il suo riposo uhm, pomeridiano? Non sa nemmeno che ore sono; di certo non è ancora ora di cena, data la luce che filtra dalla grande finestra lasciata aperta.
La prima cosa, o meglio, la prima persona che cerca è Annabeth, la sua fidanzata: rigira sulla punta della lingua quella parola, certo di assumere un'espressione idiota e che la colpa non sia esclusivamente della sonnolenza.
La trova alla scrivania, china sul laptop, circondata da fogli e libri: ha i capelli raccolti in uno chignon disordinato, la maglia arancione del Campo. Ora che è stata nominata Architetto dell'Olimpo, è sempre occupata con qualche progetto, intenta a studiare le proporzioni o a realizzare modelli 3D. Tutti, al Campo (e certamente anche sull'Olimpo), sono certi che i suoi lavori saranno un successo: è brava, ha passione e se c'è qualcuno che può rivestire quel ruolo è lei — Annabeth stessa lo sa, ma questo non le impedisce di mettere mano ai suoi schizzi e a suoi appunti ogni volta che può, per vedere se riesce a  migliorare qualcosa. Percy, che non se ne intende di architettura ma si fida della figlia di Atena, è certo che i progetti vadano bene così come sono e forse è per questo che la ragazza ha smesso di chiedergli un parere serio.
Quando decide di averla osservata abbastanza (le linea sinuosa del collo che scompare oltre l'orlo della maglia, le spalle dritte, la mano che scosta alcune ciocche ribelli dal volto), la chiama.
Annabeth si volta, nello sguardo ancora la sezione aurea, e per un istante pensa che lo stia per rimproverare per averla distratta e deve pensarlo anche lei, perché ha tutta l'aria di volerlo sgridare, ma poi gli sorride ed è bellissima. Con la sedia si spinge fino al letto su cui è ancora sdraiato e da cui non sembra intenzionato ad alzarsi tanto presto e si china per un bacio a fior di labbra; Percy allunga le mani sui suoi fianchi e la trascina sul materasso, accanto a lui.
La giovane semidea protesta e scalcia, ma in gola ha la risata e quando il ragazzo la stringe maggiormente a sé decide che può prendersi una piccola pausa. 

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Capitolo 2
*** Indimenticabile (Percy/Annabeth) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Percy/Annabeth
Rating: verde
Genere: generale, sentimentale
Avvertimenti: flash fic, het, missing moments, spoiler!(The son of Neptune)
Prompt: 300. Intenso e indimenticabile (500themes)
Note: immagino che già in molti abbiano scritto dell'amnesia di Percy, quindi niente di troppo originale. I dettagli su Annabeth sono volutamente confusionari, mentre le citazioni, beh, sono a memoria e non so quale sia la versione ufficiale dei libri in italiano, spero si comprendano comunque.




Tutto ciò che ricorda, oltre al suo nome (Percy Jackson figlio di Poseidone, suona importante), è Annabeth. Che è la sua ragazza, mentre il resto è vuoto. La sua memoria al momento è un grande buco nero: per quanto si sforzi, il passato rimane un mistero. In compenso c'è un presente carico di oscuri presagi e una nuova impresa da portare a termine: Percy parte con la speranza di sopravvivere e recuperare la memoria — magari lungo la strada troverà le risposte che cerca, magari troverà Annabeth. Annabeth che è la sua ragazza e lo starà aspettando, da qualche parte. Qualcosa gli dice, però, che non è il tipo di persona che se ne sta con le mani in mano; Annabeth lo sta cercando — questa certezza, in mezzo a tanta confusione, lo coglie di sorpresa e lo riscalda. Significa che il loro legame è davvero forte, che nemmeno un vuoto di memoria può cancellare ciò che c'è tra loro.
Percy è fiducioso e inizia a sognarla. Piano piano Annabeth si arricchisce di dettagli: una maglia arancione, capelli biondi, occhi grigi, paura dei ragni, un cappello che rende invisibili, c'è stata una guerra, ha temuto di perderla, architettura, il primo bacio, una collana, figlia di Atena. Infine la sua voce: «Sbavi quando dormi», «Sei carino quando sei preoccupato», «Buona fortuna, testa d'alghe. Solo, torna da me, ok?», «Non ti renderò mai le cose facili».
Non sa ancora cosa sia successo, perché è senza memoria, chi c'è dietro tutto questo, ma sa che il legame con Annabeth è intenso e indimenticabile e questo, per il momento, basta: la troverà, ne è certo.

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Capitolo 3
*** Possibilità (Jason/Piper) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Jason/Piper
Rating: verde
Genere: generale, sentimentale
Avvertimenti: flash fic, het, spoiler!(The lost hero)
Prompt: 061. Chance (100 Prompts Challenge)
Note: ecco un altro otp fresco fresco. Piper e Jason mi piacciono un sacco e si meritano millemila storie. Questo è il primo tentativo, neanche troppo originale penso, incentrato sulla possibilità che ha Piper di conquistare Jason — questa volta per davvero. La prossima sarà migliore. Spero.





Ricorda con esattezza il loro primo incontro, come hanno stretto amicizia, le risate e le confidenze, il primo bacio, tutte le sensazioni, ogni pensiero: è tutto così lucido, così vero eppure sa bene che non lo è. Finzione, illusione, sogno, Foschia. Rabbrividisce al pensiero di ciò che può fare, persino a lei, che è una semidea e dovrebbe esserne immune.
Piper ha creduto di amarlo, ha creduto di essere ricambiata e ora, quando lo guarda non può fare a meno di confrontare il Jason che è stata convinta di conoscere e il Jason che ha conosciuto in quella sua nuova vita da figlia di Afrodite. È consapevole della verità (per quanto confusa) e sa che è pericoloso, perché c'è da impazzire, ma lo fa lo stesso. E la conclusione è che preferisce la seconda versione: certo, non sono fidanzati, sono solo amici e Jason sta riacquistando la memoria (ci sono persone, compagni, forse anche una ragazza, che ha lasciato al suo Campo), ma questo è mille volte meglio, questo è reale — e lo sanno entrambi.
Per quanto la riguarda, Piper ha già deciso, che lo seguirà sempre, ovunque. Che lo amerà. Il futuro, ha imparato, è carico di sorprese e lei hai visto le possibilità e sorride, sono a suo favore.

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Capitolo 4
*** Spontaneità (Jason/Piper) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Jason/Piper
Rating: verde
Genere: commedia, sentimentale
Avvertimenti: flash fic, het, 
Prompt: 035. Natural (100 prompt challenge)
Note: ok, io e le commedie romantiche non siamo esattamente best friend, soprattutto se sono io a scriverle. Ho questo headcanon, di Piper che prova ad essere audace, una seducente figlia di Afrodite, ma finisce per cacciarsi in una situazione imbarazzante da cui Jason la salva. Spero non sia OOC ç___ç
Colgo l'occasione per pubblicizzarvi ciò che avete sempre desiderato: campmezzosangue la community su Percy Jackson amministrata da me medesima e dalla compare SunlitDays.




Essere la figlia di Afrodite e non saperne nulla di questioni amorose: Piper troverebbe la cosa divertente, se non si trattasse di lei e della sua vita sentimentale.
Al cinema gli attori fanno sembrare tutto così semplice, così naturale, quando a Piper pare ovvio che non sia così, altrimenti non si troverebbe in quell'imbarazzante situazione. 
Jason le assicura che va tutto bene, che era una delle sue magliette preferite ma che hey, non è l'unica che ha, che forse ha messo un po' troppa enfasi nel tentativo di baciarlo e spogliarlo, ma non c'è nulla di male. E sembra davvero sincero, il che è peggio. Piper vorrebbe seppellirsi per la vergogna, non essere consolata: la mia ragazza è un'assalitrice strappa magliette preferite, ma ve bene lo stesso! Ora come non mai vorrebbe aver ereditato qualche gene in più da sua madre, per comportarsi più da figlia della Dea dell'Amore e meno da rovina momenti romantici.
Nonostante il suo ardente desiderio di scomparire dalla faccia della terra, il semidio continua ad osservarla pazientemente, ancora sdraiato sul letto: pratica ha detto, hanno bisogno di pratica. Faranno esperienza insieme.
Lo guarda di sottecchi, perché osservarlo apertamente equivarrebbe a raggiungere una nuova, mai sperimentata gradazione di rosso. Jason sembra pensarlo davvero, se ne sta lì come se fosse la cosa più naturale del mondo anche se ha i capelli spettinati, le labbra gonfie e uno strappo che lascia intravedere la linea dei muscoli — ma non è il momento di lasciarsi distrarre dalla sua bellezza. Troppo tardi. Lo sguardo del ragazzo ha intercettato il suo e non sembra intenzionato a lasciarlo andare.
Lo vede alzarsi, sul volto lo scintillio di un sorriso, e avvicinarsi ai piedi del materasso dove si è seduta: si china su di lei, le appoggia la mano su un fianco, le sfiora le labbra e adesso è tutto così spontaneo che Piper non ha tempo di pensare ad altro che alle carezze di Jason. Scivola lentamente sul letto e quando si ritrova sdraiata, alla fine, sorride anche lei.
Sì, fare pratica insieme, non è male come idea.

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Capitolo 5
*** Vecchio (Leo/Calypso) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Leo/Calypso
Rating: verde
Genere: TRISTE
Avvertimenti: flash fic, het, spoiler!(House of Hades)
Prompt: 094. Old (100 prompt challenge)
Note: che fine ha fatto l'ironia di Leo? Non lo so nemmeno io. Uno dei miei headcanon sulla coppia prevede che lui muoia di morte naturale, una sera, mentre lavora alla sua personale impresa, senza però essere mai riuscito a trovare Calypso. Qualche divinità, forse suo padre o Afrodite, hanno pietà della loro storia d'amore e concedono a Leo e a Calypso di incontrarsi.
E ora angolo pubblicità che tanto aspettavate: campmezzosangue la community su Percy Jackson amministrata da me medesima e dalla compare SunlitDays.





È vecchio. Le rughe attorno gli occhi, la pelle incartapecorita, i capelli che sfumano nel bianco: è il suo stesso corpo a parlare per lui, a raccontare una storia che sa di grandi avventure, vittorie e sconfitte.
Ha avuto una vita piena, glielo dicono le mani callose e una cicatrice che balugina da sotto la maglia, felice: odora di rosmarino e fumo, qualcuno si deve essere preso cura di lui — lo spera.
Allunga una mano (la sua mano, sempre giovane, sempre morbida, immutata) a tracciare il profilo del naso e della mascella, fino a soffermarsi sulle labbra. Sotto i polpastrelli la barba del giorno prima pizzica, ma la accarezza con curiosità.
Quando Leo apre gli occhi, la trova china su di lui, sul volto un'espressione tenera che ha sognato ogni notte negli ultimi sessant'anni. Sorride e ha pronta una battuta, ne ha pronte tante a dire la verità, così tante che alla fine non riesce a dirle.
«Non ho mantenuto fede alla promessa».
La voce esce roca, un rantolo quasi.
«Mi dispiace».
Calypso scuote il capo, il sorriso gentile che trema e negli occhi così tante lacrime da poterci annegare. Se ora parlasse, finirebbe per piangere e questi momenti sono così preziosi, non può permettersi di sprecarli — sono il dono di un dio misericordioso, che ha avuto pietà di lei e di lui, di loro. Continua a scuotere il capo e ad accarezzargli i capelli con movimenti leggeri e gentili, cose avesse per le mani un tesoro prezioso e fragile.
«Non ti preoccupare» sussurra «Non ti preoccupare».
A questo punto Leo si sente davvero in dovere di dire qualcosa di spiritoso.
«Potevi dirmelo che per stare tra le tue braccia sarei dovuto morire, lo avrei fatto prima».
Ma come conclude la frase si rende conto di aver peggiorato la situazione: cosa è successo al suo fantastico e invidiabile umorismo? Vuole vederla sorridere, non piangere.
In risposta Calypso lo pizzica, piano, timorosa di fargli del male, ma lo pizzica e per un istante torna il broncio di cui si è innamorato così tanta ti anni fa che sembra essere passata una vita — ma è davvero passata una vita.
Arrabbiata non era quello che voleva, ma è meglio che in lacrime, arrabbiata è il ricordo di un risveglio su una spiaggia, è come se l'è sempre immaginata dopo ogni fallimento. Arrabbiata con gli dei, per una punizione immeritata, con gli eroi, che l'hanno sempre abbandonata (così tanto da maledirli), arrabbiata con lui, che ci ha messo troppo tempo per andarsene e ancora di più per tornare.
Non è certo di quello che sta per fare, ha addosso il peso della vecchiaia ma a tenere il capo appoggiato sul grembo di Calypso si sente come un adolescente: allunga una mano verso la sua guancia e un po' esita, perché ha la pelle indurita dai calli e rovinata dai mille lavori che ha fatto, ma alla fine la accarezza e sorride.
«Posso stare un po' così?» le chiede e spera di non essere arrossito, perché alla sua età sarebbe davvero imbarazzante.
La fanciulla annuisce e si china per un bacio a fior di labbra.
«Tutto il tempo che vuoi» bisbiglia all'angolo della sua bocca, la barba che gratta contro il suo collo, ma non si sposta.
E anche quando il respiro di Leo si fa più flebile e affaticato, fino a sfilarsi, lei rimane così, tenendolo stretto in un abbraccio morbido e caldo, un «Ti amo» che rimane sospeso nell'aria.  

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Capitolo 6
*** Specchio (Jason/Piper) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Jason/Piper
Rating: verde
Genere: commedia, sentimentale
Avvertimenti: flash fic (431 w), het,
Prompt: 004. Late (100 prompt challenge), specchio (Prompt orfani della piscina di prompt)
Limitazione: 3) Una storia composta da un numero di parole con cifre in crescita o decrescita (Es: 345 parole, 6543 parole e via dicendo)
Note: scritta per il LIMITAPROMPT della piscinadiprompt.
campmezzosangue la community su Percy Jackson amministrata da me medesima e dalla compare SunlitDays.

Piper apre gli occhi all'improvviso, la spiacevole sensazione che ci sia qualcosa che non va.
Il soffitto non è quello della sua stanza, attorno alla sua vita c'è un braccio che non è il proprio e sotto le coperte è nuda. Ma non è quello il problema.
Si volta verso Jason e non può fare a meno di notare quanto sia carino, con l'espressione rilassata mentre dorme. Poi però guarda la sveglia e no, no, no: è in ritardo.
Balza fuori dal letto, scoperchiandolo con un unico, deciso movimento.
Il ragazzo mugugna qualcosa, si gira e cerca la coperta, ma questa gli viene sottratta un'altra volta. Aspetta ancora qualche secondo prima di aprire gli occhi e quando lo fa trova Piper in mutande. Sta cercando di mettersi il secondo calzino, i capelli arruffati che le cadono sugli occhi, e nel frattempo saltella per la stanza guardandosi attorno.
«Stai cercando questo?» le chiede con uno sbadiglio, raccogliendo il suo reggiseno ai piedi del letto.
«Sono, siamo in ritardo, muoviti» gli risponde, strappandoglielo di mano e indossandolo, quindi, vedendo che non si alza, lo guarda esasperata e gli ricorda «Le ispezioni!»
È il turno di Jason di saltare fuori dal letto: si veste con le prime cose che trova (cioè le stesse che indossava il giorno prima) e sprimaccia i cuscini, stendendo con cura la coperta. Il vantaggio dell'essere l'unico figlio di Zeus e di occupare la Cabina solo quando non è al Campo Giove è che i lavori da fare in vista delle ispezioni sono davvero pochi e veloci da portare a termine. Spera che Piper abbia sistemato le sue cose prima di andare da lui, la sera prima.
«Aspetta» le dice mentre la vede uscire di fretta, le scarpe slacciate e la maglia per metà arrotolata su un fianco. Non può fare a meno di pensare che sia bellissima anche in quelle condizioni, incurante del suo aspetto e sul volto un'espressione impaziente. Sa che se ci fosse uno specchio, lei passerebbe oltre senza degnarsi di un'occhiata — sono altre le cose importante. 
La stringe a sé con un sorriso sghembo (di certo non era il risveglio che si aspettava) e la bacia nonostante le sue proteste.
Una volta fuori, Piper si affretta a raggiungere la propria Cabina cercando di non inciampare nei lacci e di non farsi scoprire. È dannatamente in ritardo e ha saltato la colazione, le sue sorelle guardano con orrore lo stato in cui è ed effettivamente lo specchio riflette l'immagine di una ragazza che ha ben poco di che spartire con le figlie di Afrodite, ma lei scrolla le spalle: ne è decisamente valsa la pena.

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Capitolo 7
*** Specchio delle Brame (Jason/Piper) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Jason/Piper
Rating: verde
Genere: triste (ma neanche troppo), commedia (forse), sentimentale
Avvertimenti: one shot, het, AU, Hogwarts!verse
Prompt: 085. Hate (100 prompt challenge), specchio (Prompt orfani della piscina di prompt)
Limitazione: 3) Una storia composta da un numero di parole con cifre in crescita o decrescita (Es: 345 parole, 6543 parole e via dicendo) — 1489 w
Note: • scritta per il LIMITAPROMPT della piscinadiprompt.
campmezzosangue la community su Percy Jackson amministrata da me medesima e dalla compare SunlitDays.
• Hogwarts!verse headcanon numero 1: Jason è il campione di Durmstrang e tra le due scuole di magia non corre buon sangue. Però Piper riesce a fare breccia nel suo cuore: sono una coppia canon, quindi non stupitevi se li abbino in ogni contesto possibile e immaginabile.
• Non lo dico, ma nello specchio mi piace pensare che Jason veda la sua famiglia; come nel libro, fino a quando Giunone non si mette in mezzo, non sa nulla di sua madre e ignora di avere una sorella. Inoltre non ha mai incontrato suo padre. Ho voluto accentuare questa sua sfumatura angst, combinandola allo stress da Torneo Tre Maghi. Il risultato è un Jason parecchio sciupato ma non per questo meno bello: chi è figo, ricordiamocelo, è figo sempre.
• Piper è una Grifondoro che fa passeggiate notturne perché sì, mi serviva un pretesto per farla capitare nell'aula. Ho mantenuto anche per lei il canon del libro: nello specchio infatti si vede al centro delle attenzioni del padre.
• Chirone è il nuovo Silente, a cui tra l'altro ruba la citazione (Non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere) che alla fine faccio dire a Piper. A tal proposito, il suo personaggio mi è un po' sfuggito di mano, temo. 
• Ho letto che la nuova edizione usa Emarb invece di Brame, come scritto sulla cornice; ma mentre in inglese l'inversosuona bene, in italiano non mi piace.




È rimasto così a lungo solo davanti allo specchio, che ha perso la cognizione della realtà e si accorge che qualcuno è entrato solo quando la porta si richiude con un tonfo sordo alle sue spalle.
Si volta di scatto, la bacchetta in pugno e i nervi tesi; non sa se essere più irritato per l'intrusione o per il non essersene accorto. In realtà ha così paura di essere stato scoperto che non sa cosa fare e che dire: non ha giustificazioni, non dovrebbe trovarsi lì, tantomeno a quell'ora.
«Scusami! Ho visto la luce e sono entrata, ma non volevo disturbarti» esclama dalla penombra l'intruso, avanzando di un passo con le mani in alto, in segno di resa, mentre Jason allunga la sua bacchetta e rischiara l'ambiente con un Lumos più forte.
È solo una studentessa, apprende con sollievo; nessun custode dall'aria minacciosa pronto a denunciarlo o peggio, un insegnante. Solamente una ragazza, ma non abbassa la guardia: non sa se può fidarsi o se farà la spia, tanto più che indossa la divisa di Hogwarts.
«Se ti stai chiedendo se correrò ad avvisare gli insegnanti» gli dice, intuendo il suo dilemma nonostante sia certo di non aver lasciato trasparire alcuna emozione «Puoi stare tranquillo. Nemmeno io potrei essere qui e dovrei spiegarlo. Quindi abbassa la bacchetta, non serve nessun Oblivion o Stupeficium o qualsiasi altro incantesimo a cui stai pensando».
Esita ancora per qualche secondo e la ragazza sostiene il suo sguardo con un coraggio che in realtà non ha, ma alla fine lo vede riporre la bacchetta e si lascia scappare un sospiro di sollievo. Mai più, si ripromette, mai più. Si sente come se avesse perso una decina di anni in poco più di qualche minuto e solo per aver sbirciato in un'aula: sarebbe stata una morte piuttosto stupida. Perché quando lo ha visto voltarsi, ha creduto davvero che le avrebbe lanciato qualcosa, un Incantesimo della Memoria o un Avada Kedavra.
«Sei il campione di Durmstrang?» gli chiede, osservandolo meglio. Capelli biondi, occhi azzurri, cicatrice a forma di mezza luna sul labbro, affascinante: sì è decisamente lui, nonostante l'aria sciupata.
«Jason Grace» conferma infatti.
«Piper McLean» si presenta, porgendogli la mano. La stretta che riceve è sicura e calda, il contatto piacevole; non si aspettava diversamente.
Lo sguardo corre a ciò che sta dietro le spalle del ragazzo, allo Specchio delle Brame, e poi torna a posarsi su lui: le occhiaie che spiccano sul suo volto, comprende con amarezza, non sono solo il frutto dello stress per il Torneo.
Jason si aspetta delle domande, al posto suo lui le farebbe, le chiederebbe che ci fa fuori dal dormitorio dopo il coprifuoco, in quell'aula. Il manufatto che ospita non sembra un oggetto usato durante le lezioni, anzi, sembra proprio che gli insegnanti lo vogliano lontano dagli studenti, soprattutto se stranieri.
Ma la ragazza lo sorprende sorridendogli, comprensiva.
«Ovviamente neanche tu dirai di avermi vista, vero?» gli chiede «Toglierebbero un bel po' di punti alla mia Casa».
Annuisce, gli sembra equo, e incuriosito cerca i suoi colori; lì a Hogwarts vengono smistati al primo anno, ha scoperto, e tra le diverse case c'è un'accesa competizione. Tuttavia non trova alcun segno distintivo: nonostante indossi la camicia, al collo non porta alcuna cravatta e il maglione è anonimo, senza stemma.
«Come sta andando con il Torneo?» gli chiede ancora. È il primo studente di una delle scuole avversarie che gli fa quella domanda, se non si tiene conto di Percy Jackson. Sebbene lo scopo di quella gara sia riunire tutti i Maghi e tutte le Streghe per permettere loro di stringere legami di amicizia a dispetto della geografia, la rivalità è troppo radicata, soprattutto tra Hogwarts e Durmstrang. Non è mai corso buon sangue tra le due scuole e le origini di questo odio (perché alla fin fine è di vero e proprio odio che si parla) si sono perse nel tempo, ma ancora gli studenti faticano a fidarsi gli uni degli altri.
«Impegnativo» risponde. A volte mi chiedo se abbia fatto bene a mettere il mio nome nel Calice di Fuoco o se magari il Calice stesso non abbia sbagliato; non lo dice, ma lo stesso Piper sembra intuirlo. O forse si sbaglia, forse è solo stanco e la luce è talmente fioca che potrebbe esserselo immaginato. Così come il colore dei suoi occhi: credeva fossero scuri, marroni e invece sono verdi. Ha decisamente bisogno di una bella dormita.
«Ma è un grande onore» continua, ripetendo ciò che gli viene sempre detto dai suoi compagni da quando è stato eletto Campione.
«Non ne dubito» concorda «E un po' vi invidio. La storia della gloria e tutto il resto. E se siete stati scelti, vuol dire che siete davvero in gamba. Vorrei avere la metà dei vostri talenti».
«Ma?»
«Sei ridotto piuttosto male, lasciatelo dire» ribatte, prendendosi una confidenza che non ha e pentendosene subito — non si sa mai come possono reagire quelli di Durmstrang, tipi strani loro, tutti così seri— ma continua, cercando di rimediare «Anche Percy, comunque, non ha una gran bella cera. Solo Zoe, a confronto, sembra sempre fresca e riposata».
Jason abbozza un sorriso e la cicatrice guizza verso l'alto: «Si vede tanto?»
«Diciamo che lo Specchio delle Brame non aiuta» risponde e vedendolo irrigidirsi aggiunge «Lo so per esperienza».
Legge la scritta che adorna la cornice, Emarb eutel amosi vout linon ortsom, e ripensa a tutte le ore perse davanti a quella superficie, ad osservare l'immagine di se stessa con il grado di Prefetto appuntato al petto e suo padre alle spalle, che sorride orgoglioso, per una volta attento a sua figlia e non al lavoro. Non sa cosa vede Jason e il motivo per cui si specchia; immagina che le farebbe piacere se il ragazzo si aprisse con lei, ma in fondo sono due estranei e non ha alcun diritto di impicciarsi dei suoi problemi, quindi evita di fare domande. Ma di una cosa è sicura, non fa bene a nessuno dei due continuare a guardare lo Specchio delle Brame.
«Quando il preside Chirone ha scoperto dove passavo le mie notti invece di riposare» inizia «Mi ha detto una cosa molto saggia: non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere. Aveva ragione ovviamente» e lo guarda un po' imbarazzata, perché non è da lei fare discorsi simili a degli sconosciuti — per quanto affascinanti possano essere «Mi sembrava un bel concetto, ecco tutto».
«E non ti ha messa in punizione?» le chiede, scombussolato da quell'intimità inaspettata. Quella ragazza dovrebbe essere ostile, lui dovrebbe essere ostile, e invece se ne stanno nel cuore della notte a parlare come se niente fosse davanti ad uno specchio che mostra loro ciò che più desiderano.
Piper ride e Jason considera che ha una bella risata, che gli piacerebbe sentirla tutti i giorni una risata simile. 
«Chirone non è così intransigente, su certe cose chiude un occhio».
«Da noi non è così» si lascia scappare il ragazzo, stupendo entrambi, perché da che sono lì gli studenti di Durmstrang non hanno né legato né concesso informazioni sulla loro scuola «La nostra preside è molto severa e lo stesso gli insegnanti. Le regole vengono prese molto seriamente da noi».
Per un istante teme di averla offesa, senza averne avuto intenzione però.
«Sì, noi siamo più rilassati» concorda «Un po' ce ne freghiamo di quello che ci viene detto. Non andate nella Foresta Proibita e puntualmente qualcuno ci si avventura. Non uscite dai dormitori dopo il coprifuoco ed eccomi qui. Durmstrang invece mi sembra più fredda, più dura».
«Lo è. L'importante è che ognuno stia al suo posto, in questo modo siamo imbattibili. Contano molto la disciplina e il rispetto, sono tra le prime cose che ci insegnano».
«Non esattamente il posto che fa per me» scherza lei.
Poco dopo dal corridoio si sente il rumore di un'armatura che viene urtata ed entrambi si voltano preoccupati: essere messi in punizione non rientra nei piani di nessuno dei due.
«Dammi una mano» gli dice però, prendendo un lembo del telo che copriva lo Specchio e che ora giace aggrovigliato ai suoi piedi.
«Che vuoi fare?»
«Non si vede? Dai, prima che ci scoprano» lo incita, sorridendo nel vederlo agitato «Prima volta che trasgredisci alle regole?» lo stuzzica e a lavoro concluso aggiunge: «Così a nessuno verrà più voglia di specchiarsi».
Poi apre piano la porta sperando che non cigoli e caccia fuori la testa: non sente rumori, quindi esce, seguita dal ragazzo che fa luce con la sua bacchetta.
«Sarà stato un fantasma» bisbiglia lei e fa per andarsene quando si gira e gli sorride. Non che si noti molto il sorriso nel corridoio buio, così aggiunge: «È stato un piacere conoscerti».
Anche Jason si ritrova a sorridere, un pensiero sempre più radicato nella sua mente e che intuisce anche Piper condivide: non è detto che tra Hogwarts e Durmstrang non ci possano essere rapporti amichevoli. Tutta quella storia dell'odio e della rivalità che gli studenti più anziani incoraggiano è una grande cavolata. La verità è che ci sono Maghi e Streghe in gamba, che vale la pena conoscere, e Piper sembra proprio uno di quelli.

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Capitolo 8
*** Insonnia (Percy/Annabeth) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Percy/Annabeth
Rating: verde
Genere: angst (giusto un pochino), generale
Avvertimenti: het, flash fic, spoiler!(House of Hades)
Prompt: 131. Insonnia (La sfida dei duecento prompt); Tra le dita tutto sfugge via/come neve, come una bugia — The Nightmare Before Christmas OST (Prompt orfani della piscina di prompt)
Limitazione: 3) Una storia composta da un numero di parole con cifre in crescita o decrescita (Es: 345 parole, 6543 parole e via dicendo) —  478 w
Note: definizione iniziale ripresa dal vocabolario online Treccani. Se non ricordo male, il libro termina prima di sapere se il loro viaggio nel Tartaro avrà delle ripercussioni (io dico di sì, io spero di sì: è un headcanon che mi ispira assai). Eventualmente correggetemi.
• scritta per il LIMITAPROMPT della piscinadiprompt.
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 Insònnia s. f. [dal lat. insomnia, der. di insomnis «insonne»]. 
Diminuzione della durata del sonno, o anche la perdita della sua profondità e del suo potere ristoratore, che si riscontra spec. negli stati depressivi e ansiosi, ma anche nel corso di malattie di diversa natura.


Annabeth sa qual è il suo problema e ne conosce la causa; non si sopravvive al Tartaro e si continua a vivere come nulla fosse. Le cose che ha visto, le cose ha fatto, quelle che ha subito stanno tutte lì nella sua mente, indelebili e continuano a passarle davanti gli occhi, continua a riviverle.
La prima notte ha aspettato con fiducia il sonno e così anche la notte seguente, ma la consistenza del materasso invece di rilassarla l'ha portata a pensare a quella dura e scomoda delle rocce su cui dormiva nel Tartaro. La terza notte si è quindi messa sulla sedia e ha atteso invano di risvegliarsi indolenzita.
Piper le ha chiesto se stesse bene, ma lei l'ha rassicurata — eppure dovrebbe averlo capito che non c’è nulla di male nel chiedere aiuto.
La quarta e la quinta notte si è rigirata nel letto, ha fissato per ore il soffitto, ha camminato per la stanza e nel mentre poteva sentire il rumore del suo cervello carburare ricordi.
Dopo la sesta notte inizia a risentirne anche il suo comportamento, non più solo l'aspetto, e in modo così evidente che gli altri eroi non possono più ignorarlo. Questa volta è Hazel a parlarle, ma ottiene solo una risposta secca e sgarbata. Il sonno che sfugge tra le sue mani, come neve, come una bugia sembra portare con sé quel qualcosa che la rende lei, Annabeth, che la rende umana.
Il Coach Hedge la rimprovera, li rimprovera — perché anche Percy è ben lontano dall'essere il Percy Jackson che tutti conoscono — ma ad Annabeth viene solo da ridere (una risata isterica, che sa di notti insonni) perché è una figlia di Atena, una semidea del Campo Mezzosangue, ha affrontato innumerevoli pericoli e seppellito amici, ha sconfitto Aracne ed è sopravvissuta al Tartaro, eppure ora non è altro che una ragazzina che soffre di stress post traumatico. In quelle condizioni è inutile: non riesce a pensare lucidamente e il corpo è troppo stanco. Gea potrebbe risvegliarsi infinite volte, lei non riuscirebbe a fare nulla.
Quella notte ripensa ancora una volta al fiume di fuoco, alla maledizione di Calypso, a Bob. Tenta un'ultima preghiera, ma gli Dei sono chiusi nel loro silenzio, asserragliati sull'Olimpo — non la aiuteranno.
Quindi esce dalla sua stanza e rimane per qualche secondo in ascolto, ma il  corridoio è silenzioso, tutti stanno dormendo, così apre la porta di Percy e ha un deja vou, sorride. Si introduce nella cabina in punta di piedi, si avvicina al letto e nella penombra rimane qualche secondo ad osservare la sagoma del ragazzo.
«La risposta è sì» le dice, facendola sobbalzare «Puoi dormire con me».
Annabeth non si fa pregare e si stende al suo fianco, il braccio di Percy che la stringe a sé. Sono così vicini che riesce a sentire il battito regolare del suo cuore ed è su quel rumore che si concentra. 

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Capitolo 9
*** Cereali al miele (Percy/Annabeth) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Percy/Annabeth
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: flash fic, het, AU, Hogwarts!verse
Prompt: Percy/Annabeth, cereali al miele
Limitazione: 3) Una storia composta da un numero di parole con cifre in crescita o decrescita (Es: 345 parole, 6543 parole e via dicendo) — 430 w
Note: • scritta per il LIMITAPROMPT della piscinadiprompt.
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• Il mio headcanon prevede Annabeth Corvonoro e Percy Tassorosso, inoltre questa storia è collegata a Specchio delle Brame; non è necessaria la lettura della prima ff, ma il contesto è lo stesso.





Sta mangiando cereali al miele come ogni mattina e tra un cucchiaio e l'altro gli sta parlando animatamente del Torneo. Fa una breve pausa bevendo la spremuta nel bicchiere e quando Malcom le chiede di passargli i toast, lo accontenta senza degnarlo di un'occhiata, troppo presa dal suo monologo anche solo per togliersi alcune briciole che chissà come sono finite tra i suoi capelli.
Non sono ancora le otto del mattino e a quell'ora nessuno è in forma, ma sembra quasi che Annabeth non si sia nemmeno guardata allo specchio prima di scendere; la coda sfatta, la cravatta storta, la camicia stropicciata — non che questo la renda meno bella ai suoi occhi, anzi.
Passerebbe l'intera giornata ad osservarla, anche se sta solo consumando la  colazione. In fondo è quello che ha fatto fin dal primo anno; già allora mangiava cereali al miele, prendeva Oltre ogni previsione in ogni compito e non si lasciava intimorire dagli studenti più anziani.
«Percy?» lo chiama, sporgendosi sul tavolo «Percy? Mi stai ascoltando? Non avrò mica parlato al vento, vero? Sei stato scelto dal Calice di Fuoco come Campione di Hogwarts. Significa che ti devi impegnare al massimo, le prove che dovrai superare saranno le più difficili che affronterai mai e i Campioni di Durmstrang e Beauxbatons sono così agguerriti! Non sottovalutare la situazione».
«Non mi sono perso una parola di tutto quello che hai detto, soprattutto la parte in cui sei molto orgogliosa di me» le risponde chinandosi verso di lei e sfiorandole una mano «Ma le prove devono ancora iniziare, quindi prendi un bel respiro e rilassati».
Annabeth sta per contraddirlo perché quello non è il momento di rilassarsi, è il momento di studiare una strategia, un piano d'attacco per far vincere Hogwarts, ma Percy non gliene lascia il tempo: «Io adesso devo andare, il preside mi sta aspettando proprio per parlare del Torneo. Tu finisci di fare colazione, vai a lezione, fai guadagnare alla tua Casa una cinquantina di punti. Noi ci vediamo a pranzo».
Infine la saluta rubandole un bacio a fior di labbra e prima che possa dire qualsiasi cosa lascia il tavolo dei Corvonero, ricambiando i saluti di alcuni studenti — da quando è stato nominato Campione di Hogwarts la sua popolarità è salita alle stelle, con gran scorno di Clarisse.
Annabeth lo osserva allontanarsi e sbuffa, infastidita per essere stata zittita e insoddisfatta di quel fugace contatto, poi si affretta a finire i suoi cereali al miele: ha Pozioni tra meno di dieci minuti e la mente occupata da un unico pensiero — Percy Percy e ancora Percy. Sarà un lungo anno, quello.

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Capitolo 10
*** Rosa (Jason/Piper) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Jason/Piper
Rating: verde
Genere: commedia, sentimentale
Avvertimenti: flash fic, het
Prompt: 13. Rosa (La sfida dei duecento prompt).
Note: rileggevo giusto ieri TLH e come la prima volta, la descrizione della casa di Afrodite mi ha fatta rabbrividire. Anche Piper l'ha trovata tutto tranne che bella, ma immagino che con il tempo arrivi a considerarla davvero la sua casa — pur con tutti i difetti che ha. Immagino anche che una cabina simile, interamente rosa e con le tendine di pizzo, non sia l'ideale per un appuntamento romantico; o almeno io non ce li vedo Piper e Jason ad amoreggiare allegramente in un ambiente del genere.
L'ambientazione può essere post TLH o post quinto libro, lascio alla vostra fantasia.
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Jason sa che dovrebbe essere felice delle circostanze (lui e Piper, da soli, per almeno un'ora); in fondo è quello che entrambi vogliono e hanno cercato per l'intera settimana senza successo. Al Campo tutti hanno bisogno di loro, non hanno mai tregua e non stanno mai insieme.
Quindi adesso che sono soli nella Cabina X, al sicuro per un bel po' di tempo da ogni interruzione, Jason proprio non riesce a capire perché non riesce a concentrarsi su Piper — Piper che gli sorride, Piper che lo bacia e lo spinge verso i letti, Piper che non sa quello che fa, ma lo fa bene.
O forse sì.
«Avanti, Jason, che c'è?»
«Mi dispiace, ma non ce la faccio» ammette alla fine, guardandosi attorno «Sembra davvero di essere nella Casa delle Barbie. Quando me lo avevi detto non ci avevo creduto, ma ora che la vedo, dannazione quanto è brutta».
La ragazza sospira e si alza da Jason, quanto basta per mettersi comoda senza allontanarsi troppo. Tutto l'entusiasmo — tutta la carica erotica — è ormai svanito e il semidio sembra esserne accorto dall'aria colpevole che ha gli ha visto assumere, ma le piace stargli accanto, sentire il calore del suo corpo e vicino abbastanza da sfiorarlo se si muove.
«Benvenuto nella Cabina di Afrodite, dove il rosa regna sovrano» gli dice con sarcasmo e poi continua con voce sconsolata «Lo so, è orrenda, non so proprio a cosa stessero pensando quando l'hanno costruita».
«Dai, non è poi così male» cerca di consolarla, anche se sa di non suonare troppo convincente — dai, come si fa a tenere delle tendine di pizzo verde?
«Un minuto prima hai detto che è brutta» gli ricorda «E non ti do torto, non mi sono offesa».
In risposta, Jason le lancia una lunga e profonda occhiata.
«Ok, sì, potrei essermi offesa un pochino, ma sappiamo entrambi che hai ragione. Il rosa è ovunque e c'è tutto questo profumo e Lacey dovrebbe smetterla di lasciare in bella vista i suoi orsacchiotti, sono imbarazzanti. Però i letti sono davvero molto comodi, senti? È la mia casa, ormai» conclude il discorso in un mormorio, perché non lo ha mai ammesso — ha sempre sostenuto che lei è le altre figlie di Afrodite non hanno nulla da spartirsi.
«Non ho sentito bene, puoi ripetere?»
Piper alza gli occhi al soffitto, trovandoci ancora rosa, e ad alta voce dice: «È la mia casa ed è imbarazzante. Sei contento?».
Jason ride e rotola su un fianco per poterla stringere a sé e baciarla.
«Sì, ma la prossima volta vieni da me».

 

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Capitolo 11
*** Scuola (Jason/Piper) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Jason/Piper
Rating: verde
Genere: commedia, sentimentale
Avvertimenti: flash fic, het, future!fic
Prompt: 40. Scuola (La sfida dei duecento prompt).
Note: ancora una volta ho lasciato da parte il mio amatissimo angst in favore di toni più leggeri. Il tema dei sette che dopo aver sconfitto Gea vanno a scuola insieme mi piace troppo e ci tornerò ancora. Inizialmente volevo usare un liceo americano per giocare sul fatto che Jason - cresciuto dai lupi - Grace è un po' a digiuno del modo di vivere di un sedicenne tipo, però poi mi sono ricordata che a Nuova Roma ci stanno le scuole quindi niente. Ho deciso quindi di giocare sul fatto che Piper dovrà affrontare la realtà romana e ha paura perché la scuola è sempre la scuola e avere per compagni di classe dei semidei romani che ce l'hanno con te perché sei del Campo Mezzo Sangue non aiuta.
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Dopo tutto quello che hanno passato, Piper si ripete che non può avere paura di tornare a scuola. Non ha senso, non c'è ragione di temere un'aula e le persone che contiene. Senza contare che non sarà sola, ci saranno i suoi amici e sarà al sicuro a Nuova Roma — essere stata accettata, in quanto semidea greca, è un grande onore. Non può permettere ad una sua immotivata paura di rovinare il programma di integrazione che Frank è riuscito a strappare con le unghie e con i denti ad Octavian.
«Nervosa?» le chiede Leo, giocando con dei fili di rame che ha trovato chissà dove.

«Chi, io?» risponde, troppo in fretta e con un tono troppo acuto. L'amico le lancia un'occhiata per assicurarsi che stia bene, quindi torna ad intrecciare i fili per poi disfare il lavoro e ricominciare da capo.
«L'ultima volta che sono stato a Nuova Roma ho attaccato il campo. Involontariamente, certo, ma vallo a spiegare ai Romani» borbotta lui e Piper si ricorda dell'incidente con la Argo II. Sembra passata una vita e invece è stato solo un anno prima; incredibile come si senta vecchia nonostante abbia solo sedici anni.
«Siamo. L'ultima volta che siamo stati a Nuova Roma le circostanze erano diverse e nel frattempo abbiamo rischiato la pelle per salvare la loro. Se la faranno passare» lo conforta e Leo riesce a leggere tra le righe "o gliela faccio passare io". Sorride al pensiero di quanto sia fortunato ad avere un'amica come Piper che più di un'occasione ha dimostrato quanto sia protettiva nei confronti delle persone a cui tiene.
Poco più avanti ci sono Percy e Annabeth e la ragazza si ripete che non deve avere paura. Prova a rilassarsi guardando i due semidei (con nessuno ormai ad ostacolarli, sono inseparabili), ma finisce solo per sentire la mancanza di Jason.
Il figlio di Giove li ha anticipati per aiutare i vecchi amici del Campo Romano ad accoglierli e se all'inizio le era sembrata una buona idea, ora rimpiange di non averlo al suo fianco — si sentirebbe molto più tranquilla.
A suo padre ha detto che avrebbe frequentato una nuova scuola in California, vicino a San Francisco, senza essere troppo precisa e ricca nei dettagli perché Tristan McLean non ricorda nulla di semidei e divinità greche che seducono i mortali; ed è meglio così. Tuttavia Piper non può fare a meno di pensare che le sarebbe piaciuto poter salutare suo padre e poi magari raccontargli come va la sua normale vita da adolescente. Si chiede se gli sarà permesso di fotografarla la sera del prom, salvo poi domandarsi se il liceo a Nuova Roma prevede il prom come le scuole mortali — avrebbe dovuto leggere gli opuscoli informativi come sicuramente avrà fatto Annabeth invece di aiutare Leo a testare le sue nuove invenzioni. 
Percy borbotta qualcosa sui compiti e le verifiche e a sentirlo lamentarsi del carico di studio che avranno (che sarà notevole, dal momento che sono rimasti indietro tra il salvataggio di qualche divinità presa in ostaggio e quello dell'intero mondo) sembra un normalissimo ragazzo, con una banalissima penna che spunta dalla tasca della felpa — e non l'eroe valoroso che invece è, armato di Vortice.
Si chiede se Annabeth in aula sarà una di quelle che passano le soluzioni dei compiti o una secchiona che non fa copiare e scommette che se lo sta chiedendo anche il suo ragazzo. Molto probabilmente però verrano divisi, dal momento che loro sono un anno avanti.
Spera di essere in classe con Jason e Leo; parlata ammaliatrice o meno, Piper non è pronta a gestire un'intera classe di semidei romani cresciuti con l'idea che i graeculi sono il nemico.
E' proprio quello a spaventarla, a conti fatti: sarà un'adolescente circondata da altri adolescenti (e già così è dura) che faranno di tutto per distruggerla in nome dell'antica rivalità tra i loro Campi. Sicuramente ci sarà qualche figlia di Venere che come Drew (o Jessica o le ragazze alla Scuola della Natura o addirittura Chione) tenterà di farla sentire una nullità, non è detto che gli inseganti saranno imparziali, graveranno su di lei un sacco di aspetative e tutto questo mentre finalmente vivrà come la sedicenne che è (e nei telefilm di solito questo significa litigare con tutti: genitori, amici, il proprio ragazzo).
Piper non è spaventata, è terrorizzata e vuole tornare indietro.
«Pronta ad un anno con il meraviglioso Leo Valdez come compagno di banco?» le chiede per distrarla, e distrarsi, il semidio figlio di Efesto «Quanto credi che dovrei aspettare prima di poter escogitare uno dei miei scherzi? Un giorno o forse una settimana?»
La ragazza sorride al pensiero dell'amico che se ne sta per più di ventiquattro ore con le mani in mano senza fare scherzi; un futuro decisamente utopistico e noioso.
«Siamo arrivati» li avvisa Annabeth e a Piper pare di cogliere qualcosa nella voce dell'altra semidea; che sia agitata anche lei? 
Una volta scesi dal pulmino trovano ad attenderli Reyna, Octavian, Frank, Hazel, ovviamente Jason e alcuni adulti che non ha mai visto.
Si deve trattenere dal saltare al collo del suo ragazzo, ma le basta un'occhiata per constatare che anche a lui, in quei tre giorni lontani, è mancata.
Uno di quelli che non conosce (un signore panciuto dall'aria affabile) tiene un discorso di benvenuto e si scusa dell'esiguo comitato venuto a riceverli, ma a Nuova Roma le attività quotidiane sono già iniziate e i semidei sono già a scuola o ad allenarsi o a lavorare. Di tutto quello che dice Piper, in realtà, ascolta ben poco e quando si avviano al liceo ci manca poco che salti in avanti per raggiungere Jason. All'ultimo si trattiene perché in quanto figlia di Afrodite ha imparato che le prime apparenze contano molto. In compenso è lui a camminare più lentamente per poterla affiancare e quando le loro mani si sfiorano per allacciarsi poi in una stretta sicura Piper si sente improvvisamente molto più tranquilla.
«Abbiamo le stesse lezioni» le confida chinandosi appena per non farsi sentire dagli altri «Non ti lascerò un secondo».



 

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Capitolo 12
*** Sorella (Drew, Silena) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Personaggi: Drew, Silena
Rating: verde
Genere: angst, malinconico, introspettivo
Avvertimenti: flash fic
Note: tentativo numero uno di esplorare il mio headcanon sulle due figlie di Afrodite. Si sa che sono le più grandi, quindi è possibile che in quanto coetanee abbiano legato molto. In TLH Drew critica il comportamento della sorella, lo denigra e lo biasima: mi piace pensare che lo faccia perché in realtà è rimasta ferita dal suo tradimento. Come ha fatto a non accorgersene? E come ha potuto Silena passare informazioni al nemico? Perché non gliene ha parlato sapendo che in nome della loro amicizia avrebbe fatto di tutto? Da qui la Drew che tutti noi conosciamo: antipatica oltre l'inverosimile.
Sto inoltre valutando di fare Drew e Ethan cugini.
Spero di non essere andata OOC con questa introspezione, in tal caso avvertitemi.
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Ci sono giorni in cui il ricordo di Silena torna prepotente e le occupa tutta la mente.
La sua risata, il modo in cui si acconciava i capelli, la cura nel vestire e l'ottimo gusto in fatto di moda, cibo e ragazzi.
Ogni cosa, lì al Campo, rievoca immagini di Silena, ogni cosa è legata ad una memoria — il loro posto a tavola, i letti vicini in modo da poterli unire la notte, il nascondiglio dei dolci, lo spiazzo in cui andavano a prendere il sole, l'albero sotto cui avevano seppellito lo scrigno della memoria.
E ci sono mattine in cui guarda l'armadio e pensa a cosa si metterebbe Silena, ci sono volte in cui cerca ancora la sua approvazione o si gira per ridere con lei.
Anche il dettaglio più insignificante è legato ad un preciso ricordo, a qualcosa che solo loro conoscono. Il vago sentore di lavanda sul suo tappeto è il residuo del flacone di profumo che Silena ha rovesciato quando aveva undici anni e il barattolo di smalto vuoto è quello del primo cosmetico Chanel che si sono comprate, le tacche sullo stipite della rimessa delle canoe sono il numero di ragazzi che hanno conquistato in nome di un'infantile competizione (cinque per lei e tre per Silena, il quarto è Charlie e Charlie è sempre stato ben più di una tacca nel legno).
Ci sono volte in cui sembra non essersene mai andata, in cui si dimentica che non mangeranno mai sushi in kimono e non saliranno sulla torre Eifel e non raccoglierà il bouquet al suo matrimonio.
In quei momenti Drew vorrebbe mettersi a piangere, vorrebbe urlare, vorrebbe strapparsi il cuore dal petto e dimenticare per sempre di aver avuto una sorella bella e gentile, coraggiosa, una sorella per cui in molti avrebbero fatto pazzie (e alla fine la pazzia l'aveva fatta proprio lei), una sorella che li aveva ingannati e traditi e uccisi.
Al Campo l'hanno chiamata eroe, hanno pianto la sua morte, l'hanno perdonata. Ma Drew non vuole nessun ricordo di una sorella simile e tenere la mente occupata è un buon modo per scacciare il suo fantasma.
Così inventa nuove regole, introduce l'obbligo del rito di passaggio, instaura una ferrea disciplina all'interno della propria Cabina.
Si riempie di impegni, esaspera l'attenzione che riserva alla cura di sé, rompe con il figlio di Ermes con cui si frequentava e flirta con uno di Apollo, salvo poi non concedere più appuntamenti e quando si ritrova senza nulla da fare (perché lei non prende in mano le armi con il rischio che le si rovini lo smalto) inizia ad interessarsi alle relazioni altrui.
E mentre il Campo continua a rendere omaggio alla figlia di Afrodite morta in guerra, ad elogiare il suo coraggio, Drew vuole solo dimenticarla.
Silena è stata tante cose — era sua sorella, la sua migliore amica, il suo idolo — ma un eroe, quello mai.

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Capitolo 13
*** Anello (Chris/Clarisse) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Chris/Clarisse
Rating: verde
Genere: commedia, sentimentale
Avvertimenti: flash fic, het, future fic
Prompt: 17. Anello (Challenge in love)
Note: non ricordo se Riordan ci illumina a riguardo, ma nel mio headcanon Chris è più grande di un anno e in questa storia lui ne ha ventitré e lei ventidue. Sempre nel mio headcanon Clarisse non andrà al college e sarà la prima a sposarsi (perché Annabeth, appunto, avrà la tutta la sua carriera universitaria e così anche gli altri). Qui non dico nulla, quindi Clarisse siete liberi di immaginarvela come vi pare, ma nel suddetto headcanon non è così brutta come Riordan ce la descrive (personalmente ho apprezzato la scelta dell'attrice nel secondo film).
Spero davvero di non essere andata OOC.
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Col senno di poi Clarisse avrebbe saputo apprezzare la discrezione del gesto, il fatto che Chris avesse aspettato che fossero soli e non si fosse inginocchiato o fatto nessuna delle altre imbarazzanti cose che si fanno in quel contesto.
«Non ci pensare nemmeno» gli dice non appena vede la scatola di velluto rosso. Sì, a distanza di un po' di tempo (qualche anno magari) avrebbe saputo riconoscergli di aver compiuto una mossa audace e, come amano dire i loro fratelli romani, audaces fortuna iuvant. Tuttavia quel momento non è ancora arrivato.
Ora ci sono lei, Chris e una scatola che assomiglia pericolosamente ad una di quelle usate per contenere gli anelli durante le proposte di matrimonio. È una figlia di Ades e per amica ha avuto una figlia di Afrodite, non è una sprovveduta e tanto meno un'ingenua: sa come funzionano le cose.
Come ha visto l'oggetto offertole, ha fatto un passo indietro e non appena se ne accorge si affretta a recuperare la posizione. Arretrare non è dignitoso, arretrare significa mostrare al nemico che si è in difficoltà.
«Vuoi sposarmi?» le chiede Chris ignorando ciò che gli ha detto e la sua aria minacciosa.
Clarisse fissa prima lui e poi la scatola, quindi prega suo padre e tutti gli dei perché quell'imbarazzante situazione finisca, ma non succede nulla.
Le ha comprato un anello, un anello, pensa con angoscia.
«Non pensi sia prematuro parlare di matrimonio?» sbotta cercando di prendere tempo per non dover davvero fare i conti con ciò che lui le ha appena chiesto. Chris le ha appena fatto la grande proposta, con tanto di anello; non riesce a crederci. Chissà da quanto stava meditando questo piano.
«Stiamo insieme da sette anni» ribatte lui prontamente, l'aria di chi si aspettava resistenza e si è preparato un piano di attacco.
«Beh io credo che quando due persone si amano non c'è bisogno di ufficializzarlo con una cerimonia. Sono tutte apparenze ».
Si sta arrampicando sugli specchi, lo sanno entrambi.
Clarisse è, metaforicamente parlando, con le spalle al muro ed è una circostanza assai insolita, perché di norma accade il contrario, è lei a mettere alle strette il suo avversario.
In realtà in sette anni ha avuto modo di scoprire che Chris è in grado di metterla in difficoltà più di quanto le piaccia ammettere; come ora.
Non sa cosa fare. È la figlia del dio della guerra, è stata addestrata a combattere e uccidere mostri, ha partecipato a due guerre per salvare l'Olimpo ed è sopravvissuta, ma nessuno le ha mai insegnato come comportarsi con le persone e nello specifico con il suo fidanzato. Le occorre Silena, lei saprebbe come aiutarla — ma Silena è morta tanti anni prima.
«Di solito è l'uomo a fare questi discorsi, mentre la donna insiste per poter indossare l'abito bianco».
«Questo è uno stereotipo e sappiamo entrambi che puoi fare di meglio. Perché non c'è niente di anche lontanamente simile ad uno stereotipo nella nostra relazione» si infervora, sperando di intimorirlo.
Ma Chris continua a guardarla dritta negli occhi e a sostenere il suo sguardo senza cedere, fermo nella sua posizione.
«Clarisse...»
«Non fa per me».
«Clarisse...»
«Dico sul serio, non ci serve un matrimonio per essere felici».
«Clarisse».
La ragazza lo fronteggia e lo sfida ancora una volta, alla fine prende quella maledetta scatola che per tutto quel tempo lui ha pazientemente tenuto in mano.
«Oh è va bene, ti sposo!»

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Capitolo 14
*** Tempo (Leo/Calypso) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Leo/Calypso
Rating: verde
Genere: malinconico, sentimentale
Avvertimenti: drabble, het
Prompt: Vederlo crescere e invecchiare è la cosa più bella e dolorosa (Piscina di prompt)
Note: argh, sono piena di headcanons tristi, povero Leo (che in questa drabble va per i trenta). Inoltre ho da poco finito The Infernal Devices e il finale mi ha uccisa.





È mentre lo osserva riposare con la testa posata sul suo grembo che Calypso si rende pienamente conto di quanto sia cresciuto da quando si sono conosciuti — sembra ieri e invece sono passati anni.
È diventato più alto e lavorare alle forge ha giovato alla sua muscolatura, ha perfino un velo di barba del giorno prima e anche se continua ad essere il ragazzino iperattivo e dalla battuta pronta di cui si è innamorata, Leo è diventato più responsabile — effetto collaterale dell'essere sopravvissuto alla guerra contro Gea.
Gioca distrattamente con una ciocca ribelle e lo vede sorridere, l'espressione serena di chi ha finalmente trovato il proprio posto.
Fino a quando i suoi capelli resteranno scuri e folti? E il volto privo di rughe? Per quanto ancora sarà giovane e in forze? Quanto tempo hanno ancora? Lo sa bene che la vita umana è effimera e che quella di un semidio lo è ancora di più. Sarà presto adulto, nel fiore degli anni, poi verrà il lento declino e saranno più i giorni che ha lasciato alle spalle che quelli ancora ad attenderlo.
Per Calypso vederlo crescere e invecchiare è la cosa più bella e dolorosa.

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Capitolo 15
*** Lezione di volo (Percy/Annabeth) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Percy/Annabeth
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: flash fic, het, AU, Hogwarts!verse
Prompt: (Notte Bianca)
Note: per le altre due storie sull'Hogwarts!verse andare qui e qui.
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Mentre i suoi compagni di Casa corrono verso il campo per la prima lezione di volo, Percy rimane un po' indietro, chiedendosi se qualcuno noterebbe la sua assenza se ora tornasse al castello e quanti punti toglierebbero ai Tassorosso se venisse scoperto.
«Muoviti Percy, così si prenderanno le scope migliori!» lo avverte Grover e il ragazzo sospira sconsolato; fosse per lui potrebbero prendersele tutte. Forse può chiedere all'insegnante se può sedersi a bordo campo e guardare i suoi compagni esercitarsi.
La sua non è solo paura delle altezze, Percy è letteralmente terrorizzato di volare. Le poche volte in cui i suoi piedi non sono rimasti ben piantati per terra, gli sono successe cose poco gradevoli che hanno confermato la sua teoria: l'aria non è il suo elemento naturale.
A parte lui, sembra che nessuno tema quella lezione; i suoi compagni di Casa sono tutti eccitati dall'idea di imparare ad usare un manico di scopa e i Corvonero sono già in posizione.
«Che state aspettando?» chiede bruscamente l'insegnante, rivolgendosi ad alcuni Tassorosso intenti a chiacchierare «Prendete posto accanto alle scope, veloci».
Percy sospira e fa come gli viene detto, sul volto l'espressione di un condannato a morte.
«Dai, non sarà così male» bisbiglia Grover, mentre l'insegnante impartisce gli ordini.
Un coro di «Su» si leva nell'aria, ma solo a pochi il manico di scopa obbedisce al primo richiamo; tra questi c'è una Corvonero bionda e seria.
Accortasi di essere osservata, la ragazza gli rivolge uno sguardo di rimprovero che suona come un «Non perdere tempo e impegnati». Percy arrossisce e fissa la sua scopa, continuando a dire «Su» e sentendosi un'idiota. 
Ormai tutti hanno in mano il manico e l'insegnante lo guarda come se facesse apposta; quando ci riesce anche lui, qualcuno esclama «Finalmente!».
Il secondo passo è mettersi a cavallo della scopa, ma almeno quello non risulta poi così difficile, sebbene la sua presa sia da correggere.
«Al mio via, datevi una spinta e sollevatevi non più di un metro e poi tornate a terra. Non più di un metro, mi raccomando!»
Ma prima ancora che l'insegnante finisca di parlare, Percy inizia a sollevarsi e lo fa con gli occhi sgranati dalla paura. Si guarda intorno cercando un modo di fermare l'ascesa di quell'aggeggio infernale, ma nessuno gli è d'aiuto: stanno tutti dicendo di tornare a terra, come se lo facesse apposta.
«Fermati!» gli ordina l'insegnante, poi chiede ai suoi compagni di Casa come si chiama e Grover le risponde.
«Jackson, scendi!» gli ripete l'insegnante, sul volto un'espressione preoccupata.
Quattro metri, sei metri, otto metri: Percy vede il campo allontanarsi sempre di più e i suoi compagni diventare piccoli e le voci lontane. Non gli serve uno specchio per sapere che ha il volto terreo e grida non appena la scopa inizia a zigzagare in cielo. Si aggrappa con tutte le sue forze al manico, sperando di non cadere e immaginando le risate che si farà Clarisse.
E grida ancora più forte non appena la scopa decide che le capriole mortali possono bastare e punta in picchiata verso il suolo.
I Tassorosso e i Corvonero che lo osservano dal basso scappano alla rinfusa quando lo vedono precipitare verso di loro, anche l'insegnante si sposta, ma estrae la bacchetta.
Ciò che accade dopo è un ricordo confuso e doloroso. Qualcuno deve averlo fermato prima che si schiantasse al suolo, ma non in tempo per impedirgli di investire qualcuno, forse un Corvonero (spera non la bionda). Il resto è tutto nero e quando si sveglia realizza di essere in infermeria e di essere ancora vivo, anche se ha male ovunque.
«Quando dormi sbavi» gli dice una voce femminile e quando si mette a sedere con una smorfia, scopre che a parlare è stata proprio la ragazza di Corvonero, che ora siede al capezzale di un suo compagno di Casa.

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Capitolo 16
*** Stardust!verse (Percy/Annabeth) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Percy/Annabeth
Rating: verde
Genere: commedia, fluff, sentimentale
Avvertimenti: flash fic, het, AU, Stardust!verse
Note: non so in quanti abbiano letto Stardust di Neil Gaiman o anche solo visto il film, ma è un libro che amo e non ho potuto fare a meno di usarlo come base per una AU. Nel mio headcanon a riguardo Percy attraversa il Muro per salvare la madre dopo aver scoperto che il padre è un tale Poseidone che abita appunto aldilà del Muro. Ovviamente non appena mette piede nel regno gliene capitano di tutti i colori e finisce immischiato negli affari della famiglia reale (come nel Ladro di Fulmini viene accusato di aver accusato la folgore di Zeus; enorme licenza rispetto a Stardust). Immancabile la presenza di Annabeth nei panni della figlia di una Stella; nel libro di Gaiman il protagonista ha a che fare con una Stella, ma volevo mantenere la storia del "figlio/a di" e allo stesso tempo trovavo adorabile l'idea di Annabeth che si illumina quando sta con Percy. Basta non dico altro perché le note stanno diventando più lunghe della ff in sé.
E ora un po' di pubblicità: innanzi tutto vi presento il campmezzosangue se già non lo conoscere e poi vi invito al nuovo contest su Percy Jackson, Di semidei, mitologia e amore







Annabeth sta brillando.
La prima volta che se ne è accorto si è anche spaventato, perché va bene che sono dall'altra parte del Muro (la parte strana, la parte magica), ma non ha mai visto nessuno illuminarsi come ha fatto lei ed è piuttosto sicuro che non sia una cosa normale nemmeno da quelle parti. Ha creduto stesse male, che avesse contratto una malattia rara e si è sentito in dovere di rassicurarla. Le ha preso la mano (se possibile lei ha brillato un po' di più) e le ha detto: «Annabeth non ti spaventare, sei luminescente, ma troveremo una cura». Al che la ragazza si era improvvisamente spenta e nonostante poi gli avesse detto di non essere arrabbiata con lui, Percy la conosceva abbastanza da capire che in realtà era proprio arrabbiata con lui; solo che che non sapeva cosa avesse fatto, questa volta.
C'è voluto un po' prima che comprendesse, altri episodi di luminescenza che evidentemente non sono mai stati i sintomi di una malattia, bensì i rimasugli della discendenza di sua madre. Atena, l'algida e saggia Atena, è una Stella; a distanza di qualche anno, Percy si chiede come allora abbia potuto essere così sciocco da dimenticarsene.
Una volta ricordatosene, però, ha iniziato a interrogarsi su come mai Annabeth all'improvviso si illuminasse e sempre più frequentemente, tra l'altro. La ragazza ha fatto di tutto per glissare la domanda ed evitare una risposta diretta, confidando nel fatto che Percy non sarebbe mai venuto a capo del mistero; non in un tempo breve almeno e questo le dava un margine di vantaggio.
Anche adesso Annabeth sta brillando, ma ora il ragazzo ne conosce il motivo e non può fare a meno di sorridere e stringerla a sé. Lei si abbandona tra le sue braccia ed è splendida in quell'abito blu, radiosa.
Annabeth brilla perché è felice, perché sono insieme, perché è innamorata di lui e quando Percy la bacia la luce che emana è bellissima; sembra lei stessa una Stella.

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Capitolo 17
*** Il ballo del Ceppo (Jason/Piper) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Coppia: Jason/Piper
Rating: verde
Genere: fluff
Avvertimenti: one shot, het, au
Prompt: Hogwarts au
Note: di Hogwarts!verse che seguono questo headcanon, ossia del Torneo Tre Maghi affrontato da Percy, Jason e Zoe (rispettivamente per Hogwarts, Durmstrang e Beauxbatons), ne ho già scritte due (+ una di ambientazione vaga) e questa in particolare si ricollega all'incontro tra Jason e Piper davanti lo Specchio delle Brame. Ora, di solito vi lascerei i link alle varie storie, ma sono culopesa (più del solito si intende) e quindi se volete ve le cercate voi, tanto basta scorrere l'indice di questa raccolta per trovarle. 



«Dove sei stato l'altra notte?»
Jason rischia di soffocarsi con il pranzo, ma si mostra impassibile e nega con voce calma, senza tradire emozioni — o così spera. Ultimante lo colgono un po' troppo spesso di sorpresa e non è un buon segno.
«Mi sono svegliato e non c'eri».
Messo di fronte alla realtà, il mago ritiene che mentire non abbia più senso, inoltre Frank è un amico.
«Ero con...con una ragazza» bisbiglia imbarazzato, guardandosi attorno per accertare che nessuno stia ascoltando; per fortuna nessuno sembra essere abbastanza vicino da poter udire il loro discorso.
«Cosa?!» esclama Frank salvo rendersi conto di aver alzato troppo il tono di voce «E chi era? Reyna?» chiede quindi a voce più bassa, avvicinandosi al ragazzo, dimentico del pranzo.
«No. No!» risponde «Io e Reyna siamo solo amici, buoni amici».
Tuttavia l'occhiata dell'altro lascia intendere che non se la beve come scusa: lui e Reyna solo amici? Sono il duo più affiato di Durmstrang, i due favoriti per il Torneo Tre Maghi. L'intera scuola sospetta che siano innamorati l'uno dell'altra e in tutti quegli anni li hanno trattati come una coppia e loro non hanno né smentito né confermato.
«Allora con chi?» domanda ancora, convinto che in realtà si sia incontrato di nascosto con la loro compagna e non lo voglia rivelare.
«Una studentessa di Hogwarts» rivela infine Jason e a Frank quasi cade la mascella.
«Non ci credo» insiste allibito.
«E invece è così».
Il biondo non sta scherzando, lo capisce dallo sguardo serio, autorevole. Non c'è traccia di incertezza nella voce, gli ha appena detto la verità. 
Non riesce a credere che lui e Reyna siano solo amici, l'intera Durmstrang non può aver visto sbagliato, tuttavia non dubita delle parole dell'amico, così gli chiede di più.
«E chi sarebbe? È carina? Che avete fatto?»
«Io non lo so, era buio, abbiamo parlato...» risponde, esitante e vagamente imbarazzato. Non ha voglia di rivelare che Piper lo ha sorpreso in un'aula che non dovrebbe essere accessibile agli studenti, nel cuore della notte e che abbia intuito almeno in parte i suoi dubbi. Per qualche motivo è sicuro che la ragazza abbia saputo leggere dietro l'aria stanca e distaccata e interpretare i suoi silenzi. Non sa quanto a fondo abbia visto, quanto basta però per sospettare che il campione di Durmstrang non sia imbattibile come sembra e che basta uno specchio per farlo vacillare, più di quanto sembrino fare i suoi stessi compagni.
«No scusami, fammi capire, ti sei visito con una che non conosci e che non sai se è carina e avete parlato, di notte, nonostante il coprifuoco. Chi sei tu e che ne hai fatto di Jason Grace» ricapitola Zack, guardandolo perplesso. 
Lo sguardo di Jason vaga sulla Sala Grande senza sapere cosa davvero sta cercando, ma quando scorge una scompigliata zazzera castana intrecciata con piume comprende era proprio quello il suo obiettivo.
«Eccola, è lei, credo».
«Credi? E poi lei chi? Siamo a pranzo, è pieno di gente. Salutala» gli dice Zack, dandogli un ottimo consiglio, conscio però che lui stesso probabilmente non avrebbe il coraggio per metterlo in atto — altrimenti sarebbe seduto con Hazel.
Al contrario Jason sembra averlo trovato, perché dopo un'indecisione iniziale (sente gli occhi di tutti fissi su di lui, più del solito si intende) conviene che ne valga la pena e la saluta.
Al tavolo dei Grifondoro Piper, che fino a quel momento ha tenuto la frangia davanti agli occhi per osservare senza essere vista (spera), risponde al cenno discreto ma inequivocabile del ragazzo e con la forchetta a mezz'aria gli rivolge un sorriso forse troppo entusiasta.
«Beh, direi che è più che carina» commenta Frank.

Sin dal primo anno i Grifondoro hanno fatto lezione con i Serpeverde, cosa che ha sempre detestato perché significa restare in uno spazio chiuso con Drew Tanaka e Merlino sa quanto loro due si detestano. Scendere nel laboratorio è un supplizio che l'arrivo delle delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons non ha mitigato, fino ad ora almeno. Per la terza volta da quando è arrivato ad Hogwarts, Jason Grace ha seguito i Serpeverde, ma essendo arrivato in ritardo ha trovato posto solo accanto a lei. Sono passati tre giorni dal loro accidentale incontro davanti lo Specchio delle Brame e uno dal saluto che si sono scambiati nella Sala Grande, quindi è da quando si sono conosciuti che non parlano e sebbene abbia desiderato più volte trovare il coraggio per avvicinarlo, ora che le circostanze li ha affiancati davanti ad un pentolone è restia a prendere la parola. Il mago rimane il campione di Durmstrang e ai suoi occhi è quanto ci sia di più inarrivabile, inoltre la intimorisce ancora un po', infine ha il terrore di parlare a sproposito. Magari non vuole avere nulla a che fare con lei, ma i modi cortesi le suggeriscono che forse si sbaglia, che forse dovrebbe tentare — in fondo è stato lui a prendere l'iniziativa, per di più nella Sala Grande.
«Credevo mi avresti colpita» gli rivela dopo diversi minuti di silenzio, accettando una radice di rabarbaro e simulando noncuranza e sicurezza.
«Ma non l'ho fatto» replica, usando il suo stesso tono.
«Però ci hai pensato» gli dice e distogliendo lo sguardo dal pentolone lo guarda negli occhi «Ci hai pensato sul serio!»
«Detta così suona male, mi hai colto di sorpresa e questa è una cosa che non mi capita mai» si difende lui, ma sul volto di entrambi si sta aprendo un sorriso.
«Ho sul serio rischiato di prendermi un Avada Kedavra!»
«No beh, un Avada Kedavra no» la rassicura mescolando la pozione.
«Voi di Durmstrang siete così freddi e rigidi e ci guardate tutti male come se avessimo le antenne e spettasse a voi il compito di eliminarci» osa, conscia di non essere ancora in confidenza, sebbene una parte di lei le suggerisca proprio il contrario.
«È davvero questo l'effetto che facciamo?»
«Oh sì» conferma annuendo energicamente «Fate davvero paura».
«Io comunque pensavo ad un Oblivion» ribatte.
«Era la mia seconda scelta, o l'Avada Kedavra o questo» confida «Lo hai mai eseguito?»
«Mai avuta l'occasione» le bisbiglia, per non essere udito dal professore. Si sente un po' ribelle a chiacchierare durante la lezione.
«Ma che peccato» scherza lei «Felice di non essere stata la tua cavia. Ho sentito di un insegnante finito al San Mungo per un Oblivion finito male».

Annabeth e Piper si trovano nella Sala Grande e stanno sistemando alcuni appunti, quando Leo le raggiunge e si siede accanto a loro, la schiena appoggiata al tavolo e lo sguardo che scruta l'ampio salone.
«Perché devono muoversi sempre in branco?» chiede poco dopo, seguendo  alcune studentesse.
«Chi?» domanda Annabeth senza alzare lo sguardo dalle sue pergamene.
«Le ragazze!» risponde con ovvietà.
«Guarda che siamo anche noi delle ragazze» gli fa presente Piper.
«Allora spiegami perché non si riesce a prendervi da sole».
«Problemi nel trovare un'accompagnatrice per il ballo?» chiede la sua compagna di Casa «Non ci starai ancora provando con quella di Beauxbatons? Com'è che si chiama? Calypso?»
«Ho sentito che ci va con Blake, uno del sesto anno» lo informa la Grifondoro. Leo fa una smorfia, quindi le chiede se andrà al Ballo.
«Io...io non lo so».
«Non te lo ha ancora chiesto?» interviene Annabeth, il tono che oscilla tra lo stupore e il disappunto, e Piper scuote il capo in segno di negazione.
«Chi?» chiede il ragazzo.
«Come chi? Jason, ovviamente!» gli risponde la Corvonero, guardandolo come se lo avesse trovato distratto durante una lezione.
«Da quando gli insegnanti hanno annunciato che la sera di Natale ci sarà il Ballo del Ceppo, non ho avuto molte occasioni per parlargli e nessuno dei due ha mai accennato alla possibilità di andarci insieme. Inoltre credo che lo abbia già chiesto o lo chiederà a una sua compagna, a Reyna molto probabilmente».
«Oh beh allora possiamo andarci insieme» commenta allegramente Leo, ignorando il tono dispiaciuto dell'amica e guadagnandosi un'occhiataccia da Annabeth «Beh che c'è, che ho detto? Sarebbe fico, io sono affascinante e intelligente con un raffinato senso dell'umorismo, mentre tu sei una bellezza esotica. Se fossimo in un liceo Babbano, ci incoronerebbero Re e Reginetta della festa, te lo assicuro. Con il vantaggio di poter ballare e flirtare con chiunque dal momento che siamo solo amici e ahio, perché mi hai dato un calcio Annabeth?!»
La ragazza dapprima alza gli occhi al cielo, probabilmente chiedendosi se il Cappello Parlante non abbia fatto un errore smistandolo a Corvonero, poi gli indica con lo sguardo un ragazzo alto e biondo che ormai è a pochi passi da loro.
«Oh, oh, ciao Jason!» lo saluta fin troppo calorosamente «Posso mica chiederti un autografo?»
«Cosa? Sì beh, se lo vuoi...»
«Magari più tardi, Leo adesso non può, deve...deve darmi una mano il saggio per Trasfigurazione».
«Devo darti una mano con il saggio, da quando ti serve il mio aiuto per un saggio?» ma non fa a tempo ad dire altro che Annabeth lo ha già trascinato via.
Piper abbozza un sorriso, chiedendo scusa per il comportamento dell'amico e torturando la piuma della sua penna; non un ottimo segno.
Jason sembra aver perso la favella e il coraggio nello stesso momento, tant'è che lo sguardo speranzoso della ragazza si fa piano piano demoralizzato e le iridi da un bell'azzurro diventano scure.
«Allora, come va?» gli chiede e notando la sua tenuta sportiva — che tra l'altro gli dona molto — aggiunge «Sei stato al Campo da Quidditch con questo freddo?»
«A Durmstrang l'inverno è ancora più rigido» le spiega «E penso meglio a cavallo di un manico di scopa, l'aria fredda a volte aiuta a schiarirsi le idee».
«Non ne dubito» gli risponde e cerca di non soffermarsi troppo su quello che le ha appena detto «Ed è servito?»
«Penso di sì».
«Ne sono felice» risponde e mordendosi il labbro decide di aggiungere «Erano pensieri molto importanti? La prossima Prova?»
«Oh no, nulla del genere» si affretta a replicare, salvo rendersi conto che sta tergiversando troppo e che se non vuole perdere l'occasione deve sbrigarsi.
«Mi chiedevo se ti andasse di venire al Ballo con me» le chiede finalmente «Non come una coppia. Cioè sì, come una coppia, se non ti dà fastidio. Anche solo come amici va benissimo, anche se ci conosciamo da poco e quindi forse è azzardato anche definirci amici. Sempre che tu non abbia già un accompagnatore. Lo hai già non è vero? Avrei dovuto chiedertelo prima,  lo so, scusami. Tutto ciò è molto imbarazzante» conclude finalmente, l'aria di chi vorrebbe sprofondare sotto terra e non riemergere più. Da quando è arrivato ad ottobre, Piper non lo ha mai visto così adolescente, abituata ad un Jason Grace Campione di Durmstrang, promessa del Quidditch e tutti gli altri titoli che gravano come macigni sulle spalle di un ragazzo che alla loro età dovrebbe essere solo un ragazzo e niente più, e decide che le piace ancora di più.
«Sì, è decisamente imbarazzante» ride libera di ogni preoccupazione «Ma mi farebbe molto piacere».

«Campioni» li saluta la loro insegnante di danza «Dame e cavalieri fatevi avanti. Ora seguite le mie indicazioni».
Con un po' di imbarazzo tre coppie si formano al centro della sala.
«Mano sul fianco e vicini» ordina «Va bene...chi sei tu? Jackson giusto? Bene. Tu, Campione di Durmstrang, fai come fa Jackson, così».
Jason spera di non arrossire mentre imita l'altro mago e porta Piper più vicino a sé. Li separano solo qualche millimetro e se si chinasse appena riuscirebbe a baciarla, ma quello è un pensiero decisamente fuori luogo e non da lui, che lo distrae e al momento ha bisogno di restare concentrato.
La ragazza evita accuratamente di guardarlo negli occhi e cerca di non pestargli i piedi. È solo una sua impressione, o nell'aula fa molto caldo?
«Tu» le dice l'insegnate «Più grazia ed eleganza» e le raddrizza le spalle, sollevandole il mento e continuando a dare il ritmo, passando da una coppia all'altra.
Piper si sente graziosa come un cane a tre teste in una cristalleria e vorrebbe sotterrarsi per l'imbarazzo. Con la coda dell'occhio sbircia Annabeth e scopre che anche in quell'attività l'amica eccelle. Essendo poi, lei e Percy, amici sin dal primo anno e una delle coppie storiche di Hogwarts insieme a Charles e Silena, risultano affiatati anche nella danza. La stessa cosa invece non si può dire di loro due: Jason e Piper sono ancora imbarazzati per il contatto ravvicinato e finiscono per essere rigidi. Zoe, invece, pur apparendo distaccata dal suo accompagnatore, trasuda eleganza in ogni suo movimento, guadagnandosi un sacco di complimenti.
«Sono una terribile ballerina» si scusa la ragazza a fine lezione e ringrazia che non ci sia stata Drew ad assistere, ma il campione di Durmstrang le fa cenno di lasciar perdere.
«Posso affrontare un drago, ma non un ballo» scherza, felice che l'ora sia trascorsa e poi cambia argomento «Ti va di fare una passeggiata»
«Volentieri!»

A tre giorni dal Ballo del Ceppo, Piper non è ancora in grado di fare una piroetta senza inciampare e non ha un vestito, informazioni che non sa come sono giunte alle orecchie di Drew che non ha tardato a sottolineare che se Jason avesse scelto lei, problemi simili non ci sarebbero certo stati.
La tentazione di Schiantarla davanti a tutti è stata grande, ma in qualche modo è riuscita a trattenersi e a ritirarsi furiosa nel suo dormitorio. Silena molto gentilmente si è offerta di prestare uno dei suoi abiti, tutti vestiti stupendi che però non le sono andati bene; avrebbe potuto applicare alcuni incantesimi per aggiustare le misure, ma non se l'è sentita di rovinare i corrispondenti magici di Versace e Armani.
La mattina del 24 dicembre, però, quando tutto è sembrato inevitabilmente perduto, Lacy trova un pacco destinato a lei. Nell'incartamento Piper riconosce il tocco di sua madre e temendo il contenuto si premura di aprire il regalo al sicuro nel dormitorio. Nella scatola, tra fogli di carta velina, trova uno splendido e impalpabile abito bianco che non si sognerebbe mai di indossare, nemmeno nei suoi incubi peggiori.

Fa la sua comparsa in cima alle scale il più silenziosamente possibile, cercando di non dare nell'occhio, conscia però che sarà impossibile. Il fatto stesso di essere l'accompagnatrice del campione di Durmstrang la strappa dall'anonimato e la piazza tra le ragazze più chiacchierate di Hogwarts, scalzando Drew. Senza contare che il vestito di sua madre ha attirato l'attenzione sin dal suo arrivo quel mattino, quando nessuno lo aveva ancora visto.
Jason la sta aspettando sul pianerottolo, insieme agli altri campioni e i loro partner. Ci sono anche dei ritardatari, che si affrettano ad entrare nella Sala Grande.
Instabile sui tacchi, Piper affronta gradino dopo gradino la sua discesa verso l'inferno, ma lo sguardo di Jason che si illumina la convince che per una notte può concedersi scollature profonde e strascichi. Anche gli altri si voltano a guardarla e tutti sono stupiti della sua trasformazione, mai quanto lo sarà Drew comunque. Al posto delle treccine e delle piume, i capelli sono raccolti in una morbida acconciatura merito di Lacy così come il trucco che per la prima volta compare sul suo volto.
«Sei bellissima» esclama il ragazzo, porgendole il braccio. 

Jason si china sulla sua bocca e le lascia un bacio a fior di labbra, così leggero che potrebbero esserselo immaginati entrambi. Non sa dove abbia trovato il coraggio, quella sera la Grifondoro è ancora più bella, talmente bella da sembrargli irraggiungibile. 
Piper tiene ancora in mano i suoi sandali così si porta in punta di piedi per potergli circondare il collo e ricambiare il bacio, mentre le mani del ragazzo si posano sui suoi fianchi e la stringono a sé. Dei due ragazzi impacciati di qualche giorno prima non c'è più traccia.
Quando si interrompono è perché qualche studente ha fischiato e applaudito e certo, anche perché hanno bisogno di respirare, ma rimangono abbracciati e si guardano con un sorriso imbarazzato per diversi minuti, fino a quando non rimangono completamente soli e la notte porta via i rumori.
«È il caso che vada, credo» mormora lei, sentendo uno dei quadri intimarle di raggiungere il dormitorio se non vuole far perdere punti alla sua casa.
«Si, certo» le risponde, lasciandola andare controvoglia e augurandole buona notte. Rimane fermo, guardandola allontanarsi, lo strascico che fruscia sul pavimento di marmo.
A metà scala Piper si volta e gli sorride ancora.

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Capitolo 18
*** Dieci cose che nessuno sa su Clarisse La Rue ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Dieci cose che nessuno sa su Clarisse La Rue
Personaggi: Clarisse La Rue
Rating: verde
Genere: angst, fluff, introspettivo
Avvertimenti: het, headcanons
Note: urgono chiarimenti, lo so. È che Clarisse a me piace un sacco (e me la immagino pure più bella di come Riordan l'ha descritta). Le dieci cose sono ovviamente inventate da me. Mi piace pensare che Jaqueline (Jack) La Rue sia una detective della omicidi che incoraggiava la figlia nell'utilizzo delle armi. Che Clarisse abbia fatto un ingresso trionfale al Campo, ma che poi abbia avuto gli incubi e che per i primi tempi le cose non siano state facili per lei; ma non si è arresa e ha fatto il culo a tutti, as usual. Che Leonida sia il suo eroe preferito sebbene non sia stato un semidio. Il rapporto Clarisse-Silena è improntato su quello Achille-Patrocolo, ma ho voluto ancora una volta ficcarci dentro Lacedemone e il fatto che alla fine Silena sia stata la più la valorosa. Spero di non aver reso Clarisse OOC, ma lei è una persona che tiene ai suoi compagni, al Campo, quindi la sua paura più grande è che qualcuno possa morire. E in ogni caso se sono andatA OOC per una volta non me ne frega assolutamente niente, oh là. Mi piace anche pensare che Frank diventi il suo fratellastro preferito. E poi c'è la cosa di Tristan McLean: mi pareva divertente.
La storia è stata scritta per il contest Choose your cabin, anche se dubito che verrà portato a termine dato che il giudice è scomparso; io pubblico lo stesso. --> Terza classificata; grazie a DarkElf13 per aver sostituito la giudice dispersa.
Se volete fare qualche chiacchiera, proporre prompt o anche solo vedere con quanto amore rebloggo post su PercY Jackson e compagni, qui c'è il mio tumblr <3






 
Dieci cose che nessuno sa su Clarisse La Rue





1. Il coltello che porta alla caviglia è stato un regalo di sua madre.
Per il suo sesto compleanno il detective della omicidi Jack La Rue le aveva regalato una lista di buoni consigli e un coltello scelto insieme il giorno prima durante la pausa pranzo. Il venditore era rimasto perplesso quando le aveva viste entrare nel suo negozio e acquistare un coltello a lama fissa, ma loro non se ne erano preoccupate. La mattina dopo Clarisse lo aveva estratto dalla custodia come le bambine della sua età avrebbero preso una Barbie e aveva iniziato ad esercitarsi con costanza e impegno, consapevole che se si sarebbe dimostrata abbastanza capace e responsabile prima o poi avrebbe ricevuto in dono un coltello a farfalla. Jack infatti riteneva che a dieci anni una bambina dovesse essere almeno in grado di usare senza pericolo un balisong e Clarisse era intenzionata a possederne uno ben prima di quell'età.

2. A Phoneix ha visto suo padre per la prima volta.
Aveva sette anni e stava aspettando sua madre dopo l'allenamento di judo. Qualche tempo prima Jack era tornata a casa con gli opuscoli di diverse attività, dalle arti marziali alla pallacanestro femminile e le aveva detto di scegliere quella che preferiva. All'incrocio davanti la palestra si era fermata una possente moto di un bel nero lucente. In sella c'erano due persone, entrambe senza casco e incuranti di questo, come se nulla potesse loro capitare. Lei era la donna più bella che avesse mai visto. L'uomo, invece, le faceva paura. Prima che il semaforo fosse tornato verde, le era sembrato di sentire la donna dire «È te in miniatura», ma questo non era servito ad addolcirgli i lineamenti, se possibile, anzi, era diventato ancora più cupo; poi i due erano ripartiti con una poderosa accelerata e di quel fugace incontro a Clarisse non erano rimaste che due cose: il desiderio di avere una moto ed una istintiva paura nei confronti di quello che poi avrebbe scoperto essere suo padre.

3. La notte dopo aver affrontato il suo primo mostro ha avuto gli incubi.
Era arrivata al Campo Mezzosangue un pomeriggio di maggio ed era stata accolta con sguardi di ammirazione: a otto anni aveva già ucciso il suo primo mostro. Il coach Hedge raccontava a chiunque lo stesse ad ascoltare di come lui e la sua protetta avevano affrontato la Chimera e ne erano usciti vittoriosi. Clarisse si era sentita potente, invincibile, era una semidea, era la figlia del dio della guerra; ma la notte non era riuscita a dormire. Nei suoi sogni il mostro era vivo e affondava ripetutamente le zanne nella sua carne, strappandone grossi e sanguinolenti brandelli. Clarisse si era svegliata madida di sudore e nel buio della sua Cabina si era asciugata rapidamente le lacrime che bruciavano come una vergogna sulle sue guance. 

4. I primi tempi nella Cabina 5 non sono stati né facili né felici.
Era l'ultima arrivata ed era una femmina: i suoi fratelli, tutti più grandi, più forti e più cattivi, non erano impressionati dalla sua abilità con i coltelli né dalla Chimera che aveva sconfitto raggiungendo il Campo. Clarisse, abituata a piegare gli altri al suo volere, si era ritrovata a mangiare la polvere. Gli allenamenti a cui aveva pensato con entusiasmo si erano presto trasformati in un incubo di vesciche, sangue e sudore. Per quanto si sforzasse, i suoi fratelli continuavano a trattarla come se non fosse una di loro e la utilizzavano come bersaglio durante gli addestramenti.

5. Ma non si è arresa ed è diventata la migliore per impressionare i suoi fratelli e suo padre.
Avevano un motto lei e sua madre: i tempi duri passano, i duri no. Clarisse aveva fatto appello a tutte le sue energie, a tutta la sua forza di volontà e aveva continuato ad allenarsi giorno dopo giorno, settimana dopo settimana concentrandosi solo sull'arte della guerra: tutto il resto era superfluo, una distrazione e non le riguardava. Durante gli addestramenti continuavano ad atterrarla come se lei nemmeno opponesse resistenza e nell'arena ne riceveva almeno quanto ne dava. Ma lei era una dura e i duri resistono e vincono. Forte di questo Clarisse si era rialzata ogni volta e ogni volta aveva colpito con maggior impeto. Alla fine era diventata il guerriero più forte che il Campo potesse offrire e i suoi stessi fratelli avevano iniziato a guardarla con timore. Si era impegnata così tanto per dimostrare ad Ares e alla sua discendenza quanto valesse la figlia del dio della guerra, ma alla fine ad impressionarsi era stata lei stessa — era divenuta invincibile.

6. Ha tinto di rosso la sua armatura come gli Spartani tingevano di rosso i loro mantelli.
Non aveva pensato al sangue, quando aveva l'aveva dipinta, ma al cremisi degli Spartani, al mantello di Leonida e dei suoi Trecento intrepidi soldati che con lui erano caduti alle Termopili. Voleva essere coraggiosa come loro ed essere ricordata in eterno, entrare nelle pagine della storia — quale figlio di Ares non avrebbe voluto essere come re Leonida? Sparta era il mito di tutti loro, un modello da seguire, un'ispirazione e Clarisse desiderava più di ogni altra cosa essere un eroe, che un giorno guardassero a lei quale esempio di virtù guerriera. Credeva le avrebbe dato un'enorme soddisfazione, ma una volta ucciso il drago, una volta che il suo valore era stato riconosciuto da suo padre di fronte a tutti gli dei, Clarisse si era sentita vuota e sola. Non era lei l'eroe, non era lei a meritare la gloria. Era Silena, la bella e dolce Silena che non amava la guerra, ma che non aveva esitato a scendere in battaglia e che ora era morta. Alla fine, era stata una figlia di Afrodite ad essere degna di Leonida e dei suoi Trecento.

7. Non ha mai smesso di avere paura.
Quando era piccola Clarisse era sicura che nell'armadio ci fosse un mostro e ogni sera si addormentava fissando le ante come se potessero spalancarsi da un momento all'altro. C'erano volute settimane perché si decidesse a dirlo a sua madre e Jack La Rue si era limitata a metterle un coltello sul comodino, ma era servito e non aveva più avuto paura, ameno per un po'. A otto anni aveva scoperto che suo padre era un dio e i mostri esistevano davvero; la prima notte al Campo aveva avuto gli incubi e avrebbe continuato ad averli se Chirone non l'avesse istruita alla phobologia, antica disciplina praticata a Sparta. Crescendo aveva imparato a mostrarsi impavida; era forte Clarisse, era feroce, era invincibile ed era maestra nell'esercitare l'aphobia. Ma poi Chris si schierato contro il Campo e lo aveva odiato per questo; poco dopo però lo aveva ritrovato nel Labirinto ed era stato terribile — aveva temuto di perderlo, come poi avrebbe perso Silena. La paura, la sua paura più grande, era ritornata con Gea, ma forse non se n'era mai andata: quella di non riuscire a proteggere il Campo, la paura che qualcun altro morisse.

8. Ha un debole per Tristan McLean.
Aveva visto più volte tutti suoi film e in alcune occasioni si era anche azzardata a cercarlo su Google. E sebbene sospettasse che almeno due persone (Silena e Chris) ne fossero a conoscenza, nemmeno sotto tortura avrebbe mai ammesso di essere una fan di Tristan McLean.

9. Ritiene che in fondo i figli di Marte non siano male.
La prima volta che aveva visto Frank Zhang era rimasta delusa — era davvero quello il tanto acclamato figlio di Marte, uno degli eroi che li aveva salvati da Gea? Troppo mite e cordiale per i suoi gusti, non sembrava un valoroso guerriero e soprattutto non incuteva paura, probabilmente sarebbe stata in grado di batterlo in pochi minuti nell'arena, tanto più che era un formidabile arciere — quale figlio di Ares preferisce l'arco alla spada? La prima impressione aveva faticato ad andarsene ed era servito del tempo prima che Clarisse iniziasse a considerarlo un suo pari, ma alla fine era giunta alla conclusione che Frank Zhang non fosse poi così male; era simpatico e ci sapeva fare anche con la spada. Questa era una delle cose che non avrebbe mai ammesso e che alcuni suoi amici avevano però intuito.

10. Non ha mai sottovalutato il potere dell'amore, non davvero.
Il fatto che non reputasse degne di attenzione le figlie di Afrodite (cosa che non era poi così vera, dal momento che una di loro era diventata la sua migliore amica) non aveva mai impedito a Clarisse di temere e rispettare il potere della loro madre. Non era una sciocca, non si sarebbe mai permessa di sottovalutare Afrodite; la dea sapeva essere vendicativa, bastava pensare alle donne di Lemno. Le peggiori guerre e le tragedie più famose erano state scatenate dall'amore, a Troia si erano uccisi per anni solo per una donna e il suo stesso padre era più volte finito nei guai per essere stato l'amante della dea. Tuttavia quando era toccato a lei, era stata colta di sorpresa. Perché non avrebbe mai immaginato di innamorarsi, non ne aveva avuto né il tempo né l'intenzione eppure era accaduto e andava bene così.

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Capitolo 19
*** Endless road (Ares/Afrodite) ***


Titolo della storia: Endless road
Genere: introspettivo, generale, sentimentale
Rating: verde
Coppia scelta: Ares/Afrodite, accennate Ares/madre di Clarisse e Afrodite/padre di Silena
Note autore: questa storia nasce come continuazione di quest'altra, o meglio, di un suo punto. Perché si tratta di una "dieci cose che nessuno sa su" e la protagonista è Clarisse (2. A Phoneix ha visto suo padre per la prima volta). Sempre qui compare sua madre, la detective della omicidi Jaqueline (Jack) La Rue.
Ares va a Phoneix perché un po' è curioso, non gli capita spesso di avere una figlia, e si porta con sé Afrodite perché sì. Non ce li vedete benissimo anche voi a sgommare sulla Route 66, la famosa strada che collega le due sponde degli States e che fatalità passa sopra Phoenix. Non ho idea se ci siano are di servizio, ma immagino di sì, spero di sì; in ogni caso quella in cui sostano loro è totalmente inventata.
La storia doveva essere principalmente su Ares ed eventualmente Jack, ma alla fine si è messa in mezzo Afrodite e ha monopolizzato l'attenzione. Siccome non sono sposati e non sono nemmeno divinità della fedeltà coniugale come lo è Era, non ce li vedo gelosi dei propri amanti umani, tutta gente che dura qualche anno e poi cade nel dimenticatoio, mentre loro due restano. Essendo poi Afrodite la dea dell'amore, la immagino di aperte vedute. 
Le strofe in apertura e in chiusura sono della canzone Highway to hell degli AC/DC.
Partecipante al contest Un'offerta per gli dei (no, mi dispiace, niente pizza carbonizzata) indetto da Fantasiiana sul forum di EFP e classificata settima, vincendo il premio best pairing.




Living easy
Loving free
Season ticket on a one way ride
Askin' nothing
Leave me be



«Non è stato un caso, non è vero?» gli chiede Afrodite con voce squillante, un sorriso ad incresparle le labbra scarlatte. In realtà conosce la risposta; ha intuito la verità già quando Ares, dopo averle proposto un giro in moto, l'ha avvisata che avrebbero fatto una deviazione per Phoenix. Phoenix. Come se ci fosse davvero qualcosa lì. Il suo primo pensiero, quindi, è stato una donna, un'umana e ha sperato che ne valesse davvero la pena perché lei, Afrodite, non va in Arizona per una sciacquetta qualunque — non è mai stata un'amante gelosa, esigente, certo, e impegnativa, ma mai gelosa, non di un'umana per lo meno, che sarebbe sfiorita nel giro di pochi anni mentre lei sarebbe rimasta bella e desiderabile per sempre.
E in un certo senso è stata accontentata; certo, la mortale in questione si è rivelata essere una bambina, ma non capita tutti i secoli che Ares si scomodi per una marmocchia che per inciso non è nemmeno troppo graziosa. Non appena l'ha vista, all'uscita da una palestra, ha riconosciuto i tratti del padre e come non farlo; bassa e tarchiata, torva, nello sguardo una luce dura e violenta. Non diventerà mai una bella donna, questo è chiaro. Se i lineamenti squadrati, brutali e l'aria aggressiva hanno sempre donato agli altri figli di Ares, ai figli maschi, lo stesso non si può dire per lei. Forse sarebbe stato meglio per la bambina prendere un po' più dalla madre; chiunque essa sia deve essere una bella donna per aver attirato le attenzioni del dio della guerra, con un carattere forte e una spiccata propensione per la violenza. Ripensandoci, forse non necessariamente bella; ricorda ancora con orrore la parentesi Diva of Doom. Ovviamente quello non era il suo nome di battesimo, all'anagrafe era Natalya Qualcosa, ma quando saliva sul ring diventava Diva of Doom e vinceva un duello dopo l'altro strizzata in una tuta verde fosforescente; un vero orrore, per fortuna Ares si è stancato relativamente presto del wrestling femminile.
«Allora?» insiste, perché vuole sentirglielo dire e strappargli qualche altra informazione sulla bambina che hanno visto a Phoenix. Il dio smonta dalla moto con irritazione, probabilmente rimpiangendo il momento in cui ha deciso di fare una sosta in quella stazione di servizio, ma Afrodite non intende rinunciare e sanno entrambi chi l'avrà vinta alla fine.
«Che coincidenza trovare tua figlia all'incrocio» continua, seguendolo attraverso le pompe di benzina e arricciando il naso per la puzza «Da quanto tempo la sorvegliavi? A me puoi dirlo, lo sai, non c'è nulla di male».
Sul finire della frase ha rischiato di lasciarsi scappare una risata. Nessuno di loro si preoccupa troppo della propria progenie, nemmeno lei che si premura di reclamare le sue figlie come tali (non esiste che passino anche una sola notte con quei debosciati dei ragazzi di Ermes) poi presta loro attenzioni. La vita di un mortale è così effimera, un battito di ciglia e le sue bellissime bambine sono diventate vecchie e lei si è persa gli anni migliori della loro vita, c'è da restarne offesi. E Ares, tra tutti gli dei, è forse il meno interessato alla propria prole; che muoiano in vecchiaia o appena adolescenti a lui non fa differenza. Per questo scoprire che ha addirittura tenuto d'occhio sua figlia ha dell'incredibile.
«Sapevo che sarebbe stata lì, ogni giovedì ha lezione di judo» ammette burbero il dio, capitolando prima del previsto e senza che Afrodite sia davvero ricorsa al suo fascino. Gli lancia un'occhiata incoraggiante e mentre aspetta che prosegua si sofferma sul dinner in cui sono entrati.
Dalle finestre filtra una luce itterica, l'aria è stagnante e l'arredamento senape è un'offesa al suo senso estetico. È un locale di terza classe che avrebbe urgente bisogno di una ristrutturazione o almeno di una ritinteggiata, dal momento che lì dentro l'unica vernice perfettamente stesa è quella del suo smalto. Ma poiché lei e Ares stanno impersonando una coppia di motociclisti si deve accontentare e in fondo non è nemmeno il peggior posto in cui il dio l'abbia mai portata. Quando attraversa con grazia il dinner per raggiungere uno dei tavoli accanto le finestre gli avventori si dimenticano di quello che stanno facendo e Afrodite si bea dei loro sguardi adoranti. 
«Che altro vuoi che ti dica?!» dice il suo amante, prendendo posto davanti a lei e scrutando con disinteresse il locale; immediatamente i presenti tornano impauriti a svolgere le loro attività e solo qualcuno si azzarda a risollevare lo sguardo per osservare la donna più bella che hanno mai avuto modo di vedere.
«Ma tutto, ovviamente!» esclama la dea prendendo in mano il listino plastificato ma perdendo presto interesse per i cibi umani «Come si chiama, chi è sua madre, come l'hai conosciuta. Avanti, racconta, non farti pregare».
«Non so come si chiami».
«Ah no? Però sai che il giovedì ha gli allenamenti?» domanda alzando un sopracciglio.
«E va bene, si chiama Clarisse e sua madre invece Jack».
«Jack?»
«Jaqueline La Rue».
«Oh ma che bello, è francese!» esclama con un gran sorriso, le sta già simpatica.
«Non lo so» replica lui, dimostrando ancora una volta poca attenzione per i dettagli. Cose che le donne notano invece. Ogni tanto Afrodite si chiede come riesca a sedurre le mortali, ma poi si ricorda che è il suo amante preferito e sospira qualcosa come "ah, l'amore, l'amore".
«Non glielo hai mai chiesto? Con un nome del genere? Va bene, veniamo a come l'hai incontrata».
«Mi ha rubato la moto» ringhia Ares e ricordandosi l'episodio si incupisce ancora di più. Lei lo aveva definito sequestro, ma dalle sue parti era furto, una cosa che lui è sempre stato solito punire con la morte o se di buon umore con una mutilazione.
«Una ladra?! Avrei giurato che fosse più il tipo di Ermes, sai. Ladre e donne in carriera».
«No, uno sbirro» la corregge.
«Proprio tu, che di solito ti diverti ad aizzare i manifestanti contro le forze dell'ordine. Cosa non è in grado di fare l'amore» replica ancora più divertita.
«Mi ha rubato la Harley» ripete rancoroso, agitandosi sulla sedia.
«Ho capito, ho capito! Ma tanto è qui, no, ce l'hai ancora» commenta indicando la mastodontica moto di un bel nero lucente che li aspetta sotto il sole dell'Arizona dall'altra parte del vetro «A meno che non abbia combinato altro. E comunque ci hai fatto una figlia, quindi che... No, non può... Può? Ti ha davvero sbattuto in cella?!»
Ricordare Jack La Rue e i primi tempi con la donna lo fa ribollire di rabbia come se li stesse vivendo in quel momento; Afrodite deve essersene accorta eppure insiste con il voler sapere.
Dopo che l'umana gli aveva sottratto e anche restituito la Harley (le era servita per inseguire un sospettato, ma non gli interessava), Ares era andato a cercarla per darle una lezione — il fatto che fosse una femmina non lo avrebbe fermato dal tagliere la testa se lo avesse ritenuto necessario. Ed era stato allora che Jack gli aveva messo le manette, un'altra delle cose che non dimenticherà per molto tempo, qualche secolo come minimo; in seguito si era giustificata con una scrollata di spalle, dicendogli che un tempo lavorava per la narcotici e il suo volto le aveva ricordato quello di un boss mafioso che trafficava in eroina.
«Avrei voluto assistere. Perché non c'ero? Cosa stavo facendo?» chiede la dea, sforzandosi di ricordare, ma quando si vive per così tanto tempo e gli anni umani scorrono come attimi, è difficile tenere a mente ogni cosa che si è fatta.
«Che vuoi che ne sappia, io. Stavi con lo scultore. O forse era il periodo in manifestavi a favore degli omosessuali» le risponde infastidito.
«No, no, lo scultore era molto prima. E partecipo tutt'ora ai gay pride, l'amore deve essere libero e senza pregiudizi».
«Il tizio del cioccolato?» propone allora con un sospiro stanco. Non ha voglia di parlare delle sue amanti né di sentir parlare di quelli di Afrodite, ma ancora una volta gli è sfuggita di mano la situazione. Forse non avrebbe dovuto portarsi con sé la dea, forse non sarebbe nemmeno dovuto andare a Phoenix. Sebbene con Jack qualche anno prima ha avuto modo di passare dei momenti interessanti (se non si contano i loro primi incontri e l'iniziale diffidenza di lei), ormai è acqua passata, lui non torna mai a ritrovare le mortali che seduce e i figli, beh, i figli che si arrangino. Ha dato loro metà di quello che gli umani chiamano patrimonio genetico, quanto basta per sopravvivere, che altro vogliono? Se si fanno ammazzare non è certo colpa sua, vuol dire che sono deboli e che la selezione naturale ha fatto il suo corso. Clarisse non fa eccezioni, tanto più che è una femmina.
«Henry, Henry Beauregard! Come ho fatto a dimenticarmene! Gli ho anche dato una bellissima bambina che dovrebbe avere all'incirca la stessa età della tua» si illumina Afrodite «E il suo cioccolato, il suo cioccolato è afrodisiaco. Tornerò a trovare Henry e me ne farò dare una confezione perché devi assaggiarlo».
«Beuregard?» chiede, ricordando quel nome «Come il generale che ha dato inizio alla guerra di secessione? Mi piaceva quel tipo» e la dea annuisce.
«Ma continua a raccontarmi di Jaqueline, ti prego. Dopo questi imperdonabili affronti come ha fatto a rientrare tra le tue grazie?»
«Ha un bel culo» ammette Ares, ricordando il corpo tonico di Jack «E sa il fatto suo» e poi sbraita «In questo posto non vengono a prendere le ordinazioni?!»
Neanche mezzo secondo dopo si presenta un ragazzo smilzo, con troppo gel in testa e una divisa di almeno una taglia più grande. Tiene nervosamente tra le mani un block notes e non sa da che parte guardare, i due clienti lo innervosiscono. Lui è l'uomo più minaccioso che abbia mai incontrato e nel locale di brutti ceffi ne passano tutti i giorni, ma questo è davvero spaventoso e sebbene lo sguardo sia nascosto da un paio di lenti da sole nere è certo che lo stia guardando con aria truce. Lei invece è splendida, boccoli biondi e occhi di cielo; non lo sta nemmeno considerando, ma per quella sublime creatura sarebbe disposto a fare qualsiasi cosa. Quando se ne torna in cucina con le ordinazioni, lo fa a malincuore e allo stesso tempo tirando un sospiro di sollievo.
«E Clarisse?» chiede Afrodite, che del cameriere ha registrato quanto basta e cioè che non vale nemmeno uno sguardo «Ti sei per caso affezionato alla bambina?»
«È una mocciosa come tante altre» minimizza lui.
«Però è tua figlia. La prima dopo molto tempo».
«Non ricominciare, lo sai come la penso. I maschi sono più forti, mi servono meglio».
«Oh sì certo, vallo dire ad Atena o ad Artemide» ribatte Afrodite, ricordando almeno un paio d'occasioni in cui Ares è stato sconfitto dalle due divinità «Sono certa che se ha preso almeno un po' dalla madre non ti deluderà. Ti porterà gloria, teste mozzate e tutto il resto».
E ci crede veramente. Le è bastato guardarla per pochi secondi per capire che quella Clarisse è una guerriera, più di quanto lo siano molti dei suoi fratelli ed è certa che anche il dio lo abbia intuito. Avrebbe ammazzato mostri, portato a termine imprese, si sarebbe fatta temere da tutti e poi avrebbe raggiunto i Campi Elisi. Un po' triste come futuro, per essere una femmina, ma di come spendono la loro vita i mortali gliene interessa assai poco alla fine. Sono passati i bei tempi in cui occuparsi degli umani era un passatempo soddisfacente; l'era di Achille è ormai acqua passata, si chiede se troverà più degli eroi in grado di distrarla, ma soprattutto le mancano Elena e Paride, di mortali come loro non ne fanno più da un bel po' ed è un vero peccato.
Mentre sbocconcella senza interesse il piatto che le è arrivato qualche istante prima, guarda il paesaggio dietro al vetro sporco e scorge in lontananza il profilo consumato di una catena montuosa che forse è vecchia quanto lo è lei e tutto attorno il deserto: sterpaglie bruciate dal sole, rinsecchiti arbusti e qualche solitario cactus che nella loro monotonia risultano più interessati del locale. Con un sospiro teatrale allontana il piatto e fa notare al dio che si è stancata di quel posto così poco adatto a lei. Va bene andare a Phoenix, va bene percorrere la Route 66, va bene frequentare ambienti poco appariscenti per non destare i sospetti di Efesto, ma quel dinner farebbero meglio a demolirlo, sarebbe un'opera di carità: constatare come certi umani non tengano alla bellezza è un'offesa nei suoi confronti. Ares, che in posti del genere di solito si trova a suo agio, sembra però essere d'accordo e si alza dopo aver trangugiato la sua birra fredda. Con le sue spalle possenti, i bicipiti muscoli e l'aria arrogante, il dio troneggia con facilità su tutti i mortali.
«Hai da pagare?» le chiede e Afrodite alza con grazia gli occhi al cielo; arrivati a questo punto, non c'è speranza che il suo amante preferito impari le buone maniere.
«Io non pago, mai» replica con ovvietà. A cosa le servirebbe mai avere una carta di credito se può usare quelle degli altri, se quando entra in un negozio gli uomini si sbracciano per poterle pagare il conto.
«Puoi pensarci tu allora?»
Scuotendo lievemente il capo, la dea raggiunge il cameriere che li ha serviti e il ragazzo vedendola arrivare assume un'intensa sfumatura di rosso.
«Tutto quello che vuoi» sfiata prima che lei possa dire qualsiasi cosa. Sorride, Afrodite, e il tempo di sussurrargli due parole dolci è fuori con Ares.
Non che abbia davvero bisogno di respirare, ma l'aria aperta è quasi un toccasana in confronto a quella all'interno del dinner, sebbene avverta chiaramente l'odore sgradevole della benzina. Senza contare che il cielo è di uno splendido azzurro, punteggiato di nuvole solo sulle cime dei monti in lontananza: è una bellissima giornata e sarebbe stato un vero spreco restare lì dentro un minuto di più.
Mentre si dirigono verso la Harley, l'uomo le mette una mano sul fianco e la stringe a sé, brusco, strappandole un bacio con improvviso ardore — uno degli innumerevoli motivi per cui dopo più di tremila anni sono ancora una coppia. Non si stancano mai l'uno dell'altra e come potrebbero, si completano a vicenda, sono le due facce della stessa medaglia. La loro è una strada senza fine, che si srotola lungo le ere e procede in un'unica direzione, senza limiti. 
Ares si dimentica di ogni cosa quando bacia Afrodite, dalle occasionali amanti umane alle faccende di guerra. C'è stato un tempo, molto molto lontano, in cui si è sentito offeso per non essere stato preferito a Efesto, il fratellastro brutto e zoppo buono solo a costruire armi e non certo meritevole della dea dell'amore e dalla bellezza. Ora c'è solo la soddisfazione di sentirla morbida e calda sotto le sue carezze.
Quando sale sulla moto, Afrodite si prende qualche secondo per ammirare la sua corporatura atletica, il giubbotto di pelle che gli ha regalato tendersi sui muscoli delle braccia e delle spalle, il profilo volitivo.
«La prossima volta potremmo tornare in quel capanno da caccia» gli propone, pensando a loro due in mezzo ai boschi con un po' di botti di Dioniso «Potremmo restarci qualche mese».
Il volto di Ares si apre in un sorriso ferino; dietro le lenti gli occhi ardono di desiderio.
«Avremmo tutto il tempo e l'intimità per parlare delle nostre bambine, pensa se diventassero amiche. Sarebbe bellissimo, non trovi?» lo provoca, non resistendo alla tentazione.
«Sali» sbraita il dio e ridendo con voce argentina Afrodite lo raggiunge, prendendo posto dietro a lui e stringendosi al suo petto muscoloso.
«Come siamo suscettibili» gli sussurra all'orecchio divertita, posandogli un bacio sulla mascella sfregiata.
Sta ancora ridendo quando il motore ruggisce e la moto viene lanciata a gran velocità sulla strada, mangiando rapidamente l'asfalto bollente della Route 66 che taglia a metà il deserto dell'Arizona.

 
No stop sign
Speed limit
Nobody gonna slow us down

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Capitolo 20
*** Accorciare la distanza (Clarisse & Frank) ***


Autrice: kuma_cla
Personaggi: Clarisse, Frank
Rating: verde
Wordcount: 445
Prompt
Clarisse & Frank, tiro con l'arco
Note: storia scritta per l'iniziativa L'albero delle iniziaparole indetta per festeggiare il compleanno della communty piscinadiprompt e per la challenge Dei, miti ed eroi della community campmezzosangue. L'iniziativa della piscina prevede che una fanwriter inizi una storia (tra le 100 e le 500 parole) usando uno dei prompt proposti e una delle parole in elenco e poi un'altra fanwriter continui la fanfiction. Allora, chi ha voglia di continuare la mia? Per farlo andate quivipregovipregoviprego.
(About Clarisse & Frank, ho questo headcanon in cui la semidea fa penosamente schifo nel tiro con l'arco, iniziamente sottovaluta il fratellastro e lui invece prova una sorta di sacro timore reverenziale nei suoi confronti; per saperne di più sbirciate qualche capitolo indietro).



Quando il Coach Hedge ha deciso di farli incontrare, sostenendo che avevano entrambi molto da imparare l'uno dall'altro, Clarisse ha trattenuto a stento un «Figurati, da Frank Zhang» e ha accettato perché ad un'occasione per rendere ridicolo un romano non si dice mai di no. Tuttavia, sotto consiglio di Chris, ha concesso al ragazzo di trovarsi nei boschi del Campo Mezzo Sangue. Al principio è stata dispiaciuta («Il pivello non vuole che lo si veda con il sedere per terra»), ma ora è felicissima di trovarsi circondata dai pini: può ucciderlo senza testimoni. Come osa Frank Zhang proporre di insegnare a lei, Clarisse La Rue, il tiro con l'arco; come se quella fosse un'arma seria, come se non fosse in grado di lanciare una freccia.Il ragazzo sembra intuire di aver detto qualcosa di sbagliato, perché si allontana immediamente di qualche passo.
«Cioè se ti interessa» aggiunge frettolosamente «Se non hai nulla di meglio da fare».
«Noi non usiamo l'arco».
Noi. Noi figli di Ares, noi veri guerrieri, non tu. Frank ha recepito il messaggio e cerca di non mostrarsi né dispiaciuto, né spaventato. Lo avevano avvertito che con Clarisse non sarebbe stato facile.
«Anche papà ha detto una cosa simile» le racconta «Dopo avermi riconosciuto, mi ha suggerito di iniziare ad usare un'arma più seria e mi ha dato una lancia» la semidea annuisce, approvando la scelta «Ma è stato con l'arco che mi sono sentto invincibile per la prima volta, non sono cose che si dimenticano».Forse è per via della sua aria (l'avevano avvertita che a Frank Zhang era difficile dire di no) o del fatto che in fondo riconosce che ci vuole fegato a non ascoltare Ares o che, ancora più in fodo, una fedifraga parte di lei lo stima (il ragazzo ha contribuito a salvarli da Gea), in ogni caso, qualunque sia il motivo, dedice di non sgozzarlo seduta stante.
«Noi cerchiamo lo scontro, il contatto diretto con l'avversario» gli spiega «L'arco invece è un'arma che non ti permette tutto ciò. Vincere senza essersi sporcati le mani non è vincere».
«Ma Apollo e Diana sono entrambi arcieri» obietta, iniziando a comprendere l'ottica della ragazza.
«Sì beh, infatti noi non andiamo d'accordo».

Quando tornano al Campo, Frank è certo di vedere un discreto numero di semidei assumere un'espressione delusa e realizza che hanno scommesso sulla sua sopravvivenza e hanno appena perso. Non è certo di come sentirsi, se ferito o al di sopra di tutto ciò.
«Ti fermi a cena?» gli chiede Clarisse, brusca.E Frank decide che non gliene importa nulla delle scommesse dei greci, perché quel giorno è riuscito ad accorciare la distanza con la famosa figlia di Ares. Per come la vede lui, ha appena vinto.

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Capitolo 21
*** Lezioni di volo (Thalia&Jason) ***


Autrice: kuma_cla
Personaggi: Thalia, Jason
Rating: verde
Wordcount: 302
Prompt: Thalia & Jason, lezioni di volo

Note: storia scritta per l'iniziativa L'albero delle iniziaparole indetta per festeggiare il compleanno della communty piscinadiprompt e per la challenge Dei, miti ed eroi della community campmezzosangue. L'iniziativa della piscina prevede che una fanwriter inizi una storia (tra le 100 e le 500 parole) usando uno dei prompt proposti e una delle parole in elenco e poi un'altra fanwriter continui la fanfiction. Allora, chi ha voglia di continuare la mia? Per farlo andate quivipregovipregoviprego.



 
«Se hai cambiato idea possiamo sempre tornare indietro» le dice, notando l'aria preoccupata con cui guarda la valle sottostante. Sono in cima al Grand Canyon per la prima lezione di volo di Thalia, ma la ragazza sembra aver perso tutta la determinazione che l'ha spinta ad arrivare fino a lì.
«Non se ne parla» replica lei, sforzandosi di non sembrare terrorizzata «Poi chi lo sente più Percy».
«Ci siamo solo io e te, qui. Posso dirgli che hai volato, non saprà mai che –»
«Cosa? Che mi sono tirata indietro? Mai» ribatte Thalia, oltraggiata dalla proposta del fratello «Ora dimmi cosa devo fare».
Il pensiero di Percy che la prende in giro sembra averle restituito il coraggio e la determinazione, facendole dimenticare che si trova a milleseicento metri di troppo sopra il livello del mare. Effettivamente una figlia di Zeus che soffre di vertigini è quanto meno singolare, ma Jason non si permetterebbe mai di ridere di sua sorella.
«Salta».
«Così, di petto, mi butto» borbotta la semidea, sporgendosi per adocchiare le rocce e i cespugli sottostanti e ritraendosi il secondo dopo; troppo, troppo alto.
«Esatto».
«E se non volo?» chiede, ignorando il puma che li osserva dall'altra parte della gola.
«Certo che voli».
«E se non volo?»
«Ci sono io» la rassicura e notando la sua occhiata aggiunge con un sospiro «Ti sembra che lascerei mia sorella spiaccicarsi al suolo? Chiedi a Piper, l'ho sempre presa. Sempre».
Thalia guarda suo fratello; baciato dal sole torrido dell'Arizona, Jason Grace è l'immagine del ragazzo perfetto. Trasmette sicurezza: in sua presenza non può accaderle nulla di brutto.
«Sì beh, suppongo che tu abbia una buona presa dal momento che è ancora viva, però sai, magari le correnti...» ma le parole le muoiono in gola perché all'improvviso si sente spingere in avanti e la terra mancarle da sotto i piedi. Jason si sente immediatamente in colpa, perché non è da lui ricorrere a certe scorrettezze; da Leo forse, ma non da lui. «Jason Grace, anche se sei mio fratello io ti uccido con le mie mani!»

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Capitolo 22
*** A light in the dark (Leo Valdez) ***


Autrice: kuma_cla (Amaranth93)
Titolo: A light in the dark
Fandom di ambientazione: Teen Wolf
Scena scelta: Parrish compare nel totomorte e il collega gli dà fuoco
Fandom dei personaggi: Percy Jackson
Personaggi scelti: Leo Valdez, Jason Grace, Piper McLean, Annabeth Chase, Percy Jackson (accennati Frank, Hazel, Calipso, Nico)
Genere: generale, commedia (?)
Avvertimenti: AU
Rating: verde
Introduzione: L'ultimo pensiero è che su quel totomorte lui nemmeno dovrebbe esserci. La sua solita sfortuna.
Note: seguendo in parte il plot di Teen Wolf e in parte il canon di PJO, ho trasportato i Sette a Beacon Hills. Percy è come Scott, un true alpha, che poco dopo essere stato morso si innamora di Annabeth, di professione cacciatrice (Allison, insomma). Anche Frank è un werewolf, mentre Chirone è il veterinario-druido. I fratelli Grace sono kitsune; dovevano anche loro essere werewolves, però poi ho preferito mantenere la loro capacità di condurre la corrente. Hazel e Nico sono ancora da definire, ma fanno chiaramente parte del branco di Percy e sono invischiati quanto tutti gli altri nelle faccende del sovrannaturale. Piper è una banshee come Lydia; nel suo caso ho voluto mantenere il potere delle sua voce (seppur modificato) e il fatto che grazie a Katoptris vede il futuro (in quanto banshee sente/vede cose che gli altri non notano). Leo infine è un po' Stiles (non solo per quanto riguarda l'umorismo, anche per la faccenda del nogitsune) e un po' Parrish: potrebbe essere spoiler per chi è indietro con la visione del telefilm, ma l'agente compare nel totomorte e quando un suo collega prova a dargli fuoco per intascare la taglia, beh, non muore. La scena è ovviamente rivisitata, ma non dico altro non fare spoilers.
Storia partecipante al contest Remake indetto da M4RT1 e S_Lily_S.






«Thalia Grace 9, Phoebe 3, Will Solace 3» inizia a leggere non appena la password viene accettata, ma si blocca quando riconosce un nome che non dovrebbe essere presente in quell'elenco.
«Perché ti sei fermata?» chiede Annabeth, sporgendosi verso lo schermo del laptop. 
«Leo Valdez» conclude allora «5».


 
A light in the dark


Sta per morire.
Torque lo ha tramortito (un colpo alla nuca e si è risvegliato legato come un salame) e Sump lo ha cosparso di benzina. La tanica giace vuota sul sedile accanto a sé e l'aria nell'abitacolo è satura di gasolio; non ha mai detestato tanto quell'odore.
«Ragazzi» li chiama cercando di controllore il tremolio che gli incrina la voce — ha una fottuta paura.
«Ragazzi» ritenta e questa volta suona più sicuro e confidenziale, quindi continua «Non è il caso di discuterne civilmente? Possiamo risolvere qualsiasi problema, basta che mi liberiate».
I due lo osservano con le mani in tasca e sul volto l'espressione di chi sa di aver acquistato il biglietto giusto della lotteria. A Leo, la cosa non piace per niente. Si agita sul sedile e cerca di liberarsi, ma ha le mani legate al volante. 
«Avanti» li richiama «Se è per il motore possiamo trovare un compromesso. Non volete più vendermelo? Va bene lo stesso. Volete di più? Posso pagare».
Bugia; se avesse i soldi si sarebbe comprato il pezzo di ricambio nuovo, invece di ricorrere a Ebay. Se avesse i soldi, ora non si troverebbe in quella situazione. Ma loro non lo sanno, che è al verde, quindi deve solo essere convincente. E lui è bravo a convincere le persone, non è vero? Quindi può farcela, può estenuare i due fratelli fino a che non si arrenderanno e lo libereranno. Volere è potere, ripete sempre il coach.
Sump (o forse Torque, non è che li distingua molto) trova la situazione molto divertente perché ride sguaiato e Leo, che divertente invece non ci trova nulla, finge di unirsi a lui. La sua risata è nervosa e per nulla convincente, sa di disperazione.
«Certo che pagherai» afferma il fratello «Da morto».
«Da morto?» ripete, per essere sicuro di aver compreso bene e l'altro annuisce.
«Diventeremo ricchi» prosegue Torque (o forse Sump). Assomiglia ad un bambino grande, grosso e brutto davanti all'albero di Natale.
«Non valgo nulla» protesta Leo. Nonostante la paura e il panico crescente, ha fatto due calcoli e date le circostanze l'unica spiegazione è che il suo nome sia apparso nel totomorte. La cosa è talmente assurda che stenta a crederci, ma non gli viene in mente altro. Perché mai delle persone dovrebbero uccidere un adolescente, se non per intascare la taglia sulla sua testa? Da quando il Benefattore ha diffuso la lista, le creature soprannaturali continuano a morire, perché chiunque può ucciderle. In città sono arrivati sicari professionisti, principianti, gruppi di cacciatori desiderosi di intascare denaro; Sump e Torque non sono i primi e non saranno gli ultimi.
«Vi state sbagliando» insiste «Sono umano».
I due fratelli scuotono il capo, non gli credono.
«Ve lo giuro, sono umano. Umano umanissimo. I Valdez sono dei fieri e sani esponenti della razza umana da generazioni» continua con fervore «Sangue puro, neanche una bisnonna pazza, nemmeno un cugino strano. Solo umani, cento per cento umani».
Continuano a non credergli e nel frattempo il telefono nella tasca del giubbotto vibra; se solo avesse le mani libere.
«Deve esserci un errore. Il Benefattore si è sbagliato» ritenta «Chi vi assicura che il Benefattore stia dicendo la verità, eh? Lo avete mai incontrato? Non è infallibile, ne sono una prova. Non mi vorrete mica sulla coscienza?»
«Sei nella lista ragazzo, mi dispiace» dice uno dei due, ma non ha per niente l'aria dispiaciuta.
«Deve esserci un errore» continua «Non sono un licantropo e nemmeno una banshee o una kitsune».
Omette di riferire che per un po' è stato posseduto da uno spirito malvagio e si è trasformato nel nogitsune, non è un'informazione che al momento gli possa assicurare la salvezza.
I fratelli sembrano annoiati dal suo disperato tentativo di salvarsi e il più grosso (forse Torque) estrae un accendino.
Sta per morire.
Ha solo sedici anni, tutta la vita davanti a sé e un sacco di cose da fare. Cerca di liberarsi dai lacci, ma i nodi sono stretti e la cintura di sicurezza ancora allacciata non gli permette di muoversi molto. Torque (ha deciso che è Torque) si avvicina alla macchina, sul volto un ghigno soddisfatto — a momenti il Benefettore lo pagherà.
Morirà senza aver riparato Festus? Senza aver trovato il modo di fare uscire Calipso dalla Casa dell'Eco?
L'accendino si illumina nella notte.
L'ultimo pensiero è che su quel totomorte lui nemmeno dovrebbe esserci. La sua solita sfortuna.


Il telefono suona a vuoto, un'altra volta, e Piper si morde il labbro.
«Avanti...»
Ma a scattare è solamente la segreteria telefonica, come nei cinque tentativi precedenti, e la voce registrata di Leo riempie nuovamente il ricevitore. 
«Questa è la segreteria telefonica di Leo Valdez. Se sei Frank allora puoi anche attaccare. Altrimenti —»
Interrompe la chiamata con frustrazione e crescente preoccupazione. All'inizio ha pensato che fosse occupato e gli ha scritto un Leo richiamami che non è nemmeno stato visualizzato. Così ha ricomposto il numero, ma anche la seconda volta è scattata la segreteria. Alla terza chiamata persa si è innervosita e gli ha lasciato un messaggio vocale dai toni poco cortesi, perché a volte Leo sa essere un tale irresponsabile e con una lista di taglie in circolazione non è il caso di non rispondere al telefono. Questo è accaduto più di mezz'ora prima, quando ancora la speranza che l'amico fosse occupato in altro superava il timore che gli fosse successo qualcosa — perché Leo le risponde sempre, anche quando è impegnato. Poi Annabeth ha mandato Percy e Jason a controllare che non fosse andato alla Casa dell'Eco a trovare Calipso, sebbene l'orario delle visite fosse concluso da un'ora. I ragazzi sono tornati due chiamate a vuoto dopo, prevedibilmente senza aver trovato l'amico.
«Dove si è cacciato?!» sibila, lasciando il telefono sul tavolo sotto la finestra, accanto al laptop. È ovvio che non le serve, che il ragazzo non richiamerà.
Annabeth ripercorre gli ultimi movimenti di Leo, cercando di capire se hanno omesso qualcosa, se si sono dimenticati di un particolare, ma non c'è nulla che le venga in mente, nulla di strano nella giornata dell'amico, niente che faccia pensare ad un rapimento o a qualcosa di peggio — un'eventualità che la fa rabbrividire. Leo sembra essere semplicemente scomparso e la cosa preoccupa sempre di più anche lei. Il nome del ragazzo è risultato nel totomorte e ora di lui non c'è traccia: una coincidenza che non le piace e che le adombra lo sguardo. Sapere che Beacon Hills è invasa da sicari è già un pensiero poco rassicurante e rendersi conto di quanto il Benefattore sia vicino al suo obiettivo è ancora peggio. Se sono già arrivati a Leo, quanto impiegheranno per tutti gli altri? Chi sarà il prossimo? Piper? Jason? Frank? Oppure Percy?
Fino a quel momento si sono dati da fare per salvare gli altri nomi presenti sulla lista e trovare le chiavi di decrittazione; nessuno li ha cercati, non sul serio almeno. Sono forti, sono un branco eterogeneo e affiatato e i sicari stessi devono essersi resi conto che non è sicuro affrontarli, che sono fuori dalla loro portata. Ma se hanno iniziato a dare la caccia anche a loro, significa che qualcosa è cambiato — che non sono più considerati pericolosi.
Percy intuisce i suoi pensieri, perché le posa una mano sulla spalla e cerca il suo sguardo. Annabeth si sente suo malgrado tranquillizzata.
Piper nel frattempo continua a girare nella stanza, lanciando occhiate nervose alla porta e tormentando la piuma che porta intrecciata alla coda. Jason registra che assomiglia vagamente ad una madre apprensiva, ma non riesce a sorridere; è preoccupato quanto lei per Leo. La sensazione che gli sia successo qualcosa non lo lascia da quando non ha risposto alla prima chiamata e con il passare del tempo si è solo aggravata.
Quando hanno scoperto il totomorte, è stato sollevato di un'unica cosa: almeno Leo sarebbe stato al sicuro. Lui, Annabeth, il coach: tutti umani, tutti fuori pericolo. I sicari non li avrebbero presi di mira dal momento che sulle loro teste non pendeva alcuna taglia. Dopo quanto successo a Leo con il nogitsune, sperava davvero che l'amico potesse superare l'anno indenne. Per tutto quel tempo hanno dato per scontato che fosse umano: trovarlo nella lista non era previsto. Leggere i propri nome non aveva stupito né Jason né Percy: entrambi si aspettavano di comparire nel totomorte, così come di dover leggere i nomi di Piper e Thalia, Frank. Ma Leo? Dannazione, Leo non sapeva nemmeno di essere una creatura sovrannaturale. 
«Non può essere morto, giusto?» chiede in quel momento Piper, arrestandosi in centro stanza come svuotata di ogni forza «Voglio dire, sono una banshee, dovrei sentirlo se il mio migliore amico muore e io non sento nulla. Quindi è vivo, giusto?»
Jason è subito al suo fianco e cerca di tranquillizzala, perché l'ultima cosa che occorre a tutti loro è che Piper si lasci prendere dal panico.
«Lo troveremo» le dice e ci crede davvero; a costo di rivoltare tutta Beacon Hills intende ritrovare Leo. Vivo.
«Se fossi una banshee più brava —»
«Non ci provare nemmeno» la interrompe «Tutto quello che riesci a fare è incredibile e senza di te non saremmo nemmeno a conoscenza del totomorte».
«Quello in realtà è merito di Annabeth, è lei che ha capito che si trattava di un codice».
«Ma lo hai trovato tu» le fa presente l'amica «Era nei tuoi appunti di matematica. In verità era i tuoi appunti di matematica. Non mi stupisco che Hazel non riuscisse a comprenderli».
Le labbra di Piper si increspano in un sorriso che non contagia lo sguardo. La sensazione di non star facendo il massimo non la abbandona da quando, ormai un anno prima, ha scoperto di essere una banshee. Se solo capisse come funzionano i suoi poteri, allora forse riuscirebbe a fare qualcosa di concreto.
Il telefono di Percy suona e il ragazzo risponde speranzoso, ma dall'altra parte del ricevitore Frank avverte che Leo non è nemmeno da Chirone.
«Mentre Hazel e Nico lo cercano in città io potrei ricontrollare il bosco, magari questa volta trovo una traccia» propone Frank. Lui e l'ispanico non sono mai andati d'accordo, soprattutto perché ha sempre sospettato un suo interessamento nei confronti di Hazel. Ma fa parte del branco, in un certo senso, e non si lascia un compagno in pericolo. Termina la chiamata e fiuta l'aria nella speranza di trovare una traccia.
Nel frattempo, nel salotto di casa Chase, Percy scuote il capo, rimettendo il telefono in tasca. Più il tempo passa e più le probabilità che l'amico che sia sano e salvo si affievoliscono. Abitano a Beacon Hills, che è letteralmente un faro per il sovrannaturale. Da quando è stato morso, ormai due anni prima, ne sono successe talmente tante da far uscire di testa chiunque. Licantropi, cacciatori, veterinari che in realtà sono druidi, banshee, kitsune e nogitsune e ora questo, il Benefattore (chiunque esso sia) e il suo maledetto totomorte.
È l'alfa, il suo compito dovrebbe essere proteggere il branco, tenerlo al sicuro da tutte le cose malvagie che si annidano nella notte e non ci sta riuscendo. Annabeth sembra cogliere cogliere il flusso dei suoi pensieri, perché lascia la sua postazione davanti al laptop e lo affianca. Forse per dirgli che non è colpa sua, che non deve farsi carico di tutto, che Leo non sarà un altro nome nella lista di persone a cui hanno dovuto dire addio, forse solo per stargli accanto. 
«Non ce la faccio più a restare qui» afferma Piper, allungando la mano sul tavolo per recuperare il telefono «Io... Io vado a vedere se è tornato a casa».
«Non è una buona idea dividerci» risponde Annabeth, osservando la notte che preme al di fuori dalla finestra. Sembra quasi che le tenebre vogliano entrare; un pensiero sciocco e irrazionale, ma dopo tutto quello che le è successo e che ha visto non sottovaluta nulla.
«Vado con lei» propone Jason, pronto a recuperare il giubbotto che ha precedentemente lasciato sul divano.
È in quel momento che qualcuno bussa alla porta. Due colpi secchi, pausa, altri tre colpi, quindi più nulla.
«Aspettavi visite?» le chiede il minore dei fratelli Grace, guardingo, ma Annabeth scuote il capo in un cenno di negazione.
Ad un corridoio di distanza, i cardini della porta d'ingresso cigolano, segno che, chiunque sia, il visitatore non ha aspettato che qualcuno andasse ad aprirgli.
La possibilità che si tratti di un ospite sgradito è ormai evidente.
«Avevi chiuso la porta?» sussurra Piper, percorrendo la stanza con lo sguardo alla ricerca di un'arma di cui servirsi. Annabeth ha la sua collezione di coltelli, archi, pistole in camera e in quel momento, mentre fa un altro cenno negativo, la vede estrarre un pugnale dalla manica; Percy è un licantropo e Jason una kitsune, non hanno davvero bisogno di un'arma. Quanto a lei, invece, dire che è indifesa è un eufemismo.
Il pavimento del corridoio cigola sotto i passi dell'intruso; se si tratta di uno dei sicari, beh, non eccelle certo nell'arte di muoversi senza fare rumore.
I due ragazzi sono pronti ad aggredirlo, chiunque esso sia, quando nella sala fa la sua comparsa Leo.
«Annabeth, dovresti davvero prendere in considerazione l'idea di revisionare il tuo sistema di sicurezza» afferma, entrando come nulla fosse, coperto di fuliggine da capo a piedi e con la sensazione di avere addosso ancora benzina. 
I quattro amici lo osservano in un silenzio attonito per qualche secondo, poi Piper si precipita ad abbracciarlo incurante della fuliggine. Lo stringe forte a sé e Leo per un attimo è spaesato, non capisce cosa stia accadendo, perché la ragazza lo stia abbracciando. In realtà non è che proprio non capisca: quando Torque e Sump hanno cercato di ucciderlo ha immaginato che ormai anche i suoi amici si fossero accorti del suo nome nel totomorte. Ha immaginato anche che nel non trovarlo si sarebbero preoccupati, ma non si aspettava questo.
Piper è morbida e calda e sembra non avere intenzione di lasciarlo andare. La cosa gli va più che bene e ricambia l'abbraccio, godendo di un contatto umano che non riceveva da tempo — sua madre lo abbracciava, ma questo avveniva prima che morisse, e Jason deve avergli dato qualche pacca amichevole, ma un abbraccio, uno vero, non lo riceveva da tempo. Nemmeno Calipso lo ha mai abbracciato (però lo ho baciato).
Piper, realizza, lo fa sentire amato, voluto, desiderato: tutte cose che credeva appartenesse solo alla sua infanzia.
«Dove sei stato?! Cosa ti è successo?!» gli chiede sciogliendo l'abbraccio e osservando meglio le sue condizioni. Ciò che resta dei vestiti è ridotto a brandelli carbonizzati, è senza scarpe ed è talmente nero che gli ci vorranno interi flaconi di bagnoschiuma per lavarsi.
«Eravamo in pensiero per te!» continua, assumendo ora un tono di rimprovero «Ci hai fatto spaventare a morte!»
«Io... Ehi, cosa fai con quello?» le chiede indicando l'oggetto che brandisce contro di lui. Piper sembra ricordarsi solo in quel momento di avere in mano una statuetta, recuperata dalla credenza nella sala.
«Quello? Ah, questo! Credevamo fossi uno dei sicari e ho preso la prima cosa che mi è capitata» spiega, mentre Annabeth lascia cadere il pugnale e si affretta a recuperare la statuetta per rimetterla al suo posto. Sua madre non la apprezzerebbe allo stesso modo con un braccio rotto o la testa mozzata, tanto più che quella riproduzione della statua del Partenone è una delle sue preferite. L'amica si scusa con un sorriso di circostanze e poi l'attenzione ritorna su Leo.
«Davvero, eravamo preoccupati» afferma Jason avanzando verso l'amico e studiandolo «Stai bene? Non sembri essertela passata bene. Cosa ti è accaduto?»
«Mi hanno dato fuoco» rivela con semplicità il ragazzo.
«Ti hanno dato fuoco» ripete Percy, elaborando l'informazione «Chi?»
«Torque e Sump» spiega «Mi serviva un ricambio per il motore e loro mi avevano detto di averlo. Ci siamo incontrati in periferia, alla Monocle Motors. Il pezzo di ricambio non l'ho nemmeno visto, mi hanno colpito in testa e quando mi sono svegliato ero legato al volante e cosparso di benzina».
«Hai capito, vero?» gli chiede Annabeth «Il motivo per cui —».
«Sì, il totomorte. Ho detto loro che ero un umano, ma non mi hanno creduto e hanno acceso l'accendino».
«E poi?» chiede Piper «Cos'è successo? Voglio dire, come ti sei salvato?»
Bella domanda.
«Non sono bruciato, credo».
«È possibile?» chiede Jason ad Annabeth «Ne sai qualcosa?»
«Non ho mai sentito nulla del genere» ammette lei, scuotendo il capo. È strano che Annabeth non conosca una risposta. Non sa sempre tutto, vero, ma un buon 99% sì. Leo sperava che il suo caso non rientrasse in quell'1% di cose che nemmeno Annabeth Chase conosce.
«Ma forse Chirone ci può aiutare» propone la ragazza «Percy, chiama Frank e Nico, avvertili che Leo sta bene e che stiamo andando alla clinica».
«Come sei arrivato qui?» gli chiede Jason, mentre escono di casa, passandogli la sua giacca per coprirlo. Il termometro esterno non segna più quindici gradi e anche se l'amico è reduce da un incendio, non intende fargli prendere freddo.
«A piedi. Vi ho cercati da Piper e non trovandovi ho pensato ad Annabeth. È bruciato tutto: macchina, documenti, soldi, telefono. Altrimenti vi avrei chiamato».
«Tranne te» obietta. 
«Tranne me, già» sospira.
«Ehi, andrà tutto bene» lo rassicura l'amico, intuendo le sue preoccupazioni «Ce la caveremo anche questa volta».
«Certo» risponde Leo. Non sembra molto convinto. Prima la faccenda del nogitsune, ora il Benefattore: non era così che intendeva trascorrere gli anni del liceo. Beacon Hills doveva essere un nuovo inizio, il trampolino di lancio per una vita lontana da sua zia Rose, il tentativo di diplomarsi senza finire in prigione. Tenersi lontano dai guai non era una cosa che gli era mai risultata facile, ma ci aveva provato e per un po' ci era perfino riuscito.
Per un po'. Perché poi aveva incontrato Piper e Jason. E il coach. Al ricordo sorride. Si è fatto degli amici, degli amici veri. E non ci sono solo loro, ci sono anche Annabeth e Percy, Hazel, perfino Frank e Nico. E c'è Calipso, Calipso che lo attende alla Casa dell'Eco. È tutto molto più di quanto si aspettasse, più di quanto avesse mai sperato, quindi certo, la sua permanenza a Beacon Hills non sta andando come si aspettava (ci sono licantropi, la sua migliore amica sente e vede cose che nessun altro avverte, è stato posseduto da un nogitsune e gli hanno dato fuoco e la gente in questa città muore o scompare con una facilità inquietante) però è felice.
Mentre sale in macchina, con Percy che gli chiede di non sporcargli i sedili altrimenti Sally chi la sente più, sul volto sporco di fuliggine balugina un sorriso malandrino.
«Allora, ditemi: quanti Frank Zhang valgo?»

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Capitolo 23
*** Non c'è più fretta (Percy/Annabeth) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Pairing: Percy/Annabeth
Rating: verde
Genere: introspettivo, malinconico, sentimentale
Avvertimenti: flash fic, het, spoiler!
Prompt: bacio sulla fronte (30 modi di amare più qualche delizia)
Note: non è nulla di troppo impegnativo, ma era da un po’ che non scrivevo una percabeth e beh, spero piaccia. È chiaramente una post BoO; non ci sono spoiler, mi pare, ma metto l'avvertimento lo stesso per sicurezza.
BUON COMPLEANNO TERA <3 <3 <3
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Otto mesi. A Percy sembra che sia passato molto più tempo — anni, una vita intera — ma il calendario parla di mesi e deve essere per forza così. Otto mesi lontano da casa, settimane senza memoria, giornate a cui non credeva sarebbe sopravvissuto, il Tartaro, Gea: un incubo, un lungo, lunghissimo incubo che non lo ha ancora lasciato — che forse non lo lascerà mai.
Mentre osserva la strada che lo sta riportando a casa, non prova imbarazzo ad ammettere che gli manca sua madre e che non vede l'ora di abbracciarla. E di chiederle scusa. Non ha domandato lui tutto quello che gli è successo, non lo ha mai voluto, però resta il fatto che è partito — è andato a salvare il mondo senza dirle addio.
Annabeth nel frattempo si è addormentata, la guancia sulla sua spalla. Ha passato la sera (e probabilmente buona parte della notte) a radunare le sue cose, dare indicazioni ai propri fratelli e salutare gli amici. La sente muoversi accanto sé, avvicinarsi ancora di più e Percy sorride, mentre si sistema sul sedile per farla stare più comoda.
Fuori dal finestrino la campagna ha iniziato a lasciare posto alla città. Avrebbe preferito viaggiare con i Pegasi, ma sua madre ha mandato loro un taxi. L'automobile ha un limite di velocità da rispettare e procede senza fretta dopo essersi persa tre volte (Percy suppone sia un effetto della Foschia), la radio che trasmette una vecchia canzone d’amore. Con uno dei suoi amici alati avrebbero fatto molto prima, a quest'ora sarebbero già arrivati.
Ma sentire il corpo caldo di Annabeth accanto al suo gli ricorda che adesso non deve più correre da nessuna parte: niente profezie, niente ultimatum. La terra è salva, può rallentare. Ha tutto il tempo del mondo, ora, e non c'è motivo di fare le cose di fretta.
Abbraccerà Sally, piangerà forse, di sicuro mangerà (il futuro gli serva tanti biscotti e tante torte blu) e ricorderà il passato, starà con Annabeth (ha intenzione di non lasciarla nemmeno un secondo) affronterà la scuola e tutte le sfide che la vita gli porrà davanti. Ci saranno un sacco di prime volte (molte delle quali, la maggior parte delle quali riguarderanno la ragazza che dorme al suo fianco) ci saranno momenti tristi e difficili, ci saranno momenti di gioia.
Davanti a sé ci saranno tanti giorni da riempire e Percy sa che non sarà facile. Il Tartaro ha scavato così a fondo nella sua anima che ancora, a volte, si chiede se ne sia davvero uscito e la risposta è no. Quando sente che anche Annabeth ha gli incubi o quando vede nel suo sguardo quella luce spezzata, sa che neanche lei ne è uscita. Forse ce la faranno insieme o forse non ce la faranno affatto; sarà difficile. Ma sa già con chi vuole riempire tutti quei giorni a venire e al momento basta questo.
Un passo alla volta, pensa baciandole la fronte, non c'è più fretta.

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Capitolo 24
*** Bolle di sapone (Percy/Nico, Jason/Nico, Percy/Jason, Will/Nico) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: L'età degli eroi
Coppia: Percy/Nico, Jason/Nico, Percy/Jason, Will/Nico
Rating: verde
Genere: generale, sentimentale
Avvertimenti: drabble, slash, raccolta, au
Note: URGONO SPIEGAZIONI
  • Innanzi tutto erano ere geologiche che volevo scrivere di almeno una di queste coppie. Il risultato forse non sarà dei migliori, ma io ci tengo e ne sono soddisfatta. LA MIA PRIMA PERNICO <3
  • La Percy/Jason è in più, nel senso che dovevano essere solo coppie con Nico, ma poi ho giocato con le stagioni e si sa, le stagioni sono quattro, mentre le ship tre (Valdangelo non la conto perché non mi dice nulla e Mitchell/Nico è ancora in elaborazione) e alla fine non ho resistito, ci ho infilato pure una Percy/Jason.
  • Dovevano essere quattro drabble Modern!AU slegate e volendo lo sono perché non ci sono riferimenti precisi, ma rileggendo mi sono accorta che possono essere l'una il seguito dell'altra e nel complesso possono essere intese come il cammino di crescita che compie Nico. Percy rappresenta il suo primo amore con tutto ciò che ne consegue (compreso il fatto che non dura in eterno). Jason è un amore più tranquillo e rassicurante (ma finisce per trasformarsi in amicizia). L'intermezzo Percy/Jason si dimentica di Nico, ma non lo fa con cattiveria: è la vita che va avanti. Infine Will è letteralmente la primavera; a distanza di anni dal suo primo è sconvolgente amore, Will rappresenta il nuovo inizio. Mentre con Percy il rapporto era più fisico e Jason sapeva ascoltarlo/consigliarlo/rassicurarlo, Will riesce a fare tutto. Will è schietto e lo sgrida se c'è da sgridarlo e lo aspetta, ma allo stesso tempo va oltre le parole.
  • So che ho in corso la raccolta Solangelo (prevedo almeno una decina di capitoli, aiuto!) ma non potevo resistere.
  • Un po’ di pubblicità. Il campmezzosangue vi attende con una challenge e un nuovo contest, inoltre ci potete trovare anche su facebook.
  • Ok, sproloquio finito. Spero che la storia vi piaccia <3 (Il titolo non c'entra niente; ma hey, questo mi è venuto).
 
 
 
Bolle di sapone
 
 
Estate Percy x Nico
L'estate dei suoi sedici anni è l'estate della California e delle tavole da surf, della crema protezione 50+ che alla fine non fa il suo dovere e della sabbia negli occhi, dei ghiaccioli al limone, dei falò sulla spiaggia a cui avrebbe preferito non partecipare e delle passeggiate sul pontile di Surfrider Beach, dei costumi hawaiani, delle ore passate ad osservare Percy cavalcare le onde.
Quella è l'estate della grande vittoria, perché convincere suo padre a lasciarlo partire per l'altra parte dell'America non è stato facile, ma poi Malibù è apparsa all'orizzonte e Percy ha sorriso e anche lui ha sorriso e oh, se ne è valsa la pena di litigare per tutto quello.
L'estate dei suoi sedici anni ha i colori dell'Oceano Pacifico e il calore del corpo di Percy dopo una giornata sotto il sole, ha il sapore dei suoi baci e della sua pelle — quell'estate è immortale.
 
Autunno Jason x Nico
Arriva un giorno tra la seconda e la terza settimana di ottobre, quando le vetrine si riempiono di zucche e pipistrelli e quando il Coach (che sarebbe il direttore, ma nessuno lo chiama così) decide che al Camp Caffè occorre una nuova strategia di marketing.
L'autunno dei suoi diciotto anni gli rotola ai piedi insieme ad una manciata di foglie secche e dorate e lo trova di malumore e infreddolito, incastrato tra due pannelli (uno arancione e uno viola) perché è toccato a lui fare il ragazzo hamburger. Lo coglie mentre l'idea di licenziarsi si perde nel caffè che Jason gli ha portato insieme a parole di incoraggiamento.
Arriva con un brivido che questa volta non è di freddo, perché tra le mani tiene un bicchiere bollente (anche questo arancione e viola) e sulle labbra ha ancora il bacio di Jason — è un autunno indimenticabile.
 
Inverno Percy x Jason
Inizia come è sempre iniziato, con il vento sempre più freddo che raschia i marciapiedi e la neve che per Natale ha già imbiancato tutta Manhattan e ha fatto chiudere in anticipo le scuole.
L'inverno dei suoi ventuno anni non sembra diverso dagli altri che ha già vissuto, ma porta con sé le migliori (e le più stupide) sfide che abbia mai sostenuto, le chiacchierate più impegnate che abbia mai fatto (Iron Man vs Capitan America, White Sox vs Red Sox, Hokey vs Football) e i peggiori angeli nella neve che abbia mai visto.
Inizia come è sempre iniziato, con sciarpe e berretti e maglioni, ma prosegue con battaglie a palle di neve e si scioglie sotto la trapunta di Jason — è un inverno nuovo.
 
Primavera Will x Nico
È una primavera impertinente quella dei suoi vent'anni, impertinente e travolgente, fatta di battibecchi e hot dog mangiati sulla spiaggia di Coney Island, di corse sotto la pioggia, silenzi imbarazzati e farfalle nello stomaco come se avesse almeno quattro anni in meno. La si respira ovunque in città, ma lui preferisce assaporarla sulle labbra di Will — Will che non mette fretta e lo aspetta, che a volte lo sgrida e spesso lo prende per mano.
Quella è la primavera delle cose che non si aspettava, degli haiku appesi al soffitto e dei ripassi di anatomia; ché lui lo sa dove si trova il cuore, ma a volte se lo dimentica.
È una primavera che fiorisce un po' ovunque, ma soprattutto dentro di sé e poi esplode nel sorriso di Will; è un po' una rinascita — è una primavera che dura una vita.

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Capitolo 25
*** Dude, it's Beacon Hills (Will/Nico) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Dude, it’s Beacon Hills
Personaggi: Nico Di Angelo, Will Solace (Nico/Will)
Rating: verde
Genere: generale, commedia (?)
Avvertimenti: flash fic, AU, Teen Wolf!AU
Note: dovrei fare mille altre cose e invece
  • Questa storia è ambientata a poche ore di distanza dagli avvenimenti narrati in A light in the dark. È quindi sera.
  • Le note che seguono potrebbero contenere spoiler di Teen Wolf.
  • Riassunto per chi non ha voglia di leggere: Percy è come Scott (un true alpha), Annabeth è Allison (una cacciatrice), Jason e Talia sono come Kira (kitsune), Piper è Lydia (e quindi una Banshee), Leo è in parte Stiles e in parte Parrish, Frank è un altro werewolf. Gira una lista di nomi con delle taglie e a Beacon Hills le creature sovrannaturali iniziano a morire.
  • Nico è Derek, un werewolf per nascita e la sua famiglia è stata uccisa anni prima che Percy venisse morso; sono sopravvissuti solo lui e Bianca, ma in seguito anche lei muore. Scopre di avere un’altra sorella, Hazel (vd. Malia in Teen Wolf). All’inizio non fa parte del branco di Percy, preferisce stare da solo, ma con il tempo inizia ad integrarsi (circa).
  • Per Will mi sono ispirata a nessuno, perché in Teen Wolf non c’è qualcuno che gli assomigli anche solo lontanamente. Ok, forse a qualcuno mi sono ispirata: a Danny, ma solo per il Dude, it’s Beacon Hills, perché Danny è umano mentre Will non lo è. Will freddoloso è un mio headcanon, così come quello di farlo vestire giubbotti gialli.
  • Ovviamente ho dovuto modificare alcune cose rispetto al telefilm, quindi non c’è alcun Peter e nemmeno Isaac. Se volete saperne di più, il link alla storia è lì sopra; il succo comunque è questo. Infine altri pg random: Chirone > Veterinario Druido di cui dimentico sempre il nome e non ho voglia di cercarvelo, Coach > Coach (LOL), Luke > Jackson/Kanima.
  • Il paragrafetto prima del titolo è il pezzo iniziale di A light in the dark; un po’ inutile qui, in effetti, ma ormai è lì.
 
 
 
 
 
«Thalia Grace 9, Phoebe 3, Will Solace 3» inizia a leggere non appena la password viene accettata, ma si blocca quando riconosce un nome che non dovrebbe essere presente in quell'elenco.
«Perché ti sei fermata?» chiede Annabeth, sporgendosi verso lo schermo del laptop. 
«Leo Valdez» conclude allora «5».
 
 
Dude, it’s Beacon Hills
 
 
Non credeva si sarebbe mai servito del numero di Solace, ma d’altronde non credeva nemmeno avrebbe mai avuto un telefono. Quando si era unito al branco di Percy, ormai un anno prima, Annabeth gli aveva messo in mano un cellulare con in rubrica tutti i loro numeri. Come se in caso di pericolo avrebbe davvero avuto il tempo di chiamarli.
La risposta di Will non tarda ad arrivare: davanti la scuola tra un quarto d’ora?
, scrive e invia, riponendo il telefono nella tasca del giubbotto da aviatore che ama portare e avviandosi.
Arriva per primo, ma non deve aspettare molto. Poco dopo, infatti, il faro di una bicicletta gialla fende la notte. Sopra, Will Solace pedala di gran lena infagottato in una giacca a vento dello stesso colore su cui spicca un gilet catarifrangente arancione.
Nico sorride a quella vista, ma si affretta a recuperare il proprio contegno. Nel frattempo Will parcheggia il proprio mezzo e lo raggiunge sui gradini. Indossa addirittura i guanti, nota, e novembre è appena iniziato; è la persona più freddolosa che abbia mai conosciuto.
«Allora, per quale motivo siamo qui?» gli chiede, strofinando tra loro le mani per riscaldarle «Ti avevo detto, comunque, che avresti usato il mio numero».
Nico rotea gli occhi: si aspettava una simile affermazione, tuttavia scopre che in realtà gli dà meno fastidio di quanto pensasse.
«Si tratta di te» inizia, cercando le parole adatte, ma realizza che non ci sono parole adatte per dire a un adolescente che un folle, chiamato Benefattore, ha messo una taglia sulla sua testa.
Will osserva ora lui ora il piazzale della scuola aspettando che continui e per la prima volta da quando quella storia è iniziata Nico avverte una morsa allo stomaco. Non è tristezza e nemmeno preoccupazione, non solo almeno. Gli dispiace. Gli dispiace che Will Solace sia strato trascinato in tutto ciò, che non sia umano. Lui ci è dentro da quando è nato, la licantropia è un suo diritto di sangue e lo stesso vale per Hazel. I loro nomi, quelli di Percy, Jason, Piper e Frank, era solo questione di tempo prima che uscissero. Ma Will non ha niente a che fare con il suo mondo, Will non sarebbe dovuto comparire nella lista.
Non è giusto, pensa, ma non è nemmeno giusto che la sua casa e la sua famiglia siano bruciati, che Bianca sia sopravvissuta solo per morire un paio di anni dopo, che Hazel abbia vagato da sola nei boschi in forma di coyote per tutto quel tempo. O che Percy sia stato morso o che anche Leo abbia una taglia sulla sua testa. Molte cose non sono giuste, ma questo non le rende meno reali, meno dolorose.
Prende un respiro profondo e gli racconta del totomorte, del Benefattore e dei sicari che da mesi giungono a Beacon Hills per intascare le taglie, del suo nome nella lista.
«Quindi adesso sono uno dei vostri?» chiede con un mezzo sorriso.
Nico si irrigidisce, non è questa la reazione che si aspettava.
«Mi hai ascoltato?» domanda con filo di incredulità e impazienza nella voce «Ti ho appena detto che –».
«Qualcuno ha messo una taglia sulla mia testa» conclude per lui «Sì, ti ho sentito. Ma cosa vuoi che ti dica?»
Ottima domanda. Inoltre, si ricorda, di Will Solace non dovrebbe importargliene nulla. In fondo è un estraneo, un compagno di scuola di Jason e Percy, un ragazzo con cui ha scambiato due parole; non è nessuno. Una voce però gli ricorda che ha il suo numero salvato in rubrica, avrebbe potuto cancellarlo e invece lo ha tenuto. Sempre la stessa voce gli ricorda anche che ora è lì ad avvisarlo, quando invece avrebbe potuto lasciare il posto ad Annabeth o a qualcun altro – si è offerto.
«Stai attento» gli dice alla fine «Anche Valdez è comparso nel totomorte e un’ora fa è tornato dicendo che lo avevano rapito».
«Oh. E adesso come sta?»
«Gli hanno dato fuoco» risponde «Ma è sopravvissuto».
Will annuisce, assimilando l’informazione. Se è spaventato (e lo è di sicuro, non può non esserlo), sconvolto o incredulo è bravo a non mostrarlo. La cosa in realtà non dovrebbe stupirlo molto, Will Solace è lo stesso che neanche un mese prima gli ha detto «Sei un licantropo» così, come se fosse la cosa più naturale del mondo, e ha continuato con «Nico, siamo a Beacon Hills». Quella è stata la prima volta che Will lo ha lasciato senza parole.
«Quindi adesso che si fa?» gli chiede, guardandolo dritto negli occhi.
Bella domanda.
«Si tiene alta la guardia».
Will annuisce ancora, quindi si alza.
«C’è altro che devi dirmi?» domanda «Tipo chi altri è come te. Percy, non è vero? Lo sapevo, è Percy! E poi chi altri?»
Nico scuote il capo, intenzionato a non fornirgli alcuna informazione. La segretezza è fondamentale per quelli come lui, non occorre che si diffonda la voce. Non che tema che Will possa tradirlo e anche se lo facesse chi è che crederebbe davvero ad un adolescente che parla di licantropi? A parte il Benefattore e i suoi sicari, ovvio. Gli scappa un sorriso, il secondo da quando Will lo ha raggiunto: la sua ostinazione è quasi divertente, lui è quasi divertente.
«Oppure cosa sono io» aggiunge e le labbra di Nico tornano a formare una linea dritta e dura.
«Non lo so» ammette ed ecco nuovamente quella sensazione: gli dispiace.
«Tranquillo» lo rassicura (che abbia intuito?) e il tono torna scherzoso «Non perderò il sonno per questo».
«Almeno dieci ore a notte» cita scuotendo il capo «Lo so».
Lo osserva riprendersi la bicicletta. È un peccato che viva in una città come Beacon Hills, che tutti loro vivano lì. Forse in un altro posto le loro esistenze sarebbero più serene, non rischierebbero di morire un giorno sì e l’altro pure.
«Ci si vede in giro?»
Lo sguardo azzurro di Will sembra speranzoso: decide di annuire e il volto del ragazzo si illumina. Ha un bel sorriso, nota e il pensiero lo infastidisce. Non sono da lui certe riflessioni, l’ultima volta che si è soffermato su una cosa simile (gli occhi Percy) si è distratto e non accadono mai cose belle quando abbassa la guardia.
«Stai attento» gli ricorda, il tono forse un po’ brusco, ma il sorriso dell’altro non si incrina. È luminoso, è caldo.
«Certo» replica «Non do retta a nessuno e non accetto da bere dagli sconosciuti».
Nico scuote il capo, cercando inutilmente di trattenere il terzo sorriso. Will lo saluta con la mano e in sella alla sua bicicletta inizia a percorrere la strada di casa. Lo osserva pedalare fino a quando l’oscurità non lo inghiotte.
Stai attento, pensa, stai attento.

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Capitolo 26
*** Caffè e numeri di telefono (Will/Nico) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Caffè e numeri di telefono
Personaggi: Nico Di Angelo, Will Solace (Nico/Will)
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: one shot (1101 w), AU
Prompt: CoffeShop!AU
Note: sarò breve brevissima
  • Scritta per la Notte Bianca della community lj maridichallenge.
  • Il Camp Cafè è lo stesso Camp Cafè che ho citato in Bolle di sapone o forse no; in ogni caso gli universi modern AU sono differenti. L’inutilità di questa nota.
  • Il p0rn fest si avvicina, ricordatevi di promptare e/o partecipare.
 
 

Entra con la sola intenzione di ripararsi dall'acquazzone che lo ha sorpreso senza ombrello a metà strada tra la biblioteca universitaria e la sua camera. Ma, mentre maledice tra sé e sé il meteo errato di quella mattina che lo ha fatto uscire convinto di trovare il sole per tutto il giorno, lo sguardo cade sul bancone (un caffè non sarebbe un cattiva idea) e sul ragazzo che vi sta dietro; capelli neri, carnagione chiara, occhi scuri e aria vagamente annoiata (un caffè decisamente non è una cattiva idea).

Passano nove giorni prima che riesca a trovare il coraggio di aggiungere un come stai alla sua ordinazione. Nove giorni di «Ciao, vorrei un macchiato» e libri aperti sul tavolino nell'angolo, sotto la finestra; nove giorni passati ad osservare il ragazzo dietro il bancone invece di studiare. È consapevole che non dovrebbe distrarsi in quel modo, ma è più forte di lui. C’è qualcosa nei suoi occhi scuri e nel modo in cui si muove che lo attira: trascorrerebbe le giornate ad osservarlo.
«Bene» risponde l’altro, laconico.
 
«Ciao, vorrei un macchiato. Come stai?» è la sua frase di apertura da almeno tre settimane.
«Bene» risponde il ragazzo, dandogli le spalle e preparando la sua ordinazione.
«Così non va».
«Come?»
«Così non va. Bene non è una risposta».
«L’ultima volta che ho controllato, mi pareva di sì».
«Se io ti rispondessi bene non sapresti che oggi, ad esempio, ho avuto una buona giornata, ma ho scoperto che mi hanno anticipato la data di un esame».
«Mi dispiace. Tieni».
«Grazie. Quello che intendo è che bene non dice nulla su come una persona stia veramente».
 
«Allora Nico, come va oggi?» esordisce la sera dopo, entrando nel locale avvolto in un piumino giallo che lo protegge magnificamente dal freddo di fine novembre.
«Come sai come mi chiamo?»
«La targhetta» spiega, indicando il rettangolo di plastica viola appuntato sul grembiule arancione «Dicevamo, come va oggi?»
Nico rotea gli occhi prima di voltarsi e preparargli il solito macchiato.
«Bene» si ostina a rispondere e forse, solo forse, c’è un po’ di sarcasmo nella sua voce.
«No, così non ci siamo».
Lo sente sospirare.
«La macchina del caffè si è inceppata tre volte questo pomeriggio. Per il resto bene, contento?»
«Già meglio» commenta, sorridendogli.
 
«Will» gli dice mentre aspetta il solito macchiato «Mi chiamo Will».
Non ottenendo risposta aggiunge: «Non me lo hai mai chiesto».
«Non ce n'è bisogno. A quest’ora il Camp Cafè è quasi sempre vuoto» gli risponde impassibile, porgendogli l’ordinazione.
«Solace» continua, senza perdere il buon umore e prendendo il bicchiere fumante di caffè. È tentato di chiedergli a che ora finisce il turno e se ha voglia di cenare, ma qualcosa gli suggerisce che è troppo presto.
«Eh?»
«Will Solace» si presenta sorridendogli un’altra volta «Nel caso dovesse esserci gente».
 
In quasi tre mesi di serale frequentazione del Camp Cafè, scopre che Nico ha diciannove anni, è iscritto a lettere classiche, è appassionato di Mitomagia e ha una sorella più piccola. Risponde quasi sempre a monosillabi e non sorride mai, nemmeno per sbaglio. E dice macchiato con un perfetto accento italiano.
«Intendi fare qualcosa?» gli chiede un mattino Lou Ellen, raggiungendolo con due bicchieri arancioni e viola.
«A proposito di cosa?» risponde, iniziando a sorseggiare il caffè; perché ha l’impressione che il macchiato che prende alla sera sia più buono di quello del mattino e che questa non sia una buona notizia?
«Di Nico» replica l’amica «Quando ti piace qualcuno tergiversi di meno e agisci di più».
 
Quando quella sera Will arriva, trova il Camp Cafè insolitamente affollato, quasi quanto la mattina alle otto. Nella confusione intuisce che ci sono almeno due comitive distinte e che Nico fatica a gestire tutte le ordinazioni da solo, abituato com’è a servire solo lui o pochi altri avventori.
«Ci sarà da aspettare un po’» gli dice non appena lo raggiunge, sparendo subito sul retro per prendere altre cialde. Quando torna, trova Will intento a registrare nuove ordinazioni e a consegnare quelle già pronte con un sorriso cordiale.
Quasi un’ora dopo sul bancone resta un solo bicchiere arancione e viola, sul fianco un pennarello nero ha segnato il nome Will Solace in caratteri ordinati e spigolosi.
«Sarà freddo, ormai» si scusa Nico, preparandogliene un altro.
 
«Lou Ellen mi ha detto ti sei perdutamente innamorato di un tale Nico che lavora al Camp Cafè» esordisce Cecil sedendosi davanti a lui in biblioteca.
Will sta studiando alcune tavole di anatomia e sobbalza nel sentire l’amico; si guarda attorno nella speranza che nessuno abbia prestato attenzione alle sue parole.
«Tu la discrezione non sai proprio cosa significhi».
«Certo, certo» gli dice «Voglio vederlo».
«Cosa?»
«Voglio vederlo» ripete «Sono quattro mesi che gli giri attorno senza combinare nulla, non puoi continuare così. Soprattutto perché ho in rubrica i numeri di diverse persone, maschi e femmine, che vorrebbero uscire con te e approfondire la tua conoscenza. Non è cortese farli aspettare».
«Non è cortese farli aspettare… Ma cosa…?!»
 
Che andare al Camp Cafè con Cecil durante il turno di Nico non fosse una buona idea, lo aveva capito subito, nel momento stesso in cui l’amico gli aveva espresso l’intenzione di accompagnarlo. Ma non credeva sarebbe stata così disastrosa.
Nico quasi non lo saluta ed torna a richiudersi in se stesso, mentre dal loro tavolino Cecil non fa altro che commentare; vorrebbe ucciderlo.
«Ti piacciono i tipi belli e dannati, adesso? Anche lui mi sembra più da non mi parlare, ho ucciso per molto meno» oppure «Taciturno, eh? Forse speri che ti zittisca lui, eh?» oppure «Fossi in te io adesso andrei lì e gli farei capire che sono interessato a lui. Non so con i ragazzi come funzioni, ma ti assicuro che con le ragazze è una buona tattica» o anche «Certo che se te ne stai qui nell’angolo a sospirare sembri proprio una femminuccia».
 
La sera dopo Will entra con l’intenzione di farsi avanti, ma dietro al bancone addobbato con renne e pupazzi di neve trova un Nico scontroso e meno incline del solito al dialogo.
«Sei arrabbiato?»
«No» risponde seccamente mettendogli in mano il suo macchiato.
«Bene» commenta, cercando il coraggio per compiere il successivo passo. Cosa non facile dato lo sguardo cupo di Nico e il suo timore di rovinare tutto. Alla fine però, dopo essere rimasto per cinque minuti buoni davanti alla cassa senza dire nulla, decide di agire. Appoggia il caffè, prende un tovagliolo di carta e si sporge sul bancone per prendere una penna. Scrive il suo numero di telefono e lo porge ad un incredulo Nico.
Ci vogliono tre giorni prima che l’altro gli scriva, settantadue ore di ho fatto una cazzata, ma Will è anche uno che sa aspettare e quando la mattina del terzo giorno gli arriva un messaggio (un laconico Come va? ma pur sempre un Come va? di Nico) si lascia sfuggire un «Sì!» entusiasta prima di rispondere.

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Capitolo 27
*** Brutti maglioni di Natale (Will/Nico) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Brutti maglioni di Natale
Personaggi: Nico Di Angelo, Will Solace (Nico/Will)
Rating: verde
Genere: generale
Avvertimenti: flash fic (263 w)
Prompt: Brutti maglioni di Natale
Note: sarò breve brevissima
  • Scritta per la Notte Bianca della community lj maridichallenge.
  • È a scelta libera se inserire questa flash nello stesso headcanon di Out of the darkness, brighter than a thousand suns. In ogni caso è un regalino piccolo piccolo di Natale per Cecilia e Tera (ma anche per tutte voi shipper solangelo) <3
  • Il p0rn fest è iniziato, ricordatevi di promptare e/o partecipare. Presto inizierò a fillare e poi a pubblicare anche qui su efp. Ci si vede nella mia raccolta apposita.
 
«Non una parola» esordisce con tono lugubre Nico e Lou Ellen si morde la lingua, prendendo sotto braccio Cecil e portandolo via con la scusa del oh che bello le figlie di Demetra hanno realizzato un castello con il torrone, andiamo a vedere ma non prima di avergli augurato buon natale.
«Non una parola» ripete, non appena Will lo raggiunge con due bicchieri in mano. Il semidio inizialmente non fa una piega, ma più i secondi passano più diventa difficile trattenere le risate. Nico se ne rende conto e si oscura ancora di più, rendendo inconsapevolmente la scena più divertente.
«Stai... Stai bene» gli dice Will, cercando di restare serio senza troppo successo «È un bel maglione. Un regalo presumo».
«Del Coach».
«Capisco» commenta annuendo con aria grave «Sono stelle di natale?»
«Cosa?»
«Le macchie rosse sul maglione. Sono fiori, presumo» spiega Will, porgendogli nel frattempo uno dei bicchieri. Attorno a loro la festa organizzata dai semidei rimasti al Campo per Natale sembra svolgersi senza intoppi; pare infatti che in occasione della festività i figli di Nike abbiano accettato di porre da parte ogni rivalità e godersi il clima gioioso.
«Oh, sì. Credo di sì» risponde Nico, osservando il maglione nero su cui spiccano degli scarabocchi rossi. È il regalo del Coach ed è tremendo, ma quando lo ha scartato, sotto i suoi occhi e gli occhi di sua moglie e suo figlio, non ce l'ha fatta e lo ha indossato.
«Sei adorabile» commenta il figlio di Apollo, sorridendogli.
«Io non sono —» ribatte Nico, ma le parole muoiono sulle labbra dall'altro.
«Buon Natale» gli augura Will e lui annuisce distrattamente, baciandolo nuovamente.

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Capitolo 28
*** Di cani, anticorpi e visite inaspettate (Will/Nico) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Di cani, anticorpi e visite inaspettate
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: commedia
Avvertimenti: slash, modern AU
Note: dopo tanto (?) p0rn torno anche a scrivere cose normali.
  • La storia partecipa alla Demigod Exchange; la letterina in questione è quella di Ainsel, richiesta#4. Perdonami per averci infilato un po’ di solangelo (ho cercato di trattenermi, però XD).
  • Ho volutamente lasciato il passato di Nico vago, quindi siete liberi di immaginarvi Bianca viva o morta. Se cito solo Hazel è perché la adoro e la preferisco alla sorella di sangue. Ho usato la figura di Maria piuttosto che di Bianca per lo stesso motivo (in questo caso, però è intuibile che la madre sia morta).
  • Headcanon1: Will è freddoloso. So che qui alcuni hanno headcanon contrari, perché è figlio di Apollo. Però appunto perché è legato al sole mi piace pensare che in inverno abbia terribilmente freddo. Nico al contrario ha una resistenza maggiore.
  • Headcanon2: Will veste di giallo perché sì. È adorabilmente ridicolo.
  • Headcanon3: si dice (?) che i medici siano poi i peggiori pazienti. Will poi non si è mai ammalato in vita sua…
  • Headcanon4: Nico&Frank compagni di giochi, che si tratti di Mitomagia nel canon o di videogiochi in una AU, loro due saranno sempre in un angolino a sfidarsi.
  • Non specifico cosa faccia nella vita Nico oltre a dormire fino a tardi perché non ne ho idea; per me fa l’ereditiere XD
  • Da quanto ho capito Mrs. O’Leary è un mastino, ma io preferisco immaginarla come una grande e pelosa Terranova.
 
 
 
 
Tutto ha inizio con un cane. Ma non un cane qualsiasi: con Mrs. O’Leary, il cane di Percy Jackson.
Percy che conosce da quando sono bambini, Percy che è stato la sua prima cotta, Percy a cui (anche a distanza di anni da quando ha superato l'infatuazione) non riesce a dire di no, Percy che va in Europa con Annabeth e non può portare in aereo Mrs. O’Leary. Me la terresti tu? Sono solo tre settimane.
Come no, gli ha risposto. Io e Mrs. O’Leary andiamo d'accordo, io e Mrs. O’Leary siamo grandi amici.
Quindi Nico, a due settimane da Natale, si ritrova con un cane a cui badare e non c'è nessun problema, davvero. Lui e Mrs. O’Leary si divertono insieme, non rendono conto a nessuno se non a loro stessi, fanno tardi la sera e mangiano quando vogliono. Mrs. O’Leary è quasi meglio di una persona perché non si lamenta quando gioca a Guitar Hero e non riempie i silenzi con inutili chiacchiere. Sembra inoltre piacere anche a Will (alto, biondo, occhi azzurri e sorriso gentile, una laurea in medicina: il ragazzo che tutte le madri vorrebbero accanto le proprie figlie). E sta portando a spasso Mrs. O’Leary quando Will finalmente gli chiede di uscire.
La loro, insomma, ad una settimana dalla partenza di Percy e Annabeth, è una convivenza idilliaca e sembra che nulla possa scalfirla. Nulla che non sia il bollettino meteo di quel Natale. Gli esperti parlano di una massa d’aria fredda, proveniente dall’Artico, che ha già investito il Canada causando numerosi disagi e che sta raggiungendo New York; l’hanno chiamata Chione e promette neve e freddo come se il mondo dovesse affrontare una nuova glaciazione. Nico ha rifornito il frigo e la dispensa del suo appartamento e deciso a restare chiuso in casa per tutta la durata del brutto tempo, quando si ricorda di Mrs. O’Leary e delle esigenze che prevedono almeno due passeggiate al giorno.
 
La mattina (o forse dovrebbe dire il mezzogiorno) in cui si risveglia e trova New York imbiancata, per quanto desideri restare sotto il piumone e spegnere la luce, è costretto ad alzarsi e prendere il guinzaglio.
Che non avrebbe dovuto lasciare il letto, è chiaro sin da subito: non appena apre il portone rischia infatti di scivolare su una lastra di ghiaccio e di rompersi l’osso del collo. Ma ormai è fuori, quindi tanto vale proseguire (stando ben attento a dove mette i piedi). Mrs. O’Leary lo segue entusiasta per la strada, annusando l’aria gelida, e una volta a Central Park decide che la neve è cosa più bella del mondo. Mentre il cane corre e si rotola a terra, Nico aspetta sbadigliando e controllando il telefono. C’è un messaggio vocale di sua sorella che ascolterà una volta tornato a casa (non vuole che tutto Central Park senta cosa ha da dirgli Hazel, non che ci sia molta gente a passeggio quel giorno), un messaggio di Percy che gli chiede come sta Mrs. O’Leary e diversi messaggi di Will in pausa pranzo e decisamente preoccupato per quel drastico calo di temperature.
Tutto ha inizio con un cane, un magnifico esemplare femmina di Terranova, e uno starnuto. Si stringe nella sua giacca a vento nera e non ci fa caso; nell'arco di tre giorni si ritrova con l'influenza.
 
Mi dispiace, non possiamo vederci, ho la febbre, scrive da sotto un piumone e una coperta di plaid. Ha gli occhi che bruciano dalla stanchezza, la testa pesante e dolori ovunque come se avesse settant'anni e fosse appena stato investito da un treno merci. Come se non bastasse ha dovuto disdire l'appuntamento con Will – il loro primo, vero appuntamento.
Ai piedi del letto Mrs. O’Leary sonnecchia pacifica, incurante di avergli appena rovinato una grande occasione. Non perdonerà mai Percy di essere andato in vacanza lasciandogli un cane che lo ha fatto ammalare nell'unico periodo in cui sarebbe dovuto stare bene e che alle sei inizierà ad abbaiare per uscire. Quello, riflette, è un bel problema, perché non ha intenzione di uscire dal letto e Jason non se ne può occupare (pare infatti che Chione abbia attentato anche alla vita di Piper, rompendole una caviglia). Si addormenta ugualmente.
 
Sogna sua madre. Indossa l'abito bianco che aveva comprato quando erano andati in Dalmazia, ma sulle spalle ha lo scialle rosso con cui usava coprirsi durante le passeggiate tra le calli di Venezia. Al collo risplende un filo di perle, l’unico gioiello che le abbia mai visto portare. È bellissima e luminosa e non è reale, ma Nico si aggrappa a quell’illusione e mentre dorme sorride. Erano anni che non sognava Maria Di Angelo.
Nel delirio febbricitante in cui si trova, sogna anche di poter comandare un esercito di morti e ha addirittura un autista zombie. È decisamente il risultato delle ore trascorse davanti ai videogames, che da quando ha scoperto in Frank un compagno di giochi sono aumentate notevolmente.
Forse è perché stava pensando a lui quando si è addormentato, ma ad un certo punto sogna anche Will Solace. Sogna del loro primo incontro, ad agosto di quell'anno, e poi il secondo qualche settimana dopo. Sogna del giorno in cui a New York è arrivato l'autunno e Will ha iniziato a girare per la città avvolto in un piumino giallo che feriva gli occhi. Sogna che con quello stesso piumino ora Will gli dica va tutto bene, mi occupo io di te; ed è un sogno insolito, ma stranamente lo fa sentire meglio.
 
A strapparlo dall'oblio in cui è precipitato è il rumore di cose che cozzano (rumore di padelle, forse?) accompagnato dall'odore di qualcosa che si sta cucinando (minestra, forse?). Intontito com'è non realizza cosa questo implichi, ma non appena i neuroni iniziano a carburare (e lo fanno lentamente, con molta fatica e un gran mal di testa) si rende conto che non è solo nel suo appartamento e a meno che Mrs. O’Leary non abbia imparato a cucinare deve esserci almeno un'altra persona. Una persona che, è piuttosto sicuro, non c’era quando si è trincerato sotto le coperte.
A fatica si mette a sedere e ispeziona la stanza alla ricerca del cane ma non ce n'è traccia. Inizia a preoccuparsi, forse hanno ucciso Mrs. O’Leary e ora tocca a lui.
 
«Ti sei svegliato? Come ti senti?»
La voce di Will è tranquilla e la sua aria imperturbabile mentre Nico lo fronteggia con la mazza da baseball che gli aveva regalato Percy alcuni anni prima — e che non aveva mai avuto occasione di usare fino a quel momento.
«Che ci fai nella mia cucina?» gli chiede ed è faticoso parlare, la gola gli brucia e ha la lingua incollata al palato. Gli sembra di aver mangiato sabbia. Will lo intuisce, perché riempie un bicchiere d'acqua e glielo porge. Nonostante la stranezza della situazione, Nico lo accetta e beve mentre ascolta la risposta dell'altro.
«Ti scaldo la cena. L'ho presa al takeaway, tranquillo. Qualche minuto ed è pronta».
«Come hai fatto a trovarmi? Non ti ho mai detto dove abito» continua sospettoso.
«Lo ha fatto Jason» risponde Will, controllando la pentola sul fuoco (Jason, ovvio, e chi altri se no) «Per Mrs. O’Leary non ti preoccupare, se ne sta occupando Lou Ellen».
Nico se ne resta in piedi davanti la porta della cucina, cercando di pensare abbastanza velocemente ad una risposta, ma i suoi neuroni continuano a lavorare a rilento.
«Non ho fame» commenta alla fine.
«Devi assumere liquidi» replica l'altro, versando il brodo in un piatto e indicandogli il tavolo. Per quanto sia tentato di tornare a letto, sa che Will ha ragione quindi alla fine si siede. Mentre soffia sul cucchiaio si rende conto che, per essere un malato che ha appena lasciato le coperte, non ha freddo.
«Hai alzato la temperatura?» chiede sospettoso.
«Sì, quando sono entrato faceva freddo».
Nico lo guarda scettico perché Will è la persona più freddolosa che abbia mai conosciuto. Anche in quel momento indossa un maglione e nel suo appartamento devono esserci almeno venticinque gradi.
«Freddo da obitorio» specifica rabbrividendo «Non mi stupisco che tu ti sia ammalato».
«In realtà è stato portando fuori Mrs. O’Leary» replica, soffiando sulla minestra.
«Passeggiata in Central Park mentre Chione imperversa su tutta la regione? Coraggioso».
 
È quando torna a letto che realizza una serie di cose: si è presentato al ragazzo che gli piace in pigiama (quello nero con i teschi risalente ai tempi del liceo), sono soli nel suo appartamento, è la sera di quello che sarebbe dovuto essere il loro primo appuntamento e nonostante lui abbia disdetto Will si è presentato, armato di brodo caldo e aspirine, e non ha fatto alcun commento sul suo aspetto stravolto – ma immagina che in ospedale veda gente presa peggio.
Vuole dire qualcosa di carino perché l’altro è lì con lui e sebbene non lo abbia invitato è felice di essersi svegliato e di averlo trovato in cucina (per quello immagina dovrà ringraziare Jason, prima o poi), ma alla fine gli esce solo un «Ti ammalerai» un po’ scorbutico.
«Non mi sono mai ammalato» gli risponde con un sorriso smagliante «Non temo un'influenza».
Non sa se sia ottimista o idiota a riporre così tanta fiducia nei propri anticorpi, probabilmente entrambi, ma Nico scivola nuovamente nel sonno lieto che Will sia lì con lui.
 
Si sveglia qualche ora dopo e trova Will seduto sulla poltrona in angolo accanto la porta: sta leggendo un libro e non si accorge di lui. Nico allora ne approfitta per guardarlo senza essere notato. C’è una bellezza speciale, spontanea nelle persone quando non sanno di essere osservate. Lentamente si addormenta.
Quando riapre gli occhi, Will è ancora seduto sulla poltrona, ma questa volta sembra dormire; lo capisce dal libro dimenticato aperto sull’addome e dal capo chino.
Dal momento che deve comunque alzarsi per andare in bagno, prende uno dei plaid con cui ha rivestito il letto e fermandosi davanti alla poltrona glielo appoggia sulle gambe. Lo sguardo cade sulle labbra dischiuse e la distanza che le separa dalle proprie è così poca che a Nico basterebbe chinarsi un po' di più per annullarla.
Si rende conto di essere rimasto ad osservarle quando Will apre gli occhi e con una mano gli sfiora il polso. Sussulta al tocco, ma non si sottrae, non subito.
«Stavi prendendo freddo» gli dice, riscuotendosi e allontanandosi.
«Come stai?»
«Un po' meglio. Tu?»
«Benissimo».
 
Will non sta benissimo e i suoi anticorpi fanno schifo, ma soprattutto è un pessimo malato.
«Ti ripeto che non ho la febbre».
«Sì invece».
«Il termometro si sbaglia. Deve essere rotto».
«Funziona benissimo» replica seccamente e quasi stenta a credere che Will Solace abbia veramente ventisei anni. In quel momento come non mai gli sembra di avere a che fare con un bambino che rifiuta la realtà. È snervante, ma allo stesso tempo interessate: non aveva mai visto questo lato di lui e dubita lo avrebbe conosciuto se fossero usciti come da programma. Si chiede se la stessa cosa valga per Will.
Una decina di minuti dopo, comunque, il giovane e aitante medico è collassato sulla poltrona con una tazza fumante di tè tra le mani e tutta l'aria di chi ha bisogno di un'aspirina e di una dormita, borbottando cose come non è vero che sono malato e subito dopo essere malati fa davvero schifo.
Nico sospira (dovrebbe essere lui il paziente!) mentre apre l'armadio. Cerca tra i suoi vestiti fino a trovare in un cassetto qualcosa che possa andare bene a Will, più alto di lui di cinque centimetri buoni. Gli passa un paio di pantaloni della tuta dimenticati da Jason a casa sua ormai un anno fa e una maglia verde con scritto Fantafrica (non sa nemmeno lui da dove provenga, probabilmente da una delle iniziative di Rachel a cui deve aver partecipato per sbaglio). Will è troppo intontito per chiedere spiegazioni e si limita a fare ciò che ci si aspetta faccia e cioè spogliarsi. Lo fa con aria sofferente perché ha freddo, chiedendo a nessuno in particolare se è normale sentirsi così male, e Nico prova l’impulso di strozzarlo. Poi però l’altro rimane a petto nudo e si sente avvampare; pur ripetendosi che è la febbre a scatenargli quelle vampate di calore, sa bene che questa volta non c’entra e torna a letto.
Non ama condividere le sue cose e i suoi spazi, ma con un cenno gli indica il posto accanto a sé e con uno sguardo di scuse Will si intrufola sotto le coperte. Non appena appoggia la testa sul cuscino si addormenta. Nico invece fatica a rilassarsi — ha Will Solace nel suo letto! Che siano entrambi febbricitanti non conta. Ha Will Solace nel suo letto!
Quando poi lui si volta, si ritrova con il suo volto a pochi centimetri dal proprio, i capelli biondi che gli sfiorano la fronte. Arrossisce. Ancora una volta viene distratto dalle sue labbra; pensa che ora potrebbe davvero baciarle.
Mentre riflette su questa possibilità si addormenta.
 
«Fatemi un bel sorriso!» esclama una voce fastidiosamente entusiasta e dolorosamente nota.
Dimmi che è un incubo, prega Nico, mentre al suo fianco Will si gira e borbotta qualcosa come È un amico tuo, vero?
Apre pigramente gli occhi e ai piedi del letto trova, proprio come temeva, Leo Valdez, in mano il telefono e sul volto un sorriso a trentadue denti.
«Che ci fai qui? Non dovevi essere in viaggio con Calipso? Come sei entrato?»
«Sono tornato qualche ora fa e sono venuto ad accertarmi che foste ancora vivi. Hazel mi ha dato le sue chiavi» spiega e insiste «Allora me lo fate questo bel sorriso?»

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Capitolo 29
*** I only want to be with you (Will/Nico) ***


Titolo storia: I only want to be with you
Breve introduzione: A due anni dalla sconfitta di Gea, Nico ha iniziato ad ambientarsi al Campo e forse ha trovato il suo posto, complici i sentimenti che nutre per Will e che Will ricambia. L’amissione del figlio di Apollo alla Hopkins giunge a però a turbare un equilibrio fragile. Basta poco (come la sensazione di essere stato lasciato indietro) per far ritrarre nuovamente Nico in se stesso.
Genere: generale, malinconico, sentimentale
Avvertimenti: drabble, post BoO (ma non ci sono spoiler)
Personaggi: Nico Di Angelo/Will Solace
Pacchetti: ascia da lancio (prompt, limitazione, obbligo)
Note: consiglio la lettura (prima o dopo a quella della storia, come volete) delle note per avere idee più chiare sulle date.
  • Ho fatto i miei calcoli (e se sono sbagliati non linciatemi, c’è un motivo se non studio matematica) e gli eventi narrati in Blood of Olympus dovrebbero essere avvenuti nel 2010 (questo perché da qualche parte ho letto che Percy è del ’93 e se non è così, beh, facciamo che lo sia). Nel mio headcanon Will arriva al Campo nel 2005 che ha undici anni, di conseguenza all’epoca della battaglia contro Gea ne ha sedici (come Jason). Negli States il college si inizia a diciotto anni, quindi tra la fine del libro e la storia passano due anni. Nico, che al tempo della guerra ne aveva quattordici, ora ne ha sedici.
  • Mi sono informata e la Hopkins (Baltimora) è una delle migliori università di medicina degli States, nonché una delle più costose; solo il meglio per Solace. Per le date ho fatto riferimento al calendario 2014/2015, ma immagino che sia sempre lo stesso.
  • Alcune date sono importanti per comprendere lo sviluppo della storia. I corsi iniziano il 28 agosto, ma dal 23 al 27 c’è l’orientamento; Will arriva un po’ prima per il trasloco e per ambientarsi. Il 12 ottobre arriva il compagno di stanza, la data coincide con il termine massimo per lasciare i corsi. Il 9 dicembre è l’ultimo giorno prima della sessione d’esami. Il 14 maggio è l’ultimo giorno della sessione primaverile/estiva; il motivo per cui Will non riesce a tornare subito è semplice, esame orale. Iniziando il suo cognome per S, non sarà mai tra primi interrogati ed è una sofferenza, come lo capisco.
  • Ovviamente i messaggi Iride e le chiamate non si limitano ai dieci presi in esame. Per tutto l’anno Nico e Will continuano a sentirsi.
  • L'indirizzo del messaggio Iride dovrebbe corrispondere con quello dei dormitori (vi ho detto che mi sono documentata). Tra Baltimora e Long Island ci sono circa trecento chilometri che, se Google Maps non mi inganna, possono essere percorsi in cinque ore o poco più.
  • Il numero di telefono di Will è la sezione aurea (o le sue prime cifre).
  • Prima classificata al contest Game of Judges: La chiamata alle armi.
  • Scrivere questa storia è stata una sfida: ho cercato di rispettare tutti gli obblighi e allo stesso tempo di trattare tutto ciò che mi ero prefissata di trattare. Spero di esserci riuscita, ma non ne sono molto sicura. Mi sembra di aver tralasciato qualcosa, di non aver appieno esplorato la psicologia dei personaggi e la cosa mi turba. In ogni modo, buona lettura.
 
 
 
 
 
 
I only want to be with you
 
 
 
1. 24/8/2012, primo messaggio Iride, da Will a Nico (106w)
«...e lì c'è il bagno» finisce di spiegare Will, indicando un punto davanti a sé che Nico non può vedere «È una camera da due, ma al momento ci sono solo io. Non mi sembra nemmeno vero, non ricordo più come si faccia a vivere senza undici fratelli che dipendono da te».
Nico si sforza di sorridere e condividere l'entusiasmo, perché Will è stato ammesso alla Hopkins e può finalmente realizzare il suo sogno, ma la verità è che sono lontani da tre giorni e già gli manca come se non lo vedesse da mesi. La verità è che vorrebbe che non fosse mai partito – egoista.
 
2. 15/9/2012, messaggio Iride, da Will a Nico (107w)
Lo sguardo scivola dai suoi capelli (biondi, spettinati e soffici) agli occhi chiari e luminosi (è felice), si sofferma sulla bocca, sulle labbra morbide che gli stanno raccontando la sua giornata e prosegue lungo il collo, sulle spalle.
Non indossa più la maglia del Campo, nota, ma quella blu dell’università.
Distoglie lo sguardo e lo riporta sul volto sorridente. Will gli sembra vicinissimo, tanto che potrebbe allungare la mano e sfiorargli la curva gentile dello zigomo. Ma l’immagine trema e per un istante, al posto del ragazzo, vede la porta della propria Cabina: i trecento chilometri che li separano tornano a pesare come macigni. Quella vicinanza è solo un’illusione.
 
3. 12/10/12, messaggio Iride, da Will a Nico (106w)
«Ciao Nico!»
Le prime volte sobbalzava, colto alla sprovvista, quando Will gli inviava un messaggio Iride. Ora invece risponde prontamente con un cenno del capo, mettendo da parte lo scudo che sta lucidando.
«La pacchia è finita, domani arriva il mio compagno di stanza».
L'informazione gli procura una fitta di fastidio allo stomaco che gli fa storcere la bocca in una smorfia. Inizialmente non comprende di cosa si tratti, ma mentre lo ascolta parlare di come dovrà dividere la camera con un estraneo (un umano) si rende conto che quella che sta provando è gelosia.
«Se mi trovasse antipatico?»
«Impossibile, piaci a tutti» replica senza però riuscire a sorridere.
Irrazionale, insistente gelosia.
 
4. 9/12/2012, messaggio Iride, da Nico a Will (104w)
«Mostrami Will Solace, 4W University Pkwy, Baltimora».
Davanti a sé prende forma l'immagine del ragazzo, i gomiti sul tavolo e accanto alla tazza un libro. Non si accorge subito del collegamento e quando lo fa sussulta.
«Disturbo?» chiede, simulando noncuranza mentre si guarda intorno e registra con soddisfazione l'assenza del compagno di stanza.
«Io… No, non disturbi. Mi hai solo colto di sorpresa, di solito sono io a cercarti».
Al sicuro nella sua Cabina, il figlio di Ade arrossisce e ignora la frase (ma non ignora il sorriso del ragazzo).
«Leggi qualcosa di interessante?»
Le labbra di Will si piegano in una smorfia mentre inizia a raccontargli degli esami imminenti.
 
5. 6/2/2013, messaggio Iride, da Will a Nico (94w)
«618 0339887» esordisce con uno di quei sorrisi abbaglianti che gli fanno sentire la sua mancanza più del solito.
«Che cos'è?» chiede confuso, appoggiando la scopa con cui sta spazzando le stalle e prestando attenzione.
«Il mio numero di telefono» spiega «So a cosa stai pensando. È pericoloso. Ma ormai i mostri non sono più un problema e se anche qualcuno si facesse avanti, so difendermi» e non gli lascia nemmeno il tempo di replicare che continua «Inoltre il mio coinquilino inizia a insospettirsi delle mie prolungate assenze. Senza contare che così potremmo sentirci più spesso».
 
6. 14/2/2013, prima chiamata, da Nico a Will (94w)
«Al Campo come va?» gli chiede ed è strano sentire la voce di Will ma non vederlo. Lo spinge ad immaginare dove sia, cosa stia facendo, con chi è.
«Il solito. Non c'è male. Due giorni fa Chuck ha eseguito un calcio rotante e ora il Coach non smette di raccontarlo».
Dall'altra parte del ricevitore Will ride e Nico, concentrandosi solo su quel suono, riesce a vederlo – ha gettato il capo indietro e ha socchiuso gli occhi, lasciando gorgogliare la risata lungo la gola e poi sulle labbra.
Si aggrappa a quell’immagine – al suo ricordo.
 
7. 13/4/2013, chiamata nel cuore della notte, da Will a Nico (100w)
Si sveglia di soprassalto, sentendo il letto vibrare, e dopo i primi minuti di smarrimento realizza che deve trattarsi del telefono. Lo cerca tra le coperte e quando lo trova si affretta a rispondere, il timore che possa essere accaduto qualcosa, ma dall'altra parte del ricevitore Will è in perfetta salute.
 «Ti disturbo?» chiede e udendo il mugugno di risposta aggiunge «Ti lascio dormire».
«No, ormai sono sveglio» lo ferma prima che possa riattaccare, trattenendo uno sbadiglio «Dimmi».
«Niente» risponde e ora la sua voce si fa malinconica «Mi manchi».
Nel silenzio della sua Cabina Nico mormora un anche a me che sa di solitudine.
 
8. 7/5/2013, sms (105w)
Al terzo bip Jason lo guarda interrogativo, al quinto anche i fratelli Stoll smettono di fare quello che stanno facendo (giocare a battaglia navale) e al nono Chirone finge di non sapere a chi appartenga il telefono, ma interrompe il suo discorso per ricordare quanto sia poco saggio usare strumentazioni elettroniche anche in tempo di pace. Mortificato, Nico riesce a mettere in silenzioso l'iPhone prima che giunga la notifica di un messaggio vocale.
Venti minuti dopo, al sicuro nella sua Cabina, apre WhatsApp e mentre ascolta la voce registrata di Will si dimentica della pessima figura che gli ha fatto fare.
«Buone notizie! Torno tra una settimana!»
 
9. 14/5/2013, messaggio Iride, da Will a Nico (114w)
«Perdonami» inizia a scusarsi e Nico sa che se adesso lo lascia parlare poi non ci sarà più spazio per la rabbia e la delusione – lo ha atteso per tre ore all’ingresso del Campo.
«Avevi promesso» gli ricorda ed è difficile tenersi stretto il risentimento quando gli occhi azzurri di Will lo guardano in quel modo.
«Nico, credimi quando ti dico che mi dispiace e che vorrei essere lì con te, che mi manchi da morire» risponde e la sua voce sembra essere pronta a spezzarsi da un momento all'altro «Io davvero… Scusami, stanno chiamando il mio nome, devo andare. Ti chiamo appena finisco l’esame, ok?»
«Va bene» acconsente.
Cos'altro potrebbe mai fare? Che altro gli rimane?
 
10. 16/5/2013, chiamata, da Will a Nico (113w)
Sta facendo colazione quando arriva la chiamata. Il telefono si illumina e vibra e con lui vibra tutto il tavolo e non ha bisogno di leggere il nome sul display, può essere solo Will. Vorrebbe avere la forza di ignorare la chiamata, ma dall'altra parte della linea (a più di trecento chilometri di distanza) il figlio di Apollo non desiste e il telefono continua fastidiosamente a vibrare.
«Finalmente» gli dice Will con voce squillante non appena si decide a rispondere. Nico bofonchia qualcosa.
«Non ti avevo detto che non è un'abitudine sana fare colazione senza mangiare qualcosa?»
«Devo ancora digerire la cena di ieri. Ma poi che te ne importa?»
«Hai fatto la domanda sbagliata» replica «Voltati».

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Capitolo 30
*** Non c'è fama più grande (Ares/Afrodite) ***


Autrice: kuma_cla
Titolo: Non c’è fama più grande
Coppia: Ares/Afrodite
Rating: verde
Genere: generale, sentimentale, malinconico
Avvertimenti: flashfic (695w), het
Note: sorry not sorry, avevo un po’ di feelings irrisolti su questa coppia. Ora va un po’ meglio, anche se ricordare Silena è sempre molto angst.
  • La castilleja è un fiore che si trova nel Wyoming.
  • Headcanon 1: con Mr. D a dirigere il Campo non c’è più nessuno che fa il vino > tragedia.
  • Headcanon 2: Margaret Fuller è una figlia di Afrodite. Ringrazio Cecilia (Alexiel Mihawk) per avermi suggerito il nome.
  • Aretè e timè sono valori che caratterizzavano la Grecia antica e significano virtù e onore. L’aretè di una donna doveva essere la bellezza e la fedeltà, però Silena è una semidea, quindi mi sono presa la libertà di fare riferimento alla virtù guerriera.
  • Questa storia è il seguito di Endless Road (da cui è tratto il pezzo iniziale) ed è ambientata subito dopo la battaglia di Manhattan. Sebbene Riordan abbia descritto gli dei come poco interessati alla loro progenie, mi piace pensare che ci siano delle eccezioni, inoltre in Heroes of Olympus aiutano i loro figli. Quindi Afrodite ha sofferto per la morte di Silena, ma resta pur sempre una dea e concepisce il tempo e il dolore in modo diverso. Infine per “Forse ora le sue bambine non saranno più derise” mi riferisco a ciò che dice in The lost hero a Piper.
 
 
 
 
 
«La prossima volta potremmo tornare in quel capanno da caccia» gli propone, pensando a loro due in mezzo ai boschi con un po' di botti di Dioniso «Potremmo restarci qualche mese».
Il volto di Ares si apre in un sorriso ferino; dietro le lenti gli occhi ardono di desiderio.
«Avremmo tutto il tempo e l'intimità per parlare delle nostre bambine, pensa se diventassero amiche. Sarebbe bellissimo, non trovi?» lo provoca, non resistendo alla tentazione.
 
 


Inspira l’odore del legno e della castilleja lasciata a seccare sulla soglia. È un buon profumo, nostalgico, a cui si unisce quello del vino.
Alle sue spalle Ares ha stappato una delle botti che Arianna le regalato («Certo, prendile tu, senza Dioniso non so cosa farmene») e sta riempiendo due calici con attenzione, perché perfino lui ha imparato a maneggiare con cura una cosa così preziosa. Sono lontani i tempi in cui, dopo aver sbudellato un nemico, poteva tracannare quel vino fino ad ubriacarsi.
«Non so come sei riuscita a procurartelo» le dice e ne beve un lungo sorso «Ma ne devo avere ancora, facciamo almeno cinque botti, no dieci».
«Non sono un fattorino» replica e si volta, un sorriso fin troppo sereno sul volto immortale.
«Certo che no» borbotta lui, mentre le allunga l’altro calice.
Basta un lieve movimento della mano e il vino si accende di mille riflessi: nella mente della dea prende forma un’idea. Da quando Dioniso è al Campo Mezzosangue non c’è più nessuno ad occuparsi dei tini e della fermentazione e le scorte di molti dei si stanno esaurendo se non lo hanno già fatto, ma c’è Arianna. Arianna che è sola e triste e ride molto meno senza suo marito, Arianna che sa come trattare il mosto e ha imparato dal migliore.
«Ti costerà» gli concede alla fine «Non so ancora quanto, ma ti costerà».
Al dio va bene, perché ghigna e si scola ciò che rimane nel suo calice, fino all’ultima goccia, e poi si lascia cadere tra le pellicce ammucchiate davanti al camino.
Una mano, bruscamente appoggiata al suo fianco, la trascina verso il basso e il vino rischia di macchiarle i vestiti, ma non si arrabbia perché ora è esattamente dove voleva essere – tra le braccia di Ares.
Sono passati anni da quando ha proposto di tornare in quel capanno da caccia, allora Clarisse era solo una bambina e adesso è un eroe, ma gli anni non sono che istanti per lei. In mezzo ci sono stati altri incontri, sempre più pericolosi; una volta hanno rischiato di essere scoperti da Efesto. In mezzo c’è stata anche una guerra.
Ma ora solo lì, tra i boschi del Wyoming (lo Snake River rumoreggia nel suo alveo da qualche parte tra i larici e il cuore immortale del dio batte forte contro il suo orecchio), e assentarsi è stato più semplice del previsto, è bastato dire a suo marito che aveva bisogno di tempo per elaborare il lutto.
«È da Margaret Fuller che non sei così triste per la morte di una delle tue figlie».
«Era solo una bambina» sospira Afrodite, stringendosi tra le braccia dell’amante «Una bambina bellissima».
«Era una semidea» la corregge «Ha dimostrato la sua aretè e ora la sua timè è salva, è scesa nell’Ade serena. Ci saranno altri eroi e conosceranno la sua storia, non c’è fama più grande».
La dea svuota il suo calice. Sa che Ares ha ragione e sa anche di essere una madre distratta e poco presente, ma per Silena (per tutte le sue figlie) ha sempre desiderato di meglio che la morte in battaglia. Una vita lunga, per quanto lunga possa essere quella di un mortale, e felice, sicura. Non è quello che vogliono tutte le madri, che voleva anche Teti?
«La nostra prole ci ha portato gloria» le dice con il suo solito torno burbero «Devi esserne orgogliosa».
E lo è. Non può essere più triste e più orgogliosa per il sacrificio di Silena. Forse ora le sue bambine non saranno più derise.
«Adesso sorridi» lo sente aggiungere, mentre le mani scivolano sui suoi fianchi «Abbiamo tre botti di Dioniso e nessuno sa dove siamo» e continua «Potrei perfino battermi con un grizzly e regalarti una nuova pelliccia».
«Che barbarie!» commenta, mentre le labbra si arricciano verso l’alto e gli leva gli occhiali, non ne ha bisogno con lei.
«Non mi sembrava la pensassi allo stesso modo quando qualche secolo fa mi hai fatto lottare con un orso bianco» le ricorda.
«Oh beh, quelli erano altri tempi» si giustifica ad un soffio dalle sue labbra prima di baciarlo «Però se vuoi puoi sempre prendermi un John Galliano».

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